Programma di filologia romanza come scienza idealistica

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Libreria antiquaria editrice LEO S. OLSCHKI - FIRENZE, ROMA, GINEVRA

BIBLIOTECA DELL' "ARCHIVUM ROMANICUM" A lato alla. rivista di filologia romanza, .ATchivum romanicum., viene a porsi questa collezione affidata anch'essa alla direzione del Dr. Prof. G. BERLa c.Biblioteca, sarà. ispirata a quegli stessi intendimenti, cbe il Direttore ha esposti nel « Programma » dell' A.rchivum (I, l; IV, l) e che Bi sono rallegrati del consenso di mol~ studiosi e dell'approvazione di tutti coloro a cui stanno realmente a cuore le sorti della coltura. Si divide, questa collezione, in due -serie: ' TONI.

I. - Serle storico-letteraria e paleograftca. II. - Serle linguistica. Le due serie procederanno pre8sochè parallelamente, conformi alla concezione che, della «filologia romanza~ propugna con l'insegnamento e con gli scritti il Prof. RERTONI, il quale ba .assunto la responsaùilità. scientifica dell'impresa da lui ideata. l volumi non esciranno a termine fisso e saranno posti in vendita separatamente. Essi costituiranno un complemento e in pari tempo un snpplementQ all'.A:rchivunt '1'01lU&aiGum. LEo S. OLBCHKI.

Della Serie I : Storia - Letr.ratura - Pakografta è uscito il -volume I : GIULIO BERTONI. Ouarlno da Verona fra letterati e cortigiani a Perrara (1429-1460). 1921. xr, 216 pp. in-8. Con 5 tavole In zlncografla. Prezzo: 20 Franchi svizzeri. - Per l'Italia: DO Lire. Della Seritl Il: Linguistica sono useiti i 3 primi volumi: l) LEo SPITZER. Lexikallsches aus dem Katalanlschen und den Dbrlgen lberoromanlschen Sprachen. 1921. -vm, 162 pp. in-8. Prezzo: 10 Franchi svizzeri.- Per l'Italia: 2D Lire. 2) E. GA>IrLLSCHEG und L. SPITZER. Beltrlge zur romanlschen Wortbildungslehre. 1921. 3 c: e 230 pp. in-8. Prezzo: 12 Franchi svlzzerL - Per l'Italia: 80 Lire. 3) [Huoo SonucHARDT]. Miscellanea linguistica dedicata a Huoo ScnuOHARDT per il SUO SO• anniversario. 1922. 2 ~. 6 221 pp. in-8. PREZZO: 12 Franchi svjzzerL - Per l'Italia: 80. Lire. J., Z11 Spl~r·• Ut.....p. lU,rmokiJttnlo dMBiWI..r.Vta .t.r.. à.PR-.a.nki 111.0elll W., E!emeaknl Wort.chlllpfo•ll pfl,ilW,~/~f~rf~.- Y. Wartblti'K W., Zar Neubll41111f TDIII Pne6Im~. - Skoll P., Znm. 'Vn!rirl.t.ata. - Bertoal O., NoLe Clttlllolorfobe Tari.. - SpUur L., Ub.r elalre ta.oa...lende Wlll"-r d .. Fnuu.q,,.bohen. - Platz l!., • l:llllal,., 6lude de pographle llorot.Uque el de a6111antlque.

Rlef:ler P., W!Dd ulld Vopi.- 8rleh

5) GINO BOTJ'IGLIONI. Leggende e tradizioni di Sardegna. (Testi dialettali in grafia fonetica).l922. Iv, 157 pp. e l c. in·8. Con 8 ta>ole in zincogrllfla. Prezzo : 12 Franchi svizzeri. - Per l'Italia: 80 Lire. Sotto il torchio :

4) V. BERTOLDI. Un ribelle nel regno de'fiori. (I nomi romanzi del Colcllicum Autumnale L. attraverso il tempo e lo spazio). Con illustrazioni e carte.

PROGRAMMA DI FILOLOGIA ROMANZA COME SCIENZA IDI~ALISTICA

Dllli:TU DJ.

&rie l.

GIULIO

BERTO~I

Storia - Letteratura- Paleograrta.

Vol. 2.'

GIULIO BERTONI

Programma di filologia romanza come scienza idealistica

GINEVRA

LEO

.

OL~C'HKJ

1922

-

EDITO RE

PROPKIKTÀ LKITKRAKJA BISERVJ.TA

U1:!2. -

Tip. GJUDt1n1, d1r1tla d1 L. Fr•uee.chlni. · f'lrNte. Vi• del Sol•. f..

AI MIEI ALLIEVI LO:NTANI E SE:UPRE VICI:NI DELLA UXIVERSIT.\ DI FRIIHJRGO DJ JSVIZZERA

PREFAZIONE

I

questo libro mi propongo di parlare della filologia romanza (cbe studia Io svolgersi della civiltà dei popoli neo-latini, con particolare riguardo ai prodotti letterari anteriori al Rinascimento) intesa come scienza dello spirito Con ciò voglio dire che anche le discipline filologiche debbonor.. re i conti con il progresso storico o filosofico e che .alla stregua di questo progresso deve mutare l'orientamento filologico. I dati dell'esperienza si modificano anch'essi con il modificarsi dello spirito. La filologia romanza d'oggi non può più e•sere quella di quarant'anni sono. E infatti nella nuova generazione di filologi si sente spuntare una fervida aspirazione a solle,·arsi dalla considerazione del fatto freddo e morto nella sfera dell'atti vitù, che sola può spiegarlo. Questa aspirazione è ciò che caratterizza il nuovo orientamento della nostra disciplina. A questo orienta·mento sono giunto per gradi; e i miei studenti di Friburgo, ai quali il libro è dedicato (1), sanno per quale via laboriosa io sia stato condotto a concepire idealisticamente lo studio delle lingue e delle letterature romanze. Questa concezione era al di fuori della mia mentalità, quando intrap)/rcsi iu !svizzera, nel 1905, il mio insegnamento con intenti del tutto intellett.ualistici o naturalistici. Sanno i miei studenti •1uanto questo piccolo libro (che snrù seguito da un'opera ben maggiore) mi costi e con quale amore e con quale disinteresse, sfidando dolorosamente e consapevolmente ostilità assai autorevoli, io sia andato progredendo nella mia via. Essi sanno ch'io sono ben lontano dull' idea di oppormi alla ricerca naturalistica, che - come si vedrà dalle N

(1) Que~tn detlica "piegn il perchè di talnne insistenti ripetizioni di peu· siero che, per maggiore chiarena e~tpo8itiu, bo lauiate sntJsi~tlere nell'ultima revisione di queAto volume. È nece!!sario che il lettore truga ben fermi tra mano alcuni principt, che cotttituiuono il fulcro dì tutta la trnttnr:ione.

pagine seguenti - ha una grande importanza, qualora sia intesa per quello che è : cioè per erudizione. L' idealismo non nega la natura, ma nella natura nega, dirò col Gentile, c quella materialità che le viene attribuita per farne una parte a sè del reale •· La concezione idealistica della lingua trasfigura i prohlemi, dando ad essi un senso più profondo e più vero. Ed io penso che si è parlato tanto delle lingue romanze • in astratto •, che si vorrà farmi la grazia di !asciarmene parlare un poco « in concreto • e di ascoltarmi, senza prevenzione e senza diffiden1.a. Nel natnralismo sentivo isterilirsi e morire il mio pensiero, mentre la disciplina, alla quale avevo consacrato tutto il fervore della giovinezza, si irrigidiva quasi esanime. E parevami che coloro, che lavorav!lno ancora con lena, non si fossero ben chiesti che cosa facevano (opere di morte ocl opere di vita f). E mi avvedevo che, giunta l'ora di guardarmi dentro, guardavo in pari tempo dentro l'animo di altri filologi, che non erano dtati tratti eia una profon•la crisi scientifica a compiere la loro introspezione con quell'angoscia che mi teneva e mi mortificava. En· trato nella coucezione filosofica itlealistica, a cominciare dal Kaut sino all' idealismo attuale, ho sentite le mie idee palpitare, come vivificate da un caldo e robusto fiotto di sangue. E le ho sopra tutto sentite risorgere più rigogliose, in me, dopo lo studio delle opere di due pensatori italiani, il Croce e il Gentile, ai quali moltissimo sent.o di dovere. L'influsso del loro pensiero si noterà particolarmente nella prima e nella terza parte di questo libro. Debho ricordare altresl un volumetto di K. Vo~SLER, Pr,.itivismo ed idealismo nella scienza delling11aggio (trndnzione ital. di T. Gnoli), Bari, 1908. Il Vossler sottopone a una critica felice il sistema positivistico nello studio delle lingue romanze, ma riesce più fortunato nella parte demolitrice che nella parte ricostrntti\·:L > il valore dei caratteri i9,eofoaetici cinesi, ma non « conosco >> il cineMa; so che nella lingua dei Denka., nell'Africa. sel· vaggia, l'accusativo è posto dopo il verbo, quando questo è al tempo presente, e che è posto tra l'ausiliare e il verbo, •tuando c'è l'ausiliare, e posso nuche citare, a conferma di cptest'nso, due esempi {a.n. a·ciàn1 rin «mangio carne» e gèn. a·ci ri11 ciàm «io carne mangiai >>), ma non conosr,o il tlenku.. Uos1, potrei sapere che in francese, provenzale, catalano, •paguuolo, portoghese, sarrlo e !adi no il plurale dei ~ostantivi e aggettivi è munito di un ·• finale, sen~a. conoscere nes· KUD& di que~te lingue. Potrei saper coniugare tutto un verbo italiano, senza conoscere l' italiano. Questa, evidenWmente, non è conoscenza; 'luesta, in ca:iO, sarà scienza, ma scienza naturaliHtica. '1\fn. per «conoscere » una lin):tua, io debbo asRimilarme1a, o come Ri dice, riviverla,

MK.TODO

ID~ALISTICO

cioè ricrearla in me, e allora non solo io potrò più facilmente giungere a darmi ragione dei gerogliftci, dei segni ideofonetici, dell' ·• finale in frane. prov. cat. spago., ecC. (quando sempre si vadano perfezionando e approfondendo vieppiù le mie conoscenze o io conosca queste lingne per tutti i lati), ma entrerò anche nel genio di quella lingua, che studio, ovvero q nella lingua entrerà in me, come cosa totta mia. La lingua, allora, si risolverà più o meno in me ed io la avrò, allora soltanto, più. o meno c conosciuta» : avrò, insomma, HUperata in tm certo modo la dnalità &.~~tratta fra mè e la lingua, ~ questa si sarè. quasi o del tntto con me, divenendo una parte di me stesso. Ecco la « conoscenza )>, cioè 1' «identificazione », sintesi spirituale, per cui mentre « conosco » creo in me la. Mtessa -« conoscenza 1>. Veniamo a un'opera letteraria. Ecco qqi la JJ.it•iaa Commedia. S'io non me la assimilo, ~:~'io non la rivivo, se mi esaurisco tutto, p. es. nel ricercare quali . filosofi Dante ha studiati, io non « conoscerò • mai il grande poema della intera umanità. Ma se la Di11ina Commedia rina.sce in me, durante la mia. lettura, s' io riesco, cioè a farla grandeggiare in me in tutta la sua bellezza (o in tutta quella bellezza, di cui sono capace), allora potrò dire di • co· noscere )) il poema. Più riuscirò a identificarmi con Dante, e più sarò poeta, anche t16 per alcuni rispetti, mercè il progresso compiutosi da Dante in poi, sentirò che per certe concezioni acientiftebe o per altro ancora avrò oltrepassato Dante. E tanti saranno i miei problemi morali, che Bi innesteranno nella Divina Comm-edia (di Dante e mia) e cbe proietteranno sul poema la loro loce, che io potrò tras6gu· rarlo in un poema ancor più mio! Ma questa trasfigurazione procederà sempre dalla identificazione, da me raggiuuta, di Dante con me, cioè dalla « conoscenza )). .Bssendo la ~ conoscenza » identificazione fra spirito e fatto spirituale, chi potrà tracciarmi sicuramente una via, per la quale, superando l'alterità, arriverò a questa identificazione l Nessuno. Questa via ideale, cbe potrà valere per ono, poò non valere per me. Mi si potr~\ ammannire tutta una propedeutiea utile, mi si (X)traooo dare avvertimenti e consigli e indicazioni preziose (una grammatica, un vocabolario, ecc.), ma il «metodo» per «cono· sct!re ~> una lin~a o un'opera d'ante, nesMuno può darmelo bell'e pronto, come se esistesse già prima. Poichè, prima di aver conosciuto quella lingua o quel poema, esai non esistevano per me e bo dovuto crearmeli io stesso con uno sforzo del pensiero. Risolta dalle cose dette che il • metodo •, il metodo vero, non è cosa che si possa st.rnppare, come una veste, do. uno studioso, per ornarcene, a nostra volta, come nella favola del pavone. Esso è ra· dicato nella conoscenza; e per chi u.bbia « vera ~) coltura ("'oatan1

IMTHODUZIO~

K

ziata. in se stesso e non appiccicata provvisoriamente) il metodo è la clava d' lOtrà prodigare altrui con un atto più signorilmente esteso di pensiero. E la parOla o la lingua, allora, è tutto: arte, scienza, fileKOfia. Ma sopratutto arte, perehè tutti siamo nn poco artisti e parliamo dell'abbondanza del cuore, anche quando filosofeggiamo. E difatti lo scienziato e il filosofo n~m possono prescindere del tutto dal sentimento, che si fonde nella loro personalità, {'l si trasformano talora in veri artisti, e la loro lingua palpita della loro vita e per quanto lottino e combattano per sedare il tumulto del loro animo, che è la. loro diversa lirici t..'\, non vi riescono mai completamente (1).

