Psicoterapia con l’emisfero destro 8832854899, 9788832854893

Il volume è un’esplorazione delle funzioni adattive dell’emisfero destro e descrive non solo gli affetti e la regolazion

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Psicoterapia con l’emisfero destro
 8832854899, 9788832854893

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Allan N. Schore

Psicoterapia con l'emisfero destro



R'!ffaello Cortina Edim

Il volume è un'esplorazione delle funzioni adattive dell'emisfero destro e descrive non solo gli affet­ ti e la regolazione affettiva all'interno della men­ te e del cervello, ma anche la comunicazione e la regolazione affettiva tra una mente e l'altra e tra i due emisferi. Allan Schore mostra come negli iniziali collega­ menti neurobiologici e affettivi tra caregiver e bambino nei primissimi anni di vita, così come nella psicoterapia, l'emisfero destro sia prepon­ derante. Dal legame di attaccamento alla prati­ ca clinica, contenuti consci e inconsci passano tra gli emisferi destri dei due partecipanti attraverso meccanismi di enactment, regressioni indotte dal terapeuta e dinamiche relazionali, neurobiologi­ che, intersoggettive come l'insight, l'empatia, lo scambio corporeo relazionale e la percezione glo­ bale anche inconscia o implicita; tutti processi in cui l'emisfero destro è dominante.

Allan N. Schore insegna al Department of Psy­ chiatry and Biobehavioral Sciences dell'ucLA, David Gessen School of Medicine. Neuroscien­ ziato e psicoterapeuta a indirizzo psicoanaliti­ co, in decenni di appassionata ricerca interdi­ sciplinare ha coniugato, unico nel panorama in­ ternazionale, teorie dell'attaccamento, neuro­ biologia interpersonale e neuroscienze affet­ tive con teorie psicoanalitiche e dinamiche. ì stato insignito dello Scientific Award dalla di­ visione di Psicoanalisi dell'American Psychologi­ cal Association.

www.raffaeUocortina.it

I curatori ringraziano Irene Aiolfi, Annalisa Paterna e Anna Viganò per la collaborazione alla realizzazione dell'edizione italiana di questo volume Titolo originale Right Brain Psychotherapy

© 2019 Allan N. Schore First edition W.W. Nort0n & Company, New York2019 Traduzione Clara Mucci, Andrea Greco Copenina StudioCReE ISBN 978-88-3285-489-3 © 2022 RaffaelloConina Editore Milano, via Rossini 4 Prima edizione: 2022 Stampato da Consorzio Anigiano LVG, Azzate (Varese) per conto di RaffaelloConina Editore Ristampe O I 2 3 4 5 2022 2023 2024 2025 2026

Indice

XI

Introduzione all'edizione italiana ( Clara Muccr; Andrea Greco)

Ringraziamenti

1

Capitolo 1

3

Implicazioni delle recenti scoperte nelle neuroscienze per un paradigma di psicoterapia neurobiologico-interpersonale

19

Capitolo 2 L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

47

Capitolo 3 Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita nella psicoterapia del profondo: prima parte

95

Capitolo4 Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita nella psicoterapia del profondo: seconda parte

155

Capitolo5 Come l'amore amplia la creatività, il gioco e le arti attraverso lo sviluppo precoce dell'emisfero destro (Allan N. Schore, Terry Marks-Tarlow)

179

Capitolo6 Passi avanti: nuove scoperte sull'emisfero destro e relative implicazioni per la psicoanalisi (Relazione plenaria al congresso dell'American Psychological Association - divisione 39, Psicoanalisi; 2017)

V

Indice

213

Capitolo 7 Sulla stessa lunghezza d'onda: come il nostro cervello emotivo è modellato dalle rdazioni umane

(Intervista di Daniela F. Sief/)

Capitolo8 Allan Schore su La scienza e l'arte della psicoterapia

249

(Intervista di David Bui/ara)

Capitolo9 Uno sguardo al passato e uno al futuro: il nostro percorso professionale e personale

273

(Relazione di apertura alla conferenza dell'ucu del 2014, "La regolazione affettiva e la guarigione del sé")

Bibliografi.a Indice analitico

285 311

VI

La cosa importante è non smettere mai di interro­ garsi. La curiosità esiste per ragioni proprie. Non si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell'eternità, della vita, la me­ ravigliosa struttura della realtà. Basta cercare ogni giorno di capire un po' il mistero. Mai perdere una sacra curiosità. A. EINSTEIN

Introduzione all'edizione italiana Riparare il mondo attraverso il lavoro terapeutico duale con l'emisfero destro: il progetto di Allan Schore Clara Muccz; Andrea Greco''

È con molto piacere che presentiamo al lettore italiano questo ultimo lavoro di Allan Schore, Psicoterapia con l'emisfero destro, un significa­ tivo ampliamento delle ricerche interdisciplinari tra psicoanalisi, neu­ ropsicoanalisi e psicoterapia, neurobiologia interpersonale e regolazio­ ne affettiva, che Allan Schore porta avanti da almeno quarant'anni, nel corso di una vita totalmente dedicata alle ricerche, aJJ'insegnamento e all'applicazione terapeutica delle sue scoperte interdisciplinari, get­ tando luce sulle dinamiche inconsce della mente e del funzionamento umano della connessione intersoggettiva, a partire dai primi momenti di vita del soggetto. Apparso negli Stati Uniti nel 2019, licenziato insieme al volume "ge­ mello" The Development of the Unconscious Mind, che attende ancora di essere tradotto in italiano, per la stessa collana specialistica "Inter­ personal Neurobiology" della casa editrice Norton di New York, col­ lana attualmente diretta da Louis Cozolino e precedentemente da Dan Siegel e da Schore stesso, questo nuovo volume è un altro tour de farce nella comprensione di come avanzare nella psicoterapia relazionale con pazienti molto gravi, dissociativi, borderline come struttura, o con pa­ zienti meno gravi, nevrotici, e nel tentativo di spiegare come avviene la "riparazione" degli stati più profondi della mente. * Clara Mucci insegna Psicologia dinamica presso l'Università di Bergamo. Per le nostre edizioni ha pubblicato Trauma e perdono. Una prospettiva psicoanalitica intergenerazionale (2014) e Corpi border/ine. Regolazione affettiva e clinica dei disturbi di personalità (2020). Andrea Greco è professore assoc�ato di Psicometria presso il dipartimento di Scienze umane e so­ ciali dell'Università di Bergamo. E autore di centinaia di contributi e di pubblicazioni scientifiche per prestigiose riviste sia nazionali sia internazionali.

XI

Introduzione ali'edizione italiana

Schore è unico per la vastità e la complessità della sua produzio­ ne neuroscientifica interdisciplinare. È stato considerato e definito il "Bowlby delle neuroscienze affettive", ma in realtà coniuga non solo at­ taccamento e psicoanalisi, ma una sofisticata quanto unica visione della mente umana. Per l'autore essa è fondamentalmente in relazione e in comunicazione intersoggettiva tra madre e bambino fin dalla nascita, o dovremmo dire fin dall'utero, specie nei preziosi ultimi mesi di vita in­ trauterina, a partire dall'emisfero destro, che si sviluppa per primo ed è predominante per il primo anno e mezzo di vita. Se volessimo usare un altro, più consono anche se non esaustivo paragone, si potrebbe dire che Schore sia anche il Freud neuroscienziato del secondo millennio, con la stessa bruciante e mai soddisfatta urgenza di capire i meccanismi degli stati consci e inconsci della mente, e capace di partire da un Pro­ getto che non solo si genera dal corpo (così come per Freud, per il quale le pulsioni erano a metà strada tra corpo e mente) ma che si articola, a differenza di Freud, da un corpo che non è solo "uno" ma che può ve­ nire a costituirsi, in quanto individuo, come corpo-mente-cervello, solo se è anche "due", cioè psiche in relazione intersoggettiva, duale, e poi infine triadica e sociale. L'inconscio di cui si occupa Schore (e oseremmo dire di cui si occu­ pano oggi gli psicoanalisti relazionali e la psicoanalisi contemporanea più avanzata e attenta al corpo) non è più l'inconscio solo "rimosso" di Freud, ma anche l'inconscio non rimosso, quello su cui anche Mauro Mancia (2006) aveva cercato di gettare luce concordando su molti punti con Schore, quell'inconscio che si identifica e comprende in fondo l'im­ plicito, le zone profonde affettive non verbali, "subsimboliche" direbbe Wilma Bucci (1997), regolate soprattutto dal sistema limbico e dall'a­ migdala, lateralizzate come funzioni specifiche soprattutto a destra. Le ricerche ultime sul trauma, infantile e non, successive a Freud, hanno indicato come l'inconscio non rimosso costituisca un nucleo originario e precoce, segnato da memorie somatiche; queste memorie somatiche - positive o negative, a seconda delle esperienze dei primi due anni di vita, anni di straordinaria formazione neuropsicologico-affettiva e so­ ciale per la mente - sono comunque vive e fondanti di quelle matrici re­ lazionali sé-altro che vanno a costituire l'immagine del sé, l'autostima, le capacità sociali e relazionali e che sono preposte alla capacità autore­ golatoria affettiva e mentalizzante. Nessuna mente si forma da sola, come René Spitz ( 1945) già negli an­ ni Quaranta dimostrava con le sue ricerche sugli orfanotrofi americani: la sua crescita neurobiologica e psicologica affettiva e sociale è sempre XII

IntroduJ.ione ali'edizione italiana

un prodotto interpersonale, intersoggettivo, che implica l'incontro di due menti (almeno) e di due corpi in relazione oseremmo dire amoro­ sa (nel senso della cura dell'altro) o almeno sintonizzata e oblativa (da parte dell'adulto, o di chi ha la responsabilità della cura). Tutti i risul­ tati, quindi, non solo delle teorie dell'attaccamento ma anche della in­ /ant research, degli studi sulla sintonizzazione e sulla protoconversazio­ ne tra madre e bambino, da Beebe e Lachmann a Erode, Trevarthen, Bretherton e Tronick, per citare solo alcuni nomi fondamentali, e delle teorie relazionali del gruppo di Boston (da Lyons-Ruth a Daniel Stem a Mitchell), confluiscono dallo studio interdisciplinare della mente in quello della neurobiologia interpersonale condotto da Schore, e amplia­ to nel senso delle neuroscienze affettive e dello sviluppo sociale. A queste conoscenze su come si sviluppi relazionalmente la mente "sa­ na" o normale, cioè alla descrizione dello sviluppo ottimale della mente umana in relazione, si aggiungono poi le ricerche sempre più numerose (e ormai indispensabili per comprendere e quindi curare la psicopatolo­ gia) sull'attaccamento insicuro e disorganizzato, gli studi sulla dissocia­ zione e sugli stati dissociati e traumatizzati della mente, gli esiti esiziali di dissintonia tra caregiver e bambino fino al maltrattamento infantile, con violenza, abbandono, abuso e perdita. In sintesi, le tappe dello svi­ luppo umano sono sempre le stesse, sia per la mente sana sia per quella malata, come sosteneva anche Freud, ma capita che qualcosa vada storto nella mente malata, di solito molto precocemente e interrelazionalmente; e inoltre, a differenza di quanto Freud e certa psicoanalisi e teorie della mente sostengono ancora, non si tratta di "caratteristiche innate" e di predisposizioni costituzionali ma piuttosto, come la scienza contempora­ nea da Sapolsky a Siegel a Schore dimostra, di continue relazioni epige­ netiche tra individuo in formazione e ambiente; e il primo ambiente, nel bene e nel male, è costituito dal mondo materno e dalle prime relazioni significative di attaccamento, che possono anche non essere biologiche, e possono, come dice Felicity de Zulueta (2006), andare male, o anda­ re molto bene e predisporre alla resilienza, alla salute, al benessere, alla buona autostima, a uno sviluppo fisico e psicologico e mentale ottimale. Di conseguenza, per Schore non esiste solo un corpo in formazione o una mente in formazione, ma l'umanità ha alla base questa specifica ca­ ratteristica, la relazionalità e la formazione inizialmente almeno duale e in seguito relazionale e sociale. Un corpo e una mente non esistono o si formano da soli. Per l'autore di questo volume perfino il temperamen­ to è epigenetico, formato dai primissimi scambi, che avvengono, come detto, fin dall'inizio all'interno dell'utero. Non esistono un carattere o XIII

Introduzione all'edii.ione italiana

una costituzione genetica, un a priori della formazione relazionale, come invece troviamo in Freud, in Klein, in Kemberg, per esempio, soltanto per citare alcuni psicoanalisti autorevoli. Se, come scrive Schore in La scienza e l'arte della psicoterapia (2012), la mente umana è intersoggettiva, l'intersoggettività è più di un incontro o di una comunicazione di cognizioni esplicite. Il campo intersogget­ tivo umano è sempre co-costruito da due individui e include non solo due menti ma due corpi, cosicché non è possibile dividere lo sviluppo mentale da quello corporeo e interpersonale (il cervello, ricordiamolo, è corpo nella misura in cui è anche un insieme neurobiologico di cellule, assoni, dendriti e così via, e le emozioni stesse sono alla base delle mole­ cole chimiche comunicate e trasportate elettricamente). Schore, come spiega candidamente in un'intervista riportata in que­ sto volume, si è chiuso in casa per dieci anni per studiare quanto è poi andato a costituire il suo primo volume di ricerche interdisciplinari sul­ la formazione del sé, mai tradotto in italiano, A/fect Regulation and the Origin o/ the Sei/: The Neurobiology o/ Emotional Development, pub­ blicato da Erlbaum, New York, nel 1994, ora ripubblicato da Routled­ ge. Sono 750 pagine tra le più intense della produzione di Schore, che hanno portato alla pubblicazione di due altri volumi, tradotti in italia­ no da Astrolabio-Ubaldini, I disturbi del sé. La disregolazione degli af /etti (2003a) e La regolazione degli affetti e la riparazione del sé (2003b). Intanto, alla scrittura di articoli scientifici l'autore ha coniugato la cre­ scente attività di formatore e conferenziere in ogni parte del mondo, dall'Australia alla Cina all'Europa, fino ai rinomati premi internaziona­ li che ha vinto recentemente per condurre nuove ricerche. Le citazioni dei suoi lavori superano le decine di migliaia ma questo è poco rispetto all'effettiva rivoluzione che la visione neuroscientifica e intersoggettiva da lui introdotta ha apportato alla psicoterapia basata sulla regolazione affettiva e alla comprensione della mente. Dopo aver analizzato i meccanismi della disregolazione del sé e quin­ di della formazione della psicopatologia e della formazione del sé sano, Schore aveva spiegato il meccanismo della comunicazione duale tra l'e­ misfero destro del paziente e quello del terapeuta in La scienza e l'arte della psicoterapia (2012). Sintetizzando, "le transazioni emozionali pre­ coci con l'oggetto primario influenzano lo sviluppo della struttura psi­ chica; cioè, [ ... ]le comunicazioni affettive all'interno della relazione di attaccamento facilitano la maturazione dei sistemi cerebrali coinvol­ ti nella stimolazione affettiva e nell'autoregolazione" (Schore, Schore, 2008, p. 12). La madre, o chi compie una funzione materna di cura, an-

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Introduzione all'edizione italiana

che una madre o un padre non biologici, funziona, come direbbe Ho­ fer ( 1984), come "regolatore nascosto" di tutti i sistemi neurobiologici e fisiologici che nei soggetti umani diventano nel tempo non solo capa­ cità di regolazione affettiva e controllo degli impulsi, ma anche capacità simbolica, prosociale, etica e rappresentazionale, a partire dalla sintoniz­ zazione tra zone limbiche e aree orbito-frontali e prefrontali. Fondamentalmente, nel soggetto sano, il sistema orbito-frontale del cervello destro è "l'apice gerarchico del sistema limbico e del sistema autonomo" e costituisce il principale sistema di regolazione dello stress presente a livello cerebrale, e codifica i modelli operativi interni di attaccamento accessibili in tutti i successivi momenti di stress relazionale. I pazienti con storie di attac­ camento carenti hanno [invece] una corteccia orbito-frontale immatu­ ra, poco efficiente nella regolazione delle emozioni e nel conseguire un cambiamento adattivo di stati motivazionali a seconda del contesto in­ tersoggettivo. [. .. ] Durante un periodo critico per la maturazione del­ la corteccia orbito-frontale, elevati livelli di ormoni dello stress hanno compromesso l'organizzazione precoce e le connessioni del sistema pre­ frontale, deputato all'elaborazione non conscia delle informazioni che collegano gli indizi relazionali esterni oggettuali con stati corporei inter­ ni. (Schore, 200.3b, p. 376) Esperienze positive nell'attaccamento, dunque, producono effetti a lungo termine a partire dall'asse ipotalamo-ipofisario-adrenocorticale, che gioca un ruolo fondamentale nella regolazione tra sé e altro e nel singolo organismo. Queste transazioni avvengono con la più grande intensità in un momento di massima crescita nel primo anno e mezzo di vita, quando il primo caregiver è fondamentale, e predominante è ancora l'emisfero destro, che si sviluppa per primo, per poi diventare di solito secondario, ma che rimane fondante per il substrato affettivo, analogico, per così dire, globale, del lavoro settoriale e digitale dell'emi­ sfero sinistro, alla cui formazione sembra concorrere positivamente la presenza di un secondo caregiver, che differenzia e amplia la diade ma­ dre-bambino con un terzo termine, sostanziale per i successivi sviluppi sociali e relazionali del bambino. Un esempio di questo funzionamento differenziato nelle sue funzioni specifiche proviene dal linguaggio, la­ teralizzato a sinistra per le funzioni specifiche delle aree di Wernicke e Broca, ma il cui "colore" globale e affettivo nella comunicazione viene dato dall'emisfero destro, o meglio dalla doppia connessione. La pre­ senza regolatrice e affettiva dei caregiver dunque promuove lo svilup­ po socioemozionale dei primi anni di vita; mentre la cattiva sintonizza-

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Introduzione all'edizione italiana

zione (che per Schore costituisce il "trauma relazionale infantile") tra i due soggetti in relazione è causa di blocchi e carenze nello sviluppo psicoemotivo e neurobiologico. La madre o il primo caregiver, dice Schore, in questo modo, in realtà modella il potenziale genetico del bambino, diventando il primo e fon­ damentale elemento del processo biopsicosociale: Nelle interazioni fra il bambino e la persona che principalmente si prende cura di lui, quest'ultima fornisce esperienze che modellano il potenzia­ le genetico del bambino agendo come regolatori (o disregolatori) psico­ biologici di ormoni che influenzano direttamente la trascrizione genica. Attraverso questi meccanismi, processi psiconeuroendocrini che si veri­ ficano durante periodi critici precoci danno origine a effetti permanenti a livello genomico, che influiscono sullo sviluppo dei circuiti cerebrali. (Schore, 1997, p. 598)

Nel corso degli anni, quindi, Schore ha contribuito a una magistrale riscrittura dei meccanismi della mente conscia e inconscia, costruendo le fondamenta stesse della scienza che se ne occupa, la neuropsicoana­ lisi. Passo dopo passo, Schore ha originariamente e inesorabilmente spiegato come i processi inconsci siano per lo più fondati su connessio­ ni sottocorticali lateralizzate nell'emisfero destro: le memorie emotive inconsce (o implicite, basate sull'amigdala) sono a livello profondo im­ magazzinate nell'emisfero destro, tanto che questo emisfero può essere considerato il substrato psicobiologico della mente inconscia dell'uo­ mo ed è attraverso la rielaborazione di questi sistemi duali in relazione (tra paziente e terapeuta, ricodificando la relazione duale di caregiver e bambino) che si può ottenere la riparazione, la guarigione o il recupero di un funzionamento efficace. Il concetto di "trauma relazionale infantile" di Schore ha infatti ra­ dicalmente rivoluzionato e illuminato il modo in cui comprendiamo le conseguenze della mancata sintonizzazione e dell'allineamento (per lo più delle comunicazioni dell'emisfero destro o delle rotture senza ripa­ razione) tra caregiver e bambino, soprattutto in quei momenti critici di maturazione del primo anno e mezzo di vita, da cui derivano sia la salute ottimale sia future disfunzioni nello sviluppo, creando in primis gli ef­ fetti dell'iperarousal (quindi disregolazione affettiva, che poi diventerà identificazione proiettiva), ipoarousal e nei casi più gravi la dissociazione. L'attaccamento, sicuro o insicuro o addirittura disorganizzato, è il primo meccanismo relazionale mente-corpo-emisfero destro che di fat­ to promuove la regolazione sana (o la disregolazone) di tutti i sistemi XVI

Inlroduzione ali'edizione italiana

neurobiologici del nuovo organismo. Come conseguenza di un attac­ camento insicuro o disorganizzato, la disregolazione degli affetti, con l'interruzione di tutti i modelli di regolazione psicobiologica, crea le ba­ si per una vulnerabilità che, se non riparata, conduce alla psicopatolo­ gia. A causa del suo sviluppo più precoce rispetto all'emisfero sinistro, le prime traumatizzazioni vengono codificate soprattutto nell'emisfero destro (la base del futuro sé implicito/non cosciente). Pertanto, è attraverso le comunicazioni relazionali, inconsce e non verbali, di questo meccanismo interpersonale duale basato sui due emi­ sferi destri in contatto tra loro che il dialogo psicoterapeutico può lavo­ rare proficuamente per ripristinare una migliore regolazione, con inte­ grazione delle parti scisse disconnesse o disregolate della personalità, e contribuire a ripristinare la regolazione degli stati mentali e affettivi e il benessere complessivo tra corpo e mente. Con la spiegazione di come la mente umana funziona ed è strutturata su questo meccanismo duale attraverso i suoi precedenti monumentali risultati basati su massicci studi scientifici, Schore proponeva un radi­ cale cambiamento del modo in cui comprendiamo e interveniamo negli scambi relazionali psicoterapeutici, passando da un'indagine psicologi­ ca intrapsichica e unipersonale a un funzionamento duale, inconscio e mediato dall'emisfero destro indagato nel volume precedente, La scien­ za e l'arte della psicoterapia.

In quel testo a cui rimandiamo, fondamentale per il lettore e soprat­ tutto per lo psicoterapeuta, perché costituisce veramente un caposaldo della comprensione di una terapia relazionale basata sull'emisfero destro e un presupposto indispensabile del volume che qui presentiamo, Scho­ re sottolineava come, in questo cambiamento di paradigma verso una psicoterapia orientata alla relazione, i modelli clinici neurobiologici in­ terpersonali del cambiamento terapeutico si stiano spostando dall'emi­ sfero sinistro, sede razionale del pensiero, all'emisfero destro, più diret­ tamente collegato alla interocezione e alla consapevolezza che la mente ha del proprio corpo, con una rimodulazione di questi modelli sempre più dal sistema nervoso centrale a quello autonomo. Ancor di più, sot­ tolineava Schore dieci anni fa, vi è la necessità di muoversi dalle neu­ roscienze classiche focalizzate sul singolo cervello verso un nuovo ap­ proccio fondato su due corpi e due cervelli in relazione (Schore, 2012). Tutto il meccanismo dell'enactment e la profonda comunica­ zione che dall'emisfero destro o inconscio non rimosso dell'u­ no passa all'inconscio non rimosso dell'altro vengono illustrati nella XVII

Introduzione all'edizione italiana

maniera più esaustiva e profonda, lavoro che Philip Bromberg ha se­ guito puntualmente e brillantemente nelle applicazioni cliniche del­ le sue ultime ricerche, soprattutto nel volume L'ombra dello tsunami (2011), a cui Schore ha dedicato una straordinaria introduzione di 46 pagine che esortiamo i lettori a leggere. In questa introduzione Scho­ re espone una sintetica visione di come l' enactment e la dissociazione siano profondamente collegati e siano preziosi nella clinica, e di come si incontrino ovviamente sul terreno del trauma relazionale, non solo in­ fantile - nel senso della mancata sintonizzazione - ma del tipo Complex PTSD o "trauma da mano umana", come spiegato da Mucci in Corpi bor­ derline (2018), altro volume facente parte della collana "lnterpersonal Neurobiology", poi tradotto in italiano da Raffaello Cortina nel 2020. Anche nella prefazione a Corpi borderline (Schore in Mucci, pp. lX-XX, 2018), Schore ribadiva come questa mancata sintonizzazione sia alla base dei meccanismi disregolatori che oggi vediamo in atto nelle organizzazioni borderline di personalità e nel narcisismo, e come sia proprio nel passag­ gio intergenerazionale tra emisfero destro ed emisfero destro che si com­ pie anche la trasmissione traumatica da una generazione all'altra, veicolata dalle dinamiche dell'attaccamento, che non sono solo mentali (o, meglio, non rappresentano solo lo "stato della mente del genitore"), ma che pas­ sano attraverso tocco, tatto, sguardo e accudimento corporei concreti (almeno all'inizio) per poi diventare anche elementi di identificazione tra un corpo e l'altro. In particolare, tutta la tabella delle tappe di sviluppo psicopatologico o disfunzionale nei disturbi di personalità presentata da Mucci nel volume citato seguiva le sintesi dei lavori precedenti di Schore, soprattutto di A/fect Regulation and the Origin o/the Set/ (1994). Ma una importante distinzione e differenziazione all'interno del mo­ dello di Schore a nostro parere va fatta distinguendo tra un "trauma re­ lazionale infantile" in cui vi sia "solo" dissintonia o deprivazione, senza attivo maltrattamento e abuso, come per esempio nel caso di una madre depressa, e invece un livello potenzialmente più grave di traumatizza­ zione primaria in cui, oltre alla mancata sintonizzazione degli emisferi destri, vi siano un vero attivo maltrattamento e un abuso o addirittura un incesto, quello che Mucci ha chiamato "secondo livello di trauma da mano umana" (Mucci, 2014, 2018, 2021; Mucci, Scalabrini, 2021); l'unico che, sottolineiamo, forma quella identificazione particolarmente distruttiva che Ferenczi ha definito "identificazione con l'aggressore" e che implica l'internalizzazione del lato vittima degli effetti traumatici a livello emotivo (colpa e vergogna essenzialmente) e del lato persecuto­ re (aggressività, rabbia e violenza). Questa identificazione con l'aggresXVIII

Introduzione ali'edizione italiana

sore, nella diade internalizzata vittima-persecutore, costituisce la molla per gli attacchi al corpo che caratterizzano i disturbi di personalità: dai tagli ai disturbi alimentari, dalla suicidalità alle forme varie e complesse di distruttività di borderline e narcisisti (Mucci, 2018). Gli enactment costituiscono momenti privilegiati di espressione del­ le parti dissociate della mente del paziente, che si incontrano anche in forti "momenti presenti" della mente del terapeuta, attivata in senso im­ plicito, inconscio e soprattutto emotivamente a destra. Lavorando nelle zone disregolate della mente e nelle finestre aperte dalla comunicazione profonda tra i due emisferi, Schore descriveva in La scienza e l'arte del­ la psicoterapia un primo grande quadro della straordinaria profondità e rivoluzionarietà del suo lavoro terapeutico a cui collaborano molti sa­ peri, da corpo a mente, da destra a sinistra, da bottom-up a top-down, in una continua regolazione e sintonizzazione regolatoria complessa. Schore ha rivoluzionato la comprensione della mente umana sia sana sia traumatizzata e di conseguenza la psicoterapia, che mira a guarire e riparare le disfunzionalità e le difficoltà della mente umana traumatizza­ ta. In questo volume, Psicoterapia con l'emisfero destro, Schore raggiun­ ge un altro traguardo altissimo, ovvero la riscrittura e la comprensione neuroscientifica di un altro meccanismo psicoanalitico fondamentale, quello della regressione, tradizionalmente considerato problematico o addirittura pericoloso nel lavoro di psicoterapia. Schore dimostra co­ me, al contrario, la regressione costituisca uno strumento prezioso per la psicoterapia, e come l'emisfero destro di entrambi i protagonisti della talking cure lavori in sintonia con le strategie dell'emisfero sinistro verso la riparazione dei primi traumi relazionali infantili e verso il recupero di una sana integrazione delle parti scisse o alienate della mente, attra­ verso i misteriosi meccanismi inconsci del cervello umano penetrati in primis da Freud. Approfondendo ulteriormente questa straordinaria connessione di­ namica duale tra mente, corpo e cervello soprattutto sulla base comu­ nicativa dell'emisfero destro nella cura psicoterapeutica, e quindi riba­ dendo come si debba trattare ormai solo di una psicologia bipersonale e di una formazione di una regolazione che si serve di due corpi e di due cervelli-mente, Schore specifica in questo nuovo volume: le interazioni emotive riflettono una comunicazione affettiva tra due emi­ sferi destri (da emisfero destro a emisfero destro) nello sviluppo precoce in cui la madre modella i circuiti limbico-autonomici nell'emisfero de-

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Introduzione all'edizione italiana

stro del neonato nelle fasi iniziali dello sviluppo. Le funzioni essenziali di comunicazione e regolazione interattiva dell'emisfero destro si riferi­ scono quindi a un'interazione psicobiologica bipersonale come espres­ so in contesti dinamici interpersonali e intersoggettivi. (Infra, pp. 3-4).

Questo modello di sincronizzazione tra emisferi destri è sempre più supportato dalla ricerca di neuroimaging funzionale, che si concentra sul ruolo critico dell'emisfero destro nelle interazioni sociali adulte e sul flusso di informazioni affettive tra cervelli in comunicazione, e soprat­ tutto sulle tecniche di hyperscanning a cui Schore giustamente dedica qui molta attenzione, essendo la nuova frontiera delle conoscenze sulla comunicazione intersoggettiva da mente a mente, quindi un caposaldo della comprensione di quanto accade anche nella psicoterapia. Il mo­ dello neurobiologico di Schore per la mente conscia (basata su processi secondari) e inconscia (basata su processi primari) riesce a ristrutturare, attraverso una ricca cornice scientifica interdisciplinare e molto avanza­ ta, non disponibile a Freud, un modello della mente radicato sul corpo e sulla biologia, come era nell'intenzione di Freud, ma basato ora sull'in­ terpersonale, non sull'intrapsichico, come fondamento strutturale sia dello sviluppo umano sia del cambiamento psicoterapeutico. Schore distingue i meccanismi tipici della mente conscia (a sinistra, i processi secondari di Freud) da quelli caratteristici della mente in­ conscia (ma anche implicita, destra, dei processi creativi primari, come nell'inconscio di Freud appunto si esprime nei sogni, nel discorso poe­ tico, nella creatività, negli atti mancati e nelle formazioni di compro­ messo che costituiscono per Freud i sintomi). Questo paradigma della comunicazione tra un emisfero destro e l'altro supporta gli attuali mo­ delli psicoanalitici relazionali a partire dal concetto di psicologia biper­ sonale e dall'indagine su come le interazioni complesse dell'inconscio duale siano utilizzate in psicoterapia sia con disturbi gravi, per lo più borderline, sia con disturbi meno gravi, che potremmo definire "nevro­ tici". Come detto, il modello di Schore mostra una struttura di sviluppo in cui le interazioni mente-corpo-cervello sono costantemente intreccia­ te creando un sistema complesso che necessita della reciprocità di di­ verse discipline per essere pienamente compreso nella sua complessità. Per Schore, "l'intersoggettività è più di una comunicazione o di una corrispondenza di cognizioni verbali esplicite. Gli affetti regolati e disre­ golati a base corporea sono comunicati all'interno del campo intersog­ gettivo co-costruito da due individui, un campo di trasmissione di ener­ gia che include non solo due menti ma anche due corpi" (infra, p. 34).

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Con la sua tipica e vibrante integrazione sintetica di diverse parti del puzzle umano e un fondamentale balzo scientifico in avanti, nel capi­ tolo 2 di Psicoterapia con l'emisfero destro, il nucleo fondamentale della terapia psicoanalitica, ovvero il meccanismo di transfert e controtran­ sfert, viene descritto e compreso in termini di comunicazioni inconsce di due sistemi connessi dell'emisfero destro, e che si realizzano come enactment reciproci interattivi. Nel capitolo 3, Schore, descrivendo le "Regressioni reciproche co­ me promotrici di crescita nella psicoterapia del profondo: prima parte", traccia un modello per lavorare sia con l'emisfero destro sia con quello sinistro durante i momenti di regressione del paziente, in cui il materiale elaborato dall'emisfero destro può essere più facilmente accessibile. Nel primo movimento, i dialoghi basati sul corpo dell'emisfero destro tra l'inconscio relazionale del paziente e quello del terapeuta sensibile so­ no attivati e potenziati nei momenti caratterizzati da affetti intensi delle rievocazioni dei primi traumi relazionali, in una splendida descrizione e comprensione di come le rievocazioni reciproche funzionino in terapia: In questo stato regresso di subconscio implicito aperto-ricettivo, il tera­ peuta empatico accede all'attenzione ad ampio raggio del cervello destro che è "uniformemente sospesa" [Schore, 2003b]. Il terapeuta può ora ri­ cevere e inviare comunicazioni emotive fra l'emisfero destro del paziente e quello del terapeuta. Considerevolmente, per co-creare questo sistema di intersoggettività con il paziente, il terapeuta deve implicitamente sincroniz­ zare i loro emisferi destri. Come spiegherò a breve, questa sincronizzazione fra cervelli lateralizzata a destra di una comunicazione spontanea non ver­ bale è un meccanismo essenziale per regressioni reciproche. (Infra, p. 54) Imitando le dinamiche di sviluppo dell'emisfero destro, I contesti relazionali del trattamento a lungo termine permettono l'evo­ luzione di una struttura psichica più complessa, che a sua volta può ela­ borare funzioni più complesse dell'emisfero destro (per esempio, l'in­ tersoggettività, l'empatia, la tolleranza agli affetti e la regolazione dello stress). [ ... ] Questa maggiore connettività genera, a sua volta, uno svi­ luppo più complesso del substrato biologico lateralizzato a destra dell'in­ conscio umano. (Infra, p. 42) Le regressioni emotive, già presenti nei meccanismi di enactment co­ me comunicazioni intersoggettive, non verbali e basate sul corpo di un intenso affetto carico negativamente (Schore, 2012), sono comunicazio­ ni implicite e inconsce di un trauma relazionale precoce dell'attaccamen­ to. Lo strumento della regressione in terapia, inteso come "il ritorno ai XXI

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fondamenti e alle origini che potrebbero facilitare una potenziale rior­ ganizzazione portando a una migliore integrazione" (infra, p. 91), con­ sente di lavorare sulla connessione interpersonale della struttura duale dell'emisfero destro, analogamente a quella "finestra di tolleranza" alla disregolazione degli affetti che Schore aveva brillantemente e molto ef­ ficacemente proposto nel suo volume del 2012. In La scienza e l'arte della psicoterapia aveva scritto che gli enactment dei pazienti nelle sedute rappresentano contesti altamente stressanti di arousal alterato e affetti inconsci soverchianti particolarmente forti, re­ frattari a regolazione conscia, volontaria e verbale. Questa disregolazio­ ne, che viene rimessa in atto nella terapia tra un emisfero destro e l'altro, tra paziente e terapeuta, riflette un fallimento della regolazione affettiva inconscia implicita dell'emisfero destro che non può essere compensato dall'emisfero sinistro e dai suoi processi (Schore, 2012). In questo nuovo volume, Schore va ancora più a fondo e descrive il meccanismo della regressione come un "rilascio di 'più basse' strutture del'emisfero destro, che prima si evolvono nelle/asi prenatale e postnatale dello sviluppo precoce del cervello - i primi mesi e i primissimi anni di vita, il periodo critico per la formazione del'attaccamento - prima della succes­ siva maturazione di 'più alte'/unzioni dell'emisfero sinistro" (infra, p. 51).

Queste regressioni funzionali riflettono gli spostamenti di dominan­ za tra i due emisferi. Questi movimenti dialogici nella coppia terapeu­ tica permettono regressioni adattive dal processo secondario cosciente a quello primario inconscio, emettendo spostamenti di dominanza in­ teremisferica sinistra-destra verso i livelli più profondi dell'inconscio dell'emisfero destro. Come spiega e dimostra Schore attraverso esempi clinici opportuni ed efficaci, "nel tempo il clinico creativo, sensibile persino ai bassi livel­ li di spostamenti del paziente dentro e fuori gli stati affettivi, impara a sincronizzare in modo fluido questo cambiamento nella dominanza de­ gli emisferi con gli spostamenti del paziente. Questo consente la comu­ nicazione e regolazione non solo degli affetti consci, ma anche di quelli inconsci" (infra, p. 55). Schore riscrive e rielabora totalmente assunti fondamentali di psi­ coanalisti classici come Ernst Kris (1952), che notoriamente proponeva "una regressione al servizio dell'Io"; nella spiegazione di Schore questa forma di regressione "è alla base non solo della creatività terapeutica e artistica, ma anche di altre essenziali funzioni umane adattive, incluse la fantasia, l'immaginazione e l'apprezzamento dell'arguzia e dell'umo­ rismo" (infra, p. 57). Ciò consente il passaggio XXII

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da un processo secondario di pensiero (razionale, ordinato, orientato alla realtà, intenzionale, cosciente) a una modalità di pensiero da pro­ cesso primario (con libere associazioni, disordinato, simile a una reve­ rie, inconscio). La cognizione del processo primario e le modalità pri­ mitive di pensiero agiscono per aumentare la probabilità di idee nuove, che sono conseguentemente elaborate a livello di processo secondario. (Infra, pp. 57-58) Allo stesso modo, Schore si rifà a Reik, il quale ha sottolineato l'im­ portanza delle funzioni di processo primario preconscio-inconscio del terapeuta creativo e che in Listening with the Third Ear (1948) ha ipo­ tizzato un processo inconscio attraverso il quale l'analista è in grado di rilevare e decifrare gli indizi delle dinamiche inconsce del paziente, me­ diante il cosiddetto terzo orecchio. In questa modalità di processo pri­ mario, "suoni, immagini fugaci, sensazioni organiche e correnti emotive non sono ancora differenziate" (Reik, 1956, p. 486); il funzionamento del processo primario è tipico delle menti creative ma anche degli stati patologici e dei disturbi mentali. Tornando a Freud stesso, egli aveva af­ fermato in L'interpretazione dei sogni (1899) che le funzioni dei processi primari sono altamente visive, tattili e uditive, e si sviluppano prima dei processi secondari. Questa differenza tra funzioni primarie e seconda­ rie del pensiero è stata descritta da Schore già nel 1994, nel suo primo libro, proprio come modalità di funzionamento dell'emisfero destro e di quello sinistro. Coerentemente con il cambiamento di paradigma esplicitato da Schore nei costrutti di trauma precoce e di rievocazione clinica, la riva­ lutazione e il cambiamento proposti nel costrutto di regressione seguo­ no anche la guida di un'altra figura maestra e rivoluzionaria nel campo psicoanalitico, Michael Balint. In La regressione (1968) Balint osserva che sia Freud sia Ferenczi erano d'accordo sul fatto che la regressione durante il trattamento analitico fosse considerata un sintomo pericoloso. Egli indicava le regressioni soprattutto come "regressioni maligne" che "travolgono l'Io", ma sottolineava comunque il valore positivo delle re­ gressioni benigne, che consentono l'incontro con dolori emotivi in gra­ do di mettere in luce difetti di base e lacune (dissociative). Seguendo la visione di Schore, diremmo che questi momenti regressivi sono momen­ ti di incontro con l'emisfero destro estremamente utili e preziosi, "mo­ menti attuali" per il possibile rimodellamento delle strutture implicite. In questi meccanismi di regressione reciproca in cui la corteccia tem­ poroparietale destra di un partner è sincronizzata con la corteccia tem­ poroparietale destra dell'altro, il terapeuta empatico sensibile accede XXIII

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all'attenzione "uniformemente sospesa" dell'emisfero destro (Schore, 2003b) ed è in grado di ricevere e inviare comunicazioni, in uno scam­ bio terapeutico co-costruito tra emisfero destro ed emisfero destro. In queste regressioni regolate interattivamente "al servizio dell'Io" (Kris, 1952) può aver luogo una "nuova esperienza emotiva correttiva", in una "regressione adattiva" dell'emisfero destro. In una psicoterapia a lungo termine, questa modulazione continua dello spostamento delle modalità emisferiche permette di modificare implicitamente i modelli operativi interni dell'attaccamento, regolan­ do gli affetti inconsci ma anche consentendo la possibilità di una nuova creatività interpersonale: La "creatività interpersonale" [anch'essa prodotto della connessione dell'emisfero destro, ma resa possibile anche dallo sviluppo sottocor­ ticale-corticale] sarà quindi un sottotema di questo studio delle regres­ sioni reciproche sincronizzate, meccanismi terapeutici che promuovono la

crescita che possono condurre a progressi nella complessità strutturale e funzionale dello sviluppo emotivo e sociale. (Infra, p. 56)

Schore si spinge coerentemente a riformulare il concetto di regressio­ ne di Freud distinguendo due tipi di regressioni neurobiologiche, sulle orme del fondatore della psicoanalisi: una forma topografica di comu­ nicazione orizzontale interemisferica e una regressione strutturale in­ traemisferica. Questa integrazione aggiornata dei modelli topografici e strutturali immaginati da Freud nel secolo precedente può essere rap­ presentata anche in una riscrittura della metafora dell'iceberg di Freud, in cui il livello cosciente, con i ricordi espliciti e la mentalizzazione ver­ bale, emerge sulla massa dei ricordi emotivi disregolati preconsci e ri­ mossi e sull'inconscio profondo (Schore, 2019, p. 62). È interessante notare che le regressioni topografiche reciproche, se­ condo Schore, sono onnipresenti in tutte le psicoterapie, ma soprattutto in quelle relazionali e focalizzate sugli affetti: In questi spostamenti emisferici sincronizzati tra sinistra e destra, ognu­ no passa simultaneamente dalla mente verbale sinistra cosciente agli af­ fetti non verbali e alle immagini sensoriali della mente destra preconscia. Questi eventi permettono alla mente destra del terapeuta di intuire affet­ tivamente, empatizzare e risuonare intersoggettivamente con gli stati in­ consci rimossi e disregolati della mente destra del paziente. (Infra, p. 118)

Al contrario, le regressioni strutturali "inducono uno spostamen­ to verticale da più alti livelli preconsci a più profondi livelli inconsci XXIV

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dell'emisfero destro. Questa regressione intrapsichica può essere rego­ lata o disregolata, adattiva o patologica" (infra, pp. 66-67): è la capaci­ tà del terapeuta empatico di entrare implicitamente in risonanza con il suo stato disregolato, in modo che "regressioni strutturali reciproche sincronizzate facilitino la co-creazione di un sistema di comunicazione inconscio" (infra, p. 67). Coerentemente con il modello di Schore di sviluppo della mente inconscia, il concetto di regressione di Freud viene riscritto come un modello relazionale bipersonale di cambiamento psicoterapeutico: "Le regressioni topografiche reciproche facilitano le sincronizzazioni inter­ cerebrali da un soggetto all'altro dei circuiti orizzontali corticale con corticale lateralizzati a destra, mentre le regressioni strutturali recipro­ che facilitano le sincronizzazioni interemisferiche dei circuiti autonomi­ ci limbici verticali cortico-sottocorticali lateralizzati a destra" (ibidem). In un altro interessante spostamento verso una nuova neuropsicoana­ lisi relazionale, Schore cita Ferenczi come il primo terapeuta e psicoana­ lista che ha sottolineato l'importanza delle regressioni reciproche nelle sedute (quella che lui chiamava "analisi reciproca"), citando un famoso passo di Il diario clinico, dove Ferenczi sostiene che, per assumere il ruo­ lo di "osservatore benevolo e soccorrevole", il terapeuta "ha una scelta: prendere sul serio il ruolo che si assume [ ...] cioè lasciarsi effettivamente trasportare con il paziente in quel dato momento del suo passato" ( 1932, p. 75). Negli enactment diadici, entrambi i partner dell'incontro tera­ peutico rimettono in scena "una relazione oggettuale patologica trau­ matica, una rappresentazione interattiva interna di un sé-disregolato-in­ interazione-con-un-oggetto-non-sintonizzato" (infra, p. 77). Nel capitolo 4, intitolato "Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita nella psicoterapia del profondo: seconda parte", Schore approfondisce le differenze di struttura e le disfunzioni dei vari sistemi difensivi della dissociazione (legata a psicopatologie più gravi e a traumi più pesanti o precedenti) e della rimozione. Entrambi contri­ buiscono in modo determinante alla resistenza inconscia del paziente al cambiamento psicoterapeutico, con un impatto intrapsichico importan­ te per l'effettivo successo terapeutico nella riparazione del sé. Per Scho­ re è interessante notare che i due emisferi cerebrali accedono a sistemi diversi di regolazione affettiva, per cui la dissociazione e i meccanismi di difesa a maturazione precoce sono radicati nella memoria implicita dell'amigdala destra e nella regolazione inconscia degli affetti, mentre la rimozione è una memoria semantica esplicita dell'ippocampo sinistro con uno sviluppo più tardivo e una regolazione consapevole degli affetti.

