Pro e contro Kennedy

Di facoltosa famiglia numerosa di origini irlandesi, nasce nel 1917. Partecipa come il fratello maggiore Joe jr. alla se

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Pro e contro Kennedy

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PRO E CONTRO

KENNEDY a cura di Roberto Mariotta

Di prossima pubblicazione:

MAO TSE·TUNG HITLER CHURCHILL

�già uscito il volume su

STAUN

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O Arnoldo Mondadori Editore 1971 Pllbbllcazione mensile, registrata al Tribunale di Milano N. 301 del 3.9.71 Spedizione in abbonamento a tariffa editoriale ridotta autorlzz. N. 15278/2 del 25.6.1971 Direzione P.T. Verona Direttore Responsabile: Enzo Orlandi

KENNEDY

MONDADORI

JOHN FITZGERALD KENNEDY, detto Jack, era nato a Brookline, un sobborgo di Boston, il 29 maggio 1917, poche settimane dopo che gli Stati Uniti avevano dichiarato guer­ ra alla Germania. Era il secondogenito dell 'uomo d 'affari Joseph Patrick Kennedy e di Rose Fitzgerald, entrambi cat­ tolici d'origine irlandese. La storia americana della fami­ glia Kennedy aveva avuto inizio nel 1848, l 'anno del Mani­ festo di Karl Marx e delle rivoluzioni europee . In seguito al­ la " carestia delle patate " in I rlanda, il giovane agricoltore Patrick Kennedy decise di lasciare la natia New Ross , nella

Irlanda 1847: un milione di morti per lame Patate come unico nutrimento, e acqua come unica bevanda: questa la condizione del contadino irlande­ se verso la metà del secolo scorso. La terribile carestia degli anni 18461 847 provoca piu di un milione di morti per fame. Tra il 1848 e il 1849 un milione di irlandesi emigra in A­ merica e un numero ancora supe­ riore in Inghilterra ( notizie tratte da Il destino dei Kennedy, ed. Gli Amici della Storia, Ginevra 1970).

20 dollari

per la terra promessa

Un biglietto di andata per il Nuovo Mondo costava solo venti dollari, ma pochi riuscivano a racimolare la somma. Il viaggio durava circa 160 giorni ; le navi che stivavano gli e­ migranti erano poco migliori delle

famigerate imbarcazioni negriere. Si dormiva sulla paglia, in totale pro­ miscuità. Le condizioni igieniche era­ no tali che il tifo era all'ordine del giorno: un particolare genere di tifo chiamato " febbre della nave• ( noti­ zie tratte da Triumph and Tragedy, ed. The Associated Press 1968).

I l primo Ken nedy a rriva in America « Se si potessero innalzare delle cro­ ci sull'acqua, la strada degli emi­ granti attraverso l'Atlantico sarebbe un immenso cimitero ! » scrisse un funzionario americano dell'Ufficio Im­ migrazione del secolo scorso. Nel 1848, su 100.000 emigranti irlandesi partiti dalla madre patria, solo 60.000 sbarcarono nella terra promessa. Tra di loro c'era anche Patrick Kennedy ( notizie da Il destino dei K., op. cit.).

La "mafia" irla ndese Intorno al 1850, gli immigrati irlan­ desi, privi di mezzi e privi di un me­ stiere, erano il gruppo etnico piu nu­ meroso di Boston, dove rappresenta5

contea di Kilkenny, e di attraversare l 'Atlantico per sot­ trarsi alla fame e alle angherie britanniche, seguendo l 'e­ sempio di molti connazionali alla ricerca di migliori fortu­ ne . Patrick Kennedy sbarcò a Boston ; cominciò a lavorare come bottaio, poi fece svariati altri mestieri . Quando ebbe racimolato un piccolo gruzzolo, sposò Bridget Murphy, una compatriota. La coppia ebbe tre femmine e un maschio, Patrick Junior detto Pat , nato nel gennaio 1 862 . Pat co­ minciò la sua fortuna gestendo un piccolo bar a Haymarket Square, East Boston . Poi si dedicò alla politica e, sostenuto

vano �n vero e proprio sottoprole­ tariato. « Incapaci di partecipare ai normali affari della comunità, gli ir­ landesi si sentirono costretti a erige­ re una società nella società, ad agi­ re insieme a modo loro. Perciò, in ogni contatto il gruppo divenne acu­ tamente conscio della propria pecu­ liare ed esclusiva identità» ( Oscar Handlin, Boston's lmmigrants, Har­ vard University Press, 1953). Tra il 1847 e il 1850, grazie soprat­ tutto alla immigrazione irlandese, Bo­ ston passa da 100.000 a 140.000 abi" tanti. Le statistiche segnalano, in quegli stessi anni, un aumento della criminalità del 266% e un aumento dei delitti del 1700% . Gli irlandesi vi­ vono in sordidi ghetti e trovano con­ solazione nell'alcool alla loro esclu­ sione sociale e alla lontananza dalla madrepatria. Il 700.AI dei bar di Bo­ ston è gestito da irlandesi.

Gli irlandesi al la conquista di Boston Leale e generoso verso tutti gli irlan­ desi che frequentavano il suo saloon, Pat Kennedy acquisi, insieme alla popolarità, un vasto seguito persona­ le, unico valido trampolino per spic­ care il volo nel mondo politico di 6

Boston. Fu eletto, infatti, prima rap­ presentante, poi senatore dello stato. Uno dei suoi alleati in politica era John F. Fitzgerald ( futuro nonno del presidente degli Stati Uniti). Lo chiamavano " Honey Fitz• ( da honey, miele, per la sua melliflua eloquenza). Fu il primo nativo d'origine irlan­ dese a infrangere il monopolio poli­ tico della puritana "aristocrazia del danaro" di Boston, diventando nel 1 900 sindaco della città con i suffra­ gi degli immigrati ( da Dinneen, The Purple Shamrock, Ed. Norton, New York 1949).

Honey Fitz e Pat Kennedy, amici o nemici? Nel suo libro Twenty-Five Y ears of Massachusetts politics, M.E. Hennes­ sey afferma che « Patrick Kennedy e Fitzgerald furono talvolta alleati, tal­ volta avversari, tuttavia divennero buoni amici ». Di carattere erano molto diversi : Pat tranquillo, cauto, a tratti addirittura austero; Fitzge· rald allegro, impulsivo, ricco di co­ municativa. Il giornale repubblicano " Boston Herald" attribui a Fitz le qualità d'un consumato attore di vau­ deville e affermò che egli cantava

dal v oto de i suoi vecchi clienti irland esi, riusci a di ventare senatore dello stato del Massachus etts . Nel 1887, spos ò una rag azza di classe s ocial epiu ele vata della s ua, Mary Hickey . Un anno dopo, nasce va il su o un ico figlio, Josep h Patrick, detto J oe. Il nipote d el p overo emigrante do ve va ri ve la rsi un a ff a rista nato : t utto quello c he tocc ava si tras fo rma va in oro . Nel 1912, appena laure ato nell'uni versità di Har ­ vard, di vent ò ispettore di banca . L'anno dopo mise a se ­ gno il primo di quei cl amorosi colpi finanziari ...ch e in poco piu di vent'anni do ve vano pe rmetter gli di accumulare un

meglio di chiunque altro in città Sweet Adeline, una vecchia canzone irlandese divenuta il suo cavallo di battaglia nei comizi. NON NUTRIVANO SIMPATIE RE­ CIPROCHE. « Benché si schierassero

sovente dalla stessa parte della bar· ricata; Patrick Kennedy e Honey Fitz non nutrivano simpatie reciproche. Avrebbero probabilmente provato un brivido di disgusto all'idea di diven­ tare nonni dei medesimi nipotini » (V. Lasky, J.F. Kennedy, L'uomo e il mito, Longanesi 1964).

Fin da piccolo Joe Kennedy gioca con i dollari Già verso i dieci anni di età Joe Ken­ nedy dà chiara dimostrazione del suo interesse per i dollari : di sabato, in occasione dello shabbat va ad accen­ dere ·le candeline degli ebrei per po­ chi centesimi di mancia. Negli altri giorni fa lo strillone o il commesso. A quindici anni diventa manager di una squadra di base-ball, affitta un terreno da gioco e vende in proprio i biglietti di ingresso ( notizie da Il destino dei Kennedy, op. cit. ).

Il figlio del taverniere sposa la figlia del sindaco Secondo la rivista " Fortune", che nel numero del settembre 1937 dedicò un lungo articolo alla carriera di Joseph Patrick Kennedy, i bramini di Bo­ ston (i "veri americani ", la vecchia aristocrazia del danaro) storsero la bocca stupefatti quando egli, figlio di un taverniere, sposò nell'ottobre 1914, nella cappella privata del cardinale O'Connell, Rose Fitzgerald, la figlia del sindaco, uno dei migliori partiti fra le ragazze cattoliche della città. Ma coloro che conoscevano bene Joe Kennedy non se ne sorpresero. Sape­ vano che era ambizioso, che riusci­ va in tutto e che sarebbe stato un ottimo marito e un ottimo padre.

Il sindaco avrebbe preferito un altro genero « Joe corteggiava Rose Fitzgerald, bruna e graziosissima figlia di • Ho­ ney Fitz ", il quale l'amava come la

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patrimonio di 250 milioni di dollari : con i soldi raccolti fra parenti e amici, ottenne il controllo della Columbia Trust Company, una piccola banca che navigava in cattive acque. In pochi mesi, J oe raddrizzò la barca. A venticinque anni era il piu giovane presidente di banca degli Stati Uni­ ti ! L'anno seguente mise a segno un colpo ancora piu cla­ moroso : sposò la bella Rose Fitzgerald, la figlia del leggen­ dario " Honey Fitz " , il primo sindaco di Boston di origine irlandese, un collega politico di Pat Kennedy. La coppia si stabili nel quartiere residenziale di Brookline . Nel 1915

pupilla dei suoi occhi e non era af­ fatto felice di vederla andare sposa al figlio di J. Patrick Kennedy. Per­ suaso che potesse avere di meglio, cercò d'interessarla a un piu ricco corteggiatore, ma Rose non volle sa­ peme...» (V. Lasky, J.F.K., op. cit.).

