Panorami e spedizioni. Le trasmissioni radiofoniche del 1953-54 8833913821, 9788833913827

In questa pubblicazione sono raccolti, per la prima volta, i testi di un ciclo di trasmissioni radiofoniche registrate e

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Panorami e spedizioni. Le trasmissioni radiofoniche del 1953-54
 8833913821, 9788833913827

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Indice

Prima edizione maggio zoo2

8 2 0 0 2 Bollati Boringhietieditore s.r.l., Torino, corso Vinorio Emanuele II,M I diritti di mcmorizzazione clertronica,di ripnduzionee di adattamento totale o parziale con qwalsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotosratiche) sono risentati

Stampato in Italia dalla Stampatre di Torino ISBN 88-)39-138z-1

Schema grafico drlla cwpertina di Pierliiici Ccrri Sianipatu su carta Palalitia &[le Carricrr Miliani Fabriano

Introduzione I tratti di un impegno (Luigi M.Lomhurdi Satriani)

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Panorami e spedizioni Ninne nanne e giuochi infantili

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I.

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2.

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3 . I lamenci funebri e l'esperienza arcaica della morte

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4 . Le colonie albanesi calabro-lucane

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5 . Spedizione

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I1 cerimoniale e i canti deil'amore e delle nozze

in Lucania

6.Dibattito su Ernesro de Mareino Poslfgziotre ErnestodeMartinoallaradio (Le~uzaBindi)

Introduzione

I tratti di un impegno Luigi M. Lornbardi Satriani

Nel 1953, Renzo Renzi, per aver scritto un soggetto cinematografico sulle vicende deli'ocrupazione militare dclla Grccia da parte delle tnippe italiane, L'amata s'agapb (s1agap6ingreco significa ti amo»), e Guido Aristarco, per aver pubblicato tale soggetto rtelia rivista, allora quindicinale, da lui diretta «Cinema Niiovo n, furono arrestati e rinchiusi nelIa fortezza di Peschiera; vennero quindi processari dal Tribunale Militare di Milano, che condannò Renzi a sette mesi e aUa rimozione dal grado e Aristarco a sei mesi. Il reato conrestato era quello di «vilipendio delle Forze Armate e dell'Arma di Cavalleria»; il Tribunale Supremo di Roma confermò successivamente la condanna di primo grado. 11 processo ebbe una vasta eco; si formò un ampio schieramento di solidarietà con gli imputati e Larerza pubblicò un volume intitolato Ilprocesso s'agapò. DalllArcadia a Peschiera ( I 9 5 4 ) che, dopo una densa introdilzione di Piero Calamandrei, conteneva capitoli di Guido Aristarco e di Renzo Renzi, nonché un'ampia antologia di scritti sii1 caso apparsi su giorndi italiani e di altri paesi.' Cfr. anche R. Rmzi, Lo bel& stafione. Sconrn e incontri nqIiannidPorndel cinema i ~ l i a n oBulzoni, , Roma 2001.Si ricordi che su iin argomento simile, nei primi anni novanta, il film Mediterm~o,diretro da Gabriele Salvatores, ha

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LUIGI M. LOMBARDI ShTRiANl

La guerra fredda della quale il processo era frutto quanto mai significativo aveva già marcato decisivamente la campagna elettorale del 1948, giocata tutta, da parte democristiana, sull'appello ai valori del cristianrsirno, della pabia, della famiglia, minacciari da un comuriismo apportarore di minaccia e d i devastazione. S e si esaminano i manifesti elettorali di quella competizione e di quella siiccessiva, del I 953, si pub agevolmente constatare la riduzione dello scontro politico - che è anche scontro etico-politico e contrapposizione di costellazioni d i valori - P una mera, e spesso liturgica, contrapposizione di formule, a uno schematismo estremaniente pericoloso, nella misura in cui fa appello a un'adesione viscerale, fideistica C srimola ai posto di decisioni razionali, coinvolgenti anche a livello emotivo, di un globale e sofferto impegno politico istinti gregaristici e aspettative carismatiche. Vale la pena di sottolineare I'organicità dei valori che Ia Democrazia cristiana assunse, proponendosi come la loro .più valida garante e sottolineandone, implicitamente, l'indiscussa superiorità. Si tratta di un nazionalismo gretto, grossolano e provinciale; dell'appello al valore trainante dell'identificazionc con il tricolore, con l'Italia effigiata, ancora una volta, nella solida donna turrita che, in nome della Patria stessa, della Famiglia C della libertà, oppone ella falce e al martello che stanno per abbattersi su di lei lo scudo croito, mentre implora: aDifeiidetemi! n E allora vengofio .enrrte immagini efficaci quella del gigantesco barbaro vie~ico(in realtà un «mostro») che sta per scavalcare e distruggere l'Altare della Patria; del barbaro che, è il caso di dire, armato sino ai denti di pugnali, di gatto a nove

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il miglore film straniero; come ha rilevato lo stesso Renzi, il 13g1ivi! per6 multo diveno: cfr. Medimneo, lo commedia. E L ~ta&iu?, in Id., Lo Irelb~sbz~ionr cit., pp. 367-69. vinto I'Oscar pcr

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code, arrende di piombare sulltItalia a seminaremorte e distruzione, mentre si domanda agli elettori: « E lui che aspertate?»; del barbaro che, con un piede nudo e un ghigno sinistro, sta per piombare sull'I~aliaimpugnando falce e martelIo. mentre il manifesto invita: Artenzione! I1 comunismo ha bisogno d i uno STIVALE»; d i Stalin sconfitto dalla matita adorna del tricolore che «vota Italia»; delia bandiera italiana che si spezza scontrandosi con la bandiera rossa, mentre un «No! » campeggia sul manifesto; della città iraliana che alza il suo ponte levatojo (lo scudo crociato) per diicndersi dalle bande armate comuniste d i Garibaldi, che scrive a Stalin una diffida perché i comunisti italiani lo «scambiano continuamente» con lui, accostamento «errato» perchi. «io con le Camicie rosse scacciai gIi stranieri dall'Italia mentre t11 ce li hai maridarin; dei fiori del Comune e della l'rovincia minacciati dal moscone (sempre inevitabilmente coniunista) che va catturato dal voto; di Togliatti cararrerizzato come torva straniero scacciato dall'Italia da Garibaldi al comando delle Camicie rosse al canto d i «Va fuori d'Italia / v a fuori o straniero! P>; d i Togliatti e Nenni che volano, con la loro valigetra, sospinti da rin nirbine di voti («Via col voton, recita il maiiilesto). Uno scenario di terrore viene evocato dai manifesti in cili si chiarisce che. se l'italiiirio non voterà secondo l'invito-ordine della DC, il suo «padrone* sarà Ilno scheletro dalla stella rossa, un condannato ai lavori forzati - con pa1Ia di piombo a1 piede C sonregliato da una guardia sovietica armata - e paglicrà con il lavoro, mentre i1 Cremlino si erge minaccioso sullo sfondo, !'ingenuità d i averlo votato per la lista cittadina; o che presentano la scena, che non deve concretarsi in realtà, del Campidoglio sovrastato da una croce spezzata dalla bandiera rossa sventolante, mentre un corteo d i scioperanti agita minacciosamente pugni e cartelli. Del resto, u n iorte impegno propagandistico contro lo sciopero è presente nei mariifesti

