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Italian Pages [547] Year 1983
Table of contents :
AAVV (a cura di Alessandro Bettagno) - Piranesi tra Venezia e l'Europa, Leo S. Olschki, 1983
Premessa
Augusta Monferini - Piranesi e l'ambiente di Ridolfino Venuti
Lino Moretti - Nuovi documenti piranesiani
Adriano Cavicchi e Silla Zamboni - Due "taccuini" inediti di Piranesi
Antonio Foscari - Giambattista Piranesi da Venezia al Campidoglio
Ennio Concina - Storia, archeologia, architettura dal Maffei a M. Lucchesi
Alessandro Bettagno - Incontro veneziano: Piranesi e Tiepolo
TAVOLE
APPENDICE
INDICE DELLE ILLUSTRAZIOONI
INDICE GENERALE
CIVILTA
VENEZIANA
SAGGI
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FONDAZIONE GIORGIO CINI CENTRO
DI
CULTURA E OVILTA
SCUOLA DI S. GIORGIO PER LO STUDIO DELLA
OVILTÀ
SAN GIORGIO MAGGIORE VENEZIA
VENEZIANA
PIRANESI TRA VENEZIA E L'EURO PA a cura di Alessandro Bettagno
FIRENZE LEO S. OLSCHKI
MCMLXXXill
A'l'TI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDIO PROMOSSO DALL'ISTITUTO DI STORIA DELL'ARTE DELLA FONDAZIONE GIORGIO
CINI
PER IL SECONDO
CENTENARIO DELLA MORTE DI GIAN BA'l'TISTA PIRANESI
(Venezia, 13-15 ottobre 1978)
TUTI'I l DUUTl'I lUSJmVATI
ISBN 88 222 3130 9
PREMESSA
A nome della Fondazione Giorgio Cini, che ho l'onore di
presiedere, ringrazio vivissimamente gli autorevoli studiosi che sono qui intervenuti per questo nostro con vegno La Fondazione, nel prendere l'iniziativa di questa nostra cel ebrazione di Piranesi, ha avuto - dobbiamo confessarlo - ini .
zialmente alcune incertezze. Vi erano ovviamente molti motivi e diverse ragioni che ci portavano ad or ganizzare questa mostra - e sono quelli che poi hanno prevalso - e vi erano anche dei dubbi che non si andasse incontro a qualche cosa di ripetitivo dato che, proprio per l'accorto, intelligente esame che alcuni studiosi negli ultimi decenni avevano rivolto a Piranesi, l'inte resse che ne era derivato aveva determinato diverse manifesta zioni negli ultimi tempi a lui dedicate. Ha prevalso la soluzione positiva per la volontà, l'opera, l'abnegazione dei collaboratori della Fondazione: il Professar Pallucchini e il Professar Bet tagno, ai quali si deve l'idea, l'iniziativa e l'organizzazione di questa importante manifestazione, importante perché tale l'ha considerata t1 pubblico, più di quanto noi stessi all'inizia si pensasse e si sperasse Molto di questo è dovuto alla colla borazione straniera: noi abbiamo avuto la fortuna di avere la fiducia di coloro che d hanno prestato i disegni e i docu menti qui esposti e che ci sono stati concessi, dalle diverse parti del mondo, con larghezza, con generosità, con piena com prensione per la nostra iniziativa. Di questo noi siamo molto grati anche agli amici studiosi perché certamente è anche per indicazione, per influenza loro che i musei o i privati proprie tari degli importanti esemplari esposti hanno dato fiducia alla Fondazione. .
l
BRUNO VISENTINI
Nello stesso tempo vorrei rivolgere rinnovato ringraziamento al Pro/. Pallucchini e al Pro/. Bettagno; e a questi anche proprio per le fatiche fisiche oltre che per la linea d'impostazione della mostra concordata con il Prof. Pallucchini: è grazie a queste fatiche che noi siamo riusciti tempestivamente, e cioè il primo di settembre, ad aprire la mostra. E infine, e chiudo, il ringra ziamento va al pubblico. Noi abbiamo avuto una massa - e la parola non è eccessiva in questo periodo in cui tanto facil mente si parla di masse - di visitatori, al di là delle nostre stesse previsioni; il che ci ha creato anche problemi organizzativi, obbligandoci a regolamentare il numero delle persone che en travano. E questo mi pare che sia dovuto non soltanto a Ve nezia (e cioè alle persone che, venendo a Venezia, vengono a visitare anche Piranesi) dato che, anche se non voglio fare con fronti, ci sono altre manifestazioni che hanno meno visitatori e che forse sono più comodamente raggiungibili perché non occorre venire in un'isola. Non è dovuto soltanto al bel tempo e alla piacevolezza di essere per qualche ora in quest'isola, poi ché abbiamo avuto folle di visitatori persino in giorni di scio pero dei vaporetti e di acqua alta, ma è dovuto veramente al l'interesse che gli studiosi di Piranesi hanno saputo suscitare e alla chiarezza con la quale hanno individuato i problemi e sottolineato la validità delle opere di questo nostro artista, richiamando così l'attenzione di un pubblico vasto che tutto questo ha sentito. BRUNO VISENTINI
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RonoLFo PALLUCCHINI INTRODUZIONE AL CONVEGNO
Le iniziative promosse dalla Fondazione Giorgio Cini per commemorare il secondo centenario della morte di Giambattista Piranesi si completano oggi con l'apertura di questo convegno di studi. È la prima volta che Venezia onora pubblicamente que sto suo grande artista, se si eccettua la commemorazione tenuta all'I.R. Accademia di Belle Arti nel 1820 da Pietro Biagi, in occasione del primo centenario della sua nascita. Non si deve dimenticare che nella memorabile mostra dedi cata al Settecento italiano ed allestita nel1929 da Nino Barban tini ai Giardini, Piranesi figurava con un numero cospicuo di disegni ed incisioni. Nella rassegna degli Incisori veneti del Set tecento, che ho avuto l'onore di allestire nel1941 al Ridotto, il Piranesi era presente accanto a Marco Ricci, al Marieschi, al Canaletto ed a Giambattista Tiepolo. Se nelle mostre successive tenute a Venezia dedicate ai vari aspetti della civiltà figurativa veneziana del Settecento, il nome del Piranesi era messo da parte (forse per il fatto che si era espresso con una tecnica diversa da quella pittorica), non si può dimenticare la parte che ebbe nella grande esposizione Venise au dix-huitième siècle allestita nel 1971 all'Orangerie di Parigi: dove la sezione dedicata ai disegni e alle stampe del Piranesi, cu rata da Roseline Bacou e da Jean Adhémar, costituiva una parte integrante di quel tessuto figurativo cosl complesso e variato nella sua dialettica tra il Rococò e il Neoclassico. Era quindi doveroso che la città, che ha dato i natali al Pi ranesi - anche se è venuto al mondo ai margini della laguna 3
RODOLFO PALLUCCHcrNOC
lo ricordasse nel modo più largo possibile, sia con una duplice mostra di disegni e di stampe, sia con un convegno di studi che non solo facesse il punto della ricerca ma che anche ripropo nesse la problematica della sua arte. Mostre piranesiane, anche importanti, in questi ultimi de cenni se ne sono tenute tanto in Italia quanto all'estero: que st'anno naturalmente si sono moltiplicate, da Londra a Wa shington, fino a quella di grafica disegnativa testé aperta alla Morgan Library di New York. L'iniziativa presa dalla Fondazione Giorgio Cini, d'altra parte, rientra nel quadro della sua attività tradizionale, che è quella appunto dello studio della grafica. Ma quelle allestite con appas sionato impegno da Alessandro Bettagno in questa sede, frequen tate nel giro di una quarantina di giorni da circa novantamila visitatori, costituiscono certamente l'avvenimento più prestigioso in memoria del secondo centenario della morte del Piranesi. Mi sia consentito cedere la parola ad André Chastel che sulle pa gine de «Le Monde» ha scritto: Il n'est pas sans intéret que l'exposition la plus complète et la plus suggestive de toutes celles qui se sont multipliées cette année soit fìnalment la présentation des dessins et des estampes élaborée à la Fondation Giorgio Cini . Outre un magnifì.que témoignage d'erudition et d'attachement, c'est d'une sorte de revendication qu'il s'agit. ..
Le due mostre allestite dalla Fondazione Cini pur essendo complementari, cioè una illuminando l'altra, sono sostanzial mente diverse. Certo la fama del Piranesi poggia sulla cospicua attività in cisoria realizzata mediante una tecnica prodigiosa: un migliaio di rami che nel loro assieme costituiscono un momento signifi cativo del gusto ai tempi dell'Illuminismo e .nello stesso tempo l'omaggio più clamoroso di un veneto verso Roma antica e mo derna. Ma la grafica disegnativa del Piranesi ci introduce nel labo ratorio segreto della sua fantasia, rivelandoci i primi momenti, alcuni romanticamente« deliranti», della sua ispirazione. La mo4
INTRODUZIONE AL CONVEGNO
stra che Alessandro Bettagno è riuscito mettere in piedi, nono stante le altre iniziative prese in Europa e negli Stati Uniti, con sta di 85 fogli selezionati con lo scopo di dare una rappresenta zione antologica non solo dello sviluppo della grafica disegnativa piranesiana, ma anche della varietà della sua tematica, che spazia dallo studio preparatorio di una veduta prospettica agli schizzi di figura, dagli appunti tracciati quasi con furia dinnanzi alle rovine a studi di mobili, da fantasie sceniche, secondo la poetica del « capriccio », a particolari architettonici indagati con la me ticolosità dell'archeologo. On n'a jamais si bien vu les dessins de Piranèse - sono ancora parole di Chastel - ils fournissent un point d'attraction sai sissant dans la salle centrale du circuit amenagé au couvent de Saint-George. Comment dire? On a l'impression d'entrer dans le laboratoire meme d'une imagination fiévreuse et pourtant ferme. ...
Ma direi che proprio la lettura dei disegni del Piranesi mi ha confermato quell'impressione che avevo riportato alla mostra Venise au dix-huitième siècle: la venezianità della sua espres sione disegnativa, cioè l'eredità in chiave Rococò che egli aveva assorbito dall'insegnamento di Marco Ricci, di Giambattista Tie polo e dei Guardi, una eredità che gli permetteva a Roma di mettere a frutto l'insegnamento del Borromini. Quando si osserva un disegno come quello della Piazza di San Pietro, uno tra i più ghiotti inediti prestati alla mostra dal l'Bari of Verulam, si comprende quanto il Piranesi debba al Canaletto, non un Canaletto realista, come gran parte della cri tica moderna ha interpretato, ma visionario, cioè forzatore dello spazio prospettico, come oggi lo vede il Corboz. Certo il rapporto di Piranesi con Venezia non fu tra i più facili: anzi, come ha scritto il Bettagno, fu certamente un rap porto difficile. Educato in un ambiente d'architetti, come è noto, a vent'anni il Piranesi accompagnò l'ambasciatore Francesco Ve nier a Roma. Dopo un breve rimpatrio nell'inverno 17 4 3-17 44 egli abbandonò la sua città natale per non farvi più ritorno. Roma era diventata la sua seconda patria: il palcoscenico della sua fantasia, ma al tempo stesso la fonte di un'ispirazione non
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RODOLFO PALLUCCHINI
solo archeologica ma anche ideologica, da contrapporsi a quella del Winckelmann. Nella lettera spedita nel marzo 1778, cioè pochi mesi prima della morte, alla sorella abitante a Venezia, il Piranesi si vanta di essere « figlio di Roma», pur confessando le sue difficoltà con quell'ambiente, tanto che « se dovesse sce gliersi una patria preferirebbe Londra ...». Ma nella stessa let tera, con una punta di rimpianto, si confessa « .. . esule da Ve nezia, sua patria, per non aver potuto ottenere neppure un im pieguccio»: quella Venezia dove « ... non si farà mai più ri torno, tanto più che quella città, quantunque adorna di magni ficentissimi edifici e dipinti, non era teatro capace a dar pascolo alla sublimità dei suoi grandiosi concepimenti, come lo era Roma ... ». Che avesse d'altra parte Venezia nel sangue, anche se la sua sensibilità ormai lo aveva spinto verso la riscoperta quasi deli rante , ma archeologicamente precisa, della Roma antica, lo testi monia il fatto che egli si firmava « architetto veneto»: cioè rim piangeva quella vocazione nata fra le lagune alla scuola dello zio Matteo Lucchesi, ispirata da un altro veneto quale il Palladio, e realizzata solo in parte nel rifacimento di Santa Maria del Priorato. Scusatemi questa mia divagazione, che mi ha allontanato dal tema della grafica disegnativa. Non avremmo potuto allestire una mostra di co sl ampie proporzioni senza la comprensione di collezionisti e di direttori di raccolte pubbliche canadesi, danesi, francesi, inglesi, italiane, olandesi, tedesche, statunitensi e sviz zere, ai quali esprimo la più viva gratitudine della Fondazione Giorgio Cini e della città di Venezia.
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Ma anche la mostra delle incisioni di Giambattista Piranesi costituisce una novità per il numero di quelle esposte, cioè poco meno della metà di quelle realizzate durante la sua carriera. Il Bettagno ha voluto esporre una presentazione completa del l'opus incisorio piranesiano, con una scelta interna ad ogni serie 6
INTRODUZIONE AL CONVEGNO
tematica, tenendo conto dei limiti concessi dallo spazio a di sposizione. Tutta la produzione incisoria piranesiana scorre sotto ai no stri occhi non solo nelle successive tappe di uno stile in progress, ma anche nella varietà di una tematica che ha esplorato gli aspetti vedutistici della Roma antica e moderna, che ha indagato con metodologia innovatrice le antiche rovine e nello stesso tempo ha spaziato nei voli della fantasia. Non solo quindi le stampe più note delle Antichità romane, quelle Della Magnificenza ed architettura dei romani o delle Vedute di Roma ma anche quelle relative alla Descrizione ... dell'emissario del lago Albano, delle Antichità di Cora, del Campo Marzio e le tavole documentarie della Colonna Traiana e di quella Antonina. È stata messa in evidenza l'importa nza dell'attività precorritrice del Piranesi nel campo del Design, dove il suo gusto sca ndagli a l'esotico giun gendo all'oriente egiziano, forse per impulso della lettura giova nile delle tavole dell 'Ent w urff einer historischen Architektur di Johann Bernhard Fischer von Erlach: un campo d'attività non solo documentato d agli exempla incisi delle Diverse maniere d'adornare i cammini e dei Vasi, candelabri ecc. ma anche aperta alla produzione del mobilio. Ma il Piranesi si era esercitato an che nel campo delle invenzioni di f antasia, secondo l'insegna mento del Ricci e del Canaletto , come documentano i quattro suggestivi Capricci o quella Caduta di Fetonte biffata dall'arti sta e riesumata dal Calvesi, che la definisce « apice quasi paros sistico » del suo « visionarismo ». La sala che espone le due edizioni delle Carceri è certo la più suggestiva, ma anche la più misteriosa e problematica di tutta la mostra. Se per assurdo le Carceri non esistessero quanto sarebbe più agevole e rettilinea la comprensione di una personalità , che, tra l'altro, come osserva Augusta Monferini, nella ricerca archeo logica ha dato prova di un metodo induttivo nel senso dell'em pirismo baconiano. Ma il mistero si complica se si osservano le differenze che passano tra la prima edizione giovanile del 17 45, e la seconda di sedici anni dopo. Era naturale che nel 17 45 il Piranesi fosse 7
RODOLFO PALLUCCHfla a quel visionario mondo barocco degli incisori veneziani: ma nel 1761 egli ormai è interamente calato nella ri cerca della realtà documentaria, vedutistica ed archeologica ro mana. Ebbene nella seconda edizione egli sottopone le lastre non solo ad effetti più intensi di chiaroscuro, ma vi porta corre zioni ed aggiunte che imprimono a quelle visioni un senso dram matico ben più conturbante. Non sorprende forse che questo artista, che si professava « architetto veneto», immagini interni privi di ogni senso ar chitettonico? Come ha dimostrato la Vogt-Goknil, sono inven zioni che denunciano la casualità delle strutture, la disarticola zione degli spazi, l'abbandono della prospettiva centrale. Si com prende come Marguerite Yourcenar, in un saggio che rimane fon damentale nella letteratura piranesiana, abbia avvicinato le Car ceri di Piranesi alle Pitture nere della Quinta del Sordo di Goya: due sconsolate ed irrazionali confessioni, che chiudono un'epoca e ne aprono un'altra. Come ha osservato la Yourcenar:
ancora legato
On pense au réquisitoire de Beccaria contre les atrocités des prisons de l'époque, qui allait bientot bouleverser les consciences et aider à prendre d'assaut les bastilles de l'Ancien Régirne.
Le camere di tortura immaginate dal Piranesi in quegli spazi, che si moltiplicano all'infinito, sembrano presagire l'angoscia del mondo moderno. Forse la chiave per entrare nel mondo del Piranesi è pro prio quella offerta dai Capricci e dalle Carceri: cioè come sia quella spinta verso il visionario, alimentata dalla poetica del ba rocco, a vivificare, con una suggestione che talvolta sembra co lorarsi di surreale, l'esigenza illustrativa di storico fedelissimo dei monumenti e delle rovine di Roma. È sintomatico che il Walpole nel 1771 consigliasse gli artisti inglesi di « studiare» « i subiti sogni del Piranesi». La creazione di una tecnica incisoria modellata in un robu sto chiaroscuro (nient'affatto neoclassico) ha permesso al Pira nesi di imprimere una nuova dimensione fantastica, talvolta per fino allucinata, alla rievocazione di Roma antica. La mostra si conchiude con una suggestiva documentazione 8
INTRODUZIONE AL CONVEGNO
fotografica, guidata da Manfredo Tafuri, di quell'unicum archi tettonico del Piranesi che è il rifacimento di Santa Maria del Priorato, che sfugge al controllo imperante del neoclassico in una continua rinvenzione del Borromini ma che al tempo stesso si apre all'utopia del Boullée. *
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Mentre il catalogo della mostra dei disegni spetta al Betta gno, quello delle stampe, dei rami, delle legature e delle archi tetture è frutto della collaborazione di un gruppo di specialisti, molti dei quali oggi presenti: ambedue destinati a diventar stru menti preziosi di lavoro nel campo piranesiano. *
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Il convegno che oggi si apre è il corollario delle due mostre. Una personalità cosi complessa ed apparentemente contraddit toria come è quella piranesiana costituisce un problema sempre aperto. In questo convegno, al quale prendono parte i maggiori studiosi ed interpreti italiani e stranieri, la problematica pirane siana verrà approfondita in ogni direzione. Le relazioni e le co municazioni annunciate recheranno un contributo sostanziale allo studio del Piranesi: tanto dal punto di vista documentario come da quello filologico, e non minore sarà il chiarimento in chiave critica ed interpretativa. Porgo a tutti i presenti i ringraziamenti più vivi per aver accettato l'invito rivolto dalla Fondazione Giorgio Cini: nel contempo vorrei mandare un saluto a due appassionati inter preti del Piranesi, che avremmo gradito fossero presenti: Mar gherite Yourcenar, chiusa nel suo eremo statunitense di Northeast Harbour, e Mario Praz, trattenuto a Roma per altri impegni.
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A.NnREW RoBISON DATING PIRANESI'S EARLY
«
VEDUTE DI ROMA
»
Piranesi etched his large Vedute di Roma as a continuing series with new increments added periodically throughout his mature life. With one exception, he did not engrave dates on the individual Vedute. Thus, the specific dating of •plates in this series has long been a problem.
Piranesi's own dating Any attempt to date the Vedute must begin with whatever information we can gather from the artist's own dating. He directly dated only one plate, the view of the Waterfall at Tivoli (H 75)/ which is signed with the Latin form of his newly gained title, « Eques », and dated 1766. Indirectly, Piranesi provides further evidence to help dating the Vedute, by means of the catalogues which he prepared to advertise the works he had for sale. The first such catalogue occurs after the Preface in the first volume of Le Antichita Ro mane, published at the beginning of May 1756.2 This brief state ment says that thirty-nine of the large Vedute were then avail able, but unfortunately none of the plates are specifically named. 1
H numbers refer, of course, to the individual Vedute
as
catalogued in
A. M. HIND, Giovanni Battista Piranesi (London 1922; reprinted London and New York 1967). These numbers copy the order of Vedu te as they appear on Piranesi's etched
«
Catalogo delle Opere
».
The date of publication is confirmed by a notice in the contemporary Roman periodical « Diario Ordinario », No. 6060, 15 May 1756. 2
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ANDREW ROBISON
Piranesi did provide specific lists of Vedute for sale in his well known, single sheet, etched « Catalogo delle Opere», as well as in a number of type printed broadside catalogues.3 Both kinds of catalogue exist in multiple states and provide sound evidence for dating many Vedute. That is, Piranesi revised both kinds of catalogue from time to time, listing new groups of Vedute as he etched them, as well as new series or volumes of other works as he published them. As almost every new series or volume is dated, one may use that date for the new group of Vedute added to the « Catalogo» at the same time as the new series. For this method to work well, one needs a careful delinea tion of as many successive revisions of the catalogues as possible, so that one can determine small and separably datable groups of added Vedute, and find the closest possible correlation between each new dated series and the new Vedute finished at just that point. In fact, I now know of twenty-seven different states of the « Catalogo ». The largest single increment of new Vedute added between any two states is eleven, and the other increments are typically four or five. Thus, while this method does not provide specific dates for each single Veduta, it does offer a good basis for dating very small groups of Vedute as they were etched by Piranesi after he began to publish his catalogues of works for sale. As is well known, however, the first state of Piranesi's earliest detailed catalogue, the etched « Catalogo», which is datable early in 1761, already lists fifty-nine individual Vedute di Roma, and these fifty-nine are not arranged chronologically but topically by subject.4 Thus, none of the etched or printed catalogues known by Piranesi help us to date the first fifty-nine
3 The broadside catalogues are as yet unpublished by modem scholars. I know of three different single sh eet , type printed catalogues earlier in date than the 1792 ca talogue of works prepared by Piranesi's sons. All three show lists which correspond to one or another of the known states of the etched « Ca talogo ». 4 See A. RoBISON, The « Vedute di Roma » of Giovanni Battista Piranesi: Notes Towards a Revision of Hind's Catalogue, « Nouvelles de l'estampe », 1970, 4, pp. 180-182.
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DATING EARLY « VEDUTE
DI ROMA
»
Vedute, either individually or in groups. They have long been the most problematic V edute for dating, and I will spend the rest of my time here dealing with them.
Piranesi's sons' dating
It is important to consider the evidence of dates for the Vedute di Roma given by Piranesi's sons, as the next closest in
time to the master himself. The earliest known catalogue written by the Piranesi sons, Francesco and Pietro, is a slender volume of 30 pages, published in Rome in 1792, Oeuvres des Chevaliers Jean Baptiste et Franfois Piranesi . This catalogue of the Pira nesi calcography, still located in the Strada Felice, lists all the Vedute di Roma individually and assigns a separate date to each. One might ask a preliminary general question about the dates assigned in the 1792 catalogue: how could the Piranesi sons know such specilic information decades after the facts? Surely, they might remember some of the Vedute being created in cer tain years, especially in the 1770s, but how would they know about the dates of Vedute published in their childhood - or even before they were born - which are the ones under dis cusssion with the first fifty-nine? The only way the sons' dates for these Vedute could be trusted is if they had some records or other information from their father which they used in assigning their dates. No such records are known, so the hypothesis of their existence and use, and the general reliability of the sons' dates, must be tested by reference to the apparent reliability of those dates in the 1792 catalogue which we can check by refer ence to independent evidence. The preliminary question of reliability becomes an insur mountable difliculty as soon as one studies the details of the Piranesi sons' dates for the Vedute. Consider a few examples. The sons' dating is explicitly contradicted by the only engraved date on a Veduta: the view of the Waterfall at Tivoli (H 75) is dated by the sons to 1765, but by Piranesi himself to 1766; and we know from his use of his new title that it must have ..
