Numenio d'Apamea. Un precursore del neoplatonismo

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NUMENIO n•APAMEA

BJBLJOTBIOA.

DBIL

"

GIORNA.LBI ITALIANO DI

l. L. PEPE Marziale

pp.

B'JJ.OLOGlA ,,

L.

222

2. N. SCIVOLETTO Spiritualità medioevale e tradi zione scolastica nel secolo

XII in Francia

pp.

di E MERONE

4.

pp.

­

»

232

3. Rutilius Claudius Narnatianw; de reditu suo cura

soo

1.500

a

900

188

Marco Aurelio latino a cura òi L. PEPE pp.

5. F.

M. BRIGI\."'LI Studi ciceroniani pp.

6. L.

PEPE Studi petroniani pp.

172

164

140

»

2.500

»

1.500

»

1.200

»

2.000

»

1.000

»

.2.500

»

3.000

»

1.200

7. M. SANTORO Tristano Caracciolo e la cultura napoletana della Rinascenza pp. 192

8. E. pp.

MERONE Sulla

lingua

di

Valeria

Flacco

120 9. L. PEPE Per unt'l storia della na"ativa latina

pp.

208

pp.

10. 294

E. V. MARMORALE Pertinenze e impertinenze

Il. G. MARTANO Numenio d'Apamea

pp.

124

BIBLIOTECA DEL

"

GIORNALE ITALIANO DJ FILOLOGIA •• Xl

GIUSEPPE MARTANO

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A

UN PRECURSORE DEL NEO-PLATONISMO

ARMANNI · NAPOLI •MCMLX

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

Istituto della Stampa - Via S. Giov. Magg. Pignatelli 29 - Napoli

Ridedico questo giovanile lavoro a mio padre e alla santa memoria di mia madre.

AVVERTENZA

Un chiaro precursore del neo-platonismo ho ravvi­ sato in Numenio di Apamea, neo-pitagorico platoneg­ giante del Il sec. d. C., ricordato dagli studiosi come autore di una teologia trinitaria, e da taluni giudicato come semplice tramite tra il neo-pitagorismo e il neo­ platonismo. Lo scopo del presente lavoro è quello di contri­ buire ad una piu adeguata conoscenza di un momento della vita speculativa di un secolo ricco di fermenti spirituali e non soverchiamente penetrato, e - piu essenzialmente - di mettere in rilievo i rapporti dot­ trinari tra questo dotto siriano (la cui opera è andata perduta e deve essere ricostruita sulla base di pochi frammenti e testimonianze desunti da varie fonti) e il grande pensatore di Licopoli. Non pochi tratti - e sono proprio i piu salienti della dottrina d1 Plotino sono rintracciabili in alcuni motivi della speculazione numeniana. La letteratura intorno a Numenio è esigua: un'ac­ curatissima dissertazione puramente filologica dob­ biamo allo studioso tedesco Federico Thedinga, alla cui raccolta di excerpta io rinvio il lettore; una parziale rac­ colta, contenente soltanto i frammenti tramandati da Eusebio nella Preparazione evangelica, fu curata dal fi­ lologo tedesco F. G. Mullach che tradusse i frammenti in latino; un unico lavoro monografico con relativa rac­ colta di frammenti e traduzione in inglese, è merito

AVVERTENZA

8

deUo scozzese Kenneth Sylvan Guthrie. Questo lavoro, oltre agli innumerevoli pregi - principalissimo tra gli altri quello di rappresentare l'unico. tentativo di rico­ struzione della personalità filosofica di Numenio, e l'u­ nico saggio di traduzione (raramente imprecisa, quasi sempre felice) in lingua mode ma dei frammenti, ai quali l'Autore ha aggiunto: alcune testimonianze già opportunamente inserite dal Thedinga nell'introduzione latina alla propria raccolta, e qualche passo di pater­ nità plotiniana secondo lui attribuibile a Numenio presenta qualche lieve menda per quanto riguarda la interpretazione e l'inquadramento storico della figura dell'Apameo. Si deduce da ciò che ho ritenuto di fare opera utile, divulgando in Italia la conoscenza di codesto fi­ losofo, dando nella stessa esposizione ricostruttiva della dottrina un saggio di traduzione dei frammenti di va­ lore speculativo (solo di tre frammenti ha dato tra noi traduzione il Mondolfo), e pronunciando un giudizio critico sul significato e sul valore storico delle esigenze di pensiero avvertite dal dotto platonico di Apamea.

G.

MARTANO

Napoli, settembre 1940

Ripubblico l'ormai antico lavoro, attenuandone la giovanile acerbità e correggendone qualche svista. Ho esaminato, pei frammenti da Eusebio, la re­ cente edizione della Praeparatio evangelica curata da Karl Mras. Dell'esortazione a ripubblicare e di alcuni consigli preziosi sono grato all'illustre pro/. Guido Calogero.

G. Napoli, marzo

1960

MARTANO

l.

-

LA VITA

E GLI SCRITTI.

Numenio nacque in Apamea di Siria (1). Non soltanto ci è impossibile fissare dati crono­ logicamente precisi intorno alla vita di questo filosofo pitagorico-platoneg�iante, ma siamo addirittura privi di qualsiasi particolare biografico su di lui. Fino a tutta la prima metà del secolo scorso fu ritenuto discepolo di Filone Alessandrino, perché se­ guace degl'insegnamenti dell'ebreo ellenizzante; ma si pensò poi che non direttamente, bensi per il tramite di qualche seguace di quel filosofo egli ne avesse cono­ sciuto la dottrina (2). L'incertezza intorno a questo interrogativo sul pe­ riodo storico a cui appartenne, è stata oggi eliminata. Numenio deve essere vissuto nel secondo secolo dell'era volgare : anzi, si può precisare, nella seconda metà del II secolo d. C. A tale convinzione ci induce la seguente conside(l) Secondo n Niebhur sarebbe l'attuale Qal'at al-Mudiq sul­ l'Axios (l'antico Oronte). Che Numenio sia di Apamea è traman­ dato da PoRFIBIO nella Vita di Plotino c. 17; c-he si tratti di Apa­ mea di Siria (altre città orientali portarono lo stesso nome) lo at­ testa n lessicografo greco SUDA (XI sec. d. C.) dicendo: A"Otf.LaU,' 4"ll .tupte�,, cptÀ6aocpo, llu&-e�r6pato' x·d.... Il N. non va confuso con un Numenio pirroniano, nè con un Numenio autore di un trattato sulla pesca. (2) V. Dictionnaire des sciences philosophiques Paris 1849 alla voce Numénius, di J .MATIER. •

.

lO

NUMENIO

D' APAMEA

razione : se il primo scrittore che parla di Numenio è Clemente Alessandrino probabilmente (3) Numenio va ritenuto, con presunzione generica, di poco anteriore allo scrittore che lo cita per la prima volta. Inoltre Ar­ pocrazione, che seguiva la dottrina trinitaria nume­ niana, era scolaro di Attico (4) : ciò induce a pensare che Numenio fosse contemporaneo di questo maestro, che sappiamo vissuto ai tempi di Lucio Vero e di Marco Aurelio. Duplice considerazione, che, in mancanza di altri elementi minimamente probanti, ci convince. Il Thedinga (5), confutando l'opinione non facil­ mente sostenibile secondo la quale Numenio sarebbe stato il precettore di Platino, pone un margine di po­ chi anni tra la morte del filosofo di Apamea e la na­ scita del pensatore di Licopoli. La data di morte di Numenio cadrebbe in tal modo all'incirca verso il 200 d. c. Quello che è fuor di dubbio è che Numenio rice­ vette un'educazione greca. La sua cultura tipicamente ellenica, pur sotto l'influenza di una nutrita conoscenza delle numerose dottrine teologiche e misteriosofìche orientali, ne è la prova migliore. Alessandria d'Egitto fu l'ambiente in cui si formò, e - non è da escludere l'ipotesi di uno studioso scozzese, K. S. Guthrie (6) -

(3) ZELLER Philosophie der Griechen VI Lipsia 1923 p. 234 5. (4) PROCLO in Timaeum p. 93 B (cfr. THEDINGA De Numenio philosopho platonico Bonn 1875 p. 1). (5) THEDINGA op. cit., loc. cit.: c Praeterea errat Barthius cum dicit N. fuisse Plotini praeceptorem nec videt hane·sententiam llii priori repugnare: nam Plotinus anno p. Chr. n . 205 nalus est». nota