I TRATI'i DI U N IMPEGNO

democristiani, che additano all'esecrazjone lo sciopero poli~ico,privilegiando, e non a caso, i sindacati autonomi. Si tratta, ancora, della «fede» cristiana, usata come ricatto per convogliare sulla DC i voti, nell'eqiiazione - imposta c così funestamente redditizia - cattolicesinio - Democrazia cristiana. Il cristianesimo non viene iilai presentato nel suo pur cos~itutivoaspetto di tensiotie alla giustizia, nel dovere cl-ie esso impone dell'amore per gli altri e quindi deIla lotta alla sopraffazione, al domiriio, aiio sfruttamento c al privilegio; esso viene utilizzato, attraverso la ripetizione osscssiva di formule stereotipate, per impadronirsi e per mantenere, in condizioni d i monopolio, un potcre la cui gestione 2 stata in realtà la più radicale negazione dei valori autenticamente evangelici. Anche la famiglia viene usata, attraverso grossolani ricatti emotivi, secondo alcuni tra gli stcreotipi pih vieti. Il padre deve, votando. difendere il figlio dal pericolo sovietico, ché «in Russia i figli sonndello Stato»; e il pugnale deI «voto cristiano» difende il nucleo familiare - una giovane coppia di sposi con in braccio una bambina - dai serpenti del divorzio, del libero amore e d i altri mali inno« Se papà e mamminati. Un gruppo di bambini procla~~ia: ma non votario noi faremo la pipì a letto»; attitosu Ernesto de Martino*

EP Il 6 maggio 1965 è morto Ernesto de Martino, un grande studioso italiano di etnologia. S0r.u qui con me per commemorarlo Carlo Levi, Diego Carpitella, Giovanni Jervis. ' Dc Martino era nato nel 1908; il suo primo libro è stato hruturalismoe rtoricismo nell'etno!o~iadel 194I , seguito dopo qualche tempo dal Mondo magico del r 948. La for~nazionedi studioso di de Marcino deve molto allo storicismo crociaiio, ma lo storicismo crociano egli ha saputo trasformare, ha saputo rendcrc qualcosa di molto diverso tanto da potcr permettere a questo scoricismo idealistico di coniprcndere degli orizzonti lontani come appunto l'orizzonte etnologico e di inserirsi in a!cuni problemi di carattere storico e di carattere sociale, decisivi non soltanto per lo studio del mondo niagico o dei popoli primitivi o delle aree piimitive di cultura, ma anche per la comprensione che l'uomo civile o cosiddetto occidcnrale può avcre di se stesso. Il tema, forse, fondameiitale della ricerca di dc Martino era il problema della presenza dell'uorno nel mondo,

* La iresmissione (durata: 373 tu regismta m1 1965, p c a dopo la mortedi Ernesto dc Martino. Vi parteciparono: Carlo Lavi, Diego Carpitella e Giovann i J e ~ smdemtorc ; Enzo Paci. Una trascrizionedel dibrtito fu pubblicata con i ) tiralo Ricordo di E m t o & Madno in *Quaderni dell'rsst-*(Sassari), I, 1966.

MAK'rINO

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il problema storico della presenza dell'uomo nel mondo, ed egli sentiva che questa presenza poteva essere minacciara, coine lo era nei popoli primitivi, ma come anche lo JÒ essere nei popoli civili. La risposta a questa minaccia - e la forma più tipica di iesta minaccia è la morte - è la cultura. I1 pianto rituale è un modo, L. il primo germe della culira, la nascita della cultura stessa con la quale la cultura, ie per de Martino P un valore, risponde alla miniiccia :lla presenza. Qucsto tema della presenza si è poi allarito in de Martirio, è diventato non solo il tema della orte, ma è diventato anche il tenia deiia a terra del riorso» - per ricordare un suo libro del 1961 -; è divento poi anche il tcma dclla colpa clie p~ibavere il inondo hcidenrale rispetto ad altre civiltà, rispetto ad aitre eltc. Ma egli non ha studiato iprimitiri come aItri etnogi - che egli p ~ m ha studiato e ha criticato, per esempio :vy-Bruhl e Durkheim -, ma ha studiato delle forme di ;ilti, che pure hailili0 tuttc) il diritto di chiamarsi tali, e e sono vicinissime:a noi, ccm e ad eserripio 1.1 civiltà delcalia meridionale di cui egli ha fatto 1e storia, di cui ha rcato di comprendere i motivi profondi da1 punto di sta etnologico, e dal punto di vista storico C socialc, uesta esperienza della civiltà dell'lcalia meridionale, e si esprime soprattutto negli studi del tarantismo, è ito ilno dci temi fondamentali di de Martino: egli dice e la Puglia è la terra del rimorso, ma che la terra del norso oggi può essere anche tutto i1 mondo per la no-a cultura e per la nostra civiltà. E certamente egli ~ t spinto o a qiiesta ricerca di carattereetnologico anche dei motivi profoiidaniente umani, profondamente ra:ari ,nella storia d'Italia che egli sentiva molto. Forse Carlo Levi può dirci qualcosa di questo perch6 Martino spesso parla del suo libro Cmto n èfemato ad poli, e ne parla come di un motivo ispirarorc.

