Ogni scrittura è ispirata. Nuove prospettive sull'ispirazione biblica 9788821577796

(Dall'ultima di copertina) «Ogni Scrittura è ispirata», scrive Paolo a Timoteo (2Tin 3,16). Come viene assunta oggi

942 229 14MB

Italian Pages 421 Year 2013

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Ogni scrittura è ispirata. Nuove prospettive sull'ispirazione biblica
 9788821577796

Table of contents :
DUBOVSKY, PETER e JEAN-PIERRE SONNET (Eds.), Ogni scrittura è ispirata. Nuove prospettive sull'ispirazione biblica, Lectio, 5, San Paolo; Gregorian & Biblical Press, Cinisello Balsamo (MI); Roma 2013. (E-book by gippogip)
Indice
Table of Contents
Abbreviazioni e sigle
Introduzione (P. Dubovsky - J.-P. Sonnet)
La tradizione del Collegio Romano
L’eredità della Dei Verbum
Organizzazione dell’opera
PARTE PRIMA. Sfondo biblico ed extra-biblico dell’ispirazione
1. L’ispirazione divina nella Mesopotamia antica {Ivan Hrùsa)
Divinazione e oracoli
Costruzione del tempio
Fabbricazione di statue divine
Un testo scritto
2. L’ispirazione nel pensiero ellenistico (Joseph Sievers)
Ispirazione poetica
Platone e le varie forme di ispirazione
Ispirazione in Filone di Alessandria
Flavio Giuseppe: profezia e storiografia
3. Le metafore e le immagini dell’ispirazione nella Torah e nei profeti (Gianni Barbiero)
La Torah
I profeti
4. Gli Scritti: una Parola che viene da Dio (Bruna Costacurta)
La Torah è parola di sapienza
La sapienza è parola che viene da Dio
II sapiente che trasmette la sapienza è “ispirato”
Il saggio e la Torah
Il saggio e i Profeti
Il Salterio, una “ispirazione” particolare
Una preghiera donata
Una preghiera da assumere
PARTE SECONDA. Ispirazione ed esegesi
5. Ispirazione e metodo storico-critico {Jean Louis Ska)
Che cos’è il metodo storico-critico?
Lo spirito critico nelle Scritture stesse
Lo spirito critico dei rabbini e dei Padri della Chiesa
Domande fatte alla Bibbia in epoca moderna
Il linguaggio umano della Scrittura
La Scrittura è «parola dell’uomo» prima di essere «parola di Dio»
Contesto storico della Parola di Dio
Da dove viene l’autorità di un testo biblico?
Quale testo è autorevole?
Dall’ispirazione alla canonicità
Come conciliare l’idea di ispirazione con la molteplicità di autori e redattori?
Unità e diversità della Scrittura
Ispirazione degli autori o degli scritti?
Ispirazione dei libri o della Scrittura?
Come conciliare l'ispirazione con un atteggiamento storico-critico?
Conclusione
6. Critica testuale e storia del testo al servizio dell’ispirazione (Stephen Pisano)
7. Il Siracide: un libro deuterocanonico molto particolare (Nuria Calduch-Benages)
Breve storia dell’evoluzione del testo
Il contenuto del libro e l’ispirazione
La forma breve
La forma lunga
La testimonianza della tradizione
Riflessioni conclusive
8. Storia, fantasia e ideologia. Il metodo storico interroga l’ispirazione (Peter Dubovsky)
Status quaestionis
Che cos’è un errore storico?
Il genere letterario degli «errori storici»
Genere letterario diverso - errore storico diverso
Crollo della storia biblica - crollo dell’ispirazione?
Dai testi storicamente problematici verso la storiografia
I principi interpretativi problematici - crollo dell’ispirazione II?
9. Elementi per una teoria narrativa dell’ispirazione nella Bibbia ebraica (Jean-Pierre Sonnet)
Una poetica narrativa ispirata
Narrazione e narratore
Narratore e ispirazione
L’ispirazione come regola
Narrazione e tradizione
Mosè in dramatis persona
L’intreccio della bocca del profeta e di Dio
L’intreccio dello scritto
Conclusione
10. Approccio retorico e verità biblica. Il caso del Nuovo Testamento (Jean-Noël Aletti)
Introduzione
La retorica di Gesù
Una prova erronea o insufficiente? Il caso di Mc 2,23-28
Una prova impossibile? Il caso di Mc 7,6-7 (Mt 15,8-9)
Prima conclusione
La retorica di Paolo
Una retorica non perenne? Il caso di Rm 4
Una retorica sbagliata e fuorviarte? Il caso di Rm 10,6-8
Una retorica umana necessariamente imperfetta. Le immagini paoline in 1Cor 15,35-41
Retorica, testimonianza e verità
11. Linguistica e ispirazione (Agustinus Gianto)
Caratteristiche della lingua
Il mondo dei significati
Il mutamento del senso
Bilinguismo, diglossia e creazione letteraria nell’epoca achemenide
12. L’«ispirazione» della Scrittura in chiave comunicativa (Massimo Grilli)
Aspetti peculiari della comunicazione umana
Il testo come evento dia-logico
La competenza pragmatica
Il contesto semantico e il contesto pragmatico
Ripensamento della dottrina classica dell’ispirazione in chiave comunicativa
L’ispirazione va ripensata in termini relazionali
L’ispirazione richiede una competenza pragmatica
L’ispirazione non può prescindere dal contesto pragmatico della percezione del messaggio
13. L’ispirazione: il problema del corpus deuterocanonico (Nuria Calduch-Benages)
14. Parola di Dio, mistero e continuità (Juan Manuel Granados)
Il mysterion in Ef 3,1-13
Il mysterion in Col 1,24—2,5
Lo sfondo biblico del mysterion
Continuità e discontinuità dell’agire divino
15. Leggere la Bibbia come unità (Peter Dubovsky)
Strati/tradizioni versus versione finale
Contesto originario versus contesto canonico e post-canonico
Esegesi e unità della Bibbia
PARTE TERZA. Ispirazione e teologia
16. Verso una teologia biblica dell’ispirazione (Gianfranco Card. Ravasi)
La struttura dialogica asimmetrica dell’ispirazione
La struttura dialogica personale dell’ispirazione
La struttura dialogica storica dell’ispirazione
La struttura dialogica ermeneutica dell’ispirazione
17. Teologia biblica e ispirazione. Problemi e aperture (Pietro Bevati)
Nell’epoca antica
Il concordismo
La pedagogia divina
I diversi sensi della Scrittura
Nella modernità
Qualche pista possibile
Gerhard von Rad
Paul Beauchamp
18. Teologia del testo biblico (Salvador Pié-Ninot)
Il cammino verso l’ispirazione come verità salvifica (DV11)
Dalla Bibbia al Vaticano I: un lungo cammino
II concilio Vaticano I (1870): la prima formulazione magisteriale dell'ispirazione
Dal Vaticano I (1870) al Vaticano II (1962-1965): l’inerranza nella Bibbia
Il concilio Vaticano II: la nuova descrizione positiva dell’ispirazione biblica come «la verità in vista della nostra salvezza» (DV11)
Verso una teologia della Parola di Dio
Verso un modello teologico dell’ispirazione della Bibbia come «Rivelazione attestata»?
19. L’ispirazione alla luce dei testi del Vaticano II (Carmen Aparicio Valls)
L’espressione nel testo di Dei Verbum 24
Il capitolo III della Dei Verbum
Il problema dell’inerranza nello schema De fontibus
Contenuto di Dei Verbum 11
Ispirazione e rivelazione
Conclusione
Conclusione. L’ispirazione nell'arco della comuntcaztone divina fra esegesi e teologia (P Dubovsky - J.-P. Sonnet)
Rilettura unitaria dei contributi
Sfondo biblico ed extra-biblico dell’ispirazione
Sfondo extra-biblico dell’ispirazione
Categorie anticotestamentarie dell’ispirazione
Esegesi e ispirazione
Metodi esegetici classici
Approcci linguistici
Approcci olistici
Ispirazione e teologia
Pensare l’ispirazione nel XXI secolo
1. L’ispirazione si rivela nell’insieme della Scrittura
2. ...e nell’organicità del canone, fra Antico e Nuovo Testamento
3. Ispirazione nel canone e del canone
4. Dalla Storia alla Storia
5. Letteratura di tradizione e sensus fìdei del popolo
6. Sempre figurativa
7. La mediazione del linguaggio
8. La verità per la nostra salvezza
9. Ispirazione e incarnazione
10. Dalla fine all’origine
Indice dei nomi
Indice delle citazioni
Citazioni bibliche
Citazioni non bibliche

Citation preview

PETER DUBOVSKY JEAN-PIERRE SONNET(edd.)

Ogni Scrittura è isp irata Nuove prospettive ssU’ispirazione biblica

SAN PAOLO

URFC'.ORI AN h BIBLIC AI PIU SS

PETER DIBO\SKŸ è professore di esegesi dell'Antico Testamento al Pontificio Istituto Biblico, dopo avere studiato presso il mede­ simo Istituto e presso la I larvard Divinity School. Membro dell’lntemational Associa­ tion for Assyriology. ha partecipato a diver­ se campagne di scavo nel Vicino Oriente. Esperto di storia dell'Israele antico, ha pub­ blicato Hezekiah and the Assyrian Spies: Re­ construction of the Neo-Assyrian Intelligence Services and Its Significance for 2 kings 1819 (2006), oltre a numerosi articoli apparsi su riviste internazionali.

JEAN-PIERRE SONNET è professore di ese­ gesi dell’Antico Testamento alla Pontificia Università Gregoriana ed editore della col­ lana «Le livre et le rouleau» (Lessius, Bru­ xelles); è specializzato in teoria letteraria. Accanto a raccolte di poesie (in italiano: Il canto del viaggio. Qiqajon 2009: La scorcia­ toia divina. Poemi del corpo. Ancora 2013), le sue pubblicazioni includono The Rook mi­ thin the Book: Writing in Deuteronomy- (Brill 1997) e L'alleanza della lettura. Questioni di poetica narrativa nella Bibbia ebraica (San Paolo-GBPress 2011 ). Attualmente sta lavorando a un libro su Dio come personag­ gio narrativo nella Bibbia ebraica.

i > b ?

I

PETER DUBOVSKŸ

JEAN-PIERRE SONNET (a cura di)

Ogni Scrittura è ispirata Nuove prospettive sull'ispirazione biblica

SANINOLO

GEMI GREGORIAN & BtBI.fGAl. PRRSS

Libenter concedo, nulla obstante, ut IMPRIMATUR Romae, die decimo quarta novembres anni 2012 José Μ. Abrego, S.J.

© 2013 GBPress - Gregorian University and Biblical Institute Press Piazza della Pilotta, 35 - 00187 Roma www.gbpress.net - [email protected]

© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2013 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione. Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino ISBN 978-88-215-7779-6

Abbreviazioni e sigle

Arbeiten zur Geschichte des antiken Judentums und des Christentums BETL Bibliotheca EphemeridesTheo\oçÿcae Lovanienses BZAW Beihefte zur Zeitschrift fur alttestamentliche Wissenschaft CBQ Catholic Biblical Quarterly DH Enchiridion symbolorum, defìnitionum et declarationum de rebus fidei et morum, Dehoniane, Bologna ’2000. DV Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 1965 (http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_ const_l 9651118_dei-verbum_it.html) EB Enchiridion biblicum. Documenti della Chiesa sulla Sacra Scrittura, Dehoniane 320 04. GLA E Grande Lessico dell’Antico Testamento GLNT Grande Lessico del Nuovo Testamento LCL Loeb Classical Library IrDiv Lectio Divina NRTh Nouvelle Revue Théologique NT.S New Testament Studies PG Patrologia graeca PL Patrologia latina RStB Richerche storico-bibliche SBL.TT Society of Biblical Literature Texts and Translations AGJU

6

ABBREVIAZIONI E SIGLE

Society of Biblical Literature Pseudepigrapha series Benedetto XVI, Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini, 2010 (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/apost_exhortations/documents/hf_ben-xvi_ exh_20100930_verbum-domini_it.html) VT.S Vetus Testamentum Supplement WBC Word Biblical Commentary WUNT Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament ZAW Zeitschrift für alttestamentliche Wissenschaft

SBL.PS VD

Introduzione

All’inizio del suo piccolo trattato Über die Schrifiinspiration, Karl Rahner osserva non senza una certa malizia: «Se si vuole essere leali, si deve ammettere che in genere gii esegeti cattolici naturalmente non negano l’ispirazione della Scrittura, né la met­ tono in dubbio, ma di proposito lasciano la questione com’è (per quanto riguardo il loro lavoro esegetico) e hanno l’impressione che nel compimento del loro lavoro specifico non hanno molto a che fare con essa»1. In un certo senso, questa raccolta di saggi

prende sul serio la provocazione del teologo tedesco, poiché si

propone di interrogare il dato dell’ispirazione a partire dalla pratica esegetica, e intende partecipare a quel dialogo fra esege­ si e teologia che Rahner indirettamente auspicava. Tutto ciò avviene con una convinzione di fondo: gli esegeti hanno «a che fare» con il fenomeno dell’ispirazione nella misura in cui questo

fenomeno fa parte, esplicitamente o implicitamente, dell'econo­

mia dei testi che indagano - dal loro sorgere come testi autore­ voli fino alla loro recezione. A questa convinzione se ne aggiun­ ge una seconda, più specifica: lo sviluppo dell’esegesi contem­ poranea reclama un’indagine di tal fatta, perché, attraverso i

■ K. Rahner, Über die Schrifiinspiration (Quaestiones Disputatae I; Freiburg 1958)

15; trad, italiana, Sulla ispirazione della Sacra Scrittura (Brescia 1967) 9.

8

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

metodi critici e la sensibilità ermeneutica da essa promossi, apre prospettive che di fatto si intersecano con l’economia totale del­ la Scrittura. Sullo sfondo dell’intero canone biblico, il versetto della Seconda lettera a Timoteo - «Ogni Scrittura è ispirata da Dio» (2Tm 3,16) - è quindi apparentemente promesso alla fe­

lice sorte annunciata dal Vangelo: da questo tesoro saranno

estratte «cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52). A questo scopo, diciannove esegeri e teologi dell’Univetsità Gre­ goriana e dell’istituto Biblico hanno organizzato un corso svolto­ si nella primavera 2011, dialogando fra loro e con studenti delle due istituzioni. Il progetto di questo corso aveva preso una bella spinta quando è stata pubblicata, il 30 settembre 2010, memoria di san Girolamo, l’esortazione post-sinodale di Benedetto XVI Verbum Domini, formulata sulla base delle riflessioni emerse du­ rante il Sinodo dei vescovi dal titolo La parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa (2008). L’esortazione contiene un tem­ pestivo incoraggiamento alla ricerca intrapresa. A proposito dell’ispirazione, «concetto chiave per cogliere il testo sacro come

Parola di Dio in parole umane», Benedetto XVI scrive: «I Padri sinodali hanno messo in evidenza come al tema dell’ispirazione sia connesso anche il tema della verità delle Scritture» (una connes­ sione sulla quale si tornerà a lungo in questo volume) e aggiunge:

Certamente la riflessione teologica ha sempre considerato ispirazio­ ne e verità come due concetti chiave per un’ermeneutica ecclesiale delle sacre Scritture. Tuttavia, si deve riconoscere l’odierna necessità di un approfondimento adeguato di queste realtà, così da poter ri­ spondere meglio alle esigenze riguardanti l’interpretazione dei testi sacri secondo la loro natura. In tale prospettiva formulo il vivo au­ spicio che la ricerca in questo campo possa progredire e porti frutto per la scienza biblica e per la vita spirituale dei fedeli (n. 19)2. ' Si veda N. El EROVlC (ed.), La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chie­ sa. XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Esortazione Apostolica

INTRODUZIONE

9

LA TRADIZIONE DEL COLLEGIO ROMANO

Le istituzioni teologiche gesuite di Roma hanno una lunga storia in materia di riflessione sull’ispirazione biblica, che risale al Collegio Romano fondato da Ignazio di Loyola nel 1551. Nella sua Histoire critique du texte du Nouveau Testament ( 1689) Richard Simon lodava il gesuita Cornelius a Lapide (15671637), professore di Sacra Scrittura al Collegio Romano dal 1616, poiché aveva una teologia dell’ispirazione conforme a

quella dei «gesuiti di Lovanio»3, ossia a quella di Leonardo Lessius (1554-1623), che proprio nella città belga fu la guida intel­ lettuale di Cornelissen van den Steen, conosciuto poi come A Lapide. Nel 1586 Lessius aveva sostenuto che non era necessario che l’ispirazione si estendesse in modo verbale (owerossia al pari di un dettato) a ogni singola parola del testo biblico, e ri­ chiamava l’attenzione sui diversi modi in cui gli scrittori erano divinamente mossi a scrivere (rivisitando in questo modo il ver­ setto petrino, «ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uo­

mini da parte di Dio»; 2Pt 1,21). Sebbene mancasse di precisio­ ne su alcuni punti, la teoria di Lessius si mostrava attenta al rapporto tra la grazia divina e la libertà umana nel processo dell’ispirazione: accanto all’iniziativa divina accentuava la re­ sponsabilità umana, linguistica e letteraria deH’agiografo''. Qual­ cosa dell’eredità di Lessius è passato nell’insegnamento del Colpoststnodale Verbum Domini (Roma 2011) 763-764, con il rimando alle propositions 5 (pp. 629-630: «Spirito Santo e Parola di Dio») e 12 (p. 633: «Ispirazione e verità della Bibbia»), 5 R. S1MON, Histoire critujue du texte du Nouveau Testament (Rotterdam 1689) 285-286. Si veda V. BARONI, La Contre-Réforme devant la Bible. I.a Question biblique (Lausanne 1943) 280. ‘ Si veda la presentazione delle proposte di Lessius e del dibattito che ne nacque, fino all intervento di Bellarmino e al breve di Sisto V che le riconosceva «di sana dot­ trina», in B. SesboOE, «La canonisation des Écritures et la reconnaissance de leur in­ spiration», R GibeRT - C. THEOBALD (ed.), La réception des Écritures inspirées. Exégèse, histoire et théologie (Paris 2007) 55-56.

IO

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

legio Romano del XIX secolo, attraverso Giovanni Perrone

(1794-1876) e Johann Baptist Georg Franzelin (1816-1886), che divulgarono la teoria cosiddetta dell ispirazione del conte­ nuto: a Dio le idee, all’uomo le parole5. Una concezione astrat­ ta - fa tuttavia osservare B. Sesboiié - «che non rende conto della solidarietà fra il pensiero e il linguaggio»6. Dal 1924 al 1949 fu Agostino Bea (1881-1968) a insegnare la teologia

dell’ispirazione al Pontificio Istituto Biblico; nel 1935 pubblicò il suo De Inspiratione Sacrae Scripturae·, e questo lo preparò al ruolo chiave giocato poi nella redazione della Costituzione dog­ matica Dei Verbum (1965). Commentando il progressivo abban­ dono del concetto di dettato, nel 1960 Bea scriveva: «Ogni ten­ tativo di spiegare la natura dell’ispirazione per mezzo della pa­ rola dictare adoperata nel senso proprio del moderno dettare è

sbagliato»78 . L affermazione equilibrata della Dei Verbum sul ruo­ lo rispettivo di Dio quale autore e degli agiografi quali «veri autori» (n. 11) incontra quindi la lunga tradizione dei gesuiti di Roma nella loro attenzione ai rapporto fra grazia e libertà nel processo dello scrivere ispirato. Questa tradizione in un certo modo sfociò nel contributo di Luis Alonso Schökel (1920-1998)

che, nella sua opera La palabra inspirada (1966)’, consacrò il ruolo della creatività linguistica e letteraria degli autori umani, suscitata dall’ispirazione divina. Le prospettive aperte in questo

5 Cf. J.T. BuRTCHAELL, Catholic Theories ofBiblical Inspiration since 1810 (Cam­ bridge 1969) 88-120. " B. SesBOÎJÉ, «La canonisation des Écritures et la reconnaissance de leur inspira­

tion», 53. 7 A. Bea, «Libri sacri Deo dictante conscripti», Estudios Eclesiàsticos 34 (1960) 333, cf. p. 46. Si tratta effettivamente del senso moderno della parola; nel contesto della teologia dell'ispirazione, la parola, dopo Trento, ha preso il senso riduttivo e passivo della dettatura, che fa dell’agiografo un amanuense. Il dictare dei Padri (per esempio Agostino e Girolamo) aveva un senso più ricco, che concedeva allo scrittore ispirato un ruolo attivo (il verbo latino include il significato di «prescrivere», «comporre»). 8 Apparsa in italiano con il titolo La Parola ispirata. La Bibbia alla luce della scien­ za del linguaggio (Brescia 1967).

11

INTRODUZIONE

volume, come si vedrà, intendono prolungare questa tradizio­ ne - in una attenzione alle domande (in certi casi radicali) poste dalle discipline storiche, sociologiche, testuali e letterarie dell’ese­ gesi, e dall’ermeneutica teologica.

L’EREDITÀ DELLA DEI VERBUM

Sotto tanti aspetti, il presente volume si colloca nella scia della costituzione Dei Verbum e della ricerca esegetica e teologi­ ca che ha portato alla stesura di quella costituzione. In materia di ispirazione, la Dei Verbum ha nello stesso tempo riformulato il nucleo della tradizione e aperto prospettive nuove, che vale la

pena elencare brevemente: gli studi che seguono hanno ricevuto da questi progressi teologici una «ispirazione» decisiva.

1. Il nesso fra rivelazione e ispirazione è la spina dorsale del­ la Dei Verbum. Si riconosce in questo il contributo (fra gli altri) di Pierre Benoit, o.p., ma anche l’influenza dell’opuscolo scritto

da K. Rahner e J. Ratzinger subito dopo l’apertura del concilio, La rivelazione di Dio e dell’uomo fatta in Gesù Cristo'’. Adottare la prospettiva della rivelazione equivaleva, infatti, a convertirsi a una razionalità biblica più storica e centrata sulla persona - in particolare quella del Dio che si rivela - e costringersi a pensare l’ispirazione in modo rinnovato. A questo spostamento è stret­ tamente legato un ripensamento della concezione della verità (e

quindi dell’inerranza), compresa come manifestazione del mi­ stero della persona, in particolare di Gesù, Messia e goeZ(redentore) degli uomini, chiave di volta della rivelazione'0. In tal sen’ K. Rahner - J. Ratzinger, «De revelatione Dei et hominis in Jesu Christo facta·, in D. Favi, Concilio Vaticano II. Cronaca della I sessione (Vicenza 1963). 10 Cf. C. Alves, Ispirazione e verità. Genesi, sintesi e prospettive della dottrina adl’ispirazione biblica del concilio Vaticano II (DVl 1) (Roma 2012).

12

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

so, la verità della Scrittura è intimamente legata alla finalità salvifica di questa rivelazione: «I libri della Scrittura insegnano

con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per

la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture»

(n. 11). Queste accentuazioni saranno riprese e modulate nei contributi che seguono. 2. La Dei Verbum spicca inoltre per il suo modo di (ripensa­ re il rapporto fra Dio. in quanto «autore» (formula che risale al concilio di Firenze del 1442), e gli agiografi, concepiti anche

loro come «veri autori». La tradizionale distinzione tomista, nel­ la teologia dell’ispirazione, fra Dio quale «causa principale» e l’agiografo quale «causa strumentale» era stata affinata nell’en-

ciclica Divino afflante Spirita del 1943 (n. 3); nella Dei Verbum

viene ripensata e riformulata grazie all’attribuzione a entrambi

della categoria più personale di «autore». L’analogia si accompa­ gnava a una distinzione, che Rahner formulò come la differen­ za fra Dio in quanto Urheber, «autore origine», e l’agiografo in

quanto Verfasser, «compositore»". «Non ci può essere alcun altro autore che Dio, il quale diventa autore proprio perché rende

autore un altro uomo»'2. Qui occorre forse citare le formulazio­ ni del n. 11 della Dei Verbum, che hanno segnato un progresso notevole nell’intelligenza della tradizione: «La santa madre Chie­ sa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri

sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo (cf. Gv

20,31; 2Tm 3,16); hanno Dio per autore (Deum habent auctorem) e come tali sono stati consegnati alla Chiesa. Ma per la

composizione dei libri sacri Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in " Rahner, Sulla ispirazione della Sacra Scrittura, 16-21. 12 Ivi, 66.

INTRODUZIONE

13

essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori (veri auctores)

tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte». In vari modi, il percorso che segue sarà un’esplorazione delle «fa­ coltà e capacità» di questi «autori»13, immersi in una cultura materiale, intellettuale e letteraria che hanno sfruttato con ge­

nialità. A queste due prospettive principali si possono aggiungere due

elementi presenti in modo minore nella Costituzione, ma che hanno contribuito ad ampliare la nostra comprensione del fe­

nomeno dell’ispirazione.

3. Se la Dei Verbum evidenzia la centralità dell’mtewtzo aucto­ ris (ciò che «gli agiografi hanno veramente voluto dire»: n. 12),

essa ha anche aperto la porta all’ intentio opens, concetto che fa

riferimento all’autonomia dell’opera nel dispiegarsi del senso: è

nella coerenza interna del racconto, del poema, del discorso o ancora del libro che si dispiega il suo senso. Questa immanenza del senso, come si sa, è un’affermazione centrale dell’ermeneu­

tica moderna. L’apertura in questione si legge alla fine della

frase appena citata a proposito dell’intentio auctoris. «Poiché Dio nella sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla manie­ ra umana, l’interprete della sacra Scrittura, per capire bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione

che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è

piaciuto manifestare con le loro parole (et eorum verbis manifesta­ re Deo placuerit)» (n. 12). Le «parole» sono certo quelle degli

autori, ma sono qui riconosciute nella loro esistenza propria, attraverso la quale Dio si esprime. Ad Alonso Schökel piaceva ricordare che il pensiero dell’ispirazione ha sempre seguito due percorsi diversi, indicati dalla Scrittura stessa che parla talvolta15 15 Applicato alla letteratura biblica, il concetto di «autore» richiama, tuttavia, una certa riformulazione, come sarà evidenziato da alcuni contributi.

14

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

di autori ispirati («Non da volontà umana è mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono alcuni uomini da parte di Dio»: 2Pt 1,21), talaltra di testi ispirati («Ogni Scrittu­

ra, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, cor­ reggere ed educare nella giustizia»; 2Tm 3,16)'\ Prestando at­ tenzione alla coerenza interna delle opere bibliche e alla loro determinante dimensione linguistica e letteraria, gli esegeti che hanno partecipato alla presente ricerca non hanno mancato di ribadire l’importanza di questa intentio operis.

4. Infine, si può riconoscere nella Dei Verbum un’apertura verso quella che diventerà una questione sempre più centrale dopo il concilio, owerossia il ruolo del lettore e della comunità credente nel fenomeno complessivo dell’ispirazione. Ispirata, la

Scrittura si rivela ispirante, nell’ambito di letture credenti, litur­ giche e altre. Si tratta allora, come scrive Christoph Teobald, di «spostare l ispirazione verso gli effetti prodotti in e tra i recetto­ ri e interrogarsi sulle condizioni di possibilità di questi effetti nella forma stessa del testo biblico»15. Ora, questa intentio lectorissi trova già accennata nel n. 12 della Dei Verbum·. «Perciò, dovendo la sacra Scrittura esser letta e interpretata alla luce del­ lo stesso Spirito mediante il quale è stata scritta». Più avanti nello stesso paragrafo, la Costituzione parla del «mandato» e del «ministero» della Chiesa (e non del solo magistero) di «conser­ vare e di interpretare la parola di Dio». In diversi punti il per­

corso che qui si apre metterà in risalto il momento della ricezio­ ne delle Scritture ispirate, compresa l’economia complessiva dell’ispirazione.

" Ajlonso SchOkel, La Parola ispirata, 257-259. 14 C. Theobald, «Seguendo le orme... » della Dei Verbum. Bibbia, teologia e prati­ che di lettura (Bologna 2011) 71.

