Proust e dintorni 8804330139, 9788804330134

I saggi che compongono questo volume vedono Proust anche dall'esterno, nel suo fare, nella sua capacità di rea­lizz

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Proust e dintorni
 8804330139, 9788804330134

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Giovanni Macchia

PROUST E DINTORNI

ARNOLDO MONDADORI EDITORE

Dello stesso autore Nella

collezione Saggi

l fantasmi dell'opera La caduta della !una Nella

collezione Saggt e testi

Il silenzio di ,'yfolière Il Principe di Palagonia Nella

collezione Passaggi

Le rovine di Parigi Scritti italiani

Pirandello o la

stanza

Nella collezione I

della tortura

Meridiani

La letteratura francese Volume primo dal Medioevo al Settecento

ISBN 88-04-33013-9

© 1989 Amo/do Mondadori Editore S.p.A., Milano I edizione ottobre 1989

Proust

e

dintorni

Sommario

9

Premessa

L 1 15

Tra Taine e Bourget

29

TI «maestro» di Proust

41

Ruskin: il gran commento

a

Sesamo

e

i

Gigli

2 69

La lunga notte parigina

75

TI silenzio su Parsi/al Alla ricerca di Calipso « L'intero Faust di Goethe, diceva, era nato da ques t a nostalgia. E Stendhal non aveva po r tat o l'a­ nalisi nell'azione? Bourget continuò ad essere uno scrittore «teatrale» che non scriveva commedie, ma '

romanz1 .

Preparando la lunga prefazi one all' Etienne May ­ ran ·egli affermava nei fatti una sua vittoria e sol­ tanto teoricamente volle chiarire le ragioni di quel fallimento, nell'antinomia che divide il filosofo dal­ l'artista, in colui che vuoi ri pr odurre l'emozione, la p assione particolare a un uomo e al tempo stesso vuol descrivere a uno a uno i vari gradi della gene­ razione logica. Era possibile possedere insieme il ·

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dono della visione e il dono dell'analisi? Taine era stato un animo fremente sottoposto alla disciplina del silenzio, divorato dall'amore dell'ordine e del si­ stema. Non poteva divenire un romanziere. Spirito logico, aveva finito col definire l'uomo: un teorema che cammina. [1988)

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li «maestro» di Proust

I :Un'ottima, ricca antologia di romanzi e racconti, preceduta da un'introduzione di Giuliano Vigini, presso Mursia, ripropone ancora tm.a volta il tema piuttosto annoso dell a resurrezion e di Anatole Fran­ ce. Questa resurrezione viene richiesta da più parti, e non da oggi. Qualche scrittore «di pr ofetico spiri­ to dotato» gi urò anni fa che France sarebbe tornato. Ma chi allora si mise fiducioso a scrutare l'orizzonte non notò alcuna grande ombra avvicinarsi nel pae­ saggio vuoto. Nel1959 l'editore Longanesi pubbli ­ cò, con un acuta presentazione di Carlo Bo, il me­ glio della sua opera. L'attesa continua. Appartengo ad una generazione che ha letto poco France, ma che ha sentito molto chiacchierare di Monsie ur Bergeret e dell'abbé Coignard; che ha ascoltato nel bel mezzo di una conversazione da sa­ lotto, quando si bersagliavano i concilianti mariti traditi, l'immancabile citazione di Bergeret: «li y a deux écoles»; e che si è sempre meravigliata che Proust elevasse l'autore di Thais al rango di mae­ stro. Perciò ho ragione di confessare che il problema '

della resurrezione di questo famosissimo personag­ gio non m'impensierisce. Al,tre resurrezioni e ben altre epifanie ci preoccupano.- In più clamorosi silen-

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zi sono affondate alle nostre spale l le cose di casa nostra. E penso anche che France n on sia mai mor� to, Non di silenzio nel suo caso si può parlare, ma di un moderato mezzoforte. La lettura di un suo libro è come una musica che si ascolti da una stanza vici� na e che, tra una nota e l'altra, non ci impedisca di pensare e di sorridere. A France è toccata la sorte riservata di so lito a coloro che facilmente o troppo familiarmente ven­ gono chiamati «maestri».· L'ingiusto oblio, ad esem­ pio, in cui cadde Gautier fu in gran parte dovuto al­ l' onore di esse re stato proclamato da Baudelaire «maestro inimitabile>;. C'è in tanta filiale generosità un po' di astuzia e anche un'.aocurata perfidia. Quelle api indust rios e , chiamat� onesti discepoli, utilizzano i succhi più nutrienti della magist rale co� rolla e lasciano il r esto in utilizzabile, vuoto, senz' a­ nima. Strappato tutto quel che serve alloro avveni� re, abbandonano il maestro al passato. Proust ce1to deve molto a France. Nessuna diffi­ coltà ad ammettere che Bergotte sia proprio lui, France, lo scrittore i cui libri egli leggeva ai comp a ­ gni più intelligenti del liceo Condorcet, e dove ri­ trovava una bellezza di cui prim a non sapeva gode� re. Ma mentre France, ancora viv o, attivo, alimen­ tava nuove forme e nuovi personaggi) nel difficile 'travaglio della cr�azione, q11ella . b �Me zza avvizziva; cadeva distrutta.' E il molto di France che è in Proust sì ridùce per noi a qualcosa di vicino eppure di totalmente diverso:�)o stile di convers?zione,.,.il'in­ tellettualismo� ;J'id7ologia dell�, bellezz a)Gl culto del­ la >. e 'del piacere, ..Jl sapore della carru� zione, l'erudizione;Ja figura del commentat ore iro� . nico, 'i1 romanzo come storia contemporanea Jecc.; ·

