Opera, Pars III Opera polemica, 2: Dialogus adversus Pelagianos
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CORPVS CHRISTIANORVM Series

Latina

LXXX

HIERONYMI PRESBYTERI OPERA

S.

PARS III,

2

TVRNHOLTI TYPOGRAPHI BREPOLS EDITORES PONTIFICII

MCMXC

HIERONYMI PRESBYTERI OPERA

S.

PARS

III

OPERA POLÉMICA 2

DIALOGVS ADVERSVS PELAGIANOS

CVRA ET STVDIO

С MORESCHINI

TVRNHOLTI TYPOGRAPHI BREPOLS EDITORES PONTIFICII

MCMXC

Univ. Library.

UC Santa Cruz

1991

svmptibvs svppeditante Svpremo Belgarvm

Magistratv

pvblicae institvtioni atqve Optimis Artibvs Praeposito EDITVM

© Brepols 1990

All

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La presente edizione del Dialogus aduersus Pelagianos di Gerolamo si basa su di una serie di manoscritti, che abbiamo rintracciato per mezzo del prezioso repertorio curato da D.B. Lambert ('). Tali testimonia, che ci sono parsi i più degni di considerazione per la costituzione del testo, sono stati da noi già brevemente studiati in altra sede qui riprendiamo, in un considerazioni svolte allora, riasprimo momento (pp. v-xii), sumendole chiarimenti correggendole all'occasione, secondo che nostre indagini successive hanno permesso di arrecare testo del nostro precedente contributo era stato terminato circa cinque anni fa); in un secondo momento, invece (pp. xnxxvi), allarghiamo la nostra ricerca sulla tradizione manoscritta, scendendo nel tempo ed esaminando testimonia del XII secolo eravamo parte del XIII, mentre nel nostro precedente lavoro fermati quelli dell'undicesimo secolo. completamento della ricerca sulla tradizione manoscritta dei secoli più tardi (XIVXV), sarà da noi riservato ad altro momento, in quanto non verosimile aspettarsi dai recentiores delle novità di rilievo fini della costituzione del testo. 1. La tradizione manoscritta del Dialogus raggruppa in due grandi famiglie sostanzialmente omogenee al proprio interno assai scarsamente comunicanti tra di loro; fenomeni di contaminazione sono, nel complesso, assai limitati; non modificano contorni di una determinata famiglia non influiscono nella valutazione essenziale dei singoli testimonia, riconduquali cono in modo abbastanza lineare all'una all'altra famiglia. La prima, da noi chiamata (3), rappresentata in primo grado da Parisinus, Bibl. Nat., Lat. 1863 due codici di età carolingia, IX-X, del secolo coevo Vaticanus Reg. Lat. 122r-171v), (ff. 286 (ff. 6r-42r). Abbiamo dato al primo la sigla P, al secondo la sigla R; quest'ultimo fu già conosciuto prima di noi dal Vallarsi (4), accanto ad un altro manoscritto vaticano, sul quale torneremo immediatamente. Sono due esemplari di buon livello culturale, assai vicini tra di loro essi presentano un testo quasi motivo di considerarlo in toto sempre buono, anche se non vi della seconda preferibile quello famiglia. Da un punto di vista

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S.

(1) Cfr. B. Lambert, Biblwtbeca Hieronymiana Manuscripta. La tradition manuscripte des œuvres de Saint Jérôme, Hagae Comitis 1959, II, pp. 417-422. nostre Indagini sulla rtcmsio dei Dialogi aduersus Pelagianos libri tres di (2) Cfr.

Salvatore Polyantbema, Studi di Letteratura cristiana antica offerti Messina 1989, pp. 55-74. sigle a eft alle sigle delle lettere greche del nostro precedente (3) Sostituiamo studio. (4) Cfr. Sancti Eusebii Hieronymi Stridonensis Presbyteri Operum tomus secundus ... studio ac labore Dominici Vallarsi, Veronae 1735, 678. le

Costanza

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INTRODUZIONE

della grammatica e della sintassi il testo di a sembra più regolare e piano, mentre quello della famiglia b, di cui ora parleremo, è più mosso e spezzato; la scelta tra le due lezioni, spesso ugualmente buone, spetta in ultima analisi al iudicium non facile dell'editore o del critico. A noi sembra che il testo di a sia, nella sua regolarità, il frutto di una edizione antica, e questa nostra ipotesi è, a nostro parere, avvalorata dal fatto che a conserva i tituli dell'opera di Pelagio citata da Gerolamo nel corso del primo libro. Trattasi delYEulogiarum ex divinis scripturis liber unus, di cui ci fa menzione Gennadio (de uiris ill., cap. 42). Orbene, quest'opera dell'eresiarca, ci fa sapere Gennadio, era un libro capitulorum indiciis in modum sancti Cypriani martyris Certo, niente impedisce, in via di ipotesi, che praesignatus. Gerolamo, il quale citava direttamente dal libro di Pelagio, aggiungesse ad ogni enunciato il titulus, o meglio, il numero del titulus stesso. A me pare, tuttavia, che questo modo di procedere fosse estraneo alla prassi normale delle opere polemiche (in Gerolamo stesso non si riscontra altrove, mi sembra, nelle opere contro Elvidio, Gioviniano o Giovanni di Gerusalemme), per cui sarei più incline a credere che la presenza di siffatti tituli, conservati solo nei manoscritti della famiglia a, sia dovuta più all'intervento di un editore antico (eventualmente, lo stesso autore della tradizione a) che al metodo polemico di Gero lamo (5). Il manoscritto vaticano, e ancor più il parigino, sono stati corretti da una seconda mano; verisimilmente differente dalla prima, quella che si puô indicare P2, probabilmente, invece, coincidente con la prima, R2; in ogni caso, si tratta di una correzione che ha avuto luogo poco tempo dopo la copiatura del manoscritto. Il manoscritto parigino è, nel suo complesso, caratterizzato da un maggior numero di errori e di lectiones singulares che non il vaticano, ed anche le correzioni di P2 sono più numerose e interessanti che non quelle di R2. Esaminiamo prima quelle di R, che sono le più semplici, in quanto quasi tutte riconducibili alla tradizione b: I, 1, 11 absque peccato esse a, posse absque peccato esse b, posse add. supra esse R2; I, 12, 5 ausitide: ausit de R2M (ciô è interessante anche per la collocazione di M, su cui vedi oltre); I, 15, 11 puram bR2: parum a; I, 17, 31 perfectionis a, perfectione bR2; I, 24, 4 esse bR2: om. a; I, 27, 28 consequetur bR2: consequitur a; I, 7, 16 quia bR2: qui R, cui P; I, 24, 24 ille bR2: illud a; etc. Le

(5) Purtroppo, a questo riguardo si possono avanzare solamente delle congetture. Se, infatti, la tradizione a dérivasse direttamente da Gerolamo e la tradizione b, invece, avesse innovato, eliminando

i tituli dell'opera di Pelagio e modificando il testo, bisognerebbe dare alla tradizione a costantemente la palma, tranne che nei casi in cui si potesse mostrare che essa с errata.