INTRODUZIONE

15 ORGANIZZAZIONE DELL’OPERA

Il libro offre i contributi presentati durante il summenziona­ to corso speciale tenuto alla Gregoriana e all’istituto Biblico. Ad essi si sono aggiunti alcuni saggi, che per vari motivi non ven­ nero presentati in quell’occasione. I primi quattro contributi (Hrùsa. Sievers, Barbiere, Costa-

curta) esplorano la questione dell’ispirazione dal punto di vista concettuale. Due articoli inseriscono il concetto d’ispirazione nel suo ambiente antico, basandosi in particolare su testi e maufatti della Mesopotamia antica e del mondo ellenistico. I due

saggi successivi illustrano il modo in cui l’Antico Testamento presenta l’idea dell’ispirazione. Seguono studi esegetici (Ska, Pisano, Calduch-Benages, Dubovsky, Sonnet, Aletti, Giamo, Grilli, Calduch-Benages, Granados), i quali sottopongono il concetto d’ispirazione al vaglio delle metodologie esegetiche, sia quelle classiche sia quelle più recenti. Lo scopo di questa parte è di formulare le domande che un esegeta si deve per forza por­

re in materia d’ispirazione se vuole essere coerente nell’applica­ zione dell’uno o dell’altro metodo. Nell’ultima parte si studia l’ispirazione dal punto di vista teologico. I due primi (Ravasi, Bovati) utilizzano gli strumenti della teologia biblica, mentre gli ultimi due (Pié-Ninot, Aparicio Valls) i principi della teolo­ gia fondamentale. Una conclusione generale riassume i punti chiave di ogni contributo e presenta, in dieci punti, un pensie­

ro contemporaneo dell’ispirazione, quale almeno emerge dal presente studio. In poche parole lo scopo di questa impresa collegiale è quel­ lo di avviare una discussione rinnovata tra esegeti e teologi a proposito dell’ispirazione della Scrittura. Vista l’alta specializza­ zione sia della teologia sistematica sia dell’esegesi, ora è diventa­ to praticamente impossibile a uno studioso essere competente

in più di un campo. Perciò ciascuno degli esperti si è forzato di

lo

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

presentare in un linguaggio comprensibile gli annessi e i con­ nessi della ricerca nel proprio campo al «collegio» degli altri studiosi e studenti. La conclusione dei due curatori in qualche

modo rappresenta il dibattito proficuo nato da questa condivi­ sione.

**♦ Le pagine che seguono mostreranno quanto fu “collegiale”

l’ispirazione biblica; collegiale fu anche la nostra ricerca sull’ispi­ razione, e non ci resta che ringraziare quanti l’hanno resa possi­ bile. Un nome fu associato dall’inizio al progetto e non figura nell’elenco dei relatori: quello di Donath Hercsick (1965-2010),

decano della Facoltà di teologia della Pontificia Università Gre­ goriana, premaiuramente scomparso. Professore di teologia fon­ damentale, D. Hercsik aveva fatto della Costituzione sulla rive­ lazione Dei Verbum la grammatica della disciplina teologica in questione16, ed è stato recentemente ricordato con la pubblica­ zione di un volume sulla Verbum Domini'7. Ai relatori di ambedue le istituzioni va il nostro ringraziamen­ to: è un piacere impegnarsi nella ricerca in compagnia di tali persone, portando avanti insieme una tradizione comune, quel­ la che risale al Collegio Romano. Ai loro nomi vogliamo aggiun­

gere quello del professor Klemens Stock, S.J., segretario della Pontifìcia Commissione Biblica, che ci ha intrattenuti sui lavo­ ri delia Commissione sul tema dell’ispirazione e della verità'8. Accanto a questo «collegio» di esegeti e teologi, vogliamo rin16 Cf. D. HERCSIK, Elementi di teologia fondamentale. Concetti, contenuti, metodi (Bologna 2006). ” C. APARICIO Valls - S. Pié-Ninot (ed.), Commento alla Verbum Domini. In memoria di P Donath Hercstk, S.J. (Roma 2011). '* Un certo katros ecclesiale ha segnato la presente pubblicazione: la Pontificia Commissione Biblica su lavorando sul tema dell’ispirazione e della verità delle Scrit­ ture, in vista di un prossimo documento.

17

INTRODUZIONE

graziare quelli che hanno sostenuto c facili tato questo progetto: Carlo Valentino, segretario accademico dell’istituto Biblico, Giuseppe Trotta, S.J., che si è preso cura delle trascrizioni. Un grazie particolare è dovuto al cardinale Gianfranco Ravasi, ex alunno delle due istituzioni: l’Auia Magna gremita che ha ascol­

tato con attenzione il suo intervento testimonia quanto sia an­ cora ricordato e apprezzato. La sua relazione »Verso una teologia biblica dell’ispirazione» si è chiusa su una citazione di Honoré de Balzac che ci ha confermati nella ricerca intrapresa: «La chia­ ve di tutte le scienze è indiscutibilmente il punto di domanda. Dobbiamo la maggior parte delle grandi scoperte al Come? E la saggezza della vita consiste nel chiedersi, a qualunque proposito. Perché?»'9. Questi due avverbi interrogativi hanno effettivamen­ te accompagnato il percorso di questa ricerca, sullo sfondo del dono sempre ispirante delle sacre Scritture.

Peter Dubovsky, S.J. - Jean-Pierre Sonnet, S.J.

'* H. DE Balzac, La pelle eli zignno (Milano 1995) 258.

PARTE PRIMA

Sfondo biblico ed extra-biblico dell’ispirazione

L’ispirazione divina nella Mesopotamia antica Ivan Hrusa

Prima di trattare il tema dell’ispirazione nella Mesopotamia antica occorre chiarire che cosa si intende quando usiamo il termine «ispirazione». Nel discorso sulla Scrittura in ambito cristiano il termine «ispirazione» assume di solito un senso specifico e ristretto: de­ signa la rivelazione divina dei contenuti della tede per mezzo di un testo scritto, il quale diventa la fonte e la norma duratura e immutabile άε\ contenuto e della pratica della fede. L’ispirazione, in questo senso, comporta l’idea dell’infallibilità del testo ed è connessa con la creazione del canone fisso di testi religiosi. È

una categoria legata a un sistema concreto di fede (per esempio giudaismo, cristianesimo, islam) e non si può verificare indipen­ dentemente dalla rispettiva fede religiosa. Dalla Mesopotamia antica ci sono pervenuti centinaia di te­ so di contenuto religioso - preghiere, rituali, miti ecc. - i quali conservavano la tradizione religiosa e trasmettevano la conoscen­

za del mondo divino considerata valida e paradigmatica grazie alla fòrza della tradizione stessa. Tuttavia, non è possibile defi­ nire la religione mesopotamica una religione basata su un testo

o un corpus sacro e immutabile, paragonabile alla Bibbia nel cristianesimo o al Corano nell’islam. La tradizione mesopota­ mica è troppo ampia, nuovi testi nascono e testi antichi subi-

22

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

scono dei cambiamenti durante i secoli, ci sono tante tradizioni locali e, soprattutto, non esisteva nel Vicino Oriente un’unica autorità religiosa che stabilisse un canone di testi sacri valido per sempre e dappertutto. Risulta quindi molto diffìcile applicare il concetto di ispirazione in senso stretto alla religione dell’antica

Mesopotamia, anche se certi testi, autenticati dalla tradizione, erano in luoghi ed epoche concreti considerati come normativi.

Di sicuro, al contrario, si può trovare nella Mesopotamia an­ tica il concetto di ispirazione in senso ampia, in questo caso, con «ispirazione» intendiamo la provenienza di un’idea che si crede venire da un 'entità spirituale diversa dalla persona umana (una

divinità, un essere sovrannaturale). Questo tipo di ispirazione, al quale si riferiranno gli esempi riportati sotto, era ben cono­ sciuto nell’antichità classica come fonte di opere letterarie e di comunicazioni divine (per esempio, le Muse e la Pizia) e, parimenti, si trova nell antica Mesopotamia, dove ricorre soprattut­ to nelle rivelazioni divine attraverso emina, profezie e sogni. Differentemente dall ispirazione in senso stretto, l’ispirazione in

senso ampio non crea delle norme permanenti del contenuto e della pratica religiosa ma di solito si connette con la situazione concreta nella quale viene ricevuta.

Siccome le rivelazioni divine non comprendevano soltanto comunicazioni di parole o dettature di testi scritti, cercheremo di fornire un quadro più generale del concetto di ispirazione nella Mesopotamia. Lo faremo in seguito per mezzo di quattro esempi, dei quali ciascuno mostra un ambito dell’ispirazione considerata divina: un messaggio profetico assiro al re Esarhaddon (680-669 a.C.). il resiauro del lempio del dio solare Shamash a Sippar da parte del re babilonese Nabonedo (556-539 a.C.), la fabbricazione di una nuova statua di Shamash da parte del re babilonese Nabu-apla-iddina (887-855 a.C.) e, infine, un testo letterario babilonese che afferma di essere stato scritto su

diretta ispirazione divina.

L'ISPIRAZIONE DIVINA NELLA MESOPOTAMIA ANTICA

23

DIVINAZIONE E ORACOLI

La divinazione consiste nell’osservazione e nell’interpretazio­ ne di fenomeni nel mondo materiale o nella percezione perso­ nale (per esempio, sogni), intesi come segni premonitori comu­ nicati dagli dèi e riguardanti il futuro e la volontà divina. Nella

Mesopotamia antica la divinazione era il mezzo più importante della comunicazione umana con il mondo divino. Per sapere la volontà divina e la giusta decisione, vale a dire quella concorde con la volontà degli dèi, si osservavano segni orninosi ricorrenti spontaneamente nel cielo, sulla terra e nella società umana. D’al­ tra parte, si facevano pure domande agli dèi alle quali essi ri­ spondevano attraverso segni mandati su richiesta umana (soprat­ tutto segni fisiognomia iscritti nel fegato della pecora ispezio­ nata nell estispicio). Con l’aiuto della divinazione si prendevano decisioni private, politiche, militari, religiose ecc. che poi veni­ vano considerate come guidate dalla volontà divina. Anche se ogni segno ominoso doveva essere interpretato dagli esperti per poter essere capito, i segni stessi erano considerati messaggi divini che gli dèi “scrivevano” agli uomini: il fegato della pecora d’estispicio veniva designato come «tavoletta degli dèi»1; i corpi celesti, le loro formazioni e movimenti come «scrit­ tura del cielo»1 2. Un modo speciale di trasmettere messaggi divini, forse più vicino alla maniera di comunicazione tra il mondo divino e umano nella Bibbia, sono le cosiddette «profezie» mesopotamiche. Si tratta di messaggi pronunciati da diversi uomini a donne 1 Per esempio, in una preghiera dell'aruspice; cf. I. Starr, The Rituals ofthe Divi­ ner (Bibliotheca Mesopotamia 12; Malibu 1983) 30-33. ’ Per esempio, nelle iscrizioni di Esarhaddon; cf. E. Leichty, The Royal Inscriptions •f Esarhaddon, King ofAssyria (680-669 BC) (The Royal Inscriptions of the Neo-Asrrrian Period 4; Winona Lake, Indiana 2011) 127, col. v, r. 41; 214, col. iii, r. 48. Si vedano anche i riferimenti indicati neU’./IibWw/’« Handwörterbuch e nel Chicago .Assyrian Dictionary sotto la voce litru e burummù (litir lamé, litir burumme).

24

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

che, in stato estatico3, li trasmettevano da parte di una divinità; i messaggi erano destinati al re4. L’esempio riportato sotto ci è pervenuto come parte di una collezione di tali messaggi. Non è un testo composto sotto ispi­ razione divina; si tratta piuttosto della registrazione di un mes­ saggio considerato come proveniente direttamente da una divi­ nità:5 Non temere, Esarhaddon! Io sono Bel6. Mentre sto parlando con te, veglio sulle travi del tuo cuore. Quando tua madre ti ha dato alla luce, sessanta grandi dèi erano presenti con me e ti protegge­ vano: il dio Sin7 alla tua destra, il dio Shamash8 alla tua sinistra, sessanta grandi dèi stavano attorno a te e cingevano i tuoi lombi. Non confidare nell’uomo; alza gli occhi, guarda a me! Io sono Ishtar di Arbela’; ho riconciliato il dio Assur10 con te. Quando eri piccolo, ti ho sostenuto. Non temere; lodami! Quale nemico ti ha attaccato e io stavo zitta? I giorni futuri di sicuro sa­ ranno come quelli passati. Io sono Nabu", il signore dello stilo. Lodami! Di bocca di Baia, cittadina di Arbela. ’ In alcuni tratti potevano essere simili ai profeti estatici nella Bibbia; cf., per esempio, iSam 10,10-12. ’ Abbiamo alcune decine di tali testi provenienti da due periodi e ambiti della storia mesopotamica: dalla città antica di Mari (oggi in Siria) dal XVIII see. a.C., e dalla corte regia neoassira del VII see. a.C. Per un’edizione conveniente di tutti i testi profetici e di altri testi pertinenti in trascrizione, con traduzione e con introduzioni, cf. Μ. Nissinen, with Contributions by C.L. Seow and R.K. Ritner, Prophets and Prophecy in the Ancient Near East (Writings from the Ancient World 12; Atlanta 2003). ' Testo in S. PaRPOLa, Assyrian Prophecies (State Archives of Assyria 9; Helsinki 1997) 6. ‘ Titolo che è diventato nome del dio principale babilonese, Marduk. 7 II dio della luna. ’ 11 dio del sole. ‘ La dea della sessualità e della guerra, venerata nella città di Arbela; divinità pro­ tettrice dell’impero neoassiro. Iu li dio principale del paese di Assur, in origine probabilmente la citta di Assur deificata. " Il dio dell’arte scribale, il figlio del re degli dei babilonese, Marduk.

L'ISPIRAZIONE DIVINA NELLA MESOPOTAMIA ANTICA

25

COSTRUZIONE DEL TEMPIO

La costruzione o il restauro di un tempio mesopotamico non

era un’impresa puramente umana. Doveva corrispondere alle

esigenze del vero padrone e abitante del tempio, vale a dire della divinità rispettiva, la quale poteva rivelare al re costruttore

I suoi desideri riguardanti l’aspetto della nuova casa divina at­

traverso mezzi divinatori, per esempio attraverso un sogno11 12. In tale caso, il nuovo tempio era costruito secondo l’ispirazione divina1314 .

Il testo seguente, preso da un’iscrizione del re babilonese Nabonedo (556-539 a.C.)'\ parla del restauro del vecchio tempio

del dio del Sole, Shamash, nella città di Sippar, il quale si stava

disintegrando. Il sovrano mostra uno sforzo meticoloso di rico­

struire il tempio precisamente sulle fondamenta antiche, quelle originarie, considerate «valide», volute dalla divinità. Merita at­ tenzione pure l’informazione contenuta nel terzo paragrafo, se­

condo la quale il restauro del tempio fu iniziato in una data

indicata e approvata dagli dèi. Ebabbar, il tempio di (Shamash), che (si trova) a Sippar, che Nabucodonosor15, un re precedente, ebbe costruito senza aver visto le 11 Sui suoi celebri cilindri, il principe sumerico Gudea (ca. 2144-2124 a.C.) rac­ conta per esteso la costruzione di un nuovo tempio per il dio Ningirsu nella città di Lagash. Secondo il racconto, la pianta del tempio fu rivelata a Gudea in sogno. Il testo da cilindri è stato edito e tradotto in lingue moderne più volte; l’edizione più accesabtle sarebbe quella elettronica in ETCSL = J.A. BLACK - G. CUNNINGHAM - J. EBELING - E Flückjger-Hawker - E. Robson - J. Taylor - G. ZOlyomi, The Electronic Text CwjMB o/SwTraernzn Zjrenttiw (http://etcsl.orinst.ox.ac.uk/), Oxford 1998-2006, 2.1.7. 15 Nella Bibbia, si veda la costruzione della tenda nel deserto secondo indicazioni nvdate a Mosè: Es 25,8-9.40. 14 U testo in traslitterazione e traduzione si trova in: H. SCHAUDIG, Die Inschriften Nahonids von Babylon und Kyros des Großen (Alter Orient und Altes Testament 256; Münster 2001) 422-423, 438-439. 15 Nabucodonosor I, re di Babilonia negli anni 1124-1103 a.C.

26

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

sue fondamenta, quando le cercava - egli costruì quel tempio, ma dopo 45 anni le mura di quel tempio caddero. Ero turbato, avevo paura, ho avuto palpitazioni. La mia faccia era molto afflitta, finché io non avessi fatto uscire Shamash dall’inter­ no del (tempio) e non l’avessi fatto risiedere in un’altra casa16. Ho levato quel tempio, ho cercato le sue fondamenta antiche, ho sca­ vato 18 cubiti in fondo nella terra, e (ho visto) le fondamenta poste da Naram-Sin, il figlio di Sargon, che per 3200 anni17 nessu­ no dei miei predecessori regali aveva visto: Shamash, il grande si­ gnore, mi ha mostrato Ebabbar, la casa, la dimora dove il suo cuo­ re è contento. Nel tashritu'*, nel mese favorevole, in un giorno di consentimento (divino), che per mezzo dell’estispicio mi avevano indicato gli dèi Shamash e Adad19, con argento, oro, pietre preziose, con pezzi di (legno dell bosco e con olio di cedro, nella gioia e nel giubilo, ho messo fermamente i suoi mattoni (precisamente) sulle fondamen­ ta di Naram-Sin, senza un dito di sporgenza o un dito di cavità.

FABBRICAZIONE DI STATUE DIVINE

Ugualmente, come nel caso della (ri)costruzione del tempio, anche per la fabbricazione della statua cultuale di una divinità erano necessarie indicazioni fornite dalla divinità stessa, special-

mente nella regione di Babilonia. L’aspetto della divinità non poteva essere inventato dagli esseri umani; la statua doveva es­ sere fabbricata secondo l’ispirazione divina.

“ Il re porrò la statua della divinità fuori del tempio per poter ricostruire l’edificio. ” Naram-Sin era il quarto re della dinastia di Akkade. Regnò negli anni ca. 22592223 a.C. La distanza temporale tra Naram-Sin e Nabonedo corrisponde approssima­ tivamente alla metà de) numero degli anni indicato da Nabonedo; comunque, l’iscri­ zione mostra il senso della storia da parte del re babilonese. Tashntu, «inizio», era il nome del settimo mese del calendario standard mesopotamico, adonato nel calendario ebraico come tishri. ” 11 dio della tempesta.

L'ISPIRAZIONE DIVINA NELLA MESOPOTAMIA ANTICA

27

Il testo scelto per illustrare questo ambito dell’ispirazione fa parte di un’iscrizione del re babilonese Nabu-apla-iddina (887-

855 a.C.)20. I passi citati riguardano la fabbricazione di una nuo­ va statua divina per il tempio di Shamash a Sippar, al posto di una statua precedente andata perduta. Il primo paragrafo chia­ risce che il re Simbar-Shipak non poteva fare una nuova statua a causa della mancanza di comunicazione divina: Shamash non gli diede alcuna indicazione riguardo all’aspetto della nuova im­

magine divina. Con Nabu-apla-iddina, invece, il dio solare mo­ strò più favore, come afferma il secondo paragrafo: «fu visto» — vale a dire, qualcuno ha trovato - un disegno della statua antica, secondo il quale Nabu-apla-iddina poteva far fabbricare una

nuova statua. Gli ordinamenti divini di (Shamash) erano dimenticati, in modo che il suo aspetto e i suoi attributi erano andati perduti e nessuno li aveva visti. Il re Simbar-Shipak 21 fece ricerche intorno al suo aspetto, ma (Shamash) non gli rivolse il suo sguardo. Non avendo visto la sua immagine e i suoi attributi, (il re) fece innalzare il disco solare, che sta davanti a Shamash, e stabilì offene regolari. (...) Un disegno della sua immagine, una terracotta della sua forma e dei suoi attributi, fu vista sull’altra riva dell’Eufrate, sulla riva oc­ cidentale. Nabu-nadin-shumi, il sacerdote della città di Sippar, divinatore, (...) mostrò quel disegno dell’immagine a Nabu-aplaiddina, il re, suo signore. Nabu-apla-iddina, re di Babilonia, al quale per ordine (divino) è stato affidato (l’incarico) di fabbricare la statua, ha visto quell’immagine e il suo volto mostrava gioia, il suo spirito esultava. La sua attenzione si è concentrata sulla fabbri­ cazione della statua e con la maestria del dio Ea22, con il lavoro 20 Edizione del testo con un’estesa discussione si trova in C. WOODS, «The Sun-God Tablet of Nabû-apla-iddina Revisited», Journal ofCuneiform Studies 56 (2004) 23-103; per il testo riportato sopra, cf. pp. 83-86. 21 Re babilonese negli anni 1025-1008 a.C. 22 II dio dell’acqua dolce e di ogni tipo di artigianato, saggezza e intelligenza, come pure degli incantesimi, per mezzo dei quali la nuova statua fu animata.

28

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

degli (artigiani divini) Ninildu, Kusibanda, Ninkura e Ninzadim23* ... egli ha curato precisamente la (fabbricazione della) statua del grande signore Shamash. È ovvio che il ritrovamento del modello era interesse in mo­ do particolare del clero di Sippar, perché una nuova statua, in­

vece del mero simbolo della divinità, elevava il prestigio del santuario e il re le assegnava nuove offerte. Nondimeno, l’iscri­ zione esprime un principio teologico secondo il quale la forma della statua deve essere divinamente ispirata.

UN TESTO SCRITTO

L affermazione che un testo scritto sia divinamente ispirato è eccezionale nei documenti cuneiformi. Tuttavia, ci è pervenuto un lungo poema accadico della prima metà del I millennio a.C.,

di cui l’autore stesso dice che la poesia gli fu rivelata tutta inte­ ra durante la notte; egli stesso poi non fece altro che registrare precisamente quello che sentì nella sua visione nel sonno. Si tratta della cosiddetta Epopea di Erra™. Prima di rivolgerci al suo epilogo dove il poeta parla dell’ispirazione divina della sua ope­ ra, conviene riassumere il contenuto della composizione. Il dio della guerra Erra, istigato dai Sette demoni cattivi, de­ cide di distruggere il paese di Babilonia. Convince il re degli dèi, Marduk, a lasciare temporaneamente il suo trono che si trova a

23 Divinità di diverse professioni artigiane necessarie per la fabbricazione della statua. La statua era considerata un prodotto del lavoro di queste divinità, non di ar­ tigiani umani. 2< Per l'edizione cntica del testo con traduzione e commento, cf. L CAGNI, Lepopea di Erra (Studi semitici 34; Roma 1969). Per una traduzione aggiornata con nuovi passi, scoperti piu di recente, cf. B.R. FOSTER, Before the Muses. An Anthology ofAkka­ dian Literature (Bethesda ’2005) 880-911. Nonostante le nuove scoperte, alcune par­ ti del testo ancora mancano.

LIS PI RAZIONE DIVINA NELLA MESOPOTAMIA ANTICA

29

Babilonia, nel suo tempio Esagil. Nel frattempo Erra stesso do­ vrebbe assicurare l’ordine del cielo e della terra. Però, nell’assen­ za di Marduk, Erra causa guerra e strage in tutto il paese; il suo araldo Ishum, che cerca di placare l’ardente ira di Erra, viene poi mandato a ridurre in polvere un paese nemico a Babilonia. Alla fine, Erra è soddisfatto, vedendo che a causa della catastrofe egli stesso è di nuovo temuto e venerato dagli dèi come dagli esseri

umani, e ordina il rinnovamento di Babilonia distrutta a spoPer la questione dell’ispirazione del testo sono importanti le ultime righe dell’opera nelle quali l’autore indica il contenuto

del poema (rr. 40-41), il proprio nome - un caso rarissimo nella letteratura mesopotamica — (r. 42), il fatto dell’ispirazione (rr. 43-44), l’approvazione divina del poema da parte di Erra (rr. 45-47); Erra, infine, pronuncia benedizioni per coloro che usa no la poesia, magnificando così il suo nome (rr. 48-61 )

Lode al grande signore Nergal25 e all’eroe Ishum per anni senza fine! *llCome il dio Erra arse d’ira e progettò d’abbattere i paesi e di distruggere la loro gente, il dio Ishum invece, suo consigliere, lo placò e lasciò indietro un resto il compositore delle tavolette del (poema) è Kabti-Ilani-Marduk, figlio di Dabibi. Nel corso della notte (il dio) gli concedette una visione e di ciò che parlò nel dormiveglia, egli non tralasciò nessuna (riga), e nemmeno una sola riga vi ag­ giunse. (45)Erra lo udì ed espresse la sua approvazione; gii piacque quello di Ishum, suo araldo, (e) tutti gli dèi encomiarono assieme con lui. 25 II dio degli inferi; a volte Nergal era identificato con Erra.

30

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Allora l’eroe Erra così parlò: «Nel santuario del dio che glorifica questo canto, si accumuli l’ab­ bondanza; (5°’lo scriba che lo impara sfuggirà dal paese nemico (e) sarà onora­ to nel proprio paese. Nel sacrario dei sapienti, dove essi fanno continua menzione del mio nome, io aprirò il loro orecchio. Nella casa dove questa tavoletta è deposta, anche se Erra arde d’ira, anche se i Sette fanno strage, la spada della condanna non le si accosterà, ma la salvezza si pose­ rà sopra di essa. Questo canto abbia luogo per sempre in modo che permanga in eterno! (b0)Tutti i paesi lo odano e celebrino il mio eroismo! Gli abitanti dei paesi lo conoscano e magnifìchino il mio nome!»26.

La trasmissione di un messaggio divino alla persona umana nel sogno era una cosa ben conosciuta nella Mesopotamia anti­ ca, anche se di solito si trattava di indicazioni divine nell’ambi­ to della divinazione. Presentando quindi la sua opera come ispi­ ratagli in una visione nel sogno, Kabti-Ilani-Marduk mette l’ispirazione del suo poema allo stesso livello di correnti comu­ nicazioni divine della sua cultura religiosa, attribuendo cosi alla sua poesia un’autorità divina notevole perché paragonabile con quella dei messaggi divini forniti agli uomini per mezzo dei segni orninosi.

Allo stesso tempo merita attenzione il desiderio di Erra (e certamente anche dell’autore umano!) espresso nella r. 59: «Que­ sto canto abbia luogo per sempre in modo che permanga in eterno», che distingue la rivelazione letteraria concessa a KabtiIlani-Marduk da un solito messaggio divinatorio trasmesso nel

26 L’edizione del testo si trova in L. CaGNì, L'epopea di Erra, 126-129 (tavoletta V, righe 39-61). La nostra traduzione, specialmente delle righe 43-47, è aggiustata.

ASPIRAZIONE DIVINA NELLA MESOPOTAMIA ANTICA

31

sogno. Il poema infatti dovrebbe svolgere il suo compito in mamera duratura: propagare la lode di Erra non solo al momento

della rivelazione ma anche in ogni periodo futuro27. Π testo non nomina direttamente l’ideatore divino del poema, lasciando la r. 43 senza il soggetto: «Nel corso della notte gli concedette una visione». Un accenno, anche se incerto, potreb­ be in ogni modo trovarsi nella continuazione del testo: l’espres­

sione «quello di Ishum» nella r. 46 si potrebbe capire come «il poema su Ishum» oppure «il poema composto da Ishum». Nel secondo caso, l’autore divino della poesia sarebbe Ishum, l’aral­

do del protagonista principale - mentre Erra stesso è, secondo la r. 45, colui che le diede l’approvazione definitiva: «Erra lo udì ed espresse la sua approvazione; gli piacque quello di Ishum, suo araldo». Le righe rimanenti del poema ci informano sugli effetti ddl uso di questo testo ispirato e approvato divinamente. Erra elenca le benedizioni per gli dèi, i governatori, i cantori e gli scribi che faranno uso del poema e glorificheranno così il nome di Erra; la promessa di salvezza viene concessa persino a ogni casa nella quale una tavoletta cuneiforme con il testo del poema

sarà deposta come amuleto protettivo. La lode della divinità è lo scopo di tante preghiere e compo­ sizioni letterarie della Mesopotamia, ed Erra in queste righe ri­ chiede e rimunera quello che apparteneva generalmente alla venerazione di una divinità. Bisogna però anche tenere in men­ te che Erra nel poema ha causato il male proprio per ottenere e aumentare il timore e la venerazione da parte degli esseri umani. Coloro che lo temono, venerano e magnificano il suo nome,

forno il meglio per evitare una catastrofe futura. Perciò, le pror Cf. B.M. LEVINSON, «Die neuassyrischen Ursprünge der Kanonformel in Deu­ teronomium 13,1», in S. Beyerle - A. Graupner - U. Rüterswörden (ed.), Viele zu dem Einen. Historische Bibelkritik - Die Vitalität der Glaubensüberluferung in der Moderne (Biblisch-Theologische Studien 121; Neukirchen-Vluyn 2012) 23-59.

32

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

messe pronunciate da Erra non si possono connettere soltanto con l’affermazione dell’ispirazione divina del testo. Risultano in primo luogo dal fatto che il poema piace a Erra e che egli stesso raccomanda e richiede di essere celebrato proprio con esso. D’al­ tra parte possiamo facilmente immaginare che l’autore divino della composizione sapesse meglio quale canto sarebbe stato gradito al potente dio della guerra; e il compositore umano, secondo la sua propria affermazione, «non tralasciò nessuna (ri­

ga), e nemmeno una sola riga vi aggiunse» (r. 44).