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ma erano elementi che, veri o falsi, venivano fusi con altri, di lont ana estrazione. E spiri ti ironici, an­ tifrandani potrebbero tr ov are in comune nelle due opere null' altro che pa rtic olari curiosi: come l'Asti spumante regalato a Swann e che eccita nel Lys rou­ ge una scena d'amore liberty, da c art ellone pubblici­ tario: «li lui versa entre les dents une gou tte d'Asti mousseux)>. Ci stiamo sempre di più abituando al tipo del ro­ manziere che trascura il lettore; a sc ritt ori che non battono mai la mano amichevolmente sulla spalla di chi legge, e pa rla no e dicon o e inventano cose , come se egli non esistes se. In momenti di irr ita zione giun­ gono a provoc arlo , ad insultarlo, o covano verso di lui un malcelato disprezzo. France tenne sempre con il lett ore cordialissimi rapporti. Tentò a tutti i costi d'intrecciare con lui animatissimi dialoghi privati . E fu ragione della sua fortuna . :gra della razza dei Voltaire o _dei piccoli Montaigne, ma dei M onta igne che u t ilizzan o una più o meno" smcera autodenigr azione per fare di chi legge il proprio complice. Lo scetticismo, il dolce di­ sprezzo dell'uomo sono sempre veleni saporosi, at ­ traenti ; in gredienti efficaci per compiacere ai rap­ present a nt i di una civiltà del t ut t o diseroicizzata. Coloro che, come Coignard, credev a no che il pro­ prio spirito era stato dis trutto dal pensier o, si spec­ chiavano su queste pagine non per risolvere tragica­ mente le lor o avventure, ma per addolcire e supera­ re la propria pena nell'ironia .. L'intellettuale di J:rance non sogna pericolo si incontri con Faust o col fli::1volo. Non lo spirito irrequieto della giovinezza lo attra vers a . n protag oni st a ideale dei suoi romanzi

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ha la ste s sa età dellettor�J:ruomo che si avvia verso la maturità o che si sente ·vecchio anche se è ancora giovane E con m olta giustezza un critico recente ha parlato di senilità. Da tanti discorsi si sprigiona il «tedio intellettuale fin de siècle)>: la temperie spiri­ tuale di un momento dello spirito wnano che rifiuta il dramma e che aduna intorno a sé proprio per que­ sto un'infinita quantità di adepti. ,

.

Questi personaggi, cosl fortunati, :finiscono con

decadere al ruolo di divertenti e brillanti trasmetti­ tori d'idee. Le loro opinioni, di una verve spiritosa, di una felicità cui oggi non siamo più abituati, pote­ vano essere trasmesse e circolare in ambienti mon­ dano-intellettuali, senza dar vita a grandi creazioni letterarie autonome. Erano ronzanti e scoppiettant i insetti di una formidabile città di libri, che affonda ­ va nel passato e che restituiva al nos tro presente problemi, drammi, interpretazioni che apparteneva­ no ad epoche in cui il fascino della storia continuava

dire qualcosa a noi moderni, in ricostruzioni affa­ scinanti: il mondo alessandrino di Thais, quello li­ a

bertino epicureo cabalistico della KoiiSserie, quello rivoluzionario di Les Dieux ont soif. A.nclle la Firen­ ze liber ty contemporanea, nel Lys rouge, aveva il sa­ pore di una ricostruzione, e l'autore, invece di esse­ re assorbito nello studio di una gelosia retrospettiva che sarebbe potuto diventare proustiano, veniva di­ strat to da figure secondarie, da conversazioni misti­ co-francescane alquanto libresche. In alcuni frammenti ritrovati di recente Proust notava che l'amore dei libri cresce con l'intelligenza e che l'erudizione (sono parole ripo rt ate da altro te­ sto) . '

