Pan-Europa. Un grande progetto per l'Europa unita 888658332X, 9788886583329

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Pan-Europa. Un grande progetto per l'Europa unita
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La Bottega di Eraclito

RICHARD COUDENHOVE-KALERGI

PAN-EUROPA UN GRANDE PROGETIO PER L'EUROPA UNITA

in Appendice: S.A.I.R. OTIO D'AsBURGO, INTERVISTA SULL'EUROPA a cura di FRANCO CARDINI e LUIGI G. DE ANNA

l/Cerchio

Iniziative editoriali

© 1997 IL CERCHIO INIZIATIVE EDITORIALI via Gambalunga, 91 - Rimini Traduzione di Laura Cavara Revisione del testo a cura di Adolfo Morganti Tutti i diritti riservati ISBN 88-86583-32-X

Nota del! 'Editore

Se il percorso che conduce ali ' integrazione europea, iniziato nel secondo dopoguerra e giunto oramai ad una serie di snodi di importan­ za storica, possiede culturalmente dei padri nobili, questo saggio del Conte Richard N. Coudenhove-Kalergi è il primo fra questi. Pan-Europa, scritto nel 1923, è il primo scritto contemporaneo che progetta in term ini realistici un percorso possibile di superamento della frammentazione nazionalista dell'Europa, prodotta dal crollo dell'universalità cristiana medievale e dal l ' avvento della modernità, senza alcun tipo di nostalgia verso le forme delle civiltà del passato, ma con l'ambizione di salvarne lo spirito per le generazioni a venire. Il suo obiettivo, quello di una Federazione europea fondata sul reciproco riconoscimento delle nazionalità e delle culture, la mutua di­ fesa economica di fronte alla precoce invadenza dei trusts statunitensi, la valorizzazione del la sinfonia delle specificità cultural i europee di contro alla corrosione che l 'Autore definisce cosmopolita (ed oggi si definirebbe invece mondialista), l 'unione militare contro il sempiter­ no rischio di un'invasione sovietica, risveglia al lettore contempora­ neo una serie di ricordi più o meno recenti che riassumono la tragicità della storia del nostro continente degli ultimi 70 anni, la storia di quella che Ernst Nolte ha definito a ragione la "guerra civile europea". In pratica, ancor oggi siamo fermi di fronte ai medesimi gradini che Richard N. Coudenhove-Kalergi ha indicato 75 anni fa, e l ' Europa deve infatti ancora decidere se "esistere" come semplice appendice monetaria priva di ogni sovranità reale del grande trust multinazionale che beneficia e promuove il processo di global izzazione nemico di ogni identità e cultura, oppure divenire ciò che è, assumersi il compito

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di essere se stessa, facendosi carico della fedeltà al bagaglio millenario di spiritualità, cultura e civiltà che le è proprio e la costituisce. L'interesse che la lettura di Pan-Europa, di cui siamo quindi ben lieti di presentare la prima traduzione italiana, riveste per l'euro­ peo di oggi va quindi ben aldilà della curiosità erudita nei confronti di un "padre fondatore" dell 'europeismo contemporaneo. È infatti trop­ po facile notare che - come spesso accade a chi si avventuri in un me­ stiere molto difficile - non tutte le profezie deli'Autore si siano stori­ camente verificate, e che alla fine del secolo la fiducia che egli dimostra nei confronti delle estensioni a lui contemporanee delle ideo­ logie ottocentesche ci appaia oggi forzatamente ingenua: i confini tra democrazia e totalitarismo si sono dimostrati ben più confusi di quanto potessero apparire negli anni '20, mentre la "modernità reazionaria" incarnata dai fascismi europei, seguiti dai fatti della seconda Guerra mondiale hanno cambiato completamente le carte in tavola della bat­ taglia delle idee, e sottoposto una cultura cruciale per i destini de l i ' Eu­ ropa, quella tedesca, ad una serie di prove inedite e terribili. Questo saggio dovrebbe in realtà essere letto da tutti gli europei perché dimostra come ali 'alba del terzo millennio il nostro continente stia ancora cercando di uscire dalla tutela di sistemi astratti e disuma­ nizzanti che ne negano l'identità e la libertà concreta, e che le difficoltà che ancora si affollano nel percorso verso un'effettiva unità europea rispettosa dei popoli e delle culture non siano poi così difformi da quel­ le che Richard N. Coudenhove-Kalergi delineava 75 anni fa. L'Intervista sul/ 'Europa con S .A.I.R. Otto d'Asburgo, qui pub­ blicata in appendice, vuole inoltre proporre un sintetico spaccato del cammino pluridecennale che Paneuropa International, l 'organizza­ zione fondata dali ' Autore di questo saggio, è riuscita a compiere fino al giorno d'oggi. Una testimonianza di grande interesse, che comprova fino a che punto la li matura d'Europa attenda ancora oggi un magnete in grado di darle corpo, unità e un destino.

N.B. A l lo scopo di rendere più piana la comprensione del testo, in questa tra­ duzione italiana sono state conservate alcune note indicate con NdC, opera dell'avv . Marco Pons, Presidente della Fondazione Coudenhove-Kalergi di Ginevra e curatore del l ' Edizione francese del saggio (PUF, Ginevra 1988).

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Prefazione

«Ogni grande evento storico è nato come utopia perfinire come realtà». Questo libro è destinato a suscitare un vasto movimento politico che inconsciamente fermenta in tutti i popoli d' Europa. Molti hanno sognato un ' Europa unita, ma ben pochi sono decisi a realizzarla. Quest' idea, sterile se resta unicamente un desiderio, è fruttuosa se diviene un fine fecondato dalla volontà. La sola forza che può fare della Pan-Europa una realtà è la vo­ lontà degli Europei; la sola forza in grado di sostenere la Pan-Europa è la volontà degli Europei. Così ogni Europeo ha, nelle sue mani, una parte del destino del mondo. Mentre scrivo, si tiene in Cile la quinta Conferenza panameri­ cana. La Russia, con tutta l 'energia di cui è capace, lavora alla propria ricostruzione. L'Impero britannico ha superato la crisi post-bellica. L'Estremo-Oriente è liberato dalla Spada di Damocle del pericolo di una guerra americana. Nel frattempo l' Europa passa da una crisi all ' altra vacillando, senza guida e senza meta. Forze armate francesi e belghe continuano ad occupare il centro industriale della Germania. Sulla Tracia pesa la minaccia quotidiana di una nuova guerra. Miseria, inquietudine, mal­ contento, odio e paura regnano dappertutto. Mentre nelle altre parti del mondo si fanno ogni giorno passi avanti, l 'Europa affonda nella confusione giorno per giorno. Questa semplice constatazione costituisce di per sé un programma. La causa della decadenza de li' Europa è politica e non biologica. L 'Europa non muore di vecchiaia; muore perché i suoi abitanti si tru7

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cidano gli uni con gli altri e corrono verso la rovina con l 'ausilio di tut­ te le risorse della tecnica moderna. Eppure l'Europa è ancora il serbatoio umano qualitativamente più ricco del mondo. I dinamici Americani sono degli Europei trapian­ tati in un altro contesto politico. I popoli dell ' Europa non sono affetti da senilità, lo è il loro sistema politico. La trasformazione radicale di questo sistema può e deve portare al risanamento totale di questo con­ tinente ammalato. Se la guerra mondiale ha modificato la carta d'Europa, non ne ha mutato il sistema politico. Oggi come ieri vi regnano l'anarchia in­ ternazionale, l 'oppressione dei più deboli da parte dei più forti, la guer­ ra allo stato latente, i compartimenti stagni economici, l'intrigo poli­ tico. La politica europea di oggi è molto più simile a quella di ieri che a quella che si avrà domani. L'Europa continua a voltarsi verso il passato invece di volgere lo sguardo ali 'avvenire. Il mercato librario è sommerso da "memorie" e nelle pubbliche discussioni le considerazioni su li' origine d eli 'ultima guerra prevalgono su quelle concernenti il modo di evitare la prassima. Questo perpetuo guardare al passato è la ragione prima del re­ gresso e delle divisioni dell'Europa. Sta ai giovani Europei cambiare questo stato di fatto. Essi sono chiamati a costruire un'Europa nuova sulle rovine della vecchia Europa, ed a sostituire all'attuale anarchia un'Europa organizzata. Se gli statisti europei rifiutano di riconoscere questo obiettivo e di realizzarlo, verranno messi da parte dei popoli col cui destino stanno giocando. Due sono i problemi particolarmente scottanti che pesano sul nostro continente: la questione sociale e la questione europea: le riva­ l ità fra le classi e le rivalità fra gli Stati. La questione sociale è, a ragione, la prima nelle discussioni pubbliche; essa forma e divide i partiti, e quotidianamente ed in mille maniere diverse attira in tutti i paesi l'attenzione dell 'opinione pubblica. Per contro, la questione europea - che certo non le è inferiore per importanza - viene semplicemente passata sotto silenzio. Molti non sanno neppure che esiste, la si relega nella sfera della letteratura e del l'utopia e non la si prende sul serio. Eppure, il futuro della nostra cultura e l'avvenire dei nostri figli dipendono da essa.

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La questione europea si pone in questi termini : "L'Europa, frammentata politicamente ed economicamente divisa, può assicurare la propria pace e la propria indipendenza di fronte alle potenze mon­ diali extra-europee in pieno svi luppo? Oppure sarà costretta, per sal­ vare la propria esistenza, ad organizzarsi in una federazione di Stati?" Il solo porre la domanda conduce alla risposta. Ecco perché la questione non è neppure posta, ma evitata. Nelle discussioni pubbliche si parla spesso - indubbiamente - di questioni europee, ma mai della Questione europea, da cui tutte le altre traggono origine, così come l'insieme delle questioni sociali si riconduce alla Questione sociale generale. Così come oggigiorno ogni Europeo è costretto, in politica in­ tema, a pronunciarsi sulla Questione sociale, in futuro sarà costretto in politica estera a prendere posizione sulla Questione europea. Sarà allora suo compito accollarsi la responsabilità dell'unione o della fran­ tumazione dell 'Europa, della sua organizzazione o della sua anarchia, della sua rinascita o della sua decadenza. Una sola cosa non deve più accadere, e cioè che una questione vitale per 300 milioni di uomini venga del tutto trascurata dai leaders responsabili. In breve, la Questione Europea dev'essere evocata in tutta la sua ampiezza, davanti all'opinione pubblica del continente, nella stampa e nella letteratura politica, nel corso delle riunioni pubbl iche, nei Parlamenti e nei ministeri. Il tempo stringe. Domani sarà forse troppo tardi per risolvere la questione europea: ecco perché è preferibile mettersi subito al lavoro. Gli Europei, che hanno perso quasi completamente la fiducia in se stessi, aspettano aiuto dal l ' esterno: gli uni dalla Russia, gli altri dali' America. Queste due speranze rappresentano un pericolo mortale per l'Europa. Né l ' Est né l ' Ovest vogliono salvarla: la Russia vuole conquistarla, l'America vuole comprarla. Fra Scilla e Cariddi, ossia fra la dittatura militare russa e la dit­ tatura finanziaria americana, solo uno stretto passaggio conduce ad un avvenire migliore. Esso si chiama Pan-Europa, e significa che l 'Euro­ pa deve aiutare se stessa costituendo, come obiettivo pratico, una unio­ ne politico-economica.

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Si rimprovererà a questa unione d'essere un'utopia. L'obiezio­ ne non regge. Nessuna legge naturale s'oppone alla sua realizzazione. Questa proposta corrisponde agli interessi della schiacciante maggio­ ranza degli Europei e non arreca pregiudizio che ad una minoranza sempre più ristretta. Tale minoranza, piccola ma potente, e che oggi regge i destini dell 'Europa, vorrà bollare l ' i deale Pan-Europeo col marchio dell ' uto­ pia. A questa accusa si dovrà ribattere che ogni evento storico è nato come utopia perfinire come realtà. Nel 1 9 1 3 , le Repubbliche polacca e cecoslovacca erano utopie: nel 1 9 1 8 sono diventate realtà. Nel 1 9 1 6, la vittoria del comunismo in Russia era un 'utopia, nel l 9 1 7 era realtà. Più un politico manca d'imma­ ginazione, più vasto gli appare il campo dell 'utopia e limitato quello del possibile. La storia del mondo ha più immaginazione delle marionette che in esso si muovono: essa è fatta da tutta una serie di sorprese e di uto­ pie divenute realtà. Il fatto che un'idea si trasformi in realtà o resti allo stadio d'uto­ pia non dipende di solito che dall' impegno e dal numero di coloro che la sostengono. Finché solo qualche migliaio di sostenitori crederà nel la Pan­ Europa essa sarà un'utopia; quando saranno milioni, allora diventerà un programma politico; quando saranno cento milioni, diverrà realtà. L 'avvenire dell 'unione dell 'Europa dipende pertanto dalla fede e dal dinamismo dei suoi primi mille aderenti, fede e dinamismo che li renda capaci di convincere quei milioni che trasformeranno l 'utopia di ieri nella realtà di domani. Faccio appel lo ai giovani d'Europa per realizzare quest'opera. Vi enna, primavera I 923

Richard N Coudenhove-Kalergi

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Capitolo I

L' Europa e il mondo

È impossibile che il pulviscolo dei piccoli Stati europei si mantenga a lungo accanto ai quattro grandi imperi mondiali del futuro: America, Gran Bretagna, Russia ed Estremo-Oriente. l. IL CROLLO DELL'EGEMONIA MONDIALE DELL'EUROPA

-Il dominio del! 'Europa sul mondo I l XIX secolo fu il periodo del dominio dell 'Europa sul mondo. Gli antichi Imperi asiatici, la Cina, la Persia e la Turchia erano in decadenza e non sembrava lontano il momento in cui sarebbero di­ ventati vassalli dell 'Europa. L' Africa fu suddivisa e, come l'India e l 'Australia, sottomessa alla dominazione europea. Solo l ' America, sotto la guida degli Stati Uniti, era riuscita a sottrarsi all' egemonia mondiale dell'Europa. La proclamazione della dottrina Monroe 1 corrispose ad una di­ chiarazione d'Indipendenza del continente americano nei confronti dell 'Europa. Nonostante questa autonomia americana, l 'Europa rappresen­ tava il centro del mondo; la politica mondiale s 'identificava più o meno con la politica europea. Nessuno minacciava una tale egemonia, di cui erano le principali protagoniste sei grandi potenze: Inghilterra, Russia, Germania, Austria-Ungheria, Francia e Italia.

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-Il crollo dell 'egemonia europea Il primo quarto del XX secolo condusse al crollo dell ' egemonia mondiale de li 'Europa. L 'Europa ha smesso di essere oggi il centro del mondo sia sul piano politico, che sul piano economico e quello culturale. Il mondo si è emancipato. Le cause principali di questa rivoluzione politica sono: l) La costituzione al difuori dell 'Europa, d 'unImpero Britan­ nico mondiale, conseguente alla trasformazione della. sua struttura in­ terna. Mentre in precedenza questo era un Impero europeo con colonie extra-europee, ali 'inizio del nostro secolo si è trasformato in una Fe­ derazione intercontinentale. Si è avuto uno spostamento del suo centro di gravità, a causa della fondazione dell'Unione sudafricana, delle conquiste fatte durante la guerra mondiale e della ristrutturazione del mondo arabo, dall'Atlantico all ' Oceano Indiano. Attualmente l'In­ ghilterra non domina più il suo Impero che ha territori sui vari oceani, ma lo presiede solamente come primus inter pares. Da grande potenza europea l 'Inghilterra è diventata una potenza mondiale intercontinen­ tale. 2) La costituzione, al difuori del/ 'Europa, d'unImpero Russo mondiale, conseguente alla trasformazione della sua struttura interna. L'Impero degli Zar era uno Stato europeo con delle colonie asiatiche: la Rivoluzione russa ha fatto cadere la frontiera degli Urali. Oggi si tratta di un Impero federale senza colonie, la maggior parte del terri­ torio del quale si trova in Asia e una parte minore in Europa. L 'Unione delle Repubbliche sovietiche è pertanto una potenza mondiale eurasia­ tica che, mentre si trova più o meno in conflitto con i popol i europei, si presenta quale campione della l ibertà dei popoli del l'Asia. Il rifiuto del sistema democratico europeo ha il significato politico di un ritiro della Russia dali ' Europa. I suoi territori occidentali, le cui popolazioni si sentivano più fortemente attratte verso l ' Europa che non verso la Russia, se ne sono separati e si sono ricollegati al sistema degli Stati europei (Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Bessarabia). Non sono più gli Urali che marcano la frontiera orientale de li ' Europa, ma la l inea di demarcazione politica fra la Russia e le democrazie vi­ cine. Da grande potenza europea, la Russia è diventata una potenza eu­ rasiatica.

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3) L 'emancipazione dell 'Asia. La svolta storica è rappresentata in questo caso dalla nascita del Giappone come grande potenza in se­ guito alla vittoria ottenuta sulla Russia nel 1 905. Mentre l ' Europa cre­ deva che i popoli orientali non fossero che degli oggetti della sua po­ litica e della sua economia, una grande potenza è sorta in Estremo Oriente, la cui influenza è diventata ben presto, ad est del Vecchio Mondo, più forte di quella dell 'Europa. Il Vecchio Mondo ha visto ag­ giungersi al proprio polo politico atlantico, l 'Europa, un secondo polo nel l ' area del Pacifico: il Giappone. L'egemonia mondiale della razza bianca è spezzata. Attualmente, il popolo più potente della terra - dopo quello anglosassone - è il popolo giapponese. Al progresso del Giap­ pone si aggiunge l'appena iniziata europeizzazione e mi litarizzazione della Cina e degli altri popoli asiatici. La potenza mondiale giapponese ha rovesciato la supremazia dei popoli europei. 4) Lo sviluppo dell'America. Alla seconda conferenza per la pace de li' Aja nel 1 907, i rappresentanti delle Repubbliche Americane hanno partecipato per la prima volta a parità di diritti con gli Stati eu­ ropei. Da allora, il prestigio internazionale degli Stati sudarnericani è gradualmente aumentato ed oggi, ali ' interno della Società delle Na­ zioni, rivestono un ruolo determinante ed arbitrano le questioni euro­ pee. Nello stesso tempo, gli Stati Uniti d'America si sono sviluppati fino a diventare una potenza motrice della terra, che estende la sua in­ fluenza verso sud grazie all 'Unione panarnericana; verso est, cioè l ' Europa, ove godono di una posizione dominante in quanto creditori; verso ovest, l 'Estremo Oriente, ove sono garanti de li 'indipendenza ci­ nese. Questo progresso degli Stati Uniti è iniziato con la vittoria sulla Spagna e la mediazione che ha messo termine alla guerra fra Russia e Giappone; è stato faci litato ed accelerato dal i ' apertura del Canale di Panama e dallo sviluppo della flotta, nonché dali 'awnento della popo­ lazione e dall 'incremento della ricchezza, ed ha trovato il suo apice nella partecipazione alla guerra mondiale, in cui l ' intervento degli Sta­ ti Uniti è stato decisivo. Attualmente gli Stati Uniti d'America costi­ tuiscono l'impero più ricco, potente e progredito del mondo. 5) Il declino dell'Europa. La guerra mondiale ha annientato una grande potenza, l'Austria-Ungheria, ed ha amputato la Germania. Nella politica mondiale la Germania e gli Stati eredi dell'Austria non

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ricoprono più un ruolo preponderante. Le due ultime grandi potenze europee, la Francia e l 'Italia, hanno senza dubbio approfittato territo­ rialmente della guerra, ma hanno subìto perdite tali in uomini ed in ric­ chezze che la loro posizione politica nel mondo poggia solo su basi in­ certe. Al di là de li' Europa, del Mediterraneo e de li' Africa, la loro influenza è assai limitata. Si tratta di potenze europee di primo piano, ma di potenze mondiali di secondo piano. Mentre le altre grandi po­ tenze si spartiscono i popoli e le materie prime del mondo, la Francia è ipnotizzata dal Reno e l 'Italia dall'Adriatico. Ne consegue che le ca­ pacità di azione de !l 'Europa sul piano della politica mondiale sono pa­ ralizzate dalla mancanza di unione. Dal centro del mondo, l' Europa si è ritirata verso la periferia.

- L 'avvenire dell'Europa L 'egemonia dell'Europa sul mondo è ormai spezzata. Se ieri si temeva l 'Europa, ora la si compiange. Da una posizione dominante è stata costretta sulla difensiva: sul piano militare è minacciata dal l 'in­ vasione russa, su quello economico dalla concorrenza americana. È in­ debitata, divisa, inquieta e indebolita; è dilaniata da lotte nazionali e social i, colpita gravemente nella sua demografia e nell'industria; è piombata nel caos economico e monetario. Così l'Europa da un pre­ sente senza speranze procede verso un avvenire incerto. Che la situazione della Russia sia ancora più cupa non può ras­ sicurare l ' Europa perché i l tempo lavora a favore della Russia e contro di essa. Le favolose ricchezze del suolo russo e le sue risorse umane, ancora non sfruttate e più omogenee, garantiscono in ogni modo i l suo avvenire. Comunque si presenti questo avvenire, la Russia sarà nuo­ vamente presto o tardi grande, potente e ricca. L ' Europa invece ha davanti a sé solamente un avvenire sempre più incerto. Ha perduto l 'egemonia del mondo perché i suoi popoli era­ no disuniti; perderà l 'indipendenza ed i l benessere che le resta se con­ tinuerà ad esser tale. Il XX secolo che ha visto l 'Europa cadere dal suo trono ne vedrà anche la decadenza? Dipende da ciò che faranno i suoi uomini di Stato e i suoi popoli. Faranno fronte alla esigenze del mo­ mento o si getteranno a capofitto nel precipizio verso cui corrono sen­ za sosta?

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2. TECNICA E POLITICA -Il mondo si rimpicciolisce Ogni giorno il mondo si rimpicciolisce: città e paesi si ravvici­ nano sempre più grazie alle innovazioni tecniche nei mezzi di comu­ nicazione. In effetti, una distanza si misura meno in funzione della lun­ ghezza del percorso che del tempo necessario a coprirla; è meno importante il numero di miglia o di chilometri da percorrere che il nu­ mero delle ore di marcia o dei giorni di viaggio. La misura obiettiva di una distanza è la lunghezza, quella soggettiva la durata. Domato i l caval lo e scoperta l a vela, fino al XIX secolo i l rapporto fra lunghezza e durata di un percorso è rimasto costante. Solo con l 'invenzione del battello a vapore, della ferrovia, del tram elettrico, dell ' automobile e del l ' aeroplano - durante il XIX ed il XX secolo - questi rapporti mil­ lenari sono stati sovvertiti e sono state introdotte nuove misure di tem­ po per le distanze. Da un secolo la terra è diventata più piccola, città e paesi si sono ravvicinati in proporzione diretta con l'aumento della velocità d'un treno espresso rispetto ad una diligenza, d'un aereo rispetto a un ca­ valiere, d'un piroscafo rispetto a un veliero, d'un telegramma rispetto ad un piccione viaggiatore. A causa di ciò tutti gli Stati si sono rim­ piccioliti ed avvicinati. Mentre l'Impero del Re di Boemia, Ottokar, era una grande po­ tenza, e - in proporzione - esteso come la Russia europea, la Boemia attuale è piccola come il Granducato di Weimar di un secolo fa: per percorrerli s'impiega lo stesso tempo. Con l 'aereo, Parigi e Berlino sono diventate vicine come ai tem­ pi antichi erano Atene e Tebe e, nel Rinascimento, Bologna e Ferrara. Nonostante la sua estensione planetaria, l 'estensione del l ' Impero bri­ tannico è oggi comparabile a quella del l 'Impero Romano, e quella del l 'Oceano Indiano a quella del Mediterraneo di quel tempo. Conse­ guentemente a questa costante riduzione del le distanze soggettive i paesi rimpiccioliscono ed i popoli si ravvicinano considerevolmente.

- Tecnica politica Se la tecnica politica non si adatta a questa evoluzione della tec­ nica delle comunicazioni, ne conseguirà una tensione che porterà a ca­ tastrofi tremende. Se si vogliono evitare urti violenti, ad ogni ravvici -

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namento nel tempo e nello spazio di popoli vicini deve corrispondere un ravvicinamento politico. È significativo che il continente tecnicamente più progredito, l'America, sia anche quello che ha inaugurato i nuovi sistemi d'orga­ nizzazione fra gli Stati, creando sistemi di associazioni pacifiche quali l 'Unione panamericana, e proponendo il progetto della Società delle Nazioni. I n effetti lo Stato autarchico quale è stato foggiato dalla storia, è diventato troppo piccolo per conservare nel futuro un'esistenza in­ dipendente: deve completarsi, deve svilupparsi in unafederazione con altri Stati. Oggi, le potenze che dirigono il mondo sono delle federazioni: la Russia, l 'America, l ' Inghilterra. La Confederazione Panamerica­ na, in via di costituzione, si differenzia nel l 'essenza dalle precedenti federazioni poiché non è diretta contro un altro sistema di Stati, ma contro la guerra ed in favore del comune sviluppo culturale. L' Europa dovrà seguire questo esempio. Essa dovrà completare la modernizzazione dei propri mezzi di comunicazione con un'orga­ nizzazione moderna dei suoi Stati al proprio interno. Se questo non viene fatto l'Europa, cieca di fronte alla realtà, corre verso una nuova guerra ed è minacciata dal pericolo di soccombere sotto un diluvio di bombe tossiche. 3. POTENZE MONDIALI INVECE DI GRANDI POTENZE

Politica sintetica ed analitica I l vecchio equilibrio delle grandi potenze d 'anteguerra avrebbe dovuto lasciare i l posto ad un rinnovato sistema di potenze mondiali . Tra l o Stato e l 'umanità si è inserito u n terzo elemento, l'associazione di Stati. Il tentativo di Wilson di creare una società universale delle na­ zioni non è riuscito, ma si sono formate, o sono in via di formazione, più associazioni di nazioni. L 'Impero russo è diventato un ' associazione di nazioni che tiene uniti in un sistema di tipo federale Grandi russi, Russi bianchi, Ucrai­ ni, Curdi, Georgiani e Turchestani, Tartari e Armeni. -

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L 'Impero britannico è anch'esso un'associazione di nazioni che comprende Anglosassoni, Irlandesi, franco-canadesi, Boeri olan­ desi, Arabi, Indù, Egiziani 2 e Malesi. La ?an-America sembra evolvere verso un'associazione di na­ zioni composta da Anglo-americani, Spagnoli, Portoghesi, Indiani, Negri e Meticci. Infine, la Repubblica Cinese è una repubblica di tipo federale che riunisce Cinesi del Nord e del Sud, Tibetani, Mongoli, Manciù e Turcomanni. I n tal modo, mentre nel mondo extraeuropeo la tendenza alla sintesi è più forte di quella analitica, ed i piccoli Stati cercano di ap­ poggiarsi ai grandi imperi, in Europa si nota il processo inverso. Qui la tendenza alla libertà si rivela più forte della tendenza ali ' organizza­ zione. Qui qualsiasi piccola nazione esige una piena sovranità, senza cercare di capire se sarà in grado di sopravvivere, se potrà sostenere la concorrenza delle altre nazioni. Mentre nel vasto mondo il processo d'integrazione avanza, l ' Europa va sempre di più verso l'atomizzazio­ ne. L'Austria-Ungheria, la Russia occidentale, la Turchia europea si sono smembrate in una quantità di piccoli Stati. La Scandinavia si è divisa in due regni. Anche in Germania forti correnti spingono verso una dissociazione del l 'Impero in piccoli Stati, e nessuno può dire quando si fermerà questa tendenza analitica della politica europea. Al momento della conclusione dei trattati di pace sono state pre­ se in considerazione soltanto queste tendenze analitiche dei popoli, e non le loro necessità sintetiche. Esistono oggi in Europa più piccoli Stati e meno grandi potenze di prima della guerra. La pace ha pertanto fallito nel secondo dei suoi grandi compiti: cercare di associare le na­ zioni che aveva liberato. La sua forza distruttrice è stata più forte della sua forza costruttiva. Se la liberazione dei popoli d 'Europa non verrà completata dalla loro unione, gli Stati europei verranno ben presto divorati dalle potenze mondiali in pieno sviluppo. Analogamente ali' America, ali ' Inghilterra e alla Russia, anche l 'Europa dovrà trovare un equi librio fra libertà e organizzazione. Que­ sto equilibrio dovrà condurre sul piano interno alla massima autono­ mia possibile e su quello estero alla più vasta federazione possibile. L'America e l'Inghi lterra hanno già superato questa duplice fase. Si

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deve a questo se l 'Inghi !terra ha salvato la propria potenza e salvaguar­ dato l 'Impero. La Russia - che dopo la rivoluzione pareva dovesse di­ sintegrarsi - ha dal canto suo conservato quasi tutti i suoi territori gra­ zie a questo duplice metodo che riunisce l 'autonomia alla federazione. L'Europa deve rendersi conto che una differenziazione senza integrazione conduce alla rovina, e che la sua politica analitica va completata con una politica sintetica.

- I "campi diforze" internazionali La direzione politica del mondo si trova oggi a Washington, Londra, Mosca, Tokyo e Parigi. È qui che si trovano i centri dei campi di forze internazionali; è parimenti qui che vengono delineati i contor­ ni dei futuri imperi mondiali . I cinque "campi di forze" del pianeta sono: l. l'Americano 2. il Britannico 3 . il Russo 4. l ' Estremo-orientale 5. l'Europeo. Un semplice colpo d'occhio alla carta della terra ci rivela le nuove divisioni e le tendenze strutturali del mondo. I - Il mondo panamericano - È compreso fra l'Atlantico ed il Pa­ cifico, la cui comunità politica è il frutto del movimento panamericano. Il secondo grande complesso geografico è costituito dal vecchio mondo (ivi compresa l 'Australia): Europa, Asia, Africa, Australia. Questo complesso comprende - seguendo i quattro punti cardinali ed i quattro mari che lo circondano - quattro imperi: quello del Sud, del Nord, del l ' Est e dell'Ovest. II - L 'Impero del Sud - È situato intorno al l' Oceano Indiano; è il cuore dell 'Impero britannico. Comprende l'Africa orientale, il mon­ do arabo, quello indù e l 'Australia (Città del Capo, Suez, Calcutta, Sin­ gapore e Sidney). I suoi confini a Nord sono il Mediterraneo e l 'Hi­ malaya. III - L 'Impero del Nord - Situato lungo l 'Oceano Glaciale Ar­ tico, appartiene all'Impero russo. È limitato ad Ovest dal l'Europa, a Sud dal mondo britannico (ave la Persia e l' Afghanistan hanno la fun-

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zione di Stati-tampone nei confronti del l 'Inghilterra) e ad Est dali ' Estremo Oriente. IV - Gli Imperi dell'Est - Bagnati dall'Oceano Pacifico, com­ prendono Cina e Giappone che, separati politicamente, hanno tuttavia in comune la razza, la scrittura e la civiltà. V - Ipaesi occidentali - Volti verso l 'Oceano Atlantico, forma­ no l 'Europa. Questo insieme comprende il continente europeo pro­ priamente detto ed i territori africani a sud del Mediterraneo. Abbrac­ ciano l 'Europa continentale dal Capo Nord fino alla Marea ed alla costa occidentale de li' Africa, dalla Tripolitania e il Marocco fino all 'Angola e al Congo. Questi Stati sono non strutturati e privi d'or­ ganizzazione, perennemente in lotta fra di loro e dilaniati da odi i e ge­ losie reciproci. Nessuno di questi cinque sistemi ha un passato più ricco di quel­ lo dell'Europa, ma nessuno si avvia verso un avvenire più incerto di quello del i ' Europa. 4.

LA SITUAZIONE DELL'EUROPA NEL MONDO

- L 'unione dell'Europa L ' Europa come concetto politico non esiste. La parte del mondo designata con questo nome comprende un caos di popoli e di Stati, una polveriera di conflitti internazionali; è il crogiolo delle guerre future. L'odio reciproco fra gli Europei ammorba l'atmosfera internazionale e inquieta incessantemente anche i paesi più pacifici del mondo: ecco il fondo della questione europea! Pertanto i l problema europeo non è locale, ma internazionale. Finché non sarà risolto, non si potrà pensare ad uno sviluppo pacifico del mondo. La questione europea possiede oggi per il mondo il valore che in passato - e durante un secolo - ha avuto per l ' Europa la questione balcanica: è una fonte di costante insicurezza e di permanenti di sordim.

La questione europea sarà risolta solo con l 'unione dei popoli d 'Europa, unione che o si farà volontariamente, con la costituzione di unafederazione pan-europea, o forzata da una conquista russa. Sia che la questione europea debba essere risolta dall'Europa stessa, sia che debba portarvi soluzione la Russia, è comunque impo­ ssibile che i numerosi piccoli Stati europei si mantengano in modo du-

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raturo cosi come sono, accanto alle quattro grandi potenze mondiali di domani, la britannica, la russa, l ' americana e l 'estremo-orientale. L'Europa ha irrimediabi lmente perduto la sua supremazia nel mondo, ma non ha perduto né l' indipendenza, né la cultura, né l'av­ venire, né l' impero coloniale. Se si unisse tempestivamente, l'Europa potrebbe, come quinto raggruppamento con gli stessi diritti degli altri, prendere ancora parte alla spartizione della Terra. Restando divisa, l 'Europa non avrà alcun peso politico, perderà le colonie, sarà rovinata finanziariamente, ridotta in miseria e piena di debiti, e non potrà non esser preda di un' invasione russa.

- La Germania e l 'Europa La situazione de Il ' Europa attuale ricorda quella della Germania al l' inizio dei tempi moderni. Allora la Germania, erede dell'Impero Romano d'Occidente, manteneva ancora una supremazia nominale sugli Stati cristiani d'Europa, ma era indebolita fino all ' impotenza a causa delle rivalità fra i suoi Principi. Mentre il Sacro Impero Romano-Germanico si dissolveva sem­ pre più sotto le spinte indipendentistiche delle sue città e dei suoi Stati, nelle altre parti d'Europa si costituivano nazioni fortemente centraliz­ zate: la Francia, l'Inghilterra, la Spagna e la Svezia. Grazie alla loro omogeneità, questi Stati diventarono rapida­ mente più potenti dell'Impero germanico. A sud-est si costituiva la monarchia ereditaria degli Asburgo, monarchia semi-germanica cui interessi sono andati divergendo da quelli della Germania man mano che s'ingrandiva verso est a spese dei Turchi; a nord-est la parte più avanzata della Germania, l 'Olanda, si separava dal l 'Impero per ele­ varsi - grazie alle sue conquiste coloniali - al rango di grande potenza indipendente. Del pari oggigiorno l 'Inghilterra si è staccata da un ' Eu­ ropa disorganizzata ed è diventata una grande potenza intercontinen­ tale, pienamente indipendente. Al tempo di Wallenstein, una Germania unita avrebbe ancora potuto proteggersi contro le invasioni straniere e diventare una delle grandi potenze dominanti d'Europa. La guerra dei Trent 'anni le ha in­ ferto il colpo fatale. Con questa guerra inizia il secondo capitolo del declino della Germania.

