Pensieri del tè
 8845902498, 9788845902499

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Piccola Biblioteca 203 Guido Ceronetti

PENSIERI DEL TE

ADE L P H I

Due volte al giorno, di prima mattina e verso le cinque del pomeriggio, Ceronetti beve qualche tazza di tè verde cinese. In quei momenti la parola si riaccende, la mente opera collegamenti nuovi. «Il soffio del Tè s'infonde negli angoli morti, non si sgomenta d'interrogare statue imbracate». Da dove vengono, quei pensieri? Da ogni luogo, dai dizionari e dal ricordo, da Bernadette e da Rathenau, dal Corano e da Conrad, da Baudelaire e da Tocqueville, da un ritaglio di giornale e da un sogno. Ceronetti gli avvolge intorno, con delicatezza, un altro pensiero, «che si fa parola o figura». Così si sono formate queste pagine, che avranno sui loro lettori lo stesso effetto rischiarante che ha il tè verde sul loro autore, agendo come un'invisibile e aromatica barriera di protezione «da ogni specie d'inerzia, d'inebetimento, di abbattimento».

ISBN 978-88-459-0249-9

€ 10,00

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Di Guido Ceronetti Adelphi ha pubblicato un folto gruppo di opere; il titolo più recente è In un amore felice (2011). Per lo stesso editore Ceronetti ha inoltre curato le versioni de II libro di Giobbe (1972, nuova edizione riveduta 1997), R Cantico dei Cantici (1975), Il Libro del profeta Isaia (1981,

nuova edizione riveduta e ampliata 1992), Il Libro dei Salmi (1985) e Qohélet (2001).

PICCOLA BIBLIOTECA ADELPHI 203

DELLO STESSO A U T O R E :

Cara incertezza Come un talismano Il silenzio del corpo In un amore felice Insetti senza frontiere La carta è stanca La lanterna del filosofo La pazienza dell'arrostito La vita apparente L'occhiale malinconico Pensieri del Tè Tra pensieri A CURA D I G U I D O C E R O N E T T I :

Il Cantico dei Cantici Il Libro del profeta Isaia Il Libro di Giobbe Il Libro dei Salmi Qohélet

Guido Ceronetti

PENSIERI DEL TÈ

ADELPHI EDIZIONI

Prima edizione: giugno 1987 Decima edizione: maggio 2012

© 1 9 8 7 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO WWW.ADELPHI.IT ISBN 978-88-459-0249-9

Due volte al giorno, verso le sei del mattino e le cinque della sera, tazza ripetuta di Tè verde della Cina arriva con la sua infallibile virtù unitiva, confirmativa, risuscitativa, a disincagliarmi e a preservarmi da ogni specie d'inerzia, d'inebetimento, di abbattimento. Messaggi clandestini, che trovano orecchio, avvolti in carta di riso, della Luce, Non sono un Orientale. I miei gesti rituali non vengono dai Maestri; somigliano piuttosto ad un'abitudine carceraria, continuata negli anni. In piedi, sempre, vicino ad una finestra con la tendina scostata... Ma di Oriente orientante mi resta la fiducia che nell'uscire in giusta misura da se stessi, e abitualmente, non c'è nulla di pericoloso, e che vedere, sentire e incontrare spiriti non è inquietante. Lo Spirito del Tè comincia appena disceso ad operare. Leggere pressioni interne, agopunture invisibili, scatti tempestivi del sensorio, sampàn di lumettini, coloriture improvvise di silenzi, un susseguirsi puntuale di eccitamenti che vanno dall'occhio interno (che forse è un orecchio o una mano) lungo le disirrigidite vertebre, al coccige resurrecturo. Allora nel buio molte finestrine tornano vive, e le parole faticano meno a ritrovare il loro principio negli spazi lontani. Pace del massaggio, radice del suono, bontà dello strofinamen9

to occulto. Guardare da una pausa di connessione quel che è sconnesso e lacerato, è un momento senza morte. Fare arretrare di appena un poco il margine del finito, per molte ore rischiara. Nel combattimento per contrastare mentalmente quel che nel tempo è verificabile come aggressione materialmente incontrastata della tenebra, da làmine liberatrici che il Tè aiuta a ritrovare e a decifrare, imparo a non aborrire in eccesso le tenebre, per non distruggere le pQche possibilità di penetrarne il segreto. Senza curiosità disperate in continuo movimento, la disperazione non avrebbe limiti. Il soffio del Tè s'infonde negli angoli morti, non si sgomenta d'interrogare statue imbracate. Tra le crepe dell'arido introduce qualche sua goccia, allo scolorito ridà figura. Grattando le buche abbandonate ne fa uscire qualche suono di ribàb incantato. I pensieri non miei diventano miei con molta facilità; quelli miei chiunque se vuole può farli proprii, qualunque sia il suo eccitante, senza bisogno di nome: il pensiero non pronuncia né Tuo né Mio. L'uomo beve il Tè perché lo angoscia l'uomo. Il Tè beve l'uomo, l'erba più amara.

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Fummo una Legione che perdeva il proprio sangue, senza versarne d'altri. Anche per tutti quei miei commilitoni tragici, accasermati nell'invisibile, parla la pietra sepolcrale dei caduti di Cheronea. La parola, il pensiero che si fa parola o figura, è la nostra Eliade sacra. « E sarà spento ogni barlume di pietà dall'abitudine al raccapriccio » (orazione di Antonio in Giulio Cesare). Oggi in teatro questa battuta risuona come definizione del presente, dove il raccapriccio (i capelli drizzati) si spiana in un registrare meccanico del fatto raccapricciante, che eticamente lo disintegra. I veri raccapricciabili, in un pubblico spianato dall'Informazione sono mosche bianche. Sfinge e sfintere hanno il medesimo etimo, strozzatura, strozzare. La Sfinge era ed è strangolatrice. Meditabile, come uno dei migliori enigmi della Sfinge, è che uno sfintere, anche, è una sfinge. Percorrendo il male in un'anima con salti obliqui, getti di torcia elettrica improvvisi e 11

centrati, riprende a tormentarla ad ogni rientro in scena con spilli e trapani via via più fitti, osando nei particolari più di Manzoni perché mentalmente più libero (ma meno pietoso) senza perdere il fine, lo stesso di Manzoni, di' non lasciare in ombra, sfuggita all'esplorazione, nessuna deformità nascosta. Lo stile è più rapido, uguale la pazienza, la diligenza. (Manzonità, manzonismo di Guido Piovene). Tutte le torture, i patimenti, i terrori (per Némesis, imperdonabili) inflitti agli animali appartengono legittimamente al dolore infinito della storia e ne modificano il senso, se ne abbia uno (patire è essere modificati: tutta la storia, da quel patire oscuro, invendicato dalla parola, il più privo di giudici e tribunali, è modificata). Appena appena, la memoria scritta ricorda le bestie di cui Roma spopolò la sua Africa, i bisonti sterminati dai pionieri insieme agli Indiani; biasimi pochi. Gli storici, e perfino i veggenti, di questo immane urlo che ci fiocina e attraversa tutta la vicenda umana, imprimendosi gravemente sulla legge cosmica del castigo, non tengono nessun conto. La grazia sia sul principe Asoka per gli editti sulla colonna - specialmente il quinto — che proclamano i diritti degli animali invece dell'orribile signoria indiscriminata dell'uomo, su William Hogarth p e r The Four Stages of Cruelty, su J o n a t h a n

Swift per aver fatto governare gli uomini dai 12

cavalli, su Giovenale per aver avuto compassione dei cavalli di Seiano, su Emile Zola per Pologne, Trompette e Bataille, le bestie dolorose di Germinai, su André Abegg per la fotografia dell'agnello tra i macellai della Villette. Il socialismo ha avuto due facce: una melensa, incerta, insulsa, traditora (la socialdemocratica) e una criminale (la comunista leninista). E per questa miserabile chiesa qualche nobile e disgraziato martire ha teso le braccia verso il martirio, e mai potremo essergli grati per aver spruzzato di nobiltà dei crimini, introdotto demenza raggrumata in un calice d'altare. Zusammenarbeit-Collaboration. Interpretazione di una parola: di qui il concetto e la fatalità dell'evento. Nell'incontro di Montoire (24 ottobre 1940) Hitler parlò di lavoro in comune (Zusammenarbeit). L'interprete Schmidt non tradusse travati en commun ma, latinamente, elevatamente, collaboration (da Littré sessant'anni prima registrato come « partecipazione a un lavoro letterario »; Hitler avrebbe ottenuto ben poco). Pétain annunciò poi, per sua sfortuna, di essere entrato dans la voie de la collaboration: c o n c e t t u a l m e n -

te, ora, per noi, molto più di quanto Hitler non proponesse, ma sicuramente pensando significasse dargli di meno, travail en commun esalando troppo la macelleria. Quando 13

Schmidt disse, mettendoci solennità, collaboration, Pétain restò muto: in quell'attimo l'astratto Zusammenarbeit di Hitler fu soppiantato dall'avido demone Mitwirkung (Azione Comune); era l'oscuro atto di nascita, all'insaputa di tutti, della Collaborazione, nel suo aspetto infernale e segreto. In tedesco sono, dagli anni dell'Occupazione, neologismi: Kollaboration,

kollaborieren,

Kollabo-

rationist, il cui senso profondo, senza più

n i e n t e di latino, è dare una mano al crimine, aiutare un nemico dell'umanità a farne scempio, concorso attivo in distruzioni di Stato di esseri viventi e in allargamento del deserto. La storia di

questa parola si è fatta sempre più funesta. L'ispirato, quel giorno, a Montoire, tra quei due uomini carichi di Fatum, fu un semplice interprete.

Il pensiero degli orrori che renderebbe possibili una pace perpetua universale con dominazione concorde della natura e collaborazione scientifica senza limiti e senza barriere nazionali e religiose, rende accettabile l'idea della distruzione escatologica, della guerra assoluta tempestiva. La Pax Technica è per l'umanità un male peggiore del predominio mondiale dell'URSS, che è il suo più minaccioso nemico da quando il sottosuolo si è messo a vomitare nemici dell'umanità. Venti colpi di frusta a schiena nuda davanti al portone chiuso di una chiesa cattedrale. 14

Alla fine i battenti si spalancano e appare il Vescovo in paramenti, circondato dal clero e dalle congregazioni, terribile, e maledice il fustigato, al quale un chierichetto offre un tubetto di pomata ma che ormai è morto di umiliazione. Dopo qualcuno di questi atti rituali, nell'Italia meridionale omertà e terrore camorristici e mafiosi si sgretolano. Tutti, vista l'umiliazione del nemico (nessuna schiena è più rispettabile) si mettono a raccontare quel che hanno visto e sanno. La pelle rigata di sangue ha rotto il feroce incanto del crimine, la vetratura blindata della sua aura. I castigati, per raffinamento di punizione, sono costretti alla libertà, ad andare in giro, a incontrare gli amici. In virtù di una leggera pena simbolica appoggiata ai pilastri di una cattedrale vediamo dissolversi dominazioni criminali che soffocavano città e regioni intere, e che il diritto avvocatesco aveva reso invincibili. Già Melville, nelle poesie della Guerra Civile, sentiva la propria causa — quella di Lincoln e dell'Unione - come guerra della luce contro le tenebre. Eravamo entrati nell'epoca delle grandi guerre escatologiche, le motivazioni religiose della strategia avrebbero reso i generali glaciali, i condottieri e i fabbricanti d'armi perfettamente disumani. Roma e Cartagine, Napoleone, Wellington e Kutuzov non avevano messo sopra gli elefanti o dentro i cannoni la 15

metafisica, si erano sterminati con scrupolo e serenità. I Moscoviani hanno bisogno di spiare incessantemente per profonda incapacità di capire. Non capiscono il mondo contemporaneo del cui tragico assoluto sono uno dei poli, non capiscono la storia che la loro troika tira dal 1917 verso la tenebra totale, il culmine dell'orrore. Spiano per spiare. Per vuoto. Per ozio. Per surrogato empio del conoscere. Perché la tenebra non potrà mai capire-, può solo, all'infinito, mandare qualcuno a spiare. I giudici domandano ad Antoine Léger perché abbia ucciso la piccola Debully. « Per mangiarla ». « E perché berne il sangue? ». « Avevo sete! ». Ghigliottinato a Versailles nel novembre 1824. Léger si era allontanato da casa per andare a vivere in una grotta, dove senza diventare un San Pedro de Alcantara si era nutrito di erbe selvatiche. Léger era nato semplicemente un milione di anni prima; non aveva letto Euripide né il Talmud. Esquirol e Gali, spacchettata la testa, cercarono spiegazioni nell'encefalo, senza capire di avere tra le mani un esemplare ancora caldo di cranio preistorico.

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Disperare assolutamente dell'uomo non è spontaneo né facile; richiede vita e sforzo, lungo esercizio, volontà ferma; pochi ci arrivano. Una volta pervenuti alla dura vetta del Disperare Puro, guardarsi dalle speranze residue che possono rigerminare, dalle propensioni naturali verso il diabolico di una minore disperazione. Come una volta i cristiani, i comunisti vogliono salvarci; come i cristiani, purtroppo, non dalla calamità di loro stessi, non dalla loro soteriomania. È del tutto incomprensibile che atti aventi in se stessi cosi profonda finalità e grandezza di significato debbano essere i medesimi per cui nascono i nostri figli e attraverso i quali le anime tristemente vengono a questa scialba luce. L'amore è un'acqua nel buco e termina necessariamente in un buco nell'acqua. Un buco galleggia sull'acqua; la vis amoris ci attira sul fondo, da cui risaliamo vivi e annegati. In Genesi 39 la moglie di Potifar invita Giuseppe con meno fasto di Fedra: « vieni a letto con me »; nella sùra di Giuseppe 12, 23, rivelazione che passa per vie midrasciche, la donna « chiude bene le porte » prima 17

di aprire le sue e tentare Giuseppe con un magnifico « eccomi sono pronta per te ». Blachère dice che rawadàt-hu 'an nafsi-hi è eufemismo (lo richiese della sua nafs: persona, anima, desiderio, passione, volontà; l'uso di nafs sembra intendere una totalità di corpo e di sentimento, « lo volle interamente, intensamente », ma forse questa è una mia sovrapposizione moderna, quegli amori là erano più nudi). Giuseppe non cede né a lei né alle altre donne del serraglio, che si feriscono coi coltelli le mani al solo vederlo (si può intravedere un'allusione a una meccanica erotica, l'apparire di Giuseppe scatena in loro la foemina simplex, un desiderio collegiale irrefrenabile), perché ha paura, peccando, di perdere con la verginità l'Illuminazione (v. 33) ricevuta nel momento stesso della pubertà (v. 22). In Genesi 39 il motivo del rifiuto è l'inviolabilità dell'ospite; Corano 12 riporta a galla l'antica paura sacra della donna annientatrice del dono della visione e dell'armonia dell'uomo con la natura, paura che provavo anch'io, ma infondatissima, perché non avevo ricevuto illuminazione, l'armonia con la natura non era neppure più concepibile, tutto si riduceva a una tenda di velluto rosso davanti al buio. La verginità virile come salute e non come anomalia e malattia è un'idea sepolta (come tutte le idee sepolte, una idea piena di grandezza) tra maledizioni, risate e sofismi universitari; l'Illuminato con moglie non ha targa sulla porta, la moglie di 18

Potifar è incoraggiata dallo psicologo a perseverare fino al raggiungimento. Tuttavia Merezkovskij dice: « Il sesso è l'unico contatto della nostra carne e del nostro sangue con l'aldilà » e non oso dargli torto. Questo aldilà è verticale e va dall'empireo alle regioni inferiori, passando per il punto d'intersezione che sono i nostri poveri corpi, che un piacere imperfetto inchioda nell'aldiquà. Merezkovskij vede gnosticamente il sesso: Giuseppe avrebbe dovuto buttarsi senza esitazione tra le braccia della Potifarra e anche di quelle che lo vedono come un angelo (sura di Giuseppe 12, 31) per ricevere più illuminazione da più Viaggi Notturni nell'Eros. Ma che cosa, poi, sarebbe accaduto dei granai del suo padrone, il Faraone? Forse nel sesso non si perde l'illuminazione, ma il suolo. I corpi li unisce il piacere, le anime la pena. Non importa che sia « del paradiso », una donna, porta. Importa soltanto che sia una porta. L'angoscia è il muro. L'unico essere, le donne, nella scala della caduta e della vergogna degli esseri di cui siamo i gradini, che arrivi, nel mistero del Costume - modi di vita e moda - a non 19

ammettere, a rinnegare, perfino in modo violento e autolesivo, la marcia vittoriosa, la potenza nullificatrice del Tempo. La vecchia non è una donna con molti anni, è la donna arresa. La rinnegatrice del Tempo resta donna fino alla morte, fedele al sesso indistruttibile di cui la terra in tutte le sue fenditure serberà il ricordo. Qualsiasi donna che rifiuti credenza nella magia è da fuggire assolutamente. Questa sinistra incredulità la si avverte in lei ancora prima che apra bocca o scriva qualcosa. E un fragile esprit fort che le solitudini flagellano implacabilmente. E condannata a vivere come la strega, per aver rinnegato la stregoneria. La biancheria nera, erotismo per i poveri. Militarizzarsi nell'aspetto nell'abito nei modi nell'animo - delle donne - perché il mondo si faccia più intollerabile, più tenebroso. Anche senza obblighi militari si militarizzano, lo stivaletto si è fatto stivale, ed erano il Consolatore di carne del mondo, che da una piaga all'altra svolazzava con le sue bende e scivolava tra le facce belvine e ferrigne dei maschi - da loro ingovernabili, inafferrabili così leggere - con le sue gonne larghe i suoi chimoni i suoi chitoni, le sue calze di seta che stringendo la groppa del sapiente gli rende20

vano più sottile l'intelligenza. Penosa è la vista di un marciapiede gremito, il fiotto femminile numericamente più forte tutto in calzoni e crani in rasature da caserma, giubboni neri, passo di orangutani, trucco di smorfia deliberata; quello che vedi è una specie d'inferno, sono altri metalli in movimento. Chi guarda più le donne? Dai bruti distogliamo lo sguardo... Così la città diventa inconsolabile, si pietrifica, si scolora, il rosso non è più le labbra è il Semaforo, quel che c'è di più intelligente in una strada è quel palo discriminante, da lui prendiamo ordini, decide chi deve passare e chi no. A chi non capisce l'allusione è inutile fornire la spiegazione. « Noi non abbiamo bisogno di sopprimere nessun popolo del pianeta. Per segnare, per conservare il nostro posto, ci basta di non essere soppressi ». Così parla un vero uomo di Stato, che non dimentica l'umanità. (Clem e n c e a u , La France devant l'Allemagne, rac-

colta di articoli e discorsi, Payot, 1918).