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quasi derelitt a . * Ed ecco perché ho pensato di ri­ pubblicarla, nella nitida e accurata traduzione di B arbara Piqué . li commento a Sesamo e i Gigli esprime, più di quello dedicato ali�, J}_ibpiq, d'Ami�ns, uno stato di crisi e, insieme, ub. ' ten ta t ivo di supèràmento. Si è creat o tra l' autore e il suo esegeta un l at ente dissi­ dio che Proust non i n tende dissimulare . Anche quando egli si cond an na umilmente ad illuminare le fonti, a spiegare e collocare i passi dei te s ti biblici, di Luca, di Matteo, di Giuda il Santo, di Geremia, di Isaia e si arrampica sui picchi di un'instancabile erudizione, sembra che dica ai suoi compagni di cor­ data: «Badate che anch ' io esisto e non intendo scomparire nell'inutile esercizio che mi sono impo­ sto». Ruskin, per fortuna, non è Aristotile. E _jJ commento di PrQ.ust , _Qartit_o_forse _con le più m_o9�­ �te �_te!:lzioni, sLmuov�� s'ingolfa verso g[es iti pi\!. jpsgera�i . Come un fiume irregolare ora restringe il

Dun esempio,

Henri Bonnet dedica un libro di 130 p�gine ad Al­ phonse Darlu, Maitre de philosaphie de Marcel Proust (Paris, Nizet, 196 1). Ma non ci informa che, a nco a nel 1906, Proust non dimenti­ cava il s o vecchio maestro. Riusciva a ricordarlo in una nota dedi ­ ta ai Memorabili di Senofonte e alla famosa frase finale di Candide sul piacere del lavoro. Gli esprimeva ancora una ol a la sua immensa gratitudine, come al maestro più ammirevole che avesse mai cono­ sciuto, l'uomo che aveva più influito sul suo pensiero. E nel discorso pronunciato in occasione dei pr e mi del Lycée Condorcet che presie­ dette quale ispettore generale dell'Università, Darlu citò Sésame che «votre ancien condisciple» disse «a traduit avec amour en l'ornant de fines et précieuses pen ées qui lu i font camme cadre d'or». L'im· magìne sarà piaciuta a P ou t . Nel volume della Pléiade dedicato a Contre Sainte-Beuve e agli scritti critici, di queste «fines et précieuses pensées)> non ne viene i po tata n es na . [ Dopo questa traduzione italiana è apparsa Urul nuova edizione del testo di Ruskin col com­ mento di Prous t. Nota del 1989 . ]

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suo corso al minimo necessario, ora si allarga per di­ venire un lago, ove Proust un po' esilarato da quella corsa e dalle occasioni che gli offre si tuffa, dimenti­ cando il punto di p art enza . Egli scrive in un periodo della sua vita in cui il pass ato rifiutato gli fa intrave­ dere luci e segnali per un avvenire migliore, non troppo distante, e si fanno strada idee e interrogati­ vi su problemi di stile, di scrittura, di co mposizione . A volte i due soggetti , l'autore e il commenta t ore , sembrano scambiarsi la loro identità[ e non si sa be­ ne se alcune diffusissime note riguàrdino davvero un testo pubblicato nel 1864 o contengano le prime � illuminazioni per un libro futuro ) Non poche volte si pensa aJy1ontaigne, In Mon­ taigne l'esercizio stesso del commento, del rapporto tra il libro di lettura e la vita i ntelle ttu al e e privata, tra l'espressione consegnataci dagli altri in pagine infinite e la nostra , chiusa nella luce delle . nastrè

,giorn ate

ha av uto l'estensione più dinamica e viva. Ma in Proust sembra già prenda consistenza l'idea di un'opera che sia ra cconto, invenzione e insieme «gran commento» di un:' e sistenza , i:p _ cui sia reso possibile capire, analizzare, confrontare, scoprire nel presente l'infinito del passato. E sarà stato per accentuare questo elemento temporale, di e sperien­ za diretta e personale, ch'egli, ripubblicando nei Pas­ tiches et Mélanges la sua introduzione "l Sesamo, che s'intitolava Sulla lettura , gli dette un titolo più per­ sonale, dove fosse un po' della sua vita: Giornate .di lettura . Le pagine dei ricordi d ' inf an zi a furono u ti­ lizzate nella Recherche, e cosl la pagina finale su Ve­ nezia, sulle colonne rosa della Piazzetta, svettanti verso i loro larghi c apitelli , ove i giorni degli uomini d'oggi s'accalcano e ronzano. Ma quella pagina fu ,