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' L E U R O PA

E

IL

M O N DO

Le grandi nazioni a nord ed a ovest della Germania hanno ap­ profittato delle sue lotte intestine per portare a compimento i propri progetti imperialistici. In tal modo la Germania divenne per due secoli il campo di battaglia dell 'Europa. Eserciti danesi, svedesi, francesi e spagnoli, alleati dei Principi tedeschi, devastarono l 'Impero tedesco. Dalla grande spartizione delle colonie in Oriente e Occidente la Ger­ mania uscì parimenti a mani vuote. Mentre gli altri popoli si arricchi­ vano, essa diventava sempre più povera; col suo benessere scompariva la sua cultura. I piccoli Stati tedeschi dovettero pagare il prezzo della loro in­ dipendenza e diventarono semplici pedine sulla scacchiera europea. Francia e Inghilterra nel frattempo liquidavano le loro controversie co­ loniali con soldati tedeschi e sul suolo tedesco. La stessa Rivoluzione Francese non riuscì a convincere i Principi tedeschi ad unirsi. Le loro rivalità erano più forti della loro solidarietà. Apparve Napoleone che, fondando la Confederazione Renana, mise fine al Sacro Romano Im­ pero di Germania. Con la guerra mondiale l 'Europa si è trovata di fronte ad una svolta storica, come la Germania al tempo della Guerra dei Trent'anni. L 'Europa, che fino a poco prima dominava ancora il mondo, si è divisa in due campi : Negri, Indù, Turchi e Curdi hanno combattuto sul suolo europeo, diventato il campo di battaglia della terra. Le sue regioni più ricche sono state devastate ed il fior fiore della sua popolazione mas­ sacrato. L'immoralità, l'odio e l'invidia sono stati i frutti più diffusi alla fine del l ' i mmane conflitto.

- Il declino de!l 'Europa Se l 'Europa non trae insegnamento dalla storia, subirà lo stesso destino dell' Impero Romano-Germanico. Politicamente e militar­ mente essa diverrà la scacchiera del mondo e sarà mero oggetto di una politica mondiale di cui a lungo è stata invece il soggetto. L'Europa sarà dimenticata nel la spartizione dei mercati e dei paesi produttori di materie prime. Saranno imperi mondiali come la Russia e l 'Impero britannico a decidere sul Reno delle loro controversie, servendosi di soldati tedeschi e francesi. Come ieri la Cina e la Turchia, l 'Europa sarà domani suddivisa in zone d'influenza inglesi, russe e americane.

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Mentre grazie alla loro politica di collaborazione le altre parti del mondo s 'arricchiscono e diventano sempre più potenti e civil i, l 'Europa s ' impoverisce, s'indebolisce e cade nella barbarie. Le sue barriere doganali interne impediranno lo sviluppo di qualsiasi econo­ mia d'ampio respiro, mentre la corsa agli armamenti e i conflitti in­ ghiottiranno quanto resta del suo benessere. Nel quadro della politica mondiale, in Europa un politicante na­ zionalista sarà ben presto ridicolo come era ridicolo chi - in passato faceva politica campanilistica. Lo spirito meschino e astioso della po­ litica che si farà in Europa susciterà ilarità nel mondo. E questo finché alla rivoluzione russa non succederà un Napo­ leone russo che creerà con i piccoli Stati dell ' Europa orientale una nuova Confederazione Renana, con l ' aiuto della quale potrà dare all'Europa il colpo mortale. Ma si è ancora in tempo per salvare l'Europa da questo destino. La salvezza si chiama Pan-Europa: cioè l'unione politica ed econo­ mica di tutti gli Stati europei, dalla Polonia al Portogallo, in una Fe­ derazione di Nazioni.

Note 1. Questa dottrina, annunciata nel 1 823 dal Presidente degli Stati Uniti James Monroe, doveva preservare tutto il continente americano da interventi colonizzatori europei, ma subì un forte contraccolpo con l'intervento francese in Messico ( 1 862- 1 867). 2. Anche se formalmente autonomo, l'Egitto fa infatti parte del l 'Impero britannico.

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Capitolo Il

Le frontiere dell'Europa

Il concetto d'Europa trae la propria origine da un insieme di elementi geografici, politici e culturali. l. LE FRONTIERE GEOGRAFICHE DELL

'

E UROPA

- La penisola europea Geograficamente, non esiste un continente europeo. Esiste una penisola europea del continente eurasiatico. Questa penisola a nord della quale si trovano l 'arcipelago britannico, l ' Islanda e la penisola scandinava - presenta una strozzatura tra il Mar baltico e il Mar Nero. Così come l 'estremità occidentale del continente eurasiatico viene chiamato Europa, l 'estremità centromeridionale ha nome India. L 'India avrebbe gli stessi diritti dell 'Europa di esser considerata un continente: non gli è inferiore né in superficie né i n popolazione, pos­ siede una sua cultura e una storia propria, nettamente distinte da quelle del resto de li' Asia. Infine, l 'Himalaya è un confine naturale fra l ' I ndia e l'Asia, mentre gli Urali non sono che una demarcazione arbitraria fra l 'Europa e l'Asia. Mentre i mari la delimitano geograficamente - l 'Oceano Atlan­ tico all'ovest, il Mediterraneo ed il Mar Nero al sud, il Mar Glaciale Artico al nord - l 'Europa non ha confini naturali ad est e sfuma gra­ dualmente ne l i ' Asia. Né fiumi né montagne separano la penisola euro­ pea dali' Asia. Così, per dargli un'esistenza geografica, i geografi si tro-

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varono obbligati a stabilirla lungo l ' unica catena montuosa che taglia la pianura asiatica da nord a sud, gli Urali, benché si trovino in pieno con­ tinente asiatico e pertanto non siano la frontiera della penisola europea. Inoltre, gli Urali sono stati accettati quale confine del l ' Europa anche perché hanno costituito per due secoli la frontiera politica del la Russia metropolitana.

- Geografia, politica, civiltà I l concetto d'Europa è la risultanza di un insieme di elementi geografici, politici e culturali. Se i confini settentrionali, meridionali e occidentali di questa parte del mondo sono stati tracciati dalla geo­ grafia, è la politica che ha stabilito quelli orientali. Ecco perché questi sono stati spostati nel corso dei secoli dal Reno agli Urali, dall 'Adria­ tico al Mar Caspio. I l concetto geografico d'Europa non corrisponde né a quello culturale né a quello politico. Dal punto di vista culturale l 'Australia fa parte de li 'Europa, e da quello geografico anche la Gran Bretagna, ma politicamente esse sono fuori del i ' Europa e fanno parte di una po­ tenza intercontinentale, l 'Impero britannico. Occorre avere chiaramente presente la distinzione fra le diverse suddivisioni del pianeta: "parti del mondo", "imperi mondiali" e "ci­ viltà mondiali". Geograficamente il mondo si divide in cinque continenti: Eu­ rasia, Africa, Australia, America del Nord e America del Sud. Politicamente il mondo si divide in sfere d ' influenza: america­ na, europea, russa, britannica ed estremo-orientale. Culturalmente si possono distinguere nel mondo quattro grandi civiltà: l 'europea, la cinese, l 'indù e l 'araba. B isogna attenersi a queste classificazioni se - per quanto con­ cerne l'Europa - si desiderano evitare confusioni deplorevoli. 2.

I

CONFINI STORICI DELL'EUROPA

- Le tappe de/l'evoluzione europea L 'E/ladefu la prima Europa. La sua opposizione alla Persia ge­ nerò una tensione fra l 'Europa e l 'Asia e questo fece sorgere l 'idea eu­ ropea: Mediterraneo e Mar Egeo, Mar di Marrnara e Mar Nero, Bo­ sforo e Dardanelli furono i confini di questa prima Europa e nessun

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F R O NTI E R E

DELL ' E U R O P A

Greco o Romano si domandò mai dove passasse la sua frontiera orien­ tale, a nord del Mar Nero. Alessandro il Grande, semi-Elleno egli stes­ so, soppresse ogni barriera politica tra Europa ed Asia e fondò il primo impero eurasiatico, la cui cultura fu l 'ellenismo. Roma creò la seconda Europa. Questa Europa comprendeva i paesi bagnati dal Mediterraneo, mentre il Reno e il Danubio ne furono i confini a nord-est. Questa delimitazione non è, da un punto di vista culturale, ancora scomparsa. Lo smembrarnento dell'Impero romano separò i Balcani dal l ' Europa e spostò il centro di gravità dell ' Impero verso occidente. L 'Impero romano d' Oriente divenne un impero inter­ medio fra l ' Europa e l' Oriente, un impero eurasiatico. L' Europa fu cattolica-romana, l'Asia Minore musulmana, mentre Bisanzio e la Russia accettarono la religione greco-ortodossa e rimasero per secoli senza influenza sui destini del continente.

- Le grandi invasioni crearono la terza Europa. Sulle rovine del l 'Impero d'Occidente si formarono i regni ger­ manici. L 'Europa germanica, che raggiunse l'apogeo con Carlo Ma­ gno, confinava ad ovest con la Spagna moresca ed a est con gli Slavi, gli Avari e i Bizantini. L 'Elba rappresentava allora il confine orientale de !l ' Europa. Dopo il crollo del! 'Impero carolingio, fu il Papato a prendere gradualmente il timone de l i ' Europa. Venne così a formarsi una quarta Europa, le cui frontiere si fissarono là dove si affermò la fede catto­ lico-romana. Questa quarta Europa si estese ad est fino in Polonia, Li­ tuania e Ungheria; come un blocco politico omogeneo prese parte alle Crociate contro l 'Asia musulmana. Il suo apogeo si ebbe col pontifi­ cato di Innocenza III, la cui supremazia politica si impose ai monarchi europei. L ' Europa papale scomparve definitivamente con la Riforma, che divise il continente in due campi: il nord protestante e il sud cat­ tolico. Il secolo dell 'Illuminismo, che relegò in secondo piano le lotte confessionali, creò la quinta Europa, l 'Europa del dispotismo i llumi­ nato. La Russia, con Pietro il Grande, entrò in questo sistema di Stati, mentre sotto la dominazione mongola aveva fatto parte del l'Asia. Fu

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P A N - E U R O PA

così che gli Urali diventarono il confine orientale de li 'Europa, che rag­ giunse in quel periodo la sua massima estensione. L 'apogeo della quinta Europa si ebbe con il regno di Napoleone, che fu l 'ultimo a ricostruire I'Impero europeo di Giulio Cesare, di Car­ lo Magno e I nnocenzo III. Se l 'Imperatore dei Francesi avesse vinto a Lipsia, gli Stati Uniti d'Europa sarebbero già una realtà, sia sotto un regime bonapartista che sotto un regime repubblicano. La caduta di Napoleone ripiombò l 'Europa nel caos, ma l ' idea di un'Europa unita che egli aveva ripreso 1 non si lasciò più soffocare e continuò a vivere sia nel campo reazionario che in quello rivoluzionario, fra i regnanti così come fra i popoli. L'idea della solidarietà europea dominò la Santa Alleanza, così come ispirò a Mazzini il sogno di un'Europa unita e repubblicana. I contrasti fra i princìpi di Metternich e quelli di Mazzini riempirono la politica interna dei vari Stati europei per tutto il secolo scorso. La guerra mondiale risolse la diatriba, e Mazzini vinse su Mettemich. Nell 'Europa centrale e orientale i troni crollarono, le nazioni oppresse ritrovarono la libertà e l'Europa divenne democratica: si era così aper­ ta la strada verso una sesta Europa, ossia gli Stati Uniti d 'Europa, la federazione pan-europea. Nel tempo, questo riassestamento interno degli Stati coincise con il distacco dell 'Inghilterra e della Russia dall 'Europa. La trasfor­ mazione de li 'Inghilterra in federazione oceani ca portò in primo piano i suoi interessi extraeuropei; contemporaneamente la Russia, procla­ mando i l sistema sovietico, si distaccò dal sistema democratico euro­ peo. La frontiera orientale del nostro continente si spostò di nuovo: da­ gli Urali e dal Caucaso venne riportata là dove i l sistema democratico cedette di fronte a quello sovietico, e corrisponde pressappoco ai con­ fini geografici della penisola europea.

-I futuri confini del/ 'Europa Gli Urali non saranno più la linea di demarcazione fra Europa ed Asia. È possibile che la Russia tomi nuovamente ad unirsi all 'Eu­ ropa, ma in tal caso il confine fra l ' Europa e l 'Asia sarà sui monti Altai e non sugli Urali, e le frontiere europee raggiungeranno Cina, Giap­ pone ed Oceano Pacifico. Ma può anche darsi che la Russia, assieme ai Tedeschi e agli Slavi si volga verso est per controbattere il peso del

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F R O N TI E R E

DELL' E U R O PA

blocco anglosassone o europeo-occidentale. In tal caso, le frontiere d'Europa si troveranno sul Reno e sulle A lpi, come al tempo dei Ro­ mani, finché anche questo confine non verrà anch'esso sommerso da una nuova grande invasione. Attualmente l ' Europa confina con l 'Asia solamente nei Balca­ ni. A nord si è nuovamente inserita fra Asia ed Europa una potenza eu­ rasiatica che - come una volta l ' Impero dei Seleucidi e quello di Bi­ sanzio - separa l 'Europa dall 'Asia. Ecco come la politica determina ancora una volta il confine orientale dell'Europa: verso est, le frontiere della sesta Europa C9in­ cidono con quelle del sistema democratico. 3. LA CULTURA EUROPEA

- La cultura europea Al di fuori dei confini geografici dell' Europa, la cultura euro­ pea si estende ancora su tutto il continente americano, sull'Australia, l 'Africa del sud e la Nuova Zelanda. Per di più, in tutti i territori co­ loniali si trovano nuclei di cultura europea. Questa cultura è quella del­ la razza bianca le cui radici risalgono ali ' Antichità e al Cristianesimo. Essa viene anche definita civiltà cristiana, in contrapposizione alle ci­ vi ltà islamica, buddista, indù e cinese. I suoi due poli sono l' individua­ lismo ellenico ed il socialismo cristiano. La cultura europea è essenzialmente pragmatica e razionalista. Fissato uno scopo ragionevole cerca con energia di raggiungerlo. Ec­ celle nelle scienze e nelle loro appl icazioni nella tecnica, nella chi­ mica e nella medicina. In questi campi ha fatto progressi senza para­ gone col passato. I l suo dinamismo, dovuto ali ' impronta nordica che la caratterizza, le ha assicurato successo ovunque. Se altre culture decadono, quella europea prosegue. È verso di es che si è volto l ' impero più orientale, il Giappone, il cui esempio è eguito daCina, , Siam, Afghanistan, Persia, Turchia ed Egitto. Non i può pertanto escludere che entro un secolo la cultura europea potrà aver assorbito le altre culture.



- Le suddivisioni della cultura europea

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PA N - E U R O PA

La cultura cristiano-europea si suddivide in numerose branche, ciascuna delle quali è verosimilmente in grado di dare origine a nuove formazioni culturali. L'americanismo costituisce uno di questi aspetti. Esso contra­ sta profondamente con ogni tipo di orientalismo, di contemplazione e di mistica. È ottimista, s ' affretta verso lo scopo che s'è prefisso, è energico e progressista. L ' americanismo d'altronde non si limita ali ' America, ma domina anche i centri industriali del vecchio mondo (Berlino). Parrebbe che la cultura russa sia anch 'essa una ulteriore varietà del la civiltà europea. Numerosi segni sembrano però indicare che la Russia è il crogiolo di una nuova cultura, destinata a riunire in una nuo­ va sintesi elementi asiatici ed europei . Da un punto di vista etnografico, la Russia sia un miscuglio di elementi europei e mongoli (tartari e finlan­ desi). Da quando ebbero luogo le grandi invasioni, essa appartiene po­ liticamente e culturalmente talvolta ali ' Europa e talvolta ali ' Asia. La sua ultima epoca asiatica, i l dominio tartaro, durò dal 1 200 al 1 498, mentre solo da duecento anni essa appartiene politicamente all 'Europa. Durante quest'ultimo periodo ha accettato le forme della civiltà europea, senza essersi tuttavia europeizzata in profondità. Il bolscevismo ha ripudiato la civiltà europea importata da Pie­ tro il Grande e dai suoi successori, e ne ha espulso o massacrato i rap­ presentanti. S i è allontanato dali ' Europa cristiana e democratica e ten­ ta, con teorie europee e pratiche asiatiche, di porre le basi di una nuova forma di cultura. Solo l 'avvenire ci dirà se, come prevede Spengler, questa eman­ cipazione culturale della Russia si realizzerà. Potrebbe anche darsi che la Russia persegua, dopo una battuta d' arresto, la sua interrotta euro­ peizzazione e porti la cultura europea fin sulle coste del Pacifico. Tut­ tavia, finché il futuro culturale della Russia sarà incerto, il confine po­ litico orientale del l 'Europa con la Russia segnerà anche la frontiera orientale della comunità culturale europea. La Russia e il Giappone sono i due principali esponenti del le culture eurasiatiche, fra le quali forse s 'opererà una sintesi ad un più alto livello.

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4. LA

FRONTI ERE

D E L L' E U R O PA

P AN-EUROPA - l confini

L'Europa, come nozione politica, comprende tutti gli Stati de­ mocratid del continente, ai quali va aggiunta l 'Islanda, associata alla Danimarca da un 'unione personale nella corona del medesimo sovra­ no1 . I l poco che resta della Turchia europea appartiene politicamente all 'Asia. Definisco Pan-Europa il concetto politico dell' Europa, distinto da quello geografico. Mi rendo ben conto del fatto che questa denom i­ nazione non sarà accettata senza difficoltà, e che un 'Europa priva della Russia e del l ' Inghi lterra non può definirsi "Pan-Europa", cioè "Euro­ pa intera". Benché teoricamente fondata, questa obiezione non ha al­ cun significato pratico. Anche il Canada e le colonie europee d' Ame­ rica sono escluse dali 'Unione panamericana; neppure il movimento panel lenistico di Demostene comprendeva tutti gli Stati greci . Ho scelto l 'espressione Pan-Europa per sottolineare l 'analogia con il P an­ americanismo ed il Pan-el lenismo.

- Estensione relativa della Pan-Europa La Pan-Europa è composta da 26 grandi stati e da 7 piccoli Stati. Questo insieme di Stati ha una superficie di 5 milioni di km2 e una po­ polazione di circa 300 milioni di abitanti. Queste cifre sono però in­ complete, perché i territori europei degli Stati paneuropei sono soltan­ to una parte del suo complesso politico. Per valutare le possibilità in termini di potenza futura di questo insieme di Stati occorre ancora prendere in considerazione anche i territori extraeuropei che ne dipen­ dono. Questi territori si dividono in due gruppi : l - L'Impero coloniale africano, tutto contiguo (Libia, Africa francese, Angola, Stati del Congo), con 1 6 milioni di chi lometri qua­ drati e 53 milioni di abitanti. 2 - Le altre colonie, sparse nel resto del mondo (Mozambico, Madagascar, Indie Olandesi, I ndocina francese, Guyana, ecc.) con 5 milioni di chilometri quadrati e 78 milioni di abitanti. In tal modo, se si comprendono le colonie, la Pan-Europa ha una superficie di 26 milioni di chilometri quadrati ed una popolazione di 43 1 milioni di abitanti. La tabella che segue permette di paragonare la

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PAN · E U R O PA

Pan-Europa alle altre grandi potenze mondiali e alle altre associazioni di Stati: Milioni Milioni di abitanti di km2 Pan-Europa Imp. britannico Impero russo Imperi mongoli Pan-America

43 1 454 1 45 408 212

26 36 22 12 30

Questo quadro sottolinea ulteriormente la necessità per l ' Euro­ pa di unirsi, per ragioni di politica mondiale. Se separati gli Stati d'Eu­ ropa dovranno alla fine inchinarsi, politicamente ed economicamente, di fronte alle potenze mondiali; con la loro unione nella Pan-Europa potranno diventare uno dei raggruppamenti più forti, se non il più for­ te. Come popolazione, la Pan-Europa si trova al secondo posto; come superficie al terzo. E sarebbe abbastanza forte per rintuzzare ogni in­ vasione militare e resistere vittoriosamente a qualsiasi concorrenza sul piano economico. Con un'organizzazione coordinata ed una razionale valorizza­ zione del suo dominio coloniale africano, equivalente alla superficie della Russia asiatica, la Pan-Europa potrebbe produrre da sola tutte le materie prime e tutti i prodotti alimentari di cui abbisogna, e conqui­ stare la propria indipendenza economica. Situata come è in posizione centrale, avendo da un lato Inghil­ terra e America e dali 'altro Russia e Oriente, con la tradizione e le qua­ lità naturali dei suoi abitanti, questa Europa unita avrebbe allora la possibilità e la vocazione a rimanere per lungo tempo ancora i l centro culturale della terra. Note l. Cfr. "Il Memoriale di Sant'Elena" scritto da Emanuel Las Casas, che rimase diciotto mesi con l ' Imperatore a Sant'Elena negli anni 1 8 1 5- 1 8 1 6. I I libro fu pubblicato nel 1 823. 2. E parademocratici. 3.

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È una repubblica indipendente dal giugno

1 944 (NdC).

Capitolo 111

L'Europa e l'Inghi lterra

Ogni Pan-europeo deve sapere chiaramente che l'unione del! 'Europa non è diretta contro l 'Inghilterra. l . PICCOLA EUROPA O GRANDE EUROPA?

- Premessa L' idea degli "Stati Uniti d'Europa" è una vecchia idea. Molti Europei vedono in essa un ideale affascinante, o la considerano la sola salvezza nel caos presente, l'unico mezzo per evitare un crollo incom­ bente. Tuttavia questo ideale è rimasto inoperoso, un problema lette­ rario, e non è mai divenuto un programma politico. Sogno di molti, da pochi è stata presa sul serio. Molti si gingillano con essa, ma quasi nes­ suno si adopera per tentare di realizzarla. Senza un cambiamento radicale nel modo di concepire l ' idea del l 'Europa, gli Stati Uniti d'Europa rimarranno sempre un ideale, senza mai entrare in contatto con la realtà politica. Una delle ragioni essenziali di questo curioso irrealismo del pensiero europeo sta nel disaccordo che concerne i confini del l ' Euro­ pa. I pareri sono divergenti già su questa questione preliminare: la Russia e l 'Inghilterra, o una delle due, oppure né l'una né l ' altra, de­ vono o non devono far parte di questi Stati Uniti d'Europa? La domanda può avere più risposte: da qui l ' inizio di qualsivo­ glia azione paneuropea è rinviato. Infatti, molti sostenitori di un'idea federale non possono immaginare l 'Europa senza l' Inghilterra, altri

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PA N - E U R O P A

senza la Russia, e pertanto né gli uomini di Stato né i Governi europei prendono in considerazione la questione europea nella sua globalità. Da quando la Russia si è posta al di fuori del! 'Europa, rompendo i rapporti col sistema democratico, il problema è stato notevolmente semplificato. Infatti, è praticamente impossibile realizzare una fede­ razione compatta fra una potenza sovietica e Stati democratici. Non re­ sta pertanto più ali' Europa che risolvere i l problema inglese per poter fare il primo passo concreto per la costituzione della Pan-Europa.

- Piccola Germania o grande Germania La difficoltà del problema inglese sta nel fatto che da un lato la Gran Bretagna e l' Irlanda geograficamente appartengono senza alcun dubbio all ' Europa, mentre, dall'altro, è del tutto impossibile conside­ rare l 'I mpero mondiale britannico come uno Stato europeo. A ciò va inoltre aggiunto che la cultura inglese è un elemento essenziale della civiltà europea. I rapporti fra Inghilterra ed Europa sono oggigiorno analoghi a quelli che l 'Austria intratteneva con la Federazione tedesca verso la metà del XIX secolo. Anche se le province alpine dell' Austria face­ vano indubbiamente parte del corpo germanico, l ' Impero austriaco nel suo insieme non era uno Stato tedesco, anche se era governato da Vi en­ na. Nel 1 848 l 'unità tedesca non si realizzò, benché desiderata dali' opinione pubblica di tutta la nazione, perché gli animi erano divisi da due programmi inconciliabili, cioè quello di Schwarzenberg favo­ revole a una grande Germania e quello di Bismarck favorevole a una piccola Germania. I sostenitori del programma della grande Germania insistevano sull 'enorme incremento di potenza che la Germania avrebbe ottenuto unendosi all 'Austria, e sull' inaccettabilità di una separazione dagli Austriaci tedeschi. Al contrario, i partigiani della piccola Germania sostenevano che una Germania più piccola ed omogenea era da pre­ ferirsi rispetto ad una più grande ma divisa dai nazionalismi, e che l 'Austria nelle grandi discussioni politiche avrebbe sacrificato gli in­ teressi della Germania a quelli del proprio territorio. Nel 1 866 B ismarck pervenne infine a far adottare il suo pro­ gram ma per una piccola Germania, tenendo nel maggior conto passi-

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L' EU ROPA E

' L I N G H I LT E R R A

bile l 'Austria, e lo completò più tardi con una stretta alleanza con essa, riunendo così i vantaggi dei due programmi. Questo atto politico deve servire di esempio per la soluzione della questione europea. Come, nel secolo scorso, le opinioni in Ger­ mania erano divergenti circa l 'inclusione o l 'esclusione dell'Austria, oggigiorno lo sono in Europa per quanto riguarda l 'inclusione o l 'esclusione del i 'Impero britannico. Come nel secolo scorso, la "piccola Germania" veniva contrap­ posta alla "grande Germania", oggi si contrappone la "piccola Euro­ pa" alla "grande Europa".

- Piccola Europa o grande Europa l sostenitori della Grande Europa non riescono a concepire gli Stati Uniti d'Europa senza l ' Inghilterra, e vogliono fare del l ' Impero britannico uno degli Stati della Federazione europea. Con una tale po­ l itica, quello che l ' Europa guadagnerebbe in potenza lo perderebbe in coesione. Infatti, se essa comprendesse Australia, Canada ed Africa del Sud non sarebbe più l 'Europa, bensì un impero intercontinentale. I membri più potenti e più ricchi di quest'Unione europea si trovereb­ bero geograficamente fuori dal l'Europa, la quale potrebbe così veder­ si coinvolta da essi in ogni conflitto mondiale. La Grande Europa così costituita si dividerebbe in due parti ete­ rogenee: l ) i paesi di lingua inglese facenti parte de li 'Impero britan­ nico sparsi nei vari continenti; 2) l ' insieme coerente degli Stati europei non inglesi. La tensione costante fra questi due gruppi, dagli interessi oppo­ sti sotto molti aspetti, paralizzerebbe le possibilità di azione politica della Grande Europa sul piano internazionale, e non potrebbe non con­ durre ad uno smembramento. Esiste teoricamente anche una seconda soluzione al problema della Grande Europa: l ' inclusione in Pan-Europa della Gran Bretagna e dell 'Irlanda, ma senza le sue colonie e i suoi dominions. Questa so­ luzione è praticamente inattuabile poiché significherebbe la fine del l ' Impero britannico. I l Canada, imitando l ' esempio inglese di par­ tecipazione all ' Europa, aderirebbe all'Unione panamericana. Sarebbe così la fine dell'Unione britannica, in quanto un paese non può appar-

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PAN- E U ROPA

tenere nello stesso tempo a due imperi mondiali : è necessario che si de­ cida a favore di uno o del l ' altro. Neppure per l ' Europa questa soluzione sarebbe una benedizio­ ne. Essa finirebbe per trovarsi nella stessa situazione della Confede­ razione germanica al tempo in cui i re d'Olanda, d'Inghilterra e di Da­ nimarca erano dei Principi tedeschi confederati. La Confederazione germanica perse ogni capacità d'azione a causa di questi suoi membri che privilegiavano sempre l ' interesse dei loro regni rispetto a quello della Germania. Analogamente l 'Inghilterra, se fosse uno Stato con­ federato con l 'Europa, sacrificherebbe sempre l'interesse dell'Europa agli interessi dell'Impero britannico. L'unione dell'Inghilterra e dell' Irlanda alla Pan-Europa sareb­ be possibile solo dopo la disintegrazione dell'Impero britannico. Se, un giorno, il Canada e l 'Australia dovessero ricongiungersi all 'Ame­ rica e se l ' I ndia ed il Sudafrica dovessero proclamare l'indipendenza, alla Madre Patria inglese resterebbe sempre la possibilità d'entrare nella Federazione paneuropea, come dopo la disintegrazione della mo­ narchia asburgica, l'Impero tedesco avrebbe visto con piacere l ' ade­ sione dell'Austria tedesca. Non è d'altronde affatto certo che anche in un tal caso l'Inghil­ terra aderirebbe alla Pan-Europa perché, se geograficamente e stori­ camente è legata all 'Europa, vincoli di lingua, di sangue e di cultura la uniscono ali ' America del Nord. Sarebbe assai probabile che questi vincoli si rivelassero i più forti e che l'Inghilterra cercasse e trovasse il proprio aggancio oltre Atlantico piuttosto che oltre Manica. Tuttavia, finché l ' Im J?ero britannico è grande e potente, questo problema è ancora lontano. E per questo che la Piccola Europa è il solo programma pratico possibile. Il programma della "Piccola Europa" procede dalla tesi che l ' Impero mondiale britannico non è un impero europeo, così come la monarchia asburgica non era un impero tedesco.

- Gran Bretagna, Impero intercontinentale L'Impero britannico è una grande potenza che si estende su cin­ que continenti. In Europa (Inghilterra), in Asia (India), in Africa (Su­ dafrica) in Oceania (Australia) ed in America (Canada).

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' L I N G H I LTER R A

Politicamente, l a Gran Bretagna è di per se stessa un continente che non è né europeo, né asiatico, né africano, né australiano, né ame­ ricano: è britannico. Non sono i legami di natura geografica che manten­ gono la coesione di questo continente, ma la lingua e la cultura della na­ zione dominante, nonché la saggezza politica dei suoi uomini di Stato. Se è impossibile incorporare ad una federazione europea questo insieme mondiale che è superiore alla Pan-Europa in superficie e in popolazione, non dovrebbe potersi escludere che l 'Europa lo associ in un modo o nell'altro, più o meno come Bismarck ha associato la mo­ narchia asburgica alla Germania per quanto concerne la politica estera. La Pan-Europa, o Europa unita, deve farsi senza l 'Inghilterra, ma non contro l 'Inghilterra, così come la Pan-America si è fatta senza il Canada, ma non contro il Canada. Anche la Pan-America ha optato per la "piccola America", escludendo il Canada, benché questo sia il paese più grande d'America e appartenga geograficamente e più inti­ mamente a questo continente che non l ' Inghilterra all 'Europa. Le Re­ pubbliche americane si erano infatti rese conto fin dal principio che i l Canada non poteva appartenere contemporaneamente ad u n insieme britannico e ad uno panamericano. La Pan-Europa deve seguire l ' esempio della Pan-America e de­ cidere senza esitazioni per il programma della "Piccola Europa". D'al­ tronde, all 'amicizia fra Canada e Repubbliche americane deve corri­ spondere una comprensione altrettanto cordiale fra Inghilterra e Stati europei. L 'Inghilterra, legata tanto ali ' Europa quanto ali ' America da molteplici interessi comuni, dalla cultura e dalla storia, ha la vocazio­ ne di diventare l 'intermediario fra i due continenti, senza pertanto ap­ partenere politicamente all 'uno o all ' altro. 2.

LA PAN-EUROPA E L'INGHILTERRA

- L 'Inghilterra e la pace Il Movimento paneuropeo commetterebbe un errore grave ed ir­ rimediabi le se si opponesse ali ' Inghilterra e se si lasciasse deviare ver­ so fini anti-inglesi. Fin dagli inizi del suo impegno di unione, la Pan­ Europa deve agire con fair play nei riguardi del l 'Inghilterra. Ogni Paneuropeo deve sapere chiaramente che l 'unione dell' Europa non è diretta contro l 'Inghilterra e che cerca invece d'essere, con essa, uno

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dei pilastri della pace ed una nuova tappa nell' organizzazione del mondo. Ora e nel processo futuro, la politica dell'Inghilterra non può che tendere a mantenere la pace. Infatti, l ' Impero mondiale britannico è soprassaturo ed ha bisogno di decenni per digerire ciò che ha assor­ bito. In ogni guerra futura l 'Inghilterra rischierebbe di perdere tutto, e non guadagnerebbe nulla. Anche l ' Europa ha urgente bisogno di pace. Mentre Russia e Giappone potrebbero ottenere enormi vantaggi da guerre vittoriose (ad esempio Costantinopoli, mari liberi dai ghiacci invernali, India, Cina, Fil ippine, Australia), l ' Europa in ogni guerra rischia tutto e a sua volta, in caso di vittoria, non avrebbe nulla da guadagnare. Inghilterra ed Europa si incontrano pertanto in una comune po­ litica di pace. Qualora l' Inghi lterra ottenesse garanzie reali e di prin­ cipio, che la federazione paneuropea non è diretta contro di lei e che i suoi scopi sono pacifici, sarebbe conforme alla politica inglese di promuovere la realizzazione, mentre in caso contrario l 'Inghilterra do­ vrebbe far di tutto per impedirne la realizzazione. Infatti, da secoli uno degli scopi permanenti della politica inglese è quella di ostacolare ogni unione del continente sotto l 'egemonia di una grande potenza. È da questa costante attitudine che è sorta la sua lotta contro Filippo II, Lui­ gi XIV, Napoleone I, Nicola I e Guglielmo II, perché un continente unito e sotto la guida di un capo o di un popolo bellicoso è per lei un'eterna minaccia. Ancora oggi l 'Inghilterra non può non esser fede­ le alla sua politica tradizionale e combattere ogni egemonia in Europa. Le cose si presentano in modo diverso per la Pan-Europa: l ' unione paneuropa come l ' unione panamericana non avrebbe carat­ tere offensivo. La sua struttura sarebbe democratica, avrebbe scopi pa­ cifici e si opporrebbe ad ogni egemonia. �iffatta costellazione politica presenterebbe per l 'Inghilterra i l vantaggio di una pace duratura in Eu­ ropa, pace che nessun altro mezzo potrebbe garantire. Vantaggi di tale sorta avrebbero la loro grande importanza, dato che - nel l 'eventualità di una nuova guerra fra grandi potenze europee - l' Inghi [terra non po­ trebbe rimanere neutrale. Inoltre è nel l ' interesse dell ' I nghilterra che l 'economia europea si stabilizzi e che l ' Europa sia un cliente solvi bile e dotato di potere d'acquisto.

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Infine, l'Inghilterra vi guadagnerebbe inoltre l' impedire una penetrazione della potenza mondiale russa fino alle coste del Mare del Nord. Se l'unione dell'Europa non si fa, l'accordo russo-tedesco è solo questione di tempo. In tal caso la Russia non minaccerebbe solo le Indie, ma anche - e direttamente - le isole britanniche. Per il futuro dell' Inghilterra è vitale che le coste del Mare del Nord siano in mano di una potenza amica, ed essa deve di conseguenza preferire una vici­ nanza paneuropea ad una vicinanza russa.

