Pensare la storia. Una lettura cattolica dell'avventura umana

In questo libro Messori raccoglie un primo gruppo di 289 articoli apparsi sul quotidiano Avvenire, a partire dal maggio

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Pensare la storia. Una lettura cattolica dell'avventura umana

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VITTORIO MESSORI

PENSARE LA STORIA Una lettura cattolica dell'avventura umana Prefazione del cardinale Giacomo Biffi

edizioni paoline

Prima edizione marzo 1992 Seconda edizione aprile 1992 Terza edizione aprile 1992 Quarta edizione maggio 1992 Quinta edizione gennaio 1993

©EDIZIONI PAOLINE s.r.l., 1992 Piazza Soncino, 5 20092 Cinisello Balsamo (Milano) Distribuzione: Commerciale Edi zioni Paoline s.r.l. Corso Regina Margherita, 2- 10153 Torino -

Indice Prefazione di S . E . Giacomo card. Biffi pag. )) Questo libro l. Sen si di colpa Elezioni 3 . Statistiche 4. Male 2.

5. Ignoranze 6. Jedin

7. Centri sociali 8. Poveri 9. Riforme l O. Pessimisti 11. Beni culturali 12. "Padroni•' 13. Nostradamus 14. Vendette 1 5 . Millennio 16. Menzogne

17 . Duccio

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18. Eliminare o

assi milare 19. Vescovi 20. Heine

21. 22.

Roncalli Esperti

p ag. 23 . Celso )) 24 . Kolbe )) 25. Italia diffamata )) 26. Laici )) 27 . Piani regolatori 28 . Diavolo a Torino )) )) 29. Maestri )) 30. Mito di Milano )) 3 1 . V euillot 32. Al Monumentale )) )) 33. Scalpellini )) 34. Sociologi )) 35 . Schemi 36. Sacramento di )) S at ana 37. Vittime d a non )) dimenticare 3 8. Avanguardie e )) retro guardie )) 39. Due lune )) 40. Edith Stein 4 1 . I Padroni del )} Mondo 42. «Vengo da )} Kursk » 43 . Fascismi e antifascismi

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44 . 45. 46. 47 . 48 . 49. 50. 51 . 52. 53.

Schiavi neri pag . Il nome di Roma )) Il l upo e l'agnello )) La fuga di Tiberio )) )) Don Bosco }) Santi sociali

75. Atanasio 76.

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79. 80. 81. 82.

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Lourdes/1

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L ourdes /2

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Vecchi militanti Apparizioni taciute? 54. '' Cuore' ' : massoneria per il popolo 55. Una " festa" inventata 56. Moschea a Milano 57. Legge tru ffa 58. 1 8 aprile 1 948 59. Santa Russia 60 . Gerusalemme 6 1 . Nazionalsocialismo 62 . Caporetto 63 . Pl u ralismo 64. Lotta di cl asse 65 . Madonne pellegrine 66. Cintura di castità 67 . " Il Vicario " 68 . Corpus Domini 69 . Strade 70. Metternich 7 1 . Atomica ed eucaristia 72 . Razzismi 7 3 . Scisma lefebvriano 74. Casa Freud 6

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Trionfalismo In Italia La guerra e l ' amore Hirosh i m a Ambiente/ l Ambiente/2 Socialismo e capi t alismo In Burundi Colonialismo Olimpiadi Croce Rossa Francesco Religione in cucina Stabilitas Inglesi Gnosi Germani Dai confini Costituzione Engels Premi Nobel Uno stemma

89. 90. 91 . 92 . 93 . 94 . 95 . 96 . 97 . 98. Marco Aurelio 99 . Reati di opinione 1 00. Eterogenesi dei fini 1 0 1 . Ferrovie 1 02. Stazioni l 03 . Mafia/ l 104 . Mafia/2 l 05 . Potenti 1 06. Una ' 'maledizione' ' 1 07 . Giustizia per il passato

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108. P aga nesi m o

pag. 2 1 0

109. "Riformismo

forte' ' 110. Ma nzo ni e Spagna 111. 112. l 13. 114.

Profezie G ue rr a totale 11 "popolo"

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Perdita del cen t ro 1 1 5. Un blocco 1 1 6. Rivoluzione

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1 17. Giacobini

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Foreste 19. La rincorsa del 1 Sole 1 2 0. Voltaire 121. Frassati 122. Vandalismo 123. Roma "italiana" 124. Porta Pia 125. T assa sul macinato 126. Riposo festivo 127. A Losanna 128. l Mille 129. Anticlericali 130. La vite e i tralci 131. Teorie e pratiche 132 . O l' uno o l'altra 133. I n ritardo? 134. Savoia 135. L' uva de La Salette 136. Difendere la storia 137. Conservat ore 138. Albania 139. Gaxotte

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1 40. Concordato pag . 279 )) 280 1 4 1 . Iberi 1 42. Cristiani e )) 28 1 nazisti/ 1 143 . Cristiani e )) 284 n azist i/2 )) 144. Persone e masse 288 145. Regole del gioco )) 292 1 46. Calcio » 295 )) 299 1 47 . Surrogati )) 301 1 48 . "Con i piedi " )) 3 0 1 149. Italiani )) 302 150. Un pallone 1 5 1 . Post-moderno/ l )) 302 152 . Post-moderno/2 » 305 )) 309 1 53 . Europa unita )) 3 1 0 1 54. Bastiglia )) 1 5 5 . Lu igi XVI 313 )) 3 1 3 1 56. Complotto )) 3 1 5 157. Patrie )) 3 1 8 1 58 . Felix Austria )) 322 1 59 . Unità 1 60. Diritti )) 326 dell ' uomo/ l 1 6 1 . Diritti )) 328 dell' uomo/2 1 62. Diritti )) 33 1 dell'uomo/3 1 63 . Diritti )) 3 3 5 dell' uomo/4 )) 3 3 8 164. H ong K ong 1 65 . « Passa in )) Macedonia! » 339 1 66. lnculturazione » 342 )) 345 167. Anonimato )) 1 68 . Montecassino 348 )) 352 169. Auschwitz/ l )) 355 1 70. Auschwitz/2 )) l 71. Zingari 359 7

1 72. Teresa Neumann pag . 173. Cause ed effetti/l )) 1 74. Cause ed effetti/2 )) 1 75. Cause ed effetti/3 )) 1 76. « Bien penser pour bien agir » )) )) 1 7 7 . In Polonia 1 7 8 . Galileo Galilei/ l )) 1 79. Galileo Galilei/2 )) 1 80. Galileo Galilei/3 )) )) 1 8 1 . Parchi e piazze 1 82. Garibaldi e i )) gesuiti 1 83 . Un regno ebraico )) 1 84. Rimorsi cattolici )) 1 85. Pena di morte/ l )) 1 86. Pena di m orte/2 )) 1 87. Pena di morte/3 )) 1 88. Il Muro e il )} diavolo )} 1 89. Voglia di sesso 1 90. Popper )) accontentato )) 1 9 1 . Due nemici )) 1 92. Frati e saio )) 1 93 . Nobili )) 1 94 . " La Feroce" )) 1 95. Amici e nemici 1 96. Tedeschi dell'Est )) )) 1 97 . Solzenicyn 1 98. Museo )) dell' ateismo )) 1 99. Nel 1 937 )) 200. Ceausescu 20 1 . Chi resiste e )) chi no 202. Celibato dei preti )) 203 . Streghe e droga )) 204. A futura memoria )) 8

363 365 368 372 376 379 383 386 391 398 40 1 405 408 412 415 419 424 426 428 429 43 1 432 434 436 436 439 441 442 444 446 449 452 455

205.

America:

"lingue

pag. tagliat e " ? 206. Si c ci t à in )) N ic arag u a )) 207 . Il collasso )) 208 . Fede e patria 209. Un ateismo preso troppo sul serio )) )) 2 1 0 . Democristiani )) 2 1 1 . Aggiornamenti )) 2 1 2 . Divorzio 2 1 3 . Segreto )) massoni co )) 2 14. Don Camillo 2 15. Ipotesi sull'arte )) 216. Donne al comando )) 2 1 7 . Appello a Pietro )) )) 2 1 8 . Pedagogie )) 2 1 9 . Un 'orchestra 220. Le ostie di Siena )) 22 1 . Intellettuali e )) beghine )) 222 . Sartre )) 223 . Pulpiti 224. L' anima delle )) donne 225. J us primae noctis )) )) 226. Waldheim 227 . Martiri in Spagna )) 228. Madonne che )) piangono )) 229 . L 'Anticristo )) 230. Una sintesi 23 1 . Battaglia a )) Legnano 232. Gli anni del )) consenso )) 233 . Portoghese )} 234. Linciaggio ·

457 460 463 466 470 472 476 478 479 482 485 489 49 1 493 494 495 498 500 50 1 50 1 504 507 51 1 514 517 519 520 523 527 528

235. Mercato 236. Syllabus 237. P u gn o chiuso 238. Inganni 239. Miracoli

Comunismo cristiano/l 241. Comunismo cristiano/2 242. Fede 243. Ponti e muri 244. Assemblee 245. Ricchezze vaticane 246. Prima e dopo 247. Giovanni Nepomuceno 248. Bandiere 249. Polonia 250. Malachia 251. L a "colpau del Papato 252. Il bene ed il male 253. Base-ball 254. Dagli al cattolico ! 255. Inquisitori 256. Parole 257. Pajetta 258. Tahiti 259. Petrolio 260. L'oro di Colombo 261. Terzo Mondo: un saccheggio? 262. Gran Bretagna ''medievale' ' 263. Gesuiti 264. "Civil religion" 265. Q uattro fasi

pag. 529 }) 532 )) 534 )) 5 3 5 )) 536

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266. "lntellighenzia" pag. 586 )) 589 267 . Risorgimento 268 . Alberi ed ex)) 592 comunisti 269. Padri della Patria )) 595 )) 598 270. Perazzo 27 1 . Tra Iraq e Libano )) 602 272 . Mercenari e coscritti )) 605 )) 608 273 . Cremazione )) 6 1 1 274. Islam/ 1 )) 6 1 4 275 . Islam/2 )) 6 1 7 276. Islam/3 )) 62 1 277 . Islam/4 278 . Islam/5 )) 624 279. Islam/6 )) 627 )) 630 280 . Islam/7 )) 634 28 1 . Un archeologo 282 . " Leggenda )) 637 nera" /1 283 . "Leggenda )) 640 nera' ' 12 284. "Leggenda )) nera" /3 644 285 . ' ' Leggenda )) 648 nera" /4 286. ' ' Leggenda )) 65 1 nera" /5 287 . ' ' Leggenda )) 654 nera" /6 288 . "Leggenda )) 657 nera" 17 289. Augusto Del Noce: la "catastrofe" della modernità )) 66 1 Indice dei nomi di )) 673 persona Indice dei nomi di luogo » 684 9

Prefazione

Quando un ragazzo, educato cristianamente dalla famiglia e dal­ la comunità parrocchiale, di fronte agli asserti apodittici di qual­ che insegnante o di qualche testo comincia a vergognarsi della sto­ ria della sua Chiesa, è oggettivamente posto in grave pericolo di perdere la fede. È un rilievo penoso, ma incontestabile; anzi ha, ben oltre il contesto scolastico, una sua generale validità. Abbiamo qui uno tra i più pungenti problemi pastorali; e ci si stupisce che raccolga negli ambienti ecclesiali cosi poca attenzione. A salvare la gioia e la fierezza della nostra appartenenza al ..pic­ colo gregge" cui è stato assegnato come destino il Regno di Dio, non serve la rinuncia ad approfondire le questioni. A l contrario, è indispensabile l'attitudine a vagliare tutto con tranquilla spregiu­ dicatezza: diversamente da quanto comunemente si pensa, nella scettica cultura contemporanea non scarseggiano le fole, scarseg­ gia lo spirito critico; perciò il Vangelo si tro va cosi spesso a mal partito. Come ho già detto in altre occasioni, il guaio più radicale conse­ guente alla scristianizzazione, a mio parere, non è la perdita della fede, è la perdita della ragione: riprendere a ragionare senza pre­ giudizi è già un bel passo verso la riscoperta di Cristo e del disegno del Padre. D'altronde, è anche vero che l 'iniziativa salvifica di Dio ha una integrale funzione sanante: salva tutto l'uomo; e, dunque, anche la sua naturale capacità conoscitiva. L 'alternativa alla fede, pertan to, non è la ragione e la libertà di pensiero, come ci è stato ossessivamente ripetuto negli ultimi seco­ li; è, invece. almeno nei casi di estrema e sventurata coerenza, il suicidio della ragione e la rassegnazione all'assurdo. Il

In materia di storia della Chiesa e delle difficoltà pastorali che provoca, è bene richiamare la necessità di una triplice analisi. La prima è di natura essenzialmente teologica, e come tale può essere condivisa solo a misura che si posseggano "gli occhi della fede". Si tratta in sostanza di acquisire e portare a esplicita consa­ pevolezza una ecclesiologia degna di questo nome. Si potrà in essa arrivare a comprendere che la Chiesa è, come diceva sant 'Ambro­ gio, ex maculatis immaculata: una realtà intrinsecamente santa co­ stituita da uomini che sono tutti, in grado e in misura diversi, pec­ catori. Qui sta appunto il suo prodigio e il suo fascino: l'Artefice divi­ no, usando la materia povera e difettosa che l'umanità gli mette a disposizione, riesce in ogni epoca a modellare un 'opera d'arte, splendente di verità assoluta e di sovrumana bellezza; verità e bel­ lezza che sono anche nostre, di ciascuno di noi, secondo la pro­ porzione del nostro effettivo inserimento nel corpo di Cristo. Si dimostra pertanto vero e acuto teologo- quale che sia la sua qualifica accademica e la sua cultura riconosciuta - non tanto co­ lui che s 'indigna e si scandalizza perché ci sono dei vescovi che se­ condo lui sono asini, qu_anto colui che si commuove e si entusia­ sma perché - passi l'irriverenza - ci sono degli asini che sono vescovi. Sotto

questo profilo, il credente può accostarsi alle vicende e agli accadimenti della storia della Chiesa con animo molto più emancipato del non credente: la sua ecclesiologia gli consente di non ritenere a priori inaccettabile nessun dato che risultasse dav­ vero stabilito e certo, per quanto disonorevole appaia per il nome cristiano; mentre l'incredulo sarà costretto a rifiutare o a banaliz­ zare tutti gli eroismi sovrumani, i valori trascendenti, i miracoli so­ prannaturalmente motivati in cui si imbatte. Press 'a poco come av­ viene nel caso della Sindone, per citare un argomento che appas­ siona Messori. Formalmente, noi lo sappiamo, la nostra fede non è scalfita, co­ munque la scienza decida in merito di pronunciarsi: noi potrem­ mo permetterei anche il lusso di non crederci. Invece, accettare l'au­ tenticità di quel lenzuolo è moralmente impossibile a chi non rico­ nosce in Gesù di Nazareth il Cristo Figlio del Dio viven te, tanto 12

inspiegabile

è il cumulo di eventi straordinari che connotano la sua

origine e la sua conservazione. Il sospetto di pregiudizio, come si vede, grava in questo caso sul campo d'Agramante piuttosto che

su quello dei Paladini.

/1 secondo tipo di ragionamento è di indole filosofica, sere

e può es­

condiviso da quanti dispongano di un minimo di onestà intel­

lettuale.

Quando si parla delle colpe storiche della Chiesa, non bisogna sotlova/utare il fatto che essa

è

la sola realtà a restare identica a

sé nel trascorrere dei secoli, sicché finisce con l'essere la sola chia­

mata a rispondere degli errori di tutti. Chi si sogna mai di chiedersi, ad esempio, quale sia stato al tem­ po dell'affare Galileo l'atteggiamento delle varie Università e de­

gli altri organismi di rilevanza sociale nei confronti dell'ipotesi co­ pernicana? Chi domanda conto aWodierna magistratura delle idee e

dei comportamenti comuni ai giudici del secolo XVII? O,

per es­

sere ancora più paradossale, a chi viene in mente di rinfacciare alle autorità politiche milanesi (sindaco, prefetto, presidente della re­ gione) le malefatte dei Visconti o degli Sforza?

C'è da notare che il mettere sotto accusa la Chiesa viva. di oggi, per gli avvenimenti, le decisioni, gli atti di epoche ormai trascorse

è per se stesso un implicito ma palese riconoscimento della reale permanenza della Sposa di Cristo, della sua intangibile identità che, a differenza di tutte le altre aggregazioni, non è mai travolta dalla storia; del suo essere "quasi-persona" e perciò, lei sola, soggetto

perpetuo di responsabilità. È uno stato d'animo che- proprio attraverso gli

atteggiamenti

di rivalsa e la vivezza dei rancori - rivela quasi un initium fidei n el mistero ecclesiale: il che, probabilmente, accende l'ilarità degli angeli in Cielo.

Una volta però assimilate bene queste annotazioni,

per così di­

re, di "ecclesiologia soprannaturale e naturale", non si può esi­ mersi daWentrare nel merito: si fa perciò doveroso esaminare l'at­

tendibilità di

quanto comunemente si dice e si scrive sulla Chiesa.

La verità va appurata, salvata dalle alterazioni, proclamata, ono-

13

rata, comunque ci si presenti e quale che sia la fonte cui l'attingia­ mo. Più di una volta san Tommaso d'A quino ci insegna che omne verum, a quocumque dicatur, a Spiritu Sancto est t'ogni verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo ''); e basterebbe que­ sta citazione a farci intravedere quale invidiabile larghezz a di spi­ rito caratterizzava i maestri medievali. Reciprocamente va anche detto che le falsità, le manipolazioni, gli errori vanno smascherati e condannati, da chiunque siano pro­ posti e per quanto vasta sia la loro diffusione.

Orbene,

bisognerà che ci decidiamo a ren(ierci conto - ci dice, tra l'altro, Vittorio Messori con queste pagine - del cumulo di giu­ dizi arbitrari, di sostanziali deformazioni, di vere e proprie bugie, che incombe su tutto ciò che è storicamente attinente alla Chiesa. Siamo letteralmente assediati dai travisamenti e dalle menzogne: i cattolici in larga parre non se ne avvedono, quando addirittura non rifiutano di avvedersene. Se io vengo percosso sulla guancia destra, la perfezione evange­ lica mi propone di offrire la sinistra. Ma se si attenta alla verità, la stessa perfezione evan gelica mi fa obbligo di adoperarmi a rista­ bilir/a: perché, dove si estingue il rispetto della verità, comincia a precludersi per l 'uomo ogni via di salvezza. Da questa persuasione, ritengo, è nato questo libro, che è auspi­ cabile diventi subito uno strumento indispensabile dell 'odierna azio­ ne pastorale.

Qualche volta mi vien fatto di pensare che il corpo della cristia­ nità attuale sia afflitto, diciamo così, da deficienza immunitaria. L 'aggressione al Regno di Dio iam praesens in mysterio è feno­ meno di tutti i tempi, e ne siamo stati ripetutamente avvertiti dal Signore, anche se le sue parole a questo proposito sono state in questi decenni un po ' trascurate. Ciò che in vece caratterizza particolarmente la nostra epoca è la teorizzazione che non si debba reagire: la retorica del dialogo a tutti i costi, un malinteso irenismo, una strana specie di masochismo ecclesiale, sembrano inibire ai cristiani ogni naturale difesa, sicché 14

la virulenza degli elementi parogeni può operare indisturbata le sue devastazioni.

Per fortuna lo Spirito Santo non lascia mai senza intrinseca pro­

tezione la Sposa di Cristo. È sempre attivo,

e suscita

in varie for­

me e a vari livelli le necessarie antitossine. Il presente volume - che raccoglie larga parte degli apprezzati

"Vivai " di Villorio Messori, apparsi sul quotidiano cattolico na­ �ionale è appunto uno di questi provvidenziali rimedi ai nostri mali: la sua comparsa è un segno che Dio non ha abbandonato il suo popolo. Messori è, ringraziando il Cielo, autore originale e personalissi­ mo, e non c 'è obbligo di condividere tutte e singole le sue sempre geniali opinioni. Ma non possiamo non condividere tutti- e tutti apprezzare - il suo coraggioso servizio alla verità e il suo amore per la Chiesa. -

+

GIACOMO card.

BIFFI

Arcivescovo di Bologna

15

Questo libro D a quando circostanze impreviste mi spinsero alla scoperta del­ l' Atlantide cristiana, per me fino allora quasi sconosciuta, non ci fu forse giorno in cui non cercassi di riflettere sulla fede, sulla sua credibilità, sulla sua possibilità stessa. Una riflessione che, in tanti anni , ha ingrossato il mio archivio di una massa di note, appunti , abbozzi , solo in piccola parte utilizzati nei libri via via pubblicati . Approfittando deli' amichevole sollecitazione deli' allora direttore di A vvenire, Guido Folloni , a partire dal maggio del 1 987 pubbli­ cavo, su quel quotidiano, "Vivaio " : due colonne (prima bisetti­ manali e poi addirittura, a lungo , trisettimanali) nelle quali far con­ fluire qualcosa del materiale di cui già disponevo e di altro deriva­ to da nuove ricerche . Il nome della rubrica mi fu suggerito dal Diario postumo di Giovanni Papini, i l quale progettava un'opera - peraltro non pubblicata - nella quale raccogliere spunti e "trame" per possi­ bili libri ; o anche soltanto idee e provocazioni, magari allo stato grezzo , per suscitare riflessione e dibattito . Così io pure intesi il ruolo di uno spazio giornalistico che mi ha concesso di avverti­ re - giorno dopo giorno - la calda, vigile, talvolta anche critica ma sempre affettuosa attenzione di un pubblico di lettori sor­ prendentemente vasto e variegato , andando (come mi testimonia­ no migliaia di lettere) dall' operaio al professionista, dalla casalin­ ga al docente universitario. Quanto resta dello spesso miscono­ sciuto - e sottovalutato, ma solo da certa ignara arroganza laici­ sta - "mondo cattolico " conta (lo so ormai per lunga esperien­ za) lettori tra i più gratificanti, per acume e solerzia, per chi an­ cora si ostini a scrivere articoli e libri . Di queste righe, dunque, approfitto ora per ringraziare tante ami-

17

Che e tanti amici che hanno voluto farmi sapere che la mia ricerca sulle ragioni della fede era anche la loro.

È c o m u nq ue un ringraziamento che ho tentato di rendere con­ creto con questo libro (tante volte sollecitatomi dai molti che rita­ gliavano e raccoglievano la rubrica) , dove ho operato una scelta tra le prime 400 "puntate" . Dall'ingente materiale pubblicato si­ no ad allora (oltre 1 . 600 cartelle) ho estratto quanto rientrasse sot­ to il titolo scelto per la raccolta: Pensare la storia. Pensarla , cioè - o ripensarla - in una prospettiva "cattolica"; nella consapevolezza , data dalla fede, di un enigmatico Piano , di una Provvidenza che tanto nascostamente quanto fermamente guida l'avventura di ogni singolo uomo e dell 'intera umanità. Un picco­ lo , faticoso ma tenace tentativo , questo nostro, di praticare que1la carità de1la verità che oggi sembra negletta anche da uomini di Chie­ sa, ma che, in una dialettica cristiana, dovrebbe accompagnare (an­ zi , precedere) ogni altra carità. Perché « non di solo pane vive l' uo­ mo»; e, perché - parola ancora del Vangelo - è la verità il pre­ supposto indi spensabile della libertà. Non aggiungo altro , tralasciando volentieri proclami e manife­ sti, per rinviare alle molte p·agine che seguono: a proposito delle quali darò soltanto, qui , alcune avvertenze per l ' uso. lnnanzitutto: essendo - per scelta e per mestiere - un croni­ sta, e tale volendo restare, nei frammenti riportati sono spesso par­ tito dall'attualità fornita con tanta abbondanza dalla pirotecnica fine degli anni Ottanta e dall'inizio dei Novanta. Se, dunque , lo spunto per iniziare il discorso potrà sembrare talvolta " datato" , mi sono sempre sforzato che non lo fosse la riflessione sui fatti di una cronaca che qui ha lasciato il suo polline : sotto il quale, però, spero resista un modo, un metodo per riflettere "cattolicamente" (e, dunque, in profondo e durevolmente) sul mistero de11a vicenda umana. Stat crux dum vo/vitur orbis: la croce sta ferma mentre il mondo gira , per dirla con il bel motto del più che millenario Or­ dine Certosino . L'origine giornalistica dei frammenti è segnalata anche da qual­ che ripetizione, q ua e là. Nel lavoro di revisione e di integrazione del materiale in vista del volume, ho deciso di lasciare alcune di 18

quelle ripetizioni . Penso , infatti, che uno dei modi di utilizzazione di questo libro sia "ad apertura di pagina" . Una lettura frammen­ taria, cioè, che esige che l' argomento sia ogni volta chiaramente inquadrato - magari con premesse e conseguenze - anche per chi non abbia letto quanto precede . Pur nella unitarietà del metodo - nella costanza, cioè, di quel "taglio" cattolico di lettura che sempre ho cercato di praticare ­ le molte centinaia di pagine qui riunite vogliono essere una sorta di "magazzino " , di "emporio " (o, per i più animosi , di "santa­ barbara"), cui attingere affidandosi anche a una lett ura disconti­ nua. L' indice dei nomi e quello dei 289 frammenti potranno gui­ dare chi desiderasse seguire il filo di una ricerca sistematica. Inoltre, quel tornare su certi discorsi, quell'insistere su determi­ nati argomenti segnala l'importanza particolare che ad essi è attri­ buita: dunque qui , forse, davvero repetita iuvant. Non si dimenti­ chi, tra l'altro, che la riflessione si è sviluppata negli anni della straordinaria svolta storica rappresentata dal collasso non solo del cosiddetto "socialismo reale" ma di ogni marxismo , di ogni uto­ pia comunistica tout court : è dunque naturale che su un simile te­ ma ritornino molte pagine. Ricorda l' antico principio che il moto non si prova con complesse teorie ma, semplicemente, muovendosi. Cosi, anche per il cristia­

nesimo : fede in un Dio che ha preso il tempo degli uomini tanto sul serio da parteciparvi non per finta - incarnandosi in un luo­

go, in un tempo, in un popolo, con un volto ed un nome -la veri­ tà del Vangelo la si "prova" nella storia concreta. È Gesù stesso a lanciare la sfida: l'albero lo si giudica dai frutti . Sono questi che qui si è cercato di analizzare, scegliendone alcuni da una vicenda di ormai quasi venti secoli (o di quaranta, se - come è doveroso - non si dimentica che le radici della fede del Nazareno sono in continuità con quanto inizia da Abramo). P rotagonista di questo libro è dunque il Cristo che continua la sua vita nella storia con quel suo corpo vivo che (così il cattolico crede) è la Chiesa. Ho dunque escluso l'indagine sulla verità del Gesù testimoniato dai Vangeli: a quest 'ultima ricerca non ho sol­ tanto dedicato certe "ipotesi" che danno titolo al mio primo li­ bro, ma continuo a riservare riflessione e fatica ne "Il caso Cri­ sto " che, pubblicato ogni mese su Jesus, sarà riunito in un libro a sé. ·1 9

Altri libri , del resto , dovrebbero presto seguire questo Pensare la storia: si tratterà delle prime 400 puntate di "Vivaio" non uti­ lizzate qui e delle molte altre che sono seguite e seguono su Avve­ nire, dove la rubrica prosegue. Questo volume, in effetti , è il pri­ mo di una nuova collana che le Edizioni Paoline hanno voluto ini­ ziare con il nome, appunto, di "Vivaio " , destinata ad accogliere il materiale della rubrica. Preciso , per finire, che in nessuna pagina, nemmeno in quelle apparentemente più polemiche, ho dimenticato il monito di san­ t' Agostino : interficite errores; homines diligite. Non tutte le idee né tutte le azioni sono ri spettabili . Da rispettare a ogni costo sono, invece, tutti gli uomini . Il credente affida al giudizio di Dio , e di lui soltanto, anche coloro che quelle idee e azioni inaccettabili, quando non esecrabili, incarnano e còmpiono . v.

m.

A nche questa volta (come già per i libri precedenti) sarò grato ai lettori che vorranno comunicarmi osservazioni, precisazioni, cri­ tiche, integrazioni, confeFme. I molti che già hanno voluto entrare così in dialogo con l 'autore - rompendo almeno in parte il carat­ tere "autoritario", di monologo, legato necessariamente al genere libro, questo modo per parlare senza essere interrotti - sanno con quale attenzione abbia esaminato ciò che hannò voluto comuni­ carmi. A differenza di quanto suggerisce l'eterna tentazione gno­ stica - oggi pericolosamente riaffiorante in forze- la verità non è "segreta" né tantomeno è privilegio di pochi iniziati, eletti, esperti. A tutti è offerta e tutti possono (debbono) portare il proprio con­ tributo alla sua ricerca. Indirizzare a: Vittorio Messori , via Ariosto 3 , 250 1 5 Desenzano del Garda (BS) .

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Il

y

a plaisir d'etre dans un vaisseau battu de l'orage, lorsqu'on est assuré qu'il ne périra point. Les tribulations qui travaillent I'Église sont de cette nature.

BJaise Pasca!

l. Sensi di colpa Dopo tre giorni di faticoso viaggio insieme, Léo Moulin, 81 an­ ni, è fresco, elegante, attento e cordialissimo come sempre. Mou­ lin, per mezzo secolo docente di storia e di sociologia all 'universi­ tà di Bruxelles , autore di decine di libri rigorosi e affascinanti, è tra gli intellettuali più prestigiosi d' Europa. È forse il maggiore co­ noscitore degli Ordini religiosi medievali, pochi come lui sono am­ mirati dalla sapienza di quei monaci . Eppure, si è distaccato sì dalle logge massoniche, dove ha militato (« Spesso - mi dice - affi­ liarsi è condizione indispensabile per fare carriera nelle u niversità, nei giornali, nelle case editrici : il mutuo soccorso tra i "fratelli mu­ ratori" non è un mito, è una realtà ancora attuale »), ma è restato un laico , un razionalista, di un agnosticismo che confina con l'a­ teismo . Mi raccomanda , Moulin, di ripetere ai credenti una sua convin­

zione, maturata in una vita di studio e di esperienza: « Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende : il capolavoro della pro­ paganda anti-cristiana è l'essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza; a instillargli l'imbarazzo , quando non la vergogna, per la loro storia. A furia di insistere, dalla Riforma sino ad oggi, ce l 'hanno fatta a convincervi di esse­ re i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo . Vi hanno para­ li zzati nell ' autocritica masochistica, per neutralizzare la critica di ciò che ha preso il vostro posto ». Femministe, omosessuali, terzomondiali e terzomondisti , paci­ fisti, esponenti di tutte le minoranze, contestatori e scontenti di ogni risma, scienziati , umanisti, filosofi , ecologisti , animalisti , morali­ sti laici: « Da tutti vi siete lasciati presentare il conto , spesso truc23

cato , senza quasi discutere . Non c'è problema o errore o sofferen­ za della storia che non vi siano stati addebitati . E voi , così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci, magari per dar loro manforte. Invece io (agnostico , ma storico che cerca di essere oggettivo) vi dico che dovete reagire, in nome della verità. Spesso, infatti, non è vero. E se talvolta del vero c'è, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di cristianesimo , le luci prevalgo­ no di gran lunga sulle ombre . Ma poi : perché non chiedere a vo­ stra volta il conto a chi lo presenta a voi? Sono forse stati migliori i risultati di ciò che è venuto dopo? Da quali pulpiti ascoltate, con­ triti, certe prediche? ». Mi parla di quel Medioevo che da sempre frequenta come studioso : « Quella vergognosa menzogna dei "se­ coli bui" , perché ispirati dalla fede del Vangelo ! Perché, allora, tutto ciò che ci resta di quei tempi è di così fascinosa bellezza e sapienza? Anche nella storia vale la legge di causa ed effetto . . . » . Penso allo storico di Bruxelles i n auto, una mattina qualunque, attraversando l'hinterland milanese. Qui , come in ogni altra peri­ feria urbana, un Dante contemporaneo potrebbe ambientare qual­ che girone del suo inferno : rumori assordanti , odori mefitici, cu­ muli di rottami e di rifiuti, acque velenose, marciapiedi ingombri di auto parcheggiate, scarafaggi e ratti , cemento impazzito, bran­ delli di prato tossico . Ovunque, senti l'ira e l'odio di tutti contro tutti : automobilisti contro camionisti , pedoni contro motorizzati , acquirenti contro venditori, settentrionali contro meridionali, ita­ liani contro stranieri, operai contro padroni, figli contro genitori . Il degrado è nei cuori , prima ancora che nell'ambiente. Finalmente la mèta, il grande monastero, l' antica casa religiosa . Liberato con sollievo dall ' auto, varco il portone . Di colpo, il mondo mi cambia intorno . Un grande, secolare cortile, chiuso su tutti i lati da un porticato che placa l'animo con l'armonia delle arcate. Silenzio, bellezza di affreschi, ritmo di architetture, frescura di om­ bre. Al di là del cortile, un vasto giardino , ultima spiaggia sui cui alberi si è rifugiato quanto sopravvive e vola nella terra desolata tutto attorno . Nell'accoglienza, poi, dei religiosi senti che è gente che - malgrado tutto - cerca di voler bene , che crede che amare sia ancora possibile. Con un misto di ironia e di angoscia, penso alle vendette della storia negli ultimi due secoli , popolati da gente diversa ma unita

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dall a furia di sopprimere i segni cristiani, a cominciare dalle con­ gregazioni religiose; dal bisogno di distruggere, con esse, i loro luo­ ghi di pace e di bellezza, visti come angoli immondi di oscuranti­ smo, ostacoli anacronistici sulla strada per edificare il sognato ''mondo nuovo" . Adesso , eccoli i frutti del promesso domani radioso , al di là del muro che ripara il giardino . In nome dell 'umanità, mai mondo fu reso più disumano . Le attese si sono rovesciate : la realtà e la spe­ ranza di un mondo più vivibile resistono - ma per quanto? - in questi brandelli religiosi, sopravvissuti (per miracolo, per caso, per ostinazione dei cristiani che ritornano dopo ogni soppressione) al­ la furia degli "illuminati " . I cui figli e nipoti si rifugiano anch' essi qui , ora, a rimpiangere quanto è stato perduto . E a rallegrarsi che qualcosa si sia salvato dalla rabbia dei distruttori . Se è dal frutto che si riconosce l'albero , c'è forse qualche conse­ guenza da trame, anche per seguire l' ammonimento ai credenti di Moulin, il vecchio storico agnostico : « causa ed effetto . . . ». I no­ stri scheletri nell 'armadio li abbiamo pure noi; e guai a far finta di niente. La realtà cristiana mescola pur sempre il divino e l'uma­ no: casta et meretrix è la Chiesa, secondo il detto dei Padri . E tali , sempre, furono e sono i suoi figli . Ma guardiamoci anche attorno , non più così vergognosi e intimoriti . Non c'è carità possibile senza verità; su di noi e sugli altri .

2. Elezioni Per ora , è finita. Parlo, ovviamente , di quella vischiosa melassa della quale hanno grondato giornali e telegiornali, muri e piazze, nelle lunghe settimane della campagna elettorale. In pensosi editoriali , in seriose tavole rotonde, certi miei ben più autorevoli colleghi del media-system hanno cercato, come sempre, di convincerci a ogni costo: « Nulla c'è di più importante del con­ fronto tra un Ciriaco e un Bettino . Sola speranza di salvezza è sta­ bilire se abbiano ragione Natta o Nicolazzi, Spadolini o Pannella. Non avrete altro Altissimo che quello dei liberali » . Ecco l' anti-evangelo, l a " cattiva notizia" , i l kérygma capovob to: quel « di solo pane vivrà l ' uomo » del Tentatore, dal quale:n 25

Cristo è venuto a salvarci, perché non soffocassimo di claustrofo­ bia. Lui , che ha aperto una breccia nel muro del mondo e della sua cronaca: una feritoia da cui giunge ossigeno e dalla quale sbir­ ciare verso l' Infinito e l'Eterno. Questa la prima, indispensabile "liberazione" , da cui tutte le altre derivano . Perché « è la verità che ci fa liberi » : e davvero, per chi prenda sul serio il Vangelo, è un equivoco o una menzogna la scala di va­ lori che al primo posto , quello decisivo, mette i risultati di un' ele­ zione. Riconoscere l'importanza e la necessità, ma al contempo la relatività, di un simile evento è riscoprirsi , di colpo, uomini liberi . Certo, stamane ci sarò anch 'io a « fare il mio dovere di cittadi­

no >> (si dice così?) nell 'aula della solita scuola milanese. Diligente­ mente, indicherò anche le preferenze che - dopo essermi infor­ mato e consultato - mi saranno parse le più "giuste" . Il tutto con serietà, ma anche con quel pizzico di humour, virtù cristiana per eccellenza, che è richi esto ai credenti davanti ad ogni cosa ''pe­ nultima" . Mi auguro , forse, che il "mio " d éputato e il "mio" senatore siano eletti (anche se, a dire il vero, so a mala pena chi siano : il mito illuminista dei " rappresentanti del popolo ' ' è, appunto, un mito retorico tra i tanti che ci vengono dall' astratto utopismo set­ tecentesco). Ripongo in loro (forse) qualche piccola speranza . Ma guai se, come tanti vorrebbero farci credere, fossero essi la Spe­ ranza . È proprio per liberarci da questa disperazione che il Cristo è venuto . Per questo, la mia preferenza andrà a chi meno promet­ te, a chi non vuole farmi credere che, lo lasciassero fare, potrebbe risolvere tutti i problemi, miei e degli altri . Il politico che meno crede nella virtù taumaturgica, da toccasana, della politica, è il più augurabile per il credente. Gente modesta, perché consapevole dei limiti dei suoi strumenti : questa vorrei uscisse dalle urne, non peri­ colosi profeti né falsi cristi dalla visione messianica. Il Cristo e i profeti veri mi ostinerò a cercarli dopo, in un altro luogo: è dome­ nica, uscendo dal seggio me ne andrò alla messa. «Ja, aben>: sì , ma . . . In quell'aber, in quel « ma » , mi disse un giorno un teologo tedesco, sta tutta la visione cristi ana del mon­ do. Chi c rede solo alla storia non può dire che ja, a cominciare dalla politica e dalle sue periodiche elezioni . E rischia così di finire 26

È nell ' aber che sta il di più del tiano : « Sì, d'accordo . Ma c'è anche dell'altro . Molte cose che cris appassionano il mondo sono importanti; ma nulla è decisivo, niente è davvero tragico per chi riesca a intravvedere l' eterno » . Uno che dice così , finisce sì in ginocchio, ma solo accanto a qualcuno . ìn ginocchio davanti a qualcuno .

Dicono che l'intolleranza sia la tentazione del credente . A me sembra che un simile pericolo minacci invece colui per il quale nul­ la c'è al di là del risultato delle urne: per lui tutto, qui , sta o cade . Il cristiano è soccorso , sempre, dall'ironia bonaria, da quel dono di vino del sorriso indulgente che demitizza e disarma la clava che insanguina la storia. In quel« ma» c'è l' antidoto a ogni fanatismo. Continuano a sgranarci il vecchio rosario: « inquisizione, cro­ i c ate, caccia alle streghe . . . ». Scusate , le cataste di cadaveri - di gran lunga le più spaventose di ogni epoca storica, e in cui i cristia­ ni furono spesso vittime, mai carnefici - che ingombrano gli ulti­ mi due secoli , le ha causate forse }" ' intolleranza" dei credenti? O non è, per caso, che quei mucchi di morti sono stati voluti da chi , da destra o da sinistra, all 'adorazione dell"'intollerante" Dio cri­ stiano, ha sostituito il culto ai suoi dèi? Quelli nel cui Pantheon la Politica (e solo quella) ha l' altare centrale? Il Cielo ci scampi (oggi, domani, in futuro) da simili sacerdoti e dai loro fedeli ; ten­ ga lontano da noi il grido , dalle risonanze agghiaccianti: « Noi non abbiamo altro re che Cesare » (Gv 1 9, 1 5).

3. Statistiche Visto che è tempo di percentuali elettorali, di numeri , facciamo ancora un piccolo sforzo . Ne vale la pena: qui non si tratta di par­ titi e partitini, ma del cristianesimo stesso . La Wec (World Christian Encyclopaedia) ha pubblicato il suo periodico rapporto. Ne risulta che i battezzati di tutte le confessio­ ni cristiane detengono ancora la maggioranza relativa: sarebbero infatti il 32,8 per cento della popolazione del mondo . Il doppio, cioè , rispetto ai musulmani , che seguono con ill6,5 per cento; ven­ gono poi gli induisti ( 1 3 , 3) e i buddisti (6, 3). Il cristianesimo , però , perde colpi. Il massimo livello quantitati­ vo fu raggiunto attorno al 1900, con il 34,4 per cento della popola-

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zione mondiale . C'è poi da tenere presente che - a differenza del blocco musulmano il quale , malgrado certe differenze, sul piano della fede è sostanzialmente monolitico - il mondo cristiano è pro­ fondamente diviso. Inoltre, si parla ovviamente di "battezzati" e non di "praticanti" o, addirittura, di "credenti " : statistica, que­ sta, che Dio solo può fare . Gli stessi specialisti calcolano infatti che meno di un terzo di quel 32, 8 per cento dei " cristiani ufficiali " tragga qualche conseguenza o si riconosca interamente nella fede in cui pure è stato inserito con il battesimo . Dunque, forse meno del 1 0 per cento della popolazione mon­ diale sembra disposto a confessare in Gesù il Cristo annunciato dai profeti . E, per giunta, con differenze dottrinali talmente profonde che molti preferiscono parlare di "cristianesimi' ' , al plurale. Inol­ tre, la percentuale è in continuo declino , tanto che in Europa e in Nord America c'è stata una diminuzione del 3 per cento negli ulti­ mi dieci anni : rifiuto di battezzare i figli, conversione a religioni e a sètte non cristiane o passaggio nell' area crescente di coloro che si dichiarano « senza religione » . (In Olanda, addirittura la metà dei giovani; in Francia il 40 per cento) . Così, su mille persone che oggi, a quasi duemila anni da Betlem­ me, vivono sulla faccia della terra, oltre novecento sono estranee o indifferenti se non ostili al Vangelo . Se poi guardiamo ai cattoli­ ci, quella " estraneità" coinvolge circa 950 persone su 1 000. « Ma il Figlio dell' uomo, quando ritornerà, troverà ancora fede sulla terra? » (Le l 8,8). Domanda misteriosa e drammatica, sulla quale preferiva sorvolare certo trionfalismo cattolico preconcilia­ re; e che sembra rimossa anche da certo neotrionfalismo del dopo Concilio, che ha fatto di un acritico "ottimismo " alla Candide (« tout va bien dans la meilleure des Églises possibles . . . ») il sosti­ tuto della virtù cristiana della speranza. Quella che spera contra spem : malgrado, cioè, non rifiuti di vedere i problemi, come certi attuali "ottimisti " a ogni costo.

È pur vero che le cifre hanno un significato relativo nella pro­ spettiva evangelica. Tra i manifesti elettorali che sbiadiscono sui muri, ce n'è uno del Pci sul quale, sotto i numeri di iscritti , sezio­ ni , parlamentari , amministratori locali, campeggia lo slogan: « I 28

numeri sono la nostra forza » . Ci fu un' altra ideologia, secondo la quale « il numero è potenza ». E tutti sappiamo come finì e che cosa ne è restato . Quando si vuoi troncare una discussione , si fa ricorso al « lin­ guaggio delle cifre » : che è eloquente e definitivo ovunque. Ma non nella dimensione della fede. « La stoltezza della Parola della croce è la potenza del nostro Dio » , ricorda Paolo al « piccolo gregge » cui è stato raccomandato di non temere per la sua insignificanza numerica. Anche il « piccolo gregge » deve però fare i conti, nei suoi aspet­ ti umani , con le leggi che la sociologia dei gruppi ha individuato da tempo, sulla base dell'esperienza storica. Dice una di quelle leggi che , quanto più un gruppo è di minoranza, tanto più, per non es­ sere fagocitato dalla maggioranza, deve essere motivato, prepara­ to, unito, deciso a restare fedele alla sua visione del mondo . In­ somma, deve davvero essere come ciò che il Vangelo chiama « lie­ vito » e « sale non insipido ». Siamo davvero così, noi che, in questi anni, abbiamo persino teo­ rizzato che quella base minima e comune data un tempo dai cate­ chismi era ormai anacronistica e inutile? Noi che delle nostre divi­ sioni , anche le più profonde, abbiamo fatto un motivo di fierezza, quasi fossero sempre e comunque il segno di una "crescita", di " una ricchezza" , di un segno di "età adulta" ? ·

4. Male Già che parliamo di statistiche, ne vedo un' altra dalla quale ri­ sulta che, sul totale delle morti violente, meno di un quarto sareb­ bero determinate da "catastrofi naturali" , come terremoti, allu­ vioni , eruzioni di vulcani. La stragrande maggioranza è dovuta a cause in cui l ' uomo ha una precisa responsabiJità, diretta o indiretta. Tra gli argomenti per il rifiuto di Dio c'è, oggi come sempre, la presenza del male nel mondo. Obiezione d rammatica. Avvertiva però Lanza del Va­ sto (e quella tragica statistica conferma): « L' uomo è come un bam­ bino che lancia pietre per aria; e poi accusa Dio se le pietre gli rica­ scano sulla testa ».

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5. Ignoranze Tempo di esami , le consuete lagnanze sull 'impreparazione degli studenti. Viene in mente Massimo Cacciari, il filosofo che, dopo avere teorizzato utopie di comunistiche palingenesi sociali , ha ora rinnegato quel passato. Pur da agnostico radicale qual è tuttora, Cacciari va dicendo che uno dei disastri dell'Occidente è l'assoluto analfabetismo religioso . Come esempio, cita quanto gli disse, e serio, un esaminando all'u­ niversità: « Gesù Cristo? Non è quel tizio che ha scritto la Bibbia? ». Per Cacciari , è un problema vero questa ignoranza in fatto di religione che contrassegna non solo gli studenti somari , ma buona parte della /eadership che detiene il potere, sia culturale che politi­ co . « Come è possibile - si chiede capire qualcosa non solo del passato ma anche del presente, senza un minimo di informazione religiosa? E se non si capisce niente qui , come si fa a insegnare o a governare? >> . -

Se sto alla mia esperienza, c'è qualcosa di peggio dell'ignoran­ za : è l' ostentazione di essa; quasi il non sapere , qui , fosse un fiore all' occhiello. Moltissime volte mi sono imbattuto in intellettuali che menavano vanto di nulla sapere e di nulla volere sapere in materie religiose; e che mi guardavano con aria di compatimento perché, pur venendo dalla loro Cultura (la sola con la maiuscola, si inten­ de) , perdevo tempo a occuparmi di un simile ciarpame clericale. Facciamo il caso di un credente italiano che sia uomo di cultura e che ignori chi siano un Gramsci e un Gobetti , tanto per fare i due nomi cui fanno riferimento da noi il filone marxista e quello liberai-democratico . A quel tale sarebbe ritirato lo status di intel­ lettuale e sarebbe messo in un canto , come un ignorante. E giu sta mente, ci pare Così non càpita, invece, a coloro che cristiani non sono e che cadono dalle nuvole se gli fai il nome, che so? , dei due Karl, Barth e Rahner, considerati il maggior teologo protestante e il maggior teologo cattolico di questo secolo . Eppure è gente che ha signi ficato qualcosa non soltanto per la " religione" ma anche per la cultura in generale . Dubito che ci sia qualche intellettuale credente che legga soltan­ to Avvenire, Famiglia Cristiana, Civiltà cattolica. Legge anche que ­

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sti, è ovvio , ma non solo ques t i . E non perché questi giornali non di ano (come danno) un' informazione seria e utile; ma perché, per l ui , informarsi significa ascoltare più voci e confrontarle con la sua prospettiva : che è la condizione del dialogo vero . Non è un caso se , oggi, Sant'Offizio e Index librorum prohibitorum sembrano an­ cora vivi e vegeti , ma da parte "laica" , non cristiana. Provare, per credere, a chiedere un libro di un editore cattolico in tanti di quei "sacrari della tolleranza e del pluralismo " che sarebbero certe li­ b rerie . Il commesso vi guarder à dall' alto in basso : « Non teniamo quella roba » . Da questa situazione grottesca e danno s a per tutti , non pochi

catt olici hanno ricavato in questi anni un complesso di inferiorità, t anto da cercare di mimetizzarsi per non essere messi nel limbo del sottobosco culturale . Qualcuno di loro ha addirittura rovesciato k carte , accusando di " chiusura" proprio il suo mondo, quello dei credenti . Ma, se "inferiorità " e "chiusura" ci sono , queste sono da parte di una cultura monca che, se non fa posto ad altre, è per­ ché non solo non vuole, ma forse non può . Dice infatti Adriano Bausola, il rettore dell'Universi tà del Sa­ cro Cuore : « È vero : i cattolici leggono i laici, ma questi quasi mai leggono i cattolici . A mio avviso, ciò avviene perché la cultura lai­ ca è a una sola dimensione, l'orizzontale; mentre quella dei cre­ denti è ben più ampia e completa, facendo posto a entrambe le di­ mensioni , dunque anche a quella verticale. Un cristiano può inte­ ressarsi a quanto pensano e scrivono i non credenti senza cessare di essere se stesso , anzi arricchendosi. Ma un agnostico o un ateo non possono fare altrettanto, gli mancano gli strumenti di com­ prensione; o, se per caso cominciasse a capirci qualcosa, vorrebbe dire che comincia a non essere più se stesso » . Se Bausola ha ragione, ancora una volta le apparenze inganna­ no: l'apertura, la libertà di visuale, il rifiuto del ghetto, la possibi­ lità di confronto (insomma, la cultura vera) stanno dalla parte pro­ prio di chi sarebbe il dogmatico, il chiuso, l'intellettuale di serie B. Perché, anche qui, non scrollarsi di dosso certi immotivati com­ plessi?

Arcivescovado di Milano, aprile l 945 : Mussolini in cerca di scam­ po e il cardinal Sc h uster che tenta - evangelicamente - di sot31

trarlo alla vendetta dei vincitori, sono a colloquio . A un certo punto (è lo stesso arcivescovo che lo scrisse) il duce chiede: « Insomma, Eminenza, mi spieghi in che cosa i dogmi ambrosiani differiscono dai dogmi romani . . . ». Il cardinale confessò di avere avvertito co­ me una leggera vertigine : dunque, l' uomo che per vent' anni era sta­ to il padrone del Paese dove ha sede il Papato, credeva che le dif­ ferenze di tradizione liturgica, i diversi "riti" , fossero differenze "dogmatiche" ! Figurarsi il resto . . . In decenni di antifascismo, tutto è stato rimproverato all' uomo di Predappio . Tutto, tranne quella sua clamorosa ignoranza reli­ giosa. Segno che, per certa cultura, essere ignoranti, qui, è irrile­ vante . Magari è un merito.

6. Jedin Polemiche dell'ebraismo internazionale contro Kurt Waldheim per il suo presunto passato di nazista, mentre leggo il libro di un singolare "ebreo secondo la Legge" . Pubblicata dalla Morcellia­ na, questa Storia della mia vita di Hubert Jedin, il celebre storico tedesco del Concilio di Trento, è tra le cose cui cercare di far posto nella valigia delle vacanze . J edin fu prete cattolico di zelo esemplare ma, nato da madre ebrea, apparteneva per stirpe al popolo di Israele. Riuscì a sfuggi­ re miracolosamente alla Germania nazista; quando ritornò, la sua Breslavia non esisteva più: un cumulo di rovine passato alla Polo­ nia. Gli uomini della Gestapo avevano cercato di rapido persino in Vaticano. Lo conobbi, già vecchio, a un convegno di storici . Il discorso cadde su quell' Hitler che, a ogni costo, lo voleva morto e a causa del quale aveva perduto tutto : parenti, amici, libri, la sua amatis­ sima diocesi stessa. Ci disse: « La notizia della fine di Hitler mi fu confermata il 2 di maggio. Sentii istintivo il bisogno di raccoglier­ mi in preghiera; poi , andai subito in cappella, a celebrare una messa in suffragio della sua povera anima » . (E sul suo diario , quella se­ ra, scrisse: « Il Signore abbia misericordia di lui »).

Parlò con naturalezza, quasi si trattasse di cosa normale. A noi che lo ascoltavamo apparve invece come la più anormale delle co-

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se; uno di quegli assurdi che, a questo mondo, solo il Nuovo Te­ stamento , e non altri , concede : amare i nemici, far loro del bene. Quale beneficio più grande, in una visione di fede, che una messa offerta in suffragio? Non solo il già grandissimo silenzio di chi per­ dona, ma il mormorio davvero scandaloso di chi prega. In questo amore impossibile agli uomini (anzi , biasimevole, dan­ noso , stando a certe prospettive che oggi tambureggiano da tanti media, gridando che "perdonare un nazista è reato" , che "il pas­ sato non deve passare"), c'è forse il segno maggiore di credibilità del cristianesimo . Qualcosa che testimonia della sua verità in mo­ do forse ancor più evidente del miracolo fisico , del ricrescere della gamba al pellegrino di Lourdes .

7. Centri sociali Sgombrano, qui accanto , un « Centro - sociale - autogestito - dai proletari », come dice la scritta con lo spray sulla casa occupata. Più che per i poliziotti , c'è lavoro per gli infermieri che portano fuori di peso qualche giovane istupidito dalla dose. Dai balconi sbrecciati pendono bandiere rosse, sui muri sbiadiscono parole d'or­ dine rivoluzionarie. Ancora una volta la « lotta all' alienazione » è finita in altra alienazione , ma da siringa . Dalla « religione droga del popolo }> , eccoci di nuovo alla « droga religione del popolo ». La curiosità del cronista mi spinge a seguire la squadra di disin­ festazione del Comune . L ' odio, il bisogno di distruggere e di spor­ care si è accanito su tutto con incredibile virulenza. Sulle pareti gli slogan di quando giovani eravamo noi, accanto a scritte e disegni osceni . Un giorno, un altro gruppo di giovani proletari (di quelli veri) , guidati da uno poco meno giovane di loro e venuto anch 'egli dalle " classi subalterne" di marxiana memoria, riuscì a installarsi sotto una tettoia cadente. Di quella topaia, peraltro regolarmente affit­ tata e non "espropriata in nome del popolo " , i giovani fecero an­ ch 'essi un « Centro - sociale - autogestito - dai - proletari ». Un luogo e una struttura che ebbero però un avvenire un po' diverso da quello di impressionante fallimento e rovina che vedo qui ora e che trop­ pe volte, in questi anni, abbiamo veduto .

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La tettoia cui penso sorgeva in un luogo malfamato della perife­ ria di Torino chiamato Valdocco e il �< capo dei barabba » (come lo chiamavano i benpensanti e come lo considerava la polizia che, difatti, tentò più volte di fermarlo) era il figlio di contadini, riusci­ to a diventar prete facendo mestieri come lo sguattero . Un certo Bosco Giovanni, da Castelnuovo d'Asti . Eh, sì : c'è modo e modo di « autogestire » , tra « proletari orga­ nizzati » , i propri « centri sociali » . Tutto dipende dalla qualità del­ la « droga » , ideologica o chimica che sia. Ce n'è di quella che por­ ta all 'ospedale, quando non alla tomba . E ce n'è dell' altra che, co­ me diceva quel prete astigiano di campagna, promette (e mantie­ ne) « pane e paradiso >) .

8. Poveri Sempre a proposito di " proletari ". Parliamo, tra amici, di quei neocatecumenali che in questi mesi sembrano di particolare attua­ lità. L ' esperienza, il cammino neocatecumenale, lo si sa, sono nati in una bidonville della periferia di Madrid dove un giovane arti­ sta, Kiko ArgUello , si stabilì per portare ad altri la gioia di quel Vangelo che egli aveva appena riscoperto. Uno degli amici mi ricorda la risposta di Kiko a chi gli chiedeva come spiegasse, almeno a viste umane, tanto successo del suo an­ nuncio così " cattolico" , senza concessione alcuna a dissensi e con­ testazioni, in quel luogo di miseria : « Erano tanto poveri che, non avendo nulla da difendere, non si difendevano neppure davanti al­ la Parola di Dio » .

9. Riforme « Un popolo . dopo aver sopportato le leggi più onerose, le re­ spinge con violenza proprio quando il peso comincia a diventare più leggero . L' esperienza costante della storia mostra che il mo­ mento più pericoloso per un cattivo governo è quello in cui comin­ cia a riformarsi . Solo un grande genio può salvare un principe che si accinge a liberare i suoi sudditi dopo una lunga oppressione . Il male , sopportato pazientemente sino a quando è apparso inevita34

bile, diviene intollerabile quando si fa balenare l ' idea che si possa liberarsene. Ogni abuso che viene tolto fa vedere meglio quello che rimane. Il male, in realtà, è minore, ma la sensibilità è più acuta » . Rileggo queste parole scritte nel 1 856 d a Alexis d e Tocqueville, i l grande teorico della democrazia, e penso all' Urss di Gorbaciov. Se lo scrittore francese ha ragione (e sinora la storia ha sempre con­ fermato le sue analisi acutissime) grandi nuvole nere si addensano a Oriente, la transizione sarà devastante in modo imprevisto dai soliti faciloni .

l O. Pessimisti Scheda da sant' Agostino, così sospettato oggi per quel suo "pes­ simismo" che, forse, è soltanto realismo . Ammonisce il vescovo di lppona: « Due sono i peccati contro lo Spirito e che uccidono l' anima: la disperazione e le false speranze » . l nostri nonni fecero la Grande Guerra; i nostri padri (alcuni : anche se, a sentire tanti, dopo , c' erano proprio tutti) fecero la Re­ sistenza; alla nostra generazione non fu dato che di fare il Sessan­ totto, il cui "spirito" sembra sopravvivere quasi solo in certe sac­ che del mondo cattolico. Per ragioni anagrafiche, dunque, ce ne intendiamo di utopie dal­ l' aspetto entusiasmante e dai risultati disastrosi; di sogni che si ro­ vesciano in incubi ; di lotte che si trasformano in boomerang pro­ prio per coloro a favore dei quali si credeva di lottare . Eppure, sia­ mo ancora tentati di cascarci, scambiando vecchie e nuove « false speranze » per la Speranza, quella che non delude. Così, quella di Geremia al capitolo diciassette sembra tra le pa­ role che ancora oggi siamo tentati di censurare, leggendo la Paro­ la: « Sventurato l' uomo che confida nell 'uomo » . Perché, aggiun­ ge il Profeta, « quando viene il bene non lo vede. Dimorerà in luo­ ghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può viv ere >> (G e r 17 , 5-6) . Da presunti "pessimisti " antichi come Geremia e Agostino, a un

"pessimista" di oggi come Gustave Thibon, lo scrittore­ contadino che si è ritirato nel fondo della sua provincia francese a v i ve r e un suo cattolicesimo di minoranza. A chi lo accusa di di35

serzione risponde: « Compito del cristiano è l 'essere insieme stra­ niero e presente al suo tempo. Straniero alle sue illusioni e presen­ te a tutti i mali che derivano da quelle illusioni » . L e due « illusioni >> principali del nostro Sessantotto (la rivolu­ zione politica e quella sessuale) hanno avuto due esiti esemplari: poveri in fuga disperata davanti ai rivoluzionari e terrore per la nuova peste dell ' Aids. Speriamo di trovare qualche cristiano come Thibon che , dopo essere stato « straniero » alle illusioni , sia ora « presente ai mali » che ce ne sono derivati.

11. Beni culturali ritorno a Milano, dopo qualche giorno di lento vagabondare nell' Italia profonda, dentro quel suo cuore misterioso che ancora batte ...:...._ malgrado tutto - fra Toscana, Marche. Umbria, Alto La­ zio . Niente di meglio che l 'aggirarsi in queste zone, per chi cerchi le tracce di quel Dio cristiano che si rivela e insieme si nasconde . Perché proprio qui? Perché - lo dicono anche le statistiche ­ è questo il luogo del mondo che ha partorito più santi e anche più artisti , scaturiti essi pure dall'humus della fede. E, come è stato autorevolmente osservato, santità e arte sono i veri argomenti, forse i soli decisivi, per un' apologia del cattolicesimo. Bellezza delle anime e bellezza delle cose: due frutti prodotti ovunque - ma qui con straordinaria abbondanza - dall' albero di una Chiesa che, mal­ grado tutte le sue magagne, mostra così quale linfa la vivifichi . I suoi uomini l' hanno così spesso tradita: ma, alla fine, può dav­ vero essere " falsa" una fede che ha plasmato non solo i singoli ma comunità intere , facendole capaci - e per più di un millennio - di tanta bellezza? Al contrario, possono essere "vere" le ideo­ logie che quella fede hanno sostituita e che svelano la loro essenza profonda con le periferie atroci che assediano i centri antichi? Cam­ minavo, un mattino, sulla sommità delle mura di una di queste cit­ tà illustri : sotto di me, da un lato l'armonia pacificante di ciò che i nostri padri ci hanno lasciato; dall 'altro lato il groviglio disuma­ no dei nuovi quartieri . Certo, anche qui la voce dei cristiani sem­ bra farsi di giorno in giorno più incerta e flebile. Ma riflettevo che forse non è estraneo a questo l' avvertimento del Gesù dei sinottici: •.< E io vi dico che, se questi taceranno , grideranno le pietre » . Di

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Stando all'Unesco , oltre la metà del patrimonio culturale del mondo si trova in Italia. Di questa nostra immensa ricchezza, ol­ tre l ' ottanta per cento ha a che fare direttamente con la religione , con il cattolicesimo. La percentuale, già altissima, sarebbe ben mag­ giore senza le distruzioni subìte. Colpa dei barbari? furia di guer­ rieri e di invasori? opera inesorabile del tempo? No: soprattutto azione sistematica, lucida, degli avi di coloro che oggi ci assorda­ no ripetendo, da ogni sede, « cultura », « culturale >>, « beni cultu­ rali »; e i nvocando « tutela » , « restauro » . Siamo davvero così ignari della storia da avere dimenticato che, appena giunse al potere, la borghesia massonica che fece il Risor­ gimento scacciò tutti i religiosi dai loro conventi, monasteri, cer­ tose? E abbiamo scordato che quei luoghi - contenitori mirabili di mirabili opere d'arte - furono messi all'asta per poche lire , af­ fi ttati per gli usi più ignobili, demoliti, lasciati andare vuoti in ma­ lora, trasformati in caserme e prigioni e manicomi? Stando a un testimone insospettabile come Federico Zeri , il cri­ t ico d' arte che pur non nasconde la sua polemica estraneità al cri­ stianesimo, l ' odio e la furia antireligiosa di quei "padri della pa­ t ria" fecero in pochissimi anni più danni al nostro patrimonio ar­ tistico che mezzo millennio di guerre. Nelle piazze dell' Italia « li­ berata dall'oscurantismo clericale », gli ambulanti si scaldarono fa­ cendo falò con gli archivi delle comunità religiose e avvolsero la verdura con quelle carte venerande . Spesso, per risparmiarsi la fa­ tica del piccone, le chiese furono trasformate, con piano sistemati­ c o , in depositi del monopolio statale del sale, così che le esalazioni distruggessero gli affreschi, antichi e splendidi , ma colpevoli di rap­ presentare temi religiosi. (Avvenne, tra l'altro , anche nello splen­ dido Palazzo ducale d'Urbino , colpevole di essere stato sede del L eg ato Pontificio quando le Marche erano territorio delJa Santa Sede) . Tutti i musei e i collezionisti del mondo fecero incetta, per pochi spiccioli, dei capolavori confiscati a frati e monache italiani e gettati alla rinfusa sotto qualche portico. I pochi chiostri che scam­ parono alla distruzione furono, per spregio , trasformati in stalle per i cavalli del Regio Esercito . Al posto di antiche chiese e giardi­ ni sorsero i palazzi della speculazione edilizia .

quella borghesia vandalica e che pur si diceva « porta­ t rice di luce e progresso » , dissanguava il Paese , credendo di esalIntanto ,

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tare se stessa, con monumenti come quello romano a Vittorio Ema­ nuele o come il Palazzo di giustizia della stessa capitale dei quali un altro testimone non sospettabile, il senatore radicale Bruno Ze­ vi, anch'egli laicissimo critico d'arte, invoca da decenni la demo­ lizione. Che questi ricordi ci concedano almeno un pizzico di ironia ama­ ra, ascoltando tanti "laici " (per giunta non pentiti, anzi fieri dei loro padri culturali) che sgranano quelle loro perorazioni di « tute­ la » che dicevamo. E non dimentichiamo - per amore di verità, non certo per resuscitare anacronistici rancori - che i nostri soldi , impiegati dallo Stato per restauri, servono a tentare di salvare quan­ to resta dell'immensa devastazione compiuta sino a pochi decenni fa, per odio ideologico, da quello stesso Stato. No, non è davvero tutto oro ciò che luccica dietro i lustrini di tanta " cultura" .

12. "Padroni " Si sa cbe il dramma dell 'uomo contemporaneo nasce dal suo bi­ sogno di autodeterminarsi, di fare da sé, di ricercare a ogni costo l'indipendenza: né padroni né padri , a cominciare dal Padreterno . Che c' entra questo con l' articolo del giornale di stamane, che dà buoni consigli per portare in viaggio i cani e i gatti di casa? C'en­ tra, perché il veterinario che firma il pezzo, ogni volta che è co­ stretto a scrivere "padrone ' ' (dell'animale, si intende) lo mette tra virgolette, a mostrare l'improprietà del termine, ad avvertire del suo disagio di dover impiegare quella che deve sembrargli una pa­ rolaccia. La predicazione dei Marx, dei Nietzsche, dei Freud este­ sa ormai anche alle bestie.

13. Nostradamus la metà del Cinquecento , Michel-de-Nostre-Dame, latinamente Nostradamus , medico e astrologo, scriveva nel suo li­ bro di Centurie e Presagi questa quartina: Poco dopo

Di notte verrà attraverso la foresta di Regine. Due parti, valtorta, Herne, la pietra bianca. 38

Il monaco nero in grigio dentro Varennes. Eletto capo causa tempesta, fuoco, sangue, trancia. Quasi duecentocinquanta anni dopo , il 2 1 giugno 179 1 , di not­ te, Luigi XVI re di Francia, in fuga da Parigi e travestito da servi­

tore, in livrea grigia, dopo aver attraversato la foresta di Bondy , detta delle Regine (Maria Antonietta che era con lui, ma anche Bli­ tilde, regina merovingia uccisa in quella selva mille anni prima) , veniva arrestato a Varennes (oscuro villaggio fino ad allora del tutto ignoto alla storia) . Il re era ricondotto a Parigi dove veniva rin­ chiuso nel monastero dei Monaci neri (gli Ospedalieri di Gerusa­ lemme) e, poco dopo , a causa di un capo eletto (Robespierre), tra la tempesta e il fuoco della rivoluzione versava il suo sangue dalla testa tranciata dalla ghigliottina. Abbiamo utilizzato , sinora, soltanto tre dei quattro versi di No­ stradamus . E l'altro, che è poi il secondo : Due parti, valtorta, Her­ ne, la pietra bianca? Concordano i molti storici di quell'episodio che , poco prima di Varennes , con scelta che si rivelò fatale , il cor­ teo dei fuggiaschi si divise in due parti: quella del re va/torse (pie­ gò) verso la Champagne, territorio gessoso tutto di pietra bianca. Quanto a Herne, è forse possibile leggervi l 'unione (secondo un procedimento impiegato più volte da Nostradamus) delle lettere co­ muni ai due nomi Reine, la regina Maria Antonietta, e Fersen , il suo favorito, il conte svedese che aveva organizzato la fuga. La quartina era naturalmente ben nota agli studiosi e interpreti di Nostradamus . Ma costoro sono guardati (e talvolta, bisogna ri­ conoscerlo , non a torto) come degli scomunicati dalla scienza uffi­ ciale, dalla cultura accademica. Le cose ovviamente cambiano quando è proprio quel tipo di cul­ tura a curvarsi su Nostradamus. È accaduto con quel grandissimo esperto, scomparso di recente , che fu Georges Dumézil, luminare degli studi indoeuropei su cattedre prestigiose come quella della Éco­ le de Hautes Études e del Collège de France. Il suo libro (che pren­ de il titolo dal terzo verso della quartina: Il monaco nero in grigio dentro Varennes) è stato pubblicato in originale dal glorioso Galli­ mard e adesso, in traduzione italiana, da quell' Adelphi che ha so­ st ituito l' Einaudi nel ruolo di editore simbolo di una certa cultura. Intendiamoci: per far passare i contenuti, Dumézil mette in cam39

po i trucchi eleganti del caso, strizza l'occhio dicendo che il suo studio - che è in realtà di straordinaria erudizione - non è che il divertissement di un vecchio dotto; e, per dire le cose che gli pre­ mono , immagina un colloquio tra uno studioso e i suoi giovani ami­ ci. Ciò non toglie che le sue conclusioni siano chiarissime: a meno di ipotizzare un "caso" che la statistica mostra al limite dell' im­ possibilità, una sola chance di "azzeccarci " contro rpolti milioni ; a meno, dunque, di rifugiarsi nell'irrazionale per amore di uno sche­ ma teorico di " ragione" , è certo che qui Nostradamus ha visto quanto sarebbe successo secoli dopo. E ha visto non solo gli eventi e i luoghi con il loro nome, ma addirittura con i loro colori: il bian­ co, il nero , il grigio, il rosso del sangue.

È una certezza che si fa ancor più salda e impressionante quan­ do Dumézil passa al vaglio un 'altra quartina che segue poco dopo nello stesso libro delle Centurie e Presagi: qui , addirittura, il veg­ gente rinascimentale dà il nome (Saulce) del vicesindaco di Varen­ nes che arrestò il re, ne indica il mestiere di speziale e unisce il no­ me del conte di Narbonne , direttamente implicato in quel caso drammatico in quanto, come ministro della guerra, scortò a Pari­ gi il re fuggiasco. Non basta, ché gli stessi versi alludono al palaz­ zo delle Tuileries , residenza reale nel XVIII secolo, ma che ai tem­ pi di Nostradamus non esisteva neppure . Con questa raffica di nomi precisi, il calcolo delle probabilità balza a uno contro molti miliardi. Tanto che Dumézil parla di « ver­ tigine » . Perché qui , dice (o fa dire, per pudore, ai suoi alter ego) ci è giocoforza « ammettere un'altra forma di conoscenza al di là di quella cosiddetta scientifica ». E, dunque, aggiunge, « quante con­ seguenze imbarazzanti, quanti problemi ! >> . Anche perché non gli è ignoto che nel 1 5 50 (sedici anni, dunque, prima della morte di Nostradamus) , il canonico Richard Roussat pubblicava a Lione il Livre de l'état et mutations des temps dove testualmente scriveva: > da lui auspicata per la Chiesa « deve consistere nella ricostituzione dell' organismo ecclesiastico » . Messo sull'avviso dal suono così intransigente di quelle parole, Guitton aggiunge: « Trovo una rivista del 2 gennaio 1 957, dove Ron­ calli espone quali siano le cinque piaghe d' oggi del Crocifisso : l'im­ perialismo, il marxismo , la democrazia progressista, la masson e­ ria, il laicismo » . Leggo e mi scopro perplesso : c'è, qui, qualcosa che si accorda male con certe ricostruzioni della figura di quel grande papa. Ep­ pure , carta canta . Che forse , come è avvenuto ne11' esegesi neote­ stamentaria per Gesù Cristo, ci sia un " Roncalli della storia" e un " Roncalli del mito" ?

22. Esperti Si vedono in giro (anche tra cattolici) reverenza e soggezione cre­ scenti per i profeti da giornale, per quegli intellettuali che pontifi­ cano nei media. In queste settimane, quei signori si sono sbizzarrì­ ti sulla visita del papa in America, dettando diagnosi e prognosi sul presente e sull' avvenire del cristianesimo nel mondo post­ moderno.

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Per replicare a questi , come a tanti altri "esperti " del l 'oggi , Gio­ vanni Arpino proponeva l 'insegname nto nelle scuole della pernac­ chia napoletana. Arpino era un simpatico provocatore, volutamente esagerava. È comunque vero che una buona dose di ironia non gua­ sta mai. Ricordiamoci sempre che, per restare al nostro secolo, nes­ sun esperto ha previsto alcuna delle grandi svolte: la guerra nel ' 14, i sov i et nel ' 1 7, la crisi nel ' 29, Hitler nel '3 3, l ' atomica nel '45 , l ' esplosione sociale nel '68, la crisi energetica nel ' 7 3 , il crollo del m arxismo nell ' 89 . . . Sfogliate pure le tonnellate di carte p rodotte dall ' intellighenzia mondiale, ma di quegli avvenimenti non trove­ rete alcuna premonizione; quasi sempre, troverete la previsione del contrario. I soli che hanno avuto intuizioni "giuste" sono alcuni artisti (un Eliot, ad esempio) e alcuni santi, canonizzati o no (un padre Pio). Per quanto riguarda la lettura dei " segni dei tempi" in materia r e li giosa scegliamo, tra mille, due gaffes che s i mbo leggiano due

secoli. La prima è di Voltaire che, nel 1773 , previde solennemente: « Nel­ la cultura nuova, non ci sarà futuro per la superstizione cristiana. Io v i dico che, tra vent'anni , il Galileo sarà spacciato » . I vent'an­ ni scaddero nel 1 793, anno del Grande Terrore proprio in nome della " Ragione" annunciata come benefica salvatrice al posto del­ la fede, sanguinaria e oscurantista. Ma bastò aspettare pochi anni per assistere al più spettacolare ritorno religioso (tra l' altro, ed è una divertente ironia della storia, la casa parigina di Voltaire di­ venne un deposito della Società Biblica, la quale ignorava di occu­ pare con i suoi libri sacri i locali di colui che pensava che « l'infa­ me » , a quell' epoca, già da tempo sarebbe stato « schiacciato » . . . ) . Seconda "magra" esemplare è quella d i Ernest Renan, l'ex se­ minarista idolo della borghesia positivista ottocentesca che gli era grata (e difatti lo colmò di onori) di avere cercato di sterilizzare il Cristo , riducendolo a un esangue annunciatore di una innocua ' 'morale dell'Umanità' ' . Era cieca la fiducia delle cosiddette ' 'classi colte'' nei vaticini, soprattutto attinenti a cose cristiane, di quel prete mancato e finito nella scomunica m aggiore. Ebbene, nel 1 872, Renan così pontificava: « L ' unità cattolica non è mantenibile senza il potere temporale. Conseguenza necessaria d el re d' Italia sul Quirinale è l a partenza del Papato. È certo che 51

il successore di Pio IX lascerà Roma e che il governo italiano, spal­ leggiato dalla Germania, insedierà in Vaticano un antipapa che trar­ rà dietro di sé metà della Chiesa ». Ciascuno vede come quel pro­ feta autorevole ci abbia azzeccato . Voltaire, un Renan come simboli della cecità settecentesca e ottocentesca. Ma il Novecento , che non ne ha imbroccata una in materia "laica" , non è stato da meno quanto a previsione del trend religioso . Il secolo si apre con le farneticazioni - « Dio è mor­ to per sempre » - di un personaggio a nome Friedrich Nietzsche, molto mitizzato, ma che in definitiva non fu che un povero ricove­ rato del manicomio di Basilea. (Malcolm Muggeridge: « Nietzsche definì con sprezzo ogni santo cristiano "un pazzo" . Ma chi finì nella gabbia dei furiosi fu lui , non i santi »). Questo secolo , comunque, previde l'inarrestabile decadenza del prestigio del Papato , e cade dalle nuvole nel constatare il contra­ rio. Previde l 'estraniarsi della Chiesa dalla società moderna, ed è stupito dalla svolta del Vaticano II che neppure subodorava. Pro­ fetizzò una secolarizzazione inarrestabile, ed è colto di sorpresa dal boom del Sacro. Era convinto, poi, che il cristianesimo dovesse fare posto cre­ scente a categorie marxiste , e questo pochi anni prima che quelle categorie si rivelassero il passato e non l'avvenire . Dunque, leggiucchiamoli pure questi elzeviristi , fondisti , opinio­ nisti , futurologi , tuttologi; ma consapevoli che i profeti, quelli ve­ ri , sono altri . E che, anche qui, chi sposa il "mondo " e i suoi aru­ spici , si troverà presto vedovo . La lettura dei "segni dei tempi " cui Gesù invita i suoi è cosa troppo seria per }asciarla a certi "speciali­ sti ' ' che pur mettono oggi una gran soggezione a non pochi creden­ ti (eppure, non mancano loro antidoti potenti : ad esempio, la rilet­ tura dei tre capitoli iniziali della Prima lettera di Paolo ai Corinzi). Un

23. Celso Tra la posta, il pacchetto con cui l'ufficio stampa dell' editore - forse il più prestigioso, oggi, in Italia - invia le novità ai gior­ nalisti . Apro e scopro che , questa volta, si tratta de Il discorso ve­ ro di Celso , il virulento, diffamatorio polemista anticristiano del-

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l ' antichità. Le parti più significative di quel testo ci sono giunte attraverso la confutazione di parte cristiana che ne fece Origene. È dunque possibile isolarne i frammenti, ricostruendo così l ' opera del difensore della "nobiltà" e della "razionalità" del paganesi­ mo contro ]" 'infamia'' e la "superstizione'' di una fede ancora nuo­ va (Celso scrive verso il 1 78). In questo modo - con la raccolta, cioè, degli spezzoni isolati dell'opera di Origene - ha operato anche il curatore di quest'ulti­ ma edizione, che la Casa editrice pubblica in tascabile, come a permettergli la massima diffusione. Dalla prefazione, e soprattutto dalla nota sul retro della coper­ tina, traspare chiara la simpatia per le tesi dell'intellettuale paga­ no. Dice tra l'altro quella nota, anonima e, dunque, attribuibile all ' editore: « Col gesto di un aristocratico cosmopolita, lo osser­ viamo reagire all'invadenza della pistis, della fede, là dove dovrebbe regnare soltanto la conoscenza. E insieme rivoltarsi contro la bo­ ria antropocentrica dei cristiani, che gli appaiono simili ' 'a un grap­ polo di pipistrelli , o a formiche uscite dalla tana , o a rane raccolte in sinedrio attorno a un acquitrino o a vermi riuniti in assemblea in un angolo fangoso . . . " » . E così via, sino alla frase finale: « In essi (i frammenti di Celso, cioè) , qui presentati per la prima volta in edizione italiana, possia­ mo riconoscere, in tutto il suo vigore, la voce di una grande civiltà su cui incombe il declino ma che non vuole rinunciare a se stessa » . �

Per l a prima volta i n edizione italiana? In realtà ho, nella mia biblioteca, un ' edizione, e piuttosto recente, dello stesso Discorso vero ; ma non ne trovo qui traccia nel pur ricco apparato filologi­ co . Il silenzio è comprensibile, visto che quella prima stampa fu curata dalle edizioni Ar (ariano, arianesimo : radice sanscrita di "Si­ gnore " , da cui il tedesco Herr) e dallo stesso loro fondatore , quel Franco Freda passato tra ergastoli e assoluzioni per accuse di stra­ gi e che è comunque tra gli intellettuali che proclamano apertamente la loro fede nazionalsocialista. Frecia e i suoi camerati ripubblica­ rono , assieme a Celso , tutto ciò che rimane dell'antica polemica anticristiana. E questo per riaffermare uno dei cardini dell'ideolo­ gia nazista: farla finita con il giudaismo e i suoi cascami degeneri , a cominciare dalla fede nel Galileo, e tornare al paganesimo, così ' 'san amente' ' aristocratico, gerarchico , schiavistico .

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Non a caso, l'inquietante « Nuova Destra » ha assunto per le sue pubblicazioni il nome di Grèce, Grecia, e riconosce i suoi maestri nei campioni dell'anticristianesimo in nome della paganità: Celso, appunto, e Porfirio e soprattutto Giuliano l'Apostata che tentò di riportare indietro l'orologio della storia, discendendo con disprez­ zo dal Golgota per risalire sull' Olimpo. Una compagnia non entusiasmante, dunque , quella in cui si è messa la casa editrice "progressista" che rilancia alla grande, e con simpatia, un maftre-à-penser di vecchi e nuovi nazisti. La cosa è tanto più singolare, in quanto quella Casa è, per proprietà e per direzione, di intellettuali di origine ebraica. Stupisce anche perché, se l' obiettivo principale di Celso sono i cristiani, sotto la sua diffa­ mazione ricade pure la religione di Abramo e di Mosè. Dal suo ar­ mamentario polemico hanno pescato i teorici di ogni tempo del­ l' antisemitismo, secondo quella costante della storia per cui ebrai­ smo e cristianesimo, nei momenti decisivi , insieme stanno o cado­ no . Dagli imperatori pagani sino a Hitler, la persecuzione finisce coll 'accomunare sia i credenti nella Torah che i seguaci del Nuovo Testamento. Faremo dunque una colpa agli editori di avere ristampato que­ sto Discorso vero? Diciamo che c'è modo e modo di pubblicare. In questo caso , i moti di simpatia per l' antico polemista anticri­ stiano li avremmo lasciati volentieri al dottor Freda e ai suoi ca­ merati nostalgici di Olimpi "ariani" .

24. Kolbe Ospite di francescani conventuali, ne approfitto per rinfrescar­ mi le idee su san Massimiliano Kolbe. Tra le sue doti ci furono cer­ tamente franchezza e coraggio evangelici . Dunque, convinto che tra i nemici mortali del cattolicesimo ci fosse la massoneria, e al­ trettanto persuaso che nel gruppo dirigente massonico la compo­ nente ebraica fosse importante, non esitò nella denuncia. Né quei suoi antagonisti stettero inoperosi , ma tentarono in ogni modo di farlo tacere. Quando però i nazisti irruppero in Polonia, migliaia di ebrei cerca­ rono rifugio nella « Città dell' Immacolata » , presso il futuro santo,

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che li accolse come fratelli . Quell 'ospitalità fu tra i motivi che por­ tarono padre Kolbe prima in una baracca di Auschwitz, assieme a tanti ebrei , e poi nella cena della morte , dove volle sostituire un pa­ dre di famiglia e dove, non riuscendo a ucciderlo con più di due set­ timane senza cibo né acqua, gli iniettarono nelle vene acido fenico . Tragica e sublime storia, che ci sembra confermare alcune delle cose che dicevamo sopra. E che mostra che cosa sia il cristianesimo "vero " , quello dei santi: confronto leale e aperto , se così ci dice la coscienza, con credenze e ideologie; e, al contempo, braccia spalan­ cate per abbracciare le persone con le cui idee si è battagliato .

25. Italia diffamata Non per virtù , ma per amore di vita tranquilla, per timore di altre responsabilità oltre a quelle, già pesanti, della scrittura, sem­ pre ho evitato di sedermi su sgabelli o poltrone di potere e di auto­ rità, in quel mio piccolo campo che è la carta stampata, di libri e giornali . (Manzoni , su quel don Ferrante cui va un poco della mia simpatia: « Non gli piaceva né obbedire né comandare »). Eppure, talvolta mi diverto a far liste di "reati" cui , ne avessi per assurdo il potere, legherei sanzioni almeno pecuniarie. Una di quelle multe andrebbe a quei miei colleghi che indulgessero all'a­ bitudine - che è solo italiana - dell'autodiffamazione nazionale . Cadrebbero sotto la mannaia le parole di cui ogni giorno gronda­ no i media, oltre che i bar: « all'italiana », per indicare cosa ap­ prossimativa se non truffaldina; « non c'è niente da fare, tanto sia­ mo in Italia » ; « solo in Italia può succedere che . . . »; et sim ilia. E le mie sanzioni scatterebbero non solo per amore dell ' Italia (che pure non mi è per niente estraneo : tra le colpe più gravi del fasci­ smo c'è l'averci derubati della possibilità di pronunciare senza sensi di colpa quel ben nome di " patria" , terra dei padri , che uno come il papa, che non ha i nostri complessi da Ventennio nazionalista, usa con libertà) . Non comunque - almeno , non innanzitutto per amore dell'Italia; ma di quell'altra patria i cui confini sono quelli stessi del mondo e che chiamiamo Chiesa.

È infatti cosa inoppugnabile: la polemica antitaliana è in realtà polemica anticattolica, nasce con Lutero e diventa poi - dilagan55

do alla grande sino ai nostri giorni - uno dei capisaldi della pro­ paganda protestante . E, al suo seguito e sul suo esempio, di ogni propaganda anticlericale, illuminista, massonica; e chi più ne ha più ne metta. Il cattolico è, con sprezzo , il « papista >) ; ma il papa - che è l'Anticristo per la teologia dei « riformatori » ed è l' Oscu­ rantista, il Repressore per ogni « progressista » -, il papa è quasi sempre italiano , sta comunque a Roma; e l ' Italia, di cui è Prima­ te, è la sua superdiocesi, da cui viene la maggioranza dei santi , dei fondatori, dei teologi . Denigrare cultura e costumi italiani , così pro­ fondamente forgiati dal cattolicesimo, diffamare questo Paese che da sempre dà il nerbo della classe dirigente della Chiesa, vuol dire polemizzare con il cattolicesimo . Non si tratta, ripeto, di ipotesi , ma di realtà benissimo documen­ tate: sino ai primi decenni del Cinquecento , il nostro prestigio è altissimo e senza discussioni, in Europa. « Italiano » è sinonimo di colto, di civile, di ammirevole (e ammirato fu anche il giovane Lu­ tero, fraticello ancora timorato che, andando a Roma, disse di es­ sere passato di meraviglia in meraviglia, strabiliato persino dalla efficienza degli ospedali . . . ). Sino all'esplodere della furibonda pro­ paganda di quel tedesco e degli altri riformatori contro « la Bestia romana » , in nessuna lingua troverete mai espressioni come « all'i­ taliana » in senso negativo . Al contrario !

È una diffamazione che h a fatto fortuna, sino al punto di con­ vincere gli stessi diffamati . Scorrete i giornali di ogni tendenza e avrete quotidiana conferma che l'autodiffamazione nazionale (pra­ ticata, senza eccezioni né limiti, da quasi tutti, per una volta una­ nimi) sempre si accompagna all'esplicita o almeno implicita nostal­ gia di una Riforma mancata, al complesso di inferiorità verso una mitica Europa nordica e di tradizione protestante, considerata co­ me modello cui tendere . « Un Calvino, uno Zwingli, un Cromwell : ecco ciò che è mancato all' Italia per diventare un Paese civile » : questo i l /eit-motiv della pubblicistica laicista, sulle orme dei suoi maitres-à-penser. Per restare al solo nostro secolo, un Croce, un Gobetti , un Gramsci , un Einaudi, un Mussolini stesso : tutti con­ vinti che le nostre magagne fossero senza confronti nel mondo e derivassero tutte dal cattolicesimo, castratore e corruttore di po­ poli . E di quel popolo soprattutto che, il papa, ha la sventura di avercelo in casa . 56

Non ho nulla , è chiaro , contro il protestantesimo (anche se, pur fraternamente ossequiandolo, lo lascio volentieri ad altri ; né sono affatto convinto che si identifichi con termini come "civile " , "mo­ derno " , "progressista" e via magnificando) . Ma neanche mi pia­ ce cadere nella trappola di un anticattolicesimo superficiale quan­ do non faziosamente interessato . Ecco perché ci andrei con mano pesante con chi in quella trap­ pola ci si ficca volontariamente e, se credente, non si accorge del trucco che vi sta dietro . Paghi la multa e si renda conto che c'è un motivo preciso se gli italiani - e, si badi bene, essi soli , nel mon­ do, a conferma che c'è qui qualcosa che va ben al di là di difetti oggettivi - hanno fatto dell'autodiffamazione e della sfiducia in se stessi in quanto popolo lo sport nazionale. Mi sembra che il recupero non certo di umori patriottardi beceri e offensivi per chicchessia, ma di un senso maturo e consapevole della dignità della nostra storia e del nostro presente - che sono anche come il cattolicesimo li ha fatti , con le loro ombre, ma con le loro grandezze, che meglio risaltano al confronto - mi sembra dunque che un simile recupero sereno avrebbe un significato in qual­ che modo "religioso" . Sarebbe, cioè, un contributo a reagire a quel complesso di inferiorità che oggi affligge tanti cattolici . Quelli per i quali ogni religione o confessione è ammirevole; tranne, ovvia­ mente, la loro .

26. Laici Per dovere professionale, da mesi scorro appelli , proclami , dos­ sier sul tema (i laici nella Chiesa) del Sinodo in corso . C'è, in alcu­ ni di quei testi , un tono populistico, acre, " rivendicazionista" , da Triplice sindacale Anni Settanta . Non stupirebbe trovarvi l ' appel­ lo finale del Manifesto di Marx ed Engels: « Proletari di tutto il mondo, unitevi ! Nient ' altro avete da perdere se non le vostre cate­ ne ! » . Dove, in luogo di « proletari », sia da leggere « laici cattolici » . Già è motivo d i sorpresa che i più aggressivi difensori d i noialtri laici siano, senza quasi eccezione, dei preti . (Del resto, non sono dei teologi maschi e celibi che più si avventano contro quella che chiamano « l'oppressione della donna nella Chiesa », stupendosi poi,

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e magari stizzendosi, dell' assai minore radicalità della gran massa delle interessate stesse?). Così , si incontrano ecclesiastici che accu­ sano noi secolari di "passività " verso presunte emarginazioni e su­ balternità a nostro danno . Vero o nò che sia, reverendi, lasciate a noi giudicare e, se neces­ sario, " lottare" ! Non fa parte anche questa vostra intrusione del­ l' esecrato paternalismo clericale? Siano comunque consentite tre impressioni (scegliendo tra le mol­ tissime possibilità) di un laico. Il quale non pretende rappresenta­ re altri che se stesso; ed è ben consapevole della complessità di pro­ blemi che non tollerano semplificazioni. Primo : diceva Napoleone che l' Austria era « sempre in ritardo d'une idée, d'une année, d'une armée ». La storia constata un si­ mile ritardo anche in certo mondo clericale, pronto ad entusiasmarsi come di novità di ciò che è al tramonto. Nel caso dei rapporti laici­ clero, sembra talvolta che qualcuno voglia quasi applicare alla realtà ecclesiale lo schema ottocentesco di quella « lotta di classe >) in cui non crede più nessuna persona seria. Non sarebbe solo un anacro­ nismo, ma la devastazione della realtà della Chiesa come , evange­ licamente, Corpo mistico del Cristo, dove ogni organo ha la sua funzione e nessuna è più nobile delle altre, tutte essendo indispen­ sabili. Nella Chiesa non può esserci un bottino di potere da sparti­ re, ma solo un debito di servizio di tutti verso tutti : « I capi delle nazioni dominano su di esse e i grandi esercitano il potere . Non così dovrà essere tra voi . . . » (M t 20,25). Anche se per caso la lotta di classe di marxiana memoria esi­ stesse davvero e non fosse (come ormai sappiamo) un mito , essa riguarderebbe il potere e la sua spartizione, l 'egemonia, il domi­ nio. Alla larga da simili categorie nella Chiesa, che non è una democrazia o un' autocrazia ma - al di là dei nostri tradimenti - è una misteriosa comunione fraterna. Un unicum sul quale nulla ha da dire la scienza della politica. Anche per questo, come ricor­ da il Concilio (LG, 3), « la Chiesa è il regno di Cristo già presente in mistero » . Secondo: è noto che certo neo-trionfalismo dipinge come « te­ nebre, pianto e stridor di denti >> tutta la dottrina e la prassi dei 1 650 anni che stanno tra Costantino e il Vaticano I l . Precisato

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che, nell' attuale Chiesa postconciliare - la sola che conosca chi scrive qui si trova del tutto a suo agio, va però ricordato che diffamare il passato è mancare di rispetto a quei nostri padri i quali portarono la fede sino a noi. E i quali , poi, se laici , non furono le pecore passive descritte da chi vede l'ultimo Concilio non come l' approfondimento della fede di sempre, ma come un mitologico inizio , una frattura rivoluzionaria, la scoperta di un sino ad allora ignoto « cristianesimo adulto » . Pare anzi che, at­ traverso una rete fittissima di corporazioni, confraternite, asso­ ciazioni , la presenza e l 'influsso laicale fossero nei tempi passati assai più rilevanti di oggi . Siamo tra l'altro noi laici che - con il nostro ingegno, con il nostro lavoro , con i nostri soldi - ab­ biamo rivestito l'Europa del suo mantello di cattedrali . Costrui­ tele, le abbiamo consegnate al vescovo perché - come il nome dice - lì fosse la sua cattedra. Non abbiamo atteso i risultati di un qualche Concilio o Sinodo per darci da fare, nel segno della comunione , in una Chiesa che fu sempre sentita come casa di tut­ ti e non di servi e di padroni . · Rafforziamo dunque il nostro ruolo nel servizio comune, ma sen­ za minacciare tumulti o diffamare, come fossero stati muti schiavi i fratelli in laicità che ci hanno preceduti . Terzo : è stato notato come gli apologeti più convincenti, i di­ fensori più aperti della Chiesa e della sua verità siano stati, in ogni secolo, dei secolari, non dei chierici . Dall'età patristica attraverso Dante sino a Pascal e poi Manzoni , Tommaseo, De Maistre, Veuil­ lot, Bloy, Péguy, Bernanos , Papini , Giuliotti, Chesterton, Mau­ riac , Daniel Rops, magari Sienkiewicz, Werfel, Unamuno e cento altri . E la tradizione continua sino a un Frossard in Francia o un Muggeridge in Inghilterra. Chi erano, e chi sono, costoro? utili idio­ ti a servizio di un clero prevaricatore? servi prezzolati della gerar­ chia? buffoni della corte clericale? mandolinisti per serenate ai pa­ droni? O non erano, per caso, dei cattolici convinti , sì , che la Ec­ c/esia fosse semper reformanda; ma convinti anche che meritasse di essere difesa da dei laici come loro, gente di genio , di carattere, di indipendenza, i quali però nella Chiesa di Roma si sentivano co­ sì poco in gabbia, da farsene apologeti ? Dibattiamo pure, dunque . Ma lontani dalle drammatizzazioni , dalle categorie politiche, dalle "piattaforme rivendicative" sul mo-

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dello sindacale. Convinti che il privilegio del battesimo è ciò che davvero conta, avendoci inseriti in una realtà "altra" , dove non valgono le leggi di potere del mondo .

2 7. Piani regolatori Le città sono soffocate e invivibili : si inventa un nuovo ministe­ ro per le aree metropolitane. Forse non ci avete pensato ma, se la vita è di fficile nel vostro quartiere, talvolta è anche a causa di un'i­ deologia che si propose di scristianizzare le città persino nella loro pianta. I piani regolatori furono disegnati , tra Otto e Novecento, da una borghesia liberale e massonica che deteneva ogni potere, compresa la proprietà fondiaria. Da qui l'ossessiva edi ficazione spe­ culativa senza lasciare spazi né per servizi sociali né p er aree verdi . Ma, spesso , persino l' occhiuta ricerca del massimo profitto dalle aree e la "razionalità" , di cui quella classe dirigente si vantava, cedettero al fanatismo anticattolico . È noto il caso del quartiere Prati di Roma dove, contro ogni logica, l 'orientamento delle strade fu disegnato in modo da non far mai scorgere l' odiata cupola di San Pietro. Ma gli urbanisti erano preoccupati anche di non disegnare , nella pianta dei nuovi quartieri, quella croce che detestavano. In cambio , volevano im­ primere sulle città i segni del compasso e del triangolo equilatero (simbolo del Grande Architetto dell' Universo) , emblemi massoni­ ci . Dove possibile , addirittura i due triangoli incrociati (' ' stella di David" o "sigillo di Salomone") che campeggiano anch'essi nelle Logge. Un amico architetto mi indicava, sulla pianta di Milano, quanto è frutto dei piani regolatori di quel periodo : ovunque possibile , il

rifuggire dal razionale angolo retto, che permette di regolare me­ glio gli incroci e il ricambio dell'aria, per privilegiare l' illogico trian­ golo. Ad esempio, nel quartiere Città Studi, a partire da piazza Car­ lo Erba (la cosa appare più evidente girando la pianta in modo che l' Est sia al posto del Nord) si scopre la " stella di David" incisa netta sul corpo della città. Triangoli e compassi a iosa anche in quel quartiere romano di Prati che dicevamo: dove la scacchiera era ine­ vitabile, un braccio è stato piegato storto in modo da rendere me60

no visibile il segno cristiano . E ciò a spese della razionalità e, quin­ di, del traffico , della salubrità, della qualità della vita. Si sa come il presunto "sacco urbanistico di Roma" , che sareb­ be stato perpetrato dalle giunte comunali democristiane nel dopo­ guerra, abbia costituito il cavallo di battaglia di un'incessante po­ lemica, sia marxista che libera/ Oa celebre campagna de L 'Espres­ so : « Capitale corrotta nazione infetta »). Quel "sacco " (se dav­ vero ci fu) fu comunque perpetrato per una banale e, dunque, a suo modo ragionevole, sete di quattrini . Almeno non ci si mise di mezzo il fanatismo irrazionale degli "uomini della Ragione" , il gu­ sto del simbolismo della nuova "religione dell' umanità" . Anche oggi, ogni giorno, nelle nostre città-prigione, paghiamo qualche prezzo a quella che si voleva definire la "cultura nuova" . =

28. Diavolo a Torino A Torino progettano - con il patrocinio delle amministrazioni

pubbliche - un turistico "mese di Satana" , un'ironica "kermesse diabolica" . Fossi negli organizzatori , lascerei perdere, dando fi­ ducia al proverbio che raccomanda di scherzare solo « con i fan­ ti » . Non sono un ingenuo, né coltivo studi o pratiche esoteriche. Sono però uno che, per molti anni, Torino l'ha esplorata, per do­ vere di cronista , nei suoi angoli più nascosti e inquietanti. E ve­ dendovi cose che confermano la saggezza di una Chiesa che - per ragioni religiose ma anche umane, di tutela dell' equilibrio psichi­ co e fisico - sempre ha raccomandato ai suoi di scansare certe real­ tà, certe persone. Truffatori? prestigiatori? maniaci? A nche; ma, forse, non soltanto, come vorrebbero gli schemi rassicuranti di certo razionalismo . Non è il caso di scendere in particolari . Ricorderò solo che, nel­ l' inverno del 1 983 , si organizzò qualcosa di quello stesso genere che oggi si vorrebbe ripetere: un "carnevale esoterico" , sponso­ rizzato dal Comune. Otto febbraio ' 83 , intervista a Panorama del­ l ' organizzatore, che dice : « Si tenterà di evocare gli spiriti oscuri e malefici della città. Ovunque, tranne in un luogo : piazza Statu­ to, luogo centrale della magia nera, ombelico maledetto di Tori­ no. Anzi , attenti : per tutto il carnevale, girate alla larga da quel

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posto » . Tredici febbraio, quando da cinque giorni quel settima­ nale è in edicola: al cinema Statuto, a due passi dalla piazza omo­ nima, 64 morti (32 uomini e 32 donne) , tutti giovani , tutti intatti , tutti con l a faccia annerita come per una tragica mascherata. Allo "Statuto" , stavano vedendo il film francese La capra, La chèvre, che in argot significa "la iella" , "la disgrazia" . Con decreto del Cotnune si sospende il " carnevale esoterico" . D' accordo, me la sono cercata: prendetemi pure per un attarda­ to, per un debole di spirito, magari per un matto. Ma io mi ostine­ rò a stare con uno Shakespeare rivisitato: « Ci sono tra cielo e ter­ ra, Amleto, più cose di quanto non sappiano i sociologi, gli esper­ ti, magari certi teologi adulti e avanzati » . E mi ostinerò a stare con venti secoli di tradizione cristiana secondo la quale, nel miste­ ro in cui siamo immersi , ci sono aspetti che è meglio non indagare troppo; e che, soprattutto, è meglio non stuzzicare .

29. Maestri A proposito di Torino, proverbio piemontese: « Chi non sa fare

luce, almeno non faccia ombra ». Ammonimento più che mai at­ tuale, vista l'inflazione di maestri che tutto vorrebbero spiegarci , facendoci capire meno di prima .

30. Mito di Milano Gli anni Settanta, con i loro furori collettivistici, avevano ap­ pannato il mito che, nell ' Italia unita, sempre aveva circondato Milano . Ma, come è stato mostrato dagli storici , le rivoluzioni si rove­ sciano implacabilmente nel loro contrario . Così, proprio quelli che nel Sessantotto avevano vent' anni e su capitalismo e capitalisti gri­ davano quanto ben sappiamo, non disdegnando di passare dalle parole ai fatti (meglio: alle spranghe) , hanno ora quarant'anni , sono la nuova classe dirigente e mitizzano, quasi fosse il nuovo Reden­ tore, la figura del capitalista, dell'imprenditore privato . Quegli opi­ nion leaders, poi - giornalisti, sociologi, esperti in varia umanità -, che nel Sessantotto di anni ne avevano quaranta e giorno e notte

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maledivano sui media la società esistente, sbizzarrendosi in utopie comunitarie ora, a sessant'anni (sugli stessi giornali di prima e senza il buon gusto di un minimo di autocritica) irridono a quelle stesse utopie e cantano le glorie del management, del privato , dello "spi­ rito di impresa" . Così , se prima sembrava che avessero diritto di cittadinanza soltanto la "classe lavoratrice" e la sua "cultura" (vera o solo immaginata che fosse da intellettuali borghesi con eskimo e barbe), ora non solo di operai non parla nessuno , ma quasi si fa finta che non esistano più . Mentre , prima, i cattolici che restavano fedeli alla prospettiva sociale della Chiesa erano bollati come « reazionari » e « servi dei padroni » , quegli stessi cattolici sono ora zitti ti a bacchettate come « nemici dello sviluppo » o anacronistici cultori del « pauperismo » , se osano dire che il capitale non sempre è i l diavolo m a non è però Dio, che il suo uso va incanalato in una prospettiva di bene comu­ ne. Ci fu persino imbarazzo , se non indignazione, quando Massi­ mo Olmi, regista di tormentata ispirazione cristiana, girò - die­ tro non so quale commissione pubblica - un documentario su Mi­ lano. Non gli venne perdonato - e non solo a destra, ma soprat­ tutto in certa " sinistra" - di non avere colto la roaring Milan, la Milano ruggente del terziario avanzato. Olmi fu accusato di « de­ magogia » , di > . E ripeteva quella sua frase divenuta fam osa : « Tutto è Provvidenza e benedi­ zione di Dio . Anche se vi sono delle benedizioni che ci entrano in casa spaccando i vetri . . . » . Claudel ci ha lasciato una testimonianza : « In un oscuro appar­ tamento di Parigi , vedo Veuillot, tutto solo, aggirarsi con fatica, a tentoni . In mano , non ha più una spada. Ha soltanto un rosario ». Don Bosco, giunto a Parigi alcuni giorni dopo la sua morte, volle recarsi a confortare i parenti dell'uomo che aveva ammirato e amato.

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Sulla sua tomba, Ernest Hello , un collega scrittore, un fratello di fede, disse parole importanti anche per noi che, desiderosi di non dispiacere, estendiamo non di rado alle idee, che spesso non sono affatto rispettabili , l ' invito evangelico a non giudicare le per­ sone: « Per il peccatore, Veuillot non ebbe che indulgenza . Per il dottore del peccato , fu terribile. Era pieno di misericordia e di so­ li darietà per la debolezza umana che cede al male . Ma si i ndignava per la perversità di chi non solo fa il male ma lo glorifica. La prati­ ca del vizio lo trovava pronto a scusare e a perdonare . Ma l ' apolo­ gia del vizio gabellato per virtù lo rendeva furibondo » . I n effetti , scambiato per u n impietoso moralista, Veuillot ebbe come amici carissimi anche famosi "peccatori " . Ai farisei, di par­ te cattolica, che se ne scandalizzavano diceva: « Pentirsi è un dono di Dio . A me basta che , pur peccando , riconoscano che questo non è bene, che non sono innocenti. Quando il peccatore , pur impeni­ tente, non cerca di scusarsi , come è grande e saggio! Per me, è già sulla via della salvezza » .

32. A l Monumentale Tempo di andar per cimiteri; e, dunque, tempo di ri flessioni . Sui "Novissimi" , si intende . Ma anche su altro. Prendiamo, ad esem­ pio, il Monumentale di Milano . La nascente borghesia industriale lombarda volle qui magnificare se stessa, con pompa di monumenti , in quei decenni tra Ottocento e Novecento in cui infuriava la guer­ ra che, più che anticlericale, era anticristiana. Dino Buzzati affer­ mava che il Monumentale di Milano « è forse il cimitero meno cri­ stiano della cristianità » . In effetti , sull 'imponente fronte edilizia, non c'è una croce né alcun altro segno religioso. Nelle grandi edi­ cole all'interno , poi, grande spreco di quella simbologia delle Log­ ge in cui si riuniva la borghesia che fece il Risorgimento e ne gestì quindi , con spietatezza, i benefici economici . Dunque, scialo di pi­ ramidi, di stelle a cinque o sei punte, di elementi egizi o assiro­ babilonesi . Qualche Cristo qua e là fa l' effetto di qualcosa di po­ sticcio , messo per dovere . Il progetto è di Carlo Maciachini , il quale aveva previsto che il grande corpo centrale della facciata fosse destinato a chiesa catto­ lica. La Commissione municipale (si era nel decennio, incandescente

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per i rappor t i con la Chiesa, t ra l ' ar r ivo dei p i emontesi a Milano e Porta Pia) fece però modificare il progetto. Così , la chiesa fu

trasformata in un Famedio , cioè in una di q uelle "chiese" masso­ niche dove il culto dei santi è sostitu i t o dal culto degl i eroi della patria. Un santuar i o , dunque, non a Dio ma all ' Uomo e alla sua postuma " fama" (da cui il nome) . Quanto alla fede catt olica , fu cacciata e nascosta dove ancora sta : una sorta di piccolo e oscuro scantinato ricavato (simbolicamente) sotto i l pavimento del tem­ pio all ' Umanità Nuova e con un ingresso soltanto dal retro. So­ pra: luce , marmi , mo s ai c i sfolgo r anti . Sotto : buio, decorazioni di maniera e u n Cristo in gesso , da pochi soldi . Nel Famedio : il futu­ ro e la glo ria . N el l a cappel l a : il passato , la tristezza e l' anacroni­ smo di una s u perstizione in via di s parizione .

è però istruttiva . Men­ tre la chiesetta vince il buio in cui fu relegata con l 'ardere quoti­ diano d i decine di candele e i suoi banchi sono raramente vuoti di gente in pregh iera , nel Famedio solo di rado si vede aggi rarsi qual­ cuno . Turisti, soprattutto , ai quali nulla dicono i n om i , incisi sul marmo , di quei "laici " santi ed eroi la cui fama avrebbe dovuto sfidare i secoli . Proprio al centro , poi , di quel tempio alla presun­ ta vittoria sul cristianesimo, troneggia, imponente , un'arca mar­ morea. Dentro , le spoglie di un certo Alessandro M anzoni ; il qua­ le non fu precisamente il devoto di una laica religione del l ' U mani­ tà . . . Anche le settarie Commissioni ottocentesche dovettero arren­ dersi alla realtà: ahimé, il mi l ane s e di maggior fama, al quale dun­ que doveva to ccare il posto centrale del Famedio, non era un ' ' il­ lumi nato " , un agnostico ; ma un " oscurantista" , un cattolico . . . A più di un s ecolo di distanza, una visita

33. Scalpellini Ma sì , la storia riserva sempre sorprese per chi non si adegui ai luoghi comuni. Gi usto a proposito di quel "democratico" Otto­ cento. Gli studiosi di storia del l ' economia ricordano che ai tempi di Francesco Crispi - il mazziniano, poi il garibald i no , poi il lea­ der della sinistra storica - a uno scalpellino accorrevano 23 gior­ ni di lavoro per acquistare tre quintali e mezzo di frumento. Per acquis t a r ne la stessa quantità, a uno scalpellino della Fabbrica del

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Duomo di Milano alla fi ne del Trecento (il " buio Medio Evo " , stando , tra gli altri , all'ameno regista del film Il nome della rosa) , bastavano 1 2 giorni. Di più : l' operaio medievale, a differenza del suo collega dell' Ottocento, non conosceva quasi tasse e godeva dei robusti vantaggi (sia economici che sociali) dell ' appartenenza a una Corporazione che lo assisteva dall 'inizio dell ' apprendistato alla morte. Ennesima conferma della necessità di rivedere quei nostri pigri schemini , stando ai quali i vari "rinascimenti " o " risorgimen­ t i " avrebbero rappresentato sempre e comunque un " progresso" . Per qualcuno di sicuro, non certo per tutti .

34. Sociologi a congresso , i sociologi hanno constatato, desolati , di es­ sere decaduti, in pochi anni , dall'altare dei profeti su cui media e potenti in genere li avevano posti, nel limbo quasi delle macchiette (parole loro ! ) . Che è successo? I n realtà, i l sociologo aveva preso i l posto che nella società religiosa (dove la relazione fondamentale è verticale: daU ' uomo a Dio) era del teologo . La cultura secolarizzata si ap­ piattì nella sola dimensione orizzontale (relazione uomo-uomo ; destra-sinistra invece di alto-basso) con la conseguente sopravva­ lutazione di chi , invece di studiare il Cielo, studi unicamente la terra e la sua società. Ora, la crisi della sociologia sembra aggiungersi ad altri segni del ritorno dell 'interesse anche per ciò che sta "in alto" ; del recupero di un equilibrio dove, accanto all" ' orizzonta­ le" , il " verticale" , dunque la dimensione religiosa, abbia di nuo­ vo il suo posto. E al suo posto - di studioso forse utile ma di cer­ to non onnisciente - torna così anche quel sociologo senza il cui parere nessuno osava più aprir bocca. Riuniti

35. Schemi Poveri opinionisti "impegnati" , che non sanno più che pesci pi­ gliare sulle colonne dei giornali o davanti alle telecamere , dove pu­ re sono pagati per spiegarci tutto ! Avevano quei loro begli schemi­ ni , quelle comode caselle dove tutto ciò che succedeva era etichet-

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tato e messo al posto giusto. Ma ora, quei maleducati che sono i fatti hanno scompigliato tutto, e ogni giorno di più mettono in crisi il giochino . Ma come? l baroni de Coubertin e tutti gli altri assicuravano che lo sport avrebbe affratellato i popoli ed esaltata in tutti la nobiltà dei sentimenti; mentre, un secolo dopo , le gradinate di stadi e pi­ ste, quando non grondano di sangue (Bruxelles insegna) o non ne­ reggiano di spranghe , tracimano aggressività quando non odio , esternati con urla ferine o con striscioni minacciosi . Tanto che si parla di generalizzare una pratica già sperimentata: niente pubbli­ co , solo tv negli stadi . E quei generosi giovani che avrebbero cambiato il mondo con la loro sensibilità sociale, non incappano nella retata dove si sco­ pre che i loro locali "alternativi" e "democratici " prosperavano grazie allo sfruttamento spietato di negri ed arabi in cucina? Si potrebbe continuare per intere colonne . Ogni giorno ecco, im­ placabile, un grappolo di notizie che - malgrado quegli opinioni­ sti che dicevamo siano bravi in equilibrismi , silenzi sapienti , esca­ motages - proprio non si riesce a incasellare . Che, anzi , vogliono infilarsi testarde nelle caselle contrarie a quelle che erano loro as­ segnate. Ciò che sorprende, però, non è tanto l' inevitabile sfacelo di un quadro interpretativo - miscela di vecchi sociologismi pseudo mar­ xisti e liberals - quanto la renitenza di certi ambienti religiosi a denunciarne (nell 'interesse di tutti) il fallimento . Per ritornare, al­ meno loro, alla saggezza del realismo cristiano . Il quale sa, ha sem­ pre saputo, che la storia è tragica perché, al fondo di ciascuno , si annida la possibilità del peccato . Sa che ogni uomo (per quanto alti siano il suo reddito e la sua istruzione) è insieme, potenzial­ mente, un santo e un assassino. Sa che essendo la nostra - e non potendo non essere, sino al ri­ torno del Cristo e alla fine della storia - l'economia del peccato origi­ nale, non c'è riforma efficace che non passi , ben prima che attraverso le strutture, attraverso la conversione del cuore . Perché, « dal di den­ tro , cioè dal cuore degli uomini , escono le azioni cattive : fornica­ zioni , furti , omicidi, adultéri , cupidigie, malvagità, inganni , impu­ dicizie, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cat­ tive vengono dal di dentro e contaminano l' uomo )) (Mc 7 , 2 l ss ) .

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E noi, privilegiati da questa profondità di vista donataci dalla fede, non faremo altro che rafforzare il coro di chi , dopo ogni de­

lusione, dopo ogni schema scompigliato, ripete che tutto non è che colpa di « mancate riforme », di « insufficiente educazione », di « ne­ cessità di correggere le distorsioni sociali »? Cose anche giuste, si intende ; e da fare , collaborando con gli uomini che hanno buona volontà. Ma, se ci diciamo cristiani , a noi - misteriosamente e del tutto gratuitamente - è stato dato ben di più : la consapevolezza che tutto ciò è al di fuori; che nessuno sforzo nostro potrà costrui­ re un mondo dove, al fondo di ogni cuore, non stia sempre in ag­ guato , ineliminabile e oscura, la possibilità del peccato. Non è que­ sto salutare realismo tra i doni della fede che, oggi più che mai , ci è doveroso tentare di proporre ai fratelli in umanità? Dove sta la carità vera: nel tacere o nel dire?

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Sacramento di Satana

Trovo, nell'archivio, un articolo dell 'ultimo Maritain, quello so­ spettato di "pessimismo" e, dunque, rimosso . Vi è una definizio­ ne, terribile e profonda, di quell' iniezione di eroina che comincia­ va allora a diffondersi tra i giovani dell' Occidente opulento . Quel « buco » , scrive Maritain « è il sacramento di Satana. È la cresima, è l' effusione dello spirito di una cultura che ha preso congedo dal Cristo per volgersi all 'Ingannatore ».

3 7.

Vittime da non dimenticare

Per il mondo, si sa, non tutti i morti sono eguali: ce ne sono di "eccellenti " e altri da dimenticare. Così , il fascismo esaltò i suoi martiri, cacciando nel buio la memoria di chi era caduto dall' altra parte. Rovesciata la situazione politica, si rovesciò anche l ' oggetto di quel culto necrofilo ai caduti della propria fazione, culto che è parte importante del potere. Interessante notare , tra l'altro , che questo genere di culti politi­ ci non conosce ecumenismo: una lit urgia, qui, scaccia implacabil­ mente l' altra, relega nelle catacombe la memoria dei morti di altra fede politica . (È recente, a Milano , lo scandalo provocato da un 71

cronista che scoprì come, nella rigorosa epurazione della topono­ mastica , ci si fosse dimenticati di una via dedicata a un fascista. Non era stata ribattezzata col nome di un martire della Resisten­ za ! Si gridò al sacrilegio: e giustamente , poiché davvero di culto si tratta , dove i morti sono selezionati per legitti mare i potenti del momento) . Ma, sempre per il mondo , non sono eguali nemmeno quei morti speciali che sono i santi proposti dalla Chiesa. Ce ne sono alcuni considerati accettabili; altri. invece, ai quali si riserva l' ostracismo . Come hanno mostrato l e cronache giornalistiche - scarne, quan­ do non condite da qualche domanda sull' oppo rtunità di un simile gesto - tra quelli non " simpatici " ci sono gli 85 preti, religiosi , laici martirizzati in Gran Bretagna dagli anglicani e proclamati ora beati. Il papa, al contrario di quanto vogliono certe letture super­ ficiali, ha compiuto così un vero gesto ecumenico . L'incontro tra cristiani presuppone non l' occultamento della verità, ma il suo sve­ lamento pieno . Nessun dialogo proficuo può nascere dall' oblio, dal­ l 'ipocrisia o dal timore di chi non osa guardare in faccia alla real­ tà. Sia resa lode alla Chiesa anglicana per averlo compreso e per avere dunque inviato in San Pietro una sua delegazione ufficiale. Sul pur giustificato imbarazzo ha prevalso - grazie anche al tatto del papa - il coraggio evangelico : veritas liberabit vos. Ma allora, come mai a quel coraggio degli ambienti anglicani fa cont rasto la reticenza di certi media laici, se non di qualche in­ fluente "giro" cattolico? In certi ambienti clericali sembra giocare una concezione dell' ecumenismo per cui , per un curioso masochi­ smo , sarebbero da evidenziare unicamente le colpe dei cattolici , i soli "cattivi " . Contro lo schema dei semi-colti va dunque il ricordo (evocato adesso anche in San Pietro) di una realtà che, come sempre , mo­ stra che la verità è complessa e non tollera slogan : stando all 'inso­ spettabile Raphael Holinsed, storico protestante, Enrico VIII, il re dalle sei mogli (un paio le fece decapitare) , autonominatosi ca­ po della nuova Chiesa anglicana, uccise 72.000 cattolici . Sua figlia Elisabetta l, in pochissimi anni , - e anch 'essa in nome di un cri­ stianesimo "riformato" e, dunque, "purificato' ' - fece più vitti­ me (e in modo ben più atroce, se è lecita una classifica dell ' orrore)

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che l' Inquisizione spagnola e romana insieme in tre secoli. Da Gi­ nevra , Calvino inviava in Inghilterra messaggi per incoraggiare al­ lo sterminio: « Chi non vuole uccidere i papisti è un traditore: ri­ sparmia i lupi e lascia indi fese le pecore » . Ne seppero qualcosa non solo gli inglesi restati fedeli a Roma ma anche gli irlandesi , ai quali non si negò solo la vita e i diritti civili (e sino al 1 9 1 3 ! ) ma si rubò persino la terra : chi ricorda che le radici del dramma dell 'isola che continua ancor oggi sono nella decisione di Cromwell di installare con la forza i presbiteriani nel­ l ' Ulster (la zona più ricca di risorse) in funzione anticattolica? Chi ricorda che alle "Pasque piemontesi " (la spedizione dei Sa­ voia contro le valli valdesi) partecipò non a caso un battaglione di volontari irlandesi che avevano avuto le famiglie massacrate da­ gli anglicani? Chi, prima della beatificazione di quegli 85 martiri, ricordava che Roma, "l'intollerante " per definizione, mai pensò a una legge inaudita come quella decretata nel 1 5 85 dal "democra­ tico" Parlamento inglese e in base alla quale andarono alla morte i nuovi beati : supplizio, cioè, per chi, cittadino della Gran Breta­ gna tornasse in patria dopo essere stato consacrato prete (nell'iso­ la ogni ordinazione cattolica era vietata); e supplizio per chiunque avesse avuto un qualche contatto con lui? È chiaro che tutto questo stenta a essere accolto dalla mentalità comune, plagiata dal rosario secolare e a senso unico : « Torque­ mada, Alessandro VI, Galileo, Giordano Bruno , Pizarro, Cor­ tés ». Come mi ricordava quell'amico , quel galantuomo che fu il pastore valdese Vittorio Subilia, preside della facoltà teologica della sua Chiesa e direttore dell 'autorevole rivista Protestantesimo : « Nessuna riunione sarà mai possibile se tutti i cristiani non si con­ vertiranno al Cristo » . Non ci sono innocenti , nel peccato che tutti ci accomuna . . . .

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A vanguardie e retroguardie

L' accusa quotidiana, terroristica, al magistero della Chiesa va

rovesciata: sulle questioni morali , il passato, i retrogradi sono lo­ ro, gli accusatori; la Chiesa, invece, difende l' avvenire, sta dalla parte del futuro . Come si vede, è una provocazione che scompiglia tutti gli sche73

mi correnti, anche tra non pochi cattolici . Eppure, a lanciarla non è uno qualunque : è l' arcivescovo di Parigi . Il cardinale Jean-Marie Lustiger è egli stesso una provocazione vivente essendo, dopo la fine dell' età apostolica, il solo ebreo (figlio di ebrei e, da giovane , frequentatore di sinagoghe lui medesimo), consacrato prima vesco­ vo e poi nominato cardinale . Sentite un po ' come si esprime questo outsider scoperto da Gio­ vanni Paolo II: « In tema di sessualità e di rapporto col corpo, og­ gi la società è al punto in cui ci trovavamo più di cent 'anni fa in campo sociale. Nel XIX secolo , il capitalismo selvaggio sfruttava i giovanissimi . Nel nostro secolo , lo stesso capitalismo ne prosti­ tuisce alcuni e gli altri li corrompe. E, per di più, chiama questo sfruttamento e questo inquinamento " liberazione" . La sessualità viene regolata dal capitalismo in funzione mercantile e muove un enorme business. La strategia è questa: fondare la sessualità uni­ camente sul desiderio e sfruttarlo come fonte di profitto. Esaspe­ rare il desiderio sessuale (" liberarlo " , come appunto sostengono, con l' appoggio di uno schieramento che va dagli inn umerevoli "esperti " che stanno al gioco sino all'incessante martellamento pub­ blicitario) perché i consumatori chiedano sempre di più . Questo porta a disordini sociali , ingiustizie , oppressioni , sofferenze palesi e nascoste comparabili solo agli inizi della rivoluzione industria­ le ». Dunque, conclude il cardinale Lustiger: « Può darsi che la Chie­ sa non sia in ritardo ma, al contrario, in anticipo per ciò che ri­ guarda il corpo. Considerata dai superficiali come "vecchia" , la sua posizione sui temi etici rappresenta probabilmente il futuro >> . Quale che sia il giudizio, è un fatto (ad esempio) che, in vista del ventennale, si comincia a riflettere in modo nuovo sulla Hu­ manae vitae, l 'enciclica sul problema contraccettivo per la quale Paolo VI fu coperto di insulti e di scherni anche da molti dei suoi . (Chi ricorda che il Katho/ikentag, la riunione ufficiale dei cattolici tedeschi, nel settembre del 1 968, alla presenza dell'intero episco­ pato , chiese le dimissioni del papa e l ' abrogazione con infamia di quel documento? e che analoghe richieste vennero da 200 profes­ sori dell ' U niversità Cattolica Nazionale degli Stati Uniti? ). Ebbene, da tempo circolano strani sussurri e ammissioni: « For­ se, alla luce di ciò che è successo dopo , aveva la vista più lunga il papa che i suoi contestatori. . . » . Qualche storico, addirittura, co-

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mi ncia a ipotizzare che quel pontefice enigmatico sarà ricordato innanzitutto per il coraggio nel firmare quella vituperata enciclica, pur contro la maggioranza dei suoi stessi periti e, soprattutto, contro tutta la mentalità del secolo che sembrava vittoriosa e irrefutabile. Ma ciò che sta accadendo attorno al problema contraccettivo in­ veste ormai anche l'aborto , sul quale certe sicurezze sprezzanti ora vacillano per far posto al dubbio . I nuovi flagelli determinati dalla caduta dei presunti tabù che solo la Chiesa gerarchica (e neppure tutta, in verità ! ) si ostina a difendere , inducono molti a riflessioni inquietanti. Il documento contro una ingegneria genetica da labo­ ratorio del dottor Frankenstein riscuote consensi in ambienti inso­ spettabili . Intanto, anche tanti " laici' ' iscrivono in massa i loro fi­ gli ai riscoperti oratori (« lì, almeno, droga e omosessualità non glie­ la insegnano ») e chiedono per loro un insegnamento morale - e cattolico - a scuola. Sta a vedere che ha ragione Franco Cardini , lo storico : « Essere all' avanguardia è facile. Basta tenere fermo sulle proprie convin­ zioni e aspettare. Prima o poi, il vento cambia, gli opinionisti alla moda, come loro costume, cambiano di opinione: e tu, da attar­ dato quale eri considerato , sei riscoperto e osannato come il pre­ cursore, il profeta . . . ».

39. Due lune Nella vita di don Bosco , è noto , abbondano sogni e presagi . Tra le sue molte profezie, una delle più ripetute e solenni (la mise an­ che per iscritto, per ordine del papa) è quella secondo la quale « due pleniluni nel mese dei fiori » (in maggio , cioè), annunciano , per usa­ re le sue parole, « un ' iride di pace » . Un segno fausto , ma che pur­ troppo si verifica ben di rado . Ora: il 1 988, centenario della sua morte, per la cristianità è anno di festa, di gioia; dunque, di pace . E proprio il 1 988 porta, guarda caso, il fenomeno rarissimo: due lune piene nello stesso mese, il primo e l' ultimo di maggio . . . Coincidenza? Può ben darsi , certo. Ma a noi non dispiace resta­ re aperti a ogni possibilità. Il cristianesimo non è forse un sistema di segni sparsi in cielo e in terra da un Dio che ci invita a scoprirli e a interpretarli, quasi giocando con noi a nascondino? Se la vita del Cristo si m uove tra stella di Betlemme e sole oscurato del Gol-

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gota, perché anche i suoi amici e imitatori non potrebbero merita­ re un qualche discreto segnale cosmico? E a chi ne sorridesse, dice il padrone della parabola: « Amico , ti faccio forse torto? Non pos­ so fare delle cose mie quello che voglio? O sei forse invidioso per­ ché io sono buono? » (M t 20, 1 5) .

40. Edith Stein Osservavamo che, tra i beati e i santi che Giovanni Paolo I I va proponendo a ritmo accelerato come esempio e modello ai creden­ ti, alcuni - se si sta agli echi sui media - sembrano più "simpati­ ci" alla mentalità corrente. Altri sembrano invece suscitare indif­ ferenza, quando non ostilità. È chiaro che proprio questi ultimi dovrebbero attrarre in particolare l'attenzione dei credenti , visto il rovesciamento operato dal Nuovo Testamento delle categorie cor­ renti . A partire da Gesù stesso, non è forse una garanzia di coe­ renza evangelica il non piacere al " mondo " ? E il Cristo non ha indicato l'odio e l'ostilità del "secolo " come uno dei segni che sem­ pre accompagneranno i suoi discepoli autentici? Forse, il maggiore "segno di contraddizione" , proposto in que­ sti anni dalla Congregazione per le cause dei santi , si identifica in una donna. In quella Edith Stein il cui processo è giunto al termi­ ne penultimo, con la proclamazione a beata, superando la forza di molte lobbies ostili a quel riconoscimento . Il caso è davvero esem­ plare; vale la pena di esaminarlo . Contro la Stein - come denunciò a chiare lettere lo stesso rela­ tore della causa, il domenicano padre Eszer - stava tutto il poten­ te schieramento teologico , oggi di maggioranza, almeno in terra tedesca, che fa posto anche a Heidegger (il filosofo esistenzialista) per tentare di costruire un Credo cattolico « comprensibile all ' uo­ mo d' oggi », come dicono. Ad Heidegger, come è noto, si riferì costantemente un Karl Rahner, che è forse il teologo che ha mag­ giore influenza sulla teologia contemporanea. Ora: la Stein non esitò a schierarsi contro Heidegger, dichiarandolo inutilizzabile da un cristiano perché « nega l'esistenza di Dio , almeno del Dio del cri­ stianesimo e di tutte le altre religioni monoteistiche ». Da qui (co­ me sottolineò appunto il relatore) una campagna accanita, anche 76

da parte cattolica, per seppellire nel silenzio e nel ridicolo la Stein: « Per molti teologi , doveva esserci in questa donna qualche rotella fuori posto, dal momento che aveva osato criticare il Vate Nazio­ nale, il grande Martin Heideggen> . Peccato che quel " Vate" sia stato iscritto dal 1 93 3 sino al 1 945 al partito nazista e che i suoi legami con gli ambienti antisemiti siano stati provati proprio ora in modo indubitabile. La Stein aveva vi­ sto giusto . Ma ciò non impedì che « la sua fama di santità abbia dovuto affrontare resistenze fortissime di un potente schieramen­ to teologico » (padre Eszer) . Ma contro un' altra lobby, anch 'essa potente, ha dovuto misu­ rarsi la memoria di Edith Stein: il vasto fronte, cioè, di certo fem­ minismo - anche sedicente " cattolico " - che non perdona a que­ sta donna , che pure seppe divenire uno dei maggiori filosofi del secolo , le sue prospettive "scandalose" sulla questione femminile. Come accettare una donna che , alle donne, indicava come « ruolo naturale, dove la femminilità può dispiegarsi istintivamente e in pienezza » , i " mestieri " di sposa, di madre e, per le chiamate, di vergine consacrata? Come accettare quel suo proporre instancabi­ le, alle sorelle in femminilità (di cui pur difese a viso aperto i dirit­ ti), ! ' « imitazione di Maria >>? Terza opposizione , e non da poco , è venuta a questa martire di Auschwitz da certo ebraismo che , così come non tollera che delle carmelitane preghino oggi per tutti accanto a quel Lager, diffida di una ebrea fattasi carmelitana e la reclama per sé. C ' è un equivo­ co, in questo , ed è forse colpa nostra per non averlo spiegato in modo adeguato ai fratelli ebrei : come ha mostrato il lungo proces­ so canonico, la Stein fu uccisa non in quanto ebrea , ma in quanto ebrea cattolica. In effetti, la Gestapo procedette a una retata degli ebrei che in Olanda (dove si trovava il Carmelo della Stein) erano passati al cristianesimo . Ma mentre chi si era convertito al prote­ stantesimo fu rilasciato , deportati furono solo i convertiti al catto­ licesimo: e questo per rappresaglia per la dichiarazione dell 'episco­ pato olandese contro le persecuzioni razziali . Dunque, una Stein pur ebrea di origine ma protestante di confessione si sarebbe sal­ vata, ché gli evangelici olandesi si affrettarono ad assicurare gli oc­ cupanti tedeschi di dissociarsi dall'iniziativa cattolica. Non si tratta dunque di una sorta di "sacro scippo" a danno degli ebrei : questa 77

donna fu uccisa per la fede cattolica , non per la razza israelitica. Ma anche questo equivoco ha pesato, e duramente, sulla via che ha condotto la Stein alla beatificazione . Eppure, come osservò il postulatore, « la forza della verità ha saputo aprirsi vittoriosamen­ te la strada ».