LA VITA E GLI SCRI'ITI

11

ivi dovette svolgere non solo i suoi studi giovanili ma anche il suo insegnamento. Lo stesso scrittore crede non improbabile un viag­ gio di Numenio ad Atene, ove costui avrebbe consta­ tato lo stato di crisi e di decadenza in cui versava la glo­ riosa accademia platonica : e proprio tale esperienza lo avrebbe indotto a scrivere la storia della successione di Platone (7), formulando sugli accademici il vele­ noso giudizio, che esamineremo a parte. Ma, prescindendo da questo incerto viaggio ad Atene, esaminiamo piuttosto la tesi del soggiorno di Numenio ad Alessandria. Essa può essere suffragata dalle considerazioni sulle relazioni tra il pensiero di Numenio e le dottrine dei Valentiniani, sull'influenza che sulla dottrina di Numenio esercitarono le teorie di Filone e gli scritti ermetici, oltre che dalla evidente presenza di riferimenti ai sapienti egiziani, ai culti e alle tradizioni dell'Egitto : tali riferimenti sono dis­ seminati qua e là, nei frammenti superstiti dell'opera dell'apamense. Del resto mi pare che, se non lo docu­ menti, almeno induca fermamente a credere come certo tale soggiorno, il fatto che nella scuola alessandrina del II secolo, quando una nuova linfa si sprigionava dal pensiero greco producendo Platino e la schiera dei neoplatonici, troppo grande fu la vitalità di alcune dot· trine di indubbia derivazione da Numenio, e cosf ra-

ritiene probabile la permanenza di N. ad Alessandria di Egitto c in considerazione della sua iniziazione a misteri eleusi ni ». Ma non è questo l'argomento decisivo. (7) Nei framm. dal nep� 1:fJI: 1:liiY "Axcz81jp.CIItx/Dv 'ltpb' m.«i'I:(I)YCI a�cza'l:«iaam, (cfr. THEDINGA op. cit. frammenti I-VIII, pagg. 28-45).

NUMENIO D 'APAMEA

12

dicata la professione delle teorie da lui insegnate (8), da farci ritenere come sicure e la presenza del maestro e la persistenza dell'eco delle sue idee nella tradizione della scuola. Che, del resto, la sua personalità di pensatore e di erudito debba aver avuto una vasta risonanza, è fuor di dubbio se si considera che Origene (9) ha avuto per Numenio espressioni di stima e di favore. Mettendo punto a tali troppo generiche considera­ zioni sulla figura e sulla vita del filosofo, abbandoniamo altre ipotesi e congetture, preferendo piuttosto di pas­ sare a far cenno, sulla scorta delle testimonianze, delle sue opere. o o

o

Dai frammenti superstiti e da qualche scarna te­ stimonianza che talora si riduce alla sola citazione del titolo di un'opera, possiamo ricavare notizia di sette opere attribuite a Numenio. E precisamente sappiamo che scrisse : 'tciy�&ou. ll!pt 't'i)� 'ttòV • AxtJ:S'Jlf.LtJ:txoov 7tpÒ� SttJ:O't�O!(I)�. 3. llepl ci òeudpcp n:epl liT&%paLot� �uxfl�. Nel 7tEpl 'tli)v 7totpà. llÀii'twvt IÌ7topp�•wv Numenio do­ veva probabUmente trattare dei misteri eleusini, e tentar­ ne, forse, la conciliazione con le dottrine misteriche di Pi­ tagora e di Platone. Non ci rimane che un solo frammento in Eusebio (36), e un'affermazione, testimoniante l'inte­ resse di Numenio per la misteriosofia, in Macrobio (37). Quest'opera ci rivelerebbe in Numenio un volga­ rizzatore spregiudicato e liberalissimo dei segreti mi­ sterici, un illuminista dell'antichità, banditore di un deismo naturale, secondo lui unico e vero fondamento di tutte le religioni antiche. Doveva però trattarsi di un breve trattato di un solo libro se Eusebio, nel tra­ mandarlo, dice: lv •ii> nepL., 'X'tÀ. Inoltre: accanto al citato trattato suìl'indistruttibi­ lità dell'anima Origene cita i titoli di tre altre opere di Numenio: 'E7to�, nep1 1Ìpt3-J16)v, 7tepl 'to nou (38). L' "Eno�. stando al titolo che ricorda il famoso uccello della divinazione, doveva trattare dei misteri e­ leusini e dell'iniziazione ad essi. Quest'opera, come può evidentemente desumersi dalla lettura del frammento (35) Contra Celsum V p. 276 H, testè ricordato. (36) Praeparatio evangelica XIII, 4 extr. p. 650 c (cfr. fr. XLI racc. Thedinga). (37) Somnium Scipionis I, 219, cfr. MACROBius, Lipsia, 189:3, pag. 483 (inserito nella racc. del Guthrie, fr. LIX).

(38) ORIGENE contra Celsum c. IV 51 p. 204 ed Hoeschel (cfr. THEDING.\ op. cit. pp. 17-18) : 'Eyoo l)' oti)Ot xczl Nou��o"ljvtov ,;6v Du&e�y6 patov , c!vl)pat 1l:OÀÀip xpat"ttOV /)t1jT1jai��oavov ,;6v llÀci"tWVOt

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18

NUMENIO D'APAMEA

di Origene, era di un unico libro. Che Numenio si fosse interessato profondamente alle dottrine misteriosofìche si può ricavare da un passo di Macrobio (39). Allo stesso libro pare che si debba attribuire ciò che un commentatore neoplatonico annotò nel Fedone su Numenio (40). Comunque nessuno di questi luoghi dà elementi per gettare un po' di luce sul contenuto specifico di quest'opera. Del nEpl t6nou e del Tt!pl clpt&JLriV non conosciamo che soltanto l'esistenza per bocca di Origene (41). Se non è possibile ricondurre alla prima opera, che certa­ mente avrà contenuto uno sviluppo o un'interpreta­ zione delle teorie platoniche sullo spazio, nessun luogo, si è voluto ravvisare come riguardante la seconda un passo del commentario di Proclo al Timeo (42) in cui l'autore accenna alla tetpelxtuç;, il simbolo dell'anima spiccatamente pitagorico; ma poiché, nota a proposito il Thedinga (43), non si può definitivamente attribuire questo passo, peraltro di poche parole e per niente chiaro, per la sua frammentarietà, a Numenio (44) de(39) MACROBJO Satumalia I 17, 65 (cfr. fr. XLII racc. Thed.). Questo passo (che pilt avanti esamineremo) allude alle dottrine dell'Upupa. (40) OLIMPIOOORO in Phaed. p. 66, 23 Finkh (cfr. fr. XLIII racc. Thed.). (4 1) V. framm. citato in nota (38). (42) PRocLO in Timaeum 225 A, 226 B (cfr. THEDINCA op. cit. pp. 21 e segg.). (43) Op. cit. luogo citato. (44) Il passo comincia cosi: c Teodoro di Asina imbevut" degli insegnamenti di Numenio [questo è tutto!] ha raccontato in maniera davvero insolita dei fatterelli sull'origine dell'anima dalle lettere, dai caratteri (forme) dai numeri...» ecc. Il seguito è lacunoso ed incomprensibile.

LA VITA E GLI SCRITTI

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cisamente (pare attribuibile ad Amelio), la questione è tanto oziosa quanto vana. E per ultimo : deve essere aggiunto all'elenco delle opere di Numenio anche un 7tept 'ti)ç uÀTl i t Nella biblioteca dell'Escuriale esiste un codice ma­ n oscritto (45) che riporta un brano, facente parte del corpo delle Enneadi, con un titolo : llÀa,.tlvou nep'l. 'tY)ç; uÀ71ç. La singolarità è nel fatto che da mano posteriore è stata cancellata la parola llÀ(I)'tlvou e vi è stata so­ vrapposta la scritta Noui-LTlvlou. Piu oltre termina quel capitolo, e ne comincia uno nuovo, scritto con la stessa mano e recante il titolo : llÀ(I)'tCvou 1tep'l. al6)voç; xtd xp6vou (46). La cosa fu discussa (47), ma il Thedinga (48), at­ traverso un'accurata critica interna, credette di poter concludere, stanti la diversità dello stile e la natura dell'argomento (la concezione della materia nettamente numeniana, secondo lui), che si trattasse di un passo di un'opera di Numenio recante il titolo 7t!pt 'ti)ç; uÀ71ç. In merito alla natura dell'argomento si può subito osservare che la considerazione è insufficiente perché, come si dimostrerà nel corso di questo lavoro, il con­ cetto di materia in Platino è nettamente aftine a quello di Numenio, ed alla teoria numeniana di netta intona­ zione timaica certamente il grande maestro di Ales­ sandria dovette ispirarsi. (45) Cf. ms. � Il, 11, n. 205, fol. 291 r. (46) Cf. Enneade III, 7. (47) Cfr. RuELLE Numénius et son prétendu traité sur la matière Rev. de phil. 1896. (48) F. THEDII\òGA Plotin oder Numenios? in Hermes 1917, 1919, 1922.