Un milione di dollari per ngno "Quando Joe dai capelli rossi con­ dusse all'altare Rose Fitzgerald, la bella figlia di "Honey Fitz�. che in precedenza aveva respinto la propo­ sta di matrimonio del •re del tè", l'inglese Sir Thomas Lipton, le pro­ mise che avrebbe guadagnato un mi­ lione di dollari per ogni figlio che gli avrebbe donato. Ma si sbagliava. Rose partori nove figli, ma Joe gua­ dagnò ben 250 milioni di dollari» ("Der Spiegel" n. 30, 1960).

Joe Kennedy a Wall Street: truna o pubblicita 7 c Durante i frenetici anni Venti a Wall Street lo consideravano l'uomo del mistero. Non compariva mai sul

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mercato : operava sempre tramite terzi. Le sue speculazioni a Wall Street consistevano soprattutto nel fondare consorzi finanziari che, attra­ verso acquisti e vendite irregolari ma ben reclamizzate, facevano salire il prezzo di titoli a buon mercato, im­ pressionando cosi i gonzi. Quando il prezzo era salito a sufficienza, il con­ sorzio vendeva, lucrando lauti gua­ dagni, mentre i gonzi restavano a reggere il sacco con pacchetti di a­ zioni che invariabilmente crollavano di colpo» (Victor Lasky', J.F.K., op. cit.). Lo stesso Joe Kennedy si giu­ stificò dicendo che «faceva soltanto un po' di pubblicità a qualche tito­ lo», pubblicità nel frattempo vietata per legge negli Stati Uniti.

LA CRISI DEL

'29

rovina, Joe Kenne­ dy guadagna 15 mllioDi di dollari

L'America va in

" Nel '29 avrei dato volentieri la me­ tà del mio patrimonio per esser si­ curo di conservare l'altra metà. »

Joe Kennedy

«Il 29 ottobre 1 929, il "giovedi nero", Wall Street crolla. ·Per milioni di americani è la rovina. Miliardi di

nacque il primo figlio, Joe j r. ; nel 1917 venne John (Jack), il futuro presidente degli Stati Uniti . In rapida successione nacquero poi Rosemary ( 1918), Kathleen (1920) , Eunice ( 1921), Patricia · ( 1924), Robert , detto Bob ( 1925), Jean ( 1928), infine Edward, detto Ted ( 1932) . Nel frattempo, Joe Kennedy era passato dalla banca alla vicedirezione dei cantieri navali della Bethlehem Steel, e da questi alla dire­ zione della Banca di Investimenti Hayden Stone and Com-" pany. Si familiarizzò con la borsa e prese a speculare in proprio diventando ben presto ricchissimo. Durante la cri-

dollari si volatilizzano. Per Kennedy, invece, è tutto un vantaggio : ven­ dendo allo scoperto riesce a guada­ gnare fino a 15 milioni di dollari! » (da Il destino dei Kennedy, op. cit.).

Neii'Oiimpo del denaro Secondo la rivista "Fortune", nel 1 957 i Kennedy erano fra le dodici fami­ glie americane in possesso di un pa­ trimonio compreso fra i 200 e i 400 milioni di dollari.

l Kennedy contro il mondo «Quando giocavano a softball o a touch football (varianti del calcio americano) nei pressi di casa, erano "i Kennedy contro il mondo"; e que­ sto stesso spirito dominò la loro con­ cezione della vita. Il padre, Joseph P. Kennedy, uomo dal duro coman­ do, fissò alti obbiettivi per ciascuno dei figli e fu inesorabile nei confron­ ti di chi restava indietro. Non fu in contrasto con questa sua linea di condotta la ferma decisione di acqui­ stare la quantità di danaro e di po­ tere necessaria a isolare se stesso e i suoi figli dalle correnti incerte,

neutrali e avverse, che egli aveva sen­ tito, quando era un giovane cattoli­ co irlandese, nella Boston braminica e a Harvard» (T.C. Sorensen, L'ere­ dità dei Kennedy, Mondadori 1 970).

L'eredità di mamma Rose «Rose Kennedy era apparentemente piu calma ed esteriormente meno combattiva del marito e dei figli. Fu da lei che essi ereditarono buona parte della loro cordialità timida ma irresistibile, e della loro profondità spirituale. Non si creda però che fos­ se meno fiera dei loro successi, né meno decisa a favorirli» ( T.C. Soren­ sen, Kennedv, Mondadori 1966).

Perché Joe Kennedy lasciò Hollywood? «La rapidissima ascesa di Joe Ken­ nedy nel cielo di Hollywood si inter­ ruppe all'improvviso. La moglie· Rose si lamentava per le troppo lunghe assenze e il suocero - il vecchio Ho­ ney Fitz di leggendaria memoria gli pose un brusco aut-aut: o la finiva con Hollywood, e liquidava tutti i 9

si di Wall Street del '29, mentre interi pacchetti azionari diventavano carta straccia e milioni di piccoli investitori finivano sul lastrico, Joe Kennedy riusciva a guadagnare quasi 15 milioni di dollari ! Tra i nove figli Kennedy, la piu vicina per età al futuro pre­ sidente era Rosemary, una povera bambina colpita da me­ ningite che doveva, una volta adulta, trascorrere la sua vita in un istituto per giovani subnon:nali di Milwaukee . Perciò la compagna di gioèhi preferita di Jack fu Kathleen, detta Kick, svelta e forte al punto da tener talvolta testa al fra-

suoi affari cinematografici entro una certa data, oppure certi suoi segreti non sarebbero piu stati tali... Con la consueta fortuna, Joe vendette tut­ to ad alto prezzo e realizzò un utile di circa 6 milioni di dollari,. (Helda Hopper, From Under My Hat, Dou­ bleday, Garden City 1952).

Per molti era l'amante di Gloria Swanson! Ricco produttore, Joe Kennedy si fa vedere troppo in giro con la divina Swanson. Corrono voci su una loro relazione amorosa, ma di prove con­ crete non ne esistono. Una cosa è sicura: Joe Kennedy comincia a fi­ nanziare i film della Swanson attra­ verso una casa di produzione alle­ stita per l'occasione, la Gloria Pro­ ductions. Il primo film, Queen Kelly, è un fallimento. Colpa del regista, l'estroso Erich von Stroheim, che a­ veva voluto raccontare la storia di una educanda erede di una catena di case di tolleranza. Nella scena fi­ nale del film, la ex collegiale riceve i sacramenti da un giovane pretino turbato e conquistato dalla sue ma­ ture grazie. Il film non fu mai proiet­ tato negli Stati Uniti e Kennedy per10

se gli 800 mila dollari che vi aveva in­ vestito. Era il suo primo insuccesso finanziario. Tuttavia, nei 32 mesi di attività cinematografica guadagnò 5 milioni di dollari (notizie tratte da Triumph and Tragedy, op. cit. e da Il destino dei Kennedy, op. cit.).

Scuole laiche per i cattolici Kennedy «Tranne un anno trascorso da John presso un'istituzione cattolica diretta da laici, nessuno dei fratelli frequen­ tò scuole confessionali ... Né John, né Robert furono cattolici strettamente osservanti... entrambi avevano accet­ tato il cattolicesimo cecamente, co­ me una parte del patrimonio fami­ liare, insieme alla ncchezza, all'intel­ ligenza e al Partito democratico» (Sorensen, L'eredità dei K., op. cit.).

dohn : 64° nella graduatoria di merito dei professori Sul profitto di John Kennedy a scuo­ la le testimonianze sono unanimi: non fu uno studente particolarmente

tello anche negli sport piu rudi . L 'autoritario Joe j r., il fra­ tello maggiore, durante le vacanze assumeva le redini del " clan " , sostituendosi al padre , le cui assenze da casa si era­ no fatte sempre piu frequenti e prolungate da quando, verso il 1 930, si era dedicato al mondo dello spettacolo, assumen­ do il controllo di compagnie cinematografiche, radiofoniche e di varietà ( Paramount , Pathé, First National , RCA ecc . ) . A 1 3 anni , Jack entrò alla Canterbury School d i New Mil­ ford ( Connecticut), l 'unica scuola cattolica da lui frequen­ tata durante i suoi studi . Ci rimase tin anno . Passò poi a

brillante. A Choate risulterà medio­ cre in latino e francese, appena suf­ ficiente in inglese e storia. Quando ottenne il diploma, a conclusione de­ �i studi medi superiori, risultò 64• m graduatoria su 1 12 allievi.

1° in quella dei compagni «I compagni, se non gli insegnanti, devono essersi resi conto della abi­ lità potenziale e dello spirito d'ini­ ziativa di John Kennedy, dal momen­ to che votarono per lui quando si trattò di designare l'allievo "con mag­ giori probabilità di riuscire nella vi­ ta"» (James MacGregor Burns, John Kennedy, Harcourt, Brace and World, New York 196 1 ) .

la pettinatura, c) sul rovescio a ten­ nis, d) sull'ultimo successo in pubbli­ co di ogni altro Kennedy. Dovrai ri­ spondere: "stupendo"». ·«PASSIAMO AL GIOCO DEL PAL­ LONE. :e una cosa micidiale. Se non

sei in grado di giocare, non andare dai Kennedy. Se ci vai, dovrai gioca­ re, pena l'esser relegato in cucina senza che piu nessuno si accorga di te. Attento a non farti prendere in giro dalle femmine. Possono farti fa­ re la figura dello stupido anche se so­ no in stato di avanzata gravidanza. »

«NON SUGGERI).lE ALCUN GIOCO,

L'accentuato spirito agonistico del clan Kennedy non poteva non susci­ tare battute ironiche e David Ha­ ckett, un frequentatore della fami­ glia, scrisse addirittura le seguenti

anche se a scuola eri un campione. I Kennedy sono tutti dittatori di grosso calibro, e possiedono un effi­ cientissimo servizio di segnalazioni. Qualsiasi gioco si faccia, buttati a corpo morto e fai un gran chiasso. Ma attenzione: non devi dar l'im­ pressione di prenderei troppo gusto: penserebbero che non fai abbastan­ za sul serio. E non devi criticare la squadra avversaria: con tutta proba­ bilità è composta da altri Kennedy, e al clan dei Kennedy le critiche non piacciono.»