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CAPITOLO SESTO

CL Certo t che nel pensiero C nella figura di Ernesto de Martino la scoperta o la riscoperta del mondo meridionale rappresenta un punto fondamenrale, direi una svolta fondamentale del suo pensiero, perché, mentre neiie sue opere precedenti alla guerra, come appunto :Vaturaljrmu e storicismo nell'etnologia, e fino a quella che, almeno dal punto di vista tcorerico, rimane la sua opera principale, ci& Ilmondo nzagico del 1948,il suo studio, il suo lavoro sull'etnologia, sul mondo magico, primitivo, ha ancora un carattere, direi, molro generale, cioè Kon riferito particolarmente ad una realtà vissuta e presente. Dopo il mando magico e dopo il suo ritorno nel Sud, dove lui cra nato, il siio interesse e il valore della sua opera acquistafio un carattere estremamente concreto, preciso e veramente storico, perché il suo pensiero si è niodificato, partendo appuiito, come si è detto poco fa, da un crocianesimo storicistico molto moderno e inolto vivo. Egli parlava, s t ben ricordo, di astoricisrno eroico», come quella forma di riciqmo necessaria, che egli contrappor,er7a alla fornia di storicismo accademico che non comprendc\:a la larghezza Dro_ dei probleini e che restava dtnrro i limiti astratti di , blemi già posti. Ma, partendo da questo storicismo d'origine idealistico-crociana, egli rovesciò, in un certo senso, Ic sue posizioni filosofiche arrivando ad una psizionc che rimane storicistica, ma in un senso dialettico, in iin sienio chc si può dire iiiarxistico. Ma il canibiamento di 1msizione, l'evoluzione successiva di de iMartino non fu t anto una semplice meditazione di carattere teoretico, qu anto piuttosto il contatto con la realtà viva che egli seritiva profondamente. Io ne fui testimone, ne fui direttam ente testimone: io conobbi de Martino poco dopo la gutm a . proprio quando uscl il mio libro Cristo si èf m a t o a Ehoti' e ritrovai nel 1Mundo magico delle posizioni che erano sd i tcoreticamente a quelle che io avevo adombrata intuitivamente senza pretesa di sistcrnazione scientifica nel mio ....W

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libro, e anche in q~iell'altroinio precedente libro. Paura della 6ibwtà. Vale a dire quel riportare il problema essenziale del mondo magico aii'jnterpretazione storica e soprattutto ad un'idea che in dc Martino rimase permanente, sempre pih arricchendosi, del rischio della perdita della preseriza, deila perdita dei mondo, della perdita del. :sistema e del modo per riscattarsi da questo rischio,

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mché la sua intuizione del morido magico come quel ~ n d in o cui la presenza non è ancora una certezza o un to, ma è essa stessa Lin rischio attuale, è una formazione e si va tormando, e un'attualità che sta diventarido atale e quindi i. sempre soggetta alla propria perdita, seme minacciata. Ora, quesea mi pare sia l'inririzione fondamentale dcl nsicro di de ~Martino;e se egli agli inizi la risco~itròsu i dati etnologici che naturalmente non potevano essere prima mano - come sono quelli studiati dagli etnologi Africa, in Oceania, in Amcrica del Sud, i11Siberia nei r-'esi degli sciamani ecc. -,quando dopo la guerra il conrar to cori il grande caporoigirnento della vira d'Italia, POIrtato daila guerra, dalla Resistenza, dal movimento contaclino meridionale - cui egli si sencl immediatamente vic ino - cgli portò la sua atteiisione sui caratteri arcaici, ma gici presenti attualmente i11 quesro mondo, ci diede un;a testimonianza sempre piìi ricca di una realtà che 2 la nostra realtà di oggi ed è lì, forse, la maggiore originalità,, la maggiore importanza deii'operazione di de Martino. E qriello che ne fa una figura non soltanto di uno sciidioso lace e intelligente, ma di un uomo completo perché in :i problemi lui portò contetnporancarnente, ed è queil loro valore, I'intcresse dello scienziato e l'interesse deii'uomo. EP L'esperienza dell'uomo clie pcr lei è anche I'esperienza dell'artista ... cioè in lei è stata un'csperienxa artistica ...

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CAPITOLO SESTO

Mentre iii de Martino è stata irn'esperienza di scienziato, ma intesa come atto attuale, cioè come una vera esperienza storicistica, o storica, portata sii1 piano dclla partecipazione attuale e della comprensione - se è vero quello che de ~Martinososteneva - cioè che la funzione deii'ecnologia storicistica è I'allargarriento dell'autocoscienza della nostra civiltà. .. ci& irna funzione umanistica di a1largamento di coscienza. 'I'ale funzione di allargamento di coscienza egli poteva risco~itrarlanel dopoguerra italiano a contatto col mondo contadino mcridionale proprio perché il movimento contadino, il mutamento delle dimensioni culturali di questo niondo arcaico e magico, che si stava svegliaiido alla civiltà attuale e presente, era già in sé questo allargamento dell'aiitocoscicnza. Quindi l'opera di de ~Martinocome etiiologo coincideva di fatto con la situazione storica: questo fa la sua grandezza e il suo valore e lo imrnertc cffettivarnente in Lin periodo storico di cui egli diverira un protagonista effettivo ed è per questo chc io credo che i suoi libri, i suoi saggi, tutto il suo lavoro di questi anni rimangano non solo per il loro valore prettaiiientc: scientifico e teoretico, ma rimangono anche un documento iimanistico e un contributo al mutamcrito della realtà, noli soltanto alia sua astratta conosccnza, una coiiosccnza come mutamento; ed S la ragione per cui egli poté esseic al tempo stesso scienziato c uomo di azione nel iiiondo del Mezzogiorno e la ragione per cui egli ha portato un contributo effettivo a questa conosccnza nel mondo contemporaneo.

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rsij Dicevo anch'io conternporanco, perché la Puglia per lui è il simbolo di tutto il mondo contemporaneo ...

