Paesaggio

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PAESAGGIO di Predieri Alberto Enciclopedia del diritto [XXXI, 1981] 1. Nozione di paesaggio nella normazione. Di paesaggio parla l'art. 9 comma 2 cost. assumendolo come un compito fondamentale e qualificante della Repubblica: lo dobbiamo desumere, non solo e non tanto dalla collocazione della proposizione, quanto dal combinarsi della norma con le altre, segnatamente con quelle dell'art. 3 comma 2, degli art. 2 e 42 e, per altri aspetti, dell'art. 32, come meglio vedremo (v. infra, § 3). Sulla base della norma costituzionale, di paesaggio parlano altre proposizioni normative di statuti regionali speciali (art. 14 lett. n st. Sic.; art. 6 n. 3 st. Fr. V. G.; art. 2 lett. q st. V. d'A.; art. 11 n. 6 st. Tr. A. A.) e ordinari (art. 4 st. Abr.; art. 56 lett. g st. Cal.; art. 5 st. Camp.; art. 3 st. Lomb.; art. 5 st. Marche; art. 4 st. Mol.; art. 5 st. Piem.; art. 4 st. Puglia; art. 4 st. Tosc.; art. 17 st. Umbria), di leggi statali (ad esempio, l'art. 3 l. 6 agosto 1967, n. 765)1, regionali (ad esempio, art. 2 l. rg. V. d'A. 28 aprile 1960, n. 3) e provinciali (l. prov. B. 25 luglio 1970, n. 16, mod. con l. 22 febbraio 1973, n. 37), talvolta in combinazione con altre formule simili o vicine, particolarmente quelle relative all'ambiente e alla sua protezion2. Come vedremo più avanti (v. infra, § 3), la promiscuità di riferimenti al paesaggio e all'ambiente è ormai assai frequente nella normazione più recente tanto statale quanto regionale, e spiegabile con varie considerazioni. Se, come faremo, è opportuno distinguere ambiente da paesaggio, l'unione di sinonimi ed espressioni vicine ha aspetti utili: sottolinea gli scopi comuni di domande sociali, la matrice comune di risposte dell'ordinamento e, nelle condizioni di scollamento anche lessicale che caratterizza l'attuale legislazione, enorme, ripetitiva, sfiancata e insieme iperdettagliata, propone formule che, se anche sono costituite da elementi coincidenti parzialmente o ripetitivi, consentono «un'ampia visione del pubblico interesse rispetto alle esigenze ambientali offerta dalla complessità di elementi di valutazione non soltanto paesistici (ecologia, flora, fauna, situazione geologica) che convergono in una moderna concezione urbanistica

Anche in talune leggi antecedenti alla Costituzione si parlava di paesaggio (nel r.d.l. 3 dicembre 1922, n. 1584, sull'istituzione del Parco del Gran Paradiso, nell'art. 5 l. 29 giugno 1939, n. 1497, nell'art. 24 r.d. 3 giugno 1940, n. 1357) o di piani paesistici; sono peraltro anche antecedenti alla Costituzione lo statuto della Sicilia e quello della Valle d'Aosta. 1

Ad esempio, l'art. 3 lett. c l. n. 765, cit., che ha modificato l'art. 10 l. 17 agosto 1942, n. 1150, disciplina i poteri-facoltà dell'autorità sovraordinata (allora statale, oggi regionale) nel procedimento di formazione del piano regolatore generale per la «tutela del paesaggio o di complessi storici monumentali, ambientali e archeologici». 2

dell'ambiente»3 . Cosicché le formule esaustive (fra le tante locuzioni, possiamo ricordare la «difesa attiva delle risorse naturali e del patrimonio storico artistico e ambientale» di cui parla l'art. 11 lett. c l. rg. Piem. 5 dicembre 1977, n. 56) che cercano di superare le mancanze di coordinamento di discipline di settore anche sotto un aspetto lessicale (al quale si accompagna anche una coordinazione funzionale di interventi)4, hanno il loro pregio perché forniscono, a chi lo vuole usare, uno strumento utile in settori in cui il contrasto fra interesse pubblico e posizioni oltranziste di mantenimento di privilegi privati è tuttora fortissimo e si traduce anche nell'utilizzazione di interpretazioni lessicali che hanno conseguenze non compatibili con i fini costituzionali e il sistema normativo. 2. I profili costituzionali del campo semantico della locuzione. L'individuazione del campo semantico di «paesaggio» ha portato a discussioni fra una interpretazione storico-riduttiva e una interpretazione diretta e non riduttiva della parola usata nell'art. 9 comma 2 cost. Nel primo àmbito, la proposizione costituzionale è stata letta con riferimento alla legislazione di settore previgente. «Paesaggio» è stato considerato coincidente con «bellezze naturali», nel senso tradizionale in cui la locuzione veniva impiegata dal legislatore italiano nella l. 29 giugno 1939, n. 1497 e già prima nella l. 11

Così Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 668, in Cons. St., 1974, I, 1181 ss. (analogamente Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 669, in Foro amm., 1974, I, 2, 1081 s.; Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 670, ivi, 1082; Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 672, ivi, 1083; Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 680, ivi, 1084: tutte decisioni relative al piano regolatore generale del comune di Monte Argentario). Opposta opinione esprime DELL'ACQUA, La tutela degli interessi diffusi, Milano, 1979, 272, secondo cui notevoli inconvenienti (non indicati però) derivano dalla confusione operativa e concettuale del paesaggio e dell'ambiente: queste impostazioni perpetuano, sia pure in area diversa, la settorialità di cui ha dato prova la Corte costituzionale (cfr. ivi, p. 8) quando distingueva tutela del paesaggio da urbanistica e che la legislazione (oltre che la dottrina) meno antiquata cerca di superare. 3

Ad esempio, si possono ricordare le leggi regionali che indichiamo senza pretesa di completezza: l. rg. Cal. 30 agosto 1973, n. 14 e 28 maggio 1975, n. 18 (tutela delle coste); l. rg. Cal. 31 agosto 1973, n. 16 (consolidamento degli abitati); l. rg. Em.-Rom. 7 gennaio 1974, n. 2 (tutela dei centri storici); l. rg. Em.-Rom. 31 gennaio 1975, n. 12 (art. 8); l. rg. Em.-Rom. 14 marzo 1975, n. 18 (art. 2 e 4); l. rg. Lazio 2 luglio 1974, n. 30; l. rg. Lazio 31 dicembre 1974, n. 73; l. rg. Lazio 21 gennaio 1976, n. 4 e 25 ottobre 1976, n. 52 (tutela delle coste); l. rg. Lig. 28 dicembre 1973, n. 46 (protezione dei beni ambientali); l. rg. Lomb. 15 aprile 1975, n. 51 (disciplina urbanistica e del paesaggio); l. rg. Lomb. 20 giugno 1975, n. 96 (tutela dei centri storici); l. rg. Marche 30 luglio 1974, n. 16 (tutela dei centri storici); l. rg. Puglia 3 settembre 1974, n. 35 (tutela delle coste); l. rg. Tosc. 28 maggio 1975, n. 56 e 19 agosto 1976, n. 56 (tutela dei centri storici); l. rg. Umbria 2 agosto 1974, n. 45 e 1° luglio 1976, n. 29 (tutela dei centri storici); l. rg. Umbria 30 giugno 1976, n. 26 (tutela paesistica di Assisi); e l. rg. Ven. 24 aprile 1975, n. 39 (tutela di Venezia); le leggi più organiche - l. rg. Piem. n. 56, cit. e l. rg. Em.Rom. n. 47, cit. - hanno rafforzato queste tendenze. 4

giugno 1922, n. 788 (v. Bellezze naturali ) «che ha di mira unicamente i valori paesistici sotto il profilo dei quadri naturali che essi realizzano»5 L'altra lettura ha dato di paesaggio una nozione più ampia, non limitata alle «bellezze naturali» da «conservare», ma intesa come forma e aspetto del territorio6. Essa è fondata sull'esame del termine, così come viene usato nel linguaggio comune7 e in quello di talune

In questo senso, SANDULLI A. M., La tutela del paesaggio nella costituzione, in Riv. giur. ed., 1967, II, 71; CANTUCCI, Bellezze naturali, in Nss.D.I., II, 1958, 294 ss.; PASINI, La tutela delle bellezze naturali, Napoli, 1967, 11 ss.; CORREALE, Paesaggi e turismo nel diritto pubblico vigente, in Foro amm., 1968, III, 53; analogamente PALEOLOGO, Regioni ed urbanistica. Attività legislativa, ivi, 1974, II, 521 ss.; Documenti di base (Autori vari), in L'ambiente, la legge, il giudice (Atti del Convegno di Cervia, 1971), a cura di L. BIANCHI D'ESPINOSA, Milano, 1972; BERTI, Recensione a PREDIERI, Urbanistica, tutela del paesaggio, espropriazione, Milano, 1969, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 1158 ss.; altre indicazioni anche bibliografiche in PREDIERI, op. cit., 3 ss. (e ivi critiche a questa interpretazione), in sostanza non diversa la posizione di DELL'ACQUA, op. cit., 121 e 272. 5

PREDIERI, Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio, in Urbanistica, cit.; ID., La regolazione giuridica degli insediamenti turistici e residenziali nelle zone alpine, in Foro amm., 1970, III, 359 ss.; CORASANITI, Profili generali di tutela giurisdizionale contro il danno ecologico, in Impresa, ambiente e pubblica amministrazione, 1977, I, 790 ss.; ANTONINI, La pianificazione urbanistica regionale: l'esperienza legislativa della Regione Friuli Venezia Giulia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1974, 215; CARETTI, Programmazione regionale in materia urbanistica, Firenze, 1971; AGRIFOGLIO, Ambiente: valori culturali e valori civili. Dalle «bellezze naturali» al «paesaggio», in Cronache parlamentari siciliane, 1977, XVII, fasc. 7-8; MERUSI, in Commentario della Costituzione a cura di G. BRANCA, Principi generali, Bologna-Roma, 1975, 445, che ritiene anche che la proposizione costituzionale vada interpretata secondo il significato attuale dato da scienze non giuridiche; CHITI e MONETA, Contributo allo studio degli strumenti giuridici per la tutela del paesaggio, in Foro amm., 1971, III, 1045; QUADRI, L'uomo e l'ambiente, prospettive giuridiche, in Quaderni di Iustitia, n. 23, Roma, 1971, 10 ss.; DELFINO, La licenza edilizia, Bari, 1974, 7 s.; GHETTI, Prospettive giuridiche nella tutela del paesaggio negli ordinamenti regionali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 1527 ss.; GRECO N. e LAZZARO, La tutela delle acque dall'inquinamento, Milano, 1977, 13 s.; DE LISE, La tutela ambientale nel quadro dell'assetto del territorio, in Foro amm., 1979, III, 530 ss.; MORBIDELLI, Problemi giuridico-organizzativi della difesa dell'ambiente nell'ordinamento italiano, in La città inquinata, Firenze, 1972, 347 ss.; MANTOVANI, Lineamenti della tutela penale del patrimonio artistico, in Riv. it. dir. pen., 1976, 55 ss.; COMPORTI, Responsabilità civile per i danni da inquinamenti, in Tecniche giuridiche e sviluppo della persona a cura di N. LIPARI, Bari, 1974, 354; BAJNO, La tutela penale del governo del territorio, Milano, 1980, 8 ss., 27 ss., 65; LEVI F., La tutela del paesaggio nell'ordinamento italiano, in Impresa, ambiente e pubblica amministrazione, 1974, I, 449 ss., ritiene che la tesi sia accoglibile come tendenza evolutiva che esprime una aspirazione (la conclusione non è dissimile da quella di BERTI, op. cit.). 6

La nozione di paesaggio accolta è confermata dal linguaggio comune (ZINGARELLI, Vocabolario della lingua italiana, Bologna, 1941, che citiamo per tutte perché era opera largamente diffusa al momento di formazione della Costituzione, lo definisce «aspetto del paese») e dal largo uso, anche come traslato, che ne viene fatto per indicare l'aspetto, cioè la percezione dell'ambiente; si parla infatti comunemente non solo di paesaggio urbano o naturale o architettonico o romantico, di paesaggio squallido (e quindi senza che il paesaggio sia di necessità «bello»), ma anche di paesaggio istituzionale o politico; di «paesaggio e ambiente dell'anima» scriveva Grazia Deledda, nel primo quarto del secolo (BATTAGLIA, Grande dizionario della lingua italiana, I, Torino, 1970, 382). 7

discipline, particolarmente dai geografi e dagli storici8 , oltre che sulla comparazione con le locuzioni usate nella legislazione precedente, seguendo criteri che tengono conto delle differenze fra le varie proposizioni9 e del significato e della correlazione delle parole con l'embricazione che esse hanno in un linguaggio a comunicazione gerarchizzata qual è quello giuridico, almeno in un ordinamento come il nostro, caratterizzato - appunto - dalla gerarchia delle norme. Il criterio di interpretare la Costituzione secondo la normativa previgente può essere utilizzato nel caso di assoluta identità di campo semantico, ma non può essere accolto quando essa manchi. In un sistema giuridico fondato sulla gerarchia delle norme, il campo semantico non è unidimensionale o orizzontale, ma è bidimensionale. In altri termini, le parole impiegate dalla Costituzione (o da qualsiasi altra fonte normativa) vanno valutate nel contesto della gerarchia delle norme. L'elemento lessicale è condizionato non solo dalle relazioni d'insieme o contestuali (od orizzontali), come sempre accade nel linguaggio comune, ma è anche condizionato da quelle verticali, cioè connesse con il livello delle norme di cui sono portatrici e pertanto dotate di una diversa carica di precettività. A parità di grado di norme i significati si dispongono paritariamente essendo quel dato livello un sottosistema (o sottocodice in termini di semantica, ovviamente, non di linguaggio giuridico); allorquando le disposizioni normative sono di diversa gerarchia, i significati si collegano e si dispongono gerarchicamente anch'essi10 . L'influenza dei geografi è stata forte, cfr. PREDIERI, Urbanistica, cit., 8 ss. e ivi indicazioni; analogamente per il diritto della Germania federale, LORZ, Repubblica Federale Tedesca, in La tutela del paesaggio a cura di F. LEVI, IV, Torino, 1979, 155, che sottolinea come il termine paesaggio, come «area della superficie terrestre formante per il suo aspetto esteriore e per l'insieme organico delle sue manifestazioni un unico complesso», derivi dalla geografia; va notato che per l'autore citato nell'ordinamento costituzionale tedesco il paesaggio è ramo della protezione della natura, di cui parla esplicitamente la Costituzione di Bonn, art. 75, distingnendola dalla tutela del paesaggio; analogamente prima art. 150 della Costituzione di Weimar. Questa ultima proposizione è stata il punto di partenza della nostra norma costituzionale, perché in questo, come in molti altri casi di regolazione dello Stato-comunità, le formule della Costituzione italiana sono coincidenti o, meglio, derivate da quella weimariana. Ad essa si riallaccia anche l'art. 45 della Costituzione repubblicana spagnola del 1931 o della Costituzione portoghese del 1933 (art. 52), nonché, attraverso elaborazioni e mediazioni di vario genere, le formule della Costituzione bavarese, art. 141, e quelle della Costituzione delle Sarre (1947) art. 34, della Costituzione cecoslovacca del 1960 (art. 15) e messicana del 1964 (art. 15), delle nuove Costituzioni portoghesi del 1976 (art. 66, 78) e spagnola del 1978 (art. 45, 46); esigenze analoghe hanno ispirato l'introduzione dell'art. 1 § 27 nella Costituzione della Pennsylvania, l'art. XI § 2 di quella dell'Illinois, e l'art. 2 del progetto della Costituzione svizzera (1977). 8

SANDULLI, op. cit., 72, rileva che linguisticamente «paesaggio» e «bellezze naturali» non sono sinonimi (ma ritiene che la norma costituzionale si riferisca alle bellezze naturali). Che le bellezze naturali siano «una parte» del paesaggio lo dice anche la C. cost. 20 febbraio 1973, n. 9, in Giur. cost., 1973, 31 ss., la quale pure accede ad una nozione di paesaggio che, almeno dal punto di vista degli effetti, coincide con quella riduttiva. 9

Cfr. PREDIERI, Pianificazione e costituzione, Milano, 1963, 10 ss., per altre considerazioni ID., Urbanistica, cit., 52; ID., La regolazione, cit.; ID., El sistema de fuentes, in La constitución española de 1978, a cura di E. GARCIA DE ENTERRIA e A. PREDIERI, Madrid, 1980. 10

Per tornare al nostro esempio, se la disposizione costituzionale ha usato un referente (nel nostro caso paesaggio) non possiamo restringere il campo semantico assumendo la identità di quel referente con un altro, cioè bellezze naturali. Se così facessimo, nell'àmbito del sistema semantico della normazione italiana, sommeremmo a questo errore quello di considerare omogenei e equiordinati due referenti; invece essi non solo non coincidono, ma appartengono invece a due livelli, o sottosistemi, diversi i quali comunicano sì, ma attraverso il meccanismo della gerarchia, quindi a senso unico. Ovviamente, queste enunciazioni e in particolare queste ultime (che investono una complessa problematica, quella che potremmo definire dell'«effettività semantica» nel sistema delle fonti del diritto, che va a sommarsi a quelle dell'effettività nel sistema stesso) richiederebbero ben altri sviluppi: ai quali non è il caso neppure di accennare in questa sede. Paesaggio, dunque, non significa solamente le «bellezze naturali» o anche quelle che ad opera dell'uomo sono inserite nel territorio, né la sola natura, ma la forma del territorio, o dell'ambiente11 , creata dalla comunità umana che vi si è insediata, con una continua interazione della natura e dell'uomo. Paesaggio, in un ambiente naturale modificato dall'uomo, è l'espressione di una dinamica di forze naturali, ma soprattutto di forze

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Rinviando alle precisazioni che nel testo verranno fatte fra breve sull'ambiente.

dell'uomo12 (dato che in Italia, quasi dappertutto, al di fuori di ristrettissime aree alpine o marine, non si può pensare ad un ambiente naturale senza presenza umana) e quindi di forze sociali (e degli apparati dello Stato, anch'essi forze sociali: v. infra, § 4) condizionate dall'ambiente geografico e dal clima ma che non accettano supinamente le costrizioni e

Che è uno dei più potenti agenti della modificazione della superficie terrestre, VIDAL DE LA BLANCHE, Principes de géographie humaine, Paris, 1922: per questa configurazione della nozione di paesaggio, GEORGE P., L'action humaine, Paris, 1968, trad. it., L'organizzazione sociale ed economica degli spazi terrestri4, Milano, 1972; fra i molti altri contributi dell'autore citiamo uno degli ultimi, L'ère des tecniques: constructions ou distructions?, Paris, 1974, trad. it., La geografia nella società industriale, Milano, 1976; LABISSE, L'organisation de l'éspace, Paris, 1966; rinviando per approfondimenti a PREDIERI, Urbanistica, cit. Come accennavamo, si tratta di opinioni comuni fra i geografi; v. PASSARGE, Die Grundlagen der Landschaftskunde, Hamburg, 1919-1920; FELS, Der Mensch als Gestalter der Erde, Leipzig, 1935, il cui titolo è riassuntivo dell'ottica dell'autore; SESTINI, Il paesaggio, in Conosci l'Italia (Touring Club Italiano), VII, Milano, 1963, 3; ID., Appunti per una definizione di paesaggi geografici, in Scritti in onore di C. Colamonico, Napoli, 1963; BIASUTTI, Il paesaggio terrestre2, a cura di G. BARBIERI, Torino, 1963, 35; TOSCHI, Corso di geografia generale, Bologna, 1962, 6; SCHMITZ P., Die Agrarlandschaft der italienischen Halbinsel in der Zeit von Ausgange der römischen Republik bis zum Ende der ersten Jahrhunderts unseres Zeitrecnung, Berlin, 1938; GRIBAUDI, Il Piemonte nell'antichità classica, Saggio di corografia storica, in Biblioteca della Società storica subalpina, CXIV, nuova sr., XXIII, Torino, 1828; LORENZI, Del metodo genetico nella corografia, in Rivista geografica italiana, 1942, XLIX, 65; RANIERI, Paesaggio, regione, economia, Bari, 1863, 8; GAMBI, Critica concetti geografici di paesaggio, Faenza, 1961, 17 (poi in Questioni di geografia, Napoli, 1964); fra gli storici che si sono occupati del problema, particolarmente da noi SERENI, Storia del paesaggio agrario italiano, Bari, 1962, con ampia analisi delle strutture socioeconomiche che sottostanno al paesaggio in quanto condizionano e informano determinate estrinsecazioni morfologiche; lo stesso (p. XXI) parla di processo di elaborazione del paesaggio ad opera di una prassi umana associata sempre viva ed attuale e sempre portata a travolgere i limiti che essa stessa si è posta. Fra le opere di storici ricordiamo le ricerche pionieristiche di Marc BLOCH (Caractères originaux de l'histoire française, Paris, 1931) e delle Annales d'histoire économique et sociale (sul cui apporto rinviamo particolarmente a STOIANOVICH T., French Historical Method, The Annales Paradigm, Ithaca (N.Y.), 1976, trad. it., Milano, 1978), dove si applicano con acume i canoni marxiani riassumibili nella frase di ENGELS (Antidühring, trad. it., III, Roma, 1950, cap. 2) secondo cui l'articolazione della società, e quindi anche le sue espressioni (compresa la sua proiezione nell'ambiente, cioè il paesaggio), «si modella su ciò che si produce, sul modo come si produce, sul modo con cui si scambia ciò che si produce»; su questi temi, QUAINI, Marxismo e geografia, Firenze, 1974, e sull'analisi marxista della geografia LACOSTE, Crisi della geografia - geografia della crisi, Milano, 1977, 45 ss.); e più recentemente in questo filone VITTORIA E., Una nuova concezione del paesaggio, in Difesa e valorizzazione del paesaggio urbano e rurale (Istituto nazionale di urbanistica), Roma, 1958, 146 ss., e ANDRIELLO, Il paesaggio urbanistico, ivi, 215; FERRARA G., L'architettura del paesaggio italiano, Padova, 1968; ROMANO G., Studi sul paesaggio, Torino, 1978, passim, e 30 ss.; BISSANTI, BONAPACE, CORI, DESPLANQUES, FONDI, FORMICA, LAURETI, PEDRINI, QUAINI, SAIBENE, TERROSU ASOLE, TURRI, I paesaggi umani (Touring Club Italiano), Milano, 1977; TURRI, Antropologia del paesaggio, Milano, 1974; ID., Semiologia del paesaggio italiano, Milano, 1979. Cfr. anche MERLINI, Rapporti tra società umana e il paesaggio, Bologna, 1950; GALASSO, Storia del paesaggio e storia della civiltà agraria, in Nord e Sud, 1964, n. 52, 90 ss., ampia recensione critica del volume del SERENI, op. cit. In generale BETTANINI, Spazio e scienze umane, Firenze, 1976, nonché l'antologia con apparato bibliografico curata da PECORA, Ambiente geografico e società umane, Torino, 1979. 12

operano contro di esse, o sono addirittura particolarmente stimolate da esse13 . Il paesaggio è fatto fisico, oggettivo ma, al tempo stesso, un farsi, un processo creativo continuo, incapace di essere configurato come realtà o dato immobile; è il modo di essere del territorio nella sua percezione visibile14. Il paesaggio, insomma, viene a coincidere con la forma e l'immagine dell'ambiente15, come ambiente visibile, ma inscindibile dal non visibile16, come un conseguente riferimento di senso o di valori a quel complesso di cose17 . 3. «Paesaggio» e «ambiente»: referenti nozionali e normativi.