- Sicurezza del/ 'Inghilterra Tutti questi argomenti positivi peseranno, pertanto, sulla bilan­ cia se la Pan-Europa garantirà la sicurezza dell 'Inghilterra, la cui si­ tuazione è diventata alquanto delicata dopo l' invenzione dell'aereo e del sottomarino. L'insularità che in passato rappresentava un vantag­ gio non lo è più oggi; mentre ogni flotta sottomarina sufficientemente importante può ridurre l 'Inghilterra alla fame, la Manica non rappre­ senta più un ostacolo alla distruzione di Londra per mezzo di bombar­ damenti aerei. Così, in teoria, non solo la Francia ma anche il Belgio e l ' Olanda potrebbero distruggere Londra o affamare l' Inghilterra. Ne consegue che l 'Inghilterra deve cambiare radicalmente la propria politica. Da un punto di vista militare l 'I nghilterra non può proteggersi da un attacco che venga dal continente, lo può solo poli­ ticamente. La sola politica che possa garantire la sicurezza del l ' I nghil­ terra è la costituzione in Europa di un'associazione di Stati, pacifica ed amica, una zona neutra o una sorta di Stato tampone che si inter­ ponga tra essa e la Russia e ne impedisca l 'avanzata fino alle acque bri­ tanniche. ·

- Interessi del/'Europa per l 'Inghilterra Le relazioni fra Pan-Europa ed Inghilterra non possono essere ribaltate. Mentre la Pan-Europa potrebbe minacciare l 'esistenza dell ' Inghilterra, questa non potrebbe essere in grado di infliggere all 'Europa un colpo mortale. Le sarebbe impossibile affamarla con un blocco, perché finché l 'Europa vivrà in pace con la Russia, potrà rice­ ve me dei viveri. E anche se la Russia si unisse al blocco l ' Europa, at­ traverso lo Stretto di Gibilterra (anche mediante un traforo o sottoma-

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rini) potrà ancora mantenere relazioni con l 'Africa, grande serbatoio di materie prime. Ciononostante, l ' Europa ha a sua volta un grande interesse a be­ neficiare dell'amicizia dell'Inghilterra e del suo consenso al l'unione. Infatti, l ' influenza inglese su molti Stati europei (Portogallo, Norve­ gia, Grecia, ecc.) potrebbe rendere molto difficile la creazione dell 'Unione Paneuropea. L'Europa, inoltre, benché sovrappopolata, non ha zone di popolamento, mentre l 'Impero britannico ne sovrab­ bonda. Esiste dunque un interesse comune che una parte della corrente migratoria europea si diriga verso l'Australia, il Canada e l 'Africa del Sud, mentre la chiusura di questi sbocchi agli europei sarebbe un duro colpo per l'Europa. Reciprocamente, l ' I nghilterra ha il più grande in­ teresse a veder aumentare rapidamente la popolazione dei suoi Domi­ nions, affinché in caso di guerra siano in grado di difendersi dato che, per ragioni tecniche, la protezione navale ha perduto l 'importanza di una volta. Esistono attualmente tre zone sovrappopolate: la Pan-Europa, l 'Estremo Oriente e l 'India. Poiché la sovrappopolazione dell'Inghil­ terra non copre il bisogno d' immigranti nelle sue colonie, l'interesse della nazione esige che i territori insufficientemente popolati siano abitati da Europei piuttosto che da Indù, Giapponesi o Cinesi, perché fra una o due generazioni un Tedesco, un Polacco o un Italiano potrà diventare un Anglo-Australiano, un Cinese mai . Gli i nteressi deli' Inghilterra e della P an-Europa sono intrecciati in tal modo che una guerra, o anche solo una rivalità, sarebbero funeste per entrambe. Eccole dunque costrette a suddividersi in avvenire la missione culturale del l 'Europa; mentre l ' I mpero britannico si è assun­ to la m issione estensiva di europeizzare il mondo per via di conquista, la Pan-Europa si assumerà la missione intensiva di portare la civiltà europea ali 'apice dello sviluppo mediante l'azione congiunta del le na­ zioni che la compongono. 3. L ' INTESA ANGLO-EUROPEA

- L 'accordo anglo-europeo Non si potrà ottenere i l consenso deli 'Inghilterra ad un 'unione paneuropea se non per mezzo di un accordo che garantisca la sicurezza

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del! 'Inghilterra contro un attacco pan-europeo, ed i cui punti principali potrebbero essere i seguenti: l - Arbitrato obbligatorio fra Pan-Europa e Gran Bretagna. 2 Disarmo delle flotte sottomarine europee. 3 - Accordo sulle future forze aeree, corrispondente ali 'accordo navale di Washington, in grado di garantire l 'Inghilterra contro un at­ tacco aereo. 4 - Ristrutturazione dei territori coloniali africani, mediante uno scambio delle colonie inglesi in Africa occidentale con territori equi­ valenti delle colonie de li' Africa orientale europea. 5 Impegno dell'Inghilterra a proteggere le colonie europee d' Asia (Indie francesi ed olandesi) contro ogni attacco da parte di terzi; l 'Europa s'impegnerà in cambio ad impedire qualsiasi attacco stranie­ ro diretto contro la madrepatria inglese (come, ad esempio, un attacco aereo russo contro Londra). 6 - I Dominions britannici s'impegnano a riconoscere agli im­ migrati europei gli stessi diritti degli Inglesi. Una settima clausola potrebbe stabilire che, nel corso dei primi anni della Federazione paneuropea, l'arbitrato di ogni controversia tra i membri di questa Federazione venga affidato all ' Inghilterra. Un tale accordo presenterebbe grandi vantaggi per le due parti. Senza ledere l ' indipendenza dei due imperi, assicurerebbe loro una maggior sicurezza, escluderebbe la possibilità di una guerra fra di essi e aprirebbe la strada ad una cooperazione internazionale al servizio della pace universale. L'Inghilterra sarebbe l iberata dallo spettro di un ' invasione e l ' Europa potrebbe lasciare sguamiti i confini delle sue colonie con l 'Africa inglese. Un accordo di tal genere presenterebbe più vantaggi di un lega­ me federale fra Inghi lterra ed Europa, poiché l ' Europa avrebbe la pos­ sibilità di rimanere neutrale in una eventuale guerra nella quale fossero in gioco le Indie od il Pacifico, mentre l'Inghilterra potrebbe restare neutrale nel caso di un conflitto russo-europeo. In seguito, e con le de­ bite modifiche, questo accordo potrebbe venire esteso anche ali' Ame­ rica, ali' Estremo Oriente ed alla Russia, e assicurerebbe così per un lungo periodo la pace universale. -

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Capitolo IV

L'Europa e la Russia

Lo scopo primo della politica europea dev 'essere quello di impedire l 'invasione russa. Per evitarla v 'è un solo mezzo: l 'unione dell'Europa.

l. L ' ELLADE COME AVVERTIMENTO

Il ?an-Ellenismo Sotto numerosi aspetti l'Europa moderna somiglia aii ' EIIade antica. Le razze dorica, ionica ed eolica che popolavano il sud dei Bal­ cani, gli arcipelaghi e le coste vicine, erano organizzate in Stati sovrani o in gruppi di Stati, gelosi della propria indipendenza e pieni di reci­ proca diffidenza e di bellicose intenzioni gli uni contro gli altri. Ben­ ché politicamente divisi, essi si consideravano una comunità culturale e si sentivano, per questo stesso fatto, superiori a tutti gli altri popoli. Una stessa religione, una stessa tradizione storico-mitica, un'epopea nazionale comune, i Giochi olimpici, le Assemblee anfizioniche ed i Misteri li univano. Questo popolo di alta cultura era politicamente cieco. Invece di unirsi le sue tre grandi potenze - Sparta, Atene e Tebe - erano in per­ petua competizione per la conquista dell'egemonia sia in pace che in guerra. -

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Le grandi guerre contro i Persiani li condussero ad un' intesa passeggera, ma appena si fu allontanato il pericolo, le rivalità riprese­ ro. La guerra del Peloponneso segnò l 'apogeo di questa lotta e do­ veva decidere del l 'egemonia fra Atene e Sparta. Questa guerra, cui presero parte tutti gli Stati greci e che fu condotta da entrambe le parti con accanimento e crudeltà inaudita, infranse la cultura della Grecia e ne rovinò l ' economia. Fu, sotto tutti i suoi aspetti, una sorta di pro­ totipo della guerra mondiale. Gli Spartani vittoriosi dopo la distruzione, l'umiliazione ed il disarmo degli Ateniesi - i loro nemici ereditari - non poterono godere a lungo dell'egemonia conquistata ad un così caro prezzo. Trasibulo liberò ben presto Atene, mentre la supremazia sulla Grecia passava in mano a Tebe, grazie al genio politico-militare di Epaminonda e Pelo­ pida 1 . Tuttavia, il trionfo di Tebe fu anch'esso di breve durata perché, mentre gli Stati greci lottavano per la supremazia, a nord si consoli­ dava una nuova potenza barbara: la Macedonia. Il suo re Filippo, che quando era salito al trono l ' aveva trovata in uno stato caotico2, aveva adottato la cultura greca ed ellenizzato il suo popolo. Nel lo stesso tem­ po aveva minacciato l ' indipendenza greca con attacchi politici e mi­ litari. Il peri�olo macedone risvegliò, proprio all'ultimo momento, il movimento panellenico. Una parte dei Greci, mobilitati da Demoste­ ne, s i rese conto della minaccia e del la sola possibilità di salvezza: l a federazione. M a neppure l 'eloquenza d i Demostene riuscì ad assicu­ rare al pan-ellenisrno la vittoria sui nazionalisrni locali . Fu così che il pan-ellenisrno fallì a causa della meschinità e della miopia dei Greci. Non furono solamente gli agenti di Filippo come Eschine ad op­ porsi ai pan-ellenisti, ma anche personalità come il saggio e nobile Fo­ cione, che partivano dal convincimento che l 'Ellade depravata e divisa fosse matura per il crollo politico e potesse essere rigenerata solo da un'invasione. E fu la catastrofe. Filippo cominciò con l 'esigere la sua ammissione alla confederazione delle Assemblee anfizioniche, il che gli diede la possibilità d'intervenire in Grecia. Davanti ali 'aggravarsi e ali 'imminenza del pericolo, ali 'ultimo momento Demostene riuscì a costituire un'alleanza fra le due repub-

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bliche consorelle e nemiche, Tebe e Atene. Ma era già troppo tardi. Fi­ lippo vinse a Cheronea e distrusse per sempre la libertà greca. Tebe fu annientata, Atene vinta, e Sparta decadde al livello di villaggio senza importanza. Nella sua marcia verso l'avvenire, la storia mondiale aveva ol­ trepassato una Grecia che non aveva saputo riconoscere i segni dei tempi. 2. IL PERICOLO RUSSO

. - La minaccia di un'invasione russa La Russia è la Macedonia dell' Europa. Mentre l'Europa è divi­ sa in ventisei Stati ed in un numero ancora maggiore di sovranità, la Russia costituisce un complesso politico unitario, con una superficie quattro volte e mezzo più grande di quella europea ed una popolazione doppia di quella dello Stato europeo più popolato. Eccezione fatta per la breve frontiera con la Turchia, sul conti­ nente la Russia è l 'unico vicino della Pan-Europa. Ad una Russia or­ ganizzata ed industrializzata nessuno Stato europeo potrebbe militar­ mente far fronte. Per il solo fatto di esistere la Russia esercita una pressione costante sugli Stati europei, pressione che andrà ancora au­ mentando dato che l ' incremento demografico del! 'Europa non può te­ nere il ritmo di quello russo. Tutta la questione europea culmina nel problema russo: lo scopo principale della politica europea deve essere quello di impedire un'invasione russa. Per evitarla v'è un solo mezzo: la costituzione di un'Europa unita. La storia pone l 'Europa davanti a questa alternativa: o ritrovare se stessa al di sopra di tutte le ostilità nazionali sotto forma di federa­ zione, o essere vittima della conquista russa. Per l 'Europa non esiste una terza via. - L 'avanzata russa verso occidente Fin dai tempi di Pietro il Grande la Russia è in cammino verso Ovest. Gli Stati baltici, la Polonia e la Finlandia rappresentano le tappe di questo movimento che si è fermato solo alla frontiera delle monar­ chie militari del ! ' Europa centrale, Prussia ed Austria. Esse sono la bar­ riera che ha protetto l ' Europa dalla marea russa. Durante la guerra rus­ so-turca, la Russia ha tentato d'aggirare l 'ostacolo da sud. Il trattato di

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Santo Stefano, che indirettamente stabiliva i confini russi fino al Mar Egeo, segnò il punto estremo del l 'avanzata russa verso occidente. Fu allora che l 'Europa si rese improvvisamente conto del pericolo russo: il pericolo turco era scomparso, ma era stato sostituito da quello russo. Essa si mise perciò risolutamente a fianco della Turchia contro la Rus­ sia, che fu costretta, al Congresso di Berlino, a sgombrare i territori oc­ cupati3 . Da allora la Russia comprese che non aveva più niente da spe­ rare ad occidente, finché fossero esistiti gli Imperi centrali. Strinse quindi alleanza con i loro avversari in Francia, in Austria e nei Balcani. La guerra mondiale si concluse con la rovina degli imperi centrali. I l baluardo fra l' Europa e l a Russia crollò. Al posto delle monarchie mi­ litari centro-europee si trovano attualmente una mezza dozzina di medi e piccoli Stati ed una potenza disarmata. Nessuno di essi è suf­ fi cientemente forte per resistere, alla lunga, alla pressione russa. La Polonia e la Romania sono troppo deboli per riprendere in questo se­ colo il ruolo che in passato avevano avuto la Prussia e l 'Austria, quello di bastione contro la Russia. Non appena la Russia si sarà rimessa dalla catastrofe interna in cui si trova, non saranno la Polonia, né la Romania, né la Cecoslovac­ chia a fermarne l'avanzata verso occidente, ed ancora meno gli Stati disarmati quali l 'Ungheria, l'Austria e la Germania. Alla potenza mondiale russa resta così aperta la strada verso il Reno, le Alpi e l 'Adriatico. Ma è evidente che questi obiettivi sarebbero solo una tap­ pa e che la Russia, dopo un armistizio, vorrà conquistare l 'Europa oc­ cidentale proprio come avrà fatto con l'Europa centrale. E allora, lo stesso destino della Grecia si compirà in Europa.

- Guerra mondiale e rivoluzione mondiale Quanto prossimo sia il pericolo che minaccia l'Europa è prova­ to dal fatto che nel corso degli ultimi dieci anni la Russia ha tentato due volte di dominarla: il primo tentativo fu la guerra mondiale, il secondo la rivoluzione mondiale. Se nel 1 9 1 5 lo Zar Nicola si fosse impadro­ nito di Berlino e di Vienna avrebbe dettato la pace e avrebbe avuto l 'Europa ai suoi piedi : vassalli del la Russia sarebbero diventati i Cechi e gli Slavi dei Balcani e la sfera d'influenza russa si sarebbe estesa su mezza Europa.

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Se nel 1 9 1 9 Liebknecht4 avesse trionfato in Germania, questo paese sarebbe entrato a far parte della federazione dei popoli dominati da Mosca; l 'Italia, i Balcani ed pure l 'Ungheria ne avrebbero seguito l'esempio, e Lenin sarebbe stato il padrone d'Europa. Fra il 1 9 1 5 ed il 1 9 1 9 in Russia tutto è cambiato; è rimasto im­ mutato solo il suo desiderio d 'espansione. Questo desiderio non è le­ gato ad un partito né ad una personalità: è una costante politica russa cui ha dovuto inchinarsi sia lo Zar della pace, Nicola II, che il social ista Kerenski ed anche i capi del bolscevismo che avevano conquistato i l potere sotto l 'egida d i un radicale pacifismo. L' imperialismo degli Zar faceva uso della propaganda panslavista, l' imperialismo bolscevico s'appoggiasulla III Internazionale in Occidente e sul nazional ismo pa­ nislamico ad Est. Come già l 'esercito dello Zar Nicola, l 'armata rossa di Trotzky resta superiore in numero a ciascuno degli eserciti europei. La Russia non fa mistero delle sue intenzioni aggressive. I suoi capi proclamano ad alta voce che il loro scopo supremo è la distruzione delle democra­ zie europee e l 'ingresso di tutti i popoli nell ' unione sovietica. Si fanno beffe dei metodi pacifici della II Internazionale e lodano il militarismo rosso. Rispetto al socialismo, il bolscevismo agisce come l 'Islam ri­ spetto al Cristianesimo: da un lato lo combatte con la propaganda, dal l ' altro con la spada; ammette d'aver fatto ricorso alla forza, al ter­ rore ed al militarismo. È la forma virile del marxismo, del quale la so­ cialdemocrazia è la forma femminile. L ' Europa deve rendersi conto che ogni atto di pace fra le demo­ crazie e gli Stati sovietici è inteso dai Sovieti solo come un armistizio, una pausa per riprender forza e preparare l 'attacco seguente: il fine ul­ timo dei capi comunisti, sul quale non ammettono alcun compromes­ so, rimane infatti la rivoluzione comunista mondiale. Se vi sono diver­ genze nel modo di vedere le cose degli uomini di Stato russi, esse riguardano solo i metodi da seguire, ma non lo scopo. Così la Russia rossa, come già la Russia bianca, si prepara per una nuova migrazione di popoli sulle orme di Attila e di Gengis Khan. L 'Europa deve la sua indipendenza esclusivamente al fatto che l ' eser­ cito russo si è dissolto un anno prima della sconfitta dell'esercito te­ desco, e che i l caos russo è ancora più profondo e vasto del caos eu-

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ropeo. La distruzione delle industrie e delle ferrovie ha, intanto, bloc­ cato l 'avanzata russa verso occidente e l ' ha respinta ad oriente.

- Pericolo rosso e pericolo bianco Fra la Russia e l 'Europa è cominciata la corsa a chi si rialzerà prima dalle proprie rovine. L 'Europa, con macchinari e ferrovie pres­ soché intatti, è stata finora più rapida. La Russia ha tuttavia il vantag­ gio di costituire un 'unità politica ed economica, mentre l ' Europa è di­ visa in più di due dozzine di sistemi economici, ed in un numero ancor maggiore di Stati sovrani . Se la Russia riuscisse a sollevarsi economi­ camente prima che sia creata l 'unione europea, per esempio grazie a qualche buon raccolto, il destino del l ' Europa sarebbe segnato. Poco conta quale regime avrà la Russia in quel momento: non appena sarà maturata la possibilità di assoggettare l'Europa, la Russia, rossa o bianca che sia, lo farà. In ogni caso è certo che, se dovesse avvenire un cambiamento di sistema politico in Russia, il Napoleone dell ' est cercherebbe di so­ stituire con la gloria ed i trionfi i diritti che toglie al suo popolo, e ten­ terebbe di compensare con una potente politica estera l ' indebolimento interno. Il sistema non è nuovo, ed ha dato risultati più volte. Quanto all ' avvenire che attende l 'Europa nel caso di una inva­ sione da parte della Russia rossa, chiunque può farsene un 'idea se sol­ tanto vuole indagare sulle condizioni di vita esistenti nel mondo comu­ nista. È più difficile cercare di prevedere quale potrebbe essere il destino del l 'Europa nel l 'eventualità di un'invasione da parte di una Russa bianca. Il confronto con l 'epoca espansionistica napoleonica regge a stento: infatti, mentre a quei tempi la Francia era il paese più colto d'Europa, la Russia è attualmente il più incolto. Un' idea appros­ simativa di quello che potrebbe essere una tale invasione si potrebbe avere facendo riferimento ai documenti relativi all ' invasione della Mesopotamia da parte del Napoleone tartaro, Tamerlano, che fece massacrare solo a Bagdad 890.000 abitanti d'ogni età e sesso, e di­ strusse questo centro di civiltà. Altri tempi, è vero! Ma con la tecnica moderna, avvenimenti simili diventano nelle guerre future molto più possibi li che in passato. Per questo gli abitanti di Berlino, Parigi, Vi en­ na e Milano dovrebbero fare appello alla loro immaginazione e pren­ dere delle precauzioni, prima che sia troppo tardi.

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3. IL PATTO DI GARANZIA EUROPEA

Solidarietà europea Lo scopo comune di tutti gli Europei, senza distinzione di partito o di nazione, dovrebbe essere quello di impedire un 'invasione russa. La vittoria della Russia comunista non vorrebbe soltanto dire la rovina della borghesia europea ma anche, come ha dimostrato il pro­ cesso contro i capi della rivoluzione socialista, il naufragio della so­ cialdemocrazia europea. La vittoria di una Russia bianca non sarebbe favorevole a nessun partito e nessuna classe: le nazioni europee an­ drebbero incontro al destino che la Polonia russa ha subito per tutto un secolo. Non soltanto il socialismo, ma pure il liberalismo sarebbero messi in ginocchio e l'Europa tornerebbe sul piano culturale e politico al tempo di Filippo II. Poiché nessuno può prevedere come sarà la Russia di domani, coloro che per opportunismo alimentano la speranza in una vittoria russa darebbero prova d'imprevidenza e di i rresponsabilità. Potrebbe infatti avvenire che coloro che chiamano al potere un Bela Kun russo si trovino poi un Horthy russo che risponde al loro appello imponendo loro un'autorità più opprimente5 • L'unica politica intelligente per l ' Europa sarebbe quella di adottare una politica di pace nei confronti della Russia, cercando tut­ tavia di assicurarsi contro ogni evenienza. Questa assicurazione po­ trebbe ottenersi solamente se tutti gli Stati europei fossero solidalmen­ te garanti delle frontiere russo-europee; questo obiettivo può raggiungersi solo costituendo una unione difensiva paneuropea di fronte al pericolo russo. Un tale patto di garanzia, di cui si è già discusso alla Conferenza di Genova6, potrebbe assicurare durevolmente la sicurezza del l ' Euro­ pa nei confronti della Russia. In effetti, se la Russia saprà con certezza che attaccando la Polonia o la Romania troverà davanti a sé gli eserciti francesi, italiani, tedeschi e spagnoli, sarà portata a riflettere maggior­ mente sulle conseguenze di un conflitto, rispetto invece nel caso in cui potesse aspettarsi dalla Germania una benevola neutralità, mentre la Piccola Intesa' e la Francia sarebbero le sole a correre in aiuto alla Po­ lonia. Questo patto di garanzia paneuropea sarebbe un atto di destrez­ za politica e, al tempo stesso, un atto di giustizia. Infatti, ogni attacco -

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russo contro Varsavia, Lwow o Bucarest è indirettamente diretto a Berlino, Vienna e Parigi. La Francia, la Germania e l 'Italia protegge­ rebbero sul Dniestr più le loro frontiere che quelle degli altri. Sarebbe ingiusto ed impossibile che l ' Europa pretendesse dalla Polonia e dal la Romania una protezione contro un impero trenta volte più grande di questi due Stati messi assieme. Una corsa al riarmo rovinerebbe com­ pletamente le economie polacca e rumena, fino ad esaurire i due Stati a un punto tale da divenire facile preda della Russia. L 'Europa deve impedire che ciò accada, e assumere lei stessa la protezione dei suoi unici confini terrestri, senza lasciarl i alla sola difesa di due potenze re­ lativamente deboli. La seconda condizione per un'efficace protezione della frontie­ ra dell 'est è l 'unione degli Stati europei . Le continue dispute di fami­ glia fra le nazioni europee indeboliscono il loro potenziale difensivo nei confronti della Russia, ed ogni guerra europea offrirebbe alla Rus­ sia un'occasione favorevole per intervenire. Quando le forze armate russe avranno preso piede in Europa, sicuramente non se ne ritireranno di loro spontanea volontà. Una ingerenza della Russia nelle questioni europee potrà essere evitata con la conclusione d'un trattato che isti­ tuisca una Corte d'arbitrato obbligatorio fra tutti gli Stati europei. Il terzo pericolo per l ' Europa è l 'atteggiamento filorusso di al­ cuni Stati, soprattutto del la Germania. Politicamente parlando, oggi­ giorno la Germania è più vicina alla Russia che agli Stati occidentali . 8 Con la Russia ha concluso il patto d' amicizia d i Rapallo , mentre ri­ fiuta di entrare nella Società delle Nazioni degli Stati europei. Gran parte della Germania spera, grazie ad un'alleanza con la Russia, di in­ frangere i l trattato di Versail les e di spartirsi nuovamente la Polonia. Questo orientamento della Germania verso la Russia rappresen­ ta uno dei più grandi pericoli per l 'Europa, poiché un'associazione della Germania al blocco russo farebbe del Reno la frontiera fluviale del l ' Europa. Quanto rimane della potenza mondiale europea sarebbe solo un tronco mutilato dipendente dal protettorato anglosassone. L' ideale paneuropeo sarebbe sepolto per sempre. La pressione della Francia è la causa principale di questa rus­ sofilìa della Germania: Russia e Germania s ' intenderanno sempre me­ glio quanto più aumenterà la tensione franco-tedesca. Quanto più la Germania dubiterà delle possibil ità di un accordo e di una collabora-

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zione con la Francia, tanto più, per sfuggire ad un futuro isolamento, dovrà gettarsi nelle braccia della Russia. Dipende quindi dalle potenze occidentali, e in primo luogo dalla Francia, se la Germania sia conser­ vata in Europa o ne sia esclusa. Quello che è certo è che in caso di conflitto franco-tedesco il vincitore non sarà alla fine né la Germania né la Francia, bensì la Rus­ sia. Oggi ancora, nella comunità degli Stati europei, la Francia potreb­ be salvare la consorella repubblica tedesca: domani sarà forse troppo tardi. E pertanto l ' avvenire dell ' Europa dipende da questo problema. Un pericolo meno immediato per lo smembramento dell 'Euro­ pa del l ' est è costituito dal panslavismo. Questo diverrebbe devastante solo nel caso di un rovesciamento della politica interna della Russia. In questo caso non si sveglierebbero solo i vecchi ricordi panslavisti negli Slavi del sud e del l ' ovest, ma Bulgaria ed Ungheria tenterebbero di allearsi ad una Russia reazionaria per riconquistare i territori perdu­ ti . La potenza russa arriverebbe allora fino ali' Adriatico. Solo una federazione paneuropea costituita tempestivamente potrebbe dissipare questi pericoli. Il momento storico non è mai stato così favorevole. Ma la situazione può degradare di mese in mese; non si può dire se, nel l 'ipotesi di una vittoria della reazione in Russia, un 'associazione paneuropea sarebbe ancora possi bile. 4. EQUILIBRIO E DISARMO

- La cooperazione economica Per l ' Europa la Russia non rappresenta solamente una minaccia militare: economicamente le è complementare. Mentre l ' Europa costi­ tuisce, con l 'America del Nord, la più grande regione industriale del mondo, la Russia è innanzitutto un paese agricolo. La giovane indu­ stria russa è stata distrutta dalla Rivoluzione, salvo quella situata negli stati li mitrofi e che così le è sfuggita con essi. La Russia ha bisogno di prodotti industrial i, di mezzi di traspor­ to e di macchine agricole in particolare; l ' Europa da parte sua ha bi­ sogno di cereali. Ecco perché fra questi due insiemi politici è neces­ saria un'ampia intesa, che non dovrebbe essere ostacolata da considerazioni minori. Una ostilità su questo punto fra Europa e Rus­ sia sarebbe funesta per entrambi e non farebbe che favorire l'industria americana. Una volta ristabilita la situazione economica in Russia, co-

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mincerà la concorrenza fra industrie americane, inglesi, giapponesi ed europee per la conquista di questo grande mercato del l ' avvenire. In questa concorrenza l'economia europea non deve essere ostacolata dalla politica europea. In fatto di scambi, l 'Europa dipende più dalla Russia che non le potenze mondiali inglese ed americana, che hanno a loro volta eccedenze di produzione di cereali. D'altro canto, l 'Europa è limitrofa alla Russia e si trova naturalmente ad essere un suo fornitore purché considerazioni politiche deli 'una o de li 'altra par­ te non ostacolino i necessari scambi economici. L'Europa stessa non può sottrarsi alla catastrofe economica in cui è precipitata con la guer­ ra, se non mediante un' intesa economica con la Russia ed una parte­ cipazione alla sua ricostruzione. Europa e Russia hanno bisogno l ' una dell 'altra per aiutarsi mu­ tuamente a rialzarsi. Per entrambi questi paesi, le questioni politiche de­ vono cedere i l passo almeno per un decennio alla soluzione dei problemi economici e l'economia deve eccezionalmente dettare la politica. Tuttavia, se l 'Europa vuole entrare con successo in concorrenza con le grandi comunità economiche inglesi ed americane, deve presen­ tarsi alla Russia come un'unità economica, perché finché sarà suddi­ visa internamente da barriere doganali non potrà far fronte al la concor­ renza degli altri Imperi. I rapporti economici del l ' Europa con la Russia ne impongono l ' unità, non meno che i rapporti politici. Al momento dei futuri grandi negoziati di pace fra Russia ed Europa, l ' i nteresse in quest'ultima esige che essa parli una sola voce. È necessario evitare il ripetersi della commedia della Conferenza di Genova, tanto penosa e vergognosa per l ' Europa. Bisogna che nel trat­ tato di pace una delle parti sia l 'Europa e l 'altra la Russia. Sarà così più facile avere un'intesa leale, invece della situazione in cui ogni Sta­ to europeo conduce separatamente delle trattative con la Russia nel tentativo d'ottenere, mediante intrighi, qualcosa in più del suo vicino. Nello stesso tempo, l 'Europa deve attenersi rigorosamente al principio di non ingerenza negli affari interni della Russia.

- Il disarmo mondiale La questione del disarmo del i ' Europa e del mondo è intima­ mente connessa al problema russo. Prima della conclusione di una pace durevole fra Europa e Russia, il disarmo non sarà possibile né in

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Russia, né in Polonia, né in Romania. Neppure la Francia potrà farlo, perché i suoi alleati orientali saranno troppo deboli per potersi difen­ dere da soli in caso di guerra. Per contro, finché gli Stati europei man­ terranno eserciti schierati gli uni contro gli altri, la Russia non potrà disarmarsi perché non potrà mai essere sicura che un giorno gli eserciti europei non si uniranno per attaccare la sua Costituzione. Il problema del disarmo è dunque un circolo vizioso: non se ne potrà uscire finché gli Stati europei renderanno impossibile una guerra europea istituendo con un trattato l ' arbitrato obbligatorio fra di loro, invitando in seguito le altre potenze militari - Russia, Giappone e Cina - ad una conferenza sul disarmo, analoga a quella di Washington per il disarmo sul mare. Dato che la Pan-Europa conta il doppio di abitanti della Russia, essa potrà, una volta unita, avere un esercito due volte più potente di quello russo. A questo si aggiunga che l ' industria europea più svilup­ pata le conferisce sul piano militare un gran vantaggio che non è il caso di sottovalutare dato che, in una guerra futura, lo sviluppo tecnico sarà più importante del numero e dell'audacia delle truppe. Se viene a mancare l 'unica possibilità politico-militare della Russia contro l 'Europa, cioè lo smembramento di quest'ultima, essa non tarderà a rendersi conto del l ' inuti lità di una guerra, e sarà dispo­ nibile al disarmo. Lo stesso accadrà al Giappone e alla Cina quando per loro scomparirà l 'unica minaccia terrestre, quella russa. Nulla più s'opporrà ad un disarmo generale, dato che anche l ' I nghilterra e l 'America lo incoraggeranno in ogni modo. A questo punto, si potrebbe sia creare un sistema di milizie co­ muni, sia sopprimere completamente il servizio militare obbligatorio, e il progresso economico e morale sarebbe inestimabile. Potrebbe avere inizio un'era nuova e migliore.

Note l. La somiglianza fra la guerra del Peloponneso seguita dal la conquista macedone con la situazione de li ' Europa attuale è sorprendente fin nei minimi particolari.

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2. Il pericolo di un'invasione macedone sembrava allora ai Greci para­ dossale proprio come appare oggi paradossale alla maggior parte degli Eu­ ropei il pericolo di un' invasione russa. 3. A Santo Stefano, nel 1 878, fu firmato tra la Turchia e la Russia il trattato che mise fine alla prima guerra dei Balcani: la Russia vittoriosa "liberò" la Bosnia-Erzegovina, la Serbia, la Romania, il Montenegro, creò una Grande Bulgaria e annetté la Bessarabia rumena. In seguito alla reazione delle poten­ ze occi dental i, qualche mese più tardi, al Congresso di Berlino, la Russia accettò di ritirarsi al di là del Danubio e conservò così la Bessarabia, la Grande Bulgaria fu suddivisa, la Bosnia-Erzegovina fu affidata all 'amministrazione austriaca. Ma il fuoco delle guerre balcaniche non fu spento e nel 1 9 1 4 fu ali' origine della prima guerra mondiale a seguito de li 'uccisione de li' Arcidu­ ca Francesco-Ferdinando d'Austria a Sarajevo, capitale della Bosnia-Erze­ govina. 4. Karl Liebknecht (figlio di Wilhelm, amico di Marx) fu al Reichstag i l leader d eli 'ala sinistra del Partito socialdemocratico, fondò nel 1 9 1 6 con Rosa Luxemburg, la "Lega spartichista" e quindi, nel 1 9 1 9, il partito comunista tedesco che scatenò l ' insurrezione a Berlino, domata dal social-democratico Gustav Noske, ministro della guerra. 5. Bela Kun, capo della rivoluzione comunista in Ungheria nel 1 9 1 9, diresse un governo bolscevico per 1 33 giorni. Un controgoverno prese i l potere e nominò l 'ammiraglio Horthy reggente dello Stato. Questi rimase al potere fino al 1 944 quando l 'Armata rossa occupò il paese e impose il regime comunista (N dC). 6. Conferenza tenuta fra il l O aprile ed il 19 maggio 1 922 sulla ricostru­ zione economica d eli' Europa. Per la prima volta la Russia sovietica - che non aveva ancora la propria costituzione di URSS - fu invitata ad una conferenza internazionale. Pochi giorni dopo l ' apertura, il 1 6 aprile, essa sorprese gli altri Stati firmando con la Germania a Rapallo un accordo di reciproco ristab i l i­ mento delle relazioni diplomatiche e di aiuto tedesco all 'economia russa. 7. Così è stato chiamato l 'insieme degli accordi bilaterali fi rmati nel 1 920 e 1 92 1 fra Cecoslovacchia, l ugoslavia e Romania, appoggiati dalla Francia, ai quali Musso lini opporrà più tardi accordi fra Italia e Ungheria impedendo l 'eventuale sviluppo di un' intesa danubiana. 8. Cfr. nota 6 .

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Capitolo V

L ' Europa e l 'America

La Pan-America rappresenta per l 'Europa il più grande pericolo o la più grande speranza. l.

GLI STATI UNITI D'AMERICA E GLI STATI DISUNITI D 'EUROPA

- Situazione dell 'America e dell 'Europa Mentre le quarantotto Repubbliche del Nord-America sono fe­ derate in un'unione economica e pol itica, i ventisei Stati dell ' Europa si vantano della propria sovranità economica e politica e si danneggia­ no reciprocamente e sistematicamente sia in pace che in guerra. Un confronto fra l 'organizzazione degli Stati americani e l ' anarchia degli Stati europei porta alla seguenti constatazioni: Gli Stati Uniti dell 'America del Nord sono i l paese più ricco, potente e progredito del mondo. I suoi cittadini non sono sottoposti al servizio militare obbligatorio. Da oltre mezzo secolo sul loro territorio non ci sono state guerre 1 • Industria ed agricoltura sono fiorenti. Sia ma­ terialmente che da un punto di vista intellettuale la loro civiltà cresce di anno in anno. Nello stesso tempo, l 'Europa disunita non solo si è impoverita e indebitata, ma a causa delle sue contraddizioni interne ha perso la sua influenza nella politica mondiale. Regioni prospere sono state deva­ state dalla guerra ed il risanamento della sua situazione economica sarà impossibile finché gli armamenti divoreranno le sue risorse ed i l

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servizio militare obbligatorio assorbirà gran parte della sua forza-la­ voro produttiva. Ogni paese vive oggi nel timore costante di una guerra. Lo spi­ rito di collaborazione è inibito da reciproci odi e invidie nazionali. I l caos monetario generalizzato favorisce i l mercantilismo e la specula­ zione, mentre i frutti del lavoro onesto dileguano nel l ' impoverimento generale. Industria, commercio, traffici sono frenati dalle insensate barriere doganali che spezzettano economicamente l 'Europa. Lo svi­ luppo civile e morale è in rapido declino: giorno dopo giorno l 'Europa si indebolisce materialmente e moralmente. L'America deve il suo incomparabile progresso alla propria unità; l 'Europa deve alle proprie divisioni un declino senza precedenti.

