Padre nostro. La preghiera dei cristiani

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Dello stesso autore nelle edizioni Paideia: L'ambiente del Nuovo Testamento L 'Apocalisse di Giovanni Etica teologica del Nuovo Testamento Le lettere ai Colossesi e a Filemone La storia della passione e morte di Gesù Cristo

Eduard Lohse

Padre

nostro

La preghiera dei cristiani

Paideia Editrice

Titolo originale dell'opera: Eduard Lohse Vater unser Das Gebet der Christen Traduzione italiana di Paola Florioli © Lambert Schneider Verlag, Darmstadt 1011, '1011 © Paideia Editrice, Brescia 1013 ISBN 978.88.394·0855.6

Indice del volume

9

Premessa Capitolo

11

1

La struttura originaria del Padrenostro

11

1.

La tradizione del Padrenostro

14

z.

La versione originale aramaica e il testo greco

18

3· Preghiere giudaiche ai tempi di Gesù Capitolo 2

31

Le sette petizioni del Padrenostro

31

1.

L'allocuzione: Padre

40

2. Prima petizione: Sia santificato il tuo nome

46

3· Seconda petizione: Venga il tuo regno

56

4· Terza petizione: Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra

61

5. Quana petizione: Dacci oggi il nostro pane quotidiano

69

6. Qu ima petizione: E rimetti a noi il nostro debito, come anche noi rimettiamo ai nostri debitori

78

7· Sesta petizione: E non c'indurre in tentazione

85 89

8. Settima petizione: Ma liberaci dal male 9· La dossologia conclusiva

95

Significato perenne del Padrenostro

Capitolo 3 La preghiera di Gesù e dei primi cristiani Appendice 107

La storia degli effetti del Padrenostro

107

1.

Il Padrenostro nei catechismi dei riformatori

u2

2.

Importanza ecumenica del Padrenostro

7

137

Bibliografia

14 3

Indice analitico

14 5

Indice dei passi citati

149

Indice degli autori moderni

Premessa

Padre nostro in cielo, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi il nostro debito, come anche noi rimettiamo ai nostri debitori, e non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Perché tuo è il regno e la potenza e la gloria in eterno. Amen.

Innumerevoli sono quanti dall'infanzia conoscono le pa­ role di questa preghiera. Ogni giorno, ma soprattutto in oc­ casioniparticolari, in ricorrenze solenni o anche tristi, spes­ so queste parole sono state di conforto e hanno consolato chi era afflitto. Ancor oggi molti conoscono a memoria il Padrenostro e la spiegazione che ne dà Lutero nel suo Pic­ colo Catechismo. Ma questa familiarità non di rado può condurre a non prestare più la dovuta attenzione al signi­ ficato preciso di ogni singola frase, perché ci si limita a ripe­ tere le parole senza riflettere a sufficienza sul senso di que­ sta preghiera. Prerogativa di una interpretazione attenta del Nuovo Testamento è di rilevare con precisione il significato delle parole che si pronunciano. In origine che cosa si voleva di9

re con questa preghiera? e quale significato nascondono le singole espressioni con le quali s'invoca Dio? Recitate che siano durante l'ufficio liturgico oppure nella preghiera si­ lenziosa del singolo, durante un matrimonio o al cimitero, importante è rendersi conto di ciò che si sta dicendo e del significato di questa preghiera con la quale s'invoca da Dio il suo aiuto misericordioso. In occasione del premio intitolato al dr. Leopold Lucas conferitomi dall'Università di Tubinga, il 15 maggio 2007 ho tenuto una lezione sul Padrenostro che poi è stata pub­ blicata l'anno successivo da Mohr-Siebeck. L'abbozzo che vi avevo delineato richiede ora d'essere sviluppato su una base più ampia, prendendo in considerazione con maggio­ re precisione tanto la struttura originaria della preghiera quanto il suo significato perenne. È quindi opportuno stu­ diare il Padrenostro in rapporto all'attività di Gesù e alla sua predicazione dell'irruzione del dominio di Dio, ma anche nella prospettiva della preghiera nel cristianesimo delle origini. Mettendo a confronto il Padrenostro con pre­ ghiere del mondo del Nuovo Testamento, anzitutto con i suoi presupposti giudaici, è da chiarire come esso si collochi nei confronti di questo e in che cosa consista la peculiarità delle sue parole. In una simile ricerca storica non è d'altro canto da perdere di vista la questione del significato per­ manente di questa preghiera, che oggi come ieri riguarda il mondo intero. Per questa seconda edizione si è potuto tener conto di al­ cune preziose indicazioni da parte di attenti lettori, correg­ gendo qualche piccolo errore. 1