BRAUDEL, La Méditerranée et le monde méditerranéen au temps de Philippe II, Paris, 1949; HIGOUNET, Géohistoire, in L'Histoire et ses methodes (Encyclopédie de la Pléiade), XI, Paris, 1961. 13

SANTINI, Il paesaggio nella cultura e nell'arte del XX secolo, in Il Paesaggio, pittura contemporanea a cura di P. C. SANTINI, Milano, s.d., 8. 14

Su questo aspetto, SESTINI, Appunti per una definizione di paesaggio, cit.; sul paesaggio come spazio conosciuto direttamente percepito (corrispondente ad una unità etnica o economica o ambientale, pays dei francesi o land degli inglesi e dei tedeschi), GEORGE, L'action humaine, cit. (trad. it., 40); HELLPACH, Geopsiche, Roma, 1966, 308. Sull'immagine, nel senso indicato di paesaggio come immagine dell'ambiente che non è l'immagine del paesaggio (in senso pittorico), (così esattamente KERENYI, Unwillkürliche Kunstreisen, Fahrten in alten Europa, 1952-1953, Zürich, 1954, 69) rinviamo a LYNCH, The Image of the City, Cambridge, Mass., 1960 (trad. it. L'immagine della città, Padova, 1962) di cui ricordiamo particolarmente le p. 1 ss., 94 ss., e in precedenza quella di KEPES, The new Landscape, Chicago, 1956. Sui nessi fra nozione di paesaggio e percezione visiva, bibliografia in PREDIERI, Urbanistica, cit., 8 nt. 13 e 14: e ivi ricordate anche le opinioni di SESTINI, Il paesaggio, cit., sui suoni come elemento costitutivo di taluni paesaggi, analoghe quelle di Lynch; più in generale, BROOKFIELD, The Perceived Environment in Geographical and Related Methodology, in Progress in Geography, London, 1969; DOWNS and STEA, Image and Environment, London, 1973, nonché Espace géographique, III, 1974, n. 3, e per un'indagine sul campo in un caso particolare BRUSA, Geografia e percezione dell'ambiente. Varese vista dagli operatori dell'ente pubblico locale, Torino, 1978; sull'aspetto della conoscenza cartografica del paesaggio proiettato su una superficie orizzontale, ROMANO, op. cit., particolarmente 110 ss. 15

Per la distinzione fra paesaggio visibile o sensibile e paesaggio geografico determinato dal clima, dalla morfologia, dall'idrografia, dalla flora, dalla stessa fauna, BIASUTTI, op. cit., 3 ss.; Congresso nazionale per la protezione della natura in relazione ai problemi dell'economia montana, in La ricerca scientifica (CNR), Roma, 1959, suppl.; SESTINI, Il paesaggio, cit., 3 ss., per il quale paesaggio invisibile coincide con l'ambiente. 16

In questo ordine, il paesaggio diventa oggetto estetico, ASSUNTO, Il paesaggio come oggetto estetico e la relazione dell'uomo con la natura, in Il Verri, 1968, n. 29, 5 (e poi Il paesaggio e l'estetica, Napoli, 1973: in questa vasta e importante opera si parte da una nozione di paesaggio diversa da quella accolta in questa trattazione); e il paesaggio «naturale» anche quello esclusivamente, rigorosamente naturale, è Kulturlandschaft quanto lo è quello «umano», in quanto il paesaggio naturale viene umanizzato nella sua percezione, nel suo significato, diventa produzione umana sotto il profilo interpretativo o, se vogliamo, estetico, così come lo è oggettivamente quello determinato dall'azione dell'uomo, RITTER, Landschaft zur Funktion des ästetischen in der modernen Gesellschaft, Münster, 1964. Ulteriori indicazioni in PREDIERI, op. ult. cit. 17

La nozione di paesaggio accolta ha punti di coincidenza strutturali, a diverse profondità, con quella di ambiente, o almeno con alcune nozioni di esso e l'attività di tutela del paesaggio è funzionalmente connessa a quella di tutela dell'ambiente. Ambiente non è nozione tipicamente giuridica, o almeno nello stato della normazione attuale (ma è difficile che le cose possano cambiare, soprattutto per la fluidità del termine ambiente), anche se la parola viene usata in senso ampio, con frequenza, come abbiamo ricordato, in non poche leggi, per varie ragioni. Esse vanno dalla moda, alla opportunità di utilizzare parole atecniche, e perciò tali da consentire maggiori innovazioni e discrezionalità; e questo ha portato, nel caso di statuti e leggi regionali - in particolare nel periodo fra il 1972 e il 1978 a superare le maglie di una ripartizione di competenze assai discutibile18 . Il richiamo, però, avviene con polisemie continue che si ricollegano a quelle delle varie discipline, in mancanza di una nozione unitaria che non sia talmente ampia da essere scarsamente significativa19. Così, nel nostro linguaggio normativo e giurisprudenziale «ambiente» talvolta si riferisce ad ambiente aperto (ad esempio, art. 1 l. rg. Sic. 27 dicembre 1978, n. 71; art. 13 comma 2 n. 4 l. rg. Em.-Rom. 7 dicembre 1978, n. 47); talvolta ad ambiente chiuso, talvolta a tutti e due (nella l. 23 dicembre 1978, n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, l'art. 2 n. 5 parla di ambiente naturale di vita e di lavoro, gli art. 4 n. 2, 20 e 24 di ambienti di vita e di lavoro, l'art. 22 di igiene ambientale); talvolta ad ambiente quale insieme di valori culturali e naturali (art. 3 lett. o st. Em.-Rom.), ad ambiente storico e naturale (art. 22 st. Umbria), a beni ambientali (rubrica dell'art. 82 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) o a complessi ambientali (art. 3 l. n. 765, cit.) o a patrimonio A talune leggi regionali va riconosciuto il merito di aver cercato di avviare un riaccorpamento di competenze settoriali sul territorio (urbanistiche, paesistiche, di difesa del suolo, con vincoli idrogeologici): in questo senso vanno apprezzate la l. rg. Lomb. n. 51 del 1975 e la legge Lombardia sugli inquinamenti idrici (l. rg. Lomb. 19 agosto 1974, n. 48); altri passi sono stati fatti dalla l. rg. Piem. n. 56 del 1977 e l. rg. Em.-Rom. n. 47 del 1978, entrambe significativamente denominate sulla «tutela e uso del suolo» (ma che non meno significamente lasciano al di fuori le normazioni sui parchi, sulle cave, demandate ad altre leggi, in omaggio ad una vischiosità settorialistica di cui le regioni spesso non si sono liberate). 18

È il caso della definizione proposta dal Consiglio internazionale della lingua francese secondo cui l'ambiente (environnement) è «l'insieme, in un determinato momento, degli agenti fisici, chimici e biologici e dei fattori sociali suscettibili di avere un effetto diretto o indiretto, immediato o a termine, sugli organismi viventi e le attività umane, Vocabulaire de l'environnement, Paris. Per una critica a questa formula BIOLAT, Marxisme et environnement, Paris, 1973: in genere sull'onnicomprensività della locuzione «ambiente» nelle varie definizioni tutte di necessità generiche (v., ad esempio, una di quelle accolte nella nostra giurisprudenza, «ambiente come complesso di condizioni esterne in cui vive e opera l'uomo», Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 674, in Foro it., 1975, III, 67), oppure «insieme delle condizioni che caratterizzano uno spazio in cui si svolgono relazioni umane», LEONE U., Enciclopedia dell'ambiente umano, Milano, 1980, 23; RAPAPORT and KANTOR, Complexity and Ambiguity in Environmental Design, in Journal of the AIP, luglio 1967, 210 ss.; analogamente KARRER e LACAVA, Ambiente e territorio, Roma, 1975, 15. In generale sul concetto di ambiente, nella bibliografia vastissima, ricordiamo MATHIEU, Il concetto filosofico di ambiente, in Individuo e ambiente a cura di V. MATHIEU (Atti del seminario promosso dalla Commissione italiana per l'UNESCO e dalla fondazione Giorgio Cini), Bologna, 1973, e ROGER, Intervento, ivi, 149, per la distinzione tra milieu e environnement. 19

ambientale (art. 11 lett. c l. rg. Piem. n. 56 del 1977), ad interessi ambientali (art. 12 lett. a l. rg. Sic. n. 71 del 1978, art. 1 l. rg. Em.-Rom. n. 47 del 1978); di particolare pregio ambientale parla l'art. 13 comma 4 lett. q l. rg. Em.-Rom. n. 47, cit., e di zone culturali ambientali l'art. 36 l. rg. Em.-Rom. n. 47, cit., con riferimento ad insediamenti storici20. Talvolta poi si parla di tutela dell'ambiente (tit. V capo VIII d.P.R. n. 616, cit., che ha trasferito alle regioni le funzioni di tutela, prima delegate), specificando che si tratta di attività in ordine all'igiene del suolo e all'inquinamento atmosferico, idrico, sanitario, acustico; e, in senso analogo, si parla di ambiente ecologico (art. 4 st. Puglia; art. 17 st. Umbria). È ovvio ripetere che qualsiasi nozione di ambiente comporta (e l'etimo questa volta lo conferma) che vi siano rapporti con ciò che fascia, circonda, un determinato soggetto o essere o cosa, cioè sistemi di relazione o sottosistemi rispetto al sistema globale (ecumenico o forse planetario, con un regresso, o, progresso, tendenzialmente all'infinito). E poiché l'uomo entra in relazioni diverse e molteplici, gli ambienti saranno aperti, chiusi, di vita, di lavoro, tecnici, economici, aziendali, sociali, morali, visivi e via dicendo: cosicché, per una considerazione operativa come è quella del diritto, di volta in volta l'ambiente verrà visto, trattato e protetto in rapporto ad una determinata collocazione e a determinati interessi. Pertanto, data la necessità di scegliere nei vari subsistemi un segmento operativo e l'impossibilità di assumerli tutti, in uno studio giuridico l'approccio della visuale dei valori e delle Sulla legislazione regionale prima del d.P.R. n. 616 del 1977, v.: RALLI, Tutela del paesaggio e urbanistica regionale, in Il ruolo delle regioni nella disciplina e gestione del territorio a cura di A. FERRERO, in Studi urbanistici, XII, Milano, 1979; GIANNINI M. S., Ambiente. Saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 15 ss.; ID., Primi rilievi sulla nozione di gestione dell'ambiente e di gestione del territorio, ivi, 1975, 479 ss.; ID., I beni culturali, ivi, 1976, 3 ss.; ID., Le potestà delle regioni in materia di governo del territorio, in Insediamenti territoriali e rapporti tra norme e ambiente: criteri e metodologie (Atti dei Convegni dei Lincei, Accademia dei Lincei), n. 16, Roma, 1976, 207 ss.; BERTI, Problemi giuridici della tutela dei beni culturali nella pianificazione regionale, in Riv. amm., 1970, 617; CAIANIELLO, Il coordinamento tra autorità amministrativa nella disciplina urbanistica, in Rass. lav. pubbl., 1970, 21 ss.; MORBIDELLI, La disciplina del territorio fra Stato e Regioni, Milano, 1974; PALEOLOGO, Regioni ed urbanistica, cit., 524 ss.; SCHINAIA, La gestione dell'ambiente tra Stato e Regioni, in Impresa, ambiente e pubblica amministrazione, 1977, I, 475 ss.; DE LISE, La tutela ambientale nel quadro dell'assetto del territorio, in I problemi giuridici ed economici della tutela dell'ambiente, Milano, 1978, 54 ss.; ALIBRANDI e FERRI, I beni culturali ed ambientali, Milano, 1978, 41 ss., 122 ss., 362 ss. e 588 ss.; PACELLI, Regioni e territorio, in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 1978, 37 ss.; SALA, Urbanistica e tutela del paesaggio: alla ricerca di un difficile coordinamento, in Le regioni, 1976, 59; ID., La tutela dei beni monumentali fra Stato, Regione e Comune, note sulla organizzazione e disorganizzazione delle competenze, ivi, 1978, 440 ss.; PAMPANIN e TRAVI, L'attuazione della legge sui suoli da parte delle regioni, ivi, 316; per la bibliografia dopo il d.P.R. n. 616, cit., in particolare PALLOTTINO, Tutela del paesaggio e regioni, in I TAR, 1979, II, 209; PALLOTTINO, D'AMELIO in Commento al decreto 616 coordinato da CAPACCIOLI e F. SATTA, Milano, 1980; FERRARA G., Parchi e aree protette nella dimensione regionale, ivi. Sui problemi della gestione dell'ambiente nella pianificazione del territorio v. Dalla lotta all'inquinamento alla tutela pubblica dell'ambiente (Atti del Convegno, Milano-Bruzzano, 4-5 marzo 1977), Milano, 1978, con studi di POTOTSCHNIG, Limiti della legislazione vigente e nuove strategie di intervento, 27 ss.; SORACE, La programmazione ambientale, 45 ss.; MERUSI, Il controllo sulla programmazione ambientale, 61 ss.; BERTI, L'organizzazione territoriale degli interventi pubblici di tutela ambientale, 71 ss. 20

situazioni canonizzate dalla Costituzione appare coerente alle finalità che interpretazione e attuazione giuridica debbono proporsi. Alla diversità di configurazioni corrisponde spesso una pluralità di tutele, connesse ad interessi diversi e meritevoli, spesso, di strumentazioni organizzatorie e procedimentali differenziate21 . Esse, tendenzialmente, dovrebbero essere poi collegate e integrate fra di loro in una visione e azione sistemica e interdisciplinare. Le accezioni di ambiente, nell'area giuridica, sono state distinte da Giannini secondo tre filoni che tengono conto dello svolgersi storico e della situazione attuale della normazione: il primo con riferimento alle normative e al movimento di idee relative al paesaggio e quindi ai beni ambientali come beni oggetto di conservazione, il secondo alla difesa del suolo, dell'aria, e dell'acqua, il terzo all'urbanistica22 . Va detto che questa tripartizione - su cui in questa sede non ci possiamo soffermare criticamente - è in parte presente, almeno in filigrana, nella nostra normazione statale, particolarmente nelle norme del d.P.R. n. 616, cit., nonché in quelle relative al Ministero dei beni culturali e ambientali (le une e le altre fortemente influenzate da Giannini). Altri interpreti, invece, sembrano orientati sulla polarizzazione della nozione di ambiente, nelle sue valenze di protezione degli insediamenti umani e della qualità della vita, intorno alle due disposizioni costituzionali

È questa una tecnica legislativa generalmente seguita che si ritrova da noi come presso gli altri ordinamenti: citando a caso, negli Stati Uniti, ove abbiamo normazioni settoriali sui parchi, sulla conservazione degli ambienti naturali, sui sentieri nazionali, sulle zone di estuari fluviali, sulle località, edifici e oggetti storici, e sulla conservazione storica, oltre ad avere norme protezionistiche in altre leggi di settore (ad esempio, sui trasporti urbani), in Francia, nella Repubblica federale tedesca (legge sulla protezione della natura che investe paesaggio, fauna, flora, monumenti naturali: in argomento LORZ, in La tutela del paesaggio a cura di F. LEVI, cit., e ivi bibliografia), in Gran Bretagna (leggi sulla pianificazione urbana e rurale, leggi sui parchi, sugli inquinamenti dell'aria, dell'acqua, della quiete, nucleari, v. GROTTANELLI DE' SANTI, Appunti sulla protezione dell'ambiente in Inghilterra, Milano, 1974), nell'Unione Sovietica (in cui accanto alla legge «Principi della legislazione del suolo dell'URSS e delle Repubbliche federate», ne abbiamo altre sulla sanità, sulle acque, sul sottosuolo ecc., che tutelano l'ambiente, cfr. CIUDNOV, Ecologia e tutela dell'ambiente nell'Unione Sovietica, Roma, 1980). 21

Per questa tripartizione, GIANNINI M. S., Aspetti giuridici dell'ambiente, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 23 ss., che nella prima delle tre ottiche vede prevalente l'aspetto dei beni ambientali paesistici come beni pubblici, mentre nella seconda la difesa contro il fatto dell'aggressione dell'ambiente, di mutua aggressione fra uomo e natura, mentre nella terza l'ambiente è oggetto della potestà di pianificazione territoriale; ID., Difesa dell'ambiente e del patrimonio naturale e culturale, ivi, 1971, 1123. 22

dell'art. 9 comma 2, e dell'art. 3223 , l'una e l'altra strutturalmente dipendenti dalle disposizioni fondamentali dell'art. 3 comma 2 e dell'art. 2; e l'una e l'altra correlate, nella organizzazione operativa attuale, alla bipartizione di una gestione sanitaria e di una gestione territoriale urbanistica, riassumibili nelle forme ellittiche dell'ambiente salubre e del governo del territorio quali aree di funzioni, secondo una sistemazione più aggiornata di quanto non ci appaia quella per materie. Ed invero, proprio le relazioni fra paesaggio e territorio trovano nella ripartizione per materie una rigidità che la normazione del d.P.R. n. 616, cit., ha cercato di superare. Pare questa la chiave preferibile per chi accolga la nozione di paesaggio che qui è stata riassunta: sia perché una nozione globale d'ambiente appare difficilmente afferrabile, intrinsecamente, in una realtà operativa se non come unità di finalità, sia per non perdere un aggancio con la normativa costituzionale e con i criteri metodici per la lettura del testo costituzionale ai quali si è alluso, che ha vantaggi, anche operativi. Questo collegamento con il testo, pur tenendo conto dell'emergere di domande nuove o molto più massicce e pressanti di quante non potessero esservi al momento in cui si è scritta la Costituzione (e certamente quelle della tutela dell'ambiente e del paesaggio sono state incrementate dal passaggio della società italiana ad una fase industriale e dall'esplodere di contraddizioni e tensioni proprie del sistema economico del tardo capitalismo), consente di vedere ed utilizzare la Costituzione non solo come un non ostacolo alle domande emergenti dalla società che richiedano migliori qualità di vita, più ampio sviluppo della persona, maggior partecipazione, ma anche come un supporto propulsivo ad una diversa conformazione della società e ai suoi fermenti liberatori24. Con le conseguenze che ne derivano (si può aggiungere), almeno nel caso della tutela del paesaggio e dell'ambiente, non sulla inadeguatezza delle proposizioni (con le ulteriori implicazioni più o meno remote) ma sulla inosservanza delle norme.

