Poema umano
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Danilo Poema

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Einaudi

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Nuovi Coralli

103

Copyright © 1974 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

Prima edizione nei « Coralli», 1974 Nuova edizione aumentata nei « Nuovi Coralli», 1974

Danilo Dolci Poema umano

Einaudi



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Premessa

Ho iniziato a scrivere in versi, giovanetto ripieno di avide letture, per rispondere come a un bisogno di concentrazione fantastica e cercare di salvarmi dalle troppe parole, dalla vaga retorica: per fissare in voci essenziali quanto era possibile intuire. Pensavo facilmente in versi, non avrei potuto immaginare di pubblicare altro che poesia. Vagliavo ogni parola nei dizionari etimologici, anche le pit consuete, per conoscerne le trasparenze e le radici nel tempo. In un momento di saggezza, verso i venticinque anni,

ho bruciato tutto, millecinquecento versi, allora li contavo. Ho tenuto solo le voci dei Ricercari, che — appuntate nel ’49-’50 nella silenziosa pianura dello Scrivia —, pur ancora letterarie, pervenivano ad un nodo essenziale: la coscienza che nella vita ciascuno é — pud, deve essere — ostia

agli altri. Mangiare € un dramma: cosmico. Accetto di mangiare per poter farmi mangiare. In Nomadelfia poi altre voci ho appuntato — non ancora la mia — attento alla necessita di muoversi dalla coscienza all’atto, a non lasciarmi ammaliare dall’esercizio lettera-

rio, non ridurmi a un rapporto intellettualistico con la vita. Venuto in Sicilia nel ’52, per molti anni ho sentito come tentazione l’abbandonarmi a scrivere poesia (mentre

alcune antologie nazionali — Falqui, Fasolo, Volpini tra altre — mi tenevano presente): troppo forte sentivo il rischio di esaurire in parole urgenze che dovevano essere espresse soprattutto in azioni, fatti, esperienze da appro-

fondire. Mi imprestavo semmai, promovendo ripetutamente autoanalisi popolari, a chi non aveva voce, o non sapeva usare la penna. Vil

Finché nel ’68-’69 ho avvertito netta la necessita di valorizzare la sottile possibilita della poesia per contribuire a rispondere all’interrogativo: di che qualita volevamo lo sviluppo per cui ci impegnavamo. Non temevo pit la poesia, non ne arrossivo: non scrivevo piu soprattutto per

me, il rapporto era divenuto di amore sereno, occasione di illimpidimento funzionale, non chiusa concupiscenza. Sono nate le pagine de I/ limone lunare — una pianta vera, chiamata cosi dai contadini perché ad ogni luna infiora e infrutta — per la «radio dei poveri cristi»: puntualmente frastornata, conquistata e debellata dalle Forze dell’Ordine. L’avvertire l’estremo pericolo del fascismo risorgente nel mondo sotto le pit diverse spoglie in masse spesso ignare, mi ha mosso nel ’7o0 a scrivere Non sentite l’odore del fumo? Lvultima parte (Sopra questo frammento di galassia),

approfondita in questa nuova edizione, si apre anche al contesto de I/ limone lunare. L’accennare caratteri € momenti come a punta secca mi ha nuovamente aiutato a in-

tenderli meglio. Poiché ultimamente molte antologie scolastiche, sempre pit frequenti, riportavano mie pagine di poesia, e

stavano per apparire raccolte in diverse lingue, ho riletto, tagliato e riscritto quanto mi pareva utile rimanesse (non raramente nel passato avevo dettato mentre guidavo la

macchina o solo appuntato di getto), dando forma unitaria ad una materia unitaria: anche come chiave a scorgere meglio le radici, qualora possa importare, di quanto finora ho cercato di far esistere. Ma ho lasciato ancora della crusca: non mi piace il pane troppo raffinato. Devo solo aggiungere che molte di queste pagine nella loro prima stesura sono state occasione di colloquio e reciproco approfondimento con ragazzi, giovani e adulti tra i pit diversi: occasione, certamente per me, di nuova sco-

perta e di gratitudine. Partinico, settembre 1974. VII

Debi

Poema umano

a

Ricercari

(due voci dell’autunno)

Anche agli spini torti nella polvere sotto la scorza che s’intenerisce ansia preme

di aprirsi a respirare umida luce quando il sole ritorna a intiepidire; su questa rossa terra pur l’ortica di petali s’imbianca. Tronchi di gelso tendono moncherini rimozzi; antiche piaghe incancreniscono; le cortecce scagliose pit non reggono V'anima di terra:

la carie affonda e svuota. Tra poco i nomi, i cuori incisi attorno

si sfaranno in un turbine di polvere. Tra poco anche alla terra Vinvolucro tatuato dalla vita nostra, si disfara.

Oltre il ctoccame pendulo dagl’irti monconi dell’ acacia frullano in alto gridi controvento d’invisibili allodole. Trai filari le zolle cicatrizzano inverdendo di ciufft mattutini.

Quando anche il gelso indolcisce e vastala messe squassa, nel secco

fruscio gia striscia il levigato sibilo di una selce bagnata sul ferro. Anche le stelle biancoazzurre di notte dalontano hanno un anima rutila

mala mia pena d’uomo é oltre ogni nebbia di galassie. Il nome che mi chiama non é il mio nessun nome € mio.

Questo corpo che presto é sazio e logoro e teme il dolore e si piega e siaggruma stordito non é il mio. Non sono nato ancora.

Sto per nascere sempre —e moriro.

II

(due voci, presaghe di primavera) Vain alto uncirro: volto era di madre

or ora, ed é un agnello che riposa. Il fume rallentando illimpidisce.

Come da bimbo meravigliando dell ignoto viaggio salutavo con la mia chiara mano ricolma d’aria le bianche campanelle delle rive i fori delle zucche, gialli gialli, verso nuove pianure silenziose nel sorriso sicuro di mio padre, Vaddio. All’altro lido

sempre albeggiano aperti bucaneve. Schiude il rosaio i petali dall’intimo Vanima ai fori é tumida di sole

si addensa il seme turgido. I glicini straripano.

Ill

(due voci nella prima estate)

Forse come di viole sono le isole scure, la corrente

acqueta nelle rade il suo tremore e il vento mugghia a tratti sottovoce, lontano.

E chiara l’aria ai facili voli spiegati. In odorose spume

si obliano le spine delle sie pi. Di silenziosi spazi nostalgia mi muove ed erro smemorata, non sono che Doscillare delle spighe d’erba, ronzii dorati trilli di voli altissimi. La vite impallidisce in teneri aneliti nell’aria.

Quando Ti accarezzavo e gli occhi miei bevevano laluce del Tuo volto Ticelavi piu piccolae vicina. A Te m’aduso come gli occhi a luce: e pure la mia mano Ti ricerca lievi carezze arrischia.

Guarda i monti laggit: lievi di cielo lontanando

inazzurrano,

nubi pronte alevarsi dissolvendo appena lo scirocco lento prema. Il mondo trasfigura: favola il dolore e la morte.

Amore, nei Tuoi campi fioriscono le acace anche d’autunno. Tenta un alato la sua voce nuova;

soffici sono ai passi dei pulcini i tepidi sentieri. La valle s’infoltisce di memorie: inaspettati incontri, soste d’estasi.

Ricordi le vampe della lucciola nella buia conchiglia delle palme? Mentre nell’acqua scivolava lieve ondulando l’aureolalunare, svolo l’alata nell’alta notte morbida di baci.

Tacquero i grilli tacquero le rane sparve il fume svanirono le stelle. Ricolmi di ver gine vita nuovi eravamo.

Sull’arena di polline la carezza di un moto per saperci.

IV

(due voci, quando torna autunno)

Il nome, a lei, un’alba

quando plana la rondine ed aleggia ebbra di volo limpido a intiepidire il suo deserto nido. A lui, il nome, un aperto mattino

quando il vomere curvo imbruna i campi. Dirama al delta il fiume: tutto si tende, torna tutto al mare.

Le nostre mani avranno i nostri figli ci riconosceremo nei loro occhi nei loro volti.

Se il cielo abbevera I’arsa collina cresce il chicco, la buccia si assottiglia e quasi fino a fendersi traspare. Com’é gustosa la pannocchia tenera abbrustolita dietro la siepaia su bianche selci lisce,

mirando gli improvvisi buchi di rade gocce nelle amache elastiche dei ragni. Tese le antenne della cavalletta interrogano l’aria forse ancora cercando il crepitare dell’ ariste. Per le ramaglie vizze il cielo penetra

ora elo sguardo affonda pit lontano Io

nei campi nudi, il verde si fa terra muta. Quante voci

da noi inascoltate, in quanto schiudersi di gemme non ci siamo conosciuti.

Bacche rosse fra sterpi aggrovigliati di rustici roseti sopra cardi e Stoppie inaridite, il nostro autunno. Mail buio é buono al passo di chi torna dall’operoso giorno. Am pio spazio respirano le ombre. Tutto sara tra poco mare rosso mare di carne tribolata, e docile.

La luce é rogo d’ostie. Quando sciabordera l’oceano bianco contro i muri di pietra ben connessa, dolce sara lo scroscio dei ghiaccioli a noi turbati nella tepida attesa delle rondini. Laluce chiamalV ostia.

Quando al vento nuovo

langue l’ultima neve, abbrividisce il sonno indifferente dei grandi alberi. E luce l’ostia, che ritorna luce.

Acri fumate gemono radici vane abbarbicano Varia. Fra terrae cielo vibreranno in alto

sopral’umido strame delle foglie baccelli appesi a scheletri mondati. AL i

Se lo sguardo accarezza il neonato grano, il soffice sento tepore dei capelli d’un bambino; ha un pallore di puerpera, la piana. Mentre cerchiamo tra le nebbie sbocciano crisantenit. Non é ricolmo il numero dell ostie.

I2

Voci da una galassia

(due voci)

Sopra la roccia alzate la sua bara tra i fruttici festosi delle albatrelle gia biancofiorite. Lieve la luna tra le nubi illumina _ monti azzurri sospesi per le nebbie. E forse mare quel vapore perso oltre il sottile muschio dei querceti? Tanto lievii monti trale nebbie che li puoi res pirare come aria.

Poi-—le stelle vicine — mangeremo le ostie a banchetto. Perché non sono ancora una voragine?

Perché stento a disciogliermi per sempre?

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Lirrigidito corpo come fosse di un altro, sorridente

al vento che l’insabbia di ghiaccioli, a palpebre socchiuse se ne va per la bianca pianura turbinante e tu sei gia lontano: non ci sei,

come fossi gia nudo anche di te — sei il mistero che ruota le galassie. E poi, dischiusi gli occhi, incontri un cane e lo saluti come un vecchio amico.

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(due voct)

Anche se taglia talpe il nostro vomere e sbudella miseri ranocchi Ti dard una mano.

In una dolce continua agonia io Ti sogno, e Ti mangio,; mi consuma a poco a poco il nutrirti, ed ancora

Tu mi ricolmi fino a traboccare.

Nell indugio la carne si tradisce: ed ora giunta al limitare dell’estremo sogno all’orlo dell’abisso,

troppo mi é lento l’ultimo distacco.

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(due voci)

In alto, al bosco dei marini olivi,

profumata dai fiori delle vigne noi costruiremo la citta di Dio. Se il mio sogno nel vento

come l’esile pioppo in fiore ondeggia, mondami tutto, mondami.

E lui col secchiello rosso e blu contento, su tappeti di trifoglio se ne andra a ricercare margherite

a giocare col fango; fara capriole sopra l’erba fresca. Sento in me l’animale,

intorbidato s’agita il mio sangue; aprimi come il grano che matura:

puliscimi dime scioglimi come polline nel vento:

Se altrove il verde stenta timido tra gramigne rinsecchite, qui il mandorlo é gia in fiore. Mai cost belle le nude gambe delle fanciulline se saltano alla fune roteante.,

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Ho visto vergini madri di venti figlioli ho visto donne sterili partorire, non ho visto né servi né padroni ma fratelli vivi insieme. I sassi hanno spremuto olio buono le brughiere pietrose, miele e latte; fichi dolcissimi sono abbondati.

Prima che i miei occhi appassiscano, ho visto.

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Esiti, ad agitare in fondo la cisterna alla latrina per avvivare l’orto seminato —

e la gola si serra per il vomito? E scaricare sacchi d’un quintale, o rimirare

dolci fanciulle sciolte per il prato —e le pitti grandi forse si sussurrano le prime confidenze, quasi audaci-—, O spazzare, o meditare cosa rimane,

o andare per il buio con le stelle, éun lasciarti rapire da Lui?

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(due voct)

Come é gustosa l’acqua bevuta dalla conca delle palme, come sono soavemente forti gli asceti con i calli sulle mani e il bianco sapiente che ti porta nella camera linda il vaso per la notte, dopo averti nutrito di buon pane di parole di Dio e di buon vino. Posso ancora concedermi all’incanto

di biancos pini folti nella luna? E indugiare lo sguardo verso la finestra dove tra il verde nuovo dei viticci appare lei, come a caso, a volte —

ora, ora che so?

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(due voci)

Travasi la tua anima anche quando sei secco come un greto bianco, d’estate? Sei nuovo canto ad ogni nuovo incontro? Se mi innamoro

le maschere dei mostriintorno ame si plasmano in sereni volti d’angelo.

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(due voci)

Ed ora noi ci scambiamo confidenze semplici; trascorrendo con Te le notti, come

nascono presto i canti delle aurore. Le tue parole sono ancora d’uomo,

pulisciti di te. Se sgusci dalle forme ad ogni istante, nelle arterie di Dio nuoterai. Sono il frutto maturo alla Tua fame — non lasciarmi avvizzire. Io T’ho mangiato ed ora torno in Te: saremo un solo sangue ed una carne. Mangiami vivo finché sono primizia ancora fresca.

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(due voct) Questi bimbi sorridono diversi

da tutti gli altri bimbi. Le bambine appena si pronuncia il dolce seno sognano gia nidiate di creature. Ognuno vive il vivere di tutti. Ti accarezzo lavandoti di aromi ti porto dolcemente sulle braccia ecco, mi siedo qui sulla tua bara enon ho pit paura della morte.

Fratelli lontani, figlioli che nascerete tra migliaia d’anni; siamo poveri uomini,

andiamo al gabinetto come voi, ma credete, abbiamo visto

gli angeli pit veloci dei demoni angeli saldi, abbiamo visto il Padre lucidamente muoversi. Suonano alungo a festale campane quando muoiono i bimbi.

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E poi tuo figlio chiamera suo figlio con il tuo nome, a ricordare il nonno, ed io raccontero a lui stupito, se la mia bocca non sara gia polvere, quando andavamo in cerca di sorgenti e delle piane alla citta di Dio con la pelle striata dalle spine in alto, in alto, sopra i monti intorno dove l’uva é selvatica e scarse more si oftrono — ma pid mare, pit azzurro ci saziava;

gli narreremo di te giovinetto quando vesciche rosse ti bruciavano nelle tenere mani mentre aprivi la strada col pennato o stabilivi salde fondazioni.

Quando la luna sale e per le tende trascorre a fiati il vento illimpidito, rimani a guardare verso il mare lontano verso il mare illuminato.

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(due voct)

Per il cielo odorato di sambuco bianca una rondine m’insiste intorno.

Starnuta l’anitra

e lentamente poi mi guarda. Miauli affocano le notti; al sole

s’avvinghiano attorcendosile serpi ebbre d’inoltrarsil’un Valtra.

Da tanto tempo aspetto. Quando torni? Ancora, opaco

il tempo esiste quando non mi pigli. Tra poco, al terzo fieno, sotto a te rimirante dall’altissimo sasso

ove annidano i falchi, per la valle nelle serene notti scorreranno i ftumi luminosi delle lucciole —

e sopra andranno i fiumi delle stelle. Cantal’ anima mia canzoni vive —

disfammi Tue rifammi come vuoi.

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(due voci)

Se verranno dalla valle dell’eremo i sapienti offrano il proprio sangue. Non posso amare pit una cosa sola una sola persona—m’é rimorso

indugiare aun affetto. Questo non é un presepio in cartapesta

le tende stanno per volare via strappate le lamiere si squassano sbandando. Come é freddo il ferro nelle mani. Elio zoppica — si deve essere contuso caricando: qualcuno dei pit piccoli é a letto per scaldarsi; siamo sporchi — ma dove possiamo fare il bagno? Come mi piace la tua sottile voce un po’ stonata

quando canti di un folle alla deriva s’una fragile barca, ricercando il suo amore,

o quando ninnananni il nostro bimbo — e il tuo candido seno come si offre

tie pidamente.

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(due voci)

Ho visto i demoni di carne: hanno gradi di caporale, di maresciallo, di comandante sulle braccia, sulla testa, sulle spalle e nascosti;

hanno sul petto grandi croci d’oro pesanti anelli d’oro sulle dita e dicono: io sono il superiore voi dovete servire, essere quieti

e vi daremo tutti i nostri avanzi— se ci ringrazierete.

E ho visto il popolo mia piccolina sei tutta profumata di sapone,

i tuoi capelli sono tanto fini che li sento soltanto con i baci

che ha un cielo caldo in braccio, il cielo vivo:

il mondo che si nutre dei suoi figli.

28

Il limone lunare

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Se l’occhio non si esercita, non vede,

se la pelle non tocca, non sa, ; : ‘ se l’uomo non immagina, si spegne.

Quasi ho pudore a scrivere poesia come fosse un lusso proibito ormai, alla mia vita. Ma ancora in me un ragazzino canta

seppure esperto di fatiche e lotte, meravigliato dei capelli bianchi d’essere ancora vivo, necessitato d’essenzializzarsi: eal varco d’un malanno scrive versi come una volta

quando il silenzio diventava colmo futuro, chiarore che bruciava la fatica del fare successivo.

Nel mio bisogno di poesia, gli uomini, la terra, l’acqua, sono diventati le mie parole. Non importano i versi ma in quanto non riesco a illimpidirmi ea illimpidire, prima di dissolvermi, invece di volare come un canto V’impegno mi si muta in un dovere. oye

Quasi sta in uno sguardo, dai monti attorno alla pianura, al mare, tutta la valle che verra irrigata dall’acqua della diga. A osservare dall’alto non si vedono - schiene curve sudate tra le vigne a migliaia e migliaia, mentre pochi ruffiani impoltronati nei cafté guadagnano milioni sorridendo. A guardare dall’alto non si pensa —respiri aria pulita dalle case viene odore di pane ancora pane;

il mare non é fogna, senza vento é ancora mare terso, vi traspaiono

guizzare di pesci e alghe verdi, ha odore di mare —, non si pensa che se altrove arrivava uno da qui si vergognava a dire quale terra era la sua: tanto era nominata per banditi, mafiosi, politicanti maestri di intrighi. A guardare dall’alto quando é sera verso i lumi nell’angolo del golfo non si direbbe che quelle luci nitide nel blu tanti spari hanno visto, tanto sangue, diventare ministri i mandatari degli assassini — 32

gli sbirri ringhiano fin che sei debole, quando diventi forte si scappellano. Mati basta vedere attentamente dalle strade dei poveri nel buio delle case, per capire: auno auno deboli, ignorandosi, incapaci di intrighi e di far male, non sapendo come organizzarsi questa gente per secoli si é persa

raccomandandosi ai propri boia scambiati per civili, baciando i peli ai propri parassiti.

26

Ha navigato i mari dell’Alasca con un trealberi, a salmone:

tanto era forte la prima frontiera della marea da non poter calare, il ghiaccio colava dalle vele finché il vento non lo frantumava, talvolta volavano le vele nell’uragano, nudi stavano gli alberi.

Riguardando le nuvole, Zu Ambrogio sa se il vento tra un’ora si arrotola dai monti,

gia da prima sa i venti disgraziati che portano le nubi materiali ricolme d’acqua, di lampi tuonanti; quando d’inverno due venti scrosciano arrabbiati che pare un vento solo, e sono due. Prevede quando la boria passa e poi si calma il mare —, e si lavora. Sa come pud sbagliare e ha Pocchio sempre attento alla verifica.

Sa quando il vento piace ma fa male quando il vento é bruciato, ma fa bene;

e sa come nel mare che cammina anche i pesci conoscono le stelle, anche i pesci ricercano la luce, 34

Dopo una vita combattuta a bordo —lequipaggio talvolta piangeva ormai confuso, nella foschia

fra le onde scroscianti non si capiva dove andava la barca — tra i grandi bafht bianchi sa sorridere guardando una conchiglia: « Guarda che belle cose fa il mare».