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Questa distinzione tra rimozione e dissociazione, basata sulla gravità del trauma, è un fondamentale punto di approdo teorico nella comprensio­ ne della psicopatologia e un elemento costitutivo per spiegare i disturbi dello sviluppo su cui convergiamo completamente (per una discussione sulla teoria e un'applicazione a esempi clinici, vedi Mucci, 2018, 2021). Nel panorama psicoanalitico contemporaneo, queste premesse sono state pienamente esplorate e applicate clinicamente da Philip Bromberg nel suo capolavoro del 2011. Bromberg, infatti, ha riconosciuto che La rimozione, come difesa, rappresenta una reazione all'angoscia: un af­ fetto negativo ma regolabile che segnala la possibile irruzione nella co­ scienza di contenuti mentali capaci di generare un conflitto intrapsichi­ co spiacevole ma sostenibile. La dissociazione, come difesa, rappresenta una reazione a un trauma: un flusso caotico di affetti non regolabili nella mente, che minaccia la stabilità del Sé e talvolta la stessa salute mentale. (Bromberg, 2011, p. 49)

Nell'illuminante prefazione a quel libro già citata, Schore aveva spie­ gato neurobiologicamente l'origine traumatica della dissociazione co­ me segue: Sul piano neurobiologico, la dissociazione riflette l'incapacità del siste­ ma corticale-sottocorticale destro del Sé implicito di riconoscere ed ela­ borare la percezione degli stimoli esterni (le informazioni esterocettive provenienti dall'ambiente relazionale) e opera una loro integrazione mo­ mento-per-momento con gli stimoli interni (informazioni enterocettive provenienti dal corpo, dai marker somatici, l"'esperienza percepita"). Questo fallimento nell'integrazione tra emisfero destro di livello supe­ riore e inferiore e la disconnessione del sistema nervoso centrale dal si­ stema autonomo inducono un istantaneo collasso della soggettività e dell'intersoggettività. Gli affetti stressanti, in special modo quelli asso­ ciati a dolore emotivo, non vengono quindi esperiti nella consapevolezza (gli stati "non-me" di Bromberg). (Schore in Bromberg, 2011, p. XXXII)

Approfondendo la sua visione in Psicoterapia con l'emisfero destro, Schore definisce la rimozione come una "difesa lateralizzata a sinistra per regolare l'ansia conscia di base sinistra O'apprensione ansiosa), men­ tre la dissociazione rappresenta una difesa lateralizzata a destra per re­ golare l'iperarousal simpatico-fisiologico di base destra (e l'ipoarousal parasimpatico) che si manifesta per primo" (infra, pp. 97-98). Entrambe le difese sono viste come coinvolte nell'impedire agli af­ fetti di raggiungere la coscienza e nella generazione di stati inconsci. XXVI

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Per Schore, la dissociazione appartiene agli stadi pre-edipici dello svi­ luppo, mentre la rimozione agli stadi edipici (e in questo coincidiamo pienamente). In termini diagnostici, potremmo riformulare questa di­ stinzione dicendo che la rimozione compare soprattutto nelle strutture nevrotiche, mentre la dissociazione è la struttura (o frattura) tipica della psicopatologia grave, a partire dai livelli borderline fino ai livelli di for­ mazione psicotica. I livelli più gravi sono tutti esito di traumatizzazioni più precoci e/o più gravi di quello che definiamo "trauma da mano uma­ na" (Mucci, 2013, 2018), per distinguere il trauma interpersonale dal trauma di origine catastrofica (ancora non riconosciuto tra le distinzioni del DS.M-5, e che piuttosto è incluso nel PDM-2 [Lingiardi, McWilliams, 2017] e nell'ICD-11 come Complex PTSD, almeno per quanto riguarda il secondo livello traumatico, ovvero maltrattamento e abuso [Mucci, 2013, 2018; Mucci, Scalabrini, 2021]). Solo i traumi causati dall'azione umana sono infatti responsabili dell'attaccamento disorganizzato e della vulnerabilità a sviluppare una struttura dissociativa (Liotti, 1999; Mucci, 2018); il DSM-5 non riconosce ancora la differenza tra i traumi interper­ sonali a lungo termine (Complex PTSD) e i traumi da catastrofe naturale o da incidente, privi di un'intenzione umana malvagia. Dal punto di vista neuroscientifico, chiarisce Schore, la strategia di sopravvivenza della dissociazione "rappresenta una perdita di connet­ tività verticale tra le aree corticali e sottocorticali limbico-autonomiche all'interno dell'emisfero destro" (infra, pp. 100-101). Nella sua importante riconcettualizzazione della rimozione, Schore conferma il concetto di Freud di "rimosso" come "solo una parte dell'in­ conscio" (Freud, 1915). Si tratta di una visione già proposta dal neuro­ scienziato Mauro Mancia (2006), che parla di un concetto da lui definito "inconscio non rimosso", anch'esso, in accordo con la teoria di Schore, localizzato nell'emisfero destro, alludendo a qualcosa di così precoce e primordiale che non potrebbe subire la rimozione (a causa dell'imma­ turità della struttura neurobiologica o della gravità della traumatizza­ zione) ma solo la dissociazione (o il diniego). 1 Nella originale riscrittura neuroscientifica di Schore di questi importanti concetti psicoanalitici, "l'inibizione callosa cognitiva verbale frontale sinistra rispetto alle fun­ zioni emotive non verbali frontali destre" funziona come una strategia "usata dalla mente conscia dell'emisfero sinistro per far fronte agli ele­ menti stressanti potenziali di natura energetico-emotiva che emergo­ no nell'emisfero destro" (infra, p. 103), in una relazione gerarchica dal I. Per una discussione su questa importante frattura teorica, vedi Mucci in Craparo, Mucci, 2017.

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basso verso l'alto. Nell'alleanza terapeutica co-creata e lateralizzata a destra, il terapeuta empatico può regolare gli affetti disregolati consci e inconsci (dissociati o rimossi) del paziente. Di conseguenza, conclude Schore, è questa regolazione basata sul corpo e "non le parole di un'interpretazione trasformativa né un insight cognitivo" (infra, p. 104) a essere veramente efficace nel lavoro con gli affetti inconsci dissociati e intensi e con gli affetti inconsci rimossi e mo­ deratamente stressanti nella regressione reciproca. Anche nell'uso del linguaggio e dell'interpretazione, tuttavia, il ruolo dell'emisfero destro è diventato chiaramente evidente, tanto che il concetto tradizionale di lin­ guaggio come funzione innanzitutto lateralizzata dell'emisfero sinistro non è più sostenibile (Ross, Monnot, 2008). L'interpretazione lateraliz­ zata a destra (anche in relazione alle proprietà del processo primario), con le sue ricche sfumature metaforiche e non verbali, è fondamentale per aiutare il paziente a comprendere e dare un nome ai sentimenti e a ridurre la disregolazione affettiva. Quando si lavora nella psicoterapia del profondo con pazienti gravi, è la regressione indotta che permette di utilizzare le dinamiche distruttive che essi abitualmente mettono in atto e ripetono in terapia per lavorare e riparare queste strutture danneggiate. Il cambiamento di base nella ripetizione delle dinamiche distruttive è reso possibile affrontando di­ rettamente la diade traumatica interiorizzata vittima-persecutore, in cui l'aggressore è stato implicitamente incorporato nel sé ora scisso del pa­ ziente, con affetti come la vergogna e il senso di colpa collegati alla par­ te vittima del sé scisso, e affetti come la rabbia e l'aggressività collegati al lato persecutore del sé scisso nei disturbi di personalità. 2 Nei capitoli successivi viene fornita una descrizione esaustiva e dettagliata di come funzioni la teoria della regolazione degli affetti nella terapia con pazienti gravemente traumatizzati. Schore presenta casi clinici per differenziare il ruolo di difese come la rimozione e la dissociazione, per mostrare come il terapeuta in sintonia psicobiologica instauri implicitamente, secondo le sue parole, "una regressione, una 'dominanza reversibile dell'emisfe­ ro di sinistra su quello di destra'" (infra, p. 16), sincronizzando gli spo­ stamenti attraverso regressioni reciproche volontarie, verso una miglio­ re integrazione degli affetti disregolati e degli aspetti scissi del sé, con maggiore capacità di gioco, amore, creatività e intimità, e favorendo il riequilibrio creativo degli emisferi cerebrali in una danza continua da destra a sinistra, dal basso verso l'alto, dall'alto verso il basso e così via. 2. Su questa dinamica distruttiva, vedi Mucci, 2018; Schore si riferisce a essa come a una "re­ lazione oggettuale internalizzata vittima-persecutore" (Infra, p. 137).

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Lavorando "sulla stessa lunghezza d'onda", la coppia terapeutica rea­ lizza la regolazione degli affetti, dall'iperarousal simpatico o dall'ipoarou­ sal parasimpatico, passando per l'instaurazione di una comunicazione e la stabilizzazione degli affetti in una zona moderata di eccitazione emo­ tiva; in questa costante sintonizzazione è possibile anche per i pazienti borderline tollerare emozioni più intense e le loro aree sottocorticali ipe­ rattive possono essere collegate e controllate dalle aree corticali superiori. L'oggetto del capitolo 5 riguarda il movimento dall'esperienza trau­ matica al nuovo incontro con l'amore terapeutico, che consente gioco e creatività. L'amore materno, dalle cure materne di Winnicott al soste­ gno materno di Fromm, piuttosto che un semplice stato mentale ideale diventa la base effettiva di un meccanismo evolutivo situato nell'emi­ sfero destro per lo sviluppo precoce e l'elaborazione delle emozioni. Lo sviluppo ontogenetico del sistema evolutivo, scrive Schore con T erry Marks-Tarlow, "avviene a livelli non verbali". Il capitolo 6, scritto originariamente come "Relazione plenaria al congresso dell'American Psychological Association - divisione 39, Psicoanalisi, 2017 ", illustra i nuovi sviluppi della ricerca sull'emisfero destro particolarmente rilevanti per la psicoanalisi e che ora si sono evo­ luti in una teoria non solo dell'inconscio ma anche della mente/cervel­ lo/corpo. La nuova versione dell'inconscio, la comunicazione implicita da emisfero destro a emisfero destro, guida le comunicazioni terapeuti­ che attraverso quelli che sia Schore sia Bromberg chiamerebbero "stati mentali", che vengono conosciuti dall'altro in modo implicito o "al di sotto delle parole" e al di là delle narrazioni di ciò che viene detto espli­ citamente. Questa fluttuazione dinamica della condivisione degli stati momento-per-momento riorganizza il dialogo in modo implicito, cioè anche corporeo, attraverso tutti i livelli complessi della conversazione. Come scrive Schore in modo convincente: All'interno della seduta, la "condivisione di stato" tra emisferi destri, che si svolge momento-per-momento, rappresenta un dialogo organiz­ zato che avviene nell'arco di millisecondi. In questa matrice interattiva, entrambi i partner corrispondono agli stati e regolano simultaneamente la loro attenzione sociale, la stimolazione e l'accelerazione dell 'arousal in risposta ai segnali del loro partner. Da una prospettiva neurobiologica interpersonale, questo accordo riflette modelli sincronizzati reciproca­ mente di sintonizzazione di stato dell'emisfero destro e cambiamento di stato all'interno dei cervelli emotivi lateralizzati a destra, sia del paziente sia del terapeuta, come documentato dalla ricerca attuale sull'iperscan­ ning. (Infra, pp. 192-193) XXIX

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Lo psichiatra australiano Russell Meares ha fatto riferimento a questa conversazione con l'emisfero destro per descrivere il dialogo terapeuti­ co: "Una forma di conversazione terapeutica che può essere concepita [. .. ]come un gioco dinamico tra due emisferi destri" (2012, p. 315). Le regressioni creative adattive sono anche in sintonia con il lavoro di McGilchrist, che mostra come l'attività frontale destra riduca il control­ lo cognitivo, il che a sua volta consente una maggiore creatività e liber­ tà, permettendo la creazione di qualcosa di nuovo nel sistema. Alleviare gli effetti del trauma e consentire una maggiore creatività e un ulteriore sviluppo dei sistemi contribuiscono epigeneticamente a una minore di­ struttività, a una minore violenza sociale e interumana e a una maggiore consapevolezza e proattività sociale. Se la rabbia, la dissociazione e l' ag­ gressività non sono innate ma frutto di uno sviluppo disfunzionale e di traumi interpersonali, una psicoanalisi dello sviluppo e una comprensio­ ne neurobiologicamente informata di ciò che crea violenza negli esseri umani e nelle società potrebbero portare a relazioni più umane e a una minore violenza sociale. Sia la mente conscia sia quella inconscia devono diventare il fulcro di una maggiore consapevolezza individuale e sociale. L'aumento della motivazione al potere, frutto del prevalere dell'emisfe­ ro sinistro sul destro, e l'assertività egoistica minacciano lo sviluppo di una sensibilità globale e tipica dell'emisfero destro su ciò che significa essere umani o, come direbbe Elie Wiesel, mettono in discussione e mi­ nacciano la "sacralità della vita umana" (Wiesel, Heffner, 2001), intesa non in senso religioso ma piuttosto in senso laico, in cui la vita è al cen­ tro delle preoccupazioni degli esseri umani e di tutti gli esseri viventi. Consapevole delle basi dello sviluppo non solo della psicopatologia, ma anche della possibilità di diventare davvero "umani", di usare la connettività di ordine superiore per controllare l'aggressività, per essere spontaneamente prosociali, creativi, empatici, altruisti e capaci di usare strutture simboliche di ordine superiore, Schore concludeva così il suo discorso alla divisione 39, straordinariamente coraggioso e impegnato: Intendo sollecitare un impegno per un intervento precoce, in modo che il campo possa avere un impatto maggiore non solo sull'individuo, ma anche sulla salute culturale, emotiva e fisica e, quindi, un più ampio mi­ glioramento della condizione umana.[ ... ] Modelli psicodinamici di in­ tervento neurobiologicamente fondati, attuati durante i periodi critici di crescita del cervello umano (ciò che i pediatri chiamano "i primi mille giorni"), possono alterare la trasmissione intergenerazionale e la preven­ zione delle psicopatologie. (Infra, p. 210)

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Gli ultimi due capitoli contengono interviste su "Come il nostro cer­ vello emotivo è modellato dalle relazioni umane" (capitolo 7) e su "La scienza e l'arte della psicoterapia" (capitolo 8), in cui l'impegno appas­ sionato e illuminato di Schore nel fare della scienza un'arte per guarire e migliorare il mondo emerge con tutto il suo coinvolgente entusiasmo. In quella che ci sembra una mossa teorica significativa, negli ultimi capitoli del libro Schore torna a Ferenczi, tradizionalmente riconosciuto come la "madre della psicoanalisi", in contrapposizione all'autorevole fi­ gura patema, Freud, e analizza come parlare di amore sia stato un tema difficile in psicoterapia, pur riconoscendo che l'evoluzione del cervello non sarebbe stata possibile senza l'intervento di un "altro materno" accu­ dente o amorevole, padre o madre, che offre il suo fondamentale contri­ buto d'amore. Come Allan Schore ha spesso sostenuto nei suoi interventi pubblici e nelle numerose e prestigiose conferenze mondiali, l'emisfero destro non conosce divisioni di genere e può essere utilizzato sia da ca­ regiver femminili sia da caregiver maschili, a prescindere dalle distinzio­ ni biologiche: per questo motivo, l'emisfero destro non è incarnato solo da una madre biologica che può fornire le meravigliose cure da cui na­ sce un sé sano e felice, ma a partire da qualsiasi persona, uomo o donna, che svolga il serio e impegnativo compito e lo straordinario lavoro del­ la crescita dei figli (basato sull'emisfero destro e poi su quello sinistro). Come dimostrano i cuccioli utilizzati nella ricerca epigenetica di Ho­ fer (1984), se la madre funziona come "regolatore nascosto" di tutti i sistemi, regolando tutti i parametri neurobiologici e fisiologici della sua prole, le stesse funzioni, con la dovuta attenzione e sensibilità, possono essere svolte anche dai ricercatori che li nutrono e forniscono loro le op­ portune "leccate", il nutrimento, il giusto tocco e la vicinanza corporea: sono le cure emotive, la dedizione e l'impegno costante (o connessioni cerebrali destre, corporee) che favoriscono e sviluppano la vita, in tutte le relazioni significative. In modo rilevante, nelle ultime pagine del libro, Schore cita Ferenczi, affermando che le "caratteristiche essenziali della genitorialità erano le caratteristiche essenziali dello psicoterapeuta" e conclude che "l'amore, una delle emozioni più potenti, si adatta meglio nella psicoanalisi relazio­ nale contemporanea, una psicologia bipersonale, dove l'intersoggettività è sia l'obiettivo che il mezzo per la trasformazione" (infra, pp. 176-177). Unico nella ricerca contemporanea e nel panorama terapeutico, Schore ha esteso il suo straordinario lavoro dal fondamentale valore evolutivo dell'attaccamento alla necessaria (per le sue cruciali implicaXXXI

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zioni sociali) rielaborazione del trauma dovuto alla mano umana come causa principale della sofferenza e della psicopatologia, dalla riscrittura della dissociazione (insieme all'iperarousal) in contrapposizione alla ri­ mozione (come nel discorso freudiano) fino all'indicazione di una chia­ ra terapia duale e relazionale per lo stesso tipo di guarigione e alla ripa­ razione in direzione dell"'amore" che Ferenczi aveva coraggiosamente sostenuto (anche se ostracizzato, come Bowlby, dalla psicoanalisi tra­ dizionale). Così Schore ha mostrato brillantemente alle nuove genera­ zioni di psicoterapeuti e ricercatori il pieno impatto del funzionamento dell'emisfero destro nei primi due anni di vita, fino alla basilare ripa­ razione che solo l'attività dello stesso emisfero destro può dare: fonda­ mentalmente, "una questione d'amore". Eppure, parlare di amore ed emisfero destro è in qualche modo ancora difficile in un mondo che ha preferito Freud a Ferenczi e Melanie Klein a Bowlby, almeno fino a po­ co tempo fa, e che sicuramente mostra ancora il prevalere di Thanatos su tante scelte che porterebbero invece armoniosamente a Eros (come mostrava perfino Freud, che certo non era un relazionale, nella risposta a Einstein in Perché la guerra? [Freud, 1932]). Parlare di amore o di emisfero destro in un mondo in cui la hard scien­ ce è ancora al potere e le neuroscienze cognitive hanno un'influenza do­ minante sulle neuroscienze affettive e sulla psicoanalisi relazionale, e la psichiatria puramente biologica rimane predominante, è difficile, eppu­ re, se le pubblicazioni di Schore sono state citate ben oltre ventimila vol­ te su Google Scholar, dobbiamo riconoscere che, in effetti, come scrive l'autore citando Bob Dylan, "i tempi stanno cambiando". È chiaro che gli entusiasmanti scritti interdisciplinari di Schore arrivano in un momento in cui sono particolarmente vitali e necessari, e ne abbiamo molto biso­ gno per restaurare fiducia, speranza, salute, resilienza e capacità di cura. La sua vasta ricerca nel corso degli anni ha ristabilito e riscritto ca­ pitoli fondamentali della psicoterapia psicoanalitica, dalla regressione al transfert/controtransfert, dal conscio/inconscio, dalla rimozione alla dissociazione. Ancora più importante è il fatto che Schore ci abbia aiu­ tato a comprendere un ultimo principio estremamente convincente del­ la mente umana, ovvero come l'aggressività non sia fondamentalmente innata (come in Freud e Klein), di natura genetica, ma come l'aggres­ sività e le emozioni negative (rabbia, collera, violenza) siano il risultato di gravi traumi interpersonali (come in Ferenczi). A dimostrazione di come anche il temperamento sia epigenetico e non innato, potremmo dire che il potere di Thanatos come ripetizione aggressiva è stato ade­ guatamente mostrato da Schore, proponendo e auspicando il definitiXXXII

Introduzione ali'edizione italiana

vo predominio di Eros, ovvero la forza dell'affettività e dell'amore pro­ veniente dalla buona formazione dell'emisfero destro per la crescita, lo sviluppo, la creatività e la riparazione in terapia (e nella società intera). La fiducia e la speranza nell'universo sono l'eredità di un buon fun­ zionamento dell'emisfero destro. Per questo leggiamo Schore, non solo con l'ammirazione che si tributa a uno scienziato brillante per le appli­ cazioni delle sue ricerche, ma anche con la passione e la gratitudine che si provano per il lavoro di una mente appassionata, generosa e creati­ va che ha a cuore un benessere più ampio rispetto al semplice veicola­ re le giuste conoscenze per l'informazione intellettuale. Egli infatti non si stanca di insegnarci, un po' alla volta, l'applicazione degli strumenti scientifici che permettono di sviluppare nel senso più etico, creativo e spirituale la mente umana, così e per come è stata predisposta, con le sue zone frontali e prefrontali - che al livello più alto sono precipua do­ tazione solo umana - e che ci permettono, eventualmente, di cercare di ripararla quando è stata ferita, intervenendo in quel ciclo più ampio che la cultura ebraica ha chiamato tikkun olam, ovvero "riparazione del mondo", individuale e collettiva. Bibliografia

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Ringraziamenti

Nel 1994 ho compiuto una revisione delle scienze dello sviluppo del xx secolo per la scrittura del mio primo libro La regolazione degli affetti e la riparazione del sé. Nella frase di apertura di quel volume, ora pub­ blicato come edizione classica, ho audacemente affermato che "la com­ prensione dello sviluppo precoce è uno degli obiettivi fondamentali della scienza. Le prime fasi dei sistemi viventi stabiliscono il palcoscenico per ogni aspetto del funzionamento interno ed esterno di un organismo per tutta la durata della vita". In quel volume inaugurale della teoria della regolazione, così come nei tre che seguirono, ho articolato ed elabora­ to la tesi neurobiologica interpersonale che percorre tutto il mio lavoro, secondo cui gli eventi che si verificano durante l'infanzia, specialmente le transazioni con l'ambiente sociale, sono indelebilmente impressi nelle strutture cerebrali che stanno maturando nei primi anni di vita. Questo li­ bro e il suo compagno, The Development o/the Unconscious Mind, espan­ dono ulteriormente la teoria della regolazione e continuano a scavare, in maniera ampia e profonda, in una serie di funzioni essenziali del sistema cervello/mente/corpo che risultano centrali per la condizione umana. Dal mio ultimo volume del 2012 La scienza e l'arte della psicoterapia ho continuato a scrivere, ricercare, tenere conferenze e condividere il mio lavoro con il pubblico in tutto il mondo. Sono molto orgoglioso del fatto che le mie pubblicazioni su una varietà di discipline abbiano ot­ tenuto ben oltre ventimila citazioni su Google Scholar. Nei miei viaggi intorno al mondo durante gli ultimi dieci anni sono stato anche molto interessato a trovare nuovi autori per il campo in rapida espansione della neurobiologia interpersonale. Il più delle volte queste persone mi hanno cercato, e molte hanno partecipato attivamente ai miei gruppi di studio, che si sono estesi da Los Angeles e Vancouver a Boulder e Melbourne. 1

Ringraziamenti

Ancor più di prima, dedico il mio tempo a fare da mentore a persone che operano in diverse discipline, in particolare ai professionisti della salute mentale che sono abili a integrare scienza e lavoro clinico, a de­ scrivere il collegamento tra processi biologici e psicologici, combinan­ do una prospettiva oggettiva con una intrisa di soggettività corporea ed emotiva. Questi sforzi di mentoring si riflettono in parte nelle prefazioni che ho scritto per un certo numero di autori di Norton. 1 Vorrei esprimere la mia gratitudine a un notevole gruppo di organiz­ zatori di conferenze che hanno sponsorizzato una serie di importanti in­ terventi personali a livello nazionale e internazionale, tra cui Marion Sa­ lomon, Jane Ryan, Joe Tucci, Ravi Kumar, Alessandro Carmelita e Dan Hill. Vorrei anche sottolineare il valore dei contributi dei miei partner di ricerca, Ruth Lanius in Canada, eJennifer Mclntosh e Craig Olsson in Australia. Vorrei ringraziare lo staff della Norton, specialmente Mariah Eppes e Sara McBride per il lavoro fatto su questo libro. In particolare, esprimo un profondo apprezzamento alla mia editor e stimata collega Deborah Malmud, non solo per due decenni di produttivo e gratificante rapporto lavorativo e personale, ma anche per il suo continuo sostegno non solo al mio lavoro ma alla Norton Series. Ancora una volta, vorrei esprimere il mio amore e la mia gratitudine alla famiglia: a David, per le sue competenze informatiche professiona­ li; a Beth, per il suo talento nella grafica computerizzata e il design, per la copertina e per un certo numero di illustrazioni all'interno di questo libro; e a Judy, per aver fornito così tante forme di supporto essenziale per il mio lavoro di una vita.

l. Tra cui Corpi borderline, inizialmente pubblicato per la serie lnterpersonal Neurobiology della Norton. [NdC]

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1 Implicazioni delle recenti scoperte nelle neuroscienze per un paradigma di psicoterapia neurobiologico-interpersonale

Questo libro, come tutti i libri della serie Norton sulla neurobiolo­ gia interpersonale, inizia con una dichiarazione d'intenti che precede il frontespizio: "Una neurobiologia interpersonale dello sviluppo umano ci consente di comprendere che la struttura e il funzionamento della mente e del cervello sono modellati dalle esperienze, soprattutto quelle che implicano le relazioni emotive" . 1 Da notare l'esplicito riferimento ai processi affettivi. Suggerisco che la collana, per cui ho anche svolto il ruolo di direttore, ha contribuito all'attuale intensa crescita d'interesse riguardo alla sfera affettiva e di regolazione nella psicoterapia tra clini­ ci e ricercatori. La definizione descrive anche il primato del benessere emotivo in ogni periodo dello sviluppo, inclusa l'infanzia. Il mio perso­ nale contributo rispetto alle funzioni adattive dell'emisfero destro emo­ tivo descrive non solo gli affetti e la regolazione degli stessi all'interno della mente e degli emisferi attraverso una psicologia basata sul singolo soggetto (one-person psychology), ma anche la comunicazione e la re­ golazione interattiva degli affetti tra mente ed emisferi e la prospettiva di una psicologia relazionale intersoggettiva (two-person psychology). Come suggerisce il principio organizzativo applicato dalla Norton alla collana, le interazioni sociali tra gli emisferi cerebrali plasmano i circui­ ti emozionali all'interno degli emisferi, in particolar modo nei periodi critici precoci dello sviluppo dei circuiti cerebrali quando i circuiti ce­ rebrali stanno maturando. Più nello specifico, in questo libro, Psicote­ rapia con l'emisfero destro e nel suo volume uscito in contemporanea The Development o/ the Unconscious Mind, continuo a fornire evidenze l. NeU'edizione italiana non compare la dicitura presente nella coUana Nonon dedicata alla lmerpersonal Neurobiology per ovvie ragioni editoriali. [NdC)

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Psicoterapia con l'emisfero destro

del fatto che le interazioni emotive riflettono una comunicazione affet­ tiva tra due emisferi destri (da emisfero destro a emisfero destro) nello sviluppo precoce in cui la madre modella i circuiti limbico-autonomici nell'emisfero destro del neonato nelle fasi iniziali dello sviluppo. Le fun­ zioni essenziali di comunicazione e regolazione interattiva dell'emisfero destro si riferiscono quindi a un'interazione psicobiologica bipersona­ le, come espresso in contesti dinamici interpersonali e intersoggettivi. Ciò detto, ritengo che la definizione della collana sia incompleta nel descrivere il focus fondamentale del campo: l'esplorazione dei meccanismi neurobiologici che rappresentano fattori centrali dello sviluppo, sia nella psicopatologia sia nella psicoterapia. Questi mec­ canismi interpersonali si esprimono nelle interazioni sociali emisfero destro-emisfero destro e quindi sono attivati in contesti relazionali, specialmente quelli in cui due emisferi destri emotivamente comu­ nicanti sono allineati e sincronizzati. Pertanto, sosterrò che ci sono due principi base di neurobiologia interpersonale e che la descrizio­ ne della serie necessita di un aggiornamento: una neurobiologia in­ terpersonale dello sviluppo umano ci consente di comprendere che la struttura e il funzionamento della mente e del cervello sono modellati dalle esperienze, soprattutto quelle che coinvolgono le relazioni emo­ tive, e di comprendere i meccanismi relazionali attraverso cui emisferi comunicanti si allineano e sincronizzano le loro attività neurali con al­ tri emisferi. In realtà, quest'ultimo principio di sincronizzazione tra emisferi è di particolare importanza - esso agisce come un reciproco meccanismo psiconeurobiologico sottostante, attraverso cui mente ed emisferi cerebrali sono modellati da altre menti e altri cervelli. In questo modo, "l'organizzazione del sé del cervello in via di sviluppo awiene nel contesto di una relazione con un altro cervello, un altro sé" (Schore, 1996, p. 60). Le operazioni di questo meccanismo di sin­ cronizzazione sociale momento-per-momento, centrali nella creazio­ ne dei legami umani e di tutte le comunicazioni emotive successive, incluse quelle all'interno della relazione psicoterapeutica, non posso­ no essere descritte come una psicologia unipersonale, ma come una psicologia dinamica bipersonale. All'inizio del mio precedente volume La scienza e l'arte della psicote­ rapia, ho integrato quelle che erano allora le attuali ricerche nelle neuro­ scienze e aggiornato i dati clinici in un capitolo introduttivo, "Verso un nuovo paradigma della psicoterapia" (Schore, 2012). Da quel momen­ to, tutte le forme di psicoterapia sono diventate ancora più focalizzate sulla componente emotiva e più relazionali. Per di più, le neuroscienze 4

Implicazioni delle recenti scoperte nelle neuroscienze ...

stesse hanno cominciato a subire un cambiamento di paradigma. Que­ sto cambiamento di paradigma si è espresso in progressi nella ricerca sul cervello a partire da studi precedenti su un singolo cervello, fino alle recenti tecnologie che consentono misurazioni simultanee di due cer­ velli che interagiscono l'uno con l'altro in tempo reale. Suggerirò che il passaggio da una prospettiva teorica/individuale basata sul singolo sog­ getto a una di tipo bipersonale può generare un modello integrato glo­ bale delle relazioni interattive dei due emisferi cerebrali e delle menti consce e inconsce.L'attuale balzo in avanti della tecnologia è importan­ te quanto i progressi ottenuti negli anni Novanta e l'inaugurazione del "decennio del cervello", l'inizio della ricerca di neuroimaging nell'am­ bito delle funzioni emotive, sociali e implicite (inconsce) e la compar­ sa di moderni modelli evolutivi, psicologici e psichiatrici fondati sulle attuali neuroscienze. Infatti, negli ultimi trent'anni, i miei libri del 1994, 2003 e 2012 hanno descritto la progressione del campo della neurobiologia interpersonale e la generazione di modelli bipersonali euristici e clinicamente rilevanti riguardo allo sviluppo evolutivo, alla psicopatogenesi e alla psicotera­ pia. Il mio volume del 1994 Affect Regulation and the Origin o/ the Se!/ ha fornito un quadro generale riassuntivo delle ricerche e dei dati clini­ ci del secolo scorso, contribuendo a generare la prima spiegazione del campo della neurobiologia interpersonale. Questo volume introdutti­ vo è apparso poco prima del "decennio del cervello" a metà degli an­ ni Novanta e ha offerto una descrizione psicologica bipersonale di co­ me l'emisfero destro nelle sue iniziali fasi evolutive sia modellato dalle prime esperienze emotive e di come questo spontaneo e sincronizzato meccanismo interpersonale si esprima sia nelle relazioni di attaccamen­ to sia in quelle psicoterapeutiche. Nel mio successivo volume del 2003 La regolazione degli affetti e la riparazione del sého presentato una pa­ noramica del passaggio dalle neuroscienze del XX a quelle del XXI se­ colo, parzialmente indotto dall'arrivo di tecniche di neuroimaging più complesse, in particolare quelle che hanno esplorato il problema dell'e­ mozione. In questo sguardo storico, ho proposto riflessioni sulla pro­ gressione del settore dall'inizio di questo secolo e, guardando al futuro, ho suggerito in quale direzione il campo si sarebbe dovuto dirigere per stare al passo con il rapido e continuo cambiamento della tecnologia. Di seguito espongo una sinossi del problema "Il cervello isolato e la psico­ logia monopersonale; il cervello interattivo e la psicologia bipersonale" (capitolo 7 del mio volume del 2003 ). Dunque, nel 1997 la neuroscien­ ziata Leslie Brothers ha affermato:

Psicoterapia con l'emisfero destro

"Il cervello è stato interpretato implicitamente come conoscitore del mondo, come un organo isolato dal punto di vista sociale il cui fine è quello di afferrare il mondo inanimato al di fuori di lui" [1997, p. 66]. Questo paradigma, con la sua attenzione pressoché esclusiva sulla co­ gnizione (l'azione o la facoltà del conoscere), è stato automaticamente applicato come la fondamentale, se non l'unica, metodologia sperimen­ tale per lo studio dei fenomeni affettivi. [...] Non è una coincidenza che questa prospettiva neurologica og­ gettiva "intracerebrale" sia accompagnata da un modello psicoanalitico che sottolinea quasi esclusivamente la dimensione "intrapsichica".[...] La "coscienza", uno stato mentale di "cognizione fredda", viene dun­ que interpretata come la manifestazione fondamentale dell'esperienza umana, e l'autonomia e l'autoregolazione sono considerate le condizio­ ni, in ultima analisi, ottimali; in quest'ottica è necessario che l'individuo autoregoli l'intensità dei propri affetti negativi poiché essi interferisco­ no con la coscienza. [ ...] Contrariamente a questa attenzione esclusiva sulla dimensione intracerebrale, attualmente prevalente nelle neuroscienze cognitive, le più recenti ricerche nel campo delle neuroscienze affettive e in parti­ colar modo delle neuroscienze sociali stanno esplorando le interazioni intercerebrali. [...]L'interesse fondamentale di questa prospettiva è quello di con­ centrarsi non solo sui fenomeni affettivi soggettivi, ma anche sulla rice­ zione e l'espressione delle comunicazioni affettive e sulle "cognizioni calde" tra i cervelli di diversi individui.[Gli studi classici di Trevarthen sulla psicologia bipersonale delle prime relazioni mamma-bambino as­ seriscono che] "le emozioni costituiscono un campo spazio-temporale di stati cerebrali intrinseci di vitalità mentale e comportamentale segnalati per essere comunicati ad altri soggetti e aperti all'immediata influenza dei segnali dalle persone del mondo circostante" (1993, p. 155). [...]Un paradigma intercerebrale, dunque, sostiene gli attuali model­ li "relazionali" che operano nell'ambito di una "psicologia bipersonale" [...] . I modelli psicoanalitici "relazionali", dunque, enfatizzano le potenti influenze intersoggettive che fluiscono tra due menti in comunicazione affettiva[...];queste comunicazioni avvengono sia a livello conscio sia, dato ancora più importante, a livello inconscio[...]. Gli studi che hanno evidenziato il ruolo critico dell'emisfero destro nell'elaborazione delle informazioni sociali ed emotive[... ] e la ricerca che sottolinea il ruolo delle comunicazioni affettive tra cervello destro e cervello destro a livelli che esulano dalla consapevolezza sia nella diade madre-bambino sia in quella terapeuta-paziente[...] supportano in ma­ niera evidente questo modello di interazione intercerebrale. [...]Queste ipotesi suggeriscono inevitabilmente che le future ricer­ che sul cervello dovrebbero valutare simultaneamente le di/ferenti modalità di attivazione di due cervelli che interagiscono in diversi momenti signifi­ cativi dal punto di vista affettivo; le transazioni che inducono lo stress e

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Implicazioni delle recenti scoperte nelle neuroscienze ...

quelle che Io regolano nella diade madre-bambino e in quella terapeuta­ paziente rappresentano evidentemente ottimi candidati per questo tipo di ricerca. Si tratta di studi che potrebbero offrire informazioni più det­ tagliate su quali siano i sottili segnali socioaffettivi che possono innescare le trasformazioni in differenti stati psicobiologici di entrambi i cervelli. Queste transizioni potrebbero essere il punto di passaggio da una mo­ dalità di regolazione del cervello destro di tipo interattivo a una moda­ lità di tipo autonomo. In conclusione, i modelli clinici e teorici della psicoanalisi e delle neu­ roscienze con maggiore potere esplicativo devono integrare sia aspetti di una psicologia monopersonale, che descrive un cervello isolato che si autoregola, sia aspetti di una psicologia bipersonale, in cui il cervello è invece regolato a livello interattivo. (Schore, 2003b, pp. 290-294, cor­ sivo aggiunto) Passando ora al successivo decennio, nel 2012 ho pubblicato La scien­ za e l'arte della psicoterapia, in cui ho di nuovo sintetizzato gli attuali cambiamenti nel tempo descrivendoli nella teoria di base e dalla pro­ spettiva della neurobiologia interpersonale. Riprendendo il mio lavoro del 2003, ho scritto: Per quanto riguarda il cambio di paradigma neU' ambito della psicote­ rapia relazionale, anche i modelli neurobiologici interpersonali clinici di cambiamento terapeutico si stanno spostando dalla parte sinistra a quella destra, dalla mente al corpo e dal sistema nervoso centrale a quel­ lo autonomo. Questo mutamento nell'ambito dei modelli relazionali di psicoterapia è affiancato da studi di neuroscienze sociali sul ruolo fondamentale svol­ to dall'emisfero destro nelle interazioni sociali [ ... ] Indubbiamente è in atto un'esortazione a "distogliere l'attenzione dalla classica scienza del cervello singolo e a puntarla verso un più innovativo approccio basato su due corpi" [Dumas, 2011, p. 349]. (Schore, 2012, p. 23) Negli anni successivi al mio volume del 2012, come si è sviluppata la tecnologia, specialmente riguardo alle tecniche evolutive di neuroima­ ging che possono valutare in tempo reale le interazioni dinamiche, so­ ciali e spontanee fra i due emisferi in comunicazione? Il cambiamento di paradigma di Dumas (2011) va di pari passo con la continua trasfor­ mazione teorica e clinica da una psicologia intrapsichica di un cervello isolato che si autoregola a una psicologia bipersonale, interpersonale e intersoggettiva, in cui il cervello si regola nell'interazione con l'altro. In effetti, in questo decennio sono state create le metodologie di iperscan­ ning che utilizzano allo stesso tempo l'elettroencefalogramma (EEG), la 7

Psicoterapia con l'emisfero destro

risonanza magnetica funzionale (fMRI), la spettroscopia nel vicino infra­ rosso (NIRS) e le misure di magnetoencefalografia (MEG). Questi avanza­ menti tecnologici permettono lo studio in tempo reale dei due emisferi coinvolti l'uno con l'altro nelle interazioni sociali, includendo anche le immediate comunicazioni emotive. Dumas, Nadel, Soussignan e colla­ boratori hanno presentato la misurazione simultanea delle attività del cervello di ogni membro della diade durante le comunicazioni interper­ sonali, in cui "entrambi i partecipanti sono continuamente attivi e mo­ dificano le loro rispettive azioni in risposta al continuo cambiamento di azioni del loro partner" (2010, p. 1). Ispirati dagli studi sulla comunicazione non verbale e dalla coordi­ nazione fra madre e bambino, oltre che dalle ricerche sull'imitazione spontanea nei bambini in fase preverbale (non-verbal in/ants), questi autori hanno offerto uno studio di EEG duale riguardo alla sincroniz­ zazione tra emisferi destri dei due cervelli durante un'interazione so­ ciale spontanea caratterizzata da reciproca comunicazione a turni. In questo contesto relazionale entrambi i soggetti coinvolti condividono l'attenzione e si scambiano segnali delle azioni del sé e dell'altro. Que­ sti studi hanno riportato cambiamenti specifici in entrambi i cervelli durante l'imitazione non verbale, una base essenziale della socializ­ zazione e della comunicazione, nello specifico una sincronizzazione tra cervelli delle regioni centro-parietali destre in un arco di tempo di millisecondi in entrambi i soggetti in interazione. In aggiunta, questi ricercatori hanno registrato che la corteccia temporoparietale destra di un soggetto è sincronizzata con la corteccia temporoparietale de­ stra dell'altro soggetto (Dumas, Nadel, Soussignan et al., 2010). Essi hanno fatto notare che la giunzione temporoparietale (TPJ) destra no­ toriamente si attiva nelle interazioni sociali ed è essenzialmente coin­ volta negli stati dell'elaborazione dell'attenzione, della consapevolez­ za percettiva, dell'elaborazione delle informazioni relative alla voce e al volto e della comprensione empatica. La giunzione temporolatera­ le destra integra informazioni dall'area visiva, uditiva, somestesica e limbica ed è perciò un cruciale centro neurale per le funzioni del sé. Questo sistema di lateralizzazione a destra permette anche di "dare un senso alla mente dell'altro" (Saxe, Wexler, 2005). La Figura 1.1 mostra questa sincronizzazione tra i due cervelli, lateralizzati a destra di ciascun membro della diade comunicativa. Si noti che la figura rap­ presenta anche quella che ho definito interazione "emisfero destro­ emisfero destro" fra un sé soggettivo e un altro, che crea un campo intersoggettivo co-costruito.

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lmplicaiioni delle recenti scoperte nelle neuroscienze ...

Il modello di comunicazione sincronizzata da emisfero destro a emi­ sfero destro è anche supportato in uno studio di iperscanning di Stolk, Noordzij, Verhagen e collaboratori (2014). Questi autori hanno ripor­ tato le immagini simultanee del cervello durante la scansione fMRI di ciascun partecipante della diade in comunicazione, in cui "entrambi i soggetti hanno reciprocamente imparato a adattarsi l'uno all'altro" (un meccanismo fondamentale delle comunicazioni di un attaccamento si­ curo). Misurando simultaneamente le attività cerebrali nelle diadi in comunicazione, i ricercatori hanno notato che stabilire una reciproca comprensione di nuovi segnali sincronizza le dinamiche cerebrali attra­ verso i lobi temporali destri di entrambi i soggetti. Aspetto ancora più importante, la sincronizzazione interpersonale si verificava solo nelle cop­ pie che condividevano una storia di comunicazione già condivisa. Questi autori hanno documentato che, in questa comunicazione intersoggettiva non verbale, il lavoro di elaborazione delle informazioni nuove e del loro significato è generato nell'emisfero destro (e non in quello sinistro). In un precedente lavoro in cui si è usata la magnetoencefalografìa, lo stru­ mento ha registrato attività neurale nel lobo temporale destro e nella corteccia ventromediale destra (entrambe strutture limbiche) quando i due individui registrano e comprendono simboli condivisi nuovi durante le interazioni comunicative in presenza (Stolk, Verhagen, Schoffelen et al., 2013 ). Si noti che le informazioni di questi studi sono direttamente rilevanti per le comunicazioni emisfero destro-emisfero destro fra clini­ co e pazienti durante gli scambi della relazione terapeutica. In un altro studio, "Brain mechanisms underlying human communi­ cation", Noordzij, Newman-Norlund, de Ruiter e collaboratori (2009) hanno dimostrato che pianificare nuove azioni comunicative (da parte del mittente) e riconoscere l'intenzione comunicativa delle stesse azioni (da parte del destinatario) erano operazioni basate su porzioni spaziai-

Figura 1.1 Sincronizzazione tra cervelli lateralizzata a destra di una comunicazione sponta­ nea non verbale. (Adattato con permesso da Dumas. "Towards a two-body neuroscience", © 2011, Landes Bioscience.) Vedi l'inserto per i colori.

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Psicoterapia con l'emisfero destro

mente sovrapposte dei loro emisferi, nello specifico del solco tempora­ le superiore posteriore (pSTS) destro. La reazione di questa regione era lateralizzata ali' emisfero destro, modulata dall'ambiguità nel significa­ to degli atti comunicativi. Attraverso questo sistema lateralizzato a de­ stra, il mittente di un segnale comunicativo usa il suo sistema di ricono­ scimento delle intenzioni per fare delle previsioni del riconoscimento dell'intenzione eseguito dal destinatario. Gli autori conclusero che que­ ste informazioni confermano il ruolo cruciale del solco temporale supe­ riore posteriore (pSTS) destro nel trattamento degli aspetti concreti del contenuto linguistico (Jung-Beeman, Bowden, Haberman et al., 2004; Mashal, Faust, Hendler et al., 2007), un esempio del predominio dell'e­ misfero destro nel dedurre le intenzioni comunicative del soggetto con cui si dialoga (Sabbagh, 1999). A ulteriore supporto di questo modello di sincronizzazione degli emisferi destri, la ricerca di neuroimaging funzionale sta ora esploran­ do il ruolo critico dell'emisfero destro nelle interazioni sociali adul­ te (Semrud-Clikeman, Fine, Zhu, 2011). Infatti, l'interazione faccia a faccia in presenza durante la scansione fMRI mostra "maggiore attiva­ zione delle regioni del cervello coinvolte nella cognizione sociale e nel­ la gratificazione, che include la giunzione temporoparietale destra, la corteccia cingolata anteriore, il solco temporale superiore destro, lo striato ventrale e l'amigdala" (Redcay, Dodell-Feder, Pearrow et al., 2010, p. 16.39). Altri studi di diagnostica per immagini ora dimostra­ no che tra i cervelli in comunicazione esiste un flusso di informazio­ ne affettiva (Anders, Heinzle, Weiskopf et al., 2011) e che le emozioni promuovono interazioni sociali sincronizzando l'attività del cervello tra individui (Nummenmaa, Glerean, Viinikainen et al., 2012). Chia­ ramente questi studi descrivono eventi all'interno del contesto vis à vis della psicoterapia. In un recente numero di Frontiers in Psychology, Ray, Roy, Sindhu e collaboratori (2017) hanno proposto un interessantissimo articolo di "ipotesi e teoria", "Neural substrate of group menta! health: Insights from multi-brain reference frame in functional neuroimaging", in cui hanno affermato che tutti i disturbi mentali si sviluppano in un conte­ sto interpersonale e che molte informazioni rilevanti riguardo alla salute mentale sono contenute nelle interazioni interpersonali che non posso­ no essere completamente colte e comprese limitando la nostra ricerca a indicatori del singolo cervello. Al contrario, hanno discusso un approc­ cio sviluppato recentemente attraverso il neuroimaging funzionale, che richiede un cambiamento di focus da informazioni neurali contenute 10

Implicazioni delle recenti ,coperte nelle neuro,cienze ..

all'interno dello spazio cerebrale a un sistema che coinvolge più cervelli ed esplora il grado di similarità e differenza dei segnali neurali che av­ vengono tra più cervelli in interazione. Questi autori hanno discusso dei cambiamenti di paradigma nelle tecniche di neuroimaging dall'ultimo periodo del XX secolo fino ai giorni nostri. La strategia primaria di ricerca per il periodo della prima com­ parsa della tecnologia di neuroimaging si basava sulla localizzazione del funzionamento specifico del cervello, in particolari regioni del cervello, e il focus sull'interno del cervello (intrabrain) di questi studi riguardava l'attività del cervello durante compiti sensoriali, motori o cognitivi (Fi­ gura 1.2A). Negli ultimi due decenni, c'è stato un cambiamento della cornice di riferimento da regioni del cervello al cervello intero, accom­ pagnato dall'uso dell'analisi della connettività funzionale (Figura 1.2 B). Gli autori hanno notato che attualmente il neuroimaging funzionale è sul punto di subire un altro cambiamento di paradigma, quantificando le interazioni del cervello fra gli individui: oltrepassando i confini del cra­ nio. Pertanto, una comprensione più complessa dell'attività del cervel­ lo richiede di formularla e inquadrarla in un contesto interpersonale, come può essere ora fatto in analisi di connettività tra cervelli attraver­ so tecniche di neuroimaging funzionale (vedi Figura 1.2C, che riprende l'immagine di Dumas della sincronizzazione fra un cervello e l'altro la­ teralizzata a destra della Figura 1.1). Ray, Roy, Sindhu e collaboratori (2017) hanno affermato che fra le diverse forme di comunicazione fra cervelli (interbrain), la comunicazio­ ne delle emozioni è il più importante processo verso la salute mentale. Inoltre, hanno offerto applicazioni cliniche di questa nuova ed evolu­ ta metodologia del ncuroimaging funzionale a più cervelli. Per quanto riguarda la psicopatologia, essi hanno sostenuto che la prospettiva in­ terpersonale della connettività funzionale fra cervelli permette una più profonda comprensione dei deficit relazionali nella depressione, nei di­ sturbi dello spettro autistico, nella schizofrenia, nei disturbi della per­ sonalità, nel disturbo d'ansia sociale, nel disturbo da sintomi somatici, nei disturbi dell'alimentazione, nelle disfunzioni sessuali e nel suici­ dio. Cosa molto interessante, gli autori vedono l'applicazione diretta di questo cambiamento di paradigma nel neuroimaging tra diversi cervelli (interbrain) rispetto all'alleanza terapeutica, definita come il legame di collaborazione tra paziente e terapeuta e, ora, considerata come "la va­ riabile integrativa per eccellenza" (Wolfe, Goldfried, 1988). Inoltre, è stata sottolineata la necessità di una connessione intercerebrale tra pa11

Psicoterapia con l'emisfero destro

5.00 8.75 12.5 16.2 20.0

Localizzazione del funzionamento Co•nice di rife•imento: regioni del cervello

Connet:ività funzionale Cornice di riferimento: singoli cervelli

Connettività fra cervelli Cornice di riferimento: più cervelli Figura 1.2 Neuroimaging funzionale: evoluzione della cornice di riferimento (Ray, Roy. Sin­ dhu et al., 2017). A. Nei primi anni, l'unico focus delle tecniche di neuroimaging funzionale (fMR1) era localizzare le funzioni cerebrali di regioni particolari. B. Il primo cambiamento di paradigma ha avuto luogo con la validazione sperimentale dell'in­ tegrazione funzionale su zone distinte del cervello, utilizzando misure di connettività funzionale (risonanza magnetica, elettroencefalogramma ecc.) e cambiamenti della cornice di riferimento al cervello nella sua totalità. (Adattato da Hong, Zalesky, Cocchi et al., "Decreased functional brain connectivity in adolescents with internet addiction", © 2013.) C. Le tecniche di valutazione della connettività funzionale tra un cervello e un altro richiedo­ no un secondo cambiamento di paradigma da una cornice di riferimento basata su un singolo cervello a una cornice di riferimento basata su più cervelli. (Adattato con permesso da Dumas. "Towards a two-body neuroscience". © 2011. Landes Bioscience.) Vedi l'inserto per i colori.

