Prassi e teoria della retorica in Roma
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI LECCE DIPARTIMENTO DI STIJDI STORICI dal Medioevo all'Età contemporanea

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saggi e ricerche collana diretta da Bruno Pellegrino LIX

Università degli Studi di Lecce Pubblicazioni del Dipartimento di Studi storici dal Medioevo all'Età contemporanea Comitato scientifico: Mario Casella, Om elia Confessore, Bruno Pellegrino

Maria Elvira Consoli

Prassi e teoria della retorica in Roma

CONGEDO EDITORE

Volwne pubblicato con il contributo del MURST (ex 60%) erogato dal Dipartimento di Studi Storici dal Medioevo ali 'Età contemporanea dell'Università degli Studi di Lecce

ISBN 8880865633

Tutti i diritti riservati CONGEDO EDITORE

ad patris memoriam

PREMESSA

Pregnante di significato al suo nascere il termine 'retorica' ha subito nel corso del tempo un processo di deterioramento, che lo ha allontanato dalla primigenia significazione concettuale intrin­ seca al sintagma

pT]ropziCÌJ -réxv11 e ad Eipm da cui trae origine.

Sottesa, infatti, al termine 'retorica', con il quale si indicava l'arte della parola, era l'idea di parlare riuscendo insieme a or­ ganizzare i pensieri ed esprimersi persuasivamente, ordinando in consequenzialità logica la successione dei concetti: dote di po­ chi, che, emergendo con il dono della parola, richiamavano l'at­ tenzione della comunità, suscitando l'interesse generale e, con esso, il desiderio di emulazione. Le assemblee descritte nei poemi omerici attestano l'impor­ tanza che si attribuiva all'uso della parola e agli effetti persua­ sivi che con la sua potenza si potevano conseguire sulla collet­ tività. Il primo, però, a dare il nome fin dal VI secolo a. C. ad una dottrina retorica, diffusasi poi nel corso del V secolo in Sicilia e nella Magna Grecia, è stato, com'è noto, Pitagoral, che co­ stretto a spostarsi da Samo per alcune vicissitudini politiche, fondò una scuola a Crotone. I suoi discorsi, tramandati da Giam­ blico di Càlcide, fra il III e IV secolo d. C. , nel libro

Pythagorica,

De vita

contenevano una dottrina che, essendo rivolta a per­

suadere l'uditorio mediante il fascino e il sapiente uso della pa­ rola, poteva già definirsi psicagogica. 1 Non a caso ricordato da Cicerone, Cato 3 8 . 7

Intesa, quindi, come arte dell'espressione 'oratoria', la retori­ ca divenne parte rilevante de li' insegnamento dei sofistF e trovò nelle condizioni sociali, politiche e culturali della polis del V se­ colo a.C. il clima propizio per svilupparsi e prosperare, miran­ do a costituire, al di sopra delle antiche distinzioni di révoç e di censo, una nuova classe dirigente, rivolta ad un diverso impe­ gno nell'azione educativa, politica e morale. Contrariamente però a quanto ci si sarebbe aspettato, lo svi­ luppo letterario della 'retorica' non ebbe la sua genesi in Grecia dal naturale evolversi della sofistica, che, più diffusa tra le mi­ noranze aristocratiche, suscitava le reazioni democratiche, ma s'irradiò, come ricordato dallo stesso Cicerone3, dalla Sicilia. A Siracusa l'abbattimento della dinastia dei Dinomenidi (466 a. C.) aveva innescato tra gli antichi e i nuovi possessori delle proprietà fondiarie, a suo tempo confiscate dai tiranni, una lunga serie di processi, che impegnava le parti in causa a sostenere con elo­ quenza le proprie ragioni, avvalendosi di un repertorio di accor­ gimenti oratori e dialettici riuniti in un primo manuale di retori­ ca, probabilmente rielaborato da Tisia4• Questa tendenza a dare norma al discorso era in realtà con­ temporanea dei primi studi svolti da Protagora di Abdera5 per indagare la struttura dei vocaboli, la morfologia e la loro coor-

2 L'appellativo, da Platone in poi, come, richiamando Popper, rico:da B.

VICKERS, Storia della retorica, trad. it. R. Coronato, Bologna 1994, 132 ss., assunse la sfumatura dispregiativa di sterile cavillatore e presuntuoso sapien­ te, rimanendo tale nella tradizione e nel linguaggio comune. 3 Brut. 46 ss. 4 Cfr. W. RHYS ROBERTS, The new rhetorical fragment (Oxyrhynchus papy­ ri, part. III., 27-30) in relation to the sicilian rhetoric of Corax and lisias, "Cl. Rev." vol. XVIII, London 1904, 18-21. 5 Ricordato da Platone nel Meno ( 9 1E) è ritenuto l'iniziatore e il massi­

mo rappresentante deli'antica sofistica greca, che incominciò a professare trentenne, continuando per quarant'anni nel

V secolo, in opposizione al con­

temporaneo S ocratt-. Ad esclusione di un brano d'interesse stilistico e reto­ rico (fr. 9 Diels-Kn:nz), citato da Plutarco, e di brevi frammenti (3, 10,11,12

D-K)

di carattere pedagogico e didattico, della sua produzione rimane sol­

tanto una breve parte iniziale dello scritto

(frr. l e 4

8

0-K).

Sugli dei e di quello sulla Verità

dinazione sintattica, nonostante che fin dai primi tempi si deli­ neassero nella retorica due tendenze: una, intesa a dare rilievo al contenuto, cioè agli argomenti e alla loro logica concatena­ zione, invenzione e disposizione; l'altra, a sottolineare l'impor­ tanza preponderante della forma e dell'elocuzione. Apparentemente opposto, ma sostanzialmente analogo al re­ lativismo protagoreo, era lo scetticismo assoluto6, che compor­ tava a sua volta la svalutazione di ogni conoscenza oggettiva, proprio del siculo Gorgia da Leontini, primo ad attuare in Gre­ cia il concreto insegnamento della retorica. Giunto ad Atene nel 427 a.C. come ambasciatore della sua città per gli aiuti contro Siracusa, e poi tornatovi da esule, Gorgia aprì una scuola eser­ citando vasta e profonda influenza sugli Ateniesi e sui Greci. Considerando la persuasione effetto di ingannevoli suggestioni7 verbali e artifici dialettici, egli diede agli Ateniesi l'esempio di un 'eloquenza ridondante e di parata. Nel suo stile, ritenuto 'su­ blime', sovrabbondavano figure come l'antitesi e gli effetti di ar­ monia e di ritmo; e poiché nella concezione gorgiana tutta quan-

6

Il cui rappresentante, Pirrone di Elide (IV sec. a.C.), fondò nella città

natale una scuola ed ebbe numerosi discepoli. Nucleo sostanziale del pirro­ nismo (cfr.

Lo scetticismo antico. Atti del Convegno, organizzato dal Centro

di Studio del Pensiero Antico, a cura di G. Giannantoni, Napoli 1981, 69 ss.) è l'affermazione che di due proposizioni contraddittorie è impossibile dire se l'una sia vera e conseguentemente l'altra falsa, e neppure che l'una sia più probabile dell'altra. Potendo, infatti, dimostrarsi entrambe vere o false con ra­ gionamenti pro o contro, di uguale peso e della stessa forza probativa "iso­ stenia delle ragioni", è impossibile giungere a una vera conoscenza. Molti nel corso dei tempi i discepoli di Pirrone: le sue teorie giunsero, pur senza otte­ nervi una posizione preminente, nell'ambiente romano, dove, com'è noto, agi­ rono il filosofo Cassio, il retore Favorino, autore di un trattato di tropi pir­ roniani, e ancora alcuni filosofi del tardo impero, combattuti da Agostino (Conf 5,10,19 ss.; C. Acad. 3,17, 37 ss.), la cui critica a fondo dello scettici­ smo e del probabilismo, basata sulla fiducia, sia nella testimonianza dei sen­ si, sia nelle capacità conoscitive della ragione, preservò tutto il Medioevo dal dubbio scettico. 7 Si veda a tale proposito A. MANZO, Su alcune implicazioni della cirrcirF) nella retorica antica, AA .W. Studi di retorica oggi in Italia, Bologna 1987,

55-62.

9

ta la poesia era considerata come logos in metro; retorica e poe­ tica sostanzialmente s ' identificavano. Dal l ' insegnamento di Gorgia dipende in gran parte Isocrate, che coltivò soprattutto l 'eloquenza epidittica e ridusse a simme­ trica uniformità la struttura architettonica del periodo. Autorevo­ le e sistematico enunciatore di precetti, Isocrate prese posizione tanto contro la tesi di Platone, che negava alla retorica la qua­ lità di arte (réxv17), concedendole solo quella di ' pratica' (1Cpay­ .uarela),quanto contro l ' apatia morale di Gorgia e in genere dei sofisti e l 'assenza di scrupoli propria dei logografi. I risultati cui era giunta la retorica verso la metà del IV se­ colo a.C. vennero riassunti e schematizzati nei molti manuali ( réxvat) tra i quali si affermò la Rhetorica ad A lexandrum 8, fal­ samente attribuita ad Aristotele, il quale inizialmente nei Rheto­ rica e nel Grillo aveva dedicato la sua attenzione soprattutto al­ la prassi retorica sostenendo le tesi espresse da Platone. Succes­ sivamente però, richiamandosi nella Politica (H 1 328b, 1 334 a) e nel l ' Economico (A 1 344a) al principio socratico della cono­ scenza e del l ' educazione delle attitudini profonde del l ' individuo, approfondisce e rielabora nella Rhetorica tutta la ricerca teorica sulle norme che regolano l'arte del dire e potenziano le facoltà logico-espressive e persuasive de li ' oratore (f 1 403b ) 9• La Rhe­ torica aristotelica segna quindi il passaggio dali' oratoria sponta­ nea e individuale a quella studiatamente pensata per l ' esercizio dell ' arte oratoria e la trasmissione del sapere attraverso un affi­ nato e sapiente uso della parola. Avendo fatto della retorica l ' og­ getto del suo insegnamento essoterico, Aristotele era giunto a realizzare una sintesi fra il pensiero platonico e quello gorgiano­ isocrateo: è suo il principio, di cui si appropriò Cicerone, che somma eloquenza è somma sapienza, e la possibilità di elevare

8 Per i suoi contenuti e la discussa attribuzione ad Aristotele, si veda S.

GASTALDI,

Il teatro delle passioni. Pathos nella retorica antica, "Elenchos"

l , 1 995, 70-79. 9 A . P L EB E,

Breve storia della retorica antica, Roma-Bari, 1 990 2 , 5 3 ss.

riconduce per questo ad Aristotele l'origine 'scientifica' della tecnica reto­ rica.

IO

la retorica ad arte, in quanto parte della logica e ' corrisponden­ te' (avrfmpoq>oç) della dialettica. Senza dare eccessiva importan­ za alla distinzione degli stili e alle partizioni dei trattatisti, lo Sta­ girita accolse il concetto del potere irrazionale, cioè psicagogico, della parola, evidenziandone il carattere mimetico 1 0, e, ricondu­ cendo all ' intelletto ogni altro elemento del discorso, ne fece og­ getto di costruzione logica. Accanto al concetto di forma, come cosa esterna al contenuto, Aristotele affermò il valore razionale della parola, come espressione del verosimile e del probabile. È per questo che giustamente R. Barthes 1 1 , nel considerare ari­ stotelica l 'intera retorica, ritiene che tutti gli elementi didattici contenuti nei manuali classici provengano, come le successive teorie sulla retorica, da Aristotele. Dopo Aristotele le correnti filosofiche riconobbero general­ mente il valore della retorica, che, praticata nelle scuole per l ' in­ segnamento non solo del l ' eloquenza ma anche del l ' arte dello scrivere, divenne elemento costitutivo dell 'educazione della gio­ ventù. L'aridità della pratica scolastica e il prevalere in essa di indirizzi oratori intesi a un composito, ampolloso e vano forma­ lismo, come l 'asianesimo1 2, ritenuto quasi una corruzione del­ l ' eloquenza attica sia da Cicerone (Brut. 5 1 ) che da Quintiliano (!nst. 1 2 , l O, 1 6), suscitarono verso la metà del II secolo a.C. la reazione di Ermagora di Temno1 3, che pensò, con scarso sue-

1° Come ben rilevato da 0. ANDERSEN, Lingua suspecta. On concealing an d displaying the arte of rhetoric, "Symb. Osi." 7 1 , 1 996, 68-86, che ricor­ da come Aristotele indicasse, per esemplificare la sua teoria, proprio l'attore

Teodoro.

11 La retorica antica, trad. it., Milano 1 9963 , 1 1 7. 12 Suo più antico maestro (v. G. CALBOLI, Asianesimo e Atticismo: retori­ ca, letteratura e linguistica, AA.VV., Studi di retorica, 3 1 -46) si tramanda che sia stato Egesia di Magnesia (III secolo a.C.), il quale ne fornì i primi modelli nei suoi scritti, come desumibile dai frammenti pervenuti. A Roma ebbe, com' è noto, illustri cultori, tra cui Q. Ortensio Ortalo, amico ma av­

versario forense di Cicerone.

13 Ricordato con giudizi diseguali da Cicerone e da Quintiliano, autore di

un trattato,

TÉxvm i>ntopum(

in

6 libri, nei quali riscattava le teorie retori­

che, oscurate dagli asiani e biasimate dai filosofi, rivendicando alla retorica

Il

cesso, di ricondurre la retorica all'ideale di un'educazione etico­ logica. Miglior successo spettò nel I secolo a.C. alla scuola di Rodi, cui aderì com'è noto Cicerone, che riprese in parte le dot­ trine di Ermagora.

*

*

*

L'insegnamento dei maestri rodiesi, Apollonio Malaco e Apol­ lonio figlio di Molone, si riflettè sui massimi oratori dell'ultimo periodo di Roma repubblicana, Marco Antonio, Cicerone e Ce­ sare. A Roma, infatti, vinte le tenaci avversioni che l'avevano ostacolata, la retorica permeò14 prima e più autorevolmente del­ la filosofia e per oltre un secolo l'oratoria politica e giudiziaria, soprattutto con Catone e Cicerone, che le offrirono un vasto cam­ po di esercizio. Catone, pur senza ammetterlo, adottò e rielaborò originalmente, come si vedrà, nella prassi dell'oratoria politica alcuni elementi desunti dalla tecnica retorica greca, mediati dai manuali e documentati nei trattati.

*

*

*

la trattazione di qualsiasi materia non tecnica, tanto nelle questioni particola­ ri tanto in quelle generali. Con la definizione della teoria delle

crtcicrEtç

rie­

laborata da un preesistente sistema dottrinale (come puntualizzato da L. CAL­ BOLI MONTEFUSCO, La

dottrina degli "status '' nella retorica greca e romana,

Hildesheim 1986, pp. l e 197 ss.), Ermagora rese sistematico lo studio del­ la retorica, che, pur mancando con lui della dovuta attenzione per la compo­ nente stilistica e filosofica, diede l'avvio, non disgiunto dalla pedanteria as­ sociata agli studi retorici, ali'insegnamento scolastico. 14 Non è possibile valutare esattamente l'entità dell'influenza esercitata

dalla retorica greca nel mondo romano; per un primo orientamento, si veda A. CAVARZERE,

Oratoria a Roma, storia di un genere pragmatico, Roma 2000,

soprattutto pp.39-56.

12

La

Rhetorica ad Herennium 1 5 ,

che è il primo trattato di reto­

rica a noi pervenuto, segue la divisione degli argomenti usata nelle scuole retoriche dell'ellenismo

tio, pronuntiatio, memoria);

(inventio, dispositio, elocu­

ma piuttosto che desumere gli esem­

pi dalla copiosa tradizione mitografica ellenica, li trae dalle vi­ cende storiche contemporanee. Cicerone, giovane al tempo del­ l'accesa polemica tra i sostenitori dei due stili retorici che più si contendevano il favore dei cultori, l'asianesimo e l'atticismo, at­ tese alla prima delle cinque parti della retorica con il

tione.

De inven­

Divenuto grande oratore, con una più vasta esperienza cul­

turale e forense, approfondì l'aspetto teorico, in realtà mai di­ sgiunto dalla sua visione politica16 della pratica oratoria. Svi­ luppando, pertanto, nel

De oratore

ii pensiero di Aristotele e i

principi di Isocrate, prese a delineare, nell'intento di fondare la teoria sulla conoscenza della natura umana, il ritratto dell'orato­ re perfetto, capace cioè di soppesare la portata degli argomenti, che era la tesi propria degli atticisti; e l'effetto dell'elaborazio­ ne formale e del porgere, che permeava per converso quella de­ gli asiani. In polemica con gli atticisti, Cicerone traccia la sto­

ria dell'oratoria romana 1 7 e successivamente, soprattutto nell'0-

IS Sulla sua tradizione e caratteristiche letterarie, si veda G. CALBOLI, Zur Tex!Uberlieferung der Rhetorica ad C. Herennium "Papers on Rhetoric" I, Bo­ logna 1993, 1-18, e ancora, soprattutto per alcuni elementi contenutistici rap­ portati alla Rhetorica ad Alexandrum, L. CALBOLI MONTEFUSCO, Die progym­ nasmatische yvcof.JI) in der griechisch-romischen Rhetorik, ibidem, 19-33; per le figure dell'neo.;, F. PARODI Scorri, Ethos e consenso nella teoria e nella pratica dell'oratoria greca e latina, Bologna 1996, 18-24. 16 Come dimostrato da A. GRILLI, L 'educazione in Cicerone, "Rend. 1st.

Lomb." Classe di Lettere, 130, 1996, pp. 353, 364. 17

Sulle ragioni politiche della polemica

(Brut. 67 ss.) e sulla preminenza

che di conseguenza Cicerone attribuiva all'oratoria di Demostene, si veda A.

DESMOULIEZ, Sur la polemique de Cicéron et des A tticistes, "REL", 30, 1952, rispettivamente p. 171 e p. 181; sull'intransigenza nei confronti dell'Attici­ smo si veda ancora Cicerone, Brutus, a cura di E. NARDUCCI, Milano 1995, pp. 7-12, dove, richiamandosi alla discussione suscitata tra gli interpreti mo­ derni, lo studioso indica come 'Stimmung dominante dell'opera il totale scon­ tento per la situazione politica determinata da Cesare', e pp.44-56, dove si ri-

13

rator,

riesamina la teoria dei vari stili e raccomanda di compor­

ne le esigenze con le disposizioni soggettive dell'oratore e gli argomenti da trattare. Questa dottrina non ebbe il favore dei con­ temporanei, piuttosto indotti dal clima politico se non personal­ mente inclini a seguire l'atticismo; Cicerone, però, consapevole del processo in atto18, proponeva come antidoto per la forma­ zione dei futuri oratori la lettura e lo studio di Catone.

leva che ' la voga dell' atticismo, e in particolare del modello lisiano non era priva di connessioni con le condizioni del tempo: .. .la dittatura di Cesare ave­ va praticamente soffocato la grande oratoria politico-giudiziaria'. Questa po­ lemica espose comunque Cicerone alla contestazione, fino all'irridenza, degli atticisti e dei neoterici (cfr. CAVARZERE, 18

14

Brut. 63 e 65.

Oratoria, 1 67 ss.).

l. ORATORIA E PRECETTISTICA RETORICA

IN CATONE

A voler ripercorrere le principali tappe delle metamorfosi del­ la retorica si può quindi constatare che l'originaria normativa, ereditata dali 'Ellenismo1, è stata rielaborata e finalizzata, attra­ verso un profondo e graduale processo di assimilazione, ali 'atti­ vità sociale e politica dai Romani, che erano riusciti ad impri­ merle i caratteri di una vera e propria

ars,

dopo una prima e

spontanea forma di oratoria, volta a trasmettere e perpetuare i valori del

mos maiorum2

nelle

laudationes funebres.

Esse, infat­

ti, coniugavano all'intento onorifico, richiamato da Cicerone nel

De orat. (l, 1 4 1 : alios item in laudationibus, in qui bus ad per­ sonarum dignitatem omnia referrentur) ed ancora nel Brutus3 uno scopo eminentemente educativo, fondato sull'esemplarità dei va­ lori dei padri da tramandare alle nuove generazioni. Questo spie­ ga la distanza che separa dal 1toÀ.i-t11ç e dal pn"toop - entrambi li­ beri da condizionamenti morali - l'orator, il quale, intendendo

1

Si veda M. P. NILLSON, La

scuola nell'età ellenistica, trad. it., Firenze

1973, p. 18 ss., 48-84, 103-107; e ancora l'attento esame di M. T. LUZZAT­ TO,

L 'oratoria, la retorica e la critica letteraria dalle origini ad Ermogene,

AA.VV., Da Omero agli Alessandrini, a cura di F. Montanari, Roma 1988, 225 ss., dove si rileva 'l'attrazione inversa' esercitata dall'Asia e dalle mo­ narchie illuminate su Atene, quando l'egemonia culturale di questa era ormai in declino. 2 Cfr. NARDUCCI, Oratoria e retorica, AA.VV., La prosa latina, a cura di F. Montanari, Roma 1991, p. 97.