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sacrificata nella redazione definitiva del 19 1 7 : e s ' int uis ce il perché. Proust sa benissimo ciò che uno scrittore deve ad un libro, a ciò che è stato scritto e pensato prima di lui. n nostro io è illuminato per lu ci riflesse dall ' in­ finita esperienza che tanti esseri vi ssuti prima di noi, affrontando problemi di scrittura e di comuni­ cazione, hanno cominciato ad approfo ndire e a sve ­ lare. «L' uomo>> aveva scritto Ruskin «è realmente il­ sole del mondo: ben più di qu anto non lo sia lo stes­ so sole. La fiamma del suo cuore meraviglioso è l'u­ nica luce degn a di essere misurata. Là dov'è l'uomo sono i tropici, là dov' egli non è so no i ghiacc iai . » Ma perché vuoi penetrare nel cuore del libro, do­ ve il sole dell'uomo si è c oncentrato in tutta la sua luce, Proust si allontana dall ' idea che la lettura sia ' un'alta fo rma di conversazione, : come pensavano Cartesio, Emerson e lo stesso Ruskin. , La ragione del rifiuto riposava sulla s os t anzi ale differenza dei due modi di comunicare. Tutta la vita di Proust fu visi t at a , assediata da amici, ma con quale frutto? Gli amici che scegliamo non potranno in alcun mo­ do sostituirsi ai libri. L'esperienza gli insegnava che il no stro modo di comunicare con la persona più amata e in cui riponiamo illimitata fiducia implica u na dispersione delle forze attive dell'anima, che al contrario il «mer aviglioso miracolo della lettura», la, quale e comlliricaiiorìe- irÌ · seno alla solitudine,. colli centra ed esalta. Quando si legge, noi siamo in pre ­ senza del pensiero di un altro e tuttavia siamo soli. Siamo in pieno lavoro pers on ale della mente . Non façciamo che svilupp are il nostro io, ton un sens o maggiore di verità che se pens as s imo da solj) Si è

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come sospinti sulla strada, che riconosciamo nostra, da una forza che non è la no str a Sta di fatto che conversando la comunicazione avviene per il tramite dei suoni. Lo scontro spiritua­ le perciò è indebolito. n pensiero, divenendo pen­ siero parlato, si deforma ; E Proust non t emeva di definire scrittori inferiori coloro che si compiaceva­ no nell'esibirsi ed eccellevano n ell a conversazione. Baudelaire credo non la pensasse diversamente, e avendo messo una volta in evidenza le qualità di conversatore e di conferenziere del suo grande e amato E dgar Poe, tenne subito ad avvertire: «Non era, come si dice, un bel parlatore, che è cosa orribi­ ' le)>. Un po di questo amabile orrore contagiava an­ che Proust che pure si era assunto l 'incarico di tra­ durre un testo «parlato)> di Ruskin, cioè una sua conferenza. Lo «stato spirituale» poteva realizzarsi soltanto in un' atmosfera densa e tesa, non solcata d _ alle vibrazioni della voce degli uomini. Ed egli( che nella Recherche seg ue i p ersonaggi anche nelle -èliffe­ renze del loro linguaggio parlato) mos tr a un vero e proprio rifiuto > ché in al­ cuni luoghi del romanzo sembra interrompere l'a­ zione, come in un improvviso e s traordin ario cam­ biamento di velocità, non preparato . Uno di questi luoghi è il famoso passo dell'Education:

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Et Frédéric, béant, reconnut Sénécal.

Il voyagea.

IV

Il connu t la mélancolie des paquebots, !es froids réveils sous la tente. . .

«Ctt:�2�4_e S()ltanto . la metafora possa dare un!} _ s or t a Cl' eternità ilio stile», �criverà Proust nel 192Q. In queste note il valore dato all a metafora non è co51 assoluto e sola re } Avendo a c:he fare non con un 1 grande poeta ma con un critico per cui le idee con­ tano , egli si limita ad affermare: «La metafora con­ ferisce dignità all'idea». Nla quale idea , quale digni­ tà? S quarciand o il velo dell'ironia, le frecce puntate verso Ruskin diventano acute, quasi velenose. Ruskin aveva scritto: >, ma con una vo­ ce debole, quasi parlassero dali' altra sponda di un grande fiume, tra sipari di brume , un fiume che il loro sguardo cercava di s quarci are , e questo fiume era il fiume del Tempo. E durante tutta quell' audi­ zione una persona rise rvat a, egli racconta, lasciava palpitare nei suoi occhi un sorriso repr es so ed esi­ tante che pareva l' annuncio di un buongiorn o che si

era augurato ch'egli facesse e, sia bontà, sia imba­ razzo, sia stupidità, durante i più sublimi momenti 81

dell'opera quella persona non pensava che a una co­ sa: all'imbarazzo di non pot ergli dire buongiorno. Prima del 19 14;i.J ' anno in cui Parsi/al fu da t o la prima volta airOpéra; 41:1� .sceçe d�vo1:1o aver colpi­ to Prou5t : la scena delle fanciulle -fiore'è l'Incantesi� 1Ilo : È noto che per alcuni studiosi il titolo d�. A l'ombre des jeunes filles en fleurs ricor da due versi di 'resbos, la «pièce condamnée» di B audelaire: «Car Lesbos entre tous m ' a choisi sur la terre / Pour chanter le secret de ses vierges en fleurs». Ma penso che in quel titolo resti soprattutto un ricordo wa­ g neriano : Je fanciul1e-fiore appunto del giardino in­ cantato di Parsifal, \la scena ch'egli aveva ascoltato la prima volta in concerto nel 1894. Nella Recherche è lui, come un giovane Parsifal, che viene introdotto tra le invitate della duchessa di Guermantes, p ara­ gonate appunto alle fanciulle -fiore (> h� da t molto