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Implicazioni delle recenti ,coperte nelle neuro,cienie.

ziente e terapeuta, in particolare per l'individuazione a livello precoce della rottura e della riparazione dell'alleanza terapeutica. Negli ultimi trent'anni, uno dei principali obiettivi del mio lavoro nel campo della neurobiologia interpersonale è stato lo studio della co­ municazione delle emozioni tra cervelli lateralizzata a destra all'interno della relazione di attaccamento co-costruita implicata nell'alleanza te­ rapeutica. Nel mio primo volume, ho analizzato e discusso sia le comu­ nicazioni non verbali vis à vis tra l'emisfero destro della madre e quello del bambino sia le comunicazioni affettive da emisfero destro a emisfe­ ro destro nelle transazioni psicoterapeutiche di transfert-controtransfert tra paziente e clinico che si verificano nei casi di rottura dell'alleanza terapeutica (Schore, 1994). In un articolo del 2001, presentato per la prima volta a Londra alla Seventh AnnualJohn Bowlby Memoria! Lec­ ture, ho applicato il mio modello di comunicazione da emisfero destro a emisfero destro alla co-costruzione di un sistema di comunicazione emotiva sincronizzato, nella relazione terapeutica: Il terapeuta sintonizzato e intuitivo, fin dal primo approccio, coglie le strut­ ture ritmiche non verbali momento-per-momento degli stati interni del pa­ ziente ed è relativamente flessibile e fluido nel modificare il proprio com­ portamento per sincroniZ.1.arsi con quella struttura, e creare così il contesto adatto per la creazione dell'alleanza terapeutica. (Schorc, 2001b, p. 317) Inoltre, si noti la similarità con la mia definizione di "condivisione sincronizzata di stato" tra gli emisferi destri del paziente e del terapeuta in psicoterapia: La condivisione di stato momento-per-momento che fluttua dinamica­ mente rappresenta un dialogo organizzato che si svolge nell'arco di mil­ lisecondi, e agisce come una matrice interattiva in cui entrambi i partner sintonizzano il proprio stato, regolando così sinergicamente la loro at­ tenzione sociale, il livello di attivazione e di arousal in risposta ai segnali del loro partner. (Schore, 2003b) Va notata, inoltre, la somiglianza di tale descrizione della reciproca condivisione di stato nell'ambito del processo psicoterapeutico, con il concetto di sincronizzazione tra emisferi destri come analizzato da Du­ mas, Nadel, Soussignan e collaboratori, in cui "entrambi i partecipanti sono incessantemente attivi, ognuno modificando la propria azione in risposta alle azioni in continua evoluzione del proprio partner" (2010, p. 1). È questa comunicazione emotiva implicita sincronizzata a due,

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Psicoterapia con l'emisfero destro

insieme alla regolazione affettiva, che giace al cuore dei meccanismi di cambiamento dell'emisfero destro durante la psicoterapia e mette in evidenza il loro ruolo fondamentale nella riparazione psicoterapeutica del sé (Schore, 1994, 2003b, 2012). La centralità di questi meccanismi neurobiologici interpersonali si riflette nel vasto corpo di ricerca - che a oggi vanta decenni di sviluppo - nel corso del quale è stato messo in evidenza il ruolo dell'alleanza terapeutica come miglior predittore degli esiti in una vasta gamma di modalità psicoterapeutiche (per esempio, Castonguay, Constantino, Holtforth, 2006; Horvath, Symonds, 1991; Martin, Garske, Davis, 2000). Richiamando il suddetto spostamento del focus, nell'ambito della ri­ cerca sul neuroimaging, da una prospettiva all'interno del cervello che prende in considerazione i meccanismi cerebrali del singolo a un ap­ proccio intersoggettivo, comprendente l'interazione tra due persone, Meares (2017) ha osservato che "Il sé, come forma di coscienza, non può esistere in isolamento, nasce da un meccanismo cerebrale. Ma il cervello, visto come un sistema isolato dal mondo, è[ ... ] un concetto astratto. Il cervello è in continua interazione con l'ambiente; quando si parla del sé, il contesto sociale è la parte più importante" (p. 139). In effetti, Mea­ res descrive ora il principale obiettivo terapeutico come l'integrazione dell'attività dell'emisfero destro e, citando il mio lavoro, suggerisce che la "conversazione terapeutica" può essere concepita come "un'intera­ zione dinamica tra due emisferi destri". Nel loro studio "Toward a neural basis of interactive alignment in conversation ", Menenti, Pickering e Garrod (2012) hanno sottolineato che il linguaggio da solo non è sufficiente perché si abbia una conversa­ zione adeguata, e che l'allineamento di processi non linguistici e l'alter­ nanza dei turni di parola sono necessari per mantenere il dialogo. Gli autori hanno concluso che "la postura del corpo, la prosodia e il gesto sono aspetti vitali della conversazione, e sono presi in considerazione senza sforzo quando si cerca di inferire ciò che il parlante intende co­ municare" (p. 6). Secondo Jasmin, McGettigan, Agnew e collaboratori (2016), entrambi i partecipanti a una conversazione tendono a cambiare le loro posture e a fissare lo sguardo all'incirca nello stesso momento, e questo allineamento aiuta la comprensione reciproca. Tali dati sono in sintonia con i miei studi sulle comunicazioni di attaccamento non ver­ bale basate sul corpo, sincronizzate mediante l'azione del cervello de­ stro, implicate nell'alleanza terapeutica. Tenendo presente questa introduzione, i seguenti capitoli di que­ sto volume rappresentano ulteriori approfondimenti del cambiamen14

Implicazioni delle recenti scoperte nelle neuroscienze ...

to di paradigma in corso, da una prospettiva individuale (one-person) a una visione intersoggettiva e dinamica intersoggettiva attraverso i cam­ pi scientifici e clinici. Il tema delle comunicazioni sincronizzate tra emi­ sferi destri del cervello è centrale in ogni capitolo e intervista, in cui de­ scrivo i meccanismi neurobiologici interpersonali clinici che sono alla base psicodinamica della relazione terapeutica, delle reciproche comu­ nicazioni non verbali di matrice affettiva e delle transazioni di transfert­ controtransfert tra paziente e terapeuta. Sono inoltre oggetto di discus­ sione la sintonizzazione empatica nell'ambito di un campo intersogget­ tivo emotivamente denso come quello clinico, la regolazione interattiva degli affetti, nonché il lavoro clinico con le regressioni reciproche sin­ tonizzate, le difese reciproche e la creatività intersoggettiva. Nell'am­ bito psicoterapeutico, le comunicazioni tra i due cervelli sincronizzate attivamente regolate a destra facilitano i cambiamenti strutturali neu­ roplastici dei sistemi regolatori del paziente, lateralizzati a destra, che a loro volta consentono risultati ottimali nel trattamento sia nella psico­ terapia sia nella riduzione dei sintomi, e soprattutto nella promozione della crescita personale. Nel prossimo capitolo, intitolato "L'emisfero destro è dominante nel­ la psicoterapia", discuto di come recenti studi sull'emisfero destro del cervello, dominante per l'elaborazione implicita, non verbale, intuitiva e olistica delle informazioni emotive e delle interazioni sociali, possano chiarire i meccanismi neurobiologici che sono alla base dei fondamenti relazionali della psicoterapia. Servendomi della prospettiva neurobio­ logica interpersonale della teoria della regolazione affettiva, presento le evidenze interdisciplinari che documentano le funzioni del cervello destro nei primi processi di attaccamento, nelle comunicazioni emotive all'interno del!' alleanza terapeutica, nei re-enactment terapeutici speci­ fici del "trauma relazionale" precoce, un costrutto che ho introdotto nel 2001, e nei processi di cambiamento terapeutico. Questo lavoro mette in evidenza come l'attuale attenzione ai processi relazionali, nel!' ambito di un approccio intersoggettivo, sia condivisa e influenzi, trasformandole, sia la psicologia sia le neuroscienze, con importanti conseguenze per i modelli psicologici clinici di cambiamento psicoterapeutico. Nel terzo e quarto capitolo, "Il ruolo delle regressioni reciproche co­ me promotrici di crescita nella psicoterapia del profondo: parte prima e seconda", descrivo i cambiamenti sincronizzati nella dominanza emi­ sferica destra e sinistra, la mente conscia e inconscia, e la creazione di una prospettiva teorica che integri sia una psicologia individuale sia una prospettiva intersoggettiva. In questa parte centrale del libro discuto il 15

Psicoterapia con l'emisfero destro

ruolo critico delle regressioni cliniche transitorie sincronizzate - definite come il processo di ritorno a una fase precedente dello sviluppo - nella psicoterapia del profondo. Nei momenti emotivamente intensi della seduta, quando il paziente sta vivendo uno stato emotivo tipico dell'e­ misfero destro, il terapeuta, sintonizzandosi psicobiologicamente con lui, induce implicitamente una regressione, una "dominanza reversi­ bile dell'emisfero di sinistra su quello di destra". Nel tempo, il clinico creativo, sensibile anche alle minime oscillazioni del paziente dentro e fuori dagli stati affettivi, impara a sintonizzare fluidamente questo cam­ biamento con i cambiamenti del paziente. Questa sincronizzazione tra emisfero destro del paziente ed emisfero destro del terapeuta consente la comunicazione e la regolazione degli affetti, a livello conscio e inconscio. In questa ulteriore espansione della teoria della regolazione, presen­ to modelli neuropsicoanalitici ed esempi di casi clinici, con l'obiettivo di distinguere il ruolo delle difese caratteriali della dissociazione e del­ la rimozione, nel lavorare con regressioni all'interno della psicoterapia che promuove la crescita, per entrambi i componenti della diade tera­ peutica. A questo scopo propongo un modello clinico adatto a lavorare sulle strategie difensive di coping implicate nelle regressioni cliniche, in particolare quelle che riguardano affetti inconsci dissociati nel conte­ sto di regressioni spontanee reciproche, e affetti rimossi inconsci nelle regressioni reciproche inconsce. Suggerirò che, sebbene il processo pa­ radossale di regressione possa riflettere un deterioramento clinico, es­ so può anche rappresentare un ritorno creativo alle strutture primarie e alle origini che può facilitare una riorganizzazione interna verso una maggiore integrazione, un adeguato livello di individuazione e un au­ mento delle capacità adattive di gioco e intimità. Il capitolo descrive, inoltre, l'importanza della creatività del clinico e del paziente nell'azione terapeutica, un tema, quest'ultimo, ulterior­ mente elaborato, con la mia co-autrice, Terry Marks-Tarlow, nel quinto capitolo, sul ruolo dell'emisfero cerebrale destro nella genesi dell'amo­ re e della creatività. Il sesto capitolo riporta il mio discorso di apertura alla divisione di Psicoanalisi dell' American Psychological Association, "Passi avanti: nuove scoperte sull'emisfero destro e relative implicazio­ ni per la psicoanalisi", in cui, utilizzando una prospettiva neurobiologi­ ca interpersonale, discuto del futuro di questo settore, fuori e dentro la stanza di consultazione. Nel settimo e ottavo capitolo, presento una se­ rie di interviste personali che delineano le origini e le implicazioni, per la psicoterapia, dei modelli di comunicazione sincronizzata tra emisferi destri. Infine, nel nono capitolo presento il mio discorso di apertura del 16

Implicazioni delle recenti scoperte nelle neuroscienze ...

2014 all'UCLA: "Uno sguardo al passato e uno al futuro: il nostro per­ corso professionale e personale". Come il lettore vedrà, ogni capitolo dedicato alla relazione psicotera­ peutica sosterrà la precedente proposta secondo cui le modalità opera­ tive del campo devono essere riformulate: una neurobiologia interper­ sonale dello sviluppo umano ci consente di capire che la struttura e il funzionamento della mente e del ceroello sono modellati dalle esperienze,

in particolare quelle che coinvolgono relazioni emotive, e di compren­ dere i meccanismi relazionali attraverso cui emisferi comunicanti si alli­ neano e sincronizzano le loro attività neurali con altri emisferi.

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2 L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

Nel 2009, l'American Psychological Association (AFA) mi ha invitato a tenere la relazione plenaria, e quindi ho proposto "The paradigm shift: The right brain and the relational unconscious". Per la prima volta, una relazione plenaria dell'AFA è stata tenuta da un membro dell'associazio­ ne di formazione psicoanalitica. Citando quindici anni della mia ricerca interdisciplinare, ho sostenuto che si stava verificando un cambiamento di paradigma non solo all'interno della psicologia, ma anche tra le disci­ pline, e che la psicologia ora aveva bisogno di entrare in un dialogo più intenso con le scienze biologiche affini. Ho sottolineato l'importanza del­ le neuroscienze dello sviluppo e delle neuroscienze affettive (più che di quelle cognitive) per la psicologia clinica e la psicopatologia. E così ho riferito che sia i clinici sia i ricercatori stavano spostando l'attenzione dalla cognizione cosciente dell'emisfero sinistro alle funzioni emotive e relazionali inconsce dell'emisfero destro (Schore, 2009a). Solo pochi an­ ni prima, l' AFA aveva esplicitamente affermato la sua rinnovata enfasi sui fondamenti relazionali della psicoterapia, dove la task force dell' AFA sulla terapia evtdence-based affermava audacemente: L'abilità interpersonale risulta centrale per la competenza clinica, e si manifesta nel creare una relazione terapeutica, codificando e decodifi­ cando le risposte verbali e non verbali, creando aspettative realistiche ma positive, e rispondendo empaticamente alle esperienze e alle preoccupa­ zioni esplicite e implicite del paziente. (APA Presidential Task Force on Evidence-Based Practice, 2006, p. 277)

La tendenza relazionale in psicoterapia, naturalmente, si è evoluta grazie ai contributi di precedenti teorici della psicoanalisi, tra cui Fe19

Psicoterapia con /'emisfero destro

renczi (1926), Fairbairn (1952), Sullivan (1953), Kohut (1971), Mitchell (1988) e più recentemente Bromberg (2011). In questo stesso periodo, parallelamente alla psicoterapia, la pro­ spettiva relazionale è progredita anche all'interno della psicologia dello sviluppo e delle neuroscienze dello sviluppo, specialmente nel campo transdisciplinare, recentemente formatosi, della neurobiologia interper­ sonale (Schore, 1994, 2003a, 2003b, 2012). Nei miei contributi, ho uti­ lizzato questa prospettiva per modellare i meccanismi di attaccamento dello sviluppo precoce e il problema di come le esperienze relazionali, nel bene o nel male, abbiano un impatto sullo sviluppo precoce della struttura psichica e del sé emergente soggettivo. Il principio organizza­ tivo di questa concezione relazionale dello sviluppo prevede che ''l'or­ ganizzazione del cervello in via di sviluppo avvenga nel contesto di una relazione con un altro sé, un altro cervello" (Schore, 1996, p. 60). Per due decenni, ho elaborato e ampliato la teoria della regolazione come base per modellare lo sviluppo, la psicopatogenesi e il trattamento del sé implicito basato sull'emisfero destro. Così, nel 1994 e nel 2001, ho delineato le origini relazionali dell'attaccamento sicuro (Schore, 1994; 2001a) e il costrutto di "trauma relazionale" (Schore, 2001b), che indu­ ce la dissociazione, una disconnessione emotiva da sé e dall'altro. Nel 2003, continuando il lavoro precedente, ho applicato la teoria della rego­ lazione per offrire un modello psiconeurobiologico delle comunicazioni di attaccamento dell'emisfero destro all'interno dell'alleanza terapeu­ tica (Schore, 2003b). Nel mio libro La scienza e l'arte della psicoterapia (2012), ho sostenuto che, più che l'interpretazione e l'intuizione cogni­ tiva, sono i processi relazionali-affettivi tra paziente e terapeuta a essere al centro del meccanismo di cambiamento. Uno degli scopi principali della teoria della regolazione è quello di costruire modelli teorici più complessi, che possano generare sia ricer­ che sperimentali euristiche sia concezioni clinicamente rilevanti dello sviluppo umano, comprese le progressioni di sviluppo nella psicoterapia che promuove la crescita. I miei studi sulla neurobiologia interpersona­ le., relativi al costrutto relazionale dell'alleanza terapeutica e del legame collaborativo tra terapeuta e paziente, indicano che le comunicazioni relazionali terapeuta-paziente operano rapidamente, al di sotto dei livelli di consapevolezza cosciente, mentre la mia ricerca in neuropsicoanalisi dello sviluppo descrive l'evoluzione precoce di un "inconscio relazio­ nale" e di un "cervello sociale" lateralizzato a destra, che rappresenta il substrato biologico dell'inconscio umano. Un ampio corpo di studi sulla lateralità del cervello conferma ora il principio secondo cui "l'emi20

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

sfero sinistro è coinvolto nella risposta cosciente e il destro nella mente inconscia" (Mlot, 1998, p. 1006). La teoria della regolazione supporta fortemente, quindi, i modelli psicodinamici di psicoterapia attualmen­ te in evoluzione, specialmente nel trattamento dei traumi da attacca­ mento precoci. Di seguito, riassumo brevemente la prospettiva relazionale della teo­ ria della regolazione, offrendo modelli neurobiologici interpersonali dell'attaccamento nello sviluppo precoce, nell'alleanza terapeutica e nei processi di cambiamento terapeutico. Questo lavoro, ancora in cor­ so, indica che l'attuale enfasi transdisciplinare sui processi relazionali è condivisa dalla psicologia e dalle neuroscienze, produce trasformazioni e genera fertili interscambi, con importanti conseguenze per i modelli psi­ cologici clinici di cambiamento psicoterapeutico. (In ognuno di questi campi, il termine "psicodinamico" può essere equiparato a "psicoanali­ tico", e il termine "psicoterapeuta" può essere equiparato ad "analista".) NEUROBIOLOGIA INTERPERSONALE DELL'ATTACCAMENTO: REGOLAZIONE INTERATTIVA E MATURAZIONE DELL'EMISFERO DESTRO

Un importante contributo all'attuale corrente di matrice relazionale deriva dai recenti progressi della teoria dell'attaccamento, ora la più in­ fluente teoria dello sviluppo socioemotivo precoce che la scienza abbia a disposizione. Attraverso quattro volumi e numerosi articoli e capitoli, ho utilizzato una prospettiva relazionale interdisciplinare per descrivere e integrare i processi di sviluppo psicologico, biologico e neurochimico che sono alla base della formazione di un legame di attaccamento del­ la comunicazione emotiva tra il bambino e il caregiver primario (Scho­ re, 1994, 2003a, 2003b, 2012). Nel corso del mio lavoro ho offerto un ampio corpo di ricerche e dati clinici che sottolineano la centralità del meccanismo evolutivo del legame di attaccamento precoce, per tutti gli aspetti successivi dello sviluppo umano, in particolare le funzioni socio­ emotive adattive, essenziali per la sopravvivenza. Sulla base degli studi pionieristici di J ohn Bowlby (1969), da me estesi, che integravano psico­ logia, biologia e psicoanalisi, la moderna teoria dell'attaccamento incor­ pora i progressi attuali delle neuroscienze dello sviluppo e affettive, con l'obiettivo di offrire un modello teorico comprensivo delle dinamiche interpersonali di attaccamento psiconeurobiologico (Schore, Schore, 2008). Al centro del modello c'è la regolazione relazionale e interattiva 21

Psicolerapia con l'emisfero destro

degli affetti, che a sua volta influenza e modella la maturazione dell'emi­ sfero destro in via di sviluppo. D'altra parte, la disregolazione interatti· va precoce rappresenta una causa fondamentale di psicopatologia, che porta il paziente in psicoterapia. I clinici di tutti i diversi orientamenti in psicoterapia stanno ora utilizzando modelli di attaccamento aggior· nati nel trattamento delle disfunzioni relazionali-emozionali dell'emi­ sfero destro dei principali disturbi psichiatrici, un tema che amplierò nella seconda parte di questo capitolo. Ora presenterò un breve rias­ sunto del mio lavoro nel campo della neurobiologia dell'attaccamento, proposto per la prima volta nel 1994 e successivamente ampliato negli ultimi due decenni. Un principio centrale della teoria della regolazione affettiva preve­ de che l'attaccamento sia il dispiegamento relazionale di un meccani­ smo evolutivo, e che l'essenziale compito evolutivo dei primi due anni dell'infanzia sia la ca-creazione di un legame di attaccamento di comu­ nicazione emotiva e la regolazione affettiva tra il bambino e il caregiver primario. Basandosi sulle comunicazioni prenatali tra madre e bambi­ no, nei successivi periodi perinatali e postnatali le transazioni affettive si trasmettono rapidamente all'interno della diade, utilizzando comunica­ zioni non verbali sensoriali-affettive sempre più complesse. Per facilita­ re questo meccanismo relazionale-emotivo, la madre deve essere psico­ biologicamente in sintonia con i movimenti dinamici degli stati interni corporei di eccitazione centrale e autonomica del bambino. Sebbene queste comunicazioni siano espresse inizialmente in modalità olfattive, gustative e tattili, a partire dalla fine del secondo mese la diade utilizza canali di comunicazione visivi e uditivi più finemente integrati nelle si­ tuazioni di sguardo reciproco. Durante le transazioni duali sincronizzate di attaccamento reciproco, il caregiver primario sensibile, a livelli al di sotto della consapevolezza, percepisce (riconosce), valuta e regola le espressioni non verbali degli stati di eccitazione affettiva positiva e negativa del bambino, sempre più intensi. Attraverso queste comunicazioni, la madre regola il Sistema Nervoso Centrale (SNC) postnatale del bambino in via di sviluppo e del Sistema Nervoso Autonomo (SNA). La relazione di attaccamento media così la regolazione diadica degli stati emotivi basati sul corpo. In questo continuo dialogo co-creato, la madre "sufficientemente buona" e il suo bambino co-costruiscono cicli multipli sia di "sincronia dell'affetto", che regola l'affetto positivo (per esempio, gioia-euforia, eccitazione-inte­ resse), sia stati di "rottura e riparazione", che regolano l'affetto negativo (per esempio, paura-terrore, tristezza-depressione, vergogna, disgusto). 22

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

Questi cicli di sintonizzazione/rottura di sintonizzazione/ti-sintonizza­ zione intersoggettiva e intrasoggettiva rappresentano una matrice rela­ zionale psicobiologica preverbale che forma il nucleo del sé corporeo implicito emergente del bambino. C'è ora accordo sul fatto che l'emozione è inizialmente regolata da altri, ma nel corso dell'infanzia diventa sempre più autoregolata, come risultato dello sviluppo neurofisiologico e dell'esperienza reale vissuta. Queste capacità adattive sono centrali per l'emergere dell'autoregola­ zione, cioè la capacità di regolare in modo flessibile una serie crescente di stati psicobiologici positivi e negativi, emotivamente intensi, in diver­ si contesti relazionali dinamici, permettendo così l'assimilazione, in un sistema del sé coerente e integrato, di vari stati emotivo-motivazionali adattivi. Esperienze di attaccamento ottimali, che generano un attac­ camento sicuro con il caregiver primario, facilitano quindi entrambi i tipi di autoregolazione: la regolazione interattiva che riguarda le emo­ zioni, a cui si accede mentre si è impegnati soggettivamente con altri in un contesto di interazione, e l'autoregolazione delle emozioni attivate quando si è soggettivamente distaccati dagli altri, in contesti autono­ mi. La moderna teoria dell'attaccamento definisce il benessere emotivo come inconscio, ma efficiente e resiliente, caratterizzato dal passaggio tra queste due modalità (interconnessione e autonomia), a seconda del contesto relazionale. I modelli operativi interni dell'attaccamento codi­ ficano entrambe queste strategie di coping della regolazione affettiva. A un livello più fondamentale, la moderna teoria dell'attaccamento è una teoria della regolazione affettiva (Schore, Schore, 2008). Le dinamiche relazionali di attaccamento sincronizzate e cariche di emozioni rappresentano il meccanismo biopsicosociale attraverso il qua­ le siamo sociofisiologicamente connessi agli altri, con l'obiettivo di co­ regolare i nostri stati affettivi interni omeostatici. Il meccanismo evolu­ tivo dell'attaccamento, ovvero la regolazione interattiva delle emozioni, rappresenta, quindi, la regolazione della sincronizzazione biologica, che avviene sia sul piano individuale sia tra organismi diversi (Bradshaw, Schore, 2007; Schore, 1994). Durante ogni fase del ciclo di vita, la rego­ lazione psicobiologica interattiva sostiene le funzioni di sopravvivenza del sistema del sé implicito, lateralizzato a destra (Schore, 2000, 2003a, 2003b). Tale principio trova corrispondenza nelle ricerche sul cervel­ lo in via di sviluppo, su cui Ovtscharoff e Braun hanno riportato che: L'interazione diadica tra neonato e madre [. . .] serve come regolatore dell'omeostasi interna dell'individuo in via di sviluppo. La funzione re-

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Psicoterapia con /'emir/ero destro

golatrice dell'interazione tra neonato e madre può essere considerata un promotore essenziale per garantire il normale sviluppo e il mantenimen­ to delle connessioni sinaptiche durante lo stabilirsi di circuiti cerebrali funzionali. (Ovtscharoff, Braun, 2001, p. 33)

In questo modo, le transazioni regolatorie dell'attaccamento diadi­ co hanno un impatto sullo sviluppo della struttura psichica; vale a dire, generano lo sviluppo del cervello (Schore, 1994). In una serie di lavori, ho chiarito come la maturazione dei circuiti limbici che regolano i processi emotivi specificamente dell'emisfero de­ stro del bambino in via di sviluppo è influenzata da transazioni affetti­ ve intersoggettive implicite incorporate nella relazione di attaccamento con il caregiver primario (Schore, 1994, 2003b, 2009a, 2012, 2013b). Comunicazioni affettive implicite, visive-facciali, uditive-prosodiche e tattili-gestuali sempre più complesse lateralizzate a destra formano il nu­ cleo psicobiologico del legame di attaccamento emotivo tra il bambino e il caregiver primario. L'elaborazione implicita è alla base della gestio­ ne rapida e automatica degli stimoli e dei segnali affettivi non verbali nell'infanzia ed è "ripetitiva, automatica, e fornisce una veloce catego­ rizzazione e capacità di decisione e opera al di fuori del campo dell'at­ tenzionefocalizzata e dell'esperienza verbalizzata" (Lyons-Ruth, 1999, p. 576, corsivo aggiunto). La sincronizzazione delle risposte della madre con i segnali del bambino è un aspetto chiave della sensibilità incarnata e pre-riflessiva della madre, espressa nella prontezza della sua risposta ai cambiamenti immediati, momento-per-momento, degli stati emotivi del bambino (Guedeney, Guedeney, Tereno et al., 2011; Manini, Car­ done, Ebisch et al., 2013 ). Dal punto di vista neurobiologico, l'elabora­ zione congiunta non conscia di queste comunicazioni di attaccamento è, quindi, il prodotto delle operazioni sincronizzate dell'emisfero destro del bambino che interagisce con l'emisfero destro della madre. Le rap­ presentazioni interne delle esperienze di attaccamento sono impresse nella memoria implicita-procedurale lateralizzata a destra come model­ lo operativo interno, che codifica le strategie non coscienti (implicite) di regolazione degli affetti. Le funzioni di regolazione delle interazioni socioemotive madre-bambino hanno, quindi, un impatto sulle connes­ sioni dei circuiti dell'emisfero destro in periodi critici dei primi anni di vita (Ammaniti, Trentini, 2009; Cozolino, 2002; Henry, 1993; Schore, 1994, 2003a, 2012; Siegel, 1999). A sostegno di questo modello, i neuroscienziati ora documentano che l'emisfero destro mostra una maturazione più precoce rispetto al 24

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

sinistro nelle fasi prenatali e postnatali dello sviluppo (Gupta, Hasan, Trivedi et al., 2005; Sun, Patoine, Abu-Khalil et al., 2005), che la forte e costante predominanza dell'emisfero destro emerge dopo la nascita (Al­ lman, Watson, Tetreault et al., 2005) e che l'emisfero destro della madre è più coinvolto del sinistro nell'elaborazione emotiva e nelle cure ma­ terne (Lenzi, Trentini, Pantano et al., 2009). Studiando l'asimmetria di connettività strutturale del cervello del neonato nel primo mese di vita, Ratnarajah, Rifkin-Graboi, Fortier e collaboratori hanno così concluso: Nei primi anni di vita, l'emisfero destro potrebbe essere maggiormente in grado di elaborare[ ... ] le emozioni (Schore, 2000; Wada, Davis, 1977). Questa idea sembra coerente con i nostri risultati di asimmetria verso de­ stra nelle [ ... ] strutture limbiche [ ... ]. Questi substrati neurali funzionano come hub nell'emisfero destro per i processi emotivi e per l'interazione madre-bambino. (Ratnarajah, Rifkin-Graboi, Fortier et al., 2013, p. 193) Il gruppo di Tronick ha dimostrato che i piccoli tra 6 e 12 mesi usano i gesti del lato sinistro, generati dall'emisfero destro, per far fronte allo stressante paradigma dello "Still-Face". Gli autori hanno interpretato questi dati come "coerenti con le ipotesi di Schore (2005a) dell'attiva­ zione a destra delle emozioni e la loro regolazione durante le interazioni madre-bambino, e la sua teoria secondo cui il lato sinistro del cervello è meno sviluppato del lato destro" (Montirosso, Cozzi, Tronick et al., 2012, p. 826). In uno studio condotto usando la tecnica della spettrosco­ pia nel vicino infrarosso, riguardante l'attaccamento madre-bambino a 12 mesi, Minagawa-Kawai e colleghi hanno osservato: "I nostri risultati sono in accordo con quelli di Schore (2000), che ha rilevato l'importan­ za dell'emisfero destro nel sistema di attaccamento" (Minagawa-Kawai, Matsuoka, Dan et al., 2009, p. 289). Le transazioni di attaccamento relazionale modellano, quindi, la ma­ turazione dipendente dall'esperienza dei sistemi sottocorticali di destra, e in questo modo influenzano lo sviluppo e le funzioni successive della personalità, in particolare le funzioni di sopravvivenza, che agiscono in tempi ultrarapidi al di sotto della coscienza. In tutte le fasi dello svilup­ po, il meccanismo di attaccamento relazionale non conscio è il principa­ le regolatore dell'emisfero destro. Il mio lavoro sulla neuropsicoanalisi dello sviluppo indica, inoltre, che il sistema implicito del sé dell'emisfe­ ro destro che si evolve nelle fasi preverbali dello sviluppo rappresenta il substrato biologico dell'inconscio dinamico di Freud (Schore, 1997 a, 2002a). Infatti, il meccanismo di attaccamento relazionale rappresenta 25

Psicoterapia con l'emisfero destro

comunicazioni non verbali tra l'inconscio della madre e l'inconscio del bambino (Schore, 2012, 2013a). Questo meccanismo "emisfero destro­ emisfero destro" media la trasmissione intergenerazionale di strutture e funzioni inconsce tra le generazioni. In accordo con questa proposta, il neuropsicologo Don Tucker ha affermato: "La specializzazione dell'emisfero destro per la comunica­ zione emotiva attraverso canali non verbali sembra suggerire un domi­ nio della mente che è vicino all'inconscio psicoanalitico pieno di forza motivazionale" (Tucker, Moller, 2007, p. 91). Infatti, un numero cre­ scente di studi documenta che l'elaborazione inconscia delle informa­ zioni emotive è principalmente sostenuta da un circuito sottocorticale dell'emisfero destro (Gainotti, 2012), che le memorie emotive inconsce sono immagazzinate nell'emisfero destro (Gainotti, 2006) e che questo emisfero è fondamentalmente coinvolto nel mantenimento di un sen­ so di sé coerente, continuo e unificato (Devinsky, 2000; McGilchrist, 2009). Dai primi anni fino a tutte le fasi successive della vita, i processi emotivi, ad azione rapida, di questo sistema lateralizzato a destra sono coinvolti in modo centrale nel controllo delle funzioni vitali che sosten­ gono la sopravvivenza, nel permettere all'organismo di far fronte allo stress e alle sfide e, quindi, nella resilienza emotiva e nel benessere. In­ fatti, una serie di ricerche ora indica che i sistemi prefrontali lateralizzati a destra (e non a sinistra) sono responsabili per la regolazione a livello superiore, nel cervello, degli affetti e dello stress (Cerqueira, Almeida, Sousa, 2008; Perez-Cruz, Simon, Czéh et al., 2009; Schore, 1994; Ste­ venson, Halliday, Marsden et al., 2008; Sullivan, Gratton, 2002; Wang, Rao, Wetmore et al., 2005). COMUNICAZIONI DI ATTACCAMENTO MEDIATE DALL'EMISFERO DESTRO ALL'INTERNO DELL'ALLEANZA TERAPEUTICA Un principio fondamentale della teoria della regolazione affettiva indica che le prime esperienze socioemotive possono essere prevalen­ temente regolate o disregolate, dando l'imprinting a forme di attacca­ mento sicure o insicure. Le neuroscienze dello sviluppo dimostrano ora chiaramente che i bambini non sono "resilienti" ma "malleabili", nel bene o nel male (Leckman, March, 2011). In netto contrasto con lo scenario di attaccamento ottimale descritto in precedenza, nel caso di un ambiente precoce relazionale di abuso o trascuratezza che inibisce 26

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

la crescita, il caregiver primario di un bambino insicuro disorganizzato­ disorientato induce nel piccolo stati traumatici di affetto negativo du­ raturo (Schore, 2001b, 2002b). Questo caregiver è troppo spesso emo­ tivamente inaccessibile e reagisce alle espressioni di affetto stressanti del bambino in modo incoerente e inappropriato (attraverso eccessiva intrusività o eccessivo distacco) mostrando, quindi, una partecipazio­ ne minima o imprevedibile ai vari tipi di processi di regolazione dell'a­ rousal relazionale. Invece di modulare, la madre induce livelli estremi di stimolazione stressante e arousal molto alti nell'abuso o molto bassi nel caso di trascuratezza. Siccome la madre troppo spesso non fornisce alcuna riparazione interattiva, gli stati d'animo negativi del bambino durano a lungo. Un gran numero di ricerche nel campo della psicopatologia dello sviluppo evidenzia ormai il ruolo centrale degli attaccamenti insicuri nella psiconeuropatogenesi di tutti i disturbi psichiatrici (Schore, 1996, 1997b, 2003a, 2012, 2013a). Come ha osservato Watt: "Se i bambini crescono con esperienze prevalenti di separazione, angoscia, paura e rabbia, allora si avvieranno a un tipo di sviluppo negativo e patogeno, che non è solo un percorso negativo da un punto di vista psicologico, ma anche dal punto di vista neurologico" (2003, p. 109). Più specifica­ mente, durante periodi critici di maturazione, frequenti storie di attac­ camento insicuro disregolate e non riparate, disorganizzate-disorientate, sono "affettivamente marchiate a fuoco" nell'emisfero destro in via di sviluppo del piccolo (Schore, 1994, 2003a). Le prime esperienze non ot­ timali, compreso il "trauma relazionale" dell'abuso e del neglect (Scho­ re, 200lb), sono impresse nei sistemi cortico-sottocorticali di destra, codificando modelli operativi interni insicuri disorganizzati-disorientati che sono accessibili in modo non conscio in momenti successivi di stress emotivo interpersonale. Non solo le esperienze traumatiche, ma anche la difesa contro il trauma grave, la dissociazione, è immagazzinata nella memoria procedurale implicita. La teoria della regolazione affettiva suggerisce che questi modelli operativi insicuri, lateralizzati a destra, sono un punto cruciale della psicoterapia focalizzata sull'affettività, per quanto riguarda le patolo­ gie del sé che si formano precocemente e dei disturbi di personalità. Tali deficit relazionali dell'emisfero destro sono descritti da Feinberg e Keenan (2005): L'emisfero destro, in particolare la regione frontale destra, in circostanze normali gioca un ruolo cruciale nello stabilire la relazione appropriata

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Psicoterapia con l'emisfero destro

tra il sé e il mondo[. .. ] la disfunzione risulta in un disturbo della capa­ cità di relazione reciproca tra sé e ambiente [madre-bambino], che può portare a disturbi di eccessiva o carente connessione tra il sé e il mondo. (Feinberg, Keenan, 2005, p. 15) C'è ora consenso sul fatto che i deficit in questi processi relazionali dell'emisfero destro e la conseguente disregolazione degli affetti siano elementi fondamentali del trattamento. Tutti i modelli di intervento te­ rapeutico nell'ambito di una vasta gamma di psicopatologie condivido­ no l'obiettivo comune di migliorare l'efficacia dei processi di autore­ golazione emotiva (Schore, 1994, 2003a, 2003b, 2012). In ogni fase del ciclo di vita, la psicoterapia relazionale affettivamente focalizzata diret­ ta all'infanzia, all'adolescenza e all'età adulta può facilitare la plasticità intrinseca dell'emisfero destro. Lo psicoanalista Bowlby ( 1988) ha affermato che la rivalutazione dei modelli operativi interni non consci di attaccamento è un obiettivo pri­ mario di qualsiasi incontro psicoterapeutico. Queste rappresentazio­ ni interattive delle prime esperienze di attaccamento codificano stra­ tegie di regolazione dell'affetto e offrono meccanismi di coping volti a mantenere la regolazione di base e l'affetto positivo di fronte alle sfide stressanti dell'ambiente. Agendo al di sotto della consapevolezza, que­ sto modello operativo interno si attiva al fine di percepire, valutare e regolare le informazioni socioemotive, oltre che di guidare l'azione in contesti interpersonali familiari e soprattutto in quelli nuovi. Seguendo la prospettiva interdisciplinare di Bowlby, il mio lavoro indica che nei momenti di elevata affettività il modello operativo interno inconscio di attaccamento del paziente, sia sicuro sia insicuro, viene riattivato nella memoria implicita-procedurale laterale destra e ripetuto in enactment nella relazione psicoterapeutica. Come nei primi mesi di sviluppo, le comunicazioni di attaccamen­ to emisfero destro-emisfero destro sono espresse all'interno dell'al­ leanza terapeutica, tra la "mente destra" del paziente e quella del te­ rapeuta (Ornstein, 1997). I neuroscienziati sostengono che l'emisfero destro elabori materiale emotivo inconscio, mentre il sinistro sia coin­ volto nell'elaborazione cosciente degli stimoli emotivi (Wexler, War­ renburg, Schwartz et al., 1992). Allo stesso modo, nei miei scritti sul ruolo centrale delle dinamiche di attaccamento in psicoterapia, mi sono concentrato non sulle narrazioni verbali espresse tra le menti coscienti dell'emisfero sinistro del paziente e del terapeuta, ma sui dialoghi non verbali, momento-per-momento, tra le menti inconsce dell'emisfero de28

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

stro dei membri della diade terapeutica. I contesti terapeutici orien­ tati relazionalmente che ottimizzano la comunicazione intersoggettiva dell'emisfero destro e la regolazione interattiva tentano di esplorare e modificare i modelli operativi interni inconsci, insicuri e disfunzionali del sé e dell'altro. Alla luce della comunanza di meccanismi non verbali, intersogget­ tivi e impliciti di transazione e regolazione delle emozioni da emisfe­ ro destro a emisfero destro nella relazione caregiver-bambino e nella relazione terapeuta-paziente, gli studi sull'attaccamento in fase di svi­ luppo hanno una rilevanza diretta per i processi di trattamento. Poiché l'emisfero destro è dominante nella comunicazione non verbale (Be­ nowitz, Bear, Rosenthal et al., 1983), nelle esperienze emotive soggetti­ ve (Wittling, Roschmann, 1993) e nell'apprendimento implicito (Hug­ dahl, 1995), la comunicazione implicita degli stati affettivi tra l'emisfero destro dei membri della diade terapeuta-paziente (come nella diade madre-bambino) è, quindi, meglio descritta come "intersoggettività". Il clinico agisce come "osservatore partecipante" (Sullivan, 195 3) non solo del comportamento esterno del paziente, ma anche dei suoi stati soggettivi interni. In accordo con un modello relazionale di psicoterapia, i processi fon­ dati sull'emisfero destro, che sono reciprocamente attivati da entrambi i lati dell'alleanza terapeutica, sono alla base del processo di cambiamento psicoterapeutico. Questi dialoghi clinici impliciti trasmettono informa­ zioni globali del soggetto molto più essenziali rispetto alle informazioni verbali esplicite dell'emisfero sinistro. Piuttosto, le interazioni dell'emi­ sfero destro "al di sotto delle parole" comunicano in forma non verba­ le informazioni relazionali affettive essenziali, non coscienti, basate sul corpo, riguardo al mondo interno del paziente (e del terapeuta). L'af­ fermazione di Decety e Chaminade (2003) secondo cui "gli stati mentali che sono al cuore del sé possono essere condivisi tra gli individui" de­ scrive chiaramente il contesto intimo della psicoterapia. Comunicazioni rapide lateralizzate a destra tra "cervello emotivo" ("mente destra") di ogni membro dell'alleanza terapeutica permettono una "condivisione degli stati del sé", momento-per-momento, da emisfero destro a emisfe­ ro destro, un dialogo co-creato, organizzato e dinamicamente soggetto a influenza reciproca. Secondo Bromberg (2011): [Le reti di] stati del Sé [come pattern di regolarità e variazione che con­ ducono a] sono moduli altamente individualizzati di essere, ognuno con­ figurato dalla sua organizzazione di cognizioni, credenze, affetto e umore

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Psicoterapia con l'emisfero destro

dominanti, accesso alla memoria, abilità, comportamenti, valori, azioni e regolazione fisiologica. (Bromberg, 2011, p. 76)

In questa matrice relazionale interattiva, entrambi i partner allinea­ no i profili dinamici dei diversi stati emotivo-motivazionali del sé e si­ multaneamente sincronizzano e regolano la loro attenzione sociale, la stimolazione e l'accelerazione/decelerazione dell'eccitazione in risposta ai segnali del partner. La teoria della regolazione affettiva offre una comprensione più pro­ fonda dei meccanismi psicobiologici reciproci che sono alla base dell'in­ contro clinico, qualunque sia il contenuto verbale. È ormai accettato che il "flusso di espressione non verbale e pre-razionale che lega il bambino al genitore continui per tutta la vita a essere un mezzo primario di comu­ nicazione affettivo-relazionale intuitivamente percepito tra le persone" (Orlinksy, Howard, 1986, p. 343). Lyons-Ruth (2000) ha analizzato gli scambi affettivi che veicolano la conoscenza relazionale implicita all'in­ terno dell'alleanza terapeutica, osservando che la maggior parte del­ le transazioni relazionali si basa su un substrato di stimoli affettivi che danno un valore valutativo o una direzione a ogni comunicazione rela­ zionale. Queste hanno luogo a un livello implicito di stimoli e risposte che si verificano troppo rapidamente, sfuggendo alla transazione verba­ le e alla riflessione cosciente. Le neuroscienze definiscono ora il ruolo fondamentale dell'emisfero destro in queste comunicazioni vis-à-vis. In tutte le fasi del ciclo di vita, "i substrati neurali della percezione di voci, volti, gesti, odori e feromoni, come evidenziato dalle moderne tecniche di neuroimaging, sono caratterizzati da un modello generale di asimme­ tria funzionale emisferica destra" (Brancucci, Lucci, Mazzatenta et al., 2009, p. 895). Van Lancker Sidtis conclude: "Il riconoscimento dei mo­ delli e la comprensione di diversi tipi di stimoli, come i volti, l'accordo, il complesso dell'intonazione, le immagini grafi.che e le voci, sono stati descritto come più raffinati nell'emisfero destro normale" (2006, p. 233 ). Nella letteratura clinica, Scaer ha descritto i modelli essenziali di co­ municazione implicita attivati nella relazione terapeuta-cliente: Molte caratteristiche dell'interazione sociale sono non verbali, consi­ stendo in sottili variazioni delle espressioni facciali che stabiliscono il tono di fondo per il contenuto dell'interazione. Le posture corporee e i movimenti del terapeuta [. ..] possono anche riflettere emozioni come disapprovazione, sostegno, umorismo e paura. Il tono e il volume della voce, i modelli e la velocità della comunicazione verbale e il contatto vi­ sivo contengono anche elementi di comunicazione subliminale e contri-

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L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

buiscono alla creazione inconscia di un ambiente sicuro di guarigione. (Scaer, 2005, pp. 167-168) Queste comunicazioni non verbali, implicite e inconsce del siste­ ma emisfero destro-mente-corpo sono bidirezionali e intersoggettive, e quindi potenzialmente preziose per il clinico. Come ha osservato Mea­ res (2005): Non solo il terapeuta è inconsciamente influenzato da una serie di se­ gnali lievi e, in alcuni casi, subliminali, ma anche il paziente lo è. I det­ tagli della postura del terapeuta, lo sguardo, il tono della voce, persino la respirazione, sono registrati ed elaborati. Un terapeuta raffinato può usare questa elaborazione in modo positivo, potenziando un cambia­ mento nello stato del paziente in presenza o meno dell'uso delle parole. (Meares, 2005, p. 124) Più che le verbalizzazioni coscienti dell'emisfero sinistro, queste co­ municazioni visive-facciali, uditive-prosodiche e tattili-gestuali da emi­ sfero destro a emisfero destro rivelano gli aspetti più profondi della personalità del paziente, così come della personalità del terapeuta (vedi Schore, 2003b, per un modello di identificazione proiettiva da emisfero destro a emisfero destro, un processo fondamentale di comunicazione implicita tra i sistemi relazionali inconsci del paziente e del terapeuta all'interno dell'alleanza terapeutica). Per ricevere e monitorare le comunicazioni di attaccamento non ver­ bali, basate sul corpo del paziente, il clinico emotivamente sintonizzato deve passare da un'attenzione emisferica sinistra, ristretta, che si con­ centra sul dettaglio locale, a un'attenzione emisferica destra più ampia­ mente estesa, che si concentra sul dettaglio globale (Derryberry, Tucker, 1994), una osservazione che si adatta alla descrizione di Freud (1912) dell'importanza dell"'attenzione uniformemente fluttuante" del clini­ co. In seduta, il terapeuta empatico fa attenzione consapevolmente ed esplicitamente alle verbalizzazioni del paziente, al fine di diagnosticare oggettivamente e razionalizzare la sintomatologia disregolarizzante del paziente. Tuttavia, il terapeuta sta anche ascoltando e interagendo a un altro livello, un livello soggettivo vicino all'esperienza reale (experien­ ce-near subjective leve[) che elabora implicitamente le comunicazioni di attaccamento momento-per-momento e le informazioni socioemotive a livelli al di sotto della consapevolezza. Un elemento relazionale essen­ ziale di ogni incontro del trattamento è costituito da come lavoriamo con ciò che viene comunicato ma non simbolizzato con le parole. Come 31