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«Quando si arriva al mare — dice Chiara — non piace stare sotto l’ombrellone, bello é tuffarsi nella sabbia calda e poi nell’acqua fresca». Amico dice «Correre é pit bello». « Perché é piti bello correre»? « Mi piace correre — dice Daniela— ma non so perché». « Andare in bicicletta a vedere campi e montagne, paesaggi che non ho mai visto». « Per vedere paesaggi nuovi é meglio andare a piedi». «In bicicletta ci si stanca meno e ci si sente piti liberi». « A me piacerebbe guidare la moto». «Se sono in velocita, finché la regolo mi piace ma se guida un altro enon sono sicuro, non mi piace».

«La bicicletta piace nuova nuova poi non piace piu tanto:

mi sentivo in paradiso quando era nuova la mia bicicletta». « Quando si arriva in cima a una discesa, scendendo, l’aria piace».

«Certe volte si spende molti soldi per correre uno vuole andar forte per vantarsi». « A correr troppo non si vede niente». «Anche ai piccoli cani, quando i bambini corrono 36

piace correre con loro». « Anche le rondini giocano nel cielo con le rondini amiche: sotto il nostro balcone c’é un nido e quando volano scendono in curva con le ali aperte e risalendo poi, sono felici». «Io credo di capire quando volano per spostarsi O per giocare, per felicita». « Perché, dunque, é bello correre? »

«Quanto pit uno é libero, pit é felice». «Si é felici, quando si pud correre». «Si corre quando si é felici». «I pesci, a guardarli sott’acqua

non sembrano contenti come le colombe e le rondini».

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Tralucere di olivi sulle onde continue del frumento,

indefinito brillare di acque, giallo sbandare di una farfalla, invisibile origano, viti a filari coi tralci pit chiari in cerca di sole tra biancheggianti tronchi di platani ancora lucidi di alba mentre la strada si inoltra verso l’opaco giorno, figure, volti passano come inesistenti presenze staccate (certe penetrano e altre vanno labili via: quali restano e quali se ne vanno? )

mentre nell’intimo premono a fiotti es intrecciano urgenze che non sai —

i vuoti si allargano e il rischio che i frammenti, senza senso

rimangano frammenti.

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Annunciano di avere ammazzato milletrecentoventisette persone, si vantano di averne rovinate di schianto altre diecimila, si gloriano di aver distrutto dighe, industrie «anche per elevare il morale del popolo», d’aver sconvolto undici strade: anacronistici mostri lo sterminio lo chiamano vittoria.

2?

Si credeva una volta —eancorac’é chi ci crede, ma meno —

che i bambini nascevano dai campi dei cavoli: era vero

se nelle notti estive a luna spenta una femmina e un maschio si amavano nella verdura. Si credeva una volta —e ancora c’é chi ci crede, ma meno —

la violenza risolvesse i conflitti:

era vero se il primitivo che aveva piti ragione, riusciva a vincere.

Era vero

non per la clava a pietre, suo malgrado.

40

Ma dove sono i boschi?

Sottili i tronchi dove si infittiscono, sottilissimi si alzano i neonati nei possibili spazi. Ai platani la pelle si accartoccia scoprendo chiazze bianche, sonori eucalipteti profumati al vento, fungosi querceti, i tronchi candidi delle betulle lisci alle dita. Scivolose pinete — pini coi fiocchi estremi quasi azzurri, pini cui gli aghi dondolano penduli dai rami teneri,

pini coi rami radi alzati a candelabri, braccia legnose protese in verdi mani, fiocchi di spruzzi, fissi verdi spruzzi aperti nell’aria con la gocciola in cima.

Nel primo autunno vibrano le foglie il cielo vi traspare: quando cadono lente rigirano o in improvvisi frulli. Scoppiettano infrangendosi i rametti le foglie strusciano se il piede affonda, si incurvano le felci divenendo terra nell’aria. 41

Sui tronchi scuri d’umido rossa l’uva selvaggia si arrampica, i faggeti si arrossano sui monti di incredibili rossi, a tratti acuti

rossi urli altri piu gravi quasi bruni ed altri stemperati nei gialli: troppo rossi per non esser vitali. Sulle acque galleggiano le foglie incerte tra vento e corrente. Pur l’albero ha ferite che nessuno sa,

la pelle gli si screpola, si sfoglia, ma il freddo dell’autunno non é al bosco presagio di morte.

Animale significa paura di morire. E solo di uomini il bosco pud morire.

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« La mia storia é troppo intrecciata. A tredici anni fuori casa,

il vaccaro é che si deve alzare presto, ripulire le stalle, mungere uscire le vacche a pascolare tutto il giorno legato, la sera quando arriva dentro e attacca le vacche alla stalla deve tornare a mungere, fare la ricoita fino verso le nove e certe volte fino le undici. Poi, tre anni il pecoraio: al tempo buono mettevo le pecore nel recinto e potevo dormire dentro il pagliaio grande sulla legna, vestito, la coperta sopra —a volte le scarpe le levavo dopo quindici giorni mi venivano via assieme alle calze -;

ma se pioveva, nel recinto il fango era alto e le pecore, per non diventare tutte fango le facevo dormire fuori, sull’erba,

e la notte la passavo sopra i sassi stavo sotto la cerata,

quando mi sentivo congelato passeggiavo. La famiglia l’avevo lontana la vedevo solo ogni due mesi, tre volte l’anno, nonc’era domenica né feste era sempre un giorno per me,

V’animale deve mangiare ogni giorno 43

anche noi dobbiamo mangiare ogni giorno. Allora sono andato contadino a mezzadria: ma se c’era un galluzzo, gli piaceva e lo pigliava lui, ci piaceva le pere e le pigliava politicamente ma se le pigliava, i fichidindia, rimanevo senza

anche se me ne toccava meta. Se prendeva due chili ne segnava uno solo, prendevo un chilo e ne segnava due: noi analfabeti capivamo che ci rubava politicamente, e quando ha tentato di mettermi le mani addosso Vho minacciato col forcone e siamo andati via. Quando non praticavo la gente mi vergognavo a parlare a uno, invece di guardarlo in faccia guardavo per terra, e se uno passava mi allontanavo dalla strada. Non facevo domande mi vergognavo, e manco davo risposte:

non sapevo se era giusta la parola. Ora non mi sento tanto esperto non so portare la discussione a fine ma mi sento pit forte di cervello. Prima alle riunioni non parlavo mai anche se cose storte ne vedevo: non pensavo d’essere creduto pensavo di starmene al mio posto, temevo mi sfottevano. Zappate i fiori, mondare gli alberi, innaffiare il prato, badare alle altalene e ogni cosa funzioni ai ragazzi che vengono a scuola, guardo con gli occhi e attento con le orecchie,

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non si finisce mai, ho gli incarichi, devo capire cosa pud intravenire, pensare sempre e non sbagliare: ma mi pare un gioco e ne sento rimorso».

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Democratici, tutti si professano ma chi ha soldi, pud farsi sentire chi ha potere: i preti possono

(dice «in nome del popolo»: ma chi! ? ) penetrarti ingombrandoti di lagne fin sotto le coperte, quando dormi; i governanti possono

(dice «in nome del popolo»: ma chi! ? ) annoiare miliardi di persone col monotono gioco di sbranarsi sorridendo pit o meno educati; i generali possono (dice

«in nome del popolo»: ma chi! ?)

disporre della vita e della morte facendosi sentire come vogliono. (Il trucco ormai é vecchio e pur continua:

nelle campagne povere si compra il voto a mille lire 0 a qualche pacco di pasta, o promettendo qualcosa a gente buona quanto credulona — quando non si pretende a lupara; dove si innalzano le ciminiere i pit scaltri, o per subdoli intrighi o allo scoperto, pigliano i giornali, si comprano le radio e le TV intellettuali compresi: la gente pensa poco e in ogni parte del mondo vota credendosi libera, 46

dove si vota,

segnando soprattutto come i furbi le suggeriscono — quando non spunta qualche salvatore che a sistemare tutto, pensa lui). E se un povero cristo vuole dire a tutti gli altri cosa pensa e vuole? Purgenza del lavoro, del conoscere, come incontrarsi,

come puo crescere una nuova forza di idee e di organismi? Quando il povero cristo non ce la fa fuma una sigaretta, se la piglia col mulo o con la moglie, la rabbia gli si scarica impotente. Da chi farsi sentire? I signori hanno troppo da fare non possono occuparsi anche di lui. L’aria é zeppa al riftuto di decrepite nenie col belletto mentre a milioni a milioni, a miliardi

si frustrano i cristiani nei sobborghi aunoauno impotenti: chili ascolta?: non c’é posto per la loro voce.

Non mi sorprenderei quando i poveri cristi si decidono a montare una radio per sentirsi e per farsi sentire — una radio anche piccola come in montagna per la resistenza oppure a Praga -,

non mi sorprenderei se le Forze Armate si lanciassero ad afferrarla e denunciarla «per avere tentato di turbare ’ordine pubblico». 47

L’alba diventa un’ora che stenti a riconoscere nel grigio di ogni altra ora. L’alba diventa l’ora del negro che pulisce il grande mostro ancora addormentato — rari occhi gli si aprono confusi qui e la — dalle immondizie. L’alba diventa un’ora inesistente

e maledetta: esiste l’orologio.

L’alba diventa l’ora degli uccelli superstiti.

48

Sono eguali due rondini se non sei rondine: due occhi eguali non esistono. Due alberi eguali non esistono, fiori eguali, due petali— due canti eguali, due toni.

Due albe eguali non esistono, tramonti eguali, due stelle,

ore eguali, attimi.

49

Entra un rigagnolo e, avanti la riva, tra isassi scivolando la sua ultima corsa, indugia allargandosi dove si alza una duna lisciata dalle onde pit lunghe, prima di stringersi in un breve sbocco nel vasto mate: come un lago vero in miniatura per me, oceano misterioso a quelle piccole vite che si nascondono al mio passo, e invisibile certo dalla luna. Se guardo controvento e controluce lacqua mi é opaca, trema quasi densa appena si abbarbaglia di scirocco, qualcosa si intravede li nel fondo vicino, forse fuscelli di paglia affondati o strisce d’alghe — come anguille tentano di procedere ma rimangono vaganti, e sempre l{—e pit vicini tre sassi piatti non trovano l’assetto,

Quando passo a guardare da dove il vento spira, sul fondo distinguo i granuli di sabbia, le conchiglie tutte col cavo in giti a compenetrarsi nei prossimi millenni con l’arena, 50

un mozzicone di sarda cogli occhi sbarrati, lievi tracce di insetti su le minuscole dune —

é pur quell’acqua e tutto vi traspare, fermo, o appena vibra nitido, come con una lente.

yt

In altra parte del mondo a quest’ora il mattino si ingialla di luci elettriche ma non si intende dove sia l’alba — e quando a poco a poco il cielo ingrigia, incerto ¢ indovinare dove é pit chiaro. Un fiume che era il dio dell’eterno divenire dal cielo al mare al cielo —eanch’io mi ci tuffavo come un piccolo dio nuotando in fondo ad occhi aperti rabbrividendo tutto di piacere — é ora piscia corrosiva

sotto altissimi edifici che alla cima nel giorno insistono rossi segnali.

Solo di uomini un fiume pud morire: e noi, qui, rischiamo di essere

come in quel mondo, nei giardini pubblici, le anatre che aspettano le briciole se uno passa, nell’acqua allargando brevi scie, mentre il fiato del mostro piti si opaca si stringono enormi tutt’intorno identi di cemento.

52

Sono indecise se alzare le gonne di mezzo metro —e non importa se le gambe sono affusolate o goffe — oppure abbassarle fino sotto le caviglie ad impigliarsi coi tacchi, oppure infilarsi i pantaloni lunghi, oa mezza gamba o gli stivali alle coscie 0 le scarpette, la collana di vetri luccicanti che battono ai ginocchi o dischi tintinnanti sopra il petto, o avvolgersi in nubi di veli tingersi le occhiaie in verde cupo in rosso il viso 0 in nero, a fanale gli occhiali o torti ai lati a gufo, platinarsi i capelli lunghi fino alle natiche o accorciarseli rasi, o rimontarli a trofeo. Anche i maschi, indecisi: inanellarsi i capelli? gli orecchini? allungarsi la barba? i pantaloni porpora? un monile al petto? — ma altri mezzi

hanno in genere per farsi valere. Dai grattacieli neri di fuliggine ~ dove respirano l’aria in scatola vedendo il mare per televisione quando c’é propaganda alla freschezza a2

del burro X;

e le macchine nelle strade indifferenti schizzano sui fiumi di persone, indifferenti schizzano tutti, gonne corte o lunghe — ai borghi pid nascosti: in un mondo nel quale non importano una per una tutte le persone oimportano solo acolpo a colpo, inesperti, si tenta di valere ip questi modi rudimentali. Passa la gente, passano a milioni

sempre pit fitti, sempre piti i medesimi, a miliardi nel mondo, e se ne vanno lasciandosi rubare

tutta la vita della propria vita — non sanno a chi urlare, come urlare «esisto anch’io».

54

Nelle vetrine, per tirare gente i meno furbi espongono arrosti in cartapesta, fiori impolverati, uva di cera, noci di tonto lucido in serie,

more stampate in spugne politileniche, pannocchie plastificate, albicocche in velluto, pere in feltro, ciglia finte in scatola, reggiseni su busti in plexiglas, calze su gambe in gesso come gli exvoto per i santuari, lise dagli occhi blu col prezzo fisso: tra roba ammassata a non finire.

Nelle vetrine nitide dei furbi in grandi spazi liberi tra qualche scheggione di roccia un pezzo di staccionata, o una goletta miniaturizzata sopra ghiaia di mare luccicante, ocorteccia di sughero tralci di lavanda, spighe tra piume di canneto, vip

o rami da fascine umide (oltre il vetro desideri l’odore del bosco) e una ruota di carro, oun tratto dei mosaici di Placidia

nella riproduzione al naturale, o sopra una tovaglia grezza un ramo polito dal mare —e dietro il banco occhieggia una commessa che sa guardarti proprio al modo giusto caso per caso —: quasi non si capisce cosa vogliono vendere.

56

Dal portale vetusto del palazzo si sale scale buie tra cancelli vecchi scanni intarlati sotto volte a botte trattenute da tiranti di ferro arrugginito, al vecchio tribunale di provincia. La gente attende su una panca sporca fuori. Dentro

hanno avuto il pudore di levare crocefissi e scritture che mentivano «La legge é uguale per tutti»: attorno all’emiciclo, le poltrone imbottite dei giudici, in mezzo, sgangherata la seggiola in ferro e compensato dell’imputato. Innanzi al trono del presidente é arroccato un leggio abbastanza inclinato affinché l’imputato non possa leggere nelle sue carte. Vicino ho un poveraccio incatenato badato a vista dai carabinieri. Aspetto. Sono imputato di avere denunciato i buoni rapporti tra mafiosi e politici al governo.

aT

Aspetta aspetta che la Commissione parlamentare detta Antimafia si scopra vocazioni suicide.

58

Di tutti é solo quanto inaccessibile fino che é inaccessibile: a contatore l’acqua — manco buona — luce a contatore e nella strada per non morire troppo pieni di merda ¢ orina, si deve pagare. Lo studiare, il capire — fino a un certo punto soltanto —e

l’arte, a contatore,

lamore a contatore.

Ma in quanto é complicato e scomodo applicare a ciascuno il contatore, come per respirare,

si lascia diventare fogna il cielo — la sporcizia nell’aria ha spessore di chilometri e chilometri—e la gente quando pud, si trova dirottata in grandi mucchi a boccheggiare bisogni insopprimibili: e sulle spiagge — il sole? costa soldi,

per l’ombra, soldi, soldi, guardare il mare soldi, trovare un minimo silenzio, sta diventando un prezioso lusso tuffarsi in acque non inquinate ma forse gia radioattive.

a9

I pid non se ne sono ancora accorti:

la gente non ancora derubata del tutto, o avvelenata, non sapendo di possedere cultura va acomprarsi cultura in scatola, sogna di lasciarsi derubare sogna di vendersi ai propri boia. E paga per suicidarsi ma non troppo, se no non pud pagare: soldi per fare esistere gli sbirri, soldi per fare fuori chi si oppone a quest’ordine, soldi per aiutare i parassiti ad accalappiarla, soldi per fingere democrazia.

60

Le prospettive vaste non devono impedirci di vedere vicino.

Credo di comprenderlo il tipo alla Ciombé. Impettito,

tanto pieno di sé da immaginare mosso il mondo dalla furbizia dei suoi intrighi, moralistico é prenderlo per falso, altro é il modello della sua cultura non impegnato a distinguere il vero:

le parole gli sono scudo, richiamo di soldi — 0 coltello. Quest’altro

puo farti perdere beatamente giornate intere: alle riunioni arriva tardi, non comprende bene poiché ascolta distratto, leggiucchia, bisbiglia coi vicini e interrompe quando gli viene voglia impiegando mezz’ora a girare e rigirare

quanto sarebbe chiaro in due minuti.

61

Sui muri della vecchia scuola media si allarga la lesione e riappare, sfacendosi a scagliette la pudica calce dei premurosi sbirri, VOGLIAMO SCUOLE VERE SCUOLE SICURE PER I NOSTRI FIGLI. Sui muraglioni, le scritte L’AGRICOLTURA E STORDITA

SI COMPRA CARO E SI VENDE PER NIENTE,

stanno figliando per chilometri. Dove avevamo urlato col pennello malgrado l’insistere sbirresco ACQUA PURA ALLE CASE NON FOGNE-STRADE sopra muri inzuppati in melme immonde —ammufhiscono le robe negli armadi dissestati, e le ossa di dolori—,

é spuntato un cartello ad avvisare che iniziano i lavori di restauro.

Ora arriva il Decreto di giudizio con queste imputazioni: ...a) di danneggiamento continuato e aggravato (art. 8I cpv. I10, 635 p. p. ecpv. n. 112 commain.1C. P.) per avere, agendo in concorso tra loro ed essendo riuniti in piti di cinque persone, con pit azioni esecutive del me62

desimo disegno criminoso, imbrattato e deteriorato tracciandovi con vernice particolarmente resistente scritte va-

rie, a caratteri cubitali e per una vasta superficie, diversi edifici pubblici e precisamente il Palazzo di Giustizia, il muricciolo di base e la scalinata del Teatro Massimo, il Palazzo Comitini ove ha sede la Prefettura, la Sede Cen-

trale dell’ Universita degli Studi, ledificio sito in Piazza Verdi ove ha sede il Provveditorato alle Opere Pubbliche, t Quattro Canti di Citta, il Palazzo dei Normanni, il Pa-

lazzo di Orleans. b) di contravvenzione agli artt. 656, 110 C. P. per avere, in concorso tra loro, scrivendo sui muri esterni di cui

alla lett. a) le espressioni «Sveglia! classe operaia» ed altre simili, diffuso notizie tendenziose per le quali poteva essere turbato l’ordine pubblico.

63

Se vuoi piantare

pale di fichidindia e avere frutti freschi sotto il bruciare delle spine: quando le interri turgide di umore flosce si infradiciscono e disfanno,

quando le asciughi al sole ed essenziali sai interrarle le intime filigrane si radicano affondando vitali.

64

A chi ha saputo la fame che svuota dalla testa alle ginocchiz e ha visto ciondolare d’inedia teste a bambini, suona acre ironia a tavola

Vaugurio di «Buon appetito»: secreto dalla buona educazione di afflitti dai problemi di sovraccarico di digestione. Questi, non so quanti bagni abbiano in casa loro inentre qui abbiamo mezz’ora d’acqua al giorno quando arriva, per paesi interi; ammirano l’immagine del Dio che suona il flauto in India, e il paradiso dove icherubini suonano i violini: pur disposti a lasciare qualche soldo in assistenza, o per aiutare

gli altri a aiutarsi da sé, stringono occhi opachi come ai pesci gia morti da due giorni appena vedono bimbi poveri vicino al mare suonare il flauto, musica di Bach.

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Abita una casetta che trema quando scoppia un tuono. La madre, non potendo sostentarla pur ricamando tutta la giornata, Vaveva chiusa in collegio. Se avesse avuto la vocazione Vavrebbero fatta studiare avanti. Uscita dal collegio ha trovato lavoro da pastaia: chilometri e chilometri di fili uscivano, chilometri e chilometri dalla trafila, a fascio, ricurvandosi sulle canne, avanzando a essicarsi.

In piedi tutto il giorno, mancava l’aria ma non si poteva aprire le finestre per non rovinare la pasta. Un giorno é caduta sotto il peso delle trafile di acciaio. Ora ha un lavoro che ama e aiuta la sua terra a svilupparsi.