È anche per questo che parliamo della beata Edith : non soltanto per richiamare l'attenzione su una delle figure più straordinarie della Chiesa contemporanea, come confermano anche i contrasti attor­ no alla sua figura. Ma pure per confortarci tra noi : la verità sembra così debole , nel mondo. Eppure , se è « verità vera » nulla alla lunga riesce a fermarla; e, nella Chiesa, riesce alla fine a spuntarla. L'au­ reola di beata attorno al bel volto intenso di questa filosofa fattasi carmelitana (�< D'ora innanzi , il mio solo lavoro sarà l'amore », scris­ se sull 'immaginetta a ricordo della sua vestizione) ci lancia, tra gli altri, un messaggio consolante: è l'ennesima conferma che Gesù non ingannava i suoi , esorta:Qdoli a « non avere paura » ché , anch'essi, come Lui , avrebbero finito col >? In questa linea, dobbiamo forse ricordarci che c'è quell ' altra leadership che non ha divisioni coraz­ zate né batterie di missili , ma non per questo è meno autorevole, e che è incarnata dal papa? O, al contrario , dalla estraneità totale al cattolicesimo di coloro che oggi ci dominano , dobbiamo derivare riflessioni sull' apparen­ te fallimento della redenzione nella storia, sull ' incapacità cattolica a informare di sé, dalla fine del Medio Evo, la vicenda umana? Con fesso di non sapermi decidere . Ma è anche questo tipo di domande che , mi pare, dovremmo farci . Non dobbiamo permet­ tere che l ' onda di piena della cronaca ci impedisca di riflettere sul­ la storia . Quella della Salvezza, s 'intende .

42. « Vengo da Kursk» Per restare alla Russia, vedo che dal 1 9 1 7 al 1 987 il regime ha permesso la stampa soltanto di 120.000 Bibbie complete e di 1 50. 000 Vangeli per 60 milioni di fedeli. Così , qualche foglio sgualcito del­ la Scrittura è tra gli oggetti più ricercati (e più introvabili) al mer­ cato nero . I credenti coprono le righe degli opuscoli di propagan­ da antireligiosa e lasciano leggibili solo le citazioni dalla Bibbia. Niente è più sorvegliato delle poche fotocopiatrici . Jean Delumeau, il grande storico francese, mi raccontava di quel contadino da lui incontrato sul sagrato di una chiesa di Mosca. Gri­ dava: « Fratelli , vengo da Kursk ! Da noi hanno bruciato tutto ! Da­ temi qualunque libriccino che parli di Dio ! Datemi qualcosa da leg­ gere , in nome di Cristo ! » . Fu trascinato via dalla polizia, non se ne seppe più nulla. Mentre me lo raccontava, gli occhi di Delumeau, pur esponente di un cattolicesimo assai "progressista" , si riempi­ vano di lacrime.

43. Fascismi e antifascismi Istruttive, per un cristiano , le polemiche suscitate da un' intervi­ sta a Renzo De Felice , il nostro maggior storico del fascismo , un liberale di sicure convi nzioni democratiche nonché - per maggior garanzia - di origini ebraiche . 80

Raccomanda, il De Felice, di finirla con « la retorica del l ' antifa­ scismo )) , dice che è ora di superare lo schema fascismo-antifasci­ smo, usato per interpretare tutto ; come se da una parte stesse tutta la Luce e dall' altra tutta la Tenebra. Leggendo l' intervista, pregu­ stavo ironico lo stracciarsi di vesti (« Ha bestemmiato ! >)) dei pro­ fessionisti dell ' antifascismo di marca comunista. Ma mi chiedevo come mai De Felice desse la zappa sui piedi anche alla cultura libe­ rai di cui è esponente prestigioso . In effetti, come da previsioni, il blasfemo è stato violentemente ag­ gredito sia da un Paolo Spriano, storico ufficiale del Pci , che da un Giorgio La Mal fa , segretario di quel partito repubblicano che si dice custode dei valori "ill uministi " . È che, qui, le tradizioni politico-cul­ turali che dominano il mondo contemporaneo dopo essersi spartita l' eredità cristiana, hanno tutte imbarazzanti scheletri nell' armadio.

Lo schema fascismo (visto come sempre malvagio) e antifasci­ smo (gabellato come sempre eccellente) è stato creato innanzitutto dall'incessante propaganda comunista (ma non solo da questa, co­ me vedremo), che ha cercato di far dimenticare una realtà oggetti­ va: Mussolini e Hitler da un lato e Lenin, Stalin, Mao, Poi Pot e compagnia dall 'altro , sono fratelli gemelli , figli entrambi della modernità. Nazifascismo e marxismo si rifanno entrambi allo stesso maestro , a Hegel, il filosofo che fonda il mondo moderno e la cui posterità si divide in una " sinistra" e in una " destra " . Dice Moshe Zimmermann, che insegna storia tedesca all'univer­ sità ebraica di Gerusalemme : « Il nazifascismo è un avatar, una in­ carnazione dello spi rito moderno . Forse, in una prospettiva prov­ videnziale, è venuto per mostrarci come il male possa essere po­ tenziato dal cosiddetto progresso » . L e accentuazioni del rosso e del nero sono diverse m a la radice è la stessa. l semi che hanno portato al totalitarismo (ai gulag da un lato e ai Lager dall' altro) vengono dalla stessa terra che ha un componente che prevale su tutti gli altri : il rifiuto del Dio biblico per sostituirlo con altri dèi come lo Spirito del Mondo , la Storia, lo Stato, la Razza, la Classe Operaia, il Proletariato, la Produzione. Ci ingannano, facendoci credere che ci sia una incompatibilità di fondo tra fascismo e antifascismo, soprattutto se tra gli "anti­ fascisti " poniamo gli eredi della tradizione socialcomunista. Tra

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l'altro : da dove veniva Mussolini se non dal socialismo (che affer­ mò sempre di non avere rinnegato ma portato alle sue conseguen­ ze logiche?). E il partito di cui Hitler fu il capo non era il « Partito Nazionale e Socialista dei Lavoratori Tedeschi »? Non fu l'accor­ do con i Soviet che gli permise di invadere Polonia e Francia, con a Parigi il Pcf come quinta colonna a favore dell 'invasore , conver­ tendosi al1 ' " antifascismo " solo dopo il tradimento del Fiihrer? Nei decenni trascorsi da allora, da quella cocente delusione (Stalin non voleva credere che l'amico Hitler stesse invadendogli l' Urss) , una martel1ante propaganda c i h a presentato il nazi fascismo come il Male Assoluto, lo ha avvolto di categorie religiose , quasi non venisse dalla storia ma direttamente dall'inferno. Alla demonizzazione hanno partecipato anche le culture di "demo­ crazia illuminata' ' (vedi , ancor oggi , lo scatto di nervi di un La Mal­ fa), segretamente consapevoli che i totalitarismi rossi e neri non so­ no affatto abitatori del regno di Satana, ma figli delle ideologie an­ ticristiane del Settecento europeo , dei miti giacobini , di quell'humus che ha partorito non solo nazifascismo e socialmarxismo ma anche un certo liberalismo radicale. Quello che dalle utopie dell ' 89 finisce nel Terrore del '93 e poi nel massacro napoleonico; quello del raziona­ lismo agnostico e del positivismo ateo ; quello del nazionalismo della Grande Guerra che ci regalerà Lenin e poi Hitler; quello di oggi , di cui il culto dell'aborto è la corona di gloria. Non soltanto al1e sue estre­ mità, ma anche al centro, tutta la modernità viene dal rifiuto, ora violento ora sprezzante, della ipotesi-Dio . Quali che siano le diver­ se accentuazioni, sempre troviamo la religione dell' Uomo (e delle sue molte divinità) al posto del riconoscimento del Figlio dell' Uomo . Ci pare dunque che i credenti - almeno loro - dovrebbero es­ sere consapevoli che lo schema fascismo-antifascismo non è che fumo negli occhi : è l'eclissi del Sacro che genera i mostri; è la mor­ te di Dio che porta inevitabilmente alla morte dell' uomo . Lo sche­ ma vero per capire la tragedia dei due secoli "moderni" è, allora: fede-ateismo , prospettiva religiosa-laicismo, Dio di Gesù-divinità politico/culturali. Come ben vide quel Pio XII , che dovette fron­ teggiare da vivo l'odio di fascisti e di antifascisti e, da morto , la loro diffamazione . La radice, diceva infatti papa Pacelli , è l ' apo­ stasia dell' Occidente, è l 'homo homini deus che si rovescia, sem­ pre, nell'homo homini /upus.

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44. Schiavi neri Mi càpita di vedere alcune scene di un film - riproposto in questi giorni dalla televisione - su quel gran campione di pugilato che è sta­ to Cassi us Clay. Il quale, divenuto leader dei "Musulmani Neri" e as­ sunto il nome di Muhammad Alì, si esibisce nella pellicola (che ricalca fedelmente, mi dicono, la realtà) in invettive virulente contro quei cattivi dei cristiani che avrebbero ridotto i suoi antenati in schiavitù e in apologie di quei buoni fratelli che sarebbero i seguaci dell'Islam . Cado dalle nuvole : passi che un boxeur non sappia niente de1la storia; ma non è tollerabile che nella stessa situazione si trovino tutti i non-neri che il film mostra (seguendo, ripeto, la realtà) ver­ gognosi e muti davanti all 'uragano di insulti. Vale la pena di pen­ sarci un momento, visto che c'è qui l ' ennesimo esempio di disin­ volta manipolazione della verità. Il Muhammad Alì , anzitutto , sembra ignorare che le sole zone al mondo che ancora non solo tollerino ma addirittura codifichino legalmente (in barba alle convenzioni internazionali) la schiavitù, sono proprio quelle dove vige nella sua interezza la Sharia, il dirit­ to tratto direttamente dal Corano . Per il quale la schiavitù non co­ stituisce affatto problema, è anzi un istituto immutabile della so­ cietà . Il credente, secondo Maometto , può addolcirla, non abolir­ la. Ancor oggi, come sempre, vittime privilegiate delle razzie degli arabi musulmani sono proprio i neri , anche se anch'essi islamici come Clay . Laddove, come nel Sudan, convivono arabi e neri , que­ sti ultimi sono regolarmente e crudelmente asserviti . Scrive quell'insospettabile laico che è Jean-François Revel : « Il solo traffico di schiavi che sempre si ricordi è quello verso le Ame­ riche. La memoria storica ha dimenticato il crimine dello schiavi­ smo del mondo arabo, i 20 milioni di neri che furono strappati ai loro villaggi e trasportati a forza nel mondo musulmano , tra il VII e il XX secolo . Si dimentica che, ad esempio, a Zanzibar alla fine del XIX secolo c' erano 200 mila schiavi su 300 mila abitanti . E si dimentica che, in un Paese islamico come la Mauritania, nel 1 98 1 la schiavitù era ancora legale. Formalmente abolita nel 1 982, in real­ tà - lì come altrove - continua indisturbata >> . Quanto ai circa quaranta milioni di africani deportati nelle due

Americhe tra il Cinquecento e il 1 863 (abolizione della schiavitù 83

negli Stati Uniti), si tratta certo di una spaventosa tragedia . Della quale devono vergognarsi calvinisti olandesi, luterani tedeschi , an­ glicani britannici , cattolici portoghesi e spagnoli. (Questi ultimi, va pur detto, in quanto "cattivi " cattolici , ché la condanna della tratta da parte di Roma comincia da subito, dalla fi ne del Quat­ trocento ; la proibi zione dello schiavismo è rinno v ata da Paolo IV nel 1 537 e da Pio V nel 1 568; Urbano VIII nel 1 639 ripete parole di fuoco contro « un simile abominevole commercio di uomini » ; nel 1 7 1 4 è B enede tto XIV a tuonare contro i l fatto che dei cristiani rendano servi altri uomini . Erano dunque in questa linea "ufficia­ le' ' santi come Pietro Claver che compirono prodigi di carità a fa­ vore dei fratelli neri . Al contrario , molti ignorano che la schiavitù nelle colonie francesi fu ristabilita, nel 1 802, da quel figlio predi ­ letto della Rivoluzione che fu Napoleone) . Ma della tratta "cristi an a" verso le Americhe devono vergog narsi anche certi animisti neri e tanti arabi musulmani . A questi ultimi erano appaltati cattura degli schiavi e trasporto sino ai porti; quanto ai neri , è p u rtropp o un fatto che non di rado erano i ca pi tribù a offrire in vendita i loro fratelli. La storia (che è crudele perché scomp iglia sempre il nostro desiderio di dividere l'umanità in buo­ ni e cattivi) d eve registrare anche altri fatti penosi . Quello, ad esem­ pio , per cui molti schiavi liberati nell' Ottocento pensarono di met­ tere a frutto l'esperienza maturata sulla loro pelle e non seppero far di meglio che dedicarsi alla tratta di altri neri . O quello per cui gli schiavi affrancati da certi filantropi americani e insediati nel Pae­ se che, proprio per questo , fu detto Liberia, dal 1 822 sino ad oggi hanno oppresso crudelme nte gli altri neri già sul posto, conside­ randoli "inferiori " . E qui ci fermiamo : ciò che ci preme è ricordare come il peccato tutti ci accomuni : i cristiani, certo; ma anche i > , 5 3 , 7) e poi , in modo ri-

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petuto , per il Nuovo Testamento, il simbolo di Cristo, un lupo ­ anzi una lupa - è il simbolo sacro , il totem glorioso di Roma . Coincidenza o squarcio profetico su un avvenire che avrebbe vi­ sto la tradizione della città della lupa « dimorare » con l' Agnello ebreo annunciato da I saia? Anche qui, ciascuno la pensi come gli pare; ché, come recita una regola delle scuole esegetiche ebraiche, « la Parola di Jahvé è immutabile, il commento degli uomini è libero » .

47. La fuga di Tiberio Per finirla con Roma, date e presagi, concediamoci, a nostro ri­ schio, un' ultima osservazione . Tutti ricordiamo il solenne inizio che Luca ha dato al terzo capitolo del suo Vangelo per fissare le coordinate storiche dell'inizio della predicazione di Giovanni , pre­ cursore del Messia: « Nell' anno decimoquinto dell 'impero di Tibe­ rio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Ero­ de tetrarca della Galilea ecc . » . Poiché Gesù - e non sembrano esserci più dubbi al proposito - è morto il 7 aprile del 30 e la sua predicazione, stando alla tradizione più diffusa, è durata circa tre anni, quello cui si riferisce l' Evangelista deve essere l' anno 27 ; o il 26, secondo altri calcoli. Ebbene : mi ha sempre colpito che proprio nell' anno 26 quel Ti­ berio, il cui nome Luca cita per primo , com'è doveroso trattando­ si del padrone del mondo, sbalordisca tutti decidendo all' improv­ viso di lasciare Roma e di ritirarsi a Capri . Non ritornerà più nella capitale, malgrado i pressanti appelli che gli giungono; resterà osti­ natamente - e inspiegabilmente - nella piccola isola per gli undi­ ci anni che gli restano di vita. . .

So bene che simili osservazioni non solo non hanno significato, ma suscitano sorrisi ironici nei cultori di una storia razionalista che, volendo negare ogni mistero, finisce col rendere tutto misterioso ; che , volendo capire tutto, rende tutto incomprensibile. A noi , in­ vece, piace riflettere su questa fuga da Roma dell' Egemone. È sta­ to colto, Tiberio, dall'oscuro presagio che la capitale dei Cesari sa­ rebbe divenuta la capitale dei rappresentanti di Colui che il suo pre­ fetto di Giudea, di lì a poco , avrebbe fatto crocifiggere? Avvertì

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in qualche modo, decidendo quasi di "l asciar libera" l'Urbe, che alle frontiere del suo Impero stava risuonando un grido inaudito : « I l tempo è compiuto , credete alla Buona Notizia e conver­ titevi »?

48. Don Bosco Perché nessuno lo chiama " san" Bosco ; ma, tutti , "don" Bo­ sco? È un uso singolare che nasce forse dall 'intuizione che la sua santità è tanto scontata che non vale nemmeno la pena di ricor­ darla : non poteva andare diversamente, con un uomo così . Come disse Pio Xl che lo iscrisse nei registri della santità e che, giovane prete, fu suo ospite a Valdocco : « Qualunque cosa avesse fatto, sarebbe stato comun que il primo ». Aveva infatti , per natura, doni rari di forza, di salute, di intel­ ligenza , di volontà e, perché no? , di furbizia da contadino reali­ sta e pragmatico che sa quel che vuole e che sa anche come atte­ nerlo. Ma proprio per quest o la riuscita prodigiosa della sua vita, quel successo anche umano - pur in mezzo alle continue tribola­ zioni - che l' accompagnò nei suoi anni terreni, rendendolo tra gli uomini più prestigi osi e venerati d 'Europa e che è sembrato moltipli carsi giorno dopo giorno dopo la sua morte, dilatando a scala mondiale la sua posterità, tutto ciò è prova concreta l ' ennesima, ma qui particolarmente vistosa - che la fede non op­ prime le doti naturali bensì , al contrario , le esalta. La prova viva che il Vangelo non è quel " castratore d ' uomini " , quella "conso­ lazione per impotenti" di cui scriveva (e proprio a Torino e pro­ prio nei mesi stessi della morte di don Bosco) Friedrich Nietzsche. « Bisogna che Dio muoia perché l ' uomo viva. Dobbiamo libe­ rarci dal Nazareno e dalla sua tetraggine per ritrovare la gioia. Occorre riprendere in mano le redini del nostro destino sequestra­ teci dal cristianesimo »: così - con accenti diversi ma con conte­ nuti non dissimili dalla predicazione di tanti altri "profeti" della morte di Dio - così predicava Nietzsche dalla sua stanza d'affit­ to torinese in piazza Carlo Alberto. Ma proprio a un paio di chilometri da lì qualcuno aveva mo­ strat o nel concreto , nel vissuto di ogni giorno , che l' alternativa non era affatto "o la fede o la vita" . Ma che quella fede poteva

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essere un moltiplicatore potente di vita: per se stessi e per una folla senza numero di altri . Strano " oppio per il popolo " , quello che si distribuiva a Val­

docco (e, poi , nelle innumerevoli case dei salesiani) che di schiere di giovani , spesso oppressi da realtà tali da mettere in forse la loro umanità, ha fatto non degli " eunuchi " (Nietzsche), né degli " schiavi rassegnati" (Marx), né dei "complessati sessuali" (Freud) . Ma ha fatto così spesso degli uomini motivati, dei lavoratori soli­ di, dei cittadini consapevoli . « Pane e paradiso », prometteva don Bosco ai suoi ragazzi : hanno mirato, si spera, anche al paradiso ; ma hanno saputo guadagnarsi pure i1 pane e, con esso , un posto in questo mondo . Le sole officine che i1 lavoro mi abbia portato a frequentare sono le tipografie. E qui , quasi sem pre , potevo andare a colpo sicuro : tra i lavoratori più abili , mai mancavano i "figli di don Bosco" , usciti da quelle scuole grafiche che gli erano carissime fra tutte. E vissi a lungo nella tipografia de La Stampa di Torino che vide il fermento , lo sdegno, le minacce di sciopero che si alza­ rono i1 giorno in cui doveva andare in composizione un articolo dove si sostenevano tesi su don Bosco che quegli operai giudica­ vano offensive . In quella laicissima tipografia, operai e tecnici ri­ fiutavano di mettere la loro arte al servizio di di ffamazioni per colui che era all ' origine di scuole dove avevano appreso i1 mestie­ re. La "classe operaia" minacciava di incrociare le braccia per un vecchio prete dell 'Ottocento e aveva invece lavorato senza pro­ blemi per comporre, impaginare, stampare articoli non certo be­ nevoli verso i mostri sacri del socialismo e del comunismo . Per Marx , Gramsci , Turati, Togliatti, Berlinguer, passi . Ma don Bo­ sco, quello no ! Quello , bisognava lasciar lo stare ! Se ho ricordato questo episodio , è anche perché sono molto per­

plesso sul bilancio con cui un credente (che è anche un amico di lunga data), Sergio Quinzio, conclude un suo libro sui " santi sociali" to­ rinesi: « Non hanno inciso che minimamente sul grande corso della storia successiva : le scuole professionali , gli artigianelli apparten­ gono alla patetica preistoria paleocapitalistica » . Preistoria del ca­ pitalismo lo stabilimento dove si stampa La Stampa, proprietà del­ la famiglia che è simbolo dell' imprendit oria più avanzata? 89

Ma, al di là di questo caso , piccolo anche se emblematico, uno storico laico dell'economia , Piero Bairati , ha ricordato che il pro­ cesso che ha fatto di Torino una delle maggiori conurbazioni in­ dustriali d'Europa non sarebbe pensabile senza la cultura pro fes­ sionale diffusa con tanta abbondanza ed efficacia da don Bosco e dai suoi . E chi ha girato un poco, sa che in America Latina, in Asia, in Africa, i già scarsi quadri dirigenti sarebbero ancor più ridotti senza lo sforzo educativo delle scuole salesiane e di quelle di altri religiosi, create da uomini che non appartengono alla "prei­ storia" - pur vissuti nell'Ottocento - ma che, con il lavoro dei loro discepoli, creano la storia di oggi e di domani . Ancora il "laico" Bairati : « In una società disgregata, Giovanni Bosco si afferma come organizzatore . In un mondo di sbandati , insegna il valore della disciplina e instilla nei giovani il senso di ap­ partenenza a un'istituzione . Ai miserabili e ai derelitti non predica una vaporosa religione del cuore, ma un severo ordine interiore e il culto del lavoro, della precisione, delle cose ben fatte » . Astraiamo dal fatto - pur essenziale - che i l proprium della santità (appartenendo all' " ordine della carità" , diverso e superio­ re rispetto a ogni altro, come direbbe Pasca)) non si situa nella sfe­ ra politica, sociale, economica. Ma l' attività dei santi - pur supe­ rando il tempo e puntando all'eterno - ha effetti precisi anche nella storia. E chi , conoscendo almeno un poco questa storia, potrebbe negare che don Bosco sia stato e sia vivo più che mai? E che se qualcuno, qui, è morto e anacronistico - parola di tanti comuni­ sti pentiti - si tratta semmai di Marx e dei suoi? Ce lo conferma­ no personaggi autorevoli che fanno professione di intransigente lai­ cismo. Lo negheranno proprio dei credenti?

49. Santi sociali Difficile non continuare a riflettere sull'avventura di don Bosco . Ritorniamoci sopra, dunque. Infanzia e giovinezza non furono, per me, "cattoliche" . Non avendo dunque conosciuto scuole od oratori salesiani , la scoperta dell' uomo di Valdocco fu tardiva: ma per questo , forse, più inten­ sa e convinta. Era davvero un ronzante alveare cristiano, la Torino di quei de90

cenni che , da parte "laica " , vedevano il trionfo , almeno a parole, degli ideali filantropici, umanitari della borghesia liberal-massonica e del nascente socialismo . (In quella stessa città, non dimentichia­ molo, viveva il De Amicis di Cuore questo manuale di masso­ neria per il popolo - e di Primo Maggio, breviario del socialismo commosso e retorico) . Il fatto è che amare l ' umanità è facile; ben più difficile è amare l' uomo che ci sta davanti . Battersi per cam­ biare la società è gratificante; meno esaltante cambiare se stessi , condizione previa e indispensabile per aiutare gli altri . Così, men­ tre demagoghi, politicanti, gazzettieri - e anche, va pur detto, tanta gente in buona fede - lanciavano grandi parole d' ordine nei co­ mizi e sui giornali , preti e laici cristiani sceglievano la parte più dif­ ficile : rimboccatesi le maniche, in attesa del "sol dell' avvenir" , più che parlare del futuro felice dell' umanità preferivano venire in soc­ corso all 'uomo sofferente del presente. -

Mentre la borghesia gestiva con spietatezza il potere, non rifug­ gendo però dalle chiacchiere sugli ideali , e mentre i leader proleta­ ri promettevano un' uguaglianza totale che non sarebbe mai venu­ ta, questi cattolici erano i soli , con la loro irrisa " beneficenza" , a lavorare concretamente per una maggiore giustizia. Lo si dimen­ tica spesso: vituperati per il loro "assistenzialismo " , fecero ciò che si rifiutavano di fare i governi dell' Italia liberale. Misero in atto , cioè, una sorta di tassazione, con relativo trasferimento di capitali dai privilegiati agli svantaggiati . In questa sacrosanta "esazione fiscale" don Bosco, si sa, fu mae­ stro tanto sorridente quanto implacabile. Non esitò a scomodare il Cielo per rendere meno disumana la terra: "ricatti" a banchieri sul letto di morte (vistosi assegni in cambio di benedizioni tauma­ turgiche); contrattazioni di offerte in cambio di grazie; persino pro­ fezie sul prezzo delle merci, con l ' impegno di fare a metà del gua­ dagno. Ci pensava lui, se lo Stato non tassava i ricchi, ad aiutare i poveri . Non dimenticando, poi, di esigere per i suoi giovani non solo l' elemosina ma anche la giustizia con contratti da lui stesso firmati e sorvegliati . In una polemica poesia in piemontese pubblicata subito dopo la sua morte da un giornale della borghesia anticlericale, dopo aver proposto di chiamarlo San Milion , si dice: « L 'era pì rich che 'l man> . Strano ricco , in verità, al quale, negli ultimi giorni, bagna91

vano le labbra riarse con acqua di selz. « Credendo - scrisse un testimone - che si trattasse di bevanda costosa, la rifiutò finché non gli mostrammo che costava soltanto sette centesimi la botti glia ». Strano ricco cui, nell' armadio, si trovò solo un paio di scar­ pe rattoppate . ­

Ma, al di là del disinteresse personale , se non avessero provve­ duto San Mi/ion e tanti a1tri suoi confratelli, fattisi esattori fiscali in nome del Vangelo, tutti quei soldi - e furono davvero tanti ­ non sarebbero forse rimasti nelle tasche capaci quanto esose di certa borghesia, di certa aristocrazia? Sono due secoli che ci dicono che il problema sociale va affrontato "a monte " , con riforme e rivo­ luzioni; che, in una prospettiva politica, la "carità cristiana" è alie nante, diseducativa: « Lotta per la giustizia, non beneficen za ! » . In verità, adesso che allo Stato " sociale" ci siamo arrivati , vediamo bene quale sia l' efficacia, l' amorevolezza, l' umanità di un sistema che alla "carità" ha sostituito P intervento pubblico ; che al posto dei vecchi " benefattori " in nome del Vangelo ha messo " operato­ ri sociali sindacalmente coscientizzati ' ' . . . Eppure, malgrado i frutti che, così spesso, hanno crudelmente smentito le illusioni degli utopisti , degli ottocenteschi "amici del­ l'umanità " , c ' è ancora qualcuno che insiste con i suoi slogan de­ magogici; che "va a monte" , lui che ha capito t ut to. Così, ad esem­ pio, l'A vanti!, quotidiano socialista, dedicava di recente un'intera pagina a don Bosco affermando che , dei suoi oratori , avrebbe fat to « dei templi d eH' alienante consenso sociale » . Concludendo che « da socialisti non possiamo recuperare quel prete », si attaccava persino l' Unità, permessasi di non parlarne male. Lasciamo pur stare il comico di simili slogan rétro sul quotidia­ no di un partito nel quale, non a caso , oggi si riconosce la bor­ ghesia più sfacciata . Quei "santi sociali ' ' avrebbero dunque sba­ gliato tutto . Ai bi s ognosi avrebbero dovuto dire : . In realtà, almeno in un paio di casi (noi stessi, come tutti i visitatori , ne ab­ biamo visto la documentazione al Bureau) sono ri cresciute di col­ po anche le ossa. . .

d'anni prima che Zola scrivesf>e, il 7 aprile 1 875 , Peter v an Rudder, contadino fiammingo che da otto anni aveva Già una ventina

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la gamba destra fratturata a tal punto che il mozzicone fuoriusci­ va da una piaga, veniva di colpo sanato non solo con la cicatrizza­ zione completa, ma anche con la crescita istantanea di alcuni cen­ timetri di osso . Il caso van Rudder è particolarmente singolare: innanzitutto per­ ché fu di tale evidenza che sindaco , gendarmi, giudici , medici, no­ tabili del suo paese , Jabbeke, vollero firmare un documento uffi­ ciale - messo agli atti del Comune - che testimoniasse come il contadino era " prima" e "dopo " ; in secondo luogo perché le uni­ versità belghe, per 23 anni, sino alla morte del miracolato, segui­ rono il caso e vollero procedere poi all 'autopsia che mostrò le tracce chiarissime non solo della saldatura istantanea, ma anche della cre­ scita dell' osso (la relazione scientifica si arrende all' ipotesi di quel­ lo che chiama « un chirurgo invisibile e misterioso »). Ma poi : « Eccitazione del viaggio, preghiere, canti, forza psichi­ ca che emana dalla folla fervente » , questo il clima che scatenereb­ be le energie che porterebbero a quei "fatti nervosi " scambiati dai creduli devoti per prodigi . Ora, si dà il caso che van Rudder non avesse viaggiato e fosse silenzioso e solo quel 7 aprile, visto che non a Lourdes fu guarito, ma davanti all' imitazione della grotta costruita da alcuni devoti a Oostaker, in quelle stesse Fiandre . Quanto le obiezioni siano banali e ripetitive : Patrick Marnham, un inglese nato a Gerusalemme, ha pubblicato di recente un sag­ gio su Lourdes , di parte ovviamente " laica" . Va sotto la grotta, vede che per un foro vi si intravede il cielo e subito (anche lui è tra quelli "che la sanno lunga" . . . ) crede di avere capito tutto : luce che filtra; dunque: apparizioni = illusioni ottiche . Ventun febbraio 1 85 8 , dieci giorni dopo la prima apparizione, verbale dell'interro­ gatorio del commissario Jacomet : « Un riflesso di luce nella grotta ti ha ingannata >> . E Bernadette (questo piccolo David vittorioso contro molti Golia, questa ignorante che verifica le verità della pro­ messa: « Quando vi trascineranno davanti ai tribunali, non preoc­ cupatevi di ciò che dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento », Mt 1 0, 1 9), Bernadette, dunque: « Ma io ho visto A que­ rò molte volte e anche quando era buio. E poi , i riflessi di luce non parlano » . A proposito della veggente : non dimentichiamo spesso che, que­ sta, è una storia tutta di donne? Decine di milioni di persone, papi . . .

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compresi (Pio XII stava per giungervi di sorpresa in aereo, nel 1958, per il centenario, ma i medici glielo impedirono) lì vanno e prega­ no , sulla sola testimonianza di una ragazzetta che disse di aver vi­ sto un 'altra donna, altrettanto giovane . Vangelo, anche qui: non sono forse femminili le prime testimonianze sul Risorto? Sarà pu­ re "maschilista" , questa Chiesa: ma, in quale altro ambiente uma­ no, le donne sono state prese - nei fatti, in concreto - tanto sul serio? Chi sono, allora i veri misogini: quei cattolici che in Berna­ dette venerano una santa e sulla sua parola si mettono in viaggio; o quelle femministe che, anche di recente, hanno pubblicato libri dall ' aspetto erudito per mostrarci che questo non è che il consue­ l o , volgare caso di "isteria femminile"? Strano mondo , dove le femministe diffamano e mettono in bur­ la la testimonianza di una donna; dove i " democratici " che si ec­ citano al solo suono della parola "popolo" , si fanno beffe, sprez­ zanti, di quel popolo genuino che da 1 30 anni percorre le vie che vanno al santuario ; dove politici e intellettuali non auspicano che "luoghi di aggregazione" , "momenti di socializzazione" , e voglio­ no ignorare che cosa, anche in questo campo, abbia rappresentato e rappresenti Lourdes , dove gli "ultimi " sono davvero al centro , dove chi è chiuso nel suo dolore è strappato alla solitudine, dove poveri e ricchi, malati e sani , maschi e femmine, si mischiano spon­ taneamente sino a formare una sola umanità.

52. Vecchi militanti Che storia penosa, questa di Togliatti e di Bucharin! Cresciuto nella "città operaia" per eccellenza, in quella Torino di Gramsci e di quasi tutta la Nomenklatura del primo Pci , la conosco bene, la base comunista, il mitico "zoccolo duro " . È un popolo al quale anche gli avversari dovevano guardare con rispetto: gente che, nella nuova fede politica, aveva portato la serietà con cui i loro vecchi avevano vissuto il cattolicesimo austero delle montagne e delle col­ line. È la gente (così , almeno , vuole la leggenda) dell' occupazione delle fabbriche, dell' accoglienza gelida a Mussolini al Lingotto, del sabotaggio sotto la repubblica di Salò. Molti di loro avevano at­ traversato l ' era di Valletta pagando sulla propria pelle. Conosco quelle famiglie dove le donne piangevano, quando il sindacalista

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marxista passava a casa, la sera , a dare l ' av v iso di sciopero politi­ co : per il marito, questo poteva significare la perdita del lavoro , o, almeno , lo spostamento nei " reparti di disciplina" . Pur astraendo da certa mitologia strumentale creata dai politici e dagli intellettuali saltati sul carro marxista quando era utile far­ lo, forse Engels non aveva torto paragonando il nascente movimen­ to operaio alle origini del "movimento" cristiano . Come il cristia­ nesimo nell'era degli apostoli e poi dei secoli precostantiniani , an­ che il comunismo ha avuto i suoi "santi " , i suoi "martiri ' ' , i suoi "profeti " ; e, soprattutto, tutta una base di povera gente che, in nome della sua fede, non ha lesinato impegno , sacrifici, speranza . Ma di tutto questo capitale ideale, che ne è stato? Formata nel­ l ' attesa della rivoluzione , questa gente che, alla fine della guerra, vedeva la meta a portata di mano , è stata rimandata nelle sezioni dai suoi capi , i quali (in nome degli accordi di spartizione presi a Jalta dai vincitori) accettarono in Italia di essere estromessi dal go­ verno . Tutti a casa ; della rivoluzione si sarebbe parlato un' altra volt a. In nome di quella stessa Realpolitik dovettero ingoiare " ro­ spi " clamorosi come l'inserimento - per il quale il sì del Pci fu decisivo - del Concordato del 1 929 nella Costituzione " nata dal ­ la resistenza" : accettare come legge fondamentale dello Stato un accordo tra " fascisti" e "clericali" , cioè le due realtà più esecra­ te ! Ci fu , poi , la tremenda, doppia mazzata del ' 5 6 con i carri ar­ mati della "gloriosa patria del socialismo " che schiacciavano gli operai per le vie di Budapest. Ma, soprattutto, con la rivelazione (che poi tale non era , ma quando lo dicevano gli altri erano « pro­ vocatori al soldo dell'imperialismo ») fatta da Kruscev degli orrori del veneratissimo Stalin, "padre dei popoli " , davanti alla cui mum­ mia imbalsamata si andava in pellegrinaggio. Vennero poi altre tegole, a grappoli: le minacce di guerra tra Urss e Cina, che smentivano il dogma fondamentale secondo cui gli scon­ tri possono avvenire solo tra socialismo e capitalismo, mai tra Paesi "proletari " ; i carri russi di nuovo in azione, a falciare operai e stu­ denti, questa vo1ta per le vie di Praga; il sindacalismo polacco che ai cancelli dei Cantieri Lenin appendeva il ritratto del papa; le ri­ velazioni sugli orrori di Cambogia e Vietnam; Berlinguer che di­ chiarava « esaurita la spinta propulsiva dell ' Unione Sovietica » e confessava di « sentirsi più sicuro » con la Nato; l'austera Unità che 100

apr i va le sue pagine al listino di borsa, alle frivolezze da libera/ e,

soprattutto, alle goli ardate di Tango con la messa alla berlina di ciò che sino ad allora era più sacro .

Adesso crollano pure quei pochi punti di riferimento cui aggrap­ parsi : riabilitando il fucilato Bucharin, Gorbaciov ha indirettamente confermato quanto, anche qui, dicevano da decenni i presunti "pro­ vocatori " . Tutti sanno che non si poteva sopravvivere a Mosca, occupando per giunta uno dei vertici del Comintern , se non com­ portandosi come Togliatti : assecondando , cioè , passivamente i ca­ pricci sanguinari del tiranno ; unendosi prontamente al coro di ese­ crazione contro i suoi nemici , sempre imprevedibili ; appoggiando con la propaganda ossequiosa ed enfatica l' opera dei plotoni di ese­ cuzione. E se poi il padrone decideva di allearsi con Hitler per spar­ tire con lui la Polonia, perché no? Tutti lo sapevano , comunisti compresi , ma rimuovevano, face­ vano finta di nulla. Il Migliore (questo il nome che la base comu­ nista dava a Togliatti) doveva continuare a stare appeso in effigie i n ogni sezione: almeno quello, dopo aver dovuto togliere tanti al­ tri ritratti . E invece bisognerà staccare anche quello . Gerarchi e intellettuali hanno , si sa, trucchi che gli permettono di passare indenni in mezzo a ogni bufera. Ma quella base - quel­ la base marxista generosa e credente - non suscita pena sincera? Quale enorme capitale di speranza, di fede, di sacrificio è stato spre­ cato per una causa che gli stessi capi hanno detto prima perduta e poi anche da dimenticare? Non si è rivelata questa - non quella religiosa - la vera alienazione, Io sprecare la propria vita per miti bugiardi e sanguinari? Sin troppo facile, per un cristiano, sentire tra queste rovine suoni biblici (« sventurato l'uomo che confida nel­ l' uomo >), o il dolente salmo, « nisi Dominus aediflcaverit domum » , con quel che segue) . Quando, ancora assai d i recente, u n documento a firma del cardinal J oseph Ratzinger definì il marxismo « vergo­ gna del nostro secolo )) , si levò lo sdegno anche di cattolici che lo scoprivano , entusiasti, proprio allora. Ma, forse , di quella "vergogna" fa parte non solo i1 gulag, ma pure il dirottamento, per fini rivelatisi illusori, di tutta la tensione "religiosa" degli innumerevoli vecchi militanti che dicevamo. Dei quali va capita la tragedia, traendone almeno una conferma : guai a chi si fida degli idoli che hanno preteso di sostituire il Dio vero . 1 01

53. Apparizioni taciute? Continuano ad uscire libri ed articoli per i l centenario di don Bo­ sco . Molto di quanto appare si rifà a Guido Ceronetti, lo scrittore, giornalista, poeta, traduttore che, con un suo articolo su questo argomento, indusse i tipografi de La Stampa a minacciare uno scio­ pero di protesta. Già vi accennammo . Nel così spesso conformisti­ co mondo degli intellett uali, Ceronetti è una presenza anomala e inquietante, con guizzi controcorrente e con un ' apertura non co­ mune, oggi , alla dimensione religiosa, seppure gnostica, misterio­ sofica, ebraicizzante, accompagnata da un atteggiamento verso il cattolicesimo (soprattutto attuale) che spesso sembra avvicinarsi al disprezzo , se non all'odio di un càtaro redivivo. Malgrado questo, sono un suo lettore attento, apprezzandone non solo lo stile personalissimo , di chi ancora sa che sia la lingua italia­ na, ma anche l'intelligenza e certe "metafisiche" intuizioni , certe aggressioni al plumbeo, tardo illuminismo di tanta cultura di un Oc­ cidente che sembra andare verso il destino che Gesù preconizza a quei « ciechi che guidano altri ciechi » . (Come non essere d'accordo , ad esempio, con quel suo proposito di « reagire a1la tremenda com­ pressione mentale che esercitano nel deserto della morte di Dio i puri fatti politici e i vari camuffamenti sociali del mistero umano »?). In quell 'articolo su don Bosco - forse per smania di originalità a ogni costo, magari per snobismo, pour épater le bourgeois: qual­ che suo malizioso collega letterato lo sospetta di essere soprattutto un poseur - Ceronetti si era lasciato prendere la mano, sino a pro­ vocare la reazione degli stessi sindacalisti dei tipografi . Nonostan­ te i consigli di lasciar perdere di chi pur l 'apprezza, ha voluto inve­ ce tornarci sopra, ampliando il pezzo in un piccolo saggio (Elementi per una antiagiograjia: don Bosco) che ha inserito in un suo libro recente, dal titolo A lbergo Italia. E a quei suoi Elementi si rifan­ no, spesso in modo acritico , senza preoccuparsi di contro1lare l ' e­ sattezza dei dati . gli autori di alcune di quelle cose che dicevamo, stampate per il centenario . Cero netti scrive, tra l ' altro : « In tanta impregnazione di quel suo culto mariano, di storia quasi sub specie Mariae, stupisce di non tro­ var tracce , nella vita di don Bosco, di fatti così importanti come le apparizioni di La Salette ( 1 846) e di Lourdes ( 1 858); eppure tutto quel

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che accadeva in Francia era a Torino risentitissimo , molto più di quel che si srotolava in Italia. Non capisco questa assenza di echi . . . » (Al­

bergo Italia, Einaudi, p. 1 29) . Ceronetti ipotizza quindi una sorta di ) . Eppure, mi sembra che, mentre accanto alla Madonnina del Duo­ mo si alza la prima mezzaluna della storia ambrosiana, verità e giu­ stizia impongano che allo sconcertante compiacimento "cristiano" si affianchi la consapevolezza della tragedia di tanti fratelli battez­ zati in tanti Paesi a maggioranza musulmana. Discriminazioni fe­ roci ; divieti di praticare , anche in privato , la loro fede (a rischio, spesso, della pena capitale); oppressione della libertà di parola (di­ vieto rigoroso anche solo di accennare al Vange!o); galera e morte civile per eventuali convertiti al Cristo; non di rado massacri po­ polari tollerati quando non istigati da certe autorità. Dal Libano all' Arabia Saudita, dal Sudan alla Libia, dall'Asia all'Africa, è que­ sta la realtà attuale di tanti nostri fratelli cristiani in terra islamica. a

Una realtà per la quale (non essendo strumentalizzabile politi­ camente) nessuno fa marce, fiaccolate, scioperi della fame. Otti­ ma cosa che dei cristiani si battano contro l' apartheid in Sudafri­ ca; ma non dovrebbero dimenticare l'apartheid , ancor più feroce , che strangola i credenti in Cristo là dove l' Islam impedisce (come nell' Arabia del " liberale" re Fahd) l' apertura anche di una sola cappella. Ottima cosa che i cristiani aiutino a tenere viva la memo­ ria del genocidio ebraico. Ma chi ricorda che il terzo genocidio della storia moderna (il primo fu lo sterminio degli indiani del Nord Ame­ rica ad opera dei protestanti anglosassoni che, considerandosi il nuovo " popolo eletto" credevano gli indigeni spregevoli " figli di Cam " , insetti da schiacciare; il secondo fu il sistematico massacro del popolo cattolico della Vandea ad opera dei giacobini della Ri­ voluzione francese) fu quello, spaventoso, compi uto nei primi de­ cenni del nostro secolo dai turchi musulmani contro i cristiani ar­ meni? Una "soluzione finale" con milioni di morti cui , una qua­ rantina di anni dopo, Hitler si ispirò per il suo, di genocidio .

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Disturbati da simili ricordi, molti oggi si rifarebbero volentieri a una filosofia da canzonetta napoletana: « Chi ha avuto, ha avu­ to, chi ha dato ha dato, scurdammoce 'o passato » . Potrebbe an­ dare bene (anche se un altro napoletano , Croce, amava borbotta­ re : « Chi vuoi ignorare la storia è dannato a ricominciar la »). Ma qui , purtroppo, non si tratta solo di scordarsi il passato, bensì di rimuovere il presente, di abbandonare dei fratelli all' oblìo, a un destino di umiliazione e, spesso, di morte . Intendiamoci bene : essere cristiani significa ri fiutare la semitica (e, dunque, anche musulmana) legge del taglione, rifiutare la logi­ ca dell " 'occhio per occhio " . Ci mancherebbe che abbandonassimo dialogo, tolleranza, riconoscimento di valori nel Corano, accoglienza fraterna, per una sorta di ritorsione! A parte il contrasto con il se­ vero ammonimento evangelico a " rendere bene per male " , simili ' 'vendette ' ' sarebbero impraticabili . E questo proprio per la libera­ loria distinzione operata dal Cristo (primo e unico, pure qui , in tut­ ta la storia religiosa dell' umanità) tra ciò che va dato a Dio e ciò che va dato a Cesare. È una distinzione ignota al Corano, il quale non può dare vita che a Stati teocratici ; ma ignota anche all'ebrai­ smo ortodosso (Davi d Flusser, a Gerusalemme , me lo confermò a chiare lettere) ; e dimenticata pure dai protestanti e da una certa or­ todossia orientale che, con le loro "Chiese di Stato" e " Chiese na­ zionali " , riconfusero le cose di Dio con quelle di Cesare . È questa distinzione che , portando agli attuali Stati laici, allon­ tana ogni velleità, che per assurdo cogliesse oggi dei cattolici , di render pan per focaccia. Ma poiché la logica evangelica è quella dell ' et -et (il/a jacere et alia non omittere), dialogo ed amore fra­ terni possono, debbono , convivere con la consapevolezza che non ci è lecito tutto rimuovere, sulla pelle di chi paga così duramente per la fede nel Vangelo . Né, forse, ci è lecito dimenticare qualcun altro , mentre tanti cristiani considerano ormai improponibili pa­ role pur fondamentali per il cristianesimo : "apostolato" , " missio­ ne' ' , "conversione" . Malgrado questo clima, ci è lecito dimenti­ care che, dai primi discepoli di Francesco d'Assisi a Charles de Fou­ cauld, passando per migliaia di martiri, una folla innumerevole di cristiani ha gettato la vita proprio per cercare di convertire qualcu­ no dal Corano al Vangelo? E che gli diciamo, oggi , noi che faccia­ mo collette perché sorgano moschee , che gli diciamo ai missionari I lO

che ancora penano e rischiano in terra islamica? Che ci fanno an­ cora laggiù se, alla sola proposta di annunciare il Vangelo ai mu­ sulmani che sono ora, a centinaia di migliaia, nelle nostre città, si susciterebbe sorpresa se non sdegno per "l'intollerabile proseli­ tismo " ? Dobbiamo ancora « percorrere mare e terra per fare un solo proselito » (M t 23, 1 5), visto che consideriamo assurdo il pro­ getto di parlar loro di Cristo quando li abbiamo qui , tra noi? Domande sgradevoli , lo so bene; da guastafeste . Ma possiamo rifiutare di farcele?

5 7. Legge truffa Ero bambino nel 1 953 , ma non al punto di non ricordare la vi­ rulenta campagna comunista (e socialista) contro quella che chia­ mavano la " legge truffa " , che era poi la proposta della Democra­ zia Cristiana di De Gasperi di un premio in seggi parlamentari alla maggioranza vincitrice alle elezioni , per evitare l'ingovernabilità cui porta sempre la proporzionale pura. La violentissima offensiva social-comunista sortì i suoi effetti , la "legge truffa" non passò e siamo giunti così all'attuale sistema paralizzato (« La democra­ zia incaprettata », come la chiama il politologo cattolico Gianfranco Miglio, alludendo alla tecnica mafiosa di strangolamento) . Leggo ora che i l segretario comunista chiede « una riforma elet­ torale che corregga la proporzionale con un premio di maggioran­ za alla coalizione vincente » . Ma guarda: è proprio quella stessa ' 'legge truffa" maledetta dai suoi predecessori , da Togliatti, Lon­ ga , Berlinguer . Poiché, qui come altrove, medium is message, per dirla con MacLuhan, quando la proposta veniva dal cattolico De Gasperi era demonizzata come "golpista" ; ora che, con 35 anni di ritardo, viene da un' altra parte , per molti commentatori è « Un audace contributo a una democrazia moderna » . . .

58. 18 aprile 1948 Nei giornali, memorie di computer o più tradizionali cartelline già ingoiano materiale. Fatevi forza: a giorni ne sarete sommersi . In effetti , il 1 8 aprile saranno quarant 'anni dal trionfo elettorale

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democristiano e dalla conseguente disfatta del Fronte Popolare di Togliatti e del suo zelante subordinato Nenni . Per i giornali, questa rievocazione del 1 948 è più ch e mai ghiot­ ta: sono tempi di revisionismi storici, di denunce di rispettivi sche­ letri nell ' armadio, di epiteti delicati come quello di "carnefice " ri­ servato da l 'A vanti! a quel Togliatti di cui i socialisti furono gl i alleati fedeli . Fedeli al " Migliore" e, dunque, anche al "Padre dei popoli " , quello Stalin che il 6 marzo del 1 953 Sandro Pertini (ma sì , proprio l ' amicone di un papa che , giovane seminarista, nella Polonia spartita tra nazi sti e russi , gustò sulla sua pelle le delizie staliniane) commemorò al Senato con u n discorso che Panorama ha ripubblicato e che fa accapponare la pelle. Pertini, tra l'altro , si definiva « umile e piccolo uomo davanti a tanta grandezza, a una simile pietra miliare sul cammino dell ' umanità » . Con accenti che si immaginano vibranti e commossi , il futuro presidente della Repubblica aggiungeva cose di questo tipo: « Il compagno Stalin ha terminato bene la sua giornata, anche se trop­ po presto per noi e per le sorti del mondo . L ' ultima sua parola è stata di pace » . Diceva ancora Pertini , gridando « il suo dolore, la sua angoscia » : « Si resta stupiti per la grandezza di questa figura che la morte pone nella sua giusta luce. Uomini di ogni credo, amici e avversari, debbono oggi riconoscere l' immensa statura di Giu­ seppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto ». In realtà, bastarono tre anni perché Mosca stessa, con il rappor­ to Kruscev sugli orrori sovietici , facesse calare quel « tramonto » che il Perti ni escludeva e che comportò persino l'espulsione della mummia dal santuario sulla Piazza Rossa . Malgrado questo clima di armadi riaperti (anche se in nome più del calcolo politico che dell' amore di verità) è probabile che, nelle rievocazioni del quarantennale della sconfitta togliattiana e nen­ niana, pochi si decidano a riflessioni semplici , quasi banali, eppu­ re ascoltate così di rado in questi anni . Ci proveremo noi , dunque, consapevoli di rischiare la parte del povero Bertoldo a confronto delle sofisticate analisi dei politologi . Abbiamo qualche titolo, almeno anagrafico, per chiedere spie­ gazioni . Facciamo infatti parte della generazione che era bambina nel '48 e che, crescendo , su quel 1 8 aprile non ha sentito che lazzi ,

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invettive, giudizi beffardi . E , spesso, anche da parte di tanti catto­ lici ' ' progressisti " . Un fiume di libri , articoli , film , trasmissioni televisive ci ha parlato per quarant ' anni - con scherno e sdegno - di una vittoria elettorale che sarebbe stata perniciosa (« l 'inizio dei plumbei anni Cinquanta delJ 'egemonia democristiana » , come dice uno slogan codificato), una vittoria dell'oscurantismo cleri­ cale co ntro i lumi della ragione. Una vittoria che sarebbe stata ot­ tenuta con madonne pellegrine, finti miracoli di statue piangenti, trasporto ai seggi dei dementi dei cottolenghi, libera uscita di mo­ nache di clausura, plagio cinico di parroci sulle plebi ignoranti. Per­ sino nelle aule universitarie di Scienze Politiche, su quel 1 8 aprile, non sentimmo giudizi storici ma invettive per le "crociate" di Ged­ da , dei suoi Comitati Civici , di certi ' ' baschi verdi" dell 'Azione· Cat tolica, presentataci come Armata Brancaleone di bigotti servi dei padroni americani. Eppure - proprio per parlare da Bertoldo - la parabola stori­ ca è lineare: la piccola minoranza di borghesia liberale, anticleri­ cale, massonica, nazionalista, che impose il ' 'Risorgimento' ' ci por­ t ò , come esito inevitabile, alla Grande Guerra , la quale partorì i l ventennio fascista, gestito peraltro in gran parte da quel1a stessa borghesia. Quando, nella disfatta, Io Stato stesso si sfasciò , nella latit anza vergognosa di ogni autorità, con persino la fuga nottur­ na del " re vittorioso" e dei suoi generali (e che gli italiani , in divi­ sa o no, si arrangiassero ! ) , come già nel primo Medio Evo restò in piedi la sola st ruttura ecclesiale e i vescovi furono riscoperti co­ me gli unici punti di riferimento . Il cardi nale di Milano cui fanno appello sia Mussolini che il Cln non è che un caso, seppure i l più noto, tra centinaia che coinvolsero , con i vescovi , una miriade di oscuri parroci e religiosi . Se, memore anche di quella esperienza, nel 1 948 quasi un italia­ no su due decise di dare fiducia a un gruppo di cattolici radunati attorno a un De Gasperi , una ragione ci sarà pure . Questo nostro , s ' i ntende , non è certo un discorso "partitico " , che poco ci interes­ sa, ma una riflessione in qualche modo " religiosa" , se religione significa ricerca di verità e giustizia. Oltretutto, è indubbio che in quell' aprile la Chiesa stessa scese in campo. La posta in gioco lo richiedeva: una vittoria di Togliatti (e di Nenni) e , dunque, di Sta­ lin, signi ficava la guerra, e non solo civile, per la rottura dell'equi-

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librio di Jalta e il coronamento del millenario sforzo russo di giun­ gere ai mari caldi . Non solo: dopo che Mosca stessa ci ha spiegato chi fosse quello Stalin che stava dietro il Fronte Popolare e mentre i socialisti ci spiegano oggi chi fosse il loro amico Togliatti, quale sorte sarebbe stata la nostra se avessero vinto le cosiddette "forze del progresso, della pace , della democrazia" ? Eppure, la martel­ lante campagna di diffamazione contro l'establishment non solo democristiano ma anche ecclesiale (Pio XII in testa) nasce dall 'ira per quella sconfitta. Sia chiaro : mai abbiamo avuto né vogliamo in futuro tessere di alcun tipo e poco ci entusiasmano gli usi che i trionfatori di quelle elezioni fecero del potere concesso loro da quasi la metà degli ita­ liani . Eppure, oggi è impossibile far finta di ignorare che sarebbe successo se, a prevalere, fossero stati "gli altri" . Quegli "altri " , si badi, che adesso fanno penose autocritiche, si scambiano invet­ tive tra loro e implicitamente riconoscono che la libertà attuale di criticare il loro passato è frutto proprio di quella loro lontana sconfitta.

59. Santa Russia Parlo con Beppe Del Colle (il collega vice-direttore di Famiglia Cristiana) , di quella che definisce « una gran fatica » (ci sono stati di mezzo , tra l' altro , due viaggi in un anno nell'Urss) e che l 'ha portato a scrivere 0/ga e Gorbacio v il volume per le Edizioni Pao­ line. Partito con un progetto limitato (una svelta biografia della principessa Olga, santa per la Chiesa ortodossa, nonna del Gran Principe Vladimiro che nel 988 realizzò il battesimo della Rus '), Del Colle ha finito per restare prigioniero di una storia affascinan­ te, sino a seguire il filo d' Arianna che percorre la vicenda religiosa russa da quegli oscuri inizi sino ad oggi . Da qui il sottotitolo del libro : 1 000 anni di cristianesimo in Russia. Mi dice, Del Colle, che, in questo suo calarsi in una dimensione religiosa a lui sino ad allora quasi sconosciuta, ha avvertito con forza il fascino di un cristianesimo mirabile non solo nella ricchez­ za della sua liturgia, non solo nella bellezza immota che sorride dalle sue sante icone, ma anche nella fedeltà, nella devozione, spesso nella santità di tanti suoi fedeli, uomini e donne .

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« Eppure - confida - il rispetto, anzi l' ammirazione, non mi impediscono ora di capire meglio perché, nella preghiera del mat­ tino che ci insegnavano da bambini , si ringraziava Dio di averci fatti nascere cattolici >) . In effetti , spezzato il legame con Pietro, con Roma, cioè con un centro e un capo universali , le Chiese del­ l ' Oriente hanno percorso la stessa, drammatica parabola delle Chie­ se nate dalla Riforma in Occidente. Come queste ultime, negato Pietro, sono finite sotto Cesare , trasformandosi in burocratiche e passive " Chiese di Stato " , così anche quelle d'Oriente sono dive­ nute "Chiese nazionali" in balìa completa del potere di turno . E , dunque, per restare alla Russia, mentre l a gerarchia ortodossa fu per lunghi secoli legata a filo doppio agli Zar , quella post­ rivoluzionaria, dopo avere sanguinosamente pagato la compromis­ sione con il vecchio potere, dovette sottomettersi pienamente al nuo­ vo regime, tanto da indurre alla reazione (o al passaggio a cristia­ nesimi meno conformisti, come i battisti) la base dei credenti i quali , non di rado, si sono sentiti traditi dai docili vescovi installati e con­ trollati dai ministeri statali per gli affari religiosi . Inoltre - osserva ancora Del Colle, continuando a tracciarmi un bilancio della sua avventura - il fatto innegabile che la Russia sia come la Chiesa l'ha fatta, in un millenario e prodigioso lavoro anche culturale, sociale, artistico , ha per contropartita un incon­ fondibile particolarismo: « Chiesa venerabile, certo, ma strettamente russa, senza quella dimensione universale che fa sì che io, cattoli­ co italiano , mi senta a casa mia tra i fratelli di fede in ogni parte del mondo » . Anche in questo, lo strappo con un centro sovrana­ zionale come Roma, con un garante unico della fede come il papa, ha reso in qualche modo il Vangelo prigioniero di una gente , di una terra particolari . In effetti , anche quando avrebbero potuto , le Chiese d'Oriente solo sporadicamente furono missionarie. Non agì in esse, cioè, la consapevolezza della universalità: quella che, in greco , si chiama "cattolicità " .

60. Gerusalemme Ogni sera, aggiornandoci sul numero dei morti tra i palestinesi insorti , il Telegiornale ci mostra immagini eloquenti del clima d'o­ dio in Israele. Un odio che sentii palpabile ogni volta che fui a Ge-

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rusalemme. Quel nome , si sa , sembra significhi "città della pace" . E , invece, non c ' è forse posto al mondo dove la violenza si sia più scatenata, dai tempi remoti sino ad oggi . « 11 luogo dove il Cielo incontra l ' inferno », per dirla con il rabbino Adin Steinsaltz, ret­ tore dell ' università di Tel Aviv . La fede trova conferma al Mistero in cui crede, anche ri fletten­ do sul destino unico - di ferocia e di amore estremi, di dispera­ zione e di speranza spinte al parossismo - che ha contrassegnato e contrassegna questo luogo dove convergono i tre monoteismi del mondo , le tre famiglie dei figli di Abramo . Per ebrei , cristiani e musulmani, Gerusalemme non è solo il ricordo del passato, non è solo la città santa del presente, è anche un appuntamento per il futuro : per tutte e tre le fedi , il termine della storia, il Gran Giudi­ zio finale avrà a che fare con queste pietre cento volte abbattute e cento volte rimesse in piedi . Solo chi sia inquinato dalla superficialità della storia illuminista può illudersi di spiegare con gli schemi consueti le lamentazioni degli ebrei che si dimenano davanti al muro del Tempio distrutto nel­ l ' anno 70 dai Romani ; o il salmodiare dei superstiti arabi cristiani e dei pellegrini occidentali lungo la Via Dolorosa e sotto le arcate confuse della basilica del Santo Sepolcro ; o le migliaia di schiene musulmane che si piegano tutte assieme tra le sette navate della mo­ schea Al Aqsa, " La remota" . Diciamoci la verità, al di là della retorica: al pari di quasi tutta la " Terra promessa" , la sua capitale , la « Città di Jahvé, l'orgo­ glio dei secoli , la gioia di tutte le generazioni » (come Isaia chiama Gerusalemme nella glorificazione che ne fa al capitolo sessanta) , è in realtà tra i posti meno attraenti del mondo . È un groviglio cao­ tico di costruzioni , spesso rozze, e di rovine prive d' arte al centro di una regione inospitale, afflitta da un clima che alterna gelo e calura sotto venti gonfi di sabbia. Un postaccio , a viste umane, probabilmente anche quando il tempio di Erode si elevava in ma­ gni ficenza : i governatori romani , maestri nell 'arte del bel vivere, si guardavano dallo stare qui, tra nude rocce e vicoli maleodoran­ ti, salendoci di malavoglia solo qualche settimana all'anno , prefe­ rendo di gran lunga le dolcezze marine e le costruzioni eleganti di Cesarea . Un motivo in p i ù per rendere inesplicabile, con le consuete cate-

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gorie della storia, il disperato amore degli ebrei (« L'anno prossi­ mo a Gerusalemme ! » , grida l'augurio che percorre i millenni) ; ma anche il pianto dei crociati e di innumerevoli pellegrini cristiani giun­ ti su quello che significativamente chiamarono Mons Gaudii, "mon­ te della gioia" , perché da lì si scorgeva la città; e pure la disperata determinazione musulmana di affrontare lo sterminio piuttosto che abbandonare le moschee sacre sulla spianata del Tempio . Solo rin­ vi ando a un enigma religioso, al "dito di Dio" puntato misterio­ samente su questo angolo remoto della carta del mondo, si può capire perché, ancor oggi (come ieri e come domani), gli uomini siano disposti a morire per pietraie dove non c'è altra ricchezza né altra bellezza se non quella visibile soltanto agli occhi dello spirito . Riflettendo su questi giorni di sangue in Israele, sullo scontro tra i figli della Torah e i figli del Corano - ma, entrambi, orgo­ gliosamente, figli dello stesso Abramo - mi con fermavo in un en­ nesimo mistero all ' interno del Mistero che aleggia da sempre sul Sion. Chi ricorda come l' Islam si stanziò qui col fattivo aiuto e tra le grida di esultanza di quegli stessi ebrei che ora tentano dispe­ ratamente (ma fino a quando?) di contenerlo con le armi? Maometto muore nel 632. Bastano poco più venti anni alle orde arabe uscite dal deserto per giungere a Occidente sino a Cartagine e di lì in Sicilia e poi in Spagna . Un blitz vittorioso senza preceden­ ti e che è meno inspiegabile solo se si pensa al ruolo che vi ebbero anche le comunità ebraiche. È infatti storicamente appurato che, per avversione al cristianesimo, gli ebrei giocarono il ruolo di "quin­ te colonne" a favore dei musulmani. Non è leggenda, ma verità che sta anche nelle cronache arabe: si giunse a consegnare agli assedianti le chiavi delle città e a svelare i punti deboli della difesa. È un fatto che l ' arrivo della cavalleria araba con le verdi bandiere del Profeta fu salutato con un entusia­ smo di parte ebraica che fruttò poi, spesso, uno status giuridico privilegiato. La memoria dei popoli , si sa, può essere lunga : così , i l dramma dell' antigi udaismo che percorre la storia dei cristiani su­ perstiti del Medio Oriente, dei Copti d' Egitto, degli Spagnoli stes­ si, si è alimentato anche del ricordo di quel ' 'tradimento" che ai u­ tò il trionfo dell'lslam. In Palestina, poi , a Gerusalemme stessa, le comunità giudaiche, piuttosto che quello dell 'inviso cristianesimo , preferirono il pre-

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dominio dello zoroastrismo degli invasori Persiani che precedette­ ro i musulmani . Come scrive uno storico pur fraternamente ecu­ menico come Henri-Daniel Rops : « Gli ebrei si fecero , e con gioia, i furieri dei conquistatori musulmani »; e ancora: « Nei momenti delle invasioni, le comunità giudaiche furono costantemente con gli assalitori » . Una collaborazione che si ripeté al tempo delle Cro­ ciate: meglio, ancora una volta, i seguaci del Corano, piuttosto che quelli del Vangelo. Che concluderne? Forse, un rinnovato rispetto del mistero della storia, che Dio guida nascostamente. Non è forse proprio al termi­ ne del suo discorso su Israele che Paolo, l'ebreo, grida: « Quanto impenetrabili sono i suoi decreti e inesplorabili le sue vie »? (Rm 1 1 ,33).

61. Nazional-socialismo Come prevedibile, si infittisce il polverone politico e giornalisti­ co per la legalizzazione dell' eutanasia ' ' attiva' ' (soppressione di ma­ lati , vecchi, handicappati), quella " passiva" essendo già ampia­ mente praticata, come si vantano in interviste molti medici . Come già per l' aborto, l ' alleanza per quest 'altra "conquista ci­ vile" proclama il suo progressismo , la sua prospettiva "democra­ tica, laica, antifascista" . Allora, senza entrare in un discorso che è lungo e non semplice, solo come piccolo contributo al dibattito (se il dibattito sarà, e non ci crediamo, davvero tale : intolleranza, dogmatismo, spirito di crociata non mancano , come sappiamo, pro­ prio ai profeti dei " confronti democratici" ) rinviamo agli A tti del processo di Norimberga ai gerarchi nazisti . Nel volume 26, a pagi­ na 1 69 , si troverà la lettera datata l o settembre 1 939, firmata da Adolf Hitler e inviata al Reichsleiter Bouhler e al Medico Generale del Reich , dottor Brandt . Proprio quel giorno in cui cominciava la guerra, in vista dello sforzo totale cui la Germania doveva pre­ pararsi, Hitler autorizzava l'eutanasia per quelli che chiamava « ma­ lati e deformi ritenuti irrecuperabili in base ai parametri umani » . L'ordine non trovò piena applicazione solo per l' opposizione sot­ terranea delle Chiese, soprattutto di quella cattolica. Quella Iute­ rana - come si sa, ma come spesso si tace per ragioni " ecumeni­ che" - si era organizzata sin dal ' 3 3 nel movimento dei "Cristia-

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ni tedeschi" che , con il programma "Nazione, Razza, Fiihrer" , alle elezioni ecclesiastiche ottenne il 75 per cento dei voti dei prote­ stanti. Si creò poi , attorno allo svizzero Karl Barth, la "Chiesa con­ fessante" , antinazista, ma di stretta minoranza: naturale , dunque, che l'opposizione al Diktat del 1 939, come altre volte , venisse so­ prattutto dai cattolici , nei cui Liinder i nazisti non ebbero mai al­ cuna maggioranza. Teniamo allora presente che se, come dicono , la lotta per l' euta­ nasia è davvero " progressista " , logica e storia impongono di an­ noverare anche Hitler tra i campioni del progressismo . Conclusione davvero paradossale, assurda quella di un Hitler "progressista"? Non poi tanto, stando agli storici, i quali ricorda­ no che i fascismi non casualmente nascono in ambiente socialista (Mussolini direttore de l 'A vanti!, il Fiihrer che chiama il suo par­ tito nazional-socialista, il capo dei collaborazionisti francesi, La­ val, già leader della gauche) e i quali mostrano come tra Hitler e Stalin non mancasse un' attrazione che li porterà all ' alleanza tra il '39 e il ' 4 1 . Ancora a J alta, a Roosevelt che gli chiedeva che pen­ sasse davvero di Hitler, Stalin dava la famosa risposta: « Un ra­ gazzo che ha certamente del talento, ma che si comporta da super­ ficiale » . Intendeva dire che, nella Russia sovietica, le cose erano state fatte più "sul serio" , il terrore essendo stato spinto sino alle estreme conseguenze, mentre in Germania si era stati , malgrado tutto, più " bonari" e " accomodanti" . . . Curioso infine uno studio recente sul padre di Adolf, Alois, an­ ticlericale e, appunto, "progressista" da discorsi demagogici al caf­ fè: morì soffocato da un attacco cardiaco mentre leggeva il gior­ nale che annunciava certe conquiste politiche dei cattolici in Au­ stria. Le sue ultime parole furono di rabbia contro « quei maledet­ ti reazionari neri » : i cattolici , appunto.

62. Caporetto Eh sì , la storia è complicata, spesso oscura, quasi sempre diver­ sa da come ce la raccontano. Per fare un altro esempio d' attualità: cominciano a uscire studi in vista del settantesimo anniversario della fine della prima guerra mondiale. Dopo tanto tempo, restano da

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chiarire dubbi drammatici : ad esempio , le vere ragioni del disastro di Caporetto, inspiegabile secondo la logica delle forze in campo . Resta valida, per molti storici , l'ipotesi della congiura e del tradi­ mento delle gerarchie militari italiane (quasi tutte affiliate alle log­ ge massoniche, a cominciare dal re) ai danni di L uigi Cadorna, il comand ante supremo inviso perché cattolico praticante, tetrago­ no a ogni proposta di entrare anch ' egli tra i " fratelli " . Per gli stessi storici , la conferma verrebbe dal fatto che, mentre Cadorna fu destituito (e contro di lui si scatenò una campagna di denigrazione che dura tuttora) , uno dei maggiori responsabili, il gen . Badoglio, che " fratello" lo era da sempre , non solo non fu punito ma premiato e, grazie al disastro , pose le basi di una straor­ dinaria carriera. Intanto , a sostituire Cadorna. fu messo Arman­ do Diaz, regolarmente affiliato. Poveri fanti-contadini , mandati al macello da gente che, mentre parlava di grandi ideali patriottici , sembra preferisse la rovina di quella stessa patria al1o scandalo di un cattolico da messa quotidiana ai vertici del Regio Esercito ! Del resto, durante quella stessa Grande Guerra, Ferdinand Foch, il più geniale dei generali francesi, fu rimosso malgrado le vittorie e inviato in pensione. E questo perché « la massoneria non gli per­ donava di essere fratello di un gesuita e assai religioso egli stesso » (Giuseppe Arata) . Per rimediare al disastro imminente delle arma­ te francesi , il pur anticlericalissimo Georges Clemenceau dovette imporsi alle Logge e richiamare Foch, che sarà poi il vero vincito­ re della guerra.

63. Pluralismo Si è ironicamente notato , che, mentre il Pater Noster consta di 49 parole e i Dieci Comandamenti di 53 , il programma di governo di Ciriaco De Mita di parole ne contiene ben 20 .000 . La politica ha le sue leggi, che non sono quelle del Vangelo: > . Frase rimossa perché non in linea con la valutazione positiva che molti oggi danno di qualunque divisione, anche se rissosa, come "segno di vivacità" , di "fecondo dibattito " , di "benefico pluralismo" e "costruttiva dialettica" . Ma, se il Vangelo ha ragione, i politici han­ no un bel moltiplicare le parole : dighe di carta che non fermeran­ no di certo la rovina. E, a pagare il conto, saremo (al solito) noi .

64. Lotta di classe Tra le malattie che affliggono il mondo d'oggi c'è, come tutti sanno , il giovanilismo , il culto di chiunque sia giovane : e solo in quanto tale, quali che siano le sue virtù e difetti . È un culto esorci­ stico contro la morte e contrassegna sia la società liberai-capitalista (la pubblicità, che ne è l'anima, usa giovani radiosi anche per pro­ pagandare dentiere e cinti erniari); sia i Paesi dell'Est , dove il raz­ zismo fondato sulla data di nascita si fa ancor più brutale e il vec­ chio, non servendo più alla produzione, è una sorta di rifiuto tos­ sico (gli ultrasessantenni sono gli unici non solo autorizzati , ma in­ coraggiati a varcare il muro di Berlino) ; sia i regimi fascisti (non a caso una canzone studentesca, Giovinezza, fu scelta come inno del partito; e la Hitlerjugend, la gioventù hitleriana, fu la pupilla del nazionalsocialismo , che ai vecchi, come vedemmo, riservava l' eutanasia) . A partire dal Sessantotto, anche certi ambienti cristiani furono contagiati dal virus giovanilista, quasi che Gesù avesse detto che la sua dottrina era rivelata in modo privilegiato « ai giovanotti » e non « ai bambini » , come sta scritto . Non tutti i credenti, si in­ tende , dimenticarono Isaia, per cui la più sventurata delle terre è quella che « prende come capi i giovani » . Né tutti dimenticarono Giobbe (« Nei canuti sta la saggezza », 12, 1 2) , o il Levitico (« Alza­ ti davanti a chi ha i capelli bianchi, onora i vecchi e temi il tuo Di o )} , 19,32) , o la Chiesa primitiva, dove i capi sono , per defini­ zione, "i presbìteri" , cioè "gli anziani" .

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Ma , por con tutte le esortazioni della Scrittura, come fare a pren­ dere sul serio certi "vecchi " d' oggi? Mi chiedevo questo, capitan­ domi di vedere, sulla terza rete Rai , uno spezzone della trasmissio­ ne che vi conduce l'attore e autore di testi teatrali Dario Fo, il can­ tore entusiasta e commosso del marxismo " puro e duro" (e fu un colpaccio per lui e per i suoi fans "progressisti" quando un gua­ stafeste rivelò i suoi trascorsi di paracadutista volontario nella Re­ pubblica Sociale Italiana; ci fu un' indignata querela ma i giudici confermarono: ecco allora il Fo sostenere che, sì, aveva militato tra i fascisti più fanatici ma come "infiltrato" , come membro clan­ destino della Resistenza . . . ) Anche i giornali che gli sono amici stavolta non hanno nascosto il loro imbarazzo davanti a questo anziano signore dai capelli bian­ chi che parla (e seriamente ! ) come uno studente liceale in un'as­ semblea di vent' anni fa. Nei pochi minuti in cui ho retto al disa­ gio , Fo sceneggiava la presunta " storia vera" di un prete " demo­ cratico e progressista' ' del Medio Evo che si sarebbe schierato a fianco del popolo nella "lotta di classe" contro monaci , vescovi e papi . Si sa come " lotta di classe" sia tra quei termini-mito del mar­ xismo (assieme ad altri , altrettanto mitologici : "plusvalore" , "dit­ tatura del proletariato" , " materialismo dialettico" , "alienazio­ ne" , "rivoluzione" stessa) che gli euro-comunisti hanno pudica­ mente abbandonato da tempo, seguiti poi dallo stesso Gorbaciov . Lo schema della "lotta di classe" fu creduto una sorta di chiave magica per aprire la cassaforte dove è rinchi uso il segreto della storia. La quale, invece, si mostrò coriacea a questi tentativi di scasso, rivelandosi assai più complicata di queste semplificazioni immaginate dal buon, vecchio Marx nella sala di lettura del Bri­ tish Museum . I n effetti - come oggi confessa ogni specialista se­ rio - la storiografia marxista, tutta basata su quello schema, non ha prodotto alcuna opera significativa. E, anche fra storici " de­ mocratici " , si tossicchia imbarazzati se il discorso cade sui loro colleghi sovietici . Dario Fo , invece, sta con gli ultimi vedovi inconsolabili e non solo crede ancora al magico passepartout, ma vorrebbe applicarlo a quel Medio Evo cristiano che è forse l'èra più allergica a una si­ mile camicia di forza. Non che le ingiustizi e anche allora mancas­ sero, naturalmente ; non che scarseggiassero prepotenti e ipocriti ; .

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ma è un fatto che , in tutti gli strati sociali , era presente in profon­ dità quel forte, autentico senso religioso che non rientra in alcuno schema solo .. economicistico" . In effetti, in quei quasi mille anni in cui la Chiesa è al centro della società, non si riscontra alcuna "rivoluzione" (il termine stesso era conosciuto in astronomia, sconosciuto in politica) ma, al più, solo qualche "tumulto" ; e quasi sempre per questioni più religio­ se che sociali . Quando, e ben raramente, ci si rivolta non è mai - come avverrà nei tempi moderni - per scardinare il sistema e sostituirlo con un altro , ma per ottenere un posto più adeguato in un quadro le cui coordinate (a cominciare da quella base che è il Vangelo) sono accettate da tutti. E liberamente: la mancanza di un sistema repressivo come quello degli Stati moderni avrebbe per­ messo con facilità ogni moto rivoluzionario . Il Medio Evo , inve­ ce, ignora sia le rivoluzioni moderne sia le rivolte di schiavi del mon­ do classico . Dice il medievista Marco Tangheroni : « È certo che nel Medio Evo il povero ebbe una tutela che non conobbe affatto nelle epo­ che seguenti , soprattutto in quelle che cominciano con l'èra del­ l'industria. La gente, comunque - poveri e ricchi - in quel siste­ ma ci si riconosceva. Se la società medievale si indebolisce e poi muore non è perché fosse troppo cristiana ma perché spesso lo fu troppo poco . Perché, cioè, non si fu abbastanza coerenti con una prospettiva religiosa contro la quale mai il popolo si rivoltò » . La storia propagandistica che h a cercato di diffamare quell 'èra perché ispirata dal cristianesimo ha insistito sui " servi della gle­ ba" quasi fossero gli equivalenti degli schiavi antichi. Dimenticando però di ricordare che il contadino, talvolta, non era libero di la­ sciare il fondo senza permesso del proprietario ; ma questi non era libero, mai , di mandar via il contadino; il quale, così, a differenza dei suoi colleghi dei secoli moderni, aveva la sopravvivenza assi­ curata. Solo nei film faziosi , come quello tratto da TI nome della rosa, si vedono rivolte contadine contro i monaci-padroni . Poteva suc­ cedere, al contrario, che fosse il popolo stesso a invocare l 'inter­ vento dei religiosi per difendersi dagli esaltati dei movimenti ereti­ cali "pauperistici " (che non riuscirono mai a coinvolgere le mas-

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se: il solo successo lo eb bero i càtari che però , guarda caso, erano elitisti , aristocratici , antipopolari). Ancora Tangheroni : �< La funzione dei monasteri fu socialmen­ te così benefica che, stando a esperti oggettivi , ciò che oggi manca al Terzo Mondo sono Ordini come quello dei monaci cistercensi , straordinari trasformatori di lande desolate in terre fertili e otti­ mamente gestite » . L a periodica riscoperta della giustizia radicale annunciata dal Vangelo non portava alla predicazione della rivolta, ma al richia­ mo alla penitenza, per tutti: san Francesco e il movimento france­ scano docen t. Del resto, i capitali messi a disposizione dei biso­ gnosi dal precetto della carità pare superassero ampiamente quelli che saranno ricavati dalla tassazione degli Stati moderni borghesi . Le compagnie mercantili avevano, tra i soci, "messer Domined­ dio" : gli utili di quella quota di capitale andavano ai suoi figli pre­ diletti , i poveri . Ne saprà qualcosa, di tutto questo , lo "storico " Dario Fo. con quei suoi schemini da stantia chincaglieria marxista: progresso­ reazione; proletari-notabili; clero oppressore - popolo oppresso?

65. Madonne pellegrine Buon giornalista (è da molti anni direttore de La voce del popo­ lo, il settimanale diocesano) nonché autorevole quanto simpatica­ mente autoironico prelato (è vicario generale della Chiesa torine­ se) , il mio amico Franco Peradotto ha perso la pazienza. C'è da capirlo: le rievocazioni del quarantennale del 1 8 aprile 1 948 (noi stessi ne abbiamo scritto qui ; ne ha parlato poi, tra i tan­ ti , pure Giulio Andreotti con il consueto filo di humour: « Sono convinto che i comunisti e socialisti ci sono grati perché allora li aiutammo a perdere »), quelle rievocazioni , dunque , hanno visto sì qualche segno di "pentitismo " , a denti stretti, ma anche la ripe­ tizione ostinata di slogan che da allora ci accompagnano . Come scrive infatti don Peradotto, « certa stampa ha ribadito, anche nei titoli, che a provocare la disfatta elettorale di Togliatti e Nenni con­ tribuirono in modo decisivo "le Madonne pellegrine, le statue pian­ genti , la scomunica dei comunisti" » . Tutte cose , queste, entrate persino nei libri di scuola, oltre che nell' immaginario popolare, gra-

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zie al ritornello reiterato per quattro decenni, magari pure da cat­ tolici in vena di revisionismo masochistico . Si sa che, anche nella pubblicistica sedicente "democratica" , non mancano gli allievi del dottor Goebbels che , per la propaganda del Terzo Reich , si ispirava a un principio : > , ammoniva i tedeschi proprio quel realista di Bismarck nel suo testamento politico. Perché rievochiamo queste cose? Per ricordare ad entusiasti e sognatori (stando al campo religioso) che un ecumenismo realisti­ co deve essere sempre consapevole che, dietro a quelli che sembra­ no problemi teologici , ci sono anche (forse soprattutto) " costan­ ti" della storia, diversità di culture e di etnie, incompatibilità che i mi11enni hanno creato e consolidato. Prima ancora che religiosa, la rivolta di Lutero è geopolitica, et­ nica, culturale. Ad Est del Reno e a Nord delle Alpi il legame con la Roma dei Papi si è conservato quasi solo laddove era riuscita a giungere la Roma dei Cesari, con la sua Ialinizzazio ne: la Renania­ Palatinato, la Baviera, alcuni cantoni svizzeri, parte dell'Austria, che facevano parte della Rezia e del Norico sottomessi all' Impero. Zone in fondo marginali, periferiche, rispetto all 'inassimilabile "Germania profonda" . È un'incompatibilità che sembra agire con simile forza solo nei rapporti latino-germanici : stirpi non toccate da Roma, e apparen­ temente assai più lontane, sono diventate baluardi fedelissimi del cattolicesimo. Naturalmente, pensiamo ai celti d' Irlanda e agli slavi di Polonia. Ma, al di fuori dell'Europa, anche al caso degli autoc­ toni dell' America Latina i quali, malgrado i brutali metodi inizia­ li, hanno fatto del cattolicesimo sangue del loro sangue . Ma il pen­ sare di convincere un prussiano , un amburghese, uno dello Schleswig-Holstein a riconvergere con i fedeli di Roma soltanto in base a un "dialogo " a livello teologico rischia di essere un'illusio­ ne. Per parafrasare Pascal , « la storia ha le sue ragioni che la teo­ logia, da sola, non conosce » : dobbiamo esserne consapevoli, se ci sta a cuore davvero la ricerca di un incontro tra credenti in Co­ lui che, spesso , solo apparentemente è lo stesso Cristo, visto co­ m'è sotto luci diverse se non antitetiche.

93. Dai confini Giovanni, I O, l : « In verità, in verità vi dico : chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un ' altra parte, è un ladro e un brigante » . E , più avanti, altri avvertimenti di Gesù

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su coloro ai quali « le pecore non appartengono » e ai quali dun­

q ue « delle pecore nulla importa » . Parole misteriose che sembrano rinviare (tra i molti significati possibili) ad un' altra, misteriosa, " costante" della storia: i con­ quistatori, i tiranni , i rivoluzionari (i quali, come la storia insegna, sono quasi sempre una rovina per coloro che dicono di voler "be­ neficare' ' ) vengono spesso dalle zone di confine, sono stranieri in patria, si servono di un popolo , cui tutto sommato sono estranei , come materiale per i loro progetti non di rado sanguinosi . Così , i l macedone Alessandro Magno con i Greci ; lo spagnolo Cesare Bor­ gia con gli Italiani ; l 'italiano Bonaparte con i Francesi ; il georgia­ no caucasico Stalin con i Russi ; l'austriaco Hitler con i Tedeschi . Se volete, anche il nizzardo e poi cosmopolita Garibaldi o il gine­ vrino Cavour (che in vita sua non vide mai né Roma né le altre più famose città della Penisola) con gli Italiani. Personaggi assai diversi tra loro , s 'intende, ma in qualche modo accomunati da quello che talvolta si direbbe un desiderio di "ven­ dicarsi ' ' dei popoli che guidavano. « Pastori estranei » del tipo del quale Gesù raccomanda di diffidare?

94. Costituzione Non dimenticando del tutto gli amori precoci per la politica e il conseguente peccato di gioventù di una laurea in scienze politi­ che, ho sempre seguito con attenzione la produzione del professar Gianfranco Miglio . Avendo però frequentato i corsi dell'universi­ tà di Torino ed essendo Miglio docente e preside alla facoltà di scien­ ze politiche della Cattolica di Milano , una sola volta mi è accadu­ to di incontrare di persona questo politologo che da quarant'anni è una sorta di vox clamantis in deserto . Una sola volta, dunque, ma per un'intervista che durò alcune ore . Dietro la scrivania, non mi sfuggì di certo un accostamento inu­ suale (anzi, scandaloso per i seguaci di un cristianesimo ridotto a ricerca sempre e comunque di compromesso, a pio auspicio, a esor­ tazione ai buoni sentimenti), ma in qualche modo sintesi del mes­ saggio di Miglio . Al centro della parete, dunque, il notissimo " Sa­ cro Cuore' ' della Cattolica. Ai suoi lati, da una parte il ritratto di Niccolò Machiavelli (« gli o mini non si governano con li pater-

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nostri »); dall 'altra parte Thomas Hobbes, il teorico del Seicento inglese che nella società scorse la guerra di tutti contro tutti, che credette in un consorzio umano retto non dall'amore spontaneo ma dell ' egoismo del peccato e che solo un 'autorità munita di for­ za può tenere a bada, nell'interesse generale . Mi venne di pensare che , a completare il "segnale" , mancava David Hume, quell 'altro grande realista che ammoniva i legislato­ ri di partire da un principio : « Sempre si deve presumere che l'uo­ mo, lasciato a se stesso , si a portato a essere non santo ma bricco­ ne » . Puntualmente, il nome di quel filosofo scozzese del Settecen­ to spuntò nel discorso di Miglio, quando venimmo a parlare di uno dei suoi temi preferiti , la Costituzione della Prima Repubblica italiana. Su quel testo troppo venerato (anche da cattolici , cui gli occhi sembrano luccicare di commossa devozione quando lo citano, quasi stessero parlando della Bibbia: come questa, infallibile, eterno, im­ mutabile) , su quel testo , dunque, Miglio è stato tra i primi a dire verità scomode quando ancora ci si lacerava le vesti se qualcuno accennava alla necessità di quelle profonde riforme costituzionali, se non addirittura di una nuova Costituente, che adesso tutti invo­ cano . In realtà , se sempre a un cristiano è interdetta l 'idolatria e la sovraestimazione di ogni cosa umana (la Costituzione non è di­ vinamente ispirata, è fallibile e transeunte come tutto quanto vie­ ne da noi bipedi), tanto più quest' opera di demitizzazione è dove­ rosa riflettendo sullo spirito che guida molte di quelle pagine. C'è qui , forse, al fondo (così ha sempre denunciato Migl.io) l 'irrealisti­ co ottimismo di Pelagio e di Rousseau , la negazione del peccato : a cominciare, naturalmente, da quello "originale" . Eliminando il quale, però, la logica della fede impone di trame le conseguenze , chiarite (come da tutti i cristiani che prendono sul serio il Vangelo) da un Antonio Rosmini : « Ed ella è pur cosa indubitata essere il dogma del peccato originale fondamento di tutto il Cristianesimo . Distrutto quel dogma , è resa inutile la redenzione di Gesù Cristo : ella, almeno, cessa di essere redenzione. Quindi è tolta la cagion massima dell ' Incarnazione del Verbo. Caduto il dogma dell 'Incar­ nazione, che rimane di Gesù Cristo , se non un puro uomo, un per­ sonaggio storico e nulla più? Per tali gradi si perviene alla distru­ zione del Cristianesimo, all'abolizione di tutto l' ordine sovranna-

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t u rale, allo stabilimento del perfetto razionalismo. Deh ! , conside­ rino bene per qual via si sono messi que' teologi , che pur diconsi cattolici , e che vanno Iimandosi il cervello per distruggere il pecca­ t o d' origine e per negare la corruzione pur troppo intima e pro­ fonda che ne venne all'umana natura ! » . (Traggo la citazione da u n ' opera del grande Roveretano scritta nel 1 84 1 - ma edita sol­ t anto nel 1 882 - di sconcertante attualità sin dal titolo: Il razio­ nalismo che tenta insinuarsi nelle scuole teologiche) .

tornare alla Costituzione del 1 948, Miglio mi confermò, nel colloquio, quanto ha sempre sostenuto: nobile, magari commovente sul piano teorico, quel testo è viziato dall'ottimismo irrealista e ro­ vi noso dell' Illuminismo, così che (rovesciando non solo Hume ma anche la prospettiva cristiana sull'uomo, continuamente esposto al ri schio del peccato) si parte dal presupposto che gli uomini sia­ no istintivamente non « bricconi » , ma « buoni e altruisti » , corrot­ ti solo dai cattivi sistemi socio-economico-politici , mutando i qua­ li si gi ungerà al regno dell ' hom o hominifrater. Da qui, il mito mes­ sianico delle "riforme" redentrici , puntualmente e crudelmente smentito ogni volta, quando dalla bellezza della teoria si passa alla durezza della pratica. La quale pratica ha mostrato come il raffinato sistema " alla Rousseau' ' voluto dai padri della Repubblica - un sistema di ga­ ranzi e, di contrappesi, di garantismi , di magnifici principi, pensa­ to però per « omini che mai si sono visti né mai si vedranno essere in vero » , per dirla con Machiavelli - quel sistema si è prima in­ ceppato e poi , per impossibilità di camb i arlo a causa proprio dei veti incrociati previsti dal Testo, si è bloccato e ha cominciato a incancrenire. Così, se siamo oggettivi , constatiamo ogni giorno nella parodia di una democrazia divenuta solo formale, nella crescente impotenza non solo di cambiare ma anche di fare le cose più irrile­ vanti, nell'impossibilità di decidere alcunché, nell' avidità inesau­ sta della partitocrazia e delle lobbies economiche, nella cecità egoi­ stica del corporativismo sindacale e in altre piacevolezze che rove­ sciano nel loro contrario le utopie dei Costituenti. « Anche un'élite di santi fallirebbe nel gestire uno Stato con un simile marchingegno iper-ottimista e iper-garantista » mi diceva, scuotendo il capo, il politologo dell'Università Cattolica, come rim­ piangendo il perduto realismo cristiano . Per

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95. Engels Quale , a viste umane, il "segreto" che avrebbe permesso alla Chiesa cattolica di superare alla fine ogni crisi e di attraversare i millenni? Tra gli altri, all'impegnativa domanda rispose un inso­ spettabile, Friedrich Engels, il ricco industriale che (ironia della sto­ ria ! ) anche con il " plus-valore" scippato ai dipendenti delle sue fabbriche e dei suoi uffici commerciali mantenne Karl Marx a suon di marchi , di sterline e di franchi-oro . E che spinse la sua generosi­ tà sino al punto di scrivere articoli e opuscoli che il suo beneficato firmava come propri (e non sempre, tra l'altro, manifestando ri­ conoscenza) . Tre, secondo questo cofondatore del marxismo , i " segreti" che spiegano la solidità della Chiesa. Primo: far sentire a chi vi entra il calore della solidarietà e il respiro dell' universalità. Secondo: mo­ bilitare ogni energia in vista di un futuro di felicità eterna, di una vita immortale . Terzo: indicare sempre un antagonista, un avver­ sario da battere : sia il diavolo e il peccato, sia il "mondo" , sia l'e­ retico o lo scismatico . Poiché Engels era convinto che i nascenti gruppi di comunisti fossero equiparabili alle comunità dei cristiani primitivi, e poiché voleva che il Partito prendesse il posto della Chiesa, raccomanda­ va ai dirigenti politici - questi nuovi vescovi e sacerdoti - di ispi­ rarsi a quei tre punti nell'erigere e nel gestire l' organizzazi one. Pur­ ché, naturalmente, la tensione verticale che sostiene la Chiesa fos­ se resa orizzontale, tutta diretta alla storia, promettendo dunque la felicità in terra nel Regno del Socialismo Realizzato e indicando come avversario da battere i "veri diavoli" : il " nemico di classe" , il complotto borghese, il deviazionista, il socialdemocratico. È no­ to, del resto, che l ' idea di Engels fu ripresa da Lenin, anch'egli co­ sì convinto della necessità di ispirarsi a quei ' 'segreti' ' cattolici da profetizzare più volte che, alla fine, la lotta ultima si sarebbe ri­ stretta tra Mosca e Roma, poiché solo il Partito e la Chiesa cono­ scevano l'uomo e avevano organizzato di conseguenza le rispettive organizzazioni . A settant 'anni dalla morte di Lenin, Mosca prende sempre più le distanze da lui; e anche Roma ha i suoi problemi non piccoli. Comunque, il confronto non sarà tra cattolicesimo e marxismo ma, semmai, tra un certo cattolicesimo (magari in minoranza nella stessa

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Chiesa) e quello "spirito del capitalismo" - fatto di edonismo , consumismo, indifferentismo travestito da tolleranza , lassismo etico camuffato da crescita civile - che ha finito per erodere e invoglia­ re alla resa anche i "puri e duri " del comunismo . Resta però degna di meditazione l 'analisi del cattolicesimo fatta dai padri fondatori del marx-leninismo . Può ben darsi che almeno qui, individuando quei tre "segreti" , non si siano sbagliati. Se è cosi , che ne è rimasto di ciò che a viste umane (e la Chiesa è anche una istituzione umana, fatta di uomini concreti con le cui esigenze occorre fare i conti) costituiva la forza che aveva sfidato i secoli? All' universalismo - e "cattolico " vuol dire "universale" qualcuno vorrebbe opporre il particolarismo (l'insistenza unilate­ rale sulla sola Chiesa "locale" , sul "territorio", sulla "cultura spe­ cifica" , sul "parrocchialismo"). Alla tensione verso la pienezza di vita eterna, molti rispondono col silenzio sulle cose ultime, con la chiusura dello sportello di informazioni escatologiche. Alla neces­ sità di "confrontarsi" , se necessario di lottare duramente (nella ca­ rità certo, ma in nome della verità), altri ancora sostituiscono uno spirito di resa, di irenismo bonaccione, di perdita di ogni identità; e questo, abusivamente, chiamano "dialogo " . Dobbiamo fare i conti con questi problemi generali, di " strate­ gia" , che vanno al di là delle questioni di "tattica" , del giorno per giorno , con cui troppo spesso sembriamo vivere il nostro cristia­ nesimo . C'è qui , ci pare, una delle doverose applicazioni dell'esortazio­ ne che Giovanni Paolo II lanciò a Parigi, nel suo discorso all'In­ stitut Catholique e che ha poi ripetuto in giro per il mondo : « La fede deve pensare! » .

96. Premi Nobel Tra le superstizioni che ci affliggono c'è la venerazione un po ' magica con cui si guarda a chi sia stato insignito del premio No­ bel . Le scelte dell'Accademia di Svezia sono circondate da un'au­ ra sacrale, malgrado tutti sappiano che sono spesso frutto di com­ promessi geo-politici, di mode correnti, di pregiudizi confessiona­ li, quando non di demagogia o di pura e semplice disinformazione

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di quei vecchi studiosi agli estremi d el mondo. Basta scorrere l'e­ lenco dei premi dal 1 90 l per rendersi conto come gran parte delle scelte non abbia retto al tempo. Comunq ue , è tale il bisogno di "guru" , di "profeti " o, sempli ­ cemente, di "maestri " che, in mancan z a di meglio , la cultura sedi­ cente secolarizzata è costret ta a riversare il suo bisogno religioso di oracoli sugli insigniti del Premio. Sono questi, ad esempio, del­ la cui firma va a caccia il radicalismo alla Pannella per tentare di dare p res t igio alle sue cause sospette. Sono questi che vengono in­ terpella t i dai media sui massimi problemi (la vita , la morte, il fu­ turo dell' umanità} come se la competenza in uno specifico settore desse chiaroveggenza su tutto . realtà , come tutti gli " esperti " , anche i laureati da quel massi­ mo tra i premi mostrano spesso e volentieri di non riuscire ad im­ broccarla neppure nella loro ristretta competenza, incappando in infortuni clamorosi. In occasione delle elezioni per il nuovo presi ­ dente degli Stati Uniti, il settimanale torinese Il nostro tempo si è preso il gusto incomodo (purtroppo poco praticato nei giornali) di andare a spulciare in archivio , rivisitando i media del novembre 1980, quando Ronald Reagan entrò per la prima volta alla Casa Bianca. Da quella ricerca è uscito, come prevedibile, uno sciocchezzaio grot­ tesco di previsioni sbagliate , di pronostici fasulli, di predizioni tan­ to supponenti quanto clamorosamente smentite dagli avvenimenti. Tra le altre, si è ripescata l 'opinione di quel professore america­ no, Lawrence Klein, che proprio in qu el 1 980 era stato insignito appunto del premio N obel per l ' economia . Q u el fresco laureato dall' Accademia di Svezia così pontificò: « L 'inflazione in America non scenderà , e nemmeno la disoccupazione. Ci aspettano dieci anni di vacche magre : crescita blanda per tutti gli anni Ottanta. Che vin­ cesse Carter o Reagan non faceva differenza. In questo , fare pre­ visioni è davvero facile per noi economisti : vorrei fosse sempre co­ sì » . (Del resto, la drastica convinzione di Klein era condivisa da un altro celeberrimo economista, anch 'egli da sempre parcheggia­ to in attesa del Nobel, il mitico John K. Galbraith, che disse nel­ l 'occasione : « Con Reagan , le prospettive per l 'economia sono tut­ t ' altro che rosee, a meno che Dio non sia conservatore » . Fece eco l ' intera , autorevolissima American Society jor Economics che rag­ gruppa gli economisti Usa e che definì testualmente « un balletto In

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da mago della pioggia » le intenzioni del nuovo presidente per bat­

Lere l' inflazione e la disoccupazione) . Sono passati otto anni da allora, nel frattempo Reagan è stato

rieletto a furor di popolo per la seconda volta e, non potendo rie­ leggerlo una terza, gli elettori americani hanno dato una vittoria trionfale a George Bush in quanto suo vice e in quanto esplicita­ mente impegnatosi a continuare la sua opera . Bush è tra l ' altro un pentito; davanti ai successi clamorosi di colui al quale succede si è accodato al carro del vincitore, dopo aver detto, nel 1 980: « Le teorie economiche di Reagan sono un rito woodoo » . M a , quali che siano l e opinioni politiche e sociali su Reagan e le sue due presidenze, in campo economico parlano i fatti : dal 1 980 al 1 988, l'economia americana ha conosciuto il più favoloso boom della propria storia, trascinando al suo seguito l' economia di tutto l ' Occidente, Italia compresa. La disoccupazione è scesa negli Usa al suo limite fisiologico, creando qualcosa come 1 7 milioni di nuo­ vi posti di lavoro . L ' inflazione, che con Carter sembrava indoma­ bile, si è ridotta dal 13 per cento al 3 . Il contrario esatto, insom­ ma, del pronostico , spacciato come una certezza (« vorrei che fare previsioni fosse per noi sempre così facile >>) del prestigioso premio Nobel e dei suoi colleghi economisti . Una ragione in più per recuperare, davanti ai "maestri" che il mondo venera , il gusto volterriano del grand rire vainqueur. Que­ sta ' 'risata vincitrice' ' era raccomandata dagli illuministi settecen­ teschi (questi primi "esperti " del mondo moderno) per ridicoliz­ zare religione, fede, Chiesa e, in genere, altri "oscurantismi" . La storia, impietosa, ha mostrato che conviene ridere sì , ma dei nuovi profet i . E, con essi, del culto dello "specialista" che in questi anni si constata anche in ambienti clericali , presso tanti uomini di Chie­ sa i quali, prima di parlare e di prevedere, raccomandano di senti­ re gli " esperti" . E, se insigniti del No bel , tanto meglio: il massimo della credibilità . . .

97. Uno stemma Settecentomila poveri diavoli (all' ottanta per cento contadini: analfabeti o semianalfabeti) mandati al massacro in nome del re ,

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gridando « Avanti Savoia ! » , il grido obbligatorio nel Regio Eser­ cito quando le truppe erano spinte all'assalto. E ora, a tanti anni dalla fine della davvero « inutile strage » - parola, prima che di un papa, di Giovanni Giolitti : Trento e forse Trieste si potevano ottenere senza colpo ferire dall'Austria, pronta a tutto pur di evi­ tare l'apertura di un nuovo fronte - ora il ministero della Difesa riempie i giornali e i muri di una fotografia dell 'epoca dove si ve­ dono soldati italiani accolti con fiori in un villaggio veneto. Nella foto del manifesto compaiono anche due bandiere: ma di­ ligentemente censurate . È stato tolto loro (con un ritocco) quello stemma dei Savoia che campeggiò sul bianco dal 1 848 al 1 946 e nel cui nome si insegnava ai soldati a morire. Non solo un falso storico, ma una tragica presa in giro di quei poveri caduti. Ci pen­ sino , quei cristiani che vorrebbero identificare, e sempre più stret­ tamente, la causa del Vangelo con quella di una classe politica che teme la verità al punto di non avere nemmeno rispetto per la pro­ pria storia.

98. Marco A urelio Riprendo, ogni tanto, i Ricordi (o Colloqui con se stesso) di Mar­ co Aurelio. Se periodicamente vi ritorno è per tentare di cogliere il proprium del Vangelo confrontandolo con uno dei documenti più alti della sapienza, umana e religiosa, dell' antichità; con la te­ stimonianza di un paganesimo rinvigorito dagli apporti della filo­ sofia greca e delle religioni misteriche d' Oriente. La distanza cronologica (poco più di un secolo) che c'è tra noi e la morte di Marx è all 'incirca quella che c'era tra Marco Aurelio e la crocifissione di Gesù . Il cristianesimo doveva ancora emergere dalla semioscurità in cui si trovava, era ben lungi dell' avere comin­ ciato in pieno la sua strada, eppure non era più "giovane" , era già ultracentenario . Quando (con Costantino in modo parziale e, soprattutto , con Teodosio), comincia la storia della Chiesa "alla luce del sole" , tra i contemporanei di quegli imperatori e il dram­ ma del Golgota c'è all'incirca la stessa distanza che c'è tra noi e i personaggi del Seicento che popolano I promessi sposi. Un'epo­ ca che, giustamente, ci appare remota. Eppure , per una sorta di curiosa deformazione ottica, tendiamo a considerare come "cri-

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sti anesimo delle origini, primitivo" quello del IV secolo in cui i cre­ denti giungono alla meta tanto agognata, a costo del sangue . Sono raffronti che ogni tanto dovremmo fare, per renderei con­ to di quanto lunga, complessa, spesso faticosa sia stata la marcia della fede nella storia. E anche per riflettere sulla ricchezza di vita che circolava in un organismo come quello ecclesiale il quale, do­ po tre secoli di esistenza - quando l ' assoluta maggioranza delle ist ituzioni umane è morta da tempo o è decrepita - entrava con incredibile vigore nella sua prima giovinezza. Ma, per tornare ai Ricordi di Marco Aurelio Antonino , ciò che a ogni lettura mi colpisce è la nobile e struggente malinconia che li pervade. Luce di sapienza, certo, ma luce di crepuscolo. È la stessa

i mpressione sempre provata leggendo le iscrizioni sulle tombe del mondo greco-romano , contemplando i volti scolpiti che le ador­ nano e che sembrano fissarci con malinconia rassegnata, con la tri­ stezza di chi si avvia verso il buio. È la medesima rassegnazione che sembra di cogliere nelle esor­ tazioni morali che "il più filosofo degli imperatori " rivolge a se stesso : riaffermazione della necessità di fare il bene, ma accettan­ do, al contempo , l'impossibilità di giustificarlo. Il bene per il be­ ne, il dovere per il dovere senza porsi domande, senza pretendere di spiegare perché. Vivere come se ci fosse un senso in una storia che si sa invece non averne alcuno, il nostro affannarci essendo come « una zuffa di cani attorno a un osso )) , per usare l'espressio­ ne stessa dell'autore dei Ricordi. È lo stesso dramma, se voglia­ mo, vissuto oggi dalla cosiddetta "etica laica" che esorta a propo­ siti nobilissimi , incapace però di fondarli , di agganciarli a un chio­ do fisso in qualche muro, di giustificare razionalmente il perché fare il bene sia meglio - sempre e comunque , anche se non ce ne viene alcun utile, anche se ce ne viene danno - che fare il male. Nella lettura dell' altra notte, riandavo a un altro confronto tra la prospettiva del paganesimo che stava per concludere il suo ciclo (e i suoi figli migliori , come Marco Aurelio, ne sembrano consape­ voli , ma troppo scettici o rassegnati per tentare quel pur anacroni­ stico rilancio in cui, quasi col fervore della disperazione, si lancerà due secoli dopo Giuliano detto l'Apostata) , tra quella prospettiva, dunque, e la prospettiva della cultura oggi dominante.

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« Tutto è opinione » , constata un frammento nel Libro secondo dei Ricordi. Tutto è stato « opinione » n eli ' antichità pre-cristiana, tutto è ritornato « opinione » nella modernità post-cristiana. Solo per poco più di mille anni , nel nostro Occidente, intellettuali e po­ polo , colti ed incolti , furono convinti che non tutto è opinione, che una Verità c ' è , che è conoscibile, che è una base solida sulla quale costruire una prospettiva per la storia di ogni singolo uomo e del­ l'umanità intera . Solo per quel tempo " cristiano" , in fondo breve , si disse , senza esitare e nel suo senso forte: credo . Prima e dopo si disse e si dice: opinor. Dopo il "sta scritto " , che costituiva l' orizzonte sicuro e indiscusso , si è tornati al "secondo me" . La verità è ritornata de­ bole nel mondo , ha deposto l'iniziale maiuscola e il singolare, è ritornata al minuscolo e al plurale: le verità. « Tutto è opinione )) sembra ridire oggi, con voce rinnovata, Marco Aurelio . Forse è qui uno dei luoghi in cui il nostro tempo non sembra - come dicono - andato avanti ma indietro , pare ritornato al punto di partenza.

99. Reati di opinione Quella stessa cultura che dice di combattere tutti i vecchi ' 'ta­ bù' ' altri ne crea e ancor più rigorosi, circondati dal cerchio magi­ co che uccide chiunque non solo lo varchi, ma anche soltanto vi si avvicini . La superstizione conosceva infiniti nomi non pronun­ ciabili se non accompagnandoli con esorcismi e frasi deprecatorie, come per allontanarne la maledizione che li accompagnava. A quei nomi antichi se ne sono sostituiti in questi anni altri nuovi , a co­ minciare dal nazifascismo e dai suoi capi, Musso lini e Hitler. Così , a 43 anni dalla caduta di Berlino, il presidente del Bundes­ tag di Bonn ha dovuto dimettersi per avere ricordato una verità innominabile: proprio per evitare che ritorni , il nazismo va giudi­ cato con categorie storiche e non magico-sacrali (una sorta di ' 'ma­ locchio" con cui Hitler, l'Anticristo, avrebbe stregato per dodici anni un intero popolo} . In Italia era successo allo storico Renzo De Felice, già comuni­ sta e poi linciato per avere provato in modo inconfutabile quel che tutti sapevano ma che nessuno osava dire : sino al 1 940, il fascismo 1 88

ebbe un consenso di massa e, se avesse indetto libere elezioni , le avrebbe trionfalmente vinte . Mussolini non fu cacciato dall'oppo­ siz ione popolare ma dalla disfatta militare. Adesso , il politico tedesco è stato costretto ad andarsene con in­ famia (malgrado la difesa che di lui hanno fatto ebrei come Simon W iesenthal , che pure ha dedicato la vita alla caccia dei gerarchi del Terzo Reich), semplicemente per aver ricordato ciò che già aveva scritto un biografo di Hitler, radicalmente antinazista, come J oa­ chim Fest : sino al '39, i successi politici dell' austriaco furono tali che, se fosse morto in quell' anno, i tedeschi lo avrebbero proba­ bilmente ricordato come il loro maggiore statista, superiore persi­ no a Bismarck . Anzi (a differenza di quanto avvenne in Italia), la Germania seguì Hitler non solo nella buona ma anche nella cattiva sorte, al punto di battersi sino all'ultimo casa per casa. È provato che, anche ridotto a una larva nei sotterranei della Cancelleria, quel­ l'uomo per i tedeschi restava il Fuhrer, al punto che i suoi ordini erano tutti rigorosamente eseguiti . La produzione bellica della Ger­ mania del 1 944, sconvolta dai bombardamenti, fu il triplo di quel­ la del 1940. Fino all'ultimo, cioè, la gente pensò che, malgrado tut­ to, quell' uomo avrebbe portato il Reich alla vittoria. Ciò è terribile, certo, ma è ancora e sempre con la realtà che dob­ biamo fare i conti , se davvero vogliamo cercare di impedire che si ripeta . In realtà, un misto di superstizioni irrazionali e di inte­ ressi concreti di una classe politica e intellettuale che ha fatto del­ l' antifascismo di professione la sua giustificazione del potere, fa sì che per chi tocca i nuovi , implacabili tabù scatti la morte civile . Succede, così, che il totale permissivismo dell 'Occidente contem­ poraneo (dove tutto è lecito dire e stampare, fosse pure per la cau­ sa più abietta) conosce una sola eccezione, ripristinando i reati di opinione e colpendo duramente con la galera chi del fascismo e del nazismo non parli soltanto in male. Il che non avviene per alcun altro tema, stalinismo compreso. E, mentre edicole e librerie tra­ boccano di oscenità di ogni tipo , in tutto il mondo "libero" appo­ site leggi proibiscono la ristampa del Mein Kampf di Hitler . Poco male, certo, per la cultura: è comunque una strana contraddizione per una società che ammette tutto il resto. Naturalmente, non mi illudo e so che , anche a mio danno, il ri­ cordare simili verità provocherà il consueto riflesso condizionato

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di chi è pronto a gridare: « Ha bestemmiato ! >> e a sospettare di sim­ patie innominabili chi , per capire la storia, tutta la storia, vuoi usare la ragione e, semmai, categorie autenticamente religiose e non su­ perstizioni "laiche" . Anche sui Mussolini e sugli Hitler , il cristiano deve interrogarsi , chiedendosi con verità, e senza le censure del "mondo " , quale ter­ ribile significato possano avere in una visione che dietro gli eventi vede la mano misteriosa della Provvidenza. Ancora e sempre, il contributo cristiano al mondo deve essere un contributo di verità, fattore indispensabile di libertà, secondo la parola evangelica. Scriveva, nell' Ottocento, Jacob Burckhardt: « Il proprio degli in­ dividui che emergono sugli altri sembra essere la loro capacità di attuare una volontà generale che va al di là delle loro individuali­ tà. C'è, in questi personaggi che segnano la storia, una misteriosa coincidenza tra l'egoismo del singolo e la volontà collettiva >>. Quella « misteriosa coincidenza » si è certamente verificata tra il popolo italiano e Mussolini , tra il popolo tedesco e Hitler . Perché questo? a quali bisogni oscuri quei demagoghi venivano, oscuramente, a dare risposta? su quali pulsioni si basò il loro indubbio consenso di massa? Fino a quando non ci porremo con verità simili domande, cer­ cando risposte oneste, il doveroso rifiuto di ogni fascismo resterà declamatorio , superstizioso . Anzi, sospetto e pericoloso, rifiutan­ do di porsi il problema nella sua oggettività; e, dunque, rifiutando di capire . Ed è proprio così che i fantasmi del passato possono ri­ farsi minacciose realtà.

l 00. Eterogenesi dei fini Si parlava di Hitler e del nazionalsocialismo . Anche per essi si verificato ciò di cui, già nel Settecento, parlava il grande filosofo napoletano Giambattista Vico : è la cosiddetta "eterogenesi dei fi­ ni " , quel fenomeno per cui le azioni umane raggiungono esiti im­ prevedibili (diversi o, spesso, del tutto contrari) rispetto alle inten­ zioni e alle mete che ci si proponeva. Si vuole raggiungere un obiet­ tivo e, malgrado gli sforzi - anzi , spesso, proprio in seguito ad essi - se ne ottiene nella realtà uno opposto. È un fenomeno che ha misteriosamente coinvolto tutte le ideoè

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Jogie , i movimenti, le rivoluzioni dell'èra contemporanea: cioè del­ l ' èra post-cristiana, proprio quella che è iniziata ai tempi di Vico .

« Misteriosamente » , dico, perché (in una prospettiva di fede) sem­ bra esserci qui una prova oggettiva, nel concreto della storia, della v e r i tà dell' ammonimento del salrni sta: « Se non è il Signore che co­ struisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non c u stodisce la città, invano vigila la guardia. È inutile per voi levar­ vi prima del giorno, andare a riposarvi a tarda notte . . . >> (Sl 1 27, l ss) . O dell' ammonimento di Gesù stesso in Matteo: « Chi non rac­ c ogl ie con me, disperde » ( 1 2 , 30) ; o in Giovanni : « Chi resta in me e io in lui, questi porta frutto, perché senza di me non potete far nulla. Se uno non resta in me è gettato fuori come il tralcio e si secca, poi vengono raccolti e gettati nel fuoco e bruciano » ( 1 5 ,5-6) . Certo: non sono un ingenuo, mi rendo benissimo conto che, a dire simili cose, si rischia di sembrare apologeti a tutti i costi e ma­ gari a buon mercato; come se si volesse semplificare la storia per partito preso. Eppure, è un fatto: a partire dalla Rivoluzione fran­ cese , passando poi per le ideologie liberali ottocentesche, per il so­ cialismo , per il marxismo, per giungere al fascismo e al nazismo , è accertabile da chiunque esamini e rifletta con oggettività che an­ che le migliori intenzioni hanno portato a risultati diversi e spesso contrari; che gli obiettivi entusiasmanti additati dalla teoria, una volta calati nella pratica, si sono rovesciati in un risultato contra­ rio, imprevisto e non di rado orripilante. Non a caso, dopo tante esperienze del genere, i più prudenti am­ moniscono che ciò che deve contrassegnare la nostra epoca è l'ab­ bandono delle ideologie, cioè del "pensiero forte" che si propone­ va di creare un mondo nuovo, per ripiegare s ul "pensiero debo­ le " : sulla fine dei sogni o anche solo dei grandi progetti, per tirare avanti giorno per giorno , in modo pragmatico. Il che è il solo mo­ do per mettersi al riparo da guai maggiori , dalle conseguenze in­ fernali dei tentativi di creare, in una terra senza più Dio, un para­ diso costruito da mani non celesti ma terrene . Veniamo (per un test che si potrebbe ripetere per qualunque al­ tra ideologia o movimento moderno) , veniamo dunque a Hitler , al nazionalsocialismo , visto che è di essi che abbiamo iniziato a par­ lare . Disse una volta il Fiihrer a un gerarca del partito, Hermann

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Rauschning : « Chiunque veda nel nazionalsocialismo solo un mo­ vimento politico , non lo conosce. Perché il nostro movimento è ancor più che una religione: è la volontà di operare una nuova crea­ zione » . Questa volontà "redentrice " , ' ' messianica" è la stessa che animava i giacobini francesi o gli "apostoli" del socialismo uma­ nitario o i militanti marxisti : l'uomo nuovo , il mondo nuovo, una creazione nuova. Ebbene, in pratica: Hitler voleva una Germania padrona dell'Eu­ ropa e il cui Lebensraum , lo spazio vitale, si allargasse dal Reno agli Urali ; e ciò che ha provocato, per quasi mezzo secolo, furono due tronconi, che si divisero uno spazio ridotto a meno di due ter­ zi di quello del 1 93 3 , che il Fuhrer trovava già « intollerabilmente piccolo » . Hitler fu i l più gran de committente di architetture dell'Europa moderna (qualcuno ha detto addirittura che volle spingersi sino al potere supremo per realizzare nella pietra i suoi sogni di artista fru­ strato), ma dei suoi edifici colossali non rimase nulla, spesso nep­ pure le rovine. Ebbi modo anch 'io di meditare, un giorno che, a Berlino , dalla pedana costruita davanti alla Porta di Brandeburgo per sbirciare al di là del muro , vidi sulla destra una collinetta de­ serta e una distesa di erbacce: lì sorgeva la Cancelleria, il più mae­ stoso dei suoi palazzi. E proprio lì , in quella Berlino che, ribattezzata Germania, do­ veva diventare la capitale del mondo, il centro dove il popolo di signori razzialmente puri avrebbe dovuto dominare gli "inferio­ ri" , in quella Berlino ridotta invece a vivere di vita artificiosa in un angolo d'Europa, proprio lì vidi interi quartieri popolati non da biondi ariani ma da scuri turchi: la più vasta colonia asiatica d'Europa. Hitler voleva l'eliminazione fisica degli ebrei per far sparire la loro influenza sociale ed economica; ed invece proprio la sua fol­ lìa persecutoria permise la realizzazione del sogno sionista, la crea­ zione dello Stato d'Israele . Nei suoi Lager finirono anche ebrei del­ l'Europa occidentale, ma morirono soprattutto, a milioni , i pove­ ri Ostjuden i miseri "ebrei dell' Est" , dell'Europa centrale, della Polonia, della Russia, gli ebrei che - per il mondo - non conta­ vano nulla . Le sue leggi razziali costrinsero invece all' esodo molti degli ebrei "che contavano" e che andarono a rafforzare le comu,

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nità anglosassoni , rendendole forti e prestigiose come mai lo era­

no s t at e Lui che voleva che l'antisemitismo divenisse sangue e carne dell ' u omo moderno ottenne anche qui il risultato opposto , renden­ .

do vergognoso anche solo il pensarlo e rendendo impronunciabile

la stessa parola "razza" . L ' altra razza "inferiore" , la slava, che voleva sterminare per sgombrare le sue fertili pianure al lavoro dei coloni tedeschi e i cui resti, se ce ne fossero stati , sarebbero stati ricacciati oltre gli Urali , q u el la razza ha inghiottito gran parte dei territori che già furono della Germania. Più ancora che Mussolini, Hitler era convinto che il numero fosse potenza : ebbene, non solo la sua guerra distrusse buona parte del­ la gioventù tedesca ma, come per reazione alla sua politica di in­ cremento demografico, la Germania è divenuta tra i Paesi del mon­ do con la minore natalità. Hitler voleva distruggere sin l'idea stessa di democrazia parla­ mentare, rappresentativa, e ne ha invece assicurato il trionfo pla­ netario (almeno a livello di intenzioni e di ideali) , rendendo quasi impossibile pensare ad altre forme di organizzazione sociale. Hitler non voleva la guerra con la Gran Bretagna; sempre ne de­ siderò se non l' alleanza almeno la neutralità. Il suo ideale strategi­ co si basava su una spartizione : la Germania egemone sul conti­ nente europeo , l'Inghilterra egemone sui mari . E fu proprio all'in­ domabile volontà britannica di non cedere a lui che dovette la scon­ fitta finale. Hitler voleva creare un cordone sanitario che difendesse l'Euro­ pa da quella che considerava la cultura "ebraico-negroide" degli Stati Uniti : questo Paese, diceva, « passato direttamente dalla bar­ barie alla decadenza » . E invece, anche qui , ottenne l' esatto con­ trario, con gli americani che sommersero il vecchio Continente: pri­ ma con i soldati e poi con la forza dei loro usi, costumi, linguaggi sino a rendere l'Europa, che già fu colonizzatrice, colonia del nuovo Impero . Hitler voleva una società basata sulla disuguaglianza e sulla ob­ bedienza a una gerarchia e ha invece accelerato straordinariamen­ te il processo di eguagliamento e di contestazione di ogni autorità. Hitler . . . Ma perché continuare? Quanto detto ci sembra ben sufficiente

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a mostrare quanto radicale sia stata ' 'l'eterogenesi dei fini" ; quanto il progetto e le intenzioni si siano rovesciate nel loro contrario stesso. Dodici anni soltanto , ma bastanti per riconfermare, come un tra­ gico monito, la verità delle antiche parole che dicevamo: « Nisi Do­ minus aedificaverit domum, invanum laborant qui aedificant eam . . . » . Né vale dire che ciò avvenne perché fu sconfitto: se aves­ se vinto la guerra, tutto sarebbe andato diversamente . . . Intanto, non è un caso se quella guerra l'ha perduta. E, poi , non è così : il marxismo non ha perso guerre, eppure ha anch 'esso realizzato il contrario di ciò che si proponeva. E così il giacobinismo e anche il socialismo . Ma queste sono altre storie, di cui bisognerà parlare.

101. Ferrovie Ogni volta che parto dalla stazione Centrale di Milano , non posso fare a meno di meditare sull'enigma delle tettoie ferroviarie . . . Prima di credermi più pazzo di quanto non sia, lasciate almeno che mi spieghi . La cosa comincia da quando, bambino , sulla pas­ serella in ferro che scavalcava il fascio di binari dello scalo torine­ se di Porta Nuova, mi beavo nelP osservare il movimento dei treni , alcuni ancora a vapore. Tra gli odori perduti per sempre c'è quello delle locomotive a carbone: sapeva di viaggio, di ignoto, di avven­ tura, di gioiosi ritrovarsi e di strazianti addii . Forse perché memore di quella magica passerella sospesa tra le vie Nizza e Sacchi e ora distrutta a favore di un tenebroso sotto­ passaggio , coltivo una mia segreta quanto tenace passione per tut­ to ciò che va su rotaia. E mi azzardo anche a meditarci sopra. In effetti come si sa, almeno alle sue origini, il treno non è per niente estraneo a un discorso "religioso" (o "irreligioso' ' ) . « Un bello e orribile l Mostro si sferra, l Corre gli oceani, l Corre la terra. » . Per proseguire, dopo alcune altre quartine: « Come di turbine l L 'alito spande: l Bi passa, o popoli, l Satana il Gran­ de. l Passa benefico l Di loco in loco l Su l'infrenabile l Carro del foco. l Salute, o Satana, l O ribellione, l O forza vindice l De la ragione! l Sacri a te salgano l Gli incensi e i voti! l Hai vin­ to il Geova l Dei sacerdoti » . Così, nel settembre del 1 863 , i l trentottenne Giosuè Carducci nel già celeberrimo (anche se ora semidimenticato , quando non rimosso . .

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con qualche imbarazzo) Inno a Satana, cioè al Progresso, alla Scien­ za, alla Ragione destinati a sconfiggere l ' oscurantismo de « il Geo­ va dei sacerdoti » e simboleggiati dalla locomotiva a vapore. Ine­ briati d all ' ottimismo positivista, quei signori neanche immagina­ v ano che il Progresso, la Scienza, la Tecnica - sempre scritti, reli­ giosamente, con la Maiuscola - potessero rivelare quel lato not­ t urno , quel volto oscuro che ben abbiamo visto e che const atiamo ogni giorno nella terra devastata e desolata anche per eccesso di ' '

p rog re s so " .

Tutti abbiamo studiato su libri di scuola dove, come esempio ri­ dicolo e insieme orripilante della grettezza cattolica, si cita Grego­ r i o XVI, il monaco camaldolese divenuto papa nel 1 83 1 , il quale si sarebbe opposto alla costruzione di ferrovie nello Stato Pontifi­ ci o , co nsiderandole quasi opera diabolica. In realtà, come Carducci

mostra, è proprio al presunto aspetto "satanico" della locomoti­ va che la cultura anticlericale si appoggiava per fare anche di quel­ la m acc h ina uno strumento di lotta alla religione . Davanti a simili aggressioni, sembrò logica almeno una certa diffidenza da parte della Chiesa. Di più, in effetti non ci fu, anche perché Gregorio XVI morì nel 1 846 quando di ferrovie, in Italia, c'erano poco più che "i regi giocattoli " della Napoli-Portici e della Milano-Monza, costruiti non prioritariamente per il servizio del pubblico, ma per permettere ai Borboni e agli Arciduchi d ' Austria di raggiungere le rispettive regge estive. In effetti, Pio IX, che succede a Gregorio , autorizza senza problemi la costruzione di vie ferrate, anche se il loro sviluppo fu limitato: ma questo perché un simile investimento presupponeva un'economia ricca, capitali imponenti, industrie mec­ c aniche e siderurgiche . Tutte cose che mancavano non solo nello Stato Pontificio ma in ogni altra zona italiana. È comunque certo che, tra le grandi date della storia, sta quel 27 settembre del 1 825 quando , alla velocità massima di 24 chilo­ metri l ' ora, da Stockton a Darlington, in Scozia, George Stephen­ son guidò il primo treno passeggeri del mondo , trainato dalla lo­ comotiva Active da lui progettata . Dopo più di 1 60 anni , tentando un bilancio, ci si accorge che - anche qui , come ovunque altrove - la rivoluzione cominciata quel mattino d' autunno , accanto a uno straordinario " attivo " , ha pure un suo " passivo " . 1 95

In effetti, gli economisti concordano nel constatare che le strade ferrate resero più ricchi i ricchi e, spesso , più poveri i poveri. Per stare al caso italiano, mentre, anche grazie ai treni per le merci e per le materie prime, l'industria del triangolo industriale del Nord poté nascere e poi rafforzarsi, al Sud le linee servirono quasi solo a facilitare la fuga, l' emigrazione . Anzi, la già stenta agricoltura meridionale , fondata sulla coltivazione estensiva dei cereali, rice­ vette un durissimo colpo quando i nuovi trasporti riversarono sul nostro mercato il grano della Russia e del Sud-Est europeo . Come si sa, ancora all' arrivo di Garibaldi , nel 1 860, Napoli non era solo la città più popolosa ma anche il maggior centro industriale italia­ no . La rovina si deve non solo all' apertura indiscriminata a una concorrenza cui l'imprenditoria partenopea non era preparata, ma anche alle ferrovie che portavano le materie prime del Nord Euro­ pa (carbone, minerali di ferro e altri metalli) in Piemonte e in Lom­ bardia a costi enormemente inferiori rispetto al Sud . Il quale, sino ad allora, si approvvigionava via mare : la differenza del prezzo di trasporto a Napoli piuttosto che a Genova non era così rilevante. Nel " passivo" (accanto , naturalmente, ai vantaggi grandissimi), non va dimenticato il fatto che solo il treno permise alla guerra di diventare totale, in grado di dar fondo interamente alle risorse umane ed economiche delle nazioni . A parte fucili e cannoni, gli eserciti di Napoleone non si scostavano molto da que1li dell 'Impero roma­ no, almeno quanto a possibilità di approvvigionamento e a mobili­ tà, basata, come duemila anni prima, sul cavallo e il bue da tiro. Il "salto di qualità" avviene per la prima volta (con i primi treni) nella guerra americana di secessione, iniziata nel 1 861 , poi nella guer­ ra franco-prussiana del 1 870 e quindi, in modo devastante, in quel­ la del 1 9 1 4- 1 8 che non a caso fu detta "la Grande Guerra" per an­ tonomasia. Se davvero fu tale, se poté continuare tanti anni sino all'esaurimento totale dei contendenti , lo si deve al fatto che ogni giorno e ogni notte migliaia di treni , nelle retrovie, rifornivano ar­ mate di milioni di uomini. Guerra disperante e sterminatrice a causa di un fatto assolutamente imprevisto che sbalordì gli Stati Maggiori: l' arrestarsi, cioè, senza possibilità di sfondamento, su linee di trincee contrapposte . Due altre terribili invenzioni, il filo spinato e la mi­ tragliatrice, spiegano l 'impossibilità per i fanti di avanzare (come anche di essere travolti) . Ma se, per quattro anni e più, quegli enormi

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eserciti poterono tenere le linee insanguinate lo si deve alla oppor­ t unità di fornire loro viveri, munizioni, materiali per via ferrata. Non a caso , in tutti i Paesi belligeranti le ferrovie, militarizzate, furono considerate come un' Arma combattente alla pari delle altre. Né va forse dimenticato il fatto che sono state le ferrovie a isti­ t uzionalizzare senza ipocrisie, brutalmente, la divisione dell'uma­ nità secondo il censo: in origine quattro, poi ridotte a tre (oggi a due) le "classi" dividono gli uomini sin dall'ingresso in stazione, con sale d' aspetto e scompartimenti separati . (Si noti, a beneficio degli ammiratori della Cina, caso mai ancora ce ne fossero, che il mitico Paese dell'eguaglianza assoluta, anche ai tempi di Mao conservava - e pure oggi conserva - le tre classi ferroviarie e ad­ dirittura, su qualche linea, ne ha ancora quattro . . . ) . M a perché, all'inizio, l' accenno all ' " enigma delle tettoie"? Beh, è una storia curiosa ma esemplare . La Centrale di Milano, con le sue cinque gigantesche tettoie (la maggiore alta come un palazzo di dieci piani) , erette all' inizio degli anni Trenta, è l'ultima del ge­ nere . L'altra grande stazione italiana, quella di Roma Termini, fi­ nita sullo scorcio dei Quaranta, non ha tettoie ma pensiline. Il fatto è che le tettoie (costosissime, oltre che antifunzionali , trat­ tenendo il fumo delle locomotive e dimezzando la luce) erano inu­ tili : allo scopo di protezione dalle intemperie dei mezzi e dei pas­ seggeri bastavano le ben più economiche e funzionali pensiline. Ma, in quel ' 'regno della ragione' ' (ricordiamo Carducci) che erano le ferrovie, nessuno se ne accorse per circa un secolo : si era fatto così all 'inizio; e così ingegneri e architetti continuarono a fare . Gli stu­ diosi del ramo non sanno spiegarsi questo insistere, in tutto il mondo e per tanto tempo, in un simile errore costoso e dannoso . Parlano di un « enigma ». Forse, invece, non è che l 'ennesima dimostrazio­ ne che gli "esperti" non sono poi tanto tali. E che anche il Satana (« O forza vindice de la ragione ! » ), esaltato dal poeta, non è sem­ pre così ragionevole.