In questo senso CAPACCIOLI e DAL PIAZ, Ambiente (tutela dell') (Parte generale e diritto amministrativo), in Nss.D.I., Appendice, 1980, 258; analogamente utilizzano il termine ambiente per la problematica relativa all'assetto delle acque, dell'aria, del suolo che viene leso dall'inquinamento, CICALA, La tutela dell'ambiente nel diritto amministrativo penale e civile, Torino, 1976; ID., Ambiente (tutela dell') (Diritto penale e diritto processuale penale), in Nss.D.I., Appendice, 1980, 265 ss.; NASCIMBENE, Ambiente (tutela dell') (Diritto internazionale), ivi, 283 ss. L'accezione di ambiente come «ambiente salubre» che si deve soprattutto a CORASANITI (Profili generali di tutela giurisdizionale contro il danno ecologico, in La responsabilità dell'impresa per i danni all'ambiente e ai consumatori (Autori vari), I, Milano, 1978; ID., La tutela degli interessi diffusi davanti al giudice ordinario, in Riv. dir. civ., 1978, I, 180) è quella largamente diffusa, v. DAGRÒ, Commercio ed economia dell'ambiente, Manduria, 1975; PATTI, La tutela civile dell'ambiente, Padova, 1979, 13 ss.; ID., Ambiente (tutela civilistica), in Dizionario del diritto privato a cura di N. IRTI, I. Diritto civile, Milano, 1980, 31 ss., e ivi riferimenti bibliografici. 23

Vanno richiamate le belle pagine di BARBERA nel suo commento all'art. 2 in Commentario della Costituzione, cit., particolarmente p. 53. 24

Il vedere, dunque, l'azione sul paesaggio, forma dell'ambiente inteso come spazio visibile, e l'azione per l'ambiente salubre25 come i due cardini delle risposte (o dei conati di risposta) alle esigenze attuali di una società industriale complessa, qual è la nostra, che sente la necessità di uno spazio o di un ambiente tali che la persona sia sviluppata e non conculcata, corrisponde ad un'orditura che si ritrova nel tessuto normativo costituzionale, tanto nelle norme sullo Stato-comunità, quanto in quelle sullo Stato-apparato e che si incentra nella supernorma dell'art. 3 comma 2 e nelle proiezioni più specifiche di riconoscimento di situazioni soggettive e di promozioni di attività pubbliche nelle due aree dell'art. 9 e dell'art. 32. Che sono, ad un tempo, indicatori e indirizzi da correlarsi alle disposizioni organizzatorie e procedimentali dell'art. 117 cost. In questo àmbito la bipartizione o, meglio, la polarizzazione bifocale di cui parlavamo prima, territorio e salute, risponde ad una realtà organizzativa ed operativa attuale, faticosamente emergente (non senza incertezze e contraddizioni) che vede il subsistema locale riaggregato, o da riaggregare, in vari punti di condensazione, fra cui i più importanti sono le due aree di funzioni attinenti alla salute-servizi sociali e al suolo o governo del territorio. Riaggregazione non limitata alla pur ampia urbanistica, ma estesa anche ad altre materie dell'art. 117: è questa l'ottica, quella canonizzata dal tit. V d.P.R. n. 616 del 1977 che raggruppa, oltre all'urbanistica, i beni ambientali, gli interventi per la protezione della natura, riserve e parchi, le comunicazioni e le opere pubbliche, regionali, l'edilizia residenziale pubblica, la navigazione, la caccia, la pesca, la tutela dagli inquinamenti e quest'ultima quasi come cerniera fra le due aree26. Con ciò non si intendono sottacere le esigenze di una regolazione globale dell'ambiente (le premesse da cui partiamo le rendono evidenti) né le interferenze, dirette e indotte, necessariamente continue in una azione che voglia incidere, direttamente o indirettamente, con strumenti giuridici o di intervento pubblico, in una realtà ambientale complessa. Proprio perché il paesaggio è il risultato di quella interazione di cui abbiamo fatto cenno, gli scambi fra ambiente visibile o paesaggio e ambiente invisibile27, così come le retroazioni fra ambiente Per questa formula, CORASANITI, Profili generali, cit., 45; ID., La tutela degli interessi diffusi, cit., 180, che individua una rilevanza costituzionale del diritto alla salute come diritto all'ambiente salubre; la stessa formula viene usata in Cass., sez. un., 6 ottobre 1979, n. 5172 (di cui lo stesso autore è stato l'estensore), in Giur. it., 1980, I, 1, 859 ss., con nota di PATTI, Diritto all'ambiente e tutela della persona; per la problematica conseguente alla riforma sanitaria, GIAMPIETRO F., Diritto alla salubrità dell'ambiente, Milano, 1980; sul collegamento tra salute e ambiente in una interpretazione sistematica dell'art. 32 comma 1 cost., oltre alle opere citate di CORASANITI, cfr. COMPORTI, Responsabilità civile per i danni da inquinamenti, cit., 349; SALVI, Note sulla tutela della salute come interesse collettivo, in Tutela della salute e diritto privato a cura di F. D. BUSNELLI e U. BRECCIA, Milano, 1978, 439. 25

Anche se ormai queste funzioni di tutela debbono essere considerate prevalentemente attratte dalla gestione sanitaria e largamente attribuita alle competenze dell'attività di prevenzione delle unità sanitarie locali. 26

Può essere citata una sintetica formula impiegata da HITACHI, in Individuo e ambiente, cit., 33, per cui l'ambiente è un contenuto senza forma; analoghe considerazioni in TURRI, Antropologia, cit., 52. 27

e azione pubblica e viceversa, sono istituzionali e permanenti e comportano continue interazioni orizzontali e verticali, cioè tanto fra le diverse funzioni individuate nelle aree di tutela, quanto nel collegamento fra quelle funzioni e la totalità sovrastante o retrostante dell'ambiente globalmente inteso come oggetto dell'attività pubblica. Non è necessario addurre molti esempi. Un vincolo per tutela idrogeologica o di protezione da valanghe e, più in generale, tutta la protezione del bosco, hanno valenze paesistiche, come lo ha la tutela di un biotopo, e viceversa; un intervento disinquinante, ad esempio la depurazione di scarichi che elimina le schiume che deturpano i corsi d'acqua, può avere effetti di difesa paesistica; la difesa della natura e l'impedimento di manomissioni del paesaggio favorisce il turismo impedendo il degrado o la distruzione di una risorsa, o materia prima, per quell'attività28 , e potremmo continuare all'infinito nel porre in evidenza queste interrelazioni. La loro importanza viene colta con facilità, dopo che nella cultura media si sono diffusi elementi nozionali di scienze ecologiche e scienze dei sistemi e convinzioni della necessarietà di coordinazioni interdisciplinari, ma padroneggiare in concreto tali interrelazioni ed agire in conseguenza è assai più difficile e lentissimo. Da un lato, quindi, il legislatore o l'amministratore è condizionato dai pareri dei tecnici e dai loro mutamenti; vanno ricordate le mutazioni di opinione sulle tecniche di scarico e disinquinamento o su valutazioni ecologiche (basti pensare, per tutti, agli esempi classici della lotta contro le zanzare con l'impiego del DDT, o della bonifica delle zone umide, che hanno indotto apparati amministrativi e legislativi ad emettere provvedimenti che sono poi risultati dannosi o controproducenti). Dall'altro lato è la settorialità, incrementata dalla specializzazione sempre maggiore, insieme alla mancanza di indirizzi generali e di una programmazione, o pianificazione, che rende difficile, labile o addirittura inesistente ogni coordinazione. È facile constatazione ripetere che i problemi operativi, proprio in vista di una tutela globale di così generale e profondo interesse (anche limitandosi al paesaggio e non investendo i problemi che, al di là della salute, possono condizionare la sopravvivenza di milioni di esseri umani, o addirittura della specie secondo i sostenitori dell'ecocatastrofe), dovrebbero comportare una riorganizzazione degli ordinamenti di convivenza, degli

Su questi nessi in particolare, CORREALE, Paesaggi e turismo, cit.; CHITI, Profilo pubblico del turismo, Milano, 1970, 34; CHITI e MONETA, Contributo allo studio, cit.; MORSILLO, Beni culturali ambientali. Insufficienza della tutela e fenomeno turistico, in Arch. ric. giur., 1970, I, 92 ss.; GIAMPIETRO, op. cit., 21. 28

apparati istituzionali29 e del loro modo di agire30. E, come minimo passo, dovrebbero attivare almeno strutture e procedimenti che consentano di comprendere le connessioni31, di arrivare ad una valutazione delle interazioni, ad una ponderazione dei diversi interessi implicati: in parte privati, in parte pubblici ma che sono comunque - e non solo i primi conflittuali fra di loro e da prescegliere mediante quella complessa attività decisionale tra interessi contrapposti che è esigenza caratteristica degli apparati dei nostri tempi.

Sulla esigenza di riorganizzazione degli apparati, che viene sentita in tutti gli Stati a seguito dell'impatto della questione ecologica e che ha portato a taluni mutamenti istituzionali, dalla riorganizzazione dell'esecutivo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, a modificazioni costituzionali nella Repubblica federale tedesca e in taluni Stati degli Stati Uniti cenni in PREDIERI, Aspetti della legislazione vigente in materia di gestione del territorio e delle risorse e prospettive di riforma, in Politica regionale dell'ambiente (Atti del Convegno promosso dalla regione Toscana), Firenze, 1974, n. 62; RECCHIA, Considerazioni sulla tutela degli interessi diffusi nella costituzione, in La tutela degli interessi diffusi nel diritto comparato a cura di A. GAMBARO, Milano, 1976, 34; in particolare, per la tutela del paesaggio, v. La tutela del paesaggio a cura di F. LEVI, cit., con studi di DE LABAUDÈRE, per la Francia, BOLLE per la Svizzera, LORZ per la Repubblica federale tedesca, TIMMAN per i Paesi Bassi, GARNER per l'Inghilterra, HINES per gli Stati Uniti, i primi tre con ulteriori indicazioni bibliografiche; uno studio dettagliato per la Gran Bretagna è stato compiuto presso di noi da GROTTANELLI DE' SANTI, Appunti, cit.; ID., Il Ministero dell'ambiente e la tutela ecologica in Inghilterra, Milano, 1975; per la Francia, rinviamo a LAMARQUE, Droit et protection de la nature et de l'environnement, Paris, 1973 (e supplement, 1975); VALLET, L'administration de l'environnement, Paris, 1975. 29

Si possono ricordare le esperienze degli Stati Uniti particolarmente il National Environmental Policy Act del 1969 e, in generale, il bilancio di impatto ambientale su cui v. Il bilancio d'impatto ambientale: un nuovo strumento per la politica ecologica (Atti del seminario ISGEA, Roma, 15 giugno 1977), in Impresa, ambiente e pubblica amministrazione, 1977, II, 895 ss.; CAPACCIOLI e DAL PIAZ, La legislazione italiana vigente dal punto di vista del bilancio di impatto ambientale, ivi, 927 ss., cui adde successivamente CURTI GIALDINO C., Il bilancio di impatto ambientale in alcune legislazioni di Stati membri della comunità europea, ivi, 1980, II, 96. Cfr. il secondo Programma delle Comunità europee in materia ambientale adottato con la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 17 maggio 1975, «concernente il proseguimento e l'attuazione di una politica e di un programma d'azione delle Comunità europee in materia ambientale» (G.U.C.E. 13 giugno 1977, n. C 139, 1), con allegato il Programma, p. 46 ss. Sulla valutazione dell'impatto ambientale; v. GRECO N., La valutazione d'impatto ambientale nella politica della CEE, in Atti del Convegno nazionale di studi giuridici «dal controllo della qualità alla gestione delle acque», Sirmione, 1978. 30

Lo sforzo conoscitivo è percepito e posto come finalità indispensabile per un governo del territorio dalle norme più recenti dell'urbanistica; v., ad esempio, l'art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977, l'art. 1 l. rg. Piem. n. 56 del 1977, art. 1 lett. b l. rg. Sic. n. 71 del 1978, art. 1 l. rg. Em.-Rom. n. 47 del 1978. Nello stesso ordine logico vanno collocate le norme della l. n. 833 del 1978, art. 20 lett. a, b, d, f, sui compiti conoscitivi informativi e di comunicazione delle unità sanitarie locali a tutela dell'ambiente. Su questi problemi MARTUSCELLI, Il fabbisogno informativo nella gestione del territorio, in Convegno di studi su «Esigenze informative degli enti locali per la gestione del territorio» (Roma, 26-27 marzo 1979), Roma, 1979; SALVIA TERESI, Lineamenti di diritto urbanistico3, Padova, 1980, 25. 31

In questa ponderazione si sostanzia l'azione di tutela del paesaggio e dell'ambiente, che va condotta dagli apparati con strumenti di regolazione giuridica e con l'attività operativa diretta: essa si svolge tra interessi talvolta equiordinati e talvolta posti su gradini diversi dalle norme costituzionali (così va detto per la difesa dei valori culturali e per la difesa della salute). 4. Nozione di tutela nell'art. 9 cost. Dalla nozione di paesaggio accolta deriva che la tutela non è limitata alla conservazione o salvaguardia32 o difesa e neppure alle più ampie accezioni che comprendono la valorizzazione33, ma si estende ad ogni intervento umano che operi nel divenire del paesaggio, qualunque possa essere il valore culturale che, antecedentemente all'intervento, è stato attribuito a quella area o immobile. Se il paesaggio è dinamicamente inteso come continua modificazione della natura e delle precedenti opere dell'uomo, la tutela del paesaggio consiste nel controllo e nella direzione che la comunità stessa effettua attraverso Ad esempio, di «salvaguardia» in questa accezione non con riferimento a misure cautelari (così come ne tratta invece la legislazione urbanistica: l. 3 novembre 1952, n. 1902, modificata dalle l. 21 dicembre 1955, n. 1357, l. n. 765 del 1967, l. 19 novembre 1968, n. 1187, l. 1° giugno 1971, n. 291) parlano l'art. 80 d.P.R. n. 616, cit., l'art. 1 l. 16 aprile 1973, n. 171, interventi per la salvaguardia di Venezia e, l'art. 1 l. 23 febbraio 1968, n. 124, per la tutela del carattere artistico e storico di Urbino, l'art. 1 l. 3 gennaio 1963, n. 3, con provvedimenti per la tutela del carattere storico monumentale e artistico della città di Siena, l'art. 49 lett. b n. 3 l. rg. Lomb. n. 51 del 1975, l'art. 24 l. rg. Piem. n. 56, cit. In senso più ristretto di salvaguardia si parla a proposito delle misure di salvaguardia con carattere provvisorio e cautelare previste dalla normazione urbanistica in via generale e quindi con difesa del paesaggio (v. URBANISTICA; PIANO REGOLATORE) e di misure previste a tutela di beni culturali ambientali, in attesa di un successivo provvedimento: un tale congegno è previsto, pur senza essere denominato come salvaguardia, dagli art. 8 e 9 l. n. 1497 del 1939 (su di esso, ALIBRANDI e FERRI, I beni culturali ed ambientali, cit., 280); analoga la statuizione dell'art. 9 l. rg. Piem. n. 56, cit., integrato dalla l. rg. piem. n. 50 del 1980. 32

Su cui SANDULLI, La tutela, cit.; ASTENGO, Tutela e valorizzazione dei beni culturali ambientali, in Per la salvezza dei beni culturali (Atti e documenti della commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio, cosiddetta Commissione Franceschelli, istituita con l. 26 aprile 1964, n. 310), I, Roma, 1967, 437 ss.; LEVI, Italia, in La tutela del paesaggio a cura di F. LEVI, cit., 13, che rileva come questo interesse sia «preminente in una serie di leggi speciali, dalla legge 20 giugno 1935 n. 1251 sull'istituzione dell'ente autonomo del Monte di Portofino, la legge 23 febbraio 1952 n. 101 che istituisce l'ente per la valorizzazione dell'Isola d'Elba, modificata con legge 1 marzo 1958 n. 167 e con legge 12 dicembre 1960 n. 1589; la legge 22 luglio 1939 n. 1450, che istituisce l'ente autonomo per la valorizzazione dell'Isola d'Ischia, modificata con legge 6 giugno 1952 n. 678 e con legge 8 agosto 1972 n. 470 che converte in D.L. 30 giugno 1972, n. 277 e proroga la durata dell'ente; il D.L. 3 novembre 1932, n. 1466 che istituisce l'ente autonomo Tirrenia per la valorizzazione della zona lungo mare ceduta dal demanio al Comune di Pisa, convertito con legge 27 dicembre 1932, n. 1990 e modificato solo per quanto concerne l'àmbito di applicazione dal D.L. 29 luglio 1933, n. 1034 convertito con legge 19 gennaio 1934, n. 110. Per la tutela delle bellezze naturali e ambientali dei colli Euganei alla legge 1 giugno 1971 n. 442 per la tutela delle riserve naturali del Carso Triestino». 33

i suoi apparati, con interventi che si esplicano sul territorio e che agiscono sulla sua forma in modo diretto o indiretto. «Diretta» è l'attività dei pubblici poteri che, coscientemente, vuole o nega una determinata modificazione del paesaggio operando direttamente: con la costruzione di un'opera pubblica o con atto legislativo o amministrativo volto ad impedire o a favorire una modificazione fisica del territorio, sia esso una autorizzazione, una concessione, un divieto e via dicendo, sia esso un atto individuale o un disegno complesso, un piano; o si tratti di un divieto di modificare o, al contrario, della più scoperta o violenta intrusione34, dalla istituzione di un parco (v. Parchi ) o di una riserva naturale con la previsione di particolari disposizioni di salvaguardia e di assoluti divieti di modificare lo stato dei luoghi, alla costruzione di una new town. E non dobbiamo pensare solo alle esperienze britanniche di Basildon o Runcorn o Stevenage o a quelle polacche di Nowe Tychy o di Nowa Huta o a Brasilia, a Latina o a Littoria: basta ricordare per tutte Palmanova o Lima, o Salisbury o Middlesbrough o l'impianto di Filadelfia o di Washington o la pianificazione di terre nuove o di bastides o di quartieri nuovi35 o alle normative per i quartieri monumentali di Parigi, di Colbert o di Napoleone o di Hausmann, o ai grattacieli «a torta nuziale» secondo tipologie volute dalla normazione edilizia di New York (e che poi, più per mimesi architettonica che per esigenze di assetto del territorio, passano a quelli moscoviti)36. «Indiretta» è - invece - l'attività dei poteri pubblici che porta ad una modificazione del paesaggio, e il più delle volte di lunga durata, nella sua manifestazione ma anche nella sua permanenza37, non per l'intervento che di per sé modifica il territorio con un'opera posta in esso ma per le conseguenze di una normazione o di un'altra attività pubblica che incide mediatamente. Basta pensare alla diversità del paesaggio alpino nelle zone in cui l'istituto

GIANNINI, Difesa dell'ambiente, cit., 1122, rileva come in ogni momento l'uomo crea, modifica, distrugge il proprio ambiente e il proprio patrimonio culturale e naturale. 34

E anche qui gli esempi sono di ogni data, dall'addizione erculea di Ferrara, su cui ZEVI, Saper vedere l'urbanistica, Torino, 1971, alle pianificazioni ottocentesche che investono i rapporti centro cittadini - periferia o le espansioni dei comuni medievali (fra i tanti contributi citiamo DI PIETRO, Gli insediamenti e gli assetti territoriali medievali in Toscana, in DETTI, DI PIETRO G. F. e FANELLI, Città murata e sviluppo contemporaneo, Milano, 1968; BALESTRACCI e PICCININI, Siena nel trecento, Firenze, s.d., 17) o alla Gran Bretagna (BERESFORD, New Town of Middle Age: Town Plantation in England Wanes and Gascony, London, 1967) o al principio mediceo (SPINI, Architettura e politica da Cosimo I a Ferdinando I, Firenze, 1976). 35

Sulle valenze di integrazione, coesione e legittimazione politico-istituzionale cui sono funzionali i significati dei messaggi e dei codici simbolici in cui materia e ambiente, potere e piano trovano quella connessione 'comunicante' che la multiforme tipologia di questi interventi comunque sottende, RABINOVITZ, City, Politics and Planning, Atherton, 1979; e LASSWELL e FOX, The Segnature of Power: Buildings Communications and Policy, New Brunhswich, N. Y., 1979, sino alle manifestazioni dirette di tipo prossemico (sulle quali HALL, The Hidden Dimension, New York, 1966; e, in riferimento alle tipologie degli edifici dell'amministrazione, LEGENDRE, Stato e società in Francia, Milano, 1978). 36

Ci richiamiamo al saggio di BRAUDEL, Histoire et Sciences Sociales. La longue durée, in Annales E.S.C., 1954, n. 4, 725 ss. (trad. it. in BRAUDEL, Scritti sulla storia, Milano, 1973, 57 ss.). 37

del maso chiuso consente una concentrazione di insediamenti abitativi ed esclude un frazionamento della proprietà e in quelle in cui, invece, la frammentazione in appezzamenti esigui muta destinazioni e colture; oppure, al mutamento del paesaggio agrario emiliano dopo che l'istituzione del patto mezzadrile rimuove l'ostacolo alla diffusione delle foraggere (che a sua volta diminuisce la piantata il cui fogliame non serve più per il bestiame) o alle modificazioni successive alla proibizione della risicoltura; o alla persistenza, nello stesso paesaggio, della centuriazione romana o, invece, al mutamento del paesaggio inglese dopo la parliamentary enclosure38 o la costruzione di quartieri periferici costituiti da case unifamiliari con giardinetto che formano un elemento del paesaggio inglese e che derivano dalle prescrizioni del Public Healt Act del 1875 applicato dai costruttori alla lettera in modo da ottenere la massima densità consentita39 . L'azione degli apparati in questi casi non è voluta in funzione di una modificazione del paesaggio; e quasi si confonde con situazioni sociali non istituzionali ma economiche, culturali, demografiche, e talvolta collegate anche a fattori giuridici, intesi però nella loro realtà fattuale (ad esempio, il diffondersi di un tipo di rapporto contrattuale), che agiscono sul paesaggio40 . La tutela di cui parla l'art. 9 cost. è una direzione della costruzione del paesaggio, nella scelta fra i diversi interessi e le diverse possibilità di uso e destinazione. Essa è pianificazione del mutamento, intendendo la parola nel senso più ampio, cioè come regolazione cosciente, che potrà assumere forme di piani veri e propri, di interventi singoli o pianificati, di una coerente azione normativa, di valutazione dell'impatto diretto o indiretto sul paesaggio. La regolazione e gli interventi attuativi di un disegno si disporranno allo scopo di assicurare una ordinata mutazione dell'ambiente, che è stato modellato nei secoli e che non va sconvolto, anche se non può essere sottratto - nella sua interezza - ai mutamenti che l'opera dell'uomo necessariamente vi apporta. In questi mutamenti, andranno mantenuti e difesi quei valori culturali che hanno il loro supporto nelle cose che costituiscono il patrimonio storico e artistico della nazione, da tutelare sempre secondo l'art. 9 comma 2. Per ampliare l'esame della proposizione, va osservato che se la locuzione «tutela del paesaggio» coincide con quella di tutela della forma del territorio e, quindi, con

Su cui, ad esempio, il cap. VI di HOSKINS, Tke Making of the English Landscape, London, 1955, e HIGGS, The Land. A visual History of modern Britain, London, 1964, e in generale, per l'intera Europa sulle diversità di paesaggio fra terreni aperti (champagne, champion) e campi chiusi (bocage), v. per tutti SMITH C. T., An Historical Geography of Western Europe before 1800, London, 1967, trad. it., Bari, 1974, 265 ss. 38

