Parole per una terra da scoprire
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EUGEN DREWERMANN

Parole per una terra da scoprire Testi scelti e introdotti da KARrN WALTER

Queriniana

Titolo originale

Worte for ein unentdecktes Land. Herausgegeben und eingeleitet von Karin Walter © 1990 by Verlag Herder, Freiburg i Br. © 1993 by Editrice Queriniana, Brescia via Piamarta, 6 - 25187 Brescia ISBN 88-399-1506-0 · Traduzione dal tedesco di GIANNI FRANCESCONI Stampato dalla Tipolitografia Queriniana, Brescia

Introduzione

Di che cosa vivono gli esseri umani? Donde viene il travaglio dello spirito? Come è possibile risanare le scissioni interiori? Quale strada dobbiamo battere? Eugen Drewermann non ha paura di queste domande semplici e difficili al tempo stesso, le ritiene essenziali. Non sono interrogativi astratti, nella vita di ognuno sono anzi decisivi. La domanda di senso, la nostalgia di gioia irrompono spesso in modo diretto nella quotidianità, attraverso ogni corazzamento esteriore. Da questa esperienza spirituale, che in un tempo nel quale quasi tutto appare fattibile e risolvibile affiora tanto più dolorosa, parte Eugen Drewermann, come psicoterapeuta e come teologo. Vede le storie di sofferenze delle persone, esseri umani individuali e concreti, e cerca le strade che portano fuori dal vicolo cieco delle angosce. Drewermann è convinto che dentro ogni vita ci siano segnali che indicano questi percorsi verso la libertà. 5

Nella sua vasta opera egli scopre queste tracce di continuo nelle tradizioni della sapienza umana: nella verità condensata nelle immagini e nei simboli. Quando Drewermann analizza queste immagini e cerca di decifrare il loro linguaggio dimenticato, lo fa anche con intenzione terapeutica. Egli evoca un mondo magico della fiducia, per così dire un'alchimia delle forze spirituali in-grado di dissolvere le leggi dell' angoscia. Egli infatti è convinto che reali possibilità di guarigione esistono solo se si colgono queste promesse. Ritorna così alle verità 'semplici' dei sognatori e dei bambini, dei poeti e degli sciamani, al messaggio dei miti, delle visioni e delle leggende delle religioni. Nelle intuizioni delle immagini egli cerca risposte agli interrogativi umani originari. Egli proietta queste immagini di sogno anche sul presente e mostra, non di rado in linguaggio poetico, come i simboli possano far apparire in una luce nuova la nostra propria storia. Da ogni immagine Drewermann cava una verità positiva: questa terra della fiducia, della sicurezza, della gioia e dell'amore, esiste. Le strade per giungervi, egli le vede segnate dalle immagini della conversione e del cambiamento, della maturazione e della guarigione. Nella sua qualità di psicologo del profondo vuole introdurre queste verità nell'esistenza d'oggi: come qualcosa 6

che tocca direttamente le domande, le speranze e i desideri degli uomini d'oggi. Quale teologo è convinto che chi si pone alla ricerca di questa terra è anche alla ricerca di Dio. Chi trova se stesso, trova anche lui, «l'ampiezza del nostro cuore e l'infinità del nostro pensiero». Alle immagini Drewermann ricorre «non per addormentare, ma per svegliare». Esse ci apportano luce su noi stessi e significano molte cose: risposta agli interrogativi realmente importanti della vita, segnali eloquenti dei bisogni interiori e segni salvifici di un'altra realtà. Il fiducioso sì alle immagini da parte di Drewermann è motivato dal fatto che esse son:o state poste nell'anima da Dio, che è un Dio di amore. Per lui, Gesù è punto centrale di riferimento, poiché attraverso di lui fu possibile sperimentare nella realtà ·storica un principio fondamentale di tutte le religioni: la forza trasformante e salvante del rapporto con questo Dio. L'approccio terapeutico di Drewermann trova qui la sua peculiarità. Ma qui trovano fondamento anche il suo sogno di chiesa e la sua decisa critica all'istituzione. Le immagini sono degli indicatori. La strada, ognuno deve percorrerla personalmente. Rinunciare a fermarsi agli aspetti esteriori e cercare la verità essenziale della propria vita 7

può essere doloroso. Drewermann dà un nome alle situazioni che possono costituire motivo di lacerazione: la sicurezza apparente del possesso e quella invece di una fiducia che non ha bisogno della ricchezza esteriore; l'indifferenza del banale e l'affascinante scoperta della nostalgia; l'angoscia paralizzante e la magia dell'incondizionato; l'esperienza della morte e quella dell'amore; l'aggressività e la possibilità di un rapporto reciproco maturo e fiducioso. La sua convinzione è che i lati negativi e dolorosi dell'esistenza umana non hanno l'ultima parola. Questo libro, con le sue scelte, presenta alcune di queste immagini. Il rischio resta, è quello di mettersi personalmente in cammino - ognuno verso la terra della proprie possibilità da scoprire.

Karin Walter

[Karin Walter, 1947, teologa cattolica tedesca, ha edito

il volume Donne alla riscoperta della Bibbia, Queriniana, Brescia 1988]. 8

1. La sapienza delle immagini

Al di là del cambiamento Tutto ciò che gli esseri umani creano e realizzano tramonta nel mulinello del tempo; e tuttavia, quando la sabbia della storia svanisce, lo sguardo si libera per scorgere le pietre di porfido, di basalto e granito, sulle quali si fonda, al di là del cambiamento, tutto ciò che umanamente ha consistenza. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 246)

Se sulla terra le cose andassero realmente come ci lasciano credere le 'cronache', la vita dovrebbe tacere sull'istante, poiché nessun essere umano può vivere a lungo di ciò che è insolito ed anormale. E tuttavia: si apra un libro di storia, una pagina a caso; immancabilmente si leggerà di quando un re o imperatore qua11

lunque ha fatto guerra, di quando nelle corti una qualche unione infelice ha portato a complicazioni particolarmente gravi, di quando, in qualche posto, si fondarono o si distrussero delle città. E ancora una volta si deve dire: il mondo non durerebbe un sol giorno, se quanto si legge nei libri di storia fosse la storia vera. (Il Vangelo di Marco. Parte prima. Das Markusevangelium. Erster Teil, 384)

La misura della nostra umanità si decide essenzialmente da quante parole disponiamo in grado di esprimere l'esperienza e il mondo dei sentimenti delle persone. (Dai loro /rutti li riconoscerete. An ihren Fr-Uchten sollt ihr sie erkennen, 72)

In qualche luogo, pur nell'oscurità e nella notté della nostra vita, ci sono alcune cose che sono chiare e che devono restare chiare in qualsiasi circostanza: la stima, il rispetto, la pietà, l'ammissione della colpa, il riconoscimento della dignità della persona, la convinzione che il potere, nella sua forza di distruzione su esseri umani, deve avere dei limiti - tutto questo fa parte di quei punti che devono restare chiari. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 681)

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Si tratta di interrogarci su tutto ciò che potrebbe e dovrebbe finire, per incominciare una vita che ci permetta di alzare lo sguardo verso le nuvole del cielo e ci renda più chiara la visione dell'umanità. Dovunque noi guardiamo, siamo d'ostacolo a noi stessi e proiettiamo ombre sulla nostra speranza. Solo per questo, ciò che in verità attendiamo più di tutto irrompe nella nostra vita, ·in definitiva, come un pericolo mortale, come un tramonto del mondo. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 377)

Nella buona come nella cattiva sorte il mondo storico prende forma dagli strati profondi della psiche umana - questo sospetto o visione attraversa le fiabe e le leggende, e occorre imparare a vedere in questa prospettiva, per scoprirne la verità e la saggezza permanentemente valide. (Psicologia del profondo e esegesi I. Tiefenpsychologie und Exegese L 423)

Il piano psichico e il piano religioso della realtà non sono affatto identici, ma tra di essi c'è un continuo scambio di energia, proprio come le nuvole si levano sul mare e, sospinte dal 13

vento verso la terra, spiovono sui pendii delle montagne fino a defluire nuovamente, attraverso i corsi dei fiumi, nella vastità dell'oceano. (Dai loro /rutti li riconoscerete. An ihren Frii.chten sollt ihr sie erkennen, 50)

Verità condensata Per uno che non riconosce se stesso, con la sua vita, nelle immagini di un mito, per uno al quale un mito non ha (più) assolutamente nulla da dire, che gli permetta di interpretare e comprendere la sua vita, per costui il mito è necessariamente 'non vero', nel senso che per lui il mito non s'accorda (più) con nessun tipo di esperienza interiore. E vale anche il contrario: uno che dai simboli di un condensato mitico di storia (e natura) può ottenere chiarimenti per la sua vita considererà il mito vero, anche se contraddice a tutti i dati di fatto esterni, nella storia e nella natura. (Psicologia del profondo ed esegesil Tiefenpsychologie und Exegese I, 339)

I 'sogni' della religione non sono astrazioni dalla realtà, ma condensati di ciò che la realtà

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significa per le persone quando queste sperimentano il mondo nella sfera d'influenza dell'amore, al di là dell'angoscia. (Dai 'loro /rutti li riconoscerete. An ihren Frnchten sollt ihr sie erkennen, 105)

Ogni fiaba ed ogni sogno, per quanto nuovi possano essere, sono per principio antichi quanto l'umanità, ed è proprio la validità senza tempo delle fiabe e dei miti che li mette in condizione di formulare verità sempre valide, infinitamente superiori ai giudizi dell'intelletto. (Biancaneve e Rosarossa. Schneewei/Schen und Rosenrot, 6)

Come si comprende un mistero divino? Ci sarebbe molto da guadagnare se potessimo far nostri i racconti della Bibbia e i simboli della chiesa nel modo che è proprio agli artisti, ai musicisti, ai pittori ed ai poeti, ma non ai logici che cercano motivi razionali, né agli studiosi che esigono motivi storici: ossia ai teologi ed agli storici. (Il tuo nome è come il gusto della vita. Dein Name ist ·wie der Geschmack des Lebens, 13)

Questo mondo degli archetipi comporta certamente anche i suoi drammatici rischi, ed 15

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io non lo nascondo. Proprio perché è così vicino ai sogni collettivi dell'umanità, esso può confondere gli animi fino ad illuderli, innanzi tutto sul terreno dell'agire politico. Proprio per questo motivo metto continuamente in guardia dal prendere le speranze religiose come dal!'esterno, senza il filtro del cammino di individuazione del singolo, e dal volerle riferire direttamente alla configurazione della realtà storica. Ma, al di là di ciò, non si può negare il valore religiosamente fondamentale degli archetipi; li si deve solo comprendere in modo corretto, perché non facciano alcun danno. (Dai loro /rutti li riconoscerete. An ihren Frii.chten sollt ihr sie erkennen, 114)

Si tratterà di coltivare una religiosità che superi le antichissime spaccature che ancora oggi separano l'anima dal corpo, il sentire dal percepire, l'amare dal desiderare, la donna dall'uomo, il celibe dallo sposato, il chierico dal laico e, infine, Dio dal mondo. (Chierici. Kleriker, 738)

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2. Le leggi dell'angoscia

La miseria dell'anima Quando una persona vive interamente soltanto di angoscia, tutte le strutture della sua esistenza di creatura si tramutano da benedizione in maledizione, da salvezza in rovina, da felicità in infelicità - il paradiso del mondo si trasforma nella miseria degli esuli figli di Eva, nel mondo della nostra storia terrena, quando per l'angoscia le persone perdono di vista Dio ed alla fine sono condannate a vivere soltanto

nell'angoscia. (Dai loro frutti li riconoscerete. An ihren Frnchten sollt ihr sie erkennen, 51)

Fa parte delle eterne leggi dell'angoscia tentare di aggrapparci quando il terreno comincia a traballare. Come se spiritualmente vivessimo permanentemente sugli alberi, tenteremo di 19

appoggiarci da qualche parte, qualora avvertiamo la minaccia di perdere il 'terreno' sotto i piedi, tanto che, nel sentimento di instabilità spirituale, cerchiamo di affidarci a chi promette di indicarci una via di uscita. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 386 s.)