Eduard Lohse

1 Cf. E. Lohse, Das Vaterunser - im Licht seiner judischen Vorausset­ zungen, Tiibingen 2008.

Capitolo

I

La struttura originaria del Padrenostro

I. LA TRADIZIONE DEL PADRENOSTRO

Nel Nuovo Testamento il Padrenostro è tramandato nel vangelo di Matteo e in quello di Luca (Mt. 6,9- 1 3; Le. II,2-4) . La cosiddetta Didachè (chiamata anche Dottrina dei dodici apostoli), risalente alla prima metà del II secolo d.C., riporta inoltre una versione della preghiera che si av­ vicina molto ai versetti del vangelo di Matteo (Did. 8,2). La questione della versione più amica del Padrenostro an­ drà quindi sollevata soprattutto in rapporto alle testimo­ nianze contenute nel Nuovo Testamento. In molte edizioni della Bibbia il Padrenostro è riporta­ to in entrambi i vangeli con parole del medesimo tenore. Questa versione corrisponde a un gran numero di mano­ scritti recenti del testo greco. Le edizioni critiche del Nuo­ vo Testamento- in particolare quella del Novum Testa­ mentun Graece (Nestle-Aland, 27• ediz., Stuttgart 1 993) - mostrano tuttavia che i manoscritti più antichi del testo greco dei due vangeli si distinguono chiaramente l'uno dall'altro nelle versioni del Padrenostro. Queste differen­ ze, poi soppresse nella tradizione posteriore, sono dunque da prendere in attenta considerazione. Mentre in Matteo si trova una versione con sette peti­ zioni, che hanno condizionato fin dagli esordi l'utilizzo corrente nella chiesa, nel vangelo di Luca il testo mostra una forma più breve, con cinque petizioni soltanto. Le dif­ ferenze riguardano in particolare i punti seguenti: 1. l'allocuzione in Matteo suona «Padre nostro nei cie­ li>> , mentre Luca esordisce semplicemente con «Padre». Il

Le prime due petizioni concordano in entrambi i van­ geli, ma poi in Luca manca la terza richiesta così come è tramandata da Matteo. 3· La seconda parte della preghiera inizia per entrambi con la richiesta del pane quotidiano. Ma il testo presenta qui e là qualche differenza linguistica. Mt. 6, 1 1 recita: "tÒv tip"tov TJf1WV "tÒv Èmouatov òòç iJ11iv af,f1Epov, mentre Luca al­ la fine della frase aggiunge le parole: 'tÒ xGt-8' -/jf1-ÉpGtv. 4· La quinta petizione - seguendo la numerazione del vangelo di Matteo - presenta a sua volta differenze nei ter­ mini utilizzati. In Mt. 6, 12 si parla delle «colpe» che Dio dovrebbe perdonare. In Luca invece sono «i peccati» quel­ li che si chiede a Dio di rimettere. E nel secondo stico, che invita al perdono reciproco, in Matteo il verbo è al­ l'aoristo mentre in Luca è al presente: cìcpf,"X,Gtf1EV: cìcptof1EV . s. La petizione conclusiva in Matteo - la sesta - è letta anche in Luca, ma manca l'ultima frase: «ma liberaci dal male». 6. È infine da osservare che la dossologia con cui si conclude la preghiera secondo la versione corrente non è riponata nei testimoni testuali più antichi dei due vangeli. È evidente che nei primissimi tempi il testo della lode non era stato ancora fissato con precisione e che l'orante for­ mulava liberamente la frase conclusiva. La versione più breve della preghiera secondo il testo lucano si presenta così: 2.

Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno. Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri peccati, poiché anche noi rimettiamo a chi ci è debitore, e non indurci in tentazione.

Come valutare queste differenze presenti nella tradizione testuale più antica? Una dipendenza letteraria diretta di un evangelista dall'altro non è pensabile. Da una parte è infat12