Sui rapporti fra paesaggio e regolazione edilizia, cfr. BENEVOLO, Le origini dell'urbanistica moderna, Bari, 1963, tavola 12, e ivi bibliografia comparata. 39

Sul mutamento del paesaggio agrario italiano nell'Alto Medioevo in relazione al regresso demografico ma anche da taluni casi di esazioni statali JONES, Economia e società nell'Italia medioevale, Torino, 1980, 255 ss. e in particolare nt. 10; e ivi, p. 386 sulle modificazioni dell'equilibrio fra insediamento accentrato e sparso nel secolo XV con processi di ingrossazione o appoderamenti e l'emergere di aziende di maggiori dimensioni (fenomeno, questo, europeo). 40

l'assunzione da parte dell'apparato della Repubblica della regolazione degli interventi e dei mutamenti, il riferimento al patrimonio storico e artistico pone l'accento sui valori culturali che hanno taluni (non tutti) beni costituenti il territorio o posti sul territorio, e lo pone quindi sulla conservazione che viene inserita nella regolazione e contrapposta al mutamento (e deve essere contrapposta, perché la tendenza economicistica è quella del mutamento di cose difficili da difendere, ma facili da mercificare a breve tempo). La diversità deriva dalla differenza fra l'intima natura del patrimonio culturale che può essere statico o tendenzialmente tale, mentre il paesaggio non lo è. Potranno esservi elementi statici, di cui si nega il mutamento proprio per conservare aspetti che hanno significato di valore culturale, ma nel suo complesso il paesaggio resta un fattore dinamico. Per cercare di riassumere al massimo, tutti i beni costituenti il territorio sono assoggettati alla tutela sulla forma del territorio; ma poiché non tutti i beni hanno valenze storiche o artistiche, di esse si dovrà tener conto, nella regolazione del territorio e della sua forma, per conservarle e difenderle dai mutamenti. Ovviamente, anche nell'attività di conservazione, non si dovrà tener conto solo dei beni caratterizzati da quelle valenze, in una accezione limitata di patrimonio storico, dato che vi saranno altri beni che avranno vocazioni o stati di fatto ugualmente degni di difesa e che, a ben guardare, saranno anch'essi componenti del patrimonio storico della nazione (ad esempio, un biotopo, o un'area di riserva naturalistica). In un quadro di destinazione di risorse (e risorse scarse, come ormai sono quelle territoriali, oltre che quelle ambientali) la pianificazione del territorio dovrà conoscere una scansione di uso di immobili (aree o edifici) tale da individuare quelli da conservare intatti, quelli da valorizzare o riusare, quelli da destinare a nuovi usi; in altre parole, dovrà prevedere una collocazione di risorse e una collocazione di riserve tanto naturali quanto culturali. 5. «Tutela del paesaggio» come regolazione conformativa globale del territorio. In questo senso può essere usata la locuzione di beni culturali e ambientali, che è largamente diffusa41, anche se la locuzione, in genere e intrinsecamente, merita non poche riserve42 (e in particolare, per quanto riguarda la configurazione giuridica di talune opinioni, anche autorevoli, sui beni ambientali culturali)43. Forse è opportuno insistere sul fatto che, seguendo il discorso condotto sin qui, la regolazione del paesaggio, cioè della forma del territorio, è una norma generale che Essa risale ai lavori della commissione Franceschini (v. supra, nt. 33), su cui GIANNINI, Ambiente, cit.; in particolare v. ASTENGO, Tutela e valorizzazione dei beni culturali ambientali, cit. 41

Per talune critiche alla nozione di beni culturali, ad esempio, BRANDI, Beni culturali struttura dell'amministrazione e restauri, in Nuove leggi per l'Italia da salvare (Italia Nostra), Milano, 1966; recentemente un acuto approfondito studio critico è stato compiuto da DE MAURO, La nozione di cultura, in Il Comune democratico, 1978, n. 10, poi in L'Italia delle Italie, Firenze, 1979, 11 ss. 42

Ci riferiamo a quelle di GIANNINI espresse in: Ambiente, cit.; Difesa, cit.; I beni culturali nell'ordinamento italiano, in La vinculación de la propriedad privada por planes y actos administrativos (Atti del «IV Congreso Hispano-Italiano de Profesores de derecho administrativo», Marbella, 1975), Madrid, 1976. 43

investe e conforma tutti i beni che costituiscono il territorio e che coincide con la pianificazione del territorio o urbanistica nel senso in cui il termine è stato definito dall'art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977. Anche se, nonostante la chiara dizione e il significato della norma nel contesto normativo, anche in riferimento all'art. 1 l. 28 gennaio 1977, n. 10, la coincidenza dell'urbanistica con la disciplina all'uso del territorio non sembra ancora accolta, se non con contraddizioni, passi indietro, fughe in avanti, tanto dalla giurisprudenza amministrativa quanto dal legislatore statale e regionale, allorquando si tratta di fare scelte concrete. Dal punto di vista concettuale, la regolazione del territorio deve essere intesa come strutturalmente globale: in altre parole non vi sono, in quest'ottica, beni paesistici o beni ambientali differenziati e contrapposti - in quanto beni vincolati (o di interesse pubblico) assoggettati ad una disciplina strutturalmente diversa per ciò che riguarda le situazioni proprietarie - ai beni che a tale disciplina non sono sottoposti. La regolazione del paesaggio e del territorio è generale e globale, prevista e legittimata come tale dalla norma costituzionale: ciò non esclude che vi possano essere norme che regolano submaterie o specie o complessi normativi di settore e di sottosettore (e quindi, ad esempio, le norme sui parchi o sui centri storici, o sulle aree vincolate a difesa idrogeologica, o sulla protezione della natura e sulle riserve naturali e via dicendo) e norme che pongono l'uso per beni o metodologie per piani e provvedimenti differenziate a seconda delle singole destinazioni in atto o previste o per le situazioni di fatto; così come che queste discipline, in parte, possano essere attuate e applicate da diversi organi o complessi organizzatori e che quindi vi siano norme e competenze amministrative sulle foreste, sui parchi (v.), sui centri storici, sui beni demaniali, sulle piste da sci, sui porti turistici, sulle cave (v. Cave e torbiere )44, sui complessi ricettivi e turistici in genere, e via Non sono mancati i tentativi di un inserimento dei provvedimenti relativi all'apertura di cave nella disciplina urbanistica intesa come globale per il territorio: e in talune leggi regionali questa soluzione è stata accolta (art. 55 l. rg. Piem. n. 56 del 1977). Dopo talune sentenze favorevoli a questa interpretazione (TAR Em.-Rom. 27 novembre 1975, n. 544, in I TAR, 1976; TAR Piem. 22 novembre 1976, n. 442) la dizione dell'art. 1 l. n. 10 del 1977 e dell'art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977 aveva portato a nuove sentenze che ritenevano indispensabile la concessione prevista dalla l. n. 10, cit., anche per le cave, TAR Tosc. 22 marzo 1978, n. 105, in I TAR, 1978, I, 2114; TAR Ven. 28 febbraio 1979, n. 31, ivi, 1979, 1201; TAR Ven. 24 ottobre 1978, n. 879, con nota di SALA, Modificazione dei principi fondamentali nella legislazione concorrente: obblighi della concessione edilizia per le cave?, in Le Regioni, 1979, 938; Pret. Pavia 16 ottobre 1978, in Giust. civ., 1978, II, 238; Pret. Bassano del Grappa 28 aprile 1978, in Riv. giur. ed., 1978, I, 648; in dottrina per la tesi della concessione PREDIERI, La legge 28 gennaio 1977 n. 10 sulla edificabilità dei suoli, Milano, 1972, 778; CERULLI IRELLI, in I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali a cura di A. BARBERA e F. BASSANINI, Bologna, 1978; CUTRERA, Concessione edilizia e pianificazione urbanistica, Milano, 1977, 96; TORRANI, La trasformazione del territorio, in La nuova legge sui suoli, Milano, 1977, 41 s.; JANNELLI, Le violazioni edilizie, Milano, 1977, 65; DI GIOVINE, Attività estrattiva e pianificazione del territorio, Milano, 1976; ARRIA, L'urbanistica e la nuova disciplina dei suoli, Verona, 1978, 28; BOTTINO e BRUNETTI, Il nuovo regime dei suoli, Roma, 1977, 42; PIFFERI, Concessione edilizia, Padova, 1977, 22; COLELLA e SPAGNA MUSSO, La nuova disciplina sulla edificabilità dei suoli, Genova, 1978, 31; PALMISANO, Attività estrattiva di cava e concessione edilizia, in Giur. it., 1978, II, 237; GIUFFRÈ V., Il regime delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie, Napoli, 1979, 6. Ma dopo un certo travaglio di giurisprudenza, taluni TAR e taluni autori hanno mutato opinione, ad esempio il TAR Toscana; la tesi non è stata accolta dal Consiglio di Stato. 44

dicendo. Se da un lato si tratta di una conseguenza di scelte di opportunità derivanti da particolari necessità o situazioni (ad esempio, la legislazione delle regioni a statuto speciale - Trentino-Alto Adige - e delle regioni a statuto ordinario ha inserito o ricondotto la disciplina dei parchi nella normazione urbanistica per superare controversie di competenza), dall'altro le differenze di strumentazione organizzativa appartengono invece a sedimentazioni storiche che non sono solo censurabili dal punto di vista di una efficienza operativa (e come tali viziate di illegittimità in relazione all'art. 97 cost.) ma acquistano effetti perversi, quando non dirompenti, rispetto al modello di organizzazione dell'attività pubblica sul territorio45 quale risulterebbe dai princìpi che regolano la materia. Le vicende legislative della tutela del paesaggio (non difformi in questo da altre leggi relative al territorio)46 mostrano come da leggi provvedimento considerate del tutto eccezionali (ad esempio, la legge sulla pineta di Ravenna del 1905), la regolazione sia passata a mano a mano a leggi settoriali individuanti un regime vincolistico per categorie di beni, fondato, nel caso delle bellezze naturali, sul divieto di modificare la forma dei beni vincolati salva autorizzazione; oppure si sia tradotta in leggi locali, a competenza territoriale limitata (leggi speciali per talune aree, leggi sui parchi nazionali; v. Parchi ). È una facile constatazione registrare una evoluzione verso pianificazioni di settore (nel nostro caso, in particolare, i piani paesistici previsti dalla l. n. 1497 del 1939) che però il più delle volte non erano previste come articolazioni necessarie o, quanto meno, come normali nell'attività di tutela. Questa, nella legge del '39, era imperniata ancora sulla coppia vincolo-autorizzazione caso per caso, dimostrando che la legge era già vecchia al momento in cui nasceva, come è agevole constatare paragonandola alla quasi contemporanea legge urbanistica del 1942 (l. 17 agosto 1942, n. 1150), strutturata secondo un modello di pianificazione territoriale assai più moderno47. La successiva fase porta ad una sincretizzazione di discipline settoriali, sino a giungere, almeno tendenzialmente, ad una unitaria disciplina dei beni costituenti il territorio, per quanto riguarda la modificazione che al territorio stesso, alla sua forma e alla forma dei beni viene apportata da insediamenti e infrastrutture. Disciplina che tende a muoversi non più nell'angolo visuale di una facoltà di modificazione territoriale inerente alla proprietà e vincolata, caso per caso, con provvedimenti individuali o collettivi pianificatori, ma di una

Molte utili indicazioni e descrizioni si trovano in SERNINI, Il governo del territorio, legge speciale contro legge generale, Milano, 1973; ID., Il governo speciale del territorio, in Territorio e società italiana negli anni '70 a cura di M. BRUFFATTO e P. CROSTA (Atti del seminario, Venezia, 7-28 aprile 1975), Venezia, 1975. 45

Per tutti rinviamo ad ANZON, Il regime dei beni culturali nell'ordinamento vigente e nelle prospettive di riforma, in Ricerca sui beni culturali (Camera dei deputati - Segretariato generale), I, Roma, 1975, 91 ss. 46

L'arretratezza di impianto della l. n. 1497, cit. ha contribuito allo spostamento di poteri verso il subsistema regionale-locale. Va anche notato che un consimile divario può ravvisarsi nella istituzione del Ministero per i beni culturali. 47

conformazione della proprietà attribuita alla decisione pubblica, per cui il mutamento del territorio è legittimo solo se conseguente a questa decisione48 . È ovvio che non vi sia un processo evolutivo lineare ma che vi siano frequenti andirivieni, causati dalle pressioni degli interessi economici coinvolti - e anche di quelli non economicisti, sociali e culturali, via via tendenti ad aggregarsi in associazioni protezionistiche - e dalle tensioni fra i vari apparati centrali e fra questi e quelli del subsistema regionale-locale. Questa disciplina, unitaria nelle strutture di fondo, appare fondata concettualmente, soprattutto, sulla conformazione della proprietà correlata ad una espansione di poteri pubblici, ai quali appartiene la scelta della destinazione e dell'uso, del se, come e quando effettuare un'alterazione dello status quo49 Scelta compiuta dalle leggi e dai provvedimenti amministrativi generali e individuali assunti in base alla legge, e riservata ai poteri pubblici competenti. A questa disciplina è correlato un divieto assoluto, sanzionato in via amministrativa e penale, di effettuare mutamenti al di fuori delle decisioni pubbliche, con la conseguenza che tutto ciò che è mutato illegittimamente va rimesso in pristino, previa distruzione di ogni costruzione, secondo la normazione della l.

Sulla proprietà conformata GIANNINI M. S., Basi costituzionali della proprietà privata, in Politica del diritto, 1971, 495; SANDULLI A. M., Profili costituzionali della proprietà privata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 471; PREDIERI, Urbanistica, cit.; ID., La legge 28 gennaio 1977, n. 10, cit. 48

Va ricordato che anche per le opinioni della Corte costituzionale (espresse in C. cost. 30 gennaio 1980, n. 5, in Giur. cost., 1980, 21 ss. e C. cost. 15 febbraio 1980, n. 13, ivi, 102 ss., che hanno ritenuto, con una soluzione non condivisibile, che la facoltà di edificare sia tuttora inerente alla proprietà privata) la legittimità costituzionale di questi poteri - proprio con il richiamo agli avverbi usati nel testo - non entra in discussione. La conseguenza è una diversa costruzione concettuale, a seconda che l'imputazione al soggetto privato o pubblico della facoltà di edificare o, meglio sarebbe dire, di trasformazione del territorio (e questa è la locuzione dell'art. 1 l. n. 10 del 1977), possa estrinsecarsi solo con riferimento ai piani che consentono in tutto o in parte le possibilità di modificazione del territorio e ne regolano le modalità, oppure se essa inerisca alla proprietà e quindi incontri vincoli posti legittimamente dai piani urbanistici oppure di quelli del tipo paesistico derivanti dalla l. n. 1497, cit. in relazione ai quali il divieto di modificazione esige motivazioni esplicite ed indicazioni specifiche (così come è stato costantemente ritenuto dalla giurisprudenza: v. Cons. St., sez. IV, 6 dicembre 1977, n. 903, in Cons. St., 1977, I, 1960; Cons. St., sez. IV, 24 giugno 1977, n. 653, in Foro it., 1978, III, 19). 49

n. 10 del 1977, di cui va sottolineata l'importanza concettuale50 e fattuale per le considerazioni sulla primazia degli strumenti urbanistici dei quali si parlerà in seguito (v. infra, § 8).

In questo senso, più ampiamente PREDIERI, La legge 28 gennaio 1977, n. 10, cit.; BAJNO, La tutela penale, cit. Questo è il punto finale di un processo evolutivo di regolazione del paesaggio come forma del territorio, per cui il mutamento della forma effettuata al di fuori della decisione pubblica è una lesione all'assetto fisico che va rimossa fisicamente. L'art. 15 comma 1 l. n. 1497, cit., statuiva che colui che non ottemperasse agli ordini e obblighi previsti nella legge poteva essere condannato alla demolizione oppure al pagamento di una indennità equivalente alla maggior somma fra danno arrecato e profitto conseguito mediante la trasgressione; la scelta, per giurisprudenza costante, è rimessa alla discrezionalità del Ministro che «deve porsi l'alternativa fra la demolizione e quello di imposizione di indennità risolvendolo in base a logiche considerazioni «(Cons. St., sez. I, 5 aprile 1974, n. 2745, in Cons. St., 1975, I, 364; Cons. St., sez. V, 28 luglio 1972, n. 608, in Riv. giur. ed., 1973, I, 172; Cons. St., sez. VI, 6 giugno 1972, n. 339, ivi, 1973, I, 179; Cons. St., sez. IV, 30 dicembre 1966, n. 1104, in Foro amm., 1966, I, 2, 2043, e in Cons. St., 1966, I, 2035; Cons. St., sez. IV, 8 giugno 1966, n. 510, in Foro amm., 1966, I, 2, 980, e in Cons. St., 1966, I, 1153; Cons. St., sez. IV, 29 dicembre 1964, n. 1005, in Foro amm., 1965, I, 2, 1615). La discrezionalità, in ordine alla quale una specifica valutazione è necessaria per l'irrogazione della sanzione alla demolizione e non di quella pecuniaria (Cons. St., sez. VI, 6 dicembre 1977, n. 906, ivi, 1977, I, 2916) riguarda la scelta tra uno dei due tipi di sanzioni e non l'applicazione di una misura, perché su questa non vi è margine di discrezionalità: quest'ultima vertendo solo sul tipo di misura (Cons. St., sez. IV, 5 febbraio 1969, n. 28, ivi, 1969, I, 2, 66, e in Cons. St., 1969, I, 92; Cons. St., sez. VI, 1° luglio 1971, n. 512, ivi, 1971, I, 1504); sull'argomento, TAMIOZZO, Sulla sanzione pecuniaria in materia di tutela delle bellezze naturali e panoramiche, nota a Cass. 24 febbraio 1978, n. 926 e a Cass. 24 febbraio 1978, n. 927, in Rass. Avv. St., 1978, I, 322. Viceversa la regola stabilita dagli art. 29 e 41 l. n. 1150, cit., modificato dalla l. n. 765 del 1967 è quella della demolizione anche se la legge consentiva in taluni casi di sostituire la demolizione con una pena pecuniaria per un valore equivalente a quello dell'opera abusivamente compiuta, tanto che la giurisprudenza affermava non trattarsi di un provvedimento regressivo ma puramente ripristinatorio in funzione perequativa - correttiva, tale cioè da rendere indifferente per il privato costruttore abusivo la scelta del comune (Cons. St., ad. plen., 17 maggio 1974, n. 5, in Foro amm., 1974, I, 2, 507; per indicazioni di giurisprudenza dei TAR e di dottrina, ASSINI, Abusi edilizi e sanzioni amministrative, Milano, 1979, 236, n. 73 e ivi altre indicazioni). La norma è stata interpretata abbastanza restrittivamente dalla giurisprudenza che, da qualche anno, ha sempre deciso che la sanzione alla demolizione rappresenta la regola come provvedimento primario (Cons. St., sez. V, 11 febbraio 1977, n. 92, in Cons. St., 1977, I, 99) mentre la sanzione pecuniaria per un valore pari all'opera abusiva rappresenta l'eccezione (Cons. St., ad. plen., 17 maggio 1974, n. 5, in Foro amm., 1974, I, 2, 507, e successivamente le altre decisioni, fra cui Cons. St., sez. V, 28 luglio 1978, n. 888, in Cons. St., 1978, I, 1158; Cons. St., sez. IV, 19 luglio 1977, n. 706, in Foro it., 1978, III, 10). È evidente il rovesciamento del criterio tuttora seguito per la l. n. 1497, cit., dipendente dalla vetustà della proposizione dell'art. 15 di questa legge rispetto a quelle più recenti. Sull'evoluzione della giurisprudenza LORIZIO, Urbanistica e Giudice Amministrativo, Rassegna critica di giurisprudenza del Consiglio di Stato sulla legge ponte, Milano, 1976, 389 ss.; POGGI, Rassegna di giurisprudenza sull'urbanistica, I, Milano, 1977, § 512 ss.; vi sono tuttora sentenze di TAR, ad esempio TAR Marche 11 luglio 1977, in Riv. giur. ed., 1977, I, 579, che affermano che il sindaco non può disporre la demolizione del manufatto abusivo quando 'ragioni di pubblico interesse' consiglino l'applicazione di sanzioni pecuniarie. La norma, che è stata applicata abbastanza 50

L'evoluzione legislativa e concettuale ha portato ad una regolazione globale nella quale si situano i beni paesistici o le bellezze naturali o i beni culturali ambientali che non sono più (se mai lo sono stati) riconducibili ad una categoria di beni di interesse pubblico o nazionale51; ogni bene territoriale o immobile è assoggettato al regime di proprietà conformata dagli strumenti legislativi e amministrativi nei quali si attua il governo del territorio. La enucleazione di una categoria di beni di interesse pubblico, se poteva essere accettabile allorquando solo per taluni beni una disciplina di settore conformava la proprietà, non appare più accettabile quando tutti i beni siano oggetto di una funzione di pubblico interesse, qual è la tutela del paesaggio, o comunque l'assolvano52. Dal momento che non si riconosce una categoria di beni di interesse strutturalmente differenziato, anche il problema dell'individuazione dei beni va visto in modo tale che vien meno la problematica sulla identificazione del bene attraverso un atto dichiarativo o di accertamento o acclaramento della qualità di un bene paesistico o, viceversa, mediante un atto che determina l'uso del bene ed è perciò conformativo della proprietà: dovendosi ritenere che, in ogni caso, sia tale ciascun atto di governo del territorio o pianificazione territoriale od urbanistica, di tutela del paesaggio (che, a questo punto, possiamo considerare locuzioni equivalenti dal punto di vista operazionale)53 . Va aggiunto che in questa sede non interessa vedere quale sia l'atto conformativo (il piano o il singolo provvedimento, secondo i casi; v. Piano regolatore ; Urbanistica ) e quale sia il grado di discrezionalità dei singoli atti in questa sequenza: va sottolineato però, nel nostro sistema, il nesso fra conformazione e discrezionalità54. 6. Tutela del paesaggio ex art. 734 c.p.. A questi temi si avvicina quello delle controversie sulla protezione penale fornita dall'art. 734 c.p. Senza diffondersi su questa norma (v. Bellezze naturali ), va ricordato come, dopo un periodo in cui si riteneva principio consolidato in giurisprudenza che l'applicazione È questa la configurazione accolta da SANDULLI, La tutela, cit., 69 ss. e 82 ss. (e sulla scia della C. cost. 29 maggio 1968, n. 56, in Giur. cost., 1968, 884 ss. e - già in precedenza - della C. cost. 9 marzo 1967, n. 24, ivi, 1967, 191 ss., in materia di cave, su cui PREDIERI, Urbanistica, cit., 126); essa (su cui l'ampio volume di PALMI, Beni di interesse pubblico e contenuto della proprietà, Napoli, 1971) è seguita dal Cons. St., sez. VI, 29 maggio 1979, n. 385, in Cons. St., 1979, I, 805. 51

52

Più ampiamente, PREDIERI, op. ult. cit., 136.