- L 'incapacità europea di far fronte alla concorrenza Eppure l 'Europa avrebbe la possibilità di trovarsi in una posi­ zione favorevole come quella degli Stati Uniti, perché è popolata dalle stesse stirpi umane, gode approssimativamente dello stesso clima ed è retta dagli stessi principi democratici. È vero che gli Stati Uniti hanno una superficie doppia di quella del l' Europa continentale democratica e le ricchezze del loro suolo sono più grandi, ma per contro la Pan-Europa dispone di una popola­ zione tre volte più numerosa e per questo solo fatto di una capacità pro­ duttiva più volte superiore; infine, può contare su territori coloniali sessanta volte più estesi di quell i americani (Filippine). Dato che le circostanze esteriori sono più favorevoli alla Pan­ Europa che agli Stati Uniti, le cause del declino del l 'Europa sono prin­ cipalmente dovute al fatto che l 'America del Nord è organizzata, men­ tre l 'Europa è disorganizzata. Gli Stati de li' America del Nord lottano insieme per la loro esistenza mentre gli Stati europei lottano l 'uno con­ tro l'altro. Il divario fra lo sviluppo dell 'America del Nord e quello del l ' Europa non fa che accrescersi. Il livello di vita americano aumen­ ta mentre quello dell'Europa diminuisce. Se questa evoluzione non viene fermata a tempo con la costituzione di una federazione europea, tutto ciò che resta in Europa di valido e di vivente abbandonerà questo continente impoverito, minacciato, corrotto e meschino per andar a

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stabilirsi in un 'altra parte del mondo più ricca di speranze, prima di tut­ to i n America. L ' industria europea non potrà far fronte alla concorrenza ame­ ricana sul mercato mondiale, a causa degli alti costi dovuti alle barriere doganali inter-europee che separano brutalmente ed in modo assurdo le materie dalle fabbriche, il minerale dalle fonderie e le zone agricole da quelle industriali. Inoltre, sarà costretta ad alzare i prezzi anche a causa di un mostruoso sistema fiscale dovuto al fatto che l ' Europa do­ vrà pagare le spese della guerra passata e gl i armamenti di quella che verrà. L'America d'altra parte ha il vantaggio di poter produrre a costi inferiori grazie ad una più razionale suddivisione del lavoro sul suo immenso territorio. È per questo, ad esempio, che in America esiste una fabbrica particolare per ciascun tipo di macchina, che quest'unica fabbrica produrrà per tutta l'econo m i a americana e così facendo ne ri­ durrà al minimo i costi; una siffatta divisione del lavoro è impossibile ne li 'economia europea, compartimentata com 'è in diversi Stati. Si ca­ pisce allora perché, ad esempio, oggigiorno nessuna industria automo­ bilistica europea possa far concorrenza alla Ford. Questa impotenza nella concorrenza economica si farà sentire in modo particolare quando la Cina si industrializzerà e la Russia sarà ricostruita: in avvenire saranno questi i grandi poli dell' industria mon­ diale. Permanendo divisa, l 'Europa sarà sconfitta dai suoi concorrenti, e la sua rovina sarà completa.

- La salvezza del! 'Europa Non v'è che un modo per impedire questa rovina: l 'unione eco­ nomica delle democrazie continentali d'Europa, la collaborazione do­ ganale di questa unione paneuropea con la Russia ed il disarmo degli eserciti europei. Ma questo è realizzabile solo sulla base di un'unione politica degli Stati europei, unione che sostituisca alla guerra una Cor­ te d 'arbitrato obbligatoria e garantisca solidalmente le frontiere comuni . Questa è l a sola via di salvezza per l a politica e l ' economia de li 'Europa. Se l 'Europa rifiuterà di seguirla, i suoi Stati correranno alla rovina come delle piccole botteghe che volessero mettersi i n con­ correnza da sole contro dei trust.

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Tutti gli Europei hanno interesse a camminare su questa via di salvezza: operai e contadini, industriali e commercianti. Tutti i popoli, tutte le classi sociali si avvantaggerebbero d'una economia fiorente mentre tutti soffrirebbero della sua rovina. La soppressione delle bar­ riere doganali intraeuropee porterà, dopo qualche grave crisi, ad un ri­ sanamento economico del continente. Solo gli "Stati Uniti d' Europa" potranno in avvenire affermare la loro indipendenza economica nei confronti degli Stati Uniti d'America, obbiettivo cui non possono spe­ rare di giungere i singoli e divisi Stati europei. 2. LA PAN-AMERICA

- L 'unione pan-americana Il modello economico della Pan-Europa è fornito dagli Stati Uniti d'America; il modello politico dell'evoluzione della Pan-Euro­ pa è fornito dal l 'Unione panamericana. Ma le condizioni che condussero alla fondazione degli Stati Uniti d 'America erano totalmente diverse dalla situazione paneuro­ pea. Una sola l ingua, un popolo sorto da incroci di popoli, una costi­ tuzione comune ed un solo sentimento nazionale sono alla base degli Stati Uniti. Sin dalla fondazione, gli Stati Uniti sono sempre stati po­ liticamente ed economicamente uniti (salvo durante la guerra di Se­ cessione). L' Europa, al contrario, è divisa nei popoli, nelle lingue, nel­ la storia, nel l 'economia e nelle nazionalità. Il sentimento della diversità è più forte di quello della comunità, l 'odio è più forte della solidarietà. Non basta dunque prefiggersi come scopo l 'unità de li 'Eu­ ropa, bisogna ancora tracciarne i l cammino. A tal riguardo hanno un grande significato le esperienze fatte dalle repubbliche del c.ontinente americano quando hanno cercato di costituire l 'Unione panamericana. Benché il panamericanismo sia a poco più degli inizi del suo sviluppo, esso gode sul paneuropeismo di un anticipo considerevole. Le sue esperienze possono esser utili: in entrambi i casi si tratta di un tentativo di organizzare un continente in una comunità politica di li­ vel lo mondiale; in entrambi i casi si tratta di unire in una federazione regionale di Stati dei paesi sovrani notevolmente differenti per lingua, storia, economia, cultura e temperamento; una federazione di Stati senza tendenze aggressive o imperialistiche, al servizio della pace e

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del progresso. S i comprende l' interesse della Pan-Europa per i l movi­ mento panamericano e la storia della sua evoluzione2 •

- L 'evoluzione della Pan-America La fi losofia panamericana, cioè il sentimento di solidarietà del nuovo mondo di fronte al vecchio, trovò la sua prima espressione nella "dottrina Monroe". Cent'anni fa, i l 2 dicembre 1 823, i l Presidente de­ gli Stati Uniti Monroe, di fronte ad una possibile minaccia della Santa A l leanza3 sulla giovane libertà dell'America del Sud, emise la dichia­ razione di principio che gli Stati Uniti non avrebbero tollerato nessun tipo d'ingerenza dell'Europa negli affari politici americani. Poco dopo, Bolivar, il liberatore de l i ' America del Sud, convocò a Panama un congresso panamericano allo scopo di assicurare al con­ tinente liberato una pace durevole basata sulla giustizia e la solidarietà. Il congresso di Panama ebbe luogo ne1 1 826. Gli Stati Uniti furono rap­ presentati dal Segretario di Stato Henry Clay, i l quale - indipendente­ mente da Bolivar - era nel suo paese i l paladino de li 'idea panamericana. I risultati pratici del congresso di Panama furono lim itati. Era tuttavia sorto il concetto di unione panamericana che, in futuro, avreb­ be dovuto assumere un' influenza decisiva. I tentativi di unione agli inizi si limitarono ali ' America latina, e si manifestarono nei congressi di Lima del 1 847 e del 1 864. La rinascita del panamericanismo si ebbe nel 1 88 1 , quando il Segretario di Stato degli Stati Uniti d'America, James G. B laine, in­ vitò tutti gli Stati del continente ad una conferenza panamericana. In quest'occasione B laine dichiarò solennemente che gli Stati Uniti avrebbero preso parte ai colloqui preliminari su una base di perfetta eguaglianza con le sorelle latine e che il congresso aveva soltanto sco­ pi pacifici: gli Stati Uniti mantennero coscienziosamente le due pro­ messe. Tutti gli Stati americani accettarono con entusiasmo l' invito di Blaine; la conferenza progettata si tenne a Washington nel 1 889, dopo la caduta del l 'ultima monarchia americana in Brasile. Blaine, il grande pioniere deli ' idea panamericana, fu eletto pre­ sidente della conferenza, le cui sedute si svolsero in inglese, spagnolo, portoghese e francese. Vennero costituite sedici commissioni, le prin-

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ci pali delle quali furono quelle per l 'unione doganale, le comunicazio­ ni ferroviarie, l 'igiene, una convenzione monetaria, le questioni ban­ carie, il diritto internazionale privato ed il benessere generale. Il risultato più im portante di questa prima conferenza paname­ ricana fu l 'adozione di una risoluzione comune istituente una Corte pa­ namericana generale d' arbitrato. Venne inoltre decisa la costituzione di una ferrovia intercontinentale; i diritti doganali furono notevolmen­ te alleggeriti ed un ufficio informazioni panamericano venne aperto a Washington. Agli inizi, l 'Ufficio panamericano era destinato esclusivamente a raccogli ere informazioni commerciai i da tutta l'America ed a distri­ buirle fra tutti gli Stati, ma si sviluppò poco a poco, e divenne ben pre­ sto il centro del movimento panamericano. Nel 1 90 l , undici anni dopo la prima, si tenne a Città del Messico una seconda conferenza panamericana. Nel frattempo il movimento panamericano era cresciuto in importanza e i l sentimento panamerica­ no si era consolidato. Ad eccezione del solo Messico, la Pan-America aveva aderito in blocco alla Convenzione del l ' Aja. La seconda conferenza panamericana continuò l'opera della prima. Fondò l'ufficio panamericano e ne stabilì le funzioni, accor­ dandogli il diritto di corrispondere con tutti gli Stati americani tram ite le loro rappresentanze diplomatiche a Washington, e gli affidò la cu­ stodia degli archivi delle conferenze panamericane. Al vertice del! 'Ufficio panamericano venne posto un Consiglio d'amministrazione, del quale facevano parte tutti i rappresentanti del­ le repubbliche americane a Washington, sotto la presidenza del Segre­ tario di Stato degli Stati Uniti . Questo Consiglio doveva riunirsi ogni mese. Fu inoltre deciso di fare della conferenza panamericana uno de­ gli organismi permanenti della politica americana, chiamata a riunirsi periodicamente ogni cinque anni (la guerra mondiale ne interruppe la periodicità: la quinta conferenza panamericana rimase sospesa dal 1 9 1 5 al 1 923). La terza conferenza panamericana ebbe luogo nel 1 906 a Rio de Janeiro. Essa istituì un sistema d'arbitrato e un diritto interamericani. Prese inoltre decisioni in favore di uno snellimento delle formalità concernenti le naturalizzazioni ed aumentò le competenze dei i 'Uffi-

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cio panamericano, che divenne la Commissione permanente della con­ ferenza periodica. Per faci litare i compiti dell ' ufficio centrale di Wa­ shington venne decisa la creazione di commissioni panamericane in tutte le repubbliche d'America. La quarta conferenza panamericana si riunì nel 1 9 1 O a Buenos Aires. Anch'essa si adoperò per promuovere l'arbitrato, le comunica­ zioni interamericane, la reciproca protezione dei beni culturali, della scienza e del i ' insegnamento; vennero progettati su vasta scala scambi panamericani di professori e di allievi. L'Ufficio panamericano fu am­ pliato ricevette il titolo ufficiale di "Unione Panamericana"4 • Uno dei più importanti promotori del movimento panamericano fu Andrew Camegie, che mise la propria fortuna al servizio di questa grande idea e contribuì enormemente al progresso ed al successo del panamericanismo.

- Il panamericanismo Queste conferenze panamericane, la quinta delle quali è indetta in questo 1 923 a Santiago del Cile5 , possono essere considerate come tappe verso una unione americana. Tuttavia, l'idea panamericana si è soprattutto affermata fuori dell'ambito di queste conferenze: ad esem­ pio, nel risolvere il conflitto fra gli Stati Uniti ed il Messico nel 1 9 1 4 e nel pacificare l 'America centrale, l e cui cinque repubbliche si ricon­ ciliarono dopo lunghe lotte grazie al pacifico intervento dei vicini, e stanno considerando l 'opportunità di unirsi sotto la denominazione di "Stati Uniti deli' America Centrale". I risultati pratici del movimento panamericano si completano con i valori ideali che sta suscitando. La sua influenza sta svegliando una coscienza panamericana, un sentimento di solidarietà panameri­ cana, un'opinione pubblica panamericana. Queste correnti, tanto in campo pratico quanto in quello ideale, tendono verso una più stretta unione politica, economica e culturale del continente americano di fronte all 'Europa ed all'Asia e mirano ad una Società delle Nazioni panamericana. I l problema di una tale Società delle Nazioni americana, basata sulla dottrina Monroe e contrapposta alla Società delle Nazioni di Gi­ nevra, si trova, al momento, all'ordine del giorno della quinta confe­ renza panamericana di Santiago. Anche se, per quanto si può preve-

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dere, non si arriverà ancora ad una soluzione, non è escluso che ciò av­ venga nel corso di una delle prossime conferenze. L 'Europa deve ren­ dersi chiaramente conto che, al di là dell'Oceano Atlantico, gli Stati del Nuovo Mondo si uni scono per formare la più potente organizza­ zione di Stati del mondo; deve pertanto prendere posizione di fronte a questo avvenimento storico. 3.

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- ?an-America, ?an-Europa La Pan-America rappresenta per l ' Europa il più grande pericolo o la più grande speranza. Pericolo, infatti, se l'Europa rimane un ag­ glomerato internazionale di piccoli Stati, mentre sull' altra sponda de li' Atlantico si organizza un continente. Speranza, certamente, se l 'Europa segue l'esempio della sua figlia più moderna, e completa il movimento panamericano con un movimento paneuropeo. Ogni uomo politico europeo cui stia a cuore l 'avvenire del suo continente dovrebbe studiare a fondo la storia del movimento paname­ ricano, e trame conclusioni per l ' Europa. Tenendo conto dell'evoluzione e delle circostanze diverse nei due continenti, non si possono trapiantare in Europa le istituzioni ame­ ricane senza averne svi luppato a priori una critica, ma è estremamente necessario esaminare a fondo quanto di buono e di utile si è fatto ol­ treoceano, per vedere se sia auspicabile introdurlo in Europa qualora le circostanze dovessero perrnetterlo. Il movimento panamericano è notevolmente in anticipo sul movimento paneuropeo. Mentre è passa­ to un secolo dalla proclamazione della "dottrina Monroe" e la convo­ cazione del congresso di Panama, mentre dalla prima conferenza pa­ namericana è trascorsa una generazione, il movimento paneuropeo non è ancora cominciato. E l'anticipo dell'America sull 'Europa au­ menterà ogni giorno di più se gli uomini di Stato europei non si deci­ deranno, una buona volta, a rispondere al la quinta conferenza paname­ ricana con la prima conferenza paneuropea6 • - La ?an-America come modello Merito imperituro acquisterebbe presso il suo popolo, l 'Europa e i l mondo l 'uomo di Stato che invitasse a questa conferenza le potenze europee, sull ' esempio di quanto Bolivar e B l ai ne hanno fatto in A me-

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rica. I I suo gesto susciterebbe un movimento subcosciente in tutti i po­ poli d' Europa, in tutti i ceti, movimento che - messo in moto - non po­ trebbe fermarsi che il giorno in cui l 'Europa sarà, infine, unita e salva. Questo movimento non potrebbe venire soffocato neppure dal falli­ mento d'una prima conferenza: ben presto se ne riunirebbe una secon­ da e poi una terza, ed in esse si otterrebbe il consenso per l 'esecuzione dei progetti non approvati nella conferenza precedente. Perché la Pan-Europa si realizzi, è necessario costituire un uf­ ficio paneuropeo analogo ali 'ufficio panamericano di Washington. Un tale organismo centrale del movimento paneuropeo potrebbe venire installato in Svizzera, a Vi enna o a Parigi. Nel suo libro L 'unione pa­ namericana, A.H. Fried scrive che l ' esistenza di un ufficio paneuro­ peo avrebbe sicuramente impedito la guerra del 1 9 1 4, ed ha probabil­ mente ragione. Il movimento paneuropeo, che può apprendere qualcosa dalla lunga esperienza del movimento panamericano, deve tendere agli stes­ si scopi: lottare contro la guerra, favorire lo sviluppo de li 'economia e della cultura, controbattere tendenze eversive, moti aggressivi e ten­ tativi di egemonia. Anche la Costituzione paneuropea deve riconosce­ re il principio di base secondo il quale le piccole nazioni d'Europahan­ no gli stessi diritti delle grandi, cosi come nella Pan-America gli Stati Uniti hanno gli stessi diritti deli 'Uruguay o del Paraguay.

- Una separazione netta Se la Pan-Europa si basa sugli stessi principi pacifici e demo­ cratici della Pan-America, fra queste due entità sorelle non vi sarà in futuro rivalità, bensì solidarietà. Esse non si minacceranno vicende­ volmente, ma si completeranno e si faranno un punto d' onore di riva­ leggiare in opere di cultura e di pace. L'oceano che s'interpone fra i due continenti impedisce conflit­ ti di frontiera, mentre la comunità culturale garantisce una reciproca amicizia internazionale. In tal senso sarebbe auspicabile che l' Europa decidesse in tem­ po di ritirarsi dal continente americano e cedesse ali ' America le sue colonie, ed in particolare le Guiane. In effetti, queste colonie potreb­ bero un giorno essere ali ' origine di un conflitto territoriale fra l'antico ed il nuovo mondo. La rigida e consequenziale applicazione della dot-

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trina Monroe dovrebbe condurre l 'America a non sopportare più alcu­ na colonia europea sul suo territorio, ma un conflitto fra due continenti avrebbe conseguenze incalcolabili per le popolazioni bianche. Inoltre, l 'eventuale cessione della Guyana francese ali' America ad un prezzo corrispondente ai debiti di guerra potrebbe singolarmente alleggerire i l problema del debito mondiale. Le acquisizioni coloniali fatte in guerra dalla Francia compenserebbero largamente la perdita di questa colonia dall'avvenire incerto. D' altronde, da un punto di vista politico una simile acquisizione non avrebbe prezzo per gli Stati Uniti, e rappresenterebbe anche la continuazione della sua tradizionale po­ litica d'acquisto nella direzione della dottrina Monroe (Florida, Ala­ ska, Antille danesi). La Francia, che ha concentrato il suo territorio co­ loniale in Africa ed in Asia e che non sarebbe in grado di difendere vittoriosamente le sue colonie americane, più che perderei guadagne­ rebbe dal la definitiva liquidazione del suo debito. Tuttavia, per una fu­ tura politica di pace sarebbe molto importante che sparisse l 'ultima frontiera territoriale fra Europa ed America, e che fra di esse si trovas­ se soltanto la netta separazione dell'Oceano Atlantico.

- L 'Inghilterra come mediatrice L'Inghilterra rappresenterebbe il legame fra la Pan-Europa e la Pan-America. Grande potenza nei due continenti, non potrebbe appar­ tenere all 'uno senza essere avversaria dell 'altro. Legata all 'Europa dalla storia, legata ali ' America in quanto nazione, è chiamata ad inter­ venire nei due emisferi in favore della pace mondiale, dei principi de­ mocratici cui ha dato la luce, ed in favore dell'avvenire della razza bianca di cui è l 'antesignana in Asia, Africa ed Australia. Impero britannico, Pan-Europa e Pan-America hanno tutti e tre interesse al mantenimento della pace ed allo status quo territoriale del mondo; essi sono legati dagli stessi principi politici, da una comunità di stirpe e di cultura; tutti e tre potrebbero essere a lungo i più sicuri garanti dello sviluppo pacifico della civiltà mondiale. Se, al contrario, i popoli d' Europa non riusciranno ad unirsi, questo sfortunato continente diverrà il centro degli intrighi internazio­ nali ed il campo di battaglia ove si regoleranno i conflitti mondiali. Le grandi potenze si contenderanno l'eredità del suo ricco impero colo­ niale, in Asia ed in Africa, come pure l'influenza sul l ' Europa centrale

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ed occidentale. Cosi la rovina dell'Europa arrecherà danno ai suoi vi­ cini ed ai suoi eredi, ai quali non porterà che odio e guerre.

Note l . Cioè dal 1 865, anno in cui fini la guerra di secessione vinta dai "nor­ disti" che difesero il principio del Presidente Lincoln: "Un paese non può vivere se è diviso in una parte ove domina la l ibertà ed in un'altra ove vige la schiavitù". 2. Si legga l 'eccellente libro Pan-America (edizione Ore! Fussli, Zurigo) del viennese Alfred Hermann Fried ( 1 864- 1 92 1 ) premio Nobel per la pace 191 1 . 3. Nome dato ad un patto concluso i l 26 settembre 1 8 1 5 - dopo la caduta di Napoleone ed il congresso di Vi enna - fra i sovrani di Russia, (l 'ortodosso Alessandro I), d'Austria (il cattolico Francesco I) e di Prussia (il protestante Federico Il), che volle stabil ire un equilibrio europeo per mezzo di conferenze e congressi (Aquisgrana 1 8 1 8, Karlsbad 1 8 1 9, Vienna 1 820, Troppau 1 820, Laybach 1 82 1 , Verona 1 822) cui parteciparono anche l a Francia di Luigi XVIII e di Carlo X e la Spagna di Ferdinando V I I . Ne fu ispiratore i l cancel­ l iere Mettemich. 4. Nel 1 949 la nona conferenza riunita a Bogotà decise di sostituire a questo appellativo quello di "Organizzazione degli Stati americani". Nel 1 96 1 all a decima conferenza riunita a Punta del Este, gli Stati Uniti offrirono in segno di solidarietà 20 miliardi di dollari agli Stati consociati che si trova­ vano in condizioni di sottosvi luppo (NdC). 5. Si tenga sempre presente che questo libro è stato pubblicato nel l 923 (N dC).

6. È infatti nel l 926 che ebbe luogo a V i enna la prima Conferenza paneu­ ropea. In essa venne suonato l 'Inno alla Gioia dalla Sinfonia n. 9 di Ludwig van Beethoven come Inno europeo (NdC).

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Capitolo VI

L ' Europa e la Società delle Nazioni

Spetta innanzitutto ali 'Europa costruire la sua unità; poi l 'umanità costruisca la propria. l. CRITICA DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI

- Ilfallimento di Ginevra La Società delle Nazioni (S.d.N.) di Ginevra rappresenta il ten­ tativo fatto da Wilson di estendere a tutto il globo l 'organizzazione pa­ namericana. L 'Europa accettò il progetto, poiché si rese giustamente conto del fatto che i l persistere di relazioni anarchiche fra gli Stati avrebbe inevitabilmente condotto a nuove guerre, delle quali sarebbe stata la vittima principale. Alle origini dell'idea della Società delle Nazioni vi erano tutta­ via due tendenze: l 'organizzazione del mondo e l 'organizzazione del l ' Europa. Questa concezione antinomica ha fatto sì che la S.d.N. non sia divenuta né l'areopago del mondo né una federazione paneu­ ropea, poiché si è arenata su questa contraddizione interna. La Società delle Nazioni ecumenica che Wilson aveva sognato è rimasta utopia: Ginevra non ne è che un abbozzo. Due potenze mondiali rifiutano la S.d.N.: la Russia e gli Stati Uniti d'America, come pure grandi Stati quali la Germania, l 'Argentina, il Messico ed una serie di piccoli Stati. Per quanto concerne la potenza politica, la Società delle Nazioni com­ prende a malapena metà dell 'umanità; coloro che non ne fanno parte

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sono forti quanto quelli che vi partecipano. Invece di un Parlamento delle Nazioni, la S.d.N. è riuscita ad essere soltanto una caricatura di parlamento. Nulla l'autorizza ad agire quale rappresentante dell 'uma­ nità, poiché essa altro non è che una rappresentanza di Stati, riuniti a casaccio e senza alcun criterio di scelta, che se ne servono nel l ' i nte­ resse della loro politica di dominio. Se la S.d.N. tentasse di interferire negli interessi delle potenze mondiali che la costituiscono, queste ul­ time, messe di fronte ad esempio al problema indù o alla questione co­ reana, annuncerebbero immediatamente il loro ritiro e nessuno potreb­ be impedirlo. In effetti, la Società delle Nazioni non dispone né del la forza materiale d'un esercito internazionale, né di quella morale d'una giustizia libera da interferenze. I giudizi che essa ha pronunciato fino ad ora non sono stati delle sentenze, ma dei compromessi. In Alta Sle­ sia, a Vilna e nella Galizia orientale l ' impotente S.d.N. ha capitolato di fronte al le forze armate polacche. La Società delle Nazioni si è pertanto gravemente compromes­ sa: da un lato questa istituzione è diventata un potere impotente e, dal l 'altro, una corte di giustizia ingiusta. Nel mondo non rappresenta alcuna autorità politica né morale.

- Struttura non organica Eppure, l ' idea che la sottende costituisce un gran progresso nel­ lo svi luppo de li 'umanità, ed ogni pacifista sincero la saluterà come i l primo tentativo, senza dubbio timido ed imperfetto, d i sostituire ai rap­ porti anarchici tra le nazioni un'organizzazione mondiale che le riuni­ sca tutte. I suoi difetti non derivano da quello che vuoi essere, ma da come è organizzata. La Società delle Nazioni non è organica: invece di raggruppare popoli e Stati del mondo secondo le loro affinità storiche, economiche, culturali e geografiche, accatasta meccanicamente - come semplici oggetti e senza tener conto della geografia, della storia, della cultura e dell 'economia - Stati grandi e piccoli, europei ed asiatici, vicini e lontani. Nel suo ambito, la Svizzera è meno prossima ali' Austria, che tuttavia le è vicina, che al S iam o all 'Equatore. Questa costituzione priva d'organicità della Società delle Na­ zioni, che è in contraddizione con la dottrina Monroe, le ha alienato l'appoggio degli Stati Uniti. Lo stesso motivo farà riflettere la Russia

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quando si tratterà di associarsi ad un gruppo di nazioni che potrebbe minacciare l ' i ndipendenza del suo sviluppo interno. Il difetto fondamentale della S.d.N. è la sua struttura astratta, per cui essa non ha esistenza reale e non risveglia alcuna eco nella vita affettiva dell 'umanità, che va condotta gradualmente e partendo dalla famiglia alla nazione ed alle comunità di popoli, fino al l 'ideale d 'una umanità unita: la S.d.N. non tiene in alcun conto queste tappe; passa oltre le organizzazioni panamericana e paneuropea. Volendo essere tutto, non è nulla: un'alleanza di tre piccoli Stati, come ad esempio la Piccola Intesa, è in Europa un elemento di potenza più importante del­ la Società delle Nazioni, che pur si considera il portavoce dell'uma­ nità. 2.

LA PAN-EUROPA E LA SOCIETÀ DELLE NAZIONI

- Ginevra e Mosca La Pan-Europa non è sorpassata dalla Società delle Nazioni. Finché la Germania non farà parte della S .d.N ., l 'Europa rischia di de­ comporsi scindendosi in due campi, poiché già ora esistono in Eurasia non una, ma due Società di Nazioni opposte e reciprocamente ostili: quella di Ginevra e quella di Mosca. La Germania non appartiene né all'organizzazione di Ginevra né a quella di Mosca ma, mentre si trova in continuo conflitto con le potenze che dirigono la S.d.N . di Ginevra, con Mosca intrattiene rap­ porti di intesa cordiale. Così, la Germania potrebbe un giorno essere portata (come la Turchia, la Persia e l'Afghanistan) ad entrare nella "federazione" di Mosca invece di aderire alla Società pacifica di Gi­ nevra. Ne conseguirebbero l ' isolamento della Polonia e la retrocessio­ ne della frontiera europea al Reno. La comparsa di tale costellazione politica significherebbe la fine dell' idea paneuropea e la fine della pace in Europa. L'Europa cen­ trale, anzitutto, poi i Balcani, quindi l ' Europa occidentale diventereb­ bero teatro di nuove invasioni. Impedire una simile evoluzione ed assicurare l'adesione della Germania ali 'Occidente è interesse di tutti gli Europei. Su questa que­ stione l ' Europa gioca il proprio destino. - L 'Europa oggetto della politica della Società delle Nazioni

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Anche se la Germania entrasse a farne parte, la Società delle Na­ zioni non sarebbe in grado di prendere il posto di un'unione paneuro­ pea. Nel la sua forma attuale, infatti, la S.d.N. è un pericolo perma­ nente per l ' indipendenza dell'Europa. Facendone parte, le potenze ex­ tra-europee del i ' America latina, del i ' Asia orientale e de li' I mpero bri­ tannico hanno di diritto la possibilità d'intervenire negli affari europei mentre, ad esempio, la Gran Bretagna proibirebbe qualunque ingeren­ za delle potenze europee nel suo impero e, analogamente gli Stati Uniti si opporrebbero, in virtù della "dottrina Monroe", a qualsivoglia inter­ vento straniero negli affari del continente americano. Così, a causa della Società delle Nazioni, l 'Europa è diventata l 'oggetto del la politica mondiale ed un'arena di intrighi politici. ! pro­ blemi in discussione a Ginevra sono molto spesso problemi europei, eppure l 'Europa non è rappresentata che in maniera incompleta all' areopago ginevrino, mentre l'America del Sud, l' Estremo Oriente ed i Dominions transoceanici della Gran Bretagna esercitano un' in­ fluenza decisiva sulla fisionomia politica dell' Europa. Le questioni vi­ tali della politica europea sono decise da Stati non europei. l i paradosso di una tale situazione è ulteriormente rafforzato dal fatto che Germania, Russia e Stati Uniti d'America, i cui interessi nelle questioni europee sono evidentemente importanti, non partecipano alle decisioni societarie mentre degli Stati estremo-orientali e sudame­ ricani si ergono a giudici del l 'Europa. B isogna che l 'Europa prenda posizione contro questa messa sotto tutela da parte della Società delle Nazioni. L' Europa deve ren­ dersi conto del l 'indegnità della sua posizione internazionale, e deve difendere la propria indipendenza ed autodeterminazione. Lasci pure alla S .d.N. il compito di dirimere i problemi intercontinentali, ma si as­ suma il diritto di risolvere i propri.

- L 'Europa agli Europei Un secolo dopo l 'America, l ' Europa deve proclamare una pro­ pria dottrina Monroe: "L' Europa agli Europei". La dottrina americana di Monroe è l'espressione della ferma volontà americana di opporsi, in blocco, a qualsiasi ingerenza europea.

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Quando Monroe formulò questo principio, l 'Europa non aveva bisogno di opporre ad una siffatta manifestazione della solidarietà americana una dottrina della solidarietà europea, prima di tutto perché la Santa Alleanza rappresentava allora l 'unità de li ' Europa, ed in segui­ to perché l 'Europa non poteva concepire che potenze extra-europee potessero osare intervenire un giorno nelle sue questioni interne. Nel frattempo la situazione si è modificata a danno del l 'Europa. Mentre oggigiorno l 'America è al sicuro da qualsiasi interferenza eu­ ropea, l'Europa è diventata il punto più vulnerabile e più sensibile del­ la politica mondiale. Per anni ed anni Britannici, Americani ed Africani hanno occu­ pato il Reno in pieno periodo di pace; i Turchi, appena cacciati dal­ l' Europa, vi ritornavano da vincitori e nel 1 920 le truppe russe avan­ zavano fino a Varsavia ed a Leopoli senza risvegliare alcun sentimento di solidarietà europea. Se l 'Europa vuole sottrarsi al destino ed al pericolo di diventare un campo di battaglia internazionale ed un oggetto di sfruttamento, bi­ sogna che proclami la sua dottrina Monroe europea: deve confermare la propria solidarietà contro qualsiasi attacco od ingerenza da parte di potenze extraeuropee. Deve dichiarare, come ha fatto l' America, che non accetterà ingerenza alcuna di potenze straniere nei suoi affari in­ temi. Deve, in fin dei conti, esigere per se stessa gli stessi diritti che l 'America ha rivendicato cent'anni fa. Una tale presa di posizione da parte dell' Europa avrebbe un'im­ portanza particolare di fronte al pericolo russo. Ogni tentativo russo di costringere uno Stato europeo a modificare la propria costituzione oggi nel senso sovietico, domani in quello dell 'assolutismo - dovrebbe urtarsi con un'opposizione identica a quella che incontrò la Spagna quando tentò, un secolo fa, di reinstaurare con la forza la monarchia nell 'America del Sud.

- La Pan-Europa come tappa Se all'anarchia mondiale si vuole sostituire un'organizzazione mondiale, bisognerà anzitutto che gli Stati si raggruppino in super-Sta­ ti. Così come l ' unione della Germania, dell 'Italia e della Polonia rap­ presentarono tappe necessarie per l 'unione dell'Europa, l 'unità euro­ pea sarà una tappa necessaria per l'unione del l'umanità.

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È assurdo voler fare di un'Europa anarchica la chiave di volta d'una comunità mondiale; con i suoi eterni conflitti avvelenerebbe l ' atmosfera del mondo intero invece di integrarsi nel l'ordine interna­ zionale. Il processo non può venire invertito: spetta anzitutto all ' Eu­ ropa costruire la sua unità, poi l 'umanità farà la propria. I nemici della Pan-Europa agiteranno continuamente lo slogan che la Pan-Europa rappresenta un ideale più limitato e circoscritto del­ la Società delle Nazioni, e che è immorale e scarsamente politico im­ porre l im iti geografici ristretti a livello continentale ad un raggruppa­ mento pacifico di Stati . Per sabotare l' indispensabile creazione di un'unione doganale europea, reclameranno il libero scambio intercon­ tinentale; per sabotare il patto europeo di garanzia, richiederanno un patto di garanzia intercontinentale, per sabotare gli Stati Uniti d ' Eu­ ropa, pretenderanno gli Stati Uniti del mondo. Una simile tattica, che consiste nell'esigere di fare il secondo passo prima d'aver fatto il primo, fa sempre effetto; nascondersi dietro la maschera del più estremo radicalismo per opporsi efficacemente al progresso è un sistema caro alla reazione. È così che questi demagoghi affascinano le masse con l ' i llusione di scopi lontani nel tempo ed il cui raggiungi mento appare impossibile, per distrarle da mete più vicine di cui temono la realizzazione. 3.

LA RlORGANIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI

- l gruppi di Stati Attualmente, la Società delle Nazioni è suddivisa in quattro gruppi principali: l . Gli Stati del l ' Impero britannico; 2. Gli Stati europei; 3. Gli Stati latino-americani; 4. Gli Stati dell'Estremo Oriente. Di questi gruppi solo il primo possiede un'organizzazione di li­ vello internazionale. All'interno della S.d.N. i delegati dell'Impero britannico formano un gruppo coerente. Lo stesso Lord Robert Ceci! che ancora poco tempo fa rappresentava a Ginevra l 'Africa del Sud, vi figura attualmente come delegato dell'Inghilterra. Una disputa fra Australia e Nuova Zelanda sarebbe probabil­ mente risolta a Londra e non a Ginevra, trattandosi di una questione

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interna ali ' Impero britarmico. A Ginevra potrebbe venire discusso so­ lamente un conflitto fra lo Stato britarmico ed un membro non britan­ nico della Società delle Nazioni. Per questa sua posizione all' interno della S.d.N., l ' Impero britannico può servire d'esempio agli altri grup­ pi di Stati rappresentati a Ginevra. Se l 'Europa si costituisce in uno Stato federale, i conflitti fra gli Stati europei verranno risolti da questo Stato, e solo quelli con potenze extra-europee verrarmo portati dinanzi alla Società delle Nazioni. In tal modo, la S.d.N. non sarebbe in contraddizione con un'unione pa­ neuropea, ma ne costituirebbe il complemento. Sarebbe un grave er­ rore dei Paneuropei, invece di appoggiarla, lottare contro l ' i dea della Società delle Nazioni. La critica dovrebbe rivolgersi solo sul suo fun­ zionamento burocratico, e non sulle sue aspirazioni di base. Finché non esisterà nessuna organizzazione fra Stati europei, la Società delle Nazioni rappresenterà il solo "forum" internazionale nel quale gli Stati d'Europa potranno incontrarsi e la sola protezione contro il caos inter­ europeo. E per questo che, dal punto di vista paneuropeo, l 'ingresso della Germania nella S.d.N. è auspicabile: infatti, questo passo porte­ rebbe la Germania verso la comunità europea e non verso l 'Unione So­ vietica.