L'America distrugge la vita, ci conserva la libertà. La Russia distrugge la vita e ci toglie la libertà. La Cina gioca con la libertà che ha ucciso, della vita non importandogli niente potrebbe anche lasciarne un resto. Il Giappone distrugge la vita con l'ansia di un pri21

matista. L'Europa tiene alla libertà in quanto permette la distruzione legale della vita. L'Oriente islamico è il braccio, con ben poca mente, di qualsiasi tipo di distruzione. L'Africa distrugge e si fa distruggere pensando che sia il modo migliore di essere liberi. In Atlantide c'è salvezza. In una chiesa semideserta se ci sono tre o quattro vecchie in preghiera è come nessuno; se c'è un vecchio c'è qualcuno e il Dio non è solo; il vecchio ha un presente da confidare e un passato che gli rimorde. Tien quelle rive altissima quiete: è la giusta epi-

grafe leopardiana dei Canti, la loro distanza, che è quella profonda della poesia italiana, una grave poesia della Quiete. I Canti non turbano la quiete, non inquietano, ravvivano come il puro incenso, con l'alta nirvanità delle mummie di Ruysch; l'orecchio che accoglie i suoni leopardiani incontra la metamorfosi in eternità del Tempo... Sepolcralità dei suoi versi, dei suoi pensieri. Ma quando R i m b a u d dice Je suis réellement d'outre-tombe la

forza di quel réellement vince l'altissima quiete, la Realtà è più vicina. Il mio libro d'ore è Baudelaire e non Leopardi: il nostro dramma di viventi, nei suoi grovigli inesplicabili, è nelle Fleurs molto più drastico che nei Canti, il mistero, l'orrore di essere, il rimorso, tutto è più sferzato e teso. Blake è contemporaneo di Giacomo, ma Blake è urbano, il grido, la 22

fame, la pietà londinese rompono il sepolcro neoclassico, il dolore è più vivo, arriva fin qua, andrà oltre... Il dolore leopardiano si è fermato quando è cambiata e si è incupita la scena storica, tempo da poeti urbani par excellence. Né la subscrittura veterotestamentaria riconoscibilissima in Canti e Operette p u ò

sostituire la Scrittura, che è ululato, rottura, lamento, mai altissima quiete. Il grido di Rachele in Ramah non è leopardiano, è suono che sempre brucia e non il ritrarsi « dalla fiamma vitale » della mummia antieroica di Ruysch... Manca l'infinito della vita in un Infinito così rasato dal quietamento. Quel che c'è di più moderno in Leopardi è l'idea che la storia sia in potere del Male, della potenza delle tenebre, ma questo non è il suo vero centro, era troppo preso, preoccupato di sé. E per il sentimento, Miguel Hernández va infinitamente più in là. La poesia italiana più ardente arriva appena al tepore di un forno che si va spegnendo. Montale non emana calore, non è erotico, è una grande, lucida, non ustoria lente. Siamo i cristiani della Vulgata... la Vulgata è una gelida cripta... Ci ha tagliato i testicoli del grido... Apparizioni della Vergine (Salette, Lourdes, Fatima ec.): credibilissime, ma destruende. Non farsene incatenare come Leon Bloy, piuttosto imparare il superiore distacco di Bernadette. La via di Ramakrishna è la giusta: « Quando davanti a me si presentò 23

la forma della Madre Divina, la spezzai in due con la spada della discriminazione ». Intendo discriminazione come furqàn, legge rivelata, decisiva, necessaria, infallibile. Il furqàn vuole che l'Apparizione della Vergine sia creduta, venerata e distrutta, perché rischierebbe di distruggere l'Unità. Solo vederla come figura dell'Unità, che all'improvviso si accende in una grotta pirenaica, e chiede una vittima innocente, per fare scorrere dell'acqua per i paralitici della Molteplicità. Il cremlinologo dev'essere prima di tutto criminologo, essersi bene esercitato in profonda psicologia criminale. Strana ricorrenza: alla fine della Grande Guerra, nel 1918, il presidente americano era semidemente; nel 1945, di nuovo il presidente americano, Roosevelt, rincoglionito. Nella prossima guerra lo sarà all'inizio. La « persistente, affannosa domanda » di Giustino Fortunato: che cosa vale, moralmente, l'Italia? continuerà sempre ad avere la stessa risposta: niente. Unica variante: meno che niente. Una nazione che moralmente non vale niente è un enigma... Non ha demone etico, non ha l'ombra: avrà valore di castigo, o lo chiama, tanta penuria? 24

La pace ridotta a ideologia, intesa come rifiuto sistematico del ricorso alla forza anche quando il diritto lo comandi e la necessità lo consigli è soltanto depravazione morale, masochismo infetto, una sozza impostura. « Puoi odiare, e perderti » (Manzoni). Questo non è né biblico né cristiano, è più profondo, è profondo manzonismo, e nella pausa segnata dalla virgola dopo odiare Manzoni è più che mai il Manzoni delle profondità. Ma l'odio come assoluta via di perdizione è forse altrettanto poco vero che dire assoluta via di salvezza l'amore. Più vero è che l'uomo, qualunque cosa faccia, è sempre perduto, se non perdente. in patois di Lourdes è il nome (grandissimo!) dato da Bernadette all'Apparizione: QUELLO. Gli ignoranti dicono: per ignoranza! Ma Bernadette CHI vide in realtà a Massabielle? ...hi ani ani HU (Deut. 32, 39: perché io io sono QUELLO). Se profeti e veggenti avessero parlato il patois di Lourdes xix secolo avrebbero detto, come grandissima parola: io SONO QUELLO. È ì'huwa-llah dei Sufi e del sigillo ottagonale in kufico: Lui è AQUERÓ:

Dio. (Nel Bourgeois Gentilhomme u n t u r c o im-

pazzisce di rabbia sentendo gridare stupidamente hou-hou-hou). Sempre e soltanto Aqueró è in sanscrito sacro l'ineffabile Brahman e Questo è in verità Quello è il c o n t e n u t o d i t u t t e 25

le Upanishad, la verità suprema dell'Identità, l'Atman-Brahman, che una volta compresa cancella le miserie del mondo. Aqueró è il causa sui, l'aseità divina, colui che non genera e non è generato (sùra 112, 3). Meravigliosa portatrice di verità, Bernadette non disse mai di aver veduto la Madonna. « Così tu dici di aver visto la Santa Vergine? ». « No, io ho visto Aqueró ». « Ma qual è il nome di Aqueró? ». « Aqueró non me l'ha detto ». Non gliel'aveva detto, perché Bernadette l'aveva pronunciato fin dal primo momento. Fu l'ultimo essere, forse, in Occidente, a possedere il segreto del Nome. Ma perché cessassero di tormentare la sua veggente, e per affumicare quegli uomini grossi e ciechi che insistevano per avere un nome anagrafico, la bianca Dama QUELLO ne fornì uno gradito ai teologi; il 25 marzo 1858, giorno dell'Annunciazione disse: « Que soy era Immaculada Councepciou! ».

L'Immacolata Concezione piacque e divenne bellissimi nomi femminili meridionali, ma Bernadette portò a Nevers, ben più miracoloso della piscina di Lourdes dove non volle mai essere portata, il ricordo dell'Unità in forma di dama gentile, rimproverante un popolo cristiano che andava rompendo tutti i vincula col Dio che si nasconde, e quel cop de bén dell'I 1 febbraio (lo stesso colpo di vento della visione di Pentecoste in Atti 2, 2) la teneva infinitamente al di sopra del for26

micaio notarile ansioso di dare a Quello uno statuto accettabile di Vergine in una grotta. Diceva Walter Rathenau che l'America non ha anima « per non avere acconsentito né alla sofferenza né al peccato ». Col progetto Trinity e poi col fatto del 6 agosto l'America entrò tutta intera, enorme balena, nel peccato (qualcuno, dell'equipaggio delYEnola Gay lo sentì) ma senza decisive conseguenze. Si può dire adesso che ha anima? Ha solo, e sempre più, il peccato. Ma anche l'Europa, forse proprio a causa di questo, per aver rifiutato sofferenza e peccato (il bonheur, idea nuova in Europa, massima di Saint-Just) ha perso l'anima velocemente, e la perdita dell'anima porta con sé quella della vista e del timone. Chi non vuole il peccato, si può dire a corollario, non ha più guide. Giù a testa bassa nella Tecnica! Dentro la Tecnica sono dentro il peccato più che Taide nella merda, ed è questo bagno che li perde, prima di ucciderli.

Visto come un grande Vivente - alla Bruno, alla Vanini, alla Spinoza - il Mondo è puro e vivente Satana, noi i suoi parassiti. Un punto nello spazio consacrato ciclicamente al Male, pustola infiammata nelle galassie. Ma dov'è, al di là di questo punto 27

dove non sappiamo perché nasciamo e moriamo, il Bene? Tra le carte segrete ritrovate di Elisabetta Wittelsbach nobile Augusta c'è questa definizione del marito Franz Joseph il venerabile Kaiser: « un bue seduto su un trono di letame ». L'Impero era veramente finito, se un figlio del Cielo non è più che questo; ma per un buongoverno poteva bastare. A giudicare lo stato del mondo, sembrerebbe più necessario un grandissimo esercito di esorcisti, mobilissimo e attivissimo, task force di pronto intervento, che qualsiasi altro esercito, polizia, carabinieri, Guardia Civil, sceriffo, ec. Geremia 13, 23: « Un Kushita può cambiare pelle? Un leopardo le sue striature? E voi, abituati a fare il male, potete fare il bene? ». Tutta la storia contemporanea è una pelle che non possiamo cambiare - nera, striata e cotta dal male. Baudelaire fa una poesia su una donna senza testa, un tronco denudato, e risplende. La testa resta in ombra. La pietà che va dritta al corpo senza passare per la testa, scatola e chiave dell'Io illusorio, incontra l'abitatore delle profondità, dialoga 28

con lui solo. La parola che non vuole compromettersi con le ombre incerte della mente, e si precipita nel pozzo dei contenuti del tronco, accede a un pensiero sicuro. L'ateismo virile è un limite doloroso, una sofferenza e una forma del tragico (anche quando sembra facile e definitivo non lo è: basta scavarlo un poco); l'ateismo femminile è invece intollerabile perché è una bruttura, deturpa internamente la donna, e versa sopra di lei come un'imbrattatura di vernice oscena; sentirlo professare, o anche intuirlo, mozza il fiato dal disgusto. C'è come un segnale di strage, annuncia che gli ostacoli morali sono caduti. Soltanto in u n a

figura

di

deserto semovente, di deserto che si allarga, donna e ateismo perdono la reciproca irriducibilità, e in quel deserto si abbracciano, senza potersi scaldare, anime morte. La Veronica di Bosch (Cristo porta la croce,

museo di Gand) come l'albero di mugo nella taigà, nei racconti di Varlam Salamov. C'è il Messia uomo nel suo orrendo patire, e c'è il segno femminile della pace e della redenzione, insieme visibile e nascosto. La Veronica, nella visione di Bosch, appare come lo stesso Cristo, libero dalla croce, che ha compassione di se stesso e contempla le proprie piaghe dal Trono di un perfetto sorriso malinconico. Il mugo è l'anima patibilis nel deserto della taigà e nell'inferno simbolico del lager, 29

una pallida muta luce di Veronica sulla piaga e lo sterminio. E il volto di Salamov al ritorno dalla Kolymà, dopo ventitré anni di deportazione, è quello di un Cristo diventato pazzo per aver portato ininterrottamente il legno sulle spalle senza mai arrivare alla sera del Venerdì Santo. Il mugo è là ancora, per tutti gli altri. Il Male è diventato una realtà determinante, scrive Jung nei suoi Ricordi, toccando il nodo metafisico del mistero storico contemporaneo. Nelle voragini di male che costituiscono il passato umano, pesti, supplizi, guerre, carestie, malattie, il Male tuttavia non era realtà determinante. A una superiore idea dell'umano, a una realtà opposta, l'accesso gli era proibito e qualcosa, attraverso il mare di fiamme, si salvava — una specie di resto di Giacobbe murato dentro una speranza. J u n g aggiunge qualcosa d'infinitamente meditabile: « Un Bene al quale si soccombe perde il carattere etico ». E che cos'è un bene senza carattere etico se non un aspetto della legislazione del Male? Chi non cede è perduto, un povero Béranger, uno straccione beckettiano. Ecco qui, tra radio, telefono, ottimi ospedali, bagni caldi, soccorsi tempestivi, tolleranza religiosa, leggi mitigate, assenza di guerra (per le fette più potenti di pianeta, per le nazioni fortunate) un diluviare di bene amorale, incessantemente prodotto dall'Entità Male, dalla Tenebra che siede al 30

potere - clamorosa, dissolutrice, terrificante novità contemporanea. « Condurre alla guerra un popolo non educato significa gettarlo via » (Confucio). Confucio non aveva previsto Hitler, ma soltanto Salandra e Mussolini. Heimatlosigkeit. Il palestinese senza patria facendosi terrorista vagante opera alla perdita di tutte le patrie; il sovietico senza patria (la patria russa dal 1917 è degradata a spettro propagandistico, non sopravvive che nell'emigrazione) lavora al dissolvimento delle nazioni costituite intorno a una patria. Per riavere una patria la diaspora d'Israele ha messo in movimento i passi ferrati di GogMagog, distruttori di patrie. L'atomo desencadenado che ci irradia senza distinzioni di lingua e di confini è un sinistro segno di assenza di patria, nella passività e nell'ineluttabilità. La patria non è la nazionalità, non è il passaporto... E la coscienza limitata di un destino comune, ravvivata da presenze simboliche; nel mondo attuale un pericolo, un'impostura (surrogato di sacro) perché il destino comune si è mondializzato e sui simboli soffiano i demoni. Mancanza di patria (la Heimatlosigkeit di Heidegger) è la morte di Dio applicata alla storia 31

contemporanea. Potrebbe esserne un riflesso. Così tutto s'innerva e complica. Non muori. Entri nella vita profonda della dimenticanza. L'eccesso di pena sorride, ma è nel non poter vedere questo sorriso che l'eccesso consiste. Tomizza dice molto bene che Trieste si è data a un paese « lontano dal poter capire la portata della sua dedizione » ; è così, e il suo irredentismo avido di catastrofi si redime proprio nella violenza e nell'esperienza della passione delusa. La più morta città d'Italia, perché la più femminile. Trieste interessa i curiosi di Eros metafisico e di passioni genere UFO; si ha nostalgia di questa sua stranezza, ci è patria per questo. La si ama perché la volpe stinta e strappata che le si è incollata addosso da prima di Sarajevo è in realtà una Venere predante e vederla portare il lutto della propria passione per una nazione spaventata dai suoi deliri è una specie di incontro con la gloria senile. Si va a visitarla come nell'ombra di un ospizio, con rispetto e rimorso: « Quella vecchina là, sparita in fondo al corridoio, ha amato ». Quando Hoelderlin canta Rousseau, la grandezza del cantore supera di moltissimo 32