102. Stazioni Torniamo ai treni , anzi alle stazioni , per trovarvi ulteriore con­ ferma che questo mondo della "razionalità" per eccellenza, della

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"laicità" per antonomasia, è spesso quello della irrazionalità e della ricerca di una nuova sacralità. Accennavamo alle spese gigantesche e agli inconvenienti inutili affrontati in tutto il mondo, per oltre un secolo, per lanciare sui binari colossali tettoie in ferro quando , con un decimo della spesa di costruzione (e con ancora maggiore risparmio per la manuten­ zione) bastavano le svelte, economiche e più efficaci pensiline . Ma questa irrazionalità ha coinvolto assai a lungo le stazioni nel loro complesso : si pensi al caso che già citavamo e che è davvero esemplare (anche perché è stata inaugurata in epoca recente , nel 1 93 1 ) della Centrale di Milano, colossale blocco in pietra e marmo affollato di ogni genere di decorazioni (dalle statue, ai bassorilie­ vi, ai mosaici) e con una sala per le biglietterie il cui soffitto si spinge sin quasi a 50 metri di altezza. Poco meno alte sono la ' 'galleria delle carrozze" e quella di "testa" , davanti ai binari . Non ha ov­ viamente alcuna spiegazione razionale un simile gigantismo, un si­ mile spreco di orpelli (si va dalle scene patriottiche ai segni zodia­ cali, alle divinità pagane) per un luogo che dovrebbe avere la sola funzione di permettere la partenza e l' arrivo dei passeggeri nelle condizioni di maggiore comodità . E, invece , è proprio la comodità della gente che è sacrificata; e in modo arrogante, se non disumano : si pensi al fatto , davvero scandaloso , che per accedere ai binari , la gente doveva trascinare i suoi bagagli su per lunghi ed erti scaloni. Solo di recente si sono installate alcune scale mobili . Si pensi al fatto che, allo scialo ba­ bilonese di decorazioni , fa contrasto la rarità, quando non la man­ canza assoluta, di panche, di sedili sui marciapiedi di attesa, dove la gente possa poggiare un attimo se stessa e i suoi bagagli . Né la stazione di Milano è un caso isolato, anzi si inserisce con perfetta coerenza in un modello che è mondiale. Qualche tempo fa, il Centre Pompidou (il Beaubourg) di Parigi ha organizzato una mostra, Le monde des gares, il mondo delle stazioni , che ha ovviamente deliziato noi della setta dei "trenofi­ li" . Deliziato e insieme orripilato. Pur condotta da ricercatori in­ sospettabili , la mostra confermava che, tipica espressione del laico "umanesimo" otto-novecentesco, la stazione è il luogo dove in real­ tà l'uomo è schiacciato senza misericordia in nome delle nuove di­ vinità mondane . L'irrazionalità delle stazioni non si capisce se non 1 98

riconoscendo il loro carattere sacrale, di nuove cattedrali a gloria dell' astratta Umanità e dei suoi dèi : la Patria, l'Economia, la Scien­ za, la Tecnica. Nei piani regolatori elaborati dalla borghesia libe­ rale che governava le città, la "piazza della stazione" è disegnata come nuovo polo che si contrapponga alla "piazza del Duomo " e riorganizzi attorno ad essa la vita delP abitato . [nquadrata dagli alberi del giardino, la stazione si staglia impo­ nente come un nuovo tempio, denunciando il suo carattere religio­ so sin dalla facciata. Al centro, al posto della croce, l 'orologio, simbolo della nuova fede del lavoro, del commercio, dell'industria. Alle "ore" che scandivano la vita dei frati (e dei cristiani in gene­ re, con l'Angelus di mezzogiorno e l'Ave Maria della sera e altri momenti annunciati dal suono delle campane) si contrappongono adesso le cifre dell'orario ufficiale. Poco si riflette sul fatto che sono proprio le ferrovie ad avere letteralmente "inventato" un tempo che non era mai esistito : le 9 , 1 3 o le 1 4,22 o le 23 ,46. Gli orari di arrivo e di partenza dei treni sono novità del tutto inedite. Non c'erano, quegli orari, non sol­ tanto per mancanza di strumenti tecnici (gli orologi meccanici , an­ che molto precisi, esistevano da secoli), ma anche per salvaguar­ dia dell'umanità che è in noi e che esige sì puntualità, ma non sino al punto di farne una gabbia di spietata esattezza e, dunque, di sof­ focazione. Ne è controprova l'esperienza di ciascuno di noi : il so­ gno, anzi l' incubo più ricorrente nelle notti di tutti è proprio quel­ lo del "perdere il treno" , di giungere in ritardo, di mancare un qual­ siasi appuntamento fissato a un' ora - artificiosa e, dunque, inu­ mana - implacabilmente precisa come è quella ferroviaria. Comunque, dietro la facciata da cattedrale della stazione, si apro­ no ambienti anch'essi pensati e costruiti come spazi sacri: da qui l'irrazionale ampiezza, da qui le decorazioni che esortano alle vir­ tù civiche, che ricordano le glorie patrie, che mostrano - perché siano di esempio - le effigi dei nuovi santi: eroi, inventori, filan­ tropi, politici . Tra i saloni altissimi e sotto le tettoie (vere navate) si affaccendano i nuovi "ministri del tempio " , i ferrovieri in divi­ sa, come soldati di un esercito o come addetti al culto; al punto che , sino a tempi non remoti, il capostazione (generale e insieme sacerdote della religione dell'Umanità) portava un cappello col pen-

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nacchio e ai fianchi cingeva una sciabola. Ne è rimasto qualcosa nel berretto ancor oggi in uso, rosso, del colore " religioso" per

eccellenza. Senonché, come sempre si verifica laddove si esalta l' astratta Umanità, sono guai grossi per l'uomo concreto : in effetti, il pove­ ro viaggiatore e le sue esigenze reali sono l 'ultima delle preoccupa­ zioni . Eccolo dunque trascinare le sue valigie su per scaloni impo­ nenti quanto erti , schiacciato dalle statue che, impassibili, lo guar­ dano dall'alto . Eccolo sui marciapiedi attendere in piedi, senza poter sedersi, sorvegliato a vista da chi impugna il regolamento come nuo­ va Scrittura . Eh, sì, a rifletterei il mondo dei treni appare davvero come un'im­ magine esemplare del mondo post-cristiano , della cultura che ha abbandonato l'antica fede rivelata per sostituirvene un'altra inven­ tata. E non è dunque una casuale stranezza l 'eccitazione "religio­ sa" di un poeta alla Carducci davanti alla vaporiera e a ciò che essa significava.

103. Mafia/l Tenetevi forte, ché le domande che dobbiamo farci urtano più che mai contro ciò che ci hanno sempre detto e che ogni giorno ci ripetono . Ma urtano anche, quasi certamente, contro ciò che noi stessi abbiamo sempre pensato. Simili domande, dicevo, « dobbia­ mo » farcele perché, se ci si dice cristiani, tra i doveri c'è la lotta per la verità contro il pregiudizio (quello, innanzitutto, che è in noi); c'è il combattere contro l' equivoco, contro l ' approccio scorretto ai problemi, col rischio di disperdere forze preziose e di danneg­ giare coloro che volevamo aiutare . Vediamo, allora, di farci quelle domande . Ad esempio: e se non fossero poi così giusti i fieri propositi di lotta, sempre e comun­ que, a ogni "clientelismo " - i cui limiti estremi sono, come si sa, la mafia, la camorra , la 'ndrangheta sino a trasformare quella lotta in una sorta di professione se non di nevrosi? E se, cercando di imporre al nostro Sud (anzi all' Italia intera) un astratto model­ lo statale nord-europeo facessimo opera non solo inutile ma dan­ nosa, soffocando la nostra specificità e rendendoci complici di un' o­ perazione colonialistica? Ancora: siamo proprio così sicuri che la -

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sola forma possibile di organizzazione sociale sia, come ci ripeto­ no da secoli, quella dello Stato cosiddetto di diritto , dove "comanda la legge e non le persone" , dove l'autorità è dunque "impersona­ l e " , dove le cose potrebbero marciare anche senza gli uomini per­ ché non questi governano ma i codici, i regolamenti astratti, validi sempre e comunque? Perché dovrebbe essere vietato infrangere molti tabù e prendere in seria considerazione un'ipotesi? Quella cioè, che le mafie non siano che la degenerazione di un sistema di rapporti sociali che ha pari dignità rispetto a quello che la nostra Costituzione (ispirata a modelli illuministici) ha cercato di imporci: seppure, significati­ vamente, non riuscendovi . Le mafie, dunque, come sviamento di una visione della vita di per sé legittima e, anzi, rispettosa della cultura e del temperamento delle nostre società "mediterranee" : società basate sui rapporti " caldi" (opposti a quelli " freddi" del­ l'Europa nordica); fondate sull'amico più che sul gendarme e il giu­ dice; sulla dipendenza dell 'uomo dall' uomo concreto e non dall ' a­ strattezza della norma teorica (la "maestà della legge" che cala co­ me un destino implacabile sulle persone, irriguardosa della infini­ ta diversità delle situazioni effettive) . Continuando con le domande inquietanti : e se il ' ' padrino ' ' ma­ fioso non fosse che la caricatura di un modello, di per sé valido, di società fondate su quella cellula naturale e di base che è la fami­ glia , con la doverosa autorità del pater jamilias? È davvero obbli­ gatorio guardare, come al solo modello con cui confrontarsi, a Lon­ dra, a Zurigo, a Washington, mentre Palermo, Napoli , Reggio Ca­ labria sarebbero solo il male diabolico da esorcizzare, la degenera­ zione da guarire a ogni costo, non avendo proprio nulla da inse­ gnarci? Non accettiamo passivamente l'egemonia imperialistica del Nord, non solo disprezzando - razzisticamente - la nostra cul­ tura, ma impedendoci di governare noi stessi con efficacia, adot­ tando modelli che non sono i nostri? Mettendosi , poi , in una prospettiva religiosa: il mondo di tradi­ zione protestante mette su tutto la Bibbia, il Sola Scriptura come norma oggettiva (e non di rado un po' terroristica) di fronte alla quale tutti devono chinare la testa. Il riflesso sociale di questa ido­ latria del testo (« sta scritto » e basta) è il Rechtsstaat, lo Stato di diritto, con i suoi codici (la "Scrittura" laica) rigidi e implacabili . 20 1

È a questo modello che si sono sempre ispirati anche i legislatori ita­ liani , costituenti compresi. Ma, nella tradizione cattolica, la Scrit­ tura, che pure è il vertice, è sempre mediata dalle persone; i rappor­ ti tra gli uomini sono resi umani ispirandosi alla struttura della Chie­ sa, che è a base personale: il parroco, il vescovo, il papa. (Un tede­ sco come il cardinale Ratzinger mi parlò, con ammirazione convin­ ta, di « quella umanità latina che lascia spazio alla persona concre­ ta, sempre ricordando che la legge è per l'uomo e non viceversa ») . Rapporti ' 'caldi' ' , dunque; vincoli di interdipendenza tra perso­ ne; istituzioni elastiche e non predeterminate una volta per tutte; autorità riconosciuta non al più freddo e intransigente tra i buro­ crati, applicatore alla lettera dei regolamenti, ma a uomini " di fi­ ducia" , di carisma, a leader naturali , credibili per le loro qualità intrinseche e non per studi e concorsi statali. Insomma, dopo la "dieta mediterranea" , la riscoperta di un pos­ sibile " Stato mediterraneo" che non sia suddito acritico dei mo­ delli " nordici " ? Chi azzarda queste ipotesi scandalose (che danno però voce alle domande che molti di noi si portano dentro) è il pro­ fessar Gianfranco Miglio, del quale già parlammo. E le azzarda, queste ipotesi, con un sacrificio anche personale: Miglio , in effet­ ti, ha dovuto convertirsi, abbandonando, a settant'anni, molti con­ vincimenti di fondo . Quello , innanzitutto , che il moderno Stato di diritto, che ha sostituito l'A ncien Régime e, prima ancora, il si­ stema feudale (sistemi entrambi "caldi " , a base "personale" , fon­ dati sul rapporto fedeltà-protezione da uomo a uomo) fosse il punto di arrivo insuperabile di una evoluzione verso il meglio. Studiando invece, e per decenni , la nostra Costituzione e, in genere la nostra legislazione - attento non agli auspici dei rétori ma a quel che av­ viene in pratica - ha cominciato a nutrire il sospetto che ci sia qui un letto di Procuste sul quale non si riesce a farci adagiare. Perché ciò che va bene sul Tamigi dovrebbe funzionare ovunque, anche sul Tevere? È giustificato battersi per un modello istituzio­ nale e legislativo che forse non è per noi? Il nostro ricorrere istinti­ vamente (a Nord come a Sud) alla " raccomandazione " ; le "clien­ tele" che si formano spontaneamente attorno ai leader politici; la cosca mafiosa o camorristica stessa, non segnalano forse il nostro bisogno di un sistema basato sull' uomo, sul " governo personale" più che sulla norma astratta?

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E se i demonizzati ' 'terroni ' ' (che lo sprezzante illuminismo raz­ zi stico dei liberals nostrani vorrebbe vestire a forza all'inglese) fos­ sero d ei saggi che ci mostrano la strada da battere per inventarci le nostre istituzioni , da sostituire a quelJe che non funzionano per­ ché a noi estranee?

104. Mafia/2 V aie la pena riprendere le domande su mafia, camorra, 'ndran­ gheta ; e, in genere, su quel " clientelismo" che contrassegna l' Ita­ lia intera . Fenomeni che, azzardavamo, potrebbero anche non es­ sere pura negatività criminosa, bensì segnali distorti di un modo diverso (ma non per questo inaccettabile) di intendere i rapporti tra uomini. Cosi cominciano a sospettare studiosi autorevoli, come Gianfran­ co Miglio che ha tirato un sasso in piccionaia con quel suo inter­ vento ( Ver.s-o una repubblica "mediterranea "?) che inizia così : « Più avanzo nello studio del sistema politico italiano e più cresce in me il sospetto che, alla base delle logoranti, inconcludenti discussioni , ci sia un rilevante errore di metodo >> . L'errore, cioè (vale la pena di ripeterlo), di pensare che il termi­ ne di confronto obbligato, l'unico possibile, sia con l'Europa "fred­ da" , con l 'Occidente "atlantico" . « Quegli ordinamenti - osser­ va Miglio - sono tutti basati sull'impersonalità del comando: i cit­ tadini devono obbedire a norme astratte piuttosto che all'autorità di persone concrete. La storia delle libertà costituzionali in Occi­ dente è una lotta per sostituire al comando personale (del feudata­ rio , del principe, del giudice) la sovranità della legge, cioè norme stabilite una volta per tutte. I nostri costituenti avevano natural­ mente dinanzi agli occhi questo modello, quando stesero la Costi­ tuzione del 1 948 » .

Si sa come un' egemonia culturale ci sia stata imposta dal grup­ po del "partito d' azione" (quello che, stando a Eugenio Scalfari , « la sera andava in via Veneto » e che si espresse con giornali come Il Mondo, L 'Espresso e ora la Repubblica) , partito di pochi intel­ lettuali , che non riuscì mai ad avere un minino di base popolare e che sempre perseguì il tentativo di sradicare l' Italia dal suo con-

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testo mediterraneo per agganciarla all'Europa nordica. Il Mediter­ raneo, per costoro (e in questo Gramsci e Gobetti, dunque liberals e marxisti, sono concordi) è l' arretratezza cattolica, è la Controri­ forma, sono le plebi superstiziose che alternano rosario e coltello, è la mentalità clientelare, è il Sud dei padrini . L'Europa, invece, è quella Riforma protestante la cui mancanza è vista come la vera rovina del Paese; è la modernizzazione; è l ' eden del civismo , dove nessuno getta la carta per terra: e, se lo fa, sono i passanti a tra­ sformarsi in poliziotti . L ' Italia "reale" (e soprattutto quel Sud così disprezzato da co­ storo) mostrò sin dall 'inizio che cosa ne pensasse. Nel 1 799 , al ri­ paro dei francesi invasori , a Napoli fu proclamata la Repubblica giacobina da un gruppo di aristocratici "democratici " , di avvoca­ ti e farmacisti "illuminati " , di borghesi e di lati fondisti che vede­ vano possibile realizzare l' antico sogno di mettere le mani sui beni ecclesiastici e sulle terre comunali, date in uso civico per il sosten­ tamento della povera gente. La quale, però , non si lasciò incanta­ re dai bei proclami " democratici " e, riunitasi nell'Armata della Santa Fede del cardinale Fabrizio Ruffo , in pochi mesi costrinse quei quattro gatti di collaborazionisti giacobini alla resa. La rivol­ ta divampò di nuovo quando furono i piemontesi a volere imporre le istituzioni ' ' nordiche' ' di quel Cavour che non a caso era di ori­ gini ginevrine e calviniste. Per piegare quello che fu detto "brigan­ taggio" (mentre ebbe spesso i tratti di una vera guerra di liberazio­ ne) occorsero infinite atrocità e i due terzi dell'esercito italiano. Un a piaga che non si è mai sanata e di cui ora paghiamo il con­ to . Ma, allora : l 'attuale scatenamento della criminalità organizza­ ta deriva davvero da una « immodificabile, genetica predisposizio­ ne a delinquere » del popolo meridionale? La risposta "razzista" è inevitabile se si è convinti che le nostre istituzioni (a cominciare dalla Costituzione) , siano le sole valide, il nec p/us ultra dell ' organizzazione sociale . Quel disprezzo etnico per i "terroni " , che le varie "leghe" settentrionali portano alla lu­ ce del sole, ma che è alimentato dal feticismo " europeo" dei libe­ rals, è superabile solo se si comincia a sospettare che culture diver­ se esigano istituzioni diverse. L'avere fatto un idolo, valido sempre e comunque, della demo­ crazia parlamentare anglosassone, della codificazione napoleoni204

� a . dello Stato di diritto dei giuristi tedeschi, ha chiaramente pro­ vocato disastri nei Paesi ex coloniali, dove l'imposizione di quei m odelli estranei si è rovesciata nella dispotica realtà che sappia­ m o . Può darsi che anche nel nostro Sud (ma forse nell' Italia inte­ ra, unita com'è dal background cattolico) l' illegalità di massa non sia che l ' allarmante spia di istituzioni inadatte le quali , conculcan­ do valori tradizionali e pienamente legittimi, provocano la cancre­ na della mafia. Questa non è, come vuole lo schema consolatorio da telegiornale, un meteorite caduto dal cielo, un cancro sviluppa­ Losi casualmente, l'infezione portata da qualche extraterrestre. È (come le consorelle napoletane, calabresi, sarde; ma come , forse, il clientelismo dell' Italia intera, quella del Nord compresa) la pa­ tologia di una società che cerca di basarsi su valori propri che l'Eu­ ropa "fredda" e i suoi ammiratori nostrani disprezzano , ma a tor­ to. Valori come il rapporto diretto da uomo a uomo, la famiglia e i vincoli di parentela, l ' amicizia, l'impegno verbale che prevale sul contratto scritto. Il senso dell'onore, l' attenzione alla persona (« che è - osserva Miglio - parola "cattolica" , mentre il prote­ stantesimo parla di "individuo" ») , il riconoscimento della /eader­ ship naturale, del carisma di un ' 'padrino' ' , il rifiuto della legge astratta (la « lettera che uccide » di Paolo) , la giustizia rapida e non burocratica, la prospettiva religiosa stessa. Se, come cristiani , ci interessa non il trionfo dell' ideologia ma il rispetto dell ' uomo , è tempo forse di smetterla di cercare di con­ culcare una cultura, che è poi la nostra, ma è tempo di riesaminar­ la con simpatia per trovarle uno sbocco istituzionale. Siamo così sicuri che le sprezzanti e gelide "virtù civiche" del borghese calvi­ nista o puritano debbano prevalere, manu militari, sulle "virtù uma­ ne" , sul " sistema caldo " , sulle " istituzioni personali" dei popoli mediterranei forgiati dal cattolicesimo?

l 05.

Potenti

Ricordavano a noi , studenti di scienze politiche, che, per quan­ to si frughi negli annali, non esiste nella storia un solo caso di po­ t ente che (volontariamente, senza esservi costretto) abbia deciso di abbandonare il suo potere. Nella storia religiosa si può citare il caso di Celestino V che ab-

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dicò da papa (ma il potere papal e è anomalo : è la stessa consuetu­ dine millenaria che pretende da chi occupa la cattedra di Pietro di non abbandonarla sino alla morte, malgrado quel precedente non a caso isolato - del XI II secolo . Sembra certo che anche Paolo VI meditasse le dimissioni , ma che ne sia stato autorevolmente dis­ suaso : governare sino alla morte, qui , sembra un dovere oltre che un diritto) . Nella storia politica, civile , qualcuno fa il nome di Sii­ la ma, se si va a guardare bene , si scopre che anche in quel caso il ritiro a vita privata non fu "spontaneo" . Tra gli infiniti uomini che, in tutto il mondo e in tutti i tempi , gesti­ rono il potere (a qualunque livello : da quello supremo a quello in­ termedio sino a quello infimo), sembra che proprio nessuno abbia saputo andarsene se non costrettovi dalla morte, dalla forza, da una legge cui non ha potuto opporsi . Il che avviene, si intende, anche in democrazia: caso patetico ed esemplare quello di Sandro Pertini che sino all ' ultimo , alla soglia dei novant ' anni , pare abbia accarezzato la "speranziella" di candidarsi per un altro settennato alla presidenza della Repubblica . O il caso, anch 'esso esemplare (per l' autoironia dell ' uomo , per la lucidità di cui ha dato tante prove) di Giulio An­ dreotti il quale , in politica da quarant 'anni, si era più volte "compro­ messo' ' , dichiarando ai giornali di avere annunciato solennemente al­ la moglie che, al compimento dei sessant'anni, si sarebbe ritirato a scrivere le sue memorie, basate su quei suoi tanto famosi quanto te­ muti diari . Non è stato affatto così, come del resto era ben prevedibile. questa vischiosità del potere , questa tenacia nel coman­ do (grande o piccolo che sia) , questo non sapere rinunciare al gu­ sto di una simile mela, una volta assaggiata? Una tale ostinazione universale nel difendere a ogni costo le poltrone (o anche solo le sedi e o gli sgabelli) è ancora più sorprendente se si riflette che ha poco a che fare con la logica: può esserci del gusto nel gestire il potere, ma le contropartite che richiede non sono leggere. Il pote­ re è spesso scomodo , faticoso, terribilmente impegnativo , fonte di continue tensioni, non di rado pericoloso (senza spingersi agli esem­ pi dei regimi totalitari , si pensi alla vita "blindata" - quasi da reclusi, prigionieri di case e auto e uffici corazzati e di scorte ar­ mate - di centinaia di uomini di responsabilità negli anni del ter­ rorismo italiano . Eppure, non una sola dimissione, a nessun livel­ lo, a causa di c ondizioni di vita così disumane) . Perché

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N o , la ragione non c'entra, il solo tornaconto economico nep­ pure: dev'esserci sotto qualcos 'altro . Ma che cosa? Ci ho spesso riflettuto, giungendo alla conclusione che il potere appartiene for­ se alla stessa, misteriosa dimensione dell' amore, ed entrambi rin­ v i an o al mistero di Dio . In effetti , per loro n atura, sia il potere che l'amore tendono all'eterno: non c'è nessuno (lo abbiamo vi­ sto) che non desideri avere il potere "per sempre" ; e non c'è amo­ re vero che non spinga a giurare all' amato o all ' amata di amarlo (o di amarla) "per sempre" .

Q uesto richiamarsi all ' eternità è significativo: per il cristianesi­ m o , l' amore ha a che fare, direttamente, con Dio; ma anche il po­ t ere vi è legato (Paolo, in certi versetti che oggi magari imbarazza­ no qualcuno: « Ognuno sia sottomesso alle autorità che sono al po­ t ere: poiché non v'è autorità che non venga da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio . . . L' autorità non porta invano la spa­ da, essa è ministra di Dio >> , Rm 1 3 , 1 .4) In effetti , a rifletterei , l' amore rinvia al mistero della jecondità di Dio ; il potere a quello della sua autorità. E, dunque , questa pre­ tesa, questa illusione di eternità di chi governa è forse, a suo mo­ do, traccia di un Mistero che lo sovrasta, anche se non ne è consa­ pevole. Se non ci sbagliamo, perciò, il politico , il manager, il ge­ nerale, il direttore , il presidente (o chiunque altro , in qualunque modo, abbia potere) , che recalcitrano davanti alle dimissioni, at­ testano - alla pari degli innamorati - che "comandare" e "ama­ re " non sono, non possono essere "laici' ' , hanno un misterioso rapporto col sacro. Una sorta di prova, anche questa, dell' esisten­ za di Dio? In ogni caso, ci sembra, una riflessione che vale la pena di approfondire.

l 06. Una ' 'maledizione ' ' Come forse pochi sanno , tra le singolarità del presidente Ronald Reagan c'è anche l' essere riuscito a sconfiggere una delle più enig­ matiche costanti della storia degli Stati Uniti. In effetti, lungo 1 20 anni, tutti i sette presidenti americani eletti o rieletti a vent' anni di distanza a partire dal 1 840 sino al 1 960 sono morti nel corso del loro mandato .

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Cominciò William H. Harris on, eletto nel 1 840 e morto nel 1 841 . Seguirono Abraham Lincoln (eletto nel 1 860, morto nel l 865), Ja­ mes Garfield ( 1 880- 1 88 1 ) , William McKinley ( 1 900- 1 90 1 ) , Warren Harding (1 920- 1 923), Frankl i n D . Roosevelt ( 1 940- 1 945 : nel pri­ mo anno della seconda presidenza) . Finì la serie John F. Kennedy, eletto nel 1 960 e ucciso a Dallas nel 1 963 , quando gli mancavano ancora quasi due anni a terminare il suo primo quadriennio di pre­ sidenza . Reagan fu eletto nel 1 980 (non va confusa la data di ele­ zione con quella di insediamento, che cade all'inizio dell' anno se­ guente le elezioni), ha subìto un attentato pochi mesi dopo il suo ingresso alla Casa Bianca ma se l ' è cavata egregiamente. L'exploit di sbaragliare la "maledizione" dei multipli del 20 è dunque singolare . Pare comunque che il presidente sia stato ben consapevole di sfidare una sorta di mistero . Si è gridato allo scan­ dalo quando si è scoperto che alla Casa Bianca nulla si faceva sen­ za prima consultare astrologi , indovini , chiromanti, cartomanti. Ma (almeno nelle non poche corrispondenze che mi capitò di leg­ gere sull' argomento) non vidi nessun commentatore che sembras­ se a conoscenza della serie dei sette predecessori di Reagan coin­ volti in quella sorte di "legge fatale" . Una "legge" che ora non è più tale , ma che può ben spiegare l 'ossessione esoterica del presi­ dente e della moglie e può far capire perché veggenti e santoni fos­ sero presenti in forze alla loro corte . Anche di questi aspetti nascosti e oscuri, eppure concretamente operanti , sono intessute l ' azione e le scelte degli uomini di potere. Tra i mille altri esempi al proposito: l 'entrata dell ' Italia nella se­ conda guerra mondiale fu fissata per il l O giugno 1 940, un lunedì, per scelta personale di Mussolini che annunciò ai suoi generali di volere a ogni costo evitare i martedì e venerdì, da sempre conside­ rati giorni infausti per iniziare qualsiasi cosa . . .

l 07. Giustizia per il passato Siamo molto preoccupati della giustizia nel presente, qui e ora. Ma lo siamo assai meno della giustizia per il futuro e per il passato. Giustizia per il futuro è rispettare i diritti di coloro che verran­ no dopo di noi , sentendo la responsabilità di consegnare loro un mondo non interamente distrutto e avvelenato, un creato che ab-

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bia ancora qualcosa dei suoi doni originari di bellezza e di fe­ condità. Ma c'è anche una giustizia per il passato, verso chi ci ha prece­ duti : ed è una giustizia che neppure i credenti rispettano sempre in pieno. Ad esempio, nell'anno del bicentenario della Rivoluzione fran­ cese, molti cattolici - qualche vescovo non escluso - sono sem­ brati volersi liberare , con un silenzio imbarazzato , dei tremila pre­ ti massacrati, della folla di religiose violentate e spesso torturate sino alla morte, delle decine e decine di migliaia di contadini fatti a pezzi nelle province insorte in nome di una religione cui non vo­ levano rinunciare. Non ci sono solo gli orrori della Vandea, per il cui sterminio si­ stematico gli storici parlano di primo genocido della storia moder­ na e dove i giacobini anticiparono contro quei popolani fermi nel­ la loro fede i tentativi di "soluzione finale" dei nazisti nei riguardi degli ebrei . I massacri e le persecuzioni dei credenti si verificarono ovunque, non solo nell'Ovest: prima in Francia e poi negli altri Pae­ si, Italia compresa, dove la Rivoluzione giunse. Ma se la Vande� fu indomabile è anche perché era stata i1 teatro delle predicazioni di uno dei santi più cari a Giovanni Paolo II che, si dice, medita di proclamarlo dottore della Chiesa: Louis-Marie Grignion de Montfort . Secondo lo schema conformistico , l 'Ovest della Francia si sa­ rebbe sollevato contro la Parigi dei giacobini spintovi dagli aristo­ cratici e dal clero che intendevano conservare i loro privilegi . È una mistificazione che da tempo è stata smascherata ma che è ancora ripetuta nei testi scolastici, contro l'evidenza dei documenti : i qua­ li mostrano senza possibilità di dubbio che la rivolta venne dal bas­ so, dal popolo che, spesso , con la sua iniziativa, travolse le esita­ zioni del clero e dei nobili (molti di questi ultimi preferirono la via della fuga all'estero piuttosto che l' assumere le loro responsabili­ tà) . Insurrezione, dunque, popolare e - pur nelle contraddizioni e negli errori di ogni cosa umana - non "politica" e nemmeno "sociale" ma essenzialmente religiosa, contro la scristianizzazio­ ne alla quale, nella capitale, intendeva procedere una minoranza di feroci ideologi . Delle ideologie moderne, del resto , nessuna ebbe una base dav-

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vero popolare : il marxismo non è mai riuscito a raggiungere il po­ tere attraverso libere elezioni e, dov ' era al potere, è caduto senza che nessuno muovesse un dito per difenderlo; il 25 luglio de1 1 943 , per porre fine al fascismo , bastarono un annuncio alla radio e un manifesto appeso alle cantonate; con la caduta di Berlino il nazi­ smo si dissolse. Né, d'altro canto (neppur questo va dimenticato, a dispetto delle retoriche), il popolo aveva impugnato le armi in difesa del liberalismo quando Mussolini e Hitler vi avevano posto fine . Per stare alla Rivoluzione francese, il popolo accolse senza batter ciglio l'autoritarismo napoleonico che strangolò gli "immor­ tali principi " d eli' 89. L'insorgere delle masse in difesa del cristianesimo nell'Occiden­ te della Francia (e, più tardi, in Italia, nel Tirolo, nella Spagna in­ vasa da Napoleone) è dunque un unicum che sorprende gli storici. In ogni caso, è giustizia non rimuoverlo, come per troppo tempo si è fatto in nome del conformismo di benpensanti che temono di essere "dalla parte sbagliata" della storia. Oltretutto, oggi, anche i laici più onesti sono sempre meno sicuri che ' ' sbagliata" lo fosse davvero .

l 08. Paganesimo A messa, una di queste domeniche . Alla preghiera dei fedeli, leg­ gono , dall ' Orazionale u fficiale della Cei : « Perché la forza dello spirito ci aiuti a rinunciare agli idoli del neo-paganesimo. . » . Ma c'è, mi chiedo , sentendo questa preghiera, c'è oggi un paganesimo "nuovo" o c'è il ritorno del paganesimo di sempre che, con i suoi dèi , non è mai morto? La domanda non solo sembra giustificata, ma la risposta può forse aiutarci a capire il nostro tempo . Innanzitutto: gli antichi credevano nei loro dèi? Dipende, pare, dalle classi sociali: per stare all' epoca imperiale (quella in cui il cri­ stianesimo appare) sembra che la casta politica vi credesse solo, o soprattutto, come instrumen tum regni. In effetti , gli imperatori si sforzarono di vivificare l'antica religione come aiuto potente della coesione statale. Ma questi stessi sforzi dall'alto mostrano come il popolo si fos­ se allontanato dalle antiche credenze, e non per convertirsi allo scet­ ticismo , ma (come oggi del resto) per passare alle superstizioni o .

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ai culti esotici , soprattutto orientali. Proprio come adesso, poiché la g en te non si riconosceva più nella religione "ufficiale" , ciascu­ no attingeva da ogni parte come a un supermercato del sacr 6 : il

· ' fatelo da soli" religioso che noi pure constatiamo . I politici credevano , più che nella verità dell'Olimpo, nella sua e fficacia sociale; il popolo pizzicava qua e là; ma c'era poi il grup­ po dei filosofi, come erano chiamati gli intellettuali in genere. Co­ storo erano disposti a prendere sul serio il mito solo in funzione let­ teraria, per gusto estetico. Ma la bellezza dell'antico mito per loro non signi ficava di certo verità: specialisti dello scetticismo, seguaci a volte dell'ateismo, altre volte del panteismo, si spingevano in qual­ che caso a ipotizzare un monoteismo , seppure non ben precisato. Se questa era , ali ' incirca, la situazione, è sorprendente scoprire che chi invece credette (e senza esitazione) nella verità del pagane­ simo e dei suoi dèi furono proprio i cristiani . I quali, nella lotta, non impiegarono le armi dello scetticismo: « Sono tutte favole ! » . No: come risulta da molte delle antiche opere di apologetica cri­ stiana, i seguaci di Gesù (a differenza di molti pagani stessi) cre­ dettero che i vari Giove, Giunone, Venere, Minerva, Marte, Mer­ curio e via enumerando, esistessero davvero, avessero una loro po­ tenza, abitassero nei templi e nelle statue. Non "demitizzarono", dunque, l'idolatria pagana, la presero in­ vece assai sul serio, convinti che quelle entità esistessero davvero : ma che non fossero dèi , bensì demoni . Il vigore drammatico della predicazione del Vangelo sino a Co­ stantino (e dopo) si spiega proprio con questa convinzione . Gli in­ tellettuali di Roma potevano adagiarsi nel loro scetticismo elegan­ te e lasciare che la plebe credesse nella favola di un Olimpo. Non così i cristiani , convinti che annunciare il Vangelo significasse li­ berare la povera gente, ingannata dai demoni che, sotto le appa­ renze di divinità, maleficamente agivano . Né una tale concezione si dileguò dopo la vittoria definitiva. Su­ gli obelisch.i di Roma fu imposta una croce e accanto ai geroglifici fu scolpito (e fino a più di mille anni dopo Costantino) l'esorci­ smo: Fugite partes adversae: ecce crucem Christi! Del resto, anche nella prassi come nella teoria missionaria sino ai nostri giorni, ne­ gli idoli dei " selvaggi" i missionari non videro innocue fantasie, m a manifestazioni sataniche.

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Si è spesso rimproverato al cristianesimo nascente di non essere stato tollerante, di avere proceduto alla distruzione anche fisica del paganesimo, abbattendo i luoghi di culto con le loro architetture e statue e pitture così spesso capolavori d'arte. Ma, inflessibile nel rifiutare il dialogo nell' ora del trionfo, la nuova fede era statà al­ trettanto rigida e chiusa a ogni "mediazione" nei secoli della per­ secuzione . Eppure, le autorità imperiali, in fondo, si accontenta­ vano di cosl poco : un minimo di posto anche per altri volti del di­ vino, accanto a quello del Cristo, un solo granello di incenso an­ che per l' Olimpo . Ma il fatto è che, se quei pagani non credevano più nella verità dei loro dèi, ci credevano i seguaci della nuova fede. E allora: era possibile un compromesso con ciò in cui si scorgeva il demonio? Era praticabile una convivenza con gli spiriti malefici che si crede­ va infestassero il bronzo e il marmo delle statue nei templi? Le nostalgie pagane (rispuntate nel Rinascimento e poi nel1 'Illu­ minismo e ancora oggi vive e polemiche) dissero "barbari" i se­ guaci della nuova fede cristiana per la distruzione sistematica di tante opere d ' arte . Ma (è la replica degli apologeti, e già di quegli antichi) come non sacrificare i valori estetici cari agli intellettuali scettici, piuttosto che lasciare il popolo preda dei diavoli che lo in­ gannavano? Che sotto quelle distruzioni non ci fosse il disprezzo per la bellez­ za, si incaricò subito di mostrarlo una serie ininterrotta di artisti cri­ stiani che creò una delle maggiori epopee estetiche, se non la mag­ giore in assoluto, che la storia umana conosca. Capolavori, ma " nuovi " , non " infestati" dalle potenze dell'errore e, dunque, del male. « Fecer deserto ed il deserto disser regno di Dio » , accusa la poesia di Giosuè Carducci, sdegnato contro l'intolleranza dei seguaci del Galileo, visti come « maledicenti a /'opre de la vita e de l 'amor» . Già, m a per chi creda che l a verità esiste, non c'è amore più grande che tentare di strappare i fratelli alle tenebre e agli errori della Men­ zogna . La tolleranza non fu amata dai primi cristiani (e non ebbe buona fama negli ambienti religiosi, nessuno escluso, sino a tempi recentissimi) perché, spesso, figlia dello scetticismo . Scettico (quid est veritas ?) e, quindi, tollerante, era il giudice pagano di Gesù; il quale invece (' 'da fanatico " , direbbero oggi molti) non accetta nes­ suna di quelle scappatoie che Pilato gli avrebbe volentieri offerto e preferisce gli orrori della croce agli errori del compromesso .

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Per tornare là dove eravamo partiti: se vogliamo restare fedeli

martiri e santi Padri della Chiesa credettero e testimonia­ come giudicare l'attuale, indubbio ritorno al paganesimo , per sbarrare la strada al quale anche la liturgia rinnovata invita a p r e gare ? È solo la reviviscenza di idee, di teorie di un tempo lonta­ no o è la rivincita di realtà "vive" , come vivi sono - così la fede, spesso ribadita su questo punto dal papa, ci fa anche oggi credere - diavoli , demoni, potenze infernali? Domande di certo sorpren­ denti s e non scandalose per un cristianesimo "nei limiti della sola

a q u anto

rono ,

ragione' ' .

Per esemplificare: dietro al ritorno dell' anarchia sessuale paga­ na, ci sono solo orientamenti socio-culturali da affrontare sul pia­ no intellettuale? O ci sono forse quegli dèi-demoni che il paganesi­ mo indicava con il nome di un Priapo, di un Pan, di una Venere, dì un Ganimede e da affrontare dunque , come duemila anni fa, sul piano direttamente religioso? Dietro le ideologie spietate e le guerre, i genocidi , le crudeltà inaudite che hanno devastato i secoli post-cristiani, non ci saranno magari quegli dèi-demoni che si ce­ lavano sotto il nome (e avrebbero potuto assumerne anche qua­ l u nque altro , la realtà infernale restando immutata) di Marte, di Minerva, di Giove stesso? E quell'entità chiamata Mercurio, e quel­ l ' altra detta Dioniso , non staranno forse dietro lo scatenarsi del culto del denaro e dietro il flagello delle droghe di ogni tipo? I nostri padri nella fede non avrebbero esitato nella risposta af­ fermativa. Per essi, l'Olimpo era "vero" . Dunque, non era stato dissolto ma solo smascherato dalla luce del Vangelo e sottomesso poi dalla forza del Cristo : i suoi abitatori erano incatenati ma non morti, aspettavano la rivincita. "Neopaganesimo" dunque, come dice l'Orazionale della Conferenza episcopale italiana o ritorno del paganesimo eterno, magari a causa della diminuita vigilanza cri­ stiana? Quella preghiera mi ha comunque ricordato anche una delle frasi più inquietanti che, in una silenziosa stanza del seminario di Bres­ sanone, sentii dal cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazio­ ne per la Dottrina della Fede: « Chi guardi con lucidità ai baratri della nostra èra, vi vede all' opera potenze oscure che si adoperano per disgregare i rapporti tra gli uomini. Il cristiano può allora sco­ prire che il suo compito di esorcista deve riacquistare queJl' attuali-

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tà che possedette agli inizi della fede » . E fu lo stesso cardinale a definire « regimi spesso di terrore » le religioni non cristiane, com­ preso dunque l' antico paganesimo . Aggiungendo: « La cultura atea dell'Occidente moderno vive ancora grazie alla libertà dai demoni portata dal cristianesimo . Ma se questa luce dovesse spegnersi, il mondo ricadrebbe nel terrore e nella disperazione . Ci sono già se­ gni di questo ritorno di forze oscure » . Non osai chiedergli se per caso alludesse all' Olimpo che si starebbe ripopolando dei loro abi­ tatori sfuggiti alle catene.

109. ' 'Riformismo forte ' ' Fa tenerezza questo Achille Occhetto che , alle masse comuniste sbandate e decimate lancia, come ultima spiaggia, lo slogan che dovrebbe costituire il nuovo ideale: « Riformismo forte » . Adesso, ai sogni rivoluzionari si è dovuto rinunciare anche nelle parole della propaganda. Ma già Palmiro Togliatti, al ritorno dal­ la Russia, non ci credeva più, almeno per l' Italia che, nella sparti­ zione decisa tra Usa e Urss, ricadeva nella sfera americana. Cosi, la Nomenklatura del Pci tenne per decenni i militanti in un messia­ nesimo rivoluzionario che, però , si guardava bene dal prendere sul serio: un regime comunista nella penisola avrebbe dato a Mosca più guai che vantaggi, per la rottura dell 'equilibrio spartitorio . Agli storici futuri (se ce ne saranno) la presenza di un partito comunista di massa in Italia apparirà forse come una increspatu­ ra, limitata a qualche decennio del secondo dopoguerra. Ma, nello stendere un bilancio, quegli eventuali storici non dovrebbero di­ menticare i costi umani - che Dio solo conosce - di questo in­ ganno: una gerarchia partitica, cioè, che infiamma i cuori dei la­ voratori, degli emarginati, degli assetati di giustizia, che chiede lo­ ro dedizione sino, se necessario, al sacrificio della vita, additando una meta di totale palingenesi che non solo non può ma non vuole nemmeno raggiu ngere; predicando una rivoluzione che non è ve­ nuta - perché, come la storia ha impietosamente mostrato, non poteva venire - e che per giunta, dietro le quinte, ci si augurava che non venisse mai . E questo anche negli anni ruggenti, quando gli illusi della base scalpitavano in attesa del Gran Giorno, del Dies irae del proleta-

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rio: la prima preoccupazione di Togliatti, ferito nell'attentato del 1 948, fu mormorare : « Non fate sciocchezze ! ». Guardatevi, cioè, dall ' approfittare del momento per fare quella rivoluzione che va bene , ma per parlarne nei comizi: in realtà, è « una sciocchezza » . Se esistessero tribunali e giudici anche per il mercato delle ideo­ logie, ci sarebbero qui gli estremi per reati come " frode in commer­ cio" o "abuso di buona fede", se non "circonvenzione di incapace" . Comunque ora , l o dicevamo, l a magica parola - "rivoluzio­ ne ! " - è sparita anche dalle esortazioni per il volgo . D' altra par­ te, mica si può passare esplicitamente al riformismo di quelle so­ cialdemocrazie che per decenni i comunisti presentarono come il nemico ancor più abietto, perché più insidioso , dei fascismi stessi . Non più miti di rinnovamento totale. Ma neppure, per non scom­ parire di botto, la rassegnata accettazione - dopo il rosso squil­ lante - del grigio del riformismo. Ecco allora provare con gli escamotages delle formule . Comin­ ciò Enrico Berlinguer additando quella "terza via" (tra capitali­ smo e marxismo) che si dovette presto espungere dal vocabolario di partito, perché nessuno sapeva dire in che cosa consistesse in concreto . Adesso ci riprova il nuovo segretario, tentando la via di mezzo, con quel patetico ' ' riformismo, ma forte' ' : meno della ri­ voluzione, più della socialdemocrazia . . . In realtà (come tutti sanno) il marxismo era una dura fede reli­ giosa, nata dalla ossessione millenarista, messianica, cosi incon­ fondibilmente veterotestamentaria, di Karl Marx. E c'è ben poco da fare quando la fede - ogni fede - va in crisi, è assediata dal dubbio, è divorata dalla incredulità. Per dirla con le parole di un commentatore acuto: se il papa Gorbaciov, capo della Chiesa Ma­ dre dell'Unione Sovietica, dice di non credere più nel suo vangelo, anzi fa capire che è falso, che possono fare gli sventurati patriar­ chi, arcivescovi, vescovi delle chiese locali? « Mentre usciva dal tempio , un discepolo gli disse: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni ! " . Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra" » . Le parole di Marco ( 1 3 , l) vengono spontaneamente alla memoria constatando le crepe apertesi rapidissime in un edificio che soltanto dieci anni fa sembrava tanto imponente e saldo da sfidare i secoli e da rico­ prire la terra intera con la sua ombra.

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Intendiamoci bene , però : i cristiani, i cattolici soprattutto, de­ vono guardarsi dal rallegrarsi troppo della fine di quel marxismo che pur fu visto sempre (giustamente, del resto) come il "nemico storico" . No, non c'è molto da rallegrarsi . Innanzitutto perché non può non suscitare compassione e uma­ na solidarietà il dramma di tanta gente in buona fede che, dopo tante lotte e speranze, si avved e (e, se non se ne fosse ancora ac­ corta, ora gliela cantano chiara i suoi stessi capi) che sacrifici e at­ tese sono stati vani, perché il Paradiso promesso non esiste. 11 Mes­ sia non c'è, il Regno non verrà . Poi , perché alla indubbia, così spesso generosa tensione ideale, la base ex-comunista sembra già sostituire (a ritmi di impressio­ nante velocità, quasi avesse da recuperare il tempo perduto) il ni­ chilismo consumistico della sottocultura del capitalismo trionfan­ te. E non è forse un caso che, al dissolvimento della droga ideolo­ gica, si accompagni il dilagare della droga chimica, quella da ' 'bu­ co" o da "sniffo " . Infine, va pur detto che, nello sbandamento comunista, c'è qual­ cosa di inquietantemente familiare per un cattolico . C'è qualcosa che ricorda, venC anni dopo, quel certo clima da post-concilio. Quando non pochi , in crisi nella loro fede in Dio, passarono alla assai meno ardua fede nell 'uomo - e in quello soltanto - dicen­ do che il proprium del cristianesimo non era che un "umanesimo {orte" (che è l ' equivalente "cristiano" del consolatorio "riformi­ smo jorte" del segretario del Pci, anch 'egli in crisi di fede) . Quan­ do non pochi cattolici, non sapendo più che dire, teorizzarono il passaggio dall' annuncio all " 'ascolto " , dall'apostolato al silenzio. E quel nobile mezzo che è il dialogo fu elevato a fine: come se, una volta capito come la pensa l'interlocutore, tutto dovesse finire lì, con tanti saluti a casa. Quando , non osando più sperare in un Paradiso in Cielo, molti dissero che unico compito del credente era unirsi (e il più possibile in modo anonimo, senza contrassegni "con­ fessionali") a coloro che volevano edificarlo in terra . Certo: la fede dei comunisti è in via di rapida dissoluzione, anzi è già morta. Ma piano nel giudicare, almeno prima di avere seve­ ramente giudicato la nostra, di fede. E non prima di avere risposto con sincerità alla domanda ripetuta e dr ammatica del papa venuto dall 'Oriente ai cristiani dell'Occidente: « Che avete fatto del vo­ stro battesimo? >> .

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1 10. Manzoni e Spagna Credo che , dal loro punto di vista, abbiano ragione coloro che si augurano che i Promessi Sposi siano allontanati , per decreto mi­

n i steriale, dai programmi scolastici . Mi rifaccio anche alla mia piccola esperienza di studente allora lontano da ogni Chiesa e da ogni identificazione religiosa, allievo di quel liceo torinese che , da un più di un secolo, è forse il santua­ rio maggiore del più duro , intransigente laicismo italiano . Già da t empo ero reduce da una prima lettura "privata" di quella Storia milanese del XVII secolo quando la si studiò - capitolo per capi­ tolo , per nove mesi - nell' aula disadorna del "Massimo d' Aze­ glio" . Ebbene: anche sull' adolescente di quinta ginnasio che si cre­ deva alieno da preoccupazioni fideistiche, quelle pagine hanno " funzionato" . Non subito e non in modo esplicito, certo: ma co­ me a scoppio ritardato, depositandosi tenaci al fondo della memo­ ria e della coscienza per poi riemergere un bel giorno di colpo , con forza inaspettata. Come per esorcizzare l'edizione dei Promessi Sposi accolta nel­ la su a collana di Classici, l'editore Giulio Einaudi la fece precede­ re da una lunga prefazione di Alberto Moravia. Il quale cercò di declassare il gran libro da letteratura a saggistica confessionale, da poesia a propaganda devozionale, dicendo che non poteva esservi arte vera in questo che non era che un catechismo mascherato da racconto. Con ben maggiore dignità, già Francesco de Sanctis aveva parlato di una umanità che nelle pagine di Manzoni non avrebbe sopra di sé il libero cielo ma le volte, sempre anguste per quanto alte e solenni, di una cattedrale . E Benedetto Croce: « È , da cima a fondo, un racconto di esortazione morale, misurato e guidato con fermo occhio a questo solo fine, eppure sembra tutto sponta­ neo e naturale, per modo che i critici si ostinano ad analizzarlo e a discuterlo come un romanzo di ispirazione e di fattura poetica, entrando con ciò in contraddizioni inestricabili e rendendo oscura un'opera che di per sé è tanto chiara » . Che fosse "chiara" , lo aveva del resto detto l o stesso Manzoni , ripetendo che stimolo di tutto il suo scrivere non era che « la spe­ ranza di fare un po' di bene » . Non dunque, per lui, "l'arte per

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l'arte" , ma l' arte a servizio della carità, e quella maggiore : la cari­ tà della verità. Come che sia, credo che la mia privata esperienza di lettore coin­ cida con quella di tanti altri che furono "lontani" : Dio solo sa in quanti, tra coloro che scoprirono la fede , abbiano agito le pagine dei Promessi Sposi; abbiano operato i drammi spirituali di Lodo­ vico che si fa padre Cristoforo e dell 'lnnominato che, al termine della sua notte angosciosa, sente (lontano richiamo a una vita nuo­ va) un suono di campane . Dunque, è vero : questo libro è pericoloso, si capisce bene per­ ché qualcuno voglia levarlo agli studenti . A ogni generazione, con le sapienze della sua arte sommessa, suggerisce una possibilità di Eterno , propone un'occasione inaudita, fa balenare la speranza di una diversa e più umana esistenza dove ritrovare la freschezza del mattino . Per dirla con le parole del decimo capitolo, « è una delle facoltà singolari e incomunicabili della religione cristiana il potere indirizzare e consolare chiunque, in qualsivoglia congiuntura, a qualsivoglia termine ricorre ad essa . . . È una strada così fatta che, da qualunque labirinto , da qualunque precipizio, l 'uomo càpiti ad essa, e vi faccia un passo , può d' allora in poi camminare con sicu­ rezza e di buona voglia, e arrivar lietamente a un lieto fine ». Questa « facoltà singolare », questa « strada così fatta >) sono mes­ se davanti a chi legge e fanno del libro uno degli strumenti più ef­ ficaci di evangelizzazione : cosicché (ingiusta demitizzazione arti­ stica a parte) i De Sanctis , i Croce, i Moravia, timorosi di "propa­ gande" cristiane, non sembrano avere torto . Ma, a proposito di "torti " uno (e, forse, non lieve) , lo ebbe an­ che Manzoni . Ed è quell' immagine senza luci che ci dà dell' Italia "spagnola" , immagine che condiziona per sempre il giudizio del lettore. Si sa come le forze più potenti e attive del mondo moderno si siano coalizzate per creare la /eyenda negra, la leggenda nera di una Spagna patria della tirannia, del fanatismo, della rapacità, del­ l'insipienza politica, della boria arrogante e sterile. Per i protestanti (gli anglicani soprattutto) fu questione di vita o di morte sorreggere con la guerriglia psicologica la guerra guer­ reggiata contro il Grande Progetto degli Asburgo di Spagna: un'Eu­ ropa riuni ficata da una cultura latina e cattolica. La diffamazione

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sistematica, poi, della colonizzazione spagnola accompagnò i molti, [ cnaci tentativi inglesi di appropriarsi dell'impero sudamericano . Per gli illuministi, i libertins settecenteschi, e poi per tutti i "pro­ gressisti" e tutte le massonerie di Ottocento e Novecento, la terra iberica fu quella, aborrita, del cattolicesimo religione di Stato, della inquisizione, dei monaci e dei mistici . Per i comunisti , la Spagna s ig ni ficò la disfatta degli anni Trenta. Né l' ebraismo ha mai dimen­ ticato non solo l 'antica espulsione ma anche le leggi che, sino ai tempi recenti , ne impedirono il ritorno al di là dei Pirenei . Sta comunque il fatto che una campagna tenace e secolare ha lavorato per proiettare luce la più negativa possibile su questo po­ polo che, dove giunse, lasciò sempre dietro di sé terre cattoliche . Persino in Asia, dove agli spagnoli riuscì ciò che non era riuscito ad alcuno, cattolico o protestante che fosse: la conversione al cri­ stianesimo, duratura e di massa, di una intera regione, quella delle Filippine (seppur con l 'eccezione di Mindanao, restata musulma­ na) . Sono cose che una certa cultura non può perdonare. Ne ripar­ leremo a lungo, verso la fine di questo libro . Ebbene, i lettori spesso ignorano che proprio nel parlare di Spa­ gna e spagnoli, un certo illuminismo (dal quale si svincolò del tut­ to solo con l 'ultima opera: l'incompiuta, implacabile requisitoria contro la Rivoluzione francese) prese la mano al Manzoni indu­ cendolo a caricare in eccesso le tinte. Ad esempio, studi attenti e insospettabili hanno mostrato come il Vicario di Provvisione per conto del Viceré iberico nella carestia del 1 629 (rappresentato nel romanzo come un cialtrone impaurito) fosse in realtà il trentenne, colto milanese Lodovico Melzi, uomo di studi e di energia, che si prodigò quanto più possibile per assi­ curare pane alla città . Nelle stesse scene dei tumulti di San Martino, un'aria caricatu­ rale, se non peggio, avvolge il Capitano di Giustizia: nella realtà era milanese anch'egli, un Giambattista Visconti, magistrato temuto e stimato per coraggio, rigore ed equità ; e, tra l'altro , buon scrit­ tore e poeta. Dobbiamo a Fausto Nicolini, il grande storico amicissimo e di­ scepolo favorito di Croce (e, quindi, in questi temi insospettabile di faziosità) studi decisivi sulla Milano, la Napoli e in genere l' Ita­ lia sotto il predominio spagnolo. È da leggere il giudizio comples-

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sivo di un'epoca, sulla quale (complice, va pur riconosciuto one­ stamente, il Manzoni) si addensano ancora i nostri pregiudizi . Scrive dunque il liberale Nicolini, il crociano devoto solo alla "re­ ligione della libertà" : « Non insipiente una dominazione straniera come quella spagnola la quale, malgrado insidie interne ed esterne di ogni sorta, seppe consolidarsi e durare due secoli . Non debole una dominazione straniera che, mentre estirpava nelle sue provin­ ce italiche la mala pianta dell' anarchia feudale, riusciva tanto a sal­ vaguardare la nostra Penisola dall'incombente pericolo turco, quan­ to a serbarvi intatta l'unità religiosa, senza la quale sarebbe riusci­ ta molto più difficile, a suo tempo , quella politica . Molto meno tirannica di quanto comunemente si creda una dominazione stra­ niera abitualmente rispettosa di istituti politici e amministrativi lo­ cali e rigida distributrice di giustizia. Curiosamente sfruttatrice una dominazione straniera alla quale, nonostante le personali gesta la­ dresche di taluni viceré e governatori , le province italiane costava­ no, a conti fatti, più di quanto le rendessero . In un certo senso, oso dire perfino benefica questa dominazione straniera che - pur avendo il torto fondamentale di essere , appunto , straniera - ac­ quistò pur qualche titolo di gratitudine dagli italiani, non fosse che per queste due ragioni : per avere evitato a gran parte d 'Italia, nel momento in cui diveniva incapace di vita autonoma, il male tanto maggiore di degradare a provincia francese , se non addirittura franco-ottomana; e d'aver dato poi all ' Italia intera, con la procla­ mata indipendenza delle riconquistate Sicilie, la prima e più forte spinta a liberarsi da qualsiasi straniero ». Parole, queUe del Nicolini , scritte già a metà degli anni Trenta. Da allora altri studi (naturalmente ignoti alla vulgata di molti ma­ nuali scolastici) le hanno confermate. Sembra ormai certo che, senza la presenza spagnola per due secoli (Cinquecento e Seicento), la Sicilia sarebbe ritornata musulmana e la Sardegna e parte del Sud italiano l' avrebbero seguita. Quanto all ' Italia del Nord, sarebbe stata devastata quasi certamente da quelle guerre di religione tra cattolici e riformati che infuriarono in altre parti d'Europa. Il Pie­ monte, probabilmente anche la Liguria, sarebbero stati annessi al regno di Francia. Sorprende che quel patriota che fu Manzoni, membro (rischian­ do, per questo, la scomunica) del primo Senato dell 'Italia unita,

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non s embri avere colto questo ruolo storico di un grande Paese , condannato ostinatamente con l'espressione divenuta canonica: « il malgo verno spagnolo ».

111. Profezie È terminato il restauro del Marco Aurelio a cavallo sulla piazza del Campidoglio: è tra i pochissimi bronzi dell' antichità rimastici , grazie all'equivoco che lo fece scambiare per Costantino e, quindi ,

sfuggire alla fusione. Già qui sembra esserci un enigma, come ha osservato Lidia Sto­ ro n i , la storica dell'antichità, sulla laicissima Repubblica: « Que­ sta statua in bronzo è la sola, con la lupa, che non ci sia pervenuta in frammenti: un fatto stranamente significativo , dato che sono proprio i due simboli di Roma: l 'Urbe ferina degli inizi e quella del trionfo imperiale, destinata a "regere imperio populos" ». I restauratori del Marco Aurelio si dicono sorpresi e lieti : « Nes­ suno di noi si aspettava che, sotto la patina del tempo, riemergesse la doratura. Ora, la statua risplende quasi come quando fu fusa e dorata » . Quanto a noi siamo tentati di essere un po' meno lieti. Dice, in effetti, l'antichissima profezia, attestata sin dal Medio Evo: « Quando il cavallo (quello, appunto, del Marco A urelio­ Costantino) ritornerà d' oro, canterà la civetta (il ciuffo di peli che l'animale ha tra le orecchie) e il mondo finirà » . Dunque, ci fa ancor meno piacere sapere degli allarmi, anch'es­ si recenti , per la stabilità del Colosseo , minacciato dalle vibrazioni del traffico . Non è dai tempi di san Girolamo la strofetta latina (ripresa da molti altri padri della Chiesa) che cosi recita: « Fin quando starà il Colosseo starà Roma. Ma quando cadrà Roma finirà anche il mondo »?

112. Guerra totale Si infittisce il bombardamento di tutti i media per il bicentena­ rio della Rivoluzione francese. Tra gli infiniti possibili , meditiamo su tre pensierini, dedicati a chi credesse (forse, qualcuno c'è anco-

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ra) che gli uomini degli ' ' immortali principi ' ' del 1 789 fossero bo­ naccioni apportatori di pace . Ovunque giunse, la Rivoluzione prese, tra gli altri , tre provvedi­ menti : l ) Abolizione delle campane, i cui rintocchi che ritmavano la vita degli uomini furono sostituiti da colpi di cannone. Le cam­ pane venivano fuse pubblicamente - con una di quelle " liturgie civiche" con cui si cercò di sostituire il cristianesimo - per rica­ varne bronzo per l' artiglieria. 2) Confisca di monasteri e conventi per trasformarli in caserme (in qualche caso, ma altrettanto significativamente, in prigioni). 3) Soprattutto : istituzione della leva in massa, del tutto scono­ sciuta alla tradizione precedente . Il realismo cristiano si era sforzato non di baloccarsi con le uto­ pie di una pace perpetua e universale (che solo il ritorno di Cristo potrà portare) ma di circoscrivere la guerra, dandole norme sem­ pre più rigide: eserciti limitati a professionisti; divieto di saccheg­ gio e di approvvigionamento forzato sulle popolazioni ; istituzioni di "tregue di Dio" che, a un certo punto, resero possibile combat­ tere (sotto pena di scomunica per i violatori) solo in due-tre giorni la settimana; sospensione delle ostilità nei mesi invernali ; libera­ zione di tutti i prigionieri a Pasqua; divieto di proseguire la lotta dopo la prima battaglia, il cui esito doveva stabilire definitivamente vinto e vincitore; ove possibile, sostituzione dello scontro di massa con quello di due squadre contrapposte (tipo disfida di Barletta) . . . A tutto questo pose fine, e per sempre, proprio il 1 789. Karl von Clausewitz, il grande stratega e teorico prussiano : « Con la Rivo­ luzione francese inizia un ' èra del tutto nuova nella storia militare: passaggio dalla guerra come affare privato dei prìncipi (che consi­ derevano punto di gloria riuscire a guerreggiare senza che i sudditi quasi se ne accorgessero) alla guerra nazionale di popolo : non più pochi mercenari o gente di mestiere, ma obbligo per tutti di com­ battere . Dalla guerra a obiettivo limitato a quella totale, convo­ gliante tutte le energie, le risorse, le vite di un popolo sino alla di­ struzione totale di uno dei due contendenti . Dalla guerra di piccoli corpi autosufficienti alla guerra di massa che si alimenta a spese del territorio su cui combatte )) . È , questo, uno dei "doni" più terribili !asciatici i n eredità dagli araldi giacobini del " mondo nuovo " .

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l 13. Il "popolo " ,

" Le donne , , come fossero tutte o almeno la maggioranza, scrivo­ no i giornali davanti alle manifestazioni e alle richieste di un gruppetto di superstiti femministe. "l lavoratori " , senza distinzioni, dicono parl ando di richieste sindacali (in quel santuario dell'operaismo che

fu la Fiat Mirafiori, anche negli anni migliori gli iscritti ai sindacati n o n furono mai più di un terzo). ' ' I teologi' ' , quando magari si tratta di qualche chierico irrequieto che rappresenta poco più che se stesso. "Il popolo " dicono i testi di scuola parlando della Rivoluzione francese, della quale sarebbe stato il protagonista. Ora, qualcuno si è preso la briga di contarlo, questo "popolo " : agli avvenimenti parigini di quegli anni parteciparono, in tutto, poco più che 6.000 (dicesi seimila!) habitués, su una popolazione parigina che, con la banlieue, sfiorava il milione. Un computo preciso e non difficile, v i s t o che disponiamo delle liste degli iscritti alle sezioni di sancu­ lotti e ai club giacobini e girondini, dei nomi dei firmatari delle varie petizioni e di infinite descrizioni di testimoni oculari dei mo­ menti che furono poi detti "di massa" . Sei parigini ogni mille : con tutto il rispetto per le ' 'élites rivolu­ zionarie'' forse un po ' poco per parlare, genericamente, di ' 'popolo' ' .

114. Perdita del centro I due giornali americani più diffusi nel mondo sono il Reader's Digest (in Italia, Selezione) e Wake up! (da noi , Svegliatevi!), or­ gano dei Testimoni di Geova. Il primo pubblica solo notizie posi­ tive . Il secondo , solo negative . C'è da sospettare che abbiano ragione coloro che parlano , per la cultura contemporanea, di una "perdita del centro" : da una parte l ' ottimismo unilaterale; dali' altra il pessimismo altrettanto unila­ terale e apocalittico .

115. Un blocco I comunisti si affannano a ripetere che ora si sentono figli della Rivoluzione francese più che della Rivoluzione bolscevica del 1 9 1 7 . 223

Ed è cosa assurda: nessuno - sia uomo che movimento - può scegliersi il padre ; né può rinnegarlo, visto che le leggi genetiche e di ereditarietà non dipendono da noi e valgono anche per i sog­ getti collettivi . Basta un Monsieur de La Palisse per ricordare che i cromosomi del marxismo sono - e non possono non essere - che quelli di Marx. Il quale è mosso innanzi tutto dalla polemica proprio contro la Rivoluzione francese che ha assicurato il trionfo di quella bor­ ghesia che egli vuoi abbattere, passando alla sola rivoluzione vera, quella del proletariato. « Nessuno può servire due padroni ». Bisogna scegliere: o con gli illuministi borghesi del Settecento che portarono al 1 789 o con il barbuto profeta di Treviri , con il suo socio Engels, con Lenin, con il suo coerente discepolo Stalin, con Gramsci . E la differenza è tale, tra le due linee di pensiero , che sarebbe come se un papa, a disagio davanti alla Bibbia, dicesse che vero "padre' ' del cristia­ nesimo è in realtà Budda o Confucio. Ma ci si aggrappa a un'altra tesi , anch 'essa assurda per chiun­ que conosca un poco le cose, eppure sostenuta non solo dai comu­ nisti ma anche da tutte le "sinistre democratiche" , i "progressi­ sti " di vario tipo , i libera/s. Dicono , dunque, tutti costoro di rico­ noscersi nella Rivoluzione francese, ma solo nella prima fase, quella del 1 789, quella "dal volto umano" , quella della " dichiarazione dei diritti dell'uomo" , della "democrazia" . Quella e quella soltanto, non quella del 1 793 con il Terrore, il totalitarismo , le stragi, la ghi­ gliottina di massa. Distinzione consolatoria quanto del tutto insostenibile: la Ri­ voluzione è un tutto unico , un concatenarsi di cause precise e di effetti inevitabili e, dunque, del tutto coerenti e prevedibili. (Li predisse, in effetti , con grande ma in fondo non sorprendente esat­ tezza, l 'inglese Edmund Burke, con le sue Riflessioni apparse già nel 1 790 e scritte pochi mesi dopo l ' inizio del processo insurre­ zionale). , Non c'è una Rivoluzione francese "buona. e una " cattiva" . Quegli anni non sono un self-service dove si possa scegliere quello che piace: bisogna prendere o lasciare, nella consapevolezza che certe idee, incarnate da certi uomini, non potevano portare che a certi risultati . Come diceva Georges Clemenceau, "le tigre" , l ' uo-

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mo che voleva essere l' erede del giacobinismo " duro" : la grande R ivoluzione è un blocco . O si accetta tutto o si rifiuta tutto . La storia è complessa, cert o , ma ha una sua severa coerenza: so­ prattutto la storia delle moderne ideologie. Così come le promesse d ell' 89 sboccano necessariamente nel '93 , la premesse di Marx sboc­ cano ne cessariamente in un Lenin e - con diretta necessità - questi sbocca in uno Stalin.

1 16. Nel

Rivoluzione giudicare la svolta della st oria occidentale nel Settecento , si

tenga sempre presente quella differenza radicale di prospettiva che da allora separa noi da tutte le generazioni precedenti. La diremo con le parole di Johan Huizinga: « Per l' uomo deli 'Ancien Régime il n occiolo della prospettiva sociale stava nel concetto di eguaglianza totale tra gli uomini, ma r iferi t a all'eternità, non ai pochi anni del­ la vita terrena >> . I l che, i n fondo, vale non solo per l 'égalité ma anche per l e altre

due Persone della Trinità rivoluzionaria: liberté, fraternité. Non c apiremo nulla della storia se non metteremo in conto questa dif­ ferenza radicale : noi guardiamo alla Terra, i nostri antenati guar­ davano al Cielo; noi ci aggrappiamo alla vita, loro meditavano sulla morte; noi ci preoccupiamo di far carriera, loro di salvarsi dall' in­ ferno ; noi ci confrontiamo con i padroni, loro con il Padre . Certo , quella prospettiva non impediva che la si tradisse bel1a­ mente, col lasciare libero sfogo alle umane passioni di sempre. Ma si trattava pur sempre di "tradimenti " (ampiamente deplorati dal­ la coscienza pubblica e pagati dagli interessati con segreti o esplici­ ti sensi di colpa) rispetto a un orientamento di pensiero e di vita generalmente e pacificamente accettato. Le cose si sono talmente rovesciate che, mentre era peccamino­ so "tradire" il Cielo per la Terra, a partire da un certo punto di­ ven ta peccaminoso (almeno socialmente) il contrario: il pensare al­ l'eternità e non alla storia, anzi alla cronaca. È questo, infatti, il concetto di "alienazione" contro cui, seppure da punti di vista di­ versi, combattono sia il marximo "proletario " che la p s icoanalisi " borghese" . "Anormale" , un tempo, era chi guardava in basso; nei s ecoli moderni "anormale" è chi guarda in alto . 225

È forse questo il motivo per cui il linguaggio politico moderno fece ricorso all' astronomia, e quegli eventi li chiamò "rivoluzio­ nari" : parola dotta che, sino al Settecento , riguardava la fisica e non la politica, indicando il movimento di u n corpo astrale attor­ no al suo asse . Parola ottimamente scelta, per significare questo "rigirarsi" completo , questo mutamento totale di prospettiva. Possiamo pensarne bene o male: sta di fatto che - nel giudicare la storia che ci ha preceduti - non ci è lecito dimenticare che que­ sta revolutio è avvenuta e che , quindi , le "nostre" categorie non sono più le "loro" .

11 7. Giacobini Bruno Visentini , uno dei padri di questa Repubblica, si è confi­ dato in una lunga intervista. Parlando di Riccardo Lombardi, che fu tra i fondatori del Partito d'Azione e poi , dopo lo scioglimento di questo , confluì nel Psi , di cui divenne anche presidente, ha det­ to : « Era un giacobino e, dunque, la sua idea fissa - una specie di ossessione - era che bisognasse sempre e comunque purùre qual­ cuno. Era come invasato dalla necessità di trovare, per qualunque cosa , un "colpevole" da castigare » . Non a caso, quando appare u n giacobino ( è una categoria mo­ derna sempre presente) , eccolo presentare subito le liste di proscri­ zione e - se appena può - eccolo montare la ghigliottina per da­ re la morte almeno civile ai reprobi . Una mentalità che, da quando apparve per la prima volta, nella Rivoluzione francese, ha avuto crescente fortuna. Agisce oggi, im­ mancabile, nei media: qualunque cosa succeda (da un terremoto, a un'epidemia, alla siccità) ecco subito i titoli che parlano di "rab­ bia' ' , ecco le grida e le minacce perché si individuino e si punisca­ no (« esemplarmente ») i ' ' colpevoli ' ' . « Legata alla concezione della storia come urùco e continuo complotto è l' abitudine a vedere solo scandali, per cui bisogna essere perennemente indignati e fare un giornalismo meramente scandalistico . Un giornalismo che, più che cercare la verità, vuole alimentare una campagna contro i "sospet­ ti" , per realizzare una giustizia sommaria. Si ha così bisogno di sempre nuove vittime per la ghigliottina dei media » (Nicola Mat­ teucci).

226

La

"

si ndrome del sospetto" , !'" ossessione del complotto" , l" 'in­

Li agare e punire" , la caccia alle streghe, l'inquisizione: da due se­ coli sono laiche, laicissime Giacobine , appunto. .

118. Foreste La selva

di Camaldoli : i suoi splendidi 1 500 ettari di abeti, fag­

gi . alberi di alto fusto (anche se pure qui incombe lo spettro mor­ t a l e delle piogge acide) . Come molti altri ordini monastici, anche i benedettini che si richiamano alla regola di Camaldoli furono mae­

sLri nella gestione sapiente e lungimirante della natura. Tale fu l'e­ s perienza raggiunta che proprio ai camaldolesi si deve la stesura

pri mo Codice forestale italiano. Enrico Nistri : (< Per quanto riguarda l'oggetto delle più imme­ d iate p r eoccupazioni degli ecologisti - vale a dire la tutela del­ l' habitat naturale - non sarà male ricordare che uno dei maggiori d isastri ecolog i ci del nostro Paese fu provocato dai governi laicisti e reg a li stici ascesi al potere dopo l'unificazione della penisola, con la sec o larizzazio ne dei beni ecclesiastici . La vendita all'incanto dei terreni delle congregazioni religiose (effettuata a beneficio di una famelica piccola borghesia di parvenus) ha aperto la strada a un disboscamento selvaggio delle foreste appenniniche che ha deterio­ rato il clima e l' assetto idrogeologico di intere regioni italiane. Non a caso il manto boschivo dei monti, nella maggior parte dei casi, si è salvato solo dove la furia spogliatrice dei governi anticlericali non è arrivata, consentendo alla Chiesa di continuare ad ammini­ �mare, nel rispetto dell 'equilibrio ecologico, senza il miope assillo del guadagno , le sue proprietà fondiarie » . Camaldoli , per u n caso fortunato , fu una delle poche oasi so­ pravissute alla "cultura della Ragione e del Progresso" . d el

In effetti, l'èra delle soppressioni delle comunità religiose e del­ confisca dei loro beni - èra iniziata da noi con Napoleone e ripresa poi, con accanimento persecutorio e ottuso , dai governi del l iberalismo anticlericale che " fece" il Risorgimento e gestì il pote­ re sino all'avvento del fascismo - quell' èra , dunque, non provo­ cò soltanto il più grave disastro subito dall' arte dopo le invasioni barbariche. Già vi accennammo qui . Non andarono in rovina uni la

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camente edifici meravigliosi con il loro contenuto di quadri , scul­ ture, arredi, libri, il tutto gettato all' abbandono o alla svendita per poche lire . Il disastro si estese al territorio, rendendo brulle in po­ chi anni colline e montagne, riportando addirittura la palude ma­ larica là dove un lavoro millenario dei religiosi l ' aveva scacciata. Per quanto riguarda la Francia, ancora gli scrittori del Settecen­ to la descrivono coperta dalla sua « verde chioma » di boschi e fo­ reste quasi come ai tempi dei Galli . La trasformazione delle pro­ prietà della Chiesa (ben un terzo del territorio ! ) in "beni naziona­ li " , con relativa messa all'incanto e rapido disboscamento , arric­ chì borghesi di città e proprietari terrieri di campagna, ma impo­ verì in modo irrimediabile proprio quella nazione che si diceva di volere arricchire. Forse, anche in fatto di ambiente i cattolici hanno nella loro storia meno colpe e più meriti di quanto essi stessi (spesso così ignari del­ la loro storia) siano disposti ad ammettere .

119. La rincorsa del Sole C'è da ricavare qualche presagio per il futuro (anche per quello del cristianesimo), dal riflettere sul fatto che quella che chiamia­ mo "civiltà" si è sempre mossa, con regolarità sconcertante, da Oriente a Occidente? Martin Heidegger, il filosofo tedesco , chiamava questo sposta­ mento la "rincorsa del Sole" , quasi che i millenni delle vicende uma­ ne seguissero il percorso quotidiano dell' astro che ci dà vita. Ora, dopo cinquemila anni da quando la preistoria si è fatta storia, il percorso sembra quasi terminare là dove era cominciato . In effetti , in quello che è ora l'Iraq, tra il Tigri e l'Eufrate, si situano gli inizi della cultura che sarà poi detta ' ' occidentale" e che da decenni , se non da secoli, a ritmi sempre più accelerati, ha finito per divenire planetaria. È forse verso il 3500 a.C. che i Sumeri della Mesopotamia inventano i tre strumenti fondamen­ tali di quello che sarà il "progresso" che conosciamo: la ruota, l'aratro , la scrittura. Conquiste che si spostano assai presto verso Occidente , in Egitto. È iniziata, per non fermarsi più, la " rincor­ sa del Sole' ' . Lo spostamento da Est a Ovest è, agli inizi , lentissimo ma co228

s t ant e: prima il Vicino Oriente e poi , pian piano , tutto il Mediter­

Fenici (cui il mondo deve l'alfabeto, superando così le scrit­ pittografiche), Cretesi, Micenei . Poi la Grecia - il cui apo­ geo meraviglioso è tra il 400 e il 200 a.C. - infine Roma. La quale las cia all 'ellenismo il compito di mantenere e sviluppare la civiltà i n tutta l' area ad Oriente dell 'Urbe. È a Occidente, seguendo il pen­ dolo consueto , che Roma si adopera per spostare le frontiere della cultura : prima la Gallia del Sud (Provenza: la Provincia latina per antonomasia), poi le coste deli ' Iberia. Il Medio Evo ha una sosta in cui la civiltà, come per consolidar­ si , sale a Nord , verso il Settentrione dell ' Europa. Ma poi, appena disponibili gli strumenti tecnici (navi oceaniche, nuove velature , astrolabio, bussola) il pendolo si rimette in moto, con la spinta ol­ tre Atlantico . Si noti che c'era un'alternativa più comoda all a spinta occidentale dell 'Europa: affrontare non il misterioso Oceano oltre le Colonne d' Ercole, ma il più praticabile "Oceano di Terra" ol­ tre gli Urali, non chiuso dalla cortina islamica, per dilagare in quelle I ndie che erano l ' obiettivo dei navigatori . Ma l 'istinto di " seguire il Sole " sembra prevalere ancora una volta. r an eo . r ure

Così , in q ualcbe secolo , il baricentro si sposta in quell' Estremo Occidente che è l'America. E, anche qui , la legge si ripete: una spinta inesorabile a Ovest (l' epopea del Far West, così come Far W est , "lontano Ovest " , erano state l' Europa per i Sumeri e p oi

le "Indie Occidentali" per gli europei) . Verso l' inizio del Nove­ cento, cultura ed economia cominciano ad abbandonare la costa orientale degli Stati Uniti per spostarsi su quella occidentale, la California. Soltanto da poco, ma del tutto prevedibilmente, l 'ulteriore spo­ stamento ha investito il Giappone . Il quale entra tardi nella storia che , per quell' arcipelago , comincia soltanto nel quarto secolo d . C . ( e soltanto per l e isole a Sud), quando Roma già agonizza. Per al­ meno un altro millennio , il Giappone vive di importazione cultu­ rale, per poi decidere di rinchiudersi impenetrabilmente nel suo iso­ lamento . Perché diventasse il Paese che conosciamo, che suscita t imore e ammirazione (la seconda potenza industriale del mondo, malgrado la catastrofe del 1 945 , il sovraffollamento in isole pove­ re, l a mancanza di materie prime), si è dovuto attendere che la ruota della storia in i zi ata in Mesopotamia lo raggiungesse in pieno . Re229

centissimamente, lo spostamento ha investito la Corea e dà segnali di interessare quella che è chiamata significativamente Sibir, Sibe­ ria: "la terra che dorme" . Ormai , è persino banale parlare del Pacifico come baricentro mondiale in sostituzione dell 'Atlantico : nulla di sorprendente, "do­ veva" capitare . Ora, siamo alle porte della Cina, del resto già coin­ volta nelle sue propaggini estreme verso Est: Formosa, Hong Kong. Mentre, finora, l ' avanzare della civiltà aveva trovato genti e paesi meno svil uppati , adesso dovrebbe toccare a un paese di raffinata e antica cultura come la Cina . Siamo giunti a una delle culle del­ l'incivilimento . Il corso è finito? Non sembra, visto che quello che è sempre avanzato, per cinquemila anni , è il modello di cultura che dicevamo "occidentale" (anche se le sue origini, lo vedemmo, so­ no nel Vicino Oriente) , il quale ha mostrato una forza tale da non trovare nulla che alla fine potesse opporvisi . In effetti, ciò che sembra in atto è l' occidentalizzazione della Ci­ na, al punto di avere abbandonato le sue antiche tradizioni per darsi all 'ideologia di un ebreo tedesco residente a Londra, tal Karl Marx. Poco si riflette sul fatto che, col marxismo, quel grandissimo Pae­ se ha accettato volontariamente l' Occidente che aveva sempre cer­ cato di tenere lontano . Ora, mentre declina quell'ideologia euro­ pea ottocentesca, il miliardo di cinesi sta per passare a un'altra ' 'vi­ sione del mondo " anch 'essa tutta occidentale: l'industrialismo ca­ pitalista, il mercato, il consumo . Ad Ovest non manca ormai che l'Asia centrale per ritornare al punto di partenza, alla Mesopotamia, al Paese tra i due fiumi do­ ve tutto, cinquanta secoli fa, ebbe inizio . Si ricomincerà con un nuovo ciclo? Nessuno, ovviamente, pre­ tende di saperlo . Ciò che sappiamo, invece, è che anche il percorso del cristianesimo sembra vincolato a questo procedere secondo il Sole . I tentativi di invertire la direzione si sono mostrati infecondi, quasi fossero prematuri . A Est della Palestina, i cristiani detti "di san Tommaso" , quelli del Malabar, nel Sud dell' I ndia, sono so­ pravvissuti solo come gruppo piccolo e oscuro , senza forza mis­ sionaria. La grande Chiesa persiana, seguace di Nestorio (V seco­ lo: in Cristo, due nature e due persone) che sembrò convertire Ci­ na ed Estremo Oriente, finì con uno dei più totali ed enigmatici insuccessi della storia. Fallì anche il tentativo missionario del XVI-

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x v i i secolo nelle isole giapponesi . Neppure gli zar ebbero succes­ so c on g li animisti della Russia asiatica. Unica eccezione sembra­ n o le F ili ppine, ma qui agli spagnoli, a differenza di tutte le altre zon e del l oro immenso impero, la cristianizzazione riuscì solo a me­ r à : M indanao, forse la più importante tra quelle isole, non si con­ vertì mai . Soltanto ora che lo spostamento "generale" e non solo religioso ha raggiunto il Pacifico, il cristianesimo sembra mietere d ove aveva seminato sui sassi e sulle spine. Si parla addirittura di ' ' miracolo della Corea" , dove c'è gloria per tutte le confessioni cri­ sti ane . Dalla seconda guerra mondiale, poi , la Bibbia è divenuta

i l be st seller assoluto di quel Giappone che di recente ha deciso ,

significativamente, di fermare anch'egli la sua macchina economi­ ca il 25 dicembre. Hong Kong è da tempo la fertile base di tutte le so cietà missionarie cristiane . C'è dunque davvero la Cina e poi t utta l'Asia, quell'Asia sinora impenetrabile , nel futuro del cristia­ nesimo? Sembrerebbe. Comunque, la "costante" storica è di buon auspic i o per il futuro della missione . Assieme alla "civiltà" e, poi , al cristianesimo , si è mosso an­

che l ' e braismo , che ad Est va solo se deportato o cacciato ( Babi­ lonia, espulsione dalla Spagna) , mentre anch 'esso, se libero , è at­ t ratto dall'Ovest . Ed è significatico che, dopo aver così abbon­

dantemente arato l 'America del Nord, si sposti nel Pacifico: per la prima volta nella storia, una comunità ebraica si è formata di recente anche a Tokyo . Ma questa non è che una conferma della "legge" di cu i parliamo : non è forse Israele tra i padri, e tra i più importanti , della cultura detta "occidentale" ? Ne segue dun­ que il cammino e la sorte che ha contribuito e contribuisce a de­ terminare. Destino diverso sembra invece riservato al "secondo figlio" del­ l ' e braismo, al terzo monoteismo del mondo , quello islamico. Il qua­ le, dal suo centro arabo, si è espanso sia a Est che a Ovest , verso l ' Occidente afro-europeo, e anche verso l'Oriente asiatico . Ma ob­ bedendo anch'esso a una costante; non è cioè mai riuscito ad espan­ dersi in modo durevole al di là della zona a cavallo del Tropico del Cancro . L'universalismo del Corano deve fare i conti con questa sorta di ghetto in cui la storia l'ha imprigionato. Né vale il dire: è avve­ nuto solo perché le due Americhe, l' Oceania, l 'Africa del Sud so23 1

no state colonizzate da Paesi cristiani . Il problema, così , si sposta soltanto: perché gi unsero là le genti della Bibbia e non quelle del Corano? Perché non ci furono un Colombo, un Magellano, un Va­ sco da Gama, un Vespucci , un Cook islamici?

120. Voltaire Dovrebbero starei un po' attenti, i politici, quanto a modelli della storia da additare, come esempi, ai loro seguaci . Si ricorda come, nel suo sforzo di esorcizzare i tempi in cui i so­ cialisti furono zelanti scudieri dei comunisti (e Stalin era vivo e da entrambi i partiti venerato), Bettino Craxi proclamasse che il suo partito non si ispirava più a Karl Marx, bensì a Pierre-Joseph Prou­ dhon. Sobbalzammo: quel "pensatore" dell 'Ottocento francese non era soltanto un pericoloso confusionario, il demagogo de . . la pro­ prietà è un furto" . Era anche un maniacale misogino, uno che pro­ clamava l'inferiorità "naturale" delle donne, che voleva relegate a ruoli subordinati. La spiegazione di tanta avversione stava nei suoi personali gusti sessuali : ai seguaci consigliava di non provare l'amore con i ragazzi perché non avrebbero più voluto tornare in­ dietro , mettendo però in pericolo - così - il suo schema utopico di organizzazione sociale . . . Qualche anima buona, su P r oudhon , aprì gli occhi alle femministe del Partito socialista il quale, così, è ancora alla ricerca di un Santo protettore. (In effetti, anche i1 prediletto Garibaldi dà gravi problemi : tra l'altro. il suo essere stato Gran Maestro della massoneria, l 'avere definito il papa « un me­ tro cubo di letame » e la Chiesa « la sifilide dell'umanità », mal si conciliano con le serenate ai cattolici) . Nel clima euforico del bicentenario della Rivoluzione francese, sia Giorgio La Malfa che Achille Occhetto, a domanda, rispondo­ no che tra i loro modelli culturali-politici spicca tra tutti quel François-Marie Arouet , in arte Voltaire, che della Rivoluzione fu precursore. Tanto che nel 1 791 il suo corpo fu trasportato in trionfo nel Pantheon parigino . Dunque, il /ibera/ e l'ex marxista concordi nell 'ispirarsi a quello che nei manuali di scuola è chiamato « apo­ stolo della fraternità e della tolleranza tra gli uomini » . Temiamo però che, così come Craxi inciampò nelle sue femministe, il segre­ tario del Pri e quello del Pci dovranno fare i conti con i molti ebrei 232

che s t a n n o nella storia e nel presente di entrambi i partiti. E chissà come la prenderanno eventuali militanti di colore . Già: perché Voltaire, "maestro di fraternità" , fu un maestro, si , m a di un antisemitismo tra i più beceri .

Sentiamo Joel Barromi , storico dell' Università Ebraica di Ge­ ru salemme: « Il feroce dileggio di Voltaire contro gli ebrei non fu p i ù dimenticato in Occidente, aprendo un nuovo capitolo , quello dell' antisemitismo "laico" . Sotto i suoi auspici sorse un antisemi­ t i smo culturale che ebbe un'influenza permanente sulla classe in­ t ellettuale francese. Nel 1 942, all' epoca del governo di Pétain (in­ sediate e sostenuto dai nazisti) uno storico francese, Henri Labroue, fece una raccolta degli scritti antisemiti dello scrittore intitolata Vol­ raire an ti-juif. Al processo di Xavier Vallat , che era stato commis­ �ario alle questioni ebraiche del governo collaborazionista di Vi­ chy, l' imputato si basò sull' antisemitismo di Voltaire per giustifi­ care il suo operato » . N é i l guasto s i limitò all' Europa: « È probabile che l e idee anti­ semite di Voltaire siano giunte anche ai paesi del Terzo Mondo e in particolare agli intellettuali del Nord Africa >> . Per Léon Poliakov, il grande storico dell'antisemitismo , è un « mistero » il fatto che « Voltaire resti nel ricordo degli uomini co­ me il principale apostolo della tolleranza, a dispetto di uno spieta­ to esclusivismo occidentale a cui non si saprebbe dare altro nome che quello di razzismo . Nessuno come lui ha tanto diffuso e am­ pliato le aberrazioni della nuova età della "scienza" ». I l fatto è che Voltaire non era un isolato, si rifaceva al filone razzista e antisemita di quell' Illuminismo cui pure si richiama non soltanto la Rivoluzione francese, ma tutto il mondo moderno : so­ no terribili le pagine antigiudaiche di Immanuel Kant o dei deisti inglesi . (Per Marx, del resto, il peggiore insulto ai nemici era: « gi udeo-negroide ». Si sa che, spesso, non c'è peggior antisemiti­ smo di quello degli ebrei) . Per tornare a Voltaire: delle 1 1 8 "voci " di quel suo Dizionario filosofico , che per molti è una sorta di Bibbia dell 'umanità « libe­ rata dall'oscurantismo cristiano », 30 attaccano gli ebrei , definiti (< popolo ignorante e barbaro , che unisce la più sordida avarizia alla più detestabile superstizione e all' odio incrollabile per tutti i

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popoli che li tollerano e li fanno arricchire ». Anzi , quello giudeo è, tout court , per il Nostro , « il più abominevole popolo del mondo » . Ancora sotto agli israeliti, nella scala del disprezzo , c i sono i ne­ gri , visti come appena un poco sopra le scimmie . Ma, procedendo nella sua nobile ' ' meditazione' ' , Voltaire finì col convincersi che i negri erano . Coloro che - in modo tanto entusiasta quanto polemico verso l ' eredità cristiana - ammirano sempre e comunque la "sapien­ za" dell 'Oriente, dimenticano che quelle esotiche prospettive sul­ l' uomo e sul mondo, incarnandosi nelle categorie moderne, han­ no dato vita al lavoratore giapponese che protesta se gli diminui­ scono orari e ritmi di lavoro (solo d'autorità si riesce a farlo stare a casa per pochi giorni di ferie all 'anno) ; che professa una fedeltà feudale all'azienda, pronto magari al suicidio se gli affari non van­ no al meglio per i proprietari ; che considera scandalosa l'idea stessa di un sindacato rivendicativo come lo si intende in Europa ; che anche nelle poche ore di libertà sta con i colleghi nelle ' 'istituzio­ ni totali" create dalla compagnia per la quale lavora, vive e spes­ so muore .

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In Occidente, i movimenti dei lavoratori sono stati spesso assai critici , quando non aggressivi, verso la tradizione cristiana; dimen­ ticando che proprio questa (come mostra ora il confronto con l'in­ quietante homo asiaticus) ha forgiato un concetto di persona che ha permesso anche le conquiste sindacali , non facendo dell' uomo un adoratore di feticci come produzione , prestigio aziendale, im­ perialismo nazionalistico da imporre con la guerra economica. Dietro le folle di giapponesi che si candidavano volontari per le imprese suicide contro le portaerei americane, così come ora die­ tro le folle di formiche sociali fanatizzate dall' obiettivo di bilanci trionfali per le imprese, sta un'idea di uomo ben diversa da quella euro-americana. A formarla, non avranno proprio contato nulla tanti secoli di prospettiva cristiana, pur con tutte le deficienze, gli errori, le contraddizioni di coloro che la proponevano? Certo: un' auto, un televisore, un computer made in Japan (o ma­ de in altri paesi dell'Estremo Oriente) costano da un terzo a una metà in meno che gli equivalenti europei ed americani . Ma grazie a quale idea di uomo , di persona si ottengono questi successi? La "litigiosità sociale" è così bassa in Giappone che il numero degli avvocati civilisti è pari a poco più dell 'uno per cento rispetto alla media europea. Ma ciò, stando a chi ha analizzato la questione, è dovuto non a virtù particolari ma a « una terribile, millenaria pro­ spettiva sociale e religiosa che ha sradicato l' individualità dei giap­ ponesi, convincendoli che la difesa - pur talvolta doverosa - della propria persona sarebbe addirittura disonorevole » . Dunque , proposte, come quella di Francesco Forte e di tanti co­ me lui , di difendersi con vigore dalla invasione dei prodotti asiati­ ci sono anche (magari inconsapevolmente) nella linea della difesa di quella parte del mondo la quale , malgrado "cristiana" non lo sia quasi più , si è però nutrita per molti secoli di ammonimenti co­ me quello che il lavoro è per l'uomo e non l ' uomo per il lavoro; che nessuna legge, neppure quella economica, può asservire total­ mente le persone ; che la peggior colpa è l'idolatria, a cominciare da quella di Mammona. In ogni caso, la proposta dei socialdemocratici tedeschi di tute­ larsi dalla concorrenza nipponica anche "banalizzando" (come di­ cono con termine significativo) la domenica, è in aperta contrad-

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dizi one con quel concetto di persona che - lo si voglia o no è di origine cristiana. Poco si riflette sul fatto che tra i maggiori doni d i liberazione ci fu l' estensione all 'ecumene cristiano del ri­ poso periodico introdotto dagli ebrei con il loro sabato. Già nel 32 1 , con le leggi di Costantino e poi , ancor più estesamente , con i decreti dei Concili seguenti, si introdusse la sospensione dell' atti­ v i t à sia pubblica che privata nella dies dominica, giorno della re­ surrezione di Gesù. Da più di 1 5 secoli la cristianità conosce que­ sta scansione fissa e periodica del tempo, questa indispensabile pau­ sa dello sforzo umano, la cui importanza, anche psicologica, è tale che tr a le leggi di scristianizzazione della Rivoluzione francese e poi di quella sovietica stava l' abolizione del riposo settimanale con l ' introduzione della "decade" , la tregua solo ogni dieci giorni (e non sfugga che, in questo modo, quelle rivoluzioni "popolari" to­ gli evano così al popolo un terzo del suo riposo , a vantaggio dell ' e­ conomia}. La rivoluzione industriale della borghesia ottocentesca abolì an­ eh ' essa la domenica, e non con i decreti statali, ma con il ricatto del licenziamento per chi non accettasse di lavorare sette giorni su sette. In Italia, la prima " Opera per il riposo festivo" fu fondata a Torino nel 1 859 (vicepresidente don Bosco , segretario esecutivo e promotore dell'iniziativa il beato Francesco Faà di Bruno) : presto affiancata da una miriade di altre Opere cattoliche consimili, com­ b atté una delle battaglie più nobili - e più dimenticate - a favore non dei cristiani soltanto ma di tutti coloro che definiva "i nuovi schiavi " . « Barbari che incatenano i più poveri tra i poveri e de­ gradano i figli di Dio sotto il giogo del lavoro senza sosta >> : così Faà di Bruno definiva non solo gli imprenditori privati ma anche i dirigenti statali e municipali che obbligavano i dipendenti alle lo­ ro 1 2 ore quotidiane ogni giorno dell'anno . Prendere o lasciare : chi si assentava era subito sostituito . Battaglia "religiosa" , certo, per permettere la frequenza alle fun­ zioni religiose della domenica; ma battaglia anche sociale, e tra le più preziose e solitarie, visto che - per pregiudizio ideologico il sindacalismo " laico " , socialista, per la domenica non si scaldò più di tanto (e, a riprova , sono oggi i socialdemocratici che voglio­ no tornare indietro). Solo nel 1 907 il governo di Giovanni Giolitti -

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si decise a una legge sul riposo settimanale obbligatorio, anche se non per tutte le categorie. Ancora nel 1 880, l ' Opera torinese chiese pubblicamente a 750 responsabili di imprese commerciali e industriali della città di de­ trarre il salario ma di conservare il posto ai dipendenti che avesse­ ro riposato alla domenica: solo 1 8 padroni aderirono . Migliaia di cattolici , allora, si radunarono per giurare che avrebbero boicot­ tato prodotti e servizi di chi opprimeva così i lavoratori (e moltis­ sime donne e bambini erano tra quei « nuovi schiavi ») . Colpendo così nella borsa, si ebbero i primi effetti . Ci fu lotta, dunque, nella prima rivoluzione industriale . La se­ conda, che ora viviamo , minaccia di replicare uno spettacolo già visto. L' augurio è che le Chiese cristiane, a differenza di quanto fecero coraggiosamente nell'Ottocento, non scelgano ora la via della resa, in nome del loro attuale ossequio al ' 'mondo ' ' : la posta in gioco è quel concetto di uomo , di persona che, lo dicevamo , pro­ prio il Vangelo ha così potentemente contribuito a forgiare.

12 7. A Losanna Ero a Losanna, nei giorni scorsi. Sono andato a rivedere sul col­ le, il cui belvedere domina il lago, la cattedrale già cattolica, dal XVI secolo protestante, e che ancor oggi le guide definiscono « il più bell'edificio gotico della Svizzera » . M a d a molti secoli ne restano soltanto poco più che i muri : im­ pressiona sempre, in queste chiese medievali passate alla Riforma, la furia fanatica con cui sono state denudate , scrostate, togliendo ogni immagine - ed erano, spesso, capolavori - che ricordasse la ' ' superstizione papista' ' , ogni lapide tombale che richiamasse un culto dei morti: qui fu distrutta persino ogni croce. In effetti , invadendo il cantone di Vaud con la sua capitale, Lo­ sanna, gli abitanti di Berna imposero - con le buone o con le cat­ tive - il loro nuovo Credo che si richiamava a quello di Zurigo. E qui aveva spadroneggiato il più radicale dei riformatori , Ulrico Zwingli. Il quale non si era limitato a far distruggere ogni segno di fede, croce compresa, mentre Lutero si era mostrato più tolle­ rante; ma, anche qui a differenza dell ' ex monaco agostiniano, l'ex prete svizzero che per prima cosa si era affrettato a sposarsi (« È

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i l s u o modo di mortificarsi » , ridacchiò Erasmo da Rotterdam che p u re gli fu a lungo amico) non aveva sopportato in chiesa neppure i canti corali accompagnati dall'organo.

Così , assieme alle arti figurative, « da questi Paesi scomparve la m u sica, puramente e semplicemente » (Erwin Iserloh) . Forse, quel­

l ' a utentica sete di musica, quell' affollarsi affannato ai concerti che contrassegna i Paesi protestanti è un inconscio rifarsi di questa pri­ vazione che, per giunta senza alcuna base scritturale (dove mai, nella Bi bbia, il suonare e il cantare sono condannati?), è stata imposta per secoli a popoli interi . Un'occlusione disumana e immotivata di uno dei modi più alti e istintivi di espressione dell' uomo di sem­ pre e di ovunque. E di quello cristiano in particolare. Non poteva durare in eterno: cacciata di chiesa, la musica finì per erompere fuori , sotto forma "profana" , non più per la gioia di tutti gli uomini e insieme per la lode e la gloria di Dio , ma sol­ t anto per la gioia e la gloria di quegli uomini che avevano i mezzi per farla eseguire nelle sale dei loro palazzi . Qualcosa di simile, del resto, avvenne con pittura, scultura, ar­ chitettura: queste capacità creative , indirizzate nella costruzione e nell ' abbellimento delle chiese , avevano arricchito tutti . Perché a tutti, anche (soprattutto) ai più poveri tra i poveri , quelle chiese t:rano aperte: ciascuno, uscendo dal suo tugurio, poteva entrare nel mondo colorato , armonico , talvolta sfarzoso, fiabesco dei luo­ ghi di culto e goderne alla pari dei principi e dei ricchi. Con la Ri­ forma, via ogni bellezza dai soli "luoghi pubblici" che in quei tempi erano le chiese; solo nude mura di edifici disadorni da aprire sol­ tanto una volta la settimana (per gli zwingliani da aprire soltanto quattro volte l'anno) . Così, l' arte ritornò privilegio estetico di pochi, nel chiuso dei lo­ ro palazzi : abbandonati i temi sacri , destinati alla contemplazione di tutti , la pittura si dedicò a glorificare, ritraendoli sulla tela, gli aristocratici e gli esponenti della nuova classe emergente, la bor­ ghesia mercantile, per la quale anche gli architetti - privati delle commissioni religiose - erigevano palazzi e sfarzosamente li ador­ navano. Si ricordi la pittura olandese: non più Cristi , Madonne, Santi; solo soddisfatti e pingui borghesi . Il museo - questo cimitero dell ' arte, questa burocratica e un po' necro fila raccolta di oggetti morti - era del tutto inconcepibi-

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le nel Medio Evo cattolico, dove l ' arte non era di certo per il godi­ mento del singolo, ma era a servizio del popolo vivo che celebrava la liturgia del Dio Vivo . Un Giotto non dipingeva quadri per qual­ che ricco collezionista, ma illuminava meravigliosamente, con i suoi affreschi, la basilica superiore di Assisi e, dunque, beneficava cosi i pellegrini che lì assistevano a messe e funzioni . Il museo nasce nell' Europa passata alla Riforma (Londra, le ca­ pitali dei prìncipi della Germania protestante) quasi per una for­ ma di compensazione - come per la musica - al divieto religioso e al distacco, dunque, dell'arte dalla fede; e assume la sua veste che ancor oggi conosciamo proprio nella Parigi del Terrore e della scristianizzazione, con il Louvre, collezione del re di Francia, aperta al pubblico come Musée de la République (anche se pare proprio che, in quel terribile 1 793 , la gente fosse ben più preoccupata di salvare la testa dalla ghigliottina piuttosto che di recarsi ad ammi­ rare degli oggetti preziosi . . . ) . Come ricorda Thomas Keith , i l grande storico inglese della Ri­ forma, « il protestantesimo fu soprattutto un deliberato tentativo di eliminare dal cristianesimo ogni elemento magico, di far pi azza pulita di ogni superstizione, a cominciare dai segni di essa nelle chie­ se e nei loro arredi » . Non a caso , nelle deviazioni se non nelle aber­ razioni che - seppure abusivamente - si ebbero nella Chiesa cat­ tolica dopo il Vaticano I l , preti che scoprivano in ritardo di secoli lo " spirito protestante" si accanirono contro gli edifici ecclesiali, spogliandoli di tutto. Il fatto è (come lo stesso Keith documenta) che, una volta messo in moto , il processo non si poté fermare e, dopo la caccia frenetica alle "superstizioni della religione" , si finì per considerare "super­ stizione" la religione stessa. Dall' annuncio iniziale del Solus Deus si finisce senza scampo nel solus homo . Già gli iniziatori della Riforma denunciavano che l'iconoclastia, il bisogno di distruggere che essi stessi avevano svegliato, andava troppo oltre, coinvolgeva anche ciò che essi volevano salvare . Per fermare il processo furono così costretti a creare una nuova orto­ dossia, una nuova Chiesa spesso assai più intollerante di quella di prima. Così, Ulrico Zwingli scatenò la crociata contro gli anabat­ tisti e ne massacrò più che poté. E inutilmente le vittime gli grida­ vano , negli spasimi dell' agonia , che non avevano fatto altro che

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tutte le conseguenze logiche èlai princìpi che egli stesso ave­ affermato contro il cattolicesimo . È l a contraddizione radicale e insanabile del protestantesimo (an­ che se oggi pare non sia educato il ricordarlo) : da una parte la pre­ d icazione del "libero esame della Scrittura" ; dall' altra, davanti alle i nevitabili conseguenze di anarchia, il riconsegnare la Scrittura, per­ c h é ne faccia una nuova dogmatica, a una Chiesa severamente or­ ganizzata e spalleggiata dal potere laico , che le funge da braccio secolare e imprigiona, squarta, brucia sul rogo. Prima, la rivolta contro "l ' oppressione romana" e, poi, l' oppressione contro- ogni altro modo di intendere la fede . r r arre va

Così , la ragione non riesce a capire con quale diritto Lutero tuo­ nasse dalla sua Germania contro ciò che, sulla spinta da egli stesso d ata , avveniva in Svizzera .

> . E invece, lavorando in archivi inglesi, l' insospettabile Di Vita ha scoperto che, in quei giorni, a Garibaldi fu segretamente versa­ ta l 'enorme somma di tre milioni di franchi francesi , cioè (chiari­ sce lo studioso) « molti milioni di dollari di oggi » . Il versamento avvenne in piastre d'oro turche: una moneta molto apprezzata in tutto il Mediterraneo . A che servì quell 'autentico tesoro? Sentiamo il nostro ricercato­ re : « È incontrovertibile che la marcia trionfale delle legioni gari­ baldine nel Sud venne immensamente agevolata dalla subitanea con­ versione di potenti dignitari borbonici alla democrazia liberale. Non è assurdo pensare che questa illuminazione sia stata catalizzata dal­ l'oro » . Anche perché ai finanziamenti segreti se ne aggiunsero molti altri (e notevolissimi , palesi) frutto di collette tra tutti i "democra­ tici" di Europa e America, del Nord come del Sud. Sarebbero così confermate quelle che, sinora, erano semplici voci: come , ad esempio , che la resa di Palermo (inspiegabile sul piano militare) sia stata ottenuta non con le gesta delle camicie rosse ma con le "piastre d'oro" versate al generale napoletano, Ferdinando Lanza . Con la prova dei molti miliardi di cui disponeva Garibaldi si può forse valutare meglio un'impresa come quella dei Mille che mise in fuga un esercito di centomila uomini (tra i quali migliaia di solidi bavaresi e svizzeri) , al prezzo di soli 78 morti tra i volon­ tari iniziali . 260

M a c'è di più: il poeta lppolito Nievo se ne tornava da Palermo a

Napoli al termine della spedizione . Il piroscafo su cui viaggiava,

! " ' Ercole" , affondò per una esplosione nelle caldaie e tutti anne­ earon o . Si sospettò subito un sabotaggio ma l 'inchiesta fu so1leci­ ta m ente insabbiata. Le cose possono ora chiarirsi, visto che il Nie­ v o , come capo dell ' Intendenza, amministrava i fondi segreti e ave­ va d unque con sé la documentazione sull'impiego che nel Sud era stato fatto di quei fondi. Qualcuno evidentemente non gradiva che k prove del pagamento giungessero a Napoli : non si dimentichi che recenti esplorazioni subacquee hanno confermato che il naufragio della n av e del poeta fu davvero dovuto a un atto doloso. Si cominciava bene, dunque, con quella "Nuova Italia" che i garibaldini dicevano di volere portare anche laggiù : una bella sto­ r i a di corruzioni e di attentati . Ma Nievo portava, pare , solo rice­ v u t e : dove finirono i miliardi rimasti, e dei quali solo pochissimi capi dei Mille erano a conoscenza? In og ni caso , era una somma che solo un governo poteva paga­ re. E , in effetti, la fonte del denaro era il governo inglese (non a caso lo sbarco avvenne a Marsala, allora una sorta di feudo bri­ tan nico , e sotto la protezione di due navi inglesi ; e proprio su una n ave inglese nel porto di Palermo fu firmata la resa dell'isola) . Come riconosce il " fratello" Di Vita, lo scopo della Gran Bre­ tagna era quello già ben noto: aiutare Garibaldi per « colpire il Pa­ pato nel suo centro temporale, cioè l'Italia, agevolando la forma­ zione di uno Stato protestante e laico » . Le monarchiche isole pa­ garono cioè il repubblicano Eroe perché distruggesse un Regno , quello millenario delle Due Sicilie, purché anche l' Italia, « tenebroso antro papista », fosse liberata dal cattolicesimo.

129. A nticlericali Perché i territori italiani che fecero parte dello Stato Pontificio s ono oggi i più anticlericali e registrano la più alta media, in tutto

l ' Occidente, di un voto comunista che nulla ha a che fare con mo­ tivi socio-economici? Girare in Ferrari e gestire imprese con grinta da "padrone delle ferriere" convive spesso, qui, con l ' immutata

scelta " rossa" alle elezioni . Si pensi a quello pseudo-comunismo ai tortellini nell' opulenta Emilia di quei padronci ni che da 40 anni 26 1

votano in un certo modo anche per "farla al prete" . Si pensi ai "repubblicani storici" (anch' essi , più che proletari , borghesi e pro­ fessionisti) della Romagna, con i loro cori che ancora promettono di « impiccare l' ultimo re con le budella dell' ultimo prete » . Spiegazione sbrigativa della vulgata corrente: colpa del "gover­ no dei preti " ; i pronipoti hanno la memoria lunga, si vendicano dell ' oppressione papale subìta per secoli dai loro antenati. E nella facile trappola di una simile analisi cascano anche fior di storici cattolici . Ebbene, anche qui la storia mostra che la risposta giusta non è così semplice. Le Legazioni Pontificie (le attuali province di Bolo­ gna, Ferrara, Forlì, Ravenna), diventate poi famose per la loro ir­ religiosità di massa, sino agli inizi del secolo scorso furono in real­ tà famose per la loro religiosità, per una fedeltà popolare incrolla­ bile al governo dei Papi . Dopo avere accolto , con premura frater­ na, centinaia di preti, e anche di vescovi , fuggiti dalla Francia ri­ voluzionaria, videro con orrore , nel 1 796, la scorreria dell' armata del giovane Bonaparte . Pronte a battersi contro l 'invasore sacrilego per difendere le lo­ ro tradizioni religiose e il loro governo (che, tra l'altro, imponeva le tasse più miti d'Europa), dovettero constatare che Pio VI (il qua­ le, per maggior scandalo, era romagnolo) si affrettava a firmare un armistizio pesantissimo senza un accenno di resistenza. A pie­ garlo erano bastate le minacce del Còrso. Quando poi i Francesi si inoltrarono nel territorio romagnolo , alle chiese profanate e spo­ gliate, ai religiosi cacciati dai conventi , alle liturgie "rivoluziona­ rie" attorno all' albero della libertà, la maggioranza dei vescovi e molti parroci replicarono moltiplicando gli omaggi e le lusinghe ai nuovi padroni e le esortazioni alla sopportazione agli artigiani e ai contadini che ribollivano di sdegno . Quando, a Lugo di Romagna (e poi, via via, negli altri centri dei Territori Pontifici , nelle Marche, nel Lazio, nell' Umbria) si mi­ sero le mani anche sulle statue dei patroni, il popolo - quello ve­ ro non quello dei giacobini , fatto di pochi medici , avvocati, notai - prese le armi . Solo a Lugo, in uno dei primi scontri con le « m� se cristiane » che andavano all'assalto gridando « Viva il papa ! viva Gesù e Maria ! » , le colonne di Napoleone ebbero duecento morti.

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Nacque così l'eroica, indomabile, occultata epopea de Gli insor­ gen t i (che è il titolo del sorprendente libro, editore Reverdito di Trento, di uno storico-magistrato, Francesco Mario Agnoli : otti­ mo e raccomandabile esempio di storia sul serio "alternativa").

Quell ' epopea in nome della religione e della Chiesa, costò a quel popolo credente lacrime e sangue . Ma la resistenza si fece spesso a di spetto di tanti uomini di Chiesa, che - per evitare guai peg­ g:jori , ma anche per quieto vivere o per considerazioni di potere si segnalarono per pavidità e per collaborazionismo . Quanto più profonda era stata la fiducia del popolo nel clero , t a nto più cocente fu il disinganno. I sudditi più fedeli del papa e d e i suoi Cardinali Legati divennero, passata la bufera, i più indo­ c i l i a riaccettare l' autorità di chi , nel pericolo, sembrava non aver­ li s or r e t ti a sufficienza (come si vede, se sempre gli episcopati , da soli , finiscono per piegare la schiena, talvolta anche il vertice della C hiesa viene, col potere, a troppo facili patti : i preti mostrano , in genere , minor coraggio dei credenti laici . È anche questa, piaccia o no, una costante della storia. Basti ricordare il caso tragico dello scisma inglese, nel XVI secolo . Il re Enrico VIII e i suoi teologi di corte staccarono la Chiesa d' Inghilterra da Roma e misero poi mano a una diversa teologia e liturgia. Tra i molti vescovi inglesi uno solo, quello di Rochester, ebbe il coraggio di ribellarsi : fu mar­ ti rizzato. Tutti gli altri presuli tacquero e chinarono il capo). Forse non solo, ma anche per questo " tradimento" , in quelle zone emiliano-romagnole molti passarono "dall ' altra parte" . E ci restarono, porgendo orecchio attento agli apostoli dei molti anti­ clericalismi che si succedettero. -

130. La vite e i tralci lino dei nouveaux philosophes, Jean-Marie Benoist, ha ricor­ dato su Le m onde che, « tra le fonti che hanno influenzato » la Di­ chiarazione dei diritti dell 'uomo del 1 789 ci furono, certamente, (< anche i catechismi diocesani , che hanno costituito la base per nu­ merosi articoli di quel documento-simbolo della Rivoluzione francese » . L' osservazione è antica quanto la Rivoluzione stessa. Sin dall 'i­ nizio furono moltissimi i preti e moltissimi anche i vescovi che ri-

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vendicarono il carattere cristiano della triade rivoluzionaria: liber­ té, égalité, fraternité. La tesi ritorna anche in uno dei documenti (scritti da anonime commissioni di teologi e specialisti senza volto, eppure firmati "l vescovi di Francia") con i quali l'episcopato tran­ salpino ha ricordato il bicentenario del 1 789. Quei presuli (o , me­ gli o, i loro esperti) si spingono sino a parlare di « tralci non esplici­ tamente cristiani ma in realtà fioriti sulla vite biblica ». È un'immagine azzardata. Nel Vangelo di Giovanni, in effetti , nel grande discorso finale di Gesù ai suoi , si legge qualcosa che vale la pena di andare a rivedere: « lo sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo . Ogni tralcio che in me non porta frutto lo toglie ( . . . ) . Rimanete in me e io in voi . Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimane­ te in me . Io sono la vite , voi i tralci . Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto , perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca , e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano » (Gv 1 5 , l ss). Ora : stando all 'insuperata, lucidissima analisi del liberale Ale­ xis de Tocqueville, il vero cuore della Rivoluzione (che pure, all 'i­ nizio, non sembrò anticristiana e fu anzi sorretta da molto clero del Terzo Stato) si rivelò « la passione irreligiosa »; la lotta al cri­ stianesimo divenne presto « il suo vero scopo ». Scrive Tocquevil­ le : « La Rivoluzione anzitutto colpì la Chiesa e, fra le passioni na­ te da essa, la prima ad avvivarsi e l'ultima a spegnersi fu la passio­ ne irreJigiosa. Anche quando era svanito l' entusiasmo per la liber­ tà, dopo che si era comprata a prezzo della servitù la tranquillità, si restava ribelli all ' autorità religiosa. Napoleone, che aveva potu­ to vincere il genio liberale della Rivoluzione , compì inutili sforzi per dominarne le tendenze anticristiane. Anche oggi (ne/ 1856, ndr) vediamo uomini che credono di riscattare il servilismo verso il po­ tere politico con la loro insolenza verso Dio e che, mentre rinun­ ciano a tutto ciò che nella Rivoluzione è più nobile e più fiero, si lusingano di rimanere fedeli al suo spirito restando irreligiosi >) . E questo , spiega il grande studioso, anche perché la Rivoluzione francese volle essa stessa essere una religione: « Fu una rivoluzione politica che agì come una rivoluzione religiosa e ne assunse l'aspetto. Si diffuse nel mondo con la predicazione e la propaganda: spetta­ colo nuovo quello di una rivoluzione politica che ispira il proseliti264

smo

e che si predica tra gli stranieri con ardore pari alla passione

con cui la si compie presso di sé. Fra tutte le novità che ha mostra­ to al mondo, qu e sta certamente è la più nuova » . Come

che sia, è indubbio che - anche se fossero, e forse l o so­

n o d a v v ero di origine evangelica - i "tralci " del 1 789 sono , per vo lere esplicito dei rivoluzionari , staccati da quella che per il cre­ dente è la "vite-Cristo" . La libertà, l'eguaglianza, la fraternità so­

no viste come frutto autonomo della ragione umana, fondate non certo su Dio (meno che mai sul Dio della Bibbia, considerato fon­ te di divisione, di fanatismo, d'intolleranza) ma su "la volontà ge­ nerale " e i suoi riti democratici . Ora : se il Vangelo ha un senso, è ben chiaro quello che Gesù vuoi dire quando parla di « tralci stac­ cati )) da lui : quelli che, senza la sua linfa, seccano e fanno una pes­ sima fine. Ecco allora la domanda (che vale non solo per i "valori" pro­ pugnati dalla Rivoluzione francese ma per tutto ciò che ne è segui­ t o , fino ad oggi): importa davvero la più o meno esplicita deriva­ zione evangelica di quei "valori " , se nessun contatto vitale, orga­ nico , hanno più con il Protagonista dei Vangeli? Non sarà questa - almeno per gli occhi della fede - la causa misteriosamente im­ pl acabile che sempre ha condotto le migliori intenzioni di rivolu­ zionari e ri formatori a rovesciarsi nel loro contrario (la costante " eterogenesi dei fini ")? Non si nasconderà qui , in questo distacco dalla "vite" che, unica, può dare la linfa, la fonte degli immanca­ bili effetti perversi cui giungono i più nobili programmi solo uma­ n i ? Per cui - per stare alla sola Rivoluzione francese - la liberté fi ni sce nell' oppressione, prima del Terrore e poi di Napoleone; l ' é­ galité in un'ingiustizia ancor più sfacciata, gestita dalla trionfante borghesia; lafraternité nei peggiori massacri tra i popoli, in nome del nazionalismo e delle ideologie, che il mondo avesse mai visto . Se alle belle parole dei proclami, se all' annuncio di ideali accet­ tabili anche da un cristiano seguono - sempre, da ormai due se­ coli - frutti funesti , non sarà ora, per i credenti, di rileggere il V angelo? Ma tutto, compreso il quindicesimo capitolo di Giovanni . Stando a Francesco Mario Agnoli , autore del libro di cui par­

lammo, Gli insorgenti, proprio qui starebbe il motivo per cui il po­ polo cattolico insorse - dalla Vandea al Tirolo, alla Castiglia, alla 265

Romagna, alla Calabria, al Reno, al Belgio - contro la Rivolu­ zione e i suoi " valori " , mentre il clero , la gerarchia stessa furono assai più cauti , speranzosi di riconciliazione, magari collabora­ zionisti (non tutti certo, molti scelsero il m artirio) . Scrive Agnoli : « Una secolare educazione alla fede, una società costruita sulla quotidiana predicazione del Vangelo, fecero comprendere ai più umili dei suoi figli (in conformità, del resto, alle parole di Chi ha detto: "Ti ringrazio, Padre, perché hai nascosto ai sapienti e agli intelligenti quello che hai rivelato ai piccoli") come i princi­ pi della Rivoluzione tendessero inevitabilmente alla distruzione del­ la fede cristiana, nonostante che dei teologi , molti monaci e sa­ cerdoti e perfino non pochi prìncipi della Chiesa si lasciassero in­ gannare dalle apparenze, da certe esteriori somiglianze con i pre­ cetti evangelici , dimentichi della sorte del tralcio separato dalla vite » . È i n base a questo "istinto" , dunque, a questo sensus /idei, che il popolo si sarebbe ribellato o avrebbe seguito passivamente gli avvenimenti , negando ogni collaborazione a chi pure si presentava come campione proprio della ' 'volontà popolare' ' . Ancora Agno­ li: « Gli scarsi amici degli invasori rivoluzionari francesi , i giacobi­ ni italiani, furono quasi tutti aristocratici , ricchi borghesi , pagliet­ te curiali » . M a che cosa vollero quegli eroici, solitari "insorgenti" ? Non lan­ ciarono proclami teorici , non scrissero volumi ideologici, lasciaro­ no così pochi documenti scritti che la storia dei vincitori poté fa­ cilmente occultare quella epopea, una delle poche autenticamente popolari . Non seguivano princìpi astratti, ma miravano a realtà concrete: volevano nascere, crescere , sposarsi, vivere, avere figli , morire se­ condo i loro costumi religiosi , le loro tradizioni cattoliche, sotto lo sguardo e la protezione non dello Stato-Dio ma del Dio dei loro padri , della M adonna, dei santi patroni . Non volevano idolatrare l' astratta "Nazione" , si accontentavano della loro patria. La qua­ le, come disse Monsieur Charette de la Contrie, uno dei capi degli insorti cattolici vandeani, « è una patria che sentiamo sotto i nostri piedi e non, come i signori di Parigi , nel cervello : patria è per noi ciò che i nostri padri hanno amato prima di noi e che vogliamo che anche i nostri figli possano amare » .

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13 1. Teorie e pratiche A i molti che mi scrivono chiedendo che cosa leggere sulla Rivo­ l u zi one francese, sempre segnalo che gli Oscar Mondadori hanno

celebrato il bicentenario nel modo migliore. Ripresentando , cioè , q u ella Rivoluzione francese di Pierre Gaxotte che, nonostante fos­ s e u n classico continuamente richiesto, non era più ristampato. E pare non casualmente , visto che queste 500 pagine, fitte di dati e di epi sodi inoppugnabili, sono tra le più micidiali per i miti e i loro t e naci propagandisti . Tra i meriti di Gaxotte - giornalista, scrittore , ottimo divulga­ tore ma storico serio a tal punto da essere accolto tra /es Immor­ rels dell' Accademia.Francese - c'è l'avere distrutto lo schema che ancor oggi occupa l'immaginario dell'uomo della strada. Lo schema, cioè, che vede in quella Rivoluzione i poveri contro i ricchi, il popolo contro gli aristocratici, i diseredati contro i pri­ vilegiati. In realtà, l' esplosione fu preparata dai nobili e dai bor­ ghesi intellettuali nei salotti delle aristocratiche jemmes savantes; e il processo che portò alla convocazione degli Stati Generali fu messo in moto non dal popolo ma dalle invidie, dalle gelosie, dagli interessi dei privilegiati : ricchi borghesi cittadini contro ricchi no­ bili delle provi nce, aristocratici che volevano ridurre il potere del re e della corte di Versailles, intellettuali " illuminati" che preten­ devano prebende e prestigio sulle cattedre universitarie e nella na­ scente "industria culturale" . Del resto, le cifre parlano chiaro : secondo le ricerche di Gaxotte i contadini rappresentano il 28 per cento delle vittime del Terrore

gli operai , gli artigiani , i piccoli commercianti il 41 per cento : dunque, ogni cento condannati a morte, "in nome del popolo" , dai tribunali "popolari " , ben 69 appartenevano alla parte davve­ ro "popolare" del Terzo Stato . Solo a Parigi, alla caduta di Robe­ spierre, 2000 contadini erano in prigione e molti di essi in attesa della ghigliottina. A parte il caso della Vandea - dove gli agricoltori in rivolta fu­ rono massacrati in massa, a decine di migliaia - in regioni co­ me l' Alsazia, nel solo inverno 1 793-94 (proprio quello in cui la Con­ venzione mette « il Terrore ali' ordine del giorno » per « gestire il potere in nome delle classi basse >)) oltre 50.000 contadini fuggono

e

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oltre il Reno, chiedendo rifugio ai prìncipi tedeschi "reaziona­ ri " . Altro che schema po veri contro ricchi! D ' altro canto, questa sa­ rà la sorte anche delle rivoluzioni che seguiranno : la Rivoluzione sovietica, lo sanno tutti, non fu quella del popolo ma sul popolo , preparata e gestita non dalle masse (che morirono a milioni , ma dopo, sotto Lenin e Stalin) bensì da una élite di intellettuali e bor­ ghesi cui non mancò l'aiuto del "reazionario " governo imperiale tedesco e di industriali e finanzieri americani . Ma perché tanti contadini finirono davanti ai plotoni di esecu­ zione o sotto le mannaie dei signori di Parigi , quelli che proclama­ vano di avere instaurato la democrazia vera? Il motivo è ormai ben noto: l'avere cercato di imporre leggi "innaturali" (perché nate a tavolino, dalle fantasie utopiche dei dottrinari) a ciò che è " natu­ rale' ' per eccellenza: la vita e il lavoro nei campi e il s istema eco­ nomico che ne consegue. Il Terrore fu la fase "comunista" della Rivoluzione francese, fu la volontà di creare , per mezzo delle leg­ gi, il regno dell'égalité assoluta. Come sempre avviene, quel che ne conseguì non fu il benes­ sere per tutti ma la ricchezza per una nuova casta e la miseria per i già poveri . L'utopia, calata nella realtà, si rovescia sempre nel suo contrario: le leggi dell'economia si ribellano, le cose resistono tenaci alla violenza di chi vuole imprigionarle a suo piacimento. Così , il cervellotico calmiere sul prezzo dei cibi im­ posto dall' Assemblea di Parigi provoca - prevedibilmente per chiunque abbia buon senso, ma in modo sorprendente per i teorici - non alimentazione sicura e a buon mercato per tutti , ma la sparizione delle derrate e una borsa nera accessibile solo ai ricchi. La confisca dei terreni , la nazionalizzazione delle cam­ pagne si risolve nella caduta rovinosa delle redditività, in spre­ chi, in inefficienza totale, infine in carestie spaventose. La sosti­ tuzione del meccanismo ' 'naturale' • del mercato con costruzioni artificiose, dettate dai sogni "comunisti" degli avvocati di pro­ vincia che costituivano il nerbo della Convenzione , portò a tre bancarotte nel giro di pochi anni . Gaxotte : « La Rivoluzione an­ dò a urtare contro l'invalicabile barriera degli approvvigionamenti o, secondo l'espressione di Carnot , contro la natura insormonta­ bile delle cose » .