2

Lispirazione nel pensiero ellenistico Joseph Sievers

Π tema dell’ispirazione viene affrontato in diversi modi da ▼ari autori di lingua greca. In questo breve contributo è impos­ sibile darne una presentazione sistematica, ma ci limiteremo a offrire alcuni esempi dalla letteratura ellenistica, sia di prove­ nienza ebraica che non, concentrandoci poi sull’analisi di alcu­ ni passi di Flavio Giuseppe'.

ISPIRAZIONE POETICA

Che Omero fosse divinamente ispirato era opinione comune in epoca ellenistica. Anzi, in vari luoghi gli furono attribuiti onori divini. Claudio Eliano (II-III see. d.C.) afferma che Tolo­ meo Filopatore gli eresse un tempio2; Strabone menziona un

Homereion con un tempio e una statua dedicati al poeta nella città di Smirne3. ' Ringrazio la prof.ssa Emanuela Zurli per aver suggerito numerosi miglioramenti riguardanti la chiarezza e la correttezza del testo italiano. Quanto rimane difettoso, sia nella forma che nel contenuto, è evidentemente di sola mia responsabilità. 2 Claudio Eliano, Storie varie 13,22. ’STRABONE, Geografia 14,137. Perun Homereion all’isola di Delos, cf. Inter. Dilot 443 lato B ff. b 147 (II see. a.C.). L’apoteosi di Omero è raffigurata su un bassorilievo di marmo, ora al British Museum (cf. http://en.wikipedia.org/wiki/File:Apotheosisé Homer_BM_2191 -jpg)-

34

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

La convinzione di un'ispirazione divina, infatti, si può basare sui testi omerici stessi. Sia V Iliade che l’Odissea iniziano con un’invocazione, chiedendo che sia una divinità a raccontare l’ira di Achille e le gesta eroiche di Ulisse. Anche in molti altri mo­ menti il poeta invoca o descrive l’aiuto divino nella composizio­ ne del suo testo4. Per esempio, chiede alle Muse di rivelargli il catalogo delle truppe, «giacché voi siete dee, presenti dovunque, e tutto sapete, mentre noi non udiamo che la fama e niente sappiamo» (Iliade 2,484-486). La situazione è simile per Esiodo, altro poeta dell’VIII secolo a.C. Egli inizia la sua Teogonia parlando delle Muse; poi afferma esplicitamente che sono state loro ad averlo «ispirato»5. Dodds, in un libro che rimane un punto di riferimento, seppur scritto oltre sessant anni fa, scrive: «La tradizione epica rappresenta il poeta come derivante dalle Muse il suo sapere straordinario, senza peraltro cadere in estasi o essere posseduto dalle Muse»6.

PLATONE E LE VARIE FORME DI ISPIRAZIONE

Nella tradizione greca, comunque, l’ispirazione non si espri­ me soltanto in forma poetica. Un elenco delle sue varie manife­ stazioni si riscontra nel Fedro di Platone, dove Socrate distingue tra quattro tipi di ispirazione, riconducibili ad altrettante diver­ se divinità: Della divina mania abbiamo distinto quattro parti con riferimento a quattro dèi: abbiamo attribuito ad Apollo l’ispirazione mantica, 4 Cf. E.R. Dodds, I Greci e l'irrazionale (Firenze 1973; originale ingl. 1951) 112-114. ’ «Minfiisero in seno la voce divina (ένέπνευσαν δέ μοι αύδήν θέσπιν), ond io potessi cantare il presente e il futuro» (Esiodo, 7ècyonw31-32: tr. it. E. ROMAGNOLI, Bologna 1929). ‘ Dodds, / Greci e l’irrazionale, 116.

ISPIRAZIONE NEL PENSIERO ELLENISTICO

35

a Dioniso la telestica7, alle Muse la poetica, e la quarta ad Afrodite e a Eros, e abbiamo detto che la mania amorosa è la migliore8. D tono, qui, come in altre parti del Fedro, è piuttosto ironico’.

Espirazione di Afrodite, la dea dell’amore, viene giudicata mi­ gliore di quella divinatoria di Apollo. Altrove, invece, Eros è

considerato non un dio ma un demone, «straordinario incanta-

■Mt, avvelenatore e sofista» {Simposio 203d). Socrate parla anche defle profetesse (o dei profeti?) delle Muse che ora cantano sopra b nostra testa e «sono state ispiratrici di questo dono» {Fedro 262d). Similmente, nel settimo libro delle Leggi, Platone fa af­

fermare a uno dei principali interlocutori che «i discorsi... te-

laixi... non mi sembrano affatto privi di una divina ispirazione συκ άνευ τινός έπιπνοίας θεών)» {Leggi 7,81 le)10. Secondo il filosofo ebreo Aristobulo, «Platone ha seguito, posso passo, la nostra legislazione ed è altrettanto chiaro che si

jtfaricò sopra ciascuno dei punti in essa contenuti» (fr. 3)". Poi aggiunge: D termine τελεστικός non è facilmente traducibile. A Greek-English Lexicon a di H.G. Liddell - R. Scon - H.S. Jones (Oxford 1940, Rev. Suppl. 1996) lo rak con «connected with mystic rites», indicando il passo platonico come esempio. ’ Platone, Fedro 265b (tr. it. di G. Reale, Platone. Lutti gli scritti, Milano 1991, Per approcci alternativi all’ispirazione in autori greci e romani, cf. F.E. BrenK, «Moa Beautiful and Divine: Graeco-Romans (especially Plutarch) and Paul on Love *i Marnage», Greco-Roman Culture and the New Testament·. Studies Commemorating ste Centennial of the Pontifical Biblical Institute (cd. D.E. ALINE - EE. BRENK) (NT.S l-tv Leiden 2012) 89. ' A. BORTOLOTTI, La religione nel pensiero di Platone dai primi dialoghi al Fedro Aaadania Toscana di Scienze e Lettere «La Colombaria». Studi 86; Firenze 1986) 216. “ Il termine «ispirazione» in questi testi è generalmente espresso da Platone - e da »n autori successivi - con έπίπνοια. Prima di Platone il termine è attestato solo tre ■me in fischilo, Supplici 17, 42, 577. In ognuna di queste occorrenze si intende Γ ali­ li vivificante di Zeus. Cf. C.R. Holladay, Fragments from Hellenistic Jewish Authors. Aristobulus (SBL. TT 39; SBL.PS 13; Atlanta, GA 1995) vol. 3, 152-153 (tr. it.: Apocrifi dell’Antico Testa■nn Letteratura giudaica di lingua greca, a cura di L. TROIANI [Brescia 1997] voi. 5, L32j Su datazione, identità e opera di Aristobulo, cf. HOLLADAY, Anstobulus, 43-75. od

36

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Bisogna, intani, intendere “la voce divina” (την θείαν φωνήν) non come parola detta, ma come preparazioni di opere, proprio come, nella nostra Legge, Mosè ha definito l’intera creazione del mondo "parola di Dio ... Mi sembra che lo abbiano studiato a fondo e lo abbiano seguito passo passo Pitagora, Socrate e Platone, quando dicono di ascoltare la voce di Dio (άκούειν φωνής θεοΰ: fr. 4-4a)12.

Più tardi, Cicerone sospettava che le persone fossero diven­

tate più scettiche e meno credule (La divinazione 2,117). Plu­

tarco osservava che anche l’ispirazione mantica o profetica non era sempre uguale: la proprietà del pneuma non induce in tutti la stessa condizione né sempre, ma offre una scintilla e un principio in chi sia disposto ad esserne affètto e trasformato. Essa è, in realtà, divina e demonica, e tuttavia non inesauribile né incorruttibile né inalterabile e dure­ vole per il tempo a venire”. Altrove, in Plutarco, dell’ispirazione (chiamata ó ένθσυσιασμος)

dell’oracolo di Delfi è sottolineato che la voce, il suono, la di­ zione sono della donna che comunica l’oracolo, non del dio Apollo, il quale la illumina riguardo al futuro14. Anche altri au­ tori accennano ai diversi modi di ispirazione e riportano l’esem­ pio del santuario di Apollo a Colofonie. A differenza di quanto

avviene in quello di Delfi, non è una donna ma un sacerdote ■' Cf. Holiaday, Aristobulus, 162-163; Troiani, Letteratura giudaica, 133. ” Plutarco, L'eclissi degli oracoli 438C (introduzione, testo critico, traduzione e commento a cura di A. Rescigno, D’Auria, Napoli 1995, 255; si veda anche Dodds, I Greci e lirrazionale, 92 nota 4). Dodds sospetta che il declino dell’importanza di Delfi in epoca ellenistica risiedesse «nel fatto che erano ora disponibili altre forme di certificazione» (100). '* Questa definizione è attribuita a Teone, uno degli amici più vicini a Plutarco (Gli oracoli della Pizia 397C), che probabilmente esprime l’opinione di Plutarco. Cf. K. Z1EGLER, «Plutarchos», PWÌ1/1, 636-962, spec. 831. Sulla figura di Teone cf. fw,

686, 661-662, nota 1.

LISPIRAZIONE NEL PENSIERO ELLENISTICO

37

che risponde ai quesiti dei visitatori. Egli scende in una grotta

dove beve acqua da una misteriosa fonte per poter poi dare ri­ sposte a nome della divinità15.

ISPIRAZIONE IN FILONE DI ALESSANDRIA

Il termine έπίπτνοια («ispirazione») è assente nella Settanta e nel Nuovo Testamento, come manca nei manoscritti di Filone di Alessandria, ove si riscontra soltanto secondo un emendamen­ to del testo di Sogni 1,129 proposto da Mangey e accettato nelle edizioni più recenti16. Anche senza questa terminologia, Filone discute ampiamen­

te la differenza abissale fra divinazione e magia da un lato, pro­ fezia dall’altro {Leggi speciali 1,60-65)17. Egli si basa sul divieto della divinazione contenuto in Dt 18,10-12 e il corrispondente apprezzamento positivo della profezia (Dt 18,15-18). Filone, conseguentemente, condanna le pratiche divinatorie ma ampli­ fica la condanna, senz’altro tenendo ih mente pratiche del suo

tempo, come l’attenzione al volo degli uccelli e alle loro viscere

(Leggi speciali 1,62). Per quanto riguarda i profeti, li considera ” PuNIO, Storia natural· 2,103 (106), 232; TACITO, Annali 2,54. ** Cf. L. COHN - P. WENDLAND, Philonts Alexandrini opera quae supersunt (Berlin 1898) voi. 3, 233; F.H. Colson - G.H. Whitaker, Philo (LCL) voi. 5, 366-367. '' Cf. G. SFAMEN1 Gasparri, «Modalità e segni della rivelazione nel De vita Mosis·, La rivelazione in Filone di Alessandria: natura, legge, storia Ani del VII Convegno di Studi del Gruppo Italiano di Ricerca su Origene e la Tradizione Alessandrina (ed. A.M. Mazzanti - F. Calabi) (Biblioteca Adamantius 2; Villa Verucchio [Rimini] 2004) 33-74, spec. 56-58; H. Burkhardt, Die Inspiration heiliger Schriften bei Philo von Alexandrien (Gießen 1988); F. SlEGERT, «Die Inspiration der Heiligen Schriften: Ein phiionisches Votum zu 2 Tim 3,16», Philo und das Neue Testament: Wechselseitige Wahrnehmungen. I. Internationales Symposium zum Corpus Judaeo-Hellcnisticum 1.-4. Mai 2003, Eisenach/Jena (ed. R. DEINES - K.-W. Niebuhr) (WUNT 172; Tü­ bingen 2004) 205-222; J. Herzer, «“Von Gottes Geist durchweht": Die Inspiration der Schrift nach 2 Tim 3,16 und bei Philo von Alexandrien», Philo und das Neue Te­ stament, 223-240.

38

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

«interpreti/traduttori di Dio» (έρμηνεϊς... θεοΰ: Leggi speciali 1,65), che usa la loro voce come strumento per comunicare ciò che vuole. Secondo Filone, la profezia è la via sicura e affidabile per conoscere il futuro, concessa da Dio alle persone pie (l^eggi

speciali 1,64). Filone adotta un linguaggio di profezia non soltanto per i

profeti biblici ma anche per i traduttori della Settanta. A loro applica il verbo ιεροφαντέω («istruire nei misteri»)18 e il nome corrispondente ιεροφάντης ( Vita di Mosè 2,40), un titolo che altrove riserva per Mosè (Leggi speciali 1,41). Scrive che i tradut­ tori vengono esplicitamente chiamati profeti ( Vita di Mosè 2,40) e designa la loro attività con il verbo προφητεύω («profetizzare»). Per Filone, la Settanta è una traduzione divinamente ispirata, come «dettata da un suggeritore invisibile», e sottolinea tale con­ cezione con il verbo ενθουσιάζω (»essere posseduto o ispirato da una divinità»)19. Afferma che testo originale e traduzione gre­ ca vengono considerati sorelle, con uguale dignità. In questo, va molto oltre le indicazioni della cosiddetta Lettera di Aristea, che afferma soltanto che i vari traduttori fissarono il testo dopo es­ sersi confrontati e avere raggiunto un consenso (302)20. Altrove, Filone distingue tre tipi di pronunciamenti ispirati:

tra gli oracoli, alcuni sono stati pronunciati da Dio in persona, con il suo divino profeta come interprete; altri sono stati divinati tra-

“ Filone, Vita dz Mosè 2,37 (tr. it. a cura di P. Graffigna, Milano 1999). '* Flavio Giuseppe applica una simile terminologia, nella forma dell’aggettivo è ενθους, a se stesso (Guerra giudaica 3,353) e a Vespasiano (Guerra giudaica 4,33). Si veda anche l’uso del sostantivo ενθουσιασμός da parte di Plutarco (più di 40 volte; spec. Gli oracoli della Pizia 397C). ” A. Pelletier, Flavius Joséphe adaptateur de la Lettre d'Anstèe (Paris 1962), 324. L ispirazione divina della Settanta viene affermata più tardi anche in b. Meg. 9a. G. Veltri, Eine Tora fiirden König Talmai: Untersuchungen zum Übersetzungsverstandnis in der jüdisch-hellenistischen und rabbinischen Literatur (TSAJ 41; Tübingen 1994) 232-235. Nella sua parafrasi della Lettera di Aristea Flavio Giuseppe abbrevia questa espressione, indebolendola ulteriormente (Antichità 12,109).

ISPIRAZIONE NEL PENSIERO ELLENISTICO

39

mite domanda e risposta; altri ancora sono pronunciati da Mosè stesso, posseduto da Dio e trasportato fuori da se stesso ( Vita di MosèlAZS).

Per Filone, queste varie forme di profezia si riferiscono a Mo­ se, mentre Balaam sarebbe un profeta cattivo e disonesto ( Vita £ Mosè 1,264-301, in modo particolare 266, 268, 286, 294), il

quale, anche se non può non esprimere la parola di Dio perché e invaso «dallo spirito profetico» (προφητικού πνεύματος έπαφοιτήσαντος: Vita di Mosè 1.277)21, poi offre i propri con­ tagli per contrastare la volontà divina, portando gli Israeliti a Lasciarsi sedurre dalle donne madianite.

FLAVIO GIUSEPPE: PROFEZIA E STORIOGRAFIA

In Flavio Giuseppe il termine έπίπνοια viene usato una sola

»ulta - e precisamente nel brano in cui egli si occupa in modo sistematico, seppur brevemente, dell’ispirazione profetica. Il suo concetto di ispirazione ha aspetti assai singolari. Nel brano che segue essa riguarda più che altro la conoscenza ispirata e veritie­ ra della storia passata: «solo i profeti hanno capito, per ispira­ zione (έπίπνοια) da Dio, che cosa è successo nei tempi più re­ moti e antichi, mentre hanno descritto esattamente gli eventi a loro contemporanei» (Contro Apione 1,37). Almeno in questo contesto la conoscenza del futuro non rientra nel suo concetto

dell’ispirazione profetica22. Come nota Barclay, il legame tra ispi- Su πνεύμα e ispirazione profetica in Filone, cf. anche F. SlEGERT, Philon von .^exandnen: Über die Gottesbezeichnung «wohltätig verzehrendes Feuer» (De Deo). Räckübersetzung des Fragments aus dem Armenischen, deutsche Übersetzung und Kommentar (WUNT 46; Tübingen 1988) 86-91. - Per un primo approccio al tema della profezia in Giuseppe può essere utile UH. Feldman, «Prophets and Prophecy in Josephus», Journal of Theological Studies ■»I (1990) 386-422.

40

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

razione profetica e storiografìa secondo quanto inteso da Flavio Giuseppe non ha paralleli nella cultura greca e romana: «La

nozione secondo cui la storia antica si apprende direttamente da

Dio è teologicamente ragionevole (dal momento che si può pre­ supporre che Dio conosca la storia in modo esaustivo), ma ri­ sulta del tutto estranea alia tradizione greca della storiografìa»23.

Giuseppe sottolinea il contrasto tra la precisione delle fonti bi­

bliche e i disaccordi e i conflitti tra i vari racconti della storio­ grafìa greca. Quindi, per lui, nella tradizione ebraica l’esistenza di pochi - egli parla di ventidue - libri autorevoli e affidabili è

preferibile alla moltitudine di scritti greci (Contro Apione 1,38). Tra questi, i cinque libri attribuiti a Mosè godono di una posi­

zione privilegiata. Ancora più che dal Pentateuco, la figura eccezionale di Mosè è messa in rilievo da Giuseppe. Secondo lui, il ruolo di Mosè

sarebbe stato preannunciato da uno degli scribi sacri egiziani, i

quali hanno la capacità di prevedere accuratamente il futuro (Antichità 2,205). Inoltre, il padre di Mosè avrebbe avuto una visione in un sogno in cui Dio stesso gli annunciava che suo figlio avrebbe liberato gli ebrei dall’Egitto e sarebbe stato ricor­

dato per sempre da ebrei e stranieri (Antichità 2,212-216). Giu­ seppe prende la libertà di introdurre questi riferimenti a un’ispi­

razione divina, senza alcuna base biblica24. Egli sottolinea varie volte che Mosè scrisse soltanto quanto Dio stesso gli dettò, in

particolare le leggi o la costituzione (Antichità 4,183.493; cf. 3,84; 4,121): quando Mosè parlava, sembrava ascoltare Dio stes­ so (Antichità 4,329)25. Quindi, come osserva Feldman, Giusep“J.M.G. Barclay, Against Apion, vol. 10 di Flavius /orry/wi. Translation and Commentary, a cura di S. Mason (Leiden 2007) 29, nota 153. * Cf. L.H. Feldman, Judean Antiquities 1-4, vol. 3 di Flavius Josephus: Translation and Commentary, a cura di S. Mason (Leiden 2000), 188-189, 191-193. Feldman cita paralleli nella letteratura rabbinica e altrove. “ Cf. FELDMAN, Judean Antiquities 1-4, ad loc.

ISPIRAZIONE NEL PENSIERO ELLENISTICO

41

pe trasforma Mosè in un eroe, con le caratteristiche degli eroi

peci, ma più virtuoso ed eccezionale degli altri26. Balaam, che viene inviato dal re Baiale per maledire il po­ polo d’Israele, è una figura ben diversa, a volte quasi l’antitesi di iMosè. Secondo la tradizione biblica (Gs 13,22), alla fine Balaam venne messo a morte dagli Israeliti. Non gli è mai assegnato il titolo di «profeta», ma viene chiamato haqqòsèm/Q »»άντις («l’indovino»). Come si è visto sopra, per Filone egli è una figura negativa {Vita di Mosè 1,264). Flavio Giuseppe, invece, usando l’episodio che lo concerne per introdurre per h prima volta il concetto della presenza dello «spirito divino»27, gli dà una valenza differente. Nei suoi scritti, che rafforzano rironia biblica, è l’asina di Balaam che si accorge per prima della presenza dello spirito di Dio nella forma di un angelo [Antichità 4,108). Nella Bibbia è un messaggero del Signore che per tre volte blocca la strada dell’asina (Nm 22,22-27),

mentre più tardi lo Spirito di Dio è presente su Balaam (Nm 24,2; inoltre Nm 23,7 LXX). Giuseppe evita spesso di parlare di interventi divini nei testi biblici, come è stato notato da Fddman e da altri studiosi2’. È quindi degno di attenzione il

fano che in questo brano egli per tre volte parli della presenza dello spirito divino, e che questa sia la prima e unica pericope del Pentateuco in cui lo fa29. Perciò Levison giustamente osser­ va che la cura con cui Giuseppe costruisce il debutto dello spinto divino in Antichità 4,102-130 indica che è un punto

* LH. Feldman, Josephus's Interpretation ofthe Bible (Berkeley - Los Angeles 1998) Γ4-442. - Flavio Giuseppe usa le espressioni τό θειον πνεύμα (Antichità 4,108, 118; 6,166, 222; 8,408; 10,239) ero τού θεού... πνεύμα (Antichità 4,119). ’ LH. Feldman, Studies in Josephus' Rewritten Bible (Leiden 1998) 568. ’ Nel Pentateuco l'espressione rùah 'elôhîm I πνεύμα θεού/πνεύμα θειον («spiri­ to di Dio») ricorre in Gen 41,38; Es 31,3; 35,31; cf. Gen 1,2. Al di fuori del Pentaoeaco, l’espressione rûahyhwh I πνεύμα κυριου/πνεύμα θεού («spirito del Signore») αοο solo una modesta finalità apologetica. Il rischio che corre un tale approccio è **rflo di distogliere da uno studio induttivo della Scrittura e di travisare la funzione e b finalità originale della Scrittura» (W. KLASSEN, «Inspiration of the Bible», Dictio9^1 tfBiblical Interpretation [ed. J.H. Hayes] [Nashville 1999] vol. 1, 545). Il tipo di wycuxio (e i limiti di spazio) dà ragione anche del carattere non esaustivo del nostro cnetrixito: non pretendiamo di esporre tutti i testi sull’argomento, ma di soffermarci a Jcuni, ritenuti più significativi. ’ «L’ispirazione è una qualità legata alla persona più che agli scritti in sé, e non c’è ÀAbto che con questo si intenda dire che le scritture dell’Antico Testamento sono «at prodotte da uomini che erano in modo speciale sotto l’ispirazione e il potere

48

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

del profeta, inteso non tanto come indovino, ma nel senso bi­ blico di «ambasciatore di Dio». Il termine «profeta» di per sé deriva dal greco, ma il concetto di un «portaparoia» (προ-φήτης)

di Dio è ben radicato nellAntico Testamento, dove si esprime, per esempio, nella «formula dell’ambasciatore» («Così dice Yhwh»). Uno studio dell’ispirazione nell’Antico Testamento do­

vrebbe, perciò, cominciare dai profeti. Però nell’ordine canoni­ co viene prima la Torah. Anche se da un punto di vista storico

essa è (in gran parte) successiva al profetismo classico, dal pun­ to di vista ideale ne è il fondamento. Il termine «ispirazione» appartiene al campo semantico dello «spirito»4, la Π1Π'-Π1Ί. Questa entità misteriosa viene effettiva­

mente presentata nella Torah come all’origine della profezia. Nella concezione dell’Antico Testamento il termine fa pensare alla creazione deli uomo, quando Dio «soffiò» sull’uomo il suo alito, e costui divenne un essere vivente (Gen 2,7). Il concetto

viene ripreso nella visione di Ezechiele: l'infusione dello spirito trasforma un mucchio di ossa morte in esseri viventi (Ez 37,1 14). Parlare di «ispirazione» equivale quindi a collegare la paro­ la di Dio con la vita. Essa non è parola morta, ma viva per lo spirito di Dio.

delio Spirito divino» (G.W.H. Lampe, «Inspiration and Revelation», Interpreter's Dic­ tionary ofthe Bible [Nashville 1962] vol. 2, 713). 4 «Come il Verbo di Dio si è fatto came per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria, cos) la sacra Scrittura nasce dal grembo ddla Chiesa per opera del medesimo Spirito. La sacra Scrittura è “Parola di Dio in quanto scrina per ispirazione dello Spirito di Dio” (DV9)» ( VD 19). Nell’Antico Testamento la HVTTHI non ha ancora le caratteristiche personali che avrà nd Nuovo (si veda però l’articolo di Weis­ man, citato alla nota 6). Sul legame tra lo spirito e la profezia in Israele, cf., per esem­ pio, G. Couturier, «L’esprit de Yahweh et la fonction prophétique en Israel». Science et Esprit 42 (1990) 129-165.

LE METAFORE E LE IMMAGINI DELL’ISPIRAZIONE

49

LA TORAH

Il legame della parola di Dio con lo spirito appare in un epi­ sodio piuttosto oscuro del Pentateuco. In Nm 11, nell'episodio dell’istituzione dei settanta anziani, è da notare anzitutto il luo­ go in cui si svolge l’episodio: si tratta della «tenda del convegno»,

posta fuori dell’accampamento, in cui Yhwh scendeva sotto for­

ma di nube, e «parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla con il suo amico» (Es 33,1 l)3- Qui Dio la venire i settan­ ta anziani, che si dispongono attorno alla tenda. «Allora Yhwh

scese nella nube e gli (= a Mosè) parlò: tolse parte dello spirito

che era su di lui e lo pose sopra i settanta anziani; quando lo

spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono» (Nm 11,25). Si deve dedurre che quello che gli anziani giunsero a fare a un ceno momento fosse ciò che Mosè faceva abitualmente, cioè che anche per lui il «profetizzare» derivasse dalla presenza dello spi­ rito. Ciò viene esplicitato nell’episodio seguente di Eldad e Me-

dad, che non facevano parte del gruppo e su cui lo spirito scen­ de ugualmente. Anch’essi si mettono a profetizzare. Giosuè

vorrebbe impedire questa «democratizzazione» dello spirito, ri­ servarne il monopolio a Mosè, ma costui risponde in altro mo­ do: «Fossero tutti profeti nel popolo di Yhwh e volesse Yhwh

pone su di loro il suo spirito!» (Nm 11,29). L’ispirazione profetica non si restringe, perciò, a Mosè, auto­

re della Torah, ma si allarga a tutto il popolo di Dio, anch’esso

potenzialmenie un popolo di profeti, chiamato a parlare in no­ me di Dio al mondo6. Accanto all’ispirazione della Torah, si ' Su Es 33,11, cf. G. Barbiero, «Ex 33,7-11: Eine synchrone Lektüre», Vêtus Tesmentum 50 (2000) 152-166. ‘ Il brano ricorda Gl 3,1-2; è quindi da collocare verosimilmente nel post-esilio. In zaie collocazione è difficile pensare che USUITI di Nm 11,25 si riferisca a qualcosa di swimitivo, quasi pagano (sul tipo di lSam 10,9-13), è più verosimile che esprima una riflessione tardiva sulla funzione di Mosè e del profetismo in Israele. Si veda in tal

50

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

riconosce quindi la possibilità dell’ispirazione divina di altri

scritti. L’episodio che viene narrato subito di seguito, al cap. 12, si pone come complementare e antitetico a questo. Aronne e Ma­ ria, i fratelli di Mosè, mormorano contro di lui: «Yhwh ha forse parlato soltanto a Mosè? Non ha parlato anche a noi?» (v. 2). La

risposta divina mette in evidenza il ruolo unico di Mosè: «Se ci

sarà un vostro profeta, io, Yhwh, in visione a lui mi rivelerò, in

sogno parlerò con lui. Non così per il mio servo Mosè: egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa. Bocca a bocca parlo con lui, con chiarezza e non per enigmi, ed egli contempla l’imma­ gine di Yhwh» (w. 6-7)». In tal modo viene sottolineato il posto

unico che ha Mosè nella rivelazione della Parola di Dio. Il ri­ chiamo è da una parte all’intimità unica che Dio aveva con

Mosè nella tenda dei convegno, quando parlava faccia faccia con

lui (Es 33,11), dall’altra alla teofania sul Sinai (Es 34,5-7), anche se il testo è forse volutamente oscuro, perché là era stato anche stabilito che il volto di Dio non si può vedere. Mosè ha visto solo le spalle di Dio (Es 33,23).

L’unicità del ruolo di Mosè nella rivelazione dell’Antico Te­ stamento viene ripresa alla fine della Torah, in Dt 34,10: «Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, che il Signore co­ nosceva faccia a faccia». Il verbo «parlare» di Es 33,11 e Nm 12,7

viene sostituito da «conoscere», che del «parlare» esprime il vol­ to interno, l’intimità amorosa dei due dialoganti (e che verrà ripreso nel racconto di vocazione di Geremia: cf. Ger 1,5). Mo­

sè ha dunque un ruolo unico nella rivelazione di Dio nell’Antico Testamento, un ruolo paradigmatico, esemplare, su cui mi­ surare l’autenticità dell’ispirazione divina negli altri profeti, senso J.R. Levison, «Prophecy in Ancient Israel: The Case of the Ecstatic Eiders», CBQ 65 (2003) 503-521; B. SOMMER, «Reflecting on Moses: The Redaction of Numbers 11 », Journal ofBiblical Literature 118 (1999) 601 -624.