il soggetto. (Dall'essere entrato nel cuore di H. è fatto grande Rousseau). E Angelo Mai, e Brunetto Latini, chi li ricorderebbe? (Tragedia dell'Architettura). Adoravano la Geometria e un Dio Geometra, gli architetti della Rivoluzione, ma non vedevano che la vera, divina Geometria li aveva abbandonati. Al suo posto c'era una porta spalancata ben lontana dal somigliare a un Portale, a una ianua coeli - da dove irruppe l'architettura arimanica, sventura del mondo, coi suoi rettangoli di morte. Nella sua ambiguità, Geometrìa conteneva Vita e Morte. Non bisogna avere dei padri che siano stati vittime passive; questo deprime e guasta figli e nipoti. Mathilde de la Mole ha orrore dei suoi parenti che nel '93 si erano fatti égorger. comme des moutons, senza aver ammazzato almeno qualche giacobino. Chiave psicologica di Israele, dopo il 1945: riscoperta dell'antico istinto sudista per vergogna dell'eccesso di passività dei padri. Per farci ritrovare che cosa sia profondità, mistero e tremendo della giustizia, del potere pubblico che voglia farsi guardiano dei cittadini, bisognerebbe che un vero console di questa repubblica senza cittadini (privazione essenziale che rende un vero console inimmaginabile, possibili solo cesaretti o quisling) pronunciasse su un gruppo di pro33

vati assassini il vixerunt di Cicerone in Senato, dopo la strage dei catilinari. Mi avvicinai a Spinoza perché mi sembrava che avvicinasse Dio; me ne sono allontanato, scoprendo che lo allontanava. Ora non so più. L'Occidente non ha contro soltanto la Russia sovietica, l'immane sua disumanità in figura di potenza militare: anche la Russia degli esuli, dei Solzenicyn, dei Sinjavskij, dei Tarkovskij, la cristianissima, la spirituale, ci è nemicissima. Se fossimo capaci di un vero combattimento spirituale, ancora, capiremmo. Con la sovietica qualche sbriciolante compromesso è sempre possibile. Con la Russia spirituale eterna il contrasto è insanabile. Avete la libertà senza la guerra; per forza dovrete vivere tra un'infinità di crimini. Chi vede, altro non vede che questo: la luce, le tenebre. Anna Caterina Emmerich vedeva la luce e le t e n e b r e c o m e realtà positive, f o r -

me viventi, vedeva ogni realtà visibile sotto specie di luce e tenebra e loro emanazioni. Se si costruiva una casa su ossa maledette, Anna Caterina lo vedeva e sentiva. La Russia era vista come un mare di tenebre. Quando luce e tenebre non sono viste che come metafore, perde luce il pensiero. 34

« Senza i morti della prima guerra mondiale, Hitler non sarebbe mai esistito » osserva Elias Canetti. Questo pensiero diventa più chiaro intendendo i morti come Mani al lavoro, spiriti lamentosi e maligni, entità vendicative, trincerati di posizioni dell'Occulto. Hitler avanza sotto questo baldacchino di ombre e col suo potere ctonio ne esaspera il demonismo: ombre dei caduti e Hitler si eccitano mutuamente perché il Male trionfi. Ma chi gli avrà fornito queste legioni di ombre? Se, una volta finito il melodramma Uomo, si potessero esaminare, classificare gli oggetti, le cose che abbiamo formato e adoperato, che ci hanno aiutato o ucciso, da cui ci siamo separati con malinconia o con sollievo - a dare un'idea della storia umana e della sua impenetrabilità questi basterebbero. Il dualismo fondamentale ne emergerebbe come una fiammata, da una parte la brutalità, dall'altra la delicatezza e la fragilità, qua la forza là i deboli, ci sarebbero i reietti, i dannati, il sottosuolo, i perduti, gli abbietti, e gli eletti, i beati, i salvati, i sublimi, ci sarebbe la quantità incredibile (via via che il tempo si avvicinava all'ultima Pipa) di futili, di sgraziati, di opachi, di volgari, di aridi, di dementi, di vissuti e morti e rinati nel buio e per il buio, e in qùell'oceano di consumazione, qualsiasi mente — salvo la divina — si perderebbe. Dal mucchio, un paio di tenaglie da carnefice e una Persefone col naso rotto, un compasso, 35

una Rolleicord, un ventaglio da maja e venti modelli di Remington, una pala, un mazzapicchio, una catenella intorno a un cuore di corallo, due bacchette cinesi, una valigia di emigrante, un francobollo col timbro « Londra », prime cose trovate, direbbero, come anime, la loro determinazione di non darsi all'intelligenza, non ritenendo degna di capirle che la Sapienza. Quando il ritratto è visione... Neil'Empecinado di Goya si può scorgere il Partigiano Escatologico, un futuro mondiale. (UEmpecinado è parente del Coloso). È nel momento in cui la nazione più sradicata, la senzapatria d'emblema, si radica in una patria - Israele - (in una patria rimasta sua e insieme non più sua) che la privazione di patria diventa realmente (come disse Heidegger, proprio in quegli anni) un destino mondiale. E come se quel radicamento le altre nazioni dovessero pagarlo col proprio interiore sradicamento, con un deperimento spirituale misterioso, quasi che quella piccola patria tra i deserti non potesse vivere che succhiando patria a tutti gli altri e imponendo così una presenza e una convivenza di collisione permanente, che non dà requie e non riesce a trovarne.

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Uno dei peggiori miscugli, per vivere con disagio: avere piantato nella mente il senso profondo dell'anima che vive qui nell'esilio e presentire la malinconia di Psiche buttata e arsa nelle fornaci della Materia - Dio, vivo sì, ma lontano, al di là del muro e del gelo - ed essere nello stesso tempo incline per debolezza e contaminazione a richiedere alla Materia cure, consolazioni, casa, polis, ordine, igiene, spettacoli, tranquillità, scampo dai pericoli (che la Materia dà con la riserva e il piano di farne i nostri freddi dominatori, e di capovolgerli al momento buono in miserie, rotture, squallori, fetori, perché è e rimarrà Tenebra). Ma questa è anche una delle forme dell'esilio. Bisogna viverlo allo stato puro, senza chiedere niente alla civiltà che è figlia di Satana, nudi, disperati, battendo i denti, affamati o almeno malnutriti, desiderando di morire; e naturalmente non ho neppure tentato e nessuno mai mi avrebbe indicato questa come la giusta via. E Satana dappertutto, in silenzio e con fracasso, sta riducendo in pezzi i suoi simulacri d'ordine, la sua barbarie pretesa necessaria. Per la Tenebra, il contrario del falso è un falso peggiore. Per chi abbia perduto ogni ricordo di unità dell'essere una radiografia di condanna a vivere ulteriormente, dopo giorni di allarme, diventa il colmo della felicità. Una spruzzata di colonia su una decomposizione ti sorride come un promettente futuro, mentre le parole date come strumento di 37

liberazione diventano legno di garrote dell'albero della morte. L'appuntamento con le esalazioni dal profondo del Male, ci aspetta tutti i giorni dal giornalaio ma « quel che viene dall'alto all'alto ritornerà » (Sirac. 40, llb). Per quale crudeltà, per quale volontà di far soffrire, è stato reso impronunciabile il Nome Tetragramma che solo se pronunciato avrebbe potuto essere la salvezza di chi lo invocava? Un vecchio che non prega è un puro e semplice rottame muto. Se con Dio non si lotta, Dio è morto. Se con la donna non si lotta, la donna è morta. Se con la parola non si lotta, la parola è morta. Se con la casa non si lotta, la casa è morta. Se non si lotta col pane, il pane è morto. « ...qualunque fortuna tu avessi, tien per certo che tutto sarà gastigo » (Manzoni, cap. xxxv). Strappa la massima dal contesto, dov'è ammonizione, e lasciala libera di dichiarare il destino dell'uomo all'infinito. Nel Dostoevskij di Gide c'è il suo incontro con 38

Walter Rathenau. Rathenau deplorava gli orrori della rivoluzione russa ma diceva: « Un popolo non arriva a prendere coscienza di se stesso, e così un individuo della propria anima, se non sprofondando nella sofferenza e nell'abisso del peccato. Per non aver acconsentito né alla sofferenza né al peccato l'America non ha anima ». Sironi e i pittori suoi contemporanei, Mussolini li disprezzava: aborriva l'arte negativa, quantunque gli fossero devoti gli artisti. Stessa mentalità di Lenin, di Stalin, di Hitler, di Mao, menti squallide e perverse. I nichilisti odiano i pessimisti: chiunque conosca la verità del dolore intralcia i loro piani per l'incremento dell'infelicità del mondo. Essere desnuda è paradosso per una maja, che lo è essenzialmente per il vestito, che dissimulando tra le sue tinte e pieghe il corpo, offre allo scandalo l'anima maja, oscura. La filologia erotica si perde, in un così allegro palinsesto: nudità di maja che nega il majismo. O Prado! Quel bagliore accecante ha luogo in una frigidità d'abisso; viene, come il meglio dei tuoi fantasmi, dall'ombra. È perché i grandi velieri sono spariti, che si 39

sono addormentate negli armadi le grandi sottane? La donna, non essendo che immagine, non muore. L'uomo muore. Che cosa importa se, cogli anni, si gode sempre meno, quando si arrivi almeno a strappare, ogni volta, qualche cosa in più del mistero erotico, e con l'ubriacante certezza, forte come una ferita, che si è scoperta una nuova terra, un'isola che non vedrà più altri sbarcare? Questa mostruosa perdita della bellezza del mondo è il nostro castigo per averne creata una superiore per mezzo dell'arte? (Pensiero da dandy della fine). Solo la lingua verde dice la verità: corner del cono è la verità del prostituirsi. In un rifugio tedesco, a Carency, Grande Guerra, Pierre Mac Orlan, fante, trovò una testa di gesso, femminile, con un nome, Dora Zweifel, e lo consegna in un ricordo, come scoperta di qualcosa di sconcertante in mezzo all'orrore, puro enigma. Riattivo per me quel ricordo: la guerra è permanente, dove c'è una devastazione può apparire qualcosa di bianco, una testa di gesso, Dora Zweifel, 40

viene dal nemico ed è superiore ad ogni nemico, so chi è ma perché rivelarlo? Vorrei anch'io, dopo tanti anni polvere, essere ritrovato da qualcuno rimasto umano, ritrovato in un suono rotolato fin lì, Dora Zweifel. Ci sforziamo di conservarci in salute per poter morir bene di radiazioni o di aria avvelenata. La Russia, dice Marie Bonaparte, « è molle quanto è immensa, grande corpo invertebrato dove non circola che una vita rarefatta » (diagnosi da dottor Astrov). « Un marchio d'inferiorità mentale e morale senza speranza è impresso sulle azioni russe » (Conrad, 1915). Meglio ancora Jung, Ricordi: « ...la manifestazione del Male senza maschera ha assunto forma stabile nella nazione russa ». Lettera di Conrad su Polonia e bolscevismo del 24 marzo 1920, dice la barbarie leninista peggiore della tartara e della turca perché derivante « da un'enorme massa in ebollizione di pura corruzione morale, generante violenza di un genere più deliberato ». Con la rivoluzione di ottobre, il vero, profondo nichilismo ha assunto forma di Stato, che in realtà è un'apparenza di Stato, una sigla, URSS, con una successione di entità oscure alla guida dell'immenso corpo senza vertebre, vasi riempiti di fredda malvagità, di odio perpetuo, illimitato, nei cui piani 41

non può esserci che la sventura del mondo. Per guardarsi dalle loro trappole, ricordare Macbeth i, se. 3: « ...spesso, per portarci alla perdizione, gli strumenti delle tenebre ci dicono alcune verità, ci convincono con oneste sciocchezze, per poi ingannarci sui fatti di più gravi conseguenze ». « Tanti muri, perché? ». E le teste, allora, dove sbatterebbero? S'impregna della stessa furia che acceca e trucida gli alberi la mente; metà è già terra di desolazione il pensiero. « Avrete, delle vocali, il suono. Ma sul loro colore congetturerete invano ». Una cosa a cui non si pensa: che una grandissima parte delle possibilità del pensiero e del linguaggio umano è già irreparabilmente perduta per la desertificazione tecnica del mondo (e non si pensa a questo, perché è bruciata la libertà di pensarlo, scancellato il sentiero per arrivarci). La mente è inquinata quanto il Mediterraneo e il Po. Prima che il sangue fosse contagiabile dalla Malattia-sigla che disimmunizza il corpo, la mente aveva già perso il più delle sue immunità. Il pensare è così diventato uno sfibrante raduno di lottatori superstiti, di pezzi di linguaggio, con 42

tenace essenza speculativa - uno sforzo di alcuni poveri Alcidi soffocati e vinti da stalle di Augia invincibili. Questa è una verità molto importante, una scoperta per orientare ed emendare la protesta inutile, il gemito impaziente. Due versi di Henry V, atto i, se. 1 : And so the prince obscured his contemplation Under the veil of wildness

hanno fatto passare per il Globe un raggio di Qohélet (2, 1), segretamente. Ne fa ancor più Ecclesiaste la versione di Marcel Sallé: Ainsi le roi, voulant étudier la vie, A mis sur son visage un masque libertin.

La natura rifiutandosi clamorosamente di servire all'uomo, avendo altri fini, l'uomo sempre più sarà asservito all'uomo. Le conseguenze saranno una schiavitù illimitata universale, sodomia obbligatoria, antropofagia legalizzata. Una saliva ex alto ci apra gli occhi: visione dell'inferno subito emergerà dal visibile e sarà la mappa occulta del mondo, i mari, le città, i vulcani, le catene montuose, i deserti, tanti pensieri senza luce, il silenzio delle bestie, il grido dei fiori, le malattie dei colori, il tempo che è stato, il tempo che sarà. 43

Dire « morire come mosche » non ha più senso; « morire come alberi » bisogna dire. Questo ci ricorderà la nostra maledizione. Niente ferma la vittoriosa marcia dell'Alito Cattivo. Si salvano solo i bambini; negli adulti è tra i segni dell'intossicazione mentale e dell'insudiciamento del cuore, oppure di occupazione maligna. Aumenterà le solitudini, indebolendo il desiderio di penetrare nell'altro. Anche tra le donne va diffondendosi; può essere un'arma adoperabile contro il nemico-uomo. Quattro gambe sotto u n lenzuolo: tronchi d'albero abbattuti, in attesa di essere caricati e poi piallati e trasformati. Al mattino, si fingono verticali, per ritardare il trasporto. « Quando cielo e terra si chiudono, l'uomo capace si ritira nell'oscurità » (oracolo I King - Khun). (Forse capace non è traduzione buona; bisognerà intendere illuminato). E quello che intravedo come: imitare il silenzio di Saint-Just dalla caduta di Termidoro alla ghigliottina. E facile dire che non è più tempo di profeti. Non è più tempo neppure di traduttori di profeti. 44

Il grado di paura per l'Immunodeficienza Acquisita si misurerà sull'aumento degli incassi dei ristoranti. L'Eros omosessuale era specialmente passione carceraria, di luoghi e società di reclusione. Ma abbiamo fatto dell'universo un luogo di reclusione, tutta la civiltà tecnica è uno smisurato carcere... Banditi e malaria hanno fatto il paesaggio italiano (borghi e città in luoghi elevati, difendibili e salubri); altra malaria e altri banditi si dirà lo disfecero. Molti ospiti, molta canaglia. L'uomo socialissimo è l'uomo segregatissimo. Casa mai vuota d'ospiti è già figura di Gulag. Di Dostoevskij (Demoni), da meditare: « I demoni esistono indubitabilmente, ma il modo di comprenderli può essere diversissimo ». C'è anche il dimenticarsene; e tutto il mondo ne è preda. « A settant'anni soltanto si può compren45

dere interamente il primo versetto dell'Ecclesiaste » (Schopenhauer, Parerga). Sto toccando i sessanta; ci sono quasi arrivato. Ne ho dato una nuova versione da pochi giorni; la prima fu più di trent'anni fa. Se non è detto in ebraico non è comprensibile realmente neppure a ottanta, perché dirlo è pensarlo. « Perché Dio, che è infinito, infinito amore e infinito dolore vuole » (Santa Caterina, Divina Dottrina III). Parafrasi vertiginosa di Qohélet (Caterina l'oltrepassa): « A cui cresce amore, cresce dolore ». Nella prodigiosa meditazione sull'uomo Napoleone, Merezkovskij dà immagine, sublime, e la più completa, del vero potere: « Nei suoi istanti di suprema potenza, non comanda più come un uomo, ma seduce come una donna ». E così: il potere supremo è androgino. E anche la via satanica: il vero comando è la seduzione. E dà l'impressione a chi ubbidisce di essere salvato. (Agamennone, potere senza ambiguità, solo virile, incapace di sedurre, dipende dagli indovini e dai consiglieri, finisce sgozzato da una donna, per non aver saputo essere un re-femmina). Nella sua visione di morente, si vide sul pon^ te di Arcole (interpretazione di testa e armata, ultime sue parole, riportate da Antom46

marchi, come testa di ponte, l'armata sul ponte, tutti alla testa di ponte). E r a sulla linea di

fuoco, nel cuore della killing Zone. E bello morire avendo Arcole nella memoria, forzare il passaggio, conquistare l'altra riva col fuoco della propria sofferenza. Spiegazione della Morte Rimossa nella società contemporanea: « ...si può dire... che quanto più la vita dell'uomo è simile alla morte, tanto più la morte sia temuta e fuggita » (Leopardi, Zibald., 25 luglio 1823). (Così anche Lazare Canteau e certi grandi malati). Nell'espressione « assunzione in pianta stabile » è già il certificato di morte; il periodo della pensione è l'intervallo pieno d'incertezza - limbo oscuro — tra due morti. Forse si accorgono di essere dei morti e questo gli fa temere di esserlo due volte. C'è un limite all'essere morto. Ecco che cosa è, in profondo, tradurre: esercitarsi, non in una lingua, ma a morire. Lungo la via si manifestano compagni che non ti abbandoneranno. Dalla sùra di Giuseppe, Corano 12, 101 ecco chi mi è venuto incontro per sollevarmi da ogni abbattimento: O mio Signore! Mi hai della tua potenza Un atomo confidato E una parte hai passato in me Del senso dei detti oscuri 47

O Creatore di cieli e terra! Mio protettore sei tu Nella presente vita Nella futura A te sottomesso fammi morire E tra i Giusti venire Il 18 febbraio 3012 avanti Cristo sarebbe cominciata questa età del mondo (pessima: kali-yuga) destinata a durare quattrocentotrentaduemila anni (Zimmer). Era un venerdì! Secondo Ermete, la fine dell'Egitto segnerebbe la fine del mondo. La pace fatta tra Egitto e Israele (che non ha mai voluto la fine dell'Egitto) l'ha differita. Ma non f u visto che un ometto scuro sbucare da un aereo in uno stato di evidente tensione, davanti a una foresta di telecamere; e più tardi quell'uomo intelligente fu assassinato. Le vie delle parole. Helter Skelter dei Beatles si riferisce al toboga del Luna Park. Charles Manson lo piglia per insegna — un in hoc signo diabolico - delle sue stragi, gli dà le ali nere del crimine che doveva scatenare « in fretta e furia » la fine del mondo.