CL Quando Iiii ha parlato della Tma ddnhorso, c ha scritto delle pagine che sono anche molto belle dal punto

DIBATMTO SU ERNESTO DE M A R n N O

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di vista letterario sii questo morso della tarantola che è un ari-morso», che è il simbolo del rimorso, di una coscienza non piena e non completa di quello che 6 uno sviluppo storico, eccetera... e ha riscontrato tutto ciò nella storia deiia Puglia, neiia storia dello svolgersi della civiltà, ci ha dato un vero esempio di quello che è uno storicismo effettivo, di queiio che lui chiamava «storicismo eroico». EP

Quindi la presenza è lo storicismo effettivo..

Direi di sì, questa era l'idea di de Martino e credo e egli ne abbia dato veramente una prova.. . CL

Unc) storicisrno in cui I'aiiargamento ddla coscicntende al![a trasfor.maxionc di una situazione storica in un 'altra. Questo è Lino degli element i fotidanientalj; ma c'è anche tutto l'ele mento sc:ieritifico che, pur arricchito da questo elemento umano, t.ia delle Caratteristichc particol'ari in dc Martino nel senso chc egli t un etnologo ed è un'o storico, come abbiamo visto, e, pur cssendoetnologo e storico, è anche uno scienziato, o perlomcno si serve di alt ri campi della ricerca, tanto che aveva bisogno di più aiu[ti, di piii collaborazioni, aveva bisogno, direi, di una si ntesi delle scienze ,in atto, per cui qui la scienza, i11qual.. che modo, diventava una funzione di questa posizione storicistica. Le sue stesse iicerchc dovevano dunque enrrare nel10 studio del folklore, come si usa dire, ma anche studiare cosa significa il rimorso dal punro di vista psicologico, cosa significa la risposta al rimorso non solo psicologicamente i-iormalc, ma anche valutabjle, st~idiabiledal o vista psidiiatrico, cccodunque tutto il suo penep111~ t di tra re nel mondo della psicologia, proprio ne110 studio dei tarantismo e, se si tiene presente la tecnica che i tarantati usavano per curarsi, cioè la musica, le canzoni, ecco d o r a che entrava tutto un altro modo di vedere la stessa teraEP

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CAPITOI,D SESTO

pia, la stessa arte in una certa funzione, per cui c'era oltre che uno storicismo effettivo anche una sintesi delle scienze in atto, interne a questo. Qui per esempio Diego Carpitella mi seiiibra che ci potrebbe aiutare nel dirci qlialche cosa di questa sintesi effettiva.. . DC ... di quecra tecnica sul campo, diremmo cosl, questa verifica neUa realta ... A me sembra che qucsra collaborazione interdisciplinarc, che de iMartino ha sempre sostenuto cosl caldamen te, specialmente negli ultimi anni, derivasse da una grande sprcgiudicntezza nel guardare Ia realtà ... ciol., questa realtà sii1 campo ci veniva di fronte in tale maniera clie egli srcssa si accorgeva che c'era bisogno di stmmeiiti supplementari per guardarla e per analizzarla. De Mar~inosi accorgeva che noil si può fare una storia del rnoildo meridionale italiano sen;sa tener conto degli elementi storico-religiosi e senza terier conto degli elementi, per esempio, musicali. Insomma era impossibile che in una raccolta J i eleincnti sia relativi alla magia. sia relativi alla superstizione, sia al lainenco funebre, sia alle crisi di tarantisiiio non venisse ncccssariamente avanti anchc qiiesta realtà musicale e di danza. .. quindi era una necessità quella di cercare anche collaborazioni in questo senso. I miei ricordi su de Martino, che conobbi tredici anni fa, risalgono proprio al maggio del '5 2 , quando io lo incontraj C lili mi parlò proprio del suo prima viaggio a Tricarico, mi parlb di Carlo Levi, di Rocco Scotellaro, deI1a Rabata, dei Sassi di Matera c di11ani.i a questo discor~o - io allora ero un bartokiano esasperato, ammiravo Bartòk, leggevo Rartòli, e soprattutto il Bartòk che per anni era stato riell'Europa sudorientale e aveva raccolto migliaia di canti - e gli dissi, certo che sarebbe molto bello pubblicare in Itaiia gli scritti di Bartòlc sulla musica popolare e lui fu subito aperto a questo argomento, tanto è vero che il libro iii poi pubblicato neila G Collana Viola della

Einaudi. Poi, due mesi dopo, lo ricordo perfrttarneiite, nel settembre del 1952,mi telefonò e mi disse: «Andiamo giù, facciamo - un termine che fu molto criticato una spedizione». Molti si scandalizzarono perché dissero: come? una spedizione, una spedizione ndl'Italia meridianalc? Siamo anagraficamente tiitti italiani; eppure se si tiene conto dell'abisso psicologico, se si ticne conto di quel Cris~osi èfennatu a EUoli veramente I'andare in qiiel iriondo e affondare in quel mondo in maniera spregiudicata, senza paternalisrno e senza la freddezza dei questionari, era quello che si dice una spedizione uiuaiia della verifica della r a l t à )>.Da1 '52 fino al '59, e ancora nel '6 I , io ho fatto quasi tutti i viaggi che de Martino ha fatto n d l'Italia meridionale: in Lucania, in Calabria, in Puglia e insieme sono stati registrati circa quattrocento documenti musicali. Oltre ai soliti canti che nei manuali di folklore si chiamano «dalla culla alla bara», abbiaino registrato dei documenti che sono veramente dei pezzi rari e che sono oggi registrati ncll'Archivio del Centro di musica popolare dell'nccademia di Santa Ceciiia e della R A ~ Certo . l'esperienza più forte è stata senza dubbio quella del lamento funebre C dcl tarantismo. Veramente mi sento di dire con assoliita certezza che l'esperienza di ricerca e i documenti corcutico-musicaIi che erano stati raccolti ncl corso del viaggio in Puglia, per esaminare e studiare i fenomeni del tarantismo, sono verametite tra i dociitncnti p i ì ~preziosi che I'etnomusicologia eiiropea abbia potuto mai raccogliere. 111questa Europa occidentale del 1959sono state raccolte forme di terapia corcutico-musicale che erano assolutamente impreviste e delle qiiali altri studiosi, che l'avevano forse a portata di mano, non avevano saputo cogliere I'importanza e la complessità. Oltre a questo, vorrei soltanto sottolineare un'altra cosa.. . il ricordo di de Martino. per noi che abbiamo lavorato insieme a liii - mi riferisco a n d ~ al e mio amico Jervis -, era il metodo e il clima di questo lavoro sul campo. Chi ha esperienza di

CAPITOLO SESTO

DIBATTITO SU ERNESTO DE MARTTNO

raccolta ctnografica sul campo sa comc qncsto lavoro sia estremamente faticoso; faticoso perchk non sono né le pietre degh archeologi, né gli insetti dei naturalisti, ma sono uomini. .. e afferrare la situazione, non passare con l'emozione, come accadeva per molti di noi, che eravamo quasi t u t t i meridionali i t i questi viaggi, razionalirzare c sapcrc qiirllo che uno andava cercaildo era veramenre una grossa fatica.. .

l'altro per il ricercatore è uii'esperieriza di ora, per I'indagato è l'eredità di un passato che rivive, di un morso e un «ri-morso)>...