3 61-2 et nonnu/lae mortuorum laudationesforte delectant. Et hercules eae quidem exstant: ipsae enim familiae sua quasi omamenta ac monumenta ser­ vabant et ad usum, si quis eiusdem generis occidisset, et ad memoriam lau­ dum domesticarum et ad illustrandam nobilitatem suam. 17

affermarsi a Roma da

homo novus,

non può uscire dall'alveo del­

la tradizione, né professare esplicita ammirazione per la cultura greca, né tantomeno dichiararsi filoellenico. Paradigmatica, a questo proposito, è la parabola di M. Por­ cio Catone, che con l 'esercizio di un raro autocontrollo e di una notevole vis oratoria raggiunge, pur essendo di modesta origine, le più alte cariche, consegnando alla memoria colletti­ va un incredibile esempio di rigore morale, accresciuto dalla saggezza dell'età matura, che non a caso nel

De senectute Ci­ auctori­

cerone vuole rappresentata e difesa proprio dalla sua

tas4

e

gravitas.

Catone, infatti, pur in età avanzata è ancora at­

tivo e impegnato intellettualmente a curare fonti e documenta­ zione del settimo libro delle

Origines

e a perfezionare le ora­

zioni delle cause sostenute. Opere, che, a giudizio di Cicero­ ne5, malgrado il loro arcaismo linguistico6, i futuri oratori avrebbero dovuto studiare ancora. Ciò dimostra che nell'opi­ nione degli antichi Catone era riuscito, nonostante i suoi limi­ ti, ad elevare il genere oratorio, introducendo, in un'epoca in cui i retori greci erano espulsi da Roma, la precettistica retori­ ca. Egli, infatti, prevedendo il rischio politico insito nella cir­ colazione delle trattazioni della manualistica greca, aveva ela­ borato e stabilito, differenziandoli abilmente da essa, i princi­ pi essenziali dell'oratoria romana in una scarna sequenza di

4 Per le implicazioni morali legate al concetto di auctoritas si veda CAL­ BOLI MONTEFUSCO, l'auctoritas nella dottrina retorica, "Vichiana" 1-2/1990, pp. 41-57. s

Brut. 298.

6 Sulle problematiche sollevate dall'ambiguità del giudizio di Cicerone, si

veda G. CALBOLI,

Cicerone, Catone e i Neoatticisti, "Ciceroniana" Leiden A propos dujugement de Ciceron sur

1975, 75 ss.; e soprattutto DESMOULIEZ,

Caton /'ancien, "Philologus" 126, 1982, dove, fornendo una convincente spie­ gazione della positività del giudizio in esame, per l'efficace accostamento tra Lisia e Catone che Cicerone delinea (per ragioni in questo caso - direi - pre­ valentemente di tecnica oratoria che di ideologia politica) nel

Brutus, lo stu­

dioso afferma: 'L'éloquence de Caton rehaussée par l'art de Cicéron, te! est bien l'idéal qui s'offre à Brutus' (p.87).

18

sententiae. fino al

Malgrado poi che con questo termine s'indicassero7

I sec. a.C. alcune massime di derivazione filosofica gre­

ca, connotate negativamente (come in Plauto,

sententiae

Cure. 288-91),

le

catoniane furono comunque ritenute fondamentali

nello sviluppo della retorica latina per il valore implicito che le caratterizzava. A. Traglia8, rifacendosi al giudizio di Cicerone

(Brut. 65

ss. ),

ricorda che, nonostante i limiti linguistici arcaici 'Catone era il più grande oratore (cioè il più grande pensatore) del suo tempo, imitato da Sallustio e Varrone'. Riesaminando lo stesso passo del

Brutus, a proposito dei fondamenti della cultura greca in Cato­ ne (68 ss. ), R. Giomini9 rileva che la positività del giudizio ci­ ceroniano, confermato da Gellio (6,3,52), proverebbe l'influsso esercitato dalla retorica greca su Catone. Quest'elemento ha per­ messo a

H. Jordan d'ipotizzare un De Rhetorica, ricordato però,

soltanto per alcune sententiae, da considerarsi fondamenti etici e praecepta strutturali operativi. G. Calboli10 ritiene che ·la co­ noscenza della retorica greca fosse in Catone poco approfondita e sostiene, in contrasto con il pensiero di E. Norden e di M. T. Sblendorio Cugusi11, che non fosse neppure impiegata nelle sue orazioni. Resta tuttavia inconfutata la testimonianza di Quinti-

7 Si veda P. SINCLAIR, The 'Sententia 'in Rhetorica ad Herennium: A study in the sociology of Rhetoric, "Am. Journ. Phil." 114, 1993, 561-80. 8 Note su Catone scrittore, "Cult. e Se." 90, 1984, 55-60. 9 Sintassi arcaica e sistemazione sintattica del/'età classica, "Cult, e Ling.

C1ass. ", Atti del Convegno a cura di B. Amata, Roma 1986, 19-34.

10 La retorica preciceroniana e la politica a Roma, AA.VV., Eloquence et Rhétorique chez Cicéron, Atti del Colloquio sull'Antichità classica, Vande­

Ceuvres-Geneve, 1981, 41-66. 11 Rispettivamente in

La prosa d 'arte antica, ed. it. a cura di B. Heine­ M. Porci Catonis Orationum Re­ /iquiae, Torino 1982, 550, e ancora in Etimologia, eziologia, definitio in Ca­ tone, "Res Pubi. Litt." 3, 2000, dove (p.57 e n.II4) la Sblendorio rileva che le definitiones/differentiae diventano con Catone ' accorgimento tipico del ge­ mann Campana, I, Roma 1986, 176-81, e in

nere oratorio e che anche per questo aspetto Catone si è comportato non di­ versamente che in altri rami della sua attività: utilizzare la "lezione" greca per creare un corrispettivo romano da contrapporre a essa'.

19

liano12, secondo cui Catone pose le fondamenta della retorica a Roma, e ancora indiscutibile il fatto che con lui 'l'oratoria lati­ na ha saputo assurgere al livello dell'ars', come, attraverso l'ac­ curato esame del giudizio espresso da Cicerone nel Brutus, ha sostenuto A. Cavarzere13. Non sarebbe quindi da escludere che egli, pur avvalendosi nelle sue orazioni della

techne

greca, e in

particolare degli elementi strutturali dell'exordium, della

tio,

narra­

dell'argumentatio, come sostenuto e dimostrato dalla Sblen­

dorio14, abbia accortamente pensato di elaborare per i Romani una precettistica alquanto differente da quella ellenica. In tal mo­ do, oltre che fornire ai giovani gli strumenti essenziali per un sapiente uso dell'eloquenza, finalizzata, come ritiene Sinclair15, ali 'affermazione sociale e al successo politico, egli avrebbe co­ munque mostrato di voler salvaguardare dalle mode ellenizzan­ ti la tradizione del

mos maiorum

e della

paideia

romana, fonda­

ta sulla 'perfetta' imitatio dei padri e su una retorica ad essa ade­ guata. L'insieme di tali elementi non solo spiega il significato etico e politico insito nella definizione data da Catone all'oratore:

tor est, Marce fili, vir bonus dicendi peritus

(fr.

chiarisce il contenuto del suggerimento fornito

sequentur

(fr.

ora­

1 4 Jordan) e

rem tene, verba

1 5 Jordan), ma consente anche di ravvisare nel

censore una conoscenza piuttosto solida della retorica e della sto­ ria politica greca, che, se manifestata esplicitamente, avrebbe au­ torizzato i giovani a fare un uso indiscriminato dell'arte della pa­ rola e, nell'opinione contemporanea, certamente pericoloso per la stabilità delle istituzioni repubblicane16. L'attenzione che nelle sue orazioni Catone riservava alle componenti strutturali rivela, oltre che una conoscenza ap-

12 Inst. 3, 1, 19: Romanornm primus quantum ego quidem sciam, condidit aliqua in hanc materiam M. Cato. 13 richiamando peraltro (Oratoria, 4 3) quanto affermato da M. Barchiesi. 1 4 M. Porci, 31-44. 15 The sententia, 578. 16 Si veda SBLENDORIO M.T.-CUGUSI P., Problematica catoniana. Rasse­ gna di studi 1978-1993 e contributi critici, "BoliStudLat" I 1996, 197-98. 20

profondita degli oratori greci, soprattutto l 'esigenza di una ri­ cerca stilistica, funzionale ad una prassi retorica differente da quella greca, nei motivi e nei modi e ancor più nelle finalità. Resta, però, da risolvere il problema, individuato dagli antichi e richiamato dalla Sblendorio17, connesso all'impossibilità di definire come 'figure retoriche' gli accorgimenti stilistici adot­ tati da Catone, considerato, come si precursore e creatore

ex novo

è visto, dagli antichi18 un

nel campo dell'eloquenza roma­

na. Una rilettura dei frammenti della Pro Rhodiensibus, orazio­ ne con la quale, imponendosi sui dissenzienti, Catone riuscì ad ottenere il perdono ai Rodii, consente di ricostruire gli schemi ideativi e strutturali del suo pensiero, nel quale

è insita la so­

luzione del problema sollevato dagli antichi. La naturale ade­ renza della forma al contenuto scaturisce infatti dalla cura, in­ sospettabile per l'uditorio che non fosse esperto di retorica, eser­ citata dali' autore neli 'uso degli entimemi, come l'inductio, la

responsio,

la

complectio,

la

traductio,

che, rilevato dagli anti­

chi, è confermato dagli studiosi di oggi. G. Kennedy19 ravvisa nell'orazione una tecnica di composizione vicina ali'argumen­ di tipo grecizzante; la Sblendorio20 un discorso senatoria­

tatio

le in forma di

genus deliberativum, con ab auditorum persona ed un'argumenta­ tio, fondata soprattutto suli'utilitas honesta, peculiare dei Ro­ mani, che la praticavano con la prudentia. In realtà la Pro Rho­ diensibus, insieme con la pregnanza dei contenuti di etica poli­ un

exordium

suasio,

caratterizzante il

del tipo

tica e la generale attenzione rivolta allo stile, rivela la consa­ pevole applicazione delle norme enucleate dallo stesso autore nel campo della retorica. L'apparente semplicità discorsiva sca­ turisce, infatti, dal chiaro possesso della logica politica e dalla

17

18

19

M. Porci, 32-3. Vedi n. 12.

The Art of Rhetoric in the Roman World 300 B. C- A.D. 300, Prince­ ton l 972, 50 ss. 20 M. Porci, 314 ss. 21

correttezza ad essa intrinseca, elemento che, non potendo esse­ re dissimulato, conferisce autenticità ali 'intera orazione inten­ zionalmente pronunciata da Catone. Far comprendere che la punizione dei Rodii, richiesta dal Se­ nato, piuttosto che esaltare l'inattaccabile superiorità dei Roma­ ni, ne avrebbe tradito il pavido disagio nei confronti dei simpa­ tizzanti del re macedone, imponeva all'oratore il dover ricorre­ re ag li accorgimenti psicagogici e stilistici più efficaci.

Il tono suasivo dell'avvio, di tipo moraleggiante, acquista am­ piezza e solennità dall'uso del polisindeto, dalla sinonimia, dal­ la struttura tricolica, dalle rispondenze in rima degli elementi in concordanza e dei parallelismi di costrutto, evidenziati dall'o­ moteleuto:

scio so/ere plerisque hominibus rebus secundis atque prolixis atque prosperis animum excellere atque super­ biam atque ferociam augescere atque crescert?- 1 • Il passaggio da questo generico monito a non insuperbire al più deciso richiamo alla ponderazione in quella situazione con­ tingente risulta all'apparenza semplice e naturale, ma è in realtà supportato da un complesso e accurato sistema retorico:

qua mihi nunc magnae curae est, quod haec res tam se­ cunde processi!, ne quid in consulendo aduorsi eueniat, quod nostras secundas res corifutet, neue haec laetitia nimis lu:xuriose eueniat. È

qui evidente che l'argomentazione è resa efficace, oltre

che dali 'antitesi:

secunde processit/advorsi eveniat, soprattutto laetitia nimis luxuriose. Mutuata dal

dalla metafora conclusiva:

registro agricolo, essa rivela l'originalità di Catone per averla

21

Pro Rhodiensibus fr. 95 PETER, Lipsiae 1870-1906 Aug. Taurinorum, 19552.

fr. 42 MALCOVATI,

22

=

Stuttgard 1967

=

assunta,

pregnante di significato,

nell'ambito della politica.

L'intenzionalità, volta a conseguire uno straordinario livello di efficacia comunicativa, richiedeva necessariamente degli spe­ ciali accorgimenti stilistici, tali cioè da galvanizzare, al mo­ mento della ricezione concreta, l 'attenzione dell'uditorio, che doveva essere orientato al perdono dei Rodii. Ovvio, pertanto, che gli accorgimenti stilistici usati, proprio in quanto non rife­ ribili ad un sistema di norme retoriche già acquisito dai Ro­ mani, e per questa ragione meno perfezionato di quello dell'età classica, non siano riferibili a virtuosismo oratorio. Al contra­ rio, questa tecnica rivela in Catone, insieme con un'eloquenza indiscutibilmente innata, un maturato possesso della cultura greca, pur ritenendo egWche la si dovesse inspiceré2 , ma non

perdiscere,

nell'intento di deprecare certo fanatismo esterofilo,

nocivo al nascente prestigio della romanità e al suo autonomo sviluppo dalla civiltà e dalla politica ellenica. Era, infatti, pro­ prio in campo politico che si doveva esprimere soprattutto la capacità di edificare il bene dello Stato, prevedendo i contrac­ colpi della cattiva fortuna nell' intrecciarsi delle vicende mili­ tari sociali ed economiche. Questo motivo, che, di continuo ri­ badito, rende unitaria l'intera orazione, acquista particolare pre­ gnanza di significato quando Catone ritorna sui rischi insiti nel­ la prosperità:

aduorsae res edomant et docent, quid opus siet facto. se­ cundae res laetitia transuorsum trudere solent a recte consulendo atque intellegendo. Il contenuto si sostanzia dell'antitesi concettuale, che, colle­ gando le tre sezioni del frammento, viene espressa dalla natura­ le contrapposizione,

aduorsae reslsecundae res,

che induce per

.22 Ad Marcum filium, fr. l JORDAN: dicam de istis Graecis suo loco, Mar­ ce fili, quid Athenis exquisitum habeam, et quod bonum sit illorum /itteras inspicere, non perdiscere ... quandoque ista gens suas /itteras dabit, omnia conrumpet.

23

logica conseguenza a suggerire al senato una saggia riflessione per il recupero dell'autodominio:

quo maiore opere dico suadeoque, uti haec res aliquot dies proferatur. dum ex tanto gaudio in potestatem no­ stram redeamus. L'invito è rafforzato con l'ammissione di quanto egli stesso fosse in realtà convinto che i Rodii, non meno però di altri po­ poli, avessero deprecato la vittoria romana su Perseo, pur non avendo mai aiutato militarmente questo re23. Sostanzialmente la verità prospettata al Senato era che i Ro­ dii temevano di essere ridotti in schiavitù dai Romani:

atque ego quidem arbitrar Rodienses noluisse nos ita depugnare, uti depugnatum est, neque regem Persen vin­ ci. sed non Rodienses modo id noluere sed multos po­ pulos atque multas nationes idem noluisse arbitrar. at­ que haut scio an partim eorum fuerint, qui non nostrae contumeliae causa id noluerint euenire. sed enim id me­ tuere, , si nemo esset homo quem uereremur. quid­ quid luberet faceremus. ne sub solo imperio nostro in seruitute nostra essent, libertatis suae causa in ea sen­ tentia fuisse arbitrar. atque Rodienses tamen Persen pu­ biice numquam adiuuere. In questo passaggio, di centrale importanza nell'economia del­ l'orazione, perché sicuramente decisivo per ottenere il perdono in favore dei Rodii, il discorso di Catone si sviluppa in un si­ stema di sequenze, mediante la congiunzione da

arbitrar

e da

noluisse,

atque,

sottolineate

nella sezione iniziale e centrale, e an­

cora dalla ripresa, nella sezione finale, di

arbitrar,

che congiun-

23 Si veda l'accurato esame della questione in M.PORC/ CATONIS, Oratio pro Rhodiensibus, a cura di G. CALBOU, Bologna 1978, soprattutto pp. 150-

224. 24

ge la parte conclusiva a quella iniziale, creando una struttura di tipo anulare, all'interno della quale si possono distinguere una serie di accorgimenti funzionali alla

suasio.

Per quanto, infatti,

possa sembrare esagerato ravvisare24 tra essi un caso ben defi­ nito di

climax,

è però evidente la presenza di alcuni richiami,

giustapposti alla maniera di 'figure', certo consapevolmente crea­ ti dall'autore nell'intento di conseguire un maggiore effetto per­ suasivo. A rendere incisiva e quindi determinante la sua opinio­ ne contribuisce ancora la struttura chiastica,

luisse/idem noluisse arbitror,

quidem arbitror no­

che congiunge, non da ultimo per

effetto dell'allitterazione, le prime due sequenze, nelle quali pren­ de sviluppo la difesa, che l'oratore amplificherà ulteriormente, avvalendosi fino all'ultimo periodo, concluso a sua volta da

bitrar,

ar­

della paratassi con una particolare quanto originale, per­

figurae per adiectionem25 , successione congiunzioni: atque. .! . sed. . sed. . atque. .! . sed. .l.. atque.

ché anticipa l'uso delle chiastica di

Non di minore effetto risulta inoltre, ali'inizio del passo, l'i­ terazione dello stesso verbo in diverso aspetto temporale: ita de­ pugnare, uti depugnatum est, e ancora l'efficace rispondenza tra

fuerint

e

noluerint, uereremur

e

faceremus.

Accorgimenti, questi, che si ritrovano ancora, pur se in altra forma, nel passaggio conclusivo della seconda sezione di questo frammento:

cogitate, quanto nos inter nos priuatim cautius facimus. nam unus quisque nostrum, si quis aduorsus rem suam quid fieri arbitrantur, summa ui contra nititur, ne aduor­ sus eam fiat: quod il/i tamen perpessi, dove, oltre ali' evidente contatto con separatio neli'espressione nos inter nos e successiva reduplicatio per integrazione con unus quisque nostrum, risalta ancora la ripetizione di aduorsus.

24 Si veda SBLENDORIO, M. Porci, 328. 25 Classificazione di H.

LAUSBERG, Elementi di retorica, trad. it L. Ritter

Santini, Bologna 1969, 130.

25

Questo elemento, riproposto in collocazione parallela, richia­ ma l'attenzione sul particolare significato che esso può assume­ re sia nella sfera della vita privata che in quella pubblica, come ribadito nell'ultima sezione del frammento:

qui acerrime aduorsus eos dicit, ita dicit 'hostes vo­ luisse fieri '. ecquis est tandem, qui vestrorum, quod ad sese attineat, aequum censeat poenas dare ob eam rem, quod arguatur male facere uoluisse? nemo opinor. nam ego. quod ad me attinet, nolim. L'interrogativa è di notevole efficacia persuasiva per la ri­ sposta che l'autore dà in prima persona, consapevole dell'effet­ to che avrebbe ottenuto sulla psicologia dell'uditorio, il cui giu­ dizio nei confronti dei Rodii, ritenuti superbi, andava, secondo la sua visione politica, corretto e mutato. Nell'ultima sezione del frammento Catone tocca questo punto, per richiamare alla co­ scienza dei senatori quanto ciò non fosse etico e neppure profi­ cuo e legittimo sotto il profilo politico:

Rodiensis superbos esse aiunt, id obiectantes, quod mihi et liberis meis minime dici uelim. sint sane superbi. quid id ad nos attinet? idne irascimini, si quis superbior est quam nos? Si può constatare in conclusione che Catone fonda

mentatio

di questa

suasio

l'argu­

sulla conoscenza di tre fattori insiti

nella natura umana: il timore delle avversità nella prosperità; il rifiuto della schiavitù; il giusto concetto di sé, unito aJI'amor pro­ prio. In corrispondenza ad essi interviene, sotto il profilo stili­ stico, l'uso dell'antitesi, l'amplificatio, accortamente sviluppata, e la sequenza delle interrogative psicagogiche. Se quest'orazio­ ne fosse pervenuta integra, avrebbe reso possibile oltre che ri­ costruire con precisione gli schemi dianoetici dell'autore, indi­ viduame anche il grado di consapevolezza. L'apparente sempli­ cità degli accorgimenti cela lo studio profondo degli effetti del­ l'orazione sull'uditorio e la consapevole attuazione di una psi26

cagogia, a scopo eminentemente politico e quindi ancora lonta­ na dalle mistificazioni della pratica forense, affermatasi decisa­ mente con gli oratori posteriori. Sarebbe quindi scaturita dal giustificato timore di un deterio­ re uso della retorica la necessità, sostenuta dai pensatori succes­ sivi a Catone, di selezionare adeguatamente gli autori da pro­ porre allo studio dei futuri oratori attraverso l'esercizio della let­ tura e della scrittura. Ma questo implicava ovviamente la ricer­ ca di un metodo, il più efficace possibile, per agevolare il pro­ cesso di assimilazione e interiorizzazione dei contenuti formati­ vi, adatti a potenziare ed affinare le facoltà logiche, espressive e persuasive dell'oratore, evitando nel contempo che con l'affi­ namento e l'abuso degli strumenti retorici si giungesse a intac­ care il patrimonio di valori morali ereditato dai padri, con il con­ seguente decadimento dei

mores.

