Play Power

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Play Power

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“PLAY POWER” - UN CINEGIORNALE ANIMATO DEL TERREMOTO GIOVANILE NEL MONDO... La politica del gioco ovvero come fottere il sistema Il rock come quotidiano di un futuro cibernetico

Avventurieri sulla pista della droga erigono templi psichedelici a Katmandu e si raccolgono a Marrakesh per il primo

Love-in natalizio Yippies di New York imbucano sigarette di marijuana per

30.000 stupefatti abbonati ?

all’elenco telefonico Kommunardi berlinesi sì spogliano, gridano e cantano al Palazzo di Giustizia Il Living Theatre compie coscienziosamente atti di sabotaggio sociale Situazionisti Internazionali allungano con L. S. D. il maggio francese Abbie Hoffman getta un bacio alla giuria di Chicago Le mani degli hippies non hanno calli Gioco è divertimento Gioco è libertà

Play Power

Richard Neville

PE POWER

MILANO LIBRI EDIZIONI VIA DELLA SPIGA 1 MILANO

©

1970 by Richard Neville Milano Libri Edizioni, 1971

L’autore desidera qui ringraziare i seguenti editori musicali per aver consentito l’uso di estratti da queste canzoni: ‘Elusive Butterfly’ by Bob Lind—Metric Music ‘My Boyfriend’s Back’ by Robert Feldman, Gerald Goldstein and Richard Gotteherer—April Music Ltd., London ‘A Whiter Shade of Pale’ by Keith Reid and Bary Booker—Essex Music International ‘Get A Job’ by the Silhouettes—Essex Music Ltd.

‘Summertime

Blues’ by Eddie

Cochran

and Jerry Capehart—Cine-

phonic Music Company Ltd. ‘Wild One’ by Johnny O’Keefe—Festival Records ‘Were Not Gonna Take It’ by Peter Townshend—Fabulous Music Ltd. ‘School Day’ by Chuck Berry— Jewel Music Pub. Co. Ltd.

traduzione dall’inglese di

VINCENZO

copertina di

MARTIN

MANTOVANI

SHARP

Indice

9

PROLOGO AVANTI FIGLI DI PUTTANA Mr. Chips ba le spalle al muro - Una poiana da Macy - Verniciatelo di nero Per un tempo migliore votate Provo

13

-

Dal love-in al cash-in - Un brutto viaggio per tutti - Yippee! - Il diavolo deve pagare

- La nuova Riva Sinistra -

Gli autonomi di Zurigo - « Ma che può fare un povero ragazzo ...?» Cecago

: Provate

Rivoluzione

oggi stesso

una

+ Paradise Now. 67

GROUP

GROPE

E DIO

SCELSE

LA MUSICA

POP

DI

GIOVANNINO SEMEDISTREPPA PORTA DORATI E UNA BOMBETTA NERA

LA STAMPA

SANDALI

PARTIGIANA

119

145

Che cosa è - Dove è - Perché esiste - Che cosa significa Un’esauriente panoramica mondiale dell’alternativa di informazione underground. SULLA STRADA CHE PORTA A KATMANDU La pista della droga - Come sopravvivere: appunti - Braccio di Ferro a Panama

- I caduti sulla pista della

droga + Rapporto da Marrakesh Otis Cook: odissea bippie. LA POLITICA

DEL

-

GIOCO

APPENDICI Prima:

193

Farlo in piazza - Seconda: Annuario

internazionale della stampa underground Terza: In viaggio: trasporti erba alloggi - Quarta: Londra gratis.

241

269

Ringraziamenti

L’idea di Play Power è del mio editore Ed Victor che non solo mi ha aiutato a risolvere i numerosi problemi incontrati per via, ma ha anche molto insistito perché abbandonassi ogni pretesa di accademica neutralità e facessi invece udire la mia voce. Molta gente mi ha aiutato a completare questo libro. Peter Buckman, Mohamed

Germaine Greer, Martin Sharp, Deborah Rogers, e Lee, hanno permesso che mi rifugiassi in casa loro,

mi hanno messo a disposizione libri e documenti che altrimenti non sarei mai riuscito a consultare e mi hanno aiutato in un’infinità di altri modi. Grazie a Jane de Mendelsohn di BIT e a Harvey Matusow per i dati sulle vittime della via della droga turca. Grazie a Rosemary Pettit per l’aiuto prestatomi nelle prime fasi delle ricerche e i coscienziosi dispacci dal fronte asiatico. Grazie a tutti quelli di OZ:

Andrew

Fisher, Felix Dennis,

Jon Good-

child, Brigid Harrison e Bridget Murphy, che hanno tollerato tanto a lungo un direttore così confusionario. Grazie a Ian Stocks, Tina Liber, Tina Date, Michelene Victor e Andrew

che

mi hanno aiutato a correggere le bozze. Play Power non avrebbe mai visto la luce senza la fedele assistenza di Louise Ferrier, con la quale avrò sempre un debito di riconoscenza. Questo libro non sarebbe mai finito sui tavoli degli editori senza la perseveranza e l’incoraggiamento di Jim Anderson, che ha dato un aiuto prezioso in ogni fase della preparazione del manoscritto, svolgendo dal principio alla fine le funzioni tipiche dell’editor. E’ stato lui a comporre lo specchietto sulla stampa underground di pagina 151 a raccogliere gran parte del materiale per i capitoli sulla stampa underground, sulla droga e sulla guida delle pubblicazioni. Non vedo l’ora che esca il suo primo libro, Gay Power.

Ai miei genitori

PROLOGO

Power Flower

E’ pane che vogliono? ... Oh, di quello ne hanno in abbondanza, disse Timothy, si vestano di fiori. Vaffanculo te e i tuoi fiori, disse Stokeley, noi vogliamo ... La rivoluzione? proposero i fratelli Marx, Danny, Rudi e Tarig. No! cantarono i Beatles in tre orecchiabili versioni. Nessuna delle quali, rispose l’uomo col gilè borgogna, eguaglierà il successo dei cigarillos: la rivoluzione nel piacere di fumare. *

« Ogni volta che mi telefoni » disse, « chiedi di Pete il Coyote ». E ogni volta che lo facevo, nessuno aveva mai sentito parlare di lui. Era il 1968, la settimana prima di Natale, e Pete il Coyote,

con

altri Angeli

dell’Inferno

di San

Francisco,

era

volato a Londra insieme alla sua moto, immensa e appariscente, perché dessero un’occhiata alla trazione. Quando li incontrai, se ne stavano ammassati in una bella stanzetta del quartier generale dei Beatles, in Savile Row, resi più prudenti dagli sforzi di George Harrison di sfrattarli (« Dice che siamo dei maleducati »). Ken Kesey aveva viaggiato con gli Angeli e, nella stanza, stava registrando un’intervista col mago olandese Simon Vinkenoog che, ospite di Londra, ciarlava con melliflua stravaganza. Intanto Pete il Coyote teneva banco: « L’era della cibernetica, cari miei, comporta un cambiamento nel quadro di tutti i nostri principi e presupposti. I concetti spazio-temporali tradizionali non bastano più . .. il computer ci sta dolcemente introducendo nell’era elettronica-2automobilistica così come la locomotiva a vapore ci ha scaraventato nella rivoluzione industriale. Allora era il gin. Scorreva come acqua. Col gin si allattavano i bambini, contro il gin si battevano le società per la temperanza Oggi è la droga. L’LSD è per noi quel che il gin fu per i vittoriani. Lubrifica e rende più scorrevole la nostra accettazione di una nuova era... ». Un Angelo dell’Inferno? Con le sue lenti affumicate, il cuoio stagionato e i frusti blue jeans, avrebbe dovuto parlare dei pezzi da sostituire nella sua Harley Davidson o di cavare i denti a una ragazza con un paio di pinze arrugginite. pi

Non tutti i fiori si possono lanciare da un aereo. Alcuni si disintegrano toccando terra, altri si allontanano, portati dal ven-

to, e svaniscono nell’infinito. Ecco perché bisogna collaudarli. A un’affollata riunione yippie nella parte bassa di Manhattan, Abbie Hoffman lamentava che i suoi esperimenti sulla caduta libera dei fiori da un tetto vicino fossero stati interrotti da sospettose correnti d’aria; ciò nonostante, raccomandava

le robu-

ste margherite. L’indomani, sopra il be-in del Central Park, i

puntolini vomitati da un piccolo aereo da turismo si sparsero nel

cielo solo per sparire dolcemente, sospinti dalla brezza, oltre i tetti della Quinta Avenue.

Dovevano aver usato quelle smorfiose delle primule.

Atrivai in ritardo a casa dell’uomo che sta dietro The Black Diwarf. Era senz'altro una grande occasione. La stanza di soggiorno era zeppa di militanti londinesi di prima scelta. L’uomo in poltrona parlava con accento tedesco un pesante Marx. Era il

(mortalmente) Ernesto signor Mandel, direttore dell’organo del-

la sinistra belga Le Gauche e stimato economista socialista. In tono misurato, minimizzò accuratamente il contributo degli « elementi libertari » all’insurrezione di Parigi e parlò del successivo afflusso di nuove reclute nel « partito »: della serietà della rivoluzione e dell’importanza di avere un’ideologia. Era venuto a lodare Marx, e procedette a seppellirlo. Nella discussione che seguì, tesa per chi vi prese parte, si passarono tre ore a cavillare

sulla definizione di « neocapitalismo ». Ken Tynan fu il primo ad andarsene, disperato. La rivoluzione di un uomo è il purgatorio di un altro.

12

AVANTI FIGLI DI PUTTANA

Mr Chips ha le spalle al muro

Il direttore di Eton ha dato le dimissioni. « I problemi e le difficoltà di un direttore scolastico sono decisamente aumentati » ha detto. Nessuno ha trovato niente da dire sui problemi e sulle difficoltà di essere uno scolaro. Sembra che certi alunni avessero maneggiato armi e fumato marijuana. Lo stesso mese il vicedirettore di Rugby dichiarava al Daily Telegraph che negli ultimi due anni quindici ragazzi erano stati temporaneamente sospesi per aver fatto uso di droga. Secondo un’altra notizia di cronaca,

più di trenta scolari erano

stati sospesi perché

erano

« ribelli hippi ». Dopo che la scuola di St Paul ebbe espulso vari ragazzi per colpa della marijuana, ne conobbi uno negli uffici di Release, l’organizzazione londinese che cerca di aiutare i dro-

gati a cambiar vita (« chiamate il 229-8654 di giorno o di notte con amore »). Aveva quindici anni. A quindici anni io andavo a scuola in maglietta e calzoncini cachi, facevo il tifo per la squadra di football, venivo rimandato in latino e, durante le esercitazioni nel cortile, canterellavo Memories Are Made of This. Questo giovanotto, col suo fazzo-

letto rosso e una fredda amabilità, parlava affabilmente di sradicare dalle scuole i corsi obbligatori di ginnastica e di religione, di abolire i prefetti e le punizioni, di porre fine all’arbitrario autoritarismo dei direttori... e io ascoltavo, con la spiacevole sensazione di essere uno della generazione di mezzo, nato morto in un limbo di relazioni presidenziali, vicari alla televisione e inviti a fare il ferroviere per avere una vita di goduria, di viaggi e avventure, a dodici sterline la settimana. La mia generazione — quasi trent’anni — aveva già raggiunto la pubertà prima dell’avvento di Carl Perkins, della marijuana e di una comoda vita sessuale alla portata di tutti. Il nostro Dio era ancora in affari, il nostro Elvis sotto le armi, il nostro avvenire nelle colonne delle offerte di lavoro. Dovevamo imparare a ballare il valzer prima d’imparare a non farlo più. 15

Don't be concerned, it will not harm you, It's only me pursuing something l’m not sure of, Across my dream, with nets of wonder,

I chase the bright, elusive butterfly of ...?

Anche se ci siamo affrancati solo a metà — e gustiamo in segreto il profumo della birra scura, del lucido da scarpe e del

Brylcreem



la nostra sottocultura, un

tempo

furtiva, è usci-

ta dall’ombra per passare alle hit parades, nei titoli dei giornali e all’Odeon del quartiere. L’elusiva farfalla dai vivaci colori s’è posata sulle spalle dei quindicenni.

ù Una sera d’estate, passeggiando, raggiungo due sbarbine che mi precedono. Il sacco a pelo in spalla, una giacca di cuoio con le frange, gioielli come quelli degli aztechi e una borsa da

viaggio

a tracolla,

all’orientale.

« Ciao » fa

una,

sorridendo,

«non è una buona idea salutare chi non si conosce? Non ci pensa mai nessuno. Abbiamo appena detto buonasera a un bigio e s'è sciolto come un pezzo di ghiaccio ». Facciamo due passi insieme. Una ha sedici anni, l’altra uno di più. Sono appena arrivate da Yarmouth, con l’autostop, e vanno in Cornovaglia. « Non potrete più dormire nei bunker della costa » le informo. « Il municipio li ha fatti riempire di petrolio ». « Fa niente » dice la più giovane, « scroccheremo una branda a qualche gnocco ». Ci auguriamo la buonanotte, e una

delle due chiede, retoricamente:

« Fumi?

», mentre

mi fa sci-

volare in mano una pallottolina di hascisc. Un incontro casuale. Due scimmiette. Nulla di straordinario; a parte il fatto che queste ragazze sono dappertutto e quando saranno grandi non sposeranno un direttore di banca.

« Uno degli spettacoli più straordinari della rivoluzione di maggio fu quello di migliaia di scolari che marciavano scandendo

lo slogan ’Il potere è nelle strade, non in parlamento’ »°. Il 10

maggio

1968

i ginnasi francesi proclamavano

uno sciopero na-

‘ « Non preoccuparti, non ti farà male, / Sono soltanto io, che inseguo una cosa di cui non sono sicuro, il Attraverso il mio sogno, con retine di stupore, / Caccio

l’elusiva farfalla dai vivaci colori...». Bob Lind, « Elusive Butterfly ».

Fontana TL 5340. a Patrick Seale & Maureen

16

McConville.

French

Revolution,

1968.

Penguin

zionale di solidarietà con i loro fratelli maggiori della Sorbonne: e quasi in novemila partecipavano alle dimostrazioni, difendendo le barricate e insanguinando le ambulanze. Ora i lycées francesi sono autentici campi d’addestramento dove ci si prepara al bis. Nelle scuole americane si dice che Che Guevara ha tredici anni e non fa i compiti a casa. Si sono già avuti vari scioperi

scolastici efficacemente coordinati tra loro e i più feroci dei giornali underground sono spesso soci dello HIPS: lo High School Independent Press Service. Secondo una relazione letta nel 1969 a un’associazione d’insegnanti londinesi, l’anarchia che regna nelle scuole sta allontanando i professori. Ecco i sintomi del crollo disciplinare: cattiva condotta cronica, infrazioni ai regolamenti scolastici, sfide all’autorità degli insegnanti, disturbo delle lezioni, ritardi, abbi-

gliamento poco cotretto, vandalismi e generale deterioramento nel tono della scuola. In altre parole, è un addio ad Addio Mr Chips. « Questo sembra dovuto soprattutto a un aumento nel numero dei bambini nevrotici » è il commento della relazione’. Bambini nevrotici. Dipende dalla prospettiva. Magari questi bambini hanno visto cosa voleva dire essere normali, nel tele-

giornale della sera: e non sono rimasti soddisfatti.

Una poiana

da Macy

« Il mondo era diviso in due campi, armati fino ai denti e

reciprocamente ostili » salmodiavano i professori di storia spie-

gandoci le cause della prima guerra mondiale: una visione del mondo, quella suggerita dal libro di testo, che potrebbe benissimo adattarsi a quello attuale. I due campi sono diventati generazionali:

la semplificazione è forse un po’ eccessiva, ma chi fa

veramente parte dell’uno o dell’altro capirà che cosa si vuol dire. Oggi le armi sono più raffinate. Da una parte e dall’altra la Grossa Bertha è la cultura: qui ereditata, là fatevela-da-voi.

3 Relazione preparata da’ una rappresentanza della branca londinese dell’Association of Assistant Masters e presentata all’assemblea annuale dell’associazione nel gennaio del ’69.

17

Guardando dall’esterno verso l’interno, il Movimento giovanile radicale sembra deciso a distruggere la civiltà come la conosciamo noi. Guardando

dall’interno verso l’esterno, è la civiltà

i che distrugge se stessa. La caratteristica forse più straordinaria dello Youthquake di oggi — cioè del terremoto prodotto dai giovani, come una volta l’ha battezzato Vogue — è il suo intenso, spontaneo internazionalismo. Da Berlino a Berkeley, da Zurigo a Notting Hill, i membri del Movimento mostrano una viscerale affinità: e hanno aspirazioni, ispirazioni, una strategia, uno stile, uno stato

d’animo e un vocabolario comuni. I capelli lunghi sono la loro dichiarazione d’indipendenza, la musica pop il loro esperanto; e nella loro pipa della pace fumano la marijuana. Anche le divisioni all’interno del Movimento sono in genere coerenti. I termini Nuova Sinistra, Underground e « poveri militanti » sono applicabili, seppure vagamente, a tutto l’immenso e sparso dominio dell’insurrezione giovanile. A volte queste categorie si sovrappongono generosamente l’una all’altra; in altre occasioni, meno generosamente, contrastano. La Nuova Sini-

stra è formata in gran parte dal « brodo alfabetico » della protesta studentesca (SDS, SNCC, NACLA, RSA, BLF, RSSF, ecc.):

con appena una goccia, ogni tanto, di LSD. L’Underground, quell’etichetta così poco simpatica, abbraccia hippies, beats, mistici, pazzi, drogati, yippies, fricchi, suonati, membri delle comuni e tutti quelli che rifiutano una rigida ideologia

politica

(« è una

malattia

mentale ») e sono

ferma-

mente convinti di una cosa: che quando ti sarai fatto saltare le cervella — in senso figurato, s'intende — la Bastiglia salterà in aria da sola. I poveri militanti, infine, sulle lotte dei quali si dovrebbe scrivere un altro libro, comprendono i giovani lavoratori radicali europei, i negri e le varie comunità etniche che stanno affiorando negli Stati Uniti. In

zone

diverse,

in diverse

occasioni,

una

diversa

combi-

nazione di queste categorie diviene l’agente di disgregazione del la società. Dei gesti della Nuova Sinistra si dice che sono « politici ». Alle trovate dell’Underground si appiccica un’altra eti-

chetta:

« culturali ». In realtà, ambedue le manifestazioni socio-

logiche sono riconducibili allo schema comportamentale di un singolo organismo malcontento. I giorni del « radicalismo dalle nove alla diciassette » sono finiti. Lo hippie che fa colazione con un pugno di riso scuro e lo studente che brucia la sua pro18

va d’esame stanno imparando, tutt’e due, a vivere la stessa rivo-

luzione. C’è una cosa che anima entrambe le denominazioni, politica e culturale, della protesta giovanile; che ne costituisce l’innovazione più importante; che ha la massima importanza per il futuro; che insomma è la più singolare, la più bizzarra e la più efficace. Ed è l’elemento del gioco, che esamineremo in modo più specifico nell’ultimo capitolo. A parte la fulminea evoluzione di una controcultura, il Grande Unificatore della Gioventù è stato il Vietnam. Sia in America che nel Regno Unito l’indignazione per la guerra è nata e cresciuta in seno al CND e ai movimenti per i diritti civili, propagandosi al resto della popolazione: premurosamente nutrita da una balorda impostazione politica e da una direzione militare di un’inettitudine addirittura incredibile. Sarebbe ingenuo, però, ipotizzare che il ritiro degli Stati Uniti dal Vietnam anestetizzerebbe la protesta giovanile. I simboli sono di facile sostituzione. Di ogni cosa si può fare un problema: una fastidiosa cerimonia ufficiale, la presenza imbarazzante di una macchina della polizia, l’inopportuno licenziamento di un professore universitario. Tutto può dare ai giovani il pretesto per una prova di forza. Una legge della dinamica del Movimento è che il Movimento non viene mai frenato dagli avvenimenti politici, bensì ne riceve un impulso. Un’altra legge della dinamica del Movimento è che da cosa nasce cosa:

in progressione geometrica. La fantasia non conosce

confini. Caratteristiche nazionali specifiche impongono un certo colore all’attività insurrezionale,

ma le differenze .vanno

facen-

dosi meno ovvie delle similarità. Per esempio: La prima cartolina precetto venne bruciata nel 1965. Questo singolo atto assume rapidamente le proporzioni di un incendio in una foresta, consumando anche i corpi di

tre americani, che nello stesso anno si diedero fuoco sulla gradinata del Pentagono. Alcuni anni dopo uno studente céco, Jan Palach, divenne un eroe nazionale quando adottò la stessa forma di protesta contro i russi. Persino a Lund, nella placida Svezia,

gli studenti furono accusati di profanazione durante una rappresentazione di Fucknam, di Tuli Kupferberg, in cui gli attori appiccavano il fuoco alle bandiere americane che adornavano i 19

mostruosi peni di cartapesta dentro i quali sfilavano, Le stelle e le strisce ardono in tutta l’Europa e forse, in vita nostra, non le vedremo estinguersi mai più. Nel 1969, quando si celebravano tutti questi primi gesti incendiari cantando e ballando sui palcoscenici di Broadway e del West End nella commedia musicale Hair, gli scolari di Berlino dimostravano di non aver dimenticato la lezione delle cartoline precetto ridotte in cenere dando fuoco alle pagelle. Gli strumenti per la comunicazione di massa, i cosiddetti mass media, sono parzialmente responsabili della straordinaria presa di coscienza generazionale di oggi. Ne consegue che il Movimento giudica regolarmente biasimevoli i mass media: Amsterdam 1966: Masse di provos e di lavoratori edili assediano gli uffici del giornale ex fascista De Telegraaf. Londra 1967: Centinaia di hippies tentano d’impedire la distribuzione del News of the World. Furenti locandine scritte a mano rivelano l’indirizzo privato del direttore e invitano i dimostranti a spedirgli per posta un po’ di marijuana. (Qualche settimana dopo la squadra narcotici perquisisce la sua residenza). Germania 1968: Studenti devastano l’ufficio stampa di Springer a Monaco e attaccano le agenzie distributrici di tutte le città chiave. Per difenderle la polizia è costretta a erigere barricate.

New York 1968: Trenta hippies itrompono in uno studio televisivo durante un dibattito in presa diretta. In un primo momento si dà all’intrusione il valore di uno happening, considerandola una parte dello spettacolo, « . . . ma quando un capellone gridò che allargava il cuore sentire alla televisione una certa parola di quattro lettere, e la disse, sorse qualche dubbio sull’opportunità della cosa »*. New York 1969: Dimostrazioni davanti agli uffici del New ‘York Times in segno di protesta per il suo silenzio sulle attività del Movimento. Un’eccezione

sorprendente:

Non

ci furono

dimostrazioni

contro i mass media durante l’insurrezione parigina del 1968. La

cosa ha destato

rincrescimento,

e i fratelli Cohn-Bendit

si

sono affrettati a sottolineare che questo « è un punto da tener presente in avvenire e del quale non mancheremo di occuparci »°. * The Times, 27 giugno 1968. > Obsolete Communism, The Left Wing Alternative, André Deutsch, Estremismo, rimedio alla malattia senile del comunismo Einaudi.

20

1968.

Alla vigilia della celebre dimostrazione londinese per il Vietnam dell’ottobre 1968, la stampa gridò al lupo tanto spesso che finì per assomigliare a una vecchia signora che strilla: « Vogliono violentarmi! ... Prego ». In prima pagina, il Times avvertiva i lettori che i dimostranti si proponevano di occupare alcuni dei palazzi più importanti della città, comprese le sedi dei giornali. L’Evening News fece eco alla notizia svelando un piano per l’occupazione della BBC. Inviò persino i suoi uomini più brillanti, opportunamente camuffati, perché dimostrassero la debolezza delle difese allestite dalla Zietta. La BBC,

per rappre-

saglia, invase con la stessa facilità i gabinetti dell’Evening News, mostrando il tutto alla televisione. Pur avendo sotto gli occhi

questi due piani bell’e pronti, i dimostranti non fecero alcun

tentativo di occupare le due sedi. Tra gli altri simboli dell’oppressione sui quali i radicali del Movimento hanno aperto il fuoco ci sono i grandi magazzini: non letteralmente, tuttavia, come insinua questo titolo di uno dei giornali tedeschi di Springer: NEGOZIO DI MOBILI IN FIAMME: È COSÌ CHE SI PROTESTA? È COSÌ CHE SI DISCUTE?° Come poi risultò, l’incendio era conseguenza di un furto con scasso — mal fatto — da parte di un piccolo criminale. Se questo travisamento delle notizie è tipico della politica di Springer, bisogna riconoscere che il direttore del giornale aveva giustamente avvertito le connotazioni emozionali dell’incendio. Alcuni membri della Comune K di Berlino, il nucleo della quale ha organizzato le più vistose manifestazioni berlinesi, distribuirono al pubblico dei volantini che proponevano filosoficamente di provocare, a Berlino, molti altri incendi del genere, e nel rosseggiare della vampa vedevano « la scoppiettante immagine del Vietnam ». L’elenco era formato da quindici edifici (più uno spazio in bianco per eventuali suggerimenti) tra i quali, ovviamente, l’America House e gli uffici di Springer. Otto membri della comune furono denunciati per istigazione all’incendio doloso, e approfittarono del processo per schiamazzare, tenere discorsi e coprire di ridicolo i loro accusatori. A New York, più o meno nello stesso periodo, cioè nell’aprile del 1968, presi personalmente parte a un’assemblea yippie in Union Park durante la quale si progettò un loot-in in un grande magazzino. « Sceglieremo quello giusto. Entreremo in ‘ Bild, aprile

1968.

21

una

ventina,

prenderemo

quello

che

ci serve,

regaleremo

un

fiore alla cassiera e ci dirigeremo verso l’uscita...». Un gruppo di militanti del Lower East Side, la Black Mask, un giorno organizzò un mill-in da Macy in piena ressa natalizia. Travestiti da clienti, commessi e ispettori, i dimostranti inva-

sero il grande magazzino. Le merci esposte furono rovinate, ru-

bate, scambiate o regalate. Cani e gatti affamati furono sguinzagliati nel settore degli alimentari. Una poiana inferocita si avventò sui casalinghi, fracassando piatti e bicchieri e riempiendo di terrore le commesse. Alcuni complici, sparsi tra il pubblico, fecero sì che rispettabili clienti di mezza età fossero maltrattati per errore dalla polizia e tratti in arresto’. Ispirato da questo caos, un gruppo londinese entrò da Selfridges durante le vacanze natalizie col suo capo vestito da Santa Claus. Mani sorprese, ma non per questo meno avide, si strinsero sugli « omag-

gi » distribuiti gratuitamente. Non molto tempo dopo i clienti poterono assistere al triste spettacolo della polizia che confiscava giocattoli ai bambini e traeva in arresto Babbo Natale.

Verniciatelo

di nero

Sugli scaffali di più di un sedicente e già anziano drop-out, tra i volumi fruscianti di McLuhan, Cleaver e Marcuse, giace una copia ingiallita di Protesti, ricordo imbarazzato dei giovani arrabbiati sulle due sponde dell’Atlantico. « I soli logici portavoce del nostro tempo...» proclama la fascetta, che «...si sono ribellati ai falsi conformismi, alle blande ipocrisie e alle comode presunzioni della società moderna ». La squadra inglese era formata da Kingsley Amis, John Osborne e Colin Wilson (che oggigiorno non mancano né di agi né di presunzione). Tra i divi americani c’erano Jack Kerouac e Allen Ginsberg. Protest uscì nel 1958, lo stesso anno in cui in Inghilterra si varò ufficialmente la campagna per il disarmo nucleare, e si udirono i primi mugugni nelle università americane, che fino ad allora si

erano occupate di questioni come queste: ’ Da un articolo del londinese King Mob

22

Echo.

« Dio è morto? », op-

pure: « Eisenhower è vivo? »5, Quando si rievoca l’era dei Beat, è d’uso riesumare un brano del saggio di Norman Mailer intitolato Il negro bianco, la cosiddetta « ultima parola » sull’argomento,

per

infilarvi

significativamente

una

fettina

di psichia-

tria tolta da Rebel Without Cause di Robert Linder. Con l’abuso che se n’è fatto, Il negro bianco è invecchiato assai meglio del suo autore, che allora lucidamente previde l’importanza dei beats, da lui descritti come un sociologico « ménage-è-trois ... [in cui] il bohémien e il delinquente giovanile venivano a trovarsi faccia a faccia col negro, e lo hipster era una realtà nella vita americana ». Non solo nella vita americana. La cultificazione dei media stava entrando nella sua impetuosa nuova fase. I beatniks apparivano altrove: persino in Australia, dove non c’erano nemmeno gli aborigeni coi quali venire a trovarsi faccia a faccia (essendo tutti ben chiusi nelle loro riserve punitive). E’ appena il caso di ricordare, qui, che a onta, o forse a causa, della remota e poco eccitante immagine dell’Australia, la terra di You Beaut è in necessaria sintonia col resto del mondo, di cui assorbe avi-

damente i prodotti pop della cultura cato a metà strada tra l’Inghilterra e Una minoranza di « matti >» — tante dallo specchio dei media —

e della sociologia: un merl’America. ingrandita in modo alletaveva rotto il silenzio dei

loro fratelloni col jazz e l’anarchia, con la droga e col misticismo,

con la povertà e la promiscuità. I Beats dimostrarono che era possibile, affascinante addirittura, gettare il guanto di sfida al modo di vivere reclamizzato dall’IBM. Si disse che Hampstead era il Greenwich Village di Londra, che era la Montmartre di New York, che era la Tangeri di Parigi. Jack Kerouac e Kingsley Amis parteciparono insieme a convegni universitari

sul tema:

Esiste una Beat generation?

Jack

Newfield scriveva: « Più di ogni altra cosa, la Beat generation fu un prodigio, il primo alito di vento di una nuova tempesta, il segnale cifrato che la gioventù americana cominciava a mettere in berlina

il conformismo,

il materialismo

e il silenzio »’.

Intanto, in Trafalgar Square, John Osborne entrava a far parte del Direct Action Committee che organizzò la prima delle marce di Aldermaston, poi sostituito dalla Campagna per il Di* La risposta era « sì ». Fece 85 punti giocando a golf il 10 marzo ° A Prophetic Minority, Anthony Blond, 1967.

1959.

23

sarmo Nucleare, che nel 1961 fece coricare cinquemila persone davanti al ministero della difesa. In Bomb Culture Jeff Nuttall

fa la cronaca, ampia benché inesatta, dell’ascesa e del crollo dell’Obiezione di Coscienza britannica, con la sua alcoolica, barbu-

ta atmosfera alla Jelly Roll Morton: dove i personaggi corrono qua e là « tutti presi dall’ansia della bomba », fondando vertiginosamente Comitati di Golders Green per l’Abolizione delle Armi Nucleari. Ripensando ai bellicosi Mods e Rockers degli anni immediatamente successivi al 1960 (« ogni ospedale di Londra era pieno fino a scoppiare di centauri appiedati ») Nuttall afferma di essere convinto che la violenza di questo modo di

vivere essenzialmente edonistico fosse la conseguenza di una vi-

ta vissuta con la prospettiva di un olocausto nucleare. I poeti davano la colpa alla Bomba, ma la gente se ne frega di morire se il mondo intero perirà con lei. Montgomery e distintivi - della CDN simboleggiavano una nuova identità generazionale. Per i giovani, dolersi della Bomba era divertente. Fu all’inizio degli anni sessanta, mentre il signor Saturday

Evening

Post

e signora

assistevano

elettrizzati

all’elezione

di

JFK — il primo presidente televisivo — che i loro figli e le loro figlie, né isterici né nudi né affamati, si resero conto che « gli spiriti migliori della [sua] generazione » venivano distrutti da iniquità più immediate di un miraggio nucleare. Nel febbraio 1960 quattro studenti neri sedettero alla tavola calda segregazionista di un Woolworth di Greensboro, nella Carolina del Nord, e ordinarono un caffè. Il caffè non arrivò mai, ma il giorno dopo altri sedici studenti sedettero al loro fianco e da allora le tavole calde non sono state più le stesse Entro il mese di maggio dell’anno seguente il primo gruppo di Combattenti per la Libertà aveva lasciato Washington DC per New Orleans su autobus integrati. « Vinceremo » echeggiava dalle strade maestre del Sud a Tin Pan Alley; un bianco, John Howard Griffin, si annerì la pelle e rivelò agli scettici superstiti cosa voleva dire essere « gettato nel mucchio della spazzatura della cittadinanza di seconda categoria ». Nell’ottobre del 1962 James Meredith veniva ammesso all’università del Mississippi. Nel marzo del 1964 LBJ annunciava una Guerra alla Povertà (combattuta con un successo ancora inferiore a quello della sua Guerra contro l’Aggressione Comunista).

A onta del furore nazionale provocato dalle prime manifestazioni dell’attivismo radicale, i dimostranti erano gentili, pa-

24

triottici e religiosi: partecipavano ai sit-in con la bibbia in una mano e la Costituzione nell’altra, entrambe bagnate di lacrime. Ricordando la parte sostenuta dai neri in quei primi tempi, Dick Gregory disse a Londra nel 1968: « Marciavamo per le strade e ci sparavano addosso perché eravamo neri. E, chissà perché, ci vergognavamo

di aggravare la situazione costringendo

i bian-

chi a sparare addosso ai neri. Presi dai rimorsi, andavamo alla stazione di polizia a pregare per lo sceriffo ...»". Una cosa era chiara: se si voleva sopravvivere, bisognava attaccare. Nel dicembre del 1964 dal campus di Berkeley dell’università di California eruppe il Movimento per la Libertà di Parola. Per l’impotente paradosso del liberalismo fu il principio della fine. Il MLP fece esplodere la contraddizione tra la retorica della democrazia e la realtà del Pentagono. Era venuto il momento di chiudere il gap dell’ipocrisia"!. Per un tempo

migliore votate

Provo

Ad

Amsterdam,

verso

la metà

degli

anni

sessanta,

ebbe

luogo una rivolta di nuovo genere. Chiamata Provo, generò imitatori in tutta Europa, e ispirò l’Underground che già emergeva in Gran Bretagna e negli Stati Uniti attraverso la poesia, la droga e la musica pop. Quella Provo era una ribellione senza causa evidente. Nessun soldato olandese moriva nel Vietnam. Non C'erano gruppi etnici o sociali trattati ingiustamente.

« In real-

tà » notava un commentatore locale, « c’era la mancanza di ogni concreto incentivo a protestare contro l’ordine costituito »'. 10 Nella stessa occasione Gregory spiegò che il loro primo grosso sbaglio era stato d’integrare anzitutto i cessi. L’integrazione dei cessi tolse ai negri il loro più grande elemento di prestigio: il mito del cazzo gigantesco. li x Viene il momento in cui le operazioni della macchina diventano così odiose, e ti fanno venire un tale voltastomaco, che non puoi più partecipare, nemmeno tacitamente. Allora devi gettarti col corpo sulle ruote e sugli ingranaggi, sulle leve, su tutto l’apparato, per farlo fermare ». Dal famoso discorso pre-sit-in di Mario Savio. i2 A_A.D. Nuis, in Delta, autunno 1967. Pubblicato trimestralmente dalla Delta International Publication Foundation J.J. Viottastraat 41, Amsterdam ZI.

25

Tranne,

si

capisce,

la

stessa

esistenza

dell’ordine

costituito.

L’idea di Provo era di provocare — spontaneamente, flessibilmente, incessantemente — il che significava scegliere situazioni che offrissero la possibilità di rappresaglie e sfruttarne le conseguenze, anche se si fossero dimostrate di natura politica. Il Provotariato si formò nei circoli antifumo di Robert

Jasper Grootveld,

il quale cominciò

col dipingere

nna K (per

Kancer = cancro) su tutti i manifesti pubblicitari di sigari e sigarette che vedeva (per nulla scoraggiato da una condanna a sessanta giorni di carcere) e poi, nel suo « tempio del fumo », celebrò contro il tabacco messe nere disinvoltamente blasfeme. Quindi si dileggiò la polizia con un gioco, chiamato Marijhu, consistente nell’imbottire le macchinette distributrici di sigarette di finte sigarette alla marijuana in pacchetti di Day-Glo. Grootvelt fissò la sede dei suoi happening davanti alla statua di Liverdje (« Il monello ») sullo Spui, donata alla città proprio da una società produttrice di sigarette. Fu qui, il sabato sera, tra i

gruppi irriverenti di dissidenti seccati e giovani estroversi, che venne distribuito, e subito sequestrato, il primo numero di

Provo.

Provo

rendeva

omaggio

all’anarchia come

ispiratrice della resistenza », pubblicava

alla « fonte

istruzioni sul modo, di

confezionare bombe e scatenava un’energica campagna contro le nozze imminenti della principessa Beatrice con l’ex nazista

Claus von Amsberg. (Per l’occasione il sindaco, con molto tatto, requisì la casa di Anna Frank onde adibirla, temporaneamente,

a stazione di polizia). Per il giorno delle nozze i piani dei Provos anticipavano la strategia del ridicolo applicata tre anni dopo dagli yippies alla convenzione democratica di Chicago:

— Durante i Salmi l’organo della chiesa avrebbe emesso gas esilarante. — Altoparlanti nascosti avrebbero diffuso un crepitio di mitra e mitragliatrici, spingendo la polizia a rispondere al fuoco. — L’odore dello sterco di leone fa scappare i cavalli. Si sarebbe andati a prenderlo al giardino zoologico per spargerlo lungo il percorso del corteo. Oh che spasso vedere la carrozza dorata in piena fuga, con Beatrice e Claus disperatamente avvinti l’uno all’altra! Il forte contingente di poliziotti richiamato sul posto da 26

questi piani ne impedì l’esecuzione. Ma i Provos non si lasciarono intimidire. Un telespettatore ricorda: « Allora tutt’a un tratto l’immagine divenne sempre più confusa finchè lo schermo non fu tutto bianco. Un’interruzione del programma: mica male come idea. Ma improvvisamente la carrozza con i novelli sposi emerse dalla foschia, e quando

mi

resi conto dell’accaduto mi sentii soverchiare dall’emozione. Altre persone, più coraggiose di me, avevano salvato la manifestazione: stavano tirando candelotti fumogeni nelle stanze di soggiorno di tutta Europa, dell’Unione Sovietica, degli Stati Uniti, del Giappone, e venivano inseguite lungo i canali e picchiate negli androni da poliziotti che per raggiungerle cadevano l’uno addosso all’altro. Altri venivano fatti schierare contro le spallette di un ponte dalla polizia a cavallo, immobilizzati dalle redini passate intorno al collo e presi a calci, con quegli stivali da cavallerizzo muniti di speroni, fino a cadere a terra privi di sensi »". Ma in sostanza il movimento Provo era contro la violenza. La sua originalità consisteva nel precoce apprezzamento delle conseguenze disumanizzanti della tecnologia, e i suoi « Piani bianchi » furono un disperato tentativo di arginare la marea dell’automazione. Biciclette bianche: Trenta provos dipinsero di bianco le loro biciclette e annunciarono che appartenevano a tutti. Si bandisse il traffico dal centro della città. Altri erano invitati a portare le loro biciclette sabato a mezzanotte sullo Spui, dove sarebbero state dipinte gratis. Istigata dalle società di assicurazione e dai fabbricanti, la polizia sequestrò le biciclette con la scusa che potevano rubarle. Camini bianchi: Zone obbligatorie senza fumo. Polli bianchi: (pollo = kip = gergo olandese per poliziotti). Il poliziotto doveva

diventare

l’assistente

sociale disar-

mato del futuro. « Sarà munito di fiammiferi e mezzi anticoncezionali, oltre che di Royal Dutch Oranges e di cosce di pollo per gli affamati ... »!*. ‘3 Harry Mulisch, Delta, op. cit. 4 Provo 9.

217

Case bianche: Studenti e giovani famiglie dovevano occupare gli stabili condannati e apportarvi migliorie. Mogli bianche: Non un piano parallelo a quello della bicicletta bianca di proprietà comune, ma una proposta di mezzi anticoncezionali e aborti legalizzati per tutti. Cadaveri bianchi: Un piano antiautomobilistico per drammatizzare gli incidenti stradali. « Come l’ambulanza avrà rimosso i poveri resti l’assassino, usando martello e scalpello, scaverà nell’asfalto, sotto la supervisione della polizia, la. silhouette della

vittima, fino a due o tre centimetri di profondità. Quindi riem-

pirà la cavità di calce bianca ». Il primo numero di Provo aveva previsto la « sconfitta finale » del movimento. Il direttore, Roel van Duyn, scrisse che il sole sarebbe sorto a ponente prima che in Olanda scoppiasse la rivoluzione,

e la Prima

Convenzione

Internazionale

Provo

tenuta al castello di Borghaven nel novembre del 1966 fu anche l’ultima. Ma le immediate ripercussioni di questa curiosa esplosione anarchica, dalla vita così breve, furono degne di nota. Sia il sindaco della città che il capo della polizia persero il posto. Alle elezioni municipali del giugno 1966 i Provos, con tredicimila voti, ottennero un seggio in seno al consiglio comunale, anche se la maggior parte dei loro aderenti non avevano ancora l’età per votare. Prima del maggio dell’anno dopo la parola Provo

fu considerata

un cliché, e il movimento

venne

sciolto

ufficialmente. « Lo scioglimento di Provo significa totale decentralizzazione » disse il loro secondo eletto al consiglio comunale, Luud Schimmelpenninck, « ora tutti potranno presentarsi candidati a titolo personale ». Amsterdam è sempre una città ricca di possibilità. Fin dalla nascita del movimento Provo ha mostrato una disarmante compiacenza verso le richieste dei suoi giovani. Nel momento in cui lo hippiedom aveva raggiunto il suo massimo splendore c’era un love-in ogni domenica alle due del pomeriggio nel Vondelpark, e i progetti dei giovani più azzardati e precari hanno ricevuto generose sovvenzioni dal consiglio comunale. L’Olanda è il primo paese occidentale che, nei limitati ambienti dei due circoli Paradiso e Fantasio, abbia legalizzato la marijuana. Quando si entra in uno di questi citcoli si è accolti da simpatici giovanotti muniti di bei sacchetti di plastica pieni d’« erba » che offrono un prodotto fresco e a buon mercato, e condizioni generose. Televisione a colori, un grande spettacolo di varietà, 28

musica rock in continuazione, separé che invitano alla meditazione e, per i sociologi in visita, alcool in quantità.

Dal love-in al cash-in

Rievocare la genesi dell’Underground nel Regno Unito non significa scrivere una storia di idee ma far rivivere una serie di pubblici avvenimenti. Questo perché la politica culturale della Sinistra Psichedelica, nelle sue fasi formative, fu molto simile a

quei giochi « per conoscersi » che una volta si facevano alle feste per distendere e amalgamare gli invitati prima di dedicarsi seriamente alla difficile impresa di spassarsela. Il primo dovere era quello di varare un’esperienza comune, abolire la solitudine,

sradicare finalmente

l’etica del virtuoso

sacrificio della

Depressione Vittoriana e ricordare al mondo che — come dice Paolo Lionni — « l’amore non deve rimanere un vuoto cliché ma è e dev’essere un verbo costantemente originale e divino ». A Londra, nel 1967, ogni venerdì sera fino all’alba, lucci-

canti figli dei fiori, coperti di Day-Glo, adorni di marcassite, avvolti in diafani negligées trovati chissà dove, vecchie giubbe dei granatieri, stracci e orpelli provenienti dai mercati dell’Asia e dalle bancarelle

di Portobello

Road,

in tutto ciò che

fosse

tanto lungo quanto bello, entravano incespicando in un mostruoso seminterrato o facevano la coda fuori, tra lo stupore dei passanti. Quel posto era l’UFO, Unidentified Flying Object o Underground Freak Out, in Tottenham Court Road, dove Arthur Brown cantava appeso al soffitto, con la capigliatura fiammeggiante, dondolando sopra la testa della gente come uno strano pendolo umano. O dove i giovani saltellavano allegramente ai ritmi di Pink Floyd, dei Procul Harum, della Soft Machine e della Bonzo Dog Doo Dah Band, o assistevano come paralizzati alla proiezione di diapositive fuse « high » e alla rappresentazione di spettacoli teatrali. Ogni tanto la pulsante atmosfera psichedelica veniva punteggiata da malinconici ritorni a una eredità beatnik: lo stanco trio jazzistico che « improvvisava » sotto un cinegiornale della Pathé o gli uomini in maglietta dolce vita nera che inveivano contro « il sistema » in uno stile che 29

avrebbe dovuto essere pinteresco ed era invece solo pedestre. I semi del primo circo psichedelico di Londra erano stati piantati, fin dal giugno 1965, in occasione della celebre « Cosmic Poetry Visitation Accidentally Happening Carnally » dell’Albert Hall, dove gli hippies che incubavano a Londra si sintonizzarono sulla lunghezza d’onda di Allen Ginsberg, Simon Vinkenoog, Christopher Logue, Lawrence Ferlinghetti, ecc., e scoprirono, con enorme sorpresa, che in uno stato analogo di gestazione ce n'erano altri settemila. « Hippie » era una parola nuova, usata allora in via sperimentale dal San Francisco Chronicle per informare i suoi lettori dell’ondata neo-beatnik per le strade di Haight-Ashbury. Ispirato dall’esperienza Provo e nutrito da una nuova esotica boheme sviluppatasi sull’altra sponda dell’Atlantico, IT (« Il primo vera tentativo di creare una comunità londi-

nese » —

Miles, direttore della libreria Indica) fu fondato nel-

l’ottobre 1966. Nei due o tre mesi successivi i direttori e gli amici del giornale, una mafia hippie, organizzarono i più spettacolari tra gli happenings dell’Underground londinese Quando scoppiava qualche grana tutti correvano a fare uno home-in all’UFO che era, per l’Underground, qualcosa di simile alla rubrica del Times delle lettere al direttore. Quando

IT subì un’incursione della polizia, i lettori riempirono questo psichedelico seminterrato e si strinsero con molta simpatia intorno al direttore, che lesse ad alta voce alcune bozze del numero

seguente. I progressisti di Hampstead, preoccupati da quella nuova minaccia alla libertà di stampa, si unirono alla folla. Aspettandosi una moderazione alla Oxbridge Union e spiritose mozioni dal seggio della presidenza, voltarono subito le spalle all’assemblea,

confusi

dai lustrini. dai giochi

di luce e da una

orgasmica Suzy Creamcheese. Tornammo tutti al’UFO quando il suo cofondatore, John « Hoppy » Hopkins, venne incarcerato per detenzione di cannabis. « L’uomo che dirige l’UFO è in mano

al nemico » ruggì

IT,

« pensate

che

quelli

bevono,

vanno su di giri e si sentono come dei pascià, e voi fate altre

cose, andate su di giri e loro vi cagano

addosso ». L’indomani

i passeggeri della Circle Line assistettero alla proclamazione, stile

Provo, della morte e della resurrezione di IT, che nella persona

di un poeta volontario fu portato in una bara dal Cenotafio di Whitehall a Portobello Road, con la metropolitana. Quando Mick Jagger fu condannato a tre mesi di carcere per il possesso di quattro 30

compresse

di amfetamina

a basso

potere

eccitante,

la collera si trasmise da Tottenham Court Road ai meeting organizzati nelle strade alla luce dei lampioni. I primi giorni dell’UFO furono un « viaggio con l’acido » esteriorizzato —

traumatico,

intimo,

euforico —

ma

i giorna-

listi dovevano ben presto definirlo « la risposta di Londra a Haight-Ashbury », e la clientela più sensibile svanì nella scia delle troupes cinematografiche tedesche, dei ragazzi con la croce di ferro e dei marinai ubriachi in libera uscita, che scambiavano

la libertà e l’ardore delle ragazze per un invito a strapparle con la forza ai loro amici. « Forse questa è la sera dei baci. Stasera non baciate solo il vostro amore, baciate i vostri amici ». Pubblico annuncio all’UFO

Qualche mese dopo il successo dell’UFO i sudati scaricatori del mercato ortofrutticolo del Covent Garden poterono assistere al notturno spettacolo di aerei figli dei fiori che passavano silenziosamente tra le rape, camminando in punta di piedi, in cerca dell’Electric Garden,

il Giardino

Elettrico:

uno

dei più stravaganti e meno riusciti tra i ritrovi psichedelici spuntati come funghi dappertutto. Anche se potevi vedere un’indimenticabile versione in celluloide dell’Inferno dantesco e Metropolis di Fritz Lang, Eric Burdon, più uno spettacolo di varietà orientale — il tutto la stessa sera — l’Electric Garden fu messo in corto circuito dalle « cattive vibrazioni » avvertite da Yoko Ono la sera dell’inaugurazione. Queste vibrazioni venivano da entrepreneurs dell’Underground rivali. Successivamente l’Electric Garden fu rilevato da « elementi meno commerciali », ribattezzato Middle Farth e tenuto ben chiuso le sere in cui era aperto

’UFO.

Quelli

che rimasero

mondanamente

sul lastrico

in seguito alla morte dell’UFO (ottobre 1967) furono assorbiti dall’Arts Laboratory di Jim Haynes e da un revitalizzato Middle Earth. Love-ins sensazionalizzati dalla stampa eruppero da ritrovi così diversi come l’Alexandra Palace ° e la Woburn Abbey '5 Il più famoso di tutti fu quello organizzato a beneficio della rivista IT, « Ventiquattr’ore di sogni in technicolor ». Settemila candidati all’estasi a una ghinea a testa vennero a esporre la loro nuovissima spontaneità agli obiettivi delle telecamere della BBC, ma solo mille sterline finirono nelle casse di IT. Con la tipica flemma dei « sotterranei », nessuno chiese mai che fine avessero fatto le altre, ma le settimane che seguirono videro spuntare dal sottobosco una straordinaria quantità di nuove imprese commerciali.

Di

Estate del duca di Bedford. In tutte le occasioni il padrone dello spaccio di hot-dog si creò subito il suo circo hippie e fece rapidamente una fortuna, Ma né i membri dell’aristocrazia né gli impresari attirati dalle possibilità commerciali del fenomeno potevano — per quanti sforzi di fantasia facessero i giornalisti — essere considerati degni anfitrioni underground. Le pubbliche friccate iniziate e promosse proprio dall’Underground erano genuinamente

permissive e non meno

vive e significative furono

giudicate da coloro che vi parteciparono. « I tre giorni nati ieri a Woburn tinnio delle collane di cassa, che hanno sterline ».

del Festival dei Figli dei Fiori sono termiAbbey, dimora del duca di Bedford, al tindi campanelle e allo squillo dei registratori totalizzato un profitto superiore alle 20.000 Daily Telegraph, 29.8.67

« La credevo una mostra floreale, con gare, premi e tanti tanti fiori ». Duchessa di Bedford, The People. « E’ stato il pop festival dell’anno. E’ Sig. Cyril « Flower » generale della società manifestazione. Daily

stato magnifico ». Power, direttore che promosse la Sketch.

« Questo non è un love-in. E’ un cash-in. Un hot-dog costa

uno scellino e nove ... Siamo disgustati ». Ospite in tunica a fiori. Sunday Mirror. Un

brutto viaggio per tutti

Allen Ginsberg era stato uno dei cospiratori nella promozione della lettura di poesia all’Albert Hall, e due anni dopo, nel gennaio 1967, essendosi nel frattempo immerso nel Gange, contribuì a lasciare un altro cataclismico viaggio di umana scoperta: 32

il primo Human Be-in del mondo. Un manifestino, diffuso per le strade, lo annunciava,

pleonasticamente,

con

queste

parole:

«... Un’unione di amore e attivismo, prima separati dal dogma delle categorie e dal proliferare delle etichette, avrà infine estaticamente luogo quando gli attivisti politici di Berkeley, la comunità hip, la generazione spirituale di San Francisco e i contingenti della generazione rivoluzionaria sorgente in tutta la California s’incontreranno per unire le loro tribù ». All’appello risposero in più di diecimila. Il primo Be-in della storia fu un tumultuoso love-in in costume. I giovani affluirono travestiti da soldati confederati, pirati, zingari, stregoni, maghi con tre occhi, divi del cinema degli anni venti, cowboy e indiani (sia pellerossa che del Bengala), e Angeli dell’Inferno in carne e ossa sbalordirono i giornalisti brandendo fiori e tamburelli e cercando i bambini smarriti. Un uomo

si calò da un elicottero, altri conversero sul

Golden Gate Park di San Francisco a bordo di speciali carri funebri, ambulanze e furgoni da lavanderia. The Grateful Dead, Big Brother and the Holding Company, The Jefferson Airplane e The Quicksilver Messenger Service intrattennero la folla con i primi esempi di rock acido. Un Babbo Natale un po’ intontito gettò ai quattro venti marijuana e capsule di LSD. Intimidita, la rivista Time scrisse: « L’immensa folla era pacifica ... uno straordinario tributo a Haight-Ashbury ». Per meglio dire fu un tributo all’LSD, che aveva cominciato a sopprimere la locale aggressività con un ritmo sempre

più veloce.

Molti dei presenti si erano conquistati i galloni sul campo nei famigerati esperimenti con l’acido di Ken Kesey. Iniziatisi nell’agosto del 1965, gli esperimenti durarono fino all’ottobre dell’anno dopo, quando l’LSD fu dichiarato illegale: nella quale occasione si stimò che diecimila persone — lo stesso numero dei celebranti nel parco — avessero ingerito la droga nel punch, nel caffé o per mezzo di pasticcini e zollette di zucchero. Fu in queste circostanze, prima in un garage e successivamente al Fill-

more Auditorium, che nacquero — sembra — i famosi giochi di luce stroboscopici, e che si perfezionarono tutte le pulsanti minuzie delle apparecchiature elettroniche usate durante le- feste. Otto anni prima Jack Kerouac aveva parlato ai pubblici delle università dei « due tipi di hipsters beat: quello FREDDO: barbuto, assiso immobile nei caffé, con la gelida amica nerovestita, che tace; e quello CALDO: volubile, chiacchierone, con

due occhi lucidi e folli, che corre da un bar all’altro solo per 33

essere ignorato dai ‘sotterranei’ freddi »'. Ken Kesey, che passava sparato per La Honda con i suoi Merry Pranksters e i suoi

Angeli dell’Inferno su quel radioso autobus scolastico dell’International Harvester che si diceva andasse a LSD e che era guidato da Neal Cassady, l’eroe di Sulla strada di Kerouac, erano

ovviamente la progenie spirituale del tipo caldo". Ma erano discendenti, non duplicati, perché gli hippies erano dei gatti di una razza sostanzialmente diversa. « L’individuo hip, lo ‘hipster’

viene dalla gavetta » ha scritto Tuli Kupferberg, « lo hippie invece, come dice Shakespeare, è uso a questi modi fin dalla nascita . .. il cambiamento da hip a hippie è stato un passaggio dal duro al molle ». Al rammollimento contribuì Timothy Leary. Insieme al collega Richard Alpert creò migliaia di drop-outs con le sue conferenze universitarie, con la Psychedelic Review (pubblicata dalla Castalia Foundation, finanziatrice degli esperimenti collettivi con l’LSD) e con i suoi straordinari Psychedelic Roadshows, che portò a New York, dove il pubblico veniva invitato a « rivivere il mito di Gesù Cristo ... la resurrezione è stata un brutto viaggio per tutti ». Tra i primi a convertirsi all’acido,

i fratelli

Thelin,

ex

agenti della Eagle e giocatori in borsa, aprirono la prima bottega psichedelica del mondo, in Haight-Ashbury, il 1° gennaio 1966. Allora, ricordano, « in una giornata buona

si vedevano

passare

per la strada forse quindici persone coi capelli lunghi e vestite in modo strano ». In meno di diciotto mesi questa cifra si era moltiplicata per mille, o forse più, a seconda dei giornali che si leggevano. Per la rivista Time c’erano 50.000 hippies solo nella zona della Baia. Newsweek prediceva che nell’estate del ’67 Haight-Ashbury sarebbe stato invaso da 100.000 hippies. Leary fu intervistato da Playboy, pesato da Diana Trilling su Encounter e presentato

in dozzine di riviste e documentari

televisivi.

Lo slogan « Haight è amore » rimbalzò da Atlanta alle Hawaii, dal Colorado all’East Village. I grandi magazzini Woolworth

6 The Village Voice Reader. " Tom Wolfe, The Electric Kool-Aid Acid Test (Weidenfeld & Nicolson, p. 103), descrive la festa in occasione della quale Kesey, Kerouac e Cassady s’incontrarono per la prima volta: « Kesey e Kerouac non parlarono molto ... con Cassady tra loro, un tempo il mercurio per Kerouac e tutta la Beat Generation e ora il mercurio per Kesey e tutta — cosa? — qualcosa di più strano e sfrenato là sulla strada. Fu così: buongiorno, buonasera. Kerouac era la stella del passato. Kesey la nuova, guizzante cometa sorta a Occidente e diretta chissà diavolo dove ».

34

vendevano parrucche hippie, i piloti appiccicavano decalcomanie hippie ai loro caccia, le agenzie offrivano visite organizzate ai più caratteristici locali hippie, i corrispondenti dei giornali tedeschi rivelavano che « gli hippies non sono esseri umani » ed elevavano fiere proteste per la loro dissacrazione dei caffé coi tavoli all’aperto. Hippie erano i Grubbla di Stoccolma, hippie la Futenzoki (Gabbia di Matti) a Tokio, hippie gruppi di giovani sparsi in tutto il mondo. Il fenomeno era ormai internazionale. Col solito entusiasmo Timothy Leary ha scritto: « Da due o tre anni l’America sta facendo un Viaggio Magico e Misterioso, studiato e diretto dagli inglesi ... il movimento psichedelico americano è quasi per intero un prodotto d’importazione britannico ». Leary lo fa risalire (figuriamoci!) alla raj, cioè alla sovranità, britannica in India: « Vi andarono per fondare una colonia, ma molti si lasciarono colonizzare lo spirito dal sorridente Krishna, l’afrodisiaco Dio dell’Amore ... furono gli inglesi in India i primi a convertirsi ». Si può ben immaginare lo stupore che questa notizia avrebbe prodotto in Rudyard Kipling, negli indiani e nell’esercito di Sua Maestà ... Meno vago è il contributo dato alla scena psichedelica americana dagli inglesi contemporanei. I Beatles misero in circolazione il loro « Sergeant Pepper », col verso sibillino che dice: « Lucy in the Sky with Diamonds ». Paul McCartney contribuì all’annuncio a piena pagina sul Times, costato 1.800 sterline, in cui si chiedeva la legalizzazione della marijuana, e annunciò di avere scoperto Dio attraverso l’LSD, anche se poi risultò che intendeva il Maharishi. In parlamento si disse che « non c’è onorevole collega che non abbia, una volta o l’altra, preso qualche droga di tipo blando » (H.P.G. Channon, Southend West) e Mick Jagger, arrestato dopo una soffiata del News of the World, fu assolto dopo un editoriale del Times pubblicato, fatto eccezionale, prima che il giudice avesse pronunciato il suo verdetto. Verso la fine del 1967 la prima ondata dello hippiedom cominciò a declinare. Nel Regno Unito, piccoli e coraggiosi be-in furono spazzati via a Slough, Hull e nelle regioni occidentali. Sid Rawle, capo di una setta ultra-hippie, quella degli Hyde Park Diggers, fu condannato a sei settimane di carcere per non aver provveduto al mantenimento della moglie. (Lei: « Avrò per lui bellissimi pensieri ». Frankie Vaughan promosse una 35

campagna per fermare l’espansione dell’influenza hippie. « Gli hippies sono le sanguisughe della società » disse durante una pubblica riunione, rifiutando il crisantemo offertogli da una sanguisuga seduta tra il pubblico. A Redditch, nel Worcestershire, l’Establishment rispose agli hippies bandendo le campanelle dal cinema Gaumont. L’UFO chiuse i battenti un mese dopo, imitato dalla prima bottega psichedelica del mondo, dopo una perdita secca di 2.140 sterline. I fratelli Thelin annunciarono la morte del movimento hippie e decisero di passare per le strade di Haight-Ashbury con una bara aperta piena di barbe e collane. Annunciarono poi la nascita dei freebies (« vogliamo

concentrarci su come ci si sente a essere liberi ogni minuto del giorno »), un movimento nuovo che spirò subito dopo aver raggiunto le edizioni del pomeriggio Naturalmente il movimento hippie non era morto; era solo la fine della fase dello sfruttamento giornalistico e l’appannamento dell’etica dell’amore universale che aveva caratterizzato la troppo entusiastica reazione di una generazione al proprio senso d’identità collettiva. Il pittoresco necrologio fu costituito dal duplice omicidio, nell’ottobre ’67, di Linda Fitzpatrick e James « Groovy » Hutchinson, due hippies dell’East Village. Lei era una bella drop-out dell’alta borghesia, lui uno sbandato,

amabile e tatuato, che seguirlo per vivere nel week dopo il delitto: Village ha cominciato

aveva « indotto Linda con l’inganno a regno degli hippies ». Così scrisse News« Nel giro di una ‘notte, o quasi, l’East a formicolare di genitori alla ricerca dei

9.000 ragazzi scappati da casa che, a quanto si ritiene, dovreb-

bero fare la vita degli hippies a New York ». Pur essendovi state altre uccisioni di hippies, come quella del celebre spacciatore di Haight-Ashbury, Superspade, furono Linda e Groovy a simboleggiare, agli occhi della stampa, del pubblico e persino degli hippies, l’amara conclusione del flower power. La loro morte

dimostrò,

secondo uno hippie di New

York,

« che non

puoi trovare l’amore a Sodoma e Gomorra ». Accusa che fu accolta con scarsa simpatia da quanti ritenevano che fossero stati proprio gli hippies a fondare Sodoma e Gomorra a Haight. I gioviali necrologi dello hippiedom prevedevano che il 90 per cento dei 250.000 figli dei fiori domestici sarebbero « tornati da dove erano venuti », con (molti di essi) « un insaziabile bisogno di droghe ». Immaginate la sorpresa quando, due anni dopo, si presentarono in 500.000 al Festival di Woodstock 36

Le autorità cittadine si spaventarono tanto quando furono informate del mare di gente che stava andando a sentire la quintessenza della musica rock americana che decisero di dichiarare la sede del Festival area disastrata ... una mossa che si dimostrò superflua. Non ci fu nemmeno l’ombra della bestiale violenza e dell’insensata distruzione che sarebbe stato logico attendersi da una folla di simili proporzioni. Da una folla normale, cioè. Ma questi erano bambini « nevrotici » ...

Yippee!

Ma in quel movimentato ottobre del 1967, mentre appassiva il flower power, nacque un nuovo movimento. Non doveva finire sulle prime pagine dei giornali fino all’agosto successivo, quando l’America, rappresentata dal sindaco Daley di Chicago, fu beffardamente costretta a mostrare i suoi veri colori e la strategia della rivoluzione raggiunse una nuova dimensione di oscenamente

comica fantasia. Era lo Youth

International Party

(« Yippee! Yippee! Ditelo forte e capirete cosa vogliamo dire. »), e doveva assorbire lé migliaia di hippies che non avevano optato per la sola principale alternativa: la ritirata nell’esplorativo isolamento della vita in comune. Il fatto più reclamizzato della marcia ottobrina sul Pentagono fu l’arresto di Norman Mailer sulla scalinata dell’edificio, ma quello più significativo consisté nell’inaugurazione della (allora innominata) strategia vyippie. Tanto entusiastico quant’era fiducioso, ecco l’annuncio di Marshall Bloom del Liberation News Service: « Sta per succedere qualcosa, generale Jones, e lei non può sapere di che si tratta, perché è convinto che a marciare siano solo le Madri Arrabbiate e gli studenti barbuti, e che gli hippies se ne stiano a Haight-Ashbury e all’East Village. Guardi fuori dalla finestra, il 21 ottobre, e si faccia pure venire un accidente

alla vista di quelli che,

allora,

staranno

marciando

verso

il

Pentagono:

Non solo migliaia di onesti cittadini, ansiosi e preoccupati, ma un intero, immenso, separato, floreale corteo hippie. Presto! Butti giù subito uno scotch, generale, e magari se lo faccia dop-

pio, se questo può aiutarla, perché non saprà che pesci pigliare

davanti a quello che vedrà e sentirà: 3

Suami,

indiani, gente armata di pistole ad acqua (distri-

buite gratis), raganelle, centinaia di teschi su centinaia di perti-

che, gonfaloni floreali. E gruppi. The Jefferson Airplane, Mother Earth, Med Rivers, The Fugs, CIA Change e The Rhinoceros. E trenta gruppi teatrali, compreso il Bread and Puppet Theatre e la Surrealist Minority ... tutti decisi a fermarsi per la strada a fare un po’ di teatro partigiano. E non ci saranno né « capi » né « maestri di cerimonie » come ci saranno nel resto del corteo, generale, così non ci saran-

no individui ai quali lei possa dare degli ordini. Abbie Hoffman, che sta contribuendo a organizzarla, dice che la sfilata hippie sarà completamente separata. Alle 11 del mattino tutti quelli che si troveranno nei pressi del Jefferson Memorial si metteranno semplicemente in marcia attraverso il ponte ». Se la realtà abbia superato o deluso queste aspettative, dipende dalla vostra lettura di « Come persi la guerra al Pentagono », nel grosso scherzo di Abbie Hoffman, Revolution for the Hell of It, dove egli descrive i tentativi di esorcizzare e far levitare l’edificio, arrivando alla conclusione che « il movimento pacifista ha dato i numeri: era ora ». Questa era la sostanza del

futuro confronto yippie. L’abile sfruttamento dei media: una pubblicità preventiva esagerata ad arte alla quale nessuno credeva ma che creava inevitabilmente proprio l’atmosfera destinata a far precipitare comunque quegli avvenimenti. I ragazzi che aprivano allegramente la lampo dei calzoni agli agenti della polizia militare di guardia al Pentagono ben presto avrebbero fatto piovere monetine nel salone della Borsa Valori di New York e scelto un porco come candidato alla presidenza. Gli yippies sono fricchi acidi politicizzati 0, come disse una volta Paul Krassner: « sono hippies che hanno preso una botta in testa da un poliziotto ». Storditi dal colpo, caddero in politica. Invece di formarsi diligentemente un’ideologia da manuale e sforzarsi

di adattare

la società

ai suoi

principi,

gli vippies

trovarono la loro politica e la loro libertà grazie a un modo di vivere. Essi ricavarono la loro visione del mondo da un’intensa, elettrizzante comunione generazionale, che si burlava dell’autorità e, come un cataplasma, ne misero in evidenza il lato peggiore. Abolendo la distinzione tra teoria e azione, gli yippies dovevano sfidare non solo le stereotipate ipocrisie della Casa Bianca e del Pentagono ma anche le tenaci, ataviche posizioni da seminario di fine settimana della stolida Nuova Sinistra. 38

Il diavolo deve

pagare

Il pomeriggio di Pasqua del 1968, giovedì, Rudi Dutschke fu colpito alla testa, alla mascella e al petto mentre lasciava il quartier generale berlinese della SDS (Federazione tedesca degli studenti socialisti). I quattro giorni successivi videro esplodere nel paese un furore sconosciuto dagli ultimi giorni della seconda guerra mondiale: ci furono scontri violentissimi con la polizia, e in una dozzina di città i giornali di Springer vennero presi d’assalto dalla folla. Era passato meno di un anno da quando, durante la visita dello Scià dell’Iran, migliaia di giovani avevano perduto la loro tranquilla fiducia nel « miracolo economico » di Konrad Adenauer ed erano passati a ingrossare le file dell’Opposizione

extraparlamentare

(APO).

Questi

disordini

diedero

al-

l’APO una solidarietà nuova e infusero una potenza supplementare nel suo ingrediente più attivo, la SDS. Dopo le prime dimostrazioni, il capo della polizia fu mandato in vacanza permanente e sia il senatore degli affari interni che il sindaco di Berlino diedero le dimissioni. Mentre alcuni componenti dell’Opposizione extraparlamentare vogliono semplicemente rinvigorire il parlamento, i più militanti cercano di rovesciarlo interamente per sostituirlo con una rete decentrata, a maglie larghe, di consigli formati da lavoratori e intellettuali. L’APO è stata particolarmente favorita dalla scarsa fiducia dei tedeschi nell’antiquato sistema educativo, dalla messa al bando del partito comu-

nista, dalla tacita complicità del governo nella guerra del Vietnam e dalle leggi dittatoriali d’emergenza nazionale, che nel maggio del 1968 fecero scendere nelle strade e nelle piazze 50.000 persone". Come i suoi seguaci amano sottolineare, negli ultimi due anni Marx

si è preso

una

bella rivincita,

ma

sono

stati i tre

fratelli omonimi a dare al movimento giovanile la sua contagiosa irresponsabilità, incanalandola nelle direzioni più impreviste. Come gli yippies che, coerentemente, si presentavano all’ex Com18 In base a queste di ridurre la libertà di surare la posta, limitare il diritto wallaciano di

leggi il governo ha la possibilità, nei casi di emergenza, manovra, intercettare le conversazioni telefoniche, cenle funzioni del parlamento e accordare a ogni cittadino « resistere agli attacchi inferti all’ordine costituzionale ».

39

missione parlamentare per le attività antiamericane e all’organismo suo successore, vestiti da indiani,

(HUAC), vietcong,

Babbo Natale e streghe di Hallowe’en (« per gettare il malocchio sugli interrogatori »), Teufel e Langhans, fondatori della Comu-

ne K, andarono

in tribunale come

al ballo in maschera

in cui

il processo veniva più o meno trasformandosi. Pubblico ministero: « Qui la prassi vuole che l’imputato si alzi in piedi ». Teufel: « Sfortunatamente io non me la sento di stare sempre in piedi. Dato che ho tante cause in tribunale, mi farebbe male alla salute ... ». Gli imputati accettarono di sottoporsi a visita medica solo se « anche i membri della corte e il pubblico ministero accon-

sentiranno a farsi visitare da uno psichiatra ...» (Teufel).°« Le

stesse persone dovranno sottoporsi a una prova d’intelligenza di cui si dovranno rendere pubblici tutti i risultati » (Langhans). A un certo momento Teufel fu espulso dalla SDS per « falso radicalismo », e il fatto che cinque mesi dopo lo riaccogliessero con tutti gli onori fu l’indice più di un cambiamento nel modo di pensare dei politici che di una tendenza alla moderazione da parte degli artefici delle comuni. Il giorno prima dell’attentato a Dutschke

si fondò, a Berlino, un Laboratorio delle Arti che

doveva essere, come i suoi precedenti britannici, un centro di svago, happenings, nuova cultura e follia. La stampa underground tedesca deriva più dal giornalismo hippie che dai periodici grigi e compassati tanto cari alla Nuova Sinistra. L’idea di vivere tutti insieme creativamente in appartamenti

a buon mercato si era diffusa (nell’ottobre del 1969 si disse che a Berlino c’erano almeno 100 comuni) di pari passo con la mani-

festazione di altre attività connesse, per così dire, al lato underground, cioè sotterraneo, della rivoluzione: come la creazione di piani sociali integrati per i lavoratori che affrontavano praticamente ogni problema, da quello degli sfratti a quello dei campi giochi per i bambini. Nel 1968, a Berlino, apparve dappertutto lo slogan « Un’arma nella destra — una sigaretta nella sinistra », e su IT dell’11 aprile 1969 Felix Scorpio così scriveva:

« Certo, qui il vero cambiamento di scena è stata la rivoluzione della droga. Negli ultimi sei mesi tutti hanno saltato il muro, compresi i membri delle comuni, e a fare i discorsi sono 40

rimasti solo gli ideologhi, uomini onesti e privi d’immaginazione. Berlino formicola di nuovi adepti che si scambiano acido e STP nei cinema, nei parchi, sugli autobus, e anche questa è una specie di rivoluzione, e un’interessante antitesi dell’America,

dove prima è venuta la marijuana e poi la politica. Qui la dolce influenza dell’erba santa ha davvero agito su molti cervelli: spingendone alcuni nell’oblio, obbligandone altri a ripensare a tutti i dogmatismi del passato ». Se la droga costituisce un’aggiunta tardiva alla scena protestataria, c’è un’altra manifestazione che appare freddamente contemporanea: la violenza. Si dice, per esempio, che nel novembre 1968, quando studenti e « rockers » scesero nelle piazze per manifestare il proprio dissenso, i feriti tra la polizia fossero, una volta tanto, sei volte quelli tra i dimostranti. Un giornale underground tedesco commentò: « Già centotrenta poliziotti hanno un buco nella testa. Pochi possono lamentarsene ». In altri centri della ribellione i cocktail Molotov erano dappertutto, e un portavoce

della SDS

ha ammonito

che chi non

è

pronto a tirarli « non è con noi ». Si sono minacciati dei giudici con l’acido (solforico) e si sono danneggiati palazzi americani. L’arma e la sigaretta: fumanti tutt’e due. La Nuova Riva Sinistra

In seguito ai disordini pasquali tedeschi, gli studenti militanti francesi indissero assemblee di sostegno. Dichiararono che ad attentare alla vita di Dutschke non era stato un fascista isolato, ma tutti quelli che « conducono una mostruosa campagna diffamatoria » contro gli studenti che protestano per il Vietnam. Effettivamente, scrivono i fratelli Cohn-Bendit,

« l’azione degli

studenti tedeschi ebbe notevoli ripercussioni ben oltre i confini della repubblica federale. Una delle sue conseguenze fu il Movimento del 22 marzo: per la prima volta gli studenti francesi trovarono una base comune e dimenticarono le divergenze tra le varie fazioni »'. E così il movimento, in un’atmosfera di assem19 Obsolete Communism

(op. cit.).

41

blee e dibattiti quotidiani, che esordì con un rifiuto quasi gene rale del sistema degli esami, procedette all’occupazione della Sorbona, impegnò 50.000 studenti universitari e liceali (che, in una sola notte, eressero 61 barricate) in sanguinose battaglie con la polizia, partecipando poi, il 13 maggio, a uno sciopero generale di 10 milioni di lavoratori, che paralizzò la Francia sia sul piano dei sentimenti che, per qualche tempo, su quello amministrativo.

I fatti di Parigi furono una lezione per tutti. Dimostrarono che i lavoratori, la classica forza capace di cambiare le cose, non si erano lasciati menare per il naso dalle promesse di un bucato sempre più bianco e della televisione a colori. Nel partito comunista, presunta avanguardia nella lotta per il rovesciamento del capitalismo, si vide un nervoso complemento della repressione. Per migliaia di persone, una notte dietro le barricate si dimostrò un’educazione politica più efficace di quindici anni di biblioteca. Per i giovani di tutto il mondo, che seppero di Parigi per sentito dire e dai giornali della domenica, l’aspetto straordinario e più rincuorante di quel gioioso inferno fu il modo spontaneo, fluido e libertario in cui lo si scatenò. Quello

che confuse e irritò gli osservatori « schera stravagante di poesia, sesso e gli inviati dell’Observer di Londra”. Una maschera? O piuttosto la zionante nelle sue conseguenze, che una fetta più grossa della torta, se non

stesso carattere

più maturi »: quella « manonsense », come scrissero vivace affermazione, emoai ragazzi non interessava per ficcarla in gola a tutti?

A Parigi, Londra e Berlino, Cohn-Bendit citava Marx ma si comportava come un attore di varietà. « C’è solo un motivo

per essere rivoluzionari . .. » dicono i fratelli Bendit in Obsolete

Communism,

la loro cronaca degli avvenimenti, « ... è il modo

migliore di vivere ». Osservazione senz'altro sorretta dalle spavalde esperienze di Danny, una delle quali, secondo fonti bene informate, e non certo la meno importante, consisté nell’essere andato a letto, quando frequentava l’università di Nanterre, con

la figlia di uno dei ministri di De Gaulle. Due giorni dopo l’occupazione della Sorbona, Jean-Jacques Lebel, il primo hippie nostrano francese, che aveva, l’anno prima, scandalizzato i turisti a St. Tropez mettendo in scena una ” Patrick Seale & Maureen 1968.

42

MeConville. French

Revolution,

1968. Penguin,

commedia di Picasso con attori nudi, diapositive psichedeliche e minzioni sul palcoscenico, prese d’assalto il Théàtre de France, all’Odéon, per partecipare al più grande « happening » della sua carriera. Oggi si tende a sminuire l’occupazione dell’Odéon, chiamandola

la « rivoluzione

dei turisti », ma

in realtà

era la

prima volta che la ribellione dilagava in un territorio non-universitario. Il magazzino dei costumi fu saccheggiato e dozzine di persone affrontarono i gas lacrimogeni vestite da centurioni, pirati e principesse. Il Théàtre scese nelle strade. Confuse discussioni che non obbedivano a nessuna regola e duravano tutta la notte si svolsero in un’atmosfera che mutò l’Odéon in un incrocio tra il dormitorio pubblico e il laboratorio delle arti. Lebel mirava alla demolizione « anche della sinistra », e « provava, cominciava a reinventare il concetto di vita, linguaggio e della stessa espressione politica ». Molto tempo prima del maggio 1968 c’erano già, in quasi tutte le altre città dell’Europa occidentale, centri di scambio di giornali underground, massicce fricceate di musica pop, rumorose comunità e un fiorente mercato di droga. Parigi visse squallidi anni cinquanta, e rimase beat. Nel novembre 1967 vidi coi miei occhi un gruppo di missionari psichedelici inglesi sforzarsi di convertire i francesi al Palais des Sports con un’esplosiva miscela di pop, plastica e poesia, ma i giovani parigini si riempirono cupamente di birra e chiesero a gran voce Johnny Hallyday.

Eppure, in quelle mistiche giornate di maggio i muri di Parigi si adornarono improvvisamente di slogan tra il surreale e lo psichedelico: « Stiamo inventando un mondo nuovo e originale. L’immaginazione sta per andare al potere ... Io prendo i desideri per la realtà perché credo nella realtà dei miei desideri ... Già dieci giorni di felicità ». Può darsi che il fantasma di Trotzki sfilasse sulle rive della Senna, ma era comunque un Trotzki con la ciucca. In qualche settimana gli studenti delle Beaux-Arts produs-

sero 350 disegni originali e 100.000

ristampe. Non

avevano

l’elettrica, accecante immediatezza e l’originalità tecnica dei loro

equivalenti hippie, ma erano innovatori sia nel contenuto che nel sistema di produzione: tutti potevano presentare dei disegni, tutti potevano decidere, col voto, quali produrre. I poeti di Parigi erano i Situazionisti Internazionali, che avevano raggiunto uno stato di anarchismo comico e freneticamente anti-dottrinario simile a quello degli yippies, benché mutuato attraverso il 43

Dada e non l’LSD. Batterono le strade con le loro bombolette spray e fecero gravemente i pagliacci davanti ai microfoni dell’impianto interno della Sorbona. Nel novembre 1966 questa stessa friccata di anarchici, approfittando dell’apatia dei 16.000 studenti dell’università di Strasburgo, era riuscita, con abili manovre, a impadronirsi dell’unione degli studenti di sinistra e aveva fondato una società per la riabilitazione di Karl Marx. Tappezzarono i muri della città con una serie di fumetti surrealisti, Il ritorno della colonna

Duritti (poi diffusa in tutta la stampa underground internazionale), e fecero dei piani per sciogliere l’unione studentesca. L’incidente più provocatorio, quello che finì sui giornali di tutto il mondo, consisté nella pubblicazione e nella distribuzione di un opuscolo che, come dice la prefazione all’edizione inglese, «smerda la vita e gli amori studenteschi (e altre due o tre cosette) »:

« L’arte è morta, ma lo studente è un necrofilo

Ne sbircia

il cadavere a teatro e nei cineclub, ne compra i filetti di pesce congelato al supermarket della cultura. Consumando senza riserve, è nel suo elemento; è la prova vivente di tutti i luoghi comuni delle ricerche di mercato americane; un cospicuo consumatore, completo di preferenza irrazionale (indotta) per la marca X (Camus, per esempio) e di pregiudizio, altrettanto irrazionale, contro la marca Y (Sartre, magari) ».

« Questi studenti hanno insultato i loro professori » tuonò per tutta risposta il rettore dell’università, « e dovrebbero essere affidati a uno psichiatra ». I Situazionisti Internazionali risposero al rettore chiudendo la clinica psichiatrica universitaria. L'incidente di Strasburgo fu la prima avvisaglia della rivolta studentesca europea. Gli autonomi di

Zurigo

Dopo quella di Parigi, le insurrezioni studentesche dilagarono con una velocità e una geografia difficili da documentare

44

pienamente. Benché il fatto che gli insorti vengano di solito descritti come studenti volesse dir poco anche a Parigi, c’era un’alta percentuale di giovani sbandati, beats, viaggiatori, mercenari e criminali. Prendete, per esempio, quello che accadde a Zurigo quando

10.000 giovani ascoltarono un concerto di Jimi Hendrix.