(l} CHoct:, E,tetica •, pp. 30-31. Al Croce &retta il ruerit.O di avere iuei~tito aulla «lingua • cume «atte • (e!llpreKflione). Ma 11i noti elle uell' interpretazione dell'arte (9 ~ at-1111) ci atacchia.mo co~l dal Croce, oome, in fondo, dal Gentile. L'arte, sec11mlo il no"tro modo di vedere, sta ineomma nell'energia dello spirito. J; artista chi ha in eè una mag,:tinre onoa dello epirit.o, eia cb'el{li filosofeggi, eia eb'egli detti veni, eia ch'egli detti opere di 11cienza. llliognaJtgio, che l! energia, è- • ar~ .. (carte vera e grande•, se la eomma dall'energia è grande; ceemplice e11preaeione .. o • arte iuferion~ •, se poca è la favilla apiritn"le). Non mi pare eia neceeeario di~tinguera il linguaggio in •pofautico e eemautlco (serondo la terminologia ari!ltote-

Hi

CAPITOLO PRIMO

i Il. Lingua e letteratura. La lingua di un popolo è tutta letteratnra di questo popolo: letteratura intesa nel senso esteso di poesia, prosa letteraria e scientiftell, e storia. La lingua di una nazione è insomma la. sna letteratura, è la sua. scienza, è Ja sua filosofia, è, insomma., la sua storia. Onde noi, movendo da questo concetto, ci accingeremo a studiare, come periodo della stori .. dello spirito, le lingue romanze, non oenza prima approfondire di più, come ragion vuole, gli aspetti, sotto i q usli il grande problema si presenta al nostro esame. liea, cfr. CROCE, .Luglt:G, 8-75). Il llnguaqio è 18empu• seu.ta.tltireseutarmelo e coglierlo neiiY sua sioteKi con lo opirito. Vediamo se ci riesce di essere piit chiari. Ecco: io stacco da una lingua (da una proposizione) uno di quegli elementi che chiamiamo «parole • (nome, aggettivi, verbi, ecc.) Questo elemento t, un pot'ero morticino, che non posso rianima.n~ che chiamandolo nella luce dello spirito. E qnsnt6 mai volte es•o si è rianimato l Milioni

  • O

    Ogni morte ~ra un nuovo cadavere. Ora VOI(Iio tracciare la storia di qne~to elemento linguistico. È chiaro che la vera SUH. storia mi sarà

    data dalle sintesi spirituali, cioè dalla serie delle HUe resurrezioni, non già tla.lla. ~erie tlei suOi cadaveri. J\.la posso anche ordinare questi carla\"eri, queste spoglie, che succeRsivamente mi 8i mostrano moùittcate e ~tutlia.rne le moùiftcazioni. Faccio in questo caso della grammatica ed etimologi:' natnmlistica. E trovo, ad esempio, che p a t re m è divenuto in frane. pedre e quindi pèt·e. Dico allora che -t•·-, passando per si è ridotto ad -.--. MI\ altro è studiare la vita, altro è stUtliare i cadaveri. elle la vita. si lascia dietro le spalle. Po~so st.u· diare, invece, père nella sua storia concreta, tenendo conto della « natura )) e dello « spirito », che milioni di volte l' lm rianimata. Faccio, allora, della grammatica ed etimologia (poichè grammatica ed etimolo~ia vi'ç"ono l'una. da.ll'altrn) idealistica.

    -d•·-,

    § 13. La ricerca naturalistica. Dalla ricerca natura.li,tica, dunquo, non può prescindere il vero etimologo idealista. E non saremo proprio noi - dopo aver dimostrato che la realtà linguistica è una sintesi di spirito e di natura - B sottrarre alle nostre indagini un termine di questa sintesi, cioè la natura. Solta.nto ricondurremo questa ricerca. na.tura.listica. entro i suoi veri termini e non lasceremo che si amma.nti del titolo di ), mentre astrae appunto dalla. storia, studiando non la vita, ma la. morte. Ma l'opera dell'etimologo e del grammatico naturalista è preziosa per la gran massa. di materiali che, sua mercè, si possono accumulare e per l'ordinamento di essi. Mentre riconosciamo a questa sorta d'indagini questi e a.ltrettali indiscutibili pregi, ci salveremo, insomma, dal cadere nelle sur esagerazioni e nei ~noi eccessi. ~ 14. La ricerca formalista. ~la se prescindessimo dal fatto o dalla natura, quale costruzione lingui~;tica potremmo noi edificare, a~ tratti come saremmo ne1lo spirito t Una soluzione evidentemt\nte solipsistica, un ca.stello incantato, un tmgno artistico, destinato a non tradursi in rea) t.\ che in un solo caso avventuroso: quando accadesse che, per forza di fant..'lsia, indovinassimo il processo della realtà, senzn averne gli elementi. Anzi, diremo che fonte di numerosisMime aber· razioni è stato qneRto procedimento, poicltè da esso Mono venute etimolog-ie ridicole e storte; ma aggiungeremo, d'altro canto, che in esso ha. radice l'etimologia dell'ignorante o l'etimologia popolare, l) nella che può balenare d'nn tratto alla mente di chi parla e può tra~formare un elemento del Iingnaggio 1nel suo signiHcato o nella sua forma.. Per questa ragione, sopra tutto, anche della. ricerca. forma· li•tica non si può non tenere conto. Chè dall'etimologia popolore di-

    19

    LA BICKitCA. to:TIIIOLOOJCA E GRA.liMATICAU.:

    pendono spesso le cosl dette « analogie •, le quali nou •ono punto (come crede alcuno) effetto di f"orz.e cieche, ma produzioni con:-oa(H'· voli, coscienti. § 15. La ricerca Idealistica. La vera ricerca· storica lingui•tica è, però, l'idealistica, che studia la realtà lingui~tim\ nel sno attuarsi e non si astrae unicamente ne11a natura o unicamente nello spirito; ma si compie in una sintesi superiore, e, tracciando la storia delle sintesi superate, trR.ccia insieme la Ktoria tlella lingua. Sia dato (la necessit~ di esemplitlcare si impone) un prnto l'aut. france•e per «mungere» usava mnudre (mulgere), che fn abbandonato in tempi recenti per ov\·iare a una fmitidiosn. omonimia con t11ou.dre «macinare>> (molare). In aèguito a ciò, il frnnceae adottò la voce traire «trarre • (trahere) e le diedP. un nuovo signiftcato. Onde l'etimo di trai,.e «mungere>> non è tra h ere, ml\ l~ il moderno tra.ire. Pnò es~ere, per venire a un altro esempio, elle Kllorchi, un frnncese dice di un muro che è dirn~pi, anzich~ l)ellSare ad frane. co·épir (o al lat. crisptts), pensi al vocl\bolo tlotto dicrt'pit (IHt. decrepitus) e che Mcrlpit diveuga per lui l'etimo di dicrépi: o che pensi a dégoutter, quando pronuncia dégo1it « dis~usto »; ma d,:. e~·épi e dégoiit furono già decre~pi e degorUJt. l/ uno e l't~ltro etimo 11 i risolvono in futti storici, di cui il postea·ioa·e ~orge ~nll'anterioro. L'etimologo idealili'ta non ~alta di piè pari snlla Htorilt, mn procnl'i4.

    >

    >

    CAPITOLO lltCONOO

    di ricostruirue il processo, giovandosi di tutto ciò che può servire ai ano scopo: documenti, espansione geografica, studio del patrimonio IeasicaJe latino, germanico, celticq, ecc. ecc. Ngli si induatria di reo· dersi conto di tutto. ~ota egli, ad esempio, che un certo UHO sintattico del frunc. aint.er (aimer •imu faire~ di contro a aiJner à fairt, l'01088r%zion~ è ùello Gilliéron) non •i •piega parU!ndo dal lat. a.mu.rt'l, ma sl da.l lat. aestimare! Ebbene: egli in quell'ai~~WJY (airJUr 1nieu.r) t\IDmetterà I'iune!to di uu&er ~mer (aestimare) e non chiuderà gli occhi diua.nzi alla verità. E poichè nella sinteai « attuale » paosano completamente tutte le anteriori, a questo sopratutto rivolgerà lo sguardo iu quel caso sintattico determinato. E giungerà persino a chiedtir:ii se l' iutrusione di e1m.er (em.er) non sia. venuta o non veuga. trR.Mformando in Francia l'etimologia di ain&er anche in tutti gli altri casi; m.. , quando si trattero\ di fare la •toria del verbo francese,· non dimenticherd. il lat. amare. Egli sa. che le sintesi ~Ktuo influite e che la 1ma. ricerca etimologica (o gra.mmaticR.le) non sarà mu.i deOnitiva. Egli sa che In voce, cbe studia, si trasfOrma (u.lmcuo uella sua iuteriorita\) nel momento stesw in cui l'afferra. Egli accomuna, inoltre, la ricerca della trasmissione nel tempo di nu vocabolo (diacrouitsmo) e quella nel ~;enso dello spa2:io (sineronismo), poichè" Ha che per il ptirlante il diacronismo non esiste. La. successione è, es:o~a stessa, esteusione. E sa. che il passato si crea e si ricrea o che in::tomma tntt.a la lingua è nello spirit.o o che, insomma, la. lingua è lo Rpirito.

    .,_r

    i 16. Le leggi fooetiche. l'os•iam dir" che tanto il procedimento Ih&turu.listico - quello dei neogrammatici, che qua.td tutta la bellezza e I' interes~e (lei lioguaggio fanno consiatere nelle« leggi f1meticbe h 1 come se la lin~ua fosse assoggettata, come la natura, a leggi irrat.ionali e iwprescindihili (l) - quanto il procedimento formalistico,

    (l) Gli ILIU!t~rtori rtdl" th11ità 1lelle • leggi fonetiche • conKider11no la lingua et~clu!!livameuW. cou1e • fw.tto •; e, apJmDto perchè la cousideraoo come un fatto o un ei11tema di f~&tti, se volelll!lt~to ea11ere coueegueuti, noo dovrebbero parlare di c fenomeni 1ingni11tici », poichè il fenomeno non è un oggetto, ma nn modo di esAere dello lpirito. I feuo111eui liuguletici &ouo no modo di rappresentani la lillgna. Ora que•to wodo di rappre~entani IK lillgua diviene, eeHo steKeo, un fatto (1londe la 11toria del eoncet-to dell~~o liugui11tic11) 1 ma il «fatto •, a cui si o.ttiene il sostenitore della • legge fonetica •, uou è quest'nlLtrno, aibbeoe nn fatto, che, secondo lloi, pon 1i 11en'l staccare 1uol Mno etudio dallo l!lpirito produttore, che gli couferiBce un valore. E allora il cnnc••tto della jC legge fonetica • non Ai dietrugge, ma ai traefignra, come vedremo nel te•to e nell' «Appendice • cbe coneacriamo intera A-llo •tndio di •1ueAto argomento, che è eli e~~opitale importanza, corue q nello che t~ta a centro del~ l" itula,~tine liugui.'![ica.