«

c PER

Regole per far visita ai Kennedy

Regole per far visita ai Kennedy:

Ricordati che ogni Kennedy chiede­ rà il tuo parere: a) sull'abito, b) sul-

RIUSCIRE SIMPATICO, devi mostrarti coraggioso. E per mostrar-

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Choate, l 'istituto privato preferito dalle famiglie protestan­ ti ricche . I ragazzi Kennedy trascorrevano le vacanze esti­ ve a Hyannis Port, sul Cape Cod, e quelle invernali a Palm Beach, in Florida. Nei giochi prevalevano quelli agonistici, come il football americano e le corse, in bicicletta o in bar­ ca a vela, che si concludevano spesso con furibonde zuffe fra i due fratelli maggiori e in cui Jack aveva di solito la peggio. Nella famiglia lo spirito di competizione non si li­ mitava però ai giochi, perché il padre, specie a tavola, inco­ raggiava le discussioni politiche, soprattutto fra i figli piu

ti coraggioso ogni tanto devi cadere picchiando la faccia per terra, sbat­ tere contro un muro, slogarti una ca­ viglia. E ridere. Ridere anche quan­ do ti fai uno strappo nel tuo vestito migliore. I Kennedy apprezzano que­ sto atteggiamento. Vuoi dire che pren­ di il gioco sul serio, come loro.,.

La riva uta tra Joe Jr. e John «Il padre era al corrente della riva­ lità esistente fra i due figli maggiori, ma interveniva soltanto- quando essa degenerava. Era lui che voleva la competizione nella famiglia fin quan­ do i ragazzi non si dovevano coaliz­ zare per trattare col mondo esterno. Sapeva anche che Joe jr. compen­ sava la sua rudezza con gesti gene­ rosi e gentili verso i fratelli e le sorelle minori. Lo stesso Jack, mal­ grado le prepotenze subite dal fra­ tello maggiore, capi in seguito che i modi perentori di Joe furono una delle cause dei suoi successi all'uni­ versità e in guerra,. (J. MacGregor Bums, l.K., op. cit.).

Il NelN Deal « lo vi impegno e mi Impegno In un nuovo programma (New Deal) desd·

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nato al popolo americano •· Da un discorso di Franklln Delano Roose­ velt, anno 1933. «Con l'espressione inglese New Deal è noto il programma legislativo for­ mulato ( 1 933-34) dal presidente F.D. Roosevelt per arrestare la grande de­ pressione negli USA e insieme per gettare le basi di un nuovo ordine economico tale da permettere una piu equa distribuzione della ricchez­ za e una maggiore stabilità. Era ca­ ratterizzato da una impostazione che mirava a forme di economia diretta e socializzata senza voler compro­ mettere i . fondamenti del capitali­ smo,. (Dizionario Enciclopedico Ita­ liano, Istituto Poligrafico dello Sta­ to, Roma 1958 ).

Il vecchio Joe appoggia Roo.sevelt perché fiuta l'affare Il vecchio Kennedy era un sosteni­ tore di F.D. Roosevelt. Ma il suo ap­ poggio, piu che dal nuovo program­ ma economico e sociale del presiden­ te sembra fosse determinato dall'in­ tuizione che Roosevelt avrebbe aboli­ to il proibizionismo, consentendogli

grandi, Joe junior e John. Joseph Kennedy sr., demo­ cratico per tradizione, in quegli anni si era schierato decisamente in favore di Roosevelt e del New Deal, sicché l 'influenza che eserci­ tò sui figli fu in senso pro­ gressista o, come dicono gli americani , " liberale " . •

di realizzare un ennesimo pingue affa­ re. Dopo aver fondato la Somerset Importers Ltd., società per l'importa­ zione di distillati, Joe sr. fece un viaggio in Gran Bretagna insieme col figlio del presidente Roosevelt, Ja­ mes, dal quale si fece presentare a produttori di whisky (Haig & Haig, King William, John Dewar) e di gin (Gordon's). Questi, come precisa il Las'ky ( J.F.K., op. cit.), gli concessero p er 1 18 mila dollari l'esclusiva del­ l'importazione negli Stati Uniti dei loro prodotti. Quindi Joe riuscf a strappare al governo la licenza d'im­ portazione di scotch e di gin "per uso medicinale". E riempi i depositi della sua ditta.

Nel le sue mani il whisky diventa oro « Quando Roosevelt abolf il regime proibizionista - scrive "Der Spiegel" (n. 30, 1960 ) nell'improvvisa allu­ vione alcoolica Kennedy guadagnò un patrimonio. Piu tardi vendette le su� rappresentanze generali per 8,5 mi­ lioni di dollari. » -

Joseph e Rose Kennedy genitori di John 13

A 1 8 ANNI , dopo aver conseguito il diploma a Choate e pri­ ma d'iscriversi all 'università, Jack, per volontà del padre desideroso di fargli sentire tutte le campane, soggiornò a Londra per seguire i corsi estivi del noto professore socia­ lista Harold J . Laski alla London School of Economics . J ack non ricavò molto dai corsi di Laski, perché poco dopo il suo arrivo in Gran Bretagna fu colpito da itterizia e co­ stretto a tornare a casa, dove decise d'iscriversi all 'univer­ sità di Princeton per star finalmente lontano dal fratello maggiore iscritto a Harvard . Ma i suoi studi a Princeton

l fratelli Kennedy alla London School of Economica Secondo J. MacGregor Bums (op. cit.), il padre, mandandolo in Gran Bretagna, voleva che Jack si mesco­ lasse con gli allievi poliglotti e cosmo­ politi della London School of Econo­ mics, «con i laburisti britannici, i profughi europei, gli estremisti pro­ venienti dalle colonie, i funzionari dell'amministrazione dell'India e al· tri. Joe jr. aveva già studiato sotto Laski, che si era affezionato all'am­ bizioso e zelante giovanotto. Piu tar­ di Laski ricordò che Joe jr. era deci­ so a diventare Presidente. Jack inve­ ce ebbe scarsi contatti con Laski "·

Studiano in un "vivaio di bolscevichi'" Victor Lasky, nel suo J.F.K. (OJl. cit.), dopo aver trovato strano che Joe jr. e Jack avessero frequentato la Lon­ don School dove insegnava il socia­ lista Harold Laski, afferma: «Ma Laski, amico intimo di Roosevelt, a­ veva enorme influenza sui maggiori esponenti del New Deal e Joe Ken14

nedy aveva cominciato a nutrire grandi ambizioni politiche. La Lon­ don School era una mecca per i so­ cialisti domestici e i rivoluzionari provenienti da tutte le parti dell'im­ pero. Molte azioni contro l'imperia­ lismo britannico nacquero davanti a una tazza di tè, alla mensa degli stu­ denti, e piu di un conservatore de­ nunciò la scuola come un "vivaio di bolscevichi"... Ma, al contrario del fratello maggiore, che aveva vinto il premio di teoria marxista... Jack non trasse molto profitto dalla dialettica di Laski "·

John a scuola: tun·auro che diliuente Dai registri di Harvard risulta che Jack passò gli esami del primo anno ottenendo il voto ·c· (corrispondente appena alla sufficienza) in tutte le materie tranne in economia, dove eb­ be un •B •. I vari professori lo ri­ cordano ai suoi inizi come brillante ma poco assiduo. Il professor John K. Galbraith, il celebre economista (che durante la presidenza Kennedy doveva diventare ambasCiatore in In­ dia), disse che era un giovanotto «al.

durarono pochissimo. Ammalatosi di nuovo d'itterizia, a Natale si rassegnò a frequentare l 'ateneo di Harvard, dove ebbe come compagno di stanza Torbert Macdonald, un noto campione di football americano. Come matricola non bril­ lò e agli esami se la cavò per il rotto della cuffia . Le vacanze estive le trascorse viaggiando con un amico, Lemoyne Bil­ lings , in Francia, in Spagna e in I talia. Alla fine del 1 937, quando Jack era al secondo anno di uni­ versità, suo padre fu nominato da Roosevelt ambasciatore degli Stati Uniti a Londra, la sede piu ambita dalla diplo-

Iegro, simpatico, irriverente e di bel­ l'aspetto e tutt'altro che diligente». Arthur Holcombe, suo professar of government (cattedra senza corrispet­ tivo negli atenei italiani e riguardan­ te la teoria dello stato e la pratica dell'amministrazione pubblica), Io considerava « molto promettente con un interesse istintivo per le idee e le loro applicazioni pratiche».

la situazione politica interna e inter­ nazionale. Jack Kennedy non parte­ cipava a tutto questo fervore. Irwin Ross scrisse sul "New York Post" del 31-7-1956 che Jack considerava con distacco le avanguardie. Sembrava freddo, anche se forse era soltanto timido. Tutto d'un pezzo, sano, serio - sempre secondo Ross - ma nien­ te affatto brillante.

Alunno che non contesta

Incidente in campo a John Kennedy: grave lesione alla schiena

Unanimi le testimonianze dei com­ pagni di studi su un punto: fu piu significativo ciò che il giovane Ken­ nedy non fece a Harvard di ciò che egli fece. Harvard, come tante altre università americane, allora non era soltanto una palestra di idee, ma an­ che un centro di fermenti e di pro­ teste, dove si bruciavano in effigie Hitler e gli altri dittatori, si conte­ stava il conservatorismo dei genitori e si manifestava sdegno per l'atteg­ giamento ignavo delle democrazie di fronte alle nefandezze delle dittature. I giovani preferivano le riviste viva­ ci e progressiste come "Nation" e "New Republic". I gruppi delle varie tendenze si riunivano per analizzare e discutere, spesso con accanimento,

Il suo compagno di stanza a Har­ vard, Torbert Macdonald, una volta rivelò, forse senza nemmeno render­ sene conto, un complesso freudiano di Jack, a disagio di fronte ai succes­ si del fratello maggiore, che eccelleva, sia negli studi, sia negli sport. « Per­ ciò per Jack tutto diventava una ga­ ra, sia una nuotata in piscina, sia la corsa per arrivar primo alla men­ sa.» A furia di competere con Joe, riportò giocando a football una gra­ ve lesione alla schiena, le cui conse­ guenze lo tormentarono finché visse. ·

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mazia statunitense. Cosi la famiglia si disperse un po' geo­ graficamente, ma non spiritualmente. Joe j r. e Jack, appe­ na potevano, si recavano a visitare i genitori all 'ambasciata di Grosvenor Square a Londra. Alla fine del secondo anno di università, Jack ottenne agli esami voti migliori rispetto all'anno precedente. L'anno successivo, cominciò a interessarsi seriamente di politica. Era il periodo degli Accordi di Monaco, e la situazione in­ ternazionale si andava continuamente deteriorando. Men­ tre a Londra suo padre seguiva la crisi con viva apprensio-

A vent'anni approva Franco e M u ssol i n i Testimonianze interessanti sui due viaggi in Europa di Kennedy studen­ te sono le lettere scritte al padre, il quale, forse per saggiare l'attitudine del figlio alla carriera diplomatica, esigeva da lui una specie di rappor­ to da ogni tappa. Aveva vent'anni quando da Roma mandò al padre una relazione elogiativa del sistema corporativo fascista « che tutti in Italia avevano l'aria di gradire», e quando da Madrid scrisse di auspi­ care, per il bene della Spagna, la vit­ toria di Franco, « anche se all'inizio, almeno dal punto di vista morale, aveva ragione il governo repubblica­ no, il cui programma era simile a quello del New Deal ».