27

2. LA TEORIZZAZIONE IN CICERONE

Una svolta in questa ricerca teorica sui processi di perfezio­ namento matetico per la formazione retorica d eli' oratore è data da Cicerone, che, oltre a sottolineare, nel

De oratore (l, 1 50),

la necessità di esercitarsi nella scrittura e nella memoria26, pone in luce l'efficacia della lettura dei poeti e degli scrittori, che de­ vono essere interpretati e pienamente posseduti dai maestri. Ci­ cerone apre quindi un più ampio orizzonte alla paideia rom ana con l'indicare, nella centralità della lettura, il metodo idoneo a favorire le acquisizioni concettuali indispensabili all'oratore, per raggiungere sicurezza espressiva, ricchezza elocutiva e, soprat­ tutto, capacità psicagogica27, alla cui acquisizione dovevano ne­ cessariamente concorrere la conoscenza del diritto civile e l'ap­ profondimento della filosofia morale. Entra quindi a completare il programma educativo attuato a Roma in età repubblicana una disciplina che, per essere di matrice greca, era sempre stata te­ nuta in sospetto dalla classe dirigente e quindi esclusa dal pro­ getto formativo dell'oratore, cui si richiedeva la rigorosa espres-

26 l, 1 58 legendi etiam poetae, cognoscendae historiae, omnium bonarum artium doctores atque scriptores e/igendi et pervolutandi et e.xercitationis cau­ sa laudandi, interpretandi, corrigendi, vituperandi, refel/endi. Sui vari modi

di lettura praticati a Roma si veda l'attenta ricostruzione di G. CAVALLO e R.

CHARTIER,

Storia della lettura,

Roma-Bari 1 995, XVIII-XXI, 45-52.

27 l , 53 quis enim nescit maximam vim e.xsistere oratoris, in hominum mentibus ve/ ad iram aut ad odium aut ad dolorem incitandis . ? Quae nisi . .

qui naturas hominum . . . penitus perspexerit, dicendo quod voiet perjìcere non poteri/. Per il rilievo dato dall'autore alla conoscenza della psicologia e de­ gli effetti della parola sulla mente umana si veda NARDUCCI, Cicerone e l 'e­ loquenza romana, Roma-Bari 1 997, 39. 31

sione di un codice di valori, informato a una cultura e a un'eti­ ca superiore, rivolta soprattutto a garantire le tradizioni istitu­ zionali. Nell'ambito di questa concezione è indiscutibile che eloquen­ za e psicagogia pitagoricamente intesa avrebbero dovuto segui­ re, in particolare nell'espletamento delle pubbliche funzioni, i dettami della saggezza e della giustizia, doti considerate impre­ scindibili nei futuri esponenti dell'aristocrazia intellettuale28, che dovevano essere preparati a signoreggiare la parola, conoscendo oltre che le discipline ritenute tradizionali, soprattutto il sistema etico che, nella visione di Cicerone, avrebbe dovuto permeare tutta la sfera politica. Come rilevato da diversi studiosF9 è, in­ fatti, innegabile che il

De oratore,

pur essendo incentrato sulla

retorica, sia un 'opera eminentemente politica, perché vi si evi­ denzia il ruolo fondamentale che svolge l'eloquenza ai fini del­ la vita sociale e politica. Questa non solo costituisce lo sfondo del proemio del I libro, dove Cicerone si richiama alle sue com­ plesse esperienze politiche, ma assume un posto di rilievo nel proemio del III libro, dove si rievoca l'ultimo episodio della vi­ ta di Crasso, cui fu fatale il discorso in difesa della libertà. Con­ sapevole, quindi, di apportare al sistema formativo una corag-

28 NARDUCCI,

Oratoria, 115, rileva che gli interlocutori del De oratore so­

no tutti esponenti della classe dirigente romana, e ancora nell'Introduzione a Cicerone, Roma-Bari 19973, 123, ravvisa nella concezione ciceroniana del­ l'unità del sapere la volontà di rafforzare il potere dell'aristocrazia allo sco­ po di custodire le istituzioni e le tradizioni. Considerato però che al pari di Catone lo stesso Cicerone (non di nascita aristocratica, come il popularis Ce­ sare) è homo novus, non è da escludere che, come Varrone, egli pensi, per fini piuttosto innovativi che reazionari ali'unità del sapere per la formazione di una diversa e culturalmente più elevata aristocrazia intellettuale. Essa do­ veva informare i suoi comportamenti al

decorum e ali' honeslas oltre che al­ Cicerone

la saggezza e alla prudenza, come giustamente rilevato da L. Clcu,

e il prepon, "Paideia" 55, 2000, soprattutto pp. l 45 e 161, dove lo studioso, richiamando (n.206) Narducci e Grilli, ritiene che 'era forse ambizione di Ci­ cerone fare del

preponldecorum il perno di un sistema culturale per le clas­

si emergenti.'

2 9 Si veda tra l'altro

M. TuLUO CiCERONE, Opere retoriche, a cura di G.

Norcio, Torino 1976, p.31 e n.39.

32

giosa innovazione, che né Catone, fortemente condizionato dal né Varrone (pur ponendo questo gli ideali socra­

mos maiorum,

tici30 a fondamento dei

Disciplinarum libri,

dove è anticipata la

concezione agostiniana che allo studio delle discipline liberali 'assegnava il compito di guidare lo spirito umano

lia

ad

incorporalia,

per corpora­

all'acquisizione, cioè, del puro intellegibi­

le'31) avrebbero potuto pensare di attuare, Cicerone riconosce per primo l'efficacia educativa dello studio, associato a quello del diritto, della filosofia morale, esplicitamente indicato nel

tore32

De ora­

al fine di ricomporre la cesura fra sostenitori della tradi­

zione culturale e politica del

mos maiorum

e fautori d'innova­

zione negli studi di retorica. A questo problema Cicerone, in gioventù, aveva dato una so­ luzione parziale nella scia della Rhetorica ad Herennium, rife­ rendosi nel De inventione ad un'equilibrata, per quanto difficile di eloquenza e

commixtio

com'è noto nel

rator

e il

sapientia.

Nel

De oratore,

composto,

55, primo di una trilogia, che comprenderà 1'0-

Brutus,

entrambi del

46,

Cicerone giunge poi ad enu­

cleare, distinguendo ma non disgiungendo la

ratio

espositiva da

quella filosofica, i fondamenti dell'oratoria, come disciplina di studio, riscattata dal banale empirismo della pratica forense e dal rischio dell'estemporaneità. Nell'intento di creare inoltre un'e­ quilibrata sintesi fra

techne

retorica e

ratio

filosofica, fondata so­

prattutto sull'etica, Cicerone sviluppa un sistema teorico più avanzato rispetto alle acquisizioni speculative del suo tempo e indica, nel

De oratore,

i fondamenti dell'arte oratoria. Pensando

quindi jn generale al problema educativo egli svolge una serie di riflessioni sul linguaggio dell'oratore e sulla

vis

persuasiva,

3 ° Come rilevato da F. DELLA CORTE, Varrone. il terzo gran lume roma­ no, Firenze 19702, 39-49. 31 Si veda U. PIZZANI, // Carmen Licentii ad Augustinum ed i Disciplina­ rum libri di Varrone Reatino, "Helmantica" 44, 1993, 497-515. 32 l ,68-9 quoniam philosophia in tris partis est tributa ... in vitam atque mores ... tertium vero, quod semper oratoris foit, nisi tenebimus, nihi/ ora­ tori, in quo magnus esse possit, relinquemus. Qua re hic focus de vita et mo­ ribus lotus est oratori perdiscendus.

33

che nella sua visione era da potenziare con l'uso sapiente della retorica, e ancora sull'intrinseca rispondenza che intercorre fra concetti e parole. Consapevole della profonda differenza esistente tra il linguaggio informativo di più facile uso e fruizione e quel­ lo filosofico-persuasivo, di difficile acquisizione e rielaborazio­ ne da parte dei giovani, Cicerone riesce comunque a indicare quale fosse il metodo migliore nella preparazione dell'oratore ideale. Molto vicino a questo si poneva nella sua concezione, l'apprezzato antagonista, Q. Ortensio Ortalo, la cui scomparsa gli fornisce il pretesto per sviluppare nel

Brutus33

la storia della difficile

che, a Roma, risultando

ars persuadendi

un dialogo sul­

nella prassi forense non inferiore a quella greca, aveva raggiun­ to dignità autonoma. Superato quindi nettamente nel

De oratore

l'arcaico modello

precettistico-didascalico e privilegiato, nel solco di Platone e di Aristotele, il metodo dialogico, Cicerone espone gli elementi di contrasto insiti nel suo pensiero speculativo, dando voce a due speciali interlocutori. Crasso, oratore per eccellenza ed esponen­ te della tradizione retorica, legata al codice etico e politico del

mos maiorum 3 4 ,

esprime, pertanto, le convinzioni acquisite da

Cicerone in dialettico confronto con le idee innovative esposte dal brillante oratore Marco Antonio, la cui

vis

oratoria, rivolta a

33 Considerando, però, lo sfondo politico di quest'opera, come indicato da

Narducci (cfr. Premessa, n. l?), non è certo casuale il fatto che Cicerone, pur osservando che i discorsi di Ortalo risultavano meno interessanti se letti, lo presenti nel

Brotus come il rappresentante in Roma dell'eloquenza asiana

(contrapposta, com'è noto, a quella attica preferita e propugnata da Cesare), e dia il suo nome a quel dialogo,

Hortensius, in gran parte perduto, che mol­

to incise (cfr. ed. GRILLI, Varese-Milano 1962, soprattutto pp. 139-51) sul gio­ vane Agostino.

-'4 Per frenare l'evoluzione culturale e di conseguenza lo sviluppo politi­ co dei populares era stato infatti emanato un editto contro i retori latini nel 92 a.C., ricordato da Tacito (dia/. 35): quod a Crasso et Domitio censoribus c/audere, ut ai t Cicero, "/udum impudentiae " iussi suni. Ciò spiega l'am­ bientazione nel 91 del De oratore, in cui è proprio Crasso il portavoce del pensiero di Cicerone, non certo vicino alle istanze dei popu/ares, sostenute per contro dall'aristocratico Cesare.

34

mostrare quanto valgano le capacità innate, la pratica forense e l' immediatezza mnemonica, trova come moderatori (in realtà in­ trodotti da Cicerone per esporre integralmente la sua teoria) Q. Mucio Scevola, l' augure, e C. Giulio Cesare Strabone, oratore raffinato e dotato di senso deli 'umorismo. A questo, menziona­ to peraltro nel

culis,

Brutus ( 1 77),

Cicerone affida

l ' excursus de ridi­

per ricordare che la capacità umoristica, peculiare de li' o­

ratoria latina, è efficace stimolo dell'attività intellettuale e utile mezzo persuasivo, come più tardi riconosciuto da Orazio

343).

(Ars

Ciascuno dei protagonisti di questo dialogo rappresenta, ri­

presenta ed esprime, ovviamente, una diversa sfaccettatura della complessa problematica, indagata in materia di eloquenza e re­ torica. Antonio, lasciando scorgere le finalità politiche insite nel pro­ getto formativo deli 'oratore, esprime l'esigenza sottesa di ricer­ care il giusto equilibrio fra studio teorico della retorica e prati­ ca oratoria, affermando chiaramente la necessità di limitare il tempo da impiegare per l'acquisizione e l'assimilazione di una cultura enciclopedica, a vantaggio di quello da dedicare alla pra­ tica dell'eloquenza politica e all'esercizio di quella forense35. Ma Crasso, oltre a enucleare i fondamenti del!'arte della parola36, dando voce ad un'altra esigenza, precisa ancora che la loro co­ noscenza non è di per sé sufficiente, come non lo sono le doti naturali, poiché l'oratore ideale, per poter eccellere, deve posse­ dere una cultura universale37• Questa ribadita esigenza di una cul­ tura di tipo enciclopedico e varroniano, segnalando l'evoluzione dei tempi e la loro complessità politica, rivela la sua scaturigi­ ne dalla consapevolezza che occorrono tre imprescindibili qua-

35 l, 81 deinde illud etiam verendum est, ne abstrahamur ab hac exerci­ tatione et consuetudine dicendi populari et forensi. 36 l , 1 42 reperire primum quid diceret, deinde inventa non solum ordine, sed etiam momento quodam atque iudicio dispensare atque componere, tum ea denique vestire atque ornare oratione; post memoria saepire; ad extre­ mum agere cum dignitate et venustate. 37 2, 5 neminem eloquentia non modo sine dicendi doctrina, sed ne sine amni quidem sapientia florere umquam et praestare potuisse.

35

lità nel perfetto oratore,

praestantia animi, doctrina

e

sapientia,

ormai lontanissime da11a schietta semplicità richiesta da Catone al

vir bonus dicendi peritus. Gli eventi sociali e politici che, con la perdita de1la libertà,

segnarono la decadenza de1la grande oratoria, hanno dato ragio­ ne a11a lungimiranza paideutica e politica di Cicerone, ricono­ sciuta più tardi da Quintiliano; il quale, nel denunciare la gene­ rale incompetenza dei declamatori del suo tempo, occupati a eser­ citare i giovani piuttosto a1 1 a simulazione scenica o a grida in­ sensate che ad affrontare adeguatamente i processi forensi38, evi­ denzia la crisi di libertà politica e culturale verificatasi ne11 'età dei Flavi, ormai depauperata di intelligenze creative, come de­ nunciato da Tacito nel

Dialogus.

Questi, infatti, richiamando il

pensiero di Cicerone39, afferma l'importanza de11e doti persona­ li e del la pratica forense, sviluppabili le une ed esercitabile l ' al ­ tra i n u n clima d i libertà politica e intellettuale, come que1lo re­ pubblicano. A Tacito non era quindi sfuggita la visione politica insita nel programma educativo di Cicerone, per il quale i re­ quisiti culturali andavano curati ed affinati dalla prima forma­ zione del 1 ' oratore, da orientarsi giovanissimo verso gli ideali di democrazia politica, delineati nel

De ojjìciis,

che, permeato del ­

lo stoicismo di Panezio, costituisce la prova estrema e la

magistra/is

lectio

del sapere retorico e del pensiero politico- filosofico

del suo autore. Non

è quindi casuale che il Michel40, richiamandosi al saggio

di Barthes su11a retorica antica, indichi quanto Cicerone abbia anticipato la riflessione moderna sul linguaggio, sollevando la

38 Ins t . 2 , l 0 , 8 nam si foro non praeparat, aut scaenicae ostentationi aut foriosae vociferationi simil/imum est. 39 Come rilevato da A. MICHEL, Le "Dialogue des orateurs " de Tacite et la philosophie de Cicéron, Paris 1 962, che vede l'ideale pedagogico di Taci­

to interamente ispirato a Cicerone, soprattutto riguardo ali' educazione della prima infanzia (p. 1 1 3 ) .

40 La théorie de la rhétorique chez Cicéron: éloquence et phi/osophie, "Entretiens sur l 'antiquité c/assique " XXVIII, éloquence et Rhétorique chez Cicéron, Ginevra 1 982, 109-3 9. 36

questione della relazione tra verità e persuasività oratoria, stret­ tamente connesse al problema della conoscenza41, che non si può estrapolare da quella che era la sua concezione filosofica e po­ litica. Per la prima volta, infatti, nella speculazione teorica sulla re­ torica il problema dell'uso consapevole del linguaggio è rappor­ tato agli effetti da suscitare sull'uditorio forense e politico, e il binomio

res/verba

è ritenuto fondamentale quanto la cura del­

l'eloquio e la capacità di adeguare lo stile alla sensibilità e

al

gusto deli 'uditorio42. In realtà, ad un'attenta analisi del pensiero espresso da Cice­ rone nel De oratore, sono due i binomi fondamentali e recipro­ camente correlati, attinenti ali'organizzazione retorica de li' ora­ zione:

res/verba

e

moverelpersuadere.

Il primo anticipa il se­

condo ed entrambi sono strettamente connessi al problema del­ la conoscenza, sotteso a tutta la teorizzazione sull'educabilità del­ l'oratore ideale, soggetto e attore del binomio

re

movere/persuade­

rispetto all'uditorio, oggetto della sua mediazione psicagogi­

ca. L'oratore, quindi, per poter giungere a modificare con la sua parola le convinzioni del pubblico sui fatti e i problemi trattati, deve necessariamente potenziare e affinare - insieme con le com­ petenze tecniche e retoriche, fondate su una cultura pressoché universale e ravvivata da un naturale talento per l'umorismo43 le 41 Come dimostrato da F. CUPAIUOLO, Cicerone e il problema della cono­ scenza, "Paideia" 45, 1990, 51-91, che ricostruendo tutte le tappe della for­

mazione filosofica di Cicerone, sottolinea come nel suo pensiero 'la retorica di grado superiore deve essere strettamente collegata con la filosofia' (p. 53). 42 l ,

54 hoc enim est proprium oratoris quod saepe iam dixi: oratio gra­

vis et ornata et hominum sensibus ac mentibus accommodata. 43 Si veda a questo proposito CICERONE. L 'excursus de ridiculis, a cura di G. MONACO, Palermo 1974, 9-36; e ancora dello stesso, Un particolare tipo di facezia nel de oratore, "Pan" 11-12, 1992, 129-131, dove, distinguendo le

facezie dovute piuttosto ad 'una sostanza ridicola che a un gioco di parole ' , l o studioso chiarisce l a differenza tr a collatio e imago. Per ulteriori ap­ profondimenti si veda M. S. CELENTANO, Comicità, umorismo e arte orato­ ria nella teoria retorica antica, "Eikasmos"

VI 1995, 161-74, che, nel preci­

sare (p. 162) come non v'era 'posto per la risata del tutto gratuita in un'ora-

37

abilità filosofiche e psicologiche. Dal coesistere di queste diver­ se capacità in una stessa persona, per natura eloquente, scaturi­ sce inoltre, nella visione di Cicerone, la necessità della distin­ zione e specializzazione dei ruoli, prima indifferenziati e confu­ si, ora soltanto definiti convergenti, dell'oratore/attore e del po­ litico

l , 2 1 5:

neque vero, si quis utrumque potest, aut il/e consili pu­ blici auctor ac senator bonus ob eam ipsam causam orator est aut hic disertus atque eloquens, si est idem in procuratione civitatis egregius, illam scientiam di­ cendi copia est consecutus: multum inter se distant istae facultates longeque sunt diversae atque seiunctae neque eadem ratione ac via M. Cato, P. Africanus, Q. Metel­ lus, C Laelius, qui omnes eloquentes fuerunt, oratio­ nem suam et rei publicae dignitatem exornabant. Ciò spiega l'importante funzione assegnata da Cicerone al­ l'approfondimento della filosofia morale, che, rivolta allo studio della vita e dei comportamenti umani, entra ufficialmente tra le discipline finalizzate alla formazione dell'oratore, al quale, però, non è consentito di avvalersi delle definizioni dei filosofi né dei loro testi, su cui l'oratore dovrà soltanto studiare i comporta­ menti e gli affetti degli uomini, per modificarne la volontà e orientarne i sentimenti. Netta, infatti, risulta la distinzione fra i due ruoli, del filosofo e dell'oratore, dovuta, originariamente a Socrate, come ricorderà Crasso, 3, 59-60: Socrates foit . . . qui . . . hoc commune nomen eri­ puit sapienterque sentiendi et ornate dicendi scientiam, re cohae­ rentis, disputationibus suis, separavit 44•

zione', evidenzia, richiamandosi a Quintiliano (lnst. 6, 3,7}, che ' il riso è un fenomeno cornples>o, e spesso, se si mettono in moto meccanismi errati, è un'anna che si rivolge contro chi la usa, che da soggetto di un'azione corni­ ca si trasforma in oggetto ridicolo'. 44 Ciò non consente però di ravvisare una caduta di prestigio deli'orato­

ria, come riterrebbe PLEBE,

38

Breve, 94, bensì l ' incipit di quella differenziazio-

Muovendo dali 'indicazione di questa diversità Cicerone di­ stingue gli ambiti di competenza del filosofo da quelli dell'ora­ tore, mediante la precisazione addotta da Antonio, secondo cui è filosofo chi desidera conoscere le cause di tutte le cose divi­ ne ed umane e ricerca la via della saggezza;

è, però, oratore co­

lui che sa avvalersi di parole gradevoli per l 'uditorio e argomenti adatti all'approvazione ( 1 , 2 1 2- 1 3 ). Scaturisce da questa demar­ cazione che del filosofo è peculiare la re

l 'ars dicendi.

vis cogitandi,

dell'orato­

Per tale via, solo all'apparenza paradossale, si

giunge a fondare l'oratoria sulla conoscenza della filosofia mo­ rale, liberando nel contempo la retorica dagli scherni riduttivi del

mos maiorum. Risulta, infine, naturale che in questa visione del! 'oratoria, in­ tesa come sintesi di molti studi e discipline, distinta ma non di­ sgiunta dalla politica e dalla filosofia, assuma precisi contorni la fisionomia intellettuale dell'oratore per eccellenza, che non do­ vrà essere semplicemente disertus, tale cioè da soddisfare un pub­ blico mediocre, ma realmente

eloquens,

capace in realtà di ele­

vare ed esaltare qualsiasi tema desideri sviluppare, possedendo rnnernonicamente tutte le fonti relative all'argomento da tratta­ re4s. Nel processo educativo dell'oratore le

l 'exercitatio

è pertanto imprescindibi­

( 1 , 1 49-65), la rnnernotecnica (2 , 299) e la lettu­

ra (3 , 3 9 ). La memoria, in particolare, riesce insostituibile per una gra­ duale ed incisiva formazione del futuro oratore, che oltre a ex­

cogitare, ornare, disponere, dovrà principalmente meminisse e agere. Da queste capacità, che sono spontanee nei più dotati e che costituiscono per Cicerone i fondamenti della techne retori-

ne, che, acquisita con Aristotele, come si è visto all'inizio (cfr. pp. 10-11), le impresse carattere e dignità di scienza autonoma. 45 l , 94 eum statuebam disertum qui posset satis acute atque dilucide apud mediocris homines ex communi quadam opinione hominum dicere. eloquen­ tem vero, qui mirabilius et magnificentius augere posset atque ornare quae vellet, omnisque omnium rerum, quae ad dicendum pertinerent, fontis animo ac memoria contineret.