    LA RICKBC. KTUI.Of..OGJ('A li GRAIIIIATICALE

    ~l

    che è soggettivismo senza contatto oon la natura, ai integrano e si compiono nel procedimento itlealiatico, il quale rivendica la libertà dello spirito e instaura nello spirito la otoria del linguaggio. La legge fonetica, quale è comunemente inteRa~ non è legge razionale. Non dimenticbiamo mai c.be, ricsvata dalla rigida e morta materia linguistir..a, non regge eaoa la lingua, ma è retta dallo svolgimento della liugna. È legge razionale ooltanto quando si identifica con la legge dello spirito (\ 31). Sta bene che père, frdre, m< re ecc. attestino lo sviluppo di -tr· in -dr- oino a -r-. Ma loufre (l u tra), ma Titt·e (di fronte o. t'erre) t Il naturaliata ricorre allora ai « IRtinismi » ~ agli « impresti ti ~ da altre lingue e osserva che la « legge • vRle per i vocaboli aventi identica storia. Ma quando afferma P identit.H. di storia per parole di vene, ha del tutto torto, perchè ogni parola ba la sua •re· ciale storia (ogni parola, in realtè., ha la sua grammatica) e quando spiega loutre per influsso del lat. l u tra sull'antico scompa~o l&Urre e dichiara 'E'itre un latinismo, egli salta nel campo dello spirito. Cbe cosa sostiene, infatti, l'idealista t Che un parlante dotto abbia potuto d'un tratto, 'sotto l'impero della voce lutra a lui ben nota, trasformare lovrre in loutre e che questa parola si aia generalizzata in q nesta forma e cbe vitre ha una storia diver&a da quellu di -rerre. Dunque, in questi casi, etimologo naturalista e idealista si incontrano. Ogni buona etimologia è idealistica. E banno non una, ma c:ento ra· g;oni gli idealisti, che insistono sulla astmttaz:r:a delle norme o leggi fonetiche, aatra.ttezza, cbe la concezione idealistica. del linguaggio mette in piena luce (i 31}, dichiarando senza reticen•e eosere la • legge fonetica naturalistica » nn « tatto >> essa stessa (come la. mo· ditlcazione fonetica), un fatto compiuto ed esaurito, non una legge da reu.lizzare, ma una legge già realizzata.. Così concepita, quale Ristema di fatti, sfido io che la legge è invariabile! È invariabile, perchè è una formula naturale, cbe ha la fissità di ciò che tJta e non muta. Ma la vena. legge fonetica non può eaaere questa del naturalista, ma quella che si realizza quando la molteplicitM. linguistica, astJorbita dallo spirito, vive e perciò si trasforma (e più non rimane fissa, immutabile) investita della libera vita dello spirito stesi!Jo. E questa è la « legge fonetica ideali~tica ~. cbe sta nello stesso svolgimento della lingua, opiegandone in pari tempo la molteplicità naturale (ftosità) e, l'UnitA spirituale in una sintesi, per la tp1ale l'unità. è, si può dire, nella molteplicità e la molteplicità nell'unitè.. Le buone etimologie sono tutte ) e in Abissinia: enne 4Varyam-t matemiya («cintura di Maria>>). Potrebbe essere che nel venez. arcoverzeM si debba vedere la ad « arca )) sia, infine, per il ricordo biblico dell'arcobaleno A Bovino (Foggia) ; arohe di Nu. é, a Caltanisetta arcu di Noè, u. Cefalù arca. di NOO, (~ qui si ba addiritturS arca), a Trapani arcu di Noè. È curioso cb e questa denominazione si trovi ad Arbedo o(U. Ticino) arJ.:a di ..LYoè, mentre essa è pecutiare della Sicilia; ma, l'abbiam ~ià vist~:~o n. Bovino e, dato il -sost. «arco~> e « arca», essa si prelientava fl:ioCilmente al ptmsiero. Ritorniamo at nostro ark di Nan Mark. La ra· gione, per clli ~i prescelse « San Marco » per designare l'arcobaleno, vien data, a parer mio, da una costumanza che vive ancora nei Gri· gioni, dove si fa ogni anno, in un periodo determinato, una processione in onore di S. !tlarco per ottenere la pioggia. La credenza che l'ar· cobaleno precedesse la pioggia è stata ed è largamente di !fusa. Pre>l8o alcuni VOIJOli, l'j\fcobaleno «bevo» la pioggia. Gli Ha.oussa e i \Votiacbi lo chiamano «il bevitore d'acqua>> E' gli Albanesi lo dicono iilibe1· (Cibac II, 717: « cbez les Alba.uait&, l'arc·en-ciel e:it nn serpent qui tlescenù sur la terre pour boire ùe l'ea.u ))). È noto il proverbio latino ('raa pluit arcv.~ bibit. Dell'espressione at"L'UI bibit (Pianto, Virgilio, Properzio) restano larghe tracce. Nella. Svizzera romanda at·bòt («are qui boit ~> Bridel), uel lad. arcobevondo, arcobetl'ando, arcbuan (Muss.afta., Beitr. 128) e nel veneto tti ba la. voce anti(1ua.ta. arcutubé (Bruu-io, 41). Aggiungo che arcombe si trova nel glossario veneto-ital. edito dal Brenner (BayerR'• Jlundarter, II, 381: • der regen pog »: l-arcornbe) e vive a Pirano (arcunbè). A Pola e " Dignano l'elemento be è stato scambiato con l'aggett. bel e si dice d11. alcuni .(accanto ad m·colla.ùno) arcu.mbtl. Anche in rumeno c'è curculHìM.. o cucu•bèi1. 1 in in cui si ba, come primo demeuto, un sostantivo indicaute una

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    CAPITOLO IKCONDO

    cnrva (cfr. CÒ(:or). In sègnito a questa dift'nsione dell' 1(1: arena qui hihit • mi cbieggo oe l'an t. moden. ark pddgn (da me altra volta spie· gato per arcu pt"daneuw) altro non sia che •ark btuiti, bevagno, con una forte dissimilszione bddii ~ pdaii. Si pensi al romagn. dbq (h[e]vu[to]), dbtii, cioè 1(1: vivagno », al mant. drid.a (< pipita » e la nuova proposta apparirà meno ardita di quanto, a prima vista, può sembrare. C'tinfineso, forse, per rR.gioni di mera omofonia, di « venire » a Guiglia arcvré1ia, da cui non saprei staccare gli abr. arkerinie (Lanciano at·k·l masch.). Dunque, bombyx potril e•sere l'etimo di bég, e bég sarl\ l'etimo di béga. Bastino queste poche esemplificazioni, che mi pare valgono egregiamente a corroborare di qualche prova evidente ciò che bo ~!fermato qua sopra. Se il vecchio passa e si dissolve nel nuovo, si direbbe che, a rigor di termini, maggiore importanza si debba attribuire alla etimologia « attuale » che a quella. oltrepassata. È ciò che fa il Gilliéron, che è portato a dimenticarf'l fi r m n. re per ,fc1·. E non si può dire che, dal sno punto di vista, abbia torto, poichè l'etimo attuale di fermer è fer. :Ila sarà opportlmo tener conw anche tlell'etimo su· parato, che è base di quello attuale e che forni•ce (o JmÒ fornir, appena stuccate dallo spirito) t L' ifleKiismo studia in pari tt.•mpo la proiezione molteplice delle leggi nKtnraJisticbe nello ~pRzio e nel tempo astratti e la loro unih\ nel proces~u dell'o spirito (la loro unità nello spazio e nel tempo concreti). Son si tuitrae dalla molteplicità, ma questa ci Mi [)ropone rli studiare nella sua sintesi, nella sua unità, sen1.a negare dunque, oltre qnosta sinteMi, ll:l. molteplicitcl. (l) lh:nTO!'il, Per l'eJ,Jtrlll() gttr1Ma11ieo in ilarin r prr nlt1·o dii("Ora, Modf'UM. 1917, p. Il. {2) Uno 1legli Mtudi etimologici piì1 ricchi e fecondi, corupano in queati ultimi anni, ~ qqello dello Oilli~ron e d.el Moogin eu 1cicr nella Francia meridionale (Pari•, 1905). Ora, che co811 è qneato "tudiu t La •tori11 di •cil'r, ma in pari teroro la 11loria della «fauci Ile •-

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    CAPITOLO SKCONDO

    § 17. Omonimia e sinonimia. !:!e !A!niam conto delle cose dette, la. questione JessicoiCJ«iCa si presta ad eHsere gnardata sotto un di· ver!'lo e più profondo punto lii vista. Può dirsi, cioè, che ogni lingua è piena di omonimi, se notiamo ehe ognuno, creando volta a volta il proprio linguaggio, si vale dei medesimi simboli acustici per rappre· seutazioni che non sono mai identiche totalmente alle precedenti e di*:' variano sempre, piì1 o meno, da individuo a individuo. Di mano in mano che un uomo progfeùisce, i termini (come, ad es., i"gegJW, rpi· rito, amort: ecc.) acquistano per lui un significato diverso. Si sa che non vi sono •l ne persone che usino, ller esempio, la parola ingegno con la medesima at~cezione. V'bo. chi designa, con questo vocabolo, certe qualitA di originalità., chi se ne serve per designare,· invece, l'acume, la sagacia o la. vigoria intellettnale, ecc. ecc. Abbiamo, in sift'atti casi, l'omonimia, la quale non è ottenuta dal contluire di basi distinte in una stessa forma fonetica. E questa owonimia, idf"..alisticawente parlando, non è meno important.e dell'altra, cha n8.8ce dall'incontro fo· net.ico di due o pii1 parole durante il loro svolgintento. Ogni rappreaentazione ha la sua espressione, che non pnò essere cbe quella e non altrs, per ragione della completa identità rra le due cose; onde lo studioso idealista del linguaggio, méntre riconosce va~tisaimo il campo deJI'omonimia, deve negare i sinonimi, e li consi· dera quali eapressioni erronee o imperfette. Essendo la liuguo. sopra.· tutto artistica o alogica, è naturale che nello studio speculativo di ess~o~. non possa trovar po:o1.to, se non in sede secondaria, la sinonimia, la quale, in ogni CflBO, non pnò non trasformare IR rRppresentazione. Il 'J'ommaseo chiamava « sinonimi » parole di !'ligniftca.to affine o analogo ed ebbe cura di mettere in eviflenza nel suo « Dizionario dei sinouimi ~> (oJH~ra per più rispetti utilissima) la profonda. divergenza d'accezione iutcrcedente fra l' tmo e l'c\ltro termine da lui studiato; onde la lettura. di quel libro, meglio di qualsiasi discussione, dovrebbe bastare a convincere uno spirito s1negiudicato che sinonimi, nel vero senso del vocabolo, non esistono. Quando alcuno si serve dei cosiddetti « si· nonimi » per spiegare o di lucidare esattamente un passo di un poeta, compie quel solenne tradimento, cl1f! compie ogni traduttore. A meno che non gli accada di dar vita a un'alt.ra opera d'arte. E allora è un nuovo artista. § 18. Attaalitl del linguaggio. Ogni parola, insomma, usata da individui diversi o da un solo individuo, in momenti diversi, diventa un • omonimo )), A distanza di tempo, se si studia lo sviluppo semanticn di un vocabolo, si vede quanto il senso possa essersi mutato, quanto cammino possa· aver percorso lo spirito nelle direzioni più sva-riRte, tanto svariate, che sarebbe erroneo pensare alla possibilità di

    LA IUCKRCA ETI.OLOGIC.& Il: GKAHIUTIC.&LK

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    leggi semanticbe ))' come è già erroneo ammettere, nel senso sue· sposto l'esistenza di « leggi fonetiche ». Chi pensa più, quando pro· nuncia pecunia, •alario, emoltunento, agli antichissimi modi di cambio o di retribuzione (bestiame, sale, farina) donde queste parole trassero origine t Chi pensa più, quando pronuncia ft&iniBtro, all'umile servitore chiamato minor, minister t Xoi ci serviamo dei vocaboli per le nostre nuove esigenze, per i nostri nuovi bisogni o, in una parola, (>er la storia. , Una mirabile evidenza raggiunge poi il linguaggio coi suoi co· piosi casi di «enantiosemia», con i qnali chi parla coglie nella sua reale attività il collegamento dei significati opposti, sintetizzandoli in una sola espressione e facendo che quest'ultima stringa in un'unità due sensi affatto contrari. Pel fatto che due significati sono opposti, esiste fra loro nn' intima relazione. Chi può rappresentarsi l'idea di « sott.o >> 1 senza rapprest'ntarsi qneJla di « sopra » o l'idea di ~de­ clivio », Menza quel)oa. di « salita )) t Cos'l, non pen~eremo mai la « morte »1 senza. pensare la , l'« eHsere ))' senza pensare il « nulla )). Questa operazione è eminentemente intuiti va, e il fanciullo e il volgo e i poeti la compiono con una immediatt~zza artistica, che colpisce e stupisce, quando, per esempio. affermano ingenuamente che il ghiaccio brucia o dicono indift'erentemente della sera che •orge o che cala. E non ci augureremmo, noi, studiosi, che i nostri pensa· menti fossero insieme alti e pt·ofondi, mentre può accadere che altri Mcduta stan~.e ~i provi che « sono pieni di twlla »t Qnesto, degli opposti, è I!U procedimento fondamentale d,ello spirito che si manifesta aoch(l. in incroci curiosissimi, come nella voce i tal. bonaccù~ (cioè pro· )Jriamente il gr. malacia.), in cui sentendosi un mal- si è introdotto no bon-, n_el__ _çùr~o macerbo « acerbo ~ il cui m· è dovuto a maturo, e in ,·endere fra.nc. rendre, che hanno preso il loro n da prendere, pt·endt·e. !iella lingua, coal espressiva, dei bimbi incroci di carattere analogo avvengono di frequente. Noi ci affrettiamo a correggerli, mentre uella enantiosemia cadiamo naturalmente noi stessi. E vi cadiamo 11ercbè la verità sull' intima relazione, che corre fra due termini oppost.i, è questa: che l'uno è la ragione essenziale dell'e~istenza dell'altro. «

    § 19. Arcaismi, neologlsml, ecc. N ella lingua, considerata nella ~ua

    realtà individuale e concreta, non solo non esistono sinonimi, ma non Bi danno neppure veri e propri arcaismi. .Nella suR attività, il linguaggio crea sempre le espressioni, le quali sono perciò, in ogni istante, neologicùe. Quando Dante dice delle • arpie • {lnf, XIII, 13): « ali banno late ~, Hi serve d'un latinismo, ma d'un latinismo, che ha una evidenza, quale le voci ; grandi, enormt ecc. non potrebbero

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    CAPITOLO 8KCON'DO

    mai raggiungpre. La combinazione di ali con lau (con l'a di lunghezza romanza) produce l'elfetto voluto da Dante, e lau, in queeto caao, è la oola ed ee&tte parola eepre88iva dell'intuizione dantescR. È una mll· gni8ca parola, alla quale niun'altra potrebbe essere eostituite, senza distruggere la visione del sommo Poeta. È, dunq ne, un vocabolo fre1100 e nuovo, ricco di chiarezza e di suggestione. N o n esistono, inaomma, nel linguaggio in atto, nè sinonimi nè arcaismi, ma aoltanto omonimi e neologiami. I sinonimi e gli arcaismi li crea lo atorico della lingua; il quale crea anche il paSBato, in genere, della lingua. Il linguaggio concreto è eterno, e la sua eternitoò consiate nella aua attualità.. Esso non ba nè principio nè fine, come lo spirito. E chi volesse cercare l'origine delle lingue, dovrebbe in [>ari tempo cercare l'origine dello •t•irito l