LE METAFORE E LE IMMAGINI DELL’ISPIRAZIONE

51

come la Torah è il fondamento delle altre due parti dell’Antico

Testamento, i Nebi’îm e i Ketubìm7. La connessione dello spirito con la parola profetica viene ri­ presa nell’episodio di Balaam, nei capp. 22-24 del libro dei Nu­ meri8. È da notare che Balaam non è un ebreo: in Nm 22,7 egli

' Il legame tra Es 33, Nm 11 e Nm 12 è sottolineato in Μ. Noth, Numbers. A Commentary (Philadelphia 1968) 88-89, e ripreso anche da A.H. GuNNEWEG, «Das Gesetz und die Propheten. Eine Auslegung von Ex 33,7-11; Num 11,4-12,8; Dtn J1.14E; 34,10», ZAWH02 (1990) 169-180; I. KNOHL, «Two Aspects of the “Tent of Meeting”», Tehillah le-Moshe, FS Moshe Greenberg (edd. Μ. COGAN ET al) (Winona Lie 1997) 73-79. La bibliografìa su Nm 11-12 si è andata moltiplicando in questi unmi anni. Segnaliamo alcuni lavori particolarmente interessanti dal punto di vista aeJìsptrazione profetica: Z. Weisman, «Thè Personal Spirit as Imparting Authority», ZtW793 (1981) 225-234; P.-E. Dion, «La rwhdsns I’Heptateuque. La protestation 3«»r la liberté du prophétisme en Nb 11,26-29», Science et Esprit 42 (1990) 167-191; L Schmidt, «Mose, die 70 Ältesten und die Propheten in Numeri 11 und 12», Ge-

eatmehe Aufsätze zum Pentateuch (BZAW 263; Berlin - New York 1998) 251-279; C. L’ehunGER, «“Hat YHWH denn wirklich nur mit Mose geredet?” Biblische Exegese zwischen Religionsgeschichte und Theologie, am Beispiel von Nurn 12», Biblische Zeaschnft 47 (2003) 230-259; D.T. WILLIAMS, «Old Testament Pentecost», Scrtptura *4 2003)498-511. ’ La figura di Balaam è controversa. Mentre in Nm 22-24 essa è presentata in una atr tutto sommato positiva, altrove nell’Antico Testamento (cf. Nm 31,16; Dt 23,5x Gs 24,9-10) è vista in una luce decisamente negativa. Le recenti scoperte dei testi KsmaKi di Deir Alla hanno condotto a rivalutarne l'importanza storica (cf. Μ. D1)K:T1a. «1st Balaam also among the Prophets?», Journal ofBiblical Literature 114 [1995] 45-64). L’esegesi più recente tende a valorizzare questa figura di profeta pagano. Si per esempio, Μ. ROsel, «Wie einer vom Propheten zum Verführer wurde. TraÄnon und Rezeption der Bileamgestalt», BibW) (1999) 506-524; H.-C. Schmitt, tódnischc Mantiker als eschatologischer Jahweprophet. Zum Verständnis Bileams * ir Endgestalt von Nurn 22-24», Wer ist wie du, Herr, unter den Göttern? Studien aar Theologie und Religionsgeschichte Israels, FS Otto Kaiser (ed. 1. KOTTSIEPER ET (Göttingen 1994) 180-198; H. AuSLOOS, «On an Obedient Prophet and a Fickc God. The Narrative of Balaam in Num 22-24», Old Testament Essays 20 (2007) *4-104; E. GASS, «Modes of Divine Communication in the Balaam Narrative», Bihssar Notizen 139, 2008, 19-38; T. Hägerland, «The Power of Prophecy: A Septuaezxal Echo in John 20:19-23», CSQ71 (2009) 84-103; R. Lux, «Der Deuteengel »»»■1 der Prophet. Biblisch-hermeneutische Aspekte der Angelologie», Prophetie und erster Tempel. Studien zu Haggai und Sacharia (Tübingen 2009) 293-301; A. SCHÜIsraels Sohn -Jahwes Prophet. Ein Versuch zum Verhältnis von kanonischer Theocee und Religionsgeschichte anhand der Bileam-Perikope (Nurn 22-24) (Altes le«omenr und Moderne 17; Münster - Hamburg - London 2001).

52

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

viene presentato come un «indovino», cioè come un profeta pro­ fessionista (qui possiamo constatare anche una certa continuità con il fenomeno profetico nel Vicino Oriente antico9. Come era stato detto in 12,6 Balaam parla per enigmi e visioni. Però anche qui, come nel caso dei settanta anziani, si tratta di profezia au­ tentica, ispirata da Yhwh. L'oracolo di Balaam viene introdotto dalle parole: «Allora Yhwh mise una parola in bocca a Balaam e gli disse: “Torna da Balak e parla cosi”» (Nm 23,5; cf. v. 16). La parola che Balaam pronuncia non è più la sua: ora è la parola di Dio. Ritroveremo la metafora di Dio che mette la sua parola nella bocca dell’uomo nei racconti di vocazione profetica.

Il terzo oracolo di Balaam viene introdotto in modo diverso: «Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato, tribù per tribù. Allora lo spirito di Dio fu sopra di lui» (Nm 24,2). Di nuovo si sottolinea l’aspetto «estatico» della profezia, come in Nm 11. L inizio del terzo poema, che viene ripreso all’inizio del quarto, esprime la coscienza che Balaam ha di sé, sottolineando l’aspetto della «visione», messo in luce nell’introduzione dell’oracolo («Balaam alzò gli occhi e vide»): «Oracolo dell’uomo dall’occhio

penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio, di chi vede la visione dell’Onmpotente (ΠΤΓΡ HUf ΠΤΠΟ), cade e gli è tolto il velo dagli occhi» (w. 3-4). Il verbo ΠΤΠ è quello con cui è indi­ cato, tra l’altro, il profeta di Davide (cf. 2Sam 24,11); altrove viene usato il sinonimo ΠΝΊ (cf. ISam 9,9.11.18.19). Si mette in evidenza la capacità che ha il profeta di vedere gli avveni­ menti con gli occhi di Dio, di vedere al di là delle apparenze, e perciò di vedere la direzione della storia10. Balaam vede l’accam’ Cf. al riguardo L. Cagni, Le profezie di Mari, Brescia 1995; R MERLO, «Il pro­ fetismo nel Vicino Oriente antico: panoramica di un fenomeno e difficoltà compara­ tive», RStB2\ (2009) 55-84. «La Parola illumina i fatti in quanto rimuove da essi ogni banalità legata al loro accadere quotidiano, e ogni sospetto di casualità (cf. Ger 27,4-11; Is 45,1-6), in modo da collocarli come momenti allTnterno di un piano stabilito » (B. RiGAUX - P. Grelot, «Revelation», Dictionary ofBiblical Theology, New York 1973, 500).

LE METAFORE E LE IMMAGINI DELL’ISPIRAZIONE

53

pamento di Israele e la visione si allarga al futuro. Anche qui

troviamo alcuni aspetti tipici della profezia classica, a cui con­

duce, tra l’altro, il termine ebraico OKJ, «oracolo», un termine che esprime la coscienza del profeta che le parole che dice non

sono sue, ma di Dio".

Il testo della Torah in cui più maturamente si riflette sull’ispi­ razione è la legge sul profeta di Dt 18,9-2212. Qui l’accento è messo decisamente sulla parola. L’elemento estatico viene visto con ditfidenza, come qualcosa tipico della religione degli altri popoli, e accostato a pratiche idolatriche (cf. w. 10-14). Nei w. 15-22 si mette in evidenza la peculiarità della profezia in Israele:

Yhwh tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto

ni Signore, tuo Dio, sullOreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: «Che » non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo

grande fuoco, perché non muoia». Yhwh mi rispose: «Quello che han­ no detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratel-

δ e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò» (Dt 18,15-18). Cf. H. Eisinc, «UNJ ne'«»!», GLAT5, 479-484. Tra la recente letteratura sulla legge deuteronomistica del profeta segnaliamo: TH. K1M, « The Prophet like Motes«. Deut 18,15-22 Reexamined within the Context ir the Pentateuch and in Light of the Final Shape of the TaNak (Trinity 1995); W.H. Schmidt, «Das Prophetengesetz Dtn 18,9-22 im Kontext erzählender Literatur», Deummj and Deuteronomic Literature: FS C.H. W. Brekelmans (ed. J. LUST ET AL.) BtTL 133; Leuven 1997) 55-69; C. Nihan, «“Moses and the prophets”: Deuterorev 18 and the Emergence of the Pentateuch as Torah», Svensk exegetisk ârsbok 75 2010) 21-55; E.W. Nicholson, «Deuteronomy 18,9-22: The Prophets and Scop­ ane». Prophecy and Prophets in Ancient Israel: Proceedings ofthe Oxford Old Testament srwnurr(ed. J. Day) (Library Hebrew Bible/Old Testament Studies 531; London New York 2010) 151-171; R. Achenbach, «“A Prophet like Moses” (Deuteronomy Lie 15) - “No Prophet like Moses” (Deuteronomy 34:10): Some Observations on the iehoon between the Pentateuch and the Latter Prophets», The Pentateuch: Interna■wmai Perspectives on Current Research (ed. T.B. DOZEMAN ETAL.) (Forschungen zum ‘am Testament 78; Tiibingen 2011) 435-458.

54

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Il testo riflette l’esperienza del Sinai. Effettivamente sia il te­ sto dell’Esodo sia quello del Deuteronomio distinguono le «die­ ci parole», pronunciate da Dio, dalle altre leggi, che Dio ha ri­ velato a Mosè, e che costui ha trasmesso al popolo. L’esperienza del Sinai diviene paradigma per comprendere la peculiarità del­ la parola ispirata, e Mosè, il mediatore della Torah, diviene il prototipo del «profeta».

Il seguito del brano dà un criterio empirico per distinguere le parole di Dio dalle parole umane: «Quando il profeta parlerà in nome di Yhwh e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quel­ la parola non l’ha detta Yhwh. Il profeta l’ha detta per presun­ zione. Non devi avere paura di lui» (Dt 18,22). Qui si valorizza un altro aspetto del fenomeno profetico, quello della predizione del futuro: non in senso magico, ma in quello che la storia dà

ragione della verità della parola profetica, se essa cioè è conforme o no al piano di Dio sulla storia umana. Un criterio diverso viene dato al cap. 13: Qualora sorga in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti pro­ ponga un segno o un prodigio, e il segno e il prodigio annunciato succeda, ed egli ti dica: «Seguiamo dèi stranieri, che tu non hai mai conosciuto, e serviamoli», tu non dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore (Dt 13,2-4).

Quindi il criterio fondamentale per riconoscere il vero dal falso profeta è l’accordo o meno delle sue parole con la parola della Torah, la rivelazione paradigmatica fatta da Dio a Israele per mezzo di Mosè. Questo concorda con la visione di Nm 12, dove si affermava la superiorità di Mosè sugli altri profeti.

LE METAFORE E LE IMMAGINI DELL’ISPIRAZIONE

55

I PROFETI

Il ritratto del profeta tracciato dal Deuteronomio viene im­ personato anzitutto da Elia, che sentì la sua missione come quel­ la di ricondurre il popolo, deviato dietro ai Baalim, alla fede nel

Dio dell’Esodo, Yhwh. Il parallelo con Mosè è evidente in IRe 19, quando il profeta, perseguitato da Gezabele, fugge nel de­ erto e si reca al monte di Dio, l’Oreb. Elia ripercorre la strada tara due volte da Mosè, prima da solo (Es 3,1), poi con il po­ polo (Es 19,1-2). Il racconto della teofania è emblematico:

Ed ecco che Yhwh passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti a Yhwh, ma Yhwh non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma Yhwh non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma Yhwh non era nel fuo­ co. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera (IRe 19,11-12). Non per nulla nella trasfigurazione di Gesù appaiono accan­ ai a lui Mosè ed Elia, il primo a rappresentare la legge, il secon­

do i profeti (cf. Me 9,2-8; Mt 17,1-8; Le 9,28-36). Le due figuz sono accostate in ragione della teofania sul monte di Dio (cf. Es 19,16-24), che attesta l’origine divina, non umana, delle lo­ ro parole. L’elemento della teofania ritorna nella vocazione di joxa (cf. Is 6) ed Ezechiele (cf. Ez 1). Accanto alla teofania, i racconti di vocazione profetica metX300 in evidenza il ruolo della parola, usando l’immagine di Dio ie mette le sue parole nella bocca del profeta, che abbiamo trovato nella profezia di Balaam e nella legge di Dt 18,18'3.

Tipico è il caso di Geremia: Sui racconti di vocazione profetica, cf. N. Habel, «The Form and Significance ι* άκ Call Narratives», ZAW77 (1965) 297-323: G. Del Olmo Lete, La vocación Λα öder en el antiguo Israel. Morfologia de los relatos biblicos de vocación (Salamanca t W. VOGELS, «Les récits de vocation des prophètes», NRTh 105 (1973) 3-24; ü ***** «Les récits de vocation prophétique», Estudios Biblicos 60 (2002) 211-224.

56

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Yhwh stese la sua mano, toccò la mia bocca e Yhwh mi disse: «Ec­ co, io ho posto le mie parole nella tua bocca» (Ger 1,9). Ciò che segue mostra il carattere potente della parola profe­ tica: essa è fatta per distruggere e per costruire (cf. Ger 1,10). In

Isaia l’idea dell’origine divina della parola profetica viene espres­ sa mediante la purificazione della bocca del profeta (Is 6,6-7).

In Ezechiele, singolarmente, Dio mette in bocca al suo profeta non la parola, ma un rotolo, e gli comanda di masticarlo. Solo dopo che il profeta avrà nutrito il suo ventre e riempito le sue viscere con il rotolo datogli da Dio, egli è mandato al popolo: «Figlio dell’uomo, va’, recati dagli Israeliti e riferisci loro le mie parole» (Ez 3,4). Qui si esprime la continuità del messaggio di Ezechiele con le precedenti parole profetiche. La nuova parola

che Dio esprime al suo popolo suppone la conoscenza della precedente rivelazione divina, ormai messa in forma scritta. Si ha uno sviluppo della rivelazione in base alle nuove circostanze in cui viene a trovarsi il popolo, ma nella fedeltà alla tradizione antica.

I generi letterari della profezia corrispondono alla convinzione che la parola profetica non è parola umana, ma di Dio14. È tipica della profezia, abbiamo visto, la formula dell’ambasciatore: «Così dice Yhwh». Il profeta annuncia con essa, solennemente, che egli parla per incarico di Dio, come un ambasciatore riferisce le parole del suo sovrano. A monte di questa formula c’è l’altra,

quella dell’avvenimento della parola, con cui il profeta esprime la ricezione della parola divina: «La parola di Dio fu su di me 14 Rimane fondamentale sull’argomento C. WESTERMANN, Grundformen prophe­ tischer Reäe (München 1978); cf. anche K. Koen, Was ist Formgeschichte? Neue Wege der Bibelexegese (Neukirchen-Vluyn 1967), e A. WAGNER, Prophetie als Theologie: Die So spricht Jahwe-Formeln und das Grundverständnis alttestamendicher Prophetie (For­ schungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testaments 207; Göttingen 2004). Un’interessante riflessione sulle caratteristiche dell’ispirazione profetica è of­ ferta in P. Bovati, «Cori parla il Signore». Studi sul profetismo biblico (Bologna 2008).

LE METAFORE E LE IMMAGINI DELL’ISPIRAZIONE

57

La ricezione della parola divina viene sentita dal profeta

in modo quasi fisico. Così Amos: «Ruggisce il leone: chi mai non crema? Il mio Signore Yhwh parla: chi può non proleiare?» (Am 3,8). Un’altra modalità, oltre alla parola, in cui 1 ispirazione divina a manifesta, è il segno o azione simbolica. Lo troviamo presen­

ce in tutti i profeti, da Achia di Silo, che divide il suo mantello in dodici parti (lRe 11,29-39), a Isaia, che si presenta nudo, come un deportato (Is 20,1 -6), a Geremia che spezza una broc­ ca (Ger 19) e porta un giogo di legno (Ger 27), e, soprattutto, a Ezechiele (cf. Ez 4-5). Von Rad sottolinea il fatto che l’azione simbolica non è una mera illustrazione di una verità astratta, ma

ègiàl’ inizio dell’attuarsi della parola. «Nel momento in cui il profeta, sia pure nelle ridotte dimensioni del segno, innesta l’av­ vilire nella storia, l’avvenire stesso comincia ad attuarsi; quindi il segno del profeta non è altro che una forma sublimata del discorso profetico»15. Invero, la parola profetica è una parola potente, creatrice di storia. Se il racconto sacerdotale della crea­

zione pone la parola all’origine della creazione («Dio disse ... e cosi avvenne»), i profeti sono coscienti che la parola di Dio crea

b storia. L’opera storica deuteronomistica presenta la storia co­ me il compiersi delle parole dei profeti (cf. 2Re 17,13.23; 24,2.13). Ma Γ azione simbolica coinvolge anche profondamente il pro­ irta nella parola che annuncia. È il caso di Osea, a cui Dio chie­ de di sposare una prostituta (cf. Os 1—3), di Geremia, che deve rinunciare al matrimonio (Ger 16), di Ezechiele, che deve assi­ stere impassibile alla morte della moglie per essere segno agli Israeliti (Ez 24,15-27). È quasi un’anticipazione dell’incarnazione della parola di Dio in Gesù di Nazaret, la Parola divenuta carne.

' G. VON Rad, Teologia dell’Antico Testamento. Teologia delle tradizioni profetiche Zzacele (Brescia 1974) li, 121.

58

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Tra i vari profeti, quello forse che permette di percepire me­ glio la dinamica dell’ispirazione divina è Geremia. Nell’ultima confessione egli descrive così la sua vocazione: «Mi hai sedotto,

Yhwh, e io mi son lasciato sedurre, mi hai sopraffatto, e hai prevalso» (Ger 20,7). La vocazione viene vista sotto la metafora

sponsale, come una «seduzione», con cui si esprime il lato pia­ cevole, dolce, della vocazione profetica, quasi come l’intimità amorosa. Nella seconda confessione il profeta usa accenti simili:

Quando le tue parole si facevano trovare, io le divoravo, la

tua parola era divenuta per me gioia e delizia del mio cuore, perché il tuo nome era stato invocato su di me, Yhwh, Dio

delle schiere (Ger 15,16).

Ma ben presto al lato piacevole dell’ispirazione profetica era subentrato quello duro, espresso, sempre nella metafora nuziale, come violenza, stupro: «Mi hai sopraffatto e hai prevalso»16

UFIpTn). La parola di Dio non si realizzava. Il popolo

prendeva in giro Geremia (cf. Ger 17,15). Dio si mostrava lon­ tano, diverso. Proprio qui, in questa diversità di Dio dalle aspet­ tative dell’uomo, Geremia riconoscerà un segno della profezia autentica. Nella controversia con i profeti di salvezza, che an­

nunciavano pace al popolo, Geremia vede bene: «Non ascoltate le parole dei profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno cre­

dere cose vane, vi annunciano fantasie del loro cuore, non quan­ to viene dalla bocca di Yhwh» (Ger 23,16). Ai falsi profeti Ge­

remia ricorda il volto vero, trascendente di Dio: «Sono forse io ιA e 6,25,2. 11 Origene li conosce con il titolo Σαρβηθσαβανιελ, cosa che suggerisce che ci Basse un titolo in ebraico per i Maccabei, e aggiunge l’annotazione εξω δέ τούτων, amando intendere che questi libri fossero fuori del canone ebraico. * SUNDBERG, The Old Testament ofthe Early Church, 58. Per una traduzione ita«ana di Eusebio, cf. G. Del TON, Eusebio di Cesarea. Storia ecclesiastica e i Martiri àdla Palestina (Sctìnìum Patriscicum Lateranense 1; Roma et al 1964).

I 10

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

libri greci, facesse difficoltà, ma non ci sono, almeno per l’epo­ ca successiva, liste che descrivono o che limitano questo canone cristiano dell’Antico Testamento. Origene fa una distinzione fra «le loro Scritture» e «le nostre Scritture». Eusebio, trasmettendo

gli elenchi di Origene, li introduce in due maniere diverse: per Γ Antico Testamento parla dell’«elenco delle sacre Scritture dell’antica alleanza», mentre per la lista dei libri del Nuovo Te­ stamento dice di attenersi al «canone ecclesiastico», cioè della Chiesa (cf. Eusebio, Storia delia Chiesa 6,25). Nella sua Lettera festale 39,3-4 Atanasio distingue fra i ventidue libri (che corrispondono alle ventidue lettere dell’alfabeto ebraico) e i libri non-canonici ma raccomandati dai Padri per essere letti da coloro che vogliono essere istruiti nella santità: la

Sapienza di Salomone e la Sapienza di Ben Sira, Ester (!), Giu­ ditta, Tobit, nonché la Didachè (o Insegnamento degli apostoli) e il Pastore di Erma. Anche se distingue fra canonici e non-cano­ nici, l’interesse di Atanasio era quello di mostrare le due liste, cioè quella degli ebrei e quella dei cristiani15.

Girolamo, nel Prologo ai libri di Samuele e dei Re, si pro­ nuncia decisamente a favore dell’accettazione dei ventidue libri ebraici come canonici, mentre gli altri «wt scire valeamus quidquid extra hos est, inter Apocrifa supponendum»'6. Egli si basa sull’autorità apostolica, cioè sul fatto che nei vangeli e negli altri scritti del Nuovo Testamento ci sono citazioni dell’Antico Te­ stamento che non seguono la Settanta ma il testo ebraico. Ru­ fino (345-410/11), amico di Girolamo, lo seguì atl’inizio, ma

poi, dopo il suo trasferimento a Roma nel 397, accettò il cano­ ne lungo che comprendeva anche i libri deuterocanonici. Agostino, nel suo La dottrina cristiana 2,13, invoca il princi15 Sundberg, The Old Testament ofthe Early Church, 140; cf. il suo cap. 9, «The Christian Old Testament» per la posizione degli altri Padri. “ «Prologus Sancii Hieronymi in Liber Regum», in Biblia Sacra iuxta latina» vulgatam verssonem. Liber Samuhelis (Romae 1944) 8.

CRITICA TESTUALE E STORIA DEL TESTO

I l I

pio secondo cui la canonicità deve seguire l’autorità del numero più grande delle Chiese, specialmente di quelle che sono di ori­ gine apostolica, e così egli elenca il canone di quarantaquattro libri (contando i Profeti minori separatamente e includendo i libri in greco)17.

L’ipotesi di un canone alessandrino presuppone che tale ca­ none fosse normativo per il giudaismo della diaspora, ma questo

presuppone che Alessandria fosse un centro autorevole per il giudaismo della diaspora, cosa che non sembra vera18. Sembra piuttosto che tutto il giudaismo, compresa la diaspora, accettas­ se le decisioni di Iamnia, ciò che mostra lautorevolezza del giu­ daismo palestinese. Sundberg propone un ipotesi per spiegare la situazione delle Scritture al tempo della Chiesa primitiva19. In quel periodo il

canone ormai chiuso delle Scritture giudaiche consisteva nei Ebri della Legge e dei Profeti. Altri libri circolavano nel giudai­ smo che non erano ancora raccolti in una collezione formale e che godevano di una popolarità diversa. Allo stesso tempo il giudaismo della diaspora produceva dei libri scritti in greco, che circolavano fra gli ebrei di lingua greca. Questo terzo gruppo di scritti (cf. il prologo di Ben Sira dove il terzo gruppo non sem­ bra avere la stessa consistenza dei primi due) aveva delle propor­ zioni diverse. Soltanto alia chiusura del canone ebraico, verso la fine del I secolo d.C., il terzo gruppo, i Ketubim, è stato fissato dagli ebrei palestinesi. Questo canone fu poi riconosciuto da

□mi gli ebrei, inclusi quelli della diaspora. Il cristianesimo però sorse prima di questa decisione. Quindi, i cristiani ricevettero i loro libri in un periodo che fu prima della stabilizzazione del

' Per una discussione della corrispondenza fra Girolamo e Agostino sulla questio­ ne della Settanta, cf. A. KoTZÉ, «Augustine, Jerome and the Septuagint», Septuagint Reception (ed. J. Cook) (VT.S 117; Leiden 2009) 246-260. ' Cf. SlINDBERC, The OU Testament ofthe Early Church, 51-52. “ In, 83.

112

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

canone ebraico, ed essi stessi hanno determinato l’estensione del

loro Antico léstamento indipendentemente dalla decisione pre­

sa dagli ebrei.

In questa prospettiva, la questione della canonicità si pone

non a livello del canone giudaico ma a livello della Chiesa. La Chiesa primitiva non ha semplicemente preso un canone già costituito, ma soltanto dopo un periodo di uso delle Scritture

nelle comunità si era arrivati a decidere quali libri dovessero fare parte dell’elenco autorevole. Comunque, il momento in cui questa decisione venne presa fu dopo la formulazione del Nuo­ vo Testamento, i cui autori probabilmente non avevano ancora

un’idea fìssa su questo canone. Parecchi autori recenti propongono di riconoscere l’ispirazio­ ne della Settanta, cominciando soprattutto con un articolo di

P. Benoit20. La bibliografia è abbastanza ricca, sia in favore sia in opposizione alla questione21. Questi articoli hanno riaperto il

dibattito sulla questione dell’ispirazione della Settanta. Si può consultare l’articolo di Μ. Cimosa per un riassunto delle posi­

zioni principali esposte in alcuni di questi articoli22. Egli, citan­ do un articolo di Grelot23, presenta la questione in quattro par­

ti: «1. Il ruolo della versione greca nella storia della rivelazione. ” P. Benoit, «La Septante est-elle inspirée?», Vom Wort des Lebens. FS Max Meinem (Münster 1951) 41-49 (in Exégèse et Théologie [Paris 1961] vol. 1, 3-12). ” Soltanto fra le opere più recenti, cf. C. Perrot, «L’inspiration des Septante et le pouvoir scripturaire», Kata tous o'. Selon les Septante. Trente études sur la Bible grecque des Septante en hommage à Marguerite Harl (ed. G. DoRIVAL - O. MüNNICH) (Paru 1995) 169-183; F. MARTIN, Pour une Théologie de la lettre. L’inspiration des Écriture»

(Paris 1996) 463-476; A. Izquierdo Garcìa (ed.), Scrittura Ispirata. Atti del Simpo­ sio internazionale sull'ispirazione promosso dall’Ateneo Pontificio «Regina Apostolorum» (Città del Vaticano 2002); P. G1BERT - C. Theobald (ed.), La réception des Écritures Inspirées. Exégèse, histoire et théologie (Paris 2007). " Μ. CIMOSA, «La traduzione greca dei LXX. Dibattito sull’ispirazione», Salesianum 46 (1984) 3-14. ‘ P. Grelot, «Sur l'inspiration et la canonicité de la Septante», Sciences Ecclésiasti­ ques 16 (1964) 387-418.

CRÌTICA TESTUALE E STORIA DEL TESTO

I 13

2. Il progresso della rivelazione nella Settanta. 3. L’estensione

del testo ispirato. 4. L’uso nella tradizione della Chiesa»24.