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Alla rovinosa utopia (che non è affatto morta, ma che vediamo co nt in uamente risorgere) che il mondo possa ritornare all 'Eden a co lp i di decreti-legge nati dalla "pianificazione" ideologica di pur benissimo intenzionati teorici, si aggiunga l'altra disastrosa illusione della mentalità giacobina di sempre. Il pretendere, cioè, che gli uo­ mini soprattutto quelli delegati a funzioni pubbliche - cerchi­ no non il bene proprio ma quello di tutti . È "l'innocentismo" che nega il peccato originale, considerandolo non una realtà ogni gior­ no constatabile, ma un'invenzione dell'oscurantismo cristiano. Così , la teoria dell ' uomo "buono per natura" porta ai risultati che Gaxotte così sintetizza: « Si uccide molto , ma si ruba ancor di pi ù . I beni nazionali posti sotto sequestro vengono fatti sparire da q uegli stessi che dovrebbero farvi la guardia. "Custode dei sigilli repubblicani" e "ladro" sono sinonimi, nella lingua del tempo . r n tanto , i membri dei comitati di sorveglianza rivoluzionaria traf­ ficano con i " certificati di civismo" e con i mandati di cattura. Si paga per non essere ritenuti sospetti, si paga per essere rilascia­ t i , si paga per far dimenticare la propria pratica in un cassetto » . Ecco il lamento di u n " puro " , d i un "innocentista" , di u n se­ guace di Rousseau, il deputato della Convenzione Charbonnier: « È doloroso non vedere altro che degli ambiziosi, degli uomini avidi, la maggior parte dei quali sono ardenti patrioti . Divorano la Re­ pubblica, la mangiano un pezzo per volta! Oh ! quanti antropofagi che si dicono patrioti ! » . Così , mentre i nuovi privilegiati si arric­ chiscono , il popolo, con le ' 'tessere ' ' del razionamento , ha diritto ufficialmente a mezza libbra di pane, poco più di due etti; in real­ tà, a un quarto di libbra al giorno di una nera mistura, fatta di segale, orzo, ghiande, avena. Ma spesso manca anche questo: nel­ le campagne si mangia erba e gramigna. -

Anche per questo quel dramma di due secoli fa lancia un avver­ timento perenne a conforto di coloro che ancora credono nel reali­ smo cristiano . Per dirla con Gaxotte : « Quando lo schema dei teo­ rici vuole imporsi alla natura, il risultato è sempre la rovina e la miseria >>. È una lezione che si ripete implacabile: eppure qualcuno non sembra valeria accettare e - dicendo magari di ispirarsi al Van­ gelo - va elaborando certi suoi progetti di "nuove società" di "li­ beri ed eguali " , tanto affascinanti sulla carta quanto terribili se mai dovessero calare sulle persone e sulle cose.

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Quando Robespierre , con il gruppo dei " comunisti " , è condot­ to alla ghigliottina ci fu , ricorda lo storico francese, « un'allegria che non si era più vista. La gioia popolare dilagava in un enorme tumulto di risate , grida lazzi, canzoni. Allorché l ' Incorruttibile e i suoi passarono sulle carrette dirette al patibolo , un boato si levò dalla folla: "Abbasso il maximum ! " » . Il maximum era i l calmiere sui cibi e sui salari : i giacobini lo con­ sideravano il maggior provvedimento a favore del popolo. Ma il popolo , quello vero , aveva ben visto dove portava l 'utopia "so­ ciale" e festeggiava nelle strade la fine dell'incubo delle "teorie" e il ritorno alla ragione , alla natura, al buon senso. Quella rivolu­ zione finiva nell ' esultanza della gente. Ma già altri intellettuali co­ minciavano a distillare i loro schemi da provare poi sulla pelle del popolo. E di quei "benefattori " , ahinoi, ce ne sono ancora, ma­ gari qualcuno in abito clericale. ,

132. O l 'uno o l 'altra L'eclisse di Marx e di ogni socialcomunismo ha provocato la ri­ scoperta del liberalismo e, necessariamente, del suo massimo pon­ tefice, Benedetto Croce. Le opere del quale, non a caso , sono ora riprese e ristampate da Adelphi , l 'editore italiano più sensibile allo Zeitgeist, lo spirito del tempo . Così, per tentare di salvare il salva­ bile, chi si richiamava al socialismo - e, in particolare, alla rivo­ luzione bolscevica dal 1 9 1 7 - tenta ora di mescolarlo al liberali­ smo borghese, quello nato dalla rivoluzione del 1 789. Ebbene, nella biografia di Croce scritta da ltalo de Feo per Mon­ dadori , trovo una pagina particolarmente significativa e attuale. V al la pena di leggerla. Eccola, dunque: « Molti socialisti italiani non possedevano neppure i concetti fondamentali della loro stessa dottrina, tanto che, in più di una circostanza, si associavano ai mas­ soni. In una lettera al Giornale d•Jtalia de1 1 9 1 0, Croce aveva lim� pidamente chiarito le dissonanze tra i due movimenti, figli di due idee diverse. Scriveva: " La massoneria, come sa chi ne conosca la genesi e ne abbia osservato le intime tendenze, è uno dei prodotti più schietti dello spirito del secolo decimottavo. Il socialismo è, in vece, uno dei più schietti prodotti dello spirito del secolo decimo­ nono . La massoneria idoleggia l 'umanità, la libertà, la giustizia, ­

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la frat ellanza, la scienza e tutte le altre idee che operarono al mo­ do che è noto nella Rivoluzione francese. Il socialismo, indifferen­ r e anzi irriverente verso quelle divinità, muove da una considera­ zione di dialettica storica e procura di aiutare a venire alla luce la

creatura della nuova storia, la Classe dei lavoratori . Al pari di tut­ LO il pensiero del secolo decimonono, il socialismo è nato dalla po­ lemica contro l'enciclopedismo, il giacobinismo e l'astrattismo, cioè c ontro il contenuto stesso dell'ideologia massonica. Sotto l' aspet:­ to ideale, non mi par dubbio che la massoneria borghese è destina­ t a a distruggere il socialismo proletario; o, al contrario, il sociali­ smo distruggerà la massoneria; o si dovrà tornare ai cosiddetti prin­ cì pi del 1 789 o di questi princìpi non si dovrà parlare più , perché assorbiti e superati negli altri che si potrebbero chiamare del 1 848 (data del Manifesto dei comunistE). L'inconciliabilità tra i due si­ stemi di idee fu del resto profondamente sentita dal Marx stesso" » . Anche i n base a un così autorevole parere, è facile prevedere gli esiti dei disperati tentativi degli ex-comunisti di salvare, come si dice, capra e cavoli .

133.

In ritardo ?

Robert Runcie, arcivescovo di Canterbury e, dunque, primate della Chiesa anglicana, è stupito e anche, britannicamente, un po' ironico . In effetti, come ha dichiarato in un'intervista al mensile Jesus, la crescente frammentazione e ingovernabilità della cosiddetta "Comunione anglicana" è un problema sempre più grave, con gruppi e gruppetti che, di fronte ai grandi temi del­ l ' oggi (vedasi tra l' altro, l'ordinazione di donne e di omosessuali dichiarati e "in attività' ') , se ne vanno per le loro strade, spesso inconciliabili . Dice Runcie: « Ho rivolto un pressante appello sulla questione dell'autorità all' interno della nostra Comunione. C'è un' unità che noi cerchiamo . Per ragioni storiche, gli anglicani hanno ereditato un modello di Chiese giurisdizionalmente indipendenti . Questa fr ammentazione è stata uno dei risultati negativi della spaccatura al momento della Riforma. Ho fortemente raccomandato di pas­ sare dall'indipendenza a una inter-dipendenza. È la dura lezione che stiamo imparando quando dobbiamo far fronte a difficoltà.

27 1

Noi anglicani cominciamo adesso a cercare un modo per giungere a decisioni comuni su questioni essenziali di fede e di disciplina » . Ma - e da qui l o stupore un po' beffardo del primate della Chie­ sa di Stato d' Inghilterra - andando in giro per il mondo , Runcie si accorge che nella Chiesa cattolica, che quell'unità aveva sempre avuto, molti sembrano premere per abbandonarla, tendendo al mo­ dello di cui ora proprio gli stessi protestanti riconoscono la dram­ matica insufficienza . Dice Runcie: « È un'ironia della storia che, mentre noi anglicani stiamo per riscoprire il bisogno di un' autori­ tà centrale che aiuti a tenere insieme le diversità locali , la Chiesa cattolica romana stia sperimentando all'opposto una maggiore au­ tonomia » . Un vero peccato, osserva ancora, perché proprio ades­ so « gli anglicani cominciano a riconsiderare il ruolo del Primato , incluso un Primato universale » , così come, a certe condizioni , po­ trebbe essere per loro il già tanto esecrato Primato del papa. Già, ma come fare se, mentre i protestanti scoprono ora che il ' 'modello" cattolico era quello giusto, tanti cattolici si invaghiscono del protestantesimo anche là dove, a dichiarazione dei suoi espo­ nenti stessi, si è sbagliato e ha fallito? se , mentre ciò che è nato dalla Riforma ha una struggente nostalgia di autorità e di univer­ salità, proprio questo, e proprio adesso, tanti cattolici contestano?

134. Savoia n figlio di Umberto I I scandalizza anche gli ultimi monarchici,

dichiarando di riconoscere la Repubblica italiana come fatto ormai irreversibile e chiedendo , anche per questo , di ritornare in patria. Dove, dice, intende continuare la sua attività di privato uomo di af­ fari invece di darsi ad attività politiche o a rivendicazioni dinastiche . Finis Sabaudiae: per una sorta d i rinuncia non ufficiale ma espli­ cita termina così la casata iniziata nel 1 047 , quando un oscuro vas­ sallo, Umberto detto il Biancamano, ottenne una contea sul ver­ sante settentrionale delle Alpi dal Sacro Romano Imperatore . Nel 1 8 5 5 , in piena lotta della Chiesa contro la legge Rattazzi che confiscava i beni ecclesiastici e sopprimeva gran parte delle comu­ nità religiose , don Bosco pubblicò un opuscolo . Il governo libera­ le piemontese ne deci se il sequestro , poi non eseguito per il timore di ulteriore pubblicità. Si preferì fingere tolleranza, considerando272

l o il p arto inoffensivo di un visionario . In effetti , in quell ' opusco­ l o i l prete di Valdocco ammoniva il giovane e ambizioso re, Vitto­ r i o Emanuele II, rifacendosi a qualcuno dei suoi sogni e alle sue abi tuali , misteriose intuizioni . Il sovrano doveva guardarsi dal fir­ m a re

la legge sottopostagli dal suo governo perché, scriveva testual­

mente don Bosco, « la famiglia di chi ruba a Dio è tribolata e non

giunge alla quarta generazione )) . Per chi volesse farli (sfidando naturalmente l'ironia, anzi l o scan­ d alo degli storici "scientifici") i conti sono agevoli : quello stesso Vit torio Emanuele

II morì a soli 58 anni e, a quel che pare , a causa

el i " febbri perniciose" , la malaria, cioè, che lo colpì nella Roma d ove i bersaglieri erano entrati otto anni prima. Il suo primo suc­ cessore ,

Umberto l, finì cinquantaseienne, a Monza, sotto i colpi

di revolver dell' anarchico Bresci. 11 secondo successore, Vittorio

Emanuele III, scappò nottetempo dal Quirinale 1' 8 settembre 1 943 a nni dopo era costretto ad abdicare . Il terzo successore, Um­ berto I l , fu re "provvisorio" , per meno di un mese e, perduto il referendum popolare, dovette accettare un esilio senza ritorno. Ora il figlio giunge sino ad abbandonare ogni rivendicazione. Alla « quarta generazione » , al quarto successore di quel re così severamente ammonito da don Bosco , i Savoia non sono giunti . Che ne sappiamo noi dell' enigma della storia che - è verità di fede Dio stesso tanto discretamente quanto fermamente guida verso fini che non conosciamo? Perché dovremmo escludere a priori le intuizioni dei santi e fidarci solo delle analisi degli storici "posi­ t i vi n , quelli per i quali è motivo di compassione quando non di sdegno l'ipotesi di un Mistero che agisca dietro le quinte?

e tre

-

135. L 'uva de La Salette " Apparizioni" : terreno minato , ce ne rendiamo ben conto . Ma sarebbe ben poco coerente che, da un lato, ancor oggi la Chiesa approvi culti, favorisca il sorgere di santuari , esorti a pellegrinaggi su luoghi che, spesso solennemente, ha proclamato privilegiati da un misterioso manifestarsi del Sacro . E che, dall' altro lato, rifiuti di esaminarne criticamente le credenziali . A d esempio: che n e è delle ' 'predizioni ' ' , degli ' 'annunci profeti-

273

ci" così spesso legati a quelle apparizioni? Prendiamone una che sembra oggi tra le meno gradite a certo spirito di razionalismo, ma che pure è stata ufficialmente approvata dalla gerarchia, la quale da quasi un secolo e mezzo ne promuove e ne approva i pellegrinaggi : l' apparizione della Vergine sulle montagne de La Salette. Come è noto , Maria in quell ' occasione annunciò calami­ tà per colpa di atteggiamenti irreligiosi . Disse, tra l ' altro: « Fa­ ranno penitenza con la carestia. Le noci prenderanno la muffa e le uve marciranno >) . Che ne è stato di quella predizione? Quelle parole sono state pro­ nunciate il 1 9 settembre del 1 846. Scartabellando tra manuali di viticoltura e storia agraria, si scopre che proprio Panno dopo giunse in Francia dall' America un devastante , e sino allora sconosciuto flagello per la vite: è infatti del 1 847 il manifestarsi della crittoga­ ma (detta "oìdio" o " mal bianco "), un fungo parassita che fa ap­ punto sì che le uve « marciscano » . Non era che l'inizio, ché - e proprio cominciando , anche qui , dalla Francia - nel 1 868 si ma­ nifestò, improvvisa, quella fillossera (un pidocchio microscopico) la quale, come osserva il Larousse, « prese in Francia le proporzio­ ni di un disastro nazionale: oltre la metà dei vigneti fu distrutta e la produzione fu ridotta di due terzi , senza che per lungo tempo si riuscisse ad arginare il flagello » . Non era finita: nel 1 878 ecco la peronospora, anch 'essa sconosciuta sino ad allora. Ancora il L a­ rousse: « La malattia, originaria dall'America, giunse in Europa - e precisamen te in Francia - e si diffuse poi in tutti i Paesi dove si coltiva la vite , provocando danni gravissimi >) . Scrisse Paul Claudel : « Anche l ' uva si guasterà . Qui, è facile a constatarsi, la profezia si è avverata alla lettera. Quante malattie sulla povera vite dal giorno de La Salette in poi ! ». Gli effetti delle improvvise invasioni di parassiti furono tali che, oggi , in Europa (e specialmente in Francia) non esiste forse una specie di vite che sia anteriore al 1 847 . Ed è, ripetiamo, dell' anno precedente l'an­ nuncio di ciò che sarebbe successo . Sarebbe davvero peccare di "lesa scienza" , anche per uomini di fede, proporsi di investigare metodicamente sul realizzarsi concre­ to di "predizioni " in messaggi che la Chiesa stessa ha approvato? Prima che una questione "devozionale" , non è un problema di coerenza?

274

!36. Difendere la storia La cultura classica e poi quella cristiana procedevano "per ad­ d i zione" , aggiungevano il nuovo al vecchio, sempre attente a non r i n n egare e a non dimenticare il passato, a non recidere le radici . 1 n effett i , il cittadino più ascoltato e rispettato era l'anziano , cu­ s t o d e della memoria e segno di continuità. Le culture post-cristiane, quelle delle ideologie sociopolitiche che tentano di sostituire la prospettiva religiosa, procedono al contra­ rio " per distruzione" . Vogliono recidere i ponti con il passato, vi­ s L O come un peso del quale liberarsi. In effetti, non sanno che farse­ ne n o n solo delle cose ma anche delle persone vecchie che posteggia­ n o , quando non nascondono, da qualche parte, in attesa che la smet­ t ano di gravare , da pesi morti, sulla società in cui non hanno più al­ c u n ruolo. Nuovo profeta, qui, in effetti , è sempre e solo il giovane . Tutte le ideologie moderne (da quella del giacobinismo e del ra­ dicalismo borghese a quella socialista, comunista, fascista, nazi­ sta) coltivano il mito dell" ' uomo nuovo " da costruire sulle ceneri dell ' antico . Nell' auspicata presa di potere deiJ 'ideologia, quale che sia, i seguaci vedono una frattura, una sorta di punto Alfa dal quale ricominciare a contare gli anni : il calendario repubblicano della Ri­ vol uzione francese, l'anno dell" ' era fascista" nel Ventennio . . . C ' è , dunque, nelle prospettive moderne, il sospetto quando non il fastidio o l'odio verso la storia, vista come una zavorra della quale liberarsi . Sino al caso emblematico di Béla Kun , il capo dei comu­ nisti ungheresi , che nelJa primavera del 1 9 1 9 proclamò la Repub­ blica Sovietica Magiara. Durò soltanto 1 33 giorni ma, al suo con­ fronto , persino il Terrore nella Parigi del 1 793 fu una specie di pe­ riodo felice: in quei poco più che quattro mesi di " dittatura del proletariato " a Budapest le sole esecuzioni pubbliche di condanne a morte furono 585 . La fame, la paura , la disperazione furono tali che un' insurrezione costrinse Kun alla fuga nell' Unione Sovietica (dove, secondo la legge solita delle rivoluzioni , finì a sua volta vit­ tima di Stalin) .

Ebbene, nel programm a di marxismo radicalmente ortodosso dei comunisti ungheresi figurava un punto qualificante: l ' abolizione di ogni insegnamento della storia nelle scuole e la confisca o la di­ struzione dei libri storici. Anche in questo modo Béla Kun (che,

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paradossalmente, era ebreo , figlio cioè della cultura più radicata in profondo nella storia) si proponeva di creare " l ' uomo nuovo" che guardasse soltanto avanti, verso il " mondo nuovo" . Anche i Khmer rossi , in Cambogia, ordinarono la distruzione dei libri di storia: anzi, fucilarono tutti gli insegnanti di quella di­ sciplina , che non doveva più essere insegnata. Il cattolico deve essere consapevole di queste logiche: dunque, la difesa della storia, delle radici , della memoria dovrà essere per lui un rigoroso dovere (Ecclesia retro et ante oculata; } ' " addizio­ ne" del Nuovo Testamento all 'Antico ; il Nuovo Israele che non distrugge il meglio dell'eredità dell' Antico ma se ne fa linfa; la li­ turgia che, nell'Ufficio divino, loda l'Eterno con le parole stesse dell'antico salmista ebraico alle quali aggiunge il Gloria che lo com­ pleta; il culto di Maria come "luogo" in cui l' Antica Alleanza vi­ talmente si congiunge, senza fratture, alla Nuova . . . ). Oggi è particolarmente opportuno "esortare alle istorie" i cre­ denti , visto che qualcosa della mentalità ideologica sembra pene­ trato nella prospettiva di tanti cattolici, per i quali il Vaticano I I è una sorta d i frattura, d i "nuovo inizio" , non l a provvisoria tap­ pa di una Chiesa che avanza nella storia prendendo sempre più co­ scienza della sua missione e delle esigenze del Vangelo , guardando avanti ma non dimenticando nulla di ciò che le sta dietro . Da qui, ad esempio, l' allergia giustificata che il cardinal Ratzinger , custo­ de ufficiale della Tradizione , mi confidava di avere per i termini "pre" e " post-conciliare" che sembrano dare l' idea di una frattu­ ra in quel " continuo " che è, invece, la storia della Chiesa. Visitavo, un giorno , una biblioteca di studi religiosi . Il prete che mi accompagnava guardava con un misto di ironia e di impazien­ za alle migliaia di vecchi libri di teologia, di spiritualità, di apolo­ getica, di agiografia, di morale, allineati sugli scaffali. « Che cimi­ tero ! », esclamò alla fine. « Non credo >> , replicai . « N on cimitero ma radici, non tombe ma alimento del quale anche i credenti mo­ derni possono e debbono nutrirsi » .

13 7. Conservatore A proposito di storia cristiana, Charles Péguy scriveva : « Il con­ servatore cerca di salvare uno o due secoli di storia della Chiesa.

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è per questo che il conservatore è un reazionario . Ma il suo con­ t ra rio n on è il "rivoluzionario " , come in genere lo si intende. Il v ero rivoluzionario è il seguace della Tradizione, accolta nella sua i n terezza, senza eccezioni , da Abramo sino ad oggi » . Ed

138. A lbania ta patetica Albania è la sola a far finta di credere ancora nel

comunismo marx-lenin-stalinista mentre Gorbaciov vola a Cuba per convincere Castro che non è più il caso di insistere con le favole. A Tirana, la locale Accademia delle Scienze ha pubblicato un

nuovo Dizionario enciclopedico . La promessa è di « presentare tutto lo scibile )> : promessa curiosa, visto che vi mancano voci come "Bib­ b i a " , "Gesù Cristo" , " Chiesa" , "papa" e così via . C'è però la voce ' 'religione' ' , che viene definita « un fenomeno passeggero sorto anche in Albania, come purtroppo ovunque nel passato , in condi­ zioni di sottosviluppo economico, di oppressione sociale, di igno­ ranza ». I dirigenti albanesi hanno rotto ogni contatto con i tradi­ tori delle altre cosiddette " Repubbliche popolari" . Peccato, per­ ché avrebbero potuto informarsi lì - magari in Polonia, in Un­ gheria, nella stessa Unione Sovietica - se e come la religione si sia rivelata "un fenomeno passeggero" .

1 39. Gaxotte La citazione è un po' lunga, ma vale la pena di riprodurla. È quella con cui Pierre Gaxotte apre il suo saggio su La Rivoluzione francese, al quale già accennammo . Gaxotte, in questa pagina, vuol vedere la storia secondo il respi­ ro della " lunga durata" , tracciare un bilancio dei secoli "cattoli­ ci" senza lasciarsi intrappolare da un aspetto oscuro che pure esi­ ste; ma che - in una prospettiva generale - non può mettere in discussione il largo "attivo" . Sentiamo, dunque : « L 'insieme (della Francia dell'A ntico Regi­ me. alla vigilia de/ 1 789, ndr) era ricco, la facciata grandiosa e si viveva meglio e più numerosi che altrove.

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« Le fondamenta più ant iche erano opera della Chiesa. Nel cor­ so di dodici secoli, essa vi aveva lavorato da sola o quasi . « Al tempo di Roma, in un mondo duro e freddo , la Chiesa aveva consolato dalle sventure , infuso il coraggio di vivere, l' abnegazio­ ne, la carità, la pazienza, la speranza in una vita migliore e più giusta. « Quando l ' impero si era sgretolato sotto i colpi dei barbari , es­ sa era divenuta il rifugio delle leggi e delle lettere, delle arti e della politica. Aveva protetto nei suoi monasteri quanto si poteva salva­ re della cultura umana e della scienza. In piena anarchia, aveva organizzato una società viva e ordinata. Ma non solo : la Chiesa va incontro agli invasori e li conquista, li riappacifica, li converte, ne incanala il flusso , ne limita la devastazione . Dinanzi al vesco­ vo , rappresentante di un aldilà misterioso, il germano teme e si ri­ trae , risparmia la gente, le case, le terre. L' uomo di Dio diventa il capo delle città, il difensore dei focolari e del lavoro , il solo pro­ tettore degli umili sulla terra. « Più tardi, passato il momento dei saccheggi e degli incendi, quando si dovrà ricostruire, amministrare, negoziare, le assemblee e i consigli apriranno le porte ai chierici , i soli in grado di redigere un trattato, portare a termine un' ambasceria, pronunciare un' ar­ ringa davanti a un principe . « Al rinnovarsi delle sventure, quando lo Stato carolingio si sfa­ scia, nella notte del IX e X secolo piena del fragore delle armi, men­ tre nuove invasioni di ungari , saraceni , normanni si affacciano e scorrono , mentre il popolo si sbanda, senza una direzione, la Chie­ sa, ancora una volta, resiste. Riannoda le tradizioni interrotte, con­ trasta i tumulti , regola le guerre private, impone tregue e paci . I grandi monaci Oddone, Odilone, Bernardo elevano, al di sopra delle roccheforti e delle città, il potere morale della Chiesa, l'idea della Chiesa universale, il segno dell'unità cristiana. Predicatori , pacifi­ catori, consiglieri di tutti, arbitri in ogni contesa, intervengono ovunque e in ogni problema, vere potenze internazionali cui i po­ tenti della terra non resistono che tramando . « Intorno ai grandi santuari e alle sacre abbazie si annodano re­ lazioni e viaggi . Lungo le piste di terra percorse dalle lunghe pro­ cessioni dei pellegrini nascono le canzoni epiche. Indietreggiano le foreste, dissodate dai monaci . All' ombra dei monasteri, le campa­ gne si ripopolano. Risorgono villaggi in rovina. Le vetrate delle chie­ se e le sculture delle cattedrali sono il libro di immagini che istruì278

popolo . Il papa è il padre dell'Europa. Ordina crociate e de� pone i re . Dotazioni , ricchezze, onori, tutto viene messo ai piedi degli ecclesiastici : ma l' eccesso di questi riconoscimenti attesta da sol o la misura delle loro opere. « Ma già un altro artefice si era messo in azione : il signore feudale . . . » . �cc i l

U n quadro idilliaco? una forzatura apologetica? Se davvero lo

sarebbe difficile capire perché gli lmmortels dell'Accademia di Francia, in gran maggioranza estranei se non ostili alla Chiesa, ab biano votato di accogliere tra loro Pierre Gaxotte, l' autore di q uesta pagina , con cui apre la sua opera storica più nota. fosse,

l 40. Concordato Una domenica di aprile, poco prima di mezzanotte. Raidue: " Sorgente di vita" , settimanale di religione e cultura ebraiche. Lo spazio è tutto occupato da un servizio, naturalmente aggressivo, sul nuovo testo del Concordato ; e, in particolare, sul contestato insegnamento religioso nelle scuole. Segue un dibattito cui parte­ cipano , come è ovvio , un rappresentante della comunità ebraica ; ma, con lui , solo un politico di un partito dal tradizionale laicismo (articolista, per intenderei , de la Repubblica) e il rappresentante di certe "comunità cristiane " che, in ogni suo intervento , non fa che rincarare la dose, quando gli altri due denunciano una persi­ stente invadenza del clericalismo cattolico . Non avrebbe guastato (in nome del mitico "pluralismo" , nonché "dialogo" e " confron­ t o " , e chi più ne ha più ne metta) una voce che in qualche modo portasse gli argomenti a difesa. Ma, ben più che questo, è una frase del servizio che ha precedu­ to il dibattito che ci interessa segnalare. Mostrando immagini del­ la firma del Concordato Casaroli-Craxi , la voce fuori campo dice­ va, testualmente, che « sotto la spinta dell 'opinione pubblica » , lo Stato italiano era stato « costretto a modificare » gli accordi del '29, con la disciplina da essi prevista dell ' ora di religione . Sembrava, ad ascoltare, che quella ' ' opinione pubblica' ' si fosse ribellata, giu­ dicando intollerabile che a scuola, nei rapporti Stato-Chiesa, le cose continuassero come prima.

279

Ora: a parte che a noi non risultano notizie di simile pressione popolare (o « spinta », per dirla come quel servizio) ; a parte che, come è noto a tutti, quello che spesso (come a ricordare la com­ promissione della Chiesa) è chiamato sprezzantemente « P accordo clericale con i fascisti » fu inserito nella Costituzione repubblicana col beneplacito persino dei comunisti di quei tempi "ruggenti" ; a parte tutto questo, c'è un piccolo, grande fatto che ormai molti tendono a rimuovere, a far dimenticare. Ed è il fatto che, come previsto dai nuovi accordi , proprio !"'opi­ nione pubblica" fu chiamata a pronunciarsi sulla continuazione del1 'insegnamento "cattolico" a scuola. E dovrebbe essere noto che tra il 90 e il 95 per cento delle famiglie italiane - con straordinaria omogeneità nelle zone più diverse del Paese - optarono per il "si", si dissero d' accordo che i loro figli continuassero ad avere l'inse­ gnamento " cattolico" a scuola . Segnaliamo questo a futura memoria, per aiutare a ricordare qua;. le sia stata in realtà, in questa vicenda, la vera "spinta" dell' opi­ nione pubblica. La quale - non lo si dimentichi mai, né qui né altrove - solo di rado coincide con l'opinione pubblicata, con quel­ lo cioè che esprimono i media, interpreti così spesso infedeli del Paese "reale" .

141. Iberi Jules Michelet, lo storico progressista e anticlericale dell 'Otto­ cento , il profeta della laica "religione dell 'umanità" , osserva che i domenicani , fondati dal castigliano Domingo de Guzman, furo­ no nel Medio Evo la principale colonna a servizio del Papato ro­ mano . Poi , al cambio di èra, questo ruolo di truppa fedelissima passò ai gesuiti , fondati dal basco Ignazio di Loyola. A un secolo da quando Michelet scriveva, ora, alle soglie di una nuova epoca, sembra che quella funzione stia in qualche modo pas­ sando ad un'altra istituzione religiosa, l'Opus Dei, creata daH ' ara­ gon ese J osemaria E scriva de Balaguer . È dunque sempre dalla pe­ nisola iberica che sembrano venire gli uomini il cui singolare cari­ sma è la particolare fedeltà a Roma. Del resto, non è un ruolo inaugurato col cristianesimo : già gli imperatori romani facevano venire dalla Spagna i soldati di asso280

J u ta fiducia - i soli dei quali non temessero il tradimento - per la loro guardia personale. Quella penisola non solo fu per Roma i l prim o possesso al di fuori dell 'Italia, ma si integrò con tale pro­ e spontaneità - alla cultura latina, da far scomparire fo ndi tà praticamente ogni traccia della lingua e della religione precedenti all ' arrivo delle legioni. Quasi nulla sappiamo degli Iberi pre-romani . E d è noto, invece , come alcuni tra i migliori imperatori e scrittori l atini siano venuti da lì . La Spagna, insomma, sembra avere nella storia un ruolo oppo­ sto a quello (ne parlammo) della Germania: qui, la costante tenta­ zione della rivolta contro Roma; là, una tendenza, più di due volte millenaria, a servire Roma con fedeltà, che vi regnino Cesari o Papi . Che sia, anche questa, una di quelle enigmatiche "costanti" della storia, su alcune delle quali già abbiamo riflettuto? -

142. Cristiani e nazisti/1 A cent' anni dalla nascita di Hitler , un promemoria. È ad uso di quei cattolici che recitano solo mea culpa in risposta all ' annoso

coro di accuse, come se la Chiesa fosse responsabile di quel battez­ zato austriaco . Ma la verità è questa: ciascuno ha la sua parte, piccola o gran­ d e , di responsabilità in ciò che avvenne tra il 1 933 e i1 1 945 . Eppu­ re, se la Germania fosse stata cattolica, non ci sarebbero responsa­ bilità da rinfacciarsi: il nazionalsocialismo sarebbe restato una fran­ gia politica impotente e folkloristica. Prima Lutero e i suoi successori e poi , nell'Ottocento, Otto von Bismarck , cercarono, con ogni sorta di violenza, di sradicare dalla terra germanica il cattolicesimo, visto come una sudditanza a Ro­ ma indegna di un buon patriota tedesco. Il "Cancelliere di ferro " definì Ku/turkampj, "lotta per la civiltà" , la sua persecuzione dei cattolici , per staccarli con la forza dal Papato ' ' straniero e super­ stizioso" e farli con fluire in una zelante Chiesa nazionale, come già da secoli i luterani . Non ci riuscì , e alla fine fu lui che dovette cedere (ma l'essere fedele a Roma fu , sino al 1 9 1 8 , una macchia che impediva l 'accesso agli alti gradi dello Stato e dell'esercito) . Solo un terzo dei tedeschi , in seguito alJa Riforma luterana, era rimasto cattolico . Hitler andò al potere non con un colpo di stato, 28 1

ma in piena legalità, col metodo democratico delle libere elezi oni. Ebbene, in nessuna di quelle elezioni ebbe mai alcuna maggioran­ za nei Liinder cattolici , i quali , ossequienti (allora lo erano . . . ) alle indicazioni della gerarchia, votarono come sempre compatti per il glorioso Zentrum , il loro partito, che già aveva sfidato vittoriosa­ mente Bismarck e che si oppose sino all' ultimo pure a Hitler . E ciò (lo si dimentica troppo) a di fferenza dei comunisti per i quali , sino al ' 3 3 , il nemico principale non fu il nazismo ma ]"'ere­ tica" socialdemocrazia. Si è fatto di tutto anche per farci dimenti­ care che H itler non avrebbe mai scatenato la guerra senza l 'allean­ za con l' Urss che, per spartirsi la Polonia, scese in campo nel '39 con i nazisti. E furono i sovietici che, liberando il Fiihrer dalla mi­ naccia del doppio fronte, gli permisero , dopo Varsavia, di volgersi verso Parigi . Sino al "tradimento" di Hitler dell 'estate del 1 94 1 , per ben 2 2 mesi, le materie prime russe sostennero l o sforzo ger­ manico . I motori dei carri nazisti del Blitz in Polonia e in Francia e degli aerei della battaglia per l' Inghilterra girarono con il petro­ lio della sovietica Bakù . Sino a quella data, nei Paesi occupati , co­ me la Francia, i comunisti locali - ossequienti alle direttive di Mo­ sca - stavano dalla parte dei nazisti, non da quella della resistenza. Questi fatti valgano per decenni di sbandieramento di ' 'decisivi meriti anti-fascisti " del comunismo internazionale, così pronto a definire i cattolici (i "clerico-fascisti") manutengoli della grande tragedia. Non meriti, quelli comunisti , bensì responsabilità gravis­ sime . Il nazismo non fu certo vinto per iniziativa di Stalin il quale, al contrario, si sentì tradito dall'improvviso attacco dell'alleata Ber­ lino. Né fu vinto dalla resistenza , di cui poi il marxismo cercò di appropriarsi ogni merito, ma a cui si decise tardivamente, costret­ tovi dal voltafaccia tedesco . Il nazismo fu vinto dall' ostinazione dell'Inghilterra che riuscì ad attirare dietro a sé la potenza industriale americana e che, seguen­ do la sua politica tradizionale più che motivazioni ideali (lo stesso Churchill era stato ammiratore di Mussolini e aveva avuto parole di stima e di elogio per Hitler; nell' isola raccoglieva simpatie e con­ sensi il locale partito fascista), mai aveva sopportato una potenza egemone nell 'Europa continentale. Così era stato anche per Na­ poleone e per la discesa in campo nel 1 9 1 4 : non guerra di principi ma di strategi a imperiale. Contro i Boeri sudafricani , al principio 282

dd s ecolo , la Gran Bretagna vittoriana non era stata molto dissi­

mil e ,

pe r

scopi e metodi, dalla Germania hitleriana. Purtroppo, che è la guerra), non esi­

in p oli tica (e in quella sua continuazione s t ono i paladini immacolati dell 'ideale.

Per tornare all'ascesa di Hitler: anche le decisive elezioni del mar� zo

del ' 3 3 gli diedero la maggioranza nei Liinder protestanti, ma

lo mantennero in minoranza nelle zone cattoliche. Il presidente Hin­

rispettando la volontà della maggioranza degli elettori , a ffidò a quel quarantaquattrenne austriaco di origini oscure (forse addirittura almeno in parte ebraiche, secondo alcuni storici), la Can­ celleria. 11 2 1 marzo, giorno della prima seduta del Parlamento del Terzo Reich, fu proclamato da Goebbels "Giornata della riscossa nazionale' ' . Le solenni cerimonie furono aperte con un servizio re­ l igioso nel tempio luterano di Potsdam, antica residenza prussiana. Scrive il biografo di Hitler, J oachim Fest : « Al servizio religioso (lu terano) nella chiesa dei santi Pietro e Paolo, i deputati del Zen­ lrum cattolico avevano avuto il permesso , in segno di dileggio e d i vendetta, di accedere soltanto per un ingresso laterale . Hitler e i gerarchi nazisti non si fecero vedere "a causa" dissero "dell 'at­ teggiamento ostile dell' episcopato cattolico " » . Sui gradini del tem­ p io protestante, fu scattata la famosa foto di Hindenburg che stringe l a mano a un Hitler in marsina. « Subito dopo - scrive Fest l ' organo intonò l' inno di Lutero: Nun danket alle Gott, e ora tutti l odino Dio ». Era l'inizio di una tragedia che avrebbe visto anche 4 . 000 tra preti e religiosi cattolici uccisi solo in quanto tali . Quanto alla Chiesa luterana, sin dal 1 930 i Deutsche Christen (i Cristiani Tedeschi) si erano organizzati, sul modello del partito nazista, nella " Chiesa del Reich " che accettava solo battezzati " ariani " . Dopo le elezioni del ' 3 3 , Martin Niemoller , il teologo passato poi all'opposizione, « a nome - scrisse - di oltre 2500 pastori luterani pur non appartenenti alla " Chiesa del Reich " » , inviò a Hitler un telegramma : « Noi salutiamo il nostro Fiihrer, ren­ dendo grazie per la virile azione e le chiare parole che hanno resti­ t uito l' onore alla Germania. Noi , pastori evangelici , assicuriamo fedeltà assoluta e preghiere ardenti » . Storia lunga e penosa ché, ancora nel luglio del '44, dopo il fal­ lito attentato a Hitle r , mentre ciò che restava della Chiesa cattoli­ ca tedesca manteneva uno stretto silenzio, dai capi della Chiesa lud e n burg,

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terana giunse un altro telegramma: « I n tutti i nostri templi si espri­ me oggi nella preghiera la gratitudine per la benigna protezione di Dio e la sua visibile salvaguardia >> . Una passività, lo vedremo, non casuale .

143. Cristiani e nazisti/2 La storia non fa sconti : magari ci met te secoli , ma alla lunga non dimentica niente, porta al pettine ogni nodo . In essa tout se tient : compreso un rapporto diretto tra ri forma luterana e , prima, arrendevolezza tedesca davanti all ' ascesa del nazionalsocialismo; e, poi , fedeltà assoluta a quel regime sino alla fine, malgrado qual­ che eroica quanto isolata eccezione. Ricordavamo come, sin dal 1 930, i protestanti si fossero orga­ nizzati nella "Chiesa del Reich " dei Deutsche Christen , i "Cristia­ ni Tedeschi" , che avevano come motto : « Una Nazione, una Raz­ za, un Fiihren> . Il loro grido : « La Germania è la nostra missione, Cristo la nostra forza >> . Lo statuto della Chiesa fu modellato su quello del partito nazista, compreso il cosiddetto "paragrafo aria­ no" che interdiceva l'ordinazione di pastori non di "razza pura" e dettava restrizioni per l'accesso al battesimo di chi non avesse buoni requisiti di sangue. Ecco - tra gli altri documenti che devono far riflettere tutti i cristiani, ma in modo particolarissimo i fratelli protestanti - il ser­ vizio inviato dal corrispondente in Germania dell' autorevole gior­ nale americano Time e pubblicato nel numero che porta la data del 1 7 aprile 1 93 3 , cioè un paio di mesi dopo l'ascesa al cancellie­ rato di Hitler : « Il grande Congresso dei "Cristiani Germanici" è stato tenuto nell'antico palazzo della Dieta prussiana per presentare le linee delle Chiese evangeliche in Germania nel nuovo clima portato dal na­ zionalsocialismo . Il pastore Hossenfelder ha cominciato annuncian­ do : "Lutero ha detto che un contadino può essere più pio mentre ara la terra di una suora mentre prega . Noi diciamo che un nazista dei Gruppi d 'Assalto è più vicino alla volontà di Dio mentre com­ batte, che una Chiesa che non si unisce al giubilo per il Terzo Reich » (allusione polemica alla Gerarchia cattolica che si era rifiutata di «unirsi al giubilo ", ndr) . 284

Continuava Time: « Il pastore dottor Wieneke-Soldin ha aggiun­ t o : " La croce a forma di svastica e la croce cristiana sono una co­ sa sola . Se Gesù dovesse apparire oggi tra noi sarebbe il leader del­ la nostra lotta contro il marxismo e contro il cosmopolitismo anti­ n azionale" . L'idea basilare di questo cristianesimo riformato è che l ' Antico Testamento, essendo un libro ebraico, debba essere proi­ bito nel culto e nelle scuole di catechismo domenicali . Il Congres­ so ha infine adottato questi due princìpi : l ) "Dio mi ha creato te­ desco . Essere tedesco è un dono del Signore . Dio vuole che mi bat­ t a per il mio germanesimo " ; 2) "Servire in guerra non è una viola­ zi one della coscienza cristiana ma obbedienza a Dio " » . N o n fu, quella dei Deutsche Christen , l a penosa bizzarria d i un gruppetto di minoranza, ma l 'espressione della maggioranza dei luterani : alle elezioni ecclesiastiche del luglio del 1 933 i "Cristo­ nazisti' ' ottenevano oltre il 75 per cento di suffragi da parte di quegli stessi protestanti i quali, alle elezioni politiche, a differenza dei cat­ colici , avevano assicurato la maggioranza parlamentare alla NSDAP (il Partito Nazional-Socialista del Lavoratori Tedeschi).

Tutto questo (lo anticipavamo) non è casuale, risponde a una logica storica e teologica. Come dice un bavarese che nel 1 945 ave­ va diciott'anni ed era inquadrato nella Flak, l' artiglieria contrae­ rea del Reich, il cardinale Joseph Ratzinger: « Il fenomeno dei "Cri­ stiani Tedeschi " mette in luce il tipico pericolo al quale si trovava esposto il protestantesimo nei confronti dei nazisti . La concezione I uterana di un cristianesimo nazionale, germanico , anti-latino, of­ frì a Hitler un buon punto di aggancio , alla pari della tradizione di una Chiesa di Stato e della fortissima sottolineatura dell' obbe­ di enza nei confronti dell 'autorità politica, che è di casa presso i seguaci di Lutero . Proprio per questi aspetti il protestantesimo te­ desco fu molto più esposto del cattolicesimo alle lusinghe di Hi­ tler. Un movimento aberrante come i Deutsche Christen non si sa­ rebbe potuto formare nell ' ambito del concetto cattolico di Chiesa. All' interno di quest' ultima, i fedeli si trovarono ben più facilitati a resistere alle dottrine naziste . Si vide anche allora ciò che la sto­ ria ha sempre confermato: come male minore, la Chiesa cattolica può venire tatticamente a patti con i sistemi statali anche oppressi­ vi , ma alla fine si rivela una difesa per tutti contro le degenerazio­ ni del totalitarismo . Non può, infatti, per sua natura - a diffe-

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renza delle Chiese nate dalla Ri forma - confondersi con lo Stato, deve opporsi necessariamente a un governo che voglia costringere i battezzati in una sola visione del mondo >> . In effetti , il tipico dualismo luterano per cui il mondo è diviso in due Regni (quello "profano" affidato solo al Principe, e quello "religioso" di competenza della Chiesa, ma della quale lo stesso Principe è il Moderatore, il Protettore , se non il Capo in terra), proprio quel dualismo giustificò anche il lealismo al tiranno. Un lealismo che per la maggioranza dei quadri della Chiesa protestan­ te si spinse sino alla fine: abbiamo visto quale fosse il messaggio inviato al Fiihrer dopo che, scampato all' attentato nel luglio del 1944, ordinava che la congiura (dovuta, tra l'altro, anche a uffi­ ciali della vecchia aristocrazia e alta borghesia cattoliche) fosse an­ negata nel sangue. Se nel periodo dell' ascesa al potere del nazismo non ci furono resistenze apprezzabili, già nel 1 934 una minoranza protestante (riu­ nita peraltro attorno non a un tedesco, ma a uno svizzero , Karl Barth) prendeva le distanze dai Deutsche Christen e si organizzava poi nel movimento della "Chiesa confessante" che ebbe i suoi mar­ tiri , tra i quali il celebre teologo Dietrich BonhOffer. Tuttavia, co­ me osserva ancora Ratzinger, « proprio perché la Chiesa l uterana ufficiale e la sua tradizionale obbedienza all 'autorità, quale che sia, andavano verso l'ossequio al governo e all'impegno per servirlo anche nella guerra, a un protestante era richiesto un coraggio mag­ giore e più personale che a un cattolico per resistere a Hitler >) . Un' eccezione, insomma, la resistenza; un fatto individuale, di mi­ noranza, che « spiega perché gli evangelici » , continua il cardinale, « hanno potuto vantare personalità di grande rilievo nell' opposi­ zione al nazismo » . Ci volevano grandi caratteri , riserve enormi di coraggio, chiarezza inusuale per resistere, proprio perché si tratta­ va di andare contro la maggioranza dei fedeli e lo stesso insegna­ mento della propria Chiesa. Naturalmente, poiché la storia della Chiesa cattolica è storia an­ che delle incoerenze, dei cedimenti, degli errori del ' 'personale ec­ clesiastico" , non fu tutto un brillìo di oro neppure da parte di qual­ che membro di questa gerarchia né da parte di qualche religioso e fedele laico .

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si è di scusso , ad esempio, sull' opportunità di firmare , sin Jal lug lio del l 933, un Concordato tra il Vaticano e il nuovo Reich . Cì i à vi accennammo , ma vale la pena di ritornarci , così come ritor­ n a n o di continuo le accuse, proprio per questo , alla Chiesa . l nnanzitutto, va osservato - e questo valga naturalmente per t u tti i cristiani , cattolici come protestanti - che si era a pochi mesi s o l t a nt o dall' avvio del Cancellierato di un Adolf Hitler che non a vev a ancora assunto tutti i poteri e non aveva dunque svela­ to per in tero il volto del regime che soltanto in seguito realizzerà. S i ricordi che, sino al '39, il premier inglese Chamberlain soste­ n eva la necessità di una conciliazione con Hitler e che lo stesso Winston Churchill scrisse (e la cosa, con imbarazzo degli Alleati , fu ricordata dagli imputati al processo di Norimberga) : « Se un giorno la mia patria dovesse cadere in angustie come la Germa­ n i a , io pregherei Dio di darle un uomo dalla fattiva energia di f\il olto

H i tl er » . J ose ph Lortz, storico cattolico della Chiesa che, nella sua Ger­ mania, visse quegli anni : > . Nessuno osò dire che si trattava di un' armatura medievale conservata nel museo di armi antiche che proprio alla Bastiglia aveva sede. Si esibì anche « una macchina non meno infernale e distruttiva », ma così segreta che non si riuscì a

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spiegare in che modo torturasse . Saltò poi fuori che era una pressa sequestrata tre anni prima a un tipografo che stampava pubblica­ zioni oscene . Si proposero allo sdegno del popolo anche « le ossa degli sven­ turati, giustiziati in segreto nelle celle » . Pure qui , solo anni dopo qualcuno ebbe il coraggio di ricordare che gli scheletri erano quelli dei suicidi parigini che, non potendo essere sepolti in terra consa­ crata, erano deposti in un cortiletto interno della fortezza . Fu infi­ ne compiJata una lista ufficiale dei "vincitori della Bastigliatt: ne risultarono 954 nomi che, oltre a una pensione vitalizia, ricevette­ ro i1 diritto di portare una divisa con l' insegna di una corona di gloria. Solo molto dopo un 'inchiesta rigorosa stabilì che, poiché agli eroi era stato permesso di testimoniare l ' uno per l'altro , senza alcun' altra prova, più della metà dei valorosi non aveva partecipa­ to al fatto . Il ridicolo , certo: ma anche l 'orrore per il seme di sangue che

fu deposto quel giorno e che dovrebbe rendere ancora più perples­ si sul]'opportunità delle celebrazioni. Il governatore del1a Bastiglia, de Launay, invitati a pranzo i capi degli assalitori (e anche questo invito a mensa dà il clima dell " ' epica giornatat t . . . ), aveva ricevu­ to da essi la parola d'onore che, arrendendosi senza difesa, avreb­ be salvato la vita sua e degli "invalidi " , i vecchi soldati ai suoi or­ dini . Fu , invece, massacrato a tradimento . Si chiese l'intervento di un garzone di macel1aio (perché, dicono le fonti , «sapeva lavo­ rare le carni ») per staccarne la testa dal busto e portarla in proces­ sione infilzata su una picca. Altra macabra picca per la testa di Fles­ selles, sindaco di Parigi, che era sopraggiunto per invitare alla cal­ ma. Massacrati anche gli altri ufficiali della guarnigione; due in­ validi impiccati alle sbarre del1e celle; altri torturati in vari modi, tra cui il taglio delle mani. Così , proprio in quel 1 4 luglio dell' anno primo della Rivoluzio­ ne, si apriva la diga degli orrori inenarrabili che sarebbero segui­ ti . Fu il primo sangue dell ' onda che avrebbe travolto la Francia e poi l'Europa . Al mondo d' oggi che non tralascia occasione per gridare la sua avversione a ogni violenza, per proclamare la ne­ cessità della pacifica tolleranza, c'è da chiedere se è davvero il caso di fare così solenne festa per l' anniversario dell'inizio di ciò che avrebbe portato al Terrore e al genocidio vandeano e poi al312

l'Europa spopolata dalfils de la Révolution per eccellenza, il Bo­ naparte.

155. Luigi XVI Dallo storico Pierre Gaxotte, Luigi XVI - il re che, con il suo temporeggiare, il rifiuto di agire come le circostanze esigevano, 1 'ambiguità tra accettazione e condanna degli eventi lasciò che la rivoluzione degenerasse e finì sotto la ghigliottina, trascinando il Regno e la Francia intera nella sua rovina - viene così descritto: , Si sente come un filosofo incoronato che si vergogna di coman­ dare a degli uomini liberi . È così preso dalle idee "illuminate" che, un anno dopo il suo avvento al trono , si affilia a una loggia mas­ sonica di corte . Crede nella bontà naturale dell' uomo e i metodi autoritari gli ripugnano. Ciecamente ottimista , si ostina a pensare che le cose si aggiusteranno da sole, per influsso della divina natu­ ra. Si rifiuta di prevedere il peggio e di ricorrere alla forza quando è a ncora in tempo. Si compiace perché i pubblicisti celebrano la sua bontà e le sue virtù. Ma questa "bontà" , queste "virtù" han­ no fatto assai più danno alla monarchia e al Paese che le a manti di Luigi XV e le bancarotte di Terray » . Forse è un' impressione abusiva. E s e è così, eccoci pronti a fare doverosa ammenda. Eppure, sembra proprio di scorgere qualcosa di familiare in quell'uomo il cui dovere è esercitare l' autorità e che, invece, « Si vergogna di comandare » ; che «crede nella bontà natu­ rale dell 'uomo>>; che, « ciecamente ottimista » , pensa che tutto si aggiusterà; che cerca soprattutto il consenso, gli applausi del " mon­ do" i cui rappresentanti sono (o , almeno , dicono di essere) gior­ nalisti e intellettuali. Ma sì, qualcosa di familiare in non pochi personaggi d 'oggi . Al­ cuni dei quali, magari, hanno autorità anche nella Chiesa. ,

156. Complotto Ma erano davvero così "cattivi" quegli intellettuali giacobini che gestirono il Terrore; che ordinarono di non lasciare una sola casa, un solo albero in piedì nella Vandea insorta; che decisero le più

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cervellotiche e disumane delle ri forme. facendo morire come mo­ sche gli uomini , ora per guerra ora per carestia? Macché: "cattivi" non lo erano affatto . Anzi , forse erano uo­ mini animati da11e migliori intenzioni, spesso fior di galantuomini se presi uno ad uno . Fu ed è così, del resto, per ogni élite rivolu­ zionaria. C'è, infatti , un "giacobinismo eterno " che - di destra o di sinistra che sia - è una miscela composta essenzialmente di tre elementi: il perfez ionismo, il moralismo , l' umanitarismo . Il progetto , cioè, di una società perfetta, costruita dalla sola ragione; la richiesta che il potere politico sia in mano ai "puri", ai "virtuosi" , ai nemici di ogni compromesso; la ricerca filantro­ pica della fraternità umana, da raggiungere con le buone o con le cattive (« sii mio fratello o ti uccido ») . Questi gli elementi di base di ogni ideologia rivoluzionaria . I componenti sono dun­ que i migliori, eppure il risultato del cocktail si rivela sempre ve­ lenoso. Poiché non tiene conto della natura umana, quando è calato nella realtà lo schema non funziona, incontra insormontabili difficoltà a realizzarsi . Allora, i "filantropi" che hanno il potere se ne stupi­ scono, anzi se ne scandalizzano . Invece di convertirsi a un mag­ gior realismo , pensano che lo scacco sia superabile radicalizzando la teoria, iniettando nel sistema maggiori dosi di utopia. . . .

Ma poiché le cose vanno sempre peggio, ecco l'inevitabile con­ clusione: la teoria è perfetta, è nobilissima, va nell'interesse vero degli uomini . Se questi non vogliono saperne è perché qualcuno fa il sabotaggio, è perché c'è un complott o . Ecco scatenarsi allora la caccia al sabotatore , la ricerca spasmodica della ' 'quinta colon­ na" . Ecco , puntualmente, il Terrore : di Robespierre, ma anche di Stalin (il "complotto dei generali" , il "complotto dei medici" , con conseguenti purghe sanguinose) e pure di Hitler, convinto di avere perso la guerra (lo scriverà anche nel suo testamento) per il "com­ plotto dello stato maggiore " , oltre, naturalmente, che per quello del "giudaismo internazionale" . Lo vediamo anche oggi , nei Paesi del Terzo Mondo sottoposti ai disastrosi regimi che si richiamano al marxismo : se le cose van­ no di male in peggio , se la gente muore di fame, se niente funzio­ na, la colpa sta solo e sempre nel " complotto delle multinaziona­ li" , nel "complotto del Nord ricco ed egoista contro il Sud povero 314

sfruttato", nel "complotto della Cia per le strategie imperialisti­ ch e americane" , nel "complotto del Satana occidentale" .

e

Come la storia mostra, questa è - sempre - la genesi del Ter­ rore, cioè dell ' esito che attende implacabile ogni utopia " rivolu­ zionaria", pur composta con quei tre nobili elementi che diceva­

È il rifiuto di accettare che lo schema non funziona per cause int erne al sistema stesso, perché non rispetta la natura umana e la realtà delle cose. È, dunque , la ricerca di responsabili " fuori " o anche "dentro" , ma come sabotatori, quinte colonne, complotti­ sti. Da qui , i bagni di sangue. Da qui , terrificanti mostruosità giu­ ridiche come la " Legge dei sospetti " votata nel settembre del 1 793 dalla Convenzione Nazionale francese e che, in due anni , provocò decine di migliaia di morti . Per non essere dichiarato " sospetto" e non salire così sulla ghigliottina, non bastava astenersi da ogni gesto e parola "controrivoluzionari" , bisognava enunciare propositi e fare gesti " rivoluzionari" . Chi taceva e conduceva la sua solita vita era ipsojacto considerato parte del "complotto" , dunque an­ dava schiacciato come "nemico dell' umanità" . Una storia che si ripeterà per due secoli , fino ai giorni nostri . Che Dio ci scampi, dunque - in politica come in religione - da perfezionisti, moralisti, umanitari. mo.

157. Patrie D'accordo, alle elezioni europee votiamo pure per questa Euro­ pa. Ma, naturalmente, senza }asciarci incantare dalla retorica, con­

sapevoli che soprattutto di questioni economiche si tratta (Mec: Mercato Comune Europeo). Ottimi , perché veri, i discorsi su "le radici cristiane dell'Euro­ pa''. Eppure, nella Chiesa, accanto a questo, non sembra si senta più un discorso che pur discende direttamente dalla logica della fe­ de. È ben chiaro che è mio fratello un musulmano jugoslavo, co­ me lo è uno scandinavo agnostico di radici luterane, alla pari di un ebreo londinese. Fratelli , certo : ma, alla pari di ogni uomo , a causa dello stesso Padre, non innanzitutto perché nati e vissuti co­ me me in quell' estrema penisola occidentale dell'Asia che si è deci­ so di chiamare "Europa" , dandole arbitrari confini agli Urali. 315

Fratelli in un senso ancor più pieno e radicale - se la fede ha un senso - mi sono un nero dello Zaire, un aborigeno dell ' Au­ stralia, un indio delle Ande . Un uomo , cioè , di qualunque razza e cultura, anche remota da quella europea, purché unito a me dal­ lo stesso battesimo. Tra le verità fondanti della fede che il Vaticano II non ha di cer­ to abolito, bensì confermato, c'è quella secondo cui l'acqua del bat­ tesimo non scivola in superficie, ma è segno di "Qualcosa" che scende misteriosamente in profondo, mutando la nostra natura stes­ sa, imprimendoci un indelebile "carattere" , facendoci entrare quasi in una " nuova razza" . No vum genus, dice infatti tutta la Tradi­ zione, basandosi sulla Scrittura, dove Paolo parla di coloro che, col battesimo, diventano membra stesse di Cristo e lo fa ricorren­ do a termini come il greco sym-fitoi: « uniti in una stessa pianta » con il Crocifisso risorto . Forse, facendo del cristianesimo un "ismo " (come se riunisse

solo i lettori dello stesso Libro, i soci dello stesso Club umanita­ rio), abbiamo perso la consapevolezza che la fede non sta in su­ perficie ma scende nel profondo ; è cosa non di parole ma di vita: è carne e sangue, prima che precetti morali. Mentre si sgretolano le " Internazionali" (ultima fra tutte quella marxista), abbiamo forse dimenticato che P" Internazionale cristia­ na' ' si chiama Chiesa e che questa non è soggetta alla fine malin­ conica che accomuna tutte le creazioni umane? Perché, quella "In­ ternazionale' ', prima che sulle pagine di un Libro, si basa su una Persona che la fede dice viva e nel cui corpo i suoi seguaci sono innestati dai sacramenti, essendo dunque vivificati dallo stesso san­ gue . Ne viene una solidarietà non solo spirituale ma anche ' 'fisi­ ca" che va oltre il tempo e si apre all'eterno ; una " con­ cittadinanza" che infinitamente supera ogni altra appartenenza. Co­ sì che la "Chiesa militante" (termine per alcuni desueto, ma pur sempre valido, sin dai tempi apostolici della Didaché) è la vera pa­ tria del cristiano ; e il suo popolo è in mezzo a coloro che con lui, grazie allo stesso battesimo, condividono, con lo stesso sangue, lo stesso destino , per sempre .

È curioso che proprio una pastorale come quella di questi de­ cenni, tesa - nelle intenzioni - a superare certo "spiritualismo " 316

che giudi ca " alienante" , perda poi spesso di vista questa "corpo­ reità", questa "materialità" dell'appartenenza cristiana. Rischian­ do, così. proprio la trappola spiritualistica, per la quale i credenti non son o più coloro che, divenute membra della medesima Perso­ na, ra nno parte di una "etnìa" infinitamente più unita che da qua­

lunque passaporto, ma coloro che hanno certe idee simili , che par­ tecipano a riti più o meno eguali (anche se non più nella stessa lin­ gua), c he magari praticano qualche "volontariato" , qualche "as­ sistenza sociale" . È in q uesta prospettiva di perdita di consapevolezza del Corpo in cui il battesimo (e poi l' eucaristia) ci co-innestano, che andreb­ be pensato il problema - così rumorosamente riproposto - della �empre maggiore indipendenza delle Chiese "nazionali" , sino a tra­ sformare la Cattolica (e, cioè, "l' Universale" per eccellenza) in una sort a di federazione. In che modo il senso, già così sbiadito, delle medesime radici " corporee" che, nella Chiesa, legano tutti a tutti (ed è il motivo per cui «non c'è più giudeo né greco » ecc .), in che modo quel senso sarebbe salvaguardato in una simile "fede­ razione"?

Oltretutto: con quale logica sottolineare (come oggi si fa) , il ca­ rattere "nazionale" delle comunità cristiane, proprio quanto più si parla di "mondialità " , di unione degli uomini al di là di ogni barriera? Perché indebolire la sola "Internazionale" - e la sola che scenda così in profondo - che la legge implacabile del tempo non abbia intaccato né, per la fede, mai possa intaccare? Perché tanto parlare di Chiesa come " popolo di Dio", ma riferendosi quasi solo a scelte socio-politiche o alla richiesta di sistemi ecclesiali "de­ mocratici " , e tanto tacere sul fatto che, se quel popolo è tale, lo è innanzitutto non perché si batte per le stesse cause ma perché, chi vi è entrato, coll' acqua battesimale è divenuto membro di un corpo di cui Cristo è il capo? Domande, queste nostre, da "non-teologo " , da "cristiano del­ la strada" e che suscitano forse il compassionevole scuotere di ca­ po di qualche professionista del Sacro, di alcuni specialisti in "d­

le tture" della Parola . Sono domande, comunque, che sembrano di particolare attuali­ tà: dopo i " patriottismi" nazionali che ci hanno devastati negli ul­ timi due secoli, ora vorrebbero convertirci a un nuovo , artificioso 317

"patriottismo" . Quello europeo . Pensano alla borsa, ma vorreb­ bero pure il nostro cuore . U n poco possiamo anche darglielo, ma da persone che non ignorano né il catechismo (che ci dice quale sia, innanzitutto, la nostra patria) e neanche la storia. Da persone, dunque, consapevoli che lo sforzo per una maggiore integrazione del Vecchio Continente non è che il tentativo di rimettere assieme i cocci di un' unità che già c'era. I cocci , cioè, dell'Europa medievale liberamente uni ficata nella lingua, nella cultura, nei costumi , da una fede comune spezzata dalla rivolta del Nord Europa. E i cocci di un Continente portato a una serie ininterrotta di stragi fratricide dal ' 'principio di nazio­ nalità" predicato dai giacobini settecenteschi fino a Hitler, passando per l' Ottocento dei vari " risorgimenti' ' . C'è, insomma, da visitare una galleria di ritratti di inquietanti antenati dell 'anti-Europa. Qualcosa ne vorremmo dire in ciò che segue.

158. Felix A ustria Ricerca di una unità che già c' era e che è andata perduta: questo - dicevamo - lo sforzo europeistico dei decenni dopo la seconda guerra che, come la prima, più che "mondiale" fu innanzitutto una guerra civile tra i Paesi del Vecchio Continente. In mille anni, a partire da Costantino , al cristianesimo era riu­ scito ciò cui neppure l'impero romano era giunto : unire, cioè, in una stessa cultura e con una stessa lingua di scambio non soltanto l'Europa occidentale ma anche quella centrale e nordica. Una rete fittissima di università e, soprattutto , di abbazie, monasteri , con­ venti, oltre che di diocesi, costituiva la solida impalcatura attorno alla quale si strutturava una vita comune dai bordi lusitani dell'A­ tlantico sino alle brumose pianure slave . Sulle strade europee si muovevano studenti e professori, mer­ canti e pellegrini che non conoscevano né i nazionalismi (con con­ seguenti tentazioni di aggressività se non di razzismo), né la sensa­ zione di appartenere a culture diverse . La comune fede nello stes­ so Vangelo portava al di là di ogni differenza: per tutti la stessa christianitas, la stessa patria terrena, la Chiesa, mirando alla pa­ tria definitiva, in Cielo . 318

È ben noto quale catastrofe sia stata la Riforma iniziata da Lu­ tero e pro seguita poi dai suoi imitatori : non solo l' unità culturale europea è definitivamente spezzata, ma il Continente precipita nel �orgo sangu inoso delle guerre che, senza interruzione, lo devaste­ ; anno sin o al 1945. L 'individualismo e il particolarismo religiosi portari dalla Ri forma si tradurranno nell 'individualismo e nel par­ ticolarismo politici e culturali che saranno alla base dei nazionalismi. Sul pi a no culturale, lo spezzettamento ostile dell'Europa porte­ rà a n che ali 'interruzione dello scambio continuo e fecondo di idee, di uomini, di movimenti artistici che per secoli aveva amalgamato p op oli così lontani . All 'Europa latina viene a mancare l'apporto prezioso dei germani, degli anglosassoni, degli scandinavi . Ma an­ )).

1 71. Zingari e tra i maggiori , di lingua francese, Henri Berg­ son era figlio di un ebreo polacco . Morì nel 1 94 1 , scrivendo nel suo testamento spirituale che - malgrado fosse da tempo convin­ to che la verità che aveva cercato per tutta la vita stava nel cristia­ nesimo cattolico - preferiva morire ancora formalmente nel giu­ d aismo, per solidarietà con il suo popolo, in quegli anni così per­ �eguitato . Per Bergson, tra i molti misteri del mondo, c'era quello di alcu­ ni ) , come li chiamava. Popoli , cioè, che vivevano t ra gli altri riuscendo a preservare le loro caratteristiche singolari , malgrado ogni persecuzione . Tra quegli "ospiti" , Bergson metteva gli ebrei e gli zingari, ma aggiungeva di essere tentato di aggiungervi gli omosessuali . In ef­ fe tti, anche qui c'è un enigma: nessuna teoria (né medica, né psi­ chi atrica o psicoanalitica, né sociologica) è riuscita a spiegare per­ ché - in un modo che sembra costante in ogni tempo e presso ogni popolo - almeno un uomo su venti , il cinque per cento cioè della popolazione maschile (tra le donne la percentuale sembra inferio­ re) nasca con un'inversione radicale e immodificabile del desiderio affettivo e sessuale . Soprattutto in tempi come i nostri, di transizione culturale, di confusione morale, pare che i cultori di pratiche omosessuali sia­ no assai più numerosi di quel cinque per cento. Ma si tratta, come dire? , di " dilettanti " , di coloro ai quali sembra che accenni Paolo e i quali, volontariamente, alla ricerca di maggior piacere o per gusto Seppur filosofo ,

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dell 'insolito hanno (scrive l ' Apostolo) « lasciato il rapporto natu­ rale con la donna e si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini » (Rm l ,27). Al di là di questa folla di "volontari" , di "casuali" , sta - dice chi ha studiato il problema - una sorta di vero e proprio " popolo" omoerotico che costituisce una autentica internazionale , con una sua cultura spesso sotterranea, con i suoi codici , riti, solidarietà. Comunque sia, per tutti gli appartenenti a quei tre "popoli ospiti" c ' era un settore proprio ad Auschwitz, il campo che i nazisti crea­ rono inizialmente per i polacchi e gli slavi in genere e che poi con la tragica dépendance della vicina Birkenau dedicata agli ebrei - si ampliò sino a diventare una sorta di concentrato dell' odio per il diverso . Figlio legittimo della modernità, il nazionalsocialismo porta al­ le estreme ma coerenti conseguenze il modello che ha il suo proto­ tipo esemplare nella Rivoluzione francese : a una società plurali­ sta, strutturata in modo elastico , che dava ampio spazio alle auto­ nomie e ai costumi locali come era quella dell'Ancien Régime, si sostituisce con la forza uno schema teorico di Stato unitario, cen­ tralizzato, deciso a imporre la stessa lingua, gli stessi costumi, la stessa cultura, le stesse leggi; e che, dunque, non tollera la diversi­ tà; che non ha spazio per chi sia e intenda restare "diverso" . Il totalitarismo nazista (come quello marxista) non è che applicazio­ ne coerente del centralismo e del nazionalismo giacobini . Ecco dunque, in quell 'universo concentrazionario hitleriano , le stelle gialle per gli ebrei, i triangoli rosa per gli omosessuali, quel­ li neri per gli zingari . Un mistero anche questi ultimi, un popolo del quale ancora non si conoscono le origini e le vicende (né mai si conosceranno interamente , la sua cultura essendo solo orale, senza testimonianze scritte) , penetrato nell' Europa Orientale for­ se verso il Mille e che solo agli inizi del Quattrocento giunse in Occidente , cominciando a percorrerne le strade ma mantenendo la sua lingua, la sua cultura, i suoi costumi, rifiutando di stabiliz­ zarsi , di integrarsi , malgrado ogni sforzo anche violento di assi­ milazione. Mentre però, in precedenza, la persecuzione dello zingaro era basata sulla sua " asocialità" , l' avvento del nazismo significò lo slittamento sul piano ben più terribile della " razza" . I professori

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u n iv ersitari che tentavano di fornire schemi " scientifici" all 'odio che Hit ler e i suoi (politici , appunto, moderni) sentivano per la di­ versità rispetto allo standard nazionale, divisero in quattro gruppi g l i abitanti del Reich : l o razza tedesca; 2° razze straniere; 3 ° colo­ rat i ; 4° ebrei e zingari. Stando ad Heinrich Himmler, il capo della Gestapo e delle SS, massimo teorico del razzismo , « in Europa solo ebrei e zingari so­ n o di sangue estraneo » . In realtà, il caso dei gitani era piuttosto

imbarazzante, visto che sia la loro lingua che la loro provenienza (che sembra essere quella dell' India settentrionale, anche se si ignora q u an do e perché la lasciarono) li classificano proprio tra quegli · • ariani" , quegli " indoeuropei" che per il nazismo erano il nec p/us ultra della purezza razziale. La clamorosa contraddizione fu supe­ rata con disinvoltura, dicendo che , dopo tanto vagare, il sangue gi tano si era così mescolato da essere ormai " infetto" , "degenera­ t o " . E, dunque , sia nella classificazione " scientifica" che, di con­ seguenza, nel trattamento , ebrei e zingari condivisero la stessa tra­ gica sorte che, per centinaia di migliaia di questi ultimi, si consu­ mò proprio nel Zigeuner Sektor, il settore zingaro di Auschwitz. Qui convenivano non soltanto i nomadi tedeschi ma anche quelli dei Paesi via via conquistati, comprese le moltitudini che, nell'Eu­ ropa orientale , si erano ormai quasi stabilizzate . Furono, tutti, tra i soggetti favoriti delle sperimentazioni mediche criminali. Presso l' università inglese del Sussex opera dal 1966 il Colum­ bus Centre (nato come "Centro di ricerca di psicopatologia col­ lettiva") che ha per scopo « lo studio sui processi storici di perse­ c uz i one e di sterminio » . Tra le pubblicazioni del Centro , oltre al l ibro ormai classico dell'ebreo Léon Poliakov su Il mito aria­ no, c'è anche l'impressionante dossier Il destino degli zingari che tenta di ricostruire questa storia oscura e talvolta vergognosa. Ma, forse, l 'aspetto più vergognoso (e più ignorato dall' opinione pub­ blica) è quello che riguarda il periodo dopo la caduta del nazi­ smo . Come scrivono gli autori del rapporto del Columbus Cen­ tre, « in occasione dei vari processi celebratisi a Norimberga con­ tro i criminali di guerra, i procurat ori militari alleati, nonostante le l u ngaggini e le complicazioni dei procedimenti, non trovarono mai né il tempo né il modo di chiamare un solo zingaro al banco dei testimoni » . 361

non tutti i genocidi sono eguali : privi del tu tto di influenza sociale, politica, economica e persino di passaporto, spesso analfabeti , comunque senza alcun media a di spo s izi one , i gitani superstiti alla "soluzione finale" tentata anche contro di lo­ ro non hanno avuto alcun modo di far conoscere il loro martirio . In effetti , nessuno ne parla se non come per inciso, distrattamen­ te. Non solo : a differenza di tutte le altre categori e perseguitat e dal nazismo , gli zingari furono i soli che non ebbero diritto ad al­ cu n indennizzo dal governo tedesco . Anzi , l' arrivo degli Alleati ad Auschwitz significò per loro il passaggio da una baracca ad un'al­ tra , non solo perché la maggioranza non sapeva dove andare, ma anche perché inglesi, americani e russi avevano nei rispettivi Paesi una legislazione persecutoria contro i nomadi . Dunque, rinchiuse­ ro in nuovi lager quelli "liberati " . Come documenta il dossier dell'università del Sussex, pure la "liberale" Inghilterra, la vincitrice della barbarie nazista , nel dopogu erra inasprì le sue leggi contro il n o madism o, accanen­ dosi proprio contro coloro che erano sopravvissuti all'olocau­ sto di Auschwitz. Il quadro di persecuzione, anche attuale, è desolante per tutti gli altri Paesi, con vertici di brutalità rag­ giunti naturalmente da quella " p atri a dell a giust i zi a e del ri­ s p et to della dignità dell ' uomo " che per mol t i (almeno fino a tem­ pi recenti) sarebbe stata l ' Unione Sovietica. Qui , il nomadismo è stato messo sic et simpliciter fuori legge e, dunque, i membri delle carovane che si spostassero sulle strade del Paese sareb­ bero per ciò stesso passibili di arresto e di detenzione per "com­ portamento asociale' ' . Figlio dell' illuminismo europeo come il nazismo, alla pari di questo i l marx-leninismo non sopporta alcuna diversità, tutto vuole normalizzato e controllato dal potere cen tr ale : ecco allora la pena di morte prevista dal codice penale sovietico per gli omosessuali; ecco le brutali campagne di "ass imil azi one" forzata quando non di sterminio, messe in atto sin dagli inizi dell'Urss per ebrei e zi n gari . Anche questi ultimi , dunque, hanno diritto alla giustizia alme­ no del ricordo: riconoscergliela non significa certo sminuire la con­ danna per altri oloc aust i , per al t ri genocidi . Signi fica però ria ffe r­ mare, e doverosamente, che nessuno - di fronte alla tragedia del­ la modernità - può pretendere esclusive . Evidentemente ,

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1 72. Teresa Neumann N el 1 939,

subito dopo l 'inizio della guerra, a tutti i tedeschi fu d ist ribuita una tessera annonaria. Il razionamento del cibo durò i n Germania sino a quasi tutto il 1 948 . Per quei nove anni, un solo cittadino - anzi, una cittadina non e bbe diritto a quella tessera : le era stata ritirata subito, con la motivazione ufficiale che non ne aveva bisogno, visto che non mangiava né beveva alcunché. Le era però concessa una doppia razione di sapone , essendole riconosciuta la necessità di lavare ogni settimana la biancheria inzuppata di sangue. Così , anche la pedantesca, impersonale burocrazia germanica ­ persino quella del Terzo Reich nazista ! - rendeva testimonianza di uno dei "casi " più misteriosi di ogni tempo : quello di Teresa N eumann , da Konnersreuth, Alta Baviera, la contadina che per 36 anni si nutrì soltanto dell'ostia consacrata; e che ogni settimana, dalla notte del giovedì sino al mattino della domenica, riviveva nella s u a carne tutto il mistero di passione-morte-risurrezione di Gesù . Teresa è morta nel l 962, a 64 anni . Perché parlarne proprio ora? T n nanzitutto perché, dopo il minuzioso processo svolto nella sua di ocesi, quella di Ratisbona, sta per essere raggiunta la meta solle­ citata dalle migliaia di persone devote al suo ricordo e grate per la sua intercessione: l'introduzione a Roma, cioè , della causa di beatificazione e canonizzazione. Poi , perché - proprio in prospet­ tiva dell' auspicata beatificazione - una nota scrittrice e giornali­ sta, laica ma aperta alla possibilità del Mistero , Paola Giovetti, ha appena pubblicato - presso le Edizioni Paoline - una bi ografia della mistica, basandosi in gran parte su documenti e testimonian­ ze di prima mano. ·

Figlia di un povero sarto e di una contadina a giornata, buona cattolica, ma aliena da ogni bigotteria, allegra, vivace, amante de­ gli scherzi innocenti (per tutta la vita la seguirà il sospetto di « non ri uscire a essere seri a » : buon segno di credibilità, vista la cupezza seriosa che sempre accompagna i mistificatori e i maniaci religio­ 'ii), Teresa Neumann a vent' anni - era nata nel 1 898 - si procurò una lesione alla spina dorsale mentre correva in soccorso dei vicini cui s i era incendiata la cascina. Ne ricavò prima una paralisi alle gambe e poi, per un'altra rovinosa caduta, anche la cecità totale.

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Il padre, fante sul fronte occidentale, le aveva portato dalla Fran­ cia l ' immaginetta di una giov ane carmelitana non ben conosciuta ancora in Baviera: tal Teresa del Bambin Gesù , del monastero di Lisieux. La giovane immobile e cieca cominciò a pregarla. Il 29 aprile del 1 923 , giorno della beatificazione della piccola francese , la sua omonima tedesca Teresa Neumann, stesa nel suo letto di paralitica, riacquistava di colpo la vista. Due anni dopo , i1 1 7 mag­ gio 1 925 , mentre Pio XI a Roma dichiarava santa la carmelitana di Lisieux, ancora una volta d'un tratto , ritrovava l'uso delle gambe . Un anno dopo, nel periodo pasquale, altro colpo di scena: pur del tutto ignara del fenomeno della stigmatizzazione e ben lontana dal desiderarla (solo per necessità finirà per accettare il suo straor­ dinario quanto pesante destino) la giovane contadina scopriva che sulle mani , sui piedi , al costato e anche sul capo le erano impressi i segni della Passione. Da allora, per 36 anni , sino alla morte, nel­ la notte di ogni giovedì "entrava" letteralmente nei racconti evan­ gelici che iniziano dall'Ultima Cena. Come "in tempo reale" ac­ compagnava Gesù sino alla morte, nel primo pomeriggio del ve­ nerdì , sanguinando copiosamente dalle ferite e versando sangue ab­ bondante anche dagli occhi . Pur conoscendo solo il dialetto della regione, Teresa Neumann ripeteva ad alta voce i lunghi dialoghi che sentiva in aramaico , gre" co , latino: innumerevoli specialisti di lingue antiche, seduti al suo capezzale, sbalordirono dell 'esattezza di quei linguaggi esotici, a lei del tutto ignoti. Dalle 1 5 del venerdì cadeva in un sonno pro" fondo da cui si risvegliava (gioiosa, con le ferite rinchiuse, il corpo fresco), il mattino della domenica, rivivendo la scena della Risur­ rezione. Sin dal tempo della guarigione dalla cecità e dalla paralisi senti­

va sempre meno il desiderio di nutrirsi . Da quando ebbe le stigma­ te e cominciarono le visioni , per 3 6 anni , sino alla fine, non man­ giò né bevve più nulla, assumendo soltanto (ogni mattina alle sei), l'ostia della comunione. Naturalmente, tutto fu tentato per sma­ scherarla come simulatrice, ma sempre i medici inviati per cont rol­ larla partivano dallo scetticismo per approdare a clamorose con­ versioni di fronte all 'enigmatica verità. La diocesi di Ratisbona isti­ tuì addirittura una commissione composta di sanitari e di quattro 364

s uo re giurate che, a turno, per settimane, non persero di vista Te­ res a né di giorno né di notte, non ]asciandola mai sola.

Altre commissioni "laiche" giunsero tutte alla medesima con­ c l u sione di quella ecclesiastica: la donna non si nutriva, davvero, che di eucaristia (rifiutando istintivamente l 'ostia quando, per met­ terla alla prova, le porsero particole non consacrate) . Così , come disse il suo parroco, « in lei si compì alla lettera la parola di Gesù: " La mia carne è davvero cibo e il mio sangue davvero bevanda" ; o l al t r a : "Non di solo pane vivrà l ' uomo" . Quasi il Cristo volesse m ost rare ch e nutrirsi misticamente di Lui basta anche alla vita '

fisica » . C ' è d a aggiungere che - al d i fuori dei giorni della Passione e

Risurrezione - la Neumann faceva vita normale : lavorava in giar­ dino e talvolta nei campi, si muoveva nei dintorni, riceveva, con­ solava, spesso guariva migliaia di pellegrini , rispondeva di perso­ na a innumerevoli lettere. Il suo aspetto era quello florido e roseo della buona casalinga bavarese, aliena da pose misticheggianti; il suo corpo aveva tutte le funzioni normali ma nessuna escrezione, né solida né liquida, ad eccezione del sudore e del sangue. Il peso di minuiva tra il venerdì e la domenica di quasi cinque chili ma su­ bito si riassestava, pur senza nutrirsi , su quello normale, tra i 5 5 e i 6 0 chili . Pur decisamente antinazisti, come quasi tutti i cattolici bavare­ s i , i Neumann non furono molestati per ordine personale di Hitler che, superstiziosamente, temeva quella donna e, soprattutto, te­ meva le sue visioni che annunciavano per lui il dies irae. Quasi certamente, il nome di Teresa sarà presto inscritto nel li­ bro dei beati (tra l 'altro sono decine i miracoli attribuiti dopo la morte alla sua intercessione). Ma c'è ancora posto per le Neumann in certa Chiesa d' oggi? Non sono proprio i " casi" come i suoi i più estranei se non imbarazzanti per certi nostri modi attuali di in­ tendere la fede?

1 73. Cause ed effetti/l Il sospetto è allarmante, ma non infondato. Si ha, cioè, l'im­ pressione che - nel giudicare passato e presente della loro Chiesa - non pochi cattolici siano oggi succubi di schemi superficiali ed

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errati, di dannosi luoghi comuni della subcultura che va per la mag­ giore. E lo siano , per giunta, col compiacimento di chi si crede fi­ nalmente perspicace, magari "aperto e coraggioso" . Sembra, in­ somma, che ormai invano Paolo ammonisca che « per poter discer­ nere la volontà di Dio » occorre « trasformarsi rinnovando la men­ te » e guardandosi , dunque, dal « conformarsi alla mentalità cor­ rente » (Rm 1 2,2). Succede così che, riguardando alla bimillenaria vicenda che hanno alle spalle, certi cattolici abbiano sostituito la sistematica autode­ nigrazione attuale all'apologetica praticata in passato, così irritante perché tutto voleva non solo giustificare (impresa legittima, ché la storia vera - lo ricordava Croce - mai è giustiziera, sempre è giu­ stificatrice) ma persino leggere in chiave trionfale. "Prima" ci si ingegnava a dimostrare che, non solo nella sua essenza, catholica Ecclesia sancta est (il che, per la fede, è vero og­ gi come ieri) ma sancta l 'Ecc/esia sarebbe stata, sempre e dovun­ que, nel suo "personale" clericale (come lo chiamava il teologo von Balthasar) e in tutti i suoi fedeli (il che non è vero , né può es­ serlo, andando contro la parola stessa del Cristo secondo cui , sino alla fine, nel suo campo conviveranno grano e zizzania) . Questo , appunto, "prima" . Adesso , andando da un estremo al­ l ' altro , il sadismo, per così dire (sempre e solo gli " altri" sono cat­ tivi o diffamatori), si è rovesciato nel masochismo (sempre e solo noi siamo stati cattivi , noi i colpevoli di tutto) . Colpevoli , innanzi­ tutto, del fallimento storico della predicazione: meritevoli, dunque, di subire ogni castigo perché causa noi stessi , con le nostre infedel­ tà, delle persecuzioni , delle crisi . Prendiamone allora alcune, di quelle crisi, vedendo come la men­ talità prevalente oggi anche nel milieu ecclesiale instauri rapporti di causa ed effetto che sembrano a prima vista plausibili . Primo: la bufera protestantica del XVI secolo. Quella tragedia, si dice, non ci sarebbe stata se la Chiesa non fosse stata tanto cor­ rotta, ormai così lontana dal Vangelo da provocare, per reazione, una drastica riforma, una purificazione radicale. Secondo : la Rivoluzione francese . Spiegazione: se la Chiesa finì per essere duramente perseguitata fu anche qui per i suoi vizi e abusi, per la sua mondanizzazione, per il legame fra trono e altare, per il distacco di un clero ricco e frivolo da un popolo affamato .

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Terzo : il com unismo ateo , con tutto ciò che ha significato per

l a reli gione durante un secolo. Tra le infinite voci dello stesso te­ n o n� . ho tra le mie schede anche quella di un vescovo che, ancora n ec li an ni Settanta , insegnava: « La Chiesa è in qualche modo re­

sponsabile dell'ateismo marxista: se i cattolici fossero stati più at­ l c n t i alla giustizia sociale, meno legati alle classi dominanti , più -; o l idali col proletariato , il socialismo, ammesso che si fosse svi­ l u ppato , non sarebbe stato materialista, non avrebbe perseguitato la religione » . Quarto : questi nostri anni d i caduta verticale della pratica, di esodo di preti e di laici, di carenza di vocazioni , di ateismo spesso nemmeno più teorizzato ma concretamente e tranquillamente vis­ ..,uto nell 'adorazione di idoli e feticci del consumismo. Anche qui, la diagnosi , per molti, è tanto semplice quanto (a sentir loro) indi­ scutibile: la Chiesa non è stata sufficientemente attenta alle esigenze dell' uomo contemporaneo , non ha saputo tradurre il suo messag­ gio in un linguaggio comprensibile, si è chiusa in un moralismo im­ praticabile e anacronistico , non ha proseguito sino in fondo sulla strada delle riforme iniziata dal Vaticano II. La gente non andreb­ be più in chiesa non perché nei cuori si sia dissolta la fede, ma per­ ché il papa non sconfessa prospettive morali come quelle ribadite nell' enciclica Humanae Vitae, perché non ammette donne al sa­ cerdozio, perché non è abbastanza ecologista e pacifista e terzo­ mondista, perché nega i diritti umani a quei teologi che (pur conti­ nuando a dirsi cattolici), vogliono stampare o dire alla tv tutto ciò che la loro "creatività" via via gli detta. Chi si è allontanato in questi ultimi decenni riaccorrerebbe in massa, e tanti altri levereb­ bero il capo per ascoltare attenti, se la Chiesa abbandonasse dog­ matismi, chiusure, intolleranze, se alle molte riforme già praticate ne aggiungesse altre, ancor più radicali. Più " apertura" et Evan­ gelium rursus florebit, il Vangelo di nuovo fiorirà . . . Le diagnosi sembrano impeccabili e , di conseguenza, chiaro il ri medio: la causa del Vangelo esige che si rinneghino gli errori del passato, che non si ripetano le chiusure precedenti . Per colpa delle q u ali non gli uomini hanno abbandonato la Chiesa ma questa ha abbandonato gli uomini , quasi vittime costrette ad andarsene o a ri bellarsi o addirittura a perseguitare - in qualche modo merita­ tamente - questa Catholica sempre così infedele al suo mandato .

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Cosl , la denigrazione della Chiesa nella sua storia e nei suoi uo� mini del passato e del presente, è divenuta il luogo comune prefe� rito di clero e di laici cattolici che vogliono sentirsi ed apparire com� petenti e coraggiosi . In realtà, un pizzico di competenza in più e magari una dose di maggior coraggio occorrono per il contrario: per mettere in dub� bio , cioè, che le cose siano tanto semplici , che una causa (l'infedel� tà della Chiesa al Vangelo) basti sempre a spiegare quelPeffetto drammatico che è il distacco dalla pratica, l'irreligione, lo scisma, l'eresia, l'ateismo o l' agnosticismo di massa, l' anticlericalismo per� secutorio . Chi conosce la storia, quella "vera" ; chi su quella storia medita rispettando e la verità dei fatti e lo spessore del mistero, sa che le tempeste rovinose in cui è incappata la barca di Pietro non sono affatto spiegabili unicamente con motivazioni socio logiche, con " colpe" che tutti , purché onesti e obiettivi, possono scorgere. ·

Certo , ha ragione il Vaticano I I quando riconosce che dei cre­

denti « o per avere trascurato di educare la propria fede o per una presentazione fallace della dottrina o anche per i difetti della pro­ pria vita religiosa, morale o sociale nascondono (o hanno nasco­ sto) e non manifestano (o non hanno manifestato) il genuino volto di Dio e della religione » (GS 1 9). C ' è , ovviamente, da sottoscrive­ re in pieno . Ma né la Riforma protestante, né la Rivoluzione fran­ cese, né il marxismo ateo, né l ' attuale crisi ecclesiale (per stare ai soli punti di frattura che dicevamo) sono spiegabili con certo sem­ plicismo ormai prevalente. C'è qualcosa di ben più inquietante, c' è il mistero di un rifiuto ostinato, di una ribellione che il Vangelo stesso già preconizza. Il problema è decisivo. Sbagliare diagnosi significa sbagliare te­ rapia , compromettere - infilando strade sbagliate - ogni possibi­ lità di rievangelizzazione, di rilancio cattolico . Per capire che cosa fare oggi, occorre valutare nella prospettiva corretta quel che si è fatto ieri . Dunque, il discorso dovrà continuare nei frammenti seguenti.

1 74. Cause ed effetti/l Come da discorso impostato sopra, esaminiamo - pur in sinte­

si estremamente stringata - quei quattro ' 'punti di crisi'' tra i mag368

giori che la Chiesa cattolica ha affrontato in epoca moderna: Ri­ forma protestante, Rivoluzione francese, comunismo ateo , diffi­ coltà attuali . Ed esaminiamoli per constatare che le ragioni addot­ te da certo semplicismo schematico e denigratorio non bastano af­ fatto a spiegare quel che avvenne; che le colpe, pur innegabili, del­ la Chiesa - o, meglio, di molti suoi uomini - non sono sufficien­ ti a chiarire l ' ampiezza del dramma. Per cominciare con la Riforma, gli storici quasi unanimi (prote­ stanti compresi) non hanno da tempo esitazioni . È, cioè, in qual­ che modo abusivo o almeno insufficiente lo schema ancora ben fisso nella mentalità corrente: la corruzione della Chiesa suscita per rea­ zione lo sdegno di chi vuoi tornare alla fedeltà al Vangelo. È naturahnente fuori discussione la corruzione, addirittura quasi la paganizzazione - cominciata già nel tardo Medio Evo e preci­ pitata nel Rinascimento - soprattutto dell'establishment romano . della curia vaticana. Ma proprio a Roma giunse, inviatovi dal suo Ordine per risolvere una causa interna, il ventisettenne agostinia­ no tedesco Martin Lutero. Da quel soggiorno a Babilonia (come chiamerà poi la Roma pa­ pale) il futuro riformatore non trasse motivi di sdegnata rivolta; anzi , come confesserà egli stesso nei suoi Tischreden , i discorsi a tavola, ne ebbe addirittura motivi di edificazione, di ammirazio­ ne . Solo a posteriori legherà la sua protesta alla corruttela roma­ na, per dare anche cosi giusti ficazione teologico-morale alla sua lotta contro il Papato. Oltretutto , con un errore di prospettiva, tendiamo quasi sempre ad estendere la situazione del centro della Chiesa a tutta quanta la Chiesa. Ma, per rifarci a una sola, curiosa testimonianza, quel­ la di uno dei più virulenti avversari del cristianesimo in generale e del cattolicesimo in particolare, ecco quanto scrive Friedrich Nietz­ sche in La gaia scienza: « All ' epoca della grande corruzione della Chiesa, essa era in Germania pochissimo corrotta. Relativamente parlando, nessun popolo fu mai più cristiano dei tedeschi all'epo­ ca di Lutero : la loro cultura cristiana era giusto pronta per sboc­ ciare in una centuplicata magnificenza di fioritura. Non mancava ancora che una sola notte: ma questa portò la tempesta che pose termine a tutto » . I l monaco Martino stesso era un buon religioso, fedele sino allo

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scrupolo alla Regola; e così, in generale, gli altri preti e frati del­ l' Europa al di là delle Alpi . Per non parlare, poi, del Nord del Con­ tinente : la Scandinavia, ad esempio, dove la Chiesa era come "nuo­ va' ' , essendosi impiantata stabilmente da pochi secoli e dove la Ri­ forma (imposta dall 'esterno, con la forza, dai re locali, per loro motivi dinastici e politici) si abbatté improvvisa dove poco o null a c'era da " riformare" davvero . Ma anche nella Chiesa mediterranea la santità non si era certo spenta: basti dire che, solo dieci anni prima dell' affissione delle te­ si di Lutero alla cattedrale di Wittemberg, era morta una delle più penitenti figure della storia della santità, Francesco da Paola. Nei decenni della corruzione paganeggiante e nella "corrottissima" terra italiana, non mancarono di certo altri grandi santi: Caterina de' Fieschi, Bernardino da Feltre, Caterina da Bologna, Angela Meri­ ci , per fermarci solo a qualche nome . Come confessò più volte Lutero stesso negli ultimi anni di vita, il fine primario dei riformatori non era stato porre rimedio alla cor­ ruttela della Chiesa. Il fine era stato teologico, ben più che mora­ le: il mutamento di dottrina, il passaggio a un altro concetto di fe­ de, la lotta alla gerarchia non in quanto poco fedele al Vangelo (anche se infedele, spesso, lo era sul serio) ma in quanto espressio­ ne di una mediazione tra Dio e l' uomo che si voleva cancellare. L'elemento scatenante, la goccia che - stando alle interpreta­ zioni correnti - avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe stata l'in­ dignazione per la vendita delle indulgenze a beneficio della fabbri­ ca di San Pietro a Roma. Ma la protesta di Lutero, qui come al­ trove , non è "moralistica" , ciò che più l'indigna non è l 'aspetto eventualmente simoniaco dell ' operazione; la protesta è, invece, " teologica" . È un rifiuto delle indulgenze in quanto esse hanno di inconciliabile nella nuova prospettiva della giustificazione per sola fede, di una salvezza dove non c ' è posto che per gli estremi - il paradiso e l' inferno - non per il purgatorio. Del resto, a controprova dei loro veri fini , i riformatori rifiutarono l'invito di Roma a partecipare al Concilio che, dopo tante esitazioni e trasferimenti, sarebbe passato alla storia con il nome di Trento: la riforma dei costumi che lì si sarebbe avviata non poteva interessar­ li; ciò che volevano era proseguire sulle strade del loro " nuovo Van­ gelo " , in direzioni teologiche ormai divergenti da quella cattolica. 370

E , dunque, il doveroso riconoscimento delle indubbie colpe de­ � l i u omini di Chiesa in quel XVI secolo (e nei secoli che avevano

i) reparato quel za

degrado) dovrà accompagnarsi alla consapevolez­

che non quelle colpe innanzitutto stanno dietro alla tragedia della

lac erazione dell ' unità. I pur giusti mea culpa cattolici non dimen­ t ich eranno che non la sociologia, bensì innanzitutto una inedita, :;cardinante prospettiva teologica e un mistero religioso stanno die­ t ro la rivolta. Per venire ora alla Rivoluzione francese, allegheremo, qui , un ;;olo testimone. ma fra i più attendibili e insospettabili , Alexis de

Tocqueville . Attendibile perché, a giudizio unanime, la sua lettura ùei Fatti rivoluzionari è tuttora insuperata per penetrazione e per oggettività; insospettabile perché in lui vive, quasi allo stato puro , q uel liberalismo ottocentesco che all' omaggio formale alla dimen­ ;;ione religiosa accompagna il rifiuto concreto di ogni confessio­ nalismo. Sentiamo dunque Tocqueville e il suo bilancio, dopo anni di ri­ cerca e di ri flessione su quanto avvenne nel 1 789 e dintorni : « Nel complesso , malgrado i vizi clamorosi di alcuni dei suoi membri , i o non so se vi fu mai in tutto il mondo un clero cattolico superiore a q uello della Francia cattolica nel momento in cui la Rivoluzione sopraggiunse. Un clero più illuminato , più nazionale, meno chiu­ so nelle sole virtù private e più dotato di virtù pubbliche e, al con­ tempo, animato da una fede salda, come dimostrarono le persecu­ zioni e, davanti ad esse , la resistenza eroica dei più . All'inizio del mio studio ero pieno di prevenzione contro questa Chiesa dell'An­ cien Régime. Al1a fine, invece, ero pieno di rispetto » . Continua l o storico liberale: « La Chiesa non era attaccabile per la sua corruzione o per la sua compromissione con i potenti più in Francia che altrove. Anzi: i vizi e gli abusi erano in Francia mi­ nori che negli altri Paesi cattolici . Era anche la Chiesa più tolle­ rante: più che in altre regioni , e comunque ben di più di quanto non fosse stata prima )) . Il giudizio di Tocqueville non è più isolato, è ormai condiviso dalla maggioranza degli studiosi . Oltretutto , quella Chiesa auten­ ti ca di Francia, così lontana dall 'immagine diffamatoria che se ne è spesso data, non solo non si opporrà agli inizi rivoluzionari , ma

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saprà rinunciare spontaneamente ai suoi privilegi . Malgrado que­ sto, una violenza furibonda si rovescerà su di essa, rendendola ad­ dirittura clandestina, mentre quel clero di cui parla Tocqueville sa­ prà affrontare il martirio, spesso eroicamente. Si verifica dunque, anche qui, quanto già avvenne col protestan­ tesimo: la Riforma era esplosa là dove ce n' era meno bisogno; la Rivoluzione si accanisce sulla Chiesa laddove quell'odio, quella vo­ lontà di distruzione erano meno giustificati . Del resto , la situazio­ ne francese si ripeterà nella Spagna degli Anni Trenta del nostro secolo, con la volontà di sradicare con lo sterminio una Chiesa non solo di elevato livello morale (ancora una volta, quella tragica car­ tina di tornasole che è il martirio lo rivelerà: quasi tutti i preti pre­ ferirono morire, magari tra terribili tormenti , piuttosto che abiu­ rare) , ma anche non ostile né per principio né per prassi al gover­ no repubblicano . Pure qui, dunque, il sociologo , lo storico, devo­ no riconoscere la loro impotenza a tutto spiegare, a trovare le vere cause dello scatenarsi della violenza e dell'odio . Una situazione che si ripeterà col sorgere e coll'imporsi del mar­ xismo e che si presenterà di nuovo ai nostri giorni, nell'irreligione della società ' ' liberale' ' , post-capitalista e, almeno apparentemen­ te, post-cristiana.

1 75. Cause ed effetti/3 Né la Riforma protestantica né il volto anticristiano assunto dalla

Rivoluzione francese si spiegano , solamente e innanzitutto , come effetto di quella causa che sarebbe stata l'infedeltà della Chiesa al Vangelo, l' abbandono da parte sua delle pecorelle che le erano af­ fidate. Abbiamo cercato di mostrarlo nei frammenti che precedono. Che dire ora della virulenza antireligiosa del marxismo? Di quel rifiuto di Dio , di quella persecuzione dei credenti fu davvero re­ sponsabile anche la Chiesa romana? Pure qui , chi esamini i fatti deve riconoscere che le cose non sono affatto spiegabili con lo sche­ ma che anche tanti cattolici hanno finito col fare proprio . Il padre di Karl Marx si piegò all 'imposizione del governo prus­ siano, passando dall'ebraismo - suo e di tutti gli avi , quelli della moglie compresi al cristianesimo luterano per poter fare una car­ riera pubblica . Si può dire che Karl non abbia mai conosci uto il -

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cattolicesimo se non per sentito dire . Sia egli che il cofondatore del " materialismo dialettico" , del cosiddetto "socialismo scienti­ fi co' ' , Friedrich Engels, conobbero quasi solo il duro volto dei Paesi p rotestanti - primo fra tutti, la Gran Bretagna - dove si svilup­ pò la prima industrializzazione . (Del resto , anche Lenin conoscerà u nicamente il cristianesimo scismatico russo e quello riformato del­ l ' esilio di Zurigo e non avrà alcuna esperienza diretta del cattoli­ cesimo). In ogni caso, il marxismo non nasce come sistema di interpreta­ zione e di organizzazione della società che espella, che anzi com­ batta, soltanto il Dio cristiano: ma anche quello ebraico , quello musulmano, quello di tutte le fedi e religioni , messe nello stesso calderone di una presunta "alienazione" . Il marxismo non è irre­ ligioso per cause contingenti, come reazione e protesta contro un modo spurio , corrotto, di vivere i rapporti tra l'uomo e la Divini­ t à . Questo sistema è irreligioso nella sua essenza stessa, qualunque cosa avessero detto e fatto le varie fedi religiose e i loro aderenti. Né poteva essere diversamente, visto che si tratta della radicale lai­ cizzazione della speranza messianica di Israele, di un 'escatologia ebraica ridotta alla sola dimensione orizzontale, di una prospetti­ va della storia dove l 'uomo solo è arbitro .

È.

una fede, una religione che si oppone necessariamente a quelle tradizionali. È certo che anche se queste fossero state di adamantina fedeltà ai loro principi , il marxismo vi avrebbe cozza­ to contro , con la sua prospettiva intrinsecamente atea; e cioè, in senso etimologico, " senza Dio" . Del resto, una sopravvalutazione (fatta anche per motivi politi­ ci, ideologici) del ruolo giocato dal "socialismo scientifico" ha in­ dotto molti a credere che ad esso siano passate, a un certo punto, se non tutte, almeno la maggioranza delle classi povere, sino ad allora sotto tutela ecclesiale . Il che non è vero : contro tutte le sue stesse profezie, il sistema venne imposto da una piccola minoran­ za di intellettuali a un Paese come la Russia che, ancora quasi tut­ to contadino, non aveva conosciuto l'industrializzazione. Dove que­ sta ha davvero trasformato la società, il marxismo non è attecchi­ t o , almeno in modo significativo e duraturo : la sterminata classe operaia del Nord America non lo prese mai in considerazione e co­ sì i lavoratori inglesi e, in genere, del Commonwealth . In Germadunque,

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nia, o è rifiutato , come nelle zone industrializzate della Renania e della Baviera cattoliche, o ab bandona ben presto gli aspetti "or� todossi" per stemperarsi in riformismo, in socialdemocrazia. In Italia, non è affatto vero (come hanno ripetuto spesso, nei decenni passati , anche degli ecclesiastici) che la Chiesa abbia perso la maggioranza delle classi lavoratrici . Passando dall ' agricoltura all 'industria, la gente dei primi distretti industriali italiani - il Bre� sciano , il Bergamasco, la Brianza, certe zone del Piemonte come il Biellese o alcune valli venete - non si converte affatto al nuovo Verbo comunista, ma si organizza secondo i modi di quello straor­ dinario cattolicesimo sociale che, dall 'Unità sino all ' avvento del fascismo, crea una rete tanto efficac e e radicata nel popolo quan­ to spesso ignorata dai cattolici stessi Né si dimentichi mai che la società del secondo Ottocento con cui polemizza il marxismo, cer­ cando di abbatterla, è quella dove la leadership politica ed econo ­ mica è passata dalla Chiesa alla borghesia liberale e massonica. La quale, spesso, mette in prigi one assieme socialisti e cattolici (av­ venne tra l'altro a Milano , con l' arresto di don Davide Albertario, dopo i moti di piazza del 1 898) . È poi da dimostrare che ci sia sta­ ta, in tutta la Chiesa, un'insensibilità per i nuovi problemi sociali: gente come don Bosco è già al lavoro prima del 1 848 , prima dun­ que del Manifesto dei comunisti di Marx ed Engels E , mentre la nascita del Partito socialista italiano è del 1 892, già l'anno prima un pontefice, Leone XIII , con la Rerum novarum ave va indicato quella dottrina sociale della Chiesa che oggi, dopo il fallimento delle ubriacature ideologiche, mostra il suo aspetto pro­ fetico . Se avesse prevalso quella prospettiva cattolica, ai lavorato­ ri sarebbero stati risparmiati sofferenze, lutti, delusioni amarissime. .

.

­

Per venire all' oggi , all' attuale crisi che travaglia la Chiesa nella società neocapitalista, postindustriale, è illusorio pensare che tut­ to derivi come ripete quanto resta della vecchia contestazione clericale - da mancate riforme e aperture e che tutto si risolvereb­ be mettendosi ancor più decisamente su quella strada. Ebbi già mo­ do di scrivere, da qualche parte, del pastore protestante accanto al quale ero seduto durante un incontro romano con Hans Kiing il quale, con la virulenza che lo contrassegna, gridava che un Vati­ cano III, rivoluzionario più ancora che riformista, avrebbe richia­ mato le folle attorno alla Chiesa cattolica . Disse , scuotendo il ca-

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p o , quel pastore: « Tutte le riforme che questo prete chiede per la sua

C hiesa noi le abbiamo già, e da tempo, e magari anche più ra­

d i c ali . Eppure i nostri templi sono ancora più vuoti delle chiese cat­ wliche >> . Del resto, ammonisce tra gli altri l'esempio della Chiesa olande­ se. dove l ' avventurismo teologico, le sperimentazioni pastorali , il ;;ogno postconciliare della " cristianità nuova" si sono tramutati i n pochi anni in quell' attuale, tristissimo paesaggio di solitudine è silenzio che lo stesso Primate dei Paesi Bassi denuncia con toni a.:corati . Ad Amsterdam, decine di quelle chiese dove si annunciò la palingenesi cattolica grazie alle riforme più ardite , sono chiuse, spesso in vendita o in attesa di demolizione per mancanza sia di fedeli s ia di clero.

Tutte queste considerazioni , ovviamente, non devono impedire la consapevolezza, che è di tutti i tempi , che semper Ecclesia rejor­ manda est; esse non devono di certo allentare lo sforzo per una migliore adesione tra il messaggio annunciato e la vita concreta­ mente vissuta. Occorre però essere anche consapevoli che la ricerca di sole cause sociologiche, storiche, per i fallimenti e i drammi vissuti d alla Chiesa ha fatto spesso dimenticare - in questi anni di pas­ sione cattolica per l' autodiffamazione, di apologetica alla rove­ scia, quasi di masochismo per il proprio passato - che c'è qui un mistero. « Il mistero cristiano - ha scritto un autore recente è certo la nascita dell' uomo-Dio venuto al mondo. Ma identico mistero è che il mondo, sin dalla nascita del Salvatore, non lo abbia accol­ to e continui a non accoglierlo . Il mistero della non-accoglienza del Verbo è il mistero profondo della religione, ed è miopia reli­ giosa quella che va a cercarne le cause soltanto nelle colpe della Chiesa. I cattolici accusatori della loro Chiesa ignorano la psicolo­ gia della libertà e la teologia della predestinazione, con il suo arca­ n o . La storia è il teatro insieme della predestinazione divina e del­ l ' umana libertà. Solo il santo, non lo storico, intravvede qualcosa di un enigma che ci sarà chiaro nell'aldilà » . Per quanto acuto e oggettivo sia uno studioso che, pur giusta­ mente , enumeri le colpe degli uomini di Chiesa; per quanto dove­ rosa sia, per i credenti , una simile autocritica, sullo sfondo resta-

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no però parole inquietanti , da tenere sempre in conto : « La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l' hanno accolta . . . Il mon­ do fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne tra la sua gente ma i suoi non l'hanno accolto » (Gv 1 , 5-10). Il pianto di Gesù su Gerusalemme che non ha saputo scorgere la proposta di salvezza, gli avvertimenti drammatici ai discepoli : « Se il mondo vi odia sappiate che prima di voi ha odiato me . . . Se han­ no perseguitato me, perseguiteranno anche voi . . . Chiunque vi uc­ ciderà crederà di rendere culto a Dio, perché non hanno conosciu­ to né il Padre né me » (Gv 1 5 , 1 8 .20; 1 6,2-3). È anche per questo mistero di rifiuto che il mondo è convertito dall' ascesi dei santi, ben più che dall' attivismo dei riformatori o dai piani pastorali dei burocrati o dalle sofisticate analisi dei so­ ciologi della religione.

1 76.

«

Bien penser pour bien agir»

Quell'ammirevole classico di sapienza anche pedagogica che è il Catechismo romano per i parroci, pubblicato da san Pio V per decreto del Concilio di Trento, giunto all'articolo del Simbolo: « Credo la santa Chiesa cattolica » , subito ammonisce: « Facilmente s' intenderà la diligenza che i pastori devono mettere nello spiegare ai fedeli la verità di questo articolo, considerando che i profeti come nota sant' Agostino - hanno più chiaramente e apertamente parlato della Chiesa che di N. S. Gesù Cristo , prevedendo che molto più potevano errare ed essere ingannati su questo punto che sul mi­ stero dell ' Incarnazione » . In effetti , anche allora, come in ogni tempo, proprio i l concetto di Chiesa e della sua "santità" è tra i più problematici e contesta­ ti , perché frainteso, da molti credenti stessi . Senza ovviamente addentrarci troppo in un terreno così comples­ so, qui vorremmo solo ricordare quello che è stato chiamato « il principio fondamentale di ogni apologetica cattolica » riguardo al­ la Chiesa. Si ha l 'impressione che molti , ormai , non abbiano più chiarezza in proposito . E , dunque, non solo non siano in grado di impostare un discorso di "difesa" davanti alle obiezioni , ma va­ dano in crisi essi stessi quando scoprono o vengono loro rinfaccia­ te le molte pagine non edificanti della storia di una Chiesa che pu-

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re

l a fede proclama " santa" . Certamente, davanti a quelle pagine

o s c ure è doverosa una ricerca della verità oggettiva la qua1e però ,

,pesso, mostra come certe accuse siano pretestuose, magari defor­ mate dalla propaganda anticristiana e, soprattutto , anticattolica.

Malgrado questo doveroso lavoro di discernimento, di accerta­ m ento di come stiano davvero le cose, passerebbe a sua volta da1la p a rte della non-verità quel cattolico che, alla giusta difesa della · ' santità" oggettiva della Chiesa, volesse affiancare anche la di­ mostrazione di una "santità" soggettiva di tutti e sempre gli uo­ mini di Chiesa, a cominciare da Papi, cardinali, vescovi , pastori i n genere . Una simile difesa non sarebbe veritiera; peggio ancora: per ec­ cesso apologetico , disconoscerebbe la realtà quale Dio stesso sem­ bra averla voluta. Poiché, come dice, con icastica sintesi , lo stesso Catechismo romano: « Nella Chiesa militante vi sono due specie di uomini : i buoni e i cattivh> . Aggiungendo: « Che la Chiesa ab­ b racci non solo buoni ma anche cattivi, ce l 'insegnano molte para­ bole del Vangelo. Ad esempio, Jaddove la Chiesa militante è para­ gonata alla rete che si getta nel mare (Mt 1 3 ,47); o al campo in c u i viene seminato anche il laglio (Mt 1 3 ,24-25); o all 'aia in cui si ammucchiano frumento e pula (Le 3 , 1 7); o alle dieci vergini, metà stolte e metà savie (Mt 1 5 , 1 -2) . Si deve vedere una figura e un'im­ magine della Chiesa anche nell' antica arca di Noè (Gn 7), dov'era­ no chiusi non solo gli animali mondi ma anche g l i immondi ». Ma1grado questa " non santità" soggettiva, e ineliminabile, di molti suoi membri , la Chiesa è oggettivamente santa, come ricor­ da lo stesso testo, « perché congiunta come corpo al suo santissi­ mo capo che è Cristo N. S. , fonte di ogni santità » . È , poi , « oggettivamente santa perché possiede l'eucaristia, che è il Santissimo e il Santificante per essenza: tutti i sacramenti sono una derivazione eucaristica ». Così, un severo studioso d'oggi , Ro­ mano Amerio, il qua1e aggiunge (e veniamo qui al nodo che più ci interessa) : « In terzo luogo , la Chiesa è santa perché possiede in modo infa11ibile e indefettibile la verità rivelata. E in questo è da collocare il principio medesimo dell'apologetica cattolica. La Chiesa non può esibire nel suo corso storico un'irreprensibile sequela di azioni conformi a1la legge evangelica, ma può allegare un'ininter­ rotta predicazione della verità: la santità della Chiesa è da ricerca-

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re in questa, non in quella . Perciò, gli uomini che appartengono alla Chiesa predicano sempre una dottrina superiore ai loro fatti. Nessuno può predicare se stesso , sempre deficiente e prevaricato­ re, ma soltanto reinsegnare la dottrina insegnata dall' uomo-Dio , anzi insegnare la persona stessa dell'uomo-Dio. La verità, dunque, è un costitutivo della santità della Chiesa, perpetuamente attacca­ ta al Verbo e perpetuamente contraddicente alla corruttela uma­ na, compresa la propria » . I l punto è d i particolare attualità proprio oggi . In effetti, sono molti coloro , tra i cattolici odierni , che svalutano l 'importanza della ortodossia (il "pensare bene" , il "credere in modo giusto") a fa­ vore della ortoprassi (il comportarsi bene , l' agire in modo mora­ le) . Si arriva persino a negare l' opportunità, la necessità stessa di un organo che, nella Chiesa, tuteli il "credere giusto . . (la polemi­ ca non solo contro il passato Sant 'Uffizio, ma anche contro l'at­ tuale Congregazione per la dottrina della fede), affermando che ciò che conta è solo la " carità " , la "morale " , i "valori etici" . Si crede che l 'unità degli uomini potrebbe realizzarsi in concre­ to, mettendosi tutti insieme per delle buone cause, le sole che uni­ scano ; mentre mettere l ' accento sulla verità dividerebbe. Ma già Pascal mostrava che senza "ortodossia" non può esserci " ortoprassi" (« bien penser pour bien agir ») ; che prima di "fare" bisogna sapere perché, che cosa, come, quando fare. Fede "giu­ sta" e opere "buone" sono, in una prospettiva cattolica, inscindi­ bili ; e quella, sempre, deve precedere queste. L'esperienza, del resto, conferma: sempre, il darsi da fare per il bene senza essere sorretti da una precisa ed esplicita prospettiva teologica degrada la carità in filantropia umanistica. E questa, in­ fallibilmente, provoca il disperante fenomeno delle buone inten­ zioni teoriche che si rovesciano in effetti disastrosi in pratica. Co­ loro che la filantropia vuole aiutare prima o poi finiscono sempre per esserne i danneggiati.

richiamare con chiarezza che la precedenza va alla verità e non ai fatti, aiuta davvero a capire perché la Chiesa sia "santa" , malgrado ogni scandalo dei suoi uomini. Illumina sul pro­ prium della Chiesa, sulla fedeltà cui non è mai venuta meno, e per la quale soltanto le è stata promessa la vigilante assistenza divina Comunque,

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1 > . Ma, aggiunge von Pa­ stor, questo papa, che pure è vertice dello scandalo, « nelle que­ stioni religiose non ha meritato alcun rimprovero; mai i suoi nemi­ ci più accaniti hanno potuto formulare contro di lui alcuna accusa sul piano dell'ortodossia cattolica. La sua vita privata precipitò il Papato nel punto moralmente più basso : eppure la purezza della dottrina da lui insegnata come Pontefice rimase intatta, fu anzi ada­ mantina » . U n pastore, dunque, che diceva e non faceva. M a , a chi voleva fare , diceva le cose "giuste" . Così che non sono i cristiani (nem­ meno i Papi) che fanno santa la Chiesa; ma è la Chiesa che fa santi ì cristiani . Con i sacramenti, certo. Ma anche col preservare intat­ to il "deposito di fede" : cioè, la Verità .

1 77. In Polonia Molti non sono affatto entusiasti che sia stata la resistenza qua­ r antennale della Chiesa polacca, spalleggiata da tutto il popolo, a produrre la prima crepa , quella fatale, nel monolito dell'impero coloniale su cui regnavano i russi sovietici . Così, è probabile che,

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sui manuali scolastici e no del futuro , le cose saranno raccon tate diversamente e le carte saranno debitamente imbrogliate . Cominciamo dunque a cercare di non dimenticare , almeno noi, la successione degli eventi e scriviamola qui , a futura memoria: au­ tunno del l978, elezione a sorpresa del primo papa slavo, con l'Urss di Breznev (e il governo polacco stesso) che protestano contro la scelta del Conclave e parlano di "provocazione" . Non avevano tor­ to, in fondo : nell'estate seguente, 1 979 , la pressione popolare la spunta e il già arcivescovo di Cracovia, divenuto Giovanni Paolo II, torna in patria, accolto da folle in delirio . Un anno dopo , agosto 1 980. Gli operai di Danzica si barricano nei cantieri simbolo del regime socialista (non a caso si intitolano a Lenin) e sui cancelli appendono due immagini : una Madonna di Czestochowa e il ritratto del " loro" papa. Contemporaneamente, nasce il sindacato intitolato (con tipica espressione non marxista, ma derivata dalla dottrina sociale cattolica) alla " Solidarietà" . Non dimentichiamo quanto già si cerca di mimetizzare : si tratta del primo sciopero (per giunta con occupazione del luogo di lavo­ ro) che un governo comunista è costretto a subire, senza poterlo reprimere nel sangue come ha fatto in ogni altra occasione, anche nella stessa Danzica ancora nel l 976. E si tratta del primo sindaca­ to non di regime che si sia costretti a lasciare emergere alla luce del sole in un Paese ufficialmente comunista, senza spalancare su­ bito le porte delle prigioni politiche. Sono due novità assolutamente straordinarie, spiegabili solo per­

ché un connazionale degli insorti stava in V atic ano e perché il po­ polo vedeva in lui il vero rex Polonorum . Infatti , si saprà poi che le truppe dei russi e dei loro satelliti , già pronte all 'invasione come a Praga nel '68, furono fermate dopo un avvertimento giunto a Mosca dal Vaticano : in caso di intervento straniero , il papa avreb­ be subito raggiunto la sua Polonia, con le conseguenze immagina­ bili sul piano interno e internazionale. È in quell'agosto del 1 980 - gli storici futuri che non bareran­ no non potranno non confermarlo - che si produce la prima cre­ pa che porterà alla dissoluzione dell'impero che Lenin fondò con la forza e il terrore . È in quegli anni Ottanta che, a distanza di un quarantennio, riceve risposta concreta la celebre, sarcastica doman­ da di Stalin: « Quante divisioni ha il papa? » . Sembra ormai pro380

vato che furono i servizi segreti sovietici che, attraverso i colleghi bulgari, armarono la mano di un turco per uccidere quella autenti­ > . Se, per gli studenti del sondaggio da cui siamo partiti, si deve p arlare di ignoranza, per studiosi di questa levatura il sospetto è la malafe­ de. Quella stessa malafede, del resto , che continua dai tempi di Vol­ taire e che tanti complessi di colpa ha creato in cattolici disinfor­ mati. Eppure, non solo le cose non andarono per niente come vuole la secolare propaganda; ma proprio oggi ci sono nuovi motivi per riflettere sulle non ignobili ragioni della Chiesa. Il "caso" è trop­ po importante, per non parlarne ancora.

1 79. Galileo Galilei/2 alla pari, del resto, di un altro cattolico fervente co­ me Cristoforo Colombo - convisse apertamente more uxorio con Il Galilei

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u n a donna che non volle sposare, ma dalla quale ebbe un figlio m aschio e due femmine . Lasciata Padova per ritornare in Tosca­ n a , dove gli era stata promessa maggior possibilità di far carriera , ab bandonò in modo spiccio (da qualcuno, anzi, sospettato di bru­ t alità) la fedele compagna, la veneziana Marina Gamba, toglien­ d o l e anche tutti i figli . « Provvisoriamente, mise le figliuole in casa del cognato, ma doveva pensare a una loro sistemazione definiti­ va: cosa non facile perché, data la nascita illegittima, non era pro­ babile un futuro matrimonio. Galileo pensò allora di monacarle. Senonché le leggi ecclesiastiche non permettevano che fanciulle cosi gi ovani facessero i voti, e allora Galileo si raccomandò ad alti pre­ l ati per poterle fare entrare egualmente in convento: così, nel 1 6 1 3 , l e due fanciulle - una di 1 3 e l'altra d i 1 2 anni - entravano nel monastero di San Matteo d'Arcetri e dopo poco vestirono l'abito . Vi rginia, che prese il nome di suor Maria Celeste, riuscì a portare cristianamente la sua croce, visse con profonda pietà e in attiva carità verso le sue consorelle . Livia, divenuta suor Arcangela, soc­ combette invece al peso della violenza subita e visse nevrastenica e malaticcia » (Sofia Vanni Rovighi) . Sul piano personale, dunque, sarebbe stato vulnerabile. "Sarebbe" , diciamo, perché, grazie a Dio , quella Chiesa che pure lo convocò davanti al Sant'Uffizio, quella Chiesa accusata di un moralismo spietato, si guardò bene dal cadere nella facile meschi­ neria di mescolare il piano privato, le scelte personali del grande scienziato, con il piano delle sue idee , le sole che fossero in discus­ sione. « Nessun ecclesiastico gli rinfaccerà mai la sua situazione fa­ miliare . Ben diversa sarebbe stata la sua sorte nella Ginevra di Cal­ vino, dove i "concubini" come lui venivano decapitati » (Rino Cam­ rnilleri) . È un' osservazione che apre uno spiraglio su una situazione po­ co conosciuta. Ha scritto Georges Bené, uno dei maggiori cono­ scitori di questa vicenda: « Da due secoli, Galileo e il suo caso inte­ ressano , più che come fine, come mezzo polemico contro la Chie­ sa cattolica e contro il suo "oscurantismo" che avrebbe bloccato la ricerca scientifica » . Lo stesso J oseph Lortz , cattolico rigoroso e certo ancora lontano da quello spirito di autoflagellazione di tanta attuale storiografia clericale, autore di uno dei più diffusi manuali eli storia della Chiesa, cita, condividendola, l' affermazione di un altro studioso, il Dessauer : « Il nuovo mondo sorge essenzialmen-

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te al di fuori della Chiesa cattolica perché questa, con Galileo, h a cacciato gli scienziati » . Questo non risponde affatto alla verità. Il temporaneo divieto (che giunge peraltro , lo vedremo meglio , dopo una lunga simpa­ tia) di insegnare pubblicamente la teoria eliocentrica copernica­ na, è un fatto del tutto isolato : né prima né dopo la Chiesa scen­ derà mai (ripetiamo: maz) in campo per intralciare in qualche modo la ricerca scientifica, portata avanti tra l' altro quasi sempre da membri di ordini religiosi . Lo stesso Galileo è convocato solo per non avere rispettato i patti : l' approvazione ecclesiastica per il li­ bro " incriminato" , i Dialoghi sopra i massimi sistemi, gli era sta­ ta concessa purché trasformasse in ipotesi (come del resto esige­ vano le stesse ancora incerte conoscenze scientifiche del tempo) la teoria copernicana che egli invece dava ormai come sicura. Il che non era ancora. Promise di adeguarsi: non solo non lo fece, dando alle stampe il manoscritto così com'era, ma addirittura mise in bocca allo sciocco dei Dialoghi, dal nome esemplare di Simpli­ cio, i consigli di moderazione datigli dal papa che pur gli era ami­ co e lo ammirava. Galileo , quando è convocato per scolparsi, si sta occupando di molti altri progetti di ricerca, non solo di quello sul movimento della Terra o del Sole. Era giunto quasi ai settant'anni avendo avuto onori e aiuti da parte di tutti gli ambienti religiosi, a parte un pla­ tonico ammonimento del l 6 1 6 , ma non diretto a lui personalmen­ te; subito dopo la condanna potrà riprendere in pieno le ricerche, attorniato da giovani discepoli che formeranno una scuola. E po­ trà condensare il meglio della sua vita di studio negli anni che gli restano , in quei Discorsi sopra due nuove scienze che è il vertice del suo pensiero scientifico . Del resto, proprio nell ' astronomia e proprio a partire da quegli

anni la Specola Vaticana - ancor oggi in attività, fondata e sem­ pre diretta da gesuiti - consolida la sua fama di istituto scientifi­ co tra i più prestigiosi e rigorosi nel mondo . Tanto che, quando gli italiani giungono a Roma, ne1 1 870, si affrettano a fare un'ec­ cezione al loro programma di cacciare i religiosi, quelli della Com­ pagnia di Gesù innanzitutto. Il governo dell' Italia anticlericale e massonica fa votare così dal 388

Parl am ento una legge speciale per mantenere come direttore a vita d e l l ' Oss ervat orio già papale il padre Angelo Secchi , uno dei mag­ v i o ri st ud i o s i del secolo, tra i fondatori dell'astrofisica, uomo la e cui fam a è talmente universale che petizioni giungono da tutto il mond o civile per ammonire i responsabili della "nuova Italia' ' che n o n i nt ral c in o un lavoro giudicato prezioso per tutt i . S e l a scienza sembra emigrare, a partire dal Seicento, prima nel Nord Europa e poi oltre Atlantico - fuori , cioè, dall 'orbita di re­ gioni cat t oliche - le cause sono legate al diverso corso assunto dalla scienza st e ssa . Innanzitutto , i nuovi , costosi strumenti (dei quali p roprio Galileo è tra i p ionieri) esigono fondi e laboratori che solo i Paesi economicamente sulla cresta dell' onda p os s on o permetter­ s i , no n certo l' Italia occupata dagli stranieri o la Spagna in decli­ no, r o v inat a dal suo stesso trionfo . La scienza moderna, poi, a differenza d i quella antica, si lega direttamente alla tecnologia, cioè alla sua utilizzazione diretta e concreta . Gli antichi coltivavano gli studi sci en tifici per se stessi , per gusto della conoscenza gratuita, pura. l greci, ad esempio, conoscevano le possibilità del vapore di trasformarsi in energia m a , se non adattarono a macchina da lavoro quella conoscenza, è p e rc hé non avrebbero considerato degno di un uomo libero, di u n " fi l o so fo" come era anche lo scienzia t o , darsi a simili attività " utilitarie" . (Un atteggiamento che contrassegna del resto tutte le società tradizionali : i cinesi , che da tempi antichissimi fabbri­ cavano la polvere nera, non la trasformarono mai in polvere da sparo per cannoni e fucili, come fecero poi gli europei del Rina­ sci mento, ma l 'impiegarono solo per fini estetici, per fare festa con i fuochi artificiali . E gli antichi egizi riservavano le loro straor­ d i narie t ecn i ch e edilizie solo a templi e tombe, non per edifici " profani"). È chiaro che, da quando la scienza s i mette al servizio della tec­ nologia, essa può svilupparsi soprattutto tra popoli , come q uel li nordici , che conoscono una primissima rivoluzione industriale; che hanno - come gli olandesi o gli inglesi - grandi flott e da cos tr ui ­ re e da utilizzare; che abbisognano di equipaggiamento moderno per gli eserciti, di infrastrutture territoriali , e così via. Mentre, cioè, prima, la scienza era legata solo all ' int ell igenz a , alla cultura, alla fi l o s ofi a , all ' arte stessa, a partire dall ' ep oc a moderna è legata al c ommercio, all 'industria, alla guerra. Al denaro, insomma.

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Che questa - e non la pretesa " persecuzione cattolica" di cui, l'abbiamo visto, parlano anche storici cattolici - sia la causa del­ la relativa inferiorità scientifica dei popoli restati legati a Roma, lo dimostra anche l'intolleranza protestante di cui quasi mai si parla e che è invece massiccia e precoce. Copernico, da cui tutto inizia (e nel cui nome Galileo sarebbe stato "perseguitato") è un cattoli­ cissimo polacco . Anzi , è addirittura un canonico che installa il suo rudimentale osservatorio su un torrione della cattedrale di Frauen­ burg. L' opera fondamentale che pubblica nel l 543 - La rotazio­ ne dei corpi celesti - è dedicata al papa Paolo III, anch' egli, tra l'altro , appassionato astronomo . L' imprimatur è concesso da un cardinale proveniente da quei domenicani nel cui monastero ro­ mano Galileo ascolterà la condanna. Il libro del canonico polacco ha però una singolarità: la prefa­ zione è di un protestante che prende le distanze da Copernico, pre­ cisando che si tratta solo di ipotesi , preoccupato com' è di possibili conseguenze per la Scrittura. Il primo allarme non è dunque di parte cattolica: anzi , sino al dramma finale di Galileo, si succedono ben undici papi che non solo non disapprovano la teoria "eliocentri­ ca" copernicana, ma spesso l'incoraggiano. Lo scienziato pisano stesso è trionfalmente accolto a Roma e fatto membro dell'Acca­ demia pontificia anche dopo le sue prime opere favorevoli al siste­ ma eliocentrico . Ecco, invece, la reazione testuale di Lutero alle prime notizie sulle tesi di Copernico : « La gente presta orecchio a un astrologo im­ provvisato che cerca in tutti i modi di dimostrare che è la Terra a girare e non il Cielo. Chi vuoi far sfoggio di intelligenza deve inventare qualcosa e spacciarlo come giusto. Questo Copernico, nella sua follìa, vuoi buttare all' aria tutti i princìpi dell ' astrono­ mia » . E Melantone, il maggior collaboratore teologico di fra Mar­ tino, uomo in genere piuttosto equilibrato , qui si mostra inflessi­ bile : « Simili fantasie da noi non saranno tollerate >> . Non si trattava di minacce a vuoto : il protestante Keplero, fau­ tore del sistema copernicano, per sfuggire ai suoi correligionari che lo giudicano blasfemo perché parteggia per una teoria creduta con­ traria alla Bibbia, deve scappare dalla Germania e rifugiarsi a Pra­ ga, dopo essere stato espulso dal collegio teologico di Tubinga. Ed è significativo quanto ignorato (come, del resto , sono ignorate trop-

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pc cose in questa vicenda) che giunga al "copernicano " e ri forma­ re

Keplero un invito per insegnare proprio nei territori pontifici,

nella prestigiosissima università di Bologna.