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ANDREW ROBISON
been right at the end of 1766.5 Likewise, the sons date H 83 to 1761, and H 76 and 77 to 1765; but all three etchings are signed «Cavalier Piranesi » in their first states, and we know the artist could not use that tide before the end of 1 766 . Turning to particular examples among our main concern with the :first fifty-nine Vedute, some are clearly dated by the sons too early : the back of Sant Maria Maggiore (H 10) is dated by the sons 1742, which is virtually impossible to reconcile with the style and technique of the 1742-1743 Prima Parte; and H 22 and 2 5 are dated by the sons 1 729, which is simply impossible as Piranesi was then nine years old and had never yet been in Rome. On the other hand, some of the :first Vedute are clearly dated by the sons too late: H 38, 39, and 40 are dated by them to 1775, whereas we know these were finished by 1761 since they appear on the :first state of the « Catalogo ». Again, even if we include all the obvious mistakes in dating (the 1729 plates) among the earliest Vedute dated by the sons, then the sons explicitly date 3 7 Vedute as finished by the end of 1756; whereas we know from Piranesi's own statement in Le Antichita Romane that 39 Vedute were finished by the beginnin g of 1756. In summation, in numerous different ways, the sons' dates for the Vedute can be shown to be incorrect by reference to facts we can date independently from Piranesi's own statements and other evidence about his life. Thus, the specific dates for the :first fifty-nine Vedute given by Piranesi's sons are unacceptable.
Early datable volumes The question now arises: what other sources or methods are available for dating the early Vedute? We can hope architec tural historians will be able to help by pointing out datable changes in the buildings Piranesi shows, which will specify the earliest or the latest dates for his views of those buildings . Hows See the documents quoted by G. MoRAZZONI, Giovan Battista Piranesi (Milan [1921]), pp. 9-10. Piranesi's official request for the honor was sent 2 January 1767, and the Papal brief Wall signed 16 January 1767.
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DATING EARLY « VEDUTE DI
ROMA
»
ever, as we are concerned with a maximum range of only seventeen years (1744-1761), at a relatively quiescent period in Roman architecture, we can hope for such help in no more than a very few cases. Some art historians might wish to arrange the early Vedute in a putatively chronological order according to general stylistic analysis, but this procedure is extre mely dangerous until one has further evidence for dating a number of Vedute as reference points with which one may then confirm the specific lines of Piranesi's stylistic developments in the series.6 There is another approach to dating the early Vedute, which I believe provides not a complete but, nevertheless, a fairly comprehensive solution to the problem . This approach focuses on the discovery of early datable volumes or collections of Ve dute, containing all those available by certain points, which then establishes a chronological succession for the production of groups of the etchings. A crucial example of such a volume is the combination of Piranesi works issued under the tide Le
Magnificenze di Roma. Eight copies of this work are known with the Le Magnificenze tide page dated 1751; they always include a number of the large Vedute di Roma in their earliest published states, usually in combination with specific other early series by PiranesU Some of these eight copies contain more, but none of these contains less than 34 Vedute; and all of these known copies contain exactly the same 34 Vedute. The inference seems very safe that these 34 are exacdy and all the Vedute Piranesi had completed by the original date of publication of Le Magnificenze, 1751. This one example of the Le Magnificenze volumes divides our problematic 59 Vedute roughly in half, i.e., it shows us which 34 V edute were finished by 17 51 and which 25 were
6 In a recent article I pointed out how wrong it would be to make strict application of what one might call normal rules of stylistic development to the dating of Piranesi's preliminary drawings, and his use of them for his etchings, among his early architectural fantasies. See A. RoBISON, Preliminary Drawings for Piranesi's Early Architectural Fantasies, «Master Drawings», XV, 4 (Winter 1977), pp. 387-401. 7
See below, notes 15 and 16.
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ANDREW ROBISON
completed between 1751 and 1761. Now, the question is: are there other datable volumes or collections of Vedute which represent, in a similar fashion, all the Vedute available by certain dates? And are there such volumes or collections in a sufficient range of dates, before and after 1751, to provide evidence for
many small incremental groups of new Vedute, enabling one to analyze the earliest 59 Vedute into fairly small datable units? The search for such volumes or collections of Vedute requires much detective work, not only in finding potential cases of such groupings but especially in identifying the original components of such groups. The best cases are bound volumes in their original condition. However, one must recognize broken volumes. For example, the datable volume of Vedute presented by Pira nesi to the Accademia di San Luca at the beginning of 1761, still in its original binding, is an obvious candidate for our search. This volume contains 43 Vedute. However, it would be a mistake to think these 43 are just the etchings finished by the end of 1760, since a careful analysis of the exact method of hinging and binding the plates in this volume shows that many etchings have been torn out since the time that the volume was presented to the Academy. On the other hand, one must also be able to eliminate volumes or parts of volumes which have been added to or even constituted after Piranesi's day. For example, in the Bibliotheque Nationale, Paris, are manuscript records showing that Piranesi's available works were purchased for the Royal Library in 1754. However, it would be a mistake to take just those Vedute in eighteenth-century royal bindings as the exact ones available in 1754, since further manuscript records reveal that additional purchases were made to complete the oeuvre, and rebound in combination with the original group in 1783. Evidently, establishing that specific volumes or collec tions do include all the Vedute available at the time they were constituted must be based on all the evidence one can muster: the inclusion of all plates established as available by earlier col lections, the absolute consistency of appropriate states of the plates in that gathering, consistency of appropriate watermarks, and clear indications from the physical characteristics of the
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DATING EARLY « VEDUTE
DI ROMA
»
volume and prints that the original contents are still present or can be reconstructed. In 1970 I argued that we can identify a second coherent collection of early Vedute which is complete for its time, and earlier than the 1751 Le Magnificenze, in a volume of 19 Vedute in the Princeton University Library.8 The argument was sup ported partially by the facts that all 19 Princeton Vedute recur in the 34 of Le Magnificenze, that their grouping betrays no selectivity of theme or other content, and that the 19 Princeton V edute would make coherent stylistic sense as an earlier group and closer in date to the 1743 Prima Parte than the other 15 of Le Magnificenze. However, a main support, and a more objective confirmation for the argument, lay in a most fortunate and telling consistency in Piranesi's method of signing the latter 15 plates, different from his methods of signing the former 19 plates, and all of these different from his methods of signing Vedute datable after 1751. Tabulation of signatures after 1761, where we can be sure from the « Catalogo » that increments are chronologi cally arranged by groups, confirmed that Piranesi habitually did use one style of signature for a certain period of time and then drop it, in turn confirming that the 15 Vedute in Le Magnifi cenze but not in the Princeton volume were etched within a certain period, a period different from that of the 19 in that volume, and clearly - based on style as well as contents - a later period than the Princeton 19. Thus, the 19 Vedute in the Prince ton volume became the earliest collection of Vedute which I knew at that time. In the past eight years I have been able to search many more museums, libraries, and private collections, and have found many more volumes which I believe can be argued to contain all the Vedute available when they were constituted. These volumes fall into a remarkably consistent chronological succession, thus showing what we want - the successive addition of more Vedute at each step and thus the identification of the successive groups 8 A. RoBISON, Giovanni Battista Piranesi: Prolegomena to the Princeton Collections, « Princeton University Library Chronicle», XXXI, 3 (Spring 1970), pp. 181-183. 17
ANDREW ROBISON
of Vedute as Piranesi produced them. In a numb er of cases these volumes or collections even enable us to secure specific dates for their constitution. Instead of the three chronological group ings of the first 59 Vedute provided by the Princeton and early Le Magnificenze volumes, I now know of thirteen successive stages. Not every argument for every stage is as conclusive as the arguments for the above groupings, but the evidence appears sufficient for the followin g arrangement. In outlining the datable stages of production of the early Vedute, I will not give every consideration in detail, but try to give sufficient evidence for trust, and focus on the contents of each successive group, the locations of examples, the dating of each group, and especially the features of theme and style - including minor but telling features - which show each new group as a coherent further stage in the development of Piranesi's art.
Datable groups of Piranesi's early Vedute
I. [1746?-1748?] H 1, 2, 3, 8, 9, 14, 15, 16, 17, 1 9, 35, 38, 40, 56 The earliest group of Vedute I know is at Chatswor th, bound in an elephant folio collection of early eighteenth-century Italian prints numbered « Prints 51 ». The volume includes : a dozen reproductive prints dated Rome 1704; a view of the Amphitheater of Verona dated 26 March 1744; the only complete set known of Piranesi's four Grotteschi in their very first issue, datable 1745-174 7; the only proof before inscriptions known for any of the first 59 Vedute, specifically H 16, printed on the s ame unusual paper as the above Grotteschi and thus datable in the same period; and 14 Vedute di Roma in their first pub lished states, all on the regular paper typical of Piranes i 's large prints at the end of the 1740s and beginning of the 1750s .9 9 For further information on the date s of the Grotteschi, and on the paper and watermarks referred to, see A. RoBISON, Piranesi's Early Architectural Fan tasies: A Catalogue Raisonne of the Etchings, currently in press.
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Although now in a nineteenth-century binding, these prints have clear indications of sewing holes showing that they were also earlier bound together, oblong, along the left margin. The Pira nesis are quite consistent in printing and appearance, and all share the extremely unusual characteristic for early impressions of having never been folded after printing. Combining the evi dence of proofs and watermarks with physical characteristics, noting a co rrelation of signature s among those 5 Vedute of the Princeton 19 which are not here present, and recognizing Pira nesi's later norm of producing about 6 Vedute per year- never more than 8, I believe the 14 Vedute at Chatsworth can be given a speculative but safe date of completion by 1748. This con clusion immediately enables us to p roceed with s peculation based on the single and tenuous but indicative fact of Piranesi's later rate of production, and to hypothesize- for the first time based on some evidence other than general style - that Piranesi began etching his series of large Vedute di Roma in 1745 or 1746, and in any case no later than 1747!0 The images of this first group of 14 Vedute mark our earliest evidence for Piranesi's interests and s tyle as he b egan the series. Although the Frontispiece and Title Plate for the Vedute most logically would have been etched after a number of other plates had been completed, sufficient to require such a formal opening for the series, one may begin by noting some relationships between these two plat es and Piranesi ' s previous work. The Frontispiece for the series (H 2) shows a tightly pack ed capriccio stuffed with real and imaginary ruins of Roman architecture and s culpture, and in so far is reminiscent of the Title Plate to the Prima Parte and most of the Grotteschi. This dense conglomer ation, as well as the background vista onto a magnificent struc ture set off by billowing clouds of smoke, are especially remi niscent of «The Triumphal Arch» in the Grotteschi, though here with a tighter and more formal linear pattern. By contrast, the Title Plate for the Vedute (H 1), in its greater openness,
see
1° For the relationship of this to other crucial dates in Piranesi's early work, the Introduction to RoBISON, Catalogue Raisonne.
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ANDREW ROBISON as well as with the specific form of the large title stone, is m ore reminiscent of «The Monumental Tablet» in the Grotteschi. The 12 views among this earliest group show some of the most famous piazze in Rome, offering vistas onto architecture and sculpture almost entirely of two periods, ancient and what for Piranesi was modern (baroque). Among ancient sights of Rome Piranesi shows the piazza and the Horse Tamers on Monte Cavallo (H 15), the piazza- vastly overextended -in front of the Pantheon (H 17), the Campidoglio's s tatues and trophies (H 38), ·a general overview of the Forum (H 40), the Colosseum and Arch of Constantine (H 56) ( fig . 1), and the Pyramid of Caius Cestius (H 35). Of modern architecture in Rome Piranesi chose to highlight several great examples from the seventeenth century: the piazza fronting St. Peter's surrounded by Bernini's magnificent colonnade (H 3) (fig. 2), the Piazza Navona with Bernini's fountain but dominated by Boromini's Sant'Agnese (H 16), and the Piazza del Popolo with Bernini and Rainaldi's wonderfully balanced churches (H 14). Piranesi also included very modern examples: the new facade of St. John Lateran designed by Alessandro Galilei (H 8), Ferdinando Fuga's ne wly
completed fa�ade for Santa Maria Maggiore (H 9), and Nicolo Salvi's masterful Trevi Fountain, which was still being finished
when Piranesi etched this view (H 19).
In general it is characteristic of these views that their focal architecture and sculpture are located in the middle to distant ground, seen as whales firmly set into a landscape. Beside the focal architecture Piranesi gives equal emphasis to the environ ment of other buildings and to the staffage of figures and ma chines and everyday happenings. The figures and costumes are drawn in some detail and consist especially of elegant gentlemen and ladies with rococo carriages or of tattered beggars with mangy dogs. In the Piazze Navona and Rotunda he adds a catalogue of tradesmen and characters in various activities, sell ing furniture, fish, and othe r food, declaiming to crowds, cook ing, and playing dice. Typical of most of his work, Piranesi has made the figures much too small, tiny in relation to the buildings, to heighten the impressive scale of the architecture. Judged fr om 20
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the original states of the plates, Piranesi's linear technique in these early views is relatively even and regular, and the plates lightly bitten, producing a soft and even light. Appropriate to the general views as cityscapes, this tmgible light and air bathes and unifies the entire image, reminiscent of Piranesi's origins since similar broad compositions and a similar use of light char acterize contemporary views of the open spaces and buildings o f Venice. Finally, a few particular features confirm the close relationship between several of these Vedute and other Pirmesi works from the mid to late 1740s. The muscular reclining fig ures in the foreground of St. John Lateran (H 8) and the other wise inexplicable male nude seated in the foreground of the Monte Cavallo (H 15) bear closest comparison with Piranesi's similar muscular figures in several drawings from the mid 17 40s,11 in « The Triumphal Arch » from the Grotteschi, and in the first states of the Title Plate and Plate X of the Carceri. Again, one of those early drawings, undoubtedly done in Venice, was reused almost literally by Piranesi to form the elegant rococo carriage in the foreground of his view of St. Peter's (H 3 ).12 II. [1748?-1749?] H 4, 7, 50, 51, 52 The next earliest collection showing all the Vedute di Roma available at the time it was constituted is the volume of 19 Ve dute at Princeton, discussed above.13 The volume includes all the 14 Chatsworth Vedute, plus 5 more. Piranesi has added two new kinds of composition: interior views of two churches, St. Peter's ( H 4) (fig. 3) and St. Paul Outside the Wails (H 7 ), and the first vertical Vedute, Trajan's Column (H 51) and the Column of Marcus Aurelius (H 52) . In addition, he has com ple ted another view of an ancient ruin, one he originally though t to be a Temple of the Sun and Moon (H 50). The speculative 11 F. STAMPFLE, Drawings by Giovanni Battista Piranesi, New York 1 949, nos. 7 (verso), 9, 10. 12 See A. RosiSON, Piranesi's Ship on Wheels, «Master Drawings», XI, 4 (Winter 1973), pp. 389-392. 13
For a fuller account see RosiSON, Prolegomena, pp. 180-183.
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dating of these additions depends on similar arguments to those given above, especially working backwards from the next, firmly datable stages.
Ill. [1749?-1750] H 33, 37, 41, 45, 49, 53, 54 A copy of the true first issue of the 1750 Opere Varie, in
the Metropolitan Museum, provides us with our first sure date for a complete early collection of Vedute.14 The Metropolitan volume contains all the Princeton 19 plus 7 more. Piranesi added a third church interior, Santa Costanza or the so-called « Tempio di Bacco » (H 37 ), the last interior of a modern build ing among the first 59 Vedute. He also etched a third vertical plate, the Egyptian obelisk in the Piazza of Saint John Lateran (H 53), likewise the last such plate in the first 59 Vedute. To these Piranesi added five views of antiquities in and near the Forum, which are (all but one) closer portrayals of subjects shown in their general environment in his earlier Forum over view: the so-called « Tempio della Pace» (H 45), the Temple of Antoninus and Faustina (H 49 ), the Arch of Septimius Severus (H 54), a conceptually fascinating view of some of the most historic locations- not buildings or ruins- in the Forum (H 41) (fig. 4 ), and the Theater of Marcellus (H 33 ). In general, with the exceptions noted, the new Vedute of this and the previous stage continue the characteristics of com position and style found in the earliest group. The relative size of the piazze fronting the buildings is beginning to shrink in 14 The Metropolitan 1750 Opere Varie was purchased in 1937, in an old calf binding, but the individual prints have now been disbound and matted separately. The original construction of the volume remains clear from running page/accession numbers as well as from matching physical characteristics of the sheets in all the series the volume originally contained. Another copy of the true first issue of the Opere Varie, containing just the same Vedute, and in fact with all contents exactly similar to the Metropolitan's (except missing Prima Parte plate 16 and Veduta H8), was sold in parts at Sotheby's, 21 March 1975. A third copy of a 1750 issue of the Opere Varie containing Vedute di Roma is at Rutgers University, but it offers little help in identifying specific Vedute since a number are now missing from its original contents. Nevertheless, one can say that the Rutgers copy originally contained at least 30 Vedute, thus providing a stage later in the year 1750 than the Metropolitan's, and preceding the first issu e of the 17.51 Le Magnificenze with its 34 Vedute.
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their favor, but the focal buildings are still viewed as whales set into a landscape. Five of this group of seven Vedute include numerous detailed and charming examples of diverse figures and tradesmen in the streets and fields of Rome. IV. [1 750-1751 ] H 5, 1 8, 2 8, 29, 43, 46, 58, 59
Copies of the original issue of the 1751 Le Magnificenze continue the consistency and increments of Vedute from the previous stage.15 They all contain the same 34 Vedute di Roma, including the 26 of the Metropolitan plus 8 more. Piranesi has added several more antiquities outside the Forum: the Temple of Fortuna Virilis ( H 46 ), the so-called « Curia Hostilia » (H 4 3 ), and the interior and exterior of the Portico of Octavia ( H 58 , 59) ( fig. 6 ). He etched the back and dome of St. Peter's (H 5). Finally, harking back to earlier compositions, he also added three more general city prospects: his version of a famous out look on the Ponte and Castello Sant'Angelo with St. Peter's in the background (H 29), and the Port of Ripetta (H 2 8 ) (fig. 5) and Piazza di Spagna ( H 1 8 ) both with grand baroque stair cases designed by Alessandro Specchi and then Fr.ancesco de Sanctis. The Ripetta and the Ponte Sant'Angelo are Piranesi's first serious attempts at views over water, with the play of light and reflections off its surface. The four new views of antiquities show a related development: Piranesi's sudden interest and ability in characterizing the distinct surfaces and textures of different building materials, hewn stone, polished and broken marble, baked brick, and plaster or stucco. Clearly this develop-
IS Hind listed three copies of Le Magnificenze with, for our purposes, just the same contents. These constitute the first issue. The only complete copy with all the parts appropriate to the 1751 Le Magnificenze which I have been able to trace is now in the New York Public Library, apparently the Charrington copy. The Blomfield copy has been broken up and the parts were offered for sale in Georges Heilbrun's catalogue 23 (1965); the part containing the Vedute is now in the Houghton Library, Harvard University. In addition to the three whole copies of this first issue listed by Hind, there is a volume complete in its original eighteenth century binding, with the 1751 Le Magnificenze title page, Polanzani portrait, and the same 34 Vedute (only) in the Biblioteca Nazionale Universitaria, Turin.
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ment is related to his closer study of the construction of ancient
buildings as he began - at just this time - work toward his general publication on Roman antiquities, Le Antichita Romane.
Likewise related to his more specific and careful study of indi vidual ancient buildings are further developments seen in these Vedute, especially the Curia Ostilia and the Portico of Octavia: the buildings themselves are now the central focus and absorb more of the entire composition, looming larger in the foreground; and, hand in hand, Piranesi shows a n ew sense of the monu mental dignity of these ancient remains as opposed to the plain and sometimes ramshackle modem structures and additions on and around them. Still, in their earliest states, all these Vedute continue a light tonality, with a unified and delicate atmosphere and harmonious play of light across the surfaces. V. [ 1 751 -1 753 ] H 3 2, 34 A second, expanded version of Le Magnificenze was issued, still with the original 1 751 title page, but clearly dating from 1 753 as it includes the 1752 version of Raccolte di Varie Vedute and the earliest issue of the 1753 Trofei di Ottaviano Augusto. All known copies of this issue contain just the same 36 Vedute, the 34 in the previous issue, plus two new ones.16 In the inter vening two years Piranesi has etched for the series two more antiquities, the Hadrianeum, with clear distinctions between the ancient remains and the modern rebuilding (H 3 2 ) (fig. 7), and the so-called « Castel dell'Acqua Marcia » (H 3 4 ).
VI. [1753-1754] H 44, 47 Manuscript records in the Bibliotheque Nationale, Paris, indicate that Piranesi's available works were purchased by M. de t6 There are three copies of this issue identical in contents : Sir John Soane's Museum, London, bound in two volumes ; Dartmouth College Library, Hanover, New Hampshire, formerly bound in two volumes and now matted separately (now missing the Opere Varie title page); and Shickman Gallery, New York (ex-Sotheby's, 21 March 1972), also bound in two volumes. A fourth, partial copy bound in contemporary vellum, corresponding exactly to the first of the two Dartmouth volumes, is in the collection of Jennifer Montagu, London; it contains exactly the same 36 Vedute as the other three full copies.