    CAPITOLO TERZO

    La critica letteraria. § 20. Il concetto di critica letteraria. Un pensiero può ••trio· secarsi in una sillaba o in più sillabe (in una «parola •); ma, se è ricco ed esteso, può anche esteriorizzarsi in una proposlzJOne, in una poesia, in un J>Oema o in un'opera d'arte. Anche quest'opera. d'arte bisogna «conoscerla», cioè chiamarla a vivere in noi o farla nostra; ma nel giudizio, che di essa si dH:, arduo è svestirsi (molto piì1 arduo che nella critica etimologica) di un elemento « finito » o antopersonale: il gusto. L'etimologo risolve un suo problema, a.straeoùo volentieri dal suo individuo particolare, mentre il critico letterario difficilmente si sottrae ai suoi sentimenti, ·an' impulso delle sue pa~;· sioni, alla sua personalità determinata e particolare. Ecco: eg1i ora chiude il libro, appena letto, e ne contempla, dopo averla sintetizzata o realizzata in sè, la visione nella 8Ut\ unità. Più la visione nrtiHtica è complessa, più ::\ono le idee messe in movimento da11a lettura, più è vivo l'impeto della. commozione, e più egli si stmte trascinn.to a mettere l'opera in relazione col suo modo di sentire e n non sopprimer&, insomma, se stesso come singolo se stesso nel giudizio che egli ne esprime. Ls freddezza dell'etimologo e tlel grammatico •com· pare. Subentra, nel critico letterario, nn calor nuovo, una fiamma, nn fuoco che tutto lo invade, t.ercltè l'arti~t.a, idt•ntiflcandot5i con lui, lo ha fatto vibrare tutto nei preeordi, e gli ha iufn~o, quasi, una nuova vita. Ma gli ha anche rimossi nell'animo dei t•roUlemi cbe riguardano la sua personalità gil\ costituita e i suoi interessi d'uomo di fronte agli altri uomini. Nel giudizio dell'etimologo, che prescinde volentieri dal suo gusto Hingolo, tntti possono consentire, o, se il giudizio è er· rato, tutti non ~i riconoscono, con voce generale; in q nello dE'il critico letterario - quale stiamo l'itrnendo - alcuni consentono, altri no, alcuni si riconoscono del tutto, altri si riconoscono in maggior€'\ o minor parte. Altri, infine, non si riconoscono l\1faU.o. Ru.rnruente il consenso è pieno, universale. Ma il critico, tlel quale andiamo par· lantlo, non è il vero critico idea.listK., sibbene il critico empirico, che ha le sue passioni, le sne preferenze, i suoi gusti e ha. i suoi pro· blemi risolti alla sna maniera e altri problemi elle egli risolve, volta

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    CAPITOLO TKRZO

    per volta., in modo diverso da quello del suo autore. Egli coordina tutto alla sua propria esperienza, egli si pone egoisticamente, deter· minato qual è, a centro di tutto. E questo critico empirico non può fare della critica , percbè ba realizzato una conoscenza che non è -« vera», cioè non è universale o pura; È una. conoscenza, in cui sono elementi caduchi : le preferenze, i gusti, i problemi pei quali egli si contrappone agli altri uomini. Egli è che il critico empirico ~ contrapposto agli altri individui, come alle cose materiali. Questo critico, che non sente di farsi irreale considerandosi distinto da tutti, opposto a tutti, e non isforzatidosi di stringersi in un'armonia durevole e profonda con gli altri individui, è arbitrario, e il suo arbitrio lo manifesta nello sprezzo del consenso comune e nella illusione o vanità di instaurare il proprio gusto a legge suprf'lma. Ora, il gusto t, più Aentiruento che ragione, e può essere, anzi, causa rli perturbamento nel giudizio. Ma l'individuo ha un rapporto immanente con la realtà universale, ed è precisamente questo rapporto che lo universalizza. La realt.à universale non assorbe e annichila l'individuo empirico ma lo unifica. Bisogna tenersi fermi in questo concetto, se vogliamo evitare l'arbitrio, che ,·iene da una conoscenza imperfetta, da una identificazione incompleta. Non v'è opera, che sia veramente grande, e non v'è nozione, che sia. veramente nobile, la quale non tr&scenda l'individuo particolare, non investa o non procuri di investire la generalit.à, l'universalità. Ad es., se la «legge morale» non fosse universale, se applicassimo castighi e pene per fini personali e non già per punire gli uomini del male che hanno fatto a tutti (non solo al singolo), la morale non istarebbe a sommo dell'edificio della filosofia. Il critico idealista deve percitJ affissarsi nell'universale e la sua aspirazione deve protrarsi verso un giudizio non empirico, ma universale, al quale tanto più si avvicinerà quanto più profonda sia la sua conoHcenza. Ed essendo universale, qne~to giudizio non man· cherà di essere, nel senso ed(>OSto (§\ 3 e 12), anche indi,.idnale. AlIom avremo il vero giudizio storico, nel quale tutti si riconosceranno e nel quale consentiranno tutti. La critica ha dunque due foci: una empirica, l'altra idealista. Ma se la prima foce non finisce con lo sboccare nella seconda, la critica è imperfetta, è come un gradino sul quale poggia un altro gradino, su cui non si sale ancor-a o su coi siamo saliti per ridiscenderne in balla delle nostre passioni. § 21. L'arte come sintesi spirituale e llrlcltà. Come un'espressione (una parola) ha una sna ftsonomia esteriore ed interiore, che le è data dalla proposizione, di cui è parte indissolubile, o dal linguaggio, che è storia, cosl un'opera letteraria (o artistica) ha una sua

    l.A CKJTICA J.t:·rno:KAICIA

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    fisonomia, che è condizionata dalla storia. Ma, in paui t-empo, la vera accezione intima o la vita della parola (già ne abbiamo discorso) i• creata dallo spirito o dall'individuo nell'atto in cui lo spirito, universalizzandosi, si individua. Ora, anche l'opera letteraria (o a.rtist.icl1) è sint~si, e anche per essa vale la stessa osMerf"azione. Quest'opera, che esprime P individuo nella sua coueretezzB, è un mondo a Hl! 1 vivitlcato dallo spirito, un'unità reale piena del soffio d"lla libertà dello spirito. Esea è tutto il pensiero dell'autore, poichè è il suo linguaggio, ma in forma lirica, cioè scaldata dall'amore. :g l'amore è sentimcnt(), passione, fremito, esaltazione e più ancora. Tutto si fa poesia o arte (anche la prosa scientifica) quando amore detta e il poeta va significando ciò che dentro gli spira. L'opero d'arte è, int-~omma, una immano parola, in cui più alta risuona la voce dell"amore. E l'artista, che possiede maggiore onda sentimentale, possiede anclle uno tipirito più dovizioso e energico, ontle la sun opera riesce piena rli bellezzn.: una mara vi glia degna d'un Dio creaton•. E se un'opera di tilosofla o di scienza (oltre che un'opera d'arte) è scaldata da que:;t.o fuoco tli· vino, diventerà, essa stessa, un'opera al'tistica, t>Oicht~ sarà pervasa da una fiamma. dlvoratrice e ricostruttrice. Come· la parola è tutto l'uomo, cosi l'opera artistica è tutt-o l'artista. Il quale, se è filosofo come Dante, scriverà la Divina Commedia, e :-~e è sognat-ore, scriverà l'Orlando Furio1o, e ~e è tormentato e dolente, scriverà le Rimembnmze o l'Ode a Silria. Si dice che l'arusta si stacca dal mondo circostante per aHtrarsi nel fol'malismo ; ma se ciò fosse assolutamente vero, un'opera d'arte non avrebbe carattere universale, perchè l'uomo che si chiudesse nello spirito astratto - pari a bbooo essere l'estetica della eudono solo apparentemente dalla na· tnra degli organi di obi p•rcepisce e parla, ma in realtà derivano da energie Bpirituali (cioè dall'accento), le quali dominano com(>letomente gli organi acustici e orali. L'uomo partecipa, dunque, d€\lla natura, anche lingnisticameuW pa.rlando, ma vi partecipa come .tomi· nator~. }~ badiamo: anche questo nostro corpo, questo nostro orgHno orale, è in realtà qualcosa di immaterial~, perchè è un processo formativo di tiè ~tesso, e sembra materia soltanto se lo consideriamo Htaticamente, non dinamicament~, e se lo concepiamo come nn ammasso fii carne, non eome qualcosa. di vivo e di attivo. La filosofia platonica, accentuando l'importanza dell'anima nel determinare la. natura dd· l'uomo, HOSteoeva potersi affermare che l'anima. sola costituisce il vero uomo e che il·corpo non t~ parte estìenziale del eompotiito umano; la Rcolast-ica riconosceva nella forma (l'atto) il principio che dà l'essere c Popemre e dichiarava, con AriHtotele, che l'opposizione fra materia ((ootenza) e forma (atto) cessa dando luogo alla •ostonza. SRn Tom· maso arrivava, ripiglianùo il concetto ileomorO.tico ùi Aristotel•, ad una delle oue te•i principali: che l'anima intell•ttiva è la torma sostonziale del corpo umano. II pensiero idealistico moderno v" più lontano e afferma che il corpo, meglio che materia, può dirsi un'anima, qualora aia considerato in concreto. ln80mma, gli organi sono spirito. Anche certe alterazioni naturali del linguaggio dovute a percezioni imperfette e quindi a riprodu•ioni fonetirbe inesatte, dipendono an· ch'esse dallo spirito, poichè non si riproduce esattamente so non ciò che si capi8CC esattamente, e alllncbè un fonema sia riprodotto bene occorre r.he riviva col KUO ~timbolo acustico nello ~pirito. Una sentiR· zione inesatta è anche una percezione inesatta e uno squilibrio percattivo è uno squilibrio spirituale. Rientrano co~ì nello spirito, o n~l· l'accento, tutte le ragioni di turbamento fonetico, morfologico, Hiuta.ttico. Non KOlo i perturbamenti prodotti da associazioni ideologiclw (ILnalogia, enantim~emia) da inttu~si onomato1)6ici e quindi da incroc·i o KOVrapoRizioni o aceavullamenti, che dir si voglia, ma tutti, a.~~oln· tsmente tutti, litmza eccezione. L'uniformità è un'astrazione, come sono un' astmziout• le Vlll'it~ lingue naturali, ma è necestoiaria, in quanto è richiesta. tlal hi:-;ugrw sociale d' int.enrlersi ra1•itlamente e chiaramente. Att.raverMo a qunntf:'

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    CAPITOJ.O PRIMO

    Oscillazioni, a quanti ondeggiamenti, a quante ftuttua.zioni, si può r~tggiungere questa uniformità., che non potr.\. mai essere e non sarl\ mai identità, perchè è un proceSBo l Ne Ranno qualcosa coloro che ai sono affannati e si vanno affannando a fissare i tratti fondamentali delle lingue letterarie, senza mai riuscind, senza mai coglierle nella loro realtù, queste 1ingne letterarie, che, considerate come determinate o ftsHe, •ono altrettante astrazioni. L'apparente perpetuo movimento della materia linguistica non è che rigida D)olteplicità Kenza vita. Pare movimento e non è; il moto reale è lo stesso svolgimento f'!terno dell 'a.ccento.

    § 31. La legge del linguaggio : legge non " fonetica ", ma spirituale o dell'accento. Ci maraviglier•mo ora della relati,•ità delle norme foneticbr; concepite come astfa.tte dallo spirito t Ci stupiremo ora, se ogni norma fonetica viene contraddetta da esemplari refrattari, cioè da eccezioni t Ma che cosa è questa norma fonetica se non la constatazione di •1uel1a uniformità, di cui abbiamo discorso 1 Certo, un'uniformità naturale esiste, come impronta del progresso o sYolgimento spirituale, o come risultato di ,un conguagliamento provocato da ragioni pratiche e anche storiche (i 32) r retto dalla libert.1 dello spirito, ma esiste in quanto è astrazione, cioè scisHa rlal proce~so for. mativo del linguaggio. E se scambiamo l'astratto e il relativo còll'a.'· solnto, ci ficcheremo in nna galera, dalla quale non nMciremo che con un salto: saltando, cioè, nello spirito e spiegando con lo spirito la natura, non mai la natura con lo spirito. IJa fonetica, insomma, non ci spieghen\ mai lo spirito, ma con questo ci spiegheremo quella~ Esso, lo spirito, ci darà la ragione dell'uniformità o della uormu. o legge naturale che constateremo allora con indiscutibile profitto, e ci daro\ la ragione dell'eccezione scioglienl\ola, doè facendola rientrarP nel suo processo evolutivo. Chè la legge della natnra è irrazionale e non diviflne razionale se non quando si può concepire nella sua siuteei con lo spirito, se non quando, cioè, è considerata come proceHso storico. Scissa la. sintesi, la legge nR-tnrale è un « fatto »1 come In « parola )) staccata da chi la. parla. V' l·, insomma, la legge concreta. tlel linguaggio e la legge a.•tru.tta. Quest'ultima ù la legge o norma fonetica intesa come la intendono i naturalisti. Quello., invece, ~ la legge dello spirito, che è libertà. Distruggete la sintesi, e la legg-e naturale vi apparir!\ come una necesBità, una ferra necessità, perl·hè non saprete darvene ragione. E allora questa legge astratta sarà come un dogma per il naturalista, il quale, se vorrà spiegarsela., dovrà. ri· correre a1Io spirito. E se vi ricorrerà, diverrà-un grammatico idealiklta (come talvolta accade); e se non vi ricorreri>, accetterà il dogma, con·

    L 1ACCENTO O 1.0 SPIRITO

    t66aa.mlo la sua impotenza e prot~terna.ndosi dinanzi all' iuconoscibile, con la fede e l'intransigenza del credente. Pensiamo, invece, che la. materia. linguistica è natura necessaria alla libertà spirituale, in quanto per essa si elfettua o si realizza questa libertà (§ l in fine) e non dimentichiamo mai cbe la materia è domi· nata (noo dowioatrice) dalla libert.ì spirituale, la quale si obiettivizza io essa BBsoggettandola o assorbendola, cioè spiritualizzaoùola, per natumlizza.rla con alternativa continua. Studiamola, questa natura., ma chiamiamo lo spirito a rischiararla.; ra.ccogliamola oon pazienza raccoinduetre, cou coscienza e con amore; ma se ci limitiamo g-lierJa, convinciamoci che faremo opera utilissima, ma non saremo veri linguisti. E pensiamo sempre che l'uniformità fonetica è appunto natura, come natura è l'eccezione considerata nelPPspressione morta, e cb e l' uua e l'altra - uniformità ed eccezione - •i risolvono nello spirito, cioè nell'accento, che è un processo, nno svolgimento, un, {( divenire >>. Bisogna tenersi strettamente a questo concetto, se non vogliamo perdere di vista la realtt. del linguaggio.