La

musica — la solita miscela, esplosiva e delirante, di black power

e masturbazione — finì dopo mezzanotte; i mezzi pubblici non circolavano più e, per scaldarsi, la gente fece dei falò con l’immondizia trovata per la strada. La polizia di Zurigo attaccò senza preavviso, a colpi di sfollagente, e sguinzagliò i suoi cani. La violenza

e la brutalità della polizia (un cliché,

oggigiorno,

degli scontri generazionali) fece tanto scalpore tra i compassati notabili cittadini da indurli ad accordare alle vittime il permesso di usare come luogo di riunione la sede, vuota, di un grande magazzino. Migliaia di giovani affluirono nel palazzo, e in un bailamme

di discussioni durate tutta la notte, echeggian-

ti gli avvenimenti all’Odéon di Parigi, fu deciso che quello che mancava era un centro per la gioventù, e si diedero al consiglio comunale due settimane per trovargli una sede permanente. L’offerta di due baracche alla periferia della città fu declinata,

e due settimane dopo la polizia sgomberò con la forza il grande magazzino.

Dopo due notti di tumulti (200 persone all’ospedale e 250 in prigione) diciotto personalità svizzere firmarono un manifesto in cui si invocava la fine di quel « pogrom contro la gioventù » e si chiedeva la fondazione di Centri autonomi della gioventù. ” Questi « Autonomi », come finirono per essere chiamati, pubblicarono centinaia di manifesti, più acidi e spiritosi, a quanto

pare, di quelli francesi, oltre a 100.000 copie di un giornale per i giovani distribuito gratuitamente.-

2?! Per una cronaca più ampia vedi Bradley Martin, IT,

18-31 ottobre

1968.

45

« Ma

che può

fare un povero ragazzo

...?»

Nel 1968, col governo francese non più in possesso delle sue facoltà, un Gruppo Surrealista britannico distribuì un manifesto intitolato: « ABBIAMO BISOGNO DI TE, COHN-BENDIT, PERCHÉ ... Siamo nutriti e abbeverati dalla Mano Onnipotente

dello Stato, e facciamo punto per punto tutto quello che ci dicono di fare ... Siamo superiori a tutti gli stranieri che sono (a) oppressi, (b) infidi, (c) violenti, (d) arretrati, (e) lontani ... Anche se non crediamo in Dio, lasciamo che faccia le nostre

leggi e spaventi i nostri figli . . . Abbiamo tanta, tanta paura ». A questi sedicenti impresari della rivoluzione la « Mano Onnipotente dello Stato », sotto l’aspetto della British Broadcasting Corporation, diede non solo Cohn-Bendit ma anche più di una dozzina di altri giovani leader studenteschi. Da Belgrado a Berlino, da Milano

a Madrid,

da New

York

a Tokvo,

la BBC

aveva saccheggiato le barricate di tutto il mondo per il suo dibattito sul potere studentesco, e quel balsamico pomeriagio, a White City, sembrava che fossero più i « leader » di professione delle masse che avrebbero mai potuto seguirli. Ma il compito erculeo di promuovere la rivoluzione studentesca in Inghilterra non fu interamente affidato alla BBC. Focosi

messi

del Quartiere

Latino

apparvero

a Londra,

tra i

quali alcuni studenti del College des Beaux-Arts, che imitando il loro riuscito precedente si ripromettevano di fondare una cooperativa cartellonistica presso la Roundhouse di Chalk Farm. Su richiesta di alcuni di questi poveri espatriati si fondò, per alleviare il loro disagio, il Comitato Francia Libera. Mediante

sottoscrizioni, collette, e l’incasso di una serata al Mermaid Theatre, si raccolsero parecchie centinaia di sterline, con le quali chi

di noi aveva le mani in pasta caricava eternamente giovani francesi « fuggiaschi » sugli aerei di mezzanotte per Zurigo, solo per

ritrovarseli davanti agli occhi in Kings Road, due o tre giorni dopo, contenti come Pasque e vestiti assai meglio di prima.

In marzo c’erano stati centinaia di arresti, quando i dimo-

46

stranti contro la guerra nel Vietnam cercarono di attaccare l’ambasciata americana in Grosvenor Square. Alcune settimane dopo scoppiò un violento tumulto all’Essex University, in seguito al quale tre studenti furono sospesi, spingendo il Times a scrivere nel suo articolo di fondo: « Oggigiorno si ha l’impressione che gli studenti vogliano strafare ». Opinione non condivisa dagli studenti d’arte di Hornsey e Guildford, che occuparono prontamente i rispettivi istituti. Il 10 maggio i francesi occupavano il Quartiere Latino, e due o tre giorni dopo gli inglesi occupavano la mensa studentesca di Crouch End Hill. Quella di Hornsey fu una questione privata. Le cricche politiche che si avventarono ambiziosamente nel suo perimetro furono

maliziosamente

indirizzate

altrove,

mentre

si

accolse

la stampa con ingenuo entusiasmo: « Alla sexy Kathy Olsen, dell’Express, andava la nostra venerazione »°°. Ma certi studenti rimasero abbastanza colpiti dalle sei settimane dell’occupazione per ripudiare totalmente l’elitismo implicito nel concetto di « scuole d’arte » e, anzi, dell’arte in sé e per sé: « Io dico merda

sul loro mondo dell’arte ... F’ assolutamente irrilevante per la vita e le lotte della gran massa della popolazione ed è l’eredità degli anni di accettazione del mito dell’’artista’ come spirito solitario, libero dalle preoccupazioni mondane che dominano la vita della maggior parte della gente, e nato radicale; il pensatore libero e liberale, seduto lassù a creare le sue opere nel tentativo di trasmettere al pubblico filisteo le idee di uno spirito superiore »”. Così scriveva Kim Howell, che dovevo poi incontrare nel momento in cui stava per riportare l’« arte », nella sua forma cinematografica, alla sua comunità, un villaggio di minatori gallesi, e unirsi alla gente del posto per girarsi da soli i propri film. L’Underground della Gran Bretagna, pur tenendo verso le esplosioni studentesche un atteggiamento in genere ambivalente, non nascose le proprie simpatie per Hornsey (gli autori di sit-in disegnarono due copertine di IT, una prima e un’ultima pagina), rilevandovi, in un modo

o nell’altro, una certa affinità

di propositi. Lo stesso anno, più tardi, le iniziative della « nuova cultura » underground, spuntando come funghi dopo un acquazzone, fecero da curioso complemento all’agitazione estetica degli studenti d’arte: alludiamo all’esplosione degli Arts Laboratories. 2 The

“bid

Hornsey

p. IL.

Affair.

Penguin

Educational

Special, p. 50.

47

Jim Haynes aveva fondato il suo laboratorio sperimentale in Drury Lane nel giugno 1967. Entro la fine del 1969 erano state annunciate più di 150 organizzazioni di Arts Lab, che avrebbero dovuto collegarsi tra loro grazie a una rete di videotape ed essere finanziate da un trust". Questi centri, come i sit-in delle scuole

d’arte, rappresentano un rifiuto della galleria chic, del dilettantismo, dei bambini prodigio, della filosofia dell’arte come prodotto di consumo, e nel caso della scuola d’arte di Guildford

gli studenti dei sit-in ingrossano i propri ranghi con visitatori dell’Arts Lab locale, cantori di Hare Krishna et al.

E’ infittendo nel paese la rete di tali avamposti della rivoluzione culturale che negli ultimi due anni l’Underground si è consolidato nel Regno Unito ... Arts Labs, riviste underground locali, alloggi e BIT, il servizio informazioni e coordinamento, in funzione 24 ore su 24, che è poco più di un telefono circondato da un gruppetto d’inguaribili ottimisti, tutti vittime — come disse qualcuno, una volta, di uno sfortunato attore — delle illusioni dell’adeguatezza. Varianti della formula dell’UFO fiorirono nell’estate del 69. La più imbastardita fu la Midnight Court del Lyceum, che prometteva musica dal fondo dell’Underground e sulla porta diceva agli hippies: « Qui non vi vogliamo ». Il successo dell’Electric Cinema di Portobello Road maturò nell’« Implosion », un mercato di roba pop aperto alla Roundhouse la domenica pomeriggio, di cui un comitato di consulenza composto di consiglieri locali e persino di un deputato non valse a imbruttire le precise sembianze underground. Ogni nuova iniziativa dell’Underground trae profitto dal « giro » in cui rientra. BIT, Release, Arts Labs, i gruppi di teatro da strada, beneficiano tutti della pubblicità gratuita fatta dai giornali dell’Underground, che a loro volta si vendono e si reclamizzano nelle loro sedi. Le manifestazioni per la legalizzazione della marijuana, i concerti pop gratuiti e il germogliare delle cosiddette head shops, sono tutte prove dell’esistenza di una controcomunità in via di sviluppo; non certo sensazionali come i paradisi di Amsterdam dove la droga è già legalizzata o gli scontri americani tra hippies e poliziotti, ma pur sempre costituenti, nella loro forma laborio* Un minuzioso elenco degli Arts Labs, e fenomeni connessi, può essere richiesto al BIT Information Service 01-229-8219.

48

per regione,

samente evolutiva, una base solida e comune per un definitivo e inevitabile cambiamento nel modo di vivere. Quelli che il 27 ottobre 1968 erano a Londra per la grande marcia contro la guerra nel Vietnam, e avevano i capelli lunghi o un’aria anche vagamente « sospetta », fecero fatica a mangiare nelle Lyons Cafeterias ” e nei Wimpy bar, o addirittura a prendere un tassì. Banche e negozi avevano ostentatamente abbassato le saracinesche, le sedi dei giornali erano presidiate: il tutto come reazione alla promessa, fatta in prima pagina dal Times, che « un piccolo esercito di estremisti militanti si propone di prendere il controllo di certe installazioni e certi edifici particolarmente vulnerabili nel centro di Londra ...»”; dichiarazione che conferì alla massiccia dimostrazione contro il Vietnam una deliziosa aria d’importanza. La London School of Economics era, a intermittenza, sotto

assedio. All’inizio del 1969 gli studenti militanti la fecero chiudere per parecchi giorni, quando demolirono le inferriate messe dall’amministrazione: della lezione approfittarono le autorità dell’Essex University che nel febbraio 1969, quando i libertari vi organizzarono un trionfale festival rivoluzionario, si tennero prudentemente nell’ombra. Non ci furono né minacce, né polizia, né interventi di altro genere. Situazione che lasciò i militanti, secondo un articolo non privo di simpatia pubblicato da Solidarity”, « perplessi e delusi. Per la prima volta nella sua storia il movimento non poteva più proclamare la propria identità e avanzare le proprie rivendicazioni in un senso esclusivamente negativo ».

Per

tutto il 1969,

inglesi dovevano

cazioni 100.000

avanzare,

tuttavia,

altri gruppi

nei confronti

tutt’altro che negative.

Lo

anarco-libertari

della società, rivendi-

sconcertante

senzatetto e 500.000 case vuote —

paradosso

di

molte delle quali,

secondo i programmi, avrebbero dovuto restarlo per anni — diede origine ai London Squatters’ Committees. Questi gruppi di giovani radicali, soprattutto a Ilford e Notting Hill, si dettero a installare famiglie senzatetto nelle case disabitate e invi° Nel settembre del ’69, dopo che gli squatters della London Street Commune furono espulsi dal 144 di Piccadilly, Ronald Lyon, presidente del gruppo di società Lyons, fece una donazione di mille sterline al Police Benevolent Fund, «a titolo di ringraziamento per l’opera della polizia ». °“% The Times, 5 settembre 1968. 7 Solidarity, n. 18, vol. 5.

49

tarono i vari consigli a munirle dei regolari registri per l’affitto, ricevendo in cambio la visita di ufficiali giudiziari e investigatori privati con tanto di eserciti personali. Il municipio di Redbridge, nell’Essex, spese più di duemila sterline per demolire i villini disabitati rimasti sotto il suo controllo. Nonostante le barbe e i capelli lunghi degli squatters, e la provvisorietà di quelle sistemazioni (soggette alla necessità di una difesa perma-

nente del territorio occupato), sia la stampa che —

addirittura

— la polizia mostrarono una certa comprensione. Eppure, quando gli hippies applicarono la stessa tecnica non alle famiglie senzatetto ma a se stessi, il braccio della legge cadde sopra le barricate fino alla porta d’ingresso. In

Drury

Lane,

a Londra,

c’è un

palazzo

abbandonato,

sfregiato dal fuoco, fasciato da fogli di lucida lamiera zincata. Impresso in rosso su un pilastro dalla vernice scrostata c’è lo slogan: QUESTA È LA NOSTRA CASA. Non è il segno di gratitudine, corroso dal tempo, lasciato da un ospite di questo albergo un tempo florido, ma l’epitaffio di una squattata collettiva dell’Underground. Stanco delle dozzine di drop-outs che usavano l’Arts Laboratory come dormitorio permanente, e ispirato dal successo

del

movimento

degli

squatters,

Jim

Haynes

irruppe

finalmente nell’albergo condannato che aveva « stupidamente contemplato » per due anni e, con l’aiuto dei drop-outs, cominciò a pulire, dipingere e ridecorare l’edificio. Arrivarono subito sul posto cinquanta agenti e due cronisti, sloggiando i duecento ospiti non paganti. Oggi il palazzo è sempre là, inutile e deserto, odioso simbolo della stupidità burocratica. Un’iniziativa molto simile, ma ancor meno riuscita, fu presa

a St. Ives, in Cornovaglia, dove 400 abitanti della zona circonda-

rono un’ex casa comunale, ormai in rovina, occupata dalla flut-

tuante popolazione beat, caratteristica tradizionale del paesaggio di St. Ives. Quest’Alamo dei beatnik fu il coronamento di mesi di molestie da parte delle autorità municipali (che avevano fatto riempire di mattoni e petrolio i bunker di cemento costruiti sulla spiaggia) e di squadre di vigilantes reclutati tra i

residenti (che battevano le strade dopo la chiusura dei pub, in

turbe inferocite) decisi a sradicare la « promiscuità » dalla loro altrimenti idilliaca cittadina. I beatnik di cui si parla sono, in Inghilterra, gli ultimi esemplari superstiti di una specie in via di rapida estinzione, e dovrebbero essere protetti da una qualche

Wild 50

Life Association, non

sterminati.

Cecago

« I nostri ragazzi sono tornati a casa » dicevano

esultanti

gli annunci elettorali sulla stampa americana quando il senatore Eugene McCarthy fece polpette di LBJ alle primarie del New

Hampshire (marzo 1968), « a un tratto sono rientrati nel grande

fiume della vita americana ». Ma il grande fiume si dimostrò un solitario affluente, che spinse il suo corso incerto e speranzoso fino alla convenzione democratica di Chicago e là s’inaridì, lasciando in secca una moltitudine di navigatori disillusi. Come se non bastasse, molti dei ragazzi a casa non c’erano affatto tornati. Stavano preparandosi alla Convenzione di Chicago in certi loro modi assai poco rassicuranti per coloro che vedono nella politica di partito l’equivalente secolare della ricerca del Santo Graal. Mentre gli altri dissidenti continuavano a ponzare sui loro piani”, gli yippies, decisi a fondere la Nuova Sinistra con gli elementi hippie, si erano già buttati, a testa bassa, all’assalto dei media: Nei mesi che restavano, lo Youth International (facciamo un bel ...) Party degli yippies — una chimera senza tradizioni politiche e, ostensibilmente, senza una filosofia coerente, che

operava da un malandato ufficio di New York, senza risorse finanziarie, senza un apparato o almeno una rete di organizzazioni consorelle, senza un piano generale e senza un generale — non solo contribuì a mobilitare le migliaia di giovani che affluirono in agosto nella città del sindaco Daley, ma impresse un marchio indelebile sull’immaginazione dei milioni che l’esperienza di Chicago la vissero di seconda mano. L’arma segreta? Gli strumenti del comunicare. Differenziandosi dalla maggior parte dei gruppi radicali, che rifuggivano da ogni contatto con la stampa o le passavano aridi dati e pompose mozioni, chiedendosi poi perché non li pubblicavano 2% {Il giorno dopo uno scontro tra yippies e poliziotti avvenuto alla Grand Central Station il giorno di Pasqua del ’68), Abbie Hoffman, Jerry Rubin e Paul Krassner andarono a Chicago per incontrarsi con i gruppi neri e della Nuova Sinistra, che stavano studiando proprio allora la tattica da adottare per la settimana della convenzione. Ecco quello che dice, obliquamente, il Rapporto Walker: «Così, mentre la ’sinistra’ continuava a discutere se venire o non venire a Chicago, e cosa fare una volta là, gli organizzatori yippie presero un atteggiamento positivo: sarebbero venuti, come no, con la musica, il mito e le loro minacce di paralizzare la città ». The Walker Report. Rights in Conflict, Bantam Books, p. 48. Un’edizione italiana del Rapporto è stata pubblicata da Mondadori.

SI

o, se quella rono; mente

li pubblicavano, lagnandosi delle distorsioni, proprio su distorsione gli yippies fecero assegnamento, e la sfruttaintuendone il potenziale mitopoietico e ordendo risolutaun intreccio affascinante di favole e invenzioni che, per

il semplice fatto di essere pubblicate, acquistavano

bile credibilità”. “Tra

le

fantasie-realtà

predette

dagli

yippies

un’irresistiper

il loro

Festival della Vita: l’incenerimento simultaneo delle cartoline precetto da parte di 100.000 persone; la raccolta dei soldi in casse comuni per comprare cibo per tutti; l’infiltrazione nei gruppi di destra di yippies coi capelli corti che avrebbero fatto discorsi e dichiarazioni pro-yippie; l’interruzione del traffico ottenuta con l’inscenare sulle autostrade un massiccio stall-in di vecchi macinini; il rapimento dei delegati attuato usando mac‘chine camuffate da autopubbliche per scaricarli nel Wisconsin o in altre località lontanissime

dalla convenzione;

l’uso di ra-

gazze squillo yippie che avrebbero sedotto i delegati e drogato le loro bevande con LSD; l’infiltrazione di agenti nelle cucine degli alberghi della convenzione per sofisticare gli alimenti; la promessa di sensazionali concerti rock (« Arrivano! I Beatles, Bob Dylan, The Doors, The Who, The Monkees e gli Smothers

Brothers »); lo sguinzagliamento per le strade di maiali unti di

grasso, uno dei quali avrebbe ottenuto la nomina di candidato alla presidenza (« e noi lo ammazzeremo e ce lo mangeremo. E diremo all’America: ‘Tu nomini un presidente e lui si mangia la popolazione. Noi nominiamo un presidente e ce lo mangiamo’ »); l’occupazione di tutte le stazioni di rifornimento per allagare le fogne e dar fuoco alla città: 10.000 corpi nudi a galla sul lago Michigan e copulazione in massa sulle spiagge intorno

al lago;

bombardamento

dell’anfiteatro

della convenzione

con

proiettili da mortaio; reclutamento di un battaglione di vippies maschi sessualmente dotati per violentare le mogli e le figlie dei delegati alla convenzione. Ci furono dei contrattempi. La campagna elettorale di McCarthy, condotta soprattutto tra i giovani, la de-escalation della guerra da parte di LBJ e il suo abbandono della politica, ” Senza per questo voler sminuire l’azione del National Mobilization Committee to End the War in Vietnam che, dopo la dimostrazione davanti al Pentagono, chiedeva ai suoi membri fin dal novembre del ’67: « Possiamo far meglio alla Convenzione Nazionale Democratica di Chicago?» (Liberation Magazine) e invitava 250 delegati a un incontro preliminare da tenersi nel marzo ’68 nell’Illinois.

52

il grandioso anche se tardivo ingresso di Robert Kennedy ... ‘Tutte cose che tagliarono l’erba sotto i piedi della causa yippie. Ma in giugno ci fu la morte di Kennedy, che diede agli vippies un impulso nuovo e la volontà di vincere la resistenza sia della Nuova Sinistra — il cui atteggiamento verso la sinistra psichedelica fu una volta paragonato a quello della vecchia signora che, visto un capellone aggirarsi qua e là senza far niente, brontolò: « Allora io sono per la guerra >» — sia delle comunità hippie che temevano un massacro: « Entrate pure, ma a vostro rischio e pericolo ». Lawrence

Lipton. « King è nativa agosto

La linea non violenta seguita da Gandhi e Martin Luther un ideale che dobbiamo sforzatci di raggiungere. L’alterpuò essere un periodo di barbarie senza precedenti. Io in a Chicago non ci vado ». Eugene Schoenfield, M.D. (alias

Dr. Hip-pocrates).

« Questo è un caldo invito ai vostri lettori a farsi le vacanze estive al mare

Yippie Other.

o in montagna

di Chicago ». Digger

piuttosto

che

alla Convenzione

Bill, scrivendo

sull’East

Village

Per 10.000 giovani la promessa di complessi rock gratis, di Hubert Humphrey e, se non altro, della macellazione del maiale, fu una lusinga più efficace delle contro-attrazioni panoramiche di Digger Bill. La débàcle di Chicago * rivelò finalmente a milioni di telespettatori americani

che essere uno

hippie

significava qualcosa

di più che ornarsi di perline per partecipare al barbecue del quartiere, e che la protesta studentesca era qualcosa di più di un nuovo tipo d’incursione nei dormitori delle ragazze per fregargli le mutandine. I genitori americani videro figli e figlie (già affrancatisi dalla loro autorità) rischiare la commozione cerebrale non

solo per sabotare l’elezione di un superdivo computerizzato, ma anche per ostentare religiosamente un modo di vivere alternativo. Le due parti erano schierate l’una contro l’altra come i protagonisti di un dramma allegorico medievale. Chi rappresentava ’ Vedi

Appendice

(1) Farlo in piazza.

29

il Bene, e chi il Male? Il sindaco Daley (un cattolico irlandese che andava a messa tutte le mattine, beveva di rado e aborriva la violenza) e i suoi mattacchioni? « Questo puritano con pieni

poteri » scrisse il Times di Londra, « si è ritenuto offeso dagli yippies e hippies del Lincoln Park. Solo il cielo può sapere quali azioni losche e immorali avrà pensato si stessero svolgendo. sotto gli alberi »*!. Dal canto loro, hippies e yippies si considerarono altrettanto offesi dal sindaco Daley e dalle azioni, losche e immorali, che si svolgevano sotto il naso di ogni americano. Il loro atteggiamento verso gli ideali di Wall Street, della Casa Bianca e del Pentagono fu squisitamente simboleggiato dal rinfresco che offrirono agli stanchi. poliziotti di Chicago: panini pieni di merda. Abbie Hoffman ha paragonato la partecipazione degli yippies alla Convenzione a un potentissimo comunicato commerciale

che esplode nel bel mezzo di uno squallido epilogo televisivo. « Siamo stati la pubblicità della rivoluzione. Abbiamo dimostrato un alto grado d’impegno e di partecipazione contro la sordità della retorica dell’establishment »”. A giudicare dalla reazione del consumatore, la « pubblicità » yippie sarebbe il sogno di ogni copyrighter. Provate oggi stesso

una Rivoluzione

La « rivoluzione » è diventata il prodotto più popolare tra i consumatori dopo la Ford modello T ... Provatene una oggi stesso. Superate i vostri rivali su uno speciale veicolo fuoriserie o scegliete fra i tre principali modelli « Rivoluzione », tutti appartenenti alla celebre gamma « Movimento »: 1 Internazionale studentesca: con guida alla Nuova Sinistra, sterzo pieghevole e comodi sit-in di sostegno per i compagni di strada. 2 Modello Underground Acid-Cool: alla massima « velocità » gli unici suoni che si possono sentire sono quelli dei primi 40 (dischi). *! The Times, 31 agosto 1968. * Revolution for the Hell of It. Dial Press, p. 134.

54

3

Guerriglia nei ghetti:

va a Black Power, senza freni, e

se ne consiglia l’uso quando la méta sembra irraggiungibile.

Mentre

si avviavano

gli anni sessanta

sfrigolando

verso

l’estinzione, la parola « rivoluzione » era sulla bocca di tutti:

e

in molti casi non si spostò di lì. Le banche offrivano lavoro ai contabili barbuti (« anche se i capelli lunghi si potrebbero vietare, dato che s’impigliano nei nostri calcolatori »), Omar

Sharif

fu Che Guevara in un film su schermo panoramico della 20th Century Fox (la Fox si vantò della propria obbiettività e accuratezza

visiva:

ma

un

esame

attento

dei

particolari,

osservò

Jeffrey Shero scrivendo su Rat, rivela che all’uniforme di Sharif sono cuciti bottoni d’ordinanza dell’esercito degli Stati Uniti); e i Beatles, i Rolling Stones e persino Elvis Presley schiacciarono, sui loro sintetizzatori elettrici del suono Moog,

il tasto

con la scritta « Coscienza sociale ». Intrepide squadre di reporter che un giorno avevano « mostrato la corda della grande burla hippie » si trovarono frettolosamente inviati a seguire scioperi e sit-in, convenzioni

di sinistra e palestre occupate,

per prepa-

rare i loro « orrendi exposés degli studenti in rivolta ». Nell’aprile del 1968 la Columbia divenne la prima università americana occupata dagli studenti. Cinque edifici furono tenuti per una settimana. Un preside di facoltà fu fatto prigioniero e rilasciato dopo 26 ore. Si occupò l’ufficio del rettore e si fotocopiarono tutte le informazioni confidenziali trovate nei cassetti, che vennero riprodotte dalla stampa underground. Tra le altre cose da segnalare, poi divenute di ordinaria amministrazione, ricordiamo le barricate erette in modo autonomo dagli studenti neri di Hamilton Hall (ribattezzata Malcolm

X Hall),

che fino ad allora non avevano mai preso parte a dimostrazioni; una visita di buona volontà compiuta da centinaia di studenti medi della comunità

locale (Harlem);

e la testa canuta

di Ste-

phen Spender che spunta cautamente da una barricata. Della Columbia, uno studente post-graduate aveva osservato che « una

potente, prestigiosa, patrizia università americana in dieci giorni

era stata messa in ginocchio »*; e nei due anni seguenti, mentre i sessanta

toccavano

il vertice,

a inginocchiarsi,

per dirla con

Jerry Lee Lewis, avrebbero cominciato un po’ tutti. Due mesi dopo Chicago, 200 studenti di Berkeley furono arrestati per 3 Arnold

Beichman,

Encounter,

luglio

1968.

55

aver protestato contro il rifluto delle autorità accademiche di autorizzare un corso di lezioni sperimentali tenuto da Eldridge Cleaver. Il mese di novembre vide 600 poliziotti sciamare nel San Francisco State College durante i tre giorni di tumulti originati dal licenziamento dell’insegnante Angela Davis, aderente alle Pantere Nere. Nel gennaio del ’69 il corrispondente americano del Guardian riferiva che « . .. una serie di proteste volte a drammatizzare le richieste di un maggiore controllo dei programmi da parte dei membri delle minoranze razziali è sfociata in una rivoluzione in grande stile caratterizzata da una vera e propria guerra partigiana »*!. Ma il giornalista del Guardian non

aveva visto ancora niente. Pochi giorni dopo questo articolo il

governatore Reagan proclamava uno stato di « estrema emergenza » nel campus di Berkeley, e durante i sei mesi successivi le università americane esplosero come una catena di fabbriche di fuochi d’artificio:

* Il midwest

« Alle richieste di istituire una facoltà di black studies presso la Wisconsin State University di Madison si è risposto con i gas lacrimogeni, le baionette inastate e il gusto dell’ovvio del governatore dello stato (« l’agitazione studentesca nazionale è diretta da qualcuno che ha un’ideologia diversa dalla nostra ») ». — The Times, 14 febbraio.

* TI profondo sud

Mille studenti neri della Southern University di Baton Rouge, in Louisiana, si scontrarono con centinaia di poliziotti * The

56

Guardian,

21 gennaio

1969.

scambiandosi sassi, bottiglie, bombe incendiarie e gas lacrimogeni dopo una visita al campus dell’ex studente H. Rap Brown. #

* La

costa orientale

Nell’anniversario della prima sollevazione alla Columbia, cento militanti dell’Afro-Asian Society (poi ribattezzata Fronte di Liberazione Nera) diedero luogo a uno happening particolarmente pittoresco quando occuparono la Willard Straight Hall della Cornell University. Dopo un massiccio sciopero studentesco e gli abborracciati tentativi di sloggiarli compiuti dai soci dei club studenteschi,

i neri uscirono

dall’edificio e passarono

trionfalmente sulla copertina di Newsweek, a tracolla

e armati

di carabine,

con le bandoliere

fucili da caccia

e lance

fatte

in casa.

* Dappertutto

In maggio, a leggere i giornali, in più di duecento college americani infuriavano incontrollate dimostrazioni studentesche, imperniate, nella maggior parte dei casi, sui diritti civili e delle

minoranze,

sul Vietnam

e il servizio

di leva,

sui

rapporti

di

consulenza intrattenuti da molti professori con l’industria militare e civile. A volte i rettorati respinsero decisamente l’attacco degli studenti agendo con durezza e rapidità come nel caso della Seconda Columbia ® e del San Francisco State College, mentre in altre occasioni la loro direzione della guerra andò molto vicina a quella di certi generali italiani. Quando 400 studenti occuparono il palazzo dell’amministrazione centrale dell’incredula Harvard, che fino all’intervento della SDS era riuscita a nascon-

dere i propri legami con la CIA e il Pentagono (il napalm fu inventato nei suoi laboratori chimici e sperimentato sui suoi ** Dove il 2 maggio 1969 il rettore sgomberò rapidamente uno degli edifici universitari iniziando un procedimento penale contro gli studenti.

57

campi da football), l’istintiva e poco originale reazione del rettore Pusey fu quella di chiamare la polizia, che picchiò tutti i presenti, indiscriminatamente,

compreso

uno spettatore in pol-

trona a rotelle, e scaraventò gli studenti giù da una scala di pietra. L’intervento della polizia piombò l’augusto campus in un tale stato d’angoscia e di sgomento, e suscitò tali sentimenti di solidarietà, che in meno di dieci giorni quasi tutte le richieste della SDS furono accettate”. Queste

incursioni

insurrezionali

in

un

territorio

ancora

vergine non distolsero l’attenzione degli spettatori dai vecchi centri della rivolta studentesca. La comunità locale di Berkeley trasformò un appezzamento di terreno che nessuno voleva in campo giochi e parco pubblico, piantando meli e cespugli, seminando

erba

e frumento,

costruendo

altalene

e recinti

con

la

sabbia. L’università, decisa a far valere il suo diritto di proprietà, isolò il nuovo parco dai giardinieri pirata cintandolo con una barriera di filo spinato alta due metri e mezzo: un sistema che, a suo tempo, aveva già dimostrato di avere un effetto addirittura esplosivo sugli studenti della London School of Econontics. Berkeley divenne prontamente una città assediata: uno spettatore rimase ucciso, un altro accecato in modo permanente, e più di

mille furono i feriti, molti dei quali colpiti alla schiena da fucili caricati a pallini; intervennero gli elicotteri, i carri armati e 2.500 uomini

della Guardia

Nazionale;

700

dimostranti

finirono

in

tribunale. Come nel caso di Harvard, della Cornell e della Columbia,

il termine « studente » si applica a una quantità di agitatori, e dei dodici che formavano il Comitato del Parco del Popolo solo uno risultò un undergraduate. Hippies, yippies, vagabondi, professionisti della SDS con le loro donne, barboni, drop-outs, fau-

trici dell’emancipazione femminile e tribuni popolari: un gruppo troppo eterogeneo per essere felicemente compreso in un titolo % L’università accettò di: 1) Iniziare trattative col governo per sospendere il Reserve Officers Training Corps come corso di studi accreditato. 2) Incoraggiare i professori a «condividere gli interessi » degli studenti

neri.

3) Raddoppiare gli sforzi per costruire Cambridge e Boston sloggiati dall’espansione 4) Garantire che gli affitti nelle case di sotto del livello di mercato. 5) Insistere nel tentativo di far ritirare denti ribelli che avevano occupato l’edificio.

58

nuove abitazioni per i residenti di dell’università. proprietà di Harvard fossero al di le denunce

sporte contro

gli stu-

di giornale, tutti personaggi fissi nella parata della protesta. Negli ultimi anni le proteste non sono solo cresciute, ma sono apparse più impegnate. I New Radicals del 1966 di Paul Jacob e Saul Landau (che trovavano « un peccato che per ‘inflammarsi’ la gente avesse bisogno di stimolanti artificiali », che enfaticamente non potevano « accettare un rapporto sessuale senza un impegno più profondo verso il partner » e che « quando picchettano la Casa Bianca per denunciare la brutale guerra nel Vietnam . .. non mancano di ammonire che i vietcong tradiranno la popolazione sudvietnamita ») paragonati ai radicali d’oggi appaiono fuori moda come un esercito di majorettes e di mastodonti. Oggi « siamo tutti vietcong ». In quella storica occasione del febbraio

1960, a Greensboro,

Carolina del Nord,

un

pugno di pacifisti neri al banco di una tavola calda ordinarono il caffè del « biancuzzo ». Nel maggio 1969 la stessa città era diventata un campo di battaglia per 100 studenti negri, armati, che opposero resistenza agli elicotteri, ai gas che danno la nausea e al fuoco concentrico di fucileria della Guardia Nazionale. A Berkeley, una volta, ci si era battuti per la libertà di parola. Cinque anni dopo ci si battè per la liberazione della terra. « La comunità di Telegraph Avenue che da tempo è all’avanguardia della rivolta giovanile della nazione ha costruito un parco, il Parco del Popolo, su un terreno che l’università sosteneva di possedere perché aveva un pezzo di carta. La terra, in questa società, è posseduta da uomini abbastanza ricchi per potersi permettere tali pezzi di carta . .. O la terra appartiene all’università o la terra appartiene al popolo »”. Posizione condivisa dagli squatters di Piccadilly, a Londra, che quattro mesi dopo occupavano un palazzo settecentesco poco lontano da Buckingham Palace”. Allora, sia il 144 di Piccadilly che il Parco del Popolo erano deserti e andavano

in rovina, in attesa della mercenaria

ispirazione degli speculatori. A Londra la gente non sapeva dove andare a dormire. A Berkeley non sapevano dove piantare i fiori. La comunità confiscò la terra per il popolo. Su di essa i suoi membri vissero insieme. E insieme giocarono.

37 Outcry n. 2: giornale pubblicato da « Berkeley occupata ».

* Vedi:

LA POLITICA DEL GIOCO.

59

Paradise Now

Sullo sfondo di questa ribellione giovanile internazionale, che spinse il resto del mondo,

terrorizzato,

a venerare

maturi

personaggi familiari, innocui e accettati, come gli astronauti e gli yachtsmen, la società fu sovvertita in un altro modo. Da una nuova cultura che è viva, eccitante, divertente, effimera, disponibile, unificata, imprevedibile, incontrollabile, laterale, organi-

ca e popolare. La vecchia cultura è infinitamente divisibile, elitista, remota e distaccata: i nazisti lacrimavano su Wagner quando apriva-

no i rubinetti del gas. La controcultura è calda, totale e onniavvolgente. Gli hippies sognano sotto le luci psichedeliche e si infilammano l’uno per l’altro. A Chicago gli yippies non si opposero ai democratici con un programma politico isolato ma con una way of life alternativa. Questa fusione tra politica e way of life è fondamentale per l’Underground, e comporta un impegno totale verso la nuova cultura. « La rivoluzione deve rompere col passato e trarre dal futuro tutta la sua poesia » dicono i Situazionisti Internazionali. « Il nostro programma è la rivoluzione culturale, da attuare con un totale assalto alla cultura, che

utilizzi ogni strumento, ogni energia e ogni mezzo di comunicazione sul quale si possano mettere collettivamente le mani... la nostra cultura, la nostra arte, la musica, i giornali, i libri, i manifesti, i nostri vestiti, le nostre abitazioni, il modo in cui par-

liamo e camminiamo, il modo in cui ci facciamo crescere i capelli, il modo in cui fumiamo la marijuana e chiaviamo e mangiamo e dormiamo — tutto questo è un solo messaggio — e il messaggio è LIBERTÀ » dice John Sinclair, ministro delle informazioni delle Pantere Bianche. Accettate una sostanziale unità politica e di comportamento, e quasi tutte le altre distinzioni cominceranno a sgretolarsi. Il desiderio di porre fine alle divisioni autoritarie tra gli indivi dui si manifesta

nella creazione

di Comitati

d’azione

(Parigi),

Gruppi d’affinità (New York) e Comuni (Berlino), dove tutti partecipano alle decisioni che li riguardano. Gli scolari cercano di abolire i prefetti. I soldati hanno formato delle unioni per sottoporre a controllo l’autorità degli ufficiali. Le donne si uniscono per rovesciare il predominio maschile. Ecco perché lo happening è una forma d’(anti)arte tipica dell’Underground: per60

ché cristallizza una varietà di categorie apparentemente distinte.

Dove le Muse —

arte, poesia, danza, musica e teatro —

consu-

mano un’orgia, con la partecipazione del pubblico, e tutta l’operazione è sostanzialmente irripetibile, inconservabile, in continuo divenire e sottratta al pieno controllo di chiunque.

ù Sulla scena appare una ragazza, a torso nudo. Davanti a lei,

all’altezza del ventre, c’è uno schermo cinematografico della grandezza di un televisore. Sullo schermo appaiono le prime immagini di un documentario’ sul caber tossing, cioè su quella gara scozzese che consiste nel lanciare il più lontano possibile da sé un tronco di pino senza rami, noiosissimo in ogni altro contesto. A un tratto dallo schermo irrompe un tubo di plastica, gonfiato, che dopo essere passato tra le gambe della ragazza raggiunge serpeggiando le prime file di poltrone. Mentre il grande fallo affonda sempre più nel folto del pubblico, la ragazza rimane immobile, muta e inespressiva. Con l’ombra di un sorriso, impugna poi un rasoio e lo taglia alla base, provocando un coro invo-

lontario di gemiti maschili. Dall’apertura così prodotta esce una nuvola di fumo. Sopra la sua testa esplode ripetutamente un oggetto di cui nessuno si era accorto. Lo happening è finito. La controcultura è figlia spirituale della nuova tecnologia. 1 giochi di luce degli spettacoli hippie richiedono una com-

plessa

attrezzatura

elettronica,

dagli

stroboscopi

regolabili

ai

proiettori multipli accuratamente sincronizzati coi ritmi del rock and roll. E proprio come il rock dipende da un gruppo, così i prodotti della nuova cultura sono simbiotici:

glio tutti insieme. ground

Le più

si fanno quando,

memorabili

funzionano

esperienze

simultaneamente,

me-

dell’Under-

si ascolta la musica

€ si seguono i giochi di luce, lo happening e il film, nello stesso tempo si è ciucchi di qualcosa e si tutto spiano: con una bella cuffia stereofonica sulle naturalmente. I gruppi teatrali underground aprono nuove altre direzioni, incarnando la forma di vita nomade,

e sempre chiava a orecchie, strade

in

tribale, in-

ternazionale ed equisessuale implicita nel Movimento (p.e. The Exploding Galaxy, The Human Family (Regno Unito), La

Mama

Troupe,

il Living Theatre

(Stati Uniti) )

61

A Londra, nel giugno 1969, quando il Living Theatre celebrò Paradise Now, ci si arrampicò trionfalmente sugli specchi nel tentativo di dimostrare che Julian Beck & C. non si era uniformato alle classiche esigenze del teatro legittimo. Non

sanno

recitare,

non

sanno

ballare,

non

sanno

cantare,

sbuffò Fleet Street, mettendo i paraocchi all’automobile e correndo a misurare l’uragano con un regolo calcolatore. La sera che vidi Paradise Now Judith Malina non ballò effettivamente il cancan come Ginger Rogers in Mame, e l’arrabbiato, nerissimo Rufus non recitò versi sciolti col rigido aplomb di Sir John Gielgud, ma in meno di dieci minuti quasi tutti gli spettatori avevano lasciato le poltrone e giravano per la sala tesi, confusi ed eccitati: praticamente in trance. Il Living Theatre è controcultura in atto. E’ comunemente giudicato miracoloso che i pubblici inglesi emettano anche un blando mormorio di approvazione, come butliniani a un jamboree, ma tra gli ospiti della Roundhouse, e tra gli attori e gli spettatori, si erano accese,

qua

e là, bellicose

discussioni;

chi cominciava

a spo-

gliarsi, chi baciava il compagno o la compagna, chi era come in estasi, chi fuggiva in stato di choc. Non era certo una bella serata all’opera: due risate, qualche lacrima, a casa di corsa per pagare la baby-sitter, una spiritosa autopsia durante la cena, di nuovo alla macina la mattina dopo, e buonanotte al secchio. L’uomo sul quale ho visto sputare non sarà mai più lo stesso. Un attore della compagnia, frustrato dal gelo di una parte del pubblico, si mise a saltare qua e là come una scimmia in gabbia, con aria minacciosa, urlando: « Mi fate proprio una gran paura... > e alla fine sputò addosso a un signore vestito di marrone, con un paio di baffi spioventi. L’uomo, furioso, fece un rapido

movimento

in avanti

(come ci insegnano

sempre)

è

agguantò l’attore, pronto a colpire. A un tratto vari altri membri della compagnia si materializzarono intorno a loro, compresero

immediatamente

la situazione

e cominciarono

a spu-

tarsi tutti addosso. « Guarda! Saliva! Brucia? Fa male? FE’ acqua, nient’altro. Volevi ammazzarlo? ». Nessun giornale domenicale, con le sue grigie pagine degli spettacoli, sarebbe mai riuscito a trovare le parole adatte per descrivere la scena, con gli attori del Living Theatre bagnati l’uno della saliva dell’altro, e l’inorridita constatazione, da parte dell’uomo vestito di marrone, delle conseguenze della sua micidiale e futile aggressione. 62

L’intensità dell’odio razziale represso in luce con tanta

chiarezza

(almeno

per me)

non come

è mai

venuta

negli

scontri

tra il pubblico e gli attori negri della compagnia. La forza di questo esperimento non era verbale, la sua eloquenza non divisibile in persuasive caselle di « capacità interpretativa », « coreografia » o « proiezione vocale ». Ma quando la donna bianca in prima fila reagì ai motteggi del nero con una botta furibonda sulle palle dell’attore, il quale non le rese la pariglia, non si poté che restare a bocca aperta davanti alla pazienza e all’autocontrollo dell’orgoglio nero e provare una stretta al cuore per i misfatti della propria razza: una tragedia più grande delle edipiche procrastinazioni di Amleto. Paradise Now è il culmine degli anni di esplorazioni teatrali della compagnia e il primo lavoro interamente loro. Ogni rappresentazione è diversa e, come nel fiume di Eraclito, non ti bagni mai due volte nelle stesse acque. Ogni esperienza, però, dipende da quella serie casuale di variabili che è il pubblico. Questo principio d’indeterminazione è endemico nell’Underground”. Uno dei più fanatici pionieri della creazione ottenuta

per caso è stato John

Cage,

di cui sono

ormai

leggen-

dari i grandi sforzi compiuti per #01 comporre le proprie composizioni. Cage ha fatto una scienza dell’eliminazione dell’io, lasciando che l’ispirazione dei suoni che produce dipenda da cose come le imperfezioni della carta da musica, il lancio di una moneta, il tempo e quello che trasmette, durante il concerto,

la locale

stazione

radio.

« Hai

un

magnifico

cervello »

disse una volta Cage a un compositore suo collega, « ma sarebbe ora che tu lo buttassi via ». Spiegando la sua predilezione per il caso, Cage ha detto: « Ecco in che consiste tutta l’idea delle operazioni a caso: il campo di coscienza di cui ora disponiamo è così vasto che, se non stiamo attenti, arriveremo di sicuro a certi punti, punti con i

quali siamo già familiari. Compiendo operazioni a caso, possiamo arrivare a punti con i quali non siamo familiari »”. *° E deriva, come tante altre ispirazioni, dal Dada e dal surrealismo (vedi il nudo, le burle, i giochetti, le uniformi satiriche e il riso). Come le loro buffonate contro l’arte erano un tentativo di superarla, così l’antipolitica anti-ideo-

logica degli Yippies e dei Situazionisti costituisce un tentativo di andare oltre la politica. ‘ Ahead of the Game, Quattro kins. Penguin Book, p. 129.

versioni dell’avanguardia,

di Calvin Tomp-

63

FE’ interessante notare che, malgrado la tendenza del nostro empirico sistema educativo occidentale a suggerire il contrario, il caso ha una parte importante nella scoperta di nuove idee. Ne Il pensiero laterale, Edward de Bono ha dimostrato l’incidenza del caso nelle grandi scoperte della scienza moderna: fattori indeterminati essendo strumentali nell’invenzione della radio, della penicillina, della fotografia e dei raggi X“. William Burroughs, Brion Gysin e una pletora d’imitatori presentarono romanzi composti con la tecnica del cut-up e altre chicche autocreative, anche se in questi casi, tranne che come ausilio contro il

lavaggio del cervello da parte dei media, il successo dei metodi casuali dipende dal gusto degli interessati. Il principio d’indeterminazione nella scienza e lo stesso principio nell’arte sono stati efficacemente saldati dagli ultimi meccanici-artistici cibernetici che si ispirano a Jean Tinguely: il quale parla dell’« uso funzionale del caso » e favorisce la partecipazione di fatti accidentali alla costruzione delle sue macchine umanoidi che da sole possono fare un disegno, comporre una commedia, scrivere una canzone o una poesia. A causa della complessità dei fattori dovuti al caso, la ripetizione è quasi impossibile. Le macchine possono creare nel senso più puro, non essendo turbate da inquietanti emozioni

umane.

Sarà forse il caso di ribadire che la creazione di una controcultura, cosa in se stessa rischiosa, incerta e imprevedibile,

ha

profonde implicazioni politiche. Infatti, mentre l’Establishment, con la sua straordinaria capacità di sopravvivere, può in definitiva assorbire ogni politica, per radicale o anarchica che sia (l’abolizione

della

censura,

zione della marijuana,

il ritiro

ecc.), quanto

dal Vietnam,

tempo

la legalizza-

potrà resistere al-

l’urto di una cultura estranea?, di una cultura destinata a creare

un uomo di nuovo tipo? Esternamente per il loro aspetto, internamente perché si fanno « saltare le cervella » con la droga, il rock and roll e il comunismo sessuale; perché aboliscono la famiglia, il concetto di nazionalità, il danaro e la condizione sociale; quelli della nuova generazione vanno perdendo ogni qualifica a diventare sonnambuli lacché della macchina del potere. I più intelligenti tra i giovani si stanno, per così dire, emarginando. I laureati più brillanti ignorano i contratti offerti dalle grandi aziende (« il ‘! Vedi anche Nigel Calder: Technopolis, Science, MacGibbon & Kee, 1969.

64

Social

Control

of

the

Use

of

40 per cento degli studenti universitari mostra un notevole disinteresse per il guadagno »: dalla rivista Fortune, gennaio ’69). John Paul Getty scrive allarmate imboniture per le riviste in carta patinata, spronando i giovani a darsi agli affari — « è divertente e remunerativo » — mentre gli appelli per il reclutamento nell’esercito si sono fatti decisamente disperati. Intanto, qua e là, i bambini vengono al mondo come non è mai successo prima. « Noi vogliamo che nostro figlio sia libero, non programmato e completamente estraneo allo stato » dice il giovane padre di un bambino che ha assistito personalmente la moglie al momento del parto e non l’ha detto a nessuno tranne la stampa underground. Ciò significa niente atto di nascita, niente istruzione se non la vuole il bambino, niente tasse e nessun documento ufficiale sulla sua esistenza. Questi bambini saranno calmati dall’erba, cullati dal rock and roll, educati dalla comunità. E se

uno di loro venisse mai scoperto dalla burocrazia? « Risponderà che viene da un altro pianeta » spiega un padre.

65

GROUP GROPE

« Più mi ribello, più faccio l’amore ». Scritto sul muro

di una casa

« C’era una volta una bella mammoletta. Un giorno andò a dimostrare davanti all’ufficio leva della città. Portava un cartello che diceva: IN CULO AL SERVIZIO MILITARE OBBLIGATORIO. Quando videro il cartello della sbarbina, tutte le segretarie dell’ufficio lanciarono un grido di orrore. Allora un sergente incaricato del reclutamento, che aveva lo stomaco forte, si avvicinò alla bambola e le chiese, per favore, di censurare il cartello, per-

ché le segretarie dell’ufficio leva . . be’, si sa. La pupa ascoltò attentamente le parole del sergente, poi sospese il picchettaggio e sparì. Tornò qualche minuto dopo con un cartello sul quale C'era scritto: INCULO ALS... .., OM... ssa EO oe o». Peace and Freedom News « Una mano sul batacchio è più morale — e più divertente — di un dito sul grilletto ». Lawrence Lipton, Radio Free America column,

Los Angeles Free Press

« Quella zoccoletta è uno degli anarchici più grandi di ogni tempo. Solo con la sua passerina ha rovesciato un governo ... To non ci riesco con 2.000 studenti ».

Jean-Jacques Lebel a proposito di Christine Keeler « Non è solo questione di politica. Vede, non sono solo le nostre dimostrazioni a spaventare tutta la Germania. E’ perché non abbiamo paura di scopare ». Fritz Teufel « Secondo noi la gente dovrebbe scopare sempre, in ogni occasione, con chi vuole. Questo non è il punto di un programma rivendicativo ma un semplice riconoscimento della realtà che ci circonda ». Da un opuscolo yippie

Ogni primavera Chelsea ha la sua mostra floreale, Parigi sfoggia la sua moda, New York ha il suo sciopero degli spazzini e la stampa promuove la sua rivoluzione sessuale. Al via, come un calcolato interludio tra le cose serie della vita, si manifesta

con annunci pubblicitari più audaci, film più franchi, libri più 69

sporchi, e con una vertiginosa profusione di riviste « per uomini », con abiti oltraggiosi e teatrali free-for-all. Ch’io ricordi, questa rivoluzione sessuale è sempre puntualmente scoppi ata tutti gli anni, ma la sua tanto decantata tolleranza, che dilaga sui teleschermi in modo abbastanza disgustoso, di rado trabocca nel soggiorno. L’aumento marginale nel quoziente di promiscuità della società, rilevato da vari sondaggi!, sembra ben lontano

dallo scuotere le fondamenta della cristianità. Nel corso di una breve indagine, un giorno, ho scoperto che una coppia non regolarmente coniugata ancora #07 poteva (senza mentir e) prenotare una camera matrimoniale al Claridge, ottenere uno chalet in uno dei villaggi delle vacanze Butlin, emigrare in Canadà o prenotare una cuccetta matrimoniale su un transatlantico della P & O (« Il governo potrebbe accusarci di favorire l’immoralità » disse, imbarazzato, l’impiegato, quando insistetti per avere una spiegazione). Nonostante tutta la loro frenetica documentaz ione degli erettil i fenomeni,

Time

e Neiwsweeb

continuano

a semina

re i loro testi di asterischi. Playboy, il più trionfante dei profeti di Eros, è anche il più falso. Né bambini né peli pubici il suo perpetuo, abbronzato paesaggio di cosce e ghiand lordano ole mammarie rigonfie di silicone. Periqualcuno

tuttavia

ice mna

vera

rivoluzione

sessuale.

Le coscienze « espante » da stimolanti proibiti stanno subendo alterazioni di altro genere. Si registra un cambiament o nella forma sessuale. Una modifica nella struttura dei rappor ti umani. La seduzi one

è ormai fuori moda. Secondo il Shorter Oxfor d Dictionary « sedurre » significa indurre qualcuno, con inganni, lusinghe o allettamenti,

a compiere

una cattiva

azione.

Oggigi

orno nemmeno la chiesa considera « cattivi » i rapporti sessuali prematrimoniali, e la prospettiva di dover ricorrere all’« inganno », alle « lusinghe » o agli « allettamenti » per andare a letto con una delle emancipatissime ragazze d’oggi è ... be’, non meno assurda di quella di dover sedurre Janis Joplin.

L’etica sessuale dell’Underground è, a suo modo, esplicita ' Tipico quello eseguito nel Leicestershire sud-orientale dal dottor William Kind, ufficiale sanitario scolastico. Il sondagg io rilevò un aumento del 18 per cento tra le ragazze verbalmente predisposte ai rapporti prematrimoniali dal 1963: ma ciò significava, quasi sempre, rapporti col fidanzato. C’era in realtà un calo del 10 per cento nel numero delle donne favorevoli ai rapporti sessuali «con qualunque partner consenziente ». Il Sunday Times, tuttavia, pubblicò l’esito del sondaggio in prima pagina col titolo: « LE RAGAZZE SONO SEMPRE PIÙ AVVENTATE » (9 febbraio 1969).

70

come l’Antico Testamento. Se due si piacciono, fanno l’amore. Tavola per due, scatole di cioccolatini, dirlo con i fiori, cemen-

tarlo con i diamanti — i vistosi accessori del corteggiamento primaverile — sono cose datate come Terry-Thomas in abito da sera. Gli antichi rituali non si celebrano più. In A che gioco giochiamo di Eric Berne, il primo gioco sessuale stabilisce: « La donna induce, con abili manovre o provocazioni, due uomini a battersi tra loro, con l’implicazione o la promessa che lei cederà al vincitore ». Oggigiorno cederebbe a tutt'e due — contemporaneamente — e gli uomini l’uno all’altro. Arrendersi? La fraseologia militare costituisce più che mai un vocabolario metaforico insufficiente ai liberi slanci dell’amore fisico tra i giovani d’oggi. Impossibile fornire dati a conferma. I figli di Kinsey non sono ancora emersi dalle loro ricerche sotterranee con la rivelazione che lo hippianesimo è una Peyton Place senza le bugie o una Polinesia senza le superstizioni:

dove Jimi Hendrix

incon-

tra Fanny Hill con un vestito trasparente. Ma salteranno fuori, prima o poi. E tuttavia non è la promiscuità —

una caratteri-

stica comune ai bordelli e alle conigliere — a essere significativa. Può darsi che il candore sessuale della generazione radicale sia indicativo di un rapporto in complesso più sano e più onesto, di cui espresse ingenuamente il desiderio la tanto schernita invocazione contro la guerra: « All You Need Is Love » (Non vi serve altro che l’amore).

Le Beverley Sisters furono uno specchio dei loro tempi con la celebre canzone che diceva: « Amore e nozze ... amore e nozze. Sempre insieme come i cavalli e le carrozze ». Ora sono le Beverley Sisters che se ne sono andate, col loro cavallo e la loro carrozza, e ci si comincia a render conto che non è poi impossibile che amore e matrimonio sopravvivano indipendentemente. Vieni, compagna di viaggio, fermati un po’ ... canta Leonard Cohen, Fin che spunta il mattino, / Non son l’uomo

che ami / Ma solo una tappa sul tuo cammino ... segno che molte illusioni sono cadute e indice del caldo miscuglio di compassione e giocoso pragmatismo che caratterizza il modo di amare di una generazione. Usando un linguaggio forse più grossolano Paul Krassner, direttore di un giornale underground di New

York, fornì un’indicazione della nuova

coscienza

sessuale

con un necrologio del suo attore preferito: « Lenny Bruce e John F. Kennedy avevano qualcosa in comune. Erano grandi sbranafemmine tutt’e due. Non ho potuto far a meno di pensare, 71

tra le altre cose che passano per la testa in occasione della morte di un amico, che dev’essere passato uno speciale fremito di lutto tra tutte le signore che avevano partecipato, limitatamente, alle innumerevoli serate sia dell’attore che del presidente ». Così lo scheletro dalle giunture crocchianti vien tolto dall’armadio e appeso come un trofeo sopra il caminetto. FE’ fantastico essere carnali. E non c’è nulla di più carnale dell’Underground, anche se rendere la sua straordinaria atmosfera sessuale è come provarsi a insegnare a un cieco a giocare al mondo.

i Incontro una quattordicenne di una vicina scuola londinese,

belloccia, angelica, intelligente. La invito a casa mia, lei si arro-

tola una paglia e accendiamo la TV per guardare il film del giovedì. E’ La donna del giorno, dove Spencer Tracy, quasi controvoglia, finisce per trovarsi nell’appartamento di Katharine Hepburn. (La batia, « sono come un vulcano che sta per eruttare », fa, e scappa via). Ecco il telecomunicato della Heinz Souperday, una scopata che sembra un uragano, un’altra paglia. Né finte profferte amorose né vane promesse. (Tracy, al lavoro la mattina dopo, legge un biglietto di Katharine: « Hai dimenticato il cappello. Perché tanta fretta? ». Sorride, e le ruote del matri

monio

cominciano,

stridendo, a girare). Un

bacio d’addio, e la

scimmia corre a casa a finire i compiti. « Farsi seppellire con un’erezione: che si vuole di più? ». Angelo d’Arcangelo - Manuale dell’omosessuale.

La prima pubblica dichiarazione di una rivoluzione privata negli atteggiamenti sessuali venne con le iniziative hippie, love-in all'apertolerfriccatelalichiuso che nell 1967 cominciarono alrimo balzare dal Golden Gate Park a Tottenham Court Road, da

Prins Hendrikade

a Formentera.

AIl’UFO,

anche

se ci voleva

la morbosa libido del News of the World per scoprire realmente

una coppia distesa « in intimità sul pavimento, mentre centinaia

di altri giovani si accalcavano intorno a loro ... visione così

normale

e ordinaria

che non

sembrava

l’atmosfera era prepotentemente

nemmeno

e giocondamente

di spiare »,

sessuale. A

poche centinaia di metri, nei club di Soho, contabili dalle labbra

serrate assistevano con aria colpevole 12

alla proiezione

di film

pornografici: all’UFO ragazzi e ragazze giovanissimi vedevano gli stessi film e sghignazzavano da tenersi la pancia. Al be-in pasquale organizzato dagli yippies a New York ho notato un’analoga atmosfera di spensierato e disinvolto erotismo. Persone sconosciute si baciavano, giovani madri allattavano i bambini e, ogni tanto, una coppia faceva frinfrin sull’erba?. Nella Leidesplein di Amsterdam bisogna essere rispettabilmente vestiti, ricchi e non accompagnati

per assistere a uno

spettacolo di spogliarello, mentre nel vicino Paradiso le indiane in topless che ondeggiano a ritmo di musica sono naturali come le vendite di hascisc libanese. Nei locali dell’Underground i film, gli happening e gli spettacoli teatrali sono senza inibizioni, come senza inibizioni sono i pubblici. Nel primo Arts Lab di Londra (che ha chiuso i battenti nell’ottobre del ’69) non era una novità

che un lavoro teatrale raggiungesse il suo climax nello stesso momento in cui il pubblico raggiungeva il suo, tutti imparzialmente allacciati gli uni agli altri. William Reich era convinto che il benessere e la felicità fossero direttamente legati alla soddisfazione sessuale. Se una cultura non

è sessualmente

una buona

società sono

sana,

destinati

tutti i tentativi

al fallimento.

di costruire

Mentre

tutti

hanno le loro idee di ciò che costituisce l’idoneità sessuale, molti

credono che la libertà dell’Underground dalle inibizioni sia il primo passo verso una nuova civiltà, più libera e felice. Intanto,

se non altro, l’etica sessuale libertaria cercava di fare proseliti: « Io sto nel movimento solo per conoscere delle ragazze e spupazzarmele », com’è ancora Krassner a dire. Esistono, ovviamente, gruppi comunitari che si propongono

di portare la rivoluzione sessuale fino alle estreme conseguenze, ma più spesso essi costituiscono, come per la droga e per l’arte,

un aspetto del problema marginale e irrisolto. Julian Beck del Living Theatre, che cerca di rappresentare nel suo modo di vivere un microcosmo il più vicino possibile alla nuova società, ha detto: 2? L’anno dopo fu una specie d’ammucchiata. « Una ragazza dai lunghi capelli si svestì e ballò sotto la pioggia tiepida ...i suoi amici fecero da spettatori mentre una dozzina di giovanotti la violentavano in preda a una bestiale frenesia. Delle centinaia di persone che si avvicinarono per guardare nessuno l’aiutò, nessuno ebbe pietà di lei. Qualcuno, addirittura, le rubò i vestiti. Mentre la ragazza si aggirava barcollando qua e là, stordita e coperta di fango, tutto quello che indossava era una parola di cinque lettere dipinta sulla fronte: ’Amore’ ». Così il Sunday Mirror nella cronaca dell’episodio verificatosi al Central Park il giorno di Pasqua del ’69. La violentavano?

73

« C’è nella comunità una grande attività sessuale libera e intercomunitaria. Ci sono molte relazioni amorose di breve durata all’interno della comunità: ci sono anche relazioni amorose periferiche

o esterne, cose passeggere:

quando

diventano

molto regolari o molto intime in genere la persona entra nella comunità. C’è una ragionevole misura di attività sessuale multipla, di gruppo: con la partecipazione di tre, quattro, cinque, sei persone. C’è una ragionevole misura di omosessualità maschile e una misura, minore, di omosessualità femminile »°.

Anche se è l’elemento underground del Movimento a identificare nel modo più esplicito la libertà sessuale con la libertà totale, tutti condividono l’euforia generata da una « situazione rivoluzionaria ». Ecco come i fratelli Cohn-Bendit rievocano i giorni del maggio parigino: « In quei momenti di entusiasmo collettivo, non poteva esserci nulla di più semplice e più naturale di un cordiale rapporto tra i ragazzi e le ragazze. Tutto era facile e privo di complicazioni ». Uno dei miei amici si è espresso in un modo più conciso. Interrogato su cosa ricordasse dî più dei

giorni passati dietro le barricate, rispose: « In un solo pomeriggio ho chiavato quindici ragazze » Come

la Svezia, l’Underground non ha prostitute e, come

la Danimarca, ha abolito la pornografia. Quando fu perseguitato dalle autorità alla ricerca di materiale osceno, il giornale sotterraneo di Boston Avatar rispose con un paginone di parolacce squisitamente calligrafate. Il tabloid dell’Underground newyorkese Screw non è da meno, visual mente, dei suoi equivalenti di Copenhagen, e proclama la sua determinazione a « legalizzare la pornografia ». Screw chiese invano per i suoi fotografi il permesso di assistere all’insediamento del presidente Nixon. « Volevamo fotografare il cacatoio della Casa Bianca e magari scattare un’istantanea del presidente Nixon mentre fa pipì, per vedere se scrolla quelle ultime due o tre gocce come gli altri comuni mortali »’. Screw fu il primo di una valanga di tabloids newyorkesi imperniati sul sesso, molto criticati e spesso soppressi, ispirati dal successo dei giornali dell’Underground. Possiede una qualità fondamentale che lo * Some

‘ « Come

of IT, p. 158.

hanno impedito a Screw

stampa del senato americano scrisse:

di rompere

74

le balle a Nixon ». L’ufficio

« Il presente rifiuto non significa che si

abbia una sfavorevole opinione sia di voi sentate ». Screw, n. 4, 7 febbraio 1969.

sia

dell’organizzazione

che

rappre-

esclude dalla categoria generalmente accettata della pornografia, e che effettivamente lo distingue da tutti gli altri giornali che sfruttano

il filone del sesso:

un

esuberante,

autocritico

senso

dell’humor. (« Screw è una puttana da 25 cents », proclamano i suoi annunci pubblicitari.) Un nuovo tentativo di risolvere il rebus metafisico di come oggettivare i giudizi estetici è stato fatto con giochi come il « Test della chiavabilità femminile » e l’invenzione di Screw del Pietrometro, un grafico che permette al recensore di registrare, in pollici, il potenziale erettivo dei film pornografici. (« E’ un utile strumento per quelli che non sanno leggere ma sono tanto intelligenti da capire il sistema numerico »). Naturalmente la rinfrescante irresponsabilità di un simile approccio provocherà una severa reazione: com’è successo nel caso del lavoro teatrale intitolato Che, di Lennox Raphael, altro

luminare della stampa underground. Insieme alle dimostrazioni in massa e all’uso della cannabis,

l’« osceno » offre un ottimo pretesto per i bracci di ferro tra l’Autorità e il Movimento. In ogni parte del mondo si molestano e si denunciano i giornali underground per aver trasgredito a norme giuridiche attinenti alla sfera sessuale‘. I crociati delle varie dogane fanno di tutto per arginare il fiume internazionale di queste pubblicazioni, e dei libri e dei film underground. Se è vero che libri come L’amante di Lady Chatterley e Ultima fermata a Brooklyn sono stati trionfalmente assolti dalla magistratura inglese, è anche vero che il proprietario dell’unica libreria di avanguardia di Brighton viene tranquillamente condannato per aver venduto prose e poesie oscene. Il fatto risale all’agosto del 1968, quando gli inflissero una multa di 230 sterline più 180 ghinee di spese processuali. Nell’emettere il verdetto il magi° Rappresentato in un teatro off-off-Broadway, Che fece molto parlare di sé perché conteneva il primo rapporto sessuale ufficialmente e compiutamente eseguito in scena. Questo, e lo spettacolo supplementare dei membri della compagnia che si palpavano a vicenda i genitali, fu troppo per la polizia di New York, che arrestò l’intera troupe e la denunciò per atti osceni in luogo pubblico e sodomia (aprile 1969). Ob Calcutta di Kenneth Tynan, che fu messo in cartellone poco tempo dopo, presenta in forma un po’ più satirica scopate e nudità sul palcoscenico, ma non è mai stato seriamente minacciato dall’intervento delle autorità e sta facendo diventare milionari tutti gli interessati. « Il che non significa, necessariamente, che sia uno spettacolo da stroncare: presenta infatti il sesso in modo più onesto dei successi commerciali precedenti e nella stessa misura libererà il teatro (e il suo pubblico preponderantemente borghese). Ma riconoscerà mai Oh Calcutta il debito che ha verso Che? ». John Wilcock, Other Scenes. OZ 22. ‘ Per altri particolari si veda il capitolo sulla stampa underground.

strato, « Laughing Jack » Ripper, commentò: « Mi sia permesso di esprimere lo sgomento, mio e dei miei colleghi, provato davanti alle porcherie che si sono esibite in quest’aula, e al fatto che persone responsabili, tra le quali alcuni membri del senato accademico di questa università, siano venute qui a difenderle. Dal nostro

punto

di vista, si tratta di cose assolutamente

indifen-

dibili ». Le porcherie esibite in tribunale erano poi i soliti baluardi delle letteratura a sfondo sessuale, più OZ, IT, l’East Village Other, The Seed di Chicago, l’Evergreen Review e Fuck-

nam di Tuli Kupferberg. Eppure non sono i lettori dei giornali underground a essere turbati dalla loro linguistica franchezza, ma gli estranei. E’ solo quando i giornalisti si lamentano — « Ma perché scrivere tante parolacce? » — che ci si accorge della loro esistenza. Prendiamo la reazione di Derek Jewell, critico di jazz del Sunday Times, alla raccomandazione di un columnist rivale della rivista Rolling Stone:

« Non

vorrà alludere, spero, all’ultimo numero,

ultimo

in ordine di tempo ma tutt’altro che atipico, dove la maggior parte delle lettere al direttore pubblicate nella prima pagina interna contenevano almeno una delle parolacce più comuni! Esilarante?

Creativo?

Be’,

forse

energetico

come

scrivere

sui

muri di una latrina. Ampi squarci del testo di altri articoli della rivista apparivano fittamente intessuti delle stesse orribili parole, e di altre simili . . . è. Quest’organizzazione stupirebbe i giovani lettori di Rolling Stone. Le « orribili » parole segnalate appaiono nei suoi articoli altrettanto irregolarmente, e con la stessa validità, delle parole

« musica », « amore », « Elvis » e « rock »:

è Jewell a scandalizzarsi della loro presenza, non i lettori. Per gli esponenti della nuova generazione questi termini non hanno niente di scandaloso. Ricordano a malapena i grigi tempi in cui Norman

Mailer, per i suoi soldati del Nudo

e il morto, doveva

inventare l’eufemismo « fug ». Oggigiorno comprano riviste con testate come Fuck You - a Magazine of the Arts, ascoltano le parole strillate dai dischi pop o le usano con ogni tenerezza per invitare i partner a letto. L’uso non equivoco del linguaggio non si limita alla scena letteraria underground; appartiene alla politica quotidiana del Movimento. L’osceno è per tradizione una delle armi più importanti di cui si valgono le vittime dell’alienazione e della frustrazione. La differenza tra un « uomo multato 7 Sunday

76

Times,

29 marzo

1969.

per aver fatto commenti osceni sul primo ministro », il Book of Rugby Songs, Jonathan Swift e la furiosa turpitudine dei militanti d’oggi sta nel fatto che gli ultimi l’usano en masse intersessualmente, istintivamente, non solo per divertire i loro ascoltatori

ma

come

mezzo

per

esprimere

l’animosità

che

provano

per i loro nemici e l’amore che sentono l’uno per l’altro « Fuck », con la sua duplice connotazione di sesso e violenza, è usato pubblicamente come prefisso per ogni persona o oggetto indesiderabile. « L’One two three four — we don’t want to go to war » (« Uno due tre quattro - non vogliamo andare alla guerra ») di una volta oggi è diventato un semplice « Fuck Nixon » (« In culo a Nixon »). Mentre

la folla sfilava

davanti alla sede del Daily Express, in Fleet Street, durante le dimostrazioni contro la guerra nel Vietnam dell’ottobre ’68, un coro spontaneo di « In culo alla borghesia » accrebbe l’ostilità dei giornalisti che assistevano al passaggio del corteo. Quasi tutte le azioni di piazza del Movimento, su qualunque terreno abbiano luogo, risuonano di un vocabolario monosillabico che avrebbe fatto la gioia di Lenny Bruce, se nella sua lotta per avere il diritto di parlare con altrettanta franchezza Bruce non fosse finito all’altro mondo. Anche se forse non sempre Papà Bruce sarebbe rimasto particolarmente colpito dallo spirito o dall’originalità dei militanti d’oggi; un esempio dei quali è costituito dalla canzone scritta da Eldridge Cleaver e insegnata agli studenti radicali, come finale della prima delle sue tanto discusse lezioni di Berkeley: tre versi, identici, che dicono: « In culo a Reagan, in culo a Reagan, in culo a Reagan », formando un

inno decisamente privo d’ispirazione, anche a giudicarlo col metro dei festival della canzone trasmessi in eurovisione. L’incidenza e l’intensità di questo linguaggio « sboccato » aumenteranno via via che i nuovi rivoluzionari si disinteresseranno dei problemi immediati e si rafforzeranno nella loro decisione di creare un assoluto caos sociale. Se l’anarchia costituisce una premessa

essenziale alla creazione di una società alternativa, la

deflorazione del linguaggio, rendendolo osceno e inutile, è solo un aspetto del processo di strutturazione di una lingua nuova. « Nell’articolo

di

Gillian

Freeman

a

pagina

94

ricorre

una parola di quattro lettere. Sono ancora leggermente scandalizzato ». Paul Johnson, direttore del New Statesman. Giugno 1967. ui

Anche la nudità è diventata una tattica popolare e un efficace diversivo. Esprime istantaneamente l’impegno a una totale riabilitazione dei valori sociali, fa notizia e, cosa sorprendente,

scoraggia l’arresto.

$ Albert Hall, Londra 1968. Il Matrimonio

Alchimistico. Una « Sera

di silenzio ». Friccata

natalizia

dell’Underground. Un’atmosfera distesa, fraterna: ma si sente che sta per succedere qualcosa. Tra il pubblico, una ragazza bionda si spoglia. La direzione, già messa sul chi vive dal profumo d’incenso, chiama la polizia. Quattro agenti, giovani e seri, si fanno avanti per

procedere all’arresto. La folla si coagula intorno all’imputata, molti cominciano a svestirsi a loro volta. La polizia batte in ritirata. Nuda e serena, la ragazza assiste senz’altri impedimenti al resto dell’esecuzione, insieme al pubblico. Solo per la stampa è sempre al centro dell’attenzione. Intanto John Lennon e Yoko Ono girano qua e là sotto un lenzuolo, accompagnati da un uomo che suona il flauto, mentre un altro signore, con l’abito grigio di chi ha una coscienza politica, sfila con una bandiera del Biafra gridando: « Ci pensi, John Lennon, ci pensi? ». Il mattino dopo, davanti al caffé e alla marmellata, i lettori dei giornali londinesi ammirarono la stessa ragazza in prima pagina, con le sue tettine rese più stuzzicanti dal ritocco, e meditarono sulla querula giustificazione di Sir Louis Gluckstein, presidente dell’Albert Hall: « Ma come si fa a impedire a una ragazza di spogliarsi? ». 78

ì

Ogni tanto, vicino alla Borsa di New York, innocenti spettatori hanno potuto rallegrarsi la vista con gruppi di manifestanti contro la guerra completamente nudi. L’anno scorso sette studentesse tedesche si spogliarono in tribunale per protestare contro la decisione di un giudice di Amburgo. Nessun love-in o bust-out al Central Park è mai stato completo senza la partecipazione di Louis Abolafia, direttore esecutivo dell’East Village Foundation for Runaway Children, che si presentò candidato alla presidenza degli SU con lo slogan: « Ho forse qualcosa da nascondere? ». I passanti venivano invitati a « girare il mondo con l’unico candidato presidenziale nudo e il suo governo di putti e putte nudi ». Adamitiche dimostrazioni hanno avuto luogo davanti agli uffici del’IBM (« per protestare contro la sua influenza disumanizzante »), in occasione di convegni politici e

in prossimità di cabine elettorali. Quando si presentò al Grinnell College dell’Iowa per coltivare le sue pubbliche relazioni, un dirigente di Playboy si trovò davanti a un gruppo misto di studenti nudi. La dimostrazione era stata organizzata dai locali esponenti della Women’s Liberation e da altri organismi per la guerriglia teatrale, che accusavano Playboy di « stereotipare il corpo per sfruttarlo commercialmente», pur « fingendo di apprezzare e rispettare la bellezza del nudo femminile ». A detta delle dimostranti, « Playboy sostituisce il feticismo al sincero apprezzamento dell’infinita varietà delle forme umane ». Le foto pubblicate dai giornali mostravano attraenti studentesse, nude e tutt’altro che imbarazzate,

armate

di cartelli che dicevano: « Gli alti salari gonfiano le tette ». Una delle conseguenze della vita comunitaria, come confermano le esperienze del Living Theatre, è un’attività sessuale comunitaria. Analogamente, la diffusa fraternizzazione della generazione d’oggi si risolve in esperienze sessuali generalizzate, come le cosiddette ammucchiate, che vanno dalle documen-

tatissime stramberie degli Angeli dell’Inferno (sia negli SU che nel Regno Unito) ai meno conosciuti riti tribali dei surfies australiani*, Poi ci sono i « multipli » e le « orge », di natura, * L’atteggiamento invidiabilmente pragmatico di questa società rivierasca pagana di ragazzi dai 12 ai 16 anni è messo in evidenza dalla decisione di alcuni di limitare la propria attività eterosessuale alla sodomia, « perché così non metterà su il pancione ». Nei giorni di festa, come per esempio in occasione di un surf carnival, una ragazza generosa si presta gentilmente alla bisogna dietro le dune di sabbia, dove si forma ben presto una lunghissima coda di giovanotti. Dell’ultimo della fila si dice che « va a mescolare il porridge ».

79

diciamo così, un po’ più casalinga, La seconda, endemica oggigiorno nella terra degli « swinger », consiste in un’attività sessuale collettiva tra sconosciuti o conoscenti superficiali, in numero, diciamo,

superiore

a cinque.

Le orge vengono

organizzate

e di solito hanno luogo in ambienti provvisti di ogni comodità. Il primo termine, multiplo, indica invece una relazione più intima e spontanea tra vecchi amici e/o amanti, che può essere, a vari livelli, una gioiosa esperienza. Anche se tra i membri dell’Underground è data-&-presa per scontata, questa scena di group-grope continua a far uscire dai gangheri i sociologi da paperback. G. Legman, nello stridulo attacco alla società radicale sferrato in The Fake Revolt - La rivolta fasulla - vede tutto il movimento con occhiali schizzati di sperma: « Come può la porcaggine sessuale di spartire tua moglie o la tua ragazza con altri tre, quattro, cinque o anche sei indi-

vidui, uno per ogni punto cruciale della sua rosea anatomia, essere una prova della tua ribellione contro il mondo, vecchio e cattivo, dei tuoi genitori? Come puoi denunciare la falsità del ridicolo ideale dei tuoi genitori — quello di un sistema sociale basato sul concetto della famiglia come unità organica a sé stante — facendo la coda per scopare tua moglie studentessa, col culo unto d’olio per bambini e le tette dipinte come uova di Pasqua Art Nouveau? »°. Questi giochi non sono considerati un surrogato di rapporti significativi ma semplici manifestazioni della frenetica curiosità e della mancanza di senso di colpa di una generazione nuova. Legman, fra parentesi, si burla dell’interpretazione letterale, da

parte del Movimento, di uno slogan che pretende di avere inventato lui stesso: « Fate l’amore, non la guerra ». Dei grossolani tentativi di sfruttare economicamente questa permissività (vagine artificiali, burro per orge, ecc.) si burlano sovente i giornali dell’Underground, il cui sensato atteggiamento nei confronti della sessualità di gruppo è riassunto in questo passo del Georgia Straight di Vancouver": « E’ probabile che partecipiate ad altre tre o quattro festic° The Fake Revolt, G. Legman. Breaking Point/New York 1° Georgia Straight. 13 dicembre 1968.

80

1967. Pp. 18-19.

ciole. A quelle successive vi sentirete più distesi e finirete per sperimentare

quasi

tutte le cose che avete

sentito,

sognate

o

letto da qualche parte. Dimenticherete di chiedere i nomi e forse non ci penserete due volte a dormire con qualcuno di cui non

sapete

niente

e per

il quale

non

sentite

proprio

niente.

Scoprirete che potete ancora avere fantasie di natura sessuale e che le malattie veneree si curano facilmente. Rare sono le probabilità di amicizie durature. Continuerete ad avere quasi tutti i vostri problemi sessuali ed emotivi e magari qualcuno di più. I problemi delle persone che incontrerete potranno essere più gravi. Sarete sessualmente più coscienti e finirete certo per

stancarvi, almeno fino a un certo punto. Con sollievo, tornerete a una sessualità su base privata, senza rammaricarvi di aver par-

tecipato allo « spettacolo » ma

pensandola,

nei confronti

del

« sesso organizzato », più o meno come la pensate nei confronti

della « religione organizzata ». Se i disperati appelli dei lettori sono una guida ai costumi sessuali di una comunità, le lettere ricevute dal dottor Schoenfeld

e pubblicate nella rubrica firmata Hippocrates (e pubblicata da tutta la stampa underground) rivelano affannose conquiste nei campi della franchezza e della curiosità sessuale. Vi si parla di tutto, con brio, semplicità, ricchezza d’informazioni:

chiarendo

ogni complicazione relativa a cunnilingus, fellatio, urolagnia, rapporti anali, malattie veneree, peti vaginali o bestialità". I] tono di questa corrispondenza, paragonato al crasso orrore pseudo-clinico delle lettere delle rubriche « serie » delle riviste in carta patinata, non lascia dubbi su quale delle due scuole si sia veramente emancipata sotto il profilo sessuale. I summenzionati passatempi formano una scala metaforica di verginità. Via via che

passa,

diciamo,

dal sessantanove

ai sandwiches

umani,

la

ragazza spunta mentalmente un altro imene perduto. Come per altre tendenze dell’Underground, le pratiche sessuali della Spock generation traggono una certa ispirazione dalle attività delle figure pop. Gli aneddoti più bizzarri sono probabilmente pure e semplici invenzioni, ma qui la veridicità è senz’altro irrilevante. A stimolare l’imitazione non sono né il vero né il falso, ma il mero

fatto di credere a ciò che viene riferito.

Ogni tanto le dicerie ricevono urna conferma e il pubblico ha !! Per

un

esempio

di lettera

al dottor

Schoenfeld,

vedi

pag.

161.

81

infine la possibilità di vedere con i propri occhi, seppur brevemente,

come

si svolge,

nell’intimità,

la vita sessuale

dei suoi

idoli. Ricordate il famoso « festino » nella casa dei Rolling Stones? I poliziotti intervenuti si dichiararono così scandalizzati dalla gioconda nudità di una certa signorina che in tribunale indicarono nel suo comportamento una prova del fatto che tutti i presenti

dovevano

essere completamente

« partiti »: La voce

che allora girò per una Londra ridacchiante (confermata da una quantità di « fonti irrefutabili », ripresa da una copertina di Private Eye e stampata a chiare lettere dai giornali dell’Underground americano) era che quando gli agenti fecero irruzione nella casa uno degli invitati stesse tranquillamente succhiando una stecca di cioccolata piantata nella fica della ragazza in questione.