' NUMENIO D APAMEA

20

Quanto agli argomenti di natura stilistica, essi deb­ bono essere accettati con massima riserva perché nelle Enneadi è frequente una diversità di linguaggio dovuta spesso alla natura degli argomenti trattati, e talora al fatto che l'opera è redatta in una forma che trad�ce quella dialogica della lezione. Del passo in questione, che corrisponde all'Enneade III, VI, capp. 6-19, non può quindi escludersi in senso assoluto l'autenticità (49). Il tenore analogo degli argo­ menti è una prova in piu a sostegno della tesi che ci ac­ cingiamo a sostenere : che in Platino, cioè, fu sensibile l'influenza numeniana. In merito alla ipotesi che Numenio abbia scritto come lo Zeller afferma e il commentarii al Timeo Thedinga nega -ci vien fatto di considerare che Nu­ menio in due frammenti, che ricaviamo da Eusebio (50), ripete a memoria due brani di quel dialogo. Ciò, però, se attesta la conoscenza profonda del dialogo che fu il centro della speculazione e dell'insegnamento dell' Apa­ mense, non fornisce una prova, d'altra parte, che egli ne abbia lasciato commenti scritti : dei quali non si ha la benché minima traccia. -

(49) V. e

a

riguardo BRÉHIER Plotin Paris, 1924, pagg. XX

segg. dell'introduzione, e le



notices • relative ai passi la cui

autenticità è contestata.

(50)

EusEBIO

·

praep. evang. XI 9 § 9 (cfr. X.XI, racc. Thed.)

e ivi VI, 18. § 22 (cfr. fr. XXXI racc. Thed.).

II. LA l.

METAFlSJC:\

Il concetto di ente e quello di materia.

Per ricostruire la dottrina metafisica di questo dotto orien­ tale, è utile prendere le mosse da uno dei più importanti frammenti tramandati da Eusebio : in esso il filosofo si pone il problema della realtà. La soluzione di questo problema è d'impronta deci­ samente razionalistica : Numenio è una figura espres­ siva della tendenza - predominante in tutto il movi­ mento di idee del II sec. d. C. - ad opporsi ad ogni forma di materialismo e di gnoseologia sensistica - pro­ prie degli Stoici e degli Epicurei - ed a concepire spi­ ritualisticamente il reale. Esaminiamo questo primo frammento, in cui Nu­ menio si chiede che cosa sia 'tb �v (1). Facendo propria, sulla scorta platonica, l'intuizione razionalistica eleatica, egli esclude dal concetto di essere il mutevole, impli­ cante l'esser generato e il perire. Non sono quindi l'es­ sere « né i quattro elementi, né la materia», essendo q\}est'ultima « piu di ogni altra cosa incapace di esserlo, per la sua stessa natura contraria ad ogni permanenza; è infatti la materia come un fiume rapido ed impetuoso, immenso ed infinito, per profondità, larghezza e hm­ ghezza ». Dopo aYerla posta fuori del concetto di essere, Nu(l)

-

EuSEBio praep. evang. XV

17,

l. 2

\Iras (cfr.

Xl

-

Thed ).

22

'

NUMENIO n APAMEA

menio continua (2) con un rigoroso ragionamento ad e­ saminare la materia. Ma deve qui soccorrerei nell'esame del frammento di Eusebio un passo di Calcidio (3) che offre maggiori chiarimenti per la intelligenza della teoria numeniana sulla materia. Nel frammento riportato da Eusebio, Numenio de­ finisce la materia interminata e come tale infinita (4). Assumendo l'irrazionalità e l'inconoscibilità di essa, se ne deduce l'attributo di disordinata, e quindi la ne­ cessità di intenderla come non essere. Il ragionamento si fonda sul concetto di indetermi­ natezza della materia, meglio chiarito nell'altro passo precedentemente indicato, in cui Calcidio, riportando i motivi della polemica sulla materia tra Stoici e neo­ platonici, riferisce che Numenio considera la materia come il sostrato inconoscibile su cui si sviluppano le for(2) Ibid. XV 17, 3 (cfr. XII Thed.). Il discorso vi procede con rigore : N. prima parla di cose corporee , poi di materia. I corpi non sono l'ente perché nascono e periscono. La materia, invece, è ingenerata perché essa è altro dal corpo singolo : essa è, come vedremo, il sostrato informe dei corpi. Ma pur essendo ingene­ rata, ossia non soggetta nella sua essenza nil a nascita nè a morte, essa, poiché è mutevole, non può identificarsi con l'ente (l'essere parmenidep). (3) CALCIDIO commentarli in Platonis Timaeum cap. 293 bis 297 (cfr. XIV-XVIII Thed.). (4) Riporto il frammento: c Perciò è ben detto che se la ma­ teria è interminata essa deve esser infinita; se è infinita è irra­ zionale; se irrazionale, inconoscibile e come tale essa deve essere priva di ordine, cioè confusa, giacché tutte le cose che rispondono ad nn criterio di ordine sono facilmente conoscibili, mentre in­ vece non si conosce ciò che è perturbato, nè pertanto (ciò che è inconoscibile e perturbato) potrà considerarsi l'ente ecc. ,. (cfr. XII Thed.).

LA.

METAFISICA

23

me. Naturalmente la materia, fatta astrazione, nella sua propria natura, delle fonne che la determinano, rimane come un quid caotico ed inconoscibile (5), come una real­ tà illimitata - perché amoda - e quindi indefinibile entità metafisica che non sarebbe entità, in quanto e­ esclusa dal concetto di ente (si noti la contraddizione), da un lato; oppure va intesa come una realtà intelligibile con valore puramente dialettico, dall'altro. Ma l'interpetazione di questo concetto sarà data piu oltre. Ora ci è utile stabilire che la materia amoda, fondamento del divenire, inconoscibile, infinita ed inde­ terminata, non può essere ritenuta veramente "tÒ �v. Giova però sottolineare che la materia cosi intesa sostrato, cioè, amodo delle cose formate - non è ge­ nerata (perciò non è limitata). Quello che è generato è, in essa, il suo abbellirsi e il suo armonico ordinarsi, che, come vedremo, è atto di un dio-artefice. Calcidio riferisce che questa concezione della ma­ teria (6) è di Pitagora, ma che da essa dissentirono al­ cuni pitagorici. Secondo costoro l'indeterminata diade in (5) Anche qui cito la parte sostanziale del franunento di Calcidio testè ricordato: c E similmente sforzandosi di mostrare c di porre in luce la nuda immagine della selva, dice che va con­ siderato con la mente come ciò che rimane quando si siano tolti i corpi singoli che ricevono le forme dal grembo di quella [int.: la provvidenza], e le mutano: questo [che rimane permanente­ mente come sostrato del mutare deUe forme] è ciò che si chiama selva e necessità ,. . Quindi per Numenio le qualità sono incor­ poree, identificandosi con la forma in cui l'oggetto sorge come tale: incorporea la forma (o qualità), inconoscibile il sostrato (la materia amorfa). (6) CALCID. comm. in Plat. Tim. cap. 293 p. I (cfr. fr. XIV Thed.).

24

NUMENIO D' APAMEA

cui la materia consisterebbe, sarebbe venuta da « un'u­ nità recedente dalla sua natura e transeunte in una for­ ma di diade ». Questo allontanamento di alcuni dalla dottrina originaria non pare preludere ad una soluzione monistica del dualismo pitagorico? Invece Numenio non l'accetta « perché allora quella che era unità cesserebbe di esser tale, e sussisterebbe quella che non era : la diade ». Esistono la monade e la diade, lo spirito e la materia, la realtà e l'irrealtà, la provvidenza ordinatrice c la selva, e dal loro intederirsi sorge il mondo. In tal modo Numenio si oppone nettamente agli Stoici, che ritenevano la materia finita e limitata. Inoltre gli Stoici consideravano la materia « indif­ ferente » quasi come una naturale intermediaria tra il bene e il male, mentre Pitagora la reputava una forza nociva. Sia Pitagora che, sulla sua traccia, Platone, cre­ devano che Dio fosse il principio del bene e la materia quello del male. La materia è dunque, per Numenio, il sostrato delle forme, è il principio del male (7), e come tale nello stesso tempo non è l'ente, perché ciò che di­ viene è commisto di essere e di non essere, mentre ciò che è non può avere - lo dirà piu avanti Numenio­ che caratteri di staticità, di immobilità, e di eternità. Ma, rinviando a suo luogo l'esame compieto del concetto di materia, ritorniamo, invece, alla ricerca di che cosa sia 'tÒ ISv. Escluso dal concetto dell'essere la materia, che co-