Si é sicuri con lei, i suoi impegni li realizza — e se non pud, lo dice: ricolma la sua fertile giornata aggressiva nell’opera, severa pur amorosamente coi compagni.

Scrupolosa nel volto ragazzino, Rosalba Vho vista lavorare con la febbre. 66

Non pensa di essere colta ma ha compreso come non si pud superare il dolore senza essere uniti, essere uniti senza essere sinceri,

educarsi sinceri senza pensare — e sa quando si aspetta e quando no.

Ha lavorato come minatore nelle cave di pietra. D’improvviso cadono i massi, le corde d’acciaio se si strappano sotto troppo sforzo e ti pigliano, ti falciano; ci si brucia la faccia con le mine in ritardo quando si va per vedere, il guadagno in queste condizioni non vale il rischio.

Poi Franchino fa il pane: piu frequenta la gente e pit impara, pid si frequenta il pane e piu si impara. Basta una distrazione e si rovina

una intera infornata, c’é una regola da imparare pure per fare il pane: pane casareccio sostanzioso lievito naturale e, sopra, il sesamo,

pane leggero a rosette, sfogliatelle lucide d’olio, il francese spruzzato di farina croccante se cotto un po’ di piu, e le ruote di pane dal sapore d’anice di finocchio.

Un giorno andando in visita da amici ha incontrato Rosalba gli ha fatto simpatia, quando si é accorto era brava 68

ha iniziato a dirle qualcosa e ora si amano.

Non vuole cose inutili— il suo nuovo lavoro

é aftrontare la vita come il pane.

E solo un parlatoio questo, enon un centro di cultura come dice di essere: vi sfilano i nomi pit importanti come comete — si parla e riparla. Eppure é irto di sbirri che gofhi tentano di non dar nell’occhio.

70

«Se la pianta riposa troppo poco nel freddo dell’inverno,

le gemme che stanno per fiorire al primo vento cadono. Tu quando cammini due notti e due giorni come ti senti? non reggi esatto

non hai equilibrio. La pianta é come l’uomo, si stanca respira, si nutre.

Ai figli si vuol bene anche se non portano danaro: conosco il vigore di ogni pianta la poto in rapporto alla sua forza pid é robusta piti le lascio gemme — uno non puoi caricarlo di pesi che non sa portare. Certi mali non si conoscono subito,

eppure me ne accorgo: le foglie germogliano in ritardo, certi frutti crescono rachitici;

o la pianta — ci viene come una lenticchia di gomma che cresce — va deperendo, ci si pud allungare la vita incidendola in lungo col coltello, la gomma esce dal canale: siccome sono al vento tanti malanni puo venitci. La campagna é una parte della famiglia, Zt

ci si vuol bene. Tu hai dei bambini, quando un piccolino sta per cadere tu ne risenti.

Se vedo uno mettere una giacca sopra un ramo, ne risento al cuore pud cadere gemme, si puo rompere, mi fa male: se uno piega un ramo sgarbato é come stortare un braccio a un bambino. Se un anno va male uno é mortificato a lavorare a vuoto,

é come quando un bambino é bocciato, il padre s’impegna a farlo studiare l’anno venturo. Un amico sono contento se lo trovo bene: arrivando in campagna visito le mie piante se c’é venuto un male, una si é piegata,

se softre di qualcosa, se ha bisogno d’acqua di alimento, di altra cosa.

Se le piante non parlano, le foglie lente diventano, appassite. Tu sei stato ragazzo e hai avuto la tua ragazza, cosi ci chiama la terra, anche senza parlare: uno si sveglia alla notte e ci pensa».

72

Passa talvolta un volto che ti incanta — non esisti pit oltre il rammarico che l’attimo non potra pit ripetersi: ma non sai quanto € sogno tuo e quanto sia vero.

Se pid vicino poi una piega

o un’ombra turba l’immagine creatasi perfetta dall’incontro di un corpo e di un sogno, soffri ma quasi ti consoli: troppo ti era bella.

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I balconi del Corso, spogli sono, deserti, salvi quattro peli patiti che rinvengono se piove — solo la festa si affaccia il parentado a riguardare e a farsi riguardare, o qualcheduno aun funerale, quando c’é la banda: quelli pit alti, con le colonnine e le modanature al parapetto, adatti ad arringare devono essere sgombri per non perdere tempo ad arrivarci; davanzali di ferro battuto sopra ricurve mensole di marmo danno serio prestigio alla facciata, davanzali protesi come busti di stecche o come le mascelle di una volta;

talvolta si esibiscono a pesare con due colonne, attorno a un portone su curvi poveracci nudi, di pietra;

altri, pur alti sono irti di ferri appuntiti protesi ad infilarsi premurose bandiere, alle grandi occasioni. 74

Se appena arrivi in un quartiere di poveri cristi,

un balconcino é colmo di gerani quelli rossi che appena li cogli dalla riva di un fosso e li trapianti si afterrano e continuano a fiorire;

dalle graste affollate sulla soglia di un finestrino, verdi

si sporgono rametti di basilico; sulle canne intrecciate, gerani rosa e viola, due garofani —inalto alla gioia di tutti — nelle scatole ruggini svuotate a poco a poco di sarde salate; o dalla strada dissestata

cresce la vite a pergola fin sotto il tetto;

o il gelsomino robusto si arrampica attorno alla porta e nelle sere estive, tutta la strada profuma.

75

Anche questa ci capita: si mordicchia i capelli a palmo a palmo mentre ammaestra a vivere gli indigeni. (Amico inventa una nuova barzelletta: « Si incontrano due macchine di notte

una coi fari accesi—e

l’altra, spenti.

Frena, la macchina coi fari spenti, scende l’autista e ferma l’altro — Scusi,

guardi che ha i fari accesi—»). O questo: é tanto buono da invaghirsi del ruolo di mediare senza sapere che. Ed anche questo: di una intelligenza piuttosto avventuriera ma capace

di indugiare pignola, con l’anarchismo scardinato di chi ha subito autorita da piccolo interviene con enfasi insistita su cose pur vere ma stradette — non mi sorprenderei se qualche giorno mi venisse a proporre in confidenza di non ammazzare mia madre.

76

Mastro Calogero, a otto anni aveva cominciato a lavorare scarpaio. A tredici anni quando gli é morto il padre di spagnola si cercd il suo lavoro. Gli piaceva — se un lavoro non s’ama, non si impara —

dividere una grande pietra in due dando alla vena un colpo, vedere lenze a squadra dagli angoli robusti bene a piombo e salire le pietre sistemate in modo che legassero compatte: ando garzone muratore,

Oggi é il mastro pit fino della valle ei garzoni lavorano con lui premurosi: li impara e li rispetta.

« Lavorare é fatica, é pericolo: d’inverno si bucano le mani

la pietra striscia sempre le pupille delle dita, e nell’estate al sole quando si arriva a sera, uno é stanco,

se un tavolone gli fa bilancia oun girare di testa — e questo é sotto.

Ma l’arte é bella. Quando uno costruisce é contento:

dove c’era solo terra spoglia ry:

mucchi di sabbia, pietra, calcina,

cresce una casa, e ci abita la gente. Quando uno é in alto,

la gente si ferma, e sente dire “E bello costruito, tutto esatto”, gli pare di essere in cielo. Nell’arte non c’é fondo uno si fa pit franco ogni giorno gli cresce l’esperienza» dice mastro Calo. «Quando uno si fa esperto a lavorare non sceglie la pietra migliore, con l’occhio sa mettere ogni pietra al posto giusto. Se uno costruisce di sua testa Si preoccupa ma é pit contento.

Ma non basta fare di testa: se non fai bene, cade tutto. A costruire con pietra viva piu passa il tempo e pit diventa bello ma se l’intonachi per nascondere tutto, in poco tempo é vecchio».

78

Fa il doppio gioco: cosi confusi, con qualsiasi tecnica, non si fa mondo nuovo. Quest’altro é intelligente, ha letto ma non te ne puoi fidare: se uno bara la sua é un’intelligenza malata. L’altro é tanto scienziato

che spara i risultati dei problemi senza pensare.

Lo so che aveva figli da sfamare e la moglie malata ma non so dove mettere lo sguardo se gli passo vicino da quando l’ho scoperto spia. Per lui, non per me: lui sa che so.

79

Quando sento una voce

che vibra le vocali compiacendosi di farle risonare dentro il naso,

scoppiando esclamazioni, e sa salire in alti strascichii e scendere in volute fino al tono profondo, git, con lai solenni tra le pieghe — la mia povera testa va in vacanza. Questo tipo mi piace cos{ semplice, affatto teatrante: pur davanti a migliaia di persone se ha da dire qualcosa abbassa la sua voce come a offrirsi pid intimamente. Un altro mi era caro, e ora é morto

deriso dai potenti denunciato, ostacolato. E questi ora che riverenti lo commemorano naturalmente non un povero cristo hanno invitato, nemmeno uno, uno solo dei suoi.

80

Siamo impegnati attorno un grande tavolo in una riunione contadina di un gruppo recente: lo statuto proposto é incomprensibile nei termini curiali alle incertezze degli analfabeti; non si sa esattamente chi presiede,

quale punto di agenda si discute, esattamente cosa si decide. Tutta buona gente ma é facile sbandi secondo gli interventi di chi sa strutturare il pensiero ed esprimersi.

81

E un lavoro difficile da apprendere per guadagnare tempo e richiede coraggio: smetti le tue faccende, se si intorbidano

troppo di gente e vattene nei campi tra i finocchi che ingranano nel sole, o tra le filigrane delle foglie nei silenzi prospettici dei monti (meglio, se con un foglio e una penna),

0 a piedi nudi sulla sabbia sciolta di una riva deserta dove ancora nel fragore del mare il tuo silenzio sia integro e curioso

come quando da piccolo cercavi scoprendo meraviglie tra curve rigate di conchiglie, impronte di gabbiani, sassi leggeri di pomice, selci levigate dai millenni— e aspetta, umilmente lasciandoti riflettere dal fondo le venture di tutti nella tua,

lascia che il vuoto provvisorio si empia senza la frenesia di trovare a ogni minuto un risultato pieno —, e poi se riconosci di valore il nuovo che hai scoperto, non mollarlo finché non l’hai compiuto. 82

E pit facile, in sé, quando l’urto viene dal nemico.

E scontato da sempre che l’altro attacchi: si previene si replica, ogni fronte s’impegna nel conflitto a realizzare, a suo modo,

pit ampio il proprio disegno del mondo — dentro non sei ferito, é come se, diverse, due nature si siano contrapposte.

Ma quando Vurto duro scombina il fronte da dentro, rischiano di tagliarsi rapporti vivi, il dolore si muti in rabbia:

non puoi contrapporre fronte a fronte e dal groviglio si apre un’emorragia estenuante fin che non sai disciogliere Vurto in nuova intuizione rinnovando piti tenaci le fibre del rapporto: o distinguendo responsabilita.

83

Una riunione di consiglio é buona se ciascuno chiarisce fino al fondo la propria convinzione verificando alla luce degli altri: non un braccio di ferro ma lo scontro el’incontro di singole esperienze.

E buona quando é sobria: si dice solo quanto é necessario. Una riunione é buona se alla fine

uno non é pitt lui ed é pit lui di prima.

84

«Noi non abbiamo la testa alzata labbiamo dentro il sacco, operai, non pensiamo niente

pensiamo solo lavoro lavoro lavoro, un manovale cosa pud pensare? Alla mattina vai al lavoro tutto il giorno sei su quella linea per un pezzo di pane, tutto il giorno, licenziamenti in vista, mi fuma la testa.

Dopo una giornata a faticare anche la testa é stanca,

dentro, i figli te la fanno scoppiare, e ’indomani ricominci da capo senza un largo, un respiro, non sono libero a infilarmi in discussioni,

certe volte mi vien voglia di morire. Mia moglie dice — Non aver paura -, non ha paura se ci penso io. I] lavoro mi da un poco di vita ma me la ferma. Nasce un uomo, vede quello che c’é alla luce, cosa sappiamo?

Quello che non ti passa per le mani si pud immaginare ma non si capisce.

Quello che rion ti passa per le mani nella vita é di pid. Come pud fare l’uomo per capire? 85

Si ha la mente confusa a districarsi. Non mi piace il mondo — Si salvi chi pud -, se uno ha uno scopo, cammina.

Adesso che sono operaio guadagno di pit ho l’assistenza medica alla famiglia, ho le marche per la vecchiaia, c’é piu sostanza dentro la famiglia. Prima, inventando ogni giorno il mio lavoro nelle campagne, sulla montagna, la vita stessa mi faceva pensare tante cose. Mi sono rimaste dentro tante domande ma seppellite, c’é qualcosa che mi si spegne dentro, non ci posso atrivare,

si pensa a cercare di vivere».

86

Avevo preso un piccolo anatroccolo, un batuffolo caldo tra altri al mercato, e l’avevo portato alla scoperta dei miei piccolini. Pid che un giocattolo gli era una soffice vivacita, un neonato

da coccolare: gli occhi arguti e un poco spaventati all’inizio, pur arruffato e goffo elegante di curve nel beccarsi la coda —, come un altro

che entrava in famiglia. In pochi giorni dondolandosi lieto li rincorreva sbattendo le alucce troppo piccole per poter volare. I] becco si é allungato irrobustendosi e ora cresciuto, troppo

ingombrante per essere un giocattolo vivo, lo si é portato in una gabbia sotto il mio ufficio, tra erbe e cespugli dove é protetto dalla tramontana e puod restare libero. L’ho sentito chiamare, da lontano mi riconosce pure dietro i vetri: e gira il capo a lato per guardarmi con l’occhio fisso. 87

Quando alle olive turgide la pelle brunita si assottiglia in lievi rughe, le erbe dagli estremi si insecchiscono infragilite, irti di spini rigidi i cespugli, e le vigne ingiallite si esauriscono nel maturare grappoli pesanti all’ultimo tepore dell’autunno,

pud darsi che uno stocco, fuori tempo germogli foglie nuove antenne biforcute che si arrampicano nell’aria invano in cerca di sostegno, € poi — nessuno se ne accorge —

muoiono.

88

Pit di una volta quando ti ho pensato tu sei venuta a dirmi: « Mi hai chiamato? »

Quando ti ho vista, gli occhi pestati dai pugni che in silenzic ti eri data temendo di aver dato un dispiacere, provvida riordinare la tua casa, ti ho compresa. Quando t’ho sentita — fusi i riflessi d’oriente e d’occidente sul tuo volto —

indovinarmi profondamente, mi sei piaciuta.

Quando hai sorriso agli sbirri, agli intrighi, alla menzogna scaltra e alla galera forte d’un incredibile forza in te piccola per antichi stenti, anche se il cuore dentro ti batteva,

ti ho amata.

89

Quando a un compagno manchi di parola, manchi un impegno, é come se al motore salta un pezzo — non si riparte se non si ripara;

é come quando nella barca, al largo, si apre una fessura, penetra acqua e non si sa come tamponare — 0 si spacca un remo;

é come se al tavolo

cede una gamba — oaunarco, un mattone.

90

Mi ferma nella piazza semibuia un vigile chiedendo «Danilo, due minuti li puoi perdere? » So solo era stato falegname appassionato, e il vicolo imbucato tanto é buio che quasi mi preoccupo. Apre una porta e nelle inguardabili luci dei saldatori, da sotto un banco nero

estrae una lamiera modulata con splendido disegno. Quando usciamo, come a giustificarsi: «Non mi sono venduto mi sono solo imprestato — per i miei. Non abbiamo occasione di pensare a queste cose, alcuni mi prendono per matto. Una volta il lavoro era un castigo si lavorava a frustate, non potendo scappare maledivi. Oggi c’é un’altra schiaviti, senza frustate, non si fanno piramidi ma grattacieli e all’operaio, finito il grattacielo, lindomani subito rimane di cercare lavoro —eall’altro ci resta il grattacielo e il profitto —: puoi arrivare fino a un certo punto poi ti fermi, basta, perché basta?! Quando a volte cammino spensierato

o mi sveglio la notte mi sogno d’inventare un incanto: OI

la polvere non possa sparare, i missili non possano lanciarsi, possa circolare solo chi va al lavoro gli altri blocco, la gente storta possa camminare diritta. Uno ha bisogno di essere avvicinato di essere ammirato, vuole spiccare e il suo lavoro vero é come una dichiarazione, e chiama amore».

92

Un limite dell’uomo é che raggiunge appena qualche oggetto coi suoi miopi sensi, tra miriadi,

ne intravede un barbaglio, e r0zzo lo sega, lo slega dal suo resto vitale, da radici

che arrivano lontane negli spazi e nel tempo. I suoi limiti gli rendono possibile un’impresa impossibile: uno, qualcosa esista a sé.

93

Dicevi si con la testa ma altro pensavi, mentre ti parlavano: sei stanco, seppure sorridi, ti senti un fume secco — un fiume senza l’acqua non é un flume ritorna flume quando I’acqua torna, un mare che si asciuga é una palude.

Stanco di constatare ricoperti i pubblici delitti, stanco di lavorare campi dove su cento semi ne spuntano tre, stanco di osservare ogni giorno come trionfa la stupidita pitt o meno macchinosa, stanco di pazientare se pazienza significa lasciare tutto come é

mentre i fiori della vita si sperperano, stanco di non averti per quanto ti importa, per comprendere, per sperimentare da un punto solo, da precisi punti.

94

In altra parte del mondo € notte ancora ma puoi camminare

distinguendo le pietre tra le erbe, l’articolarsi netto delle frasche dai pit fitti cespugli: le stelle non sono esili di nebbia ma sciolte nella luce della luna pur sottile e dal curvo specchiare puoi intendere dove verra il sole. Quando pit tardi il nuovo giorno scioglie la luna e stridendo planano uccelli dalle vaste ali quasi fermi nel cielo, c’é gente che si stringe nelle strade Puno l’altro con i propri cani per resistere al freddo, attorno al fuoco; o accovacciata in cenci

ché l’aria non penetri a svuotarla tenta di barattare qualcosa allineato li davanti; o, come la sua zappa, il martello,

attende qualcuno venga a scegliere al lavoro di un giorno; o si ripara negli archi delle tombe dei potenti. Ti senti ricco col cappotto addosso frusto di quattr’anni enon sai dove posare le mani 95

temendo la lebbra poi le roda — o di offendere, di far male.

In altra parte del mondo al mattino mentre bambine mendicano, la fame negli occhi abbracciando piccini ciondolanti, sotto i portici o contro alte mura di vecchie citta, mucchi di stracci

forse ancora respirano.

96

Chi si spaventa quando sente dire «rivoluzione»

forse non ha capito. Non é rivoluzione tirare una sassata in testa a uno sbirro, sputare addosso a un poveraccio che ha messo una divisa non sapendo come mangiare;

non é incendiare il municipio o le carte in catasto per andare da stupidi in galera rinforzando il nemico di pretesti. Quando ci si agita per giungere al potere e non si arriva non é rivoluzione, si € mancata; se si giunge al potere e la sostanza

dei rapporti rimane come prima, rivoluzione tradita.

Rivoluzione é distinguere il buono gia vivente, sapendolo godere sani, senza rimorsi, amore, riconoscersi con gioia.

Rivoluzione é curare il curabile profondamente e presto, é rendere ciascuno responsabile. oF

Rivoluzione é incontrarsi con sapiente pazienza

assumendo rapporti essenziali tra terra, cielo e uomini: ostie sf,

quando necessita, sfruttati no, i dispersi atomi umani divengano nuovi organismi e lottino nettando via ogni marcio, ogni mafia.

98

Forse a dirglielo, se ne stupirebbero ma gli uomini sicuri che la rivoluzione nonviolenta é stata assassinata con Gandhi o é fallita tra inegri quando il sangue di King ha imbevuto la terra, rassomigliano a chi quando Einstein é morto, abbia creduto che la fisica é morta,

a una madre quando le muore un figlio e si dispera.

99

Talora i lampi sono materiale da costruzione, aggiungere concreto. Costruendo, cresce la tua forza

ma debole diventi se la forza nel scegliere e nel fare taglia arterie invisibili vene essenziali. Talora i lampi dell’intuire sembrano gratuite astrazioni slegate da funzioni, eppure fonde necessita ti muovono a cercare il lampo che dia un senso nuovo a ciascun aspetto.

Il pitt difficile é aprirsi attenti all’intimo palpito di quanto sfugge ai sensi ottusi — ed essere potenza creativa, centro motore.