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correzioni di P, invece, sono molteplici e di varia origine. Alcune sembrano essere ricavate dalla tradizione ft tout court: I, 29, 51 humilitatem a, humilitate bP2; I, 35, 29 de capris bP2: in capris a; I, 35, 63 holocaustum et salutare bP2: holocausto et salutari a; II, 21, 17 hominem bP2: homini a; altre sembrano essere più vicine al sottogruppo, che esamineremo poi, Pa M (sempre della tradizione b), e queste sono più interessant!: I, 35, 82 accipit : accipiet Pa M P2; I, 39, 50 amplexata M P2 edd. : amplexa P cett. codd.; II, 3, 15 omnia: et omnia MP2; II, 22, 16 et uidi MP2: uidi P cett. codd. Altre, infine, non sono riconducibili a testimoni di nostra conoscenza, e potrebbero essere anche derivate da interventi di un'altra tradizione sul testo per noi rappresentato da P 10, 24 abutentes omnes: utentes P2; 20, 46 perueniet omnes: perueniat P2; 21, 10 P, P2 nulla indigere 23, 43-44 peccata peccatum peccati (nullo Pb) a, nulla re indigere P2; II, 15, 41 corruero: corruam P2G2; II, 20, quia ante in aeternum add. P2; II, 20, 27 maledicat semei punctis notat P2; II, 20, 28 dauid post inquit add. P2; II, 24, 20 tenetur obnoxius: tenentur obnoxii P2; 30, 28 sordidas ... pannosas: sordidos ... pannosos P2; animaduertens 31, enimaduertens P, aduertens P2) provenire dalla tradizione che ha in suo rappresentante più antico più autorevole. Ma su questo problema torneremo più oltre, esaminando gli altri testimoni della tradizione di P. 2. Veniamo ora al più antico manoscritto della famiglia ft: intendiamo dire Lugdunensis, Bibliothèque de la Ville 602 (519), che potremmo siglare L. Manoscritto in onciale del VIVII secolo, esso non sempre di giunto purtroppo mutilo sono conseguenza della guasti subiti da agevole lettura. perdita di alcuni fogli, la quale ha prodotto ampie lacune nel testo: tra ff. 12 28 peruenire quas 13 (Prol. ff. 25 tra 26 Sodoma 18, gerimus); 19, 21 sapientia); 28 22, 11 physicam tra quod princeps); 23, 27 II, tra ff. 43 enim 11 his (II, loquatur apostolus) 44 II, 21, tra 60 61 (II, 18, pater eius) tra respiciens И, 23, contradictionis offendit) 62 63 (II, 22, 26 et omnia III, ff. tra ff. 68 audiant 69 (II, 29, 47 rectam); tra III, 12, 56 concipiat). 71 72 (III, 12, 18 et multiplicabo Lugdunensis non contiene solamente Dialogus aduersus quale occupa ff. i2v-yyv, ma anche YEpistula ad Pelagianos, Aduersus Iouinianum. Ctesiphontem Nonostante la sua veneranda antichità, questo testimone non capostipite degli altri manoscritti della puô essere considerato in quanto sue lezioni singolari suoi errori non famiglia sono presenti altrove anzi, quanto mi consta finora, esso non ha avuto discendenza. Esso sembra essere stato un testimone isolato all'interno della famiglia solo con una certa difficoltà potrà essere collegato con altri manoscritti di essa. Quasi mai

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(o mai) esso presenta da solo la lezione giusta: segno della compattezza delle due tradizioni nelle quali si è biforcato il testo in età già assai antica. Il Lugdunensis, inoltre, è caratterizzato da numerosi errori di carattere ortografico, che testimoniano una scrittura non accurata e non particolarmente dotta, quale si incontra spesso nei manoscritti dell'età anteriore alla rinascita carolingia, come i seguenti: tolles invece di tollis, obices per obicis, decepere per decipere, frontes per frontis; e ancora: tradederit, resistete, feceretis etc. Un gruppo indipendente è costituito da due manoscritti del X secolo, il Parisinus Bibl. Nat. Lat. 13352, che contiene solo il Dialogus aduersus Pelagianos (lo possiamo siglare Pa) e il Monacensis Clm 6294, che contiene, oltre al Dialogus, anche Yepistula ad Ctesiphontem; proponiamo la sigla M. Questi due esemplari sono strettamente uniti tra di loro, come mostrano molte lectiones singulares ed errori in comune; Pa e M costituiscono, considerati insieme, un ramo di una sottofamiglia abbastanza numerosa, che, al lato opposto (se cosi si puo dire) è rappresentata da un altro manoscritto conservato alla Biblio teca Nazionale di Parigi, il Lat. 12162, leggermente più tardo degli altri due (XI secolo); la sua sigla potrebbe essere Pb Questo esemplare concorda con Pa e M in molti casi, ma assai più spesso Pb non condivide l'accordo tra Pa e M. Si è osservato inoltre che questa sottofamiglia presenta, e abbastanza frequenti, casi in cui essa segue la lezione della tradizione a; verisimilmente l'esemplare dal quale sono derivati questi ma noscritti recava in margine alcune lezioni di a, ed esse sono passate poi ora in Pb ora in M; assai più rara sembra la contaminazione su Pa (e). In Italia fu scritto il Casinensis, Montecassino, Bibl. dell'Abbazia 297 R, del secolo XI, esemplare allestito in scrittura beneventana (pp. 16-135); a causa della caduta dell'ultimo foglio del suo antigrafo, questo esemplare non ha scritte le ultime righe del Dialogus, fermandosi a III, 19, 15-16 con le parole si noua uoluerimus dicere, a clarissimo. Abbiamo usato per il Casinensis la sigla C. La perdita della parte estrema del Dialogus accomuna С ad un altro esemplare coevo, il Vaticanus Lat. 4945, impiegato già dal Vallarsi, ma indicato con molta imprecisione, ora Vat. 4985