(7) Numenic loda Eraclito di aver rimproverato Omero, che desiderando la fine dei mali dalla vita non si accorse di aver

LA METAFISICA

25

sa

sarà allora l'ente? Bisognerà cercarlo in noi stessi (8), innanzitutto. Guardiamo di che cosa siamo composti. Di un corpo? Ora « poiché i corpi per sé stessi sono privi di vita e di facoltà, e sono continuamente trascinati qua e là, e non rimangono mai nello stesso luogo, non occor­ rerà che vi sia qualche altro essere dalla cui potenza di­ pendessero? » (9). Ora se questo principio che signa­ reggia sui corpi fosse anch'esso corpo, sarebbe esso stesso soggetto alla dispersione: e cosi via (10). Ed allora questo principio non può essere altro che soltanto qualche cosa di incorporeo; giacché « tra tutte le altre nature soltanto quella dell'incorporeo rimane, ed è munita, e niente aff atto (dotata) di quelle qualità dei corpi. Non nasce, non cresce, non eccita nessun altro movimento; e perciò pare giusto che ciò che deve si­ gnoreggiare sia l'incorporeo » (Il). Concludendo: la metafisica di Numenio postula una realtà spirituale - cosi potremo definire l'incorporeo - coi caratteri dell'essere eleatico, e un quid eraclitea­ mente cangian te, sostrato del sensibile, facendolo na­ turahnente rimanere di là dal fisico, e inconoscibile per la confusione della natura.

(8) V. framm. da EusEBIO praep. evang. XV 17, 3-8 Mras (cfr. fr. XII The.d.). E' davvero interessante questa lontana in­ tuizione di sapore modernamente psicologico, e chiaramente pre­ ludente alla dottrina plotiniana dell'anima microcosmo; e a tutte le dottrine che deducono dalla descrizione della singolarità la de­ scrizione metafisica, sul presupposto dell'analogia.

(9) lvi. (10) lvi. (11) lvi.

'

26

NUMENIO n APAMEA

Due opposte res (12), sovrasensibili, incomprensibil­ mente coesistenti, con identico carattere di infinitezza, entro cui bisogna includere l'essere del mondo dei corpi. Il problema sui rapporti tra i due principi spinge N umenio dal campo della pura metafisica razionalistica, verso il campo della teologia, con la formulazione della originale concezione trinitaria, entro cui dovrà com­ porsi l'opposizione derivante dalla dualità metafisica. 2. -

Gli attributi di 'tÒ �v. - Dall'ente a Dio. Definita la materia come non ente -per quanto strana possa apparire l'affermazione che la materia sia un non ente, perché cangia, pur essendo infinita, (13) - Nu­ menio offre un accorto esame dei raziocini che ci con­ ducono a ciò che bisognerà intendere come ente, 'tÒ �v. Tutto il discorso è condotto con coerenza e con ri­ gore. « . . . Mai l'essere era né mai diviene (sarà); ma è sempre nel tempo finito il solo presente. Se qualcuno vorrà chiamare questo momento eternità, anche io sono d'accordo; noi dobbiamo credere che il tempo, una

(12) La monade e la diade infinita, lo spirito e la materia, U dell'essere e quello del divenire. (13) Dal discorso che intraprendiamo risulta evidente la col­ pa originaria della metafisica numeniana. La materia, in quanto infinita, o deve essere ridotta all'ente stesso infinito ed eterno non potendo sussistere due realtà infinite e ingenerate senza o co m­ porsi in unità o limitarsi reciprocamente - ed essere un modo dell'unità; oppure deve non-essere, scomparire di fronte all'unica realtà-sp irito ed avere un valore dialettico. Il pensiero greco non perverrà alla prima soluzione. Perverrà alla seconda? E' quello che vedremo in sede di conclusione critica. princi pio

27

LA METAFISICA

volta passato, è scorso, ed è corso verso il non esser piu; il tempo futuro, invece non è assolutamente, e si può dire che sia tale da dover divenire l'essere. Per­ tanto non è giusto definire, in una sola maniera l'ente come non esser piu o non essere ancora. Da ciò sca­ turisce nel discorso una grave contraddizione : l'essere è nello stesso tempo essere e non essere... (14). Dunque l'essere è eterno e stabile, sempre identico a sé stesso; non nasce, non muore, non si accresce, non si assot­ tiglia, né diventa in nessun modo maggiore o minore. Né si muove ma i spazialmente, né gli è conveniente muoversi avanti o indietro, in alto o in basso, a destra o a sinistra, né trasferirsi; né si muove intorno al suo centro, ma piuttosto rimarrà sempre fermo e stabile, sempre identico e simile a se stesso » (15). L'ente, dunque, eterno ed immobile - non v'è chi non senta in anticipo i motivi dei padri alessandrini e la dottrina di Agostino sulla creazione - il vero ente è sovrasensibile, intelligibile, e si identifica con l'incor­ poreo : 'tÒ a v IÌGIDJ-LIX'tOV' 'tOG'tO S! dvtxt 'tÒ YO�'tOY (16). A tale assunto dovette condurlo la lettur a del Ti­ meo platonico, di cui egli riporta a memoria un passo (17) che si può leggere cosi : «L'ente è sempre ciò che non ha nasc imento, e ciò che diviene non è mai ente. Esso si può comprendere solo per via di ragione, ed è

(14) Tralascio, indicando coi puntini, nel dialogo dallo

c

le

battute . sostenute

straniero ,. non aventi che una funzione di

confenna o di assenso.

(15) EusEBIO praepar. evang. XI 9 p. 525

b

e segg. (cfr.

XIX Thed.). (16) EusEBio ivi §§ 6 e 9 (cfr. fr. XX e XXI Thed.). (17) EusEBIO Xl 9 p. 524 (cfr. XXI Thed.).

28

NUMENIO

'

o

APAMEA

sempre lo stesso, mentre l'altro è conoscibile per opi­ nione e per irrazionale senso, perché esso è generato e perisce, e non è mai veramente » (18). Se dunque l'essere è dappertutto, eterno ed immu­ tevole, ed il corpo invece fluttua, cangiando sempre, trascinato dal vortice del divenire, si può affermare che tutto ciò che è finito ed è conoscibile per percezione sensibile, veramente non è. Riepilogando : non la materia, né i corpi possono considerarsi l'essere vero. Queste le linee dell'orientamento di pensiero trac­ ciato da Numenio nei primi due libri della sua opera principale. Il passaggio da questa metafisica nettamente razionalistica ad una metafisica rivestita di teologismi, cosi come la ritroviamo negli ultimi due libri dell'opera, non possiamo conoscere. È da credere che, naturalmente, questo passaggio non sia stato brusco. Non potrebbe esso essere stato tracciato nel S0 e nel 4° libro delnept 't!iycx-3-ou? Nel so libro - a cui come dicemmo appartengono due frammenti troppo brevi, uno da Eusebio (19) ed uno da Origene (20), ai quali potrebbe essere aggiunto (18) Autentico non-ente è la materia. Ma i corpi, pur es­ sendo altro dalla materia, ne partecipano, e sono ciò in cui uni­ camente si manifesta l'irrazionale materia. (19) EusEBIO praepar. evang., IX, 8 (cfr. fr. XXIII Thed.): c Inoltre Ianne ed !ambre, sapienti egiziani a niuno inferiori nel predicare culti magici, dal tempo dell'espulsione dei Giudei dal­ l'Egitto. Poiché questi per comune consenso furono scelti per op­ porsi a Mosè, a guida dei Giudei, le preghiere del quale erano potentissime presso Dio, tanto che potettero distrarre dall'Egitto alcune calamità ivi penetrate attraverso Mosè. 11