I0o

Se non so piti contare le denunce e i processi ridicoli che arrivano — ma pericolosi come il veleno -,

forse vuol dire colpiamo nel vivo il mostro parassita. Intanto il tempo passa: so che devo attendere paziente lavorando dal fondo -,

ma alla mia gente é urgente sperimentare il proprio cambiamento.

IOI

Arrivo al mio lavoro nel mattino ancora illuminato dalla luna: biancoazzurre le mura sulle strade, traforate le ombre dei balconi,

rigidi i carri rodenti iselciati, icani incerti tra la consuetudine

di sentire il mio passo, il mio odore, e il dovere morale di abbaiare.

Il ripassarvi ogni alba non toglie fascino nuovo a queste vecchie case. E anche se l’uomo vi ha posato i piedi la luna é rimasta la luna.

102

Quando tra nebbie fosche

la prima neve imbianca le montagne, icardi secchi emergono scuriti sui bordi dei sentieri: vene infinitesime di foglie puntute, curve spine su fiori e semi ormai inesistenti, aculei tesi a difendersi ancora, inutilmente, scheletri mondi lineati

da denti acuminati — si sfaranno

al primo tiepido di primavera.

103

Socchiusa te ne vai per la tua strada sculettando innocente cercando di piacere, tutta pelle, ed io capisco come cerchi amore:

senza saperlo, senza urli e gesti sei disperata certi giorni e cerchi di riempire il vuoto.

Soffro di non saperti dare esperienze a pozioni,

non saperti dire che cercando di essere felice, non lo sei.

Forse solo nell’urto con la vita ti crescera il bisogno di capire Vinsieme dei giorni, dei cicli,

e lequilibrio tra l’esser tu e l’aprirti.

Ma sapendoti fragile paro i colpi che rischiano ferirti, fino che posso.

104

C’é chi insegna guidando gli altri come cavalli passo per passo: forse c’é chi si sente soddisfatto cosi guidato. C’é chi insegna lodando quanto trova di buono e divertendo: c’é pure chi si sente soddisfatto essendo incoraggiato.

Profondamente stimavo un amico quasi invidiando un altro, a cui diceva stupido, e non a me.

C’é pure chi educa, senza nascondere Vassurdo ch’é nel mondo, aperto ad ogni sviluppo ma cercando d’essere franco all’altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono: ciascuno cresce solo se sognato.

105

Chi si batte le mani,

chi batte pugni e piedi sordamente dove pud rimbombare; c’é chi snuda la spada e spara salve di cannonate;

chi inneggia — gli altri pronti fanno eco — hip hip, hurra eia eia, alala ed accende la miccia alle fanfare; chi alza la mano e come una farfalla Vagita silenzioso;

chi congiunge le mani e poi si china in grato omaggio:

al mondo diversi sono i modi di applaudire.

E chi rimane estatico, con gli occhi innamorati.

106

Dove il preciso limite tra l’attiva pazienza e il sapere

non sprecarsi, attendendo Vora di risbocciare?

Fin dove devo esistere soltanto pienamente persuaso,

fino dove accettare d’implicarmi imprestandomi aperto in quanto non mi é chiaro?

107

Mai Pino ha bisticciato in vita sua.

Quando da piccolo comprava uova e crusca dalle donne che tenevano in casa le galline, per venderle a chi andava alla citta, andava nelle strade piti deserte a gridare «Chi ha uova»: non per vergogna, non gli piaceva tirare attenzione su sé, Mase il cugino, timido, dall’orto

caricava sull’asino le ceste ricolme di lattuga e di cipolle per cercare di venderle, era Pino a gridare anche per l’altro. Sono densi, basati, i suoi giudizi.

Limpidamente questo vero signore contadino sa insistere battendosi dal fondo contro l’assurdo ingiusto. E pure se i compagni gli hanno dato responsabile peso, é ancora il ragazzino delle uova: deciso a incidere con la sua gente cerca la sicurezza, e non la vuole. 108

Racconta il padre di Pino, Leonardo: « A vent’anni si ha tante aspirazioni: avevo pensato di trovare la mia vita lontano da qui— son pattito che zappavo terra. Tre volte ho tentato, e mié

fallito:

avevo tanti amici, cari amici,

ma se uno beveva gli scappava — Morto di fame perché non ritorni al tuo paese! ? — Non c’era scampo, sono ritornato nella terra dove non sono uno straniero. Ho appreso da mio padre analfabeta che la moglie del ladro ride otto giorni e piange per la vita: il lavoro ci fa dormire sereni, il denaro non guadagnato viene dal vento e in vento se ne va. Spesso non mi hanno compreso ma non mi sono offeso: meglio offesi che offendere. Se uno ama il lavoro ama la moglie, ama la sua terra la famiglia, gli amici — togli l’amore, e la vita é vuota. E il dono che mio padre ha lasciato e lo lascio ai miei figli.

109

Ho un grande rimpianto, la musica. A militare una volta il maresciallo ha domandato — Chi di voi é musicista? — Ho fatto un passo avanti pur se non sapevo una nota. Quando ha domandato quanto tempo avevo gia sonato

— quindici giorni — ho detto per non dirgli — niente —:

si é fatto una risata,

anche se gli ho promesso di studiare non mi ha voluto».

I1o

Una misura al tempo é il desiderio, ma quanto relativo ad ogni uomo.

Guidato da un poveraccio magro, cencioso un furgoncino su tre ruote passa arrugginito, traballante: tra il fumo a scoppi, dietro gli si legge DIO E GRANDE CREPI L’INVIDIA.

PLE

Un violino d’argento o di alluminio non é un violino: forse pitt splendido, non é pit lui. Certe strade si trovano anche al buio ma certe no: non voglio avere rimorso di spingere qualcuno verso strade ame piu care e un giorno poi si trovi sopra il vuoto.

C’é una parola, quasi ho vergogna a dirla anche se indispensabile — non si usa e pud sembrare un po’ professorale: maieutica.

E l’arte di aiutare a partorire, la scienza di far nascere alla vita.

E strano e non é strano che non sia una voce popolare: chi di noi riconosce la mano della propria levatrice?

Tr2

Rosa, mamma di Pino, sembra uscita da un quadro veneziano del seicento: nel volto giovane occhi chiarissimi, capelli candidi. «Sono cresciuta dentro un magazzino

in campagna, il pavimento di terra, tra i fichidindia,

me ne andavo alla scuolaea

sarta

fino a tredici anni, quando c’é pericolo,

poi stavo dentro. A sedici anni m’hanno invitata a un suono, a una festa da ballo in casa di parenti, e li ho incontrato |’amore: mi sono maritata, sono venuta qui nel paese.

Ci siamo comperati a poco a poco la mobilia, ci siamo rimediate a poco a poco le stanze — mio marito partiva per l’amore della casa — in anni di fatica dura. Quando la casa é stata sistemata,

quando avevamo tinto le porte dentro e fuori, si apriva il cuore a guardarle noi che venivamo dai fichidindia,

mi godevo i figli e se non si fermavano gli amici a mangiare con noi quando passavano ci sentivamo sconfitti — é venuto il terremoto a buttarci fuori senza un vestito, come in mezzo al buio T13

non sapevamo da dove prendere. Ora ricominciamo da terra come quando si cura una piantina che sta facendo le sue prime foglie».

II4

La luce spare, e tutto é scuro. Maa poco a poco nel buio si distinguono dalla finestra aperta sulla valle masse pit scure e altre meno scure, il cielo si disegna, le montagne,

si frastagliano i rami degli alberi, oscilla al vento un ramo sottile,

si possono distinguere le foglie scure sul fondo pit chiaro del mare.

II5

Tiepida notte, eppure é ancora inverno.

Chissa che pensa quest’uomo appoggiato a un muro,

e achi dice: guarda nell’aria — il volto gli trema— tanto lontano che non puo vedere, mormorando parole inesistentt.

116

Si esprime con i fiori nei capelli, con le dita dei piedi che si appoggiano larghe dal piede flessile, con le flessuose gambe il seno pieno, le sue spalle lisce le braccia come alghe dentro il mare, le mani, che non hanno un gesto uguale, le dita, un segno vano,

il volto, in infinite sfumature, composta in incredibile equilibrio:

ogni curva del corpo é una diversa musica silenziosa,

lo sguardo modulato alle sue mani alle palme dei piedi e al suo respiro. Non un attimo in meno un alito in pid:

sa possedersi in ogni movimento e sa non possedersi.

117

Ho acceso la luce.

I capelli le sono trattenuti dalla fascetta, lunghi — aperto un occhio, l’altro quasi ancora gonfio di sonno, gia mi sorride.

118

Ci domandano spesso cosa vogliamo per le nostre valli. Non vogliamo i fiumi si disperdano nel mare, le montagne aride si erodano allagandoci ad ogni piovasco. Non vogliamo case insicure, senza respiro,

scuole-galere in mura decrepite, fontane con quattro pisciatelle, qualche pianta in museo, nel giardino pubblico per la domenica. Non vogliamo stare inerti, o non valorizzati,

o andare a venderci spersi altrove (senza comprendere a che ci si vende e a quale prezzo), sprecare vite in traflici fessi seppure con macchine elettroniche, farci fessi sorbendo reclam.

Vogliamo valorizzando il nostro impegno vallate perennemente verdi, foreste ombrose crescere dai monti sui vasti laghi dalle nuove dighe mentre il mare rimane ancora mare e sulle spiagge luccica la sabbia. II9

Case nel verde respirino cielo pulito. Per New Jork e Milano é troppo tardi. Vogliamo una nuova citta dove la gente impari a farsi i piani — come persuade a ciascuno: dove si possa parlare e intenderci sviluppando la nostra cultura con la gente piu saggia e coraggiosa al mondo, vivi e morti. Acqua democratica vogliamo —e come l’acqua ogni fonte di vita — non di mafia, diretta dalla gente organizzata in nuove iniziative,

consorzi non fascisti cooperative e sindacati aperti: affrontando conflitti necessari come gente cosciente, non da fiere. Vogliamo materiale da museo i mafiosi e i residui parassiti, memorie antiche di un tempo incredibile.

I20

«Se non sai bere, il vino non fa bene.

Vino ne abbiamo in casa vino vecchio di gusto marsalato genuino, non indolcito,

tenuto da trent’anni nella botte di faggio che non dissapora: pid invecchia e pit diventa profumato. Non per risparmiare due bicchieri non bevo di piu, diventa nulla uno che si ubriaca. Noi che non siamo le famiglie comode fare abuso, non piace. Poco basta: 0 le olive schiacciate, con l’origano,

Vaglio, un po’ amarostiche (si scelgono le pit belle dall’albero, con una pietra si schiacciano, non troppo — poi le metti nell’acqua e la ricambi per qualche giorno, poi ci aggiungi aglio, sale e origano a mazzetti);

le olive nere, dense —a

piccoli morsi,

con tre cocci ti mangi mezzo pane; o le olive salate,

che perdono l’amaro dentro l’acqua — levi l’osso si fanno in insalata, col prezzemolo; le olive passite, quasi secche forti, quasi bruciano la gola; o il pecorino tenero di primo sale, non troppo piccante, ancora sa di latte; I21I

o i finocchi, le erbe di montagna, verdure che ciascuna ha un suo gusto;

i mandarini colmi di succo che non hanno il sapore appassito; quando é festa, e siamo tutti insieme sarde o triglie arrostite sui carboni; o in campagna, su griglie improvvisate, la carne di castrato cotta alla brace e poi strappata calda coi denti, in mezzo al pane. Gia é festa trovarsi insieme,

uno per essere uomo deve avere la sua famiglia. Le serate piti belle le ho passate piccolino, quando eravamo in casa tutti insieme e mio nonno, mio padre raccontavano storie belle, o le loro esperienze:

pure fino alle undici

— si schiacciava due mandorle — mezzanotte, ascoltavo a bocca aperta, me ne stavo d’inverno vicino allo scaldino di mia nonna tanto saggia che mai aveva un bisticcio

con le sue nuore. Ci piace la famiglia tutta unita: uno ha un problema, sa dove appoggiarsi per discuterlo e avere consigli, i migliori argomenti risultano. Non sono andato neanche un giorno a scuola, parlo per esperienza di cose successe»,

Cercando il luogo adatto a un nuovo centro educativo, gli ho chiesto consiglio portandolo a un terreno. Ha girato, osservando: «Qui non va bene, non si vede il mare».

I22

Per educare

meglio non inizi dalla grammatica, dall’alfabeto: inizia dalla ricerca del fondo interesse dall’imparare a scoprire, dalla poesia ch’é rivoluzione perché poesia. Se educhi alla musica: dall’udire le rane,

da Bach, e non da pedanti esercizi. Quando avranno saputo, i tuoi alunni

puo una carezza essere infinite catezze diverse, un male infiniti mali diversi, e una vita infinite vite, arrivando alle scale chiedi le suonino tesi come una corda di violino con la concentrazione necessaria

al piu atteso concerto. Non temere di rimanere solo, Inizia con pochi a garantire qualita all’avvio, per essere di tutti: elastico con chi non sa capire aperto al diverso non lasciarti annegare in confusioni arruffone i253

da chi é inesatto e impuntuale cronicamente — taglia netto. E soprattutto cerca di scoprire la necessaria dialettica tra l’impegno maieutico e l’assumere responsabili scelte.

124

Puoi, in un giorno scoprire un nuovo punto

di prospettiva; puoi scoprire, cercando,

quanto non hai appreso in una vita: dentro di te, o in quanto pare fuori — non arrivi soltanto alla tua pelle. Un giorno:

puo essere un granello di sabbia nella spiaggia, o nel deserto, puo essere Hiroshima o il giorno in cui tu nasci.

25

« Anche le piante, dopo scaricate, si riposano. Mi sento come un limone lunare che non riposa mai.

Mentre matura i frutti che da un anno indolciscono in polpa rafiinandosi in grana, pizzuti si formano i novelli, spunta il boccio: una rossa goccia dura cresce, spacca bianco aprendosi fino quando muore ma sotto comincia a ingrossarsi

il piccolo limone. Si chiamano lunari perché ogni luna butta le sue zagare senza risparmio, non tutte infruttano — casca la vecchia foglia dalle nuove, gialle le deperite, come noi.

Quando si coglie l’ultimo limone giallo maturo, é verde il piccolo e affaccia il nuovo fiore, in ogni tempo senza darci la secca. Si raccolgono quando non c’é altri e hanno altro valore.

126

Arrivano a cent’anni come noi se si é sinceri, non ci viene il male

si resiste meglio: a guardare una pianta di lunari non pare mai inverno».

127

Quando posso, ti porto qualche fiore fresco dai campi 0, se vado lontano per qualche tempo, e il flore pud appassirsi, anche d’osso, o d’argento e non credo di darti un privilegio:

poiché stai faticando tutto il giorno e non ti pensi,

a te lido ea quanto in te si esprime — so che non ti smarrisci se ti appunto un fiore sul petto, due fiori tra i capelli tra cui taluno imbianca.

128

Chi é avanti mille anni lo sputano, lo trascinano in galera, l’ammazzano se possono (quando non si interessi di esperienze

riguardanti bombe e veleni universali). Chi é avanti cento anni lo criticano. Chi é indietro Vapplaudono.

Ma chi sputa (anche a lupara), o applaude? Spesso mi domandano: «Cosa pensa la gente del vostro lavoro? » Pochi gli amici attivi che muovono il mondo dal fondo. Chi sa pensare guardando avanti per meglio profittare dell’altrui confusione é il nemico duro: sono pochi. Tra gli unie gli altri la grande massa degli incerti aspetta di scorgere chi vince.

129

Ancora é scuro, non viene la luce. Un compagno ha tradito 0 é stato afferrato da qualcosa che non so: non celando ai compagni ma neppure gravandoli di tutto il nuovo peso devo reggere rigermogliando alternative valide da proporre alla loro fiducia — dirottare lo slancio, rinventare la meta provvisoria la via, come andarci, con chi.

Quanto pit duro il colpo, tanto pit lo lascio decantare quasi senza raccoglierlo, non voglio sentirlo inutilmente: é gia passato. Esito a impregnarmi troppo presto

—non ho partorito ma per altra esperienza suppongo quanto sia esausta una femmina quando

vita nuova le nasce dal sangue —: piu che fatica temo, producendo a ogni tempo, di far nascere vita troppo esangue.

Imprestandomi al giorno, mi rilascio come sopito

per risvegliarmi forte solo quando si siano maturati nuovi segni. 130

Daniela ama inventare cantando —non ancora inibita dalla Cultura — filastrocche fantastiche; la mamma questa volta ha appuntato:

« Passano le regine, passano i cagnolini le regine rimangono, i cagnolini rimangono. La luna se ne va ma resta il sole, il sole se ne va, la luna resta.

Come facciamo a giocare se il mondo é rotto? Giochiamo con la luna e il mondo l’aggiustiamo mentre sale nel cielo di 1a, di la, di la. Oltre il sole e la luna c’é le stelle».

Est

E qui sotto, il residuo del tuo corpo il resto dei tuoi occhi che sapevano. Genio é ridurre tutto all’essenziale. Hai intuito come un uomo pud riuscire a far deviare la storia degli uomini. Hai cominciato a chiedere severo prima ate:

chi t’ha assassinato, non capiva colpiva tutti, era un suicidio — ma ancora da te muove nuova fiducia, rimorso si scopre

come da pochi vivi. Rose di macchia e freschi gerani hanno posato: talora uno passa tornando dal lavoro, le dure mani screpolate tocca la pietra, a esserti vicino;

a piedi scalzi una donna — il piccolo aggrappato al suo seno se lo succhia -; uno ha le scarpe nuove; arriva gente che non ti ha mai visto ma sente dire che sapevi esser duro, e non odiavi.

132

Candide colonne si aprono radicandosi in coni sovrapposti — una clessidra aperta da cui parte acutissima da un lato la leggera potenza di un aculeo curvato in cima,

dall’altro si equilibrano sostegni di traliccio retinato: é avorio levigato di chissa quale pesce. Lo scheletro essenziale di una pianta lo scavare del mare in una costa sassi traforati dalla sabbia del tempo — le nostre ossa da miliardi di anni, in altre forme.

Una conchiglia: gira da un punto aprendosi in volute concludendo armoniosa le sue curve — anni e anni si € aggiunta particella a particella, attorno assimilando quanto necessario per costruirsi

secondo un disegno preabozzato da un’antica esperienza, in parte mosso dall’irripetibile 133

vita qui espressa ed improntato pure dallo scorrente premere delle onde piu profonde del mare, dalle nebbie vaganti delle stelle. Era cresciuta fino a un certo attimo ancora viva dentro — mentre altre creature minuscole si avvitano nel mare ora, svuotata attende la rodano i millenni per ritornare terra

ed esprimersi ancora in altre forme secondo dove andra dalle mie mani.

Qualcosa in pit ci é possibile: pud l'uomo organizzarsi per tentare tra le strade arcuate delle stelle di capire perché.

134

Se mi ammazzano

O mi si rompe il cuore qualche giorno, miei cari, non vi lascio né case, né terreni, né danari. Pur amici della terra che vi ha cresciuti,

non sarete paesani di nessuno: cittadini del mondo,

figli del Nord e del Sud, a disagio ogni volta vi chiuderete in nidi. Vi sono grato di non esservi vergognati di me quando mi erano contro quasi tutti, e di non esservi infatuati

quando sono capitati applausi. Vi sono grato

della gioia che ho avuto anche da voi. Vi lascio una vita scoperta intensamente giorno per giorno:

ho cetcato con voi di guardare oltre l’attimo, vivendolo,

di vedere oltre i giorni, oltre gli anni, di imparare a collaborare, premendo con la gente per cambiare questa terra, ma non contrapponendo Vazione nonviolenta alla violenta se rivoluzionarie, praticando 133

Vimpegno nonviolento per il nuovo come figlio, sviluppo piu perfetto dell’impegno violento. Forse talvolta avrete nostalgia delle nostre riunioni, del tentare di risolvere insieme.

Talvolta vi ho lasciato troppo soli altra vi sono stato troppo appresso; penso mi scuserete se talora vi sono stato noioso: la vita é difficile, temevo per voi.

136

Non sentite l’odore del fumo?

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Variano ancora gli occhi della gente, chi ha i calli e chi no la grana della pelle sotto uniformi pitt o meno strambe. Tra i rumorosi fiumi delle macchine nell’aria attraversata da voci elettriche che si cercano, si allargano le croste di cemento e catrame a congiungersi — quartieri sono interi continenti,

non molta terra ha il respiro possibile non molta acqua. Se tutta croste, una creatura muore.