ti difficile immaginare che l'originale di un testo più lun­ go possa essere stato arbitrariamente scorciato da un te­ stimone posteriore. Dall'altra non si può certo d 'altro can­ to supporre che un copista di sua iniziativa abbia potuto ampliare con integrazioni sue una redazione ricevuta in forma più breve.' Ci sono piuttosto due distinte tradizio­ ni della preghiera del Signore, che pur concordando nella sostanza tuttavia si differenziano per certi piccoli partico­ lari. Si può quindi supporre che la versione testuale più breve sia anche la più antica, e che nelle tradizioni poste­ riori essa sia stata ampliata con una terza e una settima ri­ chiesta. Le espressioni leggermente diverse nelle varie ver­ sioni fanno intuire che per un certo periodo la preghiera sia stata tramandata soltanto oralmente, e che solo succes­ sivamente il testo sia stato fissato per iscritto e inserito dal singolo evangelista nel contesto che questi aveva pre­ disposto. Le due redazioni del Padrenostro tramandate nel Nuovo Testamento hanno dunque conosciuto una tradi­ zione indipendente prima d'essere registrate dagli evan­ gelisti. Il confronto tra le due tradizioni metterà in luce che la struttura linguistica presentata da Matteo riflette rispetto alla versione di Luca presupposti senz'altro più antichi­ in espressioni in origine formulate in lingua semitica. Que­ ste considerazioni andranno dunque verificate e confer­ mate prendendo in esame ogni singola frase.' Come che sia, che le due versioni rappresentino una tradizione co­ mune risulta in modo convincente dalla presenza in en­ trambe della parola È7ttoootOç.1 La tradizione del Padrenostro mostra da una parte che 1 Cf.]. Jeremias, Das Vater-Unser im Lichte der neueren Forschung, in Abba. Studien zur neutestamentlichen Theologie und Zeitgeschichte, Gottingen I 966, I p- I 71. I 5 5- I6o: il testo più antico del Padrenostro. 1j. Jeremias, Vater-Unser, ci t., 160. 1 Cf.]. Jeremias, Neutestamentliche Theologie, I. Die Verkiindigung]e­ su, Giitersloh I97I (= ''979), 190.

13

lettori e ascoltatori erano liberi di recitare una versione più lunga o più breve della preghiera. D'altra parte dalla te­ stimonianza manoscritta emerge tuttavia chiaramente che se anche sono presenti integrazioni rispetto alla versione più breve del vangelo di Luca che la allineano alla versione più lunga del vangelo di Matteo, nella testimonianza ma­ noscritta di quest'ultimo non sono presenti abbreviazioni che possano far pensare a un uso del testo più breve di Luca. Ne consegue che le sette petizioni, così come sono esposte nel vangelo di Matteo, presentano la struttura del Padrenostro generalmente adottata nell'uso ecclesiastico. All'inizio del secondo secolo la Didachè segue appunto questa versione del testo, propendendo chiaramente per il Padrenostro con sette petizioni, così come da allora è stato recitato in tutte le chiese. 2..

LA VERSIONE ORIGINALE ARAMAICA E IL TESTO GRECO

La lingua di Gesù e dei primi cristiani era l'aramaico. In principio il Padrenostro dev'essere stato formulato e pre­ gato in questa lingua. Anche soltanto l'allocutivo «padre» per rivolgersi a Dio è indice di questa origine linguistica: tanto di Gesù stesso quanto della preghiera liturgica dei primi cristiani si tramanda che ci si rivolgeva a Dio chia­ mandolo abba, padre (Mc. I 4,36 par.; Gal. 4,6; Rom. 8, I 5 ) . La parola aramaica abba è uno stato enfatico con suffisso pronominale alla prima persona singolare e al tempo stes­ so rende anche la forma alla prima plurale, così che lo si può tradurre sia come (Gv. I 7,5). E ancora: «Padre santo, custo­ discili (i discepoli) nel tuo nome, quelli che mi hai dato» (Cv. I 7,I I ). Il Figlio prega il Padre perché esaudisca la sua ultima volontà: «Padre, voglio che dove sono io siano anche quelli che mi hai dato» (Cv. 1 7,24). E ancora: «Pa­ dre giusto, il mondo non ti conosce, ma io ti conosco» (Cv. I 7,25 ). Con queste frasi il quarto vangelo intende sot­ tolineare che «non è stato un destino assurdo o avverso a portare Gesù sulla croce, ma egli vi è giunto come inviato dal Padre nel mondo» .' I discepoli di Gesù sono invitati a rivolgere in tutta sem­ plicità le loro preghiere a Dio padre, che possono e devo' Cf. E. Haenchen, Der Vater, der mich gesandt hat: NTS 9 ( 1 96>/63) zo8-z16 (= Gott und Mensch. Gesammelte Aufsiitze, Tiibingen 1965> ' Cf. Haenchen, art. cit., 77· 68-77).