da fare agli interpreti, ma credo che allo stato� d�f fatti non è possibile dissociarlo dall'esperienza w a­ gneriana. Ancora nel 1 9 1 4 , il personaggio di Parsi­ tal, per le trasformazioni che nel dramma gli imp one la realtà, veniva accostato alla trama misteriosa del romanzo, verso il cammino del temp o ritrovato . il suo libro era costituito di tappe, nessuna delle quali avrebbe potuto esser vi s t a come una conclusione. E Parsifal era il personaggio wagneriano 'che più si av� vicinava, nelle fasi di que sto eterno rinvio, alla cer(: mania finale. Sarebbe stato un pessimo lettore de1 suo libro, diceva , e un falso ascoltatore di W agner chi, a vendo notato che alla fi ne del primo atto Par­ sifal non capiva nulla della cerimonia e ve niv a scac­ ciato da Gurnemanz, avesse creduto che la semplici­ tà di cuore non conduceva a nulla . Ma, andando avanti nella stesura del libro, senti­ va di dover sempre di più rispettare ciò che egli chiamava il >

Gli annunci pubblicitari cui Proust alludeva era­ no . tutt'altro che vaghi o modesti. Entravano nel contenuto e nel vivo dell'opera� Non risparmiavano

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elogi al suo aut or e . E più di una volta c o mp ar iv a il nome di Bergson. S ' insisteva sul rapporto che quel libro, dal titolo «plein de mystère}>, aveva con la fi­ losofia. Balzac avev a scritto La Recherche de l'abso­ lu . Di sper ando di raggiungere altro o gg et to se non le impressioni lasciate dalle cose sulla nostra anima, Monsieur Proust si. era �volto ':erso il passatQ7 qu�l . «tempo perdutO>> di cm e fatto il presente e che ali­ menta l'avvenire, ec c . E quale altra mano se non la sua avrebbe potuto vergare con tanta compiaciuta competenza quelle righe? Chi se non Proust avrebbe po tu to fare il nome di B ergson ? Ma egli, fin gendo si indign a to degli elogi e dei biasimi che aveva ricevuto per aver voluto far p as s a­ re in un ro m an zo la filosofia di Bergson, scaricò ogni responsabilità sull'editore. E tutto sembrò dar­ gli ragione. Henry James dichiarò di aver avuto alla lettura del libro Wl'impressione profonda. Rilke lo giudicava incomparabile. Lucio D 'Ambra lanciò profezie. Gide fece umilmente atto di co n trizio ne, e la giovane colonna della «Nouvelle Revue Françai­ se», J ac ques Rivière, spinto da un cieco entusiasmo, chiedeva che tutto il secondo volume, qualcosa co­ me 500 pa gine , venisse stampato a puntate sull a ri­ vista: proposta che suscitò in Proust soddisfazione e smarrimento .

Ma forti venti di tempesta stavano per

avvicinar­ si. Dolorosi fatti privati s'incrociarono con . si avvenimenti. Cominciava ad intravedersi l' orribi� le fantasma della guerra. n libro cui st ava lavorando sembrò inabissarsi. Non fu certo di buon aus picio che la persona cui aveva dedicato, in segno di affet­ tuosa e profonda riconoscenza, il suo Swann, Ga-

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gran�;

ston Calmette, direttore del «Figaro», venisse assas­ sinato. E nel mese di dicembre 1913 accadde una disgrazia che à�ll� lacerato profon�ente la sua esi:stenza: :Allàtgo , dél mare d'AntibeS�' mentre si addestrava in esercitazioni di volo con l' aeroplano che Proust gli aveva regalato, Alfredo Agostinelli annegava. Nel volume della corrispondenza c'è una sola lettera di Proust ad Agostinelli , inviata pochi giorni prima della morte. Essa riapparirà, quasi con le stesse parole, nella Fugftive (ove I' aeroplano verr à sostituito da uno yacht). E la lettera scritta dal N ar ratore ad Albertine. E in essa Proust esprimeva un suo desiderio: far incidere sul velivolo , che gli era costato 27 mila franchi, alcuni versi di Mallarmé che Agostinelli, pur trovandoli oscuri, amava: i ver­ si del sonetto del cigno . n cigno era riuscito a liberarsi dal lago gelato che lo teneva prigioniero, ma era scomparso per sempre nel grande mare . E Proust finl col sentirsi responsa­ bile di quella mortè Se Agosrinelli non lo avesse co­ nosciuto, se egli non gli avesse dato tutto il denaro di cui poteva disporre, se non avesse nutrito verso di lui affetto ed amore, quel bel giovane di ventisei anni non sarebbe scomparso, non si sarebbe all onta­ nato dalla sua vita. Come un tempo, quando, ancora ragazzo, si considerava colpevole del dolore che pro­ curava alle persone che amava, giungendo fino all a certezza di aver ucciso sua madre, anche ora, au­ toaccusandosi, pensava al martirio. Ed egli che ave­ va cosl ben sopportato la sua condizione di malato, conosceva solo allora, confessò a Lucien Daudet, co­ sa significasse, tutte le volte che saliva su un taxi, desiderare di rimanervi schiacciato dall ' autobus che sopraggmngeva. ­

.