(6) Come abbiamo osservato nel nostro precedente studio (op. cit., pp. 62-63) con Pb è imparentato il manoscritto Berlin, Deutsche Staats-Bibliothek, Phillips 1705, parimenti del XI secólo. Esso contiene il Dialogus fino a II, 20, 23-24 (cum egisset Daniel gradas Deo), ff. 79v-H5v. Pur non essendo derivato da Pb, esso non è stato da noi impiegato per la costituzione del testo del Dialogus, in quanto di valore inferiore a Pb. D'altra parte, come osserveremo poco oltre (p. xiii), molti altri testimonia di minor valore avremmo dovuto impiegare, se avessimo voluto eliminare solamente quelli sicuramente descripti.

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ix

ora Vat. 4945. La collazione di questo esemplare, da noi eseguita dopo che terminammo il nostro precedente studio, ci permette ora di esprimerci con la massima sicurezza a suo riguardo, abbandonando tutte le incertezze che avevamo a suo tempo manifestato. Il Vaticanus Lat. 4945 (ff. 85r-99v), da noi siglato Va, ci appare ora come un codice gemello del Casinensis, con il quale si accorda in numerosissime particolarità ; come il Casi nensis, anche Va è mutilo alla fine, e una mano posteriore ha le parole cercato di rimediare all'inconveniente aggiungendo discemus davanti a a clarissimo, che servano a concludere la frase. La estrema affinità tra Va e С puô far sorgere il sospetto che uno dei due sia stato copia dell'altro, anche se essi sono pressoché coevi; tuttavia, in mancanza di prove certe, si puô ipotizzare che sia più verisimile la derivazione di Va da C, e non viceversa, dato che Va presenta vari errori, che С non ha; l'ipotesi, comunque, abbisogna ancora di riscontri sicuri. Esemplare di notevole antichità è anche il manoscritto Va ticanus Palat. Lat. 178, del secolo X (ff. 11r-82v), al quale abbiamo attribuito la sigla V. Questo esemplare non è ben classificabile, nonostante che la sua collocazione aH'interno della famiglia b non lasci possibilité di dubbio. Tuttavia V non partecipa né alla sottofamiglia "f ranéese" (PaMPb) né alla sottofamiglia "italiana" VaC; come vedremo a suo tempo, V ha lasciato tracce in manoscritti di area tedesca; verisimilmente esso deve essere considerato come testimone di una tradizione isolata e ristretta : le correzioni che una seconda mano vi ha apportato sono probabilmente di un copista che ha lavorato suo Marte; non vi sono tracce di contaminazione. Cadute meccaniche di fogli hanno sfigurato un manoscritto ora perduto, ma verisimilmente di età precarolingia, dal quale sono derivati altri codici di età relativamente alta (IX-XI secolo), che offrono un testo in alcuni punti incomprensibile proprio a causa di ampie lacune. debbono risalire tutti a Questi manoscritti, evidentemente, un archetipo comune, il quale aveva copiato meccanicamente, senza cercare di risanare (e nemmeno avrebbe potuto farlo, del resto, senza ricorrere a un altro manoscritto) un esemplare anteriore, nel quale erano cadute alcune pagine. Cinque sono (per quanto ci permettono di affermare finora le nostre ricerche) i manoscritti più antichi, che hanno in comune queste ampie lacune e quindi possono costituire una sottofamiglia с all'interno della famiglia b: il Sangallensis 132, del IX-X secolo, che contiene il Dialogus alle pp. 33-208, e che possiamo siglare S; il Gudianus lat. 1yg, ad esso coevo, che contiene il Dialogus ai ff. 1o8v-166r, e che potremmo indicare con G ; il Basileensis AN. IV. 17 del secolo X, che ci interessa per i ff. 11r-67v, e che da noi è siglato B; leggermente più recenti, invece, il Parisinus Latinus 10463, del secolo XI, che contiene il Dialogus dal f. 69r

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x

f. 126r, e che possiamo siglare Pc, e il Monacensis Clm 14512, anch'esso del secolo XI, che ci interessa per i 8v-46v: la nostra sigla potrebbe essere Ma. Le lacune comuni ai cinque manoscritti ora indicati sono

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12, 34 (in meditullio positum); 22, possibilia) (quaerimus ueritatem); 27, 21 (pulchreque) 30, 16 (nisi uiolento); 35, 72 (quod in die) II, 15, 40, 29 (pro ignorantia); II, 10, 18 (haec breuiter) II, 22, 31 (non 21 (maior esset); II, 17, 47 (denique infert) II, 29, 24 (ad dominum). loquitur) II, 24, 23 (mea non audiunt) Come dicevamo sopra, queste lacune verificano nel mezzo del discorso, quindi sono da imputare ad una caduta meccanica testo di alcuni fogli dell'archetipo di questi manoscritti. Certo, cosi ridotto risulta privo di senso in corrispondenza alle cadute stato possibile, stato dei fogli nell'archetipo, quando ritoccato. Cosi una mano probabilmente dell'undicesimo secolo in calce, ricavandole da un altro esemplare, ha aggiunto in parole qui possibilia non fecerunt, aut si non possunt fieri, non eos qui impossibilia non faciunt, sed eum qui impossibilia praecepit, quod nefas dictum sit (II, 15, 12). Nel Gudianus, in 30, 16, dopo la lacuna sopra accennata, prima di atque raptori agamus gratias (probabilmente per giustificare la congiunzione in atque raptori) stato aggiunto: laeti nostra perdamus. In II, stata in qualche modo sanata dallo scriba di 24, 23 la lacuna parole quia miseri sunt aggiunge: audiant quale dopo quid propheta clamet, eliminando le parole et uerba mea, che Gudianus, rimanevano incomprensibili. sua volta ha corretto: et feminas non uidentes, quae (per qui) miserae {supra uersum, per miseri) sunt, et uerba. Leuemus etc. Tra cinque manoscritti componenti questa sottofamiglia Sangallensis quattro sono indipendenti l'uno dall'altro: ricava, tra l'altro, anche dal accorda di preferenza con (lo danno, del Dialogus, una divisione in due libri fatto che colloca la sottofamiglia invece che in tre). Contro di essi dal Monacensis; l'accordo tra rappresentata dal Gudianus questi due esemplari (cioè Ma) risulta, nel complesso, più B; stretto di quello tra quinto manoscritto più antico, cioè Parisinus Lat. 10463, deriva dal Sangallensis. Ci sembra, infine, di poter ipotizzare, in base all'accordo in alcune lezioni inferiori, che possono leggere nell'apparato critico, che la famiglia quella più vicina al Lugdunensis del resto, sono gli esemplari più scorretti della tradizione del Dialogus, non hanno beneficiato di una revisione in età carolingia. All'origine delle due famiglie possiamo ipotizzare l'esistenza di un archetipo? questa domanda noi vorremmo dare una risposta cauta mente affermativa, tenendo conto di alcuni dati che avevamo