39

ca, dipende la possibilità di organizzare e strutturare un'azione eloquente e persuasiva, idonea a modificare i sentimenti dell'u­ ditorio, la volontà, le percezioni e, di conseguenza, la coscienza della verità e il giudizio sui fatti46. Questo traguardo però risul­ terà meno facile da conseguire per coloro che, non dotati di gran­ di capacità logiche, sono costretti a mutuare il metodo raziona­ le e dialettico dalla filosofia. Si chiarisce in tal modo il confine che, nell'applicazione pratica delle norme retoriche, separa e di­ stingue dalla filosofia la grande eloquenza. Da questa, infatti, giustamente nella visione di Cicerone si

è sviluppata la norma­

tiva retorica e l'arte oratoria e non all'opposto, come vorrebbe la

communis opinio47 .

Diversamente dalle altre discipline, in cui per raggiungere i migliori traguardi occorreva semplicemente lo studio e l 'ap­ profondimento di un sistema dottrinale teorico, il possesso del­ l'arte oratoria è conseguibile frequentando costantemente gli au­ tori esemplari e dimorando nel loro pensiero attraverso la lettu­ ra, l'ascolto, l'elaborazione scritta, per esercitare, rafforzare e af­ finare quelle doti che nel futuro oratore dovrebbero comunque essere innate. In base a questa teoria, oltre all'ingegno naturale, le prime qualità da richiedersi e da coltivare nel futuro oratore sono l'a­ cume, la profondità, la proprietà linguistica, la capacità di rite­ nere e, importantissima e ripetutamente sottolineata nel

tore48,

De ora­

l'espressività gestuale49, cui concorre notevolmente la si­

curezza mnemonica. Cicerone ribadisce pertanto la necessità di ricordare alla lettera il maggior numero di scritti, ritenendoli

4 6 Sui problematici effetti di questa ' malia' intercorrenti tra oratore e pub­

blico si veda NARDUCCI, Gli arcani dell 'oratore, "At. e Rom." 3-4,

41. 47

1 984, 1 29-

l , 146 sic esse non e/oquentiam ex artificio, sed artificium ex eloquen­

tia natum . 4 8 Cfr. 3,

222 e l 'attento esame sviluppato in proposito dalla PARODI ScoT­ 1 1 9-25. l, 1 28 in oratore autem acumen dialecticorum, sententiae philosopho­

TI, Ethos, 49

rum, verba prope poetarum, memoria iuris consultorum, vox tragoedorum, gestus paene summorum actorum est requirendus.

40

mentalmente con la mnemotecnica50, mediante l'associazione dei luoghi e delle immagini51• Speciale e profonda attenzione egli rivolge al problema della selezione e dell'orientamento. Ritenendo, infatti, imprescindibi­ le la

praestantia animi,

Cicerone distingue tre tipologie di allie­

vi: quella dei più dotati e già in possesso di qualche conoscen­ za di letteratura e di retorica; l'altra di coloro che sarebbero di­ venuti sotto sforzo oratori mediocri; l 'ultima degli inadatti e in­ capaci. La novità maggiore per il sistema educativo dell'età cicero­ niana consiste nell'aver enucleato nell'ambito dello stesso orien­ tamento un diverso metodo da applicare con ciascuna categoria: la prima fascia di allievi era da incoraggiare caldamente, so­ prattutto se alle doti innate si congiungeva l'onestà d'intenti; la seconda doveva essere resa consapevole dei suoi limiti e lascia­ ta quindi libera di scegliere; la terza andava decisamente indi­ rizzata verso altri studi

(2, 8 5-6).

L . Pernot ha giustamente affermato52 che la retorica cicero­ niana ha esercitato un'influenza capitale sulla storia della cultu­ ra occidentale. Ciò spiega anche il fatto che l'attuale dibattito pedagogico insieme con la riflessione sulle modalità paideutiche del sapere ha la sua pur lontana matrice nella profondità specu­ lativa degli antichi, che avviatasi con l'arcaica sentenziosità di Catone, perviene ad una più completa e matura teoria, per quan­ to non ancora sviluppata in un sicuro sistema dottrinale, con Ci­ cerone.

50 È in quest'epoca che nei curricu/a ufficiali degli studi si aggiunge al­ l'actio la memoria, come rilevato da O. REBOUL, Introduzione alla retorica, trad. it., Bologna 1 996, 65 ss. � 1 l, 1 57 atque in ea exercitatione non sane mihi displicet adhibere . . . istam locorum simulacrorumque rationem quae in arte traditur. � 2 La Rhétorique dans / 'Antiquité. Paris 2000, 1 6 1 .

41

3. RETORICA E PEDAGOGIA I N QUINTILIANO

Pur se complesso e di non facile trasposizione nel reale, il progetto paideutico di Cicerone non tardò a permeare profonda­ mente la speculazione teorico-educativa di età successiva. I Flavi, impegnati nella riorganizzazione economica e milita­ re del l ' impero 53, pensarono - non da ultimo sotto il profilo po­ litico - di riappropriarsi del mos maiorum per il controllo della cultura e di statalizzare l ' istruzione, con l 'ovvio obiettivo di for­ mare il vir bonus dicendi peritus della tradizione catoniana, av­ valendosi, però, del programma educativo di Cicerone. L' insegnamento della retorica venne pertanto istituzionalizza­ to con l ' evidente scopo di preparare la classe dirigente non tan­ to alla libera espressione dell 'oratoria politica, giudiziaria e fo­ rense, quanto piuttosto al non facile compito di controllare po­ liticamente, oltre che assimilarle alla civiltà romana, le popola­ zioni poste sotto l ' egida del l ' impero. Di questa politica educativa e dei programmi da essa perse­ guiti M. Fabio Quintiliano54 fornisce, com ' è noto, da testimone e diretto protagonista, un' esauriente documentazione, delinean­ do nel l ' Jnstitutio oratoria obiettivi e metodi pedagogico-didat­ tici, funzionali alla formazione del l ' oratore ideale, che, oltre a

53 Per una documentazione su questo periodo si vedano A.GARZETTI, L 'im­ pero da Tiberio agli Antonini, Bologna, 1 960, 237-308; M.P.CHARLESWORTH, Re-Organisation: financial and provincia/, "Università di Cambridge", Mila­ no 1 972, XI, I, 1 3- 1 9; M.A.LEVI, l Flavi, "Aufstieg und Niedergang der ro­ mischen Welt", Berlin-New York 1 975, I, 2, 1 1 7- 1 97; M. CARY-H.H . SCUL­ LARD, Storia di Roma, Bologna, 1 98 1 , III, 1 1 -4 1 . 54 Primo "docente" di retorica in una scuola di Stato (cfr. GELLIO, 1 5, I l ; SUETONIO, Rhet. l ).

45

corrispondere al modello prospettato da Cicerone, doveva esse­ re educato secondo i principi da questo enucleati nelle opere re­ toriche, ma rielaborati con un ' evidente, quanto indiscutibile, sensibilità pedagogica. Nel l ' approfondire, infatti, il pensiero di Cicerone, secondo cui l ' educazione del l ' oratore ideale dipende­ va molto dalle competenze dei docenti, maestri di vita e di elo­ quenza5S, Quintiliano56 si pone totalmente dalla parte de li 'allie­ vo e considera imprescindibile per i l processo formativo, oltre che la preparazione culturale, anche l ' attitudine pedagogica dei formatori . Un' altra non trascurabile innovazione è ancora la preferenza accordata da Quintiliano, per ragioni non esclusivamente politi­ che, quanto soprattutto di carattere socio-pedagogico, alla scuo­ la pubblica57, dove per via del l ' interazione didattica si riteneva certamente più efficace la mediazione delle competenze retori­ che per il futuro oratore, che l ' anfibologica espressione in me­ dia rei publicae luce ( l ,2, 1 8-20) potrebbe, fuorviando, lasciar immaginare non represso dal regime dei Flavi, come per contro attestato in Tacito5S, ma piuttosto libero di esprimersi sotto i ri­ flettori politici come nel periodo repubblicano, quando si prepa­ rava e si esercitava ad essere inattaccabile anche sotto il profilo

5 5 De ora t. 3 , 1 5 : neque diiuncti doctores sed idem erant vivendi praecep­ tores atque dicendi. 56 C fr. G . G . B I ANCA, La pedagogia di Quintiliano, Padova, 1 963, 69-70; E . BOLAFFI, La critica pedagogica e letteraria in Q. "Latomus" XXX , Bruxel­ les 1 95 8 , 9- 1 6. 5 7 Problema ancora di attualità, cfr. D. BERTON I-JOVINE, La scuola italia­ na dal 1 8 70 ai giorni nostri, Roma, 1 972; ed ancora in L. AM BROSOLI, La scuola in Italia dal dopoguerra ad oggi, Bologna, 1 982. 58 Cfr. R. SYM E, Tacito, trad. it . , Brescia 1 967, vol. l, soprattutto pp. 3048; e ancora, per la correlazione a Quintiliano, sulla decadenza della grande oratoria, R. G O N GE R I CH, Der Dialogus des Tacitus und Quinti/ians lnstitutio oratoria, "Classica! Philology" 3, 1 95 1 , 1 59-64; A. ALBERTE, Dialogus de oratoribus versus institutio oratoria, "Minerva" 7, 1 993, 255-67; per l ' ap­ profondimento critico delle questioni di stile, S .M GOLDBERG, Appreciating Aper: the defence of modernity in Tacitus ' Dialogus de oratoribus, "The C las­ sica! Quarterly" 93, 1 999, 224-37. .

46

etico59. Chiaramente innovativa, soprattutto perché impartita in una scuola pubblica, era l 'educazione al bilinguismo60 , che, pur in apparente contrasto con le misure adottate dai Flavi (lex de imperio Vespasiani)6 1 nei confronti dei filosofi greci , giustifica­ va l ' espressa e ribadita propensione ad iniziare dal greco62 , per il fatto che questa lingua favoriva l ' accesso al sapere di una ci­ viltà esclusiva. Ciò spiega l ' importanza che Quintiliano, richiamandosi a Ci­ cerone (De orat. 1 , 1 50 ss.), assegna all ' uso e all 'esercizio del la memoria63 . Metodo, esercizio, mnemotecnica, eloquentemente definita exercitatio et labor ( I l ,2,40), costituiscono gli elementi basilari di questa visione formativa volta a trasmettere, consue­ tudine, qua difficultas omnis levatur ( 1 1 ,3 ,24), capacità e facilità d ' improvvisazione. Ma, come per Cicerone, anche nel pensiero di Quintiliano a poco potevano giovare gli studi e l 'applicazio­ ne dei diversi metodi didattici, in assenza delle doti personali e de l i ' animi praestantia ( 1 2,5, l ), che tuttavia andava coltivata nel­ l' allievo mediante quella paideia dettata dal i ' onestà intellettuale che sola nobilita l' ars docendl-64 . Il fatto però che Quintiliano si sia richiamato costantemente ed esplicitamente a Cicerone, esponente di rilievo della classe dirigente deli ' età repubblicana, e lo abbia assunto a modello di

59 l , proem . 1 8-20 vir talis, qua/is vere sapiens appellari possit, nec mo­ ribus modo perfectus . . . sed etiam scientia et amni facultate dicendi. 60 1 , 1 , 1 2 a sermone Graeco puerum incipere malo. Esplicativo a questo proposito H . I . MARROU, Storia dell 'educazione nell 'antichità, trad. it. Roma, 1 9782, 3 3 3-5 1 . 61 S i veda B . LEVICK, Vespasian, Londres-NewYork, 1 999, 269 ss. 62 l , 4, l nec refert de Graeco an de Latino loquar. quamquam Graecum esse priorem placet: utrique eadem via est. 6.1 Interessante l ' analisi di G . M ELZAN I, L 'attenzione di Quintiliano per la psicologia, AA.VV. , Aspetti della 'paideia ' di Quintiliano, Milano 1 990, 2 1 2

ss., che rileva come Quintili ano insista, pur senza averne consapevolezza scientifica, su alcuni fondamentali elementi psicologi c i : 'la memoria, l ' atten­ zione e l ' interesse, l ' imitazione, gli affetti, le passioni e i sentimenti, il riso, i caratteri ' . 64

1 2, I l , 6 quid porro est honestius quam docere quod optime scias? 47

riferimento, e per l ' armonia retorica delle sue orazioni e per la teoria da lui elaborata65, in un' epoca di restaurazione e di re­ pressione culturale (e conseguente decadenza del l ' oratoria), ha permesso alla critica66 di rilevare nella sua opera un carattere re­ quisitorio e d' implicita denuncia del regime dei Flavi, che, aven­ do instaurato un clima di oscurantismo culturale con l ' allonta­ namento dei pensatori ritenuti pericolosi per la stabilità dell ' im­ pero, estraniava la scuola dai nuovi fermenti intellettuali, pre­ cludendole ogni forma di libera espressione. L' aspirazione ad un tipo di educazione retorica fondata su una cultura disposta a con­ frontarsi e permanentemente in fieri doveva ripudiare gli sche­ matismi delle esercitazioni teoriche e ricercare per conseguenza diversi metodi educativi. Si rendeva necessaria allora una paideia che, riapproprian­ dosi, con un ' accurata selezione di autori67, della eredità cultu­ rale del passato, ricomponesse, in una generale prospettiva edu­ cativa, la frattura venutasi a creare per la condicio temporum tra le grandi idealità politico-democratiche, espresse da Cice­ rone, e i dettami di restaurazione dei Flavi . 65 1 2, 1 , 1 9 Saepe dixi dicamque perfectum oratorem esse Ciceronem eum quaeram oratorem quem et il/e quaerebat. 66 Sul l ' atteggiamento assunto da Quintiliano nei confronti della filosofia, si veda G.E. MANZON I , Il retore Quintiliano di fronte ai filosofi, AA.VV. , Aspetti soprattutto p . 1 5 0 . s s . , dove, richiamando Florescu e le ragioni avan­ 0 0 0

000,

zate dai sostenitori tanto della tesi conciliativa quanto di quella oppositiva della retorica alla filosofia, si evidenzia come in Quintiliano, ammiratore di Seneca, ' l ' opposizione ai maestri di filosofia fosse di natura più personale e professionale, che culturale in senso lato '{p. l 65 ) . Su questo problema e più in generale sui rapporti politici degli intellettuali con i l potere si veda anco­ ra H. BAROON, Les empereus et /es lettres latines d 'Auguste à Hadrien, Pa­ ris 1 968 2, 289-3 3 5 ; e, per quanto attiene all ' organizzazione della paideia in relazione ai mutamenti politici, S . BOWEN, le, trad. it. Milano 1 979, l, 229- 2 3 7 . 6 7 P .V. COVA,

Storia del/ 'educazione occidenta­

La critica letteraria nel/ "'Institutio , in Aspetti, 20 ss., ap­ "

profondendo il sistema curriculare tratteggiato da Quintiliano, le discipline e gli autori da questi ritenute utili alla formazione del l ' oratore, ne individua i limiti e le incoerenze, tra cui soprattutto il fatto che 'le materie scientifiche non fossero in alcun modo riducibili all ' eloquenza' e quello di affermare che ' l ' oratore non fosse specialista in nessun a ' .

48

l.

Cicerone,

De inventione. Rhetorica ad Herennium, miniatura ù. 1 1 ' 1 a n t ; C1.· 1:odi..:.: r a ;mhranaceo.

2. Cice ron e . r i t r a t t o di epoca romana.

C i c e r o n e , R e t h o rica ad m i n iatura del X l V secolo. 3.

Herenn ium,

4 . Marco Fabio Quintiliano. acquafo11e francese secentesca.

L'unica soluzione praticabile nella progettazione dei

la

curricu­

di quest'epoca per la formazione dell'oratore ideale, che tut­

tavia non avrebbe potuto esercitarsi nella pratica forense e poli­ tica con la stessa libertà del periodo repubblicano, era dunque quella della mediazione, fondata, come rilevato da l. Lana68, sui principi filosofici senecani. Funzionale a tale intento mediatico, in quanto inteso e pre­ sentato come fattore pedagogico innovativo, rispetto al prece­ dente programma ciceroniano, era il ruolo di centralità attribui­ to al

puer

all'interno del progetto educativo, fondato soprattutto

sull'apprendimento linguistico, che doveva essere attentamente curato fin dalla prima infanzia69 e concorreva, insieme alla qua­ lità dell'insegnamento, ad elevare la scuola pubblica. Questa era preferibile alla "privata" per evidenti ragioni socio-pedagogiche, tra cui soprattutto la compresenza e l'interazione con il maestro di più allievi, il cui numero doveva comunque essere tale70, da permettere al docente di curarli proficuamente in tutte le disci­ pline, senza eccessi, deleteri per la mente ed il corpo, d'indul­ genza o di severità. Quintiliano affermava che la severità non doveva, in nessun caso, scadere nella violenza71, diseducativa e

mortificatrice del puer72 • Fondamentale per l'impostazione di un

corretto metodo è ancora, nella concezione di Quintiliano, l'o-

68 La teorizzazione della collaborazione degli intellettuali con il potere po­ litico in Quintiliano, lnstitutio oratoria, libro XII, Torino, 1973, 19-46. 69 l, l , 3 5 Ante omnia ne sit vitiosus sermo nutricibus . . . has primum au­ diet puer, harum verba effingere imitando conabitur. 7° Cfr. Inst . l ,2 e BOLAFFI, La critica . . . 14. Per il giusto numero degli al­ lievi da seguire si veda ancora /nst. l 2 1 5 e l 0,5 ,20. 7 1 Interessante in proposito il giudizio di MELZANI, L 'attenzione. . , in Aspet­ ti . , che ritiene coerente con l'impostazione di questo progetto educativo, l'a­ -

,

,

.

. .

bolizione delle percosse (p. 176) cui, nella critica mossa da Quintiliano alla scuola del suo tempo, ricorrevano soprattutto i precettori ignoranti e autori­ tari (p. l 84 ).

72 l , 3, 15 denique cum parvulum verberibus coegeris, quid iuveni facias, cui nec adhiberi potest hic metus et maiora discenda sunt? . . e 17: in ae­ tatem infìrmam et iniuriae obnoxiam nemini debet nimium licere. .

49

biettiva valutazione delle doti di ogni singolo allievo73. Analiz­ zare l' ingegno e la natura del fanciullo, senza lasciarsi abbagliare dalla precocità7\ era da ritenersi fra i primi compiti dell' inse­ gnante, che doveva riconoscere il tipo d' intelligenza sia dalla ca­ pacità mnemonica

(facile percipere et fide/iter continere),

sia dal­

l' abilità nell' imitatio utile a rielaborare criticamente quanto ap­ preso ed assimilato75• Esaminati i requisiti personali degli allie­ vi, l' ottimo educatore avrebbe pensato al sistema da adottare per trame il miglior profitto76• Si riconosceva in tal modo, e per la prima volta, un ruolo im­ prescindibile alla competenza psico-pedagogica del docente. Questo avrebbe dovuto, in maniera direttamente proporzionale alla sua preparazione, aspirare a divenire efficace mediatore di sapere attraverso la patientia

educandi,

la gradualità didattica, la

profondità e la sensibilità culturale77, e, non ultimo, la capacità esemplificativa78, valorizzata dalla forbitezza del linguaggio. Si comprende da ciò che nella concezione di Quintiliano l ' o­ biettivo primario al quale l ' istituzione doveva tendere per otte­ nere i migliori risultati paideutici era la formazione dei docenti. A tal fine, nell' illustrare i principi dell' educazione morfologica

73 1 ,2 , 2 8 sic animi puerorum quantum excipere possint videndum est: nam maiora intel/ectu velut parum apertos ad percipiendum animos non subibunt. 74 Cfr. 1 , 3,4-5. 75 1 , 3 , 1 -2

Proximum imitatio: nam id quoque est docilis naturae, sic ta­ men, ut ea, quae discit. effingat . . . Non dabit mihi spem bonae indolis, qui hoc imitandi studio petet, ut rideatur. 76 l ,3,6 quonam modo tractandus sit discentis animus. 77 2 , 3 , 7 hunc disertum praeceptorem prudentem quoque et non ignarum docendi esse oportebit summittentem se ad mensuram discentis, ut velocissi­ mus quoque, si forte iter cum parvu/o faciat, det manum et gradum suum mi­ nuat, nec proceda/ ultra quam comes possit. 78 R. GAZ!CH, Teoria e pratica del/ 'exemplum in Quintiliano, in Aspetti, 5 1 ss. nell ' esaminare l ' uso pratico e la teorizzazione delle forme e funzioni

dell ' exemplum nell 'lnstitutio, ritiene che , ' come in altre appropriazioni latine di un ' eredità greca, si tratta di una reinterpretazione, che comporta da un la­ to una riduzione, ma sotto altri aspetti un arricchimento ' , in quanto i l ricor­ so all'

exemplum è valorizzato nelle sue possibilità pratico-argomentative

(pp. 75-7 8 ) .