108

Taxi, autobus, aeroplano. Aiji.�� alla macchi­ na;,còme a un antico Strumento di tbttura, il suo bi;;; sogno suicirut1 Quel che noi chiamiamo semplice­ mente il «caso», era forse un'alta espressione della giustizia divina. E un sentil:ne!l�O� sfm.ile, alla fine

deJla. R��k��,.mPY.� il bat()ll� diCbarlus duran.' te 'il bOmbardamento di Parigi, teso verso danna ·richiesta, liberatrice:: [1984]

109

una

con;;;

Pavoni e valchirie

Nell'estate del 1893 quattro giovani amici, ex coni:. pagni di scuola al liceo Condorc�t, per divertirsi ç forse per ingannare le lunghe giornate, decisero cn scrivere un romanzo per lettere in cui ognu� avrebbe dovuto dar vita a un personaggi.P, . C'era un abate, il confessore; un generale; un bel sottufficiale e una giovane che di quel sottufficiale, alquanto r� .;·;Ella ha bisogno di confes s ar si ; ha bisogno di l.ltl pret e aml: co su cui riversar� le proprie ansie. Se si pensa .$l­ l'importanza · che · il tema dell a confessione (laUèon­ fessione dei propri vizi) ha nel primo Prous�, fh1� venzione della figura del confessore è.··assal signifi� cariva..

Ma perché quella confessione non è totale, e ri­ spetta, dice, un margine in bianc o che non può su­ perare? Cosa nasconde? Già si avverte la crudele reticenza che è nei cuori dei saggi, come egli lesse nelle pagine di Ruskin. Ma questa crudele saggez­ za, il non poter dir tutto (come se quell'abate fosse la propria madre) , non diventa una delle cause del­ la sua disperazione? Da una parte lo spettacolo vol­ gare della vita, il ballo dato da una fantomatica

1 14

principessa e una serie di ost acoli perché i sogni non si realizzino, e al di là di quei balli che non mantengono quel che promettono c'è la speranza e l'attesa di quel ragazzo ch' ella ama più di ogni altra cosa al mondo e che forse al b allo non verrà: il tut­ to sommerso in W1 pae s aggio preautunnale, col ven­ to d' agosto e con le prime piogge . Rifiutando ogni snobismo, ella riconosce nelle orribili persone in­ contrate in quel «salon» una certa grandezz a di de­ sol azio ne . Non c ' è che dire. Anche se gli amici non se ne ac­ corsero, questa lettera più che un diverti.rnento eta. \ln pezzo di giornale intimp in cuì vibrava il riflesso di ..g9 çhe Proust soffr1 e sopportò in quel periodo torbida della sua giovinezzà, investito ins ieme dal­ l'innoèenza �e dal · vizio , Anche l' accorgimento qui adottato del «déguisement», del cambiar sesso e di nascondervisi, condotto poi nella Recherche a conse­ guenze estreme, lo si ritrova nelle pri me figure tra­ giche e disperate ch'egli inventò,in quegli anni. So­ no quasi tutte figure di donne. E la giovane donna di Avant la nuit, scritto proprio nel 1 89� e mai pub­ blicato, che si tira un colpo di pistola . E la ragazza della Confession, che tenta anch ' ess a il s uic idio , e l'espiazione non investe soltanto la certezza d' aver perduto l'innocenza ma d' aver commesso con lo scandalo quasi una forma di matricidio . In questo romanzo epistolare, se fosse stato finito, Proust avrebbe c os tret to anche Pauline a uccidersi? Ma un altro tema; più virile, è affrontato· ·d all a giov a ne corrispondente: l'amore non: soltanto per il bel sottufficiale, ma per la letteratura: E -sembra che Proust abbandoni per un at ti mo i suoi abiti femmi-