seguenti:

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già sfiorato nelle pagine precedenti e non parlando di archetipo in senso stretto. Innanzitutto, il Dialogus è spesso unito alla Epistula ad Ctesiphontem : questo non dovrebbe essere attribuito al caso, ma all'intenzione di riunire insieme le opere antipela-

e

-

ricavare dallo scritto di Pelagio completare l'opera della polemica di Gerolamo anche gli altri numeri dei tituli? se tituli di Pelagio fossero stati citati dallo stesso Gerolamo, egli avrebbe impiegati come fece in 32, cioè inserendoli nel discorso, non premettendoli in modo meccanico contrario alle norme della prosa artistica alle citazioni delle parole dell'eretico. verisimile, potremmo intendere allo stesso modo Se questo anche altri elementi. In legge, all'inizio della sezione 38 Saul, De Samuel et Malachim. dedicata all'episodio di Gionata (ognun lo vede) una Questa frase, cosi staccata dal contesto, non puô essere altro che una glossa, appunto glossa marginale, inserisce nel discorso geronimiano. Ma, in quanto perché non glossa, poteva essere stata apposta in margine all'edizione di cui parliamo, in quanto, nel contesto che comincia in 34, dedicato all'esame delle Scritture, lo scrittore stesso parla successivamente di Genesi, Esodo Levitico 34 nella edizione moderna), degli esempi dei Numeri 35), del Deuteronomio Saul 36), Giosuè 37). Solo per l'episodio di Gionata Gerolamo aveva omesso l'indicazione del libro biblico che stata, verisimilmente, apposta in margine dall'editore. Un'altra glossa marginale mi sembra quella di II, 17. Dopo una citazione di Act. 16, parla dello Spirito (54 ss.), in cui Santo che impedisce viaggio degli apostoli, immediatamente testo degli Atti (16, 7-58 ss.) parla, invece, dello Spirito dopo di Gesù. La frase immediatamente successiva (59 ss. nota quoi Spiritus Iesu Spiritus Sanctus sit, qui in alio loco propter unitatem substantiae Patris Spiritus appellatur) secondo me, e

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giane di Gerolamo. Avevamo, quindi, pensato all'esistenza di una edizione antica. Del resto, si è visto che una famiglia dei manoscritti geronimiani, la famiglia a, presenta i tituli del Liber Testimoniorum di Pelagio. Orbene, questi tituli sono semplicemente preposti alle singole affermazioni pelagiane, e sono entrati nel testo: è verisimile credere che l'edizione antica a cui facciamo riferimento avesse i numeri dei tituli a margine del testo, e che tali numeri siano penetrati nel testo della famiglia a, ma siano stati omessi dalla famiglia b intende dai loro esemplari Che, una edizione dotta avesse provveduto ricavare poi, b). dalla opera stessa di Pelagio numeri dei tituli, allo scopo di stava, appunto, pubblicando, apporli al testo geronimiano che cosa che non meraviglia. conferma di ciô vorrei far osservare che Gerolamo stesso aveva citato per una volta sola, se non un numero dei tituli: in sbaglio legge: centesimus 32 titulus est ... etc. Che cosa di più normale per un editore che

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una glossa marginale di un editore, in quanto è, sostanzialmente, un'intrusione nel contesto e, in quanto intrusione, viene a costituire un doppione di quanto Gerolamo stesso osserva subi to dopo: volunt loqui in Asia, et prohibentur a Spiritu Sancto. Tentant ire in Bithyniam, et non eos permittit Spiritus Iesu. Avremmo, cioè, due spiegazioni giustapposte dello stesso passo. E verisimile che altri esempi del genere si possano trovare con una più attenta lettura del testo. Per ora ci basti concludere che la tradizione manoscritta del Dialogus adversus Pelagianos risale, probabilmente, a una edizione antica, verisimilmente del V secolo. Un'ultima considerazione. P. Lardet, nella sua recente edizione della Apologia aduersus Rufini libros (CCL. 79, 1982), osserva che il testo da lui edito modifica la vulgata, costituita dalYeditio princeps e conservata con poche modifiche fino all'edizione del Vallarsi, in un migliaio di passi. Alla stessa conclusione siamo arrivati per il Dialogus adversus Pelagianos: questa nuova edi zione apparirà notevolmente diversa da quella finora disponibile