La musica rock è sempre stata associata alle polemiche. Gli impresari di Denmark Street ghignano ancora pensando all’abitudine che aveva Elvis d’imbottirsi i pantaloni con un pezzo di tubo da giardiniere. Jimi Hendrix non lascia dubbi su quale sia l’organo sensoriale di cui la sua chitarra è un’estensione (obbligando così le telecamere a fingere un ossessivo interesse per la sua faccia); i Beatles, anche durante la loro fase di pin-up dello Woman’s Weekly, erano felicemente privi d’inibizioni per quanto

riguardava

i rapporti

prematrimoniali.

A

_P.J.

Proby

scoppiarono i calzoni in un cinema della Rank: una scelta poco felice, perché fu poi messo al bando da tutti i cinema della catena. La polizia di Miami denunciò Jim Morrison del complesso The Doors perché si masturbava in scena: una martirizzazione abbastanza ingiusta, se si tiene presente che i membri del suo pubblico stavano senz’altro facendo la stessa cosa. Non tutti i pop fans sono destinati a vivere le loro fantasie sessuali nell’oblio delle ultime file. Alcuni si spingono fino ai camerini dei divi e oltre. Noti come groupies, questi individui sono il fenomeno sessuologico degli anni sessanta, esemplari antropologici affascinanti come, ai loro tempi, lo furono gli abitanti delle isole Trobriand". Basti dire, a questo punto, che sono giovani, per lo più di sesso femminile, numerosi, molto espliciti (« Ho diciotto anni compiuti, sono pulita, scopiamo »),

e sempre reperibili nei paraggi delle pop stars («... Ne abbia‘! Vedi Groupies preparato dai Bantam Groupies », serie di LP della ALP Records Johnny Byrne, New English Library.

82

Books per Rolling Stone. « The Inc. Groupie di Jenny Fabian e

mo trovate persino a Singapore » — Jimmy Page). ney, nel 1966, durante le tournées dei Beatles e dei Stones, le fameliche ragazze davanti agli alberghi di Cross causarono ingorghi nel traffico. Nei centri pop come

A SvydRolling King's Londra

e San Francisco, i groupies posano per riviste, formano

gruppi

pop e diventano celebrità per conto loro. Le più celebri sono le Plaster Casters (più o meno, « ingessatrici ») di Chicago, un’allegra coppia di ragazze decise a immortalare, prendendone un calco in gesso, i peni dei più noti divi pop. Una delle due provoca l’erezione, l’altra prepara l’occorrente per il calco. « Apprezzo ciò che fanno » dice Frank Zappa, « sia sul piano artistico che su quello sociologico. Sociologicamente è molto importante ». Cynthia l’Ingessatrice è perfettamente

d’accordo:

« Secondo

me,

dovrebbero

farlo

tutte

le ragazze: provare, almeno una volta. Sarà un elemento significativo della rivoluzione »". Una fottistelle inglese da tempo amica mia così ricorda come

improvvisamente

sentì la vocazione:

« Che ci fosse una congiura pop per far saltare le cervella alla mia generazione era evidente. La cosa m’interessava, però non c’entravo. Cominciai a capire il simbolo del gruppo solo quando, in uno studio televisivo, conobbi Simon Dupree e quelli del Big Sound. La sala era piena di pupazze e pilottini che respiravano per il naso e dosavano ogni mossa. Sgniffi come di un succhiamento generale riempivano l’aria quando questi tipetti partirono a razzo, cantando quello che era già un vecchio numero, « Reservations », ricordo, e uno gli vedeva le mutande.

E cristo Simon come sudava. E il suo sound fece volar via tutti gli stronzi e i furbetti della BBC e allora capii che ero con lui. Sai com’è: non c’è un tecnico che i divi del rock non li giudichi degli squilibrati, e la direzione li tratta come dei poveri deficienti, carini ma con le pigne in testa. Loro, be’, fanno quello che devono

fare e se ne sbattono

le palle. Tanto

il messaggio

è trasmesso. Mentre mi vestivano, per una storia o l’altra, con una cosina tutta attillata che mi tirava su le tette, alzai gli occhi e vidi che mi locchiavano tutti .. con una specie di calda innocenza, e a un tratto capii che il groupianesimo era possibile »'. Ann

3 Ann Arbor Argus, aprile 1969. Da un’intervista registrata mentre Arbor, nel Michigan, per « ingessare » gli MC 5. 14 The Universal Tonguebath, A Groupie’s Vision. OZ 19.

era ad

83

Che differenza c’è? Cos’è, nella sessualità obbligatoriamente priva d’inibizioni di questa generazione, che mette l’artificiosa decadenza dei celebri maestri di botanica di ieri in una prospettiva così tragicomica? Tutte quelle chiacchiere di Hemingway sui « cojones », l’assurda sete di « sangue e coraggio » di Connie Chatterley, lo stitico immoralismo

di Gide, Sweeney

Eretto o de Beauvoir in riposo: oggi tutto questo ha più o meno la stessa importanza di un fox-trot di Victor Sylvester. Marshall McLuhan

scopre

la differenza

e l’ascrive,

manco

a dirlo,

alla

televisione. I giovani, sostiene, stanno diventando più tribalizzati: «... gli strumenti di comunicazione basati sull’elettricità, stimolando

tutti i sensi simultaneamente,

danno anche alla ses-

sualità quotidiana una dimensione sensuale nuova e più ricca che rende antiquato e fuori moda lo stile da animale in fregola di Henry Miller ». (Intervista pubblicata nel marzo 1969 da Playboy, una rivista che andrebbe accoppiata a Miller, come prova la dimostrazione degli studenti nudi del Grinnell). Non c’è da meravigliarsi se una generazione simile si è sentita offesa dai sintetici rituali di un’Anonima Erotismo sulla cinquantina. La « Pagina della donna » di un giornale’ underground, per esempio, attaccava il « simbolo degradante della ragazza tutto seno e niente cervello » dei concorsi di bellezza per l’elezione di Miss America. « Sfilando in passerella le concorrenti epitomizzano i ruoli che come donne siamo tutte costrette a interpretare . . . dove i nervosi animali vengono giudicati per i denti, il pelame, ecc., dove ai migliori ‘esemplari’ si assegna il nastro azzurro. Così, nella nostra società, le donne sono costrette, quotidianamente, a gareggiare tra loro per l’approvazione del maschio, schiavizzate da ridicole norme di bellezza

che noi stesse siamo condizionate a prendere sul serio ». L’IMBATTIBILE COMBINAZIONE MADONNA-PUTTANA”. Con queste pro‘° Helix, settembre 1968. Tra le altre obiezioni a questi concorsi: RAZZISMO CON LE ROSE — Dall’anno della sua fondazione, il 1921, il concorso di bellezza non ha avuto una finalista nera, e questo non certo per mancanza di concorrenti all’altezza della situazione. Non c’è mai stata una vincitrice portoricana, dell’Alaska, hawaiiana o india. E non c’è mai stata una vera Miss America: una pellerossa. MISS AMERICA COME MASCOTTE MILITARE DELLA MORTE — Ogni anno l’avvenimento più importante del suo regno consiste in una tournée fra le truppe americane all’estero: l’anno scorso è andata nel Vietnam a rialzare il morale dei nostri padri, mariti, figli e fidanzati perché morissero e ammazzassero più spensieratamente. Rappresenta la « donna americana, patriottica e immacolata, per la quale combattono i nostri ragazzi ». Il Reggiseno Vivo e il Soldato Mor-

84

teste le donne cercano un’estensione di quella medesima uguaglianza che hanno già ottenuto in seno al Movimento. O forse ottenuto parzialmente. In un articolo sulla Rivoluzione Sessuale ‘ Emmanuel Petrakis, presidente della Lega per la Libertà Sessuale, esorta le donne a « imparare a concedervi un po’ di più . . . anche se in principio non vi divertite, perché non far contenti gli altri? Col tempo, potreste imparare ad apprezzare l’esperienza nel suo giusto valore ». (O magari col signor Petrakis). Questa

malinconica,

senile

condiscendenza

non

si confà

alle ragazze d’oggi più di quanto si confaccia ai sindacati la tanto reclamizzata mozione adottata al Congresso di Brighton del 1968, in cui si sanciva, dopo 100 anni, il PRINCIPIO della stessa paga per lo stesso lavoro. L’annuncio del governo laburista, l’anno dopo, che entro la metà degli anni settanta si sarebbe fatto rispettare questo principio in tutti i campi del lavoro, fu definito « rivoluzionario » dalla stampa. Mentre tali controversie non toccano

il Movimento,

i suoi stessi componenti

non

sono

im-

muni da colpe. Relegando le loro ragazze ai ciclostile e alle scatole della piccola cassa, hanno mostrato il solito complesso di pregiudizi antifemminili: contro i quali si sono indirizzate le vivaci rappresaglie delle « nuove donne ». « Le donne emancipate non fanno da mangiare » ammonirono le ragazze che occupavano le aule della Columbia University, e oggigiorno è meno pericoloso proporre: « Scopiamo » a una compagna militante che chiederle di farvi un’Ovomaltina. Varie Leghe per l’Emancipazione, vivaci e battagliere, sono sorte negli SU e nel Regno Unito (una sezione londinese pubblica una rivista che si chiama Harpies Bizarre), e un incontro con una delle loro reclute è un po’ come l’incontro di un generale americano con un partigiano

vietcong. Durante le dimostrazioni in massa le ragazze sono dappertutto:

ai sit-in, ai be-in, ai loot-in;

« disinvoltamente

equi-

to. Ci rifiutiamo di essere le mascottes degli assassini.

LA DONNA COME TEMA OBSOLESCENTE DELLA CULTURA POP — Affusola, mu-

tila e scarta domani. Non c’è nulla di più ignorato di Miss America dell’anno scorso. Questo non è altro che un riflesso del vangelo della nostra società secondo San Maschio: le donne devono essere giovani, piccanti, malleabili: donde la discriminazione che nasce dall’età e il culto della giovinezza. È con un vero e proprio lavaggio del cervello si ottiene il risultato di convincerne le stesse donne.

L’INSIGNIFICANTE CORONA SUL TRONO DELLA MEDIOCRITÀ. BASTA CON MISS AMERICA. 16 IT,

14-27 febbraio

1969.

85

sessuali », pur non esitando a sfruttare il concetto dizione, la società ha del loro ruolo. « Davanti le un grido di battaglia ormai comune. Le ragazze, formano una disarmante fila di petti contro la forza di agenti e dei soldati con le baionette inastate.

che, per traragazze », è avanzando, dei cordoni

« Le donne nere dovrebbero distinguere tra gli uomini che frequentano e scartare tutti quelli che non s’identificano con la rivoluzione ». Eldridge Cleaver, Berkeley Barb, agosto ’68 Un’arma

femminile,

vecchia come

il cucco,

è tornata

in

circolazione con un’etichetta rinnovata: il « potere della passerina ». Certe sue manifestazioni ricordano l’atmosfera dei giorni delle suffragette, altre sono psicoticamente moderne, come lo scuM

(The

Society

for Cutting

Up

Men)

creato

da

Valerie

Solanas, che ha esordito conciando per le feste Andy Warhol. Il suo manifesto illustra quello che si spera sia il punto di vista di una minoranza:

« Dire che un uomo è una bestia significa lusingarlo: l’uomo è una macchina, un fallo ambulante ... Réso dalla vergogna, dal

rimorso, da paure e incertezze, e provvisto, se è fortunato, di

una sensibilità grossolana e rudimentale, il maschio è, nondimeno, ossessionato dall’idea di fottere: passerà a nuoto un lago

di moccio, guaderà un fiume di vomito, entrandovi fino alle nari-

ci, se pensa che una passera amica lo stia aspettando dall’altra parte ... Il maschio sostiene che le femmine trovano soddisfazione nella maternità e la sessualità riflette ciò che i maschi troverebbero soddisfacente, secondo loro, se non fossero maschi

ma femmine. Le donne, in altre parole, non invidiano il pene maschile: sono gli uomini a invidiarci la vagina »”.

La WITCH (che in italiano significa « strega » e sta per Women’s International Terrorist Conspiracy from Hell: congiura terroristica internazionale delle donne dall’inferno) ha orga-

nizzato varie massicce dimostrazioni (nere) davanti a certi isti-

tuti commerciali di New York. Le streghe, si fa notare, sono

17 Questa è la versione di una volantino ciclostilato. Una versione completa, e un po’ diversa, è stata pubblicata dall’Olympia Press.

86

sempre state, fin dai tempi più antichi, le prime combattere l’oppressione. Storicamente le streghe seri anticonformisti, liberi, intelligenti, gioiosi, tati di spirito creativo e di mentalità scientifica, e

a ribellarsi e a sono degli esaggressivi, dosempre in urto

con le strutture della società (favorevoli al controllo delle nasci-

te e all’aborto, esperti d’erboristeria, dediti all’uso di sostanze allucinogene e spacciatori di droga). L’antivigilia di Ognissanti (1968) le aderenti alla WITCH infestarono la borsa valori di New

York. Nervosi commissionari sbarrarono loro l’ingresso mentre le streghe, avvolte in mantellacci neri come nelle favole, dichiaravano di avere un appuntamento col direttore generale di Wall Street: Satana. (« Con gli occhi chiusi e la testa china le donne recitarono la formula dello Yeall berbero — sacra alle streghe algerine — e proclamarono il crollo imminente di certe azioni. Alcune ore dopo il mercato chiuse un punto e mezzo sotto la quota precedente, e il giorno successivo scese di altri cinque punti » (Rat, 6 novembre 1968). Il giorno di San Valentino (1969) le streghe misero a sogquadro la prima Fiera Nuziale di New York, al Madison Square Garden (un semplice slogan: L’amore nasce alla Chase Manhattan), e furono messe alla porta da gorilla in uniforme che strillavano: « Siete malate, siete malate, siete malate ». « Queste streghe

non

conoscevano

né Marx

né Engels »

dice a un certo punto la loro salmodia, « ma i loro conquistatori conoscevano Freud »: probabile allusione all’etica vaginale freudiana respinta dal Movimento. Una delle più importanti conclusioni della Human Sexual Response, quell’indagine clinica in CinemaScope nella fisiologia del sesso, fu che anatomicamente tutti gli orgasmi femminili derivano dalla clitoride. Gli orgasmi vaginali

non

esistono.

Questa

scoperta,

si dice, ha liberato le

donne dalla frottola freudiana che l’orgasmo vaginale sia superiore all’orgasmo clitorideo: le donne vaginali essendo femminili, equilibrate, materne;

mentre le donne clitoridee sarebbero im-

mature, nevrotiche, mascoline. Il raggiungimento del mitico orgasmo vaginale, si sa, dipende dal pene; l’estasi clitoridea ne è

invece del tutto indipendente. « La definizione della sessualità femminile come normalmente vaginale » scrive Susan Lydon su Ramparts®, è sempre servita a tenere le donne sottomesse, a renderle dipendenti sessualmente, oltre che sul piano economi18 Alla quale

sono

debitore di questa

dissertazione

vaginale.

87

co, sociale e politico ». Se è in effetti probabile che le donne siano oggi nel travaglio che precede la loro liberazione dalle vestigia del dominio maschile, ancora non si notano diffusi sintomi di boicottaggio. Non, almeno, da parte delle ragazze. Ma forse questo esclusivismo femminile, con le sue sfumature lesbiche, ha avuto qualcosa a che fare con l’affermarsi dell’omosessualità maschile, che nel 1969 è stata lanciata su tutti i mercati come

una nuova marca di benzina. « .. La cosa più fantastica » osservava Angelo d’Atrcangelo pubblicando la lista dei più noti omosessuali viventi, « è che ormai se ne fregano tutti: anche di vedersi classificati con tanto di nome e cognome »”. « Burroughs sta diventando un vero bocconcino ». Allen Ginsberg. East Village Other, 14 marzo 1969 Non tutti i problemi sono stati emancipato ensemble, ammette Julian è una delle aree più difficili ». Questa sta imparando a svalutare la proprietà è ancora ostacolata dalla nozione

risolti. Anche per il suo Beck, « quella del sesso generazione, che solo ora e a rivalutare l’umanità,

di possesso.

La gelosia, ben-

ché fuori moda, non è ancora estinta. Malgrado l’entusiastica adesione alla nuova etica, molti giovanotti continuano

a essere

colti in flagrante mentre baciano appassionatamente sbarbine au pair danesi nelle camere da letto dell’appartamento dove si svolge la festa e vengono trascinati via da fidanzate furibonde, come in una commedia televisiva di Dick van Dyke. E sebbene i rapporti sessuali siano più liberi che mai, il massimo che molti giovani riescano spesso a trasmettersi è una delle tante malat-

tie veneree, che non hanno ancora fatto la stessa fine delle rose

e del chiaro di luna.

« Le piattole sono belle ». Donovan

Domanda: l’emancipazione

Devi

essere un

femminile,

una

omosessuale, strega,

una

un fautore Valerie

del

Solanas,

un’« ingessatrice » o l’anonimo anello di una catena copulativa per appartenere alla scena sessuale dell’Underground? No. Migliaia di giovani in tutto il mondo stanno silenziosamente facen‘° Veramente qualcuno si seccò: J. Edgar Hoover, che fece sequestrare volume (Il Manuale dell’omosessuale) e tegliere il suo nome.

88

il

do un’autentica rivoluzione sessuale senza nemmeno sapere di parteciparvi. Quando lui incontra lei, dopo quei due o tre minuti che ci vogliono per trovare la sistemazione più comoda, può darsi che lui sguazzi tutto contento nel sesso di lei, così come può darsi che se ne stiano aggrappati l’uno al culo dell’altra, ciucciando e fottendo con tutto il loro entusiasmo. Basta con gli scoccianti « Ci starà o non ci starà sabato prossimo? »: quello a cui assistiamo è uno scambio d’informazioni, tattile e generale, un fondamento senza ambiguità sul quale costruire una relazione temporanea o permanente. Prima viene la pentola d’oro in fondo all’arcobaleno; poi si decide se val la pena di avere anche l’arcobaleno. Se l’attrazione è solo biologica, nulla è perduto tranne qualche milione di spermatozoi e i due partner se ne vanno ognuno per la sua strada. Se c’è un interesse più profondo, il rapporto si arricchisce, e altrettanto fa l’esperienza sessuale. La strada che porta al cervello di una donna passa per l’utero.

89

E DIO SCELSE LA MUSICA POP

« La musica pop è il veicolo religioso ideale. È’ come se Dio fosse sceso sulla terra e, viste tutte le brutture che si sta-

vano creando, avesse scelto la musica pop come la grande forza dell’amore e della bellezza ». Donovan, Queen « Come introduzione a ‘Purple Haze’ Jimi Hendrix suona ‘Bandiera trapunta di stelle’. Non l’esegue come l’ha cantata Jose Feliciano alle finali del campionato di baseball. L’esegue fottendo la chitarra ed è, credo io, un atto rivoluzionario non dissimile, e certo- non meno significativo, di quello di chi si fa

arrestare durante una manifestazione per Humbert Humbert ». Ralph J. Gleason, Rolling Stone « A grande richiesta, il programma dei ‘Rivoluzionari’ della Columbia Records ... verrà prolungato fino a tutto aprile. Lo straordinario successo ottenuto dal programma fino a oggi ha obbligato la casa a continuare la campagna, che è stata una delle più riuscite nella storia della Columbia e supera persino il successo della promotion fatta dalla casa l’anno scorso per ‘Rock Machine’. La campagna dei ‘Rivoluzionari’ è un programma generale di vendita della produzione di album rock della Columbia e ha fatto da pedana di lancio per unm’infinità di grandi artisti contemporanei che avevano debuttato con la Columbia negli ultimi tre mesi... La campagna dei ‘Rivoluzionari’ ha ricevuto una formidabile accoglienza sia da parte dei rivenditori che da parte degli appassionati. La diffusione radiofonica del prodotto è stata semplicemente favolosa, e le vendite hanno spinto gli album ai primi posti in classifica... Per i ‘Rivoluzionari’ si sono ideate apposite rastrelliere, oltre a banderuole e manifesti ». Comunicato stampa della Columbia Records « Compagno,

...Nel vostro numero dedicato al Vietnam concedete un po’ di spazio a una filastrocca di Mick Jagger, un povero disgraziato di cui il mondo potrebbe fare benissimo a meno, e, fatto ancor più disgustoso, accostate il suo nome, in prima pagina,

a quelli di Marx ed Engels: cosa che non mancherà di dare il " voltastomaco a ogni vero socialista ». Lettera al Black Dwarf

93

C’è chi riempie album di fotografie: la mia vita si misura con polverosi 45 giri. 1954: esce il primo dei nuovi minidischi infrangibili di plastica. Gli storici della musica pop sottolineano la vita breve e la scarsa importanza genealogica di Bill Haley, ma della musica pop i professionisti sanno troppo o troppo poco. Per milioni di persone tutto cominciò con questo disco. Fu lui a espellere dalle hit parades il premiato « Volare ». Ci tirò su di morale il film per cui era stato scritto, Blackboard Jungle, dove, a dispetto della sua borghese insularità, s’inculca-

va subliminalmente l’idea che in realtà il futuro appartenesse non a Glenn Ford ma a quegli attaccabrighe di studenti. A scuola, a Sydney, c’era una banda di cadetti che, tradizionalmente, l’ultimo giorno prima delle vacanze estive suonava per tutti. Un anno « Colonel Bogey » fu rimpiazzato da « Rock Around

the

Clock ». Tutti

sorrisero,

raggianti,

e mossero

la

testa a tempo di musica. Tra applausi scroscianti, il direttore aggrottò la fronte e negò il bis. A un tratto fu chiaro che anche

in fatto di musica bisognava prendere partito (inno scolastico: « Non crediate che dimenticheremo

/ Le lezioni di cui facciamo

tesoro »).

E quelli che erano destinati ad arricchirsi con la musica pop, be’, l’odiavano. Le stazioni radio — che presto avrebbero letteralmente suonato il rock « intorno all’orologio » 24 ore al giorno, 7 giorni la settimana — mandavano disperatamente in onda, di « Heartbreak Hotel », la versione di Stan Freeberg al

posto di quella di Presley. La Nuova Zelanda mise al bando tutta la musica rock. Frank Sinatra corse con la Rat Pack e, per avere un po’ di potenza in più, raccomandò germe di grano: ma quando Jerry Lee Lewis sposò la cugina tredicenne, lo costrinsero a bere la cicuta. (Non che si possa tenere un buon rocker in sof-

fitta: tornò a far parlare di sé qualche anno dopo con « High Heel Sneakers ». Di lì a qualche mese l’Australia aveva il suo primo rock fatto in casa. Ricordo le parole più distintamente di qualunque esercizio di trigonometria: I’m just outa school / Like I’m real cool / Gotta shake, gotta jive / Got the message that I gotta be alive / l’m a wild one / O yeah... lm a wild one. Nessuna ragazza riceveva più il suo primo bacio sotto la luna di giugno. Avveniva giocando a passa-la-bottiglia nella stanza di soggiorno di un amico, al suono dei Platters (Ob yes! I’m the 94

great pretender). La prima volta che vinsi qualcosa fu durante uno show televisivo di musica pop, per aver indovinato l’età del Big Bopper. Per solennizzare la promozione agli esami di maturità feci disciplinatamente una coda lunghissima: volevo vedere, in Re creolo, Elvis che cerca rogna. La prima volta che ebbe la meglio l’Altro, gli Chiffons erano al settimo posto nella classifica dei primi cento con « My Boyfriend’s Back ». (Youw’re gonna be sory you ever were born / Cause he’s kind of big and be’s awful strong / He's gonna save my reputation

/ If I were you

TD’d take a permanent vacation). Il gap culturale lo scoprii con una ragazza chiamata Robin che — lo credereste? — preferiva i castrati italiani e le messe in latino medievali a Gene Vincent e « Be Bop-a-Lula » (forse aveva qualcosa in mente). Il mio paradiso di voluttà era « Surf City » (Here I come: Two girls for every boy); « The Mona Lisa », una canzone di Conway Twitty. Il mio primo incontro con la classe lavoratrice (i « rockers ») avvenne in uno stadio di travi di legno e lamiera ondulata, in precarie condizioni, costruito « provvisoriamente »

negli anni trenta, che in quella terra bruciata dal sole ha ospitato i più grandi spettacoli rock: Little Richard, Gene Vincent, Freddie Bell e i Bell Boys, i Platters, Fabian, Bobby Darin, Fats

Domino, gli Everley Brothers, Dell Shannon, Bobby Rydell, Jerry Lee Lewis, Bill Haley e le Comets, e Crash Craddock. Crash Craddock? Sì, un personaggio mitico, presentato dalle locandine come

« la sensazione di Nashville » ma inventato, in

realtà, da geniali impresari del posto. Gli spettacoli rock dello stadio: fuori, grandi cartelli avvertivano che i maggiori di 25 anni non sarebbero stati ammessi; ma alcuni genitori sospettosi protestarono e alle scritte fu aggiunta una precisazione: bisognava non avere più di 25 anni « nello spirito ». Tutto questo prima che il rock and roll diventasse una cosa rispettabile: quando le scuse erano necessarie. (Oh oh, ehm, veramente non ho un briciolo d’orecchio). Nonostante le veloci scorrerie negli orticelli

di Eliot, Yeats, Wordsworth e Browning, e il lavaggio del cervello prodotto dal rimorso e dallo snobismo intellettuale, i miei sentimenti venivano ancora articolati con la massima chiarezza dalla filastrocca degli « School Days » di Chuck Berry (Soon as three o’clock rolls around / You finally lay your burden down), dal « Summertime Blues » di Eddie Cochran (1’d like to belp you son but yowre too young to vote) e dallo « Yakkety Yak » di Coaster (Take out the papers and the trash / Or you don't 95

get no spending cash)... tutte canzoni panoramiche nella loro banalità, di un sentimentalismo da due soldi, profondamente superficiali, un comodo rifugio offerto agli imbecilli emotivi: ma siamo fatti così, come la maggior parte della gente compresa nell’elenco telefonico. Né eroi greci né umanisti del Rinascimento. Per noi, la più vibrante traduzione di Catullo non sarà mai al l’altezza delle parole di « Save the Last Dance for Me » dei Drifters. Quando

esplose il fenomeno

dei Beatles, l’uomo che sulla

spiaggia si lasciava sempre tirare la sabbia in faccia dal gradasso pieno di muscoli divenne improvvisamente un divo. John Wayne montò sulla giumenta (non senza fatica) e, al galoppo, disparve

nel crepuscolo. Da allora in poi i ragazzi gracilini dal torace carenato riuscirono sempre a farsi le ragazze più belle. I simboli della musica pop montarono a cavallo delle loro chitarre e, rocking, raggiunsero il centro del palcoscenico. Per dare una spiegazione al cinismo duro e sarcastico della loro prima musica, la critica ha osservato che i Beatles sono cresciuti all’ombra della Bomba. Per spiegare gli atteggiamenti della generazione degli anni sessanta, bisognerebbe tener presente che siamo tutti cresciuti all’ombra dei Beatles... i Rolling Stones, gli Animals, Manfred Mann, The Who

e una miriade di altri sounds, ormai

dimenticati, che diedero finalmente sepoltura a quegli angosciati tentativi di far rivivere lo skiffle, il jazz, la grande

orchestra,

le giacche sportive bianche, i garofani rosa e i cori di montagna. Ancor oggi, gente che dovrebbe saperla un po’ più lunga è convinta che « la musica pop e il cervello non vanno d’accordo » (per citare un produttore della BBC). I Beatles hanno dimostrato nel modo più lampante la falsità di quest’affermazione. Per quanto si perdonassero Conway Twitty e Tommy Steele, la famosa parodia di Peter Sellers (« Twit: quando comincia il tappeto, ti fermi ») non era un riflesso poi così impreciso del QI pop allora prevalente. Tutti lamentavano l’indigestione di aneddoti

sullo

spirito, la precocità

e l’irriverenza

dei Beatles,

non nascondevano il proprio imbarazzo davanti all’euforia dei « piacciono anche alla mamma », ma nello stesso tempo erano lieti che si fosse finalmente scardinata la correlazione tra musica pop e idiozia. Oggi il critico musicale del Times saluta un nuovo album come l’« avvenimento musicale più importante dell’anno ». La loro arte è sottoposta a intelligenti disquisizioni, anche 96

sul palcoscenico salì Jimi Hendrix, gli spettatori di mezza età si alzarono, fecero tintinnare i gioielli e uscirono rumorosamente dalla sala, a grandi passi; dimostrando ancora una volta che le persone anziane istruite e perbene possono essere non meno

intolleranti e cafone dei loro figli. — Brutte ma trascinanti superstelle mangiauomini possono far ballare l’Albert Hall, e ricevere applausi fragorosi quando avvertono i ragazzi troppo gelosi che non scopano a dovere le loro amichette. Impossibile due anni fa. — L’opera che ha la massima importanza per chiunque viva nel mondo di oggi è Tommy di The Who. — E così sapete tutto del rock. Pensateci ancora. Cosa dicono le pagine seguenti? « Ovviamente Eraclito contiene Anassagora ma una cristallizzazione del flusso musicale, come

le asserzioni sulla stabilità

di una carrozza della metropolitana, potrebbero creare una scena diversa ». Dalla dissertazione di Richard Meltzer sui Rolling Stones (Crawdaddy) — Il rock è rivoluzionario. Non lo sono, di solito, almeno coscientemente, esecutori e organizzatori. — Il rock è l’unica validità della radio. Il mezzo, però, è

tecnicamente troppo arretrato per trasmetterlo a un livello diverso da quello, elettronico, più primitivo. E’ come sforzarsi di sentire il rumore della risacca con una conchiglia. — Banchieri e generali detestano i capelli lunghi. I divi del rock se li sono fatti crescere, incoraggiando tutti a fare lo stesso, compresi i generali e i banchieri di domani, che bigeranno le esercitazioni sul campo e riempiranno di macchie i libri mastri. (Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, le ragazze sono autorizzate a indossare la minigonna in ufficio nel 52 per cento delle ditte con sede nel quartiere degli affari. I baffi sono accettati dal 73%

delle aziende, le basette dal 48%,

la barba dal 28% e i capelli lunghi solo dal 5% delle ditte interpellate. Dall’East Village Other, 19 luglio 1968). — I giorni dell’isterismo per il rock sono tramontati. Fiu! ma non per sempre.

— lo più.

Il rock è divertente;

pesante, certe volte;

gaio, per 101

— I rockofili possono essere fascisti. (Gli Angeli dell’Inferno, i Teddy Boys, gli Skinheads, i Rockers, i maoisti). — Si può giudicare un divo del rock dalle groupies che ha, e viceversa.

— Il rock potrebbe diventare il giornale di un futuro cibernetico. Il disco di David Bowie intitolato « Space Oddity » ha reso l’atmosfera del primo sbarco sulla luna meglio dei turgidi reportages, diffusi in tutto il mondo, di Norman

Mailer.

— Il matrimonio rock-TV può essere felice. Es.: All My Loving di Tony Palmer, Around the Beatles e Master of Pop di Jack Good, Shindig (certe volte), Ready Steady Go.

Gli in-

serti sui Beatles e gli Stones (solo!) in Top of the Pops. — Non tirate conclusioni da quello che c’è sul giornale di ieri. Quando vengono a contatto, la stampa e il rock parlano due lingue diverse, senza interprete (cfr. Dylan e il giornalista di Time in Don't Look Back). Di solito i corrispondenti seguono i festival di musica pop dal bar della sala stampa. — Il jazz ha raggiunto la mezza età, la metà della fronte, la metà della strada; è alcoolico, distaccato, danaroso e ... non siamo intelligenti? —

Il rock

è cominciato

come

una

serie di grugniti,

s’è

preso una cotta per la lingua e può ancora evolversi in una nuova poesia di riso, canti e ululati. Loda Marx

e passa la cuffia stereofonica

— Alla fine degli anni sessanta infuriò la grande polemica: il rock è musica rivoluzionaria? Il paradosso: La condotta dei divi del rock, il tipo di musica e l’atteggiamento di molti dei suoi fans sono inequivocabilmente sovversivi, ma il prodotto è imballato e venduto dall’establishment, con un guadagno vertiginoso per tutti gli interessati, e mentre scrivo queste righe non è ancora riuscito a trasformare

il mondo in una corazzata Potemkin. I termini della polemica si 102

complicarono quando i gruppi dissero la loro. I Beatles cercarono

di farsi

-escludere

dall’avanguardia

rivoluzionaria

(« non

sai che non devi contare su di me? »); i Rolling Stones mostrarono più entusiasmo ma deplorarono il fatto che nella sonnolenta Città di Londra un povero ragazzo dovesse limitarsi a fare vocalizzi sul tema. Il Black Diwarf pubblicò uno scambio di lettere tra John Hoyland, un radicale inglese, e John Lennon. Fu un classico dialogo Nuova Sinistra-Sinistra Psichedelica, e apparve su quasi tutti i giornali underground del mondo. Inumano e immorale è il sistema, spiegava Hoyland, non la gente; perciò nel suo ambito tutti i rapporti sono avvelenati; bisogna distruggerlo, senza pietà; e, tra parentesi, la musica di Lennon stava perdendo il suo mordente, a differenza di quella degli Stones. Per tutta risposta John Lennon chiese a Hoyland quale sistema avrebbe sostituito quello in atto, e sostenne che al mondo quella che non andava era la gente: bisognava forse distruggerla senza pietà? P.S. Hoyland il mondo poteva anche distruggerlo, e i Beatles l’avrebbero ricostruito. John Hoyland ebbe l’ultima parola:

« Come

fai a essere tanto sicuro che molti di noi non

siano cambiati un po’ nel senso che raccomandi tu, e poi abbiano scoperto che non bastava? Perché non puoi essere felice e su di giri, ecco tutto, quando sai che nel Vietnam i bambini muoiono arrostiti, quando vedi, tutt’intorno a te, l’individualità

dei popoli bloccata — Mentre si canzoni dei Beatles sfavorevolmente si

dal sistema ». paragonavano sfavorevolmente le parole delle a quelle delle canzoni degli Stones (e sempre paragonavano le une e le altre ai Pensieri di

Mao), lo stesso combattente della strada veniva sopraffatto dai

dirigenti della compagnia discografica Decca, che impedirono a Jagger di diffondere « Beggars Banquet » con la copertina originale. Questo album a orologeria fu lanciato nel Regno Unito nel corso di un abominevole ricevimento al ristorante per turisti Ye Olde Englande, dove le cameriere vestite da figlie di guardie

del corpo reali incoraggiavano uomini ubriachi e a pizzicargli le chiappe. Al dessert gli Stones West End si bombardarono di torte alla crema il leccamento di piedi dei giornalisti presenti. — Benché l’affermazione della musica pop l’ora

della

rivoluzione

violenta » echeggi

a bere idromele e i magnati del tra gli inchini e che « è venuta

avvenimenti

politici

contemporanei, una tradizione di cosciente sovversione culturale era stata da un

pezzo

introdotta

dai Fugs, un gruppo

emerso 103

dalla scena beat-letteraria di New York. Nelle attività editoriali di Tuli Kupferberg e Ed Sanders, nella loro vita privata e nella loro musica, i Fugs si sono sempre identificati con la marijuana,

il pacifismo, la satira e l’avventura sessuale. Furono questi i padri delle Madri dell’Invenzione, che con Frank Zappa portarono le possibilità del rock al di là delle sue logiche inconclusioni. — Nel luglio del ’69 la stampa underground pubblicò la sua più definitiva pin-up pop da quando Elvis fu fotografato per la prima volta in lamé dorato. Quattro giovanotti molto sexy, sotto il sole, camminano attraverso un campo verso la macchina fotografica. Uno porta la chitarra, tre il mitra. A eoni di distanza dagli uomini d’affari che davano pizzicotti alle cameriere, era il culmine grafico di un proclama precedentemente diffuso da John Sinclair, fondatore dell’MCS5, coordinatore della comune

Trans-

amore e ministro delle informazioni del partito delle Pantere Bianche: « L’impegno

dell’MCS5

verso

la rivoluzione

è totale. Con

la nostra musica e il nostro genio economico strappiamo all’ingenuo mondo dei borghesi i soldi e i mezzi per realizzare il ‘nostro programma, e insieme per portare la rivoluzione tra i suoi figli. E col nostro ingresso nei media borghesi abbiamo dimostrato ai pappagoni che tutto quello che fanno per fotterci sarà rivelato ai loro figli. Non occorre sbarazzarsi di tutti i pappa-

goni, basta privarli dei loro sostituti e lasciare che la razza si atrofizzi e muoia, tra i canti e i balli trionfanti degli eredi. Ancora non abbiamo i fucili — non tutti, almeno — perché abbiamo armi più potenti:

una delle nostre armi più potenti è

l’accesso diretto a milioni di adolescenti e l’altra è la fiducia che essi hanno in noi. Ma useremo i fucili, se sarà necessario;

faremo

qualunque

cosa, se sarà necessario.

Non

ci facciamo

illusioni ».

Neanche il giudice di Ann Arbor che condannò John Sinclair a dieci anni di galera si faceva illusioni, almeno sulla politica rock. Il reato di Sinclair fu di regalare due sigarette di marijuana ad agenti segreti della squadra narcotici. Prima di leggere la sentenza, il giudice Colombo disse di Sinclair: « Ecco una persona che ha deliberatamente schernito e deriso la legge », conclusione che poteva benissimo aver tratto dall’ascolto dell’alter ego dell’imputato, « Kick Out the Jams, Motherfuckers » dell’MCS5. 104

da parte dei poco intelligenti; un giornalista del Sunday Times pubblica la loro biografia ufficiale e, tutte le mattine, 50 milioni di ragazzi cambiano idea su di loro. Se Mersey rappresentò la pubertà della musica pop, Bob Dylan ne fu la coscienza politica. C’era già stata gente che protestava, i Seeger e le Baez, i quali c’insegnarono che, fuori, il mondo piangeva; ma fu Dylan che c’insegnò a piangere dentro di noi. Non occorre essere di Liverpool per conoscere Eleanor Rigby, né americano per conoscere Medgar Evers, Hattie Carrol o quella fattoria del South Dakota dove risuonano sette colpi... e ...sono nati sette uomini nuovi E le madri e i padri di Dylan (madri e padri di tutta la terra...

non criticate ciò che non ca-

pite) erano le vostre madri e i vostri padri, e quella ragazza di « Ballad in Plain D », che ti voltava la schiena, era l’ultima che avevi conosciuto. E se negli album successivi il suo messaggio

prese un tono ambiguo, e i giornali scrissero che scriveva canti di protesta (così, almeno, sembrava che avesse detto) solo perché allora a New York lo facevano tutti, e se lo vedemmo, in un documentario, molestare un ubriaco, durante una festa, come

il più fanatico dei membri di una qualsiasi lega per la temperanza, e i suoi legali minacciarono di sporgere denuncia contro i giornali dell’Underground, e se fece comunella con Johnny Cash,

non propriamente uno yippie musicale, e con nobili parole dichiarò che nessuno doveva trarre indebito profitto dalle sue personali apparizioni, mentre intascava il suo cachet di 35.000 sterline, be’, non aveva la minima importanza. Dylan aveva contribuito

ad aprire

gli occhi

di una

generazione.

Nulla,

ormai,

li

avrebbe più chiusi. Dylan ci aveva portati in « Desolation Row », cioè nel Vicolo della Desolazione, e nel 1967 una musica di nuovo genere ci mostrò « Strawberry Fields Forever », campi di fragole in eterno: lo battezzarono rock acido. dopo il celebre Pop Festival di Monterey, e poi, istantaneamente, l’internazionalizzarono col lancio del « Sergeant Pepper » dei Beatles. Il rock acido fu la musica del flower power. Una generazione si diede all’LSD avendo scoperto che i valori spirituali del mondo che avevano ereditato erano uguali a zero. (Poi qualcuno si affidò al Maharishi, avendo scoperto che non era il mondo a essere spiritualmente fallito, ma lui). Nella loro arte i musicisti pop rispecchiavano la propria vita e quella della gente intorno a loro. I gruppi divennero dei guru. Tutti i sounds d’una certa importanza sembravano 2

associati in qualche modo

all’acido e all’amore universale.

Beatles, Donovan, i Cream, il Jefferson Airplane, il Quicksilver

I

Messenger Service, i Grateful Dead, i Doors, Country Joe e i Fish celebravano tutti l’esperienza dell’LSD e rinnovavano la nostra reciproca fiducia. In questi tempi duri di barricate annerite dal fuoco, di gas lacrimogeni e corsi gratuiti di karaté, sembra una cosa ridicola e sentimentale, ma anche i più criminalmente misantropi tra gli amici furono chissà come rabboniti dall’aura di benevolenza di questa nuova cultura di massa. Un esempio divertente degli sforzi disperati dei media per classificare in qualche modo il periodo mistico del rock è costituito dalla seguente intervista televisiva della BBC con uno dei Procul Harum, il cui grande successo « A Whiter Shade of Pale » deve aver orchestrato un milione di « viaggi ». A memoria, ecco come andò.

Parole e musica adatte:

accoppiate alle diapositive psichedeliche

We skipped the light fandango, And turned cartbwbheels cross the floor,

I was feeling kind of seasick, But the crowd called out for more ... INTERVISTATORE:

Il vostro disco, « A Whiter Shade of Pale »,

in tre giorni è balzato in vetta alle classifiche. Che significano le parole, a mio avviso piuttosto oscure?

GARY BOOKER: INTERVISTATORE:

Niente di speciale, capo. Via. Avrete pur avuto qualcosa

GARY

quando l’avete scritta. No... (mumble mumble).

BOOKER:

INTERVISTATORE: GARY

BOOKER:

INTERVISTATORE: GARY

BOOKER:

in mente

Vuol dire che è stata una scelta casuale di frasi fatte? Sì...

più o meno ... (mumble

mumble).

Ma c'è un verso, mi sembra, che deve spiccare sugli altri, non è così? Quello sulle vergini vestali che vanno alla costa. (sorpreso)

Tutta

colpa

dell’arrangiamento.

Poteva toccate a un altro verso qualsiasi. INTERVISTATORE:

(maliziosamente) Pensate di aver scritto del-

la buona musica? 98

GARY

BOOKER:

INTERVISTATORE:

E’ solo una canzone.

Immagino che tra due settimane tutti l’avranno dimenticata.

GARY BOOKER: INTERVISTATORE:

Certo, capo. Non le dispiace?

GARY

No.

BOOKER:

E a voi, dispiace? Per la sua stessa natura, il rock sfida l’incapsulamento in parole, o almeno nelle mie. Sentite, vedete, on-

deggiate al sound degli Stones, condividendo momentaneamente le loro egoistiche fantasie, sentendo l’odore delle loro ascelle, mentre il cerebro tremola e l’ipotalamo rabbrividisce. « Il rock si rivolge all’intelligenza » ha detto una volta Chester Anderson, « senza interferenze da parte dell’intelletto ». Alcuni pensieri pop



A differenza della cultura ufficiale, la musica

pop è

aclassista, internazionale, viva.

— La maggior parte della gente che scrive di musica pop non ha mai comprato un paio di high heel sneakers, cioè di scarpe da ginnastica col tacco alto, in vita sua. — La musica rock e la musica elettronica d’avanguardia sono già decibel a decibel. Attenti al giorno in cui si daranno una zuccata. — Ciò di cui l’Inghilterra ha più bisogno sono sei stazioni radio che trasmettano musica pop per tutta la notte. — Per capire il rock, meno sai di jazz meglio è. — Anche Billie Holliday era grande. — Gli esperimenti culturali contemporanei più significativi sono associati alla musica pop. — Parole banali o una melodia scarsamente originale non rovinano il rock. Che ce la fa lo stesso. — Per ascoltare un rock anche sotto la media gli appassionati sono pronti a sopportare le privazioni più incredibili. Forse

che i fans di Mantovani farebbero la coda tutta notte, sedereb-

* bero al sole tutto il giorno, sborserebbero un 30 per cento in più per qualunque rinfresco, si lascerebbero tiranneggiare dai buttafuori, perquisire dalla polizia, spostare di continuo perché il proprietario ha venduto troppi biglietti, assisterebbero pazien99

temente alle esecuzioni di sette gruppi scadenti, sopporterebbero la scomodità di servizi igienici del tutto inadeguati e sarebbero soddisfatti anche se dall’inizio alla fine non hanno mai potuto veder niente? — Nessuno ha mai girato un grande film rock. (The Girl Can't Help It, Gather No Moss, A Hard Days Night, Help, Jailhouse Rock, King Creole, ecc., contengono momenti storicamente significativi, ma la musica è sempre subordinata alla celluloide). Easy Rider, ecco la direzione giusta. —

Da come una ragazza reagisce alla musica pop, capisci

se le piace farsi sbattere. —

Sir Arthur

Bliss, Master

of

the Queen’s

Music,

una

volta ha definito « hascisc auditivo » il programma di musica pop della BBC: ma non è così buono, via. — I gruppi rock sono state le prime delle nuove comuni nomadi. — Se conti d’imbarcarti in un qualunque progetto sovversivo contemporaneo, avrai maggiori probabilità di trovare dei finanziamenti nel mondo della musica pop che in banca. — La gente che nelle discoteche sorseggia il suo martini e chiede ai musicisti ospiti i pot-pourri di Buddy Holly non sa un cavolo del rock. — Anche Buddy Holly era grande. — La lezione di Tiny Tim è che ogni età ha la sua musica, in gran parte magnifica, compresa quella che ballava la nonna; e che, invece di diventare così generazionalmente aggressivi e suscettibili (come a volte facciamo tutti), dovremmo

lasciarcene

assorbire. Ricantala, Tiny. — Beethoven era grande, ma... — Certi rockomani all’ultimo stadio si sono talmente arrugginiti, alfabeticamente parlando, che non riescono più a leggere le etichette dei dischi che suonano. — I divi del rock sono come tutti gli altri: stronzi o santi. — Simon e Garfunkel fanno della splendida poesia barocca. — Jimi Hendrix non è un intellettuale ma un grande musicista rock. (Un giorno che gli mostrarono un manifesto di Van Gogh gridò: « Wow, capo! Per che gruppo canta? »). Ma un altro giorno vuotò a mezzo la londinese Queen Elizabeth Hall con una velocità incredibile. Gli Young Liberals avevano organizzato una chitarrata. Durante l’esecuzione dei brani classici e folk tutti rimasero educatamente seduti. Ma quando, alla fine, 100

una sciarpa che gli fasciava la fronte e un gomito, danzava con maestosa frenesia. La macchina da presa della Granada gli girava goffamente intorno per riprendere un piano-americano-di-pittoresco-indiano-dei-Caraibi-colto-in-un-momento-di-spontaneità. Cominciarono ad arrivare le celebrità di grosso calibro. Le groupies si lanciarono all’inseguimento di Marsha Hunt, su per la scaletta, tornando a mostrare gli scodinzolanti deretani. Il regista della troupe della Granada (« bisogna ringraziarli per tutto

questo

entusiasmo ») si attenne

strettamente

al copione

e andò istrionicamente su e giù per la passerella. Una bionda nordica con un’attillata maglietta di Ibiza grondante teleobiettivi fece una brillante imitazione di Linda Eastman. Poi entrò Geoffrey Cannon (senz’altro sulle tracce di quelle forze magnetiche che un tempo divinava così eloquentemente per Rolling Stone), seguito da vicino dagli gnomi del Club dell’Aretusa: quei giovanotti

sontuosamente

vestiti, dal viso vagamente

familiare,

che seguono il danaro come noi, per la maggior parte, seguiamo il sole. Per far passare i nuovi venuti gli Angeli si presero per mano

e ci schiacciarono contro il fondo del recinto, mentre

alcuni si spingevano fino alla barriera per sgridare la ragazza con la paglietta, che con la sua sfrenata eccitazione minacciava di distruggere il civile ma teso ritegno della folla. The Family se ne andò, lasciandoci i nervi scoperti e intorpiditi. Della loro musica non posso dire altro. Quelli di noi che non hanno orecchio e sono musicalmente analfabeti, che non s’intendono né di

sequenze contrappuntistiche né di riff modulati ricorrenti, devono sperare in*una reazione viscerale alla musica pop — un ostacolo da mozzare il fiato, evidentemente, che però semplifica il giudizio, facendolo diventare

cartina al tornasole: o la « Sam era di nuovo in ciava a scalpitare. La folla Potevamo alzarci tutti in Potevano, gli Angeli, far

automatico come

quello di una

sentiamo » o non la « sentiamo ». trono. La folla alla sua sinistra cominalla sua destra cominciava a scalpitare. piedi e fare un passo indietro? No? sfollare quelle ragazze, davanti, che si

erano stipate contro la barriera? In quel momento, particolarmente difficile, furono introdotti i Battered Ornaments, cioè gli Ornamenti Malconci, che non potevano aver scelto un nome

più appropriato. Non era giusto. La folla aveva aspettato anche troppo. Il sassofonista suonava come un uomo spaventato che zufola nel buio. « Più forte! Più forte! » ordinò alla fine del primo

numero

alla folla che batteva

sommessamente

le mani. 109

« No. State zitti. State zitti » ribatté il chitarrista, che aveva giustamente individuato nella modestia l’unica strategia di cui potevano disporre. Ma dimenticavo Alexis Korner, autore della

esecuzione più varia e, in un certo senso, più fresca della giornata: quando trasmise al pubblico tutto il calore e la profondità del suo lungo passato musicale. Uscirono gli Ornaments, piuttosto malconci, e i 500 mila figli dell’estate radunatisi nel Parco, già fitti come sardine e in preda all’impazienza, si calmarono a poco a poco: il baccano della folla si trasformò in un brusio pieno di aspettativa. Anche gli annunci più banali contribuivano alla tensione generale: c’erano orde di bambini smarriti scandinavi « che non sanno una parola d’inglese ». Gli Angeli fecero uscire un uomo in sedia a rotelle dal centro della folla dei giornalisti e lo spinsero fino a una posizione (più sicura?) vicino all’uscita. Si stavano inchio-

dando grandi foto a colori di Brian Jones. Uomini antipatici coi capelli a spazzola e il vestito blu ispezionarono minuziosamente il palcoscenico. Una colonna di portatori scaricò, a sinistra, una

fila di cassettine marrone, dalle quali ogni tanto partiva, svolazzando, una solitaria farfalla bianca. Il palco era gremito di celebrità. I ragazzi non stavano più nella pelle; e avevano quella particolarissima espressione di chi appartiene a una persona importante: cosa sono, infatti, per la fraternità pop, se non quello che i corgi sono per il palazzo reale? I bisbigli tra le quinte subirono una brusca escalation: ci fu un boato. A un tratto, ecco Mick. Con una specie di tonaca bianca e fluttuante, allacciata sul petto, sopra i bianchi pantaloni attillati, con un bavero di pelle intarsiato d’oro, « NOO000

»

gridò mentre la folla cominciava ad applaudire — (Sam ci aveva pregati di rispettare i desideri degli Stones e di prepararci a un minuto di silenzio per Brian Jones) — ma Jagger si rabbonì, strillando: « Sì. Credo proprio che ci divertiremo ». Ma prima una parola di Shelley. « Un momento di silenzio » disse, « vorrei proprio dire qualcosa di Brian ». E attaccò: Pace, pace, non è morto,

non

dorme:

s’è destato

dai sogni della

vita

... E la

ragazza con la paglietta, insieme a molte altre in quella prima fila di spettatori di bocca buona, pianse senza vergogna. Pabboooomscreech da da da aaahhhhh! Ora Shelley si stava rivoltando nella fossa, mentre Mick si abbandonava a una schiumante

frenesia, sporgendo le labbra, dimenandosi, con le vene che gli correvano sul corpo come delle funi. Pabboooomscreech yeah 110

dadadada ahhhhhhh? quel. saltamartino di un Mick Jagger. I cinematografari erano tutti in fregola, i pappagoni della Granada spingevano il loro macchinone sulla passerella, uno della televisione underground si faceva sotto il più possibile, tutto eccitato, con una Sony portatile, e i rompiscatole del gruppo Time-Life sparavano i loro lampi senza interruzione. Le farfalle si staccarono dal palco e Jagger cominciò a spogliarsi. Musicalmente il gruppo era un macello: finali goffi e sgraziati e tutte le imbeccate fuori posto. Ma non aveva nessuna importanza: solo Mick Taylor, il sostituto di Brian Jones, sembrava a disagio. Nascosto dietro i capelli, solenne, remoto, eccessiva-

mente concentrato, aveva meno personalità di uno stradino. Jagger si tolse il cinturone di cuoio antico borchiato d’oro e le mani degli Angeli scattarono in alto come quelle di una folla di biafrani affamati. « No », ammonì Jagger sottovoce, « è l’unica che ho ». Con la cintura percosse il palcoscenico. « Accidenti, vi faremo vedere noi... non abbiamo ancora finito... Vi divertite? ». Accovacciato in un angolo del palco Sam indicava un punto alle mie spalle, sussurrando in fretta qualcosa ai capoccia degli Angeli che si tuffarono nella calca... e la preda risultò essere la sfortunata Miss Paglietta, che battendo l’una contro l’altra due lattine di Pepsi creava un innocuo accompagnamento per-

cussorio (« portate dei tamburi » aveva detto Mick sull’Evening Standard). Le lattine furono confiscate, proprio mentre echeggiavano

le prime

note

di « Satisfaction »;

« Questa

è l’unica

matusata che facciamo oggi pomeriggio », e presto furono tutti in piedi, a rivivere le scopate, i brividi e la disperazione di una volta; ballando, battendo le mani; ciascuno un’isola nella propria nostalgia, I-can’t-get-no ... satisfaction ... 1969, l’anno in

cui il combattente della strada incontra il potere nero — combo

di neri che suonavano

il tamburo

emerse

un

dalle quinte,

preceduto da una specie di selvaggio in pompa magna, con le pitture di guerra e un atteggiamento quasi religioso verso la macchina da presa, simile a una comparsa di Sanders of the River. Per qualche istante Jagger finse di boxare con lui, poi lo lasciò arrivare sano e salvo fino a un tamburo basso. Mentre « Sympathy for the Devil » toccava fremendo il suo acme, certe ragazze di bocca buona irruppero nel settore stampa e cercarono, con le unghie e coi denti, di abbordare il palcoscenico. Gli Angeli custodi si lanciarono avanti, ributtandole, come sacchi d’immondizia, tra il pubblico. Jagger saluta111

va gettando baci a tutti proprio quando la Paglietta riuscì a metter piede sul palco. « Mick » gli gridò, « Mick, Mick », ma fu costretta a tornare indietro da un elegante giovanotto rossocrinito il quale sapeva che i suoi pari (di lei) non dovevano mischiarsi con i suoi pari (di lui). Aveva perduto l’occasione: l’oggetto delle sue trenta ore di veglia veniva scortato in quel momento fino a un’autoblinda verde militare. « E questi erano i Rolling Stones. Ammappeli! Il gruppo di rock-’n-roll più forte del mondo » disse Sam, che stava pregando le « persone gentili » di spegnere i falò e che ci stava invitando a raccogliere i rifiuti — be’, non proprio noi; noi del recinto speciale dovevamo correre a casa a sviluppare le nostre pellicole all’infrarosso, a scrivere saggi orientativi per gli organi hip dell’Underground e a prepararci

per l’ultima

serata

dei concerti

di musica

pop

all’Albert Hall... La sfortunata signorina con la paglietta tornò a casa sua, a Nottingham, dove inscatola tabacco per 7 sterline e 15 scellini la settimana, compresi gli straordinari obbligatori.

Musica pop una sera d’estate. Chuck Albert Hall, Londra.

Berry / The

Who,

Luglio 1969. Gli Stones avevano avuto il

loro solito effetto amfetaminico, e da Hyde Park corsi fino a casa. Una lager della Foster, ghiacciata, avidamente sparsa di grossi pezzi di magico ciocorì, poi, senz’avere il tempo di togliersi di dosso il sudore del pomeriggio, via con gli amici all’ultima serata dei Concerti di Musica Pop all’Albert Hall: Chuck Berry e The Who. Allora, con l’opera pop di The Who, Tommy,

che era la passione della critica, la serata prometteva

l’Età della Pietra a un’età ormai impietrita. Allora e oggi, dal 1066 allo sbarco sulla Luna. L’Albert Hall era esaurito, così, per la seconda volta quel giorno, sempre senza biglietto, finii per ritrovarmi tra le quinte, in mezzo a pop stars fuori servizio e

amici di amici. Dopo il gruppo che doveva scaldare l’ambiente, mi lasciai trasportare nel « bar degli artisti » su una nuvola di cioccolatini. Le groupies, rese fin troppo consapevoli della propria identità dal boom

della pubblicità,

montavano

la guardia

agli ingressi, stringendo borsette di vernice rosso vivo e squadrando tutti con sospetto, a meno che non fossero intraprendenti suonatori di chitarra-basso. Passò Mick Jagger, con aria indifferente, riconosciuto a malapena 112

da qualcuno,

sempre con

1] ragazzi che avessero accolto il consiglio dei loro critici musicali underground, e ascoltato in piena ciucca, con cuffia stereofonica,

« massimo volume

... bassi da tre quarti al massimo, acuti a

metà », si sarebbero sentiti trascinare verso l’anarchia e avrebbero imparato sullo stato della ribellione americana nel 1969

più che scorrendo avidamente trenta chilometri di paperbacks. La cosa più ironica è che « Kick Out the Jams, Motherfuckers »

fu volontariamente modificato in « Kick Out the Jams, Brothers and Sisters » per la versione a 45 giri: una « soluzione di compromesso » dissero quelli che l’essenza del rock la vedono nelle parole. — A Praga musica pop sta per resistenza, scrive un sobrio corrispondente dell’Observer, disorientato dalla scoperta. Gli stessi ragazzi che avevano tirato bombe Molotov ai carri armati russi l’anno dopo scroccavano la cannabis ai gruppi rock britannici in tournée. Quasi tutti i concerti di musica pop program-

mati dai gruppi ospiti furono annullati dal governo per « ragioni politiche ». L’articolo continuava così: « I Blossom Toes sono stati nella repubblica socialista cecoslovacca a predicare la rivoluzione. La predicano con la loro musica, che è uno strano ibrido di beat e jazz asiatico fatto con la chitarra elettrica. ‘Io sono un uomo amante della pace — ma non v’è mai venuta voglia di urlare NO?” strillavano, e la folla fischia per indicare la sua approvazione ». Observer,

14.9.69

Un ultimo commento

sulla polemica rivoluzionaria

I simpatici divi del rock si drogano, mettono il pene in un calco di gesso, collettivizzano le proprie donne, molestano i poliziotti,

stimolano

la curiosità

altrui,

scoprono

una miriade

di spiriti, epitomizzano svago, libertà e che il diavolo ti porti! Credete che l’anarchico più attivo del quartiere possa competere con

tutto

QUESTO?

105

« Il rock è fuori, entra la dinamite ... Vediamo come la metterà, stavolta, Madison Avenue ...». Jim Morrison Pop

un giorno

d’estate Concerto dei Rolling Stones. Hyde

Park, Londra, luglio, 1969.

La cicciona col cappello di paglia e la pancetta lentigginosa, | gli occhi violentati dal mascara verde bottiglia, i fianchi larghi come un sorriso texano, sedeva in primissima fila. Doveva

aver

creato la propria testa di ponte fin dal mattino. Ora non c’era nessuno

che

le ostruisse

la visuale,

tranne

quelli,

come

me,

che occupavano il settore stampa. Era un piccolo successo personale il fatto che, quel sabato pomeriggio a Hyde Park, fossi riuscito a entrare in quel recinto privilegiato, superando due robusti sbarramenti di sentinelle, senza possedere il tassativo cartoncino rosso o azzurro. Quando arrivai i King Crimson stavano sfogando il loro particolare tipo di furore. L’odore dei nostri corpi, in collettiva traspirazione, reso più intenso dal sole rovente, faceva pensare a momenti meno beati tra le quattro pareti della palestra scolastica. Sulla destra del palcoscenico, Suzy Creamcheese s’arrampicò su per una scaletta fino a una pedana soprelevata che reggeva diversi altoparlanti, e per tutto il pomeriggio i suoi su e giù furono un’amabile gratifica per noialtri Portnoy sottostanti, tutt’altro che propensi a lamentarci. Con un crescendo di colpi di maglio i King Crimson raggiunsero l’orgasmo e Sam Cutler, il maestro di cerimonie, prendendo quell’aria di tolleranza forzata e paterna camaraderie che doveva caratterizzarne l’intera esibizione, afferrò il microfono. Ci disse

quando dovevamo stendere le gambe e quando dovevamo metterci a sedere. Ci disse di ringraziare la grande squadra di am-

plificazione Marshall, che aveva fatto un così bel lavoro col sound,

e i ragazzi dell’amplificazione Hyawatt (« quella che useranno gli Stones »): anche loro stavano facendo un buon lavoro. Sam ci disse cosa dovevamo fare se fossimo svenuti e come dovevamo tenerci attaccati se per caso stavamo guardando dalla cima di un albero. Lesse un elenco di bambini e di genitori smarriti e suggerì a tutti d’incontrarsi davanti alla rimessa delle barche. 106

Poi sul palco vennero gli Screw, a esibirsi come se dovessero sparire in un tritacarne.

Tra la prima fila del settore stampa e il palcoscenico era stata eretta una specie di passerella di legno per consentire a una macchina da presa su carrello di riprendere tutto il panoramico entusiasmo della circostanza. Fu tra questa passerella e il palcoscenico che gli Angeli dell’Inferno, assoldati in qualità di stewards, si raccolsero come una fila di anziane ballerine:

una

parte che dovevano sentire, perché con le mani sui fianchi ruotavano

ritmicamente

avanti e indietro

a tempo

di musica,

in un

ballo ritualistico ‘dalle movenze precise. « Ehi, Sam » gridò la signorina Creamcheese, « fa venire qualche Angelo da questa parte, sono qui che spingono

che non si sa più come

tenerli a

freno, di questo passo qualcuno finirà per farsi male ...» e per un attimo la macabra sfilata s’interrompeva, mentre in formazione a cuneo questi portatori dell’ordine civile correvano a soggiogare gli indigeni dissidenti, come truppe delle Nazioni Unite inviate in una delle tante « zone calde » internazionali, anche se

forse con maggior successo. Un altro gruppo di Angeli, più piccolo, guidato da Wild Child, figura perpendicolare e gesticolante vestita di cuoio dalle raccapriccianti decorazioni, adorna di elmetto nazista — la zia Mame della compagnia — faceva frequenti incursioni tra i giornalisti, che erano in continuo aumento,

controllando spietatamente le tessere rosse e azzurre. La passerella diventò un inanimato agent provocateur. Una valanga d’insulti si abbatteva su chiunque vi si avventurasse. In tutta franchezza, bisogna dire che la bellicosità degli Angeli era in genere superficiale, come doveva provare un episodio successivo, e che sotto infiniti altri aspetti la loro cortesia fu tanto abbondante quanto sorprendente. Gli Screw finirono il pezzo. Il loro cantante nero, di cui le ingessatrici di Chicago avrebbero senz’altro dovuto immortalare gli attributi, si rovesciò all’indietro con esagerata lascivia, mentre il suonatore di armonica crollava sul pavimento, sputando sangue, (era la prima volta che gli Angeli mostravano un autentico interesse per quello che accadeva in palcoscenico). Si alzò, col liquido scarlatto che gli luccicava sulla camicia bianco-Ariel. La pallida espressione d’incredulità del pubblico contrastava con lo sdegnoso distacco dei compagni. Era vero o falso, quel sangue? Solo la sua lavanderia l’avrebbe saputo con certezza. Faceva sempre più caldo e la ressa era incredibile. Marsha 107

Hunt, reduce da Hair, arrivò in pelle bianca di capretto, in un

turbine di servizievoli pecchioni. Sam riprese ad annunciare le cifre dei preventivi sulla partecipazione del pubblico, nella presunzione che gli ascoltatori condividessero il suo entusiasmo per ogni nuovo aumento. « Accidenti » esclamò, «alcuni pensano

che la folla abbia superato il mezzo milione ... Spero che quelli di voi che non vedono il palco dell’orchestra abbiano sentito ». Si organizzarono altri incontri davanti alla rimessa delle barche tra genitori e bambini smarriti. Furono diramate nuove istruzio-

ni per gli eventuali svenimenti. Poi Sam lanciò uno sguardo disperato al settore della stampa e annunciò che si sarebbero dovute sfollare tutte le donne. « Non c’è abbastanza posto per tutti » disse,

« perciò

le bambole

se ne dovranno

andare

Angeli, sbarazzatevene ». Le ragazze protestarono vivacemente e gli Angeli ritirarono i loro strumenti di persuasione: catene e spranghe di ferro. « Anche tu, Marsha » gridò Sam con familiarità, « dà il buon

esempio

alle pulzelle ». Marsha

si alzò con

un sorrisetto rassegnato, ma con un lampo feroce negli occhi, e aprì la strada. Ma non tutte le ragazze la seguirono « Buttale fuori » strillò uno degli Angeli luogotenenti. « Ma come? » rispose un

membro

più inesperto,

con un’espressione

infelice,

« vuoi che usi la forza o cosa? ». « Me ne frego di come fai » ribatté il primo, e corse via nella direzione opposta, come se avesse il fuoco sotto il sedere. Così le cocciute ragazze mantennero la posizione, il che dimostra o che gli Angeli dell’Inferno inglesi non sono meno prudenti dei poliziotti loro connazionali o che l’epoca della cavalleria è sempre viva e vegeta, anche se in arcioni a una Harley Davidson. Sam, intanto, scortava fino a eccellenti posizioni di vantaggio uomini sui cinquanta malvestiti e armati di splendide macchine fotografiche, e Marsha salì sana

e salva

la scaletta

della

Creamcheese,

assicurandosi

così

una

vista ideale e ininterrotta per il resto della giornata. The Family sembrava in piena forma. Il primo cantante, con i suoi occhi fissi e allucinati da trozkista, sfondò il tambu-

rello a metà del secondo numero e poi aggredì il microfono, scagliandolo attraverso il palcoscenico. L’uomo in camicia bianca che aveva fornito tutta la formidabile attrezzatura prodotta nella sua formidabile fabbrica chiese un altro cacciavite e i macchinisti, sparsi qua e là, presero quell’aria di profonda preoccupazione supplementare che tengono in serbo per le situazioni come questa. Il membro 108

solitario di una tribù, nero e seminudo, con

la palandrana del pomeriggio. The Who si erano raccolti intorno a un cerchio di birre chiare, mentre Keith Moon, il loro batterista, rideva e faceva il pagliaccio. A un tratto corse voce che Chuck Berry era andato via, rifiutando di esibirsi, e che gli organizzatori, presi dal panico, non se la sentissero d’informare il pubblico. Tutti sentirono il sapore della paura. Persino Keith Moon interruppe le sue pagliacciate e sul viso dei presenti comparve l’espressione che significa: RIUSCIRÒ A SALVARE LA SITUAZIONE? Chuck Berry voleva essere il clou della serata. The Who insistevano per chiudere loro il concerto. Nessuno dei due sembrava disposto a cedere. Tornando

di corsa al mio posto, con

tutte quelle

novità,

fui come sopraffatto da un suono che evocava l’odore dell’inchiostro, del gesso e delle lavagne, gli spogliatoi dei campi di football, i balli scatenati, le macchine, il primo bacio, le festic-

ciole tra amici, nuovi numeri telefonici, le pugnette, i foruncoli, le giacche sportive e le discussioni perché si era fatto tardi... Era Chuck Berry, già in scena, con la sua faccia lucida, finemente scolpita, che vedevo di profilo, sorridente, e strimstrim-strimpellava quella chitarra veramente straordinaria, Rolling over Beethoven ... Reeling and rocking ... deep-down-inLouisiana... all-that-night-bhe-held-a-grudge | against - Pete Townshend-who-wouldn’t-budge ... Ob-wbhat-a-sight-to-seesomebody-stéal-the-show ... rocking and reeling come Chuck Berry, che strim-strim-strimpellava la sua chitarra quando crasH! da dietro il palcoscenico, alla nostra sinistra, sbucò una fila di figure vestite di cuoio, che avanzarono a passo di marcia facen-

dosi largo a pugni e ginocchiate tra i pochi anziani valletti del teatro così donchisciotteschi da sbarrargli il passo. I primi della fila scavalcarono

la balaustra

e si lasciarono

cadere

in platea,

seguiti dagli altri che dilagavano minacciosamente come una grande macchia di petrolio, con l’accompagnamento delle urla della folla, del sibilo dei fischietti ... e intanto Chuck Berry continuava a suonare il suo strumento con la decisione di un’eterna giostra. « I rockers » gemette il pubblico. Alcuni poliziotti fendettero laboriosamente la calca solo per smarrirsi nell’estatica mélée in giubba di cuoio. Il subbuglio in cui avevano messo l’Albert Hall incantò il signor Berry, che aveva già infuso vigore in torme schiumanti di esseri umani, ma mai in un così raffinato e sacrosanto monumen-

to alla cultura dell’establishment. I rockers si gonfiarono come 113

un’onda, allungando le braccia per toccare le scarpe dell’uomo che avevano ascoltato e per il quale si erano entusiasmati negli ultimi 15 anni: moto o furgoncini davanti ai caffè della periferia, mentre nell’interno riempivano di monete gli insaziabili juke boxes. Up in the morning and off to school, cantava Chuck, suonando per il verso successivo solo l’accompagnamento di chitarra,,mentre i rockers gli rispondevano: Teacher’s teaching the

golden rule, e Chuck sorrise agli inesistenti amici tra le quinte,

cercando qualcuno con cui dividere il trionfo. Insieme, lui e i rockers, cantarono

il ritornello:

Hail, Hail, Rock

’n Roll, I#s

been going since days of old. Chuck tornò a sorridere, la stessa espressione di candida gioia che Janis Joplin aveva diviso con l’uditorio due o tre mesi prima, quando anche lei aveva conquistato l’invincibile pubblico dell’Albert Hall. Ora i rockers salivano gli uni sulla schiena degli altri, ballicchiando come galli da combattimento, cadendo sul palco, infastiditi dalle luci della ribalta, rintanandosi dietro le spalle dei compagni, imme-

mori di dove si trovavano, dondolandosi avanti e indietro come

gli stantuffi di una locomotiva. Erano le vestigia di un’altra generazione, anziani Teddy Boys dalla giacca col bavero di velluto

verde, comici favoriti, travolti dal ritmo della musica, col viso

ridotto a una supplica straziante davanti a Chuck, il Maetîtro, che ora cantava « Johnny B. Good », attraversando a scatti la scena con quel suo famoso passo da crostaceo, facendoli diventar matti, risucchiandoli vento...

sul palco,

come

forfora

spazzata

via

dal

Ora The Who erano tra le quinte, e ascoltavano la musica come i padroni delle gallerie di Mayfair contemplano la cosiddetta arte povera. Chuck arretrò, calmo e nient’affatto turbato dalla folla che gremiva il palcoscenico, coi rockers che gli ghignavano a pochi centimetri dal naso mentre Chuck gli suonava « Memphis », lasciandoli cantare con lui, ignorando le luci acce-

se in sala come ovvio invito a desistere. Ormai si dondolava tutto l’Albert Hall, gruppi in loggione, nei palchi privati, in sacche sparse qua e là nell’arena. Il palcoscenico era così affollato che Chuck finì alle spalle della batteria. Col finale di « Memphis » le luci brillarono più vive del sole di un giorno d’estate, il figlio dei fiori compère invitava sommessamente alla

calma, « divertitevi ma non menate le mani, cosa ci guadagnate? » (ma un guadagno c’era stato: i rockers avevano infranto lo sbatramento! dei valletti) e a un tratto tutti sil accorsero” che 114

Chuck Berry era svanito. Il compère suonò dei dischi, scusandosi con quelli delle prime file che avevano la visuale coperta dai rockers. Un giovanotto unto con una giacca lunga adorna di merletti s’impadronì del microfono per trasmettere un messaggio a « tutti i Teds », che all’orecchio non esercitato riuscì indecifrabile ma che strappò un applauso ai Teds e un sorriso di sollievo alle maschere del teatro. Uscii a bere qualcosa ma l’Inghilterra è quella che è, e il bar era chiuso. Mentre tornavo indietro incontrai Chuck Berry, che

luccicava

eroicamente,

diretto

verso

l’uscita.

« Sei

stato

grande » schiumai, e lui rispose con un grazie caloroso come se fosse il complimento più inatteso e originale che gli avessero mai fatto. « Aspetta un momento, Chuck » disse una voce femminile, e dalla porta a vento uscì una bionda platino sulla cinquantina, dall’occhio rapace: stringendo soprabito e borsetta, si

allontanò sulla scia di Chuck. Fu una cosa inspiegabilmente Berry che scappavano

tavano

disperatamente

Chuck

malinconica:

via, soli, mentre

il bis:

lei e Chuck

dentro i rockers

« Vogliamo

Chuck,

aspet-

vogliamo

».

Dentro un amico disse: « E’ stato divertente, ma era tutta robaccia. Ora sì che sentirai un po’ di vera musica », al che emersero The Who, con Townshend in tuta bianca che sperò di

dissipare ogni residua nostalgia con la promessa: « Anche noi rivivremo il passato ». Accompagnati da una dose decisamente eccessiva di decibel, megacicli e multi-kilowatt, The Who entrarono

rumorosamente

in

azione,

ma

io ero

ipnotizzato

dai

rockers, fermi nei corridoi o sparsi qua e là in platea, spinti da The Who a prendere tali espressioni di odio invincibile che il disagio mi fece rabbrividire. Cominciarono a tirare latte da birra e monetine, non lanciandole simbolicamente, ma con tutta la forza del loro corpo, con l’intenzione di ridurre The Who per sempre al silenzio. « Vaffanculo » dicevano, a gesti, a Roger

Daltrey, disgustati dai suoi capelli ricci da fricco, dall’eleganza alla Beau Brummel della giacca bianca di pelle scamosciata con le frange fatte a mano, mentre faceva ruotare il microfono come un lazo, reagendo ai loro sberleffi col farglielo passare ancora più vicino, come un pescatore furibondo deciso a stendere la preda col piombo. Disgustati al vederlo mettere avanti l’orologio musicale proprio sotto i loro occhi. Esaurita

la scorta

di missili,

i rockers

si avvicinarono

al LIS

palcoscenico, impegnando un deciso corpo a corpo. Ancora i fischi. La cavalleria. Una squadra di bobbies londinesi si schierò lungo le pareti della sala, strinse al centro e soffocò le dichiarazioni d’insofferenza più materiali. « Sentite » disse Peter Townshend, « noi ascoltiamo volentieri anche Chuck Berry. Sì, lo ascoltiamo volentieri. Ora, però, ascoltate noi! ». La grande, meno rumorosa maggioranza della folla, il fior fiore di Chelsea, Kensington, Notting Hill, Knightsbridge e Hampstead, manifestò il suo assenso con gli applausi, e The Who, con un’abile mossa diplomatica attaccarono « Summertime Blues ». ... l’m gonna raise a fuss | I’m gonna raise a boller / Been working all day / Just to earn a dollar ... Una pausa, poi il frenetico passaggio a una selezione di brani da Tommy. Con Keith Moon che guazzava nel proprio senso del burlesque, allegramente contagioso, suonando la batteria con lo stesso sbalorditivo miscuglio di esibizionismo e di realismo con cui fa « lavorare » un bicchier d’acqua — lanciandone il contenuto alto nell’aria perché gli si rovesci sulla faccia, rinfrescandolo — gettandosi il bicchiere alle spalle per farlo prendere al volo, come le bacchette, da un compagno. Townshend che faceva girare rigidamente il braccio destro come la pala di un mulino a vento. Daltrey col suo laccio microfonico, che prendeva di mira quelli del loggione.

Un

uomo

con la cuffia sulle orecchie,

a lato del palco-

scenico, in groppa a un marchingegno irto di manopole, che cercava con frenetica abilità di eliminare la differenza

tra Tommy

dal vivo e la creatura con lo stesso nome uscita dagli studi di registrazione. Ma ormai poteva rilassarsi, mentre The Who

tor-

navano fulminei alle origini... P-P-P-People try to put us down /

Just because we get around, balbettava Townshend

sbandando

attraverso il palcoscenico in una parodia dell’impeto granchiesco di Berry, tra il divertimento della folla e la derisione di alcuni rockers non ancora convertiti.

E così anche Townshend, Daltrey & Moon fecero balzare dalla poltrona gli ascoltatori, che si misero a pestare i piedi e a battere le mani, chiedendo a gran voce il bis, mentre un paio

di rockers arrivavano al punto di stringere la mano agli esecutori. Preso da una rabbia genuina, Townshend spaccò la chitarra, si avventò con i pugni contro i giganteschi amplificatori e alla fine lasciò come una furia il palcoscenico. Subito i toni serici e sommessi del presentatore cominciarono a calmare la folla, versando olio sulle acque agitate, ringraziandola per esse116

re stata un così scelto e attento uditorio, ringraziando l’organizzazione per la fantastica serie di Concerti di Musica Pop, promettendo uno spettacolo ancora più grandioso per l’anno venTULO

.

Un’indimenticabile serata di rock. O no? Il dubbio restava. Era come aver consumato un pasto che sembrava delizioso sia come aspetto che come sapore, ma che ti lasciava stuccato e insoddisfatto. Certo, la serata avrebbe

dovuto

chiuderla Chuck

Berry. I ritmi primitivi, organici, selvaggi del rock avrebbero dovuto — a dispetto della cronologia — costituire il clou dei concerti. Lo spettacolo era cominciato nella più grande confusione ed era finito in una specie di stupore cerebrale. Avrebbe dovuto essere il contrario.

Le estati hippie di Townshend, gli esotici e lussureggianti labirinti dell’acido e del rock, il messaggio della sua opera: We don’t have to take it. Gonna break it! Gonna shake it!

Let's forget it better still! La sua generica « sensibilità » (« Se t’interessa la meditazione ... o solo andare su di giri... o se la vita presenta dei problemi, o semplicemente se t’interessa vivere, se sei tanto fortunato da avere questa cosa, la vita, allora l’erba è un modo per

capirla più facilmente »). NON VOLEVA DIR NULLA, TUTTO QUESTO? Chuck Berry, senza il quale The Who sarebbero ancora degli sconosciuti « rompighiaccio », che se la svignava durante l’intervallo, alla chetichella, seguito da una sola groupie di mezza età. I grandi progetti di far suonare insieme, improvvisando, Berry e Townshend, sepolti da una squallida lite in famiglia scoppiata al momento di decidere — Dio santo — chi avrà il nome più grosso sui manifesti. Gli Herman’s Hermits contro Engel-

bert Humperdinck,

sì! Ma

Townshend?

La

m-m-m-m-m-mia

generazione?

E ripensando a quella spanciata di musica pop, a quel giorno d’estate di ritmi scatenati, energie sprigionate; la nuova geologia, gli inquieti, selvaggi, elettrici segnali di una svolta nel modo di vivere; mezzo milione di persone al concerto di Hyde Park — gratis, per gentile concessione delle Blackhill Enter117

prises, dell’entusiastica troupe della Granada, del formidabile sistema di amplificazione Marshall e del gelato Lyons, di cui avevano triplicato il prezzo ... rievocando la morte di Brian Jones, avvenuta due o tre giorni prima, un cadavere in fondo alla piscina, come cento altri ironici commiati nella Hollywood degli anni trenta e quaranta; la super-dlite di Hyde Park protetta dalle masse da reti metalliche, gli striscianti giornalisti hipster con la cravatta a pallini e la sciarpa di seta a straccetto ... La versione swing-swing e pop dell’Investitura del principe Carlo che pochi giorni prima aveva abbacinato una generazione diversa; uguali il fasto e la solennità della frivola cerimonia in un castello gallese, gli stessi prostrati strumenti d’informazione e le medesime folle indottrinate, i lacchè in tenuta medie-

vale simili ad Angeli dell’Inferno; la tanto decantata eloquenza del principe Carlo in un inutile dialetto, dorata mistificazione non minore di quella di Jagger che, in pieno sole, incespica nei versi di Shelley. Le istituzioni proprie della musica pop ormai diventate un palazzo Buckingham privo di efficienza, come la Apple, che crolla in un bailamme di amministratori ladri, arrampicate sugli specchi, piagnucolanti imbelinatori di celebrità. A che pro? Perché una neo-aristocrazia gironzoli per Chelsea su Mini Morris dai finestrini listati a lutto mentre il pop-proletariato mugola filastrocche e ridacchia beffardo delle maioliche per l’Investitura della mamma. Stanotte poserò la testa sul Cuscino Surrealista del Jefferson Airplane, pregando che mandi il suo magico calore, perché se no...