Sempre Lutero ripeté più volte: « Si porrebbe fuori del cristiane­ s i m o chi affermasse che la Terra ha più di seimila anni » . Questo

" letteralismo" , questo " fondamentalismo" che tratta la Bibbia co­ me una sorta di Corano (non soggetta, dunque a interpretazione) contrassegna tutta la storia del protestantesimo ed è del resto an­ cora in pieno vigore, difeso com' è dall 'ala in grande espansione - negli Usa e altrove - di Chiese e sètte che si rifanno alla Ri forma. A proposito di università (e di ' 'oscurantismo"): ci sarà pure una ragione se, all'inizio del Seicento, proprio quando Galileo è sulla quarantina, nel pieno del vigore della ricerca, di università - que­ sta tipica creazione del Medio Evo cattolico - ce ne sono 1 08 in Europa, alcune altre nelle Americhe spagnole e portoghesi e nes­ suna nei territori non cristiani . E ci sarà pure una ragione se le opere matematiche e geometriche degli antichi (prima fra tutte quelle di Euclide) che costituirono la base fondamentale per lo sviluppo della scienza moderna, giunsero a noi soltanto perché ricopiate dai mo­ naci benedettini e, appena inventata la tipografia, stampate sem­ pre a cura di religiosi . Qualcuno ha addirittura rilevato che , pro­ prio in quell'inizio del Seicento , è un Grande Inquisitore di Spa­ gna che fonda a Salamanca la facoltà di scienze naturali dove si i nse gna con favore la teoria copernicana . . . Storia complessa, come si vede . Ben più complessa di come abi­ t ualmente ce la raccontino . Bisognerà parlarne ancora.

180. Galileo Galilei/3 Qualcuno ha fatto notare un paradosso : è infatti più volte suc­

cesso che la Chiesa sia stata giudicata attardata, non al passo con i tempi . Ma il prosieguo della storia ha finito col dimostrare che, se sembrava anacronistica, è perché aveva avuto ragione troppo presto. È successo, ad esempio, con la diffidenza per il mito entusiasti­ co della "modernità" , e del conseguente "progresso " , per tutto il XI X secolo e per buona parte del XX. Adesso, uno storico come 391

Émile Poulat può dire: « Pio I X e gli altri papi " reazionari " erano in ritardo sul loro tempo ma sono divenuti dei profeti per il no­ stro . Avevano forse torto per il loro oggi e il loro domani : ma ave­ vano visto giusto per il loro dopodomani, che è poi questo nostro tempo postmoderno che scopre l ' altro volto , quello oscuro , della modernità e del progresso » . È successo, per fare u n altro esempio, con Pio X I e Pio XII, le cui condanne del comunismo ateo erano sino a ieri sprezzate co­ me ' ' conservatrici " , "superate" , mentre ora quelle cose le dicono gli stessi comunisti pentiti (quando hanno sufficiente onestà per riconoscerlo) e rivelano che quegli " attardati ' ' di papi avevano una vista che nessun altro ebbe così acuta. Sta succedendo , per fare un altro esempio, con Paolo V I , il cui documento che appare e appa­ rirà sempre più profetico è anche quello che fu considerato il più "reazionario " : l' Humanae Vitae. Oggi siamo forse in grado di scorgere che il paradosso si è veri­

ficato anche per quel "caso Galileo" che ci ha tenuti impegnati per i due frammenti precedenti . Certo , ci s i sbagliò nel mescolare Bibbia e nascente scienza spe­ rimentale. Ma facile è giudicare con il senno di poi : come si è vi­ sto, i protestanti furono qui assai meno lucidi ; anzi, assai più in­ tolleranti dei cattolici . È certo che in terra luterana o calvinista Ga­ lileo sarebbe finito non in villa, ospite di gerarchi ecclesiastici, ma sul patibolo . Dai tempi dell ' antichità classica sino ad allora, in tutto l' Occi­ dente, la filosofia comprendeva tutto lo scibile umano, scienze na­ turali comprese: oggi ci è agevole distinguere , ma a quei tempi non era affatto così ; la distinzione cominciava a farsi strada tra lacera­ zioni ed errori . D ' altro canto , Galileo suscitava qualche sospetto perché aveva già mostrato di sbagliare (sulle comete, ad esempio) e proprio su quel suo prediletto piano sperimentale; non aveva prove a favore di Copernico, la sola che portava era del tutto erronea. Un santo e un dotto della levatura di Roberto Bellarmino si diceva pronto - e con lui un'altra figura di altissima statura come il cardinale Baronio - a dare alla Scrittura (la cui lettera sembrava più in sin­ tonia col tradizionale sistema tolemaico) un senso metaforico, al ­ meno nelle espressioni che apparivano messe in crisi dalle nuove 392

i potesi astronomiche; ma soltanto se i copernicani fossero stati in grado di dare prove scientifiche irrefutabili. E quelJe prove non ven­

nero se non un secolo dopo. Uno studioso come Georges Bené pensa addirittura che il ritiro de ciso dal Sant'Uffizio del libro di Galileo fosse non solo legitti­ mo ma doveroso, e proprio sul piano scientifico : « Un po' come i 1 r i fi u to di un articolo inesatto e senza prove da parte della dire­ z i one di una moderna rivista scientifica » . D'altro canto, lo stesso Gal ileo mostrò come, malgrado alcuni giusti princìpi da lui intuì­ t i , il rapporto scienza-fede non fosse chiaro neppure per lui . Non era sua, ma del cardinal Baronio (e questo riconferma l 'apertura degli ambienti ecclesiastici) la formula celebre: « L'intento dello Spi­ ri to Santo , nell' ispirare la Bibbia, era insegnarci come si va al Cie­ l o , non come va il cielo ». Ma tra le cose che abitualmente si tacciono è la sua contraddi­ zione, l 'essersi anch'egli impelagato nel " concordismo biblico" : davanti al celebre versetto di Giosuè che ferma il Sole non ipotiz­ zava per niente un linguaggio metaforico, restava anch'egli sul vec­ chio piano della lettura letterale, sostenendo che Copernico pote­ va dare a quella "fermata" una migliore spiegazione che Tolomeo. Mettendosi sullo stesso piano dei suoi giudici, Galileo conferma quanto fosse ancora incerta la distinzione tra il piano teologico e filosofico e quello della scienza sperimentale . Ma è forse altrove che la Chiesa apparve per secoli arretrata, per­ ché era talmente in anticipo sui tempi che soltanto ora comincia­ mo a intuirlo. In effetti - al di là degli errori in cui possono essere

caduti quei dieci giudici, tutti prestigiosi scienziati e teologi , nel con­ vento domenicano di Santa Maria sopra Minerva, e forse al di là di quanto essi stessi coscientemente avvertivano - giudicando una certa baldanza (se non arroganza) di Galileo , stabilirono una volta per sempre che la scienza non era né poteva divenire una nuova rel igione; che non si lavorava per il bene dell' uomo e neppure per la Verità, creando nuovi dogmi basati sulla "Ragione" al posto di quelli basati sulla Rivelazione. « La condanna temporanea (do­ nec corrigatur, fino a quando non sia corretta, diceva la formula) della dottrina eliocentrica, che dai suoi paladini era presentata co­ me verità assoluta, salvaguardava il principio fondamentale che le te orie scientifiche esprimono verità ipotetiche, vere ex suppositio393

ne, per ipotesi e non in modo assoluto » . Così uno storico d' oggi . Dopo oltre tre secoli di quella infatuazione scientifica, di qu el terrorismo razionalista che ben conosciamo , c'è voluto un pensa­ tore come Karl Popper per ricordarci che inquisitori e Galileo era­ no, malgrado le apparenze, sullo stesso piano . Entrambi, infatti, accettavano per fede dei presupposti fondamentali sulla cui base costruivano i loro sistemi . Gli inquisitori accettavano come auto­ rità indiscutibili (anche sul piano delle scienze naturali) la Bibb ia e la Tradizione nel loro senso più letterale. Ma anche Galileo e, dopo di lui, tutta la serie infinita degli scientisti , dei razionalisti, degli illuministi, dei positivisti - accettava in modo indiscusso, co­ me nuova Rivelazione, l ' autorità del ragionare umano e dell 'espe­ rienza dei nostri sensi . Ma chi ha detto (e la domanda è di un laico agnostico come Pop­ per) - se non un' altra specie di fideismo - che ragione ed espe­ rienza, che testa e sensi ci comunichino il ' 'vero " ? Come provare che non si tratta di illusioni , così come molti considerano illusioni le convinzioni su cui si basa la fede religiosa? Soltanto adesso, do­ po tanta venerazione e soggezione, diveniamo consapevoli che an., che le cosiddette "verità scientifiche" non sono affatto "verità" indiscutibili a priori, ma sempre e solo ipotesi provvisorie, anche se ben fondate (e la storia in effetti è lì a mostrare come ragione ed esperienza non abbiano preservato gli scienziati da infinite, cla­ morose cantonate, malgrado la conclamata "oggettività e infalli­ bilità della Scienza"). Questi non sono arzigogoli apologetici , son dati ben fondati sui documenti: sino a quando Copernico e tutti i copernicani (nume.. rosi , lo abbiamo visto , anche tra i cardinali , magari tra i papi stes­ si) restarono sul piano delle ipotesi , nessuno ebbe da ridire, il San­ t ' U ffizio si guardò bene dal bloccare una libera discussione sui da­ ti sperimentali che via via venivano messi in campo . L' irrigidimento avviene soltanto quando dall' ipotesi s i vuoi pas­ sare al dogma, quando si sospetta che il nuovo metodo sperimen­ tale in realtà tenda a diventare religione, quello "scientismo" in cui in effetti degenererà . « In fondo , la Chiesa non gli chiedeva al­ tro che questo : tempo, tempo per maturare, per riflettere quando, per bocca dei suoi teologi più illuminati , come il santo cardinale Bellarmino, domandava al Galilei di difendere la dottrina coper394

n ica na ma solo come ipotesi e quando, nel 1 6 1 6, metteva all 'Indi­ ce il De revolutionibus di Copernico solo donec corrigatur, e cioè finché non si fosse data forma ipotetica ai passi che affermavano i l moto della Terra in forma assoluta. Questo consigliava Sellar­ m i n o : raccogliete i materiali per la vostra scienza sperimentale senza preoccuparvi , voi , se e come possa organizzarsi nel corpus aristo­ telico . Siate scienziati , non vogliate fare i teologi ! » (Agostino G e melli) . Galileo non fu condannato per le cose che diceva; fu condanna­ w per come le diceva. Le diceva, cioè, con un'intolleranza fideisti­ c a , da missionario del nuovo Verbo che spesso superava quella dei suoi antagonisti, pur considerati "intolleranti" per definizione. La stima per lo scienziato e l'affetto per l ' uomo non impediscono di rilevare quei due aspetti della sua personalità che il cardinale Paul Poupard ha definito come « arroganza e vanità spesso assai vive ». Nel contraddittorio, il Pisano aveva di fronte a sé astronomi come quei gesuiti del Collegio Romano dai quali tanto aveva imparato, dai quali tanti onori aveva ricevuto e che la ricerca recente ha mo­ strato nel loro valore di grandi, moderni scienziati anch' essi " spe­ rimentali • ' . Poiché non aveva prove oggettive, è solo in base a una specie di nuovo dogmatismo, di una nuova religione della Scienza che po­ teva scagliare contro quei colleghi espressioni come quelle che usò nelle lettere private : chi non accettava subito e tutto il sistema co­ pernicano era (testualmente) ; volere la democrazia dovrebbe significare il « fare i conti, di buon grado o di malavoglia, colla potenza di questa democrazia » , cosa che in­ vece la classe dirigente non vuoi fare, se non a parole. Ma la richiesta del suffragio universale era stata anche prima (e sarà sempre in seguito) uno dei caval1i di battaglia del movimento cattolico, sicuro - e non a torto - di rappresentare la vera Italia, di avere dietro di sé la massa popolare, a cominciare dai contadini . Poiché la si vuoi mettere sul piano dei numeri, è la vera conta del n umero dei voti che i cattolici, invano, chiedono . La richiesta di quel su ffragio universale sarà al primo posto anche nel programma del Partito Popolare di don Sturzo, nel l 9 1 9 . E lo sarà di nuovo nel se­ condo dopoguerra, dove i comunisti seguiranno qui De Gasperi fin­ gendosi concordi ma in realtà recalcitranti . In effetti , la borghesia ottocentesca temeva di chiamare alle urne i contadini. Ma i comu­ nisti temevano le donne. Né avevano torto : fu anche l 'allargamen­ to del voto, per la prima volta e per richiesta cattolica, alla popola­ zione femminile che determinò la disfatta socialcomunista del 1 948 . Anche le donne erano parte di quel ' 'Paese reale" sino ad allora igno­ rato dal potere "legale" : ma non dalla religione .

183. Un regno ebraico Dicono che, davanti alla storia, non bisogna mai chiedersi : « Che cosa sarebbe successo se . . . ». Ma è un divieto inaccettabile, nato nel primo Ottocento con Hegel , per il quale le vicende umane sono guidate da uno "Spirito del mondo" , da una infallibile Necessità che farebbe sì che ciò che è stato non poteva non essere, poiché realizzerebbe - sempre e comunque - il meglio. Solo ciò che è ' ' razionale" diverrebbe anche "reale" ; e viceversa.

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Da Hegel, come si sa, derivarono tra gli altri un Marx a sinistra e un Mussolini e un Hitler a destra. Motivo in più, per un cristia� no, per ribellarsi all 'imposizione e porsi ogni tanto quei "se " che ci ricordano che la storia non è condotta da un Fato implacabile (come vorrebbero pagani antichi e moderni postcristiani) , ma dal Dio della Bibbia che alle sue creature lascia libertà e responsabilità. Per stare all' attualità: si è fatta ancor più intensa la campagna - condotta da decenni da tutti i media internazionali - per ali� mentare continuamente nei cristiani sensi di colpa e rimorsi per la passata condotta verso gli ebrei . Spesso, al di là dei cristiani, è il Cristo stesso che si attacca . Ma ecco che uno dei tanti lettori che hanno la cortesia di seri­ vermi, mi pone - appunto - davanti a un "se" : « Per carità, i cristiani hanno le loro colpe, spesso gravi ; il papa stesso ne ha ac� cennato nella sinagoga di Roma. Ma che sarebbe successo "se" le cose fossero andate al contrario? "Se" i cristiani, cioè, fossero stati minoranza all 'interno di Paesi a maggioranza giudaica? ». Gli h o risposto che, qui, non è questione di "se" , visto che al­ meno una volta - dopo i tempi apostolici - quella situazione si è verificata . La maggioranza dei testi di storia stranamente ignora la vicenda dei Cazari (o Khazary) , barbari che dall ' Asia irruppero nel VII secolo tra Mar Nero, Caspio, Caucaso e qui fondarono un potente impero . Verso l'anno 700 un loro re fu convertito all'e­ braismo e quella religione fu imposta alla popolazione, creando così, dopo l'antico Israele e prima dell ' attuale , l'unico Stato " giu­ daico" della storia. A corte si installò un consiglio di rabbini : ebrei, questi , non per recente conversione ma per nascita . Tra le prime misure, i rabbini chiesero e ottennero la cacciata di molti cristiani presenti nel Regno e, per altri , la creazione di qualcosa che sini­ stramente assomigliava ai futuri "ghetti " . Ma per battezzati , quella volta, non per circoncisi . Finì poi che , sotto la pressione di Bisan­ zio, i Cazari dovettero rassegnarsi a maggior tolleranza e , invasi , furono alla fine in gran parte islamizzati o cristianizzati. Ma molti degli ebrei orientali che finirono nel XX secolo nelle mani naziste erano ancora discendenti dei sudditi di quel regno di convertiti al­ la Torah . Al di là delle invettive, delle accuse unilaterali, delle ingiurie che ignorano la storia, la verità è questa: l'uomo è sempre l'uomo, e

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nessuno - ma proprio nessuno, nemmeno gli ebrei è esente da q uel peccato originale che tutti ci espone all' intolleranza, magari sanguinosa. Tutto quel che si sa della vicenda dei Cazari è che, tro­ v·andosi in posizione di forza, gli ebrei non si comportarono diffe­ rentemente da come i cristiani si comportarono con loro. Pentirsi e perdonare: ecco i due verbi che nessun uomo - tanto meno nessun uomo religioso - mai dovrebbe dimenticare. -

Ma, andando ancor più a fondo. Chi conosce la storia della Chie­ sa primitiva sa che essa si salvò dalla distruzione da parte ebraica �o lo grazie alla potenza romana che imponeva la sua legge. Gli A t­ ri degli Apostoli ci testimoniano di Paolo e degli altri apostoli e discepoli più volte salvati dalle mani della Sinagoga grazie al rude i ntervento dell' autorità imperiale. Non si salvò Stefano, lapidato dagli ebrei con un colpo di mano, né Giacomo di Zebedeo, il fra­ t ello di Giovanni, decapitato nel 44 da Erode Agrippa esplicitamente per ingraziarsi le autorità giudaiche. Nel 61 bastò (lo racconta un gi udeo come Giuseppe Flavio) che il procuratore romano Festo mo­ risse e che il successore Albino tardasse a venire perché il Sinedrio condannasse a morte l'altro Giacomo, il "fratello" di Gesù, il pri­ mo vescovo di Gerusalemme « e altri (cristiani) colpevoli di avere violato la Torah », dice Giuseppe. Quando , 5 anni dopo , nel 66, scoppiò la prima, terribile rivolta, la comunità cristiana, privata della protezione della legge e delle armi di Roma, si salvò dall 'ira ebraica soltanto fuggendo in massa in Perea, in territorio in mag­ gioranza pagano . Ma, nel 1 32, ecco la seconda rivolta, capeggiata da Simone Bar Kokheba, acclamato Messia anche dal grande rabbi Akiba. Quella volta, non ci fu tempo per fuggire, per rifugiarsi sotto l'autorità di quella Roma che nel cristianesimo primitivo assolse a un ruolo insieme di protezione e di persecuzione. (Anche qui, verità impone di non dimenticare che alcune almeno delle persecuzioni pagane si devono alle denunce presso l ' autorità romana fatte dalle autori­ tà dell 'ebraismo, allora religio licita, riconosciuta dalle leggi del­ l ' Impero , a differenza della " eresia dei Galilei " . Per molti storici, è certo che, nel 64, Nerone dirottò sulla comunità cristiana le ac­ cuse di avere incendiato Roma - scatenando il crudele massacro - dietro consiglio di Poppea la quale, come molte matrone roma­ ne, si circondava di rabbini , probabilmente essendosi fatta "pro-

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selita" , cioè convertita all'ebraismo . Del resto, Svetonio ci infor­ ma che già verso il 50 Claudio era stato costretto a espellere da Roma « i Giudei i quali, ad impulso di Cresto, facevano frequenti tumulti » . Per dirla con Max. Weber, il famoso sociologo, soprat­ tutto della religione: « Il fortissimo inasprimento delle relazioni tra giudaismo e cristianesimo è stato, nei primi secoli, provocato es­ senzialmente non da parte cristiana ma giudaica. Gli ebrei , in una posizione garantita verso i Romani , sfruttarono la posizione pre­ caria dei cristiani , non protetti dai loro privilegi verso il dovere del culto all'imperatore, per mettere in movimento contro di essi la for­ za dello Stato. Essi furono quindi considerati dai cristiani come i primi responsabili della persecuzione »). Per tornare al 1 32, a quando l'ebraismo, scacciati i Romani , ri­ torna, per un paio di anni, padrone di I sraele e si coniano addirit­ tura monete con impresso " Anno primo dell ' era messianica" , ab­ biamo al proposito la testimonianza di Giustino, nato in Palesti­ na, che scrive pochi anni dopo soltanto. atteggiamento della Chiesa: la quale, sempre, nel suo Magi ­ stero più alto, ha affermato la legittimità della pena di morte decreta­ ta dalle autorità riconosciute e ne ha concesso alla società il diritto. Dopo il Concilio, questo diritto è contestato a diversi livelli. Pren­ diamo (un esempio tra i moltissimi possibili) il Dizionario di an­ tropologia pastorale, frutto del lavoro dell' associazione dei mora­ listi cattolici di lingua tedesca, uscito in Germania e in Austria nel 1 975 con tutti gli imprimatur e grazie a un finanziamento dell'epi­ scopato. In quest'opera, che non esprime la voce di un privato teo­ logo ma la posizione "cattolica" di un'intera area, si legge: « Il cri­ stiano non ha il minimo motivo di invocare la pena di morte o di dichiararsi favorevole ad essa >) . Il documento di una commissione teologica dell'episcopato fran­ cese dichiarava nel 1 97 8 ogni esecuzione capitale come « incompa­ tibile con il Vangelo » (anche se, in un sussulto di prudenza, i teo­ logi estensori del documento lo intitolavano Elementi di riflessio­ ne e giungevano alla loro conclusione - contraria alla Bibbia e alla Tradizione - con avveduti giri di parole) . In modo altrettan­ to capzioso si sono espressi, negli Stati Uniti e nel Canada, quei Church-intel/ectuals, quegli "intellettuali clericali" che - nell' a­ nonimato - elaborano i documenti che poi gli episcopati presen­ tano con la loro firma. Nel 1 973 , Leandro Rossi, direttore del Dizionario di Teologia Morale (anche qui , con ogni approvazione ecclesiastica) iniziava così la voce " Pena di morte" : « È, questo, uno dei classici temi ove le posizioni si sono capovolte nell'èra contemporanea, anche se non universalmente e definitivamente . Il processo di umanizza­ zione ebbe origine, purtroppo, non nell'ambiente cristiano ma lai­ co e vide i cattolici rimorchiati a fatica da quanti si mostravano più coerenti con l'indirizzo umanizzante del Vangelo . Siamo in uno di quei casi , insomma, nei quali non è la Chiesa che ha donato al mondo , bensì quella che ha ricevuto da questo )). Simili posizioni sono gratificanti per i preti che le esprimono i qual i , però , non sembrano vederne tutte le devastanti conseguen-

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ze: non in un periodo solo , ma per tutta intera la sua storia, dagli inizi sino ad oggi , la Chiesa - nel magistero solenne dei papi e dei concili, ma anche nei padri , nei grandi teologi che furono an­ che santi come Tommaso d'Aquino , nei suoi uomini più prestigio­ si e autorevoli, senza eccezione - la Chiesa, dunque, ha dichiara­ to legittima quell'esecuzione capitale che sarebbe invece, per le po­ sizioni di oggi, un delitto , un crimine, un tradimento del Vangelo . Come è stato osservato : « Se davvero è così , come difendere la Chiesa dalla colpa di complicità con i capi di governo, responsabi­ li di innumerevoli assassini quante appunto sarebbero state le ese­ cuzioni capitali di tutti gli individui uccisi in nome di una falsa "giu­ stizia" ? » . Al di là del piano dottrinale, per scendere alla prassi: « Come attenuare (sempre nell 'ipotesi che ogni pena di morte sia assoluta­ mente ingiusta, criminosa) le responsabilità dei papi che per oltre un millennio, nei loro Stati , non hanno agito diver samente da tutti i -magistrati civili delle altre nazioni? » . Insomma, un'ombra oscu­ ra si proietta su tutto quanto l'insegnamento e la prassi cattolici : > , avvertendo che « non passerà neppure uno jota della Legge ». In effetti, il Cristo non contraddice Pilato, ricordandogli solo da dove gli viene questa autorità (che dunque gli riconosce) quan­ do il governatore domanda: « Non sai che io ho il potere di metter­ ti in libertà o di metterti in croce? » (Gv 1 9 , 1 0) . Né contraddice, secondo Luca, il "buon ladro ne" , facendogli anzi la promessa più grande, quando questi dice che « giustamente » egli e il suo com­ plice sono stati condannati a quella pena: « Noi riceviamo il giusto per le nostre azioni » . Come è stato notato : « In A tti 5 , 1 - 1 1 , appare che dalla pena di mor­ te sin da subito non aborrì la comunità cristiana primitiva, poiché i coniugi Anania e Saffira, rei di frode e di menzogna ai danni dei fratelli ne n a fede, comparsi davanti a san Pietro ne furono colpiti ». M a è soprattutto Paolo che dà lo Jus gladii, il diritto di usare

la spada del boia, ai prìncipi e li chiama « ministri di Dio per casti41 8

gare i malvagi », se necessario mandandoli a morte . E non si di­ �1entichi i l capitolo tredici della Lettera ai Romani - un tempo

fam oso, ora spesso taciuto con qualche imbarazzo - soprattutto

dove ne

se

si dice: « Vuoi non avere da temere l 'autorità? Fa' il bene e

avrai lo d e , poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene . Ma, fai il male , allora temi , perch é non invano essa porta la spada;

è in fatti al serviz io

di Dio per la giusta condanna di chi opera il male }> (Rm 1 3 ,3-4) . Di queste chi are parole paoline non sembra lecito sbarazzarsi con argomenti scon c ertanti - e dettati chiaramente dal desiderio di li­ berarsi di una parola scritturate contraria alla propria tesi - come q uel l i usati dal già citato Dizionario di antropologia pastorale: > . « Perciò >> continua Amerio « togliere la vita non equivale punto togliere all 'uomo il fine trascendente per cui è nato e che ne costi­ tuisce la dignità. Nel rifiuto della pena di morte vi è un sofisma implicito : che cioè l ' uomo , e in concreto lo Stato , abbia il potere, uccidendo il delinquente, di troncargli il destino , di sottrargli il fi­ ne ultimo, di togliergli la possibilità di adempiere il suo officio d'uo­ mo . Il contrario è vero » . « I n effetti » , prosegue lo studioso cattolico « al condannato a morte si può troncare l' esistenza terrena, non però togliergli il suo fine. Sono le società che negano la vita futura e pongono come meta il diritto alla felicità nel mondo di qua che devono rifuggire dalla pena di morte come da un 'ingiustizia che spegne nell' uomo la fa­ coltà di felicitarsi. Ed è un paradosso vero , verissimo, che gli im­ pugnatori della pena di morte stanno in realtà per lo Stato totali­ tario, giacché gli attribuiscono un potere molto maggiore che non abbia, anzi un potere supremo : quello di troncare il destino di un uomo . Mentre, nella prospettiva religiosa, la morte irrogata da uo­ mini a uomini non può pregiudicare né al destino morale né alla dignità umana » . Lo stesso autore, tra molte altre testimonianze sconcertanti sul­ la perdita della consapevolezza, all ' interno stesso della Chiesa, di che cosa sia davvero il " sistema cattolico" , cita l' Osservatore ro­ mano che, il 22 gennaio 1 977, scriveva, tra l ' altro , a firma di un autorevole collaboratore: « La comunità deve concedere la possi­ bilità di purificarsi , di espiare la colpa, di riscattarsi dal male, men­ tre l ' estremo supplizio non la concede » . C ' è da capire Amerio che commenta: « Così dicendo, proprio

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vaticano nega la gran verità che la pena capitale medesi­ ma è una espiazione. Nega il valore espiatorio della morte che nel­ la natura mortale è sommo, come sommo (nella relatività dei beni d i sotto) è il bene della vita al cui sacri ficio consente chi espia. D'al­ t ronde, l'espiazione del Cristo innocente per i peccati dell'uomo n o n è connessa con una condanna a morte? » . E, dunque, « l' a­ spetto più irreligioso della dottrina che respinge la pena capitale r i s u l t a n el rifiuto del suo valore espiatorio, il quale nella veduta religi osa è invece massimo » . I n effetti , l a Tradizione h a sempre visto un candidato sicuro al pa­ radiso nel delinquente che , riconciliato con Dio, liberamente accet­ ta il supplizio come espiazione della sua colpa. Tommaso d' Aquino i n segna : >) e che lo spinse a scommettere sulla verità dell ' ordre de la charité, l' ordine cristiano . Ed è drammatico che qualcuno - visto che la ragione, da sola, dopo due secoli di tentativi, non è riuscita a dare un ordine a quel puzzle che è la vita (e, anche, per dirla col Manzoni , a « quel gran guazzabuglio che è il cuore umano ») - ripieghi su quell' altra ideo­ logia che è il rifiuto di tutte le ideologie. Non è forse questo il "pen424

debole" , questa ideologia del post-moderno travestita da anti­ che predica che dobbiamo accontentarci delle "mezze verità' ' , del chiaroscuro, che teorizza il rifiuto programmatico del porsi domande, che demonizza ogni tentativo di risposta? Ma que­ sta sarebbe la fine della dignità dell ' uomo , la sua morte stessa: per ogni cultura, ciò che distingueva l 'uomo dal bruto era proprio lo s forzo per interpretare, il pungolo continuo a porsi domande e a cercare risposte. siero

i d eologia ,

Per scendere all 'attualità - in questo venerdì sera in cui scrivo, primo

giorno dopo la caduta del "Muro" per antonomasia - metto

a confronto una realtà della storia e della geografia di questo mon­ d o , Berlino, e una verità di fede, il diavolo. Costui , per la Tradi­

cristiana, non è innanzitutto menzogna? E che altro è, se non allo stato puro , il fatto che quella mortifera ' ' cosa' ' che i tedeschi a ragione chiamavano die Scham -Mauer , il muro della vergogna, per 28 anni sia stato definito, da chi l'aveva costruito, i l "Vallo anti-fascista" , " il Baluardo della libertà"? Non è menzogna alla quintessenza, dietro alla quale l'occhio della fede vede dunque un piede caprino , che si chiamasse Deutsche De­ mokratische Republik proprio quel posto dal quale il popolo che lì avrebbe avuto il potere ("democrazia, ) si è affrettato a fuggire affannosamente, tutto abbandonando, non appena si è socchiusa una breccia? (Breccia, in verità, al di là della quale c'è solo quel­ l' Occidente post-cristiano il cui simbolo non è una falce e un mar­ t ello ma una siringa; in cui non temi la polizia segreta ma il rapi­ natore o il sequestratore; in cui non c'è il censore ma il pornogra­ fo : in cui c'è sì libertà, ma direttamente proporzionale alle dimen­ si oni del portafoglio. Fuggono dal comunismo per raggiungere quel consumismo che non è detto non sappia anch'esso di zolfo) . zione

menzogna

Ma perché, per i mistici, il diavolo è innanzitutto menzogna? Per­ è simia Dei, scimmia di Dio . Copia di Dio , ma al contrario .

ché

È il Vangelo, ma capovolto. Così , il lenin-mao-marxismo h a co­ il paradiso e ne è venuto fuori l'inferno; ha promesso la feli­ cità e ne è venuta radicale afflizione (quei visi, ai telegiornali , ba­ gn ati di lacrime di gioia, di quei giovani appena al di là del varco; q uelle grida di allegrezza; quelle mani levate al cielo !); ha assicu­ rato l' eguaglianza e ha creato una delle più classiste società della pi ato

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storia, divisa tra una massa impotente e una casta burocratica on ­ nipotente; ha additato un futuro radioso e ha creato rassegnazio­ ne e disperazione; ha ann unciato una vita libera dal bisogno per tutti e ne è venuta carestia, penuria, code sotto la neve per un toz­ zo di pane nero . Soprattutto, la simia Dei ha voluto copiare quel Dio che dà vita e fecondità e ne è venuta o la morte per fame (dieci milioni di co n­ tadini spenti dall' inedia nei soli anni staliniani : cifre dello stesso Gorbaciov) o un'impressionante sterilità . Poco si ricorda che tanti decenni di esperimenti per l " ' uomo nuo­ vo' ' non hanno fatto nascere nulla, ma proprio nulla, in quel campo della creatività artistica che è spia e giudice infallibile di una cultura. Nulla nelle arti figurative , se non quella grottesca e risi bile caricatura propagandistica che fu il ' ' realismo socialista' ' . Nulla nella letteratu­ ra, dove le sole cose di rilievo - da Pasternak a Solzenicyn - so no venute dal dissenso dei perseguitati e degli esuli . Nulla nell 'architettu­ ra, se non i grattacieli staliniani e brezneviani in stile "torta nuzia­ le" o i lividi , disumani casermoni burocratici del1e periferie (molti dei quali. si scopre ora, da demo1ire anche se nuovi o nuovissimi per­ ché costruiti con materiali non solo scadenti ma anche tossici) . Nulla nella musica, se non gli inni "patriottici" da banda dei pompieri . E nulla - disfatta estrema per il "materialismo scienti fico " - nem­ meno nelle scienze e nella tecnologia: gli sputni k costruiti dai tecnici nazisti catturati in Germania; le fabbriche d'auto appaltate alla Fiat o al1a Ford; tutti gli altri prodotti inesportabili, raffazzonati alla me­ glio, copiando i piani rubati in Occidente dai servizi segreti. Ma, simbolo perfetto del "mondo capovolto" non è proprio quel Muro appena caduto? Per la prima volta nella storia, un confine fortificato eretto non per ostacolare invasioni ma per impedire eva­ sioni; non per difendersi dall'esterno ma dall 'interno; non per da­ re sicurezza, ma per imprigionare; non una difesa, ma una gabbia. Confrontando oggi , a Berlino, Bibbia e giornali , fede e crona­ ca , è davvero abusivo meditare sul demoniaco?

189. Voglia di sesso Dicono le cronache da Berlino che la marea umana che ha fatto

irruzione a Ovest non appena aperto quel Muro di cui parlavam o 426

sopra si è subito precipitata, senza quasi guardarsi attorno , verso

i grandi magazzini . Comprendendo, tra questi , una particolare ca­ tena di empori che copre tutta la Germania. Per chi non lo sapes­ se , è forse il maggior circuito di porno-shop del mondo : a volte

(come, giustappunto, a Berlino Ovest) si tratta di edifici interi do­

ve i molti piani sono ricolmi di merce per soddisfare ogni curiosità ogni esigenza nel settore . Svuotate pure - dicono ancora le cro­

e

nache

-

edicole e librerie di ogni materiale erotico . E ci si è messi ,

pru ssian amente, in code ordinate per accedere ai cinema a luci rosse. 1 n s o m m a , i " reclusi " dell'Est più che di pane sembrano affamati di p o rn ogra fia .

I n effett i , come si sa, i regimi comunisti sono (anzi, erano : il ver­ bo al passato, sembra incredibile, è ormai di rigore) ufficialmente

t ra i più moralisti e austeri della storia umana . Nell' Unione Sovie­

t i ca , in Cina e in altri Paesi schiacciati dal marxismo i codici pre­

ved ono addirittura la pena di morte, che più volte è stata applica­ L a , per produttori e mercanti di materiale cochon e in genere per

ogni colpevole di "deviazione" dalla morale ufficiale del buon mi­

lit ante. Sono puniti con il plotone di esecuzione persino gli atti omo­ sessuali tra adulti consenzienti e non c'è scampo per il violentatore di donne o, peggio, per l'insidiatore di bambini . Tra le contraddizioni più i ncomprensibili del "marxismo imma­ gin a rio" di cui, in Occidente, tanti si dicevano seguaci, c'era la pro­ clamazione della "liberazione sessuale' ' , della "rivoluzione nei co­ st umi " . Il che è proprio ciò che il "socialismo reale" non solo non praticava ma duramente reprimeva, spesso e volentieri coll'aiuto del boia. Il moralismo di facciata di quei regimi era tale da soddi­ sfare ampiamente un Savonarola, un Calvino , una regina Vittoria redivivi . Tutti i giovani che si sono viste spalancate improvvisamente le

quelle enormi prigioni che erano i loro Paesi schiacciati dall a polizia segreta, sono stati allevati in questa visione austera , anzi bigotta. Malgrado questo - o, forse , proprio per questo non a p p en a ne hanno avuto la possibilità, quei giovani si sono pre­ ci pit ati al più vicino porno-shop, alla più vicina edicola o sala ci­ nematografica "all 'occidentale" . Si sono comportati , per l'appun­ t o , come tutti coloro che escono dalla galera e cercano di prender­ si gli arretrati di un' obbligata repressione. porte di

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Ma, proprio in questo � appare non solo la natura carceraria di quei regimi, ma anche il radicale fallimento dell' utopia di creare "l'uomo nuovo" secondo i sistemi del marx-leninismo . Agendo solo sulle leve politiche, sociali , scolastiche (con quelle ore di " scienti­ ficat o educazione sessuale) non si ottiene che povertà materiale uni­ ta, per giunta, a povertà spirituale, morale. Si ottiene l 'uomo "vec­ chio" ; o, meglio, si resta all' uomo "naturale" di cui parla san Pao­ lo : l' uomo di sempre, il cliente senza difese del mercante di merce sessuale. Ci vuole ben altro che questi regimi polizieschi , con i loro peda­ goghi delle "ore scolastiche di sesso" , per mutare, con il cuore del­ l ' uomo, anche il suo modo di porsi davanti a quel mistero della vita cui la sessualità è legata. Non c'è rivoluzione possibile se non quella che passa attraverso il mutamento dell 'interno dell'uomo. Queste "rivoluzioni" che restano all 'esterno , alle strutture econo­ miche e politiche, non sono che armature posticce e durano quan­ to dura il potere del poliziotto.

190. Popper accontentato A 87 anni, Karl Popper è stato accontentato. Da decenni , infat­

ti , questo filosofo austriaco (ma da tempo attivo a Londra e consi­ derato da molti come il maggior pensatore vivente) andava ripe­ tendo : « Spero di vivere abbastanza a lungo da vedere sbugiardate e ridotte a pezzi le invenzioni di due ebrei che scrivevano in tede­ sco : il comunismo ' ' scientifico" di Karl Marx e la psicoanalisi di Sigmund Freud » . (Sarà bene ricordare, a scanso di equivoci, che sir Popper medesimo è di origine ebraica). Quanto alla psicoanalisi si sa come negli Stati Uniti , che per de­ cenni ne erano stati succubi, lo psicoanalista si sia ridotto a mac­ chietta, a protagonista delle battute di Woody Allen. E, quanto al marxismo, è sotto gli occhi di tutti che fine abbia fatto. Tanto che, come è stato osservato - con ironia o con amarez­ za, a seconda dei punti di vista - ormai in Freud e in Marx ci cre­ dono soltanto alcuni frati e suore, magari qualche vescovo del Terzo Mondo . Ma perché questa speranza di svergognamento nutrita tanto te­ nacemente da Popper? Perché, per lui, questi due prodotti dell' e428

b raismo laicizzato dell' Occidente moderno avevano la pretesa di

p res e nt a rsi come " scienze" , ma in realtà erano il contrario stesso del la scienza, non tollerando critiche, respingendo a priori ogni ten­ ta tivo di verific a. In effetti, chiunque avesse azz a rdato qualche osservazione sul marxismo era subito squalificato come una « vittima dei pregiudi­ zi di classe » nei casi migliori; e come un « reazionario che si oppo­ ne al progresso e alla vittoria inevitabile del proletariato » nei casi peggiori . Ogni critico diventava subito un nemico ; o, almeno, un p o veraccio da compatire perché non riusciva a liberarsi dai condi­ zionamenti classisti . Alla pari dell'ideologo marxista, anche lo psicoanalista si era crea­ t o u n sistema impenetrabile a ogni critica. Ogni dubbio avanzato sulla verità e sull'efficacia dei dogmi di Freud e soci era visto sem­ pre e solo come una « oscura resistenza dell 'inconscio )) , una pato­ logia della psiche . Così, chiunque volesse mettere in discussione la cosiddetta " analisi del profondo" non era considerato come un interlocutore da prendere sul serio, ma come un malato bisognoso di cure; come un "complessato" da sdraiare sul lettino per farlo parlare dei suoi rapporti infantili con la zona anale di mamma e papà . . .

Bisognava rompere l'incantesimo, continuare a gridare che « il re è nudo ». Ma ci sono voluti decenni prima di poter cominciare a discutere i dogmi di Marx e di Freud, protetti com 'erano da un ricatto che tanto a lungo ha paralizzato gli intellettuali, timorosi di ess er e scambiati o per " reazionari" o per "repressi" .

191. Due nemici Comunismo e fascismo, come si sa (o, almeno, come si dovreb­

be sapere), sono finti nemici : in realtà sono fratelli , anche se tal­ volta litigiosi , essendo entrambi figli della modernità e risalendo

entrambi alla filosofia idealista tedesca dell'Ottocento. La Chiesa li ha entrambi condannati e, checché se ne dica, con grande anticipo rispetto al " mondo " , intuendo che sotto le paro­ l e , spesso fascinose, stava la stessa idolatria: lo Stato assoluto o la Classe al posto di Dio , il Partito in luogo della Comunità dei credenti, l'odio invece dell'amore . Eppure, al di là dei pronuncia429

menti ufficiali , nella prassi degli uomini di Chiesa, ma anche nel­ l' atteggiamento istintivo della base dei credenti , è indubbio che di fronte ai due mali una maggiore indulgenza è stata riservata al fa­ scismo . Occorre, qui, lasciare da parte il caso anomalo del nazismo, crea­ tura tutta tedesca, ritorno al paganesimo germanico della Terra, del Sangue, della Tribù e, dunque, religione alternativa al cristia­ nesimo e con esso incompatibile . Guardando ai fascismi veri e pro­ pri, a regimi come quello di Mussolini , di Pétain, forse di Franco e Salazar, di certi dittatori sudamericani , va pur detto che la Chie­ sa non solo è scesa a compromessi , almeno nella pratica, ma tal­ volta c'è stata una coesistenza, seppure precaria e spesso travagliata. Il che è stato ed è motivo di accuse virulente sempre ripetute, di pressanti richieste di scuse e di promesse che un simile cedimento clericale non si sarebbe più verificato. Qui non si tratta di giustificare ma di capire . Perché questa mi­ nore resistenza di fronte a uno dei mali moderni? Probabilmente, perché P esperienza storica insegna che il fascismo toglie alla gen­ te la libertà politica. Il marxismo , invece, assieme alla libertà po­ litica toglie anche le due altre libertà fondamentali: quella religio­ sa e quella economica . Oltre a non poter votare, almeno in ele­ zioni che non siano farse, il suddito del comunismo non può nem­ meno esercitare liberamente il suo culto né condurre quelle auto­ nome attività economiche che per lui , come per ogni uomo , sono istintive. Insegnano poi i politologi che le dittature fasciste sono "cari­ smatiche" , basate cioè sull'iniziativa, spesso sul fascino e l' autori­ tà naturale di un Capo, un Duce, un Caudillo , un Conducatòr. Na­ scono con un uomo e muoiono con lui : sarebbe avvenuto anche con Mussolini, se fosse morto di morte naturale . È puntualmente avvenuto con Franco . Le dittature comuniste sono invece "strutturali " : in esse, cuore del regime, più che un capo carismatico, era un Politburo , una No­ menklatura di burocrati spesso grigi quando non anonimi , ma in grado di passare il potere ad altri burocrati, perpetuandolo . In ef­ fetti , ecco il maggiore problema di questa fine del secondo millen­ nio : sinora si sapeva come si entrava e come si usciva dai fascismi . Ma tutti sanno come si entra nei comunismi mentre ness uno sa co-

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me se ne esce: sinora, una volta raggiunto il potere nessuna casta

comu nista l'aveva mai ceduto.

192. Frati e saio A cena con Franco Cardini , il famoso medievista, per parlare d e l s u o Francesco d'Assisi che va in libreria. G l i contesto subito quella che sembra una sua contraddizione: d a un lato Cardini è tra coloro che vogliono che gli uomini dediti al servizio di Dio e della Chiesa (sacerdoti o fratelli laici che siano)

continuino a distinguersi anche dall ' aspetto, dall 'abito, dai segni esteriori . Si deve vedere immediatamente, dice, che « non sono co­ me gli altri » ; che, per dirla con il Nuovo Testamento, sono stati « m essi da parte » per Dio . Dall' altro lato, questo storico sa benissimo che quel saio con cap­ p u ccio che Francesco indossò e che volle fosse indossato da coloro c h e lo seguivano, usando per cintura una semplice corda, non era di c er t o un abito clericale, ma il più semplice ed economico degli indumenti dei poveri tra i poveri , i mendicanti . M i replica deciso che non c ' è contraddizione , m a conferma. « Il tempo di Francesco » dice « è un tempo sacralizzato , gerarchizzato, dove nessuno veste come gli pare, ma dove tutti hanno uno status nel l a società e ne11a Chiesa, marcato da contrassegni precisi e rico­ nosciuti. Anche il saio francescano, dunque: è il segnale esterno che chi lo porta appartiene alla " classe" dei mendicanti, soprattutto se si accompagna ai piedi nudi o a sandali senza calze. È l' abito di " so­ rella tortora" , con quel colore grigiastro (la stoffa era di colore na­ turale, senza tinta, per risparmiare) che indica subito che chi lo porta è come "gli uccelli dell 'aria" cui solo la Provvidenza di Dio assicu­ ra il nutrimento. Dunque, Francesco e i suoi non vestono affatto i n modo anonimo, non riconoscibile: nella società medievale, dove i l nob ile, l 'artigiano, il mercante, il contadino , la donna nubile e q u ella sposata, il giovane, il vecchio, il pellegrino, il lebbroso han­ no c iascuno il "segno" che li fa riconoscere, anche i frati minori ha n no il loro . Impossibile non distinguerli subito » . E, dunque, n e deriva Cardini , « mancano d i ogni consapevolez­ za

st orica (succede purtroppo sempre più spesso, per qualunque 43 1

tema , tra gli uomini di Chiesa) quei frati e quei preti che contesta­ no l' abito clericale, cui hanno sostituito i blue-jeans , dicendo che oggi anche Francesco vestirebbe così . Chi conosce il Medio Evo - e, in genere, le epoche in cui la società ebbe una consapevolezza religiosa - sa benissimo che non è affatto vero . Oggi, i blue-j eans li porta anche l' avvocato Agnelli, li sfoggiano anche i più ricchi . I quali hanno imposto, per moda, quel tipo di vestire che chiama­ no casual: stracci, in apparenza , capi cui viene dato artificialmen­ te un aspetto "vissuto " , magari rattoppati e stracciati apposita­ mente. Sono i ricchi che si travestono da finti mendicanti . Vestir­ si , oggi , "come tutti " è un segno di conformismo mondano, non di radicalismo evangelico , non trasmette alcun messaggio . Al con­ trario del saio , della corda, dei sandali che Francesco volle per sé e per i suoi » .

193. Nobili Ma si , praticare un poco la storia, sforzarsi di assumere la virtù prima ed essenziale per capirne qualcosa (la capacità, cioè, di non giudicare l' ieri con le categorie, i pregiudizi, i tabù dell'oggi) getta luce inattesa sulle nostre frasi fatte . Tra queste, per fare un esempio tra gli innumerevoli possibili: lo scandalo perché per tutto il Medio Evo e poi su su per l'età del Rinascimento e del Barocco sino alla Rivoluzione francese (ma an­ che oltre) la gerarchia ecclesiale, l'episcopato cattolico furono com­ posti in larga maggioranza di nobili . Con non poche eccezioni, si intende, ché mai mancarono né vescovi né cardinali e nemmeno papi - un Si sto V, ad esempio, in pieno XVI secolo - di estrazio­ ne popolare quando non proletaria. Come nell' armata di Napo­ leone dove (cosi assicurava l ' imperatore, che però faceva re i suoi fratelli) « nello zaino di ogni soldato c'era il bastone da Marescial­ lo di Francia », così nella sacca di ogni frate e chierico non mancò mai , potenzialmente , il pastorale del vescovo se non addirittura il triregno del pontefice. È però indubbio che il nerbo dell'episcopato fu per molti secoli costituito da nobili. Da qui accuse e sarcasmi di parte "incredula " e sensi di colpa da parte dei credenti : è dunque questa, cosi aristo­ cratica, la Chiesa del povero artigiano di Galilea?

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Bisogna riabituarsi a ragionare, più che abbandonarsi all' emo­ t i vità demagogica.

rnnanzitutto , ci sarà pure un motivo se la borghesia, che prese i l po tere in Occidente dopo le rivoluzioni americana e francese, al­ l a classe dirigente composta di aristocratici ne sostituì un'altra com­ posta di possidenti . Un buon livello di reddito fu indispensabile (in Italia, lo fu sino all' epoca di Giolitti) per l 'elettorato sia attivo che passivo: per votare, dunque, e per essere eletti a cariche pub­ bl iche . E ciò non solo per motivi " classisti" , di egoismo di privile­ giati, ma per un motivo intuibile (e dimenticato dal nostro populi­ smo che, non a caso , anche per questa dimenticanza conosce una corruzione politica inaudita) : chi ha "roba" sua è meno tentato di rubare la "roba" degli altri ; in particolare - qui - il denaro pubblico . Anche nella Chiesa - che mai fu né mai , grazie a Dio ! , sarà composta tutta di santi - una simile, realistica garanzia fu praticata: non si dimentichi quali enormi somme di denaro passas­ sero un tempo per i canali ecclesiali . Ma, soprattutto , va considerato il fatto che, per tanti secoli , il mistero sacramentale della Chiesa fu avvolto e sorretto da un'isti­ tuzione clericale che gestiva uno straordinario prestigio e potere anche terreno. Occorreva trattare, spesso tenere a bada, Stati e po­ tentati arroganti, gestiti tutti e solo da aristocratici , con a capo re, prìncipi , duchi, per i quali la controparte era credibile soltanto se anch 'essa aristocratica . Non si dimentichi, poi, quanto si legge in quella straordinaria summa di realismo costituita dagli Aforismi sull'arte bellica di Rai­ mondo Montecucco1i , il grande condottiero del Seicento al servi­ zio delr impero , il trionfatore dei Turchi giunti tra Ungheria e Au­ stria. Scriveva quello stratega e statista che, per dirigere uomini, occorrono, accanto alle virtù naturali, anche virtù come « la nasci­ ta, la quale tanto più cospicua, tanto più ispira venerazione di se stessa ne11'anima dei soggetti » . Ugo Foscolo che, per conto del go­ verno napoleonico in Italia, editò gli Aforismi, annotò che, pro­ prio per simile motivo, « la plebe romana, potendo eleggere con­ soli plebei , elesse invece quasi sempre patrizi sotto i quali aveva militato » . Disinteresse economico derivante dal censo familiare; necessità di fronteggiare, senza astrattezze irrealistiche, la scala di valori del-

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l' epoca; autorità e presrigio naturali legati alla nascita e riconosciuti innanzitutto dal popolo : queste le ragioni che il senso storico e la conoscenza dei tempi scoprono dietro la "scandalosa" folla nobi­ liare della gerarchia cattolica A ncien Régime. I tempi sono cambiati , certo , e occorre adeguarvisi . Ma anche i tempi "prima del cambiamento" hanno diritto a una lettura e a un giudizio che non siano anacronistici e, pertanto, ingiusti.

194. "La Feroce " Cos'è questo frastuono improvviso che rompe il silenzio, solo lusso , ma impagabile, dello studiolo dove rifletto e scrivo? Esco tra i tetti , sul terrazzino: il cielo sopra Milano nereggia di elicotte­ ri , è arrivato il Grande Liquidatore della merce avariata russa. I muri della città sono tappezzati di mani festi con il suo viso e con la scritta: Ben ven uto compagno Michai/ Gorbaciov! Sotto , picco­ la piccola, come per pudore, la firma: Partito Comunista Italiano . Curiosi , questi signori che vogliono cambiare un nome e un sim­ bolo di cui ormai si vergognano , ma che non rinunciano a quel­ l' appellativo scippato alla tradizione del Medio Evo cristiano. "Compagno " è da cum e panis, è chi mangia con te lo stesso pa­ ne, cominciando da quello eucaristico. U n nome usato poi per sot­ tolineare la fratellanza che univa i membri delle Corporazioni me­ dievali , ma che a lungo non perse il preciso riferimento a quella realtà - misteriosa e consolante - che la fede chiama "comunio­ ne dei santi " . Il "dio rosso che ha fallito " tentò di appropriarsi almeno delle parole di quella che credeva la "vecchia" fede, la re­ ligione ormai " sorpassata" , la quale invece ha finito per appre­ stargli i funerali . Accanto o al posto di quei manifesti di benvenuto andavano pe­ rò affissi altri manifesti : ad esempio , quelli di qualche settimana fa a Mosca, mentre, con una liturgia sbrigativa, in edizione ridot­ ta, si svolgeva la parata per il 72 o anniversario della Rivoluzione di Ottobre. Dicevano, quei manifesti dei dissidenti : « Proletari di tutto il mondo , perdonateci ! » . Lo s a bene chi, come me, h a vissuto tanti anni nella città santa del marxi smo italiano , in quella Torino che - da Gramsci a To­ gliatti , a Longa, a Pajetta, sino a Occhetto - ha dato al Pci gli 434

i d eo l o gi e i dirigenti . Sa bene, cioè, quale sia stata l 'implacabile , t en acissima, spesso epica lotta dei " compagni" contro il simbolo � t ess o del capitalismo , quella Fiat dei "nemici di classe" per eccel­ l enza , i membri della famiglia Agnelli. Non si è scherzato , tra il Lingotto e Mirafiori: da una parte scioperi, sabotaggi, magari l'as­ �assinio (e negli anni di Togliatti , non in quelli delle Brigate Rosse: chi ri corda l'ingegnere Codecà, alto dirigente Fiat fulminato da una raf fica di mitra mentre sui muri delle fabbriche apparivano le scritte « E uno »?). Dall'altra parte, non si porgeva di certo l'altra guan­ c i a : c ' è un motivo se "La Feroce" è il nome che i torinesi davano a l l a Fiat ; non sono soltanto leggenda " proletaria" i reparti di di­ sciplina in cui Vittorio Valletta confinava i leader operai ; e circo­ l a n o ancora i vecchi militanti che ricordano i licenziamenti e la per­ �ecuzione di un' azienda onnipotente in città e che - dopo averti t o l l o il lavoro - provvedeva a che non ne trovassi un altro . Andrebbero sentiti oggi , quei vecchi militanti . Lo sanno anch'essi perché Gorbaciov ha messo l ' Italia tra le mete privilegiate dei suoi v

i aggi internazionali : da un lato , chiedere l ' aiuto di quel Vaticano

per tanti decenni descritto come la centrale dei narcotrafficanti spi­ rituali , degli spacciatori dell'oppio religioso. Ma, accanto all 'aiu­ to "spirituale" , chiedere l ' aiuto "materiale" proprio a quegli "af­ famatori del popolo" , a quelle "sanguisughe socia1i" dei biechi ca p italist i I quali, in effetti , proprio qui a Milano erano tutti schie­ rati , impettiti e compiaciuti nei loro doppiopetti scuri , per applau­ d i rlo . Applausi ben giustificati : mai - per i denti di industriali e finanzieri - mai torta fu più ghiotta di questo mercato dell'impe­ ro sovietico in sfacelo, fatto di centinaia di milioni di uomini biso­ gnosi di tutto, dalle scarpe ai personal computer. Passando, s'in­ Lende, per le automobili le quali (con un lucrosissimo contratto di migliaia di miliardi) saranno costruite proprio dalla vecchia "Fe­ roce " , da quella Fiat per combattere la quale innumerevoli comu­ n i sti logorarono la vita costringendo spesso le famiglie alla miseria. Non male, come risultato : tanti anni di lotte, una catasta di 40 milioni di morti , speranze escatologiche di terre nuove, libere dal­ Io s fruttamento dell ' uomo sull'uomo. E tutto per preparare un ap­ petitoso mercato ai profitti degli Agnelli e di tutti i magnati del­ l ' Occidente i quali , di fatti, sono ora i grandi sponsor e patron del­ l ' èra Gorbaciov . .

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Intendiamoci : già ai tempi di Kruscev , mentre gli operai torinesi lottavano e stringevano la cinghia, proprio Valletta concludeva con il " Grande Paese Proletario" l'ultimo e più grande affare della sua vi� ta. Ma con qualche ipocrisia che salvasse almeno le apparenze: a co­ minciare dal nome ( Togliattigrad, città di Togliatti) imposto alla nuo­ va città dove sorgevano gli impianti costruiti dagli ingegneri torinesi. Anche con questo velo di zucchero fu fatta ingoiare, a quei tem� pi, l ' amara pillola ai vecchi militanti sotto la Mole: e si spiegò loro che questo fiume di denaro che da Mosca partiva per il "nemico di classe' ' era in realtà un' astuta strategia per strangolare il capita� lismo con i suoi stessi mezzi . . . Nessun pudore, ora, per il " compa� gno" Gorbaciov : the business only, solo gli affari , chiamati con il loro nome, nudo e crud o .

195. A mici e nemici Un turbine di pensieri , vedendo le immagini del primo incontro tra un papa e un segretario generale del Pcus col cappello in mano, chiedente "comprensione" : le profezie di Fatima, Canossa, tutte le risme di "cristiani per il socialismo" (beffati ferocemente anch'essi). Ma viene in mente anche la "legge" enunciata da alcuni storici. Quella "legge" , cioè, che così recita: « Unita ai suoi avversari di ieri , la Chiesa combatte oggi i suoi alleati di domani » . I n effetti, s e s i guarda anche solo agli ultimi secoli, dopo tante lotte tra Papato e Monarchie, i due poteri finirono col far fronte comune contro le nuove ideologie emergenti. Poi, la lotta all'ulti­ mo sangue nel XIX secolo con quel liberalismo borghese che finì alla fine per diventare il più fedele alleato della Chiesa nell' opporsi al comunismo . Ora che quest' ultimo ha rinunciato al suo rivestimen­ to fideistico, vedremo la Chiesa « unita al suo nemico di ieri » dive­ nuto « alleato di oggi »? Molte cose lo fanno pensare : ma qual è "l'avversario" attuale che diverrà il compagno di strada di domani?

196. Tedeschi dell 'Est Pensierini su quella Germania che per quarant ' anni, con sini­ stra ironia, si è chiamata " democratica" . Un collega che ritorna

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J a Berlino mi riferisce la battuta che circola al di là dell'ex Muro : {( Perché tanto smog quest'anno? È il comunismo che sta sva­ porando » .

Sotto l a battuta, c ' è una verità impressionante d i inquinamento solo morale ma anche fisico . Si sa che tra i Griin en , i Verdi c.l ella Germania Ovest, l ' arrivo in massa dei fratelli dell'Est ha su­ scitato grosse preoccupazioni . In effetti , tutte le auto " democrati­ che " sono costruite con sprezzo assoluto di ogni criterio ecologi­ c o , così che dai tubi di scappamento escono veleni in quantità al­ larmante . Non c'è automobile dell'Est che non sia fuorilegge ri­ spetto agli standard anti-inquinamento dell'Ovest . Ma non è che un aspetto della spaventosa devastazione ambientale compiuta in t utti i Paesi a regime comunista dove in intere, vastissime regioni, la natura non è che un ricordo lontano . Del resto , è in una centrale sovietica, quella di Cernobyl , che si è prodotta la sola, vera cata­ st rofe nucleare dopo le due bombe americane sul Giappone . Non si tratta affatto di un aspetto secondario del fallimentare bilancio dell' utopia che si congeda dalla storia. Tra i suoi dogmi essenziali c'era che il capitalismo, per sua stessa natura, applica all 'economia le leggi della rapina, del maggior profitto privato, ci­ nicamente indifferente alle conseguenze dello sfruttamento dell'uo­ mo e anche dell' ambiente dell' uomo . Solo l'economia socialista, la proprietà pubblica dei mezzi di produzione poteva essere insie­ me giusta per i lavoratori ed • •ecologica" , rispettosa della natura. Come per ogni altro aspetto della dogmatica marx-leninista, è s uccesso esattamente il contrario: peggio , assai peggio dell'interesse privato (che pure non ha scherzato e non scherza quanto a brutali­ tà ambientale, ma che è in qualche modo condizionato almeno dal­ l ' opinione pubblica) , si è rivelata l ' ottusità ineliminabile della pia­ nificazione centralizza ta, unita all 'incuria a ogni livello per ciò che è pubblico , che è statale. Persino il capitalista delle vignette di pro­ p aganda, con cilindro, sigaro e unghie da predatore, è stato meno devastatore del burocrate "proletario" , riuscito a unire all ' ineffi­ cienza lo spreco senza risparmio né rimorsi anche di quella " risor­ sa non rinnovabile' ' che è la natura. non

Naturalmente poiché il cuore dell' uomo senza più Dio è una fabbrica inesauribile di dèi, di feticci , di miti - naturalmente, l'e­ sp erienza nemmeno qui è stata maestra: ecco dunque gli ultimi che -

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hanno il coraggio di dirsi ancora "comunisti " , quello zero virgola qualcosa per cento che va sotto il nome ottocentesco di " Demo­ crazia proletaria" , ecco che, riuniti a congresso, tentano di mesco­ lare il rosso col verde e lanciano slogan come : "eco-comunismo, , "operaismo ambientalista" . Ecco lo stesso Pci che cambia nome, ma che tra i principali slogan del nuovo corso mette proprio la "sen­ sibilità ecologica" , ancora una volta ripetendo che sol o un'econo­ mia in qualche modo pubblica, non lasciata al solo mercato, può salvare la natura. Ma, dicevamo, accanto a questo disastroso inquinamento "fisi­ co' ' , ce n'è un altro " morale" : persino nei territori di quella che fu la Prussia, prima dei Cavalieri Teutonici e poi della Riforma, in queste terre che parlano la stessa lingua di Lutero e di Marx, che praticavano una serietà fanatica la quale (lo si vide col nazi­ smo) poteva spi ngersi sino al terrore e all' orrore; persino lì, eccolo "l'uomo nuovo " . Eccola, la classe dirigente dei "puri e duri" , de­ gli apostoli ferrei dell' ideale i quali , quando gli armadi si spalan­ cano , mostrano il solito, vecchissimo, squallido quadro del potere dispotico di sempre: le ville, le piscine, le amanti, i servi , i conti cifrati in Svizzera, con in più quel tocco post-moderno che è non solo il consumo ma anche il traffico di droga su scala industriale. Non era una novità, per i regimi marxisti : Fidel Castro ha fatto fucilare un "eroe nazionale" , il suo collaboratore più stretto, pro­ prio perché commerciava in stupefacenti . Ma pare che la condan­ na sia stata voluta per cercare di coprire la casta di governo cuba­ na che tutta quanta - barbuto Libertador compreso - sarebbe invischiata in quei traffici lucrosissimi . Cose da Sud America, an­ che se ufficialmente "rosso " , roba da palme de L'Avana, diceva qualcuno . Ma, come ora si è appreso, persino sotto i tigli di Berlino Est,

tra i prussiani , tra quei mitici custodi dell' ortodossia più pura? Cer­ to: chiunque avesse frequentato un albergo a Mosca, a Sofia, a Bu­ carest , "l'uomo nuovo " lo incontrava subito all' arrivo, non solo nella pigra e sgarbata accoglienza degli addetti , tutti dipendenti sta­ tali . Ma anche nella folla di trafficanti in ogni cosa - dal sesso alla valuta - che lo circondava già nella hall . E chi aveva pratica di quei luoghi ben sapeva come nulla si ottenesse senza mance, tan­ genti, mazzette, raccomandazioni prezzolate di "amici degli ami438

t: i ' ' .

Ma i tedeschi di Berlino Est , di Lipsia, di Dresda - pensava­ mo anche noi , noi pur senza alcuna illusione - quelli no : erano div ersi , lugubri ma seri , spietati ma incorruttibili . Non era così, neanche per loro. Anzi , meno che mai per loro c h e , adesso , oltretutto, si impegnano nella triste sceneggiata, così poco tedesca, dello scaricabarile , del « è colpa sua ! » , del rogo de­ gli archivi e di tutto il resto da 8 settembre mediterraneo più che prussiano. Cos'è stata mai , allora, un'utopia tanto fascinosa a pa­ role e tanto capace di inquinamento , in tutti i sensi , ogni volta che, con la forza, si è cercato di imporla in pratica? Cos'è stato questo sogno di un uomo nuovo e di una terra nuova che, al risveglio, fa scoprire un uomo e una terra vecchissimi , anzi con nuove deva­ stazioni? Eppure, anche qui , nel tentativo di salvare qualcosa del mito, i comunisti superstiti e gli ex-comunisti parlano di una loro "sensibilità morale" , di una tradizione, di cui sarebbero portato­ ri , di "etica pubblica" , di "valori umani" , di "mani pulite" . Trovano, per ascoltarli (qui, come nel loro presunto ambientali­ �mo) quasi soltanto ingenue orecchie " cattoliche" . Ma impressio­ nano spesso anche quei cattolici ammaliati di pace, di pacifismo, di non violenza . E qui non c'è bisogno di dossier segreti , bastano le statistiche ufficiali : nella Germania Federale, alle forze armate va il 3 per cento del prodotto nazionale lordo; nella Germania "de­ mocratica" , andava il 6 per cento . Il doppio . Quanto agli obietto­ ri di coscienza, per loro un singolare "servizio civile" : la compari­ zione davanti a una corte marziale; e, per chi insisteva, la fuci­ lazione.

197. Solzenicyn Il più illustre degli esuli russi , Aleksandr Solzenicyn , continua il suo ruolo di guastafeste: così , fa sapere dal suo eremo nel Ver­ mont che mai tornerà in patria fino a quando si chiamerà con il nome, che le diede Lenin, di Unione Sovietica . Dice che Gorba­ ciov va benissimo: ma per le multinazionali di cui è il beniamino, v isto che grazie a lui stanno concludendo i più favolosi contratti della storia. Ricorda però che va meno bene per i popoli soggetti all ' Impero la cui condizione, già miserabile, è peggiorata da un al­ lentamento del terrore che manda in rovina anche quel poco che

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riusciva a funzionare . Aggiunge, Solzenicyn, che non può tornare nella sua patria perché la menzogna è peggiore di prima: è grotte­ sco , dice, far finta che Stalin (morto nel remoto ' 5 3 ) sia il colpev o­ l e di tutto e salvare Lenin e, soprattutto , giudicare intoccabili Marx ed Engels, parlando al contempo di democrazia. Ha rinviato , l ' indomabile esule, ai suoi Discorsi americani del 1 975 . In Occidente , non erano anni buoni, quelli, per dire le cose che il reduce dal gulag, il cristiano Solzenicyn, aveva da dire . Era­ no gli anni dell 'infatuazione vietnamita e cinese. Così , dopo averlo ascoltato tossicchiando imbarazzati , quegli americani "progressi­ sti ' ' che sputavano sui loro feriti che rientravano dal Vietnam fa­ vorirono la volontaria reclusione dello scrittore tra le remote mon­ tagne americane le cui nevi gli ricordavano la Russia . Da allora, at­ torno a lui I'inte//ighenzia occidentale (laica ma anche "cristiana") disegnò il cerchio giallo dei lebbrosi, degli impronunciabili, dei non­ citabili; contraccambiata, del resto, dal disprezzo del vecchio leone. Così , ripesco dalla mia biblioteca il libriccino blu di quei rimos­ si Discorsi americani, per rintracciarvi il motivo dello sdegno del­ l' esule contro un Gorbaciov che vorrebbe liberalizzare il sistema senza però rinnegare i padri fondatori . Ecco qui , a pagina 54 dell'edizione italiana (uscì nel 1 976, da Mon­ dadori , con una presentazione editoriale deviante, dove si dice che Solzenicyn « auspica una distensione internazionale » : il che è giu­ sto il contrario dell' appello all'Occidente perché non ceda, oppo­ nendo all ' Urss quella fermezza che è il solo atteggiamento che ri­ spetti. In effetti , sarà il presidente che non credeva al " dialogo" , Ronald Reagan , a registrare con i russi i successi decisivi). Ecco, co­ munque , il brano: « Voglio citare qualche frase dei padri del comu­ nismo, Marx ed Engels , traendole dalla prima edizione sovietica del 1 929 : "Le riforme sono un segno di debolezza, ; " La democrazia è peggiore della monarchia e dell'aristocrazia" ; "La libertà politi­ ca è una falsa libertà, peggiore della peggiore schiavitù" » . Più avanti , sempre in quei Discorsi americani: « Hanno inventa­ to il termine "stalinismo " . Ma non c ' è mai stato nessuno stalini­ smo. Fu un' invenzione di Kruscev, per attribuire a Stalin quelli che sono invece i caratteri fondamentali del comunismo, le sue colpe congenite. In realtà, aveva già fatto tutto Lenin; Stalin non ha de­ viato per nulla dalla linea del suo predecessore » .

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Ma sì , sono da rileggere adesso quei Discorsi che allora, nel l 975, imbarazzarono l 'America e l'Europa dei benpensanti di sinistra. Ci s i trovano, tra l'altro , curiose statistiche: « Nella Russia degli zar, negli ottant ' anni che precedettero Lenin - e furono anni di movimenti rivoluzionari e di bombe contro i regnanti - furono fuc i l ate, in media, diciassette persone all'anno. In un libro pubbli­ c ato nel 1 920 dalla stessa Ceka Oa polizia politica comunista) vi > . Tra questo inizio e questa fine, stanno pagine che descrivono le promesse di quei cristi menzogneri : « . . . un'idea di falsa redenzio­ ne; uno pseudo-ideale di giustizia, di uguaglianza e di fraternità;

un falso misticismo che adesca le folle con fallaci promesse ; una dottrina che si vanta come fosse l ' inizio di un progresso economi­ co il quale, quando è reale, si spiega con l ' uso di metodi brutali ». Da una falsa Betlemme giunge, dice ancora quel testo , « un nuovo Vangelo che è annunziato all ' umanità quale messaggio salutare e redentore 1> . E , invece, a chi sappia andare al di là di « apparenze talvolta seducenti » , la presunta Buona N ovella si svela come « un sistema pieno di errori e di sofismi, contrastante sia con la ragione che con la rivelazione divina; sovvert itore dell' ordine sociale, di­ struggendone le basi fondamentali ; misconoscitore della vera ori­ gine, della natura e del fine dello Stato; negatore dei diritti della personalità umana, della sua dignità e libertà » . M a , s i avverte, « non s i calpesta impunemente l a legge naturale e l' Autore di essa: questa redenzione menzognera non potrà atte-

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nere il suo intento neppure nel campo meramente economico » . In rea ltà, profetizzano quelle pagine , rifacendosi a parole bibliche,

c'è che un solo Nome per la salvezza dell' umanità » e la sto­ imostrerà che « se non è il Signore che costruisce la casa, inva­ ri a d n o si affaticano i costruttori » .


> . . . .

Per tornare all 'inizio del nostro discorso: se il celibato che la Chie­ ha legato e lega al sacerdozio va al di là di ogni considerazione di "buon senso" umano (è, anch'esso, parte del Mistero), resta però

sa

il fatto che quel legame ha avuto conseguenze storiche positive delle q u ali, naturalmente, "studiosi" come questa irosa tedesca non han­ no neppure sentore . Fu François Guizot, lo storico francese, insospettabile in questi t e m i perché calvinista, a notare che lo sviluppo dell' Occidente fu possibile anche perché « il divieto di sposarsi e di avere figli per i preti impedì al clero di divenire una casta ». La casta (che è, tec­ n icamente, l'unione del prestigio, della ricchezza, del potere in una sola categoria sociale, il tutto trasmissibile in modo ereditario) è dò che ha soffocato le sç>cietà antiche e spiega immobilità e ingiu­ stizia nel mondo asiatico . La casta sacrale dei sacerdoti , unendosi alla casta "laica" degli aristocratici (e, spesso, le due categorie si fusero in una sola) ha creato un mondo chiuso, bloccato , dove ciò c he contava era solo il privilegio della nascita, il far parte di clan. ereditari . Sempre, in:vece, la Chiesa lottò, e con estrema energia (si veda­ no, tra l' altro, le Decretali di Gregorio IX, all'inizio del XIII se­ colo) contro la possibilità che l 'autorità, nella Chiesa. fosse tra­ smi ssibile per successione ereditaria. Nessuno , nella Chiesa catto­ lica, può lasciare per testamento a qualcuno cariche, onori , digni­ tà . Ma ciò sarebbe stato inevitabile se ai sacerdoti fosse stato per­ m esso di avere una famiglia e dei figli (questo , del resto, fu il dramma non solo del paganesimo e delle religioni asiatiche, ma anche del Sinedrio di Israele) . È questo motivo, tra l'altro, che s piega perché le Chiese orientali permettano il matrimonio ai pre­ ti "secolari " ma non ai monaci e da questi soltanto traggano i vescovi, cioè gli unici detentori del prestigio e del potere: non aven­ d o figli, non potranno impadronirsene a vantaggio della loro fa­ Il) iglia . Le Chiese protestanti (pur non considerando sacerdoti i loro pa­ stori ed esposte, dunque, a un pericolo minore) hanno dovuto com­ battere contro la successione ereditaria degli uomini di Chiesa: e,

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spesso , non riuscendovi, come in Inghilterra, dove la società è la più "classista" dell ' Occidente anche perché l'alto clero sposato di­ venne una casta che fece lega con gli aristocratici , unendosi ad essi nella Camera dei Lords, cui si contrappose la Camera dei Comu­ ni, cioè dei " fuori-casta " . costretti a difendersi duramente da quel monopolio del potere. Certo : il celibato sacerdotale cattolico e, in parte, ortodosso, non nasce da considerazioni sociali; è però lecito riflettere sulle conse­ guenze, tanto ignorate quanto liberanti, che quella disciplina reli­ giosa ha avuto per noi , che preti non siamo e che avremmo potuto finire sotto il tallone delle famiglie dei preti .

203. Streghe e droga Ci è capitato , di recente , di buttare lì parole pericolose : "stre­

ghe" , . . stregoneria" . Pericolose, perché ne richiamano subito un'al­ tra: " caccia" . E si sa bene come la "caccia alle streghe" sia uno dei cavalli di battaglia della propaganda anticristiana. C'è un gioco che consiste nel sedersi l'uno di fianco all'altro: il primo della fila pronuncia una parola e gli altri , via via, la paro­ la affine che viene loro subito alla mente. È certo che, se si inizias­ se con la parola " strega" , il cittadino medio dell'Occidente direb­ be, ne11 'ordine: " Medio Evo" ; "Chiesa cattolica" ; "oppressione del popolo" ; "odio per le donne" . Questo, in effetti, lo schema corrente e di cui , tra l'altro, un certo femminismo ha fatto un dog­ ma indiscutibile . Naturalmente , nessuno vorrebbe ascoltare se - prove alla ma­ no - si dimostrasse che è tutto sbagliato: e che, cioè, le " streghe" e relativa "caccia" non sono affatto un fenomeno tipico del Me­ dio Evo ; che la responsabilità "cattolica" è assai minore di quella di altre Chiese e comunità religiose cristiane e non cristiane; che il " popolo" qui , fu semmai "oppressore" ben più che " oppres­ so" ; e che la misoginia c' entra poco o niente . Ci piacerebbe parlarne in qualche frammento futuro . Qui , vor­ remmo limitarci a un aspetto : la scoperta recente di un legame pre­ ciso e ormai indiscutibile tra stregoneria e droga. Ha scritto uno studioso rumeno che insegna in un' università ame-

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ri cana : J oan P . Couliano : « È indubbio che la stregoneria nulla ha a che fare con il cristianesimo : essa lo precede, lo accompagna, an­

un certo punto cade sotto la sua legislazione » . Il fenome­ no era ben conosciuto nel mondo antico, sia greco-romano che bar­

c h e se a barico .

M a che c'era di "vero " dietro questa credenza, impressionante per durata ed estensione? Tutta illusione? Per dirla con Couliano. (( non era una pura invenzione di sadici persecutori ecclesiastici , ses­ sual mente repressi e odiatori di donne » . Riesaminando l e fonti greche e romane, decifrando i verbali dei processi in epoca medievale e moderna, si ha la certezza che non t u tto poteva essere frutto di ossessione , di turbe psichiche, di su­ perst izione. Anche perché possediamo un numero enorme di con­ fessioni spontanee, estorte senza tortura, spesso senza neppure process o .

scopre anche che - quale c h e sia il tempo e il paese - stre­ st regoni sono sempre accompagnati da alcuni accessori fissi . Tra essi, innanzitutto, l a scatola dell'unguento e un oggetto d a ca­ valcare (manico di scopa, botte o altro) . Lo strumento costante di d i fesa contro di loro - dall'Egitto dei faraoni alla Scozia dei cal­ v i nisti è sempre la treccia d'aglio. Incredibilmente simili , poi, le descrizioni - fatte dagli inquisiti stessi - delle esperienze e del­ le s e ns azi oni , a cominciare dal "volo magico" sino agli eccessi ero­ t ici e alle visioni ossessive . M a il fatto è che simili descrizioni degli "indemoniati" antichi coincidono perfettamente con le descrizioni dei drogati moderni ! Si

ghe

e

-

In effetti ,

gli storici più aggiornati non sembrano avere dubbi :

la stregoneria esisteva davvero, le streghe erano davvero colpevo­ l i . Ma colpevoli di produzione e consumo di droghe più che di com­ mercio col demonio (anche se questo, in qualche misterioso mo­ d o , con la droga c' entra: non a caso il gergo moderno chiama mon­ key, " scimmia" , la condizione del "tossico" . E la scimmia è da

sempre uno dei nomi del diavolo) . Dai verbali di molti processi sono saltate fuori anche le " ricet­ te" che qualche storico ha addirittura provato su di sé, vivendo le stesse esperienze descritte dagli antichi imputati. Si tratta di al­ caloidi estratti dalle solanacee europee le quali , a di fferenza delle piante orientali o di quelle americane (che si fumano , si masticano 453

o si iniettano) vengono assorbite dalle mucose del corpo . Se, tra gli adepti, gli uomini erano meno numerosi delle donne, la spiega­ zione pare essere fisiologica: cavalcando oggetti cosparsi di unguen­ to (il manico di scopa, la botte) la natura femminile è maggior­ mente in grado di assumere quel tipo di droga ; il quale - e anche questo è ormai provato - ha proprio nell'aglio l' antidoto più potente. Per capire come andarono le cose, è necessario riportare anche gli aspetti sgradevoli: quando in causa erano uomini , sempre si parlava di sodomia . Non sembra allora essere casuale che il solo modo maschile per assumere queste droghe (seppure con minori effetti di quanto avviene tra le donne) sia l' unzione della zona anale. Non è certo fortuito se la Datura stramonium , erba che provoca delirio, è chiamata ancora dal popolo "pane del diavolo " . O se l 'A tropa belladonna è indicata come "erba delle streghe " , conte­ nendo atropina che causa potenti allucinazioni . Né è un caso se il moderno Lsd si estrae dal fungo che infesta la segale, facendola divenire "cornuta" : come il diavolo . . . Tra le certezze raggiunte da­ gli storici, c'è che si verificarono davvero anche le "epidemie di indiavolamento " , le "stregonerie di massa" , determinate dal man­ giare pane di segale infestata. In questa prospettiva, si valutano meglio certe disposizioni, co­ me quella del Concilio regionale di Bourges, nella Francia Centra­ le, che nel 1 528 ordinò di perseguire i raccoglitori di erbe. O la di­ sposizione simile presa persino da san Francesco di Sales , prossi­ mo a quella Ginevra dove i seguaci di Calvino bruciarono oltre cin­ quecento "streghe" . Naturalmente, sarebbe razionalismo da illuministi ridurre a so­ la droga tutto il complesso, e più volte millenario , fenomeno "stre­ gonesco " . Ma è sicuro che la droga c' entra; e in modo massiccio. Gli imputati descrivevano cose che avevano davvero sperimenta­ to, seppure sotto l'azione narcotica . E i giudici non erano (o non erano solo) vittime delle loro ossessioni : in fondo , si trovavano ad affrontare lo stesso problema, la stessa "scimmia" , che devono fronteggiare, senza successo , le autorità attuali . Un po ' di giusti­ zia, dunque, anche per quegli "inquisitori" condannati sempre sen­ za appello . . .

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204. A futura memoria Qualche appunto

-

a futura memoria - tra i molti presi sulla

fo s sa aperta del comunismo . S i n dai suoi inizi , sin dal Manifesto del 1 848, il marxismo aveva

im posto un terrorismo anche linguistico : "progressista " era il co­ munista; "conservatore" , il non comunista. E guai a chi contestasse questo schema : era il cuore dell 'ideologia, l' arma psicologica della propaganda , la lavagna per dividere l'umanità, segnando "a sini­ s t r a " i buoni, "a destra" i cattivi . Arriva un Gorbaciov e la parola d' ordine si rovescia: " conser­ vatore" diventa colui che vuol restare fedele al comunismo; " pro­ gressista" è chi vuoi cancellarne persino il nome. " Di sinistra" , d i v en t a chi si rifiuta di andare ancora avanti sulla strada del " pro­ gresso " e cerca di tornare indietro , verso quel liberalismo che sino ad allora era " la destra" per antonomasia . E questo anche in Italia, paese del mondo occidentale con l'im­ barazzante primato del maggior partito comunista: il segretario Oc­ chetto presenta se stesso come "progressista" perché vuol gettare nel bidone della spazzatura della storia il nome stesso di comuni­ sta, le bandiere rosse, l' Inno dei Lavoratori , il partito-chiesa infal­ libile, la dittatura del proletariato, i sogni della radiosa società fu­ l ura. E chiama, polemicamente, "conservatori" quei suoi avver­ sari interni che in realtà di fendono ciò che dal 1 92 1 il " Glorioso Partito" presentava come l'essenza stessa del "progressismo " . In­ somma: stando al nuovo schema, " di sinistra" è chi vuol accetta­ re i valori , sin qui disprezzati e odiati , della liberai-democrazia bor­ ghese; "di destra" è divenuto di botto chi si ostina a parlare di proletariato e di lotta di classe. Tutto il contrario di prima. In realtà, cuore segreto del marxismo fu la menzogna. E, que­ s t a , inizia con la manipolazione delle parole, con il cinico svuota­ mento del significato autentico dei termini , per dare loro il signifi­ cato via via adatto allo schema . Si pensi agli aggettivi "democrati­ co" e " popolare" che quei regimi si erano dati . A proposito di quegli aggettivi , sarà bene prendere ora un altro appunto su ciò che non troveremo domani in tanti libri, anche di scu ola . Alle prime elezioni davvero libere in uno di quei Paesi, la Polonia, i comunisti hanno riportato meno del 5 per cento dei vo-

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ti . Dunque , la Repubblica Popolare di Polonia aveva governato per quarant'anni, gestendo un potere assoluto, contro il 95 per cento del popolo . Mentre si votava nella Polonia del generale "rosso" Jaruzelskij , si votava anche nel Cile del generale "nero " Augusto Ugarte Pi­ nochet . AI quale andava il 43 per cento dei voti ; e in alcune pro­ vince raggiungeva addirittura la maggioranza. Forse . solo quelli della mia generazione possono valutare questi dati: noi che sappiamo come - da quell 'autunno del 1 973 in cui fu rovesciato il governo di "Unità Popolare " di Salvador Allende - il regime di Pinochet sia stato presentato , da una propaganda ossessiva, capillare, quotidiana, come il simbolo stesso dell'anti­ democrazia, della spietata oppressione di tutto un popolo sotto il tallone di una casta militare. Gli "anni di piombo" trascorsero tutti sotto il mito del generale-diavolo di Santiago che, da solo, teneva a bada col terrore il l OO per cento dei cileni . Non era così , malgra­ do Pinochet (a quel che dicono) un tiranno lo fosse davvero : an­ dando a vedere che ne pensava di lui il popolo, otteneva quasi no­ ve volte il numero di suffragi del suo camerata polacco .

È comunque inutile opporre fatti e cifre a quell'uomo contem­ poran di tutto l 'Occidente « in una truffa che truccava da generosi­ t à ciò che non era che totalitarismo >> . E, ai clericali ' ' conniventi " , Lustiger ha lanciato i l monito: « Sarebbe saggio riflettere sulla no­ stra storia di questi anni ». Ma quanti , anche nella Chiesa, sono più i n grado di imparare dall'esperienza; sanno più dire : « Mi scu­ so, perdonatemi, ho sbagliato »? (Rivedendo questo frammento a distanza di qualche tempo, deb­ bo aggiungere una precisazione sconcertante: a tutti i vescovi di Francia, il cardinal Decourtray ha inviato poi una lettera di auto­ critica e di scuse , dove scrive tra l'altro : « Ho riconosciuto che il m io errore è stato parlare di questi problemi essendo troppo fret­ toloso per essere compreso e costruttivo . . . Senza dubbio non è op­ portuno usare senza sfumature l'espressione "intrinsecamente per­ verso " riferita al marxismo . . . Spero che questo incidente non lasci troppe tracce negative . . . ». Il cardinale riconosce che l' autocritica gli è stata chiesta « con vigore » dai preti e dai laici dell'Azione Cat­ t olica Operaia, molti dei quali iscritti al Pcf e non " pentiti " ) . -

205. America: "lingue tagliate " ? Co me esempio

particolarmente clamoroso e attuale della dimen­

tic anza {se non della manipolazione) della storia, come segno di u na verità oggi sempre più in pericolo, si pensi a quanto sta succe­ dendo in vista del l 992. In quell ' anno ricorreranno i 500 anni dal-

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lo sbarco di Cristoforo Colombo nelle Americhe . Ne parleremo a lungo più avanti (cfr. i frammenti dal 283 al 289) . Qui ci limitiamo ad esaminare un aspetto particolare di quella vicenda. Anticipiamo intanto che la scoperta, poi la conquista e infine la colonizzazione dell'America iberica - centrale e meridionale - hanno visto inscindibilmente legati il Trono e l'Altare , lo Sta­ to e la Chiesa. In effetti , sin dall' inizio (con Alessandro VI) la Santa Sede riconob be ai te di Spagna e di P ortogallo i diritti sulte nuove terre scoperte e da scoprire, in cambio del " Patronatot t : la monarchia, cioè, riconosceva che tra i suoi compiti primari c' era l ' evangelizzazione degli indigeni e si ass umeva l'organiz­ zazione e gli oneri della missione . Un sistema non privo di incon­ venienti perché, tra l' altro , in molte occasioni tolse libertà a Roma; ma che tuttavia si mostrò assai efficace , anche perché - almeno fino al Settecento, quando alle corti di Madrid e di Lisbona cominciarono ad avere influsso i " filosofi" illuministi, i ministri massoni - la monarchia prese assai sul serio la dif­ fusione del Vangelo . Le polemiche che sono già cominciate su quel passato coinvol­ gono dunque anche la Chiesa, visto lo stretto intreccio con lo Sta­ to , nell ' accusa di "genocidio culturale" . Il quale, come si sa, sem­ pre inizia con il "taglio della lingua" : e , cioè, con l'imposizione ai più deboli dell'idioma del conquistatore. Una simile accusa, però , stupisce chi conosca come davvero sia­ no andate le cose. A questo proposito ha scritto cose importanti quel grande storico (e filosofo della storia) che fu Arnold Toyn­ bee, insospettabile perché non cattolico . Osservava quel famoso studioso che , mirando al loro scopo sincero e disinteressato di con­ vertire gli indigeni al Vangelo (scopo per cui a migliaia diedero la vita, spesso nel martirio) , i missionari in tutto l' impero spagnolo (non solo in Centro e Sud America , ma anche nelle Filippine) in­ vece di pretendere e di aspettare che i nativi imparassero il casti­ gliano si misero a studiare le lingue degli evangelizzandi. E lo fecero con tanto vigore e tanta decisione che (è sempre Toyn­ bee che lo ricorda) diedero grammatiche, sintassi , trascrizioni a idio­ mi che spesso sino ad allora n o n avevano neppure una forma scrit­ ta. Nel più importante Vicereame , quello del Perù , nel 1 596, all'u­ niversità di Lima fu stabilita una cattedra di quechua, cioè la " li n458

franca" delle Ande , parlata dagli Incas . A partire all'incirca Ja q ue ll ' epoca, nessuno poteva ess ere ordinato sacerdote cattolico nel Vicereame se non dimostrava di ben conoscere quel quechua, e u i i religiosi diedero forma scritta. E ciò avvenne anche per i mol­ r i a l t ri linguaggi : il nahuatl, il guaran(, il tarasque . . . Questo , in accordo con quanto praticato non solo in America ma nel mondo intero, ovunque sia giunta la missione cattolica: al­ la q u ale ( d iv ersam ente, ad esempio . da quanto avvenne per la mis­ s i one anglicana, dura di ffonditrice del solo inglese) va il merito in­ d i scusso di avere fatto di innumerevoli , oscuri dialetti esotici delle l i ngue scritte, con tanto di grammatiche, dizionari , letteratura. Ul­ r imo esempio , il somalo che era solo parlato e che fu trasformato in lingua- scritta (ufficiale per il nuovo Stato dopo la decolonizza­ zione) dai francescani italiani . gua

Ma , ,dicevamo, sono cose che dovrebbero essere note a chi un poco conosca la storia di quelle parti (anche se ignote sembrano esserlo ai polemisti che cominciano a gridare in vista del '92) . Adesso , però , luce ulteriore l'ha gettata un docente universita­ rio spagnolo, membro dell'Accademia Reale della lingua , il p ro­ fcssor Gregorio Salvador. Il quale ha dimostrato che nel 1 596 i l Consiglio delle Indie (una sorta di ministero spagnolo delle colo­ n i e) proprio di fronte all' atteggiamento di rispetto dei missionari davanti alle lingue locali , chiese al l ' im pe rat ore di ordinare la ca­ tel/anizacion degli indigeni , cioè una politica tesa a imporre il ca­ -;tigliano . Quel Consejo de Indios sul piano amministrativo non ave­ va torto, visti gli inconvenienti nel cercare di governare un territo­ rio immenso frammentato in una serie di idiomi tra loro incom­ prensibili . Ma l'imperatore, che era Filippo Il, replicò con queste parole testuali : « Non sembra conveniente sforzarli ad abbando­ n are la loro lingua naturale, si dovranno solo apprestare maes t ri per coloro che, volontariamente, volessero apprendere il nostro idio­ ma >) , Il professor Salvador ha mostrato come, dietro a questa ri­ sposta imperiale , stessero appunto le pressioni dei religiosi che si o pponevano all' uniformità chiesta dai politici . Sta di fatto che , proprio a causa di quel freno ecclesiastico , ai pr imi dell ' Ottocento , quando cominciò il processo di distacco del­ l ' America spagnola dalla madrepatria, solo tre milioni di persone i n t utto il Continente parlavano abitualmente castigliano .

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Ed ecco qui la sorpresa del professar Salvador. "Sorpresa" , s 'in­ tende , solo per chi non conosca la politica di quella Rivoluzi one francese che tanto influsso (soprattutto attraverso le sette masso­ niche) esercitò sull ' America Latina: basta guardare le bandiere e i sigilli statali di quel Continente, tutti pieni di stel l e a cinque pun­ te, di triango l i , squadre, compassi. Fu infatti la Rivoluzione francese a impostare un piano sistema­ tico di estirpazione dei dialetti e delle lingue locali, considerati in­ compatibili con un' unità statale, con un 'uniformità amministrati­ va c he si opponevano , pure in questo, all'A ncien Régime, che era invece il regno delle autonomie anche culturali e non imponeva una "cultura di Stato " che strappasse la gente dalle sue radici per ren­ dere obbligatoria la prospettiva dei pol i tici e degli intellettuali del­ la capitale . In America Latina, furono dunque i rappresentanti delle nuove repubbliche - quasi tutte governate da uomini delle Logge - che, ispirandosi ai rivoluzionari francesi, si diedero alla lotta sistemati­ ca contro le lingue degli indios. Fu smantellato tutto il sistema di protezione degli i diomi precolombiani costruito dalla Chiesa. Gli in dios che non sapessero parlare il castigliano furono tagliati fuori da ogni relazione civile; neiJe scuole e nell'esercito fu imposta la lingua iberica . Così , osserva ironicamente Salvador, la conclusione paradossale è questa : il vero "imperialismo culturale" fu quello praticato dalla "cultura nuova" che sostituì queiJa della vecchia Spagna imperiale e cattolica. E, dunque, le accuse attuali di " genocidio culturale" ri­ volte alla Chiesa vanno in realtà rovesciate sugli "illuminati " .

206. Siccità in Nicaragua Davvero da leggere questo La conoscenza inu tile (edizione Lon­ ganesi) , con il quale Jean-François Revel - già direttore de l'Ex­ press, uno dei più autorevoli settimanali francesi - scaglia ciò che chiama « un sasso contro le menzogne dei giornali e delle televisio­ ni e le falsificazioni degli intellettuali » . Tra gli esempi di manipolazioni compiute dai "liberi" media del­ l'Occidente, Revel cita un caso di particolare attualità dopo la di­ sfatta elettorale del regime marxista di Managua.

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Se nt i amo: « All'inizio del 1 988, Daniel Ortega, presidente del go­ \ e rn o co munista del Nicaragua, fece un giro di propaganda e di re l az i o n i pubb l iche nell' Europa occidentale. La Svezia, in partico­

l a re , lo accolse calorosamente. In quel paese, egl i spi egò che il Ni­

ca rag ua soffriva di una carestia dovuta a una l unga siccità: fatto -:he spinse la Svezia ad aumentare i mm edi atamente il suo aiuto an­ n u ule a Ortega da 35 a 45 mil io ni di dollar i . Libera la Svezia di

all eggerire il conto di Mosca, sulla quale ricadeva il peso maggiore del mantenimento del regime nicaraguense, ma perché farlo ingoian­ do una controverità scientifica così flagrante? Chi unque abbia sog­ g i o rnato un poco in America centrale non può non stupi rsi di una �i m ile "lunga siccità" . Mi limito a ri copiare qui ciò che dice di que­ s t a r e g i one il Grande Dizionario Enciclopedico Larousse in dieci v o l u m i : "Cl i ma tropicale caldo e umido. La costa caribica, battu­ ta dagli alisei , ha un clima costantemente piovoso, mentre i b acini sotto vento e la costa pacifica sono meno piovosi e beneficiano di u n a stagione secca ben definita" . Ora: gli otto decimi del territo­ rio ni caraguense sono situati sul versante dei Caraibi, quello "co­ stantemente piovoso" . Il resto del paese vive in un cli ma caratte­ ri zzato da piogge tropicali a date e ore fisse. Le siccità impreviste sono un fenomeno del tutto sconosciuto in America centrale . Ar­ mato di questo testo, tele fonai a un vecchio amico svedese, un col­ lega direttore di un o dei più importanti quotidiani di Sto ccolma, per doman d argli come mai la stampa del suo paese non avesse fat­ Lo il suo lavoro, rettificando l'amabile facezia climatol ogi ca di Da­ nicl Ortega e se egli stesso, per aprire gli occhi dei suoi connazio­ nali, avesse dedicato alla c osa uno di quei brevi articoli pieni di buon senso per cui è famoso . " Lei è pazzo ! ' " , mi rispose , "Non ho nessuna voglia di farmi trattare da reazionario! " . Ecco come , in quella Svezia che assegna i Prem i Nobel per la sc ienza, il sandi­ nismo ha potuto impunemente prestare l' aridità del Sahel all'A­ merica centrale » . Per non fermarsi agli aneddoti e per andare alle radici, non sarà ma l e ri co r dare ch e la manipolazi one qu otidiana della verità che ci a ffligge su tutti i libri e giornali ha una data d'inizio: i l 1 754. In

quell ' anno, Jean-Jacques Rousseau pubblica il Discorso sull 'ori­

gine e ifondamenti dell'ineguaglianzajra gli uomini che avrà un'im­

POrtanza decisiva, lanciando alla grande, contro il presunto ' ' mi461

to" cristiano del peccato originale , il mito dell' uomo buono per natura, corrotto solo dalla cattiva organizzazione sociale. E, dun­ que, argomenta Rousseau, basteranno riforme ben congegnate o una rivoluzione ben studiata a tavolino, per fare della terra un pa­ radiso , il luogo della bontà universale . Tutte le illusioni, e conse­ guenti disillusioni quando non disastri dell ' èra moderna, iniziano da lì , da una terapia simile a quella del medico che pretendesse di guarire un tumor e degli organi interni spalmando sulla pelle una pomata . Il Discorso di Rousseau inizia con queste precise parole: « Co­ minci amo togliendo di torno tutti i fatti, perché non hanno nulla a che vedere con il nostro problema » ; perché , aggiunge, « Si deve operare solo con ragionamenti ipotetici o condizionali ». Parole agghiaccianti, per noi che ne abbiamo visto tutte le con­ seguenze: il rifiuto programmatico della realtà, la decisione di sprez­ zare ogni esperienza (il « togliere di torno tutti i fatti »), per affi-, darsi soltanto alla teoria ap rioristica : i « ragionamenti ipotetici o condi zi onali >> . È lo schema .previo che prevale sulla vita; è il trion­ fo dell' intellettu ale che nella sua stanza organizza il mondo , incu­ rante di come il mondo sia veramente. Da qui, l ' av vento dei philosophes i quali, dissertando nei salot­

ti, espongono i loro progetti di "società perfetta" che porteranno al Terrore del 1 793; da qui, le solitarie giornate di Marx nella sala di lettura della British Library o, nella stessa Londra e negli stessi anni , le elucubrazioni di Mazzini nella sua camera di scapolo; da qui il furioso scrivere di Lenin nell'appartamento d ' affit t o di Zu­ rigo o le concioni del giovane Hitler agli os pit i nel d o r m itorio dei poveri a Vienna; da qui i comunicati delirant i dai covi delle Briga­ te Rosse . Ma, da qui, anche un modo di pensare di ffuso a ogni livello e che rovescia quello tradizionale: il cosiddetto "ignoran­ te" , l' uomo del popolo , i l vecchio , saggio Bertoldo, partiva dal­ l 'esperienza, restava aderente ai fatti e cercava di trarne le conse­ guenze. Colui , invece, " che ha studiato" , che si dice "intellettua­ le" , parte da una teoria che gli sembra affascinante, razionale, e mette da parte i fatti che con quella teoria non c om bacino . Così, per stare all'esempio dato da Revel , che importa che in Ni­ caragua una siccità non possa verificarsi? Lo schema dice che la r i v ol uzione sociale dev� essere benefica per il popolo, deve portare 462

u n ' economia più giusta, razionale e, dunque, più prospera. Ma se si scopre che, messo in pratica, lo schema non funziona, che le cos e peggiorano sino alla catastrofe economica, ci si rifiuta di con­ fron tarsi con la realtà: la colpa deve essere non dello schema sbal­ lato ma del clima inclemente, del sabotaggio borghese, della catti­ veria del Nord opulento. Così il realista è tacciato di essere un reazionario , chi vuoi trarre lezione dall 'esperienza diventa un "fascista" . Così , il giornalista di Stoccolma (e tanti suoi colleghi nel mondo) rifiuta di fare il suo mestiere: cioè , stare ai fatti. a

207. Il collasso Occorrerà non dimenticare, soprattutto in futuro, che il comu­

nismo non è stato vinto dalla forza delle armi ma si è arreso "da solo " , per collasso spontaneo. In questi decenni , molti hanno ipo­ tizzato scrivendovi sopra libri di fantastoria - il passaggio dal­ la guerra fredda a quella calda: il terzo conflitto mondiale del XX secolo . La maggioranza di quegli scrittori descriveva la vittoria fi­ nale, pur a prezzo di inenarrabili sforzi e distruzioni, del cosiddet­ to "mondo libero" sul blocco delle potenze marxiste : queste, dun­ que, piegate dal cannone , così come avvenne per quelle fasciste. O come capitò, a partire dall' autunno del 1 8 1 3 , per l' impero na­ poleonico. Non è andata così : la bandiera rossa non è stata ammainata fa­ cendo salire sul pennone quella bianca, simbolo di resa, come con­ seguenza di una guerra. Questa non c'è stata, nemmeno sotto la forma economica . Non è un mistero , al contrario, che sotto le ap­ parenze dei "blocchi contrapposti " , sotto lo schema " Nato con­ t ro Patto di Varsavia" , c'era una realtà diversa, fatta di reciproci a ffari e, spesso, di aiuto , di puntellamento delle economie artifi­ ciose dell'Est da parte dell'opulento Occidente. Il business cominciò già con Lenin e la sua Nep, la " nuova poli­ t i ca economica" , e proseguì con Stalin: basti pensare, per fare un solo esempio , che società come Ford e Fiat sono presenti in Unio­ ne Sovietica sin dagli Anni Trenta. La guerra contro i nazisti fu vinta col sangue russo, ma con il denaro e le armi profusi senza ris parmio dall'America. Nel dopoguerra, i rapporti economici tra -

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Est ed Ovest ingigantirono , facendo la fortuna non solo degli in­ dustriali e dei commercianti , ma anche dei partiti comunisti del­ l ' Occidente: per restare all ' I talia, tutti sapevano (ma nessuno osa­ va dirlo apertamente) che somme enormi di denaro affluivano nel­ le casse del Pci , al quale era stato attribuito il ruolo di mediatore. Per ogni affare concluso dai " capitalisti" con i " dirigenti proleta­ ri " , quel partito italiano aveva diritto a una percentuale.

Dietro le esitazioni , i pudori , i ritardi dei comunisti dell 'Ovest nel procedere allo "strappo con l'Est " , non c'erano solo le nobili ragioni ideali presentate al popolo, ma anche ben concrete preoc­ cupazioni dei cassieri di partito . In Germania, la Ost-PoU/ik iniziata dai socialdemocratici consi­ steva nell' aiutare i regimi comunisti a sopravvivere con massicci aiuti : da decenni ormai il governo di Berlino Est dipendeva dalla bombola di ossigeno fornita da Bonn. Anche qui , c'è una notevo­ le dose di ipocrisia dietro le alate parole con cui la classe dirigente dell'Occidente ha celebrato quello che chiamano il « ritorno della democrazia all' Est » . In realtà, politici e affaristi non solo non si aspettavano il crollo , ma hanno fatto di tutto per scongiurarlo, per mantenere uno statu quo tranquillizzante e redditizio . La caduta del Muro e, in genere, della "cortina di ferro " è stata una grana imprevista. Pur in assenza non solo di una guerra con le armi , ma anche di un assedio economico, il comunismo "realizzato " , dopo settan­ t'anni di lacrime, di sangue , di sprechi immani di energie e di ri­ sorse ha dovuto gettare la spugna, riconoscendosi vinto , impossi­ bilitato a continuare . "Collasso interno" : questo il termine, preso dalla medicina, che i politologi (i quali, per altro , come tutti o quasi i sedicenti "esper­ ti " , avevano previsto con sicumera il contrario di ciò che è poi av­ venuto) hanno cominciato a usare per indicare quella resa . C'è forse, in questo, un segnale provvidenziale che - al solito

- rischiamo di non cogliere nella sua interezza. In effetti, se il co ­ munismo fosse stato vinto sul campo di battaglia, il fascino disa­ stroso di quell'utopia non solo sarebbe sopravvissuto ma, forse, sarebbe divenuto ancor più virulento . In tanti avrebbero continuato a inseguire la favola dei "buoni " , dei "puri " , degli "amici del po464

pol o " , dei " paladini della giustizia" costretti a cedere non per il fa ll i m ento del loro glorioso ideale, ma per la prepotenza della rea­ z i o ne, per la violenza di un bieco capitalismo.

U na sempiice battaglia perduta, in attesa di riprendere la guer­ e di vincerla, un giorno o l ' altro, perché (come diceva lo slogan dci marxisti centro e sudamericani, importato anche dai nostri cortei c h e per tanti anni lo scandirono) el pueblo un ido jamds sera venci­ dn . U n comunismo sbaragliato con la forza avrebbe conservato la �ua pretesa di essere una "scienza" , una previsione infallibile del­ la dialettica della storia umana e, dunque, destinata prima o poi a t rionfare. malgrado le precarie vittorie della contro-rivoluzione . E invece no : l ' utopia si è arresa per bancarotta; riconoscendo, per bocca dei suoi dirigenti stessi , di essere davvero ciò che il nome i n d ica, cioè qualcosa « che non sta in nessun luogo », che non è ri uscita ad avere diritto di cittadinanza in nessun posto del mon­ do, portando , ovunque abbia cercato di realizzarsi , non solo al­ l ' oppressione della libertà, non solo a un aumento dell'ingiustizia , ma anche alla paralisi in quel suo cuore che è l'economia. Ha fatto ben di peggio che perdere la guerra: ha perso la pace . « Essi esclamano e dicono: " È caduta, è caduta Babilonia ! Tut­ te le statue dei suoi dèi sono a terra, in frantumi ! " » (ls 2 1 ,9) . E ciò è avvenuto perché le mura della Babilonia del XX secolo sono cadute da sole, per difetto intrinseco , non perché abbiano dovuto cedere all' assalto dei nemici esterni. François Furet: « A differen­ za degli imperi di Napoleone e di Hitler, l' impero di Lenin si è di­ s fatto da solo . Il germe di morte era nella sua stessa logica interna, era stato deposto nella sua culla e ha rosicchiato impietosamente, per decenni , sino a svuotarlo, a farlo afflosciare malgrado l' appa­ renza di forza » . È anche s u questo che siamo chiamati a riflettere, per trarne lezione. ra ;

Ripesco, dagli scaffali della mia biblioteca, Stato e rivoluzione

È del 1 9 1 7 , l' anno stesso della presa del potere. Rileggo q uel famoso programma finale: « A ciascuno secondo i suoi biso­ gni, da ciascuno secondo le sue capacità » . Sotto il regime futuro, scrive testualmente Lenin , « gli uomini saranno talmente abituati a rispettare i princìpi fondamentali della vita sociale e il loro lavo­ ro sarà divenuto così produttivo , che essi lavoreranno liberamente di Lenin .

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e gioiosamente, senza che nessuno li inciti o li controlli, dando cia­ scuno il massimo di sé )) . Infatti, continua , « la fine dello sfrutta­ mento e la convinzione acquisita dali' operaio di non lavorare più per un padrone schiavista stimolerà lo zelo di tutti. Niente più mi­ seria : dunque, niente più delitti . E, alla fine, niente più bisogno di uno Stato o di un governo, bastando l'ideale a tenere concorde e pacifica la società » . C ' è si da ridere, m a i n fondo non c ' è da stupirsi: è da più di due­ mila anni , è da Platone stesso , che dei visionari intravvedono, nel loro delirio , questi "nuovi mondi" , questi paradisi in terra. Se, con Lenin , i deliramenta uscirono dal cassetto, lo si deve a un concor­ so di circostanze e all ' aiuto della Germania del Kaiser che sponso­ rizzò l'iniziativa, fornendo addirittura un treno speciale perché il ' 'rivoluzionario di professione' ' assestasse il colpo mortale alla Rus­ sia zarista in guerra con Berlino . C'è invece poco da ridere, e c'è molto da stupirsi , che non solo gli uomini del " mondo " (nel senso di Giovanni evangelista) ma an­ che tanti uomini di fede, tanti credenti in Cristo abbiano potuto pren­ dere sul serio, magari fiancheggiare convinti, simili fantasie grotte­ sche . Eppure, la Chiesa dovrebbe essere il luogo di chi (per dirla con Paolo VI) è > . I morti , dunque, ma non i vivi ! Inoltre , non rispon� de sempre a verità che gli elenchi siano esibiti a richiesta della ma� gistratura. Per avere quelli della P2 (Loggia coperta, ma, checché si sia tentato di dire, per niente creazione abusiva di Licio Gelli bensì organo regolare del Grande Oriente sin dalla fine dell'Ott� cento : e le tessere erano , tutte e sempre, firmate dal Gran M ae-' stro) occorse un blitz militare in una villa di Arezzo. Così , resta d'attualità la constatazione di Benj amin Disraeli, il figlio di ebrei ferraresi divenuto primo ministro inglese dal 1 874 al 1 8 80 : « I l mondo è governato da persone ben diverse da quelle immaginate da chi non conosce i retroscena » .

214. Don Camillo È successo anche di recente: quando, nella battaglia della audien­ ce televisiva, una rete vuoi tirare un colpo basso alle altre, ripro-. gramma il ciclo dei film di Don Camillo�Peppone . Parlo , soprat-' tutto, dei film della prima serie, quei bianco e nero dove il parroco ha la simpatica maschera cavallina di Fernandel e il sindaco il lar­ go volto padano di Gino Cervi, al comando entrambi di quel vec­ chio lupo della regia che fu J ulien Duvivier . Malgrado gli innumerevoli ' 'passaggi ' ' sul piccolo schermo, quei film - il primo è dell ' ormai remoto 1 95 1 - sono visti e rivisti co­ stantemente da vere folle, come dimostra l 'impiego in prima sera­ ta e in occasioni importanti da parte dei programmatori delle reti . U n fenomeno d i nostalgia, che coinvolge persone d i una certa età? Che non sia affatto così lo ha dimostrato nell 'estate del 1988 Tuttolibri, il settimanale culturale de La Stampa. Quel giornale ha organizzato un referendum tra i suoi lettori : si chiedeva quale, tra i personaggi dei romanzi (sia italiani che stranieri ) degli ultimi cen­ t ' anni , fosse per loro il più amato, il più detestato, il più riuscito. Hanno risposto in più di diecimila, da tutte le regioni italiane e da venti diversi Paesi del mondo : la percentuale maggiore, oltre i1 40 per cento , era di giovani al di sotto dei trent' anni , in gran part e laureati o diplomati . Ebbene , con sorpresa degli stessi organizzatori , è risultato che il personaggio letterario di gran lunga più amato è un prete . Un vecchio prete, per giunta, del tutto ignaro di sofisticate tecniche 482

p a s t or ali . Un parroco che (alla pari dello scrittore che lo ha crea­ t o ) ha fatto e fa saltare i nervi a tanti intellettuali " impegnati" l a ici ma anche cattolici - che hanno cercato di seppellire entram­ hi nel silenzio se non nel disprezzo.

Ma sì , è proprio lui il più amato da quei diecimila appassionati del la lettura : proprio il don Camillo di Giovannino Guareschi . Lo scrittore parmigiano è morto nell'estate del ' 68 ma di lui, nota Tut­ wlibri, « si dice sempre male negli ambienti "di sinistra" , è il solo a u t ore attorno al quale nessun critico "impegnato" oserebbe pro­ porre un revivah> . Eppure la gente , pur culturalmente attrezzata e giovane come i partecipanti al referendum, al solito non sa che farsene degli schematismi degli intellettuali e vota in modo plebi­ sci tario proprio per don Camillo . (Mettendolo , oltretutto, non so­ lo al primo posto tra i personaggi più amati ma al quinto posto - t.ra quaranta concorrenti - nella lista dei personaggi più riusci­ I i sul piano letterario). Tra l ' altro , viene qui confermato il buon fiuto di Angelo Ron­ c a l l i (della deformazione mitica del quale si sono impadroniti pro­ prio g l i avversari più aspri di un'idea di sacerdote "alla don Ca­ millo " ) , quel monsignor Roncalli il quale, nunzio apostolico a Pa­ rigi , era lettore talmente entusiasta di Guareschi che, ai suoi visita­ t ori , offriva le traduzioni francesi - best-se11ers anche da quelle part i , come in innumerevoli altri Paesi del mondo - dei libri dello scrittore emiliano . Divenuto poi papa, vo11e realizzare un progetto al quale pensava da tempo: cercò , cioè, di convincere Guareschi a scrivere ni e n t eme no che un catechismo . Egli , Giovanni XXIII , avrebbe messo a disposizione un gruppo di teologi , lo scrittore av rebbe tradotto i concetti degli esperti a modo suo, con que11a sua capacità di entrare in sintonia con la gente, di toccare i tasti pro­ fo n di quelli elementari e, dunque , veri , autenticamente umani . Guareschi , ironico verso tutti a cominciare da se stesso, si spa­ ventò della proposta papale: gli sembrava eccessiva per lui , credente, b uon cattolico seppure con libertà "emiliana" , ma consapevole dei suoi limiti . Papa Giovanni se ne rammaricò molto , ma aveva mo­ s t rato di vedere giusto se ancor oggi proprio una maggioranza di giovani si sente in sintonia - tra tutti i protagonisti della lettera­ t u ra mondiale - con la figura di prete (e, dunque, con l 'immagine di Chiesa) schizzata da Guareschi . ,

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C'è da riflettere . Don Camillo è un parroco che non crede per niente ai " dialoghi " e ai "confronti " ; e che - in nome, prima ancora che della sua fede, del buon senso e di una umanità cui re­ sta attaccato - se la ride di quel comunismo che proprio in quegli anni andavano scoprendo , reverenti e intimiditi, tanti altri uomi­ ni, e ben più autorevoli , di canoniche e di sagrestie . Questo prete, sui comunisti di fresca conversione che lo circon­ dano (non si dimentichi che il fascismo era nato tra Emilia e Ro­ magna e che qui aveva avuto i suoi seguaci più convinti, spesso a livello di massa: in pochi anni , negli stessi uomini , ci fu il pas­ saggio dal nero al rosso), su quei comunisti , dunque, diceva cose e verso di loro assumeva atteggiamenti che scandalizzarono tanti e che provocarono una messa all'indice di Guareschi , disprezzato come "anticomunista viscerale " , "bieco reazionario " , uomo roz­ zo e anacronistico , incapace di capire e cogliere le "nuove sfide" lanciate da un marxismo visto come giovinezza e futuro . Lo stesso mondo cattolico si servì, nell ' ora del bisogno , di lui che, per le decisive elezioni del 1 948, scese in campo a fianco della dc e della sua propaganda. E con tale efficacia che anche chi qui scrive, dopo tanti anni , non dimentica il manifesto firmato da Gua­ reschi e che, bambino di sette anni , vide su tutti i muri prima di quello storico 1 8 aprile. « Mamma, va tagli contro anche per mel » gridava, appeso ai reticolati vigilati da un sovietico con stella ros­ sa e parabellum, lo scheletro, rivestito di pochi stracci , di uno de­ gli 80.000 prigionieri italiani che i russi non restituirono e dei qua­ li, anzi , fecero perdere ogni traccia, rifiutando ai parenti ogni notizia. Poi , i rapporti tra Guareschi e certo mondo cattolico si guasta­ rono , anche perché ci si cominciò a vergognare di un' anticomuni­ sta così poco rispettoso di un' ideologia come quella comunista che si voleva invece prendere radicalmente sul serio , considerandola la realizzazione di molte istanze evangeliche. Ma la ruota della storia gira. E , rileggendo oggi quei libri o rive­ dendo quei film, ci si rende conto che don Camillo aveva ragione: e meno male che Peppone e i suoi sono morti, sennò , oggi, do­ vrebbero anch'essi constatare, magari con disperazione - alla pa­ ri di tanti altri vecchi militanti - di aver buttato via la vita per ideali , simboli , nomi dei quali non si vuole sapere più nulla nean·

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c h e in quel loro Vaticano che era il palazzo di via delle Botteghe Oscure. Con il suo roccioso buon senso , con la sua ironia, con i l s uo bonario compatimento, quel vecchio parroco " reazionario" l o si riscopre oggi come un profeta: avessero dato retta a lui, tanti n on av rebbero sprecato la loro vita combattendo per un " radioso a vvenire" che - per fortuna di quegli stessi "combattenti" - non è

m ai

giunto . Con il suo istinto di prete-contadino, don Camillo sapeva, ben p r i m a di revisioni, svolte, autoscioglimento di partiti comunisti, che quella ideologia è pericolosa perché artificiosa, perché la sua idea di uomo non è quella giusta, perché i suoi ideali sembrano i più nobili ma non sono in realtà in grado di appagare i bisogni del cuore. Il suo scontro con Peppone non è motivato , al fondo , da ragioni politiche e tanto meno partitiche , ma dal rispetto dell ' uomo . I n effetti, tutti quelli del paese, comunisti compresi, sanno co­ me questo prete, che sembra di parte, in realtà, nel momento del

bisogno, sappia rivelarsi quello che è davvero: l' uomo di Dio . Cioè, di t utti , al di là degli schieramenti provvisori e velenosi della poli­ t i c a . E tutti - magari di nascosto - ricorrono a lui per segnare i momenti fondamentali (il nascere, lo sposarsi, il morire) della vi­ ta o per trovare conforto quando la vita stessa riserva una di quel­ le du re svolte in cui la politica e l 'ideologia a nulla servono per aiu­ tare e consolare.

215. Ipotesi sull 'arte Quanto è costata una cattedrale gotica? La risposta è difficile, come per tutte quelle domande che attengono ai prezzi e ai costi di epoche diverse dalla nostra. Un prezzo , in effetti, non è un va­ lore assoluto, ma è relativo a tutta una serie di variabili , a comin­ ciare dal costo della vita. Qualcuno, comunque, ha cercato di rispondere a quella doman­ da per Notre Dame di Parigi . Poiché una cattedrale era opera col­ lettiv a per eccellenza e parte della manovalanza era gratuita, costi­ t uita da volontari che lavoravano amore Dei; poiché parte del ma­ t eriale da costruzione era donato dai Signori del luogo (avvenne anche a Milano , con le cave di marmo di Candoglia, regalate dai 485

Visconti alla Fabbrica del Duomo); poiché le autorità rinunciava­ no a tasse, dazi , gabelle ; poiché, queste, erano dunque le condi­ zioni , anche se il personale di cantiere non era affatto malpagato pare che non si raggiungessero costi astronomici . Per Notre Da­ me, stando agli storici che hanno tentato il calcolo , si dovrebbe essere al di sotto dei cento miliardi di lire attuali. Molto meno, cioè, di quanto non sia costato costruire o ricostruire un solo stadio per i campionati mondiali di calcio. Soprattutto, un'intera cattedrale medievale tra le più grandi e ricche, è costata poco più di quanto non costi oggi un solo quadro di Vincent V an Gogh , di cui è in corso in Olanda la grande mostra per i cent ' anni dalla morte. Si sa che l' artista olandese, delle oltre mille opere che dipinse, riuscì, in vita, a venderne una sola. Di recente, uno dei suoi po­ chissimi dipinti ancora sul mercato e non "catturati " da musei pub­ blici, è stato aggiudicato all' asta per oltre 70 miliardi . Una cifra che tutti dicono sarà ampiamente superata quando sarà messo in vendita un altro quadro del quale si favoleggia. Simili somme, or­ mai al di fuori delle possibilità di un privato, sono sborsate da ban­ che e assicurazioni che ne11' opera d • arte non vedono che un inve­ stimento: le tele, in effetti, non sono "godute" , esponendole alla vista, ma celate nei forzieri corazzati . In tutto questo c'è davvero il segno di una distorsione impres­ sionante, come di un impazzimento di valori : per quale logica un solo quadro dovrebbe costare quanto un' intera cattedrale medie­ vale? E che significato ha ormai l'arte per una società che , dopo averla così pazzescamente pagata, la nasconde in cassaforte? Quale che sia stato il loro costo, è certo che le cattedrali non fu­

rono mai "bianche" , come vuole una convinzione assai diffusa, provocata dalla frase del cronista medievale, secondo il quale, con l ' anno Mille , tutta l' Europa « si ricoprì di un bianco mantello di chiese ». Quell' a/bus non significa "bianco" , ma "splendente" , bril­ lante di colori. In effetti, quelle enormi costruzioni che noi vedia­ mo nel grigio della nuda pietra erano interamente dipinte sia all'e­ sterno che all'interno . Forse nessuna epoca fu colorata come il Medio Evo , in nessuna èra si amò la luce come in quelli che, paradossalmente, vennero chiamati "secoli bui" . 486

R égine Pernoud, la famosa medievista: « Vi sono epoche pro­ pen s e alle chiese buie, pensando che l' oscurità favorisca il racco­ !.! l i mento . Ma il Medio Evo amava la luce: la sua grande preoccu­ p a z i o ne è stata quella di avere santuari sempre più luminosi, e si p uò dire che tutte le scoperte della tecnica architettonica furono t e se a procurare maggiori spazi liberi nella costruzione, perché le i m mense vetrate potessero lasciar passare sempre più sole e illumi­ n are sempre meglio lo splendore delle celebrazioni religiose. A Beau­ \ a i s , ad esempio, la pietra serve s Ò lo a connettere le parti costitui­ le da vetrate, con una leggerezza stupefacente, perfino eccessiva, poiché l ' edificio non poté mai essere continuato al di là del t r ansetto » .

La luce che si fa colore è , nella prospettiva religiosa del Medio E v o, segno del Dio di salvezza, simbolo della vita portata dal Cri­ s t o . Dagli abiti alle facciate di chiese e case sino agli stendardi e alle miniature dei libri , quei secoli sono squillanti di colori in un m odo per noi quasi inconcepibile. " Per noi " , dico , perché le epo­ che successive - che ci hanno formati e deformati - hanno rifiu­ tato quella esplosione di luce . Lo spartiacque è costituito dalla Ri­ forma protestante la quale non fu soltanto "iconoclastica" , fu an­ che "cromoclastica" . Nella sua lotta alle immagini religiose, pas­ sò la calce sulle cattedrali, cancellando gli affreschi e le decorazio­ ni che tutte le coprivano e le vivificavano. Nelle vesti liturgiche e negli abiti ecclesiastici - ma anche in quelli civili, come segno di austerità - impose il nero , considerando le tinte diverse come un segno della dissolutezza e del paganesimo "papisti " . Da coloratis­ sima che era, quando la christianitas era cattolica, l' Europa prote­ st ante assunse quel grigiore che ancora, in molti modi , la carat­ teriz za. il secolo in cui ci si distacca dal cristianesimo o riformato che sia - ebbe quella che uno storico del­ l' arte ha chiamato « una vera avversione per il colore » . Volendo scavalcare all ' indietro i secoli "cristiani" per ricongiungersi con l 'antichità pagana , prese a modello il bianco dei templi greci e ro­ mani (ignorando, tra l ' altro, che anch' essi erano stati tutti dipinti , al la pari delle cattedrali medievali). Il secolo dell'Illuminismo è an­ che quello in cui, in Francia come in Germania, si distruggono le v et rate policrome delle cattedrali per sostituirle con vetri bianchi . Il Settecento ,

-

cattolico

487

Ancor peggio andò nell'Ottocento liberale e massonico, il seco­ lo in cui solo il nero è il colore "serio " , tinta obbligatoria degli abiti di società come delle divise degli impiegati dello stato e degli addetti ai servizi pubblici . Del resto, sino a tempi recenti , un' auto di un colore che non fosse il nero o il grigio scuro o un abito ma­ schile colorato erano considerati frivolezze inaccettabili . Per giudicare un'epoca, occorre riflettere anche su questi aspet­ ti nei quali, inconsciamente , si rivelano le tendenze profonde. Non è dunque irrilevante che il cosiddetto "buio" Medio Evo tanto amasse la luce e il colore; e che proprio le culture successive, che si definirono " illuminate , , abbiano cercato in ogni modo di spe­ gnere la luce di quell ' esplosione cromatica. Dicono gli storici che ogni cultura, spinta inevitabilmente dalle

credenze religiose che la informano e sostengono , genera o un' arte "statica" o un' arte "dinamica" . "Statica" è, ad esempio, l'arte assiro-babilonese od egizia , mentre " dinamiche, sono quelle in­ diana o azteca. " Statico" è anche il cristianesimo orientale, bizan­ tino. Mentre, stando agli stessi storici , un unicum è costituito dal cristianesimo occidentale, cattolico . Il quale ha creato capolavori " statici " con il romanico, e poi " dinamici" con il gotico e, so­ prattutto, il barocco . È una capacità del tutto singolare di esprimere arte, superando quello che ovunque altrove è un " destino" dal quale non si esce, legato com 'è alle tendenze profonde . Riflettendo ancora sull ' arte, ecco René Huyghe, Conservatore del Louvre, uno dei critici e degli storici più autorevoli nel suo cam­ po: « L 'arte musulmana, all ' interno delle sue frontiere, per altro così vaste , moltiplicò i successi e anche i capolavori . Ma non pro ­ vocò una trasformazione radicale delle forme e delle idee. Essa ri­ prese e adattò le une e le altre , diede loro nuovo lustro , ma nella storia umana dell' arte non riuscì a introdurre un elemento creato­ re o rivoluzionario, capace di modificare profondamente il suo cam­ mino . Come invece - e, per giunta, ripetutamente, in più forme ed epoche e stili, tutti diversi eppure unitari - riuscì a fare il cri­ stianesimo . Il quale, sul piano artistico, fu la più feconda e rivolu­ zionaria delle culture umane » . Del resto, poiché l' espressione artistica è spia infallibile e impla488

ca b i l e della verità e della vitalità di un progetto di società e di un u o m o , già da decenni il marxismo rivelava - ad occhi attenti r u t t a la s u a miseria profonda . Era la sua infecondità art i stica, la s u a c ap a cità di esprimere solo accademismo burocratico , che mo­ -. r r a v a

di

che specie fosse un albero tenuto in piedi solo con violen­

z e e m e n zogne .

2 1 6. Donne al comando Ro berto di Arbrissel e il suo ordine di Fontevrault : due nomi che non si incontrano nel libro della teologa tedesca, sedicente " cat­ t o l ica " , che è tra i best-seller anche italiani . È quel libro cui già

accennammo e che (con toni furibondi - « gonfi di odio » , per dirla con i l s o ciologo Francesco Alberoni - i quali hanno cre ato imba­ razzo persino nei contestatori professionisti) gira tutto attorno a u n a monomania dell' autrice : il ruolo nefasto che, dagli inizi sino ad oggi , i1 cristianesimo - in particolare quello cattolico - avrebbe a v u t o per la sessualità e soprattutto per le donne , che proprio per i l loro sesso sarebbero state sempre relegate a ruoli inferiori e di­ sp rezzati .

Ma c'è un' altra donna di oggi che non si stanca di dire che, su 4 u esti temi , « certuni e certune ripetono un sacco di saccenti idio­ zie >) ; e che, forte delle sue ricerche, ammonisce: « Le donne di og­ g i , fe m ministe comprese, hanno ancora parecchio da fare prima di raggi unger e il livello di prestigio e di influenza che ebbero nel Medio Evo cattolico >> . Aggiungendo : « Quelle che credono che quei secoli

di fede siano un passato da cui liberarsi non sanno che, in

realtà, s ono un futuro ideale al quale mirare » .

Questa donna è Régine Pernoud, Conservatrice degli Archivi Na­ di Francia nonché prestigioso docente universitario di sto­ ria medieval e . Una studiosa che, con coraggiosa determinazione, v uole mostrare, documenti alla mano, l'inconsistenza di slogan co­ me qu e11i della sua collega tedesca . Dice la Pernoud: « Quando vo­ gli o mettere in difficoltà chi si ostina a sostenere che, per noi don­ n e , la s t or ia della Chiesa sarebbe stata solo sangue e lacrime, mi bas ta fare il nome del beato Roberto di Arbrissel e del suo ordine

zio nali

" misto " » . In e ffetti ,

non a caso, nel libro della "teologa" della Germania, 489

non c ' è traccia di quel fenomeno imponente dei " monasteri do p­ pi" che i nizia già nel VI secolo e giunge sino alla Rivoluzione fran­ cese (la quale, tra l ' altro , porterà a quel codice napoleonico ch e, per dirla con la Pernoud, « è uno dei peggiori regressi per le don­ ne, non più padrone nemmeno dei l oro beni e sottomesse al mari­ t o , al padre, ai fratelli in un modo inconcepibile per i secoli " cri­ stiani " .

È

la borghesia agnos tica, atea, massonica nata dalla Ri­

voluzione, non certo la spiritualità cattolica , che creerà la mistica sospetta dell' angelo del focolare »).

Nei "monasteri doppi " - formati, cioè , da religiosi e religiose ­ a capo di tutti c ' era quasi sempre una donna , la badessa, equiparata nella pratica - per onori e influenza - a un vescovo . In questa scelta, ci si appoggiava al Vangelo: Gesù affidò la Madre a Giovanni e questi si mise al suo servizio . Si argomentava inoltre che, se solo maschi era­ no presenti all ' istituzione dell ' eucaristia, solo femmine erano pre­ sent i alle prime apparizioni del Risort o .

E almeno una donna, Ma­

ria , era tra coloro che a Pentecoste ricevettero lo Spirito . Questa corrente religiosa (ignorata oggi dagli storici "a tesi " , ma imponente per numero di monasteri e di religiosi di entrambi i sessi) raggiunse uno dei suoi culmini con q uel beato che la Pernoud ama citare alle femministe ignare. Roberto di Arbrissel (l 045- 1 1 l 6) fu uno spettacolare convertitore di masse che, ascoltatolo , lo seguivano pe­

nitenti. « È soprattutto tra le donne che riscuoteva un incredibile suc­ cesso » nota la severa

Bibliotheca Sanctorum.