Non si può vivere, quando tutto ciò che è umano deve essere ceduto ad un altro come se costui fosse un Dio. Eppure accade fatalmente così se la propria vita viene divorata dall' angoscia. Allora si cade necessariamente ai piedi di un'altra persona qualsiasi e a lei si cede la propria libertà, la propria vita, tutta la propria esistenza - e così ci si annulla come persone, sempre preoccupati di essere comunque annientati, anche senza questa schiavitù. Nel cerchio chiuso dell'angoscia l'altro cresce sempre di più nella sua onnipotenza proiettata, mentre noi stessi ci dileguiamo sempre di più, dissanguandoci. (Psicologia del profondo ed esigesi I. Tiefenpsychologie und Exegese I, 487)

Basta che ognuno presti attenzione ai sentimenti con cui si accosta ad una qualsiasi autorità, non importa se in un 'ufficio' ecclesiale, o 20

statale, o d'altro genere. Per il semplice fatto di trovarci di fronte ad un" autorità', noi, altrimenti persone adulte, diventiamo dei grandi bambini. Il battito del polso aumenta, la secrezione della saliva si esaurisce in bocca, le gambe vacillano; persone che normalmente sono in grado di pensare e di parlare ragionevolmente, incominciano improvvisamente a balbettare solo perché uno sta loro di fronte come rappresentante del potere, conie persona ufficiale. Si smette di essere persone non appena si incontra un" autorità' con i suoi 'funzionari'. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 267)

Nell'essere umano la vita autentica incomincia, quasi di norma, tra contraddizioni: è risaputo che se ne ha bisogno urgente e la si desidera di cuore, ma poi, quando potrebbe iniziare, la si rifiuta angosciati per il buon nome e la si allontana subito, preoccupati per il punto di vista ritenuto finora tanto ragionevole. (Psicologia del profondo ed Esegesi II. Tie/enpsychologie und Exegese II, 508)

La tragedia infinita del male non sta, per lo più, nel fatto che noi, per natura, vorremmo 21

. realmente il male che facciamo a noi stessi ed agli altri; la vera e propria fatalità della nostra cattiveria deriva quasi sempre dal fatto che, per pura angoscia, non riusciamo a mantenere ferma la nostra intenzione originaria e, alla fine, come ipnotizzati, diventiamo infedeli al meglio che è in noi. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 632)

Che cosa si può, che cosa si deve dire a delle persone che potrebbero sentire in se stesse ogni parola di verità, ma per pura angoscia devono continuare a mentire? che potrebbero sapere quanto sarebbe semplice la vita, se si ritornasse a eiò che il proprio cuore giudica bene, e che invece, per abitudine, per pigrizia, per via di tutti i vecchi meccanismi, continuano soltanto a comportarsi così come sono abituate - costrette a calpestare ciò che le farebbe vivere, e a uccidere dò di cui esse stesse potrebbero esistere? (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 495)

Per paura di fronte ali' amore noi abbiamo sviluppato la 'cultura' del patriarcalismo fino 22

al punto che presumiamo di dominare meglio il mondo quando ci poniamo di fronte ai nostri sentimenti possibilmente con freddezza, sostituendo il linguaggio umano, per quanto possibile, con delle descrizioni oggettive prive di emozioni e gettando sulla natura la rete di un dettagliato sapere di dominio, che è certamente in grado di portarci al possesso di potere e ricchezza, ma, come per punirci di ciò, allarga attorno a noi una imperversante aridità spirituale ed un depauperamente dei sentimenti. (Angoscia forza vitale. Lebenskra/t Angst, 35)

Chi ha imparato a colpire se stesso con delle pietre, non amerà, anzi odierà anzitutto colui che vuol insegnargli una certa gentilezza nel rapporto con se stesso; chi ha imparato a fuggire davanti ad ogni approccio umano, cercherà di aggredire e di allontanare furiosamente colui che gli si offre come amico e compagno attraverso la notte e I' angoscia; chi ha imparato ad amare la morte e a temere la vita, cercherà di uccidere colui che lo vuol aiutare a comprendere la vita come possibilità e compito. (Psicologia del profondo ed esegesi II. Tiefenpsychologie und Exegese II, 261)

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Certamente si può fallire e si può anche temere di fallire. Ma chi ha solo paura del fallimento, fallisce di sicuro, poiché non arriva a fare assolutamente nulla. Si può fare un calcolo errato e si può far qualcosa in modo sbagliato, è vero; ma chi, nella sua vita, vuol fare tutto soltanto in modo giusto, non fa mai qualcosa di giusto e chi vorrebbe garantirsi radicalmente dall'eventualità che, alla fine, gli sfugga un'occasione oppure dall'aver puntato sul cavallo sbagliato, non arriverà mai a guadagnare qualcosa. (Psicologia del profondo ed esegesi II. Tiefenpsychologie und Exegese Il, 751 s.)

Nella peggiore delle angosce, nella paura di perdere o di aver già perduta la propria identità ed autonomia, questo Io è soprattutto e ad oltranza in fuga: davanti ali' amore come davanti ali' odio. Per angoscia esso si rimpiatta nella sua solitudine, anche se, in fondo, nulla teme di più che essere solo. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 160)

Dio sa se c'è questa paura di una solitudine estrema in cui una persona si sente come un 24

morto vivo, come se già la coprisse la polvere della putrefazione e come se soltanto il caldo soffio del suo bisogno rendesse un'ultima testimonianza della sua vita, che già da tempo ha cessato d'essere capace di vivere: questa persona ha commesso l'unico peccato che la vita non perdona mai: si è perduta! (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 491)

Così, infatti, tutto si concentra sul problema di come si esca da questo carcere della dipendenza tra persone e della idolatria di persone, di come si possa abbandonare il mondo dei rituali mitici dell'angoscia e ritrovare se stessi. Israele ha trovato la sua risposta a questo interrogativo nella storia della vocazione di Mosè. «Tu puoi relativizzare l'influsso e il potere assoluto di altri esseri umani, solo quando hai trovato la strada per arrivare al tuo Dio» - ha detto. «Tu puoi diventare libero solo quando, al di là della falsa adorazione di persone, incontri il Dio che risponde al tuo vero essere>>. (Psicologia del profondo e esegesi I. Tie/enpsychologie und Exegese I, 488)

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Rompere il cerchio chiuso Ciò di cui abbiamo più paura è spesso ciò in cui più speriamo. Ciò che spesso temiamo come un incubo, una volta eliminata langoscia, si dimostra non di rado il contenuto di desideri a lungo taciuti. (Il Vangelo di Marco. Parte prima. Das Markusevangelium. Erster Teil, 447)

Nessun problema, che sia realmente tale, si può alla lunga evitare e la maggior parte delle malattie psichiche insorgono proprio per il fatto che le persone vorrebbero tener lontani da sé determinati problemi più del dovuto. Al contrario, quanto più uno è psichicamente sano e quanto più può disporre degli organi per 'vedere', per 'afferrare', per 'essere certo', come di organi suoi propri, tanto più egli sarà capace di sostenere conflitti e pronto a resistere anche all'esterno: sarà proprio una persona che ha imparato a vincere in se stessa la sua angoscia che potrà affrontare con tanta maggiore forza e decisione le contraddizioni del suo ambiente. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 80)

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Certamente, già dietro il prossimo angolo, incontriamo gente che mostra apparente sicurezza e che sa imperturbata come vanno le cose. Ma perché ci lasciamo mettere così sotto pressione dalla loro millanteria? Perché non udiamo come proprio la voce degli strilloni più chiassosi trema di paura? Perché non riusciamo ad udire quanto, con le loro grida, urlino di paura proprio quelli che alzano la voce, in modo non diverso dal piccolo che andando in. cantina fischietta? Perché non vediamo nei pugni che si serrano anzitutto come le mani tremano? Perché non vediamo, in tutta chiarezza, com.e soprattutto quelle persone che vanno per la maggiore sono in verità piccole? Sta qui tutta la bravura di far riemergere, anche nell'altro, il bambino che egli fu costretto sempre a negare, e precisamente senza umiliarlo e mortificarlo, ma semplicemente con una fiducia che si dispone attorno a lui rassicurandolo. Ogni essere umano ha bisogno di questi luoghi di sicurezza, e noi abbiamo la possibilità di regalarceli a vicenda. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 49 s.)

Il bisogno di una sicurezza assoluta di fronte al nulla ed alla contingenza dell'esistenza è 27

chiaramente connaturale al pensare ed al sentire dell'essere umano in quanto tale; esso non è frutto di determinate condizioni di una società, con le quali potrebbe contemporaneamente svanire, ma alle condizioni sociali si ricorre unicamente per dare in forma condizionata una risposta incondizionata alla problematica dell'essere umano, nel suo complesso. Questa risposta assoluta alla contingenza (ed all'angoscia) radicale dell'esistenza umana è appunto la religione, e proprio così essa deve essere anche intesa, al di là della sociologia. (Psicologia del profondo e esegesi I. Tiefenpsychologie und Exegese I, 64)

Ogni religione non solo controlla l'angoscia, ma genera pure angoscia, e non si deve affermare che il cristianesimo sarebbe invece a priori immune dal poter essere ostile all'uomo, né più né meno come ogni altra religione irrigiditasi in atteggiamenti di formalismo e di moralismo. Il fatto che la prima chiesa, richiamandosi alla dottrina ed alla prassi di Gesù, abbia trovato il coraggio di liberarsi dai vincoli nei confronti delle leggi a vantaggio di una umanità più profonda non dimostra ancora che il cristianesimo stesso, dopo due millenni, 28

sia diventato realmente migliore, realmente più umano. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. -

Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 653)

E tuttavia, Gesù vuole apertamente ottenere proprio il crollo della nostra personalità morale. Egli cerca questa morte della nostra autosoddisfazione etica, con la quale crediamo di poter essere buoni semplicemente perché lo vogliamo. Con questo atteggiamento, infatti, non rendiamo giustizia al carattere inquietante del male nell'uomo e neppure a Dio, che deve perdonarci tutto, non solo ciò che facciamo, ma anche ciò che siamo. È un pensiero che sconvolge dover accettare il proprio tramonto morale, la propria incapacità al bene; ma solo così acquistiamo una fiducia che ci libera dalle convulsioni e dalle vanità dei nostri buoni propositi e degli sforzi logoranti nel campo dell'angoscia. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 551)

La fede che salva, in tutti i tempi e in tutti i luoghi del mondo, consiste nella medesima fiducia contro l'angoscia e nell'intuizione delle

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medesime immagini con ci.ri l'anima ha cura di contrassegnare il proprio cammino verso l'in~ terno. (Psicologia del profondo e esegesi Il. Tie/enpsychologie und Exegese Il, 164)

Per noi esseri umani non e' è altra forma di verità che la verità del nostro cuore - essa Dio ci ha dato quando ci creò, e l'unica cosa che importa, contro tutte le contraffazioni dell'angoscia, è di ritornare a questa verità, nella quale Dio ci ha pensato quando ci ha chiamati ali' esistenza. (Dai loro frutti li riconoscerete. An ihren Frochten sollt zhr sie erkennen, 60)

Possa venire il regno della pace, della verità, della misericordia, del coraggio, della libertà individuale, del valore, della felicità per ogni figlio d'uomo che schiude gli occhi alla luce. Vegliamo su ogni· germe di speranza! (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 411)

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Guarigione attraverso la fiducia Per un bambino non c'è nulla di peggiore che dover sperimentare i propri genitori assolutamente impotenti e perfino angosciati di fronte ad un pericolo che li minaccia; per un bambino il padre e la madre sono il sostegno più importante che esista sulla terra; sperimentare che anch'essi non sono in grado di offrire alcun appoggio, trasforma il mondo intero in un luogo di angoscia senza fine. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 26 s.)

Gli adulti non sono dèi, ma solo un bambino che abbia imparato a poter fare ed esprimere anch~ delle osservazioni critiche perderà a poco a poco la sua soggezione ali' autorità e potrà constatare che padre e madre (come pure chi li imita) sono realmente soltanto degli esseri umani. Solamente in un atteggiamento di fiducia un bambino trova sufficiente appoggio per osare la sua propria libertà; lo sfondo cli questa fiducia, però, è quello che Gesù chiama Dio e che egli indica come suo e nostro Padre. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 111)

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Non si può amare un bambino per la sua abilità e per ciò che fa, in quanto egli non può ancora nulla, non fa ancora assolutamente nulla di utile; non si può amare un bambino per il fatto che possiede o dovrebbe mostrare qualcosa di speciale - al contrario, egli non ha ancora nulla di proprio; se lo si vuol amare, gli si deve voler bene per se stesso. Questo è tutto il segreto di un bambino, che ci costringe con il semplice suo esserci ad amarlo e vive dell'essere amato gratuitamente. In questo, ossia nel fatto di pensare così di noi stessi, starebbe la nostra redenzione: nell'avere, una buona volta, il coraggio di vivere gratis e di aver fiducia in noi stessi, di sentirci legittimati semplicemente per il fatto di esistere. (Psicologia del profondo e esegesi I. Tz"e/enpsychologie und Exegese I, 505 s.)

·Quante persone, nella loro vita, non hanno mai potuto conoscere una qualche forma di sicurezza e fiducia, e si sono invece abituate al pensiero della morte, come se proprio lì, nell'aldilà della vita, stesse l'unico rifugio! 'Indurre' queste persone, di una vita 'rovesciata' di angoscia, nel corso di anni, ad una certa riconoscenza di fronte all'esistenza e ad una certa tenerezza di fronte a se stesse, è il continuo quotidiano lavoro di ciò che oggi si chiama 32

'psicanalisi'. Essa è, del tutto semplicemente, una forma in cui la fede diventa concreta. (Dai loro /rutti li riconoscerete. An ihren Friichten sollt ihr sie erkennen, 84)

Nessun psicoterapeuta del mondo è in grado di compiere una guarigione contro la volontà del suo paziente. È vero il contrario. La guarigione consiste propriamente sempre e solo nel fatto che il malato impara ad esercitare di nuovo una volontà sua propria; essa riesce, se egli trova la fiducia per manifestare il proprio desiderio contro· ia resistenza della sua angoscia; è impedita, se egli letteralmente si ferma di nuovo a ciò che vedono i suoi occhi, alla sua capacità di giudizio razionale. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 161)

Ogni psicoterapia è un po' come il restauro archeologico di una statua sprofondata da millenni sul fondo del mare, il cui volto e la cui forma occorre liberare da tutte le incrostazioni e le devastazioni del tempo, per restituirla alla sua bellezza originaria. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 158)

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Ogni bisogno ed ogni angoscia sono individuali; ognuno cerca una risposta individuale ed in ciascun caso singolo è di nuovo in gioco la possibilità della fiducia contro l'angoscia; viceversa, ogni guarigione significa di per sé, in tutti i suoi dettagli, qualcosa di meraviglioso e di ciò che è semplicemente meraviglioso non si dà alcuna generalizzazione; il miracolo, in ogni caso singolo, è un rischio ed un'elezione che riguarda l'intera esistenza e cui non ci si può sottrarre - non è ·possibile alcun riferimento a qualcosa di passato, al di fuori della situazione nella quale esso accade.

a

(Psicologia del profondo e esegesi I. Tiefenpsychologie und Exegese I, 208 s.)