1. Essendo la prima traduzione della sacra Scrittura, i Settan­ ta hanno trasferito la rivelazione in un’altra lingua, cioè in categorie linguistiche nuove e diverse da quelle ebraiche. Clemente d’Alessandria parla di una «profezia in greco»; il

Nuovo Testamento utilizzerà questo linguaggio per formu­ lare il proprio messaggio. Quindi la Settanta svolge un ruolo importante nella storia della rivelazione. 2. Si può cogliere un progresso della rivelazione nella tra­ duzione greca. I traduttori hanno in parte riprodotto quan­ to trovavano nella loro Vorlage ebraica, ma in parte hanno «cercato di attualizzare i testi che essi traducevano», così che si può parlare di un progresso in ciò che c’è in più o in ciò che c’è di diverso rispetto all’originale ebraico. Benoit prende, per esempio, tre casi per i quali egli mostra che il Nuovo Testamento cita la Settanta (diversi dall’ebraico) dove si tratta di una dottrina essenziale per la fede. In At 2,25-31 e 13,35-37 il testo cita Sai 15(16), 8-11 per pro­ vare la risurrezione di Gesù. Il fatto che traduca ΠΠψ «fos­ sa» con διαφθορά («corruzione») indica, secondo Benoit,

che «nella Settanta si riscontra un vero e proprio contribu­ to dottrinale, comprensibile con il progresso sopraggiunto nella rivelazione a partire dall’originale ebraico»25. Cita poi due altri casi: Is 7,14 citato in Mt 1,23 (παρθένος) e Gen

12,3; 22,18 citati in At 3,25 e Gal 3,8-9 riguardo alla benedizione ricevuta attraverso Abramo. Nei tre casi la Set­ tanta contiene ciò che Barthélemy chiama un plus qualita­ tivo che dà un senso nuovo al testo26. * Cimosa, «La traduzione greca dei LXX», 10; per quanto segue cf. 10-11. ' Benoit, «La Septante», 44. 1 D. BARTHELEMY, «I j place de la Septante dans Γ Église», Aux grands carrefours de

114

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Si può notare però che, per quanto riguarda la citazione del Sai 15(16) in Atti, Dubarle27 propone un altro punto

di vista. Il fatto che Pietro citi il salmo non significa che

Pietro stesso abbia parlato in greco. Così, se ha parlato in

aramaico è possibile che l’idea di corruzione si trovasse già

in quella forma del testo. D’altra parte, con ogni probabili­ tà la formulazione del discorso di Pietro è dovuta all’autorc

di Atti e, secondo Dubarle, «è assai difficile dire di preciso fino a che punto l’autore ispirato applichi il suo giudizio

ai dettagli delle affermazioni contenute nei discorsi che

sono più o meno inventati»28. Così, se l’autore voleva in­ sistere sui dettagli del salmo, bisognerebbe accettare anche che fosse veramente Davide a scriverlo per conservare il

principio che le Scritture non possono errare. 3. «Il testo ispirato si estende fino a quei libri di cui non si conosce l’originale ebraico»2’. Per quanto riguarda l’esten­ sione del testo ispirato, si può dire che, se si ammette l’ispi­

razione per le glosse e le aggiunte nel testo ebraico, si può ammettere lo stesso per il testo greco se questo testo è entrato nell'uso della Chiesa. Anche qui Dubarle pone

qualche obiezione per quanto riguarda i libri di cui non esiste più l originale ebraico. Non è chiaro se la perdita di

un originale ispirato (per esempio, di Tobit, Giuditta, 1 Maccabei, Ben Sira) supponga una negligenza o una man­

canza di efficacia da parte della provvidenza divina, un principio difficile da sostenere. D’altra parte, il ruolo del­ la provvidenza nel vegliare sulla trasmissione dei libri ispila révélation et de l'exégése de [’Ancien Testament (ed. C. HaURET) (Recherches bibliques 8; Paris 1967) 13-28. 27 A.M. Dubarle, «Note conjointe sur l’inspiration de la Septante», Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques 49 (1965) 221-229. « Ivi. ” CIMOSA, «La traduzione greca dei LXX», 11.

CRITICA TESTUALE E STORIA DEL TESTO

I I5

rati della Chiesa è compatibile con il fatto che questi libri

non sono stati sempre conservati allo stato puro. Probabil­ mente la Chiesa apostolica possedeva l’originale ispirato del Nuovo Testamento in uno stato puro, ma per l’Antico

Testamento aveva un testo che era già un po’ deformato. 4. La tradizione della Chiesa dei primi secoli mostra che l’uso

della Settanta ha creato un linguaggio nuovo per l’espres­ sione del Nuovo Testamento. «Di qui l’atteggiamento del­

la Chiesa dei primi secoli nei confronti dei Settanta. La Bibbia della Chiesa antica non è quella dei rabbini palesti­

nesi ma la Bibbia greca con tutte le sue parti»30. Dubarle nota che l’opera di J. Barr, The Semantics ofBiblical Lan­ guage, ha mostrato come non ci sia una corrispondenza regolare del pensiero con le particolarità linguistiche. Du­ barle suggerisce che non si possa dare troppa ampiezza

alle novità di vocabolario della traduzione greca. È necessario distinguere fra canonicità e ispirazione, anche se queste due realtà sono intimamente connesse. Barthélemy con­

sidera che bisogna pensare a due stati distinti dell’Antico Testa­ mento: lo stato ebraico e quello greco e, secondo lui, tutti e due

sono ispirati e quindi «originali». Egli suggerisce un Antico Te­ stamento a due colonne: una con la Settanta dei primi secoli cristiani (come si leggeva nelle grandi chiese, per esempio An­ tiochia, Roma, Alessandria, seguendo la posizione di Agostino),

una con il testo ebraico canonizzato dagli scribi d’Israele31. Il concilio Vaticano II non discute la questione dell’ispirazio­ ne della Settanta ma parlando dell’ispirazione in genere si è pronunciato in Dei Verbum 11: «Le verità divinamente rivelate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute ed espresse, ■ Ivi. s Barthélémy, «La place de la Septante», 28.

116

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo. La Santa Ma­ dre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo». La costituzione menziona la Settanta in un altro passo: «È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrit­ tura. Per questo motivo, la Chiesa fin dagli inizi fece sua l’anti-

chissima traduzione greca del Vecchio Testamento detta dei Settanta; e ha sempre in onore le altre versioni orientali e le versioni latine, particolarmente quella che è detta Vulgata» (22). Così non si pronuncia sulla questione da quale testo (o quali testi) sia costituito l’Antico Testamento, ma mantiene una di­ stinzione fra i libri che lo costituiscono e le sue traduzioni. D’al­ tra parte, nel menzionare le traduzioni dice che la Chiesa «fece

sua» la traduzione dei Settanta, una formula che è riservata solo per la Settanta fra le traduzioni. Al tempo stesso, è importante che canonicità, tradizione e ispirazione vengano messe insieme nel documento conciliare. Questi elementi non sono separabili quando si cerca di esaminare tale problematica. Allo staio attuale si può dire che finora la veritas hebraicadi Girolamo ha prevalso a metà, almeno nella Chiesa occidentale. Il concilio di Trento ha conferito un’autorevolezza alla Vulgata latina: ciò da una parte sancisce la traduzione dall’ebraico di Girolamo per i libri scritti in ebraico; dall’altra, il canone ufficia­

le è quello lungo, che comprende anche i libri scritti in greco e le parri in greco che sono in più per i libri scritti in ebraico o in aramaico31 32. Da 1979 la Neovulgata ha preso il posto della tradu­ zione di Girolamo per la sua autorevolezza; siccome però è una traduzione riveduta sui testi «originali», la situazione non cambia. 31 Si può notare che il decreto del concilio di Trento riconosce una certa distinzio­ ne fra testi che si trovano in greco e testi che costituiscono il testo canonico; per esempio, viene precisato che i Salmi sono 150; quindi il Sai 151, che si trova nella Settanta, è stato escluso.

117

□UTICA TESTUALE E STORIA DEL TESTO

La situazione è ancora più complicata, però, perché bisogna »rendere in considerazione anche i manoscritti del Mar Morto >er esaminare le tradizioni testuali che esistevano prima della •ostra era33. Anche se la questione del rapporto fra i vari manocritti del Mar Morto e le altre tradizioni testuali è molto varia econdo i diversi libri dell’Antico Testamento, basta un esempio >er vedere la complessità della situazione. In 1 Samuele, uno dei Rammenti dei manoscritti di Qumran, 4QSama, che risale al

[ secolo a.C., condivide alcune varianti con il testo greco della Settanta contro il testo masoretico; al tempo stesso però questo nanoscritto contiene lezioni che divergono sia dalla Settanta lie dal testo ebraico masoretico. In ISam 1,1 lb, quando Anna nega per avere un figlio, una parte del suo voto recita cosi nel rsto masoretico:

Wrbv- nbü ’-Xb mini i”» n- O·· ’Î -bsT mrrb rrinji V » T I · - : E lo darò al Signore per tutti i giorni della sua vita e un rasoio non passerà sulla sua testa. La Settanta ha un testo diverso e più esteso:

καί δώσω αυτόν ενώπιον σου δοτόν εως ήμέρας θανάτου αύτοϋ, καί οίνον καί μέθυσμα ού πίεται, καί σίδηρος ούκ αναβήσεται έπί τήν κεφαλήν αύτοϋ. E lo darò davanti a te come dato fino al giorno della sua morte e non berrà né vino né alcolici, e un rasoio non salirà sulla sua testa.

Il testo di Qumran (4QSama) è molto frammentario, ma ciò ite rimane suggerisce che il suo testo era identico o simile al |uello della Settanta:

]b vrnrui[ ]p -nnjr xb nnn[ ” Per una buona introduzione alla questione, cf. E. Tov, Hebrew Bible, Greek Bible, kJ Qumran. Collected Essays (Tiibingen 2008).

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

1 IK

(ricostruzione3,1):

nnur Nb tjipni |"i uno or ip τυ jnD]b vrniui[ npN-i b]p nnjr nb rrnofi Al V. 22, che descrive la reazione di Anna dopo la nascita di

Samuele, ci sono ancora divergenze fra le varie forme del testo: ns-riN nxm rnanni npjn bnr τυ Fnv’Nb motes nnby ab nam ··:

·.·

»

I· :

·

· ·: *

- - -

» t·

i

·

:

T :

i

t t »

·

» - i

□bip-τρ αν) num mrr τ

-

T

- I :

t

t

E Anna non salì perché disse a suo marito: «Non verrò finché il bambino non sia svezzato e io lo condurrò e apparirà davanti al Signore e resterà lì per sempre». καί Αννα ούκ άνέβη μετ’ αύτοΰ, δτι είπεν τώ άνδρι αύτής "Εως τού άναβήναι τό παιδάριον, εάν απογαλακτίσω αύτό. καί όφθήσεται τώ προσώπω κυρίου καί καθήσεται εκεί εως αίώνος. E Anna non salì con lui, perché disse a suo marito: «Finché il bambino salirà, se lo svezzerò, ed egli apparirà davanti al Signore, e rimarrà lì per sempre».

4QSama:

nw πρ nur «b m[ ] uab num nirr [φη πν [ J bin Dbip -rp ttj irrnfrui obip τρ dip mrr] ...mJ Qui il testo di Qumran diverge dal testo masoretico e Settanta in alcuni punti.

Per la ricostruzione del testo cf. EM. Cross - D.W. Parry - R.J. SaleyE. ULRJCH, Qumran Cave 4, XII: 1-2 Samuel (Discoveries in the Judaean Desert XVH Oxford 2005) 29.

CRITICA TESTUALE E STORIA DEL TESTO

119

Solo il testo di 4QSama fa qui menzione del nazir. Inoltre,

ci sono due frasi che non si trovano né nel testo masoretico né nella Settanta: [fflìl*] ’Jflb e [Γ'Π] 'D'1 513, che sono probabil­ mente espansioni secondarie. Il testo della Settanta diverge dal testo masoretico, ma non in quei punti. Le divergenze fra testo masoretico e Settanta rispecchiano due modi diversi di vedere l’azione, non soltanto in questo versetto ma in tutto il racconto della nascita di Samuele. Inoltre, la menzione del nazir (lotse già accennato nel testo greco con il δοτόν del v. 11 b) rafforza

k assomiglianza fra questa scena e il voto nazireo come si trova nel caso di Sansone in Gdc 13 e 16. Se il testo più breve del testo masoretico è quello più antico o se i testi più lunghi (da

una parte quello della Settanta, dall’altra quello di 4QSama) sono più antichi, questo esempio mostra che i testi biblici han­ no conosciuto uno sviluppo di cui bisogna tenere conto quando si cerca di individuare il testo ispirato.

Vediamo adesso le varie tradizioni testuali che appartengono o a quella masoretica o a quella della Settanta e vediamo come

sono intrecciate fra di loro. Cominciamo con la tradizione masoretica. L’antenato del cesto masoretico risale fino al I secolo d.C. In quest’epoca bi­ sogna parlare di un testo consonantico, cioè un testo scritto senza i segni vocalici. Questo è un fatto importante, perché un

cambiamento nelle vocali può cambiare il senso di una parola. Per dare un esempio molto banale: in italiano prendiamo le lettrre c, s, a. È molto diverso se diciamo «casa» o «cosa»: l’ebraico

funziona più o meno alla stessa maniera. Soltanto verso il VI o VII secolo le vocali furono scritte alle consonanti. Prima di quella data, bisognava semplicemente sapere come ogni parola veniva letta e pronunciata. È sorprendente infatti che malgrado questa difficoltà sembra che il testo sia stato tramandato ab­

bastanza fedelmente durante il periodo antecedente alla scrit­ tura delle vocali. Di recente si è proposto, però, che non si può

120

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

escludere di vedere una certa polivalenza di alcune parole nel testo ebraico. G.D. Martin discute l’esempio della parola fTI in Ct 1,2. Secondo la vocalizzazione può significare «il tuo (mas­ chile) amore», «il tuo (femminile) amore», «le tue (maschile) mammelle», «le tue (femminile) mammelle»35. Dopo avere trac­

cialo come questo sintagma è stato interpretato attraverso· secoli, ipotizza che lo stesso testo consonantico non vocalizzato prevedesse un voluto gioco di parole36. Se è possibile leggere alcuni vocaboli in questa maniera, il senso del testo nell’originale contiene più di un significato, il che diventa una vera sfida per la traduzione in altre lingue. Per quanto riguarda le divergenze tra il testo masoretico ebrai­ co e la Settanta, già ai tempi dei Padri della Chiesa si discusse sul valore da dare a ciascuno di questi testi. Agostino, sostenen­ do l’importanza della Settanta per la lettura della Bibbia nella Chiesa, metteva in discussione una lettura univoca basata sol­ tanto sul testo ebraico. Esaminando il caso di Gio 3,4, coglie l’occasione per esprimere la sua posizione sull’ispirazione dei testi. Vediamo la situazione testuale e la risposta di Agostino.

DDDHJ DÌ’ □,l>ZriN "Tip ΊΟΝΊ E disse: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». καί ειπεν “Etl τρεις ημέραι καί Νινευη καταστραφήσεται. E disse: «Ancora tre giorni e Ninive sarà distrutta».

Si può notare che al posto della parola τρεις le tre forme del testo greco del II secolo d.C. (Aquila, Simmaco e Teodozione) hanno τεσσαράκοντα, che concorda con il testo ebraico37. An-

35 Martin, Multiple Originals, 109. * Ivi, 190. 37 J. Z1ECLER, Duodecim prophetae. 2., durchgesehene Auflage (Septuaginta. Vêtus Testamentum Graecum, vol. XIII; Göttingen 1967) 249.

CRITICA TESTUALE E STORIA DEL TESTO

121

che la Vulgata di Girolamo qui concorda con il testo masoretico («Er dixit: “Adhuc quadraginta dies et Nineue subvertetur”»). La lezione del manoscritto greco più antico dei Dodici pro­ feti che abbiamo, il manoscritto dei profeti di Nahal Hever (I secolo a.C.), ha un testo lacunoso:

] E[

JAKON [

La ricostruzione basata sullo spazio indica però che il testo concorda con il testo ebraico riguardo ai quaranta giorni: KAI] Ε[ΙΠΕΝ ETI ΊΈΣΣΕΡ]ΑΚΟΝ[ΤΑ]38. È istruttivo sentire ciò che dice sant’Agostino a proposito di questa variante testuale:

Se si chiede a me quale delle due scadenze avesse comminato, pen­ so che sia preferibile il testo ebraico: Ancora quaranta giorni e Ni­ nive sarà distrutta. I Settanta, che tradussero molto tempo dopo, hanno potuto dare l’altra versione che tuttavia si addiceva al fatto, si adattava a un medesimo concetto, sebbene con diverso signifi­ cato, e avvisava il lettore, senza sprezzo per entrambe le autorità, di volgersi dalla narrazione storica alla ricerca delle verità, per simbo­ leggiare le quali la storia è stata scritta (Città di Dio 18,44).

Così, nella prospettiva di Agostino, i quaranta giorni sono simbolo del tempo che Cristo rimase sulla terra dopo la sua ri­ surrezione e prima della sua ascensione. I tre giorni rappresen­ tano il fatto che Cristo è risorto da morte tre giorni dopo. Ag­

giunge ciò che è il suo principio per accettare l’ispirazione di entrambe le forme della Scrittura: Lo Spirito, che agiva nei Profeti quando hanno parlato, agiva anche nei Settanta quando hanno tradotto... Se dunque, come è dovero“ E. TOV (ed.), The Greek Minor Prophets Scroll from Nahal Hever (8HevXIfrr) Discoveries in the Judaean Desert Vili; Oxford 1990) 30-31.

122

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

so, noi cerchiamo nei libri della Bibbia soltanto ciò che ha detto lo Spirito di Dio per mezzo di uomini, dobbiamo ammettere che tutto quello che si trova nel testo ebraico e non si ha nella Settanta, lo Spirito di Dio non l’ha voluto dire per mezzo di costoro, ma dei Profeti. Tutto ciò che invece è nella Settanta e non si ha nel testo ebraico, lo Spirito ha preferito manifestarlo per mezzo dei primi e non degli altri mostrando così che ambedue furono profeti (Città di Dio 18,43).

Da questo sguardo rapido sulla storia della trasmissione del testo dell’Antico Testamento possiamo ricavare qualche conclu­ sione.

La prima è che, conoscendo questa lunga e complicata storia della trasmissione del testo, si vede come le sacre Scritture siano

servite a tante diverse comunità ebraiche e cristiane lungo i se­

coli per trasmettere la Parola di Dio. Il testo è stato tradotto,

talvolta modificato, secondo i bisogni di queste comunità. Tal­ volta si insiste su un letteralismo e su una fedeltà alle antiche

tradizioni. Talvolta il testo viene adattato, soprattutto quando l’espressione di una lingua non corrisponde esattamente a quel­ la della lingua originale delle Scritture. Ciò che colpisce è la

molteplicità di testi che esistevano uno accanto all’altro, almeno fino alla fine del I secolo d.C. Ancora oggi si può discutere sul rapporto che deve esistere fra la forma ebraica e quella greca

delle Scritture (le conversazioni fra Girolamo e Agostino non

sono finite ancora). Una seconda conclusione è che, se ci si mette alla ricerca del testo originale, bisogna prendere in considerazione tutte queste

tappe della sua trasmissione (e ce ne sono anche altre che non

ho menzionato, volendo presentare soltanto le grandi linee del­ la trasmissione del testo). Qui subentra un’altra considerazione

a cui posso soltanto accennare, cioè la questione dell’ispirazione delle Scritture. Dopo avere fatto tutto questo percorso ci si può

CRITICA TESTUALE E STORIA DEL TESTO

123

domandare: dove si trova il testo ispirato? Forse non è necessario

che sia da identificarsi con un testo originale. Se si dice che soltanto quello è ispirato si vede che materialmente non esiste più in nessuna delle forme che la storia ha conservato. È soltan­

to dopo una lunga ricerca che si può proporre una forma del testo che si può dichiarare conforme all’originale, ma ci rimane

sempre un elemento di soggettività in questa ricerca. D’altra parte, lo stesso Spirito Santo che ha ispirato le Scritture è stato presente in qualche maniera nelle diverse tappe della trasmissio­ ne, ed è presente nella comunità ecclesiale che legge e interpre­ ta le Scritture. Nella Chiesa cattolica, per esempio, il testo della Vulgata è stato considerato la forma autorevole della Bibbia, fino all’edizione della Neovulgata nel 1979. Questa non è una dichiarazione di ispirazione, ma ci fornisce un testo che possia­

mo leggere con sicurezza, sapendo che è conforme alla dottrina della Chiesa. Una terza conclusione è che questa storia della trasmissione del testo ci arricchisce profondamente. Vediamo con quanta

cura la Sinagoga e la Chiesa hanno meditato e studiato il testo biblico. Leggere la Bibbia vuol dire mettersi dentro una lunghis­ sima tradizione di meditazione sulla Parola di Dio. Va eviden­ ziato come ciascuna di queste diverse forme della sacra Scrittu­ ra sia nata dalla preoccupazione di rendere il testo biblico più conforme alla rivelazione che essa contiene, e allo stesso tempo più comprensibile per i lettori di tante culture e di tante lingue diverse. Tutto il lavoro di ricerca sul testo ha avuto il risultato che oggi le nostre traduzioni moderne sono sempre più vicine ai testi antichi e cosi possiamo leggere il testo con più frutto, come il padrone di casa, di cui il Signore dice nel Vangelo se­ condo Matteo (13,52) che estrae dal suo tesoro cose nuove e

cose antiche.

7

II Siracide un libro deuterocanonico molto particolare Nuria Calduch-Benages

Il Siracide (Ecclesiastico o libro di Ben Sira)' è un libro deu­

terocanonico molto particolare a motivo della sua complessa

evoluzione testuale. Scritto in ebraico e poi tradotto in greco, oltre che in latino e siriaco, presenta due forme testuali diverse, una lunga e una breve, sia in ebraico che in greco. Di fronte a questa situazione testuale, emergono parecchie domande riguar­ danti il nostro tema di studio: dobbiamo scegliere una forma testuale? in questo caso, quale forma è da preferire? quale forma

è canonica? quale è ispirata? lo sono forse tutte e due? Se ci at­ teniamo alla definizione di Trento {«libros ipsos intègres cum om­ nibus suis partibus, prout in Ecclesia catholica legi consueverunt et in veteri vulgata latina edizione habentur»), allora le due forme testuali del libro possono essere ritenute canoniche e ispirate. Inoltre, nel menzionare la Vulgata si fa riferimento, anche se implicitamente, al testo lungo che viene utilizzato nella liturgia2.

Analizziamo però la questione più da vicino.

' Per uno status quaestionis della ricerca sul Siracide, cf. Μ. Gilbert, «Où en som les études sur le Siracide?», Biblica 92 (2011) 161-181. ’ Cf. Μ. GILBERT, «L’Ecclésiastique: Quel texte?, Quelle autorité?», Revue Biblique 94 (1987) 233-250; N. Calduch-Benages, «Ben Sira y el canon de las Escnturas», Gregorianum 78 (1997) 359-370.

IL SIRACIDE UN LIBRO MOLTO PARTICOLARE

125

BREVE STORIA DELL’EVOLUZIONE DEL TESTO

Il saggio Ben Sira scrisse il suo libro in ebraico (Hbl) attorno al 185 a.C. a Gerusalemme, dove gestiva una specie di scuola o accademia per i giovani delle famiglie benestanii. Nel 132 a.C. il nipote, recatosi ad Alessandria di Egitto, decise di tradurre l’opera del nonno in greco (GrI) per i giudei della diaspora così

come egli spiega nel Prologo3:

Nell’anno trentottesimo del re Evèrgete, anch’io, venuto in Egitto c fermatomi un poco, dopo avere scoperto che lo scritto è di grande valore educativo, ritenni necessario adoperarlo a tradurlo con diligen­ te fatica (27-30). Nel I secolo l’originale ebraico fu ampliato con aggiunte pro­ babilmente di origine essena (HblI). Fra il I secolo e la prima metà del II secolo d.C. questo testo fu tradotto in greco e am­ pliato con aggiunte di origine greca e alessandrina, alcune pro­ venienti dalla scuola di Aristobulo, filosofo giudeo-ellenista del

II secolo a.C. (GrlI)4. Esso contiene 135 stichi in più del GrI,

Prima dell’anno 200 d.C. un cristiano dell’Africa del Nord tra­ duce in latino il GrII + GrI (capp. 1-43 + 51) (Vetus Latina)’. Questo testo fu poi incorporato nella Vulgata perché san Giro­ lamo si rifiutò di tradurre il testo ebraico di Ben Sira, che dice ’ Nei grandi manoscritti unciali: Vaticano, Sinaitico del IV secolo, e Alessandrino dd V secolo. Cf. J. ZlEGLER, Sapientia lesa Filii Sirach (Septuaginta. Vetus Testamen­ tum Graecum XII/2; Göttingen T980) 123-126. ‘Nella recensione lucianea (ms. 248, 493 e 637) e nella recensione origcniana (ms. 253) a cui si aggiungono i Sacra Parallela attribuiti a Giovanni Damasceno (676-749 AC.). Cf. G.L. PRATO, «La lumière interprete de la sagesse dans la tradition textuelle de Ben Sira», in Μ. GILBERT (ed.), La Sagesse de l'Ancicn Testament (BETL 51; Leuven 1990), 317-346. ’ W. Thiele (ed.), Sirach (Ecclesiasticus) (Vetus Latina. Die Reste der altlateinischen Bid XI/2; Freiburg 1987-2005). A partire da Sir 25, l'edizione è curata da Anthony Forte.

126

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

di avere visto, anche se non sappiamo se si riferiva a Hbl oppu­ re a Hbll. Poi, nel secolo III d.C. appare la versione siriaca, la Peshitta, fatta su un testo ebraico, probabilmente HblI6, e nel secolo VII la versione siriaca del testo esaplarico greco della scuo­ la origeniana (ms. 253), cioè del GrII.

Escluso dal canone giudaico perché scritto dopo la scompar­ sa dello spirito profetico7, il libro di Ben Sira in ebraico tuttavia continuò a godere di una certa considerazione, come si evince dalle numerose citazioni nella letteratura rabbinica e talmudica. Ad ogni modo, il libro scomparve misteriosamente, forse nel V secolo con la nascita delle scuole talmudiche. Si preservò sol­ tanto nella traduzione del nipote e nelle successive traduzioni sopra citate. Grazie alle scoperte incominciate nel 1896 nella Genizah del­ la sinagoga del Cairo, e poi continuate a Qumran, Masada e nella Taylor-Schechter Genizah Research Unity presso la biblio­ teca dell’università di Cambridge, oggi disponiamo di circa il 70% del testo ebraico distribuito in parecchi manoscritti me­

dievali (A, B, C, D, E, F) più quelli di Qumran, datati prima del 69 d.C. e quello di Masada, prima del 73 d.C.8. ‘ N. Calduch-Benages - J. Ferrer - J. Liesen, La Sabiduria dei Escriba. Wisdom of the Scribe. Edición diplomàtica de la versión siriaca del libro de Ben Sira segun el Còdice Ambrosiano con traducción espinola e inglesa. Diplomatic Edition of the Syriac Version of the Book of Ben Sira according to Codex Ambrosianus, with Tran­ slations in Spanish and English (Biblioteca Midrâsica 26; Estella 2003). ’ Cf. Tosefta, Sotah 13,2: «Quando Aggeo, Zaccaria e Malachia, gli ultimi profeti, morirono, lo Spirito Santo scomparve da Israele». Ben Sira è quindi un libro escluso che non contaminaisporca le mani (siccome non è un libro sacro non si richiedono i riti di abluzione prima e dopo la sua lettura). Rabbi Aqiba, morto nel 135 d.C., fu un grande oppositore del Siracide. Cf. J. Trublet, «Constitution et clôture du canon hébraïque», Le canon des Écritures. Études historiques, exégétiques et systématiques

(ed. C. Theobald) (LeDiv 140; Paris 1990) 77-187. * Cf. RC. Beentjes, The Book ofBen Sira in Hebrew. A Text Edition of all Extant Hebrew Manuscripts and a Synopsis of all Parallel Hebrew Ben Sira Texts (VT.S 68; Leiden 1997); Id., «Errata et Corrigenda», Ben Sira's God Proceedings of the Interna-

IL SIRACIDE UN LIBRO MOLTO PARTICOIARE

127

Nelle edizioni della Bibbia in lingua vernacola il testo ripor­ tato è generalmente la traduzione della versione greca del Sira­

cide o testo breve (GrI), perché è il testo della Settanta (inoltre si tratta di un testo completo). Soltanto in alcune edizioni il testo lungo della versione greca (GII) appare o viene segnalato

in corsivo (edizione della Conferenza Episcopale Italiana 2008, Bible de Jérusalem 1998, la Sagrada Biblia della Conferenza Epi­ scopale Spagnola 2010) oppure in nota (New Revised Standard

Version)

IL CONTENUTO DEL LIBRO E L’ISPIRAZIONE

Prendiamo adesso in considerazione alcuni elementi riguar­ danti il contenuto del libro che in certo qual modo attestano l’ispirazione del testo, prima nella forma breve e poi in quella

lunga.