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la Fosse for the Royal Library in 1754, and then combined with a later purchase of further works in 1 782 and rebound into a total of twelve volumes in 1 783. The twelve volumes are easily identifiable, still in their late eighteenth-century bindings. Two of the volumes contain consistently later Vedute di Roma, con sistently in late contemporary or early posthumous impressions. However, another volume containing parts of the Opere Varie in impressions appropriate to the mid 1750s also contains 38 Vedute, all in early impressions of states before all addresses. Of these, 34 are on pages just the same size, corresponding exactly to the 34 Vedute of the 1751 Le Magnificenze; the additional 4 Vedute, on very slightly smaller paper, include just those 2 added at the previous stage, plus two new ones. Clearly, these are the 38 Vedute available at the time of de la Fosse's purchase. 17 The two Vedute etched since the previous year show further antiquities, the half-buried remains of the Temple of Vespasian (H 44) and the so-called « Tempio di Cibele » (H 47) (fig. 8). One continues to note the increasing dominance of the composi tions by buildings brought further into the foreground, men tioned above. In addition, beginning in a rather marked fashion with the Tempio di Cibele and with the Veduta added at the next stage, Piranesi starts to bite the darked lines of his image more deeply, even in the first states of the plates. This gives darker shadows throughout the plates and produces not only a harsher light but - through the more dominantly dark shadows on the buildings - a more massive and dominant feeling in the focal architecture. Just at this time Piranesi thus begins to make the architecture more monumental not only through relative size and composition but also through this enhanced chiaroscuro. 17 The manuscript inventories are filed under Ye.l08. The twelve volumes are now numbered Gc24-32, Gd18, Hb28 res., and Hb29. The 38 early Vedute are found in Gc30. The conclusion that those 38 Vedute constitute a complete collection of all the ones available at a certain time is further confirmed by the coherent collection of just the same 38 Vedute, in approp riate states before all addresses, in a disbound volume at Christopher Mendez Gallery, London, Septe mber 1976. 25
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VII. [1755-1756] H 30 In a private collection in Paris is an eighteenth-century vellum bound volume containing: a group of Vedute di Roma; the undated Camere Sepolcrali, which was Piranesi's first version or prospectus for the 1 756 Antichita Romane; a first issue of the 1753 Trofei; and a few odd plates. The 38 Vedute in this volume are all early impressions of states before addresses. They are missing H 28, which we know had been etched by 1751; however, the volume contains all of the other 38 Vedute we have seen above, including H 44 and 47 from the next previous stage. If we bow to this remarkable coherence of evidence and add to the Vedute in this volume H 28 (missing for some unknown reason), we may consider the resulting 39 Vedute to be all those available by the time this volume was composed, including the newly added view of the back of the Mausoleum of Hadrian (H 30) (fig. 9). The above hypothesis gains evidence from the fortunate fact that this volume carries a manuscript inscription in an eight eenth-century hand dating it as for sale in 1756, which fits exactly in our chronological progression of stages. Further, dating these 39 Vedute as those available just before the issuance of Le Antichita Romane not only correlates with the fact that this volume contains an earlier stage of that work, but also gives us for the first time clear evidence for identifying precisely those 39 Vedute which Piranesi said were available in his advertise ment following the Preface to the Antichita Romane. Finally, this dating offers the possibility of a crisp explanation for two particular features of H 30 which distinguish it from other Vedute di Roma: rather than having the name of its subject in large letters dominating the caption, this etching has only the word « Veduta » in large letters and the specific name of the scene in smaller script running on with the rest of the caption; and, second, the reference notations in the image are not given with small numerals but with large capital letters. Both of these features correlate perfectly with Piranesi's style in volume IV of Le Antichita Romane in the relatively late series of plates
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concerning The Mausoleum of Hadrian.18 That is, H 30 must have been originally etched for that series in Le Antichita Ro mane and then withdrawn at the last moment before its pub lication, and converted into the series of Vedute di Roma.19 The easy convertibility of a plate from Le Antichita Romane into one in the Vedute di Roma also offers confirmation of an explanation previously suggested for the relatively small rate of production of Vedute di Roma between 1 751 and 1 756.20 It is just in these years that Piranesi was extremely busy prepar ing the four volumes of the Antichita Romane, and a look through the volumes will reveal many large views of Roman antiquities similar to the Vedute di Roma. That is, certainly Piranesi did more than 5 large views of Rome between 17 51 and 1 756, but most of them were done specifically for inclusion in the Antichita Romane rather than in the Vedute di Roma. The conversion of H 30 out of the former series into the latter confirms how easily comparable the artistic interest and effort were between this aspect of the two series . VIII. [ 1756-1 757] H 10, 21 , 31, 42, 48, 55 The Biblioteca Nacional, Madrid, preserves a set of Le Anti chita Romane which was elaborately bound for presentation to Piranesi's failed p atron, Lord Charlemont, with his arms tooled in the center of the flats of each binding. Because volume I of this set includes, in addition to the various versions of the dedication plate, the first issue of the first printing of Piranesi's first two Lettere di Giustificazione, this set may be dated just
18
See, especially , volume IV, plates IV, IX, X, XII, etc.
20
RosrsoN, Prolegomena, p. 182.
19
While I have not taken it as supporting evidence, there is one final striking correlation once we take this Paris volume as composed with the Ve dute available just prior to publication of Le Antichita Romane. Among a few odd plates from the Prima Parte this Paris volume contains a single-page view of the foundations of one pile of the Ponte Trionfale, with a manuscript number XIII in the top right corner. This is precisely the etching used in Le Antichita Romane, vol. IV, in the series on the Mausoleum of Hadrian, as plate XIII, but here still before the engraved number which shows its position in the published set.
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after the date of the second letter, February 1757.21 Bound, for our purposes, just like those four volumes, and even stamped « ToM. V » on the spine, is a volume of Vedute di Roma which must have been constituted and bound for presentation at the same time. The Madrid volume of Vedute presendy contains 41 plates, all early impressions of states before addresses. Of the 34 Ve dute we know were completed by the 1751 Le Magnificenze, this volume is missing four, H 4, 16 , 28, 29. However, remains of a tom strip clearly show one print was torn out of this volume from between H 3 and H 5, i.e., an appropriate position for H 4. Further, another torn strip clearly shows a print was removed from between H 15 and H 1 9, i.e., an appropriate position for H 16. There are also other indications of tom strips, but much more difficult to distinguish from the regular binding stubs. Given these facts, and given the consistency of data before and after this stage, it is reasonable to expect that the four missing prints were originally here, and the volume originally contained at least 45 Vedute di Roma. Some indication that it did not contain more is provided by the fact that while 4 of the original 34 Vedute in Le Magnificenze are missing, all 5 of the Vedute added in three subsequent stages are here present.22 In addition to the 39 Vedute completed by 1756, this Ma drid volume shows us that 6 more were finished by the following year. The new 6 include four views of antiquities: the Arch of Titus (H 55), the so-called « Tempio di Bacco » (H 48 ), the so-called« Foro di Nerva » (H 42) (fig. 10), and the Ponte Salario (H 31 ) Further, for the first time since 1751 Piranesi has added completely modern buildings t o the series, both designed in the preceding century: the back of Santa Maria Maggiore (H 10) and the Fontana dell'Acqua Paola (H 21). These two inaugurate a partial turning from exclusive archaeology, understandable .
21
The third letter was dated 31 May 1757.
22
Naturally, however, this is only an indication; and we must still allow the possibility that there may have been some further Vedute which have been removed from the volume.
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after the major push to prepare the Antichita Romane, towards further investigation of modem architecture. Two details of composition deserve note. In all these six new Vedute but one (H 55), the top of the building shown clearly interrupts and projects beyond the upper borderline. Although this had occurred in one previous Veduta (H 58 ), its frequency here shows Piranesi's conscious adopci.on of this as one more technique to increase the looming size of his buildings . The second detail occurs in the Foro di Nerva and in the Tempio di Bacco: not only is the foreground or lower borderline broken by a fragment of the ruins rushing out toward the spectator, but the fragment also casts a double-entendre shadow both within the space of the image and onto the exterior space of the caption. This technique had never occurred before in the Vedute di Roma; but it does have a number of precedents in previous Piranesi etchings, specifically among later plates in the Antichita Ro mane .23 Again, the occurrence of this technique for the first time in these specific Vedute makes perfect chronological sense as following immediately after the 1756 Antichita.
IX. [ 1 757- 1 758 ? ] H 6, 1 1, 22, 24, 2 6 , 27 Three doubly thick folios in their original eighteenth-century bindings , now in Geneva's Bibliotheque Publique et Univer sitaire, contmn the four volumes of Le Antichita Romane plus a further revised version of Le Magnificenze ( though without the 1 751 title page ). As this Antichita Romane has developed almost to its normal published state, with the regular revised dedica tions and with almost all the numbers now engraved on the plates, but still with (a later issue of) the first printing of Pira nesi's first two Lettere di Giustificazione, one is inclined to date this set later in 1 757 , or possibly at the beginning of 1758. The 51 Vedute di Roma in the Geneva set, all in early impressions, contain all the Vedute discussed in previous stages 23 See Volume Il, plates XXX I , XLI , XLVII ; Volume III, plate XXIX ; Volume IV, plate IX. Compare Volume II, plate LVII ; Volume I l l , plates VIII, LI .
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above, plus 6 more.24 The new Vedute show exclusively modem constructions and rebuildings. They include two more churches, Saint Paul Outside the Walls (H 6) and S. Croce in Gerusalemm.e (H 1 1 ) .25 Piranesi adds a view of the busy port, the Ripa Grande ( H 27) (fig. 11 ) . And he inaugurates a new interest with three modern Roman palazzi, Fuga's Consulta (H 22 ), Bernini's Ode scalchi (H 26 ) , and the Salviati, where the Academy of France was then housed (H 24). X. [ 1 758 ? - 1 759? ] H 23 The Staatliche Graphische Sammlung in Munich very early acquired a volume of 52 Vedute di Roma.11> Apparently in 1 90 9 this volume was disbound, but its original composition can be reconstructed from the specific book inventory number on the back of each separately matted etching. In fact, from further running sets of numbers on the prints, even the original order of pages in the hound volume can be reconstructed. All 52 are early impressions; 27 they contain all the Vedute considered above, plus one more.28 The new plate continues Piranesi's 24 A s a s idelight one m ay note that while 48 of the Vedute in the Geneva s et are still in sta tes before all addresses, .3 of them have been chan ged to show the addtess of Bouchard (H 19, 37, 52). Thus , the coherent evidence that this is the earliest appearance of that change now enables us to date impressions of Vedute with Bouchard's a ddress between the years of 1757 and 176 1 , the latter year being when Piranesi ended his arrangement with Bouchard a nd began publishing his plates entirely by himself . See, also, the Introduction to RoBISON, Catalogue Raisonne.
2S With H 11 note the third occurrence of the foreground rock a nd shadow in the Vedute. I t never happe ns agai n in the Vedute di Roma in just this way, a fact now explained by the chronological proximity of the three cases de monstrated above. 11> All the prints bear an o l d stamp (Lugt 1495), which may be dated in the first decades of the nineteenth century. n In perfect coordination with the previous set in Geneva, 49 of the Munich Vedute are in states before all addresses, and .3 show the address of Bouchard, specifically H 19, .37, and 52 ! 28 Another collection of consistent early impressio ns of ju st these same 52 Vedute di Roma was combined with 14 clear ly later impressions and rebound in the early ninet eenth century, to help make up a mixed set of eighteen volumes of Piranesi's work. The set may be seen in the Ashmolean M useu m , Oxford; the specific volume contai ning the early Vedute is nu mbered 92 1 .9/Pir.
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interest in modem palaces by showing Bernini's Palazzo di Montecitorio (H 2 3 ) (fig. 1 2 ). XL [ 1 758?-1759? ] H 25
The very next stage is illustrated by a rebound but coherent volume of 53 appropriately early impressions of the Vedute di Roma in the collection of Arthur and Charlotte Vershbow, Boston.29 Again, this volume contains just the 52 Vedute con sidered above, plus one more. The new etching completes Pira nesi's early survey of modem Roman palaces with this fifth installment, the Palazzo Barberini (H 25) (fig. 1 3 ) , which he attributes, over enthusiasticaLly according to modern scholarship;10 to Bermni, making three palaces in a row that Piranesi etched after that architect's designs . XII . [1 760-1761 ] H 1 2 , 20 (plus one more) When Piranesi j oine d the Accademia di San Luca in Feb ruary 1761, he presented the Academy with six bound volumes
containing his etched work to date. They are still in the Acad emy, still in their original bindings . One of the volumes held the available Vedute di Roma. It now contains only 43 Vedute, but there are a number of torn remains of binding stubs where plates have clearly been removed from the volume since it was bound. In fact, a careful study and calculation of the exact method which the binder used to attach the Vedute in this volume enables one to count just how many have been removed : 13 . Thus, the volume originally contained 56 Vedute.31 Of the Vedute known from the earlier stages of production, the Acad emy volume is now missing 12 plates .32 All of the other Vedute 29 Of the 53 Vedute in this volume 32 are still in states before all addresses, but 21 now have the address of Bouchard or Bouchard and Gravier. 30 R. WITTKOWER, Art and Architecture in Italy 1 600 to 1 750, Har . mondsworth, England 1 973 , pp. 1 1 2-1 14, 184, emphasizes Carlo Mademo's primary responsibility for the design . 31 Of the 43 Vedute now in the volume, 8 still have no address and 35 show the address of Bouchard or Bouchard and Gravier. 32
Specifically, H 2, 14, 17, 18, 28, 29, 33, 40, 42, 45, 47, 56.
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ANDREW ROBISON
considered above, including all of those added in the previous three stages, are here present. In addition to the 53 previously considered there were originally 3 new Vedute in the Academy volume . Two of those additions are clear, since H 1 2 and 20 are here but do not occur in previous stages; and there must have been one more, one of those four discussed below in the last stage, which one cannot now be identified with certainty. The two identifiable views added at this stage show the predominantly Romanesque church of Saint Lawrence Outside the Walls (H 1 2 ) and Domenico and Giovanni Fontana's late sixteenth-century Fountain of Acqua Felice (H 20) ( fig. 14 ). These two are consistent in demonstrating a new method of giving titles for the Vedute. The titles are inscribed on banners within the area of the image, thus making the area of the plate available for the image yet larger, and giving a more coherent total visual impression throughout the plate. Interestingly, this manner of showing titles had occurred once before, on the 1 757 Acqua Paola (H 2 1 ), though there in a more hesitantly and awkwardly drawn version. It makes sense to speculate that when he was preparing the Acqua Felice, Piranesi looked back at the Acqua Paola to match some of its characteristics and adopted this title technique, with a new sophistication. In any case, it now becomes a standard technique in the Vedute . XIII. [ 1761] H 13, 36, 39, 57 (less one for above) The first state of Piranesi's etched « Catalogo delle Opere » can be dated fairly early in 1 7 6 1 , since that state does contain the 1761 Delta Magnificenza, but the etching goes through three more state changes before it lists and includes complete infor mation for another 1761 publication, Le Rovine del Castello dell'Acqua Giulia. The first state of the « Catalogo » provides the last stage in our investigation as it lists all 59 of the earliest Vedute di Roma. Three of the Vedute newly added by this stage show Pira nesi returning to Roman antiquities, with new views of buildings
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and sites he had already shown earlier : the Colosseum (H 57) 31 (fig. 1 5), the Pyramid of Caius Cestius (H 36 ) and the Cam pidoglio, here seen from the side and focusing on the ancient sculpture decorating its balustrade (H 3 9 ). Piranesi also adds one last modem building, the early seventeenth-century facade of Saint Sebastian Outside the Walls (H 1 3 ) (fig. 1 6 ). This is a « last modem building » in the sense that Roman antiquities dominate later Vedute di Roma, composing all the Vedute but two until H 87 ( datable 1 769 ). However, in fact, Saint Sebastian was probably the last of the first 59 Vedute to be completed, since it never has Piranesi's advertisement added to the plate, a new feature which is frequent in later Vedute after H 60 ( 1 761) and true of all Vedute after H 70 (c. 1 766). The new additions at this stage may easily be compared with earlier Vedute, particularly those where the same building is portrayed. These final four, all show the now complete control of stylistic tendencies we have seen developing through earlier stages, especially the focus on architectural masses, the grandeur portrayed through solidity as well as size of the buildings, the compositional dominance of the foreground by the focal archi tecture, and the strength of chiaroscuro in the brilliant light and deep shadows . There are no more general prospects like Venetian cityscapes, but a severe focus on individual buildings , now infused with an individual grandeur, life, and power. All of which points directly toward the next instalment, the Veduta with few exceptions of the Pantheon, also in 176 1 , and toward the later Vedute di Roma until the end of Piranesi's life. ,
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33 Except for H 6 1 , the Colosseum shows the last caption space until H 76 (datable c. 1767 ) .
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use
of
a
title
on
a separate
AuGusTA MoNFERINI
PIRANESI E L'AMBIENTE DI RIDOLFINO VENUTI
La conoscenza della cultura antiquaria che circondava il Pi ranesi non può derivare che da un'indagine accurata dell'am biente archeologico in cui egli operava e da un esame delle sin gole personalità di studiosi con cui egli fu in contatto. Questa comunicazione intende soffermarsi in particolare sul l'abate Ridolfìno Venuti. Al nome del Venuti il Piranesi è collegato perché diverse delle Varie vedute di Roma antica e moderna da lui incise per l'omonima raccolta di più autori apparsa ripetutamente dopo il 17 4 5 , servirono poi da illustrazione per due opere del Venuti stesso: Accurata e succinta descrizione topografica delle antichità di Roma, Roma 1763, e Accurata e succinta descrizione topo grafica e istorica di Roma moderna, Roma 1766. La seconda opera è postuma; la prima esce nell'anno stesso della morte del Venuti, che è appunto il1763: il Venuti dunque non poté non essere informato della collaborazione del Piranesi, almeno per la prima opera e, anche ammesso che si trattasse di un'iniziativa dell'editore, non poté non essere d'accordo nella scelta. Ridolfìno Venuti aveva ricoperto per diciannove anni la ca rica- alla sua morte ereditata dal Winckelmann- di presidente degli scavi e delle antichità pontificie (Romanarum Antiquitatum Praeses); nell'epigrafe che l'amico pittore Niccolò Lucci fece porre sulla sua tomba in S. Niccolò in Arcione a Roma (poi tra sferita nel1907 nel Duomo di Cortona), si esaltano le sue qua lità di studioso, in celebriores Europae Academias cooptatus. 35
AUGUSTA MONFERINI
Piranesi dovette avere necessariamente contatti con lui, specie durante gli scavi e i sopralluoghi che condusse per la prepara zione delle Antichità Romane (1756), proprio nel periodo in cui il Venuti soprintendeva agli scavi. Nelle Antichità e in altre opere, del resto, Piranesi tratta non pochi temi affrontati anche dal Venuti in pubblicazioni precedenti o posteriori, come Vetera Monumenta in hortis coelimontanis, uscita postuma, Veteris Latii antiqua vestigia, urbis moenia, pontes, piscinae, tempia . .. ele ganter incisa, del 175 1, oltre che nelle già citate «Descrizioni» di Roma antica e moderna, nonché nella Descrizione di Roma e dell'Agro Romano, del 1750. Qui, in particolare, sono molti i punti di contatto con i temi svolti di ll a poco dal Piranesi nelle Antichità, ed analogo è l'ambizioso disegno di fornire un rilievo topografico dei luoghi antichi in relazione alle fonti. Già poi era stato notato (Calvesi) che il Venuti cita espres samente un parere del Piranesi nella sua Accurata e succinta De scrizione . del 1763, a proposito di alcuni «avanzi di fabbri che », «non molto lontano dal Carcere Tulliano », che «ven gono giudicati dal sig. Piranesi avanzi di Botteghe »: si tratta evidentemente di un riferimento alle Antichità Romane, !ad dove Piranesi nel commento alla T avola del Monte Capitolino, segnala alcune « Taberne accanto al carcere nel vicolo ma mertino ». Resta da segnalare un'altra citazione, assai meno benevola, e particolarmente interessante in quanto costituisce uno e scono sciuto precedente per le ben note accuse e insinuazioni di non autografia dei testi piranesiani. Si tratta di un breve scritto del Venuti, intitolato Spiegazione de' bassorilievi che si osservano nell'urna sepolcrale detta volgarmente d'Alessandro Severo, che si conserva nel museo di Campidogli o, apparso a Roma nel1756, evidentemente subito dopo la pubblicazione delle Antichità Ro mane del Piranesi,che sono dello stesso anno. Avanzando infatti una propria interpretazione del soggetto, il Venuti la contrap pone all'opinione corrente, riporta allo scopo la lunga didascalia apposta dal Piranesi sotto la tavola illustrativa della stessa urna (tomo II, tav. 33 delle Antichità Romane) (fig. 17), e la fa pre cedere da queste parole: «Tra gli ultimi moderni, sentasi come .
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( ... ) si spieghi quegli, che ha fatto le note alla bell'opera del si gnor Piranesi delle Antichità Romane». Questo dissociare il Piranesi dalla responsabilità di un testo che il Venuti intendeva confutare, è un riguardo solo apparente, in realtà si tratta di una provocante insinuazione, e il Piranesi come tale dovette raccoglierla, a giudicare dal tono puntiglioso e risentito con cui risponde. Come noto le Antichità ebbero di verse tirature, almeno per alcune tavole connesse alla vicenda del litigio con lord Charlemont. Ma anche la tavola illustrativa dell'urna suddetta (n. 33 del tomo II, in collaborazione col Bar bault), è dal Piranesi rielaborata, inserendo una lunga scritta in alto a sinistra, in uno spazio libero del fondo. La scritta fa rife rimento alle preesistenti didascalie delle tavole 33, 34 e 35 che Piranesi definisce «le sottoposte mie relazioni» (il corsivo è no stro), rivendicandone implicitamente la paternità (figg. 17, 18 e 19). « Il Sig. Abate Venuti», annota il Piranesi con grafia mi nuta e fitta per sfruttare il piccolo spazio, «in alcuni fogli ulti mamente stampati dopo l'edizione de' presenti volumi, pretende e spiega, che il presente bassorilievo co' susseguenti della Ta vola 35 rappresentino la restituzione di Criseide espostaci da Omero nel Lib. 2 della Iliade. Riferisce in essi fogli le sotto poste mie relazioni che consistono in quel che comunemente si crede di una cosa tanto difficile da spiegarsi, a fine di ricrederne il Pubblico, ma non si fa verona obiezione. Prima della produ zione di questi stessi volumi mi fece la finezza di avvertirmi della sua pretensione, ma fu da me riprovata per le troppo sensibili opposizioni che vi ritrovai e che sono, il prender egli degli uo mini per delle donne; il far comparir Giunone sedare il tumulto d'Achille, contro l'esposizione d'Omero dopo esserselo proposto per guida della sua spiegazione; il far fare diversi personaggi alle stesse figure esposte dallo scultore nelle presente faccia dell'urna e riportate poi nei fianchi di essa! il prendere de' simboli per istrumenti da sacrifizi; gli ornamenti dell'urna per simboli; ed altre molte e molte improprietà e contradizioni che non ho luogo di riferire, ma che ognuno può riconoscere colla visita del marmo e rilevare dalla lettura de' dd. fogli. Usciti questi alla luce, ho
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veduto che il sig.re Abate non è stato indotto a produrli che dallo spirito di rendersi singolare co' suoi bei ritrovati contro l'impulso della sua tacita riprovazione di quanto espone; impe rocché avendo percetta l'idea della restituzione di Criseide da un'apparenza di similitudine de' presenti bassirilievi a quei della Villa Pinciana che si suppongono rappresentarla non ne fa la minima menzione per non facilitare al pubblico con la osserva zione della diversità dell'uno e dell'altro marmo, l'avvedersi della leggerezza della sua pretensione. Mi stupisco poi che avendo egli avuto tanto talento di produrre una indubitata dichiarazione de' bassirilievi che sono un accessorio dell'urna, gli sia all'incontro mancato per dire a chi possino riferirsi le figure assise sulla stessa urna, che ne sono l'oggetto principale; e che si sia ristretto a riprovarne, non con altra ragione che del disprezzo, la rappre sentazione di Alessandro Severo e Giulia Mammea, sin qui co munemente creduta per tanti motivi, i quali sono, la coincidenza di queste due figure convenientissime a Madre e Figlio (benché il sig.re Ab.e per render vecchio il maschio più della femmina, nella copia che n'espone si sia allontanato con una caricatura di barba e di rughe da come ce lo rappresenta il marmo). La pre cisa similitudine nel marmo non solo della testa del maschio alle medaglie di Alessandro Severo, ma altresl della femmina e sua acconciatura di capo alle medaglie di Mammea; concorrenza la quale esclude l'obiezione della rassomiglianza casuale come ben riconobbe l'Eruditissimo sig.re Abate Barthelemi, antiquario di S.M. Cristianissima, che fu meco a fare il confronto di più e più di dette medaglie con esso marmo. Il lavoro de' bassirilievi che ci esprime la mediocre abilità de' professori della Scultura a' tempi di questo Imperadore; e molti altri riflessi che tralascio nel vedermi obbligato alla brevità. Pretende inoltre il sig. Abate in fine de' suoi fogli, che i bassirilievi del Vaso da me disegnato nelle seguenti tavole 34 e 35 rappresentino il giudizio di Paride, ma l'assegnare per Venere un uomo come ben distinguesi dal sesso virile da me fedelmente ritrattato, e il non vedersi il pomo che dovrebbe essere il segno precipuo della pretesa rappresenta zione, il prendere per un bastone il panno che tiene il supposto Paride con la sinistra, il dire che la pretesa Venere lo guardi
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quando ella guarda all'opposto, e ch'ell'abbia una piccola tazza o conca quando non v'è; l'aggiungere nel suo disegno le mam melle a questa figura per farla femmina e poi esclamare: chi non dirà che qui si rappresenti Venere vincitrice di bellezza le altre Dee? In somma l'alterare in copia i bassirilievi sono immaginaz.i e disaccortezze cosi sensibili che non ci fanno vedere uno schiaritore delle Antichità, ma l'impugnatore delle verità le più conosciute delle medesime». Come si vede, Piranesi ribadisce energicamente la propria autonomia e autorità di giudizio, citando tr:a l'altro un episodio inoppugnabile quale la discussione a viva voce da lui avuta con il Venuti su questa interpretazione. Il che, tra l'altro, ci con ferma anche i rapporti diretti che intercorrevano tra i due. L'inserto si conclude con un rinvio alla tavola 57 del tomo IV (fig. 20): tavola, questa, aggiunta nel 1757 come si ricava dalla didascalia, nella quale il Piranesi prende spunto per un altro at tacco al Venuti. Questi infatti, sempre nel 1756 , aveva pubbli cato alcune iscrizioni da poco ritrovate lungo la via Labicana, sbagliando l'indicazione del luogo di rinvenimento. Il Piranesi riproduce i frammenti marmorei con questo commento: «Non era mio assunto in quest'opera il ritrarre simili avanzi, ma giac ché il sg.re Abate Venuti alla pag. l e 2 della Dichiarazione di queste Iscrizioni da lui stampate in Roma nell'anno scorso 1756 sotto il nome di Marmora Albana e dedicate alla Celeberrima Real Società degli Antiquarj di Londra, le fa supporre ritrovate sull'Aventino, presso al sito ove anticamente era il Tempio di Silvano e d'Ercole, con dedurre che un tal Collegio fosse ade rente allo stesso Tempio; ho perciò creduto mio debito di rife rire e gli uni e le altre fedelissimamente copiate in questa Ta vola [ . ] perché gli Eruditissimi miei consoci di detta Regia Società e con essi lo stesso Pubblico [ . . . ] restino [ . ] sincerati di tale abbaglio e del vero sito dell'�nvenzione delle medesime del quale non ha voluto accertarli il Sig. Abate Venuti». Il Piranesi, in effetti, era stato chiamato a far parte della So cietà degli Antiquari di Londra, di cui era membro anche il Ve nuti, tra il febbraio e l'aprile del1757. Lo Scott (Piranesi, 1975, pp. 125 e .309) che accenna di sfuggita a queste annotazioni .