Cambiano la guardia a Buckingham Palace, Quasi quasi potrei andarci con Alice FE’ gratis, tutti i giorni. We forsake you Gonna rape you Let's forget you... better still! Peter Townshend

118

GIOVANNINO SEMEDISTREPPA PORTA SANDALI DORATI E UNA BOMBETTA NERA

« Venite sul ciglio. Potremmo cadere. Venite sul ciglio. E’ troppo alto! VEE NAT E AESIÙ EC NEGINRO E loro vennero

e lui spinse e loro volarono... »

Christopher Logue New Numbers

« Tutti devono prendersi la ciucca ».

« Quanto

al Diciottesimo

emendamento,

Bob Dylan

le probabilità

di

abrogarlo sono le stesse che avrebbe un colibrì di volare sul pianeta Marte col monumento a Washington legato alla coda ». Senatore Morris Sheppard, del Texas, autore dell’emendamento che bandì gli alcoolici e introdusse il Proibizionismo. « Alludo a una droga nota nel primo periodo della storia cinese e allora considerata: preziosa perché possedeva la virtù di alleviare la fatica, sollevare lo spirito, rafforzare la volontà e curare la vista. .. all’inizio

di questo

secolo ...

della

stessa

droga

par-

1ò ... l’allora Regius Professor di Medicina presso l’università di Cambridge ...: « Essa è particolarmente efficace nel produrre incubi con allucinazioni che possono allarmare per la loro intensità. Un’al tra singolare caratteristica di questa droga consiste nel produrre uno strano e altissimo grado di depressione fisica. Un'ora o due dopo la somministrazione, il paziente può essere colto da un grave abbattimento tale da rendergli particolarmente arduo parlare. I suoi discorsi possono farsi vaghi e sconnessi. Per miserie come queste si possono sciupare i migliori anni della vita di un uomo ».

« Onorevoli colleghi, mi duole dire che di questa droga, con ogni evidenza, è schiava l’intera Camera dei Lords: e la droga in questione è il tè ». LI

Baronessa Wootton of Abinger, Camera dei Lords, dibattito sull’assuefazione alla droga, marzo 1969. « Il problema della marijuana è una guerra civile culturale in cui il modo di pensare tradizionale, conformista e conservatore — morale, etico e religioso — urta contro la nuova coscienza planetaria, dinamica, globale, espanta ». The Marijuana Review, giugno-agosto 1969 « Clang!

Honk!

Tweet!

OO0O00000000000C!

EEEFEEeeeeEEEEE! Zow! Pow! Sproing! Zonk! FLASH! ... Mica male la roba che abbiamo qui, fratello! ». The Fabulous Freak Brothers, Georgia Straight Chi fuma la marijuana? La domanda è priva di senso: chi beve birra? Io. Quasi tutte le persone che conosco. Pubblici funzionari, uomini politici,

insegnanti,

assistenti

sociali,

conducenti

di

autobus,

guar-

diani notturni, avvocati, capi indiani, agenti di polizia e studenti.

E’ più facile dire chi non la fuma: Enoch Powell, Ronald Reagan e gli astronauti, tenuti su a pillole energetiche . .. L’elenco fatevelo per vostro conto. « La streppa sta diventando americana come H. Rap Brown e la torta di mele » nota Esquire. Ed è anche inglese come le tartine da tè e gli autisti delle Indie Occidentali, internazionale come una canzone pop.

« Oggi gli studenti che la fumano sono così tanti che, non ufficialmente, l’erba è già legale ». Bard Grosse, direttore degli studi sulle droghe dell’US National Students’ Association (1969). Cos’è la

cannabis?

Il nome giusto è cannabis sativa, o canapa indiana.

annua delle orticacee, d’alto fusto: 122

Pianta

i fiori maschili e femminili

crescono su piante separate. I fusti della pianta maschile danno la canapa. L’essudazione resinosa dei grappoli di fiori femminili e della cima delle piante femminili dà i seguenti prodotti: Bbhang: miscela da fumare formata dalle cime triturate delle piante femminili incolte. Il tasso resinoso è generalmente scarso. Marijuana: nome ispano-messicano per il bhang. Ganja: qualità appositamente coltivata e raccolta delle piante femminili di cannabis sativa. Le cime vengono recise e utilizzate per la preparazione di miscele da fumare, beveraggi, dolciumi e pasticcini senza procedere all’estrazione della resina.

Charas: la resina pura e non adulterata estratta dalle cime delle migliori piante femminili di cannabis sativa, in genere quelle coltivate per la ganja. Nota tra noi come bascisc. Adattato da The Marijuana Papers, a cura di David

Solomon, Panther Books,

1969.

Cosa mi farà

la marijuana?

Come la Spearmint, favorisce la concentrazione e ti a fare un po’ meglio quasi tutte le cose. Ti fa crescere il sul palmo delle mani, ti presenta a un simpaticissimo negro, ce l’impotenza, stimola l’appetito, elimina l’adipe superfluo,

aiuta pelo vincom-

batte la stitichezza e l’emicrania, cura i reumatismi, la lombag-

gine, il mal di reni, la fibrosite, disperde gli sgradevoli effluvi corporali ed è efficacissima contro il lavoro. In breve, è una droga miracolosa. La nazione che ne fa uso è una nazione potente. Credete che il progetto lunare della Zambia sia uno scherzo? Aspettate e vedrete, se su Marte non arrivano prima loro. Possibili effetti secondari: un senso di sognante nonchalance, una coscienza più vigile e lucida, lampi d’introspezione, un atteggiamento comprensivo verso il proprio simile (specie se vi siete drogati insieme) e un senso formidabile di contemporaneità. 123

« La marijuana ha un effetto corrosivo sul corpo e sulla mente, perché indebolisce tutto l’organismo e, dopo l’uso prolungato, porta spesso alla follia ». Harry J. Anslinger, ex commissario del Federal Bureau of Narcotics degli SU. « Credo si possa ormai dire che la marijuana non porta alla degenerazione, non intacca le cellule cerebrali, non crea il vizio

e non spinge chi la usa a darsi all’eroina ». Dr. James H. Fox, direttore dell’Ufficio Controllo Abuso Droghe della Food and Drug Administration degli SU. « La marijuana tende a stimolare l’immaginazione, a produrre una rotazione negli orientamenti cronologici dal passato o dal futuro al presente, ad accrescere la capacità di creare libere associazioni, e il senso della propria intimità, e a ridurre la lucidità dell’ascoltatore ». Dr. Norman Zinberg, Nature, maggio 1969 Perché i miei

genitori non ftumavano l’erba?

Perché il Daily Mirror aveva una diffusione più vasta del rapporto del 1894 della Commissione sulle droghe ricavate dalla canapa indiana (vedi oltre). Esempi tratti dal Daily Mirror (1939):

La marijuana spinge le sue vittime nella società, forzandole alla violenza, spesso al delitto. E’ per i giovani d’oggi la minaccia di gran lunga più sinistra. La marijuana può trasformare una vita felice in un inferno. In casi estremi la marijuana riesce a distruggere il carattere di un uomo in un modo così radicale da spingerlo a mescolarsi liberamente con persone di un’altra razza. Manuale sudafricano di criminologia (citato dal Sunday Telegraph del 27 novembre 1966) 124

Quando sarà legalizzata la marijuana? Mai,

se dipende

dalla World

Health

Organization.

(« La

cannabis è una droga che produce assuefazione, creando problemi pubblici e sociali, e questi controlli non vanno assolutamente sospesi). 1969. Mai, se dipende dall’International Narcotic Control Board.

(« La severità delle pene crea un’atmosfera sociale. Se si effettueranno

riduzioni eccessive, e un abuso come

la cannabis

di-

verrà socialmente accettabile, presto sarà impossibile non legalizzarla »). 1969.

Mai, se dipende dal signor Callaghan, attuale ministro britannico dell’Interno. Nel gennaio 1969 egli respinse le raccomandazioni del Comitato consultivo sull’assuefazione alla droga (il cosiddetto « rapporto Wootton ») perché erano, secondo lui, eccessivamente influenzate dalla « mafia della streppa ».

Non si sa quanto il signor Callaghan sia stato influenzato dalla mafia degli alcoolici e da quella delle sigarette. Mai, se dipende dal National Institute of Mental Health americano. Nel 1969 spese centomila dollari per una campagna pubblicitaria televisiva contro le droghe, compresa la marijuana. Nei caroselli si sentiva la bella voce di Rod Sterling su uno sfondo di nervosi adolescenti che rievocavano sordide esperienze con la streppa.

Mai, se dipende da lui. Presentando amministrazione, nel era stata « la causa negli ultimi dieci anni le pene.

dal presidente Nixon, e dipende proprio il progetto di legge sulla droga della sua luglio 1969, Nixon affermò che la droga principale della criminalità per le strade ». È propose un generale inasprimento del-

« La legge contro la marijuana è immorale in linea di principio e in pratica inapplicabile ». Da un annuncio a piena pagina fatto pubblicare sul Times

dalla

SOMA

(Society

of Mental

Awareness)

il 24 luglio 1967. 125

Cos’era il Rapporto

Wootton?

Era un lungo rapporto sulla cannabis del Comitato consultivo sull’assuefazione alla droga, steso da un sottocomitato di esperti diretto dalla baronessa Wootton of Abinger, illustre sociologa e magistrato con quarant’anni di esperienza. Il Rapporto venne pubblicato dal Ministero dell’Interno britannico nel mese di gennaio del 1969. Quali Wootton?

erano

le principali

raccomandazioni

del

Rapporto

Che le pene previste per le varie infrazioni commesse dai fumatori di marijuana fossero ridotte. Ecco come il Rapporto riassumeva gli argomenti a favore della legalizzazione: 1) Finché la cannabis sarà una sostanza proibita, chiunque ne farà uso violerà la legge e, necessariamente, si alleerà con coloro che violano la legge abitualmente; potrà dunque legarsi a persone il cui interesse per la droga è assai più losco del suo. Finché la cannabis sarà illegale si potranno esercitare pressioni sociali tali da indurre i consumatori di cannabis a conoscere e sperimentare droghe più pericolose. II) Si dovrebbe permettere agli adulti, maschi e femmine, di decidere da soli quali sostanze intendono consumare. Lo Stato

non ha il diritto d’interferire tranne che nei casi in cui si possa dimostrare chiaramente il danno subìto da terzi.

Contro la legalizzazione il Rapporto menti principali:

formulava

tre argo-

I) La cannabis è una droga molto complicata, simile all’alcool sotto certi aspetti, con effetti molto variabili sui diversi individui. Se e fino a quando non sarà possibile provare che la cannabis è meno pericolosa dell’alcool, di cui potrebbe essere un efficace surrogato, la cosa di gran lunga migliore è che continui a essere proibita. II) Dal momento che il consumo di cannabis altera il senso dello spazio e del tempo, è probabile che essa sia pericolosissima se presa da chi si accinge a guidare un automezzo. Disgraziatamente non è ancora possibile rilevare la presenza della cannabis nei fluidi dell’organismo. 126

III)

Ben poco si sa ancora degli effetti a lunga scadenza. Dal discorso della baronessa Wootton alla Camera dei Lords di mercoledì 26 marzo 1969.

Mentre la stampa trattava il Rapporto come una notizia sensazionale appena giunta da Babilonia, un’attenta lettura dell’altro rapporto, quello della Commissione sulle droghe ricavata dalla canapa indiana, lo colloca in una più misurata prospettiva. Nel 1894 questa Commissione arrivò alla conclusione che « l’uso moderato delle droghe ottenute dalla canapa non è praticamente seguito da alcun esito negativo ». Sul problema della guida in condizioni alterate, come vedremo, il rapporto può benissimo sbagliarsi. Dire che non si sa niente degli effetti a lunga scadenza è un insulto ai popoli dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente. « Ridurre le pene per la cannabis sarebbe un esperimento pericoloso. Perché correre questo rischio? ». Articolo di fondo sul Daily Mirror, 13.1.69. Un gioco:

ripetete le due frasi precedenti

« cannabis » parole come omosessualità, aborto, dimostrazioni, ecc.

sostituendo

la lettura

a

dell’Ulisse,

« Il rapporto, a giudicare dai commenti della stampa, era il parto mostruoso della mia mente malata ». Baronessa Wootton

(marzo

1969).

Ha mai fumato la streppa la baronessa Wootton?

« Ogni volta rispondere ».

che

mi

fanno

questa

domanda,

rifiuto

di

Baronessa Wootton, Sunday Mirror, 12 gen, 1969.

Che senso avrà la legalizzazione?

Controlli governativi, tasse, sofisticazioni. Meno ansie. La fine di un’impressione: di essere tutti dei congiurati. Addio 127

all’omino che te la porta a casa e alla bella Caroline Coon di Release. Buonanotte alle violente campagne dei giganti del tabacco, che si dice abbiano già depositato (e la fonte è degna di fede) nomi

come

Nepalese

Blue, Acapulco

Gold

e Panama

Red ... la qualità d’erba che si fuma diverrà uno status symbol. Ci saranno quelle col filtro, poi le super, quelle mentolate: fresche come un torrente di montagna ... Le paglie inglesi saranno le più piccole e le più care della terra, e per sentire qualcosa bisognerà intingerle nell’eroina; o magari chissà che non finiscano per legalizzare anche quella. « Nel mettere al bando la marijuana il pericolo ... è che trasformi in criminali le persone più intelligenti e sensibili del paese ». Allen Ginsberg Cos’è

streppa? »

Non esiste come singolo organismo, unificato e identificabile, votato alla legalizzazione della marijuana, ma piuttosto come una rete propagandistica dalle maglie piuttosto larghe. Nel Regno Unito c’è la SOMA (Society of Mental Awareness) che chiede una riforma del codice e attualmente conduce

ricer-

che sull’ingrediente attivo isolato della cannabis. La LEMAR INTERNATIONAL è un’analoga organizzazione che, negli Stati Uniti, pubblica la Marijuana Review. Release, fondato per assistere gli arrestati per presunte violazioni della legge sulle droghe, ha pubblicato un rapporto sulle proprie attività e assoldato una squadra di avvocati esperti dei problemi giuridici connessi all’uso della droga’. La stampa underground costituisce ! SOMA, 438 Fulham Road, London W.8. LEMAR INTERNATIONAL, Box 71, Norton Hall, SUUN.Y. at Buffalo, York 14214, USA. ’ RELEASE, 50A Princedale Road, London W.11. The Release Report on Drug Offenders and the Law by Caroline Coon & Rufus Harris. Sphere Books 1969.

New

128

la fonte più accessibile e aggiornata di tutte le notizie relative alla marijuana e alle droghe psichedeliche, con ricette, tendenze di mercato, consigli in genere e informazioni sugli arresti. A New York, il giorno di San Valentino del 1969, 30.000 sigarette alla marijuana appena confezionate furono spedite per posta ad altrettanti capifamiglia insieme a un manifesto sul disarmo e un promemoria che diceva che « la marijuana viene usata in tutto il mondo da più di 2.500 anni ». Si prometteva che il Giorno della Mamma si sarebbero inviate dieci sigarette ad altrettante persone scelte a caso sull’elenco telefonico. Uno dei fortunati

destinatari, Jeff Shero,

direttore

di Rat,

scrisse:

« La sigaretta acclusa fu accesa e fatta girare: era roba genuina, ma di mediocre qualità ». Nell’ottobre 1968 i federali davano la caccia a uno hippie che spargeva semi di marijuana su tutte le terre del Midwest. Questo hippie porta sandali dorati e una bombetta nera, viaggia con l’autostop la mattina presto e pianta i

suoi semi nelle fattorie abbandonate. Si nasconde nei boschi e agli altri fumatori come lui spedisce una mappa in piena regola dove ha accuratamente segnato tutte le zone delle ultime semine.

Perché tanti

dei miei amici

diventano Così scoccianti

quando 7

son fatti una fumata? I)

Perchè

sono

scoccianti comunque.

II) Perché sono: a) brillanti, spiritosi, intelligenti e affascinanti, oppure: b) poetici e sognanti; e tu sei troppo scoccian-

temente giù di giri per capirli. 129

Se fumo, mi

pizzicheranno? pop.

Solo se sei stupido, sfortunato o un superdivo della musica Nel

1968,

in Gran

Bretagna,

3071

persone

sono

state

arrestate per detenzione di cannabis. Lo stesso anno, negli Stati Uniti, i funzionari doganali ne hanno sequestrato 30 ton-

nellate,

mentre

gli

arresti

sono

aumentati

complessivamente

del 60% e, solo in California, del 324%. Queste cifre rappresentano solo una piccola parte dei trasgressori. Fumate tranquillamente nel comfort della vostra casa (specie se è sull’Himalaya). Comprate la roba da un amico o accertatevi che il vostro fornitore non abbia il vostro indirizzo sul suo taccuino nero. Nessuno vi torcerà un capello, né al Paradiso né nei clubini rock dell’Underground, nelle boutiques di Kensington Market o alla maggior parte dei grandi convegni hip all’aria aperta dove la polizia è costretta a ignorare la nuvola di fumo che aleggia sui partecipanti: non può mica arrestare 10.000 persone tutte in una volta.

Nell’Indiana un anziano agricoltore ha seminato un campo a marijuana. Ora se ne sta tranquillamente seduto nella sua fattoria, scrutando l’orizzonte con un binocolo da campo in attesa che arrivino dei giovani a mietere la coltura. Allora chiama la

polizia e riscuote i suoi trenta denari ».

The Times, 8 novembre

1969.

« Infine, gli Stati Uniti sperano d’incoraggiare gli agenti

messicani

a usare

aerei

muniti

di

annusatori

elettronici

per

localizzare le zone dove si coltiva la marijuana e poi a irrorare le piante con un composto ancora sperimentale (il corsivo è mio) che nauseerà i consumatori che successivamente fumeranno il prodotto ». Time, 26 settembre 1969, citando generale degli Stati Uniti, Richard

a proposito dell’operazione Intercept. « Ricorda quello che disse il ghiro: ’Nutri la tua testa. 130

il procuratore Kleindeinst, a

Nutri la tua testa. Nutri la tua testa’ ». Grace Slick, The Jefferson Airplane. White Rabbit. Copper Penny Music Publishing Co. Se

prendo troppo hascisc, cosa debbo fare?

Divertiti. Sennò, bevi qualcosa di calmante, preferibilmente con un po’ di vitamina C, come del succo d’arancia o di limone. Còricati e sogni d’oro. Ti sveglierai al mattino rinato, senza l’ombra di un’emicrania. Se fumo l’hascisc mischiato col tabacco, sto male. In quali altri

modi posso prendere la ciucca?

Mangialo. Scioglilo nel caffé (sul gas, in un cucchiaio pieno d’acqua), mischialo a una focaccia da mettere nel forno, aggiungilo all’omelette, fanne un dolce caramellato. Alcune ricette sono così complicate che per prepararle bisogna essere ciucchi. 131

Provate questa: Chili con streppa 9 etti di fagioli borlotti 1A spicchio d’aglio 450 grammi di pancetta, a fettine di 5 cm. 2

tazze

di vino

rosso

1A tazza di funghi 1 4

tazza di erba triturata cucchiaini di peperoncino

rosso in polvere

(chili)

Tenete a bagno i fagioli per una notte, in una grossa pentola. Versate acqua calda sui fagioli e fate bollire lentamente per almeno un’ora, aggiungendo altra acqua per tenere coperti i fagioli. Aggiungete poi tutti gli altri ingredienti e continuate a far bollire lentamente per altre tre ore. Sale quanto basta. Manda su di giri una decina di persone. Dallas Notes Lan marijuana è un afrodisiaco? Dipende da con chi sei quando sei su di giri. « La

marijuana

scatena

gli

impulsi

erotici

e

spinge

a

rivoltanti delitti sessuali . .. Una ragazza, nota per la sua modestia e la sua tranquillità, a un tratto gettò al vento ogni cautela. E cominciò a far tardi la notte ». Daily Mirror,

1924

Posso guidare dopo che ho fumato? Perché sciupare della buona streppa? La marijuana presa in moderate quantità non toglie la capacità di guidare: anche 132

se probabilmente sarà la guida a nuocere all’effetto della marijuana. Prove di guida con simulatori condotte in un periodo di sei settimane presso la facoltà di farmacologia dell’università di Washington nei primi mesi del 1969, con la partecipazione di trentasei giovani, regolari consumatori sia di alcoolici che di marijuana, hanno dato le seguenti conclusioni: i fumatori di marijuana messi in un simulatore lo guidano altrettanto bene da

sobri

che

da

ciucchi.

Sotto

l’influenza

dell’alcool,

invece,

il livello della loro prestazione è calato del 15%. L’unica differenza notata durante la guida in condizioni « alterate » dalla marijuana era che le cavie tendevano a controllare più spesso del solito il tachimetro, finendo così per guidare più piano. Si sono iniziati in questi giorni nuovi esperimenti con veicoli veri e propri.

« Personalmente preferirei viaggiare in una macchina il cui autista è ciucco di marijuana piuttosto che viaggiare in una macchina il cui autista è ciucco di liquori ». Alfred

Crancer,

vicedirettore

delle

ricerche,

Dipartimento veicoli a motore, Washington. « Vorrei incoraggiare i piedipiatti a tenersi un po’ del prossimo carico che sequestreranno per provarla. E’ davvero una gran goduria. Forse capiranno se gli dite che è come tracannare un bel bicchierozzo del vostro migliore bourbon ». Sergente Richard Bergess (Sergeant Sunshine) E’

vero che in

grande maggioranza gli eroinomani cominciano

con la marijuana?

Sì. Ma sono ancora di più quelli che cominciano col latte. E’ ovvio che nel tentativo di procurarsi una regolare fornitura 133

di cannabis si può venire più facilmente a contatto con persone in grado di fornire droghe più pericolose. Inoltre, quando si scopre che la cannabis è innocua, confutando una delle tante frottole della società, ci si può sentire tentati, per analogia, dall’eroina. Morale: dite la verità sulla marijuana e i tossicomani diminuiranno. « Morirò giovane, ma è come baciare il Signore ». Lenny Bruce C’è qualche rapporto tra

la musica

pop? « Nominatemi un gruppo rock che non abbia in repertorio inni alla marijuana e all’LSD ». Timothy Leatry « I divi della musica una specie di antidoping — prima di entrare in scena Sig.ra D. Baylis,

pop dovrebbero essere sottoposti a come i cavalli da corsa e i levrierti — ». Noss Mayo, presso Plymouth, Devon.

News of the World, 26 febbraio 1967.

La marijuana

produce assuefazione? Sì, nel senso che le cose veramente meritano

134

di essere ripetute

piacevoli della vita

in continuazione.

Posso

passare la

dogana con un carico

di marijuana?

Meglio essere ciucchi e puliti che sobri e in gattabuia. In Israele ti smaschera il fiuto di certi « cani da hascisc » appositamente

addestrati

(li hanno

fin dal

1954).

A

Tashkent

è una

bella rossa a sentire l’odore. Ha un olfatto straordinario, particolarmente

sensibile alla cannabis, e in una giornata calda, col

vento che soffia nella direzione giusta, le si dilateranno le narici mentre sei ancora sulla pista. In Turchia possono darti trent’anni di galera. Nell’Iraq rischi la pena di morte. In Inghilterra puoi persino farla franca. Nell’agosto del ’69 un mio amico passava dall’aeroporto londinese di Heathrow alle 22,30 di un venerdì. I fluenti capelli biondi, il cappello alla Greta Garbo e la giacca color malva richiamarono, com’era prevedibile, l’attenzione di due cortesi doganieri. Le solite domande. Si fruga nella borsa e, tra il talco e il dentifricio, salta fuori una pallottola di hascisc. L’amico è sbalordito. Ricordava di averla perduta un mese prima e il suo ritrovamento, proprio Îì, costituisce una sorpresa imbarazzante. I doganieri, in crocchio, risero bonariamente della sua « stupidità ». Procedettero poi a perquisitlo e a interrogarlo diligentemente. Quando fu chiaro che non apparteneva a una banda di contrabbandieri internazionali, e che si era solo dimo-

strato negligente, quelli della dogana si scusarono di non poterlo rimettere in libertà, spiegando che la cosa era ormai di competenza della polizia. Arrivò infatti un giovane detective, che lo condusse

in una

stanza

vivamente

illuminata

e, nel

corso

di

un’amabile conversazione, cercò di tranquillizzarlo: si trattava di uno sfortunato, banalissimo incidente. Gli agenti dell’aeroporto erano andati via, perciò il detective telefonò al commissa-

riato più vicino, che però non aveva una macchina da mandare per l’arresto. Quanto all’hascisc, be’, era proprio una pallottolina, e i doganieri non intendevano sporgere denuncia ... OK, sbadigliarono all’unisono il detective e il sergente, lasciamolo 135

andare. Riapparvero i doganieri, per aiutarlo a prendere un altro aereo, e l’amico continuò il viaggio con tutti i suoi bagagli meno l’hascisc, che finì senza dubbio, a notte fonda, in una tazza di caffé dell’aeroporto. Ho paura. E se resto improvvisamente senza scorta?

Coltivatela per conto vostro. Se riuscite a distinguere l’erba dal panìco, provate nel negozio di animali del quartiere. Potreste essere fortunati. Altrimenti, la prossima volta che vedete della buona erba mettete da parte, per ogni evenienza, alcuni dei semi più grossi. Quando sarà il momento, mettete i semi tra due kleenex, poi mettete i fazzolettini di carta in un piatto -poco profondo e saturateli. Tre o quattro giorni dopo i semi dovrebbero aver messo dei germogli lunghi almeno un centimetro. Piantateli in un vaso da fiori, usandone uno per ciascuno. Alla normale luce del sole nei vasi cresceranno delle piante alte anche quattro o cinque metri, mica troppo facili da nascondere. Ma per fortuna in Gran Bretagna la « normale luce del sole » non è tale da poter angosciare anima viva. Fateli dunque maturare non all’aria aperta ma in un armadio, con una luce artificiale piazzata una trentina di centimetri sopra le cime delle piante. Luce continua con lampada azzurrata per il primo mese, poi passate al rosso, riducendo il tempo a 16 ore la prima settimana, 14 la seconda e poi 12 fino a quando le piante fioriranno. Solo le piante femminili (riconoscibili dai fiori più grandi e rigogliosi) mbritano di essere raccolte. Tutta la pianta femminile può essere utilizzata per fumare, ma i fiori e le foglie della cima forniscono l’erba più potente, il fusto e le radici la più debole. Seccate la pianta al sole per almeno due settimane finché le foglie saranno friabili. Tagliate fiori e foglie finemente con un coltello affilato, separandoli con cura dai semi e dai pezzi del fusto?. 3 Da

136

una

lettera

a catena

internazionale

fatta circolare

nel

1969.

Kew

Piantate tutti Gardens.

i semi

d’avanzo

in

una

delle

serre

dei

La marijuana contribuisce a cambiare il mondo?

Intendendo il mondo occidentale. Sì, finché rimarrà illegale. Fumare

la marijuana,

in sostanza,

è un’affettazione

alla moda

con ambigue implicazioni. Pur essendo marginale, il contributo della marijuana all’evoluzione dell’Uomo Nuovo non è irrilevante:

— Ci insegna nuovamente a rilassarci, riduce lo zelo competitivo e incoraggia la pigrizia: cosa che sarà molto importante, in futuro.

— Rende l’uomo più cordiale verso il suo simile: come fanno alle volte i sit-in e le lettura di poesie, e come non fanno i concorsi e le palestre. — Tende a nutrire l’istinto creativo dell’uomo: più che ad accrescere la sua capacità di sgobbare. — Ha distrutto il pregiudizio culturale-razziale. Invece di denigrarli, oggi si romanticizzano i modi di vivere africano e orientale. — Trasforma gli uomini in tanti Houdini ciucchi, capaci di sgusciare dalla camicia di forza della logica aristotelica. Il pensiero laterale e il misticismo non fanno male a nessuno, o quasi mai.

— L'ultimo punto vi lascia perplessi? Perché credete che l’America abbia perso la guerra nel Vietnam? I piloti sono degli sbronzoni ma i fanti se la pipano. John Steinbeck IV ka calcolato che il 75%

dei « soldati giovani la fumano,

per un’infinità di

ragioni, continuamente »“. In realtà, il fatto che i soldati usino la marijuana è un indice dell’effetto indifferente della droga. Non si possono studiare le implicazioni sociologiche delle * The Politics of Pot, Esquire,

agosto

1968.

157

droghe, come della musica rock, del sesso e dei capelli lunghi, isolandole dal contesto. La marijuana rientra nel quadro di una sottocultura e il suo effetto dipende, in definitiva, dall’ambiente dove la si fuma. « Tutti

i comandanti

sono

unanimi

nel

loro

ponderato

giudizio che il fumo — della marijuana — non è un problema di grandi proporzioni tra le forze americane nel Vietnam. Sono tutti d’accordo sul fatto che non si è avuto un apprezzabile

influsso sul morale,

sulla salute fisica, sull’efficienza o sull’eff-

cacia in combattimento attribuibile all’uso di questa droga ». Ambigua dichiarazione del Pentagono in risposta a John Steinbeck IV

« Quello che occorre è un dialogo: sul modo migliore di trasformare il nostro paese in una nazione alla marijuana, per

non

avere

i soliti Stati Uniti,

brivido nuovi ».

vecchi

ma

con una

moda

e un

Los Angeles Free Press, 1968

« Penso che in parte la generazione più giovane ami pren-

dere la cannabis più o meno

per le stesse ragioni per cui oggi-

giorno le ragazze più giovani usano l’ombretto per gli occhi al posto del rossetto per le labbra: visto che il rossetto l’adoperano le madri, loro devono usare l’ombretto e non il rossetto ». Baronessa Wootton of Abinger, 1969

« L’erba è il dono della cultura nera alla borghesia bianca. Erano i neri e i messicani che fumavano l’erba per andare su di giri tantissimi anni prima che la scoprisse il bianco. Le droghe psichedeliche anneriscono l’uomo bianco ». Timothy Leary, Berkeley Barb, febbr. 1969 « Mi avevano pizzicato con un borsa piena di marijuana, una di quelle borse per fare la spesa piena d’amore: ero innamorato della streppa e l’idea che andare in estasi non fosse una cosa ben fatta non mi sfiorava nemmeno ». Eldridge Cleaver 138

E le droghe psichedeliche? Sotto un controllo adeguato, atterrerai quasi certamente sano e salvo da un volo psichedelico, ma non necessariamente nello stesso posto da dove sei partito. I vecchi favoriti sono la mescalina (lo « stipite » di Huxley), il peyote e la psilocibina. L’LSD,

prodotto interamente

sintetico, è in genere considerato

100 volte più potente della psilocibina (che si estrae da certi funghi messicani) e 7.000 volte più potente della mescalina (che deriva dal peyote). L’STP è notevolmente più forte dell’LSD, ma il secondo rimane il più usato e il più facile da procurarsi. Chi non ricorre all’acido vede nel « trip », cioè nel viaggio che fa fare l’LSD, una vera e propria fuga dalla realtà, mentre chi lo usa pensa che la fuga sia dentro la realtà. In molti l’acido suscita le stesse reazioni che avrebbe provocato tra i vittoriani il Té Istantaneo: troppo facile, troppo comodo, le esperienze mistiche bisogna sudarsele. Provate lo Yoga, la meditazione o il Meher Babaismo (come il dottor Allen Cohen, ex collega di Timothy Leary deluso dai prodotti chimici). Dopo un viaggio all’acido puoi ripudiare tutto quello che ti hanno insegnato. Se i cani di Pavlov avessero preso l’LSD, al suono del campanello avrebbero ballato, non salivato. L’LSD ha avuto una profonda influenza sulla vita di migliaia di persone. Indirettamente ha anche avuto effetti di vasta portata per via dell’influsso dell’acido sulle figure chiave dell’Underground e sulla cultura pop. L’LSD trasforma il mondano in sensazionale. Ciò vale per i suoni, gli odori, i colori, i sapori, il tatto, tutte le esperienze quotidiane.

Corollario:

i fatti emozionanti

insostenibile.

Il mondo

lo diventano

si tramuta

in un

in misura

circo,

con

quasi

l’accento

sulla parodia. « L’acido ha avuto un grandissimo effetto sulla mia vita. Considero quello degli yippies un movimento acido, in quanto si cerca di cancellare tutto il complesso dei principî di un indi-

viduo per istituirne uno nuovo. Stiamo cercando di far fare al paese un viaggio all’acido ». Jerry Rubin, Liberation, febbraio

1969 139

« L’LSD è più esigente della marijuana. Puoi conservare il tuo lavoro di plastica e poi la sera rincasare, farti una fumatina e far meglio l’amore, goderti di più la musica, gustare di più la cena e apprezzare di più gli amici. Va bene, è un modo come un altro perché tutto il ceto medio salga di un gradino. Ma l’unica conquista della persona davvero intelligente è sempre l’LSD, perché per l’LSD bisogna cambiare il proprio modo di pensare. La marijuana è la droga ideale per farti sentir meglio, il che oggi è ovviamente necessario, ma sul piano spirituale non è una grande conquista ». Timothy Leary, The God Game, Berkeley Barb, febbraio 1969 D.

R. dovrebbe L’ultima risposto

Com’è

andato

il tuo ultimo

Ecco una domanda mai porre. Ho fatto volta che ho posto il giovanotto da me

che faccio. Quando

viaggio?

che a chi prende l’acido non si questo sbaglio più di una volta. questa domanda, ecco come ha interpellato: « Questo è l’ultimo

ho cominciato a prendere l’acido, mi diver-

tivo un mondo. Facevo come dei viaggi mentali, e mi pareva d’essere il collegamento radio cosmologico dell’universo. Ma cavolo, l’ultimo viaggio non è stato così. E’ stata un’esperienza bellissima, emotiva,

rincuorante

e davvero umana.

Mi ha rive-

lato a me stesso. Quel che ero dal principio alla fine, e ora è solo questione di uscire per diventare ciò che ho visto. La mia vita era vuota, ma ora so che devo riempirla, farmi una ragione. E devo trasmettere agli altri questa sensazione, così come vi riuscivo in quel viaggio. Durante quel viaggio ero onnipotente,

avevo

tutto

sotto

controllo,

ma

ora

nella

vita

reale

trovo che il mio spirito di comunicazione e l’impressione di avere uno scopo si stanno dissipando. Quello che voglio è andare alla televisione, perché mi rendo conto che non c’è altro modo di realizzare me stesso. Io davanti alle telecamere reagisco. Ho la faccia ideale per lo schermo. Sono molto fotogenico e, veramente, la TV è per me il mezzo ideale per mostrarmi come sono.

Voglio comunicare col mio viso e diventare una celebrità. Voglio fare quello che hanno fatto Marlon Brando e Rod Steiger: diventare all’interno ciò che essi proiettano all’esterno. Sono molto ambizioso ...». Un errore, come dicevo. 140

« Ogni volta che prendi l’LSD tue fiches ».

metti in tavola tutte le Timothy Leary

Che posso fare se faccio

un brutto viaggio?

Stare calmo. Nessun viaggio, per brutto che sia, dura in eterno. Respira lentamente e profondamente finché non ti senti

più tranquillo. Convinciti che non c’è da aver paura. Cerca di di scoprire cos’è che non ha funzionato, e di rimediare. Se nulla di tutto questo funziona, puoi interrompere il viaggio prendendo una mezza dozzina di compresse di vitamina B3. Se dopo una mezz’ora non hanno fatto effetto, e ti senti sempre sconvolto,

o sei Îì che tremi sotto un tavolo, in preda alla più assoluta paranoia, o insomma ti senti nella merda fin qui, prendine altre sei. E non provarci più finché non hai scoperto cos’è stato a fare cilecca. Prova a controllare la fonte dell’acido. L’LSD viene spesso

mescolato con la metedrina, e certe volte con droghe più funeste. Durante una festa alla quale partecipavo anch’io, l’acido aggiunto clandestinamente

al punch

era’ stato mescolato,

in precedenza,

con una certa dose di stricnina, e quegli innocenti ubriaconi che ne scolarono tre o quattro bicchieri finirono all’ospedale per un paio di giorni. Tutti i viaggi che hai fatto sono andati buchi? Sei sicuro che non fossero aspirine? FE’

pericoloso ESA

E’ pericolosa l’elettricità? Come per tutte le altre cose, il pericolo non è tanto nella droga quanto nel modo in cui la si 5 Cfr.

Appendice

(IV)

pp.

320-1

per

consigli

più

particolareggiati.

141

usa. Si possono tranquillamente ignorare le orripilanti cronache dei giornali: suicidi, omicidi, neonati resi deformi dall’LSD. Nel gennaio 1968 il Sunday Times pubblicò l’articolo seguente: « Sei studenti di un college della Pennsylvania occidentale hanno perduto totalmente e permanentemente la vista fissando il sole mentre erano ‘ubriachi’ di LSD. Il Pennsylvania Welfare Department li ha ora sottoposti a un corso di riabilitazione. Gli studenti si erano portati in uno spiazzo erboso del bosco vicino al college per una seduta a base di LSD. Preso l’acido, si erano stesi sull’erba, a pancia in su, e avevano fissato il sole. Sei ore dopo gli amici li trovarono accecati ». Come poi si accertò, l’episodio era una pura e semplice invenzione. L’aveva immaginato un certo dottor Yoder, del Pennsylvania Institute for the Blind, che si giustificò così: « Ho inventato questa storia perché sono molto preoccupato per l’uso illegale dell’LSD e delle altre droghe ». Ma il fatto che la notizia fosse falsa ricevette pochissima pubblicità. E le amfetamine?

Micidiali. Se proprio non potete farne a meno, usatele per dare gli esami o rispettare una certa scadenza. Altrimenti, evitatele con cura.

« Le ‘svelte’ ammazzano. Ammazzano davvero. La metedrina e le amfetamine, ecc., possono guastarti i denti, paralizzarti il cervello e ucciderti il corpo: e lo faranno, se le usi. La durata della vita di chi ama inciucchirsi di svelte è in media, dalla prima dose all’obitorio, di cinque anni. C'è poco da scherzare ». Communications Company,

1967

E l’eroina?

Essere un tossicomane è un lavoro

a tempo

pieno e non

ha molto a che fare con l’essere vivo. E’ uno dei tanti modi per distruggersi, se è questo che si vuole. 142

« I gruppi responsabili della grande evoluzione della nuova era che oggi stiamo attraversando sono tre: gli SPACCIATORI DI DROGA, i MUSICISTI ROCK e gli ARTISTI E scRITTORI dell’Underground ». Timothy Leary East Village Other, sett. ’°69 « La marijuana non è una droga che produca assuefazione ... Le leggi dovrebbero essere immediatamente riformate ». Dr Milton Einsenhower, presidente della Commissione nazionale americana sulle cause e sulla prevenzione della violenza. 25 novembre 1969.

143

LA STAMPA PARTIGIANA

« Gandalf’ s Garden è uno sfogo dell’animo che sgorga dalla penna dei creatori:

mistici, scrittori, artisti, ricercatori e poeti.

Una fonte d’amore e d’angoscia alla quale può abbeverarsi chiunque abbia sete di sapere ». Muz Murray, direttore di Gandalf’s Garden, Londra « Personalmente

il mio

scopo

è distruggere.

Inculare

i

miei lettori per 25 cents ».

Steve Jones, direttore della Loving Couch Manitoba,

Press,

Canadà

Caro Signor Wilcock, La ringrazio per il Suo biglietto. E’ stato molto gentile a mandarmi regolarmente una copia di Other Scenes, ma forse essa

sarebbe

più

apprezzata

da un

altro

destinatario.

Perciò,

nel ringraziarLa per avermi permesso di vedere con i miei occhi in che cosa consiste il nuovo giornalismo, conto su di Lei perché in futuro non mi venga più spedita. Distinti saluti, 1 Alastair Burnet, Direttore dell’Economist, Londra

Se non leggi i giornali underground non puoi sapere come va il mondo. Se li leggi, non giudicarli con lo stesso criterio con cui giudicheresti il Times di ieri. Le pubblicazioni dell’Underground non sono veicoli pubblicitari. Non sono organi di partito appena velati, che col pretesto di « analizzare le notizie » difendono una rigida, moribonda ideologia. Di solito nascono per divertimento, e attirano un consorzio di creatori malpagati decisi a inventare un nuovo linguaggio per comunicare idee nuove in una forma nuova. Non vengono usati come il megafono di un capo-claque, per amplificare i canti patriottardi della stagione scorsa, ma sono palestre aperte a tutti per una discussione di tipo nuovo. Sono la chiamata alle armi — a volte è appena un mormorio — di un’intera generazione, non canonici promemoria

diramati dai centri del potere. Il loro scopo non è tanto quello di dissentire quanto di confondere e spaccare, e la loro politica editoriale — o esplicitamente o implicitamente — tende al rovesciamento della società come la conosciamo noi. 1 termini Underground

clandestina,

abbracciano

una

Press, cioè stampa

grande

sotterranea, O

varietà di pubblicazioni, 147

ognuna delle quali insolitamente sensibile alla personalità collettiva del suo staff editoriale. Alcuni sono tabloid istoriati e fiammeggianti, ebbri della propria pietà per i lettori, altri sono istigazioni all’odio rozzamente ciclostilate: eppure sono tutti, per un motivo o per l’altro, identificabili all’istante come prodotti di un giornalismo nuovo. Proprio come il New York Times e il News of the World, pur rappresentando opposti indirizzi editoriali, sono i propagandisti di un’identica filosofia dello status quo, così anche pubblicazioni come Horseshit e Superlove, con tutte le loro differenze stilistiche, sono incontro-

vertibilmente

underground.

Nel 1969 l’Underground Press Syndicate (UPS) comprendeva ufficialmente novantanove pubblicazioni. Sette di esse escono a New York, tredici in California, undici a Londra. Giornali underground americani prosperano, inverosimilmente, in posti

come

Dallas,

Texas;

Atlanta,

Georgia;

Jackson, Mississippi;

Omaha, Nebraska; Bloomington, Indiana; e Taos, New Mexico.

Uno viene scritto e pubblicato su un autobus scolastico vagante, uno Chevrolet del 1948. Altri sopravvivono in Italia, Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia, Jugoslavia, Columbia, Curacao e

Giappone. Quasi tutti questi giornali, con altre centinaia, sono abbonati

al Liberation

News

Service

(LNS),

la Reuters

del-

l’Underground. Dal suo quartier generale di New York, l’LNS spedisce bollettini bisettimanali di notizie, poesie, pettegolezzi, saggi, interviste, fotografie e vignette a più di 300 giornali, e si calcola che il numero complessivo dei lettori delle pubblicazioni abbonate all’LNS si aggiri sui cinque milioni (non ci credi? Cfr. Appendice II). Dagli uffici newyorkesi dell’LNS, uno High School Independent Press Service (HIPS) spedisce ai giornali scolastici diverse centinaia di notiziari settimanali. Mentre sia l’Undeground Press Syndacate che il Liberation News Service assicurano agli articoli più importanti la circolazione in tutto il mondo, molti dei giornali underground delle grandi città hanno una diffusione internazionale. East Village Other, Los Angeles Free Press, Kaleidoscope, Other Scenes e Fusion sono distribuiti — anche se alla carlona — in Inghilterra e in tutta l’Europa. OZ e IT vengono esportati da Londra negli Stati Uniti e ad Amsterdam, europei. 148

Stoccolma,

Monaco

e altri centri

Un’analisi del contenuto della Stampa Undeground rivela molte cose sugli interessi del Movimento giovanile in genere e sulle sue fluttuanti « zone d’influenza » negli ultimi anni. Vietnam

Primi,

tra gli strumenti

d’informazione

negli

Stati Uniti,

a spiegare al loro pubblico in via di formazione certe dure realtà della vita, o meglio

della

morte, come

la chimica

(Dow)

del

napalm. Primi a sostenere e reclamizzare la distruzione delle cartoline precetto. La stampa underground mise in evidenza i profitti che avrebbero ricavato le grandi società da un’estensione della guerra e, pubblicando documenti alla « Confidential », svelò quali rapporti esistevano tra le facoltà universitarie consacrate alla ricerca scientifica e i vari uffici del Pentagono. Quando i mass-media si sono svegliati dal loro profondo sonno morale, i giornali dell’UPS hanno spostato la mira sui bersagli più vicini a casa. Dallo specchietto di pag. 151 (Fig. 1) si vede che gli articoli pubblicati dall’East Village Other sul Vietnam sono scesi dal 6,6%

nel 1966 allo 0,7%

nel 1969. Per la

stampa underground la guerra è finita. Droga

Un’altra causa vinta. Oggi anche le riviste post-underground in carta patinata, come New York Scenes, offrono ai lettori saggi enciclopedici sulla marijuana: come coltivarla in proprio, come farsi una sigaretta, come procurarsela, le quotazioni di mercato a seconda delle varie qualità, perché bisognerebbe legalizzarla. Si documentano ormai esaurientemente anche i pericoli e le delizie dell’LSD e delle altre droghe. Le notizie sulla droga pubblicate dall’East Village Other sono passate dall’11,4% nel 1966 al 5,6% l’anno seguente, e nel 1969 erano lo 0,9%. Quelle pubblicate da IT sono passate, tra il 1968 e il 1969, dal 6,6% al 2,2%. Oggi fa notizia solo la scoperta di una nuova droga sintetica, la ricetta favorita di qualcuno dove l’hascisc costituisca l’ingrediente principale o la cronaca di un’azione particolarmente offensiva compiuta dalla polizia. I tempi di « Ehi, capo, sta a sentire com’è andato il mio viaggio ieri sera » sono finiti. Restano i semplici trafiletti sull’attività delle organizzazioni anti-droga locali, oltre ai consigli pratici sul modo di evitare l’arresto e sui prezzi correnti della cannabis. 149

Polizia

La

brutalità

della

polizia

è un

chiodo,

finora,

solo

dei

giornali americani e del continente (vedi figura 1). La Los Angeles Free Press è stata forse la prima a denunciare le nuove tecniche repressive (dai guanti imbottiti di piombo ai carri armati dei ‘supersbirri’ equipaggiati come se andassero alla guerra), e certi giornali sono riusciti a fare lo sgambetto a più di un poliziotto corrotto. Gli scontri tra i giovani e la polizia vengono debitamente ripresi dai fotografi del Movimento e gli orripilanti risultati finiscono regolarmente in prima pagina. I poliziotti leggono la stampa underground. Ogni tanto un « agente che ha aperto gli occhi » scrive una lettera al direttore, mentre altri suoi colleghi, meno cordiali, visitano regolarmente le redazioni: cortesia ricambiata dal Black Duwarf di Londra, che un giorno inviò una spia a esplorare gli uffici più importanti e remoti di New Scotland Yard, quindi pubblicò le risultanze. «Ma

... agente, io sono anticomunista ».

« Cosa vuoi che m’importi di sapere che razza di comu-

nista sei? ».

Sbàm!

Tuli Kupferberg

Potere Nero

La stampa underground viene colpita, a volte, dalla sindrome ti-prego-Stokeley-violenta-mia-sorella, che è un po’ una compensazione dell’atteggiamento tenuto dalla stampa overground negli ultimi tre o quattrocento anni. I giornali underground hanno emesso alti lai per la morte di Malcolm X e di Martin Luther King, hanno appoggiato entusiasticamente la candidatura presidenziale di Dick Gregory e non perdono l’occasione di dichiarare il proprio corale sostegno ai leader perseguitati delle Pantere Nere. « Dick Gregory è un nero che si presenta candidato alla presidenza, ma se qualcuno sparasse addosso a lui, lo metterebbero nella pagina degli spettacoli ». Dallas Notes 150

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Musica

Pop I giornali sono nati e si sono sviluppati nell’ambito della sua cultura e oggi vivono in gran parte dei suoi introiti pubblicitari. Studenti

Non interessavano, fino alla ripresa dell’insurrezione universitaria del 1968. Quando scese in campo la polizia, scese in campo. anche la stampa underground, pubblicando successivamente i documenti amministrativi catturati. Come risulta dalla Fig. 1, ’EVO e IT non pubblicarono nulla sugli studenti nel 1967, mentre nel 1968 le notizie toccarono rispettivamente il 2,2% e il 3,8%. Nello stesso periodo, la percentuale della Los Angeles Free Post salì dall’1,8 al 4,2. « Finalmente si dà un’istruzione a una nuova generazione, anche se nel corso dell’operazione può darsi che il college debba essere distrutto ». Mayday L’esplosione simultanea di giornali e riviste a larga diffusione

contro

la società

fu fatta

detonare,

anche

se in modo

tardivo, dal successo di The Village Voice, il giornale del Greenwich Village. Esso uscì per la prima volta nell’ottobre 1955, in un

momento

in cui, secondo

l’editore/direttore

Daniel

Wolf,

«i migliori cervelli America ... si stavano ripetendo ». The Village Voice dimostrò che un giornale poteva essere fatto da un gruppo di dilettanti, e che una politica editoriale relativamente tollerante non portava necessariamente al suicidio commerciale. Oggi The Voice è il nonno dell’Underground, e non manca di scandalizzarsi per le imprese della sua progenie. Le sue colonne riconoscono l’esistenza di una nuova razza di pubblicazioni, ma il direttore dell’ufficio pubblicità appare poco propenso ad accettarne gli introiti!. ! Il rifiutato tore, Ed citaria è

numero 3 del newyorkese Screw scrive che «The Village Voice ha il nostro annuncio, arrogandosi la parte di censore del Villaggio. L’ediFancher, è un gentiluomo, ma la sua fragile e sgarbata agente pubbliuna veterana di tutt’altra pasta, che probabilmente si sarebbe inna-

morata di Anthony Comstock e all’età di 86 anni è ancora vergine. » (4 gennaio

1969): altro esempio dell’Editoria.

152

di mancanza

di riguardo

per

le Regole

di Queensberry

John Wilcock, questo strano miscuglio di Gulliver, Randolph Hearst ed Elsa Maxwell, arrivò al Greenwich Village l’anno prima di The Voice. Quando scoprì che la celebre comunità artistica era priva di un giornale suo, fece mettere un cartello nella vetrina di una vicina libreria invitando « la gente dallo spirito creativo con una mentalità come la sua » ad aiutarlo a fondarne uno. Edwin Fancher e Daniel Wolf, cofondatori di The Village Voice, chiesero a Wilcock di unirsi a loro, cosa che

egli fece, collaborando per i dieci anni successivi con « The Village Square », la sua famosa rubrica. Wilcock ricorda di aver discusso con Norman

Mailer (che aveva trovato la testata) « se

i suoi pezzi potevano essere tagliati dai tipografi come tutti gli altri ». Tra le piccole pietre miliari della sua collaborazione a The Village Voice Wilcock annovera: 1) la scoperta di Timothy Leary; 2) la decisione di trattare ripetutamente, nei suoi scritti, l’argomento della marijuana; e 3) l’aver introdotto la parola « fuck » in un giornale per famiglie. La stampa underground è una miniera d’oro (o una cava di ghiaia) di notizie e opinioni che non troverebbero mai ospitalità sui normali strumenti di comunicazione perché o trascendono i limiti del buongusto che questi stessi strumenti s’impongono, o violano le norme

attinenti a diffamazione,

blasfemia,

oscenità,

sedizione e verosimiglianza. Le due persone che, più di ogni altra, hanno sfidato tutte le regole e trasformato l’irresponsabilità editoriale in una forma d’arte terapeutica, sono state John Wilcock

e Paul Krassner,

il Bibì e il Bibò dell’editoria under-

ground. Il Realist di Paul Krassner, uscito per la prima volta nel luglio 1958 con una tiratura di 600 copie, salite a più di centomila in meno di dieci anni, mise a ferro e fuoco le terre vergini dell’anarchia giornalistica. In un primo momento il Realist si interessò di alcune classiche questioni radicali: la separazione tra stato e chiesa, i diritti civili, la libertà politica, l’osceno

e

l’autoritarismo. Questo fino al 1964, quando Krassner si convertì all’LSD e divenne, di colpo, un direttore burlone e offensivo. Pubblicò il necrologio di Lenny Bruce due anni prima che morisse: « così Lenny saprà cosa penso di lui »; invitò Boris Karloff a scrivere articoli sui trapianti cardiaci; e pubblicò una schiera di calchi in gesso di cazzi di pop stars. Nell’estate del 1968 i trentasei viaggi di Krassner e la sua direzione del circo yippie avevano ormai messo la sordina alla petulante angst dei 153

primi

tempi.

O’Hare,

(« Krassner » ha

un’ex collaboratrice,

osservato

Madelaine

Murray

« non ha accettato i miei ultimi

due articoli. Ha detto che dal primo si capiva che ero piena d’odio »). Non che il Realist avesse mai perduto il suo mordente. Al colmo dello scandalo creato da Morte di un presidente, il libro di William Manchester, il Realist pubblicò quelli che — si affermava — erano i brani censurati del manoscritto originale. Questi brani rivelavano un episodio verificatosi sull’aereo che portava il corpo del presidente assassinato da Dallas a Washington: dove un LBJ ebbro e pazzo di gioia si portava barcollando in fondo all’aereo dove giaceva il cadavere di JFK, tirava fuori il pene, lo inseriva nella ferita al collo prodotta da una pallottola e si metteva a scopare. Che tanti lettori trovassero credibile questo macabro aneddoto è un’indicazione della stima in cui era allora tenuto il presidente degli Stati Uniti, e una giustificazione dell’idiosincratico criterio editoriale di Paul Krassner. Questo era l’esempio che avevano sotto gli occhi i direttori dei giornali underground. La cosiddetta « obiettività » è uno screditato principio liberale che i « nuovi » giornalisti scartano con una smorfia di disprezzo. Il tono dei giornali underground è pugnacemente partigiano e ogni cronista è, in un certo senso,

il commentatore di se stesso: ecco perché così pochi di questi giornali pubblicano precise rubriche « di opinione ». L’impressione che ogni collaboratore veda in se stesso una specie di guerrigliero psichico produce una propaganda vivace e originale oltre a grida di guerra confuse e semi-illetterate. Molto dipende dalle capacità del direttore. I buoni giornali underground analizzano i problemi chiave e, a differenza dei giornali quotidiani, cercano di metterli in relazione tra loro e d’intesserli in una critica coerente della società. La violenza nel Vietnam non è vista come

un fenomeno

isolato,

ma

è posta

in rapporto

con

l’intrinseca violenza della burocrazia capitalistica: la violenza della miseria, la violenza di Chicago e dei ghetti, l’inconscia violenza della catena di montaggio. Quando scoprì quella che egli chiama « la prima alternativa radicale al rapido invecchiamento della Voice » — l’East Village Other —

John Wilcock si offrì di collaborare con una rubrica.

Il primo numero dell’East Village Other era un vero e proprio manifesto, con una stridula, campanilistica effusione di patafisica e diffuse vibrazioni « anti-civiltà ». Mostrava un borghese interesse 154

per

il suo

ambiente

fisico, l’East

Side,

e si batteva

appassionatamente per « un rinnovamento di se stessi » più che per

« un

rinnovamento

urbano »,

e per

« una

sana

politica

calmieratrice degli affitti, una lotta senza quartiere contro gli speculatori edilizi degli slums, negozi migliori e strade più sicure ». Non era tanto anti-Vietnam quanto anti-West Village. Ma nel secondo numero questo tono, piuttosto ristretto, da Camera di Commercio era quasi scomparso. Ci si preoccupava ancora un po’ del fatto che le strade erano diventate « un covo di criminali » (cosa di cui, tre anni dopo, ci si sarebbe rallegrati), ma faceva la sua prima comparsa la rubrica di John Wilcock intitolata « Other Scenes », e c’era un articolo sul primo processo a un incendiario di cartoline precetto”. Miles cominciò a scrivere da Londra, Simon Vinkenoog da Amsterdam, Jean-Jacques Lebel da Parigi. Timothy Leary predicava da Millbrook, e Simon Watson Taylor intervenne con un servizio da un istituto per massaggi di Bangkok. Tutto era presentato

in uno

stile semi-satirico,

sciatto,

gioviale

e senza

alcun rispetto per la grammatica, con collages panoramici, prime pagine che erano pugni negli occhi e uno zelo da crociati che si traduceva nell’uso di corpi giganteschi e caratteri in neretto. Si rubavano le idee ai media convenzionali e si procedeva a riplasmarle. Le Playmates divennero, sull’East Village Other, Slum Goddesses — Dee dei Bassifondi — schiette e foruncolosamente vitali. Nuovi disegnatori hip — quei disegnatori che fino ad allora erano cominciati e finiti con Jules Feiffer — ne decoravano le pagine con una ferocia breugheliana. Col numero 12 John Wilcock era diventato direttore, Tuli Kupferberg, uno dei Fugs, condirettore, e il giornale aveva cominciato a fare capolino in ambienti diversi da quelli della 42esima Strada e dell’Ottava Avenue. Quando Leary fu tratto in arresto ’EVO mandò un cronista a intervistare lo sceriffo della contea « travestito da giornalista di Look ... nella speranza che lo sceriffo parlasse più liberamente con chi, evidentemente, doveva essere dalla sua parte ». E le cose andarono proprio

così. Nell’agosto

1966

apparve

un’intervista

in prima

2? I] ventiduenne David Miller fu atrestato il 18 ottobre 1965 da sei agenti dell’FBI e divenne così la prima persona accusata di aver violato una legge firmata dal presidente Johnson il 30 agosto dello stesso anno, contro la distruzione delle cartoline precetto inviate dall’ufficio leva. L’addetto stampa del presidente commentò il fatto, poco profeticamente, dicendo che David Miller « dava ai nostri avversari un quadro falso di ciò che pensa veramente il popolo di questo paese ».

155

pagina con Mark Lane, autore di L’America ricorre in appello, che sottolineava la propria insoddisfazione per il rapporto della Commissione Warren sull’assassinio del presidente Kennedy. Questo parecchi mesi prima che si fosse mai sentito parlare di Lane, o che qualcuno osasse porre in dubbio le conclusioni della Commissione.

Sulle stesse colonne,

tre anni

dopo,

Lane

idee

della

sganciava bombe ancora più grose (EVO, 9 luglio 1969). John Wilcock diresse l’East Village Other per quattro mesi, portandone la tiratura da 10.000 a 20.000 copie, e insieme a Walter Bowart fondò l’Underground Press Syndacate, « per facilitare lo scambio di notizie, servizi e pubblicità tra periodici d’avanguardia,

nuova sinistra e interessi in pezzi dell’altro L’attuale dice che come

contrari

al sistema,

favorevoli

alle

e rivolti a un pubblico di giovani, che hanno scopi comune. I soci sono liberi di riprendere l’uno i senza compenso » (EVO, luglio 1966). direttore dell’East Village Other, Allan Katzman, lui è frainteso dagli altri il suo giornale nutre la

ferma convinzione che il Diavolo sia Dio, e che il suo scopo è di

« colmare questo divario psichico con la parola, la grafica e la

rivoluzione ». « Siamo

stati bravissimi » continua

Katzman,

«a

far ridere i matti e a convincere chi credeva di essere pazzo e solo che non lo era ». Quando la stampa overground presenta il suo articolo stagionale sulla stampa underground, tutto il testo finisce per ruotare intorno agli « annunci pornografici » dell’EVO. Certo, paragonati a quelli dell’Exchange and Mart sembrano, come dire, privi di qualunque inibizione:

« Great Ray, cunnilinguista, cerca ninfomane pulita e attraente per stimolanti francesismi oragenitali. Massima discre-

zione,

riservatezza,

serietà »*,

Ma non è il sesso l’anima dell’« altra » stampa. Questi annunci rappresentano solo un servizio reso alla comunità,

valido

e utile,

e in proporzione

non

sono

più

invadenti

dei

programmi TV pubblicati dai giornali del mattino. Ma attenzione: pare che la CIA e l’FBI approfittino proprio di queste

* Un equivalente approssimativo, di più recente formazione, è il Cosmic Circuit, che forma una specie di rete internazionale, a maglie larghe, di giornali e rivistine decisi a promuovere il « Risveglio della Vera Coscienza verso la Fratellanza dell’Uomo Planetario». * Le doti di Great Ray sono state minuziosamente esaminate in una lunga intervista pubblicata da Screw (7 marzo 1969).

156

inserzioni per infoltire i propri dossier sui vari esponenti dell’Underground. Quando la magistratura di Brooklyn processò ’EVO per oscenità, il giornale pubblicò in prima pagina un ingrandimento della foto contestata ridotta a una serie di puntini numerati, col

titolo: SE FATE IL DESEGNO VI POSSONO ARRESTARE. La dida-

scalia — « L’ultima cena » — e una serie di rumori onomatopeici



« SLURGUL,

SHLOSH

e

SLURP » —

lasciava

pochi

dubbi sulla natura dell’attività che avrebbero potuto rivelare i lettori con tendenze artistiche, invitati espressamente dal giornale a sottoporre il prodotto dei loro sforzi al procuratore distrettuale. Come la maggior parte dei giornali dell’UPS, l’East Village Other non è solo uno strumento dell’Underground ma uno specchio del suo carattere, ed è perciò sensibilissimo ai cambia-

menti d’umore del Movimento. Ha dato il benvenuto agli hippies°, predicando il distacco dei drop-outs, e poi si è gettato, con una certa diffidenza, nella confusa mischia della protesta. Oggi ’EVO è più politico e professionale, ma anche più ovvio e prevedibile. In copertina troviamo un maiale sotto uno striscione che dice: « George Wallace alla presidenza ». Si elaborano visioni tecnologiche della nuova società e un astropsicologo pontifica regolarmente. Il giorno in cui 31 città iraniane furono devastate da un terremoto, il veggente dell’EVO scriveva: « Le indagini dell’FBI sulle violazioni dei diritti civili a Chicago si basavano sulle lesioni arrecate a ... be’, 31 giornalisti. Ricordate: 31 in ebraico è EL o la Divinità e il suo contrario è LE o « no » o la negazione e ha il valore numerico di 13. Ora, 13 sono gli anni che il sindaco Daley è in carica ...». L’interesse di una volta per lo sviluppo della comunità si è ormai metamorfosato nella soluzione: « pisciaci su ». La scoperta dell’EVO è A.J. Weberman, « l’unico dylanologo vivente », che parla di Dylan alla Free School e comincia tipicamente i suoi pezzi con di 5 Una copia di questa rara edizione fu esibita in un’aula del tribunale Bill Brighton (Regno Unito) nell’agosto 1968, durante il processo al libraio una Butler (vedi p. 75). Sul reperto i puntini erano stati uniti. Rispondendo a domanda del magistrato, un agente in borghese confessò timidamente di essere stato lui a impugnare la matita. Non lo arrestarono. 6 Anche se l’editore dell’EVO, Walter Bowart, sostenne con fermezza davanti alla sottocommissione senatoriale americana che indagava sulla delinquenza giovanile: « Se Dio è reperibile per mezzo di una droga, una qualsiasi, Dio non è degno di essere Dio ».

157

queste parole: « Dopo aver ascoltato il nuovo LP di Dylan dieci volte al giorno per dieci mesi, credo finalmente di aver capito qualcosa »: affermazione spesso smentita dalle sue conclusioni. Un altro giornale underground che esce nominalmente a New York, ma in realtà dove gli capita di trovarsi in quel momento, è Other Scenes di John Wilcock. Wilcock fa 50.000 chilometri l’anno, scrivendo libri di viaggi per guadagnare i soldi che spende nel giornale. Ha pubblicato Other Scenes a New York, Londra, Atene, Amsterdam, Hong Kong e persino a Tokio, dove si è fuso col primo giornale underground giapponese, Shinjuku Sutra, promosso da un paio di adolescenti presso un'università del posto. Other Scenes risponde alla formula di Wilcock del giornale ideale — « musica pop, arte, religione, politica, sesso, sociologia e rivoluzione » — anche se a un livello

più intelligente di quello che potrebbe così vacua di categorie. Il primo numero di Other Scenes — la testata era quella fusa in tutto il mondo, e di precedenti

apparve

nel

marzo

1968:

conteneva

far pensare una sfilza del tutto indipendente della sua rubrica, difgiornali assorbiti —

una

vivace,

stranamente

profetica discussione con Wilcock e il triumvirato yippie di Paul Krassner, Abbie Hoffman e Jerry Rubin, nel corso della quale si previdero le violenze di Chicago, e la conseguente polarizzazione della lotta, cinque mesi prima che avvenissero. Ai lettori si offriva il dubbio colpo giornalistico delle memorie di Timothy Leary. Edward de Bono pensava lateralmente. Le orribili condizioni di vita nelle carceri dell’Arkansas venivano denunciate ricorrendo all’improbabile fonte del testo trascritto di un documentario della BBC. Il vantaggio di Wilcock sui direttori « rivali » dell’Underground, e la ragione per cui Other Scenes costituisce uno dei documenti più citati dell’UPS, consiste nella

sua

fonte

internazionale

professionale

di contatti,

per le arcaiche minuzie,

e nella

sua

indifferenza

giuridiche

e professio-

nali, dell’editoria. Wilcock non viola la privacy della gente: la

elimina. Indirizzi, numeri telefonici e la corrispondenza privata di amici e di celebrità in tutto il mondo trovano ospitalità nelle colonne del suo giornale. Other Scenes ripubblica persino,

senza compunzione,

articoli e commenti

sul suo direttore,

favo-

revoli o meno. Dopo quindici anni di lavoro per il movimento underground, l’estro editoriale di Wilcock è ancora fresco e imprevedibile come l’avvenire. Nel giugno 1969 Other Scenes

cominciò a uscire ogni due settimane, con più humour, più sesso 158

e più colore. Un numero uscì con sedici pagine bianche, annunciando uno straordinario concorso giornalistico basato sulla formula del do-it-yourself: fatevelo da voi. Il concorso era aperto a tutti, quali che fossero le posizioni politiche dei partecipanti: e tutti accolsero l’invito. Giornali fatti in casa affluirono da ogni parte del mondo, e molti furono successivamente pubblicati su Other Scenes. Ovunque vada — New York, Roma, Calcutta, dappertutto 7

— Wilcock si tira dietro pacchi di Other Scenes da lasciare nei veicoli in sosta, sui sedili degli autobus e tra le accoglienti braccia dei passanti. Con questo babbonataleggiare son più le copie che si regalano di quelle che si vendono regolarmente. Ma Wilcock ci ha talmente fatto l’abitudine che nelle rare occasioni in cui esaurisce la sua scorta di giornali corre a rifornirsi della più vicina novità (palloncini, giocattoli, il giornale di un amico). E’ una specie di mago burlone che in un ristorante, dove si è già in un bagno di sudore, regola di nascosto il condizionatore in modo che faccia ancora più caldo; che appiccica etichette di minestre Heinz a barattoli vuoti di « aria pura di montagna »; che investe i passanti con raffiche di profumo aero-

solizzato comprato ai grandi magazzini; che gioca con gli amici e con gli estranei. Quando Andy Warhol fu dimesso dall’ospedale, dov’era stato ricoverato dopo il colpo di pistola di Valerie Solanas, pare che Wilcock abbia accolto il suo vecchio amico sparandogli addosso con una scacciacani. La Los Angeles Free Press fu fondata nel luglio 1964, con un investimento iniziale di quindici dollari, perché fosse « la base

di una

discussione

tra scrittori

che

non

la pensano

allo stesso modo », e oggi è un grosso tabloid settimanale sulle 48 pagine, cinque delle quali sono di inserzioni pubblicitarie. A due o tre anni dalla fondazione, la Free Press aveva generato tre librerie e pagava settimanalmente 3.000 dollari a una trentina di dipendenti a tempo pieno, tra impiegati e redattori, per

i quali pare abbia installato un marcatempo. La Free Press non è tra le pubblicazioni underground — il 72% del totale — che perdono quattrini®. Come spirito, la Los Angeles Free Press si colloca a metà strada tra The Village Voice e lV’East Village Other. La sua 7 Tranne Mosca, dove Other Scenes fu sequestrato * Inchiesta di Orpheus Magazine, agosto 1968.

all’aeroporto.

159

mancanza di isterismo « kinky » è compensata da notizie precise e informazioni particolareggiate. La Free Press offre ai lettori una varietà di utili consigli, da « come,

quando

e dove

procu-

rarsi buoni alimentari » a « come accertare se il telefono è controllato » e « se gli aborti messicani sono pericolosi ». Si riproducono fedelmente i discorsi di Marcuse agli studenti del vicino campus di San Diego; si anticipano, a puntate, brani di romanzi « d’imminente pubblicazione »; e si svolgono, nel supplemento culturale mensile, tortuose esegesi delle forme artistiche underground. Nell’agosto 1969 la Free Press pubblicò nome, indirizzo e numero telefonico di tutti gli agenti della Squadra anti-narcotici di Los Angeles, San Diego, Santa Ana e San Francisco. « La polizia segreta non dovrebbe nemmeno esistere » annunciò il giornale per giustificare il proprio gesto; ma fu subito citato per danni (25 milioni di dollari). La Los Angeles Free Press dà delle attività e delle iniziative delle organizzazioni radicali del posto un quadro più completo di quello fornito da ogni altro giornale underground: scioperi locali, azioni di picchettaggio,

assemblee

studentesche,

battaglie giuridiche anche secondarie e ogni presa di posizione contro

l’autoritarismo

vengono

accuratamente

inquadrati,

ana-

lizzati e riassunti per i suoi 300.000 lettori. Pur nella sua indiscutibile efficacia la Free Press manca del duro isterismo del Berkeley Barb di Max Scherr che fino al luglio 1969, quando entrò in sciopero tutto lo staff, si era temerariamente votato, ogni settimana, agli olocausti politici contemporanei del potere nero, degli scioperi studenteschi e dei diritti civili ... URGONO PICCHETTI PER IL BOICOTTAGGIO DELL’UVA DI SABATO PROSSIMO ... LARGO APPOGGIO STATALE PREVISTO PER LE LOTTE DEI CARCERATI PER I DIRITTI CI VILI

...

PIÙ DI 240

PERSONE

PARTECIPANO

ALLO

SCIOPERO

DELLA FAME PRO CLEAVER ... I PORCI SPARANO PER UCCIDERE — PASSANTI COLPITI — INFURIA LA GUERRA DEL POPOLO . e infine: MAX È UN PORCO ... Il dissidio in seno al Barb è nato dal contrasto tra i bassi stipendi che Scherr corrispondeva ai redattori e gli alti guadagni che ci faceva lui. Un aumento non sarebbe bastato: Scherr doveva versare anche un contributo alla comunità. La sua offerta — di vendere il Barb ai redattori — cadde nel vuoto e, due settimane dopo, essi uscirono con un giornale loro, la Berkeley 160

Tribe. Allora Max Scherr cedette il Barb al dottor Allan Coult. Mossa di cui si pentì quando il primo numero della nuova gestione fu giudicato da tutti « un mattinale della questura ». Il Barb originario era brutto, arrabbiato e ben lontano da ogni sentimentalismo. Di Revolution dei Beatles scrisse che so-

migliava « al programma elettorale dei falchi adottato la settimana scorsa alla convenzione di Chicago del Partito nazionale per una morte democratica ». Quando la maggior parte dei giornali underground uscirono con mezzi necrologi su Andy Warhol dopo il tentato omicidio dell’artista da parte di Valerie Solanas, il Barb ristampò il manifesto del gruppo fondato da quest’ultima, la Society for Cutting Up Men (SCUM).

Il Barb introdusse

la prima rubrica di « consigli » dell’Underground, Hip-pocrates, del dottor Eugene Schoenfeld, che dà risposte informate e intelligenti ai lettori della stampa underground su ogni aspetto della condizione umana. « Che pericoli corre, fisicamente, il partner passivo di un rapporto anale? ... Dopo una recente seduta all’acido ho avvertito forti dolori alle articolazioni delle gambe. E’ normale? ... Poco tempo fa, su consiglio di alcuni amici, ho bevuto un flacone di sciroppo per la tosse Romilar CF. E’ possibile che mi sia arrecato qualche danno? ». Hip-pocrates è molto diverso dalle altre Contesse Clare, che alle lettere dei corrispondenti non reagiscono con simpatia ma con una specie di ottusa

incredulità. Alcuni giornali underground esplorano mondi trascendentali, lirici d’amore, bellezza e verità in technicolor, lontanissimi

dalle penose realtà di uno scroto che sembra un pallone, dei demagoghi neri, di Ronald Reagan e del picchettaggio dell’uva. Uno

di questi giornali è il San

Francisco

Oracle,

definito

dai

suoi direttori « un giornale visionario che mette in relazione la reazione e la repressione sociale con l’estatica intelligenza dell’uomo ...un rapporto iridescente dall’occhio interno ». Ogni numero è un’eccezionale opera d’arte, composta e colorata individualmente, difficile da leggere proprio perché è così bella da vedere. L’Oracle è il giornale che, più di ogni altro, ha rispecchiato la vera portata dell’elevazione spirituale ed estetica che ha accompagnato la fase hippie dell’evoluzione del Movimento Underground. Per molti, queste sono state le soglie consacrate della percezione psichedelica, scolpite con una macchina da scrivere elettrica e inondate di colori di cui la maggior parte dei tipografi ignorava addirittura l’esistenza. Fu questo il giornale 161

che fece salire Alan Watts, Timothy Leary, Allen Ginsberg e Gary Snyder su un ferry boat e girò la manopola del registratore a nastro: la conferenza al vertice sull’hippianesimo, la grande analisi filosofica del manifesto ‘drop out’ di Leary: come fai a tenerti ai margini della società e insieme a diventare astronomo o ingegnere? Risposta, ventitremilaquattrocentottantacinque pa-

role dopo: tròvati un guru. Fedele alla sua testata, l’Oracle ama le profezie, ed esce ogni volta che ne ha voglia. Oggi che i cocktail Molotov sono più letterali che figurativi la comparsa piuttosto occasionale dell’Oracle sembra il nostalgico vestigio di una passata euforia e i suoi direttori siedono

semplicemente LASCIANDO che (come Il suo equivalente

LA senza turbare PACE scorra dicono loro)

della costa orientale è l’Avatar,' ormai

consacrato al genio del suo direttore Mel Lyman (Ariete): « A quelli di voi che non mi conoscono, permettetemi di presentarmi dicendo che ... io sono la verità e dico la verità ... In tutta umiltà vi dico che sono l’uomo più grande del mondo e che la cosa non mi dà il minimo fastidio ... ». Tema sviluppato ulteriormente nella rubrica delle lettere al direttore: « Mel è la persona più dotata dell’universo. Con affetto, Bill » ... « Mel,

ti amo! Ho tanto bisogno di te! Kathy ». In prima pagina si grida: « Intorno alla casa di Mel abbiamo costruito un muro di pesantissima pietra », e le ventisette pagine successive sono de-

dicate a questo avvenimento. Il numero uscito nella primavera del 1969 consisteva esclusivamente di grandi fotografie in carta patinata di Mel Lyman accompagnate dai suoi pensieri (« Io sono Cristo, lo giuro sulla TESTA di Dio, e sto per mettere questo stupido mondo

sottosopra...

amate Cristo »). Quando

non

è

dominato dall’uomo più grande del mondo, Avatar, oggi ribattezzato American Avatar, presenta esplorazioni del futuro introspettive e originalissime che sono un vero sollievo rispetto ai più striduli strombazzamenti dei media alleati. Questo mistico guazzabuglio di follia e megalomania — sem-

pre in rapporto con i temi dell’Underground — è rappresentato, nel Regno Unito, da Gandalf’s Garden che, come l’organizzazio162

ne londinese della Middle Earth, prende il nome dalla trilogia dell’Anello del professor Tolkien, nella fiducia che Gandalf, il Mago Bianco, « entri celermente nello spirito del mondo giovanile come l’eroe mitologico del tempo ». La foto di copertina del primo numero (novembre 1967) rappresentava il suo direttore, Muzz Murray, che rompeva il guscio di un uovo dall’interno, venendo felicemente al mondo. « Gandalf’s Garden cerca il sole che è in voi », questo è lo slogan, e in cambio si offre chiaro di luna. Pur essendo ufficialmente un mensile, la rivista sembra più in armonia con le stagioni naturali (« umilissime

scuse per l’ora tarda ma qualcuno ha fatto cadere i semi del numero due tra i cespugli e non siamo riusciti a trovarli finché non hanno cominciato a germogliare »). Intanto è germogliato anche un negozio a Chelsea, che contribuisce al finanziamento della rivista vendendo cravatte fatte in casa, candele, vasellame,

bigiotteria e sali da bagno omeopatici. IT — che si è chiamato International Times fino a quando il Times di Lord Thomson non minacciò di denunciarlo per violazione delle norme sul copyright — è il primo e unico giornale regolare dell’Underground britannico. Per un organo deciso a proporre una teologia alternativa, i ricorrenti intrighi e le macchinazioni dei suoi proprietari strapperebbero grida di ammirazione agli speculatori più incalliti della city. Fondato originariamente dalla Love Books Ltd. nell’ottobre 1966, fu occupato dai suoi redattori due anni dopo — in un parossismo di fervore rivoluzionario ispirato da Parigi e Hornsey (allora erano tutti dei rivoluzionari) — e registrato come cooperativa di lavoratori sotto il nome di Knullar Ltd. (« chiavare » in svedese). A questo

punto (agosto 1968) nella redazione di Betterton Street regnava una notevole atmosfera, tutt’altro che underground, di rancore,

paranoia e contorsionistiche pugnalate alla schiena. La storia si ripetè nell’ottobre 1969, quando i redattori ribelli s’impadronirono degli uffici, con l’aiuto degli squatters della London Street Commune reduci dalla disfatta del 144 di Piccadilly. Dopo un’altra serie di antipatiche risse uscì un nuovo tabloid, l’International Free Press, che si mise

in concorrenza

con IT.

Il primo numero di IT, tipograficamente molto squallido, conteneva un malinconico fondino sul fatto che in realtà Londra non swingava per niente. L’« International » della testata era interpretato. con veemente letteralità: servizi e corrispondenze

affluivano

da Stoccolma,

Varsavia,

New

York,

Amster163

dam (Simon Vinkenoog) e Parigi (Jean-Jacques Lebel). Miles, uno dei comproprietari originari, fece salire le vendite dei primi IT con le sue eccentriche interviste, assolutamente prive di manipolazioni, di Paul McCartney, Peter Townshend e John Lennon (che, crediatelo o no, una volta faceva il prezioso). Tra gli altri collaboratori c’erano Allen Ginsberg, Yoko Ono, John Wilcock,

Adrian Mitchell, Ray Durgnat, William Burroughs e Bertrand Russell. Harvey Matusow, instancabile infiltratore di ogni establishment, scrisse una cronaca ghignante dei suoi tentativi di telefonare alla CIA presso l’ambiasciata americana. Il primo importante manifesto di IT fu la ristampa, in prima pagina, di « Un messaggio alla regina » di Paolo Lionni’: « Che ogni uomo, donna e bambino è un poeta reale o potenziale...

Che il

regno dell’usura ancora in piedi tra l’uomo e il suo desiderio di fare un buon lavoro deve finire ... che l’amore non deve rimanere un banale cliché ma è e dev’essere un verbo costantemente originale e divino ». IT scherniva i giornalisti (« scrittori autonomi, foraggiati dalla pubblicità, senza spirito creativo ») e i giornalisti rispondevano per le rime. La prima campagna di abbonamenti ne riportò i deliranti giudizi: « Beatnikeria americana antisocialista » (New Statesman); « Un fumetto per i figli dei fiori »

(Sunday Telegraph);

« Antibianco » (People); « Assolutamente

distruttivo » (Morning

Star);

« Sciatto

e dilettantesco » (En-

counter).

In Tottenham

Court Road (all’UFO) si organizzarono

eu-

foriche friccate per sostenere IT, ma il 90% dell’incasso finì in altre tasche; la polizia effettuò una perquisizione negli uffici del giornale, John « Hoppy » Hopkins, cofondatore dell’UFO e tecnico di produzione di IT, fu incarcerato e Miles espulso dalla commissione dell’Arts Council per via dei suoi rapporti col giornale. Non c’era da meravigliarsi se l’allora direttore J. Henry Moore si sentiva costretto a « urlare ... Sembra che si debba troncare ogni rapporto con questi bastardi una volta per tutte, onde non lasciarsi compromettere

dalla loro inumanità

(che ci

sta costando una fortuna). Non comprate da loro quello che potete comprare dagli amici. Non ditegli niente ... Se non potete convertire i vostri genitori, mandateli all’inferno ». Prima che IT compisse due anni, il tono si era fatto già più dolce. Rabbia, paranoia e cultismo avevano ceduto il posto ° International

164.

Times,

n. 5, 12-25

dicembre

1966.

a tesi languide e prolisse sulla Società Senza Lavoro, Marcuse,

l’Educazione Sbagliata e un Mondo Rock

Acido,

La

Rivoluzione

Alternativo, Dal Rock al

Sessuale,

Le

Arti

nella

Società.