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Non teme di rivelare all' abate, non più confes­ sore, i suoi progetti letterari. Tutti sanno quale strumento di conoscenza e di complessa psicologia è stata la lettera nella vita di Proust . Ha scritto lettere alle duchesse, ai suoi ca­ merieri, ai suoi portinai, con una fedeltà instancabi­ le che ben conosct:: l'editore della sua corrisponden­ za, il Kolb. La lettera, anche qui, è l'attesa, è l'emo­ zione di ogni giorno. La lettera che uno scrive e non sa se la persona cui è diretta vorrebbe riceverla e tuttavia questa risposta l'attende e in tale assurda speran za è soccorso da tutte le superstizioni, i misti­ cismi e le più viete situazioni romanzesche perché quella speranza non muoia. Ed è su una lettera che la giovane scrittrice Pauline (quanto vicina a Proust) vorrebbe imbastire tutta una «pièce»: col postino che porta cattive notizie, di malati, di incidenti mortali, comW1icate a una madre, o lettere dure in­ viate dal figlio alla madre o quelle di un marito alla propr ia moglie ecc. Insomma la vena tragica non tende affatto ad esaurirsi. Ma è una vena da teatro del «houlevard>�. Essa anzi s'irrobustisce in altri progetti ove ver­ rebbe descritto un matrimonio combinato da vec­ chie signore che, come fossero Parche, filano la loro opera di distruzione e di morte. In un salon del Fau­ bourg s'apre improvvisamente dinanzi alla giovane tutto l'irrevocabile seguito di disgrazie che nella lo­ ro concezione di una vita d'ordine quelle signore hanno provocato, con i mariti che partono insieme alle loro amanti dinanzi alle mogli disperat e e i sui­ cidi e gli assassinii . Ma nelrAmica delle mogli di Pi­ randello, con tutti i mutamenti richiesti dall' azione, non succede qualcosa di simile? Credo che Proust

nili.

1 16

intendesse semplicemente dichiarare ai suoi amidf

a l confessore (alla propria madre?) , i l SUO orrore pe.fY il matrimonio. Ma anche

ca di

in queste

tre false lettere non dimenti­

anno t are i fatti autentici, reali dell a propria vi.;; ta. Ne indicheremo tre! il p aesaggio da cui scriy� (Saint-Moritz), le personalità che ha< conosciuto �·· l ent usiasmo per la mus ica w agneri� Aveva ascoltato la Valchiria pochi mesi prima TI ricordo di quella musica cosl vibrante e luminosa ..

'

.

.

non lo abbandona tra gli alberi dell'Engadina. E tutto quel paesaggio reale e duro e le vallate azzurre sembrano bagnarsi di musica. Molti anni dopo darà un titolo wagneriano al suo romanzo A l'ombre des jeunes fil/es en fleurs, nel ricordo delle fanciulle-fiore del Parsi/al. Ora vede Valchirie dietro gli alberi, e poiché l'abate reagisce, gli chiede se è sul creti.qismo universale ch'egli voglia fondare la sua virtù. E be­ ne che il nostro cuore non venga disseccato prima di offrirlo a Dio, e che i folli fiori contintrino ad ani­ mare la natura per la nostra gioia . E non poteva infine essere dimentic ato l'incontro più carico di futuro avvenuto in quello stesso anno : rip.cot1tro con Robert de 1vlontesquiou� Quel pae­ saggio dell'Engadina era ricco d 'apparizioni. Dietro gli alberi non vivevano soltanto le Valchirie. Colora­ tissimi e lussuosi, si muovevano lentamente nella sua fantasia i meravigliosi pavoni cantati da Montes­

quiou. [ 1985]

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Il ritratto di J.-E. Bianche

La recente ristampa, presso l'editore Stock, di Mes Modèles, ove nel 1926 il pitt ore J ac ques -E mile Bian­

che riunl i suoi ricordi su Barrès, Hardy, Proust, Ja­ mes, Gide, Moore, e la traduzione da Einaudi delle cronache mondane e degli scritti letterari e d ' arte di Proust, riporta oggi in primo piano, dalle lontanan­ ze nebbiose in cui era caduto, un personaggio che ebbe Wl.a sua posizione brillante nei s alot ti parigini e londinesi dell'epoca, ritrattista indaffaratissimo e scrittore talmente diffuso che, secondo l'amico Gi­ de, non lasciava passare una sera senza aver riempi­ to dieci pagine di appunti. Gli infiniti perlustratori del mondo proustiano .avranno certo notato il regime d'estrema indige�a con cui l'autore della Recherche ha regolato i ricw­ di dell a sua esistenza: Determinate dalle richieste del p ubblico, dalla sua implacabile curiosità, le pub­ blicazioni a carattere iconografico si susseguono: i documenti raccolti da Cattaui, l' album della Pléia­ de, il « mon do di Pro u st» di Maurois, il suo > I due giovani conoscevano un solo quadro del grande Elstir. TI N arrat o re aveva appena sentito pronunciare quel nome da Swann. Era, il loro entu­ siasmo, la cornice nervosa, l'armatura sentimentale di un ' amm.i.fa zione senza contenuto. Una posizione completamente rovesci at a di quella che univa il Narratore al grande Bergotte. Di B ergotte il Narra­ tore conosceva l' opera, non la persona, e quando nel salotto dei Verdurin , sente, al momento delle pre­ sentazioni, p ronun ciar e il suo nome, come la scarica di una revolverata, > di un a realtà sconosciuta. La monotonia di Vermeer era nell' obbedienza a quella realtà, a quel mondo unico: le sue opere, cal­ me e ossessive variazioni di una sola opera. E per­ ché la rivelazione di quell\m.ica realtà, e l' illusione di lavorare ad una sola opera mai compiuta fosse