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A Massabielle Bernadette vide certamente (in figura di Signora) l'Atman-Brahman, ma dopo l'estasi dell'Unità provata tornò, anche perché torturata dalla bassezza mentale che la circondava, alla dispersione molteplicitaria. Così sopravvisse qualche anno, tollerata e perfino venerata in questo mondo di ciechi. Ma il ricordo dell'Unità gli sarà rimasto, incancellabile. Nel luglio 1945, l'esplosione sperimentale di Alamogordo, e il 6 agosto il volo dell 'Enoia Gay e Hiroshima. Sull'operazione Trinity (in codice è Alamogordo) un astrologo, Mike Harding, ha ricavato un grafico del momento planetario e fa questa osservazione assolutamente straordinaria: « il grafico di Trinity, momento iniziale per l'uso distruttivo dell'energia nucleare, è a sua volta compreso in un più vasto schema, come un nero insetto intrappolato nell'ambra, in attesa non solo del tempo e del luogo per emergerne, ma anche già in intima connessione con quegli stessi eventi, secoli prima che si verificassero. È quasi come se un piccolo gruppo di uomini avesse in passato creato una matrice in vista di tale evento, per renderlo possibile, chiamandola AMERICA ». (Tocqueville potrebbe aggiungere questo, poche righe di più, alle infallibili profezie sui deux grands peuples alla fine della prima parte della Démocratie en Amériqué). C'è da pensarci, affascinati... All'interno del grafico di una colossale immigrazione bianca e nera, europea e 49

asiatica, ecco il grafico dell'immigrazione scientifica dall'Europa minacciata e poi occupata da Hitler: Bohr, Szilard, Teller, Oppenheimer, Fermi, Einstein — un grande ventaglio che concentrerà il suo palpito nei laboratori stregati di Los Alamos... Alla bomba lavoravano molti Stati, ma soltanto l'America doveva arrivarci per prima. E dalla diaspora ebraica, tutti quegli esiliati ebrei convergono là per fare la bomba prima di Hitler, che ci pensava molto meno di loro e i cui scienziati si sforzavano più di ritardare i lavori che di affrettarli. Il generale Groves faceva da cane da guardia a quel branco di cervelli che avrebbero finalmente scoperto il segno segreto dei più lontani sbarchi, di Magellano, di Cook, del Mayflower, nel giorno dell'Esperimento... (Altro significato: Trinity perché le bombe in cantiere erano tre: una Trinità della Materia bruta, in corsa per dominare il mondo). L'astrologo dice ancora: « Non ci può essere alcun dubbio, che quando YEnoia Gay decollò, il momento della sua partenza portava la firma del suo paese, che era al tempo stesso l'architetto della sua missione, il progettista del suo carico e lo spettatore della nascita del fuoco atomico ». Così gli Dei avrebbero tollerato tanta libertà in un intero continente, perché poche menti stravolte da Hybris, impazzite di finta libertà dentro le manette della Hybris e della Necessità, emettessero questa lingua di fuoco, prigione e rogo del mondo... E Lincoln per questo avrebbe tolto le catene agli schiavi, e per questo sarebbe partito, tenuto per mano, 50

da Livorno, il ragazzino che avrebbe lustrato le scarpe a Brooklyn, e futuri cuochi e patarini da Canton, altri da Leopoli, da Minsk... America, Terra Promessa del fuoco nucleare. Poi, tutto il mondo f u America. Ricevere un saluto da chi resta seduto, uomo o donna, è una delle offese di primo grado di cui pochi si accorgono, abituati come sono alle inciviltà del mondo. Ma salutare rimanendo seduti è saluto di malavita, di ambienti di sottosuolo: diventa normale se il confine si perde. È bello e giusto alzarsi anche per salutare un bambino, u n poveraccio, un cane. Vedere le donne restare sedute per salutare, allungando una mano attraverso un tavolo, in Occidente, è brutto come vedere gli uomini, in Estremo Oriente, restare seduti per salutare (o non salutare) le donne. Vecchi malandati, che a fatica si alzino per salutare, irradiano in quel momento vera luce. L'attore in camerino, alzandosi mentre si sta truccando o struccando, per salutare un visitatore, gli fa un dono di distinzione che gli è reso in aura di simpatia. I saluti seduti sono dei disprezzi incoscienti. Il salutare in genere non lo s'insegna più, nell'infanzia: e sempre più i bambini somigliano a bruti, le femmine a scottature. Nelle case borghesi, piene di libri e di oggetti, i bambini sanno solo gettare in faccia al visitatore silenzi ottusi o porcherie come le scimmie. E io mi alzo per salutare anche questi insetti nocivi e privi di ali! Se non mi alzassi, 51

se non gli sorridessi, riterrei di avergli già appioppato un calcio preventivo sulla crudeltà facciale. No! Diamogli una dilazione. Nell'autoritratto di Torino, di Leonardo, si legge anche come una pena di se stesso per essersi fatto sfuggire l'unità del pensiero, per aver frantumato la mente lanciandola in troppe direzioni e in un eccesso di movimenti speculativi, e questa pena di diviso dà al volto la sua unità, il suo raccoglimento finale nella grandezza di un rimorso. Mi parlava, Alessandro Manzoni, di anatomia e di erotismo; ma l'anatomia non era che un paravento, non mi parlava che di erotismo. Entra all'improvviso l'abate Rosmini tutto stracciato e polveroso che dice a Manzoni: « La farò arrabbiare, ho incontrato un corteo di dimostranti ». Chi sa se gli uomini che in vita hanno ricevuto dalle donne, da molte donne, moltissime carezze e parole d'amore, attraversano la Valle dell'Ombra soffrendo meno e con meno paura? Mai sapremo quanto Eros compresso abbia trovato sfogo, tra 1792 e 1815, grazie alle note marziali di Rouget de l'Isle. 52

Il simbolismo fallico della bombarda e del cannone si è dissolto. L'artiglieria missilistica riflette l'affievolimento virile e l'abbigliamento unisessuale. Il missile è un phallus, ancora, ma estremamente stilizzato (come in certi vasi greci); incapace di eiaculare, non può far altro che esplodere per disperazione. La forma del suo sadismo è la precisione. Tutto è messo in opera, nelle democrazie occidentali, per salvare terroristi internazionali e proprii, sottrarli anche a modeste pene detentive. « Chi salva il lupo uccide le pecore » (Victor Hugo). Le pecore uccise sono il disonore dei loro guardiani. Sperano, cedendole ai lupi, di conservarsi come Stati, ma è perché la loro volontà di mantenersi come Stati è debole che abbandonano alle stragi le loro pecore. Il tè, adottato nei primi secoli dell'espansione militare romana, avrebbe cambiato più della Grecia i costumi di Roma. Meno schiavi torturati, meno Cesari feroci, meno ubriacature di pesanti vini meridionali; il legno al posto della pietra, ponti sottili invece di ponti su enormi pilastri, nessuna ambizione di sfidare il Tempo. Ci sarebbe voluta anche qualche fumeria d'oppio nella Suburra. Orazio parla ossessivamente di vino, oppressivo mattone, mentre traccia su 53

seta disegni nitidi a china della Vita e della Morte, come non avesse mai bevuto altro che tè. Per aver battuto, con poche armi moderne, nientemeno che Francia e America, Giap sarebbe il più grande generale di tutti i tempi, se non avesse battuto due nazioni che avevano già battuto se stesse, rinunciando ad ogni volontà di vincere. In Algeria, qualche anno dopo, la Francia si fa battere da un proprio generale, il più famoso di tutti, e di fronte non aveva neppure un Giap, nessun generale, soltanto ombre sanguinarie. Diventata inabile ad usarle per sé, si mette poi a vendere con frenesia armi straordinarie ad ogni specie di Stati, anche i più pericolosamente criminali. Vende perfino fuoco atomico, agli arabi, a Israele... Misteri delle decadenze militari: nazioni che diventano infantili e infantilmente cattive, per aver perso l'abitudine di regolare gli affari con la forza. Di rado c'è vero onore nella gloria militare (per i motivi, i mezzi, le conclusioni) ma nel vuoto della sua assenza non si depositano che cumuli di disonore. Una delle più grosse stupidaggini è il oh quante cose buone si potrebbero fare col denaro

speso in armamenti, perché con quel denaro, cretini e criminali come siamo, si farebbero certamente cose peggiori, e con molto più certi danni, perché questa è una pace senza 54

Legge. Le armi più costose sono armi in gran parte inutilizzate come tali: la loro utilità è proprio nell'enorme quantità di ricchezza ingoiata, che si scatenerebbe in altri campi, indisturbata, per la rovina della terra e l'abbrutimento dei popoli. Se invece di milioni di automobili civili si costruissero carri corazzati, finirebbero tutti in depositi sotto terra, e le città respirerebbero. L'aggressore fiuta le riserve di paura che non sappiamo tenere sepolte. Un vecchio amico di Céline racconta di averlo visto, durante una conversazione, prendere un recipiente qualunque e mettersi a pisciare, continuando a parlare. (Abitudine presa in cella di vuotare la vescica dove si trovasse). Nel cuore della notte si alzava, urlando che diventava pazzo. Un amico di Hindus, vissuto a lungo nei manicomi, diceva di non poter leggere Céline perché ritrovava in lui troppo del suo male e della propria esperienza. Il più grande, il più lucido libro contemporaneo - il Voyage — ha voluto essere il frutto di una mente ferita e malata. L'uomo è un'anima che trascina un cadavere. Noi deploriamo come morte il suo stancarsi, alla fine, di fare da spazzino.

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L'adolescente che per un giorno intero contempla una rosa mentre guarda un montone su un prato, a Marrakèsh (Pierre Mac Orlan, Hambourg, in Villes, NRF) senza mai annoiarsi, senza neppure immaginare che cosa è noia, smentisce Leopardi, il cui pastore il tedio assale se giace in riposo. Neppure lo Jeli verghiano sa che cos'è la noia, vive la vita dell'universo, ha la sua rosa da contemplare mentre guarda i cavalli. Neanche la guardiana di montoni di Millet si annoia. La rottura col reale precipita nella noia. Un uomo che, alle nove di sera, dice « mi voglio divertire » è già un malato incurabile, un essere in perìcolo, pronto a commettere qualche crimine. Una scemenza da capogiro me la ricordo scritta su un muro di Madrid: « Se la legge proibisce, tu proibisci la legge ». Vienna, il primo di gennaio di un anno... Il Prater, gelidissimo mattino, deserto da allucinazioni. In quel silenzio di colorato sepolcro, di morte dipinta, l'unica baracca aperta, con luci per attirare, offriva Perversionen sessuali in film. Secondo Dostoevskij il popolo russo porta con sé l'unione mondiale « nell'amore ». La porta, sì ma - inquadrato da una brutale forza tenebrosa - nella forma pervertita che è la volontà di dominio, nel sadismo. 56

Novembre, memorie di una guerra perduta (la Quattordici-Diciotto). Perduta perché perdette l'umanità: perduta e, quel che è più terribile, incompiuta (ancora non è cessata nei suoi effetti). Perduta da tutti gli intervenuti, in quanto nazioni formate e da formare, creatrice di perditrici guerre future, a catena. Quelli che la patirono, da qualunque parte, solo per questo aver patito, vinsero. « Ho lasciato la mamma mia... ». La Quattordici f u la guerra della mamma, prima era la donna, l'amica o la sconosciuta, che veniva lasciata con strazio e con allegria. Enormi quantità di lettere partirono dai fronti dirette a mamme, soltanto a loro; nelle trincee la mamma arrivava per posta, con la regolarità di un cannoneggiamento. Testamenti spirituali rivolti alla mamma, raccomandazioni alla mamma di aver cura del padre, alla fidanzata di occuparsi della mamma non sua, pensieri e deliri di feriti, sogni di sentinelle, grida di fucilati: la mamma. Matriarcalità, uterinità della passione di patria (in realtà era la matria): Strasburgo, Trieste, gli Slavi vogliono rientrare nell'utero, chiedono insistentemente l'incesto con la madre-Francia, la madre-Italia, la madre-Russia (supermadre). Dilagava la psicanalisi... Lo staccarsi del treno dalla stazione segnava il distacco dalla madre, lacerazione compensata dal ritrovamento, sulla linea del fuoco, di una madre più grande rappresentata dal tenente, dalla bandiera, dalla trombetta e dalla croce57

rossina. Oltre alla madre, la madrina, altro fantasma caratteristico delle trincee. La madre-patria li mandava al macello perché si guadagnassero la sua preziosa vagina. Tornano, nessuna traccia della Grande Vagina, solo spose infedeli, sputi di disertori, allegria di imboscati, e madri di tanti compagni morti, in lutto perpetuo. C'era da impazzire, e impazzirono. Così cominciano gli Anni Venti... Cruciale pensiero di Eliade: la passione storiografica europea - la sua più grande passione intellettuale superstite - come proiezione dell'arcaico rivivere il passato al momento della morte. La coscienza storiografica dell'Europa, considerata « il suo più alto titolo di gloria », sarebbe in realtà nient'altro che una visione di morente, l'istante che precede la morte. Imparare le lingue è soltanto utile. Nelle lingue imparare qualcosa del linguaggio è l'essenziale. Pervenire fino alla parola è l'unica cosa che conti. C'è di più, ancora: toccare il suono, la vibrazione. Il mistero del linguaggio non è dei soli viventi ma abbraccia i morti. L'analisi erotologica di un verbo come detumesco può essere illimitata, rivelare tutto. 58

« Ma allora, Eros non sarebbe che un detumescereì ». « Partiamo di qui: che cos'è realmente detumescereì ». Ancora non abbiamo capito Canne, siamo al buio sul meccanismo che scatenò Quattordici, e crediamo di poter sapere come sarebbe una guerra planetaria. Si nox furtumfaxit si in im occisit iure caesus esto (XII Tab. 8, 12). Infallibilità delle Dodici Tavole: « Chi in un agguato notturno (o in una rapina notturna) uccida, sia a buon diritto ucciso ». Valido sempre. Ma c'è qualcosa per noi difficile da capire, nox. La notte per il nostro Diritto non è un aggravante, perché abbiamo perso il senso della gravità della notte, della sua complicità nel delitto, della sua matrice criminogena, del suo essere altro dal giorno. « Disperdo il mio tempo » non è un accusarsi superficiale, va detto con orrore e sgomento; vuol dire lo mando in malora, lo perdo miserabilmente. E se la dispersione è inevitabile, effetto di cause necessarie, ecco la grinza della fatalità, che niente può modificare, posarsi sopra le ore insignificanti di una vita che poteva non essere qualunque.