E una sola citta, lucide ragnatele di voli si connettono ma ogni voloé un astratto siluro che fora lo spazio tra barbagli di luci sulle nuvole: e solo frammenti di esperienza si comunicano.

139

La localizzazione prima di tutto, baricentrica ma non leccata da troppi occhi indiscreti, di qualche casetta importuna si fa presto a disfarsene, e un sicuro sistema di trasporti organizzati puntuamente dalla Centrale con le rotaie che immettono direttamente ciascuno alla sua rampa d’arrivo. Gonfiare i propri uomini di ideale: diversi dagli altri, diversi da tutti, le Guide, devono inculcare al mondo la Via la Verita la Vita,

gli altri sono tutti traditori in atto o in potenza.

Lo psicologo é indispensabile — lo psicologo é sempre indispensabile —: occorre far pagare i biglietti a quelli che partono farli sentire necessari, loro e i loro strumenti,

scegliere come collaboratori kapi con forte predisposizione alla prossima attivita, far fare un po’ di musica sul viale d’arrivo ma solo matce, il resto é pericoloso, qualche fiorellino all’ingresso sotto una iscrizione con suadenze plurivalenti: RES SACRA MISER O ARBEIT MACHT FREI 0 YOU HAVE TO BE STRONG TO BE FREE O CELOVIEK ZWUCIT GORDO. Per i novellini— meglio riguardarli isolati — due accorgimenti: 140

lasciargli arrivare la prima posta, lasciarli scrivere la prima risposta: la serie cosi ottenuta di indirizzi € piu sicura ed economica di un’inchiesta specializzata; e, se uno cerca di svignarsela,

prendergli parenti e amici: cosi avra compagnia

e gli altri attorno cominciano a farsi furbi. A questo punto, chi é dentro é dentro, alcuni problemi di forma divengono superflui si puo procedere pit spediti. I buoni tecnici sanno cosa importa: far crescere la produzione minimizzare 1 costi

eliminare ogni rogna eliminare ogni voce in perdita. Far lavorare dunque tutti coloro che possono, pit densa la broda a chi produce di piu, selezionare le persone inutili i pit fastidiosi sono naturalmente i vecchi e i neonati che subito frignano se non hanno il naso affondato nei seni odorosi di latte. Curare in tempo lo sviluppo dei piani del grande Campo, al millimetro.

I kapi, duri collaudati, assumono in pieno il proprio ruolo entro la doppia fila dei fili spinati caricati da 6000 wolt illuminati la notte dai riflettori, spie armate in ogni punto prospettico,

tre giorni di permesso se abbattono chi si avvicina alla cinta. Razionalizzazione sempre piu accurata. Incasellare ciascuno col numero tatuato sul braccio sinistro I4I

foto di profilo, di faccia, a 45 gradi esatte le date due appelli al giorno contare ogni gruppo quando esce al lavoro e quando rientra, notificare scrupolosamente i deboli di nervi che si suicidano. Tonnellate di capelli— non importa se bianchi, neri, castani ondulati, biondi sottili —

possono essere prodotti dalle teste rase, accumulare, insaccare, spedire per materassi, corde,

per tessere nuove uniformi. Separare i malati contagiosi spremere tutto il lavoro a chi ancora pud affinché la Grande Macchina funzioni —un Popolo, un Regime, un Capo — i bambini cercano di essere pit alti di un metro e venti si alzano sugli alluci per raggiungere il segno e vedersi l’indomani. Non sprecare tempo e cibo per chi resiste,

tuttal pid si sviluppa il cannibalismo fenomeno non costoso, primitiva comunione,

a chi necessita chiarirsi cubiculi di un metro per un metro niente finestra, tutto muro, ci si entra sotto carponi,

razionali cassette di comunicazione con buchi pronti a serragliare i piedi; se occorre, non sciupare pallottole sparare la nuca, un colpo solo senza inutile chiasso, e un certo tatto

verso l’esterno. Non sperdere energie separare le femmine dai maschi, c’é il Kapo che nella sua villa dalla sua femmina fa figli buoni, per i soldati non costa niente 142

prevedere il bordello: basta trovare quelle che ci stanno facendo loro intravedere potrebbero tornare ai loro bambini, ai loro cari, qualche sentimentale c’é sempre. E il bordello é pur utile ad altro servizio: lasciarci andare quello che spia.

Curare attentamente la dinamica sperimentale dell’insieme ma curate anche il tiraggio dei camini i piani dei forni al centesimo, se occorre, di millimetro. L’economia é scienza esatta

richiede massimo riguardo: il petrolio é pit comodo ma il carbone risulta meno caro se l’estrazione praticamente non costa,

ciascuno si spogli da sé € scomodo spogliare corpi rigidi, tutti gli stracci insieme eli zoccoli in un mucchio le scarpe in un mucchio le scarpine dei bambini in altro mucchio, anche se consunte milioni di scarpe sono valore devono essere regolarmente registrate, gli occhiali in un mucchio, le protesi in un mucchio: le gambe artificiali, le stampelle, i busti di ferro e fibra, i moncherini delle braccia di legno le mani di legno. Ricuperare le bambole, le catinelle, irinali, le pignate anche se scrostate i portafogli con relative fotografie, gli spazzolini da denti, i pennelli da barba le valigie, i cestini: ordinare mucchio per mucchio,

143

il meglio per l’uso il resto per utili rimpasti. Camera a gas bassa — costa, il cianuro non sprecare gas costruendo altezze inutili-, chiusure ermetiche, eliminare perdite la gente sporca crede di lavarsi, quando ormai se ne stanno quieti il gruppo specializzato — meglio usare alcuni di loro stessi — la carica sui vagonetti. Massima dunque razionalizzazione dei percorsi: I spogliatoio Ila camera a gas L ub relativo recupero dei denti preziosi | III ascensore l IV crematorio b

I soliti ingenui, é probabile, faticano a capire: che significa « stuppo specializzato...» «loro stessi...»? come pud essere possibile? Si fa cosi: si scelgono tra i nuovi arrivi i pid forti gli si dice francamente « Brucerete cadaveri. C’é qualcuno che non se la sente? » Chi fa segno, lo si porta discretamente da parte per esempio dietro la casa, e quando gli altri hanno sentito lo sparo gli si domanda « Qualcun altro ha lo stomaco debole? » Naturalmente é difficile ci sia. Oppure si promette a tutti, dopo tre mesi la pid assoluta liberta: dopo tre mesi di quel lavoro, tenuti in indisturbato isolamento si fa definitiva igiene di tutti, si torna a specializzare altri.

144

Lubrificare i carrelli. I corpi vanno infornati ordinatamente dallo scivolo in leggera pendenza, non pesano molto, sono gia consumati

la pelle vuota dalle ossa sporgenti, sotto le grate cadono le ceneri. La farina d’ossa pud servire all’alimentazione animale (ottima ai polli ma l’iniziativa pud dimostrarsi scomoda se condotta in serie):

meglio usarla per concime o spargerla, quando la gestione é sovraccarica, rassodando il terreno argilloso per lavorare disinvoltamente quando piove. Mai essere precipitosi, saper fare i calcoli di convenienza:

produrre sapone, ad esempio, produrre pelli per nuovi abat-jours puo rendere di pit ma é lenta impresa di tipo artigianale. Comunque occorre «liberarsi dai pregiudizi stupidi e avvilenti della coscienza e della morale,

educando una nuova giovinezza inflessibile e superba come un animale selvaggio». E non dimenticare di lavare con l’alcool le teste dei collaboratori che possono offuscarsi. Razionalizzazione significa saper sperimentare:

come meglio cambiare i connotati con nuova chirurgia plastica a chi non se lo sogna, come produrre figli a due a due (quelli del superuomo) per divenire pit potenti, come meglio sterilizzare chi é altro, diverso. Ma le cose vanno fatte con la testa

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altrimenti a che esiste la psicologia? Ai deboli, ad esempio, se non servono,

un’iniezione di fenolo é d’effetto immediato senza essere cara: ma va punta col camice bianco. Razionalizzazione significa saper sperimentare:

bruciare solo 300 persone al giorno é un’impresa alla buona da attrezzatura quasi dilettantesca. Per bruciarne 10-12 mila al giorno, occorre specializzarsi: ma Dio, che noia, come é indietro la tecnica,

con tre sportelli per forno in continua funzione, fermarsi 30 primi per ognuno é anacronistico!

Per bruciarne di pit a centinaia di migliaia, a milioni, a miliardi in un attimo, e senza storie complicate,

— se ha ragione chi vince e vince chi possiede le tecniche perfette — occortre provvedere scienziati

possedere i tecnici pit perfetti, é un mercato facile.

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« Abitavamo alla frontiera aiutavamo la gente a passare ci hanno presi e deportati ad Auschwitz. L’odore del fumo, delle carni bruciate

quando ci veniva contro era terribile. Non c’era un uccello. I] pit terribile era vedere i bambini. Ero ragazzina, coi miei parenti mia mamma era con me:

di giorno dovevo lavorare da Rampak, ogni sera tornando dal lavoro trovavo mucchi di cadaveri vi cercavo se la vedevo. E quando é morta mi sono sentita contenta temevo terribilmente che la gasificavano — quando é morta, non nella camera a gas, ero contenta. I pensieri erano corti non si poteva pensare

pensavo che, se avessi potuto, avrei pensato dopo».

«Sono quasi morto tre volte. Prima mi hanno iniettato tifo sperimentale. Poi, dopo una settimana mi hanno destinato al bagno e io sapevo cosa significava.

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Poi, pensando l’esperimento non ancora finito, all’ultimo momento ci hanno trattenuti in 50 hanno voluto vedere come reagivamo al lavoro facendoci addosso altre sperimentazioni».

Lager dei bambini in Litzmannstadt 27 novembre Ner2399 Cara mammina,

perché non sei venuta quando ti ho scritto di venirmi a trovare? Perché non mi hai mandato da mangiare, e ora cara mamma ti prego vienimi a vedere. Ti prego ancora una volta cara mamma

non dimenticare di venirmi a ve-

dere. Cara mamma ti prego vieni. Non dimenticare. Cara

mamma ho finito la mia lettera perché non ho pit altro da scrivere tuo Jerzy

Dopo oltre un quarto di secolo ancora quando dice Gestapo si guarda attorno furtiva.

«Le pit grandi risorse erano la speranza e la dignita. Chi si rassegna, muore prima. Non so se i giovani hanno appreso. Se ci si lascia chiudere, terrorizzare

si diventa una cosa gli altri ci diventano cose. Molti ancora non sanno: 148

Auschwitz é tra noi, @ in noi,

non si puo stare male per una lampada qualsiasi, non si puo stare male per un sasso. Non so se i giovani sanno in ogni parte del mondo: non c’é rivoluzione se si trattano gli uomini come sassi. Ma sapere solo Auschwitz e il Vietnam, intossica, ai giovani occorre, anche,

Pesperienza educativa di un mondo nuovo dawvero. Ad Auschwitz ci torno volentieri,

mi da la misura dei fatti».

« I] peggio ad Auschwitz non era lo schifo il vomito, dormire in tre per panca, ai fatti ci si pud abituare anche a vedere una massa di gente rapata anche ai mucchi di cadaveri,

ci si pud abituare ed avere attorno la morte. La tortura continua

era prendere le decisioni. Quando sono stato arrestato

ero con mio padre, siamo arrivati in un carro ammanettati, 24 prigionieri. Quando ci hanno fatto scendere

alla porta del Campo, d’improvviso ci hanno fatto correre, sparavano a chi indugiava, mio padre é caduto, dovevo fermarmi a raccoglierlo? »

«E vero, ci sono stato ma

non voglio che il mio nome risulti da qualche parte. Ho ancora paura.

149

Non ne parlo con nessuno gli altri non sanno che ci sono stato. Possono esserci risultati negativi per me, se parlo, possono distanziarsi da me vogliono distanziarsi da me per non avere senso di colpa. Di Auschwitz alcuni non vogliono sapere, una parte non sa, oltre ogni immaginazione é terribile la difficolta degli uomini a farsi esperienza e a superarla. Sapendo, molti si annegano nelle cose: non é possibile avere piacere nella vita con una cattiva coscienza.

E io ho paura, ho ancora paura, per questo non voglio risultare da alcuna parte preferisco non parlarne con nessuno, neppure ne parliamo con qualcuno scampato con me: la piaga é ancora aperta non vogliamo scavarci dentro. Ho ancora paura della gente paura che qualcuno ci veda insieme terrore che possa succedere di nuovo, come se una catastrofe stia sempre per cadermi addosso, mi sento come una bestia cacciata. Appena vedo il cappello di un postino gia sono in ansia,

appena vedo polizia una divisa qualsiasi dentro comincio a essere inquieto pensando che per loro forse non sono in regola».

150

Sono stati documentati finora in Europa II 500 campi nazisti di concentramento:

campi di lavoro forzato, campi di germanizzazione, campi speciali di lavoro per bambini, campi pei bambini pitt biondi, occhiazzurrini da recuperare alla Superpatria, campi di soldati prigionieri, campi di sterminazione — oltre agli sfracellati dalle bombe agli uccisi dalla fame e dal freddo agli erosi dalla tubercolosi. Annoiano, fanno sorridere

i padri quando raccontano le loro guerre. Ma milioni milioni milioni di persone miliardi di persone non sanno ancora mentre i fascismi rigerminano enon solo a botte o parate. Ir 500 campi hanno il cartello (non é un caso intanto che il governo italiano non ha collaborato nemmeno a denunciare quelli),

e tutti gli altri? E i grandi campi, i campi d’oggi coi fiorellini di plastica sotto il neon « Democrazia» ? Le caserme zeppe di manganelli mitra, bombe, nuovi gas sono mimetizzate dietro i seni di Raquel le cosce di Brigitte e tante altre,

dietro cartelli pubblicitari — invoglianti. Le cifre non parlano abbastanza I5I

le documentazioni storiche in mano agli specialisti, non bastano, i Monumenti in genere irritano: un uomo che sta morendo, un uomo che muore,

gli uomini che stavano gia morendo possono dirci quanto le statistiche non possono, non sanno dire, possono dirci dove, cosf, si va a finire. Ciascuno umilmente si informi

umile ma responsabile riferisca a chi non sa: dai campi coi cartelli a quelli nuovi, pit ipocriti, Auschwitz sta figliando nel mondo, non sentite l’odore del fumo? i figli, pur diversi, gli assomigliano.

152

II

Hanno ricostruito con altri muti, le case a caso, una vecchia citta

coi poveri e coi ricchi, ad Hiroshima chinandosi al modello di chi ha vinto: incravattarsi, cocacolizzarsi pur l’animo nei rock dei motori, con gli spaghetti rosa alle vetrine tra pesci fritti in plastica e tra poco gli intimi vibratori elettrici alle femmine sole, Vorinatoio che si sciacqua solo fotoelettricamente. Ma a chi vuole cercare, c’é un ospedale, testimoni sono ancora vivi

volti irriconoscibili in stravolte smorfie talora, sotto spessori enormi di cheroide: c’é chi ricorda, sa.

153

Jukimi Kanai a pit di due chilometri dal centro lavava biancheria nel suo giardino il bambino di un anno le dormiva ne attendeva un altro da sei mesi: quando é scoppiata nel cielo la grande luce e il muro le é caduto addosso ha sentito il mondo impazzire... ogni volta mangia le viene da vomitare, ogni giorno i reni le si restringono,

la nutrono di iniezioni.

Saiso Juhasa a oltre due chilometri dal centro si stava cambiando il vestito

per ricevere il figlio che veniva da fuori quando é crollato con la casa: Vhanno tirato fuori senza un occhio

ricucendolo con ottanta punti.

Marie Niscido dalla sua casa in periferia stava uscendo al lavoro d’infermiera, aprendo la porta

154

quella luce straordinaria la casa si é rovesciata

credeva di essere gia morta si € trovata dentro chiodi ma non le facevano male

é in ospedale V’intimo delle ossa distrutto.

Icima Imaci

é venuto a Hiroshima il giorno dopo acercare suo figlio: tra la cenere c’era un tagliaunghie e un orologio che sembrava il suo e alcune ossa. Sentiva secca l’aria gli seccava la pelle, voleva tanta acqua ma per anni pensava di averla scampata,

poi non sentiva piu ei reni a poco a poco gli si stringono.

Scisugo Tahara quando é uscita nel piccolo giardino — piccolo da tenervi vasi di campanelle e zucchini — per distendervi i panni é scoppiata la luce tutti i vetri riflettevano quella luce era uno scoppio di luce rumore terribile una vampata ha sradicato tutti i muri di legno della casa, il marito le é stato mangiato da un cancro ea lei la paralisi sale dai piedi alle gambe ai reni. I55

Hanaio Sogava

era cento chilometri distante quando é successo, é arrivata a casa

due giorni dopo e ha trovato i tre figli con pezzi di vetro nella carne, non sapeva che nel cercare almeno iritratti dei propri cari le povere reliquie di famiglia sotto la pioggia nera cera la lunga morte della paralisi.

La nuora di Icima Imaci

mi ha dato un mandarino e una poesia disegnata su carta pergamena. «C’é uno strano odore tutti gli alberi sono bruciati bruciate le pietre tutto bruciato, resta solo cenere. Kazumi é morto

ingenuamente ha detto un soldato non sapendo che ero suo padre, mi ha sbalordito come un fulmine. Mi ha condotto dove era Kazumi ma era tutto crollato, tutto bruciato un mucchio di cenere. Il suo amico mi ha indicato con la mano tremante “Ecco dove era”,

mi ricordo il suo viso ancora infantile

di solo diciotto giorni fa quando mi parlava felice. Quello forse il suo orologio? Non c’é la sua voce,

dov’é il suo viso allegro a vedermi arrivare? Doveva esserci mio figlio 156

c’é solo una pietra bruciata. Pensando dove ora é mio figlio mi tremano le ginocchia, piangendo in questo silenzio mi pare mio figlio mi chiama é€ un rumore? € una voce?

Forse mio figlio piange da qualche parte? Vedo qualcosa ma non so resistere chiudendo gli occhi il padre riftuta di vedere le ossa del figlio non posso credere che é morto cosa dird a mia moglie? mi sento precipitare in un abisso parlo con te non posso rinunciare a te con tutto il tuo futuro,

non potro mai dimenticarti. Ma apro gli occhi, c’é il sole, allora non sono pazzo».

157

Dieci adulti su cento ad Hiroshima ignorano quanto é accaduto il 6 agosto del ’45; molti pit in Giappone, e quanti al mondo trasalgono pensando ad Hiroshima? Vi hanno ricostruito case,

dove era scoppiato lo sterminio vi hanno squadrato giardini su cui posano ignare colombe attorno alle vaschette con i pesci rossi e la fontanella con gli schizzi presso il museo commemorativo. Dovevano lasciarvi la cancrena

intatta delle macerie che erano state nidi di vita,

coi cenci bruciacchiati le fasce dei bambini appena nati gli orologi fusi a segnare le otto e quindici di quel mattino quando le carni bruciavano i vestiti si fondevano alla pelle, le tegole sui tetti si appoltigliavano, le bottiglie colavano le antiche porcellane si scioglievano il ferro si torceva come erba vicino al fuoco un fuoco che rodeva pur le pietre: 158

e chi alla troppa luce copriva gli occhi con le mani vedeva colargli le mani. Intatto dovevano lasciarvi il marchio di Little boy calcolata anche nella sua parabola con le tecniche pit raffinate a distruggere vite a seminare cancro

e leucemia per decenni. Non dovevano nei giardinetti con l’erbetta verde piantare roselline provenienti dai pietosi degli altri paesi ma davanti alle rovine sconvolte portare ogni uomo a meditare. Lo so, si voleva tentare di coprire lo squarcio: ma questa era una ferita da tenere scoperta. Lo so che la terra costa cara ma altra se ne doveva trovare per ricostruire. Si, costa viaggiare ma quanto costa

la vita degli uomini?

159

III

Uno dei tanti lager, lager di Holezmann una delle imprese edili che ha costruito pit appartamenti di lusso in tutta Europa: nelle allineate baracche di legno sono ammassati uomini per spremerne il lavoro, non possono ricevere un amico, quattro uomini in una stretta stanza

pur pagando settanta marchi al mese ciascuno, uomini soli.

Cerco di entrare a vedere. « Verboten».