50

e linguistica, si sottolineava che doveva essere l ' insegnante a ri­ cercare per primo e ad esaminare le norme grammaticali della corretta espressione79, chiarendo ogni fenomeno con un 'esem­ plificazione che fosse più ricca dei compendi, ai quali doctiores multa adicient ( l ,5, 7). Privilegiando la competenza dei docenti si evidenziava come fosse loro dovere non solo l ' interpretazione degli autori, ma so­ prattutto la capacità di adattare ali ' età dei discenti i primi eser­ cizi di eloquenza. Un' equilibrata didassi avrebbe favorito il giu­ sto grado di preparazione, che, unito alla cognizione acquisita dal maestro circa i requisiti di ciascuno degli allievi, avrebbe contribuito alla risoluzione del problema nodale, la valutazione cioè del quando il puer sit rhetori tradendus (2, 1 ,7). Ciò avreb­ be consentito ai maestri di retorica di intervenire su un semina­ to adeguatamente preparato nel rispetto dei tempi pedagogici e degli ambiti disciplinari, essendo ad essi riservato il compito psi­ cologicamente più delicato di demonstrare virtutes ve/ vitia (2,5,5) e graduare le letture, curando la scelta degli autori, per · la cui selezione era da osservare il principio de li ' attenta valuta­ zione dello stile e dei contenuti etici. Si dovevano pertanto evi­ tare non solo gli scrittori arcaici, per lo stile arido e aspro, ma anche i contemporanei che, pur se gradevoli, non sempre garan­ tivano serietà e profondità. Quando però il grado di preparazio­ ne acquisito lo avesse consentito, si sarebbe passati alla lettura sia degli scrittori antichi, evidenziandone la forza del pensiero8 0 , sia dei nuovi, quibus et ipsis multa virtus adest (2,5,23), a con­ dizione che la loro valutazione precedesse l 'imitazione. Tra tut­ ti si riteneva ideale da studiare e imitare Cicerone ( l O, l , 1 1 2). Trattando, però, nel solco tracciato da questo8 1 , il problema dell ' orientamento, Quintiliano più di Cicerone richiamava l ' at79 l ,5, l

emendate /oquendi regu/am, quae grammatices prior pars est, exa­

minet. 8° Ciò basterebbe a modificare i l giudizio di F. E.CRANZ,

Quintilian as an­

cient thinker, "Rhetorica" vol . XIII, 3 - 1 995, 2 1 9-30. 81

Cfr. sopra p . 4 1 ; e, per l ' influsso esercitato da questo sulla sua forma­

zione, si veda J.C. DAVIS, Quintilian on writing: san formatian, Ann Arbor, 1 99 8 , 77 sgg.

process, pedagogy, and per­

51

tenzione sulla necessità di osservare discrimina ingeniorum, et qua quemque natura maxime ferat, scire (2, 8 , l ), pensando che si dovessero applicare metodi differenziati, per potenziare le in­ clinazioni individuali e orientare la formazione di ciascuno se­ condo le tendenze naturali, per conseguire non solo il massimo profitto educativo, ma anche la migliore riuscita nell'esercizio dell'attività. Da ciò la necessità di adeguare la scelta degli stu­ di alle attitudini personali dei giovani82, avviando i più dotati

(2, 8 , 8 : nam et omnino supervacua erat doctrina, si natura suf­ ficeret) all'oratoria, che necessitava di spiccate doti intellettuali per lo studio non facile della retorica, con la quale si conqui­ stava il pieno dominio della parola. Rilevate quindi le doti personali e le motivazioni profonde di ciascuno, doveva essere cura del docente orientare gli interven­ ti e le metodiche educative ut propria naturae bona doctrina fa­ veren t et in id potissimum ingenia, qua tenderent, adiuvarentur (2,8,3). Con le nature non spiccatamente dotate si sarebbe usata una particolare strategia didattica, mirata ad orientarle secondo le loro possibilità: ita enim, quod salurn possunt, melius ejjìcient (2,8, 1 2). Quando però il discente avesse offerto la pur minima possibilità di ottenere un miglior profitto,

nulla dicendi virtus

omittenda est (2, 8 , 1 2). Al maestro di retorica era quindi affidato i l compito d i cor­ reggere gli ingegni boriosi, arricchire gli animi aridi, frenare le esuberanze, sollecitare le menti pigre, seguendo l'esempio Iso­ crateo, richiamato da Quintiliano83 nella scia di Cicerone84•

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8 2 2 , 8 , 7 namque erit a/ius historiae magis idoneus, alius compositus ad carmen, a/ius utilis studio iuris, ut nonnu/li rus fortasse mittendi. 83 1 0, 1 ,74 Ephorus, ut /socrati visum, calcaribus egei. 84 De orat. 3,36 maxime insigne illud exemplum, ut ceteras artes omitta­ mus, quod dicebat Isocrates doctor singularis se ca/caribus in Ephoro, con­ tra autem in Theopompo frenis uti so/ere: a/terum enim exu/tantem verborum audacia reprimebat, a/terum cunctantem et quasi verecundantem incitabat.

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Con uno scolastico esempio assunto dal campo della medici­ na85, Quintiliano sostiene che non

è però semplice, così come

accade nella diagnostica, trasmettere agli allievi tutte le osser­ vazioni e intuizioni quae sui cuiusque sunt ingenii (7, l O, l O); per­ ché nella complessa dinamica docere/discere, l'apprendimento avvenga, si richiede ai discenti di rispondere adeguatamente al­ le sollecitazioni dei docenti, amandoli al pari di genitori menta­ li86. In questa corrispondenza intellettuale risiede la possibilità di un completo e proficuo processo matetico, certamente inattuabi­ le in assenza delle dovute competenze nei docenti87, tenuti a cu­ rare esercitazioni88 didattiche non puramente teoriche, ma fon­ date su argomenti reali o attinti dal vero, senza cedere alla ten­ tazione di esibirsi in fatue quanto inefficaci declamazioni, lesi­ ve della dignità degli studi retorici89. Equilibrio, sensibilità, mi­ sura erano ancora le doti richieste per la scelta dei temi da pro­ porre come esercitazione e per i criteri da seguire nelle spiega­ zioni: i chiarimenti sulla traccia non dovevano essere del tutto esaurienti o, per converso, inadeguati. In entrambi i casi non avrebbero favorito l'inventiva degli allievi, tenuti a riflettere e a comporre seguendo l'assunto del tema. Dall' insieme di questi elementi risulta evidente la diversità tra l' impostazione di carattere filosofico-politico che permeava il programma educativo ipotizzato da Cicerone e questa, prevalen­ temente pedagogica, che sostanzia il progetto di Quintiliano. Nel­ la misura in cui il primo s' interroga sulla validità di una cultu-

8 5 Per l ' uso, la frequenza e la funzione retorica di questi esempi , si veda

quanto rilevato da l.

MASTROROSA, Medicina e retorica ne/l 'fnstitutio orato­ ria di Quintiliano, "Sileno" 1 -2, 1 996, 229 sgg. 86 2,9, I et parentes esse non quidem corporum, sed mentium credant. 8 7 8, prooem. , 3 eligat itaque peritus il/e praeceptor ex omnibus optima et tradat . . . sequentur enim discipu/i quo duxeris. 88 Si veda l ' approfondita disamina di L. CALBOLI MONTEFUSCO, Quinti/ian and the function of the oratorical exercitatio, "Latomus" 5 5 , 3, 1 996, so­ prattutto pp.6 1 7- 1 8 .

8 9 2, 1 2, I l non actores modo aliquos invenias, sed, quod est turpius, prae­ ceptores etiam, qui brevem dicendi exercitationem consecuti omissa ratione, ut tu/it impetus, passim tumultuentur.

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ra enciclopedica e, pur ritenendo imprescindibile lo studio della filosofia etica, si chiede inoltre se più della teoria fosse utile al futuro oratore la pratica forense, il secondo si preoccupa delle competenze dei maestri, pensando soprattutto all ' efficacia del lo­ ro insegnamento. Queste teorie, pur nella loro diversità, giungono ad integrarsi in un sistema che, equidistante dagli estremi della problematicità del l ' uno e del pragmatismo didattico dell' altro, concorrono (in­ sieme alla documentazione storica e politica dei tempi) a fornir­ ci una testimonianza completa circa i contenuti e l 'evoluzione della trasmissione del sapere retorico nella civiltà romana. Quintiliano in particolare richiama, ma con una diversa profondità pedagogica rispetto a Cicerone90 , l ' attenzione sul fat­ to che non fosse del buon maestro di retorica deflettere dal cor­ reggere i difetti di pronunzia, dal controllare che il discorso de­ gli allievi fosse armonioso in ogni sua parte; che la loro voce avesse la giusta impostazione, che la gestualità9 1 fosse rispon­ dente all 'espressione del volto; che si studiasse il tono con cui pronunziare l 'oratio e come esprimere i sentimenti per galva­ nizzare l 'attenzione degli ascoltatori (Inst. 1 1 ,3 ,9-70), evitando però in ciascuna di queste fasi di opprimere e, cosa più impor­ tante, di deprimere gli allievi92, tarpando il loro entusiasmo. Sul problema di ciò che è utile fissare a memoria, nel sotto­ lineare che ai principianti, oltre ad esercitarsi nello scritto, con­ viene soprattutto dimorare nel pensiero dei migliori, assimilan­ done profondamente i contenuti93, si compie un ulteriore passo nel l ' evoluzione del pensiero pedagogico, ammettendo la validità della lode per coloro che ben esercitati avessero dimostrato di aver saputo studiare e comporre94. 90

De orat. 3 ,2 1 6- 1 7; Orat. 55-60 e 86. Cfr. Cic. De orat. 3,220-24. 9 2 Inst. 5 , 1 3 ,44 et bonus praeceptor non minus laudare discipulum debet, si quid pro diversa quam si quid pro sua parte acriter excogitavit. 93 2, 7,2 ediscere e/ectos ex orationibus ve/ historiis aliove qua genere di­ gnorum ea cura voluminum locos multo magis suadeam. 94 2,7 ,5 permittendum quae ipsi scripserint dicere, ut laboris sui fructum etiam ex il/a, quae maxime petitur, laude plurium capiant. 91

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Sotto il profilo psicologico, oltre che didattico, si compiva an­ cora un impensabile balzo con il richiamare l ' attenzione sul fat­ to che si dovesse evitare il solo tentare ciò che non era possibi­ le fare e soprattutto il creare iniqui scambi di competenze, lesi­ vi della personalità95. Al di là di questi elementi, presenti in modo diverso nel pro­ gramma educativo di Cicerone, con il maestro spagnolo assume particolare rilievo psico-pedagogico lo studio della musica, non più finalizzato soltanto alla conoscenza dei metri e dei ritmi, ma funzionale piuttosto, per la sua intrinseca virtù terapeutica, al­ l ' affinamento dell' animo, come nel richiamato episodio di Pita­ gora riuscito a placare con la musica la violenza di alcuni gio­ vani (Jnst. l , l 0,32). Dali 'insieme di questi elementi appare evi­ dente l 'avvenuto passaggio da un sistema unidimensionale e pas­ sivo di trasmissione del sapere, fondata cioè sul l ' apprendimento mediato unicamente dal maestro e passivamente recepito dal di­ scente, a quello interattivo e pluridimensionale, che, all ' interno di un ' istituzione statalizzata, richiedeva da una parte la compe­ tenza e la responsabilità dei docenti e dall' altra l ' accertata pre­ disposizione degli allievi ali ' apprendimento e, fattore innovativo quanto pedagogicamente rilevante, la loro partecipazione al dia­ logo con il maestro e allo scambio di esperienze culturali e di scuola con i coetanei. In questa complessa interazione consisteva la condizione per il migliore processo educativo possibile, che, nella critica mos­ sa da Quintiliano alle modalità paideutiche della retorica allora attuate, era irrealizzabile quando gli insegnanti, pur non posse­ dendo le adeguate competenze, presumevano di essere all ' altez­ za dei loro compiti96, senza preoccuparsi di migliorare le loro 95 2 , 8 , 1 4 nam sunt haec duo vitanda prorsus: unum, ne temptes quod el­ fici non possit, a/terum ne ab eo, quod quis optime facit, in a/iud, cui minus est idoneus, transferas. 96 2, I l , l iam hinc ergo nobis incohanda est ea pars artis. ex qua capere initium solent qui priora omiserunt ; quamquam video quosdam in ipso sta­ tim /imine obstaturos mihi, qui nihil egere eius modi praeceptis e/oquentiam putent, sed natura sua et vulgari modo scho/arum exercitatione contenti ri­ deant . . . .

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conoscenze ed affinare la materia del loro insegnamento con un'assidua opera di aggiornamento. I giovani, a loro volta, che avessero studiato un solo manuale, non dovevano ritenere di aver conseguito piena capacità oratoria, in realtà irraggiungibile sen­ za multo labore, adsiduo studio, varia exercitatione, plurimis ex­

perimentis, altissima prudentia, praesen tissimo consilio (2, 1 3 , 1 5). Risulta evidente che la riflessione sui criteri d ' insegnamento dell ' arte retorica, per loro natura impliciti nella stessa paideia, sia stata in realtà sviluppata nell ' Jnstitutio oratoria in maniera più organica e consapevole di quanto non fosse accaduto in pre­ cedenza, come rilevabile dalla conclusione della prima esade del trattato 97. Ma, nella rinnovata elaborazione dei programmi, degli stru­ menti, dei modi e dei tempi utili all 'educazione non certo dell' orator, come realmente testimoniato oltre che delineato da Ca­ tone e soprattutto da Cicerone, ma soltanto del vir bonus dicen­ di peritus, trova la sua più lontana matrice la riflessione sulla di­ dattica, pur se esclusivamente attinente alla retorica, intesa im­ plicitamente come disciplina severa e rigorosa, avendo essa tut­ tavia per oggetto e per fine l ' arte del saper insegnare. Consistendo, però, l 'ars docendi nel saper mostrare e dimo­ strare, trasferendo ad altri le proprie acquisizioni, richiede di per sé scioltezza d ' eloquio e abilità persuasiva e, dovendo avvalersi continuamente di verba, di segni, di simboli e suoni, necessita anch 'essa non solo di capacità ermeneutiche, ma soprattutto di profonde competenze retoriche, funzionali a trasmettere un ade­ guato grado di apprendimento negli allievi. L'arte del docente, sostanziata di tecnica retorica, è quindi da impegnarsi nella didassi; la sua scienza, permeata di riflessione e approfondimento teorico, è da impiegarsi per converso nella ricerca didattica: alla prima concorrono le doti personali, alla se-

97 6,5, I l illud dicere satis habeo, nihil esse non modo in arando, sed in amni vita prius consilio, frustraque sine eo tradi ceteras artis, p/usque ve/ sine doctrina prudentiam qua m sine prudentia facere doctrinam. aptare etiam orationem /ocis, temporibus, personis est eiusdem virtutis.

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conda la dottrina; ma integrandosi vicendevolmente conseguono gli effetti migliori98. Concetto che, per essere stato sotto altra for­ ma ribadito99, rivela le autentiche convinzioni de li ' autore in fat­ to di didattica e retorica.

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Materia della didattica è quindi da considerare, sulla scorta della riflessione antica, tutto ciò che contribuisce ali ' arte del co­ municare, ossia alla migliore espressione della didassi ed al con­ seguimento de li' obiettivo primario, che è il potenziamento della personalità umana. Pertanto al di là delle acquisizioni teoriche si richiede al docente la capacità di trasmettere la sapienza attra­ verso l ' applicazione di un metodo di lavoro, di ricerca e di ap­ profondimento, fondato su alcune norme1 00, tanto elementari quanto imprescindibili e tuttora applicabili, per favorire il pro­ cesso matetico. Era tra queste d ' indiscutibile importanza la scel­ ta di un luogo e un "orario" adatti allo studio, che favorissero cioè il pensiero creativo, impedendo che distrazione e negligen­ za 1 0 1 , distogliessero l ' animo dalla concentrazione interiore e quindi dal i ' apprendimento.

98 lnst. 2 , 1 9,3 denique natura materia doctrinae est: haec fingit, illa fin­ gitur. nihil ars sine materia, materiae etiam sine arte pretium est, ars sum­ ma materia optima melior. 99 lnst. 7 , l 0,8 praeceptoris est in a/io atque a/io genere cotidie ostende­ re, quis ordo sit rerum et quae copula/io, ut paulatim fiat usus et ad similia transitus: tradi enim omnia, quae ars efficit, non possunt. 1 00 lnst. 1 0,3 ,22-23. 101 1 0,3 ,28 quam si tota mente in opus ipsum derexeris. nihil eorum quae oculis ve/ auribus incursant, ad animum perveniet.

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4. PSICAGOGIA E RETORICA NEL DE MA GISTRO DI SANT ' AGOSTINO

Dopo Quintiliano, soprattutto a partire dal secolo III e fino al VI, l ' interesse per la retorica diviene prevalentemente erudito e scolastico, per il diffondersi delle istituzioni educative ecclesia­ stiche, dove non costituisce più tanto l ' obiettivo paideutico pri­ mario, quanto una formale chiave di lettura per l 'utilizzazione dei classici, la cui interpretazione avveniva necessariamente se­ condo la visione cristiana. Grande fortuna spettò ancora a quei maestri di retorica, che continuarono a praticare i precetti cice­ roniani, piegandoli all 'uso scolastico, come Mario Vittorino, For­ tunaziano, Sulpizio e Caio Giulio Vittore, Aquila Romano, Giu­ lio Rufiniano, Giulio Severiano e Grillio Rutino, che trattò del ritmo nel discorso, oltre che l ' anonimo autore del Carmen de fi­ guris. Non meno trascurabile il fatto che la retorica costituisca ancora nel V secolo d.C. l ' argomento del quarto libro del l ' enci­ clopedico poema De Nuptiis di Marziano Capella. I primi scrittori e oratori cristiani adottarono le norme della retorica classica per propagandare la nuova fede. Di essa, con maggiore ingegno e profondità ermeneutica1 02, si avvalse Sant ' A-

1 02 Si veda, a questo proposito, L. ALFONSI, S. Agostino e la cultura clas­ sica, AA.VV. , Chiesa e Cultura, Atti della settimana agostiniana pavese, N . 6 , Papiae 1 977, 20 sgg. ; ed inoltre il puntuale contributo di C . R I G G I , S. Ago­ stino perenne maestro di ermeneutica, "Salesianum" 44- 1 982, 7 1 - 1 0 1 ; ed an­ cora J.M. GARC iA GONZÀLEZ, Et in principio verbum, "Helmantica" 49, 1 998, 329-89, che, esaminando la relazione esistente tra retorica e linguaggio reli­ gioso attraverso l 'uso e la funzione dei signa, degli argumenta e degli exem­ pla ' en Sancti A ugustini In Joannis Euangelium Tractatus ' , dimostra come le

risorse retoriche siano funzionali alle peculiarità del discorso religioso; e si vedano infine A . BozzOLO,

L 'ermeneutica di Agostino: teoria e prassi inter61

gostino, per gettare le basi della precettistica finalizzata alla pre­ dicazione, come nel De doctrina Christiana, e per spiegare la Scrittura. La retorica, quindi, piuttosto che suggerire una mera tecnica di forbitezze stilistiche e raffinatezza ritmica, costituisce per Sant 'Agostino una chiave per l 'interpretazione dei monu­ menti filosofico-letterari classici e cristiani ed indica un metodo per l 'organizzazione interdisciplinare del sapere nel solco del­ l' enciclopedismo romano. Rientrando inoltre n eli ' ambito forma­ tivo ed educativo della spiritualità, la retorica schiude la via al­ la filosofia e consente l ' accesso alle verità rivelate. L'autore ritenuto più significativo per la sua vis speculativa nel l ' enucleare le problematiche filosofiche era Cicerone, in quan­ to maestro tra i classici di quella sapientia 1 03 , che per Sant 'A­ gostino conduce alla fede, su cui scientia e doctrina si fondano. Studioso appassionato de11 'Hortensius 1 04 e profondo conoscitore delle norme retoriche, Agostino se ne avvale soprattutto nell 'o­ miletica a scopo evidentemente psicagogico oltre che divulgati­ vo della dottrina cristiana. La retorica pertanto diviene elemenpretativa, AA.VV. , Dum docent discunt, a cura di G . Proverbio, Bologna 2000, 249- 6 1 e F. VAN FLETEREN, Algunos principios olvidados de hermenéutica agustiniana, "Avgvstinvs" 46, 200 1 , 346-59. 1 03 Esplicativo in proposito J . A . DOULL, i Que es la sapientia agustinia­ na ?, "Avgvstinvs" 36, 1 99 1 , 8 1 - 8 8 ; ed ancora per l ' influsso del l ' Arpinate sul Santo, lo studio di T. BAI ER, Cicero und Augustinus, "Gyrnnasium" 1 09, 2 , 2002, 1 2 3 - 1 40.

1 04 Sul contributo di Agostino alla conoscenza di quest' opera non perve­

nutaci fondamentale il riesame del GRILLI, ed. cit. , 1 3 9-74; per l ' influsso eser­ citato da Cicerone nella formazione retorica del Santo, basilare M. TESTARD, Saint Augustin et Ciceron, Pari s, 1 95 8 , soprattutto p.2 1 7 ss., ed ancora lo stu­ dio di G. WEHR, Aurelius Augustinus, trad. it., Palermo 1 98 6 , in particolare pp.9- 1 2 , dove il pensiero di Agostino è considerato come un ' ponte gettato tra l ' antichità e il Cristianesimo ' ; sulla frequentazione della mistica pitagori­ ca negli anni precedenti la conversione, si veda W. H. C. FREND, Pitagori­ smo y Hermetismo en /os anos ocultos de Agustin, "Avgvstinvs" 3 6, 1 99 1 , 1 07- 1 8 ; sul pensiero del Santo rispetto alla cultura antica, imprescindibile i l

San Agustin y la cultura, "Revista Agustiniana" 3 6- 1 995 , Retorica, conversione. in­ troversione: su alcuni aspetti dello stile di Agostino, "BollStudLat" 1 999- 2 , saggio di P . LANGA,

3 - 3 3 ; in rapporto alla retorica, quello di B. P IER ! ,

5 2 3 -40.