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Per il senso d~distacco che era necessario..

IX Partecipazione e discacco nello stesso tempo.. . io mi ricordo molte volte - e tu lo sai Jervis -, sia per esempi di lamenti funebri, sia per esempi di terapia del tarantismo, possiamo anche nasconderci, ma eravamo molto emozionati, emozionari proprio nel senso più profondo.. . ma mentre eravamo emozionati urnanamenre, dovevamo capire che il pianto era un modulo rituale, che si ripeteva, che potevamo capire la adjstrazicrne» di qualcuno mentre piangeva, che mentre c'era una terapia si poteva parlare deiie cose più disparate ed erano a~iclieq u e h moduIi corcutici, che la danza non era iin caos, un disordinc. ma che aveva delle norme rimali ben precise. E questa fatica, questo sforzo di afferrare la realtà era quello che rimane forte per noi dell'irtsegnarnento di de Martino come lavoro sci1 campo; cioè partecipazione umana che non sia freddo inve~itarioetriograiico e che tion sia neanche freddo questionario sociologico e neìio sresso tempo non avecosì difiuso rc né il paternalismo, né I'«aniniabelIismo~~ negli studi folkloristici: questa è I'espcriem molto fortc che noi sul campo abbiamo avuto. EP Oltre tutto q.ueUo che abbiamo detto, è anche un difficile processo di carattere psicologicu ... in cui interviene 1s persona del ricercatore e la persona del ricercato in un accoppiamento particolarmente complicato, che tra

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Irif'atri c'era questo problema: da una partc biso~c gnava partire eimbottitim della letteratuw sull'argomenro, ma bisognava al momento esatto dimenticarsi questo imbottimento e afferrare la situazione umana; perché o si diventava Iibreschi nel voler verificare la realth, oppure si era coggiogari da un ideologisrno u da uno schema, ma il punto critico della ricerca era esattamente questo: dimenticarsi, afferrare l'oggetto e nello stcsso tempo razionalizzarlo difendendosi dalla passione e dall'emozione umana. EP E una deiie ragioni per cui de Martino combatte I'irraziomlismo, che sarebbe abbandonarsi senza comprendere razionalmente il I'enomeno che viene studiato.. . DC Esartamentc... un'ultima cosa, se coniideriamo il panoratiia delle discipline etnografiche e storico-reIigiose specjalmente in ItaIia, in conseguenza di urla scarsa ereU -':-à IL positivistica e in conseguenza di un'eredità idealisric:a, di qualsiasi tipo essa sia, i latlori di dc Martirio e i lavori nati cori de Martino, halino decisamente un sa--ure, diciamo pure la parola, rivoluzionario. GJ IO sono staro verarricntc concento di sentire quebca passione di Carpitella ne1 descrivere queste nostre

esperienze comuni e devo dire che la sottoscrivo pienamente. Vorrei aggiungere quaIche cosa: nello studio che de Martirio conduceva delle popolazioni iiiettera te dcll'ltalia meridionale esiste un atteggiamento molto particolare e positivo, nonché estremamente indicativo per la personalità dcil'uomo, ci02 esiste in de Martino una costante

CAPITOLO SESTO

T)TRATTiTO SU ERNESTO DE MARTINO

sorvcglianza e consapevoIetza deUa propria posizione e formazionc culturale. De Martino era pienamente conscio di due rischi: il primo era il rischio della vecchia etnologia, che considerava le popolazioni iIIetterate dall'alto della propria maturità e della propria cultura occidentale senza rendersi conto delle differenze che intercorrevano tra le due cultiire, senza rendersi conto che la cultiira occidentale non era soltanto, o a n i pitittosto, ii compimento di un ciclo storico, il perfe.~ioiialirentodi un ciclo storico quanto piuttosto una cultura particolare che poteva avere i siioi difetti e comunque aveva delle differenze qualitative e non soltanto qi~antitativerispetto a h cultura delle popolazioni illetterate. Insomma, da iin lato dc Martino combatteva il vecchio pregiudizio etnocentrico. Dall'altro lato de Martino era altrettanto, o forse ancor pii1 polemico, contro un pregiudizio opposto, cioè il pregiudizio di poter studiare l'individuo oggetto della ricerca etnoiogica, ovvero della ricerca storico-religiosa, soltanto rnectendosi a1 livello, cioè portandosi a1 livejlo della mentalità dell'indiriduo in oggetto. De Marti~io combatteva in fondo I'illusione di poter parlare lo sresso linguaggio deii'individuo illetterato, combatteva l'iiiusione di poter studiare la popolazione illetterata perdendo di vista il fatto che chi conduceva lo studio era in fondo coridizionaro daUa propria cultura. Quiadi de Martirio aireva piena consapevolezza di essere, lui stesso, condizionato da una certa formazione culturale e di non poterla abbandonare. Direi che questo punto di vista è particoIarmente importailte perché de Martino ha subito rutta un'evoluziom ne1 corso del suo pensiero, è passato dal crocianesimo fino ad accettare alcuni aspetti del marxismo, ma anche qui è m l t o interessante, e simpatico, notare che egli ha seiiipre mantenuto tina piena consapevolezza che la sua formazione crociana era, in un certo senso, i n e h n a b i i e . Cost

come, studiando le popolazioni dell'ltalia meridionale, le popolazioni iiietkrate, egli era sempre profondamente conscio Jel fatro che i1 silo particolare punto di vista non poteva essere tolto dall'equazione che lo legava al1 'oggetto dello studio, anzi doveva essere continuamente tenuto presente, continuamente riproposco, continuamente tenuto in conto come punto di partenza di un dialogo che non poteva ignorare questa ineliminabiie differenza di valori.