no chiamare con l 'allocutivo fiducioso «abba». A questo allocutivo non è da aggiungere altro. Se Gesù si era rivol­ to a Dio chiamandolo «abba» l «padre mio», così anche i suoi discepoli possono imitarlo e rivolgersi a Dio chia­ mandolo «abba» l •padre nostro». La possibilità di consi­ derare Dio un padre al quale rivolgersi dovette diventare ben presto una convinzione tanto radicata nella cristiani­ tà primitiva che nelle parole incipitarie delle sue lettere l'apostolo Paolo può sempre parlare di Dio Padre e del Si­ gnore Gesù Cristo. In confronto ad altre preghiere giudaiche del tempo col­ pisce «la tendenza alla concisione che conduce alla sem­ plicità e alla stringatezza» delle petizioni del Padrenostro.' Quanti nel nome di Gesù possono dire «padre nostro» sono uniti nella familia Dei.' Con l'allocuzione rivolta a Dio in quanto padre si introduce al tempo stesso una pro­ messa di salvezza. Il suono limpido con cui inizia la pre­ ghiera pervade poi tutte le petizioni seguenti. Nelle pre­ ghiere giudaiche contemporanee l'allocuzione a Dio «pa­ dre» è sempre associata ad altri predicati che esprimono la condizione sovrana di Dio. Nella preghiera d i Gesù, in­ vece, l'allocutivo fiducioso «padre» rivolto a Dio è quello che segna la direzione.3 In fondo egli è il padre a cui i fi­ gli possono rivolgersi sempre in piena fiducia.4 1 Cf. Philonenko, Vaterunser, cit., )O. Cf. Dalman, op. cit., 286, con rin· vio a Ecc/. 5 , 1 dove si dice: •Dio è in cielo e ru sulla terra. Perciò le tue parole siano parche•. z Cf. U. Luz, Das Evangelium nach Matthiius (EKK 1{1 [Mt. 1-7)), Zii­ rich-Neukirchen 1985, 341. J Cf. O. Cul lmann, Das Gebet im N. T., cit., 54· 4 Per la designazione di Dio come padre si vedano inoltre A. Strot­ mann, •Mein Vater bist du• (Sir. JI,Io). Zur Bedeutung der Vaterschaft Gottes in kanonischen und nichtkanonischen fruhjudischen Schriften (FTS 39), Frankfurt a.M. 1991; A. Bockler, Gott als Vater im Alten Te­ stament. Traditionsgeschichtliche Untersuchungen zur Entstehung und Entwicklung eines Gottesbildes, Giitersloh '2002; E. Tonges, • Unser Vater im Himmel•. Die Bezeichnung Gottes als Vater in der tannaiti­ schen Literatur (BWANT 147), Stuttgart 2003 .

39

z..

PRIMA PETIZIONE: SIA SANTIFICATO

IL

TUO NOME

Il Padrenostro ha una struttura ben definita. La prima parte, che nella redazione matteana comprende tre brevi frasi ma solo due nel vangelo di Luca, si rivolge col «tu» a Dio, il Padre celeste, e unisce la lode alla preghiera che si compia la sua azione benevola. La seconda parte - che nel vangelo di Matteo presenta quattro frasi ma solo tre nel vangelo di Luca - è guidata dal «noi» della comunità orante e invoca l'intervento misericordioso di Dio per le esigenze - corporali e spirituali - dei discepoli di Gesù. La dossologia conclusiva riassume infine il tutto in una frase di fervente esaltazione di Dio Padre. Nella sua con­ cisione e stringatezza, questa breve preghiera racchiude tutto ciò che serve alla vita dei figli di Dio. L'inizio è tramandato dai due testimoni - il vangelo di Matteo e quello di Luca - in una stessa forma e con le me­ desime parole. Al primo posto troviamo un breve enun­ ciato: sia santificato il tuo nome. In questo modo la pre­ ghiera segue il modello di preghiere giudaiche analoghe del tempo antico. Ad esempio nel Qaddish, che veniva re­ citato sia nel culto sinagogale sia nella preghiera del singo­ lo in occasioni diverse, si dice: «Glorificato e santificato sia il suo nome eccelso nel mondo, che ha creato secondo il suo volere. E faccia regnare il suo dominio e germoglia­ re la sua redenzione - durante la vostra vita e i vostri gior­ ni e la vita di tutta la casa d'Israele, e sia tra breve. E dite: Amen». Le prime due frasi del Padrenostro seguono que­ sto schema, associando la richiesta della santificazione del nome di Dio a quella della venuta del suo regno. In en­ trambe le frasi, unite l'una all'altra senza congiunzione, il verbo sta all'inizio, mostrando chiaramente che la versio­ ne greca esprime una struttura in origine semitica. La vicinanza ideale che distingue il Qaddish rispetto al Padrenostro emerge ancor più chiaramente dalle parole se-