- Federalismo inter-statale Il movimento paneuropeo deve, tuttavia, difendere l'autonomia della Pan-Europa in seno alla Società delle Nazioni così come la sua ristrutturazione in gruppi regionali. Lo scopo di questo movimento consiste nel riorganizzare la S.d.N. in gruppi , e nell 'inserirvi un fede­ ralismo inter-statale che sostituisca l 'attuale centralizzazione. Il vantaggio essenziale di questa riorganizzazione sarebbe so­ prattutto il render possibile agli Stati Uniti ed alla Russia sovietica di entrare a far parte della Società delle Nazioni senza abbandonare le basi stesse della loro politica internazionale. Se riconosciuti come gruppi autonomi, Russia e Stati Uniti, infatti , non dovrebbero più te­ mere interferenze straniere nelle rispettive aree d' influenza, e le "dot­ trine Monroe" russe o americane sarebbero salvaguardate. Una trasformazione della Società delle Nazioni in un'organiz­ zazione inglobante il mondo intero la metterebbe in grado di assurgere

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a quel prestigio morale che renderebbe superflua una forza armata di pronto intervento internazionale. Nel corso della quinta conferenza panamericana di Santiago del Cile è stata attualmente dibattuta la costituzione di una Società del le Nazioni americana. Che questa aggregazione, di cui gli Stati Uniti fa­ rebbero parte, veda la luce oggi o domani, resta chiaro che un giorno dovrà misurarsi con la sua rivale ginevrina: o i membri americani della Società delle Nazioni se ne ritireranno in blocco oppure la Società del­ le Nazioni americane aderirà in blocco alla Società delle Nazioni pla­ netaria, così come il gruppo degli Stati a guida britannica. Quello che accadrà, l 'esplosione o l'allargamento della Società delle Nazioni a causa di Pan-America, dipenderà dalla decisione che la prima prende­ rà, o meno, di riorganizzarsi in gruppi regionali . Dopo il ritiro degli Americani, la Società delle Nazioni si ridur­ rebbe ad un' informe raduno di Europei, Britannici ed Estremo-Orien­ tali; e se questi due ultimi gruppi dovessero ritrarsi dal caos europeo, sopravviverebbe solamente l'organizzazione paneuropea. Ma anche senza il ritiro degli Americani la nascita della ·Pan­ Europa rimane possibile ali 'interno della Società delle Nazioni: sareb­ be sufficiente che i suoi membri europei si riunissero in una comunità più stretta, come fanno oggigiorno i Britannici e come faranno un do­ mani gli Americani. Una secessione dei delegati europei a Ginevra e il loro riunirsi separatamente dagli altri porterebbe con sé sia la crisi che la rinascita del l 'idea della Società delle Nazioni. La S.d.N. potrebbe così divenire la più alta giurisdizione mon­ diale ed i conflitti e le questioni regionali rimarrebbero di competenza di gruppi di Stati più limitati; questi saranno: l. il gruppo panamericano; 2. il gruppo paneuropeo; 3 . il gruppo britannico; 4. il gruppo russo; 5. il gruppo mongolo. Di questi cinque gruppi di Stati ne esistono già tre: quello pa­ namericano, quello britannico e quello russo. La conferenza paname­ ricana, la conferenza dell 'Impero britannico ed il congresso del­ l 'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche sono già i loro

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parlamenti sovranazionali. I soli gruppi di Stati non ancora strutturati sono quelli europei e quelli mongoli. Il mondo mongolo comprende l 'Impero giapponese e l ' Impero cinese. L'odio fra questi due vicini (che ci appare tanto insensato quanto lo è la rivalità franco-tedesca) fa ritenere inverosimile la nasci­ ta d'una unione mongola in un prossimo futuro; questa unione potreb­ be essere accelerata da una politica aggressiva della razza bianca con­ tro i giall i . Tuttavia, se Cina e Giappone non vorranno accordarsi per una politica mondiale comune, formeranno due gruppi separati invece di uno solo in seno ad una ristrutturata Società delle Nazioni, che sarà così composta da sei gruppi: quattro bianchi e due gialli. Comunque, per noi la questione di un'unione paneuropea è più urgente di quella mongola e la sua costituzione è la conditio sine qua non di una organizzazione del mondo in regioni continentali. È impos­ sibile che quattro grandi potenze o gruppi di potenze si lascino mettere in minoranza da cinque piccoli Stati europei: queste ne trarrebbero le ovvie conseguenze e, ritirandosi dalla Società delle Nazioni, la fareb­ bero crollare. Solamente un' Europa unita avrebbe, nel concerto dei popoli, una voce decisiva.

- L 'equilibrio intercontinentale Nulla ci permette di poter immaginare un cambiamento im­ provviso della mentalità politica dell 'umanità, né di aspettare che nel futuro la forza ceda sempre di fronte al diritto. Se dunque si deve isti­ tuire oggi una stabi le Associazione di Stati, occorre che le sue norme giuridiche fondamentali si appoggino ad un sistema di forze in grado di tutelarle. L'esperienza mostra che una federazione non può avere pro­ spettive di durata se la sua esistenza non sia giustificata da un sovrap­ più di potenza: Questa aumentata potenza si manifesta come egemonia quando uno degli Stati della federazione è più forte dell 'insieme di tut­ ti gli altri, come era la Prussia in Germania e la Russia nell ' Impero so­ vietico, ed è invece espressione di cooperazione quando ogni Stato della federazione è meno forte dell ' insieme degli altri Stati, come è il caso della Svizzera e degli Stati Uniti. A l la base di questa cooperazio­ ne deve esistere un equilibrio che escluda il pericolo di un'egemonia.

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I l principio della cooperazione è in effetti democratico, mentre quello de l i ' egemonia è autocratico. È sulla base della cooperazione che sarà necessario fondare sia il gruppo paneuropeo che la Società delle Nazioni universale e riorga­ nizzata. In tal modo nessuno Stato europeo sarà sufficientemente forte per dominare durevolmente gli altri, così come nessuno dei gruppi di Stati sarà in grado di dominare una Società delle Nazioni ristrutturata. I cinque o sei gruppi di Stati iv i rappresentati sarebbero più o meno in equilibrio. Per quanto lo si possa prevedere, nessuno potrebbe rischia­ re di mettersi in conflitto contro il resto deli 'umanità. Una Società delle Nazioni ristrutturata potrebbe in tal modo di­ venire il miglior garante della pace nel mondo. Dopo un disarmo ef­ fettuato di comune accordo, i diversi gruppi di Stati potrebbero con­ cludere fra di loro un trattato di arbitrato obbligatorio. Se tuttavia scoppiassero dei conflitti, l 'esistenza di tali gruppi di Stati ne limite­ rebbe gli sviluppi: le potenze europee, ad esempio, non sarebbero co­ strette ad immischiarsi in una guerra fra Stati Uniti e Messico o in una guerra d'indipendenza in Corea o in India. Le garanzie reciproche fra gli Stati europei concernerebbero solo le loro frontiere europee, e que­ sto dim inuirebbe notevolmente il pericolo di una nuova guerra mon­ diale. La Società delle Nazioni così come è oggi si scomporrebbe nell'unione paneuropea e in un areopago mondiale, cioè nei due ele­ menti il cui riprovevole amalgama è la causa prima della sua mancanza di vitalità. L 'unione paneuropea comprenderebbe solamente i delegati delle potenze europee, l'areopago mondiale sarebbe composto dei rap­ presentanti dei cinque o sei gruppi di Stati di cui sopra.

- Washington e Ginevra Questo consiglio supremo delle potenze mondiali dovrebbe ri­ unirsi periodicamente e, in un certo senso sarebbe l'erede della con­ ferenza per il disarmo di Washington. L 'anno scorso, i rappresentanti delle grandi potenze mondiali si sono riuniti per la prima volta a Washington non più per metter fine ad una guerra, bensì per prevenire la m inaccia di un conflitto. S i trat­ tava in realtà di impedire una guerra americano-giapponese che sareb­ be stata una terribile catastrofe per l'umanità, e lo scopo è stato brii-

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Iantemente raggiunto. I l risultato ottenuto a Washington eclissa total­ mente quanto Ginevra ha fatto finora. Alla conferenza per il disarmo di Washington, l 'America era rappresentata dagli Stati Uniti, l 'Impero britannico dall'Inghi lterra, l ' Europa dalla Francia e l 'Estremo-Oriente dal Giappone: ciascuno dei gruppi mondiali era cioè rappresentato dalla sua potenza più im­ portante. Solo la Russia non era rappresentata, poiché i l suo governo non era riconosciuto dagli altri partecipanti. È tuttavia probabile che la Russia sarà anch'essa rappresentata alla prossima conferenza mon­ diale. A Washington si potevano prendere decisioni sul disanno ma­ rittimo anche senza la Russia, ma il disarmo delle forze terrestri non potrà farsi senza di lei. Ad ogni modo, quello che il Presidente Harding ha fatto per la pace a Washington è più efficace di quello che ha fatto il Presidente Wilson a Ginevra. L'avvenire condurrà ad una sintesi fra i due distinti tentativi di raggiungere la pace mondiale: da Washington nascerà l' areopago mondiale, e da Ginevra la Pan-Europa.

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Capitolo VII

Il pericolo d'una guerra in Europa

"L 'Europa è uscita indebolita dalla guerra mondiale: una nuova guerra le darebbe il colpo di grazia". l . PERICOLO DI GUERRA.

- L 'anarchia europea Attualmente l'Europa è incamminata verso una nuova guerra. La maggior parte degli Stati del l ' Europa centrale e dell 'est la prepa­ rano diplomaticamente e militarmente. L'odio e l 'invidia tra vicini sono più diffusi oggi che nel l 9 1 9. La causa di questo minaccioso e ge­ nerale pericolo di Guerra è l'anarchia internazionale che regna in Eu­ ropa. La situazione dell'Europa assomiglia a quella di ventisei uomi­ ni, dal dubbio livello intellettuale e morale, che vivono insieme i n uno spazio limitato. Sono armati fino ai denti: hanno bombe, armi da fuoco e pugnali, e di riserva anche armi chimiche. Sono impoveriti ed aspet­ tano con ansia l 'occasione di riarricchirsi a spese dei vicini. Sono per­ meati di rancori , rivalità, gelosie e spirito di vendetta. Trascorrono il tempo a preparare complotti, tener pronte le anni, esercitarsi a maneg­ giarle, insultarsi a vicenda in pubblico e in privato nel modo più offen­ sivo. Il loro concetto di libertà è falso ma non intendono rinunciarvi a nessun costo: ecco perché propendono per un sistema di anarchia as­ soluta rispetto ad ogni organizzazione sociale. Persistono nella deci-

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sione di regolare i loro contrasti d' interesse e le loro divergenze d'opi­ nione con risse e duelli invece che ricorrendo ad una Corte di giustizia. Anche senza avere il dono della profezia si può prevedere con certezza che prima o poi fra selvaggi di tal genere scoppierà una guerra ali 'ultimo sangue e che, nel conflitto generale, sofferenza e morte col­ piranno non solamente i responsabili della guerra, ma anche coloro che vi resteranno estranei . Non c'è che un modo per evitare una tale catastrofe: poiché i ventisei saranno costretti a coesistere per un tempo indefinito, non ri­ mane loro che decidersi a rendere sopportabile quanto più possibile la vita in comune. E possono farlo solo sostituendo l'anarchia con l'or­ ganizzazione. Dovranno dunque riunirsi attorno a un tavolo in una serie di in­ contri e mettere a punto un 'organizzazione che garantisca loro il mas­ simo della sicurezza con il minimo di sacrificio delle singole l ibertà. Devono sostituire i duelli con i dibattiti e, pertanto, instaurare una Cor­ te d'arbitrato. Se, nello stesso tempo, vogliono evitare una permanente tentazione a servirsi delle armi, debbono ricusare i l permanente diritto di portare armi. Debbono, infine, decidere che ogni attaccabrighe o guerrafondaio che attaccherà un compagno e non si sottometterà alla stabilita procedura d'arbitrato, sia solidalmente respinto e punito.

- L 'organizzazione al posto dell 'anarchia Ecco il cammino sul quale debbono mettersi i ventisei Stati d ' Europa se vogliono sfuggire alla propria rovina prima che sia troppo tardi : l 'organizzazione alposto del/ 'anarchia; una Corte d'arbitrato al posto della guerra; il disarmo invece del riarmo; una garanzia so­ lidale al posto dell 'autodifesa; cooperazione anziché competizione. In nessuna parte del mondo, salvo che in Estremo Oriente, re­ gnano rapporti internazionali così primitivi e barbari come in Europa. Gli Stati della Pan-America, del mondo britannico e della Russia so­ vietica si riuniscono periodicamente in conferenze per esaminare, con spirito pacifico, tutte le questioni in sospeso fra loro ed opporsi con amichevole equità ad eventuali conflitti. Essi cercano, per mezzo di una cooperazione serena, i mezzi per rendere il più gradevole possibile vivere sulle loro terre. Tutti questi Stati sacrificano un minimo della

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propria autonomi a e sono ampiamente com pensati dalla presenza d 'un 1 ordine giuridico sovrastatale • Solo gli Europei si ostinano a conservare il diritto primordiale al l' anarchia armata. Parlano solo con le armi in pugno, si attengono fermamente al principio di vendetta, respingono orgogliosamente e stupidamente l ' introduzione di un ordine internazionale. Con questo atteggiamento, non vedono o non vogliono vedere che è impossibile che i loro ventisei Stati, pigiati in cinque milioni di chilometri quadrati, possano vivere continuamente l'uno accanto all' altro senza urtarsi o pestarsi i piedi , e che, di conseguenza, il minimo pretesto può bastare a trasformare l'Europa in un ammasso di macerie ed in un vasto car­ naiO. Chiunque se ne renda conto ed ami f' Europa non deve indietreg­ giare di fronte a nessun sacrificio per evitare al suo continente questo pericolo mortale. 2. LA GUERRA FUTURA.

- La guerra di sterminio Se i dirigenti ed i popoli d'Europa potessero prevedere chiara­ mente come sarà la prossima guerra, non trascurerebbero nessun mez­ zo per impedirla. Purtroppo gli uom ini non hanno la minima idea di quanto li aspetta; la loro immaginazione è troppo povera ed è volta ver­ so il passato piuttosto che verso l'avvenire. È molto più comodo proiettare nel futuro nozioni passate piuttosto che farsi un'idea di cose mai avvenute. Accadde così che nel 1 9 1 3 quasi nessuno avesse un' idea esatta della guerra mondiale, i cui orrori superarono ogni pre­ visione; allo stesso modo oggigiorno quasi nessuno ha un' idea precisa delle guerre future, gli orrori delle quali supereranno ampiamente quanto ci si possa immaginare in Europa. Gli Europei si figuravano la guerra mondiale 1 9 1 4- 1 8 pensando a quella del 1 870, e adesso im maginano quella futura sul modello della guerra mondiale. Ora, una cosa è certa, ed è che la prossima guerra sar� più atroce e crudele di quella mondiale nella stessa misura in cui quest'ultima lo è stata rispetto a quella del 1 870. Infatti, le scoperte tecniche aumentano d'anno in anno, e con esse si perfezionano i mezzi di distruzione. La prossima guerra non si baserà più sulla meccanica, ma sulla chimica; una guerra di veleni più che una guerra d'acciaio.

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Se dovesse scoppiare una nuova guerra fra due grandi potenze europee il suo scopo non sarebbe la capitolazione o la sconfitta dell ' esercito avversario, ma lo sterminio della nazione nemica. La prossima guerra sarà condotta al di là del fronte, contro le retrovie e soprattutto contro le grandi città nemiche. Per prevenire una guerra di rappresaglia si uccideranno con bombe tossiche le donne ed i bambini dei combattenti. Non vi sarà più differenza fra fronte e retrovie, né fra combattenti e non combattenti. Si distruggerà ogni città a portata d'at­ tacco, e si massacreranno tutti i nemici raggiungibili. Dal 1 9 1 8 la tecnica dei gas bellici ha fatto progressi tali che in futuro basterà un solo aereo in grado di scaricare poche bombe per an­ nientare una città d'un milione di abitanti. È ridicolo attendersi da co­ loro che condurranno questa guerra una rinuncia a mezzi tanto potenti, anche se in precedenza si sono impegnati a rinunciare all'uso di gas mortali. La prossima guerra sarà, nel senso più completo del termine, una guerra per la vita o per la morte e ogni debolezza o errore nella con­ dotta di essa equivarrà ad un suicidio. Questa guerra futura non terminerà con un trattato di pace, ma con l 'annientamento del popolo vinto. Lo Stato che la perderà avrà la stessa sorte di Cartagine dopo la terza guerra punica. La nazione vincitrice, nel suo insieme e senza distinzione di partito, approverà la politica di sterm inio decisa dai suoi capi. Infatti, qualsiasi altra soluzione data alla guerra farebbe correre al vincitore il rischio di essere a sua volta vinto e sterminato due o tre generazioni più tardi in una guerra di rivincita, scatenata da un vicino che avrà la­ sciato maturare la sua ostilità ed il suo odio. Se popoli contigui non po­ tranno trovare un reciproco modus vivendi, ogni Stato preferirà di­ struggere il vicino piuttosto che essere prima o poi da lui distrutto. S i vedrebbe ripetersi, nei rapporti fra Stati europei, quanto spesso acca­ deva fra famiglie nemiche ai tempi della vendetta: una sanguinosa guerra privata fino all 'annientamento d'una delle due parti. Comunque una simile guerra totale, nella quale saranno coin­ volte anche le altre nazioni del continente, comporterebbe il declino del l ' Europa. Perfino la nazione sopravvissuta non potrebbe più rimet­ tersi qualitativamente né quantitativamente dalle perdite umane e ma­ teriali subite.

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- Nessuna vittoria europea sarebbe proficua Se ad esempio la Germania, grazie a scoperte sensazionali e se­ dotta da ambiziosi avventurieri, dovesse scatenare una guerra di rivin­ cita contro la Francia, sarebbe distrutta in caso di sconfitta e rovinata in caso di vittoria. Infatti, qualunque possa essere lo sviluppo ulteriore della guer­ ra, una cosa è certa: nel corso delle prime settimane l 'industria renana (e probabilmente anche quella della Slesia) sarebbe distrutta dai bom­ bardamenti aerei. In un solo giorno, quindi, potrebbe sparire un'impre­ sa alla cui costruzione il popolo tedesco ha consacrato per un secolo le sue energie migliori. Nessun' indennità di guerra potrebbe rimargi­ nare una simile ferita e ridare alla Germania la possibilità di recuperare i vantaggi acquisiti nel frattempo dalle industrie inglesi e americane. Una vittoriosa guerra distruttrice, condotta dalla Francia contro un' altra grande potenza europea, potrebbe forse garantire a questa na­ zione, ma per breve tempo, una supremazia incontestabile nel conti­ nente. Tuttavia, questa egemonia costerebbe troppo cara: la Francia, con la sua debole natalità, non potrebbe compensare le perdite umane che la vittoria le costerebbe. La sua popolazione scenderebbe rapida­ mente a livelli inferiori di quella italiana e non sarebbe più in grado di conservare la sua supremazia né di difendersi contro un attacco russo. Essa sarebbe dissanguata tanto in caso di sconfitta, quanto in caso di vittoria. Nessuno Stato europeo dispone di un eccedenza di popolazio­ ne e di ricchezze tali da potersi offrire il lusso di una guerra senza su­ bire una ferita inguaribile. L' Europa è stata solamente indebolita dalla guerra mondiale: una nuova guerra le darebbe il colpo di grazia. L 'uomo di Stato che fir­ merà la prossima dichiarazione di guerra europea, firmerà contempo­ raneamente la sentenza di morte dell ' Europa. Dopo quella guerra, l ' Europa sarebbe un ammasso di rovine, come oggi sono stati ridotti i paesi dell' Asia centrale ove fiorirono in altre epoche grandi civiltà: Berlino e Parigi subirebbero lo stesso destino di Babilonia e di Ninive. Qualunque sarà l'esito del la futura guerra europea, la sola po­ tenza che ne uscirà vittoriosa sarà la Russia. L ' autodistruzione del­ l 'Europa aprirà la strada all 'invasione russa, così come l 'autodistru­ zione della Cina aprirà la strada alla sua conquista da parte del Giappone.

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- La lotta per la pace è un dovere nazionale Date le condizioni politiche e tecniche in cui si presenterebbe la nuova guerra, chi ama il suo paese deve lottare per la pace. Il nazio­ nalismo sciovinista che conduce i popoli a nuove guerre credendo in buona fede di essergli utile, è comprensibile solo pensando all'igno­ ranza e alla cecità n eli 'immaginare l 'avvenire di coloro che lo professano. Potrebbero fare propaganda per una guerra europea, ben consci di quanto stanno facendo, soltanto dei criminali come Erostrato o co­ loro il cui odio cieco contro il nemico è più forte del l'amore che por­ tano alla propria patria, pronti come sono a pagare con la distruzione del loro popolo lo sterminio del nemico. Opporsi con qualsiasi mezzo a questa propaganda di guerra deve diventare un punto d 'onore per­ sonale per ogni Europeo, senza distinzione di nazionalità o di classe. Chi assuma un atteggiamento passivo di fronte alla guerra che verrà prenderà sulle sue spalle una parte di responsabil ità ancor più pesante che nel conflitto precedente. In una questione di vita o di morte per gli Europei e la loro ci­ viltà non può esserci neutralità. Chi non si prenda le proprie responsabilità e presti così indiret­ tamente man forte agli incendiari dell 'Europa, è colpevole d'alto tra­ dimento verso il suo popolo, verso l'Europa e verso l'umanità. 3.

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PAN-EUROPA E L.A PACE.

- Conferenze prima della guerra e non dopo Nessun mezzo deve essere tralasciato per evitare al mondo l a futura guerra europea. L'Europa deve seguire l ' esempio delle grandi potenze pacifi­ che. Mentre gli Stati europei si sono riuniti attorno a un tavolo solo dopo aver massacrato dieci milioni di uomini, averne mutilato il dop­ pio e aver causato danni immani al loro continente, due potenze mon­ diali, gli Stati Uniti ed il Giappone, si sono incontrati a Washington quando incombeva il rischio di una guerra fra di loro ed hanno fatto la pace prima che fosse versata una sola goccia di sangue. Con questo atteggiamento saggio, nobile e generoso, hanno risparmiato a se stessi ed al mondo dolori indicibi li e danni incalcolabi li. Hanno salvato la

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vita, la salute ed i beni di milioni di uomini che, sulle due coste del Pa­ cifico, si trovano in condizioni m igliori che in seguito ad una guerra vittoriosa. Non ci si può immaginare quanto sarebbero migl iori le condi­ zioni degli Europei - non solo dei vinti ma anche dei vincitori - se la conferenza di pace avesse avuto luogo nella primavera del 1 9 1 4 invece che nella primavera del 1 9 1 9. Se non possiamo più cambiare il passa­ to, possiamo tuttavia trarne insegnamento per costruire un avvenire m igliore. Solo così I'Europà potrebbe trarre qualche beneficio dalla sua terribile prova di quegli anni.

- La Pan-Europa: una via verso la pace Intanto, la situazione politica dell' Europa rimane, anche dopo la pac�, particolarmente instabile. Vi sono, in Europa, almeno una doz­ zina di piaghe aperte che in ogni momento possono provocare un in­ cendio che devasterebbe l'intero continente. In tutti gli Stati europei esistono politici ambiziosi e dei partiti favorevoli alla guerra che sa­ lutano con entusiasmo ogni crisi politica poiché sperano per mezzo di una nuova guerra di acquisire nuovamente una maggiore potenza. È un ottimismo ridicolo condividere l 'opinione di quei pacifisti che s'immaginano che i popoli, ammaestrati dalle dolorose esperienze de li 'ultima guerra, rifiuteranno di intraprenderne un'altra. Questa tesi è contraddetta dalla storia degli ultimi anni. Dopo la fine della guerra due Stati che l ' hanno vissuta per esperienza diretta ne hanno intraprese altre: la Polonia con l ' incursione nella Russia meridionale e la Grecia con l 'invasione dell'Anatolia. In entrambi i casi i popoli hanno cieca­ mente seguito i loro capi scendendo in guerra, e la Società delle Na­ zioni si è dimostrata impotente ad impedirlo. Anche altri popoli sono pronti ad obbedire agli ordini di marcia ed a partire per la guerra, pro­ prio come è accaduto nel 1 9 1 4. Fondare speranze di pace su questa base significa essere miopi e disperati. Si debbono dare alla pace garanzie più concrete, che ren­ dano una guerra fra gli Stati europei impossibile, come accade oggi­ giorno fra gli Stati de li 'Unione Nordamericana, fra i componenti l 'Im­ pero britannico e un domani fra gli Stati del continente americano. Gli interessi e le reciproche relazioni fra gli Stati europei sono così strettamente connessi che a lungo andare due paesi limitrofi non

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hanno altra scelta che l'ostilità o l'alleanza. Corrette ma indifferenti relazioni di vicinato non sono più possibili. L'Europa può essere solo un teatro di guerra eterna o di pace universale. Soltanto un 'alleanza pa­ neuropea può garantire la pace fra gli Europei creando e garantendo solidalmente una Corte d'arbitrato obbligatorio. Nulla potrebbe con­ trobilanciare i benefici che l ' Europa trarrebbe da un 'al leanza pacifica.

- L 'Europa e la pace esterna Questa garanzia di pace interna, che darebbe all 'Europa un in­ comparabile sviluppo in ogni campo, dovrebbe venire completata da una garanzia di pace esterna. L'Europa unita dovrebbe concludere dei trattati d'arbitrato con l 'Inghilterra, la Russia, la Pan-America e l' Estremo Oriente, che la salvaguarderebbero da un conflitto extraeu­ ropeo. Oggi gli Stati europei sono troppo deboli per imporre la pace al di fuori della loro zona d'influenza. Non sono più in grado di impedire una guerra cino-giapponese, americano-giapponese o cino-russa né eventuali rivoluzioni in I ndia o in Corea. Esistono, in Asia, molti problemi insoluti per i quali, oggigior­ no, una soluzione pacifica non è prevedibile. Verosimilmente tali pro­ blemi condurranno a conflitti e guerre fra le grandi potenze asiatiche. Per quanto disperante appaia questa eventualità, l 'Europa non potrà impedirla, ma dovrà rimanerne lontana e vegliare quantomeno affin­ ché il proprio territorio sia risparmiato dalle guerre future. Questo in quanto, contrariamente a quanto avviene in Asia, in Europa ogni successo politico acquisito in guerra, verrebbe pagato cento volte di più. In Europa la pace non è solo un'esigenza etica, ma soprattutto un'esigenza dettata dalla prudenza; non solamente un'esi­ genza dettata dall ' europeismo, ma anche dall 'interesse nazionale. La pace europea dev'essere pertanto lo scopo immediato di tutti i pacifisti europei, così come la pace americana è lo scopo degli ame­ ricani . Una volta assicurata sul continente, il cammino verso la pace mondiale resterebbe aperto. Il cammino opposto coinvolgerebbe l ' Eu­ ropa in tutti i conflitti mondiali, e accelererebbe il suo declino invece di arrestarlo.

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Note l. L ' immagine che Coudenhove-Kalergi aveva nel 1 922/23 della Russia sovietica era quella della maggior parte degli intellettuali dell ' epoca. Ma già nel 1 924 l ' autore di Pan-Europa si era reso conto della mistificazione mo­ scovita. Ne fanno fede i suoi numerosi articoli pubblicati nel mensile Paneu­ ropa edito a Vienna, e soprattutto l' articolo "Sta/in und Co" scritto nel 1 929, che preannuncia l ' immagine dispotica di Stalin ed i l carattere egemonico dei i 'URSS quali si sono manifestati nei decenni successivi: «Il bolscevismo genera nuove disuguaglianze. Il bolscevismo generalizza la miseria. Il bol­ scevismo distrugge la sicurezza dell 'individuo. Il bolscevismo uccide la li­ b ertà», vi si legge a pag. 46 (NdC).

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Capitolo VIII

L' Europa dopo la guerra mondiale

Se non sarà la ragione a creare la Pan-Europa, la necessità la imporrà. l.

LA LIBERAZIONE DELL'EUROPA ORIENTALE.

Metternich e Mazzini Prima della guerra mondiale in Europa si distinguevano due si­ stem i: l 'Ovest liberale e l'Est conservatore. La maggior parte delle na­ zioni occidentali era libera, e l'oppressione invece dominava nella maggior parte delle nazioni del l ' Est. Mentre nel i ' Europa occidentale prevaleva il principio del dirit­ to del l'autodeterminazione dei popoli, all' Est solo tre popoli erano re­ sponsabili del proprio destino: i Tedeschi, i Magiari ed i Russi; le altre popolazioni godevano di una libertà limitata. Prima della guerra 1 9 1 4- 1 8, un'unione paneuropea avrebbe ob­ bligato le nazioni libere deli 'Occidente afar violenza alproprio ideale politico accettando che Estoni e Lettoni, Polacchi e Lituani, Cechi e Slovacchi, Ucraini, Sloveni e Croati vivessero sotto permanente domi­ nazione altrui, e che la monarchia asburgica soggiogasse province ita­ liane, serbe e rumene. Una tale condiscendenza sarebbe stata difficil­ mente ottenibile, poiché le simpatie dell'Occidente andavano alle nazioni oppresse e sottomesse. Certamente per ragioni di Stato l 'Ovest poteva concludere con l 'Est un'alleanza politica, ma non poteva accet­ tare in nessun caso una confederazione di Stati. -

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D'altro canto, la mentalità degli imperatori dell 'Europa cen­ tro-orientale come pure quella dei loro consiglieri era un ostacolo per un 'unione europea, poiché un imperatore, tedesco, austriaco o russo che fosse, avrebbe considerato come una diminutio capitis l ' essere su­ bordinato ad una maggioranza di Stati a regime democratico. Ad est l 'idea paneuropea sarebbe al lora stata vista come il rifio­ rire della Santa Alleanza nello spirito di Metternich, mentre ad Ovest avrebbe rappresentato la rinascita dell 'Europa nel senso di Mazzini. Non era immaginabile una Pan-Europa prima del trionfo di uno dei due princìpi sul l 'altro. È stata la guerra mondiale a decidere: Mazzini ha trionfato su Metternich, i principi liberali sulla conservazione, la democrazia sull'autocrazia. In seguito al crollo dei tre ultimi imperi europei, i po­ poli oppressi del! 'Europa orientale furono liberati, si organizzarono in Repubbliche e si riunirono ai propri fratelli liberi . Questa sollevazione delle nazioni del! 'Europa orientale ha rap­ presentato una tappa decisiva sul cammino della Pan-Europa. Essa ha dato infatti ali 'Europa unafisionomia omogenea, basata sulla nazione e sulla democrazia. È scomparso così il contrasto fra popoli domina­ tori e popoli schiavi, fra Europa occidentale e orientale. La Germania è diventata una Repubblica democratica, ricollegandosi con la sua po­ litica interna agli Stati occidentali. Adottando il sistema sovietico, la Russia è stata la sola a staccarsi dall 'Europa mentre i popoli limitrofi, costituendosi in Stati nazionali indipendenti, allacciavano nuovi lega­ mi con l 'Europa democratica. Così l' Europa è diventata la metà di quello che era prima della guerra, ma in compenso è notevolmente più omogenea nelle strutture interne dei suoi Stati.

- L 'oppressione nazionale di un tempo e di oggi Attualmente le principali nazionalità d'Europa si sono costitui­ te in Stato nazionale. Il dominio di certi popoli su altri è scomparso. In tal modo sono state gettate le basi di una unione paneuropea di na­ zioni libere. Beninteso, dopo questo sovvertimento politico l'oppres­ sione delle nazionalità non è del tutto scomparsa in Europa: milioni di Tedeschi, di Magiari e di Ucraini vivono sotto il dominio dei loro vi­ cini. Per ingiuste e condannabi li che siano queste parziali oppressioni i popoli che attualmente ne sono vittime possono riferirsi ad un proprio

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Stato come supporto nazionale e libero centro di cultura, mentre prima della guerra la libertà nazionale e l ' espressione della propria cultura era sottratta ad intere popolazioni europee. Nonostante questi residui d'oppressione che ogni buon Euro­ peo deve cercare di far scomparire, si deve riconoscere che c'è stato un progresso nella struttura politica del l 'Europa rispetto a ciò ch'essa era anteguerra. Dalla fine della Santa Alleanza, mai l ' Europa è stata così matura per l'unione politica. Se sussistono ancora ostacol i psico­ logici alla sua federazione, non ve ne sono più di politici. Gli ostacoli psicologici possono e devono essere eliminati dal risveglio del senti­ mento di solidarietà paneuropea; risvegliare tale sentimento costitui­ sce la più nobile missione di tutti coloro che sono in grado di influen­ zare l ' opinione pubblica del l ' Europa. 2. POLITICA ED ECONOMIA EUROPEE.

- Le conseguenze economiche del trattato di pace La nuova carta d'Europa è stata tracciata sulla base delle aspi­ razioni nazionali e non delle necessità economiche. Mentre il sistema economico e tecnico tende a sopprimere le barriere doganali esistenti, il trattato di Parigi ne ha create di nuove. Il grande blocco economico tedesco, organizzato in maniera impecca­ bile, fu spezzato dal corridoio di Danzica e mutilato dalla perdita de li' Alta S lesia, della Lorena e della Saar. Il blocco economico austro-ungarico è dissociato: sono state erette barriere doganali attorno alla Cecoslovacchia nuovamente fon­ data, le cui fabbriche prima rifornivano di prodotti industriali la mag­ gior parte del l ' Impero degli Asburgo; attualmente queste barriere la separano dai loro antichi clienti ed obbligano questi ultimi a rivolgersi ad altri fornitori. Vienna, un tempo capitale d'un impero di 50 milioni di abitanti, non ha conservato che un retroterra povero e scarsamente fertile con solo cinque milioni di abitanti, del tutto incapace di approvvigionare una capitale tanto sproporzionata. I trattati di pace di Parigi, che politicamente costituiscono un progresso rispetto alla situazione d'anteguerra, dal punto di vista eco­ nomico rappresentano un regresso. L'effimero successo dei demago­ ghi nazionalisti ha ridotto in miseria m ilioni di individui, e il continen-

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te minaccia di andare in rovina. I nvece di trattare le questioni nazionali da un punto di vista nazionale, e quelle economiche da un punto di vi­ sta economico, non si è armonizzata l 'economia con la politica; nel terreno del l ' Europa libera è stato sparso il seme del fal limento econo­ mico. Le cause principali del declino economico dell ' Europa sono le seguenti : l . La guerra, con le relative distruzioni del commercio, degli sbocchi commerciali di intere regioni ove si svolsero i combattimenti, di uomini e della moralità nel lavoro. 2. L 'esclusione della Russia quale conseguenza della sua rivo­ luzione, del blocco e della catastrofe economica. 3. I grandi armamenti europei e gli eserciti permanenti come conseguenza della carenza di sicurezza politica. 4. Il mancato regolamento della questione dei danni di guerra, e le crisi che ne derivano. 5. L'indebitamento generale nei confronti di potenze extra-eu­ ropee. 6. Lo spezzettamento artificiale dei sistemi economici de li ' Eu­ ropa centrale causato dai trattati di pace. Queste cause sono le principali responsabili del caos monetario europeo, della disoccupazione, della miseria e del disordine sociale.