62

to di congiunzione non solo tra res e verba, ma soprattutto fra scientia dicendi e metodo interpretativo, mediante le ricerche su­ gli schemi non come forme seriali, ma come strumenti atti ad esprimere contenuto ed emozioni del l 'auctor. Lo studio del À.oyoç, come rivelazione attraverso il linguag­ gio, pur nella sua convenzionalità, è quindi fondamentale nel­ l ' indagine speculativa che Agostino introduce, delineando una storia della parola e delle scienze ad essa attinenti nel De ordi­ ne 1 05, ma che sviluppa problematicamente nel De magistro ( 1 4,46), dove rileva che la parola, come tutta l ' organizzazione del linguaggio, attraverso i fonemi veicolari dei significati, co­ stituendo l 'unico mezzo di comunicazione, riesce a trasmettere per la sua limitatezza solo una minima parte del pensiero. Que­ sta limitazione, pur ridimensionando sostanzialmente l ' impor­ tanza assegnata dai teorici precedenti ali 'antica oratoria, implica però la necessità di dover discernere il vero dal falso e di far uso della retorica (De ordine 2, 1 3 ,38) per organizzare verba e sermones in modo da guidare le menti non alla verità delle res per ciò che sono, ma al loro dover essere, cioè alla loro idea. Si comprende da ciò che Agostino attribuiva al linguaggio minor valore di quanto ne avessero assegnato gli Stoici : nella sua vi­ sione esso doveva superare l ' antitesi platonica sensibilia/intelli­ gibilia e ricomporre, n eli ' eco di S. Paolo, l ' opposizione carna­ lia/spiritualia 1 06 , per condurre alla saggezza inalterabile che di105 Come rilevato da M . B ETTETINI nel l ' introduzione ad AGOSTINO, Ordi­ ne, musica, bellezza, (a cura), Milano 1 992; e ancora, a cura della stessa, nel­ le note di commento (pp . l 73 -98) oltre che nel l ' introduzione a I D . , Il maestro e la parola, Milano 1 993; richiamato inoltre da A. PI ERETTI, Il Maestro (a cu­

ra) Milano, 1 990, secondo cui occorre 'riconoscere che vi è una continuità non solo !ematica, ma anche d ' impostazione tanto fra

l ' Ordine e i l Maestro,

quanto fra quest ' ultimo e gli scritti successivi ' (p . 3 1 ). Non da ultimo, sotto­ l ineato nei contributi di S . FAGARAsANU- M c DO NNELL , San Agustin y la cue­ stion del origen de las palabras, e di C . D . LASA, Interioridad y palabra en San Agustin de Hipona, entrambi in "Avgvstinvs" 46, 200 1 , rispettivamente alle pp .45-53 e 5 5 - 8 3 . 1 06 S i veda l ' approfondita trattazione di K.FLASCH, Agostino d 'Ippona. In­ troduzione al/ 'opera _filosofica, trad. i t. C. Tugnoli, Bologna 1 9 8 3 , l 04-06, ed ancora il basilare contributo di M. F. WAGNER,

Augustine s Neoplatonic Cri-

63

mora in ciascuno e che si esprime attraverso la voce del maes­ tro interiore, evocata da quello esterno, la cui funzione è da con­ siderarsi semplicemente propedeutica all ' atto interiore del com­ prendere. Muovendo da questo presupposto Agostino rivoluzio­ na il pensiero educativo precedente e sviluppa una pedagogia an­ tiautoritaria, non più fondata sul Àoyoç socratico, ma sul verbum divino, rispetto a cui ogni linguaggio e attività di mediazione è da ritenersi se non superflua certamente riduttiva. Resta però il fatto che il verbum divino può essere evocato dalla capacità co­ municativa e dialogica del maestro esterno mediante quell'atto d ' amore intellettivo che solo può essere inteso da chi ama1 07• La parola, pertanto, diviene strumento e veicolo sapienziale quando scaturisce da ispirazione divina. Le scienze che la ri­ guardano, grammatica, retorica, dialettica, non solo costituisco­ no le vie che conducono al divino, ma presuppongono soprat­ tutto l ' impegno e la presenza di colui che, nell 'atto di leggere o ascoltare un testo, ne diviene ermeneuta e mediatore, guidando

tique of language, "Avgvstinvs" 39, 1 994, 563-77; oltre che l ' i lluminante sag­ gio di N . CIPRIAN I , Sul/a fonte varroniana delle discipline liberali nel DE OR­ DINE di S.Agostino, "Augustinianum" l , 2000, 203-24, specialmente il pa­ ragrafo 1 .2. Arti liberali e ascesa dal corporeo all 'incorporeo (pp.2 1 0- 1 5), dove lo studioso, confutando la tesi della Hadot, secondo cui l ' argomento de­ cisivo per escludere l ' i potesi di una fonte varroniana del

De ordine sarebbe

il carattere neoplatonico del suo schema fondamentale, giunge, attraverso l ' e­ same di testimoni come Filone di Larissa e Sesto Empirico, a ritenere che già prima del 'Neoplatonismo lo schema filosofico a corporalibus ad incor­ poralia fosse praticato dai Neopitagorici e che Varrone potesse conoscerlo e descriverlo in una delle sue tante opere ' . 1 07

Saint Augustin e t le désir de dieu, coli. Études 1 982, nel par. I "Nul ne saurait aimer ce qu'il ignore totalment", richiamandosi al De magistro oltre che al De Trinita/e e al De doctrina Christiana. afferma come l ' utilizzazione del linguaggio, strumento anche del l ' appetitus inveniendi. permetta in definitiva la comunicazione e la socializzazione; e ancora G. BESC H I N , S. Agostino, il significato dell 'amore, Roma 1 98 3 , 1 27-3 1 , pensando a quanto l ' uomo oggi sia angosciato dalla mi­ Non a caso l. BoCH ET,

Augustiniennes, Paris

naccia del l ' incomunicabilità e quanto incida l ' amore nella comunicazione e comprensione interpersonale, si richiama al

De magistro 1 1 ,3 8 , per segnala­

re l ' importanza pur criticamente assegnata da Agostino al linguaggio e alla parola.

64

5. C icerone, Opere varie, minia­ tura da un codice membranaceo del sec. XIV.

·

6. C icerone. Orationes. m i n i atura d a u n c o d i c e membranaceo del sec. XV.

7. S a n t · A g o s t i n o . D e C h · i t a t l' /Jt·i. d i sputa tra ange l i e demon i .

X. C i c e ro n e . Orationcs ni i :�iat u ra m e m hranacu 4 u a t t ro c .: n 1 .:. x : t .

l 'uditorio a passare dalla percezione sensibile dei segni e dei suo­ ni alla conoscenza intellegibile dei significati ad essi sottesi e quindi ali 'intuizione del senso celato e alla comprensione per fi­ dem delle verità trascendenti 1 08. Nel periodo milanese (3 8 7) Agostino aveva pensato, sul l ' e­ sempio di Varrone 1 09, ad un' enciclopedia delle arti liberali, componendo il De grammatica, che, pervenuto in frammenti , come i Principia dialecticae, i Principia rhetorices 1 1 0 e le Ca­ tegoriae decem ex A ristotele decerptae, non consentono di ri­ costruire pienamente il suo pensiero. Esso, però, soprattutto per quanto attiene ai problemi di metodo e matetica, è arguibile dal dialogo dedicato al figlio Adeodato, il De magistro, elaborato a Tagaste (3 8 9) in un peri odo di solitaria concentrazione mo­ nastica. In quest' opera Agostino approfondisce in maniera finemente psicagogica la problematica connessa alla semiotica del linguag­ gio e intrinsecamente sottesa alla didattica, manifestando, con una consapevolezza diversa da chi lo aveva preceduto in questo tipo di riflessioni teoriche1 1 1 , un pensiero straordinariamente innovati­ vo non solo per la sua epoca. La teoresi agostiniana muove da quel sottile confine in cui la logica diviene necessariamente se­ miologia e richiama l ' attenzione sul linguaggio. Il segno, che suc­ cessivamente troverà la sua definizione più precisa nel De doctri-

1 08

N . C IPRIAN I ,

Rivelazione cristiana e verità in S.Agostino, "Augustinia­

num" 2 , 200 1 , 477-50 8 , precisando che (p.493) ' per il vescovo d ' Ippona non c ' è soltanto un 'illumina/io per speciem (visione), ma anche una illumina/io

per fidem, giacché "in fide et vidimus et cognovimus" , sottolinea la profon­ da differenza che separa sul piano gnoseologico il convertito cristiano dai fi­ '

losofi platonici. 109 Come rilevato da P. D ' A LESSANDRO, Agostino, Claudiano Mamerto. Cassiodoro e i Disciplinarum libri di Varrone, "MOfl:A" Scritti in onore di

Giuseppe Morelli, Bologna 1 997, p . 3 5 9 . 1 10

Sulla cui autenticità, nel solco del Crecelius, del Reuter, del Riposati,

del Barwick, si è favorevolmente espresso R. GIOMINI, A. Augustini Rhetorica " in " Stud. Lat. e I tal . " Roma, IV 1 990 , pp. 8, 1 1 - 1 3 . 111

"De

Soprattutto rispetto a Quintiliano, come puntualizzato da MELZAN I,

L 'attenzione . . . , Aspetti . . . , 222-23 . 65

na Christiana 1 1 2 , è identificato con ciò che può significare qual­ cosa e, nel contempo, rinvia ad altro da sé, per il fatto che colui che lo usa e/o lo trasmette induce chi lo riceve, e/o lo ascolta, a pensare. Agostino afferma in tal modo la natura triadica del si­ gnificare e del comunicare: gli interlocutori, la res indicata dal se­ gno, il segno stesso. I segni nel De doctrina Christiana 1 1 3 sono distinti in ' naturali ' , quelli cioè che fanno conoscere qualcosa di altro a partire da sé e ' intenzionali', quelli che ci si scambia tra gli umani, per manifestare emozioni, sentimenti e pensieri. I se­ gni costitutivi del l 'espressione verbale divengono pertanto stru­ mento e mezzo di comunicazione. Malgrado Agostino non giun­ ga a spiegare esplicitamente il meccanismo mentale per il quale in colui che percepisce il segno si costituisca il significato, riesce tuttavia a collegarlo ai processi mnemonici 1 14, che comprendono le funzioni della conoscenza e consentono l ' accesso alla verità 1 1 5 • Percezione e memoria sono quindi le condizioni essenziali e im­ prescindibili per rendere intellegibile la comunicazione, pur attra­ verso la convenzionalità di signa e verba, ed innescare le capa­ cità sapienziali che conducono alla verità assoluta, impressa ab ae­ terno nell 'interiorità di ciascuno, la cui anima nel cercare se stes­ sa in realtà non cerca che Dio, evocandone la memoria. Ma al Santo d ' Ippona, che aveva parlato molto della scuola criticandone i metodi e le scelte dei programmi 1 16, interessava 1 1 2 2 , 1 de signis disserens hoc dico, ne quis in eis adtendat, quod sunt, sed potius, quod signa suni, id est, quod significant. 1 1 3 2, 1 ,2 Signorum igitur alia suni natura/ia, alia data. Naturalia sunt, quae sine voluntate atque u//o appetitu significandi praeter se aliquid a/iud ex se cognosci faciunt, sicuti est fumus significans ignem. 1 1 4 Mag. 1 ,2 Recte inte//egis; simul enim te credo animaduertere, etiamsi quisquam contenda/, quamuis nu//um edamus sonum. /amen quia ipsa uerba cogitamus. nos intus apud animum loqui, sic quoque locutione, nihi/ aliud agere quam commemorare. cum memoria cui uerba inhaerent, ea reuoluen­ do, facit uenire in mentem res ipsas quarum signa sunt uerba. 1 1 5 Esplicativa a tal proposito l ' articolata analisi di PIERETTI, Linguaggio e verità interiore nel De magistro, "Avgvstinvs" tomus alter, theologica, Ma­

drid 1 994, 3 8 9-99. 1 1 6 C fr. Confessiones, 1 , 1 4-

. . . nulla enim verba il/a noveram et saevis ter­ roribus ac poenis, ut nossem, instabatur mihi vehementer. Nam et latina ali-

66

trasmettere una paideia pervasa di fede con l ' applicazione di una diversa metodica educativa, che, fondata come si è visto sul­ l ' antiautoritarismo, inducesse, attraverso l 'evocazione del verbo divino, alla ricerca della verità trascendente1 1 7, per sostituire con una doctrina Christiana la cultura pagana. Conscio però del l ' ar­ ricchimento ricevuto da questa sia sotto il profilo letterario con Cicerone, Varrone, Virgilio, Sallustio e Terenzio, sia sotto il pro­ filo filosofico con Aristotele, Platone, Porfirio, Plotino, autori che considerava imprescindibili per la tradizione del sapere, Agosti­ no riteneva necessario soprattutto il sapere retorico distinto ma non disgiunto da quello filosofico, senza il quale non sarebbe stato praticabile l ' accesso alla teologia. Indagando pertanto sulla metodica educativa e relativa mate­ tica, il Santo, nel solco della logica stoica1 1 8, precisa che il fine della comunicazione interpersonale attraverso il linguaggio non può che essere o l ' insegnamento o l 'apprendimento, reso possi­ bile solo mediante il dialogo che si svolge tra colui che interro­ ga e colui che risponde1 1 9•

quando infans utique nulla noveram et tamen advertendo didici sine ullo me­ tu atque cruciatu inter etiam blandimenta nutricum et ioca adridentium et /aetitias a/ludentium. . . . hinc satis e/ucet maiorem habere vim ad discenda ista liberam curiositatem quam meticulosam necessitatem; 1 7 proponebatur enim mihi negotium animae meae satis inquietum praemio laudis et dedeco­ ris ve/ p/agarum metu, ut dicerem verba Iunonis irascentis et do/entis, quod non posset Italia Teucrorum avertere regem, quae numquam Iunonem dixis­ se audieram; 1 8 quid autem mirum, quod in vanitates ita ferebar et a te, deus meus, ibam foras, quando mihi imitandi proponebantur homines, qui aliqua facta sua non ma/a si cum barbarismo aut soloecismo enuntiarent, reprehensi confundebantur, si autem libidines suas integris et rite consequentibus verbis copiose omateque narrarent, /audati gloriabantur? 1 1 7 S i veda in proposito L. R E Y ALTUNA, La verdad trascendente y la di­ dactica del Agustinismo. "Avgvstinvs" tornus alter, theologica, Madrid 1 994, 43 1 -50. 1 1 8 Su cui in realtà si fonda il suo pensiero paideutico, come dimostrato

da A. TRAPÉ, Sant 'Agostino, Il maestro, Nuova Biblioteca Agostiniana, Ro­ ma 1 992 2 , nell ' introduzione, pp. 7 1 5 - 1 8 . 1 1 9 Mag. 1 , 1 -3 Aug. Quid tibi uidemur

ejjìcere ue/le cum /oquimur? Ad. Quantum quidem mihi nunc occurrit aut docere aut discere. Aug. Vnum ho­ rum uideo et assentior: nam /oquendo nos docere uelle manifestum est; di67

L' abilità linguistica e comunicativa del docente costituisce qui, e in maniera più netta e profonda che in Quintiliano, la condizione essenziale della paideia, intesa come capacità di edu­ care, fornendo gli elementi per lo sviluppo mentale ed il po­ tenziamento del pensiero degli interlocutori e/o discenti, dotati di un adeguato grado d ' i nteresse e di curiosità. Il sistema primario di mediazione culturale è quindi il lin­ guaggio 1 2 0 , grazie al quale, non solo si può trasmettere il sape­ re tradizionalmente inteso, ma s ' insegna e soprattutto si stimola alla rievocazione, contribuendo ali ' arricchimento interiore e al­ l 'approfondimento intellettuale, entrambi fondamentali oltre che nel processo matetico anche per l ' affinamento critico ed esteti­ co. La comunicazione resa possibile dall 'uso logico e conse­ quenziale dei segni (semiotica 1 2 1 ) e dei significati (semantica) consegue efficacia didattica se fondata sul metodo, inteso come funzione e disciplina mentale, tale cioè da produrre l ' apprendi­ mento mnemonico e matetico. Poiché la comunicazione paideutica, pur avvalendosi neces­ sariamente della semiotica, è tuttavia soggetta al rischio che i se­ gni ed il loro insieme non siano rettamente intesi, in quanto non prioritari ai fini della conoscenza nei confronti dei significati, per

scere autem quomodo ? Ad. Quo tandem censes nisi cum interrogamus? L'at­ tualità di questa concezione è dimostrata dal fatto che ad essa si sia richia­

Dialogo sul metodo, trad. it., Bari 1 989. Mag. 1 , 1 ,4 At ego puto esse quoddam genus docendi per commemo­ rationem, magnum sane, quod in bac nostra sermocinatione res ipsa indica­ bit. Sed si tu non arbitraris nos discere cum recordamur nec docere i//um qui commemora/, non resisto tibi et duas iam loquendi causas constituo, aut ut doceamus, aut ut commemoremus uel alias uel nos ipsos. 1 2 1 Mag. 2,3 ,6-7 Nimis quidem urges, sed quando non habemus quid si­ gnifìcemus, omnino stulte uerbum aliquod promimus; tu autem nunc mecum loquendo credo quod nu//um sonum frustra emittis, sed omnibus, quae ore tuo erumpunt signum mihi das ut aliquid intel/egam. Quapropter non te opor­ tet istas duas syllabas enuntiare dum /oqueris, si per eas non signifìcas quic­ quam. Si autem uides necessariam per eas enuntiationem fieri nosque doce­ ri ue/ commoneri, cum auribus insonant, uides etiam profecto quid uelim di­ cere, sed exp/icare non possum. mato P. K . FEYERABEND, 1 20

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innescare la comunicazione occorre l ' intelligenza dei concetti in­ dicati dalle parole1 22. Consequenzialmente, per avviare i proces­ si di apprendimento, i significati sono più importanti dei segni; l 'uso, la conoscenza diretta di quanto s ' intende designare o tra­ smettere più di quella dei segni 123• Possiamo dire che semiotica e semantica restavano nel pensiero di Agostino, ugualmente in­ dispensabili nella comunicazione, come nella didassi, per il fat­ to che non si può trasmettere nulla senza usare segni e parole, malgrado i l imiti della loro funzione1 24• Sotto il profilo psicologico, perché l ' apprendimento avvenga occorre, come avverte Agostino 1 2S, sviluppando il pensiero di Isaia1 26, che il processo intellettivo e conoscitivo sia anche so­ stenuto dalla fides, ossia dalla predisposizione a credere in ciò che si desidera conoscere, per averne realmente scienza. Si comprende da ciò che il metodo psicagogico, pitagorica­ mente inteso, consegue efficacia matetica1 27, solo con la capa-

1 22 Mag. 8,22,32 . . . sermocinari nos omnino non posse, nisi auditis uerbis ad ea feratur animus quorum ista sunt signa. Su quanto ciò sia stato deter­

minante per l ' evoluzione del pensiero contemporaneo si veda E. PIACENZA,

El De magistro de san Agustin y la semimtica contemporanea, "Avgvstinvs" 37' 1 992, 45- 1 03 .

1 2 3 Mag. 9,26,37 . . . uides profecto, quanto uerba minoris habenda sint quam id propter quod utimur uerbis, cum ipse usus uerborum iam sit uerbis anteponendus: uerba enim sunt ut his utamur; utimur autem his ad docen­ dum. Quanto est igitur me/ius docere quam loqui, tanto me/ior est quam uer­ ba locutio. Multo ergo melior doctrina quam uerba. 1 24 M ag. I l ,3 6,45 uerba . . . admonent tantum, ut quaeramus res, non exhi­ bent, ut norimus. 1 25 Mag. 1 1 , 3 7 ,47 Quod ergo intel/ego, id etiam credo; at non omne, quod credo, etiam intel/ego. Omne autem quod intellego, scio: non omne, quod cre­ do, scio. 1 26 7,9 : nisi credideritis, non intellegetis. Questo problema viene però ap­ profondito da Agostino nel De uti/itate credendi, dove è ripresa un ' argomenta­ zione scettica già delineata da Cicerone, come richiamato da P.G. KENDEFFY, Un argument sceptique chez Cicéron et chez Saint Augustin "Acta.class.Univ.Debr." 3 1 - 1 995 , 1 1 5-24, anche in relazione al De magistro (p. l l 9). 1 27 M ag. 1 1 , 3 8 ,47 De uniuersis autem, quae intel/egimus, non loquentem, qui personal foris, sed intus ipsi menti praesidentem consu/imus ueritatem, uerbis fortasse ut consulamus admoniti.