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3. Nel campo cli forza dell'amore

Una terra ricca di magia Restano realmente solo le fiabe a sapere che unicamente l'amore possiede la forza di rendere felici? Sul forte agitarsi del sentimento esso ci porta, per monti e mare, in una terra che sta al di là, ricca di magia e di sogni. (Angoscia forza vitale. Lebenskraft Angst, 28)

Porre g~sti d'amore dovrebbe esserci familiare, perché lo avvertiamo 'istintivamente' come la nostra verità e dovrebbe venirci dal cuore, senz'altra mira e senza ulteriore riflessione, come qualcosa di immediato e di immediatamente realizzato. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 327)

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Ogni essere umano, in quanto esistenza terrena non è meno labile e fragile dei fiocchi di neve al vento; ma nell'amore egli si innalza al di sopra della natura e, nel sentimento di traboccante gratitudine per la bellezza della sua esistenza, schiude all'altro uno sguardo nella sfera di una personalità e di un amore assoluti, che appaiono come fondamento ed origine di ogni essere. (Psicologia del profondo e esegesi Il. Tie/enpsychologie und Exegese Il, 459)

Soltanto l'amore possiede la forza di impedire che gli incontri quotidiani diventino tali, soltanto l'amore preserva la consueta intimità reciproca dal divenire indifferenza ed ordinarietà ed esso solo salva la regolarità dalla routine, la continua ripetizione dallo svuotamento interiore, le intese solide dall'irrigidirsi senza accorgersene. Solo l'amore ridà giovinezza e rende continuamente nuo-. vi; esso libera ciò che non si è ancora dispiegato, dà forma a ciò che attende ancora la sua forma, affranca dalla prigionia ciò che può essere come imprigionato sotto il peso di angoscia e colpa; esso regala il dono di una infinita curiosità e gioia per l'essere dell'altro. Così, l'amore è l'unica forza efficace 38

contro la noia, la sacralizzazione del tempo in rituali e cerimoniali. (L'essenziale è invisibile. Das Eigentliche ist unsichtbar, 46 s.)

Quando !"energia' della fiducia e dell'amore, che scaturisce da un'altra persona, ci afferra così da diventare tutt'uno col ritmo del proprio essere e tutto in noi rafforza, stimola e porta ad un livello al quale, a partire da noi stessi, non saremmo mai stati in grado di giungere, ecco un modello per capire ciò che accade nel processo teologicamente chiamato 'credere': un essere afferrati e vibrare nella forza pulsante che attraversa tutto l'universo e che, ·tuttavia, è infinitamente di pjù che una semplice 'forza', perché solo una persona può aver effetto su noi in quanto persone, con quella energia incomparabile che chiamiamo 'amore'. (Dai loro frutti li riconoscerete. An ihren Frnchten sollt ihr sie erkennen, 61 s.)

La bellezza dell'altro Forse è la 'definizione' più bella di ciò che l"amore' è, il dire che è la capacità di percepire, dietro tutti i mascheramenti dell'esistenza 39

terrena, dietro tutte le fatalità e i colpi del destino, dietro tutte le limitazioni e le imponderabilità della vita, la figura vera dell'altro e ritenerla fermamente la sua autentica verità. Solo l'amore, infatti, è in grado di presagire il vero essere di una persona; unicamente l'amore può cogliere il significato di eternità di una persona. (Dai loro frutti li riconoscerete. An ihren Frnchten sollt ihr sie erkennen, 86)

In una persona che ci è cara vi sono infinite cose _da scoprire, che si possono cogliere solo con gli occhi dell'amore, e questa riverente riconoscenza per l'esistenza della persona amata trasforma ogni istante della sua vicinanza in un tempio di devozione e di preghiera. Non sono i 'compiti' che 'saldano insieme' le persone, ma ciò che le unisce reciprocamente per l'eternità è la consonanza dell'anima, questo fremito di felicità, questa vibrante onda di gioia, che con forza irresistibile le innalza insieme fino al cielo. (L'essenziale è invisibile. Das Eigentliche ist unsichtbar, 104)

Come si dovrebbe qualificare l'amore, se non come un movimento dell'anima che rende 40

per noi trasparente tutto ciò che, nella manifestazione dell'altro, è aspetto esteriore, riportandolo alla sua interiorità, e al tempo stesso suscita in noi il desiderio di apprendere e di conoscere laltro sempre di più e di comprenderlo in tutto sempre più profondamente? Vedere, in tal modo, interiormente significa cogliere dietro i 'fatti' il significato di quanto viene comunicato e comprendere la rispettiva impressione della persona dell'altro come sua espressione. (Il tuo nome è come il gusto della vita. Dein Name ist wie der Geschmack des Lebens, 108)

Non si potrà certo mai dire in che cosa consista propriamente questo 'scatto' che sveglia l'amore nell'anima di un essere umano. 'In qualche modo' questa esperienza ha certamente a che fare con l'impressione di trovare l'altro indescrivibile e incomparabilmente bello, ma dobbiamo amare l'altro già molto per vederlo così. (Il sonatore di tamburo. Der Trommler, 29)

Ogni essere umano rivolge, in fondo, alla vita non tanto la domanda circa che cosa può 41

diventare o che cosa deve fare con le sue capacità; l'interrogativo più profondo del cuore umano riguarda il desiderio e lo sforzo di essere sufficientemente accettabile e amabile per fare esperienza di un amore che gli permetta il sentimento di sentirsi giustificato al mondo. Per ottenere tale amore, una persona fa di tutto, poiché nulla è peggio che dover pensare che la propria persona non basta a meritare l'amore necessario. (Psicologia del profondo e esegesi II. Tiefenpsychologie und Exegese II, 749)

Ci può essere un amore per tutto il mondo e per tutta l'umanità, ma anch'esso diventa vivo e vero solo nell'amore per una singola persona, nella quale, come in un magico incantesimo, prende corpo tutto il mondo, tutta l'umanità. (Il sonatore di tamburo. Der Trommler, 24)

Originariamente è proprio l'amore che offre alla nostra persona sostegno e stabilità, è proprio l'amore che ci infonde coraggio e fiducia in noi stessi, che mai, altrimenti, potremmo conoscere, è proprio l'amore che ci abilita ad 42

azioni di cui, in via normale, noi non ci crederemmo capaci. Nella sua essenza l'amore è come una grande onda che potrebbe sollevare la barchetta del nostro piccolo Io fino alle stelle. No. L'angoscia di fronte all'amore non è originaria. L'angoscia di fronte all'amore siamo costretti ad apprenderla e l'apprendiamo, nella forma più durevole, da bambini, nei matrimoni senza amore. Originariamente temiamo appunto la perdita dell'amore tanto quanto la morte. Ma quando, già da bambini, veniamo puniti con la perdita dell'amore proprio a motivo dei sentimenti d'amore, quando fin da bambini dobbiamo imparare che sull'amore incombe il castigo mortale, la pena dell'inferno, il bando nella terra del 'non-essere-più amati', che tipo di persone allora diventeremo? (Angoscia forza vitale. Lebenskra/t Angst, 32)

La tragedia di ogni problematica relativa all'impotenza deriva sempre proprio da questo cerchio diabolico nel quale, per pura angoscia di non essere 'grande', 'forte', 'impressionante' e 'valoroso' a sufficienza, l'amore, invece di essere un dono, si trasforma in un dovere e in uno sforzo sproporzionato, che dopo la 43

necessaria devastazione di ogni sentimento diretto deve provocare proprio quel fallimento che si cercava di evitare in tutti i casi e con tutte le forze. La difficoltà principale qui non sta affatto in una mancanza oggettiva, possibilmente fisica, oppure in una incapacità ad amare, ma nella mancanza di fiducia, ossia nella eclatante incapacità a credere che ad essere amata non sia la prestazione particolarmente 'eccellente', bensì la propria persona, 'gratuitamente' e senza secondi fini. Questa impotenza della fiducia, questa incapacità di ricevere amore come dono, provoca reattivamente innanzi tutto la propensione quasi morbosa a doversi procacciare e conquistare l'amore dell'altro mediante prestazione. Ma per quanto uno, con questo atteggiamento e visto dall'esterno, abbia successo, in questo modo diverrà realmente sempre più incapace di amare. (Il sonatore di tamburo. Der Trommler, 45)

Nella nostra cultura abbiamo imparato che in tutte le questioni che riguardano l'amore le leggi sono più importanti dei sentimenti, l'ordine è più importante della felicità, la responsabilità è più importante della libertà, dunque,

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che difficilmente abbiamo il coraggio di un sentimento appassionato - vorrebbe dire anarchia l'osare schiuderci, a fatica, agli effetti suggestivi del sogno e della poesia; potrebbe offuscarci il senso per le 'realtà' della vita. Abbiamo imparato, in definitiva, ad evitare angosciati ogni entusiasmo, ogni magnanimità, ogni colpo d'ala dell'anima, a soffocare nella noia e a vegetare nell'intorbidimento acquietante, proprio come se l'arte del vivere stesse nel perdere le 'illusioni' dell'amore e nell' accontentarsi di una briciola d'amore. (Psicologia del profondo e esegesi II. Tie/enpsychologie und Exegese II, 326)

Non possono insegnare l'amore quelle persone che hanno paura ad amare; esse non possono donare il coraggio per uno sviluppo personale finché esse stesse non osano esistere personalmente - si può accompagnare un'altra persona sempre soltanto fino al punto in cui si è giunti personalmente. (Chierici. Kleriker, 672)

Ogni repressione dell'amore, per quanto possa spacciarsi per pia e morale, per pura e 45

santa, per costumata e morigerata, è sempre anche una forma di diffamazione e di negazione di Dio. (Il tuo nome è come il gusto della vita. Dein Name ist wie der Geschmack des Lebens, 56)

Eppure, per quanto questa domanda sul nostro amore possa restare senza risposta, proprio essa ci accompagna per tutta la vita. Ritorna di continuo, anno dopo anno, passo passo, lungo gli stadi della nostra esistenza, spesso in forma scettica e inquietante, di volta in volta più insistente e più impegnativa. Solo seguendo questo interrogativo noi maturiamo realmente. Solo in questa domanda sta il vero criterio del nostro vivere. Se uno, anche fra dieci o quindici anni, ci chiedesse chi siamo, che cosa nel frattempo abbiamo fatto e che cosa è stato di noi, la risposta si orienterà unicamente a questa domanda: siamo stati capaci di crescere nell'amore? (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab indie Barke derSonne, 223)

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Paradiso ritrovato Già qui sulla terra l'amore ci fa vivere la nostra esistenza corporea in un modo che ci mostra un pezzo di cielo. [. ..] Ogni parte del corpo di una persona che amiamo si trasforma, nella poesia dell'amore, in una ricchezza di immagini che si dilatano come se tutta la realtà corporea si infinitizzasse nella tenerezza del linguaggio, recependo associazioni sempre nuove ed entrando in unione sempre più profonda con tutto il mondo della bellezza che ci circonda. L'amore insegna, già qui sulla terra, a vivere insieme così che in ogni luogo, attorno a noi e in noi, l'orizzonte si allarga e la nostra anima si eleva al canto dell'eternità. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 719 s.)

All'inizio dell'umanità, così tramandano alcuni miti e fiabe, gli esseri umani sarebbero stati in grado di comprendere la lingua di tutte le creature ed avrebbero dovuto imparare per primi una tenerezza universale per il mondo, prima ancora di essere posti nella condizione di incontrarsi l'un l'altra come uomo e come donna. Nell'amore il mondo intero appare, tutt'intorno, di fatto, come un resto del

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perduto giardino dell'Eden al principio del mondo. (Angosda forza vitale. Lebenskraft Angst, 29)

L'amore è l'unica potenza che ci mostra un pezzo di quel mondo come Dio lo pensò quando ci creò. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 95)

Unicamente l'amore è in grado di unire la terra con il cielo, lo spirito col corpo, l'anima con la carne, la 'sensibilità', come si dice, con la moralità, la verità del cuore con la saggezza dello spirito. La scissione che attraversa l'essere umano dai giorni dell'angoscia, dal momento del peccato originale, viene sanata solamente dalla potenza· dell'amore. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter T eil, 96 ss.)

Solo coloro che amano esistono realmente: nella loro bellezza, nella loro felicità e nella loro nconoscenza. (Il sonatore di tamburo. Der Trommler, 29)

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4. Vivere insieme ad altri

Esistere uno per l'altro Ciò che noi, nella nostra cultura, chiaramente impariamo troppo poco non è larte di agire, di pensare, di fare qualcosa l'uno per l'altro, ma di esistere l'uno per l'altro. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 293 s.)