    1'

    i 32. Svolgimento dell'accento per accrescimento o compenetra· zlone. Se le lingue romanze si pres~ntano diverse, non solo idealisticamente, ma anche naturalisticam('nte intese, ciò dipende dallo svol· gimento dello spirito ; se entro le lingue romanze, i dialetti &i presentano diversi, ciò dipend~ sempre dallo svolgimento dello spirito. E se entro i dial~tti, i linguaggi indivirlnali (la sola realtà lingnistica) sono pure diversi, ciò è ancora effetto dello svolgimento dello spirito. La otoria della Francia, non è quella dell'Italia, nè quella dell'Italia è la storia della Spagna, ecc. Lo •pirito romano, concretato nella lingua latina, si trBBfuse io Gallia nello spirito o nella lingua celtica. E ai ebbe allora nn accrescimento dello spirito celtico: un progresso. Sopravvennero i Franchi : nn nuovo progre880. E lo &pirito francese, ciol•. l'accento francese, è la compenetrazione, fatta realtà, dell'se· cento celtico, latino e germanico. Quali sono i risultati di questa compenetrazione t ~o;cco, nelle Gallio, accelerarsi il ritmo del linguaggio, e l'individuo meglio si riconoscer& allora in un'espressione più rapida e serrata: onde la sillabazione non avrà la dolce e sospirosa lentezza delle parlate meridionali ; ma, stringendosi le sillabe l'una contro l'altra, in funzione della nuova energia del pensiero, si inde· boliranno e cadranno le vocali meno potenziate (atone \ 49), si frangeranno in dittonghi quelle più potenziate {toniche § 45) e si 11rorlurr-.ì il fenomeno della na•alizzazione (§ 46) e si risolveranno i ~:ruppi consonantici -et- in -jt- ecc. (§ 50), mentre le consonanti ~:eminale (o lnnghe) si abbrevieranno e le semplici tra vocali si indeboliranno ancora, diventando più brevi (arresto minore fra implosione ed espio-

    CAPITOLO PRIMO

    Kione) e ~i tJonorizzeranno (§ 50), e cr.rte consonanti Hnali si perderanno, ecc. lpo inUiriore cL e si sottrae persino alla misura del Ulmpo. L'epopea francese è e non «germanica » 1 ma è quale

    poteva darla la Francia dopo i Franchi. Sul periodo rr..nco non si può saltare di piè pari, anche dopo aver negatetto ùella generale tendenza, in chi parla, alla chiarezza ed è radicato nel proces•o dello spirito.

    • s..r

    § 34. Il solo accento concreto della lingua: lo spirito. Negata la realtà della parola e identificata quest'ultima con la proposizione, più o meno estesa e complessa, alfermiamo che uno solo è l'accento vero del linguaggio: lo spirito. E aggiungiamo che tutti gli altri accenti, che chiamiamo musicali, tonici, sintattici, primari o secondari, non sono che « natura », come la ma~ria lingnisticn : - natura, nella quale si oggettivizza altresl lo spirito. Tutti gli accenti naturaliatici partono dal seno dello spirito e a questo ritornano, riassorbiti, per prendere vita. L'accento spirituale, la divina armonia dell'anima, si realizza in una sintesi indissolubile con la materia linguistica e con j:li accenti naturalistici e questi ultimi divengono, in Hi.ffatto MPnso, necessari alla libertà del primo. Disgregata la sinteoi, che cooa ci resta f Una molteplicità di accenti naturali, pei quali è da ripetersi ciò che ai>biam detto della materia linguiotica: che 1., leggi degli accenti astratti non esistono eome leggi razionali e che questi accenti non }Klt.ranno mai ottenere una spiegazione adeguata se non Ri t:oncepiRcono investiti tlallo spirito. Essi sono una impronta rigida e morta del processo spi· rituale; e dallo studio astratto di edsi, dalla loro claK:iiftca?.ione, non ci eleveremo mai a costruire questo proc6M8o. Lo con~tateremo sol· tanto, senza conoscerlo, dal numero di cadaveri che troveremo per la otrada. Ecco J>erchè l'indagine naturalistica sull'accento non sarà mai assoluta; e, chiusi nel cerchio dell'astrazione, discutel'emo sempre :-i~ il latino più antico abbia, o no, avuto l'accento d'intensità sulla. prima sillaba d'ogui parola (cfr. •quinquedecem qnindecitll; confido; prefect'IUI, ecc.) e se abbia avuto l'accento musicale, e ci chiederemo sempre invano la. ragione della « decompm~izione romanza~> (cfr. lat. récipit, ma frane. reçoit, ita.l. riceve, che postulauo nn .. re·c~pit.), ecca ecc. E se studieremo le lingue indoeuropee, troveremo una tale \'arietà d'a.ccent.o, che, per spiegarla, Aa.remo indotti a imaginare addirittura una lingua primitiva (quell'a••nrdo, che è nna lingua JniiDitiva, § 19) senza. un -çero e reale accento! Bisogna uRcire da questo edilizio irreale e balzare nello spirito per chiedergli che e.so; con la :iua legge razionale, ci spieghi la. nn-tura.

    >

    IL LINOUAOOlO~COIIIE ESPRKSSIONR CONTINUA

    §

    49

    35. Principio fondamentale della fenomenologia dell'accento.

    La fenomenologia dell'accento concreto o dello spirito si svolge, in una, con l'o~iei.tivazione della. materia linguistico. e degli accenti naturali. A seconda. nel no~tro stato d'animo, che costituisce in un dato momento la nota fonc.lumeut.ale della uo~tr.a. personalità, un certo elemento della nostra espressione, viva sulla nostra bocca, assume mnggiore importanza di un nltro elemento. E la nostra energia. spirituale si potenzia o poggi;~o con maggior impeto su qntil· l'elemento e tutto il nostro corpo vivo (organi orali) concorre in quello sforzo. È un poggiarsi irreale, perchè lo spirito evidentemente non poggia su nessun elemento. Esso, per contro, assorbe e spiritua.lizm la. materia.; ma quell'elemento che vil'ne prodotto in quell'oggettivarsi dello spirito, in un istante di maggiore energia o rapimento, ba come l'impronta di un momento felice. Bisogna sempre partire dalla« realtà •, cioè dal linguaggio di un individuo. Un individuo spiritualizzando l'espressione jcro (feru) in un istante in cui il suo spirito era in preda ad um-.. pa~:iione più gagliarda (.,ra risentimento 1 era odio 1 era amore!), pronunciò: ji;r(o). E quesl, della q naiA ahbiamo appena bisogno di ri(~ordar~ qui la formula comunemente accettata dn~li eruditi: che le vu(~nli lnngi.Je lutirw, colpite d'accento, restano lunghe in latino volg-arf~, .scg-nìtt~ c·he 8iano ùu. una sola semplice cousonante (in ~illahn liht•ra) e inn·ce si ahbreviano dinanzi a consoonnfe lunga o a più consonanti (sillaba clliusa), mentre le vocali brevi, nelle stes~Se condizioni, Mi allungano (sillaba libera) o rimangono

    e

    brevi (oillaba claiusa). Onde un lat.. t la resta in lat. voi g. t•la, anzi

    t·la (con lo sviluppo della qualità cbiusa o stretta per le lunghe latine ,."porta o Jarg" per le brevi latino (l) ma un tectum dà tec tu; una voce come venit dà ..: ... (t), ma lectum resta tictll. • Il 1\leyer-Liibke, ron, dunque, non posta. pt·rò dalla materia, ma dallo ~pi­ rito, unicamente dallo spirito. Se in isp:~:,:-nunlo ahbiamo ca~tillo {Iter l'aut. castiello), ri11pera (ant. rie.~pt',.t&), '!io (e nnn •u~jo •,tjo) occhio, se in italiano abbiamo dor:eL'ft (e non •tirn~~·a), se in iijpag-n.-frauc.-prov. abhiamo la cofòidtlctta metafonesi di -j o ·!: ~pagn. ci rio, hi(·e, frane. Ji•, ecc. e nei diaJ. centro-m•~ritlionali quelhL - illusoria, come ve· dremo - di -i c u, se in fmucese. p01togllesl~, provenzale, itaJ.·sctt. a.hlJiamo vari gra.
  • delle « re1\zioui etniche • al suo giut~to valore, combattendone l'esagerazione, come si combatte la teoria degli antecedenti e dell'ambiente, nel campo dell'arte, propngnata dal Taine. L'elemento etnico è un elemento storico, ma non è tutta la storia; e lo spirito non Hi risolve nei fattori etnici, ma questi si risoh·ono in quello, che è - esso la vera storia. Ln. teoria ascoliana di ii e di ii ha valore relativo, non assoluto. Bisogna ricorrere alla «realtà», cioè a pronunci e individuali propagatesi su larghe zone. Non si vuoi dunque escludere (ripeto) l' influsso celtico, poicllè non sarà da dimenticare cho proprio laùùove furono i Celti si ebbe l' indebolimento Il, ii e la caduta delle vocali meno potenziate (atone} ecc. ecc. Soltanto, si vuoi qui accentuare questo principio: che l'azione non è determinata dalla couform~~ozione degli organi, ma. dallo dpirito (tanto è vero che ti. può dior-entare ii. anche in territ.ori non gallici !). E si vuole affermare che, io con· formi là dd reoponso della geografia linguistica, tuttociò p1>rte d~> aree settentrionali o zone d' irradil:lzione e, dentro quest.e zone, da un individuo.

    § 48. Le leggi naturallstlche delle vocali atone. Occorre anzi· tutto intendersi Hnl concf'.tto di (. UiA :-Jappiamo che cosa è uno. (> 1 cioè secondo tlali schemi, obe ci imr)Qniamo o ci la~damo imporre e che hanno un l'itlcsso eli realtà, ma. non ~ono punt.o tutta la renlt.\ Jingui~tica. E non t'olo quando parliamo o scriviamo, uniformandoci con isforzo n. qneMti schemi! Ma, per eftètt.o ùl'lla not~tra cultura, che di\·iene quasi nn

    L& LKGGI llt.R.A.!tONA.LI DIU.J.A. FUOIIkNOLOOI.&. tiNGUISTIC.&., ECC.

    68

    modo di essere della mente, l'eftlcacia delle parole aatratte si fa sen· tire persino allorchè gli schemi stessi, investiti dallo spirito, diven· gono vivi e si traaformano (§ 41). E più colto ò l' indivhlno, e più questa efficacia è sensibile, sopra tutto quando egli non sia poeta e non ceda all'onda irrompente dei sentimenti. Appunto questo elemento, questa efficacia, è un r.. ttore importante del cooguagli,.meoto linguistico; onde accade: l•) cbe (isolata la parola con q nell'accento tonico, di cui abbilimo discorso, om brl\ o fantasma proiettato dal· l'unico ..ceeoto spirituale potenziato) i vocaboli siano trascinati da cbi parla a una certa uniformità di ragione riftessa, 2") che il oatn· ralista operi talorn sot>ra un fenomeno di ragione riftessa, come se fosse spontaneo, fl'esco, genuino. Astratti i vocaboli dal discorso continuato, considerati io se stessi, fabbricate insomma certe forme (verbali, nominali, ecc.) secondo uno scberua ingegnosamente, anzi Intelligentemente, ricavllto, ne veniva che ad ogonoa ai attribuiva nn accento c tonico • (naturaliatico) uniforme; onde le varie forme, claase per classe, veninmo ad esoere a poco a poco più facilmente livellate uoche fuori del poteoziamento o del momento felice dello spirito. La stessa volontà (Io spirito), che erta l'espressione continua, crea il congungliarueoto (I). § 49. Risoluzione di queste leggi. Ora, cbe cosa sono le oillabe atOJte (e quindi le vocali atone) se non sillabe r.he, rette sempre dallo 11pirito O dall'u.cceoto, ai trovavano e Bi trovano ad f"!:iBere fuori del poteoziamento · e I:Si 1uestnrouo e I:Si prestano ad ~sere praticamente incorporate alle sillabe potenziate t Erano e sono, dunque, oillabe più deboli, sottomesse più delle altre, nella catena linguiotica, a traoformaziooi prodotte dal variare o dallo svolgersi dello spirito. E, allom, nella pronuncia più rapida potev ..no sempre più indebolirsi ; e, in quella più distt-aa., pote'fu avvenire cl•e le voculi di esse ai congnagHu~sero alle • tonicbe » o so ne diftèrenziassero. E ancl.Je i fenomeui delle atone tti svolsero sempre movendo da casi Hiugoli non mai ioveotendo d'un truttn, per un miruculo, tutto il linguaggio. (l) Nuunrl\ iooJ•I•ortuuo vPnire a nn fi!IP.UlJIÌO. ~i a datu iii!IRIUit't. pdla-ti • vola • nhn~r.t, lu.t. ,~Wiit). \'i fi~tnra ca dne, fenorut1no c.:hn Ri J{P.DI!!I'Illi7.7.ò talrueot.e io e&Dtaerito, da divenire una carat.Uri~tl.it•a ~~!i••u:r.i:tle di •111111la lingnL La M'eueralizzazioue deve eMere avveunia iu modo DII:LIOt~ trJL· emettersi più facilmente alle consonanti, sounrizzundole e fognnndone addirittura. ulcune, dopo av(.•rle vieppiù atlirsi (como in Surdegnn). 1\Ia non tutte le «parole •> furono sogg-etti\'u.tc e nggettivate nello st-esso tempo; doxulc procedette una grauùe l"ariet:'~ di tratta~ mento, cl1e Ki spit'ga con la teoria dci vocaùoli importati o dotti o

    L& LRGGI lllKAZIO!UI.I UKLI.A PICN'OJolENOLOGIA LINGUISTICA, &CI'1.