53

Per questa tesi, PREDIERI, op. ult. cit., 131 ss.

Sulla discrezionalità nella tutela delle bellezze naturali, ancora PREDIERI, op. ult. cit., 133 ss. Va detto che vi è una certa tendenza della Corte costituzionale e dei giudici amministrativi a non ammettere la discrezionalità tecnica (C. cost. 14 maggio 1966, n. 38, in Giur. cost., 1966, 686 ss.; Cons. St., sez. VI, 29 maggio 1979, n. 385, in Cons. St., 1979, I, 805), ma, anche degli stessi giudici amministrativi, a sindacare taluni provvedimenti sotto il profilo dell'eccesso di potere per difetto di presupposto, sino all'ipotesi limite di raggiungere, di fatto, risultati analoghi a quelli dell'ordinamento francese, ove il giudice amministrativo giudica nell'effettività il vincolo a tutela del bene culturale, cfr. DE LABAUDÈRE in La tutela del paesaggio a cura di F. LEVI, cit., e ivi la nota di HAURIOU, per la quale v. anche Recueil Sirey, 1917, III, 25. 54

dell'art. 734 c.p. presupponesse necessariamente l'atto amministrativo che individui o determini la cosa o la località soggetta al regime speciale previsto dalla l. n. 1497, cit., e si ribadiva che la dichiarazione dell'autorità, che sottopone a vincolo determinati luoghi, costituisse un presupposto e non un elemento essenziale del reato55, cominciò ad affacciarsi una opposta tesi secondo cui può sussistere il reato anche quando l'autorizzazione sia stata ottenuta: rientra nell'esclusivo potere del giudice accertare se, in concreto, l'opera eseguita (demolizione, costruzione od altra opera) abbia distrutto, alterato, deturpato od occultato le bellezze naturali soggette al vincolo paesaggistico,

Cass. 20 marzo 1973, in Giur. it., 1975, II, 88; Cass., sez. VI, 3 luglio 1972, in Giust. pen., 1973, II, 268; Cass., sez. VI, 9 aprile 1968, in Riv. giur. ed., 1970, I, 244; contra, Pret. Napoli 15 febbraio 1952, in Foro Nap., 1952, II, 30 s.; cfr. PETRONE, La tutela penale dei beni culturali, in Ricerca sui beni culturali, cit., I, 279; VIGNA e BELLAGAMBA, Le contravvenzioni nel codice penale, Milano, 1974, 358. Si precisava che l'inclusione della località nell'elenco dei luoghi dichiarati di notevole interesse pubblico e la pubblicazione dell'elenco nell'albo dei comuni interessati basta a far sorgere il vincolo d'indisponibilità del bene, ancor prima della pubblicazione del decreto d'approvazione dell'elenco stesso, di competenza del Ministro per la pubblica istruzione (ora Ministro per i beni culturali e ambientali) e da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale con la conseguenza che, nell'intervallo tra la pubblicazione dell'elenco nell'albo comunale e la pubblicazione del decreto ministeriale nella Gazzetta Ufficiale, la distruzione o alterazione della bellezza naturale integra il reato di cui all'art. 734 c.p. (Cass., sez. I, 1° dicembre 1971, in Giust. pen., 1972, II, 219; Cass., sez. III, 23 febbraio 1970, in Rass. Avv. St., 1971, I, 490; Cass., sez. VI, 24 aprile 1968, in Esposizione di giurisprudenza sul codice penale diretta da A. BRANCACCIO e G. LATTANZI, III, Milano, 1972, 758. Cfr. Cass. 25 novembre 1977, in Riv. pen., 1978, 893). È stato precisato secondo talune sentenze che i subprocedimenti per l'imposizione del vincolo per bellezze individue e quello per bellezze di insieme hanno effetti diversi cosicché l'inclusione nell'elenco nel primo caso non produce un vincolo ma renderà applicabili le misure di salvaguardia previste dall'art. 8 l. n. 1497, cit.: TAR Camp. 10 maggio 1976, n. 223, in Foro it., 1977, III, 300; in dottrina, in senso conforme ALIBRANDI e FERRI, I beni culturali, cit., 280. Mentre nel secondo gli effetti del vincolo decorrono dalla pubblicazione dell'elenco e non dal decreto ministeriale in questo senso appare costante la giurisprudenza della Cass. 24 febbraio 1978, n. 927, in Giust. civ., 1978, I, 600, e del Consiglio di Stato, mentre era di diverso avviso il Consiglio per la giustizia amministrativa della regione siciliana: sul punto, a favore della tesi ricordata, Cons. St., ad. plen., 6 maggio 1976, n. 3, in Foro amm., 1976, I, 1235; successivamente Cons. St., sez. VI, 18 novembre 1977, n. 864; contra, TAR Sar. 3 maggio 1978, n. 188, in I TAR, 1978, I, 3047. In argomento RINAUDO, Sul momento costitutivo del vincolo paesaggistico e sussistenza della contravvenzione di distruzione o deturpamento di bellezze naturali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1979, 343. 55

indipendentemente dalla concessione o meno dell'autorizzazione56. Al di là delle considerazioni sulle tensioni fra giudici e amministrazione che le sentenze denunziano e che vanno riportate al mutamento di ruolo, e ancor più di immagine, della magistratura negli anni successivi alla crisi istituzionale del 1968, è evidente il collegamento fra l'orientamento dei giudici penali ora ricordato, basato sulla interpretazione di un sistema di tutela penale reale57 che estende la tutela a prescindere da dichiarazioni, e la opinione della bellezza naturale come bene che di per sé, naturaliter, ha un determinato carattere che l'amministrazione dichiara e che, se essa non dichiara, è accertato dal giudice. Se il principio ricostruttivo da accogliere è quello della proprietà conformata e cioè dell'uso imposto dal piano, le conclusioni sono differenti in un regime di pianificazione territoriale globale (qual è, secondo la legge, quello italiano; v. infra, § 8)58. Cass., sez. VI, 15 maggio 1968, in Cass. pen. mass., 1969, 790, in Giust. pen., 1969, II, 330, e in Foro it., 1969, II, 232; FORNO, Atto amministrativo permissivo e colpevolezza nelle contravvenzioni: a proposito dell'art. 734 c.p., in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 976; CANZIO, La tutela dell'ambiente naturale e l'art. 734 c.p., in Riv. giur. ed., 1971, II, 86. Si è aggiunto che «Non è ravvisabile nell'art. 734 c.p. una norma penale con funzione meramente sanzionatoria della l. 29 giugno 1939, n. 1497. Al contrario, la disposizione contiene, oltre la sanzione, anche l'autonomo precetto di non distruggere o alterare le bellezze naturali. Conseguentemente, si ritiene costituire errata interpretazione della norma penale, e non già errore di fatto, il ritenere lecita l'alterazione delle bellezze naturali per il solo fatto che essa sia stata autorizzata dalla pubblica amministrazione «(Pret. Pietrasanta 11 gennaio 1970, in Riv. giur. ed., 1972, I, 250, e in Arch. pen., 1972, II, 625; cfr. Pret. Muro Lucano 29 marzo 1972, in Giust. pen., 1972, II, 737, e in Giur. merito, 1974, III, 35 e 83, con nota critica di MONACO, Tutela amministrativa delle bellezze naturali e àmbito di valutazione del giudice penale). Analogamente Pret. Parma 24 aprile 1975, in Riv. giur. ed., 1976, I, 633, con nota di Cacciavillani. Anche la Cassazione ha seguito questa tesi confermando la sentenza della Pret. Pietrasanta 11 gennaio 1970, cit.; Cass., sez. feriali, 18 agosto 1972, in Riv. pen., 1973, II, 43, e in Cass. pen. mass., 1973, 1220. Dopo di che sono cominciate le oscillazioni: Cass., sez. VI, 14 novembre 1977, ivi, 1978, 655, ha stabilito che la soprintendenza ai monumenti è unica competente a valutare la compatibilità di un'opera con il vincolo gravante sulla zona ai sensi della l. n. 1497, cit., onde in caso di nullaosta della soprintendenza la contravvenzione non sussiste. Il giudice penale ha però il potere-dovere di sindacare la legittimità dell'atto amministrativo, disapplicandolo ove lo ritenga, con adeguata motivazione, illegittimo. La sentenza è annotata sfavorevolmente da LATTANZI, Disorientamenti giurisprudenziali in tema di distruzione o deturpamento di bellezze naturali, ivi; Cass. 19 giugno 1978, in Riv. pen., 1979, 428, torna a dire che «il reato di cui all'art. 734 c.p. non può essere escluso, nella sua oggettività, da una autorizzazione amministrativa (nella specie: licenza edilizia); quest'ultima se mai, è idonea a far dubitare dell'elemento psichico; ma è indagine da farsi caso per caso, con congrua motivazione, che indichi gli elementi di fatto da cui il giudice di merito desume la prova della insussistenza dell'elemento psichico, ovvero dubiti in ordine ad esso». Analogamente Pret. Vicenza 16 dicembre 1977, in Giust. pen., 1978, II, 494, mentre Cass. 16 marzo 1978, in Riv. pen., 1978, 893, afferma che la norma è dettata solo a tutela delle bellezze naturali e quindi non riguarda le zone in cui vigono vincoli idrogeologici. 56

57

L'espressione è di MANTOVANI, Lineamenti, cit., § 6.

Resta aperto il problema della non totale applicazione dello strumento pianificatorio allo stato della nostra normazione (nonostante che l'istituzione delle regioni abbia grandemente diminuito il numero dei comuni inadempienti). 58

7. La tutela del paesaggio come attuazione dei valori di sviluppo personale e di mutamento sociale di cui all'art. 3 comma 2 cost. La norma relativa alla tutela del paesaggio, e cioè alla regolazione degli interventi sulla forma del territorio, in una azione condizionata dalla struttura della società e condizionante a sua volta i consociati, nella quale l'apparato agisce come uno degli elementi strutturali dei processi socio-economici di trasformazione, appartiene, a ragione, ai princìpi costituzionali che pongono le regole basilari dello Stato-comunità e, insieme, quelli dell'azione dello Stato-apparato59 contribuendo a caratterizzare lo Stato come Stato di cultura60. Esso deve esercitare i suoi poteri per raggiungere una regolazione degli interventi che contribuisca all'attuazione dei fini costituzionali e, fra essi, alla trasformazione sociale che è imposta dall'art. 3 comma 2 cost. In questo senso l'art. 9 comma 2 cost. pone una norma che costituisce un punto di incontro attivo e dinamico dei tre elementi costitutivi dello Stato (popolo, territorio, governo)61 . Essa indirizza e regola, attraverso l'apparato dello Stato-governo, l'azione della comunità popolare sul territorio e insieme recepisce le osmosi e le contraddizioni della società o popolo; determina gli spazi di facoltà e di potere della comunità e dell'apparato che traggono la loro ragione dagli interventi sul territorio. Quest'ultimo viene considerato come elemento fondamentale non tanto per la sussistenza nozionale della struttura e del potere dello Stato; ma perché è, insieme, oggetto dell'azione dello Stato-apparato e dello Stato-comunità. Il potere sul territorio, non inteso come àmbito di sovranità, ma come oggetto di azione giuridica diretta, si sostanzia e si specifica nella tutela del paesaggio, come potere di regolazione degli interventi delle attività umane sul territorio, in un mutamento che conservi i valori culturali e storici della nazione - e cioè della continuità culturale del popolo - e migliori la qualità della vita e le possibilità di sviluppo della persona, nel quadro della norma fondamentale, della supernorma costituzionale, costituita dall'art. 3 comma 262 . Come altrove è stato rilevato, in essa appaiono due modelli di struttura socioeconomica, quello di una società rifiutata per gli ostacoli che frappone allo sviluppo della personalità e quello

Che la collocazione sia pienamente giustificata e logica è ormai opinione generale, che supera quelle di più antica data (ricordate da SANDULLI, La tutela, cit., 68, e da PREDIERI, Urbanistica, cit.) che non avevano apprezzato né valutato appieno il significato della norma. 59

SANDULLI, op. ult. cit., 69, con riferimento a SPAGNA MUSSO E., Lo stato di cultura nella costituzione italiana, Napoli, 1961. 60

Secondo la dottrina tradizionale per la quale il territorio è elemento fondamentale dello Stato, essenziale per la sua organizzazione come coefficiente della determinazione concreta del potere di imperio dello Stato, cfr. CERETI, Costituzione e territorio, in Scritti giuridici in memoria di V. E. Orlando, Padova, 1957, 401 ss. 61

Per questa definizione, PREDIERI, Pianificazione e costituzione, cit., 41 ss. Sull'art. 3 comma 2 gli scritti sono ormai numerosi e contrastanti le interpretazioni sulla portata, sulla stessa genesi e sul suo significato nella ricostruzione della Costituzione italiana, sull'impatto nella realtà politica e giuridica: per una sintesi abbastanza recente ROMAGNOLI U., Il Principio di eguaglianza sostanziale, in Commentario della Costituzione, cit., 162 ss. 62

della società prefigurata, alla cui instaurazione dev'essere indirizzata l'attività degli apparati. L'uno e l'altro modello sono schemi estremamente sintetici63 , allusivi, più che rappresentativi, di un fenomeno della realtà sociale, antagonistici, ma non simmetrici: deve essere superato e abbandonato il modello di società che il Costituente conosceva e che non è troppo diverso da quello che conosciamo oggi, pur dopo i grandi mutamenti socioeconomici che abbiamo avuto, dal momento che essi non solo non hanno mutato le strutture profonde dell'organizzazione economica della società, ma in taluni casi hanno aggravato contraddizioni e tensioni. E nessun esempio può essere più calzante di quello del degrado del paesaggio e dell'ambiente. In questa cornice, la tutela del paesaggio è, con maggiore evidenza di altre, un'azione che va condotta per l'attuazione dei valori costituzionali di sviluppo e dispiegamento della persona nell'ambiente fisico, sociale, culturale in cui essa vive ed agisce64, alla cui formazione contribuisce e da cui è condizionata, e dei valori di inserimento della persona nelle formazioni sociali (che sono, in misura maggiore o minore, legate al territorio e talune caratterizzate dalla preminenza del carattere territoriale), e di partecipazione sociale, di accrescimento culturale - in contrapposizione ad interessi economicistici di rendita e di profitto65 - e di mutamento della società. Questa azione, importante proprio perché agisce in nodi di potere fattuale e conflitti sociali drammatici66 , che arrivano sino alla contestazione di un tipo o modello di sviluppo economico e di assetto socioeconomico, deve essere esercitata dall'intero apparato nei vari subsistemi, degli organi centrali, dei

Più ampiamente, sulla nozione di modelli, intesi come schemi rappresentativi di un fenomeno della realtà sociale o di costruzione per l'analisi di un fenomeno della realtà sociale - tenendo conto che non siamo di fronte ad un modello desunto dagli studiosi dai dati (normativi e non normativi) ma di fronte ad un dato normativo - e sui due modelli PREDIERI, Urbanistica, cit., 26 ss., con indicazioni bibliografiche; da una partenza sostanzialmente analoga si muove l'acuta ricostruzione di ROMAGNOLI, op. cit. 63

Questi nessi sono sanciti dall'art. 2 della Costituzione della Repubblica federale tedesca e dall'art. 15 della Costituzione della Repubblica democratica tedesca e ancor più nettamente dall'art. 66 della Costituzione portoghese e 45 della Costituzione spagnola. Per la dottrina della Repubblica federale tedesca a favore della tesi secondo cui gli art. 1 e 2 della Legge fondamentale fanno considerare il diritto all'ambiente come un diritto fondamentale, RUPP H., Die verfassungsrechtliche Seite des Umweltscutzes, in JZ, 1971, 404 ss.; ID., Vom Wandel der Grundrechte, in Arch. öff. R., 1976, 178 ss.; WEBER W., Umweltschutz im Verfassung- und Verwaltungsrecht, in Deutsche Verwaltungsblätter, 1971, 806; SENING S., Das Grundrecht auf Nataturgenuss im Widerstreit der Meinungen, in Bayerische Verwaltungsblätter, 1976, 72 ss., specialmente 76; ID., Zum Umweltgrundrecht der Bürgers, ivi, 1978, 205. Contra, ULE C. H., Umweltschutz im Verfassung- und Verwaltungsrecht, in Deutsche Verwaltungsblätter, 1972, 437; MARTENS M., Rechtsfragen der AnlagenGenehmigung nach dem Bundes - Immissionsschutzgesetz, in Hamburg - Deutschland - Europa, Festschrift für H. P. Ipsen, Tübingen, 1977, 451. 64

65

Più ampiamente, PREDIERI, op. ult. cit., 34 ss.

A cominciare dalle tensioni fra tutela dell'ambiente, le esigenze della produzione industriale e quelle occupazionali, per tutti GERELLI, Economia e tutela dell'ambiente, Bologna, 1974. 66

poteri regionali locali, degli enti strumentali, delle imprese pubbliche67, e concorre con le altre ugualmente volte al mutamento, assumendolo come scopo (e legittimazione) del potere dell'apparato. In tal modo si postula la realizzazione di un nuovo equilibrio di poteri nell'àmbito della società, non solo nel senso del costituzionalismo tradizionale, di ripartizione di potere tra gli organi costituzionali o dell'apparato (anche se questo aspetto non manca di importanza in vista di formule organizzative e procedimentali), ma anche in funzione di aggregazioni innovatrici. Questi mutamenti di potere istituzionale come economico, decisionale come culturale, consentono che si realizzi il mutamento che prevede la Costituzione: in parte almeno, perché è nella natura di quel mutamento il non essere mai compiutamente realizzato e porsi come un obiettivo mobile, un processo continuo che stimola i poteri e in cui si collocano i contropoteri che operino al di fuori delle strutture predisposte e dei processi istituzionalizzati. In questo quadro istituzionale, la tutela del paesaggio e cioè il governo del territorio si muove secondo gli indirizzi costituzionali di aumento di partecipazione, di conformazione della proprietà alla funzione sociale, di protezione della domanda di cultura, con le implicazioni conseguenti nella promozione delle attività pubbliche e private68 e nella disciplina dei beni privati e pubblici. 8. La conformazione della proprietà e la pianificazione urbanistica come strumenti di tutela del paesaggio quanto globale del territorio. Si colloca in questa dimensione la configurazione di una conformazione della proprietà privata come mezzo tecnico per raggiungere i fini di mutamento della società. Formula che sembra preferibile a quella di una configurazione di patrimonio paesistico che non coincide con la proprietà dei beni o che fa coesistere sullo stesso bene fisico diritti diversi, Che la realtà sia ben diversa è noto: le denunzie dell'inefficienza e insufficienza, delle omissioni e delle incapacità dei poteri pubblici sono frequenti (e per tutti può essere ricordato, oltre ai volumi della commissione Franceschini, citati supra, nt. 33, CEDERNA A., La distruzione della natura in Italia, Torino, 1975) pur se mancano indagini, al di là di singoli casi di malcostume, di corruzione o di malgoverno, sulla distribuzione di responsabilità fra i vari operatori, amministrazioni centrali, enti locali, assemblee elettive, giudici e sulle loro cause (inefficienze oggettive per difetti di legge, di predisposizioni di adeguate strutture per l'attuazione delle leggi, ovvero di copertura amministrativa, come oggi si dice ed inefficienza per mancanza di preparazione culturale; corruzione e collusioni e via dicendo) e sulle loro modalità (omissione di attività di tutela oppure uso distorto dei poteri esercitati). 67