La Russia è un paesé disperatamente burocratico Dopo aver visitato Leningrado, Mo­ sca e la Crimea, cosi John sintetizzò le sue impressioni sulla Unione So­ vietica: « Un paese rozzo, arretra­ to, disperatamente burocratico». Da Gerusalemme mandò un rapporto 16

sulle relazioni fra inglesi, arabi ed ebrei, concludendolo con un giudizio sulla politica britannica: « t!. una po­ litica equa e corretta, ma qui non serve una soluzione equa e corretta, bensi una soluzione efficace» (testual­ mente: That will work, che funzioni).

Roosevelt dà una lavata di capo all'ambasc.atore Kennedy ·

Dato il forte influsso esercitato dal padre sui figli, conviene insistere an­ cora sulla personalità e sulle alte mire politiche dell'ambasciatore Ken­ nedy. Quando nel 1938 tornò negli Stati Uniti per festeggiare la laurea del primogenito Joe jr., fu convoca­ to a Hyde Park dal presidente Roo­ sevelt. « Il colloquio - riferi la "Chi­ cago Tribune" - si svolse in una atmosfera gelida: Roosevelt infatti aveva saputo clie Kennedy intende­ va servirsi della corte britannica co­ me di un gradino per entrare alla Casa Bianca ». Ne erano prova noti­ zie confidenziali comunicate da Ken­ nedy a giornalisti di Washington.

ne, J ack chiese e ottenne di non frequentare i corsi del se­ condo semestre per compiere un viaggio in Europa. All'ini­ zio della primavera parti per Parigi, quindi soggiornò per una ventina di giorni in Polonia, da dove prosegui per la Russia, la Turchia, la Palestina, infine si recò a Berlino pas­ sando per i Balcani. Grazie alla posizione di suo padre, fu ospite a Parigi dell 'ambasciatore William Bullitt, a Varsa­ via dell 'ambasciatore Anthony Biddle e nella capitale so­ vietica di Charles E . Bohlen, che esercitava in quegli anni la funzione di secondo segretario d'ambasciata.

lsolazionista e favorevole a Chamberlaln Nei suoi rapporti da Londra al pre­ sidente Roosevelt e al segretario di Stato Cordell Hull, l'ambasciatore Kennedy, come sostengono gli stori­ ci W.L. Langer e S.E. Gleason in Challenge to Isolationism (Sfida al­ l'isolazionismo, Harper, New York 1952), «si dimostrava favorevole al governo di Chamberlain e alla sua politica e cercava di far valere il proprio atteggiamento isolazionista nei confronti del problema europeo. Egli consigliava infatti che gli Stati Uniti si astenessero dall'intervenire nel conflitto che stava per scoppiare in Europa e sollecitava sforzi per mettere il paese in condizioni di di­ fendersi da qualsiasi eventualità ».

Valanghe di critiche alle posizioni di Kennedy Tale presa di posizione suscitò una valanga di critiche specie da parte degli ebrei vittime delle persecuzio­ ni naziste. Ma ci fu anche chi l'ap­ provò, ad esempio un grande amico dell'ambasciatore, il presti�ioso edi­ tore Henry Luce, la cui rivista "Ufe"

scrisse: «Se il piano Kennedy avesse successo, aggiungerebbe nuovo lustro a una reputazione che potrebbe be­ nissimo portare Joseph Patrick Ken­ nedy alla Casa Bianca ». Ormai era un gioco a carte scoperte e Roosevelt reagi annunciando che l'unico diplo­ matico americano autorizzato a oc­ cuparsi dei profughi europei era My­ ron Taylor. Era un invito indiretto a Kennedy a non pianificare la sorte dei 600 mila ebrei tedeschi che egli, per attenuare le critiche suscitate dal suo piano di pace, avrebbe vo­ luto trasferire in varie parti del mondo (notizie dalla "Chicago Tribu­ ne" del 7 gennaio 1941 ).

Churchil l contro I l "disfattista" americano L'ambasciatore Kennedy, che al suo arrivo a Londra era stato accolto con viva simpatia, si rese inviso an­ che agli in�lesi, quando, impressio­ nato dall'imziale strapotenza milita­ re dei tedeschi, cominciò a inviare rapporti al Dipartimento di stato in cui escludeva ogni possibilità di vit­ toria per la Gran Bretagna e la Fran­ cia e auspicava la neutralità degli Stati Uniti. Winston Churchill, quan17

Quando i tedeschi invasero la Polonia provocando l 'inter­ vento nel conflitto della Gran Bretagna e della Francia, alleate df Varsavia, Jack si trovava a Londra, reduce dal suo lungo viaggio. Ai primi di settembre suo padre gli affi­ dò il compito di recarsi a Glasgow per assistere i passeggeri americani sbarcati dal transatlantico inglese Athenia, si­ lurato da un sommergibile tedesco a occidente delle Ebridi . Tornato in patria, Jack, che agli es . ami del terzo anno era riuscito a portare la media dei suoi voti a un piu che soddi­ sfacente " B " , nell'anno accademico 1 939-40 affrontò la tesi

do sostitui Neville Chamberlain alla testa del governo britannico, non tar­ dò a manifestare la sua avversione per il "disfattista" Kennedy. In un suo rapporto al presidente Roosevelt, il ministro del commercio Harry Hopkins scrisse: «Ho detto al Pre­ mier che in certi ambienti si aveva l'impressione che egli non potesse soffrire né gli Stati Uniti d'America, né Roosevelt. Churchill s'indignò e accusò Kennedy di essere il respon­ sabile di tale impressione ».

Silurato doe Kennedy senior «La mia carriera come diplomatico è finita domenica mattina alle 1 1 (il momento della dichiarazione di guer­ ra della Gran Bretagna alla Germa­ nia, 3 settembre 1939). Adesso mi re­ sta soltanto la routine di un ufficio amministrativo... Invece di salire, sono sceso in basso », Queste, secondo il biografo Richard J. Whalen ( Il fon­ datore dei Kennedy, Le Edizioni del Borghese 1967), furono le parole di Joe Kennedy, dopo lo -scoppio della guerra. Il già citato volume dell'As­ sociated Press osserva che l'amba­ sciatore si era troppo legato al cavai18

lo perdente, Chamberlain, ed era ine­ vitabile che ne subisse le conseguen­ ze. Con Churchill come primo mini­ stro, le cose peggiorarono ancora. Churchill non nascondeva i suoi poco teneri sentimenti riguardo all'amba sciatore americano, e Roosevelt fini per trattare spesso col Premier ingle­ se senza informare il suo ambascia­ tore.

"La democrazia britannica a tlnlta" I rapporti tra Joe Kennedy e Roose­ velt precipitarono quando il "Boston Globe" pubblicò alcune imbarazzan­ ti dichiarazioni rilasciate da Kenne­ dy al giornalista Louis Lyons. Al pre­ sidente non poteva certo piacere che proprio il suo ambasciatore presso la Corte di San Giacomo pronuncias­ se frasi del tenore delle seguenti: «Sono pronto a spendere tutto il mio patrimonio per tenerci fuori da questa guerra... Quale utile potrem­ mo ricavame? Conosco l'Europa meglio di qualunque altro americano.. La democrazia britannica è finita... La Gran Bretagna non combatte per la democrazia, ma per la propria so­ pravvivenza ». .

di laurea il cui argomento, dopo le sue stimolanti esperien­ ze europee, non pot,eva che essere il discusso accordo di Monaco ( settembre 193 8 ) tra le potenze occidentali e Hi­ tler. Nel giugno 1 940 J ack Kennedy si laureava in scienze politiche ottenendo il massimo dei voti e la lode. L'ottimo esito ad Harvard e la scottante attualità dell'argomento persuasero Kennedy a pubblicare la sua tesi, col titolo Why England Slept ( Perché l 'Inghilterra dormiva). Fu un gros­ so successo di critica e di vendita : 40.000 copie vendute • in USA e altrettante in Gran Bretagna.

Che scocciatrice quella Eleanor Roosevelt! Il •Boston Globe" riportava anche una grave indiscrezione di Kennedy a proposito di Eleanor Roosevelt: «Ci ha importunati piu lei a Wash­ ington che tutti gli altri insieme. C'e­ ra sempre un qualche suo biglietto che mi ingiungeva di invitare qual­ che tizio sconosciuto a prendere il tè all'ambasciata ». E l'aver dato impli­ citamente della •scocciatrice" alla first ladr gli costò il posto. Fu tut­ tavia lui a dare le dimissioni, evi­ tando di essere messo alla porta dal boss della Casa Bianca.