LA

METAFISICA

29

altro brevissimo luogo di quest'ultimo (21) - Nu­ menio dovette, e mi pare evidente, dimostrare la ve­ rità della sua metafisica ricercandone i tratti caratteri­ stici nelle credenze e nei riti delle antiche religioni o­ rientali. Secondo lui le religioni, che egli spiegava di­ svelandole della loro esteriorità positiva e della loro forma allegorica, adombravano le verità filosofiche a cui era pervenuto il pensiero greco. :t ancora piu profondo il rammarico di questa per­ dita in quanto che noi leggiamo in un passo di Origene (22) che Numenio era «famosissimo per aver esaminato il maggior numero di istituzioni e per aver raccolto da piu fonti quelle cose che sembravano vere. Costui par­ lando di tutte quante le genti che hanno considerato Dio come realtà spirituale, vi incluse gli Ebrei, senza preoccuparsi troppo né di servirsi della sentenza dei profeti né di interpretarli allegoricamente ». Cosi da Clemente (23) sappiamo che N umenio ri­ teneva Platone un « Mosé che parla attico ». Se dai frammenti del 3° libro risulta evidente che Numenio dovette lì trattare delle antiche religioni, noi

un

Nel 3° libro del 71:. �4y�&&ol) Numenio riporta una storia di Gesù, pronunziame il nome, e la interpreta allegoricamente; se con esito felice o no, si dirà in seguito. Egli riporta anche la sto­ ria di Ianne ed Iambre ». (2 1) ORIGENE op. cit. V, 27 (cfr. fr. LXV Guthrie): c Ma noi non dobbiamo inorgoglirei di quella (la storia di Gesù ?); appro­ viamo che egli (N.) piu degli altri greci abbia voluto prendere in esame le nostre (storie) e che le abbia accettate in qualità di storie allegoriche e non di stupidi racconti ». · (22) ORIGENE contra Celsum I 15 p. 13 H (cfr. fr. IX a Thed.). (23) CLEMENTE ALESSANDRINO stromateis I citato da EusE­ BIO praep. evang. IX 6, 9 (cfr. fr. XIII Thed.). c

senza

so

NUMENIO D' APAME:\

potremo argomentare sul quadro generale del 7t&pl Tliy«�­ -3-oO. Nei primi due libri : un'esposizione teorica di problemi e soluzioni, con orientamento verso il punto di vista platonico. Nel terzo, un tentativo di cogliere nelle molteplici forme di religioni positive il nucleo di esi­ genze a cui i greci avevano dato, sul piano speculativo, una razionale risposta : opera certamente interessante e forse di non trascurabile valore critico (24). (24) A questo proposito non mi pare felice l'apprezzamento che J. M.�TTER in Dictionnaire des sciences philosophiques cit. fa di Numenio, alla voce corrispondente: c completando e svi­ luppando la filosofia greca Numenio mostra un'erudizione credula ed una debole critica. P. es., a proposito di Mosè, Ianne ed !am­ bre, non è linguaggio filosofico dire di essi che le preci del primo erano ascoltate moltissimo da Dio, e che la sapienza magica degli altri due era unica a giudizio di tutti •· E piu oltre: c manca in questo sistema - l'Autore però vede tuttavia in Numenio una anticipazione del neo-platonismo - una critica sufficiente :.. Non credo sia giusto pronunziare un giudizio poggiandolo su di un solo frammento di tutto un libro di cui noi non conosciamo U contenuto, ossia tesi, discussione, soluzione dei problemi. Piu che .



.

di erudizione credula si tratta di ciò: che Numenio era un Ulu­ minista, la sua opera aveva carattere apologetico della ricerca ra­ zionale ed intento divulgativo, in un momento di particolare fer­ vore religioso, durante il dibattito tra una teologia dommatica dominante e il decadente razionalismo teologico ellenico, di cui Numenio si fece vigoroso sostenitore, si, ma sostenitore onesto e leale, convinto come era di trovare, nel pensiero greco, tutte le esigenze che sono il fondamento razionale di tutte le forme di religione : sostenitore tanto schietto della sua tesi da esaminare con libertà la tradizione ebraica e la storia di Gesù insieme con le altre. Né mi pare che possa tacciarsi di c non filosofico,. U linguaggio di Numenio dei vari frammenti dei primi due libri: linguaggio cristallino e sempre rigoroso, anche se familiare. Del resto il notevole impulso dato agli studi su Numenio verso la fine dell'SOO da filologi e critici sta a dimostrare la superficialità di tale giudizio.

LA METAFI SIC.\

31

Non meno grave è al proposito la perdita dell'al­ tro libretto intitolato napl 'tti)v nocp� llÀchrov t llnopp�'trov.

Dei due framme nti rimastici, uno da Eusebio (25) e l'al­ tro da Macrobio (26), il secondo attesta che l'apameo dovette avere un interesse veramente forte per le reli­ gioni e per i misteri, da lui considerati depositari della vera sapienza. Nel libro 4°, che è, come dicemmo, anda to comple ­ tamente perduto, si p u ò opinare che Numenio avrà tracciato il passaggio della metafisica alla dottrina teo­ logica. Q uesta mia opinione poggia unicamente su di una congettura facile : per includere, nel quadro dell'opposi­ zione tra l'ente (lloilitJ.oc'tov) e il non ente ( IJì-71), il mondo dei co rp i, che se non sono unicamente materia non sono nemmeno l 'essere, ma solo una partecipazione dell'una e dell'altro, occorreva che tra l'essere e la materia in­ tervenisse una potenza capace di proiettare l'essere sul non - essere, le forme sulla materia. Questa potenza me-

(25) EusEBio praep. evang. XIII 1 extr. p. 650 c (cfr. fr. XLI Thed.), dove si dice che Platone filosofava allegorizzando. (26) MACROBIO somnium Scipionis I 219. Lipsia 1 893, p. 483, che suona cosi : c Infine a Numenio che era tra i filosofi uno dei piu avidi di conoscere i misteri , un sogno annunziò l'offesa dei numi, perché egli aveva, attraverso l'interpretazione, reso pub­ blici i misteri eleusini. Egli sognò infatti che le divinità di E leusi, sotto la veste di prostitute, si mostrassero davanti alla porta di un lupanare, e che a lui, che stupefatto domandava ad esse le ragioni di una turpitudine indegna di loro, esse avessero irata­ mente risposto di essere state tratte a forza dal segreto della loro pudicizia proprio da lui, e di essere state esposte a mercato ai passanti • · ,

'

32

NUMENIO D APAMEA

diatrice è sotto foggia nuova -- lo stesso Demiurgo platonico. Il frutto di questa attività è il bel mondo, che Numenio divinizza accanto all'Ente supremo ed all'Artefice, gettando le basi di quella famosa dottrina trinitaria, che lo rese accetto, per una analogia pura­ mente esteriore, agli scrittori cristiani. -

III.

l.

-

LA TEOLOGIA.

La concezione trinitaria. Leggiamo in Pro ­ do (l) la seguente de finizione sintetica della dottrina trinitaria : « Numenio, ponendo tre divinità, chiama pa­ dre ( 7ttX't� p) il primo dio, creatore (1tOtTj"t� ç ) il secondo, creato (7tOt1] tJ.tX) il terzo; infatti per lui il mondo è un terzo dio; cosi per lui il demiurgo (platonico) è doppio, il primo e il secondo, e l'opera loro è il terzo dio; me­ glio dire, come egli dice, avo (rtci7t7toç), figliuolo (byovo;) e discendente (tim:Syovc;) ». Si ravvisa subito, in questa dottrina, una modifica­ zione o almeno un personale approfondimento della teologia platonica. Che si trattasse soltanto di una chia­ rificazione vorrebbe lo stesso Numenio, come risulta dai due brevi frammenti (2) che devono essere ascritti al VI libro del nepl "tiy tX&ou -

-

.

{l) PROCLO comm. in Timaeum p. 93 {cfr. XXXVI Thed.). {2) EusEBIO praepar. evang. XI 18, 22 {cfr. XXX I Thed.) : c Poiché Platone sapeva che solo n demiurgo è noto agli uomini. e che, viceversa, la prima mente, che è chiamata l'ente in sè, è completamente inconoscibne per essi, parlò su quella in questa guisa : O uomini, la Mente che voi percepite oscuramente non è la prima, ma è un'altra mente pi\1 antica e piu divina di quella ,._ E piu avanti. EusEBIO, ivi, Xl, 22 8-1 0 (cfr. XXXIV Thed.) : c Che cosl stiano le cose Platone lo ha espresso in diffe­ renti maniere; nel Timeo, usando la maniera popolare diceva (di lui) : era buono; nella Politica egli chiama Bene l'idea del Bene, perché n bene deve essere l'idea del Creatore, perché egli ci ap-

34

' NUMENIO D APAMEA

La dottrina teologica di Platone sembra risolversi in un rapporto tra il demiurgo e il mondo. Secondo Nu­ menio tale rapporto dualistico sarebbe soltanto l'aspetto manifesto di una piu ampia relazione, giacché il de­ miurgo agisce in conformità di un 'idea del Bene che lo trascende, cosi come tutte le idee trascendono le realtà sensibili che le imitano.