« Perché verboten? » «Perché non si pud». Iugoslavi italiani portoghesi greci turchi spagnoli sono venuti qui a cercare

il mondo sviluppato. «Se si fa una questione, ci si perde il tempo. Anche se non ci possiamo fare la nostra vita noi non ci possiamo niente,

se protestiamo ci buttano via e chi da da mangiare ai bambini alle famiglie che aspettano lontano? La si lavorava sconfitti chi ci ha mangia chi non ci ha pud morire, 160

qui si mangia e si avanza qualche soldo ma si resta sconfitti in altra maniera». Tristemente vero: se questa gente fosse capace di organizzarsi il lavoro l’avrebbe alla sua terra enon solo il lavoro. Incontro il direttore del lager voglio parlargli. « Verboten».

« Warum verboten? » « Verboten».

«Ma perché verboten? » « Alles verboten». Questo era un lager di prigionieri — e questo é il mondo democratico e questo é il mondo nuovo che hanno ricostruito dopo Auschwitz sui cinquanta milioni di ammazzati da quella guerra? « Partiamo alla mattina alle cinque torniamo alla sera alle sei ma ci calcolano otto ore». Questo é il mondo dei calcolatori elettronici?

I61

Nel paese tanto ricco di tecnica che puoi bere latte e ruttare petrolio, tra scienziati cosi sapienti da saper inventare

bombe capaci di far scricchiolare tutta la terra;

nel paese tanto ricco che la gente vi perde le mani ma vi trova la droga (ela gente spia Vattimo in cui finalmente puo rilassarsi a ridere);

nel paese tanto ricco d’invenzioni che ormai vi é inutile pensare 0 pericoloso (il suo uomo pit buono lavora a organizzare i miserabili per conquistare il pane e una baracca per ambulatorio, tenendosi sul tavolo l’effige del ricco pitt potente);

nel paese tanto ricco di democrazia che meta del suo popolo stima inutile andare a votare (e chi vota, come vota? );

mentre fioriscono lager per la gente di pelle piu oscura 162

i ragazzi irrequieti, i grandi _ irrequieti che non vogliono essere assassini; in questo paese tanto ricco — si sa,

consuma piti del 50 per cento delle risorse del mondo,

col 6 per cento di popolazione —: se chiedo a ciascuno di voi amici capelloni semplici o a voi capelloni di lusso, quali sono gli sprechi pit assurdi nel vostro paese, siete sicuri di saper rispondere esattamente?

Se chiedo a ciascuno di voi che sogna di cambiare la vita sulla terra come si forma il mostro del potere li, proprio li, dove vivete, siete sicuri di sapervi rispondere esattamente?

163

Si butta mezza sarda che fa odore 0 un vermiciattolo, meglio se vivo che tremoli ferito dall’acciaio: e quando l’altro abbocca, lo si tira mentre si sbatte ansimando |’ultima speranza di fuggire — é troppo tardi.

Antico é il trucco e non lo scopre mai chi non é attento e non ci sta a pensare

(é pit spiccia la rete, pit sicura, e la lampara, meno primitiva valorizza intuizioni psicologiche), la tecnica é la stessa, cambia l’esca:

il primo premio della lotteria che arricchisce ciascuno, sfaticandolo;

il soldo e la divisa luccicante per chi poi serve a mantenere quieti i turbolenti; Dostia che ti promette eterna pace.

164

Sopra questo frammento di galassia

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Vibra tenue a invisibili cause Pacqua — colme le conche delle vigne specchiano il giallo accendersi dell’erbe agrodolci che impollinano i visi ai bambini, fiori inimmaginabili, margherite arancioni appena ieri inesistenti.

Aperti gli azzurrini fiori minuscoli dei rosmarini, rossi i gerani sulle foglie lavate, dalle siepi splendono bacche, olivastri dalle squamose frasche. Sgombro il cielo di nubi in fondo alla campagna riappare celeste come i monti attorno il mare. Questo é l’aspetto di quanto avviene dentro, e non si vede.

E se i colli si arrossano di sulla, soflici pigne crescono dal verde fino a esprimere accese lamelle tese a sbocciare in curve striature: alette sottilissime, minuscole chiglie di navi e, dentro, serpentine impollinate — ogni atomo di polline é un mondo

tra famiglie e famiglie di galassie — 167

mentre alti veleggiano imbiondendo forcuti ciuffi di segala. Lucente di vento che scorre a lunghe ondate il fervore dei prati si matura per il buio degli erbivori stomachi. Salvate le papille gustative mastichiamo fiori carni miracoli, distratti come calli tra altri calli.

168

Talora la visione dell’oceano sconfinato oltre lo sguardo ti é impedita dall’assillo vago —né la luna bianca ti attira — di una nuova conchiglia tra la sabbia.

169

Sotto i mandorli— ancora nel verde vellutato, trasparente il seme si addensa imbiancando — mi attira giallo un campo di margherite dal profumo acre: solidi i bocci, sugli arbusti fitti,

contengono mosaici in gialle curve che aprono miriadi minuscole di fiori appena i petali imbruniscono.

Talvolta una voglia mi attrae a vivere esperienze che non so giustificare appieno, e incerto resto

se obbedire al programma prefissato o seguire il richiamo che ignoro a quale fine possa coordinarsi. Mi sono salvato talora lasciandomi andare,

talora non lasciandomi: sopra questo frammento di galassia cerco di apprendere con nuovi sensi quando e come lasciarmi rapire.

170

Lo so che soffri dal ripiegarsi amaro del tuo labbro quasi sdegnoso a volte, anche se tenti di apparirmi serena: per non preoccuparmi, mi sorridi ma il labbro non riesce ad obbedirti ed io vi leggo. Non so se nel rinchiuderti é il tuo male o se cerchi a fatica di salvarti da quanto non é tuo — e non so se suaderti ad aprirti per aiutarti a scioglierti, o rispettare il tuo segreto chiuso lasciando maturarvi quanto duole.

171

Tentando senza illimpidire la natura delle prove e perché non studia di vincere non matura esperienza (arduo gia é intendere nel groviglio invisibile dove mirare, e anche mirando si pud mancare):

giorni mesi anni

quando lembi di vita gli si sfaldano o non é favorito nelle voglie pericolose, attonito rimane

mugugnando contro il fascismo — come il bimbo urtata la testa al tavolo poi lo picchia sgridandolo cattivo.

A quale aggancio potranno gli altri nessi illuminarglisi?

Quest’altro, mentre osserva una riunione

in cui ogni piccolo cerca e si esprime, biasima oracolando: «temi e quesiti in albis... non é ancora dialettica politica...» — deluso a non trovare in ogni istante bandiera rossa o il segno della croce. 172

In anni di attenta fatica impara a costruirsi giorno per giorno, viva:

se tempo spensierato le avanzasse giocherebbe felice con la bambola.

Era pronta ad offendersi, a turbarsi: appena la sfiorava l’ombra di un nuovo dolore, tutta nera di lutti antichi, si chiudeva come la sua finestra senza vetri—

quando nell’ululo del vento a un lampo attendeva impaurita il rintuonare del temporale nella casa fragile.

Misi avvicina (stanco

sto leggendo il giornale ancora a letto) con le terraglie della colazione ma inciampa nel tappeto: — volano scrosciando al suolo.

La piccola sorride tra i capelli ancora sciolti: «Guarda, un piatto non si é rotto».

173

Scriveva con amaro pessimismo ma elegante, forbito,

sui giornali di destra e di sinistra: pensavo gli piaceva fustigare con la penna la storia, e moralista cipiglio (se udivo che in alcune conferenze sentenziava avventato

su settori e problemi mai studiati da lui, pensavo impropriamente mi si riferiva).

Poiché stigmatizzava sulla stampa il non prender partito, sono andato a trovarlo nella sua citta, per domandargli notizie su un mafioso locale divenuto politico potente: e pure se involpito nella storia della sua terra,

pure se aveva pubblicato lustri romanzi sulla mafia — un fatto, un solo dato, un accennare

non gli é sortito dalla bocca triste.

E questo per riuscire simpatico ai ragazzi

174

si lascia onduleggiare sulle spalle radi i capelli, offre sigarette; chi vuole, pud venire all’assemblea a decidere per tutti ma chi si annoia, pud restare comodo: liberale talmente da lasciare i mafiosi tra i docenti, é il tecnico pit fine per educare i figli di papa.

Gli penzola dal collo un diplomatico capolavoro: tanto fantasiosamente sgargiante da essere accettato dai figli ma abbastanza cravatta da essere riconosciuta dai padri.

Quest’altro

non pensando, non sa guardare avanti con gli altri del suo gruppo: si sente tirato da chi avanza come il cane legato sotto il carro quando s’impunta — ma inesorabile lo strascina il collare sulla strada.

175

Come pud riconoscere la sua? I] suo: come pud una creatura riconoscerlo? Essere uno

trasfigurare la visione al mondo aiutarsi a rinascere ogni giorno.

Quando si pesca, il movimento é forte. Rimira uscire le paranze a strascico animate da ciurme alla ricerca

di rosse triglie, sogliole mimetiche azzurrini merluzzi;

0, quando non c’é luna, la festosa

tragedia delle lampare: figlio di pescatore — appoggiato a una pietra del molo con la gamba pit corta che gli penzola.

176

Una trentina quasi, ragazzi e ragazze

non pit adolescenti e non adulti arrivati da paesi diversi qualcuno smarrito, altri diffidenti oincupiti: é il primo giorno.

Dispongo le sedie a cerchio cerco si esprimano

li ascolto attentamente — ad uno ad uno sgrumandosi comunicano: ogni voce é uno stimolo e un invito ogni prova di scavo tende a unirli-—, osservo gli occhi disintorbidarsi.

(da fuori, un’aria odorosa di funghi — enon distingui se la voce sia lo scrosciare degli alberi nel vento o lo scorrere d’acque in un ruscello)

A poco a poco nelle ore intense si aprono come petali di un fiore.

177

Urge imparare

dal trovarsi davanti realizzati sogni prima creduti troppo belli per esser veri,

a immaginare l’alto bosco mentre pianti eucalipti nella terra arsigna;

e dal geranio: se gli spacchi le braccia in monconi infilando ogni stocco nella terra — ricresce tenero il cespuglio padre, si radicano i figli acri inverdendo.

Costruendo, l’uomo si costruisce. La citta nuova inizia ove la terra respira, ove Ognuno respira poesia — antenna miccia cantiere —

avvertito la terra pud schiantarsi invetrando cancrene.

178

Ti aspettavamo al tuo posto: e all’estremo momento non c’eri. Quando insieme si tenta di alzare

una trave pesante pericoloso é fingere di forzare con gli altri: Oo ti impegni con tutti come puoi

o avvisi chiaramente — e te ne vai.

179

Per notti e notti, solo con le stelle giovinetto, € rimasto

fino al lento schiarirsi del cielo fino all’ultimo brivido di stella; giorni e giorni ha insistito a scrutare Vanima dell’aurora, lo svolare

mattutino, l’abbaglio della luce, il sicuro respiro del meriggio e il suo stanco procedere, lo smarrirsi del vespero, Vazzurro della sera tra l’estremo rilucere del giorno e l’incombente mistero della notte: attento ad ogni voce che da dentro gli cresce e assimilando dall’esterno, per distillare in musica il ciclo che si avvita trasparendo —non si sa verso dove — la vicenda di ogni vita. La voce del suo flauto ad un concerto

mi picchia dentro il cuore, un distratto sussurro nella sala mi ferisce come uno scroscio:

io che incontro migliaia di persone in sereno colloquio.

180

Scruto se affaticati troppo gli sono gli occhi — se sottile gioia gli affora, ola pena di aver cercato duramente invano: e in me si amplificano.

Forse cosf da un erto nido occhi seguono i voli delle nuove ali.

I8t

Si fa chiamare signor professore, incanta i gonzi, ambisce e capintesta cui si accodino gli altri, straripa nel fanfaroneggiare sentenziando e se ha un problema innanzi, l’imbonisce — ma contro quanto non si imbroglia

la sua lingua tenta di infettare irta e come seppia sputa oscure nuvole.

L’educatore ascolta essenziale,

«la sua parola é medicamento», impara a fare crescere domande, sollecita consigli, studia come

sviluppare dal fondo nuove persone, gruppi responsabili —

attento a illimpidire esattamente impara a fare crescere le ali.

182

Mi affascina da un colle prevedere Pavvicinarsi dello scroscio obliquo del temporale sull’aperto golfo; o mentre bado alla vela eal timone,

dall’ancora lontano spumeggiare nell’azzurro marino, indovinare

le repentine raffiche del vento; intuire nella faccia della gente che s’incrocia in ogni strada del mondo donde origina e verso ove sfocia; dai segnali dei giorni presentire il corso degli eventi, duramente impegnandomi al fronte necessario — senza perdere il senso, anche in galera di andare per li spazi tra le stelle; esserti tutto dentro ma guardandoti gli occhi sofferenti di gioia, fini i capelli, la pelle liscia e gia solcata: specchio (la morte non esiste, si caria la vita

giorno a giorno o si schianta, e cresce altrove) del rapporto con l’essere e il non essere.

183

A chi parlare é come nella gelida notte fiorire di cristalli d’umido,

o come il lento scoppio delle gemme presaghe gia di frutto; a chi parlare é come defecare: confonde la bocca col culo.

Le chiacchiere sono vermi. Concentrati,

programma. Se lasci scivolare nelle ore

o in chissa quale domani quanto ti sei impegnato a insaldare ora, frani e costringi i tuoi a lavorare su una frana.

184

Chi si compiace se un altro scivola— per sentirsi

in piedi;

la tecnica dei denti e delle labbra attenta alle grammatiche del ridere per vendersi meglio; c’é gente che a tossire, porge scuse inamidate ma a esplodere guerre atroci non ci pensa due volte; chi si solletica sollievo comprando barzellette, e lo propaga come lo sbadiglio; o sorride la gioia di chi sente arrivare l’amore.

Ho un’invidia. Invidio chi a sorridere sereno con estrema pazienza sta imparando intimamente, da migliaia di anni.

185

Nell’inseguire i nessi della vita ti sperdi non lontano e frastorni — il meccanico nesso non ti basta il primo e l’ultimo perché sfuggono.

Maesistere ed esprimersi non sono diversi: l’altro,

gli altri sono una parte diversa di te. Forse il monte ombreggiato nelle pieghe al nebbioso trasparire dell’alba sull’acqua che schiarisce, é necessario parli per intenderlo? Dal caldo buio ognuno nasce a respirare nell’estranea luce, e poi ritorna a fondersi col buio. L’attimo ti rimane, ed una parte del suo futuro, intanto —

affondare nel vivo dei processi ti resta, e risalire dall’esistere

con le creature che incontri:

intuendo — anche coi muti—e accertando da un punto oscuri e nuovi nessi.

186

Ne sento il vuoto. Era morto un bimbo, di fame:

recline sulle braccia della madre gialla, il latte trovato in farmacia scivolava sulle labbruzze inerti— era tardi. Terribilmente semplici avevamo deciso di metterci al posto del piccolo, uno dopo l’altro, fin che non si apriva lo spiraglio del lavoro per tutti: nella stanza terrana del vallone tra la gente stupita (curiosavano i piccoli

il prete era sparito, il medico e i notabili tentavano velare con la parola intossicazione per continuare a parassitare tranquilli il paese, i giovani meditavano, mi piangevano i vecchi — perché, tu? -, sentivo, sotto, un pozzo senza fondo)

dopo giorni la postina é venuta con una lettera, di uno sconosciuto, firmata Aldo Capitini.

Poi l’ho incontrato, in alto nella torre

del Comune a Perugia, la dimora del padre campanaro: era impacciato a camminare ma enormemente libero e attivo,

concentrato ma aperto alla vita di tutti, 187

non ammazzava una mosca ma era veramente un rivoluzionario,

miope ma profeta.

188

In una plaga ove azzurri laghi vasti si estendono,

dalle bianche canoe di papiro fiocinano lunghi pesci, enormi ippopotami sguazzano beati, fitte si inerpicano erbe dalle rive foreste in cui filtra luce scarsa ma animate da voli, uccelli azzurri, uccelli rossi, uccelli

dai lunghi becchi, bianchi pellicani, tra sterpose brughiere e umose distese mai aperte al respiro da un lucido vomere perché prive di gente.

vicine, a un giorno di via, rinseccano tra i cadaveri sparsi sulla terra scabbiosa senza pioggia da anni, moltitudini di quasi cadaveri ogni bocca una calcara scheletri di alberi muti al nero limite del non essere rosso d’arsura gufi di luce ruotanti

189

Le mani erose dagli aspri conci d’arenaria, la faccia bruciata dai debiti e dal vento, eravamo riusciti a costruire

pietra a pietra, una casa per i piccoli della strada: un nido in alto tra i mandorli sul mare, da dove potevano scoprire fiori, chiocciole, le impronte delle lepri, l’esprimersi degli alberi e giochi nuovi ad ogni mattinata. I] Prefetto ha avvistato — nello specchio come la strega? — una macchia umida due palmi di umido nel muro, gli sbirri sono accorsi abbracciando mitra, una camionata, circondare i mandorli

il Commissario (Dottore) mi logicava con la rivoltella: scandaloso: senza Suore i bambini, senza Preti?

Li hanno trascinati via terrorizzati costringendoci a cedere la casa.

Ancora i mandorli invano fioriscono ad ogni primavera attorno al nido vuoto. E vero, il Sindacc

ha procurato quattrocento voti a Volpe, la zampa dei mafiosi, nel piccolo paese 190

ma non potremmo ritentare e chiedergli la casa per i bimbi? Dopo mesi ci arriva la risposta: si preferisce le travi marciscano crolli polvere il tetto, in strada i bambini — nel Nome di Gesu.

I9I

A Allende é andata male (amico mio,

ricordo quella notte a Santiago, non eri ancora una speranza del mondo, ti domandavo perché non trovavo le percentuali dei bambini spenti in Sudamerica: mi rispondevi erano svanite da quando a Cuba le avevano abbassate).

Pit guardingo devi vigilare i nostri Pinochet.

Non confondere le chiacchiere col lavoro, non confondere maldicenza con dialettica, non profanare incontri con parole

superflue. Non confondere rapporto nonviolento con lasciar fare, non confondere sicurezza in una istituzione

con sviluppo del fronte democratico, non confondere amore con gelosia.

Riftutati a sparare soluzioni: senza dileguarti, apprendi a riproporre agli altri le domande. Riftuta il disdegnoso volo: cura fondare il fronte piu necessario

in cui clascuno cresca. 192

Come:

la terrea angoscia delle creature puo addensarsi in gemma, e poi sbocciare? puo questa angoscia modellarsi qui in leva esatta, e sopra quale fulcro?

diversi sono in candore lo scaglioso schiudersi a un cardo asciutto e aun gelsomino il profumato aprirsi?

Saper guardare da un punto di vista non solo mio o tuo — essere la coscienza della terra la voce della terra,

nel roteante polline dei mondi concepire dal punto della terra.

#93

Dell’obiettivo dicono «E

difficile»

talvolta, o «E impossibile»: forse lo temono.

Trasalgono offesi dai nuovi eventi: come chi guida distratto rischiando urtare quanto dovrebbe vigilare cauto. E pur conciati da un esistere irto di sospetti: quando porgo la mano arinforzare, tentano di morderla.

Quello, dagli occhi prominenti d’ansia sghignazza compiaciuto «Gli alberi che avete trapiantato morranno all’ottanta per cento». Non mi turbo: fra le fronde ritorte dal respiro inaridito, nel ligneo sogno di abbarbicarsi preferisco rispondano le fogliole che ho gia intravisto distendersi verdi — quando il prato si imbianca, inumidito, fiorendo di miele. Semmai innacquo.

Non ama Carlo chi non ama il fiume: trasparendo si dona compiaciuto di scorrere specchiando e assimilando diverse ad ogni istante vaghe nuvole, gli alberi delle rive nel fiorire della vicenda di stagioni nuove (mentre i nodi dell’acqua si disciolgono i gabbiani si lasciano portare dalla corrente a valle, poi risalgono col moto uguale delle lunghe ali discendono planando, lievi allargano nell’aria a freno le penne, e si posano), i volti di chi incontra, il lento andare

delle stelle piti acute nella notte.

E come un volo Hans: se una voce lo chiama, pure muta, é arrivato, gia pronto ad aiutare. A lui pure sara uno spacco accorgersi dei vuoti prodotti dal giovane aprirsi ad ogni amore — e ogni scelta gli sara commista pur se gioiosa

dalla dubbiosa pena

di tradire. 195

Nel mondo in cui si pavoneggia stare in gabbie di lusso spendendo faticosamente ogni giorno per cancerogenizzarsi (ma non si esplora come affrontare il cancro, per sfatarlo) —

Riccardo, amico generoso, sei rimasto arguto ancora

dentro la bara.