Psicoterapia con l'emisfero destro

comprendiamo e ci relazioniamo con un'emozione inconscia inespressa dipende dalla nostra capacità di ricevere ed esprimere comunicazioni non verbali. Nel discutere l'"elaborazione presimbolica", Bucci ha os­ servato: "Riconosciamo i cambiamenti negli stati emotivi degli altri sulla base della percezione di sottili modifiche nella loro espressione facciale o nella postura, e riconosciamo i cambiamenti nei nostri stati sulla base dell'esperienza somatica o cinestesica" (2002, p. 194). Queste comuni­ cazioni implicite sono espresse all'interno dell'alleanza terapeutica tra i sistemi dell'emisfero destro del paziente e quelli del terapeuta. Scrivendo sulle "comunicazioni implicite non verbali" terapeutiche, Chused ha affermato: "Non è che le informazioni che contengono non possano essere verbalizzate, solo che a volte soltanto un approccio non verbale può fornire le informazioni in modo tale che possano essere usa­ te, soprattutto quando non c'è consapevolezza cosciente delle preoc­ cupazioni sottostanti" (2007, p. 879). Queste idee sono state riprese da Hutterer e Liss (2006), che hanno affermato che le variabili non verbali come il tono, il tempo, il ritmo, il timbro, la prosodia e l'ampiezza del discorso, così come i segnali del linguaggio del corpo, potrebbero do­ ver essere riesaminate come aspetti essenziali della tecnica terapeutica. L'emisfero destro è dominante per la comunicazione non verbale (Be­ nowitz, Bear, Rosenthal et al., 1983), spontanea (Blonder, Burns, Bo­ wers et al., 1995), emotiva (Blonder, Bowers, Heilman, 1991) e proso­ dica (George, Parekh, Rosinsky et al., 1996; Ross, Monnot, 2008), così come per l'elaborazione olistica dei modelli musicali (Nicholson, Baum, Kilgour et al., 2003) e l'esperienza emotiva di ascoltare musica (Satoh, Nakase, Nagata et al., 2011). L'emisfero destro è quindi importante nell'elaborazione della "musica dietro le parole". Infatti, i dati neurobiologici suggeriscono che: "Mentre l'emisfero sinistro media la maggior parte dei comportamenti linguistici, l'emisfe­ ro destro è importante per aspetti più ampi della comunicazione" (Van Lancker, Cummings, 1999, p. 95). Inoltre, le comunicazioni di attac­ camento reciproco all'interno dell'alleanza terapeutica sono esempi di "comunicazione del processo primario". Secondo Dorpat, "il sistema del processo primario analizza, regola ed esprime le relazioni di un in­ dividuo con l'ambiente" (2001, p. 449). Come ha osservato: "Le infor­ mazioni affettive e oggettuali sono trasmesse prevalentemente da comu­ nicazioni basate sul processo primario. La comunicazione non verbale include i movimenti del corpo (cinesica), la postura, la gestualità, l'e­ spressione del viso, l'inflessione della voce e la sequenza, il ritmo e l'al­ tezza del tono delle parole pronunciate" (ibidem, p. 451). 32

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

Il principio organizzativo del lavoro con le comunicazioni inconsce del processo primario impone che proprio come l'emisfero sinistro co­ munica i suoi stati all'emisfero sinistro degli altri attraverso comporta­ menti linguistici coscienti, così il destro comunica non verbalmente i suoi stati inconsci ad altri emisferi destri, che sono sintonizzati per ricevere queste comunicazioni. Nel suo libro, Bromberg ha concluso: Allan Schore [2003b] ha scritto di un canale di comunicazione affettiva tra emisferi destri - un canale che considera come un "dialogo organiz­ zato" formato dalla "condivisione di stato momento-per-momento, dina­ micamente fluttuante" [p. 125]. Sono convinto che sia questo processo di condivisione di stati che [ ...] consente [... ) un "felice accoppiamento psicoanalitico". (Bromberg, 2011, p. 175)

Nell'ambito della letteratura psichiatrica, Meares (2012, p. 315) ha suggerito che "una componente importante di questo approccio è una forma di conversazione terapeutica che può essere concepita [. ..] co­ me un'interazione dinamica tra due emisferi destri" (per recenti esempi clinici di monitoraggio cervello destro-cervello destro, vedi Bromberg, 2011; Chapman, 2014; Gant, Badenoch, 2013; Marks-Tarlow, 2012; Meares, 2012; Montgomery, 2013; Schore, 2012). La teoria della regolazione descrive, quindi, come al di sotto degli scambi linguistici gli affetti impliciti del paziente siano comunicati e re­ golati dai sistemi impliciti del terapeuta. Dal primo punto di contatto intersoggettivo, il clinico intuitivo psicobiologicamente sintonizzato se­ gue le strutture ritmiche non verbali momento-per-momento degli sta­ ti interni del paziente e modifica in modo flessibile e fluido il proprio comportamento per sincronizzarsi con quella struttura, co-creando così con il paziente un contesto che facilita la crescita per lo stabilirsi dell'al­ leanza terapeutica. L'attaccamento tra terapeuta e cliente si realizza nel tempo, permettendo l'espressione di esperienze socioemotive inconsce che risuonano con la storia originale di attaccamento neonato-madre (e più tardi bambino-padre). Nelle fasi successive del trattamento, il monitoraggio, da parte del clinico sensibile ed empatico, del processo psicobiologico inconscio piuttosto che del contenuto verbale cosciente richiede l'attenzione dell'emisfero destro, al fine di incontrare gli stati impliciti di attivazione emotiva del sé del paziente. Inoltre, il terapeuta intuitivo entra in risonanza con le espressioni non verbali, simultanee e implicite di impegno e disimpegno del cliente, all'interno della co­ costruzione dell'alleanza terapeutica. 33

Psicoterapia con l'emisfero destro

Per quanto riguarda il contenuto verbale, le parole in psicoterapia, è stato a lungo affermato nella letteratura psicoterapeutica che tutte le forme di linguaggio riflettono il funzionamento dell'emisfero sinistro. Le neuroscienze attuali indicano ora che questo non è corretto. Infatti, in una review generale, Ross e Monnot hanno concluso: "Così, il con­ cetto tradizionale che il linguaggio è una funzione dominante e latera­ lizzata dell'emisfero sinistro non è più sostenibile" (2008, p. 51). Gli autori hanno riferito che: Negli ultimi tre decenni, c'è stata una crescente consapevolezza che l'e­ misfero destro è essenziale per la competenza linguistica e comunicati­ va e il benessere psicologico, attraverso la sua capacità di modulare la prosodia affettiva e il comportamento gestuale, decodificare i significa­ ti connotativi (non standard) delle parole, fare inferenze tematiche, ed elaborare metafore, relazioni linguistiche complesse e tipi di espressioni non letterali (idiomatiche). (Ross, Monnot, 2008, p. 51)

L'intersoggettività è più di una comunicazione o corrispondenza di cognizioni verbali esplicite. Gli affetti regolati e disregolati a base corpo­ rea sono comunicati all'interno del campo intersoggettivo co-costruito da due individui, un campo di trasmissione di energia che include non solo due menti ma anche due corpi (Schore, 1994, 2003a, 2003b, 2012). Al centro psicobiologico di tale campo intersoggettivo co-costruito vi è il legame di attaccamento della comunicazione emozionale e della rego­ lazione interattiva. Le comunicazioni intersoggettive implicite all'inter­ no dell'alleanza terapeutica sono espresse in stati emotivi psicobiologici disregolati e regolati, inconsci, basati sulla corporeità, non solo in stati cognitivi "mentali" coscienti. La funzione biologica essenziale delle co­ municazioni di attaccamento, in tutte le interazioni umane, comprese quelle incorporate nel nucleo psicobiologico dell'alleanza terapeutica, è la regolazione degli stati che coinvolgono emisfero destro, mente e cor­ po. La psicoterapia intersoggettiva e relazionale focalizzata sugli affetti non è la "cura del parlare" ma la "cura della comunicazione dell'affetto". COMUNICAZIONI DI TRANSFERT E CONTROTRANSFERT ALL'INTERNO DEGLI ENACTMENT RECIPROCI

La prospettiva relazionale della teoria della regolazione del processo terapeutico permette una comprensione più profonda dei meccanismi intersoggettivi critici cervello/mente/corpo che operano ai livelli impli34

L'emisfero destro è domi11a111e 11ella psicoterapia

citi nell'alleanza terapeutica, al di sotto degli scambi di linguaggio e delle cognizioni esplicite. Uno di questi meccanismi essenziali è la relazione di transfert-controtransfert. C'è ora un crescente consenso sul fatto che, nonostante l'esistenza di un certo numero di prospettive teoriche distin­ te nel lavoro clinico, i concetti di transfert e controtransfert sono stati (re)incorporati in tutte le forme di psicoterapia. Le transazioni affettive di transfert e controtransfert sono attualmente viste come un elemento relazionale essenziale nel trattamento di tutti i pazienti, soprattutto in presenza di psicopatologie gravi. In questi casi, le comunicazioni non verbali implicite da emisfero destro a emisfero destro (espressioni facciali, prosodia-tono di voce, gestualità) trasmettono transazioni affettive inconsce di transfert e con­ trotransfert, che fanno rivivere memorie di attaccamento precedenti, specialmente di stati affettivi estremamente disregolati. Gainotti ha os­ servato che "l'emisfero destro può essere coinvolto in maniera cruciale in quelle memorie affettive che devono essere riattivate e rielaborate du­ rante il trattamento psicoanalitico" (2006, p. 167). Nel discutere il ruolo dell'emisfero destro come "sede della memoria implicita", Mancia ha notato che: "La scoperta della memoria implicita ha esteso il concetto di inconscio, sostenendo l'ipotesi che è qui che sono immagazzinate le esperienze emotive e affettive, a volte traumatiche, presimboliche e pre­ verbali delle relazioni primarie madre-bambino" (2006, p. 83). La me­ moria implicita lateralizzata a destra codifica anche la difesa dissociativa contro il rivivere il trauma relazionale (Schore, 2009b). Il transfert è sta­ to descritto come "un'espressione delle memorie implicite del paziente" (Bornstein, 1999, p. 170). Queste memorie sono espresse in "momenti ad alta densità affettiva", come comunicazioni transferali non verbali da emisfero destro a emisfero destro di stati corporei di eccitazione emo­ tiva stressogena, che sono disregolati, automatici e ad azione rapida. I recenti modelli psicodinamici del transfert sostengono ora che "nes­ suna valutazione del transfert può fare a meno delle emozioni" (Pincus, Freeman, Modell, 2007, p. 634). I teorici clinici descrivono il transfert come "un modello consolidato di relazione e di risposta emotiva che è rievocato da qualcosa nel presente, ma spesso richiama sia uno stato affettivo sia pensieri che possono avere a che fare più con l'esperienza passata che con quella presente" (Maroda, 2005, p. 134). Questa conce­ zione trova eco nelle neuroscienze, dove Shuren e Grafman affermano: L'emisfero destro conserva le rappresentazioni degli stati emotivi asso­ ciati agli eventi vissuti dall'individuo. Quando l'individuo incontra uno

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Psicoterapia con l'emisfero d,•stro

scenario familiare, le rappresentazioni delle esperienze emotive passate sono riattivate dall'emisfero destro e sono incorporate nel processo di ragionamento. (Shuren, Grafman, 2002, p. 918)

Un gran numero di ricerche ha ora stabilito che l'emisfero destro è fondamentalmente coinvolto nell'elaborazione inconscia degli stimo­ li emotivi (Mlot, 1998) e nella memoria autobiografica (Markowitsch, Reinkemeier, Kessler et al., 2000). Ricordiamo la famosa affermazione di Racker ( 1968): "Ogni situazio­ ne di transfert provoca una situazione di controtransfert". Traducendo questo in termini neuropsicoanalitici moderni, le transazioni di tran­ sfert-controtransfert sono l'espressione di comunicazioni bidirezionali, non consce, non verbali e stressanti per l'emisfero destro/mente/corpo tra paziente e terapeuta. Questi scambi psiconeurobiologici reciproci riflettono le attività del sistema nervoso centrale e autonomo. Dal punto di vista comportamentale, le comunicazioni transferali del paziente sono espresse in stimoli affettivi non verbali, visivi e uditivi, spontaneamen­ te e rapidamente espressi dal viso, dalla voce e dal corpo del paziente. Il controtransfert è allo stesso modo definito in termini impliciti e non verbali come le "risposte autonomiche del terapeuta, costituite da rea­ zioni a livello inconscio ai messaggi non verbali" Qacobs, 1994, p. 749). Nel mio primo libro ho sostenuto che: I processi controtransferali sono attualmente intesi come segno della capacità di riconoscere e utilizzare le qualità sensoriali (visive, uditive, tattili, cinestesiche e olfattive) e affettive delle immagini che il paziente genera nello psicoterapeuta[ ...] le dinamiche del controtransfert sono valutate dalle osservazioni del terapeuta sulle proprie reazioni viscerali agli stimoli del paziente. (Schore, 1994, p. 451)

Mentre il clinico empatico monitora le comunicazioni non verbali del paziente, il suo emisfero destro, psicobiologicamente sintonizzato, mo­ nitora (tracks), a livello preconscio, non solo i modelli dei ritmi di arou­ sal e i flussi degli stati affettivi del paziente, ma anche le proprie risposte affettive somatiche controtransferali, enterocettive, basate sul corpo, e le comunicazioni transferali implicite dell'emisfero destro del pazien­ te, prosodiche e gestuali. In contributi convergenti, i teorici affermano ora che "il transfert è caratteristico, in quanto dipende da modelli pre­ coci di attaccamento emotivo con i caregiver" (Pincus, Freeman, Mo­ dell, 2007, p. 636), mentre i clinici descrivono l'importanza di "rendere consci i modelli organizzativi degli affetti" (Mohaupt, Holgersen, Bin36

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

der et al., 2006). I neuroscienziati ora affermano: "Detto semplicemen­ te, l'emisfero sinistro è specializzato nell'analisi delle sequenze, mentre l'emisfero destro dà prova di superiorità nell'elaborazione dei modelli" (Van Lancker, Cummings, 1999, p. 95). Attraverso questi meccanismi dell'emisfero destro, il terapeuta intui­ tivo e psicobiologicamente sintonizzato con il paziente, momento-per­ momento, focalizza in modo non conscio i più generali processi atten­ zionali controtransferali del suo emisfero destro (Derryberry, Tucker, 1994) basati su modelli ritmici di crescendo/decrescendo degli stati di arousal autonomico, regolati e disregolati, del paziente. L'affermazio­ ne di Freud, "È assai interessante che l'Inc di una persona possa rea­ gire all'Incdi un'altra eludendo il C" (1915a, p. 78) risulta così in sen­ so neuropsicoanalitico come una comunicazione da emisfero destro a emisfero destro da un inconscio relazionale a un altro. In questo modo, "L'emisfero destro, di fatto, interpreta autenticamente lo stato mentale non solo del proprio cervello, ma dei cervelli (e delle menti) degli altri" (Keenan, Rubio, Racioppi et al., 2005, p. 702). Le comunicazioni inconsce non verbali, transferali-controtransferali, da emisfero destro a emisfero destro, tra il mondo interno del paziente e quello del terapeuta, rappresentano una matrice relazionale essenzia­ le per l'espressione terapeutica delle emozioni negative inconsce (Sa­ to, Aoki, 2006; Yang, Zhao, Jiang et al., 2011) e degli affetti dissociati (Schore, 2012). Queste comunicazioni affettive non sono state né inter­ soggettivamente condivise né interattivamente regolate dall'oggetto di attaccamento originario nel contesto della storia del paziente, ma ora egli ha la possibilità di sperimentare un'esperienza relazionale riparati­ va. Secondo Borgogno e Vigna-Taglianti: Nei pazienti la cui sofferenza psichica ha origine in un trauma preverbale [. ..)il transfert si verifica per lo più a un livello primitivo di espressione che coinvolge in modo inconsapevole [ ... ) non solo il paziente ma an­ che l'analista.[ ... ] Queste forme più arcaiche di transfert-controtransfert - che spesso mettono da parte i contenuti verbali - prendono forma nel setting analitico attraverso effettivi enactment reciproci. (Borgogno, Vi­ gna-Taglianti, 2008, p. 314)

I dialoghi, mediati dall'emisfero destro e fondati sulla corporeità, tra l'inconscio relazionale del paziente e l'inconscio relazionale del terapeuta affettivamente sensibile, sono così attivati e potenziati nei "momenti af­ fettivamente intensi" delle rievocazioni dei primi traumi relazionali (vedi Schore, 2012, per un ampio modello neurobiologico interpersonale del 37

Psicoterapia con l'emisfero destro

lavoro sugli enactment clinici). Ginot ha notato: "Sempre più spesso, gli enactment vengono compresi come potenti manifestazioni del processo intersoggettivo e come espressioni inevitabili di complessi, anche se in gran parte inconsci, di stati del sé e di modelli relazionali" (2007, p. 317). Il meccanismo relazionale degli enactment reciproci rappresenta un'interazione tra la vulnerabilità emotiva del paziente e la disponibi­ lità emotiva del clinico (la capacità di "assumere" il transfert). Questo è maggiormente operativo durante le rotture dell'alleanza terapeutica, descritte da Aspland, Llewelyn, Hardy e collaboratori come "punti di disconnessione emotiva tra cliente e terapeuta che creano un cambia­ mento negativo nella qualità dell'alleanza" (2008, p. 699), che agiscono come "episodi di comportamento occulto o manifesto che intrappolano entrambi i partecipanti in interazioni negative complementari" (ibidem, p. 700). Sebbene tali rotture dell'alleanza costituiscano i momenti più stressanti del trattamento, queste "collisioni" (difensive) delle soggetti­ vità del terapeuta e del paziente rappresentano anche un contesto inter­ soggettivo di potenziale "collaborazione" tra le loro soggettività, e quindi un contesto di riparazione interattiva, un meccanismo fondamentale del cambiamento terapeutico. Questa nuova struttura relazionale co-creata all'interno dell'alleanza terapeutica contiene un sistema di feedback più efficiente non solo rispetto alle comunicazioni dell'emisfero destro, ma anche rispetto alle regolazioni interattive dell'emisfero destro che me­ diano gli stati affettivi disregolati associati al trauma relazionale iniziale. Le funzioni biologiche omeostatiche essenziali delle comunicazioni di attaccamento affettivo basate sul corpo in tutte le interazioni umane, comprese quelle incorporate nel nucleo psicobiologico dell'alleanza te­ rapeutica, sono coinvolte nella regolazione degli stati dell'emisfero de­ stro/mente/corpo. Aron e Sommer (1998) hanno osservato: Paziente e analista regolano reciprocamente i propri comportamenti, gli enactment e gli stati di consapevolezza in modo tale da influenzarsi a vi­ cenda, da comunicare in profondo fino alle sensazioni di pancia, ognuno è sentito e assorbito dall'altro come un respiro[ ... ] l'analista deve essere sintonizzato al non verbale, all'affettivo [. .. ] alle risposte corporee del paziente. (Aron, Sommer, 1998, p. 26, traduzione nostra) L'importanza di questa connessione intersoggettiva limbico-autono­ mica destra è sottolineata da Whitehead: Ogni volta che stabiliamo un contatto terapeutico con i nostri pazienti, ci impegniamo in processi profondi che attingono a forze vitali essenzia38

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

li in noi stessi e in coloro con cui lavoriamo. [ ... ]Le emozioni sono più

profonde nell'intensità e sostenute nel tempo quando sono condivise in­ tersoggettivamente. Questo avviene nei momenti di contatto profondo.

(Whitehead, 2006, p. 624, corsivo nell'originale)

Nei momenti di contatto profondo, la risonanza psicobiologica in­ tersoggettiva tra l'inconscio relazionale del paziente e l'inconscio rela­ zionale del clinico genera un'amplificazione interattivamente regolata di arousal e affetti, e così gli affetti inconsci sono più intensi e sostenuti nel tempo. Questo aumento diadico di intensità emotiva (arousal ener­ getico) permette agli stati affettivi dissociati che agiscono sotto i livelli di consapevolezza di emergere nella coscienza in entrambi i membri della diade terapeutica (Schore, 2012). I "momenti affettivamente intensi" del trattamento offrono, quindi, un'opportunità per la regolazione interattiva degli affetti, ovvero il nu­ cleo del processo di attaccamento. I neuroscienziati ora affermano: "La capacità di modulare le emozioni è al centro dell'esperienza umana [. .. ] i processi di autoregolazione emotiva costituiscono il nucleo di diversi approcci psicoterapeutici moderni" (Beauregard, Levesque, Bourgouin, 2001, p. R165). Facendo eco a questo principio nella letteratura clinica, Ogden, Pain, Minton e collaboratori hanno concluso: La regolazione psicobiologica interattiva [ ... ]fornisce il contesto rela­ zionale in cui il cliente può avvicinare, descrivere ed eventualmente rego­ lare l'esperienza interiore in modo sicuro[ ... ] ciò che aiuta a realizzare un cambiamento è l'esperienza del paziente di un'azione rafforzativa in un contesto di sicurezza e di regolazione affettiva, psicobiologicamente e interattivamente mediata dal clinico empatico. (Ogden, Paio, Minton, et al., 2005, p. 22) In un articolo fondamentale nel campo della letteratura relativa alla psicologia clinica, Leslie Greenberg ha descritto una forma di "autocon­ trollo" della regolazione delle emozioni, che implica livelli più alti della funzione cognitiva esecutiva che permette agli individui "di cambiare il modo in cui si sentono cambiando consapevolmente il modo in cui pensano" (2007, p. 415). L'autore ha proposto che questa forma espli­ cita di regolazione dell'affetto è eseguita dall'emisfero sinistro verbale, e l'emozione inconscia basata sulla corporeità di regola non viene elabo­ rata. Questo meccanismo di regolazione è al centro della comprensione verbale-analitica e del ragionamento controllato, ed è fortemente enfa­ tizzato nei modelli di terapia cognitivo-comportamentale. In contrasto 39

Psico/erapia con l'emisfero destro

con questo sistema di regolazione cosciente delle emozioni, Greenberg ha descritto un secondo, fondamentale, processo implicito di regolazio­ ne degli affetti, eseguito dall'emisfero destro. Questo sistema elabora rapidamente e automaticamente l'espressione facciale, la qualità voca­ le e il contatto visivo in un contesto relazionale. Questo tipo di terapia tenta non il controllo, ma "l'accettazione o la facilitazione di partico­ lari emozioni", comprese "le emozioni precedentemente evitate", per permettere al paziente di tollerarle e trasformarle in "emozioni adatti­ ve". Citando il mio lavoro, Greenberg ha affermato che "è la costruzio­ ne di capacità implicite o automatiche di regolazione delle emozioni che è importante per un cambiamento duraturo, specialmente per clienti estremamente fragili affetti da disturbi di personalità" (ibidem, p. 416). MECCANISMI RELAZIONALI DELL'EMISFERO DESTRO NEL CAMBIAMENTO TERAPEUTICO

Nei casi di fallimento dei processi maturativi dell'attaccamento pre­ coce, specialmente in presenza di storie di traumi relazionali, il contat­ to emotivo profondo e la regolazione interattiva implicita degli affetti sono meccanismi centrali nei processi di cambiamento della psicotera­ pia dell'emisfero destro. Ricordiamo che il segno distintivo del trauma è il danno alla vita relazionale (Herman, 1992). La riparazione e la riso­ luzione del trauma relazionale devono, quindi, awenire in un contesto terapeutico relazionale. In questo difficile lavoro, più che la compren­ sione cognitiva, i fattori relazionali sono al centro del meccanismo di cambiamento. I contesti terapeutici che ottimizzano i cambiamenti nelle rievocazioni traumatiche implicano un profondo impegno da parte di entrambi i partecipanti alla diade terapeutica e un profondo coinvolgi­ mento emotivo da parte del terapeuta (Tutte, 2004). Questo genere di casi, per quanto difficili possano essere, rappresentano preziose espe­ rienze di apprendimento per il terapeuta, in quanto prevedono l' appren­ dimento e la padronanza di competenze esperte (Schore, 2012). In defi­ nitiva, un efficace trattamento psicoterapeutico delle patologie precoci del sé in evoluzione (compresi i disturbi di personalità) può facilitare i cambiamenti neuroplastici nell'emisfero destro, che è dominante per le funzioni di attaccamento nel corso di tutta la vita. Questo meccanismo neurobiologico interpersonale permette un trattamento a lungo termi­ ne ottimale per trasformare, potenzialmente, le forme di attaccamento disorganizzato-disorientato in attaccamenti "sicuri guadagnati". 40

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

Detto questo, il sistema dell'emisfero destro in via di sviluppo (" men­ te destra") è influenzato dalla relazione in tutte le storie di attaccamento, comprese le forme insicure organizzate e quelle sicure. La prospettiva clinica transteorica della teoria della regolazione, che descrive i proces­ si psiconeurobiologici di base dell'azione terapeutica, si applica a tutti i pazienti, insicuri e sicuri, e a tutte le forme di psicoterapia. Nel 1994, ho offerto le mie riflessioni sulla "caratterizzazione neurobiologica del cam­ biamento strutturale psichico indotto dalla psicoterapia", in particolare sulle alterazioni nei circuiti cortico-sottocorticali laterali destri del pa­ ziente (Schore, 1994). Nel 2005, lo psichiatra premio Nobel Eric Kandel ha concluso che non c'è più alcun dubbio riguardo al fatto che la psicote­ rapia possa provocare cambiamenti rilevabili nel cervello (Etk.in, Pitten­ ger, Polan et al., 2005). Nel 2008, Glass ha riassunto così questa opinione comunemente accettata: "Recenti ricerche di imaging cerebrale, biologia molecolare e neurogenetica hanno dimostrato che la psicoterapia cambia la funzione e la struttura del cervello. Tali studi hanno dimostrato che la psicoterapia influenza la circolazione sanguigna cerebrale delle regioni, il metabolismo dei neurotrasmettitori, l'espressione genica e determina modifiche persistenti nella plasticità sinaptica" (p. 1589). Per due decenni, ho utilizzato un corpo di ricerca neurobiologica in rapida espansione allo scopo di costruire una teoria che delinei più precisamente come la psicoterapia faciliti i cambiamenti nel cervello, nella mente e nel corpo del paziente (vedi Schore, 1994, 2003b, 2012). In un recente studio di neuroimaging, Tschacher, Schildt e Sander so­ stengono che "la ricerca sulla psicoterapia non è più interessata all'effi­ cacia, ma piuttosto a come avviene il cambiamento effettivo" (2010, p. 578). I cambiamenti mediati da una psicoterapia affettivamente focaliz­ zata e orientata alla relazione sono impressi nell'emisfero destro, che è dominante per l'elaborazione non verbale e olistica delle informazioni emotive e delle interazioni sociali (Decety, Lamm, 2007; Schore, 2012; Semrud-Clikeman, Fine, Zhu, 2011). L'emisfero destro è coinvolto in modo essenziale nell'affettività implicita (vs esplicita), intesa come "le differenze individuali nell'attivazione automatica delle rappresentazioni cognitive delle emozioni che non risultano dall'autori/lessione" ( Quirin, Kazén, Rohrmann et al., 2009, p. 401, corsivo aggiunto). Esso predomi­ na anche sull'emisfero di sinistra nell'affrontare e assimilare situazioni nuove (Podell, Lovell, Goldberg, 2001) e nel garantire la formazione di un nuovo sistema di interazioni con un ambiente sconosciuto (Ezhov, Krivoschekov, 2004). Queste funzioni adattive sono mobilitate attraver­ so il processo di cambiamento della psicoterapia. 41

Psicoterapia con /'emisfero destro

I contesti relazionali del trattamento a lungo termine permettono l' e­ voluzione di una struttura psichica più complessa, che a sua volta può elaborare funzioni più complesse dell'emisfero destro (per esempio, l'intersoggettività, l'empatia, la tolleranza agli affetti e la regolazione dello stress). L'ambiente relazionale di un'esplorazione terapeutica più profonda, che promuove la crescita, può indurre plasticità nei sistemi corticali e sottocorticali della parte destra del cervello. Questa mag­ giore connettività genera, a sua volta, uno sviluppo più complesso del substrato biologico lateralizzato a destra dell'inconscio umano (Joseph, 1992; Schore, 1994), comprese le alterazioni dei modelli operativi inter­ ni e inconsci del paziente, che codificano strategie di coping più efficaci di regolazione implicita degli affetti e quindi una maggiore resilienza e flessibilità del sé implicito. Suggerisco che questo meccanismo neuro­ biologico interpersonale sia alla base dell'affermazione diJordan per la quale"le persone crescono attraverso e verso la relazione durante tutto l'arco di vita" (2000, p. 1007). L'aspetto intrinsecamente relazionale della teoria della regolazione modella anche i cambiamenti reciproci nell'emisfero destro del clinico, che risultano dal lavorare ripetutamente con i processi terapeutici (Scho­ re, 2012). Ricordiamo la definizione dell'APA della competenza clinica come "abilità interpersonale", espressa nel "codificare e decodificare le risposte verbali e non verbali" e nel"rispondere empaticamente alle esperienze esplicite e implicite del paziente". Con l'esperienza clinica (le proverbiali"10.000 ore"), gli psicoterapeuti di tutte le scuole posso­ no diventare esperti nei processi intersoggettivi non verbali e nella "co­ noscenza relazionale implicita", che migliora l'efficacia terapeutica. La crescita professionale del clinico riflette i progressi nei processi relazio­ nali della parte destra del cervello che sono alla base delle competenze cliniche, tra cui l'empatia affettiva (Decety, Chaminade, 2003; Schore, 1994), la capacità di tollerare e regolare interattivamente una più am­ pia gamma di stati affettivi negativi e positivi del sé (Schore, 2003b, 2012), l'apertura implicita all'esperienza (DeYoung, Grazioplene, Pe­ terson, 2012), l'intuizione clinica (Marks-Tarlow, 2012; Schore, 2012) e la creatività (Asari, Konishi,Jimura et al., 2008; Mihov, Denzler, For­ ster, 2010). Inoltre, in una recentissima panoramica completa della ri­ cerca sulla lateralità, Hecht ha affermato: Prove crescenti suggeriscono che l'emisfero destro abbia un vantaggio relativo sull'emisfero sinistro nel mediare l'intelligenza sociale, identifi­ cando gli stimoli sociali, comprendendo le intenzioni delle altre persone,

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L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

la consapevolezza delle dinamiche nelle relazioni sociali e la gestione di successo delle interazioni sociali. (Hecht, 2014, p. 1)

Direi che l'esperienza clinica migliora l'"intelligenza sociale" dell'e­ misfero destro del terapeuta. La teoria della regolazione propone che le abilità cliniche centrali di ogni psicoterapia efficace siano capacità implicite mediate dall'emisfe­ ro destro; tra queste: la capacità di ricevere empaticamente ed esprime­ re comunicazioni non verbali basate sul corpo, la capacità di registrare con sensibilità cambiamenti molto sottili nell'espressione e nell'emo­ zione dell'altro, una consapevolezza immediata della propria esperien­ za soggettiva e intersoggettiva, e la regolazione degli affetti propri e del paziente. Tutte le tecniche si collocano in cima a questo substrato rela­ zionale. Come Valentine e Gabbarci hanno eloquentemente dichiarato: "La tecnica, in generale, dovrebbe essere invisibile. Il terapeuta dovreb­ be essere visto dal paziente come impegnato in un naturale dialogo che scaturisce dalle preoccupazioni del paziente; il terapeuta non dovrebbe essere percepito come l'applicazione di una tecnica rigida e formale" (2014, p. 60). Nel corso del trattamento, in una serie di scambi clinici carichi di emozioni, il terapeuta empatico accede in modo flessibile a un magazzino di esperienze affettive acquisite nel corso della sua carriera. Una prospettiva relazionale dello sviluppo professionale impone che lo psicoterapeuta, in continua evoluzione, rifletta frequentemente sulle esperienze soggettive dello stare con i pazienti, includendo non solo le personalità uniche dei pazienti, ma anche la loro stessa co-partecipazione intersoggettiva conscia e specialmente inconscia al processo terapeutico. Per essere efficace in maniera ottimale nel trattare i deficit regolatori e relazionali dei disturbi psichiatrici e di personalità, il clinico esperto impara come accedere in modo fluido non solo alla mente conscia e al sé esplicito del paziente, ma, elemento ancora più importante, alla mente inconscia e al sé implicito del paziente, basati sul corpo, che hanno se­ de nel lato destro del cervello. Questo principio si applica ai modelli di psicologia clinica sia di valutazione sia di trattamento. In particolare, al contrario dei questionari verbali che misurano funzioni esplicite, i test proiettivi, come il Rorschach e il Thematic Apperception Test, attingono direttamente alle funzioni implicite dell'emisfero destro (Asari, Koni­ shi, Jimura et al., 2008; Hiraishi, Haida, Matsumoto et al., 2012). Infat­ ti, Finn (2012) sta applicando la teoria della regolazione alle valutazioni dei test Rorschach nei casi di fallimento dei processi di attaccamento mediati dall'emisfero destro (vedi anche l'uso dell'Adult Attachment 43

Psicoterapia con l'emisfero destro

Projective Picture System di Finn, 2011, e l'uso dell'Operant Motive Test di Quirin, Dusing, Kuhl, 2013). Inoltre, la conoscenza esplicita che lo psicologo acquisisce attraverso lo studio della crescente mole di ricerca interdisciplinare clinicamen­ te rilevante è essenziale per la sua crescita professionale. I miei studi in corso indicano che l'attuale esplosione di informazioni sullo svilup­ po socioemotivo precoce, sull'attaccamento, sul trauma relazionale, sui processi inconsci e sullo sviluppo delle funzioni cerebrali è direttamente rilevante per i modelli clinici di cambiamento psicoterapeutico. La co­ noscenza in espansione delle discipline biologiche e mediche che con­ finano con la psicologia deve essere incorporata nel nostro curriculum professionale, nella nostra formazione e nei programmi di tirocinio, ag­ giornandoli con l'obiettivo di promuovere competenze relazionali e te­ rapeutiche più efficaci. La pratica della psicoterapia non consiste solo nell'insegnare espli­ citamente al paziente abilità di coping. Essa, piuttosto, è fondamental­ mente relazionale: l'alleanza terapeutica, il principale vettore di cam­ biamento, è essenzialmente un sistema intersoggettivo, basato su due soggetti, per l'autoesplorazione (implicita) e la guarigione relazionale. In tutti i momenti della vita, questa crescita emotiva del sé che sostiene il benessere emotivo è facilitata in contesti relazionali, come descritto sopra. L'importanza del"contesto" è attualmente evidenziata da tutte le discipline scientifiche e cliniche. Per la maggior parte del secolo scorso, la scienza ha equiparato il contesto all'ambiente fisico dell'organismo; ora questo si è spostato all'ambiente sociale e relazionale. Tutte le inte­ razioni umane, comprese quelle tra terapeuta e paziente, così come tra ricercatore e soggetto sperimentale, avvengono in un contesto relaziona­ le, in cui le comunicazioni non verbali essenziali sono trasmesse a livelli al di sotto della consapevolezza cosciente, attivando/disattivando così i processi omeostatici di base in entrambi i membri di una diade inter­ soggettiva. Questa comunicazione reciproca tra l'inconscio relazionale di entrambi i membri dell'alleanza terapeutica è descritta da Casement: "Un clinico si considera di solito un professionista che tenta di capire l'inconscio delle persone che ha in cura: è invece più raro che venga­ no riconosciuti gli sforzi del paziente di decifrare, in modo più o meno consapevole, l'inconscio del terapeuta" ( 1985, p. 3). L'espressione on­ nipresente dell'inconscio relazionale nell'alleanza terapeutica sostiene fortemente i modelli psicodinamici e interpersonali della psicoterapia e amplifica l'appello di Sigmund Freud a esplorare scientificamente l'in­ conscio nella vita quotidiana. 44

L'emisfero destro è dominante nella psicoterapia

All'inizio di questo lavoro, ho suggerito come si stia verificando un cambiamento di paradigma in un certo numero di discipline, dalla co­ gnizione cosciente dell'emisfero sinistro alle funzioni inconsce, relazio­ nali ed emotive di quello destro. Scrivendo nella letteratura neuropsi­ coanalitica riguardo alle emozioni, ai processi inconsci e all'emisfero destro, Gainotti ha concluso: L'emisfero destro potrebbe sostenere il livello inferiore "schematico" (in cui le emozioni sono generate automaticamente e sperimentate come "emozioni autentiche") e l'emisfero sinistro il livello superiore "concet­ tuale" (in cui le emozioni sono analizzate coscientemente e sottoposte al controllo intenzionale). (Gainotti, 2005, p. 71) Nella sua magistrale revisione della ricerca sulla lateralità del cervel­ lo, Iain McGilchrist (2009) ha affermato: Se ciò che si intende per coscienza è la parte della mente che mette a fuo­ co il mondo, lo rende esplicito, permette di formularlo nel linguaggio, ed è cosciente della propria consapevolezza, è ragionevole collegare la mente cosciente all'attività che si trova quasi tutta nel!'emisfero sinistro. (McGilchrist, 2009, p. 188) D'altra parte: L'emisfero destro, al contrario, produce un mondo di individui in evolu­ zione, interconnessi, impliciti, incarnati, mutevoli, immersi nel contesto di un universo vissuto, ma nella natura delle cose mai completamente afferrabili, sempre imperfettamente conosciuti - e in questo mondo esso esiste in una relazione di cura. (Ibidem, p. 174) La psicoterapia, "una relazione di cura", può alterare molto di più che la mente cosciente lateralizzata a sinistra; essa può anche influenzare la crescita e lo sviluppo della "mente destra" inconscia. È indubbiamen­ te vero che entrambi gli emisferi cerebrali contribuiscono a un efficace trattamento terapeutico, ma alla luce dell'attuale tendenza relazionale che sottolinea "il primato degli affetti", l'emisfero destro, l'emisfero "so­ ciale", "emotivo", è dominante in tutte le forme di psicoterapia.

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3 Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita nella psicoterapia del profondo: prima parte

Un tema centrale dei miei continui studi clinici e dello sviluppo sta­ bilisce che il cervello umano e la mente costituiscano in realtà un siste­ ma duale. A tal fine, attraverso tutti i miei scritti presento un continuo flusso di dati clinici e ricerche sperimentali per mostrare che la mente cosciente risiede nell'emisfero sinistro, mentre la mente inconscia, che opera a livelli al di sotto della consapevolezza, risiede nell'emisfero de­ stro (Schore, 1994, 2003a, 2003b, 2012). Questo modello gerarchico risale alle fondamenta delle ricerche sulla lateralità del cervello nel XIX secolo e alle origini della psicoanalisi nel primo periodo del XX secolo. Non solo enfatizza le differenze funzionali fra gli emisferi, ma modella anche le relazioni fra gli emisferi cerebrali e quelle fra la mente conscia e quella inconscia. Riprendendo le classiche concezioni top-down e bottom-up del domi­ nio degli emisferi, il neurologo Guido Gainotti ha offerto dati empirici attuali che mostrano che "l'emisfero destro può favorire i processi del li­ vello 'schematico' inferiore (dove le emozioni sono generate automatica­ mente e vissute come 'vere emozioni') e l'emisfero sinistro il livello 'con­ cettuale' superiore (dove le emozioni sono analizzate consapevolmente e sottoposte a controllo intenzionale)" (2005, p. 71). Comunque, mo­ delli più recenti enfatizzano i ruoli bottom-up e top-down dell'emisfero destro "non dominante". Il neuropsichiatra Iain McGilchrist ha citato un'ampia raccolta di studi che indicano che "L'emisfero destro radica la nostra esperienza del mondo all'estremità inferiore, per così dire, e ne dà un senso, all'estremità superiore", che questo emisfero è maggiormente in contatto sia con l'affetto sia con il corpo e che "prove neurologiche supportano quello che viene chiamato il primato dell'affetto e il primato dell'inconscio rispetto alla volontà cosciente" (2015, p. 1591). 47

Psicoterapia con l'emisfero destro

Nel mio lavoro sullo sviluppo socioemotivo, ho ampliato questo mo­ dello gerarchico della dominanza degli emisferi, focalizzandomi sul ruo­ lo centrale dello sviluppo precoce dell'emisfero destro nella produzione inconscia delle emozioni e sul suo impatto duraturo sulle funzioni in­ consce e consce in tutte le successive fasi dello sviluppo umano. Ora è accertato che l'emisfero destro emotivo è dominante nell'infanzia, che l'elaborazione inconscia delle informazioni emotive è principalmente ef­ fettuata dal percorso subcorticale dell'emisfero destro e che le memorie emotive inconsce sono conservate nell'emisfero destro. Nel corso di tre decenni, ho offerto ricerche ed evidenze cliniche per dimostrare che l'e­ misfero destro è il substrato psicobiologico della mente inconscia uma­ na. Applicando i principi della lateralità ai modelli di psicopatogenesi e del cambiamento psicoterapeutico, continuo ad approfondire nello specifico come l'emisfero destro conservi la memoria autobiografica implicita-procedurale del trauma da attaccamento che è avvenuto nei primi stadi dello sviluppo (Schore, 2013c, 2017a, 2017b). Nel 2012 ho descritto l'influente lavoro psichiatrico di K rystal sui "ri­ cordi traumatici", in cui l'autore fa notare che, siccome la registrazione dello stato traumatico avviene a livello sensomotorio preverbale, nessun linguaggio è disponibile per la presentazione del ricordo: I ricordi traumatici non sono repressi nel senso ordinario della parola. A loro accade qualcosa di peggio. Sono ripudiati [ ... ] Alcune percezio­ ni traumatiche non sono compatibili con la sopravvivenza del sé e non sono mai registrate consapevolmente o in una forma che sia recupera­ bile con qualsiasi mezzo normale; e questi sono i ricordi che non posso­ no essere ricordati o dimenticati. Non è solo perché il passato implica passività forzata, sottomissione e resa, ma perché la regressione emotiva a certe forme precoci di relazione causa un'evocazione dei traumi infantili

che è racchiusa all'interno dei loro ricordi del trauma maggiore. (K rystal, 2002, p. 217, corsivo aggiunto)

Questo solleva il problema clinico della regressione, un cambiamen­ to di predominio della mente cosciente sinistra che si forma successi­ vamente allo sviluppo più precoce della mente inconscia destra che immagazzina ricordi emotivi forti e persino travolgenti. La memoria traumatica non viene perciò ricordata, ma viene rivissuta e rievocata. In un mio precedente libro, La scienza e l'arte della psicoterapia, ho propo­ sto un capitolo intitolato "Messe in atto terapeutiche: lavorare sul livello di tolleranza affettiva nelle finestre dell'emisfero destro" in cui ho sug­ gerito che la "regressione emotiva" e l"'evocazione" del trauma precoce 48

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [I} ..

e infantile di Krystal avviene non all'interno di una narrazione verbale, oggettiva ed espressa a parole fra il paziente e il terapeuta, ma all'inter­ no di una comunicazione basata sul corpo, non verbale e intersogget­ tiva di un intenso affetto carico (non caricato) negativamente e un'im­ provvisa rottura dell'alleanza terapeutica (Schore, 2012). In altre parole, una regressione emotiva avviene all'interno di un rivivere disregolante e di un enactment del trauma dell'attaccamento relazionale precoce. Eppure, nello stesso libro ho trattato il lavoro psicoanalitico classico di Reik ( 1948) e Kris (1952) sulla "regressione al servizio dell'Io" creativa e adattiva, al fine di proporre che la creatività interpersonale del tera­ peuta, all'interno di una regressione reciproca di un re-enactment re­ golato delle esperienze di attaccamento sviluppate precocemente, può promuovere esperienze emotive riparative (correttive). Si noti che la regressione può essere disadattiva o adattiva. Negli scritti psicoanalitici classici, Arlow e Brenner hanno affermato che: "La regressione è il riemergere di modalità di funzionamento men­ tale che erano caratteristiche dell'attività psichica dell'individuo duran­ te i primi periodi di sviluppo. Sottolineano l'importanza dei processi di maturazione e sviluppo nel plasmare la forma e la funzione dell'apparato psichico'' (1964, p. 71). Questi autori hanno descritto le fondamentali caratteristiche cliniche della regressione: 1. La regressione è una tendenza universale del funzionamento menta­ le. Per dimostrare questo, essi hanno preso in considerazione la de­ scrizione di Freud dello sviluppo della mente: "Ogni fase evolutiva precedente [dello sviluppo] continua a sussistere accanto alla fase successiva a cui ha dato luogo [ ... ] gli stati primitivi possono sempre ristabilirsi: quel che vi è di primitivo nella psiche è imperituro, nel vero senso della parola" (1915b, p. 133, corsivo aggiunto). Infatti, la regressione è una caratteristica del normale sviluppo della struttu­ ra psichica (A. Freud, 1963) e accompagna ogni progresso verso un nuovo livello di funzionamento mentale, e in questo modo il passato è sempre un elemento potenzialmente attivo nella vita mentale. 2. Nella regressione, forme primitive di attività mentale sono costanti ed esistono "fianco a fianco" sullo "sfondo" di acquisizioni mentali più recenti e "mature" che sono "predominanti" e in "primo piano" nella vita psichica. (Si noti che questa descrizione si applica anche alla relazione dei due emisferi cerebrali.) Infatti, sotto appropriate condizioni questa regressione è espressa nei sogni a occhi aperti (e nel sogno vero e proprio) e può dominare l'apparato mentale. 49

Psicoterapia con l'emisfero destro

3. La maggior parte delle regressioni è transitoria e reversibile, anziché permanente, come avviene per esempio nelle regressioni adattive che sono al servizio dell'Io. Questa abilità di iniziare la regressione delle proprie funzioni è della più grande importanza per il suo stesso svi­ luppo (a suo vantaggio). Implica una flessibilità e abilità di impiegare modalità maggiormente primitive di funzionamento al servizio dello sviluppo. Perciò, c'è evidenza di un'attività regressiva "controllata" in ogni individuo in determinati momenti, inclusi l'umorismo, il gio­ co, le relazioni sessuali, l'immaginazione e le attività creative in ge­ nerale, momenti che "fanno rivivere forme precedenti di funzione dell'Io" (Arlow, Brenner, 1964, p. 78). 4. Le regressioni sono specifiche e uniche, piuttosto che globali e totali. Normalmente influenzano particolari aspetti della personalità, piut­ tosto che l'insieme, e le funzioni che influenzano sono interessate in gradi diversi. Secondo l'Oxford English Dictionary, il termine "primitivo" è defini­ to come riguardante un periodo o uno stadio precoce. All'inizio di questo secolo, Tuttman ha citato dall'Oxford English Dictionary la definizione di "regressione" intesa come l'atto di andare indietro; un ritorno al luogo di origine; un precedente stato o condizio­ ne. Ha proposto: Un'implicazione di questa definizione riguarda l'annullamento del pro­ gresso, che talvolta riflette un possibile deterioramento. Eppure, c'è una seconda possibilità: il ritorno ai/andamenti e alle origini che potrebbero

facilitare una potenziale riorganizzazione portando a una migliore integra­ zione. Sembra paradossale che ci stiamo occupando di un processo spes­

so considerato un fattore centrale nella psicopatologia più grave, eppure molti riconoscono la regressione come una delle più potenti possibilità terapeutiche. (Tuttman, 2002, p. 468, corsivo aggiunto)

Ampliando il concetto di Tuttman, propongo che questo "andare in­ dietro" includa un ritorno a funzioni e strutture generate nello svilup­ po socioemotivo precoce e alle origini interpersonali del sé soggettivo dell'emisfero destro. Il più recente New Shorter Oxford English Dictio­ nary definisce la regressione come: "Il processo di ritornare o la tenden­ za a tornare a un precedente stadio dello sviluppo". Inoltre, secondo Giovacchini, "La regressione implica che ci sono vari livelli e strati che sono contenuti all'interno dell'apparato psichico. I movimenti regressivi procedono da livelli psichici superiori o successi50

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita {l] ...

vi, a precedenti[ ... ] livelli più primitivi" (1990, p. 228). Una lunga tra­ dizione nelle neuroscienze indica che la regressione da livelli "più alti" a livelli "più bassi" rappresenta una "prevalenza del livello più alto" e "allo stesso tempo un lasciare andare del più basso o della sua espres­ sione". Nel 1994, ho suggerito che questa "regressione temporale", un "cambiamento di stato verso il basso", ripristini l'accesso a più vecchi depositi di memoria di precedenti stadi di sviluppo (Schore, 1994).