La forma breve - L’autorità del saggio e della Sapienza. Nel Siracide, come del resto in tutta la letteratura sapienziale, non ci sono formule

di rivelazione come nei libri profetici («oracolo del Signore» o «così dice il Signore»), né racconti di vocazione, né segni da

nonai Ben Sira Conference Durham - Ushaw College 2001 (ed. R. Egger-Wenzel) ÌBZAW 321; Berlin - New York 2002) 375-377. Ovviamente in questa edizione non sono riportate le ultime scoperte del 2007 (frammenti del ms. C) e del 2011 (firammenti del ms. D); cf. J.-S. Rey, «Un nouveau bifeuillet du manuscrit C de la Genizah du Caire», Flarilegium Lovaniense. Festschrift F. Garcia Martinez (ed. H. AUSIOOS - B. Lemmelijn - Μ. Vervenne) (BETL 224; Leuven et al. 2008) 387-416; S. Elizur, »Two New leaves of the Hebrew Version of Ben Sira», Dead Sea Discoveries 17 (2010) 13-29; per l’ultimo frammento, cf. http://www.bibbiablog.com/201 1/01/22/ *-new-fragment-of-the-book-of-ben-sira-t-s-as-118-78/.

128

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

parte di Dio. Tuttavia, il saggio/padre/maestro si rivolge ai di­ scepoli/figli con parole autorevoli. La sua autorità è fondata sul­

la esperienza, sulla conoscenza della Scrittura e della tradizione, ma anche sul suo rapporto personale con Dio nella preghiera

assidua e fervente. Il saggio è una persona che si dedica anzitut­ to a «meditare la legge dell’Altissimo» ed è proprio l’Altissimo a dargli, se lo ritiene opportuno, uno «spirito d’intelligenza» (cf. Is 11,2) e «parole di sapienza» così da poter orientare i di­

scepoli nella loro formazione umana e religiosa: Di buon mattino rivolge il cuore al Signore, che lo ha creato, prega davanti all’AItissimo, apre la bocca alla preghiera, implora per i suoi peccati. Se questa è la volontà del Signore grande, egli sarà ricolmato di spirito di intelligenza, come pioggia effonderà parole di sapienza, nella preghiera renderà lode al Signore. Egli dirigerà il suo consiglio e la sua scienza,

mediterà sui misteri di Dio. Farà brillare la dottrina del suo insegnamento, si vanterà della legge dell’alleanza del Signore (Sir 39,5-8).

Anche la Sapienza, questa figura misteriosa che sfugge a ogni definizione, parla e agisce con un’autorità che le viene dall’alto: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come vapore ho ricoperto la terra» (Sir 24,3). Essa, quindi, si presenta come la

parola di Dio che riempie l’universo. Inoltre, non troveremo nell’Antico Testamento nessun personaggio che si presenti come

fonte di vita e di salvezza. Un discorso autoreferenziale di que­

sto tipo lo si trova unicamente sulla bocca della Sapienza. la nobildonna Sapienza parla in prima persona e parla di sé per invitare, esortare, insegnare, motivare, stimolare, attrarre colo­

ro che la desiderano, la amano e la cercano: «Quanti mi man­

IL SIRACIDE UN LIBRO MOLTO PARTICOLARE

129

giano avranno ancora fame, quanti mi bevono avranno ancora

sete» (Sir 24,20). - La trilogia «sapienza, timor del Signore e legge» sono le tre colonne su cui poggia il contenuto teologico del libro. In 19,20 leggiamo: «Tutta la sapienza è timore del Signore, ed in ogni sapienza c’è la pratica della legge». Per ottenere la sapienza che

viene da Dio, ci vuole una disposizione interiore che permetta al discepolo di avvicinarci a Dio, cioè il timore del Signore, ed esso si concretizza nell’osservanza della legge divina. In questo modo, chi cerca la Sapienza, cerca Dio e chi trova la Sapienza

trova Dio. In altre parole, la sapienza che Ben Sira insegna, a differenza

di quella ellenistica, è profondamente religiosa, ancorata alla tradizione di un popolo che crede nell’unico Dio, creatore

dell’universo.

- Con il ricorso alla tradizione Ben Sira si ricollega con il passato del suo popolo in modo diretto, incisivo e anche ef­ ficace per i suoi giovani discepoli. Il suo insegnamento non è frutto esclusivo di riflessione ed esperienza personale, ma è garantito e sostenuto da una lunga tradizione che nei suoi racconti e nelle sue suppliche proclama instancabilmente l’in­ finita sapienza, amore e misericordia del Signore. La storia di Israele e l’insegnamento del saggio convergono nello stesso obiettivo teologico-didattico: convincere il discepolo che il Signore non delude chi confida in lui, non abbandona chi lo teme e non si disinteressa di chi lo invoca. Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato ed è stato da lui trascurato? Perché il Signore è clemente e misericordioso,

130

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

rimette i peccati e salva al momento della tribolazione (Sir 2,10-11; cf. 44-50)’.

La forma lunga — La forma lunga presenta un carattere antropologico-spirituale molto spiccato. Nella sua tesi dottorale sulle aggiunte in

greco del Siracide, Severino Bussino ha di recente dimostrato che gran parte delle aggiunte «si preoccupano in primo luogo di un discorso sull’uomo, in particolare in relazione al suo rappor­ to con Dio e al comportamento da tenere nel confronto con i doni e l’azione di Dio più che a livello dei rapporti sociali, che comunque non sono assenti»10. Un esempio Io troviamo in Sir 2,5c: Nelle malattie e nella povertà confida in lui.

L aggiunta è inserita in Sir 2,1-6, un brano composto da due strofe: w. 1-3 (il discepolo di fronte alla prova) e w. 4-6 (l’aiu­ to del Signore), più esattamente prima della conclusione. Anche se 2,5c contiene un vocabolario estraneo al cap. 2 e non si inse­ risce bene nell’argomentazione di 2,4-6 (apodosi, motivazione, conclusione), il suo scopo è sottolineare l’azione salvifica del Signore nei confronti di chi ha fiducia in lui11. Il consiglio di

carattere generale di 2,4 («Accetta tutto quello che si abbatta su di te, e nelle vicissitudini della tua umiliazione sii paziente») si ’ Per quanto riguarda Sir 2,10-11, cf. N. CALDUCH-BENAGES, En el crisol de la prueba. Estudio exegético de Sir 2,1-18 (Asociación Biblica Espanola 32; Estella 1997) 123-148 e Id., Un gioiello di Sapienza. Leggendo Siracide 2 (Cammini nello Spirita Sezione biblica 45; Milano 2001) 80-96. 10 S. BUSSINO, Le aggiunte in greco nel libro di Ben Sira (difesa al PIB il 29 marzo 2011), 281. " Cf Calduch-Benages, En elcrisolde laprueba, 68-69.

IL SIRACIDE UN LIBRO MOLTO PARTICOLARE

131

concretizza nell’aggiunta in due situazioni di grande sofferenza per l’uomo: la malattia e la povertà. Con questi due esempi

concreti, il glossatore pone l’accento sulla fiducia da tenere in

Dio e nel suo aiuto, in particolare nei momenti di massima tribolazione12. - La dimensione teologica del testo si esprime nelle forme della vicinanza di Dio all’uomo e dell’azione di Dio nella vita

dell’uomo, come si evince da Sir 16,10cd: Frustando, perdonando, percuotendo, sanando, custodì il Signore con misericordia e disciplina.

Questi versetti sono stati inseriti a mo’ di compendio alla fine

di 16,1-16 («Dio castiga gli empi»), una sezione che completa quella dedicata alla questione della libertà umana (15,1-20). Do­ po l’allusione ad alcuni episodi della storia di Israele (16,5-10ab), l’aggiunta «descrive l’agire di Dio attraverso una serie di binomi per contrasto»13 (cf. 18,13 e 16,1 led): da una parte, egli frusta

e percuote; dall’altra, perdona e sana. Come buon pedagogo,

Dio risponde all’agire dell’uomo sempre in maniera giusta: con misericordia o con disciplina a seconda dei casi14.

- L’enfasi sull’amore di Dio (in contrasto con la forma breve) inteso come l’amore di Dio per gli uomini e l’amore degli uo­

mini per Dio. Un esempio significativo è 25,12ab: 11 timore del Signore è l’inizio dell’amore per lui e la fiducia è l’inizio dell’adesione a lui. 12 Cf. Bussino, Le aggiunte in greco, 42-45. Μ. Rossetti, «Le aggiunte ebraiche e greche in Sir 16,1-16», Salestanum 64 2Ù02) 634. Λ Cf. BUSSINO, Le aggiunte in greco, 112-117.

132

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

La serie di dieci beatitudini di 25,7-10 termina così: Il timo­ re del Signore vale più di ogni cosa; chi lo possiede a chi potrà esse­ re paragonato? (v. 10b). Non soddisfatto di questa conclusione, l’autore della glossa aggiunge un ulteriore commentario in cui gioca con un doppio parallelismo: timore/fiducia e amore/ade­ sione. Egli pone 1 accento su quattro concetti rappresentativi di

quattro atteggiamenti religiosi dell’uomo.· il fedele che teme Dio

esprime il suo timore nell’amore e manifesta la sua fiducia nell’adesione personale a lui. In questo modo, il glossatore com­ pleta l’insegnamento del saggio sul timore del Signore con il

tema a lui caro dell’amore e dell’adesione o vicinanza a Dio”. - La vita nell’aldilà, una novità rispetto alla forma breve, è

presente in almeno otto stichi dove la componente escatologica

viene inserita all interno del rapporto tra l’uomo e Dio. Pren­ diamo Sir 16,22c come esempio: E l’esame di tutto quanto (avverrà) alla fine.

In 16,17-23, Ben Sira tenta di rispondere ad una obiezione sul disinteresse di Dio riguardo gli affari degli uomini (v. 17). La sua risposta si sviluppa in due momenti (w. 18-19 e w. 20-22) per poi concludere con una sentenza al v. 23. Fermia­

moci però al v. 22, un versetto certamente oscuro: «Chi annuncerà le opere di giustizia o chi le aspetterà, se l’alleanza è ancora lontana?» Le opere di giustizia che l’uomo realizza sembrano non avere alcun effetto davanti a Dio (nessuno le annuncia e nessu­ no le aspetta), poiché l’alleanza (διαθήκη) è lontana. Il termine

greco διαθήκη traduce l’ebraico hoq (norma, legge), che in 14,12 corrisponde a mwt (morte). Così lo comprende anche " Cf. Calduc.h-Benages, En el crisol de ία prueba, 205-207; BUSSINO, Le aggiun­ te tn greco, 267-273.

IL SIRACIDE UN LIBRO MOLTO PARTICOLARE

133

l’autore dell’aggiunta di 22c, il quale vuole precisare ulterior­ mente l’insegnamento di Ben Sira accennando al ruolo di Dio

nel giudizio finale. Servendosi di un vocabolario tipico del libro

della Sapienza, egli afferma che alla fine tutto sarà sottoposto al

giudizio di Dio anche se ai momento presente questo non ap­ pare16.

LA TESTIMONIANZA DELLA TRADIZIONE

Dopo avere esaminato il contenuto del nostro libro, criterio che non basta per sostenere il suo carattere ispirato, passiamo adesso alla sua trasmissione. Le citazioni patristiche confermano

che il Siracide è stato citato dai Padri sia nella forma breve (GrI) che nella forma lunga (Gril e Vetus Latina), a conferma del carattere ispirato di ambedue. Con le parole di Μ. Gilbert: «Ciò

equivale a dire che la Chiesa ammette due tradizioni, ma anche

che non si può rifiutare la canonicità e l’ispirazione del testo

lungo»17. Vediamo qualche esempio preso dai padri greci e latini18. Cle­ mente di Alessandria e Cipriano di Cartagine confermano con

il loro modo di citare («secondo la Scrittura», «come dice la Scrittura»), il carattere sacro e ispirato della forma lunga di Si­ racide. Il primo la cita in greco (Sir 26,22 in II pedagogo 2,98,2),

il secondo in latino (Sir 24,25b in A Quirino 2,1)”.

Più tardi, Girolamo, anche se contrario al libri deuterocano* Cf. Bussino, Le aggiunte in greco, 129-132. ’’ GILBERT, «Où en sont les études sur le Siracide?», 180. " Cf. Μ. Gilbert, «Jesus Sirach», Reallexikon fur Antike und Christentum 17 (1996) 888-904 («D. Christliche Rezeption des Sirach-Buches»); N. CäLDUCH-BenaGES, «Ben Stu&ien zum Alten und Neuen Testament 33; München 1973] 206).

258

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

mistero come il compiere del piano salvifico in Cristo25, ossia della sapienza divina condensata nella figura del Cristo (si noti­

no i legami semantici e tematici in questo senso con I Cor 2.1.7)26. Perché, tuttavia, adoperare questa categoria apparente­ mente «non biblica» per designare il contenuto cristologico dell azione salvifica? Perché non vengono usate categorie anche

comuni alle protopaoli ne come giustizia, alleanza, nuova crea­ zione? Efesini e Colossesi fanno ricorso al termine μυστήριον per

mostrare la novità (discontinuità) del vangelo di Cristo rispetto al disegno di salvezza dell’AT. E affermazione secondo cui il mysterion (di Cristo e della Chiesa) era nascosto e ora è stato rive­

lato e dato a conoscere alle genti indica chiaramente che c’è una

novità senza precedenti nella storia del rapporto tra Dio e l'uma­ nità. Lo stesso termine, tuttavia, esprime paradossalmente la continuità con il disegno di salvezza perché la categoria mysterion già appare nell’Antico Testamento (Dn 2,28-30) indicando che Dio non ha detto la sua ultima parola. Quindi, secondo le stes­ se Scritture, il «manifestarsi» di Dio non è finito, ma fa parte dei misteri che si devono adempire alla fine dei tempi27. La categoria del mysterion indica, dunque, la novità del Van­ gelo. D’altra parte sottolinea la continuità della saggezza divina divenuta piano di salvezza, portata a compimento dal Cristo e proclamata mediante la Chiesa. Il vangelo è equiparato, allora,

alla categoria del mysterion rivelato (Col 1,24-29) e il mistero si

25 Cf. Lincoln, Ephesians, 31. “ C. Caragounis lo definisce come il «ricapitolare» della saggezza di Dio, allo stesso tempo mezzo (means) e finalità (enti) del piano divino. Cf. C.C. Caragounis, The Ephesian Mysterion. Meaning and Coment (Coniectanea Biblica - New Testament series; Lund 1977) 138-146. 27 In Daniele la rivelazione del mysterion ha a che fare con il piano divino di salvez­ za previsto per la fine dei tempi. Nella lettera ai Colossesi, invece, la manifestazione del mysterion rimanda non a un futuro di salvezza, ma al presente della divulgazione del Vangelo.

PAROLA DI DIO, MISTERO E CONTINUITÀ

259

comprende a sua volta come realtà inseparabile dalla Chiesa (Ef 1,20-23). La rivelazione del mysterion non è solo importante perché annuncia cose nuove alla fine dei tempi, ma perché giustifica

con il linguaggio della Scrittura che la Scrittura stessa non ave­ va detto tutto ciò che essa contiene. Questa categoria esprime in modo paradossale la novità e la discontinuità dell’annuncio

del continuum della salvezza; suggerisce anche che questo an­ nuncio non è soltanto la ripetizione del kerygma apostolico, ma la sua attualizzazione e reinterpretazione. L’importanza della ca­ tegoria del mysterion consiste, infine, nella sua componente co­ noscitiva28; essa dimostra che le categorie bibliche non sono suffìcienii per conoscere Cristo, ma che per accedere al Cristo bisogna capire la novità nascosta nelle scritture dell’Antico Te­ stamento.

“ Conoscere il mistero di Cristo consiste nell’assimilare le diverse sfumature deH’umtà (della Chiesa, dei gruppi, dei soggetti); si tratta di un’esperienza gnoseolo­ gica ma anche «affettiva» in quanto porta cambiamenti nella condona umana. Cono­ scere la novità (di Cristo e del suo Vangelo) significa non soltanto capire la saggezza dei disegno divino {continuum dell’agire divino mediante la Chiesa), ma anche com­ prendere l’unità come fonte di coerenza etica per la nuova umanità.

15

Leggere la Bibbia come unirà Peter Dubovskÿ

Negli ultimi anni, nel campo dell’esegesi biblica si è notata

una forte tensione fra gli approcci diacronici e quelli sincronici. I metodi esegetici del XIX e XX secolo erano fortemente influen­ zati dagli studiosi tedeschi, come si può notare dagli stessi nomi quali Gattungsgeschichte (storia del genere letterario), Redaktions­ geschichte (storia della redazione) ecc. Dopo più di un secolo di dominio del metodo-storico critico si è sollevata un’ondata di scontentezza per le conclusioni inconcludenti dell’esegesi stori­ co-critica e i biblisti si sono indirizzati verso le metodologie sincroniche. Sono nati nuovi metodi influenzati dalla letteratu­ ra e dalla poesia (metodo narrativo, retorico, strutturalista ecc.). Tuttavia, nemmeno i metodi sincronici sono rimasti immuni da critiche ed esitazioni. Ora un biblista si trova davanti a un labi­ rinto dei metodi1, spesso contraddittori. Alcuni hanno carattere analitico, altri più sintetico. Alcuni studiano solo la Bibbia, altri si interessano al contesto extra-biblico. Alcuni analizzano singo­ le parole, altri brani interi. Alcuni si interessano alle tradizioni testuali e al loro sviluppo, altri al testo finale. Se ci rendiamo

conto che, per imparare un metodo esegetico, uno ha bisogno 1 Per alcuni metodi principali, si veda Μ. BaüKS - C. Nihan, Manuale di esegeti delTAntico Testamento (Bologna 2010); P. GuiLLEMETTE - Μ. BRISEBOIS, Introduzione ai metodi storico-critici (Roma 1990).

LEGGERE LA BIBBIA COME UNITÀ

261

di lunghi anni di studio, i biblisti devono fare scelte che deter­ minano il loro accostarsi alla Bibbia e tanto più queste scelte devono farle i teologi. Negli ultimi anni è nato il metodo canonico. Si possono no­ tare due ramificazioni del metodo negli anni Settanta: il primo insisteva sul processo canonico (J.A. Sanders), il secondo sul contesto canonico (B.S. Childs). Secondo il primo, «canonico» vuol dire qualsiasi uso normativo della tradizione dai tempi dei profeti fino ad oggi. In questo lungo processo canonico la for­

mazione del canone delle Scritture è solo un passo, ma non è l’ultima parola. In questo processo ci sono la parte esposta ai cambiamenti (l’ermeneutica canonica) e la parte che perdura nei secoli. L’esempio più famoso di J. Sanders è la lotta contro i falsi profeti e il politeismo: Ez 33,24 e Is 51,2-3 interpretano la stessa tradizione, ma arrivano a due conclusioni diverse. L’erme­ neutica canonica, pur mantenendo una stessa base, riflette di­ versi contesti sociali2. Tuttavia, l’esegeta più conosciuto in questo settore è staio B.S. Childs. Il suo approccio si basa sul principio canonico se­ condo cui solo il Canone di tutta la Bibbia rappresenta il con­ testo intenzionale per ogni parte della Bibbia. Il metodo si in­ teressa all’attività ermeneutica esplicitamente presente al mo­ mento della formazione del canone. Il canone non è solo un elenco dei libri sacri, ma è soprattutto il risultato di una vera e propria creazione teologica e il suo prodotto è diventato norma­ tivo per le generazioni successive. Ciò che importa è non l’in­ tenzione originale degli autori ma il risultato finale che offre un nuovo contesto interpretativo della Scrittura. Il canone della Bibbia forma di conseguenza il nuovo contesto per interpretare le Scritture, contesto che è autonomo e normativo. In altri ter­ 2 J.A. Sanders, Torah and Canon (Philadelphia 1972); Canon and Community: A Guide to Canonical Criticism (Philadelphia 1984); From Sacred Story to Sacred Text: Canon as Paradigm (Philadelphia 1987).

262

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

mini, il canone è una norma la quale scandisce i limiti dentro i quali la Chiesa ascolta e interpreta la parola di Dio. Nelle sue opere B.S. Childs ha presentato varie possibilità di come le varie parti della Bibbia possano essere interpretate dalle altre3. Analizzando criticamente quest’approccio, P.R. Noble ha con­

cluso che il «principio canonico» deve essere connesso al con­ cetto di ispirazione4. Il canone, come il contesto autoritario di

ogni interpretazione, per forza presuppone il concetto di ispira­

zione. Se il canone non fosse ispirato da Dio. non potrebbe

avere la sua funzione normativa per la comunità. Questo approccio divenne popolare tra i teologi, ma fu presto abbandonato da molti biblisti. D’altro canto, la sfida di leggere

la Bibbia come un’unità è rimasta. Perciò in questo contributo non ci limiteremo solo all’approccio canonico di B.S. Childs, ma presenteremo i principi e la categorizzazione delle metodo­ logie che studiano l’unità della Bibbia.

STRATI/TRADIZIONI VERSUS VERS IONE FINALE

Il primo esempio che ci permette di entrare nel mare mosso

dell’esegesi sincronica e diacronica è la discussione sulla tradi­

zione e la purità rituale in Me 7,1-23. L’analisi storico-critica individua almeno due polemiche con Gesù che originalmente circolarono indipendenti e solo più tardi furono messe insieme5. Guardiamo ora i risultati di quest’analisi. Vari manoscritti omet­

tono il V. 16 e questo versetto fu perfino omesso dalla Neovul3 Cf. The New Testament as Canon: An Introduction (Philadelphia 1985); Biblical Theology ofthe Old and New Testaments: Theological Reflection on the Christian Bible (London 1996); Biblical Theology: A Proposal (Minneapolis 2002). 4 P.R. Noble, The Canonical Approach: A Critical Reconstruction of the Herme­ neutics of Brevard S. Childs (Leiden 1995) 340-341. ’ Cf. quanto annotato da Alerti, supra, pp. 189-192.

LEGGERE LA BIBBIA COME UNITÀ

263

gaia, la traduzione latina di riferimento per tutte le traduzioni liturgiche della Chiesa cattolica di rito latino. Di conseguenza, non solo la critica testuale ma anche la tradizione della Chiesa considera il v. 16 come un’aggiunta tardiva. Un altro segno del­ la redazione è la ripresa (Wiederaufnahme) in Me 7,1.5. Questa tecnica di solito apre e chiude una digressione dell’autore ed è

segno di un’aggiunta successiva. Visto che la versione di Matteo non contiene il materiale equivalente di Me 7,2-4, la maggio­ ranza degli studiosi concorda che tali versetti sono un’aggiunta successiva per chiarificare le usanze ai non ebrei. Simili aggiun­ te si possono trovare nei w. 2c, libel 9b. Un altro segno della redazione del testo è la mescolanza degli stili e dei temi. I w. 1 e 5 parlano della purità rituale, ma la risposta è data solo dal v 15 in poi. Frattanto Gesù parla della tradizione dei padri (Me

7,6-14) e utilizza un’argomentazione scritturistica molto diver­ sa da quella presente in 7,15-23. Basandosi su queste osserva­ zioni è possibile concludere che in origine c’erano due contro­ versie con Gesù. La prima verteva sulla tradizione dei padri, la

seconda sulla purità rituale richiesta per la consumazione dei cibi. Queste controversie furono messe insieme e introdotte dai w. 1 e 5 e in seguito amplificate da 7,14-15; infine, fu aggiun- · ta un’altra rilettura anticotestamentaria in 7,16. Se uno si accosta al testo con i metodi sincronici arriva a

conclusioni un po’ diverse. L’analisi della struttura di Me 7,1-23 dimostra che il testo finale non è una semplice somma delle controversie, ma contiene una struttura e una dinamica ben pensate. Prima di tutto si può osservare una struttura regolare. Ogni blocco delle controversie, sia quello sulla tradizione (7,613) che quello sulla purità rituale (7,18-23), contiene due grup­ pi di domande e risposte collegate con la tecnica delle parole chiavi. Per di più ogni blocco di controversie viene introdotto da una domanda (7,1-5.17). Questa struttura parallela racchiu­ de un’affermazione d’autorità (7,14-16). In questi versetti Gesù

264

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

non discute più con i suoi avversari, ma parla come uno che ha autorità. Se alla fine ritorniamo ai w. 1-5, considerati secondo il metodo storico-critico interventi redazionali, possiamo facil­ mente vedere che tutti i temi sono introdotti già qui e prepara­ no il lettore a un insegnamento solenne di Gesù. Questo esempio non solo ci fa vedere la tensione fra le me­ todologie sincroniche e quelle diacroniche, ma evidenzia come il testo biblico non si possa capire come una pura somma delle tradizioni, documenti, fonti ecc. messe una accanto all’altra. Il testo finale ha la sua dinamica indipendente dalle tradizioni originarie. Il testo finale, combinando e cambiando le tradizio­

ni originariamente indipendenti, presenta una visione nuova del problema, una teologia che va oltre le teologie delle singole tra­

dizioni originarie.

CONTESTO ORIGINARIO VERSUS CONTESTO CANONICO

E POST-CANONICO

Il contesto di una parola o di un brano scandisce il secondo

pilastro dei metodi che studiano l’unità della Bibbia. Un certo brano o episodio non è mai del tutto completamente indipen­ dente dal suo contesto, che molte volte ne determina il vero

significato.

Nell’esegesi si riconosce, prima di tutto, il contesto immedia­ to che determina il significato di una frase, di un episodio o di un intero capitolo. Così, per esempio, il famoso detto di Isaia «Se non credete, non sussisterete» (Is 7,9) può essere l’annuncio di una condanna o di un conforto a seconda del contesto. Il

contesto interpretativo, in questo caso, è la storia di Acaz e la sua partecipazione all’insurrezione contro l’Assiria. Perciò, se nella campagna militare di Samaria e di Damasco contro Giuda il re Acaz è interpretato come un eroe, il detto può significare

LEGGERE LA BIBBIA COME UNITÀ

2G5

un incoraggiamento simile a quello dato a Ezechia. Se invece il detto viene inserito nel contesto degli intrighi perseguiti dal re

Acaz, lo stesso detto può fungere da dura condanna del suo operato. Il contesto immediato non determina solo il significato di un’espressione ma anche il significato di un episodio intero. Come esempio può essere preso il rapporto di Gesù con i bam­ bini in Me 10,13-16. Il contesto dell’episodio è determinato dagli spostamenti di Gesù in barca; così il narratore mette in contatto {’indissolubilità del matrimonio (Me 10,1-12) e l’epi­ sodio «Gesù e i bambini». Di conseguenza, nel secondo vange­ lo il contesto interpretativo dell’episodio «Gesù e i bambini» diventa l’indissolubilità del matrimonio. Un contesto interpre­ tativo simile è offerto anche dal vangelo di Matteo (Mt 19,3-

12.13-15). Da parte sua, Luca situa l’episodio «Gesù e i bambi­ ni» (Le 18,15-17) dopo la preghiera del fariseo e del pubblicano (Le 18,9-14). Il metodo diacronico si interessa al contesto ori­ ginario sforzandosi di capire il significato “originario” del gesto di Gesù A tal fine, per mezzo dello studio della redazione si cerca di determinare se la versione nel vangelo di Luca è una creazione lucana e, quindi, se il contesto originale era quello di Marco e Matteo oppure quello lucano. Lo studio del contesto, invece, punta sul significato dei collegamenti fra i brani che precedono e susseguono il brano in questione. In altri termini,

come - nel caso del vangelo di Luca - l’episodio della preghiera di un pubblicano e un fariseo, e - nel caso del vangelo di Mar­ co e in quello di Matteo - l’indissolubilità del matrimonio pos­ sono determinare il significato dell’episodio «Gesù e i bambini». Per di più il significato di un brano deve essere studiato non solo nel suo contesto immediato ma anche nel contesto di tutta la Bibbia. Così, per esempio, la scelta di Giovanni di comincia­ re il suo prologo con le parole simili a quelle di Genesi 1 è

chiaramente una scelta non solo linguistica ma anche teologica.

266

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Solo se si leggono i due inizi insieme emerge la profondità

dell’incarnazione di Gesù nel quarto vangelo. Secondo una tale scelta giovannea, l’incarnazione è interpretata come una nuova

creazione e si dovrebbe leggere nel contesto della creazione del­ la luce che sta in contrasto con le tenebre. Il nostro ultimo esempio illustrerà l’importanza del contesto che va al di là della Bibbia stessa. Non sono solo i due Testamen­

ti a determinare il significato di un testo biblico, ma nell’interpretare la Bibbia ha un ruolo anche la comunità dei fedeli. Un esempio può essere l’interpretazione della storia di Melchidesech in Gen 14,18-20, la Lettera agli Ebrei e nei Padri della Chiesa.