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contro il Venuti (pur senza riandare all'origine e ai motivi della controversia) pensa che la nomina del Piranesi, di cui egli fu inordinately proud, sia stata una sorta di riparazione dell'errore del Venuti. Tuttavia la denuncia di questo errore da parte del Piranesi è evidentemente posteriore alla nomina stessa. Il suo atteggiamento,che può sembrare troppo aggressivo nei confronti di uno studioso who had dared to publish a pamphlet disagreeing with Piranesi (Scott), è in realtà di difesa contro un'accusa gra vemente offensiva, intorno alla quale è facile immaginare che si condensarono le peggiori malignità: quelle stesse che in parte riecheggerà il Mariette,e che il Bianconi dovette riesumare dopo la sua morte,insinuando che egli era appena in grado di leggere le cose che passavano come scritte da lui, mentre invece sareb bero state redatte dal Bottari e dal Cantucci. Ma la risposta del Piranesi,che si preoccupa di far presente come le diverse interpretazioni dell'urna fossero già state da lui personalmente e direttamente discusse con il Venuti, è la mi gliore riprova non solo della sua autonomia culturale e dell'auto grafia dei suoi scritti, ma anche di quella erudizione archeolo gica e letteraria che ancora si tende a mettere in dubbio, anche se l'accenno agli scambi di vedute con l'Abate Auguste Barthé lemy può confermare un comportamento più volte supposto: che cioè il Piranesi doveva valersi, con un procedimento del tutto legittimo ed ovvio,di consultazioni con antiquari e colleghi eruditi. Ma proprio il dibattito con il Venuti dimostra che simili scambi avvenivano a livello di parità. A chi poteva riferirsi il Venuti, parlando di « quegli, che ha fatto le note alla bell'opera del signor Piranesi delle Antichità Romane? ». Assai probabilmente egli alludeva a quell'abate, di cui il Legrand dice che alloggiava in casa del Piranesi « et se chargeait de la redaction de ses idées pour les livrer en suite à l'impression après s'etre concerté le plus souvent avec le célèbre Winkelmann et avec Mengs, son ami». Che costui fosse in realtà un semplice segretario o che tutt'al più, come suppone lo Scott (p. 15 4) « provided the research into the ancient authors for suitable quotations in support of his arguments »,appare più che probabile. Ciò non toglie che questa collaborazione potesse
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essere malignamente interpretata e che l'insinuazione del Venuti venisse raccolta e amplificata dai detrattori del Piranesi, come il Bianconi, partigiano del Winckelmann (e del Mariette), cioè dei maggiori esponenti della corrente a lui avversa; onde è ben vero simile che al Legrand sia pervenuta, diversi anni dopo, la notizia palesemente distorta e infondata, ma probabilmente risalente proprio all'ambiente del Bianconi, che il segretario di Piranesi sottoponesse le sue idee all'approvazione del Winckelmann! Il nome di questo abate, nel manoscritto del Legrand, è stato letto in diversi modi: « Pirmei» secondo Focillon, « Pie mcci» secondo il Morazzoni (1921), « Piermei» nella più re cente trascrizione (in « Nouvelle de l'estampe» 1969, n. 5). In realtà deve trattarsi di quell'« abate Piremei» che è menzionato nel testamento del Winckelmann per un lascito di cento ducati (dr. C. Justi, Winckelmann .. . , ed. 1956, III, p. 488). Questa circostanza, se conferma i rapporti che egli dovette avere con lo studioso prussiano, cui forse rese dei servigi, al tempo stesso potrebbe spiegare l'origine della diceria. Per le stesse ragioni, poi, è forse opportuno diffidare del rife rimento che l'inattendibile e calunnioso Bianconi fa al « dotto Padre Cantucci Gesuita»: nome accostato, quasi a contraltare, a quello del protettore del Piranesi, mons. Bottari, capo del movi mento giansenista a Roma e acerrimo nemico dei gesuiti, che sul Piranesi dovette avere effettivamente ascendente ed influenza. Per altro, mentre il Bottari è velenosamente definito dal Winckel mann « un perfetto Pedante ed ignorante nella cognizione del l'arte », il padre Cantuccio Cantucci (assai accreditato per la sua dottrina archeologica, ma restio a scrivere: cfr. Justi, passim) era considerato dal Winckelmann stesso « uno dei suoi migliori amici» (Justi, II, p. 158) ed esperto della grecità (Justi, II, p. 162), il che lascia supporre che potesse condividere proprio quelle idee del Winckelmann contro cui Piranesi si batteva. L'analoga citazione del Legrand (le père Contucci, jésuite très érudit) è evidentemente derivata dal Bianconi. Il dissenso del Piranesi col Venuti non sappiamo quale esito ebbe. Dobbiamo credere che tra i due sopravvenne una pacifica zione. Infatti come abbiamo già rilevato, la Accurata e succinta
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AUGUSTA MONFERINI
descrizione topografica delle Antichità di Roma di Ridolfino Ve
nuti, pubblicata nell'anno stesso della sua morte, cioè nel1763, reca, oltre alle tavole del Piranesi, la citazione rispettosa di un parere dello stesso p,iranesi tratto dalle Antichità Romane. In conclusione, si può ragionevolmente supporre che il Ve nuti e il Piranesi fossero attivamente in contatto, nonostante i rapporti di rivalità, dovuti al convergente interesse sulle anti chità di Roma, rivalità a tratti più, a tratti meno dichiarata. Un'indagine sull'ambiente culturale di Ridolfino Venuti non può comunque che tornare utile ad illuminare anche il contesto in cui operava il Piranesi. È intanto da tener presente che Ridolfìno Venuti (nato nel 1703) era fratello di quel Marcello Venuti (nato nel 1701 e morto nel 17 55) che condusse con successo e risonanza mon diale gli scavi di Ercolano tra il l 738 e il 1740, essendo stato nominato Soprintendente alla Biblioteca e al riordinamento del Museo Famesiano a Portici, e« Preside delle Escavazioni». En trambi poi furono parte attivissima nell'Accademia delle Anti chità e delle Iscrizioni Etrusche di Cortona, originariamente de nominata Accademia degli Occulti, fondata nel 1726 da undici soci tra cui i due fratelli Venuti, che furono i veri animatori del l'illustre associazione. Nel campo archeologico, ma non solo in quello, l'Accademia svolse una vasta attività; contò fra i suoi soci il Guamacci, il Gori e moltissimi altri, e fu collegata con l'Accademia Colombaria di Firenze, con l'Accademia Ercolanense fondata dal Tanucci e con la Società degli Antiquari di Londra, associazioni tutte che si ispirarono nei loro statuti a quelli del l'Accademia Etrusca. Tra i soci dell'Accademia Etrusca :figurano ben presto Montesquieu e Voltaire. Particolarmente con Monte squieu i rapporti dei Venuti furono stretti ed assidui. Un terzo fratello di Marcello e di Ridolfìno, Filippo, fu segretario e biblio tecario dell'Accademia di Bordeaux, di cui era presidente Mon tesquieu. Nel presentarlo, Montesquieu disse di Filippo Venuti: « Je crois que cet Homme, qui ne respire que l'étude, pourra devenir un des plus celebres de l'Europe ». Filippo fece entrare nell'Accademia Etrusca di Cortona molte altre personalità fran cesi tra cui l'Abate Barthélemy, citato vistosamente nel suddetto 42
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commento di Piranesi. Ridolfìno Venuti tradusse opere di Mon tesquieu e curò una raccolta di sue lettere. Questi rapporti dicono già di per sé molto, sull'orientamento illuminista dei fratelli Venuti e dell'Accademia Cortonese, e a riprova di questo orientamento potrebbe citarsi una copiosa messe di testimonianze. Coerentemente a tale orientamento, è indiziabile poi una simpatia e probabilmente una concreta aper tura dell'Accademia Etrusca verso la Massoneria. Montesquieu stesso era massone, iniziato nella Loggia Horn di Londra nel 1720 e tra Hondatori della prima Loggia parigina nel 1725; di Voltaire si afferma che entrò nella Massoneria nell'anno stesso della morte, 1778, a Parigi, nella celebre Loggia delle Nove Sorelle. Questa rete di rapporti tra archeologi, illuministi e massoni va evidentemente tenuta presente per Piranesi, di cui è stato ipotizzato con fondamento un interesse per la cultura massonica, e di cui sono indiscutibili l'orientamento di pensiero illuminista e l'apertura internazionalista. « Alcuni nostri accademici fra i quali Valerio Angelieri Alti cozzi», scrivono Guerrieri e Fruscoloni nella loro monografia del1978 sull'Accademia Etrusca (p. 28), erano « affiliati alla na scente Massoneria Toscana, nella quale si vedeva solo un movi mento di libertà e di unità per la cultura. Tra questi sono da no tare anche Natter, Cocchi, Buondelmonti e Filippo Buonarroti, acclamato Presidente perpetuo dell'Accademia» fin d al 1728. Proprio dal massone Buonarroti i fratelli Venuti erano stati introdotti allo studio dell'antichità e verso di lui avevano una speciale amicizia e reverenza. Altro militante documentato della Massoneria (vedi F. Sbigoli, Tommaso Crudeli e i primi framas soni in Firenze, Milano 1884) è l'abate Antonio Niccolini, lucu mone dell'Accademia Etrusca. Il Niccolini era molto vicino a Montesquieu ed era uno dei più fidati amici del protettore di Piranesi, mons. Bottari, come si ricava da una serie di lettere raccolte in volume da Girolamo Amati nel1867. Su mons. Bot tari, giansenista e illuminista, ammiratore dell'Enciclopedia e de L'esprit de lois di Montesquieu, mi propongo di condurre uno studio a parte. Altro socio archeologo dell'Accademia Etru43
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sca affiliato alla massoneria è il barone Filippo Di Stosh che fa ceva opera di proselitismo a Firenze e che mise insieme un'im portante raccolta di antichità. La relazione tra gli studi archeologici e la massoneria va pro babilmente spiegata con il fatto che gli ideali riformisti, illumi nisti e internazionalisti dei massoni si rispecchiavano nell'imma gine dell'antichità come in un modello utopico di civiltà da ri chiamare in vita.· In Inghilterra, che era l'epicentro del movi mento, una delle logge più note, agli inizi del '700, si chiamava Lodge of Antiquity e tra i suoi capi aveva l'archeologo Gior gio Payne. Molte altre tracce potrebbero essere indagate per ricostruire un quadro siffatto, anche in epoca più tarda, quando ad esem pio, nel 1778, troviamo il massone Louis Boily nella carica di incisore del re delle Due Sicilie per le antichità di Ercolano; e nel 1813, a dirigere gli scavi di Pompei, Valerio Villareale ar cheologo e scultore neo-classico, che sarà capo di una Loggia Massonica a Palermo nel 1826.
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According to Bianconi, Piranesi studied the picturesque beg gars and hunchbacks of Rome instead of the Apollo and the Laocoon.1 However, there is plenty of antique Sculpture in Piranesi's early prints: there is, for instance, a relief of the muses, certainly drawn from an antique prototype below the so-called sarcophagus of Marcus Agrippa/ in his Vestigj d'antichi Edificj (fig. 21); and a few years later, in the first of his Grotte schi (fig. 22), we find the Farnese Hercules- drawn from behind as are so many of the nude male figures in Tiepolo's etchings, and as the Hercules so often was, not only in the best known collections of prints after antique statues/ but also by Panini.4 The torso in the left hand corner of this print was etched by Jan de Bisschop as in the Villa Medici collection.5 1 G. L. BIANCONI, Elogio Storico del Cavaliere Giambattista Piranesi cele· bre antiquario ed incisore di Roma, « Antologia Romana », XXXIV (February
1779), p. 226. 2 N. PENNY, Piranesi, London 1978, p. 28. 3 F. PERRIER, Segmenta nobilium signorum et statuarum quae temporis dentem invidium evase, Roma 1638, Plates 2, 3, & 4; J, DE BxssCHOP (Johannus Episcopius), Signorum Veterum [cones, 1668 & 1669, Plates 8, 9, 10 & 11;
Raccolta di statue antiche e moderne data in luce da Domenico de Rossi illu strata colle sposizioni a ciascheduna Immagine di Pauolo Alessandro Maffei, Rome 1704, Plates 49 & 50. 4 As in the capriccio in the Ashmolean Museum Oxford. F. ARISI, Gian Paolo Panini, Piacenza 1961, Plate 12. s Piranesi's source may well have been de BISSCHOP, op. cit., Plates 26 & 27. This conclusion seems to have been arrived at independently by Andrew Robison (see p. 39 of the catalogue of the 1978 exhibition « Giovanni Battista Piranesi: the Early Architectural Fantasies » at the National Gallery of Art,
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Of course Piranesi was not only aware of antique sculpture. In his early p rint entitled Atrio Dorico we may find the Bacchus of Michelangelo (and perhaps in the distance the statue of the same god by Sansovino) and in the Campidoglio Antico (fig. 23) there is, at the base of an obelisk, a group of slaves derived from the four moors cast by Ferdinando Tacca in the 1620's and chained to the base of Bandini's statue of Ferdinand I at Li vomo (fig. 24). Of the other statues in this print we may note that the statues of six men ( « uomini illustri ») on the steps of Piranesi's reconstruction of the Temple of « Giove Tonante » are inventions of the artist, but the two centaurs are versions of one of the two Furietti centaurs which had become instantly and internationally famous on their discovery in the ruins of Hadrian's villa two decades earlier (fig. 25).6 At the end of the first decade of his career when his recon structions of antique architecture were beginning to depart fan tastically from all examples, ancient and modem, Piranesi was still capable of including in his Parte di ampio magnifico Porto an accurate representation of the colossal statue of the Tiber, then in the Belvedere of the Vatican, but today in the Louvre, Paris (figg. 26 e 27). Of course the Tiber is not etched on a large scale. Nor are the statues, such as the Dioscuri of Monte Cavallo, which make occasional appearances in the Vedute di Roma. The seated Roma in the second frontispiece to the Vedute di Roma (fig. 28) is more imposing. Piranesi has taken as his model the porphyry statue, originally a Pallas but restored, with white marble extremities, as Roma an d set up in the 16th Cen tury in the Piazza del Camp idogli o in a niche behind the famous Marcus Au reliu s (fig. 29). He has reversed the figure and bro ken off some of the additions. He has also imagined the statue as uniform in material rather than as polychrome which suggests Washington). His reference is however not to the Signorum Veterum !cones but to the Paradigmata Graphices, to which however the Signorum are often ...
appended.
6 H. STUART-}oNEs, A Catalogue of the Ancient Sculptures preserved in the Municipal Collections of Rome, Vol. I, The Sculptures of the Museo Ca
pitolino, Oxford 1912, pp. 274 & 277.
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ANTIQUE SCULPTURE IN PIRANESI
that he used a plaster cast. If h e did use a cast, then that accounts for the angle from which he has drawn the figu re, which would have been impossi ble in the Piazza. The fron tis piece perha ps originated as one of the Grotteschi, and here, as in the first of the Grotteschi, w e again meet the Famese Hercules, or at least his back. Perhaps because of his lack of proper academic training, stud yin g the live model or the antique cast, Piranesi left the etching of the figu re sculptu re (which was bound to be on a large scale) in the plates of his Antichita romane to Jean Bar bault. The sort of sculpture which Piranesi did depict himself, frequent ly and on a large scale, was relief carving, especially military ornament. Of the famous antique figures which he did portray in his later publications - the ' Weeping Dacia ' and the bronze wolf (in Lapides Capitolini) and the two pairs of captive bar barian kings in the Farnese collection (now in Naples) and in the courtyard of the Palazzo dei Conservatori (in the first and second f rontispie ce s of the Trofeo o sia Magnifica Colonna Coclide ...) - are all unques ti onably Roman. By the 1760's when he was committed as a polemicist to the su perio ri ty of Roman over Greek art it would have been embarrassing for Piranesi to pay much attention to statues such as the Famese Hercules or the Furietti Centaurs, for these were signed by Gree k masters, and it was clear from the places where they had been excavated that the Romans had admired them. Much of the ornamental relief carving which Piranesi etched had a far better claim to be truly Roman. And so to o did por traiture - the bust of ' qualche nobile defunto ' in Plate LXIII of the second volume of the Antichita romane is etched b y Piranesi not by Barbault and has an unmistakably Roman char acter as d o the busts in the second frontispiece. Best of all, he incorp ora ted the bronze bus t of Brutus of the Palazzo dei Con servatori (fig. 30) 7 into an initial letter of his Della Magni/i cenza (fig. 31). None of these bust portraits have any of the 7 Ibid., Vol. Il, The Sculptures of the Palazzo dei Conservatori, Oxford 1926, p. 43.
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composure or ideal beauty which Winckelmann and Mengs found in the best classical art. And Piranesi's reconstructions of ancient architecture in the 1760's are filled with sculpture of his own invention as animated; gesticulating and unbeautiful as his living figures. Looking at the seated figure on the right of his Ingresso di un antico ginnasio one can see what Bianconi meant (fig. 32). Considering Piranesi's lack of interest in free standing figure statues of Greek origin it is not surprising that he was not chosen to succeed Winckelmann as Prefect of Papal Antiquities, al though Mengs, interestingly, believed that the Pope would give Piranesi this appointment.8 When Piranesi controlled his own sculpture workshop, restoring antiquities and making chimney pieces at the end of his life, he did not concern himself with free standing figures, although human heads in high relief do play a part in his designs. One of the candelabri produced by this workshop, formerly in the collection of Thomas Hope 9 and today in the Lady Lever Art Gallery, Port Sunlight (fig. 33), il lustrates the alarming combination of disparate antique elements which came to be more and more characteristic of Piranesi's designs and which also appears on the one important occasion his when he did show an interest in free standing figure reconstruction of the top of Trajan's column included in the print of the column which he published in 177 5 or 1776 (fig. 34). The drawings for Piranesi's prints of the frieze of Trajan's column were made by Dolcibene who was said to have been suspended in a basket to undertake this work10 (although it -
8
Letter to Raimondi Ghelli from Madrid, July 19, 1768. C. FEA (ed.),
Opere di Antonio Raffaello Mengs, Roma 1787, p. 384. 9 1bere are three of these candelabri at Port Sunlight. The example
illustrated here may be seen in an engraving of Thomas Hope's sculpture gallery at Duchess Street, London in 1800 and in a watercolour of about 1823 showing Hope's sculpture gallery at the Deepdene (D. WATKIN, Thomas Hope 1769-1831 and the Neo-Classical Idea, London 1968, Fig. 7 and Plate 65.
to J. G. LEGRAND, Notice Historique sur la Vie et les Ouvrages de ]. B. Piranesi, Edited by G. Erouart & M. Mosser, Piranese et les Franr;ais, Roma
1978, p. 230.
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ANTIQUE SCULPTURE IN PIRANESI
would be surprising if he did not also employ the casts which Piranesi had cunningly acquired from the collection of the French Academy).11 It also seems unlikely that Piranesi was personally involved in much of the etching. But this idea for the top must be his. It is foreshadowed not only in the design of the altar of Santa Maria del Priorato, but in the Caduta di Fetonte and in at least two important drawings.u In origin this is a Venetian idea inspired by the globe on the Dogana and the altar of San Giorgio Maggiore.13 There is no archaeological justification for the reconstruction - in fact it is flatly contradicted by Trajanic coinage which Piranesi must have known. However, the great globe was perhaps inspired by the gilt bronze ball then on the balustrade of the Capitol and popularly believed to have con tained Trajan's ashes.14 The crouching Dacian captives supporting the globe are accurate records of two statues in pavonazzo and black marble then in the Orti Farnesiani (now in Naples) which Piranesi believed to have been found in Trajan's Forum near the column. E. Q. Visconti later suggested that they were copies of two of the three persians which Pausanias describes as sup porting the tripod in a monument erected by Hadrian outside the Temple of Olympian Jupiter in Athens.15 Over ten years before Piranesi published his reconstruction of the top of Trajan's column Pigalle, inspired by Voltaire, had made a special point of not having captives around the base of thus making a deliberate his statue of Louis XV at Reims 16 objection to concept of the ruler as conqueror found in the -
11 ANATOLE DE MoNTAIGLON (ed.), Correspondance de.s Directeurs de l'Aca demie de France a Rome, 18 Vols., Paris 1908, XIII, pp. 387, 392 f., 395.
12 The drawing of c. 1745 in the collection of the Societe des Architectes Diplomes par le Gouvemement in Paris (N. PENNY, op. cit., Plate 11) and the drawing in the British Museum (1908-6-16-11) (H. THOMAS, The Drawings of Giovanni Battista Piranesi, London 1954, Plate 19).
13 J. GARMS, Considerations sur la Prima Parte, in Piranese et les Franfais; Rome 1978, p. 272 f. 14 H. STUART-]ONES, op. cit., in no te 7, p. 171.
15 E. Q. VISCONTI, Oeuvres, 12 Vols., Milan 1818-1826, VII, Plate VIII. 16 L. RtAU, ].-B. Pigalle, Paris 1950, pp. 51-58; M. TouRNEUX (ed.), Cor-
respondance Litteraire, Philosophique et Critique par Grimm, Diderot, Raynal,
Meister etc., 16 Vols., Paris 1877-1882, IV (1879) pp. 251-253 & V, p. 359 f.