La tesi di laurea di John F. Kennedy La tesi d i Jack (titolo: Gli accordi di Monaco. L'inevitabile risultato del­ la lentezza con cui la democrazia b ritannica abbandonò la politica del disarmo ) concordava con l'atteggia­ mento assunto da suo padre nei con­ fronti della crisi europea. Gli accordi di Monaco, sosteneva il laureando, erano inevitabili a causa della debo-

lezza della Gran Bretagna, ma anche opportuni per consentire alle demo­ crazie occidentali di riguadagnare un po' del tempo perduto nel campo degli armamenti ; perciò non era giU­ sto farrie una colpa a Baldwin e Chamberlain. (Stanley Baldwin era stato Premier dal 1935 al '37, cioè nel periodo della guerra etiopica e delle sanzioni contro l'Italia, e si era di­ messo dopo aver ottenuto l'abdicazio­ ne di Edoardo VIII; il suo successo­ re fu Arthur Neville Chamberlain, dal '3 1 cancelliere dello Scacchiere. Coine Premier, Chamberlain sotto­ scrisse il gentlemen's agreement patto fra gentiluomini - con Musso­ lini e gli accordi di Monaco con Hi­ tler. Si dimise nel maggio lasciando il suo posto a Churchill.) -

Con i soldi del libro John compra la Buick " Il libro di John Kennedy diventò un bestseller. L'autore donò i soldi ricavati dalla vendita del libro in Gran Bretagna alla città di Plymouth, semidistrutta dalle bombe; con i sol­ di dei diritti d'autore americani, ac­ quistò la sua prima vettura, una Buick » ("Der Spiegel"). 19

IL 1 940 FU UN ANNO D 'INCERTEZZA. Scartata l 'idea di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza di Yale, John fre­ quentò per un semestre i corsi di economia e commercio dell'università di Stanford, ma senza alcun vero interesse. Infine fece un viaggio in Sud America. Tentò di farsi arruo­ lare nell'Esercito, ma fu scartato alla visita medica per i postumi del trauma subito alla spina dorsale giocand9 a football. Per cinque mesi si sottopose a cure e ad esercizi fisici ; nel settembre fu accolto nella Marina e assegnato a lavori sedentari. Ma, quando avvenne il disastro �i Pearl

Kennedy lo spaccalegna La vita a bordo della PT 109 e delle altre vedette statunitensi nelle acque delle Salomone è penosa e mono­ tona. Per passare il' tempo, si fan­ no �are di velocità tra le imbarca­ ziom : chi arriva primo al pentone di ancoraggio ha vinto. « Un giorno la PT 109 di Kennedy acquista velocità sempre maggiore, sorpassa un con­ corrente, arriva a pochi metri dal pentone, ma i tre motori non ri­ spondono piu ai comandi e il battello va a fracassare la diga di legno. Mai piu in vita sua John Kennedy sentirà tanti improperi. L'avventura gli var­ rà il soprannome di "spaccalegna! • » (Il destino dei Kennedy, op. cit.).

Drammatica awentura nelle isole Salomone L'episodio nello scacchiere bellico delle Salomone, di cui John F. Ken­ nedy fu protagonista, è stato narrato

John Fitz.gerald Kennedy nel 1938 a 21 anni

in giornali, riviste, libri, in spettaco­ li televisivi e in un film prodotto a Hollywood. Il resoconto piu obietti­ vo e meglio documentato è quello dello scrittore John Hersey, pubbli­ cato sul numero del 17 giugno 1944 del " New Yorker". Hersey ha inter­ pellato gli undici sopravvissuti, ed è riuscito a ricostruire ora per ora le vicende dei naufraghi.

"Ecco come cl si sente quando si è colpiti a· morte" Al momento dell'impatto, cadendo riverso sulla plancia, John Kennedy pensò: « Ecco come ci si sente quan­ do si è colpiti a morte! "· Ma, accor­ tosi che la sua ultima ora non era ancora Suonata, si alzò in piedi, a­ nalizzò sommariamente la situazio­ ne e cominciò a organizzare il salva­ ta�o dei sei uomini caduti in mare. Egli stesso si tuffò , e riuscf a trarre in salvo sul relitto due uomini feriti. Ci vollero quasi tre ore di sforzi. A un certo punto il marinaio Harris, ferito a una gamba, protestò: « Non ce la faccio piul ». Kennedy l'afferrò per la cintura di salvataggio gridan­ do: ·« Forza! Stai dando una grande esibizione per un ragazzo di Boston! ». 21

Harbor ( 7 dicembre 1 94 1 ), John cominciò a scalpitare e in­ sistere presso il padre perché facesse valere le sue influen­ ti amicizie per destinarlo a una zona d'operazioni . Il vec­ chio Joe si rivolse all 'ammiraglio James V. Forrestal , che fece trasferire John al centro addestramento per motosilu­ ranti di Newport ( Rhode Island). Ai primi del 1 943 , col grado di sottotenente, il giovane Kennedy salpò da San Francisco per il Pacifico meridionale, dove gli americani cominciaVc\nO a opporsi con successo all'avanzata delle forze giapponesi. La notte del 2 agosto 1 943, durante un

CombaHere o arrendersi P Quando arrivò l'alba, gli 1 1 uomini appollaiati sul relitto della PT non videro spuntare alcuna imbarcazione amica nei paraggi. Molte delle isole vicine pullulavano di giapponesi e al­ lora Kennedy domandò ai suoi ra­ gazzi: « Che cosa volete fare se ar­ rivano i giapponesi: combattere o ar­ rendervi? •. « Combattere con che co­ sa? ,. obiettò qualcuno. Non avevano che due fucili. « Che cosa intendete fare? ,. insistette Kennedy. « Qualsia­ si cosa lei ordini, mister Kennedy. Il boss è lei. ,. Kennedy, dopo breve ri­ flessione, cominciò a impartire ordi­ ni, il primo dei quali fu quello di far calare in acqua gli uomini indenni per lasciare piu spazio ai tre feriti. P.oi il relitto cominciò a inclinarsi e Kennedy ordinò ai ·suoi marinai di ra�giungere a nuoto un'isoletta tre miglia a sud-est, Piuro Pudding. Egli stesso " rimorchiò " il marinaio Mc­ Mahon mediante una corda stretta fra i denti. Nuotò per cinque ore.

A nuoto in cerca di soccorsi Sebbene esausto, Kennedy cercò di raggiungere un'altra isoletta attraver­ so il Canale Ferguson, rotta abitua22

le delle motosiluranti americane. Con in mano la lanterna della sua imbar­ cazione affondata nuotò fino a un banco di scogli. Quando, nella fioca luce del crepuscolo, vide un grosso pesce, gli tornò in mente la frase di uno dei suoi uomini: « Questi barra­ cuda si accostano a un uomo che nuota per mangiargli i testicoli •· Camminò sulla scogliera di corallo graffiandosi e tagliandosi le gambe. Giunto all'ingresso del canale attese invano il passaggio di qualche moto­ silurante. Decise di tornare dai suoi uomini, ma era allo stremo delle for­ ze. La corrente lo spinse di nuovo nel canale. Infine, come in trance, rag­ giunse l'isoletta di partenza. Vomitò, si accasciò sulla battigia dicendo al suo terzo ufficiale: « Ross, stasera ci provi tu •. E s'addormentò.

Su una noce di cocco Il messaggio della salvezza Dopo un tentativo di Ross, inutile quanto quello del comandante, gli undici decisero di trasferirsi su Ola­ sana, un'isola piu vicina al probabile passaggio di motosiluranti statuni­ tensi. Tormentati dalla sete leccaro­ no le gocce di pioggia dalle foglie de­ gli arbusti. Sulla nuova isoletta tro-

contrattacco aeronavale statunitense nel Mare delle Salo­ mone, la motosilurante PT 109, comandata da John Ken­ nedy, fu speronata e tagliata in due dal cacciatorpediniere nipponico Amagiri. Due dei tredici uomini dell'equipaggio rimasero uccisi sul colpo. Gli altri riuscirono a raggiunge­ re a nuoto un'isoletta. Kennedy si prodigò sino al limite delle forze per aiutare i suoi uomini feriti . Alcuni giorni dopo i superstiti venivano recuperati da vedette americane . Sul fatto che Kennedy abbia agito con coraggio in quel dif­ ficile momento non ci sono dubbi . Ma ci fu, specie in seno

varono delle noci di cocco. Dopo a­ verne bevuto avidamente il latte si sentirono tutti male. Il quarto gior­ no, Kennedy e Ross nuotarono fino a un'altra isola, che si chiamava Nauru e dove trovarono due indigeni, ai quali affidarono un messaggio inciso con la punta di un coltello sul guscio di una noce di cocco: « Undici so­ pravvissuti. Gli indigeni conoscono la nostra posizione. Kennedy ». Una set­ timana dopo lo speronamento della PT 109, i naufraghi vengono salvati. (Alla fine dell'avventura, la noce di cocco del messaggio doveva diventa­ re il portafortuna di Kennedy. Dopo l'elezione a presidente la collocò sul­ la sua scrivania alla Casa Bianca).

Celebrato il servizio funebre per Kennedy e i suoi uomini Alla base delle motosiluranti, i 13 uo­ mini della PT 109 erano dati per morti e alla loro memoria erano già stati celebrati servizi funebri. L'uffi­ ciale incaricato di comunicare la no­ tizia ai parenti delle vittime, scrisse alla madre di Ross che suo figlio c era morto per una causa in cui cre­ deva piu di chiunque di noi ». Rife­ rendosi a John Kennedy, c il figlio

dell'ambasciatore morto sulla stessa unità », l'ufficiale cosi concludeva la sua lettera: c Colui, il quale affermò che in guerra va persa la parte mi­ gliore della nazione, non può essere accusato di aver esagerato » ( Bums, op. cit. e J. Hersey", art. cit.).

11 coiandante deii'Amauiri UiUSIIIICa Kennedy Finita la guerra, lo stesso Kennedy si preoccupò di fornire una risposta plausibile ai dubbi sollevati dallo speronamento della sua motosiluran­ te. Compi ricerche e riusci a rintrac­ ciare il comandante dell'Amagiri. Si trattava di Kohei Hanami, al quale scrisse pregandolo di fornirgli la sua versione dei fatti. L'ufficiale giap_Po­ nese gli rispose che per tutta la gior­ nata il suo caccia Amagiri era stato sotto la minaccia degli aerei ameri­ cani e la sera sotto quella delle mo­ tosiluranti nemiche. Malgrado . ciò aveva mantenuto una posizione d'at­ tacco. Poco dopo mezzanotte, avvi­ stata a mezzo miglio una motosilu­ rante, aveva improvvisamente deciso di speronarla e aveva ordinato un ra­ pido cambiamento di rotta. Il co-

all à Marina, chi sollevò obiezioni sul comportamento del comandante della PT l09 : perché J ohn Kennedy, al co­ mando di una unità di piccole dimensioni, quindi facil­ mente manovrabile, si lasciò cogliere in posizione da far­ sela tagliare in due dalla prua di un cacciatorpediniere nipponico ? e oltre tutto in acque controllate dagli alleati ? Ufficialmente, comunque, la Marina americana decorò John Kennedy con due medaglie al valore, la Purple H eart e la Navy and Marine Corps Medal e lo onorò con una citazione all 'ordine del giorno dell'ammiraglio Halsey.

mandante Kennedy non aveva re­ sponsabilità dirette, in quanto non poteva certo prevedere quella mossa " dissennata " del nemico.