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Brache rotte cadute in un vicolo abbandonato, per caso passi e drizzandosi sono la luce della Conoscenza. ...lo spettacolo di una umanità che, tutta intera, si lascia degradare ogni giorno di più dalla scienza, dal denaro e dall'odio. « Eminentissimo Signor Segretario di Stato, appartengo alla Famiglia che da oltre due secoli ha l'Onore e il Privilegio — unica in Roma - di rifornire di Organi e Visceri dei propri cari Membri Defunti, la Persona dell'Augusto Pontefice* Poiché mai la mia Famiglia, pur avendone avanzata in varie epoche umilissima richiesta, ha potuto conoscere a quale uso tale sua proprietà fosse destinata, sono qui a pregare l'Illustrissima Eminenza Vostra, con l'assicurazione che l'informazione resterà confinata nel più assoluto segreto, ben consapevole che non può trattarsi che di un grave motivo di Stato, di concedermi di sapere... ». « Egregio Signor Fabiani-Cima, in riferimento alla Sua Pregiata del 7 corrente, ho l'onore di informarLa che a cotesta Segreteria di Stato non risulta affatto... ». « ...mi permetto d'insistere, con l'Eminenza Vostra... sono in grado, per mezzo di Perizie Medico-Legali, di procurare... tratterebbesi altrimenti di spoliazione sacrilega da parte di Ignoti... consegnati in data 4 agosto 1938, mese particolarmente caldo, alla Guardia 60

Svizzera Gruber sotto il colonnato, lato destro... ». « Poi mi riho ». Tommaseo, Diario, dopo pensieri di suicidio. Riaversi, riappropriarsi di sé. Ed eri stato vicino a gettarti via... Commuove dire, sentire dire, nel parlare riparato e intimo, pancia (parola bellissima, erotica e nobile) e pigliarne coscienza, allargare l'idea di pancia a tutto, luogo profondo, luogo molle e perforabile (anche dal sentimento), a suo modo parlante, più vicino di tutto il resto alla verità della morte. Pancia istituisce una comunicazione tra esseri condannati alla stessa precarietà e fragilità, che non si conoscono né si amano, ma hanno in comune la pancia, il mistero della pancia... Essere amanti è scambiarsi la pancia, subito, scoprirsi una nuova pancia. Ma solo le donne hanno una vera pancia. Così impregnati come sono ormai di menzogna umana, come possiamo fidarci degli astri? Come può riemergere, in un pensiero contemporaneo, nella sua integrità, il tragico greco? Eppure eccolo, in un pensiero di Artaud: Je représente la fatalité qui m'élit. 61

L'oroscopo personale vale essenzialmente per il piacere che dà sentirsi, così nullissimi come siamo, in qualche modo inestricabilmente connessi a fenomeni grandiosi, a transiti di pianeti nel sole, e il percepirsi soggetti e frantumi di una storia al di là del famelico limite di una cronaca. E se fossero atti e pensieri umani a provocare cadute di meteoriti, dissoluzioni stellari, buchi neri, comete? Se fosse stata la Rivoluzione Francese a fare uscire allo scoperto Nettuno? In genere, l'uomo di scienza contemporaneo è un uomo molto ilare. Non si capisce perché. Non ha nessun motivo per esserlo. Tutto quel che conosce, manipola, trasmette, provoca e produce è enormemente deprimente; dopo che uno ha saputo i risultati delle loro ricerche ha bisogno di distrazioni, vorrebbe una donna, un cinema subito... « L'anima che combatte per farsi anima tua »: meraviglioso verso di rivelazione di Giorgio Seferis. Amour-propre è molto forte nell'uso del xvn (culminante in La Rochefoucauld) perché equivale crudamente a egoismo. Questo dice la forza del pessimismo morale delle Massime, essendo l'uomo nient'altro che la marionetta de\YAmour-propre. Egotista, invece, è 62

chi ha la mania di parlare sempre di sé. (È preferibile un egoista silenzioso). « Mi son errato » (Petrocchi, arcaico, profondo). - Volete vivere insieme molti anni, amandovi, senza avere figli? Vi approvo con tutto il cuore. Ditemi le ragioni. - Per non avere rimorsi... - Bene. Precisate meglio. - Per non accrescere il dolore e la vergogna del mondo. Perché non ci sia qualcuno in più a fare il male o a patirlo. - Benissimo. Ma specialmente vi angoscia il presente, immagino, e posso ben capirvi. Siamo nel 1987 e il dominio di certe oscure forze, al lavoro da molto tempo, è diventato quasi assoluto. - Sì, e noi lo vediamo e sappiamo. La nostra risposta è: almeno, i demoni non avranno i nostri figli. - Che cosa temete, materialmente e spiritualmente, per loro? - Tutto... L'aria i n f e t t a t a l e fughe radioattive e chimiche (più normali passeggiate, che fughe), l'alimentazione stravolta, l'acqua, l'allargarsi inesorabile del deserto, della civiltà come deserto, deserto senza confini, i giornali che leggerebbero... Deporremmo piumosità tarpate in uno spazio da ogni parte sbarrato, ci guarderebbero occhi strazianti di coniglio da esperimenti. Ma sì, 63

tutto, tutto è da temere, e non è viltà temerlo, perché questo tutto è privo di crepe... Le violenze, il dispoglio di patria, gli organi strappati legalmente in giovani morti per utilizzarli in esperimenti, l'incombere del Gulag, l'asservimento all'economia industriale... E i brutti, avvilenti abiti che indosserebbero, la vista di alberi che non respirano più... e l'amore che non saprebbero più né dare né ricevere... Gli sfuggirebbe il senso della poesia, della poesia come rivelazione e pensiero... Non sapremmo come fare a spiegargli: guarda che questo è divino, che questo non è culturale... - Oh sì. Certo... Chi oserebbe replicarvi qualcosa, che non fosse ispirato dallo stesso male da cui voi volete proteggere i vostri non .nascituri, molto attivo nel persuadere qualsiasi cosa? La terra è sempre stata un luogo inospitale e terribile, ma vederla trattare così, con tanta brutalità, da sterminate legioni di cannibali... C'è altro, ancora, che vi angoscia? - C'è la scuola, la scuola come obbligo, come prigione mentale. Basterebbe questo. Come tollerare di mandarci degli esseri indifesi, di saperli chiusi là dentro, la loro mente confusa messa a friggere in quelle sudicie padelle... Perché sappiamo quanto vigliaccamente li corromperebbero quei libri, quelle bocche, quella scienza. E come sottrarli? Dappertutto è scuola, il carcere scolastico ti segue come un agguato in qualunque posto. E poi l'Università, un concentrato di deliri, Zecca di libri falsi, anticamera dell'inferno tecnico, 64

martello di orizzonti ciechi... No, rinunceremo ad aver figli, ma ameremo e cureremo come potremo le vittime dell'uomo: animali, alberi, bambini. Agli ultimi fiori nati liberi, insegneremo l'ultimo latino. - M'inginocchio davanti a voi e mi alzo per benedirvi. Non sarete mai sterili, mai soli, e un Dio « clemente e misericordioso » non potrà che perdonarvi di non aver ottemperato alla mitzvà della procreazione. Sterile d'anima è oggi chi coscientemente procrea, arido chi dà creature a un deserto ben più crudele di quello dei nomadi semiti, che poteva ancora miracolosamente fiorire. E disumano e colpevole è chi consegna i suoi figli alla violenza che è la Scuola, col pretesto veramente ignobile che, in caso contrario, non saprebbe dove metterli e in che cosa occuparli. Sicuramente voi entrerete tra i Giusti. Cara amica, un suicidio non è soltanto un gesto, è anche dei motivi importanti per compierlo. I motivi teorici li ho, nell'inaccettabilità indicibile di un simile mondo sfigurato e accecato, in preda a dominazioni di terrore, contro le quali combatto in un modo che piacerebbe a Cervantes, e non senza honra, ma troppo, troppo inutilmente. Mi mancano, perché i motivi diventino gesto, una vera vocazione giovanile e una spinta contingente senile (che tuttavia potrebbe presentarsi) e mi osta65

colano la paura, i riguardi, la riluttanza alla ribellione suprema all'Ordine misterioso, di mano divina, di cui anche questo disordine potrebbe essere parte. Inoltre, aspetto Qualcuno, e questo ti dica quanto io viva tra il lucido e l'estatico: Qualcuno che sia un inviato dell'Alto, un Veltro, un redentore la cui luce brilli nelle tenebre... finché si aspetta un evento impossibile, veleni e pistole restano nell'armadio... Ti assicuro che non ne tengo, in casa, eccetto un po' di varecchina, che mi ricorda l'acqua potabile; dovrei faticare per procurarmeli... Ma motivi ideali per uscire da questa morta vita sono un sollievo e un riparo, una specie di capitale in una banca sicura: si sa che basta uno scarabocchio per riaverli tutti in un colpo. Li vado, per ora, accumulando e ogni tanto passo allo sportello, che non è blindato. Del resto, non mancano molti anni: posso anche, invece di radermi da solo, aspettare che mi faccia cenno il barbiere dalla bottega. T u che un poco mi conosci, sai che tra i miei motivi non può esserci, sebbene giustificatissima, la misantropia. Ero, in gioventù, un lacrimoso filantropo e sono, in vecchiaia, un asciutto filantropo. Pulito, ma filantropo. Darmi del misantropo è quasi ferirmi. Non so da quali pozzi mi venga, ancora, tanta passione umana. Certo non spreco le adulazioni, se sta lì tutta la misantropia... Forse non riesco ad essere misantropo perché non sono misogino, perché non potrei mai odiare le donne. In tutto sono meno colpevoli dell'uomo, anche se stanno facendo grandi 66

sforzi per superarlo in demenza; non ci riusciranno. Mi fa soffrire vederle sfilare in uniforme, fare il dest-front davanti a delle tribune dove salutano delle vecchie sifilidi cariate, servi del male. Le donne arruolate sono una delle più grandi barbarie di questo secolo, quasi come il massacro degli Armeni e dei nostri fratelli ebrei. Le donne in uniforme mi fanno diventare misantropo... Mi chiedi notizie della mia infelicità, ma guarda che non è una malattia; in ogni caso non ne sei tu la causa! Non ho vissuto da uomo infelice, tutt'altro: anzi i beaux jours non mi sono stati lesinati, e anche molto intensi, fisici e spirituali, a volte straordinari, vicini al prodigio, inspiegabili... Oggi li rievoco senza soffrire troppo della sopravvenuta penuria. Quando è stato l'ultimo di questi giorni felici? Forse, neppure molti anni fa, una giornata solitaria, in Trentino, quello f u un giorno felice. Non era però una felicità condivisa; queste, da una contagocce che pesca sul fondo... Un giorno veramente felice sembra non riesca a strapparlo più. Neppure tu, col tuo lume tenue, parola lieve, hai potuto indebolire questo ferreo fronte di ore grigie, che rischiara ogni tanto solo la lampada della conoscenza. Questo è un cammino che è stato comune a moltissimi: posso riempire quaderni interi di citazioni. Una geisha ben fatta, con un vero seno e le gambe non troppo corte e non arcuate (dunque piuttosto impensabile), che mi suonasse lo shamisen cantando qualcosa di deliziosamente nostalgico, in un francese da 67

Oriente, appreso in tempi coloniali, e mi massaggiasse a lungo i piedi, ogni giorno, dormendo con me quando io desiderassi questo supplemento di carezza umana e di presenza vitale, potrebbe avvicinarmi di molto a quel che intendo adesso per giorno felice: il solo pensiero di una simile ragazza in arrivo tra un'ora o due, puntuale, mi farebbe fiorire come il bastone di Aronne. Quando torno a Parigi, unico luogo che mi è familiare e che non mi metta spavento fuori di questa malconcia e sconcia Italia, sono a volte tentato di telefonare ai numeri che propongono donne in cambio di non so quanto - forse non molto — denaro, ma finisco sempre per preferire il teatro, la biblioteca e specialmente il giro dei vecchi librai, perché chi sa con quali tetri squallori mentali entrerei a contatto, obbligato anche poi a ripetere atti logori di malavoglia e col rischio, perfino, di questo nuovo contagio che aumenterà il numero degli alcolizzati. Ma è già confortante sapere che si è in una città dove queste cose sono lì, a portata di telefono e di borsa, come un buon servizio di ambulanze. Qui, dove abito, l'unica distrazione sono le fiche di ottobre, ancora staccabili con le proprie mani da una vera pianta con foglie; il cinema quando io sono arrivato era già da tempo sparito. Oh non ci andrei mai al cinema (non offrirebbe nulla di gentile) però mi riscalderebbe piacevolmente sapere che c'è, vicino, una sala e una tenda, dove si agitano ombre di piroscafi e di vestaglie. Direi: stasera al cinema; arriverei fin là, 68

saluterei la cassiera disoccupata e proseguirei il viaggio nella notte. Del tempo cosa dirti: un'infamia, non piove mai! Da più di un anno non piove, poche gocce soltanto, che si perdono subito, come la felicità... L'espressione si attenua, la verità è trovata. In Causerie, verso 8, Baudelaire aveva messo, la prima volta: « Non cercarlo più il mio cuore: dei mostri l'hanno mangiato » (moltiplicazione di Jeanne in quantità di donnevampiro). Non si trattava di veri mostri, ma di una umana troia, anche lei disperata nella sua volgarità e scempiaggine (sciagura, anche, di una convivenza anomala, troppo al di sopra delle sue possibilità di capire). L'emistichio definitivo farà giustizia: les bètes l'ont mangé. I mostri rientrano nell'ombra, les bètes sono bestiuole, disfattori di cadaveri, topi, formiche, pacifiche iene, batteri, aggressori normali di corpo morto, indifeso, abbandonato; del cuore lasciato là, mansarda o campagna, questi spazzini non hanno, lasciato niente (Ne cherchez plus moti coeur;). C'è umanità e come un'affettuosa, almeno tollerante, misoginia: le donne, la donna, come bestie dei campi, che mangia quello che trova. Al di là di donna e bestie, non c'è più che il silenzio della fatalità, il vero e unico divoratore è il Tempo. L'ultima parola è ancora bètes, verso 14, già del primo getto: mai stati, i mostri.

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Il linguaggio è, all'interno di una lingua, qualcosa di non parlante e di non scrivibile (dunque, d'indicibile), di cui bisogna ripescare e ricordare i suoni e i segni, che possono risultare altri da quelli che si percepisce e si conosce di una lingua. Sono i frammenti del Logos principiale, riflessi della Gloria in una cloaca. In una vera poesia ce ne sono molti: per questo è così difficile dirla e così facile e falsificante legger/a senza il suono. (Il metalinguaggio dei linguisti, materialistico e artificiale, non può naturalmente afferrare niente del linguaggio). L'abitudine al consonantismo semitico può far capire meglio quello che dico: la vocale è sempre da trovare, anche trovata resta infissabile, uno straccio di colore che pende da un'asta, e dietro la vocale che si nasconde, si acquatta forse il linguaggio, che « l'ascoltar chiedea con mano ». Apro Geremia 2, 13 ed ecco la visione del mondo moderno senza passare per Nietzsche, Kafka, Heidegger ec.: Me hanno abbandonato Fontana di acque vive Per scavarsi cisterne Cisterne spaccate Che non trattengono l'acqua. Continuiamo a versare acque in questi pozzi, i migliori pensieri, le più profonde analisi, i versi più musicali, e non ne resta niente, sono fenduti, sono fosse di morte. Ma (que70

sto è così moderno che Geremia non capirebbe) c'è una specie di voluttà nel sapere che l'acqua dei pozzi andrà perduta, un piacere che attira; c'è una bellezza nelle cisterne spaccate. Dos Menschenmaterial: questo siamo diventati, dal 1914, parola nata allora, e questo siamo, niente altro che neutro « materiale umano », più che mai, adesso. Prima eravamo dei miserabili, degli strafottuti, ma ancora non ridotti a materiale. Eccoci in potere dell'Inorganico che ci tratta come suoi figli. In casa mia, di primo mattino e di sera, quasi sempre c'è una candela accesa, non votiva, ma per rischiarare gli oggetti. A volte, manca la corrente. Allora è bello vedere, mentre le luci artificiali ammutoliscono, quel lume vero restare vivo, solitario, indifferente alle macchine dell'Energia, ai tonfi e alle sincopi dell'Ente Elettrico. Che qui non vai saper, favor né pièta, Io ti so dir; del resto tutto, tremo, Ch'è Rocca sacra a tirannia segreta. È Al carcere di frate Tommaso Campanella. Ma non si potrebbe dire meglio del Cremlino. Nel non volere che siano posti limiti alle nascite, la Chiesa mostra che non si è estinta 71

tutta la sua vocazione primitiva alla catastrofe assoluta. Giustamente rilevava Julien Benda (La fin de l'éternel) che non bisogna collocare i due grandi belligeranti di Quattordici (Francia Germania) sullo stesso piano, perché era la Germania ad incarnare specialmente « lo spirito di violenza e d'ingiustizia ». Il Papa mostrò subito di non capire, di non voler capire niente di queste cose; lui avrebbe « benedetto la pace » (Benedetto XV). I lupi possono fare quello che vogliono. I papi benedicono lupi e pecore insieme, sgozzatori e sgozzati. Se il crimine vince, e la vittima giace morta lì ai suoi piedi, il Papa si rallegra che ci sia la pace. Memorie di Victor Serge. (Sulle bande di bambini assassini all'epoca della rivoluzione). Gorkij proponeva la creazione di colonie penali per bambini criminali nel nord della Russia perché avessero vita dura e avventura. (Il crimine giovanile è, quasi sempre, per vuoti di avventura e la rivoluzione distrugge quel che è avventuroso). Il regime e il suo KGB hanno poi istituzionalizzato questo per i bambini mansueti, figli di credenti ec. costruendogli appositi lager, per educarli a vivere senza nostalgie di trascendente, e a morire da figli della perdizione.