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monument to Ferdinand I at Leghorn (which Piranesi earlier imitated) and in the equestrian statues then on the Pont Neuf and the Place des Victoires in Paris. Not long afterwards Falco net declared to Diderot his belief thar rulers should be portrayed not as conquerors but as benefactors.17 An Englishman writing about Piranesi's reconstruction of the top of Trajan's column in 1802 wrote that if i t was correct then the Romans lacked either « dignity of sentiment» or « cas tity of tas te ».18 Piranesi was very little interested in either of these virtues and was as untouched by the humanity of the French enlightenm ent as he was by the Teutonic hellenism of Winckelmann and Mengs.
17 Y. BENOT (ed.), Diderot
pp. 235 & 238.
et Falconet: le Pour et le Contre, Paris 1958,
l8 «A Private Gentleman» (Major John Cartwright), The Trident ... or, the National Policy of Naval Celebration, London 1802, p. 35.
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]oNATHAN ScoTT ANOTHER CHIMNEY PIECE BY PIRANESI
When Piranesi sent some plates of his Diverse Maniere to Sir William Hamilton in Naples, he had an enthusiastic answer. « Je me rejouis que vois faites cette ouvrage », the ambassador wrote to him in October, 1767, « car elle sera tres utile a mon Pays ou nous faisons beacoup d'usage de cheminees, on y trouvera des omements sans fin ».1 Piranesi had found an attractive market to exploit. His archi tectural ambitions were frustrated by the lack of funds for grand building schemes in contemporary Rome and he could hardly expect anyone to entrust to him the task of designing works outside Rome where a distant and alien master builder would have been hard pressed to interpret his ideas into stone and mortar. Interior decoration was, however, another matter and it was possible to design and erect in his studio elaborate chimney pieces with which to tempt the visiting tourist. Draw ings from the Pierpont Morgan Library show how he would make a series of lightening sketches to indicate to clients how he could compose the pieces of antique statuary which he had in stock at any one time to suit their colour schemes at home. Piranesi was the best known but he was not the only dealer
in Rome supplying such items for the British market. There is a fascinating letter written in February, 1774 to Lord Arundell by his agent, Father Thorpe. « I have often wondered», he writes« at your Lordship's never mentioning chimney pieces, as I
The letter is preserved in the Pierpont Morgan Library, New York.
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many very elegant ones are perpetually making and sending to England. Those mentioned by Fr. Caroll, and composed by Pira nesi out of antique marbles, are very curious, but are not in the taste of every one; he has others which would be esteemed more elegant by gentlemen who are not passionate antiquarians. Here are four or five artists who work these things in a very superior manner. Piranesi has now a modern chimney piece of his own designing, with Rilievos, medaillons, and a surprising work on all the parts finished in the manner and with the el egance of the ancients. He is undoubtedly the greatest genius of the age, every thing that comes out of his hands is marked with something superior to any one else, tho « modern things in sculpture make no part of his profession, they are executed under his eye. A Sig.re Cardelli cuts ornaments in marble as fine as the ancients did. Vinelli has made scores of fine chimney pieces for England; I never heared of any one of these artists sending so much as a stone to Norfolk House. They work on all prices and finish up their pieces. with gild bronzes, as di
rected ».2
Father Thorpe hoped to procure the chimney piece which he describes for Lord Arundell but it was bought instead by Patrick Hume and it is still at his Scottish house, Wedderburn Castle. I wish to add a further chimney piece to the small col lection of authenticated examples of Piranesi's work. There are only five others surviving to my knowledge: the two illustrated in Diverse Maniere, one at Burghley, ordered in 1767 by Lord Exeter, and one designed for John Hope, now in the Rijksmu seum, the two now at Gorhambury which were probably com missioned by Edward and Harriot Waiter for Bury Hill, Surrey, in 1771 and later moved to the house of their son-in-law, Lord
2 The letter is quoted in W. RIEDER's, Piranesi at Gorhambury, «The Burlington Magazine», September, 1975. Both Cardelli who, according to Le grand, worked for Piranesi, and Vinelli are named in the list of antiquarian dealers working in Rome at this period, see S. HowARD, G. B. Visconti's Pro;ected Sources for the Museo Clementino, « The Burlington Magazine», November, 1973. Cardelli was responsible for the attractive example at Penrice, see J. CoRNFORTIJ, «Country Life», 25th September, 1975.
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ANOTHER CHIMNEY PIECE
Verulam, and the one at Wedderburn Castle, bought by Patrick Hume in 1774.3 The chimney piece to be added to this list was formerly at Stowe in Buckinghamshire. I came across it through one of the plates in Piranesi's Vasi, Candelabri, Cippi (fig. 35) .4 This shows the splendid Buckingham Vase, a large marble urn which was excavated by Gavin Hamilton and was purchased by George Grenville, later the first Marquess of Buckingham. The text on the plate on either side of the vase reads: « Nella serie de' Cavalieri, che posseggono del Genio, e del Gusto nelle Arti libe rali, devesi annoverare in quest'Opera il Sig. Cav. Grenville. Tra i varj scelti pezzi di Antichita da esso lui acquistati nel suo soggiomo in Roma l'Anno 1774, uno e il presente Vaso antico di Marmo di gran Mole . . L'Autore ebbe il pregio di servire il detto Sig. Cavaliere nell'acquisto non solo di questo, ma di altri pezzi d'Antichita, e di un Camino dallo stesso Autore architet tato, ornato di varj Marmi, e di Metalli; il quale dovra situarsi nella Villa di Stow in Inghilterra, Luogo di Delizia di Milord Temple». Piranesi's obsequious dedication was phrased to catch an important customer. George Grenville was then aged 21, he h ad just come down from Oxford and, as the son of one Prime Minister and the nephew of another, as well as being nephew and heir to Lord Temple of Stowe, he was a person of conse quence. He was also very rich which was the attraction to Pira nesi because his client does not sound a very attractive character: « weak, proud, avaricious, peevish, fretful, and femininely ob servant of the punctilio of visits» was Horace Walpole's de scription.5 Grenville was making a brief grand tour with Thomas James, Lord Bulkeley, before returning to take his seat in parliament .
3
For the chimney pieces at Gorhambury, see W. RrEDER, op. cit., and for
that at Wedderbum Castle, see A. RowAN, «Country Life», 8th August, 1974.
The plate is 614 in Focillon's catalogue. For George Grenville, first Marquess of Buckingham, 1753-1813, Complete Peerage, II, pp. 406-408.
4
s
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see
The
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and he spent freely
as he went, collecting antiquities for display at his uncle's seat, including the vase which Piranesi claims to have procured for him from Gavin Hamilton's excavations. Gren ville wrote to W. Morton Pitt from Bologna in May, 1774, « I shall hope to show you a collection of marbles ... inferior to few north of the Alps». It w as at this time that he followed the fashion and ordered a chimney piece from Piranesi to be despatched to adorn his -uncle's house. The reference on the Vasi plate set me looking through the old photographs of Stowe to find Piranesi's design. Stowe, alas, was dismembered in 1921 and 1922 when the remains of the collection of the Dukes of Buckingham were auctioned and such fittings of the house as could be removed were sold also. When I first looked through the photographs of the house as it used to be, the only chimney piece that seemed suitable was the one that was formerly in the Music Room. This is of white marble with rosso antico panels, the central panel is decorated with little white marble bosses, Pan's pipes in the centre, and to either side a bucranion and crossed double flutes linked with ormolu swags, and there are similar festoons of ormolu grapes and vine leaves down the red marble panels on either side. The antique musical instruments were well suited to a Music Room and we know that Piranesi had sent a draughtsman scouring Rome to find examples of them for Charles Burney, the British musicologist when he came to Rome in 1770. The design is rather dull, much duller than I should have expected of Piranesi, but the 1777 edition of Seeley's guide to Stowe specifically states that the chimney piece was « Roman». The chimney piece was sold in 1922 and is now at Benham Place, Speen, in Berkshire. Recently, however, I was looking through a later edition of Seeley's guide book to Stowe. The 1788 edition mentions, in the State Drawing Room, « an Italian chimney-piece, in the centre of which is an antique tablet of Oriental Alabaster, re presenting heads of Bacchanals, and the emblems of the sacrifice to Bacchus; in the frieze are oval compartments of white marble with fauns gazing in a fountain: the pilasters are of Porphyry together with part of the entablature; the remainder is of the
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ANOTHER CHIMNEY PIECE
finest white marble ».6 It was not illustrated in the main cata logue of the 1921 sale and it is not included in any photograph that I have seen of the State Drawing Room as it used to be, but is is shown in the supplementary catalo gue to the Sto we sale, dated 1922. In that year, it was sold with other fittings from Stowe but it reappeare d on the London art market in 1957 when it was advertised in « The Connoisseur » and i t was subsequently sold to Mr. Emilio Botin of the Banco de S ant ander who placed it in the board room of the bank's head office in Spain.7 The illustration shows one of the porphyry pila sters ignominiously labelled with the Stowe sale lot number, 3688
(fig. .36). I have not found any specific reference to this purchase by Grenville other than the mention on the Vasi pl at e because, among the Stowe archives in the Huntington Library, there appear to be no letters from Grenville to his uncle for 177 4 and no accounts of the expenses of his tour, but James Lovell, a sculptor who worked extensively at Stow e , received payments in 1776 for « assisting in Perceing the Plaister for the Chimney Peke » in the State Drawing Room and in 1777 for supplying a small amount of extra marble for i t.8 There can be no doubt, however, that the Banco de S ant and er 's chimne y piece is the one designed by Piranesi. We can recognise the characteristic use of contrasting marbles, the porphyry offset against the white, 6 Seeley 's guide was regularly updated to take account of the frequent alterations to the house and grounds for the benefit of the numerous tourists who, even at that date, wanted to visit Stowe. The 1777 guide does not mention the chimney piece in the State Drowing Room because decorations were not then complete .
7 I am grateful to Mr. Brinsley Ford for providin g me with information on Grenville's grand tour, to Miss Mary Robertson for checking the Huntington
Library for references to his trip, to Mr. George Clarke of Stowe for drawing my attention to the Supplementary Catalogue to the Stowe sale, to Mr. R. J. Burgess of Pratt & Burgess for information about the Stowe chimney piece when it was with Pratt and Sons in 1957 a nd to Mr. Manuel Balson of the Banco de Santander for showing me photographs of the chimney piece in its pres ent position. The chimney piece was illustrated on the back cover of « The Connoisseur», CXXXIX, April, 1957, together with an uninformat ive brief article on pp. 144-145, Raison d'P.tre for a Mantelpiece. s For the payments to Lovell, see M. McCARTHY, James Lovell and his Sculptures at Stowe, «The Burlington Magazine » , April, 1973.
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and the effects enhanced by the gilt beading round the plaques as at Burghley and Gorhambury; a genuine fragment of antiquity is included as a signature of the master's work. In this case, it is a panel, probably dating to the 2nd Century A. D., depicting Bacchic fawn skins, draped like washing on a line, above which protrude the heads of four satyrs. The carving has particular interest today because it may well have provided some basis for the restoration of the fragments of the currently controversial Warwick Vase which Sir William Hamilton had secured at this period for his nephew at Warwick Castle.9 The chimney piece can be linked with a group of six draw ings in the Pierpont Morgan Library which show how Piranesi tried out variations on the theme of a central panel set between a pair of roundels.10 The series of sketches centres round a more finished drawing which distinctly shows the relief on the Stowe chimney piece linked by festoons to two roundels (fig. 37). Beneath them, on each jamb, is a little aedicule such as often decorates the end of a sarcophagus. There are manuscript notes on the drawing, alabastro above one of the festoons and porfido above one of the roundels. I suspect that Grenville was not satisfied with this proposal and, perhaps for fear of disconcerting the ageing uncle for whose house the commission was intended, he insisted on keeping to conventional forms. As a result, despite the plea in Diverse Maniere that chimney pieces should not be restricted to the decor:ations of door architecture, Piranesi abol ished the aedicule and substituted the roundels for the festoons, thus finding space for a pair of familiar pilasters on either side. I cannot help feeling that he tried to persuade his patron to
9 Piranesi included plates of the Warwick vase and of another similar Bacchic urn from the Villa Borghese in his Vasi, Candelabri, Cippi, Focillon, 602-604 and 622. 10 The group of drawings was first published by F. STAMPFLE, Drawings by Giovanni Battista Piranesi, «The Art Bulletin», June, 1948 with the comment that the series was related, culminating in No. 77. The drawings are number 73, 74, 75, 77 and 83. I should like to include 80 in the series as well. Three of the drawings are illustrated in W. RrEDER, op. cit. In fact, it is perhaps more likely that Piranesi started with No. 77 and that he did the slighter sketches as alternatives when Grenville had rejected the first design.
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allow him to apply some ormolu device to the unadorned por phyry panels, but that sober English taste was not to be enticed.11 This cannot have been the only time that Piranesi modified his ideas to suit more conventional tastes. The letter from Father Thorpe to Lord Arundell previously quoted indicates that Pira nesi was prepared to produce simpler designs « which would be esteemed more elegant by gentlemen who are not passionate antiquarians ». I hope that further research may locate other, perhaps less obvious, examples of his work.
1 1 Diverse Maniere, pp. 6-7, « E per dir de' camini, io non posso unifor marmi al sentimento di certuni, i quali vorrebbono ne' camini ne piu, ne meno di quello che cornportarebbe una porta, o la fronte d'un portico, cioe la soglia, gli stipiti, il sopralimitare, e la cornice, se essi rappresentano una porta: o sivvero le colonne, i pilastri co !or capitelli sostinenti !'architrave, il fregio, la cornice, e il timpano ancora se cosi piace, qualora i Camini figurino la fronte d'un portico •·
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ANDREA MUSALO
Gli architetti attivi a Venezia nella prima metà del Settecento seguono due percorsi paralleli alquanto distanti: l'uno continua il modo seicentesco, l'altro prepara l'Illuminismo locale. Non mancano artisti vaganti tra le due scuole, i quali ora caricano le costruzioni di ornamenti, ora le spogliano di ogni sovrastruttura decorativa, concentrando l'interesse sullo schema progettuale. Al Piranesi erano più congeniali le architetture ricche, forse anche perché era cresciuto, accanto a suo padre, nell'ambiente del Rossi e ài altri artisti neo-barocchi. E da questa sua prefe renza forse deriva una delle ragioni per le quali fu ripudiato dai circoli colti della città e per le quali egli, quando gli fu possibile, ripudiò la cultura veneta d'avanguardia. Conviene illustrare, per comprendere certi umori della cul tura veneziana ancora vivi all'epoca della formazione del Pira nesi, la personalità di un erudito certamente incisivo nell'educa zione di alcuni architetti veneziani innovatori: Andrea Musàlo. Le notizie più diffuse e dirette di questo personaggio le ab biamo da Tommaso Temanza, suo allievo nello studio della mate matica e della geometria; il Temanza derivò dal Musàlo anche la convinzione che le le costruzioni dovevano essere sobrie e spogliate ài orpelli, secondo una teoria con la quale Andrea, morto nel 1721, precorreva, in parte, le teorie lodoliane. Altre notizie le abbiamo dal lungo necrologio comparso sul « Gior nale de' letterati» qualche tempo dopo la sua scomparsa.1 l «Giornale de' letterati», tomo XXXV , anni 1723 e 1724, Venezia, Hertz pp. 320·339; effigie del Musàlo; e T. TEMANZA, Zibaldon, Venezia-Roma 1963, a cura di N. Ivanoff, pp. 26-27 e 102-108.
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Andrea era nato a Venezia, nella parrocchia di San Martino, il 15 agosto 1 665 . La sua famiglia aveva abbandonato la patria, Candia, quando i Turchi stavano per conquistare l'isola. Allora i nobili candioti si erano trasferiti nella capitale della Repub blica, erano divenuti cittadini nella nuova sede, con tutte le pre rogative che la denominazione di cittadino comportava. I Musàlo erano stati, un tempo, importanti alla corte di Co stantinopoli, e vantavano legami di parentela con famiglie impe riali; erano agiati. Il padre, Giorgio, era medico; medico divenne Marco, fratello di Andrea, abbastanza noto anche come pittore; di lui il Temanza menziona «un quadro pel soffitto» nel Col legio dei Medici, in Campo San Giacomo dell'Orio; Marco eser citò la professione di medico prevalentemente a Cividale . Un altro fratello di Andrea divenne Gesuita, e, a detta del Temanza, fu« sfratato »a Ferrara; un altro, Benedetto, divenne Canonico Lateranense. Gesuiti e Canonici Lateranensi erano famiglie reli giose ricche. Andrea nel1685 si laureò, a Padova, in utroque. Abbandonò la legge e preferì la filosofia; nella filosofia scelse la matematica; nella matematica la scienza delle fortificazioni e la nautica. Nella sua casa, a Sant'Agnese, si riunivano « nobili e dotti signori », ricorda il Temanza, appassionati studiosi di scienze esatte. Nel 1 694 fu ritratto da autore ignoto; dal dipinto, dopo la morte, Johann van der Bruggen, artista boemo-austriaco, ricavò una stampa (fig. 38); l'incisore era noto come ritrattista dei so vrani viennesi. E non è solo questo contatto indiretto che lega il Musàlo a Vienna ed alla sua corte. Difatti egli era intrinseco del matematico Marinoni, che viveva alla corte austriaca;ed alla stessa corte era legato Pier Antonio Filippini, architetto e diret tore dell'Accademia militare di Vienna, amico e collaboratore di J. B. Fischer von Erlach. Pier Antonio Filippini era devoto al lievo del Musàlo, e cosi suo fratello Giovanni, rimasto a Venezia e divenuto, ivi, ingegnere del Magistrato alle Acque; i due fra telli ereditarono i manoscritti e gli studi incompiuti del loro maestro. Nella stampa del van der Bruggen il Musàlo ci appare in un 60
ANDREA MUSÀLO
elegante e sontuoso abbigliamento; egli, scrive il Temanza, « giammai compariva in pubblico che non fosse stato in toga, come praticano tutti i cittadini». Quando, nel 1694, si faceva fare il ritratto, era prossimo per lui il tempo in cui, per la pres sione dei dotti ed influenti amici, il Senato lo avrebbe nominato « Pubblico professore di nautica»: carica straordinaria, cui egli attese dal 1 697 al 1 700. Le lezioni si svolgevano in una stanza delle Procuratie, tre volte alla settimana, e nel 1 700 se ne diede notizia anche negli «Avvisi di corte inviati agli Ambasciatori».2 Ma il governo non diede mai al professore di nautica la mercede pattuita e lo studioso, abbandonata la cattedra, si concentrò ne gli studi. Delle lezioni di nautica rimane un consistente mano scritto, illustrato, al Museo Correr.l Il Musàlo dà alle stampe vari trattatelli e studi, di cui è pre cisa memoria nel « Giornale de' letterati»; 4 desta qualche cu riosità anche nei non specialisti il libretto L'uso dei logaritmi nella trigonometria piana} e nelli tiri deWartiglieria e de} m or tari, pubblicato nel 1702 ed illustrato da tavole (figg. 3 9 , 40 e 4 1 ) . In esse si vedono le micidiali palle che volteggiano sull'Arse nale e sul bacino di San Marco; la più suggestiva è dedicata ai tiri in laguna, dove è chiaro che i mortai seguono con diligenza le re gole logaritmiche. Nell'introduzione l'autore dichiara: «Il Tem po, che tiene tutta l'Italia nostra in Armi, vuole che esemplifichi in materia marziale»: Giovanni Sobieski, Francesco Morosini, la pace di Carlowitz, appartenevano alla storia contemporanea: ma su tutto stava per calare la pace di Passarowitz. Il Musàlo si era stretto in sodalizio con Nicolò Duodo, ed i due studiavano architettura. Presto era stato associato ai due teorici un pratico: Andrea Tirali, noto come espertissimo co struttore: i due l'avevano cooptato appunto per la sua cono scenza fondata sulla realtà del lavoro: da muratore egli era dive nuto costruttore, e poi inventore di architettura, e proto del Ma2 Venezia, Museo Correr, Cod. Cic. 2071, «Notizie dal mondo dal 1656 al 1714 », ossia «Avvisi di Corti ... mandati agli Ambasciatori». 3 Venezia, Museo Correr, Cod. Cic. 1025, Musalo Andrea, Nautica; e ibid., Cod. Cic. 1467, Musalo Andrea, Nautica (frammenti). 4 «Giornale de' Let te ra ti » cit., p. 339.
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gistrato alle Acque. Così, il Tirali, a sua volta, ebbe la possibi lità di conoscere la teoria studiandola con un profondo matema tico. Forse è frutto delle sue prime ricerche scientifiche il ponte dei Tre archi di Cannaregio, del 1688, derivato, sembra, dalle proposte del Palladio; 5 ed il palazzo Grassi di Chioggia, del 1703 circa, vicino al gusto dello Scamozzi, specialmente nel pro spetto secondario. Ed il ricordo dello Scamozzi riaffiora anche nella ricostruzione del palazzo Diedo di Santa Fosca, ed ancor più nella villa dei Morosini (fig. 42) di Fiesso Umbertiano, circa del1706. Sono tutte costruzioni sobrie ed eleganti, collegate alla tradizione del Cinquecento veneziano più che alle ricerche clas sicistiche condotte su gli scritti di Vitruvio. Architetture così di sadorne erano forse sconvolgenti in anni in cui la scuola del Lon ghena si manifestava con clamorose iperboli, e si completava, senza aggiornamenti, il palazzo Pesaro, iniziato più di mezzo secolo prima, ed Antonio Gaspari tentava di importare le idee del Bernini e del Borromini, che da decenni aveva chiuso il ciclo produttivo nei luoghi loro deputati. Il Tirali vagava tra le due tendenze, a seconda dei commit tenti e del significato de ll 'opera . Nel1708, nel Monumento Va lier di San Giovanni e Paolo, aveva profuso fregi e sculture, affidandoli ai più insignì artisti della città. Fischer von Erlach, nel soggiorno veneziano del 1 7 1 7 , aveva ammirato moltissimo il monumento, cosicché, tornato in patria, ne aveva chiesto la stampa, per farne omaggio all'imperatore Carlo VI. La richiesta era giunta al Tirali mediante uno scritto di Pier Antonio Filip pini, attivo alla corte di Vienna, e prima ricordato tra gli allievi del Musàlo. Al Fischer, dunque, piaceva il Tirali ricco; ed al Fischer ricco dovette guardare il Tirali quando, verso il 1714, realizzò il pronao della chiesa dei Tolentini, che, per suggeri mento dei committenti, doveva ricordare «una fabbrica veduta in Germania»: 6 forse la chiesa di San Carlo, cui il Fischer stava attendendo in quegli anni. s Cfr. I Quattro Libri dell'architettura di A. PALLADIO, Venezia 1570, Libro III, pp. 24 e 30. 6 A. DA MosTo, La facciata della chiesa di San Nicolò da Tolentino, Ve nezia 1914, p. 153.