guenti: «Il suo nome eccelso sia lodato in eterno. Sia be­ nedetto, esaltato, glorificato . . . il suo nome santo. Sia esal­ tato al di sopra di tutte le esaltazioni, i canti, le venerazio­ ni e le consolazioni che sono pronunciate nel mondo. E dite: Amen!». Questo stesso concetto, applicato al nome di Dio, viene invece espresso così nella preghiera delle Di­ ciotto benedizioni: «Santo sei tu e temibile il tuo nome, e non vi è altro Dio all'infuori di te. Benedetto sei tu, Signo­ re, Dio santo». ' Chi conosce il nome di u n altro e riesce a pronunciar­ lo, instaura un legame con lui e può chiedergli d i esaudire questa o quella richiesta a lui rivolta. Nel giudaismo il no­ me di Dio era sempre stato tenuto in particolare conside­ razione e quindi si evitava di pronunciarlo ricorrendo a svariati termini sostitutivi (v. sopra, p. 32). Uno di questi termini è «il nome», senz'altra aggiunta. Israele si distingue proprio perché Dio gli ha fatto co­ noscere il suo nome santo. Secondo Gen. 3 2,30 Giacobbe cercò di farsi dire il nome dalla figura che gli era apparsa al guado dello Iabboq: «Dimmi come ti chiami». Dio ri­ vela il suo nome di fronte ad Abramo: «lo sono il Dio on­ nipotente; cammina davanti a me e sii integro» ( Gen. I 7, I). Egli rende noto il suo nome anche a Mosè: > il regno di Dio non è definito come dimensione dell'interiorità che trovi posto nel cuore dell'uomo. Il contesto, al contrario, stabilisce chiaramente il carattere futuro del regno di Dio (v. 2 1 : «E neppure si dirà»; vv. 2 2 ss. sulla venuta del figlio dell'uo­ mo). Ecco dunque che cosa s'intende: il regno di Dio arri­ verà in mezzo a voi all'improvviso, d'un tratto (Le. 1 7,21). Giungerà inaspettatamente, senza la possibilità di preve­ derlo in anticipo. La venuta del regno di Dio viene annunciata 1 in parabole che iniziano con queste parole: «Come stanno le cose con (la venuta del) il regno di Dio?». Le formule introduttive prendono a modello espressioni rabbiniche! In partico­ lare, alla base della espressione greca O!J-Oto� Ècr-rtv oppu­ re w�, W!J-OtW�l"J (= «è simile») ecc. vi è un t• ebraico o ara­ maico che è da rendere: «le cose stanno come con . . . ». L'espressione completa che introduce una parabola suo­ na dunque così: «Ti racconterò una parabola. A che cosa può essere paragonata la faccenda? È come con (e segue il racconto)». Nel racconto della parabola è dunque da co­ gliere il punto saliente del paragone per metterlo in rela­ zione con l'enunciato in questione. Nelle parabole che trattano della semina e del raccolto Gesù annuncia la ve­ nuta del regno di Dio. In queste non si è davanti a sottili allegorie da interpretare punto per punto, ma tutto riman­ da alla questione fondamentale: come stanno le cose col re­ gno di Dio ? «La venuta del regno di Dio è come quando un tale ha 1 Per l'interpretazione delle parabole del regno di Dio nel senso di una «escatologia in via di realizzazione» cf. in particolare J. Jeremias, Die Gleichnisse ]esu, Giittingen " 1 998 (tr. it. Le parabole di Gesù, Brescia ' 1973). • Cf. Jeremias, op. cit., 99-102.

so

gettato il seme sul terreno. Poi dorme e si risveglia, notte e giorno, mentre il seme germoglia e cresce. Il terreno pro­ duce da sé [ct\rtO!J-tl'tl'j implica, come in Atti 1 2, I o, un pro­ digio divino!] il suo frutto, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando però il frutto lo con­ sente, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mie­ titura» (Mc. 4,26-29). Qui non è descritto un processo di lenta crescita progressiva, come aveva inteso l'esegesi an­ tica. Al contrario, il contadino non è assolutamente par­ tecipe di ciò che sta accadendo. Senza che egli muova un dito, arriva il momento della mietitura, che - con Gl. 4, I 3 - è presentata come anticipo del giudizio: «Mettete mano alla falce, perché il raccolto è maturo. Venite, pigiate, per­ ché il torchio è colmo. I tini traboccano, perché tanta è la loro malvagità». Ciò che si mira a far vedere non è quindi l'evoluzione di un certo processo, ma anzi il principio e la fine vengo­ no contrapposti l'uno all'altra per sottolineare il contra­ sto. Nel giudaismo del tempo la crescita e la maturazione non erano viste come conseguenza di un processo natura­ le, ma erano attribuite all'azione miracolosa di Dio. Per­ ciò anche Paolo può ricorrere all'immagine del chicco di grano per la risurrezione dei morti ( 1 Cor. I s,J6-J 8), e an­ che in Gv. I 2,24 la crescita del frutto è paragonata alla ri­ surrezione dei morti: «Amen, amen, vi dico: se il chicco di grano non cade nel terreno e non muore, rimane solo. Se invece muore - e viene risuscitato (il significato richie­ de l'aggiunta) - allora porta molto frutto>>. Anche la pa­ rabola del seme che germoglia e cresce spontaneamente in­ tende far pensare a un prodigio compiuto da Dio. Il mo­ mento del raccolto arriva senza che nessuno possa impe­ dirlo o anticiparlo. Altrettanto prodigiosamente, senza al­ cun intervento umano, Dio fa giungere il suo regno. Nelle parabole del granellino di senape e del lievito il contrasto emerge con forza ancor maggiore. Da una par­ te sta un semino minuscolo, dall'altra un albero possente