Nei termini delle neuroscienze dello sviluppo, questo si riferisce specifi­ camente a una regressione e al rilascio di "più basse" strutture del!'emi­ sfero destro, che prima si evolvono nelle /asi prenatale e postnatale dello sviluppo precoce del cervello - i primi mesi e i primissimi anni di vita, il periodo critico per la formazione dell'attaccamento - prima della suc­ cessiva maturazione di "più alte" /unzioni del!'emisfero sinistro. Queste

regressioni transitorie ad attività psichiche di precedenti periodi "pre­ edipici" dello sviluppo sono clinicamente evidenti nei momenti di riaf­ fioramento dell'attaccamento e nella formazione precoce di dinamiche di transfert-controtransfert. Per cui, le regressioni funzionali riflettono i cambiamenti delle re­ gressioni strutturali neurobiologiche nel dominio fra e all'interno dei due emisferi cerebrali: - Regressione temporalmente dall'emisfero sinistro esplicito, che si sviluppa dopo, di funzioni cognitive verbali del processo secondario della mente cosciente verso l'emisfero destro implicito, che si svilup­ pa per primo, di funzioni emotive-immaginistiche non verbali del processo primario della mente inconscia. - Regressione da una cognizione conscia a un affetto inconscio basato sul corpo; da una formazione corticale che si sviluppa successivamen­ te a sistemi subcorticali che maturano prima; dal Sistema Nervoso Centrale (SNC) al Sistema Nervoso Autonomo (SNA). - Regressione da un'emozione superficiale lieve/moderata dell'emi­ sfero sinistro (ansia, piacere, rabbia) a un'emozione forte e profon­ da dell'emisfero destro (per esempio, terrore, euforia, amore intenso, collera, lutto e totale disperazione). - Regressione da una più recente formazione di una comunicazione verbale e conscia emisfero sinistro-emisfero sinistro alla formazione precoce di una comunicazione emotiva, non verbale e inconscia emi­ sfero destro-emisfero destro. - Regressione dalla mente analitica conscia dell'emisfero sinistro alla mente inconscia intuitiva dell'emisfero destro e alle emozioni corpo51

Psicoterapia con l'emisfero destro

ree: uno spostamento nella dominanza emisferica dell'emisfero de­ stro dallo sfondo al centro della vita psichica. Per dare qualche breve applicazione clinica, questa regressione tran­ sitoria adattiva permette agli psicoterapeuti empatici, psicobiologica­ mente sintonizzati, di usare il loro emisfero destro per ascoltare in modo intuitivo le comunicazioni emotive, non verbali e corporee del paziente (viso, prosodia, gesti) che compaiono nei primi due anni di vita, prima dell'emisfero sinistro verbale. Rispetto all'approccio psicodinamico clas­ sico del lavorare con le successive funzioni simboliche e metaforiche di relazioni oggettuali completamente sviluppate e l'inconscio rimosso, si vede ora uno spostamento a una forma di ascolto e di interazione con le espressioni fisiologiche preverbali dei primi livelli inconsci della perso­ nalità. Questo tipo di ascolto profondo del precoce inconscio corporeo richiede una regressione dall'emisfero sinistro del terapeuta all'emisfero destro. La regressione adattiva del clinico da una comunicazione ver­ bale emisfero sinistro-emisfero sinistro a una comunicazione emisfero destro-emisfero destro si trova al centro dei miei modelli terapeutici di come uno spostamento dall'emisfero analitico sinistro all'emisfero intuitivo destro permetta di ascoltare e rispondere alla psicofisiologia dell'inconscio. In aggiunta, uno spostamento regressivo da una cognizione raziona­ le dell'emisfero sinistro a una cognizione intuitiva dell'emisfero destro permette al clinico di ricevere percettivamente quello che si trova al di fuori della consapevolezza cosciente, "al di sotto delle parole". In que­ sto stato della mente, il terapeuta ascolta con la reverie dell'emisfero de­ stro e l'intuizione direttamente l'emisfero destro del paziente. Questa regressione è familiare ai clinici, che accedono a questo stato in modo da generare intuizioni cliniche e concetti essenziali delle comunicazio­ ni del paziente. Hammer ha descritto una regressione terapeutica reci­ proca come segue: La mia postura mentale, come la mia postura fisica, non è quella di spor­ germi in avanti per cogliere gli indizi, ma di appoggiarmi all'indietro per lasciare che l'umore, l'atmosfera vengano a me - per ascoltare il signifi­ cato fra le righe, per sentire la musica dietro le parole. Quando ci si la­ scia trasportare dal ritmo affettivo della seduta del paziente, si possono percepirne il tono e le sottigliezze. Essendo in questo modo maggior­ mente aperto a entrare in risonanza con il paziente, trovo immagini che si formano nelle mie zone creative; un'immagine si cristallizza, rifletten­ do l'esperienza del paziente. Ho avuto la sensazione, in quelle occasio­ ni, che nei momenti in cui raccoglievo alcune immagini dell'esperienza

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li ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [Il..

del paziente, lui era particolarmente maturo per ricevere le mie percezioni; così come io lo ero per ricevere le sue. Sembrava essersi stabilito un canale empatico che portava il suo stato o la sua emozione verso di me attraver­ so una sorta di "wireless" affettivo. Questo canale, a sua volta, riportava la mia immagine a lui, mentre era aperto a un tipo speciale di ricettività. (Hammer, 1990, pp. 99-100, corsivo aggiunto) Si noti che l'attività dell'emisfero destro è espressa in affetti, tono e immagini, e che sia il terapeuta sia il paziente stanno condividendo una comunicazione di uno stato implicito creativo di "apertura all'esperien­ za" (McCrae, Costa, 1997), che è associata all'abilità creativa (Carson, Peterson, Higgins, 2005; King, McKee Walker, Broyles, 1996; Miller, Tal, 2007; Wolfradt, Pretz, 2001). Nella letteratura junghiana, Fordham ha definito lo stato recettivo aperto in cui il terapeuta entra per processare gli aspetti nuovi della soggettività del paziente e per generare spontaneamente una risposta clinica a essa: Devi guardare e ascoltare il tuo paziente come se tu non lo avessi mai visto prima, cosicché non ne avrai nessuna conoscenza. In questo modo sarai aperto a lui e sarai nella posizione migliore per sentire il suo stato d'animo attuale. Mentre ascolti, inizierai a provare l'umore [del pazien­ te] e poi avrai alcuni pensieri e sentimenti ecc. riguardo a lui. È da questo che avrà origine un intervento. (Fordham, 1993, pp. 637-638) Poincaré (1908) ha sottolineato l'efficienza di questo processo in­ conscio: Si presenta una prima ipotesi: il sé subliminale non è in alcun modo in­ feriore al sé cosciente; non è puramente automatico; è capace di discer­ nimento; ha tatto, delicatezza; sa come scegliere, indovinare. [... ] Sa predire meglio del sé cosciente, dal momento che riesce dove quello ha fallito. (Poincaré in Hadamard, 1945, p. 23). Negli scritti classici, Cari Rogers ha proposto che il cambiamento terapeutico avviene quando il terapeuta e il paziente sono in una con­ dizione speciale di ricettività l'uno con l'altro, al di fuori della consa­ pevolezza cosciente, quando entrambi sono in "contatto psicologico": Le due persone sono in una certa misura in contatto, tanto che ciascuna crea una differenza percepita nel campo esperienziale dell'altra. Proba­ bilmente è sufficiente se ciascuna fa qualche differenza "sottopercepita", 53

Psicoterapia con l'emisfero destro

anche se l'individuo può non essere consciamente consapevole di questo impatto[ ... ), ma è quasi certo che a un dato livello nel corpo si awerta questa differenza. (Rogers, 1957, p. 96) In questo stato regresso di subconscio implicito aperto-ricettivo, il terapeuta empatico accede all'attenzione ad ampio raggio del cervello destro che è "uniformemente sospesa" (Schore, 2003b). Il terapeuta può ora ricevere e inviare comunicazioni emotive fra l'emisfero destro del pa­ ziente e quello del terapeuta. Considerevolmente, per co-creare questo sistema di intersoggettività con il paziente, il terapeuta deve implicita­ mente sincronizzare i loro emisferi destri. Come spiegherò a breve, que­ sta sincronizzazione fra cervelli lateralizzata a destra di una comunica­ zione spontanea non verbale è un meccanismo essenziale per regressioni reciproche (vedi Figura 1.1 nel capitolo 1, in cui la corteccia temporo­ parietale destra di un partner è sincronizzata con la corteccia temporo­ parietale destra dell'altro). La giunzione temporoparietale destra è no­ ta per attivarsi nelle interazioni sociali e nelle funzioni del sé (Decety, Lamm, 2007) ed è essenzialmente coinvolta negli stati di elaborazione dell'attenzione, della consapevolezza percettiva, della elaborazione della voce e del viso e dell'empatia (Schore, 2003a, 2003b, 2012). Inoltre, per­ mette anche di "dare senso alla mente di un altro" (Saxe, Wexler, 2005). Con questa introduzione in mente, in questo e nel prossimo capitolo presenterò un modello neurobiologico interpersonale del ruolo promo­ tore della crescita delle regressioni reciproche nella psicoterapia a lungo termine, non solo nelle più profonde esplorazioni psicoterapeutiche del paziente, ma anche del clinico. Queste regressioni reciproche transitorie permettono sincronizzazioni fra cervelli lateralizzate a destra fra il tera­ peuta empatico e il paziente e, in tal modo, un sistema di comunicazione implicito terapeutico co-costruito emisfero destro-emisfero destro. Nel tempo, queste regressioni reciproche transitorie da uno stato cosciente regolato a uno stato inconscio disregolato ricostruito (regressione pa­ tologica) permettono una regressione regolata in modo interattivo al servizio dell'Io, che può potenzialmente promuovere una nuova espe­ rienza emotiva correttiva e la riparazione del sé soggettivo che è basato sull'emisfero destro (regressione adattiva). Nella psicoterapia a lungo termine, questi cambiamenti neuroplastici nell'emisfero destro del pa­ ziente sono alla base della trasformazione psicoterapeutica strutturale del modello operativo interno dell'attaccamento inconscio del paziente. Inoltre, offrirò descrizioni psicoanalitiche della soggettività delle re­ gressioni adattive da un processo conscio secondario a un processo pri-

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Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [I] ...

mario inconscio e dei meccanismi neuropsicoanalitici che permettono cambiamenti interemisferici da sinistra a destra dominanti nei livelli più profondi dell'emisfero destro inconscio. In momenti affettivi della se­ duta particolarmente forti, quando il paziente fa esperienza di uno stato emotivo dell'emisfero destro, il terapeuta sintonizzato psicobiologica­ mente, a livello implicito dà forma a una regressione, una "dominanza reversibile dell'emisfero di sinistra su quello di destra", e questo "abban­ donarsi a lasciarsi trasportare" diminuisce la resistenza del paziente alla regressione da sinistra a destra. Nel tempo il clinico creativo, sensibile persino ai bassi livelli di spostamenti del paziente dentro e fuori gli sta­ ti affettivi, impara a sincronizzare in modo fluido questo cambiamento nella dominanza degli emisferi con gli spostamenti del paziente. Questo consente la comunicazione e la regolazione non solo degli affetti consci, ma anche di quelli inconsci. Un altro obiettivo principale di questa espansione della teoria della regolazione (Hill, 2015; Rass, 2018; Schore, 1994, 2003a, 2003b, 2012) è quello di esplicitare i ruoli differenziati dei caratteri difensivi della disso­ ciazione e della rimozione nel lavorare con le regressioni al servizio della crescita in psicoterapia. Integrando un'ampia raccolta di osservazioni cliniche da una vasta tradizione di psicoterapia del profondo a lungo termine con i progressi recenti nella neurobiologia interpersonale e nella ricerca in psicoterapia, offrirò un modello basato sull'evidenza (evtden­ ce-based) per lavorare con le strategie di coping difensive implicate nel­ le regressioni cliniche, specialmente quelle che coinvolgono un affetto dissociato inconscio nelle regressioni reciproche spontanee e un affetto rimosso inconscio nelle regressioni reciproche volontarie. Allo stesso tempo approfondirò i processi neuropsicoanalitici inconsci che sono espressi in queste regressioni. A tal fine, mi soffermerò sul ruolo crucia­ le delle regressioni all'interno di due tradizioni psicoanalitiche classi­ che, la teoria delle relazioni oggettuali e la psicologia dell'Io. Rispetto a quest'ultima, discuterò i meccanismi neurobiologici che soggiacciono al costrutto, nella psicologia dell'Io, della regressione al servizio dell'Io, un primario generatore di creatività, definito come la produzione di un'i­ dea che è sia nuova sia utile in un particolare contesto sociale (Schore, 2012, 2017d).Infatti, un'ampia raccolta di ricerche indica che i processi dell'emisfero destro sono essenziali alla creatività (per esempio, Aberg, Doell, Schwartz, 2017; Asari, Konishi,Jimura et al., 2008; Chavez-Eakle, Graff-Guerrero, Garda-Reyna et al., 2007; Mihov, Denzler, Forster, 2010; Wan, Cruts,Jensen, 2014). 55

Psicoterapia con l'emisfero destro

A metà del secolo scorso, Guilford (1957) ha proposto che, quando si combina con l'originalità, la flessibilità del pensiero permette all'in­ dividuo creativo di rispondere efficacemente ed efficientemente a un am­ biente costantemente in cambiamento e che presenta una sfida. In una successiva, rivoluzionaria ricerca neuropsicologica sul cervello diviso (split-brain),J. Bogen e G. Bogen (1969) hanno concluso che l'emisfe­ ro destro è la sede della creatività, e che "la creatività non solo ha reso l'esperienza umana unica in Natura [...]ma dà valore e scopo all'espe­ rienza umana". Similmente, nella letteratura clinica dello stesso perio­ do, Cari Rogers ha definito la creatività come "l'emergere in azione di un nuovo prodotto relazionale, che nasce dall'unicità dell'individuo da un lato, e dai materiali, eventi, persone o circostanze della sua vita dall'altro" (1954, p. 251). Egli fornisce degli esempi di come dipingere un'immagine, comporre una sinfonia, sviluppare una teoria scientifica, o "scoprire nuove /orme di relazioni umane". Questi tre risultati della creatività sono, naturalmente, importanti obiettivi della psicoterapia che promuove la crescita. Più recentemente, Horner ha osservato che "nelle situazioni migliori di trattamento, queste menti creative sia del paziente sia del terapeuta possono unirsi per migliorare il processo" (2006, p. 468). In linea con l'attuale tendenza bipersonale e relazionale in psicoterapia, questo chia­ ramente implica il fatto di spostare il costrutto da un costrutto intrasog­ gettivo a uno interpersonale, la "creatività interpersonale". Si noti che il costrutto relazionale della creatività interpersonale si riferisce all'uso adattivo della creatività nelle relazioni interpersonali sincronizzate e, quindi, nella comunicazione emotiva relativamente efficace e nella rego­ lazione affettiva interattiva efficiente. Seguendo Giovacchini, concordo sul fatto che "molte personalità, in particolare di scrittori e artisti, sono note per avere sofferto di psicopatologie gravi, ma è improbabile che queste parti delle loro personalità siano coinvolte nello sforzo creativo" 0 991, p. 175). Perciò, una personalità ben integrata è fondamentale per la creatività interpersonale. La "creatività interpersonale" sarà quindi un sottotema di questo studio delle regressioni reciproche sincronizzate, meccanismi terapeutici che promuovono la crescita che possono condurre a progressi nella complessità strutturale e funzionale dello sviluppo emo­ tivo e sociale. Queste regressioni che facilitano i progressi in terapia so­

no alla base del consolidato principio clinico secondo cui la traiettoria della terapia non è una linea retta, ma segue movimenti non lineari sia in avanti sia all'indietro, che spesso vengono percepiti come un "conti­ nuare insieme nonostante gli ostacoli".

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li ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [I) ...

Qui, come in tutto il mio lavoro, continuo a usare l'espressione "teo­ ria della regolazione" per indicare esplicitamente che quello che sto of­ frendo è una teoria, un'esposizione sistematica dei principi generali di una scienza. Il potere, la coerenza e lo scopo della teoria sono espressi ndla sua abilità di formulare ipotesi testabili, di generare ricerche e di creare meccanismi esplicativi che si applicano a vari aspetti e livelli del funzionamento umano, incluso quello nel contesto clinico. Nei miei scritti, continuo a sostenere che le neuroscienze dell'emisfero destro e la neuropsicoanalisi della mente inconscia sono una forza integrativa at­ traverso differenti ambiti della psicoanalisi. A tal fine, le seguenti discus­ sioni della mente inconscia lateralizzata a destra e le sue relazioni con la mente conscia lateralizzata a sinistra offrono sia un modello neurobio­ logico della psicoterapia psicodinamica sia un modello psicodinamico della neuropsicoanalisi. Continuo a usare la tecnica del citare spesso testualmente voci attuali e passate di clinici esperti rispetto allo studio della mente e di neuroscienziati che studiano il cervello per dimostra­ re il loro essere in accordo sulla centralità dei fenomeni affettivi basa­ ti sul corpo e per generare un linguaggio comune che affronti l'ambito emotivo soggettivo. Detto questo, la mia intenzione è specificamente di descrivere i cambiamenti nelle menti destre inconsce del paziente e del terapeuta per l'intera durata del trattamento, al di sotto e al di là delle narrazioni verbali. Perciò, questo capitolo riflette il mio sforzo continuo di fornire una teoria generale e unificata della psicoanalisi di Freud, "la scienza della mente inconscia". CONCETTUALIZZAZIONI PSICOANALITICHE DELLE REGRESSIONI ADATTIVE E PATOLOGICHE

Negli studi classici all'interno della psicologia psicoanalitica dell'Io, Kris (1952) ha proposto che la regressione al servizio dell'Io è alla ba­ se non solo della creatività terapeutica e artistica, ma anche di altre es­ senziali funzioni umane adattive, incluse la fantasia, l'immaginazione e l'apprezzamento dell'arguzia e dell'umorismo. Egli ha ipotizzato che la persona creativa sia portata alla regressione al servizio dell'Io, passando da un processo secondario di pensiero (razionale, ordinato, orientato alla realtà, intenzionale, cosciente) a una modalità di pensiero da pro­ cesso primario (con libere associazioni, disordinato, simile a una réverie, inconscio). La cognizione del processo primario e le modalità primiti­ ve di pensiero agiscono per aumentare la probabilità di idee nuove, che 57

Psicoterapia con l'emisfero destro

sono conseguentemente elaborate a livello di processo secondario. Kris ha definito la regressione al servizio dell'Io come "un abbassamento par· ziale, temporaneo e controllato del livello di funzionamento psichico" in cui l'Io permette un gioco relativamente libero al processo primario in modo da raggiungere i suoi compiti adattivi. Un altro pioniere nella psicologia dell'Io, Hartmann (1958) l'ha chiamata "regressione adatti· va" e, in aggiunta a Kris, ha concettualizzato la regressione come un pas­ so all'indietro - dal processo secondario al pensiero primario - per poter /are due passi avanti. Inoltre, Kris ha elaborato due fasi di questa regres­ sione: un'iniziale fase ispiratrice in cui l'ideazione del processo primario inconscio e preconscio prende l'attenzione mentre il pensiero diretto a un obiettivo è al minimo, e una successiva fase di elaborazione in cui i processi ispiratori sono soggetti a uno scrutinio critico e rivisti sulla base dell'ideazione da processo secondario. In aggiunta ha suggerito che, nel contesto psicoterapeutico di questa regressione, le barriere che separano i processi inconsci dai processi consci o preconsci sono state allentate. Di pari passo negli studi psicoanalitici contemporanei, Reik (1948) ha enfatizzato le funzioni del processo primario preconscio-inconscio del terapeuta creativo. Il suo libro Listening with the Third Ear ha pro­ posto un processo inconscio attraverso cui lo psicoanalista individua e decifra indizi sulle dinamiche inconsce del paziente: il cosiddetto ter· zo orecchio. Questo materiale è di carattere non verbale, melodico, che esprime le sfumature affettive del processo mentale inconscio. Reik ha considerato questo processo primario come un livello di un processo mentale in cui "suoni, immagini fugaci, sensazioni organiche e correnti emotive non sono ancora differenziate" (1956, p. 486). Ha anche ipotiz­ zato che gli individui creativi sono maggiormente capaci di spostarsi da modalità di pensiero secondario a modalità primarie, o di "regredire" a una cognizione da processo primario che è necessaria per produrre idee nuove e originali. Nonostante i processi secondari siano astratti e analiti· ci, la cognizione del processo primario si riferisce agli stati come i sogni o le reverie, ma anche a stati anormali osservati in individui che soffrono di malattie mentali. Applicando clinicamente il suo modello, ha suggeri­ to: "Se l'analista si abbandona alla regressione necessaria per accedere a un'intuizione perturbante, emerge un'intuizione conscia sulle dinamiche del paziente" (Reik, 1949, p. 329). Perciò, siccome l'intuizione ha origine nell'inconscio, allora l'unico modo di raggiungerla è attraverso un certo livello di regressione al processo primario. Detto questo, Reik ha osser­ vato: "Quando la coscienza razionale lascia spazio al processo primario, può sembrare come se 'il terreno' minacci di 'scivolare via"' (1956, p. 58

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [I] ...

492). Eppure, è essenziale che le regressioni transitorie siano tollerate, come una coscienza rigidamente razionale soffocherà le intuizioni non ra­ zionali. Come Reik indica, "bisogna diffidare della dolce ragione e abban­ donarsi alle sollecitazioni e ai suggerimenti che emergono dall'inconscio. Si permetterà persino l'ingresso all'apparentemente eccentrico e irrazio­ nale nei pensieri" (ibidem, p. 481). Infatti, Reik ha avvertito che in tera­ pia l'intuizione creativa può essere confusa con macchinazioni tecniche. Perciò sia Kris sia Reik hanno definito la regressione come un cambia­ mento dal processo di cognizione secondario a quello primario. Richia­ mando L'interpretazione dei sogni, Freud ha affermato che le funzioni del processo primario, che sono estremamente visive, tattili e uditive, si sviluppano in stadi precoci prima dei processi secondari, che "si svi­ luppano soltanto gradualmente, nel corso della vita; essi inibiscono e ricoprono quelli primari" (1899, p. 549). Nel mio primo libro ho citato le ricerche psicoanalitiche e sul cervello diviso (split-brain), mostrando che il processo primario è associato con funzioni del precoce sviluppo dell'emisfero destro e il processo secondario con lo sviluppo successivo dell'emisfero sinistro (Schore, 1994). In un moderno riesame del concetto della psicologia dell'Io della re­ gressione al servizio dell'Io, Knafo (2002) ha citato il contrasto di Kris fra "un Io sopraffatto dalla regressione" e una "regressione al servizio dell'Io". Quest'ultima forma, secondo Kris, è solo un caso speciale della più generale capacità di un Io ben integrato di regolare e controllare alcu­ ni dei processi primari. Kris ha affermato che nei momenti di una regres­ sione al servizio dell'Io, un individuo ben integrato che regredisce ha la capacità di regolare e utilizzare creativamente alcuni dei processi primari. Knafo ha perciò concluso: "Esiste una differenza fra regressione patolo­ gica e sana, o adattiva [ ... ]. Se il movimento all'indietro può aprire delle porte, perché dovrebbe essere visto in termini peggiorativi? Sì, è rischio­ so; ma idee nuove e originali non nascono senza rischio" (ibidem, p. 40). Al momento c'è un cambiamento di paradigma nel costrutto del­ la regressione, proprio come con i concetti correlati di trauma e re­ enactment clinici. Per gran parte del secolo scorso, la posizione psicoa­ nalitica classica ha considerato la regressione in termini negativi come "regressione patologica". A metà del secolo, Winnicott si è occupato della questione in maniera diretta: Comunemente si pensa che ci sia un qualche pericolo nella regressione del paziente durante una psicoanalisi. Il pericolo non risiede nella regres­ sione, ma nell'impreparazione dell'analista ad affrontare la regressione

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Psicoterapia con l'emù/ero destro

e la dipendenza che appartiene a essa. Quando un analista ha avuto una esperienza che lo rende fiducioso nella sua gestione della regressione, allo­ ra è probabilmente corretto dire che più velocemente l'analista accetta la regressione e la affronta completamente, meno è probabile che il pa­ ziente necessiterà di entrare in una malattia con qualità regressive. (Win­ nicott, 1958a, p. 261, corsivo aggiunto)

Articolando l'idea di accoppiare forze di regressione e progressione in questi processi clinici, Winnicott ha osservàto che "c'è un'aspettativa che condizioni favorevoli possano sorgere giustificando la regressione e offrendo una nuova possibilità di sviluppo futuro, che è stato inizialmen­ te reso impossibile o difficile dal fallimento ambientale" (1955, p. 18). Nel suo classico studio del 1968 La regressione, Michael Balint ha fatto notare che Freud e Ferenczi erano in accordo sul fatto che "la re­ gressione nel trattamento analitico veniva considerata un sintomo peri­ coloso, e ne veniva represso, totalmente o quasi, il valore come alleato terapeutico. [. ..] era considerata un meccanismo di difesa difficile da affrontare, un importante fattore patogeno, e una terribile forma di re­ sistenza" (pp. 280-281). Oltre a studiare i pericoli delle regressioni mali­ gne che "travolgono l'Io", Balint (ibidem) ha anche enfatizzato il valore delle regressioni benigne, suggerendo che queste sono benefiche quan­ do il clinico fornisce un'atmosfera di accettazione in cui il paziente si sente abbastanza sicuro per regredire "per il bene del riconoscimento" e "della comprensione e della esperienza condivisa". Questo lavoro di regressione implica l'incontro con il dolore emotivo che innesca le difese psicologiche primitive le quali di conseguenza fanno emergere "il difetto fondamentale" o "i vuoti" (dissociativi). Perciò, quasi cinquant'anni fa, Balint, con una notevole lungimiranza, stava esplorando la regressione clinica nei termini di un processo regressivo terapeutico che awiene in una relazione terapeutica intersoggettiva. Basandosi sul suo ampio la­ voro clinico, ha descritto la forma "benigna" della regressione come un contesto terapeutico di "un nuovo inizio". All'inizio di questo secolo, Tuttman ha affermato: L'abile accettazione della regressione alle fasi traumatiche dello svilup­ po in cui mancava qualcosa di necessario per la crescita, e che facilita da quel punto in poi la comprensione e la crescita, attraverso una relazio­ ne analitica che ha qualità transitorie, rispecchianti, non autocratiche e sintetiche insieme con il gioco e la sperimentazione, sono passi necessa­ ri in un simile trattamento se si deve arrivare a una individuazione sana. (Tuttman, 2002, pp. 469-470)

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Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [I) . . .

Si noti che questa concezione clinica è compatibile con la formu­ lazione della teoria della regolazione per cui sia le forme disadattive "maligne" sia le forme adattive "benigne" della regressione rifletto­ no rispettivamente un ritorno a eventi emotivi disregolati e regolati di uno stadio precedente dello sviluppo. In modelli clinici aggiornati, le regressioni all'interno di re-enactment reciproci rappresentano "ripe­ tizioni traumatiche" così come "nuovi inizi", e quindi un contesto per l'espressione dell'elaborazione creativa dell'emisfero destro di novità e di un'esperienza emotiva correttiva. Questi momenti più difficili del trattamento rappresentano anche delle opportunità per il cambiamen­ to terapeutico. NEUROPSICOANALISI DELLE REGRESSIONI STRUTTURALI E TOPOGRAFICHE Finora ho fatto riferimento sia alle regressioni della mente sia a quelle del cervello. Infatti, le primissime idee riguardo alla regressione giun­ gono non dalla psicoanalisi ma dalla neurologia. Nel 1884,John Hu­ ghlings Jackson, il padre della neurobiologia inglese, ha proposto che le malattie del sistema nervoso inizialmente interessano la porzione del sistema con le funzioni che si sono evolute più recentemente e solo successivamente colpiscono le funzioni più vecchie. In questo modello gerarchico, un livello di funzionamento più alto in evoluzione ha rim­ piazzato e inibito i livelli più bassi, che sono maggiormente automatici e organizzati. Nell'Interpretazione dei sogni, Freud (1899) ha incorpo­ rato il concetto gerarchico diJackson dei livelli più alti che inibiscono livelli più bassi di funzionamento sia nel suo modello topografico dei si­ stemi stratificati del conscio, preconscio e inconscio, sia nel suo succes­ sivo modello strutturale (Freud, 1923) di un Super-Io e un Io che siede a cavallo dell'Es. Questi modelli descrivono due differenti meccanismi di regressione. Perciò, il termine clinico della regressione psicologica funzionale è derivato dal concetto neurologico di regressioni biologi­ che all'interno del cervello. In termini di sequenza di maturazione neurobiologica, si noti nella Figura 3 .1 che il cervello evolve in direzione da caudale a rostrale, da subcorticale a corticale, con le strutture autonome e di arousal del tron­ co encefalico che maturano prima, poi il sistema limbico di elaborazione delle emozioni, in seguito l'emisfero destro che matura per primo e, alla fine, le funzioni verbali dell'emisfero sinistro. Questo si traduce in una 61

Psù:oterapia con l'emisfero destro

evoluzione precoce dell'inconscio profondo, seguito dall'inconscio, poi il preconscio e, alla fine, i più alti livelli della mente cosciente. In prece­ denti lavori, ho suggerito che l'inconscio profondo rappresenta l'attivi­ tà dell'amigdala subcorticale, l'inconscio rappresenta il sistema frontale mediale del cingolato anteriore e il preconscio rappresenta l'attività del sistema corticolimbico orbito-frontale destro (Schore, 2003b). Il doppio cervello (o cervello duale, dual brain), i sistemi duali della mente passano da funzioni consce a inconsce attraverso il meccanismo della regressione. Una moderna traduzione neuropsicoanalitica del mo­ dello metapsicologico di Freud descrive due differenti meccanismi di regressione dalla mente cosciente formatasi in seguito alla mente destra inconscia che si è evoluta per prima. In questo modello gerarchico, un livello superiore di funzionamento in evoluzione soppianta e inibisce i livelli inferiori, che sono maggiormente automatici e organizzati.

Figura 3.1 Elaborazione implicita inconscia dell'emisfero destro .. inferiore", che si sviluppa per primo, e le successive connessioni nel sistema esplicito "superiore" cosciente dell'emisfero si· nistro che si sviluppa in seguito. Si noti l'asse verticale dell'emisfero destro sul lato destro della figura. (Tratto da Schore, la scienza e l'arte della psicoterapia, 2012, p. 115.)

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li ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di cremta [I] ...

Invertendo la sequenza nella Figura J. l, la regressione dai livelli fun­ zionali "superiori" a quelli "inferiori" rappresenta una "prevalenza del livello più alto" e "allo stesso tempo un lasciare andare del più basso o

della sua espressione".

In una successiva riformulazione del concetto di regressione di Freud, ho proposto due tipi di regressioni neurobiologiche: una forma topografica interemisferica (un cambiamento di stato orizzontale dal si­ stema corticale prefrontale cosciente sinistro al sistema corticale pre­ frontale preconscio destro) e una regressione strutturale intraemisferica (un cambiamento dello stato gerarchico verticale dalle zone più alte alle zone più basse dell'emisfero destro, procedendo verso il basso dal cor­ ticale al subcorticale, da livelli di preconscio a livelli inconsci più pro­ fondi dell'emisfero destro; si vedano le frecce orizzontali e verticali nella Figura 3.1). Una regressione topografica, perciò, rappresenta un cam­ bio intrapsichico dalla "mente sinistra" cosciente che si sviluppa in un secondo momento alla "mente destra" inconscia che si sviluppa prima. In contrapposizione con questo, una regressione strutturale rappresen­ ta un passaggio dai livelli "più alti a destra" a quelli "più bassi a destra" di elaborazione delle emozioni della mente inconscia. Questa concettualizzazione neuropsicoanalitica di una integrazione dei modelli topografico e strutturale di Freud prescrive una organizza­ zione gerarchica delle menti consce, preconsce e inconsce. La tassono­ mia tripartita di Freud del conscio, preconscio e inconscio subliminale sta oggi riapparendo nella letteratura scientifica (Dehaene, Changeux, Naccache et al., 2006). Nei miei modelli neuropsicoanalitici descrivo una mente conscia lateralizzata a sinistra e una mente preconscia cor­ ticale destra dietro la superficie della mente corticale sinistra a cui si accede attraverso uno spostamento di dominanza emisferica nella re­ gressione topografica. Un'altra mente al di sotto della consapevolezza cosciente, la mente inconscia profonda o inconscio basato sul corpo, è accessibile tramite una regressione strutturale. Rispetto alle regressio­ ni topografiche "orizzontali", Kane (2004) afferma che lo spostamento di dominanza emisferica in un momento creativo di una regressione al servizio dell'Io implica una disinibizione del corpo calloso, "una dimi­ nuzione o perdita improvvisa e transitoria della normale comunicazio­ ne interemisferica, che rimuove le inibizioni poste sull'emisfero destro". Nella letteratura clinica, Sandler e A.M. Sandler (1986) definiscono la regressione come "un processo di rilascio e disinibizione di modalità di funzionamento passate".

J.

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Psicoterapia con l'emisfero destro

Questa integrazione aggiornata del modello topografico e struttura­ le di Freud può anche essere rappresentata in un aggiornamento neu­ robiologico della metafora visiva dell'iceberg di Freud (Figura 3.2). Il modello incorpora le precedenti discussioni su rimozione, dissociazio­ ne, modelli operativi interni e funzioni implicite del sistema inconscio lateralizzato a destra. Perché gli spostamenti callosi da emisfero sinistro a emisfero destro della dominanza emisferica sono così essenziali? Si ricordi l' affermazio­ ne di Gainotti (2005) per cui il livello "inferiore" dell'emisfero destro genera automaticamente "vere emozioni" vissute, mentre il livello "su­ periore" dell'emisfero sinistro analizza coscientemente le emozioni e le sottopone al controllo intenzionale. Nella rivista Psychosomatic Medici­ ne, Lane conclude:

Figura 3.2 Aggiornamento rivisto della metafora dell'iceberg di Freud. Vedi l'inserto per i colori.

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Il ruolo delle regresstoni reciproche come promotrici di crescita [I] ..

Le risposte emotive primarie sono state preservate attraverso la filogenesi poiché sono adattive. Esse forniscono una valutazione immediata della misura in cui obiettivi e bisogni sono soddisfatti [met] nell'interazione con l'ambiente e risintonizzano [reset] l'organismo dal punto di vista comportamentale, fisiologico, cognitivo ed esperienziale per adattarsi a queste circostanze in cambiamento. (Lane, 2008, p. 225) Hartikainen e collaboratori riassumono il ruolo essenziale dell' elabo­ razione delle emozioni non consce nella sopravvivenza umana: Negli ambienti imprevedibili, le emozioni forniscono una rapida mo­ dulazione del comportamento. Da una prospettiva evoluzionistica [evo­ lutionary], le emozioni forniscono un sistema di controllo modulato­ rio che facilita la sopravvivenza e la riproduzione. Possono verificarsi delle reazioni basate su riflessi rispetto a eventi emotivi prima che sia prestata loro attenzione. [ ... ] Le evidenze neuropsicologiche sosten­ gono una preminenza dell'emisfero destro per l'elaborazione emotiva e attenzionale negli esseri umani. (Hartikainen, Ogawa, Soltani et al., 2007, p. 1929) Allo scopo di entrare direttamente in questo regno adattivo dell' e­ misfero destro, il terapeuta focalizzato emotivamente mette in atto, a livelli al di sotto della consapevolezza della mente sinistra conscia, una inversione del dominio emisferico. Infatti, questo spostamento emisferico dal sinistro al destro è descrit­ to dai clinici. Secondo Heinz Kohut, "gli strati più profondi della psiche dell'analista sono aperti agli stimoli che emanano dalle comunicazioni del paziente, mentre le attività intellettuali degli strati conoscitivi supe­ riori sono, in via temporanea, largamente ma selettivamente sospese" (1971, p. 285, corsivo aggiunto). Nelle parole di Carl Rogers: Come terapeuta trovo che quando sono più vicino al mio sé intuitivo e interiore, quando sono in qualche modo in contatto con quanto è sco­ nosciuto in me, quando forse sono in uno stato di coscienza leggermen­ te alterato nella relazione, allora qualsiasi cosa faccia sembra piena di si­ gnificato, semplicemente la mia presenza è liberatoria e di aiuto. Non c'è niente che io possa fare per forzare questa esperienza, ma quando posso rilassarmi ed essere vicino al nucleo trascendentale del mio sé, allora mi comporto[ ...] in modi che non posso spiegare razionalmente, che non hanno niente a che fare con i miei processi di pensiero. Ma questi com­ portamenti strani si rivelano essere giusti, in un qualche modo bizzarro. In quei momenti[ ...]la nostra relazione trascende se stessa e diventa qualcosa di più ampio. (Rogers, 1989, p. 137, corsivo in originale)

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Psicoterapia con l'emisfero destro

Questo spostamento verso l'emisfero destro permette al terapeuta intuitivo ed empatico di sincronizzare la sua regressione con il paziente e, quindi, di formare un sistema di regressione topografica reciproca e una condivisione di stato dell'emisfero destro. Come risultato della sin­ cronizzazione fra cervelli lateralizzata a destra, entrambi possono ora co-creare un sistema emisfero destro-emisfero destro di comunicazione non verbale che può inviare e ricevere comunicazioni emotive inconsce svolte vis-à-vis (gesto, espressione implicita, voce) da un sé soggettivo a un altro sé soggettivo (intersoggettività). Negli scritti clinici contempo­ ranei, Bromberg ha affermato che "Allan Schore [2003b] ha scritto di un canale di comunicazione affettiva tra emisferi destri - un canale che considera come un 'dialogo organizzato' formato dalla 'condivisione di stato momento-per-momento, dinamicamente fluttuante'. Sono convin­ to che questo processo di condivisione di stati [ ...] consente [. ..] un 'felice accoppiamento psicoanalitico"' (2011, p. 175). Più recentemen­ te ha dichiarato: "L'interfaccia fra il mio pensiero e il suo, riguardo alla centralità che ognuno di noi pone all'interfaccia mente-cervello-corpo, fornisce il contesto fondamentale che credo consentirà alla psicoanalisi di diventare più genuinamente terapeutica" (2017, p. 7). Le regressioni topografiche reciproche, anche se inconsce, sono pre­ senti in tutte le psicoterapie, ma specialmente in quelle relazionali e fo­ calizzate sugli affetti. Negli spostamenti sincronizzati sinistra-destra, ciascuno passa dalla mente sinistra verbale e cosciente agli affetti non verbali e alle immagini della mente preconscia. Questi eventi, al di fuori della consapevolezza cosciente, permettono alla mente destra del tera­ peuta di empatizzare in modo affettivo, sincronizzare ed entrare in riso­ nanza intersoggettivamente con gli stati soggettivi disregolati o regolati della mente destra del paziente. Questa sincronizzazione della giunzione temporoparietale destra del paziente e del terapeuta (vedi Figura 1.1 nel capitolo 1) è associata con una teoria degli affetti della mente, che per­ mette all'individuo di attribuire eventi mentali non osservabili agli altri e a se stesso (Saxe, Wexler, 2005), così come di provare empatia affetti­ va (Decety, Lamm, 2007). Questo è in contrasto con l'empatia cogniti­ va, una comprensione intellettuale dello stato del paziente, che rappre· senta una sincronizzazione delle menti sinistre analitiche di terapeuta e paziente. In questb tipo di lavoro, i due tipi di empatia sono attivi nella mente sinistra razionale, senza l'attivazione di nessuna regressione ver­ so il basso nella destra intuitiva. Le regressioni strutturali, al contrario, inducono uno spostamento verticale da più alti livelli preconsci a più profondi livelli inconsci dell'e66

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [I] .. .

misfero destro. Questa regressione intrapsichica può essere regolata o disregolata, adattiva o patologica. Ma quando il terapeuta, che risuona in modo empatico, rimane psicobiologicamente connesso con il paziente e implicitamente si sincronizza con lo stato disregolato del paziente, le regressioni strutturali reciproche sincronizzate facilitano la co-creazione di un sistema di comunicazione inconscio che può individuare e rego­ lare interattivamente forti affetti dissociati e affetti inconsci rimossi. Le neuroscienze documentano "una dominanza emisferica destra nell'ela­ borazione dell'emozione negativa inconscia" (Sato, Aoki, 2006) e "una risposta corticale al pericolo soggettivamente inconscio" (Carretie, Hi­ nojosa, Mercado et al., 2005). Queste regressioni reciproche interper­ sonali sincronizzate degli affetti dissociati inconsci sono attivate nei re­ enactment terapeutici dei traumi da attaccamento. In linea con l'attuale modello intersoggettivo (two-person) relazio­ nale del cambiamento psicoterapeutico, questo modello aggiornato del concetto di regressione di Freud riconcettualizza il fenomeno da una regressione strutturale esclusivamente intrapsichica a una regressione interpersonale reciproca per cui entrambi i membri della diade terapeu­ tica fanno esperienza di una regressione sincronizzata regolata interat­ tivamente, così da trasformare potenzialmente una regressione patolo­ gica in una regressione adattiva. Le regressioni topografiche reciproche facilitano le sincronizzazioni intercerebrali tra un soggetto e l'altro dei circuiti orizzontali corticale con corticale lateralizzati a destra, mentre le regressioni strutturali reciproche facilitano le sincronizzazioni intere­ misferiche dei circuiti autonomici limbici verticali cortico-sottocorticali lateralizzati a destra. Entrambe le regressioni topografiche e strutturali possono essere rapidamente sincronizzate in millisecondi, a livelli al di sotto della consapevolezza cosciente, nel contesto intersoggettivo del­ le comunicazioni emotive spontanee fra l'inconscio relazionale di un individuo e l'inconscio relazionale di un altro. Recenti progressi nella neuropsicoanalisi, la scienza dei processi inconsci, quindi, descrivono un "inconscio a due" (o duale, a two-person unconscious) (Lyons-Ruth, 1999), un inconscio relazionale che non solo comunica con l'altro, ma anche si sincronizza ed è ampliato dall'inconscio relazionale dell'altro. Questi studi clinici, sperimentali e teorici delle regressioni recipro­ che sincronizzate chiariscono i più profondi meccanismi dell'inconscio onnipresente e invisibile nella vita di tutti i giorni, così da validare e am­ pliare il contributo fondamentale e duraturo di Freud alla scienza. La regressione, "l'atto di andare indietro; un ritorno al luogo di origine", "il processo di ritornare o la tendenza a ritornare a uno stadio prece67

Psicoterapia con l'emisfero destro

dente dello sviluppo", necessita di essere reintegrata nella letteratura clinica, non solamente come una regressione solitaria intrapersonale, ma anche come una regressione reciproca interpersonale. I cambiamen­ ti sincronizzati nella dominanza emisferica del paziente e del terapeuta dall'emisfero di sinistra che matura dopo verso }"'origine del sé" tipi­ co dell'emisfero destro che matura per primo permettono un ritorno ai fondamenti e alle origini che possono facilitare una potenziale riorga­ nizzazione che conduce a sua volta a una migliore integrazione e perciò a un "nuovo inizio" creativo. La neuropsicoanalisi dei cambiamenti da sinistro a destro della do­ minanza emisferica descrive il ruolo adattivo delle regressioni nel faci­ litare l'ingresso verso uno stato precedente di sviluppo, quando solo la mente inconscia era (e continua a essere) operativa. La studiosa dello sviluppo Ellen Dissanayake riflette su questa continuità della mente in­ conscia che sviluppa per prima su tutti gli stadi di sviluppo successivi: Tendiamo a presumere che una cognizione verbalizzata, astratta e ana­ litica sia dominante. Certamente per la comunicazione e la ricerca ac­ cademica e scientifica è essenziale. Ma dimentichiamo, a nostro rischio,

quanto del nostro pensiero e della nostra comunicazione sia pervaso da contenuti inconsa; analogici; non verbalizzabili, [. .. ]la nostra mente in­

tersoggettiva, originaria, non verbale, analogica persiste dopo l'infanzia, ma solitamente è consapevolmente scavalcata dalla "cognizione" e dal linguaggio (che seguono di pari passo necessariamente il mondo reale) cosicché generalmente ne siamo inconsapevoli. (Dissanayake, 2001, pp. 95-96, corsivo aggiunto)