Non si può vivere a lungo insieme ad una persona che ha sulle labbra sempre un'unica domanda: quanto si lodi il suo aspetto esteriore, di quanto aumenti la sua stima, quanto si approvino i suoi progetti e si apprezzino le sue idee, e quanto ci si umili fino a diventare specchio della sua compiaciuta autoconsiderazione. Quelli che si considerano 'grandi' si accettano solo come i più grandi e non riescono ad incontrare un'altra persona senza pavoneg51

giarsi e millantarsi davanti a lei, per apparire ai suoi occhi, anche di un minimo, più belli, migliori, più intelligenti. Ogni incontro con gli altri, perciò, si trasforma per i 'grandi' in un'inesorabile lotta concorrenziale per catturare il favore del loro prossimo. Ma, cosa abbastanza paradossale, gli umori narcisistici dell'autocompimento e della ricerca di ammirazione possono riuscire, per qualche tempo, forse anche piacevoli, presto però si comincia a notare la gretta monotonia, l'insopportabile chiusura su se stessi, il puro e semplice disinteresse del 'vanitoso' per il destino degli altri e, a partire da questo momento, gli si concede sempre meno proprio ciò che più brama: rispetto, stima e riconoscimento. (L'essenziale è invisibile. Das Eigentliche ist unsichtbar, 24)

Se nei nostri rapporti percepiamo noi stessi reciprocamente come salvati, non abbiamo allora più bisogno di usare il concetto di responsabilità come lasciapassare della tirannia, della paura e dell'intimidazione; al posto suo potremmo lasciarci scambievolmente determinare da rispetto, da stima, da confidenza, da fiducia e potremmo trovare il coraggio di credere seriamente nelle possibilità dell'altro. Tuttavia,

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occorre che cerchiamo la nostra verità anzitutto in noi stessi, anziché voler risolvere sempre nell'altro le difficoltà che abbiamo con noi stessi; ed occorre altresì interrogare se stessi per primi su come si vive, invece di sorvegliare come l'altro potrebbe organizzare la sua vita. (Il Vangelo di Marco. Parte prima. Das Markusevangelium. Erster Teil, 491 s.)

Le persone possono fare molto per cancellare la vera immagine di Dio nell'anima di un altro essere umano, o per mascherarla ed annebbiarla con parole false. Ma noi possiamo anche fare molto, con la nostra vicinanza ad un'altra persona, per renderle Dio vicino. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 292)

Chi è capace di non gettare ombra alcuna sulla vita di un'altra persona, chi si ritrae tanto da non "bloccare le 'prospettive' dell'altro, chi diventa così trasparente che la luce del cielo lo illumina come la finestra di una cattedrale, costui più d'ogni altro è, nel senso di Gesù, una persona regale davanti a Dio. Non si tratta mai di potere o di titoli, neppure del titolo di 'cristiano', si tratta solo di questo modo di ve53

dere: davanti a Dio conta un'unica specie di umanità, che fa vedere i ciechi, fa camminare gli zoppi, fa risuscitare i morti (Is 35, 5.6; 61,1). (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 164 s.)

Se nella propria vita capita di incontrare una persona la cui intelligenza, la cui bontà e il cui coraggio sono in grado di colmarci di fiducia, di gioia e di amore, è formalmente inevitabile attaccare il proprio cuore e per sempre a questa persona; ad uno che ti ha donato la vita, divenendo egli stesso vita, si vuole e si deve donare la propria vita, per una spinta interna, naturalmente. (Psicologia del profondo e esegesi II. Tiefenpsychologie und Exegese II, 272 s.)

Ognuno di noi avrà bisogno al suo fianco di tali persone, che gli insegnino a considerare se stesso con gli occhi della bontà eterna. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zwe#er Teil, 294)

Sì, nella nostra vita potrebbe accadere un meraviglioso cambiamento: potrebbe nascere 54

Un altro stile d'essere, se la domanda fondamentale della nostra vita non riguardasse più come presentarsi agli altri o come comportarsi davanti agli altri, ma se fosse rivolta unicamente a come possiamo renderci utili agli altri. Allora non si tratterebbe più di come io mi posso garantire agli occhi degli altri con illusioni, con miraggi di gloria apparente, ma di come io stesso posso dire sì alla mia propria angoscia e con essa convivere un po', con fiducia. Alla fine sorgerebbe uno spazio libero . che permette perfino di percepire anche nell'altro l'impotenza, l'angoscia, la piccolezza e di dargli la possibilità di scendere senza pericolo dai podi su cui, nella sua angoscia, si era rifugiato. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. ~ Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 58 s.)

Colpa e perdono Per gli esseri umani il fatto di cadere nella colpa è brutto, ma sentirsi colpevoli e non poter credere nel perdono, questo è l'inferno. Si dice che la colpa isola, ed è vero. Non si osa comparire dinanzi ad un altro. Si porta in giro, con sé, la colpa come un segreto. Non 55

si ha il coraggio di parlarne con nessuno. Tutta la preoccupazione è sempre più rivolta a non perdere la faccia. Così, di giorno in giorno, la colpa cresce sempre più intima con il proprio Io. Alla fine, non ci si vergogna persino più della colpa, ma semplicemente di vivere. L'idea di poterla trasformare appare impossibile. Ed allora si chiudono le porte del carcere. Rigidità, solitudine, un eterno doppio gioco, una crescente alienazione, in definitiva una ripugnanza a pensare ancora semplicemente a se stessi - questo rende la colpa un inevitabile ghetto dell'angoscia e della vergogna. Ciò che rende tanto importante il tema del perdono è il fatto che una colpa reale senza perdono è un insopportabile tormento. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab indie Barke der Sonne, 194 s.)

Nulla cambia e migliora in noi, se prima non incominciamo a comprendere noi stessi. E qui è importante soprattutto capire che non possiamo fare del male a un altro senza farlo prima a noi. Dobbiamo capire che non possiamo dire una menzogna, senza ingannare noi stessi, che con ogni atto di impurità rinunciamo ad un pezzo della nostra propria dignità e

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che con ogni sentimento di odio, divenuto cronico, verso gli altri ci rimettiamo sempre, contemporaneamente, anche un pezzo di amabilità personale e mettiamo sotto i piedi la stima di noi stessi. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 202 s.)

Finché una ferita vera ci fa male, finché ci duole, non dovremmo parlare di perdono tanto in fretta, poiché non abbiamo la forza di praticarlo. Se abbiamo veramente fiducia nell'altro, se crediamo che possieda sufficiente perspicacia e buona volontà, dovremmo piuttosto cercare il dialogo e di dirci l'un laltro quanto male qualcosa ci ha fatto e perché una parola sconsiderata, una negligenza, fors' anche una voluta crudeltà, ci ha procurato tanto dolore. Finché le ferite rimangono aperte, noi non disponiamo della longanimità necessaria per perdonare. È possibile dire: 'Io ti perdono', quando il dolore non ci opprime troppo. Allora il dire 'lo ti perdono' significa in realtà soltanto questo: 'Non è stato poi così brutto'. Ma se qualcosa è penetrato corrodendo nel profondo dell'anima e fa ancora male, la sincerità è più importante persino dell'amor del prossimo. In effetti, verità e amore non deb-

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bono e non possono contraddirsi a vicenda. Ma in tutte le cose di cuore, senza autenticità le persone non si incontrano, neppure sotto la formula convenzionale del perdono. (lo scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 200)

Quasi tutti, sia noi quando siamo feriti da altri o altri feriti da noi stessi, dovremo anzitutto imparare a mutare, a poco a poco, andando oltre persino la cattiveria del proprio cuore, non soltanto oltre il dolore causato, ma anche oltre il bisogno di una nuova sofferenza da causare all'altro, per compensazione. Solo in virtù di una conoscenza più profonda di ciò che tormenta noi stessi acquisteremo la forza anche di accettare e di placare il male nel cuore di un altro. In fondo, con ciò diciamo ali' altro non solamente: 'Io ti perdono', ma più profondamente: 'Io comprendo a partire da me stesso come hai potuto arrivare a questo. Io non conoscerei me stesso, se non sapessi che cosa è accaduto in te'. (lo scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 201)

Quando il sole è sorto, non si accendono più lumi, dice un proverbio cinese; quando piove, 58

non si innaffia il giardino. Perdono dei nostri peccati significa che tutti possiamo sapere che il sole è sorto proprio ora; oppure, per noi quasi arsi dalla sete, che è già incominciato a piovere. Tutto è bene. Tutto ciò che è importante, è già avvenuto. L'unico, centrale, cambiamento di valori ha già avuto luogo. È la .'risurrezione' di Gesù: la nostra vita al di là delle barriere della morte a causa dell'angoscia e della colpa. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab indie Barke der Sonne, 199)

Bontà contro potere Quanto è impotente la bontà su questa terra, quanto terribilmente credibile, invece, il provato mezzo del potere: la ricetta del potere! E poi, continuamente il nostro buon senso, gonfiato fino alla follia di frasi e nullità e pompato di riflessioni che rivelano l'angoscia umana. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. -

Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 496)

Una legge arcaica dentro di noi sembra esigere che tutto ciò che è straniero vada consi-

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derato come nemico, quasi _dovessimo temerlo e combatterlo già semplicemente perché è straniero. Ci minaccia perché non lo conosciamo, ci mette in questione perché è diverso da noi, ci ferisce perché distrugge l'aureola della nostra unicità e incomparabilità. Quanto più forte è la nostra angoscia, quanto più si restringe, fino all'angustia, la fascia della no-. stra umanità attorno a coloro che ci stanno vicini, tanto più decisamente essa esclude tutti gli altri come awersari. Regole morali che sono per noi assolutamente vincolanti nel rapporto con i nostri simili, perdono il loro valore, anzi si tramutano nel contrario di fronte a persone che non sono dei nostri. Quanto più fortemente il nostro gruppo - il clan, la tribù, il popolo, la classe sociale, la comunità religiosa, il partito - determina ciò che è umano, tanto meno ci possono apparire come persone coloro ai quali il sistema corrente di norme e di regole di comportamento non si può applicare. Invece che persone, questi devono essere per noi dei senza legge, nemici del popolo, nemici di classe, infedeli, reazionari, per i quali bisogna dichiarare lotta, disprezzo e persecuzione. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 602 s.)

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Solamente i superiori indisturbati si possono permettere di mantenere l'uso dei loro mezzi di potere all'interno di determinati lllniti umani; chi non ha potere deve lottare con tutti i mezzi a sua disposizione, sempre nella speranza o nell'illusione di eliminare con una 'piccola' ingiustizia una grande ingiustizia. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 520)

L'inefficacia della bontà, in questo mondo, è troppo evidente per essere negata. Anche la fede non cambia nulla a questo riguardo. Ma proprio perché non importa il risultato, la bontà si delinea con tanta maggior chiarezza sullo sfondo del potere eternamente più forte. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 421)

Vedere responsabilità Ci sono milioni di persone che per fame e stanchezza riescono a malapena a trascinarsi lungo la loro esistenza. Forse che, seriamente parlando, la cura e il culto delle nostre como-

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dità dovrebbere essere più importanti del linguaggio dei loro corpi consunti e delle loro anime soffocate nella tristezza e nell'impotenza? Al visitatore di Auschwitz, oggi, si mostra l'impronta delle unghie delle dita di coloro che furono sistematicamente assassinati nelle camere a gas di cemento. Ma che cosa ci occorre per lasciarci impressionare? La metà del superfluo - e cesserebbe la miseria sulla terra! (I tuo nome è come il gusto della vita. Dein Name ist wie der Geschmack des Lebens, 70)

Nell'anno 2000, nel nostro mondo moriranno di fame 40.000 bambini al giorno, ma ne nascerà quotidianamente un quarto di milione; la metà della popolazione mondiale sarà sottonutrita e la convivenza dei popoli assomiglierà ad un barile di polvere. Ma che cosa facciamo, noi? La chiesa cattolica dichiara che un problema di sovrappopolazione non esiste affatto e tutti i mezzi artificiali di controllo delle nascite vanno rigorosamente rifiutati. I partiti cristiani, nel nostro paese, dichiarano che per prima cosa dovremmo ridurre il numero dei nostri disoccupati e a questo scopo avremmo bisogno di un'ulteriore crescita economica. In altre parole: noi non consumiamo abbastanza per vitalizzare efficacemente la domanda in-

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terna e non esportiamo ancora abbastanza per procurare all'economia sufficienti commissioni. Ma che ne è delle nostre esportazioni? (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 383)

Oggi chi dice 'politica' intende sempre anche

il gioco con persone e che riguarda persone, intende sempre anche la continua violazione del principio supremo dell'umanità, secondo cui un essere umano non dovrebbe mai essere considerato come mezzo per raggiungere uno scopo, ma sempre come fine per se stesso, intende sempre anche le tragedie concrete che accadono nella lotta per ottenere e per conservare il potere. (Chierici. Kleriker, 673)

La domanda decisiva consiste nel chiedersi come impariamo ad ascoltare Dio, così da acquistare in tal modo il coraggio per un essere autentico, che ci renda capaci di non vivere come soffocante e umiliante "la vicinanza degli oppressi e degli umiliati", ma di trasformarla costruttivamente. (Chierici. Kleriker, 691

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Quel mondo che noi attendiamo e nel quale soltanto potremmo vivere in modo umano dovrebbe essere sorretto dallo sforzo di comprensione reciproca e da una universale disponibilità ali' aiuto nei confronti di qualsiasi necessità umana, dovunque la si incontri; quante delle nostre abituditii assolutamente normali potremmo abbandonare per questo scopo, al fine di guadagnare in umanità! (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 395 s.)