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EP In questo i-iietodo, che Jervis ha cosi ben descritto, forse è interessato anche a un fatto di natura psickiatrica, nel senso che l'oggetto studiato, anzi vorremmo dire, meglio, i soggetti srudiati, nel modo e nella forma in c i l i venivano st~idiati,sono in una situazione di crisi e colui che deve studiare qilcsri soggct t i deve comprendere la crisi, ma non cadere lui stesso nella crisi dclla presenza o nella situazione patologica che sta studiaiido. Vorrei che Jervis ci dicesse, come psichiatra, q~ialcosadi pii1 su questo aspetto.. .

Certamente ... Credo che qui ci possiamo richiaGJ mare a quanto CarpiteIla diceva prima. Esiste in qualsiasi situazione psichiatrica, e in particolare in alcune situazioni, che riguardano due ambiti specifici della psichiatria, le psicosi e la sociopsichiatriu, esiste il pcricolo di perdersi nella malattia; cioè esiste il pcricolo da parte dell'oscervatore, da parte dello studioso di vivere uii'empatia, di identificarsi con la malartia fino al punto di perdersi in essa, di rischiare la propria presenza, la propria sanità mentale talvolta, il suo equilibrio, ma soprattutto al punto di perdere la qualificazione della posizione storico-cuIturale deìi'ossen-atore, fino al punto di perdere la consapevolezza chc I'ossenratore è anch'egli condizionato dalla propria cultura, diiferente da quella del pazietire o dell'individuo di cui si studiano le manifestazioni patologiche. Ora, esiste

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DTRA~TITO SL' EHk-EST0 DE MARTINO

CAPITOLO SESTO

che c'è tra questi momenti storici diversi, dal punto di visra di uno storicismo attiialc. Perché altrimenti si potrebbe pensare, un p' parsdossalrnente, che lo stesso metodo scientifico diventi n sua volta un modo amagico,~ per impedire quella identificazione, quella perdita nella crisi dell'oggerto, mentre invece perde Marrino devo ammettere che questo pericolo è lontano e superato. Cioè, non è che egli usasse mai gli strumenti, lo storicismo dal punto di vista crociano o marxista, come un metodo inagico di superarncnto della crisi esistenziale.. .

questa tensioiie tra srudiare freddametite e distacatamente un fenomeno patologico e invece il tendere a comprenderlo dal di dentro fino al perdcrsi in esso. Questo comprcndere dal di dcntro può essere pericoloso perché piiò creare talvolta l'iiiusionc di riuscire a cogiiere determinate essenze che soprattutto esistono nella testa dello studioso e non certo nella resta del malato. Questa tendenza ì. altrettanto pericolosa nello studio deUe manifestazioni patologiche delle popolazioni a basso livello culturale, o comunque illetterate, perché anche in questo caos lo studioso cerca di rivivere il vissuto del malato e in quesra situazione commette sempre un errore nella misura in cui no11 si accorge che i due vissuti sono coridizionati da esperienze storiche diverse. Eppure C'? anche un altro fatto, cioè Ia crisi del mondo contemporaneo al quale apparriene lo studioso. .. CP

GJ Certamente, ma non so se le due crisi possano essere accostare. Indubbiamente esiste una crisi delle popolazioni rurali, sottosviluppate, illetterate del Sud italiano, ed è una crisi di un mondo particolare, che per certi lati si va disfacendo e per certi lati si va traslormando. Non so se si può a~sirnilarequesta crisi dell'uomo contcmporaneo, dell'uomo colto occidentale a questa crisi particolare del Siid rurale. IJiiì, darsi chc le crisi siano diverse, C valori messi in crisi siano diversi e che i modi per cupe la crisi siano totalmente diversi ... EP

Forse Levi voIeva aggiungere qualcosa.. .

CL Sictirameiice lc due crisi sono diverse e appartengono a dei contesti storici diversi, ma proprio - come mi pareva aver accennato prima - la caratteristica di de Martino era quella di cercare di tenere insieme questi contesti storici diversi, vale a dire cercare di trovare il rapporto

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Cioè come un metodo di salvezza.. .

cz Era ariche, probabilmente, iin metodo di salvezza, ma quello che impediva il distacco tra i due momenti e allo stesso tenipo impcdiva anche quella identificazione che porta a una perdita, o perlomeno ad una perdita delle capacità dcl comprendere, era un elemento cornune sia nel metodo di dc Martino e deUa sila persona sia iiel mondo che egli andava studiando; era cioè in entrambi i casi una posizione che poneva la libertà come il vero fine, e il vero strumento nel medesimo tempo, di superamcnto della crisi. Naturalniente l'interesse così vivo che de Martino ha avuto a quel mondo non era tanto nel suo essere un residuo di tempi storici passati da illuminarsi al lume di Iuna ragione che stava di fuori, quanto invecc di cssere eff et tivamente un movimento che portava da iin moment 0 di perdita della presenza ad un momcnto di affermaZIO'ne della presenza come libertà. Non soltanto per il car attere sociale del movimento e anchc del rituale, e anc:he della crisi e del mondo magico, che è sempre, in questo senso, portato fuori dell'individuale, come dice de Martino quando polemizza con coloro che sostenguno che il mondo iuagico appartiene semplicemente alla patologia e che può avere rapporti solo con la schizofrenia o con altre malattie mentali. Anche perche lui dice no, q u i

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CAPITOLO

SESM

non siamo in una crisi di carattere strettamente individuale, staccata dal suo contesto storico, ma siamo in una crisi che sta nel suo contesto storico. Ma voglio dire inoltre che il suo interesse, la sua partecipazione effettiva credo venisse dalla convinzione che il movimento d i e spingeva, che creava questa stessa crisi non era tanto legato al ìatto che si trattasse di un residuo storico destinata alla sconiparsa, e dunque puramente negativo, ina un movimento individuale e collettivo nel senso della liberazione, della libertà, che corrispondeva anche al metodo che I'etnologo porta nell'esame di questi fenomeni.