In quest'àmbito sono costituzionalmente legittimi gli ausili a privati così come una eventuale normazione di sostegno ad associazioni e fondazioni protezioniste; sul loro ruolo, LEVI, Italia, cit., 31; sulle importanti esperienze straniere soprattutto quella britannica del National Trust, FEDDEN, The National Trust Past and Present, London, 1974; GARNER, in La tutela del paesaggio a cura di F. LEVI, cit., 250; e sul National Trust degli Stati Uniti modellato su quello inglese, HINES, Stati Uniti d'America, ivi, 299 (anche in Italia è stata tentata un'esperienza simile con una fondazione, il Fondo per l'ambiente italiano); qualche frammento di normazione di questo genere per le associazioni, alcune delle quali hanno assunto considerevole importanza (particolarmente Italia Nostra e il World Wild Found) si possono trovare nelle leggi regionali e, di più, nella prassi amministrativa delle regioni riguardo alle quali è significativo il riconoscimento posto dall'art. 49 d.P.R. n. 616. cit. 68

fra cui quello di una funzione comune o collettiva dei valori e beni paesistici (tanto che si può parlare in questo senso di socializzazione o collettivizzazione del paesaggio69 con una stretta vicinanza all'uso collettivo del bene demaniale o, per usare una classificazione più aggiornata, alla funzione collettiva dei beni pubblici ad essa destinati)70 . Una tale ricostruzione a parere di chi scrive non può essere che inquadrata nello schema di tutela del paesaggio come governo globale del territorio quale si realizza attraverso il mezzo della conformazione delle singole proprietà alla funzione determinata dal potere pubblico con gli strumenti previsti dalla legge e, in misura determinante (secondo il modello legale), con i piani che hanno per oggetto il territorio. Consegue alle premesse che un qualsiasi bene viene conformato e destinato con le concrete prescrizioni che lo strumento pianificatorio prevede (ad esempio, la destinazione a verde agricolo con possibilità di fabbricare solo edifici serventi il fondo agricolo e con determinate volumetrie, distanze e via dicendo; oppure destinazione ad area di riserva paesistica, senza possibilità di edificazione e di alterazione dell'assetto quale risulta al momento del piano, e quindi con fruizione visiva collettiva). Ciò non comporta che sul bene trovino supporto più situazioni; a meno di non voler considerare tale la legittimazione ad adire il giudice competente per ottenere la rimozione sul piano fisico o su quello giuridico (secondo i tipi di tutela predisposti dall'ordinamento) di quanto venisse effettuato in violazione del provvedimento conformatore o della sanzione conseguente alla violazione della norma. Sempre partendo da queste premesse il problema della indennizzabilità dei vincoli imposti ai beni71 non si pone (o si pone solo nel senso di escludere la costituzionalità di una previsione normativa di tale indennizzo) perché la conformazione va vista non come imposizione di vincoli ad un bene che antecedentemente al provvedimento ne era privo (donde la possibilità di porsi il problema dell'indennizzo) ma come regolazione con una attribuzione costitutiva di posizioni, di facoltà e di quantificazione di facoltà che non consente il riferimento ad un parametro esterno, rispetto a cui possa essere stato dato o tolto: perché l'unico parametro per il provvedimento conformativo è dato dalla legge o dagli atti ad essa sottordinati. Con la conseguenza che non potranno avere una sottrazione di facoltà di modificazione del territorio o di quella porzione del territorio costituita da quel determinato immobile, perché tale facoltà può essere esercitata dal soggetto,

PREDIERI, Urbanistica, cit., 47; successivamente SAINT MARC, Socialisation de la nature, Paris, 1972, in particolare 298 ss. 69

Ci riportiamo alla classificazione di GIANNINI M. S., Diritto pubblico dell'economia, Bologna, 1977, 80, che annovera fra i beni pubblici a fruizione collettiva il lido del mare, la spiaggia, i laghi, le strade e i beni culturali. Che nella realtà la fruizione collettiva di alcuni di questi beni, e proprio di quelli di rilevanza paesistica, sia stata ridotta da privatizzazioni in larghissima parte abusive - ci riferiamo allo scempio perpetrato per anni dal demanio marittimo - è risaputo, anche se va registrata una recente tendenza di segno contrario derivante dalle esigenze diffuse e dalla maggiore coscienza. 70

Su cui ANZON, Il regime dei beni culturali, cit., 147; ALIBRANDI e FERRI, I beni culturali, cit., 606; per la legittimità costituzionale dell'obbligo di indennizzo per considerazioni diverse da quelle svolte nel testo, cfr. C. cost. 29 maggio 1968, n. 56, in Foro it., 1968, I, 1361. 71

proprietario o comunque in relazione qualificata con il bene, solo se esso è abilitato dal potere competente con un provvedimento additivo o costitutivo di facoltà che in precedenza quel soggetto non aveva. Ne deriva che nessun indennizzo è dovuto a carico della collettività, perché nessuna ablazione viene effettuata: e le norme che lo prevedono (art. 16 comma 2 l. n. 1497 del 1939) non appaiono legittime72. Partendo da altre premesse, sono state date altre classificazioni dei beni ambientali come beni a proprietà divisa o come beni supporto di situazioni diverse di fruizione. Tale fruizione potrà essere maggiore o minore, andrà da quella visiva e collegata prevalentemente ad una difesa dello status quo, all'accesso73 per consentire talune forme di godimento tipiche di un uso collettivo; e comporterà una partecipazione nell'attività di tutela e di pianificazione così come la possibilità di tutela, anche giudiziaria, tanto della funzione collettiva quanto dalla stessa consistenza patrimoniale del territorio o del paesaggio. 9. La tutela nella suddivisione di competenze tra Stato e regioni. La presenza della norma sulla tutela del paesaggio nella Costituzione comporta che essa debba essere osservata ed attuata dall'intero apparato della Repubblica. La ripartizione delle competenze fra Stato e regioni ha dato luogo a interpretazioni contrastanti e a normazioni diverse. La tesi affacciata in un primo momento secondo cui la materia apparteneva alla competenza esclusiva dello Stato, in quanto la Repubblica di cui parla l'art. 9 comma 2 doveva di necessità coincidere con lo Stato, è stata superata, anche Molto correttamente la l. prov. Bolzano 25 luglio 1970, n. 16, modificata dalla l. prov. Bolzano 19 settembre 1973, n. 37, successiva alla C. cost. 29 maggio 1968, n. 56, cit., che riconosceva la legittimità della normazione della provincia di Bolzano corrispondente all'art. 16 comma 1 l. n. 1497, cit., non contiene una disposizione analoga a quella del comma 2 dell'articolo stesso. La illegittimità di un indennizzo non esclude però che possano essere concessi in questi casi (come in altri analoghi) ausili finanziari a categorie protette o favorite dalla Costituzione (piccoli agricoltori, popolazione di montagna, ecc.): v. art. 6 comma 2 l. rg. Lomb. 17 dicembre 1973, n. 58; l. rg. V. d'A. 11 novembre 1974, n. 44 (come modificata della successiva l. rg. V. d'A. 21 marzo 1975, n. 6) e art. 11 l. rg. Tosc. 21 dicembre 1979, n. 61; e in generale PREDIERI, L'indennizzo personalizzato, Milano, 1975. 72

In argomento ASSINI e BASILE, La proprietà fondiaria e il diritto di accesso alla natura, in Giur. cost., 1976, 697 ss.: gli autori prendono spunto dalla C. cost. 25 marzo 1976, n. 57 (in Foro it., 1976, I, 1795, con nota di Messerini) che ha dichiarato la illegittimità dell'art. 842 c.c. e dell'art. 30 r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, approvazione del t.u. sulla caccia, che consentono di entrare nell'altrui fondo per esercitare la caccia, mentre esclude chi voglia penetrarvi per fotografare animali selvatici; per l'accesso alla natura v. art. 141 n. 3 della costituzione bavarese: «Ognuno è autorizzato a godere delle bellezze naturali, a riposarsi all'aria aperta, e soprattutto a circolare nelle foreste e nei pascoli di montagna, a navigare sulle acque e a coglier frutti selvatici in quantitativi che non oltrepassino l'uso locale. Lo Stato e i comuni hanno il diritto e l'obbligo di mantener libero al pubblico accesso alle montagne, ai laghi, ai corsi d'acqua e alle altre bellezze naturali e di renderli accessibili, ove sia necessario, limitando il diritto di proprietà, nonché quello di far costruire strade turistiche e parchi pubblici», nonché la sez. 59 della legge britannica del 1949 sui parchi nazionali e sull'accesso alla campagna, modificata dalla sez. 16 della legge del 1968 sulla campagna: in argomento GARNER, op. cit., 249. 73

per valide ragioni testuali74. Successivamente varie interpretazioni sono state proposte. Le une tendevano a considerare la tutela del paesaggio, nel senso indicato in precedenza, come competenza che apparteneva, nei diversi àmbiti o livelli, allo Stato e alle regioni, in quanto evidenziata dalle competenze in materia di urbanistica, di agricoltura e quindi di flora e parchi, di caccia e quindi di fauna, di lavori pubblici previsti nell'art. 11775. Altre tendevano a considerare l'urbanistica come assetto globale del territorio in cui si realizza la tutela del paesaggio (inteso in senso più restrittivo) e del patrimonio culturale76; mentre altre ancora rimanevano ancorate alle nozioni restrittive di urbanistica come regolazione dei centri urbani e di paesaggio come bellezze naturali: e in tal modo coincidevano con la tesi inizialmente prospettata dell'esclusività della competenza statale. L'ultima interpretazione è stata quella vincente - per un certo periodo - perché è stata accolta dalla Corte costituzionale nel 197277 e nel 197378, anche se nel frattempo le funzioni del Ministero della pubblica istruzione previste dalla l. n. 765 del 1967 e quelle relative alla formazione dei piani paesistici erano state trasferite alle regioni dall'art. 1 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 879. Allo stesso filone si ispirava un'altra sentenza della Corte costituzionale del 197280 che, con lettura riduttiva dell'art. 9 comma 2 cost. e dei poteri regionali, negava la competenza alle regioni sui parchi naturali e sulle riserve. In seguito la normazione, soprattutto per le spinte provenienti dalle regioni, è stata mutata allorquando la l. 22 luglio 1975, n. 382 e la Commissione Giannini hanno impostato il nuovo trasferimento di poteri alle regioni su una riorganizzazione di funzioni e una nuova lettura dell'art. 117. Il d.P.R. n. 616 del 1977 ha dato dell'urbanistica, all'art. 80, la nozione ampia che abbiamo ricordato; 74

In argomento, PREDIERI, Urbanistica, cit.; MERUSI, in Commentario della Costituzione, cit.

75

PREDIERI, op. ult. cit.

76

BERTI, Problemi giuridici della tutela dei beni culturali, cit., 617.

C. cost. 24 luglio 1972, n. 141, in Giur. cost., 1972, 1415 ss. Per le critiche a questa sentenza della Corte costituzionale, v. PALADIN, Diritto regionale, Padova, 1973, 108; GHETTI, Prime considerazioni in tema di urbanistica e tutela del paesaggio nello Stato regionale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 1833 ss.; CUOCOLO, Le regioni ordinarie davanti alla Corte Costituzionale, in Diritto e società, 1974, 233 s.; ZACCARIA, Orientamenti recenti di giurisprudenza costituzionale in tema di Regioni, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 207 s.; ANTONINI, La pianificazione regionale, cit., 215; MORBIDELLI, La disciplina del territorio fra Stato e Regioni, cit., 12; GALATERIA e VERINO, in Stato e regioni a cura di L. GALATERIA, Torino, 1976, 400 ss. 77

C. cost. 20 febbraio 1973, n. 9 (in Foro it., 1973, I, 972, con nota di CHITI, Tutela del paesaggio e programmazione territoriale; in argomento DI GIOVINE, Attività estrattive e pianificazione territoriale, cit., 22 ss.; DATTILO, Cave e tutela dell'ambiente nei Colli Euganei, in Riv. dir. miner., 1971, 378; SPADA, Esercizio minerario e tutela del paesaggio, in Riv. amm., 1971, 363; FERRATO, La legge in difesa dei Colli Euganei è incostituzionale?, in Riv. pen., 1973, 180) escludeva di nuovo, a proposito della l. 29 novembre 1971, n. 1097, sulla tutela delle bellezze naturali, circa le attività estrattive dei Colli Euganei che la materia della tutela delle bellezze naturali appartenesse alla competenza regionale. 78

Sulla normazione vigente sino all'entrata in vigore del d.P.R. n. 616 del 1977, GALATERIA e VERINO, op. cit.; MERUSI, lc. ult. cit. 79

80

C. cost. 24 luglio 1972, n. 142, in Giur. cost., 1972, 1432 ss.

mentre, nell'art. 82, ha delegato alle regioni a statuto ordinario le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato per la protezione delle bellezze naturali, per la loro individuazione, per la tutela, per le sanzioni, che restano quelle determinate dalla l. n. 1497, cit. (v. Bellezze naturali ), mentre rimangono allo Stato le funzioni relative alle cose d'arte (v. Cose d'arte ), anche per gli immobili, in attesa di una riorganizzazione della materia. Il d.P.R. n. 616, cit., ha trasferito alle regioni le funzioni per la protezione della natura, le riserve e i parchi, che vanno collegate a quelle previste dall'art. 69 per i territori montani, le foreste, la conservazione del suolo, e che hanno anche esse, direttamente e indirettamente, valenze paesistiche81. In tal modo si è riaccorpato nel subsistema regionale locale la funzione di governo del territorio82 che era in precedenza suddivisa in modo così poco razionale da far dubitare della conformità della normazione all'art. 97 cost.83 . Certamente, la riorganizzazione tradisce dubbi e compromessi, pressioni e tensioni che si sono avute nel processo di formazione del decreto delegato, tanto che la protezione paesistica è delegata e non trasferita alle regioni, si mantiene una distinzione più che opinabile fra beni culturali (art. 47, 48, 49) e beni ambientali (art. 82) e la funzione del Ministero per i beni culturali e ambientali resta, nel fondo, ambigua84. Le precisazioni sulla definizione di materia urbanistica date dall'art. 80 d.P.R. n. 616, cit. (nel tit. V del decreto stesso «assetto e utilizzazione del territorio», capo II «urbanistica», che regola l'urbanistica, i beni ambientali), le attribuzioni per la protezione della natura, il trasferimento delle funzioni riguardanti quest'ultima e la delega ricordata - che va vista tenendo conto della facoltà di legiferare in tema di organizzazione, di spesa e di attuazione per le funzioni delegate, riconosciuta dall'art. 7 d.P.R. n. 616, cit.85, ed anche delle considerazioni largamente diffuse sulla coincidenza effettuale della legislazione regionale nelle materie trasferite e nelle materie delegate - fanno concludere che, allo stato della

La prassi amministrativa di talune camere di commercio, alle quali, antecedentemente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 616, cit., era attribuita la competenza per le autorizzazioni previste dagli art. 7 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 e art. 21 r.d. 16 maggio 1926, n. 1126, ha utilizzato in funzione sostanziale di tutela del paesaggio, inscindibilmente connessa alla tutela idrogeologica, la normativa ricordata, per cui ogni modificazione del suolo, compresa quella edificatoria e quella di concessione mineraria, va autorizzata. Il Consiglio di Stato ha riconosciuto la piena legittimità di questa interpretazione (Cons. St., sez. VI, 16 marzo 1971, n. 183, in Cons. St., 1971, I, 517; Cons. St. 15 luglio 1977, n. 749, ivi, 1977, I, 749; Cons. St., sez. VI, 29 aprile 1975, n. 135, ivi, 1975, I, 517). 81

PREDIERI, in I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali a cura di A. BARBERA e F. BASSANINI, cit., 460. 82

83

PREDIERI, lc. ult. cit.

La differenza tra la norma dell'art. 83 e quella dell'art. 82 che parla di Ministro, si spiega perché qui siamo nell'area delle funzioni trasferite, e non delegate. Si spiega di meno la differenza fra il ricorso alla legge previsto nell'art. 69 d.P.R. n. 616, cit., e quello alla deliberazione di indirizzo prevista nell'art. 83. 84

Facoltà che talune regioni hanno esercitate; v., ad esempio, art. 3 l. rg. Piem. n. 50 del 1980 e 53 della stessa legge che introduce l'art. 91 bis nella l. rg. Piem. n. 56 del 1977; l. rg. Tosc. 2 novembre 1979, n. 52. 85

normazione vigente, la tutela del paesaggio appartenga alla competenza statale e regionale, secondo la consueta ripartizione. Allo Stato i princìpi e l'indirizzo, alla regione la legislazione di dettaglio e l'attività amministrativa. Quest'ultima andrà esercitata, a norma dell'art. 118 cost., con deleghe e subdeleghe86 previste dall'art. 7 d.P.R. n. 616, cit. (che a loro volta consentono l'esercizio di poteri di direttiva)87 agli enti locali88, e che si sommano alle attribuzioni già tradizionalmente riconosciute ai comuni nella formazione dei piani urbanistici anche in materia di tutela paesistica89 . Ma da tutto quanto abbiamo detto traspare che la tutela del paesaggio non è materia quanto fine di azione pubblica, che deve operare trasversalmente alle competenze per materia e informare il governo del territorio.

Salvo il caso dei parchi e delle riserve naturali per i quali, a norma dell'art. 83 d.P.R. n. 616, cit., una legge dello Stato dovrà prevedere una specifica ripartizione di funzioni fra Stato, regioni e comunità montane. La legge avrebbe dovuto essere emanata entro il 31 dicembre 1979, secondo una previsione del d.P.R. n. 616, cit., che alla discutibile correttezza costituzionale, in quanto contenuta in un decreto legislativo delegato, unisce la mancanza di effetti giuridici, dato che, tutt'al più, avrebbe potuto avere il limitato effetto, politico, di contestare al Governo l'inadempimento dell'obbligo (politico anch'esso) di presentare un disegno di legge. 86

87

Ad esempio, art. 7 l. rg. Tosc. n. 52, cit.; art. 10 l. rg. Em.-Rom. 4 agosto 1976, n. 26.

La subdelega è stata effettuata dall'Emilia Romagna con la l. rg. 1° agosto 1978, n. 26, art. 10; dalla Toscana con l. rg. n. 52, cit., modificata dalla l. rg. Tosc. n. 10 del 1980. Va detto, per inciso, che la subdelega ha sollevato molte proteste anche da parte di Italia Nostra, che, in questo caso, considera pericolosa l'attuazione delle norme costituzionali sull'autonomia dei comuni. La l. rg. Piem. n. 50, cit., ha costituito commissioni comprensoriali, presiedute dal presidente del comitato comprensoriale, tra persone di riconosciuta competenza in materia, due delle quali prescelte in terne proposte rispettivamente da Italia Nostra e dall'Associazione centri storici e artistici. La giunta regionale stabilisce criteri e indirizzi e coordina l'attività delle commissioni comprensoriali avvalendosi a tal fine di una sezione speciale del comitato urbanistico regionale. A questi comitati sono attribuiti, a norma dell'art. 3 della stessa legge, poteri di iniziativa per l'integrazione degli elenchi dei vincoli delle bellezze naturali. Una integrazione con esperti delle commissioni edilizie dei comuni nell'esercizio delle funzioni delegate di cui parliamo, è stata introdotta dall'art. 10 comma 2 l. rg. Em.-Rom. n. 26, cit. 88

La facoltà del comune a disciplinare nel proprio strumento urbanistico anche interessi paesistici era stata riconosciuta da tempo dalla giurisprudenza. La Cass. 16 maggio, 1967, n. 1019 (in Foro it., 1968, I, 517, in Giust. civ., 1967, I, 1250) afferma a proposito dei regolamenti edilizi, dopo aver riconosciuto che i comuni, nell'emanare regolamenti in materia edilizia, possono imporre limiti a protezione delle bellezze naturali e di paesaggio, che tali limiti, atteso il valore normativo del regolamento, non sono derogabili neppure dalla pubblica amministrazione, e si differenziano da quelli, aventi natura amministrativa, imposti dalla pubblica amministrazione in virtù dei poteri conferiti ad essa dalla l. n. 1497, cit. Successivamente il Cons. St., sez. IV, 21 febbraio 1968, n. 98 (in Foro amm., 1968, I, 2, 139) affermava che «Come, infatti, è stato messo in rilievo dalla decisione di questa sezione 16 maggio 1962 n. 353, è da ritenere che se la tutela del paesaggio compete istituzionalmente allo Stato, anche il Comune nella formazione del piano regolatore del proprio aggregato urbano, in materia di tutela delle bellezze naturali, ha un proprio interesse da far valere». Per indicazioni in dottrina, PREDIERI, Urbanistica, cit., 129, n. 142. 89

10. Le funzioni del subsistema delle autonomie locali. I comuni, ormai, avevano acquisito, per un complesso di ragioni, un ruolo determinante nell'insieme delle misure autorizzative utilizzabili (anche se non sono le sole) per realizzare la tutela del paesaggio. Per elencare alcuni di questi motivi va ricordato, in primo luogo, che gli strumenti urbanistici debbono investire la globalità del territorio comunale e pongono prescrizioni per le aree urbane come per quelle extraurbane agricole 90 per quelle da conservare per interesse culturale ambientale e per quelle da destinare alla trasformazione91 : poiché tutti i comuni sono tenuti a dotarsi almeno di un programma di fabbricazione, che ha gli stessi effetti di un piano regolatore92 , la pianificazione urbanistica

La giurisprudenza da tempo ha riconosciuto la piena legittimità dell'imposizione di destinazioni a verde agricolo. Le motivazioni delle sentenze sono state a mano a mano più precise: riconoscendo che «la ratio dei piani regolatori generali che destinano ampie località a zona agricola non è già quella di dettare prescrizioni circa gli impieghi agricoli, ma piuttosto quella di garantire attraverso la previsione di un'edificazione estremamente rada - la conservazione di ampi intervalli di verde» (Cons. St., sez. IV, 18 ottobre 1974, n. 637, in Foro amm., 1974, I, 2, 1042, e in Cons. St., 1974, I, 1124), così come la funzionalità della disciplina della «utilizzazione urbanistica del territorio, al fine di evitare addensamenti edilizi o espansioni pregiudizievoli ad un corretto insediamento urbano in un territorio» (Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 680, in Foro amm., 1974, I, 2, 1084; Cons. St., sez. IV, 26 marzo 1974, n. 272, ivi, 398). 90