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5. Rischio di vivere

Davanti ali' abisso del nulla C'è profonda in tutti noi quella terribile forma di disperazione che assolutamente non sa più, né vuol sapere, che talvolta c'è pure stato qualcosa come la speranza; e c'è quella abissale rassegnazione che assolutamente non possiede più alcun ricordo di ciò che significa sognare; quell'orribile ottenebramento nel quale non esiste più né bene né male, né vizio né virtù, nessuna grandezza e nessuna bassezza, ma soltanto monotonia e caos, il quotidiano nulla, gonfiato fino a diventare forma di esistenza. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 400)

Si può essere realmente disperati soltanto se non ci si sente più responsabili di nulla al mon-

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do; solo allora si può credere che tutto sia finito e perduto. Ad esempio, una donna che doveva provvedere unicamente ad un piccolo criceto, un giorno raccontò che, per amore di questo animale che lei aveva comperato per mille lire nel vicino negozio dello zoo, non intraprese, una certa sera, un tentativo di suicidio. È brutto non doversi occupare più di nulla. (Psicologia del profondo e esegesi I. Tiefenpsychologie und Exegese I, 745)

Finché abbiamo da mettere ordine soltanto entro le quattro pareti di casa nostra, siano pur molte le cose che non è possibile eliminare, abbiamo però a che fare solo con noi stessi e quindi possiamo assumercene la responsabilità e in qualche modo venirne a capo. Ma una autentica e totale lacerazione è la sofferenza che riguarda gli altri e alla quale ci troviamo di fronte senza poter fare alcunché. Questa tremenda sensazione di ineluttabilità, questa continua preoccupazione che l'altro possa non avere la forza necessaria, questa apprensione e tensione continue nell'attesa passiva di una catastrofe, che si annuncia, ma che rimanda sempre il suo compimento - tutto ciò è veramente insopportabile. (Il Vangelo di Marco. Parte prima. Das Markusevangelium. Erster Teil, 472 s.)

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Solo la sofferenza, la solitudine e l'angoscia strappano all'uomo i paraocchi in maniera definitiva, distruggono le false sicurezze di una consueta ipocrisia e di un bonario modo di, vedere le cose e lo pongono davanti all'abisso del nulla, l'abisso che sta all'origine di ogni creazione e dal quale soltanto Dio può salvare l'uomo. (Psicologia del profondo e esegesi. Tiefenpsychologie und Exegese, 155)

Furono proprio gli afflitti e coloro che piangono quelli che Gesù vide vicini a Dio e a cui unicamente assicurò il perdono del cielo. Solo essi erano miseri abbastanza per non avere più bisogno delle mascherate della menzogna; solo essi erano abbattuti a sufficienza per non dover più darsi delle arie; solo essi erano affaticati e stanchi quanto basta per essere semplicemente inutili, senza piani e senza scopi, senza il terrore di obiettivi importanti. Perché noi impariamo a conoscere la verità della nostra vita sempre soltanto attraverso la sofferenza? (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab indie Barke derSonne, 49)

Eppure solo il dolore permette di sperimentare la guarigione, solo la tristezza per-

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mette di esserne liberati, solo la nostalgia permette la pienezza. Le ferite tra ieri e domani non dovrebbero chiudersi, le fessure alle pareti non dovrebbero venir otturate, poiché solo così può irrompere la nuova vita. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 682)

Cambiamento e maturazione Giammai la nostra vita si decide nell'attimo in cui crediamo di scegliere; i momenti realmente fatali evidenziano solo ciò che è stato deciso già da lungo tempo - per lo più perché noi, inconcludenti e incapaci di decidere per paura e indifferenza, come ciechi abbiamo sempre rimandato le domande importanti della nostra vita. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 191)

Si deve essere sinceri con se stessi: ci sono momenti nella nostra vita che sono definitivi, e per chi differisce di continuo determinate de70

cisioni, un giorno questo può inesorabilmente voler dire: troppo tardi! (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 189)

Finché si è giovani e si è all'inizio della propria vita, certo si sogna spesso, con grande libertà e senza alcun limite, delle possibilità illimitate della propria vita; soltanto a poco a poco, nel realizzarsi, i confini diventano più angusti. Colui che è infelice, che è rimasto vuoto, vivrà queste limitazioni pieno di angoscia e di tristezza - ad ogni momento si sentirà un po' più povero e di continuo avvertirà che qualcosa di essenziale della sua vita si è perduto lungo la corrente del tempo. Colui che è felice, invece, vedrà maturare in siffatte necessarie limitazioni della sua vita piuttosto la forma propria del suo essere e rinuncerà volentieri ad altre possibilità, se in questo modo potrà realizzarsi in lui qualcosa di ben determinato. (Psicologia del profondo e esegesi. Tiefenpsychologie und Exegese, 417 s.)

Noi esseri umani ci occupiamo di tutto il possibile e pensiamo di uscire così dal pantano, mentre in verità continuiamo ad immer71

gerci solo nell'iinpossibilità di uscirne; ma poi, quando ci ritroviamo esauriti, quando non abbiamo più nessun scopo e nessuna direzione davanti a noi, facciamo, ad esempio, ciò che apparentemente è del tutto senza importanza e secondario, e forse proprio questo diventa, davanti a Dio, l'insperato punto di aggancio della nostra salvezza. In questo modo Dio fa sì che, nonostante fa nostra miglior volontà, spesso non possiamo prevedere proprio l' opera della nostra salvezza. L'essenziale della nostra vita [. .. ] ci accade come dall'esterno, inatteso, per niente affatto connesso con l'inizio posto forse da noi stessi; solo in seguito, a partire dal risultato felice, possiamo ricalcare e comprendere l'agire di Dio nelle curiose circostanze della nostra vita, ed allora, alla fine, come unico fare umanamente essenziale, ci rimane solo la gratitudine. (Il cammino pericoloso della redenzione. Vo.ller Erbarmen rettet er uns, 38)

Si tratta di un invito a vedere e a scoprire qualcosa che potrebbe toglierci, con la maggior discrezione e cautela possibile, l'inquietudine e l'angoscia circa l'insufficienza, la problematicità e la fragilità della nostra esistenza: così che lo sguardo si stacchi dall'inconsisten72

za e dall'infondatezza del proprio Io per essere rivolto verso Dio. Tutta la gioia della nostra vita sta in questo cambiamento di sguardo. Non c'è nulla, infatti, né può esserci proprio nulla che possa aver effetto più calmante, più consolante, più liberante, più salvifico, di questa parola che elimina ogni tensione: «Solo Dio è buono». È una parola che scioglie ogni interrogativo e pone fine a tutto l'arrovellarsi circa ciò che devo fare per avere la 'vita eterna'. Se questa parola è vera, io posso essere, del tutto semplicemente, come sono....:. con i miei difetti, con le mie nullità ed indegnità, poiché: c'è Dio. Tutto ciò che è importante è, per così dire, già stato fatto. (Psicologia del profondo e esegesi. Tie/enpsychologie und Exegese, 703)

Solo passo dopo passo si riuscirà ad abbandonare l'esteriorità e a diventare interiormente veri. (L'uccello d'oro. Der goldene Voge!, 36)

Interrogato su ciò che Dio, il quale parla all'uomo in tutte le cose, possa dire nel gioco della dama, il rabbi rispose: «Orbene, che voi 73

siete costretti a muovervi per diritto e per traverso su linee fisse, passo dopo passo; arrivati, però, se accade il cambiamento, siete liberi e potete andare dove volete e fin dove-potete>>. (Chierici. -

Kleriker, 729)

Una povertà che libera La nostra società moderna si fonda essenzialmente sul denaro: la gestione della nostra società nella forma della politica, la maggior parte delle relazioni umane, perfino i nostri ideali si fondano sul denaro. Certamente crediamo anche in Dio, e già da 1500 anni abitiamo l'occidente cristiano. Ma com'è che, là dove un qualsiasi altro gruppo culturale è venuto in contatto con noi europei, da noi non. ha imparato a conoscere Dio, bensì il crasso materialismo? Com'è che nel nostro modo di pensare e di agire non c'è altro valore - né religioso, né umano, né naturale all'infuori del denaro e questa, chiaramente, è l'unica verità che noi realmente esportiamo fino ai mari del Sud e al polo Nord? Com'è che in nome del denaro si distrugge la natura, si priva l'essere umano della sua dignità e

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si strumentalizza Dio come alibi per questo scopo? (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 409)

Se qualche resto delle specie animali e vegeta-

li, oggi ancora nttmerose soprattutto nelle piovose foreste tropicali, deve avere da parte dell'uomo almeno lopportunità di sopravvivere, è necessario che la specie umana, per la prima volta nella sua storia, smetta di seguire in maniera illimitata il precetto dato da Dio nel paradiso, che suona così: «Crescete e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su tutti gli animali che si muovono sulla terra>> (Gn 1, 28).· Meno esseri umani, a favore della conservazione di una maggiore varietà di specie animali e vegetali - un programma, questo, che per lantropocentrismo cristiano è, anche oggi, una pretesa quasi insopportabile. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 230)

Nella vita economica di oggi, finché essa durerà, il peso e la pressione di un mondo che si fa sempre più stretto vengono naturalmente trasfe75

riti in modo sfrenato sugli animali, ed anche qui la dottrina cristiana dell'immortalità soltanto dell'uomo sembra legittimare sul piano ideologico ogni tipo di maltrattamento. [. ..] Con la stessa mentalità di pianificazione razionale con cui si estrae carbon fossile, ci si mette oggi anche ad allevare e ingrassare meccanicamente animali, fornitori di carne da macello, in enormi stabilimenti di massa per bestie, fino a che, secondo la logica dei consumi, divenuti merce redditizia, imboccano la strada per quelle fabbriche di morte che sono i mattatoi delle città. (Io scendo nella barca del sole. !eh steige hinab in die Barke der Sonne, 231)

Se per una volta dimentichiamo le continue giustificazioni e scuse per le necessità apparenti, per le costrizioni e gli obblighi oggettivi, che ci spingono a possedere denaro, il vero nocciolo della nostra dipendenza da 'mammona' sta nel fatto che il denaro possiede il potere di tranquillizzare, in apparenza, le nostre più importanti angosce esistenziali. Angosce che solo noi esseri umani abbiamo, e che, perciò, ci costringono in continuazione a cercare risposte smodate e illusorie. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 119)

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Quanto più la lotta contro la povertà avrà successo, tanto più sicuramente non si farà attendere la scoperta che non c'è povertà solo dal punto di vista sociale, ma anche, e ugualmente forte, dal punto di vista psichico: miseria, dipendenza, sfruttamento e aliep.azione tornano immanGabilmente sul piano della psicologia, ossia sàltano soltanto la copertura sociale sotto cui sono rimasti finora nascosti, ed ora pretendono una risposta propria e personale. Anche qui, sul piano psichico, si tratta certo sempre di forme di povertà che di per sé non appartengono all'uomo e in linea di principio sono superabili - ma proprio per questo appaiono così scandalose e disumane. (Chierici. -

K.ldriker, 669)

'Ricco' nel senso di Gesù non è colui che possiede molto, ma colui che è costretto a possedere molto per sedare l'angoscia di non essere abbastanza buono, non abbastanza capace, non abbastanza considerato o utile, non abbastanza perfetto o forte, per poter esistere in sicurezza e tranquillità. Solo quando denaro e possesso devono rispondere a domande che, per principio, non possono avere risposta, chi 77

possiede diventa prigioniero, il denaro diventa un feticcio, l'avere una perdita di essere. Il contrasto è chiaro: dalla povertà materiale ci si può liberare solo in direzione di un maggior possesso materiale; ma il vero problema è questo: come si libera una persona dall'aggrapparsi alle sue sostanze come se queste fossero la sua beatitudine? Com'è possibile mostrarle che il meno è il più? (Chierici. Kleriker, 680)

Abbiamo già guadagnato molto, se riusciamo a cogliere che il problema centrale del Nuovo Testamento, in fondo, non è la povertà, bensì la ricchezza; poi, però, è molto importante capire che la messa in guardia di Gesù di fronte alla ricchezza non ha affatto, in primo luogo, motivazioni sociali, ma scaturisce direttamente dal suo rapporto con Dio: la ricchezza non può stare tra Dio e l'uomo, per l'uomo non deve diventare ciò che, in definitiva, solo Dio può essere per lui, ossia un'ultima sicurezza esistenziale contro l'angoscia. Non si può trascurare questo sfondo dell'angoscia esistenziale, se uno vuole comprendere che 'povertà' nel senso di Gesù vuole e può essere un'espres78

sione di redenzione, e precisamente, in primo luogo, non per gli altri, ma per se stessi.. (Chierici. Kleriker, 619)

Finché per povertà si intende il 'sacrificio' è la rinuncia al proprio io, si ristabilisce, dietro un' autocompunzione masochistica, la pretesa di possedere e di valere soltanto in modo più brutale. Povertà significa vivere realmente, con fiducia in Dio, la debolezza del proprio io, senza scappatoie e senza scuse: non abbiamo di più di quanto noi stessi siamo, perché Dio ce lo ha donato quando ci ha creato. Né dobbiamo avere di più di quanto noi stessi siamo. Tutto ciò che va oltre falsifica il nostro essere e blocca I' accesso alla persona. (Chierici. Kleriker, 687)

Trovare il proprio centro Questa è la cosa più importante che possiamo apprendere nella vita: trovare il nostro proprio essere e restargli fedele. Sol79

tanto questo importa, e solo in questo modo serviamo Dio in modo totale: comprendendo chi noi stessi siamo e acquistando coraggio di vivere fu prima persona. Ci sono infatti melodie, ci sono parole, ci sono immagini, ci sono canti che, come assopiti, sono soltanto in noi, nella nostra anima, ed esprimerli e cantarli costituisce il compito centrale della nostra vita. Solamente per questo scopo siamo stati creati; e nessun altro compito è più importante che scoprire quale ricchezza c'è in noi. Solo allora il nostro cuore diventa tutto, solo allora la nostra anima si dilata, solo allora il nostro pensiero si fa forte. E solo con tutte le forze che sono in noi serviamo e lodiamo il nostro Creatore, come merita. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 289 s.)