« Il mondo del futuro » insinuava IT 10, « può essere senza orologi ». Due anni dopo IT lamentava, con una circumloquacità di nuovo genere, « i progressi deludenti nella preconcentualizzazione del tempo. L’umanità continua a cimentarsi in una direzione che corrisponde al senso orario, basata sull’assunto, pro-

fondamente radicato, che il tempo sia un veicolo impazzito scagliato per l’universo verso una meta chiamata morte ». A _modo suo, era diventato un giornale influente. Un trafiletto in cui si chiedevano occhiali per l’Albert Bailey Mission ne fruttò 1575 paia in meno di due settimane. Dopo un mese si misuravano a tonnellate. Se oggi IT ha smesso di chiedere l’elemosina, comincia in compenso a scusarsi perché ci guadagna. I corrispondenti dall’estero sono numerosi e informati come prima, ma ogni tanto il giornale perde il senso della notizia locale e mostra di soffrire della mancanza di cronisti pratici e chiari che potrebbero preoccuparsi meno della metafisica del tempo e studiare con più attenzione le stranezze della comunità. Nel cinquantaduesimo numero il direttore ammette che «...siamo diventati un po’ statici, un po’ barbosi e stantii, sfiatati dal fatto che abbiamo con-

solidato la nostra posizione economica e incantati dalla tiratura in continuo aumento »". Il più importante contributo di IT all’Underground inglese è stato la sua esistenza. Col suo piglio da « organo d’informazione » ha tenuto a balia centinaia d’iniziative underground e con lodevole imparzialità ha aperto le sue pagine a ogni genere di fenomeno underground. OZ nacque in Australia il 1° aprile del 1963, giorno sacro ai pesci e agli sciocchi, come rivista mensile satirica e d’opinione. Un OZ londinese fu fondato nel febbraio 1967, ed è vissuto più a lungo del suo predecessore coloniale. Si può misurare il successo della rivista come strumento di provocazione (e la necessità della sua esistenza) dalla reazione del magistrato di Sydney che dichiarò: « La pubblicazione potrebbe corrompere i giovani o gli adulti dallo spirito malsano così poco giudiziosi da scambiarla per letteratura e così scriteriati da coltivare l’abitudine di leggerla ». Il giudice australiano non tenne conto delle depo19 45.000 nel dicembre 1969.

165

sizioni di diciassette testimoni qualificati così poco giudiziosi da pensare che la rivista avesse qualche merito letterario e così scriteriati da negare la sua tendenza a depravare e corrompere, e condannò i direttori a sei mesi di lavori forzati. I due anni successivi furono passati dentro e fuori dalle aule dei tribunali e dagli studi televisivi, a difendere la purezza dei nostri motivi e la qualità del nostro prodotto, fino al proscioglimento definitivo.

È

L’OZ australiano non fu mai, a rigor di termini, una pubblicazione underground, anche se presentava la rubrica di John Wilcock sul Village Voice e vi aggiunse due o tre scandali sul furei ripresi dal Realist di Paul Krassner, una vibrante apologia della marijuana e un frammento splendidamente osceno di Lenny Bruce. L’OZ australiano voleva essere una disperata alternativa

ai postumi della sbronza puritana di quel paese e una sfida alla struttura monopolistica dei suoi strumenti d’informazione. Dopo ‘la dipartita dell’OZ australiano, avvenuta nel febbraio 19691 l’onere delle comunicazioni sotterranee è caduto su Ubu Neiws,

che è libero, rosso e furibondo, e non fa che migliorare, malgrado le continue molestie della polizia locale. La genesi dell’OZ londinese fu dovuta più all’entusiasmo di un giornale di Fleet Street che alla decisione del suo fondatore. Poco dopo il mio arrivo dall’Australia nel Regno Unito io fui intervistato dall’Evening Standard. L’idea di lanciare un OZ londinese, che allora era poco più di una vaga fantasia, finì per ispirare il titolista: « Ragazzo prodigio australiano e ribelle a Londra per fare un giornale ». I telefoni cominciarono a squillare, portandomi offerte di collaborazione, i tipografi cominciarono a invitarmi a pranzo (dove sono finiti?), e quello che una

volta era solo l’impulso esibizionistico di far colpo su un cordiale columnist londinese prese ben presto l’abbrivio e finì in piazza, due o tre mesi dopo, con un tonfo sonoro. I primi numeri di OZ erano un ibrido fastidioso di satira, giornalismo domenicale e primizie rubacchiate all’Underground. L’arte di Martin Sharp e l’ottimo livello di alcuni dei primi collaboratori salvarono la rivista dalla catastrofe generale. In Australia si reagiva satiricamente alla dieta quotidiana di pomposità, intolleranza e suicida idiozia usando, come la maggior parte degli scritche

!! Continua mai.

166

a uscire un foglio di notizie confidenziali, più acido e solitario

tori satirici, una base di principi e presupposti ovvii e accettatica alla società appariva inadeguata e, in definitiva, reazionaria. OZ si diede « alla clandestinità » con l’aiuto di John Wilbili per tutti. A Londra, non solo l’intenzione satirica sembrava ridondante — altri lo facevano meglio — ma come reazione cricock che diresse, come ospite d’onore, il sesto numero,

ma che

non perse affatto il suo cinismo: « Gli hippies in Inghilterra » scrisse David Widgery, « rappresentano una sfida al potere dello stato paragonabile a quella di chi introduce monete straniere nei suoi contatori del gas ». Ogni OZ ha un aspetto diverso, e agli ospiti d’onore che di tanto in tanto ne assumono la direzione concede la massima libertà di sperimentare. OZ vuole sorprendere. Spesso contiene manifesti, giochi, supplementi a fumetti e a colori, e sempre —

psst — fotografie sconce. Il primo giornale inglese a entrare nell’Underground Press Syndicate fu Peace News, fondato nel 1936 e tanto rispettabile da poter essere distribuito dalla W. H. Smith & Sons. Né i suoi redattori —

né, presumibilmente, i suoi lettori —

giudica-

no « underground » una definizione azzeccata, sebbene il giornale appartenga all’UPS. The Hustler, voce sboccata e stizzita del potere nero britan-

nico, grida dai ghetti di Notting Hill e North Kensington. Si scaglia sia contro la compiacenza dei confratelli neri che contro il razzismo bianco; o la simpatia bianca, che lo mette in furente sospetto: « C’è un numero sempre più alto di ragazze americane

che si trasferiscono a Notting Hill, mostrando le loro cosce transatlantiche e chiedendo l’esonero dal razzismo in America. Chi sono queste amiche dei poveri? Sono belle da vedere, d’accordo, ma attenzione ». Ancora: « Si dice che quando una donna si spoglia ai neri vengano le vertigini; così, in numero più alto del solito, le ninfomani cominciano a bussare alle porte dei

neri o a invitarli a cena o a prendere il caffè, ecc. ...». Forse

busseranno alla porta di Courtney Tulloch, capo Hustler, porta-

voce locale dalla vibrante eloquenza che ha diretto IT in qualità di ospite d’onore e che del giornale è un regolare collaboratore, ex collega di Michael (X) Abdul Malik. The Hustler è un one-

mente

12 Tranne che in tempo di guerra, quando la distribuzione viene automatica-

sospesa.

167

sto giornale di comunità, rozzo, impegnato ed esplicito come una porta che sbatte. La risposta dei bianchi a The Hustler è The Black Diwarf, che compensa con la retorica le sue lacune in materia di lepidezza. Per i suoi redattori The Black Diwarf non è tanto un giornale quanto un modo di vivere: come per la polizia, che non si limita a entrare e uscire dai suoi uffici con una regolarità ampiamente reclamizzata ma cerca goffamente di persuadere i vicini a fotografare ogni visitatore. Gli uomini di Scotland Yard non fanno che incappare nell’assortimento di ubriachi e di marinai che salgono le scale, spronati dalla bizzarra convinzione che la misteriosa « nana nera » sia una sorta di prostituta particolarmente esotica. Il linguaggio di The Black Dwarf oscilla tra l’accademico (Marx, Engels e Ernest Mandel sono tra i più assidui collaboratori) e il colloquiale (« Vi pisciamo addosso »). Indiscutibilmente coscienzioso (si dice che la monotonia dell’impaginazione sia vo-

luta, perché lo si possa vendere bene davanti alle fabbriche), The Black Dwarf, col suo trotzkismo prodigato a piene mani e il monosillabico gergo politico, sembra estraneo al filone del giornalismo underground; ma se si erigeranno barricate in mezzo a Trafalgar Square sarà questo giornale che i membri della brigata coi maglioni da ciclista si ficcheranno nella tasca posteriore dei blue jeans. Una delle più straordinarie avventure dell’Underground nel campo degli strumenti di comunicazione è Rolling Stone. Questo giornale fu fondato a San Francisco nel novembre 1967 dal ventiduenne Jan Wenner, che prima dell’aprile 1969 spediva

via aerea i negativi a Londra per un’edizione locale prodotta in precaria collaborazione con Mick Jagger". Mentre Wenner, personalmente, ostenta un lucido disprezzo per il livello della stam-

pa underground americana, Rolling Stone è, a rigor di termini, un classico prodotto del fenomeno: non solo in virtù della materia (la musica rock) ma per il gusto intransigente della sua presentazione. Rolling Stone fu l’unica rivista circolante in Inghilterra a riprodurre entrambe le copertine del LP di John 3 Davvero traballante. Nel novembre 1969 Jan Wenner si era distaccato dalla sua progenie e aveva persuaso Mick Jagger a fare lo stesso. Cambiando la testata del giornale in Friends, lo staff britannico perseverò con una versione modificata.

168

Lennon e Yoko Ono intitolato Two Virgins, che mostravano, davanti e da tergo, la coppia completamente nuda. Con

una

tiratura (sulla costa occidentale)

di 60

mila co-

pie, Wenner guadagna duecento dollari la settimana più le spese dei suoi viaggi internazionali. Nessun redattore prende meno di cento dollari la settimana: un’insolita prosperità negli annali dell’editoria underground. Queste risorse permettono a Rolling Stone di analizzare il tema prescelto con una larghezza e una profondità non dissimili da quelle dei più importanti reportages del Sunday Times, e insieme di impaginarlo con molto più spirito e immaginazione!’. Ciò che differenzia Rolling Stone da ogni altra pubblicazione musicale orientata commercialmente (a parte l’intrinseco spirito libertario) è che i suoi giovani redattori amano veramente la musica rock: la respirano, la sentono, la capiscono e la suonano persino.

The Running Man, parente povero di Evergreen e danarosi intrugli pseudo-hip come Eye, Avant Garde e Cheetah, fu un’altra impresa di breve durata

finita in un disastro. Pur

es-

sendo stata largamente annunciata come un bimensile « solo per abbonamento », la si trovava in tutte le edicole e, per l’infre-

quenza con cui faceva la sua comparsa, sarebbe stato meglio battezzarla « l’uomo che corre (perché è sempre in ritardo) ». Hapt è un foglio riservato ai diggers, ciclostilato e gratuito, che si pubblica a Colchester e tiene i contatti con i diggers europei. Fire è un « fatto » d’arte e poesia immaginosamente prodotto da Joe Berke

dell’inafferrabile

Antiuniversità,

e si verifica

di tanto in tanto a 10 scellini per volta. Image, di un futurismo da mozzare il fiato, fu recuperata da John Esam, che la tolse dal mucchio di rottami burocratici in cui giaceva, la plasmò secondo

il suo personale modo di vedere, nel dicembre 1967, per sostenerla, organizzò « Natale sulla Terra, Continua », una friccata

pop, la riempì di bandi di reclutamento per le forze armate di Sua Maestà e la mandò in malora. I situazionisti di Notting Hill scagliano i loro cocktail Dada-Molotov dopo averli incartati in King Mob Echo, giornale d’assalto anarchico abbondantemente plagiato. Dello stesso genere è The Oxford Wall, pubblicato dai « figli di puttana di Oxford » come risposta al tradizionale Cherwell. Synic, strettamente legato al Potere Nero e all’attività

sulla

11 Vedi Storia

i reportages della Droga

sulle Groupies, e sulla Stampa

sui Rivoluzionari Underground.

Americani

del

1969,

169

politica dell’estrema sinistra londinese, sembra deciso a limitare la propria diffusione con l’essere di una mortale serietà. Nel giugno 1969 uscì a Manchester Grass Eye, giornale underground quindicinale che ebbe subito delle difficoltà con le tipografie perché usava la parola « fottere ». Nell’aprile 1969 uscì The Catonsville Road Runner, un « mensile cristiano rivo-

luzionario » nato dal movimento cristiano radicale e dal suo dissenso con la Chiesa del sistema.

Che

Guevara,

l’attività della

sinistra studentesca, la filosofia yippie e la protesta sociale (« Le lettere di San Paolo sono una zona liberata. La difenderemo ») riposano nelle sue pagine come scomodi compagni di letto. In America, la stampa underground ha provocato sostanziali revisioni in media tra loro disparati come le riviste in carta patinata di Hearst e i giornali scolastici, ma nel regno Unito i media overground hanno mostrato le loro tipiche doti di recupero: persino i giornali studenteschi, che (con rare eccezioni) somigliano agli organi aziendali dell’industria dell’asbesto e si rivelano, alla lettura, inconsci panegirici a Fleet Street.

In Europa ci sono dozzine di giornali underground. alcuni dei quali fungono anche da stanze di compensazione per la distribuzione di hip-media inglesi e americani. A Milano una signora di mezza età, Fernanda Sottsass Pivano, produce col marito Ettore il bellissimo Pianeta Fresco, a 168 pagine e 10 colori, appassionatamente non-violento e benignamente coinvolto nell’esplorazione allucinogenica. Pianeta Fresco è tanto underground quanto lo si può essere per la legge italiana, in virtù della quale solo un professionista (cioè un giornalista iscritto all’Ordine) può dirigere una rivista; e, nonostante l’indirizzo pacifista, dice

Fernanda che molti dei suoi amici si trovano in galera. Fernanda ed Ettore sono i traduttori italiani di Allen Ginsberg (che ha tenuto a battesimo il giornale) e con le loro campanelline hippie e l’euforica generosità sono forse i più vecchi direttori di giornale underground più giovani del mondo. La stampa underground olandese ebbe inizio col primo numero di Provo; uscito ad Amsterdam nel luglio 1965 e distri-

buito gratis (spesso avvolto nei giornali del mattino). « Provo è un mensile per anarchici, provos, beatniks, poltroni, carcerati, guastamestieri, santi, stregoni, pacifisti, ciarlatani, filosofi, portatori di germi, organizzatori di happenings, vegetariani, sindacalisti, mendicanti, incendiari ... e non dobbiamo certo di-

menticare gli uomini del Servizio di Sicurezza Interno. Provo si 170

oppone al capitalismo, al comunismo, al fascismo, alla burocrazia, al militarismo, allo snobismo, al professionismo, al dogmatismo e all’autoritarismo ». Del primo numero furono stampate 500 copie; dell’ultimo, aprile 1967, 20.000. Un mese dopo la morte

di Provo

uscì Wittie

Krant,

che durò

fino

al febbraio

dell’anno seguente. Pochi giorni dopo la pubblicazione del primo numero uno dei capi, R. Olaf Stoop, fu arrestato per detenzione di cannabis. Ora Olaf Stoop è l’organizzatore della Real Free Press che, per qualche tempo, ha diretto dal Belgio, allo scopo di evitare l’arresto da parte delle autorità olandesi, ansiose di fargli scontare gli ultimi due mesi di prigione. L’innocuo Aloha, dai colori carnabiani (in origine un giornale musicale, HitweePk,

fondato nel 1965 da Willem de Ridder, al quale si attribuisce la fondazione del movimento hippie di Amsterdam) pubblica nudi umoristici, fumetti, articoli d’interesse generale e ha un formato alla Rolling Stone. Nel settembre 1969 il primo sex paper europeo, Suck (stampato ad Amsterdam), fu fondato da alcuni veterani degli ambienti britannici di IT/Arts Lab. Suck si autodefinisce un’alternativa a « quel tipo di mentalità che ha potuto creare le leggi sull’osceno ». Visto il contenuto della rubrica di pettegolezzi di Earth Rose, « Sucky Fucky », potevano accennare anche alle « leggi sulla diffamazione ». Suck è un’impassibile imitazione dei prototipi newyorkesi con in più un pizzico di cultura nazionale: p.e. la « Gobble Poem » di W. H. Auden. De Anders Krant, uno dei giornali underground più regolari e impegnati d’Europa, tiene fervidi contatti con tutte le organizzazioni underground europee e promuove le riviste consorelle Moksha e Om. Il belga Eindelijke, di Gand, è vissuto set-

te numeri prima di farsi sequestrare per aver pubblicato, su un membro della famiglia reale belga, una vignetta ritenuta oscena. Anche Bernhard Willem Holtrop, cartoonist underground olandese ed editore di God Nederland and Oranje, è stato processato per una vignetta ritenuta offensiva da un membro della casa reale. Processato per « crudeltà verso la polizia », Willem è l’invidia dei disegnatori underground". Superlove,

di Copenhagen,

a indirizzo

musicale,

uscì nel

1967 (tiratura 10.000 copie) e come stile e contenuto somiglia 15 Una raccolta di suoi disegni fu sequestrata in una libreria di Londra.

dalla polizia nel marzo

1969

171

a Rolling Stone. George Streeton, un giovane australiano, fondò Superlove allo scopo di « verificare se per esistere un giornale doveva essere cattivo », e oggi la sua pubblicazione funge anche da base per la distribuzione di una serie completa di prodotti underground. Da

Berlino, Linkeck e Radikalinski,

pubblicati

collettiva-

mente da gruppi di studenti militanti, seguono una linea intransigente: per battersi contro bersagli viventi Linkeck raccomanda « sassi e pezzi di ferrovecchio, viti, chiodi, ecc., che si pos-

sono mischiare agli esplosivi per accrescere l’effetto di frammentazione ...». E la grafica dei due giornali viene pari pari dalle riviste pornografiche svedesi. Peng viene da Wuppertal, Po Po Po da Colonia, ma il giornale underground in lingua tedesca più dinamico, Hotcha, viene da Zurigo, in Svizzera, dove

è uscito per la prima volta nel marzo 1968. E’ l’unico esempio nel paese, dice il suo fondatore, Urban

Gwerder,

della « tanto

decantata libertà di stampa svizzera ». Dalla Svezia arriva Puss, di un’esilarante oscenità: maligno miscuglio di fotomontaggi, testi e disegni che giustappone satira e pornografia con una libertà di cui non esiste l’eguale in nessun’altra parte del mondo. Da Zagabria, in Jugoslavia, viene Paradoks, con la sua grafica superiore e gli esotici colori. La Finlandia ha il suo International Organ: attaccato dalla polizia per aver organizzato uno Sperm-Festival di otto giorni che, come disse un poeta del posto con tipico understatement, « ha fatto sì che i poliziotti notassero che stava succedendo qualcosa ». Vari giornali underground (nel senso più direttamente militante) nacquero durante la crisi francese del maggio 1968; ma ancora non sembra che in Francia escano regolarmente giornali a grande diffusione collegati alla stampa underground internazionale. Uno dei prodotti della rivoluzione di maggio, Action, annunciò vivacemente, l’anno dopo, di essere diventato « il pri-

mo giornale quotidiano underground »; ma dopo una settimana moriva di stenti. Giornali studenteschi europei sono usciti in speciali edizioni underground, e ogni tanto appaiono dei numeri unici di altre pubblicazioni, generosamente imbottiti di brani tratti da Marcuse, R. D. Laing, Bakunin e dai manifesti dei Situazionisti. (P.e. Le Pavé, uscito sul finire del 1968 sotto l’egi172

da

del

Comité

d’Information

Révolutionnaire,

Jean-Jacques

Lebel e altri).

Eco Contemporaneo, socio argentino dell’Underground Press Syndicate, uscì nel novembre 1961 come periodico « interamericano », con l’intenzione di prendere contatti con i giovani e ribelli poeti delle Americhe (settentrionale, centrale e meridionale). In meno di due anni, insieme alle riviste messicane

The Plumed Horn e Pajaro Cascabel, Eco Contemporaneo aveva contribuito a creare il Movimento per una Solidarietà Nuova, che riunì in Messico poeti di quindici repubbliche americane per il « primo incontro di poeti americani ». Nel 1965 il direttore di Eco Contemporaneo, Miguel Grinberg, cambiò l’indirizzo del giornale, ricordando che « quando ho smesso di pubblicare poesie è venuta meno anche la solidarietà di molti poeti ». Ulteriori modifiche obbedirono all’imperativo: « creare un’alternativa »; e così il giornale argentino si mise più direttamente in linea con i confratelli dell’UPS. Trentunenne « indio bianco », figlio di emigranti polacchi, Grinberg è convinto che le pubblicazioni dell’UPS « devono indicare strade e/o idee per lo sviluppo di modi di vivere umani e creativi in un mondo avvelenato. Infatti, per ogni essere marginale che ha fatto la sua ‘rivoluzione interna’ e mira alla conoscenza, vi

sono altre migliaia di cittadini che mirano alle tenebre e all’angst. Noi — che potremmo chiamarci psichenauti — dobbiamo diventare una tribù creativa . .. La nostra Vita deve diventare un’Arte ». La libertà di stampa di Eco Contemporaneo è stata messa saltuariamente in pericolo da una polizia perplessa e piuttosto incerta sul da farsi, che per esempio ha sequestrato 500 copie della rivista in tipografia e poi ha archiviato la pratica. « Non siamo certo noi che la polizia considera pericolosi » dice Miguel. « I lavoratori non ci leggono. Al dipartimento di polizia sulla mia scheda c’è scritto ‘Sinistroide ma pacifista’. Amen ». Il giornale forse più coraggioso di tutto l’Underground è Vito, della piccola isola caraibica di Curacao. Nel 1968, per Na-

tale, uscì in una speciale edizione in lingua inglese per i turisti americani, ottimamente impaginata e illustrata con incisioni in

legno. Si informavano i turisti, tra l’altro, che 10.000 dei 140.000

abitanti non avevano il gabinetto e che per quelli dei ghetti neri

non

C’erano

nite ...».

« né

Una

acqua

corrente,

straordinaria



« guida

casa,

né lavoro,



avve-

turistica » li invitava

a:

« sentire la puzza dell’aria inquinata che la Shell rovescia su 1:73

mezza Curacao .... notare come tutte le spiagge pubbliche siano di proprietà degli alberghi stranieri e come gli indigeni non sappiano dove andare a ricrearsi ... notare i grandi edifici delle chiese vicine alle case costruite per famiglie di nove persone con non più di due camere da letto ...». Queste critiche non passarono inosservate. Nel maggio 1969, dopo alcuni giorni di violenti scontri, il governo olandese spedì nell’isola 700 marines perché ristabilissero l’ordine. Vito, capro espiatorio bell’e con-

fezionato, fu messo al bando e il suo direttore tratto in arresto. In Giamaica c’è un giornale underground/di sinistra, Abeng,

che appoggia il Rastafari, organizzazione di rivoluzionari militanti, e caldeggia la droga come arma politica. Abeng circola liberamente a Kingston, mentre di là dal mare un giornale under-

ground, Lambi, circola clandestinamente nell’Haiti di Duvalier.

Tra gli altri giornali che meritano una citazione particolare per il semplice fatto di riuscire a sopravvivere in acque non molto tranquille segnaliamo Anti/Pro di Bombay e Cock di

Wellington (entrambi assistiti dall’infaticabile John Wilcock) e

Olvidate, un tabloid di Bogotà, aggressivo e coloratissimo, che

rigurgita di motivi ornamentali dadà e sembra uno IT più sofisticato.

Nel Canada escono vari giornali dell’UPS, il più bello dei quali è Logos di Montreal, mentre il più avventuroso è il Georgia Straight: alias Vancouver Free Press. Il Georgia Straight acquistò una certa notorietà tra i lettori della stampa underground quando pubblicò otto brevi puntate di un romanzo inedito di

Bob Dylan, Tarantula,

e fece seguire alla pubblicazione

la let-

tera degli avvocati del cantante che minacciavano di adire alle vie legali qualora il giornale non avesse desistito. Molto preoc-

cupato per la vittimizzazione di chi è dedito alla droga, il Georgia

Straight pubblica ogni settimana una lista di « teste rotte », e

nel giugno

1969

uscì con un paginone

in cui s’invitava il go-

verno canadese a legalizzare la marijuana. Da Ottawa viene la Canadian Free Press, meglio nota come Octopus, uscita per la prima volta nel gennaio 1967 (« crogiuolo di esperienze purifi-

catrici »). Da Winnipeg, Manitoba, viene la Loving Couch Press, di cui Steve Jones disse una volta: « Ci metto dei raccontini e, certe volte, persino delle NOTIZIE, ma cerco soprattutto, con la

grafica e qualunque altra cosa, di distruggere il concetto unilaterale che la gente ha della realtà ». Nel giugno 1969 la Loving Couchb Press morì dando alla luce Ompbhalos, consacratosi alla 174

tradizione indiana e al patrocinio della causa promossa dagli indiani canadesi per ottenere l’eguaglianza razziale e sociale. Harbinger e il più recente Tribal Village sì fanno una robusta concorrenza a Toronto e hanno, tutt’e due, i soliti difficili rapporti con la polizia e le autorità cittadine:

come

toccherà

anche

al-

l’Egg — cioè all’« uovo » — appena deposto. Non dimentichiamo, per finire, il Canada Goose di Edmonton, assai meno intraprendente, e il Carillon di Regina, nel Saskatchewan.

E’ negli Stati Uniti che la stampa underground predomina:

alcuni giornali muoiono,

ma con un ritmo.assai più veloce

altri corrono a prenderne il posto. Uno dei più importanti giornali dell’UPS è Rat di New York, fondato all’inizio del 1968 da

Jeff Shero, ex vicepresidente della SDS e creatore del Rag di Austin,

nel Texas.

« Ecco

finalmente

un vero giornale

under-

ground, Rat, che ci dà le notizie di cui abbiamo bisogno per campare: anche se la Gems Spa mette l’East Village Other bene in vista sul banco esterno e nasconde Rat nel retrobottega » scrive Kenneth Pitchford sulla Village Voice (28 novembre

1968) nel

contesto di una violenta dichiarazione programmatica della comunità del Lower East Side. Rat

è l’equivalente

Fast

Coast

della Berkeley

Tribe,

ma

con la miccia accesa. Nel numero pre-Chicago (23 agosto 1968) il giornale dedicò il 58,5% del suo contenuto complessivo ai preparativi per l’attacco. C’erano una piantina della città, consigli sul modo di affrontare i poliziotti e difendersi dai gas lacrimogeni, dove dormire, dove farsi medicare, come sopravvivere.

Il giornale elencava gli indirizzi degli alberghi più importanti e quali delegazioni vi avrebbero alloggiato, e pubblicò i numeri telefonici e gli indirizzi della CIA e dei centri di arruolamento delle forze armate". I servizi di Rat da Chicago — tersi frammenti di notizie vere e mini-interviste raccolte da due inviati con un registratore a nastro — formarono un documento di straordinario interesse del ribollente crogiuolo politico americano Nel numero uscito prima delle elezioni presidenziali di novembre, Rat pubblicò una fiaba elettorale (presa dal Liberation News Service) che metteva in una chiara prospettiva le contraddizioni del progressista (« una malinconica lucertola che si chiamava Male Minore ») e l’urgenza di una rivolta giovanile. Ispi16 Questo numero di Rat fu citato dal sindaco Daley come prova della esistenza di un complotto organizzato per « sconvolgere la Convenzione nazionale democratica e paralizzare la città di Chicago ».

17/5

rati da una visione autentica, costretti dalla necessità della sto-

ria e serenamente imbottiti d’erba, i giovani non si facevano imbrogliare. Rat non spreca lo spazio con inconcludenti saggi teorici o notizie che non lo interessano. La sua raison d’étre è semplicissima:

FAR SCENDERE

LA GENTE NELLE

STRADE.

« L’a-

zione diretta ci porta nelle strade, dove siamo visibili, dove prendiamo contatto con molti tipi diversi di persone e dove abbiamo un’influenza sulla vita della città. In futuro, quando avremo vinto, le strade non saranno

solo un altro modo

di andare da

un ufficio all’altro. Saranno luoghi d’incontro, luoghi di discussione, luoghi di riunione per tutti: ecco il significato delle invocazioni: ‘le strade appartengono al popolo’. » Nella sua famosa serie intitolata « Come cavarsela nella giungla », Rat pubblicava minuziose istruzioni sul modo di rubare nei supermercati (« Se riesci a rubare nel Lower Eeast Side, puoi rubare dappertutto ») e su come passare, senza pagare il biglietto, dalle tornelle della sotterranea di New York. Nella rubrica « Al disservizio della comunità », Rat dà consigli sul modo di far chiudere il locale ufficio leva: con una finta campagna epistolare. Droghe, alloggi, medicine e assistenza sanitaria: Rat dà ai suoi lettori tutti i consigli di cui hanno bisogno. In più, un accordo coi Figli di Puttana, che è un gruppo di guerriglieri urbani, lo impegna a mettere a loro disposizione una pagina ogni volta che lo desiderano. L’integrità di Rat consiste nel rifiuto di farsi trascinare dal-

la retorica di moda e nelle sue ostinate denunce degli alienanti meccanismi che regolano i rapporti di forza nella società. Non molti giornali underground si sono curati di ricordare ai lettori che « il ruolo del poliziotto è impossibile nella società. Il poliziotto deve starsene seduto in cima a tutta la giusta collera che è una diretta conseguenza dell’incapacità dei programmi degli uomini politici di combinare qualcosa di buono. E nello stesso tempo lo piglia nel culo anche lui, proprio come un altro strumento qualsiasi ... ». La stessa lucidità è visibile nel servizio di Rat sulla Settimana Nazionale del Soldato:

un tentativo,

da parte del Movimento, di agganciare i militari malcontenti e di battersi per il loro diritto di tornare a casa. Questa è una politica che affonda le sue radici nell’Underground, non un’isterica manovra per costringere il dissenso contemporaneo nella ca-

micia di forza dell’economia vittoriana. La visione del mondo di Rat permea anche le sue recensioni teatrali e cinematografi176

che (a volte imbottite di soporifiche citazioni da Marcuse) e tutti i servizi sulla musica pop. Rat si è affacciato senza indugio sulla scena delle pornoriviste underground dove, dopo il successo di Screw, ha dedicato Pleasure ai newyorkesi del centro che, incapaci di affrontare la rabbiosa politica di Rat,

si sono

lasciati affascinare dal suo equivalente sessuale. Una York, ma fortunato redazione,

cosa è invitare i lettori a scendere nelle strade di New a Dallas il direttore di un giornale underground è se riesce a impedire alla popolazione di bruciargli la per non parlare della polizia che per due volte ha

devastato la sede di Dallas Notes, e che tiene i suoi uffici sotto

continua sorveglianza. Pur essendo piccolo e senza amici (tiratura 5.000 copie), questo giornale manda i suoi inviati a seguire avvenimenti d’importanza nazionale e pubblica servizi su avvenimenti locali ignorati o travisati dalla stampa di Dallas. Dallas Notes presenta un lucido panorama delle tendenze culturali contemporanee e, come Rat, contiene tanta musica rock che a leggerlo vien voglia di ballare. Non manca d’umorismo. Ecco, per esempio, dalla recensione di un disco di Gene Autrey, « Back in the Saddle Again »: «Si direbbe che le parole contengano precise allusioni alla marijuana, ma in un modo assai subdolo e astuto. Il furbo ascoltatore non perderà di certo perle come... ‘where the longhorn cattle feed on the lowly Jimson weed, l’m back in the saddle again’ ... Sì, Jimson weed! Sappiamo tutti a cosa voleva alludere, eh, banda? ».

The Rag di Austin, Texas, The Spectator di Bloomington, Alabama, The Great Speckled Bird di Atlanta, Georgia, News

trom Nowhere di Dekalb, Illinois, Buffalo Chip di Omaha, Nebraska, e Kudsu di Jackson, Mississippi, hanno le stesse re-

sponsabilità degli isolati: se non dicono loro come stanno le co-

se, state pur certi che nessuno

lo farà. Chi, se non The

Rag,

avrebbe potuto informare il popolo del Texas della primissima rappresentazione della Compagnia Evangelica Viaggiante Anarco-

Terrorista Beatnik e Nuova Sinistra di Austin, di Mother Grit?

E quando George Wallace tenne a Omaha la sua convenzione (5 marzo 1958) il Buffalo Chip era là a documentare le violenze della polizia. I collegamenti col Liberation News Service e gli altri giornali dell’UPS permettono agli organi di questi avamposti di presentare alle rispettive comunità un completo panorama del mondo progressista-studentesco-giovanile. 177

Sulla costa occidentale il giornale ottimisticamente battezzato Good Times si autodefinisce « la migliore delle pubblicazioni underground », mentre il più recente Dock of the Bay, con pari modestia, si proclama « il PIÙ GRANDE giornale di San Fran-

cisco ». Good Times fu fondato al principio del 1968 da Marvin Garson, poi deceduto (fu sua moglie a scrivere Macbird), e fino

all’incorporazione come membro della Chiesa per la Vita Universale si chiamò San Francisco Express Times. Good Times combina l’intelligenza del Times di Londra con l’infuocato radicalismo di Rat. Scritto con eleganza, impaginato con gusto, ha tutti i numeri per essere tra i primi della classe. Nel nord,

a Seattle, dietro le sue indecifrabili,

originalis-

sime copertine, Helix è un buon giornale di comunità, che appoggia gli scioperi locali, le dimostrazioni studentesche, i sit-in, e sorveglia le attività della polizia, quasi con lo stesso fervore della Berkeley Tribe. Ogni due o tre mesi un concerto rock di beneficenza tiene il giornale finanziariamente a galla. L’Underground americano continua a espandersi con una velocità sempre crescente. Si direbbe che esca un giornale nuovo tutti i mesi: pesi leggeri come la Miami Free Press, la Long Beach Free Press, lo Space City News (Houston), il Quicksilver Times

(Washington,

DC)

e l’Astral Projection

(Albuquerque)

seguono, in varie permutazioni e combinazioni, la formula di John Wilcock: droga sesso musica politica. Altri, come il Leviathan, un grosso mensile di sinistra che si pubblica a San Francisco e New York, seguono una tradizione meno felice e sarà forse proprio il loro peso politico a farli andare a fondo. Come un fricco gridò a uno strillone dell’SDS New Left Notes al Festiva] della musica e delle arti di Woodstock nel ’69: « Perché non la pianti di vendere giornali e vieni a fare la rivoluzione Esistono già almeno due antologie di materiale tratto da giornali dell’UPS", e certi giornali sopravvivono solo come ri‘7 Non che ai « pesanti » sia impossibile sopravvivere: la Washington Free Press e Fifth Estate, di tendenze filo-Pantere Bianche, soci dell’UPS da lunga data, riescono a combinare tirature costanti ed equilibrate con un’assidua partecipazione politica e un’assoluta mancanza di humor. ‘* The Hippie Papers, a cura di Jerry Hopkins, New American Library, febbraio 1968 (Signet Book). [Le voci degli hippies, Laterza, aprile 1969.] Notes from the New Underground, a cura di Jesse Kornbluth. Viking Press, 1968.

178

stampe dell’UPS. The Underground Digest cominciò nell’ottobre 1967, in apparenza per « presentare il meglio della stampa underground », ma in realtà per fare quattrini. Un mese dopo, allo scopo di ripubblicare gli articoli più importanti, fu fondato Orpheus Magazine, che da allora ha riorganizzato l’intera struttura della stampa underground. « Stante il fatto che gli USA sono malati, e si ammaleranno sempre più, vogliamo compiere l’estremo tentativo di creare una

zona veramente affrancata ... Col presente, Orpheus Magazine annuncia la sua intenzione di trasferire i propri uffici in una Zona Libera sita nel delta del fiume Colorado, a metà strada tra

la California, l’Arizona e il Messico. Poiché lo status di questo delta è ambiguo, noi lo dichiareremo Zona Libera e Affrancata e gli abitanti non saranno tenuti a obbedire a nessuna delle leggi irrazionali oggi vigenti nelle zone non affrancate ». Comunicato stampa Orpheus, dicembre 1968 Mentre cerca di sottrarre alla schiavitù alcune parti degli Stati Uniti, e intanto si occupa degli interessi dell’UPS, Orpheus

riesce ancora a pubblicare una multicolore, automutilata ’ antologia bimensile di scritti underground. La sfacciata fecondità della stampa underground mondiale — detta anche stampa « alternativa » o « di resistenza » — è il fenomeno editoriale più significativo degli ultimi dieci anni, che sostituisce le rivistine degli anni cinquanta e minaccia l’importanza dei mass media convenzionali. Esso ha dimostrato agli insorti psichici dispersi e isolati che non sono soli, che appartengono a una comunità in espansione e che il loro sistematico internazionalismo è appoggiato, in termini pratici, dal Liberation News Service e dell’Underground Press Syndacate, che hanno unito spiritualmente queste comunità in un sol campo di guerriglieri. Nelle situazioni di emergenza i giornali underground vengono distribuiti gratis. Un giorno, per rispondere a un attacco malizioso e provocatorio della stampa cittadina, la Los Angeles Free Press regalò agli abitanti 75.000 copie. Pacchi di Rat furono lanciati tra la folla di Chicago. Durante la rivoluzione di 19 « Questa rivista è stata presa a colpi di pistola con una Colt automatica calibro 45. Brutta, eh? ».

179

maggio, a Parigi, OZ, partecipò alla campagna di solidarietà per il Vietnam stampando volantini di sostegno e facendoli pervenire agli studenti parigini. Outcry, giornale gratuito, nacque durante la crisi per il Parco del Popolo di Berkeley. Una copia raggiunse Londra, dove ne furono stampate e distribuite altre 30.000 copie. I lettori scrivono ai giornali underground con la stessa familiarità e la stessa convinzione con cui i colonnelli a riposo scrivono al Times: e a volte con risultati paralleli. L’anno scorso un

certo

Robert

Pontin,

cortesissimo

oxoniano,

scrisse

a IT

da una prigione turca, informando i lettori dei pericoli che presentava il possesso di cannabis in quel paese. Alla data della lettera Pontin aveva già scontato due anni e mezzo di una condanna a otto anni di carcere; e rivelava che alcuni degli altri detenuti « forestieri » stavano scontando pene fino a 30 anni. Si formò immediatamente un comitato underground per far pressione sul governo turco e dare la massima pubblicità alla cosa. Finalmente la storia di Pontin fu ripresa dal Sunday Times, dal Guardian e dalla BBC”. I detenuti, cui l’improvviso interesse per le loro vicende aveva già sollevato il morale, furono tradotti in un carcere meno primitivo. Membri del pubblico particolarmente

comprensivi

presero

a corrispondere

con loro,

i viaggiatori in transito andarono a trovarli e gli aspiranti contrabbandieri furono avvertiti dei pericoli che comportavano il possesso e il trasporto di droga in Turchia. Infine, si fondò a Londra una speciale organizzazione che doveva cercare di ottenere il rilascio di tutti i viaggiatori detenuti in carceri straniere per aver trasgredito alle leggi sulla droga. La stampa overground opera con massicci investimenti di capitali e una grande povertà di fantasia. La povertà dell’Underground è invece puramente finanziaria. Questo fatto, unito a una specie di rabbiosa capacità di far proseliti e a uno straripante spirito creativo, determina la straordinaria natura degli strumenti di comunicazione dell’Underground. L’impossibilità di utilizzare tipografie grandi e attrezzate portò alla scoperta che le colonne dai margini non allineati (quelle che i tipografi chia® In casi come questi l’effetto dei media dell’Underground è subordinato al fatto che la «storia » sia ripresa dalla stampa nazionale. Se questo non accade, tutto resta come prima. John Kois, direttore di Kaleidoscope, mi ha scritto: « Abbiamo attaccato il locale procuratore distrettuale per via di certi finanziamenti molto discutibili. Alcuni mesi dopo è stato eletto giudice con

1’80% dei voti ».

180

mano «a bandiera ») costituiscono una piacevole alternativa al rigido stile giornalistico. Questo, in certi casi, portò addirittura all’abbandono delle colonne, e alla fusione dei titoli (com-

posti a caratteri tipografici più grossi) col testo. Gli editori underground furono i primi a rendersi conto che se lo si stampa in base a un processo visivo il giornale dovrebbe essere concepito come un quadro, non come una serie di dadi illustrati per bambini. Spesso si sono ingrandite alcune parti di certi giornali underground per ricavarne dei manifesti. Qual è stata l’ultima volta che avete messo in cornice una pagina del Times? L’inchiostro nero fu bandito dalle rotative e sostituito dall’oro, dal turchese, dal blu di prussia, dal terra di siena, dallo zafferano,

dall’eliotropio, dal magenta e persino dal bianco. Il processo fotografico permette la più ampia versatilità visiva, talché si può mettere a sacco il mondo intero in cerca di motivi ornamentali: dalle etichette dei generi alimentari ai fumetti dell’Estremo Oriente, dai papiri tibetani all’Encyclopaedia Britannica. Il copyright viene tranquillamente ignorato. I grafici dell’Underground hanno entusiasticamente ereditato tutte le libertà introdotte dai periodici dadaisti, ma hanno anche ampliato questi orizzonti mediante uno scaltro sfruttamento delle tecniche per la produzione di massa. Fu l’editore di un « giornale hippie » a inventare l’inchiostratura ad arcobaleno nelle macchine offset spostando il rullo per la miscelazione automatica dell’inchiostro. Questo

rinascimento

giornalistico ha prodotto una

nuova

razza di grafici e disegnatori di fumetti, che aggrediscono il lettore con una sintesi sempre più sfrenata e oltraggiosa di sesso, violenza e astratta fantasia. Nel Regno

Unito

l’opera di

artisti come Martin Sharp, Mike MclInnerney, John Hurford e Michael English, e l’inventiva grafica di Jon Goodchild, sono stati elementi decisivi nella creazione dello straordinario stile visivo underground. Negli Stati Uniti sono i disegnatori di fumetti post-feifferiani che hanno predominato, presentando ai lettori un mondo lontanissimo da quello, approvato dai genitori, di Walt Disney e dei suoi paperi neutri. Robert Crumb, il creatore di Mr Natural, The Phonus

Balonus Blues, Joe Blow

e Angelfood McSpade, è forse, tra questi, il più famoso. Angel. food è la donna dagli istinti animaleschi che il bianco ha sempre sognato di scopare: « con le tette più grosse di tutta la città, due gambe che sembrano colonne, e dovresti provare un po’ della mia dolce passerina ». Strappata alla sua pigra e sognante 181

vita nella giungla dai capelli a spazzola della civiltà, la mettono a lavare con la lingua le tazze di maiolica dei cessi, mentre i suoi catturatori le cacano sopra; un’allegoria che contraddice la serissima asserzione di Crumb: « No, io non faccio della politica». I suoi lavori, e quelli di altri cartoonist underground (p. es. R. Cobb, Gilbert Sheldon, S. Clay Wilson, Spain Rodri-

guez, Kim Deitch, Vaughan Bode), appaiono regolarmente sulla stampa underground e in Snatch, Yellow Dog, Zap Comix e The Gothic Blimp Works, che è un mensile a fumetti prodotto dall’East Village Other. E’ stato detto che Crumb « prende la scena americana a calci nello stomaco », ma con Angselfood e le sue gambe aperte, e il cunnilindolente Mr Natural, si direbbe che la scarpa, più che allo stomaco, miri alle palle. A chi gli chiedeva se il suo lavoro tendeva a solleticare i bassi istinti dei lettori Crumb ha risposto: « Questo non lo so ... ma io sì che sono

eccitato ».

« Quando

una nazione come l’America, alla quale è tanto

cara la ‘democrazia’ parlamentare, che ha una cieca fiducia nei suoi inalienabili diritti, porrà clamorosamente dei limiti alla ‘libertà di parola’, chissà a qualcuno come gireranno le scatole ». Liberation News Service « Libertà di stampa » è il vistoso bracciale della democrazia occidentale, e se pensiamo a quello che succede quasi dappertutto dobbiamo riconoscere che si tratta di un importante e prezioso ornamento. Pure è una libertà notevolmente limitata da discrete salvaguardie legali, e che discrimina nei riguardi dei poveri, delle minoranze e della stampa underground. Un sondaggio internazionale condotto da Orpheus Magazine tra i giornali « sotterranei » ha rivelato che per il 60% erano stati angariati dalla polizia”. Le tattiche variano. Quattordici redattori di Kudsu, del Mississippi, furono picchiati da una squadra di vicesceriffi che sequestrò anche gli impianti; gli uffici di Dallas Notes furono sabotati: il giornale pubblicò una foto delle devastazioni intitolata « dopo che i potci se ne sono an-

dati », e sia la redazione che la macchina

danneggiate da bombe incendiarie

del direttore furono

*! Supplemento tecnico sull’editoria. Orpheus, 1968. L’inchiesta a termine prima dell’ondata di persecuzioni post-Chicago.

182

fu portata

Nel marzo 1969 il Berkeley Barb venne sequestrato per aver pubblicato la foto di alcuni membri dell’MC5 che, apparentemente, stavano scopando e leccando la fica a un’iscritta al partito delle Pantere Bianche. Max Scherr, che allora era ancora direttore, sostenne che la foto si proponeva d’illustrare la richiesta delle Pantere Bianche di poter scopare nelle strade. L’EBI ha intimidito il padrone di casa di Rat e un servizievole impiegato dell’ufficio postale ha informato il suo direttore che la posta veniva controllata; Milwaukee ha modificato le sue leggi sull’osceno per imporre certi limiti a Kaleidoscope, mentre gli strilloni di questo giornale vengono continuamente, stando al direttore, « arrestati per non essere muniti di permessi chiaramente incostituzionali »; in una sola giornata la polizia ha tratto in arresto cinquanta giovani venditori di Avatar; la Lega dei Genitori per la Decenza ha condotto una campagna a base di vernice e volantini contro il Great Speckled Bird di Atlanta; il direttore di Open City di Los Angeles (oggi finito) è stato condannato a sei mesi di prigione e mille dollari di multa. Space City News, la Washington Free Press, il Distant Drummer Xanadu

di Filadelfia,

di St Louis,

Bauls

of the Brickyard

di

West Lafayette (« l’unica fonte di notizie radicali in un raggio di cento miglia ») e dozzine di altri giornali underground hanno dovuto subire le angherie più o meno mascherate del governo”. Il Georgia Straight di Vancouver è, tra i giornali underground, quello che forse ha sofferto di più: nel settembre 1967 gli fu tolta la licenza

e, anche

se alla fine gliela restituirono,

il giornale è vittima di continue molestie da parte della polizia e incontra gravi difficoltà nel farsi stampare”. Il direttore è stato

denunciato

per oscenità, resistenza alla forza pubblica

e istiga-

zione a commettere reati punibili dalla legge (per aver pubblicato « Piantate i vostri semi »: consigli sul modo di coltivare la marijuana). 2 P_es.: il direttore di Xanadu venne « incastrato » da un poliziotto in borghese travestito da hippie; gli unici due inserzionisti del primo numero di Buffalo Chip furono minacciati di violenze e non rinnovarono la pubblicità. L’East Village Other è stato denunciato per oscenità almeno una ventina di volte. ” «Da quasi due anni le forze della legge, dell’ordine, del potere e dello status quo cercano di schiacciare lo Straight. Esse hanno usato tutti i metodi a loro disposizione, legali, semi-legali e platealmente illegali — poco è mancato che arrivassero al punto di piombarci in redazione con una squadraccia armata di scure — per impedire l’uscita di questo giornale. Se vi riusciranno, è certo che non daranno mai più il permesso a un giornale underground di uscire in questa città ». (Georgia Straight, 6 marzo ’69).

183

I giornali underground europei suscitano una reazione ufficiale parallela, come abbiamo visto nel caso di Eindelijk di Gand e dell’International Organ di Helsinki. Durante la crisi del maggio francese i giornali studenteschi furono messi al barido in blocco; il numero 1 del primo giornale underground di Berlino fu sequestrato per oscenità e, nel gennaio 1969, il direttore di Paradoks di Zagabria scriveva ai suoi lettori inglesi: « E’ con la morte nel cuore che vi dò questa notizia: all’ultima ripresa la sporca politica ha avuto la meglio su di noi; e PARADOKS, pubblicamente accusato di antisovietismo e anticomunismo, ha, per il momento, cessato di esistere. Speriamo che riceverete l’ultimo numero, quello che ha provocato la condanna.

Nonostante

tutto continuiamo

la lotta, e io spero,

ben presto, di varare qualche altra iniziativa ». I giornali underground inglesi hanno dovuto battersi solo contro l’arresto occasionale di uno strillone, certe drammatiche incursioni negli uffici (Black Diwarf, IT e OZ) e le visite « ami-

chevoli » della polizia: non necessariamente perché in questo paese la politica dei giornali è più controllata o le autorità più tolleranti ma perché in Inghilterra, diversamente da quanto accade in America, i tipografi e gli stampatori sono giuridicamente responsabili insieme all’editore, al direttore e al distributore: e finiscono così per fungere da filtro censorio. Si tratta di una legge stupida, reazionaria e superata, ingiusta sia nei confronti degli stampatori che nei confronti degli editori. FE’ vero

che

per

immunizzare

lo

stampatore

si può

ricorrere

a

complessi espedienti tecnico-legali (subappalti, indennizzi, assicurazioni contro la diffamazione), ma in pratica la mera esistenza

della legge si dimostra un deterrent sufficiente. I londinesi OZ, Black Diwarf e IT hanno sempre fatto tutti una gran fatica a trovare uno stampatore: nonostante il lavoro fosse alquanto ‘appetitoso sia sotto l’aspetto produttivo che sotto quello finanziario. Gli avversari dell’editoria underground sono pronti a sfruttare questa vulnerabilità. Per qualche tempo, nel 1968, OZ fu stampato da un’azienda di Middlesbrough in cui Woodrow Wyatt, deputato laburista per Bosworth, aveva un’interessenza.

La cosa fu segnalata con una certa soddisfazione da Private Eye e con effetto decisamente più dirompente da News of the World: 184

«... non può essere stato all’oscuro della vera natura di OZ. Come fa a non scandalizzarsi per gli annunci pubblicitari che offrono formule ‘fatevelo-da-voi’ per la droga LSD? La poesia oscena o le fotografie sconce hanno forse la sua approvazione? E’ forse d’accordo con i consigli ai fumatori di marijuana? Evidentemente no ». Due o tre giorni dopo questa notizia gli stampatori dissero a OZ di andarsi a cercare un’altra tipografia, un lavoro arduo e deprimente. Anche quando ricevono precise assicurazioni che gli ostacoli di natura legale si possono superare, gli stampatori sollevano altre obiezioni contro le pubblicazioni underground: possono turbare gli altri clienti (« stampiamo un sacco di materiale religioso »), possono infastidire i sindacati (« questa è roba troppo rivoluzionaria »), possono scandalizzare la signora che prende il suo tè. Un tipografo, una volta, si rifiutò di stampare OZ perché il suo capannone era vicino al castello di Windsor (« E se a loro non andasse a genio? »). Se poi l’editore riesce a eludere gli sforzi della polizia ed è tanto fortunato da trovare uno stampatore comprensivo, l’ultimo grosso ostacolo è

la distribuzione. Due soli distributori, in Gran Bretagna, decidono in pratica

ciò che la maggioranza della popolazione di questo paese può comprare nelle edicole e nelle librerie. Nonostante le continue richieste da parte di pubblicazioni underground con tirature allettanti e, in certi casi, la volontà di sottoporre il materiale a una specie di censura, nessuno dei due è disposto a distribuire tali pubblicazioni. Il senso di camaraderie generato da queste tribolazioni trabocca nelle pagine degli editoriali. Quasi tutti i giornali danno comprensivo risalto ai processi e alle denunce sporte contro la concorrenza, e quando possono si aiutano gli uni con gli altri. Tipica è questa didascalia di un’illustrazione a piena pagina sulla Los Angeles Free Press. « Ecco la prima pagina del numero corrente di La Raza, giornale underground pubblicato nella Los Angeles orientale da e per la comunità messicana. In seguito alla persecuzione e all’imprigionamento dei suoi direttori, la FREE PRESS ripubblica la prima pagina di La Raza, e un articolo sulle sue vicissitudini del cronista Jim Osborne alla pagina seguente, in segno di solidarietà con un altro giornale underground ». (7-13 giugno 1968). Esistono dozzine di altri organi di minoranza simili

a La

Raza

che

sono

strenuamente

militanti

e spiritual-

mente legati alla stampa underground, dalle riviste delle riserve 185

indiane (alla prima conferenza dell’UPS partecipò anche Rolling Thunder, emissario delle nazioni Hopi e Shoshone) al famoso Bond, il primo giornale antimilitaristico per militari, diretto da Andrew Dean Stapp, fondatore dell’American Serviceman’s Union”. Il successo della stampa underground ha portato a una espansione nei media a essa connessi. Le cooperative cinemato-

grafiche spuntano come funghi dappertutto. Il gruppo americano detto Newsreel aveva prodotto più di trenta film all’inizio del 1969, il più famoso dei quali era un documentario di un’ora sulla rivolta della Columbia che è stato proiettato, grazie al circuito underground, in tutta l’Europa occidentale. A Londra ci sono vari gruppi di propaganda cinematografica e teatrale, alcuni dei quali coordinati sotto il titolo Agit-Prop, un’organizzazione propagandistica nelle strade e mediante

rivoluzionaria che agisce nei teatri, la pubblicazione e la distribuzione di

opuscoli. Stazioni radio a modulazione di frequenza, le stazioni universitarie hip negli Stati Uniti e i resti delle radio pirata naufragate al largo delle coste inglesi, effettuano tutte uno scambio di materiale con la stampa underground e traggono mutuo sostegno dalla reciproca esistenza”. Il prossimo passo si farà in televisione. A New York c’è già uno studio televisivo underground che fa i primi esperimenti in materia di satira politica, oscenità e fantasia surrealista: tutte cose interessanti ma non particolarmente oltraggiose, se paragonate alla produzione della BBC verso la metà degli anni sessanta. Nel Regno Unito gli Arts Laboratories hanno scoperto le unità video portatili della Sony e stanno rivoluzionando, ? Un giornale underground fu fondato nel giugno 1968 da un gruppo di GI a Fort Knox. Si chiamava FTA (Fun, Travel & Adventure ovvero Fuck the Army). Il primo numero dichiarava: « Diremo quello che diciamo quasi tutti quando parliamo tra noi, ma lo metteremo per iscritto. Vogliamo che la gente sappia che non è strana perché non trova di suo gusto quello che quest’esercito gli fa. Vogliamo anzi mostrare quanti militari la pensano così ...». C’è anche il perseguitatissimo Fatigue Press, di Fort Hood, Texas, oltre a Shakedown di Fort Dix e Ally di San Francisco, con una diffusione di 30.000 copie tra i soldati. ” Il bollettino diramato verso la metà di luglio (1968) dalla londinese Radio Love (il nome scelto per sottolineare il legame con l’« Underground Love Revolution ») annunciava: « Speriamo di poter aiutare la società a concedere ai suoi membri una più ampia libertà senza bisogno della rivoluzione o del caos ». La società declinò l’offerta. Radio Love fu uccisa prima di nascere da una nuova legge postale che impone condizioni talmente rigorose che oggi è tecnicamente illegale portare un apparecchio acustico senza una regolare licenza di radiodiffusione.

186

con

queste,

le

possibilità

della

televisione,

tecnicamente

ed

esteticamente.

« Io sono nella stampa underground solo perché non ho abbastanza grana per mettermi nella televisione: nella televisione underground. E’ lì che finirà l’underground, se riusciremo a racimolare i soldi ». Jeff Shero di Ra: parlando su Rolling Stone. 4 ottobre 1969 Chi legge la stampa underground? Da un sondaggio compiuto dall’East Village Other su 1.200 lettori sono emersi i seguenti dati: per il 71% avevano frequentato il liceo, con un 29%

di maturati,

e per il 13%

si erano

iscritti all’università.

Il sondaggio rivelava, inoltre, che il 98% dei lettori avevano provato la marijuana almeno una volta, mentre il 77% avevano provato l’LSD. Tra gli abbonati all’EVO ci sono circa 500 militari, parecchi dei quali scrivono al giornale”. Molti credono che la stampa underground predichi solo ai convertiti, anche se molti dei « convertiti » la stampa undeground proprio non la sopportano: « Sono tutti uguali »; « Ossessionati dal sesso »; « Troppo difficile da leggere ». Jobn Kois, direttore: « Kaleidoscope ottomila copie ». Poliziotto: « Ottomila deficienti ».

ha una

tiratura di

A giudicare dal numero degli inviti a tenere conferenze estesi ai direttori della stampa underground da parte delle organizzazioni di giovani progressisti e conservatori; dai commenti delle riviste scolastiche e dai rapporti degli strilloni, la massa dei lettori è imponente e variegata. Opinione non condivisa da Don Demaio, direttore del Distant Drummer di Fila-

delfia, il quale mi ha scritto che: « Mentre lo scopo della stampa underground dev’essere, a mio parere, quello di presentare delle alternative, il vero scopo che ottiene oggigiorno è quello di placare i pappagoni che vorrebbero essere vagabondi. Il novanta per cento della nostra tiratura va a lettori tra i 24 e i 45 anni

la cui funzione primaria è solo di leggere quello che fanno i % Citato dal Wall Street

Journal, 4 marzo

1968.

187

vagabondi. Deprimente ». Sarebbe ancor più deprimente se a leggere quello che fanno i vagabondi fossero il 90% dei vagabondi. I direttori della stampa underground dovrebbero sfruttare il voyerismo dei lettori per rivolgersi direttamente a loro, cercando

d’imbrigliarne

i confusi sentimenti

antisociali oppure

— se questo sembra troppo ambizioso — almeno di attenuarne l’animosità. G. William Dombhoff, parlando dei « milioni di americani istruiti, esperti e frustrati che vedono tutt’intorno a loro cupidigia e stupidità », ne sottolinea espressamente l’importanza agli studenti radicali, ricordando loro che: « Quando parla della piccola percentuale di bolscevichi che s’impodronirono della Russia, spesso la gente dimentica le masse che passivamente li accettarono, in quel caso perché disgustate dalla guerra, disperate e senza un loro piano in cui credessero veramente »”.

Si può misurare la forza commerciale della stampa underground in base ai tentativi fatti dai media già affermati d’impadronirsi dei loro mercati. Alcuni falliscono miseramente,

come

Cheetah (« Una rivista che avrebbe potuto avere successo » dice Jan Wenner, « se si fossero limitati a copiare punto per punto Rolling Stone. C’era posto per due »); altri ce l’hanno quasi fatta, come l’Eye di Hearst. Le riviste overground inglesi oggi pubblicano supplementi underground, e una società tedesca sta considerando se lanciare una Nova underground europea. La stampa underground può sfuggire alle grinfie sudate degli executives della sala consiglio solo scappando nelle strade, come

Rat.

(Ma

Jeff

Shero,

il direttore,

giornale sarà probabilmente « della pubblicità « matusa » certi que è proprio il desiderio di maggiori reti nazionali a mettere

ha

detto

che

il suo

liquidato »). Senza i proventi giornali fallirebbero, e comunessere distribuita attraverso le in risalto il dilemma dell’under-

ground, che a volte sembra vittima di un vasto esercizio visio-

nario nel campo del commercio internazionale. Una risposta ai tentativi di seduzione da parte dell’Establishment, che rappresenta una prima presa di coscienza, era contenuta nella prima dichiarazione dell’assemblea dell’Underground Press Syndicate svoltasi a San Francisco nel marzo 1967. Dove gli obiettivi della stampa underground erano indicati così: 7 «Come fare la rivoluzione nell’America capitalistica» di G. William Domboff: discorso tenuto all’assemblea degli studenti in sciopero presso l’università di California di Santa Cruz, 26 aprile 1968.

188

1

Mettere in guardia il « mondo civile » contro il suo crollo imminente.

a) Stabilire comunicazioni tra comunità estranee al sistema in cui sia già avvenuta una presa di coscienza. b) Ripristinare nei mass media il rapporto realtà-respon-

2

3

4

5

sabilità. Segnalare e descrivere i fatti che portano al crollo. a) Osservare gli avvenimenti che rispecchiano e svelano anticipatamente le forze occulte pericolose per la libertà. b) Fare una storia accurata dei rapidi cambiamenti prodotti dall’accelerazione tecnologica. Consigliare intelligentemente per prevenire il rapido collasso e rendere possibile la transizione. a) Offrire ai problemi correnti tutte le alternative possibili e immaginabili. b) Gettare scientemente le fondamenta del 21esimo secolo. Preparare al deserto il popolo americano. a) Istruire nelle tecniche per sopravvivere. b) Cercare chi la pensa allo stesso modo e riconoscere ogni tribù. c) Preparare sistemi di vita qualora la macchina dovesse fermarsi. Sviluppare un’azione di resistenza nelle città moribonde. a) Dare consigli sul modo migliore di reintegrare l’equilibrio ecologico. b) Pubblicare programmi di conservazione e bonifica.

Un fattore comune alle società che si trovano sull’orlo della rivoluzione è la cosiddetta « infedeltà degli intellettuali »: espressione che Crane Brinton ha mutuato da un altro storico nella sua Anatomy of Revolution e applicato, con maggiore o minore

evidenza, alla rivoluzione inglese degli anni 1640, alla rivoluzione americana, alla rivoluzione francese e alla rivoluzione russa.

In tutti questi casi, osserva Brinton, prima ancora della sollevazione politica vera e propria il giornalismo e la letteratura del tempo si scagliarono contro il governo esistente: diversamente, diciamo, dal periodo vittoriano, quando gli intellettuali, posto che fossero alienati, non lo erano nei confronti del governo ma

verso il loro « ambiente » o l’uno verso l’altro. Ecco la scuola dell’Illuminismo

francese:

« ribelli tutti, uomini

che indirizza189

vano il proprio sarcasmo verso la Chiesa e lo Stato o cercavano nella Natura quella perfezione che avrebbe dovuto essere in Francia »;

la

profonda

critica

politico-sociale

dei

romanzieri

russi, e il violento libellismo inglese sotto i primi due Stuart: «...

quantitativamente

enorme,

anche

per

il nostro

criterio

moderno ... quasi interamente dedicato alla religione o alla politica — o meglio alla religione e alla politica — .. . il miglior esempio che si possa trovare dell’infedeltà degli intellettuali »”. Un

altro esempio, senza dubbio, è costituito dalla società occi-

dentale contemporanea, dove il posto dei libelli è stato preso dalla stampa underground e dai media alleati, e dove permane l’interesse per la religione e la politica ma in una forma modificata: la politica, nel senso più vasto, è diventata una religione”. Senza forzare l’analogia, si direbbe che la descrizione del periodo di Giacomo I fatta dal professor Gooch — « proclami su proclami contro la vendita dei ‘libri sediziosi e puritani’ e ‘un gran parlare di libelli e scritti pericolosi’ » — si adatti stranamente al giorno d’oggi. Ne troviamo l’eco in un discorso agli studenti di Yale: «... [i giornali underground] incoraggiano la depravazione e l’irresponsabilità e attentano gravemente alla capacità del Governo di dirigere una società ordinata e costituzionale » (Joe Pool, ex facente funzione di presidente della Commissione parlamentare per le attività antiamericane)'. Oggi, % Pp. 1965.

44-5,

The

Anatomy

of Revolution,

Crane

Brinton,

Vintage

Books,

” Per quanti traggono ispirazione dai confronti, tra gli altri segni preliminari della rivoluzione il professor Brinton annovera: «... deficit governativi, lamentele per le tasse in misura più rilevante del solito, cospicuo favoreggiamento governativo di un gruppo d’interessi economici a preferenza di un altro, imbrogli e confusione a livello amministrativo ... perdita della fiducia in se stessi tra molti esponenti della classe dirigente, conversione di inolti esponenti di tale classe alla convinzione che i loro privilegi sono ingiusti o dannosi per la società, l’intensificazione degli antagonismi sociali, il blocco in certi settori (di solito nelle professioni, nelle arti, forse nel ramo impiegatizio in generale) dei talenti aperti a una carriera, la separazione del potere economico dal potere politico e le differenze sociali ...». Un discorso familiare, ma Brinton avverte che «alcuni di questi sintomi, se non tutti, sono presenti, in quasi tutte le società moderne di ogni tempo ». Ibid., n 65. % G. P. Gooch, English Democratic Ideas in the Seventeenth Century, Cambridge, 1927. 3% Dallas Morning News, 7 novembre 1967. In tale occasione Pool disse anche: « Questa congiura per assassinare il carattere [dei giovani] è il più vile attacco da quinta colonna che sia mai stato ispirato da quanti, qui in America, vorrebbero distruggerci. Essi sanno che più sporchi e osceni sono i loro giornali più attireranno gli irresponsabili lettori che cercano di arruolare nella loro crociata per distruggere il paese. Gli editori responsabili sanno che la libertà

190

a dispetto di quelli che Pool chiama « gli odierni cocktail Molotov tirati alla rispettabilità e al decoro della nostra nazione », le forze dell’ordine e della legge cominciano a reagire. Un’organizzazione chiamata Media Laboratories Inc. ha annunciato il primo giornale

underground

di destra,

Max,

rivolto,

stando

ai suoi

direttori, ai « tanti che si lavano ... sapete, quel gruppo di ragazzi che la bandiera vogliono portarla, non farla a brandelli ». Se mai uscirà, i lettori interessati potranno

senz’altro ordinarlo

al loro fornitore di fiducia.

di parola può essere distrutta, se si abusa del Primo Emendamento da parte dei calunniatori che per annientare i loro avversari non esitano a dire una menzogna dopo l’altra ».

DI

SULLA STRADA CHE PORTA A KATMANDU

« Oggi gli hippies sono, naturalmente, il principale contri-

buto britannico alla scena afgana ». On. Philip Goodhart - maggio 1968

La pista

della droga

Il mondo è infestato da uno spettro: lo spettro dei capelli lunghi. Nell’aprile 1966 i funzionari dell’ufficio immigrazione francese

ricevettero

l’ordine di vietare l’ingresso,

in futuro,

a

tutte le persone le cui « vesti trasandate, i capelli arruffati e l’evidente sporcizia offrissero alla gente uno spettacolo indesiderabile ». Da allora i gendarmi hanno regolarmente stanato gli stranieri da sotto i ponti di Parigi in sortite localmente note come « operazioni antibeatnik ». Nel maggio 1967, in una dichiarazione congiunta,

il ministro

dell’interno

e il ministro

dell’ordine

pubblico greci proclamarono: « E’ vietato l’ingresso a tutti i forestieri che sono sporchi e non sono vestiti come si deve ». Nel novembre 1967 il presidente di una commissione di deputati inglesi in visita alla Turchia informò il parlamento dei fastidi causati dalle centinaia di « hippies inglesi » che affollavano tutto il Medio Oriente. « Fanno uso di droghe, non hanno quattrini e sono in uno stato davvero pietoso » disse alla Camera dei Comuni. E il consolato generale di Istanbul aggiunse volonterosamente: « Non si tratta solo di giovanotti. Ci sono anche delle ragazze ». Continuando a spiegare che il consolato doveva occuparsi di « 1.000 ragazzi difficili l’anno ». ; Entro il dicembre 1967 il virus aveva colpito l’Asia centrale. A Londra il Times rivelò che « ‘quelli dei fiori’ che arrivano in Nepal otterranno ora un visto valido per una sola settimana e non rinnovabile ». Un campo hippie nelle vicinanze di Katmandu fu disperso e il capo deportato. E adesso dove? Più a oriente, giovanotto, verso i lontani recessi dell’Asia sud-orientale: ma non per molto. Nel maggio 1968 una comitiva di ventidue viaggiatori (la « prima infornata ») venivano espulsi dalle autorità laotiane che, secondo il Times, « erano turbate dal crescente numero di hippies, e dalla reputazione che davano al paese ». (Una

dura condanna,

considerando

la reputazione

che 195

il Laos godeva già allora). Prima di poter passare nella vicina Tailandia, questi sfortunati indesiderabili furono costretti a farsi la barba e a tagliarsi i capelli. Intanto le persecuzioni continuavano dappertutto. Nell’aprile 1968 il giornale italiano Il Tempo si lagnò della deturpazione dei monumenti romani da parte dei barboni e dei capelloni: che « si spidocchiano per la strada, si accampano sulle scalinate,

si azzuffano, chiedono

instancabilmente

la carità, fanno uso di

“droghe, si denudano, il tutto in nome di una malintesa libertà che è prima di tutto un’offesa alla libertà dei cittadini e al decoro della capitale italiana ». E così la polizia spazzò via i « beatnik » dalla scalinata.di Piazza di Spagna. Nel luglio 1968 la Jugoslavia « dichiarò » ufficialmente « guerra agli hippies » e il giornale di Belgrado Politika Ekspres scrisse che gruppi di ragazzi armati di forbici avevano tagliato con la forza i capelli a tutti i visitatori che ne avevano bisogno. Il giornale continuava così: « I moderni nomadi turistici, ragazzi e ragazze da ogni parte del mondo, sono diventati una minaccia per la città ». In Messico le guardie confinarie cominciarono a respingere i capelloni con le parole: « Niente hippies, niente ebrei: ordini del presidente ». Come spiegò un giornale underground:. « Il Messico sta facendo le pulizie di primavera, e sono gli hippies a pigliarsi la scopa nel culo »!. Entro l’aprile 1968 la polizia argentina

aveva

arrestato

133

« hippies

», tutti

costretti

a ta-

gliarsi i capelli a spazzola. In settembre i turchi bandirono uf. ficialmente i « pidocniks » dal paese, e Hurriyet, il giornale più diffaso,

avvertì che

Istanbul

era « contaminata

da beatniks

e

hippies che si sono attaccati come zecche alla città ». Nell’ottobre 1968 il Times of India scriveva che « alcuni magistrati di Nuova Delhi si domandano se dietro l’invasione hippie della capitale non ci sia qualche sinistro disegno ». Un

magistrato, che chiedeva « un esame approfondito dei motivi per

cui gli hippies si trovano in questo paese », ammoniva che « per sventare la minaccia occorre un’azione più drastica ». Nel novembre 1968, sei settimane prima che in Spagna venisse dichiarato lo stato di emergenza, si nominò un nuovo governatore ! Un anno dopo: il sefior Israel Nogueda, sindaco di Acapulco, in Messico, ha dichiarato che mobiliterà l’intero corpo della polizia per impedire agli hippies di entrare in città durante le feste pasquali. Gli hippies, ha aggiunto, sono sporchi, anticonformisti, privi di mezzi di sussistenza, vestono in modo stravagante e personificano il vizio e la degenerazione (Times, 29 marzo 1969)

196

delle isole Baleari, il quale sfrattò immediatamente « i capelloni » dalle case che avevano preso in affitto. A quelli che se ne lamentarono col giudice di Ibiza fu risposto che le case non avevano impianti

igienici:

condizione

che,

se coerentemente

avrebbe prodotto come conseguenza parte della popolazione indigena.

osservata,

lo sfratto della maggior

Questa nuova razza d’irsuti viaggiatori presenta una carica

socialmente dirompente molto superiore al peso del numero: che cresce, comunque, con un ritmo fenomenale. Cosa succede dietro gli occhi attenti dei pescatori locali mentre una tribù di californiani nudi si trastullano sui lidi deserti? Ecco i prodotti di una civiltà che è l’invidia di quasi tutti gli spagnoli. E cosa fanno? Stendono la mano, vivono in caverne e girano vestiti come pazzi. La domenica, quando i viaggiatori si raccolgono per caso davanti a una chiesa, si avverte l’impaurita curiosità dei bambini, e l’odio negli occhi del prete. A Marrakesh le ragazze occidentali, di una bellezza bizzarra, adorna di velluto e di satin,

parlano di furiose arabe velate che si gettano su di loro scrollandole e chiedendo: « Chi siete? Chi siete? ». A Katmandu, uno hippie immerso nelle sue meditazioni dona tutto quello che ha a un nepalese, ma la polizia glielo fa restituire. È’ inconcepibile che un mendicante possieda 60 sterline. A Bangkok i viaggiatori occidentali vengono fatti sloggiare dai caffè da nervosi tailandesi armati di mitra, e discutere dell’influenza hippie è uno dei passatempi nazionali. Questa lettera apparsa sul Bangkok Post è stata scritta da un tailandese, il rappresentante di una popolazione ossequiosa e riservata che di regola tollera la corruzione dei suoi amministratori con la stessa allegria con cui

gli inglesi subiscono la loro cucina: « Egregio Signor Direttore,

sembra che in parlamento i nostri deputati non sappiano far altro che discutere del modo migliore per impedire agli uomini di farsi crescere i capelli e alle donne di portare le sottane corte... Tutte le cose alle quali non sono abituati, le condannano e cercano di eliminarle. Ma a che cosa sono abituati, esattamente, i nostri vecchi? Sono abituati al vizio, sono abituati

alla corruzione, sono strade cattive, sono abituati a pagar poco biare le più semplici

abituati alla criminalità, sono abituati alle abituati alle fognature insufficienti, sono i piccoli funzionari, sono abituati a insabrichieste, sono abituati a tiranneggiare la 197

popolazione, sono abituati ai conti numerati nelle banche svizzere, sono abituati a prendersi in moglie delle ragazzine,

sono

abituati alle automobili lunghe da qui a lì, sono abituati ad andare in ufficio alle 11 e sono abituati a lasciarlo alle 2... A quanto sembra, queste cose è più opportuno spingerle con la scopa sotto il tappeto: ma ai capelli lunghi bisogna dire basta, perché esercitano una cattiva influenza sulla nostra gioventù. Ah, ah.

Taem ». Bangkok Post, 26 settembre 1969 Non c’è da meravigliarsi, dunque, se i paesi per cui passa la pista della droga vogliono proscrivere questi profughi, un tantino istupiditi, delle terre più ricche del mondo: questi missionari senza parole, questi tafani sulla non-coscienza di un paese. « Chi vi manda? Che piani avete? Dov’è il vostro quartier generale? » chiesero i greci quando misero dentro Neal Phillips, un viaggiatore americano, per avere violato le leggi sulla droga’. La messa al bando degli hippies, in Argentina, fu caldeggiata dalla locale « Federazione delle organizzazioni democratiche anticomuniste » che ammoniva:

« Quando

avranno im-

parato a vivere all’aperto senza niente da mangiare gli hippies diverranno guerriglieri comunisti ». Ma la politica dei capelli lunghi, della droga e della vita in comune non dà ai nervi solo ai fascisti. « L’anno scorso un gruppo di ‘hippies’ capelloni che avevano l’abitudine di trovarsi davanti all’Hotel Capri furono radunati e spediti a tagliar canna da zucchero a Camaguey. L’accusa era di aver partecipato all’organizzazione della prostituzione

per i marittimi

stranieri, ma

personalmente

ho

avuto

l’impressione che la loro vera colpa fosse di avere i capelli lunghi ». (Michael Frayn, parlando di Cuba in ud articolo uscito sull’Observer del 12 novembre

1968).

Chi sono questi vagabondi che fanno tanta paura ai funzionari greci da indurli a tormentare i prigionieri perché rive’ Che doveva poi rispondere così: «... e non abbiamo telefono, né una struttura organizzativa segreta, né un rapporto ufficiale che ci lega, però siamo milioni, siamo tutt’intorno a voi, dappertutto, e persino sotto la terra che calpestate con i vostri scarponi chiodati ... Noi ISOLEREMO LA VOSTRA MENTE, ecco tutto. Questo è il movimento che sentite tutt’intorno a voi e che non potete capire, l’aerea vibrazione che tanto vi turba, la cosa che colpite con le vostre sciabole ma che non potete uccidere, e che continuerà a crescere fino a inghiottire tutto ». OZ 17, All along the Watchtower.

198

lino numeri telefonici, che spingono i cinici burocrati laotiani a preoccuparsi della propria reputazione e che gettano i magistrati di Delhi in vere e proprie crisi d’iperbolico odio? Giovani

americani, australiani, inglesi, canadesi, francesi, tedeschi, olan-

desi, italiani, giapponesi, scandinavi e sudafricani che vestono,

viaggiano e parlano la stessa lingua. Zingari di nuovo genere che scorrono, simili a un fiume, intorno al mondo: allargandosi e stagnando, provvisoriamente, in appartamenti comuni, caverne, campeggi, ostelli della gioventù, sedi del’YMCA e alber-

ghi. A centinaia passano sognando mesi e anni nelle fumerie marocchine e spagnole. A migliaia premono verso oriente da Istanbul attraverso Ankara, Erzurum, Tabriz, Teheran, Mashed, Herat, Kandahar, Kabul, Peshawar, Lahore, Amritsar, Patna, Katmandu, Calcutta, Rangoon, Bangkok, Vientiane, Phnom

Penh, poi piegano verso sud fino a Kuala Lumpur, Singapore, l’Indonesia e l’Australia, per rimettersi in sesto fisicamente e finanziariamente, prima di riprendere il viaggio attraverso le

isole

del

Pacifico

(Nuova

Figi,

Caledonia,

Samoa,

o

Hawaii)

in direzione nord-est, fino al Giappone, e tornare in Europa con la ferrovia transiberiana. Nessun posto è inaccessibile. Attraversano a piedi l’Africa e l’America Latina. A Bangkok ho in-

contrato una coppia che aveva attraversato la Cina in autostop.

A Singapore stesso

sistema

ho incontrato dei giovani avevano

attraversato

americani

il Vietnam

del

che con lo Sud,

solo

per essere attaccati non dai vietcong ma da alcuni connazionali in uniforme, feroci odiatori dei « vietniks ».

Impossibile fare un calcolo preciso del numero dei giovani viaggiatori, perché le richieste dei visti non vengono classificate né per età né per l’aspetto. Secondo una stima approssimativa, più di 2.000 « hippies » inglesi passarono per Kabul, nell’Afghanistan,

nel

1967.

Questa

cifra,

probabilmente,

oggi

è

più che raddoppiata, e se si prende in considerazione l’afflusso degli hippies provenienti da altri prosperi paesi occidentali si può prevedere un ingorgo nel traffico dell’Hindu Kush per la metà degli anni settanta. Naturalmente non sono tutti marcia. tori adorni di collane, ansiosi di predicare il vangelo di HaightAshbury. Valorose colonne di Land-Rover partono da Earls Court cariche di australiani in pantaloni cachi e segretarie in tailleur di tweed decisi a visitare ogni metro quadrato di deserto e di moschea. Ma via via che i veicoli cadono a pezzi, altret-

tanto fanno i viaggiatori. Questa singolare dicotomia stradale 199

si presta a un’istruttiva analogia con la patria sociologia. Alf parte per il viaggio con la giacca della scuola e le scarpe da golf: bandiera accuratamente cucita allo zaino, carte geografi che, bussola

e fornello.

Gli indigeni

gli fanno

schifo, ma

AIf

si consola facendo la raccolta degli orari delle autolinee locali e meditando sull’infinita saggezza della sua Guida per gli ostelli della gioventù. Al giorno d’oggi, però, è raro che Alf torni a casa intatto. Le circostanze l’obbligano a utilizzare gli stessi economici servizi delle sue controparti beat che, negli ultimi tre anni, hanno finito per superarlo numericamente in modo massiccio. Il labbro superiore di Alf, irrigidito dalla puzzetta che ha sempre sotto il naso, trema all’aroma del kif, e a casa egli torna, finalmente, in djellaba marocchina e sandali indiani, con

un orecchino d’oro appeso al lobo sinistro e una sacca in spalla di fabbricazione turca. Il Libro tibetano dei morti ha preso il posto della guida agli ostelli, il fornelletto è stato barattato con un flauto di bambù e la bussola gettata via da un pezzo. Di una cosa si può star sicuri: Alf non sarà mai più lo stesso’. Checché ne dica la marina, viaggiare in terraferma è il modo migliore di vedere il mondo: e anche il più economico. Al vostro carnet mancherà magari la visita al museo Topkapi o al chissadiavolo tailandese; però potrete pagaiare lungo il Mekong a bordo della vostra canoa, sgranocchiare cioccolato afrodisiaco in un

bordello

di sbarbine

nella

Tailandia

meridionale,

farvi

massaggiare da un arabo schizzinoso in un fumante bagno turco marocchino. Lasciati portare dalla corrente e finirai in posti di cui nemmeno immaginavi l’esistenza. Viaggiando da Singapore a Dover, mi sono fermato qualche tempo con un malese nel suo villaggio, un tipico villaggio di pescatori, e ho visto raccogliere noci di cocco da una squadra di scimmie ammaestrate che, se non gli danno abbastanza da mangiare, si mettono in sciopero. Un compagno ammalato fu guarito da uno stregone *’ Un giornalista ventiquattrenne di Edmonton, Regno Unito, è+ partito l’anno scorso per fare il giro del mondo, con 10 sterline in tasca. Posta in palio: una pinta di birra. « All’inizio del viaggio il suo bagaglio era costituito da una valigia contenente il necessario per l’igiene personale, carte geografiche e l’occorrente per scrivere, un sacco a pelo, una tuta da ginnastica da usare come pigiama, quattro cravatte con i colori del suo club, quattro paia di calzini, sei camicie bianche e una gruccia. Quando le camicie erano sporche, le faceva lavare. Era deciso scrisse il Times, « a comportarsi in ogni situazione come un perfetto gentiluomo inglese, sempre elegante e sempre educato ». Dov’è ora? Molto probabilmente in una comune hippie di Calcutta, ebbro di hascisc, nudo e senza

vergogna.