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Simili lavori facevano perdere di vista al Tirali lo Scamozzi: il Mus àlo imponeva ai suoi allievi lo studio di quell'artista e trattatista. Difatti egli aveva disposto « in tavole, con metodo assai facile, modanature e sagome secondo il metodo dello Sca mozzi, per cui era trasportato all'eccesso», informa il Temanza. Questi, giovanetto, andava dal professore per imparare « i primi rudimenti della geometria»; ogni giorno, terminate le lezioni su Euclide, egli si metteva a leggere il trattato di Vitruvio. Ed il Musàlo, egli scrive, '>, VIII, 1957, pp. 48-49 ; U. VoGT-GDKNIL, Giovan ni Battista Piranesi: Carceri, Ziirich 1958, p. 25 ; R. PALLUCCHINI, Marco Ricci, catalogo della mostra di Bassano 1963, p. 88; A. GRISERI, Metamorfosi del Barocco, Torino Einaudi 1977, 292-294; E . CROFT-MURRAY, Giovanni Battista Piranesi: his predecesso rs and his h eritage , catalogo della mostra di Londra 1968, p. 22 ; W. 0ECHS LIN, Pyramide et sp h ère , « Gazet te cles Beaux Arts », LXVI II, 1 97 1 , p. 232 n. 1 8 ; J, ScoTT, Piranesi, London-New York 1 975, pp. 47-60, 305 n. 5, 307 n. 1 7 ; C. BERTELLI , Le « parlanti ruine »: lettera di Piranesi a Nicola Giobbe, « Grafica I l , 2 », 1976, 9 1 -94, 1 06. Per un quadro sistematico e riassuntivo dr. H. MrLLON, Vasi Piranesi-Juva"a, in AA.Vv. , Piran èse et !es Français, colloqu e tenu a Villa Médicis 12-14 maggio 1976, Etudes réunies par G. Bru nei , Académie de France à Rome 1 978, pp . 345-354. I nfine la relazione di A. GRISERI, Pi ranes i e i temi dell'illuminismo al Convegno Internazionale di studi « Piranesi », 13-15 ottobre 1978, Isola di San Giorgio Maggiore, ivi, pp. 305-324.
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né la castigata trasparenza di Gaspar : ma non è certo quella di un epigono dell'uno o dell'altro. Sarà lui stesso a riconoscere le diverse caratteristiche dei suoi mezzi espressivi. Nel marzo del 1 7 60 scrive al fratello Ur bano : « Avrò piacere avere le stampe di Torino della Chiesa de' Filippini, ma non mi dispiacerà avere quelle di Superga e l'inte riore della Scala ed altro di Madama Reale fatta dal Juvarra, che mi si dice essere stata parimenti intagliata » . È dunque sollecito ad informarsi sulle novità che riguardano l'architetto messinese, ma non sa tacere certe sue perplessità . « Ho veduto le stampe del Juvarra, nelle quali io ce lo vedo, ma lo veggo informe e senza riflessione, senza correzione nella com posizione, nella quale vi sono cose belle seminate, ma non con nettono, essendovene nel mezzo delle cattivissime che tolgono il merito alle altre. Orsù, ringrazio l'Altissimo Iddio ed i Santi miei Protettori, che mi ànno dato lume e forza tale di essere ancor io architetto, ma più ordinato e regolare » ( 4 aprile 1 7 60 ).8 Il giudizio del maturo Vanvitelli - consapevole e fiero della grande impresa casertana in cui è impegnatissimo - è molto pre ciso : non accetta quel che gli sembrano delle stravaganze e si compiace con se stesso di essere estraneo alle suggestioni più fantasiose della grafica juvarriana che sono poi la distanza che pone tra sé e la stagione declinante del Barocco europeo. In una lettera successiva dell'8 aprile ritorna sull'argomento : « Già vi scrissi nella passata avere vedute le stampe della Chiesa di Juvarra a Turino. Ho avuto piacere di vederle, ed insieme mi umilio, come v[ ho scritto, avanti Dio che per la sua grazia sono Architetto ancor io, di meno foco, ma di più ordine » .9 Questo tema dell'ordine in qualche modo è ricorrente e vedremo, a tempo debito, come contribuisce a essere il parametro di giu dizio nella valutazione di Borromffii e, simm etricamente, di Pira nesi stesso. Il Piranesi è più giovane di Vanvitelli di venti anni: una 8 F. SrRAZZULLO, Le lettere di Luigi Vanvitelli nella Biblioteca patatina di Caserta, II, Galatina, Congedo ed. 1976, p . 495. 9 Ibid., II, p. 498. Il corsivo è nostro.
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distanza che - considerata la vita media del Settecento - è suffi ciente per poter dire che i due appartengono a due diverse gene :razioni. Resta da riflettere sull'ambiente familiare d'estrazione: il padre di Giovan Battista lavora con Domenico Rossi, lo zio Matteo Lucchesi è M agis trato delle Acque, lui studia architet tura e prospettiva con Giovanni Antonio Scalfurotto, con il fra tello monaco certo studia latino, storia romana, ha rapporti col circolo erudito del Temanza. Senza far troppe congetture si può dire che l'ambiente è affatto diverso da quello in cui cresce Van vitelli : questi, soprattutto negli anni dell'adolescenza e della giovinezza, si muove a s uo agio nel campo della pittura di ge nere e di scena.10 Al contrario Piranesi si direbbe si a incline più ad una atti vità tecnica, costruttiva, più propria dell e arti meccaniche che non quelle del disegno e della pittura anche se va confermato il suo apprendistato nell'incisione con Carlo Zucchi. Nell'autori tratto implicito nella lettera a Nicola Giobbe posta a premessa della Prima parte di Architetture e prospettive, è Piranesi stesso a fornirci precisi termini di riferimento. La lettera dedicata a questo imprenditore romano s'apre con la scoperta delle mira bilia urbis : per quanto sincere e commosse siano le parole di Piranesi dinanzi allo spettacolo delle « parlanti ruine » non mi pare che in questi pass i si poss ano scorgere sostanziali novità - come molti hanno ritenuto - rispetto ad una tradizione antica di viaggiatori che s'erano espressi in precedenza con pari entu siasmo e religiosa partecipazione. Basti riandare a quanto ha scritto Jacques Le Goff 11 a proposito delle leggende medioevali e delle guide dei pellegrini nelle quali Roma è già « la città de gli acquedotti e dei ponti » . 10 S ull 'ambiente d ' es trazione di Piranesi dr. A. BETTAGNO, presentazione a Piranesi. Incisioni-rami-legature-architetture, catalogo della mostra presso la Fon dazione Cini, Venezia 1978, p. xv; Io., Disegni di Giovan Battista Piranesi, cata logo, presentazione di A. Pallucchini, Neri Pozza, Venezia 1978 ; sullo stesso tema le relazioni al convegno Piranesi, cit. di L. PuPPI, Appunti sulla forma zione veneziana del Piranesi, E. CoNCINA, Storia, archeologia, architettura dal Maffei a M. Lucchesi, A. Fo scARI, Giambattista Piranesi da Venezia al Ca mpi doglio, ivi, pp. 217-264, 361-376, 269-292. 1 1 Cfr. J. LE GoFF, L'Italia fuori d'Italia. L'Italia nello specchio del Me 1975-1977. dioevo, in Storia d'Italia, vol. II, tomo II, Torino , Einaudi 1977,
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La Roma piranesiana è già tutta U: tanto che nel medioevo il mito delle sette meraviglie del mondo si trasforma nel mito delle sette meraviglie di Roma e sono l'acquedotto di Claudio, le terme di Diocleziano, il foro di Nerva, il Palazzo Maggiore, il Pantheon, il Colosseo e la Mole Adriana . ·« Io non vi starò a ridire la meraviglia, che n'ebbi osservando da presso, o l'esat tissima pedezione delle architetture che parti degli Edifizj , la rarità, o la smisurata mole de' marmi che in ogni parte rincon transi o pure quella vasta ampiezza di spazio che una volta occu pavano i Circhi, i Fori, o gli Imperiali palagi » . 12 Piranesi è parte di questa secolare tradizione : al contrario, Vanvitelli è del tutto estraneo a questa temperie culturale : per lui l'antico è una fonte cui attingere con la stessa disinibita alacrità con cui attinge a Borromini, a Bernini , a Pietro da Cortona o a Juvarra.13 L'an tico non ha un posto di privilegio nella sua formazione profes sionale. In più di una circostanza - al contrario - manifesta il suo disappunto per i « pedanteschi antiquari » e per quel gran parlare che si fa attorno alle rovine di Ercolano e Pompei alle quali non dedica che svogliata ed occasionale attenzione .14 Questo argomento consente di segnalare una seconda e non trascurabile divergenza : Vanvitelli è l'uomo di una generazione che si muove nell'ambito di quella tradizione tardo barocca e rococò che nessuna particolare affezione mostrò per l'antico ; al contrario Piranesi è forse il primo di una lunga serie di artisti ad istituire con l'antico un rapporto del tutto privilegiato . È il primo soprattutto che, sulla scia di una preesistente tra dizione francese - Jacob Spoon 15 in primis - guarda alle rovine archeologiche non solo con laica devozione, ma anche con l'at tenzione scientifica dell'archeologo.16 Una figura di specialista questa che si forma proprio nel secolo dei Lumi. 12
G. B . PrRANESI, Prima parte di Architetture e prosp ettive Roma 1743 . 13 C. DE SETA, op. cit. , pp. 275-277. 1 4 C. DE SETA, Luigi Vanvitelli: l'antico e il neoclassico, « Prospettiva », n . 15, ottobre 1978. 1 5 Cfr. R . MIDDLETON e D. WATKIN, Architettura moderna, Milano, Electa 1977, pp . 68-69. 1 6 Cfr. W . 0ECHS LIN, L in t érét architectural et l'expérience archéologique avant et après Piran èse in AA.Vv. , Piranèse et les Français cit., pp. 39-5-417. ,
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Non è stato ancora osservato che Palladio, nella citata let tera, viene ricordato - sia pure con l'appellativo di « immor tale » soltanto in quanto esecutore di disegni « accuratissimi » dei monumenti antichi Cosl come più avanti cita il « grande » Juvarra , ma non ne ricorda l'opera, quanto piuttosto un giudizio che gli viene utile per esprimere tutto il suo rammarico di non avere altra via per realizzare i suoi ambiziosi progetti che « spie gare con disegni le proprie idee » in modo da sottrarre l'archi tettura all'arbitrio « di coloro, che i tesori posseggono, e che si fanno credere di poter disporre a loro talento delle operazioni della medesima » Quantunque Piranesi abbia solo ventitre anni , e rsolo \(la tre anni sia a Roma, si è fatto una opinione preci s a dell'ambiente romano, delle difficoltà di operare in grande scala e della crisi generale che rallenta o rende difficile ogni iniziativa. Una crisi di cosi igenerale portata da indurre Vanvitelli, alla fìne del quarrto decennio del secolo, ad accogliere l'invito del Re di Napoli seguito, di Il a poco, dal suo maggior rivale Ferdinando Fuga : serve questo per dire che gli anni in cui arriva Piranesi a Roma sono tra i meno propizi e si vanno esaurendo quelle ini ziative che avevano visti attivi soprattutto Salvi, Vanvitelli, Fuga e Galilei, durante i pontificati di Benedetto XIII e Clemente XII CorsiniP Il ruolo che riconosce a Giobbe, impresario al servizio della Camera Apostolica, è essenziale per comprendere i primi orien tamenti artistici ed intendimenti ideologici di Piranesi nell' am biente romano. « E qui Signore - scrive ancora Piranesi - poiché de' bene fizj , che mi avete fatti si fa menzione, non finirò questa lettera senza ricordarvi con infinito mio piacere della amicizia che per vostro mezzo ho acquistata delli due chiarissimi Architetti del l'età nostra Nicola Salvi, e Luigi Vanvitelli ; il merito de' quali, come sarà abbastanza alla posterità comprovato dalle insignì -
.
.
17 Cfr. S. BENEDETTI, Roma 1 730, situazione cult u rale , in atti « Bernardo Vittone e la disputa tra Classicismo e Barocco », Torino 1972 ; ID. , Per una architettura dell'arcadia, Roma 1730, « Controspazio », n. 7-8, 197 1 , pp. 2-17; W. 0ECHSLIN, Pre messe all'architettura rivoluzionaria, « Controspazio », n. 1-2, 1970, pp. 2-15.
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Opere che hanno fatto; e dalla Fontana di Trevi principalmente, che ora il primo sta per finire, e dal Porto, e Lazzaretto d'An cona testé terminati per opera dell'altro ; così vano sarebbe che io mi estendessi nelle loro lodi : in quanto a me io non lascerò di dire che la cognizione che di loro ho avuto non è stata il me nomo degli avvantaggi che Voi mi avete procurati, e che io ho con l'esperienza riconosciuti di mio non ordinario profitto » . 18 Il passo è rilevante per due ragioni : Salvi e Vanvitelli sono i dioscuri della sua epifania romana e da loro egli ha ricevuto quel sostegno, e con ogni probabilità quell'incoraggiamento, alle sue inclinazioni di incisore e di architetto; in secondo luogo il passo rivela i tratti delle sue propensioni, lì dove ricordando l'opera dei due architetti, cita solo quelle che ai suoi occhi appaiono le più degne e quelle di maggior rilievo : la fontana di Trevi e il porto ed il Lazzaretto d'Ancona. Soprattutto la grande scala di questa seconda impresa veniva incontro alle sue aspirazioni e alle sue ambizioni, al suo bisogno di agire in linea con la tradi zione romana, con la « smisurata mole dei marmi » , con la « va sta ampiezza di spazi » : e certamente il cantiere anconetano dové apparire come impresa particolarmente rilevante nel panorama stagnante del momento . L'interesse di Piranesi per questa parti colare opera, all'un tempo architettonica, ingegneresca ed idrau lica, pur avendo Vanvitelli già realizzato numerose altre fabbri che negli Stati Pontifici, conferma quella dimestichezza che lui ebbe fin dagli anni della giovinezza, con le imprese imponenti. Ricordare, ancora, a questo proposito che lo zio Matteo Luc chesi era Magistrato delle Acque della Serenissima ci pare un riferimento pertinente e non insipida notazione biografica. Ma la lettera a Giobbe è ancor più importante per la chia rezza con cui emerge, oltre al rammarico di un architetto senza lavoro, il piglio aggressivo di chi trova ingiusto sia un sistema di commesse affidate all'arbitrio di coloro che « i tesori posseg gono », sia, soprattutto, la deludente carenza di idee e di pro grammi per nuove imprese . Anche in questo Vanvitelli e Pira nesi sono espressione di un diverso modo di porsi di fronte alla 18
G . B. PIRANESI, Prima parte,
ecc.
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committenza e alle istituzioni siano il Papa, il Re o il Principe ha poco conto. Una precisa caratterizzazione psicologica di Piranesi ce la offre un suo visitatore inglese, l'architetto James Lewis : Pira nesi è « vanitosiss imo delle sue opere e . . . estremamente sensi bile all'adulazione » . Robert Adam che pure gli fu amico nell'ot tobre del 17 65 così s criveva di lui al fratello J ames : « Ha un tal naturale, che da lui non si può imp arar nulla; nel parlare ha idee così mal connesse, espressioni tanto pazze e fantastiche, che da lui non si cava altro che enimmi e mai niente di preciso e as sestato. Di :modo che in un quarto d'ora la sua compagnia vi viene a stufo ».19 Vanvitelli ha un comportamento ben diverso : alle lodi di Don Carlos al progetto per la Reggia l'architetto così replica : « Maestà questo è troppo, né io conos co avere il minimo me rito, e se per ventura incontro il genio della Maestà vostra que sto è effetto di una forza che dall'auspicio delle Maestà loro ac quisto » . Il Re rispose - riferisce Vanvitelli -: « Senti, o avvez zati a sentire queste giuste lodi, o poniti le mani alle orecchie per non sentirle » .20 Pare chiaro che si lasciava andare a cortigia nerie che infastidivano persino un Sovrano assoluto ; e non è dire che Vanvitelli non fosse più che consap evole del proprio talento e delle proprie capacità. È un modo di esprimersi il suo congeniale al modo in cui intende i rapporti con l'Augusta com mittenza. Un modo che è del tutto estraneo alla per son ali tà di un Piranesi come al senso che questi attribuisce al proprio ruolo sociale e che affiora con evidenza nella lettera a Nicola Giobbe e nelle t es timonianze contemporanee. D'altra parte Vanvitelli era cresciuto professionalmente alla corte pontificia, Piranes i nel l'ambiente certo più ap erto e disinibito della Serenissima : l'uno è ancora e in tutto un cortigiano, un servitore di sua Maestà , l'al tro è un arti st a che si sente libero e padrone delle proprie idee e delle proprie opinioni . Esprimono entrambi la doppia f accia di u na società in transizione : l'uno quello di un sistema sociale 19 R.
:1»
e
M. WrTTKOWER, op. cit., pp. 95-96.
F. SrRAZZULLO, op. cit., I, p. 95 .
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declinante, dominato dall ' assolutismo; l'altro di una società in cui l'artista si va affermando, particolarmente, come autonomo produttore di cultura . Nelle lettere Vanvitelli è uomo sicuro di sé ma privo di boria e pieno di buon senso : in quelle successive alla partenza di Carlo III per la Spagna torna innumerevoli volte a lagnarsi per la lentezza e le difficoltà con cui procedono i lavori al cantiere di Caserta e dedica sferzanti parole al Reggente Bernardo Ta nucci ; si sente in definitiva messo da parte e trascurato, vede congiure reali e immaginarie intessute alle sue spalle dal Fuga e dai suoi protettori. Ciò nonostante è del tutto inimmaginabile che egli possa scrivere parole che suonino - sia pur velatamente - critica alle Istituzioni . Per Vanvitelli il rapporto con la committenza è questione di uomini : molto empiricamente divide l'ambiente sociale con il quale ha relazione tra amici e nemici, tra protettori e detrattori . Ha in sostanza un'idea semplicistica della dinamica sociale. Pi ranesi, al contrario, mette sotto accusa un sistema di gestione delle iniziative pubbliche, critica la carenza di idee che questo mostra e l'angustia intellettuale dei suoi orizzonti : sentendosi respinto da questo sistema - si 'pensi alla lettera riassunta dal Biagi, in cui rimprovera Venezia di non avergli offerto neppure ad un « modesto impieguccio » 2 1 è già un artista che afferma il diritto ad esprimersi in piena autonomia intellettuale e non ha reticenze a scrivere queste cose in una pubblica lettera de dicatoria. È solo questione di diversi temperamenti o di caratteri psi cologici, di nature opposte? Non mi pare che si possa ridurre la questione a fatto strettamente individuale : mi pare piuttosto che Vanvitelli rientri in quel tipo d'artista di corte che vive al l'ombra del committente con tutte le cautele e le preoccupazioni di perdere questa protezione. L'epistolario è da questo punto di vista una straordinaria testimonianza di conformismo al ruolo sociale che ha un architetto - di grande fama e di riconosciuto -
21
Cfr. Piranesi. Incisioni-rami, ecc. , cat. cit., doc. 35, p. 6.
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valore - nella società del Settecento alla Corte dei Borboni. Van vitelli è ancora un artista di corte, l'altro un artista che s'avvia - sulla scia dei Philosophes a divenire intellettuale moderno
-
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Che questo sia vero e non risponda al deformante criterio di attualizzare le vicende del passato, vien subito confermato dal ruolo diverso con cui si colloca Piranesi nei confronti della com mittenza : vive di un lavoro - qu ello dell'incisore e lo stampa tore - che ha il suo mercato all'estero, a Londra e a Parigi so prattutto : 22 e questo suo ruolo professionale gli conse nte una libertà che certo non gli sarebbe stata concessa se avesse avuto la ventura di fare l'architetto. Lui vende un prodotto - i suoi volumi - che il mercato internazionale gli chiede ma è libero in questo suo lavoro in tutto e per tutto : dalla scelta dei soggetti alle scadenze. Basta riandare all'epistolario per rendersi conto quanto Vanvitelli, al contrario, sia condizionato dalla sua pra tica professionale: dalle scadenze, dai finanziamenti, dall'anda mento dei cantieri, dai capricci della committenza. Ma questo - si può giustamente osservare - è storia vecchia e allo stesso tempo sempre attuale. Piranesi, proprio per affer mare la sua autonomia nei confronti della pratica professionale, spende la sua vita svolgendo una attività che per definizione è parzialmente libera da questi condizionamenti. Si dedica anima e corpo in sostanza ad un'arte liberale nel senso letterale del termine e affida la sua sopravvivenza profes sionale al mercato estero piuttosto che a quello interno . Vanvitelli serve un sovrano, Piranesi pubblica volumi ali mentando il collezionismo europeo : sono due ruoli sociali pro fondamente diversi . Piranesi è inoltre un grande antiquario e sappiamo quale abile mercante sia di reperti antichi autentici o fasulli che fos sero . In lui questa attività ha un carattere diverso da come già s'era praticata nel corso del Seicento; la sua attivissima bottega è organizzata come una azienda in cui aleggia un moderno spi rito del commercio. Vanvitelli al contrario è preoccupato del 22 Cfr. O. SPECIALE, Le vendite di Piranesi alla Calcografia Nazionale, fica II », 2, 1976, pp. 67-69.
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cattivo rendimento di una vigna di proprietà della famiglia e consiglia il fratello Don Urbano di venderla per ri.cavarci almeno un piccolo cespite.23 Lui anche in questo è l'uomo di un tempo andato espressione di società agraria che non ha nessuna rela zione con i nuovi ceti della borghesia emergente. E sappiamo ora dalla fine indagine di Corvisier 24 quanto sia dinamicamente ope rante questo nuovo ceto sociale. Piranesi sceglie i suoi interlocutori con sottile fiuto mondano e con una viva sensibilità culturale per il meglio che offre la piazza romana ; è in ottimi rapporti con tutto l'ambiente degli artisti stranieri massime francesi e inglesi; 25 al potentissimo ed erudito Monsignor Bottari, dedica, in segno della sua devozione, le Antichità romane ( 1 748); intrattiene corrispondenza con Lord Hamilton, ambasciatore britannico a Napoli, raffinato col lezionista e uno dei sicuri sottoscrittori delle sue opere. Vanvitelli, al contrario, ha occasionati contatti con la ricca colonia straniera in cui si distinguono diplomatici ed artisti di spicco che risiedono o soggiornano a Napoli . Il suo rapporto con la capitale, con la cultura che essa esprime, è davvero di chi si sente un esiliato e suoi commenti sono quasi sempre malevoli o sprezzanti. Piranesi, che pure solo occasionalmente soggiorna a Napoli - e per periodi assai brevi, sulla rotta delle sue campagne ar cheologiche nei dintorni - istituisce un rapporto con la cultura napoletana sicuramente più fecondo . Il suo più attento biografo , il Legrand, ricorda che durante il suo primo viaggio a Napoli con il Coradini « il y etudia la manière diligente et vive de Luc Giordano, surnommé Fa presto, peintre gradeux et coloriste dont la grande facilité semble excuser l'incorrection . Il fìt dans cette ville quelques tableaux de bambochades touchés avec sens et sentiment, que possède le senateur Rezzonico, mais une cir23
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F. STRAZZULLO, op. dt. , III, pp. 347-348.
Cfr. A. CoRVISIER, Arts et sodétés dans l'Europe du XVIII• siècle, Paris, Puf 1978. 25 Cfr. Piranèse et les Français, catalogo mostra, m ag .-n ov . 197 6 , Roma , Dijon, Paris, e AA. Vv., Piranèse et les Français cit., in particolare J. M. PEROU SE DE MoNTCLOS , Piranèse, les Français et le classicisme international, pp. 4 1 9-422.