Oggi ci troviamo di fronte al paradosso che le persone devono mettere al mondo dei figli ancor prima che esse stesse abbiamo potuto essere bambini, devono essere madri prima di essere donne e padri prima di essere uomini. I loro figli, allora, crescono in un mondo in cui non possono godere del diritto naturale di ogni bambino di essere amato. Delusi dalla

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madre, questi bambini si aggrappano al padre, ma anche il padre ha paura di fallire nei propri sentimenti e così i bambini vengono presto contagiati dalla paura delle proprie sensazioni d'affetto e d'amore - e fa così male essere rifiutati. (Angoscia forza vitale. Lebenskraft Angst, 34)

Per trovare la nostra vita, dobbiamo trovare e riconoscere i suoi autentici confini ed allora dobbiamo erigervi attorno uno steccato che gli altri rispettino. E in tutto ciò, si badi bene: non si tratta di egoismo e di arbitrio, ma di difendere ciò che noi siamo davanti a Dio; si tratta di conquistarci lo spazio che Dio ci ha assegnato per vivere. (Psicologia del profondo e esegesi I. Tiefenpsychologie und Exegese I, 499)

Si contribuisce alla felicità di altre persone proprio nella misura in ·cui si è personalmente felici; non si può strumentalizzare il bisogno altrui per sentirsi giustificati e necessari; ed è un dovere essere se stessi, altrimenti ci si dovrà un giorno accorgere come, attraverso le proprie limitatezze, si limitano anche 81

altre persone e si impedisce loro di diventare se stesse. (Chierici. Kleriker, 693)

Si è disposti a rinunciare a metà della propria anima, assieme alla figura simbolica di una vita più vera, piuttosto che riconoscere apertamente, di fronte alla pressione degli altri, ciò che in una persona potrebbe vivere. (Psicologia del profondo e esegesi I. Tiefenpsychologie und Exegese I, 508)

Ma la redenzione del 'mondo' non consiste nel sacrificare l'Io dell'individuo, ma, proprio al contrario, nel riconoscergli i suoi diritti e la sua libertà, e nel dotarlo di autonomia, duttilità e fermezza contro il terrore del collettivo. (Chierici. Kleriker, 673)

Ciò che ci fa felici Noi raggiungiamo la felicità non attraverso una decisione della volontà o una scelta consa-

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pevole. Ciò che ci fa felici scaturisce, in definitiva, quasi contro la nostra volontà, dal nostro Io, al principio apparentemente povero e miserabile. Solo dagli effetti ci accorgiamo un giorno che qualcosa deve essere venuto a galla nel nostro intimo, contro la nostra resistenza, il che cambia in noi tutto e poi, quando i dadi sono tratti per la verità già da tempo a favore di una volontà di gioia nascosta ma mai del tutto spenta, riconosciamo questo Qualcosa come un pezzo di noi stessi: ciò che di noi, esteriormente, era così povero è ora laspetto veramente regale, e quanto finora era considerato spregevole è ora ciò che è veramente degno d'essere amato. (L'uccello d'oro. Der goldene Vogel, 55)

Gioia - è tanto leliminazione totale dell' orgoglio quanto la permanente conciliazione dell'Io con la sua 'anima'. (L'uccello d'oro. Der goldene Vogel, 55)

Se qualcuno è disperato, si domanda perché mai vive; se qualcuno è annoiato, si chiede che senso possa avere la sua vita. Solo se siamo 83

molto felici, apparentemente non ci poniamo più domande del genere, poiché trovano risposta dall'interno in modo naturale, attraverso un sentimento di sicurezza e di protezione nell'esistenza. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 285 s.)

Ci sono dei momenti matriarcali in cui noi, come bambini, come se fossimo venuti al mondo proprio allora, accarezzeremmo delicatamente tutte le cose: le erbe e gli alberi, le onde e le nubi, il merlo e la pavonia - tutto, intorno a noi, vorremmo ringraziare perché esiste. Avvertiamo così chiaramente quanto poco ovvio, anzi, quanto pienamente sorprendente, improbabile e perfettamente meraviglioso è tutto ciò che di solito sperimentiamo solo come 'abituale' e 'quotidiano', (Il tuo nome è come il gusto della vita. Dein Name ist wie der Geschmack des Lebens, 34)

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6. La singolarità di Gesù

La persona è determinante Chi intende seguire il Buddha non ha bisogno del Buddha. «Voi stessi siete la vostra luce», disse l'illuminato ad Ananda, suo discepolo prediletto, morendo a Kusinara. Chi intende seguire Maometto, offenderebbe il profeta se volesse dirsi maomettano. Chi ritiene Karl Marx persona decisiva nell'epoca attuale della storia umana, a ragione può dirsi marxista, ma importante per lui non è la persona di Karl Marx, bensì la sua teoria del plusvalore e la conoscenza delle leggi della circolazione denaro-merci nel capitalismo. Soltanto nel caso di Gesù la persona stessa di Cristo è determinante. (Dai loro /rutti li riconoscerete. An ihren Frochten sollt ihr sie erkennen, 31)

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Del cosiddetto Gesù 'storico' non si sa qua:.. si nulla; ma quanto più viviarrio umanamente, tanto meglio comprenderemo chi egli è e che cosa ha da dirci; e ovunque nell'essere di un'altra persona incontriamo la forma genuina, infantile, noi tocchiamo le mani creatrici di Dio che la vollero così. Abbiamo da comunicarci l'un l'altro qualcosa di meraviglioso, quando ci permettiamo reciprocamente di fare la cosa più semplice di tutte: vivere e pensare che Dio ama noi e tutti gli esseri umani che ci stanno vicini per ciò che realmente siamo. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 51)

Fin da quando si incomincia •a prendere coscienza, la morte si presenta ali' essere umano come problema su cui la natura non dà (più) risposta; tuttavia, è inevitabile la tentazione di aggrapparsi ali' esistenza terrena con l'infinita energia della coscienza, come se questa potesse liberare dall'infinita angoscia dello spirito; ma la sola risposta che c'è fu data nella persona di Gesù: opporre all'angoscia la fiducia e insegnare ad ogni essere umano che nella sua dignità davanti a Dio possiede un.a grandezza e importanza inconfondibili, perché nella sua esistenza è immortale. Tutti i fenomeni ango88

scianti del 'mondo', della finitezza, vengono così manifestati nella loro micidiale disumanità e quanto mai sfidati; d'altra parte, però, e proprio per questo, la vita di Gesù ricapitola definitivamente il mistero dell'esistenza umana nella morte e risurrezione; e la domanda sarà sempre e solo questa: in quale misura ogni individuo è disposto a seguire la vita che è incominciata in Cristo, al di là dell'angoscia e al di là della morte. (Psicologia del profondo e esegesi II. Tiefenpsychologie und Exegese II, 500)

La straordinaria opera di Gesù consiste nell'avere totalmente spogliato di ogni contenuto politico, di tutto l'aspetto esteriore proprio del potere statale, la pretesa di essere un 're' - a ragione il vangelo di Giovanni gli fa dire davanti a Pilato: «Il mio regno non è di questo mondo» (Gv 18,36). (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 571)

Rimane una sola 'prova' del 'regno' di Gesù: il fatto che egli fondi la sua esistenza soltanto su Dio e creda fermamente che tutto· è bene, perfino quando tutti, per difendersi da

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lui, chiedono la sua morte. Questo, anzi, è il mistero della sovranità di Dio: c'è una sola sicurezza, in Dio soltanto. Infatti: «Chi il Cielo vuol proteggere, lo protegge attraverso l'amore» (Laotse). (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 577)

Dovremmo avere la sfrontatezza di guardare in avanti, attraverso l'oscurità, per credere di più nelle stelle che nella notte. Venga finalmente il 'Figlio dcll'uomo' ! Venga a mezzanotte, e l'attenderà l'oscurità; venga alla sera, e lo accoglierà il crepuscolo; venga al canto del gallo, e lo riceverà la stella del mattino (Mc 13, 35). (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 410)

Il miracolo della sua vicinanza Nella vicinanza di Gesù accadeva di continuo che degli storpi potessero, nella fiducia in Dio, raddrizzarsi, che delle persone, attraverso le sue parole, riacquistassero i loro sensi e po-

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tessero nuovamente vedere il mondo così com'è. Sulla sua parola imparavano di nuovo a fidarsi delle proprie orecchie, della propria capacità di giudizio, del proprio pensiero. Per Gesù ciò non significava alcuna contrapposizione, per lui si trattava dell'unica e medesima cosa: 1rovare la strada verso Dio e trovare la via per arrivare a se stessi; le due cose accadevano per lui in forza di una medesima fiducia, e l'una era solo il segno dell'altra. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 657)

Nei racconti dei miracoli, Gesù ha il potere di guarire non in forza delle sue capacità umane, bensì, al contrario: tutto ciò che egli può, tutto ciò che in quanto persona egli può essere per gli altri, dipende dalla sua fiducia; non è lui stesso che opera qui; il potere, in verità, che produce qualcosa consiste solo nella fiducia che egli (a partire da Dio) dimostra di fronte ad ogni forma di umana necessità. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 36)

Gesù non voleva che la disperazione, la mancanza di prospettive, il febbrile freddo 91

della solitudine fossero l'ultima parola sulla nostra vita - egli si pronunciò contro questo, richiamandosi a Dio e sperando di trasformare e liberare, in nome di Dio, l'esistenza umana. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 492)

Per Gesù la religione era [...] essenzialmente una guarigione dall'angoscia e dalle sue funeste deformazioni e limitazioni; egli vedeva nella fede in Dio un modo per ridare all'essere umano la sua dignità personale e a Dio la dovuta riconoscenza. Di questo atteggiamento verso Dio Gesù era così compenetrato da credere in persone che avevano perduto da tempo la fede in loro stesse, e tanto che nella sua vicinanza le persone continuavano a venir formalmente contagiate dalla sua fiducia a recuperare il senso di grandezza e di ampiezza della loro vita. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 149)

Tutto ciò che Gesù vuol dire è questo: ogni individuo della gente di Nazaret, ogni singolo, perfino nel più piccolo villaggio della Galilea, ognuno, ovunque nel mondo, ognuno, sempli-

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cemente perché è una persona, porta in sé le promesse più meravigliose, più belle e grandiose. Nel cuore di ognuno abita un regno dei cieli; in lui risuonano voci che provengono dall'eternità; ed il suo cuore è grande e bello come una cattedrale, come un tempio, come un ·castello ed una rocca, come un luogo di adorazione, di forza, di sovranità, di libertà. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 382)

Se noi esseri umani soltanto comprendessimo a quale grandezza siamo destinati, quale dignità portiamo in noi e quale rispetto ci dobbiamo gli uni gli altri, potrebbe immediatamente - così pensava Gesù - iniziare in questo mondo un regno di libertà, di pace e di comprensione. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 407)

Libertà e amore sono possibili Tutti gli uomini sembrano credere di essere felici e liberi; soltanto quando vedono qualcuno che lo è realmente, prendono paura di

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loro stessi; lo odiano, tanto sono felici; lo uc- · cidon0, tanto sono liberi. È chfaro che tutto questo deve di fatto accadere per aprire inequivocabilmente gli occhi a tutti. Ed è evidente che Gesù può vivere realmente la sua libertà e felicità, perché diventino patrimonio di tutti, solo nella totale contraddizione, nella persecuzione e nella sofferenza, nel disprezzo e nella derisione, nell'incomprensione e nel rifiuto. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 462)

Nulla è così difficile, davanti ali' angoscia, quanto restare umani, restare veri, restare buoni e non ripiegare nel potere, nella menzogna, nella distruzione. Ma questo volle dire Gesù, e questo scopo ebbe tutta la sua vita: che, a partire da Dio, potessimo vincere l'angoscia e fossimo in grado di vivere da persone libere. Davvero solo per questo egli dovette morire, e proprio per questo la croce, questo maledetto marchio di infamia, questo mostruoso ideale di ogni tortura umana, può diventare per noi, nonostante tutto, un segno di salvezza. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 658) 94

Dobbiamo, realmente e continuamente, anzi.tutto uccidere ciò che ci farebbe vivere, annientare ciò che ci potrebbe aiutare, rinnegare ciò che ci porterebbe verità, e solo alla fine, al di là delle barriere della distruzione, giungerà il pentimento, il risveglio, il discernimento sempre troppo tardivo? Hieronymus Bosch, quando dipinse il cammino di Gesù vero il Golgotha, di fatto ci ha fornito un ritratto che presenta questa orribile linmagine della storia: facce con occhi penetranti di avidità e lussuria, con una bocca cinicamente storta nello scherno, con guance gonfi.e e piene di odio e con mani che si allungano e si protendono nello strozzamento mortale. Solo questa può realmente essere l'immagine di noi esseri umani? (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 236)

No, la croce non è un segno di onore né un segno di adorazione. Essa è il compendio di tutto ciò che è antiumano, di tutto ciò che è antidivino, e se nell'ora del Venerdì santo c'è qualcosa su cui riflettere e da meditare, è unicamente come si possa, in futuro, evitare, eliminare, rimuovere, rendere non necessaria la croce, in tutte le sue forme. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 665)

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È inevitabile incontrare negli occhi di Gesù una scelta. O si impara, di fronte a Dio, a bruciare tutte le 'sicurezze' ed evidenze degli 'occhi', delle 'mani' e dei 'piedi' e, come «battezzati nel fuoco», a ricominciare da capo, oppure si diventerà per sempre vittime della propria angoscia; allora si 'brucerà' di nostalgia per una vita incompiuta e questa sofferenza devasterà nella sua sterilità e insignificanza ogni resto di vitalità e di speranza. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 83 s.)