200

autorizzato, galli da combattimento si affrontavano sulla nostra veranda e il figlio maschio di quella famiglia sposò una perfetta estranea nel corso di una farsesca cerimonia nuziale. A Phnom Penh una vecchia caricava le pipe mentre io provavo a fumare l’oppio, e nei templi di Angkor Vat sedetti a guardare la giungla avvinta, in quello che si sarebbe detto un amplesso amoroso, ai ruderi di pietra di una civiltà medievale. Su una spiaggia di Formentera conobbi una sirena pop-art che viveva di riso scuro e parlava come il San Francisco Oracle. A Rangoon

mi

sequestrarono

il passaporto

e io sedetti

nel suo

unico albergo, un lussuoso mausoleo alla sovranità britannica, a guardare un’orchestra d’archi suonare George Gershwin in una sala da ballo deserta: come aveva fatto ogni sera da quando la Birmania si era isolata dal resto del mondo. Fuori, i bambini

dormivano per la strada e i topi si trastullavano sotto la luna. Sull’Himalaya, a quattromilacinquecento metri d’altezza, persi lo sherpa che mi faceva da guida, gridai un po’ e fui ritrovato da alcuni pastori che mi portarono davanti al loro fuoco da campo, dove parlammo una speciale lingua universale. Ho dormito tra montanari che tappezzavano le pareti delle loro capanne di fango con le pagine della copia di Newsweek scartata da me; e all’alba mi svegliarono le vacche pisciandomi sul sacco a pelo. Nella preziosa città di Katmandu — che sta ormai per gettarsi a capofitto nel Quattrocento — vidi una bellissima dea tredicenne (alla quale un giorno avrebbero dovuto assegnare una pensione perché nessuno l’avrebbe sposata); corobbi uno yogi che mi lesse il futuro; incontrai una ragazza tibetana che tesseva tappeti studiando un’edizione in brossura delle barzelléetterdie P/ayboyi e Vedrete gli esempi di scrittura murale più cosmopolita del mondo (mentre scoprirete che l’acqua e le dita vanno meglio della carta igienica), imparerete a dire « non ho soldi » in sette lingue e a comunicare con tutti, dappertutto, senza usare una sola parola. Quando sarai ad Amritsar, solo e senza il becco di un quattrino, correndo verso l’autostazione alle quattro del mattino su un ricsciò tirato da una bicicletta andrai a sbattere contro un altro ricsciò diretto temerariamente verso la stessa meta,

con un passeggero afflitto da preoccupazioni molto simili alle tue, che hai conosciuto tre anni prima a un ricevimento di Maroubra,

in Australia, e che ora, in segno di amicizia, ti re-

galerà la sua penultima capsula di morfina. C'è poi sempre un 201

« passaggio » che non si dimentica. Il mio fu in fondo alla Nuova Caledonia (dalla parte sbagliata, però), dopo aver abbandonato la corriera diretta a Noumea.

C’era un’ondata di calore,

l’ex camion militare non aveva sospensioni, un melanesiano di troppo aveva utilizzato le mie ginocchia come reticella portabagagli e la capitale era a dodici ore di distanza. Anche se ci avrei rimesso il prezzo della corsa e non ci sarebbero stati altri mezzi per ore, scesi. Decisione di cui mi pentii amaramente co-

me mi sedetti sul ciglio della strada deserta a guardare la corriera che spariva all’orizzonte. La prima macchina che passò era di uno che andava a prendere il suo aereo privato. « Mi serve un secondo pilota » disse ridendo, e due ore dopo ero di nuovo a Noumea, a fare il bagno. In ogni angolo del mondo, scoprirai di appartenere a una fantasiosa società delle nazioni: facendo l’autostop con una ragazza tailandese diretta alla sua scuola di perfezionamento (che naturalmente non finirà mai), un beatnik danese sulla cinquantina col figlio che sembra un Prince Valiant a occhi sgranati, un disertore americano dal Vietnam deciso a raggiungere la Svizzera, un poeta israeliano che hai visto per l’ultima volta procedere a nuoto, e con l’ombrello in mano, lungo la strada principale, allagata, di Bangkok, il cortesissimo Jeffrey dello Wiltshire, che canta madrigali inglesi, senza accompagnamento, l’emigrato olandese che torna, deluso,

dall’odiata

Nuova

Zelanda,

hippies

francesi,

poeti

ca-

nadesi e surfers australiani diretti a Cape St Francis, in Sudafrica, per viaggiare in eterno sulla cresta dell’onda platonica ideale. Alcuni sono eroi popolari, dai nomi che risuonano attraverso il globo: come « Eddie otto dita », involontaria figura paterna di quella che egli chiama « la bianca tribù » e che, a giudicare dai prolifici pettegolezzi, possiede l’invidiabile capacità di materializzarsi in. diverse capitali mondiali simultaneamente; il doganiere al confine con l’Afghanistan, che fuma l’oppio con i viaggiatori e offre un letto in cambio di più tangibili prove

d’amicizia;

Fritz,

pittore

in camicia

rosa,

estroverso

e

intellettuale, che gira il mondo con un piccolo gibbone sulla spalla/ e che sa tutto ed’ è stato dappertutto; « Quasi tutti i morsi dei serpenti fanno fare un buon viaggio, amico »; un : gagliardo abitante della Columbia Britannica, opportunamente battezzato Lanòn, famoso per salutare ogni nuovo ambiente con le parole « Leviamo il culo da questo casino », e per demolire con una mano sola gli alberghi inospitali; Frittella, chef olan202

dese

ambulante

che conosce

101

maniere

di bollire

l’acqua

e

che con i suoi ingegnosi intrugli ha tenuto in vita orde di hippies affamati. A Tangeri c’è Ahmed (insieme a Brion Gysin e al discinto pasto di mezzogiorno di William Burroughs), il cui superpotente repertorio di narcotici è ormai entrato nella leggenda, e al quale si attribuisce il merito di aver lanciato per primo i Rolling Stones in quell’altra dimensione. A Ibiza c'è un tizio del Lancashire che ha fatto fortuna col contrabbando della droga e oggi si dà al bel tempo, alla rivista Time, e ai riti hippie sulla spiaggia di Formentera, con champagne, droga e selvaggina per tutti, e che stando alle ultime notizie dovrebbe essere in un carcere indiano.

Speriamo,

infine, che non dobbiate

mai rivol-

gervi al consolato britannico di Kabul: dove si sfoga sui profughi affannati uno spleen così bilioso che anche in circostanze eccezionali come quella rappresentata dallo smarrimento del passaporto è ancora ritenuto più sicuro presentarsi, magari scosto, ai meno intolleranti burocrati di Delhi.

di na-

Come sopravvivere:

appunti

Non è una vita facile. Ho incontrato più di un viaggiatore sconsolato che languiva in ambienti ostili aspettando, fermoposta, dal papà, il biglietto di ritorno in aereo. Per quanto si possa essere forniti di miracolose specialità medicinali, si subiranno quasi certamente le antipatiche conseguenze dell’ingestione di cibi poco familiari. Comunissima è l’epatite’. Sulle cause, tutti hanno la loro teoria preferita (escrementi nell’acqua da bere, verdure

sporche, siringhe non

disin-

fettate): resta comunque il fatto che è molto seccante doversi fare mesi e mesi di ospedale. FE’ possibile immunizzarsi, almeno temporaneamente,

facendosi

praticare,

a scopo

profilattico, una

iniezione di gamma globulina. Mentre scrivo queste righe, e mentre voi le leggete, centinaia di nomadi internazionali se ne stanno rannicchiati l’uno addosso all’altro nelle case, nelle piazze dei villaggi o in fondo alle corriere, ròsi da una stessa insaziabile brama: + Ironicamente

ribattezzata

« hippitite » dagli

agenti

la fame. Seb-

consolari.

203

bene in quasi tutti i paesi, anche con pochi soldi, sia difficile fare un pasto peggiore di quello che ti servono in un tipico ristorante londinese, la gente si fa prendere dai mistici rituali della droga e dimentica di mangiare. Spesso deve passare un certo tempo prima che uno si renda conto che è Îì lì per morire di fame. Come quel giovanotto inglese che arrivò al Benazir Hotel di Kabul dopo giorni e giorni di viaggio senza mangiare e che divorò immediatamente un melone intero, di gigantesche proporzioni. Dovettero portarlo subito da un medico arabo, mentre i crampi allo stomaco gli strappavano urla strazianti. La cucina locale è sempre la più sicura, specie se le vivande vengono preparate davanti a voi. Alle cimici nel letto dovrete rassegnarvi, ma se non volete pidocchi tra i capelli usate regolarmente uno shampoo insetticida per cani: sempre, si capisce, che non te-

miate

la calvizie.

Il modo

più

sicuro

di ricevere

dei

soldi

è

attraverso le banche: ma date almeno tre settimane di tempo a ogni transazione telegrafica. E’ meno caro, noioso e restrittivo portarseli dietro: in dollari americani, se possibile. Non fatevi spedire denaro per posta, né tra due fogli di carta carbone né per lettera raccomandata: non lo riceverete mai. Nei paesi più poveri usate gli aerogrammi. Se dovete proprio usare i francobolli, insistete perché li annullino in vostra presenza: altrimenti gli impiegati della posta li staccheranno per rivenderli a qualcuno. Quando spedite dell’hashisc, schiacciatelo tra due cartoline sigillate in una busta e non scrivete il nome del mittente. Le ambasciate sono un’estensione dei vari governi. Quando chiedete un visto, uno qualsiasi, non dimenticate il chiodo anti-hippie. I diplomatici francesi hanno ordinato agli agenti consolari nel Nepal di rifiutare il visto ai connazionali troppo

irsuti. Quest’innovazione può trovare imitatori. Davanti all’am-

basciata afghana nell’Iran c’è un concedono visti a chi ha la barba dei beetle (scarafaggi) ». I baschi capelli lunghi; fatevi prestare un

cartello che dice « Non si lunga o i capelli come quelli sono l’ideale per occultarvi i completo di flanella grigia;

oppure usate una parrucca di capelli corti. Ricordatevi di avere

° I ladri orientali sono furbi. Tutta la posta per il Nepal deve passare attraverso l’India. Ogni Natale il consolato pakistano a Katmandu riceve una cassa di whisky dal suo ministero degli esteri. Ogni anno la cassa arriva, con i sigilli e le bottiglie intatti, ma senza il prezioso liquido che queste contenevano.

204



sempre con voi una biro. Uno degli stratagemmi preferiti dalle ambasciate è quello di non prestarvela: se continuano a farvi aspettare, potreste anche andarvene. Se siete in molti, per far fronte ai « requisiti valutari minimi » potete mettere insieme

i soldi di tutti. Quasi dappertutto si possono comprare tesserini studenteschi falsi (tre dollari a Istanbul, due a Kabul, uno a Katmandu) che fanno risparmiare qualcosa in treno e su certe linee aeree.

Per qualcosa di più potete comprare tessere studentesche genuine all’Unione degli studenti turchi. Cinquanta tesserini studenteschi falsi stampati in India costano un dollaro, e si possono vendere ai compagni di viaggio a un dollaro l’uno. L’accattonaggio funziona nelle zone periferiche delle città e soprattutto nei paesi dove

gli europei

sono una

novità.

Po-

tete lenire il vostro senso di colpa schizzando qualche disegno sul marciapiede: e arrivare così a guadagnare fino a quindici scellini al giorno. In casi d’emergenza le ragazze possono farsi fottere da musulmani repressi per una fortuna. Le coppie possono guadagnare bene lasciandoli « guardare e basta ». In tutto il mondo arabo il fascino del maschio, se giovane e bello, non è ritenuto affatto inferiore a quello della sua sovraffaticata compagna. Il valore del sangue va da 3 sterline e 10 scellini la pinta (Turchia)

a 28

sterline (Kuwait).

Quasi

tutti i mercati

in-

ternazionali sono invasi da folksingers, ma se la vostra chitarra è elettrica siete ricchi. Potete offrirvi d’insegnare l’inglese, privatamente o nelle scuole: qui la tariffa dipende dall’aspetto. Molto utile se si vuol passare qualche tempo in città. Fate sciarpe, sandali, cinture.

Il contrabbando spicciolo è un’attività remunerativa ma rischiosa. Tenete le orecchie e gli occhi aperti. Se comprate "lapislazzuli a Kabul, scegliete per l’India delle pietre con grosse venature dorate e per l’Europa quelle che hanno l’azzurro più intenso. Portate in oriente tutti gli apparecchi elettronici permessi dal porto franco e tornate indietro con turchesi, rubini e antichità assortite. (Un uomo s’è arricchito comprando carrettate di sitar a 25 dollari l’uno). Potete fare la spola con la droga per un’industria

conserviera

pakistana, che l’inscatola con una

deliziosa gelatina di mela. Una fabbrica a Lahore produce armi da fuoco di ogni genere al prezzo di giocattoli, e più di un figlio dei fiori ha tirato a campare col contrabbando di armi. (Non 205

usatele mai: sono di ghisa). Uomini in attillati completi a scacchi e con occhiali cerchiati di corno vi offriranno valigette nere da portare a Copenhagen in cambio di un biglietto gratuito in aereo per qualsiasi località del mondo: non accettate. Vendete i blue jeans americani nel Nepal e gli stivali di cuoio in Marocco. Una volta si potevano esportare da Kabul i : i o : giacche in pelle di pecora con un guadagno del 500%, oggi si può ancora triplicare il proprio denaro rivendendo antichi costumi. A Istanbul o Tangeri il passaporto può fruttarvi 200 sterline. A Calcutta sarete assediati da trafficanti che vogliono comprare

i vostri traveller’s cheques

non firmati per metà del

valore nominale. Scrivete lunghi articoli per la stampa locale su quanto vi piace il paese e il suo governo. Ad Algeri, Colombo e Tokio c’è una continua richiesta di comparse cinematografiche, e si dice che siano anche ben pagate. A Bangkok molti viaggiatori sbarcano il lunario vendendo pillolette bianche (aspirine, probabilmente) secondo una routine tanto bizzarra quant'è cinica: il datore di lavoro tailandese presenta il viaggiatore alla folla, ignara e fiduciosa, radunatasi nella piazza del villaggio come, diciamo, il dottor Schweitzer di Harley Street. Il viaggiatore recita qualche verso di Shakespeare o due o tre limerick osceni, agitando entusiasticamente una boccettina di bianche compresse. I] complice tailandese « traduce » il suo discorso nel tipico sproloquio dell’imbonitore. Le compresse si vendono come il pane e il viaggiatore riscuote una cospicua commissione. Si possono eseguire variazioni su questo tema davanti alle co-

munità indigene di tutta l’India e di tutto l’Estremo Oriente. Quando si tratta di sfruttare degli innocenti primitivi, i nomadi

hippie sanno essere spietati come i governi.

Mica male, però, finire in Tailandia a vendere pillole. Cer-

ti viaggiatori partono con l’intenzione di passare semplicemente da A a B e finiscono per vagabondare attraverso l’intero alfabeto geografico. Altri perché è un modo divertente di riempire i mesi tra l’università e la scrivania del dirigente. Per i più introspettivi, la spinta verso oriente obbedisce a un interesse per

il misticismo e la filosofia orientale. (« ...Se la religione è l’op-

pio del popolo, gli indù hanno la droga interna » - Alan Watts).

Alcuni hanno preso troppo alla lettera Sulla strada di Kerouac,

altri seguono tardivamente la pista della celebre scuola estiva

di Maharishi. 206

Alcuni

sono

furfantelli di mezza

tacca, in cerca

di quattrini, altri stanno fuggendo da se stessi, dalla famiglia o dall’Interpol. La mia impressione è che questi giovani overlanders siano in numero più alto che mai, che si fermino per periodi più lunghi e che siano convinti, tra l’altro, che alla drastica riduzione degli agi materiali si accompagni un concomitante aumento nel benessere spirituale. Nella sua Società tecnologica Jacques Ellul

ha dimostrato l’incapacità dell’uomo di eludere l’onnipresente « tecnica »: sport, strumenti di comunicazione, svaghi, la medicina ecc. sono stati centralizzati e tecnologizzati. Si organizza

persino l’evasione, riconosciuta come necessaria. Le vacanze im-

plicano complessi preparativi, l’obbligo di scegliere tra determinate località, licenze e regolamenti... « Quello che una volta era un atto di decisione libera e individuale diventa una cosa puramente tecnica ». La triste vicenda dei 25.000 zingari in-

glesi, cacciati con la forza dai bordi delle strade e dai posti dove solevano riunirsi, in certi casi da « gorilla patentati », e auto-

rizzati ad accamparsi in aree appositamente concesse dalle giunte di idee più avanzate, è un sintomo dell’ultimo

attacco della

burocrazia alla razza che per tanto tempo era riuscita a resisterle. Osserva Ellul che « gli uomini moderni, però, cominciano a rendersi conto della necessità, assolutamente imprescindibile, di non ricusare la situazione

tecnica, e di riconoscere

che i mezzi

tecni-

ci esistono proprio per soddisfare questa necessità » Continua poi citando il fantastico successo dei campi Butlin per le vacanze°. « Tutta la faccenda rappresenta una complessa e rigorosa

iniziativa per arrivare a una perdita

di coscienza...

[una

va-

canza] che dà un’impressione di libertà, ma non permette mai all’individuo di trovarsi faccia a faccia con se stesso, anche materialmente ». Però, su una pista solitaria da Marrakesh ad Agadir, tra

i monti dell’Atlante, o a 5.000

metri d’altezza nel gruppo

del-

l’Himalaya, non puoi trovarti faccia a faccia che con te stesso. In una topaia greca o spagnola — non per le tre settimane del solito viaggio organizzato, ma per mesi, o anni addirittura — si può rifare la perduta esperienza della solitudine.

‘ Anche il professor Ellul apprenderà con una certa sorpresa che, ogni anno, i Butlin immunizzano un milione di persone contro se stesse e contro gli altri. Questi campi per vacanze familiari furono fondati nel 1936 da Billy Butlin (oggi baronetto): « L’importante è che nessuno sia mai abbandonato a se stesso anche per un solo momento ». L’organizzazione di Fred Pontin, di più recente fondazione, opera su una base molto simile, anche se forse un po’ meno rigida.

207

Ogni illuminazione di se stessi è spesso preceduta dalla droga: la strada di Katmandu è lastricata di cannabis. E’ sempre possibile, ancor oggi, vivere nelle comunità urbane hip senza dover rinunciare alla propria innocenza farmacologica. Ma come fai a rifiutare la cicca che ti passa davanti al focolare a carbonella di Kabul la bionda smagliante che hai incontrato per la strada, dopo essere appena sopravvissuto a un viaggio di trecento chilometri e rotti nel deserto? Arricchimento spirituale a parte, gli eccitanti alleviano i disagi materiali incontrati durante il trasferimento. Contengono un misterioso ingrediente che riduce automaticamente le distanze. Giorni di viaggio attraverso ondulati deserti su camion militari trasformati possono sem-

brare minuti. Si calmano gli stimoli sessuali e della fame. Mi scrisse una volta un amico: « I mesi che ho passato a Tangeri come depravato tossicomane sono stati i più sani della mia vita.

Sono

cresciuto

di peso

(più di sei chili), dormivo

come

la ragazza dei manifesti dell’Ovomaltina e mangiavo come un bracciante. Il consumo di sigarette normali è andato quasi a zero...

la tosse (proverbiale

in tre continenti),

il tremito,

il

senso di frustrazione e la nevrosi in generale si sono attenuati: per la prima volta dopo tanti anni ero soddisfatto. E quasi tutti gli altri forestieri si sentivano così ». Per quelli che tornano indietro, l’attaccamento alla droga sarà un duraturo souvenir del viaggio: basato non tanto su una dipendenza psicologica quanto sulla constatazione dell’assurdità delle leggi sugli stupefacenti. Questa manifestazione di drop-outismo universale presenta altre connotazioni, in gran parte politiche. Non solo nel superficiale e spesso temporaneo

rifiuto della cucina di mammà,

ma nella creazione di una comunità internazionale. Quando gli chiesero cosa aveva pensato dopo il suo viaggio intorno alla luna, l’astronauta Frank Borman rispose di rendersi ormai conto che i popoli della terra avrebbero dovuto ben presto pensare a se stessi come ai Terrestri, più che come agli esponenti di una razza in particolare. Già l’irsuta tribù ha spiritualmente abolito la nazionalità, e vede in se stessa un’ampia, inconscia congiura internazionale. Il celebre invito di Marx, « lavoratori di tutto il mondo

unitevi,

non

avete

altro da perdere

che le

vostre catene », colpì l’immaginazione del proletariato internazionale,

ma

non

andò

oltre. I lavoratori non

si unirono;

sce-

sero invece in campo gli uni contro gli altri. Ma i membri della 208

generazione attuale si uniscono per istinto, abbattono le barrie-

re nazionali e non hanno da perdere altro che il passaporto. Per alcuni la pista della droga rappresenta un totale rifiuto dell’agone politico. Come scrisse Richard Horn nella « Lettera da Katmandu » uscita sull’East Village Other: « Si comincia ad avere l’impressione che sia proprio la strada la cura giusta per quello che vi affligge (si tratti di un malanno spirituale, politico o generale); perciò, se mi è lecito dare un consiglio, alzate i tacchi. Se i fatti dell’estate — quello che è successo a Chicago, in Cecoslovacchia e dappertutto — non vi hanno convinti che sulla libertà e sulle arti la politica ci caga, non ne sarà certo capace io. Ma forse un giorno sulla strada tra Kabul e Delhi... ». E così, mentre in occidente i loro fratelli erigono barri-

cate, i figli dei fiori, ufficialmente dichiarati morti il 6 ottobre

1967, sono fantasmi sulla pista della droga, e infestano gli allegri love-ins degli hippies e le nozze tribali. Come farete a tenerli chiusi in tabbrica

quando avranno visto

Katmandu?

Quel figlio peripatetico dell’unione tra Baden-Powell e John F. Kennedy, il Corpo della Pace americano, è trincerato in tutto il Terzo Mondo in condizioni che vanno dallo spartano al sontuoso. Le reclute del Corpo della Pace sono gelose dei propri contatti personali con le comunità locali. Lamentano l’intrusione di questi « pelosi parassiti » e certe volte, come s’è visto nel caso dei novelli Dulcamara tailandesi, questo atteggiamento non è ingiustificato. Molti sono gli esempi dei viaggia209

tori che sabotano la buona volontà di cui danno instancabilmente prova i più « quadrati » lavoratori del Corpo della Pace: i tedeschi che noleggiano biciclette per sei pence, poi raggiungo-

no la frontiera e le vendono; i francesi che mangiano ostentatamente durante il Ramadan, cioè durante il mese che i musul-

mani dedicano al digiuno;

e le mattane degli hippies dovute

alla droga, che a volte degenerano

nella violenza.

Negli ultimi

anni, però, c’è stato un preciso disgelo in questa guerra fredda tra espatriati. Ispirata dai mass media e dal Dipartimento

di Stato,

la gioventù

ha

finito

per

riconoscersi

come

classe,

anche se questo sembrerà offensivo ai dottrinari. LB] disse una

volta

di avere,

da

presidente,

una

sola

ambizione:

quella

di

unire il paese. In questo ha avuto successo, almeno in parte. Ha senz'altro unito i giovani del suo paese (e del resto del mondo) contro di lui. Tra i passatempi favoriti dei viaggiatori c’è quello che li invita a « convertire uno del Corpo della Pace », e certi lavoratori post-Hashbury del Corpo, sgusciati tra le maglie della CIA, stanno diffondendo tra i veterani un atteg-

giamento più radicale. Abbiamo già notato l’effetto, irritante sul piano sociologico, dei nuovi zingari sulle comunità riceventi; ma ovviamente l’influenza è reciproca. E’ opinione generale che l’afflusso di lavoratori americani per i diritti civili dal Nord agli stati del Sud, agricoli ed economicamente arretrati, verificatosi all’inizio degli anni sessanta, si unisse al desiderio di sfuggire all’anonimità degli ambienti di plastic city. Un volontario, che aveva vissuto in condizioni primitive tra i negri del Missisippi, scrisse:

« Questo lavoro presenta una forte ambivalenza. A volte ho il timore di stare solo contribuendo a integrare delle bra-

vissime persone

nella moderna

società bianca con tutta la sua

spersonalizzazione (immagino che questo abbia qualcosa a che

fare con la sua natura industriale). Non

è il romanticismo

pa-

storale dell’Ottocento quello che provo ma un rispetto genuino

e una sincera ammirazione per una cultura che, con tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare, non è ancora commetcializ-

zata e spersonalizzata come la nostra cultura settentrionale »7. " Da Minority,

210

Letters from Mississippi, citato Anthony Blond,. 1967, pi 95.

da

Jack

Newfeld

in

A

Propbhetic

Al che Jack Newfield ha aggiunto: « Quella che vorrei sottolineare è l’estrema ironia dell’attacco della Nuova Sinistra alla Società Chiusa. E’ che finora

gli emancipatori hanno tratto dalla lotta un profitto superiore a quello degli schiavi... e può essere un continuo paradosso che in tutto il Mississippi la vita dei volontari bianchi si sia arricchita di più, e sia cambiata più radicalmente, della vita delle donne di servizio e dei fittavoli che erano venuti ad aiutare ».

Quanto più acuta è l’influenza delle culture straniere primitive sulle migliaia di profughi urbani d’oggi? Questi viaggiatori sono notevolmente più lontani, spiritualmente e geograficamente, dei loro prototipi dei diritti civili, collegati alla madrepatria solo da un precario servizio postale e da un’occhiata ogni

tanto

a Newsweek.

Abitudini

dietetiche

e sessuali

sono

sconvolte. Si scopre che i cessi alla turca sono più naturali. Ci si trova davanti a una diversa teologia, a una misteriosa nozione del « tempo », a una forma di comunicazione pre-lineare*. Molti attivisti del Corpo della Pace e molti viaggiatori restano particolarmente colpiti (a volte intimiditi addirittura) dalla « qualità della vita » di questi paesi, e diventano più indigeni degli indigeni. Certi attivisti del Corpo della Pace con i quali ho avuto modo di parlare sembravano molto afflitti dalla parte loro assegnata di araldi della cultura di massa e della Rank Xerox. Per fortuna a sgravare la coscienza di alcuni aveva provveduto la burocrazia, affidandogli compiti inutili (e perciò innocui):

come

i due inglesi mandati

ne fisica a certi resistentissimi montanari si su per salite quasi perpendicolari con glio sulle spalle sorretti da una cinghia fronte’. Altre missioni sono più nocive: $ Certi asiatici, per domanda: « Posso avere capace

di rispondere:

a insegnare educazio-

capaci di arrampicartrenta chili di bagapassata intorno alla come quelli mandati

esempio, ritengono offensivo dire di no. A chi gli mezzo chilo di burro? » il bottegaio rimasto senza è

« Quest’anno

c’è della

limonata

deliziosa ».

° Certi attivisti del Corpo della Pace mettono decisamente in dubbio l’apostolicità di questi incarichi, innocui solo in apparenza: « Insegnavo educazione fisica in un’università colombiana. Il piano era semplice: date palle da tennis agli studenti malcontenti e insegnategli a batterle come si deve, e il loro eccesso di energia, precedentemente sfogato nelle agitazioni politiche, verrà consumato, senza rischi per nessuno, tra le righe dei campi da tennis. Potete immaginare un modo migliore di risolvere i problemi di un paese povero? » (Don Totrence, News from Nowbere).

211

in remote

aree tribali a insegnare

l’inglese, con tisultati disa-

strosi. I ragazzi, una volta convintisi di conoscere la lingua, emigravano nella città più vicina sicuri che vi avrebbero trovato un mercato per il loro nuovo talento. A casa, la secolare armonia e la pratica filiale era sconvolta. In città di lavoro non ce n’era e i ragazzi diventavano dei mendicanti: bilingui, però. Compito di questi zelanti volontari è in genere di preparare la comunità a robuste iniezioni di aiuti americani. Gli attivisti del Corpo della Pace segnano le strade sulle carte, preparano gli agricoltori alla meccanizzazione, specializzano gli operai delle fabbriche. Se ne giustifica l’invasione dimostrando il conseguente miglioramento nel tenore di vita e l’attenuazione della miseria: il tutto misurato in termini finanziari. Non si può misurare la felicità degli individui dall’aspetto esterno del pubblico, ma una passeggiata, diciamo, per le arcigne strade di Carlisle e gli allegri mercati di Katmandu non lascia dubbi su chi, come dicono i pubblicitari, trae il maggior godimento dalla vita. Questo non per sottovalutare la barbarie, le ingiustizie e le odiose superstizioni che ancora sopravvivono, abbondantissime, nelle comunità

primitive, e sulle quali a volte sorvolano

i nomadi più miopi; ma per suggerire, a rischio di apparire sentimentale, che i nuovi profughi dall’Occidente restano profondamente e permanentemente colpiti dalla fresca semplicità e dalla logica silvana di un simile modo di vivere. Il desiderio dei giovani espatriati di assaporare, come gour-

mets antropologici, l’« arretratezza » di queste comunità è pari

solo alla determinazione degli indigeni di riguadagnare il tem-

po perduto.

A causa

della

sua inaccessibilità,

dei pochi paesi superstiti che non sia stato esportatori della Coca Cola. Eppure, così abitanti di godere il liquido frutto di una lontano, che si recuperano le bottiglie di confine, le si introducono nel paese e le si

il Nepal

è uno

ancora invaso dagli ansiosi sono i suoi civiltà ammirata da Coca scartate oltre riempiono di un’or-

renda imitazione fatta in casa. Un giorno la ragazza tibetana che ho visto leggere le bar-

zellette di Playboy farà la coniglietta in un night-club. Forse i giovani occidentali si rendono conto che questa è l’ultima occasione di vedere il mondo prima che esso si rimpicciolisca rientrando

finalmente

nei limiti della comprensibilità,

quando offrirà tutte le emozioni e tutti gli orizzonti di un re22

cinto per bambini, a meno che — proprio come bambini — non si torni a imparare come si gioca. I « via terra » sono degli anti-]Jemming, e corrono a rotta di collo sopra un territorio ancora inesplorato mentre esso affonda lentamente in un fatale mare di uniformità. Un’ultima ispezione a quel che sopravvive all’accerchiamento delle stazioni di servizio, dei Wimpy bar e degli alberghi Hilton; un’ultima occhiata alle comunità tribali e patriarcali prima che le sradichi l’allegra compiacenza dell’occidentale, e che i loro membri siano ripiantati di fianco alla catena di montaggio. Via che se ne vanno i retrogradi vincoli emotivi tra gli uomini e le arti da essi ereditate, ecco invece arrivare,

al loro posto, vispe

« unità di efficienza umana », il

distacco dal lavoro, la noia”. L’equazione occidentale sarà presto

universale:

successo/felicità = consumo

materiale.

Il van-

gelo predicato da 2.000 esperti sovietici residenti nell’Afghanistan, dal sempre più forte contingente delle forze armate americane nella Tailandia settentrionale e dagli asiatici del Columbo Plan laureati nelle università australiane. Siamo tutti collegati agli stessi stimolatori sensori, ci stiamo trasformando tutti nei « paesani globali » di McLuhan. Non a caso il celebre programma televisivo intitolato « Il nostro mondo »!!, visto

da

400

milioni

di persone

in 23

paesi,

era

ossessionato dai bambini. Uscivano da uteri di ogni nazionalità, di vari colori e fisiologie. Davanti a condizioni ed esperienze (media) identici, questi figli di domani potrebbero, crescendo, diventare tutti la medesima persona. Ecco perché gli hippies si affrettano a raggiungere gli ultimi territori di frontiera.

1° « Nella maggior parte dei paesi poveri permane una specie di fedeltà emotiva al sistema di vita. Se non ci rendiamo conto della differenza esistente tra gli attuali criteri di fedeltà dei paesi ricchi e poveri, l’intervento per ottenere una produzione più « efficiente » può portare alla miseria e a tribolazioni più diffuse. Gli abitanti dei paesi poveri della tetra sono ancora attaccati, in genere, ai loro mestieri e alle loro professioni: la loro soddisfazione subisce un grosso calo se li si obbligano a passare da una forma d’impiego a un’altra ». Robert Theobald, The Challenge of Abundance (Mentor Books). 1! Trasmissione radiofonica, 25 giugno 1967.

213

Braccio

di Ferro

a Panama

Trascrizione di un

colloquio con un marinaio

che se la fuma

Tiger: — E’ roba forte la Panama Red: la mettevo in uno schiacciapatate per farne schizzar fuori tutti i semi, ne mettevo due pizzichi in una pipa e non riuscivo a fumarla, tanto era forte. E’ violentissima, come la gente di Panama. Ho idea che il tipo di marijuana vari a seconda degli indigeni che la fumano. In Sudafrica la chiamano dagga ed è un’erba esilarante. E’ verdissima, e quella migliore viene da Durban. La fumano i bantù, e anche certi bianchi. C'è un tizio, a Durban, che ha un soprabito con un mucchio

di tasche, e cammina

sulle banchine e la

vende l’erba ai portuali e ai colorati del Capo: questi hanno una chilum ricavata da una bottiglietta di Coca rompendo il fondo e aspirando

dalla bocca.

Il tizio abbordava

tutte le navi, e la

polizia lo teneva d’occhio. Sapevano chi era ma non lo pizzicavano, perché se l’avessero fermato nessuno avrebbe più lavorato. I portuali sgobbano, poi sospendono per una tazza di té e una

fumatina. A me m’hanno beccato, una volta, e il giudice disse

che siccome ero europeo era una faccenda molto grave, e mi trattarono con tutta la severità consentita dalla legge: dato il quantitativo che avevo addosso, mi fecero una multa di 2 ster-

line. Se hai meno di venti pezzi da sei pence, allora sei un fuma-

tore, ma se ne hai di più sei un venditore, e possono sbatterti

in galera e farti scontare fino a cinque anni. Di erba in Sudafrica ce n’è un mucchio, e ci sono piccole quantità di hascisc. La roba migliore è quella coltivata dagli 214

indiani. Loro tolgono i semi e la trinciano fina fina, ma i colorati del Capo non fanno altro che ficcarla e comprimerla in una bottiglietta di Coca senza fondo. In novembre

sono andato nell’America Centrale.

sato tre anni in quella zona:

Ho

pas-

Trinidad, le Barbados, Giamaica,

Venezuela, Colombia, Panama, Costarica, Honduras, Guatemala, Nicaragua, San Salvador, Haiti e Repubblica Dominicana. La

scena è più o meno la stessa in tutti i paesi. Anche se è illegale, la fumano quasi tutti. Ma a Panama ero in cella d’isolamento da cinque minuti quando ho avuto la streppa. L’ho avuta da un tizio che

anno

era

‘in isolamento’

per spaccio

guardie.

Sono

tutte

corrotte.

rotazione’. Gli spacciatori viene il suo turno di farsi lui mette insieme una bella La polizia lo piglia con la i secondini

anche

di marijuana.

la vendono

lui, e doveva

scontare

Lui l’erba la comprava Il sistema

adottato

un

dalle

è quello

‘a

si fanno pizzicare a turno. Quando pizzicare la polizia gli fa un fischio, scorta e si lascia chiudere in prigione. scorta, che lui vende ai secondini, e

ai detenuti.

Quando

s’è fatto sei mesi,

o giù di lì, o ha esaurito la scorta di streppa, vuol dire che ha espiato

la condanna.

Si continua

a osservare

la lettera

della

legge, e la polizia può sempre dire che la settimana scorsa ha messo dentro uno spacciatore. Serve anche a tenere allegri i carcerati, perché

in galera c’è gente condannata

l’unica cosa che la Negli ultimi navi che andavano sempre stato in una

a vent’anni,

e

tiene insieme è fumare e suonare la chitarra. cinque anni mi sono sempre imbarcato su in paesi dove c’è della roba buona. To sono posizione diversa da quella degli altri marinai

perché sono un fumatore e a terra ci scendevo in cerca di roba da fumare, e mi hanno sempre trattato in un modo completa-

mente diverso dagli altri marittimi che bevono. Anche con quelli che non sapevano l’inglese ero capace di parlare la stessa lingua, se fumavano. E’ come una specie di telepatia. Sono stato

in paesi sconosciuti coi soldi in tasca e un gran bisogno di trovare uno spacciatore, e ce la faccio sempre, se è possibile. Ma è inutile cercare streppa in Libia, per esempio, perché è un paese ricco e Èì la gente beve. Una volta ero su una nave, con 43 uomini d’equipaggio, nessuno dei quali fumava. Siamo stati via dall’Inghilterra un 7 o 8 mesi, e quando siamo tornati indietro più di metà della ciurma si era convertita, e io avevo il permesso del comandante di fumare. Lo facevo in cabina o me ne stavo a poppa a guar215

dare il tramonto e a suonare il flauto, e uno alla volta venivano

tutti a chiedermi di provare. Tenevamo le varie qualità in certe boccettine. Marijuana di vari Paesi. La qualità varia a seconda del tempo dell’anno. La Panama Red arriva sul mercato intorno alla seconda settimana di aprile. Va avanti così per tre mesi, e

poi trovi marijuana ‘ruggine’ e dopo questa la marijuana rossa, che è meglio della ruggine ma non è così buona come quella di primavera. La Panama è veramente forte ma in Somalia,

per esempio, dovevi fumartene una pianta prima di sentire qualcosa. Sono la grande umidità e l’intenso calore a fare l’erba fotte. L’hascisc viene da posti altissimi come l’Himalaya. Se la pianta è coltivata ad alta quota produce un mucchio di resina. A Panama la trattano con acqua e zucchero scuro, esponendola al sole cocente. Rivoltano le foglie, come se fosse fieno. FE’ illegale, ma non è facile impedire alla gente di coltivarla. In Giamaica

sorvolano

l’isola in elicottero

col binocolo,

cercando

i

campi di marijuana. L’ultima volta che ci sono stato certi amici mi hanno chiesto un fucile, che volevano usare per abbattere l’elicottero. FE’ raro che in America Centrale gli autostoppisti si scostino dall’autostrada. Sono pochi quelli che vanno a vivere con le tribù indiane,

come

un bischero

francese

che conosco,

che

in

Messico prendeva il peyote, ma i paesi dell’America Centrale sanno cos’è la violenza. Il paese più pacifico è Costarica, dove

per 180 anni non c’è stata né una guerra né una rivoluzione. Io

in Costarica ci torno e non me ne vado più, perché anche se il paese è corrotto gli abitanti sono brava gente ».

Molti viaggiatori condividono l’opinione di Tiger sulla Costarica. Il 15 dicembre 1968 il giornale La Hora, scriveva che « più di mille hippies provenienti da vari paesi hanno fondato una ‘repubblica hippie’ ». L’iniziativa, continuava il giornale, era stata presa da una settantina di hippies stranieri che reclutavano ragazzi e ragazze costaricani dicendo di voler vivere in un mondo senza frontiere e senza leggi.

216

I

caduti sulla pista della droga «Ho

visto gente

ridotta in fin di vita, gente

ammazzata

di botte. Ho visto morire della gente perché non c’erano dottori ... 450 persone,

gabinetti matt©O

... Sono

150 letti, gli altri dormono

qui da 5 mesi

... Comincio

per terra, 4

a diventar

. .. ».

Hans Van Der Aar, detenuto ventiduenne in un carcere turco. Pena:

30

anni.

« E’ vero che le condizioni nelle carceri turche non sono all’altezza degli standard britannici e questa, ovviamente, è una cosa di cui deve tener conto chi sceglie di commettere reati di questa natura in Turchia ».

Foreign and Commonwealth Office, Londra. Almeno quarantasei giovani europei languone, mentre scrivo, nelle carceri turche per possesso, contrabbando o smercio di cannabis. Sei americani si trovano nelle carceri spagnole, e altri quattro sono in attesa di processo. Nel 1968 altri ventun americani vi furono tenuti per vari periodi di tempo, quindi rilasciati per mancanza di prove a loro carico. Cinque inglesi languono in carceri spagnole, due in prigioni marocchine. Sei americani furono arrestati a Nuova Delhi nel 1968 e condannati a pene varianti dalla semplice ammenda alla reclusione. Questo è solo un dato parziale sui giovani arrestati o incarcerati sulla pista della droga, poiché le autorità non sembrano particolarmente ansiose di fornire statistiche ufficiali. La cifra relativa alla Turchia è stata fissata in base alle notizie fatte pervenire dai prigionieri. Con l’eccezione dell’America, le legazioni

dei paesi occidentali nelle terre attraversate dalla pista della droga non si possono dire imparziali. Il console tedesco a Istanbul si è trincerato dietro il « no comment », mentre in realtà le carceri turche ospitano, tra gli altri, almeno otto suoi

connazionali. In un’edizione del Times of India che pubblicava la notizia dei due mesi di « prigione di rigore » comminati 217

a due studenti francesi per detenzione di hascisc, e delle sei settimane sempre di « prigione di rigore » affibbiate a un giovane disoccupato giapponese, è comparso questo trafiletto: « Risulta sempre più alto il numero degli hippies trovati in possesso di ‘charas’. La cosa ha assunto tali proporzioni che alcuni consolati stranieri banno esonerato la polizia dall’obbligo di informarli ogni volta che si procede all’arresto di uno hippie ». In Turchia, la metodica persecuzione degli europei che fanno uso della droga è un fenomeno perseguito con ostentata ferocia, e il mio sospetto è che questo gioco possa attecchire negli altri dove l’erba è un Sistema di Vita. Il mugugno in Turchia cominciò nel 1966, quando si fece una pubblicità assolutamente sproporzionata a quelli che allora venivano chiamati beatniks. Un tipico servizio dell’« uomo a Istanbul » del Sunday Telegraph finiva con queste parole: « Le autorità consolari britanniche sono imbarazzate dalla loro presenza qui. Ma non possono far nulla finché i turchi non troveranno un modo legale di

buttar fuori a calci i beats »; cosa che i turchi fecero in meno

di due anni. Ai procedimenti di espulsione si unirono macabre condanne alla reclusione per i giovani « criminali » stranieri: oggi si applica in pieno la nuova legislazione che, in certi casi, prevede la pena di morte. Il giro di vite dato ai capelloni coin-

cide con un fanatico lancio dell’industria turistica. La confraternita turistica e quella della strada si sono sempre guardate in cagnesco, con mutuo disprezzo e imbarazzo, respingendosi come molecole: ma si tratta di una lotta impari. I turisti hanno la grana e perciò gli hippies se ne devono andare. Via via che il

viaggio organizzato toccherà aree più remote, è certo che segui-

ranno nuove persecuzioni. Dalla corrispondenza degli sfortunati detenuti emerge un quadro straziante di degradazione, corruzione e futilità. A certi arresti non sono estranei agenti provocatori assoldati, si afferma, con la connivenza dei funzionari dell’ufficio narcotici americano. Altri vengono traditi dai « soffia » della polizia. Secondo la legge turca, l’informatore non solo è sottratto a ogni responsabilità penale ma viene addirittura premiato con una ricompensa in denaro. Agenti di polizia dormono al famoso Gulhane Hotel, dove non è difficile costringere certi viaggiatori a spifferare tutto sui compagni. L’accusa chiede spesso la pena di morte, e mentre gli assassini beneficiano di regolari amnistie i « tossicomani » ne sono esclusi. 218

Nel 1965 il ventisettenne Robert Pontin tornava dal Pakistan in treno attraverso la Turchia. Sceso a un certo punto per

bere qualcosa, quando tornò indietro scoprì che il treno era ripartito portandosi via il suo zaino. Corse subito a telegrafare alla polizia della stazione successiva, pregandoli di recuperargli la sua roba. Intanto, in treno, un altro passeggero aveva frugato nel sacco, rubandone un po’ di hascisc e denunciando l’esistenza

del resto alla polizia. Quando si presentò a ritirare la sua roba, Pontin ammise subito di essere il proprietario dell’hascisc, e anzi si lagnò del fatto che gliene avessero rubato. Oggi sta scontando una condanna

a otto anni e quattro mesi, più un

anno

supplementare aggiunto per non si sa bene quale offesa alla bandiera turca. Un altro inglese, Raymond Ansboro (ventisei anni), sta scontando un’analoga pena. Una volta, in prigione, lo hanno pugnalato: « Ma è stato un periodo in cui non c’era hascisc da consumare, e avevano tutti un diavolo per capello. Per fortuna non succede spesso ». Un detenuto che aveva ingoiato un amo da pesca dovette aspettare due mesi prima che l’operassero, e quando lo tradussero all’ospedale si trovò incatenato al letto. Uno dei casi forse più vergognosi è quello di Hans Van Der Aar, un tedesco ventiduenne che è sempre vissuto in Olanda,

fornendo così ai consoli tedesco e olandese una splendida occasione per giocare a scaricabarile. Van Der Aar fu arrestato alla frontiera con due chili d’erba e condannato per contrabbando (15 anni) e spaccio (15 anni), anche se nessuno,

in tribunale,

poté dimostrare che l’imputato avesse veramente l’intenzione di vendere la sua merce. I funzionari turchi hanno dichiarato che con Van Der Aar si era voluto dare un esempio, per dissuadere gli altri giovani dal violare le leggi sulle droghe. Ecco un passo da una lettera che Hans Van Der Aar ha inviato a un amico londinese nel novembre 1968: «I miei genitori, la mia famiglia e il consolato non si muovono”, e così io faccio del mio meglio. Ma ho bisogno di tutto: roba da mangiare (peso 50 kg. e ne ho perduti 15), indumenti invernali perché l’inverno è alle porte, ecc. ecc. Qui in 2 Cfr.: « L’ambasciata americana ad Atene non ha fatto assolutamente nulla per aiutarmi. Quella gente io devo esporla al pubblico ludibrio, perché quello che ti offre è zero; e io sono in guai grossi senza il minimo aiuto da parte loro, che nemmeno riconoscono la mia esistenza come essere umano o roba del genere ». Neal Phillips in The Book of Grass.

219

Turchia non si è soli in cella, hanno camerate per 10, 20, 30 persone e più. Perciò, come vedi, non c’è nessuna comodità,

niente di niente. Se dovessi vivere con quello che ci dà il governo turco morirei in due o tre anni. Con i soldi puoi farti da mangiare da solo, comprarti un letto, ecc. Una prigione turca non sa cosa sia l’intimità. Ogni minuto del giorno sei circondato da turchi. Nessun lavoro, nessuna occupazione. Qualcuno lavora, ma per uno straniero non esiste la minima possibilità. Mi alzo verso le 8, torno a coricarmi verso le 10. Cerco di ammazzare

il tempo scrivendo, leggendo, ma è impossibile fare qualcosa tutta la giornata. Nessuno con cui parlare, nient’altro da fare che leggere o scrivere, il tempo non passa mai. Il turco lo parlo benino, ma siccome qua dentro sono tutti turchi non mi sento mai a mio agio. Sono qui già da 5 mesi, completamente solo, senza altri forestieri. Se continua così comincio a diventar matto, perché non so cosa accadrà in futuro. L’inverno

è ormai

alle porte,

comincia

a far freddo,

non

c’è

riscaldamento, non c’è niente da mettersi. Se ti ammali, puoi andare dal dottore una volta alla settimana. Ti prescriverà qualche pillola o giù di lì. Perché ti portino all’ospedale devi essere moribondo. Io sono stato in una clinica psichiatrica per una quindicina di giorni. Il motivo non lo so. Dovevano farmi degli esami del sangue e invece mi hanno messo nel reparto alienati. Ho viaggiato molto, visto molte cose, ma mai un ospedale così sporco e senza impianti igienici come

questo. Prova a immagi-

nare 450 persone, 150 letti, gli altri che dormono per terra, 4 gabinetti. Niente acqua calda. Vitto che noi non daremmo a un cane. Gente senza niente addosso. Dopo le 6 del mattino vengono buttati tutti fuori dall’edificio, vecchi e malati, senza niente addosso. Se non lo hai visto, non ci crederai. Ci sono tante

altre cose che potrei dire ma forse non ci crederai. Devi vederle con i tuoi occhi. La vita e il trattamento in una prigione turca è come durante il Medioevo, non sempre, ma per il 75% del tempo, se non hai soldi. Ho visto gente ridotta in fin di vita, gente ammazzata di botte. Ho visto gente morire perché non c’erano dottori. Devo aggiungere

ancora una cosa. Secondo me, se i governi europei

volessero veramente far qualcosa, sarebbe possibile ottenere una riduzione delle pene comminate ai detenuti stranieri o anche, addirittura, farli uscire. Per esempio, è molto strano che il 95% di tutti gli americani che vengono arrestati siano poi rimessi 220

in libertà. Per lo più su cauzione. Alcuni, miei buoni amici, sono stati scarcerati; con un’altra nazionalità sarebbero stati

senz’altro condannati. Ti ho già detto che ero tedesco; però mi sento più olandese. Un giorno, se faccio tanto da uscire di qui, ritornerò

P.S.

Domani

inforiente

mattina

mi mandano

Pace e amore Hans Van Der Aar a Edirne, in isolamento ».

Hans ha appena ricevuto una nota che lo informa della data del suo rilascio: ore 6 antimeridiane del 10 marzo 1998. Si direbbe che gli inglesi siano un po’ più comprensivi dei tedeschi. A Raymond Ansboro, per esempio, hanno dato « due vecchie tende » da usare come lenzuola. In Turchia la tradizione vuole che i carcerati siano mantenuti dalla famiglia, che fornisce vitto, vestiario e compagnia. Agli stranieri, perciò, non resta che

sperare nell’uomo con la bombetta. Per fortuna la triste vicenda di alcuni prigionieri turchi ha ricevuto, grazie alla perseveranza della stampa underground, una pubblicità internazionale. Poco si sa delle condizioni esistenti negli altri paesi. La legge spagnola condanna alla prison menor con una pena minima di sei anni e un giorno, e un massimo di

dodici anni per chi è stato giudicato colpevole di un reato contro la salute pubblica della Spagna. La corte suprema spagnola ha ordinato a tutti i gradi inferiori della magistratura di essere quanto mai rigorosi nella definizione di tutte le cause in materia di stupefacenti e di applicare strettamente la lettera della legge. Il viceconsole americano a Madrid mi ha scritto che « ogni anno s’introducono di contrabbando in Spagna, o si fanno passare per la Spagna, grandi quantità di stupefacenti a bassa gradazione, provenienti per lo più dal Nordafrica. Siccome ogni anno visitano la Spagna dai 16 ai 17 milioni di turisti, è impossibile che la dogana fermi più di una modesta percentuale della quantità totale di stupefacenti che entrano nel paese. Uno stratagemma molto noto è quello al quale ricorrono i mercanti marocchini, che vendono la droga ai turisti incauti e poi informano i doganieri spagnoli, che arrestano il contrabbandiere dilettante e versano una ricompensa al mercante. A volte si nascondono degli stupefacenti nel bagaglio o nella macchina di un innocente turista, e si vanno a riprendere in Spagna, all’insaputa del ‘corriere’, utilizzando un altro membro dell’organizzazione ». 221

All’inizio del 1969 lo storico laissez-faire del Marocco verso i ‘tossicomani’

occidentali

lasciò

il posto

a un

atteggiamento

duramente repressivo. Sandy, uno scozzese che avevo conosciuto a Marrakesh, fu arrestato l’anno scorso a Casablanca perché trovato in possesso di 350 grammi di hascisc, e messo dentro per quattro settimane. Per fargli confessare che era uno spacciatore, Sandy fu legato a una sbarra di ferro come la carcassa di un bue e lasciato là appeso. I poliziotti gli frustarono la pianta dei piedi con uno scudiscio in pelle di vacca, gli avvolsero testa e viso in un asciugamani bagnato e gli fecero entrare dell’acqua dalla bocca e dal naso. « Ho ventisei anni » scrisse Sandy, « ed è la prima volta che ho pianto da quando ne avevo dieci ». Successivamente il viceconsole britannico a Rabat pregò Sandy di avvertire i viaggiatori hippie che i giorni dei sogni prodotti dalle pipe marocchine erano finiti. Ora si sta dando una bella ripulita al paese per invogliare i turisti a visitarlo. Il giorno di Pasqua del 1969

si è costituita, a Londra, un’organizzazione

chiamata

KK che si propone di raccogliere informazioni sugli arresti avvenuti oltremare e di prestare aiuto, quando e dove è possibile, alle vittime.

Rapporto

da Marrakesh

«... la grande piazza centrale, Djmaa el Fna, è al centro di ogni azione, gremita di tamburini, cantastorie, incantatori di serpenti e hippies inglesi, piuttosto impopolari, in cerca di hascisc ». Brenda Jones sul Sunday Times. Gennaio 1969. Non sono necessariamente inglesi, Brenda, né hippies, né impopolari, e non è detto che stiano proprio cercando hascisc. (E’ quasi sempre l’hascisc a cercare loro). I viaggiatori, di molte nazionalità, appartengono ai più diversi strati sociali: ci sono dei beats, dei semplici vagabondi, dei giovani esploratori, dei maoisti, dei mistici e anche dei giornalisti inglesi, piuttosto impopolari, in cerca di colore locale. Le compagnie di varietà berbere sono felici quando gli overlanders si tengono la pancia davanti alle loro buffonate: è un richiamo per il turista danaroso. 222

I cobra incantati riusciranno benissimo in fotografia, ma sono senza denti e assolutamente innocui. La Medina avrebbe potuto essere il set per il film di Tod Browning — un tempo messo all’indice — Freaks (fenomeni da baraccone):

mezzi uomini senza

gambe sporgono da sedie a rotelle, testine sotto gli occhi e ogni tanto passa al galoppo con gli zoccoli al posto dei piedi e una sella Tipicamente, ero arrivato con un giorno

rattrappite sfilano un nitrente signore sul groppone. di ritardo al love-in

della vigilia di Natale organizzato da Otis Cook, dove centinaia

di streppatori ambulanti si erano imbottiti di punch all’acido e di una robusta varietà di stupefacenti improvvisati, ivi compresa la marjoon (« marmellata », alla lettera, ma una marmellata che, lo sanno tutti, contiene una dose di cannabis): una

specie di crema dolce fatta con molti ingredienti misteriosi tra i quali noci, fichi, datteri, uva passa, miele, zenzero macinato e

cinnamomo. Otis mi mostrò il timbro per passaporto che aveva creato apposta per commemorare l’avvenimento: « FRATELLI DELL’AMORE ETERNO — PRIMO LOVE - IN ANNUALE — 24-12-68

— Marrakesh/Marocco — AMORE ». L’« eternità » dell’amore fraterno era stata temporaneamente minacciata quando alcuni dei « viaggiatori » più voraci mostrarono sintomi di disidratazione, finendo così all’ospedale dove le infermiere, ispirandosi

a modelli ben diversi da quello di Florence Nightingale, si dimostrarono un antiacido efficacissimo.

Otis mi condusse nella sua topaia internazionale del Mellah, il settore ebraico della città, rinomato per la sua pulizia; diversamente, a quanto risultò, da Otis stesso. Qualcuno tirò

subito fuori una chilum indiana, al che alcuni degli inerti cadaveri che ingombravano il pavimento tornarono, be’, non propriamente in vita, ma in una spettrale caricatura della medesima: uno stato di stupefatta aspettativa, più vegetale che umano, mentre la pipa ad acqua passava di mano

in mano. La cassetta

era Wheels of Fire dei Cream, ma il nastro girava stancamente, perché a Marrakesh le batterie vengono da Shanghai, si chiamano Elefante Bianco e non scherzano. Un cordiale poliziotto del quartiere venne a fare una pipata e a esercitarsi un po’ in inglese. Ingrid, una ragazza svedese pelata, sedeva tranquillamente in un angolo, bofonchiando e grattandosi. (« L’unico sistema per disfarsi dei pidocchi è radersi la testa, ragazzo mio » disse Otis, che aveva impugnato il rasoio). Tre settimane dopo, Ingrid non si era ancora rimessa dal love-in. Riusciva ancora a formulare 203

solo una frase:

« Non

so », e l’ultima volta che la vidi stava

salendo su una corriera diretta a Casablanca con l’aiuto di alcuni amici che volevano mandarla a casa, in ospedale. Un ragazzo del posto, Mohammed

(« E’ OK.

Prende

l’acido ») fece girare un

po’ di pane e pesce fritto. Una coppia danese proiettava uno « spettacolo di luci » sul soffitto — il solito confuso omaggio all’espressionismo

astratto —

e un

silenzioso

australiano

scri-

veva poesie su un libro mastro. E così, pochi

minuti

dopo

il mio

arrivo,

una

nuvola

di

streppa calò su di noi. Nelle settimane successive, tutti i tentativi di richiamare alla mente qualche momento di sobrietà si dimostrarono infruttuosi. Com’è giusto, d’altronde. Perché essere sobri a Marrakesh sarebbe come Alice che non cade giù nel pozzo. Mohammed mi trovò una casa marocchina di quattro locali, sospettosamente a buon mercato, costruita intorno a un

cortile piastrellato, con aranci, limoni e passeri. Un amico ci avvertì che la casa aveva un inconveniente: un pazzo, evidentemente il padrone, allora in ospedale; ma se fosse mai riuscito

a evadere, la mia vita sarebbe stata in pericolo. Fu una cosa seccante, perciò, quando la donna araba al piano di sopra cominciò ad applicare grosse sbarre di ferro all’androne che avevamo in comune. | Si dice che il 57% dei marocchini fumino il kif; se è vero,

del restante 43% nessuno mette mai piede a Marrakesh. Là i viaggiatori possono andare in orbita senza sborsare un centesimo, tanto gli arabi sono aggressivamente ansiosi di farli fumare con loro. Il vecchio merlino dagli occhi sporgenti che vende dolciumi ai ragazzi davanti alla scuola, distribuisce dopo il tramonto deliziosi pasticcini all’hascisc. Otis continuava a venire per accertarsi che io fossi sempre

su di giri. I giorni di gennaio erano i mercati facevano scoprire splendidi che borse berbere, sandali ricamati e qualche tempo fecero poi furore a

caldi e i vagabondaggi per caffettani di velluto, antiquel tipo di gioielli che per Parigi. La sera mi lavavo

come

in un

non

avevo

mai

fatto

prima,

sotterraneo

buio

e

fumante sotto secchi di legno d’acqua calda e fredda, tra corpi bruni che si torcevano silenziosamente. A parte il nucleo centrale — la folla comunitaria dei beats, mistica e squattrinata — la scena di Marrakesh si divideva in: I) drop-outs di Parigi, Chelsea, dell’East Village, di San Francisco, membri dispersi del Living Theatre e negri bellissimi che 224

stavano all’Hétel de France, accalcandosi intorno alle cassette dei Beatles; II) fricchi di Vogue e spugne dell’aristocrazia che gravitavano intorno alla villa di Paul Getty e andavano a prendere il fresco nell’ombra crepuscolare dei caffè all’aperto. « Posso ignorare le cifre rese pubbliche, e trascurare i valori del dollaro, e dire sinceramente che il tenore di vita in Marocco

è più alto di quello degli Stati Uniti ». Tuck Milton, viaggiatore Milton ha ragione, in un certo senso, anche se pochi marocchini sono in grado di apprezzare la sua affermazione, mancando, per lo più, di um’identica libertà di viaggiare. Certo i mendicanti, i direttori di giornali censurati e i prigionieri politici (non processati) possono preferire il tenore di vita del suo paese. Eppure Marrakesh trasudava una magia e una fratellanza che riempiva i miei pori anglosassoni. Tutti gli uomini sono fratelli, anche gli accattoni: superflui, dunque, i centri di ‘assistenza, perché per tradizione ogni marocchino dona qualche spicciolo al fratello meno fortunato. L’impressione era che tutti speculassero sul mercato interno esportando selle da cammello imbottite di kif, ma a Marrakesh gli assegni sono difficili da riscuotere anche se scampano agli attentati postali. Le lettere venivano aperte o smarrite, e l’ultimo brivido lo dava la ragazza del fermoposta, con la sua eccentrica padronanza dell’alfabeto. Come un sogno, Marrakesh sfugge a ogni descrizione obiettiva. Nell’ipnotica confusione degli ultimi giorni che vi ho passato, innumeri pagliacci presero a emergere di colpo dai miraggi. La bionda texana che a Londra avevo visto nuda dentro l’Albert Hall un giorno entrò come nuotando nel cortile e rise tumultuosamente.

Un

dolce, amabile trio di americani che

dormivano in una segheria ordiva incantesimi magici e misteriosi. Amici trafelati portavano da Londra notizie urgenti e assurde. Un vecchio del posto venne a parlarci d’irruzioni della polizia locale e a metterci in guardia contro le deportazioni in massa. Infine, inevitabilmente, l’ultima notte il pazzo sgattaiolò silenzioso nel cortile mentre ero assorto nella contemplazione delle ombre proiettate sul soffitto da una stufetta a paraffina. Vi fu una breve lotta, che persi, e lui si tirò dietro una pachi225

dermica prostituta marocchina con un bianco vestito da sposa e le labbra di un rosso acceso, che si accinse a cunnilingere sotto un albero di limoni, tra l’attenzione sognante e affascinata dei miei inciucchiti compagni. Io ballavo qua e là come una checca epilettica, ordinando a qualcuno di chiamare la cavalleria. Perché

avevo tanta paura? Il pazzo stava innocuamente esplorando le viscere della sua bella, e ora mi offriva gratis altre parti della casa solo che avessi « fatto un po’ di muzica ». La sua sorridente compagna avanzava pesantemente verso di me, l’occhio fisso ai genitali, e un cantilenante vicino della fascia cerealicola del Mid-west,

venuto a salvare la situazione, si guardò

intorno

nel caos, sgranò incredulo gli occhi e fuggì via. Il pazzo aveva scorto un po’ di carne chiara occidentale ed era ansioso di fare il baratto. Forse ci saremmo anche messi d’accordo, chissà, ma la marjoon ha il vizio di rendere straordinarie anche le cose più

banali, sicché le non certo pacifiche circostanze di quella sera finirono per diventare, a dire il meno, farsescamente incomprensibili. E questo non fu che il prologo a una notte di follie. So che il pazzo sfondò la porta di una vicina comune di viaggiatori

e che il tentativo della polizia di entrare in casa mia fu sventato dal fatto che nessuno andò ad aprire; poi nel sogno apparve

Otis Cook, spaventando una marocchina incinta, facendosi chiu-

dere a chiave in una stanza e picchiare da una mezza dozzina dei suoi indignatissimi parenti. All’alba gli amici mi caricarono sulla corriera di Casablanca. L’uomo col tamburello mi mise in mano un pasticcino all’hascisc. L’orologio diceva quattro ore, ma io sapevo che il viaggio era durato due minuti. Poi ero seduto in un salone dell’aeroporto di Parigi, con altri passeggeri in

transito, beffato e deriso dagli agenti di cambio del jet set, e mi svegliai a Londra, a letto con l’influenza buscata a Marra-

kesh. Cosa che Alice non ha preso mai.

Otis

Cook: odissea hippie



Ero stato in Corea con l’esercito americano. Non sapevo

niente di droga o di roba del genere. Quando 226

quegli hippies

cominciarono, non li potevo soffrire. Non capivo che diavolo volessero. Un giorno, giù a Laguna Beach, presi su un autostoppista, un capellone di 19 o 20 anni che arrotolò un paio di sigarette. Fu la mia prima esperienza con la droga. Indescrivibile. Andai a un love-in che si teneva a Los Angeles. Giravo qua e là con due capsule d’acido quando qualcuno mi passò una cicca. Mi avvicinai a un gruppo di ragazzi e la feci girare. Seppi allora che alcuni dei malcichi là seduti non erano figli dei fiori: avevano fiori negli orecchi ed erano vestiti da beatnik ma erano pulé, e mi portarono via. Volevo stare al gioco e farmi la mia gattabuia, ma giù nel canyon ero amico d’un sacco di gente. Avevano una casa, su in montagna, dove potevi sorbirti il tuo acido senza che nessuno venisse a romperti le balle. Insomma andai con loro, prendevo un po’ di mescalina, e andavo in brodo di giuggiole guardando i fiori e le api, e giravo raccogliendo belle cose. Poi ci si stendeva tutti su di un masso e quelli cominciavano a leggere il Libro di preghiere psichedeliche di Timothy Leary. Ne ha pubblicati due e voglio spendere una buona parola sia per l’uno che per l’altro. In principio non capivo, ma se fai qualche cosa nel modo sbagliato, dice lui, tutto quello che fai sarà come una congiura contro te stesso, e io credo che con quel libro e l’acido o la mescalina giusta si possano fare esperienze che vanno al di là dei cinque sensi. Subii molti cambiamenti. E’ fantastico quando ti avvicini alla natura. Senti che stai proprio arrivando a qualcosa. Non smetti mai di goderti il tuo film finché ti resta un po’ di fiato in corpo. Allora l’avvocato mi disse che non poteva tirarmi fuori. C’erano alcune imputazioni di diverso genere. Non avevo nessuna voglia di fare giochetti con loro standomene chiuso in quegli sgabuzzini. Era più importante trovare me stesso. Così dissi a Kathy che avevo deciso di filare. « Bene » disse lei. Mi procurai un visto per l’India, perché gli Amici dell’Amore Eterno di Laguna mi avevano detto che vi avrei trovato il mio guru. A Hong Kong comprai qualche radice di ginseng, la cosa più pura del mondo. Risplende nella notte. Mangiata per un periodo di 21 giorni è come prendere l’acido, solo che è anche

un depuratore dell’organismo. FE’ rarissima. Il tizio della bottega non credeva che avessi i soldi per comprarla. Entrai nella bottega 227

vicina, dove sembrava che non avessero un cliente da 20 anni.

Costava 250 dollari. Andai in banca, e quando tornai in negozio tutta la famiglia mi aspettava per vedermi comprare quella roba. Era in una scatola di latta. Dentro la scatola di latta c’era un’altra vecchia scatola di legno, e dentro quella c’erano una trentina di pezzi di bastone. Quando aprii la scatola a Calcutta tutti in albergo ne vollero un pochino. Sai com’è: « Mia madre sta male » e via di questo passo. In men che non si dica me n’era rimasto un pezzo. Quando arrivai a Katmandu dovetti accamparmi fuori città. C’era un fotografo danese che faceva un reportage. Allora presi la valigia e gli mostrai la radice di ginseng e una statuetta indiana che avevo. Andai a fargli vedere la tenda e quando tornai indietro i ragazzi avevano rotto la radice in tanti pezzi e se l’erano divisa. Mi venne un accidente. Era spatita.

Entrai nel Blue Tibetan restaurant col mangiadischi e tutti

i dischi che avevo comprato in India. Tutti li suonavano fumando le chilum. Dopo due settimane di questa solfa il padrone e i vicini s’incazzarono. Il ristorante apre alle 10 del mattino, e aveva una capienza di 30 persone, ma quelli che ci arrivavano per primi se ne stavano là seduti tutto il giorno, ciucchi traditi, e lui non faceva il becco d’un quattrino. Alle dieci di sera li buttava fuori tutti e, se non avevano grana, il conto finivo per

pagarglielo io. Insomma, fu un bel viaggio. Poi un amico disse che mi avrebbe portato fuori città a vedere la campagna. Pensavo che intendesse un pullman privato, ma saltò fuori che era un normale autobus cittadino. Eravamo una trentina e allora dissi perché non lo affittiamo. Così l’affittammo, e arrivammo in questo posto che si chiamava Dhulikhel, con tende e coperte. Era come una comune. Una sera ci viene l’idea di costruire un tempio. A Katmandu ci sono 2.500 templi diversi e diverse religioni, perciò ogni giorno è vacanza. Pensavamo che se avessimo chiamato tempio la nostra comune forse ci avrebbero dato il permesso di restare. Avevamo un visto di 15 giorni. Scaduti i quali, cominciano a cercarti. Katmandu

è piena di spie. Sape-

vano tutti dov’ero perché un giornale indiano aveva pubblicato un articolo su di noi che stavamo per costruire un tempio. Così vennero a prendetci e ci buttarono fuori. Ci accusarono di furto. Qualcuno aveva preso dei souvenits da uno dei templi e li 228

aveva attaccati a una delle tende. Era solo una scusa. Non so quali fossero i loro veri motivi, se era per la droga o per altre ragioni, non ho voluto nemmeno pensarci. Tutti questi funzionari venivano al campo e volevano parlare di me e di questo tempio. Così mi rivolsi a Paolo, un artista italiano che prendeva l’acido un giorno sì e uno no, e dissi: « Ehi, vieni un po’ qui a spiegare questa storia del tempio ». È lui disse: « Certo, vengo subito », e facemmo l’ultima pipata con la chilum e andammo su nel loro ufficetto, pieno di omini con gli occhiali, la camicia bianca e il vestito scuro. Uno disse in inglese: « Avete 12 ore per lasciare il paese ». E io dissi: « Figli di puttana che non siete altro, non vedete più in là del vostro naso. Non ci date la minima possibilità di abituarci al vostro paese, solo i vostri sporchi soldi ». Quelli dissero che non facevano che obbedire agli ordini, ma che ci avrebbero portati a Katmandu per vedere cosa si poteva fare, allora io dissi d’accordo e via che ce ne andammo — Paolo, io e questo guru, un bellissimo nepalese — su una jeep con due poliziotti, e a un tratto ebbi la sensazione che non avrei mai più rivisto l’accampamento. Proprio così. Sapevo che erano diretti verso la frontiera indiana, e allora saltai giù. Anche Paolo piantò un gran casino. Quelli voltarono la jeep ed entrarono a Katmandu, ma io non ne volevo più sapere. Un po’ la feci a piedi, un po’ trovai qualche passaggio. Incappai in vari blocchi stradali. A uno di questi blocchi mi corsero dietro, ma riuscii a passare. Corsi al Blue Tibetan a prendere il passaporto. Ero fuori dai gangheri, e mandavo all’inferno quei nepalesi che dicevano di essermi amici mentre in realtà erano delle spie, lo erano sempre state, e se la facevano col governo e per giunta si beccavano un premio. Ero fuori di me, perché non sapevo quali fossero i poliziotti. Finalmente vennero a prendermi. In tre. Li buttai fuori e a uno gli spaccai il muso. Proprio così. Ma siccome mi ero ribellato, decisero di darmi una lezione. Mi presero a calci e a pugni. Come viaggio non fu mica tanto buono. Incatenato e trascinato così per le strade. Avevano una fifa del diavolo, erano ai limiti della paranoia. Avevo piantato un casino colossale. Rimasi in prigione una decina di giorni. Benissimo. Continuavano a imbottirmi di hascisc. Tutti i pezzi grossi, i generali, vennero a stringermi la mano, a fare i loro giochini. 229

The Times 12 dicembre 1967 Katmandu — Un accampamento hippie presso Dhulikhel, un villaggio montano a 30 chilometri da qui sulla strada Katmandu-Tibet, è stato disperso dalla polizia nepalese. Pare che il capo-campo sia stato deportato, mentre agli altri è stato rivolto l’invito di lasciare il paese al più presto.

L’accampamento avrebbe dovuto diventare un tempio internazionale consacrato al culto hippie. Era stato decorato con fotografie di re Mahendra e della regina Sita, che però non sono servite a nulla contro l’intervento della polizia.

Mentre io stavo in prigione, Paolo e sua moglie se n’erano

andati. Gli dissi di prendere una stanza in un albergo di Nuova Delhi e di aspettarmi là ... ma quello non è uno hippie e approfittò della situazione perché andò a sistemarsi nell’albergo

più caro della città, con tanto di servizio in camera, e alla fine dovetti pagarlo io. Mentre Paolo cenava a spese mie, vendette

la macchina fotografica per pagarsi i ricordini da portare in Italia. Quando arrivai, era in albergo da 10 giorni. Pagai il conto. Mi ero impegnato. Glielo avevo promesso. Di là passammo

a Kabul. Paolo voleva andare

a Roma

a

vedere il papa. Una delle sue trovate. Volevamo offrire al papa tutto quello che rappresentava il nostro accampamento: tutte le opere d’arte, i quadri, i souvenirs, le statue di Budda, i papiri, la tonka. Volevamo fare così perché il papa era appena apparso alla TV americana chiedendo la pace. Volevamo offrire al papa la pace. Era un’idea di Paolo, comunque. Per me era solo un viaggio. Bene, pensai, questo o quello per me pari sono. Mentre eravamo a Kabul mi arrivò per posta un pacco da Los Angeles, dei miei amici, i Fratelli dell’Amore Eterno, ed

era una cosa dell’altro mondo. Nel pacco, 250 capsule di Blue Cheer, tanto che pensai subito di fare una gran festa. Era la vigilia di Natale. Trovammo un albergo e fu la festa più bella che abbia mai visto. Tutti presero una capsula. 150 hippies che decollano con l’acido, per Natale. Wow! In Afghanistan. Poi riprendemmo il viaggio per arrivare a Roma, ma nell’Iran rimasi al verde. Avevo un assegno bancario nepalese 230

di 2.000 dollari, ma in tutto l’Iran non c’era una banca disposta a toccarlo. Adesso che ero in bolletta, Paolo e sua moglie se ne andarono. Piantai all’ambasciata americana tutta la roba che mi avevano lasciato, nella speranza che provvedessero loro a mandarla al papa. Fu la fine di quel viaggio. Tutto quello che avevo era il passaporto. E neanche un soldo. Quando finalmente riuscii a riscuotere l’assegno la prima cosa che feci fu comprare un mangianastri con 12 cassette. Era

magnifico avere ancora dei quattrini. Per l’inverno avevo un posto a Copenhagen, col fotografo danese di Katmandu. Allora comprai il biglietto per l’aereo. Sapevo che avrei potuto trovarvi della streppa. In aereo accesi il mangianastri per sentire un po’ di musica. Uno svizzero mi chiese educatamente di spegnerlo. Poi me lo chiese lo steward. Dissi che non vedevo perché avrei dovuto farlo. Questo li fece incazzare. Lo spensi. Poi misi su il nastro e cominciai

a registrare. « Sono su un aereo sopra

le nubi, presto sentiremo le ruote che toccano terra ». Mentre si atterrava, dissi al microfono: « Voglio lasciarlo acceso e registrare il passaggio alla dogana ». Era solo uno scherzo. Quando scesi dall’aereo l’avevo sotto la manica. Mi diressi verso la sala d’aspetto,

non

la dogana.

C’erano

due

funzionari

della

linea

aerea, là, uno dei quali fu molto gentile. « Da che parte vado? » dico. « Be’ » fa lui, « dove vuole andare? »

« Voglio andare da Gesù ». «Be » fa lui, « qui siamo a Copenhagen, e per noi questo è Gesù, passi di là ».

in Danimarca,

« Be’ » dico io, « grazie mille ».

Passai da quella porta e feci per accostarmi a un finestrino, ma prima che ci arrivassi una porta si chiuse, scorrendo sulle guide, e allora dico:

quelli fanno:

« Oh oh, mi voléte rinchiudere,

eh? ». E

« Controllo passaporti, il suo passaporto, per cor-

tesia? ». « Roba dell’altro mondo » dico, « roba dell’altro mon-

do », e gli porgo il passaporto. « Da dove viene? » fanno quelli. « Ho appena fatto il giro del mondo » dico. « Vengo da San Francisco ». « Questo l’ho capito dai capelli ...» fa lui. « Ce l’ha il biglietto di ritorno? ». « Be’ » dico io, « cosa me ne faccio

se sono appena tornato a casa? ». « Ah » fa lui, « perché questa sarebbe casa sua? ». « Sì, la mia patria è il mondo intero ». Be’,

non sembravano

tanto d’accordo. « Soldi ne ha? ». « Soldi? » 231

faccio io, « vuol vedere dei soldi? ». Ormai cominciavo a inca-

volarmi e allora ho tirato fuori questi 2.000 dollari che avevo in traveller’s cheques e ho detto: « Bastano questi 2.000 dollari o ne vuole altri 10.000? ». Insomma la fecero tanto lunga con le loro battute cretine, tipo « Oh, ma allora lei è un uomo ricco », che, accidenti, mi saltò la mosca al naso. Presi i traveller’s che-

ques e li feci tutti a pezzettini. Era una provocazione. A un certo punto stavano per farmi passare, e infatti cominciarono persino ad aprire la porta, ma quando videro il microfono uno disse: « Cos’è quella roba che ha lì? ». « Un microfono » dico io. « Sta registrando questa conversazione? » fa lui. « Spenga subito quell’affare ». « Perché? » dico io. « Qui lei è in un paese democratico » fa lui. « Noi non registriamo la sua voce, perciò lei non registri la nostra ». « Se questa è una democrazia » dissi, « potete tenervela ». « Sieda là » dissero loro, « e vedremo se è possibile farla entrare ». Come

ebbi stracciato i soldi, mi chiusero in una stanza. Natu-

ralmente

registrai tutto. « Ci sono 4 poliziotti che mi fanno

salire le scale, ecco, ora entriamo in un ascensore ». Uno era il

gran capo, quello che mi aveva negato l’ingresso. In ascensore dico: « Primo piano ». « Secondo piano » fa lui. « Terzo piano » dico io. Entriamo in una stanza. Io dico al microfono: « Tre doganieri, quattro agenti e un pezzo grosso ». « Vuoti le tasche » fa lui. Obbedisco, e quello dice: « Mi dia quell’arnese ». « Oh no » faccio, « questo non me lo togliete ». Insomma voleva togliermelo con le cattive così mi son messo a gridare: « Glielo dò, glielo dò, lasci solo che lo spenga ». Il nastro finì a questo punto. Quando arrivò quello del consolato americano glielo feci ascoltare e dissi: « Sa perché mi hanno rifiutato l’ingresso? Perché io non gli ero simpatico e lui non era simpatico a me ».

« Stasera » disse lui, « la metteranno su un aereo e la rimanderanno a Zurigo ». Prima di partire informarono Zurigo che ero un uomo peri-

coloso. Due poliziotti salirono sull’aereo con me e mi consegnarono ad altri due poliziotti. Non feci altro che cambiare di mano. Naturalmente mi rifiutarono l’ingresso. Passai la notte in guardina. Il giorno dopo mi portarono in un ufficio e dissero: « Cosa fa qui a Zurigo? » « Mi ci hanno mandato contro la mia volontà » dico. « Qui non può restare » fanno, « dove vorrebbe andare? » « A Parigi » dico, « in Francia ». E dopo aver firmato alcuni 232

documenti,

via che

me

ne andai.

Mi

caricarono

su un

treno e mi chiusero in una specie di gabbietta. Fu un viaggio schifoso,

su quel trenino.

Avevo

sete e quelli mi tenevano



dentro, senza fiammiferi, come un volgare delinquente. Picchiavo sulle sbarre ma non c’era nessuno che potesse intervenire. I due agenti mi avevano lasciato solo dicendo che qualcuno sarebbe venuto a prendermi all’arrivo. A metà strada, però, avevo fatto un tale casino che qualcuno cominciò a lamentarsi. Alla stazione successiva salirono due poliziotti. Chiesi un po’ d’acqua. Quelli chiusero la porta in fretta e furia e telegrafarono alle altre stazioni che ero un uomo pericolosissimo. Alla frontiera c'erano 4 o 5 poliziotti là in piedi col fucile spianato, pronti a farmi fuori. Uno aveva saputo di me e del registratore a nastro. Era simpatico, stentava a credere che mi

fosse successa una cosa simile. Mi mostrò l’ordine che avevano ricevuto da Zurigo. « A quanto pare lei è un uomo davvero pericoloso » disse, e scoppiò in una risata. Era proprio carino, e registrai la sua voce. Mi lasciarono andare a mangiare fino all’ora della partenza, non mi scocciarono. Poi, mentre stavamo

chiacchierando, una cosa enorme comparve sulla porta: non avevo mai visto un poliziotto così colossale, era indescrivibile. Lo dissi al microfono,

telefono. appena

« Oh, entrato

mio

sottovoce,

Dio » dissi,

mentre

l’altro

« l’allegro

agente

gigante

nella stanza ». E a lui chiesi:

« Qual

era al

verde

è

è il suo

nom? ». Gli accostai il microfono alla bocca e quello fa: « Verdi. Signor Verdi ». Ci sono rimasto secco. Sul Rasputin,

treno

per

e allora

Parigi

qualcuno

gli chiesi

come

pensò

che

si scriveva.

somigliavo Quello

me

a lo

scrisse su un pezzo di carta e decisi di usarlo al posto del mio nome vero. Andai in un albergo e cercai di ottenere una stanza,

ma non vi riuscii, né là né in nessun altro albergo di Parigi. Finalmente ne trovai una a 25 dollari per notte e telefonai a casa. Il giorno dopo andai a trovare un ragazzo che avevo conosciuto a Katmandu. « Oh » disse, « qui non puoi stare, ci sono i miei genitori, vedrò di trovarti da dormire in qualche posto ». E allora me ne andai. Sai com’è, vorrei tanto aiutarti purché tu

te ne stia sull’altro marciapiede. Tornato in albergo mi misi a fumare e a dipingere la camera a colori psichedelici, ma una cicciona mi buttò fuori, le venne un colpo quando vide quella stanza, ed eccomi di nuovo sul lastrico. Raggiunsi una cittadina della provincia. Avevo un po’ di buon hascisc portato da Parigi. 233

Comprai

subito una macchina, la dipinsi a colori psichedelici,

così i poliziotti mi fermarono e non avevo né patente né assicurazione. Mi permisero di rivendere la macchina, ma me la

pagarono

solo metà prezzo.