196

Procedono ondulando gli scoiattoli da una stagione all’altra nei suoi boschi: le nevicate arrivano a sopire per lunghi mesi il liscio biancheggiare delle betulle fino quando il vento tiepido arriva della primavera a commuoverne esili le cime —turbinano le foglie ormai leggere sui sentieri delle alci, delle volpi sui puntuti ginepri

e le lastre di ghiaccio si assottigliano sempre pit trasparenti, fino a fendersi -, vanno nel cielo e vengono gli stormi disegnando nel volo forme nuove.

Acuta nel sentire eppure salda fino a scordarsi del dolore suo,

soave nel giudizio ma pur ferma nel non lasciarsi ingannare, pensando di dimenticarsi sempre qualcosa, di non essere abbastanza valente, a ogni capello bianco meglio Karin é attenta, come una bambina,

di non sbagliare: scavando nella confusa pena costruisce linesistente — e inventa fresca vita. 197

lo accusano con ispida arroganza non priva di cattivo acume: —nella tua proposta non c’é un fatto concreto

—non esiste niente di quanto dici —non vi é una soluzione immediata —non vié niente di gia concluso

E come rimproverare chi ha trivellato chilometri e chilometri il buio di sabbie e dure rocce per sondare se era possibile costruirvi la diga; é rimproverare Giancarlo e Giovanna

—lei che lavora pur rosa dal cancro — di aver sognato giorno e notte minuziosamente per anni e anni

il progetto di un centro educativo ancora inesistente:

non un uomo era pronto, un solo braccio al suo posto, una pietra,

un grano solo di sabbia.

198

La direzione necessaria sentono

le anatre oltre

impervie montagne nebbie mari immensi senza segni evidenti ad avvertirle e nel volare insistono sicure.

Sai percepire

oltre lo strazio lacero del rumore i gemiti dei piccoli le complesse vicende di chi soffre diversamente sopra questo grumo vagante di galassia.

Se ti domando, inclini a non esistere

intento a alimentare gli altri intorno, costruisci fidandoti, costringi tuoi amici e nemici a divenire quanto non sono ancora:

non ho saputo ancora indurti a dire Eric, di te — se non con un sorriso.

B99

Un albero con le radici all’aria si sentiva nel nord: andava e riveniva alimentando

la voglia di tornare, dal di dentro, a difendere la gente sua, e difendersi. Non amava svanire in nostalgie seppur soavi—

per allargare il fronte contadino é tornato nel sud a radicarvisi. «I braccianti conquistando le terre con la bandiera, contro le fucilate

a lupara, buttavano alle spalle i simboli della loro miseria senza guardarli» e in una casa antica, giorno a giorno

ha accolto gli strumenti della vita della sua gente: flauti, verghe incise dalle sapienti mani dei pastori, statuine d’ulivo,

intarsiati collari per i buoi, fascelle per ricotta, aghi di legno, canapa e lino intessuti al telaio coi canti e le poesie della terra

200

La gente va a osservare, da una mano, «a Antonino gli si pud parlare» «gli si pud dire tu», « pure se professore, é dei nostri» — possono confrontare, criticare, conoscersi, «le nostre cose allora

valgono»: molti firmano in un grande registro, con la croce. «Sembrerebbe un museo ma c’é sotto altro, sovversivo»: le autorita

inquiete lo spiano.

Zor

Esistono contrade ove si commercia una femmina

soldi alla mano, o buoi;

zoppica taluno perché agli schiavi che tentano liberarsi é segato un tendine; si mozza la lingua a chi parla troppo, si tronca al rivale il genitale col falcetto per porgerlo monile prestigioso all’amata; all’albero si impicca chi é sorpreso a delinquere (basta uno strappo e il collo inturgidisce violaceo); in piazza la gente crocefissa perché diversa, sotto gli avidi voli degli avvoltoi per giorni e giorni si dissangua.

Nelle contrade ove

solo le foglie pendono dagli alberi, le amate sono ornate con asettiche

palline di vetro o perle, col Sidol icrocefissi sono lucidati — ZOz

si contratta la gente con pudore, viene ossequiato chi sa derubare senza sfilare agli altri il portafoglio, chi é diverso si acqueta nella droga (con urbane maniere:

si drogano o li drogano in privato), ridacchiando dei barbari

si elegge il pit furbo a mentire, Presidente.

203

Esiste una contrada ove di qua come di 1a di un muro le viole coltivate nelle aiole aun tempo sbocciano, e odorosi tigli: nella nebbia acre di fumo gli ultimi uccelli ignari

da qui tornano ala,

dalle ferite case i piccoli chiamano con la stessa voce il padre la madre, la sorella.

Si allunga il muro torcendo come un grigio

serpente, tondo in alto: scivolino le mani che lo afferrino, se avanzi (a tratti un muro imbellettato cela

la sabbia delle mine tra spezzoni di ferro oblique croci fissate in piastre di cemento)

un reticolato ti ferma — senti ti fissano dai vetri delle torri di lager, trasali aun colpo di tosse, aun calpestio alle tue spalle, 0 una persiana sbatte contro le finestre murate 204

Esistono contrade

ove il diritto al lavoro é alla gente come appiccicosa striscia per mosche

— pit si dibattono pit vis impigliano —, esistono contrade ove é come

il profumato nettare di alti fiori di acacia per mosche — pure sognanti il miele — senza le ali.

205

Cosa é pitt vecchio degli elettrici impulsi, quando servono a spiare gli intimi peli del nemico che all’incontro é colmato di sorrisi,

a parassitare con ambigue immagini in fine giorno la residua mente di gente gia spremuta

(si estende la nebbia della droga forata dagli spari), a torturare |’uomo (non vuoi parlare?

d’improvviso la corrente ti storce i genitali éuna pugnalata mentre ti gonfiano di acqua sale rospo non riesci a respirare softochi ti sfondano cauti a non lasciare segni),

a imperare sfacelo incenerire la gente ostile a sottomettersi:

quando poi illampadinano gli abeti di Natale, surrogati al brillio della neve sugli alberi dei monti.

206

«Franchino sa, da quando I’ho incontrato mai gli ho detto bugia» cogli occhi limpidi Rosalba dice tenendogli la mano nella mano — belli semplicemente ma é il nitido rapporto a affascinare.

Non esibisce muscoli 0 cervello Olle, e Maj Lis é una carezza con forma di donna — ove arrivano, giorno a giorno sbocciano

freschi fiori di vita pure nel lungo buio dell’inverno.

Oscura nebbia al variare de! vento i monti indistinti nei contorni, le masse vicine densi veli, a valle

licheni incerti gli alberi — sono solo, lontano:

se chiudo gli occhi, dall’impasto opaco ogni figura tersa mi risplende.

207

gonfio un ginocchio dal continuo camminare perso

il secondo volo per il ritardo del primo — chi sa perché — idiotamente svagante la musichetta suonata da qualche bottone, passando da un tubo a un altro tubo da una gabbia frugato, a un’altra gabbia intanto caricano un feretro, pure stasera non riuscird a vedervi — ma un passo avanti, pure oggi: quasi resisto anon smarrire nel disperso sballottolio l’invisibile filo

208

All’ inizio qui ero solo e poi con pochi, a tentare di fermare le frane della gente per radicarla salda a organizzarsi. Sghignazzavano molti: «Cosa crede, costruire dighe coi digiuni? solo la violenza vince, é di natura» schizzandomi saliva sulla faccia.

Per anni e anni i giovani in tutto il mondo hanno protestato contro la vecchia scuola — ora un impegno rivoluzionario é riuscire a costruire un nuovo centro educativo

ove il bambino arrivi interessato per amore, non a calci nel culo.

Molti i delusi: si laniano perché non si ripetono i digiuni.

Ese, tra vent’anni...

209

Quando la notte arriva e mi vedete alzarmi e andarmene, disciplinato — pur se la brezza dell’estate invita mentre il giorno riposa la sua polvere

al conversare brioso nel profumo dei limoni lunari, dove arriva

Vacqua, o dei gelsomini —, non é per rinunciare al trattenermi con voi, non sono stanco

di voie dell’incanto di saperci:

é per rinascere con l’alba prossima affondandomi fresco alle radici di un diverso giorno ancora nella sabbia delle stelle — e€ pol trovarci nuovi.

210

Quasi a difendersi e con nostalgia ne esibisce l’immagine: al bambino lunga la lingua penzola a lato occhi smarriti, suo

figlio, mostruoso. Si domanda che significa norma, cosa ha fatto di male — non si chiede,

ancora sanguinante del suo parto, come si é partorito il mondo.

Non ha colpa di esistere, la terra.

Pale

Sulla costiera, quando il mare spezza chi si avventura, se l’acqua é fonda ogni ondata perviene sorda a sbattere: Vimprovviso schianto si frange schiume dense si elevano contro la roccia fino a sfarsi in nebbia — un attimo sospese poi precipitano in rivoli a cascata;

lungo é lo scroscio della furia in schiuma se la costa degrada: la rincorsa si frena sminuzzandosi né ha tempo di sperdersi che un’altra ondata struscia sino a sciabordare nella ghiaia sonante di risacca.

Se dall’alto di un picco osservi fino dove arriva lo sguardo, lievi scorrono rughe d’ombra, corrente a un vasto fiume, lenti brividi azzurri punteggiati da nivee evanescenze — si accendono e rispengono le bianche curve dei voli dei gabbiani, a tratti confuse con l’inizio di un candore che chiama |’occhio e presto trascorrendo si scioglie celestino. PAB?

Era la prima protesta che attraversava i paesi e le montagne verso Palermo: contadini operai ragazzi camminavano cantando,

dalle gelosie occhi scuri spiavano sillabando a fatica cartelli e striscioni LA VALLATA STA MORENDO VOGLIAMO NUOVO SVILUPPO NUOVA PACE (gia prima che la terra scrollasse i tuft appiccicati dal fango, schiacciando i piu poveri), sonava a campana

il ferro di una zappa su un carro, galline fuggivano stupite, donne si affacciavano dagli usci mormorando orazioni. Voltandoci a una curva della strada per stimare la forza della gente lo scorgiamo bonario nella ghigna procedere con gli ultimi, arrivato dalla nebbia padana in silenzio, per darci una mano.

Tono non si contenta di comunicare attraverso il disegno, la sua arte —nel vivo segno s’incontra con l’altro — 213

quasi vergogna sente il privilegio di sapere guardare, di sapere cercare, di sapere scrutare nel mistero dell’ovvio,

di sapere sognare, di sapere fantasticare.

214

Si indovina il tentare delle radici al parco dei bambini (tutti a un tempo gli alberi sono stati trapiantati nel tardo autunno):

e ora, ad uno,

nei vivi rami premono le gemme rosate come turgidi capezzoli,

la pelle scabra a un altro non si stende ancora, gonfia di umore,

aun altro il bruno rinverdisce elastico verso il dubbioso secco degli estremi,

scheletrito uno giace inerte al vento della primavera, scoppiano dal grigiore inebetito aun altro in rosso impeto getti che si ripiegano in fogliuzze, o lievi ondeggiano le fogliole inverdendo su rami ancora teneri come erba.

Si domanda perché, la mia impazienza inutile. 215

La teppa picchia accoltella a tradimento esplode revolver tritolo fingendosi talora rossa — compiaciuti gli sbirri le ammiccano. Dentro, una piaga ancora mi brucia.

I fascisti montavano rigonfiati dai padroni a recludere gli operai. Con Ernesto si é deciso di muoverci dalle radici contro il fascismo: abbiamo riaperto con vecchi e nuovi resistenti

le piaghe dei diversi Auschwitz in vaste moltitudini — sentivano il miasmo di quel fumo nello smog? A pena si era riusciti a inventare

malgrado il genio dei burocrati un vasto incontro a Roma

per stabilire come progredire. Nel pomeriggio, si era convenuto, alcuni dovevamo ritrovarci a precisare 1 passi urgenti.

Ma era domenica... di pomeriggio? la grande piazza colma... un successo ... ploveva... non era meglio una piccola festa... in famiglia? 216

E pochi giorni dopo, seminando, i fascisti hanno eletto Presidente

della repubblica un furbesco patrono dei mafiosi.

pakes

Non la notte ti opaca ma la nebbia che da dentro ti invade pur nei giorni pit assolati, se troppo aspri colpi

ti confondono e l’animo si ottunde pesante, assimilandosi alla terra —

finché é un lume di gioia, di un successo lieve, aun rinnovato sangue, risuscita

l’assopito sperare ripiglia a penetrare il mondo attorno: come nel buio fervido le acute radiche dell’eucalipto.

218

Vagando mesti Vincenzina ed io per nebbiose strade verso l’ospedale a Padova una sera,

al segno di una mostra abbiamo aperto una porta: e avanti a un suo quadro Panima ci é fiorita in gelsomini. Altri mi sono gli occhi se cammino con lui: per le pianure

imbevute di nebbia, o tra le squame di rame in una pineta, o nella luce nitida del sud;

o in un gruppo che tenta di risolvere difficili esigenze — con Ernesto mi sento piu sicuro.

Non scivola a consolarsi in immagini liriche, quando arriva in Trappeto ai seminari

non predica ai ragazzi: SMA e il grande impero di quella Roma, el’armi, e il fragorio

che n’ando per la terrae l’oceano? », «Godi, fanciullo mio...»,

«e il naufragar mi é dolce in questo mare» — ma scavare la luce nel volto di un’erba del mare di un bambino, 219

partecipare intento a una ricerca,

battersi aperto contro i parassiti contro i fascisti, costruire pazientemente alternative democratiche, gli sono fasi di un processo essenziale: cerca esprimere tutto in ogni scelta.

220

Tra le morse solide verghe di ferro si piegano come giunchi, la ruggine stirandosi vola in lievi scagliette: i ferri gia ricurvi come costole si assestano allo scheletro metallico pronti a grinfiarsi nella fredda lava del cemento, a impetrarsi tra le gabbie di abete profumate — tre colpi di martello e un chiodo affonda — di resina. Esistono contrade con fumose selve di gru: qui tra mandorlie ulivi se vogliamo arrivare al tetto prima delle piogge, necessita una gru. Non si trova: ma urge ostinarci

fino a trovare — mondo nuovo, poesia oggi ci passa

attraverso una gru con gambe e lungo collo di ferro, anche se un poco ruggini.

PIPE

divieni tu nel giorno — di notte l’infinito ti ripenetra disperdersi nei labirinti dell’agire — e poi chiudere gli occhi ad assestare i lampi degli scorci studiare come scegliere e lasciare per essenzializzarti — e penetrare a rantoli nel grembo che aprendosi ti assorbe smarrirsi come una cometa in volo —

e poi trovarsi, altro:

avverti quando il flusso deve urgere pulsando, e come deve ritornare, avverti gli infiniti movimenti di sistole e diastole — dal moscerino ancora trasparente che appena nato tenta il primo balzo gofto, all’indietro — insino alle maree delle stelle delle buie galassie e forse alle galassie di galassie — ma quale il cuore a questo palpitare? PP ed

Intento nel lavoro rischiarato

a pena da un lumino, intensa nella notte mi richiama una stella:

ea poco a poco sale oltre la mia finestra assimilandosi

al chiarore incipiente del mattino.

L’impegno mio

é limpido come un mattino di primavera se scioglie i capelli alle fanciulle, salici nel vento? € pieno come un acino

mentre gli preme dentro |’agro sangue della terra a indolcirsi nell’autunno? riesco ad assestarlo come il fondo incontro di corpi in amore se a assimilarsi le anime trasalgono?

Invisibile, un canto solitario

tra luccicanti foglie si riflette — poi l’incredibile frastuono crepita di invisibili nuvole di passeri. 223

Iniziano a smarrirsi le farfalle nell’altissimo cielo mentre il sole

abbagliando si innalza e mi rinchiude

gli occhi alla troppa luce.

224

Appena, Chiara, ho udito una voce felicemente limpida cantarti nel violino vibrando fonda o affinandosi sottile nell’esprimere, e pur vasta, ogni intima piega dell’adagio di Mozart, incredibile mi é parso la voce fosse tua. E vi ho inteso pur quanto non hai scritto: tra montagne di neve nella caligine di una terra non tua, spegnendoti la voglia di giocare bambina ancora, e ridere scherzosa,

quante volte hai provato e riprovato, incalcolabili, asciugandoti gli occhi, stringendo calma i piccoli pugni nello sforzo di trasformare legno e dita in musica. Ti sento — pur sapendo quanto é aspro il cammino che ami, e senza termine —

come quando si sale nelle nuvole tra la nebbia pit rada ad ogni tratto (non é retorica di un padre amico venuto da lontano per trovarti) e gia si avverte l’azzurrina luce.

WAS

Invecchia ormai ma avverte solo le voglie elementari, molle medusa — se si indovina fame o sonno, impegno non gli esiste, per ore blocca persone ad attenderlo in strada. In reazione a chi sgobba per ammucchiare, glace;

per reazione alla gente addobbata, solo a vederlo, puzza: e vagheggia sia liberta.

Risponde — Le leggi contro i drogati— se gli domandi i pid gravi problemi della sua crosta di mondo. La disprezza: é una bestia strabocchevole, volgare — disprezza il suo giorno affaticato cerca di distinguersene, adagiandosi al margine notturno, nella morbida peluria — e pungendola intanto se la succhia, pidocchio raffinato.

226

chiazze di sangue sull’asfalto chiazze di vomito,

nell’aria sporca di cancro minaccia lamento di sirene,

la rogna é tanto profonda che non si afferra, gente agitata con un cappio al collo o una catenella si schiva fitta si scontra tra rigide grinte di grattacieli

Un vecchio un giorno in strada mi ha fermato a Partinico,

tirandomi la maglia ripeteva —non capivo al momento — «ci son le anatre». «Ci sono le anatre», un discorso enorme in un respiro:

ora qua con la diga, il grande lago, si avvedono pur l’anatre tutto sta rinnovandosi — mai erano restate in questa terra,

ora galleggiano sull’acqua azzurra.

si incrociano le macchine istericamente inseguendosi strette sorpassano sfrisando con rabbia a strappo frenano, partendo sussultano Oe |

chi non si droga é un anormale insistente fischietto trivella orecchie tutti tentano vendere qualcosa — nessun vecchio mi afferrera la maglia qui in strada, per annunziare le anatre.

228

Mi sorride ammiccando « Questo é un famoso esperto di problemi di visualizzazione...» (intendo: il Tizio che ti é presentato ricerca come un prodotto tra i troppi di un market tiri i gonzi per smerciarsi). «Ecco uno specialista a progettare

scuole per futuri manager...» continua a presentare (intendo: costruisce bunker ciechi, senza un finestrino

da cui i ragazzi possano sbirciare verificando quanto gli é inculcato: vasti bunker elettrici dove da un punto solo in uno sguardo il dirigente controlla ciascuno).

« Le presento un suo grande ammiratore...» «La signora la segue da anni...» Adula e sul gradino dell’incanto tentato con mestiere raflinato cauto tasta come salire.

229

Non vi elemosino simpatia. Sono impegnato in guerra contro di voi,

anche per voi. Pure con voi, amici,

non perdo tempo a tribuire complimenti: non abbiamo altre armi che svegliarci, trasformare i miliardi di minuti sprecati e le lagne, in forza organizzata esperta di una nuova strategia. Dal nostro angolo del mondo siamo impegnati in una guerra totale

che rischiamo terribilmente di perdere.

230

Credeva d’innovare con le parole — quando si é accorto il mondo rimaneva cosi com’era, lingueggiandoci sopra, é insorto a predicare sull’inutilita delle prediche.

Ora ha variato. Pur continuando a tirare parole nei vetri dissertando di quanto sa e non sa, in una villa amena con piscina di una terra che lascia associarsi solo gli arriffattori, accoglie i ricchi vaghi d’incontrarlo li insulta con sorriso accigliato

stupidi, inutili: lo ascoltano beati —e lui beato

sogguarda intorno a cogliere il successo — lo pagano per godersi gli schiafh.

231

Dolcemente severa,

creatura

quasi irreale intima ma discreta, misteriosa (una notte ho veduto i suoi occhi erano stelle azzurre)

nel suo riserbo eppure penetrante come una musica,

e pronta senza sforzo a straordinari doni che ti trasformano la vita

ringraziandoti della pura gioia che accettando le dai —

seppure sai confusi paradiso ed inferno, ti fa credere,

Marga,

gli angeli esistono.

252

Uno degli eucalipti trapiantati arido nella molle primavera era restato, annerito

a chiazze nella scorza, e ogni volta venivo gli trovavo spezzato un altro braccio — forse, chi passava esaminava se era ancora vivo

talora gli incideva la pelle gliela strappava per scrutarne l’anima:

e oggi me lo ritrovo lacero fino al nodo di ogni ascella — con le fogliole rosse che lo crepano vive, pur da un moncone.