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7. Dio nel proprio cuore

Innamorati della ampiezza infinita La religione corre sempre il pericolo di scadere nella sua 'attività' dottrinale. Accade come quando dei falsari si pongono all'opera per mettere in circolazione 'biglietti falsi' che assomigliano molto alle banconote autentiche e proprio per questo a lungo nessuno le scopre; però, quante più banconote falsificate vengono immesse sul mercato, tanto più sicuramente la valuta perde valore. Una cosa analoga accade nel rapporto con Dio. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 317)

In verità Dio è la larghezza del nostro cuore e l'infinità del nostro pensiero. Tutto ciò che comprenderemo di Dio, è iscritto nelle leggi del nostro sviluppo e della nostra maturazio-

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ne, le quali non conoscono altro criterio né altro scopo che lui stesso, l'infinito. Questo, infatti, è il mistero del nostro modo di incontrare Dio: quanto più profondamente sentiamo il nostro essere, tanto più constateremo che non c'è limite alcuno; così come alle rondini, in estate, non può bastare di volare qua e là soltanto tra le fila di case di un piccolo villaggio e come, al più tardi nei primi giorni di settembre, sopravverrà la nostalgia della sconfinata ampiezza dei mari e delle montagne, così afferrerà anche noi il desiderio dell'infinito. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 291)

Quando la durezza della realtà esterna, nell'oscurità e nel freddo, forse contraddice più d'ogni altra cosa a qualsiasi speranza, Dio parla chiarissimo nel nostro cuore. È come se da tempi primordiali Dio abbia dato alla nostra anima un viatico di immagini che sono sufficientemente forti, dolci e magiche per attrarci nella loro sfera d'azione e per indicarci la retta via - al di là, verso 'Betlemme'. Poiché si tratta di vedere questo mondo con gli occhi di angeli, in grado di riconoscere, in mezzo alla sofferenza e alla miseria umana, la figura divina e di accogliere il suo 100

corpo, la sua crescita, la sua maturante pienezza. (Il tuo nome è come il gusto della vita. Dein Name ist wie der Geschmack des Lebens, 104)

Potremmo comprendere Dio e comprendere anche noi stessi solo che accettassimo di lasciar entrare realmente nel nostro cuore quel potere che, unico, è da Dio e che solo può riportarci al centro del mondo, nella patria della felicità. In questo credeva Gesù. Che, in questo modo, egli convogliasse contro di sé tutta la paura da sempre scatenata proprio in relazione con i problemi dell'amore e costringesse ogni tipo di logica legale, in tutti i tempi, a demonizzarlo come un visionario anarchico, deve averlo saputo. Tuttavia, volle che continuassimo a interrogarci su quale livello intendiàmo organizzare la nostra vita: sul piano dell'ordine di Dio -oppure su quello dei regolamenti degli uomini. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 98)

La verità per la quale Gesù muore e vive in eterno è questa: esiste soltanto un luogo che per Dio è realmente santo, ossia il cuore degli 101

esseri umani che credono senza riserve alla sua bontà. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 214 s.)

Interrogare con la propria vita Probabilmente la domanda più importante del nostro tempo è questa: come possiamo ancora trasmettere di nuovo alla generazione ventura, e insieme a noi stessi, il coraggio per mete più alte, la fede nelle stelle, il desiderio di imitare in ciò le nuvole. Quando noi ricominciassimo a sentire la sete degli assetati, la fame di chi ha fame, nel mezzo di un mondo che non ci può saziare, abbiamo già fatto il primo passo perché Dio ridiventi vero nel nostro cuore e perché noi ci accorgiamo di lui nella nostra vita. (Il Vangelo di Marco. Parte prima. Das Markusevangelium. Erster Teil, 135)

In ogni domanda di Dio agli esseri umani si tratta di salvezza o di perdizione, di vita o di morte, del tutto o del nulla. Sono da Dio solo 102

le domande che a noi si pongono di continuo in modo inevitabile, in notti insonni e in sogni chiari come il giorno, che rendono felici o deprimono a seconda delle -circostanze, ma sempre con l'esigenza di una decisione definitiva. Solo chi si sente totalmente provocato avverte la domanda di Dio a lui stesso, nella sua vita, e si interroga con tutta la sua vita su Dio. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 218)

Tutto, sul cammino della nostra vita, ci appare così casuale e umano, troppo umano; molte cose sembrano in esso così futili, vuote e dolorosamente senza senso. Ma tutto dipende da questo: che in tutto ciò che è stato, alla fine ci si aprano gli occhi per scorgere la misteriosa guida di Dio, che inosservato ci ha accompagnato in ogni momento. Noi non possiamo avere questa visione fin dal principio ... ; ma possiamo, di caso in caso, udire in noi la voce come di un buon amico che ci parla, orientando e guidando; e vincendo l'angoscia che ad ogni passo continua a sbarrarci il cammino della vita, giungeremo fino alla meta, alla visione di Dio. Allora saremo all'unisono con noi stessi e la nostra casa si trasformerà nel luogo in cui !"angelo' di Dio, Dio come salva103

tore, si darà a conoscere nella potenza·del suo essere. (Il pericoloso cammino della redenzione. Voller Erbarmen rettet er uns, 56)

I pericoli della vita che irrompono dall'esterno possono scomparire altrettanto improvvisamente come sono venuti - su questo noi abbiamo, per lo più, un influsso soltanto indiretto. Ma ciò che accade in noi stessi e la nostra posizione nei confronti di Dio, questo è ciò su cui si decide tutta la nostra vita, questa è la nostra esistenza. Il mondo intero è pieno di miracoli, ad ogni istante, poiché Dio non ci abbandona mai; egli ci è vicino sempre, e non solo quando lo invochiamo. (Il Vangelo di Marco. Parte prima. Das Markusevangelium. Erster Teil~ 358)

Il problema maggiore che si pone alla nostra vita consiste, fa effetti, in questo: che uno non si interroghi più su quali effetti una cosa abbia, a che fine la si possa usare e che cosa si debba fare per raggiungere uno scopo ben preciso, bensì che si interessi solamente che qualcosa vada bene interiormente, che sia da Dio, che sia vera. Secondo i criteri correnti della nostra vita, in definitiva non si può più 104

giustificare uno che desidera vivere unicamente di verità. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 577)

Continuiamo a credere di dover importunare Dio con le nostre necessità e con le nostre pene, sempre nell'illusione di sapere, in fondo, che cosa è bene per noi, sebbene solo Dio lo sappia. Farsi 'obbedienti' significherebbe lasciar perdere i propri piani e diventare veri e trasparenti nel silenzioso raccoglimento della presenza di Dio. (Chierici. Kleriker, 708)

Compiamo l'ultimo passo verso la liberazione quando siamo in grado di rispondere all'esigenza, in fondo centralmente religiosa, dell'esistenza: ci dovrebbe essere qualcosa a cui potersi dedicare con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze (Dt 6,4; Mc 12,30), e in verità per tutta la vita. (L'uccello d'oro. Der goldene Vogel, 52)

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Essere reciprocamente specchio di Dio Dio è quella persona di cui ho assoluto bisogno per giustificare perché ci sono. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Tezl, 217)

Di per sé nell'anima delle persone non c'è nessun potere che sia in grado di raccogliere e radunare tutte le forze della personalità contro le frantumazioni dell'angoscia quanto l' atteggiamento di una fiducia fondamentale. Solo nella sfera di una sicurezza che esclusivamente la fede schiude, una persona può raggiungere l'unità con se stessa e, in definitiva, è il suo rapporto con Dio che decide quale rapporto uno abbia con se stesso. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 79)

In ogni caso, però, la fede in Dio si fonde strettissimamente con la fede nella personalità dell'essere umano ed è la medesima cosa credere in Dio come persona, come volontà al di là del mondo e amore eterno, e considerare la persona umana come qualcosa di assoluto. 106

Nessun uomo avrebbe il coraggio di affrontare il mare del suo inconscio, se in lui non ci fossero già delle immagini che gli indicano un cammino verso l'altra sponda della sua patria eterna. (Psicologia del profondo e esegesi II. Tiefenpsychologz"e und Exegese II, 343)

Ognuno ha, in modo unico, la sua strada per arrivare a Dio e questi percorsi possono essere così differenti l'uno dall'altro che uno deve imparare ad accettare la morte come la forma in cui Dio 'viene' a lui, mentre un altro, in certi casi, deve attep.dere per tutta una vita l'unico istante decisivo in cui Dio gli si avvicina. Ma questa divina 'inclliferenza' nei riguardi della sorte dell'altro, questa sacra concentrazione sul percorso della propria destinazione, non ci divide gli uni dagli altri all'interno del 'gregge' di Cristo, ma è addirittura l'espressione di una indistruttibile comunione e coappartenenza che neppure la morte può infrangere. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 227)

Non ci si avvicina di più a Dio allontanandosi dall'uomo; non si rafforza l'esistenza in 107

Dio negandola agli uomini; né ci si dona risparmiandosi - per Dio? A che scopo, lui, ci_ ha donato l'amore? (Chierici. Kleriker, 718)

Tutta la nostra arte del vivere consiste nell'imparare a cogliere noi stessi e quanti ci stanno vicino in modo tale che ci appaiano come il ritratto e lo specchio nel quale vediamo il"volto di Dio. Che sarebbe, altrimenti, l'amore tra persone, se non questa capacità di riconoscere l'immagine dell'eterno nell'anima di un altro essere mortale, con un sentimento di piena gratitudine e sentendoci ricchi della felicità del cielo? (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. _Das Markusevangelz"um. Zweiter Teil, 268)

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8. Vincere la morte

Quando viviamo realmente? Già nel momento del concepimento di un essere vivente incomincia a scoccare lora della morte e, il più delle volte, ancor prima che giunga alla sua scadenza, un caso qualunque, come sopravvenisse dall'esterno, larresta. Basta poco: un coagulo nel sangue, una macchia d'olio, un intoppo per le scale, un disturbo al ritmo cardiaco. Il corpo umano ·è in grado di annullare molti milioni di germi patogeni, ma contro il programma della morte al suo interno è impotente. Questo programma è lui stesso. Il comportamento più adeguato nei confronti della morte sembra essere lobbedienza: andare con la stupidità delle bestie, quando essa ci chiama. (Io scendo nella barca del sole. !eh steige hinab in die Barke der Sonne, 21)

Che cosa siamo noi esseri umani di fronte ali' onnipotenza della morte? Oppure, anche viceversa: che cosa è la morte, se ci è sempre accanto come possibilità minacciosa o, a seconda delle circostanze, anche come possibilità liberante, come abisso o rifugio, come tomba o grazia, secondo che la consideriamo? Una cosa è certa: solo a chi è abbastanza teme111

rario da amare sulla terra qualcosa la morte appare un problema. Solo coloro che si attaccano a qualcosa possono perderla; solo coloro a cui il mondo ha regalato un barlume di felicità conoscono la tristezza di dover morire; solo i delusi dal desiderio possono alla fine cercare formalmente la morte. Ma proprio loro, in fondo, chiedono soltanto di vivere veramente. Questo, però, sembra essere il nocciolo di tutte le questioni: quando viviamo realmente? (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 12)

Che cosa si può fare, sapendo che fra venti, trent'anni saremo morti e quando, si crede di sapere che un'altra vita, diversa da questa vita sulla terra, non c'è? Orbene, si deve cercare di dimenticare la morte e di godersi la vita, ed ogni attività che eccita i sensi e stordisce lo spirito va bene a questo scopo. Se è lo spirito che produce angoscia, allora la stupidità diventa un fine e la si deve formalmente elevare a programma, sotto i nuovi nomi di distensione, di svago, di gioia e di 'meritato godimento'. Siandrà bellamente a mangiare e a bere, ci si sdraierà bellamente al sole, e soprattutto si fuggirà la solitudine immergendosi in società - quanti 112

più corpi umani ci circondano, tanto più caldo sembra produrre la coperta di protezione contro il freddo della morte; si temerà il silenzio e si cercherà il rumore e la frenesia del movimento, e in ogni forma di agitazione si cercherà di assicurarsi quel che è rimasto di giovinezza, di bellezza e di vitalità - le sale da ballo, i balli in maschera, i partys dove è d'obbligo far mostra di divertirsi diventano luogo privilegiato per togliersi dalla testa il pensiero della morte e quando neppur questo basta, ci si può aiutare con droghe, con alcool, con il frastuono della massa e si balla fino a che la morte, alla fine, diventa anch'essa parte del ballo. (Psicologia del profondo e esegesi II. Tiefenpsychologie und Exegese II, 305 s.)