Fra gli esempi citiamo gli art. 24, 25 (sulla tutela e sviluppo del verde), 28 (sulle cave), 34 (sulle zone destinate a salvaguardia dell'ambiente naturale, dove è vietata ogni modificazione della morfologia agraria, vegetale e topografica esistente, a protezione dell'ambiente naturale o del prossimo abitato: è imposto quindi il mantenimento di viali alberati, filari di alberi, gruppi di alberi, siepi di recinzione ed altri consistenti elementi di verde), 45 (zone destinate all'esercizio dell'agricoltura intesa non soltanto come funzione produttiva, ma anche come funzione di salvaguardia del sistema idrogeologico) del piano regolatore generale di Pavia, su cui CAMPOS VENUTI e PREDIERI, Legge sui vincoli e nuova urbanistica a Pavia, Milano, 1978, 47 ss. 91

In questo senso, la C. cost. 20 marzo 1978, n. 23 (in Giur. cost., 1978, I, 468, con nota di BARDUSCO, Corte Costituzionale e pianificazione del territorio, ivi, 692 ss., e in Le regioni, 1978, 693, con nota di ROMANO A., Vincoli urbanistici e programma di fabbricazione: un problema superato, ivi, 693) dopo anni di discussione fra la tesi secondo cui i programmi di fabbricazione non possono porre vincoli di non edificazione o predisposti alla espropriazione (seguita, dopo qualche ondeggiamento iniziale, dal Consiglio di Stato - Cons. St., ad. plen., 9 aprile 1974, n. 3, in Foro amm., 1974, I, 2, 273; Cons. St., ad. plen., 30 giugno 1977, n. 15, ivi, 1977, I, 1393 -; LORIZIO, Urbanistica e giudice amministrativo, cit., 71 ss.) e la tesi opposta per cui gli effetti dei piani regolatori generali e dei programmi sono coincidenti (Cass., sez. un., 27 ottobre 1976, n. 3802); alla sentenza della Corte costituzionale si è poi adeguato il Consiglio di Stato (ad. plen., 10 luglio 1980, n. 28, in Cons. St., 1980, I, 828). In dottrina, PREDIERI, I vincoli imposti dai programmi di fabbricazione nella legislazione statale e regionale, Milano, 1975, e in precedenza, ID., Sul contenuto strutturale dei programmi di fabbricazione, in Foro amm., 1969, III, 93: successivamente, BONACCORSI e PALLOTTINO, Il programma di fabbricazione: resurrezione dopo la caduta?, in I TAR, 1975, II, 87; CAPPELLINI, Leggi e proposte di leggi in tema di programmi di fabbricazione, in Le regioni, 1975, 277; ID., Ultimi svolgimenti del problema dei vincoli di inedificabilità contenuti nei programmi di fabbricazione, ivi, 1977, 524. 92

deve coprire l'intero territorio nazionale93 e organizzarne la trama complessiva. Cosicché essa diventa uno strumento generale di assetto del territorio che, anche se credessimo alla configurazione di uno ius aedificandi nelle mani del proprietario, pone una rete di doveri e divieti che consente il diniego di alterare lo stato attuale e l'imposizione del ripristino. In secondo luogo, nella realtà effettuale, gli strumenti urbanistici hanno dato molto spesso una tutela del paesaggio urbano e non urbano estremamente puntuale e attenta, derivante, in taluni casi, dall'adozione di tecniche di raccolta e di organizzazione di dati e di previsione più raffinate di quelle utilizzate dagli organi di tutela paesistica94 . In terzo luogo, le sanzioni alle violazioni dei precetti urbanistici sono più efficienti di quanto non siano quelle poste a presidio delle statuizioni della l. n. 1497, cit. In quarto luogo, le amministrazioni comunali e regionali, pur con le manchevolezze sperimentate dei comuni, hanno un rapporto con l'elettorato che dà loro la possibilità di organizzare una partecipazione e ottenere un consenso, su provvedimenti pianificatori destinati ad incidere sull'insieme dei rapporti sociali della comunità insediata sul territorio, ben maggiori di quanto non abbiano i complessi burocratici ministeriali settoriali privi di rappresentatività e di legami diretti. Essi per di più, nella realtà, si sono dimostrati difficilmente portati ad uscire da un centralismo di vecchio tipo e a smetterla con un'amministrazione discrezionale e del caso per caso - come testimonia il limitatissimo ricorso a piani paesistici -. La riorganizzazione delle competenze attuata dal d.P.R. n. 616, cit. viene a sancire un mutamento che in larga parte era avvenuto, almeno là dove il subsistema locale (caratterizzato, nella realtà odierna, da profonde difformità e differenze) aveva dimostrato capacità adeguate e traenti95. Va anche aggiunto, per chiarire la realtà della tutela del paesaggio che si realizza, anche se faticosamente e parzialmente, attraverso gli strumenti urbanistici, che appare sempre più forte la tendenza a porre con legge regionale i criteri ai quali il comune, nella sua attività di pianificazione, deve attenersi per l'azione di tutela del territorio. Viene sostituita la tecnica legislativa (alla quale era ispirata la l. n. 1150 del 1942) che disciplinava solo il procedimento pianificatorio lasciando ampia discrezionalità, per le scelte, ai piani, con quella che impone regole, metodologie, finalità nella tutela e nell'uso del territorio, alle quali i piani debbono conformarsi. Sempre di più queste regole tendono ad investire, se non la globalità delle interrelazioni agenti sul territorio, almeno

Come sempre, la normazione spesso non è rispettata. Dopo anni in cui ministri, apparati e giudici hanno tollerato le diffuse e colossali ribellioni alla legge da parte di molte amministrazioni comunali, l'istituzione delle regioni ha migliorato la situazione, incentivando la formazione o l'approvazione di strumenti urbanistici che in talune regioni regolano, ormai, l'intero territorio salvo frazioni trascurabili. 93

Questi metodi sono stati incentivati da talune regioni con una legislazione per la formazione di cataloghi di beni culturali, censimenti di dati e opere, preparazione di specialisti e via dicendo. 94

Rinviamo, per considerazioni sulla contrapposizione di gestioni e sul ruolo dei comuni «attivi» e «omissivi» - in taluni casi anticipatore propulsivo e innovativo in materia di regolazione del paesaggio e del territorio, in altri frenante e colludente con i più squallidi interessi immobiliari sino al punto di vedere amministrazioni degradate a coloni - a CAMPOS VENUTI e PREDIERI, op. cit., 82 ss. 95

un'ampissima parte di esse, con particolare riferimento alla tutela del paesaggio e ai beni culturali ambientali96. 11. Le funzioni del subsistema dell'apparato centrale: il Ministero per i beni culturali e ambientali e le competenze regionali di cui al d.P.R. n. 616 del 1977. In questo senso vanno ricordate le nuove normative regionali, fra cui citiamo, ad esempio, l'art. 13 l. rg. Em.-Rom. n. 47 del 1978, e l'art. 24 l. rg. Piem. n. 56 del 1977. Quest'ultimo dice: «Il Piano Regolatore Generale individua, sull'intero territorio comunale, i beni culturali ambientali da salvaguardare, anche se non individuati e vincolati in base alle leggi vigenti, comprendendo fra questi: 1) gli insediamenti urbani aventi carattere storico-artistico e/o ambientale e le aree esterne di interesse storico e paesaggistico ad essi pertinenti; 2) i nuclei minori, i monumenti isolati e i singoli edifici civili o rurali ed i manufatti, con le relative aree di pertinenza, aventi valore storico-artistico e/o ambientale o documentario; 3) le aree di interesse paesistico ambientale, di cui all'art. 13, 3° comma, lettera a) della presente legge. Sulle carte di piano devono essere evidenziati, in particolare, gli edifici, gli spazi pubblici, i manufatti, gli agglomerati ed i nuclei di rilevante interesse, oltreché le aree esterne che ne costituiscono l'integrazione storico-ambientale. Negli àmbiti individuali ai sensi dei precedenti commi, è fatto divieto di modificare i caratteri ambientali della trama viaria ed edilizia. I complessi urbani e gli edifici singoli di interesse storico-artistico e/o ambientale sono soggetti esclusivamente a restauro conservativo, secondo le prescrizioni di cui al successivo 6° comma, mentre le parti di tessuto urbano di più recente edificazione e gli edifici privi di carattere storico, artistico e/o documentario sono suscettibili solo di interventi atti ad eliminare elementi deturpanti ed a migliorare la qualità del patrimonio edilizio. Le aree libere devono restare inedificate, con la sola eccezione della loro utilizzazione per usi sociali pubblici, fino all'approvazione dei piani particolareggiati. All'interno degli insediamenti sono garantiti il riuso degli immobili idonei per i servizi sociali carenti e l'organizzazione della viabilità interna, al fine di favorire la mobilità pedonale ed il trasporto pubblico. Le operazioni di restauro conservativo hanno per obiettivo: a) l'integrale recupero degli spazi urbani e del sistema viario storico, con adeguate sistemazioni del suolo pubblico, dell'arredo urbano e del verde e con la individuazione di parcheggi marginali; b) il rigoroso restauro statico ed architettonico degli edifici antichi ed il loro adattamento interno per il recupero igienico e funzionale, da attuare nel pieno rispetto delle strutture originarie esterne ed interne, con eliminazione delle successive aggiunte deturpanti e la sostituzione degli elementi strutturali degradati, interni ed esterni, con elementi aventi gli stessi requisiti strutturali di quelli precedenti, senza alcuna modifica né volumetrica né del tipo di copertura; c) la preservazione del tessuto sociale preesistente: a tal fine il Piano Regolatore Generale, nell'àmbito dell'insediamento storico, non può prevedere, di norma, rilevanti modificazioni alle destinazioni d'uso in atto, in particolare residenziali, artigianali e di commercio al minuto, evitando la localizzazione di nuovi complessi direzionali. Per favorire un'ordinata esecuzione delle opere di restauro conservativo, da attuare anche a mezzo delle leggi 18 aprile 1962, n. 167, 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni e integrazioni, il Piano Regolatore Generale fissa i modi per la programmazione degli interventi e per il prioritario allestimento di alloggi di rotazione, al fine di garantire il rialloggiamento agli abitanti preesistenti, soprattutto a coloro che svolgono attività economiche nell'agglomerato storico. Il Piano Regolatore Generale indica i modi per la progettazione esecutiva con l'individuazione delle porzioni di tessuto in cui è obbligatorio il ricorso preventivo ai piani particolareggiati e di quelle in cui è ammesso l'intervento singolo di cui al successivo articolo 48. 96

Con queste premesse è fondato affermare che la posizione dell'apparato centrale per i beni culturali e ambientali, qual è quello istituito dal d.l. 14 dicembre 1974, n. 675, convertito nella l. 29 gennaio 1975, n. 5 e dal d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, deve essere rivista: e infatti l'art. 48 d.P.R. n. 616, cit., prevedeva la riorganizzazione dell'intera legislazione sui beni culturali la quale deve investire anche le funzioni e le articolazioni del Ministero. Questo fu istituito fulmineamente con il d.l. n. 675, cit., dopo anni di discussioni e proposte di vario genere per una riorganizzazione dell'apparato di governo del settore97. Il decreto è stato appunto convertito nella l. n. 5, cit., con modifiche: fra le altre quella della denominazione che è passata da «Ministero per i beni culturali e per l'ambiente» a «Ministero per i beni culturali e ambientali», sottraendo qualunque possibilità di una competenza relativa alla salubrità dell'ambiente. Al Ministero sono state trasferite le competenze che avevano il Ministero della pubblica istruzione e, in parte, quello degli interni nella materia degli archivi della Presidenza del Consiglio per la discoteca. Il Ministero fu organizzato con il d.P.R. n. 805, cit., che istituì un Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, articolato in comitati di settore, uno dei quali - per rimanere alla parte che interessa direttamente il nostro tema - per i beni ambientali e architettonici: anche uno degli uffici centrali del Ministero ha la stessa competenza e in più quella per i beni archeologici, storici e artistici (materie che, invece, per quanto riguarda i comitati di settore, fanno capo ad altri due comitati). Il d.P.R. n. 616, cit., ha mantenuto al Ministero per i beni culturali e ambientali particolari poteri. Oltre ai poteri di indirizzo e coordinamento previsti dall'art. 4 d.P.R. n. 616, cit., e ai poteri di direttiva che ha a norma dell'art. 4 comma ult. del decreto stesso, poiché si tratta di funzioni delegate, e al potere sostitutivo in caso di persistente inattività degli organi regionali nell'esercizio delle funzioni delegate, previsto dall'art. 2 l. n. 382, cit., l'autorità centrale conserva talune competenze, volte ad assicurare il massimo di tutela anche nel caso di inerzia od omissione regionale. Il Ministero per i beni culturali e ambientali può integrare gli elenchi delle bellezze di cui all'art. 2 l. n. 1497, cit. In tal caso, il procedimento non è quello previsto dagli art. 2 ss. l. n. 1497, cit., ma un procedimento più semplice; il Ministro, previo parere del Consiglio nazionale dei beni culturali e ambientali, di cui dall'art. 3 d.P.R. n. 805, cit., adotta il provvedimento di vincolo da ritenere immediatamente, ad ogni effetto, operativo. Il Ministro stesso conserva (a norma dell'art. 82 comma ult. d.P.R. n. 616, cit.) i poteri di

Sull'organizzazione del Ministero, v. ALIBRANDI e FERRI, I beni culturali e ambientali, cit., 61 ss.; DALLARI, Sull'organizzazione del Ministero per i beni culturali e ambientali, in Foro amm., 1976, I, 3166 ss. Critiche all'organizzazione senza una riforma della legislazione di tutela furono rivolte nella discussione parlamentare; rinviamo a CASSESE, I beni culturali da Bottai a Spadolini, in L'amministrazione dello Stato, Milano, 1976, 175; sulla istituzione con decreto-legge v. CALANDRA P., Storia dell'amministrazione pubblica in Italia, Bologna, 1978, 462, secondo il quale si trattava di una prosecuzione della formula del mantenimento della tutela meramente vincolistica; sullo scoordinamento fra le due iniziative contemporanee e confliggenti (quella dell'istituzione del Ministero e quella della riorganizzazione dell'apparato statale e regionale imposta dalla l. n. 382 del 1975 - mai attuata per la parte statale -) PREDIERI, Ritardi e iniziative non armonizzate, in Città & regione, 1975, n. 8, 54 ss. 97

inibitoria e di sospensione di cui all'art. 8 l. n. 1497, cit. Essi possono essere esercitati, concorrentemente, tanto dal Ministro quanto dalla regione. Allo stesso ordine di esigenze va riportata la limitazione dei poteri regionali per quanto riguarda la modifica dei vincoli imposti sulla base della l. n. 1497, cit. Essa deve essere preceduta dal parere (obbligatorio ma non vincolante) del Consiglio nazionale per i beni culturali. La norma si estende, a nostro avviso, tanto ai vincoli imposti prima della delega alle regioni - e quindi con il decreto ministeriale di cui all'art. 4 l. n. 1497, cit. - quanto a quelli istituiti, dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 616, cit., con provvedimento regionale. Preoccupazioni della stessa natura sono sottese all'art. 83 comma 4 d.P.R. n. 616, cit., che prevede una competenza del governo, nell'àmbito delle funzioni di indirizzo e coordinamento (e quindi con i procedimenti previsti dalla l. n. 382, cit.) ad individuare nuovi territori nei quali istituire riserve naturali e parchi di carattere interregionale, con la conseguenza che nuovi parchi potranno essere istituiti tanto dallo Stato quanto dalle regioni, con un esempio di nuova tecnica di ripartizione di competenze di tipo collaborativo in parallelo: secondo un modello diverso da quello della competenza concorrente e anche della competenza integrativa in senso stretto. È questo, anche dal punto di vista concettuale, uno dei punti di apporto della normazione che tien dietro ad una prassi amministrativa del subsistema locale-regionale che, nella tutela del paesaggio, è sempre stata portata a superare la rigidità di competenza e a cercare di ricostituire un governo unitario del territorio. 12. I doveri dell'amministrazione nella tutela: pressioni esterne e comportamento. Le pressioni formidabili degli interessi economicistici e le disfunzioni dell'amministrazione, la quale è tenuta ad osservare le norme sulla tutela del paesaggio e sul territorio in tutte le sue articolazioni e uffici dei vari subsistemi98 ma che spesso non esercita le proprie competenze o non lo fa in modo adeguato, hanno da un lato portato ad istanze volte ad ottenere un comportamento più efficiente e ad introdurre più forti sanzioni penali o più incisive sanzioni amministrative, dall'altro hanno comportato l'attivazione di congegni sanzionatori a carico dei pubblici funzionari che non adempiono ai loro doveri. È noto che i meccanismi gerarchici o di sovraordinazione non sempre funzionano, pur se, nell'esperienza, non sono mancati casi in cui i congegni sono stati utili, e in particolare il procedimento di formazione degli strumenti di pianificazione

In argomento più ampiamente PREDIERI, Urbanistica, cit., 53, particolarmente per gli obblighi dell'impresa pubblica (ma per casi in cui la realtà è ben diversa, ivi, 182 ss.). Il principio che tutto l'apparato e non solo quei particolari uffici specializzati siano tenuti ad osservare le regole sulla tutela dell'ambiente negli Stati Uniti è imposto dall'ordinanza presidenziale 13 maggio 1971, n. 11593; analogamente in Gran Bretagna, per l'affermazione che l'obbligo incombe a tutti i ministeri e non solo a quello dell'ambiente, BIGHAM, The Law and Administration Relating to Protection of Environment, London, 1973, 3. 98

urbanistica, come atti complessi, ha consentito all'organo sovraordinato efficaci tutele del paesaggio99 . È noto però che il meccanismo dei cosiddetti controlli sostitutivi, invece, non ha mai funzionato di fronte alle plateali omissioni - durate per decenni - di emanazione di strumenti di governo del territorio, fossero essi piani paesistici o urbanistici: per questi ultimi, solo dopo l'entrata in funzione delle regioni si è verificato un rovesciamento di situazioni per cui oggi la maggioranza dei comuni ne è dotata. Le domande sociali di maggior efficienza o, più semplicemente, di rispetto della legge vanno viste nella cornice generale di indubbio accrescimento, anzi ingigantimento, dell'interesse per i problemi del paesaggio. Che, a sua volta, è stato stimolato sia dal fatto che mai in precedenza si era determinata una compromissione degli interessi pubblici e della qualità della vita, tale da far paventare il raggiungimento di una soglia di non ritorno per l'irreversibilità che spesso si accompagna alle lesioni dell'ambiente100, sia, nell'ottica più specifica, dall'aumentato dinamismo dei giudici, e, in particolare, di quello che venne definito il risveglio della Corte dei conti101 . Di qui le basi per una giurisprudenza della Corte dei conti102 in tema di responsabilità dei pubblici dipendenti statali, con destinatari, per l'applicazione delle sanzioni, i funzionari e gli agenti della pubblica amministrazione ai quali compete la retta e scrupolosa applicazione della legge come adempimento di specifici e precisi obblighi di servizio, per danni al paesaggio e all'ambiente103. Giurisprudenza che fa leva su «una attenta rilettura delle norme che disciplinano i giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti e specificamente gli artt. 52 del citato R.D. n. Fra i casi - per citarne solo alcuni fra quelli che hanno fatto oggetto di giudizi - vanno ricordati, perché lo scempio previsto era fra i peggiori anche per lo straordinario pregio dei paesaggi, quello di Monte Argentario il cui piano venne profondamente modificato a norma dell'art. 10 l. n. 1150, cit. dal Ministero dei lavori pubblici, con provvedimento ritenuto pienamente legittimo dal Consiglio di Stato nelle sentenze ricordate supra, nt. 3, e quello del comune di Arzachena, il cui piano sovradimensionato venne diminuito anche per merito degli interventi di Antonio CEDERNA su Il Corriere della Sera, che il Trib. Milano 16 settembre 1977, n. 5637, definiva di «indubbia utilità sociale e positiva funzione di stimolo dell'attività dei pubblici poteri». 99

Così C. conti 8 ottobre 1979, n. 61, in Foro it., 1979, III, 593, con nota di Lener, che prosegue sulla necessità di dare delle leggi «tra le diverse interpretazioni possibili la prevalenza a quella che appare più razionale, sia in armonia con la Costituzione e tenga conto insieme del crescente allarme sociale suscitato dai danni prodotti al territorio e all'ambiente, sotto la spinta di interessi particolari spesso agevolati, dalla compiacente condotta o dalle omissioni di chi dovrebbe curare la tutela di tali interessi». 100

101

È il titolo di un intervento di SERRANI, in Politica del diritto, 1970, 269.

Cfr. C. conti 15 maggio 1973, n. 39, in Foro amm., 1973, I, 3, 247; C. conti 20 dicembre 1975, n. 108, ivi, 1976, I, 1669; C. conti 8 ottobre 1979, n. 61, in Foro it., 1979, III, 593. 102

Per i dipendenti degli enti locali (i cui poteri sono di rilevante importanza per la tutela del paesaggio e dell'ambiente) la normativa posta dagli art. 261-265 t.u. com. prov. 1934 è diversa, perché limita la responsabilità ai casi di dolo o colpa grave: la Corte dei conti ne aveva denunziato l'illegittimità, ma la Corte costituzionale (2 giugno 1977, n. 102, in Foro it., 1977, I, 1607, con nota di Pizzorusso, e in Le regioni, 1977, 1297, con nota di Sorace) ha respinto la domanda. 103

1214; 81, 82, 83 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 e 18 del DPR 10 gennaio 1975 n. 3», e con la quale non si autorizza la restrizione del concetto del danno ai soli termini meramente finanziari, quali i casi di alterazione o turbativa di bilanci, o strettamente patrimoniali, quali la distruzione, sottrazione o danneggiamento di beni demaniali, il recupero di somme pagate per fatti lesivi commessi dai pubblici dipendenti, ma si induce a ritenere che nello stesso concetto di danno debba anche ricomprendersi la lesione di interessi più generali, di natura eminentemente pubblica (interessando tutta la categoria dei cittadini) purché suscettibili di valutazione economica104. A queste premesse la Corte dei conti ha aggiunto che gli interessi della collettività al paesaggio, all'ambiente e alla salute giuridicamente protetti, sono interessi diffusi la cui lesione concretizza un danno allo Stato ai sensi delle norme di contabilità pubblica e come tale può essere fatta valere. Le decisioni della Corte, che vanno segnalate anche per la serie di temi che hanno prospettato, lasciano qualche perplessità sulla attribuzione allo Stato della tutela dei beni collettivi e anche sul carattere patrimoniale del danno arrecato, anche se va osservato che, nei casi in questione, non mancava comunque un danno patrimoniale: non consistente nella diminuzione del patrimonio paesistico o ecologico (nozione assai dubbia per le considerazioni svolte prima) quanto nelle spese di ripristino, di risanamento, di tutela del paesaggio nel senso più ampio105. 13. Interessi diffusi e collettivi alla difesa del paesaggio ed emergere del loro riconoscimento nei procedimenti giurisdizionali.