Le regressioni invertono transitoriamente il prevalere dell'emisfero si­ nistro sulla mente inconscia dell'emisfero destro, permettendoci di entra­ re nella consapevolezza della nostra mente intersoggettiva non attraver­ so un'azione volontaria controllata, ma "lasciando andare" il controllo. APPLICAZIONI CLINICHE DELLE REGRESSIONI RECIPROCHE: LAVORARE CON L'AFFETTO DISSOCIATO NEI RE-ENACTMENT SPONTANEI DEI TRAUMI DA ATTACCAMENTO PRECOCI A partire dalla regressione sana al servizio dell'Io teorizzata da Kris e dalla regressione benigna di Balint descriviamo il risultato di un sistema adattivo di regolazione dell'emisfero destro. Schafer ( 1958) ha suggeri­ to che la regressione al servizio dell'Io si applica alla creatività artistica

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Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita []] ..

e scientifica, ma anche alle relazioni interpersonali, come per esempio l'empatia, l'intimità e la comunicazione. A ogni modo, il paziente che fa esperienza di una regressione patologica e di re-enactment traumati­ ci in risposta a fattori stressanti relazionali perfino lievi ricerca la tera­ pia a causa di frequenti stati dolorosi di disregolazione affettiva, di un fallimento dell'integrazione della vita mentale e delle difficoltà inter­ personali croniche. Questi re-enactment terapeutici sono più comuni in individui con psicopatologie gravi, che mostrano storie di traumi da attaccamento precoci. Borgogno e Vigna-Taglianti osservano: Nei pazienti la cui sofferenza psichica ha origine nel [. ..]trauma prever­ bale [. ..]il transfert avviene per lo più a un livello più primitivo di espres­ sione che implica in modo inconscio [...]non solo il paziente ma anche il [terapeuta] [...].Queste forme più arcaiche di transfert-controtransfert - che frequentemente mettono da parte i contenuti verbali - prendono forma nel setting [terapeutico] attraverso enactment reciproci effettivi. (Borgogno, Vigna-Taglianti, 2008, p. 314) Bromberg (2011) ha esposto il principio clinico secondo cui l'elabo­ razione congiunta terapeutica degli enactment permette ai terapeuti di utilizzare la loro competenza con un ampio spettro di disturbi di perso­ nalità, spesso considerati "non analizzabili", come per esempio i disturbi schizoidi, narcisistici, dissociativi e di personalità borderline. Secondo Sullivan (1953 ), la personalità è "il modello relativo e consistente delle situazioni interpersonali ricorrenti che caratterizzano una vita umana" e, quindi, questi pazienti mostrano deficit cronici nelle loro funzioni inter­ personali da emisfero destro, sia all'interno sia all'esterno della terapia. Come conseguenza del trauma relazionale cronico durante la prima e seconda infanzia, questi gravi disturbi della personalità precocemente formati non raggiungono un funzionamento efficiente della comunica­ zione emotiva o della regolazione degli affetti del sistema dell'emisfero destro. Infatti, gli individui che soffrono di un disturbo della personalità borderline mancano dei meccanismi regolatori affettivi interni-introiet­ ti autoconfortanti che svolgono funzioni autoconsolatorie e regolatorie durante gli sconvolgimenti emotivi (Weinberg, 2000). Essi falliscono anche nello sviluppare un "sé riflessivo" che può considerare i propri e gli altrui stati mentali, così come l'empatia affettiva, quali punti di arrivo essenziali nello sviluppo emotivo. Nel contesto clinico, i pazienti entra­ no frequentemente in stati dissociativi, caratterizzati da una rottura nella continuità dell'esperienza cosciente, associata con il distacco, la perdita di autocontrollo e l'ottundimento emotivo. Perciò, tali personalità non 69

Psicoterapia con /'emisfero destro

raggiungono nel loro sviluppo un'organizzazione psichica che possa ge­ nerare rappresentazioni simboliche complesse del sé e dell'altro. Fino a poco tempo fa, a causa dell'organizzazione "primitiva" delle loro strutture regolatorie, questi pazienti erano visti come incapaci di utilizzare l'intuizione cognitiva ed erano quindi refrattari alla talking cure. Erano anche caratterizzati come "pazienti difficili" a causa delle non infrequenti espressioni di regressioni patologiche disregolate all'in­ terno della terapia. Queste regressioni terapeutiche spontanee erano vi­ ste come espressioni endogene della grave psicopatologia del paziente. Nell'ambito delle mie ricerche, ho offerto prove cliniche e di ricerca per mostrare che l'eziologia e la traumatologia dello sviluppo delle regres­ sioni patologiche sono associate al trauma relazionale precoce. Questo primo ambiente socioemotivo che inibisce la crescita ha indotto gravi disregolazioni dell'arousal e poche riparazioni interattive delle frequenti rotture traumatiche dell'attaccamento. Nel 1997 ho applicato il costrutto del trauma relazionale nel conte­ sto della cura. In certi momenti di maggiore forza emotiva della tera­ pia, i fattori stressanti interpersonali all'interno della relazione transfert­ controtransfert rompono il legame di attaccamento fra paziente e tera­ peuta. Questa improvvisa distruzione dell'alleanza terapeutica induce l'entrata nella coscienza di uno stato caotico associato con esperienze traumatiche primarie che sono immagazzinate nella memoria procedu­ rale implicita. Ho poi concluso: "Questo meccanismo dialettico è spe· cialmente evidente durante le rotture stressanti dell'alleanza di lavoro che avviene durante gli enactment" (Schore, 1997b, p. 48). I momenti di re-enactment psicoterapeutici del trauma di attaccamen­ to cronico nelle regressioni emotive sono espressioni di modelli operati­ vi di attaccamento insicuro (soprattutto disorganizzato) che includono le rappresentazioni interne inconsce, di valenza negativa, di un sé disre­ golato che interagisce con un altro non sintonizzato così come di difese contro un affetto doloroso intenso. Entrambe sono immagazzinate nella memoria implicita-procedurale autobiografica dell'emisfero destro del paziente che codifica strategie di regolazione degli affetti, inclusa la sog­ giacente difesa contro il rivivere coscientemente il trauma relazionale precoce: la dissociazione (Schore, 2003b). Kalsched ha descritto le ope­ razioni dei processi dissociativi difensivi utilizzati dal bambino durante un'esperienza traumatica attraverso cui "l'affetto nel corpo è separato dalle sue immagini corrispondenti nella mente e pertanto un significato insopportabilmente doloroso è obliterato" (2005, p. 174). Lane, Ahem, Schwartz e collaboratori ( 1997) hanno descritto la funzione difensiva 70

li ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita {I] .. .

della dissociazione negli stadi successivi: lo stress traumatico nell'infan­ zia conduce all'automodulazione dell'affetto doloroso distogliendo l'at­ tenzione dagli stati emotivi interni. L'emisfero destro è dominante non solo per regolare gli affetti, ma anche per mantenere un senso coerente del proprio corpo, per l'attenzione e per l'elaborazione del dolore. Perciò la strategia della dissociazione dell'emisfero destro rappresenta la difesa estrema per bloccare il dolore emotivo basato sul corpo (Schore, 2012). Detto questo, l'uso caratteriologico della dissociazione difensiva ha un costo considerevole. La dissociazione è un processo psicobiologico complesso che interrompe l'integrazione delle informazioni comporta­ mentali, concettuali, percettive, sensoriali e affettive ed è caratterizzata da una consapevolezza impoverita del proprio stato interno e dell'am­ biente esterno (Spiegel, Cardena, 1991). Helton, Dorahy e Russell han­ no riportato che pazienti con alti livelli di dissociazione hanno difficoltà nel coordinare le attività all'interno dell'emisfero destro e che tali deficit diventano evidenti quando questo emisfero è "sovraccaricato dagli effet­ ti combinati di un compito di attenzione sostenuto e da stimoli emotivi negativi. [ ...] Perciò l'integrazione delle esperienze, che si basa molto sull'attivazione dell'emisfero destro (per esempio, emozione negativa, senso di sé rispetto all'esperienza) può essere compromessa in questi pazienti, conducendoli a una codifica di memorie dissociative (non in­ tegrate) e, quindi, a successivi fenomeni dissociativi intrusivi" (2011, p. 700). Spitzer, Wilert, Grabe e collaboratori hanno riferito che "la dissociazione può comportare una superiorità funzionale dell'emisfero sinistro rispetto all'emisfero destro o, in alternativa, una mancanza di integrazione nell'emisfero destro. Questo corrisponde all'idea che l'e­ misfero destro abbia un ruolo distinto nello stabilire, mantenere ed ela­ borare aspetti personalmente rilevanti del mondo dell'individuo" (2004, p. 167). Va notato che, mentre dissocia, l'emisfero destro del paziente sta dis-integrando e distogliendo l'attenzione dal dolore emotivo pre­ visto, e le funzioni dell'emisfero sinistro possono continuare a operare in uno "stato di distacco". Nei momenti in cui l'emisfero destro del pa­ ziente sposta l'attenzione dagli stati emotivi e dall'ambiente esterno, la sua produzione verbale lateralizzata a sinistra può continuare, ma con un tono distaccato (perdita della prosodia dell'emisfero destro). Que­ sto sottolinea l'importanza clinica di leggere "al di sotto delle parole". Infatti, riguardo alla dissociazione oggi esiste un ampio corpus di stu­ di sulla lateralità emisferica clinicamente rilevante. Secondo Enriquez e Bernabeu "la dissociazione è associata con cambiamenti disfunzionali nell'emisfero destro, che danneggiano la sua caratteristica dominanza

Psicoterapia con l'emisfero destro

sui processi emotivi" (2008, pp. 272-273). Questi ricercatori sostengo­ no che, sebbene pazienti con alti livelli dissociativi conservino un' abili­ tà di elaborazione degli stimoli verbali dell'emisfero sinistro, mostrano carenze nella percezione emisferica destra del tono emotivo della voce (prosodia). Questo significa che mentre il paziente è in stato dissocia­ tivo non può decifrare il tono della voce del terapeuta e, quindi, è sor­ do al suo tono di conforto. Usando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), Elzinga, Ardon, Heijnis e collaboratori hanno documentato che i pazienti dissociativi mostravano maggior attivazione in modo partico­ lare nella corteccia prefrontale anteriore sinistra (area 10), nella cortec­ cia prefrontale dorsolaterale (aree 9, 46) e nella corteccia parietale (area 40). Gli autori sottolineano che la corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) sinistra è associata con la memoria di lavoro verbale, un sistema di limitata capacità che fornisce una temporanea manutenzione e mani­ polazione dell'informazione necessaria a eseguire compiti complessi. Si noti l'attivazione aumentata della DLPFC, il regolatore esecutivo dell'e­ misfero sinistro in dissociazione: I pazienti dissociativi possono essere caratterizzati da/orti capacità di con­ trollo esecutivo, inibendo così l'elaborazione dei ricordi legati al trauma [ ... ]questo può avvenire a discapito di altre funzioni che richiedono at­ tenzione, come per esempio un senso di identità personale, inducendo sentimenti di depersonalizzazione e derealizzazione, come è suggerito dagli alti punteggi dello stato di dissociazione e dalle osservazioni cli­ niche dei pazienti dissociativi alla fine dell'esperimento [alcuni pazien­ ti, per esempio, non erano in grado di riconoscere lo sperimentatore, o presumevano (erroneamente) di non aver svolto il compito]. (Elzinga, Ardon, Heijnis et al., 2007, p. 243, corsivo aggiunto)

Alla luce del fatto che le interpretazioni verbali influenzano diretta­ mente la DLPFC sinistra, queste informazioni pongono la questione se l'intervento di rivalutazione cognitiva del terapeuta aumenti la dissocia­ zione lateralizzata a sinistra di funzioni dell'emisfero destro. Bromberg (2011) ha affermato che la funzione della dissociazione patologica è quella di agire come un "sistema di avvertimento precoce" che anticipa la potenziale disregolazione affettiva da trauma prima del momento dissociativo. Queste personalità molto controllanti ma fragili usano la difesa dell'ottundimento dell'affetto tipica della dissociazione che protegge contro la regressione patologica anticipata della regolazio­ ne affettiva. L'evitamento passivo di una minaccia relazionale e il deficit implicito nell'elaborazione degli elementi interpersonali nuovi avviene a 72

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [1/ ..

un livello inconscio. Questi pazienti attivano automaticamente risposte tipiche intense di stress da emisfero destro a basse soglie di stress rela­ zionale, sperimentano frequentemente stati duraturi di affetti negativi ad alta intensità e si dissociano in modo difensivo dalla minaccia o dalla novità a livelli più bassi di arousal, interferendo in questo con l'accesso alla creatività interpersonale. Questa precaria struttura difensiva trop­ po frequentemente si frantuma sotto stress, conducendo a risperimen­ tare i deficit interpersonali e affettivi di una regressione "patologica" e "maligna". Questo cronico meccanismo neurobiologico interpersonale di disregolazione sta alla base di ciò che veniva definita una traumatica "compulsione a ripetere". La risultante disorganizzazione a sua volta au­ menta la sintomatologia affettiva dell'individuo, che porta il paziente in psicoterapia. Nella relazione terapeutica, sia le regressioni patologiche sia quelle adattive possono avere luogo all'interno dei re-enactment cli­ nici regolati del trauma di attaccamento. REGRESSIONI RECIPROCHE SINCRONIZZATE ALL'INTERNO DEGLI ENACTMENT TERAPEUTICI

La psicoterapia del trauma relazionale precoce assume due forme: a breve termine con riduzione/remissione del sintomo, e a lungo termine, un trattamento che promuove la crescita di psicoterapia del profondo. Solo quest'ultima può alterare le sottostanti dinamiche dell'emisfero de­ stro che conducono alla disregolazione dell'affetto e ai deficit interperso­ nali della regressione patologica e riducono direttamente la difesa disso­ ciativa. I principi clinici di base che delineo qui si riferiscono a entrambe le forme di trattamento del trauma (vedi capitolo 5 in Schore, 2012). In questo lavoro, il focus clinico non è su una ricostruzione esplicita di un contesto traumatico di attaccamento infantile, ma sugli effetti del trau­ ma relazionale infantile sulla "struttura del carattere" e sui deficit nelle funzioni adattive dell'emisfero destro. Bromberg ha fatto notare che nel trattamento "accedere al trauma infantile è, in fondo, personalmente re­ lazionale: non libera i pazienti da quello che è stato fatto loro in passato, ma da quello che essi hanno dovuto fare a loro stessi e agli altri in modo da vivere con quello che era stato fatto loro in passato" (2017, p. 32). Meares ha osservato che nelle storie evolutive di vari disturbi di per­ sonalità: Il sé è stato danneggiato, distorto e bloccato dal trauma. Nel caso del trauma relazionale, deve essere, per lo meno, la preoccupazione prima-

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Psicoterapia con l'emisfero destro

ria del terapeuta. Tale trauma non è affrontato da strategie, tecniche, in­ terpretazioni, e così via, dettate dalle modalità di una particolare teoria. Piuttosto, è attraverso la creazione di uno specifico tipo di relazione, che non è imposta o manipolata artificialmente, ma che può emergere nell'in­ terazione conversazionale. (Meares, 2017, p. 138)

L'autore si riferisce a "una forma di conversazione terapeutica che può essere concepita [ ...] come un'interazione dinamica tra due emi­ sferi destri" (Meares, 2012, p. 279). La "conversazione dell'emisfero destro" di Meares è specificamen­ te attivata in una regressione reciproca di un re-enactment traumatico. Questa conversazione terapeutica relativa alla (ri)elaborazione del trau­ ma relazionale precoce, incluse le difese dissociative proprie del paziente contro tale autoconsapevolezza, viene comunicata non in modo verba­ le, ma in modo non verbale. Si accede alla dissociazione per bloccare la rievocazione di ricordi autobiografici dell'emisfero destro intensamen­ te dolorosi e così questa difesa attenuata degli affetti è frequentemente accompagnata dal distacco cognitivo dell'emisfero sinistro. Questo si­ gnifica che i contributi del terapeuta alla conversazione non verbale de­ vono temporaneamente spostarsi dal dominio cerebrale sinistro a quel­ lo destro, in modo da facilitare un cambiamento nell'abilità di ricevere quanto sta al di sotto della dissociazione del paziente. All'inizio del secolo passato, Sandor Ferenczi, il primo seguace di Freud a formulare rivoluzionari principi terapeutici del trattamento del trauma, ha descritto l'importanza delle regressioni reciproche e dei cam­ biamenti nello stato del terapeuta: Pare che i pazienti non possano credere, o almeno non completamen­ te, alla realtà di un avvenimento, se l'analista, unico testimone del fatto, mantiene un atteggiamento freddo, anaffettivo, e, come i pazienti Io de­ finiscono, puramente intellettuale, mentre gli avvenimenti sono di natura tale da suscitare in qualsiasi spettatore sentimenti e reazioni di rivolta, di angoscia, di terrore, di vendetta, di lutto e propositi di un aiuto sollecito. [ ... ] Si può decidere di prendere veramente sul serio il ruolo di osser­ vatore benevolo e soccorrevole, vale a dire di lasciarsi effettivamente tra­ sportare con il paziente in quel dato momento del suo passato (pratica che Freud mi ha rimproverato come proibita), con il risultato che entrambi, noi e il paziente, crediamo in questa realtà presente e non, per ora collo­ cata nel passato. (Ferenczi, 19.32, p. 75, corsivo aggiunto)

Al fine di promuovere cambiamenti nei deficit relazionali, della rego­ lazione affettiva e soggettivi del paziente, Ferenczi conclude affermando 74

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [I]. ..

che "l'abreazione di quantità traumatiche non basta, la situazione deve diventare differente da ciò che è propriamente traumatico per rendere possibile una diversa soluzione favorevole" ( 1932, p. 182). Nei primi stadi del trattamento, il paziente inizia a condividere con il terapeuta empatico le esperienze interpersonali emotivamente più salienti nel mondo sociale esterno, comprese le sue soggettive reazioni emotive disregolate a queste esperienze. Nel corso delle spontanee co­ municazioni emotive psicobiologiche non verbali emisfero destro-emi­ sfero destro, al di sotto delle parole, la diade terapeutica stabilisce con­ giuntamente il nascente sviluppo della promettente alleanza terapeutica. In queste comunicazioni emotive emergenti, l'empatia emotiva funzio­ nale dell'emisfero destro del terapeuta, un meccanismo chiave dell'a­ zione psicoterapeutica, è una proprietà emergente della sua sincroniz­ zazione intercerebrale strutturale lateralizzata a destra con il paziente. Ciò permette la "presenza emotiva", l'"ascolto reattivo" e il "contatto psicologico" del clinico con questo particolare paziente. Dall'altra parte dell'alleanza terapeutica, la sincronizzazione intere­ misferica lateralizzata a destra del paziente gli permette di sapere che, a livelli inconsci, si è riconosciuti in modo percettivo e "sentiti" dal tera­ peuta. In uno stadio iniziale del trattamento straordinariamente tempe­ stivo e sufficientemente strutturato, il paziente e il terapeuta incomin­ ciano a stabilire un senso implicito di familiarità reciproca, a costruire gli aspetti positivi dell'alleanza di lavoro, a incominciare a condividere in modo intersoggettivo affetti, da lievi e moderati, e a co-costruire un sistema di regolazione interattiva, il nucleo della dinamica dell'attacca­ mento, aumentando così la possibilità di un cambiamento terapeutico. Detto ciò, è importante notare che questa fase può richiedere più tem­ po per quei pazienti che cominciano il trattamento con una struttura psichica maggiormente complessa e un emisfero destro maggiormen­ te efficiente (storie di un attaccamento sicuro e insicuro organizzato). Col progredire del tempo, a causa dello sviluppo e del rafforzamento del sistema di comunicazione e regolazione dell'affetto emisfero destro­ emisfero destro co-creato, la sicurezza e la fiducia del paziente, a livel­ li impliciti, iniziano ad aumentare e questo meccanismo terapeutico in evoluzione può momentaneamente sospendere, ridurre e alterare la di­ fesa, che blocca l'affetto, della dissociazione dell'emisfero destro. Per­ tanto, il paziente può ora passare a portare all'interno della seduta gli affetti negativi più intensi, in dosi aumentate e tollerabili dal punto di vista affettivo, compresi quegli affetti che sono vissuti intersoggettiva­ mente fra di loro. In questo lavoro, !"'ascolto profondo" del terapeuta 75

Pricoterapia con l'emir/ero destro

creativo permette una comprensione empatica dello stato esperienziale del paziente. Come risultato, il paziente stabilisce un "legame arcaico" con il terapeuta e facilita in tal modo il ripristino delle prime fasi in cui il suo sviluppo psicologico si è fermato. L'Oxford English Dictionary definisce "arcaico" come ciò "che de­ signa o appartiene a un periodo primitivo o in sviluppo" e, quindi, il legame terapeutico arcaico è una regressione reciproca a un legame affettivo di attaccamento corticale-sottocorticale dell'emisfero destro, una "spontanea conversazione fra sistemi limbici", incluse le comunica­ zioni del trauma dell'emisfero destro e la difesa dissociativa che blocca l'integrazione e la crescita socioemotiva nei periodi critici di sviluppo. Il legame emotivo in espansione crescente fra il paziente e il terapeu­ ta promuove l'esplorazione dell'esperienza interna e degli stati affetti­ vi dell'individuo. Suggerisco che a causa degli effetti cumulativi della regolazione interattiva nel tempo, specialmente dopo le transazioni di rottura-riparazione regolate, l'aumento nella fiducia e nella sicurezza ri­ sultano dai rilasci co-regolato di ossitocina, che sono amplificati in mo­ do rilevante dalla diade terapeutica. Questo neuropeptide ipotalamico è un modulatore chiave delle risposte socioaffettive complesse come, per esempio, lo stress da attaccamento, l'ansia, l'approccio sociale e l'affiliazione (Bartz, Hollander, 2006; Meyer-Lindenberg, 2008). Infatti, l'ossitocina migliora ampiamente la sincronizzazione ritmica interper­ sonale, contribuendo così ai suoi effetti prosociali sui legami relazionali (Gebauer, Witek, Hansen et al., 2014). Questo rafforzamento del lega­ me permette al paziente di incominciare a confrontare gli stati interni rimossi o dissociati associati con aspetti spaventosi o vergognosi del sé. Di conseguenza, le difese dissociative contro l'affetto sono diminuite in modo transitorio, permettendo così al trauma di attaccamento di essere più facilmente attivato e comunicato nell'enactment reciproco, inclusi }'"affetto inconsciamente forte o addirittura opprimente" e gli stati di "pericolo soggettivo inconscio" incorporati nella memoria traumatica dell'emisfero destro del paziente. Nell'enactment co-costruito, la difesa della dissociazione awiene non solo nel paziente, ma anche nel clinico, dove determina la capacità del terapeuta di ricevere (o bloccare) le comunicazioni emotive dolorose inconsce del paziente che sono associate con il trauma di attaccamen­ to. Secondo Maroda (2010), nell'enactment sia il terapeuta sia il cliente devono essere non consapevoli di ciò che stanno stimolando reciproca­ mente finché non si verifica un evento sfavorevole. Questo evento sfavo­ revole è frequentemente una non sintonizzazione stressante, una rottura 76

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita {[] ...

nella relazione transfert-controtransfert e una rottura dell'alleanza tera­ peutica e, perciò, una regressione emotiva. Come ha osservato Sands: Le rotture più gravi dell'empatia (quando non ristÙtano da qualche erro­ re clamoroso da parte dell'analista e perfino talvolta quando lo sono effet­ tivamente) segnalano anche il rivivere il transfert di qualche importante fallimento traumatico precedente. In questo senso, la rottura empatica, piuttosto che segnalare qualcosa che è "rotto", può in realtà segnalare che la relazione terapeutica ha raggiunto un nuovo livello di sicurezza, che finalmente consente al transfert traumatico di essere pienamente vissuto. (Sands, 1997, p. 662, corsivo aggiunto)

Questo nuovo livello di sicurezza riflette la co-costruzione in corso di una impalcatura regolatoria (una "rete di sicurezza" interpersonale) all'interno dell'alleanza terapeutica più efficiente e in espansione. Il pro­ mettente stato di sicurezza nel paziente è spontaneamente espresso nel rischio di abbassare ulteriormente in modo implicito la difesa dissocia­ tiva. Gli enactment diadici, quindi, avvengono nel contesto di un mo­ mento di regressione reciproca sincronizzata sia del paziente sia del tera­ peuta in uno stato di disregolazione dell'arousal emotivo. Sia il paziente sia il terapeuta stanno rievocando una relazione oggettuale patologica traumatica, una rappresentazione interattiva interna di un sé-disregola­ to-in-interazione-con-un-oggetto-non-sintonizzato. Questa aspettativa traumatica legata al transfert rimette in atto un'intensa paura implicita che un altro emotivamente vicino possa nell'immediato innescare una regressione patologica intrapsichica disregolata nel paziente, una "re­ gressione maligna" (Balint, 1968). Khan (1972) ha descritto il terrore di arrendersi alla "dipendenza senza risorse". Nei classici scritti psicoanalitici dello sviluppo, Winnicott ( 197 4) ha discusso come si lavora con un paziente che abbia "paura del breakdown", qualcosa che ha già sperimentato nei primi anni dello svi­ luppo. Ma Winnicott ha anche considerato la regressione come possi­ bilmente adattiva, una esperienza emotiva potenzialmente correttiva. Ricordiamo l'avvertimento di Knafo che il movimento all'indietro in una regressione adattiva è rischioso, "ma idee nuove e originali non so­ no nate senza rischio" (2002, p. 40). All'interno di questi contesti "ab­ bastanza sicuri", il paziente comunica i ricordi autobiografici del trauma di attaccamento al terapeuta empatico, che in cambio può offrire una nuova relazione oggettuale, tale che agisca come un regolatore affetti­ vo interattivo implicito degli affetti dolorosi del paziente e, perciò, una esperienza emotiva correttiva potenzialmente nuova. 77

Plicoterapia con l'emisfero destro

McWilliams offre una descrizione suggestiva dei meccanismi di cam­ biamento emotivo legati alle relazioni oggettuali che vengono attivate in un contesto terapeutico ottimale tale che possa produrre nuovi appren­

dimenti nel sistema inconscio:

Sebbene i terapeuti relazionali sperino di essere assunti dai loro pazienti come "nuovi oggetti", cioè come voci interne che differiscono però in modo significativo dalle persone da cui si sono sentiti danneggiati, sanno che, a causa della stabilità e della tenacia delle convinzioni inconsce, sa­ ranno inevitabilmente sperimentati come gli oggetti originari. Di conse­ guenza si aspettano di assorbire forti affetti negativi associati a dolorose esperienze precoci, e di aiutare il paziente a comprendere tali reazioni per spostarsi oltre e imparare qualcosa di nuovo che possa introdursi e sostituir­ si a livello di schemi inconsci. (McWilliams, 2018, p. 95, corsivo aggiunto) Si ricordi la descrizione di K rystal (2002) di questi ricordi infantili soverchianti dal punto di vista traumatico e affettivamente carichi "che non possono essere ricordati o dimenticati", ma possono essere rievo­ cati nella "regressione emotiva a certe forme precoci di relazione". Scri­ vendo nell'ambito della letteratura sul trauma, Nijenhuis, Vanderlinden, Spinhoven e collaboratori hanno osservato: Le risposte allo stress esibite dai bambini sono il prodotto di un cervello immaturo che elabora gli stimoli minacciosi e produce risposte appro­ priate, mentre l'adulto che mostra risposte infantili ha un cervello maturo che[. ..] è in grado di esibire schemi di risposte adulte. Tuttavia, vi è la prova che il cervello adulto può regredire a uno stato infantile quando si trova di fronte a un grave stress. (Nijenhuis, Vanderlinden, Spinhoven, 1998,p.253) Nei primi scritti psicoanalitici, Loewald (1960) ha notato che il mo­ vimento nel trattamento avviene attraverso la promozione e l'utilizzo della regressione e che il clinico deve validare l'esperienza regressiva del paziente in modo che il paziente non venga lasciato solo con questa esperienza. Più recentemente nella letteratura della psicotraumatologia, Levine ha avvertito: Quando i terapeuti percepiscono che devono proteggere se stessi dal­ le sensazioni e dalle emozioni dei pazienti, essi inconsciamente impedi­ scono ai clienti di fare esperienza di esse all'interno della terapia. Con il distanziarci dalla loro angoscia, ci distanziamo da loro e dalle paure con cui stanno lottando. Assumere una posizione di autoprotezione significa abbandonare i nostri clienti all'improvviso. Allo stesso tempo, aumentia78

li ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [I] ...

mo notevolmente la probabilità della loro esposizione a traumi e burn­ out secondari e indiretti. (Levine, 2010, p. 41) Questa tecnica rafforza anche in modo iatrogeno la difesa dissocia­ tiva del paziente. Infatti, questa reazione legata al controtransfert può rappresentare un analogo della trascuratezza precoce. Un risultato terapeutico ottimale di un enactment spontaneo co-crea­ to del trauma da attaccamento dissociato dipende, quindi, dall'abilità creativa del terapeuta di spostarsi dalla mente analitica di superficie dell'emisfero sinistro ai livelli più profondi dell'emisfero destro, una mente specializzata in "emozioni intense". In questo "momento affettivo intensificato" può il clinico awiare creativamente una regressione adat­ tiva all'interno del proprio emisfero destro e sincronizzarsi con lo stato disregolato caotico del paziente allo scopo di ricevere percettivamente le comunicazioni del processo primario del paziente e regolare l'affetto inconscio intensamente forte del paziente? Può la coppia terapeutica con una storia di comunicazione condivisa mantenere una sincroniz­ zazione interpersonale tra emisfero destro dell'uno ed emisfero destro dcli' altro? In altre parole, il clinico manterrà implicitamente un sistema di "condivisione dello stato" e rimarrà psicobiologicamente connesso al paziente cosicché questo possa non solo condividere, ma anche rego­ lare interattivamente lo stato affettivo disregolato? Possono entrambi "rimanere a destra"? (Per un esempio clinico, si veda la comunicazione inconscia creativa di Sands, 1997 .) A livello fondamentale, il meccanismo implicito di cambiamento de­ ve includere un'esperienza affettiva inconscia o conscia comunicata a un altro empatico. Ginot ha offerto un principio clinico essenziale per lavorare con le regressioni reciproche degli enactment:

Siccome queste interazioni potrebbero dare espressione a stati del sé dis­ sociati, dolorosi, pieni di rabbia come difesa, gli aspetti empatici negli enactment non dipendono dall'abilità [del terapeuta] di provare empa­ tia per le difficoltà del paziente. La componente empatica si trova nella prontezza e nell'abilità [del terapeuta] di entrare in risonanza con quel­ lo che non è verbalizzato, ma comunque è trasmesso non consciamente. (Ginot, 2009, p. 300) Frequentemente, questo stato del sé doloroso riflette la vergogna in­ conscia del paziente. Sulla questione di questi stati difensivi nella rivista Behaviour Research and Therapy, Dorahy, McKendry, Scott e collabo­ ratori hanno concluso: 79

Psicoterapia con l'emisfero dertro

Presumibilmente l'esperienza affettiva ignorata e più dolorosa a livello sociale e debilitante è la vergogna, che segnala una minaccia al sé sociale. La vergogna è manifestata come un affetto psicofisiologico estremamente doloroso unito a pensieri di inutilità e inferiorità e un desiderio immediato di nascondere, mascherare o trasformare i sentimenti (per esempio, in rab­ bia) per ridurre il suo impatto sul sé [... ] i fenomeni dissociativi possono avere un valore di regolazione degli affetti, riducendo l'impatto emoti­ vo dei sentimenti dolorosi attraverso la creazione di una distanza psico­ logica. (Dorahy, McKendry, Scott et al., 2017, p. 76, corsivo aggiunto) Si noti che la vergogna può essere "mascherata", cioè tenuta all'in­ terno, però bloccata in modo difensivo dalla coscienza, ma anche che la vergogna può essere trasformata in rabbia, il ben noto stato di "vergo­ gna-rabbia" (prevalente nei disordini narcisistici di personalità). Pertan­ to, sappiamo da tempo che la vergogna è associata alla rabbia (Tangney, Wagner, Fletcher et al., 1992). Ma quale meccanismo neurobiologico permette questo cambiamento da uno stato intrapersonale passivo a uno interpersonale attivo? Un fondamentale attributo neurofisiologico del sistema a dominanza parasimpatica della vergogna è la sua abilità di as­ sociarsi con altre emozioni a dominanza simpatica, inclusa l'emozione di base del sistema motivazionale dell'aggressività: la rabbia. In altre parole, nello stato del sé della vergogna, l'aggressività può es­ sere rivolta contro il sé (psicopatologie internalizzanti) o rivolta all'ester­ no come difesa in cui la vergogna diventa "attacco dell'altro" (psicopa­ tologie esternalizzanti). Dorahy ha osservato che "la risposta aggressiva alla vergogna può riflettere una reazione di collera non ancora attivata verso l'originaria figura (umiliante), causa eziologica della reazione che non è mai stata espressa e, conseguentemente, è stata rivolta contro il sé" (2017, p. 386). Specialmente nei casi con una storia di umiliazione relazionale, sia le dinamiche di vergogna non verbali inconsce sia le di­ namiche di "vergogna-rabbia" verbali inconsce appariranno nella psi­ codinamica del transfert-controtransfert (come "sé cattivo") terapeuti­ co stressante, innescando potenzialmente difese di "attacco dell'altro" controtransferale nel terapeuta ("l'odio nel controtransfert" di Winni­ cott, 1949). Perciò, l'abilità del terapeuta di rilevare (nel paziente e in se stesso) vergogna inconscia e di non dissociarsi dalla comunicazione del paziente dell'affetto negativo soverchiante è fondamentale (vedi Scho­ re, 2012, pp. 134-136, sulle dinamiche della vergogna). In questa regressione emotiva di origine traumatica, il terapeuta crea­ tivo è capace di mantenere una risonanza empatica e una sincronizzazio­ ne dell'emisfero destro interpersonale con la disregolazione del pazien80

li ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [I] . .

te. Si noti in questo momento che il terapeuta connesso emotivamente rimane nel profondo del sistema limbico (amigdaloide) a destra e non si sta spostando a sinistra in maniera difensiva. Spezzano descrive que­ sto contesto terapeutico: Il [terapeuta] è [ ...] limitato nella sua abilità di far uso delle comunica­ zioni affettive inconsce del paziente dalla sua capacità di trattenerle all'in­ terno - di trattenere specialmente quei particolari mix di affetti distur­ banti che il paziente è forzato a proiettare, mettere in atto o che causano frammentazione e trattenerli abbastanza a lungo da essere in grado di identificarli, pensarli e dire qualcosa di utile sulla base di questi - piutto­ sto che semplicemente rimandarle all'indietro proiettandole fra le linee di una interpretazione di resistenza, o rifiutandole in una forma di cecità prolungata oppure ripetendole in enactment. (Spezzano, 1993, p. 212) La fonte diadica della regressione reciproca terapeutica dell'e­ nactment è stata l'allineamento inconscio delle difese dissociative sia del paziente sia del clinico per tenere l'esperienza delle forti emozioni negative disregolate al di fuori della relazione terapeutica. La risoluzio­ ne dell'enactment coinvolge perciò ogni membro riducendo la difesa bloccante dell'affetto, esponendo contemporaneamente la vergogna e la vulnerabilità dell'emisfero destro in entrambi i membri della diade. Riprendendo l'osservazione di Reik, "Quando la coscienza razionale lascia spazio al processo primario, può sembrare come se 'il terreno' minacci di 'scivolare via"'. Bromberg ha descritto la soggettività del terapeuta quando diventa consapevole dell'atteggiamento difensivo e dei limiti del suo emisfero sinistro all'interno di un movimento di rot­ tura e riparazione stressante in un enactment reciproco, per cui "si ar­ rende", e alla fine condivide questa rivelazione di sé (sel/-disclosure) con il paziente: Sentivo la testa girare. Tutto ciò che mi veniva in mente l'ho buttato via, perché sentivo il mio atteggiamento difensivo e volevo nasconderlo sia a me stesso sia al (paziente) [ ... ] [vergogna autocosciente]. Cosa fare? Era chiaro che non avevo più niente. Non c'era niente che potesse "fun­ zionare" meglio. Il problema ero io, non le mie idee. Quindi ho smesso di cercare. Stranamente, non mi sono sentito così male ad a"endermi. E ancora più stranamente, è stato in quel momento che ho potuto sentire un'opzione che non avevo sentito precedentemente: potevo condividere la mia esperienza di quello che stava succedendo nella mia mente. Po­ tevo condividerlo proprio perché volevo che lei lo sapesse, non perché si presumeva portasse da qualche parte. E così ho fatto; ho condiviso la mia "riformulazione" e ho anche condiviso i miei sentimenti riguardo 81

Plicoterapia con l'emisfero destro

a essa - la mia consapevolezza personale. (Bromberg, 2017, p. 30, cor­ sivo aggiunto) Bromberg ha riflettuto sul fatto che ha smesso di cercare perché non aveva più idee allo scopo di, semplicemente, "trovare un modo per sta­ re con il paziente".

La neurobiologia e la psicoanalisi possono offrire approfondimenti di questo processo. Heilman, Nadeau e Beversdorf hanno affermato: "Un possibile metodo per risolvere un problema precedentemente irri­ solto consiste nel vedere il problema 'sotto una nuova luce'[...] usare una forma differente di conoscenza e una strategia cognitiva differente che potrebbe essere mediata dall'emisfero che è opposto a quello pre­ cedentemente usato" (2003, p. 374). In altre parole, in questi momenti critici, allo scopo di elaborare qualcosa di nuovo, è necessario sposta· re la dominanza e accedere all'altro emisfero. Lo spostamento creativo topografico emisfero sinistro-emisfero destro del clinico in una rivela­ zione del sé "autentica" è descritto da Lichtenberg come un "coinvol­ gimento spontaneo disciplinato": "'Spontaneo' si riferisce ai commenti inaspettati, ai gesti, alle espressioni facciali e alle azioni [del terapeuta] che avvengono come risultato di una reazione emotiva più forte non soppressa. Queste comunicazioni sembrano più saltar fuori che essere state pianificate o revisionate. Il [terapeuta] può essere sorpreso quan­ to il paziente" (2001, p. 445). Reik (1948) ha postulato che, quando il materiale inconscio diventa conscio, emerge in una forma di "sorpresa" (un momento di intuizione di regressione). Bromberg (2006) ha sottoli­ neato il ruolo critico delle "sorprese sicure" negli enactment. Nella negoziazione di uno spontaneo enactment vis à visco-regolato, la creatività del terapeuta è espressa in una genuina comunicazione in­ terpersonale nuova emisfero destro-emisfero destro che è immediata· mente percepita dall'emisfero destro ricettivo del paziente, contribuen­ do in questo modo a "un'atmosfera di sicurezza". Creatività e apertura (come l'emozione) sono espresse sul lato sinistro del viso (Lindell, 2010) e, quindi, il paziente implicitamente legge l'autenticità (una risposta "umana") sul lato sinistro del viso del clinico (e nell'aspetto emotivo musicale prosodico della sua voce). A sua volta, il passaggio di stato istantaneo dell'emisfero destro del paziente da pericolo implicito a si­ curezza implicita è anch'esso espresso sul lato sinistro del viso del pa­ ziente (sincronizzazione fra emisferi destri). Questa sincronizzazione è alla base dell'improvvisazione di entrambe le parti dell'alleanza. Wan, Cruts e Jensen (2014) hanno osservato una modalità di "lasciar andare"

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Il ruolo delle regressioni reàproche come promotnà di crescita [I] ..

nella improvvisazione della musica, "un comportamento creativo istan­ taneo", uno spostamento da un'espressione "meccanica" di una "tecni­ ca" a una "modalità emotivamente più ricca". Nei classici scritti psicoterapeutici, Carl Rogers ha enfatizzato l'im­ portanza della congruenza emotiva del terapeuta autentico come un fat­ tore curativo fondamentale nel cambiamento psicoterapeutico: Si è evidenziato che il cambiamento personale è facilitato quando lo psi­ coterapeuta è quello che è, quando nella sua relazione con il cliente è ge­ nuino e senza "facciata" o senza atteggiamenti precostituiti, rimanendo aperto ai sentimenti e agli atteggiamenti che in quel momento scorrono in lui. Abbiamo coniato il termine "congruenza" per cercare di descri­ vere questa condizione. Con questo intendiamo che i sentimenti che il terapeuta sta esperendo sono a lui disponibili, disponibili alla sua con­ sapevolezza e che è in grado di vivere questi sentimenti, di essere quei sentimenti e di comunicarli se è il caso[ ... ] più il terapeuta è in grado di ascoltare in modo accettante ciò che è al suo interno, più è disponibile a rappresentare la complessità dei suoi sentimenti, senza paura, maggiore è il grado di congruenza. (Rogers, 1958, p. 61) Levenson ha descritto gli aspetti emotivi di questo panorama tera­ peutico condiviso: La terapia autentica comincia con l'ammettere il caos, procedendo con fatica, non avendo timore degli errori, in ascolto del feedback e delinean­ do gli schemi di interazione man mano che emergono dall'esperienza re­ ciproca. Un sentimento di intimità, un senso di impegno personale in­ tenso, può emergere nei momenti più spiacevoli o tempestosi. Si rischia la propria identità in ogni vera terapia. Questa è una base sufficiente per una relazione autentica. (Levenson, 197 4, pp. 368-369) Kantrowitz ha osservato che quando entrambi i membri della diade terapeutica sono in grado di superare la resistenza al coinvolgimento, avviene un intenso coinvolgimento affettivo: "Quando paziente e [tera­ peuta] sono affettivamente impegnati, quando il paziente è giunto a fi­ darsi della benevolenza di base dell'analista e quando in questo contesto il paziente si sente abbastanza sicuro da diminuire le difese, la modifica dell'organizzazione intrapsichica diventa possibile" ( 1999, p. 69). Que­ sto coinvolgimento emotivo intenso è accompagnato da un disimpegno reciproco di entrambe le loro difese dissociative che inibiscono l'affet­ to. Whitehead ha sottolineato un principio terapeutico essenziale di ela­ borazione congiunta degli affetti inconsci in un enactment reciproco: 83

Psicoterapia con l'emisfero destro

Ogni volta che entriamo in contatto terapeutico con i nostri pazienti, ci stiamo impegnando in processi profondi che sfruttano le forze di vita es­ senziali in noi stessi e in coloro con cui lavoriamo. [ ... ] Le emozioni sono

aumentate in intensità e sono eventualmente sostenute nel tempo quando sono condivise intersoggettivamente. Questo avviene nei momenti di con­

tatto profondo. (Whitehead, 2006, p. 624, corsivo aggiunto)

Le regressioni reciproche regolate interattivamente co-creano questo contesto di contatto profondo. In questo modo, gli eventi soverchianti diventano meno traumatici una volta che si possono esprimere e comu­ nicare le reazioni emotive a essi. Il contesto intersoggettivo della regressione reciproca di un enactment creativo spontaneo fornisce non solo una comunicazione affettiva implicita dell'emisfero destro autorivelante, ma anche una re­ golazione interattiva dell'emisfero destro di uno stato di arousal af­ fettivo intenso disregolato, il nucleo della dinamica di attaccamento. Pertanto, quello che precedentemente era un soverchiante affetto do­ loroso inconscio, insopportabile e non condivisibile, è ora vissuto co­ scientemente da entrambi e può essere condiviso, regolato interattiva­ mente, riparato in modo relazionale e, quindi, sopportabile. Come ha scritto Bromberg:

Una dimensione centrale nell'utilizzo terapeutico dell'enactment è l'au­ mento della competenza nella regolazione degli stati affettivi. Incremen­ tare questa competenza richiede alla relazione analitica di diventare un luogo che sostiene, simultaneamente, rischio e sicurezza - una relazione che consenta il rivivere doloroso del trauma precoce, senza che questo diventi solo una cieca ripetizione del passato [. .. ]; mi riferisco alla comu­ nicazione, da parte dell'analista, di un continuo interesse per la sicurezza affettiva del paziente e dell'impegno verso l'importanza dell'inevitabile rivivere doloroso. (Bromberg, 2011, pp. 16-17)

Questo modello clinico rispecchia il mio lavoro sulla teoria della regolazione (2012) in cui affermo che un enactment spontaneo può o ripetere ciecamente una relazione oggettuale patologica attraverso la deviazione del terapeuta di stati negativi proiettati e l'intensificazione della disregolazione interattiva e dei processi difensivi, oppure fornire creativamente una nuova esperienza relazionale attraverso l'autorego­ lazione del terapeuta di stati negativi proiettati e la co-partecipazione nella riparazione interattiva. Si noti l'allusione all'innescarsi nel clinico di una regressione patologica disregolante iatrogena o di una regressio­ ne adattiva regolata.

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Il ruolo delle regremoni reciproche come promotrici di crescita [I) ...