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cità di rielaborazione interiore da parte dell' ascoltatore e di­ scente. L'azione intellettiva presuppone però che il pensiero si volga alla "verità interiore", intus-legere 1 28 , e alle immagini conserva­ te dalla memoria1 29• Il linguaggio, infatti, pur consentendo la co­ municazione sul piano verbale, non sarebbe da solo sufficiente ad insegnare, a trasmettere la conoscenza, per il fatto che dalle parole, limitate e condizionate da oggettive difficoltà, sia del l ' e­ mittente che del ricevente1 30, non si potrebbe in realtà appren­ dere nulla. Pertanto, nella comunicazione occorre ricordare che la comprensione attraverso il linguaggio è sempre soggettiva ed alterabile, anche per l ' eventuale disattenzione dell ' interlocutore o del l 'uditore. Da ciò, secondo Agostino, l 'impossibilità che si verifichino i processi di apprendimento attraverso il semplice ascolto dell ' eloquio 1 3 1 • Per apprendere occorre essenzialmente fi­ des o, meglio ancora, l ' intellectus fide i, che consente la pene­ trazione ermeneutica della verità divina e, mediante un proces­ so anagogico, la contemplazione dell'intelligenza superiore. Gli interlocutori possono quindi soltanto essere stimolati, mediante il dialogo e l ' educazione lingu istica, all ' apprendi­ mento, alla ricerca, alla rievocazione della verità, alla scoper­ ta, allo sviluppo e ali ' affinamento delle potenzialità interiori 1 28

Simili sul piano etimologico, i termini intellettivo ed interiore, jeriva­

ti da

intus. Per intellego va ricordata l ' esplicativa attestazione di Quintiliano, Inst. , 1 0 , 1 , 1 3 : Nam et "intellego " et "sentio " et "video " saepe id valent quod "scio ". Su li ' uso, la presenza e il collegamento a mens e ratio di questi ter­ mini in S ant ' Agostino si veda ancora l ' accurata indagine di R. FERRI, Mens, ratio e intellectus nei primi dialoghi di Agostino, "Augustinianum" 3 8 , 1 998, 1 2 1 - 1 5 6.

1 29 Mag. 1 2,39,48 . . .lta illas imagines in memoriae penetralibus rerom an­ te sensarom quaedam documenta gestamus, quae animo contemplantes bona conscientia non mentimur, cum loquimur. no Mag. 1 3 ,42 , 5 1 .facile inte/legas non modo non aperiri, uerom etiam occultari animum uerbis. 131 Mag. 1 3 ,4 5 , :) 3 sed ecce iam remitto atque concedo, cum uerba eius auditu, cui nota sunt, accepta foerint, posse il/i esse notum de his rebus quas signifìcant loquentem cogitauisse; num ideo etiam, quod nunc quaeritur, utrom uera dixerit, discit? . .

70

impresse loro ab aeterno, dali " i ntelligenza' che, nella conce­ zione agostiniana, non solo regola l 'universo, ma è condizione essenziale di ogni umano processo cognitivo ed evolutivo. L 'ars dicendi atque docendi presuppone quindi nel maestro la capacità psicagogica di educare e di stimolare ai diversi saperi, nel tentativo d ' instaurare un rapporto paideutico e matetico di­ retto e spontaneo, che, aldilà di ogni possibile esemplificazione mediata da un insieme di segni, nel riuscire ad evocare la me­ moria del sapere, susciti i reattivi mentali dell ' apprendimento, come nella conclusione tratta da Adeodato, Mag. 1 4,46,54-55:

Ego uero didici admonitione uerborum tuorum, nihil aliud uerbis quam admoneri hominem ut discat, et per­ parum esse quod per locutionem aliquanta cogitatio lo­ quentis apparet; utrum autem uera dicantur, eum doce­ re solum, qui se intus habitare, cum foris loqueretur, ad­ monuit, in cui è possibile cogliere l ' avvenuta metamorfosi della retorica, che da obiettivo primario dell 'insegnamento è divenuta mezzo di una paideia permeata della nuova fede. Antitetico al relativismo e allo scetticismo del pensiero anti­ co, come ben rilevato dal Wagner1 32, questo di Agostino schiu­ de alla retorica, alla linguistica e alla trasmissione del sapere l ' e­ sperienza dell "ulteriore ' , che trascende la matetica sensibilmen­ te intesa e presuppone un più alto tipo di conoscenza intellegi­ bile, che conduce ad una profonda sapienza e quindi alla felicità mentale. Per comprendere però quale in realtà fosse la conce­ zione maturata da Sant' Agostino intorno alla sapientia, occorre esaminare quanto successivamente attestato nel De Trinitate, composto come il De doctrina Christiana negli anni tra il 396 e il 400, in una fase cioè più avanzata di ricerca interiore e in­ tellettuale.

1 32

San Agustin y el escepticismo, "Avgvstinvs" 3 7 , 1 992, 1 05-43 . 71

Richiamandosi alla tradizione neotestamentaria di Paolo ( l Cor. 1 2 ,8), pur ritenuta inesaustiva e pertanto integrata da quel­ la veterotestamentaria rinvenuta nel libro di Giobbe (28,28), il Santo, nel De Trinitate 1 33 . non solo enuclea l 'intrinseca diffe­ renza esistente tra scientia e sapientia, ma, e soprattutto, evi­ denzia che alla sfera della sapientia appartiene il presente, ed ancora che oltre alle intellegibiles incorporalesque rationes esi­ stono etiam ipsae utique intellegibiles, non sensibiles, attingibi­ li solo da quegli intelletti, i quali, educati dalle discipline che af­ finano l ' anima, ne affidano il pensiero alla memoria. Per spie­ gare ciò Agostino si avvale del l ' esempio di quel che accade quando si coglie il ritmo di un'armonia, che scorre, ma come immobile, al di fuori del tempo, in una specie di segreto e profon­ do silenzio, alla quale però riesce di pensare fin quando la si può udire, e nondimeno quanto di ciò ha trattenuto lo spirito, depo­ sitandolo nella memoria, lo si potrà evocare con il ricordo e, quand 'anche la dimenticanza l ' avesse completamente cancellato, farlo divenire conoscenza metodica1 34. Giunge così al vertice la speculazione paideutica agostiniana che, già anticipata e delineata nel De magistro, ha dischiuso al pensiero successivo una più completa visione delle discipline che attengono alla linguistica e alla retorica e che, se favorite dalla capacità mnemonica e dalla tecnica evocativa del maestro esterno, consentono di riascoltare il magister interiore, senza il quale è impossibile pervenire alla felicitas mentale. 1 33 1 2 , 1 4,22 Dista/ tamen ab aeternorum contempla/ione actio qua bene uti­ mur temporalibus rebus, et il/a sapientiae, haec scientiae deputatur. . . . sicut et Apostolus /oquitur . . . tamen ubi dici/: A/ii quidem datur per Spiritum sermo sapientiae, a/ii senno scientiae secundum eumdem Spiritum; haec utique duo sine dubita/ione distingui/, licei non ibi explicet quid intersit, et unde possit utrumque dignosci. Verum Scripturarum sanctarum mu/tip/icem copiam scru­ tatus, invenio scriptum esse in libro Iob, eodem sancto viro loquente: Ecce pie­ las est sapientia; abstinere autem a malis scientia est. In hac differentia intel­ /egendum est ad co.1templationem sapientiam, ad actionem scientiam perline­ re. Il testo è della "�'< uova B iblioteca Agostiniana, Roma 1 9872, che lo riprende dall ' edizione Maurina confrontato con quello del Corpus Christianorum. 1 34 De trin. 1 2 , 1 4,23 rursus doctrina duce ad id venietur quod penitus ex­ ciderat, et sic invenietur ut era/.

72

5. LE METAMORFO S I DELLA RETORICA

Da quest' indagine si può rilevare che nessun mutamento è mai avvenuto all ' interno di un programma culturale in modo avulso dalle metamorfosi retorico-linguistiche e dalla speculazione filo­ sofica e neppure in modo autonomo dalle finalità politiche del tempo, ed ancora e soprattutto senza tracciare un fertile solco per gli studi posteriori. In particolare la speculazione di Agostino, astraendosi dal­ l ' antica normativa retorico-linguistica-grammaticale, riesce a fo­ calizzare, soprattutto nel De magistro, la problematicità insita nel binomio pensiero/linguaggio -e nel corrispettivo semiotica/se­ mantica-, schiudendo un profondo e complesso campo d ' indagi­ ne agli studi posteriori di linguistica, di semiotica e di metodo­ logia didattica. Al centro del problema posto dal Santo era la credibilità che, sotto il profilo comunicativo e matetico, si pote­ va riconoscere al sistema di riflessione linguistica e metalingui­ stica elaborato dal l ' antica speculazione filosofica. Ponendo in di­ scussione le acquisizioni della linguistica tradizionale e della lo­ gica aristotelica, Agostino non solo manifesta profonde perples­ sità sulla lingua intesa come sicura rappresentazione delle strut­ ture del pensiero, ma sviluppa anche una critica serrata sul va­ lore oggettivo dei significanti e dei significati, fornendo alcuni presupposti per le teorie linguistico-grammaticali di età moder­ na e contemporanea. B asti vedere che nella seconda metà del ' 600 C. Lancelot e A. Arnauld hanno sviluppato un metodo glottodidattico, fonda­ to sulla struttura logica della ragione1 35 , dal quale è scaturita

1 3 5 Esposto n e l l a

Grammaire generale et raisonnée, apparsa n e l 1 660. 75

l ' omologia tra logica e linguaggio e quindi tra giudizio e pro­ posizione. Va ancora ricordato che nei trattati del XVII e XVIII secolo, ispirati soprattutto alla pedagogia di Comeniu, teoria e prassi dell ' insegnamento linguistico si fondevano in un unico binomio, che solo in tempi a noi più vicini l 'applicazione del metodo stori co-comparativo 1 36 ha scisso, generando una frattu­ ra tra la linguistica intesa come scienza pura e la pratica di­ dattica. In breve, di seguito a ciò, le problematiche attinenti alla teo­ ria della sintassi hanno ceduto il passo alla ricerca incentrata sul­ la forma delle parole, come suggerito da F. de Saussure1 37, fino a quando L. Tesnière 1 38 -secondo cui elemento costitutivo della sintassi era la ' connessione' che anima dal l ' interno l 'organizza­ zione del linguaggio pur senza coincidere necessariamente con la sua morfologia1 39-, non ha evidenziato quanto fosse prima ri­ duttiva la concezione affatto morfologica della sintassi. La necessità della funzione dei complementi oltre che del sog­ getto per la comprensione del l 'enunciato è stata in seguito di­ mostrata da H. Happ 140 , che ha perfezionato la concezione e il modello di Tesniére, finalizzandolo prevalentemente all ' insegna­ mento e apprendimento della lingua latina. Dopo di lui C.J. Fil­ lmore 1 4 1 , precisando che a generare l 'organizzazione profonda della frase è proprio la semantica, ha permesso di cogliere non

1 36 Per un approfondito ed analitico esame dell ' intera questione si veda G.

GARBUGINO,

Analisi logica. linguistica moderna e didattica del latino,

"Bol­

lStudLat" 2, 1 995, soprattutto pp. 5 8 8-89.

137 Corso di linguistica generale,

trad. it. T. De Mauro, Roma-Bari 1 99 1 7,

1 49 ss. 1 38

Eléments de syntaxe structurale, Paris 1 959, 1 8 ss. 1 3 9 Quanto ciò abbia inciso sulla comprensione delle lingue classiche è sta­ La linguistica moderna e il latino. I casi, Bo­ Problemi di grammatica latina, "Auf. Und Nied. Der Rom . Welt"

to puntualizzato da CALBOLI, logna 1 97 5 2 ;

Il 29, 1 , Berlin-New York 1 98 3 , 1 - 1 7 7 . 1 40

Grundfragen einer Dependenz-Grammatik des Lateinischen,Giittingen

1 976, 69 ss. 14 1

Il caso del caso

in

Gli Universali della teoria linguistica

E . Bach-R.T. Harms, Torino 1 97 8 , 30- 1 30 .

76

a cura di

solo la differenza tra ruoli semantici e argomenti logici, ma an­ che la polivalenza semantica del soggetto. Ovvio che fino a quando si esamina un enunciato o sotto il profilo meramente sintattico o sotto quello esclusivamente se­ mantico non si potrà riuscire a cogliere e a delineare un model­ lo esplicativo de l i ' organizzazione logica del pensiero. Condizio­ ne necessaria sia al funzionamento che alla comprensione di qualsiasi lingua è, come genialmente intuito e precorso da Sant 'Agostino, l ' esistenza di relazioni essenziali all ' instaurarsi della comunicazione e di uno schema predicativo-argomentale de li 'enunciato, rispondente e alla vis logica e alla concezione di un universale linguistico. Ciò permette di comprendere le ragioni per le quali negli at­ tuali studi di linguistica1 42 la compresenza di emittente/riceven­ te/referente sia ritenuta contestualmente partecipe ali 'atto comu­ nicativo e costitutiva, pur se in strutture formali diverse, degli errunciati di qualsiasi lingua, le cui funzioni sono in ogni caso regolate sempre dalla logica, che controlla la corrispondenza del­ la semantica in relazione alla valenza del verbo. N. Chomsky, in particolare 1 43, si è riappropriato del modello tradizionale, prospettando l ' idea di un'interazione fra teoria se­ mantica e schema logico, la cui applicabilità al latino, è stata, nel solco tracciato dal Dik, delineata da H. Pinkster144, che ha sviluppato la scala delle funzioni logiche, fornendo un sistema molto avanzato, pur se perfettibile145, di analisi interlinguistica, volta a spiegare e conciliare la polivalenza semantica con gli schemi sintattici.

1 2 4 Si vedano N.CHOMSKY,

Syntactic Structures, trad.it., Bari 1 970, 77 ss; Grammatica fUnzionale, AA.VV. , Nuove prospettive nella linguisti­ ca contemporanea ( a cura di F.G. Droste - Y. D ' Hu1st), trad. i t . , Padova 1 98 7 , 1 92 ss. ; H. WEINRICH, Lingua e linguaggio nei testi, trad. it., con in­ S . C . DIK,

trod. di C. Segre, Mi lano 1 98 8 , 9 ss. 1 4J

1 44

1 45

The Know/edge of language, trad.it. E . Salomone, Milano 1 989, 69 ss. Sintassi e semantica latina, trad.it., Torino 1 99 1 , 27 ss. Come indicato nel l ' acuta recensione di V. VIPAR ELLI, "BoliStudLat" Il

1 99 1 , 3 60-68 .

77

*

*

*

Oggi che la rivoluzione informatica, la semiologia, la cultura mediatica e la parola ascoltata contano più di quella letta, è le­ gittimo chiedersi se ancora sussista la retorica e quali siano la sua funzione e i fini e in che rapporto si trovi con la linguisti­ ca e, di conseguenza, con gli studi classici accessibili ormai so­ lo ad un ' élite di appassionati. Questi, in grado di decifrare il messaggio paideutico sotteso alla scarna e linguisticamente essenziale precettistica di Catone e di cogliere le necessità didattiche per le quali è sorta l' enci­ clopedia di Varrone Reatino, che considerava 146 anche i proble­ mi connessi all'insegnamento delle discipline scientifiche, rite­ nute allora di secondaria importanza, sapranno leggere nel tra­ vaglio speculativo di Cicerone, da cui, passando necessariamen­ te attraverso l 'uso linguistico 1 47, è scaturita la prima e grande metamorfosi della retorica. Essa ha segnato lo spartiacque tra la teorizzazione, mirata soprattutto a trasmettere un'istruzione tec­ nico-pragmatica, e quella ispirata dalla sensibilità di un vero maestro, di colui cioè che è capace di suscitare attraverso i reat­ tivi interiori la memoria di un sapere impresso ab aeterno, pur se in continuo divenire. Quest 'ultima e più importante metamorfosi di quell 'originaria pT)toptKll tÉXVT), che era assurta con Aristotele a dignità di scien­ za, divenendo nel tempo virtuosismo oratorio, funzionale so­ prattutto alla persuasività, comporta l ' inquietante interrogativo circa le finalità politiche e culturali , per le quali l ' arte del co­ municare possa, specialmente attraverso gli attuali sistemi di dif­ fusione multimediale, essere orientata a catturare l 'immaginario collettivo e a sconvolgeme la coscienza del vero, oltreché ad an-

1 46 Si veda Y. LEHMANN, Varron théologien et phi/osophe romain, Bruxel­ les, 1 997, 369-94; ed ancora Io., Pythagorisme et encyc/opédisme chez Var­

ron, Actes du coll6que, Luxembourg 1 99 8 , 8 1 - 8 8 . 1 47 Come attestato nel D e oratore (2,4, 1 7 ; 3 , 1 0 e 2 1 0- 1 2 ) e nell' Orator (2 1 , 7 1 ; 22,73-4) e ben rilevato da C iCU, art. cit. , soprattutto pp. l 42-56.

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nullare il senso cnt1co dell ' individuo, inducendolo a mutare le sue opinioni e a operare scelte mistificate, non più dettate cioè dalla sua coscienza o a questa rispondenti . Il pericolo quindi non è da ravvisarsi nell' uso pur sempre per­ durante148 della retorica tradizionalmente intesa, ma in tutto ciò che, sfuggendo alla manualistica, ne prescinde attraverso mes­ saggi subliminali.

1 48 Si veda G. DI C H IARA, Ad faciendam jìdem: i contributi narrativi nel processo penale tra ars rhetorica, esperienza forense ciceroniana e diritto probatorio vigente, "lura" 4 8 , 1 997, 77- 1 24 ; ed ancora P. C ERAM I , Honeste et libere defendere, " Iura" 49, 1 99 8 , 1 -24. In entrambi questi studi aleggia­ no gli exempla di C icerone e pongono in ri salto il continuum che lega ri­

spettivamente i l diritto e la deontologia forense di oggi a quella dell' anti­ chità.

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nella soluzione di una verbi controversia, in Hommages a Cari Reoux, voL li "Coli. Latomus" 267, Bruxelles 2002, 9 1 - 1 06. G., Cicerone e la necessità della filosofia, Atti del secondo Symposium Ciceronianum A rpinas, Firenze 2002, 24-

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93

INDICE DEGLI AUTORI MODERNI

Alberte A . , 46. Alfonsi L . , 6 1 . Ambrosoli L . , 46. Andersen 0., 1 1 . Baier T. , 62. Bardon H . , 48. Barthes R . , l i , 36. Bertoni-Jovine D., 46. Beschin G., 64. Bettetini M., 63 . Bianca G.G., 46. Bochet 1 . , 64. Bolaffi E., 46, 49. Bowen S., 48. Bozzolo A., 6 1 . Calboli G., I l , 1 3 , 1 8, 1 9, 24, 76. Calboli Montefusco L., 1 2 , 1 3 , 1 8, 5 3 . Cary M.-Scullard H . H . , 45. Cavallo G.- Chartier R . , 3 1 . Cavarzere A., 1 2, 1 4, 20. Celentano M.S., 3 7 .

Cerami P. , 79. Charlesworth M.P. , 45. Chomsky N . , 77. Cicu L . , 32. Cipriani N . , 64, 65. Cova P.V., 48. Cranz F.E., 5 1 . Cugusi P., 20. Cupaiuo1o F. , 3 7 . D ' Alessandro P., 6 5 . Davis J . C . , 5 1 Della Corte F. , 3 3 . Desmouliez A., 1 3 , 1 8 . Di Chiara G., 79. Diels H., 8. Dik s . e . , 77. Doull J.A., 62. Fagarasanu-McDonnell S., 63 . Ferri R . , 70. Feyerabend P. K., 68. Fillmore G.J., 76. Flasch K., 63 . Frend W.H.C., 6 2 .

95

Garbugino G . , 76.

Nillson M . P. , 1 7 .

Garci a Gonzales J . M . , 6 1

Norcio G . , 3 2 .

Garzetti A., 4 5 .

Norden E . , 1 9 .

l O.

Gastaldi S . ,

Gazich R., 50.

Parodi Scotti F., 1 3 , 40.

Gi annantoni G . , 9.

Pernot L . , 4 1 .

Giomini R., 1 9, 65.

Peter H . , 2 2 .

Goldberg S.M., 46.

Pi acenza E . , 6 9 .

Grilli A . , 1 3 , 34, 6 2 .

Pi eretti A . , 6 3 , 6 6 .

Giingerich R . , 4 6 . Happ H . , 7 6 .

Pieri

B.,

62.

Pinkster H . , 77. Pizzani U . , 3 3 .

I O,

Jordan H., 1 9 .

Plebe A . ,

Kendeffy P. G . , 69.

Reboul 0 . , 4 1 .

38.

Kennedy G . , 2 1 .

Rey Altuna L . , 6 7 .

Kranz W. , 8 .

Rhys Roberts W. , 8 . Riggi C . , 6 1 .

L ana 1 . , 4 9 . Langa P. , 62.

Lasa C.D., 63 . Lausberg H . , 2 5 . Lehmann Y. , 7 8 . Levick

B.,

47.

Levi M . A . , 4 5 . Luzzatto M T. , 1 7 . .

Malcovati H . , 2 2 .

M anzo A . , 9 M anzoni G . E . , 4 8 .

Marrou H . ! . , 47. Ma s troros a 1., 53 M elzani G . , 47, 49, 6 5 . Miche! A . , 3 6 . Monaco G . , 3 7 . Narducci E . , 1 3 , 1 7, 3 1 , 3 2 , 3 4 , 40.

96

Saussure (de) F. , 76. Sblendorio Cugusi M.T. , 1 9, 20, 2 1 , 25. Sinclair P. , 1 9, 2 0 .

Syme R . , 46. Tesnière L . , 7 6 . Testard M . , 6 2 . Traglia A . , 1 9

Trapé A . , 6 7 Van Fleteren F. , 62. Vickers Viparelli

B., 8 . V. , 7 7 .

Wagner M . F . , 6 3 , 7 1 Wehr G . , 6 2 . Weinrich H., 7 7 .