Sull 'esempio di Gesù , al suo seguito procedeva una provocato­ ria turba femminile, fatta di aristocratiche e di prostitute, di con­ tadine e di principesse, di vedove e di vergini , persino di lebbrose. Il beato, poi , era così poco " sessuofobo" da mettere a prova la sua virtù vivendo in mezzo a loro giorno e notte. Ma a migliaia accorrevano anche gli uomini . Così , il predicatore fu costretto a fermarsi nella foresta di Fontevrault , nell' Ovest della Francia. Le prime capanne si trasformarono presto in monasteri e la folla fu solidamente s trutturata in un Ordine - ispirato alla regola bene­ dettina - maschile e femminile .

A

capo di tutt i , una donna.

Come ripeteva il beato Roberto, « i monaci devono essere sotto­ messi alla badessa come Giovanni fu sottomesso alla Sant a Vergi­ ne » . Non solo : stabilì che quella badessa fosse scelta non tra le ver-

490

!! i n i ma tra le vedove poiché, avendo conosciuto la vita e il sesso , le

; iudicava più atte a guidare gli altri . Egli stesso visse sottomesso alla Badessa Generale che aveva su tutti autorità sia spirituale che materia­ le e che , dunque, accettava novizi e novizie, sceglieva quelli destina­ li al sacerdozio, espelleva gli indegni, amministrava i beni comuni . Si

ta

disilluda chi pensasse a una gerarchia ecclesiastica intervenu­

p er fare cessare lo " scandalo " : seppur spinta qui agli estremi,

l a preminenza delle monache sui monaci non era certo una novità n ella Chiesa e, se qualche vescovo si preoccupò, non così i papi, i q ua li approvarono e protessero l' ordine di Fontevrault che giun­

a d avere oltre 50 priorati in Europa con migliaia di uomini e donne che l' abbadessa sorvegliava con suoi visitatori di fiducia. Alla morte di Roberto, la Chiesa approvò che fosse venerato dal popolo come "beato" . Tutta P attività dei religiosi era quella di veri e p ro pri servitori delle religiose : amministrazione dei sacramenti , l avoro nei campi , compiti di fatica, spesso difesa dall'assalto di pre­ doni o eretici . Per giunta, come riferisce uno storico, « gli uomini , per morti ficazione ascetica del loro sesso, vivevano sì separati ma al contempo esposti a una vicinanza e a una vista femminili per­ manenti » . Né le cose presero una brutta piega, visto che solo do­ po ben sette secoli di vita prestigiosa (che convinse tra l' altro i re di Francia a mandare in quelle case le proprie figlie) l'Ordine fu di sperso: ma non da papi o vescovi "misogini" , bensì dagli "illu­ minati" della Rivoluzione francese. Nella storia della Chiesa non si trova alcuna proibizione per gli "or­ d i ni misti " e i "monasteri doppi " , malgrado i timori di alcuni au­ mentassero a mano a mano che ci si allontanava dal Medio Evo feu­ dale e comunale, epoca sessualmente assai meno "complessata" della società borghese post-cristiana di Otto e Novecento. Ma, ancora nel­ l ' a utunno del Medio Evo , nel Trecento, ecco quell' altra straordina­ ria figura che è santa Brigida di Svezia, fondatrice anch' essa di co­ munità miste dove l 'auctoritas effettiva era attribuita a una priora. se

2 1 7. Appello a Pietro Rivedo in tv dopo averlo visto al cinema, a suo tempo - il Don Bosco del regista Leandro Castellani. È il film girato in occa­ sione del centenario della morte del santo, nel 1 988. -

49 1

Tre anni prima, att raverso l ' amico don Francesco Meotto - l ' in­ di ment icato d iret t ore editoriale della Sei i su periori della Socie­ -

tà salesiana avevano ch iest o anche a me un ' ' proget t o di sceneg­ giar u ra " , u n ' idea su come dare, in poco più di un ' ora e mezzo , il senso di una delle vite più st raordinari e . Stesi alcune cartelle nel­ l e q uali , suggerendo di non legare assieme una serie di aneddoti, di · ' fioret t i ' ' per quanto pittoreschi e avvincent i , pur non rinun­ ciando alle esigenze dello spettacolo si cercasse di dare il senso com­ plessivo, il valore unificante dell' azione di quell ' uomo eccezionale. N on è qui il caso di di re come cercassi di i ndividuare , in concre­ t o , le li nee portanti di una possibile sceneggiatura . Anche perché

di quel testo mi è restata la copia, ma non seppi mai che fine aves­ se fatto l ' originale richiestom i , ignorando se e chi l ' avesse letto e m agari vagliato .

E

fu bene cos ì , vista la mia totale inesperienza di

testi per il cinem a , le cui esigenze sono ben diverse da q uelle dell 'e­ ditoria . Tra l ' altro, si lesse sui giornali che don Bosco stesso avrebbe da­ to una sorta di imprimatur alla sceneggiatura di Ennio De Conci� n i : il quale , agnostico e all ' oscuro sino ad allora della vita del san­ to , aveva accettato senza entusiasmo un lavoro che, a un certo pun­ to, decise di abbandonare. Ma (come raccontò in molte interviste), la notte prima della sua rinuncia u fficiale don Bosco gli apparve in sogno , dicendogli di essere contento di quanto aveva fatto sino a quel momento ed esortandolo a continuare . Con un tipo come quel prete, non c ' è da stupi rsi di nulla . . .

Nel film, si accenna tra l ' altro al fatto (autentico) che, bocciato a Torino, il progetto religioso di don Bosco fu approvato a Roma. Si sa bene come monsignor Lorenzo Gastaldi (malgrado fosse sta­ to nominato arcivescovo della diocesi subalpina per raccomanda­ zione del sant o : ma, secondo alcun i , proprio per questo . . . ) , fece guerra implacabile alla nascente Società salesiana , tanto che don Bosco arrivò a dire che quella persecuzione del suo Pastore era per l ui « come una pugnalata al cuore » . Ma si sa anche che l ' osti lità locale fu superata e alla fine vinta grazie al l ' amicizia, alla stima, alla fiducia che i l papa , Pio

IX,

nutriva per il prete piemontese .

La situazione, del resto , non è inedita: anzi , è una sorta di co� stante nella storia delle congregazioni , degli ordi ni religiosi e, in genere , di qualunque nuova iniziativa nella Chiesa . Quasi sempre

492

l e di fficoltà maggiori vengono i ncontrate a livello di Chiesa locale e

t rovano sol uzione positiva a livello di Chiesa universale. È, cioè,

il papa che spesso vede meglio e più lontano dei vescovi, che pure

hanno conoscenza di retta delle situazioni in discussione . Senza la possibilità di un decisivo appello a Roma - se, cioè, il p roget to di don Bosco fosse dipeso unicamente dall' arcivescovo t ori nese - probabilmente non avremmo avuto la Società salesia­ n a , almeno nelle forme e nei modi che conosciamo e che mostra­ rono così straordinaria fecondità. Ma il discorso vale per moltissi­ me altre fondazioni religiose: quasi che anche nei fondatori tro­ v a sse appli cazione l' ammonimento di Gesù , il nemo propheta in r'arria sua. È una costante della storia cattolica che non va ignorata nell'at­ l ll a l e dibattito , spesso così acceso , sui rapporti tra centro e peri fe­ r i a , rra vescovi e papa, tra diocesi e Roma . La necessaria autono­ mia, il legittimo pluralismo, l' attribuzione di maggiori prerogative agl i episcopati locali non devono far dimenticare quella " funzione di Pietro " , quel "carisma aposto1ico " che tante volte ha favorito se non salvato l'emergere e il dispiegarsi delle energie creative del­ la Chiesa. Chi conosce la storia sa che questa smentisce il pregiudizio per cui l' istituzione romana sarebbe sempre e necessariamente miope, angusta, soffocante, e che nuova vita si sprigionerebbe quanto più la Chiesa fosse decentrata. Casi come quello di don Bosco mostrano che questa prospettiva va addirittura rovesciata : la Chiesa locale può intralciare la vita reli giosa, mentre la Chiesa universale la può favorire. Come sempre, è con l 'esperienza concreta non con gli schemi teo­ rici (anche se dall' apparenza affascinante e convincente) che il cri­ sti ano è chiamato a misurarsi .

218. Pedagogie Dire don Bosco vuoi dire pedagogia, istruzione dei giovani in una prospettiva cristiana . P er molti era " cristiana" (anzi , la quintessenza del Vangelo au­ t e n tico) anche l' educazione che si dava ai giovani nel Nicaragua

493

sandinista. Il sandinismo, ha detto qualcuno , era contrassegnato dalla ricetta: marxismo + clericalismo, come mostra con chiarez� za il numero dei preti che l' appoggiavano . Ebbene: i testi scolastici , imposti dal governo di Managua a tut­ ti gli studenti , erano stampati nella Germania orientale. Nei silla­ bari , per imparare ad esempio la lettera "g" , le esemplificazioni erano di questo tipo : « guadagnamo la guerra » , « agguerrito ». Nei testi di aritmetica, per le addizioni le figure mostravano bombe a mano e mortai da contare; le moltiplicazioni prendevano come esempio i proiettili contenuti nei caricatori dei mitra ; le divisioni erano basate sul numero di soldati sandinisti in un plotone o in una brigata. Era un regime esaltato da molta di quella pedagogia occidentale che grida allo scandalo se a un bambino si regala un 'arma gio­ �attolo .

2 1 9. Un 'orchestra È stato notato - come altra " costante" storica - che il cristia­ no investito di una missione, che si senta spinto a rispondere a nuovi bisogni , a tentare nuove forme di vita ispirate al Vangelo, nel cat­ tolicesimo crea un movimento, un ordine, una congregazione reli­ giosa; nel protestantesimo crea un'altra Chiesa, una nuova setta. Il continuo, impressionante frazionamento di ciò che è nato dalla Riforma del XVI secolo nasce proprio da questa dinamica. Il fondatore cattolico trova quasi costantemente delle difficoltà iniziali a far capire, a far accettare il suo progetto daWistituzione ecclesiale . Ma questa - spesso con quell 'appello ad Petri sedem di cui dicevamo - se il prog.e tto è valido , prima o poi finisce per fargli posto , per inquadrarlo organicamente nel tessuto cattoli co , per riconoscerlo come strumento legittimo nell'orchestra nella Chie­ sa. Non così nelle Chiese nate dalla Riforma le quali , partite in no­ me della libertà del cristiano , divennero presto strutture monoliti­ che, dogmatiche, non solo sul piano religioso ma anche sul piano politico, per l ' autorità data ai prìncipi terreni . Istituzioni rigide, incapaci di far posto al nuovo che, in effetti, per manifestarsi deve uscire dai confini e creare una nuova Chiesa, spesso in concorren­ za se non in polemica con quella di origine . 494

G l i Stati Uniti ne sono una prova eloquente . Le prime colonie d e l l a sponda atlantica dell' America furono popolate da cristiani · · no n conformisti " , che fuggivano cioè la dura ortodossia e la fer­ rt'a

organizzazione della Chiesa di Stato anglicana. I leader di quei

� r u p pi , se cattolici, avrebbero trovato inquadramento ecclesiale c reando movimenti , ordini, congregazioni con una integrazione or­ g a n ica del loro carisma. M a è proprio questa integrazione che sem­ bra impraticabile per l 'ecclesiologia riformata. In effetti, i fuggia­ �ch i in America finirono per creare anch 'essi Chiese monolitiche co m e quelle dalle quali erano fuggiti . E i nuovi " non conformi­ q i " dovettero distaccarsi e mettere su casa per conto proprio . E così via, sino alle oltre 6.000 "denominazioni " protestanti degli S t ati Uniti . Dunque , qui come altrove, la doverosa prospettiva ecumenica n o n deve ignorare la realtà come emerge dall' esperienza della sto­ r i a : pur semper reformanda, solo la Chiesa cattolica ha mostrato u n a capacità costante di integrazione di vocazioni le più diverse ; )Ì è rivelata l 'humus per fare alla fi ne fecondare - pur in mezzo a iniziali incomprensioni se non persecuzioni da parte di uomini di Chiesa stessi - i semi cristiani più disparati; ha permesso che i fondatori e i loro discepoli suonassero la loro parte di sinfonia nella stessa orchestra.

120. Le ostie di Siena Nel giorno che la Chiesa dedica al " Corpo del Signore" , a quel mistero della fede che è la Presenza Reale nell'eucaristia, è oppor­ tuno non dimenticare Siena. Opportuno soprattutto in tempi come questi , quando certi sa­ pienti, nella Chiesa stessa, si piegano al mondo e tentano di rende­ re " ragionevole" , a misura delle piccole categorie umane, quello scandalo che è la fede eucaristica cattolica nella sua interezza . Ec­ co, dunque, tentativi insistiti per "spiritualizzare" , magari per ri­ durre a "simbolo" il credere (divenuto ormai intollerabile per cer­ ta teologia) nella sconvolgente "materialità" del pane e del vino consacrati. Una tendenza denunciata sin dal 1 965 da Paolo VI , quando già c'erano sintomi di certe " riletture" riduttive del dog­ ma della Presenza Reale. 495

Diceva, dunque, papa Montini al Congresso Eucaristico di Pi­ sa: « Così è. Ripetiamo: noi sappiamo di enunciare un mistero. Ma così è: Cristo realmente presente nel sacramento eucaristico . Di­ ciamo questo anche per dissipare incertezze sorte ora dal tentativo di dare interpretazioni elusive alla dottrina tradizionale e autore­ vole della Chiesa . Cristo vivo e celato nel segno sacramentale è real­ mente presente. Non è parola vana, non è suggestione superstizio­ sa o fantasia mitica: è verità, non meno reale, sebbene collocata su un piano diverso , di quelle che noi tutti, educati dalla cultura moderna, andiamo esplorando e affermando circa le cose che ci circondano e che, conosciute, danno il senso delle verità sicure, po­ sitive: le verità scientifiche » . Per ribadire quelle sue parole , Paolo V I rinviava a uno sconvol­ gente "segno" concreto: quello di Siena. Così, del resto, farà an­ che Giovanni P aolo II che a Siena si recherà, devoto pellegrino, nel 1 980 per celebrare i 250 anni di quello stesso " segno " e ingi­ nocchiarvisi davanti, in raccolta adorazione. Molti avranno già intuito a quale " segno" alludiamo. Altri , probabilmente, no, visto l' oblio che sembra coprire realtà che un tempo furono conosciute da tutti i credenti . Motivo in più per rinfrescarci la memoria, ricordando quel prodigio in terra to­ scana che il grande scrittore danese convertito dal luteranesimo al cattolicesimo, Johannes Joergensen, celebre biografo - tra l'al­ tro - di Francesco d' Assisi , definì (( una delle più grandi meravi­ glie di Cristo sulla Terra >> . Tutto comincia il 1 4 agosto 1 730, quando l adri restati per sem­ pre ignoti rubano nella chiesa di San Francesco a Siena, officiata dai Minori Conventuali , una pisside contenente 3 5 1 ostie consa­ crate . Scoperto il furto , lo sgomento è tale che la città, con deci­ sione quasi senza precedenti , decide di sospendere persino l ' ama­ tissimo Palio dell'Assunta. Tre giorni dopo, il 1 7 agosto, nella cas­ setta per le elemosine della Collegiata di S. Maria in Provenzano, poco distante dalla basilica del furto, l e particole vengono tutte ri­ trovate. Riportate con solenne processione nella chiesa da dove erano state asportate , non vennero consumate - come pure prescriveva il di­ ritto canonico - perché i fedeli espressero il desiderio di adorarle a fini riparatori ; ma, pare , anche perché - essendo state introdot496

te in una cassetta che si apriva una sola volta all' anno e piena, dun­ que, di polvere e di ragnatele - ragioni igieniche sconsigliavano di comunicarsi con esse, malgrado i tentativi di ripulirle. Sta di fatto che, col passare del tempo, vennero in qualche mo­ do "dimenticate" e solo quasi cinquant'anni dopo si scoprì che era­ no rimaste assolutamente intatte sin dall' aspetto, non avendo nem­ meno assunto una colorazione diversa da quando erano state fab­ bricate (impiegando, tra l ' altro , un ferro particolare che prova che le ostie in questione sono proprio quelle rubate nel 1 730). Dal furto, comunque, sono passati, a tutt'oggi, 29 1 an ni e le par­ ticole sono ancora - fresche come all 'inizio - nell' artistica pissi­ de della basilica di San Francesco in Siena. Da 35 1 che erano si sono ridotte a 223 ; ma non perché quelle che mancano siano state distrutte dal tempo ma perché, fra le tante "prove" eseguite, ci fu anche il comunicare con esse delle persone che ne saggiassero il gusto . Che è risultato, esso pure, non alterato . Ovviamente, non ci si è limitati a questo tipo di esperimento prag­

matico . Tra l' altro , nel 1 9 14, a cura di un chimico universitario stimatissimo, il professor Siro Grimaldi , si procedette a una serie di analisi e di esami con i mezzi messi a disposizione dalla scienza. La quale, in questo genere di esperimenti , non è molto mutata da allora, visto che ciò che c'era da determinare era molto semplice : le ostie erano della consueta farina azzima di frumento? avevano subito qualche alterazione? Nella sua relazione Grimaldi scriveva di avere trovato le parti­ cole, dopo i 1 84 anni trascorsi allora, « lucide e lisce, con bordi netti, non sfrangiati né smussati . Prive di tarli , di acari , di ragna­ tele, di muffe e di qualsiasi altro parassita animale e vegetale pro­ pri di quella farina di frumento con cui sono composte. Eppure, nulla di più fragile e di suscettibile di alterazioni di tenui ostie di pane azzimo . Per loro natura sono indiscutibilmente il massimo dell 'alterabilità. La farina di grano è il miglior terreno di coltura dei microorganismi , dei parassiti animali e vegetali, della fermen­ tazione lattica e putrida » . Continuava lo specialista: « Le p artico­ le di Siena sono pertanto in perfetto stato di conservazione, con­ tro ogni legge fisica e chimica e nonostante le condizioni del tutto sfavorevoli in cui si sono venute a trovare . Un fenomeno assoluta­ mente anormale: le leggi deJla natura si sono invertite. Il vetro del497

la pi sside in cui sono conservate è d i ventato sede di muffe, mentre la deperibilissima farina si è rivelata più refrat taria del crist allo » . Stando, in effetti, non solo alla scienza di tutti i chimici, ma anche all'esperienza concreta (più volte si fecero , a Siena, con­ troprove, mettendo in un recipiente accanto alle ostie prodigiose altre non consacrate e appena fatte : in breve furono tutte alte­ rate e poi sbriciolate dal tempo) , stando , dunque, a scienza ed esperienza, già dopo sei mesi la farina azzima si rovina grave­ mente e, nel giro massimo di un paio d'anni, si riduce a poltiglia e poi a polvere . Per le ostie di Siena, il tempo non ha provo­ cato neppure un ingiallimento, malgrado nulla mai sia stato mes­ so in opera per assicurare una custodia protetta dagli agenti at­ mosferici o dai germi ulteriori portati dal toccarle infinite volte con le mani . Non è dunque a caso se tutti coloro che si sono seriamente in­ formati sull' evento - e tra essi molti Papi, ma anche molti scien­ ziati - non hanno esitato a parlare di (< evidente prodigio ». Quel­ lo di Siena è un unicum straordinario, pur tra i numerosi miracoli eucaristici avvenuti nei secoli. Un caso di conservazione della ma­ teria che sfida ogni legge naturale; segno , dunque, di quella tra­ sformazione della materia in cui la fede crede , malgrado sfidi an­ ch 'essa ogni scienza. Se davvero , come molti dicono, ciò che oggi minaccia con parti­ colare vigore il cattolicesimo è il nemico di sempre, lo spirituali­ smo gnostico (la fede ridotta a sapienza, simbolo , norma etica di­ sincarnata), sbaglieremmo a trascurare il miracolo di Siena. Pro­ prio ora ci è più necessario, per recuperare la dimensione sanamente "materialista" di un Vangelo che non annuncia la salvezza delle anime ma dell'uomo tutto intero , corpo e anima. Di questa scan­ dalosa "materialità" , la materia incorrotta dopo quasi tre secoli delle 223 ostie può darci esperienza tangibile , concreta.

221. Intellettuali e beghine Spunti da non perdere, nella lettura dei giornali. Ricorrendo l'an­ niversario del 1 8 aprile del 1 948, Massimo Borghesi scrive: « Non certo all' Italia degli intellettuali , bensì a quella umile e contadina ,

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a l l ' It alia derisa delle processioni e delle "m a donne pellegrine" si de ve la conservazione della libertà e della democrazia » . I n effetti, prima di quelle elezioni decisive, di quel l a scelta tra d·emocrazia e totalitarismo rosso, la maggior parte dell' intellighenzia � i �chierò con il Fronte P opo la r e, l'unione di comunisti e di socia­ l i sTi . Per fortuna, quelle voci "prestigiose" non giunsero all' Italia pro fo n d a , all ' I talia delle mille associazioni cattoliche , delle decine di m i g li a i a di parrocchie, all' Itali a delle suore, all' Italia, appunto, d erisa, quella « delle processioni e delle madonne pellegrine ». Fu q u esta I tali a che , guidata dalla Chiesa, nel segreto dell'urna assi­ cu rò l a libertà per tutti : anche per g l i intellettuali " laici" e " de­ m ocratici" i quali, se in questi decenni hanno potuto fare e dire q uel che gl i pareva , è proprio agli spregiati " devoti" che lo devono . Erano bravissimi, quei colti , nel respingere con fastidio le predi­ che d el vecchio parroco e nel pretendere che, di prediche, si ascol­ t assero solo le loro, così "moderne" , così "intelligenti" . Già: ma se la gente li avesse presi sul serio, se davvero si fosse raccolta sot­ t o il loro pulpito, quel che ci aspettava era la sorte della Romania o della Bulgaria; o, nel caso migliore, della Jugoslavia. Il sussiego ,

quando non il disprezzo, con cui quei signori hanno guardato in questi decenni a una Italia " clericale" da cui volevano liberarci, va m i s u rato con questa consapevolezza che non deve abbandonar­ c i : furono i " semplici " a vedere giusto; e furono - come sempre - gli intellettuali a non capire niente. Non sta già scritto da qual­ che parte, nel Vangelo? Interessante, comunque, quanto rivelato da Giulio Andreotti nel suo libro su De Gas peri: « Tra le centinaia di intellettuali firmatari d e l l ' appell o per il voto ai socialcomunisti ve ne erano molti che il Ministero fascista della Cultura Popolare aveva regolarmente e lar­ gamente sovvenzionati, facendo rilasciare loro compromettenti ri­ cevute conservate in apposito archivio . De G asperi rifiutò secca­ mente il consiglio di rendere no t i questi elenchi e mi dette ordine di farli custodire in modo che nessuno potesse accedervi . Ricordo le s u e parole : "Mettere in luce queste miserie getterebbe un' ombra su tutta la cultura italiana" » .

U n rifiuto , dunque, dettato d a comprensione cristiana per le de­ e da pietas di patriota. A tanta nobiltà fa riscontro quella di almeno un "laico" , Benedetto Croce che, dopo il 1 8 aprile, bolezze al trui

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farà tacere l' anticlericalismo liberale: « Beneditele, quelle beghine di cui ridete, perché senza di esse voi , oggi , non sareste liberi ».

222. Sartre Prototipo s tesso dell' intellettuale . . profeta" , del pensatore co­ · me . . nuovo sacerdote" è stato Jean-Paul Sartre, di cui ricorre u decimo anniversario della morte . Anche qui , sentiamo un brano tratto da un giornale, da un articolo di François Fejto : « Rileggen­ do i testi politici di Sartre alla luce di ciò che oggi sappiamo , di ciò che anche allora si sarebbe potuto sapere, si resta sbalorditi, nauseati, ci si vergogna di essere degli intellettuali. Per fare un esem­ pio , nel 1 954, dopo un viaggio in Russia, troviamo, in una serie di articoli per Libération , frasi come queste : "In Urss la libertà di c ritica è totale " ; " La c ondi zione dei cittadini sovietici è in co­ stante miglioramento in una società che continua a progredire" ; ' ' Il cittadino sovietico vive in un sistema competitivo a tutti i livel­ li, ma l'interesse del singolo e quello della collettività gli appaiono coincidenti " ; "Oggi , nell ' Urss, l'emancipazione delle donne è to­ tale " ; "L'appartenenza alla classe dirigente, qui, non è una sine cura, perché essa è sottoposta alla critica permanente di tutti i cit­ tadini " . Insomma, " l ' U rss marcia verso il futuro" . E così via, in decine e decine di pagine . E nel 1 954. Un anno dopo la mort e di Stalin , due anni prima delle rivelazioni ufficiali sui suoi crimini » . Come ricorda un altro scrittore, Paul Johnson, le molte cose che Sartre disse e scrisse sulla Russia « sono da annoverare tra le più abiette descrizioni dello Stato sovietico . Sartre dichiarò tra l 'altro che, se i cittadini sovietici non andavano all 'este ro, non era perché il governo lo impedisse, ma perché non provavano alcun desiderio di lasciare il loro meraviglioso Paese ». D' altro canto, tout se tient: Sartre aveva definito il marxismo come « un orizzonte insuperabile ». Come, cioè , il limite estremo del pensiero razionale, al di là del quale non c' era che il balbettio, la regressione nell 'irrazionale. Oltre il marx i s mo niente, essendo questo la verità assoluta. « Quest ' uomo - ricorda ancora François Fejtò - si è sempre, si­ stematicamente sbagliato » . Eppure, per decenni e da milioni di gio500

\ a n i , fu visto come il maestro infallibile. Anche molti uomini di Chie­ �a rresero

terribilmente sul serio quell ' "esistenzialismo" sartriano ,

L' l) Il i l suo ateismo, che a un certo punto sembrò diventare una sorta d i c u l t u ra egemone: e, dunque, come sempre avviene per ogni mo­

da . t ra gli inginocchiati davanti al nuovo idolo ci furono non pochi

cler icali . Qualcuno, addirittura, gettò la tonaca alle ortiche per se­ g u i re la parola di quel povero "maestro" che (come ricorda la sua b i ografa Annie Cohen-Solal), per dire e scrivere menzogne o sem­ p l icemente idiozie, anche se magari in buona fede, aveva bisogno di " u na dose giornaliera di stimolanti così composta: due pacchetti di .; i g a rette forti; diverse pipe di tabacco scuro ; un litro di superalcoli­ c i ; d u ece n t o milligrammi di anfetamine; quindici grammi di aspiri­ n a ; parecchi grammi di barbiturici; caffè e tè a volontà » .

223. Pulpiti Gli intellettuali, di cui Sartre fu l ' esemplare massimo , nelle loro accuse al la Chiesa hanno sempre messo ai primi posti (già ne par­

lammo, e più volte), la sua presunta indi fferenza verso la sorte de­ gli ebrei sotto il nazismo. Facevano gli indignati con i cattolici , oc­ cu ltando accuratamente cose come quelJe di cui parla P israeliano V i t torio Segre dopo la caduta del muro di Berlino: « La Germania comunista non ha mai voluto ammettere alcuna responsabilità per il genocidio ebraico , mai ha voluto accettare contatti con Israele, m a i ha accettato di pagare riparazioni (come ha fatto invece la Ger­ m ania federale) agli scampati dai capi di sterminio, mai ha epura­ m i crimi.n ali nazisti dalle sue istituzioni e sempre ha collaborato con i Paesi arabi nella lotta contro lo Stato di Israele » . Dunque, al periodico ritorno d i accuse che girino attorno al pro­ blema ebraico , sarà bene individuare da che pulpito provengano . Perché la maggioranza di quei pulpiti non è affatto credibile.

224. L 'anima delle donne Ma. insomma: le donne sono "persone" a pieno titolo, alla pari dell'uomo? oppure, come gli animali, hanno un corpo mortale ma non un' anima immortale?

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Prima di decidersi ad ammettere che l'anima ce l' hanno anche le femmine, la Chiesa ha esitato per secoli , ha convocato concili , ha permesso scontri di teologi . Alla fine ha dovuto arrendersi , ma riluttante e magari con qualche dubbio sempre risorgente. Cosi si legge in libri di scuola o in articoli da terza pagina di gior­ nale o si sente da chi la saprebbe lunga sull 'oscurantismo catt oli­ co. Di recente , alla tv di Stato, una " specialista" , all 'ennesimo di­ battito sulla parità dei sessi , ha fatto correre nelle schiene dei nuo­ vi benpensanti fremiti di indignazione , rivelando: « È solo nel XV secolo che la Chiesa ha ammesso che la donna ha un' anima come quella dell' uomo ! » . Ascoltando, h o sorriso, ben sapendo il livello medio d i conoscen­ za storica di simili " esperte" . Ma non ho sorriso , ho sobbalzato, prima sorpreso e poi un po' avvilito, consultando - lo faccio spesso - le duemila pagine, nell 'edizione del 1 978, de La civiltà del Me­ dioevo europeo . Opera assai pregiata, e giustamente, a livello in­ ternazionale, scritta da quel medievista insigne che è Paolo Brezzi. Il quale è a tutti noto come studioso di esplicito orientamento cri­ stiano ; e, proprio come " cattolico" , è stato eletto al Senato per due legislature nelle liste comuniste, in compagnia di altri "credenti del dissenso " . Ho sobbalzato , dicevo , leggendo a pag . 482 del pri­ mo volume: « Il famoso concilio di Macon, che discusse se la don­ n a ha l'anima, non è un caso isolato o assurdo , anche se la decisio­ ne fu favorevole alle donne, in base alla considerazione che Cristo era il figlio di una donna (ecco, ancora una volta, il segno della maternità che riscatta e nobilita la femmina e le ottiene un ricono­ scimento nell' ambito della società) » . da rattristarsi se una delle più plateali menzogne ela­ borate nel Settecento dalla propaganda illuminista lascia il segno, due secoli dopo , nelle pagine di uno specialista non solo illustre ma anche di riconosciuta fede cristiana, quali che siano le sue di­ scutibili scelte politiche. Il povero sottoscritto che, dopo la laurea, non ha più frequentato aule universitarie e di nulla è " professo­ re' ' , pur a disagio è costretto allora a ricordare al cattedratico insi­ gne (e ai tanti che ripetono le stesse cose) come andò davvero. E in modo certo, non smentibile . A M acon, nella Francia centrale, si tenne nell 'anno 5 8 5 non un "concilio" ma un secondo sinodo provinciale. Ne possediamo gli C'è davvero

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al l i , ma invano vi cercheremmo discussioni sull ' anima, tanto me­ n o su quella femminile . Né vi è traccia di simili discussioni mai, n é p rima né dopo , in nessun documento della Chiesa ufficiale.

Questo in realtà avvenne : a quel sinodo partecipò anche il ve­

�co vo di Tours, il futuro san Gregorio, il quale, al libro ottavo della

Historia Francorum, ci lasciò la descrizione dei lavori . In una pa usa, come per distrarsi dalle ardue discussioni teologiche, un ve­ �covo pose ai confratelli una sorta di quiz filologico: il termine la­ t i no homo, può essere usato nel senso allargato di " persona uma­ n a " , comprendente dunque entrambi i sessi , o è da intendersi nel s e n so ristretto di vir, di maschio? Si noti che il problema è ritorna­ to d ' attualità: negli Stati Uniti, ad esempio , se si intende alludere a entrambi i sessi , ora non si usa più man ma sempre perso n . (Se, n egli States, vi capita di partecipare a un congresso, e se non vole­ te essere aggredito come "sessista" e "sciovinista maschilista" , guardatevi dal chiamare il ' 'presidente' ' o ' 'moderatore' ' chairman : secondo il vocabolario " non discriminante" ora si dice chair­ person . . . ). sua

al cronista Gregorio di Tours, questi ci narra che, per rispondere al quiz del confratello, gli altri vescovi lo rinviaro­ no unanimi alla traduzione latina della Genesi, secondo cui Dio c reò l 'essere umano (homo) come maschio e femmina; e, inoltre, alla definizione di Gesù come " figlio dell 'uomo" (filius hominis) , benché egli fosse " figlio della Vergine " , dunque di una donna. Una curiosità linguistica, dunque, per un momento di relax tra quei vescovi, non certo una disputa teologica. Ché, se per caso ta­ le fosse stata, allora sì sarebbe stata davvero "isolata e assurda" , cioè il contrario esatto di quanto scrive il professor Brezzi . Per­ ché, come ricorda un suo collega medievista: « Per secoli , dunque, si sarebbero battezzati, confessati, ammessi all'eucaristia degli es­ seri sprovvisti d' anima? Ma allora, perché non fare altrettanto con gli animali? Strano che i primi martiri onorati come santi siano don­ ne e non uomini : sant 'Agnese , santa Cecilia, sant 'Agata e tante alt re . Triste davvero che santa Blandina e santa Genoveffa fossero prive di un' anima immortale! » . Ritornando

S i noti che buona parte delle moltissime martiri dei primi secoli , su bito venerate dalla comunità cristiana come sante, appartengo503

no alla categoria delle ' ' vergini' ' : riesce dunque ancor più incom� prensibile il commento del Brezzi , per il quale solo « la maternità {per la Chiesa) riscatta e nobilita la femmina e le ottiene un rico� noscimento nell 'ambito della società » . Nella cerchia degli enciclopedisti settecenteschi, qualcuno pensò di strumentalizzare in funzione anticristiana (« Schiacciate l'Infa­ me ! ») l' aneddoto di Gregorio di Tours, fidando sul fatto che ben pochi avrebbero mai letto i dieci libri della quasi introvabile Bi­ storia Francorum . Calcolo esatto perché, da allora sino ad oggi, la menzogna di un apposito concilio per stabilire se le donne avessero un'anima è passata da un autore all ' altro, senza veri fica né discussione; ed è stata poi rilanciata alla grande nei nostri anni dal pressappochi­ smo pseudofemminista, spesso gestito da maschi . Passi per questi; ma non per gli studi seri e in vario modo preziosi di specialisti co­ me il cattolico P aolo Brezzi .

225. Jus primae noctis « J us primae noctis : di fronte a certe interpretazioni aberranti, basate su giochi di parole e delle quali questo presunto . . diritto" è un esempio clamoroso , c'è da domandarsi se il Medio Evo non sia stato vittima di un vero e proprio complotto di storici ». Così scrive - in un suo dizionarietto sui luoghi comuni (e quasi sempre falsi) relativi all'Età di Mezzo - Régine Pernoud. In realtà, è indubbio che un "complotto " c'è stato, nel senso almeno di presentare sotto la luce più sfavorevole possibile un pe­ riodo aborrito sia dagli illuministi, in quanto contrassegnato dalle "tenebre della superstizione religiosa" e non dalla Ragione; sia dai protestanti , che vi scorgevano l'epoca del trionfo di una Chiesa cat­ tolica in cui identificavano l 'Anticristo stesso . Per fermarci , stavolta, su uno degli aspetti più singolari di quel­ la diffamazione: in che cosa consistette veramente quello jus pri­ mae noctis, quel " diritto della prima notte" , che moltissimi sono ancor oggi convinti fosse in vigore nell'Europa "cristiana' ' ? Con l' appoggio magari dei manuali leggiucchiati a scuola, si crede che consistesse nella facoltà del feudatario di "iniziare" , la notte stes ­ sa del matrimonio, le giovani che si sposavano nei territori nei quali

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l.· ra signore . I poveri villani , i miseri servi della gleba, avrebbero d u n que dovuto sottostare all 'estrema umiliazione di accompagna­ re al castello la sposina perché, sino al mattino seguente, conoscesse i l letto del lubrico padrone. Non mancano romanzi popolari - ma, ahimè, anche testi co­ � i d dctti "storici " - in cui si fa credere che l'uso di un tale diritto rosse preteso persino dai vescovi, quando ad essi appartenevano le terre. In ogni caso , anche se la "consumazione " del matrimo­ nio altrui era perpetrata da un feudatario laico, la Chiesa - che p u r aveva il potere di impedire lo scempio - non si sarebbe oppo­ qa o avrebbe tollerato, complice.

Tutto questo è completamente falso , almeno per quanto riguar­ da la christianitas dell ' Europa occidentale, cattolica. Precisiamo

· ' occidentale" perché in quella orientale, di tradizione greco-slava ( anche se, va detto con chiarezza, con l' opposizione decisa ma im­ potente della Chiesa ortodossa) pare che sino al XVII secolo i grandi latifondisti abbiano preteso davvero dai loro servi un simile "di­ ritto " . Il quale era riconosciuto anche alle caste sacerdotali di al­ c u n e religioni non cristiane; vigeva, inoltre, presso certe tribù afri­ cane e, soprattutto, nell' America precolombiana. Quello jus ses­ suale fu praticato anche dal clero buddista di zone asiatiche come la Birmania . Non ce ne è invece nessuna traccia per quanto riguar­ da l' Europa cattolica. Ma, allora, come ha potuto sorgere una leggenda ancora oggi tenacemente creduta? Per capire, dobbiamo ricordare che cosa fosse un cosiddetto "ser­ vo della gleba" : l'espressione è spesso pronunciata con orrore, quasi sì trattasse del proseguimento della schiavitù antica. Non è affatto così : i "servi della gleba" erano contadini che ottenevano in con­ cessione da un signore, da un feudatario, un appezzamento di ter­ reno sufficiente per il mantenimento loro e delle loro famiglie. L 'uso del suolo era compensato dal contadino con una quota sul raccol­ to, talvolta con un pagamento in denaro e con prestazioni varie s ulle altre terre del signore (le celebri corvées, spesso però - mal­ grado la diffamazione che ne farà la propaganda rivoluzionaria di carattere sociale, a beneficio di tutti , come la costruzione e la manutenzione di ponti e strade e la bonifica di terreni paludosi) . Come dice ancora la Pernoud : « I l termine "servo" è stato spes-

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so frainteso, poiché si è confusa la servitù del Medio E vo con la schiavitù che fu il fondamento delle società antiche e di cui non si trova nessuna traccia nella società medievale . La condizio­ ne del servo è completamente diversa da quella dell 'antico schia­ vo: lo schiavo è un oggetto, non una persona; è sotto la potestà assoluta del padrone che ha su di lui diritto di vita e di morte; gli è preclusa ogni attività personale; non ha famiglia, né sposa, né beni >> . Continua la studiosa francese: « Il servo medievale è una per so­ na, non un oggetto : ha una famiglia, una casa, dei campi e quan­ do ha pagato ciò che egli deve non ha più obblighi verso il signo­ re. Egli non è sottomesso a un padrone, è vincolato a una terra: il che non è affatto una servitù personale, ma una servitù reale. L 'unica restrizione alla sua libertà è che non può lasciare la terra che coltiva. Ma, è da notare, questa limitazione non è priva di vantaggi poiché, se non può lasciare il fondo che ha in godimen­ to, questo non gli può neppure essere tolto . I l contadino delPEu­ ropa occidentale di oggi deve la sua prosperità proprio al fatto che i suoi antenati erano "servi della gleba" : nessuna istituzione ha contribuito tanto alla fortuna, per esempio, degli agricoltori francesi . Tenuto per secoli sullo stesso fondo, senza responsabili­ tà civili , senza quegli obblighi militari che le campagne conobbe­ ro per la prima volta con le leve di massa imposte dalla Rivolu­ zione, il contadino francese è diventato il vero padrone della ter­ ra . Solo la servitù medievale poteva realizzare un vincolo così in­ timo deWuomo con la campagna, fare dell' antico servo il padro­ ne del suolo. Se la situazione del contadino nell 'Europa orientale è rimasta tanto miserevole, è proprio perché non vi fu il vincolo protettore della servitù: il piccolo proprietario, abbandonato a se stesso. responsabile della sua terra che non poteva difendere, co­ nobbe le peggi ori vessazioni che facilitarono la costituzione di im­ mensi latifondi >> . Sono spunti che, tra l ' altro , dovrebbero indurre a una maggiore prudenza coloro i quali, in base a schemi ideologici o alla sugge­ stione delle parole (servus glebae, feudo, feudatario . . . ) non colgo­ no il volto positivo di istituzioni tanto poco aborrite dagli interes­ sati che si veri ficarono sì rivolte dei servi della gleba ma quando, su istigazione della monarchia, si impose di affrancarli . . . 506

È proprio da questo radicamento, socialmente benefico , sul suo­

l o , c h e nasce il preteso jus primae noctis. All'inizio del feudalesi­ mo, al contadino era vietato contrarre matrimonio al di fuori del fe udo perché ciò causava un indebolimento demografico in zone e in tempi in cui il problema era la mancanza di popolazione . Per­

nou d : « Ma la Chiesa non smise di protestare contro questa viola­ zione dei diritti familiari che, infatti, dal X secolo in avanti andò attenuandosi . Si stabilì in sua vece l 'usanza di reclamare un'inden­ n i t à pecuniaria dal servo che lasciasse il feudo per sposarsi in un al t ro . Nacque così lo jus primae noctis sul quale si sono dette tante � c i occhezze : ma era soltanto il diritto ad autorizzare il matrimonio fuori dal feudo dei contadini . Siccome nel Medio Evo tutto si tra­ d u ceva in una cerimonia , tale diritto diede luogo a gesti simbolici come, ad esempio , posare una mano o una gamba sul letto coniu­ gale, con impiego di particolari termini giuridici che hanno susci­ t ato maliziose o astiose interpretazioni , completamente erronee » . Niente a che vedere, insomma, con u n preteso "diritto" a spul­ zellare la villanella. E niente a che fare, a maggior ragione, con l a completa licenza sessuale che, nell' antichità pagana, il padrone aveva su schiavi e schiave, visti come puri e semplici oggetti o di la voro o di piacere. Per cui, secondo la battuta veritiera di uno storico : « La servitù della gleba medievale ha suscitato vive proteste: ma quelle dei ser­ vi stessi quando li si è voluti "liberare" , esponendoli così alla per­ dit a di sicurezza di un terreno da coltivare per loro e per i loro di­ scendenti ; mettendoli in balìa, senza più la di fesa degli armati del signore, delle incursioni dei predoni ; facendoli cadere nelle mani dei ricchi latifondisti e degli strozzini; esponendoli al servizio mili­ t are e agli agenti del fisco dell ' autorità statale » .

226. Waldheim Le carmelitane polacche causa di sdegno perché colpevoli di vo ler pregare per tutti , ma troppo vicino ad Auschwitz - stanno facendo fagotto e, in silenzio come sempre, abbandonano il loro monastero, dove volevano essere segno di pace e di riconciliazione . Intanto, a Gerusalemme, presunti estremisti ebraici occupano con la v iolenza edifici cristiani , a pochi passi dal Santo Sepolcro, e le -

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comunità cristiane, per una volta unite, chiudono i Luoghi Santi per protestare contro una situazione da tempo insostenibile . D ic o "presunti estremisti " perché, come- le stesse autorità hanno dovu­ to confessare dopo aver a lungo negato , dietro quell' azione ci s o no precise istigazioni e responsabilità del governo di Israele. Come non bastasse, la stampa ebraica locale intensifica gli at­ tacchi contro Giovanni Paolo II perché di recente ha ricevuto il leader palestinese Arafat . Del resto , era bastato che il 22 ot tobre scorso il papa, in un saluto domenicale in piazza San Pietro , espri­ messe la sua solidarietà per i palestinesi, perché Maariv, uno dei quotidiani israeliani di più vasta diffusione, scrivesse , testualmen­ te: « Questo papa si distingue come uno dei peggiori nella storia moderna della Chiesa per quanto riguarda la questione ebraica. Solo Pio XI I , col suo arrendevole silenzio davanti alle atrocità naziste, è peggiore di quest'uomo che è giunto dalla Polonia, dove ha pro­ vato e visto tante scelleratezze senza però trame alcun insegnamen­ to » . Continua il quotidiano israeliano: « Questo papa è l' unico fra tutti i leader del mondo civile che abbia dato la sua benedizione al presidente austriaco Kurt Waldheim dopo che tutti avevano ma­ nifestato riserve per la nomina di un nazista a questa carica ». ­

Malgrado Giovanni Paolo II moltiplichi i gesti non solo di at­ tenzione e di rispetto ma anche di autentico affetto verso l'ebrai:­ smo, gli è costantemente rivolta anche questa accusa di avere rice­ vuto (e, tra l'altro , doverosamente, in quanto capo liberamente elet­ to di un libero Stato democratico, per giunta di antica tradizione cat­ tolica come l' Austria, e cattolico praticante in proprio) Kurt Wald­ heim, l'ex segretario generale dell ' Onu, oggetto di una violentissi­ ma campagna stampa mondiale per impedire che diventasse presi­ dente della repubblica austriaca. Succede però un fatto singolare : i giornali hanno molto parlato, nei mesi scorsi, de Il padrone in redazione, l' ultimo libro di Gior­ gio Bocca . Ma, curiosamente, nessuno sembra avere rilevato i fat­ ti inquietanti che il famoso giornalista espone nel capitolo che ha intitolato " La disinformazia" . Sarà bene precisare , vista la diffi­ denza che sempre circonda chi affronta certi temi, che Bocca è in questo al di sopra di ogni sospetto : comandante partigiano, addi� rittura medaglia d' argento per la sua attività nella Resistenza, fu tra i fondatori di "Giustizia e Libertà" (l'organizzazione del Par-

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r i to d' Azione, noto per il suo rigoroso antifascismo nonché laici­

smo), ed è opinionista di giornali come L 'Espresso e tra gli inizia­ r ari del quotidiano la Repubblica, nonché autore di libri storici as­ -� ai polemici contro ogni sentore di fascismo. Ebbene, questo campione del giornalismo " laico e democrati­ co " scrive in questo suo ultimo libro : « C 'è un' indifferenza alla menzogna che è ormai entrata nel circuito sanguigno dell' informa­ zione. Ho partecipato con impotente rabbia a due recenti casi di disinformazia: assurdi , a volte spudorati , eppure ripetuti in migliaia di articoli, seriamente, dottamente discussi da storici, moralisti, po­ l i t ici : il caso Waldheim e le stragi dei soldati italiani in Polonia » . Disinformazia è il termine con cui i sovietici (che ne sono stati mae­ stri) indicano "la falsa notizia verosimile" gettata in pasto ai me­ dia internazionali i quali, di solito, la bevono senza preoccuparsi di controJlarla. Per Bocca, mentre un tempo solo il Kgb , il servizio segreto russo , fabbricava regolarmente disinformazia, ora questa '< è gestita da professionisti al servizio di un governo o di un poten-· t ato economico che abbiano i mezzi per condizionare i media >) . Ecco , comunque, quanto scrive il giornalista riguardo al "ca­ "iO ' ' del presidente austriaco : « Il primo flash di agenzia sui trascorsi nazisti di Kurt Waldheim è del marzo 1 986. Una rivelazione che non sta in piedi : l' uomo accusato di avere avuto parte di primo piano nei crimini nazisti è stato per anni il Segretario generale del­ le Nazioni Unite, dunque uno su cui hanno certamente indagato i servizi segreti americani e russi. Non basta: i crimini di cui l'ac­ cusano sarebbero avvenuti in Jugoslavia e la cosa non potrebbe in nessun caso essere sfuggita al servizio di Belgrado. Ebbene, nessu­ no di questi censori politici si è opposto alla nomina di Waldheim al le Nazioni Unite . È residente in Austria anche Simon Wiesenthal, che dalla fine della guerra -si dedica alla caccia dei criminali nazi­ sti, e neppure lui, a cui i servizi segreti di Israele aprono i loro ar­ chivi , ha mai avuto nulla da ridire sul passato di Waldheim . E al­ lora perché queste accuse spuntano improvvisamente quando con­ corre aJle elezioni presidenziali della Repubblica austriaca? » . Continua Bocca: « La risposta è difficile perché l a disinformazia è gestita da grandi professionisti che non lasciano prove certe » . Tra le ipotesi che il giornalista avanza, quella del « partito socialista au­ striaco che ha voluto danneggiare il suo concorrente cattolico » .

509

Ma, soprattutto , si chiede Bocca (ed è una domanda di cui gli lasciamo ovviamente ogni responsabilità ma che, per la sua gravi­ tà, ci meraviglia non abbia suscitato alcuna reazione): « Non sarà forse una manovra di Israele per distrarre l'opinione pubblica eu­ ropea dalla rivolta scoppiata nei territori occupati e per ricordare aW Europa le sue colpe e i suoi rimorsi? » . Bocca sembra stare per questa ipotesi, visto che subito aggiunge : > , vanno al di là di ogni considera­

zione politica. Ciò che porta a inserire quelle vittime nelPelenco dei martiri , da proporre dunque alla venerazione e all 'imitazione dei

credenti , è solo e strettamente religioso : si tratta, cioè, di valutare non delle ragioni politiche, ma se l ' uccisione sia stata inflitta per odio

alla fede e se sia stata accettata pazientemente per amore di Cristo

e

per fedeltà a lui , magari coll'esplicito perdono agli assassini .

È certo che il massacro, nella Spagna repubblicana, di cattolici (e di quelli soltanto : pastori e chiese protestanti non furono tocca­ ti) non volle "punire " uomini specifici e loro presunte colpe . Fu un tentativo di far scomparire la Chiesa in sé. Come scrive lo sto­ rico "di sinistra" Hugh Thomas: « Mai, nella storia d'Europa e forse in quella del mondo, si era visto un odio così accanito per la religione e i suoi uomini » . E, per citare un altro studioso inso­ spettabile e per giunta testimone diretto come Salvador de Mada­ riaga (anti-franchista convinto, schierato a fianco del governo re­ pubblicano ed esule dopo la disfatta): « Nessuno che abbia insie­ me buona fede e buona informazione può negare gli orrori di quella persecuzione: per anni , bastò il solo fatto di essere cattolico per meritare la pena di morte, inflitta spesso nei modi più atroci ». Ci furono casi come quello del parroco di Navalmorel sottopo­ st o allo stesso supplizio di Gesù , a cominciare dalla flagellazione c dalla corona di spine per finire alla crocifissione (ma anche il mar­ toriato si comportò come il Cristo, benedicendo e perdonando i miliziani anarchici e comunisti che lo tormentavano) . Ci furono reli giosi rinchiusi nel recinto dei tori da combattimento, con taglio fi nale delle orecchie come per gli animali . Ci furono preti e suore arsi vivi a centinaia. Una donna "colpevole" di essere madre di due gesuiti fu soffocata incastrandole in gola un crocifisso . A un certo punto , al fronte, mancò la benzina, impiegata a fiumi per bruciare non solo gli uomini ma pure le opere d'arte e le antiche biblioteche della Chiesa: un disastro anche culturale, per cieco odio 513

verso la fede . Ma questo si era già visto: con il vandalismo france­ se giacobino e poi quello. risorgimentale italiano . Saliti al potere nel 1 93 1 , i partiti e movimenti repubblicani (anar­

chici , comunisti ma, in posizione maggioritaria, socialisti che si di­ stingueranno poi nella guerra come feroci demagoghi) favorirono subito il clima di odio religioso che già nel 1 934, nella insurrezione delle Asturie, in soli dieci giorni portò al massacro di 1 2 sacerdoti, 7 seminaristi, 1 8 religiosi e all 'incendio di 5 8 chiese. Dal luglio del 1 936, la strage divenne spaventosa e general i zzata : nei modi più atroci furono uccisi 4 . 1 84 preti diocesani (includendovi i seminari­ sti) , 2.365 frati, 283 suore, 1 1 vescovi, per un totale di 6 . 832 vitti­ me "clericali, . Decine di migliaia, poi, i laici uccisi anche solo per­ ché trovati in possesso di una medaglietta religiosa , dell'immagine di un santo . In certe diocesi, come quella di Barbastro in Arago­ na, in un solo anno fu massacrato 1'88 per cento del clero diocesano . La casa delle salesiane di Madrid fu assaltata e incendiata e le religiose violentate e ridotte agli estremi a bastonate dietro l ' accu­ sa di dare ai bambini caramelle avvelenate. Le salme delle mona­ che di clausura furono di ssepolte e esposte in pubblico , per dileg­ gio . Si giunse a riscoprire barbarie cartaginesi come il legare un vivo a un cadavere e }asciarlo cosi, esposto al sole, sino alla de­ composizione di entrambi . Sulle piazze, si fucilavano anche le sta­ tue dei santi , e le ostie consacrate erano usate in modo osceno . Eppure, per decenni , anche per certo mondo " cattolico " sembrò che chi doveva farsi perdonare e far dimenticare, nella tragedia spa­ gnola, fosse la Chiesa, non fossero gli an archici , i socialisti , i comu­ nisti . Ed è con fastidio che si respingeva l'idea stessa di ' ' martirio" di quegli innocenti, fino al punto di bloccarne i processi . Ma, apparentemente debole, nel mondo, la verità è invincibile alla distanza. E liturgie di beatificazione e canonizzazione come quelle che ormai si susseguono in San P ietro cominciano a farla riemer­ gere in pieno .

228. Madonne che piangono Ormai con tutti i loro idoli e ideali in soffitta o a pezzi, i comu­

nisti italiani hanno giocato l'intera campagna per le elezioni am514

m i nistrative attorno a quel moralismo (' 'le mani pulite" ) che di­ m e ntica come il loro partito sia tra quelli che hanno più politici locali implicati in inchieste giudiziarie e processi per corruzione . Del resto, buona parte delle "giunte rosse" nelle grandi città sono fi n ite, a cominciare da quella di Torino ma anche di Milano , tra un gran tintinnìo di manette e un via vai di avvisi di reato. Questa volta, il motivo propagandistico ha puntato sul legame - inevita­ b i l e , fisiologico - che esisterebbe al Sud tra democristiani (i soli cattivi) e malavita organizzata. Ma, in tv, Giulio Andreotti ha solo accennato - da gran sornio­ ne - al comune di San Luca. In questo paese sull ' Aspromonte ca­ l a b rese pare che un quarto della popolazione abbia avuto a che fare i.:On la giustizia. Si tratta, in effetti , di una sorta di capitale dei se­ questri di persona: da qui partono molte delle bande, qui le vittime sono spesso tenute prigioniere (e qui giungono le povere madri a in­ ,,.ocare, invano , la liberazione dei loro figli ; qui , tra le maledizioni d ella folla ai carabinieri , si sono svolti i funerali dei quattro uccisi mentre andavano a sequestrare una ragazza lombarda) . Ebbene, Andreotti ha ricordato che, in quell' autentico santua­ rio della malavita, i comunisti hanno da sempre la maggioranza d ei voti, al punto di governare da soli, con un monocolore . Stoc­ cata dolorosa: in effetti, interrogato al proposito in tv, il segreta­ rio comunista, Occhetto, non ha voluto rispondere alla domanda, limitandosi a ripetere meccanicamente che solo con i democristia­ ni i criminali trovano il loro brodo ideale di coltura. Ma la ripetizione di slogan sospetti accompagna da sempre la propaganda elettorale. In questi giorni , per l'ennesima volta, su la Repubblica, in una rievocazione delle elezioni del 1 8 aprile del 1 948, ci è toccato rileggere le seguenti parole di un illustre "intel­ let tuale di sinistra" : « Per aggiudicarsi le elezioni , i cattolici non esitarono a ricorrere a bassi espedienti di suggestione della gente mediante le madonne che piangevano >> . Lo slogan ormai quaran­ ten nale impone di solito di citare anche le "madonne pellegrine" . Quanto a queste , in un fr amme nto precedente, abbiamo già dimo­ str ato , calendario alla mano, che quella Peregrinatio Mariae, che sarebbe stata impiegata per un furbesco giro elettorale, in realtà si mosse dopo il 1 8 aprile, a disfatta del Fronte Popolare di To­ gliatti e Nenni ormai avvenuta. 515

Per vederci chiaro riflettiamo , ora, sulle "madonne piangenti , , luogo comune ripetuto acriticamente: di quali "madonne" si trat­ terebbe? La storia non registra che un solo caso riconosciuto dalla gerarchia: è il pianto dell'immagine mariana di Siracusa. Ma que­ sto avvenne non solo dopo le elezioni del 1 948, ma persino dopo quel1e del 1 95 3 : le quali si tennero il 7 giugno , mentre il prodigio siciliano avvenne a partire dal 29 agosto di quello stesso 1 95 3 . Do­ v' è , dunque, lo sfruttamento elettorale? La politica, qui, non c'entra nul1a. C 'entrerebbe , allora, una ten­ denza " cattolica" a sfruttare la credulità dei semplici? In realtà, chi lo sostiene ignora una costante storica: tentazione del1a Chiesa istituzionale non è mai la credulità, ma al contrario, lo scetticismo (ad esempio: l'ultima apparizione mariana riconosciuta è degli Anni Trenta, da sessant' anni si rifiuta il sigi1lo dell'autenticità a ogni voce di apparizione di Maria. Del resto, persino Lourdes e Fatima in­ contrarono gravi ostacoli a livello gerarchico). A Siracusa, invece, davanti a questa "madonna piangente" di cui si parla con ironia quando non con disprezzo , il riconoscimen­ to ci fu, ma fu una constatazione obbligata, vista l' evidenza dei fatti . Un povero ritratto in gesso del Sacro Cuore di Maria in casa degli umili coni ugi !annuso cominciò a lacrimare quel 29 agosto del 1 95 3 . Le lacrime scesero per ben quattro giorni, furono viste da migliaia di testimoni, fotografate, filmate, constatate da una commissione medica subito formata . Durante la lacrimazione il quadretto fu più volte smontato , il liquido raccolto , esaminato nei laboratori provinciali , individuato come prodotto di Jacrimazione umana. Né lasciano dubbi i rapporti degli ufficiali dei carabinieri, della polizia, dei magistrati stessi . Scettico all 'inizio (come sempre avviene), l' arcivescovo del luogo dovette anch'egli arrendersi al­ l'evidenza. Un mese dopo, un Tribunale Ecclesiastico interrogava 1 89 testi­ moni giurati, di tutte le condizioni sociali , mentre tra la folla ac­ corsa cominciavano a verificarsi guarigioni improvvise . Anche per queste fu nominata una commissione che ne riconobbe la natura inspiegabile . I vescovi di Sicilia si riunirono sotto la presidenza del cardinale arcivescovo di Palermo e (come dice testualmente il do­ cumento da essi emesso) « vagliate le testimonianze nei documenti originali , si condude unanimemente che non si può mettere in dub-

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bio la realtà della lacrimazione, auspicando la sollecita costruzio­ n e di un santuario che perpetui la memoria del prodigio » . L ' anno dopo, in un radiomessaggio, lo stesso papa riconosceva il mistero di quei fatti. Dal ' 5 3 al '7 1 , venticinque cardinali e quasi mille ve­ scovi di tutto il mondo pellegrinarono a Siracusa. Paolo VI, a mon­ signor Bonfiglioli , arcivescovo della città, confidava di avere una particolare venerazione per quella immagine. È ora, dunque, di smascherare gli slogan: di "madonne pian­ genti " non ce ne fu che una. E non servì a vincere elezioni né ad ali mentare superstizioni . Fu, semmai , per dirla con M aritain, che ne scrisse partecipe, « un segno che, in troppi , troppo abbiamo tra­ scurato ».

229. L 'A nticristo L' Anticristo , come sarà? Si sa che in Paolo, nelle lettere di Gio­

vanni , nell 'Apocalisse, sono sparsi vari preannunci di una realtà che la tradizione cristiana ha identificato come (cito da un libro di teologia) « il Principe del male che verrà a regnare sul mondo alla fine dei tempi, prima che il ritorno definitivo del Figlio del­ l ' Uomo instauri i Cieli Nuovi e la Terra Nuova » . I n molte epoche i credenti hanno pensato d i identi ficare quel mi­ sterioso personaggio in qualche sanguinario protagonista della sto­ ria: Nerone, poi Attila, su su fino a Napoleone, Lenin, Stalin, Hitler. Ma c'è anche una tradizione cristiana, seppur di minoranza, che pone la pericolosità dell' Anticristo (« l'uomo del peccato », il « fi­ glio della perdizione » di Paolo) non nella violenza e nel sangue ma nel mimetismo subdolo di una realtà suadente e invitante. Solo di recente è stato tradotto in italiano il libro, del 1 907 , di R. H. Ben­ son, The Lord of the Wor/d, il Principe del mondo , dove il Gran­ de Oppositore di Gesù si presenta sotto le vesti di un "umanista" , di un maestro di tolleranze, pluralismi, irenismi ecumenici . Un sor­ ridente inquinatore, dunque, più che un fragoroso antagonista del­ l' Evangelo. Uno svuotatore dall 'interno , più che un assalitore dal­ l ' esterno . Forse , sinora pochi hanno notato che qualche anno dopo, nel

1 9 1 6 , la stessa tesi è stata riproposta da Cari Schmitt . Morto nel

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1 985 a quasi cent 'anni , Schmitt è tra coloro di cui probabilmente sentiremo più parlare negli anni futuri : ce n ' è già un preannuncio preciso nell'impetuosa bibliografia, ogni giorno crescente, sulla sua opera. La quale, in questi decenni, era stata rimossa ed esorcizza­ ta perché sospettata addirittura� di nazionalsocialismo . In realtà, questo geniale giurista e politologo tedesco fu presto messo da parte dal Terzo Reich (in cui pure, inizi almente, vide la realizzazione di alcuni punti della sua teoria politica) 'in quanto accusato di « in­ sufficiente e superficiale antisemitismo » e, soprattutto , di « inqui­ namenti cattolici >> . In effetti - come gli studi recenti hanno confermato - il catto­ licesimo di Schmitt non fu una semplice eredità culturale determi­ nata dagli studi giovanili presso collegi di religiosi , ma fu una fede professata e vissuta sino alla fine . Ciò che fa il fascino inquietante di questo pensatore (riscoperto ora anche dalla ex-sinistra, in cer­ ca confusa di maestri dopo la caduta di tutti i suoi punti di riferi­ mento) è l ' avere innestato in un realismo alla Machiavelli e alla Hobbes temi religiosi come colpa, redenzione, salvezza; come Cri­ sto e Anticristo stessi . Si è detto che la sua sarebbe una "teologia politica" . Mentre, per chi legga con attenzione, è forse una "poli­ tica teologica" : un discorrere, cioè , di ordinamenti umani metten­ do nel conto anche la trascendenza; un misurarsi con la storia, nella consapevolezza che questa non è tutto, che è destinata a sfociare in un Mistero che la supera. Sin dal l916, militare nell ' esercito bavarese, il ventottenne Cari Schmitt inizia a riflettere sull'Anticristo in un libro dedicato a Nord­ /ich t (' 'Luce del Nord" , ossia "aurora boreale") di Theodor Dau­ bler. Il giovane Schmitt cita, in quelle pagine, un testo da lui sco­ vato nell 'Efrem latino , nel Sermo de fine mundi. Varrà la pena di citare nell' originale quel passo davvero singolare, secondo il quale il Grande Ingannatore che provocherà l ' apostasia di molti prima della vittoria definitiva di Cristo « erit omnibus subdole placidus, munera non suscipiens, personam non praeponens, amabilis omni­ bus, quietus universis, xenia non appetens, affabilis apparens in proximos, ita ut beatificent eum omnes homines dicentes: Justus homo hic est! >> . Cioè: « Subdolamente, piacerà a tutti, non accetterà cariche, non farà preferenze di persone, sarà amabile con tutti , calmo in ogni

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co sa , ri cuserà i doni, apparirà affabile con il prossimo, così che t u tt i lo loderanno esclamando: "Ecco un uomo giusto ! " » .

Una prospettiva inquietante, questa dell'Efrem latino: l' Anticri­ s t o n e ll e vesti menzognere di un " uomo del dialogo " , di un pacifi­ c:o. r is ervato, onesto "umanista" ? È proprio a questo identikit del­ l ' A vv ersario che Schmitt aderisce : per lui , sorgerà da una società come quella moderna occidentale dove (< gli uomini sono poveri dia­ voli che sanno tutto e non credono in nulla »; una società dove « le cose più imp ortanti e ultime sono secolarizzate: la bellezza è di­ vent ata b u on gusto , la Chiesa un'organizzazione pacifista, al po­ s t o d ell a distinzione tra buono e cattivo, quella tra utile e dan­ noso » .

In una simile c ultura, quel subdolo Anticristo "dialogante " fa­

rà credere che la salvezza passa attraverso la sic u rezza sociale e la pianificazione . Soprattutto (ed è una delle intuizioni più inquie­ tanti dell' ancor giovane Schmitt) , l'Anticristo non sarà affatto un m ateri alista , un nemico della religione: anzi, « provvederà a tutti i b i sogni , compresi quelli spirituali >) . Soddisferà l'anelito alla tra­ scendenza dell'uomo parlando di spiritualità, proponendo una "re­ ligione dell'umanità " dove tutti siano d'accordo su tutto e dov e sia b andita ogni divergenza e, soprat tut t o , ogni dogma, visto co­ me il male radicale . In quell' inizio del N ovecento in cui scriveva, la prospettiva di Schmitt passò quasi inosservata, sembrando del tutto inverosimi­ le. Ma non è forse il caso di rifletterei oggi , quando ciò che ci mi­ naccia, in campo religioso, non è certo più l'intolleranza ma, sem­ mai, i l suo contrario : quella "tolleranza" che si trasforma i n in­ differentismo , nel ri fiuto di considerare le varie fedi come qualco­ sa di più di un modo unico - differenziato soltanto per ragioni storiche e geografiche - di venerare lo stesso, identico Dio? Dove il "nemico " non è più il vecchio , onesto materialismo ma, forse, l'insidioso spiritualismo " umanitario ' ' ?

2 30. Una sintesi Uno dei suoi libri , Cari Schmitt lo dedicò, da studioso di sistemi sociopolitici, a un'analisi dell ' organizzazione della Chiesa cattoli-

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ca. In questa vedeva, da politologo ben prima che da credente, un capolavoro unico , anzi un mistero di sintesi, di "unione degli opposti' ' . Scriveva, infatti, che « la Chiesa di Roma è riuscita a unire in sé tutte e tre le forme possibili di Stato e di governo : è una mon ar chia autocratica il cui Capo è eletto da una aristocrazia di carclina­ li e i n cui c'è tanta democrazia che - senza alcun riguardo per il ceto e l'origine - anche l 'ultimo pastore d 'Abruzzo può diventar­ ne il monarca o entrare, almeno , nel Collegio dei principi por­ parati » . D a conoscitore acutissimo dei sistemi d i governo , il cattolico Schmitt , negli anni postconciliari , esortava alla consapevolezza di questo mistero (e, dunque, alla prudenza), certi frettolosi e ignari "riformatori" anche vaticani . Diceva che qualunque riforma do­ veva salvaguardare nell'istituzione ecclesiale quella "capacità di sin­ tesi ' ' in cui vedeva il segreto dell'enigmatica vitalità cattolica, del­ la sua capacità di dare conto dell 'uomo e del mondo. Ricordava che il "cattolicismo " (cioè l'universalismo) della Chie­ sa doveva continuare a manifestarsi in questa unione - in cui scor­ geva un unicum storico - di monarchia, aristocrazia, democra­ zia. Tre sistemi, tre prospettive che in qualunque altra realtà com­ battono tra loro e che solo nella Chiesa romana erano riusciti non solo a convivere , ma ad unirsi in una sintesi vitale e feconda. ­

231. Battaglia a Legnano Il senatore Umberto Bossi, padre-padrone della "Lega Lombar­ da" , è mio coetaneo. Dunque, nelle antologie, alle medie, avrà letto anch 'egli (e , magari, mandato a memoria) Il Parlamento - prima parte dell 'incompiuta Canzone di Legnano - di Giosuè Carducci. Su quei versi famosi campeggia, con dimensioni titaniche, una fi­ gura : « Or si fa innanzi Alberto da Giussano. l Di ben tutta la spalla egli so verchia l Gli accolti in piedi al console d'intorno. l Nella gran possa de la sua persona, l Torreggia in mezzo al par­ lamento . . » . I l giovane Bossi deve essere rimasto così impressionato d a quel­ la lettura da scegliere poi Alberto da Giussano a protettore e mo­ dello ideale della sua "Lega Lombarda" . Nel cui simbolo svetta .

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i l monumento eretto a Legnano a gloria della battaglia di cui Al­ berto sarebbe stato l' anima e il nerbo .

Gran personaggio, quell'Alberto da Giussano, eroe davvero emo­ zionante. Con, però, un piccolo difetto: quello di non essere mai esistito . . . Stando , in effetti, agli studi storici più qualificati, sem­ b ra proprio che quella figura sia leggendaria, creata su misura da ..:: r onisti posteriori . Né fu granché quella battaglia che riempì di retorica il Risorgi­ m ento : sui campi di Legnano, quel 29 maggio del 1 1 76, circa 12.000 C ollegati affrontarono un esercito imperiale ridotto a soli 4000 ca­ valieri, tagliati fuori da mesi da ogni rifornimento . Malgrado ciò , al primo scontro le avanguardie di Federico I Barbarossa misero in fuga i Lombardi e solo la schiacciante superiorità numerica del­ le fanterie comunali pesantemente corazzate riuscì a fermare la rotta c a rovesciarla in vittoria. Tra i combattenti di Legnano , dunque, non c'era Alberto da G i ussano , ancora tutto da inventare. Né la storia - quella vera - giustifica il gran via vai dalle parti di Pontida. Qui si è recato, per pronunciarvi un discorso contro le Leghe, Bettino Craxi. E qui - quasi in una loro Gerusalemme - si recheranno i seguaci del Bossi per ripetervi il celebre "giuramento " . Ma, altro guaio: gli storici seri sfidano a provare che davvero il 7 aprile del 1 1 67 sareb­ bero convenuti a Pontida i rappresentanti dei comuni lombardi per giurare, unendosi in Lega, che avrebbero difeso la loro autonomia contro l'imperatore "tedesco" . Malgrado le roboanti lapidi otto­ centesche sulla facciata dell 'abbazia, il "giuramento di Pontida" sembra anch'esso appartenere al cielo della leggenda. Purtroppo, c'è di peggio. Furono gli altri Lombardi (e non "i tedeschi Jurchi" del Barbarossa di cui parlano i poeti) a volere la distruzione di Milano , vendicata poi dal "giuramento di Pontida" i.:on susseguente battaglia di Legnano. Fu una storia di feroci ven­ det te e di squallide gelosie tra Lombardi, altro che pagina austera­ mente patriottica! Già la caduta di Milano era stata causata dalle faid e intestine, tanto che una delle maggiori famiglie ambrosiane agì da decisiva quinta colonna interna a favore degli imperiali . Quando, per stare ancora al Giosuè nazionale, « i consoli sparuti cavalcarono a Lodi » a offrire la resa di Milano, sia il Barbarossa che i suoi principi tedeschi erano inclini alla mitezza e al perdono .

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Ma sentiamo il racconto di un medievista, Franco Cardini , au­ tore di una recente biografia di Federico I : « Le città 1om barde ne­ miche di Milano non avevano alcuna intenzione di vedere risorge­ re la città rivale troppo presto » . Dopo un' assemblea in cui l' impe­ ratore e i suoi nobili dovettero cedere ai padani intransigenti, con­ tinua Cardini , « si ordinò ai milanesi di uscire dalla città. Il giorno dopo cominciarono i lavori di demolizione, eseguiti dai nemici lom­ bardi di Milano: e con tale foga e rancore che neanche le chiese furono risparmiate e Federico dovette intervenire di persona per impedire almeno la profanazione delle reliquie. Porta Orientale ven­ ne attaccata con gioia feroce dai lodigiani , che da decenni aspetta­ vano quell 'istante. Porta Romana fu abbattuta dai cremonesi . Su Porta Vercellina si gettarono i novaresi. Porta Comacina fu asse­ gnata ai comaschi . Porta Ticinese spettò ai pavesi, mentre quelli della Martesana si occupavano di Porta Nuova . . » . Solo Brescia, i n tutta quella che chiamiamo oggi " Lombardia" , non partecipò alla distruzione di Milano. Un po ' inquietante, dun­ que, riesumare il nome della Lega Lombarda del XII secolo come simbolo di unità, di concordia, di riscossa contro il "nemico " del popolo tra Ticino , Mincio, Po . . . .

Quale " nemico " , poi? Il senatore Bossi e i suoi sperano molto

nell' Europa , la cui bandiera campeggia sul balcone della sede na­ zionale accanto allo stendardo col guerriero di Legnano a spada sguainata. Ma la lotta - se lotta ci fu - dei Lombardi contro il Barbarossa fu lotta proprio contro l' Europa. Il Sacro Romano e Germanico Impero , cui Federico l presiedeva, già realizzava quel­ l' unità del continente che ora tentiamo di ricostruire. Dalla Dani­ marca alla Campania, da Lione alla Polonia, lo scettro imperiale assicurava un' unità europea all ' interno della quale una larghissi­ ma, tollerantissima autonomia salvaguardava la specificità di et­ nìe, lingue, culture, organizzazioni politico-sociali. Le Leghe attuali danno , probabilmente, risposte sbagliate a esi­ genze giuste : ma proprio quelle esigenze trovarono nell ' antica Le­ ga Lombarda, nella battaglia di Legnano , una pagina di lutto e non di gioia. Dalla rotta di quello che Dante chiama, nel Purgatorio, « il buon Barbarossa >> , inizia il processo che, rompendo l'unità della christian itas medievale, attraverso i comuni e le signorie porterà a quegli Stati nazionali e accentratori la cui stretta soffocante le 522

Le ghe vorrebbero a1lentare . Proposito condivisibile, di certo non spregevole. Ma, prima di scomodare la storia, occorre conoscerla: la Lega del XII secolo e la battaglia di Legnano simboleggiano il contrario stesso di ciò che i Lumbàrd di oggi si propongono.

232. Gli anni del consenso Periodicamente, qualche cimitero ebraico d' Europa è devasta­

senza che mai si giunga a identificare i responsabili di tanto or­ rido squallore . Riesce difficile capire a chi giovino atti così spetta­ colarmente barbarici � anche perché agli "antisemiti" , cui il crimi­ ne viene immediatamente attribuito, interessa semmai uccidere l'e­ breo vivo e non infierire su quello morto . Anche se, in verità, è ben noto il legame tra nazismo e necrofilia, che si manifesta sin nella scelta del nero come colore preferito e nel culto della morte, spesso esaltata dai canti e dalle liturgie politiche . Come è stato os­ servato, il dottor Goebbels diede il meglio di sé nelle scenografie per i funerali di martiri e caduti del regime . Comunque sia, le devastazioni di sepolture ebraiche provocano l ' immediata reazione dei media che organizzano inchieste e dibat­ titi : l' altra sera, poco dopo le 22 , un rapido giro di telecomando mostrava che su almeno quattro reti contemporaneamente era in corso una trasmissione che prendeva spunto, per esecrarla, dall'ul­ tima incursione vandalica tra tombe segnate dalla stella di David . Molto citato da tutti il messaggio del presidente della Repubblica che indicava la « conoscenza della storia » come miglior antidoto alla vergogna antisemita , come protezione contro il ripetersi della menzogna razzista. Non si può non essere d' accordo con Francesco Cossiga. Pur­ ché, ovviamente, quella "conoscenza" si estenda a tutti gli aspetti della storia , anche a quelli che volentieri tutti vorremmo rimuove­ re . E purché si rispetti la verità dei fatti . A un simile rispetto non corrisponde lo schema cui sono sembrati adeguarsi - secondo un'ormai annosa consuetudine - alcuni intervenuti a quei molti di battiti . Nella loro visione semplificata, gli Anni Trenta e Qua­ ranta del nostro secolo hanno visto un compatto blocco clerico­ fa scista esercitare la sua violenza contro un ebraismo altrettanto compatto nell' opporsi alle aberrazioni di ogni dottrina totalitaria.

to,

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Se diciamo " blocco clerico-fascista" è perché qualcuno, in que­ sti giorni , ha riparlato delle collusioni tra regime fascista e Chiesa cattolica, determinate anche dall' antisemitismo che avrebbe unito le due istituzioni . Ma la storia è sempre causa di delusione per chi cerchi il como­ do comfort degli schematismi . Così , almeno per il fascismo italia­ no , le cose non andarono affatto come piacque poi ricostruirle. Dobbiamo esserne consapevoli perché la lezione della storia sia dav­ vero salutare: riflettendo, ciascuno , sui suoi errori, se ne tragga mo­ nito per il presente e per l ' avvenire. Smentendo il luogo comune della propaganda antisemita sulPe­ breo imbelle e vilmente infido , durante la Prima Guerra mondiale gli israeliti di tutti i Paesi (della Francia, dell ' Inghilterra, dell' Austria-Ungheria, persino di quella Russia dove erano dura­ mente oppressi) si segnalarono per valore e spesso per acceso na­ zionalismo . Avvenne anche in Italia, dove poi molti di questi com­ battenti israeliti - dagli ufficiali superiori ai semplici soldati , tutti combattenti di prim'ordine, uniti dal coraggio nel sostenere lo sfor­ zo bellico del Paese di cui portavano la divisa - aderirono al mo­ vimento fascista che agitava la bandiera nazionalista della "vitto­ ria mutilata" . Tutti gli storici riconoscono la notevole presenza ebraica in ap­ poggio di Mussolini: dalla militanza nelle " camicie nere" sino ai finanziamenti che giunsero al movimento da parte di industriali, banchieri , grandi proprietari terrieri della Padania. In effetti, an­ che per quanto riguarda l' atteggiamento verso l'ebraismo, è abu­ sivo parlare indistintamente di ' 'nazi-fascismo' ' : a differenza di Hi­ tler, il romagnolo Mussolini non si sognava neppure di porre l'an­ tisemitismo nel suo programma e, sino alla vigilia dell'atto di scioc­ co servilismo con cui si adeguò alle leggi naziste, definì « da barba­ ri germani >> le teorie razziste . Ancora nel '36, in un discorso disse: « I latini guardano con sovrano compatimento alle oscure osses­ sioni razziste di popoli che ancora non conoscevano la scrittura quando Roma già dettava la sua legge al mondo » . T ra i combattenti d i origine israelitica confluiti nel primissimo fascismo e poi marciatori su Roma, ci fu il banchiere torinese Et­ tore Ovazza, attorno al quale finì per radunarsi tutto l 'ebraismo italiano fascista. Ovazza fondò e diresse La nostra bandiera, un 5 24

giornale che propugnava l ' adesione incondizionata degli israeliti al regime littorio.

Ho, qui davanti, Sionismo bifronte, il volume edito nel 1 935 dal­ l ' Editrice Pinciana di Roma e dove Ovazza (ebreo , si noti , creden­ Le e praticante, studioso preparato della sua fede, non "laicizza­ t o " o "assimilato") con toni accesissimi invita i suoi correligiona­ ri a una fedeltà assoluta al duce . Già nell 'introduzione risuonano frasi come questa: (( Il nostro amore per Roma, riconsacrato nella g rande guerra, deve essere ancora riconsacrato nella Rivoluzione Fascista . Tutto il nostro ardore deve essere dedicato a collaborare, a lavorare uniti sotto le insegne del Littorio, nell' immenso e so­ nante cantiere del Fascismo » . In nome del nazionalismo italiano , l'israelita Ovazza ha parole durissime contro il sionismo, e giudica « progetto malsano e infi­ do » il pensare di creare uno Stato ebraico in Palestina. « Siamo dei soldati, siamo dei fascisti : ci sentiamo eguali a tutti gli altri cit­ Ladini, specialmente nei doveri verso la patria comune » . E questo amore della patria italiana (secondo lui e secondo i molti che lo seguivano) non poteva dividersi con un'altra patria, quella ebraica . Suonano terribili , oggi, le parole de La nostra bandiera del 27 dicembre 1 934, a quasi due anni , tra l 'altro , dall ' ascesa al potere di Hitler : « La dichiarazione (del Congresso internazionale fasci­ sta svoltosi a Montreux, ndr) che combatte l' azione nefasta dei gruppi semiti che svolgono azione antinazionale occulta o palese ci trova entusiasticamente consenzienti , poiché appunto per com­ battere questi gruppi è sorto il nostro giornale . Noi abbiamo sem­ pre considerato gli ebrei che vivono nell'equivoco delle due patrie o che svolgono comunque azione dannosa alla loro patria, come i peggiori nemici di Israele » . E poi (e le parole sono lugubri per noi che sappiamo cosa sarebbe successo): « Nessuna giustificazio­ ne o attenuante possono avere quegli ebrei che , sabotando la pa­ t ria, sono gli agenti più attivi dell' antisemitismo . Quando essi fos­ sero perseguitati , noi non sentiremmo per essi nessun senso di soli­ darietà né alcun legame spirituale ». Farneticazioni di un isolato? No, purtroppo, ma sentimenti al­ lora di maggioranza negli ambienti dell' ebraismo italiano . Come conferma un altro degli articoli raccolti nel volume e che, in data 2 1 giugno 1 934, così inizia esultante: « Le nostre previsioni non sono

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andate deluse: i contri b uenti della Comunità israelitica di Tori­ no, con una votazione superba, hanno riaffermato in modo inequivocabile la loro italianità e la loro fede nell' Italia di Mus­ solini » . I n effetti , a quelle elezioni - a voto , s i noti, segreto - per eleggere i consigli della Comunità ebraica di Torino (allora una delle più importanti d ' Italia) si presentava la lista caldeggiata da Ovazza e dai suoi . Sentiamo , nella prosa de La nostra ban­ diera, come andò a finire : « Procedutosi allo scrutinio e pro­ clamato dal presidente l ' esito della votazione fra gli applausi dei presenti, veniva seduta stante redatto dal Commissario Go­ vernativo il seguente telegramma per S. E . il Prefetto: "Comu­ nico Vostra Eccellenza che lista proposta da combattenti et fa­ scisti per elezioni Comunità israelitica ha riportato 733 voti favo­ revoli su 74 1 votanti stop . Esito elezione riconferma sentimenti israeliti torinesi per affermazione fascista lieti servire sempre et dovunque grandezza Patria nel nome del Duce stop " » . Subito dopo, telegramma al duce medesimo: « Lista proposta fascisti et combattenti raccolse unanimità voti stop . lsraeliti torinesi riaf­ fermano così loro intendimento servire in umiltà causa Patria Fascista et Duce »> . Ma, come ci informa ancora la cronaca, te­ legrammi non solo partivano ma anche arrivavano . Subito , in effetti , gli ebrei toscani telegrafavano a quelli torinesi : « Bravi ! Significativa vittoria elezioni Comunità subalpina segna prima fulgida tappa nostro programma rinnovamento. Alalà. Camerati fiorentini >> . Bisogna capire: erano quelli che lo storico Renzo De Felice ha chiamato " gli anni del consenso" per il fascismo. " Consentiva­ no" tutti: persino molti dei fuorusciti che , dall' estero , chiedevano di arruolarsi volontari tra le truppe in Etiopia. Consentivano mol­ ti cattolici, magari anche vescovi . Non tutti erano della tempra dei De Gasperi e degli Sturzo, incrollabili nel loro antifascismo . E il "consenso" si allargava anche agli ebrei . Nessuna condanna, s'in­ tende , per questo : e pietà per quel povero Ovazza che, rimasto fe­ dele al suo duce anche dopo le leggi razziali e la guerra accanto alla Germania, finì ucciso, con la famiglia, proprio dai nazisti . Ma, al contempo , nessuna accettazione di schemi abusivi : come quello di un "blocco clerico-fascista" unito dall' odio per figli di Israele rocciosamente nemici di ogni dittatore. 526

233. Portoghese Converrà imparare il portoghese? È la Madonna stessa che sem­ bra consigliarlo . Fatima, terza apparizione, 1 3 luglio 1 9 1 7 : è la più nota, quella in cui ai veggenti fu confidato il celebre "segreto" .

La terza parte del quale, come si sa , non fu rivelata per volontà

di Giovanni XXIII che avrebbe dovuto comunicarla al mondo nel

1 960: e, invece, letto il testo scritto da suor Lucia, l'unica supersti­ te tra i veggenti , papa Roncalli ordinò che fosse tenuto sotto chia­ v e . Pare perché, a suo gusto, « troppo pessimista » . La prima parte del segreto confidato a i pastorelli è la rivelazio­ n� (e la vista terrorizzante) dell'inferno « dove vanno a finire i po­ veri peccatori », come disse Maria. La seconda parte suona così : « Per salvare le anime dall'inferno , il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato » . Stando alla rela­ zi one di Lucia, la Madonna disse poi, tra l'altro : > . È soltanto i n nome dell ' amore per i bisognosi , che discende di­ rettamente dall 'insegnamento - e, prima ancora , dall' esempio ­ di Gesù, che si può liberamente decidere di far loro parte delle pro­ prie ricchezze . Testimone Pietro (« potevi benissimo tenere il de­ naro per te: lo sai bene . . . »), si può essere membri della comunità cristiana anche senza spingersi a questi estremi di carità. Gesù stesso aveva infatti mostrato che si può ottenere il suo elogio e la pro­ messa della salvezza anche facendo come Zaccheo, « il capo dei pub­ blicani, e ricco » di Gerico che esclama: « Ecco , Signore , io do la metà dei miei beni ai poveri . . . >> (Le 1 9,8). Dunque, l' altra metà la tiene per sé: e doveva essere una cifra tale da non togliergli di certo il ruolo di benestante, anzi di "ricco" (anche perché, a diffe­ renza del collega Matteo , pure lui esattore deJle imposte, non ma­ ni festa alcuna intenzione di lasciare il fruttuoso lavoro di "capo 539

dei pubblicani" in una delle più prospere città di Israele) . Eppure , tanto basta per fare esclamare a Gesù : « Oggi , la salvezza è entrata in questa casa ! » (Le 1 9,9) . Per Marx e i suoi discepoli, anche di provenienza cristiana, in­ vece, Zaccheo e i suoi colleghi abbienti non sarebbero stati che ca­ pitalisti parassiti da espropriare con la forza. E Anania non avreb­ be potuto vendere il suo podere perché gli sarebbe stato confiscato prima. In realtà, come ha dimostrato uno dei maggiori biblisti del nostro secolo , Oskar Cullmann , « in Gesù non vi è alcun proposi­ to di riforma politica ed economica >) , intesa nel senso ideologico moderno . Gesù non ha utopie sociali né piani di un paradiso in terra, da conquistare con "lotte di classe " o da gestire con la poli­ zia dei " socialismi reali " . La sua " riforma " , anzi la sua rivolu­ zione , non è così superficiale : va ben più in profondo, penetra in interiore hominis, facendo leva tutto e solo sulla carità, sulla soli­ darietà, sulla compassione. Soprattutto, e sempre, sulla libertà: per­ ché senza di essa nessun amore è possibile . D Vangelo non chiama i poveri all'insurrezione, ma i ricchi alla responsabilità: preannunciando loro, se non ascolteranno la voce della coscienza, qualcosa di infinitamente peggio delle tassazioni feroci, degli espropri , delle confische minacciate dai rivoluzionari moderni . Gesù non minaccia simili rappresaglie, dure ma limitate alla vita mortale: fa balenare la sventura per eccellenza , l' ira im­ placabile, nell' ultimo giorno, del Giusto Giudice, la sofferenza eter­ na. In una parola sola, semplice e terribile : l'inferno . Quello riser­ vato ad Epulone, non espropriato e neanche finito in qualche campo di rieducazione di sovietica o cinese o vietnamita memoria, ma « tra i tormenti » che non hanno né fine né requie. Il presunto " comunismo" evangelico , tutto basato sulla libertà e sulla voce della coscienza, nulla ha a che fare con il comunismo " obbligatorio " ottenuto e mantenuto con la forza (fino al crollo inevitabile: la natura non si violenta in perpetuo) delle ideologie moderne, prima fra tutte il marxismo . Per il Vangelo, una mag­ giore giustizia sociale non nasce dalla lotta di classe, ma dalla lotta di ciascuno, dentro di sé , con il proprio egoismo . Il " mettere tutto in comune" è un ideale da liberamente proporre, non uno schema da imporre . Eppure, la Chiesa stessa, pur in fedeltà al Vangelo, da sempre 540

pratica e raccomanda un "andare oltre " , un "anticipare i tempi " del Regno dove giustizia ed eguaglianza piena trionferanno . Sarà bene parlarne nel frammento che segue .

241. Comunismo cristiano/l Il mestiere dell 'eretico è cosa rischiosa, perché nella Scrittura sem­ bra esserci tutto e il contrario di tutto. Il lavorio di generazioni e generazioni di teologi , uniti ai pastori , è consistito proprio nel cer­ care una sintesi che tenesse conto di tutti gli elementi di una Rive­ lazione che, spesso , all'apparenza è contraddittoria. Non a caso la parola "eretico" viene da un verbo greco che significa "fare una scelta" . Eretico è colui che sceglie, che pratica la via comoda del­ l ' accentuare un solo aspetto della Rivelazione. Per quanto riguarda il discorso su poveri , povertà, comunismo , cominciato nel frammento precedente, la tentazione "eretica" è fermarsi soltanto su alcune espressioni di Gesù riguardo ai ricchi . Di solito , si fa leva unicamente su episodi come quello del gio­ vane che chiede a Gesù « che cosa fare per ottenere la vita eterna » . E sull 'esclamazione finale di Gesù: « Difficilmente u n ricco entre­ rà nel regno dei cieli . Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli » (Mt 19,23-24) . In verità, l 'assolutezza dell 'affermazione va integrata col fatto che Gesù dice al giovane non « se vuoi salvart; », ma « se vuoi esse­ re perfetto, va' , vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo ; poi vieni e seguimi » (ib. 2 1 ) . E anche dal fatto che alla "costernazione" dei discepoli che chiedono : « Chi si potrà dunque salvare? » , il Maestro replica: « Questo è impossibile agli uomini , ma a Dio tutto è possibile » (ib. 26) . Il che (in accordo del resto con quanto Paolo più volte ricorda: « Dio vuole tutti salvi ») significa in modo inequivocabile che la grazia di Dio non si arresta neppure davanti ai ricchi. Ovunque, il Vangelo è così : un et-et che esige una non facile sin­ tesi; è quel meditato equilibrio che la semplificazione "ereticale" , il suo "scegliere" , distrugge, facendo cadere nell'errore . Così, per continuare nell'argomento che qui ci interessa, non era

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sfuggito ai padri della Chiesa e ai teologi che costruirono quell'au­ tentica cattedrale dello spirito che era la dogmatica cattolica che, agli elogi della povertà e agli avvertimenti circa la ricchezza, Gesù aggi unge comportamenti che sembrano mitigare quelle affer­ mazioni . In effetti , è stato presto notato (ma non in questi anni, in cui si è accentuato quasi esclusivamente , e non di rado demagogica­ mente, il lato "pauperista" del Vangelo) che i due gesti che inizia­ no la rivelazione della messianicità di Gesù e la portano a compi­ mento si svolgono in casa di ricchi. Certamente, non era di poveri , giudicando dai servi e dalla quan­ tità di vino, il matrimonio di Cana in cui « Gesù diede inizio ai suoi miracoli, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui » (Gv 2 , 1 2). Ed era di una ricca casa se non addirittura di un palaz­ zo signorile la sala in cui egli stesso volle si svolgesse l' ultima cena, istituendovi l' Eucaristia. Non ci è detto chi fosse il proprietario, ma ci è detto che aveva servi e Marco la descrive come « una gran­ de sala con tappeti » ( 1 4 , 1 5), mentre Luca parla di « una sala al piano superiore, grande e addobbata » (22, 1 2). Del resto , se la nascita è povera (ma non miserabile come una

certa retorica vuole: Luca precisa che Maria e Giuseppe si adatta­ rono a un alloggio di fortuna non per scelta o per mancanza di denari, ma « perché non c'era posto per loro nell'albergo >> a causa dell' affollamento determinato dal censimento), la sepoltura è ric­ ca, nel sepolcro di un ricco . Giuseppe d' Arimatea che mette a disposizione la sua tomba di famiglia era, dice Matteo , « un uomo ricco » , eppure « era divenu­ to anch'egli discepolo di Gesù » (27 , 57) . Marco aggiunge che non solo era ricco, era anche un notabile, « membro autorevole del Si­ nedrio » ( 1 5 ,43} . Eppure, questo ricco , questo notabile è definito « discepolo di Gesù » anche da Giovanni ( 1 9,38) e Luca lo chiama « persona buona e giusta » (23 ,50) . Non a caso, la tradizione cri­ stiana ne fece subito un santo : e a questa glorificazione non causò certo ostacolo la sua ricchezza . Al facoltoso Giuseppe d' Arimatea è detto poi affiancarsi , n eli ' opera pietosa della sepoltura, un altro collega in autorevolezza sociale e in potenza economica, quel Ni­ codemo che Giovanni dice « un capo dei Giudei » (3, l) e che porta per la salma del Crocifisso « una mistura di mirra e di aloe di cento 542

li bbre » ( 1 9,39) . Sono quasi 33 chilogrammi di sostanze tanto rare quanto costosissime: uno scialo davvero regale che conferma le pos­ sibilità economiche di Nicodemo. Tutto questo va messo in conto e tenuto presente per precisare il pensiero di Gesù sui ricchi e, dunque, per stabilire quale sia l'e­

sempio che il cristiano deve seguire. È certo frutto di un inquina­ mento "mondano " di derivazione soprattutto marxista, di una "eresia" spesso inconscia, anche se dalle nobili apparenze, l' avere pensato come spesso si è fatto e si fa, in questi anni - che la linea evangelica di divisione tra gli uomini fosse quella tra poveri e ricchi , tra " proletari" e "capitalisti " . In realtà, sommo male per il Cristo è il peccato : questo caratte­ ri zza gli uomini e li accomuna, da questo devono essere liberati , quale che sia il loro status sociale ed economico . Per cui la divisio­ ne vera è tra santi e peccatori, tra giusti e ingiusti, tra innocenti e malvagi . Nel dramma della Passione, ad esempio, al ricco Giu­ seppe d' Arimatea, che è elogiato e definito « buono e giusto )) , fa contrasto Giuda Iscariota che ricco non doveva essere, doveva an­ zi essere povero se rubava gli spiccioli dalla cassa e, soprattutto, se vende il Maestro per quattro soldi . Liberarsi definitivamente dall'inquinamento del marxismo signi­ fica anche scrostare il nostro cristianesimo da categorie che non sono sue, sostituendo a quelle superficialmente economiche, acqui­ site in questi anni dalla vulgata comunistica, le categorie autenti­ camente religiose. Tra le quali la categoria di "peccato" è quella decisiva per intendere rettamente il messaggio della Redenzione. -

Per tornare a quel "comunismo " della Chiesa delle origini che,

nel suo carattere volontario, di effetto necessario dell' amore per i fratelli in nome del Padre comune, nulla ha a che fare con quello " obbligatorio" , schematico, forzoso dell'ideologia marxista, va det­ to che la Tradizione cattolica, pur respingendo l 'utopia di una so­ cietà dove tutti mettano tutto in comune, conosce però da sempre dei tentativi per anticipare già qui il mondo e l ' uomo nuovi . Si tratta di quei piccoli "pezzi di umanit à" che sono gli ordini religiosi. Dove (almeno nelle intenzioni) si tende a un regime fra­ terno davvero, in cui tutto sia in comune , in cui l'egoismo sia il più possibile vinto . È un "affrettare i tempi" del Regno dove tutti 543

saranno eguali perché la giustizia, finalmente, trionferà. Ma, non a caso, per accedere a questi "spazi escatologici' ' , la Chiesa ha sem­ pre parlato di una m isteriosa e gratuita chiamata, di una vocazio­ ne di Dio assolutamente necessaria. E non a caso pretende dai fon­ datori che si premuniscano con regole e norme precise, con auste­ rità e ascesi programmate, ben sapendo come anche in queste spe­ ciali comunità di "vocati ' ' l'uomo naturale tenda sempre a rispun­ tare, con il suo egoismo e la sua ricerca del piacere. Invece, le ideologie che perseguono l' utopia dell " ' uomo nuovo" e del " mondo nuovo " , del paradiso da costruire già in terra, non vogliono proporre ma imporre l' ideale . E a tutti . Volendo trasfor­ mare il mondo intero in un monastero , finiscono per ridurlo a car­ cere e a campo di concentramento, dove la "virtù " obbligatoria può essere mantenuta, almeno in apparenza, soltanto dalla polizia e dal terrore di uno Stato totalitario . Come l 'esperienza tragica del " comunismo realizzato" h a mo­ strato in modo inequivocabile, il modo migliore per creare una so­ cietà di privilegiati da una parte e di schiavi dall'altra, di "farisei" costretti a fingersi altruisti e virtuosi . è proprio l'imporre con la forza un modello politico di eguaglianza, di fraternità, di sinceri­ tà, di generosità. Un equivoco in cui sono caduti , in questi anni, anche alcuni uomini di Chiesa; ma non la Chiesa e il suo magiste­ ro autentico, attenti - sulla scorta del Vangelo - all ' umanità co­ me è e non come dovrebbe essere.

242. Fede C'è sempre da riflettere sulle osservazioni acutissime di Alexis de Tocqueville, il pensatore di metà Ottocento che, da liberale au­ tentico qual era, ci mostrò come la presunta "libertà" portata dal­ la Rivoluzione francese non potesse non finire nel terrore prima e n eli ' oppressione napoleonica poi . Particolarmente attuale ci pare l' analisi di Tocqueville sull ' at­ teggiamento della Chiesa verso i suoi contestatori intellettuali ne­ gli anni che precedettero la catastrofe del 1 789. Sentiamo: « Quella semicostrizione che si imponeva allora ai ne­ mici della Chiesa, invece di diminuire il loro potere lo accresceva. Vi sono momenti in cui il bavaglio agli scrittori ferma il movimen544

to del pensiero , e ve ne sono altri in cui lo accelera e lo precipita . Ma non è mai avvenuto che una specie di sorveglianza simile a quella

che si esercitava allora sulla stampa non abbia centuplicato il suo potere. Gli autori ostili al cattolicesimo erano p èrseguiti solo per q uel tanto che fa lamentare ma non fa tremare. Le persecuzioni giudiziarie cui erano fatti segno erano sempre lente, seccanti, in pratica inutili. Sembrava che si proponessero più di incitarli a scri­ vere che a farli cessare. Una completa libertà di stampa· sarebbe stata meno dannosa che quella specie di sorveglianza )) , C ' è d a chiedersi s e queste osservazioni non abbiano qualcosa da dire anche oggi ; quando il problema non è ovviamente più quello del "controllo" di ciò che si scrive al di fuori della Chiesa, ma quello dell' ortodossia dei teologi e dei biblisti dentro la Chiesa stessa. An­ che ora - anzi, soprattutto ora - quel "controllo" , con i metodi di intervento impiegati, sembra teso a trasformare i "contestato­ ri " in star, esaltati dai media quanto più si esibiscono in tesi pe­ regrine. Sull'esempio di Tocqueville, liberale genuino, non si tratta ov­ viamente di dare chissà quali consigli "repressivi " . Si tratta sem­ plicemente di chiarirsi le idee, di ridurre il problema ai suoi termi­ ni logici. E poi , toccherà a chi legitti mamente compete, nella Chiesa, di fare le sue scelte . Scelte comunque difficili, qualj che siano : non c ' è da invidiare chi. per spirito di servizio, è chiamato a praticarle. Forse, sul problema di cui parliamo ha qualcosa da dirci anche quest ' altra citazione , stavolt� da un autore contemporaneo , Hans Urs von Balthasar : « Il prete è chiamato a gioire con chi gioisce, a piangere con chi piange . Mai tutt�via gli è permesso di tentenna­ re, per solidarietà, con chi esiti J:lel dubbio o nell' incertezza .della fede » . Discorso che, a sua volta, s i lega a quello d i u n ben noto teologo francese, Louis Bouyer che tracciava così la sintesi di mezzo seco­ lo di prassi pastorale nel suo Paese : « Il cattolico " militante" degli anni Trenta e Quaranta si proponeva la conquista. Dopo la guerra ha ripiegato sulla testimonianza. Con i preti operai ha tentato la presenza . Dopo il Concilio ha scoperto il dialogo . Poi, ha comin­ ciato a dire che voleva limitarsi · a far compagnia . E adesso teorizza la necessità dell 'assenza. Così il cerchio si è chiuso, finendo nel nulla >> . 545

Bouyer, ovviamente, è provocatorio. Ma, quanto alla fase fina­ le che staremmo vivendo , quella dell 'assenza, va pur detto che molti intellettuali clericali squalificano ormai come "proselitismo inac­ cettabile" quello che un tempo si chiamava " apostolato " ; e giudi­ cano "intollerabile colonialismo e imperialismo culturali " ciò che per quasi venti secoli è stata la "missione" . A livello teologico sembra che, adesso, l' ultima moda sia soste­ nere che meno si parla di Dio meglio è. In ogni caso, se proprio a Dio si vuole accennare, si deve intenderlo come un Dio non­ onnipotente, debole, quasi un poveraccio che ha tentato di fare quel che poteva: ma le cose gli sono ormai sfuggite di mano e si è dun­ que ritirato da un mondo che va per i fatti suoi . Né, ahimé , si tratta di battute, ma del preciso orientamento che sembra stia prendendo la moda teologica: abbandonate ormai o quasi - le immagini di un Dio come discepolo di Marx, di un Dio che avrebbe creato l 'umanità soprattutto perché si dedicasse alla lotta di classe e combattesse intrepida il capitale , siamo ora a un Dio da vedere come più debole della forza delle cose, uno scon­ fitto con tanta buona volontà ma senza mezzi - e, forse , neppure voglia - per intervenire nella storia. Un Dio , appunto , del quale non vale la pena di parlare . E, in effetti , quegli stessi teologi rifiu­ tano ormai il nome "teologia" . Se significa, etimologicamente, "di­ scorso su Dio. , , questo non sarebbe più praticabile, per scompar­ sa o insignificanza dell' Oggetto stesso di quel discorso. Prepariamoci , dunque , all ' onda (le avvisaglie sono già giunte) , di libri , articoli, convegni sul .. Dio-impotente. . Consapevoli , pe­ rò , che le mode vanno e vengono e che vanno prese (per chi ne ab­ bia tempo e voglia) magari sul serio , ma mai sul tragico . Passerà anche questa.

243. Ponti e muri Mi chiedono, per un'intervista, quale sia un possibile identikit

dello " scrittore cattolico" . Rispondo che, a mio parere , dovrebbe anch'egli (come e più di ogni credente) non dimenticare mai la legge fondamentale dell'et-et che regola tutto il cattolicesimo . E, dun­ que, dovrebbe essere uno che da un lato tenta di costruire ponti 546

che uniscano le verità e che dall' altro lato edifica muri che divida­ no la verità dall ' errore.

Forse, l ' insignificanza di certa " cultura cattolica " è stata deter­ minata proprio dall ' avere praticato una sola tra le costruzioni cui il credente che riflette e scrive è chiamato. Ponti e muri : sono en­ t r ambi necessari per non far svanire la fede e per non ridurla, al contempo , a un ghetto soffocante.

244. Assemblee La straordinaria saggezz a delle regole stabilite dai fondatori di

famiglie religiose . Uomini al contempo dell' utopia e del realismo, dello slancio mistico e della concretezza dell 'esperienza, appaiono quasi tutti preoccupati di tenere entro certi limiti il numero degli elettori cui spetta design are il Superiore gen erale. l francescani, ad esempio, sin dai primissimi tempi videro una straordinaria espansione che avrebbe r ichiesto una moltiplicazio­ ne delle p rovince, con relativi delegati aventi diritto a partecipare all ' assemblea per eleggere il Ministro generale. Ma ci si preoccupò subito di limitare a un massimo di 32 il numero delle province per­ ché, dicono i documenti, « se il numero di coloro che hanno voce nella elezione e nelle deliberazioni divenisse troppo elevato, sareb­ be impossibile raggiungere il consenso di tante persone su qu alsia­ si c o sa. Infatti, la moltitudine non è causa di buon governo ma di confusione e di immobilità » . Tutto il contrario , dunque , di ciò che oggi noi crediamo , con il nostro mito assembleare, con l' illusione che più è la gente che dice la sua e meglio è per tutti . Non la pensavano così quei fonda­ tori che spesso erano santi ma erano anche uomini (e donne) di esperienza, che ben sapevano come vanno le cose non nei sogni ma nella realtà. D' altro canto, come si sa, tutte le regole per ordini e congrega­ zioni erano (lo sono tuttora) sot t o poste a diversi vagli da parte di Roma che solo dopo ripetuti esami e sperimentazioni magari di de­ cenni si decideva a dare la sua approvazione definitiva . E gli storici s egnalano che, nei rari casi in cui il fondatore e la fondatrice non avevano posto limiti precisi alle dimensioni numeriche delle assem­ blee elettive e deliberanti , era la Santa Sede stessa a intervenire . 547

Studiosi come Léo Moulin hanno dimostrato che la democrazia è nata nei monasteri , e che sono di origine religiosa i nomi stessi

con cui indichiamo i nostri attuali sistemi democratici . Ma la de­ mocrazia vera è cosa fragile, il suo mantenimento è difficile. Il modo migliore per farla degenerare è appunto ' ' l'assemblearismo" .

245. Ricchezze vaticane Due soli dati piccoli, ma significativi e inoppugnabili - a pro­ posito del gran parlare delle solite " ricchezze della Chiesa" . Il bilancio della Santa Sede - cio�è di uno Stato sovrano con, tra l ' altro , una rete di oltre 100 ambasciate, le "nunziature " , e con tutti quei "ministeri " che sono le Congregazioni più i Segretariati' e gli infiniti altri uffici - quel bilancio, dunque , per il 1 989 era pari a meno della metà del bilancio del Parlamento italiano. In­ somma, i soli deputati e senatori che siedono nei due edifici roma­ ni (già pontifici) di Montecitorio e di palazzo Madama, costano al contribuente italiano più del doppio di quanto non costi il Vati-:­ cano agli 800 milioni di cattolici nel mondo. I quali cattolici , poi , sono così generosi? Non sembra, vist o che quegli 800 milioni di battezzati danno ogni anno alla loro Chiesa offerte minori di quanto non ne diano i 2 milioni di americani mem­ bri della Chiesa Avventista del Settimo Giorno . Per non parlare dei Testimoni di Geova o di tutte le altre sètte - la Chiesa dell 'U­ nificazione di Sun Moon , ad esempio - le quali dispongono di ca­ pitali che muovono e investono in tutto il mondo e che ridicolizza­ no le "ricchezze" del Vaticano. Le uniche, però , queste ultime, delle quali si parli indignati. -

A quella indignazione sfugge tra l ' altro che simili ricchezze (a differenza di quanto avviene per le nuove sètte, chiese e chiesuole che non lasciano nulla per altri) sono state nei secoli messe a frutto con un "investimento" che ha dato , dà e darà sempre più dividen­ di straordinari . È quell' " investimento" sull' arte del quale prospe­ · rano innumerevoli città d' Europa e, soprattutto, d' Italia. Che sarebbe Roma stessa se non disponesse che delle scarse ro­ vine imperiali, se una serie ininterrotta di, papi non vi avesse getta­ to le famose, esecrate "ricchezze" per crearvi quello che è forse 548

il maggior complesso artistico del mondo , sparso su tutti i quartie­ ri? Qualcuno dovrebbe pur ricordare a politici, giornalisti, dema­ goghi vari i quali , a Roma, moraleggiano sui "soldi del Vaticano" che in quella stessa città quasi metà della gente vive dei proventi di un turismo causato proprio da uno spendere soldi "cattolici" , secolo dopo secolo , a favore dell'arte . Se - qui come ovunque al­ trove - è dai frutti che si riconosce l 'albero , va pur detto che i tanti secoli di amministrazione pontificia di Roma, pur con le loro ombre (ma non più gravi della media del tempo), hanno avuto co­ me frutto il dotare la città di un capitale in grado di produrre inin­ terrotta ricchezza.

A proposito di soldi , la campagna scandalistica contro quell'ot­ to per mille dell' imposta sul reddito delle persone fisiche che i con­ tribuenti possono liberamente mettere a disposizione della Chiesa italiana ignora (o vuole ignorare) quale sia il retroscena storico . Nel 1 860 i Piemontesi , per raggiungere (e bloccare) Garibaldi al Sud, invasero - approfittandone per annetterle con la forza al nuo­ vo Regno - le regioni pontificie della Romagna, delle Marche e dell 'Umbria. Dei suoi possedimenti , alla Chiesa non restò che il Lazio, anch' esso poi invaso e incamerato dai Savoia nel 1 870. Tutto ciò fu considerato come una vera e propria rapina da parte degli studiosi di diritto internazionale, e di certo non solo cattolici: si scandalizzarono per il sopruso persino i grandi giuristi della Iute­ rana Germania di Bismarck . A questo si aggiunse quell' altro cla­ moroso sopruso del sequestro e dell'incameramento di tutti i beni ecclesiastici italiani: dai monasteri, alle istituzioni benefiche, ai cam­ pi, sino alle chiese stesse. Confisca, si badi, senza alcun indennizzo . Per tentare di salvare l a faccia d i fronte alla comunità interna­ zionale - e per dare una qualche rassicurazione alle masse cattoli­ che che rappresentavano Penorme maggioranza, ma senza voce per­ ché escluse dal voto, dei sudditi del nuovo Regno d 'Italia - subi­ to dopo la breccia di Porta Pia il governo dei liberali approvava la cosiddetta ' ' Legge delle Guarentigie" . Una legge che, ricono­ scendo implicitamente che la conquista, senza neppure dichiara­ zione di guerra, di tutti i territori di uno Stato violava il diritto del­ le genti, attribuiva un " rimborso" al papa, come sovrano deruba­ to. La somma fu stabilita in una rendita di quasi tre milioni e mez­ zo di lire-oro : un'enormità, per uno Stato come quello italiano, 549

il cui bilancio era di poche centinaia di milioni di lire . Un'enormi­ tà che confermava però quale fosse l'entità della "rapina" per­ petrata . Quello delle Guarentigie non era però un trattato accettato dalle due parti, era una legge unilaterale del governo sabaudo: i Papi mai la riconobbero né vollero accettare un centesimo di quella somma vistosa. Per le necessità economiche della Santa Sede preferirono af­ fidarsi alla carità dei fedeli , istituendo l ' Obolo di San Pietro . Solo q uasi sei decenni dopo , nel 1 929, si gi unse ai Patti Latera­ nensi, che comprendevano un Concordato e un Trattato che rego­ lava anche i rapporti finanziari . Il Trattato ristabiliva il principio di quel " rimborso " per la confisca dello Stato Pontificio e dei beni ecclesiastici che lo stesso governo italiano del 1 870 aveva giudicato necessario . Si stabilì così che l ' Italia avrebbe versato 750 milioni in contanti e che si sarebbe accollata alcuni oneri come quello di uno stipendio ai sacerdoti " in cura d' anime" . Quello stipendio, in par­ te era fondato sui crediti che la Chiesa vantava verso lo Stato italia­ no , in parte derivava dalle nuove funzioni pubbliche - come la ce­ lebrazione e la registrazione dei matrimoni con rito religioso , aven­ ti però anche validità civile - che i Patti attribuivano alla Chiesa. Dunque, le concessioni economiche del 1 929, motivo di tanto scan­ dalo per la polemica anticlericale, non erano un "regal o " , il frutto di qualche favore "costantiniano" , ma la copertura (seppure, solo parziale) di un debito determinato dalle spoliazioni del XIX secolo . È in questa prospettiva storica che andrebbe giudicata la recente revisione dei Patti Lateranensi ad opera del governo non di un de­ mocristiano ma di un socialista come Bettino Craxi . In quella revi­ sione , tra l'altro , si supera il concetto, pur del tutto legittimo alla luce del diritto internazionale, di " rimborso" e si instaura quello della contribuzione volontaria della quale lo Stato si limita a fare da esattore. Il famoso " otto per mille" , dunque, va inquadrato in una più che secolare vicenda della storia italiana. Ma, questa, chi la conosce più? Ma sì: proviamo a venderli - a beneficio , che so? , dei poveri negretti - i tesori del Vaticano . Cominciamo, per esempio , dalla Pietà di Michelangelo che è in San Pietro . Il ptezzo d' asta, stando a chi ha provato ad azzardare una valutazione, non potrebbe esse550

inferiore al miliardo di dollari . Solo un consorzio di banche o d i multinazionali americane o giapponesi potrebbe permettersi un simile acquisto . Come primo risultato , quel capolavoro eccelso la­ scerebbe di certo l'Italia. E poi , quell'opera che è ora esposta, gratis, all' emozione di tut­ t i , cadrebbe sotto l ' arbitrio di un padrone privato - società o col­ lezionista straricco - che potrebbe anche decidere di tenere per sé, vietandola alla vista di altri , tanta bellezza. Bellezza, poi, che - cessando di dar gloria a Dio in San Pietro - darebbe gloria, in qualche bunker blindato , al potere della finanza, cioè a ciò che la Scrittura chiama "Mammona" . Il mondo avrebbe, forse, un ospedale in più nel Terzo Mondo : ma sarebbe davvero più ricco e più umano? re

246. Prima e dopo « Prima, quando si voleva essere interessanti , si parlava di poli­

tica e quando si voleva far ridere si parlava di religione . Adesso, càpita il contrario » . Chi mi parla cosi è un pittore boemo, fuggito dalla Cecoslovac­ chia molto prima della svolta dell '89. Gli faccio notare che, in que­ sto , l'Est e l' Ovest dell' Europa sono uniti : anche da noi è avvenu­ to il rovesciamento . È l'utopia politica che è divenuta la farsa, men­ tre la religione è divenuta la cosa seria. E spiazzando proprio quel­ la gente "religiosa" che pensava di porsi in sintonia con la moder­ nità parlando non più di paradiso in cielo, ma di società perfetta in terra. Come diceva il solito Oscar W ilde: « Sono quelli che vo­ gliono a ogni costo fare i moderni che prima o poi (spesso prima che poi) si trovano sorpassati » .

247. Giovanni Nepomuceno Mi racconta, quel pittore boemo cui accennavo sopra, un episo­

dio del quale nulla - a quanto mi consta - si è saputo in Occi­ dente . Come molti sanno, veneratissimo Protettore della Bo.emia è san Giovanni da Pomuk , latinizzato in "Nepomuceno" . Anne­ gato nella Moldava dal re, divenne intercessore per coloro che ri551

schiano di essere travolti dalle acque . La sua statua, dunque, sta ancora su molti ponti. Seppur morto alla fine del Trecento , Giovanni da Pomuk fu ca­ nonizzato soltanto nel 1 729 . Dieci anni prima, una Commissione aveva fatto aprire il suo sepolcro, rimasto sigillato per quasi quat­ tro secoli . Accanto alle ossa, si era conservata intatta quella che - per la forma, e per essere ancora nel cranio - fu considerata la lingua, che la relazione ufficiale definì « di un colore rosso natu­ rale » , come ancora irrorata dal sangue . Che del resto così sia, si può constatare pure oggi nel reliquiario della cattedrale di Praga. La conservazione inspiegabile di quell'organo fu tra i miracoli messi in conto al futuro santo . . I l fatto era particolarmente significativo, visto che proprio con la lingua Giovanni aveva meritato la sua gloria: era stato infatti instancabile come consigliere spirituale e confessore e - stando alla tradizione - alla fine era stato ucciso p roprio per non avere voluto violare il segreto sacramentale. ·

Il governo comunista pensò di dare un colpo mortale alla vene­ razione del popolo verso il Patrono della nazione facendo seque­ strare la reliquia per sottoporla ad analisi e dimostrare così che si trattava della consueta superstizione oscurantista. Ma il verdetto dei laboratori fu sconcertante : risultò, infatti, che non della lingua ... . tit si trattava, bensì della pa e del cervello che presiede alla parola. Fatto ancor più straordinario, stando ai fisiologi, che si fosse con­ servata proprio quella parte la quale, per la delicatezza della sua composizione, è la prima a corrompersi dopo la morte. Mentre per i tessuti della lingua è pensabile , seppure in teoria, che condizioni particolari ne assicurino la conservazione per mummificazione, ciò è impossibile per quella sezione cerebrale. Dunque, il prodigio era ancora maggiore di quanto non avessero pensato gli irrisi "papi­ sti " del XVIII secolo . Per i comunisti fu giocoforza bloccare la campagna propagan­ distica già programmata e la reliquia fu restituita alla cattedrale, senza ovviamente comunicare nulla dei risultati. Qualcuno della commissione, però, malgrado le minacce, non seppe mantenere il segreto: il tam-tam del samizdat si mise in azione e il risultato fu che la devozione a san Giovanni Nepomuceno restò per la gente uno degli appigli per sperare.

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248. Bandiere A Modena, per un impegno . La città è imbandierata, ma per i

Campionati mondiali di foot-ball : pare che gli italiani si decidano esporre il tricolore soltanto in onore della nazionale di calcio. M e gli o che niente: un giusto senso di identità nazionale è impor­ r ante, nessun popolo può vivere senza radici e senza simboli . Pi uttosto, c'è da riflettere sul gap di sempre tra " Paese legale" e " Paese reale" . Nella potatura operata nel calendario a metà de­ gli Anni Settanta, si declassarono a feriali ricorrenze come l ' Epi­ fania (ripescata poi a furor di popolo), ma fu giudicato intoccabi­ l e come festivo i1 25 aprile , scelto un po' a caso come anniversario della Resistenza. Un po' a caso , dico, perché si favoleggia che in quel giorno sarebbe insorta Milano , capitale effettiva della Rsi. In realtà, molti milanesi che c'erano mi confermarono che la colonna dei gerarchi in fuga ancora la sera di quel giorno lasciò indisturba­ ta la città. Il giorno dopo , in città, si sparava attorno a qualche edificio ma - stando sempre alle testimonianze dirette - i tram ci rcolavano, le scuole erano aperte, l" 'insurrezione" non coinvol­ geva che qualche addetto ai lavori . Ma tant'è: ogni Stato ha bisogno di un "mito di fondazione" che, per la nuova Repubblica, fu fissato al 25 aprile. Giorno resta­ to festivo , dunque, e nel quale i cittadini sono invitati a esporre la bandiera . Ma, in realtà, una lettera a La Stampa segnalava che, quest 'anno , in tutto il centro di Torino, a parte gli edifici pubblici tenuti per legge a esporre il tricolore, solo due finestre di "priva­ t i " erano imbandierate. A quella lettera ne seguivano altre: una diceva che su tutto il lunghissimo corso Francia - una dozzina di chilometri - di bandiera ce n' era una sola. C'è, dunque, qualcosa che non funziona, qualcosa che - malgra­ do il tambureggiare ufficiale per quattro decenni e mezzo - non ha coinvolto nel profondo la gente. L'Italia espone le bandiere per i cam­ pionati di calcio e non per la Resistenza: può piacere o no, ma è un fatto sul quale confrontarsi, senza faziosità ideologiche, senza reto­ riche da notabili o disprezzo da intellettuali verso il "volgo profano" . a

In quella Modena di cui parlavo, e in genere in tutta l 'Emilia­

Romagna, si sa come il ricordo della guerra di Liberazione sia sta553

to gestito - spesso in modo cinico - dai comunisti, per legittima­ re il loro potere . Si è giunti persino agli altarini, fissando alla base della Ghirlandina un' enorme lapide con non solo i nomi dei cadu­ ti , ma anche le loro foto . Con tutto il rispetto , doveroso e sacro­ santo, per quei morti (spesso però coinvolti loro malgrado in rap­ presaglie per attentati più politici che militari), nel presentare ai comunisti il conto del loro passato non andrà dimenticato che, nel solo anno dopo il 25 aprile del 1 945 , nella provincia di Modena (e nelle altre provincie emiliane) furono assai di più gli assassinati che tutti i morti della guerra di Liberazione . Gli uccisi "dopo" erano in maggioranza preti, democristiani , pic­ coli possidenti cattolici , contadini praticanti . Furono eliminati, spes­ so in modo atroce , da ex partigiani comunisti, tutti strenuamente difesi dal Pci. Ma di queste vittime sino a tempi recenti è stato per­ fino vietato parlare.

249. Polonia Tempo fa , mi godevo quel premio che ogni sera, se appena mi

è possibile, mi concedo . Premio che consiste nell' assaporare le sche­ de dei cataloghi di vendita inviatimi da molti librai antiquari . Tra le deformazioni della nostra cultura c'è anche l ' averci con­ vinti che le sole vere "avventure" siano quelle da telefilm america­ no: viaggi, incontri straordinari, avvenimenti inconsueti , amori de­ vastanti, magari sparatorie e inseguimenti. E, invece, si possono correre avventure straordinarie, sperimen­ tare emozioni profonde anche (forse , soprattutto) nel silenzio di una biblioteca, rincorrendo una traccia di pensiero, decifrando orme e impronte intellettuali . O si può popolare di sogni , di voci , di pre­ senze la propria stanza andando alla scoperta di un catalogo di ven­ dita di vecchi libri : ogni scheda può essere la scoperta a lungo atte­ sa, il libro del destino; e ci sono titoli che mettono in moto la slavi­ na della fantasia. Nel catalogo dell' altra sera, ecco che càpito su una brossura stam­ pata a Lione nel 1 87 1 presso il Libraio-Editore Josserand e dal ti­ tolo: Recueil comp/et des prophéties /es p/us authentiques. Natu­ ralmente , alcuni giorni dopo il postino mi consegnava il pacchetto contenente quella Raccolta, che andav a ad affiancarsi ad altre del 554

genere che colleziono sui miei scaffali . In effetti , con scandalo de­ gli ultimi razionalisti , non mi sentirei di dare torto a priori a Jo­

seph de Maistre: « Mai, nel mondo, si è verificato grande avveni­ mento che in qualche modo non sia stato predetto » . Essere cristiani significa entrare in u n "sistema" tutto basato sul­ l' annuncio del futuro, su una profezia riguardo all' avvenire per la quale Dio si serve di uomini e donne privilegiati, anche se spesso sprezzati se non perseguitati, magari a cominciare dai credenti . Che altro è il Vangelo (« Stolti e tardi di cuore nel credere all' annuncio dei profeti ! » ; « Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi >) , Le 24,25 e 44) , che altro è, dunque, se non l ' adempimento di ciò che , per secoli , una catena ininterrotta di veggenti ispirati aveva predetto? E la ri­ provazione di Israele non si basa proprio sul suo rifiuto di com­ prendere e accettare quelle profezie che sono il principale segno di garanzia che il Cristo ha voluto darci? Dunque - e proprio in una prospettiva di fede - c'è poco da scandalizzarsi . Semmai , c'è da essere assai prudenti nel frugare tra il mucchio accumulatosi nei secoli alla voce "profezie" , per discer­ nere la pagliuzza d' oro dalle scorie e dai detriti. Tra i metodi , l' in­ fallibile è ovviamente quello che pratico : esaminare questi vecchi testi e - col senno di poi - vedere se e in che modo i vari "profe­ ti " ci abbiano azzeccato. Per constatare se si trattava di visionari, magari di cialtroni o, invece, di strumenti impiegati in qualche modo misterioso per aprirci uno squarcio sul futuro . Vediamo , allora, per questo Recuei/ stampato 1 1 9 anni fa. Qui , la "pepita" aurea, tra molte predizioni smentite, sembra riguar­ dare la Polonia. Al capitolo « Profezia del beato Bobola » si legge di un religioso polacco (di cui si danno tutte le generalità) che, nel 1 8 1 9, si struggeva di passione per la sua patria divisa e oppressa dallo straniero . Nel suo dolore, una sera invocava il non ancora né beato né tanto meno santo Andrea Bobola, gesuita martirizza­ lo dai cosacchi russi nel 1 65 7 . A un tratto (raccontò il religioso) , ecco comparire nella sua cella il defunto invocato , che gli ordinò di aprire la finestra. Gli si spalancò di fronte non il consueto giar­ dino del convento ma (e, qui, traduco letteralmente dal libro lio­ nese), « un'immensa pianura tutta coperta di innumerevoli masse di Russi , di Turchi , Francesi , Inglesi, Austriaci , Prussiani e altri 555

popoli ancora che si combattevano nella più sanguinosa delle guer­ re ». Il padre Bobola gli disse: « Quando la guerra che qui vedi avrà fatto posto alla pace, allora la Polonia sarà ristabilita . E io ne sarò riconosciuto come uno dei principali patroni » . Per confermare la visione, prima di sparire impresse a fuoco l'impronta della sua mano sul tavolo della cella. Andrea Bobola fu beatificato nel 1 854 e si riparlò della sua "pro­ fezia" . La quale, però, allora era ben lungi dal verificarsi. Si adempì invece esattamente un secolo dopo dall' apparizione del 1 8 1 9 : fu a Versailles, nel trattato di pace che concludeva la prima guerra mondiale e che ricostituiva la Polonia per la prima volta dal 1 795 , quando era stata spartita tra Russi, Austriaci, Prussiani e mai più liberata. Ancor più sorprendente è che, nelle parole attribuite al Bobola da questo libro del 1 87 1 , sono nominati con esattezza i po­ poli che avrebbero partecipato a quella Grande Guerra iniziata nel 1 9 14, comprendendovi anche i Turchi, pur così ai margini dell' Eu­ ropa, e gli Inglesi , da sempre restii a impegnarsi sul Continente. Se si è realizzata in pieno la prima parte della predizione (« la più sanguinosa delle guerre », a seguito della quale la Polonia ritrovò l 'in­ dipendenza) sconcerta altrettanto l'adempimento anche della secon­ da parte. Nel 1 920, il nuovo Stato polacco fu attaccato dai russi.sovie­ tici che giunsero a pochi chilometri da Varsa via. Qualcuno pensò, na­ turalmente, di riaffidare le sorti del Paese alla Madonna di Chesto­ chowa, ma anche al beato Bobola, ormai quasi dimenticato. Volte a favore polacco le sorti della guerra, si insistette a Roma perché si ri­ ' prendesse il processo canonico sul beato, che fu canonizzato infatti nel 1 93 8 . Dopo di che, la Polonia lo proclamò tra i suoi patroni prihciP.a-. li, come ancora è oggi . Tutto, dunque, come da "copione" scritto nel remoto 1 8 1 9 (e stampato in un libro, quello che ho in mano, nel 1 87 1 ). Un caso? Si è liberi di pensarlo. Ma la storia religiosa di questi presunti "casi " è piena .

250. Malachia Continuiamo il discorso sul rischioso mondo della profezia. Ri­ schioso, certo . Eppure, un cristiano non può rifiutare di confron­ tarsi con la dimensione 'profetica. 556

Occorre, pertanto, « non disprezzare le profezie » , come ammo­ nisce san Paolo ( l Ts 5 , 20), e, al contempo , « esaminare tutto per discernere quel che è buono » . ' ' Non buone" , secondo molti , sarebbero l e " profezie sui papi " attribuite a san Malachia, vescovo irlandese del XII secolo . Nel 1 595 , un benedettino, dom Arnold Wion, in un suo libro (Lignum vitae) pubblicava quelle ' 'profezie' ' , affermando che sino ad allo­ ra erano circolate manoscritte . Sono I I I motti che compendiereb­ bero le caratteristiche di ogni pontefice: da Celestino Il (papa dal 1 1 43) sino all'ultimo , tal Petrus Romanus, colui che concluderà la serie. Per dirla con le parole attribuite a quel presunto Malachia: « Nel­ l ' ultima persecuzione della Santa Chiesa, risiederà Pietro il Roma­ no che farà pascolare le sue pecore fra le tribolazioni . Passate que­ ste , Roma sarà distrutta e il giudice giudicherà il popolo » . C ' è da notare che, prima di quel Pietro I l , per noi, oggi , non ci sarebbe ormai che un solo pontefice dopo Giovanni Paolo II, un papa il cui motto dice De gloria o/ivae, dalla gloria dell' olivo. Che pensare di questo singolare complesso di motti? Siamo di

fronte a uno scherzo , al tentativo di spacciare per ispirazione pro­ fetica il divertissement di un monaco? O, per caso, non ci sarà qui un qualche enigmatico " segnale" ? La maggioranza della critica è schierata per l 'ipotesi della mistificazione. Ma non sono mancati , e non mancano neppure oggi , studiosi seri (e non, dunque, i soliti visionari) che invitano alla prudenza, prima di parlare con assolu­ ta sicurezza di truffa o di scherzo. La questione è ben lontana dal­ l ' essere risolta. E, naturalmente, non lo sarà mai . La sola cosa che si può fare è confrontare i papi succedutisi dal­ la fine del Cinquecento (perché allora, come dicevamo, il testo ap­ parve stampato) con i motti che la "profezia" attribuisce loro. Chi si applichi senza pregiudizi dovrà ammettere che sembra esserci , qui , qualcosa di enigmatico che invita alla riflessione. Quale che sia l'autore, un sospetto almeno di mistero pare sfiorare queste mas­ sime famose . Si tratta di stare ai fatti, tenendo presente che - se di profezia si tratta - anche qui , come in ogni caso del genere , le cose sono comprensibili quasi solo post eventum .