Il naufragio : ottimo strumento di propaganda elettorale Qualche malignità, a proposito di quell'episodio, non fu risparmiata a Kennedy molti anni dopo, quando egli era ormai sulla soglia della Ca­ sa Bianca. Robert Hartmann scrisse sul "Los Angeles Times" del 10 luglio '60: « La simpatia di cui Kennedy è largamente dotato non è mai tanto efficace come quando egli si abban­ dona ai ricordi di guerra insieme con wi ben disposto reduce della campa­ gna delle Salomone. Quella fu for­ se l'unica volta, in tutta la sua vi­ ta, in cui Kennedy dovette dipendere solo da se stesso, l'unica volta in cui tutti i suoi dollari non gli sarebbe­ ro serviti nemmeno per acquistare un bicchiere d'acqua! » .•

Signor Kennedy, come ha fatto a diventare un eroe? • « SempHce: mi lumno affondato •

«

Quale atteggiamento assumeva John Kennedy ricordando quei terribili 24

giorni nel Pacifico meridionale? Certo - ha affermato Theodore C. Sorensen nel suo volume Kennedy (op. cit.) - era fiero del suo passato militare, della sua Purple Heart e della sua medaglia della Marina e del Corpo dei marines. Per non di­ menticare mai di aver sfiorato la morte, teneva sul tavolo, avvolto in un sacchetto di plastica, il guscio di noce di cocco sul quale aveva inciso il suo SOS in quella remota isola del Pacifico... Ma non era né un guer­ riero professionista, né un reduce professionista. Non si vantava mai, e neanche ne parlava, delle sue espe­ rienze di guerra. Né si lamentò mai delle sue ferite. E quando un irrive­ rente studentello delle medie gli chie­ se nel 1959, mentre percorrevamo a piedi una strada di Ashland nel Wi­ sconsin, come avesse fatto a diventa­ re un eroe, rispose allegro : ·e stato facile. Mi hanno affondato la nave ". » «

I l gi udizio della Marina U SA su J ohn Kennedy Come giudicavano John Kennedy i suoi superiori della Marina? Nella citazione all'ordine del giorno firma-

Per Kennedy la guerra era praticamente finita. Oltre a sof­ frire per i p ostumi della . lesione alla schiena, si •ammalò di malaria. Nel dicembre 1 943 lasciò la sua squadra per far ritorno negli Stati Uniti, dove fu assegnato come istruttore alla base per motosiluranti di Miami. Sperava di essere di nuovo destinato a una zona di operazioni, preferibilmente il Mediterraneo ; ma in seguito a una caduta durante una crociera di esercitazione fu ricoverato nell 'ospedale mili­ tare di Chelsea, presso Boston, e operato di ernia del disco. Il 2 agosto 1 944 stava per lasciare l'ospedale per recarsi

ta dall'ammiraglio William F. Halsey, è detto: « Il suo coraggio, la sua te­ nacia e le sue qualità di capo hanno contribuito a salvare numerose vite umane ; egli si è dimostrato degno delle piu alte tradizioni della Marina degli Stati Uniti ». Quando fu conge­ dato, ai primi del 1945, i suoi supe­ riori lo definirono simpatico, tran­ quillo, coscienzioso e intelligente, trovandolo un po' scarso solo in « ac­ curatezza e portamento militare "·

I l giudizio di J oh n Ken nedy s u l la Mari na U SA E che cosa pensava Kennedy della Marina ? In una lettera a suo fratello Bobby dal Pacifico meridionale scris ­ se: « Tienti in contatto col tuo scas­ sato fratello maggiore... Quaggiu chiunque riesca appena a respirare viene dichiarato abile e in grado di svolgere servizio attivo ovunque; e quando dicono ovunque non alludo­ no a El Marocco o al Tennis Club » ( El Marocco era un notissimo loca­ le notturno chic di New York ) . Ge­ nerali e ammiragli non lo metteva­ no in soggezione e i sistemi d'istru­ zione militare sollevarono in lui mol-

ti dubbi. In una lettera a un amico, nel 1944, dall'ospedale militare di Chelsea, illustrò « l'abilità sovrumana della Marina di mandare a catafa­ scio tutto ciò che tocca ». E ancora: « Perfino una cosa semplice come la consegna di una lettera è spesso fa­ tica troppo ardua per questa nostra macchina da guerra ansante e sbuf­ fante. Dio salvi la nostra patria da quei patrioti che proclamano: "ciò di cui il paese ha bisogno è di essere guidato con efficienza militare• ». Dei medici militari, che mandavano a combattere « chiunque riesca appe­ na a respirare », John aveva scarsa stima : « Per quanto si ·riferisce all'af­ fascinante ar�omento della mia ope­ razione, mi piacerebbe naturalmente dilungarmi per molte pagine... ma mi limiterò a dirti che, secondo me, il dottore, prima di prendere in ma­ no la sega, avrebbe dovuto leggere almeno un altro libro » ( da Soren­ sen, Kennedy, op. cit.).

Nel cieli d " Europa ..Joe Kennedy si d isintegra Le circostanze della morte di Joseph Kennedy j r. non sono mai state chia25

nella vicina villa di Hyannis Port a festeggiare in famiglia il primo anniversario dell 'episodio della PT 109, quando gli fu comunicata la morte del fratello Joe , disintegrato in­ sieme col suo aereo durante una missione sperimentale contro basi tedesche sulla costa fiamminga. Poco dopo, un altro lutto doveva colpire la famiglia Kennedy : ai primi di settembre, il marchese di Hartington, figlio del duca di De­ vonshire e da appena quattro mesi marito di Kathleen Ken­ nedy, moriva sul fronte francese alla testa del suo reggi­ mento ( il Coldstream Guards ) . •

rite del tutto. Joe si era offerto vo­ lontario per una missione sperimen· tale: doveva pilotare il bombardiere Liberator PB4Y 32271 carico di trito­ lo e lanciarsi col paracadute insieme col suo copilota, Wilford J. Willy, in prossimità della meta, mentre un al· tro aereo avrebbe teleguidato il Ii­ berator in modo da farlo cadere su una base di V2 in Normandia (o su una base di sommergibili sulle co­ ste del Bel�o, secondo altre fonti ) . Invece i l Ltberator si disintegrò in aria alle ore 18,20, quando era ancora lontano dal bersaglio (notizie da Il destino dei Kennedy, op. ci t. e da R.J. Whalen, · op. cit.).

La pri ma tragedia dei Kennedy c Joe Kennedy era con Rose ed i ra­ gazzi quando gli dissero che due pre­ ti desideravano parlar�li. Può darsi che questo genere di visitatori abbia suscitato nel suo animo un presenti­ mento, un'inquietudine. Ma certamen­ te il padre non s'aspettava un colpo come la morte del figlio, un colpo co­ si tremendo da cui non si riprese piu. Perché i pochi secondi che serviro­ no ai preti per dargli il loro triste

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annuncio cambiarono Joe Kennedy in un uomo improvvisamente umi­ liato, privato di quella parte della vi­ ta in cui aveva vissuto per sé e per il suo adorato primo figlio • ( Richard J. Whalen, op. cit.). c Nessuno riuscirà a colmare n vuoto lasciato da mio fratello Joe •

John dedicò al fratello caduto un vo­ lume di ricordi, As We Remember Joe ( Come noi ricordiamo Joe, pub­ blicato privatamente nel 1945 ). In esso scnveva: c Credo che se noi giovani Kennedy arriveremo mai a qualcosa, lo dovremo piu al com­ portamento di Joe e al suo esempio continuo che a qualsiasi altro fatto­ re •· John soffri molto per la scom­ parsa del fratello: c La perdita di Joe - scrisse a un amico - è stata un colpo terribile per tutti noi. Fa­ ceva ogni cosa bene e con grande en­ tusiasmo e anche in una famiglia nu­ merosa come la nostra il vuoto da lui lasciato non potrà mai essere col­ mato • ( Sorensen, K., op. cit.).

lohn Kennedy decorato al valore nel giugno 1944

KENNEDY FU CONGEDATO nel gennaio 1 945, quando la vittoria degli alleati era ormai scontata. A febbr.aio scrisse un breve saggio, Let's Try a n Experiment in Peace ( Tentia­ mo un esperimento per la pace), in cui sosteneva che, per evitare un inasprimento fiscale e una mortificazione dell'i­ niziativa p rivata, s 'imponeva un accordo post-bellico sulla limitazione degli armamenti fra le tre " grandi " , Stati Uni­ ti, Gran Bretagna e URSS . I l saggio rimase inedito . Succes­ sivamente J ohn, che non aveva ancora aspirazioni molto chiare, tentò la via del giornalismo. Alla fine di aprile an-

Tentiamo un es p erimento per la pace John trasse lo spunto per il suo sag­ gio da un'affermazione fatta da Har­ ry Hopkins in un articolo pubblica­ to su •American Magazine " : « Si è fatto di tutto per prevenire la secon­ da guerra mondiale, salvo che prepa­ rarvisi .». Kennedy confutava l'affer­ mazione sostenendo che una corsa al riarmo sarebbe stata pregiudizie­ vole per l'economia del paese.

Gll americani non si fidano del russi A proposito del vagheggiato accordo postbellico fra le tre grandi potenze Kennedy scriveva: « Naturalmente, prima che si possa studiare un pia­ no concreto, bisognerà che fra questi paesi si stabilisca una solida fiducia reciproca ». Poi constatava che « ne­ gli Stati Uniti, per esempio, sono in molti a ritenere che se l'URSS doves. se prendere una decisione unilatera­ le riguardo ai problemi dell'Europa orientale, ogni possibilità di accordo sarebbe preclusa... Questi americani hanno molte prove su cui fondare i 28

propri sospetti: acconsentiranno a trattare per la limitazione degli ar­ mamenti solo se i russi cambieranno radicalmente il loro atteggiamento ».