Andai giù a Marsiglia, dove vissi in una vecchia casa abbandonata dai beatniks. Qualcuno mi parlò di Tangeri e così, dopo sette o otto giorni, presi un aereo: ma l’aereo andava a Casablanca. A Casablanca incontrai alcuni ragazzi e andai giù a Marrakesh con loro. Sai com’è, quando cerchi di descrivere un film, hai un’immagine nella testa ma non riesci a tradurla in parole. Ecco l’impressione che mi ha fatto Marrakesh. Veramente

non

saprei, sono sempre

stato su di giri. Dopo

un po’

che ero là qualcuno se la svignò col mio passaporto e senza quel pezzo di carta io ero l’uomo più felice della terra. All’ufficio postale mi davano le mie lettere e in banca riscuotevano i miei assegni.

Poi successe tutto così in fretta che fu come un incubo. Sono Îì a casa mia, con tutti i miei gatti e un gruppo di amici, a

dormire sul tetto perché comincia a far caldo, facendo un po’ di musica ogni tanto, con la gente che viene a trovarci, quando sento un gran colpo alla porta, una mattina presto. È quando vado ad aprire c’era tutta la strada che assisteva allo spettacolo. Non c’è privacy in Marocco, e si affacciavano alle finestre, si sporgevano dai tetti, 30 o 40 persone ansiose di vedere cosa avrebbero fatto i poliziotti. Così quelli mi chiesero il passaporto

e io non l’avevo. Allora mi portarono al corpo di guardia del

palazzo. Non fui il solo a finir dentro. Eravamo in 5 o 6 e ci tennero nella piazza principale per tre giorni. Poi, mercoledì, dissero che potevamo andare, ma di tornare venerdì perché ci avrebbero espulsi dal paese. Intanto mi erano entrati tutti in casa e avevano preso que-

sto e quello, e un sacco dei miei oggetti memorabili e religiosi erano spariti. La casa era un macello e dovevo anche pagare l’affitto, allora presi tutti i miei gatti e li affidai a un mio carissimo

amico,

Sidney Bigman,

che è uno

scrittore cieco che sta

là. Non volevo essere deportato e feci l’autostop fino allo stesso villaggio, vicino a Essouira, dove un’altra volta avevo fatto ai ragazzi tutte quelle iniezioni di penicillina, e là mi diedero il permesso di restare e di vivere in pace anche senza passaporto. Ah, che meraviglia starsene laggiù senza documenti e senza 234

timbri. Tutto era bello e tutto era dolce. Tutti gli abitanti del villaggio erano felici e si fece gran baldoria in camera mia. Fu proprio una festa bellissima. Decisi di tornare a Marrakesh a ritirare la mia posta. Prima cosa andai da Paul a vedere se i gatti stavano bene e allora scoprii che erano successe un mucchio di cose. Paul era morto, Gary al manicomio e una ragazza americana che si chiamava Dorothy girava in tondo in stato di choc. Stavano cercando di rimandarla a casa. Non capivo cosa fosse successo. Andai in piazza a bere un caffè e un poliziotto mi riconobbe. Mi arrestarono e mi consegnarono a tre ... non so come chiamarli, erano sadici brutali, non si possono chiamare poliziotti. Quando, davanti all’ufficio postale, cercai di scendere dalla macchina per ritirare la posta, mi misero le manette. Passai le due ore successive sul sedile posteriore

della macchina,

dove

mi

torturarono

con le sigarette. Mi presero a pugni, mi strapparono i peli della barba e non smisero un istante di sgomitarmi nelle costole. Fu un gran brutto viaggio, e finì alla centrale di polizia di Casablanca. Mi misero in prigione. Andava tutto storto. Una notte mi trovai tre o quattro bambini nel letto, e una ragazzetta sui 15 anni che dormiva sulla mia coperta. Un pomeriggio vidi una trentina di detenuti marocchini picchiati sulle mani con un tubo di gomma. Una decina di colpi per mano. Me ne stavo là seduto a fumare kif e a dire: « Non è un bel film, amico? proprio bello. FE’ troppo, caro mio ». Che puoi fare? Sei un detenuto anche tu,

non puoi dir niente e niente puoi fare, bella schifezza. Venne a trovarmi il rappresentante del console, un trippone americano, e disse: « Signor Cook, la rispediamo a casa in aereo, nell’Ohio ». Come se fossi un criminale bisognoso o qualcosa di simile. « Perché? ». « Lei è stato espulso dal paese, e noi le daremo il passaporto e la rimanderemo dov’è nato ». «Ma alcuna pezzo vivere

là mi cercano per varie cosette e il passaporto non ho intenzione di accettarlo. Cosa me ne faccio di quel lurido di carta? Mi sono sbarazzato dell’ultimo e voglio solo qui, in pace ». Se non accettavo il passaporto, disse lui,

mi avrebbero tenuto in prigione. « Qualunque cosa facciano » risposi, « per me va bene ». | Be’ feci 4 giorni a pane e acqua, che è tutto quello che ti danno

se sei al verde,

com’ero

io allora.

Quando

l’uomo

del 255

console tornò a farsi vivo gli dissi che il passaporto poteva ficcarselo su per il culo. Due giorni dopo arrivò con due del Living Theatre, che avevano saputo che ero là. « Vogliono pagarti il passaporto » disse. « Io non voglio nessun passaporto. Voglio che lei sospenda i miei soldi e le mie lettere. Non firmo niente ». ] ragazzi mi lasciarono cinquanta dirham, che era proprio una bella sommetta. Dopo aver ascoltato le chiacchiere dei poli ziotti mi resi conto che avrei dovuto passare un bel po’ di tempo in galera. La volta successiva portarono un altro tipo, sempre dell’ambasciata, uno con gli occhiali cerchiati di corno, che sapeva tutto. Uno di quei bigliardini di prima categoria. « Basta con gli scherzi » mi fa. « O accetti questo passaporto o, per quello che ci riguarda, cittadino americano o no, puoi startene qui a marcire. Devi avere un passaporto se vuoi muoverti Su questa terra ». «OK » dico io, « se devo accettarlo per forza, lo accetto ». Mi caricarono su una corriera che andava a Ceuta. Il

poliziotto non mi aveva legato, ma quando scesi spontaneamente dalla corriera per pisciare mi ammanettò al sedile: però non

era difficile liberarsi.

Quando

se ne accorse

sfogò

la sua

rabbia su di me, prendendomi a pugni e calci. Mi rilasciarono nella terra di nessuno. Raggiunsi il confine a piedi e dissi agli spagnoli della tortura e tutto, ma quando

videro il timbro che

i marocchini mi avevano messo sul passaporto mi negarono l’ingresso in Spagna. Così, per parecchi giorni, rimasi in un

pezzo

di terra di nessuno,

che

aveva

la forma

di una

croce.

I colli digradavano fino a dove c’era un ponte sopra il letto di un fiume, con una baracca di legno per un soldato spagnolo. C’erano dei ragazzi che facevano il contrabbando in Marocco, e donne che indossavano tutte le loro vesti e portavano grandi fagotti in un villaggio marocchino sui monti. Di giorno c’era una trattoria e un posto dove si poteva comprare roba da mangiare, sotto il ponte. Di notte scendevo laggiù e feci amicizia con alcuni dei ragazzi. Andavamo insieme a Ceuta a far man bassa di mele e di pere. Un giorno le guardie spagnole mi conciarono per le feste, e tornai nel villaggio tra i confini dove facevano barche da pesca. Avevo pianto e uno degli uomini mi fece dei gesti come per dire « C’è qualcosa che non va? ». Indicai le guardie spagnole e mi sbottonai i pantaloni per mostrargli la coscia che era rossa. Più tardi divenne tutta livida. Portandomi la mano alla 236

bocca gli spiegai che avevo fame, e dissi qualche parola in arabo. Questi spagnoli s’incazzarono e andarono dalle guardie a protestare perché mi avevano picchiato. Quel pomeriggio arrivò un cameriere della trattoria e disse: « Dov’è l’americano? ». Mi avevano portato, su un grande vassoio, un pranzo di quattro portate, roba di ogni genere. Più tardi, quella sera, entrai di nascosto in Marocco, fino a un paesino dove cenai e mi procurai

un po’ di kif. Quando tornai indietro trovai un’altra cena che mi aspettava: me l’avevano portata le guardie spagnole. Mi avevano cercato dappertutto. Quel giorno mangiai veramente a sazietà.

Rimasi sul confine 20 giorni. Poi mi scortarono alla stazione di polizia di Tangeri e un rappresentante del console americano entrò e disse: « Lei è Otis Cook? A Parigi ci andrebbe volentieri? » « A Parigi? » dico io. « Ma subito! » E allora lui disse: « Firmi qui », e io firmai. Kathy aveva mandato i soldi per il biglietto e 200 dollari per me. In meno di un’ora ero già in volo, felice come una Pasqua. Lasciai Parigi appena mi fu possibile. Nient’altro che questo:

non c'è posto, non c’è posto. Fermé, fermé. Gli mostravo

i soldi ma mi davano un’occhiata ai capelli e perdevano la voglia di fare la mia conoscenza. La prima sera, con un amico, trovai una

stanza mettendomi

una

salvietta intorno

alla testa,

ma al mattino, quando scoprì perché avevo quella specie di turbante, la padrona di casa mi buttò fuori. La sera presi il treno che portava nei sobborghi e dormii nei cimiteri. Decisi di svignarmela nel Pakistan e comprai un mangiadischi e un bel mucchio di dischi; ma poi incontrai due danesi che andavano a Londra e dissi perché no e così eccomi qua. Con un amico trovai un passaggio per l’isola di Wight, dove c’era un concerto di Dylan che fu una cosa assolutamente fantastica. Non so come esprimere le mie impressioni su quello che ho visto laggiù. E’ proprio un messaggio spirituale. La sera del mio arrivo incontrai una coppia di ragazzi con certi yoyo con la luce elettrica. Rossi e verdi che si accendevano. Giravano facendo andare su e giù questi cosi ed erano i soli dai quali potevi comprare tutta la streppa che volevi. Più tardi ci fu un grande spettacolo, uno spettacolo di luci con la musica fino alle quattro del mattino in quella tenda enorme, che non era altro 251

che una fila di corpi dopo l’altra. Il giorno dopo, vicino alle bancarelle con la roba a mangiare, ci riunimmo in 15 o 20 e sedemmo tutti in cerchio a fumare una chilum, là all’aperto come se niente fosse. Non so cosa dire. C’era hascisc che arrivava da tutte le parti. Tutti quelli che mi conoscevano mi offrivano da fumare. E l’acido mi tenne in orbita per tutto il tempo che rimasi là.

L’ultimo giorno, la mattina presto, accadde una cosa che mi fece

uscire dai gangheri. Camminavo in mezzo alla folla, sotto il sole, barcollando per l’effetto dell’acido, quando incappai in una cop-

pia di ragazzi che avevano davanti a sé una grossa scatola di incenso. « Oh » dissi, « potrei avere un po’ del vostro incenso, per favore? » E quelli dissero: « No, ne abbiamo solo che basta per noi ». Ecco, mi venne una rabbia da non credere, e dissi:

«Be, non accetterei proprio un bel cavolo di niente da dei figli di puttana egoisti come voi », e mi allontanai. Mi ci vollero parecchi minuti per superare lo choc. Tutti quelli che hanno preso l’acido sanno che effetto ti fa l’odore dell’incenso, e come ti piacerebbe sentirlo in quel momento ... Quando Dylan lasciò il palcoscenico io ero calmissimo, ma nel preciso momento infcuiannunciarono! «i Non è qui » balzai isulfuna macchinetta che avevo davanti, proprio sul cofano, e mi misi a urlare: « Fatelo tornare indietro, fatelo tornare indietro. Non potete farci questo, dobbiamo riaverlo qui ». E il tizio risponde: « Indietro non ci torna. Ha fatto quello che doveva fare e se n’è andato».

« Accidenti » dico

io,

« magari

non

voleva

esagerare ».

Forse la ragione era proprio quella. Non so cosa pensare. Meglio che io smetta di pensare. Ma tutto il week-end fu una cosa fantastica. Le vibrazioni erano roba dell’altro mondo. Teri sera mangiavo

in uno Wimpy

bar. A un certo punto

sono entrati certi skinheads che sono andati a sedersi in un

angolo, in un separé, e gridavano e bestemmiavano. Sono balzato in piedi e, non so, ho fatto per inserire la mia monetin a, e quelli si son messi a dirmene di tutti i colori. Ero così con-

fuso che non so proprio cosa sia Successo, tranne che sono venuto alle mani con uno di quei tangheri. L’ho invitato fuori per regolare la questione ma quello s'è rifiutato di uscire dal locale. Allora mi sono incamminato per la strada e ne ho vista una squadra intera, 7 o 8, che si riunivano davanti al ristorante. Si son messi tutti a seguirmi. Un ragazzo che conoscevo aveva 238

una pompa sulla bici, e allora gli ho chiesto se potevo usarla un momento. Mi c’è voluto un secolo per farmela dare senza spiegargli a cosa mi serviva: per difendermi. Così sono arrivato a metà strada, con quelli che si tenevano a distanza, non sapendo

se attaccare o no. Proprio allora è volato un mattone, colpendo il marciapiede, così ho messo giù la radio e mi sono lanciato all’inseguimento. Si sono talmente allontanati che ho potuto attraversare la strada maestra. Quando non hanno potuto più vedermi, mi sono rifugiato in casa di un amico. Ho

detto a una

ragazza di guardare fuori dalla finestra, e quella ha detto che erano tutti fermi all’angolo. Dopo una decina di minuti una macchina della polizia ha fatto per accostarsi al marciapiede e quelli si sono sparpagliati in tutte le direzioni. Così ho potuto tornarmene a casa in santa pace.

Non so. Perché? Perché? Uno vuole solo praticare la sua religione, vuole solo farsi i fatti suoi, caro mio. Io non voglio

far altro che fumare, essere bello ciucco e godermi la vita. Perché è così difficile, per un uomo, respirare . . . quest’aria umida dell’Inghilterra?

239

LA POLITICA DEL GIOCO

« Tutti i Giorni la stessa cosa: Sotterranea-Lavoro-PranzoLavoro-Sotterranea-Poltrona-TV-Sonno-Lavoro. Quanto si può Resistere ancora. Uno su Cinque Diventa Matto, uno su Dieci

ha l’Esaurimento Nervoso ». Scritto su un muro di Notting Hill, 1968

FOLLIA DI MEZZA ESTATE DI UNA COPPIA Gwyn e Mary Thomas erano due colonne della loro comunità locale. Da anni lui prestava servizio in qualità di membro del consiglio dove la moglie lavorava come impiegata. Poi quel mondo piccolo e accogliente crollò intorno a loro. Si ammalarono entrambi e dovettero rinunciare ai loro posti. Sbarcavano faticosamente il lunario con una pensione settimanale di 15 sterline e i sussidi dell’assistenza nazionale ... Finché questa tranquilla coppia di mezza età decise di far baldoria. Presero alloggio allo Hilton Hotel di Londra (camera matrimoniale

più economica.

15 ghinee senza colazione).

Avevano un conto di 130 sterline prima di trasferirsi al Cumberland e al Savoy. Solo i conti per le macchine prese a nolo ammontavano a 90 sterline. Poi la signora Thomas aprì un conto da Harrods, il grande magazzino. mane

Per cinque settimane vissero da signori e in cinque settiaccumularono fatture per un importo superiore alle 700

sterline. Talmente inesplicabile è stato questo modo di agire che il giudice Phillimore, in corte d’appello, ha detto che doveva essere la conseguenza di « una qualche follia di mezza estate » ... Sono stati entrambi condannati a nove mesi. News of the World, 12 ott. 1969

243

« Sha da da da Sha

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Sha da da da Sha da da da da, Sha

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Yip yip yip yip Yip yip yip yip Mum

mum

Mum

mum

mum

mum

Va a lavorare ».

The Silhouettes-1957. Kae Williams, Inc. & Wildcat Music,

244

Inc.

« L’intera nozione di Underground è ridicola, secondo me. Cosa sia non lo so proprio. Che significa? ». Richard Ingrams, direttore di Private Eye « LAVORO = CASTRAZIONE Aderite allo sciopero gentile ». Scritto sulla statua di Eros, Piccadilly, 1969

Domanda:

Matti olandesi, strilloni del Dallas Notes, borseggiatori hippie di Monaco, astrologhi di Notting Hill, apolidi occultisti, rabbiose streghe adolescenti, « teste » d’Eton, Easy Riders, Situazionisti-Provocatori,

mistici avvistatori di UFO

(oggetti volan-

ti non identificati), titolati zingari dei fiori, trafelate Liberatrici delle Donne, nomadi surfisti a tempo pieno, peripatetici direttori mattacchioni, assi del rock che ti strappano le budella... Gli yippies davanti alla Commissione parlamentare per le attività anti-americane, vestiti da vietcong, o che gettano monetine in Borsa, o che mandano per posta 30.000 sigarette di

marijuana a 30.000 affaticate casalinghe. I parties all’acido di Otis Cook sulla pista della droga, i suoi santuari all’hippianesimo,

messi

al bando,

e i Fratelli

dell’Amore

Eterno.

Quella

chicca della piccola Kaminski (« 13 anni: che zuccherino ») decisa, con l’autostop, a raggiungere i bunker pieni di catrame della Cornovaglia. Poeti provo, galline bianche, happenings e fumo. Il Living Theatre. Dany Cohn-Bendit che si fa beffe delle frontiere

nazionali,

cantando

(stonatissimo)

l’Internazionale

in

ogni palazzo di giustizia. I radicali inglesi che mettono in ridicolo gli agenti in borghese annidati tra le loro file, sconvolgono lé investigazioni parlamentari a furia di bombette puzzolenti e si presentano nudi allo show televisivo di David Frost. Il prodigioso stregone antipodeo, Ian Channel, fondatore del FLA — Fronte di liberazione australiano per l’azione, l’amore e la libertà — e mago merlino ufficiale dell’università del Nuovo Galles del Sud. Il Folle Mondo

di Arthur Brown, Louis Abolafia e la

sua tribù di pubici candidati presidenziali, gli strilli del Lord Sutch di ieri, la decibelica anarchia dei Fugs, groub-groping e clownesca, gli Esperti Autonomi di Zurigo di Jimi Hendrix, gli Uomini della Luna della Compagnia Doggs che trincheggiano 245

col teatro partigiano nei Campi Gioco dell’Avventura, le esilaranti Ingessatrici, Tiny Tim, Mad Mel, l’Exploding Galaxy, i Grateful Dead e il tribunalizio teatro dell’assurdo della Comune K. Una poiana da Macy, Babbo Natale da Selfridges, lucciole a Bruxelles. TUTTI 1 DROP-OUTS DEL MONDO — ebbri di streppa o di speranza, l’uno dell’altro o dell’aria fina dell’Himalaya — COS’È CHE LI UNISCE? «

Risposta:

L’atteggiamento verso il lavoro. Loro ... no. «...lavorare per uno scopo è una parte necessaria di ogni impresa umana ...».

Dave Dellinger, direttore di Liberation - A Magazine of The Left, marzo-aprile 1969. L’Underground non è d’accordo. E i suoi membri non accettano neppure l’altro assioma della vecchia Nuova Sinistra: che le istituzioni repressive si possono sterminare solo con « immen-

si sacrifici, dedizione e responsabilità ». E’ questo istinto contrastante nell’ambito del Movimento a provocare tanta ostilità. I sobri, violenti, puritani estremisti della Sinistra contro i

sorridenti partecipanti alla congiura non della polvere da sparo ma della polvere che fa starnutire, pigri e innamorati. Fu questo a provocare una scissione, nel giugno del 1969, nell’annua conferenza chicagoana dell’SDS. Lo stesso mese, quando venne a Londra, Frank Zappa disse al pubblico serio serio della London School of Economics che « il potere dei fiori di quest’anno » era la rivoluzione studentesca. Non si sarebbe sentita esplodere una bomba. « Ma l’hai detto ancora » urlò uno studente soverchiando la confusione, « bisogna far qualcosa prima che l’America caghi sul mondo intero ». E Zappa rispose: « Cosa vuoi che faccia? Che stia qui seduto con un dito su per il culo? ». Il Burlone contro gli Uomini Politici. L’etica del Movimento, sostanzialmente contraria al lavoro

e favorevole al gioco, spiega per quale motivo — nonostante il ragliante civettare della Nuova Sinistra con la classe lavoratrice — di rado la relazione sbocci in un matrimonio. E’ una corte fasulla. A volte sono gli stessi giovani esponenti della Sinistra a 246

rendersene conto e a cambiare stile, come quelli che uscirono dal movimento per i diritti civili quando si accorsero che le « stesse possibilità di lavoro per i neri » per cui si battevano non significavano altro che questo: lavori che loro non avrebbero mai fatto. E i lavoratori? Non si lasciano mettere nel sacco dalle ciance degli studenti più ossequiosi. Sanno che la rivoluzione si fa per divertirsi, non per loro. E comunque non possono soffrire né la sporcizia né i capelli lunghi né i polisillabi. Questo scambio tra studenti e operai durante un Festival Rivoluzionario all’università di Essex è eccezionale solo per la sua amabilità: Studenti militanti di lavoratori edili: Noi lottiamo perché possiate avere anche voi paghe più alte. Operai: Grazie, capo, ma alla mia paga ci pensa il sindacato. È, comunque, tu campi con una borsa di studio ricavata dalle mie tasse!. Persino in Francia, dove a quanto si diceva C’era stato tra i due gruppi un rapporto quasi fraterno, Jean-Jacques Lebel può dire, nove mesi dopo la rivoluzione: « Se domani venti

studenti fossero uccisi durante una dimostrazione, credo che nei

quartieri operai l’esultare »”. 1 dialoghi se operaia sono tiera (« Chinati

della città non si sarebbe molto lontani dal

dell’Underground con molti esponenti della clasdi solito ristretti alle domande ai post: di fronun po’, ragazzo. Accendi quella lampada, Harry.

Vedi della droga lì dentro? »), alle risse davanti agli uffici del-

l’Assistenza Nazionale e alle fughe davanti ai duri, rasati skinheads (« Ma non c’è gusto a picchiare i finocchioni, perché non

1 Adattato da Solidarity, vol. 5, n. 8. I rockers che giravano per il campus non furono evidentemente ritenuti degni di essere avvicinati. Vedi lo scambio di battute tra il senatore Abe Ribicoff del Connecticut e alcuni militanti sindacali dopo il suo ritorno da un confronto alla TV col sindaco Daley di Chicago: « Sindacalista: L’abbiamo vista alla televisione, senatore, e sembrava che lei fosse per quegli hippies. Questa volta il voto non glielo diamo. Ribicoft: Senta, mettiamo che i poliziotti picchiassero suo figlio. Che ne direbbe? Sindacalista: Gli hippies picchiati dai poliziotti avevano la barba e tutti quelli che hanno la barba meritano di essere picchiati. Ribicoft: Cristo aveva la barba. Abramo Lincoln aveva la barba. Sindacalista: Bestemmie. Newsweek, 27 gennaio 1969 ». 2 Village Voice, 27 febbraio 1969.

247

rispondono, e quando li pigli a calci non fanno che rannicchiarsi su se stessi »)%.

Come possono, gli hippies, sentirsi attratti dall’idea di « radicalizzare i sindacati » quando l’implicito obiettivo — paghe più alte — a loto sembra superato? Anche se, ironicamente, è con l’ala più oppressa della classe lavoratrice che l’Underground si è spiritualmente, e in certi casi politicamente, allineato: i neri. Michael X un giorno mi disse che gli hippies erano i soli bianchi con i quali la sua gente potesse parlare. Quando era il candidato alla presidenza degli Stati Uniti del Partito Pace e Libertà,

Eldridge

Cleaver

scelse

come

vice

uno

yippie,

Jerry

Rubin. Insieme essi resero di pubblico dominio l’YIPANTHER PACT (il « patto yippantera »):

« I giovani bianchi alienati e disincantati, gli hippies, gli yippies e tutti gli anonimi drop-outs caduti dal fardello dell’uomo bianco sono alleati in questa causa umana » - Cleaver

« LSD nell’acqua potabile... Sguinzagliate una Pantera Nera negli uffici del ministero della giustizia... non date il vostro voto a un vero e proprio circo di elefanti rimbambiti » Jerry Rubin. Poi Eldridge Cleaver si ritirò dalle elezioni a favore del candidato yippie, Pigasus, ammettendo che « il porco è più forte del Cleaver ». La burla è più forte dell’uomo politico. LSD nell’acqua potabile. I sudici volantini marxisti e la retorica di seconda

mano

non metteranno fine alla fatica. Sarà una controcultura irresi-

stibile, posseduta dal divertimento, azionata dal motore del gioco.

« Sai » dice Jean-Jacques Lebel, «i giovani operai sono

con noi. Subiscono una specie di razzismo dovuto all’età. Sono

stufi del sistema e del vecchio ordine. E, sai, hanno molto in comune con gli studenti. Ascoltiamo la stessa musica, portiamo i capelli lunghi, scopiamo volentieri ...»*. Presley, la streppa * Da un’intervista concessa luglio 1969. * Village Voice, op. cit.

248

da uno

skinhead

all’inglese Rolling

Stone,

26

e la pornografia possono mobilitarli più in fretta delle mozioni sindacali, dei picnic degli apprendisti e delle promesse di fabbriche collettivizzate. Sentite questo appello ai lavoratori inglesi diffuso in occasione del Primo Maggio (Lavoratore Socialista 1969):

« Quest’anno vasta, ma

speriamo

in una partecipazione ancora più

sarà una dimostrazione

un po’ diversa.

Non

marcere-

mo su Londra per inveire contro le cosiddette cittadelle del potere. Disgraziatamente nel movimento della classe lavoratrice non c’è nessun Giosuè e le mura della borsa valori non crolleranno perché urliamo qualche slogan. DIVERTITEVI. Marceremo attraverso l’East End da Tower Hill al Victoria Park, dove ce la spasseremo. Ci saranno orchestre jazz e gruppi pop, e dunque sarà possibile ballare. Come disse un operaio edile alla prima manifestazione: ‘Al mio padrone viene un accidente quando mi piglio un giorno di vacanza. Se poi mi diverto, gliene verranno due.’ Il Potere dei Fiori al Victoria Park, nel 1969. Forse negli anni settanta avremo Mick Jagger, la marijuana e la sessualità di gruppo: allora al padrone di accidenti ne verranno tre. Mana

e il mio

diritto al lavoro?

« Mio marito è un brav’uomo, un buon padre. Passa tutta la vita pensando alla famiglia. A 47 anni di età è segnalatore di seconda classe e ora dicono che è in soprannumero. Come osano privarlo del diritto di lavorare? Nessun uomo che a 47 anni sia costretto a restare in ozio è un uomo felice né, se è per questo, un buon cittadino ». Lettera al Daily Mirror, agosto 1967 » —

Poliziotto

tedesco.

Germania Berlino, 2 giugno 1967! Parecchie migliaia di dimostranti e di osservatori assistono all’arrivo all’opera dello Scià dell’Iran. La folla comincia a disperdersi quando la polizia attacca, senza preavviso, mulinando gli sfollagente. Più di venti studenti finiscono all’ospedale e uno, Benno Ohnesborg, riceve un colpo fatale alla schiena. Unm’infermiera cerca di soccorrerlo e viene bastonata dalla polizia. Almeno quindici testimoni hanno confermato questa versione. Altri testimoni oculari indipendenti riferiscono che la polizia « cominciò ad accanirsi su singoli dimostranti e giovani spettatori, in certi casi trascinandoli, e poi picchiandoli e prendendoli a calci mentre giacevano a terra ». Il sindaco di Berlino si è detto addolorato da questo atteggiamento: « La pazienza della città è alla fine. Qualche dozzina di dimostranti, tra i quali alcuni studenti, si sono guadagnati il tristo merito di aver offeso e insultato un ospite del governo federale tedesco nella capitale tedesca; loro è la colpa del ferimento di alcuni dimostranti e agenti di polizia e della morte di uno studente ». Citato da Hermann Kai in Die Revolte der Studenten, Christian Weger Verlag, Amburgo, 1967. Berlino, Pasqua 1968 Gli studenti organizzano una dimostrazione pacifica. L’incitamento dei capi alla non-violenza è continuo. La polizia attacca, arrestando brutalmente un’anziana signora che non partecipava alla dimostrazione. « Quando ho chiesto il numero di matricola » riferisce un osservatore, professore di pianificazione urbanistica, « quattro poliziotti mi hanno aggredito, strappandomi i bottoni del cappotto e dichiarandomi in arresto ». La domenica di Pasqua i dimostranti raggiungono in macchina tre stazioni di polizia per attendere il rilascio degli studenti arrestati in precedenza. La polizia attacca gli automezzi appena arrivano, fracassando i fatîf e i finestrini e picchiando i passeggeri. Amburgo Un giovane studente viene selvaggiamente picchiato sulla testa. Dicono i giornali che ha il viso « totalmente deformato ». Monaco La maggioranza degli uomini politici della Germania Occidentale ha dato agli studenti la colpa delle violenze che hanno turbato il weekend pasquale. Un ampio sondaggio condotto tra gli abitanti di Berlino Ovest ha rivelato che l’80% della popolazione di Berlino Ovest aveva meno simpatia per gli studenti dopo le violenze che prima. Francia Parigi, maggio 1968? Un dimostrante, evidentemente privo di sensi, giaceva sulla barricata. Un uomo del CRS lo colpiva ripetutamente col manganello 1 L'Unione

dimostrazione

degli

e sugli

Studenti

sviluppi

‘Tedeschi

ha

successivi:

pubblicato

Knut

un

rapporto

Nevermann,

ben

documentato

Der 2 Juni

1967,

Pahl

sulla

Ru-

genstein Verlag, Colonia, 1967. Molte delle notizie che figurano in questa sezione sono state tolte da un documento — Student Revolts - The New Left in West Germany — di F. C. Hunnius, che in origine lo preparò per un giornale canadese, Our Generation. Hunnius ha tratto quasi tutti i suoi esempi da fonti obiettive non studentesche. Un analogo indirizzo è stato seguito per la compilazione di questa appendice. ? Le notizie che figurano in questa parte sono state tolte da un articolo di Mervyn Jones pubblicato su The New Statesman il 5 luglio 1968 e basato, a sua volta, su Le Livre Noir des Journées de Mai (Editions du Seuil) e su una serie di testimonianze

di cui Jones

ha potuto

disporre

in forma

ciclostilata.

271

mentre la barricata cominciava a bruciare. Un uomo della Croce Rossa, col simbolo sul berretto, sul petto e sulla schiena che lo rendeva facilmente riconoscibile anche da lontano, si avvicinò per cercate di spostare il ferito. Il gendarme del CRS lo colpì in pieno viso e lo mise fuori combattimento, poi tornò a lavorarsi il dimostrante che era sempre immobile. Un ragazzo bastonato mentre lo portavano alla stazione di polizia racconta che all’arrivo ... « per arrivare alle celle dovevi ancora passare tra il banco del commissariato e una fila di CRS e guardes mobiles che picchiavano molto metodicamente e con particolare brutalità. Mi colpirono alla testa, allo stomaco e alle gambe. Ma mi sforzai di restare in piedi, perché davanti a me un giovanotto cadde sotto 1 colpi e fu preso a calci e ridotto a malpartito. Poi mi spinsero in una cella di circa due metri e mezzo per quattro dove c’erano già dalle 60 alle 80 persone ... Una ragazza chiese di uscire perché si sentiva male; i CRS la fecero uscire, poi vedemmo che la picchiavano coi bastoni. Dopodiché, quando qualcuno sveniva, non avevamo nemmeno il coraggio di chiamare aiuto!». Una donna racconta come si rifugiò ivi compresa una giovane coppia:

altri,

in un appartamento

vuoto

con

alcuni

«La moglie era incinta di tre mesi. Si nascosero nel bagno, e quasi subito i CRS sfondarono la porta e si gettarono su di loro, urlando furiosamente. Io mi ero nascosta nella stanza attigua, dove per miracolo non entrarono mai. Sentivo la ragazza gridare ‘Sono incintal’; e sentivo che quelli la picchiavano urlando ‘Presto lo vedrai se sei incinta, puttana!’ Tralascio i particolari, potrei continuare per dieci pagine. Picchiarono suo marito fino a fargli quasi perdere i sensi, picchiarono un altro ragazzo e li portarono via tutt’e due, lasciando la ragazza incinta mezzo svenuta sulla soglia, con la testa coperta di contusioni

e in stato di choc.

Mentre

l’aiutavo

a rialzarsi

gridò:

‘Mio

marito,

mio marito, l’ammazzeranno, ha già il cranio fratturato’. Uscimmo sul pianerottolo e al primo piano si aprì una porta. Un signore ci disse di entrare in fretta ... Restammo là, al buio, fino alle cinque del mattino, il palazzo era circondato. Per tutto quel tempo li vedemmo picchiare i feriti, arrestare la gente che tornava a casa da sola, provocarla, e alla fine lanciare granate negli appartamenti. Non fu possibile cercare aiuto fino alle cinque. La ragazza incinta cominciò ad avere delle contrazioni e l’infermiera che la visitò disse che correva pericolo di perdere il bambino. La portarono subito all’ospedale e da allora non ho saputo più nulla di lei ».

di

Un’infermiera Beaujon:

fu

tratta

in

arresto

e

condotta

al

centro

d’internamento

« Scendemmo dall’autobus e ci picchiarono; poi, passando tra due file di CRS, raggiunsi uno stadio cinto da una barriera di filo spinato. Attesi, sotto la pioggia. Di tanto in tanto i furgoni dei CRS scaricavano uomini e donne, colpiti o intossicati dal gas, con bruttissime ferite alla testa, braccia rotte, ecc. Con grande violenza, in particolare, erano trattati i cinesi, i vietnamiti e i neri. Poi ci condussero dentro uno alla volta. Un uomo del CRS disse: ‘Vieni qui che ti faccio la pelata, ricciolina’. E mi colpì. Intervenne un ufficiale, ma alla ragazza davanti a me tagliarono tutti i capelli. Mi portarono in una cella che misurava tre metri per sei. Dopo cinque ore conteneva 80 persone. Dovevamo stare in piedi. Vedevo il cortile; passò un giovanotto, mezzo nudo, con le gambe lacerate dai colpi di bastone, sanguinante: si teneva lo stomaco e orinava dappertutto. Una ragazza che era stata con lui mi disse

212

che quelli del CRS lo avevano picchiato finché non era svenuto, poi lo avevano svestito e percosso sugli organi sessuali finché la pelle non era caduta a brandelli. Arrivarono alcune ragazze, tra le quali una studentessa di 16 anni che ci disse di essere stata arrestata dai CRS a St Michel. La caricarono su uno dei loro furgoni e in quattro la violentarono. Mi disse che aveva dovuto lasciarli fare, altrimenti l’avrebbero picchiata e le avrebbero rasato la testa. Aveva i vestiti a brandelli ed era piena di contusioni. Un’altra ragazza piangeva, aveva un dito rotto. Dovette aspettare 18 ore in quella cella prima che la portassero in infermeria per prestarle le cure necessarie; dopodiché la riportarono in cella ». Stati

Uniti

Chicago, agosto 1968 Il sindaco Daley di Chicago, il Cecil B. de Mille della violenza, fece un’accoglienza indimenticabile alla gioventù d’America intervenuta alla Convenzione Democratica dell’agosto 1968. L’occasione fu onorata da una partecipazione straordinariamente folta di giornalisti, molti dei quali si trovarono sulla traiettoria dei manganelli della polizia. Le loro lacrime colarono sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo. Max Hastings dell’Evening Standard londinese finì in prima pagina con questo servizio: «... i poliziotti calavano le mazze sulla massa umana, mirando tra le gambe, alla testa, alle spalle: dappertutto. Usavano sostanze chimiche aerosolizzate per ridurli all’impotenza e continuavano a picchiarli quando erano distesi per terra ... dopo gli avvenimenti svoltisi a Chicago nelle ultime dodici ore non sarà mai più possibile pensare alla città o al sindaco Daley senza provare un leggero senso di nausea® ». Nello stesso numero, James Cameron scriveva: «... a Parigi, Berlino, Hong Kong, e persino a Londra, è in atto, e lo si ammette, una reazione contro barbe, collane e tutto ciò che riguarda i giovani d’oggi. Direi che non l’ho mai vista sistematizzata così freddamente e crudelmente come qui a Chicago ». Ecco alcuni passi, brevi e presi quasi a caso, tratti dal voluminoso Rapporto Walker alla Commissione nazionale sulle cause e la prevenzione della violenza‘. « Un ‘ragazzo’

sacerdote sui

che

quattordici

si o

trovava quindi

in mezzo anni,

bianco,

alla

folla

che,

dice

ritto

sul

di

aver

tetto

di

visto

un

un’auto-

mobile, urlava qualcosa d’incomprensibile. A un tratto un poliziotto lo tirò già dalla macchina e lo scaraventò a terra colpendolo tre o quattro volte col manganello. Altri poliziotti si unirono a lui ... e finalmente lo caricarono su un furgone della polizia. Una donna ben vestita assisté capitano di polizia che si trovava poliziotto le si accostò da tergo e le letta all’aerosol. Quindi le menò al suolo. Poi, con l’aiuto di altri cellulare e ve la chiuse dentro »°.

and

all’incidente e si nelle vicinanze. spruzzò qualcosa un colpo sulla due poliziotti, la

3 Evening Standard, giovedì 29 agosto 1968. 4 Rights in Conflict, The Walker Report to the National Prevention of Violence. Ediz. italiana Mondadori.

rivolse protestando a un Mentre parlava, un altro in faccia con una bombotesta, facendola crollare trascinò fino allo stesso

Commission

on

the

Causes

Ss Ibid. p. 10.

273

Il nastro con le comunicazioni radio registrate dalla polizia riporta seguente scambio di battute verificatosi all’1,29 di martedì mattina: CENTRALINO POLIZIA: VOCE: CENTRALINO:

« 1814, mandate un’ambulanza hippie ferito ». « 1436 North Wells? » « North Wells ».

qui

al

1436.

Abbiamo

il

uno

In rapida successione, ecco le battute di altre cinque macchine della polizia: « Questa non è un’emergenza ». «Si attacchi al tram ». « Prendetelo a calci nel culo ». « Buttategli giù i denti ». « Mettetelo nel cesso e tirate la catena »°. Winston S. Churchill II, inviato speciale dell’Evening News di Londra, la prima carica della polizia quando, ricordano, videro un agente in borghese la prima carica della polizia quando, ricordano, videro un agente in borghese afferrare una dimostrante e picchiarla con uno sfollagente. Corsero entrambi in aiuto della ragazza e invitarono l’uomo a fornire le proprie generalità. Il risultato fu che Auchincloss venne colpito due volte dall’agente in borghese, e Churchill fu buttato a terra. Mentre si alzava, un poliziotto in sella a motocicletta munita di sidecar li caricò, inchiodandoli per un momento contro il muro dell’albergo”. Secondo il Rapporto Walker, il « peso della violenza fu in modo schiacciante dalla parte della polizia »; proprio come lo studio del professor Skolnik, «The Politic of Protest »‘, più completo e approfondito del Rapporto, concludeva che in America « quasi tutte le violenze che si sono verificate durante le dimostrazioni di massa sono la conseguenza non di una scelta consapevole di una tattica da parte dei dimostranti ma delle misure prese dalle pubbliche autorità per disperderli e castigarli ». Berkeley, maggio 1969 «Con i 51 di ieri, il totale degli arresti sale a 272. Le denunce della brutalità della polizia, simili a storie dell’orrore, continuano ad acquistare credito. Il venticinquenne James Rector è morto, Alan Blanchard ha. perduto la vista e dozzine di persone sono state gravemente ferite nei disordini ... Frank Madigan, sceriffo della Contea di Alamedia e responsabile di tutte le attività della polizia, ha difeso l’uso delle armi da fuoco da parte degli uomini del suo dipartimento dicendo che ‘quando si è in ballo bisogna ballare’ ». Evening Standard

6 Tbid.

p.

183.

7 Ibid. p. 323. di

$ The Politics of Protest, 1969, preparato dal professor Jerome Skolnik, direttore un’equipe di ricercatori sugli « aspetti violenti della protesta e della contestazione ».

274

APPENDICE SECONDA ANNUARIO INTERNAZIONALE DELLA STAMPA UNDERGROUND

UNDERGROUND PRESS SYNDICATE — AMERICA Box 26, Greenwich Office, New York, 10014. Box 1832, Phoenix, Arizona, 85001.

Village

Post

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277

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E

CANADÀ

ABAS: 420 Summer Avenue, Newark, NJ 07104, USA. ALBANY LIBERATOR: 172 N. Pearl St., Albany, NY 12207, USA. ALICE: Box 459, Blackbury, Virginia 24060, USA. ALTUS: c/o James Skilman, 1130 Piedmont Avenue, NE, No. 32, Atlanta, Georgia 30309, USA. AMERICAN AVATAR: 27 Fort Avenue, Roxbury, Mass. USA. AMERICAN DREAM: Box 820, Tempe, Canadà. ‘THE AMERICAN EXILE IN CANADÀ: Box 759, Station F, Toronto 5, Canadà. ANARCHOS: Box 466, Peter Stuyvesant Station, New Yor 10009, USA. ANVIL: Box 1148, Durham, NC 27702, USA. ASPECTS: Box 3125, Eugeno, Oregon 97403, USA. Old Market News, 1112 Howard Street, Omaha, Nebraska 68102, O SA. ASTRAL PROJECTION: P.O. Box 4383, Albuquerque, New Mexico 87106, USA. aum: 6922 Hollywood Boul., Cal. 90028, USA. AVALANCHE: 2315 A. Russel, Berkeley, California, USA. AVANT GUARDE: 110 W. 40th Street, New ork, NY 10018, USA. THE BIG STINK: c/4 Jamie Groccia, 10 Macomb, Plattsburgh, New York, USA. THE BIG US: c/o The Outpost, 13037 Euclid Avenue, Cleveland, Ohio, USA. BLACKSBURG FREE PRESS: Box 459, Blacksburg, Virginia 24060, USA. THE BLACK OBSERVER: 757 Kaighns Avenue, Camden, NY 10010, USA. THE BLACK PANTHER: & A BLACK COMMUNITY NEWS SERVICE: Black Panther Party, Ministry of Information, Box 2967, Custom House, San Francisco, Calif. 94126, USA. THE BOND: Rm 633, 156 Fifth Avenue, New York, NY 10010, USA. BROADSIDE: P.O. Box 4219, San Rafael, Calif. 94903, USA. CAMPUS UNDERGROUND: Campus Publications, 401 1/2 Main Street, Cedar Falls, Iowa 50613, USA. CANADIAN DIMENSIONS: Box 1413, Winnipeg 1, Manitoba, Canadà. CAPITAL EAST GAZETTE: 109 S. Street, NE, Washington DC 20002, USA. CAW: Box 333, Cooper Station, New York, NY 10003, USA. CHANGES: 5419 Foothill Boul., Oakland, Calif. 94601, USA. CHANGES: 80 Fifth Avenue, New York, NY 10017, USA. CHEVRON: University of Waterloo, Waterloo, Ontario, Canadà. cIRCcUS: 201 E. 42nd Std., New York, NY 10011, USA. COMMON SENSE: First Unitarian Universalist Church, 245 Porter Lake Drive, Springfield, Mass. 01106, USA. USA. COUNTERPOINT: 1201 Illinois Avenue, Stevens Pt., Wisconsin 54481, THE DAILY MEADOW MUFFIN: 41 Park Row, New York, NY 10038, USA: DAILY WORLD: 205 W. 19 St., New York, NY 10011, USA. DAMASCUS FREE PRESS: 24524 Fossen Street, Damascus, Maryland, USA. DIRECTORY OF LITTLE MAGAZINES & SMALL PRESSES: Box 123, El Vetrito, California 94530, USA. DOUGLASTON FREE PRESS: 40-24 Main Street, Douglaston, NY 11363, USA. DRUM: c/o Gilbert Moses, Ft Freen Community, 649 Fulton Street, Brooklyn, New York 11217, USA. EGG: 11 1/2 Spadina Rd., Toronto 4, Canadà. ELECTRIC NEWSPAPER: 875 E. 9 St., Salt Lake City, Utah 84105, USA. EL GALLO: 1265 Cherokee St., Denver, Colorado 80204, USA. EL GRITO DEL NORTE: Box 466, Fairview Stn, Espafiola, New Mexico, USA. ENTMOOT: 64 Taylor Drive, Fairfax, Cal. 94930, USA. FATIGUE PRESS: c/o Oleo Strut, 101 Ave. D, Killeen, Texas 76541, USA. FEATHERSWORD: P.O. Box 1648, Gulfport, Mississippi, 39501, USA. FERAFERIA: 3737 Canyon Crest Road, Altadena, California 91001, USA.

279

FILM CULTURE: Box 1499, New York, NY 10001, USA. FIRING LINE: c/o Join Community Union, 4401 N Broadway,

60640, USA.

Chicago,

Illinois

THE FIRST ISSUE: 308 Stewart Ave., Ithaca, NY 14859, USA. FOCUS MIDWEST: Box 3086, St Louis, Missouri 63130, USA. FORT LAUDERDALE FREE PRESS: P.O. Box 23584, Ft. Lauderdale, Fla. 33165, USA. FOUNTAIN OF LIGHT: P.O. Box 69, El Prado, New Mexico, USA. FREEDOM INFORMATION CENTRE: c/o Jan Hillegas, Tougaloo, Miss. 39174, USA. FREE PAGAN TORCH: Box 3932, Rosedale Stn, Kansas Ciyt, Kansas 66103, USA. THE FREE YOU: Midpeninsular Free University, 1061 El Camino Real, Menlo Park, California 94021, USA. FTE: Nowhat Co., 5228 Hollywood Blvd., Los Angeles, Calif. 90027, USA. FUSION: 0899 Boyleston St., Boston, Massachusetts 02115, USA. GAY POWER: 105 Second Avenue, New York, NY 10003, USA. GLEBE: Box 1056, Greenfield, California 93927; USA. GOTHIC BLIMP WORKS: 116 St Marks Place, New York, NY 10009, USA. GRASS ROOTS FORUM: Box 472, San Gabriel, California 91778, USA. GUARDIAN: 197 East 4 Street, New York, NY 10009, USA. GUERILLA: c/o Allan Van Newkirk, 1107 W. Warren, Detroit, Michigan 48201,

USA.

THE

HARD CORE: End Avenue,

HARD TIMES:

Columbia SDS Newspaper, c/o New York, NY 10025, USA.

Morris

Grossner,

780

West

P.O. Box 3573, Washington DC 20007, USA.

HAWAII FREE PRESS: Box 352, Haleiwa, Hawaii 96712, USA. HORSESHIT: Scum Publishing Co., Box 361-E, Hermosa Beach, Calif., USA. I.F. STONE’S WEEKLY: 5618 Nebraska Avenue, NW, Washington DC 20015, USA. THE IMAGE: 4514 Fountain, Hollywood, California 90029, USA. INDEPENDENT EYE: c/o Alex Varonne, Antioch Union, Yellow Springs, Ohio

45387, USA.

INDIANAPOLIS FREE PRESS: P.O. Box 88253, Indianapolis, Indiana, USA. INNISFREE: Rm. W20/485, 84 Massachusetts Avenue, Cambridge, Massachusetts

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INQUISITION: 716 Bertonly Avenue, Charlotte, N. Carolina 28211, USA. INSTITUTIONAL GREEN: 865 West End Avenue, New York, NY 10025, USA. JAZZ & POP: 1841 Broadway, New York, NY 10023, USA. IS CURRE NT: Suite 601, 22 E. 17 Street, Apt. 3, New York, NY 10003,

THE JONES FAMILY GRANDCHILDREN: Box 2626, Norman, Oklahoma 73069, USA. JOURNAL OF THE RESISTANCE: c/4 New England Resistance, 27 Stanhope Street, Boston, Massachusetts 02116, USA. KARMA: 4373 Wayside Drive, So., Saginaw, Michigan 48603, USA. KISS: 105 Second Avenue, New York, NY 10003, USA. LANCASTER FREE PRESS: Box 592, Lancaster, Pennsylvania 17604, USA. LA RAZA: 2445 Gates Street, Los Angeles, California 90031, USA. THE LAST HARASS: Box 2994, Hill Sta., Augusta, Ga. 30904, USA. LE CHRONIC: 158 Highland, Roxbury, Massachusetts 02119, USA. LEVIATHAN: 250 Mullen Avenue, San Francisco, California 94110, USA. LONG BEACH FREE PRESS: 326 Locust, Long Beach, Calif. 90812, USA. EL MALCRIADO: Box 130, Delano, California 93215, USA. MARIJUANA REVIEW: LeMar International, Box 71, Norton Hall, Sumy, Buffalo, New York 14204, USA.

MARK TWAIN COLUMN:

c/o Prisoners Information and Support Service (PISS),

P.O. Box 387, Boston University Station, Boston, Massachusetts 02215, USA. THE MILITANT: 873 Broadway, New York, NY 10003, USA. MILWAUKEE COURIER: c/o David Novick, 2118 W. Fond du Lac Avenue, Milwaukee, Wisconsin 53206, USA. I MINORITY OF ONE: Box 544, Passaic, NY 07055, USA.

280

MINORITY REPORT: P.O. Box 252, Dayton, Ohio 45401, USA. MONTHLY REVIEW: 116 W. 14 St., New York, NY 10011, USA. MOUNTAIN FREE PRESS: Box 304, Denver, Colorado 80201, USA. THE MOVEMENT: 55 Colton Street, San Francisco, Calif. 94103, USA: MOVEMENT FOR A DEMOCRATIC SOCIETY (MDS) NEWSLETTER: Box 57, Cathedral Sta, New York, NY 10025, USA. NEGED HAZEREM: c/o Hashomer Hatzair, 150 Fifth Avenue, New York, NY 10011, USA. un PON TIMES: Box 160 RFD No. 3, Brattleborough, Vermont 05301, THE

Ea HARD TIMES: Box 3272, 6515 Wydown Blvd., Clayton, Mo. 63105, USA. NEW LEFT NOTES: 1608 W. Madison St., Chicago, Illinois 60612, USA. NEW PATRIOT: 308 Stewart Avenue, Ithaca, NY 14850, USA. NEW PENELOPE: Box 8473, Phoenix, Arizona 85001, USA. NEWS FROM NOWHERE: P.O. Box 501, Dekalb, Illinois 60115, USA. THE NEW SOUTH STUDENT: Box 6403, Nashville, Tennessee 37212, USA. NEW YORK FREE PRESS: 200 W. 72 St., New York, NY 10023, USA. NEW YORK HERALD TRIBUNE: 110 Riverside Drive, New York, NY 10024, USA. NEW YORK HIGH SCHOOL FREE PRESS: 208 W. 85 St., Apt. 2E, New York, NY 10023, USA. THE NEW YORK REVIEW OF SEX: Suite 23, 200 W. 72 St., New York, NY 10023, USA. ; NEW YORK SCENES: 377 Park Avenue S, New York, NY 10011, USA. NOLA EXPRESS: Box 2342, New Orleans, Louisiana 70116, USA. NORTH

AMERICAN

CONGRESS

ON

LATIN

AMERICA

(NACLA)

Cathedral Sta., New York, NY 10025, USA. NORTH WEST PASSAGE: 2616 Maplewood Avenue, 98225,

NEWSLETTER:

Bellingham,

Box

57,

Washington

DC

USA.

OBERLIN OTHER: 285 E. College St., Oberlin, Ohio 44074, USA. OLD MARKET PLACE: 208 Kentucky Avenue, Paducah, Ky., USA. OLD MOLE: 2 Brookline, Cambridge, Massachusetts 02140, USA. omM: c/o Roger Priest, US Navy, P.O. Box 1033, Washington DC 20013, USA. THE OPEN DOOR: 1021 E. Wright, Milwaukee, Wisconsin 53212, USA. ORPHEUS: Bin 1832, Phoenix, Arizona 85001, USA. OUR GENERATION: 3837 Boul. St Laurent, Montreal 18, Quebec, Canadà. oUTCRY: Radical Student Union, Eshleman Hall, UC, Berkeley, Cal., USA. THE PAPER: Box 4576, Toledo, Ohio 43620, USA. PAPER HIGHWAY: c/o Rich Balagur, 169 Nott Terrace, Schenectady, NY 12308, PEACE BRAIN: 3430 N. Elaine PI., No 2, Chicago, Illinois 60657, USA. PEACEMAKER: 10208 Sylvan Avenue, Cincinnati, Ohio 45241, USA. THE FREE MAGAZINE OF THE PEACE AND FREEDOM PARTY: 619 South Bonnie Brae, Los Angeles, California 90057, USA. THE PEOPLE YES: 154 E. 11 Avenue, Columbus, Ohio 43201, USA. PHILADELPHIA FREE PRESS: 1237 Vine Street, Philadelphia, Penn., USA. PITTSBURGH POINT: Box 7345, Pittsburgh, Pennsylvania 15213, USA. PLAIN TRUTH: Box 2148, Sta. A, Champaign, Illinois 61920, USA. PLANET: Media Research Institute, 746 Brannan St., San Francisco, California 94103, USA. PLEASURE: 200 W. 20 St., New York, NY 10011, USA. PRISM: 311 Green Annex, Princeton, NY 08540, USA. PROBE: 701 Bolton Walk 101, Goleta, California 93107, USA. PTERODACTYL: Grinnel College, Grinnel, Iowa 50112, USA. PUNCH: c/o Paper Book Center, 569 Main St., Worcester, Mass. 01608, USA. QUICKSILVER TIMES: 1932 17 St., NW, Washington DC 20009, USA. RADICAL AMERICA: 1237 Spaight St., Madison, Wisconsin 53703, USA.

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RADICALS

IN

THE

PROFESSIONS

NEWSLETTER:

c/o

REP,

Box

625,

Ann

Arbor,

Michigan 48108, USA. RAMPARTS: 495 Beach, San Francisco, California 94133, USA. THE REALIST: 595 Broadway, New York, NY 10012, USA. THE REBEL: An Exile Publication, Box 611, Station H, Montreal, Quebec, Canadà. A REBIRTH OF WONDER: 41 W. 72 St., New York, NY 10023, USA. RESISTANCE PRESS: Box 592, Chicago, Illinois 60690, USA. THE ROACH: Box 352, Haliewa, Honolulu, Hawaii 96809, USA. THE ROAD: Box 352, Haliewa, Honolulu, Hawaii 98762, USA. ROLLING STONE: 746 Brannan St., San Francisco, Cal. 94103, USA. SAGE: P.O. Box 1741, Santa Fe, New Mexico, USA. SALAAM: c/o Martin Greenhut, 68 So. Broadway, Nyack, NY 10960, USA. SCIMITAR: 308 Stewart Avenue, Itacha, NY 14850, USA. SCREW: P.O. Box 432, Old Chelsea Sta., New York City, NY 10011, USA. THE SEARCHER: c/o Dave Perry, 115 Suffolk Road, Wellesley, Massachusetts 02181,

SECOND

USA.

LOOK:

York,

NY

c/o

University

10027,

Christian

Movement,

475

Riverside

Drive, New

USA.

SHAKEDOWN: Fort Dix, New Jersey, USA. SHORT TIMES: Fort Jackson, South Carolina, USA. SNATCH: P.O. Box 31075 Diamond Heights, San Francisco, Cal. 94131, USA. SOMETHING: c/o John Sara, 1002 Broadview Ave., Toronto 6, Ontario, Canadà. SOUTHERN PATRIOT: 3210 W. Broadway, Louisville, Kentucky 40211, USA. SPACE CITY NEWS: 1217 Whichita, Houston, Texas 77004, USA. sPECTRUM: 1047 31 St., NW, Washington DC 20007, USA. ST LOUIS FREE PRESS: 4487 McPherson Ave., St Louis, Mo., USA. STREET NEWS: Box 4576, Toledo, Ohio, USA. STUDENT TIMES INC.: 719 Boyleston St., Boston, Mass. 02116, USA. STUDENT VOICE: Apt. 4, 501 W. 121 St., New York, NY 10027, USA. TAKE ONE: P.O. Box 1778, Station B, Montreal 110, Canadà. . THE UNGARBLED WORD: 918 Kerlerec St., New Orleans, La. 70116, USA. THE WALRUS: 1312 W. Main St., Urbana, Illinois 61801, USA. THIS MAGAZINE IS ABOUT scHooLs: c/o S. Spinks, 84 Aua Rd., Toronto 10, Ontario, Canadà. TRANS-LOVE ENERGIES: 1510 Hill St., Ann Arbor, Michigan 48104, USA. TRAVELLERS DIRECTORY: 5104 39 Ave., Flushing, New York, NY 11377, USA. VERITAS: Box 381, Boonton, NY 07005, USA. VETS STARS AND STRIPES FOR PEACE: 1608 W. Madison St., Chicago, Illinois 60612, USA. VIETNAM GI: Box 9273, Chicago, Illinois 60690, USA. VILLAGE VOICE: Sheridan Sq., New York, NY 10014, USA. VOCATIONS FOR SOCIAL CHANGE NEWSLETTER: 2010 B. St., Hayward, California 04541,

USA.

WHOLE EARTH CATALOGUE: Portola Institute, 558 Santa Cruz, Menlo Park, California 94025, USA. WORCESTER PUNCH: Box 352, Worcester, Massachusetts 01601, USA. WORLD COUNTDOWN: 1209 N. Western Ave., Hollywood, California 90029, USA. ONES c/o Jo Anne Wallace, Antioch Union, Yellow Springs, Ohio 45387, XANADU: c/o P. Rothschild, 204 N. Rockhill Road, Webster Groves, Montana 63119, USA? ZAP comMIX: Print Mint, 830 Folger Ave., Berkeley, Calif. 94710, USA.

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PUBBLICAZIONI

INTERESSANTI

EUROPA

E

ALTRI

PAESI

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PsY: in Westerstraat 235, Amsterdam, Olanda. ROLLING STONE: 19 Hanover Square, London W1, Inghilterra. ROUNDABOUT: 40 Abbey House, Victoria Street, London SW1, Inghilterra. SETTANTATRÈ: V. Calzolari 11, 50061 Compiobbi, Firenze, Italia. SHILLING PAPER: Queen’s College, Cambridge, Inghilterra. SOLIDARITY: c/o H. Russel, 53A Westmoreland Road, Bromley, Kent, Inghilterra. SOLSTICE: 21A Silverstreet, Cambridge, Inghilterra. sSUCK: c/o Alexander Boerstraat, 30 Amsterdam, Olanda. SUPERLOVE: Larsbjornstraede 13, 1454 Copenhagen, Danimarca. SYNIC: Room 209, Abbey House, Victoria Street, London SW1, Inghilterra. SYNTHESIS: 11 Florence Street, London N1, Inghilterra. TIME OUT: 70 Princedale Road, London W11, Inghilterra. UBU NEWS: 54 George Street, Redfern 2016, NSW, Australia. VITO: Box 2025, Curacao. WORM: The Students Union, Hull University, Inghilterra.

284

APPENDICE TERZA IN VIAGGIO: TRASPORTI ERBA ALLOGGI

Trasporti Istanbul, come dicono i libri di geografia, è la porta dell’Oriente, e facendo un uso giudizioso degli autobus e dei treni locali è possibile viaggiare da Istanbul a Katmandu con una spesa di 12 sterline (circa 18.000 lire). I beats più intrepidi e i giornalisti col « prurito di Marco Polo » preferiscono ancora fare l’autostop, sebbene sia snervante, pericoloso e un’enorme rottura di scatole. Cercate di viaggiare con una ragazza o un compagno biondo di capelli. Una lunga parrucca bionda può servire. Un ragazzo australiano ha fatto l’autostop da Bondi a Londra con un oggetto comprato in un negozio di scherzi: un bel paio di gambe di gomma, gonfiabili. C’è una quantità di autocisterne, ma l’autista vuol essere pagato. Più comodi gli autotreni diretti Mercedes che vanno da Monaco a Teheran senza fermarsi mai. A Teheran potete anche mettervi in saccoccia una cinquantina di sterline (75.000 lire) se « importate » una macchina dalla Germania per un commerciante locale. Assicuratevi di non dover pagare i diritti doganali di tasca vostra. Da questo punto fare l’autostop diventa ancora più arduo, e quasi tutti gli automobilisti vorranno essere pagati. Se vi scaricano tra Mashed, Kandahar e Kabul vi troverete in mezzo al deserto. La più affascinante è la strada che attraversa il nord dell’Afghanistan (passando da Mazar-i-Sharif), anche se certe volte è intransitabile. Le corriere per Kabul prendono l’altra, quella che passa da Kandahar. Da Kabul ad Amritsar prendete la corriera o fate l’autostop, a meno che indù e musulmani non siano di nuovo in guerra: nel qual caso non vi lasceranno passare il confine. (Gli uni dando naturalmente agli altri la colpa del rifiuto). Le aviolinee afgane vi permettono di sorvolarli con poca spesa. Una volta in India, servitevi del treno. Gli scompartimenti di terza classe sono in netto contrasto con le norme umanitarie della convenzione di Ginevra, ma siccome quasi tutti gli autostoppisti riescono a viaggiare a sbafo, non ci si deve lamentare. Guardate fermamente negli occhi il controllore indiano e dite: « Non pago ». Se ne andrà. Se insiste, chiedetegli: « Non ci siamo per caso conosciuti a Oxford? ». Ai meno scrupolosi ricordiamo che la tessera studentesca fasulla ridurrà la tariffa di terza classe a un’elemosina: ma le formalità burocratiche alle quali dovete sottostare per ottenere la concessione rendono Kafka uno scherzo. A ogni stazione vi rianimeranno con economiche tazze di tè in recipienti di terracotta da buttar via, dove il liquido ha un sorprendente potere amfetaminico. A Katmandu potete scegliere tra gli autobus, le biciclette e il farsi portare in groppa dagli sherpa. Da Calcutta a Bangkok, volate United Burmese Airways (che sarebbero le aviolinee birmane). Le loro tariffe sono inferiori di 10 sterline (15.000 lire) a quelle della IATA, e con un tesserino studentesco avrete un’altra riduzione di 10 sterline. La Tailandia è il paradiso degli autostoppisti. Le macchine faranno una conversione a U per avere il privilegio della vostra compagnia: e non vogliono quattrini, a differenza degli arabi. Quando farete l’autostop verso Vientiane, nel Laos, prenderete probabilmente una grossa autocisterna della Shell che va a rifornirsi di oppio o un noioso autotreno carico di legname. Nel nord della Tailandia state attenti. A volte i guerriglieri comunisti attaccano le corriere e derubano i passeggeri. Prima ammazzano il conducente, poi abbordano il veicolo come gli apaches di Hollywood. Un viaggiatore che non ha voluto consegnare l’orologio è stato giustiziato su due piedi. In questa zona si registra la scomparsa di parecchi viaggiatori. Se volete evitare di pagare il biglietto: 1) fingete di non capire cosa vuole il bigliettario, facendo al tempo stesso una gran scena, con urla e frenetiche gesticolazioni, e il bigliettario vi lascerà subito in pace; 2) indicate un altro europeo e dite che ha già pagato lui. Lui, a sua volta, potrà indicare voi. Questi due trucchi sono comuni in tutto l’Oriente, ma in Tailandia non dovrete pagare comunque. Non perché il

287

ministero dei trasporti sia particolarmente generoso, ma perché i tailandesi sono troppo educati per invitarvi a farlo. Nel Laos non ci sono molti veicoli ai quali chiedere un passaggio, tranne gli aerei americani di soccorso che lanciano provviste ai contadini. Un terno al lotto, ma molti vi sono riusciti.

Bollettino della droga «Se

ti tira

su,

va

sempre

bene ». Anonimo

Quest’indagine è necessariamente personale e incompleta. con la stagione, la natura del mercato e la vostra ingenuità.

I prezzi variano

Marocco Il kif è stato il prodotto principale degli agricoltori di Ketama, una città sui monti del Rif occidentale, per generazioni. Qui non è illegale coltivarlo, perché è l’unica coltura possibile sugli erti versanti dei colli; è però illegale trasportarlo. « Come lascia la zona di Ketama, comincia la caccia: se supera il blocco, la partita raggiunge direttamente il consumatore, per i canali ordinari. Se finisce in mano alle autorità, la strada che la porterà al consumatore sarà necessariamente più tortuosa » (Paul Bowles in The Book of Grass). Le carenze talvolta riscontrabili a Tangeri e Marrakesh vanno attribuite direttamente a sporadiche esplosioni di attività contro le carovane da parte del governo: esplosioni di attività in genere ispirate dagli americani. A Ketama potete comprare direttamente dagli agricoltori fusti di kif grezzo lunghi un braccio, appena tagliati e della grossezza di una biro, per 10 dirham (1300-1400 lire) al chilo. Mondati: 20-30 dirham (2700-4000 lire). A Marrakesh la stessa roba vi costerà 50-70 dirham (6000-8700 lire). Un pacchetto di kif misto a tabacco costa circa un dirham e mezzo (180 lire): tre cucchiaini da tè. I dolci e i pasticcini all’hascisc costano un dirham (120 lire). Il polline è una specialità di Ketama, e qualche volta si trova anche a Tangeri. La scorta di una settimana sta in una scatola di fiammiferi e costa un migliaio di lire. Potete spargerlo sul pane e marmellata, scioglierlo nel tè alla menta, mescolarlo alla cioccolata in tazza. Compresso (dopo essere stato inumidito con un po’ d’acqua e farina) tra due fogli di carta sigillati e chiuso in una busta, è un dono ideale per gli amici rimasti nella grande città. Si raccomanda in particolar modo la marjoon: una specie di pasta, mescolata con le foglie — non le gemme — della pianta, che a volte contiene anche una certa dose di oppio. Istanbul

Ce n'è fin che si vuole, ma attenzione!

(Vedi I caduti sulla pista della

droga, pp. 217-22). L’hascisc migliore viene da Antep e Bursa. Direttamente dal coltivatore, 30

dollari al chilo, che salgono a 100 a Istanbul, dove in genere lo mescolano con erba

di seconda qualità. La qualità meno buona

può

essere

acquistata

per

50-60

dollari

al chilo.

A tutti i reati connessi alla droga si fa molta pubblicità sui giornali turchi.

288

La crescente preoccupazione espressa dalle autorità turche corrisponde alla crescente influenza americana e all’aumento degli aiuti economici da parte degli

Stati Uniti.

Pakistan Erba:

15 dollari al chilo.

Nepal Il famoso negozio governativo quota l’ancor più famoso hascisc « blu» nepalese a una rupia la tola; con 500 lire ti compri una pallottola dell’hascisc migliore del mondo. Se è troppo oleoso, tienilo sopra una candela. Dolciumi all’hascisc, 40 lire il pezzo. Pasticcini all’hascisc, 60 lire. Afghanistan Kabul: l’hascisc è in vendita a pacchetti tipo Spearmint. (« Vi aiuta a fare qualunque cosa, o quasi »). L’hascisc è meno caro a Mazar-i-Sharif, nel nord del paese, dove costa 12 dollari al chilo. Qui si trova anche l’hascisc depose, a 30 dollari al chilo. Da Herat, deliziosi pasticcini all’hascisc a 200

ire

l’uno.

India Le leggi, e di conseguenza i prezzi, variano da stato a stato. Calcutta vanta una rivendita di oppio e « charas ». A Madras lo si può comprare in pacchetti tipo gomma da masticare a 70-80 lire l’uno.

Alcuni

metodi per fumare Evitate le vistose hookah dei negozi per i turisti. Se non avete un autentico narghilé egiziano, fatevi la vostra pipa ad acqua coi ricambi del Butangas. Praticate, nella parte superiore, un foro abbastanza largo perché ci passi il tubo. Un forellino piccolo da un lato, a 3/4 dell’altezza, e uno più grande dall’altro, sempre a 3/4 dell’altezza. Schiacciate la bombola verso l’interno intorno ai due fori laterali. Infilate il tubo o sebsi, nel foro superiore e fatelo arrivare fino a due o tre centimetri dal fondo. Suggellate questo foro con un po’ di cera o plastilina e aggiungete, nella parte superiore, il fornelletto per l’hascisc (pe. una chilum). Riempite d’acqua e mettetevi a fumare. Quando fumate

questa

pipa state attenti a tenerla diritta:

accostate la bocca

al terzo foro,

chiudete il secondo con un dito e aspirate, dapprima lentamente, finché non sentite il fumo che gorgoglia nell’acqua. Poi aspirate con più forza fino a riempirvi completamente i polmoni con un’ultima lunga tirata. Cbhilum

In India si possono acquistare delle chilum in pietra tenera magnificamente lavorate che, per fumare, sono seconde solo a una buona pipa ad acqua.

289

carota

Scegliete una carota che abbia la forma e la misura giusta — una decina di centimetri di lunghezza e la conicità più regolare possibile — e scavatela con un lungo coltello acuminato. Per fumare, fasciatene il fondo con uno straccio umido, coprendo il foro. Assicuratevi che passi l’aria attraverso una pallottola di stagnola o un sasso. Stringetelo tra il pollice e le altre dita (unite in punta) della mano sinistra. Coprite il dorso della sinistra con la mano destra, lasciando un’apertura per la bocca tra il pollice e l’indice della sinistra, e chiudete tutte le altre fessure stringendo più fortemente le dita e aggiustando la posizione. Provate se funzione aspirando con forza prima di accendere. Tenete diritta la chilum, con la testa inclinata da una parte, e fatevela accendere da qualcuno. Attenti a non bruciarvi i capelli. Per tenerla accesa bisogna aspirare con forza e continuamente. Il vantaggio della carota è che potete buttarla via dopo l’uso. Dopo una decina di fumate, diventa troppo satura d’umidità per poterla utilizzare ancora. Se volete una chilum di carota che duri indefinitamente, raschiate la scorza esterna e fatela cuocere in un forno a bassissima temperatura per un tempo dalle 2 alle 4 ore,

Il rotolo

di carta

igienica Coprite semplicemente l’estremità di un rotolo di carta igienica il più strettamente possibile con la mano destra, infilate la sigaretta tra l’indice e il medio di questa mano, il più vicino possibile al punto dove le dita si uniscono al palmo della mano. Aspirate dall’altra parte finché il rotolo di carta igienica si sarà riempito di fumo e poi, sempre aspirando, togliete la mano destra con la sigaretta. Il fumo vi irromperà nei polmoni e ne sentirete subito l’effetto.

Alcuni posti

dove alloggiare «I passeggeri non hascisc e roba così ».

devono

giocare

d’azzardo,

sputare

Avviso

in un

per

terra

o fumare

albergo

tailandese

Da Istanbul verso oriente il livello degli alberghi migliora progressivamente. Il Gulhane non è altro che una tenda sopra un tetto, con 40 persone accampate sul pavimento; a Katmandu, per un prezzo che è più o meno lo stesso, ti danno un letto, un materasso e persino le tende alle finestre; a Bangkok, poi,

ti danno un letto matrimoniale, una doccia privata e prostitute correnti calde e fredde.

290

In viaggio, riceverete informazioni assai più precise e aggiornate che seguono. Ricordate che i prezzi variano con l’umore del padrone e capacità di mercanteggiare. Non pagate mai più di un dollaro per accorgerete che in genere gli alberghi più economici sono anche i più

di quelle la vostra notte. Vi facili da

trovare. Istanbul Hotel Gulhane

Prezzo per notte (in scellini) 2/4 (tetto) 3/4 (letto)

Oteli

New Gulhane

4/6

Tourist Hotel

6/8

(doccia

calda)

Camping

7/—

(Erzerum:

Sehir Palas)

Due voci corrono a Istanbul sul Gulhane: 1) che il proprietario avverta gli ospiti prima di ogni retata della polizia; 2) che il proprietario chiami la polizia al primo sentore di hascisc. Sono vere tutt’e due. Teheran Hotel Yanezmir Amir Kabir

Prezzo DI 6/—

Gulha

4/6

Baghdad

per

notte

4/—

Nell’Iran i templi Sikh sono ora chiusi agli « hippies ». Esistono vari alberghi intorno alla stazione ferroviaria di Maidan-E-Rah-E-Ahan (a 2/6 per notte). Kabul Hotel

Prezzo

Bamian

3/—

Noor

2/— 2/6

Benazir

Sf

per

notte

(pavimento) (letto)

Delhi Tutti

gli alberghi

della

città nuova

sono

molto

cari, ma

le sale d’aspetto

ferroviarie di prima classe non costano niente. Certi indiani affittano la loro casa agli « hippie-sahib » per ragioni di prestigio. Hotel Templi

Sikh

Delhi

vecchia

Crown

Y.M.C.A. Lane

Prezzo gratis

per

notte

7/—

10/—

Rosemary dice di stare in Janpath Lane, o al Banerjeer di Fire Brigade 18. Dice anche di non perdere la spiaggia di Goa o il loto di Ceylon,

291

che vive sul mare. C'è un tempio (non Sikh) a una quindicina di chilometri da Delhi dove sembra che sia interessante fare tappa. Quasi tutte le città

indiane hanno un tempio Sikh. A Srinagar e Benares cercate da dormire nelle case galleggianti:

2 rupie per notte, e nessun

limite al numero

delle persone.

Calcutta Hotel Red Shield, Albergo della Salvezza

dell’Esercito

Prezzo 7/—

per

notte

Prezzo —

per

notte

Katmandu Hotel Jed Singhs

The Camp

The

Tourist

Matchbox Letto

presso

2/6,

Corner famiglia

7/—

4/—

2/ nepalese

C’è posto dappertutto. delle Scimmie.

Appena

1/— fuori

città

c’è

Sivoy

Ambhu:

il Tempio

Rangoon Hotel Strand

Prezzo per notte Gratis,

se riuscirete a convincere i funzionari delle United Burmese Airways che non viaggiate grazie a particolari facilitazioni studentesche. Ne vale la pena, per l’orchestra che suona tra i palmizi. Altrimenti potete dormire a sbafo sotto il banco nell’ufficio dell’UBA. Bangkok Hotel Thai Son

Prezzo per notte 7/— (matrimoniale)

Greet

I templi buddisti sono gratuiti, anche se possono pregarvi di insegnare un po’ d’inglese ai monaci. Per non offendere i vostri anfitrioni, cercate di uccidere le zanzare con molta discrezione. Vientiane

Hotel Danish

Red’s

crash

pad

Prezzo per notte gratis (massimo 3

notti)

Singapore da

I templi Sikh sono gratuiti. La città pullula di alberghi cinesi, pulitissimi, 3 a 7 scellini per notte.

Tangeri Hotel Chauen Royal

Blue Angel Olid

Prezzo 4/_ 6/—

6/— 8/—

per notte

Chiedendo al Café Centrale è facilissimo per non più di 3 scellini la notte.

trovare

una

stanza

nella Medina

Marrakesh Hotel Essaouira Hòtel de

QOikaimdem

Prezzo per notte 2/— da 8/— a 14/—

France

14/—

E! Ward C.T.M. Tutti Laboratorio datteri /noci

10/— 18/— questi

alberghi

sono

nella Medina

(riscaldamento

centrale)

o nelle vicinanze.

inscatolamento

10d. tetto, con materassi. 2/6 camera matrimoniale, con Attenti alle cimici. Se contate di fermarvi un mese o più, affittate una casa. Per 5 sterline al mese, o giù di lì (7.500 lire), disporrete di tre stanze, un bagno, acqua corrente ed elettricità. Potrete riverniciarvi e invitare tutti gli amici che volete. Materassi, coperte e utensili a buon mercato.

materassi. le vostre quattro le pareti sono tutti o

Tbiza/Formentera Hotel

Grotte

Prezzo

gratis

per notte

293

APPENDICE QUARTA LONDRA GRATIS

Il testo seguente è tratto da un opuscolo, Project London, che ebbe vasta diffusione tra i drop-outs inglesi nell’estate del 1969 e fu ampiamente recla-

mizzato dalla stampa e dalla televisione nazionale. Si tratta di un importante e se lo ripubblichiamo

dell’Underground,

contemporaneo

documento

in questa

sede è perché la sua esistenza ba un rapporto diretto con alcune delle teorie esposte nell’ultimo capitolo. La politica del gioco. Gli editori desiderano sottolineare che essi non approvano nel modo più assoluto né il contenuto di Project London né il suo spirito. E’ tuttavia essenziale, per ogni studio delPUnderground analitico e di vasta portata, presentare questo importantissimo esempio della nuova morale in atto. Si pubblica dunque Project London in questa sede non come guida ma come documento storico. Fa quel che ti pare Piglia quello che ti serve Ce nè per tutti Ogni cosa è gratis (adattato da George Metesky) Questo

ALLOGGI

manuale

contiene

informazioni

come

ottenere

gratis

varie

cose:

GRATIS

Conti gratis Fallimenti gratis Tappeti gratis Manutenzione auto gratis Inserzioni gratis Indumenti gratis Dentisti gratis DROGA GRATIS DIVERTIMENTI GRATIS Indirizzi falsi gratis False identità gratis Pellicola gratis MANGIARE GRATIS

Giocare

su

Posta gratis Truccarsi gratis Fiammiferi gratis SOLDI GRATIS Tele e vernici gratis Parcheggio gratis

Carta

gratis

Benzina gratis Stampare gratis Pullover gratis Materiale di recupero Scarpe gratis Negozi gratis

gratis

SERVIZI

Funerale gratis Parrucchieri gratis Ghiaccio gratis Informazioni gratis Gioielli gratis Deposito bagagli gratis Macchine a gettone gratis

gratis

SOCIALI GRATIS

Sifoni seltz gratis Telefonare gratis Asciugamani gratis, VIAGGIARE GRATIS Veterinari gratis Lavarsi gratis Mancdopera gratis

ecc.

ALLOGGI Recapito: potete avere un recapito presso ogni ufficio postale, ma il migliore è quello di Trafalgar Square; l’indirizzo esatto è c/o Poste Restante, TOPO, King William IV Street, WC2; potete farlo solo per 3 mesi; potete anche usare i suoi telefoni per farvi chiamare, dando il numero dell’apparecchio senza la «XX» e trovandovi là all’ora fissata. Un altro recapito utilizzabile per la posta ed eventuali comunicazioni (24 ore al giorno) è: BIT, 141 Westbourne Park Road, W11 (tel. 229-8219 diurno, 229-7536 notturno); parlatene con loro.

Drogati:

drogati

il rev. Ken

eccetera,

anche

Leech può aiutarvi a trovare una sistemazione per

per

telefono,

dalle

9

del

mattino

all’una

di

notte,

297

GER 5006; potete mettervi in contatto con lui anche attraverso il Coffee Pot, 40 Berwick Street — è lì che lascia detto dove si trova — che il lunedì è aperto dalle 7 del mattino alle 4 di notte. The Simon Community, 129 e 154 Malden Road, NWS5, tel. 485-6639. Il 129 è per le matricole, alcoolizzati e tossicomani, e per quelli che bussano alla porta. Il numero 154 è la residenza permanente. Aerostazioni: Brompton Air Terminal (249 Brompton Road, SW3) o al l’aeroporto di Londra: cercate un aereo che arrivi la mattina presto, preferibilmente dagli Stati Uniti, e andateci verso mezzanotte ad aspettare un amico, diciamo un giornalista o un attore: portatevi un tesserino, per esempio quello del sindacato attori. Non che le poltrone siano molto comode. Arts Lab: 182 Drury Lane by Covent Garden (tel. 242-3407). Aperto tutta notte il venerdì e il sabato. Ufficialmente c’è una tariffa d’ingresso e una quota d’iscrizione, ma se vi fate vivi alle 3 del mattino probabilmente vi faranno entrare per niente e vi butteranno fuori alle 7, in tempo per la prima

sotterranea.