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costance particulière le ramena à l'idèe de graver les monuments de l'Antique ».u Il Bianconi è, su questo punto, altrettanto pre ciso e scrive: « andò a studiare a Napoli la pittura di Napoli, quasi che per formare un giovane Pittore Luca Giordano, il So limena valessero più di Tiziano, e di Raffaello. Napoli in breve gli divenne anch'esso insopportabile, perché il Piranesi non era nato pittore di figure, né v'era scuola capace a farlo divenir tale » .zr Al di là delle acide opinioni del Bianconi la sua testimo nianza conferma il ben più attendibile Legrand e confermano l'interesse di Piranesi per la grande scuola della pittura napo letana. Anche su questo argomento Vanvitelli ha gusti ed orienta menti assai diversi : lui non porta nessun interesse né per Soli mena, né per Giordano né, tanto meno, per alcuni architetti di grande talento come Vaccaro o Sanfelice.28 Ma oltre ai pittori ed ai reperti archeologici, Carlo Bertelli fondatamente suggerisce che a Napoli Piranesi « dovette essere colpito dalle fantastiche invenzioni di scale del Sanfelice, non ultimo forse, dei ricordi architettonici che affioreranno nelle Carceri. Un altro tipo di co struzione che dovette sorprenderlo e in cui doveva ritrovare qualcosa delle invenzioni del suo Fischer von Erlach, furono le guglie, di San Gennaro, di San Domenico e del Gesù, allora da poco iniziata da Giuseppe Genuino. Le due guglie di fronte al Mausoleo antico e, più tardi, alcune nella Veduta de' circhi, sono tipologie nuove rispetto alle tavole più antiche della Prima par te » .29 L'ipotesi di Bertelli è assai sottile e meriterebbe d'essere 26 J . L. LEGRAND, Notice historique sur la vie et les ouvrages de ].-B. Pira n esi Paris 1799, Biblioteque Nationale, Paris, MMS nouv. acqu. fr. 5968 ; ripubblicato da G. MoRAZZONI, G. B. Piranesi architetto ed incisore, Milano 1921 e in Nouvelles de l'estampe, n . 5, 1969, p. 191 . sgg. Si veda ora M. MIRAGLIA, La « Notice historique » de ]. G. Legrand che ripropone la lettera con un appa ,
rato filologico ed un supplemento di A. Q. VISCONTI, « Grafica II », 2, 1976, p. 139. Per una definitiva messa a punto di questo tes to cfr. G. EROUART et M. Mos S ER, A propos de la « Notice historique sur la vie et les ouvrages de ].-B. Piranesi » : origine et fortune d'une biografie, in AA.Vv. , Piran èse et les Français cit., pp . 213-255 . ZT G . L. BIANCONI, Elogio sto rico del cav. G. B. Piranesi, « Antologia Ro mana », 1779, n. 34 , p. 266 . 28 Cfr. C. DE SETA, Luigi Vanvitelli: l'antico e il neoclassico cit. 29
G. BERTELLI, L'«
Elogio » di Bianconi, « Grafica II », 2, 1976, p. 126.
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più analiticamente indagata : è utile aggiungere che suggestioni più dirette dové avere Piranesi dai numerosi volumi napoletani dedicati in quegli anni a celebrare le feste civili e religiose con apparati che costituiscono una fonte preziosa di effimera ma pur inesauribile inventiva.30 Vanvitelli ha una vecchia ed irrisolta ruggine con il segreta rio e bibliotecario del Cardinale Nipote Nereo Corsini. Il Bot tari infatti nel suo Dialogo 3 1 attacca senza mezzi termini alcuni interventi vanvitelliani a partire da quello in Santa Maria degli Angeli. V anvitelli giudica tali opinioni una « fi.orentinata Botta tiana »; alle critiche sul restauro della cupola le rimostranze non sono meno risentite - e possiamo dire fondate : « Parla della Cupola di San Pietro; il tempo sarà galant'uomo ancora in que sto . . . Circa il Porto d'Ancona, anche il sassolino della maldi cenza ha voluto gettare senza sapere nulla e senza riflessione al luogo e all'interesse ( ? ) che si ha di non mai pulire quel Porto, come si prattica in tutti li Porti del mondo manufatti. Il povero Salvi anche malignamente l'ha voluto scorticare e pure a questo il coglione deve riflettere che Salvi e Vanvitelli, se pure senza offendere la modestia, si puol dire sono stati gli unici Architetti che ànno ben servito la gloriosa e sempre felicissima memoria di Clemente XI I , non già il Fuga, che sarà costituito a fondatore del pessimo gusto del Secolo, non già il Galilei, non già tanti altri che ànno operato a chi peggio puotea nelle eseguire le opere da quel Saggio Pontefice, e pu re di questo suo Paesano e di quelli altri no n introduce postille. In vero il pedantesco pensa re spicca sopramodo».32 Non è a dire che i rapporti col Bottari siano tra i migliori : non sorprende neppure che nell'epistolario non ricorra mai il nome di un per so n aggio in vista e di casa a Napoli come Lord Hamilton; per Vanvitelli il diplomatico inglese e la sua chiac -
chierata e bellissima consorte rientrano in quel genere di sofisti
delle arti che lui non amava. 30 Cfr. F. MANCINI, Feste e apparati civili e religiosi, Napoli, Esi 1968 . 3 1 Cfr. G . B. BoTTARI, Dialogo sopra l e tre arti del disegno, Lu cca 1754. 32 F. STRAZZUL LO, op. cit., II, p. 380.
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Questo diverso modo di vivere il proprio ruolo sociale d'ar tista ha un puntuale riscontro in quel che potremmo dire i gene rali intendimenti con cui i due gu ard ano e giudicano il mondo in cui vivono . Il senso della politica - nell'accezione più ampia risulta profondamente divaricato . Vanvitelli guarda con sospetto ad ogni accadimento che p ossa turbare gli equilibri e le posizioni in essi conquistate : nelle numerosissime pagine che dedica alla guerra dei Sette anni ( 1 756- 1 763 ) s appi amo con precis ion e qu ale è la sua opinione politica. Parteggia per lo schieramento che fa
capo alla Francia, Austria e Russia, guarda con diffidenza al fronte opposto costituito d all 'Inghilterr a e dalla Prussia . Nel l'ottobre del 1 759 è esplicito : « Vo rrei si verificasse che i Fran cesi avessero battuti nelle Indie e gli' Inglesi, e che avessero vanteggio gli Austriaci in Germania; per altro non veggo la cosa in chiaro. Dico bene però che il re di Spagna sarà mediatore delle Paci, le quali si devono fare, perché niuno ne puoi più ».33 Cosl non avvenne, con suo gran rammarico, giacché l'intervento di Carlo III nel conflitto agitò le acque a corte e creò n on pochi problemi alla sua fabbrica di C aserta . Lui è per il quieta non movere : è un uomo dell'ancien régime con una spiccata propen sione per la tutela dell'ordine costituito. È grande amico del Mi nistro marchese Fogliani ; un uomo scialbo e sicuramente pes simo amministratore delle sorti del regno ; cosl come detesta sin ceramente Bernardo Tanucci, reggente alla partenza di Carlo per Madrid, del qu ale si può dire che fu una delle grandi figure del riformismo illuminato del Settecento europeo. L'ostilità al Tanucci non ha solo motivazioni personali , rien tra nella più generale diffidenza che m anifes ta verso tutti gli in tellettuali che fanno capo ai circoli illu minis ti napoletani : del Bottari già si è detto . Al contrario Piranesi ha con l'ambiente del Cardinale C orsini ottimi rapporti : il rigorismo velato di gian senismo di questi Arcadi era certo congruente alla scelta ideale di fondo che vede nella « Romana Repubblica » il modello isti tuzionale in cui si è realizzato il trionfo della mitica lex romana.34 33 Ibid. , II, pp. 238-239, dr. R. DE Fusco, Vanvitelli nella sto ria e la critica del Settecento, in AA. Vv., Luigi Vanvitelli cit., p. 1 8 . 34 S u questo argomento h a con maggior attenzione insistito M . CALVESI, La
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Lui, da buon veneziano suddito della Serenissima, si sente - ed è un sentimento diffuso - erede spirituale della grandezza di Roma : un sentimento ed una eredità spirituale che si mani festa a più riprese nella storia d'Italia : basti riandare alla Fi renze di Lorenzo dei Medici. Questo dato ricorrente nella bio grafia intellettuale di Piranesi ha una sua documentabile rile vanza: quantunque Venezia gli abbia concesso poco o nulla egli si firma per tutta la vita « architetto veneziano » . La città lagu nare è una sorta di miraggio che non perde mai di vista ed in consciamente affiora nella ricostruzione di alcuni ambienti romani. Nel Campo Marzio dell'antica Roma ( 1 762) la veduta del l'« elevazione del Pantheon » è una pura invenzione topografica giacché in quel punto della città il Tevere è assai lontano e nes sun riferimento geografico reale può far supporre che in quel luogo il Pantheon potesse essere immerso in uno specchio d'ac qua che è in fondo un lembo razionalizzato della laguna ve neziana ricollocato fantasticamente nell'antica Roma.35 Lo stesso si dica dell'analoga veduta dei teatri di Balbo e Marcello che sono lambiti da un inesistente corso d'acqua : che qui si tratti in entrambi i casi, di una pura invenzione topografica è ben evi dente al Piranesi che aveva lavorato alla grande mappa del Nolli . Non, dunque, un ' errore ' ma l'intenzionale volontà di coniu gare queste grandi opere degli antichi romani con l'ambiente la gunare che non dimenticherà mai : un'aspirazione a ricomporre « artificio » e « natura » nella cifra del « pittoresco » . Que sto proposito si risolve nell'ideale gemellaggio compiuto dalla fantasia tra le capitali della sua privata ideologia e del suo per sonale senso dell'immaginazione : un gemellaggio appunto tra la patria spirituale e adottiva, Roma, e quella nativa, Venezia. L'ordinamento della Res publica che lui vagheggia è il recu pero di un mito che serpeggia nel secolo nei lumi negli ambienti più insofferenti al sistema sociale di un declinante ancien régime. L'amore e la passione per le testimonianze dell'architettura caduta di Fetonte e A. MoNFERINI, Antichità romane, pp. 36-39, in Piranesi. Incisioni ecc., cat. cit., pp. 25-28 e 33-39.
35 Cfr. S . ZAMBONI, Il campo Marzio dell'antica Roma, in Piranesi. Inci sioni, ecc. , cat. cit., pp. 44-48.
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romana è tale da trasfigurarsi in una vera e propria opzione ideo logica : certo antagonistica, ma confinata comunque in un oriz zonte utopico e metastorico che non doveva impensierire nessuno. Si vuoi dire con ciò che il radicalismo teorico di Piranesi è coerente del tutto con il rifiuto della pratica professionale, ma proprio per il suo carattere profondamente ambiguo, non può essere letto come una opposizione al potere, al pasoliniano Pa lazzo, quanto piuttosto come una critica interna alla crisi del lin guaggio dell'architettura. Il ritratto eroico di Piranesi che muore leggendo Livio, quel che lo vuole precorritore di uno Sturm und Drang romantico, quasi pendolo in bilico tra Caravaggio e Bor romini, tra Rembrandt e Malevic, va risolutamente rivisto . È ne cessario ancora ricordare che il Cavalier Piranesi è legato a dop pio filo alla famiglia Rezzonico ? Che a sua figlia, precocemente morta, aveva imposto il nome di Faustina come la principessa Rezzonico-Savorgnan e che la stessa portava per secondo e terzo nome quello del papa e di suo nipote Ludovico ? 36 Per non dire ancora dei suoi commerci con tutta l'aristocrazia romana ed il notabilato della corte pontificia. Se si va alla privata esistenza di un Caravaggio o di un Borromini i rapporti con la committenza sono così tesi e drammatici da non aver nulla in comune con la sofisticatezza mondana e l'abilità commerciale del grande inci sore veneziano. Si sa pure che gli atteggiamenti concretamente eversivi al tempo di Piranesi, prima e poi, venivano severamente repressi nelle segrete di Castel Sant'Angelo. Ciò non toglie nessun merito all'artista, né ai suoi intendi menti ideologici che sono e restano incisi soprattutto nelle tavole del Campo Marzio : il rifiuto ideologico della prassi architetto nica ha una sua risoluzione nell'ambito di una utopica reinven zione - carica di angosce e di attesa - nel metalinguaggio dei suoi rami. Vanvitelli - quando si dedica alla Dichiarazione della Reg gia di Caserta - usa questo volume esclusivamente come creden ziale, come lussuoso biglietto di presentazione e con la speranza di ottenere altre commesse. Il suo prammatismo di uomo di me-
36 Cfr.
Piranesi. Incisioni, ecc. , cat. cit., doc. 18, p. 4 .
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stiere ha caratteri del tutto opposti all'ambizioso disegno pira nesiano di rifondazione dell'universo urbano. E di fronte al tema dell'architettura si sa quanto articolata e problematica, si presenta la posizione (o le posizioni? ) di Pira nesi; essa solo è stata oggetto di numerose interpretazioni 37 che hanno un solo elemento in comune : considerano la poetica pira nesiana una cerniera tra la tradizione rigorista propugnata da Giovanni Bottari e la dissoluzione di questa verso l'ordine me tastorico che Didascolo cosi drasticamente enuncia in un conci tato dialogo con Protopiro, spinto fino al paradosso : « Ora do mando che cosa regge il tetto dell'edificio? Se la parete, questa non bisogna di architravi, se le colonne, o i pilastri, la parete che vi fa ella ? Via, Signor Protopiro, che cosa volete abbattere ? le pareti o i pilastri ? Non rispondete? Non rispondete? E io di struggerò tutto : mettere da parte ' Edifìzj senza pareti, senza colonne, senza pilastri, senza fregi, senza cornici, senza volte, senza tetti ' , piazza piazza, campagna rasa . . . » . È l'approdo più radicale della sua teoretica che scavalca e contraddice le posi zioni rigoriste espresse nello stesso Parere. Questa sottile ten sione tra ragione e capriccio, l'assoluta geometria delle architet ture romane e le libertà - i Capricci - nella tradizione ba rocca e rococò sono i poli dialettici della riflessione piranesiana . Di ben altra natura assai più semplice e diremmo incline alle pratiche esigenze del mestiere è la posizione di Vanvitelli : tanto semplice da escludere che si possa parlare per Vanvitelli di una teoria dell'architettura.'' Questi esprime i suoi intendimenti generali citando un giu dizio di Cesare Speziano - vicario di Carlo Borromeo - che lui trae da un testo del Muratori : « Non vi fidate in cose ardue del 37 Sugli aspetti teorici della poetica linguistica
ed ideologica cfr. M. TA B. Piranesi: l'architettura come « utopia negativa », > , vol . VI, fase. 1-1 1 , gennaio aprile 1967 ; In. , Vanvitelli nella Storia e la critica del Settecento cit., pp . 36-38. FURI, G.
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consiglio di uomini di bell 'ingegno, ma bensl di uomini maturi e riposati; perché i bell'ingegni per lo più sono inquieti, perciò non possono avere consiglio ·sano come l'ànno gli uomini modesti e gravi. Sappiate che le cose grandi e specialmente gli Stati si governano più con la reputazione e con la vigilanza che non si faccia cosa nuova, se non molto ben pensata che con altri mezzi . Ma la vivacità del bell'ingegno suoi produrre effetti tutti con trari, e spesse volte turbare i buoni, p erché è in se stesso in quieto . E tenete per cosa certa che ove non è sodezza non può esser prudenza. Perciò son più stimati i Veneziani che i Fioren tini, sebbene questi sono di più vivacità de primi 39 ( 9 marzo 1762). Quantunque il tono delle sue considerazioni sia generale, esso esprime compiutamente il senso che della professione e della vita ha Vanvitelli. La sua sobrietà e parsimonia, la diffi denza verso l ' arrischiato e comunque verso quanto non rientra in un ordine ben solido e riconosciuto è una sua scelta di vita ancor prima che professio'J.ale. E su questo parametro è alli neato il giudizio su Juvarra già riferito, o quelli che riservava a Borromini; al quale pure va la sua sincera ammirazione non con dividendone, app unto, i caratteri di estrosità e di imprevedibi lità della sua opera. Alla luce di questa sua dichiarazione mi pare si le gga con estrema chiarezza il primo e duro giudizio che esprime su Pira nesi nell'ottobre del 1 7 6 3 : s appiamo infatti che Natoire, diret tore dell'Accademia di Francia, il 20 ·settembre del 1 763 informa il Marchese di Marigny che Clemente XIII Rezzonico ha com missionato all'architetto veneziano il nuovo altar maggiore per la basilica di San Giovanni in Laterano.40 L'informazione di 39
40
F. STRAZZULLO, op. cit. , II, p. 799.
Cfr. A. DE MoNTAIGLON e J. GUIFFREY, Correspondence des Directeurs de l'Académie de France a Rome avec les surintendants des bdtiments, Paris 1 901 , XI, p. 489 n. 569 6 ; M. F. FISCHER, Die Umbauplane des Giovanni Battista Piranesi fiir den Chor von S. Giovanni in Laterano, « Munchner Jarbuch der bildenden Kunst », XIX, 1 968, p. 207 sgg . ; F. STAMPFLE , An unknown group of drawings by G. B. Piranesi, « Art Bullettin » , XXX , n. 2, june 1948, pp. 125126; per una bibliografia completa cfr. J. WI LTON-ELY, op. cit. , ed Io. , Pira nesi, catalogo della mostra londinese del 1978, Arts Council of Great Britain, pp. 87-88.
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Vanvitelli è tempestiva e precisa; infatti il primo ottobre cosl scrive al fratello Urbano, a Roma: « Invero, se faranno fare qualche fabbrica al Piranesi, si vedrà cosa puol produrre la testa di un matto, che non ha verun fondamento. Né ci vuole un pazzo per terminare la tribuna di San Giovanni in Laterano, abenché il Borromino, che ristaurò la chiesa, non fosse uomo molto sa vio, e se sarà il Pannini la cosa sarà un quid simile del Pira nesi » .41 Vanvitelli esprime un giudizio radicalmente negativo sulle qualità professionali del Piranesi e condivide quel che do veva essere un luogo comune circa le scarse attitudini « prati che » dell'architetto veneziano. Ancor più interessante è l'acco stamento al « pazzo » Borromini, che nella stessa chiesa era in tervenuto. Questo doppio giudizio nel giro di due righe è esem plare per intendere quali erano gli ideali intendimenti che del l'architettura aveva Vanvitelli. Nel febbraio del 1 764 gli giunge notizia della commessa al Piranesi per la ristrutturazione di Santa Maria del Priorato all'Aventino : 42 « È un fenomeno par ticolare che il pazzo Piranesi ardisca far l'architetto : solo dirò che non è mestiere da pazzi . . . » .43 Non si dà pace che il vene ziano insista in queste sue iniziative : per il vero cosl rare. E due anni dopo, commentando i traffici che si prevedono per la suc cessione alla carica di architetto della fabbrica di San Pietro, esprime la sua opinione : « Meglio per tutti i versi sarebbe nella persona del Posi, per abilità e servizio di San Pietro, a cui deve stare a noi tutti a cuore, che il Piranesi, il quale è unicamente intagliatore, non già architetto » .44 Quell'incarico non è pane per i denti di Piranesi ; e in quell'« intagliatore » c'è una punta di disprezzo per una attività che, in fin dei conti, considera « mi nore » rispetto all'architettura, da lui giudicata la prima tra le arti. 41 F. S TRAZZ ULLO, vol. III,
42
p. 82.
Cfr. J. WILTON-ELY, Piranesian symbols on the Aventine, « Apollo », March 1 977, pp. 2 1 4-227; M. TAFURI , n complesso di Santa Maria del Priorato sull'Aventino, in Piranesi. Incisioni, ecc. , cat. cit., pp. 7 8-87 ; C. BERTELLI, Visita a Santa Maria del Priorato, « Paragone », XXVI I, nn. 3 17-3 19, 1976, pp . 1 80- 188.
43 F. STRAZZULLO, op. cit., III, 44
p. 1 1 6.
lbid., p. 154.
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Trascorreranno due anni prima che nel :fittissimo epistolario vanvitelliano ricorra ancora il nome di Piranesi : nell'ottobre del 1766 commenta : « Piranesi ha talento; ma è perfettissimo matto in tutto; perciò niente mi torna novo intorno alli suoi dispen diosissimi ed impropri ornati che averà fatto per il Nepo te San tissimo » .45 Il riferimento è al priore di Malta Giovan B attista Rezzo nico, committente di Piranesi, per il quale questi aveva eseguito mobili e camini per l' app artamento al Quirinale. Comunque va segnalato che per la prima volta Vanvitelli riconosce il talento di Piranesi : si direbb e si sia reso conto che questi non è un con corrente pericoloso e si lascia andare ad un giudizio più onesto . E che il suo animo sia ras serenato è confermato da quanto scrive il primo novembre del l 7 66: « Ho piacere che Piranesi sia stato decorato ». Vanvitelli ha avuto notizia che a Piranesi è stato con ferito dal papa il titolo di Cavalier dello Speron d'oro. Se ne rallegra, ma non può fare a meno di aggiungere: « egli è pur v ero , per quante opere massime io abbia fatte, non vi è stato chi neppure abbia pensato a questo, ma solo in premio i rammarich i mi sono stati dati porzione » .46 Dopo una serie di equivoci circa una richiesta dell'architetto Antonio Rinaldi, nell'agosto del 1 767 scrive : « Le Vedute di Roma del Piranesi da Rinaldi si vogliono e non quelle del Vas i: onde regolatevi di prendere quelle del Piranesi ( . . . ). Questo Piranesi si è arricchito sopra 100 mila scudi e si farà una borsa grossissima, tutto parto delle sue fatiche e del suo talento; per cui ha acquistato fama in ogni parte. La casa sua è divenuta un porto di negozio , molto più che la Calcografia » .47 L'anziano architetto napoletano ingigantisce questa fortuna economica che era - a parere di fonti ben più attendibili - valu tabile tra 50 e 60 mila scudi .48 Quel che ·più rilevante è che tale
45 Ibid. , p. 357. Cfr. A. GoNZALES-PALACIOS , Diverse maniere d'adornare i cammini ed ogni altra parte degli edifizi ... (1 769), in Piranesi. Incisioni-rami, ecc. , cat. cit., pp. 56-57 . 46 F. STRAZZULLO, op. cit., III, p. 360. 47 48
Ibid., p. 437.
Cfr. P. BIAGI, Sull'incisione e sul Piranesi, Venezia 1820. Discorso letto nella I.R. Accadem ia di Belle Arti dall'Avvocato Pietro Biagi, Adì 6 agosto 1 820.
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argomento della fortuna economica del Piranesi - tutta frutto del suo talento e del suo lavoro è decisivo per far cadere ogni sua riserva. Di fronte al successo V anvitelli, da uomo pratico, non ha più nulla da obiettare; e questo è anche un aspetto niente affatto trascurabile del suo carattere, sempre incline alle preoc cupazioni economiche per via della sua numerosa famiglia e sem pre disponibile a guardar di buon occhio chi era baciato dal suc cesso e dalla fama. -
1 25
LINO MoRETTI
NUOVI DOCUMENTI PIRANESIANI
l ) Anzolo Piranese e la sua famiglia. - 2) Dove nacque Giambattista ? . 3) Quando nacque Matteo Lucchese. - 4) Giambattista a Venezia dal 1745 al 1 747. - 5) Il testamento di Anzolo Piranese e l'inventario dei suoi beni. - 6) Una lettera di Francesco Piranesi.
l)
Anzolo Piranese e la sua famiglia
Alle notizie date dal Temanza 1 su Anzolo Piranese, il padre di Giambattista, e la sua famiglia, se ne possono aggiungere al cune altre grazie a documenti d'archivio. Anzolo Piranese, :figlio di Giacomo, nacque a Venezia intorno al 1 684 .2 Temanza ci fa sapere che era soprannominato l'« orbo celega » : e « Anzolo Celega anni n .0 22 » è segnato nell'elenco dei « maestri lavoranti » dell'Arte dei tagliapietra dell'anno
1 705 .3 Il 1 2 luglio 1 7 1 1 sposò Laura Lucchese, :figlia del tagliapie tra Valentino,4 nata il 3 1 luglio 1 692 ,5 la quale gli portò in dote 500 ducati, dote « decente », come la definiva lo stesso Anzolo nel suo testamento : 500 ducati corrispondevano a poco più di l T. TEMANZA, Zibaldon, pp. 50-51.
a cura di N.