E l russi non si fidano degll americani « Alla stessa maniera, però, - prose­ guiva Kennedy - affinché i russi pos. sano credere nelle nostre reiterate proteste di amicizia bisognerà che anche gli Stati Uniti diano una pro. va della propria buona volontà nel­ lo sforzo per risolvere equamente i problemi europei. I russi hanno la memoria buona e molti che attuai. mente sono a capo del governo ri· cordano ancora assai bene i giorni che seguirono alla prima guerra mon. diale, quando l'Armata rossa era co­ stretta a combattere contro gli eser· citi invasori di numerosi paesi, com­ presi gli Stati Uniti e la Gran Bre. tagna. »

11 aiornalista Kennedy commenta la nascita dell'DIO Quanto fossero fondate le sue riserve e infondate le sue speranze in un ac­ cordo ispirato alla reciproca fiducia, Kennedy ebbe modo di constatarlo

dò alla conferenza per la fondazione . delle Nazioni Unite, a San Francisco, come inviato speciale del " Joumal Ameri­ can " di New York e di altri giornali della catena di Wil­ liam Randolph Hearst, altro vecchio amico di suo padre. Nell 'estate, eccolo a Londra, ancora come inviato speciale, per le elezioni britanniche conclusesi con la vittoria dei la­ buristi e la sconfitta di Winston Churchill . Intanto la seconda guerra mondiale era finita. Migliaia di militari tornavano a casa per reinserirsi nella vita civile. J ohn Fitzgerald Kennedy, a 28 anni, non aveva piani per il

di persona assistendo come giornali­ sta ai lavori della conferenza di San Francisco che doveva gettare le basi dell'ONU. I suoi servizi apparvero sul "J ournal American • il 28 e 30 a­ prile, il 2, 3, 4, 5, 7, 9, 10, 14, '16, 18, 19, 21, 23; 28 maggio 1945.

La Russia non vuole DiO essere una nazione di .. serie B" Dopo l'esibizione di Molotov del 29 aprile, . il giornalista Kennedy scris­ se: « Siamo di fronte, e ciò è molto importante, al retaggio di 25 anni di malafede fra la Russia e il resto del mondo, una situazione che non potrà essere completamente superata per molti anni ancora " · Le burrascose riunioni della prima settimana lo in­ dussero a concludere che i russi non potevano dimenticare gli anni in cui erano stati trattati come una nazio­ ne di " serie B • e che perciò sarebbe passato molto tempo prima che l'U­ nione Sovietica acconsentisse ad affi­ dare la propria sicurezza a un'orga­ nizzazione che non fosse l'Armata rossa. Perciò « qualsiasi organizza­ zione nascerà qui, sarà soltanto uno scheletro. I suoi poteri saranno limi­ tati. Essa rifletterà il profondo disac­ cordo esistente fra i suoi membri "·

P ROSS I M A LA G U ERRA CO NTRO L' U RSS ? A mano a mano che la conferenza procedeva, il pessimismo di Kenne­ dy si accentuava: « L'organizzazione mondiale che uscirà da San Franci­ sco - scrisse - sarà il prodotto delle stesse passioni e dello stesso egoismo che originarono il trattato di Versailles " · Dietro le quinte del­ la conferenza raccolse delle « voci di una guerra contro i russi nei prossi­ mi dieci o quindici anni ». Alla con­ clusione dei lavori Kennedy approvò la nascita dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, a condizione che non interferisse con la dottrina di Mon­ roe ( non intervento delle potenze eu­ ropee in America e viceversa).

Non mi piace fare il giornalista La carriera giornalistica di J.F. Ken­ nedy fu di breve durata. Disse agli amici che il lavoro d'inviato non gli piaceva. « Invece di agire, mi tocca riferire quello che fanno gli altri. » In realtà, come ha sostenuto Victor Lasky (J.F.K., op. cit.), Kennedy non sentiva alcuna vocazione per il gior29

futuro ed era indeciso. Capi soltanto di non possedere una genuina vocazione per il giornalismo. Fu il padre a decidere per lui, spingendolo verso la carriera politica . E fu una cir­ costanza esterna ad agevolargli la scelta. Infatti Jim Curley (antico avversario dei nonni di John nell 'agone politico del Massachusetts ) , stanco di Washington, voleva presentarsi candidato alla carica di sindaco di Boston. Perciò sarebbe rimasto vacante il suo seggio al Congresso, qualora avesse vinto l 'elezione municipale. Il giovane Kennedy si sarebbe presentato candidato al Congresso per il Massachusetts

nalismo : « Il suo successo come in­ viato era stato tutt'altro che travol­ gente e i collaboratori di Hearst ave­ vano concluso a malincuore che Ken­ nedy non sarebbe mai diventato un asso in quel campo ».

Non · sa neanche lui quello che vuole Secondo il suo biografo J. MacGre­ gor Burns ( op. cit.) , dopo aver tron­ cato col giornalismo, Kennedy, mal­ grado la laurea, il successo ottenuto con un libro e le esperienze belliche, non era ancora né carne, né pesce : « L'uomo non era ancora maturo, né il leader politico che sarebbe di­ ventato una dozzina d'anni dopo; le sue opinioni politiche e la sua perso­ nalità stavano ancora formandosi ».

..John dava prandara la fiaccola caduta dalla mani di Joa" " John è entrato in politica soltanto perché è morto Joe. Doveva essere Joe il politico della famiglia. Quando 30

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mori, John prese il suo posto. Joe parlava spesso di diventare un gior­ no presidente degli Stati Uniti e mol­ te persone serie pensavano che lo sa­ rebbe diventato davvero » ( dichia­ razione di Joe Kennedy al senatore McCarthy) . E sempre il padre, du­ rante una intervista dopo l'elezione di John alla presidenza: « Sono stato io a lanciare John nella politica, di­ cendogli che era suo dovere prende­ re la fiaccola caduta dalle mani di Joe. Egli non voleva perché non se ne sentiva capace e lo pensa ancora. Ma io gli ho fatto capire che era as­ solutamente necessario » ( riportato da Il destino dei Kennedy, op. cit. ) .

Entra in politica per un capriccio "Time• 5-12-'60: « Quando decise di entrare nella vita politica, Kennedy era un giovane freddo e distaccato, politicamente indipendente. La sua decisione fu quasi un capriccio. Cer­ to vi ebbero una parte anche la spin­ ta e le tradizioni politiche della fa­ miglia che tuttavia non esercitò pres­ sioni su di lui. "Allora - spiegò John - ero del tutto disponibile. Mi par­ ve l'unica cosa logica da fare • ».

nell 'XI distretto di Boston, comprendente quartieri di cata­ pecchie abitate da immigrati . L'XI distretto , roccaforte de­ mocratica, era stato la matrice politica dei suoi nonni. Le difficoltà da superare non sarebbero state poche. Anzi­ tutto la sua salute era malferma ; in secondo luogo nessuno lo conosceva a Boston, perché fin da ragazzo si era trasferi­ to nello stato di New York e aveva trascorso le vacanze a Hyannis Port o in Florida. Infine , gli mancava una base po­ litica operativa, per non parlare della sua inesperienza. Inoltre John si rese conto assai presto che il Partito demo-

La roccaforte irlandese manda al Congresso il giovane Kennedy Cosi ricordò l'esordio politico di Kennedy "Look", 27-1 1-'59 : « Non fu facile per John seguire le orme del fratello Joe ed entrare in politica. Allora era un giovane timido e riser­ vato ... Spiccò. il volo verso il Congres­ so dall'XI distretto del Massachu­ setts, comprendente East Boston de> v'era nato suo padre, North End de> v'era nato il nonno Fitzgerald, e Cambridge dove i Kennedy avevano frequentato l'università di Harvard. Malgrado queste radici, John era praticamente un forestiero, essendo cresciuto a New York ».

A Boston non conosce nessuno « John Kennedy amava Boston e Be> ston amava John Kennedy, - scris­ se a sua volta Theodore C. Soren­ sen ( Kennedy, op. cit.) - ma egli fu sempre qualcosa di piu che un bostoniano... Era nato a Brookline, che è un sobborgo di Boston, ma a­ veva passato gli anni decisivi della sua formazione a Bronxville, stato di New York, dove suo padre aveva tra­ sferito l'intera fam!glia convinto che

a Boston un uomo d'affari irlandese cattolico, e la sua famiglia, avreb­ bero avuto meno possibilità d'emer­ gere. I genitori di John avevano ve> tato in Florida fin da quando egli era bambino. E le estati egli le pas­ sava a Hyannis Port, sul Cape Cod ( Massachusetts ) . Quando iniziò nel 1946 la sua prima campagna elettora­ le come esile timido candidato ven­ tottenne al Congresso per il diffici­ lissimo XI distretto di Boston, in cit­ tà non conosceva quasi nessuno ».

KENNEDY P un maledetto carpetbagger Il biografo J. MacGregor Burns (up. cit.) riferisce che, quando un amico presentò Kennedy ai leaders del Par­ tito democratico di Boston, uno di costoro gli disse, lanciandogli un'oc­ chiata di riprovazione: « Io non l'appoggerò mai ». « Perché no? » « Perché lei è un maledetto carpet­ bagger! ». (L'invettiva di carpetbagger lo per­ seguitò per tutta la sua carriera pe> litica. Il termine, che letteralmente significa "uomo che viaggia con un sacco sulle spalle ", . nel secolo scorso indicava gli avventurieri nordisti che 31

cratico, come organizzazione, non esisteva nel suo distretto e che quindi la chiave per vincere qualsiasi elezione non erano i comitati del partito, bensi un'efficiente organizza­ zione personale. E per creare questa organizzazione Kenne­ dy, anzi i Kennedy, mobilitarono tutte le forze del loro " clan " . Già nella sua prima campagna elettorale J ohn Ken­ nedy adottò la tattica che doveva condurlo di successo in successo : si mosse molti mesi prima degli altri candidati . L'importante era infatti vincere le " elezioni primarie " de­ mocratiche, quelle cioè che designavano il candidato ufficia-

dopo la guerra civile calavano nel Sud per far quattrini senza scrupo­ li. Oggi il termine, che ha mantenuto il suo senso spregiativo, si applica a coloro che si presentano candidati a una carica pubblica in uno stato o in una città dove non risiedono e dove non sono legati da alcun inte­ resse se non quello di tentare il col­ po di fortuna. )

Le elezioni primarie: una luna in tamialia Le primarie sono elezioni molto par· ticolari, alle quali può partecipare chiunque anche per motivi che nulla hanno a che vedere con la politica. Siccome i candidati appartengono tutti allo stesso partito, la lotta si fonda piu sulle singole personalità che non sui programmi. Taluni non hanno alcuna intenzione di essere eletti e si presentano magari soltanto per vedere il proprio nome e la pro­ pria immagine affissi sui muri, oppu­ re per togliere voti al rivale di un candidato amico loro. C'è anche chi 32

entra in lizza per ricavame un van­ taggio, per esempio un impiego o una somma in danaro, da un candi­ dato che, pur di evitare una dispersio­ ne di voti, proponga loro di ritirarsi. Tutto ciò accade soprattutto a livello locale, dove possono avere un ruolo anche le rivalità fra vicini o fra diver­ si gruppi d'interessi o gruppi etnici.