agli studiosi. 4. Nel nostro precedente studio e nelle pagine che qui sopra abbiamo scritto sono stati presi in considerazione i testimoni più antichi che contengono il Dialogus aduersus Pelagianos, cioè quelli risalenti, al più tardi, all'undicesimo secolo ; da tale studio era emerso, tra l'altro, che tutti quei manoscritti sono testimoni indipendenti, con l'eccezione del Parisinus, Bibl. Nat. Lat. 10463, dell'XI secolo, da noi siglato Pc e derivato con ogni probabilità dal Sangallensis S. Scopo delle pagine che ora seguono è pro seguire la ricerca sulla tradizione manoscritta dell'opera che stiamo pubblicando, ed esaminare, in questo preciso contesto, i testimoni, ben più numerosi, risalenti al XII secolo. Quel secolo fu, come è noto, un'epoca di particolare fioritura degli studi classici, soprattutto in area francese: non meraviglia, quindi, vedere che i codici del Dialogus (esattamente come avviene per moltissimi altri scritti dell'antichità) sono, nel dodicesimo secolo, in numero molto maggiore che in tutti i secoli precedenti. Un esame completo della tradizione manoscritta esigerebbe, natu ralmente, che la ricerca proseguisse comprendendo tutti i te stimoni esistenti, anche i più tardi. Tale compito, che ci atten de, non sarà tuttavia affrontato ora, perché esso ritarderebbe troppo la pubblicazione di un'opera che, come in generale le altre di Gerolamo, per le quali dobbiamo ancora rifarci alla vulgata dei secoli XVI-XVIII, si trova in condizioni tali che tuttora viene letta in un testo molto differente da quello che Gerolamo stesso compose o da quello che conosciamo rifacendoci direttamente ai manoscritti più antichi. 4,1. I due esemplari P e R, risalenti al subarchetipo a, non sono gli unici manoscritti rappresentanti quel ramo della tra dizione; diciamo di più: non tutti i testimoni che si ricollegano

INTRODUZIONE

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sono descripti, per cui essi non solo meritano di essere presi in considerazione in quanto tali, ma addirittura rappresentano uno stadio della tradizione spesso genuino. Essi non sono stati da noi utilizzati per la costituzione del testo solo perché il loro valore intrinseco risulta inferiore (anche se non di molto) a quello di R e P: in presenza di R e di P gli altri testimoni ad essi ricollegabili sono portatori di un testo che è, nel complesso, meno buono. Sono ricollegabili a P quattro esemplari assai simili tra di loro: scritti con graAa simile e di struttura analoga (sono tutti esemplari in due colonne di 39/42 righe ciascuna). Trattasi di:

Boulogne, Bibl. Mun.

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38, ff. I52v-181v (sigla Bo) ; Cambrai, Bibl. Mun. 445, ff. 87r-123v (sigla Ca) ; Paris, Bibl. Nat. Lat. 1808, ff. I31v-168r (sigla Pe) e Paris, Bibl. Nat. Lat. 1886, ff. 47v-8or (sigla Pg): questi ultimi due sono anche vicini per provenienza, olim dalla diocesi di Tournai primo dalla Abbazia di Saint-Amanden-Pévèle, secondo dalla Abbazia di Saint-Martin). Questi P dall'altra, sono uniti da quattro esemplari da una parte, una serie di errori che contraddistinguono separano dall'altro ramo della tradizione a, che finora abbiamo conosciuto attraverso R. Dobbiamo, quindi, postulare, più antico di P, un che caratterizzato dalle esemplare che possiamo siglare rr, 21 seguenti lectiones singulares: Prol. 25 autem: enim;

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nihil: nichil inuenit; 39, ego om. II, 29, 21 est om. iesu Christi om. И, 14, 36 exprimit: exprimebat edd., qui et expromit тт. Un passo ulteriore da compiere quello di riscontrare una serie di errores coniunctiui dei quattro manoscritti Bo, Ca, Pe, Pg contro P, portatore di lezione giusta (in tal caso deve essere 10 orbi postulato un esemplare rr', di contro P). Es.: Prol. cett.: orbi uniuerso n'; Prol. et P tanta cett.: aut tanta 14 rr'; 12, 30 fiant haec P cett.: haec fiant rr'; 12, 35 ascendat ad sublimia P cett. ad sublimia ascendat rr'; 12, 39 et eodem in regum libro P cett.: et in eodem regum libro rr'; 13, manet in eo P cett. in eo manet rr'; apostolos P cett. 14, 20, discipulos rr'; 19, 13 omnia P cett.: omnia membra п'; isto P cett.: hoc n'; II, prope: enim; II, 14, 22 in came uoluit; etc. Analogo significato, ma in senso contrario, possegnon condivisi dal gono alcune lezioni singolari ed errori di cui fanno gruppo BoCaPePg (tali, comunque, che l'esemplare capo questi manoscritti difficilmente avrebbe potuto correggerli 8,

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da solo, se avesse commessi con P): 10 14 quia: cui P; non sum: sum P; 12, regis om. P; 25, 10 et maxime: eo maxime P; II, 11, sine causa dixerit om. P; II, 30, 29 effuderit: effudit P; II, 11, 49 extendentes: extendens P; II,

xiv

INTRODUZIONE

uirginali om. P etc. Per quanto riguarda, infine, i rapporti reciproci tra i quattro manoscritti discendenti dall'esemplare perduto rr', osserviamo che Bo è il più ricco di lectiones singu lares, come le seguenti: I, 5, 7 oro: pro; I, 15, 65 qui: quod; I, 16, 9 esse om. ; I, 17, 55 ex una: ex uno; I, 17, 60 in se habitantis: habitantis in se; I, 19, 16 esse nos: nos esse; I, 23, 3 quis est enim: quis enim est; I, 25, 14 ueritatem: uirtutem; I, 26, 4 mirabor: quaerendi mirabor; I, 26, 12 diuinum: dignum; I, 30, 27 uiduae et: uiduae etc. E d'altra parte, Ca, Pe, Pg concordano in una serie di errori che servono a separarli da Bo. Essi sono i seguenti: 1. L'omissione dei tituli dell'opera di Pelagio, che si leggono, invece, in Bo; 2. le seguenti lectiones singulares : I, 28, 6 ei datum f uerit PeCaPg; I, 29, 21 iniquus est: iniquus; I, 30, 16 atque: et; II, 13, 38 diuitem permanentem: diues permanens; I, 31, 17 in resurrectionem а Bo: in correptionem uel correctionem b, in correptionem resurrectionem PeCaPg, per evidente interpolazione dalla famiglia b; I, 32, 15 esse: est PeCaPg; I, 34, 22 respondebit b: respondit а Bo, sed respondet P2 PeCaPg; I, 35, 21 tradidit: tradiderit PeCaPg; I, 35, 70-71 testamenti coram sacerdote Pe CaPg; I, 35, 72 dicitur om. PBo, inquit add. P2 PeCaPg 26