noi, questo studio dell'aItro, deli'aitra civiltà, deli'altro popolo ci interessa profondamente e ci interessa neiia nostra contempraneità. Non diciamo che il mondo dci primitivi, a il mondo magico è qualcosa che è anche nostro, ma diciamo che per comprenderlo dobbianio rinnovarci, noi, dobbiamo assumere un'altra coscienza e dobbiamo acquistare un senso della storia con un significato diverso da quello che, prima di questo stiidio, la storia aveva e questo è forse lo storicismo cui pensavamo tutti quariti a proposito di dc Martino.. . Era un controllo dei residui arcaici. Nei momenti in cui i residui si esauriscono, come diceva Levi, c'è una reintcgraziot~ein un orizzonte di libertà. DC

Quindi si potrebbe dire, forse, che lo studio di questo fatto storico determinato, diverso dalla situazione storica nella quale si trova l'etnologo, aiutava I'etnologo a prendere coscienza della propria civiltà in rapporto a quella civiltà.. . EP

GJ

Sì, io vorrei dire che in de Marrino, per quanto

riguarda questi problemi psicologici e psicopatologici, esistono due tendenze, e questo forsc p i ~ òchiarire anche il problema di cui si è parlato finora. Esiste in lui la tcndenza a ritenere che fenomeni psicopatologici possano essere vettori di dimensioni, di valori, di contenuti utuversali, quindi validi per spiegare la crisi di rutti gli uoinini C quindi anche dell'uomo colto occidentale. Quindi esiste questa sua tendenza all'uriilicazione, cioè la tendenza a ritenere che rutti questi fenomeni psicopa rologici che vengono così beli studiaii nclle popolazioni illetterate forniscono delle misure liniversali, dei modelli che sono utili anche a noi per capire le nostre crisi, d i e forse si esplicano in modo diverso da quelle. ma noil di meno hanno degli aspetti comuni. EP Quindi possiamo dire in ultima analisi che questo studio, che a prima vista può sembrare cosi lontano da

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Quindi può concludere Levi.. .

Vorrei concludere che 2 appunto in questo senso della libertà che va preso essenzialmente l'insegnamento di dc Martino. Quando partecipai ai funerali di de Martino nii fu chiesto di fare una cosa che è lontana da tiitte lc forme della mia vita che è così restia a tiitte le forme ritiiali: mi fu chicsto di dire alcune cose, di proriunziare quello che è iin nlainento funebrcrz c io mi trovai veramente di fronte a una reaItà - natiiralmente i lamenti funebri che possiamo aver comunicato noi, Calogero e io, erano dei lamenti Iaici, erano dei lainenti moderni, non eraiio dei lamenti magici -, tuttavia mi trovai a pensare a come coincidcsscro queste realtà lontanc, come la contemporaneità dei moiiienti storici fosse un elemento reale e oggettivamente presente di fronte al fatto della morte e di ttonte al fatto delh vita, C quindi forse capii meglio quello che in de Martino era un elemento essenziaIe: questo rapporto di contemporaneità e di libertà che si istituisce nel movimento della storia. CL

Pos@azione Ernesto de Martino alla radio Letizia Bindi

Ernesto de Mutino approda aUa radio intorno agli anni cinquanta, intrattiene rapporti con molti di coloro che allora animavano il Tcrzo Programma della radiofonia e profitta deiia strumentazione tecnica messa a disposizione dal Centro nazionale di studi di musica popolare, costituito dall'hccademia nazionale di Santa Cccilia e dalla stessa R A r e presieduto Ja Ildebrando Pizzetti,' che renderli possibili - come lo stesso de Martino esplicita nella premessa aiia trasmissione del 1953 sulla spedizione in Lucania - le registrazioni storiche che l'etnologo italiae la Siid composita kquipe realixzcranno nel corso delle -o numerose «spedizioni>,. L'interesse della radio italiana per il folklorc si era d'altrcjnde intensificato a parrire dal dupguerra, dando vita a tr2ismissioni come la rubrica settimanale Funte viva. Musicbc della nortragenre, «iin'etictietta dietro la quale si na~ndeval'apprezzato lavoro di ricerca del Indestro GiorCfr. EM.Annua~io&gli A d i v i di Etnomusicologia deli'Accademia naziordiSanfa CPn'Ita, 1993, n. r . In particolare i saggi di C. Natalerci, In camno e in anhivio (15d31, pp. 33-45; D.Carpiteb, Idieci anni &l Centro naandi studi di musica popohrr, pp. 47-53; E. de ~Martinoe D. Csrpirella, Uno &ione in I-ucania, pp. 53-60 Sulla storia di questo Centra di studi cfr. hc il volume a cura di D.Carpircila e G . Nataletti, 3tudirncmhe delCenfm i m l e di riudi di muriui popokrre. Roma 196I .

EXNESTO DE MARTiNO ALLA RADIO

gio Nataletti attraverso lo sconosciuto e sterminato territorio del folklore na~ionalefi,~ di cui già jn anni precedenti si era avuta eco sul i(Radi~corriere».~ Sono questi gli anni in cui l'interesse per le culture locali e tradizionali aumenta nella programmazione radiofotiica come forma di diffusione e divulgazione di una conoscenza più ampia dell'ltalia neUa sua interna diversità culturale. Tnsirnie a trasmissioni come queIIe demartiniane e quelle precedentemente citare, legate esplicitamente alla raccolta di canti e racconti popolari, si diffonde l'interesse per documentari e cronache dalle varie regioni d'Italia e in genere una curiosità per le scene di vita qiiotidiana e i racconti di vita popolare che fanno degli anni cinquanta alla radio un patrimonio prezioso di documenti sulla cultura tradizionale italiana del primo decennio repubblicano. La radio « tentava la riscoperta delle tradizioni popolari, superando la mortificazione del dopolavorisrico foklore di regime»." I nuovi mezzi di registrazione - agli stessi nimii si;cccssivamentea disposizione dalla WJ e daUaAccademia di Santr Cec~liaper la reali7zazione dellc spedizioni demartiniane in Lucania e in l'ugliam dlspoiiibili dopo la Liberazione, contribuiscorro a n~jluppareiin r~uovotipo di gior~ialisnoradiofonico, piìi agile, pii1 presente e più attento iUa docuii.icntazione dclla realtà. Nascono così trasmissioni come Senzd invito, ifolklorica, tanto più interessante quanto piìi geograficamente prossima alla stessa cultura di appartenenza dello studioso, gli imposero la ritorrnulazioiie dcI rapporto cori le fonti classiche r la tmrizzazione di una disoniogencità precedentenientc non riscoritrata dagli scuiosi di storia dclle religioni e aiicor meno dagli etnologi dai demologi. Qiiando de Martino inserisce nel lavoro su La terra del ;mano il Documcnta~ostorico, dominato da iina lunga rzione dedicata proprio alle occorrenze classiche, e quini palcocristiane e feudali, del simbolo initico-rituale della taranta, la nozione di arcaico e il rapporto intrartenuto con essa dalla moderna cultura occidentale si presenta già profondamente mutato. Alla nozione di continuità ideale tra passato e presente, si predilige ora quella di rottura e di discontinriità, rivalutando in questo I'apporto di certe osscmazioni di Omodeo suli'importanza fondamentale del sorgere della religione cristiana e dcl suo consolidarsi nelle forme di una Chiesa.