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    semidot.ti, teoria, che abbiamo risolt;;,_ponendola. nei suoi veri termini, cioè tra.sportandocl, Cll!IO per cnso, nell' intliviirito la modi8ca, secondo la I!UU. legg~ stori,~n., in modo dn riconoscersi meglio. Se due vocali, per ~~:~empio, vengono in eout.at.tn, lo spirit.o può potenziarsi in esse in ma.uie1·u. du ott.euerne uo dittongo. Ver es., in franco-pro· venzale: Jh•ltJ (finita)> fiayti.; jr(mia (formica)> frtm!l ier > ir (ber i) o p1·ogredire: mirand. futig > frlog > fr/,ag (foc u), ecc. Ciò avvi~nc, secondo un'u.cutu teoria duJ Hoilhinich, in combinazione sint.attica, come si dice, cioè dapprima in eijpreseioni, nelle quali a quet1ti voci seguivano nltre voci incomincianti per consonanti. Il che è quanto di.-e che tutto comincia dall'Accento e tutto 8nisce nell'Accento. Ogni fenomeno ba luogo entro l'esp.-easione, non nella ineoi•tente pa•·ola isolata (1). Ecco nn altro cuso (fra i molti che si potrebbero scegliere per iepiegarli con ragionamenti analoghi) di turl>ament •illahico ritmico. Avviene, più o meno, in tutti i parhiri fruuco·(>rovenzali (e anche in altri clialstti, come in canavese) che un é U i e U., seguiti che siano ds una gewiuata o da nn -n- o da un -rn- o tla un -r- 1 rigettino l'« accento della parola • •ulla •illal>a seguente o •n •lnella precedente. Cos\ 1 ad Usx"glio ahhia.mo: farimi, penull~i, liinti, nri1iini1 cupptf-, ecc. A Certous: (CJinevt'ti.,J ciò nccudo por -11-, -rn- e J•er -tt-; noi friburgbeae per ·K·, .,.. e -r·. l)~r ei!J., Il Ul'rtoux : Jartui ru.riua; frib. kOnua corona, r·Urma rovina, Xtntr·~, « lil'n Hitué llll pit•tl d'un cotoou • (cioeta ra), gUum& • trui~ »- (cfr. frau c. gmtim·) kuth·tçr~a ~ taa do fumier • (cortinu), ~cc. Ora, in tutti qucKti dialetti -11-, ·m-, ·r- banno valore di geminu.tu.. H se ciò non è uct~a\llnto in tutti i cu:-Ji in cui una di que•te voculi era segniLa una geminata, ciò diJ>ende dalla pro· nunciu. part.icolare assunta. da. ·11-, -m-, -r- (-tt-), cloè du. una speciale sillabazione. Ma la sillahaziono è un fenomeno emiuentemtmte spirituaLle, du.l quale più o meno tlì~u:cruluno tutte le modi6co.zioni lin· \l) .St·rilf,.t: 11111\ \'nlln ~ÌUI'II:uueut•· •l Neumnun: • ))n ~~in \\"ort nur in Zneam· « meulutng dor J:'t'"JifUt~lu·uc.•u J{o•tlt• al!! t•igt!ntlicb lehentlig nncl dement11precbend • ontwickelung,.t';ilai..: bt•lrac.·hlt•l. \\l"l"til•n kann, "" entwil"li.clt. roit'11 daR \\'nrt h ..zw. • dut Laut.u clclf"t'llu•n n i•: 1m ,.idt, "'"nd..rn Mh·t." nur untt-r dt!lll t:inlluRtt der Stel· • hma inuerlmlb dc.•a :":ttz:.wfii:Zt'PI tlt>r g'""J-rm·h••n .. n lledt•, ~u nelm1en die Lante • einee 'Vorte8 ein., uutl••l"l! lh.•Mtalluug au, wr-nn d:tMo~t•lbc mi& Jlocbton, eine an"" dure, wann e1t uait Ncllt·tllu•• udcr 11nbctont G'''!!l('tucl•cn wird •· (« Zeiblchr. f. row.

    l'bil •• \" JJI, :l-13).

    Lll: J.J'OGI IKkAZIONALI Ol:f.L.i. PIUfOMI!:Not.OGJA. I.INGIJISTJCA., ltCC.

    67

    guistichc. La pronuncia/Grinna, invece di farina, è quell" che produce qoafarna e·Jàfli,...a, ovvero J>rovocu 1111 inllel>oliwenw, come a Uerwux: fa,..,. e fposto allo spirito.

    ; 52. Ulteriori sviluppi consonutld e vocalld: assimilazioni, dissimilazioni, epentesi. Abbinmo gi•\ detto che l' indebolimento " la caduta della vocale finale sono stati provocati in francese (e in tolti i luoghi dove si sono' eftettuati) dall' ..ccento o dal ritmo. Da questo di1>endono anche le risoluzioni che hanno luogo fra la consonante, che rimane dopo la scompal'l'a della finale, e l'·• fiessionale. Si conoscono i casi come •&ncl·r, bmfr: bru•, •~tecs, nefs: nu; blan&: bla111; cler.. : clers; ferma: fera; chn,.na: cl•ar•; fila: jìa, ecc.; che· 1111ù: chavau; tra-railt: trav••uz; fr·uitt: fruiz, ecc. Il movimento dell'Accento (di quell'accet!to rapido e serrato, che rappresenta la sintesi dello spirito celto-romauo) è statu la causa vera e reale del fenomeno, il quale si è sviluppato con maggiore o minore conaeguenza a seconda della volontà (dello spiriw) degli individui in cui si realizzava. Il ftmom~uo abhnwcill, co,Jlle si sa, il dominio gallico: il provenzale, i dialetti italo-gallo-ladino. t~nivi, Ji\·ellatasi la declinazione in uu' unico. forma, non pogsiamo rin~lgere l'att~nzione che al solo plurale. Ecco, così, a Celorin~L-t:re•to. (ulw-engudinese bella • be 1.loa, tçyerntl •cornos, mnent• howiues, ecc.). Tutto ciò è avvenuto in· coui"inntura o combin"zione siuttlttica, cioè uell'e&[lressione. Si osaervi il coso di -1 a, dove l'l ha 1.. ste••a risoluzione di -1 cons. - Cosicchè, per •t•iegare forme come n11rel ttoren (noKreau), cherel chenu, ecc., bisogna ricorrere alla conginutua-u. sintntticn., nella quale l'individuo generalizza, a seconda clae egli meglio si riconosce in uun. forma o in un'altra, tmo dei due esiti (1). L'an t. frane. beaubel (jouet, hibelot) 11llro non è che bel-bel (cfl'. la form11zione bombon):

    +

    +

    Si com l'o1u muMire le bet1lbtl A l'curant upaiu .. 1•lairc (G. DJ PK~IIIROC'KI!:, T, 157). l~ le forme popolari •·cuno 1111 ('/wrtw, flllimau, ecc. e •tnelte letterat·ie (già pnpolal'i) t:nuJo pc1wu, !'(·mm, c•·c. pro\·en:.:nuo combiuazioni,

    t),,

    (1} O "i JUIÌl rit•nl'r•:ro• ulla n1mlnJ,:ia (1lo•l pluml.~. l'· f'~.); 11111 l'aualugia ~ 1111 f1~· numt'nu mint~uh•uwnte fiiJiirilmllc>, f'ODHJ •lu lu11i t> rit•nu''"duto. A J•Ocu a Jlflt'n, f'i viene pui ilt!lt.anrnudu, fru i (Hirlauri, l'1:nifnrmiti1, prOIIIU!Itlll dn tiBigt•nze eutiueulemroute pntlidu•.

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    CAl"ITOI,O -rtmZO

    in cui erano seguite cln consonanti (« (~CO i membri toJi iuvertiruno, laxda1ulo tracce notevoli dell~' tlisposiziune antica oltrepasAata. 11 metlt•simo I"HJ,;"iouamcuto può farsi, uuzi dt.~\·e tiu~i, pt"r il pro\·en7.1Lie c il Indi no. ::5crive il Meyt.~r-IAlbkt•, 111, 7HH: « Oreiglie« tlerige ~iitze, die """ ~[ulojektJ, V[crlnnuJ 11ud 0[1\iekiJ !Jesteben, • zt.•igen dio Folgt.~ ::;, Y. O. oclt·l· O. V. S. unti zwar zuuiicll::~t diegc

    LK LltGGI JRBA~IONAI.I DtH,LA l-'KSOMKSOI.OGIA. LIN'Gt'ISTICA, VC.

    69

    (( nocb bR.uftger, hat man doch berechnet, dasa in den iilteaten D6nk• miilero in 63 "i• aller Reispi6l6 jekt vorangeht, im Rolanù « nur in 42 o,·,, im l.Aiweuritter in 38 °/o, bei .roinvillo in t t 0 ,:, ~. Se il lettore non twe~t-~e In. cosciN1za. della ded. a due casi, come potr~hhe intendere, ad esempio, qucKlu \'erso (Pèlf'riunge de Charleumgnc, 401) Lo rei

    llug~•n

    Malnt.lt>L lo Jo'ort trefl \'Oientien

    • [Varlomagno] saluta il re Ugo il forte con molta sollerituùine! • E che l'., non sia la l'agione decisiva. della declinazione a due casi, è mostrato rlu.llo spagnuolo, dal portoghese e dal sardo, che conservano P., e non banno tenuto morfologicnmente distinto il soggetto dall'obliquo.

    ' 54. Varietà fenomenologiche delle cosi dette declinazioni. Quando lo. costruzione o l'el'lJlressione, qua.le si veniva svolgendo (nb· bidiente all'acc6nto o al ritmo olello spirito) lo permette v"·- quando cioè lo spir1to volle sbn.razza.rKi di elementi superftni - l' -1 si perdette. Ma dato un t-~ìng. uturo e nn 1•lnr. muro (muros} in it.aliHno, come P individuo avrebbe potuto lucidameute riconoscerai t Un individuo allora si rivohw a nuu·i (nom. plur. muri), come si rivolse a corone (corona.e); ma non è detto che questa enel'gica ritmluzione aia st.ata presa suuzn oHcillnzioni. Di ettse, anzi, restano esili tracce in tE>sti toscani del fo\,ec. XIII. E dietl'o quel r•riu10 individuo, camminarono altri individui cti storitt. analoga e pronti e disposti quindi a ri· conoscere l'intimo valore della risoluzione. Cos\ Mi ~bbe la declinazione italiana· e rumenn con le sne varietà (p. es. plnr. in -a, in -ora, ecc.), sulle quali si edificarono i paradigmi. Ora que•te varietà sono l't.>ft'etto tli un moto interno, incessante, che può anche condurre linguaggi lontani a coincidere, a distanta di tempo, in certi aspetti fenomenici, (MU' qm,nto in generale l' uniformità linguistica, entro lingue affini, sia effetto di mouogenesi. CoMl, tutto porta seriamente a concludere c be il tadino abbia attraversato un luogo periodo, in cui la sna declinazione sin. stata nnaloga. a quella francese. E rimangono V(>Stigia. importanti" dell'antica condizione 1°) conservazione di ·• nel sopraBil\'ano J)Cl' Pa~;-~:~etthro e tmrticipio detto attributivo, p. es. '" prdu rert, un prato l'ertlt.•, mo. 1.-rui prli-u ci rerta, q11esto prato è verde; 2°) 1' ·• nsta nel snst. di io el-\preMsioni come: ei rtii!J di•, fa giorno; :Jo in testi del sec. X VII, l'u~getti,·o ha un plnr. in -i accanto a un act.~IHL in ·•·. come: A'armi, 1arut11; 4°) nei tcst.i antichi engadineai, si hanno re~Jti di tlf'-dirwzione ÌIIIJ)i\l'isillahn, p. es. pl'lrit:det· pecc11.tore, plm-. pehiaduOr•); mn rnolte ~ouo le locali h\ (~e ci avviciniu.mo al \'t'iD, e Iomb.) in cui il plur. è in -i (rispett.. -e) e in alcune llbbiamo anche In cndntu. della flunle della ( in 1.1111. it;~linun. Cfr. lhmTOSI, •lt-fla « J"ild -'"•wn1 "• (il•lmnl, l!lll.