Tutti gli Arts Labs del paese sono centri molto utili per raccogliere informazioni relative. a vitto e alloggio. Brighton: St Alban’s School, l’ala C è un dormitorio; si può entrare, c'è un po’ di umidità, ma non l’adopera nessuno. A est di Brighton, presso Rodean. BBC: (1959) Una volta schiacciavo un pisolino gratis alla Bush House, sempre aperta, la BBC dello Strand, WC2 (Aldwych): entri nel palazzo, scansando i portieri, pigli l’ascensore, sali al terzo piano (dopo mezzanotte è al buio) e continui a girare per gli uffici finché non ne trovi uno con delle brandine; quelle che usano i telefonisti, gli annunciatori, ecc. Castello: Procuratevi un castello, affittandolo per conto del National Trust; c'è un villaggio del National Trust nel Kent; potete avere una villetta per 10 scellini all’anno (750 lire) se pagate le riparazioni. Mettetevi in contatto col National Trust. Chiese: Di giorno potete dormire in St Martin-in-the-Fields (Trafalgar Square). FE’ tollerato: in media vi dormono 20 persone al giorno; veramente non c’è quasi nessuno che non dorma. « Quasi tutti i vicari/preti ecc. sono molto servizievoli e generosi. Consultate le pagine gialle ». Comunità: Il servizio informazioni del BIT sembra in possesso di notizie esaurienti sulle comunità urbane e rurali, ma è riluttante a divulgarle: evidentemente la maggior parte delle comunità non vogliono orde di visitatori, e hanno posto solo per quei nuovi membri chè intendono veramente consacrarsi all’idea comunitaria; scrivere prima in modo dettagliato, accludendo francobollo, e aspettare un invito. Provate a scrivere per esempio al Findhorn Trust (Findhorn Bay Caravan Park, Forres, Morayshire, Scozia), «un gruppo di pionieri che vive per la nuova era sotto la guida diretta di Dio », tra le cui attività c'è la riuscita coltivazione organica, con l’aiuto degli spiriti della natura, di un camping per roulottes sito su un promontorio. Almeno vi manderanno qualche opuscolo: hanno preparato un comunicato stampa intitolato « The Findhorn Saga» e due libri, The Findhorn Garden e God Spoke to Me. (« Non facciamo pagare niente per il nostro materiale, perché ci sembra che per un lavoro di questo genere siano più adatti i contributi volontari »). Per una notte: Ancora il BIT (141 Westbourne Park Road, W 11, tel. 229-8219) potrebbe essere il posto dove provare, visto che sostengono di avere una rete internazionale di alloggi di fortuna (dove si può passare una notte gratis, cioè), e qualcuno persino a Londra, « per quelli che telefonano prima delle 22,30 ». Case abbandonate: Un posto abbandonato dove hanno trovato alloggio

40 ex squatters di Drury Lane è una cantina di Tavistock Crescent, nell’angolo opposto al caffè, nel seminterrato; c’è un lucchetto sulla porta ma non funziona.

298

Moltissime case abbandonate nella parte sud di Lancaster Road, e centinaia anche a Worlds End. Essex University: Come dormitorio. Puoi coricarti sul pavimento in ognuno dei 4 isolati (il posto non manca). Se conosci qualcuno, studente o studentessa, puoi avere una stanza e un letto, con riscaldamento centrale, docce, bella vista sulla campagna, buona libreria. Tutte le università e tutti i college restano aperti durante le vacanze e possono essere usati come base provvisoria, se non altro. È in genere chi vi è rimasto è sempre pronto ad aiutare gli altri a trovarvi una sistemazione per la notte. Appartamenti, di lusso: suonate il campanello e, quando rispondono al citofono, dite che siete spiacenti ma avete sbagliato campanello, è il taldeitali dell’appartamento X che volete vedere, e quelli vi faranno entrare: potrete dormire vicino a un radiatore: facilissimo dalle parti di St John's Wood; in genere c'è um’uscita di emergenza e un ascensore per i fornitori. Indoor Sit-Downs: Andate all’Air Terminal della BOAC, Buckingham Palace Road, Victoria. Sedete per ore a guardare la gente. Prendete, gratis (vedi alla voce « Viaggi »), il pullman per Heathrow, dove potete passare ore e ore seduti nell’enorme salone dell’aeroporto. Australia House, Aldwych: ottima, se riuscite a farla in barba al portiere; poltrone di lusso, due televisori, tavoli e riviste (australiane) in quantità; i televisori vengono accesi soprattutto per gli incontri di cricket; ci sono anche delle penne. BEA, Ufficio vendita biglietti, Dorland Hall, Lower Regent Street, lun-ven, 9-18, sab 9-13. « Divani e poltrone in quantità, color mandarino ». British Railways Travel Centre, Lower Regent Street, lun-ven 9-17, sab 9-12. « Tutto il posto a sedere che si vuole, color verde marcio ». British Travel Association, St James Street, Green Park. « Poltrone color limone, opuscoli e riviste, personale gentilissimo ». The Buildings Centre, Store Street, W1 (per fatevelodavoisti, più 100 periodici correnti sull’architettura e le costruzioni). Institute, Kensington High Street, W8, lun-sab 10-17, Commonwealth dom 14,30-18. Comode poltrone in quantità, 4 proiezioni cinematografiche al giorno (3 il sabato e la domenica); biblioteca con più di 100 periodici del Commonwealth; conferenze illustrate (d’inverno) il lunedì, dalle 17,45 alle 19. Neo 7/:8252 The Design Centre, Hay market. 6977), (WAT Government Office Bookshop, 49 High Holborn, WC1 Chancery Lane, lun-ven 8,30-17,15, sab 8,30-12,15; « posto a sedere per 6 persone, color verde marcio. Lista quotidiana di pubblicazioni del governo disponibili ». Harrod’s Banking Hall (lun-ven 9-17; mer 9-19; sab 9-13); « una cinquantina di poltrone e divani bene imbottiti ... ha un po’ l’aria di un club londinese ». New Zealand House, Haymarket, SW1, lun-ven 9-17; « Reception area extralusso; vista panoramica Haymarket/Pall Mall; spaziosa biblioteca; elegante saletta cinematografica (50 posti: buoni documentari, mar-gio 14,30) ». Tutti i quotidiani;

depliants

su

Londra

in

quantità;

e

nessuno

che

ti

venga

mai

a

disturbare. Ufficio Postale di Trafalgar Square, vicino a St Martin-in-the-Fields, aperto 24 ore al giorno. Posto a sedere. The Public Records Office, Chancery Lane, WC2. Wallace Collection, Manchester Square, W1 (lun-ven 10-17; dom 14-17). « Angolino appartato per 10 persone al primo piano di questo splendido palazzo, pieno

di

mobili

francesi.

8 posti

nella

sala

numero

18 ».

299

Musei: Questa parte è stata soppressa. Sfogliate una guida qualsiasi o il « What's On in London» dal vostro W.H. Smith rionale alle pagine che elencano i musei. E per tutto ciò che resta di questa sezione, vedi sotto « Deposito bagagli ». Lavanderie: Le lavanderie aperte tutta la notte stanno scomparendo a una a una, ma ce ne sono ancora, o ce n’erano, in Finchley Rd., N2, Craven Rd., SW5; Clifton Rd., W2; al 92 di Crawford St. (traversa di Baker St.) e in Kenway Rd. (davanti alla stazione di Earls Court, due strade a nord). Leicester: The Hillcrest, Leicester, è un dormitorio pubblico (istituto con letti, gestito dal municipio; dietro la stazione di London Road). Cliniche psichiatriche: Fatevi ammettere in una lussuosa clinica psichiatrica come paziente interno volontario: alla Bethlem, per esempio, non ti perquisiscono nemmeno; i nuovi pazienti hanno una camera tutta per loro; vitto buono; costa (allo stato) 50 sterline alla settimana. Se intendete fermarvi a lungo, scegliete una clinica con un’atmosfera stimolante, terapia di gruppo, ecc., come la Cassels di Richmond. Bisogna farsi raccomandare da un medico o da uno psichiatra, e superare il colloquio con una speciale commissione. Ministero della Sicurezza Sociale: Ha un centro di raccolta in Confort Road, Camberwell (tel. 639-1023), per chi viene da tutte le altre zone: sistemazione approssimativa. Un altro centro di raccolta è a sud del London Bridge, con un ufficio di emergenza aperto tutte le sere fino alle 22,30: 96 Great Guilford Street, SE1 (tel. 928-6970). Vitto, alloggio e 10/6 la settimana per le piccole spese. Missioni: The « Community », 116b Farrogate Road, Chiswick (signorina Simonon). Veramente non c’è tanto posto per quelli che vengono da fuori, così è forse meglio svenire davanti alla porta, o fingere di essere uno del posto. C'è un nucleo di 4 persone « fisse» e intorno a questo nucleo un sacco di gente che va e viene, vagabondi, tossicomani, ecc. Îdee cristiane. Funziona, a intermittenza, da 4 anni, e ha appena ottenuto un contributo dalla West London Mission perché lasci l’appartamento dove si trova e prenda una casa più grande. Oxford: Vitto e alloggio gratis da Simon Shelter: dopo il cavalcavia di Beckett St., dalle 21 alle 8. Parchi: Non c’è nulla di meglio di Port Meadows, Oxford, con i suoi cavalli, le sue mucche e il fiume. A Londra un buon parco per dormirci è Holland Park. Percorrete Holland Walk e scavalcate la cancellata e la scarpata a nord dell’Ostello della Gioventù, così potrete dormire senza che nessuno vi veda. Oppure, se non avete il sacco a pelo, potete stendere dei giornali su una panchina. La polizia non verrà a sloggiarvi. Piccadilly: Una piccola comunità di Piccadilly, alle spalle di uno stabile di proprietà del London Transport; l’androne è molto arretrato, si dorme sui gradini. Eremi religiosi: da 10 a 14 giorni all’abbazia di Caldey Island, al largo di Tenby, Pembrokeshire; treno fino a Tenby, poi battello; mettetevi in contatto con l’abate J.R. Wickstead. C’è anche un monastero di Oxford che concede gratuitamente ospitalità: l’uomo da vedere per prendere i contatti neces-

sari è un monaco

calmissimo che si chiama frate Simon

Tugwell

(Blackfriars

Monastery, St Giles, Oxford, tel. Oxford 57607). Esercito della Salvezza: Le ragazze possono alloggiare al dormitorio del l’Ostello femminile dell’Esercito della Salvezza (lenzuola pulite e igiene mentale); dovrebbero essere 10 scellini per notte, ma se riuscite a convincere il maggiore Roberts che non fumate e siete bisognose, potete fermarvi, gratis, una settimana. Argyll Street, vicino a Piccadilly. Agli uomini si consiglia di leggere l’ultimo capoverso della sezione di questo manuale intitolata « Lavarsi

gratis » e poi

di fare il numero

sempre qualcuno che risponde. Sabato notte: Intake, Gt.

300

dell’Esercito

Russell

Street

della Salvezza

(vicino

(236-5222):

all’YMCA),

posto

c’è per

terra ogni sabato notte e domenica mattina, dall’1,30 alle 7 quando ti buttano fuori per la prima corsa della metropolitana; gestito dall’associazione nazionale dei circoli della gioventù; tazza di caffè 6d., e spuntini; ufficialmente per chi è stato piantato in asso dai mezzi pubblici di trasporto; c’è andato un capellone, che aveva perso l’autobus e la metropolitana, e si è sentito dire: « Questo posto l’abbiamo in affitto ... e tui non ci piaci, tu e i tuoi amici ». Occupazioni abusive: 1 principali gruppi londinesi specializzati in occupazioni abusive (squatting) sono gli Ilford Area London Squatters (Ron Bailey, 128 Hainult Road, E11, tel. LEY 8059), i North London Squatters (Simon Mattan, 39a Petherton Road, N5, tel. CAN 3740), i Fulham Squatters, c/o Gordon Collins, 255 Fulham Road, SW3, e i Notting Hill Gate Squatters (John O’Maley, 60 St Ervan’s Road, W10, tel. 969-6536). L'occupazione abusiva e la legge: «Se saremo in molti a occupare gli stabili deserti » scrivono Jim Radford e Ron Bailey, « non c’è dubbio che le autorità, locali e nazionali, saranno costrette ad accettare e legalizzare la situazione, proprio come fecero nel 1946, quando più di 39.000 persone si fecero una casa in questo modo ». Consigli in generale: Posto che vogliate occupare abusivamente uno stabile o che abbiate setacciato alberghi e catapecchie trovando le famiglie pronte a farlo, prima di tutto scegliete l’obiettivo, preferibilmente un edificio di proprietà comunale o della chiesa vuoto da qualche tempo. Assicuratevi che non sia nell’elenco delle case popolari. Potrebbero accusarvi di non aver voluto fare la coda come tutti gli altri. Consultate il piano regolatore per vedere cosa intendono farne e rivolgetevi al catasto per sapere chi è il proprietario. Se avete un’aria particolarmente rispettabile, potete ottenere queste informazioni dagli agenti immobiliari o da altre società. Studiate con cura la posizione: assicuratevi di poter entrare facilmente, poi prendetene possesso, apertamente ma con celerità. Un furgone dei traslochi suscita meno attenzione di una flottiglia di macchine. Bloccate porte e finestre, ma non barricatevi al pianterreno. In caso di attacco, i piani superiori si possono difendere assai più facilmente bloccando le scale. La prima cosa da capire è che il codice penale non comprende alcuna legge vera e propria contro l’occupazione abusiva di uno stabile. Polizia e proprietari non hanno automaticamente il diritto di espellerne gli occupanti senza un preciso ordine del tribunale,”e sta in voi fare in modo che riesca loro difficilissimo ottenerne uno. Ecco una lista delle varie leggi alle quali possono cercare di ricorrere e dei modi in cui potete aggirarle: The Forcible Entry Act, 1381: in base a questa legge è reato USARE LA FORZA per penetrare in una proprietà, RIVEÉNDICARNE IL POSSESSO e restarvi. La legge non si applica alle occupazioni simboliche, essendo essenziale l’elemento della rivendicazione, ma per le occupazioni permanenti è importante NON entrare con la forza. Passare da una porta che non è chiusa, passare da una finestra, entrare con la chiave o con uno stratagemma: in tutti questi casi non si ha ingresso con la forza. Se non potete ricorrere a nessuno di questi sistemi, è possibilissimo che un ubriaco di passaggio, il quale ovviamente non ha nulla a che fare con voi, rompa opportunamente una finestra due O tre notti prima che voi penetriate nell’edificio. Se poi a forzare l’ingresso siete proprio stati voi, fate subito tutte le riparazioni necessarie in modo da non lasciare la minima traccia di effrazione. Il Forcible Detainer, in base al Forcible Entry Act del 1429, stabilisce che è reato tenere con la forza una proprietà, anche se non si è usata la forza per entrare. Secondo la legge, però, occupare uno stabile come abitazione, chiudere la porta in faccia al proprietario e rifiutarsi di farlo entrare non costituisce forza. Quella che ci dev’essere è o la forza fisica o una dimostrazione di forza tale da rendere verosimile l’intimidazione. Questa legge non vi impedisce di opporvi a ogni tentativo di sfratto senza un ordine del tribunale. Non sovraffollate l’edificio. Chi è presente nello stabile oltre agli occupanti

301

va considerato un ospite, e se i magistrati vengono teli entrare: altrimenti commettete un reato. Theft

Act,

1968:

Assicuratevi

che

nessuno

a fare

possa

un’ispezione

accusarvi

di

aver

lasciarubato

qualcosa nella proprietà. Fate una lettura dei contatori del gas e dell’elettricità e tenete pronta una lettera da spedire alla società del gas e a quella dell’elettricità dove citerete le due letture iniziali e vi offrirete di pagare sia il canone ordinario che le unità consumate. Malicious Damage Act, 1862: non può essere usata legalmente come giustificazione per uno sfratto, ma se ti accusano in base a questa legge la polizia può benissimo addurla come scusa per buttarti fuori. Attenti, dunque, a non danneggiare nulla. Breaking and Entering: è un’accusa di cui non dovete preoccuparvi, perché rientra nell’effrazione e deve provare l’intenzione di commettere un furto o compiere altri reati. Ingiunzioni

dell’Alta

Corte

(codice

civile):

Possono

essere

usate

per

impe-

dirvi di compiere altre occupazioni. Se vengono spiccate contro la famiglia occupante nel modo giusto e al momento giusto possono avere una loro efficacia, dato che probabilmente imporranno alla stessa di non entrare nello stabile finché la magistratura non avrà esaminato la causa: e questo richiede un certo tempo. Potete frustrarle: a) evitando di farvele notificare; b) dando false generalità; c) facendole notificare ad altri; d) facendo rotare gli occupanti. Legge sulle droghe pericolose: E’ ovvio che con le occupazioni abusive questa legge non c’entra niente, ma se la polizia cerca un pretesto per sloggiarvi questo è uno dei più comodi che si possano invocare, come è effettivamente accaduto nel caso di Drury Lane. Se hanno un mandato e non trovano niente, non possono sloggiarvi: ma se trovano qualcosa possono arrestare tutti i presenti per complicità e sfrattarvi nel modo più efficace. Ordine di possesso del tribunale di contea: E’ quello che dovrebbe procurarsi il proprietario per rientrare in possesso dello stabile; anche se spesso, essendo una procedura che richiede molto tempo, prima di imboccare questa strada il proprietario tenta qualche altra scorciatoia. Se però non si arrende, ed è in grado di produrre un registro degli affitti, finirà per ottenere un ordine di possesso. A questo proposito, la cosa più importante da sapere è che, a differenza delle leggi sull’ingresso con effrazione, che più che agli occupanti si riferiscono alla proprietà, l’ordine di possesso del tribunale di contea è valido solo nei confronti della famiglia o delle persone NOMINATE. Se non sei rimasto con le mani in mano, a quest’ora avrai aiutato o incoraggiato varie famiglie a occupare lo stabile a loro volta, e basterà effettuare qualche scambio per far restare i proprietari con un palmo di naso. Il periodo più pericoloso è durante o subito dopo l’ingresso, perché padrone e polizia, probabilmente all’oscuro della legge, possono tentare di sfrattarvi illegalmente. E’ una cosa che dovete evitare. Dite subito, chiaro e tondo, che la vostra è un’occupazione. Affiggete alla porta un avviso e distribuite dei mani festini. Per avere delle copie rivolgetevi ai London Squatters, 128 Hainult Rd., E17 (tel. LEY 8059), che vi daranno anche dei consigli sulle migliori tattiche dilatorie da seguire e sulle contromisure da adottare. Sale d’aspetto: Charing Cross: comprate un biglietto d’accesso alla piattaforma e restateci fino all’una, quando chiudono la stazione. Waterloo Station: può farci un po’ freddino, e i poliziotti sono un osso duro: ronde alle 24, alle 3 e alle 6. Euston: stazione nuova, il posto migliore se avete un’aria presentabile; gli sbirri passano ogni due ore, a mezzanotte, alle 2, alle 4 e alle 6; meglio avere qualche soldo per non farsi arrestare per vagabondaggio; negli intervalli comprate un biglietto d’ingresso o un biglietto per un posto come Wimbledon. Alternativa: dormite in uno dei treni, ma sceglietene uno da pulire: così,

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se vi farete scoprire, sarà solo dai pulitori; quanto al riscaldamento, scegliete una carrozza di prima classe in testa al convoglio. Una casa tutta vostra? Questo manuale si occupa principalmente della Tattica di Sopravvivenza del Guerrigliero Urbano che, ormai emarginato, cerca d’infiltrarsi nella vecchia società o di proporre nuove alternative. Quando il Guerrigliero Urbano si ritira nella sua Comunità Rurale, potrebbero fargli comodo le seguenti informazioni: un signore, in una comune in cima a una scogliera di St Agnes, Cornovaglia, si è costruito gratis una cupola geodetica usando cartone e vernice. Ecco quello che consiglia di fare: « Procuratevi cartone a sufficienza (del tipo con due fogli piani esterni e uno, interno, ondulato), sfruttando gli scatoloni buttati via dai negozi di elettrodomestici (lavatrici, televisori e apparecchi radio); oppure andate direttamente in fabbrica e procuratevi il cartone prima che ne facciano scatole. Tagliate 30 triangoli equilateri di cartone. Più grandi sono, meglio è: un metro e venti di lato è l’ideale, e nella cupola che ne risulterà potrete stare benissimo in piedi. Lasciate sui tre lati un paio di centimetri in più. (A questo punto potete già coprire di stagnola la faccia interna dei triangoli, perché riflettano la luce e il calore della cupola — cosa che il signore di St Agnes non poteva permettersi — in modo tale che, quando starete in piedi sotto la vostra cupola, davanti alla stagnola, sentirete riflesso il calore del vostro corpo: la cupola, in sostanza, funziona come uno specchio concavo con tutte le sue sfaccettature puntate su di voi). Piegate i due centimetri di cartone che avete lasciato sui tre lati (per unire i vari triangoli). Quando la colla si è asciugata, date una prima mano di vernice a olio (oppure, se riuscite a procurarvela, di una vernice a poliuretano). Unite i triangoli con una cucitrice (di quelle grosse, industriali, coi punti metallici da dodici o tredici millimetri). Cuciteli a gruppi di cinque triangoli, in modo da formare dei pentagoni tridimensionali. Bastano sei di questi pentagoni per fare il vostro emisfero. Quando poserete sul terreno l’emisfero, noterete che sta ritto su 5 punte. Tagliate via le cinque punte, a mezz’altezza, e coi triangoli così ottenuti riempite i vuoti: avrete un fondo perfettamente piano. Date un’altra mano di vernice, che tappando le fessure della cupola la renderà impermeabile. Se userete della vernice bianca, sembrerà una nave spaziale. Conti Entrate in un grande negozio di utensili dove fanno credito. Facendo finta di niente, cercate di afferrare il nome di un cliente al quale stanno facendo credito. Tornate dopo due settimane e date il suo nome (meglio se è una grossa ditta). Fallimenti Tra i membri dell’Underground circola un manualetto intitolato « Guida del debitore ». « Se non hai niente, non hai niente da perdere ». Ordinate qualcosa, e lasciate che vengano a riprendersela; non fatevi trovare in casa, non possono forzare l’ingresso; continuate a traslocare, non siete tenuti a dirglielo.

:

Tappeti i Pi Royal Docks dell’East End, dove arrivano tutti i tappeti, troverete, gratisc, le stuoie di 3 metri per 2,5 con cui imballano i tappeti. Decorate il pavimento della vostra stanza con pezzi di tappeto di vari colori. Presentatevi al direttore di un grande magazzino e chiedetegli dei campioni. Dite che state facendo una tesi, per esempio, sulla « Tessitura dei tappeti, arazzi & tessili del Medioevo ». Per tappezzare una stanza basterà visitare 8 o 9 negozi.

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Macchine Collaudo gratuito in Aerodrome Road, Hendon, NWS9 (manca il telefono). Dipende dal Ministero dei trasporti (tel. MAY 9494). Lun-ven 9,30-17,30; sab 9-12. Inserzioni gratuite C’è un foglio speciale su Hapt, ottima rivista gratuita con pagine di inserzioni gratuite, 3 Merryfield House, Grove Park Road, tel. 851-9964. Freedom also Anarchy, 84a Whitechapel High Street, E1 (BIP 3015). Gandalf’s Garden, 1 Dartrey Terrace, World’s End, King's Road, SW10 (FLA 6156): servizio gratuito sotto il titolo di « Breaking Ground, a seeker’s guide to gatherings ». Long Magazine (Fast End), inserzioni gratuite, c/o Durning Hall, Earlham Grove Forest Grove, E7 (tel. 534-2653). OZ, 52 Princedale Road, W11. Inserzioni gratuite a seconda deil’argomento. Rolling Stone, gratis per la colonna dei musicisti, 19 Hanover Square, WI1 (tel. 629-5286). Peace News, 5 Caledonian Road (TER 4473). Gratis «What's Happening». IT. Rubriche What’s Happening (27 Endell Street, WC2) tel. 836-3727. Time Out in London, 70 Princedale Road, W11, BAY 1121. Tutti i testi editoriali gratis. Indumenti Guardate nei bidoni della spazzatura dietro i negozi di Carnaby Street. Indumenti gratis, specie per gli ex carcerati, in St Botolph’s, Aldersgate Church, St Martin-Le-Grand, Little Britain (stazione metropolitana più vicina: St Pauls). Direttore di questo « centro di assistenza diocesano » è il rev. Meredith Davies, tel. 606-1053. Meglio tentare prima di tutto qui, perché poi ti danno un biglietto con cui puoi rivolgerti a uno dei centri locali di: The Church Army (il numero del Clothing Department è 965-3488); The New Gallery Evangelistic Centre, 123 Regent Street, W1., tel. 734-8888. Naturalmente preferiscono una lettera di presentazione da parte di un’organizzazione responsabile: St Botolph’s, p.e., o il BIT o il Notting Hill Neighbourhood Service. Le «clothing sessions » sono il martedì, dalle 11 alle 12, sotto la direzione di una certa signora, Wilson, e il mercoledì, dalle 10 alle 15, sotto la direzione di una certa signora Rose, Fra parentesi, hanno anche una « clinica » per alcoolizzati e tossicomani aperta il giovedì dalle 18 alle 20, con un medico e un paio di « assistenti ». È Esercito della Salvezza: chiamate il 236-5222 e fatevi dire qual è il centro più vicino. Buone probabilità di trovare anche un letto e da mangiare. Rev. William Parkes, 279 Whitechapel Road, E1, tel. 247-8280; indumenti gratis per uomini e donne, mattino o pomeriggio: la sera no. Dentisti Gratis e subito: ma prima chiamate il Royal Dental Hospital, Square, WC2, tel. 930-0597.

32 Leicester

Divertimenti Americani: fate la conoscenza di qualche americano poco navigato e offritevi di guidarlo attraverso la swinging/Underground London. Antiuniversità: Quello che ne resta, che si riunisce in case private. Per informazioni mettetevi in contatto con Bill Mason, 1 Sherwood Street, W1 (tel. 289-0998): questo è solo il suo indirizzo postale. (Il gruppo di David Cooper continua a riunirsi ogni venerdì: per avere maggiori particolari chiamate

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Dorothy Clifford, Kingston 7968, tra le 14,30 e le 15; ogni tanto riprende a funzionare anche il sensitivity group del dott. Jerome Liss; il numero di telefono è 727-7708). Bambini: I Campi Gioco dell’Avventura sono in realtà aperti a tutti, anche se non vogliono che lo si sappia in giro. Potete avere l’elenco completo dalla National Playing Field Association, 57b Catherine’s Place, SW1 (tel. 8354-9274); se giochi coi bambini al Campo Gioco dell’Avventura del Notting Hill Neighbourhood Service, specie durante le vacanze, è probabile che ti offrano caffè e panini (indirizzo: signora Laslett, 34 Tavistock Crescent, W11, tel. 727-9883). Ecco altri indirizzi: St John's Wood Terrace, NW8. Ampton Street, Gray’s Inn Road, WC2, TER 4536. Parkhill Adventure Playground, Haverstock Hill, ingresso dallo spazio triangolare davanti al 31 di Parkhill Road; è diretto da Mike Buckley, tel. 722-0331. Notting Hill Adventure Playground, Telford Road, diretto da Pat Smythe,

telbWWLAD

47/919.

Numero

2 Cumberland

Market,

Albany

Street, diretto da Don

London Adventure Playground, 4 Lansdowne Road, W11.

Brais.

Le London Education Authorities hanno centri-gioco gratuiti (139 durante l’anno scolastico, aperti dalle 16 alle 18,30, per bambini dai 5 agli 11 anni); 66 club giovanili (aperti dalle 18,30 alle 20,30, età 11-15); i centri-gioco sono aperti dalle 9 alle 17,30 durante le vacanze. Chiamate WAT 5000, County Hall. Più di 600 spettacoli per bambini nei parchi della GLC da giugno a settembre: burattini, prestigiatori, pagliacci, pantomime, marionette, pifferai di Hamelin, cinema all’aperto. Le sezioni riservate ai bambini delle biblioteche locali hanno spesso film, storie, letture, eccetera. Chiese: sermoni e musica religiosa gratis (vedi l’elenco ogni sabato sul Times). Certe chiese incoraggiano l’idea che alcuni mettano l’offerta sul piattino e altri se la prendano, specie negli Stati Uniti. Concerti d’organo e musica registrata nelle chiese della City all’ora di pranzo (i particolari dal Centro Informazioni City of London, St Paul’s Churchyard, EC1, tel. MON 3030). Tribunali (vedi anche alla voce «Soho» in questa stessa sezione): giudici conciliatori, tribunali di contea, l’Old Bailey (10,45-16), EC4, St Paul’s; Royal Courts of Justice, Strand; tribunale dei fallimenti (dalle 11). Film: Spettacoli cinematografici gratis all’Istituto Tedesco di South Kensington; ai Canadian Immigration Services di Green Street; all’Australian Immigration Place; alla New Zealand House (mar-gio 14,30) in Haymarket, SW1; al Museo di storia naturale (conferenze e documentari tutti i giorni dalle 15 tranne la domenica); al Commonwealth Institute ci sono 4 spettacoli cinematografici al giorno (3 il sabato e la domenica), tel. 937-8252; documentari gratis con dibattito alla Borsa Valori. Al BFI danno film come Dutchman, Daisies, Simon of the Desert in occasione delle loro proiezioni trimestrali al National Film Theatre; per tutte le compagnie cinematografiche. Dalle 10 alle 22 presentano film e documentari a 16 e 35 mm. Non controllano mai i biglietti. Chiamate il loro ufficio stampa (tel. 437-4355), 81 Dean Street, WI, e chiedete quando sono le prossime proiezioni, e dite che siete di una compagnia cinematografica con un’attrezzatura a 16 mm. Paris Pullman, in South Kensington, certe mattine del sabato proietta vecchi film per i soci: però non controllano mai. 65 Drayton Gnds., SW10, tel. 373-5898, verso le 11. Open Films, Jane Grant, 14 Neals Yard, WC2, tel. 240-1864 (diurno), 226-9993 (notturno): spettacoli cinematografici gratuiti per i lavoratori, attrezzatura cinematografica mobile; accesso a proiettori, moviole, macchine da presa: accesso a film e documentari.

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Come entrare gratis negli altri cinematografi: Nei cinema che proiettano cartoni animati potete aver bisogno di dire una cosa urgente all’amico X che sta in prima fila. Tra un film e l’altro, quando la gente esce per comprare le sigarette, fingete di essere uno spettatore e chiedete alla maschera: « Vendono sigarette nel foyer? » Si ricorderà di voi e vi farà passare. C'è anche il vecchio trucco dell’« Ho dimenticato il cappello in sala ». Potete far entrare uno che compra un biglietto, va all’uscita di sicurezza, fa entrare gli amici. Nei programmi continuati potete aspettare che uno esca dalle uscite di sicurezza. Andate nel ridotto, fermate un tipo simpatico, fatevi dare il suo mezzo biglietto e dite che siete già stati dentro; specie se è tutto esaurito. Per le prime, vedi alla voce « Riviste » di questa stessa sezione. All’Arts Council è stato appena concesso il libero uso del suo cinema al seminterrato del 105 Piccadilly, W1, tel. 629-9495. C’è una sala da proiezione ma manca il proiettore. Film-Viewing Services, uso di sala da proiezione per visionare film o diapositive: Dolland and Newcombe, 40 Old Bond Street, tel. 493-3961. Film gratis per spettacoli cinematografici da grosse organizzazioni come P’ICI, e anche dalle ambasciate: i migliori sono quelli che si possono ottenere dalla ambasciata cubana, 22 Mount Street, WI1, tel. 629-6636. Vetrerie: Whitefriars Glassworks, Tudor Road, Harrow, Midds. (Harrow & Wealdstone): veder soffiare il vetro, che si trasforma in vasi e altri oggetti, è una cosa affascinante. Scrivere o telefonare a questo numero: HAR 1527; non sono ammessi i bambini sotto i 14 anni. : Hare Krishna Chanters: al Macrobiotic, 136a (seminterrato opposto alla chiesa) Westbourne Terrace (voltato l’angolo di Bishops Bridge Road), dalle 18,45 in poi ogni martedì sera. Il New Krishna Temple è al numero 7 di Bury Place, WC1, tel. 242-0394: vicino al British Museum. Inter-action Trust: è un centro artistico comunitario. Comprende: settore addestramento per capigruppo, gruppo giovanile interno, attività artistiche e artigianali varie per giovani e adulti ogni sera, cinema e fotografia, canzoni popolari e ballo, sedute di gruppo, teatro laboratorio comunitario, scultura metallica e carpenteria, vasi e statue in creta, jazz, musica e poesia. Hanno anche in programma un campo estivo. Si cercano altri volontari e partecipanti. 72 Chalk Farm Road, London, NW1, tel. GUL 9524 (direzione: Ed Burman). Conferenze: Oxford, Cambridge e tutte le università: l’università di Londra, per esempio (Publications Department, 50 Gordon Square, WC1, tel. 6368000), pubblica un grosso opuscolo con tutte le sué conferenze. Alla Sussex University, per esempio, si pubblica ogni settimana sull’Union News la lista delle conferenze più importanti. All’Angio-Continental School of English, Wimbourne Road, Bournemouth, dalla fine di giugno ai primi di settembre si tengono 2 o 3 lezioni al giorno, dalle 9,10 alle 20,30, su un’infinità di argomenti, dall’Istruzione a Wordsworth. Le lezioni più difficili corrispondono, come livello, a quelle del secondo o terzo anno di università. Capelloni, badate che è sostanzialmente « un istituto borghese, che fa pagare agli stranieri forti tariffe d’iscrizione ». Corsi serali tenuti dall’Inner London Authority; per altre informazioni leggete (dal giornalaio) una copia di Floodlight. Conferenze gratuite: Gresham College; Society of Genealogists; Royal College of Art; Royal Society of Arts; British Museum; Science Museum; Natural History Museum; Courtauld Institute of Art; National Gallery; V. & A.; Geological Museum; Tate Gallery; e molte nella City (i particolari chiamando MON 3030, City Information Centre). Scuola londinese della non-vielenza: nella cripta di St Martin-in-the-Fields,

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Trafalgar Square, indirizzo postale c/o 104 Newgate Street, EC1, tel. 606-6123. Inventate una mitica rivista (oppure sceglietene una già esiRiviste: stente), telefonate all’ufficio stampa e fatevi invitare alle « prime ». Potete procurarvi quasi tutto quello che volete (in fatto di dischi, radio, ecc.) dicende che intendete scrivere un articolo. Potreste provare a chiamare IT (tel. 836-3727) per chiedere se ci sono biglietti per qualche spettacolo, libri, inviti a gallerie d’arte o dischi che non usano. Il peggio che potrebbe capitarvi sarebbe dover scrivere una recensione. Musica (vedi anche alla voce « Chiese », in questa stessa sezione): i saggi delle scuole di musica sono gratuiti: p.e. al Royal College of Music e al Trinity

College of Music.

Jazz: folk/blues gratis ogni mercoledì al Bottleneck, Railway Tavern, Angel Lane, E15, ore 20. Jazz gratis all’Imperial College Jazz Club, Consort Road (per i particolari telefonare a Bob Davenport, studente, HEN 2963 o 874-5757); ogni domenica; e tutti i musicisti presenti sono invitati a suonare (gratis). White Hart, j Drury Lane: jazz gratis tutte le sere. Arte all’aria aperta: Lungo Bayswater Road, ogni domenica, da Lancaster Gate a Queensway, mostre di pittura. Piccadilly, lato di Green Park, sulle cancellate. Victoria Embankment Gardens, dal 2 al 14 maggio. Richmond Art Group, weekends, dal 21 maggio al 12 giugno. Heath Street, NW3, ogni fine settimana, da giugno ad agosto. davanti alla National Portrait Gallery e alla Artisti del marciapiede: National Gallery e sull’Embankment. Parate, eccetera: Potete firmare il registro dei visitatori di Palazzo Buckingham, o scriverci qualcosa: un messaggio per la regina, lo leggerà regolarmente? Passate da dietro. O provate a passare dal davanti e a chiedere un bicchier d’acqua. Trooping of the Colour, primi di giugno: la regina passa in rivista le guardie a cavallo in occasione del suo compleanno. La sede di emergenza del consiglio dei ministri, base di Churchill, in tempo di guerra, sotto Whitehall, due visite al giorno, chiamate WH1 5422, int. 96. Fuochi d’artificio: ogni due anni, sul fiume, l’Evening News organizza uno l’ultimo è stato spettacolo di fuochi artificiali; andate sull’Embankment; nell’agosto 1970. Il Consiglio della GLC si riunisce ogni quindici giorni, il martedì: seguitene i lavori. Parchi: Le loro magnanime altezze della GLC diramano, dal quartier ge nerale di Charing Cross Road (Cavell House, 2a Charing Cross Road, tel. 8365464) un volantino con la piantina di tutti i parchi di Londra, compresi i Parchi Reali che non dipendono da loro. Un gran numero di cose gratuite sono elencate in « Svaghi all’aria aperta » del GLC, un libro di 100 pagine, prezza uno scellino, che nell’edizione del 1969 si può leggere da Smith. Per esempio: D’estate bande e ballerini si esibiscono due volte al giorno (feriali 12,30 e 19,30, sab e dom 15) nei Victoria Embankment Gardens. Sempre d’estate, all’ora di pranzo, la banda degli sbirri metropolitani suona ai Lincoln’s Inn Fields; ogni martedì e giovedì, o loro o la banda dei vigili del fuoco. Balli scozzesi ai quali si può partecipare (Holland Park sul prato di yucca alle 19, il mercoledì, dal 30 luglio al 27 agosto). Per tutto l’anno, dalle 13 alle 16,30, si tengono nei parchi i cosiddetti « club dell’una » per i bambini sotto i 5 anni (favole, pittura, lo scatolone delle curiosità, giochi con l’acqua e con la sabbia, travestimenti). Al Concert Pavilion di Battersea Park, spettacoli per bambini durante

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l’estate, lun-sab alle 14,30 e 16 (dal 4 agosto: Storie proprio così; 11 agosto: Aladino; 18 agosto: Le mille e una notte; 25 agosto: Cenerentola).

Per maggiori particolari sulle date e le località, chiamate il facente funzione di direttore del Parks Department, tel. 836-5464 int. 143. Poesia: Ogni mese, nella biblioteca di Robart Street, NW1, letture di poesie gratuite, organizzate da Tribune (tel. 253-2994). Vedi anche alle voci « Mangiare gratis » e « Avatar ». Leggere: Bibbie gratis dalla Gideons International, 38 Great James St., WC1, tel. 405-9193: anche se forse dovrete dire che è per una camera d’albergo, e forse non guasterebbe dare l’indirizzo di una pensione. Pensieri di Mao: copie gratis dall’ambasciata cinese in Portland Place (a metà strada tra la BBC e Regent’s Park). Basterà suonare il campanello. Scrivete anche a Radio Cina, Pechino, Cina, chiedendo particolari sulla rivoluzione culturale. Vi arriverà una valanga di materiale, tutto in inglese, tutto gratis. E scrivete a Radio Berlino, Berlino, RFD, per avere un’epopea come il Libro Marrone sui nazisti ancora al potere (400 pagine). All’Indica, 102 Southampton Row, HOL 5284/5, hanno un QUADRO AVVISI GRATUITI come al BIT, 141 Westbourne Park Road, W11 (qui potete farci mettere tutto per telefono: 229-8219 diurno, 229-7536 notturno); Arts Lab (182 Drury Lane), Macrobiotic Restaurant (136a Westbourne Terrace) e Release (50a Princedale Rd., W11). L’Indica va bene anche per sfogliare libri di poesia, guardare le riviste e i manifesti. I libri di occultismo si possono sfogliare da Stuart & Watkins, al 21 di Cecil Court, che è una traversa di Charing Cross Road, WC2. Anche la Battersea

Public

Library,

265

Lavender

Hill,

SW11

(tel.

228-8899,

int.

257)

è

spe-

cializzata in scienze occulte. Annuario degli Istituti di Carità: utile lettura preliminare per gli scrocconi, elenca cosa fanno i diversi istituti; ce l’hanno alla Central Reference Library, Westminster (a due passi da Leicester Square). ICA: pubblicano gratis un giornaletto, all’ICA e nelle librerie di Charing Cross Road. E’ soprattutto un programma per loro, ma in più contiene certe notizie utili. Riviste: quelle gratuite vanno dall’ottima Hapt (finora 13 numeri; si può leggere in posti come il BIT o l’Arts Lab; oppure scrivere al 3 Merryfield House, Grove Park Road, SE19, tel. 851-9964, dopo le 18) attraverso organi aziendali come Think dell’IBM fino all’oltraggiosa rivista di estrema destra The Plain Truth (indirizzo: Box 11, St Albans, Herts); pubblicano anche libri come Hippies, Hypocrisy & Happiness e il loro God Speaks Out on the New Morality espone, in 300 pagine, la visione cristiana dei rapporti sessuali e della masturbazione. L’International Times (27 Endell Street, WC1) è inviato gratuitamente agli ospiti delle cliniche psichiatriche e ai detenuti (anche se, per “esempio, le carceri di Durham non ne permettono la lettura). ; Giornali: li hanno tutte le biblioteche: alcune, ovviamente, sono migliori e più comode delle altre; alla Barclays Bank, vicino a Trafalgar Square, c’è una sala intera a disposizione degli ospiti, con i giornali stranieri. Giornali e roba da mangiare nei bidoni della spazzatura e sui sedili dei treni. Una huona zona per i giornali è Soho, con la sua popolazione terribilmente « fluttuante ». : Pornografia: non è facile leggere qualcosa di straforo a Soho; pare che non gl’importi altro che dei soldi: statevene in Shepherds Bush. E i Club di Nudisti vi manderanno gratis libri erotici, opuscoli, ecc. Biblioteche pubbliche: specie quelle controllate dai laburisti, ora pubblicano degli opuscoli intitolati What's Happening. Se avete amici all’università, potete scroccare un biglietto per la sala di lettura del British Museum; in ogni caso, potete passarci una giornata senza che scoppi la guerra. Libri gratis dalle

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biblioteche pubbliche, ovviamente, e restituibili nelle settimane dell’amnistia. Scientologia: potete ottenere una valanga di pubblicazioni scrivendo al 37 di Fitzroy Square, W1 (tel. 530-3601). Soho: Tutte le mattine, alla Marlborough Magistrates Court, si contestano le accuse a « quelle signore » di Soho. - 21 settembre), e sempre Nuoto: Gratis, d’estate fino alle 10 (26 aprile d’inverno, nei seguenti posti (oltre al Tamigi che naturalmente è gratis): Lidos: È Brockwell Park, Parliament Hill, Victoria Park. Bagni: Eltham Park South, Highbury Fields, Hornfair, Kennington Park, London Fields, Peckham Rye Park, Southwark Park, Tooting Common. Laghetti: («solo per abili nuotatori ») Hampstead Pond (solo uomini e, ragazzi); Kenwood Pond (soltanto signore) Highgate Pond (solo uomini). Per i particolari rivolgersi al facente funzione di direttore del Parks Department, tel. 836-5464, int. 143. Televisione: La biblioteca di Finsbury ha un televisore, e ci si può andare quando si vuole, senza difficoltà; c’è un televisore anche all’LSE. Teatro: George Inn Courtyard per le tragedie di Shakespeare, in piedi in fondo gratis; le « inns » di Southwark durante l’estate: « spaventose ».

The Embassy Theatre, Swiss Cottage:

i lavori messi in scena dalla Central

School of Speech and Drama per le commissioni esaminatrici sono gratuiti (d’estate nel pomeriggio). Una volta al Royal Court Theatre avevano l’abitudine di regalare dei biglietti per gli spettacoli trascurati dal pubblico. Ogni tanto lo fanno anche altri teatri. Biglietti: Per i programmi radiofonici o televisivi scrivere alla BBC Ticket Unit, Broadcasting House, W1, o all’ufficio corrispondente dell’ITV. Non sono ammessi i bambini sotto i 10 anni. Certi programmi speciali pagano le spese di viaggio. Giardini z00ologici: Zoo di Regent’s Park: dall’ingresso di Baker Street attraversate Regent’s Park nella direzione di St John’s Wood: dovreste trovarvi la strada sbarrata dallo zoo. A questo punto potete fare due cose: entrare pagando 7 scellini e mezzo o restare fuori, vedendo lo stesso un mucchio di animali e avendo in più la soddisfazione di vedere un mucchio di gente in gabbia. Se adottate la seconda soluzione, partite dall’angolo a sinistra e procedete verso Camden Town. La GLC gestisce zoo gratuiti per i bambini (con molti animali che i bamtutti bini possono toccare); uno in Battersea Park (aperto, durante la stagione, i giorni dall’ora di pranzo; chiude alle 18 i giorni feriali, alle 19 il sabato e la domenica; festività legali aperto dalle 10,30 alle 19); e l’altro è al Crystal Palace (lun-ven dalle 14,30 alle 17,30 durante l’anno scolastico; vacanze scodei lastiche, week-ends e festività legali dalle 11 alle 18). La GLC ha anche giardini zoologici mobili: per i particolari sulle date e sui posti che visitano, telefonare a chi svolge le funzioni di direttore del Parks Department, 836-5464,

int. 143.

Pet Un bello zoo gratis è il negozio di animali di Harrods; e il Regent’s Stores (Palmers), 35 Parkway, NW1 (tel. 485-5163), chiuso il giovedì dopo ecc. le 13; nel secondo ci sono gru, serpenti, uccelli tropicali, fenicotteri, scimmie, Indirizzi falsi Tra i più fantasiosi eccone uno, molto usato sui treni per Portsmouth: 39 Wynter Way, Alverstoke, Gosport, Hants, che durante la guerra fu distrutto dalle bombe. Così non si rompono le balle a nessuno. False identità Quella che ci vuole è una bella raccolta di documenti scaduti, relativi a persone irreperibili (p.e., fatevi una grossa collezione privata o una specie di biblioteca pubblica e gratuita di vecchi tesserini studenteschi, tessere mediche,

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patenti di guida, tessere d’iscrizione a un club, tesserini per biblioteche, ecc., magari anche passaporti e certificati di nascita: per questi ultimi, vedi alla voce « Matrimonio » nella sezione sui « Soldi »). Pellicola gratis Dai bidoni della spazzatura dalle parti di Wardour così s'è messo insieme un intero film.

Street.

Ci risulta che

Mangiare gratis Aeroporti: Cocktail-parties nei grandi aeroporti. Anche al London Airport, quando una partenza ha molto ritardo. Fatevi dare un buono per un pasto insieme a tutti quelli che reclamano: si distribuiscono buoni per i pasti anche agli amici dei partenti. Amsterdam: Ogni notte, verso l’una, dei camion portano latte, yogurt (normalee alla frutta), budini di cioccolato e alla vaniglia, ecc., che vengono lasciati davanti a tutte le latterie di Amsterdam, finché non aprono il mattino dopo. Ad Amsterdam ci sono 4 o 5 ristoranti per studenti: di solito si paga un fiorino e 9 e si ottiene un biglietto, che si cede quando si ottiene la roba da mangiare. Ma il biglietto dà diritto a una seconda porzione. Così non devi far altro che prendere un piatto sporco da una delle pile negli angoli e andare a chiedere una «seconda porzione » (puoi presentarti tutte le volte che vuoi). Gallerie d’arte: Alla rivista Time Out (tel. 229-1436) dovrebbero sapere quando ci sono i vernissage: puoi entrare e sbronzarti di champagne. Associazione per la prevenzione della tossicomania: Vitto gratis e alloggio diurno (dalle 10,30 alle 22,30) all’APA Stay Centre, 15 King Street, WC2, tel. 836-3781, « servizio di consulenza e informazioni per tutti quelli che hanno problemi di droga (gli schedati possono prendervi le loro dosi); amici e parenti sono i benvenuti ». Diretta da Kathy, Bettie e Mary. I Southon Laboratories forniscono poi all’APA vitamine a prezzo ridotto. Sala di lettura Avatar: 52 Victoria Road, W8; il primo lunedì del mese si tengono letture informali organizzate da Oliver Cox; panini al formaggio e sidro gratis se contribuite in qualche modo alla poesia, alla musica folk, alle discussioni, ecc. E ogni tanto proiettano dei film. Blenheim Project: Pranzo gratis la domenica da loro, 269a Portobello Road, W11, tel. PAR 3163. Si tratta di una Community House cristiana che aiuta gli immigrati a trovare lavoro o li convince a tornarsene a casa. Sangue: Tazza di tè e biscotti gratis se doni un po’ di sangue. Pane: Alla Wardour Street Bakery, St Annes Court, si può portare via il pane del giorno prima. Da St Mark in Queen’s Crescent, NW5, o in qualun-

que panetteria, potete entrare e dire che avete organizzato una comunità spor-

tiva sperimentale per eroinomani alcoolizzati con madre negra ebrea, e se per caso non hanno qualche pagnotta schiacciata e stantia. Distilterie: Courages: Rinfreschi e spuntini dopo ogni visita serale in Horselydown Lane, SE1 (ai piedi del Tower Bridge). Dovete scrivere all’ufficio stampa e bisogna essere almeno in 15 o 20 persone. Se vi riuscisse di unirvi a un gruppo esterno, ricordate che le visite cominciano verso le 18,30. Al reparto imbottigliamento, « il più moderno nel settore », ci sono tre visite al giorno: con adeguato rinfresco per il pranzo, tè pomeridiano o spuntino serale. Scrivere al capo ufficio stampa, Anchor Terrace, Southwark Bridge, SEL. Whitbreads: giro della distilleria, un bicchiere al bar (al pomeriggio anche una tazza di tè); proiezione di documentari. Scrivere al signor C.E.A. Rudman, Whitbread & Co. Ltd., Chiswell Street, ECI1. Guinness: birra, spuntini e un piccolo souvenir; « il record è di tre visite in un giorno »; scrivere alla Visits Section, A. Guinness & Co., Park Royal Brewery, NW10.

310

Booth’s Gin, occorre un preavviso scritto di 3 mesi: vi danno da bere; scrivere al Trade Liaison Officer, Booths Distilleries, 57 Clerkenwell Road, EC1. Macellerie: « Se hai un cane, vali una fortuna »: entra in una ‘macelleria e chiedi delle ossa per il cane (possono anche pretendere 6 pence). Falle bol lire con cavoli e carote: brodo straricco di vitamine. Mense (non gratis ma economiche): Brighton College of Education, Falmer (di fronte alla Sussex University) nel coffee bar: enormi scodelle di soup per 6 pence, e pranzo e caffè serviti nel refettorio a 3 scellini (dalle 12 alle 14 e dalle 17,30 alle 19,30). Curry indiano, genuino e a prezzi modici, alla mensa per il personale del l’ambasciata indiana (dietro il Playboy di Park Lane): entrate, faranno gli indiani. London School of Economics, Aldwych: da 3 a 4 scellini per un pasto di quattro

portate

durante

l’anno

accademico,

e « un

posto

dove

ci

si può

sedere

a fare quattro chiacchiere senza dover prendere il caffè » (N.B. « Le assemblee del Consiglio/Unione costituiscono un buon passatempo »; alla LSE si può dormire durante i sit-in, e si può sempre usare il soggiorno per la TV). I giornali dietro gli edifici hanno mense aperte fino alle ore piccole. Alla mensà del Daily Express, per esempio, un pasto costa 4 scellini. Pasti sovvenzionati al Regent Polythecnic, Regent Street, aperto al pubblico. Circa 3 scellini a pasto più i dolci. Dalle 12 alle 14. Rosticcerie: Fatevi un amico tra le persone che lavorano in una rosticceria e pregatelo di contrabbandare qualcosa. Le scuole di cucina fanno assaggiare i loro piatti alla gente: provate a introdurvi nel refettorio della Scuola alberghiera del Westminster Technical College (Vincent Square, SW1) all’ora di pranzo (tel. TAT 6951). : Chiese: Pasti di mezzogiorno gratis chiedendo in St Martin-in-the-Fields, Trafalgar Square, ingresso laterale; possono darvi un buono per un pasto da consumare al Craven Café di Craven Street, vicino alla stazione di Charing Cross. Pane e minestra nella cripta della chiesa la domenica mattina (dalle 10,30 alle 14,30): passato di pomidori o di piselli, brodo di coda di bue, la stessa roba concentrata che danno alla Oxfam. Tè domenicali a casa del rev. William Parkes, 279 Whitechapel Road, El (tel. 247-8280). La domenica alle 17, per i poveri diavoli: tè, molti panini e un pasto; venite alle 15, guardate la TV per due ore prima del tè e un po’ di tempo dopo. St Botolph, Aldgate Crypt, EC3 (tel. 283-1670), lunedì, martedì, mercoledì, giovedì dalle 18 alle 21 minestre per i drop-outs. Dopo le funzioni pomeridiane del mercoledì, alla Tower Hamlets Mission di Whitechapel Road, vi offrono dei panini. Sidro: Ufficialmente, un bicchiere di sidro gratis dalla Marydown Cider Co., Horam Manor, Horam, Sussex. Visite durante il normale orario di fabbrica, non occorre prenotarsi. Conventi: In quello di Brenford Street si può fare la coda per la colazione la mattina presto tra le 6 e le 7. Convento di Victoria (Marsham Street), pasti gratuiti dalle 12. Le Clarisse di Westbourne Park Road offrono pasti gratuiti. Nessun convento, in pratica, ti negherà un panino e una tazza di tè. Consulta il normale elenco telefonico alla voce «convento »: ce n’è una colonna intera. Grandi magazzini: Il reparto alimentare di Selfridges è al pianterreno, potete bere gratis dove vendono il vino, e fare incetta di campioni (pesce, biscottini, ecc.); di solito si può contare su un biscotto al formaggio da Fortnum & Mason; spesso, se non regolarmente, campioni di roba da mangiare e da bere nella varie filiali di Oakeshotts. Seguite i giornali (quelli della sera) per gli annunci della Settimana Danese, ecc. Invalidi: Pasti gratuiti a rotelle per gli invalidi. Dipende dalla GLC.

311

Uova: Centri imballaggio uova per le uova che non sono secondo campione. Mostre: Mostra della casa ideale organizzata dal Daily Mail, ottima per la roba da mangiare. Pesce: Pesce fritto sei ore prima dagli spacci di pesce e patatine, quando chiudono. Pescando nel Millbank Pond davanti ai palazzi del Parlamento (di là dalla strada). Ancora, in stagione (16 giugno - 14 marzo), nei Long Water e Rick Ponds, Hampton Court; Leg of Mutton, Diana e Heron Ponds, Bushey Park; la Serpentine, Hyde Park; Osterley Park; Pen Ponds, Richmond Park. E nei parchi della GLC: Battersea Park, Eagle Park, Clapham Common, Hampstead Heath, Tooting Common Lake, Victoria Park, Clissold Park. Infine nel Tamigi, specie tra Staines e Richmond. Frutta

e

verdura:

Andate

da

un

erbivendolo,

o

meglio

ancora

mandateci

un bambino: « Posso avere qualche foglia di cavolo e due o tre carote per i conigli? »: se lo fate regolarmente, potranno invitarvi a pagare qualcosa. Alberghi: Quelli grandi (p.e. il Westbourne di Conduit Street) non tengono la carne del giorno prima. Lyons: Visite alla Tea Factory: tazza di tè, pane e marmellata dopo; e un pacchetto di tè/caffè da portar via. Fino a 40 tra adulti e bambini sopra i 12 anni; scrivere all’ufficio personale, J. Lyons & Co. Ltd., Oldfield Lane, Greenford, Middx. Lyons Bakery: Comitive (massimo 30 persone) tra adulti e bambini sopra i 12 anni, campioni e pacchi ricordo; scrivere Tours Centre, Cadby Hall, W14. Macrobiotic Restaurant: 136a Westbourne Park Road (veramente è in Bishops Bridge Road, di fronte alla chiesa, al seminterrato), tel. 723-7367, chiuso il lunedì, altrimenti è aperto dalle 18,30 alle 24. Sul menu hanno due pasti normali gratuiti, ma può darsi che vi chiedano di aiutarli in cucina per una ventina di minuti. Mercati: Ai mercati di generi alimentari potete chiedere alle varie bancarelle quando stanno per andar via. Battete le strade dietro il Covent Garden verso le 3 o le 4 del mattino. Mercato di Camden Town, in Inverness Street, vicino alla sotterranea, mercoledì e sabato quando comincia a far buio: metà è roba buona, metà spazzatura: non datevi troppe arie perché possono gridarvi dietro. Mercato di Berwick, Soho, W1: atmosfera simpatica, molto colore, frutta e verdura. Chapel Market, Islington, N1: la domenica. Club Row, Schlater Street, E1 (dietro la stazione di Liverpool Street), domenica

mattina,

anche

per

animali,

antichità

e

biciclette

(rubate?)

a

buon

mercato. Portobello Road, W11, antichità, frutta e verdura in quantità, rifiuti, solo il sabato (tutta la giornata). Mercato di Leadenhall, EC3. Leather Lane, Holborn, EC1, per curiosare e magari spilluzzicare con i colletti bianchi, dalle 13 alle 14, giorni feriali. Petticoat

Lane,

El,

qui

c’è

tutto

e ci

sono

tutti

i turisti

la domenica. Smithfield Market e Charterhouse Street, EC1, carne. Spitalfields, E1, frutta, verdura e vagabondi, solo feriali. Billingsgate, Lower Thames Street, EC3 (St Paul’s): pesce

mattina presto (feriali).

Latte: Se lo chiedete, la maggior piccola di latte. Missioni: Potete senz’altro recarvi sione di Bethnal Green, davanti alla Green, e alle 8,15 vi daranno dei panini

312

parte

dei

lattai

di

Londra,

e crostacei

vi daranno

una

solo

la

scatola

ogni domenica mattina alle 8 alla Misstazione della metropolitana di Bethnal (un paio) e 2 grosse tazze di cioccolato.

Tutti sono i benvenuti. Lunedì sera, giovedì sera, domenica sera: Webb Street, vicino all’Old Vic National Theatre, ore 19, tutti sono benvenuti, gratis, nessun limite di età, uomini per lo più ma si ammette anche qualche ragazza. Dipende dalla London Embankment Mission: 4 biscotti e una tazza di tè. Domenica sera, ore 20,30, solo per drogati. Dietro Boots, Piccadilly. Sui gradini 2 pollanche, Joan e Anne, dell’Orange Tree Mission, distribuiscono roba da mangiare. Anche aiuti in generale. Fast End Mission di Cable Street, tel. STE 3366, diretta dal rev. David Moore (che tende a consigliare i giovani di lasciare la zona, e se sono venuti giù da un posto come Manchester sperando di divertirsi, allora può anche dirgli di tornarsene a casa loro); nondimeno: per tutte le età, ogni il martedì o il giovedì, minestra servita alle 18,30, tè e panini

sera alle

tranne 20,15,

si chiude subito dopo le ventuno. 60 o 70 in media tutte le sere. Crociere oceaniche: Suggerimento USA: «Se volete veramente una cosa di classe, cercate sui giornali le notizie sulle crociere oceaniche. Prima di ogni partenza c'è un party di buon viaggio. Salite a bordo con qualche ora di anticipo, e divertitevi. Champagne, caviale, insalata di aragosta, tutto gratis come il mare

aperto.

Se

sei

abbastanza

sbronzo

e

riesci

a

non

scendere

a

terra

puoi

scroccare una bella traversata, anche se ti rimandano indietro come la nave tocca l’altra sponda: però è sempre una crociera gratis, anche in gattabuia ». Piccioni: Piccioni gratis in Trafalgar Square, ecc., magari da vendere ai ristoranti. Ristoranti: Nei ristoranti dove c’è un continuo afflusso di persone: ordinate in due riprese separate e pagate solo il secondo conto. Attenti al piccolo «1» 0 «2» che mettono spesso nell’angolo superiore destro: portatevi una gomma. Analogamente, entrate in un caffè sapendo a che ora è il cambio delle cameriere; se state due ore, pagate solo la mezz'ora dopo il cambio. Provate a consumare mezzo pasto e a dire che l’altro mezzo non è buono. Portatevi insetti, capelli, ecc., da mettere nei piatti. Fatevi prestare una giacca da cameriere e, in un’ora di punta, come le 21, entrate in un grande ristorante passando dalla porta di servizio. Mangiate là, in cucina. Silver Lady: E’ un furgone che gira per il centro di Londra distribuendo gratis tè, pasticci di carne e sigarette: hippies, però, non ne vogliono. La Silver Lady fu creata intorno al 1948, dopo la guerra, quando ci si rese conto che occorreva provvedere ai cosiddetti « dossers »: «si tratta di persone considerate socialmente inadeguate ». Gli affari della Silver Lady subiscono un autentico tracollo il giorno del sussidio, venerdì. La direzione è al 164 di Queen Victoria

Street:

si

tratta

di

una

fondazione.

Lunedì,

mercoledì

e

venerdì.

Ha

uno staff di 5 giovani: o i vecchi dossers dovrebbero farne a meno. Stazione della metropolitana di Temple, ore 15,30. Generalmente un pasticcio di carne, una

tazza

di

tè e una

sigaretta,

poi

una

tazza

di

tè, due

biscotti

e magari

un’al

tra sigaretta. Simon Community: Distribuzione di minestra alla'Waterloo Station. Quasi tutte le sere a mezzanotte. Poi, verso l’una, giù a Charing Cross col banco del caffè. Verso le°due in Henrietta Street, davanti all’ospedale, Covent Garden. Spuntini: Bulldog Bar, prima di pranzo, al Royal Garden Hotel, acciughe, stuzzichini, particolarmente buoni. Cipolline, biscotti, olive ripiene, salsicce e scodelle di nocciole e patatine dai pubs e dagli alberghi « ben forniti » (la mattina) intorno a Park Lane e Mayfair. Non perdete di vista l’orologio. Li fanno delle vecchie sopravvivono.

signore,

molto

ben

vestite,

per

arrotondare

l’elemosina

con

cui

Assistenti sociali: Ogni martedì mattina, in St Anne, Soho, riunione di « assistenti sociali » per tè e biscotti. Supermarket: Suggerimento USA: «Si raccomanda inoltre di mangiare quello che avete preso prima di uscire dal supermarket. Questo metodo è molto più sicuro del solito taccheggio. Per poter essere denunciati bisogna lasciare

315

il negozio con la merce. Se l’avete mangiata, non ci sono prove da usare contro di voi ». I loro supermarket sono più grandi. Sinagoghe: In Inghilterra, ottima è la sinagoga riformata di Temple Fortune, Alyth Gardens, NW1 (n. 245, 260, 2 bus). Bicchier di vino e biscotti gratis, sabato mattina dalle 11 alle 11,30, giacca e cappello. Suggerimento USA: « Investite qualche soldo in uno dei quotidiani ebraici e cercate gli indirizzi delle sinagoghe locali e gli orari dei Bar Mitzvah, dei banchetti nuziali e altre cerimonie. Bussate alla porta di servizio un tre ore dopo l’inizio della cerimonia. Ci sono sempre degli avanzi. Ditegli che siete uno studente universitario e che vorreste portare qualcosa anche agli altri. Gli ebrei ci cascano sempre. Se volete passare dalla porta principale, dovete travestirvi in modo da sembrare uno di loro. Battute come « Sono il fratello di Mazin» o — dopo aver letto sul giornale il nome della sposa — « Ah, Dorothy è veramente magnifica » funzionano benissimo. Funerale gratis FE’ tutto quello che potete ottenere vendendo il vostro cadavere alla medicina (mentre negli Stati Uniti potete venderlo alle università e ottenere un anticipo tra i 150 e i 600 dollari, e l’unica garanzia che hanno è il tatuaggio che vi mettono su un piede: c’era il progetto di fare un giro in autobus delle università con a bordo un esperto in tatuaggi per togliere i tatuaggi). In Inghilterra gli scheletri valgono quattrini, se potete procurarvene uno. Parrucchieri gratis 60 Great Tichfield Street, W1, LAN 3808, taglio di capelli gratuito i giorni feriali da parte degli studenti di questa scuola di parrucchieri. Provate anche al London Institute e alla Morris School of Hairdressing, ‘6 Shaftesbury Avenue, W1 (GER 3693) o al 43 di Great Windmill Street, W1 (GER 5172). Le altre scuole per parrucchieri (dalle inserzioni) hanno i seguenti numeri telefonici: RIV 9495 / LAN 3808 / MUS 7119 / AMH 2654 / BAT 0241 / GER 8191 / WEL 4579 / REG 2431 / GRA 9433 / ELG 5603 / RAV 0258 / LEE 7693 / TID 6996 / GER 2242 / MUS 7453 / MAY 2144 / MUN 1088. Sceglietene una nella vostra zona, informatevi se lo fanno. Ghiaccio gratis Ghiaccio gratis che non sa di pesce nella pescheria di Harrods, se vi portate dietro una borsa di plastica. Informazioni gratis Agit-Prop, mettersi in contatto tramite la Poster Workshop, 61 Camden Road, tel. 722-3279, per tutte le informazioni a carattere rivoluzionario. (AL l’ultimo momento: numero migliore per la Workshop, 240-1864). BIT, 141 Westbourne Park Road, W11, tel. 229-8219 (diurno), 229-7536 (da mezzanotte alle 10), servizio informazioni, consulenza e assistenza in funzione 24 ore al giorno. Agenzia gratuita per alloggi e posti di lavoro. BIT di Oxford, 37 Leckford Road, Oxford, tel. (0865) 56535, funziona per lo più dalle 14 alle 24. Central Office of Information, tel. 928-2345. Central Information Bureau, 16 Great Russell Street, WC1, tel. 580-0478. Consigli su alloggi, circoli, ecc., a tutte le ragazze che vengono a lavorare a Londra. Citizens Advice Bureaux; la sede centrale è al 26 di Bedford Square, WC1, tel. 636-4066; gli uffici sono in tutta Londra e possono essere interpellati a proposito di quasi tutti i problemi. Daily Telegraph Info Bureau, tel. FLE 4242, dalle 9,30 alle 17,30, solo feriali.

314

Newscaster: sedetevi in Leicester Square e guardate il Newscaster dello Swiss Centre (anche a Waterloo e Piccadilly Circus). Reference Library, WES 2542, quella di Kensington e Chelsea, che è grande e molto utile. United Nations Information Centre, MAY 3816, 14/15 Stratford Place, W1, comprende il Regno Unito, l’Irlanda, l’Olanda e le regioni sotto controllo britannico. Tempo, sul palazzo del Daily Mirror (Holborn Circus), il London Weather Centre (284 High Holborn) oppure potete chiamare lo 01-284-8091. Deposito

bagagli

Fate il giro del deposito bagagli di Leicester Square, alcuni armadietti (due di sicuro) sono sempre aperti (chiudetelo, girate la chiave a destra, poi tornate ad aprirlo, senza pagare lo scellino richiesto). Potete lasciare la valigia nei guardaroba dei musei più importanti per parecchi giorni di seguito, e gratis. Macchine a gettone Provate con rondelle di varie dimensioni (chiudendo il foro centrale con un pezzettino di nastro adesivo), con tondini di linoleum e usando monete straniere al posto di quelle inglesi: il pezzo da 2 pfennig tedesco, per esempio, è la copia esatta del sixpence, ma vale meno di mezzo penny; e i 20 centesimi francesi funzionano spesso benissimo al posto dello scellino. Gallerie dei divertimenti: Grattate le monete delle macchine dove le vibrazioni, dopo 10 minuti di inattività, provocano automaticamente la caduta dei soldini nella vaschetta di uscita: 2 scellini l’ora con i soldi di altre macchine. Per i banditi monchi (veramente questo trucco funziona meglio in un circolo, con un gruppo di amici intorno alla macchina — ci sono troppi occhi aguzzi nelle gallerie dei divertimenti — come sanno benissimo tutti quelli che hanno mai provato a scuotere o inclinare una macchina), per i banditi monchi, dicevo, che hanno un foglio di plexiglass davanti alle tre finestrelle dove appaiono le ciliege/campanelle, ecc., fissate la prima figura vincente che compare con uno spillo al centro della finestrella (potete praticare prima dei forellini con un punteruolo), fissate la seconda nello stesso modo e poi aspettate la terza e il

piatto.

Fissate

anche

la

terza

licemente sperimentato). Distributori di cioccolata: pence

nella

macchina

taldeitali,

finché

la

Chiamate e

vi

macchina

non

la società,

manderanno

è

vuota

dite che i 6

pence

(metodo

avete che

fe-

perduto avete

6

« per-

duto » più i 4 pence della telefonata. Oppure dite che siete un cliente abituale e presentate conti semestrali di 13 o 14 scellini. E una volta tanto segnalate

una

macchina

guasta,

vi saranno

riconoscenti

per

tutta

la vita.

[Nell’opuscolo originale C’era. a questo punto, una sezione che spiegava come forzare i contatori: dai parchimetri a quelli del gas, dell’elettricità, ecc.]. Distributori di latte: Due scatole di latte per un sixpence solo: nel preciso

momento

in

cui

la

moneta

cade

nella

fessura

e

la

luce

si

spegne,

schiac-

ciare di nuovo il bottone. Camminando per le strade, a tarda notte, attenti ai distributori di latte con davanti la protuberanza: premete tutt’e tre i bottoni e date un calcio o una ginocchiata sotto i bottoni. Macchine distributrici di prodotti vari (quelle con un disco come quello del telefono e un montacarichi azionato da una catena per tutti gli scompartimenti): sono grosse macchine che distribuiscono yogurt e focacce, e una volta, con una monetina da 3 pence, si poteva ottenere qualunque cosa adottando

la tecnica

seguente:

fare

il numero

dopo,

dall’« 1»

o da

altro

numero

un

di ciò

che

si desidera,

seguito,

subito

qualunque.

315

Macchina per radersi: Con una monetina da 2 pfennig potrete usare il rasoio elettrico da 6 pence all’Air Terminal di West London, aperto 24 ore al giorno. Distributori di bibite: Un gran numero di queste macchine vi daranno innumerevoli bicchieri di bevande effervescenti per un sixpence, purché teniate sempre premuto il bottone: sono macchine a ciclo continuo. [A questo punto l’opuscolo illustra alcuni metodi per «corrompere» i distributori automatici di biglietti della metropolitana]. Posta gratis Comprate in un negozio di giocattoli, per uno scellino e mezzo, il corredo del Piccolo Ufficio Postale, completo di francobolli-giocattolo. Scrivete la vostra lettera. Suggellatela. Scrivete l’indirizzo sulla busta con una calligrafia molto infantile. Il Postmaster General ha dato le istruzioni necessarie perché queste lettere siano recapitate. Truccarsi

gratis

Tutti i cosmetici per le donne alle partenze BOAC roba per uomini al Mayfair Hotel: ottimi servizi, gratuiti. Fiammiferi

di

Victoria;

gratis

Tra i tanti posti, il Regent’s Palace Hotel, scatole gratis all’edicola: al Cork Club, Inverness Street, Bayswater, W2. Soldi

guarda-

anche

gratis

Amsterdam: Per i viaggiatori del Regno Unito ad Amsterdam: la moneta da 2 fiorini e mezzo è grande più o meno come la mezza corona inglese, e vale di più. Portatevi una scorta di mezze corone. Ad Amsterdam vi pagano se riportate le bottiglie vuote nei negozi. Trovatene qualcuna durante il giorno; oppure, la notte, troverete bottiglie da latte vuote davanti a tutte le latterie. Parassiti: Presentatevi, per esempio, a una ditta di lavapiatti, e chiedete lavoro: andateci ben vestiti. Il giorno dopo arrivate con un vestito vecchio e mettetevi a lavare i piatti. Dopo un paio d’ore cominciate a grattarvi e a guardare tra le pieghe dei vostri indumenti, come se cercaste dei pidocchi. Fatevi vedere dal principale, ma non dite niente, e in men che non si dica vi troverete a spasso: con la paga di una settimana. Registratore di cassa: Trovate un amico che lavori in un pub; l’ordine di 12/6 lo batte come se fosse di 2/6, con la scusa: « Ho battuto i 10 scellini due minuti fa, stavo solo battendo la differenza ». Fategli tener conto di tutti i 10/— non battuti in tutta la sera. Assegni: Girate offrendovi di pagare tutto con assegni: ci ha provato uno a Parigi, per un giorno, ed è andato al cinema gratis, gratis in tassì, gratis a nuotare, gratis in metro, gratis in autobus; ha avuto gratis pane e sigarette, ecc. Coupons delle sigarette: Raccogliete i coupons delle sigarette: quelli delle Embassy, per esempio, valgono circa 2 pence e mezzo l’uno. Commissione: A Ginevra o in qualche altro posto, due di voi seguano un americano in una gioielleria; uno entra e lo sente comprare 20 sterline di merce,

poi

entra

è l’organizzatore Tribunali: giate, diciamo, rate citazioni e

316

l’altro,

che

sventola

una

cartella

con

biglietti,

ecc.,

dice

che

del viaggio dell’americano e reclama la commissione del 10%. Aprite un conto di 2 sterline: entrate in un negozio e nolegun frigo da 30 sterline. Devono trascinarvi in tribunale: ignoufficiali giudiziari perché se non andate in tribunale non conta

niente. Ma possono mandarvi in galera per disprezzo della corte se non pagate e avete i quattrini. Se avete meno di 21 anni i genitori non hanno l’obbligo, legalmente, di pagare i vostri debiti (tranne che per il vestiario essenziale?): se avete un libretto di assegni, potete ordinare tutto quello che vi pare. I negozi hanno ditte come la « Trade Indemnity » che si occupano della riscossione dei loro crediti e che cercheranno di avvelenarvi l’esistenza. Oro: Cercate oro nel Galles settentrionale, presso Dolgelley. Il peggio che potrebbe capitarvi è di visitare il Galles. Borse di studio: Se quella che svolgete può considerarsi una Nuova Attività Artistica, fate domanda al New Activities Committee, Arts Council, 105 Piccadilly, W1; si dice che abbia molta voce in capitolo nel gruppo di capoccioni che quest'anno hanno 15.000 sterline da distribuire. Sempre quest’afino una donna, a Parigi, ha regalato dei soldi, da 800 a 2.000 sterline per volta, a chi le pare. Scrive « Hermine » su IT 54: « Silvina (la donna di Parigi) non sta al gioco della filantropia... Quanto vi serve? Benissimo. Niente ruote da ungere, né medaglie, né lettere piene di paroline dolci. Solo una finezza giapponese ... Silvina spende il suo capitale. Gli investimenti nel sistema sono sempre meno sicuri. E lei ha deciso di non stare i gioco ». Per mettersi in contatto con lei, rivolgersi a quelli dell’Exploding alaxy. Nozze: Ci sono centinaia di americani di ambo i sessi che girano per Londra come forsennati cercando di sposare un residente nel Regno Unito, per assicurarsi tutti i privilegi del passaporto britannico. Naturalmente funziona anche a rovescio. (Nota bene: non mollate gli americani; per esempio, la cifra che sono pronte a sborsare le ragazze polacche è di 60 sterline, mentre un’americana paga fino a 200 sterline. Oppure fatelo gratis). La residenza nel Regno Unito non viene automaticamente concessa all’atto di contrarre matrimonio con un suo cittadino, ma nella maggior parte dei casi cade ogni difficoltà di fronte al desiderio di restare in questo paese. Banconote: Stracciate a metà una banconota da 1 sterlina; incollate con cura ai due pezzi un rettangolo di carta grande come la mezza banconota tagliata, poi piegate il biglietto in modo che la parte genuina stia di sopra; chiedete a una persona dall’aria facoltosa incontrata per la strada quattro mezze corone e un biglietto da 10 scellini. Laghetti: Whitestone Pond, Hampstead Heath, d’estate gli americani vi gettano dei soldi. 12 scellini « pescati » da due persone in un’ora e mezzo. Sicurezza: Suggerimento USA: « Per questo stratagemma vi serve un po’ di denaro. Depositatelo in banca e tornate dopo qualche settimana a dire che avete smarrito il libretto. Vi daranno un modulo da riempire e da firmare, e in meno di una settimana ne riceverete un altro. Ora prelevate i soldi versati: avrete tutti i soldi che avevate prima e in più un libretto di banca che indica un attivo. Potete usarlo come documento, per rintuzzare ogni tentativo di denunciarvi per vagabondaggio o per aprire un conto nei negozi ». Evasione fiscale: Se il lavoro che pensate di svolgere rende 15 sterline al la settimana, e voi siete autorizzati a guadagnare, esentasse, solo 12 sterline, potete porre come condizione, per accettare il lavoro, che le 3 sterline in più alla settimana vengano versate a un istituto di beneficenza di vostro gradimento. Oppure, meno altruisticamente, potete insistere presso i vostri datori di lavoro perché diano una diversa classificazione a quelle 3 sterline alla settimana: indennità di mensa o di viaggio, spese, ecc. La presenza di una governante come dipendente necessaria (per badare ai bambini, ecc.) comporta una riduzione fiscale: procuratevi una bella svedesina au pair. Oppure mettetevi d’accordo con una pollanca che sia di vostro gusto, sposatela secondo le norme del diritto consuetudinario e denunciatela come dipendente.

5

Parcheggio (vedi anche alla voce « Contatori » nella sezione

« Macchine »).

Potete farvi dare uno Union Jack autoadesivo con sopra stampato « Visita in Inghilterra » dalle agenzie di viaggio e dalle ditte che noleggiano automobili, o potete anche rubarlo a un’altra macchina; di fronte alle provocazioni dei custodi, ecc., parlate con accento americano. Carta

gratis

Carta e altro materiale nei bidoni della spazzatura di Soho, di notte. Carta dai reparti radiologici di ogni ospedale. Gialla o formato protocollo, basta entrare e chiedere. Oppure provate nelle tipografie dei giornali. Benzina

gratis

Travasate la benzina dal serbatoio di un’altra macchina (cioè inserite un tubo e aspirate in modo da creare un flusso continuo dal serbatoio di quella macchina al vostro) e ricordate: 1) che le macchine dei funzionari sono sempre piene di benzina; 2) che non si frega la benzina agli amici. Stampare

gratis

Per usare gratuitamente un copialettere, fissare una appuntamento telefonando al Notting Hill Neighbourhood Service, 34 Tavistock Crescent, W11 (signora Laslett, tel. 727-9883). Al BIT (tel. 229-8219) dicono di avere un lungo elenco di stampatori e una o due officine dotate di macchine Xerox favorevoli al movimento di sinistra e dell’Underground. Al BIT hanno appena acquistato una Gestetner. Si può stampare gratis al Digger Printing Service: Brian McGrath, 27 Arundel Gardens, W11, purché siano cose da distribuire gratis. A quanto mi risulta, non si tratta di un servizio molto attivo. Quasi tutte le Unioni Studentesche hanno copialettere e macchine al ciclostile. Mettetevi in contatto con loro e avrete la carta al prezzo di costo e l’uso gratuito delle Gestetner, ecc. Materiale

di recupero

Charles Hall, 6 Botolph Lane, EC3, tel. 626-3112: Tappeti, mobilio, materiale vario, scarpe, quasi tutto quello che si vuole, lo stock varia considerevolmente. Non è gratis ma costa poco. Il sabato sera sul tardi, in Portobello Road, all’altezza dei Cambridge Gardens (tra l’autostrada e Goldbourne Park), si radunano gli straccivendoli. Se non sbrigano i loro affari entro la giornata, lasciano tutto lì. Ferro, legno, vecchi armadi, ecc. Specializzazioni Tutti possono frequentare una delle scuole di avviamento professionale del ministero del lavoro e ottenere per il proprio mantenimento una borsa di studio di 8 sterline alla settimana (se si è celibi). Dopo sei mesi di addestramento si può avere una qualifica. Nella clausola che vi fanno firmare v’impegnate a lavorare nel medesimo settore anche dopo la scuola e a non recarvi all’estero: tutte balle. Potete specializzarvi in: costruzioni, calzoleria, carpenteria, approvvigionamenti, meccanica, elettricità, acconciature, tipografia, fotocopie. Rivolgetevi all’ufficio di collocamento più vicino: chiedete di parlare col Training Officer.

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Servizi sociali gratuiti Consigli gratis, ecc.: St Martin-in-the-Fields Welfare Office, Trafalgar Square, tel. WHI 1732, sempre aperto: consigli utili; potrebbero darvi dei buoni per alloggio. Andate pure a piangergli sulla spalla. Ken Leech (vedi alla voce « Tossicomani » nella sezione riservata agli