che sovrasta tutte le altre piante del giardino (Mc. 4,30-32 par.). Tra i rami di quest'albero - così sta scritto alla fine - gli uccelli del cielo possono costruire il loro nido e tro­ vare riparo. L'immagine dell'albero sotto le cui fronde trova rifugio ogni genere di animali e alla cui ombra pos­ sono nidificare gli uccelli, è frequente nell'Antico Testa­ mento a simboleggiare l'estensione e la vastità di un regno (Ez. 1 7,22 s.; J I ,6; Dan. 4,9. I 8). Così anche qui la pianta frondosa che tanto contrasta con il semino insignificante rappresenta la potenza inimmaginabile del regno di Dio. Nella tradizione dei detti questa parabola è strettamen­ te correlata a quella del lievito (Mt. I 3,33 par. Le. I 3,20). Da una pane si accenna alla grande quantità di farina impiegata, dall'altra al piccolo pezzetto di lievito neces­ sario per far lievitare tutta la pasta. In molti detti e pro­ verbi si nominava il lievito per illustrare come una picco­ la causa possa avere un grande effetto (cf. Gal. 5 ,9; I Cor. 5,6). Così avviene anche qui: la donna impasta una gran­ de quantità di farina e il pezzettino di lievito che vi ag­ giunge fa sì che tutta la pasta lieviti e aumenti d i volume. Nella parabola si contrappongono l'inizio e la fine. Il pro­ cesso della lievitazione in sé non viene affatto descritto: ciò che è messo in evidenza è l'effetto straordinariamente amplificato di una quantità di lievito minima. Anche la ve­ nuta del regno di Dio sarà altrettanto prodigiosa. A queste parabole va aggiunta anche quella del semina­ tore e dei quattro tipi di terreno, quantunque il racconto inizi privo d'introduzione vera e propria e dunque non nomini espressamente il regno di Dio (Mc. 4,3-9 par.). In tre casi la semina è destinata all'insuccesso: una volta il se­ me viene divorato dagli uccelli, un'altra è bruciato dal ca­ lore del sole, una terza è soffocato dai rovi. A questo insuc­ cesso si contrappone invece un raccolto eccezionalmente abbondante. Il seme che cade sulla buona terra produce frutto, con una resa del 30, del 6o, del I OO per uno. A quei tempi un raccolto con la resa del 7- I 2 per uno era già con-

siderato buono. Le quantità indicate nella parabola van­ no ben oltre una resa ordinaria, e quindi anche qui è il con­ trasto che si vuole sottolineare. Per definire lo scopo del­ la parabola si deve prescindere dalla interpretazione se­ condaria che ne fornisce la parenesi comunitaria (Mc. 4, r J20 par.). Questa illustra il diverso comportamento di chi ascolta la parola per esortare ad ascoltare nel modo dovu­ to. Ma la parabola presenta due situazioni opposte: da una parte la semina vana, dall'altra il raccolto prodigioso. Il compimento escatologico sarà veramente grandioso! Le parabole del regno di Dio ' non trattano quindi di un processo rneramente storico che illustri la crescita o l'edi­ ficazione del regno di Dio; piuttosto, il contrasto a cui danno risalto contrapponendo la semina e il raccolto pun­ ta a illustrare la grandezza del prodigio divino. La mera­ vigliosa venuta del regno di Dio non è dunque né il risul­ tato di un'espansione storica né l'elemento finale di uno sviluppo salvifico; il prodigio comporta invece la fine del­ la storia e l'irruzione della signoria di Dio. Per questo il re­ gno di Dio non viene mai rappresentato come una situa­ zione, ma ci si limita ad affermare che Dio instaurerà il suo regno, imporrà la sua signoria. Come afferma Gesù, si devono osservare i segni attra­ verso i quali il regno di Dio già si annuncia energicamen­ te: ' «Se io scaccio i demoni con il dito di Dio, allora il re­ gno di Dio è già giunto a voi» (Le. r r , 2 o par. Mt. 1 2,28). Negli esorcismi e nelle guarigioni degli infermi compiute da Gesù, la salvezza escatologica irrompe già nel presente 1