    l'm~ causa. di veri e propri fraintendimenti, ptn-chè non già da una • parola ~ ma dall'espression_, intera il senso è determinato, cioè dal contesto e anche dalle circostanze in me1.zo alle quali si svolge il discorso. Vi sono lingne, in cui uno stesso membro espressivo può assumere molteplici accezioni, per es. io inglese: lo 1et a thing on tb table • mettere q.eosa sulla tavola» ; Ili• ey., are aet « il suo sguardo è ftsso •; lVe will play a aet • noi giocheremo una partita •>; A t the ret nf 1un «al cnlar del sole •, ecc. Yi sono sillulJe, in Cinese, cbe posaono evocare le idee più divet'86 ~ La syllabe li par exemple, ponrra • signifter - scrive il I~eroy, Le language, p. 29 - une carpe, une « tuile cassée, les btlnnes manièreM, une prune, et bien d'aut1·es choses • encore ; on dirn. : T'a jenn khen yu li, cet. horume a de bonnes ma4( nières; t'a jenn tclli lt-ao gdli yu, cet horn me a w&DA:é une carpe. « 1\lais ;si vou~:S demandeH à un chinoiN ce q ne signitle li, il répondnt. 4 que c('la ne ~:_;~ignifte rien d n ton t», L' iusiemt-, insomma, dei membri lndiscriminati del discorso proietta. tutto intero il pensiero di chi parla; donde vieue che il pericolo dei f1-aintendimenti si elimina generahnente. Oeneralmente, dico, ma. uou t;t•mprt". Anzi, talora, i fraintendimenti sono causa tli fenomeni iutt"rer:~tmntit;~imi, cùe sono sempre altret.tantf' celehm.zioni della lihel'tà th•llo spiri tu. Alcuni rli questi fe· nomeni studieremo JlfC~to nel paraA:rafu eommcrn.to alla ~creazione» linguistica. Ma, prima, con\'kene chiarire il concetto della « onomato]>t'a »1 la •t naie t~ ~Jtata erroneamente posta d~ alcuni studio!ii alla baHe dell'origine tlel lin~naggio e. coni'Oiderata da ult.ri come un fattore essenzhllissimo, esagerandone l'importanza, ehe pure ~~ nella. storia delle lingue rilevaotis~i01a. § 59. La creazione. Eccoci ora. dinanzi al ]Jiit vero e maggiore miracolo linguistico: la creuzin~w. L' illllividno - ideolh~ticnmente parlamto - crea sempre, in ogni monwnto, la propria lingna, tanto che abbÌIIDIO potuto afli~rmare n )7} dw fll•lle IÌIIJ,:'II8 1 COIICI'eblmente concepite, non esistuuo arcai!:imi, ma soltanto neulngi:-;mi. E al.Jbinmo potuto approfondire, in altm oct~asione, qneNto ) t Chi )NJtrebbe imaginare c~he il frunco-prov. retlauigre c troupeau " altro non sia che i n v es t i t u r a, se nou ~i Megne il Ganchc.t, che ba trncciu.ta Jn. sfnriu. di quesh' vm~•·, e non si a\'esse a nostra disposizione nn mntt~riule, cl.ao ci permette di riviverne il pahato, t~ome a Haguard rr.11i « comini re le troupenn tmr 1' Alpe • e tlèrèti « ubbanrlouer l'alpRJ!e • T Chi potrehhe in Hne rtupporre, che nel Iomb.· ticio. ferti « trutto di tt•rrcno d" Rfrnttare dai rngnzzi, quando vanno atlla raccolla dei mirtilli)) si nn!'H:HUtlu. il ferrniue fatbnlato. (farrrd) ) ; il « fantoccio » è chia.mllto ~ anici.J.iuo » (arlem~hino), ecc. Nel gergo « cahnone » (cfr. bergaw. calmunà motteggi are) troviamo che ])43r il giuoco delle cnrte fu in uso uuu. terminologia speciale (p. es. l'« as&o » ern. designato con la voce « dugo », qu~iii « dncn ») e per i dutu la lodula ,·ulante liher&Pit'lltt' )lt') dt'lu ìolh11to t~i ~JIO!IIJ); Ber11art

    00

    ('APITOLO PRIMO

    La lingua. dell'Ariosto è luminosa, come la visione del poeta la quale e•·a tutta impregnata
  • va tranquilla, como un'acqua placida, è non irrompe\"lL con arditezza e veemenza. A buon diritto, gli si è posto accanto tla. alcuni l' Ario~to, che era altrettanto disinvolto e facondo, poicbè ben pOco sforzo gli costavano le imugini, che in lui sor· g~va.uo naturalmente, spontaneamente, ingenuamente. Arida è la lingua dell'.AIHeri, ma. incisiva, come secche e solide ~:Sono le sue rap· presentazioni interiori. Se il fantas1oa. di un poeta si forma, come nel Leopardi, nel dolore e sorge - come una de-ità - da un lavacro di pianto, le parole stegse stiBeranuo naturalmente lagrime. Queste lagrime, che so1.1o ~:Sollitwo e liberazione all'artista, sono, in pari più gentilmf"nl.fl\a ll!O!'Itrn Rotto un raggio d1 Rn\{'. )}ant.l' ce la rappreRf!nta &ddirittura ut.nra. della doh·e7.7.A del t!UO canto; Heru&rt fa. ch't·sRa Ria rua dimentic& peT una dolceu& ignota, che ymò eaRere quella dello. luci'!, o meuo probahilwente, quella del canta. La lodoletta e J:!&rhatamf'nte ot..liostt di ee fltf'sfla e fii IMRtione, che eMercita in noi la Cluuuon de Roland, non vanno punto s"(liegnte coi presupposti o con J!"li antecedenti poetici, nm ricercate h\ dove veramente risiedono: n~ll':ute, cio~, ()el poeha. creatore. Qual è la nota fonùumental• tlel HO{O'getti\'iKmo di Dnntel La l•gl(e eterna morale uni\·t>r~ale (che si n~alizza p(·r mezzo del riMpetto delle leggi che l'uomo •leve ogservore nninmndulc dt!lla sun. volontà)~ tnt· t'uno in lui con In !\tlll l'eligiono, In. quale pone nell' lnfe•·no il malvagit) che l4i fa ()a :.~e medesimo il suo proprio •li ritto, nel Purgatorio chi non h:a. ncqnistnta perfetta t>Ot'\cieoza tlt•lle lt'ggi, e nel Paradi~o, regno della sapienza, chi lm aspirato al be-ne unil"ersale. Ed ecco lo spirito stes~o c.li Honte conflgnmni in mn• \"it"'ione popolata di ombre punite o premiate a •econdu del gL'ado 1lel mule o del bene fatto ngli uomini sulla tel"ra. E la nota foodameutnle tlell' Al'iostn 7 L"omore puro per la Bellezza. Quelln del Corneille l La voloutil dominntrice. Quella del Manzoni l Il •enso dell" pro1tri11 resl'"''""bilità e il coraggio di difeudel"e i propri dil"itt.i •1nanclo Hinuo ren.li, ciol• quando siano nnche doveri da compiei'C. Qnelln tlel Goethe t I~u. Jmrezza trionfatrice solo (Jercbè è purezza, innocenza, \"fl'g-initù Npirituale. C'è uu' unità fbndament.nle, nelle \·ere opere d'arte, che illl"este t.ntti i particolari, sh~chè ognuno di essi !ii chinris('e con tutti gli altri e in ognuno questa nnihì si riKpecehin. Il poNna si dh·ide in l:anti e si snddivicle in istrufe f ~on importu. Anche l'espre~sione si può sutldivitlere iu CS()rt'sMioni minori i ma non , tutte le fnnti sono una. fonte soln.: il suo spirito. Il quale non vo gn;ntloto dal di fuori, pAr inten·

    KSAIIB DKLI.B

    ~PRRJt

    LBTI'EBABIF.

    derlo, ma dal di dentro. L'Ariosto è pieno di motivi romanzeschi o di nn mito cavalleresco, che si viluppa nell'Orlando furio•o in una teoria di episodi, che formano un'unitA perfetta. Qnesto mito si è for· mato in lui per trasfusione di leggende cavalleresche risolte l' nna nell'altra nel suo .ipirito. Natura1isticamente, potremo isolarlo e cercarne il modello in poemi letti e studiati; idealisticamente, bioognera\ esaminare tutto il mito nel suo insieme, nel •uo ovolgimenl. Nel· l'Orlando furio•o è questione di scherma e di giuochi, quali usavano nella •ocie!l\ còlta dell'eti\ ariostea, ma il poema non è la lastra fo· tograftca dell" corte di Alfonso I a Ferra rH. È una cosa virenùere l'Ariosto, non bnstu aru.•ora (come può sembrare) atudiure l'adattame-nto di qnf'sto elemento alla mentalità ariostesca, o indagare come quest'elemento è Atuto trattato, ~c non si tien conto di tnUo il )lroees~o evoluti\·o del po('ta. B di tut.tu il processo non si può tener conto, se non t·icostrnt-nclolo D61 snn svilnppo. Cercate lfl « fonti », il lo.\"oro è appena incomindll'untica lingua. dei l'imatori della scnola poetica sicilinnn, problema insolnhile nel modo come l'ho pooto, J>er·chè Mnlto Mtndio delle rime (nelle quali porrebbe " prim" vista naRc.~ontlt•rsi ln. cbhtve dt•lla. (jlle~t.ione) posso fure un discorso anaalugo. E t.ro\·o J'irne che parlano Jler nna soluzione, altre che parlano p~r l'altra soluzione. 1\li chit>J.n:o allora elle co!'ln. t• Jtiù probabile. B ciù chf: mi rhmltn. più prohahilt• prr il Notnro non pnO ~ervirmi di base tlf'r nn altro poela :iiciliano. Bisogna. r.h' i4l Hu-ein. i ('Oilti con la coltura o la stm·in c.li ciuRcun ])(}eta t•, anzi, dlf' pt>r c~inscun poeta io non dimentichi lo :4\·ilnppo culturale, d1~ s'at•t·umpa;:rut «'nn uno svi· lnl•Jta lint::nistiro. Non nrriro, dnnqn~;~, n. trnnc.·:u·e nno dei corni del

    KS4)1K DKLLK OPKKK I.KTTKR.&RIK

    97

    dilemma, ma ]M>ngo il proùleuta tm h;1si chiare, e mt!ntre lo pongo ~:;u flueste basi, mi a\"vedo che, in fondo, lo risolvo nel solo modo com'~ possibile ri~olverlo. ~la. la mia non è una. soluzione definitiva. Nessnnll soluziont~ t_. mai delinili\•a, ma. tanto meno quest" snluzionc, per la. quala mi mancano i Zinne ('fH'allt•rP.!Wa. Ln sh•ssu \"Cil'll hulo rf~ltdalrsimo (feutlo) ~rrha

    lfltl

    chiUI'll l'impronta tlclla •nn origine (gerw. fiJhu « beni, dauarb •). Ordalia è voce teutonica. L' intiusso gt>rmauico in materia di diritto fu c•tc•o c 11rofondo. Riguardano il 110•seo•n i termini gaggio (gabagium Gellt!ge), ellodio, banditR, Iomb. f•hrm bosco 88r.ro, gru•ldo ecc. l'erediti\ le \"OCÌ mundio, JJUtndu.nldo, le impost.e .fnd1·a ecc. IJa terminoloJia. dell' inveMtitura e•·a germanica (gw•·pire, ecc.). E htsniltmo do.· banda questioni complesse, nelle quali più che il termine importa la cosa, come il costituirsi nel medio evo della corporazione, (cbe non sop· piamo ancora se tda d'origine romana o germanica o quanto di ger· manico sia paasato nel suo organismo romano), la divisione dei beni fra coniugi, ecc. ecc. 1\lolte I'Rrole attinte alle lingue degli invasori denotano oft'esa e disprE-zzo (t'ltbare, gJ,ennire, 1glterro, •cl•iaffo, ribaldo, g•a•tare, 011ta., orgoglio.• ecc.) altre designano og:.{~tti l'uri (guindolo, Iomb. 1ibcr, Jcofone, Iomb. sco11dl, uo•a, Iomb. tl"aiis mezze calze di lana, eec. ecc.). Poche sono le denominazioni concernenti la parentela (guidciz, ossol. ki; santolo). Per i sentimenti gentili, J>er gli afl'etti, per l'amore, gli OPI>ressi non banno attinto ~Ila liuguu degli oppressori. Con la lingua e nella lingua Mi IH"Oige, insomma, la ~toria. Qnon•lo noi pronunciamo la parola artillt11, uon sentinmo in questo vocabolo l'accezione eslensiva, che gli e.ra Jlropria nel medio-evo, quando l1l tradizione voleva che tutti gli artisti, scultori, Rrc11itetti ecc., Df't'R8ero non Moltant.o la conoscenzn teorica dt"ll'arte, ma ne R\"ttK~C'l'O anche il po~sesso tecnico e prati); muoiono le divinitù nortlh·lw, e tn:1ra !Si tr:•· ~t'orma in ('aru·hemaJ· (H:otiero non ~i può concepire senza. espres~ione. AIJhiamo, s\, una moltet•licità di lingue, ruu. abbiamo anche una sola lingua, lo !Spirito, in cui t,uttn la molt6plicitl\ si ri· sol ve.

    i 78. ;.e maggiori conquiste. Le liugne romanze (abbiamo l(iÀ detto § 26) sono a.nch'es~\3 uua. voce potente dalle nuove conquiste Hpirituali. Bandh~r.ono ancb'e~se i grandi concetti via via aftermati dai (.Opoli che il filologo troverà nella lingua naturalizzata saranno esse stot;so. Non potrà che constatarle, senza spiegarle. H)•) Per il filologo iùealista, la realtà linguistica è il linguaggio in att-o, non la nnlteria lingui~ticu. astratto.. Non le le~gi governano la lingua; ma In lingun. produce queste leggi durante il suo processo formativo.