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...y mi bonanza el quebranto (Santa Teresa). Si può duramente intendere: « la mia prosperità (sia) la bancarotta ». (Parallelismo, più sotto: Mis tesoros en pobreza). Sono agudezas di profondità. E anche la via migliore per galleggiare; chi cerca la bancarotta non la troverà, perché tutto è miraggio. Il suono di una lingua non è la fonetica e le sue regole e sottoregole. La pronuncia è delle labbra, il suono di tutto il corpo. Lingue traboccanti di suono (greco, arabo, tedesco, castigliano) restano nascoste. Il Corano libera il suono arabo, in alto liberando il suono, in basso circoncidendo l'arabo; né si legge, né si canta, né tanto meno si pronuncia: è emesso, si ripercorrono le vie dell'emissione. Il latino ha meno suono del greco ma più dell'italiano (più contenuto sacrale), l'italiano del Trecento più di quello attuale (infinitamente più). Ci siamo messi in Italia a far musica e a cantare l'Opera come surrogati laici e decapitati del suono. Non confondere suono con accenti, vocali larghe ec. perché non è lì; cercarlo, stanarlo, farsene impressionare, farsi corde delle sue vibrazioni, ponte sonoro... (Edipo a Colono). Chi va in cerca di una patria, in vecchiaia, trova lei e la morte. In un teatro giapponese, nel 1945, gli spet73

tatori entusiasti gridarono ad un attore, per aureolarlo di grandezza: « Sei Mac Arthur! » e provarono la propria grandezza. Il generale nemico, come colui che è stato capace di battere una così invincibile nazione di guerrieri, diventa il paragone di ogni bravura. E così che riaffluisce la forza dopo la sconfitta. (Inimmaginabile, in Germania, un pubblico che gridasse, a un attore o a un pugile: Bravo, sei un Foch! un Clemenceau! un Eisenhower! un Montgomery! un Patton!). Un altro straordinario momento giapponese è la visita di Togo a Rozestvenskij nell'ospedale di Sasebo, come la racconta Thiess nel suo meraviglioso Tsushima. « ...Vorrei esprimerle il mio rispetto e nello stesso tempo il mio rincrescimento » dice il giapponese al russo fasciato di bende come una mummia: il rincrescimento di un vincitore per la propria vittoria! Paragonare col balletto isterico di Hitler, puro cannibale, quando gli annunciano la resa della Francia, o le grida di tripudio del Libico per il ritorno degli assassini dell'Olimpiade di Monaco. Solo nella guerra cannibalica la vittoria ride ride. Midinette, delizioso vocabolo da midi e dinette (Robert; non registrato in Littré, tardo xxx): « chi si contenta di uno spuntino a mezzogiorno ». In Devoto-Oli: « Epiteto scherzoso delle sartine a Parigi »; non è 74

scherzoso, è dell'impalpabile. Registrato come di uso italiano anche in Nuovo Zingarelli, con l'etimo esatto, ma quasi tutte, oggi, nelle città, sono midinette, pur senza aver mai visto ago e filo. All'improvviso, a mezzogiorno, la riva destra della Senna fioriva di loro, la profumavano. (Oggi piste per macchine, le midinette in coda confusa al fastfood). La sartina-modista ancora nubile dopo i venticinque era detta caterinetta (ma per Littré la parola non è che « uno dei nomi volgari della purga »). Nella canzone di Frati-Ravasini, deliziosamente interpretata da Milly, Caterinette (definite, in blocco, « belle pupette » e « sirene dell'amor ») non si fa distinzione tra midinetta e caterinetta. Ho avuto una madre che f u l'uno e l'altro: spuntino a mezzogiorno e sartina ancora nubile a venticinque anni passati. Midinette... In via della Consulta si era raccolto un poco di gente. Al finestrino dell'automobile nera apparve il profilo della regina Elisabetta, diretta a una cena con una mediocrità di presidente italiano (credo fosse Gronchi) insieme al principe Filippo. Sbiaditissimo l'applauso dei romani, quanto caloroso invece il sorriso, nell'attimo, della regina. Ero là proprio per caso. Io solo le faccio un saluto generoso, agitando il braccio... Sono sicuro che abbia salutato me solo, trascurando gli altri così snervati e tiepidi. Le ultime note musicali eccheggianti sul mondo potrebbero essere le cornamuse scozzesi e l'inno nazionale 75

britannico: un fremito percorrerebbe la terra incenerita, una rugiada inumiderebbe la maledizione del deserto. Fu l'unica volta che intravidi una regina. Era venuta a Roma ormai sgravata del suo vecchio e complicato Impero, ma credo di aver salutato in lei quella grande forza tramontata come vivente ancora - speranza di un meno bestiale e distruttivo ordine del mondo - nei suoi fragili fianchi di matrona. Ma, in fatto di cagòdromi, da filobritannico divento filoturco. Il gabinetto all'inglese ha peggiorato il carattere di questi poveri civilizzati. C'è anche un motivo più profondo per preferire quello alla turca: il suo grandissimo uso esoreistico (Nordafrica, arabi, ebrei d'Oriente). In Amos 1 , 1 1 , Edom è perduto per quattro cose, la più importante è di aver distrutto i propri visceri (rinunciato alla compassione); we-shihèt rahamàiw. La distruzione dei visceri è metafora di annientamento del mondo. Sono così ben distrutti, anche nel linguaggio, che se dico « non distruggiamo i nostri visceri » credono a un consiglio dietetico, a una raccomandazione di non bere cloro. La corona calva (Lear), il globo (o la sfera, o la lampada) d'oro (Qohélet): testa umana che vive e che muore. 76

Trieste morì nel novembre 1918: era molto vecchia, cieca, e aveva trovato una patria. A Terracina, furono le ultime fragole della mia vita, perché erano vere fragole", ce le portava la padrona della casa ogni mattina, in grande quantità. Era il 1976: una crepa nell'anima, una nascita non carnale, una morte, e quelle fragole. Questo è nuovo, di questa fine di secolo, dire le ultime fragole, le ultime vere, le ultime non avvelenate, non radioattive. E nata così una nuova popolazione di ricordi; questo, per me, è legato a Terracina, e senza le fragole il ricordo di Terracina sarebbe molto meno vivo, adesso. A rifletterci, sono ricordi di condannato a vita: f u quella l'ultima volta che... Dopo le fragole, le muraglie, le porte blindate... Il 1789 fu l'anno in cui entrò nell'uso la parola cocotte. Spenti i Lumi, pian piano anche cocotte si è oscurata. All'estinzione della metaforica pollastra è seguita quella della mangiabile. E rimasto pollo, asessuato, generico. E tutti polli siamo, e nessuna pollastra ci dà sollazzo. Tocqueville non diceva che sarebbero state, le due potentissime e padrone dell'avvenire umano, due nazioni di spaventosi ubriaconi.

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E se il corpo non fosse stato che l'abito, nient'altro che l'abito? Perché, sparito l'abito (tanto suo avvilimento vale sparizione) non troviamo più il corpo? Perché non si sente più, nell'aria, che le donne abbiano un corpo e non lampeggiano, nel buio, le esche del desiderio? Ancora soltanto le attrici hanno un corpo, per via del trucco e del costume; il teatro ci ridà l'illusione del corpo. Lo spettacolo finisce: via il corpo. Non m'importa quasi più nulla di Masa Prozorova e della signora Alving, i loro casi sono meno importanti del profumo di corpo che emana dai costumi di scena. L'attrice, spogliandosi e ripigliando il coprimento usuale, non cessa più soltanto di essere Masa o Fedra, cessa di avere un corpo. Per pensare la guerra civile spagnola, ricordare l'idea centrale di España invertebrada". « La grande disgrazia della storia spagnola è stata la mancanza di minoranze illustri e il dominio imperturbabile delle masse ». E stata anche la sua fortuna: difficilmente può dominare la Spagna un partito comunista, che ha bisogno degli intellettuali per avere il controllo delle masse. Il tentativo f u fatto, ma fiaccamente, e Stalin che non pensava minimamente di poter tenere la Spagna, la lasciò cadere dopo aver fatto ammazzare un certo numero di trockisti dai suoi Togliatti. Dolores Ibarruri era stata pescivendola, e 78

prima di diventare Pasionaria (passiflora, fiore della Passione di Cristo) era nota come la Sardinera, Dolores delle Sardine. Spagna è umorismo stringente e iperbole incalcolabile: mentre la voce della Pasionaria faceva sussultare le bandiere rosse in processione, per molti, anche dei suoi, Dolores restava voce delle sardine, Dolores la Sardinera. Massima teresiana per vivere bene: Mal dormir, todo trabajo, todo cruz. Ci si sente subito meglio. I Romani: «...prima fuggiaschi senza patria né parenti, si sono costituiti in Stato per la distruzione del mondo » (lettera di Mitridate ad Arsace, in Sallust., Hist., fr. 69). Ma è l'esattissima immagine dei bolscevichi di Lenin: sradicati, conquistatori, distruttori del mondo. Inquinamento. Il verbo inquino concentra senso morale e materiale: cunire, stercus facere, unde et inquinare. E poi: coinquino - coinquinatio - inquinabulum... (Du Cange). Non so, diceva sant'Agostino, cosà si possa pensare di più orribile di una dottrina simile (Epist. 166, c. 9). Parlava della reincarnazione delle anime, la sola che renda chiaro che cosa sia, realmente, inferno. 79

« La natura non è materiale come la ragione » dice meravigliosamente Leopardi. Di qui l'impossibilità per la ragione, con le sue « operazioni materialissime e matematiche » di penetrarla. Anna, nome in declino... La ragione è forse nella sua eccessiva pregnanza, nei suoi significati che si oppongono alla necessità di adattarsi all'indurimento e all'insensibilità. Nelle lingue semitiche, tra arabo ed ebraico, è grazia, amore, affetto, donna, sposa, bell'aspetto, misericordia, compassione, pietà, muggito del cammello. In arabo (Kazimirski), hannanah è fruscio dell'arco quando parte la freccia e insieme - arco melodioso donna divorziata che parla con tenerezza dell'uomo con cui non vive più. Annetta, Annina, Annuska, Ania, Annette, Ann, Hanna, Ana, Anita. Inimmaginabile, con un nome simile, nomen-omen, l'inclemenza. Enòsh. È in ebraico l'uomo in generale, l'uomo-umanità ed è anche il malvagio, giustamente, perché l'umanità è malvagia. Contiene (è una salvezza) l'idea della caducità. Dire Enòsh è dire minaccia, ma transitiva, perché l'essere minaccioso, il malvagio minacciante, è pur sempre enòsh, uno che muore, che non rimane.

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Dice la Vacca, 251 : « se Dio non respingesse certi uomini per mezzo di altri la terra sarebbe in preda alla corruzione » (credo si debba intendere in senso non morale, ma proprio di caos fisico, decomposizione, dissoluzione). La terra, fisicamente, si va corrompendo: dunque, Dio ha cessato di respingere certi uomini per mezzo di altri, ha reso questi impotenti e lasciato quelli moltiplicarsi e disfare, disfare tutto. La lingua greca e la latina descrivono sempre, tirano la freccia legandola a un filo e la esaminano, il loro volo è fatto di fermate, sono lingue di meditazione; le semitiche creano e salvano perché liberano il Soffio, l'aquilone nel deserto si sposta senza riposo, l'anima prigioniera nella parola si stacca dalla vita annientatrice, dall'oppressione della sedentarietà. Domandano e non aspettano la risposta, ridomandano e volano via. Nelle versioni perdiamo il soffio, la domanda si fa risposta, la tenda urbe, la rivelazione riflessione. Così abbiamo creduto che le loro Scritture contenessero quel che era invece contenuto nelle nostre parole, e Dio non ci ha parlato. Un luogo non può contenere il Luogo. (Il Tempio e il Dio). Se la radioattività che si assorbe a Roma è 81

(secondo fisici) molto superiore che in altri luoghi in Italia, la causa più probabile è la fusione mai cessata del nocciolo scoppiato che sta sotto la cupola di San Pietro. Libera nos a Malo. Sarà il Tempo? Non c'è niente di più scoraggiante, per un europeo occidentale, che pensare alla Russia. Col pugno alzato - missili, plutonio, artiglierie chimiche e biologiche, agenti segreti — ci parla ogni momento della sua forza bruta e del suo terrore; coi suoi visceri esposti e nascosti ci ricorda le sofferenze (patite per tutti? per che cosa?) del suo popolo e dei suoi credenti, artisti, pensatori. Mi parlava della Russia, Kostas Papayoannou, che conosceva a fondo la storia delI'URSS e l'Ideologia Fredda comunista, versandosi continuamente da bere, per affogare nel vino il pensiero del cancro che gli rodeva il polmone e di quello che spuntava, con focolaio principale a Mosca, in metastasi dappertutto; e diceva che i russi volevano plier pour piller (« piegarci per saccheggiarci »), che non c'era Russie éternelle dietro questa fondamentale mira di predoni. Si può ritenere questo calembour di Kostas - pace alle sue oneste ceneri sparse in Grecia — ma m'inquieta ancora di più lo spettro di un altro, risultante da una modifica lievissima, 82

scopo possibile: plier pour plier. Il dominio per il dominio. Vetrine piene o vuote, magazzini sazi o famelici, case riscaldate o glaciali, non importano a una volontà di potenza tesa a piegare la volontà umana, l'indipendenza del pensiero, la riluttanza a perdersi nella vastità della balena slava. Anche ridotti in stracci, mezzo inceneriti dalla desertificazione tecnica - in marcia da noi e da loro — saremmo sempre, come anime, oggetto della loro concupiscenza. Stiamo lì ancora a esitare sulla collocazione di una virgola, indecisi su una pausa in qualche punto di un sermo — nulla di più vago, di più eteriforme degli spazi musicali in una scrittura - e intanto, pensavo, l'uomo se n'è già andato, il dramma umano alle ultime battute, la parabola percorsa, il tempo esaurito. Trovare Cordelia è una lunga, complicata via mortis; la storia di Lear ne è un luminoso esempio. Non si può trovare Cordelia e vivere, neppure in una prigione. Insieme ce ne andremo, fasciati di luce. Cordelia, per Edipo, è un sobborgo di Atene; non è Antigone la sua Cordelia; la patria come figlia, invece che madre. Per Lear come per Edipo, la libertà. « Nella vita, capite, non c'è gran scelta. O 83

marcire o ardere » (Conrad, Under Western Eyes, Maria Antonovna a Razumov). Un pensiero analogo è nei frammenti di Catone (o la ruggine o la consumazione). Sentendo frusciare il mantello volante di Némesis, velocemente pigliavo gli ultimi appunti. Di qualsiasi cosa: in quale modo Madame de Merteuil rappresenti un segno del male, chi furono i campioni di boxe a Torino nel 1940... Se si sappia vivere da vinti, lo si è un po' meno. Scrivo dei libri, pensavo senza rallegrarmi, destinati esclusivamente a tavolini di suicidi, qualcuno volontario, i più involontari, suicidi per destino collettivo, per essersi trovati sul ponte che attraversava la valle d'ombra di questo secolo della morte. Tutte le stelle muoiono per collisione esterna o per esplosione a lungo covata interna. Ma questo nostro globo muore perché i suoi abitanti preferiscono alla sua vita limitata (che pur calcolabile in miliardi di anni li ossessiona) l'illimitato della propria peccabilità. Solo un Dio che tenesse all'ordine dell'universo li potrebbe fermare. 84