PSICODINAMICA INCONSCIA DIADICA DI UNA REGRESSIONE RECIPROCA ADATTIVA

Un meccanismo psicopatogenico chiave del trauma relazionale pre­ coce non è solo la frequenza, la durata e la profondità delle rotture dolorose della relazione di attaccamento in via di sviluppo, ma anche la mancanza della riparazione relazionale con i caregiver. Codificata nel modello operativo c'è un'aspettativa implicita che l'altro intrusivo/ abbandonante non regolerà, ma disregolerà il sé emergente. Se una stres­ sante rottura reciprocamente disregolante dell'alleanza terapeutica è un motore primario di un re-enactment regressivo, allora la riparazione re­ ciproca del legame emotivo dell'emisfero destro fra il paziente e il tera­ peuta è un meccanismo centrale della risoluzione dell'enactment reci­ proco e della progressione del trattamento. Il meccanismo relazionale di rottura e riparazione all'interno di un enactment reciproco regolato in modo interattivo, che genera un'amplificazione dell'ossitocina e una riduzione del cortisolo nella diade terapeutica, può alterare l'atteggia­ mento difensivo e portare affetti e motivazioni rimossi nella coscienza in entrambe le parti dell'alleanza, cosicché possono essere usati per ne­ goziare la riparazione reciproca di una relazione stressata in modi nuovi e creativi. La risoluzione della regressione reciproca incorporata nell'e­ nactment non è un insight cognitivo, ma un'esperienza emotiva corret­ tiva carica di affetto e una negoziazione intersoggettiva. Le regressioni adattive creative all'interno degli enactment spontanei reciproci rappre­ sentano, quindi, un contesto intersoggettivo ottimale dei meccanismi di cambiamento terapeutico implicito. In un importante contributo sui dialoghi intersoggettivi all'interno degli enactment, Lyons-Ruth ha osservato che gli enactment rappresen­ tano importanti opportunità di ottenere una comprensione chiara delle motivazioni inconsce e dei significati che non sono stati precedentemen­ te riconosciuti o articolati dal paziente. Questo lavoro terapeutico "è sempre coinvolto contemporaneamente nella creazione del nuovo e nel­ la revisione del vecchio" (1999, p. 608). La terapia implica sia "i processi incrementali lenti" sia "l'improvviso emergere di nuove forme di orga­ nizzazione", inclusa una riorganizzazione dell"'inconscio procedurale implicito". L'autrice descrive il lento processo idiosincratico come un lungo periodo di incontri intersoggettivi fra paziente e analista che hanno accresciuto la complessità e l'organizzazione del[ ... ] campo intersog­ gettivo [ ... ]. Creare lentamente nuove procedure relazionali implicite è

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Psicoterapia con l'emisfero destro

il lavoro che porta a strutture comportamentali e mentali stabilizzanti e in competizione. Vista da una prospettiva dei sistemi di organizzazione del sé, mentre emerge sempre di più un'organizzazione nuova articola­ ta in competizione con la precedente, la vecchia organizzazione [di au­ toregolazione] è destabilizzata, con un crescente senso soggettivo di un flusso di disordine creativo e interno. [ ... ] Non appena questo stato di instabilità e flusso interno è raggiunto, tuttavia, le cognizioni riorganiz­ zanti potrebbero anche avvenire attraverso una serie emotivamente im­ portante di transazioni con l'analista, come suggerito in senso lato dal termine esperienza emozionale correttiva, o attraverso una transazio­ ne carica di affetti fra i due partecipanti, quando l'analista è in qualche modo forzato al di fuori del suo ruolo, come descritto sotto la categoria dell'enactment. (Ibidem, p. 609)

In aggiunta Lyons-Ruth nota che la comparsa di queste nuove pro­ cedure relazionali implicite non riguarda semplicemente l'esprimere le motivazioni inconsce o le procedure implicite in parole, ma nuove for­ me di organizzazione che compaiono come forme mai esperite di "es­ sere con gli altri". Qui descrivo un caso che dimostra i principi clinici sopra delinea­ ti. Il seguente è un efficace momento di un caso clinico di un reciproco enactment di iperarousal di uno stato del sé dissociato associato con ag· gressività non regolata e psicopatologia esternalizzante. Ricordo al letto· re che altre regressioni reciproche sono espresse in una differente cate· goria di stati del sé dissociati che sono associati con reciproci enactment di ipoarousal di una precoce perdita relazionale intensamente dolorosa, come nelle dinamiche di depressione precoci e di psicopatologia inter· nalizzante (Schore, 2012). Detto questo, in tutti i re-enactment adattivi del trauma da attaccamento la regressione reciproca è innescata da un rilascio sincronizzato di inibizione difensiva sia nel paziente sia nel te­ rapeuta, facilitando l'accesso di forti affetti disregolati e dissociati alla coscienza, una reciproca "dissoluzione" jacksoniana, una "prevalenza del livello più alto" e "allo stesso tempo un lasciare andare del più bas­ so o della sua espressione". Un meccanismo essenziale di questa descri­ zione dell'azione terapeutica è perciò la neuroplascicità sincronizzata dei sistemi di difesa del paziente e del clinico. Bisogna ascoltare con la propria mente clinica, visualizzare le interazioni intersoggettive, ascol­ tare il tono emotivo delle voci e percepire l'affetto basato sul corpo nei momenti più carichi di affetto. Questo momento di un caso clinico è documentato dallo psicoanalista junghiano Donald Kalsched (2015, pp. 487-489). Come nella maggior par86

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita (I] ..

te degli enactment e in coerenza con il modello di Lyons-Ruth, la seduta ha avuto luogo alcuni anni dopo l'inizio del trattamento e dopo aver creato un'alleanza terapeutica ben consolidata. Il paziente, un uomo di 110 chili e alto 1 metro e 88 centimetri, continuava a riportare casi della sua rabbia al volante nonostante un loro lavoro terapeutico efficace. Il paziente aveva sofferto di traumi relazionali infantili con umiliazione, vergogna e impo­ tenza, tanto che qualsiasi frustrazione innescava una rabbia tirannica come difesa per mascherare le sue insopportabili vulnerabilità. Kalsched ripor­ ta un momento della terapia con l'elaborazione di un mutuo enactment spontaneo e una regressione emotiva che è awenuta in un momento di crisi del trattamento di un paziente difficile con "difese primarie". Mike è entrato e ha sprezzantemente confessato (e con un ghigno col­ pevole sul volto) l'ennesimo incidente di collera al volante in cui aveva effettivamente tamponato uno alto la metà di lui. Era di nuovo comple­ tamente fuori di sé, e io non riuscivo a trovare alcun rimpianto - nessuna colpa o rimorso in lui, solo l'aumentato iperarousal di questa modalità di violenza ripetitiva. Percependo il mio disagio, il paziente ha cambiato ar­ gomento spostando l'attenzione verso questioni "urgenti" riguardo a sua moglie. Ero irrequieto, mentre cercavo di ascoltare con quella vecchia sensazione familiare di collera impotente. Il pensiero che lui fosse uno psicopatico ha attraversato la mia mente - che semplicemente lui fosse troppo danneggiato per la psicoterapia ecc. Tornando in me, ho sugge­ rito che stesse evitando la cosa più importante di cui dovevamo discute­ re e gli ho chiesto cosa stesse provando. "Riguardo a cosa?" ha chiesto con irritazione. A quel punto è scattato in me qualcosa e ho perso la te­ sta - per lo meno la mia mente analitica. Da qualche parte da un luogo lontano interiore, ho sentito me stesso dirgli (chiedo scusa a coloro di voi che possono sentirsi offesi dal linguaggio): "Senti, stai minacciando tutto quello che hai creato nella tua vita - la professione, la famiglia, la relazio­ ne con tua moglie, i ragazzi, la relazione con me e quella nuova amicizia con quel bambino dentro di te - tutto per l'eccitazione temporanea del­ le tue piccole sfuriate di rabbia del cavolo. Pensi che ti stai vendicando o stai applicando una qualche forma di giustizia malata, ma il fatto è che stai semplicemente assecondando te stesso come un bambino di 2 anni. Sei solo emotivamente senza controllo! Questo è il tuo problema. Non ce la fai! Quando cazzo imparerai a contenerti?". [Silenzio] "Vaffanculo!" disse, girando la testa dall'altra parte furioso. "Me ne vado!" E si alzò barcollando dalla sua sedia, sbatté la porta dietro di lui e si chiuse in bagno dall'altra parte della sala d'attesa. (Fortunatamente non c'erano altri pazienti in attesa.) Sono rimasto seduto per un momen­ to in un silenzio sbigottito, poi l'ho seguito, restando fuori dalla porta 87

Psicoterapia con l'emisfero destro

del bagno chiusa a chiave e ho aggiunto: "Mike, mi dispiace moltissimo. Non meritavi questo scoppio di rabbia da parte mia. Non è stato di certo meglio dei tuoi scoppi di rabbia in autostrada! Non lasciamo che questo distrugga la nostra connessione. Fammi entrare così possiamo elaborare questo insieme. Abbiamo troppe cose da fare. Ci sono troppe cose im­ portanti in ballo". Ho sentito la porta sbloccarsi dall'interno. Sono entrato. Era sedu­ to sul coperchio del gabinetto, con la testa tra le mani. Mi sono seduto sulla vasca e ho messo la mia mano sulla sua spalla. Passarono alcuni mi­ nuti e finalmente entrambi ritornammo in noi. Poi notai che gli occhi di Mike cominciavano a riempirsi di lacrime. Ho aspettato che lui dicesse qualcosa, ma non arrivò niente. "Cosa stai provando?" chiesi. Alzò lo sguardo su di me e vide le lacrime anche nei miei occhi. "Non so" dis­ se, "triste[ ...] riguardo a mio padre, immagino." Poi Mike cominciò davvero a singhiozzare: "Nessuno si è mai preso cura di me! Ho dovuto prendermi cura di me sempre da solo[... ]. Chiedevo sempre aiuto attra­ verso i miei cattivi comportamenti, ma nessuno Io capiva[. ..]. Sei reati prima che avessi 18 anni e mio padre non ne parlò mai con me! Tutto quello che potevano fare era farmi apparire cattivo. Tu non mi stai fa­ cendo apparire cattivo". "Tu non mi stai facendo apparire cattivo." Improvvisamente ho senù­ to un enorme sollievo e gratitudine dentro il petto - sollievo perché nella mia testa "l'avevo visto cattivo" realmente e mi ero sentito malissimo per questo. Lo avevo realmente odiato per un momento e questo non Io aveva distrutto. E non aveva distrutto noi due. Sia l'amore sia l'odio, sia il bene sia il male erano tenuti insieme in questo momento per ognuno di noi, ma l'amore era più forte e, quindi, la relazione era sia preservata sia resa più profonda. Mike prese la mia mano e rimanemmo seduti semplicemente guardandoci in questo bel momento di lacrime. Era come il balsamo di Gilead - la guarigione e la riconciliazione riversate su entrambi. Il trau­ ma veniva ripetuto, agito, ma riparato, proprio lì nella sessione[...] il bambino e il protettore assassino (in entrambi) presenti e che si stavano conoscendo meglio. (Kalsched, 2015, pp. 487-489)

Si noti la creativa rottura e riparazione di Kalsched: la regressione reciproca sincronizzata, la sincronizzazione dello stato, le autentiche rivelazioni del sé e la regolazione interattiva. L'autore ha affermato che prima dell'enactment, "sapendo che la rabbia esplosiva era una difesa contro la vergogna e l'umiliazione sperimentata durante l'infanzia[. .. ] ho cercato ripetutamente di aiutare questi due stati del sé dissociati a tornare insieme". Tuttavia, questo approccio non è servito a nulla. Al contrario, nella regressione reciproca e nella riparazione interattiva dell' enactment diadico, la dinamica dissociata al di sotto dell'aggressi­ vità cosciente, uno stato "non-me" di vergogna insopportabile e impo88

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita {Il.

tenza ha potuto riaffiorare alla consapevolezza e ha potuto essere co­ municato a un altro in una relazione significativa (con un aumento dei livelli superiori e un abbandono di quelli inferiori). Kalsched ha proposto che in questo caso il trauma relazionale delle emozioni non condivise di umiliazione, vergogna e impotenza con il pa­ dre fosse troppo doloroso da ricordare per il paziente e, quindi, veniva ripetuto e reiterato ed era stato messo in atto nella relazione terapeuti­ ca. Alla luce del trauma relazionale con entrambi i genitori, suggerisco che la fonte di vergogna derivi dalla vergogna materna e dall'umiliazio­ ne paterna nel secondo e terzo anno di vita, in un secondo momento, mentre la fonte dell'impotenza ha origine precedentemente nel primo anno di vita a causa di una madre insicura, trascurante e disorganizza­ ta. Nonostante Kalsched non fornisca una storia del primo anno di vi­ ta, descrive i ricordi del paziente, di quando era bambino a un anno e mezzo/due, quando veniva portato in macchina in uno stato altamente disregolato in un orfanotrofio, dove la madre e il padre lo minacciavano di abbandonarlo. In quelle occasioni avrebbe avuto scoppi d'ira incon­ solabili per i quali si vergognava, urlando fino a che non poteva respira­ re e poi perdendo i sensi e diventando insensibile (cioè dissociandosi). Nella dissociazione reciproca che precede l'enactment della vergo­ gna, il terapeuta non poteva coscientemente tollerare il proprio odio dissociato (rabbia impotente) e il disprezzo per il suo paziente, che so­ no esplosi in una rivelazione del sé creativa, spontanea e autentica del­ la regressione. Kalsched ha osservato: "Fortunatamente non ho disso­ ciato a lungo il mio odio. Una volta messo in atto, ho potuto gestirlo e questo ha reso le mie scuse possibili. Questo è stato l'inizio di una ne­ goziazione verso un esito differente". Va notato che la vergogna e l'im­ potenza inconsce dell'emisfero destro del paziente dissociato si trovano al di sotto dell'aggressività violenta (vs difensiva) conscia dell'emisfero sinistro. La crescita emotiva della regressione reciproca permette l'in­ tegrazione di questi stati del sé dissociati di impotenza, vergogna e ag­ gressività in un sentimento cosciente misto di vergogna e rimorso rela­ tivo alla sua aggressiva collera al volante. Kalsched ha notato che poco dopo l'enactment c'erano stati "un importantissimo spostamento nel nostro lavoro insieme" e una fondamentale integrazione nella psiche del paziente. L'enactment negoziato della regressione reciproca ha con­ dotto a un improvviso cambiamento nella natura della loro relazione, un nuovo modo di "essere con" un altro in una relazione significativa. Il sistema emisfero destro-emisfero destro sincronizzato diventa ora più complesso, più intimo. 89

Psicoterapia con l'emisfero destro

Kalsched ha descritto così l'enactment: Veniamo tirati dentro. Invece di rimanere seduti al di fuori del processo e fornire informazioni o interpretare difese, ci troveremo a partecipare a ripetute rotture e, si spera, riparazioni delle nostre connessioni con il paziente, mentre pezzi dissociati dell'esperienza del paziente vengono saldati insieme. [ ... ] La comunicazione non è lineare e razionale (media­ ta dall'emisfero sinistro del cervello), ma è non verbale ed esperienziale (mediata dall'emisfero destro). Allan Schore la chiama "comunicazione emisfero destro-emisfero destro". (Ibidem, pp. 485-486) Infatti, Kalsched ha citato il mio lavoro sull'enactment: Quando le sue ferite vengono colpite, può un terapeuta regolare le pro­ prie emozioni di base corporea e le dinamiche della vergogna abbastan­ za da poter rimanere connesso con il paziente? Può il terapeuta tollerare quello che sta succedendo nel proprio corpo quando rispecchia il terrore, la rabbia e l'iperarousal fisiologico del paziente? [. .. ] In questo consiste l'arte della psicoterapia [Schore in Sieff, 2015, p. 132]. (Ibidem, p. 490) La regressione reciproca del sopracitato enactment chiaramente ha riattivato l'aggressività in entrambe le parti della diade e, quindi, un con­ fronto terapeutico. Negli scritti classici, Welpton ha descritto il "con­ fronto empatico" del clinico autoriflessivo all'interno di una rottura della relazione terapeutica: "Il confronto empatico" è "basato sull'affrontare me stesso e il paziente con un'esperienza vivida, qui e ora, reciprocamente condivisa che si è ve­ rificata fra noi in terapia. Mi sto anche confrontando con me stesso. Sto mettendo me stesso in gioco rispetto alla nostra relazione reciproca. [ ... ] Devo esaminare cosa ho pensato e sentito al riguardo mentre contengo il paziente." Se il confronto è riuscito, trovo che approfondisce la mia empatia per loro e per come sono diventati quello che sono[ ... ] questa è l'esperienza di prima mano di nuove modalità di essere con il terapeuta che facilita il cambiamento. (Welpton, 1973, pp. 261-262) Nel mio libro del 2012 ho descritto in dettaglio il contributo essen· ziale di momenti affettivi intensi delle regressioni reciproche incorpo· rate negli enactment terapeutici al fine di creare nel paziente nuove modalità di essere con se stesso e con l'altro. Queste esperienze emo­ tive correttive dell'emisfero destro non lineare rappresentano processi essenziali nel meccanismo di cambiamento terapeutico. Nel capitolo ho citato Hayes e colleghi rispetto alla distinzione del cambiamento li90

Il r11olo delle regressioni reczproche come promotrici di crescita [I] ..

neare, graduale e lento da un cambiamento non lineare rapido in psi­ coterapia:

Nonostante il cambiamento possa avvenire in modo lineare e graduale, vi sono numerose prove nelle varie discipline che possa anche accadere in modalità discontinue e non lineari. Quest'ultimo tipo di cambiamento è spesso preceduto da un aumento nella variabilità e da una destabilizza­ zione, o allentamento, dei vecchi schemi, che può essere seguita da una riorganizzazione del sistema. Nella crescita post-traumatica, nei passaggi della vita e nella psicoterapia, la destabilizzazione spesso avviene nel con­ testo dell' arousal emotivo che, quando accompagnato dall'elaborazione delle emozioni e dalla creazione di significato, sembra portare a migliori risultati. (Hayes, Laurenceau, Feldman, 2007, p. 721) Ho poi concluso che la descrizione di Hayes del processo di cambia­ mento discontinuo e non lineare si applica direttamente agli enactment che compaiono nella psicoterapia del paziente con una storia di trauma da attaccamento e dissociazione patologica. In una successiva elaborazione di questo fondamentale meccanismo non lineare di cambiamento psicoterapeutico, le regressioni reciproche adattive affettivamente cariche rappresentano una destabilizzazione o un allentamento di vecchi schemi che possono essere seguiti da una riorga­ nizzazione del sistema. Si ricordi la descrizione di Tuttman (2002) della regressione come il ritorno ai fondamenti e alle origini che potrebbero fa­ cilitare una potenziale riorganizzazione portando a una migliore integra­ zione. Ora suggerisco che ogni cambiamento profondo nella personalità di base deve implicare un lavoro clinico che non solo "allenti" le difese, ma anche alteri in modo adattivo la struttura e la funzione delle difese caratteriali inconsce della dissociazione e rimozione. Questi cambiamenti strutturali/funzionali di una regressione reciproca adattiva permettono una nuova fase in terapia. Funzioni relazionali intime dell'emisfero destro più complesse sono ora disponibili alla diade per una esplorazione con­ giunta. Questo importante progresso maturativo della struttura psichica del paziente, che emerge dagli enactment reciproci regolati, non è solo un allentamento dell'uso da parte del paziente della dissociazione difen­ siva, ma anche lo sviluppo di funzioni cognitive più complesse, vale a dire l'emergente abilità adattiva di tollerare il conflitto, la capacità di accede­ re e tollerare nello stesso momento due stati del sé discrepanti, in modo da superare le difese splitting e gli stati del sé reciprocamente dissociati. Un meccanismo chiave del cambiamento terapeutico sottostante a una risoluzione adattiva di un enactment spontaneo è l'abilità creativa 91

Psicoterapia con l'emisfero destro

del terapeuta di entrare rapidamente e implicitamente e rimanere sincro­ nizzato con la regressione del paziente nell'emisfero destro, di co-parte­ cipare alla regressione reciproca. Come ha dimostrato precedentemen­ te Bromberg, durante un enactment reciproco adattivo il cambiamento di dominanza emisferica del terapeuta da emisfero sinistro a emisfero destro e la riduzione dell'atteggiamento difensivo permettono la rice­ zione empatica dello stato affettivo dissociato del paziente, comunicato non verbalmente, da emisfero destro a emisfero destro. Questo cambia­ mento calloso, un "lasciare andare", un "arrendersi" alla regressione, è fondamentale per la partecipazione alle regressioni reciproche degli enactment clinici. All'interno di questo contesto intersoggettivo di stress relazionale, il terapeuta attiva spontaneamente uno spostamento topo­ grafico dal controllo emisferico sinistro all'incertezza e alla vulnerabilità emisferica destra, soggettivamente vissuta "come se il 'terreno' minacci di 'scivolare via"'. Secondo Erich Fromm, "la creatività richiede corag­ gio per lasciar andare le certezze". Complessivamente, il principio terapeutico neurobiologico interper­ sonale generale di lavoro con il trauma relazionale, in un enactment re­ ciproco e proprio con qualsiasi disturbo della regolazione affettiva, im­ pone che il terapeuta empatico psicobiologicamente sintonizzato faciliti il paziente nel rivivere gli affetti soverchianti in dosi di affetto sempre più tollerabili e regolate nel contesto di un ambiente sicuro, cosicché i sentimenti traumatici irrefrenabili possano essere regolati, diventare coscienti ed essere integrati in modo adattivo nella vita emotiva del pa­ ziente. In questo modo, le regressioni reciproche spontanee, interatti­ vamente regolate e adattive, all'interno dei re-enactment sincronizzati, "generano processi interni, così come interpersonali, che alla fine po­ tranno promuovere integrazione e crescita" ( Ginot, 2007, p. 317). Ann Ulanov ha fornito una suggestiva visione di insieme delle regres­ sioni reciproche del trauma da attaccamento precoce nella "psicotera­ pia del profondo":

Attraverso [ ...] questa consulenza[ ... ] possiamo sperimentare il conte­ nimento sicuro che ci permette di guardare nei vuoti della dissociazione fra corpi e menti, nel terrore del terreno che si sgretola sotto di noi, nei momenti di irrealtà quando sentiamo la nostra unicità come persone va­ cillare. Guardando dentro questi vuoti, possiamo iniziare lentamente e attentamente a ricucire quello che era spezzato[ ... ] dobbiamo dipen­ dere da qualcuno che ci tiene insieme mentre noi insieme ricuciamo le parti spezzate. Per riparare la sensazione di disperazione del bambino i cui bisogni non sono soddisfatti e il senso di appartenenza non realiz-

92

li ruolo delle regreuioni reetproche come promotrici di crescita {IJ ..

zato, dobbiamo dipendere da qualcuno nel presente, mentre noi ricor­ diamo le nostre fratture. Questo è, nella frase di Winnicott, il crollo che è già awenuto, che possiamo ora permetterci che diventi conscio e che si unisca al resto della nostra personalità. Ma abbiamo bisogno di qual­ cuno presente, che contenga la situazione, mentre noi ci sottopo_niamo alla regressione, il viaggio all'indietro dove siamo andati in pezzi. E la di­ pendenza che ci scorta nel vuoto, che ci fa toccare il fondo del vuoto ed è il vuoto che ci apre al nostro dipendere dall'altro. Abbiamo paura che nessuno sarà lì a chiamare il nostro nome, che saremo soli a conoscere ciò che stiamo attraversando. Questa regressione costa tempo, denaro, enorme energia e coraggio se affrontata in terapia. (Ulanov, 2001, p. 60)

93

Figura 1.1 Sincronizzazione tra cervelli lateralizzata a destra di una comunicazione spontanea non verbale. (Adattato con permesso da Dumas, "Towards a two-body neuroscience" (2011]. © 2011 Landes Bioscience.)

5.00 8.75 12.5 16.2 20.0

Localizzazione del funzionamento Cornice di riferimento: regioni del cervello

Connettività funzionale Cornice di riferimento: singoli cervelli

Connettività fra cervelli Cornice di riferimento: più cervelli Figura 1.2 Neuroimaging funzionale: evoluzione della cornice di riferimento (Ray, Roy, Sin· dhu et al., 2017. A. Nei primi anni, l'unico focus delle tecniche di neuroimaging funzionale (fMR1) era localizzare le funzioni cerebrali di regioni particolari. B. Il primo cambiamento di paradigma ha avuto luogo con la validazione sperimentale dell'in· tegrazione funzionale su zone distinte del cervello, utilizzando misure di connettività funzionale (risonanza magnetica. elettroencefalogramma ecc.) e cambiamenti della cornice di riferimento al cervello nella sua totalità. (Adattato da Hong, Zalesky, Cocchi et al., "Decreased functional brain connectivity in adolescents with internet addiction". © 2013.) C. Le tecniche di valutazione della connettività funzionale tra un cervello e un altro richiedo­ no un secondo cambiamento di paradigma da una cornice di riferimento basata su un singolo cervello a una cornice di riferimento basata su più cervelli. (Adattato con permesso da Dumas. "Towards a two-body neuroscience". © 2011, Landes Bioscience .)

PRECONSCIO Memoria accessibile Conoscenza relazionale implicita verbale e modelli operativi interni

INCONSCIO PROFONDO Memoria implicita-procedurale Trauma emozionale dissociativo Inconscio collettivo delle specie Istinti e pulsioni evolutive

Figura 3.2 Aggiornamento rivisto della metafora dell'iceberg di Freud.

t

Zona di arousal emotivo moderato in cui possiamo tollerare le nostre emozioni

Figura 7. 1 Adattamento di Daniela Sieff ("On the same wave-length: How our emotional brain is shaped by human relationships"). Intervista di Daniela Sieff. Understanding and Hea­ ling Emotional Trauma: Conversations with Pioneering Clinicians and Researchers. Routledge, London 2015.

4 Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita nella psicoterapia del profondo: seconda parte

DIFESE AFFETTIVE: DISSOCIAZIONE VS RIMOZIONE Nel capitolo precedente, ho discusso il ruolo della difesa della disso­ ciazione nelle regressioni multiple sincronizzate degli enactment spon­ tanei, ma prima che io elabori un modello di lavoro con l'affetto rimosso in regressioni reciproche volontarie, offrirò una più ampia discussio­ ne dell'unicità degli aspetti funzionali e strutturali di questi sistemi di difesa duale. Nonostante le strutture affettive neurobiologiche e le fun­ zioni emotive siano a oggi ben studiate, un'area del campo clinico con­ tinua ad attrarre un'attenzione significativamente minore sia da parte dei clinici sia da parte dei ricercatori, ovvero i sistemi inconsci difen­ sivi dell'affetto. L'incisiva osservazione di Miller del 1985 vale ancora; sebbene "la superficie del sentimento di cui facciamo esperienza - nel caso del nostro sentire - o che sentiamo nelle verbalizzazioni altrui, re­ sta sempre riccamente comunicativa [. .. ]l'esperienza diretta del sen­ tire può riuscire a oscurare totalmente il suo aspetto difensivo a meno che non si segua una teoria psicologica che indichi la strada verso quei regni nascosti" (p. 8). Ciò detto, i costrutti delle difese inconsce, come la regressione, hanno una storia controversa sia nella letteratura clinica sia nella ricerca. Una grande parte della ricerca neurobiologica ora conferma che un forte affetto è generato nell'emisfero destro, mentre un affetto da lieve a moderato si origina nell'emisfero sinistro (vedi Schore, 2012). Nel cor­ so della vita, l'esperienza corporea soggettiva di un affetto fortemente negativo può essere dolorosa, disorganizzante e persino soverchiante e intollerabile. Ciò significa che in questi momenti della vita caratterizzati da affetti intensi, la mente conscia di base sinistra sarà esposta a un forte 95

Psicoterapia con l'emisfero destro

arousai emotivo e a intensi stati affettivi, così come alle difese consce, e in particolare a quelle inconsce, associate a questi intensi stati emo­ tivi. Operando a livelli al di sotto della consapevolezza conscia, la difesa

passiva della dissociazione e la difesa attiva della rimozione sono poten­ zialmente partecipanti principali alla resistenza inconscia del paziente al cambiamento psicoterapeutico e, quindi, hanno un impatto intrapsichico considerevole sui processi che stanno alla base della riparazione psicote­ rapeutica del sé.

Negli scritti neuropsicologici classici sull'emisfero destro e l'incon­ scio, Joseph ha affermato:

Proprio come abbiamo una mente conscia e una inconscia, così come un emisfero destro e uno sinistro, abbiamo anche due immagini del sé. Una è mantenuta consapevolmente, l'altra è quasi del tuno inconscia. L'imma­ gine del sé conscia è associata alla metà sinistra del cervello nella maggior parte delle persone. Tuttavia, questa immagine del sé è anche soggetta a influenze inconsce. Al contrario, l'immagine del sé inconscia si mantiene all'interno del sistema mentale dell'emisfero destro ed è tremendamen­ te influenzata da esperienze attuali e passate [ ... ] le due immagini del sé [ ... ] interagiscono. Infatti, a volte l'immagine del sé conscia si modella in reazione a sentimenti inconsci, traumi e a temute inadeguatezze che la persona non vuole possedere, ma che tuttavia sono inconsciamente mantenute. (Joseph, 1992, p. 181) L'autore ha inoltre proposto:

Un meccanismo di difesa è una strategia protettiva utilizzata più spesso dalla mente conscia e dal!' emisfero sinistro. I meccanismi di difesa servo­ no a proteggere il riconoscimento conscio di informazioni che in qualche modo minacciano l'immagine di sé conscia. Tuttavia, la mente conscia deve avere almeno un'idea di ciò che la sta minacciando per potersi di­ fendere. Alcune forme di informazione sono semplicemente troppo op­ primenti, troppo minacciose e troppo difficili da sopportare o affrontare apertamente. (Ibidem, p. 304) Ampliando il mio lavoro precedente sulle difese (Schore, 1994, 2003b), una delle funzioni centrali della rimozione è quella di agire co­ me strategia adottata dalla mente conscia dell'emisfero sinistro per far fronte a intensi stati emotivi potenzialmente disregolanti che emergono nell'emisfero sottocorticale destro. Ricordiamo che la regressione im­ plica uno spostamento di stato emisferico da un'emozione superficiale lieve/moderata dell'emisfero sinistro (ansia, piacere, rabbia) a un'emo­ zione molto profonda e forte dell'emisfero destro (terrore, euforia, rab-

96

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [II] ..

bia, amore intenso, dolore della perdita). A differenza del ruolo della dissociazione nel regolare forti emozioni negative, e l'affetto traumatico e il terrore, la rimozione, a parte le sue azioni interemisferiche di rego­ lazione delle spiacevoli emozioni dell'emisfero destro, controlla anche l'ansia. La dualità delle funzioni emisferiche di queste due difese è evi­ dente in una dualità delle strutture emisferiche che regolano affetti forti e anche traumatici rispetto all'ansia. Engels, Heller, Mohanty e collaboratori (2007) hanno effettuato una ricerca fMRI che differenzia l'apprensione ansiosa verbale a base sinistra rispetto a un iperarousal fisiologico dell'emisfero destro. Questi autori hanno fornito delle prove che indicano che lo stato dell'emisfero destro è associato a un alto arousal autonomico, vigilanza e forte stress. (Nel contesto clinico, questa alterazione della soggettività dell'emisfero de­ stro verrebbe rilevata dal terapeuta empatico "al di sotto della narra­ zione".) Di contro, la preoccupazione ansiosa lateralizzata a sinistra è principalmente caratterizzata da preoccupazione, ruminazione verba­ le e pensieri spiacevoli. In aggiunta alla preoccupazione, spesso sinto­ mi fisici accompagnano l'apprensione ansiosa, comprese irrequietezza, fatica e tensione muscolare. L'arco temporale della minaccia percepita nell'apprensione ansiosa si estende in un lontano futuro.L'apprensione ansiosa da emisfero sinistro si esprime sotto forma di pensieri preoccu­ panti persistenti che includono minacce personali ed emotive rispetto al sé, alla salute fisica, alla competenza sul lavoro o a problemi generali del mondo. Queste preoccupazioni consce vengono ripetute mental­ mente e continuamente senza soluzione e sono difficili da respingere. (Nel contesto clinico, queste ansie sarebbero espresse all'interno della narrativa verbale del paziente.) Pertanto, i due emisferi cerebrali permettono l'accesso a differenti sistemi difensivi di regolazione dell'affetto. Lo sviluppo di questi siste­ mi di difesa di maturazione precoce e di maturazione successiva segue in parallelo lo sviluppo della memoria implicita-procedurale dell'amig­ dala nell'emisfero destro e la regolazione dell'affetto inconscio che pre­ cede la memoria esplicita-semantica dell'ippocampo nell'emisfero si­ nistro e la regolazione dell'affetto conscio. Infatti, un vasto numero di dati clinici e di ricerca indica che tutte le forme di psicopatologia han­ no sintomi concomitanti di disregolazione emotiva e che i meccanismi di difesa sono, in essenza, forme di strategie di regolazione emotiva per evitare, minimizzare o convertire affetti che sono troppo difficili da tol­ lerare (Schore, 2003b). Propongo che la rimozione rappresenti una di­ fesa lateralizzata a sinistra per regolare l'ansia conscia di base sinistra 97

Psicoterapia con l'emisfero destro

(l'apprensione ansiosa), mentre la dissociazione rappresenta una difesa lateralizzata a destra per regolare l'iperarousal simpatico-fisiologico di base destra (e l'ipoarousal parasimpatico) che si manifesta per primo nell'emisfero destro. Inoltre, l'ansia come difesa nell'emisfero sinistro anticipa l'arrivo di alti livelli di arousal simpatico di base destra. Questo stato di transizione consente l'iperattivazione dell'inibitoria corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra, che a sua volta aumenta la rimozione di base dell'emisfero sinistro. Le difese regolatrici della dissociazione nell'emisfero destro (disconnessione mente-corpo SNC-SNA) e della ri­ mozione nell'emisfero sinistro (disconnessione del SNC tra menti consce e inconsce) contro l'esperienza soggettiva dell'arousal affettivo negati· vo, ciascuna con un differente meccanismo di azione, contribuiscono a creare un background implicito e onnipresente (che a volte passa in primo piano), caratteristica tuttavia centrale di ogni intervento clinico, sia nelle psicoterapie volte alla riduzione dei sintomi sia in quelle pro­ motrici della crescita. Si ricordi che la ricerca ora descrive la neurobiologia di "emozione negativa inconscia" e del "pericolo soggettivamente inconscio". Sia le difese dissociative sia quelle della rimozione sono implicate nell'impe· dire all'affetto di raggiungere la coscienza e nella generazione di stati inconsci. Detto questo, in scritti recenti alcuni autori hanno differen­ ziato la difesa della dissociazione dalla difesa della rimozione. Secon· do Diseth: Come meccanismo di difesa, la dissociazione è stata descritta come un fenomeno piuttosto diverso dalla rimozione. La rimozione è stata consi­ derata un meccanismo inconscio, che allontana i sentimenti indesiderati dalla mente conscia a causa di vergogna, senso di colpa o paura[. ..] tut­ tavia, per poter rimuovere, bisogna già in una certa misura aver elabora­ to i sentimenti. La dissociazione consiste nel non avere elaborato affatto alcun input. (Diseth, 2005, p. 82) Per Donnel Stern, la dissociazione non rappresenta l'azione di scac· ciare dalla mente ciò che non possiamo sopportare di sapere, il disco· noscimento del conflitto psichico, piuttosto "la soggettività che non ab­ biamo mai creato, l'esperienza che non abbiamo mai avuto" (1997, p. 95, traduzione nostra). Questo temuto stato di dissociazione "non-me" non è mai stato simbolizzato e, nonostante esso origini da una paura di annichilimento, rimane "una organizzazione di esperienza vagamente definita; uno stato affettivo primtivo, globale, non ideazionale" (ibidem, p. 119, traduzione nostra). Spiegel e Cardena hanno fatto riferimento a

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [II] ..

una distinzione in cui la rimozione è vista come "uno spingere (o un ti­ rare) le idee nel profondo dell'inconscio dove non è possibile acceder­ vi" e la dissociazione come "una rottura della connessione tra varie idee ed emozioni" (1991, p. 367). A detta di Nemiah, Secondo J anet la dissociazione risultava dall'allontanamento passivo dei contenuti mentali da parte di un ego troppo debole per trattenerli nella coscienza, mentre, per Freud, la rimozione era "il risultato della rimo­ zione attiva di contenuti mentali indesiderabili ed emotivamente dolo­ rosi da parte di un Io abbastanza forte da bandirli dalla consapevolezza conscia". (Nemiah, 1989, p. 1528)

Sebbene nel suo volume del 1891 Sull'afasia Freud avesse accettato il concetto di dissociazione di Janet, già dal 1899 in L'interpretazione dei sogni e con l'elaborazione della sua teoria topografica, lo rifiutò e lo sostituì con la rimozione preconscia come il centrale costrutto difensi­ vo psicoanalitico. Nel 1915, Freud affermava che la rimozione, che si stabilisce nel periodo di latenza, consente barriere alla rappresentazio­ ne delle pulsioni sessuali, impedendo pertanto a particolari pensieri di diventare consci (Freud, 1915b). Tuttavia, in quello stesso anno, Freud descriveva la rimozione di ciò che chiamava la "carica dell'affetto" col­ legata alle pulsioni sessuali e concludeva: Abbiamo imparato dalla psicoanalisi che l'essenza del processo di rimo­ zione non consiste nel sopprimere un'idea che rappresenta una pulsione, nell'annullarla, ma nell'impedirle di diventare cosciente. In questo caso diciamo che essa si trova in uno stato "inconscio", e possiamo produrre prove convincenti che dimostrano come essa possa esplicare degli effetti anche quando inconscia, compresi certi effetti che alla fin fine raggiungono la coscienza. (Freud, 1915a, p. 49, corsivo aggiunto)

La rimozione ha a che fare con un attivo allontanamento dalla co­ scienza di materiale o contenuti che hanno subito un processo di rimo­ zione da parte del soggetto. A metà secolo, Winnicott ha affermato che un istinto rimosso lungo pattern anormali può essere spinto giù nel sub­ conscio e lì agire come un corpo estraneo: questo "corpo estraneo" può rimanere nel subconscio anche per tutta la vita e in questo modo control­ lare completamente l'esistenza dell'individuo che non può padroneggiare questa strana tendenza perché non sa neppure che esiste. (Winnicott in Rodman, 2003, pp. 43-44, corsivo aggiunto)

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Psicoterapia con l'emisfero destro

Alla fine del secolo,Jones, citando la classica definizione di Brenner (1957) di rimozione vera e propria, segno distintivo dell'inconscio di­ namico, ha affermato che eventi, sentimenti o desideri che erano indiscutibilmente un tempo pie­

namente coscienti e accessibili alla rappresentazione verbale si sono trova­ ti a essere esclusi dalla coscienza o dalla memoria. Come sottolineato da

Freud, questa esclusione di ricordi dalla memoria conscia sembra esse­ re dovuta alla mobilitazione del senso di colpa, della vergogna o del di­ sgusto che sono suscitati dall'evento, dal sentimento, o dal desiderio in questione. (Jones, 1993, p. 88, corsivo aggiunto)

In accordo con queste idee cliniche e con gli studi neuroscientifici, Bromberg ha offerto una distinzione fondamentale tra queste due difese: La rimozione, come difesa, rappresenta una reazione all'angoscia: un af­ fetto negativo ma regolabile che segnala la possibile irruzione nella co­ scienza di contenuti mentali capaci di generare un conflitto intrapsichi­ co spiacevole ma sostenibile. La dissociazione, come difesa, rappresenta una reazione a un trauma: un flusso caotico di affetti non regolabili nella mente, che minaccia la stabilità del Sé e talvolta la stessa salute mentale. (Bromberg, 2011, p. 49)

Per un'eccellente discussione delle differenze tra rimozione e disso· ciazione rimando il lettore a Mucci (2021a, 2021b). Nel mio lavoro di sviluppo neuropsicoanalitico, differenziando questi due sistemi difen­ sivi, ho suggerito che la dissociazione che appare precocemente agisca come una difesa pre-edipica postnatale contro gli affetti traumatici co· me il terrore, la rabbia e l'irreparabile disperazione che sono generati sottocorticalmente nell'emisfero destro, mentre la rimozione è una di­ fesa dell'emisfero sinistro evolutivamente più avanzata contro gli affetti che sono rappresentati a livello corticale dell'emisfero destro (Schore, 2003b). Inoltre, ho effettuato una ricerca in cui emerge che la dissociazione, la difesa dell'emisfero destro contro traumi infantili soverchianti, com­ pare nei periodi prenatale e postnatale, quello che in precedenza veniva definito lo stadio di sviluppo pre-edipico, mentre la rimozione compare più tardi nella prima infanzia, precedentemente descritta come la fase edipica. In contrasto con la rimozione di sviluppo più tardivo e le sue azioni sugli spostamenti laterali nell'elaborazione interemisferica e sulla disconnessione corticale tra le strutture frontali superiori, la strategia di sopravvivenza della dissociazione rappresenta una perdita di connetti-

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Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita [II). ..

vità verticale tra le aree corticali e sottocorticali limbico-autonomiche all'interno dell'emisfero destro, che appare ben prima che le aree fron­ tali della corteccia cerebrale siano mielinizzate e prima che le connessio­ ni del corpo calloso siano funzionanti (Bergman, Linley, Fawcus, 2004; Schore, 2001c). Infatti, la dissociazione si osserva nel feto umano ipos­ sico (Reed, Ohel, David et. al., 1999) e subito dopo la nascita (Bergman, Linley, Fawcus, 2004). In un lavoro precedente, ho citato dati di sviluppo neurobiologi­ co che indicano come, sebbene il picco di crescita dell'emisfero destro preceda quello sinistro, tra la metà e la fine del secondo anno di vita, quando finisce questo picco di crescita l'emisfero sinistro entri nel suo periodo critico di picco di crescita (Schore, 1994, 2003b). La ricerca sulla coerenza dell'elettroencefalografia (EEG) di Thatcher (1996) mo­ stra che questo scatto di crescita dell'emisfero sinistro che inizia nella seconda metà del secondo anno continua fino al terzo anno. Nei primi scritti neuropsicoanalitici teorici, Levin (1991) ha citato ricerche esi­ stenti che indicano che la trasmissione commissurale interemisferica da emisfero sinistro a emisfero destro si definisce chiaramente a 3 anni e mezzo, un periodo di intenso interesse dello sviluppo per Freud. Levin ha osservato che "l'inizio della fase edipica, uno spartiacque psicologi­ co e neuroanatomico nello sviluppo, coincide con l'inizio della capacità (o incapacità) degli emisferi di integrare le loro attività" (ibidem, p. 21). Sintetizzando le classiche concezioni psicoanalitiche di sviluppo della rimozione con le neuroscienze esistenti, Levin ha osservato che in que­ sto periodo dell'infanzia ha origine un sistema di due emisferi cerebrali propriamente funzionan­ ti con un alto livello di connessione interemisferica (cioè sinistra-destra e destra-sinistra). Si suppone che la conseguente tendenza integrativa di elaborazione affettivo-cognitiva che risulta dall'integrazione dei due emisferi costituisca un ulteriore contributo alla coesione e alla precoce formazione della barriera di rimozione. (Ibidem, pp. 193-194) Espandendo questo tema, Levin ha proposto: Con l'ulteriore rifinitura del sistema dell'emisfero cerebrale destro e del sistema limbico (che hanno connessioni profonde l'uno con l'altro) è no­ to che gli affetti sono meglio regolati [...] la barriera di rimozione matu­ ra ulteriormente su questa base. Si ipotizza che il resto dello sviluppo di questa funzione difensiva, che Freud ha chiamato barriera di rimozio­ ne, sia ottenuto dal crescente e reversibile predominio dell'emisfero sini­ stro sul destro, che è noto accada nel periodo di maturazione cerebrale. 101

Psicoterapia con l'emisfero destro

Vale a dire, l'ipotesi della dominanza dell'emisfero sinistro ci fornisce un migliore controllo sugli impulsi sessuali e aggressivi. (Ibidem, p. 194, corsivo aggiunto) A questo proposito, Levin ha citato studi clinici precedenti di Basch, il quale ha suggerito che "nella rimozione, è il percorso dalla memoria episodica a quella semantica, dall'emisfero destro all'emisfero sinistro, a essere bloccato" (1983, p. 151). In studi neuropsicoanalitici più recen­ ti, Solms e Turnbull affermano che ciò che è bloccato dalla coscienza è, nello specifico, l'affetto dell'emisfero destro: "Pertanto, sembra che noi abbiamo riscoperto, da un punto di vista neuroscientifico, il fatto, ovvio, che ciò che rende le nostre esperienze suscettibili di 'rimozione' dipende da come le viviamo" (2002, p. 184). L'attuale bagaglio di conoscenze in espansione della neuropsicoanali­ si e della neuroscienza suggerisce, quindi, due importanti alterazioni nel­ la concettualizzazione della rimozione. Infatti, la rimozione, che Freud descrisse all'inizio della sua carriera come "il meccanismo psichico di difesa [inconscio]" e poi come "una concezione topografica-dinamica" equiparata all"'inconscio dinamico", rimane tuttora un costrutto cen­ trale della psicoanalisi, "la scienza dei processi inconsci". In scritti clas­ sici, Freud ha enfatizzato: "Tutto ciò che è rimosso è destinato a restare inconscio; tuttavia è nostra intenzione chiarire fin dall'inizio che il ri­ mosso non esaurisce tutta intera la sfera dell'inconscio. L'inconscio ha un'estensione più ampia; il rimosso è una parte dell'inconscio" (1915a, p. 49) (vedi Figura 3.2). Nei miei studi psicoanalitici iniziali, ho offerto il seguente aggiornamento di questa "bussola più ampia": il fondamen­ tale modello di Freud di una mente inconscia dinamica e continuamen­ te attiva descrive le operazioni momento-per-momento di un sistema regolatorio gerarchico, auto-organizzato e procedurale-implicito che è localizzato nell'emisfero destro (Schore, 2003b). A sostegno di ciò, anche Mancia (2006) ha descritto le funzioni implicite di un "incon­ scio non represso" precocemente formato, che anche lui ha localizzato nell'emisfero destro. In un'altra revisione neuropsicoanalitica precedente, ho proposto una revisione concettuale: Il concetto freudiano di inconscio dinamico viene tradizionalmente uti­ lizzato per riferirsi alle capacità di autoregolazione di un sistema incon­ scio che opera attraverso il processo della rimozione per sbarrare l' ac­ cesso cosciente ai desideri sessuali aggressivi. Questa caratterizzazione descrive l'inibizione orizzontale da parte dell'emisfero sinistro delle rap102

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di cresczia [IIJ . .

presentazioni cognitivo-emotive dell'emisfero destro. (Schore, 2003b, pp. 330-331)

Neurobiologicamente, la rimozione rappresenta l'inibizione callo­ sa cognitiva verbale frontale sinistra rispetto alle funzioni emotive non verbali frontali destre. McGilchrist (2015) fa riferimento a numerose ricerche che indicano come l'azione callosa interemisferica sinistra­ destra implichi un'inibizione reciproca; tuttavia l'emisfero sinistro è maggiormente in grado di inibire il destro più di quanto l'emisfero de­ stro sia in grado di inibire il sinistro. La difesa della rimozione che bloc­ ca l'ingresso nella coscienza, maggiormente localizzata a sinistra, è più efficace della soppressione conscia o della distrazione. Tuttavia, questa inibizione callosa sinistra ha i suoi limiti e a volte risulta in un "ritorno del rimosso". Carter ha osservato che "il nostro controllo conscio sulle emozioni è debole e i sentimenti spesso respingono il pensiero, mentre il pensiero combatte principalmente una battaglia persa per bandire le emozioni. [ ... ]Le connessioni dai sistemi emotivi ai sistemi cogniti­ vi sono più forti delle connessioni di direzione opposta" (1999, p. 98). In questo lavoro, amplio il modello neuropsicoanalitico definendo la rimozione come una strategia usata dalla mente conscia dell'emisfero sinistro per far fronte agli elementi stressanti potenziali di natura ener­ getico-emotiva che emergono nell'emisfero destro, che è dominante per l'elaborazione inconscia dello stress relazionale-emotivo e dell'intenso arousal emotivo. Al contrario di fattori stressanti consci da lievi a mo­ derati che attivano strategie di regolazione delle emozioni consce dell'e­ misfero sinistro (soppressione della corteccia dorsolaterale prefrontale e rivalutazione cognitiva; Anderson, Ochsner, Kuhl et al., 2004; Gol­ din, McRae, Ramel et al., 2008), la rimozione difensiva regola l'impatto di livelli potenzialmente alti di energia emotiva dell'emisfero destro (o molto alti o molto bassi) sulla mente conscia dell'emisfero sinistro (che opera in una zona di eccitazione fisiologica media a "u rovesciata"). La relazione gerarchica "bottom-up" degli emisferi cerebrali destro-sinistro è descritta da Buklina: L'emisfero destro[...] effettua un'analisi simultanea di stimoli[. ..] l'or­ ganizzazione più "diffusa" dell'emisfero destro ha l'effetto di rispondere a qualsiasi stimolo, anche quelli del linguaggio, più rapidamente e, quin­ di, per prima. L'emisfero sinistro si attiva in un secondo momento ed ese­ gue sintesi e analisi semantica più lentamente;[ ... ] l'arrivo di un segnale individuale inizialmente nell'emisfero destro e poi in quello sinistro è più "fisiologico". (Buklina, 2005, p. 479) 103