etc. questo punto è interessante osservare anche che Pe e Ca Pg concordano con P2, a differenza di Bo. La soluzione più econo mica potrebbe essere quella di supporre una derivazione da P, dopo che fu corretto dalla seconda mano P2, dell'esemplare da cui derivano Pe e CaPg. Ma a questa soluzione si oppone l'accordo in errore di Pe e CaPg con Bo, che sopra abbiamo osservato, e çhe abbiamo ipotizzato derivare da un esemplare perduto rr'. E verisimile, quindi, che la fonte di CaPePg, che possiamo siglare n", portasse in margine le lezioni da cui è stato corretto P, e cioè quelle ricavate dall'esemplare n'. È opportuno, pertanto, a questo punto, un riesame delle correzioni di P alla luce del gruppo composto da PeCaPg. Quando P è corretto (cioè abbiamo P2) non solo in accordo con il sottogruppo Ca Pe Pg, cioè con n", ma anche con il gruppo più ampio Bo CaPePg (cioè con n') si dovrà credere che quella lezione singolare di P sia stata corretta, come le altre, su rr",il quale, in quel passo preciso, non si era differenziato da rr', come in I, 10, 24 abutentes P cett.: utentes P2rr'; I, 20, 46 perueniet P cett. : perueniat P2, ueniat rí. Ma in altri casi l'accordo tra P2 e rr" è ben più significativo, perché in essi Bo presenta lezione differente: pertanto siamo veramente in presenza di un gruppo P2n". Es. I, 29, 51 humilitatem a: humilitate bP2n"; I, 30, 28 sordidas ... pannosas: sordidos ... pannosos P2rr"; I, 31, 5 animaduertens: enimaduertens P, enim punctis notat P2, aduertens

A

INTRODUZIONE

xv

frigore cett. : excoctus feruore P2 тт"; I, 35, Р2n"; I, 35, 73 post turtures add. sacerdoti: coram sacerdote 71 uidelicet P2 n"; I, 39, 32 timuit : timuitque P2 r?\ I, 39, 50 uenit : uenitque P2 тт"; I, 40, 12 uidere Bo cett. : uiderem P, ut uiderem P2tт"; II, 5, 17 significanterque : significanter P2n"; II, 15, 41 corruero : corruerim Pa2, corruam P2 G2 тт"; II, 20, 1 misericordia : misericordia eius P2 (eius extra lineam P2) тí'; II, 20, 27 maledicat semei b: maledicta semei a, maledicta tantum Bo, del. P2, om. тт"; II, 20, 28 Dauid post inquid add. P2n"; II, 24, 44 loquimur: loquamur P2rr" etc. Naturalmente, non in tutti i casi in cui si presenta una lezione di тт" abbiamo contemporanea mente una correzione di P2: dobbiamo pensare che P2 abbia corretto P sul testo di rr", ma non in modo sistematico. L'esemplare perduto rr" sembra essere stato contaminato da un manoscritto della famiglia b, come nei casi seguenti: I, 15, 37 uirtutibus: uiribus PBo, uirtutibus cett. Ca, uirtutibus uel uiribus (s.u.) Pg, uiribus uel uirtutibus (s.u.) Pe. La lezione giusta uirtutibus, apposta in margine a rr", ha espulso uiribus in Ca, ed è stata usata come alternativa in Pe e Pg. Altri casi in cui rr"potrebbe essere stato modiAcato da lezioni di b sono i seguenti: I, 29, 51 humilitate bP2n": humilitatem a (sopra citato) ; I, 35, 29 de capris bP2 тт": in capris a ; I, 35, 63 holocausto et salutari a: holocaustum et salutare bP2n"; I, 39, 50 amplexa: amplexata M P2 тт"; II, 3, 15 omnia : et omnia M P2 тт"; II, 3, 20 post non potes multa add. a (cf. app. crit.): mire del. P2rr"; II, 21, 17 hominem bP2rf: homini a; II, 23, 19 scriptum est bP2n": scriptum sit a; II, 26, 23 inoliti mali ЬР2тт": inoliti maligni P, inolita maligni R. Infine, quali rapporti si possono ipotizzare per i tre esemplari che abbiamo raccolto sotto la sigla тт"} Pg e Pe sono manoscritti molto più corretti di Ca; tra i due, Pe presenta, si, alcune lectiones singulares che non sono presenti in Pg (Prol. 2, 7 nunc b: a te a, ad te Pe; I, 6, 4 in me: me; I, 6, 9 coepimus ex incoepimus corr. in ras.; I, 15, 58 sum: sim; I, 17, 21 quem modum ex quem ad modum corr. in ras; I, 17, 70 minimo: minino; II, 9, 9 loco om. ; II, 20, 23 cumque egisset b: cum egisset a, et cum egisset; ibid. Dauid gratias Deo: Deo gratias Dauid; III, 8, 32 hic om.), ma non mi sembra di avere riscontrato in Pe errori che inducano ad ipotizzare una diretta derivazione di Pe da Pg. Diverso, invece, mi sembra essere il caso di Ca. Il manoscritto di Cambrai appare relativamente più scorretto di Pg e Pe: I, 1, 34 sit: proprium sit; I, 12, 24 et si absque crimine prauus inueniar om., add. supra uersum Ca2; I, 12, 39 et in eodem regum libro iterat in margine ad I, 13, 28 unde et in ieremia; I, 14, 8 dominus et moyses; I, 16, 3 et incomparabilem : om. et; I, 17, 35 omnes om.; I, 20, 24 perfectus est: om. est; I, 20, 26 uoluisset: non uoluisset; I, 24, 2 pedibus est: om. est; etc. Più significativo è il fatto che alcune omissioni di Ca, supplite rr"; I, 31, 18 excocto

INTRODUZIONE

xvi

dallo stesso scriba di Ca o da una mano piu tarda, corrispondono a dei punti precisi di Pg. Cosi in I, 17, 36 numquid omnes magistri, omesso da Ca e supplito in margine da Ca3, corrisponde al salto da una riga all'altra (all'interno della riga) in Pg; l'omissione di I, 12, 24 sopra indicata (et si absque crimine o