Una soldatessa in uniforme e un maestro acchiappanuvole tra l rlvaH di Kennedy Gli avversari di Kennedy costituiva­ no un assortimento assai eterogeneo. C'erano quattro . bostoniani d'origine italiana, due dei quali si chiamavano entrambi Joseph Russo. Una donna, Catherine Falvey, che durante la guerra era stata maggiore delle au­ siliarie del WAC ( Women's Army Corps) e appariva ai comizi nella sua scintillante uniforme bianca. Joseph Lee era un patrizio yankee che da . anni si ostinava a concorrere in quel distretto prevalentemente cattolico, ottenendo ogni tanto qualche affer­ mazione. Un altro candidato era un maestro di scuola acchiappanuvole che sperava d'affermarsi coi propri ideali e senza spendere un dollaro. .

le che il partito doveva presentare alle elezioni vere e pro­ prie ; in quel distretto infatti le probabilità di vittoria dei repubblicani erano trascurabili . John chiam ò a raccolta uno stuolo di suoi ex compagni di studi di Choate e Harvard e affidò la direzione della campagna elettorale a Francis X. Morrissey, ex segretario del governatore Maurice Tobin. All 'inizio nessuno, a Boston, accordò molto credito al giova­ ne candidato che le vecchie volpi della politica pensarono di poter liquidare definendolo poor little rich kid (povero ra­ gazzo ricco) . Ma ben presto tutti si accorsero che lo spa·

Nessuno prende sul serio il "povero ragazzo ricco" I rivali piu temibili erano l'ex sinda­ co Mike Neville e John F. Cotter, se­ gretario dell'ex rappresentante al Congresso Jim Curley, molto noto nell'XI distretto. Tutti costoro, se­ condo la testimonianza di J.F. Din­ neen, scoppiarono a ridere quando seppero della candidatura di Kenne­ dy, che Catherine Falvey di leggiò chiamandolo th e poor little rich kid. Mike Neville arrivò a offrire a John un posto di segretario a patto che ri­ tirasse la propria candidatura.

Ma, poco alla volta, sviluppò uno sti­ le di discorso diretto, informate, sem­ plice, senza retorica, senza demago­ gia, senza esagerazioni trionfaliste, che molti degli ascoltatori notarono perché contrastante con l'oratoria tribunizia dei politici di vecchio stampo ». Il modo di parlare di Ken­ nedy era adeguato all'argomento che trattava. Disdegnò gli attacchi per­ sonali per parlare in modo costrut­ tivo dei problemi e dei bisogni del­ l'XI distretto, assumendo un atteg­ giamento da New Deal-Fair Deal ( i programmi progressisti rispettiva­ mente di Roosevelt e di Truman ) .

L'arma mlgHore di Kennedy: discorsi sempHcl, senza retorica, che vanno al sodo

Il danaro dei Kennedy si "sente" da lontano

J. MacGregor Burns (J.K., op. cit.). dopo avere interrogato molte delle persone che seguirono da vicino la campagna elettorale per le primarie del giugno 1946 ( le elezioni per il Congresso si svolsero nel successivo novembre ) , scrisse : « Kennedy impa­ rò a condurre la campagna elettora­ le a mano a mano che essa si svol­ geva. All'inizio il suo eloquio era ner­ voso ed esitante; mostrava scarsa ponderatezza e nessun magnetismo.

I commentatori sfavorevoli al clan dei Kennedy criticarono soprattutto la composizione dell'équipe incarica· ta della campagna elettorale. « Tra dilettanti e professionisti - scrissero Ralph Martin e Ed Plaut in Front Runner, Dark Horse, Doubleday, Gar­ esisteva un vicende­ den City 1960 vole disprezzo, ma sullo sfondo si av­ vertiva pur sempre l'odore del da­ naro dei Kennedy, anche se non lo si vedeva; si sentiva il loro potere, -

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ruto giovanotto, tornato malconcio dalla guerra, possedeva una volontà di ferro e faceva proprio sul serio. Il " ragazzo " , senza fare assegnamento sul proprio nome o sui soldi del padre e vintendo la propria timidezza , si fece conoscere di persona fermando la gente sui marciapiedi dd suo distret­ to, entrando nei negozi e nelle officine, stringendo Ulì. gran numero di mani , spiegando brevemente il suo programma. Kennedy adottò vari sistemi per arrivare agli elettori : fece riassumere e distribuire il resoconto - apparso su " The New Yorker " - del suo " eroico gesto " nelle Isole Salorno-

anche se non se ne faceva uso ; si spe­ rava nella loro ricompensa, anche se non erano state fatte promesse ».

In poUtlca niente amici, solo compagni di cospirazione Victor Lasky ( op. cit . ) rincarò la do­ se: « Joseph Kennedy non voleva cor­ rere rischi con i dilettanti ( cioè i commilitoni e i compagni d'univer­ sità del figlio) e chiamò a raccolta una falange di esperti galoppini. L'ultima parola sulle persone da i­ scrivere nei libri paga toccava pur sempre all'ambasciatore... Per inse­ gnare la politica a John chiamò un cugino, Joe Kane, quarantenne vete­ rano delle lotte politiche di Boston. Dotato di lingua caustica, Kane for­ ni a John una chiara visione della meccanica interna della lotta politi­ ca. " In politica - stampò nella testa dell'allievo - non si hanno amici, ma soltanto compagni di cospirazione • ».

Il vecchio Joe ha manipolato l'elezione? Ovviamente, dopo la vittoria eletto­ rale di J ohn ci fu chi accusò il vec­ chio Joseph Kennedy di avere ma­ nipolato l'elezione, per esempio indu34

cendo a presentarsi quattro politici dai nomi italiani in modo da disper­ dere i voti degli itala-americani. Ne­ ville, l'avversario nettamente sconfit­ to da John, una volta entrò nella sala stampa del parlamento dello sta­ to del Massachusetts con un bigliet­ to da dieci dollari penzolante dal taschino della giacca e disse: « � il d i s t i n t i vo elet torale dei Kennedy ».

È

da escludersi

Gli osservatori piu p a c at i pur am­ mettendo che il vecchio Kennedy a­ veva speso una certa cifra, ma non " da capogiro ·, per la propaganda e le pubbliche relazioni, escludono che sia ricorso a manipolazioni, « quasi irrealizzabili in una corsa con ben dieci partenti ». Ogni manipolazione da parte di un candidato sarebbe stata bilanciata o annullata da quel­ le degli avversari. ,

J ohn affascina le ragazze del distretto Ralph Martin e Ed Plaut ( op. cit.) attribuirono a Patsy Mulhern, un bostoniano d'origine irlandese, que-

ne ; fece tappezzare i muri con manifesti ; sguinzagliò auto­ mobili con a bordo persone di ·varia estrazione, ad esempio una massaia, un lavoratore portuale , un reduce e un funzio­ nario, ciascuno dei quali spiegava ai passanti perché avreb­ be votato per John Kennedy. Anche le sorelle, il fratello Bob e perfino la madre si prodigarono in una propaganda diretta e capillare in favore di John . Nel giugno 1 946 Kennedy vinceva le primarie con 22 . 1 83 voti . A novembr� era eletto al Congresso con il doppio dei suffragi raccolti dal suo avversario, Lester W. Bowen . •

sta descrizione di Kennedy in azio­ ne: «" Percorse ogni strada del di· stretto. Proprio ogni strada perdiana! Devo averlo presentato a due milioni di persone, o di piu forse. La gen­ te non voleva sapeme di lui inizial­ mente, ma poi si lasciavano conqui­ stare... E lui andava sempre avanti. Non mangiava molto. Beveva soltan­ to enormi frullati... oh, se ne beve­ va! Ha avuto i comizi piu affollati che si siano mai visti qui da noi : comizi, ricevimenti, danze, sembrava che tutte le ragazze dovessero diven­ tare la signora Kennedy ».

In politica come In guerra occorrono tre cose: danaro, danaro e danaro Quanto spese Joseph Kennedy per la campagna elettorale del figlio ? Il cu­ gino Joe Kane parlò di una cifra « da far venire il capogiro », precisando che « si sarebbe anche potuto farne a meno, perché John avrebbe potu­ to entrare al Congresso come chiun­ que altro », cioè spendendo pochi cents. Perché, allora, un uomo e­ sperto e scaltro come Joe Kennedy volle spendeme tanti? « Perché spiegò Kane - non voleva assoluta­ mente correre rischi. Tutto quello che aveva se l'era sempre comprato. La

politica è come la guerra. Per vince­ re occorrono tre cose : danaro, dana­ ro e danaro » ( in Lasky , op. cit.).

John vince con le proprie forze e con Il nome del Kennedy Il suo biografo ( non apologetico) Bums dice che « il maggior contri­ buto fornito dal padre al figlio fu il nome Kennedy. Era un nome magico che dischiudeva le porte e consenti­ va al candidato di far valere il suo fascino ... John vinse la sua prima grande corsa soprattutto con le pro­ prie forze » (J.K., op. cit.).

LU I VI N C E MA IL SUO PARTITO PERDE Mentre Kennedy vinceva clamorosa­ mente le elezioni del suo distretto, il suo partito perdeva, per la prima volta da vent'anni, la maggioranza al Congresso. F.D. Roosevelt era mor­ to poco prima della fine della guer­ ra. Tutti desideravano un profondo rinnovamento nella vita politica del paese. Approfittando di questo clima, i repubblicani guidati dal vecchio se­ natore dell'Ohio, Robert Taft, riusci­ rono a conquistare la maggioranza dei seggi al Congresso. ·

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