L'Uomo Invisibile di Wells, dopo aver girovagato e scherzato un po', concepisce come unica possibilità d'impiego della propria potenza d'invisibile, e per vendicarsi di questa sciagura, l'instaurazione di un completo regno del Terrore. Il motivo, per lui, di terrorizzare esseri umani, è il più semplice e ragionevole - e anche il più apolitico: sono visibili. Una lingua comune è una sedia sulla voragine... Comune, non solitaria! Paura peggiore dell'atomica: grugniti, rutti, risate (peggio di tutto, le risate) al posto della lingua, crollata... Edna, Lita, Oona... forse, Chaplin ha speso tutto il suo genio per comprare sesso, pigliare con la celebrità e il denaro donne sempre estremamente giovani (tutte tra sedici e diciotto anni - unica eccezione Paulette) da buttare poi una volta vecchie. Seppe addirittura fingersi ebreo, cosa difficilissima, per accattivarsi il potere finanziario a Hollywood... Un amabile cinico, creatore di un personaggio umanitario... Faust di Murnau. Faust disperato di non poter vincere la peste senza l'aiuto dei demoni è alta tragedia moderna. Vinciamo la peste ricorrendo al diavolo, che poi ci condurrà per le sue vie di assassinio e di distru85

zione (la peste vinta, strumento dell'inganno). Edipo la vince andando in fondo alla verità e accecandosi. La sua tragedia avrà un termine, la nostra no. La contaminazione radioattiva è un'intossicazione da feto morto, da noi generato nel ventre della terra nostra madre. Come se, in fondo alle scale, si azzuffassero Annibale e i consoli, gli elefanti e i triari, e il vento sull'Aufido accecasse le legioni: tutto questo trambusto rassicura. Ma in cima alle scale è il silenzio: la porta chiusa dà su stanze tranquille, dove forse si potrà dormire, forse no; e questo silenzio non rassicura, terrifica. Vorrei andare verso il fondoscale dov'è Canne, dov'è Waterloo, dov'è la fine di Gerusalemme, piuttosto che dover salire i gradini verso la porta silenziosa. E togo, si diceva; l'espressione è caduta. Rileggere Tsushima la fa tornare in mente, sulle labbra... Il nome dell'ammiraglio era diventato sinonimo di magnifico, prodigioso, straordinario, fortissimo e perfino bellissimo. (Non era bello Togo, ma era togo). Nel suo rinomato dizionario dei gerghi, Ernesto Ferrerò rifiuta togo da Togo e lo vorrebbe da tauglich, parola dal significato modesto. La parola era in gergo prima dell'Ammiraglio, ma è sempre l'origine mitica la buona. Un 86

uomo capace di far sbocciare un aggettivo in linguaggi remoti, addirittura marginali, è più della sua stessa vittoria. (Devoto-Oli registra togo proponendo l'origine ebraica tov; avremmo detto tobo, non togo; soltanto togo ha luce). Mi proverò ad usarlo di nuovo, per qualcosa di forte e di potente — perché si dica di me che sono uno scrittore togo. Ad Arcole: un semidio. In Spagna e a Mosca: un bandito. A Waterloo: un uomo. A Sant'Elena: un vero filosofo... un filosofo della memoria... un ispirato... La scienza fa che i cuori battano più a lungo - ma li ha avviliti. Paghiamola, senza ringraziarla. Siamo soldati perduti di trincea che dicono adieu toutes les femmes come nella canzone per Craonne, nel 1917... Un addio « a tutte le donne » corona bene una vita passata ad amarle, anzi più che ad amarle, a pensarle, a tenerle come soggetto di pensiero, traccia dell'uccello di Dio nell'aria. Si dice addio all'idea che se ne ebbe: se incontrassimo l'archetipo troveremmo che non gli corrisponde, perché l'idea che ne abbiamo è troppo poco primitiva per somigliargli. Ma un addio soldatesco, di morituri, è il più giusto: le si abbraccia tutte, miliardi di tette sane e malate, malinconiche sempre, succhiate fino 87

a morirne, in un polverìo di abbracci, da un treno che parte o da un treno ospedale che ritorna; el tren de los heridos siamo noi, poveri maschi che la vita mitraglia senza pietà. Tutte, con tutti i nomi possibili, tutti i diminutivi possibili... Un pensiero che può rendere felici, partendo, è di aver infiorato qualche esistenza di donna con dei diminutivi del suo nome... Chi non ha mormorato o inviato per lettera diminutivi di nomi femminili parte più triste, più solo... Ménage tire-boutons per coppia lesbica; registrato da Sandry-Carrère. Il tirabottoni è di epoca di bottoni complicati, come il corno da scarpe, scomparso dalle abitazioni, soccorreva le calzature difficili. Bottone per clitoris (detto anche elicli, notturno campanellino di bicicletta) ha origine non mala: il bottone, prima di essere bottone, fu la gemma, il bocciuolo; poi f u la papula, poi quello che regna su un gineceo di asole. In castigliano, botones vale cojones, brutto argotismo. Coppia di bocciuoli, modestia e ritegno; esagera Baudelaire, parlando di seti insaziate. Ramakrishna malato di cancro fece fronte bene, perché non ossessionato dalla durata e col pensiero non attorcigliato intorno alla propria fisicità. La sua vita mistica e di maestro restò intatta, ma i discepoli si allontanavano, perché spesso vomitava. Allora 88

Vivekananda per vincere la ripugnanza bevve il vomito del maestro e i discepoli ritornarono. Al mercato di Fermignano, uno che vendeva calzoni mi chiama con calore: « Ohè, Direttore! Un po' di roba buona per Lei! ». « Non sono Direttore. Sono molto, molto al di sopra di un direttore ». « Mi scusi. A volte si può sbagliare ». Non aveva capito, ma in un'altra esistenza gli comprerò tutto il banco di calzoni. Una voce dal Policlinico Gemelli mi supplicava: « Fammi guarire. Se tu mi pensi puoi farmi guarire. Voglio guarire... ». Morì tre anni dopo, tribolando sempre. Mi dicevo devo pensarla, ma via via, vergogna, non riuscivo più a ricordarmene. Confidare nel pensiero degli altri è vano quanto confidare nella medicina. Vince chi si arrende. Cecco l'Ascolano la chiama terra marna, e c'è un'infinita dolcezza musicale e sentimentale in questo suono infantile adoperato con tanta pertinenza da un alchimista e filosofo. Chi direbbe più marna la terra, tra questi sette, otto, venti miliardi di matricidi? Ritratto a matita di Tocqueville fatto da 89

Chassériau nel 1844... Mi trovo un poco somigliargli, o avergli somigliato, quando ero sui quarantanni (però senza capelli ondulati né favoriti). Redingote. Belle mani. Bel sorriso. Il ritratto di uno che ha pensato è sempre confortante. A Brera, la pittura che mi dà più conforto è il ritratto di Manzoni giovane fatto da Hayez; solo il suo lettino di morte in via Morone lo supera nell'emanare pace. I demoni non sono più esclusivi abitatori di rovine. Hanno capito che questa civiltà è tutta un immenso brulicare di rovine, perché riflette l'uomo nella sua integrità di male. Allora si postano qua e là, come càpita. Ogni luogo è buono. Non si vive « in attesa di una catastrofe », la catastrofe è vivente nell'umanità contemporanea come una divinità terribile nel proprio santuario, e ogni avanzamento della Tecnica è un suo movimento in avanti, un segno della sua attiva, della sua irreprimibile presenza. La terra si è velata come Cesare alle Idi, per ricevere da noi ventitremila miliardi di pugnalate. Se qualcuno poi ne mostrasse dai Rostri la toga insanguinata, nessuno sarebbe scandalizzato: tutti erano congiurati.

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Le donne nella Grecia arcaica e classica avevano salute pessima, sviluppo atrofico, pallore di recluse... Non erano molto meglio delle arabe, presto mettevano pancia, gli uomini le desideravano poco. Le brutte e spiritate miliziane di Barcellona: toglile al fucile, buttagli un chitone, e hai i ginecei dell'Attica, le silenziate di Pericle, le impolverate ai Misteri, i modelli torvi di Euripide. Galeotte malsane... Nei corsetti non respiravano, intisichite dal pudore... Di Venere nient'altro, a volte, che il morbo... E in questi che adesso hanno invaso l'Occidente, squadroni d'incalzonate di bruttura acrilica, puntare il mirino per inquadrare il dondolìo della divina Immagine nascosta è perdita di luce. Otto ore nei palazzi di vetro lasciano il segno. E la spirale, e il fumo, e la patente, tutto dà una stanchezza infinita. E la solitudine, le riunioni di condominio, il bunker atomico, le ferie, hanno imparato a nutrirsene, però sfigurando la faccia, modificando il petto. Destino di castrazione - sempre, in tutti i modi, con tutti i pretesti; castrazioni dissimulate ma precise, inguaribili, indicibili... Qualcuno la vide mai, in questi naufragi, Afrodite? Le sue maghe? E la duchessa d'Alba, fu mai palpabile? E c'era una carne dietro l'ombra Pickford, dietro l'ombra Harlow-Purviance-Garance-Marilyn-Greta-Dietrich? Il corpo chi l'ha visto, chi l'ha trovato? Tante marmitte in fila nell'infuriare dei ghiacci, di rancio fumante triste, e un solitario fazzolettino, di charme puro, indicibilità pura, che sopra tutta quella collosità rime91

scolata senza fine vaga per l'aria come ne fosse la suprema sorprendente esalazione essenziale, in mezzo agli spari è alle grida... Bowani-Kalì, che dava ai thugs il segnale dello strangolamento, si è trasferita nei laboratori di ricerca delle Università. Chi può ancora avere gusto al potere? Agli uomini togli questo, togli quello, le superstizioni, la fatica, Dio, la guerra, l'amore, perfino il camminare, cosa rimane? Soltanto un integrale cretino dominabile con un qualsiasi segnale pubblicitario. Vale la pena essere Cesare? Cromwell? Bismarck? Vengono su dalla massa dei bassi sterminatori che si mettono a sfoltire la giungla, dei sudici barbieri. Conclude Colin Wilson le sue cronache e meditazioni su crimine e criminali Order of Assassins: « una società che non sappia aprire vie di sfogo alle passioni ideali degli uomini chiede d'essere ridotta in macerie dalla violenza ». (Più sottilmente si potrebbe dire: dalla Tecnica). Quel bel saggio criminologico è del 1972, la pioggia di fuoco da allora si è molto infittita. Wilson pensava bastasse capire questo per risolvere un simile mistero tragico; ma non manchiamo di diagnosi né di analisi: introvabile è la cura. Se i bisogni ideali trovano un appagamento collettivo, a beneficiarne sono le mistiche totalitarie: cri92

mine su crimine, violenza su violenza. Il rimedio ideale all'anarchia germanica furono le Camicie Brune, le adunate intorno al Caprone. Noi oggi (Italia, Europa occidentale) affondiamo nella violenza che produce la privazione di ideali, ma l'armadio che non si apre che cosa nasconde? Era appena uscito di scena Mussolini, che l'ideale, in Italia, si spezzava in due tronconi ugualmente temibili: la passione mistica collettiva trovava sfogo nella violenza cattolica e nella violenza comunista. Questa mostruosità bicefala si è sgonfiata per merito della passione esclusiva per il denaro, perché la violenza idealista ha ceduto alla travolgente, giovanile e placante passione materialista. Su questa tregua ironica, l'architetto Denaro ha subito costruito un labirinto maledetto da cui nessuno esce più, se non per l'obitorio. E le facce dei veri scontenti emettono segnali di fame d'ideale in una tensione messianica inaudita — che non trova un alveo, una gola... La fiducia, il confidare, come surrogato della passione amorosa negli esseri impauritiimpauribili (nota capitale in Céline, Voyage), ignota a Stendhal (dagli amori contemporanei così lontano) non è più un surrogato è l'elemento congiungente principale, anteriore al desiderio erotico, quel che decide dell'intensità, della durata di un'unione. L'amore non serve più che ad attenuare la paura, cresciuta illimitatamente, come l'alga che inquina le coste; senza fiducia, nessuno si 93

butterebbe, la diffidenza reciproca ha messo occhi ai visceri, le simpatie restano predestinate ma il bisogno di fiducia le sottopone ad esame, se non lo passano sono respinte. (Charlot, nella giungla urbana, è amato da Edna, il Kid ec. perché, pur così lacero e debole, crea l'enorme miracolo della fiducia negli esseri impauriti). Pochi riescono a dare vera fiducia, questo fa che pochi siano amati. I bambini negano ai padri l'amore, vedendoli incapaci di capire la loro paura. Essere amato per fiducia è per un uomo molto più esaltante che esserlo per la forza, il timore, il talento: c'è più piacere ad essere Charlot che Julien Sorel o Fabrizio Del Dongo, essere inermi marsupiali, sgocciolanti mammiferi, cicogne dal nido girovago, che leoni e sansoni. Perché, nel cuore dell'orrore della storia, in questa indicibile trasformazione della terra, saper dare fiducia è una grazia delle più rare (i deboli sono l'animale che velocissimamente si sottrae, che fulmineamente sparisce), il suo magnetismo di profondità è l'estrema luce superstite dell'amore, la sua fioca parola di salvezza: eccomi, vieni. « È un grosso nome! ». Quando sento dire grosso nome vedo un sacco di plastica nera, dove un piccolo cadavere viene gettato, nudo. Diario di Victor Hugo, 30 dicembre 1870: « Ieri, ho mangiato topo... ». Diario di un 94

topo del futuro: « Ieri, ho mangiato uomo... Non è rimasto nient'altro ». La cosa più tranquillizzante che possano dirci chirurghi e cancerologi è: « Troppo tardi! ». L'ospedale degrada la malattia. La casa esalta il malato. Se il malato è deposto sull'Alef, muore da uomo felice. Tutti saremo messi tra gli assassini e i persecutori, anche le vittime, solo per essere vissuti in questo secolo. Anche il benzinaio, la casalinga più mite... « Ma io, perché? ». « Perché vendendo benzina incendiavi il mondo... E tu perché con le cere gli spray i detergenti uccidevi l'acqua... ». Nohubo remedio, ventiquattresima tavola dei Caprichos. La nota di Goya: A esta Sta Sra la persiguen de muerte! rivela come puro simbolo la figura della martire sopra l'asino, tra la canaglia ripugnante. E anche il titolo: Non ci fu mezzo (di sottrarla a questa sorte). Interessante, ma troppo moderna, l'esegesi che vedrebbe nella donna un ermafrodito, un transessuale, il diverso perseguitato. Come dice l'abbreviatura, si tratta di una Santa Donna (Sancta Señora). Niente di cristiano, ma simbolismo illuministico... un paralleli95

smo, forse, la Verità Morta, settantanovesima dei Desastres. Prima di essere uccisa, la Verità, condannata legalmente a morte, patisce la berlina tra gli sbirri e le orribili smorfie dei demoni. E disperatamente ironico il senso del titolo, sempre di difficile lettura perché Goya non pensa e non parla come noi: « non ci f u niente da fare », « sarebbe stato proprio impossibile salvarla, poveretta ». Il profondo della satira è la Storia rivelata come opera di demoni e la Città umana nella sua massima fioritura e potenza come il loro capolavoro. Il satirico demonologo è odiato e temuto (forse, l'unico realmente temuto) dai loro più squisiti rappresentanti visibili. La religione antiumanistica del satirico sarà l'ultima parola veramente umana che avremo udito. Nel 1918 la minaccia che saliva dalla terra russa era una fimosi che pareva facilmente operabile. Eppure l'operazione, con molto sangue, fallì. Settantanni dopo è una fimosi mondiale incarognita che né può guarire per miracolo né può essere operata senza spacciare il genere umano insieme al suo prepuzio. Caro Eros Cosmico, è vero mi vedi qua come 96

una vecchia locomotiva a vapore esposta al Museo, affamata ancora di carbone - intattamente nostalgico e insaziato di amore femminile - ma è lo sforzo per guadagnarmelo e conservarmelo, l'aggravio degli sbaragli fisici che l'hanno per ricompensa, a farmi ritroso. Se la facessi correre, con te alla manovra, incessantemente sui binari, quella locomotiva vogliosa di carbone rovente non preferirebbe tornare al Museo, nella quiete dell'indigenza? « Se ti sottrai, anche solo intenzionalmente, alla fatica che ti prescrivo, aumenti la pena del mondo. Violi il Dharma ». « Per così poco? ». « Per meno ancora ». Si va avanti a spintoni e a ricatti... Il piacere come dovere. Il peccato come necessità. La rosa da cogliere come obbligo di pungersi. La gioia di volare come impegno di sfracellarsi. Il frutto da mordere come precetto di lasciarci la mano. « Non è vero che il mondo è un messia crocifisso, il sole la sua corona di spine e le stelle i chiodi e la lancia conficcati nei suoi piedi e nel suo costato? » (Georg Bùchner, Leonce e Lena, atto i). E gli uomini? Al solito, sono l'uno e l'altro insieme: piedi e costato del messia crocifisso e folla di demoni sbucati solo per calpestarlo. Non c'è più profondo squilibrato che un egoi97