C. conti 8 ottobre 1979, n. 61, cit., aggiunge: «sarebbe poco plausibile ritenere che il legislatore abbia voluto limitare i casi di responsabilità dei dipendenti e degli amministratori pubblici alle ipotesi della prima specie e non chiamarli a rispondere di comportamenti da cui possono derivare lesioni di ben maggiore rilevanza, spesso addirittura irreversibili, determinando così una specie di irresponsabilità dei medesimi nel caso di gravi violazioni delle norme fondamentali alla stessa qualità di vita, come quelle a tutela dell'ambiente, del territorio o della salute». 104

105

Cfr. LENER, lc. cit.

La risposta della Corte dei conti è stata una tra quelle che il sistema ha dato alla domanda sociale di tutela giudiziaria di interessi diffusi o collettivi106. E, potremmo aggiungere, l'ha data, questa e le altre, proprio in forza di quelle retroazioni e aggiustamenti che, come tale, ogni sistema è in grado di fornire, almeno sino ad un certo segno e con tutti i limiti di queste controazioni che, in un sistema statale, manifestano una oscillazione o uno spostamento di poteri. La domanda sociale è connessa a nuove esigenze di qualità di vita, di protezione insieme alle richieste di nuove forme di rappresentanza e di partecipazione che sono anch'esse qualità di vita correlate alle altre, altra pagina dello stesso foglio. Esse, nel campo delle azioni giurisdizionali, secondo alcuni, caratterizzano il passaggio dall'interesse diffuso a quello collettivo107 o, in altri termini, alla individuazione degli «adeguati portatori»108 di tali interessi. Proprio le esigenze di tutela del paesaggio e

La letteratura sull'argomento è ormai ricca: La tutela degli interessi diffusi nel diritto comparato con particolare riguardo alla protezione dell'ambiente e dei consumatori a cura di A. GAMBARO, Milano, 1976; Ecologia e disciplina del territorio (Atti del Convegno di Pontremoli, 29-31 maggio 1975), Milano, 1976; La responsabilità dell'impresa per i danni dell'ambiente e ai consumatori (Milano, 17-18 dicembre 1976), Milano, 1979; Rilevanza e tutela degli interessi diffusi: modi e forme di individuazione e protezione degli interessi della collettività (Varenna, 22-24 settembre 1977), Milano, 1978; I problemi giuridici ed economici della tutela dell'ambiente (Como, 21-22 ottobre 1977), Milano, 1978; CAPPELLETTI, Appunti sulla tutela giurisdizionale di interessi collettivi o diffusi, in Giur. it., 1975, IV, 49 ss., e, per un'indagine più completa, ID., Formazioni sociali e interessi di gruppo davanti alla giustizia civile (relazione presentata al Convegno di Firenze, 9-11 maggio 1975, sul tema «Libertà fondamentali e formazioni sociali»), in Riv. dir. proc., 1975, n. 3; DENTI, Le azioni a tutela di interessi collettivi, in Riv. dir. proc., 1974, 534 ss.; PROTO PISANI, Appunti preliminari per uno studio sulla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi (o più esattamente: superindividuali) innanzi al giudice civile ordinario, in Dir. giur., 1974, 801 ss.; VARRONE, Sulla tutela degli interessi diffusi nel processo amministrativo, in Riv. dir. proc., 1976, 781; BORSELLI, Interesse personale e interesse diffuso nella giustizia amministrativa, in N. dir., 1978, 303; ROMANO A., Il giudice amministrativo di fronte al problema della tutela degli interessi c.d. diffusi, in Foro it., 1978, V, 8; PANETTA, Gli interessi allo stato diffuso e loro possibili forme di tutela, in Riv. amm., 1978, 9; POSTIGLIONE, L'iniziativa dei cittadini per la difesa degli interessi collettivi, in Giust. civ., 1978, I, 1216; CARULLO, Appunti in tema di interessi diffusi nel processo amministrativo, in Critica giudiziaria, 1978, XIX, n. 142; VIGORITI, Interessi collettivi e processo, Milano, 1979; DELL'ACQUA, La tutela degli interessi diffusi, Milano, 1979; PATTI, La tutela civile dell'ambiente, cit.; ID., Ambiente (tutela civilistica), cit.; CORASANITI, Interessi diffusi, in Dizionario del diritto privato a cura di N. IRTI, cit.; LENER, Violazione di norme di condotta e tutela civile dell'interesse dell'ambiente, in Foro it., 1980, IV, 106; CONSOLI e LUCCHESE, Rilevanza giuridica degli interessi diffusi (in particolare alla tutela della salute e dell'ambiente) quali interessi legittimi, in Regioni e comunità locali, 1979, 179 ss.; PIZZORUSSO, Interessi giuridici e loro tutela giuridica. Tutela dell'ambiente, ivi, 160 s., e ampia bibliografia a p. 169 ss. 106

BRICOLA, Le azioni a difesa di interessi collettivi, in Le azioni a tutela di interessi collettivi, Padova, 1976; ALPA, Tutela del consumatore e controlli sull'impresa, Bologna, 1977, 283. 107

Così VIGORITI, op. cit., 145 ss., adattando in parte la formula statunitense dell'adeguacy of representation che va controllata dal giudice; in quest'ordine di idee, TAR Lazio, sez. I, 4 febbraio 1976, n. 60, in I TAR, 1976, I, 320. 108

dell'ambiente109 (così come quelle della tutela del consumatore) si sono espresse in modo pressante e generale in tutte le società industrializzate110. È evidente che, almeno nel nostro ordinamento, il primo destinatario della domanda sociale parrebbe essere il legislatore, tanto più che la partecipazione attraverso i gruppi e le formazioni sociali va assicurata e favorita a norma degli art. 2 e 3 comma 2 cost., privilegiandola in confronto a forme individualistiche e tendenzialmente inefficaci di soluzione individuale111 di interessi generali: fenomeno, questo, che coinvolge ogni campo del diritto e ogni strumento giuridico, dal controllo e dalla ispezione parlamentare alla ricerca scientifica e basta pensare alla crisi dell'interrogazione parlamentare o al brevetto. Ma nel campo che attiene al paesaggio e all'ambiente, il legislatore di risposte ne ha date poche per quanto riguardava la tutela giurisdizionale112 e, del resto, anche per ciò che attiene alla partecipazione nei procedimenti di formazione degli atti amministrativi e di pianificazione, il riconoscimento di queste istanze non è stato troppo nitido, pur se, nella prassi, una tendenza alla partecipazione nei procedimenti di formazione di strumenti di regolazione del territorio è diffusa e riconosciuta, talvolta parzialmente e talvolta ampiamente, dalla legislazione regionale113, così come lo è la partecipazione o il contraddittorio degli interessi collettivi114 nella formazione degli atti legislativi115 . Ma, per Per una definizione di interessi diffusi che include la tutela del paesaggio, del patrimonio storico artistico, della salute, del risparmio, dell'imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione Cass. 8 maggio 1978, n. 2207, in Foro it., 1978, I, 1090. 109

Larghe indicazioni in PATTI, op. cit., 24 ss., e in DELL'ACQUA, op. cit., particolarmente 98 ss. per la dottrina tedesca e francese, 104 e 158 sulle class actions, sulle quali PATTI, op. cit., 112 ss.; VIGORITI, op. cit., cap. VII; in particolare ZANUTTIGH, Processo e tutela dell'ambiente nell'esperienza nordamericana, in La tutela del paesaggio a cura di F. LEVI, cit., 413 ss. 110

111

VIGORITI, in Le azioni a tutela di interessi collettivi, cit., 10 s.

Invece si trovano nello statuto dei lavoratori (art. 9, 18 comma 4 l. 20 maggio 1970, n. 300) come nella l. 27 luglio 1978, n. 392, sulle locazioni urbane (art. 47). 112

La l. rg. Piem. n. 56, cit., configura il procedimento di formazione del piano regolatore con una prima fase di adozione di una deliberazione programmatica che viene inviata oltre che agli organi di decentramento, alle unità sanitarie, ecc., e alle organizzazioni sociali più rappresentative, per stimolare la loro partecipazione (chiunque può presentare osservazioni): esaurita questa fase viene elaborato il progetto preliminare che viene poi adottato e, dopo un nuovo intervento anche delle organizzazioni sociali ed economiche, si passa all'adozione del piano regolatore alla quale farà seguito il subprocedimento di approvazione. 113

Cfr. PREDIERI, Contraddittorio e testimonianza del cittadino nei procedimenti legislativi, Milano, 1963; D'ONOFRIO, Le indagini conoscitive delle commissioni parlamentari. Problemi e prospettive, Chieti, 1971; DI CIOLO, Aspetti teorici e pratici delle udienze conoscitive in Italia, in Studi per il XX anniversario dell'Assemblea costituente, V, Firenze, 1969, 369. 114

Tanto statali quanto regionali, attraverso la partecipazione realizzata nelle udienze legislative e nelle indagini conoscitive, che hanno modificato la struttura dei procedimenti legislativi statali e, conseguentemente, di quelli regionali, introducendo un procedimento aperto, corale, su cui PREDIERI, Parlamento 1975, in Il Parlamento nel sistema politico italiano a cura di A. PREDIERI, Milano, 1975. 115

tornare alla tutela giurisdizionale di interessi collettivi, l'intervento del legislatore è stato raro e timido. Si può ricordare l'art. 10 l. n. 765 del 1967 che sostituiva l'art. 31 l. n. 1150 del 1942 e che introduceva un'azione popolare mediante la formula secondo cui «chiunque... può ricorrere contro il rilascio» della licenza in contrasto con leggi o piani. Norma della quale il Consiglio di Stato dette una interpretazione riduttiva116 senza che il legislatore battesse ciglio117 . In mancanza di una nuova normativa118 le domande dovevano tendere ad utilizzare strumenti processuali esistenti, secondo una interpretazione estensiva o evolutiva della legittimazione o dell'interesse a ricorrere e di interesse legittimo, per usare i nostri concetti. Altrove si porrà un problema di locus standi, di private attorney general, anche se le particolarità dei singoli ordinamenti giurisdizionali, ricchi di peculiarità, di differenze e spesso di incongruenze, impongono soluzioni diverse. Nel nostro ordinamento, caratterizzato da una pluralità di subsistemi giurisdizionali (ordinario, amministrativo, contabile, e quello ordinario a sua volta scomposto in un sottosistema civile e in uno penale), privo di un congegno aggregante che dia un particolare valore ai precedenti, del genere della regola dello stare decisis o di quella spagnola e ibero-americana della doctrina legal119 e ricco, invece, di frequenti oscillazioni delle magistrature di ogni Cons. St., sez. V, 9 giugno 1970, n. 523, con nota di GUICCIARDI, La decisione del «chiunque», in Giur. it., 1970, III, 193; LORIZIO, Urbanistica, cit., 347 ss., con analisi critica delle successive sentenze, in parte moderatamente estensive in parte restrittive; sulla evoluzione della giurisprudenza, però GIANNINI M. S., La tutela degli interessi collettivi per procedimenti amministrativi, in Le azioni a tutela di interessi collettivi, cit.; DELL'ACQUA, La tutela degli interessi diffusi, cit., 109; VIGORITI, Interessi collettivi, cit., 118 ss., con una valutazione positiva della sentenza (e ivi, nt. 20, bibliografia). 116

Con critiche alla norma SANDULLI A. M., L'azione popolare contro le licenze edilizie, in Riv. giur. ed., 1968, II, 3 ss. 117

Un tentativo interessante (nonostante l'opposizione del governo, che però non aveva portato al rinvio della legge) è stato fatto dalla l. rg. Piem. n. 56, cit., il cui art. 60 rubricato come «controllo partecipativo» prevede nel comma 2 che «Ogni cittadino singolarmente, o quale rappresentante di una associazione o di un'organizzazione sociale, può presentare ricorso al Presidente della Giunta Regionale, agli effetti del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, sul rilascio delle concessioni e delle autorizzazioni alle modificazioni del suolo, del sottosuolo e delle destinazioni d'uso, che ritenga in contrasto con le disposizioni della presente legge». La norma si riallaccia e si salda al diverso procedimento di formazione dello strumento urbanistico, cosicché il complesso normativo consente talune forme di partecipazione nel procedimento di formazione del piano e nel controllo della sua attuazione. In generale, sul tema BRIGNOLA, La partecipazione del cittadino alla funzione amministrativa e la sua tutela giurisdizionale, in Cons. St., 1978, II, 402. 118

Per tutti, sulla prima, DE CASTRO F., Derecho civil de España, I, Madrid, 1955, 561; DE LOS MOZOS, Derecho civil, I, Salamanca, 1977, 601 ss.; DE OLIVA SANTOS A., La jurisprudencia en el nuevo titulo preliminar del Código Civil, Madrid, 1975, 437 ss.; FAIREN, La jurisprudencia en el nuevo titulo preliminar del Código Civil, in Jornadas de Derecho Civil (Zaragoza-Valladolid, 23-26 aprile 1975), Zaragoza, 1975; e per la seconda FIX ZAMUDIO H., Breves reflexiones acerca del origen y la evolución de la jurisprudencia obligatoria de los Tribunales federales, in Lecturas jurídicas, 1969, 87 ss.; in generale, HERZOG, Le droit jurisprudentiel et le Tribunal Supreme en Espagne, Toulose, 1942. 119

ordine e grado, con sentenze spesso prive di filo conduttore120, le risposte sono state diverse e difficilmente ci potevamo aspettare che le differenze non ci fossero. Il Consiglio di Stato aveva dapprima ammesso a favore di Italia Nostra la legittimazione di persone giuridiche titolari di interessi protezionistici121 di cui esse sarebbero state enti esponenziali122 in quanto il fine statutario assicurava tale legittimazione123 . La Corte di cassazione dichiarò improponibile il ricorso e cassò la sentenza124 . Una risposta diversa è stata fornita dal TAR del Lazio, ma nuovamente il Consiglio di Stato ha riaffrontato il tema con la decisione dell'adunanza plenaria dell'ottobre 1979125. Con essa ha affermato che la protezione dei beni dell'ambiente naturale costituisce una finalità di esclusivo interesse pubblico cosicché, in questa materia, non si possono individuare nel singolo soggetto posizioni di interesse legittimo, salvo che, con valutazione caso per caso, non si riconoscano posizioni in cui vi sia un interesse del singolo alla salvaguardia del paesaggio; mentre gli interessi diffusi possono essere tutelati anche dalle formazioni sociali, fra cui vanno annoverate le associazioni; il cui riconoscimento come persone giuridiche non è né presupposto necessario né condizione sufficiente mentre, caso per caso, va effettuata la valutazione dell'adeguatezza del portatore, controllando se esso sia ente esponenziale di una collettività126 . La Cassazione penale, invece, ha spesso riconosciuto la legittimazione

120

L'espressione è di NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, 1979, 117.

Cons. St., sez. V, 9 marzo 1973, I, 253, in Foro it., 1974, III, 33, con note ampiamente favorevoli di Romano A. e ZANUTTIGH, «Italia nostra» di fronte al Consiglio di Stato. 121

In realtà non si tratta in questo caso di enti esponenziali come rileva esattamente ZANUTTIGH, «Italia Nostra» davanti alla Corte di Cassazione, in Foro it., 1979, I, 169. 122

Il processo logico è analogo a quello seguito dalla giurisprudenza tedesca e dalla legislazione francese sul commercio, cosiddetta legge Royer, su cui v. DENTI, Relazione introduttiva, in Le azioni a tutela, di interessi collettivi, cit., 6. 123

Cass., sez. un., 8 maggio 1978, n. 2207, in Foro it., 1978, I, 1090, con nota di Barone, e ivi, 1979, I, 167, con nota di ZANUTTIGH, op. ult. cit. 124

TAR Lazio, sez. I, 4 febbraio 1976, n. 60, citato supra, nt. 108; ALESSANDRINI, Considerazioni sull'interesse a ricorrere, in Foro amm., 1978, I, 1179; Const. St., ad. plen., 19 ottobre 1979, n. 24, in Foro amm., 1979, I, 2417 ss.; in argomento TAR Em.-Rom. 24 novembre 1977, I, 495; TAR Lazio, sez. III, 6 febbraio 1978, n. 131, in I TAR, 1978, I, 916, a favore dell'intervento in giudizio del «World Wildlife Found» e di «Italia Nostra» per il Parco del Circeo. Mentre per la legittimazione al ricorso le controversie sono state forti, l'intervento è largamente ammesso; sulla legittimazione di «Italia Nostra», v. TAR Em.-Rom. 24 novembre 1977, n. 496, in Riv. giur. ed., 1979, I, 153. 125

Poste queste premesse il Consiglio di Stato non riconosceva a «Italia Nostra» il carattere di ente esponenziale. 126

degli enti locali a costituirsi parte civile127 , anche se non mancano oscillazioni128: sono frequenti le decisioni dei giudici di merito sull'ammissibilità della costituzione in giudizio, per reati urbanistici o di alterazione di bellezze naturali, di associazioni protezionistiche129 o di enti pubblici130. Una risposta diversa viene data dalla Cassazione civile in due sentenze assai importanti 131 su cui non ci soffermiamo perché non sono strettamente pertinenti al nostro tema; esse, sulla base del testo dell'art. 32 cost., hanno riconosciuto un diritto soggettivo del singolo all'ambiente salubre: in questo modo si supera il problema dell'individuazione, tanto dell'ammissione di un interesse collettivo differenziato quanto di quello della ricerca dell'adeguato portatore, o della valutazione della meritevolezza dell'interesse132. L'utilizzazione di questa tecnica per una tutela delle situazioni relative al paesaggio non può trovare lo stesso sostegno testuale fornito dalla locuzione «diritto»: ma non deve essere escluso uno sforzo ricostruttivo per cui le categorie processuali dell'azione e della legittimazione, tanto per il diritto soggettivo quanto per l'interesse legittimo individuale, vadano modellati sulle nuove situazioni sostanziali riconosciute dalla Costituzione.

Cass. 17 maggio 1978, in Foro it., 1979, II, 233; in Giur. it., 1979, II, 146, con nota di Postiglione; Cass. 3 novembre 1978, in Giust. pen., 1979, III, 433; POSTIGLIONE, La presenza dei Comuni nei processi per reati urbanistici a difesa degli interessi collettivi, in Interessi diffusi e loro tutela giuridica, Milano, 1977, 2 ss.; ID., Il comune nel processo penale a difesa di interessi collettivi, in Riv. pen., 1978, I, 960 ss.; Cass. 21 aprile 1979, in Foro it., 1979, II, 356, con nota di Barone, e in Giur. it., 1980, II, 1, con nota di ANNUNZIATA, Processi per reati edilizi, costituzione di p. c. del Comune e limiti di tutela. 127

In senso contrario Cass., sez. III, 5 luglio 1978, in Giust. pen., 1979, 646; Cass. 27 febbraio 1979, in Riv. pen., 1979, 867. 128

Pret. Soave 9 maggio 1978 (in Giur. merito, 1979, 405); Pret. Roma 21 giugno 1977 (in Riv. giur. ed., 1979, I, 233) e Pret. Roma 18 marzo 1977 (ivi, 1977, I, 838) hanno ammesso la costituzione di parte civile di comitati di quartiere; cfr. CICALA, Intorno alla costituzione di parte civile dei comitati di quartiere, in Giur. it., 1979, II, 81. 129

Pret. Castel di Sangro 10 novembre 1977, in Foro it., 1979, II, 225, a proposito del Parco nazionale d'Abruzzo; analogamente Cass. 26 febbraio 1979, ivi, 504, con nota di Lener. 130

Cass. 9 marzo 1979, n. 1463, in Foro it., 1979, I, 939; Cass., sez. un., 6 ottobre 1979, n. 5172, ivi, 2302. 131

In generale, sulle esigenze di valutare la meritevolezza delle situazioni da tutelare nell'attuale sistema caratterizzato da una graduale espansione dell'azione amministrativa entro spazi per l'innanzi sottratti all'influenza dell'interesse pubblico e, per l'altro verso, da una tendenziale giuridicizzazione di tutti i possibili conflitti intersoggettivi indotti da quella espansione, Cons. St., sez. VI, 4 marzo 1980, n. 289, in Foro amm., 1980, I, 416. 132

FONTI. Art. 9, 42, 32, 117 cost.; art. 14 lett. n st. Sic.; art. 6 n. 3 st. Fr. V. G.; art. 2 lett. q st. V. d'A.; art. 11 n. 6 st. Tr. A. A.; art. 4 st. Abr.; art. 56 lett. g st. Cal.; art. 5 st. Camp.; art. 3 st. Lomb.; art. 5 st. Marche; art. 4 st. Mol.; art. 5 st. Piem.; art. 4 st. Puglia; art. 4 st. Tosc.; art. 17 st. Umbria; l. 1° giugno 1939, n. 1089; l. 29 giugno 1939, n. 1497; art. 734 c.p.; l. 6 agosto 1967, n. 765; l. 29 gennaio 1975, n. 5; d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805; l. 28 gennaio 1977, n. 10; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.