La storia di Melchidesech in Gen 14,18-20 è inserita nella nar­

razione sul ritorno di Abramo dalla campagna vendicatrice. Mel­ chidesech esce per incontrare gli eroi di guerra e li saluta dando da mangiare (alla lettera: «pane») e da bere (vino). Dal punto di

vista storico-critico l’episodio di Melchidesech rappresenta

un’aggiunta al testo. Il suo gesto e la sua benedizione vanno inseriti nelle tradizioni antiche di quel periodo. La Lettera agli

Ebrei, basandosi su Sai 110,4, utilizza quest’episodio per spie­

gare l’origine eterna del sacerdozio di Cristo (Eb 7). L’autore della lettera utilizzando la tecnica del midrash svela il significato cristologico dell’episodio (sensus spirituali!). Nella Lettera agli Ebrei, tuttavia, non c’è alcun accenno all’interpretare il pane e

il vino come simboli eucaristici, forse perché nell’Antico Testa­

mento il verbo ys’ hifìl non può mai essere interpretato come azione cultuale. Utilizzando altre tecniche interpretative come la tipologia e l’allegoria, Cipriano nella Lettera 65,4 (CSEL 3/2, 703) senza alcun problema collega il pane e il vino all’eucaristia

(sensus plenior)h. La sua interpretazione non solo fu adottata da

altri Padri della Chiesa7, ma divenne anche l’interpretazione au‘ Cf. P. Dubovskÿ (a cura di), Genezu (Trnava 2008) 375-377. 7 Per esempio, Agostino in La città di Dio 16,22.

LEGGERE LA BIBBIA COME UNITÀ

267

torevole quando fu introdotta nella Prima preghiera eucaristica.

Questo esempio dimostra che il contesto interpretativo non si ferma al testo biblico ma si allarga anche alla comunità dei fe­ deli, i quali utilizzano per svelare il senso delle Scritture la loro tradizione e i loro metodi di interpretazione.

ESEGESI E UNITÀ DELLA BIBBIA

Gli esempi su presentati dettano i principi di alcuni approc­ ci alla Bibbia. Il testo biblico è composto da varie tradizioni (cf. Me 7,6-13.18-23), che vengono trasformate (cf. Me 7,1-5.14-

15.17) e poi riviste dai redattori successivi (cf. Me 7,16), inse­ rite in un contesto immediato (cf. episodio «Gesù e i bambini») e in contesto più ampio della Bibbia stessa (cf. Gv 1,1-18 e Gen

1) e alla fine reinterpretate dalla comunità dei fedeli (cf. il caso di Melchidesech). In questo lungo processo non si cambia solo

il testo ma anche parzialmente o completamente il suo signifi­ cato (trasformazione semantica). D’altra parte, gli esempi su menzionati hanno illustrato che il testo finale, pur essendo il

prodotto dei vari interventi redazionali, ha la sua dinamica e contiene il messaggio che va al di là della somma delle tradizio­ ni incorporate dai redattori finali. Alla fine si può notare che fra i vari brani della Bibbia, pur provenendo da periodi diversi e trovandosi in vari punti della Bibbia, c’è un legame intrinseco.

Di conseguenza, anche testi di periodi diversi e tradizioni spes­ so contraddittorie sono reciprocamente collegati. Lo studio dei collegamenti entro la Bibbia stessa svela un “dialogo” fra varie parti, gruppi di libri e scuole teologiche dentro la Bibbia. Si può dunque parlare di unità della Bibbia? Nella storia dell’esegesi sono state avanzate varie proposte teo­ logiche e metodologiche per far fronte a questa sfida. Fra le me­

todologie esegetiche ne elenchiamo solo alcune: Canonical oriti-

268

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

cism(]A. Sanders), Kompositionsgeschichte (R. Rend torff), canon-

contextual analysis (G. Shephard), canonical context (B. Childs), Literaturgeschichte (K. Schmid), inter-, intra-, extra-textuality (H. Bloom, G. Genette, J.P. Fokkelman), inner-biblical approach (B.M. 1 xvinson)8 ecc. Questi approcci condividono lo sforzo di capire come le varie tradizioni antiche comprese nel testo finale

della Bibbia formino la Scrittura dentro una tradizione religiosa. Principalmente le possiamo dividere in due gruppi. Il primo

pone l’accento sullo sviluppo. Il testo accettato dalla comunità dei fedeli rappresenta solo l’ultima tappa di un lungo sviluppo della formazione della Bibbia, ma non l’ultimo. La Bibbia fu, è e sarà sempre reinterpretata dall’attuale comunità dei fedeli. Il secondo pone l’accento sul testo finale accettato da una comu­

nità come autorevole. Questo testo non è un testo qualsiasi, ma un canone normativo per una comunità dei credenti, in partico­ lare i cristiani e gli ebrei. Nel primo approccio hanno un valore non solo il testo finale, ma anche le tappe precedenti e susseguen­ ti. Nel secondo approccio il valore principale sta nel testo finale. Di recente si sono proposte varie metodologie bibliche, che cer­ cano di abbracciare i due estremi dello spettro su menzionati. Per noi sorge la domanda riguardante l’ispirazione: che cosa è ispirato, gli strati originali che in molti casi possono farci ar­

rivare fino alla vera intenzione dell’auto re/Gesù, oppure gli stra­ ti che rielaborano le tradizioni antiche, oppure il testo finale che

rappresenta l’interpretazione autorevole della Chiesa primitiva, oppure l’interpretazione del testo dalla comunità dei fedeli dopo la chiusura del canone? Tranne i vari livelli dobbiamo soffermarci

anche sul processo stesso che determina la scelta e l’esclusione dei testi. In questo, ispirato non è solo il testo ma anche il pro­ cesso che ha prodotto il testo e le interpretazioni autorevoli.

’ Cf. Fino alla quarta generazione. Revisione di leggi e rinnovamento religioso nell’Israele antico (Lectio 2; Ciniscllo Balsamo 2012).

PARTE TERZA

Ispirazione e teologia

16

Verso una teologia biblica dell’ispirazione Gianfranco Card. Ravasi

Nonostante il limite suggerito dall’avverbio «verso» nel titolo, la ricerca destinata a elaborare anche solo un profilo essenziale o una mappa generale sulla teologia biblica dell’ispirazione ri­ sulta molto ardua, anche perché alle spalle si stende un immen­ so orizzonte già esplorato da una vasta bibliografìa di indole teologica. In un certo senso vale per il tema ora in oggetto una

delle Massime e riflessioni di Goethe: «Tutti i pensieri sono già stati pensati; occorre solo tentare di ripensarli». Anche la nostra analisi, molto essenziale, è per vari aspetti solo emblematica e

talora quasi impressionistica, si accosta e dipende dall’importantc sequenza di contributi che sono offerti in questo volume, frutto di una vivace e approfondita ricerca accademica. Inoltre, non si deve dimenticare che la categoria «ispirazione» ha un contesto semantico molto esteso e analogico: essa, infatti, comprende un’armonica di applicazioni molto differenti che hanno nell’arte, nella poesia e nella musica un ulteriore attesta­ zione, sempre con la consapevolezza di una certa trascendenza in essa insita. Il principio sotteso è un po’ quello celebre formu­ lato da Ovidio nei Fasti, ossia «Est deus in nobis», c’è un dio che

sempre ispira. L’artista va oltre se stesso e oltre il fenomeno, cercando un Oltre e un Altro trascendenti. Per questo le Muse ispiratrici sono figlie, sì, di Mnemosyne, cioè della memoria

272

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

umana, ma anche di Zeus, mentre più laicamente Paul Valéry, poeta e critico, nel suo Tel quel notava che «l’ispirazione è l’ipo­ tesi che riduce l’autore alla funzione di osservatore».

LA STRUTTURA DIALOGICA ASIMMETRICA DELL’ISPIRAZIONE

La categoria di fondo che sostiene e alimenta la nozione dell’ispirazione non solo biblica (o religiosa in genere) ma anche artistica è, quindi, il riconoscimento del primato della trascen­ denza. L’ispirazione è teofania e le modeste considerazioni che

seguiranno avranno sempre sullo sfondo questa dimensione.

Così come si dovrà tener conto di una serie di elementi già ac­ quisiti, quali quelli offerti dalla Dei Verbum (nr. 11), che è sem­ pre il testo ecclesiale di riferimento immediato, e di una serie antecedente di interventi magisteriali di indole generale e di elaborazioni teologiche spesso molto sofisticate. Eppure, sulla scia della richiesta emersa nel Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio (2008), l’esortazione post-sinodale Verbum Domini (2010)

nel nr. 19 avanza ancora un appello, rivolto alla ricerca teologi­ ca, per un ulteriore approfondimento del tema. Noi ora ci ac­ contenteremo di individuare solo alcuni prolegomeni generali e fin generici di cui tener conto qualora si voglia delineare una più sistematica teologia biblica dell’ispirazione (importante, al riguardo, è l’aggettivo «biblica» che riconduce l’analisi e l’appro­ fondimento alla base stessa della teologia cristiana).

Il nostro itinerario proporrà quattro strutture simili un po a punti cardinali non esclusivi, ma certamente portanti nella com­ plessa e molteplice “rosa dei venti” dello Spirito che regge una mappa dell’ispirazione. La prima è l’evidente struttura dialogica della Rivelazione biblica: incessante, infatti, è l’incrocio tra il divino e l’umano, destinato ad approdare all’apice estremo

dell lncarnazione. Si tratta di una relazione reale ma asimmetri-

VERSO UNA TEOLOGIA BIBLICA DELL'ISPIRAZIONE

273

co. Fondante, infatti, è la voce-parola divina che costituisce ap­

punto il fondamento che avvia il dialogo: «In principio Dio disse: Sia la luce!... in principio era il Verbo» (Gen 1,1.3; Gv 1,1). Alla radice, quindi, c’è il Logos divino, efficace, creativo, principio dell’evento cosmico e storico. Per esempio, l’esperien­ za sinaitica è tutta racchiusa nella teofania che è paradossalmen­ te non figurativa ma verbale: «Dio vi parlò in mezzo al fuoco: voce di parole (qól dr bàrìm) voi ascoltavate, immagine (t'mùnàh) alcuna voi non vedevate, solo una voce ( FJDEI DEL POPOLO

In materia di ispirazione il riflesso intellettuale è quello di risalire verso la fonte del testo autorevole. Significherà risalire

verso i suoi “autori”? Il cuore narrativo della Bibbia non appar­ tiene, infatti, alla categoria della letteratura d’autore, nel senso moderno della parola (la responsabilità individuale dell’opera, il pensiero giuridico del copyright), ma da una letteratura di tradizione, come appare in Sai 44,2 («Dio, con i nostri orecchi abbiamo udito, i nostri padri ci hanno raccontato l’opera che hai compiuto ai loro giorni, nei tempi antichi») o in Sai 78,3 («I

nostri padri ci hanno raccontato»;

Ska, Sonnet, Ravasi).

Quelli che hanno progressivamente steso il testo si sono inseri­ ti nel flusso di questa tradizione, che ha il cosiddetto narratore come portavoce. A questo livello, l’ispirazione è giocata nel sensusfìdei della tradizione narrante in cui sono confluiti i redatto­ ri. Questo sensus si esprime sotto la forma di una «regola» che soggiace aH’articolazione dei testi, storiografici e altri, in parti­ colare nel rapporto fra la signoria di Dio e la libertà dell’uomo6. In queste formulazioni, sebbene sorprendenti o radicali, e non

in altre, si è riconosciuta la fede del popolo (si vedano l’attesta' In modo analogo i Padri hanno collegato il canone scritturistico alla régula fida (espressa sotto (orma di simboli di fede); in questa regola si attesta la verità della rive­ lazione biblica, sebbene, come scriverà TOMMASO d’Aquino, -sola canonica scriptum est régula fidet· (Commento al vangelo di Giovanni 21,24, lect. 6, n. 2656).

CONCLUSIONE

3S9

zione del popolo in Gs 24,17-18 ο XAmen finale dell’Apocalisse in Ap 22,20).

Nonostante ciò, l’ispirazione non va capita come un fenome­ no collettivo. Essa ha sempre messo in gioco scrittori individua­ li (i «veri autori» di DV11, «uomini nel possesso delle loro fa­ coltà e capacità»), ma questi ultimi non sono altro che garanti creativi della fede di tutti nella loro esperienza storica. In questi

individui, scrive Karl Rahner, «l’autoesplicazione dell’esperienza trascendentale soprannaturale e della storia ha luogo in azioni e in parole. In essi pertanto viene verbalizzato qualcosa che in li­ nea di principio esiste in tutti»7. Una dottrina biblica dell’ispi­ razione (e non greca, nel senso medio-platonico di Filone Sievers] e di Agostino) - insiste da parte sua Joseph Ratzinger

— deve collegare «la persona [l’autore], che Dio chiama in quan­

to persona (e non come un “organo”), la storia e il popolo di Dio, categorie che non hanno accesso nel pensiero di Filone»: «È essenziale allo scrittore che viva nel mezzo della storia che Dio porta a compimento con gli uomini»8 Sievers). D’altra parte, soprattutto dopo l’esilio (Esdra e Neemia) e nel

Nuovo Testamento, lo scrittore si trasforma sempre più in testi­ mone Aletti). La sua testimonianza, però, non è mai solip­ sistica. Luca si rifà alla trasmissione fondatrice da parte di «co­ loro che furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola» (Le 1,2), mentre il testimone singolo che è il nar­ ratore giovanneo (Gv 19,35: «Chi ha visto ne dà testimonianza

e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate») si aggrega a un «noi» nella sua Prima lette­ ra (lGv 1,1: «Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e 7 K. Rahner, Corso fondamentale sulla fede. Introduzione al concetto di cristiane­ simo (Roma 1984) 214-215. ’ J. WlCKS, «Six Texts by Prof. Joseph Ratzinger as Peritus before and during Vati­ can Council II», Gregorianum 89 (2008) 279 e 304.

370

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

ciò che le nostre mani hanno toccato...»). Il testimone ispirato risponde della fede pasquale di tutti.

6. Sempre figurativa

Nonostante la sua dimensione di tradizione, che coinvolge il popolo o la comunità di fede, la letteratura biblica si pone sem­ pre come letteratura di figure profetiche Bovati, Sonnet). La pseudepigrafia ne è una forma cospicua e ha permesso di ascri­ vere brani estesi, perfino libri interi, ad “autorità” ispirate del passato quali Mosè, Isaia e Zaccaria, ma anche Davide, Salomo­ ne, Giosuè e Samuele. All’interno delle opere, questa personifi­ cazione dell’ispirazione si trova mise en abyme nelle figure nar­ rativamente rappresentare: Mosè, profeta e scrittore profetico, chiamato, messo alla prova, confermato; Isaia, che sigilla la te­

stimonianza scritta nel cuore dei suoi discepoli (Is 8,16); Gere­ mia, chiamato da Dio a fare riscrivere il rotolo dei suoi oracoli bruciato dal re (Ger 36) ecc. Attraverso questi episodi, l’ispira­ zione viene racconta come un dramma, fra iniziativa divina e risposta (talvolta riluttante) umana. Poiché figurativi, questi te­ sti hanno permesso l’integrazione nei libri profetici e ispirati anche di testi scritti da discepoli, segretari e altri scribi. Il dram­ ma personale della figura autorevole è, infatti, ciò che rivela l’ispirazione di «ogni scrittura» come un’esperienza personale, fra grazia divina e risposta umana. Nei meandri della libertà umana si evince la signoria divina (Am 3,3-8: «Yhwh Dio ha parlato: chi non profeterà?»). La Dei Verbum dice degli autori ispirati che Dio ha agito «in essi e per loro mezzo» (n. 11). In

questo «in essi» si accenna al fatto che l’ispirazione, in qualsiasi posio nella stesura, è sempre un’esperienza personale, in cui Dio visita in profondità le facoltà umane.

371

CONCLUSIONE

7. La

mediazione del linguaggio

Se la letteratura biblica è «di tradizione», essa mette nondi­ meno sempre in gioco la mediazione di locutori e scrittori im­ mersi nella mediazione del linguaggio. Se si toglie la mediazione umana si arriva a un’identificazione tra rivelazione e ispirazione (troncata), che è alla base di una lettura fondamentalista della

Scrittura Aparicio). Secondo la Genesi, l’uomo è ispirato da Dio nella sua creazione: 11 Yhwh Dio «soffiò nelle sue narici un alito (nismai) di vita» (Gen 2,7). Adamo sarà quello che, nello stesso capitolo, darà a ogni essere vivente il suo nome (FmÔ). Dopo Herder e Heidegger, non sono mancate le interpretazioni che hanno visto nei nomi dati da Adamo agli animali la nascita

della vocazione poetica dell’uomo, quella di «abitare poeticamente questa terra» (Hölderlin). A dire il vero, il sottofondo culturale della scena in Gen 2 invita a vedere Adamo non tanto un poeta quanto un «uomo di scienza» che illustra il sapere classificatore della Mesopotamia, legato al nome dei fenomeni di tutti tipi. Comunque, l’uomo biblico abita il mondo - un mondo creato dalla parola - a partire dal linguaggio, a immagi­ ne di Salomone, nuovo Adamo, che «pronunciò tremila prover­ bi; le sue poesie furono millecinque. Parlò di piante, dal cedro del Libano all’issopo che sbuca dal muro; parlò di quadrupedi, di uccelli, di rettili e di pesci» (IRe 5,12-13). Tale “ispirazione” naturale è coinvolta nell’elaborazione della Parola biblica (^ Ravasi, Gianto, Sievers). Ne è prova la profezia biblica che, nel­ la maggioranza degli oracoli, affronta le urgenze dell’ora con il

linguaggio più sofisticato, quello della poesia. Questa mediazio­ ne letteraria (narrativa, poetica, retorica, secondo generi lettera­ ri storici) coinvolta in ogni scritto ispirato richiede un approccio informato e critico, al tempo stesso storico, letterario ed erme­ neutico (sulla scia di L. Alonso Schökel; Ravasi). Dalle me­

tafore bibliche alle tecniche di riscrittura caratteristiche dell’er-

372

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

meneutica dell’innovazione (cf. B.M. Levinson), l’ispirazione divina fa causa comune con l’ispirazione linguistica e letteraria.

8. La

verità per la nostra saivezza

La questione della verità nella Scrittura è intimamente legata

alla sua finalità, e questa finalità è anche quella dell’ispirazione: «i libri della Scrittura insegnano con certezza, ledelmentc c sen­ za errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse con­

segnata nelle sacre Scritture» (DV\ 1;

Aparicio). La traduzio­

ne letteraria di questa finalità si legge nella dimensione retorica che avvolge tutta la Scrittura: è il luogo di un’argomentazione persuasiva, declinata in tanti modi. Ciò che consegna nel libro suo, afferma il narratore giovanneo, lo è «perché crediate [...] e perché, credendo, abbiate la vita» (Gv 20,31). La verità viene

sempre modulata in funzione di uno scopo retorico ('3r Alerti, a proposito di casi problematici). Seguire la traiettoria di questa

parola retorica equivale a scoprirne la dimensione pragma-linguistica - il coinvolgimento del lettore nell’effettuazione del

senso - particolarmente ricca nel caso dei racconti. In ambito

neotestamentario l’ispirazione si attesta allora nel gioco relazio­ nale che si crea attorno al personaggio e alla persona di Gesù, tramite le altre figure del racconto - gioco sotto forma di coin­

volgimento nella sequela (sinottici) o nell’imitatio (Paolo;

Grilli, Aletti). La forza e la ricchezza di questi fenomeni invita­ no, scrive Christoph Theobald, a «spostare l’ispirazione verso gli effetti prodotti in e tra i recettori e a interrogarsi sulle condizio­

ni di possibilità di questi effetti nella forma stessa del testo bi­ blico»9. ’ C. THEOBALD, «Seguendo le orme... · della Dei Verbum. Bibbia, teologia e pratiche di lettura (Bologna 2011) 71. Il paradigma della finalità pragmatica della Scrittura

373

CONCLUSIONE

9. Ispirazione e incarnazione

La Scrittura ispirata, Parola di Dio in parole umane, ha il suo analogatum princeps nel Verbo di Dio incarnato, su cui riposa lo Spirito. L’insegnamento della Dei Verbum sull’ispirazione appro­ da infatti alla «ammirabile condiscendenza» divina: «Le parole

di Dio infatti, espresse con lingue umane, si son fatte simili al parlare dell’uomo, come già il Verbo dell’eterno Padre, avendo

assunto le debolezze dell’umana natura, si fece simile all’uomo» (DV13; cf. Pio XII, Divino Afflante Spirine. EB 559). L’analogia

Verbum Dei incamatum e Verbum Dei scriptum attraversa tutta la patristica e la tradizione medievale. Sulla base di Is 10,23

come citato in Rm 9,28 secondo la Volgata10, il Verbo incarnato

è stato presentato come Verbum abbreviatum, della Scrittura, in cui il Verbo divino si esprime in un “corpo” circoscritto, si può

anche dire che sia il Verbum abbreviatum. «Questi Libri sono da ritenersi genuinamente divini e - in misura non minore - ge­

nuinamente umani», scrivono Rahner e Ratzinger, «come il Si­

gnore Gesù è insieme veramente Dio e veramente uomo e tiene senza mescolanza e senza separazione la divinità e l’umanità»".

Nel caso della Scrittura il polo «veramente uomo» è assicurato

dagli agiografi (DV11: «veri autori»), che preparano (nell’Antiispirata, tutta centrata sulla comunicazione della vita al lettore, si legge forse in 2Cor 3,3: «È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con

l’inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavo­ le di carne dei vostri cuori». 10 Da »consummationem enim et adbreviationem Dominus Deus exercituum faoiet in medio omnts terrae» (Is 10,23) diventa: »verbum enim consummans et brevians in aequitate quia verbum breviatum faciet Dominus super terram» (Rm 9,28). Girolamo nella traduzione di Rm 9,28 accetta la lezione della Vetus Latina precedente a lui, tanto che già Cipriano riferisce il verbum brevians a Cristo (Contro i Giudei 2,3). " K. Rahner - J. Ratzinger, «De revelatione Dei et hominis in Jesu Christo facta», in B. Cahill, The Renewal ofRevelation Theology (1960-1962). Ilie Develop­ ment and Responses to the Fourth Chapter of the Preparatory Schema De deposito fidei (Roma 1999) 313.

374

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

co Testamento) o prolungano (nel Nuovo Testamento) le paro­ le del Verbo incarnato. L’analogia con l’incarnazione illumina parimenti la condizio­ ne vulnerabile della Scrittura. «Il Verbo [...], avendo assunto le debolezze dell’umana natura, si fece simile all’uomo», afferma DV13. «La nostra carne - commenta Beauchamp - Dio l’ha

presa debole e l’ha portata debole. Se la prospettiva è parallela per la Scrittura, si deve capire che Dio ha preso le nostre parole come deboli. La parola ispirata rimane parola debole e fragile»12.

Nonostante la forza dello Spirito, la parole scritturistica è fragi­ le, esposta alla derisione e alla distorsione, e per questo affidata alla ricezione credente, per essere accolta «alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta» (DV12). Infine, I analogia Ira Verbo incarnato e Scrittura ispirata è dinamica: una stessa finalità attraversa la missione del Verbo incarnato (Gv 10,10: «Io sono venuto perché abbiano la vita»; cf. 3,16) e il corpo delle Scritture: «Questi [segni] sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20,31)13.

L’analogia collega anche Gesù lettore della Scrittura e i lettori (fuori scena) di essa, tramite gli uditori-lettori della Scrittura inscenati nel racconto. Lo stesso Gesù che, venuto a Nazaret «con la potenza dello Spirito santo» (Le 4,14), apre il rotolo del profeta Isaia (Is 61,1-2), apre le Scritture intere ai viandanti di Emmaus (Le 24,27), figure ospitali dei lettori futuri, nella luce pasquale. Se Gesù è «colui di cui è scrino nella legge di Mosè e

nei Profeti» (Gv 1,45; cf. Gv 5,39.46; Eb 10,7) è anche colui che, «cominciando da Mosè e da tutti i profeti», rimanda a tutte le Scritture (Le 24,27). L’ispirazione si colloca in questo 12 P. BEAUCHAMP, Parler d’Écntures saintes (Paris 1987) 23. Si veda la riflessione

sull’analogia dell’incarnazione alle pp. 21-24. 13 Si veda Mosè in Dt 32,47, a proposito della Torah scritta: «Non è vuota, questa parola, è la vostra vita».

375

CONCLUSIONE

movimento centripeto e centrifugo. Il Verbo nato e risorto si rende coestensivo a tutte le Scritture, e in questo si ritrovano la dinamicità e l’organicità dell’ispirazione.

10. Dalla

fine all’origine

La comunicazione della vita ai lettori è l’ispirazione riuscita, portata a compimento. L’efficacia della parola scritturistica fa risalire alla Ionie: attraverso tutto l’arco dell ispirazione, è Dio che si rivela, e ha fatto sì che la sua rivelazione sia espressa qual è, e non altrimenti, nella Scrittura f1®" Pié-Ninot). Questa di­ mensione trascendente si dichiara in momenti particolari - in auto-presentazioni da parte di Dio (Es 20,22: «Avete visto che vi ho parlato dal cielo») o del suo Messia (Gv 4,26: «Sono io, che ti parlo») — ma si comunica a tutta la Scrittura in quanto attestazione viva della rivelazione. A differenza degli idoli muti, incapaci «di aiutare neppure se stessi» (Bar 6,57; cf. Sai 13,16),

la Scrittura ispirata si rivela come parola viva, presente a se stes­ sa14. Dio, che ne è la fonte, l’accompagna fino al suo compimen­ to: «“Che cosa vedi, Geremia?”. Risposi: “Vedo un ramo di mandorlo (sâqêd- l’albero vigile)”. E Yhwh mi disse: “Hai visto bene, poiché io vigilo (soqëd) sulla mia parola per realizzarla”» (Ger 1,11-12). Tutte le mediazioni linguistiche e scritturistiche (®” Gianto)

sono attraversate dallo Spirito, e lo Spirito muove tutte le me­ diazioni, ermeneutiche incluse: la voce di Dio è viva attraverso le mediazioni; essa non si appiattisce né si estenua perdendosi e disperdendosi nel messaggio (®* Ravasi). Lo Spirito, che accom14 Scrive E. Lévinas: «Il vero discorso, per Platone, può aiutarsi da sé: il contenuto che mi si offre è inseparabile da chi l’ha pensato, il che significa che l’autore dei di­ scorso risponde alle domande» (E. LÉVINAS, Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità [Milano 2004] 69).

376

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

pagna la Parola divina fin dalla creazione (Gen 1,1) e quella messianica fin dal battesimo, accompagna anche le parole scrii­ turistiche, in cui il Verbo di Dio si comunica: «Ascoltatelo» (Mt 17,5 e par.).

Indice dei nomi

Achenbach R., 53

Adam K.-P., 151 Agostino di Danimarca, 294

Agostino di Ippona, 10, 80, 102, 111, 115, 120-122, 134, 242, 266,290, 306,313,317, 345, 369 Aguilar Chiu J.E., 251 Aitchison J., 211

Aland B., 109 Aland K., 109 Albertz R,, 296

Alfaro J„ 323 Aletti J.-N., 15, 185, 195, 201, 250,251,254,262,343, 350,

351,369, 372 Alonso Schökel L, 10, 13, 310,

315, 320, 362,371,372 Aquila, 102, 120 Aristobulo, 35, 125

Aristotele, 184 Artola A.M., 306, 328 Assmann J., 171 Atanasio, 110 Aune D E., 35 Ausloos H., 51, 127

Auwers J.-M., 243 Auzou G., 240

Bahrani Z.» 137 Baldermann I., 297 Balzac H. de, 17, 282 Bäfiez D., 306 Barbera G., 236

311,321,371 Alter R., 174 Alves C., 11

Barbiero G., 15, 47, 49, 337, 339,340, 364, 365 Barclay J.M.G., 39, 40

Anbar Μ., 141

Baricco A., 171, 172

Angelini G., 302, 318 Aparicio Valls C., 15, 16, 154,

Baroni V., 9 BarrJ., 115, 298

378

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Barth K., 316

BonhoetFer D., 232, 239

Barthélemy D., 102, 113, 11.5 Barton J., 146 Banks Μ., 260 Baur EC., 307 Bea A., 10, 310 Beauchamp P., 284. 295, 299.