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Vediamo , ad esempio, i papi del secolo scorso, ma cominciando da quello che conclude il Settecento, Pio V I , regnante dal 1 775 al 1 799 . Il motto che gli è attribuito è Peregrinus apostolicus ( ' ' pelle­ grino" , significa esattamente, in latino, "colui che viaggia in terra straniera"). In effetti, proprio questo papa interruppe l'ormai lunga sedentarietà dei suoi predecessori e si fece peregrinus a Vienna, nel 1 782, per cercare di convincere l'imperatore il quale , allievo dei fi­ losofi illuministi, aveva introdotto misure anticlericali . Ma, soprat­ tutto, quel papa divenne peregrinus quando, nel 1 798, le truppe del Bonaparte lo dichiararono decaduto e lo trascinarono prigio­ niero di città in città, facendogli concludere il suo viaggio terreno - solo e odiato - il 29 agosto 1 799 a Valence , nel Dròme . « Pio VI e ultimo » , disse sprezzante il gendarme giacobino che aveva as­ sistito alla sua morte. Un riferimento ancor più esplicito è nel motto che lo "pseudo Malachia" attribuisce al successore, Pio VII, papa dal 1 800 al 1 823 : Aquila rapax, l'aquila che rapisce. L' aquila, non occorre ricordarlo, è l'emblema che Napoleone volle per il suo impero . Quanto al " ra­ pimento" , questo ci fu davvero: il 3 luglio del 1 809, i soldati fran­ cesi entrarono al Quirinale e trascinarono anche Pio VII come pri­ gioniero e infine lo insediarono presso Parigi , dove Napoleone vo­ leva trasferire il Papato . Un "rapimento" , dunque, in piena regola. Per Gregorio XIV regnante dal 1 83 1 al 1 846 - si ha come vaticinio De ba/neis Etruriae, dai bagni dell'Etruria. In effetti , pri­ ma di ascendere al papato, il Cappellari era stato generale dai mo­ naci di quella Camaldoli che non solo è in Toscana, l' antica Etru­ ria, ma nella regione il cui nome romano era Balneo, essendo ricca di acque termali . (Proprio di fronte a Camaldoli, appena al di là del passo appenninico , la dizione antica si è conservata in Bagno di Romagna, San Piero in Bagno ecc . ) . Curioso, tra l ' altro, che questo papa vatici nato come De balneis Etruriae sia stato il fonda­ tore del Museo Etrusco della Santa Sede. Fa riflettere anche il motto attribuito a Pio IX: Crux de cruce, la croce - il tormento, cioè - che viene dalla croce . In effetti , questo è il papa del Risorgimento gestito da quei Savoia che, dopo vessa­ zioni , sequestri, guerre, finirono col togliere a papa Mastai Ferretti la stessa Roma e a ridurlo prigioniero in Vaticano. Ora, come tutti sanno , stemma dei Savoia è una grande croce bianca in campo rosso -

.

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Per venire all' ultimo papa del X I X secolo , Leone XI I I , il motto suona: Lumen in coelo, una luce nel cielo. Questo papa era del­ l ' antica casata dei Pecci , sul cui stemma campeggia una cometa, u n a " lu c e nel cielo " . Per dare solo uno sguardo al nostro secolo, una delle consonan­ ze più impressionanti è certo il Religio depopu/ata, r eligione spo­ polata, attribuito a Benedetto XV che, regnando dal l 9 1 4 al 1 922, vide prima il massacro della guerra mondiale e poi il flageJio della spagnola che fece ancor più vittime. Né si addice poco il Fides in­ trepida al suo successore, Pio XI ( 1 922- 1 939), che fronteggiò co­ raggiosamente M u ss olini , Stalin, Hitler . Giovanni XXI I I , patriarca della città marinara per eccellenza, Venezia , e che gettò la barca della Chiesa nel mare ignoto del Con­ cilio : Pastor et nauta. Paolo V I : Flos florum , fiore dei fiori, e tre gi g li stanno sul suo stemma. Giovanni Paolo II, venuto dall 'Est, dove il sole si leva: De labore so/is, daJi o "sforzo" del sole . Un gioco? Forse. O. forse , no .

251. La "colpa " del Papato « Qui si disfa l 1 Italia o si muore » , dice lo striscio ne esposto do­ ve si riuniscono i militanti della Lega Lombarda. È, naturalmente . il b effa r do rovesciamento della frase che Garibaldi, secondo il mi­ to, avrebbe rivolto , nell 'infuriare della bat taglia di Calatafimi , al suo luogotenente: « Bixio , qui si fa l'Italia o si muore ! » . L'esplodere d i tendenze centrifughe, sino a l pu nto d i invocare lo smembramento del territorio italiano unificato attraverso quat­ tro tappe (1 859-60, 1 866, 1 870, 1 9 1 8) , ha riaperto alla grande il d ibat t ito s u lla gen esi di quella unificazione. E non è mancato chi , tanto per cambiare, ha visto nei g uai d ' oggi una secolare, anzi mil­ lenaria responsabilità della Chiesa . Rispunta, la polemica iniziata nel Rinascimento, con Guicciardini e Machiavelli , e che tanta par­ te ebbe nel Risorgimento e poi nelle varie componenti dei movi­ menti nazionalistici , fascismo compreso . Per dirla nel modo icastico con cui riassume la questione il M a­ chiavelli delle /storie fiorentine: « I pontefici hanno tenuto e ten­ gono l 1 Italia disunita e inferma » . E, nella parola altrettanto sfer­ zante di Guicciardini: « Questo dobbiamo ai preti : di esser diven-

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tati senza religione e cattivi » . Dove il "cattivi " ha il significato latino , da captivus: prigionieri , cioè, dello straniero . Sarà bene andare a ripescare il luogo dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio dove il sulfureo messer Niccolò Machiavelli spiega come i papi avrebbero impedito l'unificazione italiana. Occorre leg­ gere con attenzione , perché questa analisi ha segnato buona parte della storiografia nazionale e, come osservavamo , viene oggi ripro­ posta davanti all 'emergere delle Leghe autonomistiche se non se­ cessioniste. Ecco, dunque: « La Chiesa ha tenuto e tiene questa provincia d'I­ talia divisa . E, veramente, alcuna provincia non fu mai unita e fe­ lice se non la venne tutta all 'ubbidienza d'una repubblica o d'uno principe, come è avvenuto alla Francia e alla Spagna. E la cagione che l'Italia non sia in quel medesimo termine , né abbia anch' essa o una repubblica o un principe che la governi, è solamente la Chie­ sa: perché, avendovi quella abitato e tenuto imperio temporale, non è stata sì potente né di tanta virtù che abbia potuto occupare l ' Ita­ lia e farsene principe. E non è stata, d ' altra parte, sì debole che, per paura di perdere il dominio delle sue cose temporali, non ab­ bia potuto convocare uno potente contro quelli che in Italia fusse diventato troppo potente » .

Dunque, l a presenza del papa a Roma avrebbe condannato la Penisola alla divisione, con il conseguente dominio straniero : non abbastanza forte, lo Stato della Chiesa, per unire sotto la sua au­ torità tutte le regioni; ma abbastanza forte per impedire che altri facesse quella unificazione . Questo tipo di analisi contribuisce a spiegare (anche se, ovvia­ mente, non è il solo motivo), perché il Risorgimento sia stato cosi virulentemente anticlericale e persecutore della Chiesa e dei suoi uomini, non placandosi neppure dopo avere costretto il papa a farsi recluso nei palazzi vaticani , avendo perduto ogni suo dominio tem­ porale . Bisognava vendicarsi del " nemico storico" della patria. Ma è la stessa analisi che oggi riemerge per tentare di spiegare l' esplosione della Lega lombarda, di quella veneta, di quella pie­ montese ed emiliana e di tutti gli altri movimenti del genere: l' uni­ ficazione, si dice, è stata troppo tardiva rispetto a quella degli altri Stati europei . A causa dello spezzettamento tanto a lungo deter-

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minato dal Papato , non solo si è giunti tardi a creare uno Stato unitario, ma si è dovuto giungervi con la forza, grazie solo all ' e­ sercito - e, soprattutto , alle alleanze straniere - di un' entità pe­ riferica, persino poco "italiana" , come il Regno di Sardegna . Ne è nata una nazione artificiosa, ma non si poteva far diversamente: è stato lo scotto da pagare al Papato annidato a Roma come un ragno al centro della sua tela. In realtà , la risposta a Machiavelli, a Guicciardini e a tutti i loro

discepoli presenti e futuri è stata già data nei primi decenni del Set­ tecento da un prete modenese, pur ben lontano da ogni arcaico spi­ rito apologetico, sospettato anzi da alcuni di essere un po' troppo " illuminista " . Parliamo, naturalmente, di Ludovico Antonio Muratori il qua­ le, come tutti riconoscono, è il fondatore della moderna storiogra­ fia su basi documentarie, scientifiche. Nessuno come questo abate conobbe le vicende italiane, soprattutto quelle, decisive, del primo Medio Evo : ne fanno fede le sue monumentali raccolte di fonti sto­ riche, spesso ancor oggi insuperate. Ebbene, proprio rifacendosi a quelle conoscenze di prima ma­ no , il Muratori espresse più volte la sua convinzione: « Non c'è dub­ bio che, senza la presenza del Papato a Roma, parte dell' Italia sa­ rebbe divenuta una provincia tedesca. E l'altra parte una provin­ cia musulmana >> . Eh, sì : è certo che, senza la presenza del Papato a Roma (e , poi , senza lo sforzo navale della cattolica Spagna), l 'Islam avrebbe fat­ t o sue le zone sotto il Garigliano, come aveva già fatto per la Sici­ lia. Anzi, come dimostrano le ripetute incursioni saracene alle foci del Tevere, non è escluso che una Roma non sede pontificia avreb­ be seguito le sorti di Costantinopoli trasformata in lstanbul . Quanto al Nord della Penisola , è altrettanto certo che sarebbe

divenuto la Siidmark, la " Marca meridionale" , del Sacro Roma­ no Impero di Nazione Germanica, come l'Austria ne era divenuta la Ostmark, la Marca Orientale, sin dai tempi di Carlo Magno . Qualcuno , nella sua innocenza, è convinto che gli austriaci siano "tedeschi " e non sa che erano slavi e, in parte , ungari , germaniz­ zati a forza per diventare bastione ad Est - prima contro i noma­ di delle steppe e poi contro i turchi - della Baviera e del Reich 561

renano. La germanizzazione di genti non tedesche già al di là delle Alpi si è spinta del resto sino in vista di Trento , costituendo l 'an­ cor oggi insolubile problema del Sud Tirolo . Come il Muratori mostrò, documenti alla mano, solo l' opera te­ nace e secolare in difesa della latinità operata dalla Sede papale impedì la tedeschizzazione della Padania e, probabilmente anche dell 'Italia transappenninica (i Longobardi non avevano forse una delle loro capitali a Spoleto?). Machiavelli e tutti i patrioti e nazio­ nalisti al suo seguito non sembrano sospettare che - senza quella Chiesa e quel suo dominio temporale, senza quella sua inesausta attività politica, diplomatica, culturale su cui gettano le colpe di tutti i mali della patria - avrebbero assai probabilmente scritto o in arabo o, in caratteri gotici , un dialetto tedesco , sudditi di un Land Italien se non di un Siid-Deutschland. I conflitti tra Papato e Impero che riempiono il Medio Evo sono anche tappe della dife­ sa della latinità contro l' espansione culturale di un centro politico e militare situato a Nord delle Alpi . Mezza tedesca e mezza musulmana: una sorte che può piacere o no, a seconda dei gusti. Ma è la sorte che l' Italia avrebbe avuto senza l'aborrita presenza della Chiesa.

252. n bene ed il male Pensieri estivi, spingendosi un poco per le strade della Penisola. Un flagello naturale: la malaria che infestava le valli . Un flagello causato dagli uomini: le guerre continue, tra città e città. È per que­ sto che buona parte delle città e paesi d'Italia non sorgono in pia­ nura ma, appena possibile , aggrappati a monti e a colline . Fu dun­ que il " male ' che spinse a una soluzione dalla quale, però, è ve­ nuto il "bene" della bellezza . Per fare un esempio tra mille: Assisi sarebbe così spettacolar­ mente bella, arrampicata com'è sulle falde del Subasio, se febbri e ragioni militari non l' avessero obbligata ad evitare la sottostante vallata? E non sarebbe dimezzato il fascino di Lucca, senza quella cerchia di mura che fu costretta ad edificare dalla sua pericolosa posizione in pianura? È ancora dall' aggressività degli uomini che hanno avuto origine gli infiniti castelli che ora costituiscono la gloria artistica di regio562

n i come la Valle d 'Aosta e l' Alto Adige . Dai mali e dai sacrifici degli antenati è venuto il bene per i tardi pronipoti, arricchiti da u n turismo attratto da quella bellezza, da quel pittoresco.

Forse, è anche questo uno dei casi della legge sempre insegnata dalla sapienza religiosa: ciò che, nel mondo, appare (e, spesso , è) n egativo , può rivelare aspetti positivi che sfuggono al momento a chi è troppo pronto ad accusare il Cielo del male del mondo.

253. Base-ball Più e più volte, durante i campionati del mondo di calcio , ci è stato ricordato che, nonostante sia di origine anglosassone, il foot­ ball non è riuscito a diventare popolare negli Stati Uniti, dove è chiamato soccer e non interessa che qualche minoranza. Sport nazionale dell'America del Nord è quello detto della "palla base" , il base-ball. Chi ne veda per la prima volta una partita non ne capisce assolutamente nulla, tanto sono complicate le regole . Ma quanti sanno che quelle regole sono tali perché hanno un'o­ rigine " religiosa" , di simbolismo occulto? Modificando profon­ damente le regole del cricket inglese , il base-ba/l fu codificato at­ t orno al 1 840 da un generale dell'esercito degli Stati Uniti, tal Dou­ bleday, che faceva parte del gruppo che iniziò la "Società Teosofi­ ca" . È, questa, un misto di esoterismo , spiritismo , magia, masso­ neria, religiosità egizia ed asiatica su uno sfondo di stravaganti pro­ fezie e messianesimi . Una di quelle " religioni impazzite" che cer­ carono - e con un successo che giunge sino a noi - di colmare il vuoto lasciato da un cristianesimo non più in grado (nella ver­ sione delle chiese ufficiali protestanti , divenute poco più che buro­ crazie clericali o umanesimi secolarizzati) di placare il bisogno di sacro che urge nel cuore dell 'uomo . Nel base-ball tutto - dalle misure del campo a quello delle maz­ ze, sino alla disposizione dei singoli giocatori e delle squadre nel campo - è dettato da un occulto simbolismo teosofico . Intenzio­ ne del generale Doubleday era quella di contribuire in questo mo­ do a creare nelle masse un clima favorevole all' abbandono del cri­ stianesimo e al passaggio alla nuova " sapienza" . Dunque, mentre molti vedono in questo gioco quasi il simbolo

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stesso della modernità americana, il base-ball proviene da confuse visioni, da antiche e nuove superstizioni, da sincretismi asiatici, da speculazioni numerologiche , da "frequentazioni" di fantasmi . Eh, , si: il mondo d oggi è ben più complicato e oscuro di quanto non

creda la nostra superficialità. Abbandonata la fede, P uomo non cessa di credere in qualcosa: il suo gu aio è che comincia a credere a tutto. Ne è un esempio , nel­ la stessa America del base-ball "teosofico" , la setta religiosa dei Kennedy 's Worshippers i quali, dalla venerazione per il presidente assassinato, sono passati a una vera e propria "adorazione" , met­ tendolo accanto a Gesù Cristo : entrambi avrebbero « dato la vita per la salvezza del popolo » . In Africa, fa proseliti l a "Chiesa Ngol" l a quale, accanto a Gesù pone, come " Messia liberatore, i l generale Charles de Gaul­ le, adorato anch 'egli come essere divino . I ntanto , sempre dall'A­ frica, si diffonde in Europa e America il "Movimento Rastafa­ riano, che adora, invece, il defunto imperatore d'Etiopia Hailé Selassié, in origine Ras Tafari . Anche il celebre calciatore del Su­ riname , Ruud Gullit , assoldato a suon di miliardi dalla squadra italiana del Milan, ha ammesso che la sua acconciatura a treccine è un segno della sua simpatia per questa "fede, . Chi si ac­ contenta . . .

254. Dagli al cattolico! Ancora una volta Auschwitz, questo passato che " non vuole pas­

sare, ; anzi, che non si vuoi far passare. Dicono che dovrebbe es­ sere il luogo del silenzio, della meditazione, della preghiera: ma, in realtà, proprio le sole, forse , che volevano vivere quelle realtà - le monache di clausura polacche - le si caccia tra urla, insulti , minacciosi avvertimenti. Altra bagarre, adesso , su quel luogo di dolore. E non è edifican­ . te Sarà dunque bene segnare qui qualche appunto, a futura me­ moria. Anche di questi piccoli tasselli , che rischiamo di ignorare o di dimenticare , è fatto il mosaico di quella diffamazione del cat­ tolicesimo cui tanti "cattolici " , oggi , sembrano non saper più rea­ gire. Quando, contriti , non danno una mano ai diffamatori. Ma 564

o;e l' umiltà è doverosa per il credente nel Vangelo , altrettanto lo è la ricerca e la testimonianza della verità.

Questo, in effetti , succede ora . Tra le costruzioni di quel cam­ p o , ve ne è una che ospita un istituto di ricerca, diretto dallo stori­ co polacco Franciszek Piper. Il quale, ricordando che compito della storia è ricostruire il vero, ha fatto rimuovere la grande lapide po­ sta da decenni all 'ingresso di Auschwitz e secondo la quale sareb­ bero morti , lì, 4 milioni di prigionieri . « È una cifra gravemente errata », ha detto il professar P i per , « Dopo tanti anni di ricerche negli archivi siamo giunti alla certezza che i morti non furono, in tutto , più di un milione e mezzo . Poco più di un terzo, dunque, di quanto si è sempre sostenuto . Uno scarto troppo grosso perché possa essere avallato da uno storico . Da qui la necessità di modifi· care la lapide, indicando la cifra esatta >>. Dai calcoli minuziosi dell'équipe di studiosi, risulta che, se il mag­ gior numero di vittime fu di ebrei , in quel milione e mezzo c' erano anche 1 50.000 polacchi, 23.000 zingari, 1 5 .000 russi e via decre­ scendo . Mentre da tutte le altre parti interessate si è reagito accettando quel computo, appoggiato com 'era da una solida documentazio­ ne, non così da parte ebraica. Dalla quale, immediatamente, si so­ no levati clamori altissimi, accuse roventi , sospetti di volere "ba­ nalizzare l'Olocausto" . È ben comprensibile. Anche se, in verità, non sono certo due milioni e mezzo di morti in meno ad Auschwitz che - in chiunque abbia testa e cuore - possono indebolire l'or­ rore per quel che lì è avvenuto . Chi può diminuire il proprio sgo­ mento, la propria condanna, se la storia decreta che gli uccisi fu­ rono "soltanto " un milione e mezzo? Ma, in queste reazioni a caldo, ancor più sconcertante è il solito tentativo di cogliere l 'occasione per rovesciare sul "cattolicesimo" l ' accusa di voler demitizzare un luogo dove, invece, dei cattolici morirono in massa, accanto agli israeliti. E il nome di un padre Kolbe basti per tutti . Ecco, in effetti , la dichiarazione della direttrice del maggior gior­ nale ebraico italiano: « Non si può non collegare questi revisioni­ smi ai fenomeni di antisemitismo che si verificano in Europa e che sono molto forti in Polonia, alimentati dalla Chiesa e presenti in un'ala di Solidarnosé » .

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Altri esponenti delle comunità ebraiche, nel mondo , sono giunti a dichiarare che storici come Piper facevano rimpiangere il tempo in cui nell' Est europeo erano al potere i comunisti e non i cattolici . Per informazioni, allora, sarebbe bene rivolgersi ai milioni di ebrei sovietici e, in genere, dell'Est europeo , che per decenni non hanno avuto che un sogno : fuggire lontano da qualunque posto dove dei comunisti fossero al governo . Ma ecco che, su quelle accuse tanto incandescenti quanto im­

motivate, getta acqua il direttore del Centro Documentazione Ebrai­ ca Contemporanea, a Milano . Il quale dichiara a La Stampa: « Gli storici dell'istituto di Auschwitz li conosciamo, collaborano con noi , sono persone serie. È vero , le loro cifre corrispondono alle nostre >>. Risulta quindi che, da molto tempo, anche da parte ebraica si sapeva che gli ebrei morti ad Auschwitz erano poco più che 1 . 300.000 e non i quasi 4 milioni sempre dichiarati . 11 che, se oc­ corre ribadirlo, non sposta certo l'orrore : rimarrebbe intatto an­ che se una sola persona fosse stata uccisa unicamente perché ap­ partenente a una "razza" . Ma c'è comunque da riflettere sulle im­ mediate accuse di "antisemitismo cattolico " se uno studioso po­ lacco comunica delle cifre che poi risultano accertate dalle stesse fonti ebraiche. Purtroppo, però, neppure la conferma dei dati arresta il deside­ rio di inveire comunque contro i cristiani . In effetti , lo stesso di­ rettore del Centro di Documentazione aggiunge subito il suo sde­ gno : « Non si rimuovono da Auschwitz il grande crocifisso e il con­ vento delle carmelitane, nonostante gli accordi intercorsi . Questa è la pretesa cattolica di disebraicizzare quel luogo » . E la direttrice del giornale ebraico, quella stessa che aveva parlato subito di « ma­ novra antisemita polacca » a proposito di dati rivelatisi poi veri: « Per protesta, a ottobre ci mobiliteremo a livello mondiale per cac­ ciare le monache da Auschwitz » . Si s a che Joseph Fouché , il ministro della polizia di Napoleone, davanti a qualunque caso dava un ordine ai suoi investigatori: « Cherchez la jemme! >> , cercate la donna. Era infatti convinto che, dietro ogni ajjaire, ci fosse, come ispiratrice o complice, una qual­ che femmina. Da casi come questo di Auschwitz, sembra che la parola d' ordine vada oggi cambiata: « Cherchez le catho/ique! ». Comunque vada, ad avere tutte le colpe è sempre un "cattolico" . 5 66

255. Inquisitori Un fondo di lndro Montanelli, dove si legge: « Quella del capro

espiatorio era la tecnica in uso nei bui secoli dell 'Inquisizione, quan­ do al popolino, esasperato da qualche pestilenza o carestia, si in­ dicava qualche " strega" o "untore" su cui sfogare la sua rabbia. issandoli sul rogo » . Montanelli h a molti meriti , tutti gli dobbiamo qualcosa perché coltiva, con lealtà e spesso con coraggio, l'arte dell' anticonformi­ smo . Ma, qui , purtroppo, casca anch 'egli nel conformismo da ma­ nuale scolastico "laico , democratico e progressista" . In effetti, chi conosce la storia "vera" sa che avveniva l' esatto contrario : l'Inquisizione interveniva non per eccitare il popolino ma, al contrario, per di fendere dalle sue furie irrazionali i presunti "untori " e le presunte "streghe" . In caso di agitazioni , l'inquisi­ tore piombava sul posto seguito dai membri del suo tribunale e, spesso, da un drappello di sue guardie armate. Queste, per prima cosa, provvedevano a ristabilire l' ordine e a rimandare a casa la canaglia assetata di sangue. Dopo di che - prendendosi tutto il tempo necessario, eseguendo tutte le indagini, applicando un diritto processuale dal cui rigore e dalla cui equità dovremmo ispirarci ad esempio - si dava inizio al processo. Il quale (come provano tutte le ricerche storiche) nella stra­ grande maggioranza dei casi non finiva con il rogo ma con l' assolu­ zione o con l' ammonimento o con l'imposizione di qualche penitenza religiosa. Chi rischiava di finire male erano semmai coloro che, do­ po quelle sentenze, avessero di nuovo gridato: « Dagli alla strega ! » o « Dagli all' untore ! » . A proposito di " untori" , almeno il ricordo di una lettura de l promessi sposi dovrebbe rendere edotti che la ' 'cac­ cia'' fu scatenata e sostenuta dall ' autorità laica, mentre la Chiesa gio­ cò semmai un ruolo di moderazione se non di scetticismo . Come si vede, anche qui , la verità storica non conta niente quan­ do si tratta di diffamare il presente o il passato cattolici.

256. Parole QueJle "radici cristiane dell' Europa" su cui tanto insiste il pa­

pa, affondano anche nel terreno della lingua. Per mostrare quan567

to a fondo sia giunto l ' influsso del Vangelo, i glottologi citano il ' ' talento " . Il quale, come si sa, era un' unità di misura e insieme la moneta più preziosa in tutto il bacino del Mediterraneo . Matteo : « Avverrà come di un uomo che, partendo per un viag­ gio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti . » (Mt 25 , 1 4ss) . C'è da notare che la parabola, in questa versione, è propria solo di Matteo . La riporta anche Luca, ma per lui i "talenti " si sono ridotti a "mine" , che valgono ses­ santa volte meno . Un' unica citazione , dunque, in un simile senso , in tutta quanta la Scrittura, Antico e Nuovo Testamento insieme. Eppure, tanto è bastato perché in tutte le lingue d' Europa - ma proprio tutte: le latine, le germaniche , le slave , persino (mi dico­ no) le ugro-finniche - la parola "talento" sia divenuta sinonimo di " dono naturale" , "ingegno" . Ma i linguisti enumerano molti altri casi del genere. Tra i più singolari c'è la trasformazione in sostantivi - anche qui, in tutte le lingue europee - di nomi propri sia dell'Antico Testamento (un giobbe, ad esempio , per un uomo paziente , un sansone per un uo­ mo robusto) , sia del Nuovo (un giuda per un traditore , ma anche un cireneo per uno che si assume pesi di altri) . Anche da questo è possibile avere conferma di quanto in pro­ fondo sia sceso , malgrado tutto, l'influsso cristiano; quanto sia riu­ scito a coinvolgere anche il popolo . Non così , ad esempio, quel marxismo che pure si diceva " popo­ lare' ' per eccellenza e che invece è rimasto sempre un fenomeno im­ posto alle masse da gruppi di intellettuali . Il marxismo muore sen­ za avere lasciato una sola parola davvero "sua" divenuta di uso co­ mune . Tutto l' armamentario linguistico marxista è stato preso da altri : " alienazione" , " proletariato " , "classe" e così via sono ter­ mini addirittura latini e riciclati , magari deformandone il significa­ to. Stando agli specialisti , la sola invenzione linguistica originale di Marx è il termine tedesco Mehrwert, tradotto da noi come " plus­ valore" . Ma proprio quest'unica parola conferma il carattere elita­ rio di quell'utopia travestita da scienza: chi mai, anche in un grup­ po di operai sindacalizzati, ha mai sentito e sente dire "plusvalore"? . .

Ma, forse, abbiamo dimenticato che il termine stesso parola (im­ piegato da tutte le lingue neolatine : parole, palabra . . ) non è che la derivazione di una delle più singolari novità evangeliche: la ' 'pa.

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rabola" . Senza l'in flusso evangelico, i circa 600 milioni di persone che oggi parlano lingue neolatine, dal Cile alla Romania, non di­ rebbero parola ma un qualche derivato dal corrispondente latino, verbum ; o dal greco , logos. A questo proposito, singolare la segnalazione di un lettore bio­ logo. Il quale mi dice di non riuscire a leggere il prologo del Van­ gelo di Giovanni (« I n principio era la Parola e la Parola era pres­ so Dio e la Parola era Dio >>, 1 , 1 ) senza pensare a uno dei principa­ li oggetti della sua ricerca professionale. « Come si sa - mi scrive - forse la più importante scoperta biologica del secolo è stata quella del Dna: tutto il mondo vivente è programmato e retto da un codi­ ce chimico . Quelle del Dna sono vere e proprie "parole" in codi­ ce. Se, dunque, al fondo di ogni vita ci sono le " parole" di queste strisce contenenti informazione, la "Parola" non potrebbe essere anche "al principio " come dice Giovanni? Non ci sarà, qui, una sorta di enigmatico segnale che solo la scienza contemporanea ci permette in qualche modo di cogliere? » . Sono domande che riproduco così come l e h o ricevute. Anche perché, ogni volta che mi sono spinto in questi campi, molti scien­ ziati, con lettere tanto generose quanto complesse, hanno voluto dimostrarmi che avevo torto e che era meglio lasciar perdere ogni commistione " religiosa" con discipline scientifiche . A differenza di certi teologi contemporanei, mi riconosco un carisma: quello della fallibilità. Che ciascuno decida dunque per suo conto se sia lecito o no meditare su eventuali rapporti tra Dna e Logos giovanneo . . .

25 7. Pajetta Tristissima intervista di Panorama a quel mito che era Giancarlo Pajetta. Militante comunista e dirigente sin da giovanissimo del neo­ nato Pci, ha conosciuto le prigioni fasciste e poi è stato ininterrotta­ mente leader tra i più prestigiosi. Famosa la virulenza con cui affer­ mava la ' 'causa' ' , sino a scazzottature e a scambi di ceffoni in piena Camera. Un apologeta di Marx, un "confessore della fede" che ora ­ a ottant' anni - è costretto a dichiarare di non voler far più nulla per il partito cui ha dato tutta la vita, perché in esso non si riconosce più . Corrono, nell'intervista, frasi che gli sarebbe sembrato di certo impossibile dover pronunciare : « Le scoperte di questi ultimi tem-

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pi sono state dolorose per noi comunisti. Le speranze si sono rive­ late illusioni . . . non dobbiamo farci sopraffare dallo sgomento . . . c'è una logica folle in ciò che sta avvenendo nel mio partito . . . » . E, addirittura (l' uomo, n o n dimentichiamolo , h a quasi 7 0 anni di ardente milizia alle spalle) : « Mi chiedo a questo punto se c'è qual­ che garanzia che tutto il nostro passato non sia stato inutile . » . .

.

N o n s i p u ò non avere u n qualche rispetto per questo sconforto di­ sperato che accomuna tanti vecchi militanti . Eppure , va pur detto che la lunga abitudine all ' astuzia propagandistica, se non alla men­ zogna, continua a far capolino , come un riflesso condizionato . I n effetti, alla domanda dell' intervistatore (« Dieci anni fa, s e qualcu­ no le avesse detto che i reami del comunismo si sarebbero dissolti in pochissimi mesi, che cosa avrebbero pensato? »), questa la risposta di Pajetta: « N on ci avrei creduto . La preveggenza non è il mio forte ». E invece sì : proprio quelli come lui hanno sempre affermato ­ con un fanatismo spinto sino a liquidare fisicamente chi non fosse d ' accordo - che « la preveggenza era il loro forte » . Si parla di politica , qui; non gli si chiede se sapeva chi avrebbe vinto lo scu­ detto di calcio. Quel marxismo da lui di ffuso e difeso si è sempre considerato un'infallibile "profezia sulla storia" . Una "scienza" , addirittura, in grado di anticipare il futuro delle classi e, con que­ ste, delle società e delle nazioni. Erano presentati e creduti come dogmi , ad esempio, le previsioni suna crescente concentrazione del capitale in mano a un' oligarchia sempre più ristretta, con il con­ temporaneo aumento della povertà di tutti gli altri . Inaccettabile, dunque - e menzognero - sperare di cavarsela con una battuta come (< la preveggenza non è il mio forte ». Quasi gli avessero chiesto i numeri del terno "buono " sulla ruota di Na­ poli . Ogni comunista come lui ha sempre sostenuto di avere pro­ prio il dono di "preveggenza" che permetteva di indovinare in mo­ do infallibile i numeri di quel lotto che è, per un ateo, la storia.

258. Tahiti Per capire la storia e il presente , non bisogna mai dimenticare

che , se gratti ogni ideologia politica, sotto trovi la teologia, la reli­ gione, seppur deformate. 570

Al fondo di tutto lo scenario ideologico moderno c'è una presa di posizione , spesso inconsapevole , su quella realtà religiosa per

eccellenza che è il peccato. Anzi , il "peccato originale" , nella sua versione cristiana. Varrà la pena di ricordarlo: uomo di " sinistra" è colui che non crede nel peccato originale; uomo di "destra" è colui che ci crede troppo. Per il primo, non abbiamo bisogno di un Redentore . Per il secondo , non c'è alcun Redentore in grado di farci uscire dal nostro oscuro viluppo di male. Per questo la sinistra è ' ' ottimista" e la " destra" pessimista. Compito del cristiano dovrebbe essere - e, in effetti , lo è stato sino ai tempi recenti , prima che molti, nella Chiesa, sembrassero perdere per strada la loro antica sapienza - il praticare la compo­ si tio oppositorum , l'unione dei contrari . Affermare al contempo , dunque, il peccato e la redenzione. Per stare a Pascal , tenersi saldi alla formula che spiega la storia del mondo : Adamo e Gesù Cri­ sto . La caduta, cioè nella colpa; e il riscatto da quella colpa. Il credente, se davvero è tale, non è dunque classificabile né a sinistra né a destra: credere sia in Adamo che nel Cristo significa porsi oltre, essere insieme pessimista e ottimista, progressista e con­ servatore , uomo di realismo e di utopia. A metà degli anni Quaranta, si ebbe la disfatta di quei fascismi che interpretavano il ruolo della "destra" , di chi cioè crede trop­ po nel peccato : il " fascista" con fida soprattutto nel carabiniere, così come il " progressista" soprattutto nell'assistente sociale . Con la sparizione dei fascismi , riprese il suo corso l' errore op­ posto, quello "innocentista" : l' ideologia " di sinistra" che nega il peccato. È questa la vera ideologia della modernità, quella che ha contrassegnato gli ultimi due secoli : la sua crisi segna la fine del "moderno " e il passaggio al "post-moderno " . Ci sono già segni precisi che si passerà al polo opposto, con il tipico squilibrio , con quella impossibilità di trovare una sintesi che è la maledizione del­ la cieca « sapienza del mondo )) : dall' euforia "progressista' ' alla di­ sperazione " reazionaria" . Mentre la "sinistra" muore e, con essa, il mito dell' uomo inno­ cente , sarà utile ricordare i suoi inizi : i quali stanno in una truffa intellettuale nella seconda metà del Settecento . Stando a Jean-

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François Revel, l' agnostico liberai-democratico francese, quello è l'imbroglio sul quale ogni ."ideologia di sinistra" ha costruito la sua fortuna sino ad oggi . Andò così : gli illuministi europei, nella loro polemica anticristia­ na, avevano bisogno di mostrare che il peccato (quello "origina­ le" in particolare) non era che una pessimistica, disastrosa inven­ zione delle Chiese. L'uomo è buono per natura e solo una cattiva organizzazione sociale può averci fatto credere che ci sia in lui un lato oscuro. C'era dunque la necessità di trovare una prova con­ creta, una società che, non essendo stata deformata dal cristiane­ simo , mostrasse che l' ottimismo sull' uomo allo stato di natura era giustificato . Sentiamo allora Revel nel suo La conoscenza inutile: « Le allu­ cinazioni ideologiche degli intellettuali di "sinistra" non sono nuo­ ve . Uno degli esempi più lampanti è quello della scoperta delle iso­ le dell ' Oceania, nel Sud Pacifico, alla fine del secolo XVIII. La "menzogna tahitiana" nasce al punto di incontro tra l'Europa dei Lumi , con il suo mito del " buon selvaggio" , e una realtà che i pri­ mi osservatori europei studiarono in modo assai diligente. Sfortu­ natamente, le spedizioni alla volta di Tahiti erano di proposito com­ poste da intellettuali scelti con cura, da ferventi lettori dell' Ency­ clopédie ». Costoro , invece di vedere la realtà come davvero era, « si imbarcarono alla volta dell'utopia realizzata e fecero dei loro sogni la materia delle osservazioni >} . Avvenne, cioè , quel che nel nostro secolo capitò prima per l'U­ nione Sovietica e poi per la Cina maoista o il Vietnam comunista, con relative farneticazioni entusiastiche dei "progressisti" occiden­ tali al ritorno dai loro viaggi . Continua Revel : « A quegli illuministi occorre un ' ' buon selvag­

gio " : così , passano sotto silenzio i furti incessanti di cui sono vitti­ me . Il buon selvaggio deve essere amante della pace: e loro si ac­ corgono a malincuore , senza dar peso alla cosa, delle guerre triba­ li che senza tregua insanguinano le isole. Quando le navi europ ee sono attaccate e i marinai massacrati, i narratori europei espungo­ no dai loro racconti questi episodi spiacevoli . Si dilungano invece sulla libertà sessuale , grazie all'assenza di senso di colpa legato al piacere, tema principale della riflessione morale dei philosophes . 572

Ma, quando si leggono i racconti tra le righe, ci si accorge che le polinesiane non si concedevano senza contropartita, che il prezzo del loro amore , scrupolosamente commisurato a giovinezza e bel­ lezza , veniva fissato in anticipo ». Ancora: « Il buon selvaggio non deve forse essere un adepto del­ l'eguaglianza? Ed ecco che i "navigatori-filosofi" si accorgono mal volentieri della divisione rigorosa in quattro classi sociali , forte­ mente gerarchizzate, della popolazione ��itiana. Indenne da ogni . superstizione, l' abitante dell'Oceania non adora alcun idolo, ci di­ cono i nostri navigatori , confermando quanto corta fosse la loro vista. Il polinesiano è vagamente dei�ta, ci assicurano. Probabil­ mente avrà letto il Dizionario filosofico di Voltaire e adorerà un "Essere supremo-" . Ed eccolo trasformato in un precursore di Ro­ bespierre ! A malincuore gli uomini illuminati, venuti dalla "cru­ deltà civilizzata" a contemplare la bontà naturale del buon selvag­ gio, ammettono che i filantropici tahitiani praticano sacrifici umani , oltre all' infanticidio . Altro traviamento increscioso : numerose po­ polazioni dell'Oceania sono antropofaghe ». Insomma: « Il poline­ siano non fu mai presentato com'era, ma come doveva essere per risultare coerente al sogno degli illuministi·» . Al principio, dunque, della "sinistra" che ora muore , ci fu un misto di illusione, di schematismo, di propaganda, se non di mala­ fede. Potevano essere buoni e durare in eterno i frutti di un simile albero?

259. Petrolio Ancor oggi, quanti sono consapevoli di essere stati vittime di una gigantesca turlupinatura in quell'autunno del 1 973 in cui scoppiò - apparentemente improvvisa, dopo un'ennesima guerra arabo­ israeliana - la maggiore crisi petrolifera mai conosciuta? Ricor­ diamo tutti le pompe a secco , poi il moltiplicarsi dei prezzi per riem­ pire il serbatoio, infine le " domeniche a piedi " . Ce la prendevamo, allora, con quei cattivi degli arabi , con quel­ la loro Opec che aveva deciso di chiudere i rubinetti, a meno che non fossimo disposti a versare infinitamente più di prima. Solo do­ po si è saputo (ma molti, per un sospetto silenzio caduto sulla vi­ cenda, non lo sanno ancora) che gli arabi , almeno quella volta si

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limitavano a tenere il sacco proprio a quegli americani i quali in combutta con gli inglesi - più strillavano di essere strangolati dall'intransigenza mediorientale . Tra i tanti, saccenti "esperti " da giornale nessuno si insospettì del fatto che a guidare il rialzo sel­ vaggio del greggio fossero proprio i più fedeli alleati e amici degli Stati U niti: Arabia Saudita , Emirati Arabi Uniti , Kuwait , Qatar e così via. In effetti, quel rialzo non era imprevisto, ma frutto di una ma­

novra decisa a Washington con la complicità di Londra . Questo , infatti, succedeva: gli americani , cui i tradizionali pozzi ormai quasi esausti del Texas e della California da tempo non bastavano più, puntavano sugli enormi nuovi giacimenti scoperti in Alaska. Gli inglesi , messi al tappeto dalla crisi del carbone, avevano avuto an­ ch 'essi l' insperata fortuna di scoprire grandi quantità di greggio nascoste sotto i fondali del Mare del Nord . Ma sia il petrolio del­ l' Alaska che quello a settentrione della Scozia esigevano tali costi di estrazione da metterli fuori mercato rispetto a quello proveniente dai deserti orientali . Da qui, la necessità di fare aumentare il prezzo del petrolio " ara­ bo " , tanto da rendere conveniente, malgrado i costi, il greggio ame­ ricano e inglese . E, da qui , gli accordi con gli arabi " amici" per organizzare quella sceneggiata nella quale, allora, tutti cademmo, pensando di essere vittime di un ricatto di sceicchi; i quali erano stati solo ben lieti dell' autorizzazione a guadagnare molto di più. Oltretutto, in quel modo , in Usa e in Gran Bretagna, non solo si rendeva economica la disagiata estrazione tra i ghiacciai e tra le tempeste oceaniche, ma si sperava anche di infliggere una botta mortale all 'industria di quel Giappone che non ha quasi fonti pro­ prie di energia e la cui industria si basa quasi esclusivamente su petrolio importato. Terzo piccione da prendere con quella stessa fava dell'accordo sottobanco con gli arabi , placare la potente /ob­ by degli industriali che premevano per diversificare la produzione investendo sul promettente affare dei sistemi per le cosiddette "ener­ gie alternative" , solari ed eoliche . Un campo , allora, del tutto nuo­ vo , nel quale solo gli americani possedevano le tecnologie e col qua­ le, dunque, contavano di invadere i mercati esteri strangolati dal costo dell ' energia tradizionale. Un esempio tra i tanti di quanto sia ingannabile (e ingannato) 574

l ' uomo di oggi che pur si crede tanto "scafato" . E, anche, una conferma al monito della sapienza antica: « Ricordati di diffidare ! ».

260. L 'oro di Colombo Ancora l ' oro ; non nero, però: giallo . Trovarne era il sogno su­ premo di Cristoforo Colombo e dei suoi sponsor, Ferdinando e Isa­ bella, i "re cattolici " . Gente , tutta, di fede sincera, credenti veri - al di là delle debolezze umane - in Gesù , il Povero per eccel­ lenza . Perché, allora, quella smania? Gli storici dimenticano di dir­ celo . Nel suo misticismo, Colombo (per il quale si parlò addirittu­ ra di processo di beatificazione) non era spinto affatto da ragioni commerciali, ma religiose: non solo portare il Vangelo ai non cri­ stiani , ma anche trovare nelle Indie occidentali l' oro per finanzia­ re una nuova, grande Crociata che portasse gli spagnoli al di là di Gibilterra, invadendo l' Africa musulmana e da lì puntare su Ge­ rusalemme, riconquistando così il Sepolcro perduto trecento anni prima. Ancora nel suo testamento ricordò ai re quell'impegno alla cro­ ciata, che non fu reali zzata soprattutto per lo scoppiare della Ri­ forma protestante che spezzò per sempre la cristianità. È un ele­ mento in più , che pochi conoscono , a conferma delle motivazioni religiose ben più che economico-politiche (come vorrebbe la storia laicista) della spinta a Occidente della cattolicissima e diffamata Spagna .

261. Terzo Mondo: un saccheggio ? Si dice che, con la fine dei blocchi contrapposti (capitalismo a Ovest, comunismo a Est) la vera spartizione del mondo è, e sarà sempre più , quella tra un Nord benestante e un Sud miserabile . E non da oggi si afferma che la miseria di questo è dovuta anche alla rapina delle sue risorse da parte di quello. Tra i capisaldi della mentalità corrente c'è, dunque, la credenza in quello che i francesi chiamano Le Grand Pii/age, il "Grande Sac­ cheggio" che avrebbe permesso all'Occidente di impossessarsi di mezzi non suoi per costruire su questi le sue fortune . Tutto il "terzo-

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mondismo" prima di scuola marxista (anche se, su questo tema, Marx fu più cauto di Lenin) e poi anche di tanti ambienti cristiani, si basa su questo schema : il Nord del mondo ricco perché rapina­ tore, il Sud povero perché rapinato. Da qui , anche, il mea culpa che a tutti noi , " bianchi" , viene chiesto di recitare . Come spesso avviene, nessuno si cura di verificare se lo schema in questione ab­ bia una base reale o non sia, per caso, uno dei tanti miti contem­ poranei . Qualche tempo fa, per incarico del Col/ège d'Europe, Léo Moulin ha provato a confrontarsi con i dati concreti di questo problema. Le conclusioni dello studioso confermano quanto sospettavano co­ loro che rifiutano di accettare acriticamente gli slogan: il "Grande Saccheggio" è in gran parte un mito, probabilmente l'Occidente (anche sul piano economico) , ha dato alle altre zone del mondo più di quanto non ne abbia ricavato. Dunque, sia la contrizione del Nord sia le recriminazioni quan­ do non il vittimismo del Sud non hanno giusti ficazione storica: le cause dello sviluppo e del sottosviluppo vanno ricercate altròve che nel mito della rapina. lnnanzitutto, Moulin fa i conti in tasca all'interscambio, sin dai tempi del Medio Evo, tra Europa e Medio Oriente, nei cui porti giungevano le merci e i prodotti di Asia e di A frica eh� non solo il desiderio di lusso ma anche le esigenze vitali (le spezie, per esem­ pio, per conservare i cibi) degli Occidentali reclamavano . Quell' interscambio fu ampiamente deficitario per l 'Europa, la quale « sanguina per arricchire l ' Asia » , come diceva, alla fine del Cinquecento, l 'inglese sir Thomas Roe . Ribadisce Moulin : « Si di­ mentica che per secoli l'Occidente si è svuotato del suo oro per com­ prare dall ' Oriente, spesso a prezzi di strozzinaggio e pagando da­ zi, gabelle, taglie. E questo non solo nel Medio Evo : anche quan­ do i portoghesi e gli olandesi apparvero nei mari asiatici e, rischian­ do ogni volta la vita, assicurarono il traffjco con il Giappone , Su­ matra, l'Indocina e l'Arabia, i maggiori vantaggi del commercio restarono tra le mani dei mercanti astuti e sedentari di quei lontani Paesi . Prelevando diritti di mediazione sino al l 00 per cento del valore delle merci , gli indiani si arricchirono favolosamente, senza però che l' economia del loro Paese ne approfittasse in qualche modo » .

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C'è poi il "caso americano" ma, come scrive ancora lo studioso belga, « i tesori delle Indie occidentali furono ben lontani dall'e­ sercitare gli effetti decisivi che si immaginano . Anche perché tutta la produzione americana d ' oro tra i1 1 520 e il l 660 fu inferiore alla produzione attuale di un anno delle sole miniere sudafricane » . Va notato che quel metallo fu estratto grazie a tecniche che solo gli europei conoscevano o che inventarono sotto la spinta delle ne­ cessità. Si sa, infatti , che i nativi non utilizzavano che quelle poche quantità di argento e di oro che affioravano in superficie o che erano altrettanto facilmente estraibili . Dunque, per parlare con precisio­ ne, non si trattò di "rapina" , visto che le genti del posto non ave­ vano né capacità né interesse né desiderio di procurarsi quel me­ tallo a prezzo di ricerche, di fatiche, di invenzioni tecnologiche . In ogni caso, come tutti sanno , quei "tesori " non fecero la fortu­ na ma il disastro della Spagna e del Portogallo, portando a una gigantesca inflazione. Comunque, stando sempre alle cifre di Moulin , ciò che gli iberi­ ci portarono oltre Oceano, sotto forma di manufatti , supera le im­ portazioni dal Nuovo Mondo . C'è poi la fase del "colonialismo " vero e proprio , di quel mo­ derno "imperialismo" contro il quale si appuntano gli strali della polemica terzomondista, anche cattolica. Quella nuova fase comin­ cia con il 1 830, quando la Francia conquista l 'Algeria, strappan­ dola al dominio turco . A lungo l' esempio francese restò isolato e l' espansione coloniale europea non cominciò che alcuni decenni dopo . Come ricorda Moulin , spesso siamo vittime di una sorta di illu­ sione ottica che ci impedisce di ricordare che l ' èra del colonialismo europeo in Africa e in Asia fu assai breve: il suo apogeo, con la spartizione di quei due Continenti in "zone di in fluenza" tra le po­ tenze europee, fu al Congresso di Berlino, nel l 884. Ma solo tren­ t' anni dopo , nel 1 9 1 4, comincia la fine: la conquista italiana del­ l ' Etiopia, nel 1 936, è già terribilmente anacronistica. Ma fu, almeno , quella brevissima stagione del colonialismo, tanto proficua per l' Europa da far pensare a una rapina dei cui frutti ancora beneficeremmo? Moulin non solo ne dubita ma, cifre alla mano , sembra escluderlo . Ancor più di quanto non fosse avvenuto in America, anche in

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Africa e in Asia gli Europei diedero una violenta accelerazione a economie stagnanti . portando nuove tecniche, introducendo colti­ vazi oni sconosciute, creando una infrastruttura di strade, ferrovie, porti . Se dura fu la sorte dei colonizzati , duro - e spesso mortale - fu il destino dei colonizzatori , costretti a vivere in climi mici­ diali e tra malattie e pericoli sconosciuti. Casi come quelli del tar­ divo colonialismo italiano non solo non furono di vantaggio eco­ nomico ma si rivelarono un vero salasso per la Madrepatria. È certo che Libia, Eritrea, Somalia e poi Etiopia costarono infinitamente di più di quanto non abbiano reso. E il belga Moulin cita il caso del Congo: perderlo significò per il Belgio un aumento del reddito nazionale. Lo stesso per l' Olanda, pur padrona delle opulente iso­ le asiatiche e che proprio con la decolonizzazione vide uno svilup­ po impetuoso. Per non parlare del fatto che i più alti redditi si re­ gistrarono in due Paesi europei che mai ebbero colonie: Svizzera e Svezia . Se va dunque rivisto lo slogan del "Grande Saccheggio " , va va­

lutata con l 'attenzione e la serietà che merita anche l 'osservazione spesso ripetuta da quel conoscitore vero (sul campo ben prima che sui libri) e da quel nemico degli schemi ideologici alla moda che è padre Piero Gheddo . Il quale constata che i Paesi del Terzo Mon­ do che se la passano meglio sono quelli che più a lungo hanno avu­ to il dominio coloniale europeo e che, dopo l' indipendenza, non hanno rotto i contatti con l' Occidente. Il che , ovviamente, non significa ignorare o dimenticare il lato oscuro dell' espansione europea del passato e i guasti (forse ancora peggiori , perché più occulti) di certo brutale neo-colonialismo di oggi . Ma se è la verità che fa liberi , solo il superamento di slogan propagandistici o demagogici può ' 'liberare' ' il mondo dal sotto­ sviluppo, ricercandone le cause vere. Che non stanno solo - e, forse, neppure soprattutto - nell' avidità o nel cinismo di noi , "uo­ mini bianchi" dell 'Occidente.

262. Gran Bretagna ' 'medievale ' ' Mi è già capitato di scriverlo: tra gli aspetti p1 u sgradevoli della

nostra vita nazionale, c'è la continua, acritica auto-diffamazione 578

degli italiani . La doverosa consapevolezza che nessun popolo come nessun individuo - è perfetto, affiancando difetti alle virtù , assume da noi aspetti patologici , come se tra noi soltant o si verifi­ cassero cose di cui gli altri Paesi sarebbero immuni . In una pro­ spettiva cristiana, in realtà, non risulta che ci sia alcuno - quale che sia il suo passaporto - esente dal peccato originale. Di solito , comunque, il raffronto viene fatto tra una disprezzata cultura mediterranea e una venerata cultura anglosassone, come se quella fosse il ricettacolo di ogni vizio e questa la sede di ogni virtù . Non è così , naturalmente , anche se va riconosciuto senza esi­ tazioni - verità ed esperienza impongono di farlo - che, pur con i suoi difetti e magari le sue zone inquietanti d'ombra (come avvie­ ne per tutte le cose umane) , non è certo a caso se la cultura prove­ niente dalle isole britanniche ha plasmato tante zone del mondo e ha lasciato la sua impronta precisa in tante culture . Ma ciò di cui i nostri intellettuali anglofili non sono consapevoli (e, se lo fossero, non l' ammetterebbero mai , essendo la cosa scan­ dalosa per i loro schemi) è che quel che fa l'efficacia, e spesso an­ che la grandezza, della British way of /ife, della prospettiva britan­ nica della vita, non è la su a "modernità" ma, al contrario, il suo arcaismo. Il segreto inglese non sta certo nell 'essere all ' avanguar­ dia : ma, bensì , nell'essere rimaste, quelle isole , al Medio Evo . Il trionfo della cultura anglosassone nel mondo è, in qualche modo, la controprova di quanto non solo " funzionasse" ma " funzioni " ancora il sistema di valori che risale alla christianitas medievale. Dunque, rifarsi alla Gran Bretagna è rifarsi all 'antico , non al moderno. Si sa che dopo Cesare e, poi , dopo gli Angli e i Sassoni al tempo delle invasioni barbariche, nessun nemico è riuscito a sbarcare in quei luoghi i quali così, grazie alla insularità, hanno coltivato lo spirito di conservazione che nasce dall 'isolamento . La cristianizzazione, spazzata via una volta dai barbari e poi rei­ niziata da capo , è scesa in profondo tra la gente. La prospettiva cristiana - aiutando, naturalmente, il temperamento - ha mar­ cato per sempre la popolazione , dagli aristocratici sino ai mercanti e al popolo minuto, con quel pragmatismo, quel realismo, quel sen­ so della vita concreta, quel rifiuto di rifugiarsi nei sogni e nei pro­ getti astratti , che sono tra i legati più preziosi dell'ispirazione evan-

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gelica. Malgrado il termine "utopia" nasca da queste parti, con Thomas M ore, in realtà inglesi , gallesi, scozzesi hanno espresso sì minoranze utopistiche ma non a caso queste hanno dovuto andar­ sene dall'isola, emigrando al di là dell'Atlantico . Ciò che ha sempre caratterizzato cultura e politica britanniche è il rifiuto dell'ideologia, dello schema intellettuale, del sogno de­ stinato a rovesciarsi in un incubo. È the common sense, il buon senso , contro i furori astratti dei giacobini di sempre . Praticamen­ te unica tra le terre del Vecchio Continente, la Gran Bretagna non conobbe gli effetti devastanti della Rivoluzione francese, così che il suo è rimasto in fondo un sistema di Ancien Régime. Da queste parti attecchì un socialismo combattivo , ma mai un partito comu­ nista di massa che scambiasse le fantasie marxiste per una " lettura scientifica della storia" . È l' anima rimasta medievale dell ' Inghil­ terra che rifugge da quella moderna droga ideologica che ha intos­ sicato - e poi insanguinato - le altre parti dell'Europa e del mondo . La sua rivoluzione la Gran Bretagna la fece (e fu paci fica) nel 1 688, scegliendo una monarchia parlamentare, restata tale con pru­ denti adattamenti ai tempi . Dal Medio Evo cristiano discende non soltanto il realismo , il pragmatismo (l'uomo medievale non giudi­ ca le cose in base a uno schema previo , come faremo noi dopo l ' Il­ luminismo e la Rivoluzione francese, ma in base alla realtà con­ creta, sapendo che ogni caso è a sé ed esige una soluzione ad hoc), ma discende anche il sistema tutto inglese - scandaloso per un mo­ derno ideologo - di non opporre i poteri, bensì di affiancarli . Da quel Medio Evo discende anche il rifiuto di imbalsamare la realtà in formule e documenti scritti: la Gran Bretagna non ha quasi Co­ stituzione, non ha codici civili e penali, affidando l 'esercizio del diritto non all'astrattezza senz'anima di un anonimo legislatore ma alla saggezza, all 'esperienza, all' umanità di un uomo concreto , il giudice. Viene direttamente dalla christianitas medievale anche quella " unità nella diversità" che, malgrado qualche errore e ipocrisia, gli inglesi seppero praticare nel loro impero , il più vasto della sto­ ria : quasi mezzo miliardo di persone, sparse in ogni continente, le quali - come già avveniva nell ' Impero dell 'Europa medievale ­ vedevano affiancata ai legami comuni una larga autonomia lingui-

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stica, culturale, amministrativa. È « l 'assumere, non il distrugge­ re » dei secoli cristiani che fu posto alla base del Commonwealth .

Tutto questo - e parliamo, ovviamente, dei tempi migliori e di un ideale talvolta tradito, ma che ebbe anche abbondanti realizza­ zioni - fu gestito da una figura che viene creduta tipicamente in­ glese e che invece non è che la continuazione della figura medieva­ le del cavaliere , con il suo culto per l ' onore, per la parola data, con il suo impegno a debellare superbi e prepotenti e a difendere i deboli, con una forte consapevolezza della superiorità della cul­ t ura che lo aveva formato: il gentleman . Quel " gentiluomo" alle­ vato in collegi metà caserme e metà conventi , dove Bibbia e cultu­ ra classica, latina e greca, erano egualmente praticate. Proviene ancora dall'ideale cristiano anche il culto tutto isolano della Tradizione: la consapevolezza, cioè, che non c'è presente e non c'è futuro se non mantenendo vive le radici col passato. Il sa­ pere che, nella storia , non ci sono quelle fratture violente e decisi­ ve che sognano i rivoluzionari; ma che, nella vicenda umana, si può andare avanti soltanto se il nuovo non rinnega il vecchio bensì in qualche modo lo integra o lo affianca. 0/d England, la vecchia Inghilterra, non è solo un modo di dire. È proprio ciò che ha salvato del vecchio mondo , dell' Europa pre­ rivoluzionaria e pre-ideologica, dell'Europa della fattiva e concre­ ta cristianità che - e solo in apparenza paradossalmente - fa la "modernità" e il successo del modo anglosassone di affrontare la vita.

263. Gesuiti Cinq uecento anni, nel 1 99 1 , dalla nascita di don i fiigo L6pez de Loyola e 450 anni dall' approvazione delle prime regole della "Com­ pagnia di Gesù' ' . I cui membri di oggi hanno dato il via alle inizia­ tive per ricordare questi due anniversari. Non sarà, e giustamente, una cosa "in famiglia" , ma uno dei pochi avvenimenti che in qual­ che modo coinvolgeranno tutto il mondo. In effetti , non c'è forse angolo della Terra che, prima o poi, non abbia visto all'opera qual­ che gesuita: ora isolato, ora inserito in un progetto comunitario ; ora disprezzato e perseguitato, ora potente consigliere dei Grandi . Sempre , comunque, tenace e determinato .

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Lenin confidò un giorno di ispirarsi a Ignazio di Loyola e di vo­ ler fare del suo partito comunista ciò che il capitano basco aveva fatto della sua Compagnia . Lavorando , però , a un fine rovescia­ to : conquistare il mondo non ad majorem Dei g/oriam , ma ad ma­ jorem hominis (anzi , proletaril) gloriam. Quel che accomuna i due " fondatori " , Lenin e Loyola, è un sogno planetario : coinvolgere la Terra intera non riconoscere confini , inviare ovunque d iscepoli del Verb o . N o n a caso , sull' alt are dove riposano le sue spoglie, la statua di sa n t l g n a ; i n i.· al.'�.:a n t o a un mappamondo . L'eccezionali t à del l a Compagnia sta proprio in questo: nessu­ no, prima (neanche gli imperatori romani , neanche i papi), si era proposto quel progetto di conquista mondiale che fu invece di un gruppo di uomini che prese un nome militare (la " Compagnia") e che, con altro ardimento inaudito, a quel termine soldatesco unì il nome terreno del Cristo medesimo. Pare che questa scelta fosse dettata a Ignazio dali 'umiltà, per evitare cioè che la fondazione ve­ nisse poi indicata con il suo nome, come era successo con France­ sco e con Domenico . Il risultato, però , fu che non vennero detti " ignaziani " o "loyolani ' ' , ma "gesuiti " , con un rinvio diretto all ' Uomo-Dio . ,

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Sorte, dunque, terribilmente impegnativa . E sorte, forse, coin­ cidente davvero con quella di Gesù: al pari di lui , questi discepoli che si rifanno senza mediazioni a quel Nome furono - e sono ­ odiati e amati , esaltati e vituperati, invocati e scacciati . Hanno co­ nosciuto ogni destino , tranne quello dell 'indifferenza. E sulla loro storia si è ben lontani - tra i credenti stessi - da un giudizio unanime. Per stare ad alcuni esempi : le terribili Pro vinciali di Pascal (letta la prima, il Superiore dei gesuiti di Francia fu colto da un attacco apoplettico e dovette essere salassato sette volte . . . ) sono un' ingiu­ stizia, seppure rivestita dallo smalto del genio, o sono una legitti­ ma protesta in nome della serietà del cristianesimo? Ancora: avere stroncato, con una decisione papale del XVIII se­ colo, il progetto di ' ' incult urazione' ' dei missionari della Compa­ gnia in Asia fu un errore disastroso di Roma o fu invece (come sostenevano gli altri Ordini) l' indispensabile difesa dell' identità cri­ stiana? Per continuare: fu resistenza profetica o cieco anacronismo l ' ar-

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roccamento della Compagnia, per tutto l'Ottocento, a difesa del­ l ' intransigentismo romano e a rifiuto di ogni modernità? Ebbe ra­ gione la Civiltà Cattolica del 1 873 che non volle dare notizia, se non reticente, della morte di un " cattolico liberale" come Ales­ sandro Manzoni o hanno ragione quei gesuiti di oggi impegnati nelle più spericolate "aperture" non solo culturali ma anche politiche? Ma gli interrogativi , qui , sono senza numero : la soppressione del­ la Compagnia, nel 1 773, fu una gratuita iniquità cui fu spinto un papa ostile e debole, pressato dalla congiura dei philosophes anti­ cristiani , o fu una meritata punizione per avere ceduto a una vo­ lontà di potenza ormai lontana dall ' umiltà richiesta a seguaci del Cristo sconfitto e crocifisso? Se i dizionari di tutte le lingue alla voce "gesuita" indicano non soltanto il significato di " membro della Compagnia di Gesù " , ma anche altri signi ficati poco lusin­ ghieri, ciò avviene per una diffamazione di potenti nemici o per una vox populi nata da una realtà? Ancora: qual è il "vero" gesuita? è sant' Ignazio stesso che restò in Europa solo per ripiego, il sogno inappagato della sua vita es­ sendo il promuovere una crociata contro il Turco o almeno il re­ carsi con i suoi discepoli in Oriente per convertirvi i musulmani? o il "vero" gesuita è quello impegnato oggi nel più tollerante e ire­ nico degli ecumenismi?

È solo un piccolo campionario di domande alle quali gli storici continuano a dare risposte non unanimi e ·che fanno sospettare che, come avviene per Gesù stesso, attorno alla Compagnia di Gesù aleg­ gi un "mistero" che le consuete categorie storiche non sono in grado di penetrare del tutto . Un "mistero" , ma anche un "segreto" : quel­ lo cui sono stati dedicati tanti libri , magari fantasiosamente te­ nebrosi . Quel " segreto " , in realtà, è costituito dalle intuizioni di Ignazio e dei suoi successori , spesso maestri in umanità quasi al pari di lui . Ad esempio: c'è un motivo se i gesuiti non si divisero mai , mentre si divisero sempre i protagonisti di quell ' altra straordinaria epo­ pea religiosa che sono i francescani . Per questi ultimi, come per tutti gli Ordini medievali , l' obbedienza è, innanzitutto, alla Rego­ la. Per i gesuiti, l' obbedienza è, innanzitutto , alla persona del Su­ periore, attraverso il quale si obbedisce al vertice, alla persona stessa del papa. Guardando alle Regole, e nello sforzo continuo di vivere 583

quelle parole in totale fedeltà, i seguaci di Francesco conobbero una serie ininterrotta di scissioni che ebbero anche, peraltro, aspetti benefici , mantenendo viva la tensione evangelica . Guardando in­ vece a un uomo concreto più che a un complesso di parole, la Com­ pagnia conobbe la soppressione ma non la divisione : anche oggi , lacerata al suo interno da pulsioni contrastanti , sa che o insieme vivrà o insieme cadrà. Ma il "segreto" ha poi tante altre sfaccettature. Ignazio e i suoi

compresero che il mondo va salvato così com'è, intuirono che l'u­ topismo del cristiano deve accompagnarsi sempre al realismo; non si scandalizzarono dell ' amara concretezza di Machiavelli, per cui >. Continua Spadolini: «Il pensiero cattolico in materia fu sempre coerentissimo: l'istruzione militare obbligatoria non era forse una giustificazione ideale della guerra e soprattutto della sua morale, che ripugna insanabilmente alla coscienza cristiana? Perché fare di una vocazione di alcuni , di una necessità di pochi , un "dovere morale' ' di tutti? Le compagnie mercenarie non contraddicevano così profondamente all' insegnamento cattolico: riflettevano una du­ ra necessità che si cercava di contenere nei limiti deWindispensabi­ le . Ma il mondo post-cristiano , moderno, creando gli eserciti re­ golari , non aveva forse rivendicato il valore etico della guerra, l'es­ senza pedagogica del militarismo? ». Ancora nel 1894, Leone XIII alzava la voce contro la leva di mas­

sa « che toglie i giovani nel fiore degli anni dalla cultura dei campi, dai buoni studi , dalle arti e li costringe alla guerra». E chiedeva: « È forse tale da natura la condizione del civile consorzio?». Per ricitare Spadolini : « La sconfessione della coscrizione obbligatoria era, per la Chiesa, nient 'altro che una conseguenza diretta della condann a della statolatria, dei poteri assoluti dello Stato moderno che asservisce il cittadino al suo dispotismo: ai missionari , lo Stato opponeva i militari , al clero regolare le forze armate, alla pace e all' amore del Vangelo le "virtù militari "». In effetti , ,_ · · .1e obbligatoria fu una delle novità introdotte dalla Rivoluzione francese, con il famoso decreto sulla "na­ zione armata". "Novità" che in realtà fu un ritorno all' indietro, ali' epoca pagana quando la leva in massa era praticata dagli Assiri , 607

dagli Egizi , in certi periodi anche dai Romani . La sua abo­ lizione fu uno dei risultati della predicazione dei cristiani : i qua­ li, troppo realisti per essere dei pacifisti, sono però chiamati ad essere pacifici . Riscoperto dai rivoluzionari parigini e poi usa­ to in modo spietato da Napoleone, l' arruolamento coatto (per almeno cinque anni , dai 20 ai 25 ! ) fu opposto come segno di "modernità" alla Chiesa che lo combatteva e che anche per que­ sto fu considerata "reazionaria" . Oggi , vediamo se } ' " oscuran­ tismo " stesse davvero dalla parte cattolica. È tra gli aspetti da valutare , nell 'attuale revisione degli schemi da manuale di storia benpensante .

273. Cremazione Esulta il competente assessore del Comune di Torino perché, in due soli anni, le cremazioni sono aumentate del 200 per cento. Si prevede che, tra non molto, si potrà arrivare alla situazione del­ l'Europa settentrionale, dove ormai il numero dei defunti incene­ riti è superiore a quello degli inumati. Una prospettiva garantita ora in Italia da nuove disposizioni di legge, secondo le quali non è più necessario per la cremazione che il defunto abbia lasciato di­ sposizioni in proposito: per lui può decidere il parente più prossimo. La soddisfazione particolare a Torino deriva dal fatto che il boom delle fiamme segna il successo di una campagna pubblicitaria del Comune. Si propagandava la cremazione con alcuni slogan (del ti­ po « l'anima non è bruciata») che intendevano rassicurare i catto­ lici che ancora esitassero. La Curia stessa non aveva dato parere negativo a quella pubblicità . Né, del resto, avrebbe potuto farlo, visto che il nuovo Codice di Diritto Canonico , al terzo paragrafo del canone 1 1 76, così recita: « La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie al la dottrina cristiana» . La nuova norma si adegua all'iniziativa di Paolo VI che, nel cli­ ma di eccitazione - se non forse, talvolta, di distruzione - del­ Pimmediato postconcilio, aveva deciso di in frangere una tradizio­ ne gelosamente custodita dalla Chiesa sin dai suoi inizi .

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Può essere allora interessante riflettere sulle parole che stanno in quel libro inquietante (e in qualche modo "terribile") che è Jota unum dello svizzero Romano Amerio . Sentiamo : « Se l'immortali­ tà dell' anima è dogma di tutte le religioni, la resurrezione dei corpi è invece dogma esclusivo del cristianesimo ed è di tutti il più ostico alla ragione, oggetto di pura fede , primo e ultimo dei paradossi. In nessunissima credenza, fuorché nel cristianesimo , si trova chiaramen­ te che i corpi risorgano un giorno ripigliando il filo dell'identità del­ la persona ridivenuta " tutta quanta" . Ora, questa verità osticissi­ ma alla ragione è il punctum saliens del sistema cattolico, ed è per nutrire la fede in essa che la Chiesa rifiutò sempre di bruciare i cada­ veri. In morte l'uomo non è più : ma il corpo , che fu uomo- e che sarà uomo nella resurrezione finale - è degno di rispetto e di cura >> . Continua Amerio: « L'antichissimo e mai intermesso costume di interrare i morti deriva dall'idea evangelica e paolina del seme in­ terrato e del corpo seminato corruttibile e risorgente immortale (lCor 1 5 ,42) . La sepoltura cristiana imitava soprattutto la sepol­ tura di Cristo . La Chiesa non ha mai ignorato che anche quella riduzione in polvere che risulta dalla cremazione non pregiudica alla ricostituzione dei corpi risorgenti; ma una religione in cui tut­ ta la realtà è segno non poteva disconoscere che la combustione del cadavere è un antisegno della resurrezione . L'incinerazione le­ va di mezzo tutta la simbolica dell 'inumazione e priva di significa­ to i mirabili vocaboli stessi trovati dai primi cristiani: cimitero, cioè dormitorio ; camposanto, cioè luogo di consacrati a Dio; deposi­ zione, non nel senso fisico di porre giù entro la terra, ma nel senso legale, onde le salme sono date in deposito da restituire il giorno della resurrezione . Questi valori simbolici parvero così potenti che la Chiesa li fece trapassare in valori teologici : il far cremare la pro­ pria salma fu tenuto per professione di incredulità » . L a conclusione del laico studioso è, al suo solito, severa: « La perdita dell'originalità della Chiesa, anche in cose di tradizione im­ memorabile e di alto senso religioso , rientra nel generale fenome­ no dell' accomodazione al mondo , della decolorazione del sacro , dell 'invadente utilitarismo e dell' eclissazione del primario destino ultramondano dell 'uomo » .

Questo Jota unum h a per sottotitolo "Studio delle variazioni del­ la Chiesa cattolica nel XX secolo" . In effetti, quella voluta (o, al609

meno, accettata) da Paolo VI costituisce una delle più vistose "va­ riazioni" cattoliche. Per rispettare il simbolismo della resurrezio­ ne e per imitare il Cristo, il cui corpo fu deposto in un sepolcro e non bruciato su una pira funeraria, sin dai suoi inizi la Chiesa fu tenacissima nell'opporsi alla cremazione praticata dai pagani. Nelle catacombe non si trova una sola urna cineraria, nei tempi di persecuzione i fedeli sfidarono la morte per seppellire i corpi delle vittime e sottrar li al rogo . Tertulliano chiama la cremazione «con­ suetudine atrocissima» e già nel 627 il terzo Concilio di T oledo po­ teva definire la sepoltura come « ininterrotta e sempre praticata prassi della Chiesa». L'insegnamento fu così costante e preciso che nemmenso la Ri­ voluzione francese riuscì a far passare la cremazione nel suo deli­ rante "pacchetto" di leggi di scristianizzazione : ci fu, nel 1796, una proposta, ma il provvedimento fu poi lasciato cadere per l' ostilità popolare . Ciò che non riuscì ai giacobini, fu ripreso con decisione , a partire dalla metà dell ' Ottocento, dalla massoneria, soprattutto quella duramente anticattolica dei Paesi latini : dappertutto fu un pullulare di " Società per la cremazione" , molte delle quali ancora esistenti e tutte emanazione diretta delle Logge. Chi visiti , ad esem­ pio, l'impianto per l'incenerimento del Monumentale di Milano, si trova di fronte a una esibizione di triangoli, squadre, compassi , fronde di acacia, stelle a cinque punte. Così, la Chiesa, pur ribadendo che « la cremazione, in se stessa, non contrasta con alcun dogma cattolico >), ancora nel 1 926 la de­ finiva, con un decreto del Sant'Uffizio, « empia e scandalosa e quin­ di gravemente illecita». Pertanto, il Codice Canonico in vigore si­ no ali 'inizio del 1 983 stabiliva che « chi ha disposto che il suo cor­ po sia-bruciato, se prima di morire non ha dato qualche segno di pentimento, sia privato della sepoltura ecclesiastica ». che le nuove norme non sono davvero "variazio­ ne" da poco e sembrano inquadrarsi in un progetto per rendere in tutto il cattolico " uno come gli altri " . Probabilmente , in certo cle­ ro non vi è più sufficiente consapevolezza dell' importanza che per tutti gli uomini - ma in modo particolarissimo per quelli religiosi - assumono i segni, i simboli e della necessità di questa simbologia per conservare l' identità, il senso di appartenenza a una comunità con la sua Tradizione, le sue regole , i suoi doveri , i suoi segni . Ecco, dunque,

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Non era ritorno aJ legalismo farisaico, ma preciso segnale di ap­ partenenza, il fatto che il cattolico fosse anche uno che non man­ giava carne il venerdì , che andava a messa la domenica, che si muo­ veva in processione in certi giorni , che in altri digiunava e che infi­ ne si faceva seppellire e non bruciare . Ora , nessuno ricorda più il precetto del "magro" e del "digiuno "; a messa si può andare an­ che il sabato e non mancano teologi che bollano di ·'formalismo anacronistico" l' antico dovere di santi ficare le feste; le processio­ ni (pure quella solennissima del Corpus Domim) non di rado sono abolite; il forno crematorio è lecito. Come mostrano gli altri due monoteismi, quello ebraico e quel­ lo islamico, così ricchi di "regole" attentamente rispettate, la com­ pattezza di una comunità religiosa passa anche attraverso il non essere, quando necessario , "come gli altri " . Forse, anche questa dimenticanza non è estranea a quella perdita di identità cattolica che gli stessi vescovi constatano allarmati.

274. Islam/1 Lo osservava anche il cardinal Martini, arcivescovo di Milano, una diocesi dove gli immigrati dali' Africa e dali' Asia sono ormai centinaia di migliaia: quel confronto che, nei decenni scorsi , i cat­ tolici ebbero con i marxisti, diventerà sempre più un confronto con i musulmani. Così , smentendo tutte le previsioni di chi pensava che il problema del terzo millennio sarebbe stato - per i credenti su­ perstiti - la sfida dell'ateismo, della secolarizzazione, ecco che sarà invece la sfida di un' altra religione. E la meno "secolare" di tutte. Poco si è notato che, mentre il marxismo era un giudeo­ cristianesimo laicizzato, l'islamismo è un giudeo-cristianesimo sem­ plificato . Entrambi , senza il messaggio dei profeti di Israele -: da Abramo sino a Gesù compreso - non sarebbero sorti o sarebbero stati assai diversi . E, dunque, per il cristiano, la sfida è ancora una volta "in famiglia" : cosa che poco consola , visto che proprio que­ sti sono i confronti più insidiosi e accaniti . A cominciare da questo frammento , vorremmo appuntare qui qualcuna delle riflessioni che abbiamo raccolte in molti anni sulla fede proclamata da Muhammad, "il degno di lode" , che la nostra lingua chiama, in modo approssimativo , ''Maometto ''. Ci sembra

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che la storica migrazione, di cui ora non vediamo che gli inizi , che sta portando a una nuova invasione musulmana dell'Europa giu­ stifichi lo spazio che intendiamo riservare all'argomento . Ma, at­ tualità quotidiana a parte, interrogarsi sull 'islam è da sempre uno dei doveri primari del cristiano consapevole della sua fede . Il Corano, in effetti, è innanzitutto uno scandalo: lo scandalo di un " Nuovissimo Testamento" che dichiara superato il Nuovo Testamento cristiano. Mentre i credenti in Gesù erano certi che con lui fosse terminata la rivelazione divina cominciata con Abramo e Mosè, ecco sorgere una religione che non solo toglie a Gesù il suo carattere divino ma, pur profondendosi in rispettosi omaggi per lui , lo relega alla condizione di penultimo profeta, di annun­ ciatore di una parte ma non di tutta la volontà divina, completata solo nelle parole fatteci giungere attraverso l' ultimo e definitivo dei rivelatori, Muhammad . Con lui , i cristiani sono ridotti al pas­ sato: gente da compatire perché avanzata sì dall'Antico al Nuovo Testamento ma fermatasi lì , senza passare al Corano, visto come la terza parte della Scrittura che inizia con la Torah ebraica. In effetti , laddove giungeva nei primi secoli dell'espansione l'orda musulmana, soltanto i politeisti, i pagani, erano posti di fronte al dilemma: o convertirsi, abbandonando gli idoli, o essere stermina­ ti. Non così per ebrei e cristiani, "la gente del Libro " : sottomessi a tributo , erano chiusi nei loro ghetti anacronistici, aspettando che si decidessero ad accettare la realtà, a riconoscere che la storia del­ la salvezza era andata avanti, che Abramo e Gesù non erano da abbandonare, ma da superare.

dunque, lo scandalo - e il mistero - del Corano e del­ la fede poderosa che riuscì a suscitare. Abituati a guardare agli ebrei restati tali come a gente dalla vista appannata, incapaci di scorge;. re i tempi nuovi , i cristiani si sono trovati a essere guardati a loro volta come fermatisi alla penultima tappa, senza saper giungere al­ l'ultima. Proprio per questo l' islarnismo potrebbe apparire come più cre­ dibile del cristianesimo agli Occidentali che adesso l'hanno tra lo­ ro . Un tempo era la religione dei disprezzati popoli coloniali : con­ vertirsi ad esso sarebbe sembrata una bizzarria indegna di un civi­ lizzato europeo . Ora, invece, le conversioni sono cominciate e in Questo,

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certi Paesi, come la Francia, sembrano diventare un fenomeno quasi di massa. E ciò anche perché, nella nostra prospettiva " progressista" , ciò che viene dopo appare sempre meglio di ciò che c'era prima. Dalla stella di David, alla croce, alla mezzaluna non è forse un continuo progredire? Proprio perché venuto dopo Mosè e Cristo, Muham­ mad non sarà il migliore? In fondo, sono gli stessi cristiani che hanno puntato proprio su questa idea di progresso, di superamento dell' ebraismo, per aprir­ si al nuovo annunciato da Gesù . È in questo passaggio dalla To­ rah agli Evangeli che ha la sua origine la prospettiva, che l'Occi­ dente ha fatto sua finendo per laicizzarla nelle ideologie ' 'progres­ siste" , di una storia come salita che porta a sempre nuove conquiste. Dunque , il Corano può fare leva sulla convinzione - che è or­ mai carne e sangue dell 'uomo moderno - del nuovo che è sempre meglio del vecchio. Se il proselitismo musulmano saprà utilizzare questa categoria fondamentale dello spirito occidentale, la prospet­ tiva di un' Europa, se non islamizzata, almeno permeata a fondo da questo Credo venuto dal deserto arabico potrebbe non appari­ re così incredibile . Almeno, si intende, a viste umane . Del resto, questo passaggio è già più volte avvenuto . Dodici o tredici secoli fa, erano cristiani molti degli antenati di quei musul­ mani nordafricani che vediamo popolare le nostre strade. In Egit­ to, nel Maghreb, in Siria, in Anatolia, nei Balcani , nella Palestina stessa, popoli interi hanno fatto - e per sempre, a meno di futuri , diversi disegni divini - il passaggio dal Nuovo al Nuovissimo Te­ stamento, da Gesù a Maometto. Isole di resistenza cristiana, dura­ te sino ad ora, l'islam le ha conosciute: gli Armeni, i Copti mono­ fisiti in Egitto e in Medio Oriente, i Mozarabi iberici . E ha dovuto ritirarsi da alcune regioni dove la vita cristiana è ritornata prepo­ tente, senza che l'islamizzazione riuscisse in profondo: la Spagna, la Grecia, la Sicilia, Malta, buona parte dei Balcani. Ma, altrove, la mezzaluna è sembrata più- forte della croce: e non solo sul campo di battaglia (il che, in una prospettiva cristiana, si­ gnifica poco o nulla) ma, quel che più conta, nei cuori. Conquista­ ti alla nuova fede, quei popoli le sono rimasti sino ad oggi incrol­ labilmente fedeli . È successo persino per le Chiese fondate sulla costa siriana e nell' attuale Turchia, l ' Anatolia, da san Paolo stes-

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so. E se la moschea di Cordoba, in Spagna, è da secoli trasforma­ ta in chiesa cattolica , per secoli la chiesa di Santa Sofia nella Co­ stantinopoli ribattezzata lstanbul fu tra le più venerate moschee musulmane prima di essere trasformata in museo . Lo stesso Annuario Pontificio porta ancora i segni del dramma: vi sono in effetti elencati, accanto ai vescovi "residenziali " , quelli cioè a capo di una diocesi effettivamente esistente, i vescovi "tito­ lari": quei presuli , cioè, cui è attribuito il "titolo" di una diocesi che da oltre mille anni non è ridotta che a un nome, senza più fe­ deli, passati tutti al verbo del Corano. Pare che solo il Nord Africa - illustre per santi, padri della Chie­ sa, papi - contasse quasi 600 vescovadi e almeno altrettanti le re­ gioni a Oriente dell'Egitto: a parte qualche nucleo di resistenza (e proprio oggi , con la crisi mediorientale, in via di sparizione) non è rimasto quasi nulla di una così abbondante seminagione del Van­ gelo. E ogni sforzo per ripiantarlo si è rivelato sterile . In poco più che vent 'anni, dal 632 al 656, sotto i primi quattro califfi succedu­ ti a Maometto , gli uomini del Corano dilagano dalla Tripolitania a Ovest , sino all'lndo a Est e a Nord sino al Mar Nero: regioni in gran parte già cristiane e dove la fede in Gesù finirà per estin­ guersi . Come è potuto avvenire? Quale enigmatico significato può scor­ gere qui il credente? È ciò che vorremmo vedere.

275. lslam/2 Il profeta della Mecca muore nell ' anno 632 . Già sei anni dopo il Califfo (cioè "successore") Ornar strappa Gerusalemme ai Bi­ zantini e nel 640 i musulmani entrano in Egitto dove Alessandria, la grande metropoli divenuta importantissimo patriarcato cristia­ no, è conquistata un anno dopo. La corsa a Ovest continua e, do­ po essersi spinti per le migliaia di chilometri del litorale mediterra­ neo , nel 711 gli arabi varcano lo stretto di Gibilterra e sbarcano in Spagna . Decorreranno più di 7 secoli di lotte per scacciarli . Riservandoci di parlare in seguito delle altre conquiste di vastis­ simi territori già cristiani in Asia, qui vorremmo esaminare la sor­ te di quel Nord Africa che era stata una tra le prime regioni a esse­ re evangelizzate. San Marco stesso, stando alla Tradizione , avreb614

be predicato la fede in Egitto; e nelle sedi vescovili di quell'Africa mediterranea c'erano pasrori della statura di sant'Agostino. L'at­ tività teologica nelle città, soprattutto ad Alessandria, era sin troppo ricca e vivace. Il deserto pullulava di eremi e di monasteri dove si viveva l'ascesi con drammatica serietà. Com'è potuto succedere che una simile vita cristiana si sia spen­ ta (con la parziale eccezione dell'Egitto) e che la fede nata dal Co­ rano abbia potuto tutto ricoprire? In realtà, le cose sono ben più �omplesse di certe presentazioni che di esse sono ancora fatte. Non è che , come folgorati dal Verbo portato dagli arabi, i cristiani abbiano ripudiato il Vangelo sco­ prendo che la verità stava nel Corano . A portare al cambio religio­ so furono (dopo secoli , e talvolta neppure del tutto) le vicende mi­ litari e poi la politica sociale, fiscale, matrimoniale. Per capire, dobbiamo innanzitutto ricordare che l' islamizzazio­ ne dell'Africa mediterranea ha caratteri diversi nell 'Egitto e nella restante parte della costa sino all 'Atlantico. Le due parti erano state divise dalla linea di demarcazione tra Impero Romano di Occiden­ te e di Oriente . L'Egitto parlava greco e aveva rapporti con Co­ stantinopoli; le regioni a Occidente parlavano latino e guardavano a Roma. Con la caduta di quest'ultima, tutta l'Africa settentrio­ nale ricadeva sotto l'impero bizantino, che però non aveva che il controllo di qualche città costiera. Gli arabi non ebbero difficoltà a invadere questi territori per­ ché, caduta già in mano loro la Siria, Bisanzio non poteva inviare rinforzi per via di terra. La resistenza fu fiacca anche perché furo­ no i cristiani egiziani stessi ad accogliere i musulmani come libera­ tori. Qui , come altrove, gli arabi trovarono popolazioni pronte ad aprire loro le porte in nome dell' antica rivolta dell' Oriente, e dei popoli semitici in particolare, contro l ' Occidente che, dalla Grecia e da Roma, aveva esercitato la sua egemonia su popolazioni già fiere della loro indipendenza e della loro cultura. In Egitto, poi , c'erano condizioni particolari: il patriarcato di Alessandria si era staccato da Costantinopoli per ragioni teologi­ che, dietro le quali si nascondeva l'antica rivalità. Gli egiziani , cioè, avevano scelto il monofisismo (una sola natura, in Cristo: quella divina) , resistendo al governo imperiale che, richiamandosi ai de­ creti conciliari, voleva affermare il dogma ortodosso delle due na615

ture. La maggioranza del popolo era con il clero monofisita, men­ tre Bisanzio aveva imposto la sua gerarchia, detta "melchita". Si sa che, per una logica costante, quando due fazioni della stes­ sa religione sono in lotta, ciascuna preferisce la vittoria di un' altra religione piuttosto che quelJa della parte avversa. Così ragionaro­ no anche i monofisiti d' Egitto in odio ai melchiti greci . L' islami­ smo era tra l'altro ancora in formazione , i popoli che ne venivano investiti non sapevano bene di che si trattasse, probabilmente do­ veva sembrare loro un'altra setta giudeo-cristiana, in ogni caso era­ no chiari il suo monoteismo e la sua rivendicazione dei profeti bi­ blici, la grande venerazione per Gesù e Maria stessi . Cosl, ci furono accordi e le porte dell 'Egitto furono spalancate: rispettando i patti , gli arabi, tra le prime misure, soppressero la Chiesa imperiale melchita e i vescovi monofisiti poterono prendere il comando della cristianità. Vittoria di Pirro, perché fu anche ap­ plicato il diritto religioso musulmano che proprio allora faceva le prime prove: mentre i musulmani erano tenuti al solo versamento dell'elemosina legale, la comunità cristiana - in cambio della "pro­ tezione" e del diritto di continuare a risiedere in zona occupata dagli islamici - doveva versare tasse esorbitanti , il cui reddito era a fa­ vore dei soli musulmani . Non solo: i cristiani non erano cittadini ma sudditi , tutte le carriere nell' amministrazione e nell'esercito es­ sendo riservate agli arabi credenti in Allah, trasferitisi tra l' altro in massa in Africa a infoltire l'esigua schiera dei primi conquistatori. · Non va poi dimenticato il diritto matrimoniale arabo che è sem­ pre stato fattore potente di lenta ma implacabile islamizzazione (e lo è anche oggi, nell'Europa degli immigrati): una musulmana, cioè, non può sposare né un cristiano né un ebreo. Mentre un musulma­ no può sposare cristiane o ebree ma i figli , per legge, sono musul­ mani anch'essi. Inoltre, a erodere ancor più le dimensioni delJa lo­ ro comunità, vigeva per i cristiani il divieto di far proseliti , nonché la proibizione di costruire nuove chiese e persino di restaurare le esistenti . Condizioni che peggiorarono, tra l'altro, quando agli arabi si sostituirono i turchi . Il risultato fu quello che è ancora attualmente: i cristiani si sta­ bilizzarono attorno al dieci per cento della popolazione. Dunque, malgrado tutto, il Vangelo non fu mai sradicato completamente dall' Egitto in più di 1 3 secoli di dominazione musulmana. Accan-

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to alle conversioni per convenienza, vi furono anche i molti che preferirono, nei secoli, il martirio piuttosto che rinnegare Gesù per Maometto. Non così nella zona a Occidente dell ' Egitto, nell'Africa "lati­ na" , dove l'islamizzazione fu completa, anche se non rapida come molti affermano. Da storici arabi sappiamo che ancora nell'Xl se­ colo c'erano vescovi in quelle zone e qualche tribù dell'interno non aveva rinunciato al cristianesimo . Le province imperiali di Africa (l' odierna Tunisia e parte del­ l ' attuale Algeria) e di Numi dia (il resto dell'Algeria) erano cristia­ nizzate, ma quasi solo nell'elemento cittadino di origine latina. Le popolazioni berbere spesso non erano state ancora raggiunte dal­ l'evangelizzazione. Soprattutto, il cristianesimo non era quasi giunto nelle due Mauritanie, la vastissima regione a Occidente della Nu­ midia sino all'Atlantico, quella che costituisce il Maghreb e che cor­ risponde alla parte più a ovest dell' attuale Algeria e a tutto il Ma­ rocco. Questa era "l' Africa dimenticata" . La colonizzazione ro­ mana si era estesa facendo perno sulla penisola tunisina, a destra e a sinistra di Cartagine . Soltanto tardi, quando già l'Impero scric­ chiolava, ci si era decisi a creare le due province di Mauritania, sino ad allora soltanto regni federati. Quale fosse la precarietà della situazione Io mostra il fatto che questa era una delle tre zone del­ l' Impero dove i Romani avevano costruito un limes, una frontiera fortificata, per difendersi contro le incursioni a Sud . Pochissinù anni dopo la conquista dell' Egitto , i musulmani sfer­ rarono l 'attacco contro queste province d'Africa, di Numidia, di Mauritania. Troveranno una cristianità indebolita e t ravagliata, malgrado gli apparenti splendori . Non ne rimarrà nulla: il perché al prossimo frammento.

2 76. Islaml 3 dalla metà del 600 (continuiamo il discorso iniziato) gli arabi musulmani partono dalle basi egiziane e penetrano nel Nord Africa "latino " , varcando quelli che erano stati i confini tra Impero Romano di Oriente e di Occidente. Come già in Egitto, le scarse truppe dell 'impero bizantino quasi A partire

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non si oppongono, tra l'altro perché del r uu o i!>olate dalle loro ba­ si sul remoto Bosforo. Cercano invece di organizzars i a difesa le comunità cristiane locali, forse più preoccupate dalla fam a di sac­ cheggiatori e di stupratori degli arabi che dagli aspetti rel ig i os i In­ fatti - lo abbiamo già ricordato, ma converrà non dimenticarlo - l'islamismo era una novità assoluta, non ben comprensibile, il Profeta era morto da poco più di un decennio soltanto, il C orano stesso in molte sue parti non era ancora fissato per iscritto , affida­ to com'era alla memoria dei discepoli: non si era dunque formato il complesso di scrittura e di tradizioni musulmane che noi ora, col senno di poi , ben conosciamo Comunque, ad appoggio occulto degli invasori si schierano le numerose e potenti comunità ebraiche : un po' per odio verso i cri­ stiani e soprattutto verso Costantinopoli che li vessava, un po' per solidarietà semitica, essendo gli arabi dello stesso ceppo linguisti­ co ed etnico . Gli ebrei furono spesso la q uinta colonna che minò la resistenza cristiana. Di origine semitica erano anche i fieri e bel­ licosi berberi che neppure i Romani erano rius cit i a domare. Mal­ grado la comunanza "razziale" con gli arabi , i berberi si opposero loro, a difesa della loro indipendenza e delle loro tradizioni poli­ teistiche, non essendo stati ancora evangelizzati o essendolo stati soltanto superficialmente. Questi berberi, che la tradizione occi­ dentale considererà poi tra i più fedeli musulmani, in realtà lotta­ rono lungamente contro l'islamizzazione e, una volta assoggettati, fecero numerose rivolte. Alla fine, convertitisi, passarono però (a marcare la loro indipendenza) a uno scisma fanaticamente nemico dell 'islamismo ufficiale degli arabi . .

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la loro condizione era, al momento dell ' of­ fensiva islamica, difficilissima. Poco più di un secolo prima, era terminata la terribile dominazione dei Vandali che, dalla Spagna, avevano fatto irruzione nell'Africa romana, devastando tra l'altro l'lppona di Agostino , morto proprio mentre assediavano la città. Come molte popolazioni barbariche, pure i Vandali avevano ac­ cettato il Vangelo, anche se - conforme al loro diritto - la con­ versione non era personale: era il capo che decideva per tutta la tribù . Ma, alla pari di numerosi altri popoli germanici, il loro cri­ stianesimo era quello ariano (il contrario, cioè, del monofisismo che abbiamo visto prevalente in Egitto : il Figlio, nel Credo ariano, Quanto ai cristiani,

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è sottomesso al Padre, Gesù non è di natura divina) . L' arianesimo era ferocemente avverso al cattolicesimo di obbedienza romana pro­

fessato in quelle pro-vince africane: da qui , una devastazione, du­ rata più di cento anni, da parte dei Vandali, delle comunità cristia­ ne preesistenti . Né era tutto : a partire dal 300, quelle stesse regioni avevano co­ nosciuto un' altra fanatica eresia, quella di Donato, il vescovo che si era ribellato al metropolita di Cartagine sostenendo che la Chie­ sa era riservata ai soli giusti, escludendone dunque i peccatori, per i quali non era ammesso perdono . Quando gli arabi sbucarono dal litorale, venendo dall 'Egitto, la Chiesa non aveva ancora medicato tutte le ferite inferte dai Van­ dali e conosceva tuttora al suo interno la guerriglia del donatismo . Inoltre, i cattolici rappresentavano lo strato sottilissimo della po­ polazione urbana di origine latina, spesso composta dai discendenti dei veterani installati da Roma nelle colonie. La popolazione indi­ gena, spruzzata appena di cristianesimo (o nemmeno toccata dal Vangelo, come in quasi tutto il territorio di quello che si chiamò poi Marocco, escluso qualche porto), fu pronta ad accogliere l'in­ vito di quegli altri semiti che giungevano dall' Arabia e che faceva­ no balenare la possibilità di un sogno lungamente coltivato: ribut­ tare a mare gli stranieri che avevano vinto Cartagine. Molti dei cat­ tolici latini, vista l' impossibilità di arrestare l ' orda musulmana, si reimbarcarono così verso l ' Italia. Molti altri caddero sulle mura delle città assediate, prese spesso per il tradimento non solo degli ebrei, ma anche di punici e di berberi latinizzati. Avvenne dunque ciò che era inevitabile: prima la Cirenaica , poi la Tripolitania, poi le province di Africa, Numidia, Mauritania cad­ dero come castelli di carta in mano all'islam . Poiché qui, a diffe­ renza che in Egitto, non c' erano stati accordi con le comunità dei cristiani , molti di essi vennero massacrati, riducendo ancor più il loro numero già decimato dall' esodo e dalle battaglie. l superstiti furono ridotti al rango di uomini di seconda scelta e, soprattutto, schiacciati da tasse impietose . Le quali sembravano (ed erano) an­ cor più inique di quelle, pur pesanti, imposte dal fisco bizantino, perché andavano a totale beneficio dei soli musulmani. Convertirsi alla nuova fede significava diventare cittadini a pie­ no titolo , avere aperte tutte le carriere, non pagare più imposte;

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anzi, godere di quelle estorte a coloro che erano rimasti cristiani (o ebrei) . In queste condizioni non stupisce che la massa dei rinne­ gati divenisse tale da mettere in di fficoltà i musulmani stessi , poi­ ché ogni cristiano (o giudeo) in meno era un contribuente da spre­ mere in meno . Anche qui, inoltre, si spostarono masse di immi­ grati arabi e fu introdotto quel diritto matrimoniale che si diceva, stando al quale ogni matrimonio misto significava nuove genera­ zioni musulmane . La stessa resistenza dei berberi, pur durata assai a lungo, finì coll 'essere spezzata. Anche se gli storici narrano di tribù cristiane che resistettero eroicamente nel deserto per più ge­ nerazioni . Ma, alla fine, cadde il sipario su quelle cristianità, anche perché non va mai dimenticato che l'islamismo non è semplicemente una fede ma un modo di vita che informa tutti gli atti non solo del cul­ to ma dell'esistenza quotidiana. Inoltre, poiché il Corano non è traducibile, ognuno doveva mettersi in condizione di comprendere l'arabo . Quella lingua era imposta non solo ai credenti in Allah, ma a tutti coloro - quale che fosse la loro religione - che viveva­ no in quei territori . E arabizzazione significava necessariamente, prima o poi, islamizzazione. Queste, dunque, le ragioni storiche della totale scomparsa (gli ultimissimi vescovi indigeni, lo vedemmo, sono attorno all 'anno Mille) del cristianesimo nell'Africa latina. Fu, questa, la sola "soluzione finale" nei confronti dei credenti nel Vangelo. In Egitto un "resto" non indifferente di vita cristia­ na restò tra i copti . E anche in Asia la sparizione non fu completa: i monofisiti di Siria, i maroniti del Libano, i nestoriani (poi caldei) della Mesopotamia e della Persia, gli armeni del Caucaso sono re­ stati cristiani sino ai giorni nostri. Così come rimase eroicamente fedele al Vangelo (seppure anche qui nella versione monofisita) l'E­ tiopia, che seppe resistere ai molti tentativi di islamizzazione vio­ lenta condotti da Nord, lungo il Nilo, o da Est , attraverso il Mar Rosso . Tra gli storici , molto si parla della fine del cristianesimo nell' Africa occidentale mediterranea, ma spesso si tace del tutto sulla resistenza indomabile dello stesso cristianesimo tra i poveris­ simi , disprezzati etiopi (il loro nome significa "faccia bruciata") che, accet.tato il Vangelo, non vollero più abbandonarlo. Ma, se tutto questo forma un quadro storico che ciascuno può

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ricostruire, il credente è chiamato ad andare al di là dei meri dati per interrogarsi sul loro significato, sul mistero della Provvidenza . In questa prospettiva, perché M uhammad? Perché tanto successo, spesso a spese della croce, della sua mezzaluna? È un tentativo di capire cui il cristiano non può sottrarsi .

2 77. Islam/4 le nostre "ipote si su Maometto", vorremmo con­ tinuare scendendo dai puri e semplici dati della storia (molti ne ab­ biamo già elencati) alla riflessione di fede su quei dati medesimi . Pur « tra le ombre e gli enigmi , vedendo come in uno specchio », per dirla con san Paolo, che riflessione trarre dallo scandalo della straordinaria fortuna di una fede che proclama Gesù un semplice profeta, ormai sorpassato? Innanzitutto, va notato che l'erompere subitaneo dal vuoto del deserto delle orde di cavalleria dietro i verdi stendardi di Muham­ mad, "l' ultimo dei rivelatori " , dà inizio a una costante che sarà sempre - ed enigmaticamente - realizzata in tutta la storia della Chies a . Quella costante, cioè, che vuole che la chiusura di una re­ gione sia accompagnata dall' apertura contemporanea di altre re­ gioni dove si rivela possibile un nuovo , abbondante raccolto mis­ sionario . Così, in quello stesso VII secolo in cui il cristianesimo perde la parte meridionale del Mediterraneo , la Chiesa realizza una spetta­ colare espansione nel Nord e nell' Est dell' Europa. I territori con­ quistati dai musulmani in Asia Minore e nel Nordafrica sono am­ plissimamente compensati dai territori evangelizzati nell'Oriente eu­ ropeo dai missionari partiti da Costantinopoli e nel Settentrione da quelli inviati da Roma (e la cristianità, allora, era ancora unita) . In Europa la Chiesa non copriva che la penisola greca e la Tra­ eia e quella striscia, poco più che un corridoio, che andava dall' I­ talia all ' Inghilterra passando per i Paesi franchi. A causa dei primi successi musulmani, m ai nella storia la pre­ senza cristiana fu ridotta in uno spazio così esiguo. Eppure, men­ tre il sipario cala sul Sud, il sipario si alza sul Nord e l'Est , tanto che la cristianizzazione della restante Europa è altrettanto rapida delle conquiste asiatiche e africane dell'islam. Il giovanile ardore Riprendendo

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dei cavalieri di Allah lanciati nella guerra santa in Asia e in Africa è parallelo all ' altrettanto impetuoso sforzo di evangelizzazione coronato da immensi successi , storicamente quasi inspiegabili dei missionari di Gesù il Cristo in Europa. Dalla Siria alla Mauri· tania cadono sotto il dominio musulmano antiche Chiese lacerate da grovigli ereticali ; ma, al contempo, ecco sorgere altre Chiese tutte nuove , fedeli, piene di vita e cariche di futuro. Per fare un solo esempio : quasi nell ' anno stesso dello sbarco islamico in Spagna, quel monaco inglese che prenderà il nome latinizzato di Bonifacio comincia l ' evangelizzazione della Germania, creando una solidis­ sima Chiesa, esemplare per fedeltà a Roma per quasi mille anni . Ebbene: come dicevamo, la dialettica, inaugurata allora, di "chiusura di una porta - apertura di un ' altra" , diverrà una co­ stante nella storia della Chiesa. Si verificherà, per fare uno degli esempi più noti, anche nel

XVI

secolo , quando la Riforma prote­

stante ridurrà la Chiesa cattolica in uno spazio quasi altrettant o esiguo di quello dopo le prime invasioni dei maomettani . Ma an­ che qui, con una contemporaneità perfetta che fa ri flettere, ciò che fu perduto in Europa fu compensato dallo spalancarsi del Nuovo Mondo . La presenza cattolica fu di nuovo ridotta ai minimi termini agli inizi del

XIX

secolo, a causa della bufera giacobina prima e napo­

leonica poi che avevano devastato quasi tutto ciò che si era costruito in secoli di lavoro . L ' Europa , per giunta, cominciava quel proces­ so di allontanamento del cristianesimo che avrebbe condotto a una secolarizzazione radicale. Eppure , è proprio a partire da q uel povero resto che la Chiesa - per la prima volta nella sua storia - diventa davvero "cattoli­ ca' ' , cioè universale , con l' espansione negli ancora vergini territo­ ri dell ' Africa Nera e dell 'Estremo Oriente asiatico .

Il massimo

del

successo missionario si ha nei decenni in cui il papa, prigioniero in Vaticano, medita addirittura di fuggire da Roma e la casta

di

increduli borghesi europei che ha in mano il potere guarda con sar­ castica compassione a una Chiesa che considera un relitto del pas­ sato, in via di fat ale estinzione . E, invece , proprio quei tempi ve­ dono una espansione inaudita delle frontiere cattoliche . Mentre nell'Occidente europeo i " papisti" sono disprezzati quan­ do non perseguitati , in quell ' Estremo Occidente che è l ' America

622

del Nord la Chiesa, da pochissime m igliaia di fedeli , gi unge impe­ tuosamente a comprendere oltre un quarto della popolazione . Per fare qualche altro esempio tratto dai nostri tempi : la chiusura, a causa della rivoluzione comuni sta, della promettente missione in Cina si accompagnerà alla contemporanea, straordinaria (e impre­ vista) recettività al Vangelo della contigua Corea . C ' è , dunque, nella storia della Chiesa, una dialettica di ' 'perdita­ conquista" , di " chiusura-apertura" che costituisce una misteriosa costante che inizia proprio con l ' invasione islamica . La conq uista musulmana di tutto il litoral e dall ' A natolia allo stretto di Gibilterra spezza, comunque, per la prima volta, l' unità del Mediterraneo : il

Mare Nostrum , il bacino cioè di libera circo­

lazione per uomin i , i dee , merci . L ' Europa non ha più collega­ mento con l ' Africa e con l ' Asia, chiuse d al muro islamico. Bloc­ cata così verso il Mezzogiorno e l ' Oriente, la missione cristiana

è costretta a proiettarsi verso il Nord e il Nord Est . Effetto dell ' i ­ slamismo è dunque la creazione d i u n a compatta cristianità nel­ l ' Europa: e questa parte del mondo ( lo vedemmo) sembra essere oggetto d' attenzione privilegiata e non casuale nei misteriosi pia­ ni della Provvidenza . Sarà forse questo " prima l ' Europa e poi il resto del mondo " , uno dei motivi " segret i " che spiegano l ' im­ previsto blocco che la mezzaluna impone all ' espansione missio­ naria cristiana? A far riflettere ulteriormente, sta il fatto che, mentre le Chiese d ' Africa e d' Asia caddero in q uel modo relativamente facile che abbiamo visto , la Chiesa d ' Europa fu salvata da due autentici mi­ racoli. David Knowels: « Proprio nel preciso momento in cui la te­ naglia stava per chiudersi da Ovest e da Est, la flotta e l ' esercito musulmani furono battuti davanti a Costantinopoli (anno 7 1 7) e Carlo M artello sbaragliava i saraceni a Poit iers (anno 732) . L ' Eu­ ropa fu salva . A Ovest i Pirenei segnarono il limite dei territori mu­ sulmani . A Est l ' impero bizantino poté sopravvivere ancora sette secoli . Il che, tra P altro , permise la cristianizzazione dell ' Europa orientale, R ussia compresa. Se Costantinopoli fosse caduta allo­ ra, la fede non avrebbe mai potuto essere divulgata tra il Danubio e gli U rali >\ . Ma non è che u n assaggio dell ' enigma posto dall ' lslam . Occor­ rerà conti nuare.

623

278. Islaml 5 che Maometto non abbia previsto (né, forse, desi­ derato) la diffusione del suo messaggio al di là dell' Arabia e degli arabi . Furono probabilmente i suoi successori che, di fronte alle conquiste, si convertirono alla prospettiva dell' islamismo come re­ ligione universale : ritoccando, a tal fine, quel Corano che Mao­ metto non scrisse (pare fosse analfabeta) né scrissero i suoi disce­ poli , limitandosi a qualche appunto preso su foglie di banano, pie­ tre o addirittura ossa di cammello . "Corano" significa " recitazione orale" : nacque " a voce" e per essere imparato a memoria . Soltanto alcuni decenni dopo la morte del Profeta, i califfi fecero fissare per scritto il testo tramandato. Non mancarono, così, gli "adattamenti " , tra i quali sembra an­ che quello di considerare diretto a tutti i popoli - e non solo a quello arabo - il messaggio coranico , mantenendone però immu­ tabile la lingua originale . Ciò che il Profeta probabilmente si proponeva era solo strappa­ re il suo popolo al politeismo, per condurre anch 'esso al monotei­ smo dei giudei e dei cristiani che vivevano numerosi in Arabia. Per far questo , collegò abusivamente ad Abramo la sua religione, en­ trando così in contrasto con gli ebrei, dai quali sperava invece di essere riconosciuto come profeta legittimamente inserito nella ge­ nealogia di Israele. È proprio sui rapporti tra islamismo e giudaismo che adesso vor­ remmo concentrare la nostra attenzione. Il problema ha una bru­ ciante attualità, visto ciò che quasi ogni giorno si verifica di san­ guinoso in I sraele tra le due comunità. Ma è una questione importante anche dal punto di vista dei cri­ stiani . Contro di essi si appunta spesso la polemica ebraica, con­ vinta che il Vangelo in se stesso (con quella sua vicenda di passio­ ne e morte di Gesù anche per responsabilità del Sinedrio) costitui­ sca una fonte perenne di ostilità antigiudaica. Per dirla con la bru­ tale sincerità di uno scrittore ebreo: « Fino a quando qualcuno pren­ derà come storico il racconto evangelico della passione di Gesù, vi sarà pericolo per noi » . L'islamismo non è invece considerato altrettanto "rischioso" per gli ebrei , e si tende ad attribuire solo alle particolari circostanze storiche lo scontro tra stella di David e mezzaluna musulmana in Sembra certo

624

quella che per gli uni è ancora Palestina e per gli altri è di nuovo I sraele. Anche al di fuori dell' ambiente ebraico, domina il pregiu­ dizio di un fecondo incontro, nella storia, tra le due fedi semiti­ che; e non manca chi, ad esempio, dipinge la Spagna islamica co­ me una sorta di paradiso per gli ebrei, bruscamente finito quando la riconquista cristiana venne a interrompere l 'idillio . Anche qui ci troviamo di fronte a uno dei tanti miti della vulga­ ta dell' uomo medio occidentale. A contrastare questa mentalità, c ' è adesso una fonte insospettabile, l 'Associazione per l' amicizia ebraico-cristiana, che ha curato una "Cronologia delle persecuzioni anti-ebraiche nei Paesi arabi " , dall'inizio sino ai giorni nostri . Ec­ co le parole testuali con cui la ricerca si apre : « La presenza ebrai­ ca nei Paesi arabi risale a 500 o 600 anni prima di Cristo . Per mille anni, sino alla comparsa di Maometto, gli ebrei vissero in condi­ zioni di parità con le popolazioni locali . Ma, con il Profeta, le co­ se cambiarono in modo tragico . Già nel 625-627 Maometto e i suoi annientarono le tribù giudaiche che rifiutavano la nuova fede. Da quel momento, insopportabili balzelli , umiliazioni , saccheggi, di­ struzioni e omicidi hanno costituito il filo conduttore della storia ebraica nel mondo islamico >> . È una storia sanguinosa che inizia, dunque, con il Profeta stes­ so, il quale proprio nei riguardi dei giudei si macchiò di uno dei suoi crimini peggiori . Fuggito a Medina dalla Mecca, si scontrò con l ' opposizione delle popolose tribù ebraiche locali che non trovava­ no conferma nella Scrittura delle interpretazioni che quell' arabo voleva darne o degli episodi che voleva aggiungervi . Da qui , prima le espulsioni e poi il massacro degli israeliti . La tribù giudaica me­ dinese dei Quraiza (che pure lo aveva aiutato nel respingere l'as­ salto dei meccani) , l'ultima rimasta in città, fu sterminata a fred­ do. I discepoli di Maometto impiegarono parecchie ore per sgoz­ zare tutti i maschi adulti (oltre 600) mentre le donne e i bambini furono venduti schiavi. Come scrive uno dei nostri maggiori ara­ bisti, Francesco Gabrieli, « questo inutile bagno di sangue resta co­ me la più perturbante macchia nella carriera religiosa del Profeta. Non condividiamo le disinvolte spiegazioni di chi se la sbriga sen­ tenziando che "l'etica di Maometto non è la nostra" ( . ). È anche da quell 'episodio che ne conseguì che chi, allora e poi, sparse san­ gue umano per la causa dell ' islam , non agì affatto contro lo spiri. .

625

to di M aometto; men tre chi lo sparse in nome della fede cristiana ha sempre agito contro lo spirito di Gesù . Il principio " l ' etica di Maometto non è la nostra" può bastare a spiegare l ' aspetto guer­ riero dell ' lslam . ma non gli assassini i ndividu ali e i massacri di iner­ mi di cui il Profeta si m acchiò » . La storia che seguì fu degna del massacro di Medina. Quanti san­ no che fu un capo islamico , El Mutawakil , che nel l ' anno 845 " in­ ven t ò ' ' l ' obbligo per i gi udei di portare un abito giallo? Non dun­ q u e i cristiani - né i nazisti - ma i musulmani iniziarono la poli­ t i ca del disti ntivo umiliante, così come è araba u n ' altra "invenzio­

ne " , q uella del ghetto (mellaha, in arabo) imposto ai giudei del Ma­ rocco nel 1 434, un secolo prima della sua istituzione in terra cri­ stiana, a V e nezi a . Ma già nel 900 i m u sulmani avevano vietato agli ebrei di costruire case pi ù alte delle loro , di salire a cavallo, di bere vino in pubblico, di pregare a voce alta . In q ualche parte ci si sbizzarrì in capricci sadici, come al Cairo del l ' XI secolo, dove i giudei , oltre all ' abito colorato , dovevano por­ tare al collo pezzi di legno di tre chili . Il tutto unito sempre, in ogni Paese islamico , alla " tassa di protezione" (cui erano tenuti anche i cristiani) a favore dei soli credenti in Allah i quali così , spesso, campavano oziosi sul lavoro dei discepoli di Mosè e di Ges ù . Era una t assa che comportava la confisca della metà di ogni provento in denaro o in natura . Ogni tant o , qualche taglia straordinaria , ta­ le da provocare la rovina eco nomica. Quando non si procedeva al­ la con fisca totale o ai

pogrom c h e , come nel Nord Africa o come ,

nel 1 006, nella " felice" Spagna dei califfi , a Granada, portarono a migliaia di giudei morti . Talvolta la persecuzione era cultural e : c o m e , ancora n e l 1 934, i n I raq , dove il governo vietò , sotto pena

di morte, lo studio dell ' ebraico . La lunga, impressionante catena di violenze aiuta a capi re per­ ché il mondo arabo , prima e durante il secondo conflitto mondia­ le, si schierò dalla parte del nazism o . Molte testi monianze concor­ dano sul ratto che sul tavolo di Himmler, il capo delle SS, stavano due soli libri : il

Mein Kampf di

Hitler e il Corano. N aturalmente,

la violenza musulmana non giustifica di certo q uella crist iana. Ma è comunque significativo che tutto ciò che in Occidente si fece con­ tro il popolo ebraico non fu che una copi a di ciò che i credenti in Allah ini ziarono per pri m i .

626

Si noti, poi , che non corrisponde a verità che il cristianesimo sa­ rebbe più " pericoloso" - teologicamente, strutturalmente - per gli ebrei , perché a questi attribuirebbe parte almeno della colpa della crocifissione del Cristo. Quella " colpa" è addebitata ai Giudei an­ che da Maometto , con la sola differenza che - per intervento di­ vino - Gesù è sottratto agli ebrei (e ai romani) e in croce finisce un sostituto , un sosia. Se Gesù, dunque, la scampa, il Corano non manca di attribuire agli israeliti l'intenzione di ucciderlo, alimen­ tando anche così l' ostilità verso di loro .

2 79. lslam/6 Forse, una delle chiavi per capire anche il mistero dell' Islam è celata in àlcuni versetti del capitolo ventiquattro di Matteo . Innan­ zitutto , in quell' avvertimento di Gesù ai discepoli : « Guardate che nessuno vi inganni . Molti verranno nel mio nome dicendo: "Io so­ no il Cristo" , e trarranno molti in inganno. Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi : è ne­ cessario che tutto questo avvenga . . . » (Mt 24,4ss). Ora: Maometto si è davvero presentato ai suoi connazionali arabi come "Cristo " , come "Messia" , nel senso almeno di rivelatore at­ teso e annunciato dalle Scritture giudeo-cristiane, fino al punto di falsificare (come vedremo) il Vangelo stesso, per dimostrare che la sua comparsa era predetta. E si è presentato "nel nome di Cri­ sto " , nel senso che quella presunta predizione fu dal Corano attri­ buita a Gesù medesimo: così , « molti furono tratti in inganno ». Ed è singolare il fatto che Matteo parli subito di « guerre e ru­ mori di guerre » . Come è stato più volte osservato - e non certo per diffamazione, ma basandosi sui testi fondanti musulmani e sugli effetti storici di quei testi - islamismo e guerra sono inscindibil­ mente uniti. Si tratta certamente del messaggio religioso (prima del comunismo e del nazismo, "religioni guerriere" anch'esse) che più ha sollecitato l' aggressività umana. Persino la poligamia - quat­ tro mogli più un numero illimitato di schiave concubine per ogni musulmano - è prevista innanzitutto per permettere al credente di far molti figli prima di cadere ancor giovane nelle battaglie per la fede. E lo stesso paradiso è presentato soprattutto come luogo di delizie per il ' ' riposo del guerriero ' ' . 627

Quei cristiani di oggi che si compiacciono al pensiero non solo di un doveroso dialogo , ma anche di una collaborazione fruttuosa e pacifica con l' islamismo dimenticano tra l'altro che questo divi­ de il mondo in due parti : "territorio dei musulmani " e "territorio di guerra" . Quest 'ultimo è ogni luogo dove il messaggio di Mao­ metto non sia ancora accettato; e dove, dunque , è sacro dovere il portarlo con l'invasione armata. Guerra e Corano sono , dagli i ni­ zi ad oggi , un binomio ferreo . Pochi versetti dopo, in quel capitolo di Matteo che riportava­ mo, Gesù ripete, come a ribadire un concetto che certo doveva suo­ nare scandaloso alle orecchie dei discepoli: « Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti >> (M t 24, I l ). Ammonimento che ri­ torna spesso anche in altri luoghi dei Vangel i , oltre che nelle lette­ re di Pietro, di Giovanni , nell'Apocalisse. Ma, misteriosamente, stando alle parole del Cristo stesso, «è ne­ cessario che tutto questo avvenga >> . Come gli altri scandali, anche i falsi profeti, i Messia menzogneri , sono indispensabili nell' enig­ matica economia evangelica. Forse, lo sono per mettere alla prova la fede, per permetterle di definirsi, di depurarsi , di fortificarsi nello scontro con le deviazioni , con le "imitazioni" . Ma , proseguendo nel discorso che, in questo ventiquattresimo capitolo, Matteo ci riferisce, ci imbattiamo in un' altra parola di Gesù: « Frattanto, questo Vangelo del regno sarà annunciato in tut­ to il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti. . . >> (Mt 24, 1 4). Parola che va però affiancata a quell' altra, di Luca: « Ma il Figlio dell'uomo , quando ritornerà, troverà la fede sulla terra? » (Le 1 8,8). Ciò che è predetto, dunque, è che il Vangelo « sarà annunciato in tutto il mondo » , che « ne sarà resa testimonianza a tutte le gen­ ti ». Ma non è affatto assicurato che a questa seminagione seguirà una mietitura adeguata, né che da quell' annuncio verrà una fedel­ tà indefinita tra coloro che l'accetteranno. Anzi , l 'apostasia sarà una realtà tale (Paolo: « Prima, infatti , dovrà venire l'apostasia . . . », 2Ts 2,3) che non è neppure certo che la fede sopravviva sino al ri­ torno del Cristo . Ci saranno , dunque, anche popoli già cristiani che abbandone­ ranno il Vangelo per l 'agnosticismo o per le sètte (e questo sembra avvenire nell'Occidente d ' oggi) o che passeranno a un'altra fede.

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Non è questo il caso delle ampie zone in Asia e in Africa che (ve­ demmo come e quando) hanno finito per abbandonare il Vangelo per il Corano? In questa prospettiva, lo scandalo - quello provo­ cato dalle conquiste musulmane, ma anche da ogni arretramento se non disfatta a viste umane del cristianesimo - si attenua : anzi , può sciogliersi nell'accettazione di una misteriosa necessità. Qui,· come altrove, il cristiano è chiamato alla croce dello scacco, del fallimento, del lavoro apparentemente inutile: non al trionfo del successo, conquistato una volta per tutte . È un "servo inutile" che deve annunciare la fede, darle testimonianza, consapevole che quei semi potranno essere infecondi o potranno svilupparsi in fiori e piante destinati poi a essere sradicati . L' apostolato, per il cristiano, è un dovere assoluto, indipenden­ temente dai risultati che, a viste umane, potrebbero anche indurre al massimo dello scoraggiamento : « occorre che questo avvenga » . Non è avvenuto, forse, anche con l o stesso "apostolo delle genti" , con Paolo di Tarso'? Rileggiamo ciò che, nelle sue parole stesse , la predicazione del Vangelo gli è costata: « Cinque volte dai giudei ho ricevuto i trentanove colpi ; tre volte sono stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato ; tre volte ho fatto naufra­ gio; ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli ; pericoli di fiumi, di briganti; pericoli dai miei con­ nazionali , dai pagani, nelle città, nel deserto , sul mare, da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero , fame e se­ te, frequenti digiuni , freddo e nudità. E, oltre a questo , il mio as­ sillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese . . . » (2Cor 1 1 ,24-28). E tutto questo per fondare comunità che furono poi quasi tutte travolte e soffocate da una fede che, in nome di Maometto , proclamava Gesù un sorpassato. Quelle lettere ai Galati, agli Efesini, ai Colossesi; quei suoi ren­ dimenti di grazie e lodi per la loro generosa ed entusiastica accet­ tazione del Vangelo del Cristo . . . (anche se non vanno dimenticate le sue parole misteriose alla fine della vita: « Tutti quelli d'Asia . . . si sono staccati da me » , 2Tm 1 , 1 5 ). Da secoli , da quelle parti, più volte al giorno il muezzìn ricorda ai musfim , i "sottomessi " , che non c'è altro Dio che Allah e che Maometto è il suo profeta. Il contadino turco che si prosterna a quel richiamo, forse neanche sospetta che da quelle stesse parti qualcuno aveva un giorno accet-

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tato una fede - che gli fa orrore perché la giudica blasfema in un Dio che si fa uomo e muore per la salvezza degli uomini . Certo, sarebbe tale per il "mondo" ; e lo sarebbe anche per l' islamismo, religione che non ha posto per la croce e che vuole il successo in terra per provare la forza e la potenza del suo Dio. La cristianità ha finito coll'accettare che persino i luoghi della passione e risurrezione di Gesù restassero in mano ad altri (Deus non vult, Dio non vuole, fu la conclusione di mistici e teolo­ gi davanti al fallimento delle crociate) . La Umma, la comunità isla­ mica, non si è rassegnata - né può farlo - all 'essere stata costretta ad arretrare le sue frontiere . Il motto di battaglia dell'attuale mo­ vimento dei "Fratelli musulmani" è duplice: « Palestina ed Anda­ lusia ». Cacciare gli ebrei da Gerusalemme; ma anche i cri stiani da C6rdoba, Granada, Malaga, Cadice, da quei luoghi dove per sette secoli la moschea aveva sostituito la croce. Il Dio di Maometto si manifesta nel guerriero vittorioso; il Dio di Gesù nel servo sconfitto e inutile-. Il Corano esige la vittoria; al Vangelo basta la testimonianza. Non va dimenticato , meditan­ do su questi enigmi, per evitare che diventino scandali. Una disfatta?

280. Islam/ 7 « . In effetti , le cifre parlano: mentre i "pe11erossa" superstiti nel Nord America si contano a poche migliaia, nell 'America ex­ spagnola ed ex-portoghese la maggioranza della popolazione o è ancora di origine india o è il frutto di incroci di precolombiary con europei e (soprattutto in Brasile) con africani .

283. "Leggenda nera "/2 sulle diverse colonizzazioni (iberica e anglosassone) delle Americhe è talmente vasto - e tanti sono i pregiudizi accu­ mulatisi - che non possiamo che allineare qualche appunto . Per restare alla popolazione indigena, questa (lo ricordammo) è quasi scomparsa negli attuali Stati Uniti , dove sono registrati co­ me " membri di tribù indiana" circa un milione e mezzo di perso­ ne . In realtà, la cifra, già assai esigua, si riduce di molto se si con­ sidera che, per quella registrazione, basta un quarto di sangue indiano. Situazione rovesciata a Sud, dove - nella zona messicana, in quella andina, in molti territori brasiliani - quasi il 90 per cento della popolazione o discende direttamente dagli antichi abitanti o è il frutto di incroci tra indigeni e nuovi arrivati . Inoltre, mentre la cultura degli Stati Uniti non deve a quella indiana che qualche parola, essendosi sviluppata dalle sue origini europee senza quasi scambi con le popolazioni autoctone, non così nell'America ispano­ portoghese, dove l'incrocio non è stato certo solo demografico, ma ha creato una cultura e una società nuove, dalle caratteristiche in­ confondibili . Certo : questo è dovuto anche al diverso stadio di sviluppo dei Il discorso

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popoli che anglosassoni e iberici trovarono in quei continenti; ma è dovuto anche, se non soprattutto, alla diversa impostazione reli­ giosa. A differenza di spagnoli e portoghesi cattolici che non esita­ vano a sposare indigene, nelle quali vedevano persone umane alla pari di loro, i protestanti (seguendo la logica di cui già parlammo e che tende a far tornare indietro, verso l ' Antico Testamento, il cristianesimo riformato) erano animati da quella sorta di "razzi­ smo" o, almeno, di senso di superiorità da "stirpe eletta" , che ave­ va contrassegnato Israele. Questo, unito alla teologia della prede­ stinazione (l'indiano è arretrato perché "predestinato" alla dan­ nazione, il bianco è progredito come segno di elezione divina), por­ tava a considerare come una violazione del piano provvidenziale divino il rimescolamento etnico o anche solo culturale. Così è avvenuto non solo in America e con gli inglesi , ma in tut­ te le altre zone del mondo dove giunsero europei di tradizione pro­ testante: l'apartheid sudafricano, per fare l' esempio più clamoro­ so , è tipica creazione - e teologicamente del tutto coerente - del calvinismo olandese. (Sorprende, dunque, quella sorta di masochi­ smo che ha spinto di recente la Conferenza dei vescovi cattolici su­ dafricani a unirsi, senza alcuna precisazione o distinguo, alla " Di­ chiarazione di pentimento' ' dei cristiani bianchi verso i neri di quel Paese. Sorprende perché, se qualche comportamento condannabi­ le può esserci stato anche da parte cattolica, questo - al contrario di quanto verificatosi da parte protestante - è avvenuto in pieno contrasto sia con la teoria sia con la prassi cattoliche. Ma tant'è: sembra che, oggi, ci siano non pochi clericali ben lieti di addossare alla loro Chiesa anche colpe che non ha) .