233

Domenico non erge la sua voce come un gallo trionfante o un aspide pronto a ferire,

mine non gli si avvampano negli occhi ma se atriva in cantiere, |’intricato

dubbio dei fili si stende, lo stento del

procedere diviene flusso chiaro — le confusioni incerte si trasformano in organismi saldi gli spigoli taglienti si arrotondano e pit liscio é il cemento dei pilastri.

La dolce Onerva

—nel troppo lungo buio frugando trai riflessi dei nivei cristalli i suoi occhi si sono modellati —

se le toccano i piccoli in qualsiasi parte del mondo diventa fiera — come le sue renne

sulle argentee chiazze dei licheni.

234

Ondula il cardo secco

senza pungerlo. Non lo vedo seppure scorgo dal vario agitarsi delle foglie pit lievi dal mutarsi dei voli come preme — seppure prospettive

vaste ricerco a mirare lontano: ma lo sento arrivare sulle braccia

sulla forma del corpo e mi frastuona

quasi a impedirmi di ascoltare altro.

235

Ho due amici: uno rischia di sfibrare i rapporti in troppo lenti ritmi, e non formare intensi fiori

di giorni nuovi perdendo nel blando suo indugiare i barbagli da cogliere; e laltro rischia di sfibrare i rapporti in troppo tese sequenze accelerando aspirazioni

sino a sentire rigido nemico chi non urge maturo nel suo ritmo. Quando i due rischi sono aggrovigliati —meno mi é limpido— dentro di me.

236

Galleggiando supino, chiusi gli occhi sul mare tacito, mi é rosso il cielo,

trasparente di sangue.

Né artista né eroe: creatura che mastica creature e si da in pasto, sapendosi sospesa ad ogni istante su di un tenue frammento di galassia, sapendo necessario avanzare il confine della vita.

Non l’immagine mia mi preoccupa ma la vita del mondo.

237

Grigi soldati,

aun urlo,

sbattono un piede in botto contro terra presso le aiole folte a margherite gialle dal cuore nero. Se ciascuno in un gruppo scopre il suo ritmo, osservando la necessita

dell’incontro con gli altri, ognuno — e il gruppo — si sviluppa vivo. Dice Franchino: «funziona con persone di coscienza».

In un collettivo dall’impegno arduo una persona vegeta e sciccosa (fiorivano le zagare e sfiorivano)

non si é vergognata a lavorare meta degli altri — tanto gonfia di sé che a un consiglio, giunta in ritardo, prima della fine, aureolata di fumo ha suggerito a tutti di scoccare puntuali.

« Le ortensie sono fiori che resistono senza appassire, sempre fresche» enuncia, bianchi i capelli, e attorno va indicando il lucente giardino: 238

né il dubbio lo punge, la sua donna gli abbia mondato attorno la tristezza dello sfiorire recline a insecchirsi — tutta la vita.

239

Come un prestigiatore disinvolto abile guizza, a suo modo ingegnoso ma se si impegna

talora non ci pensa (se gli giova), o giura per schivare, all’impaccio, un momento scabroso,

abbaglia per riuscire e nel groviglio degli altri impegni assunti non pud mantenere,

adesca la fiducia inventando imbrogli a mascherare sparizioni (se froda, é all’interesse del frodato),

se sorpreso, sa simularsi vittima cui sottraggono dignita, sgusciando

in strattagemmi, in altri trucchi a ruota, ingenuamente —

come non esistessero, possibili, un collaudo, un incontro, un solo attimo futuri.

Spolveriamo gli specchi? 240

Proverbi improvvisati (da non imparare a memoria):

Mai intenso I’aroma del cipresso come quando la sega sta rodendo. Pure l’acqua di fonte ha sapori diversi. Non trapiantare palme sulle alpi, dove i datteri abortiscono al gelo. Occorrono parole a un gelsomino? ma c’é quando tacere é mutilare. La maieutica é buona se in un gruppo

ognuno é levatrice di ciascuno. Domani i pellegrini ammireranno quanto sara cresciuto, e non l’angoscia

del seme. Pur le galassie nascono dal buio e nel buio ritornano. I] profumo del fieno arriva denso con l’affilato raschio della falce.

241

avessi avuto nitido davanti il groviglio dei giorni tra l’insinuare paludoso il brillare delle minacce gli ostacoli duri come rocce le lame degli inganni affilate non si sentono penetrare a sangue gli improvvisi spacchi nella macchina pur meravigliosa il troppo lento progredire — so, domani queste pene non avranno nemmeno lo spessore della polvere — soprattutto questo inesorabile rilento, avrei avuto il cuore di iniziare?

Brividi voluttuosi nelle foglie lavate dalla pioggia dell’estate nella vallata — gli alberi nelle raffiche densissime ondeggiano come alghe in fondo al mare.

242

Appare nel meriggio diafana la luna sopra i tetti si eleva luminosa nella sera

come splende la luna nella notte, abbaglia, quasi. Ed é la stessa luna.

Volevo rivederla intensamente, piu mia.

Ho aspettato al meriggio dove ieri Vho veduta: non c’era. Ancora l’ho cercata nella sera senza trovarla.

Potevo averla per tutta la notte non pensavo mi sarebbe mancata — la ricerco nel buio manonc’e.

243

la sete é secca, brucia

V’acqua non chiesta, affoga Vacqua é per la sete la sete é per l’acqua ognuno é acqua ognuno é sete

il vuoto slenta a sfarsi il pieno preme a erompere vita viva é tensione verso il coito

tra il vuoto e il suo pieno — di questo vento radiosi avida una boccuccia e il suo capezzolo colmo, si ricercano per gustarsi

244

Se non hai prospettiva, se si spegne il tuo saper vedere rilucente nella notturna nebbia di altri mondi questo frammento di galassia, come da un’altra terra, da un frammento angusto di un’altra galassia ti trovi a poco a poco prigioniero di un bozzolo invisibile, nei lucidi fili che attorci,

sempre piu stretto.

Devi talora scegliere, e difficile ti risulta decidere: vorresti intuire essenze

profonde, disciogliere oscuri nodi, crescere di scoperte raccogliendo i dubbi fino alle estreme radici, lasciarti fecondare intimamente dal mondo che rischia di non esisterti —

ma temi deviare dall’urgenza di edificare costruzioni vive,

245

sciogliere grovigli ambigui tra persone (a talune da secoli il sospetto affila gli occhi), modellare strumenti necessari,

inventare persone che non sai esistenti

e impregnarle di futuro. Difficile risulta l’equilibrio tra essere fecondato e fecondare — e talvolta non sai come dividerti.

246

Per quale fascino nell’infinito buio le falene insistenti sbattono in brevi curve il volo sopra il vetro luminoso, avide d’arrivare all’ intima sorgente della luce? Fra le frasche si apposta e la penombra come una bozza del muro, immoto,

avanza impercettibile una zampa e l’altra e l’altra lo squamoso geco penetranti nell’intonaco scabro guata attendendo il volo gli si appressi occhi prominenti attenzione avanza impercettibile e d’un balzo ingoia il crocchiante frullo d’ali si gonfia trangugiando ancora viva Vansia di luce.

Altri voli si scontrano al lume impenetrabile altri agguati voraginosi scattano

senza le ipocrite intermediazioni solite a noi — noi che accendiamo lumi talora per nasconderci le luci—

continua uguale attorno il profumo dei gelsomini candidi.

247

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Nota.

I Ricercari e Voci da una galassia, scritti rispettivamente nel 49-50 e nel ’51, sono stati pubblicati a cura di Peppino Ricca da Canevini nel ’56: me li sono trovati stampati uscendo dalla galera, l Ucciardone. II limone lunare & stato pubblicato da Laterza nel ’70. Non sentite lodore del fumo? & stato pubblicato da Laterza nel ’7r. Le pagine di Sopra questo frammento di galassia sono — salvo qualche spezzone — inedite.

249

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p. VII

Premessa

Poema umano Ricercari 1. 11. Ww CONT 111. Iv.

Anche agli spini torti nella polvere Vainaltouncirro: volto era di madre Forse come di viole Il nome, a lei, un’alba

Voci da una galassia Sopra la roccia alzate la sua bara Lirrigidito corpo Anche se taglia talpe il nostro vomere In alto, al bosco dei marini olivi

Ho visto vergini madri di venti figlioli Esiti, ad agitare Come é gustosa l’acqua

Travasi la tua anima Ed ora Questi bimbi sorridono diversi E poi tuo figlio chiamera suo figlio Per il cielo odorato di sambuco Se verranno dalla valle dell’eremo i sapienti Ho visto i demoni di carne

253

Il limone lunare Se l’occhio non si esercita, non vede

Quasi sta in uno sguardo Ha navigato i mari dell’Alasca «Quando si arriva al mare» dice Chiara...

Tralucere di olivi sulle onde Annunciano di avere ammazzato Si credeva una volta Ma dove sono i boschi? « La mia storia é troppo intrecciata...» Democratici, tutti si professano L’alba diventa un’ora Sono eguali due rondini Entra un rigagnolo e, avanti la riva In altra parte del mondo a quest’ora Sono indecise se alzare le gonne Nelle vetrine, per tirare gente Dal portale vetusto del palazzo Di tutti é solo quanto inaccessibile Le prospettive vaste Sui muri della vecchia scuola media Se vuoi piantare A chi ha saputo la fame Abita una casetta Ha lavorato come minatore E solo un parlatoio «Se la pianta riposa troppo poco...» Passa talvolta un volto che ti incanta I balconi del Corso, spogli sono Anche questa ci capita Mastro Calogero, a otto anni Fa il doppio gioco Quando sento una voce

Siamo impegnati attorno un grande tavolo E un lavoro difficile da apprendere E pit facile, in sé

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Una riunione di consiglio é buona «Noi non abbiamo la testa alzata...» Avevo preso un piccolo anatroccolo Quando alle olive turgide la pelle Pid di una volta quando ti ho pensato Quando a un compagno manchi di parola Mi ferma nella piazza semibuia Un limite dell’uomo Dicevi si con la testa ma In altra parte del mondo Chi si spaventa quando sente dire Forse a dirglielo, se ne stupirebbero Talora i lampi sono materiale Se non so pit contare le denunce Arrivo al mio lavoro nel mattino Quando tra nebbie fosche Socchiusa te ne vai per la tua strada C’é chi insegna Chi si batte le mani Dove il preciso limite Mai Pino ha bisticciato Racconta il padre di Pino, Leonardo Una misura al tempo é il desiderio Un violino d’argento o di alluminio Rosa, mamma di Pino, sembra uscita La luce spare, e tutto € scuro Tiepida notte, eppure é ancora inverno Si esprime con i fiori nei capelli Ho acceso la luce Ci domandano spesso «Se non sai bere, il vino non fa bene...» Per educare Puoi, in un giorno « Anche le piante, dopo scaricate, si riposano...» Quando posso, ti porto qualche fiore Chi é avanti mille anni Ancora é scuro, non viene la luce Daniela ama inventare cantando

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E quisotto, il residuo del tuo corpo Candide colonne si aprono Se miammazzano

Non sentite l’odore del fumo? 139 | Variano ancora gli occhi della gente 140 1. La localizzazione prima di tutto, baricentrica 147 « Abitavamo alla frontiera...» 151 Sono stati documentati finora in Europa 153 U. Hannoricostruito con altri 154 Jukimi Kanai 158 Dieci adulti su cento ad Hiroshima 160 11. Uno dei tanti lager 162 Nel paese tanto ricco di tecnica 164 Si butta mezza sarda che fa odore

Sopra questo frammento di galassia 167 169 170. 171. 172. 173 174 176 177. 178 179 180 182 183 184 185 186 187 189

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Vibra tenue a invisibili cause Talora la visione dell’oceano ~=Sotto i mandorli— ancora Losoche soffri Tentando senza illimpidire Inanni di attenta fatica Scriveva con amaro pessimismo Come pud riconoscere la sua? Unatrentina quasi, ragazzi e ragazze Urge imparare Tiaspettavamo al tuo posto: e all’estremo Per nottie notti, solo con le stelle Sifachiamare signor professore Miaffascina Achi parlare é come nella gelida Chisicompiace Nell’inseguire i nessi della vita Nesento il vuoto Inuna plaga ove azzurri laghi

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Le mani erose dagli aspri conci d’arenaria A Allende é andata male Come: Dell’obiettivo dicono «E difficile» Nonama Carlo chi non ama il fiume Procedono ondulando gli scoiattoli lo accusano La direzione necessaria sentono

Unalbero con le radici all’aria Esistono contrade Esiste una contrada Esistono contrade Cosa é pit vecchio «Franchino sa, da quando l’ho incontrato...» gonfio un ginocchio dal continuo ~All’ inizio qui ero solo Quando la notte arriva e mi vedete

211 Quasi a difendersi e con nostalgia 212 Sullacostiera, quando il mare spezza 213 Era la prima protesta 215 Siindovina il tentare delle radici 216 La teppa picchia accoltella a tradimento 218 Nonla notte ti opaca ma la nebbia 219 Vagando mesti Vincenzina ed io 221 ‘Trale morse 222 +divieni tu nel giorno 223 Intento nel lavoro rischiarato 225 Appena, Chiara, ho udito 226 Invecchia ormai ma avverte 227 ~~ chiazze di sangue sull’asfalto 229 Misorride ammiccando 230 Nonvielemosino simpatia 231 Credeva d’innovare con le parole 232 Dolcemente severa, creatura 233 Uno degli eucalipti trapiantati 234 Domenico non erge la sua voce 235 Ondula il cardo secco 236 Ho due amici

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Galleggiando supino, chiusi gli occhi Grigi soldati, a un urlo Come un prestigiatore disinvolto Proverbi improvvisati avessi avuto nitido davanti Appare nel meriggio la sete é secca, brucia Se non hai prospettiva, se si spegne

Per quale fascino

Nota

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Nuovi Coralli Pubblicazione bisettimanale, 9 novembre 1974 Direttore responsabile: Ernesto Ferrero Registrazione presso il Tribunale di Torino, n. 2335, del 30 aprile 1973 Stampato per conto della Giulio Einaudi editore s. p.a. presso la Litografia Bona in Torino

Nuovi Coralli

. Thomas Mann, La morte a Venezia

. Primo Levi, Se questo é un uomo . Italo Calvino, I barone rampante . Cesare Pavese, La bella estate

. . . .

Alberto Arbasino, Le piccole vacanze Natalia Ginzburg, Le voci della sera Carlo Cassola, La casa di via Valadier Richard Wright, J figli dello Zio Tom

. Leonardo DN ‘0 HW BW AM ON

Sciascia, A ciascuno il suo

10. Primo Levi, La tregua . James M. Cain, Serenata . Jean-Paul Sartre, I] muro . Italo Calvino, Il visconte dimezzato

. Raffaello Brignetti, I] gabbiano azzurro . Cesare Pavese, La luna e i falo

. Italo Calvino, II sentiero dei nidi di ragno . Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta . Danilo Dolci, Racconti siciliani

. . . .

Thomas Mann, Tonio Kroger Simone de Beauvoir, Una donna spezzata Natalia Ginzburg, Le piccole virtd Italo Calvino, La nuvola di smog e La formica argentina . Renata Vigano, L’Agnese va a morire . Giovanni Arpino, La suora giovane . Bernard Malamud, Il commesso

. Goffredo Parise, Cara Cina

2a Anthony Burgess, Un’arancia a orologeria 28.

29. 30. Cie 32. 33.

Thomas Mann, Cane e padrone e altri racconti Michail Bulgakov, La guardia bianca Miguel Barnet, Canzone di Rachel Jorge Luis Borges, Evaristo Carriego Mario Rigoni Stern, II sergente nella neve Natalia Ginzburg, Valentino

34. Goffredo Parise, I] fidanzamento 35. Beppe Fenoglio, La paga del sabato

36. Carlo Cassola, Una relazione 37- Friedrich Dirrenmatt, La panne 38. Pierre Jean Jouve, Paulina 1880 39. P. A. Quarantotti Gambini, La rosa rossa 40. Leonardo Sciascia, Gli zii di Sicilia 41. Italo Calvino, II cavaliere inesistente 42. Ernest Hemingway, Torrenti di primavera 43.

Leonardo Sciascia, Il Consiglio d’Egitto

44. Italo Calvino, Marcovaldo ovvero Le stagioni in citta 45. Bernardo Bertolucci, Ultimo tango a Parigi 46. Italo Calvino, La speculazione edilizia 47. Ernest Hemingway, Fiesta 48. Luciano Bolis, I] mio granello di sabbia 49. Raymond Queneau, I fiori blu 50. Lucio Mastronardi, I! calzolaio

di Vigevano

51. David Garnett, La signora trasformata in volpe GO. Max Frisch, Guglielmo Tell per la scuola 53. Bonaventura Tecchi, L’isola appassionata 54. Robert Musil, Tre donne 55. Goffredo Parise, Atti impuri 56. Alberto Arbasino, L’Anonimo Lombardo DAC Cesare Pavese, Lavorare stanca

Cesare Pavese, Dialoghi con Leucd Cesare Pavese, II mestiere di vivere (Diario 1935-1950) 59.

58.

60. Cesare Pavese, Poesie del disamore e altre poesie disperse 61. Cesare Pavese, Racconti (2 volumi)

. Bernard Malamud, La Venere di Urbino

. Mario Rigoni Stern, Ritorno sul Don . Carlo Emilio Gadda, La Madonna dei Filosofi

. Carlo Emilio Gadda, L’Adalgisa. Disegni milanesi . Carlo Emilio Gadda, II castello di Udine . Carlo Cassola, Storia di Ada

. Nathanael West, I] giorno della locusta . . . .

Lalla Romano, Diario di Grecia Dario Fo, Morte ccidentale di un anarchico

Iris Murdoch, La ragazza italiana Michelangelo Antonioni, Chung Kuo. Cina . Esmond Romilly, Boadilla . Carlo Levi, Tutto il miele é finito . Mario Bonfantini, Sul Po

. James Joyce, Gente di Dublino . Bruno Fonzi, I pianti della Liberazione . Liliana Cavani e Italo Moscati, Lettere dall’interno

. Viktor Nekrasov, Kira Gedrgievna . Liliana Cavani, II portiere di notte . Cesare Pavese, Prima che il gallo canti . Leonardo Sciascia, I] mare colore del vino . Jean-Paul Sartre, La nausea . Emilio Lussu, Un anno sull’Altipiano . Erskine Caldwell, La via del tabacco . Natalia Ginzburg, E stato cosi . Francesco Fausto Nitti, I] maggiore é un rosso . Italo Calvino, L’entrata in guerra . Cesare Pavese, I] compagno . Cesare Pavese, La spiaggia . Cesare Pavese, Paesi tuoi . Cesare Pavese, Feria d’agosto . Ugo Gregoretti, Le tigri di Mompracem . James Purdy, Malcolm . Ingmar Bergman, Scene di vita coniugale . Danilo Dolci, Non esiste il silenzio

97 . Julio Cortazar, Bestiario 98 . Francesco Jovine, Tutti i miei peccati 99 100 IOL Io2 103

. Beppe Fenoglio, La malora . Italo Calvino, La giornata d’uno scrutatore . Mario Rigoni Stern, I bosco degli urogalli . Oreste Del Buono, La nostra eta . Danilo Dolci, Poema umano

DATE

DUE

PQ4864 043 P6 1974b

La poesia di Dolci é destinata a fare data nella storia nostro tempo. E anche un indizio che tante fal letterarie e politiche sono da bruciare, sono gia Ci sembra un esemplare libro di testo, da adottare apy sionatamente in tutti i centri educativi di una ipote civilta liberatrice. Mario Spir Affondato nella realta siciliana, antenne come un ra

proteso verso il mondo, verso il futuro, costruiscecu ra: e non lo troviamo una sola volta, mai, col potere Giuliana Sala:

La poesia é in atto gia nei fatti e nella vitadi Danilo. solo della nostra generazione che ha saputo ridurre al nimo la terra di nessuno esistente tra la vita e la lett tura.

Cesare Zava

Questa poesia non nasce dall’amore per le parole ma lamore per gli uomini. Kristine W. Ha dischiuso muraglie avanti a noi la vita dei fanciulli, acqua come forza.

3 5282 00110

S. F. VANNI - Publishers and Booksellers

30 W. 12 St., N.Y.C. 10011— (212) 675-6336

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Muriel Ruke

STACKS

Dole, Ds U49 PO 19/4D

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