INDEX LOCORUM*

Aristoteles, Economico A

1 344a: l O Politica H 1 328b, 1 334a: 1 0 Rhetorica r 1 403b : 1 0 Augustinus, Confessiones, l , 1 4- 1 7- 1 8 : 66-6 7 5, 1 0, 1 9 : 9 C. Academicos, 3 , 1 7,3 7 : 9 De magistro, 1 , 1 -3 : 67-68 1 , 1 ,4: 68 1 ,2 : 66 2,3 ,6-7 : 68 8,22,32: 69 9,26,3 7: 69 1 1 ,36,45 : 69 1 1 ,3 7,47 : 69 1 1 ,3 8,47 : 69 1 2,39,48 : 70 1 3 ,42,5 1 : 70 1 3 ,45,53 : 70 1 4,46,54-55: 63, 71 De doctrina Christiana, 2, l : 66 2, 1 ,2: 66 De ordine, 2, 1 3,38: 63 De Trinitate, 1 2 , 1 4,22 : 72 1 2 , 1 4,23 : 72 * I num eri in corsivo indicano le pagine.

91

Jordan : 23 14 e l 5 Jordan : 20 fr. 95 Peter=42 Ma/covati: 22-26 Cicero, Brutus 46 : 8 5 1 : 11 6 1 -2 : 1 7 63 e 65 : 14, 19 6 7 : 13 6 8 : 19 1 7 7 : 35 298 : 18 Cato, 3 8 : 7 De oratore, 1 ,5 3 : 31 1 ,54: 37 1 ,68-9: 33 1 ,8 1 : 35 1 ,94: 39 1 , 1 2 8 : 40 1,141 : 17 1 , 1 42 : 35 1 , 1 46 : 40 1 , 1 49-65 : 39 1 , 1 5 0: 31, 4 7 1 , 1 5 7 : 41 1 , 1 5 8 : 31 1 ,2 1 2- 1 3 : 39 1 ,2 1 5 : 38 2,4, 1 7 : 78 2,5 : 35 2 , 8 5 - 6 : 41 2,299: 39 3 , 1 0 e 2 1 0- 1 2 : 78 3 , 1 5 : 46 3 , 3 6 : 52 3 , 3 9 : 39 3 ,5 9-60: 38 3 ,2 1 6- 1 7 : 54 Cato, fr .J frr.

98

3 ,222 : 40 3 ,220-24 : 54

Orator,

2 1 ,7 1 :

78 78 54

22,73-4: 5 5 -60: 86:

54

Gellius, 6,3 , 5 2 : 1 9

45 De vita Pythagorica : 7 Job, 28,2 8 : 72 Horatius, Ars 343 : 35 I saias, 7 , 9 : 69 Paulus, l Cor. 1 2 , 8 : 72 Plato, Meno 9 1 E: 8 Plautus, Curculio 2 8 8 -9 1 : 1 9 Protagoras, .frr. 1 ,3 ,4,9, 1 0, 1 1 , 1 2 : 8 Quinti lianus, 1nstitutio oratoria, l , proem. 1 8-20: 4 7 l ' l , 3 - 5 : 49 1 , 1 , 1 2: 47 1 ,2, 1 5 : 4 9 l ,2, 1 8-20: 4 6 1 5, 1 1 :

Giamblicus,

1 ,2 ,2 8 : 50 1 ,3 , 1 -2 : 50 1 ,3 ,4-5 : 50 1 ,3 , 6 : 50 1 ,3 , 1 5 : 1 ,3 , 1 7 :

49 49

1 ,4, 1 : 4 7 1 ,5 , 1 : 5 1 1 ,5 , 7 : 5 1 1 , 1 0, 3 2 :

55

2 , 1 ,7 : 51 2,3,7: 50 2,5,5 : 51 2,5,23 : 5 1 2,7,2: 2 , 7, 5 :

54 54 99

52 52 2 , 8 , 7 : 52 2 , 8 , 8 : 52 2 , 8 , 1 2 : 52 2 , 8 , 1 4 : 55 2,9, 1 : 53 2 , 1 0, 8 : 36 2, 1 1 , 1 : 55 2 , 1 2, 1 1 : 53 2, 1 3 , 1 5 : 56 2 , 1 9,3 : 5 7 3 , 1 , 1 9 : 20 5 , 1 3 ,44 : 54 6 , 3 , 7 : 38 6,5 , 1 1 : 56 7, 1 0,8 : 5 7 7 , 1 0, 1 0 : 53 2,8, 1 : 2,8,3 :

53 70 1 0, 1 ,74: 52 1 0, 1 , 1 1 2 : 5 1 1 0,3 ,22-23 : 5 7 1 0, 3 , 2 8 : 5 7 1 0,5 ,20: 49 1 1 ,2,40: 4 7 I l ,3 ,9-70: 54 1 1 ,3 ,24: 4 7 1 2 , 1 , 1 9 : 48 1 2 ,5 , 1 : 4 7 1 2, 1 0, 1 6 : 11 1 2 , 1 1 ,6 : 47

8 proem . , 3 : 1 0, 1 , 1 3 :

Suetonius,

Rhet. , l : 45

Tacitus, Dialogus, 3 5 :

1 00

34

Un profondo ringraziamento si esprime al prof.

O. Bianco, che

credendo nel l ' utilità di questo saggio ne ha voluto e seguito Io svi­ luppo con eccellente perizia.







Si ringraziano inoltre per aver consentito l ' accesso ad

un

sivo patrimonio bibliografico, imprescindibile per una s eri a

esclu­ e

ap­

profondita ricerca, la biblioteca Innocenziana di Lecce, la bibliote­ ca del Dipartimento di Studi Classici e Cristiani dell ' Università di Bari, la biblioteca del l ' Accademia Americana di Roma.

lO\

INDICE

Pre m essa . . . . . . . . .. . . . . . .. . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. . .. . . . . . . . . . .. . ..

pag.

7

l . Oratoria e precettistica retorica in Catone. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I5

2. L a teorizzazione in Cicerone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

29

3 . R etorica e pedagogia i n Quintiliano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

43

4 . Psicagogia e retorica nel De magistro di Sant 'Agostino . . . . .

59

5 . L e m etamorfos i della retorica . . . . . .

73

.

B i b liografia . . . . . . . . . . . . .

.

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. .

o o ·

. .. . . .

I n d i c e d eg l i a u t o r i m o d e rn i Index l o c o ru m

0 0 0 0 0 0 • • o o .

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o o o o o o o o o o o o o o o o o o O O o o O O O O o o o o o o .

0 0 . 0 0 00 0 0 0 . 0 0 0 •• 0 0 . 0 0 0 . 0 0 0 0 . 0 0 0 0 . . . . .

o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o • o o o o o o o o o o o o , ,

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 · o o o o • • o o · · · 0 0 0 0 0 0 0 0 o o o o o o . 0 0 . . o o · . 0 0 · o o o o . . . .

8I 95 97

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UNIVERS ITÀ DI LECCE PUBB LICAZIONI DEL DIPARTIMENTO DI STUDI STORICI DAL MED IOEVO ALL'ETÀ CONTEMPORANEA DI RETTORE: B R UN O PELLEG RINO

SAGGI E RICERCHE : 1 - 3 - B. PELLEGR INO-F. GAUDIOSO (a cura di), Ordini religiosi e società nel Mezzogiorno

moderno, 3 voli. (Saggi e Ricerche, 1-/l/). 4 - F. LADIANA (a cura di), Puglia e Basilicata tra Medioevo ed Età Moderna. (Saggi e Ri­

cerche, IV). 5 - C . PE RROITA, Produzione e lavoro produltivo nel mercantilismo e nell'illu minismo.

(Saggi e Ricerche, V) .

N. CAPUTO, Visite Pastorali i n diocesi di Nardò (1 452- 1 501), a cura di B . Vetere. (Fonti, /). B . VETERE (a cura di), L 'opera storica di Raoul Manselli. (Saggi e Ricerche, VI). H. HOUBEN, Tra Roma e Palermo. Aspelti e momenti del Mezzogiorno medioevale. (Saggi e Ricerche, VII). A. L. DEN IITO, Intervento statale e iniziativa privata nelle campagne meridionali. "L 'Istituto di Fondi Rustici " da/ 1 905 a/ 1 913. (Saggi e Ricerche, VIII) . A. fiNO, Callo/ici e Mezzogiorno agli inizi del '900. "Il Buon Senso" di Nicola Mon­ terisi. (Saggi e Ricerche, IX) . M . M . RIZZO, Politica e Amministrazione i n Antonio Salandra. (Saggi e Ricerche, X) . O . CONFESSORE, Le origini e l'istituzione dell'Università degli studi di Lecce. (Saggi e Ricerche, Xl). B. VETERE (a cura di), Ad Ovest di Bisanzio il Salento medioevale. (Saggi e Ricerche, XII). B. PELLEGRINO - M. SPEDICATO (a cura di), Società, congiunture demografiche e reli­ giosità in Terra d'Otranto nel XVII secolo. (Saggi e Ricerche, XIII). B. PELLEG RINO, La diocesi di Castellaneta in età moderna. (Fonti, l/). R. Poso - L. G ALANT E (a cura di), Tra metodo e ricerca. Contributi di storia dell'arte. Atti del Seminario di Studio in ricordo di M ari a Luisa Ferrari . (Saggi e Ricerche, XIV). M . SPEDIC' ATO, Episcopato e processi di tridentinizzazione nella Puglia del sec. XVII. (Saggi e Ricerche, XV). C. PAS I M E N I , «Il treno dei sogni>). Trasporti, realtà urbane e potere locale in Terra d'Otranto (1863- 1 93/). (Saggi e Ricerche, XVI). C. MASSARO, La "spoglio " dell'arcivescovo di Otranto Nicola Pagano (1451) . (Fonti. III). F. GAU DIOSO, Un prete-notaio d'antico regime. I protocolli di Domenico Diego de Monte, notaio apostolico in Te"a d'Otranto (1 697- 1 732). (Fonti, IV). C . D. FONSEC'A - H . HOUBEN - B . VETERE (a cura di), Unità politica e differenze re­ gionali nel Regno di Sicilia. Atti del Convegno Internazionale di Studio in occasio­ ne dell'VIli centenario della morte di Guglielmo Il re di Sicilia. (Saggi e Ricerche, XVII). V. GIOIA, Gustav Schmoller: la scienza economica e la storia. (Saggi e Ricerche, XVIII) . M. CAS ELLA, 18 aprile 1 948. La mobilitazione dei Cattolici organizzati e dei Comi­ tati Civici. (Saggi e Ricerche, XIX) .

6 - C . G . C ENTONZE - A. DE LoRENZIS 7 8 -

9 IO Il 12 -

13 14 15 16 17 18 -

19

-

20 21 -

22 23 -

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L. GALANTE, l dipinti napoletani della collezione D 'Errico (secc. XVJ/-XV/11) . (Sag­ gi e Ricerche, XX) . G . ANDEN NA H . HOUBEN B. VETERE (a cura di), Tra Nord e Sud. Gli allievi per Cosimo Damiano Fonseca nel sessantesimo genetliaco. (Saggi e Ricerche, ..rrl) . V . DE M A RCO, Le barricate invisibili. La chiesa in Italia tra politica e società ( 1 945- 1 9 78). (Saggi e Ricerche ..rriJ) . B. PELLEGRINO (a cura di), Riforme, religione e politica durante il pontificato di In­ nocenza XII (/ 69/- / 700). (Saggi e Ricerche, ..rrJJJ) . H. HouBEN B. VETERE (a cura di), l Cistercensi nel Mezzogiorno medioevale. (Saggi e Ricerche ..rrJV). A. L. DENITTO, L 'agricoltura salentina attraverso le inchieste di fine Ottocento. (Saggi e Ricerche, ..rrv, in preparazione). F. MAGI STRALE (a cura di), Le pergamene dell'Archivio A rcivescovile di Taranto 1•oll. J.JJ ( 1 083- 1258). (Fonti, V). D. VAL L I , Aria di casa. Il Salento dal mito all'arte. (Saggi e Ricerche, ..rrvl) . C. Russo (a cura di), Chiesa assistenza e società nel Mezzogiorno moderno. (Saggi e Ricerche, ..rrvJJ) . F. GAUDIOSO, Lecce in età moderna. Società, amministrazione e potere locale. (Sag­ gi e Ricerche ..rrvJJJ). P. CORDASCO (a cura di), Le pergamene dell'Archivio Arcivescovile di Taranto vol. J/1 (/ 309- 1 3 43). (Fonti, VII). G. AN D ENNA · B. VETERE (a cura di), Chiara e il Secondo Ordine. Il fenomeno fran­ cescanofemminile nel Salento. (Saggi e Ricerche, ..rrlX) . . M A R I A ROS A R I A S TA B I L I , Il sentimento aristocratico. Elites cilene allo specchio (1860- 1 960). (Saggi e Ricerche, XXX) . 0RNELLA CONFESSORE, L 'Università di Lecce. Dalle cattedre del '700 allo "Studium 2000 ". (Saggi e Ricerche, XXXI) . G. ANDENN A - B. VETERE (a cura di), Chiara e la diffusione delle Clarisse nel secolo XJ/1. (Saggi e Ricerche, XXXII). M. FORC INA N. RoccA (a cura di), Tolleranza e convivenza tra cristianità ed islam. L 'ordine dei Trinitari (11 98- 1 998). (Saggi e Ricerche, XXXJ/1). F. GAUDIOSO, Domanda religiosa e mediazione notarile nel Mezzogiorno moderno. (Saggi e Ricerche, XXXIV). M . CASELLA, Clero e politica in Italia (1 942- 1 948) (Saggi e Ricerche, XXXV) . O. CONFESSORE M. CASELLA (a cura di), Per la ricerca e l 'insegnamento. Studi in onore di Fausto Fonzi (Saggi e Ricerche, XXXVI) . D. VALLI, Aria di casa. Cronache di cultura militante. Serie Il. Tomo l (Saggi e Ricer­ che, XXXVII). D. VALLI, Aria di casa. Cronache di cultura militante. Serie Il. Tomo II (Saggi e Ricerche, XXXVIII). P. G. CELOZZI BALDELLI, L 'Italia e la Crisi Balcanica (/8 76- 79) . (Saggi e Ricerche, •



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XITIX). L. NICOLETTI, La valle della Cupa. Un esempio di rivalorizzazione territoriale nel Sa­

lento. (Saggi e Ricerche, XL). A. L. DENITTO, Confindustria e Mezzogiorno (1 950- 1 958). Dibattiti e strategie sul­ l 'intervento straordinario (Saggi e Ricerche, XLI). 49 P. l. VERGINE, Bib/iographia antiquo lupiensis. /ncunaboli delle Biblioteche pubbli­ che e private di Lecce e provincia. (Saggi e Ricerche, XLII). 5 1 · Rivista Storica Salentina. Volume primo. (Saggi e Ricerche. XLIV) . 52 H . HOUBEN O. LIMONE (a cura d i ) , Federico Il "puer Apuliae " . Storia arte cultu­ ra. (Saggi e Ricerche, XLV). 48









53 - F. GAU DIOSO, Il banditismo nel Mezzogiorno moderno tra punizione e perdono. (Saggi e Ricerche, XLVI). 54 - M. DE G IORGI, La "battaglia della pesca ". Dalle carte di un gerarca gallipolino. (Saggi e Ricerche, XL VII). 55 - F. GAUDIOSO, Brigantaggio, repressione e pentitismo nel Mezzogiorno preunitario. (Saggi e Ricerche, XL VIII). 56 - B. PELLEGRINO, L 'ulivo e l 'aldilà. La chiesa meridionale dal possesso maJeriale al benefi­ cio spirituale. (Saggi e Ricerche, XLIX). 57 - F. M IN ECTIA, Campagne toscane in età moderna. Agricoltura e società rurale (seco­ li XVI-XIX) (Saggi e Ricerche, L). 58 - M . CASELLA, L 'associazionismo cattolico a Roma e nel Lazio da/ 1 8 70 al primo No­ vecento. (Saggi e Ricerche, LI). 59 - G. ZARR I (a cura di), Ordini religiosi, santità e culti: prospettive di ricerca tra Europa e America Latina. Atti del Seminario di Roma 2 1 -22 giugno 200 1 . (Saggi e Ricerche, Lll) . 60 - F. S. CAMPAN ELLA - M. C. ROSSI, Scorrano. Le visite pastorali e la fraternità cap­ puccina (secoli XVI-XX). Vo l . l - Le visite pastorali. (Saggi e Ricerche, LI/l). 61 - F. S. CAMPAN ELLA - M. C. RoSSI, Scorrano. Le visite pastorali e la fraternità cappuc­ cina (secoli XVI-XX). Vol. 2 - La fraternità cappuccina. (Saggi e Ricerche, LIV). 62 - G. PICTIOLI RESTA, Acquacoltura e modelli produttivi. Per una corretta gestione delle risorse. (Saggi e Ricerche, LV). 63 - A . F INO, Riforma della Pubblica Amministrazione e decentramento. (Saggi e Ricer­ che. L VI). 64 - M . M . R I ZZO, Potere e « Grandi Carriere ». l Wìnspeare (secc. XVIII-XX}. (Saggi e Ricerche, L VII). 65 - C. MASSARO, Potere politico e comunità locali nella Puglia tardomedievale. (Saggi e Ricerche. L VIII). 66 - M. E. CON SOL I , Prassi e teoria della retorica in Roma. (Saggi e Ricerche, L/X).

PUBBLICAZIONI PERIODICHE : - 1 987). - 1 988). Itinerari di Ricerca Storica (III - 1 989). Itinerari di Ricerca Storica (IV - 1 990). Itinerari di Ricerca Storica (V - 1 99 1 ). Itinerari di Ricerca Storica (VI - 1 992). Itinerari di Ricerca Storica (VII-VIII - 1 993- 1 994). Itinerari di Ricerca Storica (IX - 1 995). Itinerari di Ricerca Storica (X - 1 996). Itinerari di Ricerca Storica (Xl - 1 997). Itinerari di Ricerca Storica (XII-XIV - 1 998-2000). Itinerari di Ricerca Storica (XV - 200 1 ). Itinerari di Ricerca Storica (XVI - 2002). Itinerari di Ricerca Storica (I

Itinerari di Ricerca Storica (II

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SUPPLEMENTI: l . A . AGN ATI, U . MEOLI, A . P E L L AN D A , E. Z AG AR I , Momenti di svolta ne/ pensiero

economico, a cura di C. Perrotta. 2. B. PELLEGRINO, Vescovi e clero in Terra d'Otranto dalla Restaurazione all'Unità. 3. D . B E RTONI }OVIN E, Educazione, storia e società, a cura di A. Semeraro.

4. G. BECAITIN I , D. CAVALIERI, S. ZAMAGN I , Nuovi approcci nella ricerca economica, 5.

a cura di C. Perrotta- V. Gioia. G I GEITA DAL LI REGOLI, Silvius Magister. Silvio Cosini e il suo ruolo nella scultura

toscana del primo Cinquecento. 6. E. ZAGARI, B. SCH EFOLD, V. G IOIA, Gustav Schmoller: metodi e analisi nella scien­ za economica, a cura di V. G ioia. 7. MASSIMO BUON ERBA, La nuova disciplina degli appalti di servizio. 8. M. B I ANCH I N I - M. DARDI - G . G I ANNOITI, Ambiente sociale e sviluppo economico, a cura di C. Perrotta- V. Gioia.

9.

F. TRANE, La biblioteca dei cappuccini di Ruffano. Profilo storico e catalogo.

I O. C. D. FLASCASSOVITT I , Le pergamene del monastero di S. Pietro di Yìllamagna (976- 1 23 7) .

I l . R . BASSO, L a pietà secolarizzata. Pauperismo e beneficenza pubblica nella cultura riformista salentina. 1 2 . A. W. COATS, P. L. PORTA, H. D. KURZ-N . SALVADORI, M. B I ANCHI-N. DE M ARCH I , Where i s economics going? Historical V!ewpoints, a cura d i C . Perrotta e V. G ioia. 1 3 . B I AN C A M A R I A C AVA L I E R E , Le situazioni giuridiche soggettive private nella L. 24111 990. 14. P I ETRO DALENA, Basilicata cistercense (Il Codice Barb. Lat. 3247) . 1 5 . L. MAGNU S SON, B . SCH EFOLD, S . ZAMAGN I , V. ZAMAG N I , /nnovations and economie changes, edited by C. Perrotta and V. Gioia. 1 6. MARIO CASELLA, La Massoneria nel Vallo di Diano tra Ottocento e Novecento (Appunti e documenti). 1 7 . ANTONIO F I NO, Dalla Costituzione allo Stato Repubblicano. 1 8 . BENEDEITO VE:TERE, Salerno «Cattedrale». Aversa e Troia «Città Nuove» ?. 1 9. BENEDEITO VE:TERE, Dalla parte di Chiara. 20. FRANCESCO GAUDIOSO, La pratica testamentaria nella Calabria del Sette - Ottocento. 2 1 . MARIA MARCELLA Rl=, Per la storia dei Ceti dirigenti tra Otto e Novecento. 22. LUIGI M ARZIA, L 'Agriturismo pugliese: fattore di salvaguardia evalorizzazione del­ l 'ambiente rurale. 23. CARMELA MASSARO, Società e istituzioni nel Mezzogiorno tardomedievale. Aspetti e problemi. 24. SALVATORE BARBAGALLO, Società e patriziato a Gallipoli nel Settecento.

Finito di stampare per conto di CONGEDO E DITORE - GALATIN A (Le) nel 2004 da EDIZ IONI PUGL!ESI - MARTINA FRANCA (Ta)