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prauus inueniar) corrisponde all'ultima riga della prima colonna di f. 5ov in Pg: lo scriba di Ca è forse passato, per disattenzione, dalla prima alla seconda colonna di Pg senza leggere l'ultima riga, e poi l'ha scritta in margine? In I, 22, 36 Ca è l'unico manoscritto della famiglia rr"che legge quae reliqua sunt con R e i suoi discendenti e con b, di fronte a quae desunt di P Bo Pe. Questa lezione abnorme (che si puô giustificare, comunque, con il fatto che si tratta di una citazione scritturistica) è meglio spiegata dal fatto che Pg legge "quae reliqua sunt" e ha: "uel desunt" sopra la riga. In conclusione, io sarei incline a credere che dallo stesso esemplare perduto n" siano derivati Pg da una parte e Pe, dall'altra, e che Ca sia stato copiato da Pg. 4,2. Consideriamo ora l'altro ramo della tradizione a, quello rappresentato in primo luogo dal Vattcanus Reg. Lat. 286, che abbiamo siglato R. Ad esso si riconducono un certo numero di testimoni che non solo non sono caratterizzati, come R, dagli errori del ramo n (cioè P e n'), ma addirittura concordano in errore con R. Stabilire i rapporti tra R e questi altri manoscritti facile, dato che si tratta, in generale, di è cosa non sempre esemplari di buona fattura e caratterizzati da un assai basso numero di errori. Comunque raggruppiamo sotto la sigla p i manoscritti: Paris, Bibl. de l'Arsenal 347, ff. 68r-117v (sigla: A); Lincoln, Cathedral Chapter Library, 8r-27r, non completo: arresta (probabilmente in seguito danneggiamento del ma II, noscritto) (hoc est aliis uerbis di-: fine di 27r): sigla Ln; Orléans, Bibliothèque Municipale, 57, pp. 17-129 (sigla O); Paris, Bibl. Nat. Lat. 1798, 41-70v (sigla Pf); Troyes, Bibl. Municipale 1145, ff. 69v-137r, sigla T. accostano perché concordano con Questi manoscritti lectiones singulares: 22, 19 possiquello nei seguenti errori bilia: possibile; 23, 41 defuerit R cett.: defuerint R2 (proba bilmente era caduto in errore, concordando, pero, con resto la stessa mano ha pero corretto degli esemplari, cioè con sulla lezione dell'antigrafo, che coglie negli altri esemplari iustitia; del gruppo); 11 in iustitia: 40, 43 hominum: 37, omnium II, 26, 23 inoliti mali inoliti maligni (deest Ln) II, 29, 12 exspectationem exspectatione (deest Ln). Una prima divisione all'interno della famiglia puô essere data dal fatto che due manoscritti di essa precisamente distaccano dagli altri perché Ln conserva quasi tutti Ln) tituli dell'opera di Pelagio ed in vi sono ancora tracce di essi, sebbene una seconda mano abbia erasi. Questi due esemplari

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si accordano, per il resto, anche in alcune poche lezioni singolari : I, 20, 42 pennulis: pinnulis; I, 26, 28 arbitro: arbitre R (corr. R2), arbitrio LnA (corr. A2); I, 27, 5 actum uel actuum cett.: actus LnA; I, 27, 15 seruos eius: seruos dei LnA; I, 31, 4 dices a: dicis LnA, corr. Ln2. E ragionevole ipotizzare che i punti di contatto tra Ln e A sarebbero stati più numerosi, se A non fosse stato contaminato sulla tradizione di contaminazione che attuata sia nella scrittura originaria sia nella seconda mano da attribuirsi, logicamente, la rasura dei quest'ultima tituli, della quale parlava sopra). Ecco alcuni casi in cui stato contaminato: 18, post trucidauit habent qua impietate nihil maius est; haec autem superbiuit et in rasura; 18, nos om. a, add. in ras. A2; 19, 18 simus: sumus M Pa VA; in rasura: sed totus (praeter Pb) 19, 25 sed ut totus аРЬ; 20, 30 cui bA2: cuius a; 23, 22 ab impudicis a:

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impudicis bA in ras.; 27, 28 consequetur bA: consequitur a; 31, 17 correptionem uel correctionem ft: resurrectionem a, correptionem resurrectionem (la stessa interpolazione pre sente in n": deriva da tт" dalla contaminazione di гт" la etc. diligo bA: om. 31, interpolazione di /1?); manoscritto Lincolniensis caratterizzato anche dal fatto che esso in certi casi comporta in modo difforme dai restanti della famiglia p, in quanto, precisamente da Pf mentre quattro manoscritti ora menzionati concordano con stato corretto da una seconda mano (la quale stata dopo che quasi coeva alla prima, giudicare dalle sue caratteristiche), Ln concorda con la lezione originaria di non tiene conto di R2. Eccone alcuni esempi: 11 posse absque peccato esse: Ln, absque peccato posse esse R2 supra absque peccato esse P uersum AOPfT; 25 hominem posse sine peccato esse: hominem sine peccato esse PRLn, posse hominem sine peccato esse R2 supra uersum AOPfT; 15, 10 definitio RLn cett.: officium add. supra uersum R2, officium Pf officium definitio T; R2 supra uersum, puram 15, 11 parum PRLn: puram 16, et timorem, qui est initium OPf purum parum T; non 16, sapientiae cett. Ln: punctis notat R2, om. AOPfT; solum hominibus sed et omni creaturae cett. Ln: punctis notat R2, om. AOPfT. Si potrebbe pensare che Ln, quale possiede altri errori singolari, oltre quelli della famiglia sopra indicati, fosse derivato da indipendentemente dagli altri, ma in tal caso non dovremmo tenere conto dell'accordo in errore Ln, tra Ln soprattutto, dovremmo ipotizzare che avessero omesso tituli indipendentemente l'uno dall'altro. Forse dovrà concludere che da fu copiato un esemplare oggi perduto (chiamiamolo p'), quale riportava fedelmente sopra la linea gli interventi di R2; da tale esemplare Ln avrebbe riportato la lezione originaria di R, senza tener conto delle correzioni, mentre avrebbe riprodotto la lezione che noi