È possibile lottare per una vita possibilmente lunga, è possibile proteggersi e difendersi accuratamente contro tutte le eventualità. Ma quanto più forte diventa l'angoscia di fronte alla morte, tanto più ipocondriacamente dovremmo combattere la vita stessa, sempre con questo atteggiamento. Che ne sarà? Non lo sappiamo. Ed anche se lo sapessimo, che ci avremmo guadagnato? (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 27)

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Tutto ciò che esiste e che accade merita, proprio nella prospettiva della morte, la massima attenzione; e viceversa: l'arroganza illusoria e la presunzione di potere, di possedere e di sapere scompaiono quando tutte le cose sono mortali. La morte relativizza ciò a cui noi, nella nostra temerarietà, vorremmo aggrapparci, come ad una garanzia di sicurezza, e dona una tranquilla saggezza, anzi persino un ultimo acquietamento: se il peso della terra diventa troppo greve, restano sempre le porte della morte, la misteriosa onnipotenza del serpente, sempre pronto a sciogliere gli enigmi dello spirito, a porre fine alla solitudine del cuore e a sanare i dolori del corpo. Chi lo .vede, contempla inevitabilmente le profondità delle cose; per costui la vita prende forma di nuovo. (L'essenziale è invisibile. Das Eigentliche ist unsichtbar, 41)

È chiaro che quanto temiamo la morte dipende molto da quanto noi, nella nostra vita, confidiamo nella capacità di amare e sperimentiamo la gioia di amare. (Io scendo nella barca del sole. !eh steige hinab in die Barke der Sonne, 55)

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La morte non può uccidere l'amore Che accade quando una persona che amiamo muore? Non comprenderemo mai realmente un tale evento, per il quale i più intimi legami di amicizia possono essere repentinamente ed irrevocabilmente recisi. Davanti ai nostri occhi viene a mancare una persona che ·avremmo voluto sorreggere nel cammino della vita; nel bel mezzo del dialogo la sua parola si spegne sulle labbra; rigidità e freddezza subentrano al posto della bellezza più avvenente e dell'espressione più spirituale. Dal punto di vista medico spiegabile, la morte sfugge dal punto di vista umano ad ogni comprensione; tutt'al più si possono formulare delle condizioni alla cui luce la morte sembra accettabile come parte della vita e sono chiaramente gli stessi presupposti grazie a cui la vita acquista umanamente senso. Anzi, a ben vedere, la morte è come una chiave di volta, come un compendio di tutte le regole che permettono nel corso della vita lo sbocciare dell'amore. (L'essenziale è invisibile. Das Eigentliche ist unsichtbar, 50)

È assai più urgente non fermarsi a deplorare la morte; l'importante è seguire la testimo115

nianza dell'anima in maniera più decisa che la testimonianza dei sensi e prestar più fede agli occhi del cuore che a quelli del corpo. L'amore trasforma sempre la vita di una persona amata in una leggenda vivente e solo attraverso l'ingresso in questa sfera del carattere leggendario dell'amore si aprono gli occhi per una visione pil) profonda sia della vita che della morte di una persona cara. (Psicologia del profondo e esegesi Il. Tiefenpsychologie und Exegese Il, 425 s.)

Nei miti dei popoli l'esperienza della sessualità è sempre collegata in modo particolare con l'esperienza della morte, ma la mortalità stessa, come già la biologia dimostra, è una conseguenza della sessualità e, a sua volta, la sessualità ha senso solo se c'è la morte. Tuttavia, l'angoscia del morire può portare ad evitare completamente l'amore, quasi fosse esso stesso la morte, anzi, il partner, specialmente la figura della donna, appare alla fine perfino come un abisso divoratore, che inghiotte tutto. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 56)

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È una triste consolazione invocare a discolpa della morte la necessità e la giustizia inesorabile del suo apparire. La sua tetra maestà si eleva a figura tanto più terribile quanto più indifferentemente essa non tollera eccezioni, proprio là dove l'amante sperimenta incondizionatamente l'unicità e l'incomparabilità dell'amata come argomento cogente per giustificare un'eccezione assoluta: ad ogni amante l'amata appare come unica, e nulla gli pare più ignobile della monumentale indifferenza ed uguaglianza della morte. Non c'è pace sulla terra tra amore e morte e, per quanto sia necessaria nell'ordine del mondo, la morte è uno scandalo nell'ordine del cuore. (Psicologia del profondo e esegesi II. Tiefenpsychologie und Exegese II, 425)

All'universo intero noi possiamo sembrare indifferenti, inessenziali e completamente secondari; nella vita di una persona che ci ama siamo assolutamente essenziali e irrinunciabili. Solo attraverso l'amore noi esseri umani acquistiamo il coraggio di es~stere come individui; però, proprio per questo ci sottraiamo all'ordine della natura; proprio per questo la morte ci diventa una pretesa insopportabile. (Io scendo nella barca del sole. -

Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 41)

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E tuttavia è propri.o l'amore che sa anche riconciliare con la morte. Soltanto l'amore sa in ogni momento che il corpo è solo il velo esteriore, il guscio e l'involucro di una vita più alta. Esso, che in ogni momento considera i gesti del corpo come possibile espressione dell'anima - che in tutte le cose e 'fatti' cerca di presagire il lato interno del significato spirituale; che è in grado di trasformare gli oggetti tutt'intorno in simboli dello spirito è alla fine in grado di considerare anche la morte come il simbolo di una definitiva spiritualizzazione, anziché protestare contro di essa. (L'essenziale è invisibile. Das Eigentliche ist unsichtbar, 52)

Neppure la morte può separare le persone che si amano; al contrario, la distruzione dell'amore sarebbe peggiore della morte. Tutto dipende dal fatto di considerare l'amore e I' amicizia stessa, con le loro speranze e i loro desideri, per una prova di questa verità: la vita della persona amata è immortale, e ancora: noi ci rivedremo! (L'essenziale è invisibile. Das Eigentliche ist unsichtbar, 58)

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Ombra di eternità - dote di felicità In un letto di malattia, in una clinica, in una casa per anziani, nella mansarda di un palazzo a più piani, muore un'anziana donna, o un vecchio; forse la loro ultima consolazione è non trovarsi completamente soli in punto di morte; gli occhi possono essere già troppo stanchi per riconoscere nella bianca nebbia che promana dalla luce i contorni chiari delle persone e delle cose tutt'intorno, e anche ciò che dicono arriva soltanto come da lontano, attraverso parole cadute dal contesto delle frasi e indipendenti da particolari nessi di pensiero; però, la più antica di tutte le sensazioni, quella che impariamo ancor prima di vedere e di udire, il senso del tatto, avverte ancora la vicinanza di altre persone: uno ci prende la mano, come se stessimo per entrare nella vita, e rimane un desiderio, uguale a quello di un bambino, di sentire la mano di una persona quando, come si usa dire, facciamo l'ultimo passo, quando imbocchiamo l'ultima strada. Gli antichi Egizi credevano che attraverso queste mani che accompagnano il morire ci toccassero e ci guidassero già le mani di Nut, la dea del cielo. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab indie Barke derSonne, 96)

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La morte come un librarsi dell'anima in sogno, come una fusione con la dea del notturno cielo d'Egitto, disseminato di stelle, come un ritorno a quello sposalizio delle o~ tra cielo e terra, col quale ebbe inizio il mondo, come un assopirsi tra le tenere braccia di Nut, che con il bacio della sua bocca toglie la vita per generarla di nuovo, dalla sua esistenza celeste, ad una forma simile a lei, sovraterrestre, immortale - tutte queste cifre cangianti che sfiorano e velano il simbolo dell'ascensione al cielo, schiudono già un mondo incantato di magica fiducia; infondono coraggio a sperare in un profondo sentimento materno del mondo e della vita, formando una poesia di desiderio e di sicurezza infantile, in immagini e visioni umane. 'Madre' - 'mamma', è la prima parola che ogni figlio d'uomo, non importa in quale lingua, comincia a balbettare, a chiamare, a pronunciare al!'inizio della sua vita; e al/,a fine di essa, è questa stessa parola che un soldato ha sulle labbra morendo sul campo di battaglia e che un ammalato grave mormora nelle ore tormentate da febbre e dolore, dalla sera al mattino. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 96)

Questa è la vera promessa della religione: Dio, che ci ha creati, ci volle fin dall'eternità e 120

vorrebbe che noi esistiamo per tutta l'eternità. I.: amore eterno che decise· di chiamarci all' esistenza non vuol ripetere mai più questa-chiamata. In ogru religione è contenuta tale certezza. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 275 s.)

Quali esseri umani portiamo dentro di noi, per necessità naturale, la nostalgia dell'infinito; ci struggiamo per la sete di immortalità; e dobbiamo essere già caduti profondamente nella disperazione per non conoscere più tali sentimenti. Anzi, dovremmo aver già strangolato parecchio la nostra_ anima, per ritrarci nelle categorie del finito e salutare l'asfissia spirituale del quotidiano quasi come un alleggerimento da tutte le domande essenziali. No, per uno che sta morendo di sete nel deserto, la sete è una prova che ci deve essere acqua, anche se nel luogo in cui vive, né per lungo né per largo, è dato trovare acqua. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 279)

Non è vero soltanto che l'amore per un al-. tro costituisce il motivo più profondo per credere nella risurrezione, ma è vero anche il contrario, ossia che solo la fede nella risurre121

zione rende capaci di amare. L'amore muore di angoscia e si stravolge in un mortale terrore assistenziale se c'è solamente questa vita terrena, senza l'ampiezza dell'infinito. «Sola fede» significa tendere l'anima fino all'orizzonte ed affidarsi a Dio, che è eterno. (Psicologia del profondo e esegesi II. Tiefenpsychologie und Exegese II, 304)

Se c'è l'eternità, non si può più negare né violare la dignità, la grandezza, l'infinita libertà di qualsiasi persona al nostro fianco. Nessuno, allora, potrà più presentarsi dicendo: la mia donna, mio figlio, il mio cane, la mia casa, il mio albero, la mia auto, il mio tutto. Nell'ombra dell'eternità, nulla appartiene in definitiva a noi stessi, ma tutti insieme apparteniamo esclusivamente a Dio ... Siamo così resi capaci di vedere nell'altro, nel mio fratello o nella mia sorella, una persona che in realtà vive al presente ancora sulla terra, ma la cui fronte già tocca il cielo; nel suo linguaggio spira il soffio dell'eterno, nei suoi occhi brilla un'anima che è chiamata a far ritorno a Dio. (Il Vangelo di Marco. Parte seconda. Das Markusevangelium. Zweiter Teil, 281 s.)

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L'angoscia della morte; il sentimento diannientamento, il costante disgusto per la propria miseria - nulla di tutto ciò resta di fronte ad una persona che crede fermamente allo scoperchiarsi delle tombe, ad un'altra vita, ad un al di là della disperazione. (Io scendo nella barca del sole. Ich steige hinab in die Barke der Sonne, 70)

FONTI Dalle opere di E. DREWERMANN:

- An ihren Fruchten sollt ihr sie erkennen. Antwort auf Rudolf Peschs und Gerhard Loh/inks «Tiefenpsychologie und keine Exegese», Walter Verlag, Olten - Freiburg i. B.1988;

- (é:on I.

Das Eigentliche ist un-sichtbar. Der Kleine Prinz tiefenpsychologisch gedeutet, Verlag Herder, Freiburg i. B. 1984. 1989 11 [trad. it., L'essenziale è invisibile, Queriniana, Brescia 199.3]; NEUHAUS)

- Das Markusevangelium. Erster Teil: Bilder von Erlosung, Walter Verlag, Olten - Freiburg i. B. 1987. 19894 ; Zweiter Teil ibid. 1988; - Dein Name ist wie der Geschmack des Lebens. Tiefenpsychologische Deutung der Kindheitsgeschichte nach dem Lukasevangelium, Verlag Herder, Freiburg i. B. 1986;

- (con I.

Der goldene Voge!. Grimms Miirchen tiefenpsychologisch gedeutet, Walter Verlag, Olten NEUHAUS)

- Freiburg i. B. 1982;

- Der Trommler. Grimms Miirchen tiefenpsychologisch gedeutet, Walter Verlag, Olten - Freiburg i. B. 1987; - Ich steige hinab in die Barke der Sonne. Alt-Àgyptische Meditationen zu Tod und Auferstehung in bezug auf Joh. 20121, Walter Verlag, Olten - Freiburg i. B. 1989 [trad. it., Io discendo nella barca del sole, Rizzoli, Milano 199.3];

124

- (con I. NEUHAUS) Schneeweiffrhen und Rosenrot. Grimms Miirchen tiefenpsychologisch gedeutet, Walter Verlag, Olten - Freiburg i. B. 1983; - Tiefenpsychologie und Exegese I. Die Wahrheit der Formen. Traum, Mythos, Marchen, Sage und Legende, Walter Verlag, Olten -Freiburg i. B. 19885 • IL Die Wahrheit der Werke und der Worte.. Wunder, Visionen, Weissagungen, Apokalypse, Geschichte, Gleichnis, Walter Verlag, Olten - Freiburg i. B. 198~; - Kleriker. Psychogramm eines Ideals, Walter Verlag, Olten - Freiburg i. B. 1989;

- (con I. NEUHAUS) Voller Erbarmen rettet er uns. Die Tobit-Legende tie/enpsychologisch gedeutet, Verlag Herder, Freiburg i. B. 1985 [trad. it., Il cammino pericoloso della redenzione, Queriniana, Brescia 1993]; - Wege in ein unentdecktes Land, in Lebenskraft Angst. Wandlung und Be/reiung, a cura di Rudolf Walter, Verlag Herder, Freiburg i. B. 1987.

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Indice

INTRODUZIONE .

5

1. LA SAPIENZA DELLE IMMAGINI.

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Al di là del cambiamento Verità condensata

11 14

2. LE LEGGI DELL'ANGOSCIA

17

La miseria dell'anima Rompere il cerchio chiuso Guarigione attraverso la fiducia

19 26 31

3. NEL CAMPO DI FORZA DELL'AMORE 35 Una terra ricca di magia La bellezza dell'altro Paradiso ritrovato

4. VIVERE INSIEME AD ALTRI. Esistere uno per l'altro Colpa e perdono 126

37 39

47 49

51 55

Bontà contro potere Vedere responsabilità

59 61

5. RISCHIO DI VIVERE

65

Davanti all'abisso del nulla Cambiamento e maturazione Una povertà che libera Trovare il proprio centro Ciò che ci fa felici

67 70 74 79 82

6. LA SINGOLARITÀ DI GESÙ.

85

La persona è determinante Il miracolo della sua vicinanza Libertà e amore sono possibili

87 90 93

7. DIO NEL PROPRIO CUORE .

97

Innamorati della ampiezza infinita Interrogare con la propria vita Essere reciprocamente specchio di Dio 8. VINCERE LA MORTE . Quando viviamo realmente? La morte non può uccidere l'amore Ombre di eternità- dote di felicità FONTI

99 102 106 109 111 115 119 124

127