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Il rinnovato approccio alle fonti inoltre determinerh, nell'opera dernartiniana, i1 fiorire di tina notevole quantità di usservazioiii e note sparse - alcune delle quali solo recentemente edite)' - sulla nozionc pii1 gcnerale di simbolo mit ico-rituale, che accompagneranno d'ora in poi la ricerca demartiniana in materia religiosa fino all'opcra finale incompiuta. E dalla verifica puntuale - dei cui criteri si dirà più avanti - della pcrsistenza, a1I'interno di certi attuali rituali faklorici, di antichi ncssi mitici e simbolici di ascendenza antica che de Martino trae I'idea di una continuità culturale interna d ' a r e a mediterranea che dalle civiltà agrarie arcaiche coriduce fino a qiiclle tradizionali contemporanee, malgrado la rottura rappresentata nella cultura ufficiale, così come in quella popolare, dall'inserimento deiia nuova esperienza cristiana. Egli non ignora infatti la disconriniiità rappresentata dalla teologia e dalllesperienza del cristianesimo nclla criltura occideritale, anzi mette in rilievo come proprio da quel momento in poi, e con I'abduzione del patrinionio religioso cristiano nelle strutture ufficiali della cultura occidentale, abbia avuto inizio la progressiva inarginalizzazione dei contenuti e dcllc esperienze rituali delle religioni antiche che ha causato il riprcscntarsi di certi loro nessi mitico-rituali nelle forme residuali dcl d i alcune manifestazioni culturali dei contadini pugliesi e lucani. Accanto a ciò il taglio metodologico e le intuizioni teoriche che caratterizzano i lavori di d e Martirio in Puglia e Lucania, iionchk le sue ultime note sulla noziotie d i apocalisse, raccolte in La f i e del momìo, impongono iina rivalutazione del modo in cui egli seppe intrecciare i due piani, etnologico e storico, anclie attraverso il ricorso a cematiche e prospettive legate al piano deIl'irrazionale, del corpo e della gestualità nei diversi complessi miticorituali presi iti esariie. D e Martino ebbe sempre, nelle siie ricerche, grande attenzione alle modalità tecniche di passaggio di contenuti :no dclle comunità, e questa tendenza il di scnsc : le sue pluntuali e acutissime «riote d i caratteri2 - - -..- - . cura del dettaglio nell'osservanione campo», ueriuxi uris che nun si stenta ad attribuire alla sua forrriazione di storico delle religioni, assetato di dettagli capaci di illuiiiinare co~irestireligiosi altritnetiti oscuri e asoininersi~,e che allude a un paradigma «indiziarion della riccrca, cui tiitti i suoi lavori ctnografici sembrano ispirarsi.40 L'esperie~izadell'al~erith- che è iti d e Martiiio esperienza dell'incontro con le culture distanti non necessariamente sul piano geografico, ma storicarrietite e cul-

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39 Cfr. J ~ M p., 128: u [...l i1 suo interesse. la sua partecipazione effetriua credo venissero dalla convinzione che il movimento &e spingeva, che creava . questa stessa crisi non era tanto legato al fatto che si trattaqse di iin residuo stcrico destinato alla scomparsa, e dunque puramente negativo, ma un mwirncnto individuale e collertivo nel senso della liberazione, dclia libertà, che corrispondeva anche al metodo che I'etnolopo porta neii'esame di questi fenomeniw- Per Levi dunque sia le comunità popolari osservate sia I'ernolqn siil campo rispondono alla stessa urgenza di liberi4 e riscatto che inquadra fin dall'inizio I'irnpegno dcmartiniano nel quadro di una prospettiva positiva di irnpegnopoliticoe di azione a favore degli oppressi, elemento che lo differenzia ncttamcnte dall'immagine dcll'etnologo distaccato chc osserva il proprio iartccippronosociologi e storici animari dall'interessc per le condizior:i ma:crisli dclia popolazione imliana, n d e diversc aree del paese, a diverso circi10 svantaggi:ata per ragioni sia professionali sia culturali. Su questo non a i25o veiiiiri pro^wsta, tra l'altro, anche una puntara delia nota uasmissione fI 6zcrgnn &i C;i nquc in cili, oltre a presentare i risultati delk'inchicsta governativa. si cercava di ir,dividiiare lc principali strategie di risoluzione delle siniazioni di mnggiorc poverri c di pii1 grave marpjnalirà nel paese. Cfr. E. de .Mare :i no. t 'opero cr eri: ~ L O ~ Y Appnpirrnru J . critico e documm>iroriodella eSpedizione in l.rrcdnja>..a cura di C Gailini, Argn. Lccce 1996.pp. n g sgg. l2

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Con notevole schiettezza, ben maggiore dei toni pur dichiarati, m dccisamente più morbidi con cui la questione del folklore come elemento di resistenza delle popolazioni subalterne emerge nella forma del discorso radiofonico, dc Martino chiarisce qiri le finaliti cultiirali e politiche del suo iiiteresse per le «plebi rustiche insistendo sull'al-

'' Ibid., pp. 38 sg.

LETIZIA BTXDI

ERNESTO DE MAW'PLYO URADIO

tro vcrsante del suo impegno intellettuale: non più I'interesc;e «archeologicon, storico-religioso, n sprazzi persino rin verso i «reli t t i folklorici~,ma l'espe-..-r30' «nntiqi~ario» i la loro