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chiamiamo R2, concordando, quindi, con i restanti manoscritti del gruppo. Esaminando, quindi, gli altri esemplari collegati a R, ci sembra di potere afiermare che il manoscritto di Orléans (O) è riconducibile al Reginensis R attraverso un anello intermedio (p" ), dal quale è derivato anche Pf, il Parisinus Bibl. Nat. Lat. 1798, sopra nominato. Come or ora si è osservato, O e Pf (insieme ad A e T) concordano con varie lezioni singolari di R, dopo che R è stato corretto da una seconda mano (se ne possono indicare altri casi, che perô non sono funzionali al nostro assunto) : quello che importa segnalare, qui, è l'accordo tra О e Pf in lezione errata: I, 15, 58 aut iam: aut quia iam; I, 11, 8 dicit: dicis; I, 21, 7 camporum: corporum; III, 11, 45 torminibus: tortionibus; III, 2, 13 quoque om. ; I, 29, 30 effectu bOPf: affectu a (correzione palmare di p"); I, 29, 51 humilitate bOPf: humilitatem a (correzione palmare di p"); III, 5, 6 delabitur: dilabitur; I, 37, 13 tu om. ; I, 39, 32 in illa die: in die illa; II, 29, 12 [deum]: deinde; III, 4, 17 lembum: limbum etc. D'altra parte, nemmeno si puô ipotizzare la derivazione di Pf da O o di O da Pf, perché Pf è molto più corretto di O; inoltre Pf non partecipa alla maggior parte delle lectiones singulares di O, e viceversa. Più interessante è osservare che l'anello intermedio tra OPf e R doveva essere in grado di correggere, all'occorrenza, il testo di R ; oltre ai due casi sopra indicati, tale esemplare perduto aveva corretto raro ab his di II, 11, 44 nel proverbiale (e conosciuto) rara avis; limen di II, 19, 51 in lumen; hominem di II, 21, 17 (lezione di tutti i manoscritti concordi) contro homini di R, omne 35, 67) contro omnis, lezione evidentemente errata di R. Insomma, queste correzioni non mi sembrano troppo ardue perché un buon grammaticus medievale non potesse ottenerle da solo, basandosi su una semplice comprensione del testo. che fare con un Quanto al manoscritto di Orléans, abbiamo esemplare assai scorretto, caratterizzato da molte omissioni (es. et precibus; 26, 20 etiam feminas; 26, 27 non; 39, 39, 12 samuel 21 infirmitas; II, 24, 19 in quo 23 desideriis: una scelta puramente casuale quella da noi qui presentata), oltre che da errori di ogni genere, che una derivazione di Pf da caratterizzato dal fatto che citazioni impossibile. Infine, scritturistiche, cosi frequenti in quest'opera di Gerolamo, sono spesso abbreviate, tanto da assumere una forma criptica: II, 12, 23 habominabiles f.i. ad s. II, 12, 24 s.i.f.s.; II, 12, 24-25 q.f.b.n.e.u., altre. Errori di Pf non presenti, invece, in (si da escludere 18, la derivazione di da Pf) sono sceleratioris seguenti: sceleratoris coneris: caneris 21, qualche altro. Non sono correzioni tali da non potere essere eseguite da uno scriba, anche se indotto, per cui tali errori non bastano per escludere la derivazione di (manoscritto scorrettissimo) da Pf. Una disin cui la crepanza maggiore potrebbe essere quella di

INTRODUZIONE

xix

correzione di Pf (argumentis add. ante dialecticis et ne del.) non passata in О, ma si tratta di una correzione di una mano successiva di Pf, per quanto non molto più tarda della prima. La derivazione del manoscritto di Troyes da R, infine, mi sembra che possa essere dimostrata come una derivazione diretta di esso: infatti gli errori peculiari di T si spiegano come una diretta lettura del testo di R da parte del copista di T. E cosi, nei passi già sopra citati di I, 15, 10, là dove Ln, A, O e Pf oscillavano tra definitio e officium, T ha molto più semplicemente: officium definitio (entrambe le lezioni sono entrate nel stata testo); e l'oscillazione tra parum e puram 15, 11) risolta da 18 R ha in con la lettura purum parum; Prol. instruere. Ebbene, mano margine: alias inurere, riferito scritto di Troyes legge alias inurere instruere: caso classico della glossa penetrata nel testo del manoscritto derivato da un altro. In 15 per una errata lettura del compendio finale nonne ergo sulla auctor est diventato auctorem in fu scritto da R, invece di non nego, poi corretto da Й2; legge nonne ego; l'errore di R disserere: diserere passato in T. Bisogna, infine, aggiungere che una seconda mano ha corretto tutti gli errori di sopra indicati. manoscritti che rientrano nella traConsideriamo adesso dizione Non conoscono discendenti di L; invece gruppo del X-XI secolo (o) rappresentato da Pa M Pb (Ph) puô essere infittito con altri esemplari. Teniamo presenti, innanzitutto, due rami dello stemma che abbiamo a suo tempo tracciato: da M, dall'altra e' con una parte con le due derivazioni Pa Ph. due derivazioni Pb questi noi dobbiamo aggiungere codice di Liegi (dalla abbazia di St.-Truiden), Bibliothèque de l'Université 87, ff. 64^98r, che possiamo siglare Li. Tale mano entrambi rami del gruppo scritto sembra partecipare presentando oscillazione tra l'uno l'altro. Ecco casi in cui Li uno solo dei due esemplari di accosta al gruppo PaM tale gruppo: Prol. 28 non peccet: peccare non possit Li M 10, das: dabis fuerit: sit PaM Li (fuerit M mg.); mg.; Pa2Li; 15, 49 nondum: 13, 11 ignoras: ignorans M Li; add. Pa2 Li2 necdum PaPbLi; 17, 23 sunt post mansiones 19, 18 simus cett. M2: sumus PaM Li; (citazione scritturistica) 20,

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sunt bis add. post diuisiones M (Ph)Li 23, 23 increpuit: increpauit PaM Li; (citazione scritturistica); concedit: remittit Li supra uersum, dimittit M; 24, 23. 37 pueri: pueruli M2 (Pb)Li; 24, 10 loquar: loquor PaM Li; 24, 12 sui sunt: sunt sui M, sui om. Li (sui fuori posto in 26, 28 ullo г?); 25, 15 actum cett. Pa2 Li: iactum PaM Pb; datum ei: datum 28, om. Pa Li, habet supra uersum M; ancor più) M Li (citazione scritturistica); etc. Ugualmente frequenti sono casi di accordo tra l'altro ramo della tradizione

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