Psicoterapia con l'emisfero destro

Si noti la profonda fonte di arousal emotivo dell'emisfero destro, che poi emerge dall'emisfero destro nell'emisfero sinistro (si vedano le frec­ ce verticali nella Figura 3 .1). È importante enfatizzare che il costrutto di rimozione di Freud, fon­ dato sulle dinamiche edipiche, è alla base del suo modello clinico di azio­ ne terapeutica ancorato al modello topografico -1'annullamento della rimozione e il rendere l'inconscio conscio. Nel mio libro precedente (Schore, 2012), ho offerto un modello aggiornato di azione terapeutica di lavoro con le difese affettive in cui il clinico co-crea un'alleanza te­ rapeutica lateralizzata a destra con il paziente per entrare in risonanza empatica e regolare non solo gli affetti disregolati consci del paziente, ma anche quelli inconsci (dissociati o rimossi). Il lavoro terapeutico re· !azionale con l'affetto rimosso comporta regressioni reciproche sincro· nizzate dalle menti consce dell'emisfero sinistro del paziente e del tera· peuta in entrambe le menti inconsce del loro emisfero destro. Pertanto, né le parole di un'interpretazione trasformativa, né un insight cogniti· vo, ma la regolazione è il meccanismo centrale per lavorare sia con gli affetti inconsci dissociati e intensi sia con gli affetti inconsci repressi e moderatamente stressanti nelle regressioni reciproche. Per di più, dobbiamo allargare il concetto di rimozione (come la dis· sociazione) estendendolo da un modello unicamente individuale di ri­ mozione intrapsichica per includere anche un modello bipersonale di rimozione reciproca e la sua elaborazione. A livello più profondo, le re­ gressioni reciproche regolate interattivamente consentono al terapeuta sintonizzato psicobiologicamente di monitorare, entrare all'interno e regolare gli stati affettivi di arousal emotivo del paziente. Infatti, la re· golazione è al centro del meccanismo di cambiamento della psicotera· pia (Schore, 1994, 2003 b, 2012). Una panoramica completa delle teorie psicoanalitiche della psicoterapia ha concluso che "c'è stato un cambia· mento che ha comportato una relativa attenuazione del ruolo terapeu­ tico dell'interpretazione [trasformativa] e dell'insight [cognitivo] e una crescente enfasi sull'importanza della relazione terapeutica come agente terapeutico efficace" (Wolitzky, Eagle, 1999, p. 86). Detto questo, il costrutto dell'interpretazione si è spostato nella teo· ria psicodinamica da un'enfasi sulle interpretazioni oggettive, mutative, genetiche e di resistenza dell'emisfero sinistro a interpretazioni maggior­ mente a base destra che hanno un diretto impatto sullo stato soggettivo del paziente. Quest'ultima versione di interpretazione non è autorita· ria, ma originata dalla curiosità e dall'interesse. Scrivendo riguardo ai modelli contemporanei delle interpretazioni, Blum ha affermato che "è 104

Il ruolo delle regressioni reciproche come promotrici di crescita (11] ..

più probabile che le interpretazioni siano considerate come ballon d'es­ sai, proposte provvisorie, piuttosto che affermazioni definitive" (2016, p. 43 ). Quindi, il loro valore clinico sta meno nel loro potere esplicativo che nella loro capacità di incoraggiare un'ulteriore esplorazione (Clu­ low, 2017). La recente ricerca neuroscientifica ha chiaramente dimo­ strato che le aree prefrontali destre, e non sinistre, sono attive quando sono richieste decisioni in contesti non completamente specificati e che questo ruolo adattivo "comporta il mantenimento di rappresentazioni mentali ambigue che mitigano la prematura iperinterpretazione da par­ te dell'emisfero sinistro" (Goel, Tierney, Sheesley et al., 2007, p. 2245). Parallelamente, le riformulazioni del ruolo del linguaggio nelle in­ terpretazioni vengono ora informate dalle attuali neuroscienze, che do­ cumentano che il concetto tradizionale di linguaggio come funzione dominante e lateralizzata dell'emisfero sinistro non è più sostenibile (Ross, Monnot, 2008). Questi autori dimostrano che l'emisfero destro è essenziale per la competenza comunicativa e il benessere psicologico attraverso la sua capacità di modulare la prosodia affettiva e il compor­ tamento gestuale, di fare inferenze tematiche e di elaborare relazioni linguistiche complesse e processi metaforici. Da notare che ciascuna di queste capacità è inclusa in un'interpretazione intersoggettiva (piutto­ sto che oggettiva). Integrando questi progressi, Stevens (2005) descrive un'interpreta­ zione "vitale" in opposizione a un'interpretazione meccanica e non col­ legata all'esperienza soggettiva momento-per-momento. In contrasto con il significato letterale o semantico lateralizzato a sinistra delle paro­ le, questa interpretazione lateralizzata a destra è legata sia al contenuto metaforico della lingua sia alla comunicazione non verbale del pazien­ te. Le funzioni di un'interpretazione vitale includono un'espansione della capacità del paziente di tollerare i sentimenti, la capacità di rico­ noscere e pensare a questi sentimenti, la capacità di essere creativo e la consapevolezza di ciò che era precedentemente inconscio. Pertanto, le interpretazioni vitali sono un meccanismo essenziale nei pazienti con relazioni oggettuali pienamente sviluppate, che possono avere accesso a capacità simboliche e metaforiche allo scopo di lavorare con la difesa della rimozione. In linea con la discussione precedente su dissociazione vs rimozione, Andrade sostiene il seguente principio clinico: "Come fat­ tore primario nel cambiamento psichico, l'interpretazione è di efficacia limitata nelle patologie che emergono dalla fase verbale, collegate a ri­ cordi espliciti, senza alcun effetto nella fase preverbale dove si trovano i ricordi impliciti" (2005, p. 677). Nel paragrafo successivo, elaboro un 105

Psicoterapia con l'emisfero destro

modello di lavoro con regressioni reciproche in pazienti più avanzati in termini di sviluppo che includono modelli intersoggettivi relazionali di terapia psicodinamica profonda. APPLICAZIONI CLINICHE DELLE REGRESSIONI RECIPROCHE: LAVORARE CON L' AFFETIO RIMOSSO IN REGRESSIONI RECIPROCHE VOLONTARIE

Fino a poco tempo fa, i modelli psicodinamici di trattamento erano ancorati alla difesa della rimozione che si sviluppa tardivamente e al suo ruolo centrale nell'inibire non solo l'ansia, le pulsioni e le fantasie sessua­ li e aggressive, ma più fondamentalmente l'affetto negativo inconscio. Come accennato, per la maggior parte del secolo scorso, il meccanismo dell'azione terapeutica si è concentrato sull'annullamento della rimozio­ ne e sul rendere cosciente l'inconscio attraverso le interpretazioni del te­ rapeuta che stimolano l'insight cognitivo conscio del paziente. Tuttavia, con l'espansione contemporanea della teoria del trauma all'incorpora­ zione di un modello neurobiologico interpersonale di trauma precoce relazionale all'interno della teoria clinica, c'è ora un focus sul lavoro te­ rapeutico con la difesa che si sviluppa per prima, la dissociazione, una strategia per far fronte ali'affetto traumatico negativo intenso. Nel ca­ pitolo precedente, ho discusso il mio lavoro con i pazienti con disturbo di personalità che presentano un trauma relazionale infantile, deficit in­ terpersonali, una grave disregolazione affettiva mentre sono sotto stress relazionale e una mancata integrazione della vita mentale. In contrasto con i pazienti con disturbo di personalità grave che en­ trano in dissociazione anche sotto uno stress lieve, quelli che preceden­ temente erano stati definiti pazienti "nevrotici" che accedono alla rimo­ zione in generale presentano una storia di attaccamento con riparazioni più efficaci di rotture relazionali. Facendo eco allo sviluppo emotivo precoce, le rotture dell'alleanza non sono così gravi e non rispondono alle mancate sintonizzazioni terapeutiche con affetti negativi partico­ larmente intensi o con distacco dissociativo. Al contrario di forme più arcaiche di enactment reciproci di transfert-controtransfert del trauma preverbale associato alla dissociazione, questi pazienti possono accede­ re a meccanismi verbali per esprimere disregolazione affettiva di espe­ rienze relazionali di dissintonia precoce. In contrasto con l'utilizzo della dissociazione come difesa caratteriologica contro l'esperienza soggettiva e corporea dell'affetto negativo, questi pazienti più avanzati evolutiva106

Il ruolo delle regrernoni reciproche come promotrici di crescita III] ...

mente usano la rimozione per impedire agli affetti inconsci dolorosi di diventare consci. Nonostante l'insieme dei miei studi si focalizzi sugli aspetti di regolazione affettiva della difesa precoce della dissociazione, ora espando il mio lavoro e propongo una concettualizzazione neurop­ sicoanalitica più complessa della rimozione di formazione successiva come difesa contro l'affetto negativo. Prima dei recenti progressi nella teoria del trauma e nella dissociazio­ ne, Wolberg ha affermato che "qualsiasi materiale che sia emotivamente disturbante sarà soppresso o rimosso dal paziente fino a che non si ac­ quisirà sufficiente forza per gestire le ansie evocate dalla verbalizzazione. [ ... ] È essenziale ricordare, tuttavia, che non sono tanto gli eventi o le idee a essere disturbanti, ma piuttosto le emozioni a essi connesse ( 1977, p. 610, corsivo aggiunto). Wolberg ha anche ipotizzato: Tra gli aspetti rimossi e ripudiati dell'attività psichica ci sono le paure e le fantasie[...] e la sessualità. Ci sono impulsi ostili e distruttivi diret­ ti verso altre persone e il sé.[. .. ] Ci sono desideri incestuosi e altri ele­ menti edipici irrisolti. [...] Ci sono aspirazioni normali come il deside­ rio d'amore, di compagnia, riconoscimento, autostima, indipendenza di autorealizzazione, che si sono sviluppate in modo incompleto o che, per motivi di ansia, sono state abbandonate. Ci sono, inoltre, pulsioni nevro­ tiche rifiutate verso affetto, dipendenza, superiorità, dominio, ambizione, potere e distacco così come i conflitti che derivano da queste pulsioni. (Ibidem, pp. 574-575) Wolberg descrive le "difese di prima linea" come sforzi consapevoli per mantenere il controllo attraverso la manipolazione dell'ambiente, che sono poi integrati dall'attivazione della "difesa di rimozione". Ciò nonostante, l'autore ha precisato che "questi sforzi diretti a rafforzare la rimozione sono solitamente associati a un costante venir meno delle barriere di rimozione con un rilascio e una rielaborazione del materiale rimosso (ibidem, p. 413). Infatti Freud ha suggerito che il materiale ri­ mosso conserva il suo impulso a penetrare nella coscienza. Utilizzando una prospettiva neuropsicoanalitica, ora propongo un modello clinico stabile per lavorare con organizzazioni di personalità più stabili e strutture caratteriali più complesse, specialmente quelle che utilizzano la rimozione eccessiva, una delle principali forze di inibi­ zione dell'affetto, della cognizione e del comportamento. La rimozio­ ne può essere sia rigida e patologica sia adattiva e resiliente. Un grande insieme di studi indica che gli individui con uno stile di personalità ca­ ratterizzato da forte rimozione, che abitualmente rimuovono affetti ne107

Psicoterapia con l'emisfero destro

gativi, sono a rischio di disturbi psicologici e fisici. Di seguito, descrivo un contesto terapeutico interpersonalmente creativo che può facilitare una modalità di difesa di rimozione più adattiva. Contrariamente ai re­ enactment spontanei di terrore dissociato, rabbia e disperazione impo­ tente del trauma di attaccamento nella prima parte del primo anno di vita fino alla metà del secondo, nel modellare la rimozione mi concen­ tro sui fattori di stress relazionali evolutivamente successivi che iniziano dopo l'ultima parte del secondo anno e a partire dal terzo, soprattutto la vergogna non verbale disregolante, non riparata, il trauma sessuale verbale, l'aggressività e l'umiliazione verbale. Al contrario delle dinami­ che di attaccamento che inducono vergogna basate sull'emisfero destro, l'umiliazione è guidata dalle dinamiche di potere dell'emisfero sinistro e da un'azione conscia intenzionale che prende di mira i deficit o le in­ capacità del sé conscio verbale. I pazienti con queste storie precoci più evolutivamente avanzate pos­ sono accedere ad affetti e conflitti attraverso le funzioni regolatrici, sim­ boliche, immaginative e autoriflessive dell'emisfero destro, ma anche tramite la volontà, il comportamento volontario, la cognizione verbale del processo secondario, la metacognizione, la mentalizzazione, l'astra­ zione, basate sull'emisfero sinistro e, soprattutto, tramite la difesa della rimozione, che si forma in un secondo momento, contro l'affetto nega­ tivo. Queste complesse funzioni cognitive sono a disposizione del pa­ ziente nel corso del (ri)esperire l'affetto stressante, che è regolato dalla difesa della rimozione. Come accennato, il seguente modello di psico­ terapia del profondo di promozione della crescita a lungo termine vale anche per il lavoro terapeutico dello psicoterapeuta stesso, che è essen­ ziale per l'efficacia clinica, specialmente quando si lavora con emozioni intense e con le loro difese inconsce. In ulteriore contrasto con i pazienti dissociativi, questi individui possono utilizzare il meccanismo psichico della regressione al servizio dell'Io o, in termini moderni, la regressione al servizio della crescita del sé soggettivo. In scritti classici, Gill e Brenman (1959) hanno caratte­ rizzato questa forma adattiva di regressione come ricercata volontaria­ mente dall'individuo, a cui si ha accesso solo quando la persona giudica la situazione sicura; che è attiva piuttosto che passiva in relazione alla regressione patologica; che ha un inizio e una fine definiti; e che è ter­ minabile e reversibile con un improwiso e totale ripristino della pre­ cedente organizzazione dell'Io. Bach ha sottolineato il ruolo attivo del paziente: "Egli si sottopone volontariamente alla regressione perché ha una certa fiducia che essa sia, in effetti, reversibile. Con questi pazienti 108

Il ruolo delle regressioni redproche come promotrid di cresdta [Il] .. .

è della massima importanza clinica che la regressione sia ingaggiata vo­ lontariamente e che essi si sentano liberi di discutere le loro ansie e di controllare la situazione" (1985, p. 185). Un aggiornamento di questo modello lo trasforma in una regressione adattiva reciproca e sottolinea l'importanza di questa sottomissione alla riduzione della difesa di rimo­ zione da entrambe le parti della diade terapeutica. Il costrutto di una regressione reciproca sincronizzata interpersonale è in contrasto con la regressione intrapsichica classica, in cui, quando il paziente è regredito ed è caduto in uno stato di affettività egodistonica, il terapeuta è rimasto in alto a sinistra, interpretando la regressione al fine di aumentare visibilmente l'insight cognitivo e ridurre la rimozione. Frequentemente questo avrebbe assunto la forma di un'interpretazione di resistenza, che spesso o provocava vergogna e disregolava il paziente in una reazione terapeutica iatrogena negativa, o intensificava la difesa della rimozione. V alliant ha osservato che" con lo sfidare in modo incau­ to difese immature, ma in parte adattive, un clinico a volte può evocare enorme ansia e depressione in un paziente e rompere l'alleanza" (1994, p. 49). Ricordiamo la descrizione di Spezzano dell'interpretazione della resistenza (emisferica sinistra) del terapeuta quando non può contenere gli affetti disturbanti proiettati dal paziente. Epstein ha descritto gli ef­ fetti iatrogeni di questa incapacità di "accogliere il transfert": Gli affetti proiettati spesso includono i sentimenti nascosti di vergogna, invidia, vulnerabilità e impotenza del terapeuta. La vergogna nascosta è segnalata dall'uso da parte del terapeuta di difese di "attacco dell'al­ tro" come per esempio il sarcasmo, le battute, il ridicolizzare e gli sforzi per controllare il paziente in qualche modo. Successivamente, la tragica proiezione chiude il cerchio quando il paziente si sente umiliato, sfrut­ tato, tradito, abbandonato e isolato. (Epstein, 1994, p. 100) In un classico caso di mancata sintonizzazione, i membri della diade terapeutica si trovano in emisferi diversi, menti diverse. Specialmente in un contesto che implica l'aggressività del paziente, l'emisfero sinistro del terapeuta ora inavvertitamente fa vergognare il paziente in modo im­ plicito proponendo un'interpretazione genetica secondo cui il suo com­ portamento regredito è una ripetizione o un trasferimento di un mec­ canismo di difesa immaturo usato dal paziente durante la sua infanzia. Oppure un terapeuta emotivamente distaccato interpreta la dipenden­ za del paziente ("bisogno di gratificazione") come la miglior soluzione possibile alle sue difficoltà nel periodo infantile, anche se non più uti­ le, facendo vergognare implicitamente il paziente della sua regressione. 109

Psicoterapia con l'emisfero destro

Questa vergogna iatrogena è intensificata dal tono di voce e dall'espres­ sione facciale del terapeuta, al di sotto della consapevolezza. Loewald ha offerto un esempio clinico di questo processo e ha fatto notare che questa strategia controtransferale difensiva, se non ricono­ sciuta e processata dal clinico, può causare un'evidente interferenza con il processo terapeutico. L'autore ha osservato: Meno spettacolari, ma più insidiosi e più dannosi, sono i comportamen­ ti del [terapeuta] che sono il risultato della difesa interna contro le sue reazioni controtransferali, come rigidi silenzi, atteggiamenti inflessibili, rimozione o isolamento di impulsi problematici, fantasie o ricordi. [ ... ] Il [terapeuta] [ ... ] nel suo sforzo di rimanere saggio e razionale è spesso incline a rimuovere le stesse risonanze riferite a transfert-controtransfert e le risposte indotte dal paziente, risposte che gli/le darebbero la più profonda, ma anche più disturbante, comprensione di sé e del paziente. (Loewald, 1986, pp. 282-283)

Si notino la descrizione diretta dell'uso difensivo della rimozione, della soppressione conscia e della distrazione da parte del terapeuta e l'allusione alle tensioni controtransferali sull'emisfero sinistro raziona­ le del terapeuta da parte dell'emisfero destro disregolante del paziente. Infatti, Russell ha sottolineato l'importanza delle difese non solo del paziente, ma anche del terapeuta, alludendo chiaramente a una psico­ logia bipersonale della difesa reciproca: "La più importante fonte di re­ sistenza nel processo di trattamento è la resistenza del terapeuta a ciò che il paziente sente" (1998, p. 19). In questo cambiamento di paradig­ ma, ciò che è necessario in un modello relazionale e intersoggettivo del­ le difese affettive è un approccio che affronti il modo in cui le difese del paziente e del terapeuta interagiscono tra loro, comunicano tra loro e si sincronizzano o si de-sincronizzano tra loro. Come le difese di dissocia­ zione reciproca, le difese di rimozione reciproche, sia del paziente sia del terapeuta, devono essere allentate al fine di attivare regressioni psi­ coterapeutiche reciproche adattive, co-create e sincronizzate. Balint ha descritto l'uso terapeutico di queste regressioni adattive "benigne": Pertanto, il primo compito dell'analista comprensivo, che ha determi­ nato che la regressione terapeutica è indicata, implica l'agevolazione di una collaborazione terapeutica di fiducia che incoraggi la dissoluzione delle resistenze a quella regressione. Una volta che questa si è ottenuta, la funzione del trattamento è di permettere al paziente di sperimentare accettazione e riconoscimento. In questo modo, il trattamento fornisce

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Il ruolc delle regresiioni reciproche come promotrici di crescita [Il] ...

ciò che non era disponibile durante la prima infanzia del paziente. (Ba­ lint, 1968, p. 469, traduzione nostra, corsivo aggiunto)

Nel suo libro The Analyst's Preconscious, Hamilton cita l'approc­ cio clinico di Matheson sul valore delle regressioni reciproche adattive: Penso nei termini di Winnicott e di Balint, che sono molto simili [ ...] cioè in termini di difetto di base e regressione terapeutica dove, nell'a­ nalisi, il paziente torna a stati di sviluppo molto precoci, forse a stati traumatici o pre-traumatici. E lavorare con questi stati, sia in termini di esperienza sia di interpretazione. Molto spesso è la non interpretazio­ ne che è altrettanto importante, l'esperienza della situazione analitica. E, inoltre, può essere molto importante non interpretare perché l'in­ terpretazione, in particolare l'interpretazione del transfert, può porta­ re il paziente fuori da uno stato di regressione. È meglio permettere al paziente di sperimentare com'è essere in quello stato ed essere in regres­ sione con lui. [ ...] Si dovrebbe fare di tutto per mantenersi il più pos­ sibile, nell'espressione di Balint, "non invadenti". (Hamilton, 1996, p. 259, corsivo aggiunto)

Si noti l'allusione diretta a un modello bipersonale relazionale di re­ gressione reciproca a stati traumatici precoci; e, in aggiunta, anche l'en­ fasi non sul linguaggio dell'emisfero sinistro, ma sull'esperienza emotiva condivisa dell'emisfero destro nello spostamento di stato sincronizzato verso il basso. In questi momenti regressivi, la creatività del terapeu­ ta è fondamentale. Giovacchini ha descritto il processo creativo come "un'ampia gamma di funzionamento [che] attraversa i vari livelli del­ la psiche, spesso arrivando fino alle parti più antiche e primarie, parti orientate all'elaborazione del sé. I confini dell'Io, a loro volta, possono diventare abbastanza fluidi e permeabili, anche se normalmente essi so­ no ben stabiliti e strutturati (1991, p. 187). PSICODINAMICHE DELLA RIMOZIONE: NEUROPSICOANALISI DEI CAMBIAMENTI DI STATO DELLE AREE FRONTALI DA SINISTRA A DESTRA Un compito essenziale della nascente relazione terapeutica, in certi momenti ben sincronizzati, è che sia il paziente sia il terapeuta inizino a sospendere la rimozione dell'emisfero sinistro dell'affetto dell'emisfero destro. Nelle prime fasi del trattamento, il terapeuta prende il comando di questa inversione del dominio emisferico e la sua capacità di superare 111

Psicoterapia con l'emisfero destro

non solo le resistenze del paziente, ma anche le proprie, verso una re­ gressione adattiva richiede una risposta creativa allo scopo di "diffidare della dolce ragione" e "abbandonarsi" all'inconscio emergente quando le barriere che separano il conscio dal preconscio sono state tempora­ neamente "allentate". Traducendo questa descrizione clinica in termini neurobiologici, per entrare empaticamente in sintonia con lo stato affettivo conscio del pa­ ziente e soprattutto con lo stato affettivo negativo inconscio, specialmen­ te durante una stressante impasse terapeutica e una rottura dell'allean­ za, il clinico creativo inizia una regressione topografica intrapsichica, un passaggio orizzontale da un sistema corticale prefrontale di sinistra conscio a un sistema corticale prefrontale di destra preconscio, uno spo­ stamento di dominanza dall'emisfero sinistro all'emisfero destro dalla mente razionale conscia alla mente intuitiva preconscia (vedi le frecce orizzontali nella Figura 3.1 ). Secondo Mihov, Denzler e Forster (2010), la creatività, una funzione dell'emisfero destro, è l'abilità di "pensare fuori dagli schemi". Nel contesto terapeutico di un'impasse difensi­ va reciproca, la strategia di maggior successo del clinico di creare una nuova soluzione alla mancanza di sintonizzazione diadica sarebbe di dare inizio a una regressione da un processo secondario di base sinistra convergente, a un processo primario di base destra divergente con la creazione di nuove idee. Il passaggio di stato del terapeuta dalla cogni­ zione razionale a quella intuitiva si esprime nella capacità di sentire e di non continuare con le sue difese reciproche di rimozione terapeutiche stagnanti. Mayer ha affermato che "dobbiamo perdere ciò che ci è fa. miliare per vedere ciò che è nuovo. [ ...] Rinunciare al nostro abituale radicamento nel pensiero razionale per vedere qualcosa di nuovo, an­ che solo per un momento, è tutt'altro che facile per la maggior parte di noi" (2007, p. 138). Infatti, Popper ha enfatizzato il ruolo unico dell'intuizione e non del pensiero razionale nell'elaborazione di qualcosa di nuovo: "Non esiste nessun metodo logico per avere nuove idee, e nessuna ricostruzione lo­ gica di questo processo. Il mio punto di vista si può esprimere dicendo che ogni scoperta contiene un 'elemento irrazionale' o 'un'intuizione creativa" (1968, p. 11). All'interno di un'emergente psicoterapia del profondo, qualcosa di "nuovo" descrive l'improvviso incontro in un contesto relazionale di parti nascenti del sé del paziente e nuovi modi di essere con l'altro. Lo spostamento frontale sinistro-destro del clini­ co che riduce la rimozione e permette un'intuizione creativa facilita la scoperta di sé del paziente. Questo spostamento topografico consente 112

li ruolo delle regreHioni reciproche come promotrici di crescita [II] ..

al terapeuta di accedere alla cognizione del processo primario e alla co­ municazione del processo stesso. Il costrutto di "creatività costruttiva" di Rogers si applica alla capacità controtransferale preconscia di un te­ rapeuta di pensare in modo divergente riguardo a sé e all'altro attraver­ so una regressione intrapsichica adattiva: Associata con l'apertura e la mancanza di rigidità [ ... ] è la capacità di giocare spontaneamente con idee, colori, forme,relazioni - destreggiarsi con elementi in combinazioni impossibili, dare forma a ipotesi selvag­ ge, rendere problematico quanto è dato, esprimere il ridicolo, tradurre da una forma all'altra, trasformando il tutto in equivalenti improbabili. È da questo gioco ed esplorazione che ha origine spontaneamente l'in­ tuizione, la visione creativa della vita in un modo nuovo e significativo. (Rogers, 1954,p.255)

Questa generazione intuitiva lateralizzata a destra di un'intuizione terapeutica consente, inoltre, non soltanto di vedere il paziente in un modo nuovo, ma anche di promuovere la spontanea e autentica sel/­ disclosure del terapeuta. Queste alterazioni resilienti della dominanza callosa reversibile dell'e­ misfero sinistro su quello destro sono alla base delle descrizioni cliniche precedentemente menzionate dell'ingresso del terapeuta in una regres­ sione creativa mediante un "lasciar andare" passivamente dall'emisfero sinistro, dominante per il controllo, verso l'emisfero destro, dominante sia per la vulnerabilità sia per la creatività (Hecht, 2014). McGilchrist (2009) ha descritto questa relazione tra emisferi: "Dobbiamo inibirne uno per abitare l'altro", sottintendendo chiaramente che il prefrontale sinistro deve essere inibito (messo "offline") per portare il prefrontale destro disinibito da una posizione di sfondo a una di primo piano della coscienza. Ancor più nello specifico, questi cambiamenti reversibili di dominanza awengono tra sistemi prefrontali duali. Un recente studio di neuroimaging di Huang, Qui, Shen e collaboratori (2013) ha riportato che il lobo frontale sinistro è negativamente collegato con la creatività e che la predominanza dell'emisfero destro nel pensiero creativo può es­ sere inibita dalla parte sinistra del cervello nelle persone comuni e che la rimozione di questa inibizione può facilitare l'emergere della creatività. In scritti precedenti, ho offerto prove per dimostrare che le funzioni esecutive prefrontali degli emisferi destro e sinistro sono rispettivamen­ te mediate dalle zone della corteccia orbito-frontale (e ventromediale) di maturazione precoce e da quella prefrontale dorsolaterale (e dorso­ mediale) di maturazione più tardiva (Schore, 1994). Questi sistemi ini113

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biscono reciprocamente l'uno le funzioni dell'altro; le loro connessio­ ni callose sono centralmente implicate nelle relazioni interemisferiche. Quindi, il cambiamento topografico sinistro-destro del clinico empati­ co viene avviato dal disconnettere temporaneamente il sistema raziona­ le dorsolaterale dell'emisfero sinistro collegato al sistema di memoria dell'ippocampo sinistro disconnesso, disinibendo, pertanto, il sistema emotivo orbito-frontale dell'emisfero destro e le sue connessioni cor­ ticolimbiche dirette nell'amigdala destra. Secondo Cavada, Compafiy, Tejedor e collaboratori, "le sezioni anteriori del corpo calloso che in­ cludono assoni delle aree orbito-frontali partecipano nell'integrazione intercmisferica su larga scala" (2000, p. 229). Inoltre, questo passaggio tra funzioni esecutive prefrontali lateraliz­ zate a sinistra e funzioni esecutive prefrontali lateralizzate a destra rap­ presenta non solo un cambiamento da un'attenzione ristretta a una più allargata, ma anche passaggi verso stati di coscienza, in modo unico per ogni emisfero. Edelman (1989) ha affermato che la coscienza primaria collega le informazioni viscerali ed emotive relative al sé biologico con le informazioni memorizzate relative alla realtà esterna e che essa è la­ teralizzata ali'emisfero destro. Questo stato, che dipende dal (sistema) limbico di destra, è equiparato alla "coscienza del soggetto" di Jackson ( 1931), una modalità preverbale "vicina ali'esperienza" che organizza le percezioni e i ricordi automaticamente e inconsciamente, secondo similarità e valenza affettiva. Jackson l'ha contrapposta alla "coscienza dell'oggetto", che è più "distante dall'esperienza". La ricerca ora mostra che il sistema prefrontale dorsolaterale è fondamentalmente coinvolto nella coscienza autoriflessiva e nel pensiero astratto (Courtney, Petit, Haxby et al., 1998; Dehaene, Naccache, 2001; Posner, 1994). Si noti che il temporaneo allentamento della coscienza autoriflessiva della men­ te sinistra consente la dominanza temporanea della coscienza primaria della mente destra. Ricordiamo la precedente descrizione del passaggio di Rogers in un intuitivo "stato di coscienza leggermente alterato" nella relazione terapeutica. Questo concetto suggerisce che la regressione al servizio dell'Io implica fondamentalmente una regressione dalle funzio­ ni esecutive di formazione successiva dell'emisfero sinistro alle funzioni esecutive di formazione più precoce dell'emisfero destro. Il sistema dorsolaterale sinistro si attiva anche durante la rivalutazio­ ne cognitiva con il cambiamento dell'interpretazione degli eventi che ge· nerano emozioni attraverso una strategia cognitivo-linguistica che altera la traiettoria delle risposte emotive riformulando il significato verbale di una situazione (Schore, 2012). Fonagy e collaboratori hanno riportato 114

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uno studio fMRI che dimostra che la mentalizzazione, l'abilità di interpre­ tare gli stati mentali degli altri, è associata specificamente all'attivazione dell'emisfero sinistro (Nolte, Hudac, Mayes et al., 2010). Da notare che nel momento di un passaggio topografico da sinistra a destra, la valuta­ zione cognitiva e le funzioni di mentalizzazione del clinico sono deatti­ vate. Il sistema di significato analitico dell'emisfero sinistro ora passa a un sistema di significato emotivo dell'emisfero destro basato sul corpo. In uno spostamento topografico intrapsichico, la corteccia orbito-fron­ tale destra di elaborazione delle emozioni è ora dominante sulla cortec­ cia prefrontale dorsolaterale sinistra cognitiva verbale. La definizione di Kris (1952) di regressione al servizio dell'Io descri­ ve, quindi, un abbassamento parziale, temporaneo e controllato del li­ vello di funzionamento psichico del sistema esecutivo della corteccia dorsolaterale sinistra che libera la dominanza del sistema esecutivo or­ bito-frontale, la "parte pensante del cervello emozionale" (Goleman, 1995). Questo spostamento dall'area prefrontale dorsolaterale sinistra a quella prefrontale orbitale destra rappresenta uno spostamento dalle funzioni procedurali secondarie a quelle primarie, un meccanismo es­ senziale di regressione. Agendo a livelli al di sotto della piena consape­ volezza, il sistema orbito-frontale opera per "integrare e assegnare un significato emotivo-motivazionale alle impressioni cognitive, con l'as­ sociazione delle emozioni alle idee e ai pensieri" (Joseph, 1996) e nei processi di "elaborazione dei significati legati agli affetti" (Teasdale, Howard, Cox et al., 1999). Poiché la sua attività è associata a una soglia più bassa di consapevolezza della sensazione di origine sia esterna sia in­ terna, il sistema orbito-frontale funziona come un "agente di riflessione interna e organizzazione" (Kaplan-Solms, Solms, 1996). In una descrizione delle funzioni uniche della corteccia prefronta­ le orbitale che rispecchiano i processi della psicoterapia, Andreasen, O'Leary, Cizadlo e collaboratori (1995) hanno riferito che durante l'at­ tivazione della memoria episodica focalizzata, owero il riportare alla mente e il mettere l'episodio in relazione, avviene un aumento del flus­ so di sangue a livello delle aree orbito-frontali.L'attività frontale destra si verifica specificamente quando il cervello sta attivamente recuperan­ do questo evento personale dal passato. Cosa ancora più affascinante, questa stessa regione frontale inferiore si attiva quando al soggetto viene detto di mettere la mente in "stato di riposo". Gli autori hanno osserva­ to che in questa condizione di pensieri privati non censurati e silenzio­ samente inespressi, l'attività mentale dell'individuo consiste in ricordi del passato liberamente fluttuanti e vagamente associati e in piani futu115

Psicoterapia con l'emisfero destro

ri. Gli autori hanno concluso che questa attività orbito-frontale riflette l'attività di "libera associazione" legata al processo primario. Nel mio lavoro precedente, ho citato ricerche che indicano che la cor­ teccia orbito-frontale destra, l'apice del sistema limbico, gioca un ruolo fondamentale nelle funzioni preconsce, in particolare agendo come un filtro dinamico degli stimoli emotivi, fornendo una visione panoramica dell'intero ambiente esterno e interno associato a fattori motivazionali e formulando una sorta di processo decisionale affettivo (Schore, 2003b). Nelle concettualizzazioni psicoanalitiche classiche, la nozione di Freud di rimozione rappresenta la capacità del cervello di riconoscere e filtra· re gli affetti a livello inconscio. Il sistema del sé soggettivo preconscio orbito frontale destro agisce, quindi, come un fattore determinante, in cui gli affetti sottocorticali che sostengono diversi stati del sé possono raggiungere la coscienza soggettiva, situata a destra, e poi quella ogget· tiva, localizzata nella zona emisferica sinistra. Il preconscio è stato classicamente definito come quella parte della mente al di sotto del livello di immediata consapevolezza, da cui pos· sono essere richiamati ricordi ed emozioni non rimossi. L'eccessiva di­ pendenza del paziente dalla difesa della rimozione è messa in atto per impedire attivamente agli affetti negativi stressanti del preconscio ela· borati dall'area orbito-frontale destra-l'intensità dell'arousal emotivo, che a sua volta interferisce potenzialmente con le funzioni dell'emisfero sinistro- di entrare nella coscienza. In questo modo, la mente cosciente, mediata dall'emisfero sinistro, la cui soglia di tolleranza ottimale risiede in una gamma media di eccitazione ("u rovesciata"), può attivamente "respingere", reprimere un intenso (alto o basso) arousal emozionale ne· gativo che disregolerebbe la sua funzione, relegandolo nell'area del pre· conscio, situata nell'emisfero destro. In questo modo, la mente precon· scia contiene affetti rimossi che possono raggiungere la consapevolezza oppure rimanerne fuori. Inoltre, i tabù culturali espliciti rappresenta· no una importante fonte di ciò che viene espulso dalla mente cosciente. In una riconcettualizzazione neuropsicologica della rimozione di Freud, Joseph ha postulato: "Il preconscio contiene informazioni eri· cordi che esistono appena sotto la superficie della coscienza, e in questo senso è parte dell'inconscio. Una volta che l'informazione raggiunge il preconscio diventa relativamente accessibile alla mente cosciente. Tut· tavia, il preconscio contiene anche informazioni che vengono spinte fuori dalla coscienza" (1992, p. 19, corsivo aggiunto). Questi affetti inconsci rimossi possono comunque essere comunicati a un altro sistema precon· scio in una comunicazione emisfero destro-emisfero destro. Regressioni 116

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topografiche intrapsichiche intuitive nel sistema preconscio orbito-fron­ tale destro permettono al clinico di ricevere e regolare gli affetti negati­ vi inconsci rimossi, incorporati nelle comunicazioni preconsce. Questa regressione intrapsichica nell'emisfero destro del terapeuta permette ora un allineamento e una sincronizzazione con l'emisfero destro del paziente e la co-partecipazione a una regressione reciproca, che crea un sistema di comunicazione tra emisferi destri. Kantrowitz ha suggeri­ to: "È nel regno della comunicazione preconscia che l'intreccio dei fe­ nomeni intrapsichici e interpersonali diventa evidente" (1999, p. 72). Questo meccanismo neurobiologico interpersonale media così la co­ creazione di una regressione reciproca topografica, creativa e adattiva, che può potenzialmente trasformare gli affetti negativi rimossi inconsci, spostandoli in una zona del preconscio, permettendo così l'accesso alla coscienza nella forma di un sentimento distinto, che può essere comu­ nicato sia al sé soggettivo del paziente sia al terapeuta. Nei suoi scritti classici, Kubie (1958) ha proposto che l'attività crea­ tiva sia il risultato del libero gioco di processi specificamente preconsci, un'attività naturale e universale dell'organismo umano. Questi proces­ si sono presimbolici e rimescolano le esperienze apprese in nuove co­ stellazioni sulla base di caratteristiche analogiche. Tuttavia, possono diventare accessibili simbolicamente a livello cosciente, soprattutto nelle libere associazioni e nelle istanze adattive di regressione al ser­ vizio dell'Io. Alludendo alle funzioni preconsce, Welling ha descritto l'intuizione come "una fabbrica di pezzi di pensieri, immagini e sen­ sazioni vaghe", dove i materiali grezzi sembrano "galleggiare sospesi o quasi informi, un mondo così spesso presente, anche se quasi mai vi­ sitato". Pertanto, alcuni di questi elementi fluttuanti vengono a distin­ guersi, acquistano forza o si mostrano ripetutamente. Quando si pre­ sentano, possono essere più facili da riconoscere e, quindi, attraversare il confine della coscienza" (2005, p. 33). Ricordiamo che il processo primario di Reik si riferisce a un livello di attività mentale in cui "suo­ ni, immagini fugaci, sensazioni organiche e correnti emotive non sono ancora differenziati". Epstein (1983) ha descritto la salienza del "li­ vello preconscio della consapevolezza", dove le cognizioni preconsce giocano un ruolo essenziale nello strutturare l'esperienza, soprattutto per quanto riguarda "emozioni e stati d'animo". L'autore ha, inoltre, affermato: "Freud credeva che la motivazione inconscia fosse la fonte più significativa del comportamento umano. Io sostengo che il livello preconscio di funzionamento meriti questo onore, perché è qui che risiedono le credenze e i valori impliciti che organizzano e dirigono 117

Psicoterapia con l'emiJ/ero destro

automaticamente la nostra esperienza quotidiana e il nostro compor­ tamento" (ibidem, p. 235). Questi dati clinici indicano che il sistema preconscio immagazzina e genera una "conoscenza relazionale implicita" (Stern, Bruschweiler­ Stern, Harrison et al., 1998). In un lavoro precedente, ho offerto prove interdisciplinari a sostegno dell'idea che il sistema orbito-frontale destro sia isomorfo al sistema di controllo dell'attaccamento di Bowlby (Scho­ re, 2001b). Elaborando ulteriormente il modello, suggerisco ora che il preconscio di Freud rappresenti il luogo neurobiologico orbito-frontale dei modelli operativi interni inconsci di Bowlby, responsabili della co­ difica delle strategie di regolazione degli affetti (vedi Figura 3 .2). Come sappiamo, nella teoria di Bowlby la psicoterapia è diretta a modificare queste rappresentazioni interiorizzate delle prime relazioni. Tale con­ cettualizzazione implica chiaramente che l'emisfero destro della madre formi il sistema preconscio emergente del bambino durante il secondo e il terzo anno di vita. Le reciproche regressioni topografiche sincronizzate, che operano a livelli al di sotto della consapevolezza, sono onnipresenti in tutte le psi­ coterapie relazionali, psicodinamiche, focalizzate sugli affetti (mentre il terapeuta cognitivo-comportamentale cerca di rimanere a sinistra, la­ vorando con la rivalutazione cognitiva, lateralizzata nella corteccia pre­ frontale sinistra). In questi spostamenti emisferici sincronizzati tra si­ nistra e destra, ognuno passa in modo simultaneo dalla mente verbale sinistra cosciente agli affetti non verbali e alle immagini sensoriali della mente destra preconscia. Questi eventi permettono alla mente destra del terapeuta di intuire affettivamente, empatizzare e risuonare intersogget­ tivamente con gli stati inconsci rimossi e disregolati della mente destra del paziente. Le regressioni strutturali reciproche sono anche possibili quando la diade opera nel lavoro con l'inconscio profondo sottocorti· cale. In questi momenti, la corteccia orbito-frontale destra può essere momentaneamente messa "offline" per permettere una riorganizzazio­ ne delle connessioni reciproche con l'amigdala di destra (e poi con il si­ stema corticolimbico superiore frontale destro che si riattiva). Così, al contrario delle regressioni orizzontali topografiche, le regressioni strut­ turali gerarchiche dell'emisfero destro rappresentano sincronizzazioni cortico-sottocorticali destre che permettono di lavorare con gli affetti dissociati, con gli stati "non io". In effetti, le regressioni strutturali reciproche possono anche esse­ re attivate negli enactment con questi pazienti più avanti nello svilup­ po quando sono in grado di accedere alle funzioni simboliche e verbali 118

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(vedi Bromberg, 2011, su quello che chiamerei "trauma dello sviluppo" tardivo, specialmente il trauma della vergogna, durante il secondo an­ no di vita, in opposizione al trauma relazionale precoce dell'abuso e/o dell'abbandono nel primo anno). Per Bromberg il "trauma dello svilup­ po" è un fenomeno centrale nella formazione della personalità, che si esprime nel "trauma del non riconoscimento che, in una certa misura, è parte inevitabile delle prime fasi di vita di tutti" (2011, p. 71). Questo implica chiaramente che il "trauma dello sviluppo", il trauma relazionale nel secondo anno di vita (che, quindi, interferisce con l'autonomia), sia un'area essenziale di esplorazione terapeutica in tutti i casi di psicote­ rapia del profondo, anche con quei pazienti più regolati che non hanno sperimentato un trauma da attaccamento precoce cronico (attaccamen­ ti insicuri e sicuri organizzati). Bromberg (ibidem) ha concluso che l'e­ laborazione terapeutica congiunta degli enactment permette al lavoro con i cosiddetti buoni pazienti di diventare più efficace, perché fornisce una prospettiva maggiormente vicina all'esperienza dalla quale partire, per affrontare quei fenomeni clinici che sono immuni all'interpretazio­ ne, come le regressioni reciproche paziente-terapeuta che mediano la "resistenza intrattabile" e lo "stallo terapeutico". Questi stati inconsci, costruiti congiuntamente e altamente difensivi, devono essere portati alla coscienza in entrambi i membri dell'alleanza terapeutica attraverso la regressione reciproca di un enactment congiunto. Si noti che il sistema preconscio destro è attivato in entrambe le re­ gressioni topografiche e strutturali. Infatti, il sistema orbito-frontale de­ stro è coinvolto centralmente non solo nella trasmissione orizzontale preconscia degli stati affettivi regolati e disregolati ali' emisfero sinistro cosciente, ma anche nella regolazione gerarchica preconscia dei livelli inferiori del sistema inconscio del cervello destro che genera intensi stati affettivi negativi e positivi. Un corpus di studi indica ora che il sistema orbito-frontale destro, sede del preconscio, gioca un ruolo fondamen­ tale nell'elaborazione degli stimoli evocatori di emozioni senza consa­ pevolezza e nel controllo dell'attenzione ai possibili contenuti della co­ scienza. Taie sistema gioca anche un ruolo importante nella regolazione omeostatica degli stati corporei e motivazionali, attraverso il monitorag­ gio e la regolazione della durata, della frequenza e dell'intensità degli stati affettivi inconsci rimossi (e dissociati) (Schore, 2012). Northoff, Bermpohl, Scheneich e collaboratori (2007) affermano che la corteccia orbito-frontale è coinvolta nella costituzione di una difesa più matura e cognitivamente guidata e che le disfunzioni in questa regione rendono impossibile la costituzione dei meccanismi di difesa superiori. Infatti, 119

Psicoterapia con l'emisfero destro

nella ricerca neuropsicoanalitica contemporanea, questi ricercatori de­ scrivono la rimozione come "lo spostamento di pensieri inaccettabili per l'Io nell'inconscio, dove non possono essere facilmente accessibili". La psicoterapia psicodinamica focalizzata sugli affetti, che fa ricor­ so agli spostamenti frontali sinistra-destra al fine di indurre regressioni reciproche per accedere agli affetti inconsci, può, quindi, portare po­ tenzialmente gli affetti rimossi alla consapevolezza cosciente. In questa modalità di lavoro, la creatività preconscia laterale destra del clinico empatico si esprime nella sua capacità di rimanere collegato soggettiva­ mente e psicobiologicamente al paziente durante una regressione reci­ proca sincronizzata, in modo da poter facilitare un contesto relazionale che può implicitamente co-regolare gli affetti inconsci, portandoli verso la consapevolezza soggettiva. L'Oxford English Dictionary definisce la creatività come "dare vita a". La creatività interpersonale del terapeuta catalizza relazionalmente aspetti inconsci, non sviluppati e rimossi del sé del paziente che "arrivano a essere".

REGRESSIONI RECIPROCHE NELLA FASE INIZIALE DELLA PSICOTERAPIA DEL PROFONDO Un modello neurobiologico interpersonale di regressione reciproca può essere applicato al lavoro con gli affetti inconsci nelle diverse fasi del processo psicoterapeutico, specialmente nelle esplorazioni psicodi­ namiche "profonde", inclusa la psicoterapia a lungo termine del clinico stesso. Nel corso del trattamento, la diade terapeutica crea cambiamenti sia nel processo sia nel contenuto. Questo modello enfatizza il primato dei processi degli affetti, della disregolazione affettiva e della regolazio­ ne di questi. Un classico principio fondamentale dei modelli clinici psi­ codinamici prevede che il trattamento debba corrispondere al livello di sviluppo del paziente. Dal primo punto di contatto, l'indagine terapeu· tica si concentra non solo sui fondamenti affettivi e relazionali della sin­ tomatologia e del comportamento disfunzionale del paziente, ma anche sulla storia passata e sulla struttura