    APPENDICE

    I.

    La " Legge fonetica ". dent.i) ~·l t:,lit.., uell' • Archin1u1 tnwtwa~·utu ... \", l "!(t:·

    110

    • legge • !lei linguisti ensiero (che in essa-ei obiet.tivizzu di nuovo per contemplarsi e riconos1·.ersi) proprio in quell'atto si crea ile linguaggio individuale •· E la lingna è sempre creazione, anci.Je se tnle nou ap· pare n.lln. considerazione \'Olga.re. Il pensiero (l'« Io • unh·er~ale) ~ libertà, la. naturd è necessità; ma se non c'è o mt~glio se non si crP11 l'individuo, questa libertl\ e quest" ne.,essità sono astratte (l'una ar· hitrio impensabile, l'altra materia b.-n tu) e non sono punto c realtà ... poicbè la rMità - la positivi ti\ vera - sta nell'individuo. Abbiamo gil\ discorso della lingua come • fatto • (pp. 11·1~) : oggetto immoto, una larv1' ~enz;' un briviùo di vita. Lu modi6.ca· zioni che questa. lingua. naturalizzata subist:e nel corso deJ tempo eono dovute all'azione dello •pirito o del pensiero e sono altrettanti segni del progresso ~ontinuo dell'uomo itnprest~i nella materia e qnivi irrigiditi. Progl'e&so continuo, 1>erchè è un fatto che il pensiero ai potenzia sempre pill e si rende Mempro più eopace di mag~:iod e piìì grandio•i &forzi. La coo\ detta « legge r costruire le Mne illazioni e trarre le sne conclnsioni intnrno a 1111 ·~ pa~s:ttu • t•lw rìRpctto a~li an·

    LA « UtGOE FON&TICA •

    113

    teeedenti è un « futuro • . Sta bene che la « legge fonetica ~ segnali .11& movimento, ma que8to movimento è un «fatto )) esso stesso, nn oggetto contrapposto al pen•iero. È, potrebbe dirsi con nn giuoco onriQso di parole, nn movimento (f statico ». E la legge, mentre è con· statazione di un movimento, è negazione della variazione di questo movimento. La « legge fonetica » 1 insomma, com'è generalmente intesa, non pa.ò essere considerata quale norma assoluta.

    Che essa - la legge fonetica - sia desunta dalla lingua, o ri· cavata a poBteriori, e cbe non regga la lingua, ma sia per contro retta dalla lin~:ua, è una verità che va facendosi strada in mezzo ad ostacoli, c be importa dirimere, Ae vogliamo acquit-itare perfetta coscienza dell'opera noStra. Quando il neogrammatico sostiene l'assolutezza o l' indefettibilitl\ della legge e agisce conformemente " que.ta sua af. fennazione, egli crede di lavorare tml « linguaggio ~, mentre lavora sopra un antecedente di esso, sulla materia cioè del linguaggio o sulla Jingna morto., che non è « linguaggio • se non quando è investita dal pensiero. Allora sorgono i morti a vita novella. e la molteplicità amorfa si fonde in unità. Staccate il linguaggio da colui che lo pena& o lo parla., imaginatelo prima. o dopo l'atto del parlante, e non avrete più il linguaggio, elle è creazione di se stesso con le sue leggi, Per dirla in breve, il linguaggio è la forma dell'atteggiamento dello spirito, anzi· questo medesimo atteggiamento, che sorge sempre nuovo con norme intrim1ecbe, le quali sono la sua storia (l). (l) n·neogrammatieo, per r.ontro, si aggira in una sfera, nella quale, chi ben guArdi, 1'aUività spirituale non trova più poRto che una pallida ombra. Con· cepire la lingua solamente come un ..: dato .. , ,·orrebbe dire riconoscere in essa uno stato di completa passività, che è contradetto dal continuo svolgimento linguistico. Ond'egli, pnr non rinunciando (con ragione) al • dato •, si rivol~e simultaneament-e ad un'Attività. Ma. a qn11le atth•ità' O a.d. un'attività mitit:a, cieL·&, arcana (e allora siamo in pieno naturalismo galileiano), attività che è estranea allo spirito umano, o all'attività sensitiva dell'uomo (e allora sinmo in pieno mRtt-rinlil'lotO Rtorico) o, infine, a eutrambe queate attività a«:owunRte con procetlimE-nto illogico, S611ZA dilcrim.inatione, cioè eeota riflessione. Donde il costume di parlAre delle • leggi • che operano ciecamente e di attribuir" ~~~·c orecchio • e Mila • glottide • le più belle maraviglie dellingu11ggio (cfr., ad ea., MERLO« Z~itsl·hr. f. rom. Pbil. •, XXX, 438). E intanto il oeogrammatiL·o dimentÌL'& che il senso è già uo momento del peoaiero e che gli organi umani sono apirito e cade, cos}, in quegli equivoci e io quelJe coutrarlizioni, che !!;li impeditJcnno di afferrare la ,·era easenza della legge fonetica. Poicht-, ecco lt: llnalogie, gli iuemci, ecc., chl' reclamano la preRenza dello spirito e d1e iufirmRno l'nM~olutezza tli questa legge concepita naturalisticamenl€> o mllteriali~ticH.mente. Bi ...ogna inilomma roveeciare il

    114

    APPESDICE

    Non si nega dunque (barliamo bene) la • oormatività • o la • legge fonetica». Soltanto, bitmgoa rappresentarsola come ci rappresentiamo la materia linguistica nell'atto in cui viene animata. pensandola; come una nece~~ità., da. cui sorge la libertà, come un oggett.o che è vita del •oggetto nello stesso tempo che il •oggetto è vita dell'oggetto. La « l.,gge fonetica » 1 emù m tesa, ai realizza con la storia della lingua, che è libertà. Hiso~ua instaurare l'unità del concepito e del concepente, e questo consitlerarlo l~ome attività spirituale {non attività sensi ti va), per atferraru la vera concreta legge fonetica. La quale non è più la legge materialistica. del JinguiHla naturalista, ma è legge idealistica. Legge più po'itiva della •Juale non si potrebbe concepire. Non anticipa norme, non pre\.·etlc nulla, ma spiega gli aspetti degli atteggiamenti dello spirito. Ci dice c~e la realtà ha dovuto svol· gersi come si è avolta; ma non ci dice come avrebbe dovuto svolgersi, percbè la le~ge si manitCsta nello svolgimento e non può go· vernarlo. E:isa. muta col mnta.re della realtà e non la si comprende se non si riesce a rivivere il processo medesimo della. realtà. Fincbè non si sa quale sia questo processo, non si può afferm~re come do· vrebbe essere. E per sapere qun.Ie esso sia, bisogna (ripeto} rivi \"Brio. Se non riusciamo a rappresentarci tutto il procedimento spirituale riguardante la parola amo"r, a ragion d'esempio, non comprenderemo mai perchè il francese non dica. comunemente ttmeur, come dice dou· leur, .:fMur, ecc. E poicbè la verità in un modo o in un altro sbuca sempre fuori, ecco il linguista naturalista ricorrere alle analogie, o alla semantica, che sono altrettante Mtradc, sulle quali la legge fonetica «materialistica » si tra.Aforma in mpi! si \o"ctla, p. l:lS., il suo studio c snll' ti nel diul. di Molfetta) non paiau SOHIThi: ai MO&teuitori della .cee· • pibilitù. delle ll•l-('gi fonetiehe lo bene oppurre ~empre la falRnge degli esewpi •. )fa (sari\ le i ci dice eh

    118

    APPENDICE

    divenut& chU!f, quando già apud era divevuto o( d) e sebum 1ieu e cl a v um clou. ecc. t O che, forse, la materia linguistica !'On pMSa dall'uno all'altro mentre viene elaborandosi l Chi può negare che lo sviluppo diaeroni· atico sia quello dominante nella storia della lingua e che in esso venga a risolversi il sincroniamo t La variazione (ciò che diciamo • fenomeno linguistico •) è sempre, rlpeto, individuale, avendo però valore universale, e si capisce che appaia quasi investita c.J.a una tendenza a divenire, per via di livellamento, nniversalt!l anche di fatto; mentre in realtà questa tendenza è dello spirito (l'educazione è svolgimento e anche imitazione) e l'noi· versalità di fatto non è mai raggiunta. Chè, se fo88e raggiunta, il pensiero non si svolgerebbe più con quell'abbondanza e ricchezza, che sono attributi della sua libert1\ asRoluta. Non è mai ragginnt&, neppure in uno stesso dialetto (anche i «dialetti • sono' a.strazioni, ma di astrazioni ci serviamo continuamente per meglio intenderei!), tanto è vero che non v'è norma naturalistica che non abbia le sue eccezioni. Le quali, con sentenza che non si sa se sia più da pigri che da fatui, si dice che confermino la regola! Delle eccezioni diceva l' Aaeoli che « son fantasmi del raziocinio ; e veramente ai riducono a problemi storici che la scienza. odierna vien rapidamente risolvendo • ; dove è da notare che se è vero che le cosl dette anomalie ed eccezioni sono « problemi storici », non è vero che quella scienza, alla quale alludeva l'Ascoli, le venga rapidamente risolvendo. Per contro, le è venute aumentando. Per convincei'Rene, basta confrontare la grammatica. del Diez con quella del Meyer· Liihke. La sola «legge», per la quale l'eccezione non esiste, è quella idealistica. Per '"legge naturalistica le eccezioni esisteranno sempre, anzi ~aranno sempre più numerose, quanto più si arricchisca la raccolta del materiale lingnistico. E ciò deve e8sere e\·iùente per chi ci ba seguiti sin qui. Poicb~ la « normatività • è attribui" es•enziale della libertà del pensiero - normat.ivitA, che nessuno può negare quando sia intesa nel senso di simbolo dello svolgimento spirituale - accade che in base appunto a questa normatività (erroneamente concepita non come libertà, ma come necessità.) sia facile cadere nel flllso concetto della legge naturalisti ca. L'illusione nasce appunto da ciò, che la normatività spirituale (per cui l'arbitrio non esi~te, mu. esiste la libel'tù.) si manifesta. anche come unitOrmitù., che non è assoluta, che non è necessaria e che si può unicamente affermare non già prima, ma dopo che si è realizzata. Ciò che scusa dunque il concetto erroneo, che ci si forma facilmente della. legge naturalisticu., è che in gt·azia della norma. ti vità dello spirito e del penoiero, talvolta questa legge risponde alla realtà delle cose; ma

    LA

    «

    LaGR& POIISTICA "'

    119

    non è detto che vi riaponda sempre! La ragion d'eooere di qneot& legge natoraliatica è aolt&nto la aegoente: che apronandoci a raccogliere i materiali, nei quali a'è objettivat& la normativa liberi!\ del penaiero, ci permette anch'eoBil di atudiare la storia del penaiero medesimo e di rappresent&rci una delle vie infinite per le quali incede il progresso. In tal uni casi q ueot& legge può essere la vera, in molti altri non è punto la vera. E ciò è dimostrato dalle numerose • eccezioni • che la logge naturaliatiC~< si traocina sempre dietro. Si potrebbe dire che t&lvolt& pare si faccia da noi questione di parole o d'espressione, rimanendo identiche le cose; ma invece si t.ratta di questione di penoiero. Si tratta, chi ben guardi, d'una • ri· voluzione copernicana,. (per usare una espreBBione kantiana) in forza. della quale il nostro punto di vista, anzicbè ess~re al di fuori, è al di dentro. Le cose, certo, restano quelle che aono. Ma anche dopo Copernico, la 'terra e il 110le non banno cambiata natura. Ciò che è cambiatiò insistono le toniche i e 1i (sic. siei, al7iri, pilu, jugu, ecc.)~ visto che il cc'>rso ha ancora· oggidì -u, vien fatto di domandarsi ae codeate condizioni estreme siano state anche proprie, RIUJeno in purte, della Corsica in un 1>eriodo anteriore a quell'ondata toacana che ai sovrappoae all'antico diGl. cle ~ m~ridionale (compresa naturalmente la Sicilia), all'area, ciol.o:, con i e ri ùetti metafonetici - e dichiarati ai nora come ritorni d" { e ~ (i, •\) per iuft. di -1 e -Il - e insieme Rl· l'area di i e U non metn.fnnetici (!:~ic.·cnl.·pugliese estremi); 4') che l' innovllzione l d~< i e 9 dll ti uon può essere ascritta, come indigena o autoctona, al mt-zzogiorno, ma. ivi è pervenuta per (l) DiiKI,IitiiM 11tncctU8 qneato ·K

    Di quettt.i feuomeui parlerò altrove.

    dall'.,,

    pru,·. fr.·Jiro\·. v gello\·.

    che

    ri~Jalu

    ad

    •O.

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    APPENDICE

    via di antiche ondate linguistiche, che non 80no giunte in Sardegna e che 80no di origine settentrionale o gallica. Inaomma, gli ipotetici ·~ e ·~, di cui si parlava qui sopra, non sono mai eaiatiti. Anche il problema di ié e vo da