Bori P.C., 294 Bortolotti A„ 35 Bovati R, 15, 56, 154, 283, 302,

301.303. 360. 361.365, 366, 374 Beaulieu P.-A., 137 Becking B., 147, 149, 152 Beentjes P.C., 126 Begg C.T., 44 Bellarmino card., 9 Belo E, 239 Benedetto XV, 308, 320, 321, 325 Benedetto XVI, 8, 60, 185, 281, 328

Benoit P., 11, 112, 113, 253,310 Benjamin W„ 171 Berge K.L., 224 Bernardo di Chiaravalle, 98 Benzi G., 302, 303 Bertuletti A., 302 Best E., 42 Betti U., 322

Beumer J„ 304, 307 Beyerle S., 31 Bianchi C., 227, 230, 231 Black J.A., 25

Bloom H., 268 Bogaert R-M., 135 Bonaventura da Bagnoregio, 314, 365

360, 364, 370 Brekelmans C.H.W., 53 Brenk F.E., 35 Brett M.G., 298 Brettler M.Z., 152 Brinkman J. A., 142 Brisebois Μ., 77, 260 Brown K., 207 Brown R., 255 Budde K., 108 Bultmann R., 233, 239 Burigana R., 309 Burkhardt H., 37 Burtchaeli J.T., 10, 310 Bussino S., 130-133 Bynon T, 212

Cagni L, 28, 30,52 Cahill B., 373 Calabi E, 37 Calduch-Benages N., 15. 124, 126, 130, 132, 133, 241,343, 345,356, 367 Campbell B.L., 251 Campbell L., 215 Caragounis C.C., 258 Carson D.A., 45

Cattaneo E., 315 Chapman S., 207 Chavalas M.W., 140 Chenu M.-D., 298

INDICE DEI NOMI

Childs B.S., 261, 268, 298, 302 Cicerone, 36 Cimosa Μ., 112, 114 Ciola N„ 250 Cipriano di Cartagine, 133, 266,

373 Cirillo di Alessandria, 317 Claudio Eliano, 33 Clemente di Alessandria, 317 Cogan Μ., 51 Cohn L., 37 Colson F.H., 37 Cook J., Ill Cornelius a Lapide, 9

Costacurta B., 15, 62, 337, 340, 341, 359, 364, 366 Couturier G., 48 Cross EM., 118 Crouzel H., 80 Cunningham G.. 25 Dailey S„ 150 Davies P.R., 171 Day J., 53 De Jonge H.J., 243 Del Olmo Lete G., 55 Del Ton G., 109 Delling G., 252 Demetrio di Faleronte. 103 Deines R„ 37 Dhanis E., 314 Dijkstra Μ., 51 Dion P.-E., 51 Dodds E.R., 34, 36 Dorivai G., 112

Dubarle A.M., 114, 115 Dubovskÿ P., 15, 17, 136, 141,

260, 266,336,343, 347,348,

359, 365, 368 Dupuy B.-D., 315, 321 Dozetnan T. B.. 53 Ebeling J., 25

Eco U„ 228, 229 Egger-Wenzel R., 127 Eichrodt W, 291, 299 Eising H., 53 Eliano C., 33 ElizurS., 127 Esarhaddon, 22-24 Eschilo, 35 Esiodo, 34 Eterovid N„ 8 Eusebio di Cesarea, 109, 110

Fabris R., 315 Farkasfalvy D., 245

Fatio O., 306 Favi D., 11 Feldman L.H., 39-43, 45 Fernândez Marcos N., 102 Ferrer J., 126 Ferry J., 55 Filone di Alessandria, 37-39, 41, 42, 46, 94, 199, 254, 338, 369 Filopatore T, 33 Fischer O„ 207 Fisichella R., 318 Fishbane Μ., 87

3H0

Fitzmyer J.A., 78, 317 Flavio Giuseppe, 33, 38-46, 94, 136,338 Fiorir E„ 310, 322 Fliickiger-Hawker E„ 25

Focant C., 3154 Fokkelman J.P., 268

Forte A„ 125 Foster B.R., 28 Franco E, 319 Franzelin J.B.G., 10 Gabel H., 313

Gabler J.P., 296 Gadamer H.-G., 226, 239 Galilei G„ 236 Galil G., 152

Garbini G„ 149 Garcia Landa J.A., 160 Garcia Lopez E, 179 Garda Martinez E, 127 Garda Morales J.J., 310 Gass E., 51 Genette G., 268 GerckeA., 105

Gerstenberger E.S., 298 Gianto A., 15, 204, 207, 214217,219,343, 352,353,371, 375 GibertP., 9, 112, 156, 305,315 Gil E, 316 Gilbert Μ., 124, 125, 133, 134, 241,345 Giovanni Crisostomo, 134, 154,

329

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Giovanni Damascemp, 125 Giovanni della Croce, 98 Girolamo, 8, 10, 80, 81, 102,

103, 110, 111, 116, 121, 122, 125, 133, 306, 373 Gjerlow K., 211 Goethe J.-W., 271

Gould S., 281 Grabe J.E., 108, 152 Grabbe L.L., 144, 149, 152 Graffigna P., 38 Granados J.Μ., 15, 245, 343, 356 Graupner A., 31 Gray R., 43 Graziani S., 214 Gregorio Magno, 73, 238, 294, 306, 366

Grelot P„ 52, 112,315 Grilli Μ., 15, 223, 343, 354, 359, 372 Grillmeier A., 315, 321 Grindheim S., 257 Guidi Μ., 230 Guillemette P., 77, 260 Gunneweg A.H., 51 Gunkel H., 143 Gutierrez G., 239 Gzella H., 206

Habel N., 55 Hägerland T., 51 Haiman J., 207 Halperin J„ 163 Hayes J.H., 47

INDICE DEI NOMI

Hari Μ., 112 Hauret C., 114 Heidegger Μ., 371 Herder J.G. von, 371 Heschel A., 58 Hercsik D., 16 Herzer J., 37 Hoehner H.W.. 247.. 248 Hölderlin J.C.F., 371 Holladay C.R., 35, 36 Holloway S.W., 140 Holmes J.D.. 310 Hopper P., 215 HnisaL, 15,21,337, 338,364

Ignazio di Loyola, 9 Innocenzo I, 242 Ireneo di Lione, 304

Iser W., 229 Isidoro di Siviglia, 306 Irtmann N., 59 Izquierdo Garcia A , ] 12

Japhet S.. 142 Jones HS, 35 Kaiser O., 51 Kallai Z., 152 Kant I„ 307 Keller W„ 138 Kim Y.H., 53 Klassen W., 47, 339 Klein W„ 213 Klinger J151 Knauf E.A., 172

381

Knierim R., 298 Knohl I., 51 Knoppers G.N., 151. 182

Koch K., 56 Koperski V., 243 Kotrsieper !.. 51, 218 Kotzé A., 111 Kratz R.G., 152 Kuenen A., 108 Kunztmann R„ 194 Kyle McCaner P-, 206

Lacoste J.-Y.; 241,31^ Laghi P., 308 Lambrecht J., 189 Lampe G.W.H., 47, 48 Latourelle R., 318 Le Brun J , 307 Leichty E., 23

Lemche N.P,, 151 Lemmelijn B., 127 Léon-Dufour X., 290 Leone IX, 312 Leone XI11. 308. 321.325, 367 Lera J.Μ., 320 Lessius L.. 9

Levie J., 323 Lévinas E.. 163, 232, 239, 375 Levinson B.M,, 31, 178, 179, 182,268, 364, 372 Levinson S.C., 210 Levison J.R., 41-44, 46, 50 Levitte G., 163 Leskov N., 171 Liddel H.G., 35

382

Lichtenberger H., 144 Liesen J., I 26 Lincoln A.T., 247, 258 Lipschitz O., 218 Liverani Μ., 138, 150, 152 Lohfìnk N„ 93-96 Loretz O., 314 Lubac H. de, 284 Lubbock P., 164 Luciano di Antiochia, 105 Lust J., 53 Lutero Μ., 317 Lux R., 51 Lyons J., 209, 210 Maas P., 105 Mangey T., 37 Mannucci V., 287 Manzi E, 251 Marcione, 287 Martin E, 112 Martin G.D., 105, 120 Martini C.M., 302, 318 Mason S., 40, 44 Mazzanti A.M., 37 McCarthy D.M., 311 McKenzie J.L., 311 McLain Carr D., 149 McMahon A.M.S., 213, 215 Michele Paleologo, 312 Meier J.P, 192 Meinercz Μ., 112 Melitone, 109 Merldein H.» 247, 257 Merlo P., 52 MeyJ.L.,224

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Meynet R., 302 Mittmann-Richert U., 144 Moran W.L., 217 Mottu H., 59 Munnich O., 112 Murray R., 310 Muti R., 96, 87

Na’aman N., 141, 147 Nabonedo, 22, 25, 26, 338 Nabu-apla-iddina, 22, 27, 338 Nagel T., 317 Nanny Μ., 207 Neirynck E, 190 Nestle E., 109 Newman J.H., 310 Nicholson E.W., 53 Niebuhr K.-W., 37 Nihan C., 53, 260 Nissinen Μ., 24 Noble P.R., 262 Nohrnberg J., 177 Norden E., 105 Noth Μ., 51

Obier L.K., 211 O’Brien P.T., 45, 251 Omero, 33, 158 Origene, 80, 81, 105, 109, HO, 317 Ortosson Μ.. 213 Ovidio, 271 Paolo VI, 331 Park S.J., 147 Parpola S., 24

383

INDICE DEI NOMI

Parry D.W.. I I 8

Reiche B., 253

Pastor E, 321 Pelletier A., 38 Penna R„ 249, 250, 254, 290 Perego G., 290

Reimarus H.S., 307 ReyJ.-S., 127 Rendsburg G., 219 Rendtorff R., 268, 298

Perrone G., 10

Rescigno A.. 36 Reumann J.. 250 Reynier C., 254 Ricoeur P., 166, 167, 237, 302,

Perrot C., 112 Piccolo G., 235 Pié-Ninot S., 15, 16, 304, 315, 318, 361,362, 375 Pier J., 160 Pio X, 325 Pio XII, 308, 325, 328 Pisano S., 15, 100, 343, 344, 355, 359, 366, 367 Pitagora, 36 Platone, 34-36, 43, 375 Plessis P.J. du, 254 Plinio, 37 Plutarco, 36, 38, 42 PockJ.-I., 134 Polak EH., 218 Prato G.L., 125 Pul, 139-142, 347 Pulcinelli G., 250 Rad G. von, 57, 299-301, 360, 361 Rahner K., 7, 11, 12, 175, 176,

311,350, 369, 373 Ramsey G.W., 146 Ratzinger J., 11,369, 373 Ravasi G„ 15, 14, 271, 290, 358, 364, 368, 371,375 Reale G., 35

319 Rigaux B., 52 Ristau K.A., 151 Ritner R.K., 24 Rizzi A., 236 Roberts B.J., 1 01 Robson E., 25 Romagnoli E„ 34 Römer T, 108, H4 Rosei Μ., 51 Rosenblatt J.P., 179

Rossetti Μ., 131 Routledge C., 207 Rufino. 100, 241 Riiterswörden U., 31

Ryan S.D., 144 Saeed J.I., 209 Sâenz-Badillos A., 218 Saley R.J., 118 Salieri A., 97 Sanders J.A., 261, 268 Santos E. de los, 248

Schaudig H , 25 Schlier H., 247 Schmaus Μ., 304

384

Schmid K., 268 Schmidt L., 51 Schmidt W.H., 53

Schmitt H.-C., 51 Schnackenburg R._ 248

Schrage W., 198

Sditile A., 51 Schweizer E., 304

Scott R., 35 Segre C.. 230

Seifrid M.A., 45 Seniler J.S., 108, 307 Semmelroth O., 322

Seow C.L., 24 Sequeri P.A., 318 Sesboüé B., 9, 10, 175, 176, 305 Sfameni Gasparri G_, 37 Shephard G., 268 Siegen E, 37 Sievers J„ 15,44, 337, 338, 369, 371 Simmaco, 102, 120 Simon R., 9, 95, 307 Simonetti Μ., 80, 294 Sisto da Siena, 241 Sisto V, 9 Sitterson J.C., 179 SkaJ.L, 15,77,78, 89, 96,160, 171,182. 343. 353. 355, 358

364, 368 Socrate, 34-36 Sommer B., 50 Sonnet J.-R, 15, 17, 155-157, 161, 162, 169,336, 343, 349, 350, 365, 368, 370

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

Spieckermann H.. 152

Spilsbury R, 44, 45 Standaert B., 251 Starr L, 23 Steen C. van den, 9 Sternberg Μ., 158, 160, 162, 163,165, 167,174,177,179, 350 Stock K., 16 Stoebe H.J., 208 Strabone, 33

Straus D.E, 307 Sumney J.L., 252 Sundberg A.C., 108-111, 345

Talbert C.H., 248 Taylor J., 25 Taziano, 289 Teodozione, 102, 120 Teofilo, 304 Teone, 36 Tertulliano, 304 TedeyM.C., 147 Thackeray H.S.J., 42 Theobald C., 9, 14, 112, 126,

156, 235,237, 305,315, 372 Thiele W., 125

Tiglat-pileser III, 139-143, 147, 347 Tommaso d’Aquino, 306, 309 310,314, 327, 365, 368 Torrell J.-R, 310 Τον E., 105, 106, 117,121 Traugott E.C., 215 Troiani L., 35

385

INDICE DEI NOMI

Tromp S., 310, 314

Trotta G., 17 TrubletJ., 126 Tucker G.Μ., 298 Tzvi Abusch I., 137 Uehlinger C., 51 Ugo di San Vittóre, 96

Ulrich E., 105, 106, 118 Urso E, 251 Xeravits G.G., 244 Young I., 219 Younger K.L., 140, 147 Valentino C., 17 Valéry P„ 272 Vanhoye A., 251 Vaux R. de, 298 Vawter B., 306

Veltri G., 38 Verven ne Μ., 127 Verweyen H., 317 Vignolo R., 302 Vogels W, 55

Wagner A., 56 Wagner Μ.. 220

Wasserstein A., 104 Wasserstein D.J., 104 Watts J.W, 179 Weinfeld Μ., 152, 208 Weinrich W.C., 253 Weisman Z., 48, 51 Wendland P., 37 Westermann C., 56 Whitaker G.H., 37 Wicks J., 369 Willi A., 206 Williams D.T., 51 Williamson H.G.M., 152 Wolter Μ., 251 Woodard R.D.. 206 Woods C., 27 Wright N.T., 317

Zeilinger E, 251 Zesati Estrada C., 251 Ziegler J„ 120, 125 Ziegler K., 36 Zólyomi G., 25 Zsengellér J., 244 Zurli E.. 33

Indice delle citazioni

CITAZIONI BIBLICHE

nesi 145

12,3 12,10-20

113 166

152, 157, 267, 273, 367 156, 376

13,11 14,18-20

217 266

1-11

1

1,1 1,2

1,3 1,4 2 2,3-10

2,7 6-9 6,5

6,6-7 6.12 8,21 1 1 11,30 12-13 12-14

12 12,1-3

41

15

159, 168, 194, 351

163, 273 161

15,1 15,1-6

195 194

371 70

15,4-5 15,6

195 193, 194 168 159, 168

48,213, 371

15,8

97 162

15,13-16 17

158

17,198

159 162

17,9-10 17,10-14

137 157 166

17,17 18,12-13 18,22

195

18,23 22,18

157 157, 166

31,47

193 193 193 193, 194, 351 158 160 78

78

1 13 219

388

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

38,7

162

20,17

101

38,10

162 41

20,22 21-23

375 182

23,17 24

217

41,38

ido 2-3

160

2

161

2,23-25 2,24-25 3-4

161 161, 163 180

3,1 3,7 3,14 4,10

55 161, 163

4,11 4,12 4.15

4,16 12,29 13 1 3,32 14,1-15,18 14 14.16

14,21

14,26-27 14,31

15 15,1-18 15,6 15,12

15,17 17,14 19,1-2 19,16-24

275 179, 180, 276

180 179,180

179 179 81 173 173 169 169, 170 169,170 169, 170 169,170 64, 169, 170 170 70, 169, 173, 174

169, 170 169, 170 169, 170 181 55 55

181

24,3-7 24,3 24.4

182 181,182

24,7 24,10-11 24,12 25,8-9.40

181,182

31,3 32,8 32,11-14 32.16 32,30-32

33 33,7-11 33,11 33,12-13 33,20

33,23 34 34,5-7

35,31-33 35,31

181 285 177 25 41

216 70

177 70 51 51 49,50,177,332 70 285 50 197

50 278 41

Levitico

18,5 23 23,34

23,42-43

195-197, 351 88,89 88 88

389

INDICE DELLE CITAZIONI

Numeri 10,35 1 1 11,4-12,8 11,11-14 11-12

11,25 11,26-29 1 1.29 12 12.2 12.3 12,6-7 12,6 12,7 12,8 20

70 49. 51, 52. 340 51 70 51 49 51 49 50, 51,54, 340 50 184 50 52 50

177,180,181,285 179 180 20,1-13 180 20,24 22-24 51 22,7 51 41 22,22-27 52 23,5 41 23,7 23,16 52 162 24..1 41,52 24,2 24,3-4 52 179 27 180 27,14 51 31,16 162 32,13

Deuteronomio 3,26 4,1

165 67,195

4.2 4,6 4,10 4,12 5,16 5,21 5,22 5,32-33 5,33 6,2 6,4 6.6-9 6,24 8.1

8,2 8,3 10.12 11,29-30 12-26 13 13.1-6 13,1 13,2-4 17,4 17,15-22 18 18,9-22 18,10-12 18,10-14 18,15-22 18,15-18 18,15 18.18 18,22 23,4 23,5-6

183.284. 364 63 64 273 66 101 364 195 67 64. 66 66 66 64. 66

67, 195 160 67 64 101

182 340 84 183. 284, 364 54 216 84 53,340 53 37 53 53 37, 53 53 55 54 90 51

390

25 25,5-10

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

90

25,5 25,9 26,5-9 27,2-7 29-30 30,11-14 30,14 30,15-20 30,15 30.16 30.19 31,2

89 89 89 300, 360 101 367 196, 197, 351 197, 351 195 67 67 67 165

31,9-13 31,14 32 32,47 34,5 34.10-12 34,10

183 51 183 67, 374 179, 180 67 50, 51, 53

Giosuè 5.6 10.12-14 10.12 13,22 22,22 24.2-15 24,9-10 24,16-18 24,17-18

Giudici 2.1 1 4

175 236 236 41 164 176

51 176 369

162 167, 169

5 5,3 6,29 13 16

169, 173, 174 169

217 119 119

Rut

$.7 4.9

1 Samuele 1 1,1

i.ii 1,22 2,1-10 2.3 9,9 9,11 9,18 9,19 10.9-13 10,10-12 15.10 11 15,16 1(5-30 16 16,7 16,13-14 19,20-24 21 21,2-10

21,2-7 21,3 21,9 21,10

89,90 89

169 216 117.119 118 169 159 52, 212 52 52 52 49 24 165 165 167 167 159 43 44 188 188 186, 189 188 188 188

391

INDICE DELLE CITAZIONI

21,1 1 21,25-26 21,28 2 Samuele 2,22

7,4-5

11,27 17,14 23,1-2 23,2 24,11 I Re 3,5-14

3,28 5,12-13 8,14-21

8,65 11,6 11,29-39

19 19,11-12 21,19 22,5-28 22,15 22,19-23

2 Re 15 16 15,19-20 15,19 15,29 17 17.13

188

17.23

188

18-19 18,26 23-24 24,2

189

213 165 162 168

24,13

25,1 29,25

313 52

2 Cronache

68

371 43 175 162 57 55

55 45 44 44 44

141 139,140 142 140, 142, 147 147

57

144

218

153 57

57

l Cronache

43

68

57

278 177

9,29

177

21,16-17 27-28 29-32

142

144 1 144

Esàra 90

4,8-24 5,1-6,18 7,12-26

219 219 219

Neemta 1.1 8 8,13-18 8,14

8,15 8,16 8.18 9.29 10,35 10,37 13,1 3

158 87, 89, 364 88 90

88, 90

88

89, 90

195 90 90

90

392

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

13,1 13.24

90 219

Tobia 12,7 12,11

255 255

Giuditta 2,2

255

Ester

2,15 2,22 6,6 9,15

163 163 163 163

2 Maccabei 2,19-32 13,21 15,21-24

255 144

Giobbe 7,17-18 19,6 28,1-11

68 78 65

Salmi 1 2,6-9 8-11 8 12.6 13,16

15 31 31.1

37 44.2 49 50,7-21 60,8-10 62,12 68,23-24 78

94

70 69 1 13 68

69 375 113,114 193 193

78,3-6 78,3-4 78.3 78,14 81,6-17 90

92,2-3 105 106 106,7 110,1 110,4 112 119 127 132,11-12 132,14-18 135 136 136,10 144

151 Proverbi 1-10 1,7 1,20-23

70 174, 368 70 69 69 6'9 69 171-173, 184, 349,350 172 173 174,368

173 69 70 366 173 173 174 69, 248 266 70 70 70 69 69 173 173 81 68 243

221 64 68

393

INDICE DELLE CITAZIONI

2,1-6

3,1-3 4,20-22 6,20-23 7,1-3 8 8,35-36 30,6

31,10-31 31,26 Qoelet 3.14

Cantico dei Cantici 1,2

66 66

67 67 67 64 64 284, 364 68 68

364

120

Sapienza i

2,22 6,22 8-9 9,6 14,15 14.23

Siracide 1,12 2 2,1-18 2,1-6 2,1-3 2,1 2,3 2,4-6 2,4

2,5

255 255 68 256 255 255

64 130 130, 133 130

13U 134 134 130 130 13",134

2,10-11

130

3,7 14,12 15,1-20 15,11-17 16,1-16 16,5-10 16,10

134

16.11 16,17-23 16,17 16,18-19 16,20-22 16,22

16,23 18,13 19,20 22,22 24 24,2-3 24,3 24,4 24.8 24,18-21 24,20 24,25 25 25,7-10 25.10 25,12 26,6 26,22 27,16

27,17 27,21 39,5-8

132 131 134 131 131 131 131 132 132 132 132

132,133 132 131 129 255 64, 66 64 128 64 64 65 129

133 125 132 132 131 134 133 255 255 255 128

394

44-50

48,17-25 50,27 Isaia 1,10-20 5,20 6 6.3 6,6-7 7 7.9

7.. 14 8.16

10,23 11,2 20,1-6 29,13 29,15

36-37 36,11 40.2 40.3 45.1- 6 51.2- 3 55.10-11 61,1-2

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

130 144 94

79 162 55 276 56 141 264 113 370

317, 373 128 57 189-192, 351 164 144 218 214 214 52 261 331 374

Geremia 1.5 1.6 1.9

1.10 1,11-12 3.18 7

50 276 56,202 56 375 213 59

7,22 8,8-9 9,24-25 10,11 10,23-24 13,23 14,7-9 14,14-15 15,16 15,18 15,20 16 17,14-18

17,15 18,19-23 19 20,7-18 20,7-13 20,7 20,8-9

20,9 20,18 23,16-18 23,16 23,21-22 23,23 26,17-19 26,18-19 27 27,4-11 31,31-34 36

79,285 59 59 219 59

59 59 84 58 59 60 57 60

58 60 57 60 70 58 59, 276 60, 274 61 84 58 84 59

86 144

57 52 276 370

Barui ■

3,38 6,57

332 375

395

INDICE DELLE CITAZIONI

55 56

Gioele 3,1-2 3,4

49 120

4-5 18,9 18,21

57 195 195

3,3-8

277, 370

20.1 1 20,25-26

195 286

24,15-27 33,19

57 195 261 48

Ezechiele 1 3,4

33,24 37,1-14

3,8

57

5,21-27

79

Abdia 1-3

164

Giona Daniele 1,20 2,18 2,19 2,24 2,27 2,28-30 2.28

2.29-30 2,29 2,47 3,24-45

3,46-90 8.1 13-14

3.4 217 255 255 218

255 255. 258 255. 256 255, 256 255

1-3 6,6 10,1 5

Abacuc

3

1,18-25 1,22

255 241

241 218

5.17 10,20

241

12,1-8

57 79 79

70

Matteo

1,23 3,3 3,16 5,17-19

Osea

120

13,35 13,52 15 15,8-9 17,1-8 17,5 19,3-12

230 313 113 214

366 284 293 366 186 254

8, 123 192 189 55 366, 376 265

396

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

19,8

292

19,13-15

265

22,43

366

27,37 27,46

82

60

Marco

1.3 2,23-28 2,25-26

2,27 7 7,1-23 7,1-13 7,1-5 7,1-4

7,1 7,2-4 7,2 7,3-4 7,3 7,4

214 186,350

187 187 189, 191, 192, 203 189,262, 263 189 263, 264, 267

189 189, 190, 263 263 189, 263 189, 190 190

190

7.5-13 7,5 7,6-13 7,6-23 7,6-14

189,190 189, 190, 263 263, 267 190

7,6-7 7,7 7,8

189-191,351 191 190 190, 263 190

7,11 7,13 7,14-16 7,14-15 7,14

263

263 263, 267 190

7,15-23 7,15 7,16 7,17 7,18-23 7J9 7,23 9,2-8 10,1-12 10,13-16 10.33 13,14

14,10

15.25 15,26 15,34

190, 262.263. 190, 263, 190,263, 190,

263 263 267 267 267 263 190 55 265 265 166

367 167 81 82 60, 81

Luca 1,1-4 1,1-3 1,2 3.4

4,18-19 4,14 6,1-5 9,28-36 13.6 18,9-14

18,15-17 23,38 24,27

184 184

369 214

234 374 186 55 212 265 265 82 374

Giovanni

1,1-18 1.1

267 273

397

INDICE DELLE CITAZIONI

1,18

278, 285 214 1,23 374 1,45 374 3,16 4,26 375 374 5.39 374 5,46 374 6,46 10.10 374 278 14,6 276 15,1'11 332 15.14-15 314 16.13 81 19,14 19.19 82 184.369 19,35 184 20,30-33 12, 243, 297,312 20,31 313, 327, 372, 374 184 21,24-25 Ani degli Apostoli

2,25-31 2.30

3,25 10 10,33 10,34-43 13,35-37

Romani 4 4,1-8 4.4 4,9-10 4,11

113 43 113 203, 351 201

201,203 113

193, 249, 351 195 195 193 193, 194

9,28 10 2 10,4-13 10,5 10,6-8 10,14-15 15,4

l Corinzi 2.1 2,7 2,6 4.1 12 15 15,35-41 15,36-38 15,39-41 15,42-43 16,17

2 Corinzi 2,6 3,3 3,7-16 4,3 8,14 9,12 1 1.9 12,9

317, 373 196 195 195 195, 196. 351 273 305, 361

253, 258 258 253 253 248

203 197 198 198 199 251

97 373 197 313 251 251 251 277

Galati

3 3,8-9

249 113

OGNI SCRITTURA È ISPIRATA

398

Efesini 1,9-10 1,9 1,13 1,20-23 1.21-23 2,11 18 2.1 1-22 2.12 2,14-18 2,16 2,18

3,1-13 3,1-7 3,2-13 3,2-3 3,3-13 3,3 3,4

3,5 3,6 3.8-13 3.8-9 3,9 3.10 4.11-16 4,13 4,18 5,21-33 5,32 6,19

249 246, 257, 332 313 249,259 248 247 247,249 249 247, 248 248 332 246,257, 356 250

246,

246,

246, 246,

257 250 250 247, 257 246,248 249,254 149 250 249,250 254, 257 250 248 253 292 248 248, 257 250, 257

1,21-23 1,21 1,22 1,23-29 1,23 1,24-2,23 1,24-2,5 1,24-29 1,24-25 1,24 1,25-2,5 1,25-26

1,25 1,26 1,27-28 1,27 1,28 1,29 2,1-5 2,1 2,2-3 2,2 2,3 2.5 2,6-15 2,21-22 3,4 3,6 3,10 3,11 4.3 4,12

252 248 254 257 252 251 251,252, 356 251,258

251 251 246 252 251, 257 254, 257 253 252, 253, 257 252, 253

251 251,252 251 253 253, 257 254 257 251 192

251 257 257 251 257 254

Colossesi

1,5 1,9-12 1,15

252 251 332

1 Timoteo 1,17

332

399

INDICE DELLE CITAZIONI

CITAZIONI NON BIBLICHE

2 Timoteo 3,15

313

283, 331

3,16-17 8, 12, 14, 243, 297 3,16 304, 312, 327, 361,364

1,1-2

1,1 3,7

7 10,7

366 284,313

313 266 374

2 Pietro 1.4 1,19-20 1,19-21 1,21 3,15-16

332

327 243, 297, 304, 312, 361 9, 14

243, 297, 305, 312, 327

1 Giovanni 1,1 2.1 2.13-14

Apocalisse 22 22,18-19 22,20

Atti di Pietro

Agostino di Ippona Contro Felice 1,10 314 Esposizioni sui Salmi 62,1 306 Il consenso degli evangelisti 1,35 La città di Dio 16,22

184

367 284,364 369

306 266

18.43 18.44 La dottrina cristiana

122 121

2,13 3,10,14-16 La Genesi alla lettera

HO 80

2,9,20 290,313 La grazia e il libero arbitrio 1,2,3 134 Specchio di precetti morali

240 369 184

91

Aristobulo fr. 3

134

35

Aristotele Perì Poiètikes

183

Atanasio Lettera festale 39,3-4

110