È proprio dalle diverse teologie che traggono origine i diversi mo­ di di "conquista" delle Americhe: gli spagnoli non considerarono la popolazione dei loro territori come una sorta di spazzatura da eliminare per installarvisi da soli padroni . Si riflette poco sul fatto che la Spagna (a differenza della Gran Bretagna) non organizzò mai il suo impero americano in "colonie" ma in "province" . E che il re di Spagna non assunse mai la corona di "Imperatore delle Indie" , anche qui a differenza di quanto farà,· e ormai alle soglie del XX secolo , la monarchia inglese. Sin dall ' inizio (e poi, con co­ stanza implacabile, per tutta la storia seguente) i coloni protestan­ ti considerarono loro diritto - fondato sulla Bibbia stessa - il 64 1

possedere senza problemi né limiti tutta la terra che riuscivano ad occupare, cacciandone o sterminandone gli abitanti . I quali , in quanto non facenti parte del "nuovo Israele" e in quanto marchiati dai segni di una predestinazione negativa , erano in completa balìa dei nuovi padroni . Il regime dei suoli instaurato nelle diverse parti americane con­ ferma queste diverse p r ospettive e spiega i diversi esiti : al Sud si ricorse al sistema della encomienda che era un istituto di deriva­ zione feudale, era la concessione fatta dal sovrano a un privato di una porzione di territorio tenendo conto della popolazione già pre­ sente, i cui diritti erano tutelati dalla Corona, che restava la vera prop rietaria. Non così al Nord, dove p rima gli ingles i e poi il go­ verno federale degli Stati Uniti dichiareranno la loro proprietà as­ soluta sui territori occupati e da occupare : tutta la terra è ceduta a chi lo desideri al prezzo che verrà poi fissato, in media, in un dollaro ad acro. Quanto agli indigeni eventualmente presenti su quelle terre sarà cura dei coloni (se necessario con l' aiuto dell' eser­ cito) di allontanarli o, meglio , di sterminarli . "sterminio" non è esagerato e rispetta l a realtà con­ creta . Molti , ad esempio , non sanno che la tecnica della scotenna­ tura era conosciuta dagli indiani del Nord come del Sud. Ma tra questi ultimi scomparve subito , vietata dagli spagnoli . Non cosi al Nord . Per citare , ad esempio, la voce relativa su una enciclopedia insospettabile come la Larousse: « La pratica dello scotennamento si diffuse nel territorio degli attuali Stati Uniti a partire dal XVII secolo , quando i coloni bianchi presero ad offrire grosse ricom­ pense a chi portava la capigliatura (o scalpo) di un indiano: uomo , donna o bambino che fosse » . Nel 1 703 i l governo del Massachusetts pa g ava 1 2 sterline per scalpo, tanto che la caccia all'indi ano (organizzata con tanto di cavalli e mute di cani) diventò presto una sorta di sport naziona­ le , per giunta molto redditizio. Il motto « il mi glior indiano è l'in­ diano morto }) , sempre messo in pratica negli Stati U niti , nasce non solo dal fatto che ogni indiano soppresso era un fastidio in meno per i nuovi proprietari , ma pure dal fatto che il suo scalpo era ben pagato dalle autorità. Usanza che nell ' America "cattoli­ ca" non era solo sconosciuta ma c he avrebbe suscitato - se qual­ cuno, abusivamente , avesse cercat o di introdurla - non soltanto Il termine

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lo sdegno dei religiosi , sempre presenti accanto ai colonizzatori ,

ma anche le severe pene stabilite dai re a tutela del diritto alla vita degli indigeni. Ma questi, si dice , morirono a milioni anche nel Centro e Sud .1\merica . Certo , morirono : ma non al punto di quasi scomparire come nel Nord . Il loro sterminio non fu determinato soprattutto dalle spade d'acciaio di Toledo e dalle armi da fuoco (che, come vedemmo, tra l ' altro facevano quasi sempre cilecca) , bensì dagli invisibili quanto micidiali virus portati dal Vecchio Mondo . Lo choc microbico e virale che causò in pochi anni il dimezza­ mento delle popolazioni nell'America iberica è stato studiato dal " Gruppo di Berkeley" , formato da studiosi di quella università. Fu qualcosa di paragonabile alla peste nera che , nel Trecento , ave­ va desolato l'Europa provenendo dall' India e dalla Cina. Tuber­ colosi, polmonite, influenza, morbillo, vaiolo: mali che, nella loro isolata nicchia ecologica, gli indios non conoscevano , per i quali non avevano dunque difese immunitarie e che furono portati dagli europei . I quali non possono, evidentemente, essere considerati re­ sponsabili per questo: anzi , furono falcidiati a loro volta da ma­ lattie tropicali alle quali gli indigeni resistevano assai meglio. Giu­ stizia vuole che si ricordi (cosa che si fa assai di rado) , che l 'espan­ sione dell'uomo bianco al di fuori dell' Europa assunse spesso l ' a­ spetto tragico di un'ecatombe. con una mortalità che - con certe navi, in certi climi, con certi autoctoni - raggiunse percentuali im­ pressionanti . Ignorando i meccanismi del contagio (Pasteur era ancora ben lontano . . . ) anche uomini come Bartolomé de Las Casas - figura controversa della quale bisognerà parlare al di là degli schemi sem­ plificatori - caddero nell'equivoco : vedendo quei popoli dimi­ nuire drasticamente, gettarono il sospetto sulle armi dei conna­ zionali , mentre non erano , spesso , che i virus di costoro . È un fenomeno di contagio micidiale osservato anche molto di recente tra tribù restate isolate nella Guyana francese e nell'Amazzonia brasiliana. L' usanza spagnola di un Jesus! detto come augurio a chi star­ nutisce nasce dal fatto che anche un semplice raffreddore (di cui lo starnuto è segnale) era spesso mortale per gli indigeni che non lo avevano mai conosciuto e per il quale, dunque, non avevano di­ fese biologiche . 643

284. "Leggenda nera "/3 « Le pressioni ebraiche attraverso i media e le proteste di cattoli­ ci impegnati nel dialogo con l' ebraismo hanno avuto successo. La causa di beatificazione della regina di Castiglia, Isabella la Catto­ lica, ha ricevuto in questi giorni uno stop improvviso ( . . . ). La preoc­ cupazione di non scatenare le reazioni degli israeliti , già irritati per la beatificazione dell'ebrea convertita Edith Stein e per la presenza di un monastero ad Auschwitz, ha favorito la decisione di una "pau­ sa di riflessione" circa il prosieguo della causa della Serva di Dio, titolo cui Isabella I di Castiglia ha già diritto ». Così, in un articolo su il Nostro Tempo , Orazio Petrosillo , in­ formatore religioso de il Messaggero. Petrosillo ricorda che lo stop vaticano è giunto malgrado ci sia già stato il giudizio positivo degli storici , basato su un lavoro di vent'anni che ha prodotto un totale di 27 volumi . « In tutto questo immenso materiale » dice il postu­ latore della causa, Anastasio Gutiérrez « non si è trovato un solo atto o detto della regina, sia pubblico che privato, che si possa dire in contrasto con la santità cristiana » . Padre Gutiérrez non esita a definire « codardi quegli ecclesiastici che, intimoriti dalle pole­ miche, rinunciassero a riconoscere la santità della regina ». Eppu­ re, conclude Petrosillo, « l'impressione è che difficilmente la causa arriverà in porto » . Non s i tratta di una notizia confortante: ancora una volta (per restare alla Spagna, Paolo VI - lo vedemmo - aveva bloccato la beatificazione dei martiri della guerra civile) si è creduto che le ragioni del quieto vivere fossero in contrasto con quelle della veri­ tà. La quale, in questo caso, è attaccata, con una virulenza che non rifugge dalla diffamazione, non solo dagli ebrei (cui, negli anni di Isabella, fu revocato il diritto di soggiorno nel Paese) , ma anche dai musulmani (scacciati dal loro ultimo possesso in terra spagno­ la, a Granada), e infine da tutti i protestanti e gli anticattolici in genere, da sempre imbestialiti quando si parla di quella vecchia Spa­ gna i cui sovrani avevano diritto al titolo ufficiale di Reyes cat6/i­ cos. Titolo che presero talmente sul serio che una secolare polemi­ ca identificò ispanismo e cattolicesimo, Toledo e Madrid con Roma.

riguarda l'espulsione degli ebrei , sempre si dimenti­ cano alcuni fatti : come quello che, già ben prima di Isabella, i soPer quanto

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vrani di Inghilterra, Francia, Portogallo avevano preso la stessa misura, e tanti altri Paesi la prenderanno, per giunta senza quelle giustificazioni politiche che spiegano il decreto spagnolo, che pur fu un dramma per entrambe le parti . Occorre ricordare (e già ne parlammo) , che la Spagna musulma­ na non era affatto quel paradiso di tolleranza che hanno voluto dipingerci e che, assieme ai cristiani , anche gli ebrei subirono in quei luoghi periodici massacri . È però più che provato che, doven­ do scegliere tra due mali - Cristo o Maometto - gli israeliti par­ teggiarono sempre per quest'ultimo , agendo da quinta colonna a svantaggio dell' elemento cattolico. Da qui , un odio popolare che, unendosi al sospetto per coloro che avevano formalmente accetta­ to il cristianesimo pur continuando in segreto a praticare l' ebrai­ smo (los marranos), portò a tensioni che spesso degenerarono san­ guinosamente in matanzas spontanee e continue alle quali le auto­ rità cercavano invano di opporsi . L' ancora malfermo Regno , ap­ pena nato da un'unione matrimoniale tra Castiglia e Aragona, non era in grado di sopportare né di controllare una simile, esplosiva situazione, minacciato com' era - per giunta - da una controf­ fensiva degli arabi che contavano sui musulmani, a loro volta spesso fintamente convertiti . di quanto avveniva in tutti i Regni dell'epoca, anche in Spagna la condizione giuridica degli ebrei era quella di "stra­ nieri " , temporaneamente ospitati senza diritto di cittadinanza. E di ciò anche gli israeliti erano perfettamente consapevoli: la loro permanenza era possibile sino a quando non avessero messo in pe­ ricolo lo Stato . Ciò che - a parere non solo dei sovrani , ma anche del popolo e dei suoi rappresentanti - si sarebbe a un certo punto verificato , a causa delle violazioni della legalità sia degli ebrei re­ stati tali che di quelli solo formalmente convertiti e per i quali Isa­ bella ebbe a lungo « una speciale tenerezza » , tanto da mettere nel­ le loro mani quasi tutta l' ammi nistrazione finanziaria, militare e persino ecclesiastica. Pare però che i casi di "tradimento " fossero divenuti così diffusi da non potere più permettere una simile si­ tuazione . In ogni caso , come scrive la Postulazione della causa di santità di Isabella, « il decreto di revoca del permesso di soggiorno agli ebrei fu strettamente politico, di ordine pubblico e di sicurezza dello StaAUa pari

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to: non ci si consultò affatto con il papa, né interessa alla Chiesa il giudizio che si voglia emettere al proposito . Un eventuale errore politico può essere perfettamente compatibile con la santità. Quindi, se la comunità israelitica di oggi volesse fare qualche querela, do­ vrà presentarla alle autorità politiche, ammesso che quelle attuali siano responsabili dei predecessori di cinque secoli fa >> . Aggiunge la Postulazione (la quale, non si dimentichi, ha lavo­ rato con metodi scientifici, con l ' aiuto di una quindicina di ricer­ catori che , in venti anni , hanno esaminato oltre 100.000 documen­ ti negli archivi di mezzo mondo): « L 'alternativa, l' aut-aut "o con­ vertirsi o uscire dal Regno " , che sarebbe stata imposta dai Re Cat­ tolici è una formula semplicistica, uno slogan volgare : nelle con­ versioni non ci si credeva più. L' alternativa proposta durante i molti anni di violazioni politiche della stabilità del Regno fu : "O cessate dai vostri crimini o dovrete uscire dal Regno" » . A ulteriore con­ ferma sta la precedente attività di Isabella in difesa della libertà di culto ebraica contro le autorità locali , con l' emanazione di un seguro rea/ nonché con l' aiuto nell'edificazione di molte sinagoghe. Significativo , comunque, che l' espulsione sia stata particolarmen­ te consigliata dal confessore reale. quel diffamatissimo Tomas de Torquemada, primo organizzatore dell 'Inquisizione, il quale era però di origine ebraica. E significativo pure (a mostrare quanto la storia sia sempre complessa) che, allontanati dai " Re cattolici" , seppure sotto la spinta popolare e per ragioni politiche anche di legittima difesa, le più ricche e influenti famiglie ebraiche chiesero e ottennero ospitalità al solo che gliela concedesse volentieri , siste­ mandoli nei suoi territori : il Papa . E può sorprendersi di ciò solo chi ignori che la Roma pontificia è la sola città del Vecchio Conti­ nente dove la comunità ebraica abbia avuto alti e bassi a seconda dei papi ma non sia mai stata espulsa, anche solo per breve tempo . Occorrerà attendere il 1944 e l 'occupazione tedesca per vedere ­ più di 1 600 anni dopo Costantino - gli isra�liti dell' Urbe razziati e costretti alla clandestinità : e coloro che scamparono lo dovettero in maggioranza all'ospitalità concessa da istituzioni cattoliche, Va­ ticano in prima linea. . .

Ma la strada verso gli altari è preclusa a Isabella anche da colo­ ro (numerosi, oggi , anche tra i cattolici) che hanno finito per ac­ cettare acriticamente quella Leyenda negra di cui abbiamo comin-

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ciato a parlare e che ci impegnerà ancora. Alla sovrana e al con­ sorte, Ferdinando di Aragona, non si perdona di avere dato inizio a quel Patronado, negoziato col Papa, con cui si impegnavano al­ l'evangelizzazione delle terre scoperte da Cristoforo Colombo, la cui spedizione avevano finanziato . Sarebbero i due Reyes cat6/i­ cos, insomma, gli iniziatori del genocidio degli indios, compiuto brandendo da una parte una croce e dall 'altra una spada. E coloro che sfuggirono al massacro sarebbero stati ridotti in schiavitù. Ma, anche qui , la storia vera ha cose diverse da dire rispetto alla leggenda . Sentiamo, ad esempio, Jean Dumont : « La schiavitù per gli in­ diani è esistita, ma per iniziativa personale di Colombo, quando aveva i poteri effettivi di vice-re delle terre scoperte : dunque nei soli , primissimi stanziamenti nelle Antille, prima del 1 500. Contro questa schiavitù degli indigeni (Colombo ne inviò molti in Spagna , nel 1 496) Isabella la Cattolica reagl come aveva reagito facendo liberare , sin dal 1 478, gli schiavi dei coloni nelle Canarie. Fece dun­ que riportare nelle Antille gli indios e li fece liberare dal suo invia­ to speciale, Francisco de Bobadilla il quale, per contro, destituì Co­ lombo e l'inviò prigioniero in Spagna per i suoi abusi . Da allora, la politica adottata fu ben chiara: gli indiani sono uomini liberi , soggetti come gli altri alla Corona e devono essere rispettati come tali , nei loro beni come nelle loro persone » . E chi sospettasse che il quadro sia troppo idillico , leggerà util­ mente il "codicillo " che, tre giorni prima di morire, nel novembre del 1 504, Isabella aggiunse di suo pugno al testamento e che così , testualmente, dice: « Poiché, dal tempo in cui ci furono concesse dalla Santa Sede Apostolica le isole e terra ferma del mare Ocea­ no , scoperte e da scoprire, la nostra principale intenzione fu di cer­ care di i ndurre i popoli di esse alla nostra santa fede cattolica e inviare là religiosi e altre persone dotte e timorose di Dio per istruire gli abitanti nella fede e dotarli di b uoni costumi e porre in ciò lo zelo dovuto ; per questo supplico il Re, mio signore, molto affet­ tuosamente, e raccomando e ordino alla principessa mia figlia e al principe suo marito, che così facciano e compiano e che questo sia il loro principale fine e che in esso impieghino molta diligenza e che non consentano che i nativi e gli abitanti di dette terre acqui­ state e da acquistare ricevano danno alcuno nelle loro persone o

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beni, ma facciano in modo che siano trattati con giustizia e uma­ nità e se alcun danno hanno ricevuto lo riparino » . È un documento straordinario, che non trova alcun riscontro nel­ la storia "coloniale" di alcun Paese. Eppure, nessuna storia è dif­ famata come questa che inizia da Isabella la Cattolica .

285. "Leggenda nera "/4 Bartolomé de Las Casas : è il nome che sembra inchiodare alle sue responsabilità la colonizzazione spagnola nelle Americhe. Un nome sempre tirato in campo, assieme alla più fortunata delle sue opere che ha un titolo che è già un programma: Brevfsima relaci6n de la destruccion de las Indias. Una "distruzione" : se cosi uno spa­ gnolo stesso, un frate domenicano , definisce la Conquista del Nuo­ vo Mondo, come trovare argomenti che difendano quella impre­ sa? Il processo non è forse chiuso, con definitivo verdetto negati­ vo, per la colonizzazione iberica? E, invece, no: non è affatto chiuso . Anzi, verità e giustizia im­ pongono di non accettare acriticamente le invettive di Las Casas; per dirla con gli storici più aggiornati , è giunto il momento di far­ lo anche a lui una sorta di ' ' processo " , a lui così furibondo nel­ l ' imbastirne ad altri . Chi era , innanzitutto , Las Casas? Nacque a Siviglia nel 1 474 dal ricco Francisco Casaus, il cui nome denuncia una origine ebraica. Alcuni studiosi, analizzando dal punto di vista psicologico la per­ sonalità complessa, ossessiva, ' 'urlante' ' , sempre bisognosa di pun­ tare il dito contro dei "cattivi" di Bartolomé Casaus, divenuto pa­ dre Las Casas , si sono spinti addirittura a parlare di uno « stato paranoico di allucinazione » , di una « esaltazione mistica con con­ seguente perdita del senso della realtà » . Giudizi severi, difesi però da grandi storici, come Ram6n Menéndez Pidal. È , questo, uno studioso spagnolo e, quindi , potrebbe essere so­ spettato di parzialità. Ma non è spagnolo, bensì statunitense di origini anglosassoni, docente di storia sudamericana in una università Usa, William S . Maltb y che, nel 1 97 1 , h a pubblicato uno studio sulla " Leggenda nera", sulle origini del mito della crudeltà dei " papisti " spagnoli . Maltby , scrivendo tra l' altro che « nessuno storico che si rispetti

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può oggi prendere sul serio le denunce ingiuste e forsennate di Las Casas » , conclude: « Tirando le somme, si deve dire che l'amore di questo religioso per la carità fu quantomeno maggiore del suo rispetto della verità » . a questo frate che, con le sue accuse, è all ' origine della diffamazione della gigantesca epopea spagnola nel Nuovo Mondo , qualcuno ha pensato che (certo inconsciamente) giocassero anche le origini ebraiche. Quasi un emergere, insomma, dell'ostilità ance­ strale contro il cattolicesimo, soprattutto di quello spagnolo, reo di avere allontanato gli israeliti dalla penisola iberica . Troppo spesso si fa storia dando per scontato che i suoi protagonisti si comporti­ no sempre e solo in maniera razionale, non volendo ammettere (e proprio nel secolo della psicoanalisi ! ) l'influenza oscura dell' irra­ zionale, delle pulsioni nascoste ai protagonisti stessi . Può dunque ben darsi che neppure Las Casas sia sfuggito a un inconscio che (at­ traverso l 'ossessivo diffamare i suoi connazionali , confratelli reli­ giosi compresi) rispondesse a una sorta di occulta "vendetta" . Comunque sia, il padre di Bartolomé, quel Francisco Casaus, ac­ compagnò Colombo nel suo secondo viaggio oltre Atlantico, ferman­ dosi nelle Antille e dando conferma delle doti di abilità e di intra­ prendenza semitiche col crearsi una grande piantagione dove prati­ cò quella schiavitù degli indios che, come abbiamo già visto, aveva contrassegnato il primissimo periodo della Conquista. E, almeno uf­ ficialmente, quel periodo soltanto. Dopo gli studi all'università di Salamanca, anche il giovane Bartolomé partì per le Indie, dove rac­ colse la pingue eredità paterna, impiegando, sino ai 35 anni e oltre, quegli stessi metodi brutali che con tanto sdegno denuncerà in seguito. Supererà, grazie a una conversione, questa fase, facendosi par­ tigiano intransigente degli indios e dei loro diritti. Ascoltato dalle autorità della Madrepatria che, su sua insistenza, approveranno se­ vere leggi di tutela degli indigeni, provocherà però un imprevisto "effetto perverso" . Succederà infatti che i proprietari spagnoli, bi­ sognosi di numerosa mano d'opera, non troveranno più conveniente utilizzare le popolazioni autoctone che qualche autore definisce oggi (rovesciando il luogo comune di crudeltà e arbitri) addirittura « sin troppo protette » e cominciarono a dar retta a quegli olandesi, in­ glesi, portoghesi, francesi che offrivano schiavi importati dall'A­ frica e catturati da arabi musulmani . Davanti

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La tratta dei negri (colossale affare quasi interamente in mani islamiche e protestanti) interessò però solo marginalmente, quasi solo nelle isole dei Caraibi, le zone sotto dominio spagnolo. Basta viaggiare anche oggi in quelle regioni, restate, nella zona centrale e andina , a grande maggioranza india e, nella zona meridionale, tra Cile e Argentina, di popolamento quasi esclusivamente euro­ peo : rari i neri , a differenza del Sud degli Stati Uniti, del Brasile, delle Antille inglesi e francesi . Ma, seppure in numero ridotto rispetto alle zone sotto dominio di altri popoli, gli spagnoli cominciarono a importare africani an­ che perché ad essi non fu estesa subito la protezione degli indios, adottata sin da Isabella la Cattolica e poi sempre perfezionata. Quei neri potevano essere sfruttati (almeno nei primi tempi, ché anche per essi giungerà una legge spagnola di tutela, mentre nei territori inglesi non giungerà mai), mentre farlo con gli indios era illegale (e le audiencias, i tribunali dei vice-re spagnoli , spesso non scher­ zavano). Un effetto imprevisto e, dicemmo, "perverso" , dell' ac­ canita lotta condotta da Las Casas ; il quale, va pur detto , se nobil­ mente si batté per gli indios, non altrettanto fece coi negri, per i quali, quando cominciarono ad affluire, catturati sulle coste afri­ cane dai musulmani e portati dai mercanti del Nord Europa, non sembra abbia avuto particolari attenzioni . Per tornare alla sua conversione, determinata dalle prediche di denuncia degli arbitri dei coloni (tra i quali era egli stesso) pronun­ ciate da religiosi - e ciò conferma la vigilanza evangelica esercita­ ta dal clero regolare - fattosi prima prete e poi domenicano , Bar­ tolomé dedicò il resto della sua lunga vita a perorare presso le au­ torità di Spagna la causa degli indigeni . Occorre, anche qui, riflettere . Innanzitutto , sul fatto che il fo­ coso religioso abbia potuto impunemente attaccare, e con espres­ sioni terribili, il comportamento non solo dei privati ma pure delle autorità. Per dirla con l'insospettabile americano Maltby, critiche anche ben più blande non sarebbero state di certo tollerate dalla monarchia inglese, la quale avrebbe subito ridotto al silenzio l'im­ prudente contestatore. E questo perché (continua lo storico yan ­ kee, rovesciando un altro luogo comune) « a parte le questioni di fede , la libertà di parola fu prerogativa degli spagnoli durante il loro Secolo d'oro, come dimostra il fatto che gli archivi ci restituì650

scono tutta una gamma di accuse pronunciate in pubblico - e non represse - contro le autorità » . Ma, poi, s i riflette ancor meno sul fatto che questo furibondo " contestatore" non solo non fu neutralizzato , ma divenne intimo dell 'imperatore Carlo V, fu da lui nominato ufficialmente Pro tec­ tor Genera/ de todos /os indios, fu invitato a presentare progetti che, discussi e approvati malgrado le forti pressioni contrarie, di­ vennero legge nelle Americhe spagnole. Mai, nella storia, un "profeta" (come Las Casas stesso si consi­ derava) fu tanto preso sul serio da un sistema politico che invece ci dipingono tra i più oscuri e terribili .

286. ' 'Leggenda nera ' 'l5 Le denunce di Bartolomé de Las Casas , dunque, sono state pre­ se radicalmente sul serio dalla Corona spagnola e l' hanno spinta a promulgare leggi severe a difesa degli indios e poi addirittura ad abolire l'encomienda, la concessione temporanea delle terre ai pri­ vati, con grave danno dei coloni . Sentiamo Jean Dumont : « Il fenomeno Las Casas è esemplare in quanto porta una conferma del carattere fondamentale e sistemati­ co della politica spagnola di protezione degli indiani . Il governo ibe­ rico, sin dal reggente Jiménez de Cisneros, ne1 1 5 16, non si mostra affatto offeso per le denunce - pur talvolta ingiuste e quasi sem­ pre forsennate - del domenicano. Non solo il padre Bartolomé non è fatto oggetto di alcuna censura, ma i monarchi e i loro ministri, con una straordinaria pazienza, lo ricevono, lo ascoltano, riuniscono delle giunte per studiare le sue critiche e le sue proposte e anche per varare, sulle sue indicazioni e raccomandazioni, l'importante prov­ vedimento delle " Leggi Nuove" . Ancor più : sono gli avversari di Las Casas e delle sue idee che la Corona riduce al silenzio » . L 'imperatore, Carlo V , per dare maggiore autorità a questo pro­ tetto che pure diffama i suoi sudditi e funzionari , lo fa fare vesco­ vo . È anche in base alle denunce del domenicano e di altri religiosi che, all'università di Salamanca, si crea una scuola di giuristi che elaboreranno il diritto internazionale moderno, sulla base fonda­ mentale dell' " eguaglianza naturale di tutti i popoli " e dell 'aiuto reciproco tra le genti .

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Un aiuto del quale gli indios avevano particolarmente bisogno : come ricordavamo (ma come spesso non si ricorda) i popoli del­ l' America Centrale erano caduti sotto l' orribile dominio degli in­ vasori aztechi, una delle genti più feroci della storia, con una fo­ sca religione basata sui sacrifici umani di massa. Nelle solennità, che duravano ancora quando giunsero i Conquistadores a sbara­ gliarli, sulle grandi piramidi che servivano da altare si giunse a sa­ crificare agli dei aztechi sino a 80.000 giovani per volta. Le guerre erano determinate dalla necessità di procurarsi sempre nuove vittime . Si accusano gli spagnoli di avere provocato un tracollo demo­ grafico che abbiamo visto essere dovuto in gran parte allo " choc virale' ' . In realtà, senza il loro arrivo , la popolazione si sarebbe ridotta ancor più ai minimi termini , vista l' ecatombe che i domi­ natori facevano della gioventù delle popolazioni soggiogate . L'in­ transigenza, talvolta il furore dei primi cattolici sbarcati, sono ben spiegabili davanti a questa oscura idolatria nei cui templi scorreva sempre sangue umano. Di recente, l' attrice americana Jane Fonda che tenta, dai tempi del Vietnam, di presentarsi come "politicamente impegnata" schie­ randosi a difesa di cause sbagliate, ha voluto adeguarsi al confor­ mismo denigratorio che ha travolto anche non pochi cattolici . Se questi ultimi lamentano (incredibilmente, per chi un poco conosca che cosa fossero i "culti" aztechi) quella che chiamano « la distru­ zione delle grandi religioni precolombiane » , la Fonda si è spinta ancora più in là, affermando che quegli oppressori « avevano una migliore religione e un migliore sistema sociale di quello imposto con la violenza dai cristiani » . Le ha replicato , s u uno dei maggiori quotidiani , uno studioso anch'egli americano, ricordando all' attrice (e magari ai cattolici che piangono il "crimine culturale" della distruzione del sistema reli­ gioso azteco) quale fosse il rituale delle continue mattanze sulle pi­ ramidi messicane. Eccolo : « Quattro preti afferravano la vittima scaraventandola sulla pietra sacrificale. Quindi , il Gran Sacerdote piantava il col­ tello sotto il capezzolo sinistro facendosi largo attraverso la cassa toracica, finché, rovistando a mani nude, non riusciva a strappare il cuore ancora pulsante e a metterlo in una coppa per offrirlo agli

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dèi . Dopodiché, i corpi venivano fatti precipitare dalle scale della piramide . Ad attenderli, al fondo , c' erano altri preti che incideva­ no ogni corpo sulla schiena, dalla nuca ai talloni, e ne strappava­ no la pelle in un unico pezzo . Il corpo scuoiato era preso da un guerriero che lo portava a casa e lo faceva a pezzi. I quali erano offerti agli amici, oppure questi erano invitati a casa per festeggia­ re con le carni della vittima. Le pelli, invece, conciate, servivano di abbigliamento alla casta sacerdotale » . Mentre così erano sacrificati i giovani e l e giovani (a decine di migliaia ogni anno: il principio era che i cuori umani dovevano es­ sere offerti senza interruzione alle divinità), i bambini erano preci­ pitati nella voragine di Pantilan, le donne non vergini erano deca­ pitate, gli uomini adulti scorticati vivi e finiti poi con le frecce. E così via, con altre piacevolezze che verrebbe voglia di augurare a Jane Fonda (e a certi frati e clericali vari, oggi così virulenti contro i u fanatici" spagnoli) perché, provatele, ci dicano poi se davvero ' 'il cristianesimo è peggio' ' . Solo un po' meno sanguinari erano gli incas, gli altri invasori che avevano ridotto in schiavitù gli indigeni più a Sud, lungo le Ande. Come ricorda uno storico : « I sacrifici umani erano pratica­ ti dagli incas per allontanare un pericolo, una carestia, un'epide­ mia. Le vittime erano di solito dei bambini, a volte degli uomini e delle vergini . Le vittime erano strangolate o sgozzate, a volte si strappava loro il cuore alla maniera azteca » . Tra l'altro , il regime imposto dai dominatori incas agli indios era un chiaro precursore del "socialismo reale" alla marxista. E , naturalmente, come ogni sistema d i questo tipo , non funzionava, tanto che gli oppressi diedero una mano entusiasta per liberarsene ai pochi spagnoli giunti provvidenzialmente . Come nell'Europa Orientale del XX secolo , sulle Ande del XVI era vietata la proprie­ tà privata; denaro e commercio non esistevano; l'iniziativa dei sin­ goli era vietata; la vita privata era sottoposta a un duro regolamento di stato. E, tanto per dare un ulteriore tocco ideologico "moder­ no' ' , precedendo in questo caso non solo il marxismo ma anche il nazismo, il matrimonio era permesso solo seguendo le leggi eu­ genetiche di stato, per evitare ucontaminazioni razziali" e assicu­ rare un razionale "allevamento umano" . A questo terribile scenario sociale, s i aggiunga che nessuno, nel-

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l ' A merica precolombiana, conosceva l ' uso della ruota (se non per impieghi religiosi) , né il ferro , né sapeva impiegare il cavallo . Il quale pare non fosse assente all ' arrivo degli spagnoli, forse viveva in alcune zone allo stato brado, ma gli indigeni non conoscevano il modo di domarlo né avevano inventato i fi nimenti . Niente ca­ vallo significava assenza anche di muli e di asini , così che - ag­ giungendovi la mancanza delle ruote - tutti i trasporti, in quelle zone mont agnose, anche per la costruzione degli enormi palazzi e templi dei dominatori, erano fatti a spalle da torme di schiavi .

È

su queste basi che i giuristi spagnol i , nel quadro della " egua­

glianza naturale di tutti i popoli " , riconoscevano agli europei il di­ ritto oltre che il dovere di aiutare genti che ne avessero bisogno .

E non si

può dire che non avessero bisogno d' aiuto gli indigeni pre­

colombiani . Non si dimentichi che, per la prima volta nella storia, degli europei si confrontavano con culture tanto diverse e lontane . A differenza di quanto faranno gli anglosassoni, che si limiteran­ no a sterminare quegli " alieni " che trovavano nel Nuovo Mondo, gli iberici raccolsero la sfida culturale e religiosa con una serietà che

è

una delle loro glorie.

28 7. "Leggenda nera "/6 Sulla colonizzazione spagnola nelle Americhe e su denunce co­ me quelle di Las Casas (continuiamo il nostro discorso),

è

signifi­

cativo quanto scrive il protestante Pierre Chaunu : « Ciò che deve stupirei non sono gli abusi iniziali .

è semmai il fatto che siano

stati

tanto contrastati da una resistenza che veniva, a tutti i livelli quelli della Chiesa, ma anche quelli dello Stato - da una profon­ da coscienza cristiana » . Così, opere come l a Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie di fra Bartolomé furono utilizzate senza scrupoli dalla pro­ paganda protestante e poi illuminista, mentre sono - per dirla an­ cora con Chaunu - « il più bel titolo di gloria della Spagna » . Te­ stimoniano, in effetti , della sensibilità al problema dell ' i ncontro con un mondo del tutto nuovo e inatteso, sensibilità che sarà a lungo assente nel colonialismo prima protestante e poi "laico" , gestito daUa brutale borghesia europea dell 'Ottocento, ormai secolarizzata . Abbiamo visto come, dalla Corona in gi ù , n o n solo n o n si pren654

dano provvedimenti contro una contestazione come quella di Las Casas, ma si tenti di correre ai ripari con leggi che tutelino quegli indios dei quali il ' ' contestatore' ' stesso sarà proclamato Protec­ tor Generai. Per dodici volte il frate varcherà l' Oceano per pero­ rare presso il governo della Madrepatria la causa dei suoi protetti : e, sempre, sarà onorato e ascoltato e i suoi cahiers de doléances saranno passati a commissioni che ne trarranno leggi , oltre che a professori che daranno vita al moderno "diritto delle genti" . Siamo di fronte a un fatto inedito, che non ha esempi nella sto­ ria dell' Occidente : ed è tanto più sorprendente se si aggiunge che Las Casas non fu solo preso sul serio ma - probabilmente - fu persino preso troppo sul serio. Dicemmo già, in effetti, di un sospetto - avanzato da chi ne ha indagato la psicologia - addirittura di uno "stato di allucina­ zione" , di una "esaltazione mistica" in questo convertito . Per dirla con l ' insospettabile americano William S. Maltby, « le esagerazio­ ni di Las Casas lo espongono a un giusto e indignato ridicolo >> . O, per citare Jean Dumont : « Nessuno studioso che si rispetti può prendere sul serio le sue denunce estreme » . Scegliendo ancora, ec­ co qui, tra i mille, il laicissirno Celestino Capasso : « Trascinato dalla sua tesi, il domenicano non esita a inventare notizie, precisando persino a 20 milioni il numero degli indios massacrati, o accogliendo per fondate notizie fantastiche, come l ' uso dei conquistatori di farsi accompagnare da schiavi per il pasto dei cani da combattimento . . . » . Come dice Luciano Perena, dell 'Università di Salamanca: « Las Casas si perde sempre in cose vaghe e imprecise. Non dice mai quan­ do né dove si consumarono gli orrori che denuncia, né si cura di stabilire se costituiscano l' eccezione. Al contrario: contro ogni ve­ rità, lascia intendere che le atrocità sarebbero state il modo unico e abituale della Conquista ». Per lui, personalità pessimista e os­ sessiva, il mondo è in bianco e nero . Da una parte i suoi malvagi connazionali , quasi belve scatenate; dall' altra parte gli indigeni , vi­ sti , testualmente, come « gente che non conosce sedizioni o tumul­ ti » , che è « del tutto sprovvista di rancore, di odio, di desiderio di vendetta » . In questo senso, è tra i predecessori del mito del " buon selvaggio " , caro agli illuministi del Settecento come Rous­ seau, e che continua ad agire in certo attuale, ingenuo terzomon­ dismo secondo il quale tutti gli uomini sono santi , purché non sia-

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no europei o nordamericani : i soli, ovviamente, che nascano mar­ chiati da una colpa imperdonabile. Stupisce, in un frate , questa negazione del peccato originale, que­ sta mancanza di real ismo e anche di giustizia: da una parte stareb­ bero degli angeli indifesi e dall' altra dei demoni spietati. Tra l'al­ tro , quell' Hermin Cortés che mise fine al grande impero degli az­ techi e che è presentato da Las Casas a tinte fosche (che pare non meritasse del tutto) era anche colui che dalle piramidi vide scende­ re il fiume di sangue umano delle vittime sacrificate. Mai un'im­ presa come quella di simili Conquistadores avrebbe potuto realiz­ zarsi con le buone maniere : qui , poi, la durezza era considerata sacrosanta dagli spagnoli perché di quelle popolazioni "mitissime" , secondo Las Casas, facevano pur parte gli aztechi - e poi gli in­ cas , di cui si occuperà Francisco Pizarro - con quel loro "viziet­ to" di strappare il cuore a decine di migliaia di giovani . tutti gli utopisti, Las Casas non superò la prova della real­ tà: tra i molti altri privilegi , il governo gli concesse di provare a mettere in pratica, in appositi territori messigli a disposizione, il suo progetto di evangelizzazione tutto "dialogo " e scuse. Ogni vol­ ta, finì col massacro dei missionari o nella loro fuga, incalzati dai cosiddetti "buoni selvaggi " muniti di temibili frecce avvelenate. Come sempre, i sogni , messi in pratica, si rovesciano in incubi . Così, per dirla con il suo più recente biografo, Pedro Borgés , docente alla Complutense di Madrid, Bartolomé si rifugiò di nuo­ vo nell ' irrealismo, « predicando sempre non ciò che si poteva, ma ciò che si sarebbe dovuto fare » . È comunque lo stesso Borgés che mette in guardia dal pensare che Las Casas sia il precursore di cer­ ta marxisteggiante ' ' teologia della liberazione' ' : da buon converti­ to, ciò che gli interessava era la salvezza eterna. La sua ossessione per gli indios non era per mettere al riparo i loro corpi, bensi per salvare le loro anime . Solo se presi nel verso giusto avrebbero ac­ cettato il battesimo, senza il quale sarebbero andati all 'inferno sia essi che gli spagnoli . Siamo , dunque, all'opposto di chi oggi non vede che la dimensione orizzontale e che, quindi, nulla ha a che fare con il mistico Las Casas . Come

Comunque, come riconosce Mal tby, « quali che fossero i difetti del suo governo , nessuna nazione della storia eguagliò la Spagna 656

nella preoccupazione per la salvezza delle anime dei suoi nuovi sud­ diti » . Fino a quando la corte di Madrid non fu inquinata da mas­ soni e "illuminati" , non si badò né a spese né a difficoltà per ono­ rare gli accordi con il Papa, che aveva concesso i diritti del Patro­ nato contro precisi doveri di evangelizzazione. I risultati parlano: grazie al sacrificio e al martirio di generazioni di religiosi mante­ nuti con larghezza dalla Corona, nelle Americhe si creò una cri­ stianità che è ora la più numerosa della Chiesa cattolica e che, mal­ grado i limiti di ogni cosa umana, ha dato vita a una vivace fede " meticcia" , incarnata nell'incontro vitale di diverse culture . Lo straordinario barocco del cattolicesimo latino-americano è il segno più evidente di come (malgrado gli errori e gli orrori) sia felice­ mente riuscita una delle più grandi avventure religiose e culturali. A differenza che nel Nord America, qui cristianesimo e culture pre­ colombiane hanno dato vita a un uomo e a una società davvero nuovi rispetto alla situazione precolombiana. Pur nelle sue esagerazioni , generalizzazioni illecite, invenzioni e diffamazioni, Las Casas è testimone importante di un Occidente non dimentico dei moniti evangelici . Abusivo fu isolarlo dal dibat­ tito in corso allora nella penisola iberica, per strumentalizzarlo co­ me arma da guerra contro il "papismo" . Fingendo oltretutto di ignorare che, contro la Spagna, si utilizzava la voce di uno spa­ gnolo (membro , tra l'altro , di un ordine nato in Spagna) , ascolta­ to e protetto dal governo e dalla Corona di quella Spagna stessa.

288. "Leggenda nera "/7 di una guerra psicologica » , così Pierre Chaunu definisce l'uso che le potenze protestanti fecero dell' opera di Las Casas. Le redini dell' operazione antispagnola furono prese innan­ zitutto dall'Inghilterra; per ragioni politiche ma anche religiose, poi­ ché in quell'isola il distacco da Roma di Enrico VIII aveva creato una Chiesa di Stato abbastanza potente e strutturata da porsi co­ me capofila delle altre comunità riformate in Europa. La lotta in­ glese contro la Spagna fu vista così come la lotta del ' 'puro Evan­ gelo" contro "la superstizione papista" . Una parte importante in questa operazione di "guerra psicolo­ gica" fu giocata anche dai Paesi Bassi e dalle Fiandre, impegnati « Arma cinica

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contro gli spagnoli . Fu proprio un fiammingo, Theodor De Bry, che disegnò le incisioni per accompagnare una delle tante edizioni fatte in terra protestante della Brevissima Relazione: disegni truculenti, dove gli iberici sono rappresentati mentre si danno a ogni sorta di sadiche efferatezze contro i poveri indigeni. Poiché queste del De Bry (il quale, naturalmente , lavorò di fantasia) sono praticamente le so­ le immagini antiche della Conquista, esse furono continuamente ri­ prodotte e ancora adesso stanno , ad esempio , su molti manuali sco­ lastici . Inutile dire quanto abbiano contribuito al formarsi della . . Leggenda nera" . . A proposito della quale - tanto per dare qualche altro elemento ai molti già elencati - va anche osservato che sempre si dimentica di ri­ flettere su ciò che avvenne dopo il dominio spagnolo. Il Paese iberico, si sa, fu invaso da Napoleone e (malgrado quella tenace, invincibile resistenza popolare che fu il primo segno della fine per l' impero fran­ cese), dovette abbandonare a se stessi gli immensi territori americani. napoleonica si eclissò e la Spagna riebbe il suo governo , era ormai troppo tardi per ristabilire oltre Oceano lo sta­ tu quo : furono inutili i tentativi di domare la rivolta dei " creoli " , cioè della borghesia bianca ormai radicata i n quei luoghi. Quei bor­ ghesi benestanti erano coloro che da sempre avevano relazioni tese con la Corona e il governo della Madrepatria, accusati di " difen­ dere troppo " gli indigeni e di impedirne lo sfruttamento . Soprat­ tutto, l ' ostilità creola si dirigeva contro la Chiesa e in particolare contro gli ordini religiosi perché non solo vegliavano affinché fos­ sero rispettate le leggi di Madrid a tutela degli indios ma anche per­ ché (a partire da subito, prima ancora di Las Casas : la prima de­ nuncia contro i Conquistadores risuonò nell'Avvento del 1 5 1 1 in una chiesa dal tetto di paglia a Santo Domingo e la pronunciò pa­ dre Antonio de Montesinos) sempre si erano battuti affinché quel­ la legislazione fosse continuamente migliorata. Si è forse dimenti­ cato che le spedizioni armate per distruggere le reducciones dei ge­ suiti erano state organizzate dai proprietari spagnoli e portoghesi , quegli stessi che fecero pesanti pressioni sulle rispettive Corti e go­ verni perché la Compagnia di Gesù fosse definitivamente soppressa? Quando la stella

di questa opposizione alla Chiesa, vista come al­ leata degli indigeni, l'élite creola che guidò la rivolta contro la MaAncbe a causa

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drepatria era inquinata in profondità dal Credo massonico che diede ai moti di indipendenza il carattere di duro anticlericalismo - se non di anticristianesimo - che è continuato sino ai giorni nostri . Sino - ad esempio - al martirio dei cattolici nel Messico della prima metà del nostro secolo. I Libertadores, i capi della insurre­ zione contro la Spagna, furono tutti alti esponenti delle Logge : del resto, proprio da quelle parti si formò alla ideologia libero­ muratoria Giuseppe Garibaldi , destinato a diventare Gran Mae­ stro di tutte le massonerie. Un' occhiata alle bandiere e ai simboli statali dell'America Latina rivela l' abbondanza di stelle a cinque punte, triangoli , piramidi, squadre e di tutto l' armamentario del simbolismo dei "fratelli " . Sta di fatto che, proprio i n nome dei principi di fratellanza uni­ versale massonica e dei "diritti dell ' uomo" di giacobina memoria, i creoli, non appena liberati dall' impaccio delle autorità spagnole e della Chiesa, poterono disfarsi anche dell 'impaccio delle leggi di tutela per gli indios. Quasi nessuno dice l' amara verità: dopo il pri­ missimo periodo (fatalmente duro per l'incontro-scontro di cultu­ re t anto diverse) della colonizzazione iberica, nessun altro periodo fu tanto disastroso per gli autoctoni sudamericani come quello che inizia agli albori del XIX secolo, con l' assunzione del potere da parte della borghesia sedicente ' ' illuminata' ' . Al contrario di quanto vuoi far credere la "leggenda nera" pro­ testante e illuminista, l' oppressione senza limiti, il tentativo di di­ struzione delle culture indigene inizia con l'uscita di scena della Co­ rona e della Chiesa. È da allora, ad esempio (già ne parlammo nel frammento 205), che si inizia un' opera sistematica di distruzione delle lingue locali , per sostituirle con il castigliano, idioma dei nuovi dominatori che pur proclamavano di avere assunto il potere "in nome del popolo " . Ma era un "popolo" costituito in realtà solo dalla esigua classe dei proprietari terrieri di origine europea. Fu da allora che spuntarono quei provvedimenti, che mai erano stati presi durante il periodo "coloniale" , per impedire il "metic­ ciamento" , la mescolanza razziale e culturale. Mentre la Chiesa approvava e incoraggiava i matrimoni misti, i governi "liberali" li contrastarono e spesso li vietarono del tutto . Si cominciò, cioè, a seguire l'esempio così poco evangelico delle colonie anglosassoni al Nord: anche qui , non a caso , era stata la

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massoneria a guidare la lotta per l'indipendenza. Si crea allora un fronte comune tra Logge dell'America Settentrionale e · di quella Meridionale, prima per battere la Corona di Spagna e poi la Chiesa cattolica. Nasce anche così la dipendenza - che contrassegnerà tutta la storia che continua sino ad ora - del Sud nei riguardi del Nord. È curioso : quei "progressisti" che in­ veiscono contro le colpe della colonizzazione cattolica spagnola e denunciano al contempo la sudditanza dell'America latina ver­ so quella yankee, non sono evidentemente consapevoli che questa loro duplice protesta è contraddittoria: re di Spagna e papi fu­ rono, finché poterono, i grandi difensori dell'identità religiosa, sociale, economica delle zone "cattoliche" . Il "protettorato" nordamericano è stato determinato anche dai criollos, i creoli , « i ricchi coloni che vollero scrollarsi di dosso autorità spagnole e religiosi per poter far meglio i loro comodi e i loro affari » . Co­ si Franco Cardini , il quale, a proposito dei nordamericani chia­ mati a soccorso (spesso occulto) dei "fratelli" in lotta contro Corona e Chiesa, aggiunge : « Si pensi alle porcherie che hanno accompagnato l'egemonizzazione dell'area panamense e la guer­ ra di Cuba alla fine del XIX secolo; si pensi al costante ap­ poggio americano offerto al governo laicista messicano , che da decenni mantiene una Costituzione che, nel suo dettato più che anticlericale, anticattolico , umilia e offende i sentimenti della mag­ gior parte del popolo del Messico: e gli Usa hanno app oggiato banditi come Venustiano Carranza quando si è profilata la possi­ bilità che qualcosa potesse cambiare . E non hanno mosso un dito durante la sanguinosa persecuzione anticattolica degli anni Ven­ ti » . Oggi, si sa, il governo americano favorisce e finanzia il pro­ selitismo di sette protestanti che, sradicando il popolo dalle sue tradizioni di quasi mezzo millennio, costituisce una grave violen­ za anche culturale. Gli sforzi "razzi sti" del dopo Spagna sono tragicamente simbo­ leggiati dall'arte: mentre le due culture, prima, si erano meravi­ gliosamente intrecciate, dando vita al capolavoro del barroco me­ stizo , il "barocco meticcio" , si divisero di nuovo con l' arrivo al potere degli illuministi. Alla architettura straordinaria delle città coloniali e delle missioni si sostituì l' architettura solo di imitazio­ ne europea delle nuove città borghesi , dove per i poveri indios non c'era più alcun posto. 660

289. A ugusto Del Noce: la "catastrofe " della modernità Confidava agli intimi Napoleone, a Sant'Elena: « Ho sempre sa­ puto come impiegare ogni tipo di uomo, quali che fossero le sue capacità, il suo mestiere . Ma che farsene dei filosofi? Per quanto abbia cercato, non ho mai trovato qualcosa o qualcuno cui potes­ sero servire >> . Il pessimismo dell'ex-imperatore non era del tutto ingiustifica­ to. Purché, naturalmente, a ogni generazione si ammetta qualche eccezione. Per i nostri tempi, e per quanto a noi sembra, tra quelle eccezioni andrebbe posto il nome di Augusto Del Noce, morto tra il Natale e il Capodanno del 1 989, mentre l'ultima dittatura mar­ xista d'Europa, quella del rumeno Nicolae Ceausescu , finiva nel terrore e nell' esultanza. Si avverava Il suicidio della rivoluzione, come profetizzava il titolo di uno dei suoi libri più importanti e vilipesi, scritto nel 1 978, quando tutto faceva pensare il contrario . È " servito" il filosofo Del Noce (per usare l'espressione di Na­ poleone)? Stando all 'esperienza nostra e di tanti altri, la risposta non può essere che decisa: sì , con il suo pensiero , questo vecchio studioso ha aiutato molti (e tanti altri, presumibilmente, aiuterà nel futuro con i suoi scritti) a vederci un po' più chiaro nel mondo, nella storia, nella vita. E nella fede . Del Noce, in effetti, non era un cristiano tanto per dire; e neppure un cattolico per semplice tra­ dizione familiare e culturale: era un credente consapevole ed espli­ cito , a viso aperto . E della sua fede ha fatto il criterio decisivo per comprendere il senso della vicenda umana . Anche per questo cattolicesimo non certo posticcio , casuale, ma essenziale per il suo pensiero come per la sua vita (di « limpida te­ stimonianza » , di « servizio costante » ha parlato Giovanni Paolo II nel suo messaggio di cordoglio) , Del Noce ha pagato un tributo pesante in emarginazione, talvolta in derisioni e calunnie. Aveva provato sulla sua pelle che, oggi , la vera Inquisizione , e di un rigo­ re inimmaginabile per quella antica , è di segno "laico" , si presen­ ta per giunta sotto le vesti della tolleranza, del pluralismo, del dialogo. Ma questo era messo, da lui , nel conto ; anzi, qui trovava una conferma di una delle sue tesi principali, quella della "eterogenesi

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dei fini" , il rovesciamento cioè delle intenzioni umane nel loro con­ trario . La cultura moderna, nata per realizzare il regno della liber­ tà per tutti , ha in realtà creato quello che egli chiamava « il regime della massima oppressione », soprattutto nei confronti di coloro - ed egli era tra questi - che non vogliono sacrificare agli idola fori, ai miti e ai tabù su cui queste culture si reggono. Di questa persecuzione di stampo laicista o ateista, dunque, non si lagnava più di tanto. Ciò che invece più lo amareggiava (e, sem­ pre, dolorosamente lo stupiva) era un'avversione forse ancor più acre che gli giungeva dall'interno di quella Chiesa stessa che ama­ va, che cercava di servire e nella quale vedeva la sola possibilità (e per tutti: credenti, ma anche non credenti di buona volontà) di ritrovare la strada per la dignità, la libertà, la giustizia vere tra gli uomini. Por avendolo frequentato , e con assiduità, sulle pagine dei suoi libri e dei suoi molti articoli, non lo aveva però mai incontrato di persona. L' occasione venne grazie a un collega che progettava con lui un libro-intervista (che purtroppo non fu poi realizzato) e che, sorprendendomi un poco , mi recò un invito del professore a rag­ giungerlo nella casa dove passava le vacanze, desiderando cono­ scermi . Anch'egli , in effetti, seguiva quanto andavo scrivendo . La casa era quella dell' antica famiglia dei Del Noce: un angolo di vecchio Piemonte restato intatto , una villetta fascinosamente ré­ tro con tanto di gazebo, tavoli in pietra con la scacchiera per la dama, ortensie e magnolie - solitaria nella campagna di Savi­ gliano , quasi a metà strada fra Torino a Cuneo . " 1 6 settembre 198 7' ' , dice la data che segnai sulla copertina del taccuino che riem­ pii di note: poco più di due anni prima della sua morte quasi im­ provvisa. Se ripenso a quelle ore - di sole, di amicizia, di scambio fervi­ do di idee , passeggiando nel giardino o pranzando in una saletta anch 'essa gozzaniana - il ricordo gradevole è offuscato a tratti dalle espressioni di amarezza di Augusto Del Noce. L'incompren­ sione, l' ostracismo, spesso il rifiuto anche solo di ascoltarlo o di ospitarlo in certi giornali , in certe Case editrici - e, questo , da parte "cattolica" , clericale - tutto ciò , ben più che per sé, lo rat­ tristava per la causa della fede , del messaggio evangelico, della cre­ dibilità della Chiesa. Avendoci riflettuto una vita intera, era con-

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vinto di intuire per quali vie il messaggio del Cristo potesse di nuo­ vo incontrare l 'uomo d' oggi ; e vedeva invece molta teologia, mol­ ta prassi pastorale, molto clero e laicato, procedere per strade che a lui sembrano vicoli ciechi, trappole, scorciatoie verso l'insignifi­ canza e lo scacco. E soffriva che non si volesse dar retta ai suoi segnali appassionati di cambiare percorso.

È vero che i giovani dei nuovi movimenti, in quel vecchio catto­ lico avevano scoperto un maestro , una guida intellettuale. E Del Noce era loro grato. Ma, al contempo , rifiutava di essere in sinto­ nia con una parte soltanto del cattolicesimo di oggi : era la Chiesa nella sua totalità che, per lui, aveva bisogno di una correzione di rotta, di adeguamento al nuovo indirizzo di quel papa polacco in cui vedeva un dono della Provvidenza. I credenti, per lui, avevano bisogno di andare in profondo nel passato per poter vivere il presente e programmare il futuro . Mi ripeteva, quel giorno : « La crisi del marxismo è irreversibile, il liberalismo che sembra trionfare prendendone il posto è anch'esso in decomposizione: e, alla pari del marxismo, lo è non perché sia fallito ma proprio perché si è realizzato, capovolgendosi . È in crisi anche la Chiesa cattolica, ma non perché non sia più credibile o sia ormai impraticabile il suo messaggio autentico, ma perché ci si è allontanati da esso . Basterebbe rifare chiarezza, rimettersi sui giusti binari per offrire a un mondo disperato la prospettiva di sal­ vezza di cui ha bisogno . Mio dovere è indurre i credenti alla rifles­ sione, alla comprensione che la buona volontà non solo non ba­ sta, ma può essere dannosa se indirizzata verso percorsi sbagliati. Madre dell'eresia non è solo la superbia ma, secondo l'insegnamen­ to dei padri , anche l'ignoranza: molti uomini di Chiesa, da decen­ ni , ignorano letteralmente quale sia la prospettiva cattolica, assu­ mono schemi e punti di riferimento non cattolici , anzi talvolta non cristiani, senza neppure averne consapevolezza ». Per lui essere filosofo (e filosofo della politica, disciplina che ave­ va insegnato prima all'Università di Trieste, poi in quella di Ro­ ma) significava andare alle radici, non fermarsi alla superficie dei problemi quotidiani ma sondarne le cause profonde, individuare la deriva delle idee le quali , nella lunga durata, partendo da certi presupposti , portano inevitabilmente a certe conseguenze .

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Proprio questo, secondo lui, mancava ai credenti di oggi. Mi dis­ se: « Sempre il pensiero cattolico ha elaborato una sua teologia della storia. Ma, forse, gli ultimi che vi si dedicarono furono i grandi pensatori controrivoluzionari dell 'Ottocento, posti di fronte alla sfida della modernità. Oggi sono rarissimi i cattolici che si preoc­ cupino di leggere davvero il proprio tempo partendo dalla fede e dalla Tradizione come da postulati essenziali . La crisi del mondo cattolico deriva dal distacco tra la prospettiva di fede (spesso or­ mai sconosciuta) e ] ' azione politica, sociale, culturale (che è neces­ sariamente allo sbando) . Messi davanti ai problemi della nostra epo­ ca, i cattolici ne recepiscono i quadri interpretativi da altre cultu­ re, senza scendere ai fondamenti ultimi. La fede, così, diventa un'e­ tichetta inutile, della quale alla fine sbarazzarsi, non la lampada per illuminare il reale e ciò che da sotto , spesso nascostamente, lo muove . È una sorta di inefficace e comunque falso eclettismo (ge­ neralmente "progressista" o comunque dall'apparenza "illumina­ ta") che contrassegna tante prese di posizione che si credono " cat­ toliche" . Non stupisce di certo che nessuno, al di fuori della Chie­ sa, voglia prendere sul serio questi pastiches; né che, all 'interno della Chiesa, nessuno si senta illuminato da simili Weltanschauun­ gen, prodotti tanto devianti e insipidi quanto inevitabili della per­ dita delle radici e del senso di inferiorità davanti alla falsa sapien­ za del " mondo" » . Per Del Noce tutto cominciò nel Seicento europeo , con Cartesio e con i primi libertins, per proseguire poi con i philosophes, gli in­ tellettuali illuministi del Settecento. E cominciò perché, diceva, « si diede valore assoluto alla ragione umana, a quella soltanto e, in base a quel razionalismo, si estromise tutta la dimensione trascen­ dente, la metafisica: tutto ciò che, appunto, va "al di là della fisi­ ca, della natura" , che supera ciò che si vede, si tocca, si può misu­ rare e descrivere con la ragione . Si negò (e senza prove) non solo l'esistenza di Dio , ma anche la possibilità della sua esistenza » . I n ogni caso, sui temi irresolvibili dal razionalismo (Dio e, dun­ que, P aldilà, la vita eterna, il mistero della morte, il peccato, il mi­ racolo) calò quello che amava chiamare « il divieto di fare doman­ de ». Un divieto che, a suo avviso (ma anche a sua esperienza: la sua emarginazione derivò proprio dal fatto che non volle rispet­ tarlo), contrassegna l'epoca moderna e contemporanea. E citava

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spesso, come esemplari, frasi di Marx per il quale non importa di­ scutere se Dio sia o non sia: Dio non esiste perché non deve esiste­ re, altrimenti l 'uomo ne è dipendente, non può più creare il mon­ do a sua immagine e somiglianza. Uomo di fede, proprio nell' oscuramento programmatico , e se del caso violento , della prospettiva di fede, Del Noce vedeva la ca­ ratteristica della modernità. La quale è dunque l'èra della crescen­ te secolarizzazione, anzi della desacralizzazione, di una negazione di Dio che in un primo periodo si cerca di rimpiazzare con dei sur­ rogati, con dei culti secolari, mettendo la politica al posto della re­ ligione. È il periodo "sacrale" della secolarizzazione, quello delle ideologie che assumono i tratti della vecchia religione: il liberali­ smo ottocentesco, il positivismo scientista, il socialismo, il fasci­ smo, il nazismo. Ma, a partire dalla fine della seconda guerra mon­ diale, dal 1 945 , la secolarizzazione fa un ulteriore, inevitabile pas­ so avanti ed entra nel suo periodo "profano " : non più la ricerca di un surrogato di religione, ma la liberazione dalla religione, con al centro il culto di un edonismo, di una ricerca del piacere che per la prima volta nella storia non si nasconde, che anzi si gloria di se stessa. Un termine era caro fra tutti a Del Noce: quello di catastrofe. Ma nel preciso senso etimologico: di " voltare in giù" , dunque di "rovesciare" . Per lui, la modernità, prima agnostica e poi atea, era "l'èra della catastrofe" . nel senso che tutte le ideologie elabo­ rate dall' uomo che voleva farsi Dio (ideologie alle quali , peraltro, riconosceva spesso buona volontà e generosi propositi) si erano ro­ vesciate nel loro contrario stesso . Anzi : tanto più e tanto meglio si erano realizzate, maggiore era stato il loro risultato catastrofico. Esempio massimo, quel marxismo dal quale egli stesso, nella To­ rino degli Anni Trenta, era stato tentato e del quale era divenuto poi il critico più lucido e temuto e, dunque, più odiato . Contro le illusioni dei catto-comunisti (a partire da quel Franco Rodano che fu l'eminenza grigia dei capi del Pci, di Enrico Berlin­ guer in particolare, che fu l ' inventore e il fautore del "compro­ messo storico" e al quale aveva dedicato un libro voluminoso e implacabile), contro quelle illusioni, dunque, Del Noce più e più volte aveva cercato di dimostrare che aveva ragione Pio XI nella Divini Redemptoris de1 1 937: il comunismo come "intrinsecamen-

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te perverso" . Spiegava: « I l comunismo - che da più di un seco­ lo si identifica con il marxismo, essendosi sempre presentato sot­ to quella veste - ha l ' ateismo come sua essenza, non può farne a meno senza negarsi, non gli è possibile pensare a valori religiosi se non nella forma ateistica. La quale, dunque, non è per esso (e per usare il suo linguaggio) una sovrastruttura, ma la struttura stessa ». privilegiata al comunismo veniva dal fatto che, se tutta l'èra moderna era quella della secolarizzazione, il marxi­ smo rappresentava non solo il termine pieno e compiuto della ne­ gazione di Dio , ma anche una filosofia che voleva farsi politica e che era riuscita a realizzare il progetto di incarnarsi davvero nella storia, di trasformare idee in strutture concrete . Ebbene, la prova della storia aveva mostrato in concreto quella "catastrofe" marxi­ sta che già da un mezzo secolo Del Noce prevedeva e le cui convul­ sioni finali fece in tempo a vedere negli ultimi tempi della sua vita. " Catastrofe" del marxismo nel senso innanzitutto di rovescia­ mento totale delle previsioni: la giustizia, la libertà, il benessere uni­ versali promessi e che, nel socialismo detto, per esorcismo, " rea­ le" (ma che, per lui, coincideva perfettamente con quello " idea­ le"), si trasformano invece nella massima ingiustizia, nella massi­ ma illiberalità, nella massima miseria. Così, mentre il popolo - umiliato, offeso, affamato - si rivol­ ta contro i regimi "popolari" e li travolge, il marxismo occidenta­ le, quello che non ha avuto la possibilità di realizzarsi in pratica, quello che (anche per fortuna sua) non vinse, a partire da quello italiano, conosce anch'esso la sua "catastrofe" , si rovescia anch'es­ so nel suo contrario. Incredibile, davvero, la lucidità con cui nel 1 978 - quando il marxismo da noi sembrava la cultura egemone, pareva in ottima salute e magari destinato alla vittoria - Del No­ ce scriveva testualmente sin dalla copertina del suo Il suicidio della rivoluzione: « L'esito dell'eurocomunismo non può essere che quello di trasformare il comunismo in una componente della società bor­ ghese ormai completamente sconsacrata » . L a sua attenzione

In effetti, dieci anni dopo , proprio questo è avvenuto : i l Partito comunista intende cambiare nome e intanto ha già assunto l'ideo­ logia più borghese di tutte, quella del "liberalismo di sinistra" , che 666

è poi il radicalismo alla Marco Pannella, avviandosi a diventare un partito radicale di massa (se le masse riuscirà a conservare) . E , intanto, trova i suoi più potenti fautori i n quella borghesia della grande finanza internazionale, della quale qui da noi un Carlo De Benedetti è il prototipo esemplare. « Era prevedibilissimo », rispon­ deva Del Noce a chi gli chiedeva conto di queste sue virtù "profe­ tiche" . « Non occorreva davvero essere indovini: persa per strada l 'utopia rivoluzionaria, l'essenza di surrogato religioso, è restato al marxismo soltanto il suo aspetto fondamentale, di prodotto del­ l'illuminismo scientista, del razionalismo che esclude Dio per una scelta previa e obbligata. Anche il comunismo "all'europea" , dun­ que, si è rovesciato nel suo contrario: voleva affossare la borghe­ sia e ne è divenuto una delle componenti più salde ed essenziali . Anzi, si pone ora come obiettivo storico l ' imborghesire nel modo peggiore quelle masse che voleva liberare dalla cultura e dall 'op­ pressione borghesi . Non dice nulla che, in Italia, non solo finan­ zieri alla De Benedetti , ma anche giornalisti corifei del più brutale ed esplicito esprit bourgeois siano gli ispiratori della dirigenza del nuovo Pci? ». Esito finale, comunque, di tutte le ideologie moderne, comuni­ ste o liberali, era per lui (ed è difficile dargli torto, guardandosi oggettivamente attorno) il nichilismo , la caduta di tutti gli ideali e di tutti i valori . Un nichilismo cui si cerca di dare un volto accet­ tabile, magari nobile, chiamandolo "pensiero debole" . Forma volgare del nichilismo, vera e finale ideologia per il po­ polo : il consumismo. E cioè , spiegava, « l' alienazione massima, la trasformazione di tutto in merce con un prezzo, e il raggiungimen­ to della massima illibertà, crocifiggendo Puomo indifeso al desi­ derio, all'invidia, all'affanno di procurarsi sempre più beni » . E i cristiani , i cattolici? È qui che Del Noce scuoteva i l capo av­ vilito : dopo essersi tanto opposti alla modernità, in modo magari eccessivo e ossessivo, dopo averla addirittura demonizzata, molti uomini di Chiesa avevano finito per accettarla in modo acritico , entusiastico e, soprattutto, anacronistico. L' avevano "sposata" , cioè, negli Anni Sessanta del ventesimo secolo , quando chi voleva vedere (in effetti , Il problema dell'ateismo di Del Noce è del 1 964) si accorgeva che quella modernità era in decomposizione: e pro­ prio perché si era realizzata, giungendo quindi agli esiti catastrofi667

ci consueti . Legandosi a quella "catastrofe" , anche il pensiero e la prassi dei cattolici ne avrebbero seguito inevitabilmente il destino. Per Del Noce, il pensiero cattolico dell' Ottocento (che egli invi­ tava a riscoprire come ' 'profetico' ' , come quello che meglio aveva visto nel suo futuro, che è poi il nostro oggi) aveva avuto sempre ben chiaro che ogni rifiuto di Dio si trasforma prima o poi in un disastro per l ' uomo . Quei cattolici del secolo scorso si erano dun­ que opposti alle ideologie moderne per amore dell 'umanità, pre­ vedendo che proprio quella essenza atea o agnostica delle nuove ideologie le rendeva pericolose. Partendo dalla fede, nelle loro ana­ lisi si fidavano ancora della Scrittura: Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laborant qui aedificant eam. Vanum est vobis surgere ante lucem, sedere in multam noctem . . . Per quei pensatori cattolici ottocenteschi, lo schema interpreta­ tivo della storia era, come sempre sino ad allora, quello fede­ miscredenza. religione-irreligione, devozione-empietà, sacro­ profano . Coll' accettazione della modernità, si accettò anche il suo schema interpretativo , che è: progressista-conservatore, destra­ sinistra, reazione-rivoluzione. Così , a una interpretazione religio­ sa della storia, se ne è sostituita una politica . E alle categorie tradi­ zionali di vero-falso , di male-bene, si sono sostituite quelle di progressivo-reazionario. Proprio per questo molti cattolici hanno finito per aderire - seppure con ridicolo ritardo e zelo - a un marxismo ormai realizzato e dunque decomposto (ma per loro, con­ vertiti recenti , rappresentava il futuro, la novità . . ). E, dunque, an­ che per loro il " santo " è divenuto il "progressista" ; il "peccato­ re" è il "reazionario" . , Anche chi non ha fatto la "scelta socialista . ha però finito col recepire, senza neppure accorgersene, quelle categorie del "moder­ no' ' , che pur nulla più hanno di religioso. In questo modo, diceva Del Noce, il pensiero cattolico è diventato insignificante , ripetito­ re ingenuo e talora patetico , perché a rimorchio di categorie non sue e che tra l'altro hanno mostrato da tempo la loro miseria, la loro incapacità di dare conto dell'uomo e della storia. Proprio qui, a suo avviso, stava la radice principale della contestazione intraec­ clesiale. « Poiché », mi diceva, « si pensa che un certo concetto mo­ derno di " democrazia" sia di sinistra, progressista, la riforma del­ la Chiesa deve passare attraverso la sua democratizzazione radica.

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le. Non avendo più una prospettiva religiosa ma, spesso inconscia­ mente, soltanto politica, a certi clericali sembra intollerabile l'a­ spetto gerarchico , monarchico della Chiesa cattolica: un aspetto " reazionario" contro il quale bisogna dunque combattere ». di valori del "cattolico medio" , il vero av­ versario da battere, così, non è più l'irreligioso, il blasfemo, il senza­ Dio. Anzi, presentandosi spesso tutto questo come "di sinistra" , è visto come un cristianesimo anonimo, delle cui accuse fare teso­ ro. Avversario, in questa prospettiva neocattolica (« che nulla pe­ rò » , diceva Del Noce, « ha più a che fare con il cattolicesimo sino­ ra conosciuto »), avversario vero è "l'integrista" , cioè colui che vuo­ le servirsi della sua fede sino in fondo, trasformandola da vago sen­ timento in guida e prospettiva per la sua concreta attività . E per questo, ripeteva, c'è « tanto odio per i nuovi movimenti, visti co­ me integristi e dunque dannosi , nemici per eccellenza del neocri­ stianesimo ». Tragedia poi di tanti credenti sarebbe stata - sempre stando al­ la sua analisi - l'accettazione di un altro dei postulati fondamen­ tali delle ideologie moderne: la necessità di eliminare il « barbaro , oscuro tabù cristiano del peccato, a cominciare da quello origina­ le » . In effetti , se c'è un peccato , una colpa, una caduta all'inizio della storia, questa ha bisogno di una salvezza, di una redenzione: di un Salvatore, di un Redentore. Ma poiché si crede che l'uomo possa salvarsi da solo, grazie alla sua ragione, e possa realizzare con le sue forze il paradiso in terra, ecco che tra i primi passi da compiere è relegare nel mito l'idea del peccato. Da qui , diceva, « il fatto indubitabile che ogni modernismo teologico ha alla base l'e­ terna eresia pelagiana: l' attenuazione, la negazione più o meno dis­ simulata, se non l'esplicito rifiuto, della caduta di Adamo . Senza il quale , però, anche il Cristo diventa incomprensibile, superfluo . E allora si cerca di salvarlo trasformandolo in un proto-sindacalista, in un profeta della liberazione socio-politico-economica ». Nella nuova tavola

Del Noce si opponeva a quello che per lui era un inganno che discendeva dallo schema fondante della modernità, "progresso-reazione" : credere, cioè, che il fascismo, in quanto vi­ sto come massimo della " reazione" , fosse anche il massimo del negativo , il Satana, il "Male radicale" . Denunciava che questa deDa u n lato ,

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monizzazione era stata voluta dai comunisti (e accettata acritica­ mente dai cattolici , con quel loro "arco costituzionale' ' , dove c'e­ rano dentro tutti, tranne i missini) per far dimenticare i tanti Sta­ lin e Poi Pot , dicendo che i soli " cattivi" della storia erano Hitler, Mussolini e i generali sudamericani. Ma, dall 'altro lato, Del Noce avvertiva i cattolici che per caso ne fossero ancora tentati (così come molti di loro avevano effetti­ vamente fatto durante il Ventennio), di non cadere nell'illusione di pensare al fascismo come a un difensore della tradizione, dei valori perenni , dunque a un potenziale alleato dell' uomo religio­ so . « Checché ne dicano marxisti e /ibera/s di ogni risma che non vogliono riconoscere i parenti imbarazzanti » , non si stancava di ripetere, « fascismo e nazismo (pur assai diversi tra loro e non assi­ milabili affatto tout-court) non sono negazioni della modernità: ne sono figli legittimi . Si situano anch'essi tra le ideologie che han­ no decretato l' inesistenza o almeno l'irrilevanza di Dio , sono un momento come gli altri della secolarizzazione . Non sono, come han­ no cercato di farci credere i "progressisti" , degli errori contro la cultura moderna, sono degli errori dentro quella stessa cultura ». Questo , dunque, l' appello che Del Noce voleva lanciare ai fra­ telli nella fede, sorretto da uno spirito di apostolato ormai rarissi­ mo nei cosiddetti intellettuali , spesso anche in quelli "tonsurati " . Ammoniva di diffidare di « ogni presunta avanguardia cattolica che, in realtà, è sempre la retroguardia del progressismo di ogni manie­ ra » . Diceva, con Urs von Balthasar, che « la religione è finita se dell' uomo medio di oggi si fa la misura assoluta e unica di ciò che la Parola di Dio deve dire e non dire » . Si difendeva dall'accusa di respingere il neomodernismo teologico per paura del nuovo : « No, lo avverso come un pericolo gravissimo per la fede : non per­ ché nuovo, ma perché falso » . Ripeteva, soprattutto ( e qui scatenava l a reazione spesso scom­ posta e violenta di molti clericali), le parole con cui, nel 1 97 1 , ave­ va chiuso il suo intervento in Tramonto o eclissi dei valori tradi­ zionali?: « La prima condizione perché l' eclissi abbia termine e il cattolicesimo esca dalla sua crisi è che la Chiesa riprenda la sua funzione : che non è di adeguarsi al mondo, ma, al contrario, di contestarlo » . Contestato a sua volta per queste sue affermazioni , ci tornava

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sopra, ostinato: « 11 Cristo non ci ha detto di sposare il mondo , bensì di battezzarlo . La Chiesa ha il dovere di rispondere ai biso­ gni dell ' uomo moderno ma senza diventare modernista, senza ac­ cettarne gli schemi interpretati vi » . Ripeteva: « Il neo illuminismo borghese - del quale anche gli ex comunisti sono parte - ragiona in termini di "modernizzazione" e di "arretratezza" . Per esso, ciò che più è " arretrato" è la morale cattolica tradizionale, le sue pro­ spettive sulla vita, la sessualità, la famiglia. Il permissivismo , la rivoluzione sessuale, la tolleranza per la pornografia sono momenti essenziali per Jiberarsi della Chiesa e, dunque , per "modernizza­ re" la società . Ed è drammatico che anche tanti cattolici giudichi­ no . . arretratezza" la disperata difesa papale dei fondamenti etici del cristianesimo » . La fede crede che egli, ora, sia i n quella Luce che vaglia infalli­ bilmente gli uomini , i loro pensieri , i loro progetti , le loro verità e i loro errori. Egli, dunque, adesso "ci vede" , vede se e in che modo fosse egli stesso o fossero altri credenti (per quanto ne sap­ piano , in buona fede quanto lui) ad avere ragione . Noi, ancora pellegrini , abbiamo solo il dovere, per dirla con san Paolo , « di esaminare tutto e tenere ciò che è buono » . Con corag­ gio e coerenza, come la coscienza vorrà mostrarci . E come (che si concordi o no con lui) ha dato indubbia testimonianza il cristiano, il cattolico Augusto Del Noce .

67 1

Indice dei nomi di persona Abramo 19,54,85 , 1 1 6, 1 1 7,277,340, 3 5 5 ,61 1 -6 1 2,624,632 Adamo 1 33 ,234,57 1 ,669 Adenauer Konrad 309,324,473 Agar 632 Agata (sant') 503 Agnelli (famiglia) 435 Agnelli Giovanni 432 Agnese (sant') 503 Agnoli Francesco Mario 263 ,265 , 266 Agostino (sant') 20,35 ,307 ,376,6 1 5 , 618 Ahmad v . Maometto Akiba ben Joseph 407 Alberoni Francesco 489 Albertario Davide 374 Alberto da Giussano 520,521 Albino 407 Alessandro VI 73 ,379 ,45 8 Alessandro Magno 179 Alfonso Maria de' Liguori (sant') 1 46 Alighieri Dante 24,59,42 1 , 522 Allen Woody 428 Allende Salvador 456 Alonzo Justo Fermindez 5 1 1 Altissimo Renato 25 Ambrogio (sant ') 1 62 Amendola Giovanni 1 30 Amerio Romano 377,422,423 ,478, 609

Am leto 62 Anania 41 8,539, 540 Andrea Bobola (sant ' ) 555, 556 Andreotti Giulio 1 24,206,473 ,499, 515 Angela Merici (sant') 370 Angelico (fra Giovanni da Fiesole, detto Beato) 145 Anna Bolena 1 76 Anticristo 44,56, 1 88 ,444,445 ,504, 5 1 2, 5 1 7-5 1 9 Arafat Yasir 508 Arapasu Teoclista 447 Arata Giuseppe 1 20 Arguello Kiko 34 Aristotele 343 , 3 86 Arminio 1 76 Arpino Giovanni 5 1 Arrupe Pedro 1 47 Asburgo (casata) 2 1 8,3 1 9-32 1 Atanasio (sant ') 1 40 Attila 5 1 7 Augusto Caio Giulio Cesare Otta­ viano 1 76, 1 77 Azeglio, Massimo Taparelli d' 2 1 7 , 403 ,590 Badoglio Pietro 1 20 Bagatti Bellarmino 3 54,634-636 Bairati Piero 90 Bakunin Michail Aleksandrovil:: 470 Balthasar Hans Urs von 366,545 ,670

673

Barabba 337 Baretti Giuseppe 384 Bar Kokheba Simone 407,408 Baronia Cesare 392,393

Barrami Joel 233 Barth Karl 30, 1 1 9,286 ,424

Basilio 479 Bassville Hugon de 246 , 247 Battisti Cesare 1 30 Baudelaire Charles 65 Baudo Pippo 474 Bausola Adriano 3 1 Beccaria Cesare 4 1 3 Bellarmino Roberto (san) v. Roberto Bellarmino

Belo Fernando 472 Bené Georges 387, 393 Benedetto (san) 146, 1 69,307,350, 35 1 ,589 Benedetto XIV 84 Benedetto XV 559 Benedetto Giuseppe Labre (san) 146 Benevolo Leonardo 401 Benoist Jean-Marie 263 Benson Robert Hugh 5 1 7 Bergson Henri 359 Berlinguer Enrico 89, 100, 1 1 1 ,215 ,665 Bernadette Soub irous (santa) 93,97 , 1 03 , 1 29 Bernanos Georges 59 Bernardino da Feltre (san) 370 B ernard o (san) 278 Bernardone Pietro 1 65 Berthelsen Detlev 1 3 8 Bertoldo 1 1 2 , 1 1 3 ,462 Biffi Giacomo 346 Bismarck-Schonhausen Otto vo n 1 77 , 1 7 8 , 1 89,28 1 ,282,323 ,549 Bissolati Leonida 322 Bixio Nino 260,559 Blandina (s ant a) 503 Blitilde 39 Bloy Léon 59 Bobadilla Francisco de 647 Bobbio Norberto 402 Boboia Andrea (san) v. Andrea B ob ola

674

Bocca Giorgio 402,508-5 10 Bona part e Elisa 43 Bonaparte Napoleone v . Napoleone I Bonaparte Bonfiglioli Giuseppe 5 1 7

BonhOffer Dietrich 286 Bonifacio (san) 622 Borgés Pedro 656 Borghesi Massimo 498 Borgia Cesare 1 79 Borromini Francesco 1 45 Bosco Giovanni (san) v. Giovanni Bosco

Bossi Umberto 520-522 Bossuet Jacques-Bénigne 343

Bouhler Joseph 1 1 8 Bouyer Louis 545 , 546 Brandt Willy 1 1 8 Brecht Bertolt 385 Bresci Gaetano 273 Bremev Leonid Ili� 380,441 Brezzi Paolo 502-504 Brigida di Svezia (santa) 491 Bruno Giordano 7 3 Bucharin Nicolaj Ivanovi� 99, 1 01 Buddha 224 Bultmann Rudolf 636 Buonaiuti Ernesto 1 3 7 Buonarroti Michelangelo 1 45 ,250, 5 50 Burckhardt J acob 1 90 Burke Edmund 224 Bush George 1 85 Buzzati Dino 67 Cacciari Massimo 30,475 ,476 Cadorna Luigi 1 20 Cadorna Raffaele 245 ,246,3 1 1

Calcagno Tullio 238 Calvino Giovanni 56,73 , 1 68,257,

387,402,414,415 ,427 ,454 Cammilleri Rino 387 ,396 Campanella Tommaso 1 55 Capasso Celestino 655 Cardini Franco 75 , 1 64,43 1 ,522,660 Carducci Giosuè 65 , 1 94- 1 97,200, 2 1 2,520,52 1 ,590, 591

Carlo V 65 1 Carlo Alberto 249,324 Carlo Magno 1 72 , 1 90,561 Carlo Martello 623 Carnot Lazare Nicolas 268 Carranza Venustiano 660 Carrier Jean Baptiste 3 8 1 Carter Jimmy 1 84, 1 85 Cartesio (René Descartes) 664 Casaroli Agostino 279 Casaus Bartolomé v. Las Casas Bartolomé Casaus Francisco 648,649 Casimiro (san) 441 Castellani Leandro 491 Castro Fide! 277 ,43 8 ,445 ,588 Caterina da Bologna (santa) 370 Caterina da Siena (santa) 1 29 Caterina de' Fieschi (santa) 370 Caterina Labouré (santa) 1 29 Cavour Camillo Benso di 106 , 1 30, 1 79 , 204 , 244 , 245 , 402,404 , 5 90, 596-598 Ceausescu Nicolae 444 ,445,447,448, 5 1 2,661 Cecilia (santa) 503 Celestino II 557 Celestino V 205 Celso 52-54 Ceronetti Guido 102- 1 04 Cervi Gino 482 Cesare Gaio Giulio 290,343 ,579 Chamberlain Arthur Neville 287 Chaplin Charlie 291 Charbonnier Maurice 269 Charette de la Contrie, François Athanase 266 Chaunu Pierre 638,654,657 Chesterton Gilbert Keith 59, 1 5 3 Churchill Winston 282,287 Cirillo di Tessalonica (san) 235 Cisneros, Jiménez de 65 l Claudel Paul 66,274 Claudio Tiberio Druso Nerone Ger­ manico 408 Clausewitz Karl von 222 Claver Pietro (san) v. Pietro Claver

Clay Cassius 83

Clemenceau Georges 1 20,224, 320, 33 1 Codecà Eleuterio 435 Cohen-Solal Annie 501 Colombo Cristoforo 232,342,386, 45 8 ,575,647 ,649 Colombo Furio 303 Confucio 224 Cook James 232 Copernico Niccolò 385,390,392-395 Cortés Hernan 73 ,656 Cossiga Francesco 480, 523 Costantino I il Grande 5 8 , 1 86,21 1 , 22 1 , 2 3 8 ,253 , 3 1 8 , 3 26 , 3 5 3 ,408 , 635,646 Costanzo Maurizio 45 Coubertin Pierre de 70, 1 62,298 Couliano Joan 453 Craxi Bettino 25 ,232,258,279,52 1 , 550 Crispi Francesco 68 Croce Benedetto 56 , 1 1 0,217-2 1 9 , 236,270,366,499 Cromwell Oliver 56,73 Cullmann Oskar 540 Curvers Alexis 41 1 Custer George 637 Daniele (san) 1 66 Daniel Rops Henri 59, 1 1 8,257 Daubler Theodor 5 1 8 Davide 60,98,354,523 ,595 , 6 1 3 ,624 De Amicis Edmondo 9 1 , 104- 1 07 De Benedetti Carlo 667 De Bry Theodor 658 De Castro Mayer Antonio 140 De Concini Ennio 492 Decourtray Albert 456,457 De Felice Renzo 80, 8 1 , 1 88,357, 526 De Feo Italo 270 De Gasperi Alcide 1 1 1 , 1 1 3 , 1 30,309, 405 ,472,473 ,499 ,526 De Gaulle Charles 293 ,299,564 Del Colle Beppe 1 1 4, 1 1 5 Della Seta U go 480 Del Noce Augusto 66 1 -67 1

675

Delumeau Jean 80 De Madariaga Salvador 5 1 3 De Mita Ciriaco 25 , 1 20 Deng Xiaobing 339 De Noni Carla 536,537 Depretis Agostino 259 De Sanctis Francesco 2 1 7 , 2 1 8 ,404

Dessauer Paul 387 Diaz Armando 1 20 Di Nola Al fonso 234 Dioniso 2 1 3 Disraeli Benjamin 482 Di Vita Giulio 260,261 Domenico di Guzmfm (san)

280,582

Donato 6 1 9 1 37 Dos Santos Lucia 527 Doubleday John 563 Duccio di Boninsegna 45 ,46 Dumézil Georges 39-41 D umon t Jean 640 ,647 ,65 1 ,655 D ussault René 3 1 1 Duvivier Julien 482

Donini Ambrogio

Eco Umberto 173-175,303 , 3 84 Ecolampadio (Johann Hausschein)

257 518,519 Einaudi Giulio 39,21 7 ,235 ,236 Einaudi Luigi 56 Eliade Mircea 5 94 Eliot Thomas Stearns 5 1 Elisabetta I 72 Engels Friedrich 5 7 , 1 00, 1 52, 1 82, 224,244,327 ,373 , 374,440 Enrico VIII 72 , 1 76,263 ,402 ,657 Erasmo da Rotterdam 255 Erode (il Grande) 87, 1 16,238 Erode Agrippa 407 Escriva de Balag ue r Josemaria 280 Esposito Rosario 480,48 1 Eszer Arnbrosius 76,77 Euclide 391 Eu ri pide 45 Evola Julius 1 75

Efrem

Faà di Bruno Francesco (beato)

676

253

Fahd ibn Abd al-Aziz l 09 Favez Jean-Claude 1 63 Federico l Barbarossa 521 ,522 Federico II di Hohenzollern 234, 585 Fej to F ranç ois 500 Ferdinando dÌ Aragona 575,647 Fernandel (Femand Contandin) 482 Fersen Hans Axel de 39 Fest Joachim 1 8 8,283 ,289 Festa Porcia 407 Feuerbach Ludwig 470 Fichtl Paula 1 38 Filippo apostolo (san) 340 Filippo di ldumea 23 8 Filippo II di Spagna 459 Fini Massimo 297 Flesseles Jacques de 3 1 2 Flusser David 1 1 0,354 Foch Ferdinand 1 20 Fo Dario 1 22, 1 24 Folena Gianfranco 589 Follo ni Guido 17 Fonda Jane 652,653 Forte Francesco 25 1 ,252 Foscolo Ugo 433 Foucauld Charles de 1 1 0, 1 42 Foucault Léon 3 84 Fouché Joseph 566 Francesco da Paola (san) 370 Francesco d' Assisi (san) 1 1 0, 1 24, 1 42 , 1 46 , 1 64 - 1 67 , 4 3 1 ,432 ,496 , 497 ,582,634 Francesco di Sales (san) 454 Francesco G iuseppe I d Asbu rgo 1 72, 1 77 ,3 1 9,321 Franco Bahamonde Francisco 293 , 430,5 1 2 Franklin Benjamin 3 3 2 Frassati Alfredo 23 5 Frassati Pier Giorgio (beato) 235,236 Freda Franco 5 3 ,54 Freud Anna 1 3 8 , 1 39 Freud Sigmund 3 8,89, 1 38- 140,302, 320,428 ,429 Frossard André 59,465 Furet François 465 '

Gabrieli Francesco 625 ,632 Galbraith J oh n Kenneth 1 84 Galilei Galileo 73,383-397,41 1 Galilei Li via 387,397 Galilei Virginia 387,397 Gallimard Gaston 39 Gama Vasco da 232 Garibaldi Giuseppe 1 06, 1 30, 1 79,

1 96 , 23 3 , 245 , 246,25 8-26 1 ,403405 ,549,559,590,659 Garibaldi Menotti 259 Garibaldi Ricciotti 259 Gastaldi Lorenzo 492 Gaxotte Pierre 267-269,2,17 ,279, 3 1 3 Gedda Luigi l 1 3 Gelli Licio 482 Gemelli Agostino 24 1 , 395 Gennaro (san) 125 Genoveffa (santa) 503 Geremia 35 Germanico Giulio Cesare 176 Gesù Cristo 1 9,26,28 ,30,36,41 ,44, 45 , 5 1 -5 3 , 67 , 6 8 , 70 , 7 5 , 76, 78-80, 82,85-88,96,97 , 99, 1 02, 1 05- 1 07 ' 1 09- 1 1 1 , 1 2 1 ' 1 29 , 1 3 1 , 1 3 3 - 1 3 5 , 1 3 7 ' 1 40 , 1 42 , 1 44, 1 46- 1 48 , 1 5 6 , 1 6 1 ' 1 66 , 1 67 ' 1 69, 1 70 , 1 7 5 , 1 7 81 80, 1 8 6 , 1 9 1 , 2 1 1 -2 1 3 , 2 1 5 , 222 , 230,2 5 3 , 255 , 2 5 7 , 262 , 264-266, 277 ,284,285 , 2 8 8 , 29 1 , 299 , 3 1 6 , 329-3 3 1 , 3 3 7 , 340 , 3 4 1 , 344 , 345 ' 3 5 3 , 3 5 4 , 3 63 - 3 66 , 3 7 5 - 3 7 9 , 3 8 6 , 406-408 ,4 1 5 ,4 1 7 , 4 1 9 , 423 ,432, 442-446 ,450,466 , 487 ,490 , 493 ' 496 ,502,503 , 5 1 3 , 5 1 7 , 5 1 8 , 527 , 5 3 9-543 , 5 5 5 , 5 64 , 57 1 , 5 7 5 , 5 8 2 , 5 8 3 , 5 99 , 606 , 609 , 6 1 1 -6 1 7 , 6 1 9 , 621 -622 , 624-63 6 , 645 , 6 5 8 , 663 ' 669,67 1 Gheddo Piero 578 Giacomo il Maggiore (san) 407 Giacomo il Minore (san) 407 Gilson Étienne 330,333 Giobbe 1 2 Giolitti Giovanni 1 86,253,433 Giosuè 393 Giotto 145,256

Giovanni XXIII 42,50,95,333 ,334,

467 ,483 ,527,559 Giovanni Battista (san) 87 Giovanni Bosco (san) 34,66,75 ,88-

90, 92, 1 02, 1 06, 1 07 , 253 ,272 ,27 3 , 3 7 4,402,49 1 -493 ,536, 596-598 Giovanni da Firenze (fra) 1 65 Giovanni evangelista (san) 1 9 1 , 264, 3 3 9 , 3 40 , 407 ,466,490 , 5 1 7 , 542, 569,628,633 Giovanni Nepomuceno (san) 55 1 , 552 Giovanni Paolo II 74, 1 83 ,209,240, 243 , 3 3 4 , 3 3 5 , 3 5 9 , 3 80 3 8 2 , 3 86, 466-46 8 ,47 9,496 , 5 08 , 5 1 2 , 5 2 8 , 557,559,599,661 Giove 2 1 1 ,2 1 3 Giovetti Paola 363 Gi rolamo (san) 221 Giuda Iscariota 543 t

Giuliano Claudio Flavio detto l ' Apostata 54, 1 87 Giuliotti Domenico 59,40 1 Giunone 2 1 1 Giuseppe (san) 542,635 Giuseppe d ' Arimatea 542 ,543 Giuseppe Cafasso (san) 4 1 5 Giuseppe Flavio 407 Gi useppe Moscati (san) 64 Giustino {san) 408 Glemp Jozef 355,356,359,382,3 83 Gobetti Piero 30,56 , 1 30,204,234,

236,402 Goebbels Joseph 125 , 283,523 Golia 98 Golner David 528 Gorbaciov Michail 35 ,79, 1 0 1 , 1 14,

1 22, 1 54 , 2 1 5 ,277 , 4 1 4 ,426 ,434436,439-441 ,455 Goretti Maria (santa) v. Maria Go­ retti (santa) Gracian Baltasar 535 Gramsci Antonio 30,89,99 , 1 30,204,

224,234,236,403 ,434 Grégoire Henri-Baptiste 237,239,

323 ,330 Gregorio IX 45 1

677

Gregorio XIV 558 Gregorio di Tours (san) 503 ,504 Grimaldi Siro 497 Griinewald (Mathis Neithardt Gothardt) 144 Guareschi Giovanni 483 ,484 Guénon René 17 5 Guerri Giordano Bruno 240-244, 247 Guglielmo II di Germania 1 72 Guicciardini Francesco 301 ,402 , 559,56 1 ,588 Guillotin Joseph lgnace 4 1 3 Guitton Jean 50, 104,29 1 ,304, 599 Guizot François 45 1 Gullit Ruud 564 Gutiérrez Anastasio 644 Hailé Selassié 564 Harding Warren 208 Haring Bernhard 449, 599 Harrison William 208 Hegel Georg Wilhelm 8 1 ,405,406, 424 Heidegger Martin 76,228 Heine Heinrich 49 Hello Ernest 67 Hess Rudolf 42 Himmler Heinrich 1 64,361 ,626 Hindenburg Paul von 283 Hitler Adol f 32,42,44,47 , 5 1 , 54, 8 1 , 82, 101 , 109, 1 1 8 , 1 1 9, 1 39, 1 64, 172, 1 79 , 1 8 8 - 1 93 , 2 1 0 , 2 8 1 -292, 294, 3 1 4 , 3 1 8 , 3 24, 348-3 50, 3 5 3 , 3 57 ' 3 6 1 , 365 ,406 , 4 1 0 ,462 ,465 , 5 1 2, 5 1 3 ,517,524,525 ,559,585 ,626,670 Hitler Alois 1 1 9 Hobbes Thomas 1 56, 1 80,5 1 8 Ho Chi Minh (Nguyen Tat Tan) 588 Holinsed Raphael 72 Honecker Erich 445 Hossenfelder Franz 284 Huizinga Johan 225 Hume David 1 80, 1 8 1 Hussein Saddam 602 Huyghe René 488

678

lannuso (famiglia) 5 1 6 Ignazio d i LoyoJa (sant') 5 8 1 -584 IJluminato (fra) 1 66 Innocenzo III 414 Ionesco Eugène 444 ,445 Isabella di Castiglia 575 ,644-648, 650 Isaia 86,87 , 1 1 6, 1 2 1 ,446 lserloh Erwin 255

J acomet Pierre 98 Jaruzelskij Wojciech 382,456 Jedin Hubert 32 Joergensen Johannes 496 Johnson Paul 500, 5 1 2 Josserand (editore) 5 54 Journet Charles 479 Juan Carlos di Borbone 5 1 2 Juan Macias (san) 537,538 Kafka Franz 320 Kant Immanuel 233 Kanzler Hermann 3 1 1 Keith Thomas 256 Kennedy John Fitzgerald 208 ,306, 564 Keplero Giovanni 390,391 Kesserling Albert 350,351 Kierkegaard Soren 48 Klein Lawrence 1 84 Knowels David 623 Kohl Helmut 472,473 Kolbe Massimiliano (san) v. Massi­ miliano Kolbe Kruscev Nikita Sergeevif 78, 100, 1 1 2 ,436,440 Kun Béla 275 Kiing Hans 374,467 Labouré Caterina (santa) v. Cate­ rina Labouré Labre Benedetto Giuseppe v. Benedetto Giuseppe Labre Labroue Henri 233 La Malfa Giorgio 8 1 ,82,232 Lanza del Vasto (Joseph Jean Lanza di Trabia-Branciforte) 29 Lanza Ferdinando 260

Lanza Giovanni 245 La Patisse Jacques II de Chabannes, signore di 224 Lapide Pinchas 1 27 Laplace Pierre Sirnon de 339 Las Casas, Bartolomé de 643 ,64865 1 ,654-658 Launay Bernard Jordan de 3 1 2 Laurentin René 95 ,383 Lavai Pierre 1 1 9,309 La Valle Raniero 475 ,476 Lazzari Maria 536 Lefebvre Marcel 1 34, 1 3 5 , 1 3 7, 1 40, 141 Lemoyne Giovanni Battista 1 03 , 596,598 Lenin Nicolaj (Vladimir Ili� Ulja­ nov) 44 , 8 1 , 82, 1 82,224,225 ,268 , 290 , 2 9 1 , 294, 3 5 8 , 3 7 3 , 3 80 , 43944 1 ,445 , 462 , 463 ,465 , 466 , 5 1 7 ' 576,584,588 Leonardo da Vinci 604 Leone XIII 374,559,607 Le Pen Jean-Marie 1 3 2 Le Roux Benoit 65 Lincoln Abraham 208 Loisy Alfred 1 37 Lombardi Riccardo 226 Lombroso Cesare 1 07 Long o Luigi 1 1 1 ,434 Lortz Joseph 287 ,387 Loyola Ignazio di (santo) v . Igna­ zio di Loyola Loyson Charles 1 36 Luca evangelista (san) 87 ,343 , 4 1 8 , 542, 568,628 ,562 Ludovisi Ludovico 242 Luigi X V 3 1 3 Luigi XVI 39,237 , 3 1 3 , 4 1 3 Luigi Maria Grignion d e Montfort (san) 209 Lustiger Jean-Marie 74,3 5 5 ,457 Lutero Martin 5 5 , 56, 1 68 , 176 , 1 77 , 25 4 , 2 5 7 , 2 8 1 , 2 8 3 -285 , 3 1 9 , 349 , 3 5 4 , 3 6 9 , 3 7 0 , 3 90 , 3 9 1 ,402 , 43 8 , 449, 589

Machiavelli Niccolò 1 43 , 1 46, 1 56, 1 79 ' 1 8 1 , 294,295 , 3 0 1 , 402 , 5 1 8 , 559-562 , 5 84,588, 605 ,606 Maciachini Carlo 67 Macias Juan (san) v. Juan Macias Mack Smith Denis 592 MacLuhan Herbert Marshall 1 1 1 Macrobio Ambrosio Teodosio 86 Magellano Ferdinando 232 Maistre, Joseph de 59, 1 4 1 ,4 1 5 , 468 , 555 M alachia (san) 556,557 Malik al-Kamil 1 66 Maltby William S. 64 8 , 650, 655 , 656 Mann Thomas 236 Manzoni Alessandro 55 ,59,68, 1 43 , 21 7-220,424,467 , 5 8 3 , 5 9 1 Maometto 8 3 , 8 5 , 108, 1 1 7 , 1 67 , 603 , 6 1 1 -6 1 4, 6 1 7 ,621 ,624-63 3 ,645 Mao Tse-tung 8 1 , 1 97 , 5 8 8 Maramaldo Fabrizio 1 62 Marco evangelista (san) 1 35 , 2 1 5 , 542, 6 1 4 Marco Aurelio 1 86-1 8 8 ,221 Margherita Maria Alacoque (santa) 1 29 Maria (di Nazareth) 46,77 , 93 ,96, l 02- 1 04 , 2 5 5 , 262 , 266 , 27 3 , 2 7 6 , 3 80 , 490 , 5 0 3 , 5 1 4- 5 1 6 , 5 2 7 , 5 2 8 , 542,556,61 6,632,633 ,635 ,636 Maria Antonietta d' Asburgo-Lorena 39 Maria Goretti (santa) 240 Maritain J acques 7 1 , 5 1 7 Marnham Patrick 98 Marte 2 1 1 , 2 1 3 Martini Carlo Maria 6 1 1 Martini Ferdinando 5 90,591 Marty François 95 Marx Karl 38,44,57 ,89,90, 1 22, 1 52 , 1 8 2 , 1 8 6 , 2 1 5 , 224 , 2 2 5 , 2 3 0 , 2 3 2 , 23 3 , 244 , 2 7 0 , 27 1 , 2 9 1 , 3 2 6 , 3 27 ' 3 7 2 , 3 74 , 40 6 , 4 2 8 , 42 9 ,43 8 , 440, 445 , 46 2 , 4 6 9 , 4 70 , 5 3 5 , 5 40 , 5 4 6 , 568 , 569,576,588 ,665 Massimiliano Kolbe (san) 54,565

679

Matteo evangelista (san) 1 9 1 ,450, 539, 542,568 , 627 ,628 Matteotti Giacomo 1 30 Matteucci Nicola 226 Mauriac François 59 Mazzini Giuseppe 1 06, 1 30,3 30,462 McKinley William 208 Medici (casata) 3 8 5

Melantone Filippo (Schwarzerd Philipp) 390 Melzi Lodovico 2 1 9 Menéndez Pidal Ram6n 648 Meotto Francesco 492 Mercurio 21 1 ,2 1 3 Metodio (san) 235 Mettemich-Winneburg Klemens 1 30 Mezzadri Luigi 239 Michelet Jules 280 Miglio Gianfranco 1 1 1 , 1 79- 1 8 1 ,202, 203 ,205 ,292

Mindszenty Josef 1 25 Minerva 2 1 1 ,2 1 3 Minghetti Marco 325 Miriam 63 3 Mitterrand François 237,3 1 0 Mommsen Theodor 250 Mondrone Domenico 600,60 1 Montane Ili I ndro 1 53 ,567 Montecuccoli Raimondo 433 Montesinos Antonio de 658 Montfort Luigi Maria Grignion de (san) v. Luigi Maria Grignion de Montfort Mora via Alberto 2 1 7 ,2 1 8 , 5 86-588 Moreno Garcia 604 Moro Aldo 1 30 Moro Tommaso (san) v . Tommaso Moro Morris Desmond 297 Moscati Giuseppe (san) v. Giusep­ pe Moscati Mosè 54,85,328 ,420 , 5 5 5 , 6 1 2 ,6 1 3 , 626,63 1 ,633

Moulin Léo 23,25 , 1 67 , 1 68 , 548 ,576578

Muggeridge Malcolm 52, 5 9 Muhammad Ali v. Cassius Clay

680

Muratori Ludovico Antonio 561 , 562

Mussolini Benito 3 1 ,56, 8 1 ,82,99, 1 1 3 , 1 1 9 , 1 3 9 , 1 64 , 1 8 8- 1 90 , 1 93 , 208 , 2 1 0 , 2 3 7 , 2 5 0 , 2 8 2 , 290, 294, 3 5 0 , 4 06 , 43 0 ,444 , 5 1 2 , 5 2 4 , 5 26, 559,670 Mutawakil El 626

Napoleone I Bonaparte 42,43 , 5 8 , 84, 1 4 1 , 1 79, 1 96,210,227 ,240,247 , 262 ,264 , 26 5 ,282 , 290,294 , 3 1 3 , 3 3 9 , 4 3 2 ,465 , 5 l 7 , 5 5 8 , 5 9 3 , 5 97 ' 608 ,658,661 Napoleone I I I 245 ,325

Narbonne-Lara, Louis Marie Jacques Amalric conte di 40 Natta Alessandro 25 Neckebrouck Valère 1 60, 1 6 1 Nenni Pietro 1 1 2, 1 1 3 , 1 24,47 5 , 5 1 5 Nerone Lucio Domizio 407,5 1 7 Nestorio 230 Neumann Teresa 363-365 Nicodemo 542 ,543 Nicolazzi Franco 25 Nicolini Fausto 2 1 9 ,220 Niemoller Martin 283 Nietzsche Friedrich 3 8 , 5 2, 8 8 , 89, 289,369

Nievo lppolito 26 1 Nigra Costantino 590 Nistri Enrico 227 Nobel Alfred Bernhard 1 83 - 1 8 5 Noè 377 ,41 8 ,420 Nostradamus (Michel-de-Nostre­ Dame) 3 8-4 1 Oberdan Guglielmo 1 3 0 Occhetto Achille 2 1 4,232 ,434,45 5 , 475 , 5 1 5 , 593 -595

Oddone di Cluny (santo) 278 Odilone (santo) 278 Odoacre 409 Olga (santa) 1 1 4 Olmi Massimo 63 Ornar I 8 5 , 6 1 4 Origene 52

Orsini Giovan Paolo 605 Ortega Daniel 46 1 ,473 Ovazza Ettore 524-526 Pagliari Giacomo 3 1 1 Pajetta Giancarlo 434 ,569, 570 Pan 2 1 3 Pandora 1 5 1 Pannella Giacinto Marco 25 , 1 84, 667

Paolo II 3 90 Paolo IV 84 Paolo VI 50,74,206,354,392,466, 495 , 496 , 5 1 7 , 5 3 7 , 5 3 8 , 5 5 6 , 60 8 , 609 ,644 Paolo di Tarso (san) 29,44,52, 1 1 8 , 1 62 , 1 69, 205 , 207 , 3 1 6 , 3 2 9 , 3 3 1 , 3 3 9- 3 4 1 , 3 44 , 3 5 9 , 3 60 , 3 6 6 , 40 7 . 4 1 8-420 ,428 , 5 1 7 , 54 1 , 5 5 7 , 5 8 9 , 6 1 3 ,62 1 ,628 ,629,67 1 Papini Giovanni 1 7 ,59,66,85 ,86, 1 77 Papp Johan 447 Pasca! Blaise 2 1 ,59,90, 1 7 8 , 335 ,343 , 378 ,424,532,57 1 ,5 82 Pasternak Boris Leonidovic 426 Pasteur Louis 643 Pastor, Ludwig von 379 Pecci (famiglia) 559 Péguy Charles 59,276 Pelagio 1 33 , 1 80 Pellegrino Michele 598 Pellico Silvio 5 9 1 Peradotto Franco 1 24- 1 26 Perazzo Paolo Pio 598,600 , 60 1 Perena Luciano 655 Pernoud Régine 487 ,489,490,504, 505 , 507 Pertini Sandro 1 1 2,206,475 , 5 1 2 Pétain Henri-Philippe 233 ,309,430 Petrosillo Orazio 644 Piccinino Niccolò 605 Pietro apostolo (san) 1 1 5 , 1 43 , 1 46, 206,33 7 , 4 1 8,493 ,494,539,628 Pietro Claver (san) 84 Pietro di Cattaneo 1 65 Pilato Ponzio 87 , 2 1 2,238, 3 3 7 , 4 1 8 Pinochet Augusto Ugarte 456,473

Pio V (san) 84,376 Pio V I 42, 262,558 Pio VII 42 ,43 , 1 4 1 , 5 5 8 Pio I X 52,64 , 1 5 3 , 1 95 , 246,247, 3 1 1 , 324,392,403 ,492 , 5 3 3 , 5 5 8

Pio X {san) 65 ,329 Pio XI 88,287 ,346,364,392,443 ,559, 665

Pio XII 82,99, 1 1 4, 1 27 , 1 64.247 ,333, 392,508

Pio da Pietrelcina 5 1 Piper Franciszek 565 ,566 Pirro 6 1 6 Pizarro Francisco 73 ,656 Platone 466 Podrecca Guido 24 1 Paletti Ugo 241 Poliakov Léon 233 , 361 Poi Pot 8 1 ,5 88,670 Pomba Luigi 589 Poppea Sabina 407 Popper Karl 320,394 ,428 Porfirio 54 Poulat Émile 392 Poupard Paul 395 Priapo 2 1 3 Princip Gavrilo 322 Procuste 202 Prometeo 535 Proudhon Pierre-Joseph 232 Proust Marcel 236 Quinzio Sergio 89 Rahner Karl 30,76,95 ,96 Rattazzi Urbano 272 ,404,596 Ratzinger Joseph 1 0 1 , 1 46, 202,21 3 , 27 6 , 2 8 5 , 2 8 6 , 340, 3 4 1 , 3 43 , 3 9 6 , 47 8,533 Rauschning Herrnann 1 92 Ravasi Gianfranco 354 Reagan Ronald 79, 1 84, 1 85 ,207 ,208 , 440 Renan Ernest 5 1 ,52, 143 , 1 44 , 1 46 Revel Jean-François 83, 460, 462 , 572 Rinaldi Filippo (beato) 536,537

68 1

Robeno Bellarmino (san) 392 , 3 94, 395 Robeno di Arbrissel (beato) 489-491 Robespierre, M axi mili en de 39,267, 270, 3 1 4,573 Rodano Franco 665 Roe Thomas 576 Romolo Augustolo 4 1 0 Roncalli Angelo v. Giovanni XXIII Roosevelt Franklin Delano 1 1 9,208 Rosmini Antonio 1 80 Rosselli Carlo 1 30 Rosselli Nello 1 30 Rossi Leandro 4 1 6 Roth Joseph 320 Roussat Richard 40 Rousseau Jean-Jacques 1 3 3 , 1 56, 1 80, 1 8 1 ,269 , 3 32,46 1 ,462 Rudder von Peter 97 Ru ffini Ernesto 1 28 Ruffo Fabrizio 204 Runcie Roben 27 1 , 272 Saffira 4 1 8 , 5 3 9 Salandra Antonio 322 Salazar Antonio de Oliveira 430 Salimbene de Adam (o da Parma) 1 65 Salomone 60 Salvador Gregorio 459, 460 Sartori Giovanni 404 Sanre Jean-Paul 500,501 Satana 7 1 ,82 , 1 94, 1 95 , 1 97 , 257 ,3 14, 330,539,640 Sauro Nazario 1 30 Savoia (casata) 249 ,258 ,272,321 , 324,549 , 5 5 8 , 597 Savonarola Girolamo 427 Scalfari Eugenio 203 ,236,402 Schmitt Cari 298 , 5 1 7-5 1 9, 526 Schuman Robert 309 Schuster Ildefonso Maria 3 1 Schwarzenberg Claudio 48 1 Schweitzer Alben 1 05 Scolastica (santa) 350,35 1 Secchi Angelo 389 Segre Vittorio 501

682

Sella Quintino 249 ,250 Shakespeare William 62 Sienkiewicz Henryk 59 Silla Lucio Cornelio 206 Simon M ago 1 74 Sisto V 432 Smith Adam 532 Socci Antonio 402 ,403 SolZenicyn Aleksandr 329, 330,426, 439-44 1 Soubirous Bernadette (santa) v . Bernadette Soubirous (santa) Spadolini Giovanni 25,607 Spini Giorgio 352 Spriano Paolo 81 Stalin, Iosif Visarionovi� DZ:uga!vili 42,44, 8 1 ,82, 100, 1 1 2- 1 1 4, 1 1 9 , 1 79 , 224 , 225 , 2 3 2 , 268 , 27 5 , 2 82 , 3 1 4 , 3 5 8 , 3 80,440 , 44 1 , 448 , 463 ,469, 474,47 5 ,500,5 1 2 , 5 1 7 ,559,670 Stefano (santo) 407 Stein Edith (beata) 76-78 ,644 Steinsaltz Adin 1 1 6 Stephenson George 1 95 Stepinac Alojzije 1 25 Stoppani Antonio 5 9 1 Storoni Lidia 2 2 1 Sturzo L ui gi 405 ,526 Subilia Vittorio 73 Sun Moon 548 Svetonio Tranquillo Gaio 408 Tangheroni Marco 1 23 , 1 24 Tenenbaum Gershom 528 Teodosio I il Grande 1 86 Teresa d 'Avila (santa) 1 29,353 Teresa del Bambin Gesù (santa) 364 Terray Joseph Marie 3 1 3 Tenu lliano Quinto Settimio Florenzio 6 1 0 Thibon Gustave 3 5 , 36 Thomas Hugh 5 1 3 Tiberio Claudio Nerone 87, 1 76, 238 Tito Livio 8 5 , 560 Tocqueville, Alexis de 35 , 264,37 1 , 372,544, 545 ,586,587, 589

Togliatti Palmiro 89,99, 1 0 1 , 1 1 1 1 1 4 , 1 24 , 1 3 0 , 2 1 4 , 2 1 5 , 434-43 6 , 474,47 5 , 5 1 5 Tokés Laszlo 447 ,448 Tolomeo Claudio 393 Tommaseo Niccolò 59,5 89-5 9 1 Tommaso apostolo (san) 230, 34 1 Tommaso da Celano 1 65 Tommaso d ' Aquino (san) 1 29,326, 4 1 7 , 423 Tommaso Moro (san) 1 46 , 5 80 Toro Seduto 637 Torquemada, Tomas de 73 ,646 Toynbee Arnold 45 8 Trotzkij Lev Davidovi� 3 5 8 Tupini Umberto 48 1 Turati Filippo 89

Umberto I di Savoia 273 Umberto II di Savoia 272, 273 Umberto B ianc aman o 272 Unamuno, M igue l de 59 U rbano V I l i 84 Vallat Xavier 233 Vallet Auguste 97 Valletta V i ttorio 43 5 ,436 Van Gogh Vincent 486 Vanni Ro v ighi Sofia 387,396,397 Varo Publio Q ui nt i lio 1 76, 1 77 V attimo Gianni 302-305 .307 , 308 Venere 2 1 1 ,2 1 3 Verrecchia Anacleto 1 3 8 , 1 39 Vespucci Amerigo 232 Veuillot Louis 59, 65-67 Vico Giambatt ista 1 90 Vi glietti Carlo Maria I 06 Virgilio Pu blio Marone R5

V isconti (casata) 486 Visco nti Filippo Maria 604 Vi sc o nti Giambattista 2 1 9 Visentini Bruno 226 Vittoria (regina) 427 Vittorio E manue le Il di Savoia 1 06, 1 30,250,273 ,324,59 1 , 596 Vittorio Emanuele III di Savoia 273 V lad i miro il Santo 1 1 4 Voltaire (François-Marie Arouet) 5 l , 5 2 ,232-234 , 3 3 2 , 3 54 , 3 8 6 , 5 7 3 , 585,630 Wald heim Kurt 3 2 , 507-5 1 0 Walesa Lech 356,38 1 , 3 82 Washington George 3 3 2 Weber M ax 408 Weil Simone 305 Weizmann Chaim 3 5 7 , 3 5 8 Wellington , Art h ur Wcl lesley duca di 1 72 Werfel Franz 59 Wetter F ri ed r i c h 1 27 W ieneke-Soldin J oseph 285 Wiesenthal Simon 1 89 . 509 , 5 1 0 Wilde Oscar 1 67 , 1 68 , 5 5 1

W ion Arnold 5 5 7 Zaccheo 539, 540 Zanardelli Gi useppe 2 50 Z en o n e 409 Zeri Feder ico 37 Zetkin Clara 1 08 Zevi Bruno 3 8 Z immermann Moshe 8 1 Z ingare l li Nicola 237 Zo l a É mile 97 Zwingli Ulrico 56,254, 256,257 ,402

683

Indice dei nomi di luogo Abruzzo 520

Antiochia 146

Addis Abeba 1 30

Aosta (valle d') 563 Arabia Saudita 1 09 ,574,603 ,63 1

Adige 177 Adriatico 3 2 1 Adua 3 0 1 Africa 85 ,90 , 1 09, 1 5 8 , 1 59 , 1 60, 1 6 1 , 23 1 ,233,234,341 ,344,349, 3 8 1 ,564, 575-578,61 1 ,6 1 4-623 ,626,628,649 Alaska 358 ,574 Albania 277 ,349 Alessandria 404 Alessandria d'Egitto 6 1 4 ,6 1 5 Algeria 294,577 , 6 1 7 Alpi 1 68 , 1 77 , 272, 3 2 1 ,325 , 370,562 Alto Adige 563 Amazzonia 643 America (centro) 1 78 , 3 8 1 , 391 ,46 1 , 473 America (nord) 28,50, 144, 1 68 , 1 84, 23 1 ,373 ,463 ,476,495 ,564,623 America (s u d) 90, 1 7 8 ,43 8 ,460,47 3 , 505 ,571 Americhe 8 3 , 84,229,234,245 ,260, 274 , 3 4 2 , 4 1 1 , 44 1 , 45 7 -4 5 9 , 63 7 643 ,648,65 1 ,652,654,657,659,660 Amsterdam 375 Anatolia 6 1 3 ,623 Andalusia 630 Ande 3 1 6,459,653 Anghiari 604, 606 Angola 338 Antille 647 ,649,650

684

Arabica (penisola) 576,6 1 9,624 Aragona 5 1 4,645 Arcetri 3 8 5 , 3 87 Arezzo 482 Argentina 650 Armenia 341 Arras 239 Asia 90, 1 09, 1 60, 1 6 1 , 2 1 9,230,23 1 , 3 1 5 , 3 3 8 , 3 40 , 3 4 1 , 3 43 , 3 44 , 3 4 9 , 3 5 7 , 3 8 1 , 406 , 5 7 6 - 5 7 8 , 5 8 2 , 6 1 1 , 614,620-623,628,629 Aspromonte 5 1 5 Assisi 93 , 1 3 5 ,256,562 Asti 299 Asturie 5 1 4 Atene 1 62 , 3 4 1 ,344,468 Atlantico 79,229,230, 3 1 8 , 341 ,389, 580,6 1 5 ,649 Attica 340 Auschwitz 47 , 5 5 , 77 , 3 5 2 , 3 54-3 56, 359-362,383,507 , 560,564,565 ,644 Australia 3 1 6 Austria 5 8 , 1 1 9, 1 30 , 1 7 2, 1 7 7 , 1 86 , 1 95 , 245 , 249 , 3 20 , 3 2 1 , 4 1 6 , 4 3 3 ' 508-5 1 0 , 524,561 Avana (l ') 438 Avignone 1 29, 143 , 239 Babilonia 23 1 ,369,465 , 602

Baghdad 602 Bagno di Romagna 558 Bainsizza 1 30 Baku 282 Balcani 349 , 6 1 3 Barbastro 5 1 4 Barletta 222,301 Basilea 52 Baviera 1 77 ,363,374,561 Beauvais 239,487 Beirut 603 Belgio 1 58 , 1 72.266 , 578 Belgrado 509 Bergamo 325 ,374 Berkeley 643 Berlino 42, 1 2 1 , 1 62, 1 72 , 1 77 , 1 8 8 , 1 92 , 2 1 0 , 244 , 2 8 2 , 2 8 8 ,292 , 34 9 , 3 8 2 , 425 -427 , 4 3 7 - 43 9 , 464 , 4 6 6 , 473 ,501 , 577 Berna 254 Betlemme 28 ,442,443 Biella 374 Birkenau 360 Birmania 505 Birobidjan 3 5 8 Bisanzio 406 Blois 237 ,239 Boemia 5 5 1 Bologna 1 7 3 , 262, 346 , 3 9 1 ,475 Bondy 3 9 Bonn 1 88 ,464,472 Bosforo 340,6 1 8 Boulogne-sur-Mer 239 Bourges 454 Brabante 1 60 Brasile 334,640,650 Brennero 1 29,325 Brescia 250,325 ,374,522 Breslavia 32 Bressanone 2 1 3 Bretagna 639 Brianza 374 Britannia 344,409 Bruxelles 23 ,24,70,96 Bucarest 43 8 ,444 Budapest 100 ,27 5 , 3 82 Bulgaria 445 ,499

Burundi 1 5 7 , 1 59 Cadice 96,630 Cafarnao 329 Cairo (Il) 1 5 1 , 626 Calabria 266 Calat afimi 559 Calcutta 1 5 1 California 146,229 ,574 Camaldoli 227 ,558 Cambogia 1 00,276 Camerou n l 59 Campania 5 22 Canada 4 1 6 ,476 ,477 Canarie 647 Candoglia 485 Canossa 436 Canterbury 27 1 , 358 Caporetto 1 20,30 1 , 3 1 9 Caprera 258 ,403 Capri 87 Caraibi (mare dei) 46 1 , 650 Cartagine 1 1 7 , 6 1 7 , 6 1 9 Caspio 406 Castelfidardo 1 30 Castelnuovo d'Asti 34 Castiglia 265 ,644 , 645 Caucaso 406,620 Cecoslovacchia 449,47 5 , 55 1 Centroafricana (Repubblica) 1 5 9 Cernobyl 437 Cesarea Marittima 1 1 6 Chalons-sur-Marne 239 Champagne 39 Cile 456,473 , 569,650 Cina 100, 1 97 ,230,23 1 ,3 3 8 , 339,344, 3 5 7 ,4 1 3 ,427 ,572,623 ,643 Cirenaica 6 1 9 Città del Messico v . Messico (Città del) Cluny 239 Colmar 1 44 Congo (Repubblica Democratica del) 1 59 Congo Belga 578 Conques 239 Copenaghen l 08

685

C6rdoba 61 4,630 Corea 1 62,230,23 1 ,445 , 623 Costantinopoli 85 ,409,448,56 1 ,6 1 46 1 6,61 8 , 62 1 ,623

Cracovia 380 Crimea 1 30 Cuba 277, 660 Cuneo 662 Custoza 247 ,301 Czestochowa 3 80 Dallas 208 Damietta 1 67 Danimarca 48,522 Danubio 623 Danzica 3 80 Darlington 1 95 Dresda 42,439 Drome 558 Due Sicilie (Regno delle) 26 1 ,325 Beone 1 35 , 1 3 8 , 140, 141 Ecuador 604 Egitto 1 17 , 1 32,228, 349,453 ,613-620 Elba 1 77 Emilia 26 1 ,484,553 Emirati Arabi Uniti 574 Equatore 1 43 Eritrea 578 Estremadura 537 Etiopia 526,577 , 578 ,620 Etruria 558 Eufrate 228 ,602 Europa 23,28,59,64,65 , 96 , 1 25 , 1 36, 1 60 , 1 6 1 , 1 7 3 , 1 7 8 , 1 92 , 1 93 , 1 96 , 20 1 , 203 -205 , 2 2 0 , 229 , 240 , 24 1 , 245 , 25 l , 2 5 8 , 260, 262 , 27 4 , 2 8 2 , 2 8 9 , 29 1 , 30 9 , 3 1 3 , 3 1 5 , 3 1 8 , 3 1 9 , 3 2 1 , 3 2 2 , 3 40- 3 4 2 , 3 44 , 3 4 5 , 349, 3 5 0 , 3 5 3 , 3 5 8 , 3 60 , 3 6 1 , 3 7 0 , 3 86, 3 8 9 , 3 9 1 ,402 , 4 1 1 , 44 1 ,46 1 , 467 , 469 , 47 1 , 47 3 , 47 5 ,47 9 , 4 8 6 , 49 1 ' 5 04-506 , 5 l 0 , 5 1 2 , 5 22 , 5 2 3 , 5 2 8 , 54 8 , 5 5 l , 5 5 6 , 5 64 , 565 , 5 67 , 5 6 8 , 5 7 2 , 5 76 , 5 80 , 5 8 1 , 5 92 , 5 9 3 , 608, 6 1 2 , 6 1 6 , 62 1 -623 , 643 , 6 5 0 , 6 5 3 , 66 1

686

Fatima 96, 5 1 6,527, 528 ,436,445 Ferrara 262 Fiandre 98,657 Filippine 1 6 1 , 2 1 9,23 1 ,458 ,473 Firenze 245 ,246 , 604 Florida 639 Fontevrault 489-49 1 Forlì 262 Formosa 230 Francia 28 ,42,43 ,59,65 , 82, 1 03 , 1 08 , 1 25 , 1 3 2 , 1 3 6 , 1 4 3 , 1 5 8 , 1 72 , 209 , 2 1 0 , 22 0 ,2 2 8 , 2 3 7 , 23 9 , 240,245247 , 2 5 6 , 2 62 , 2 7 4 , 2 7 7 , 27 9 , 2 8 2 , 294 , 3 2 1 , 3 24 , 3 2 9 , 3 64 , 3 7 1 ,43 2 , 454,45 7 , 469,476, 487 ,490 ,49 1 ' 502, 524, 560,577 ,6 1 3 ,645 Frauenburg 390

Galilea 87,23 8 Gallia 229,409,457 ,639 Garigliano 561 Gave de Pau 93 Genova 1 96 Gerico 539 Germania 32,48 , 5 2 , 1 1 8 , 1 1 9 , 1 27 , 1 2 8 , 1 46 , 1 67 ' 1 72 , 1 7 8 , 1 8 9 , 1 92 , 1 93 , 2 5 l , 2 5 7 , 280- 2 8 2 , 284,287 t 3 2 3 , 3 3 5 , 3 48 , 3 5 3 , 3 5 7 , 3 5 8 , 3 63 ' 3 69 , 3 7 3 , 3 9 0 , 4 1 6 , 426, 427 ,43 6 , 437 ,43 9 , 44 1 , 449,464, 466 , 469, 473 , 48 7 , 4 8 9 , 494, 5 0 1 , 5 3 3 , 549, 602,622 Gerusalemme 39,45 , 8 1 , 84,98 , 1 1 51 1 7 , 1 26 , 1 43 , 1 48 , 1 62 , 2 3 3 , 3403 42 , 344 , 349 , 3 7 6 , 407 , 468 , 507 , 521 ,538,575 ,603 ,604,61 4,630,634 Ghana 1 59 Giappone 229,23 1 ,25 1 ,252, 3 3 5 , 344,43 7 , 574,576 Gibilterra 575,61 4,623 Giudea 87 ,238 Gorizia 1 30 Granada 626,630,644

Gran Bretagna (v . anche Inghilter­ ra) 43 ,48 ,72,73 , 1 7 1 - 1 7 3 , 1 76, 1 93 , 2 6 1 , 2 82 , 3 3 8 , 3 3 9 , 3 49 , 3 5 8 , 3 7 3 , 469,476,533 ,574,578-5 8 1 ,637,641

Grecia 229, 342 , 349,61 3 ,61 5 Guadalajara 5 1 1 Guyana 643

Konnersreuth 363 Kursk 80 Kuwait 574,602-605

Haifa 528 Harvard 329 Hebron 594 Hendaye 5 1 3 Hiroshima 1 47 , 148 Hong Kong 3 3 8 , 3 3 9

Lagos 1 5 1 Lambaréné 1 05

lberia 229

Imperi Centrali 1 72 India 1 3 3 , 229,230,299,34 1 ,344,361 ' 643

Indie Occidentali 575, 577 ,639,64 1 , 649

lodo 6 1 4 Indocina 576 Inghilterra (v . anche Gran Breta­ gna) 42,48 , 5 9 , 73 , 1 5 8 , 1 68 , 263 , 27 2 , 2 8 2 , 3 6 2 , 45 2 , 5 24, 5 8 1 , 62 1 , 644 , 657 lppona 6 1 8 Iran 341 Iraq 228,602,604,626 Irlanda 1 7 8 , 325 ,476 lsonzo 1 30 Israele 3 2 , 1 1 7 , l l 8 , 1 92 , 2 3 1 , 3 4 1 343 , 3 5 5 , 3 5 7 , 3 7 3 , 3 8 3 , 406 , 4 1 7 ' 4 1 8 , 45 1 ,467 , 5 0 1 , 5 08 , 5 1 0 , 5 2 5 ' 526,528,555,624,625 ,632,636,641 Italia 36,37 ,55,56 , 1 06, 1 08 , 1 29, 1 421 44 , 1 46 , 1 7 7 ' 1 8 8 , 200 , 202, 204, 205 ,209 , 2 1 0 , 2 1 9 , 220 , 2 3 6 , 240 , 24 3 -245 , 247 , 2 5 0 , 2 5 3 , 260 ,26 1 , 3 03 , 3 1 9- 3 22 , 3 24 , 3 48-3 5 0 , 3 7 4 , 3 8 9 , 402-405 ,409 ,43 5 , 4 5 5 ,464, 47 3 ,474,498 , 5 24 , 5 2 6 , 5 3 3 , 5485 5 1 , 5 5 3 , 5 5 9 , 5 60 , 5 62 , 5 89-592, 596-598,602,604,608 , 6 1 9 , 62 1 Iturea 238

Jabbeke 98 Jalta 1 00, 1 1 4, 1 1 9 J u gos l av ia 349,499, 509

Lambro 400 La Salette 102- 1 04,27 3 , 274 Lazio 36,246,262, 549 Legnano 520-523 Leri 597 Libano 1 09, 595 ,603 ,620 Liberia 84, 1 59 Libia 1 09,578 Liegi 1 29 Liguria 220 Lima 458 , 5 3 8 Lione 40,45 7 , 522,554 Lipsia 439 Lisbona 96,458 Lisieux 364,599 Lissa 247 , 3 0 1 ,321 Little Big Horn 637 Lituania 441 Lod 528 Lodi 521 Lombardia 1 96,322, 324 Londra 1 05 , 1 3 8 , 1 39 , 1 72, 1 73 , 1 76, 20 1 , 2 3 0 , 244 , 2 5 6 , 2 5 7 , 3 84 , 428 , 462, 574 Longchamp 239 Losanna 254 Lourdes 3 3 ,93 ,95-99 , 1 02, 104, 5 1 6, 527,536 Lovanio 160 Lugo di Romagna 262 Lys (abbazia di) 239

Macedonia 340 Macon 239, 502 Madagascar 3 57 Madrid 34,458,5 12,5 14,644 ,656-658 Magellano (stretto di) 639 M aghreb 6 1 3 , 6 1 7

Magonza 409 Malabar 230

Kenya 1 6 1

MaJ.aga 630

687

Malta 6 1 3 Managua 460 ,474, 494 Manchester 244 Marburgo 636 Marche 36,37,262, 549 Marmoutiers 239 �arocco 1 66 , 6 1 7 , 6 1 9 ,626 Marsala 261 Massachusetts 642 Matapan (capo) 3 0 1 Mauritania 83 ,6 1 7 ,61 9,622 Mecca (La) 6 1 4,625 ,63 1 , 632 Medina 625 , 626 Mediterraneo 204,229 ,260,568,62 1 , 623 Mentana 246 �esopotamia 228-230,602 ,620 Messico (Città del) 1 5 1 Messico 443 ,640,659 ,660 Milano 3 1 , 3 6 , 60,62-64,67-69 , 7 1 , 1 08 , 1 5 0 , 1 62 , 1 7 9 , 1 94 , 1 95 , 1 97 . 1 9 8 , 2 1 9 , 23 8 , 244 , 2 9 5 , 3 26 , 3 74, 3 9 8- 400 , 4 3 4 , 43 5 ,48 5 , 5 1 5 , 5 2 1 ' 522, 5 5 3 ,566,604, 6 1 0,61 1 Mincio 522 Mindanao 2 1 9,23 1 �odena 5 5 3 ,554 Moldava 5 5 1 �onaco di Baviera 96, 1 27 , 1 28,334 M ontecassino 42, 23 5 ,348 , 350,3 5 1 Montmorency 239 �ontréal 476 �ontreux 525 Monza 1 95 ,273 Mosca 44,80, 1 0 1 , 1 1 2 , 1 1 4, 1 62 , 1 64 , 1 8 2 , 2 1 4 , 28 2 , 3 49 , 3 5 8 , 3 80 , 4 3 4 , 436 ,43 8 ,441 ,443 ,46 1 ,474,479 Mozambico 338 Nag