Il cenno ad un'ipostatizza­

zione di questa prima somma realtà è nello stesso Pla­ tone, e Numenio, nel passo testè tradotto in nota, si professa �emplice interprete della concezione platonica. Viceversa Platone non ha mai pensato di ordinare gerarchicamente le idee. Il Bene è per lui sol tanto il supremo vertice ideale a cui è sottoposto tutto l'uni­

(3) lo definisce superiore 't'il � oòolcx�.

verso. Infatti nella Repubblica all'essenza : bb.etvcx

« Alcuni interpreti, per es. l o Zeller, hanno voluto vedere nel Bene il dio supremo della filosofia platonica. Ma nei testi non v'è nessun addentellato, che giustifichi questa interpretazione : e d'altra parte noi sappiamo che per Platone la divinità è puro spirito, mentre il Bene un'essenza spersonalizzata

»

è

(4).

La verità è che il presunto abbozzo trinitario (5)

pare buono per partecipazione del primo Bene e di questo solo. Infatti come gli uomini ricevono la loro forma dall'idea dell'uomo, i buoi dall'idea di bue, i cavalli dall 'idea di cavallo, cosi - pro­ babilmente - essendo il Creatore buono per partecipazione del primo, l a prima Mente, in quanto bene in sé, dovrà essere un'idea • (l'idea del bene, o bene in sè, d.y«.&ov, Io dio) . (3) VI 509 b. (4) DE RuGGIERO I.a filosofia greca vol. I Bari, 1918 pag. 322 nota. (5) È pur vero che Platone, parlando nel Timeo del le idee, tratta specificamente dell'idea del Bene; cosi come è vero che

LA TEOLOGIA

35

che esisterebbe nella t eologia platonica, d iviene espli­

cito soltanto nella filosofia giudaico-alessandrina : epperò nella dottrina filoniana il Dio trascendente è fuori di ogni determ in azione concettuale, e la terza ipostasi (ol­

tre la seconda che è il Logos) è una potenza inferiore che è spirito d ivino, mentre per Numenio il primo Dio è il Bene in sé, il terzo è il mondo abbellito dall'azione divina. Numenio risponde all'esigenza del platonismo

di reciproca re la realtà spirituale e la materia con un maggiore spirito di adesione al problema della cosmo­ gonia del

Timeo

(6) , e con un felice tentativo di svi­

luppo delle intuizioni del Platone degli ultimi tempi. Dunque t re divinità : Padre, demiurgo e mondo, la cui singola natura ed i reciproci rapporti verrebbero a configurarsi come segue.

sembra porre il Demiurgo fuori di questa idea, e il mondo come frutto della proiezione delle idee sullo spazio vuoto ,) del dio concepito aristotelicamente, immobile eppure dota­ to di un innato movimento (20), b) la definizione del Àoyo� come figlio primogenito di Dio, suo verbo, per­ sonificazione della sua intelligenza, c ) la cui natura è intesa come qualche cosa di medio tra l'essenza di Dio e il mondo delle cose, d) il concetto di Dio come salvatore {21) del mondo e governatore di esso, e) lo sbocco di ogni conoscenza nell'estasi, e, specialmente, f) l'aver seguito Filone che, primo, pensò di risolvere trinitariamente il rapporto tra Demiurgo, idea e mon­ do, cosi poco chiaro nella descrizione del Timeo : Sono tutti elementi, questi che confortano la tesi circa i rap­ porti tra la dottrina che esaminiamo e quella di Fi­ lone alessandrino. 8. Se consideriamo che l'assillo principale di Nu­ menio è di risolvere il dualismo Spirito-materia, Dio­ cosmo, Bene-male, e che egli, accentuando il valore dell'essere spirituale, tende ad annullare - senza riu( 18) EusEBIO praep. evang. IX (cfr. IX a, Thed., già cit.) . (19) PoRFIRIO de antro nymph. cap. 10. 34 (cfr. XXXV Th.

già cit.).

(20) EusEBIO praep. evang. XI (cfr. XXX Thed.) già cit. E Filone molte volte usa l'espressione platonica 'tb lS11 e molte altre quell'aristotelica : l'essere in quanto essere, che trova un addentellato nell' •rw l t !J. � 6 0011 dell'Esodo. (21) V. ad esempio, framm . indicato nota precedente.

94

N U MENIO o'APAME.�

scirvi, però il non essere, la materia, e a ri durla da realtà originaria ed autonoma ad un quid ne­ gativo, dobbiamo ritenere che tale esigenza sia stata già viva nello Gnosticismo del II secolo, ripercuoten­ dosi nella dottrina in questione : tesi sostenuta acuta­ mente dall'UebeiWeg (22). In opposizione ai tentativi gnostici sorti nel seno dell'ortodossia, questi liberi pensatori del II secolo sfo­ ciarono in una gnosi ereticale per aver sentito il biso­ gno di dover includere la materia nel processo creati­ vo. Ma se è vero lo spirito, come si può giustificare la genesi da esso di una realtà del tutto eterogenea ed op­ posta ? La generazione, per gli gnostici, è « degradazio­ ne » dal principio eterno e reale, inconoscibile ed inef­ fabile. L'architettura gnostica infatti si fonda su di un processo emanativo di realtà spirituale (pleroma), da cui ancora è incomprensibile come si stacchi la mate­ ria. I Valentiniani danno una spiegazione, sia pure fan­ tastica, di questo fonnarsi della materia : l'ultimo eone (Achamoth) nutre l'audace disegno di risalire a Dio, e per la sua impotenza cade prostrato, si isola dal piero­ ma, perde la spiritualità e quindi l'essere, e pertanto diviene imperfezione e deficienza completa di essere : di qui la missione del Cristo, mandato da Dio per sal­ vare gli esseri caduti. Spoglia del suo rivestimento mitico-religioso, la concezione gnostica presenta, dal punto di vista meta­ fisico, l'identico tormentoso assillo che occupava la men­ te del dotto siriano. Sono queste considerazioni di carattere generale, piu che quelle circa la affinità di espressioni ricorrenti (22) Op. cit.

pag.

52 1 .

FONTI

DEL

PENSIERO NUMENIANO

95

negli scritti gnostici con quelle dei nostri frammenti p. es. il termine « eone » che del resto è termine pretta­ mente greco, in uso già nella filosofia del periodo aureo, e non già venuto in voga negli ultimi secoli di pen­ siero greco - che valgono a sostenere la tesi in esa­ me (23). Ma è con Marcione, piu che con tutti gli altri gno­ stici, che il Guthrie (24) vede una stretta affinità : se con Valentino si può dire che il demiurgo è ancora una parte trascurabile del sistema, con Marcione l'idea del demiurgo-legislatore forma proprio il principale lega­ me tra la divinità e il mondo, con l'unica naturale dif­ ferenza che il legislatore di cui parla Marcione è il pro­ mulgatore della legge mosaica, mentre quello di cui parla Numenio è solamente manifestazione di una legge cosmica. Secondo Marcione, ad esempio, il corpo deriva dal mondo, l'anima dalla divinità (dal 2° dio : questo dua­ lismo antropologico è uno degli aspetti dell'esasperan­ te dualismo metafisica-etico marcionita) : la concordan­ za tra Marcione e Numenio è qui veramente profonda. 9. Evidente ad un esame anche esteriore è l'influen­ za delle dottrine egiziane. Stanno a dimostrarlo : l'ac­ cenno di J anne ed Jambre, oppositori di Mosè (25), l'opinione che i demoni abitassero ad occidente (26), (23) GUTHRIE op. cit. pag. 149. Cosi, ivi, pag. 150. il G. dice a proposito della espressione numeniana (PORFIRIO ap. Stob. ecl. I 41, 25 già cit.) c bÀ t xob, ecz ,JlOYCZ' » che l'aggettivo 6À.txo6, è in uso presso i Valentiniani. Valentino infatti parla di tre so­ stanze : la corporea, la psichica e la 6lunj . (24) GuTHRIE op. cit. pag. 151. ( 25) EusEBIO praepar. evang. IX 8, già cit. (26) PoRFIRio ap. Stob. ecl. I 4 1, 2.'5 p. 834 (cfr. LXI I Guthrie).