continua, Vermeer si affidò al silenzio. Immerse quei suoi soliti splendidi oggetti nel silenzio, come in un liquido immateriale che li ricoprisse e li rifon­ desse nell' atmosfera luminosa. Era la rivelazione del colore attraverso il tacito disporsi degli oggetti in un attimo di pausa o di alta concentrazione, dove sem7 pre qualcos a accenna ad W1'essenza misteriosa e che riscatta quell'aria di grande, apparecchiata e prezio­ sa esposizione. n silenzio della stanza dove la ragaz­ za, sorpresa dal sonno, si è addormentata, col gomi-

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sul tappeto ; l'applicazione della merlettaia curva u l lavoro tra i suoi piombini ed i fili rossi e gialli; la s donna che legge innanzi alla finestra aperta con la luce che le cade sul foglio, o è ass orta a scrivere , la test a china sulla carta, o con la penna in mano si volta e guarda, inseguendo un pensiero; r atto di chi c on compiacenza contempla allo specchio la collana eli perle che le orna il collo; il gesto di chi è attenta a pesare quelle perle, incidendo nell' atmosfera, quasi al cent ro del quadro, il segno di un misterioso equi­ librio, come un s imbolo o una sospesa allegoria, ed infine, in un tema di genere, ec co la brav a donna che, in cucina, ver s a il latte nella scodella. Della umile poesi a di questa scena, forse Proust si ricordò qu ando in una delle sue troppo fervide lette­ re alla contessa di Noail.Ies, enumerando alcuni versi ed immagini che egli non aveva citato nel suo arti­ colo su Les éblouissements, scrive: «Du silence», e aggiunge: «camme le lait dans la j at te» . E no n ci sembra superfluo notare che, del silenzio, Vermeer ha rappresentato i diversi gr adi, dal severo raccogli­ mento dello scienziato (l'astronomo, il geografo), al­ la limpida indagine dell' artista (Io studio del pit­ tore) . to

. Ma c'è nell'opera di Proust un .!J+Qtl1�ntp decisiv o irÌ cui Vermeer entra, com'è noto, quale elemento dntinmatiéo · e . diventa l 'impa ssibile suscitatore di uno dei più famosi episodi del romanzo : la morte di Bergòffe. ' TI significato di questa grande testimo­ nianza di intima ammirazione verso un pittore, tra­ spor tat o sulla soglia della morte, è accresciuto quan­ do si tenga presente la sostanza fortemente autobio­ grafica di quell ' episodio

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Si er a aperta nell'anno 192 1 , al «}eu de Pawne») una esposizione di maestri olandesi, con quadri di Vermeer e la cele bre Veduta di Del/t, arrivata dal­ l' Aja. Malato, quasi recluso nel suo >. Non perde tt e tempo. Le��e vel.o­ cemente le fit ti s sime 523 pagine del ro manzo , e pre­ parò un articolo che usd ad un mese giusto dalla pubblicazione del volume: / La Pasquali insinua che D 'Amb ra, assiduo lettore del «Figaro», fosse rimasto suggestionato dall' artico­ lo di Lucien D aud e t , apparso il 27 novembr e e che egli cita:· Può essere, m a viva il coraggio che nasceva da quella su gges t ione ! .A...ndré Gide aveva rifiutato il libro . L'oscuro D'Ambra, senza a tten dere il giudi-

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zio dei grandi, lo esaltava. E Proust lesse e ne fu sorpreso: «Savez-vous qui est un écrivain italien qui signe Lucio D'Ambra?», chiese a Lucien D audet . «Il a fait s ur moi un artide charmant . » E poiché l' articolo era anche «très remarquable», ignaro che di n a qualche anno sarebbe cominciata a crescere into rno alla sua opera una foltissima selva di studi, e incredulo altresl sulla genuinità delle lodi da cui si vedeva sommerso, lo s cr i tto re congetturò che quelle pagine le avesse scritte un amico sotto falso nome: forse lo stesso Daudet . Incantevole umiltà e can­ dore! Sarebbe poco generoso sottoporre a severa analisi una frettolosa recensione che non prete ndeva avere alcun peso critico. La prosa di D'Ambra è la prosa so nan t e e un po' rozza dei profeti. Odia l'equivoco. Non ci sono i forse, i quasi, i potremmo dire, e nean­ che in un certo senso, e s pres s ione divenuta oggi cosl famigliare tra le persone colte ed i cinematografari . In tutti i sensi, il libro di Proust è per D ' Ambr a un cap olav oro .