- La ricostruzione economica del/ 'Europa Per mettere ordine in questo caos, l 'intera Europa deve consi­ derare come un suo pressante dovere ricostruire le regioni distrutte, ri­ sollevare l'etica del lavoro, risolvere definitivamente il problema dei danni di guerra e dei debiti, riconoscere il governo russo e promuovere energicamente la ripresa economica della Russia, effettuare il disarmo in accordo con la Russia e ristabilire i legam i commerciali distrutti per mezzo di un'unione doganale paneuropea. Tutti questi problemi sono in primo luogo questioni vitali per l 'Europa cOntinentale, e debbono essere discussi e risolti con l 'accor­ do dei membri di una conferenza paneuropea. Una soluzione non può essere trovata se non nel la pacificazione duratura di questo continente stanco e ferito. Finché ogni Stato si sentirà minacciato da quelli vicini,

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non potrà crearsi un'atmosfera favorevole allo sviluppo d'una econo­ m ia paneuropea. Solo la ricostruzione del/ 'Europa, intrapresa con un grande spi­ rito su basi federaliste e democratiche potrebbe rimediare economica­ mente allo smembramento dell'Austria-Ungheria ed alla mutilazione della Germania. Gli statisti che, alla prova dei fatti, sanno meglio di­ struggere che costruire sono dei dilettanti e dei demagoghi: debbono sparire dalla scena politica dove perseguono la loro opera nefasta, e la­ sciare il posto a capi costruttivi. Più in Europa aumenteranno angustie e miseria, più i popoli ri­ conosceranno la necessità di una politica economica. Saranno allora più pronti a rinunciare ad una parte della propria sovranità per sfuggire alla carestia, alla bancarotta ed alla guerra. Se la ragione non creerà la Pan-Europa, le necessità la imporranno. Oggi l 'Europa ha ancora la pos­ sibilità di diventare una comunità dove si lavora; domani, sarà obbli­ gata a divenire una comunitàove si soffre. A meno che non sia già trop­ po tardi, e che l 'Europa, unita o divisa, soccomba senza possibilità di scampo. 3.

LA PAN-EUROPA E LA PACE DI VERSAILLES.

- Versailles e la pace L'Europa d'oggi è scaturita dai trattati di Parigi. Ogni ricostru­ zione de li' Europa deve prendere l 'avvio da questi trattati 1 • Attualmen­ te l ' uomo politico europeo realista può scegliere solo fra due possibi­ lità: o accettare il sistema politico dei trattati di Parigi, con tutte le loro insufficienze ed ingiustizie, oppure optare per la guerra ed il caos. Ci vorrà molto tempo prima che si possa pensare a mutamenti pacifici delle frontiere interne dell 'Europa. Data la mentalità attuale dei popoli e quella dei capi ch'essi si sono scelti, una volontaria rinun­ cia ai territori conquistati è psicologicamente impossibile. Gli Stati � incitori sono pronti a tornare in guerra piuttosto che rinunciare alle province tedesche che sono state loro attribuite, così come la Germa­ nia non avrebbe mai rinunciato volontariamente a Poznan, ali ' Alsa­ zia-Lorena o allo Schleswig del Nord. Chi dunque si adoperi per una modifica delle attual i frontiere delle Germania non può che condurre una politica di guerra. Tutti coloro che vogliono la pace debbono ac­ contentarsi delle frontiere stabil ite dàl Trattato di Versail les, che ciò

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piaccia o meno, perché chiunque tocchi queste frontiere attenta alla pace del/ 'Europa. Tuttavia, si sbaglierebbe di grosso chi considerasse i trattati di pace di Parigi come la conclusione dell 'evoluzione europea, invece di veder! i come una base. Infatti, con tutte le loro lacune l 'insieme di que­ sti trattati rappresenta il primo passo verso la ricostruzione dell' Euro­ pa dopo il caos generale della guerra mondiale. Questi trattati di pace haiUlo modificato le configurazioni poli­ tiche inorganiche e sorpassate dell'Europa orientale nelle loro parti costituenti nazionali, non per aumentare il numero degli Stati europei e - con esso - la confusione generale, bensì per sostituire associazioni volontarie di repubbliche indipendenti a raggruppamenti di Stati ba­ sati sulla forza militare. r vantaggi de li 'antica comunità dovrebbero aggiungersi a quelli della nuova libertà. La disgregazione del l 'Au­ stria-Ungheria poteva avere solo lo scopo di renderne liberi gli ele­ menti per la sintesi di Pan-Europa. Ogni possibilità di crescita del movimento verso un'Europa unita deve necessariamente partire dal l 'attuale sistema politico euro­ peo. Una conferenza paneuropea che mettesse al l'ordine del giorno la revisione dei confini stabiliti a Versailles, a Saint-Germain e al Tria­ non fallirebbe ancor prima di iniziare. Avrebbe qualche possibilità di successo solo seperprincipiofossero escluse dal dibattito tutte le que­ stioni territoriali. Solo a tali condizioni sarebbe possibile sottoporre ad una com­ pleta revisione il secondo insieme stabilito dal complesso dei trattati di Parigi, ossia l'insieme economico. Contrariamente alle condizioni territoriali, le condizioni economiche dei trattati non sono una questio­ ne d 'onore nazionale: non v'è alcun noli me tangere. Esse sono state spesso sottoposte a revisione in questi ultimi anni, e lo saranno ancora spesso in futuro. Tali revisioni non erano e non saranno solo nel l ' in­ teresse dei vinti, ma anche in quello dei vincitori. La cosa più impor­ tante è depoliticizzare per quanto possibile il problema dei daMi di guerra e ridurla ad un problema commerciale, che gli esperti risolve­ ranno nell ' interesse delle due parti. La soluzione verrà trovata quando gli avversari abbandoneranno i l proprio punto di vista nazionale e s' in­ contreranno sul terreno del l ' interesse generale dell'Europa. In effetti, ciò che porta vantaggio all' Europa è vantaggioso anche per la Francia

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e la Germania. Quegli stessi uomini che sono avversari in quanto Te­ deschi o Francesi dovranno essere alleati in quanto Europei.

L 'unione doganale europea Dopo la ricostruzione del Nord della Francia con il contributo dei danni di guerra pagati dalla Germania, l'economia europea ha un compito ancora più importante da assolvere: l 'eliminazione progres­ siva delle barriere doganalifra i paesi d 'Europa e la fusione degli spa­ zi economici nazionali in un'economia paneuropea che sola sarebbe in grado di affrontare efficacemente la concorrenza del l' industria americana. Quando in Europa questa nozione di base si sarà. affermata e la concorrenza delle diverse industrie europee avrà. ceduto il campo alla cooperazione, tutti i dati economici dei trattati di pace si modifiche­ ranno automaticamente e spingeranno verso un'unione amichevole dei popoli europei. Tuttavia, questa cordiale comprensione non potrà. mai svilup­ parsi finché l 'atmosfera in cui si svolgono gli affari sarà. avvelenata da problemi politici, finché i Tedeschi esigeranno la restituzione di Dan­ zica e de l i ' Alta Slesia e finché la Francia cercherà. di distruggere l'uni­ tà. tedesca. Tutti i tentativi di modi ficare la carta d' Europa conducono alla guerra, mentre il riconoscimento delle frontiere politiche esistenti e al tempo stesso la lotta contro le barriere doganali portano agli Stati Uniti d'Europa, all' interno dei quali le frontiere fra Stati perdono il loro significato attuale e si riducono a livello di semplici confini am­ ministrativi . -

4. LA PICCOLA INTESA

- Gli Stati Uniti del! 'Europa orientale I l concetto che gli Stati europei non siano vitali se rimangono isolati ha dato vita alla costituzione della Piccola Intesa. In questo sen­ so si può considerare la Piccola Intesa come il germe della Pan-Euro­ pa. Dopo il ritiro della Russia, l'Europa si è ristrutturata su basi di­ verse. Si divide ora in tre gruppi principali: l 'Occidente latino (Porto­ gallo, Spagna, Francia, Belgio e Italia), l' �uropa centrale germanica (Germania, Olanda, Danimarca, Svezia e Norvegia) e l 'Europa orien-

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tale a maggioranza slava (Finlandia, Paesi baltici, Piccola Intesa, Un­ gheria e Balcani). Questi ultimi Stati, usciti dallo smembramento del l'Austria, dell'Ungheria, della Russia occidentale e della Lega bal­ canica, Masarik voleva già raggrupparli nel dopoguerra per assicurar­ ne durevolmente l'indipendenza di fronte alla Germania ed alla Russia. Questo insieme, formato da Stati che si estendono dalla Finlan­ dia fino alla Grecia, comprende la metà degli Stati d'Europa, un terzo di questo continente e della sua popolazione. - La Piccola Intesa Un a tale grandefederazione, che avrebbe rappresentato un vero passo da gigante verso gli Stati Uniti d' Europa, non poté realizzarsi. In sua vece venne real izzata solamente la Piccola Intesa grazie ali 'al­ leanza della Cecoslovacchia col regno di Yugoslavia con la Romania. In rapporti stretti con questo raggruppamento sono la Polonia, per mezzo della sua alleanza con la Romania, e l 'Austria tramite il trattato di Lana2 • Oggi come ieri, la Piccola Intesa tende, secondo la visione di Masaryk, ad allagarsi a Nord e a Sud e a divenire il nucleo degli Stati Uniti d' Europa che rimangono il sogno di questo statista. D'altronde, nella sua fisionomia attuale, la Piccola I ntesa è già una grande potenza europea. Con la Polonia rappresenta 70 milioni d'Europei distribuiti in un territorio di più di un milione di chilometri quadrati. Compresa la Polonia, essa è dunque due volte più grande del­ la Germania, e la sua popolazione corrisponde a quella della Germania d'anteguerra. Questi Stati Uniti de li 'Europa dell' Est hanno conquista­ to una notevole posizione nel continente, grazie alla loro alleanza con la Francia e all 'abile politica dei loro capi (soprattutto del m inistro Bénes ). Essi vantano una popolazione superiore rispetto a quella di tre grandi nazioni d'Europa. çon la Francia ed il Belgio, questo insieme di Stati dispone dei due quinti della popolazione totale della Pan-Eu­ ropa, di cui potrebbe divenire il nucleo di cristallizzazione se assumes­ se come scopo primo della sua politica la costituzione della Pan-Europa. Ma per il momento questo raggruppamento non cerca di costi­ tuire una federazione europea bensì di proteggersi contro la Russia e rendere inoffensive la Germania, l'Ungheria e la Bulgaria. Finché la

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Piccola Intesa non giungerà ad un amichevole accordo con la Germa­ nia disarmata e democratica, non potrà assolvere alla sua missione pa­ neuropea e rimarrà minacciata dal pericolo d'essere un giorno schiac­ ciata fra la Russia resuscitata ed i suoi al leati tedeschi. La Piccola Intesa è il primo sintomo della ricostruzione euro­ pea, e risponde allo smembramento del l'Austria con una nuova sinte­ si. Quanto alla sua missione economica, che era di tracciare la via ver­ so un'unione doganale paneuropea tramite una federazione danu­ biana, essa non l ' ha assolta; la colpa è forse da attribuirsi al caos mo­ netario dell'Europa orientale, caos che rende quasi impossibile la cre­ scita di un'economia internazionale. In ogni modo, questo grande compito le rimane assegnato per il futuro. Bisogna riconoscere comunque alla Piccola Intesa il merito d'avere garantito in Europa un nuovo sistema politico secondo il mo­ dello americano, che unisce i vantaggi della solidarietà in politica este­ ra a quel l i del l 'uguaglianza degli Stati fra loro grazie alla salvaguardia della loro sovranità interna, e che per di più prepara l'avvento di una comunità politica per mezzo di conferenze convocate regolarmente. Questo sistema potrebbe venir imitato da altri gruppi di Stati europei come, per esempio, la Scandinavia, e la riunione di tali rag­ gruppamenti spianerebbe la strada ad una cooperazione paneuro­ pea.

Note l . I trattati di Parigi - tutti firmati nel 1 9 1 9 - furono cinque e stabilirono le frontiere degli Stati che avevano perso la prima guerra mondiale. Il più famoso fu il trattato di Versai lles che creo la Società delle Nazioni (S.d.N.), ebbe per oggetto la Germania e spartì fra i vincitori le colonie dei vinti. Molto importanti furono pure: il trattato di St. Germain che ebbe per oggetto l ' Au­ stria, quello del Trianon che regolò la sorte del l ' U ngheria, quello di Neui lly che stabilì i confini del la Bulgaria e quello di Sèvres i confini del la Turchia.

2. Al castello di Lany, presso Praga, residenza estiva del Presidente Ma­ saryk, fu firmato nel 1 92 1 l 'accordo bi l aterale fra Cecoslovacchia ed Austria (N.d.C.).

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Capitolo lX

La Germania e la Francia

Dalla terribile crisi in cui si dibattono, Francia e Germania usciranno europee ed alleate oppure, continuando a divorarsi, moriranno dissanguate per le ferite che si saranno reciprocamente inflitte. l. IL PROBLEMA CENTRALE DELL'EUROPA

Una rivalità storica L' ostacolo maggiore per la realizzazione degli Stati Uniti � ' Eu­ ropa è la millenaria rivalità che separa le due nazioni più popolose del­ la Pan-Europa: la Germania e la Francia. L'impero franco o franco-tedesco di Carlomagno fu suddiviso sotto il regno del figlio Luigi. Dalle sue rovine sorsero la Francia, la Germania e l'Italia. Da allora Francia e Germania si contendono l 'ere­ dità di Carlomagno, l 'egemonia europea. Nonostante la sua debolezza interna, il Sacro Romano Impero Germanico mantenne la supremazia in Europa fino ali ' inizio dei tempi moderni. Carlo V tentò ancora di instaurare una monarchia universale in Europa e di distruggere la potenza della Francia, ma il suo tentativo fallì e la Francia uscì più forte dalla lotta e cominciò ben presto ad avanzare pretese d'egemonia europea. All 'epoca della Riforma la Francia passò all 'offensiva e per tre secoli costrinse la Germania sulla difensiva. Sotto Richelieu, Mazarino e Luigi XIV la Francia fu incon­ testabilmente la prima potenza del continente. Napoleone continuò -

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questa tradizione e riuscì a ricostruire l'Impero europeo di Carloma­ gno sotto l 'egida della Francia. Russia ed Inghilterra rovesciarono la monarchia paneuropea di Napoleone, che si smembrò nei suoi originari territori nazionali. Sotto l' influenza della Prussia, la potenza tedesca resuscitò progressiva­ mente fino a riconquistare la preminenza in Europa con la vittoria di Bismarck sulla Francia. La Germania non poté gioire a lungo della propria potenza. Il sentimento nazionale era diventato cosi vigoroso in ogni paese d' Europa che nessun popolo accettava volontariamente di sottomettersi al l'ege monia d'un altro. Nel timore di un "napoleoni­ smo" tedesco, la maggior parte dei popoli europei fece lega contro la Germania ed i suoi alleati finché la guerra mondiale si concluse col crollo dell 'impero tedesco.

- Germania e Francia: repubbliche sorelle. Come mezzo secolo prima la vittoria della Germania aveva ro­ vesciato l 'Impero francese, la Francia rovesciò l ' Impero tedesco. Per la prima volta nella storia, le due nazioni vicine si trovano faccia a fac­ cia come repubbliche sorelle. Entrambe devono il proprio modello di governo alla sconfitta. I Bonaparte e gli Hohenzollern avevano cercato di stabi lire la propria egemonia per mezzo della sottomissione dei po­ poli vicini : nel tentativo entrambi persero il trono, provocarono l 'umi­ liazione del proprio popolo e prepararono l 'ascesa dell'avversario. Così sarebbe finalmente arrivato, per queste due nazioni l ibera­ te dalle proprie dinastie, il momento di seppellire le ambizioni e le aspirazioni dei propri sovrani avidi di gloria e, di riconciliarsi per la­ vorare insieme alla ricostruzione, all 'unione ed al progresso dell ' Eu­ ropa. Un'unionefra Germania e Francia era impossibile finché alla loro testa si trovavano dinastie rival i, e rimase impossibile quando la Francia era una repubblica e la Germania un impero; è fattibile dal giorno in cui l 'ideale repubblicano ha riunito i due vicini. Da questo punto di vista la ·costituzione di una repubblica tedesca rappresenta una tappa importante verso l 'ideale paneuropeo. Un ritorno della monar­ chia in Germania renderebbe difficoltosa o per lo meno ritarderebbe l 'unione dell'Europa, se pure non la renderebbe impossibile. Con la mentalità dei Tedeschi, una vera monarchia democratica sul model lo

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inglese si manterrebbe difficilmente e qualsiasi altro tipo di monarchia farebbe saltare l 'organizzazione europea degli Stati, come già in pas­ sato la democratizzazione della Francia fece saltare la Santa A lleanza. Nell'ultimo decennio l 'ideale repubblicano ha compiuto pro­ gressi più rapidi che mai dal l 'origine del mondo. Dai Pirenei al Mar della Cina garriscono bandiere repubblicane. In ordine successivo gli imperi cinese, russo, austriaco, tedesco e turco si sono trasformati in repubbl iche e comprendono un terzo dell'umanità. Non è possibile prevedere dove si fermerà questa evoluzione.

- L 'inimicizia ereditaria/ranco-tedesca La costituzione politica dei due popoli vicini si è modificata, ma non il loro stato d'animo. Mai come oggi l 'odio fra Tedeschi e Francesi è stato così grande, e quest'odio è più forte della ragione e del l ' inte­ resse comune; non concede al sentimento di solidarietà europea di far­ si strada, ed impedisce una qualsiasi unione franco-tedesca benché l 'interesse dei due paesi esiga una collaborazione. L' inimicizia ereditaria franco-tedesca appare come un ostacolo insormontabile per un ' intesa europea. Eppure si ha il diritto di sperare che quest'odio non sia immortale e che a condizioni esterne differenti possa corrispondere un differente stato d'animo. Infatti, non sono solo i rapporti politici fra gli Stati ad essere in funzione della simpatia e an­ tipatia nazionali, ma anche le amicizie e le inimicizie nazionali sono influenzati dai rapporti politici. Nel 1 9 1 4 e negli anni precedenti, la Serbia era considerata i n Austria i l nemico ereditario; nel 1 9 1 5 l o era l ' Italia. Attualmente non resta più traccia di quell'odio che allora pareva inestirpabile. Serbi ed Italiani godono della più grande simpatia del popolo austriaco. Per ben due secoli Russi e Turchi sono stati nemici ereditari; oggi sono uniti da una stretta al leanza. Nel 1 9 1 2 i Serbi ed i Bulgari celebravano la loro "fratellanza slava" nella lotta comune contro i l nemico ereditario turco; nel 1 9 1 6, Turchi e Bulgari si salutavano come "popoli fratel li turanici" nella lot­ ta contro il nemico serbo. I Boeri, i più acerrimi nemici dell'Inghilterra all 'inizio del se­ colo, costituiscono oggi uno dei pilastri dell'Impero britannico.

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Nel 1 9 1 5 , i Tedeschi si salutavano vicendevolmente al grido di "Dio punisca l ' Inghilterra" e componevano canzoni contro questo paese, mentre l'odio contro la Francia era passato in secondo piano; al giorno d'oggi tutta la Germania parla con simpatia dell'Inghilterra, e la Francia l'ha sostituita quale nemico principale. Spagna e Francia, Prussia ed Austria, Venezia e Genova sono state per secoli nemici ereditari senza che oggi rimanga la benché mi­ nima traccia d'odio fra quei popoli. Gli esempi potrebbero venire mol­ tiplicati a volontà. Ovunque si constata che l 'odio fra i popoli cessa non appena ne scompare la causa. Questa constatazione storica rende legittima la speranza che l 'odio franco-tedesco scomparirà anch'esso non appena si saranno modificate le condizioni che l'hanno generato. L'odio franco-tedesco è stato fomentato artificialmente per se­ coli, per ragioni politico-militari. Sulle due rive del Reno v'erano per­ sone e classi influenti che vivevano di questa tensione politica e ave­ vano tutto l'interesse a respingere qualsiasi durevole accordo. Ancora adesso, tale odio reciproco è spesso dettato da interessi particolari: po­ l iticanti demagoghi ed interessi economici prolungano la propria esi­ stenza grazie a quest'odio; ad esso devono celebrità e ricchezza; la loro esistenza perderebbe ogni senso se la Francia e la Germania si ricon­ ciliassero. È chiaro che un odio così profondo e duraturo non può sparire dal i ' oggi al domani, che nelle masse continueranno a vibrare numerosi sentimenti inculcatigli per decenni e secoli, e che sarà necessaria una forte contro-propaganda per eliminare i pregiudizi che si sono ammuc­ chiati da una parte e dal l 'altra. È tuttavia essenziale riconoscere la comunità di destinofranco­ tedesca. Finché la politica deli' Europa era anche quella del mondo ciò che separava i due paesi era più forte di ciò che poteva unirli. Oggi che l'Europa mette in gioco il proprio futuro di fronte agli altri continenti, gli interessi francesi e tedeschi convergono ogni giorno di più. La ro­ vina di uno di questi due paesi comporterà necessariamente anche quella dell'altro. Deve dunque crearsi fra di essi una solidarietà det­ tata dalla ragione proprio là ove non v'è ancor spazio per una solida­ rietà dettata dali ' affetto. Un tale affetto può svilupparsi solo lentamen­ te e senza coercizione partendo dalla cooperazione e dalla stima di fronte alle reciproche realizzazioni .

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Dalla terribile crisi in cui si dibattono oggi, Germania e Francia usciranno europee ed alleate, oppure, continuando a divorarsi, mori­ ranno dissanguate dalle ferite che si saranno reciprocamente inflitte. 2.

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FRANCIA AL BIVIO

- Una politica d 'annientamento o una politica di riconciliazione Per la Francia, la questione vitale cui deve far fronte ogni suo uomo politico è quella di garantirsi la sicurezza contro un 'invasione tedesca. Le frontiere francesi sono salvaguardate dal mare, dai Pirenei e dalle Alpi , solo la sua .frontiera orientale è aperta. Attraverso questa porta aperta gli eserciti tedeschi l' hanno invasa per tre volte in un se­ colo. Proprio dietro questa porta spalancata alle invasioni si trova i l popolo più bellicoso e più energico d'Europa, che è superiore in po­ polazione alla Francia e nutre sentimenti ostili verso la sua vicina. La Francia deve concentrare tutte le sue forze per garantirsi con­ tro una nuova invasione tedesca, e non deve tralasciare alcun mezzo per stornare da sé e dai suoi discendenti il pericolo tedesco. Situata com 'è, la Francia può trovare un avvertimento esem plare nella politica di Bismarck al momento del trattato di Francoforte . Quando scoppiò la guerra del 1 9 1 4, una parte dei critici di Bismarck rimproverarono alla sua politica di avere, rinunciando a Belfort, lasciato alla Francia la possibilità di difendersi vittoriosamente contro la Germania; altri gli rimproverarono d'aver risvegliato in Francia un odio implacabile con l ' annessione del l'Alsazia-Lorena, e di avere in tal modo seminato i l germe d i una guerra d i ritorsione. Entrambe l e critiche erano fondate. Esasperare un avversario senza renderlo inoffensivo è l 'errore più gra­ ve che possa commettersi in pol itica. I trattati di pace intell igenti por­ tano alla riconciliazione (pace di Nikolsburg\ o all 'annientamento dell'avversario (pace con Cartagine\ Non vi sono che due mezzi logici d'assicurarsi contro un ne­ mico: neutralizzarlo definitivamente annientandolo o renderlo inof­ fensivo riconciliandosi con lui. O gli si togl ie la capacità di vendicarsi o la volontà di farlo. Le mezze misure, le esitazioni fra questi due at­ teggiamenti logici, conducono alla rovina. Con la Germania, la Fran-

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eia deve decidersi o per una politica d 'annientamento di grande por­ tata, o per una politica di riconciliazione primentidi grande portata; ogni altra scelta politica sarebbe poco seria.

- La politica d'annientamento. Fino ad ora la Francia sembra voler seguire il primo sistema. Gli scopi della politica francese d'annientamento sono: i l Reno come frontiera militare, la Ruhr come frontiera economica, la distruzione dell ' unità del Rei eh e l 'alleanza con la Polonia per mantenere la Ger­ mania in stato di inferiorità e isolarla dalla Russia, della quale c'è mo­ tivo di non fidarsi. Questa politica di garanzie militari, di smembramento politico e di sfruttamento economico aveva per obiettivo la rovina della Ger­ mania, il ridurla per sempre all ' impotenz'). . In effetti, senza ferro e car­ bone l ' industria tedesca dovrà soccombere, e i l terzo della popolazio­ ne tedesca che vive di tali i ndustrie dovrà emigrare o morire di fame. Questo sarebbe l ' unico modo per demolire la superiorità numerica del popolo tedesco su quello francese. Una tale politica d'annientamento sarebbe, in tutta la sua disumanità, perfettamente consequenziale, se non dimenticasse un fattore essenziale del problema franco-tedesco: la Russia. È fuor di dubbio infatti che la Germania, una volta convintasi dell'irrevocabile volontà della Francia di annientarla, si getterà senza condizioni né esitazioni nelle braccia della Russia, senza chiedersi se questa sia comunista, socialista, democratica o autocratica. l capitali americani, l 'organizzazione tedesca e qualche buon raccolto potrebbero risollevare la Russia più celermente di quanto l 'Europa non ritenga possibile. A partire da questo momento, la Ger­ mania e la Russia svilupperebbero una politica comune i cui fini sa­ rebbero la distruzione della Polonia e della Piccola Intesa e lo schiac­ ciamento della Francia. In tal caso la Francia non si troverebbe più di fronte ad un popolo di 70 milioni di abitanti, ma di fronte ad un blocco di popoli di 250 milioni di uomini, distribuiti dal Reno all 'Oceano Pa­ cifico. Questo blocco vedrebbe aumentare di giorno in giorno popo­ lazione, ricchezze e forza, mentre la Francia non sarebbe in grado di far fronte alla concorrenza economica angloamericana a causa del far­ dello dei suoi armamenti. Se nel frattempo la Russia sostituisse il co-

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munismo con un altro sistema, la Piccola Intesa, portata dalle sue sim­ patie slave si riavvicinerebbe alla Russia, e la Francia si troverebbe isolata in Europa. Nel caso di una guerra fra un blocco russo-tedesco e le potenze occidentali, le armate russe arriverebbero più velocemente al Reno de­ gli eserciti americani. Perfino una vittoria della Francia indebolirebbe quest'ultima a tal punto da costringerla a soccombere di fronte ad un se­ condo attacco della Russia, più resistente. Così la politica francese d'annientamento della Germania, dopo qualche successo iniziale, por­ terebbe la Francia ineluttabilmente alla propria perdizione. Questa po­ litica aprirebbe alla Russia le porte dell 'Europa consegnandole la Ger­ mania come alleata. In tal modo sposta le frontiere dell'Europa dalla Beresina e dal Dniestr al Reno e alle Alpi, e fa pesare su tutto il con­ tinente la minaccia della guerra e della bancarotta. Una siffatta politica condurrebbe, è vero, alla fine dell ' indi pendenza e del l ' eco nom i a tede­ sche, ma la Francia pagherebbe con la propria esistenza questo trionfo effimero. Ali ' inizio della politica d'annientamento c'è la rovina della Germania, ed alla sua fine si trova la rovina della Francia. La Russia è il terzo incomodo che, grazie a questa lotta fratricida, vuole aggiu­ dicarsi senza fatica l'egemonia in Europa.

- Il cammino della riconciliazione Se la Francia si rende conto di queste conseguenze e riconosce di non poter annientare la Germania senza esporre se stessa ad un pe­ ricolo mortale, dovrà abbandonare questa falsa strada, ed impegnarsi risolutamente lungo un cammino di riconciliazione. Un tale cammino conduce ad un unico obiettivo, la Pan-Europa. Dunque: stretta colla­ borazione con una Germania democratica e pacifica, riconciliazione grazie ai danni di guerra rinegoziati, unione doganale per unire il car­ bone tedesco e i minerali francesi allo scopo di creare un' industria si­ derurgica Paneuropea, trattato che garantisca l ' arbitrato e la sicurezza, protezione contro la Russia, difesa comune contro la reazione, disar­ mo, ricostruzione comune del! ' economia e delle finanze europee, sta­ bilimento di una federazione paneuropea. Questo programma di riconciliazione, nel suo rigore logico, ga­ rantisce infinitamente meglio l'avvenire della Francia che non un pro-

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gramma d'annientamento. Per la Francia, la garanzia solidale della frontiera d eli' Est da parte di tutti gli Stati della Pan-Europa rappresen­ ta una protezione molto più sicura de l i ' occupazione della Renania. In­ vece di diventare un focolaio permanente di intrighi internazionali, la Germania potrebbe diventare il bastione della Francia contro il peri­ colo russo. Grazie ad una simile riconciliazione con la Germania, la Francia si troverebbe in grado di sopprimere il servizio militare obbli­ gatorio, di sanare l e proprie fi nanze e di concentrare tutte le proprie forze ali ' organizzazione del proprio impero coloniale. La sua posizio­ ne preminente nella Pan-Europa le assicurerebbe un ruolo di primo piano nel mondo, e le varrebbe il più grande titolo onorifico di cui una nazione possa vantarsi, quello di araldo e pioniere dei Diritti dell 'Uomo. 3. LA GERMANIA AL BIVIO

- La politica tedesca di ritorsione Anche la Germania è giunta ad un bivio. Deve orientarsi verso Est o verso Ovest, verso una politica di ritorsione o di intesa? In Germania è opinione comune che la Francia si serva del trat­ tato di pace per continuare la guerra sotto altra forma e distruggere la Germania politicamente ed economicamente, così come in preceden­ za l ' aveva vinta militarmente. In tal modo l'opinione pubblica tedesca tende sempre più a credere che solo una nuova guerra possa salvarla dall'annientamento voluto dalla Francia, guerra in cui la Germania troverà la libertà o quella morte che i patrioti preferiscono ad una vita di servitù, all'umiliazione e alla miseria. Tuttavia i partigiani di quest' idea, i l cui numero aumenta ad ogni colpo inferto dalla Francia alla Germania, sono consci del fatto che la loro patria disarmata è oggigiorno militarmente troppo debole per avventurarsi in una guerra. Pongono dunque le loro speranze nel l'avvenire; nelle scuole e sulla stampa fomentano il nazionalismo e l'odio, iniziano a sforzarsi di ottenere il riarmo grazie ad una dittatura militare o col ritorno alla monarchia, e tessono intrighi nel mondo con­ tro la Francia ed i suoi alleati. Le loro speranze di poter un giorno ab­ battere la Francia si fondano su tre possibilità: l . Sulla possibil ità di una scoperta tedesca che permetta di di­ struggere in un sol colpo la supremazia mil itare della Francia (qualco-

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sa come un nuovo tossico, onde elettriche, carburanti, polvere ed esplosivi per provocare esplosioni a grande distanza) . 2. Su eventuali dissensi fra la Francia da un lato e l ' I nghilterra e l 'Italia dal l 'altro, dissensi che potrebbero modificare gli equilibri po­ litici in Europa e isolare la Francia. 3. Su una Russia che, risollevatasi con l'aiuto della Germania, riconquisti la Polonia ed i paesi limitrofi e si unisca alla Germania per abbattere di comune accordo la Francia e la Piccola Intesa. Per quanto vaghe siano in gran parte queste speranze, è assai facile comprendere come un popolo che si veda abbandonato com­ pletamente nel le mani di una potenza nemica, ricorra ai mezzi più disperati dai quali spera, un giorno o l 'altro, di avere aiuto e salvezza. Fra queste speranze, quella riposta nella Russia è la più sicura. Incerto è solo il momento della ripresa russa, non la sua realizzazione. Così tutta la politica di ritorsione tedesca tende ad una stretta alleanza politica, militare ed economica con la Russia e s'oppongono all'in­ gresso del loro paese alla Società delle Nazioni, perché ciò potrebbe costituire un ostacolo a siffatta alleanza. Le conseguenze di questa po­ litica di ritorsione sono catastrofiche quanto quelle della politica fran­ cese d' annientamento. Essa non fa che incoraggiare l 'odio nazionale contro la Francia e rende ancor più difficile ogni intesa futura. In po­ litica interna porta o al bolscevismo o alla reazione, e in politica estera alla dipendenza da Mosca. Questa politica ha posto le sue maggiori speranze in una vitto­ riosa guerra di ritorsione contro la Francia grazie all 'alleanza con la Russia. Se i patrioti tedeschi si rendessero esattamente conto delle conseguenze ineluttabili d'una tale vittoria forse la reclamerebbero con meno veemenza. In effetti, mentre la zona industriale renana sa­ rebbe fin dal l ' inizio della guerra irrimediabilmente distrutta in modo tale che la Germania non potrebbe più raggiungere il livello di svilup­ po degli altri Stati industriali, la dominazione russa si estenderebbe fino a Poznan e ne li' Alta Stesi a, fino ai monti di Boemia ed alle Alpi. L ' indipendenza della Germania scomparirebbe, e con essa scompari­ rebbe l ' idea d'una Europa libera.