96

NUMENIO

D'A PAME-4

la conoscenza dei misteri di Serapide (27), e gli altri riferimenti all'Egitto e ai suoi usi. Ma, secondo il Guthrie, an cor piu l 'affe rmano i sensibili punti di contatto colle dottrine contenute ne­ gli scritti di Ermete Trismegisto, ove deve vedersi « cor­ rere tutta l'età degli dei » (Vico). La tesi è sicuramente attendibile, data anche l'enor­ me importanza che ebbero questi scritti, secondo quan­ to testimonia tutta la letteratura cristiana. I punti salienti di questo contatto, secondo il Gu­ thrie numerosi (28), vanno in sostanza accettati. L'unità è a fondamento della concezione ermetica : essa è principio dell'universo e dei numeri. Ma, subito dopo aver descritto l'idea dell'uno a centro del tutto, gli scritti ermetici fanno riapparire il dualismo, sotto la for­ ma dell'ermafroditismo, che in psicologia conduce alla dicotomia della anima sensibile-mortale e razionale-im­ mortale (29). E poi ancora il moltiplicarsi dell'uno che raddop­ piandosi diventa due, e poi quattro, da una parte ri­ corda i quattro movimenti platonici, e dall'alt.ra ci ri­ chiama al concetto della « tetraktys ». E cosi via dal quattro all'otto, ove il Guthrie, vede il formarsi dell'ot­ toade gnostica, cui cosmologicamente corrispondereb­ bero le otto sfere. Ma a questo punto non è senza una tendenza eccessiva a trovar qualche cosa di corrispon-

(27) ORIGENE contra Celsum V 38 (cf. LXI Guthrie). (28) GuTHRIE op. cit. pag. 155-162. (29) Cosi è di origine c ermetica ,. la concezione della di­ scesa delle anime, esposta da Numenio, e più tardi ripresa da PoRFIRIO nell'Antro delle Ninfe. V. a proposito l'introduzione di L. MÉ'NARD , (pag. XXXV) al suo Hermes Trismégiste Paris 1866.

FONTI

DEL

PENSIERO NUMENIANO

97

dente, che lo storico scozzese vede in Numenio un cor­ rispondente ordinarsi di realtà nel senso dell'otto (sa­ rebbero per lui : l'anima della materia, le due anime del mondo, il dio della procreazione, gli dei, gli eroi, le anime, i demoni). Va da sé che, ammettendo noi e sottolineando anzi la considerazione che in Numenio affiori chiaramente il concetto dell'uno come centro di emanazione del mol­ teplice - prodromo, questo, del neoplatonismo alessan­ drino non riterremo però opportuno attribuire al si­ riano la architettonica inquadratura testé accennata, mancando d'altronde nei frammenti ogni riferimento a tale argomento. Il frammento da Proclo (30) in cui si dice di quel Teodoro di Asina, che, imbevuto di inse­ gnamenti numeniani, si dilettava di simili bizzarre co­ struzioni, non ci consente eccessive congetture. Convertiamo invece nell'accettare la parte veramen­ te sostanziale della tesi proposta dal Guthrie, secondo la quale, a prescindere da altri nuclei che vanno rite­ nuti come elementi platonici prima che ermetici (31), il contatto piu stretto è determinato dal concetto di emanazione, e dalla dottrina dell'estasi. Sfioriamo alcuni punti essenziali degli scritti ermetici, per dimostrare -·

. ,

CIO.

Il pastore delle anime, il Pimandro {32), appare ad (30) PRocw in Tim., 225 A, 226 B, già cit. (31) Questi punti sono : l'incorporeità delle qualità, la pro­ venienza divina dei semi delle cose, la creazione concepita come divenire, il Demiurgo o secondo dio sempre in moto, la stasi del lo Dio come origine del moto. (32) HERMES TRISMEGISTO Il Pimandro, traduzione italiana degli scritti ermetici ad opera di GIOVANNI BuoNANNI Todi 1913.

98

NUMENIO D'APAMEJ\

Ermete, personifìcazione dell'Intelligenza umana in ra­ pimento mistico, e gli rivela se stesso : è l'Intelligenza suprema, è « la luce », è il D io « che precede la natura umida uscita dalle tenebre, e U verbo luminoso che emana dall'Intelligenza è figlio di Dio... l'Intelligenza è Dio padre. Essi non sono separati perché l'unione è la loro vita » (33). Nel Discorso di Ermete a Tat, intito­ lato « sul cratere o sulla Monade » leggiamo

che

Iddio

è Bene ed Unità o Monade (34), contenente in sé tutti i numeri senza essere contenuto da alcuno : ingene rata, genera, e, come tale, è perfetta. A proposito del Bene (35), Ermete

·

ritiene che il

Ben e assoluto sia Dio - non è identico al 'tciya:&tSv nu­ me niano ? -. Il Bene non è tra gli uomini giacché per

è bene quello che è meno male : infatti il bene è in con c ili ab ile col materiale . Cosi il Bello è in Dio : il bello umano è il meno brutto, l'assoluta Bellezza è in ­ visibile. Unico mezzo per conoscere il Bene ed il B ello , cioè Dio, è la Gnosi. Che cosa è la Gnosi ? Nel discorso a Tat sulla ri­ nascita (36), Ermete mostra al figlio che l'unica via che vi conduce è la liberazione dalle passion i . Questo è il metodo per l'acquisto della Gnosi e per raggiungere la nascita ideale, cioè la contemplazione. Tutti spun ti, questi, che danno un cosi forte sapore di ermetico alle dottrine di Numenio, che non mette conto ricorrere ad altri argomenti per sostenere la pro­ babilità della tesi del Guthrie. essi

(33) (34) (35) (36)

Op. Op. Op. Op.

cit. cit. cit. cit.

nota prec. p. I pag. 33. p. II pagg. 65-73. p. VI pagg. 83-88. p. XIII pagg. 156- 1 7 1 .

2.

-

RAPPORTI E IL

TRA LA DOTTRINA

PENSIERO DI

DI NUMENIO

PLDTINo.

Un esame - naturahnente rapido -- sui rapporti tra la dottrina di Numenio e quella di Plotino, ci potrà far constatare con evidenza quanto vitale ed espressiva della coscienza del tempo sia stata l'esigenza che è al centro del pensiero dell'apameo. A stabilire tali rapporti concorrono : a) considerazioni di carattere generale ; b) affinità di carattere formale tra i frammenti dell'uno e l'Enneadi dell'altro ; c) fondamenti dottrinali sostanziali comuni alle due dottrine, per cui la filosofia di Plotino si rivela co� me lo sviluppo di germi teorici già esistenti nel pensie­ ro numeniamo. Sviluppo, però, certamente originale e con peculiarità inconfondibili. Nel llEp1 llÀrotlvou �lou l. Considerazioni generali. (l) Porfirio afferma che Amelio di Apamea copiò, man­ dandone a memoria gran parte, le opere di N umenio, e che piu tardi le lasciava al suo figlio adottivo Ostiliano Esichio. Amelio fu compagno ed amico di Plotino : ciò già induce a ritenere che il pensiero del dotto siriano sia stato oggetto di meditazione per i due filosofi, anche se sotto forma di dottrina da rivedere e da sistemare. -

(l) Cap. 3, cfr. Vita di Platino, dal Plotin di BRÉHIER Paris. 1924 .

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Nella stessa opera (2) Porfirio parla ben due volte delle accuse mosse a Plotino di aver plagiato il pensiero di Numenio. Quest'ultimo, va notato, non è affatto ci­ tato direttamente nelle Enneadi, però l'allusione a lui può essere compresa nella frequente citazione generica di « filosofi pitagorici », che Plotino usa anche quando è facile scorgere sicuro il riferimento a Numenio. L'accusa, sia stata pure eccessiva, certamente do­ vette avere qualche fondamento di vero.: tanto da do­ ver indurre Amelio a scrivere un trattato llEpl -rf) � xrx't� 't� ò6yJ.LrxTrx 'toù llÀtr.rdvoo npò� 'tÒv N oo!J.� V tov 8trx­ �op��. L'esigenza di porre in evidenza la differenza tra i due pensatori, lascia naturalmente supporre che nu­ merosi. e fondamentali punti di contatto dovevano esi­ stere tra le due dottrine. Il presente lavoro tende ap­ punto a notare questi rapporti ormai poco evidenti sia per la povertà del materiale relativo a N umenio, sia per la perdita della opera di Amelio. Il Vacherot (3) si esprime cosf, in merito alla grave accusa : « Porphire a fait justice de cette opinion ; mais elle n'en reste pas moins comme une preuve certaine, non seulement de l'analogie des deux doctrines, mais encore de l'influence de la philosophie de Numénius dans l'école de son maitre ». Inoltre lo stesso Porfirio afferma (4) che i libri di N umenio erano letti in iscuola dal suo maestro. Né minore importanza ha la considerazione dell'esi(2) Cap. 1 7 op. cit. nella nota precedente, e cap. 20,

che ivi.

an­

(3) VACHF.ROT Histoire de l'école d'Alexandrie Paris 1846 tomo l pag. 318. (4) Vita di Plotino capp. 17, 18.