Ivanoff,
Venezia·Roma
1963,
2 La data si ricava dal necrologio del 18 febbraio 1 755 (v. nota 25), secondo il quale morì a 71 anni circa. 3
4
Venezia, Archivio di Stato
(
=
A.S.V.), Milizia da Mar, busta 553 .
Venezia , Archivio parroch c iale di Santo Stefano ( = A .P.S.St.), Matrimoni, libro XV, ex parrocchia di Sant'Angelo, c. 78r, n . 340.
5
A.P.S.St., Battesimi, libro XV, ex parr. di Sant'Angelo,
1 27
c.
lOr.
LINO MORETTI
70 sterline d 'oro, circa quattro milioni di lire d 'oggi (ma si sa che questi calcoli sono sempre aleatori per il mutato valore delle monete attraverso i tempi). Anzolo e Laura ebbero ben dodici figli, molti dei quali mori rono in tene ra età. Il primogenito fu Valentino Domenico, nato il 1 9 giugno
1 7 1 2 .6 A Valentino seguirono : Anzola Cattarina, nata il 2 7 aprile 1 7 14/ morta il 7 luglio dell'anno seguente; 8 Giacomo Anzolo, nato il 15 dicembre 1 7 1 5,9 morto quindici giorni dopo ; 10 Gia como Mattio, nato il 5 gennaio 1 7 1 7 11 morto il 1 0 dicembre 1 720; 12 Angela Paula, nata il 20 dicembre 1 7 1 8 , 13 probabilmente morta giovane e non nominata nel testamento del padre; Gio vanni B a ttis ta , il futuro incisore, nato il 4 ottobre 1720 ; 14 An tonia Paolina, nata il 2 gennaio 1 723/5 morta il 27 agosto 1 7 3 3 ; 16 Valentina Eugenia, nata il 1 5 novembre 1 72 5 ; 17 Mattio Zuanne 6
A.P.S.St., Battesimi, libro XVI, ex parr . di Sant'Angelo, c . 97r. Per esclusione, essendo tutti gli altri figli maschi morti in giovane età tranne Giambattista, dobbiamo ritenere che Valentino sia quello che si fece certosino ed ebbe in religione il nome di Luigi come appare dal testamento di Anzolo (si veda il doc. I ) . 7 A.P.S.St., Battesimi, libro XVI, ex parr . d i Sant'A ngelo, c. 106r. 8 A.P.S.St., Morti, libro XIV, ex parr di Sant'Angelo, c. lOlr. 9 A.P.S.St., Battesimi, libro XVI, ex parr. di Sant'Angelo, c. l l l v. IO A.P.S.St., Mo rti, libro XIV, ex parr di Sant'Angelo, c. 103v. 11 A.P.S.St., Battesimi, libro XVI, ex parr. di Sant'Angelo, c. 1 1 6r. 1 2 Venezia, Archivio parr. di San Moisè ( = A.P.S.M . ), Morti, libro XIII, c. 24v. IJ A .P.S.St., Battesimi, libro XVI, ex parr. di Sant'Angelo, c. 123r. 14 A.P.S.M., Battesimi, libro IX, p. 258 . Poiché le trascrizioni finora date non sono del tutto corrette, riporto qui il documento sciogliendo com'è doveroso le abbreviazioni : « Adì 8 novembre 1720. Zuanne Battista fio de Anzolo Piranese tagliapietra de Giacomo e di ma· donna Laura su a moglie, nato li 4 del caduto : compare il N.H. ser Zuanne Vidiman de ser Ludovico della parrocchia di S. Cancian; comare levatrice ma donna Madalena fia de Francesco Pallioti mogie de Vicenzo Fachineti della parrocch ia di Santa Maria Zobenigo . Fu batezzata dal reverendo prete Carlo Offredi terzo prete titolato con licenza di me Stefano dottor Stefanini piovano » . 15 A.P.S .St., Battesimi, libro XVI, ex parr . di Sant'Angelo, c. 141r. 16 A.P.S.St., Morti, libro XVI, ex parr. di Sant'Angelo, p. 1 15. 17 A.P.S.St., Battesimi, libro XVI, ex parr. Sant'Angelo, c. 157r. .
.
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NUOVI
DOCUMENTI PIRANESIANI
Francesco, nato il 3 1 o ttobre 1 727 ,'8 morto il 24 giugno 1730; 19 Aluisa Maddalena Giovanna, nata il 6 luglio 1 7 3 0 ; 20 Regina Vi cenza Elisabetta, nata il 1 3 settembre 1732,21 ed infine Alvise Maria, nato il 2 gennaio 1734 more veneto ( = 1735) e morto
cinque giorni dopo.22 Dagli atti di battesimo e di morte dei figli risulta che An zolo abitò a Sant'Angelo dal 1 7 1 2 al 1 7 1 8 ; nel 1 720 stava a San Moisè, ma dal 1 723 al 1735 ebbe di nuovo casa a Sant'An gelo. Qui dimorava ancora nel 1748,23 ma nel 1749 passava a San Moisè, dove, il 28 ottobre di quell'anno, morl Laura 24 e dove anche lui si spense, il 1 8 febbraio 1 754 m. v. ( = 1 755 ).25 Dal 1 7 1 4 fino alla morte Anzolo ebbe bottega in calle delle Ballotte a San Salvador.26 Nel 1 740 ne aveva anche un'altra, unita alla casa d 'abitazione, in corte del Tagliapietra a Sant'An gelo, per le quali, casa e bottega, pagava 68 ducati l'anno,27 mentre per la casa a San Moisè, in calle del Pistor in Frezzarla, dove visse gli ultimi anni, spendeva 85 ducati, che era la pigione di una casa piuttosto spaziosa. Anzolo non fu uno dei tagliapietra di maggior fortuna, an che se i suoi guadagni furono discreti. Ciò risulta dal confronto dei contributi imposti dall'Arte a lui e agli altri tagliapietra . Il primo giugno 1 7 4 1 paga 1 2 lire e 1 4 soldi per un livello del l'Arte con l'Ospedale di Mendicanti, quando molti altri taglia pietra pagano più di 50 lire .28 Anche nel 1 7 46 la tassazione è relativamente modesta : 4 1 lire e 12 soldi, quando la maggior parte delle ditte è gravata con quote superiori alle cento lire .29 18 A.P.S.St., Battesimi, libro XVIII, ex parr . di Sant'Angelo, c. 3r. 19 A.P.S.St., Morti, libro XVI, ex parr . di Sant'Angelo, p. 56. 20 A.P.S.St., Battesimi, libro XVIII, ex parr. di Sant'Angelo, c . 3 1 r.
Battesimi, libro XVIII, ex parr. di Sant'Angelo, c. 46r. A.P.S .St., Battesimi, libro XVI II, ex parr. di Sant'Angelo, c. 62r; Morti, libro XVI, p. 1 4 1 . 23 A.S.V., Provveditori sopra l e Pompe, busta 17, fase. 4 9 , n. 154. 24 A .P.S.M., Morti, libro XVI, c. 57r. 25 A.P.S.M., Morti, libro XVI, c. 140. 26 A.S .V., Savi alle Decime, busta 4 3 4 , parr. San Salvador, n . 391 . 27 A . S .V., Savi alle Decime, busta 434, parr. Sant'Angelo, n. 303. 28 A.S.V., Milizia da Mar, busta 553 . 2 1 A.P.S.St., 22
29
Ubi supra.
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2) Dove nacque Giambattista Piranesi? Quanto a Giambattista è controverso se sia nato a Venezia, nella parrocchia di San Moisè dove fu battezzato, o a Mogliano, come vuole l'epigrafe sottoposta al busto fatto scolpire da Ca nova nel 1 8 1 6 . A favore della nascita a Venezia si possono ad durre due argomenti. Il primo è che se fosse nato altrove l'esten sore dell'atto di battesimo lo avrebbe dovuto dire. Il secondo è che la levatrice fu quella Maddalena Facchinetti, abitante a Santa Maria Zobenigo, parrocchia confinante con quella di San Moisè e vicina a quella di Sant'Angelo, la quale fu la levatrice di tutti i figli di Laura Piranese nati dal 1 7 1 5 al 1735, con la sola eccezione di Mattio Zuanne nel 1727. Per sostenere che Giambattista sia nato a Mogliano bisogna ricorrere a una di que ste ipotesi: o che Anzolo poté permettersi il lusso di far sog giornare a Mogliano l'ostetrica di fiducia della moglie ad atten derne il parto, oppure che, per una felice combinazione, si siano trovate nello stesso tempo a Mogliano e la levatrice e la gestante·. A questo punto mi permetto di avanzare un'ipotesi : che quel « Mojano » sia derivato dalla cattiva interpretazione di una scrittura come : « natus in par. S. Moy.aiio 1 720 », o qualcosa del genere. Se, come credo, Giambattista nacque a Venezia, ciò avvenne in una casa in calle (o in corte) di ca' Barozzi, perché dal necro logio del piccolo Giacomo Mattio, morto come si è detto il 1 0 di cembre 1 720, cioè un mese dopo il battesimo del fratello, si apprende che la famiglia abitava in « c. de ca' Barozzi » . Giambattista fu l'unico dei figli di Anzolo ad avere un pa drino di alto rango : il N.H. Zuanne Widman di Lodovico; 30 gli altri furono portati al fonte battesimale da artigiani e mercanti .
3 ) Quando nacque Matteo Lucchese Quanto a Matteo Lucchese, lo zio materno di Giambattista Piranesi, che insegnò al nipote i principi del disegno e fu come lui di « genio stravagante » (Temanza), colgo l'occasione per av30
Il N.H. Zuanne Widman era nato nel 1695 ; moti dopo il 1739.
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vertire che ci furono due Matteo (o, venezianamente, Mattio) Lucchese, contemporanei, figli di due fratelli che facevano i tagliapietra. Il primo, figlio di Iseppo, nacque verso il 1 677 ed esercitò la professione paterna; nel 1 705 si trovava in Romagna; 31 il 2 giugno l 7 1 1 compare nel « rollo » dei tagliapietra, ed è detto di anni 3 4 ; 32 dal 1 7 1 1 al 1 7 15 abitava a Sant'Agnese dove fu rono battezzati tre suoi figli.33 Il secondo, l'architetto e zio materno di Giambattista, era fi glio di Valentino. Nacque il 3 maggio 1 6 9 1 34 - non nel 1 705 come si credeva 35 - e morl il 1 7 maggio 1776. Nella biblioteca del Seminario Patriarcale di Venezia (cod. 252 ) si conserva un suo elegante, piccolo manoscritto intitolato
Alfabeto latino l Geometricamente Delineato l Deffinitioni et l Problematiche Propos[ ition ] i l a Studio et Uso di l Mattio Luchese l architetto l In Venetia l L'Anno MDCC13. 4 ) Giambattista Piranesi a Venezia dal 1 745-1 74 7 Si ritiene dagli studiosi che Piranesi alla fine del 1 7 4 3 sia tornato da Roma a Venezia, dove si trovava - questo è certo il 20 maggio del 1 7 44 . E si dice anche che poco dopo tornò a Roma, per non rientrare mai più nella città lagunare.36 JI
A .S.V . , Milizia da Mar, busta 553 .
32 A . S .V. , Milizia da Mar, busta 626. 33 Venezia, Archivio parrocchiale dei Gesuati, Battesimi,
Sant'Agnese, 1696-1763, cc. 49v, 56v, 60r.
ex
parrocchia di
34 A.P.S.St., Battesimi, libro XV, ex parr. di S ant'Angelo, c. 2v: « Adi 6 maggio 169 1 . Mattio Antonio figlio di messer Valentin Lucchese tagiapiera quondam Mattio et di domina Cattarina iugali, nato li 3 corrente, battezzato dal reverendissimo signor Prete lseppo Lanza pievano . Lo tenne alla fonte il signor Girolamo del signor Iseppo Morel ato della parochia di S. Maurizio » . 35
Così G. A . MosCHINI, Della letteratura veneziana del secolo XVIII . . . , Venezia 1 806, p. 1 15, il quale è s tato indotto in errore dall 'età indicata nell'atto di morte : « Adì 17 maggio 1776. Il signor Mattio Luchese quondam Valentin d'anni 71 aggravato da febbre e disuria per giorni 27 mancò di vivere la giornata sudetta all'ore 23 . Visitato dall'eccellente Giacomo Valatelli medico fisico » (Archivio parr. di S an t a Maria Zobenigo, Morti, reg. D, p. 234) . 36 A. HYATT MAYOR, G. B. Piranesi, New York 1 952, pp. 7-8, ha pensato ad un soggiorno di un paio d'anni a Venezia, ma l'ha collocato nel 1743-1745. III,
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Ma il Bianconi, che conobbe il Piranesi di persona ed è una fonte attendibile, anche se non esattissima nei particolari, parla di due soggiorni veneziani dopo la prima dimora romana. Se condo il biografo, il giovane artista tornò a Venezia una prima volta perché voleva fare l'architetto, ma non ottenne commis sioni e dovette accontentarsi di « vendere le sue prospettive alla meglio per raccogliere danari e ritornar a tentar nuova strada ».n Le « prospettive » erano le tavole della Prima parte di architet ture . . , delle quali s'era portato dietro i rami. Questo soggiorno corrisponde a quello provato dalla lettera al Bottari del 20 mag gio 1 744 . Il Bianconi continua dicendo che in seguito l'incisore ritornò a Roma; in questo tempo si unl al Polanzani, visse in angustie, e andò disegnando storpi e gobbi: soggetti « capricciosi ». Poi è sempre il Bianconi che gli venne « improvvisa voglia » parla - « di ritornare a Venezia per mettersi sotto il celebre Tie polo, di cui faceva, e giustamente, gran caso. Ma la naturale sua incostanza lo fece ripartire quasi subito dalla sua patria, che come tant'altri egli non istimava che quando più non v'era, cosl eccocelo ritornato ben presto in Roma » . I documenti che ho trovato e qui pubblico confermano que sta seconda dimora veneziana, la quale tuttavia - e questa no vità mi pare piuttosto strepitosa - non fu breve, ma durò più di due anni, dal luglio del 1 7 4 5 all'agosto o settembre del 1 7 4 7 : evidentemente il Bianconi ha scambiato la durata dei due sog giorni : quello breve, poco più di una gita, fu il primo, avve nuto nel '44 . I documenti che provano tutto ciò e forniscono anche qual che altra notizia interessante, sono le deposizioni rese da coloro che, quando l'artista volle prender moglie, testimoniarono ch'era libero da vincoli precedenti. Per il tempo che era vissuto a Venezia, l'attestazione fu ri.
-
37 G. L. BIANCONI, Elogio storico del cavaliere Giambattista Piranesi, « An tologia romana )), t. V, 1779, p. 266. 1 32
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chiesta al Patriarca dallo stesso Cancelliere di Santa Romana Chi es a , il cardinale Tommaso Ruffo , con questa lettera : 38 Molto illustre e reverendissimo Signore come fra tello. Posto in chiaro che un certo Giovanni Battista Piranesi non abbia alcun impedimento legittimo presso codesto tribun-ale di Vostra S ignoria, si compiacerà ordinar la spedizione del suo stato libero, e mandarlo a questa Suprema, alla quale è ricorso, servendosi delle notizie che io a Vostra Signoria acchiudo col foglio annesso. E le auguro felicità Roma 1 6 dicembre 1752 Di Vostra Signoria Come fratello affezionatissimo Cardinale Ruflo Monsignore Patriarca Venezia come fratello Nel foglio allegato, del quale la lettera fa cenno, si legge : Venezia Giovanni Battista Piranese sono cinque anni che manca da Venezia. Si possono esaminare Pietro Roselli mercante a S. Vitale al Draghetto Giuseppe Vagner intagliatore di rami a S. Giuliano e Giovanni Maria Morlaiter scultore a S. Moisè.
Pietro Roselli è certamente il pittore scolaro del Balestra ri cordato di sfuggita dallo Zanetti/9 nel quale leggiamo che « ri volto ad altre cure esercita ora altra professione » ; ma anche se era 'Passato alla mercatura, il Roselli aveva continuato a coltivare l 'arte, perché di lui esiste un disegno datato 23 luglio 1 759.40 Dei tre testimoni proposti non fu il Roselli ad essere sen tito, ma il Wagner e il Morlaiter, entrambi artisti troppo no ti perché se ne debba qui parlare. 38 Venezia, Archivio della Curia patriarcale, Matrimonia forensium, reg. 3 12, anno 1753 , cc. 37r-38v. 39 40
[ A . M. ZANETTI ] , Della pittura veneziana . . . , Venezia 177 1 , p. 436 n.
Il disegno, a penna, rappresenta la Fuga in Egitto. Nel 1975 si trovava
presso la ditta Boemer
a
Diisseldorf.
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Ecco il verbale delle loro deposizioni, che si leggono nello stesso · foglio della lettera :
Die 29 decembris 1752 Super asserto statu libero contrascripti loannis Baptistae Pira nese fìlii Angeli Veneti, aetatis annorum .32. pro t empore quo moram traxit Venetiis semper ab eius nativitate usque ad annum 17 40, et deinde ab anno 1 7 4 5 u s que ad annum 17 4 7, examinati fuerunt testes infrascripti , videlicet Ioannes Maria Morlaider quond am Hieronymi Venetu s , aetati s annorum 5 2 ( scultor ) de parochia S. Moysis, testis inductus et ce tera, monitus, citatus et iuratus prout tactis et cetera, iuravit et lnterrogatus an spante vel requisitus ad examen accesserit. Respondit : Sono venuto ad istanza di Giovanni Battista Pira nese per esammarini sopra la sua libertà di Venezia. Interrogatus an sibi p ro testimonio faciendo fuerit aliquid da turo vel promissum et cetera. Respondi t negative. lnterroga tus an cognoscat dictum Ioannem Baptistam et . qualiter, a quanto tempore, qua occasione. Respondit : Conobbi il sudde tto da pu ttello sino al 1 7 47, ec cettuati altri anni tre in circa che dimorò in Roma, e lo conobbi per l'aderenza al mio impiego. Interrogatus an dictum Ioannem Baptistam matrimonium aut alias sponsalia contr axerit . Respondi t neg ative . lnteri:ogatus de scientia et causa dictorum. Respondi t : Stante l'amicizia e pratica che ho avuto di detto Giovanni Battista nei tempi della sua dimora in Venezi a so che più ·non h a contratto impegni di matrimonio con chi si sia e se fosse diversamente io lo saprei. Quibus habitis voce clara et cetera , se subscripsit . Io Giovanni Maria Morlaiter affirmo. Dominus Ioseph Vagner fìlius quond am Martini de Tarenf 41 Germaniae Inferioris, dioecesis Constantiae, aetatis annorum 4 2 . (intagli ator in rame), p arochiae S. Iuliani, degens Venetiis . 1 5 . abhinc annis, te s ti s inductus e t cetera monitus e t iu ratu s p rou t tac ti s et cetera iur avi t e t .
.
.
41 Certamente
per
«
Thalendor h,
la città natale del
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Wagner.
NUOVI DOCUMENTI PIRANES IANI
Interrogatus an ad examen accesserit sponte vel requisitus. Respondit : Sono venuto ad istanza di Zan Battista Piranese per es ser testimonio del suo stato libero in Venezia. lnterrogatus an sibi pro testimonio faciendo fuerit aliquid da turo promissumque. Respondit negative. lnterrogatus an cognoscat dictum loannem Baptistam et qualiter e t a quanto tempore, qua occasione. Respondit : Conobbi il suddet to da che ritornò in Roma la seconda volta dal 17 4 5,42 sino a che partl da questa città nel 17 4 7 , parmi fosse il mese d'agosto, avendolo conosciuto anche prima libero. lnterrogatus an dictus Ioannes Baptista matrimonium aut alias sponsalia contraxerit. Respondit negative. Interrog'.ltus de causa dictorum. Respondit : Avendolo nel detto tempo praticato familiarmente so che in Venezia non era maritato né aveva impegni di matrimonio con chi sia e se ciò fos·se io lo saprei. Quibus habitis voce clara, se subscrips.it . Giuseppe Wagner affermo.
Che lo scultore Morlaiter conoscesse il figlio del tagliapietra Piranese fin da bambino non sorprende, stante l'affinità del me stiere, tanto più che fino al 1723 gli scultori facevano parte del l'Arte dei tagliapietra. Ma come dobbiamo interpretare le parole del Morlaiter quando dice « lo conobbi per l'aderenza al mio impiego » ? Si potrebbe essere tentati di pensare che in gioventù Giambattista si fosse dedicato alla scultura. Non solo, dunque, architetto mancato (o quasi ), ma anche scultore mancato . E quel suo furore plastico, quel suo modo di aggredire la lastra di rame, la vitalità scultorea di Santa Maria Aventina vanno forse riportati a una delusa vocazione giovanile. Ho usato, tuttavia, forme dubitative perché quell'espressione sfumata « aderenza al mio impiego » potrebbe significare un'attività inerente alla pro fessione dello scultore, una qualche forma di collaborazione come disegnatore. Vengono in mente a questo proposito i noti dise42
Corretto
su «
1744
».
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gni per decorazioni : quello della gondola, per un intagliatore, quelli per l 'o rn ament azione di pareti , destinati - a mio parere ad uno stuccatore, mentre la cosiddetta « urna » pare pens ata per uno scultore.43 ,
Passando alla testimonianza del Wagner, dobbiamo soffer marci su alcune sue parole , là dove dice : « Conobbi il suddetto da che ritornò in Roma la seconda volta dal 1 7 4 5, sino a che parti da questa città nel 1 7 4 7 ». Ques te parole mi pare siano da interpretare cosl : che Piranesi tornò a Roma una seconda volta nel 17 4 5, a conclusione della dimora veneziana del 1 7 44 documentata dalla nota lettera al Bottari . Ma va anche avvertito che sull'anno il teste ha avuto qualche incertezza, perché, come si è avvertito in nota, il « 5 » del millesimo è sstato corre tto su un « 4 ». Le depos izioni dei testimoni di Venezia co rri spondono a quella resa in Roma da chi si presentò a giurare che neppure ll l ' incisore aveva contratto vincoli : il quale fu - c'era da scommet terlo - Jean Bouchard, il mercan te di stampe. Ecco il verbale della sua depo sizion e : 44
Die 12 fehruarii 1 753 Pro domino Johanne Baptista Piranesi, filio domini Angeli, Ve neto contra quoscumque . Examinatus ubi supra, coram quo supra, per me suprascriptum dominus Ioannes Bouchard, filius alterius Ioannis , da Monitier/5 dioecesis Ambron,46 annorum .36., mihi cognitus, cui delato iura mento veritatis dicendae prout tactis et cetera, iuravit et deposuit prout infra, videlicet. 43 Riproduzioni in HYATT MAYoR, op. cit. , tavv . 2, 3 e 6, e in Disegni di Giambattista Piranesi, Ca t a logo a cura di A. BETTAGNO , Venezia 1978, tavv. 7 e
8 bis .
44 Roma, Archivio del Vicariato , Registri degli interrogatori, Notaio de Mon tibus, anni 1752- 1 753, c. 432. Ringrazio mons . dott. Ottavio Cavalieri dell'Ar chivio Segreto Vaticano e il signor Omer Tosi dell'Archivio del Vicariato per l'aiuto prestato alla mia ricerca. 45 Le Monl!tier-les-Bains (già Le Monetier.ppombili li: il f.tcclli:ro Jopo al'er, bcnchi; kggiermcntc,cfàminata la catJià,poichè lèmbrcrebbe,clw al'clicro al'uto qualche riguar do di rintr�cciJrc il 1·ero. Or fi,rman Jufi da cffi tali giudizj, che adJur non flllno il motivo Je' lor li':mimcnti, c proponcmloci cut:·, non com'elle fòno, ma quJii 1·orrcbbon che full ero ,