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- La politica tedesca di riconciliazione A questa politica tedesca di ritorsione s 'oppone una politica di riconciliazione. I suoi scopi sono identici a quelli della politica fran­ cese di riconciliazione: essa desidera un' intesa pacifica, una collabo­ razione economica con la Francia, il pagamento di una somma ragio­ nevole per i danni di guerra; vuole altresì un ' intesa con la Polonia e la Cecoslovacchia rinunciando a qualsiasi politica irredentista; infine au­ spica una politica interna democratica, una politica estera pacifica, un trattato che garantisca la sicurezza ed una Corte d'arbitrato, l'entrata nella Società delle Nazioni e la rinuncia a un'alleanza con la Russia. Il suo obiettivo ultimo è la costituzione di un 'unione doganale e, appog­ giandosi strettamente alla Francia, la costituzione della Pan-Europa. La forza persuasiva della politica di ritorsione è più grande di quella della politica di riconci liazione, perché ogni nuovo colpo di for­ za della Francia le apporta nuovo slancio. Quanto più impallidisce la speranza d'una riconciliazione con la Francia, tanto più la Germania deve familiarizzarsi con lo spettro d'una futura guerra di ritorsione e favorire una politica di disperazione, perché la futura dipendenza dal l'alleata Russia le sembrerà sempre più sopportabile della dipen­ denza dal nemico francese. Solo un gesto generoso da parte della Francia, per esempio l'ab­ bandono dell'occupazione della Renania in cambio d 'un trattato di ga­ ranzia inter-europea, potrebbe spingere la Germania a credere alla vo­ lontà d i riconciliazione della Francia e infliggere un colpo mortale alla politica tedesca di ritorsione. 4. SCIOVINISTI ED EUROPEI

- Logica inconseguente Gli uomini politici che dirigono la Francia sono in grado di de­ terminare la decisione della Germania; almeno finché ivi esisterà un regime democratico non sarà troppo tardi per una riconciliazione. Ma nessuno può prevedere quanto durerà ancora questo regime di fronte alle pressioni nazionaliste, né quando sarà passato il momento favo­ revole per una riconciliazione. A maggior ragione la Germania non deve lasciare che i Francesi disperino del suo desiderio di riconcilia­ zione, altrimenti la Francia senza tener conto delle conseguenze a ve-

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nire proseguirà rigorosamente, per istinto di conservazione, la propria politica d'annientamento. È logico inoltre che se la Gennania dovesse mantenere i propri dubbi sulle possibilità d'una riconciliazione con la Francia, seguirà una logica politica di ritorsione e si volgerà senza esitazioni verso l ' est. Francesi e Tedeschi, gli uni come gli altri, sono difronte a/la me­ desima alternativa: sceglierefra una politica d 'odio o una politica di riconciliazione. La crisi è giunta ad un punto tale che non sono più pos­ sibili mezze misure, e bisogna optare francamente per l 'una o per l'al­ tra soluzione. Mentre i partigiani della politica d'annientamento perseguono da una parte e dall' altra scopi precisi e rigorosi, altrettanto non può dir­ si dei sostenitori della politica di riconciliazione: a questi manca so­ vente il coraggio di seguire fino in fondo il proprio ragionamento. Per esempio: in Francia si dice: "Vogliamo ottenere dalla Ger­ mania quanto più danaro possibile, senza alcun riguardo per essa, e poi cercare di stabilire delle relazioni di buon vicinato". In Germania si dice : "Vogliamo restare in pace con la Francia, ma vogliamo riconqui­ stare Danzica e l 'Alta Slesia e, per far ciò, allearci con la Russia". Co­ loro che parlano così sono miopi, o accecati dall'odio e dai pregiudizi. I francesi non riflettono sul fatto che dovranno sborsare cento volte di più dell'ammontare dei danni di guerra se falliranno sia nella politica di riconciliazione che in quetla d'annientamento; i tedeschi non so­ spettano che un'al leanza con la Russia contro la Polonia porterà ine­ luttabilmente ad una guerra con Francia, che lo vogliano o no. Inoltre, ogni Tedesco deve capire esattamente se vuole una po­ litica europea o una politica russa. Deve sapere che un'alleanza con la Russia porta alla guerra e un'alleanza europea alla pace; che un'al­ leanza con la Russia finisce in una dittatura rossa o bianca e un'allean­ za europea conduce al la democrazia. Ogni Francese deve perfettamente rendersi conto che non potrà rendere militannente sicura la sua frontiera del l ' est se non restando costantemente sul piede di guerra, ma che può garantirla politicamente mediante un patto di pace europeo. Deve anche chiaramente sapere che l ' incertezza attuale lo pone davanti ad un dilemma: o l 'imperiali­ smo nazionalista o l 'europeismo democratico. Deve decidersi: o sa­ crifica l ' Europa ad una fugace egemonia del proprio paese, oppure an-

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cora l 'avvenire della sua nazione alla Pan-Europa. Se egli si decide per quest'ultima opportunità dovrà non solo ricercare la pace ma anche l 'alleanza con la Germania. Questa alternativa dividerà sia la Francia che la German ia in due campi sempre più contrapposti : quello degli Sciovinisti e quelle degli Europei 4 •

- Sciovinismo ed Europeismo Esiste un'alleanza non espressa, ma profonda, fra sciovinisti francesi e tedeschi. Ogni giorno si citano mutuamente sui propri gior­ nali, si spingono vicendevolmente nelle braccia sempre nuovi parti­ giani e sono conniventi nella loro abile propaganda. I l vero avversario di questo sciovinismo franco-tedesco non è la nazione che si trova sul l 'altra sponda del Reno, ma la Pan-Europa. È contro l'unione del l ' Europa che dirigono il loro odio e i loro sforzi comuni: essi in ef­ fetti sanno che la sua realizzazione toglierebbe loro ogni ragion d'es­ sere. Solo un'azione concertata di tutti i Paneuropei può contrastare ef­ ficacemente l ' alleanza degli sciovinisti delle due sponde del Reno. La guerra mondiale ha avuto origine da una rivoluzione gene­ rale delle minoranze bellicose in ogni Stato europeo contro le maggio­ ranze nemiche della guerra. Noi oggi ci troviamo a rivivere quella fa­ tale cospirazione, che può essere soffocata soltanto da una collaborazione di tutti gli amici della pace in Europa. In questa campagna contro lo sciovinismo bisognerà far sì che siano i Paneuropei tedeschi a combattere gli sciovinisti tedeschi, e i Paneuropei francesi gli sciovinisti francesi. La tattica inversa nuoce­ rebbe alla causa paneuropea più di quanto potrebbe aiutarla. Ognuno ha nel proprio paese tanta barbarie da combattere che non ha i l diritto di formulare rimproveri al vicino, prima d'essersi europeizzato. "Cia­ scuno pulisca davanti alla propria casa e tutte le strade saranno pulite". L'europeizzazione potrà progredire sulle due sponde del Reno solo se ogni popolo cercherà di gareggiare col vicino in equità e virtù civiche. Nello stesso tempo finché la Francia perseguirà una politica an­ tieuropea sosterrà gli sciovinisti tedeschi e, analogamente, finché la Germania perseguirà una politica antieuropea farà i l gioco dello scio­ vinismo francese.

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La Francia è costretta a condurre una politica d'annientamento contro una Germania che non voglia riconciliarsi; la Germania è co­ stretta ad una politica di ritorsione contro una Francia che parimenti non voglia riconciliarsi. Si potrà uscire da questo circolo vizioso solo se ogni Paneuropeo si deciderà ad iniziare personalmente una politica paneuropea, senza aspettare gli altri . l n tal modo sarà utile non soltanto al continente, ma anche alla propria nazione, della quale testimonierà così il più alto grado di civiltà.

Note l. Trattato di pace firmato il l O maggio 1 8 7 1 che mise fine alla guerra del 1 870-7 1 ed impose alla Francia la cessione del l ' Alsazia e della Lorena ­ eccettuato il territorio di Belfort - al pagamento di una somma assai pesante ed al i ' occupazione di gran parte del suo territorio come garanzia di pagamen­ to. I Francesi pagarono in due anni tutta la somma richiesta . . . dopo di ché prepararono la rivincita. 2. Firmato dai Tedeschi e dagli Austriaci nel luglio 1 866 dopo la vittoria dei primi a Sadowa. 3. Alla fine della III guerra punica vinta da Scipione su Asdrubale nel 1 46 a.C. Il primo impose la distruzione della città. 4. L'autore adopera indifferentemente i termini "sciovinista" e "naziona­ l ista" (N.d.C.).

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Capitolo X

Il problema della nazione

"La nazione appartiene al regno dello spirito". l. L ' ESSENZA DELLA NAZIONE

- Le nazioni d 'Europa sono il risultato d 'una mescolanza dipopoli Il dogma del nazionalismo europeo considera le nazioni come delle comunità di razza. Questo dogma è un mito. Dopo le numerose migrazioni di popoli che ha conosciuto il no­ stro continente in epoche storiche e preistoriche, in Europa non pos­ sono più esistere razze pure. Tutti i popoli d'Europa (con la sola ec­ cezione, forse, degli Islandesi) derivano da razze diverse: mescolanze di razze nordiche, alpine e mediterranee, mescolanze d ' immigranti ariani e di razze indigene mongolidi, di biondi e di bruni, di dolicoce­ fali e di brachicefali. Concludere che esistano razze slave, germaniche o romane per­ ché esistono gruppi linguistici neo latini, gennanici e slavi è un sofisma da dilettanti. Infatti, nessun tipo di consanguineità (al di fuori del l ' eu­ ropea) unisce i Francesi ai Romani, i Galli romanizzati ai Daci roma­ nizzati. Gli Spagnoli sono Iberi romanizzati, Baschi e Visigoti con un apporto moro; i Francesi sono Galli e Franchi; gli Italiani sono Etru­ schi, Celti e Germani con apporti greci ed albanesi; i Greci hanno san­ gue slavo, germanico, albanese, e così pure i Serbi; i Bulgari sono degli Ugro-Finnici slavizzati; i Tedeschi de li ' Ovest e del Sud sono mescolati

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ad elementi celtici, mentre ad Est dell'Elba sono Slavi germanizzati con lll1 apporto germanico. Così dtu1que, per quanto concerne i l sangue, i Prussiani sono maggiormente apparentati ai Cechi che agli Svevi. Per­ fino gli Scandinavi non sono Germani di razza pura, perché in essi si mescolano molti elementi finnici e !apponi. La miglior prova che i nazionalisti fanatici in pratica non ten­ gono molto al loro mito razziale è fornita dal fatto che essi cercano ovunque di assimilare con la forza al loro popolo le minoranze di na­ zionalità diverse che essi considerano come inferiori. Sono pertanto praticamente convinti che con l 'oppressione o l ' insegnamento si possa trasformare un Tedesco in un Francese, un Polacco in un Ceco e che, inversamente e nello stesso modo si possa trasformare un Magiaro in un Rumeno, ecc. Chi sostiene la tesi che la nazione sia una comunità basata sul sangue resta indifeso di fronte al fatto che i Tedeschi eminenti della Boemia portano nomi cechi e che, viceversa, i l più grande poeta na­ zionale ungherese, Petofi, era di origine slava; che dei tre più grandi filosofi tedeschi l ' uno, Kant, era d'origine scozzese, l ' altro, Schopen­ hauer, era d'origine olandese ed il terzo, Nietzsche, d'origine polacca; che Bonaparte, Zola e Gambetta non erano di sangue francese, che Shaw e Lloyd George non sono inglesi, che Borgia non era italiano e Colombo non era spagnolo. Se si guarda alle loro origini, i re d ' I nghil­ terra, del Belgio, d'Olanda, di Danimarca, di Norvegia, della Grecia, della Bulgaria e della Romania sono tedeschi, ed i re di Spagna, d'Ita­ lia e di Svezia sono francesi. Così , in senso stretto, fra tutti gli Stati eu­ ropei solo il regno di Iugoslavia possiede una dinastia veramente na­ zionale: tutte le altre monarchie d'Europa hanno sovrani d'origine straniera che incarnano il simbolo del la nazione. Così, in qualunque modo la si consideri, la teoria della nazione come comunità basata sul sangue conduce a delle contraddizioni in­ terne.

- La nazione come comunità spirituale Eppure le nazioni europee esistono e sarebbe assurdo negarne l 'esistenza, ma queste nazioni non sono comunità basate sul sangue, bensì comunità spirituali. Esse non hanno antenati carnalmente comu­ ni, ma spiritualmente dei maestri comuni.

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Le nazioni sono il frutto di relazioni reciproche fra popoli ricchi di doti ed i loro grandi uomini. Un genio senza un popolo non può crea­ re una cultura, un popolo senza grandi uomini non è una nazione. I po­ poli generano le loro guide geniali, i loro poeti e pensatori i quali, a loro volta, per mezzo della lingua, della religione, dell'arte e della politica modellano il popolo al quale spiritualmente appartengono. Ogni popolo raggiunge la pienezza della propria coscienza so­ lamente nella persona dei suoi figli geniali. Mohammad fu il creatore della nazione araba perché creò la civiltà araba. Analogamente, in un certo senso, Dante è stato il creatore della nazione italiana, Lutero quello della nuova nazione tedesca, Huss della nazione ceca. Corneille e Racine, Voltaire e Rousseau, Bonaparte e Zola furono coloro che dettero forma alla nazione francese; Kant e Nietzsche, Goethe e Schil­ ler, Wagner e Bismarck dettero forma alla nazione tedesca. Attual­ mente T agore, Masaryk, Musso lini e d'Annunzio sembrano esercitare un 'influenza analoga sulle nazioni indiana, ceca e italiana. Le nazioni sono dunque delle simbiosi, comunità fra i grandi uo­ mini e i loro popoli, che nello stesso tempo sono i loro padri e i loro figli, i loro creatori e le loro creature. La vera religione del nazionali­ smo è il culto degli eroi. Un popolo è unito dagli stessi eroi che cer­ cherà di imitare, dagli stessi iqeali e dagli stessi slanci, dagli stessi capi, gli stessi poeti e gli stessi dèi. l canti omerici e gli dèi dell 'Olimpo hanno foggiato una nazione a partire dagli Elleni, popolo d'origine va­ riegata e politicamente diviso. Un popolo si raggruppa innanzi tutto intorno a l eggende e poemi comuni, poi intorno a una religione comune ed infine intorno ad una letteratura comune. In generale, la lingua materna comune rappresenta il legame esteriore che unisce i membri d'una nazione, ma la nazione non coincide sempre con la comunità linguistica. Molte volte la comu­ nità religiosa o storica è avvertita come un legame più forte della lin­ gua. Così gli Irlandesi si considerano come una nazione del tutto di­ versa dagli Inglesi, benché l 'inglese sia la lingua materna della maggior parte di loro. Analogamente, la maggior parte dei Croati si considera una nazione a parte, benché l ingua e razza comune li unisca­ no ai Serbi. In entrambi i casi, le diversità religiose e storiche sono più forti della comunità linguistica.

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Al contrario, la comunità culturale può, al di là delle diversità linguistiche, portare ad una coscienza nazionale, come nel caso della Cina o deli 'India.

- La nazione considerata come una chiesa Durante i l Medioevo quando, malgrado le differenze linguisti­ che, l 'Europa aveva una sola cultura, quella cristiana, l'Occidente percepiva meglio di adesso la sua unità nazionale. A l l 'epoca delle Crociate, infatti, l 'Europa aveva una sola fede, un solo Dio, un solo Papa, un solo ideale (quello cavalleresco), una sola lingua dotta. In tal maniera la lotta della cristianità unita contro i musulmani e gli ebrei era una lotta nazionale nel vero senso della parola: a quel tempo la re­ ligione era quello che univa o che separava le genti . Con lo scisma interno alla cristianità occidentale, la laicizzazio­ ne del l 'Europa ed il movimento filosofico del XVIII secolo, il legame spirituale che univa intimamente i popoli europei scomparve. La lin­ gua prese i l posto della religione, e la nazione quello della Chiesa. Presso tutti i popoli d'Europa nacque una letteratura nazionale che venne moltiplicata e diffusa grazie alla stampa. Gli Europei, alme­ no tutti quelli che non erano illetterati, si divisero in lettori delle let­ terature francese, italiana, spagnola, tedesca. Ciascuno di questi lettori si sentiva allievo e discepolo dei suoi grandi scrittori, dei quali adot­ tava con entusiasmo il pensiero. In tal modo, a causa delle sue lette­ rature nazionali, l 'Europa si suddivise in svariate scuole che non po­ tevano comprendersi per via delle diversità di l inguaggio. Infine, l ' introduzione dell ' insegnamento obbligatorio costrinse ogni europeo ad entrare in una di queste comllilità scolastiche nazionali . Queste co­ munità d 'insegnamento dello spirito europeo, sono le nazioni. Si tratta di comunità laiche, legate dal sacramento della lingua e dal culto dei poeti, dei pensatori e degli eroi nazional i. La scuola, la letteratura e la stampa sono gli organi della na­ zione moderna, che le trasmettono a piccole dosi il pensiero e le nobili azioni dei suoi grandi, alla cui glorificazione operano costantemente. Inteso in tal senso, il mito del! 'origine comune d 'una nazione confer­ ma una verità simbolica, perché i figli di una nazione hanno in effetti un'origine comune e sono pertanto fratelli, ma fratelli in ispirito e non di sangue.

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Come gli Arabi discendono da Mohammad, i Cinesi discendo­ no da Confucio e gli Ebrei da Mosé. Un ebreo che abiuri alla propria religione si separa nello stesso tempo e completamente dalla sua na­ zione. La storia dell'origine comune degli ebrei è anch 'essa un mito scientificamente insostenibile: è la loro fede comune, nella diversità delle loro lingue (yiddish, spagnolo, arabo), che ne costituisce ancor oggi il legame nazionale. La nazione appartiene al regno dello spirito. Tutta la cultura moderna in Europa è nazionale. Così, dunque, chiunque provi rispetto per lo spirito deve provarne anche difronte al sentimento nazionale.

- Lo sciovinismo nazionale Come l ' idealismo religioso ha per suo rovescio il fanatismo re­ ligioso, cosi il rovescio del l'idealismo nazionale è lo sciovinismo na­ zionale, o nazionalismo. Un tale sciovinismo, che si manifesta esteriormente mediante i l disprezzo della nazione straniera, deriva dal fatto che i l nazionalista impara a conoscere e ad amare solamente le opere della propria lette­ ratura, il pensiero e le azioni dei propri eroi. Le culture cui non ha ac­ cesso perché non ne comprende la lingua gli sembrano inferiori e bar­ bare. Meno conosce i suoi vicini, più li disprezza. Commette l'errore di prospettiva di vedere la propria cultura più grande, perché più vicina a lui, di quelle straniere più lontane. Poiché, ignorando le l ingue stra­ niere, non ha punti di riferimento per valutare la propria cultura, per tutto ciò che tocca la sua propria nazione è preso da mania di grandezza e diviene cieco di fronte alle eminenti qualità delle nazioni straniere. Ciò spiega come, al giorno d'oggi, le nazioni abbiano assorbito l ' intolleranza che in passato caratterizzava le religioni. Ogni popolo si considera quello eletto. I Francesi si considerano la "grande nazione", gli Italiani gli eredi legittimi di Roma, i Tedeschi si definiscono come il solo vero popolo di cultura che deve portare salvezza al mondo, gli Slavi i l popolo dell ' avvenire. Questa mania di grandezza nazionale, condivisa anche dalle piccole nazioni, è fomentata artificialmente dal­ la stampa e nelle scuole e si fa sentire anche in politica. I demagoghi sanno, per lunga esperienza, che possono contare a colpo sicuro sugli applausi non appena adulano la vanità nazionale e vantano la supe­ riorità della propria nazione sulle altre. Essi mettono largamente a pro-

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fitto questa esperienza ed arrivano a dedurre da questa superiorità im­ maginaria il diritto morale della propria nazione di imporre la propria cultura superiore ai nemici "barbari", a sopprimer! i come nazione e ad assoggettar! i. La rappresentante principale di questo sciovinismo è la classe intellettuale borghese che conosce bene la propria cultura, mentre non ha che una visione frammentaria della cultura dei popoli vicini. Gli i l­ leterati sono immuni da questo sciovinismo perché hanno una cono­ scenza altrettanto povera della propria cultura come di quelle stranie­ re. Anche gli spiriti universali ne sono immunizzati, perché hanno fami liarità con le culture straniere e con la propria, ed amano e rispet­ tano tutto ciò che anche all'estero è grande. Così come l 'illuminismo ha distrutto il fanatismo, così un futu­ ro movimento filosofico distruggerà lo sciovinismo e aprirà la strada alla tolleranza fra le nazioni. Una simile tolleranza completerà l 'amore per la propria nazione col rispetto delle nazioni estere, e getterà le basi della rinascita culturale del l 'Europa. 2.

LA NAZIONE EUROPEA

- Il Pantheon europeo Ogni nazione è un santuario. È il laboratorio della cultura, i l nu­ cleo di cristal lizzazione delle virtù civiche e del progresso. Come nei tempi andati le cattedrali erano il centro della vita religiosa, oggigior­ no le università sono il centro della vita nazionale. Una guerra contro l' idea nazionale sarebbe una guerra contro la cultura. La lotta contro lo sciovinismo verrebbe gravemente compromessa se toccasse l 'idea nazio­ nale. Lo sciovinismo nazionale non può essere combattuto con un inter­ nazionalismo astratto, ma con un approfondimento ed un allargamento della cultura nazionale in una cultura europea, e con la diffusione del principio che tutte le culture nazionali d'Europa, nella loro stretta ed inestricabile interdipendenza, non sono altro che elementi costitutivi d 'una sola grande cultura europea. Per giungere a quest'idea del! 'unità del la cultura europea, i popoli d'Europa debbono imparare a conosce­ re ed apprezzare i maestri spirituali dei loro vicini; è necessario sap­ piano quanto debbono o potrebbero dover loro. La via per giungere a questo fine passa attraverso la diffusione delle conoscenze linguisti­ che e delle traduzioni.

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Nel cuore degli europei, il Pantheon nazionale va allargato alle dimensioni di un Pantheon europeo nel quale Shakespeare troverebbe posto accanto a Goethe, Cervantes vicino a Dante, Voltaire a Nietzsche, Spinoza a Jan Huss. Se, invece di immergersi in Buddha e Lao Tse e di scherzare sul carattere superficiale della cultura francese, i Tedeschi cominciassero ad assimilare il pensiero dei grandi enciclo­ pedisti francesi si renderebbero conto ben presto del numero di fili conduttori che portano da questi ai classici di Weimar, e della paren­ tela stretta che unisce tutto ciò che di più grande esiste in Europa.

- La nazione europea Allo stesso modo i n cui parliamo di una nazione indù o cinese benché questi popoli parlino innumerevoli lingue diverse, i Cinesi e gli Indù a loro volta avrebbero il diritto di parlare di noi come della "na­ zione europea", come della grande università di cui le comunità lin­ guistiche tedesca, francese, ecc., formano le diverse facoltà. In effetti, da un punto di vista culturale, l ' Europa è ben più omogenea del l ' India. L'India è divisa da un gran numero di lingue, dialetti, religioni e sette così come dall'opposizione delle sue caste e delle stirpi che la com­ pongono. In compenso l ' Europa forma un tutto unico grazie alla religione cristiana, alla scienza europea, all'arte e alla cultura che poggiano su basi greche e cristiane. La storia comune dell 'Europa iniziò con l 'im­ pero romano e le grandi invasioni, e continuò col papato ed il feuda­ lesimo, la riforma e la controriforma, l ' assolutismo e l ' i l luminismo, i l parlamentarismo, l ' industrializzazione, i l nazionalismo e d i l sociali­ smo. Le costituzioni e le leggi dei diversi Stati europei sono senza con­ fronto più vicine le une alle altre di quanto, in altri tempi, fossero quel­ le delle città-Stato greche. Gli Europei hanno in comune lo stesso stile di vita, la stessa maniera d'essere, la medesima struttura sociale, gli stessi punti di vista sulla morale e la famiglia, gli stessi costumi ed abi­ tudini, lo stesso modo di vestire le cui mode sono sottoposte alle me­ desime variazioni. Gli orientamenti artistici nella pittura, nella lette­ ratura e nella musica in Europa hanno un carattere altrettanto internazionale: romanticismo e naturalismo, impressionismo ed espressionismo. Del tutto identici sono i problemi della politica inter­ na e della vita econom ica.

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Se la confrontiamo con tutti questi aspetti comuni del la vita eu­ ropea, le differenze linguistiche in Europa perdono la loro importanza e sono ancora attenuate dal fatto che diverse lingue possono essere considerate come semplici dialetti. L 'unità della cultura occidentale ci dà il diritto di parlare d'una "nazione europea" che si suddivide in di­ versi gruppi linguistici e politici. Se questo sentimento della cultura paneuropea riesce ad imporsi, ogni buon Francese, Tedesco, Polacco o Italiano sarà anche un buon Europeo. Questi Europei di l ingua romanza, o germanica o slava saranno i portatori della cultura europea di valore mondiale che ha prodotto grandi cose in tutti i campi del l ' esistenza umana, ed è chiamata a co­ struirne ancora in futuro. 3. NAZIONE E CONFINI

- Ilproblema delle minoranze È impossibile in Europa stabilire equamente le frontiere degli Stati perché, quasi ovunque, le considerazioni che stanno al la base del­ la loro definizione sono in contraddizione reciproca. Infatti, occorre tener conto che esistono: l . frontiere linguistiche, 2. frontiere geografiche e strategiche, 3 . frontiere storiche, 4. frontiere economiche. Le difficoltà vengono ulteriormente incrementate dal fatto che nell' Europa orientale è assai difficile tracciare esattamente i confini linguistici, data la mescolanza di lingue esistente in certe regioni (per esempio il Banato di Temesvar, la Dobrugia e la Macedonia) e le mi­ noranze nazionali (distretti magiari in Romania, vasti gruppi di lingua tedesca in Cecoslovacchia ed in Romania, gruppi rumeni ed albanesi in Grecia, ecc.). N eli' impossibilità di poter stabilire in Europa orientale dei con­ fini equi, gli Stati vincitori della guerra mondiale decisero di tagliare con la spada questo nodo gordiano. Basandosi sul diritto del più forte riuscirono, quando si trattò di tracciare le frontiere, ad imporre al mas­ simo le loro aspirazioni nazionali, storiche ed economiche, e laddove il diritto avrebbe ricusato di decidere lo fece la forza. Se i vinti fossero

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stati vincitori non avrebbero agito altrimenti : Brest-Litovsk e Bucarest ne sono la prova. I l risultato di questa delimitazione fatta con la forza è che Po­ lacchi, Cecoslovacchi, Rumeni e Jugoslavi hanno fatto trionfare le loro aspirazioni nazionali a detrimento dei Tedeschi, Magiari, Bulgari, Ucraini ed Albanesi. In tal modo, in tutti gli Stati vincitori dell ' Europa orientale vivono forti minoranze. La maggior parte di queste minoran­ ze nazionali, oppresse dalle maggioranze, fonda ogni propria speranza sul crollo della loro nuova patria per mezzo di un'altra guerra. Esse si augurano con impazienza la rinascita della Germania e della Russia ed il sovvertimento di tutta la politica dell 'Europa orientale. Nucleo di queste speranze è l 'Ungheria, che fu la nazione più duramente colpita dalle nuove frontiere. I nvece di scongiurare, grazie ad una vasta politica di riconcil ia­ zione, i pericoli interni ed esterni che li obbligano a continuare una po­ litica di riarmo e finisce con l ' esser causa della bancarotta del le loro finanze, i governi degli Stati vincitori spingono le minoranze ad una resistenza sempre più disperata coi propri tentativi di nazionalizzazio­ ne forzata, con ordini vessatori concernenti la lingua, la chiusura delle scuole ed ogni sorta d'angherie di tal genere. Questa politica conduce logicamente ad una guerra globale in Europa orientale, che non potrà concludersi che con un'egemonia russa. Nel l ' Europa occidentale non si presta sufficiente attenzione a tale pericolo. Non v'è che un modo per scongiurarlo: un 'effettiva pro­ tezione delle minoranze mediante la promulgazione generale di un "Editto di tolleranza per le nazioni", una specie di Magna Charta di tutte le nazioni europee. U n tale Editto di tolleranza dovrà permettere a chiunque senza riserve (nella misura in cui ciò possa essere tecnica­ mente possibile), di servirsi della propria lingua materna nei tribunali e nei rapporti con le autorità, senza subirne per ciò un pregiudizio, e di allevare i propri figli all ' interno della propria comunità culturale.

- La separazione dello Stato e della nazione Bisogna rendersi conto cile l'umanesimo e il fanatismo appar­ tengono ali ' eredità, nel bene e nel male, che la nazione ha ricevuto dal­ la religione. Attualmente gli uomini vivono e muoiono, uccidono e mentono per la propria nazione come una volta facevano per la propria

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religione. Per andare aldilà delle lotte fra nazioni bisogna seguire la via che ha condotto alla scomparsa delle lotte religiose. Presentemente gli Stati nazionali hanno praticamente adottato il seguente principio: "cuj us regio, ejus religio". Al momento attuale le nazioni dominanti in uno Stato multinazionale tentano di snaziona­ lizzare con la forza le minoranze o di costringerle all ' esilio, come un tempo facevano le confessioni dominanti nei confronti delle minoran­ ze religiose. Costringere qualcuno a far parte contro la propria volontà di una data nazionalità è una barbarie altrettanto grande del costringer­ lo ad adottare una religione. Ogni uomo civile deve adoperarsi affinché la nazione divenga un domani, per ciascuno, una questione privata come oggi è la religio­ ne. La futura separazione della nazione , entità culturale, e dello Stato, entità politica, rivestirà un significato ideologico così importante come la separazione della Chiesa e dello Stato. Il concetto di Staa­ tsvolk (Stato etnico-nazionale) sarà superato come lo è stato i l concetto di Staatskirche "Chiesa di Stato", e sarà cancellato dal principio "Li­ bera Nazione in l ibero Stato". Perché la nazione appartiene al regno dello spirito, e non può es­ sere delimitata da paletti di confine. La nazione tedesca non finisce alle frontiere del Reich: gli Austriaci, gli abitanti del Sud Tirolo, della Boemia, della Polonia e della Svizzera tedesca ne fanno parte quanto i Prussiani ed i Bavaresi. La nazione tedesca non è nata grazie a Bi­ smarck e non è stata sconfitta nella guerra mondiale, perché è i l regno di Goethe e di Nietzsche, una del le scuole più grandi e feconde del la cultura europea. La nazione tedesca è indipendente dal Reich tedesco come la Chiesa cattolica era indipendente dallo Stato della Chiesa, perché la vita della nazione si situa su un altro piano. Così l ' apogeo della cultura tedesca con Goethe coincide con la più grande umiliazio­ ne della Germania da parte di Napoleone. La stessa osservazione vale per il Rinascimento italiano e l'apogeo della cultura greca, situati en­ trambi nel momento del maggior frazionamento politico di queste nazion i . Cosciente di questa basilare differenza fra Nazione e Stato, un Tedesco della Cecoslovacchia, per esempio, dovrà agire secondo i l principio "Date a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è d i Dio". Così, se vuole che il suo Stato lo riconosca come cittadino con pieni

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diritti, dovrà compiere i suoi doveri di cittadino verso questo Stato, senza peraltro rinnegare la propria appartenenza culturale alla nazione tedesca. Dovrà cercare d'essere contemporaneamente un buon Ceco­ slovacco in quanto cittadino e un buon Tedesco come persona. È già da tempo che in Svizzera una tale presa di posizione è normale poiché vige il concetto di "libertà nazionale" 1• Non appena ne li' Europa orien­ tale sarà promulgato !'"Editto di tolleranza", anche questa posizione verrà accettata, e allora si cesserà di esigere con grande strepito dei conflitti nazionali, perché l ' appartenenza ad un determinato Stato di­ verrà una questione di secondaria importanza. La separazione della Nazione e dello Stato facil iterà ovunque lo svi luppo economico e la soluzione della questione sociale. Purificherà l 'atmosfera politica ammorbata del l 'Europa che sarà ben presto ma­ tura per la soluzione paneuropea. Qualsiasi altro tentativo di risolvere il problema nazionale conduce invece alla guerra e, con essa, alla de­ cadenza del l ' Europa.

- La soppressione al posto della rettificazione delle frontiere Gli europei debbono comprendere che i l loro desiderio di con­ fini equi non è realizzabile ma che, al contrario, quello di confini sta­ bili lo è. L' Alsazia-Lorena è un monito. Una nuova guerra sostituireb­ be nuove ingiustizie a quelle vècchie, e questi cambiamenti di frontiere sarebbero pagati al prezzo di milioni di morti e di mutilati. Cattive frontiere sono sempre da preferirsi ad una guerra vittoriosa. In­ fine, seguendo l 'esempio dell 'America, bisogna che l 'Europa cessi di modificare senza fine i suoi confini, e rinunci al tentativo di cambiarli con la forza. Se gli Stati americani si scontrassero eternamente a causa del l'equità delle loro frontiere, sarebbero in uno stato di guerra perma­ nente: sono più saggi, e si accontentano quasi tutti dei loro confini con­ trari alla natura e alla giustizia; l'Europa deve ancora impararlo. Non v'è che un mezzo radicale per risolvere durevolmente e giustamente il problema delle frontiere europee: questo mezzo non si chiama ret­ tificazione, bensì eliminazione delle frontiere. L'europeo che per amore della pace rinuncia alla rettificazione dei confini deve usare tutta la propria energia per attenerne la soppres­ sione per ragioni nazionali ed economiche. L'"Editto di tolleranza" paneuropeo toglie alle frontiere degli Stati il loro significato naziona-

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le; la creazione dell unione doganale paneuropea toglie loro il signi­ ficato economico. Se queste due esigenze venissero soddisfatte, sparirebbero to­ talmente i punti di frizione che potrebbero diventare causa di una nuo­ va guerra europea. I confini degli Stati ricadrebbero al rango di fron­ tiere di provincia e perderebbero ogni importanza. Come oggigiorno ad un abitante di Wittenberg è indifferente che la sua città natale ap­ partenga alla Sassonia o alla Prussia, sarà allora indifferente ad un abi­ tante di Reichenberg che la sua città natale si trovi in Sassonia o in Bo­ emia. L ' odio politico fra Stati vicini scomparirà da solo se ne verran­ no soppresse le cause economiche e nazionali. Basterebbe che una le­ gislazione paneuropea mettesse un limite all 'eccitazione artificiale dei popoli per mezzo dell ' insegnamento e della stampa, e che una analoga legge punisse il più severamente possibile e come alto tradimento nei confronti del/ 'Europa qualsiasi propaganda di odio diretta contro una nazione. Uno scambio intereuropeo di professori, studenti e gio­ vani accelererà notevolmente la riconciliazione delle nazioni. Nel l ' ambito della grande economia paneuropea, ogni nazione svi lupperà la propria cultura fino alla perfezione in una gara pacifica con i propri vicini. '

Note l. Nella Confederazione Svizzera non esiste il concetto di minoranza na­ zionale, e la popolazione appartiene a quattro culture nazionali: tedesca, fran­ cese, italiana e reto-romanza, che non solamente si esprimono l iberamente, ma le più deboli delle quali vengono aiutate dalla Confederazione.

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Capitolo XI

Verso la Pan-Europa

"Costituendosi in una Federazione, tutti gli Stati della Pan-Europa guadagnerebbero più di quanto potrebbero perdere" l . LE TAPPE DELLO SVILUPPO DELLA

PAN-EUROPA - La Conferenza paneuropea Il passaggio dall'anarchia europea al l'organizzazione paneuro­ pea avverrà per tappe. I l primo stadio di questa evoluzione sarà la convocazione d 'una conferenza paneuropea da parte di uno o più Stati. L 'iniziativa, che su­ sciterebbe in tutto il continente una eco entusiasta, potrebbe per esem­ pio venire dali 'Italia, la sola grande potenza paneuropea che mantenga relazioni amichevoli con tutti gli Stati del continente. Anche la Piccola Intesa sarebbe in grado di convocare questa conferenza. Le è già accaduto di fare la parte del mediatore nel corso di numerose crisi europee, ed essa avrebbe i l massimo interesse a ve­ dere l ' Europa federarsi. L 'iniziativa d 'una conferenza paneuropea po­ trebbe ugualmente venire dalla Svizzera, la cui struttura multinazio­ nale e federale rappresenta una preconfigurazione della Pan-Europa, e che gode della piena fiducia di tutto il continente. Questa proposta potrebbe parimenti venire anche dalla Spagna, dali 'Olanda e dai Paesi scandinavi, la cui neutralità durante la guerra predestina al ruolo di mediatori in tempo di pace.

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Come prima potenza sul continente, anche la Francia potrebbe, come già fecero gli Stati Uniti, prendere l 'iniziativa del processo d'unione europea. Il suo prestigio sarebbe enormemente accresciuto da una tale impresa, senza che la sua potenza abbia alcunchè da per­ derei. Infine, anche la Germania sarebbe chiamata ad intervenire in fa­ vore della Pan-Europa. Una proposta di pace durevole e relativa alla creazione di una Corte d'arbitrato obbligatorio diretta a tutti gli Stati d'Europa, associata ad una garanzia paneuropea delle frontiere uscite dal Trattato di Versailles porrebbe sul tappeto la questione dell 'Euro­ pa e restituirebbe alla Germania l 'importanza che ha perduto. I l programma di questa conferenza paneuropea dovrebbe esse­ re chiaramente delimitato. Bisognerà escludere dai dibattiti le questio­ ni territoriali, ma si dovrebbero costituire delle commissioni incaricate di studiare le questioni della Corte d 'arbitrato, della garanzia inter­ nazionale, del disarmo, delle minoranze, delle comunicazioni, dei problemi doganali, della moneta, del debito internazionale e della cuitura. La prima conferenza, sull'esempio di quanto è avvenuto in America, dovrebbe decidere di riunirsi periodicamente e fondare, come centro del movi mento unificatore un ufficio paneuropeo, sul modello del l'ufficio panamericano.