Per il resto va tenuto presente tutto il contesto delle parabole in Mt. 1 3 e 22,1 - 1 o; 2j,I ·46. Cf. Jeremias, Gleichnisse, alle singole pericopi. z Per la contrapposizione problematica del •già» e il «non ancora» nel­ la predicazione di Gesù cf. W. G. Kiimmel, Verheissung und Erfiillung (AThANT 6), Ziirich '1953, 47: •Per Gesù che il regno di Dio e la sal­ vezza che questo comporta siano attesi per il futuro è strettamente cor­ relaro alla constatazione che la promessa in qualche modo si è già com­ piuta, sebbene non risulti intaccata la dimensione futura legata al dono promesso�. Cf. anche O. Cullmann, Das Gebet im N. T. , cit., 6).

53

(

con la sua forza rinnovatrice. Nell'eliminazione della ma­ lattia e del dolore risplende simbolicamente il cambiamen­ to che trasforma ogni cosa, iniziato con la proclamazione del regno di Dio da parte di Gesù. La petizione del Padrenostro mira all'azione prodigio­ sa di Dio: egli solo sa come determinare la misura del tem­ po. Consapevoli della santità del suo nome, i credenti in­ vocano il Padre celeste confortati dalla fiducia che il loro tempo è nelle mani di Dio (Sal. 3 I , I 6). Nei momenti di necessità e di difficoltà che vivono, i credenti invocano con intensità ancora maggiore la venuta del regno di Dio, che sconfiggerà tutte le potenze malvagie e trionferà su di es­ se. Sanno i nfatti per certo che >. Come Cristo ha accettato la volontà di Dio e ha bevuto fino in fondo il calice amaro della sofferenza, così anche i credenti devo­ no essere disposti a portare la croce loro imposta, corri­ spondendo alla volontà di Dio. Mettendo in relazione il pane quotidiano con tutti gli ambiti della vita, la spiegazione della quarta petizione ri­ sulta efficacemente espressiva. Con pane quotidiano non , WA n/8J, 14-11. Cf. V. Leppin, Luther privat. Sohn, Vater, Ehemann,

Darmstadt 2oo6, 7·

1 09

si pensi soltanto >. Quando così preghia­ mo dobbiamo rammentarci della sua promessa e pensare in questo modo: «Padre amato, vengo e ti chiedo di perdo­ narmi, non perché con le mie opere io possa guadagnar­ melo o meritarmelo, ma perché tu lo hai promesso e vi hai apposto il tuo sigillo, affinché vi sia certezza, come se io avessi un'assoluzione pronunciata direttamente da te». Circa le tentazioni a cui gli oranti sono esposti, essi sap­ piano che 7' 68

2

Pietro 1,9: 8)

1 Giovanni 2 , 1 ) s . : 87

Apocalisse 1,6: 92 ),Io: 8 2 4,8: 44 4,1 1 : 5 9> 92 5 , 14: 93 1 1 , 1 5 : j4, 91 I I , I 7: 92 12,1-18: 8 9 1 2, 1 0 s.: 92 19,6: 92 20,4: 92 zo,6: 92 22,1 1 : 44

LEITERATURA GIUDAICA

Assumptio Mosis I O,I-3: 47 Baruch syriacus 2 1 ,23: 47 2 1 ,25: 47 He11och aethiopicus 46,7 s.: 43 lubilaeorum

Libri

1,23: 5 5 5 > 1 7 s.: 71 14,2 1 : Ho 1 7, 1 7: So 18: Bo 19,38: So Mekilta a Es. 1 5,1: 57 a Es. 1 6,4: 67 s. Mishna A bot 2,4: 5 8 2,10: 72.

3 , 1 6: 71 5,2: So ]orna 6,2: 91

Psalmi Sa/omo11is ,s,s: s s Qumran IQH 3,2 1 : 5 5 s,zo-zz: 1 9 7,6-9: 20 1 QS ),zo-23: S 1 9· '3' 57 9· 13: 57 I I , f - 1 2: 2 1 4Q371 fr. 1, 16: 3 5 4Q460 fr. s , I, s: 3 5 uQPs' 19, 1 S : S6

Talmud babilonese Berakot 16b: 57 6ob: 79, 87 Sa11hedri11 97b: 72 Shabbat 1 5 3a: 71 Talmud gerosolimitano Berakot 14C: 9 1

Testamemum Levi 1,): S7 Tosefta Berakot 3 ·7' 57

LEITERATURA CRISTIANA ANTICA

Cipriano De domi11ica oratio11e 9' 9 5

Didache 7,1-4: 105 S,l: 105 8,z: l 11 105

S,J: 105 9,1 - 1 0,8: 105 1 o,z: 44 1 o, 5 : 85, 90

Origene De oratione 26,1: 6o 27 ·7 ' 64

Martyrium Polycarpi 7,1: 105

Tertulliano De oratio11e 1: 9 5

LEITERATURA GRECA PROFANA

Omero llias I ,54' ) 1 S.