sta dotato di coscienza, che cena e ricena con qualche rimorso non invitato. Né per viziosità né per piega naturale né per imitazione di costumi antichi l'omosessualità è tanto cresciuta oggi in Occidente, ma per aborrimento del troppo-di-tragico, per smarrimento di fronte alla durezza del mondo che nelle relazioni normali mostra il proprio incrudire - e anche, forse, per preludio, incamminamento a un'epoca monacale, raccapricciata di procreare, di futuri, piuttosto violenti monaci sodomiti, sulla terra desertificata dalla Tecnica. Il mistero del mondo però si alza come un drago: sottrarsi al tragico attira castigo, schivare Némesis è peccato ibristico. Ogni alleggerimento individuale del peso del tragico ha per effetto un aumento del tragico mondiale, gravante su tutti - ti rientra per la finestra; la paura della collisione drammatica sulla scena sessuale ci invischia di più nei tormenti sessuali, come la paura ossessiva della guerra ci ha buttati nell'omicidio e nel parricidio di ogni giorno, facendo di quasi ogni nostro atto un'ostilità, una guerra. Nella fine di un amore finisce tutta la carne. Per un po' siamo dei cadaveri, a volte dei cadaveri felici. Il latino non era morto. L'abbiamo seppelli98

to e dimenticato. L'italiano da solo è incapace di sopravvivere. Parliamo una lingua malata, scriviamo per dei cretini con la lingua e le radici tagliate. Imparare la Magia, le arti magiche; farle imparare ai figli, non i diplomi... Perché chi ci protegge? Chi ci difende? La religione? L'autorità? La scienza? La superiorità del cristianesimo sulle sue origini monoteiste è di non aver respinto l'immagine umana. C'è più rivelazione nelle immagini della tradizione cristiana che nelle sue Scritture, più luce nelle sue figure che in tutti i suoi libri. Il cristianesimo, più che parola, è pittura. Le foglie stanno volando via dal mondo e sopra c'erano dei messaggi e degli enigmi che non abbiamo decifrato. Anche le mani: lette poco, troppo poco; anche le rughe, i lobi... Non abbiamo letto che dei libri. L'astratto si genera e moltiplica per partenogenesi. L'obolo assegnato agli arconti (Costituzione d'Atene) prevedeva le spese di mantenimento di un flautista. La musica era indispensabile 99

per governare. Chi affittava un flautista o una flautista non doveva pagarli più di due dracme. Le ultime generazioni che sapevano, se non esserlo, il significato di amanti (Liebende) stanno scendendo nella tomba. La parola fluttuerà nell'aria, sarà - Liebende... - l'intermittente nota di vibrafono emessa dalle Duinesr, ne vivremo separati ma non ci abbandonerà. Intanto l'Università congetturerà chi erano, che cosa facevano, come e perché si estinsero. « ...mentre la luce muore nelle invetriate dipinte » (Verga, Dintorni di Milano, la Certosa di Pavia). La luce viene a morire nelle vetrate perché sa che in loro non sarà, morire, che una crocifissione d'apparenza. Vetrata come porto della Luce. Il Dio dell'architettura poneva questi approdi per il suo cammino. Forse l'aggettivo più alto che abbia messo in un verso un poeta italiano è Te collocò la provida Sventura... (E semplice, ma nessun altro ci sarebbe arrivato). Quel che Leopardi diceva « il deserto della 100

vita » era molto più sopportabile che il deserto della terra operato dalla scienza e dalla ragione. Senza alberi e animali non si sopporta la vita. Sarà meno intollerabile il pensiero del rogo del mondo, se gli mettiamo sopra una corona di rose di qualche refrigerio possibile. « A Itri, diceva tra gli ulivi interamente avvolti nel veleno il vecchio contadino, una volta non c'erano macelli. Adesso sono dodici o tredici ». La morte come liberatrice dall'Informazione. Da meditare la definizione che dell'arte mimica dà Jean-Louis Barrault: l'arte anti-morte. Di quest'arte non resta nessuna traccia nell'aria, delimita lo spazio per la frazione di un attimo, i maestri arrivano a trasmetterne soltanto l'ombra: eppure anti-morte. Questa definizione modifica qualcosa nel nostro pensare la morte. Il gesto muto come vittoria su Thanatos - il gesto seminato nell'aria... (Qualcosa che ricorda la società del Vivere Inimitabile a cui si erano iniziati Antonio e Cleopatra).

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La spiegazione della folgore (xeQauvóg) eraclitea è nell'ideogramma cinese che significa la Sapienza per mezzo della Folgore. Un luogo che era un luogo (la Terra) e che cessa (abbia cessato) di esserlo, per tutti i viventi, dopo la conquista umana, fu mai, veramente, un luogo? Un vero luogo non sarebbe mai stato assoggettato; le Erine non sarebbero rimaste mute. Chi ci ha mandati qui, solo a disfare del disfacibile? Perché questa inesorabile evoluzione dal cannibale al supercannibale, dall'impaurito all'ultraimpaurito, dall'omicida semicosciente al criminale coscientissimo? Noi, i geofagi... - ex italiani, americani, britannici, tedeschi, russi, giapponesi ec. Un solo popolo, nessuna patria. Il puro divorarsi delle giungle e dei fondi marini. Morire d'indigestione della polpetta Terra non è un glorioso morire. La parola Dio è scomparsa con la parola pidocchio. Dio è morto insieme al pidocchio e per la stessa causa: uno spruzzo d'insetticida. Per questa Morte del Pidocchio l'umanità sprofonda nell'igiene e nella rovina. In senso etico, questa così detta biosfera è ormai una integrale thanatosfera. In senso ma102

teriale - come la ruota segue il carro — anche... Quel che non riuscì che per poco tempo e imperfettamente a Calvino, sarà riuscito per un tempo indeterminato ai partiti comunisti che hanno preso il potere in Europa, in Asia, in America Centrale: l'assassinio metodico e radicale di ogni felicità umana, l'avvilimento e lo schiacciamento di ogni immaginabile gioia. E il segreto della stabilità del loro potere aver distrutto il pensiero che qualche felicità, per grama che sia, è possibile. Ed è veramente nato da una tigre sifilitica, l'imbecille, tra noi, capace di assolvere, di giustificare, di dimenticare - tranquillo, in mezzo ai suoi libri - un'impresa così scellerata, così imperdonabile. Nell'islamismo sciita la Morte universale di Dio ha assunto la maschera di Terrore Teocratico integrale. E lo stesso pugno ateista della Tecnica e della Politica, più il Bismillàh, che imprime un sigillo divino alla pura brutalità. Sprovvisto di questo anello magico, un regime puramente ateo è più scalfitile: per pazienti e illuminati, tra gli atei c'è un po' più da sperare. Parola scavata: dolore trovato. Se primitiva, ne scaturisce un dolore di prima dell'uomo, qualcosa come il dolore della pietra, il grido 103

del fossile, dell'osso enorme, della felce carbonificata. Si può meditare senza fine l'oracolo del Silenzio (massa dumàh) in Isaia 21, due soli versetti, 11-12. L'ho tradotto più volte, l'ho imparato, lo cantileno; ogni volta è nuovo, è il miracolo della parola-uccello-con-grandiali-aperte. Se diciamo « il mattino è venuto », anziché viene la risposta della Guardia sarebbe allora: è venuto e non ve ne siete accorti, la Luce è passata ma la Tenebra non l'ha trattenuta (cuore del Prologo giovanneo): uègam làilah, « e anche la notte è rivenuta », si è ricoagulata intorno a voi in tutto il suo gravare come se mai nessun mattino potesse fenderla o l'avesse fenduta; ma la parola, valore infinito, spunta come il mattino, viene come la luce: « O domandanti ridomandate! Tornate ancora! Insistete! ». Qui è l'unico possibile mattino, questa scaglia di luce sonora che chiama da Seìr è bòqer, è il mattino che viene, che fenderà la notte prendendo forma di domanda sempre uguale (shomèr ma-hmillàilahì) di cadenza vincitrice del Tempo, del giorno e della notte. L'oracolo del Silenzio è così l'oracolo della Voce... La voce che dilata senza limiti, incessantemente, la domanda sulla finità della notte dentro il suo apparente mai aver fine. La risposta della Guardia sarà sempre la stessa, perché sempre la stessa sia la domanda, e la tenebra non prevalga. 104

Quel che non bisogna assolutamente che i figli sappiano, è che li si è fatti nascere. La Via Occidentale: più ci ingozzano, più ci sgozzano. La Via dell'Est: non occorre ingozzare, basta sgozzare. L'infinito dei fisici è un cattivo infinito perché non è che il senza fine del finito, e il dolore degli occhi è di non vedere in tutto che del finito. Non può restare traccia di fagia di carni morte, di poveri resti di animali trattati come san Lorenzi, in chiunque conosca realmente le vertiginose profondità del bacio. Geremia si malediceva per essere costretto da Dio a parlare: ma se gli avesse dato la visione costringendolo a restare muto sarebbe scoppiato. E per essere schernito, trattato da pazzo ec. Ma la peggiore umiliazione gli è stata risparmiata: non essere né visto né sentito, e tuttavia richiesto con insistenza, pagato, applaudito. Elettra è un semplice automa omicida. Vuole soltanto uccidere, è il suo unico gesto eternamente ripetuto: impugna come arma Oreste. Ha molta più umanità Clitennestra, 105

giustiziata da questa macchina sanguinaria. Nella vendetta, nelle ritorsioni c'è sempre qualcosa di meccanico, di congegno scattato, che le disumanizza e le fa ripugnanti o moralmente irrilevanti. Backfeigl, in tedesco per ragazzina: fico secco, anzi fica secca. Non si potrebbe definire meglio. Nel grande, universale Inquinamento alimentare, mangiare come formiche, vuotarsi come elefanti è la buona regola. La fisiologia rende questo improbabile, ma mentalmente si può fare. Tragici e profeti non immaginavano quanto tragico umano e cosmico avrebbe potuto un giorno essere significato da qualche tronco d'albero abbattuto elettricamente per ordine di un assessore comunale, per fare posto a delle automobili. Hoelderlin, nel poema del lieblicher Bläue vede che Edipo ha un Occhio di troppo, un occhio eccessivo (Der König Oedipus hat ein Auge zuviel vieleicht): è il segreto di Edipo a Colono. Prima di cessare di vedere, era cieco; gli occhi squarciati mettono a nudo, e in movimento, un occhio che non finisce più di vedere. Per non perdere il diritto alla pietà 106

domanda alla figlia: dove siamo? e si siede in un luogo proibito; ma più si comporta da cieco, più vede. Ogni sua parola risuona come un evento, fino alla fine darà luce a quel che è nascosto. Il mistero umano è che non si tratta di un indovino, ma di un uomo eccessivamente provato dal dolore. Hoelderlin dice che, mostrando dolori simili, lo Spettacolo, la Cosa da vedere, esiste necessariamente. La definizione del tragico, barca che si allontana dalla sponda aristotelica, si avvicina sempre più all'Inesprimibile. Aver costretto la Natura a piegarsi alla linea retta, costituisce già una colpa che può costare all'umanità una più che giusta condanna a morte. Una via sicura per eliminare ogni ricordo del sacro da un luogo sacro (interni di cattedrale, pronai, sagrati, cripte, colonnati ec.) è di farne risuonatori di concerti di musica sacra, dove i partecipanti diventano un pubblico. Il grave, profondo, estenuante progresso nostro occidentale sugli antichi mariti e signori è che loro avevano delle concubine, e noi invece, nel corso di una vita, tre, quattro, dieci esseri umani, completamente umani, con pochi ornamenti, o nessuno, delle compagne che sorgono e svaniscono, e addirittu107

ra muoiono, di cui soffriamo, per cui trepidiamo, di cui ci occupiamo. Un vecchio amico andato a vivere in Sardegna, mi scrive che ama Londra e Parigi e che ci ritorna perché, là, trova qualcosa di vitale: delle vere pattumiere, dove frugare e rinvenire. « Quel che mi manca a Sassari non è il teatro o il museo: è la pattumiera ». Se si arriva a collocare sopra la voragine della Storia, come schermo profilattico personale, di propria storia, una piccola fila di sedie in figura di donna (anche rovesciate purché non sprofondino) quasi quasi si è salvi, si è meno esposti e terrorizzati - la voragine ci ingoierà, ci ha già ingoiati — anche se il treno abbia per stazione terminale Treblinka o la Kolymà, il rogo di Cernobyl o il cielo di Hiroshima. La donna non riuscirete mai a castrarla con ubriacature di senso della storia e del tempo, perché è in natura l'erba contravveleno della storia, l'erba guaritrice del Tempo. Il colpo di renderla calva, o quasi calva, vi è riuscito, ma nell'athanòr della passerina l'ardore della caducità brucia e dissolve tutti i residui degli eventi che furono e sono. Deportati lunari, l'ultima patria è un corpo così e così — in cui i significati copulano come sfingi, a migliaia - svanente e ritornante. Dio mio! Non può esserci che del buono e del buonissimo, in quel che ci scancella dalla mente governi, giornali, scienza, 108

pesti, teologia, sete, obitorio, mettendo al primo posto una manica, un'ora persa, un ricordo insignificante, una lettera che non fu neppure scritta. Le energie per combattere la Tecnica ci sarebbero - l'uomo è il massimo concentrato di energie dell'universo - ma sono neutralizzate e paralizzate dai demoni, che dominano il linguaggio e pervertono la mente per mezzo delle parole. Un popolo che per un anno non mangiasse parole, potrebbe nel digiuno vedere il fantasma luttuoso della Terra e abbandonare questo culto spaventoso della Bestia che la divora. La guerra muggisce dentro di noi, e anche nei cortei pacifisti c'è il suo gemito cupo: è così violenta la voglia di resa da essere voglia sterminatrice. I lupi irrompono per la porta aperta (Trakl, In Osten) anche con l'urlo « pace ad ogni costo » e disarmati. Tutto è così riarmo e arma, che soltanto in qualche pensiero senza mondo si può trovare del disarmo che non sia parricidio, aggressione o suicidio. Senza la Russia, diceva Dostoevskij, « gli Slavi non resisterebbero e scomparirebbero dalla faccia della terra ». E se al terrore intollerabile di tale sostegno vitale preferissero, mille volte, scomparire? 109

Tanto per dire qualcosa diremo: « Credevamo non fosse più che da raccontare, la Peste! ». Nel sottopassaggio di piazza Fiume, su un rigagnolo di squallidi commerci ambulanti, il graffito rosso, brutale: « Dio porco ». E là. Se lo cancelleranno, resterà ugualmente. La Shekinàh prende tanti volti e forme, e una feroce bestemmia è meglio che niente. « Dio porco » è ancora un ricordo di Dio. Sarebbe forse da chiamarla, la famosa Rivoluzione di Ottobre, « il colpo di Stato di Trockij » - perché, dov'era Lenin? Sarà stato d'accordo sul momento? Stalin non lo era. Gli eventi prendono la mano. Ma se si deve dargli un nome... Importa poco che dalla Russia i missili sterminatori puntati verso Occidente restino fermi sulle rampe: da settant'anni sono incessantemente in azione le sua batterie dell'odio. Di quest'arma, l'Occidente non ha più idea; l'Europa ha esaurito tutte le scorte. Nel computo comparativo delle forze NATO-URSS questa nostra lacuna capitale non è calcolata dagli strateghi. Dalle sue mosse occulte si direbbe che la Russia sovietica, stratocratica e conquistatri110

ce, abbia specialmente incorporato due testi, meno celebri di Clausewitz, da Oriente e da Occidente: l'Arthasastra dell'India (tradotto in russo negli anni di Breznev) e L'Uomo Invisibile di Wells. « La mia morte quotidiana sarà morta, ed io sarò giunto in alto, alla vita senza morte » (lettera-testamento di Giosuè Borsi a Piava, 21 ottobre 1915). Per avere un pensiero così sublime bastava essere sulla sponda di un fiume (in questo caso, l'Isonzo) e avere, di fronte, qualche tetro nido di mitragliatrici puntate. Traghettando, sotto il fuoco, si sarebbe compiuto con facilità il miracolo invocato nei suoi versi dalla santa di Avila e per lei molto più difficile. La maggior parte delle mie paure, circa i mali fisici, riguarda i medici e le loro cure, non la malattia. Disegni di Scipione. Capolavoro, per chi voglia meditarci su, di rivelazione grafica del più puro melenso, la china Ritratto ideale. della famiglia di un candidato alla presidenza degli Stati Uniti, del 1931. In un Umanismo Integrale, come quello in atto, non c'è posto per chi non sia nato a compiere o a tollerare qualsiasi crimine. Ili

Non c'è posto per Antigone... Per il verso 523 de\YAntigone: « Non sono nata per i grovigli dell'odio, ma per i legami dell'amore ». Siamo tutti ottusi Creonti, è diventato impossibile capire Antigone, una sviata, una che delira... Cedere a un colpo di sonno in una biblioteca è una gran vergogna. Mi capita sempre più spesso. Ci vado sempre meno e ci resto poco, perché la testa non mi caschi sui libri. (Se si tratta di dizionari, resto più sveglio). Ormai imparo quasi tutto per strada. La lettura fatta in autobus è quella che mi profitta di più. Nei giardini pubblici sto a guardare quelli che fanno jogging.

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