- Il Trattato d 'arbitrato I l secondo passo verso la Pan-Europa sarebbe la conclusione d 'un Trattato d 'arbitrato e di garanzia obbligatoria fra gli Stati demo­ cratici dell 'Europa continentale. Ciascuno per proprio conto, gli Stati europei possono prepararsi a questo compito concludendo con altri Stati dei trattati d'arbitrato che li leghino. Tuttavia gli Stati che sono fermamente decisi a non intraprendere - a nessun costo - una guerra of­ fensiva, possono anch'essi unirsi in una lega pacifica con una Corte d'arbitrato obbligatorio e con reciproca garanzia delle frontiere. I van­ taggi che una lega del genere procurerebbe ai propri aderenti sarebbero così evidenti che a poco a poco tutti gli Stati europei vi aderirebbero spontaneamente. Anche l ' Inghilterra potrebbe venire inclusa nel trat­ tato d'arbitrato paneuropeo, ma non in quello di garanzia, per evitare

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che la Pan-Europa venga implicata in tutti i conflitti che sorgeranno in Asia e nel Pacifico.

- L · Unione doganale I l terzo stadio della costituzione della Pan-Europa è la creazio­ ne di una unione doganale paneuropea, che farebbe dell ' Europa un territorio economico omogeneo. Questa ristrutturazione dell' econo­ mia europea non si farà in una sola volta, ma poco a poco; ciò che è urgente è iniziare energicamente le tappe preliminari dell ' abolizione delle barriere doganali. Anche qui alcuni Stati, ad esempio gli Stati che sono nati dall'Austria, potrebbero dare l'esempio agli altri paesi, e concludere tra di loro delle unioni doganali, e forse anche delle unioni monetarie. L'allargamento e la fusione di tali unioni doganali potrebbe preparare ed accelerare la creazione di un territorio economico paneu­ ropeo. - La costituzione europea I l coronamento degli sforzi paneuropei sarebbe la costituzione degli "Stati Uniti d 'Europa" sul modello degli "Stati Uniti d' Ameri­ ca". L' Europa si presenterebbe come un'entità unica dinanzi agli altri continenti ed alle altre potenze del mondo, mentre all'interno della Fe­ derazione ogni Stato godrebbe della massima libertà. La Pan-Europa avrebbe due Camere: una Camera dei Popoli ed una Camera degli Sta­ ti; la Camera dei Popoli sarebbe costituita da 300 deputati, in ragione d'un deputato per ogni milione di abitanti, e la Camera degli Stati dai ventisei rappresentanti dei ventisei governi europei. Nella Pan-Europa, come nella Pan-America, deve regnare il principio dell 'uguaglianza di tutte le lingue nazionali; per ragioni tec­ niche tutti gli Stati europei dovrebbero decidersi ad inserire nel pro­ gramma delle scuole secondarie, e poi in quello delle primarie, l ' inse­ gnamento obbligatorio dell'inglese. Infatti, nel mondo extraeuropeo nulla può impedire all ' inglese di divenire la lingua delle relazioni in­ ternazionali. Sarebbe una mossa intelligente se gli europei seguissero l ' esempio dei Giapponesi e dei Cinesi e traessero, da questa predomi­ nanza dell ' inglese, le conseguenze pratiche che debpono necessaria­ mente derivarne. Scomparirebbe così la rivalità fra le lingue continen­ tali e la mutua comprensione tra i paesi sarebbe notevolmente

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facilitata se ogni europeo conoscesse a fondo l'inglese come seconda l ingua, accanto alla propria l i ngua natale. La faci lità con cui si impara l'inglese (che beninteso dovrebbe accettare una riforma dell 'ortogra­ fia) e la sua posizione intermedia fra le lingue germaniche e quelle ro­ manze lo predestina a fungere da esperanto naturale. 2.

LA P AN-EUROPA E GLI STATI

vantaggi d 'una Federazione Costituendosi in una Federazione, tutti gli Stati europei guada­ gnerebbero più di quanto potrebbero perdere. I vantaggi essenziali sa­ rebbero: l . sicurezza contro una guerra europea; 2. neutralità dell 'Europa nei conflitti mondiali; 3. protezione contro un' invasione russa, che sia rossa o bianca; 4. possibilità di disarmo; 5. capacità di far fronte alla concorrenza delle industrie ameri­ cane e britanniche e, più tardi, russe ed estremo-orientali . Per contro, l a continuazione del la politica attuale dell 'Europa conduce fatalmente alle conseguenze seguenti : l . una nuova guerra europea fino alla devastazione e allo spo­ polamento completo dell 'Europa; 2. la continua ingerenza politico-mi litare delle potenze extra­ europee negli affari europei; 3. un 'invasione russa e l ' instaurarsi d 'una dittatura rossa o bian­ ca in Europa; 4. la necessità della corsa agli armamenti in Europa, fonte della totale rovina finanziaria del continente; 5. l ' incapacità a sostenere la concorrenza dell ' industria anglo­ sassone, quindi la bancarotta e la servitù economica. Oltre ai vantaggi comuni menzionati, la maggior parte degli Stati d'Europa ne trarrebbe ancora dei vantaggi particolari. I più favo­ riti sarebbero gli Stati dell'Europa orientale. La Pan-Europa assicure­ rebbe loro un'esistenza durevole, che attualmente devono solo ali 'im­ potenza della Russia e della Germania. Sarebbero sollevati dal peso schiacciante del costo degli armamenti che supera di gran lunga le loro forze e ne distrugge le finanze. -l

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La Piccola Intesa sarebbe assicurata contro una restaurazione degli Asburgo, la Scandinavia sarebbe protetta contro la minaccia rus­ sa ed i Balcani contro quella turca. L 'unione paneuropea garantirebbe per sempre la Francia e il Belgio contro una guerra tedesca di rivincita. La Germania sarebbe al riparo dai colpi di mano dei vicini, dalla reazione o dal bolscevismo e potrebbe ritrovarsi , nel quadro della ma­ drepatria comune paneuropea, con i fratel l i che vivono aldilà delle sue frontiere. In tutti gli Stati le minoranze trarrebbero immediato vantaggio da questa Federazione, perché sarebbero protette dalle persecuzioni, dalle oppressioni e dalle minacce di denazionalizzazione. Nell ' ambito della madrepatria comune paneuropea queste minoranze ritroverebbe­ ro senza spargimento di sangue e pacificamente il contatto diretto con i loro connazionali, che in caso contrario potrebbero ottenere solamen­ te attraverso la guerra, il massacro e la devastazione dei focolari.

- La colonia africana Le potenze coloniali europee si vedrebbero assicurato il posses­ so delle loro colonie, che, isolate, cadrebbero in mano ad altre potenze mondiali. Oltre à ciò, i popoli europei che a causa della loro posizione geo­ grafica o del loro destino storico sono stati svantaggiati nella spartizio­ ne dei territori extraeuropei (come i Tedeschi, i Polacchi, i Cechi, gli Scandinavi ed i Balcanici), troverebbero nell ' immenso territorio co­ loniale africano un vasto campo d'attività per le loro energie econo­ miche. Costoro potrebbero aiutare particolarmente i Belgi ed i Porto­ ghesi a valorizzare i loro imperi africani. Infatti l ' insiene delle colonie africane dell 'Europa, che com­ prende tutto l 'Ovest del continente, in gran parte non è ancora stato adeguatamente valorizzato. Per farne il futuro granaio e la fonte di l!la­ terie prime dell' Europa vi sono due obiettivi essenziali da raggiungere: l. la trasformazione parziale del Sahara in terre coltivabili; 2. l'eliminazione della malattia del sonno in Africa centrale, malattia che rende impossibile l'allevamento e la colonizzazione, an­ che nelle regioni più fertili.

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Questi due problemi, dai quali dipende il futuro dell 'Africa, non possono venire risolti né da generali né da uomini politici, bensì da in­ gegneri e medici. Solo le forze unite di tutta l' Europa potranno rag­ giungere questi obiettivi e, dopo la sua conquista politica, agevolare lo sviluppo culturale ed economico dell'Africa_ 3. LA

P AN-EUROPA E I PARTITI

- La Pan-Europa e la democrazia. Tutti i partiti democratici d' Europa hanno il dovere di sostenere di comune accordo il movimento paneuropeo In effetti, la creazione della Federazione paneuropea rappresen­ ta la sola sicuraprotezione della democrazia europea contro il bolsce­ vismo e la reazione. I partiti antidemocratici d'estrema sinistra e d' estrema destra, se vogliono essere coerenti devono adottare un pro­ gramma antieuropeo. I comunisti vogliono un'unione con la Russia sovietica; gli sciovinisti cercano l'egemonia o per lo meno la sovranità illimitata della propria nazione. Gli uni vogliono una dittatura dei So­ viet, gli altri una dittatura militare. Entrambi sono decisi a precipitare l' Europa in una nuova guerra. Per raggiungere questi fini politici i co­ munisti europei fanno blocco fra di loro, mentre i militaristi europei si sostengono indirettamente a vicenda. I partiti democratici - tanto i socialdemocratici quanto i demo­ cratici borghesi - non hanno alcun programma positivo in politica estera da contrapporre in questo campo agli scopi perseguiti energi­ camente da comunisti e da nazionalisti. In politica estera i l programma ufficiale della socialdemocrazia ha come scopo finale l ' instaurazione di una repubblica mondiale so­ cialdemocratica. In seguito alla divisione dei socialisti nella seconda e nel la terza internazionale, questo programma è stato de facto supe­ rato. Attualmente la socialdemocrazia sa che il trionfo della rivoluzio­ ne mondiale marxista significa la sua fine. Il progresso dei social � ri­ voluzionari ha provato che l 'odio del comunismo nei confronti della socialdemocrazia è più grande di quello contro la borghesia. Cosi, i so­ cialdemocratici devono attendere la ricostituzione del fronte unico marxista per mettere a punto un nuovo programma di rivoluzione mondiale.

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I partiti democratici borghesi si trovano nella medesima situa­ zione della socialdemocrazia. Questi sono stati delusi da Leni n, quelli da Wilson. È su quest'ultimo e sul suo programma che i democratici borghesi avevano fondato tutta la loro poi itica estera. La Società delle Nazioni ha provocato loro la stessa disi llusione che ai socialdemocra­ tici la "rivoluzione mondiale". Ne consegue che i due grandipartiti moderati dell 'Europa han­ no perso ogni orientamento in politica estera e sono ridotti ali ' oppor­ tunismo. La loro perplessità favorisce gli estremisti comunisti e scio­ vinisti. Questi grazie alla loro attiva e positiva politica estera sono assai più avvantaggiati rispetto ai partiti moderati, la cui politica estera è soprattutto negativa, e consiste solamente nel difendersi dallo scio­ vinismo e dal militarismo, dal capitalismo e dal bolscevismo. Dalla politica attuale dei democratici europei ne consegue che i ventisei Stati europei vivono pacificamente gli uni accanto agli altri ma sono divisi, e che ognuno di essi entra isolatamente in competizio­ ne con le grandi potenze de li 'Occidente. Si tratta d'una politica miope e irrealizzabile poiché gli Stati europei, data la loro situazione nel qua­ dro politico mondiale, sono costretti ad opporsi gli uni agli altri, op­ pure ad accordarsi gli uni con gli altri; il vivere nell ' indifferenza ac­ canto agli Stati vicini non ha futuro. I n Europa ogni partito deve dunque decidersi: o continua sul cammino che conduce alla rovina del continente grazie ad una nuova guerra, oppure opta per l ' unione per mezzo di una Federazione paneu­ ropea. Senz'alcun dubbio i democratici si decideranno a favore della via che porta alla pace, quella stesso della democrazia e del la federa­ zione.

- Borghesia e socialismo I responsabili del socialismo europeo, più che quelli del la bor­ ghesia, sono consci del bisogno d'una unione paneuropea. Cito, ad esempio, uno dei capi socialisti più radicali della Germania, Georg Le­ debour, deputato al Reichstag 1 : «istintivamente tanto il capitale quanto il proletariato spingo­ no verso un 'economia mondiale. La tendenza allo sfruttamento mo­ nopolistico propria del capitale spingerà i capitalisti di un paese, non appena si farà sentire il bisogno d 'una fusione economico-politica

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delle proprie regioniproduttive con quelle delpaese vicino, ali 'annes­ sione o per lo meno ali 'unione economica con queste regioni limitrofe. Ma un tale slancio nel! 'accrescere la potenza del capitalismo minac­ cia sempre di svilupparsi in una guerra nazionale, armi in pugno. Se la Germania nonfosse completamente disarmata, avremmo già una simile "guerra nazionale "per la Ruhr. Per adesso, l 'occupa­ zione militare francese non ha provocato che une resistenza passiva. L 'esacerbarsi attuale delle passioni nazionali ne è l 'inevitabile con­ seguenza. Trovare una via d'uscita da questo catastrofico pericolo è il compito più urgente del proletariatofrancese e tedesco. A partire dal­ le necessità di riconoscere la reciproca dipendenzafra le limitrofe re­ gioni industriali produttrici della Francia e della Germania, che al giorno d 'oggi si sono manifestate anche in campo capitalista, si deve accettare la necessità di un 'unione del/ 'Europa in un insieme econo­ mico unitario. Questo, comunque, si realizzerebbe non appena il so­ cialismo arrivasse alpotere in tutti i paesi. Il socialismo, quando avrà organizzato l 'economia mondiale ed avrà affrancato l 'umanità da tut­ te le catene dello sfruttamento, dovrà liberar/a immediatamente dalle barriere doganali paralizzanti che sussistonofra le nazioni. E già ora, ànche se dobbiamo ancora batterci per la conquista del potere all 'in­ terno delle strutture dello Stato capitalista, possiamo esigere dagli Stati capitalisti d 'Europa l 'unione economica. Una simile unione non si trova in alcun modo in opposizione al sistema economico capitali­ sta. Al contrario, le necessità ci spingono già in questa direzione, al­ dilà della ristrettezza delle frontiere nazionali. Tuttavia è assolutamente inverosimile che lo smembrato ordine capitalista del! 'Europa trovi ancora in sé laforza di guarirsi da solo. Se ci riuscisse, il capitalismo vedrebbe allungarsi la vita, e ciò invero non è incompatibile con gli interessi socialisti. Lo sviluppo naturale del sistema capitalista spiana la strada che conduce al socialismo. In un 'Europa con la mentalità orientata verso l 'economia, l 'unione in­ ternazionale del proletariato in vista della comune lotta di classe si realizzerà più rapidamente, ed avrà un effetto ancor più violento. Dal canto nostro prepariamo la strada al socialismo ne/favorire l 'accesso del capitalismo europeo ad un più elevato grado evolutivo.

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Ma dal momento in cui la Francia e la Germania sono entrate in conflitto per via della Ruhr a causa di un originario bisogno comu­ ne d'unione economica, un conflitto che acceca nei due paesi gli uo­ mini d 'affari capitalisti prigionieri delle loro convinzioni nazionali­ ste, i proletari francesi e tedeschi hanno il dovere d 'indicare la via della salvezza, che è quella degli Stati Uniti d'Europa. Se le classi ca­ pitaliste retrocedono di fronte a questo compito, l 'ordine socialista sostituirà ancora più rapidamente il caos capitalista». In tutti gli Stati, gran parte dei socialdemocratici europei con­ dividono le opinioni di Ledebour2 • Meno chiara è la posizione dei partiti borghesi europei di fronte alla questione della Federazione; eppure questa deciderà del loro de­ stino. La Storia offre loro ancora una volta l'occasione di compiere un atto grande e creativo. Se indietreggeranno davanti a questa prova e la­ sceranno che meschini interessi prevalgano sugli imperativi della sto­ ria mondiale, renderanno palese la bancarotta della loro classe e la loro incapacità a dirigere in avvenire i destini del l ' Europa. Uomini più chiaroveggenti succederanno loro e continueranno l 'opera che essi non avranno saputo condurre a buon fine. L' ideale europeo offre ai partiti democratici la possibilità di sviluppare una politica estera positiva e attiva. Questo programma, i cui vantaggi sono evidenti e che costerebbe pochi sacrifici, farebbe ri­ guadagnare alla democrazia europea il terreno perduto a vantaggio del comunismo e del militarismo. Il valore del programma paneuropeo in quanto programma di politica estera è certo, perché elimina i paraoc­ chi dello sciovinismo senza perdersi nelle nubi del cosmopolitismo. Sotto il segno della Pan-Europa i divisi partiti democratici di tutti i paesi europei potrebbero unirsi per lottare insieme contro la re­ azione europea. Una simultanea azione parlamentare, intrapresa in tut­ ti gli Stati d'Europa allo scopo di riunire una conferenza paneuropea, potrebbe scatenare I ' offensiva concorde di tutti i partiti democratici del continente e mostrare la loro forza di fronte alla reazione europea. Tutti i deputati europei che non sono né comunisti né nazionalisti han­ no il dovere di sollevare la questione europea di fronte ai Parlamenti e di combattere uniti e decisi per la sua soluzione.

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4. GLI AVVERSARI DELLA

P AN EUROPA - I nemici della Pan-Europa Ogni lotta esige un'esatta conoscenza degli avversari e delle loro motivazioni, ed è così anche per la lotta per l'unità europea. Gli avversari della Pan-Europa si suddividono in quattro gruppi : - i nazionalisti o sciovinisti, - i comunisti, - i militaristi, - le industrie protette dalle dogane. � L 'avversario più chiassoso, ma non il più pericoloso, sarà in tut­ ti i paesi lo sciovinismo nazionalista. Questo vedrà nel paneuropeismo l 'accerchiamento della propria nazione, agiterà lo spauracchio d'una denazionalizzazione generale sul modello americano e protesterà con­ tro ogni abbandono della sovranità nazionale in nome della libertà del­ la nazione e del ! ' onore del paese. • I l comunismo, la cui forza in Europa è assai limitata, chiederà l ' impossibile: l ' ingresso della Russia sovietica nella Federazione eu­ ropea, e questo per combattere il consolidamento del l ' Europa e le mi­ sure prese per evitare qualsiasi intervento russo. Il militarismo combatterà il programma paneuropeo per motivi ideali o pratici, perché tale programma rende impossibile la nuova guerra che esso desidera ardentemente. A questi oppositori apparten­ gono ufficiali e politicanti ambiziosi, tutti coloro che traggono profitti dali 'industria bellica e quelli che sperano di trarre benefici da una nuo­ va guerra. Il quarto gruppo degli avversari del la Pan-Europa è i l più peri­ coloso ed il più potente. Esso si compone delle industrie che debbono la loro esistenza solo al protezionismo doganale, perché non potrebbero far fronte alla concorrenza nel quadro di una libera economia europea, e sono indu­ strie che devono i loro sbocchi non alla buona qualità né ai buoni prezzi dei loro prodotti, ma esclusivamente ad un protezionismo doganale che interdice sul territorio nazionale la presenza di prodotti migliori e meno cari. -

- Protezionismo doganale e libero scambio

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La lotta per il mantenimento delle barriere doganali rappresenta per queste industrie una lotta per l 'esistenza: un' unione doganale pa­ neuropea significa infatti la loro rovina. Costoro lotteranno quindi contro la Pan-Europa con tutti i mezzi disponibili. C ompreranno dei giornali e li metteranno al servizio di questa lotta; ordineranno ad eco­ nomisti libri ed articoli che dovranno provare che il libero scambio fra paesi europei significherebbe la rovina dell' Europa. Tenteranno di aizzare l 'Inghilterra contro l 'unione paneuropea, appoggeranno na­ zionalisti e militaristi e là dove temeranno solo per i propri interessi personali parleranno d'onore nazionale. Allo stesso tempo cercheran­ no di usare il loro nemico mortale, il comunismo, come cavallo di bat­ taglia contro il paneuropeismo, e di mobilitare con mezzi demagogici la classe operaia contro la Pan-Europa. Il bisogno di barriere doganali nazionali è in stretto rapporto col pericolo di una guerra in Europa, pericolo che spinge ogni Stato a pre­ pararsi al combattimento contro il vicino ed a considerarsi come un'eventuale fortezza che, in caso di necessità, deve essere autosuffi­ ciente. Non appena, in seguito ad un'intesa intereuropea, scomparirà il pericolo d'una guerra, sparirà anche la necessità d'una economia na­ zionale chiusa, d'una autarchia nazionale. Questa interdipendenza fra questioni doganali e problema della pace spiega l' interesse dell ' indu­ stria protezionista verso i l mantenimento del! ' anarchia internazionale e deli' eccitazione nazionalista. Per legittimare politicamente la sua lotta contro i l libero scam­ bio, l ' industria protezionista dichiarerà se stessa di pubblico interesse e pretenderà che la sua sparizione costituisca una catastrofe nazionale. Questa tesi è parziale. Di solito, l ' industrializzazione d'un pae­ se non porta con sè la fel icità della popolazione, non ne aumenta la soddisfazione e non ne riduce la miseria. In Europa esistono ancora dei latifondi che attendono d'essere spartiti; nella maggior parte dei paesi d'Europa una rifor.ma agraria potrebbe creare terre sufficienti per as­ sorbire la disoccupazione provocata dalla scomparsa delle barriere do­ ganali e delle industrie nazionali. Un'eliminazione delle barriere inte­ reuropee, abbinata a riforme sociali e soprattutto ad una riforma agraria, non nuocerebbe né agli Stati né ai lavoratori ; nuocerebbe sol­ tanto a quei gruppi di industriali non in grado di sostenere la concor­ renza della grande industria intereuropea.

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Per d i più tutti i consumatori d'Europa approfitterebbero della miglior qualità e del ribasso nei prezzi dei prodotti europei dovuti alla libera concorrenza. I pericoli d'un ampliamento del sistema dei trusts potrebbero essere controbattuti da un controllo di tipo socialista, più facile da introdurre in Europa che in America perché il socialismo vi è più forte. Per combattere efficacemente questo nemico, che è il più forte ed il più pericoloso per il paneuropeismo, bisogna che si riuniscano tutte le industrie che non temono la concorrenza straniera e che, grazie al libero scambio in Europa, conquisterebbero nuovi mercati . Le indu­ strie che sono ben ancorate nella loro area e quelle che in Europa go­ dono di un monopolio di fatto possono far fronte a qualunque concor­ renza. È importante separare queste industrie di monopolio paneuro­ pee dalle industrie nazionali protette dalle dogane nazionali, e riunire le prime al servizio dell'idea paneuropea: in tal modo la resistenza del capitalismo contro gli Stati Uniti d'Europa potrebbe essere infranta dal capitalismo stesso. 5. L ' UNIONE PANEUROPEA

- Paneuropei ed antieuropei Per poter un giorno comparire sulla carta politica, la Pan-Euro­ pa deve anzitutto radicarsi nel cuore e nello spirito degli Europei. Si debbono gettare i ponti della comprensione, dell'interesse e del l ' am i­ cizia da popolo a popolo, da industria a industria, da sindacato a sin­ dacato, da letteratura a letteratura. Il sentimento della comunità paneu­ ropea, il patriottismo paneuropeo, deve trovare posto come corona­ mento e completamento del patriottismo nazionale. L 'Europa non può aspettare che i suoi governi ed i responsabili dei suoi partiti politici si rendano conto del suo bisogno di unione; ogni uomo e ogni donna convinti della necessità della Pan-Europa debbono mettersi al servizio di questo movimento, dal cui esito dipende il de­ stino d'un continente, il destino di una civiltà. Nessuno è tanto privo di forza da non poter contribuire in qualche modo alla soluzione del problema europeo. Può far proseliti alla causa, intervenire in suo fa­ vore, può - quando ci sono delle elezioni - ri fiutarsi di votare per ogni

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deputato che non s i pronunci chiaramente contro l 'anarchia europea di oggi ed in favore del l 'organizzazione paneuropea di domani. Per mezzo della parola e degli scritti, la questione europea deve venire presentata al l'opinione pubblica di tutti i popoli come la que­ stione vitale per milioni d' individui, fino a che ogni Europeo si veda costretto a prendere posizione. Deve operarsi una separazione netta fra Paneuropei ed Antieu­ ropei, fra partigiani ed avversari di una Federazione. Non appena i Pa­ neuropei avranno la maggioranza in tutti i parlamenti del continente, la realizzazione della Pan-Europa sarà assicurata.

- L 'Unione paneuropea Per giungere a questo risultato sorgerà in tutti i paesi d'Europa un movi mento, un'organizzazione il cui scopo immutabi le sarà la co­ struzione comune della Pan-Europa: sarà l 'Unione Paneuropea. La gioventù del l 'Europa - gioventù di età o di spirito - è chia­ mata a dirigere questo movimento. Essa non vuole essere precipitata in una guerra futura da politicanti incapaci di mutare il loro sclerotico modo di pensare. Le donne d' Europa si uniranno anch 'esse per impedire che i loro figli, i loro sposi e loro stesse divengano le vittime del l'ambizione di avventurieri politici . Gli antesignani dello spirito europeo incoraggeranno questo movimento perché avranno riconosciuto che la politica nazionalista è destinata a diventare il becchino della cultura europea, che può guarire solo tramite la fraternità fra i popoli . Tutti gli Europei di buona volontà volteranno le spalle alla po­ litica d'odio e d'invidia che ha condotto l 'Europa sull 'orlo deli 'abisso. Essi si uniranno in massa al movimento paneuropeo, perché questo sta realizzando ciò che essi hanno sognato da tanto tempo. Vi saranno uo­ mini e donne d'ogni classe che saranno pronti a fare sacrifici materiali e morali per questo grande compito. Come il movimento panamerica­ no ha dovuto gran parte del suo successo alla magnanimità di Came­ gie, cosi i Carnegie europei faranno il loro dovere verso l 'Europa. Dopo l'entrata i n lizza del movimento paneuropeo inizierà la battaglia decisiva per il destino dell 'Europa tra Antieuropei e Paneu-

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ropei, la battaglia decisiva fra passato e avvenire, tra la meschineria e la chiaroveggenza, tra la barbarie e la cultura. L'emblema sotto il quale si riuniranno i Paneuropei di tutti i po­ poli sarà la croce solare, una croce rossa su un sole d'oro, il simbolo dell'umanità e della ragione3 • Questo stendardo dell ' amore e dello spirito dovrà, un giorno, garrire dal Portogallo alla Polonia, sull 'impero unito della pace e della libertà.

Note l. "Wirtschaftseinigung Europas", apparso in Klassenkampf, 1 92 3 . 2. Georg Ledebour, nato a d Hannover, dopo una vita di m i litanza si ritro­ vò isolato e si ritirò dal Parlamento nel 1 924. A l l ' avvento di Hitler si rifugiò in Svizzera e morì, quasi centenario, dopo la seconda guerra mondiale. 3. L'autore ha in seguito precisato che la Croce di Cristo è il simbolo del messaggio di fratellanza ed il Sole d'Apollo il simbolo della saggezza: cfr. "Gebote des Lebens", 1 93 1 (N.d.C.)

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Appendice Otto d'Asburgo* : Intervista sull ' Europa

( a cura di Franco Cardini e Luigi G. de Anna)

Altezza, Lei è il figlio di Carlo d'Asburgo, l' ultimo imperatore d'Austria-Ungheria. Che cosa significa essere un Asburgo alle so­ glie del XXI secolo?

Credo che essere un Asburgo agli inizi del XXI secolo non si­ gnifichi nulla di molto diverso rispetto a quello che era il concetto di un Asburgo agli inizi del secolo scorso. Gli Asburgo avevano, e con­ servano, una tradizione familiare che educava al servizio politico nei

*

Otto d'Asburgo è nato nel 1 9 1 2, figlio di Carlo, che diventerà I mperatore d'Austria e di Ungheria, Boemia, Croazia. Nel 1 9 1 9 la famiglia viene esiliata e tutte le proprietà confiscate; l'arciduca Otto vive in esilio in Europa fino a che, a causa dell'ostilità nazista, si trasferisce in America. Torna in Europa dopo la fine della guerra ma solo nel 1 966 viene concesso agli Asburgo 11 permesso di tornare in Austria. Nel 1 973 diviene presidente del l ' Unione Paneuropea e nel 1 979 viene eletto al Parlamento Europeo nelle liste della CDU bavarese. Ha sette figli che vivono in America, Austria, Germania, Svezia, Ungheria Il primoge­ nito Karl è stato eletto nel 1 996 al Parlamento Europeo e la figlia Walburga è Segretaria Internazionale dell'Unione Paneuropea. Otto d'Asburgo ha pubbli­ cato una trentina di volumi in varie lingue ed è dottore honoris causa presso diverse università, tra cui quella di Ferrara

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confronti dello Stato. Siamo, in questo senso, una famiglia "politica" e di conseguenza sentiamo che il nostro dovere nel! ' ora attuale è di agire nella vita pubblica in favore delle generazioni future con la spe­ ranza di un avvenire migl iore. Lei da molti anni opera a favore dell'ideale europeo. L'Unione Europea è del resto una realtà operante da anni.

È naturale porsi

il problema delle forme che la futura Europa assumerà. Parliamo dunque di monarchia, un' istituzione presente in una parte dei paesi eu ropei. Secondo alcuni, le monarchie sono relitti di tempi passati, secondo altri hanno ancora un ruolo da svolgere. Chi so­ stiene questa teoria ama far riferimento alla popolarità riscossa dal re in paesi come la Spagna o il Belgio. D 'altra parte abbiamo anche il caso della monarchia inglese, oggetto di pesanti critiche. In effetti, oggi si parla di case re� nanti o ex-regnanti soprattutto nelle pagine della cronaca rosa. E anacronistico pensare che esse

possano svolgere ancora una funzione morale e culturale nell'Eu­ ropa di oggi e di domani? Del resto c'è chi sostiene che le monar­ chie oggi esistenti rappresentano un' eredità di ideologie naziona­ liste sviluppatesi nel secolo scorso e che quindi costituiscono la negazione dello spirito europeo.

Bisogna innanzitutto insistere su un punto: la forma dello stato è relativamente secondaria rispetto alle funzioni che svolge lo stato medesimo, il quale si giustifica unicamente in quanto deve mantenere un ordine giuridico che garantisca la protezione dei propri cittadini . La storia ci insegna che sono esistite delle monarchie in ogni epoca, come in ogni epoca sono esistite repubbliche. Non si può dunque parlare né dell 'una né dell 'altra come di una forma dell'avvenire o come un re­ siduo del passato. Prendere questi casi particolari ha veramente poco significato se pensiamo al problema fondamentale dello Stato. Lei proviene da una famiglia che ha da sempre interessato il gran­ de pubblico per le vicende e la personalità dei suoi rappresentanti. Suo Padre fu l'ultimo imperatore d' Austria-Ungheria, succeduto

a Francesco Giuseppe nel 1 9 1 6. Che ricordo conserva di Carlo d'Asburgo?

Durante la breve vita di m io Padre ho passato relativamente po­ chi anni accanto a lui. Era l'Imperatore e, di consegi,Jenza, consacrava tutto il suo tempo ai doveri cui era chiamato. Non è stato che negli ul-

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timi anni della sua vita, quando eravamo prigionieri a Madera, che l 'Imperatore ha potuto avere un po' di tempo per i suoi figli. Ci ha in­ segnato molte cose, ci ha trasmesso molte delle sue conoscenze e so­ prattutto il suo sentimento religioso. Sua madre, l'imperatrice Zita, apparteneva alla dinastia che ave­ va regnato su Parma. Questa ascendenza italiana di Sua madre quanta importanza ha avuto sulla Sua educazione? Esiste un le­ game speciale tra Lei e l'Italia?

Per quanto concerne mia madre, ella era sia d'origine francese che italiana. L 'Imperatrice era dunque nel senso più pieno una vera eu­ ropea. Questo spiega i nostri stretti rapporti sia con l a Francia che con l 'Italia. Lei parla l'italiano molto bene.

Vivo in una realtà multi lingue e devo continuamente passare nel mio lavoro di parlamentare europeo dal tedesco al francese, dali 'ingle­ se allo spagnolo. Una lingua che mi è molto cara è l 'ungherese. Ho in­ vece difficoltà ad esprimermi in croato. Suo padre, l' Imperatore Carlo, regnò in Austria fino al 1 91 9 ed in Ungheria fino al 1 92 1 , quando fu costretto all' esilio. Lei era bam­ bino a quell' epoca. Come visse il bambino Otto gli anni di quei grandi rivolgimenti?

L'emigrazione è una prova assai dura, questo è evidente, e du­ rante la mia vita ho dovuto conoscere non solamente quella che seguì la rivoluzione del 1 9 1 8, ma ho vissuto ugualmente i rivolgimenti cau­ sati dalla vittoria del regime hitleriano. L'emigrazione è un fattore straordinario: può portare a realizzare imprese magnifiche, ma può in­ durre anche alla decadenza più profonda. A ragione è stato detto che, divenendo emigrato, ciascuno manifesta la propria vera natura. Quan­ do si vive nel proprio paese, si è sostenuti dal proprio entourage, dalla propria famiglia, dalle consuetudini della comunità cui si appartiene. Nella condizione di emigrato si è molto sol i. Ecco perché nel mondo dell 'emigrazione troviamo personalità eccezionali, ad esempio tra quella spagnola abbiamo un uomo come Salvator de Madariaga ma an­ · che figure riprorevoli. Vivevate in famiglia sentimenti di nostalgia per la passata gran­ dezza?

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I miei genitori hanno fatto di tutto per aiutare i figli a non la­ sciarsi abbattere dagli avvenimenti e certamente non si sono mai ab­ bandonati alla tentazione della nostalgia. Da parte mia, francamente, non so neppure che cosa sia questa nostalgia di cui si parla così spesso. Gli Asburgo sono sempre stati cattolici molto devoti. Ci permetta un ricordo personale. Quando eravamo studenti, nella Firenze dei primi anni Sessanta, ci riunivamo in un circolo e discutevamo di storia, di religione e di cultura. L' animatore del nostro gruppo, Attilio Mordini, ci parlava spesso di Carlo d'Asburgo, al quale si riferiva come "l' Imperatore santo". In che fase è il processo di beatificazione di Suo Padre?

Per principio, non mi sono mai voluto interessare alla questione del processo di beatificazione di mio Padre. Mi sono dedicato alla po­ litica attiva, e se mi occupassi di questo processo, un fatto che è esclu­ sivamente religioso, si potrebbe avere il sospetto che intenda abusarne in senso politico. Ecco perché non ho mai neppure cercato di avere in­ fonnazioni riguardo a questo proc�sso. Un processo di beatificazione è comunque sempre lungo e com­ plesso. Probabilmente però si sono manifestati anche fattori ex­ tra-religiosi che lo stanno influenzando.

Pur essendo questo processo una questione puramente religio­ sa, non trovo che esso si sia protratto per troppo tempo. Soprattutto, per quanto riguarda una persona come era mio Padre, personaggio che aveva un ruolo politico, è naturale che esistano anche molti aspetti non strettamente religiosi che debbono essere presi in considerazione. A causa dell' esilio Lei ha dovuto vivere per molti anni lontano dal­ l' Austria. Dove ha compiuto i Suoi studi?

Vivendo in esi lio, ho dovuto fare i miei studi all ' estero. In Spa­ gna ho frequentato le scuole superiori, seguendo i programmi austriaci e ungheresi. Ho un debito di riconoscenza con i benedettini ungheresi, i quali inviavano i loro insegnanti che, lo posso dire proprio sulla base della mia personale esperienza, erano straordinari . Ho invece conse' guito il dottorato all 'università di Lovanio in Belgio. Nel 1 938, in seguito all'occupazione tedesca dell'Austria, Hitler ordinò il Suo arresto. Quali sono stati i Suoi rapporti