Odyssea 1,18: J Z s.

Platone Crito 43d: s s

Indice degli autori moderni

Aland, K., 64, 78 Aland, K. e B., 63, 74 Avemarie, F., 45 Baer, H. v., 5 5 Bahr, P., I 3 5 Barth, K., I 07, 1 16 Bauer, W., 63, 74 Ben-Chorin, S., 99 Bengel, J.A., 56 Bietenhard, H., 4I -44 Billerbeck, P., I6 s., 2 I -23, 26, 2 8 s., 34> 4 I , 43> 46 s., 57 s., 68-70, 83, 87, 9 I Black, M., 64 Bockler, A., 39 Bohlen, M., 49 Bonhoeffer, D., I 30 Bornkamm, K., I 14 Brecht, M., I I s, I I 7 Brocke, M., 99 Biihler, P., I I4 Bultmann, R., 45. 68, 71, 73 Burney, C.F., I 5 Busch, E., 1 19 Cullmann, 0., 36, 39, 5 J , 6o, 68, 74· 88 Dalferth, U., 88 Dalman, G., I4 s., 23, 32, 39, 41, 46, 57, 6 z, 69, 7I , 83, 87, 92 Dibelius, M., 58 Dibelius, 0., Io6 Ebeling, G., I l 4 , I J J Ebner, M., I 28 Elbogen, 1., 20, 28 s., 90

Fiebig, P., z3, 29 s. Finze-Michaelsen, H., I 3 5 Foerster, W., 63, 6 5 s. FOrster, N., 1 0 1 Grasser, E., 54-56 Haacker, K., 98 Haenchen, E., 38 Hahn, F., 37 Harder, G., 87-89 Hauck, F., 7 I Heckel, U., 62 Hengel, M., J 5 , 46 Hoppe, R., I 28 Jeremias, J., 1 3, 1 5, r 8, 30 s., J 5 , 37, 4 5 , so, n, 5 5 s., 6 s s., 7479, 83 s., 93· 95> 100, 105 Kasch, W., 8 5 Kittel, G., 1 4 Klein, H., 100 s. Korting, G., 6 3

Kuhn, K.G., 1 5 s., 23, J 4, 46, 68, 81 Kiimmel, W.G., 5 3 Leaney, R., 54 Lehnhardt, A., 29 Leppin, V., I 09 Lohlink, G., 57, 59 Lohmeyer, E., 56, 5 8 , 74, 78, 84, 87 s. Lohse, E., 10, 9 1 , 98 Luomanen, P., 49 Luther, M., 109 Luz, M., 39, 77, 83, 88, IOZ-105

1 49

Maier, J. , 23, 74 Metzger, B., 63 Nijman, M., 63 Ostmeyer, K.-H., 98 Pannenberg, W., 132 s. Petuchowski, J .J., 99 Philonenko, M., t8 s., J 5, 39, 41, 45 . 47, 5 j , 57-61, 66, 69, 8o, 83 s., 86 s. Pokorny, P., 62 Popkes, W., 77 Preisigke, F., 63 Procksch, 0., 43, 45 Rahner, K., 1 27 s. Ratzinger, J., 128 Rordorf, W., 66, 7 5 Rothschild, C.K., 17 Sasse, H., 93 Schechter, S., 23 Schlatter, A., 6o, 66, 90 Schlier, H., 93 Schlink, E., 1 30, 132 Schlosser, ]., 46 Schmeller, Th., 128

Schneider, G., 5 5 Schniewind, J., 89, 98 Schrenk, G., p-)4, 36 s., 57 s. Schiirmann, H., 6o, 67, 77 Schwarz, G., 1 5 Schweitzer, A., h Seesemann, H., 79, 84 Soosten, ]. v., 1 3 5 Staerk, W., 2 3, 29 Steudel, A., 4 5 Strecker, G., 70, 101 Strolz, W., 99 Strotmann, A., 39 Stuhlmacher, P., 104 Teppler, Y.Y., » Thielicke, H., 1 34 Tiinges, E., 39 Torrey, C.C., 1 5 Viigtle, A., 6o, 86, 99 Weiss, ]., 46, 78 Wellhausen, J., 66, 98 Wettstcin, J.J., 97 Windisch, H., 49 Wo Iter, M., 64, 1 oo Worp, K.A., 63

PER PAIDEIA EDITRICE STAMPATO DA CDC ARTI GRAFICHE CITTÀ DI CASTELLO ( PERUGIA) SETTEMBRE

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