RAPPORTI TRA NUMENIO E PLOTINO

}Q}

stenza all'Escuriale di quel manoscritto (5) intitolato Ilapt 't'i) � tJÀT}t;, recante la cancellatura della parola IIÀw · 'tCvou e la sostituzione con la scritta No u �7J v Cou. Non è conveniente, già lo dicemmo, estendere le nostre caute supposizioni circa i rapporti tra Numenio e Plotino, fino alle congetture del Thedinga (6) che vorrebbe con sic urezza attribuire al siriano interi passi secondo lui inseriti nel corpo plotiniano dal superfi­ ciale Porfirio. Il Bréhier (7) ha giustamente revocato in dubbio questa pretesa un po' eccessiva, giacché se l'ipo­ tesi del Thedinga non può essere scartata a priori, non può parimenti neppure essere immediatamente ammes­ sa : va tuttavia tenuto conto del fatto che, fin dal tem­ po della divulgazion e porfiriana ed anche dopo (in pe­ riodo umanistico), fu discussa l'attribuibilità di tutta la sistemazione porfiriana a Platino. 2. Affinità di carattere formale. Identità di espres­ sioni. - Diamo qui un'elencazione dimostrativa, non priva di interesse, e a tta a confortare quanto sosterre­ mo piu avanti, di alcuni luoghi in cui vien colta, anche dal punto di vista formale, una forte a ffinità tra i due filosofi. Non è questo l'argomento piu valido per ve­ dere quale sia la parentela ideale fra i due pensatori, in quanto che sarà l'identità di spupti dottrinali che metterà in evid enza la nostra tesi, tuttavia « ad abun­ dantiam » anche l'identità di espressioni può essere un elemento probante, sia pur secondario. Premesso innanzitutto che Platino (8) si confessa (5\ (6) (7) (8)

Già ricordato nel cap. I di questo lavoro.

Plotir. oder Numenios? cit.

Cfr. la notice che il BrPhier prepone all'Enneade I VIII. Enneadi, V, l, 8 : c atvr.u t o ù ç À o r o u ç touaea I.LYJ 'KGtLvou�,

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esegeta di antiche dottrine, esaminiamo sceverati dal mare magn u m delle

alcuni luoghi,

Enneadi, di indubbia

visibilmente numenia­ si restringe ed è ov­ viamente costretta a mantenersi sulle generali. Cominciamo dall'Uno. « Il nome di Uno forse non contiene altro che la negazione del molteplice : i pita­ gorici lo designavano simbolicamente come Apollon, cioè negazione del molteplice » (9). Leggiamo in Ma­ crobio (lO} una brano, riguardante Numenio, che si in­ tona stranamente con questo. Eccolo : « ' An6ÀÀrovat SiÀ­ cpLov vocant, quod quae obscura sunt claritudine lucis ostendit, ex 'toiJ ÒljÀOOV clcpatvi') , aut, ut Numenio pla­ cet, quasi unum et solum. Ait enim prisca Graecorum lingua oiÀcpov « unum » vocari, unde et frater, inquit, clSeÀcpO u y Yj p.6v ou 7tpÒ� p.6vov. •

( 19) (20) (21) (22) v, v, 6.





.



(cfr. XXVI Thed.). Enneadi V l, 6. EusEBIO paep. evang., XI, già cit. Cfr. con gli attributi dell'lTno plotiniano, in Enneade

EusEBIO praep. evang. X I 1 8 , l M ras

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L'elencazione dimostrativa potrebbe continuare : confrontando, ad esempio, il passo di Numenio (24) ove si dice che solo il presente è, il passato e il futuro non sono, con quello di Plotino, in Enneadc III, VII, 3. Cosi ancora il concetto di dio come supremo re, � tXotÀEu�, (25) è già in Numenio (26) ; cosi l'immagine del Pilota (27), il paragone della materia ad un fiu­ me (28), la dottrina della incorporeità delle qualità (29), sono tratti comuni in ambedue i filosofi, non solo dal punto di vista concettuale ma anche da quello formale. Se queste considerazioni hanno valore solo in quan­ to siano inoppugnabili i rapporti di contenuto delle due dottrine - rapporti che esamineremo nel paragrafo im­ mediatamente seguente -, al fatto che un'Enneade porti il titolo ne p 1 •clyt�-3-ou i) 'tou tv d; (30), che ricorda il titolo dell'opera principale dell'Apamense, non at­ tribuiamo soverchia importanza. Cosi diremo per l' E n­ ueade intitolata mpl tipt&J.Lii>V, titolo corrispondente per(24) EusEBio praep. evang. X l 9 p. 525 b (cfr. XIX Th.) già esaminato. (25) Enneadi IV, VIII 2. Questo concetto si trova per la prima volta già nelle Epistole attribuite a Platone, come notò l'Ueberweg. (26) EusEBIO praep. evang. XI 18, 8-9, già cit. (27) Enneadi IV, I I I 17, e per Numenio v. Eu sEBio praep. evang., Xl, 18, § 24 (cfr. XXXII Th.). (28) Enneadi V, VI, 6: c le co se sensibili scorrono ('tà. al pai) » , e per Numenio v. EusEBIO praep. evang. XV 17, l. 2, già cit. (29) Enneadi Il, VII 2, e per Numenio v. framm. da Ne­ mesio n. �· tlv&p. p. 29 (cfr. XLIV Thed.). (30) Considera ciò il BRÉHIER op. cit. vol. l, traducendo un brano della Vita di Platino ove Porfìrio sente il bisogno di dire che gli scritti di Numenio, di Crono, di Moderato, sono lontani da quelli di Plotino sullo stesso argomento.

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fettamente a quello di un'opera di Numenio andata per­ duta, come per quella intitolata napt cl&1XV1Xal11 ç cJ�uxfJç, che ricorda quella di Numenio napt cl�&11pal1X ç cJ�uxfl ç , di cui possediamo i frammenti, già presi in esame nel capitolo riguardante la psicologia. È vero, però, che per ques t'ult ima Enneade non t an to il titolo quanto il contenuto va considerato, giac­ ché ci ricorda precisamente la critica numeniana alle dottrine stoiche (Sl). È pur vero, altresì, che questa En­ neade, che ci si mostra come la piu elementare e sco­ las tica, riprende gli argomenti tradizionali (in preva­ lenza peripatetici) contro il materialismo stoico, ma la linea del discorso è molto affine a quella del frammento da Nemesio. S. Comuni fondamenti logici. Affinitè! dottrinali. Ma, ripeto, piu che le precedenti considerazioni, è l'esa­ me critico delle due dottrine che fa balzare a gli occhi, in tuitivamente, l'intima relazione ide ale esistente tra i pensatori, e conforta l'opinione secondo cui la dottrina di Numenio va considerata come la piu importante me­ diazione tra il Platonismo e il Neoplatonismo. Circoscriviamo l'indagine s ul p la tonismo nei limiti della dottrina del Timeo, se è in n e gabile, come ci sem­ bra, che l'ap3meo abbia preso le mosse dai problemi agitati in quel dialogo. Il Timeo è il frutto di un'ultima rielaborazione del­ l'intuizione ·originaria di Platone. Esso soddisfa l'esi­ genza di dare al mondo una causa impersonantesi in una Mente, e di stabilire, tra la causa (vouç) e l'effetto (x6G jloç), un a realtà mediatrice. Esigenza questa della metafisica, analoga a quella

-

(3 1) NEMESIO 'ltepl c:p6�1w' tlv&pcò'ltou (cfr. XLIV

cit.).

Thed., già

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della psicologia - di giustificare la posizione dell'anima tra le idee e il sensibile - a cui risponde la Repubblica. Questa esigenza fa sorgere la figura del Demiurgo­ architetto che organizza un quid preesistente, che è la materia, ad imitazione del modello ideale trascendente. Occorre però considerare che quest'ultimo sforzo di Platone, inteso a determinare la reciproca azione tra mondo sensibile e mondo ideale, non portò l'autore all'esame dei problemi che sarebbero scaturiti dall'introduzione nel sistema di questa terza realtà. Il demiurgo platonico, mentre sembra l'unico Dio, appare altra volta come altro dall'idea del Bene, idea suprema. Pertanto la sua attività presuppone l'esistenza di queste due realtà : il Bene e la materia. Esso è l'arte­ fice dell'avvicinamento di queste due realtà, ma una composizione unitaria tra l'essere e il divenire, l'idea e le realtà sensibili, l'uno e il molti, manca ancora in Pla­ tone. Tale composizione o si ottiene con l'affe rmazione di un'unica realtà di cui la dualità è soltanto manifesta­ zione esteriore (monismo panteiSitico), o col semplice rife..: rimento della seconda realtà alla prima (ossia della ma­ teria allo spirito) da cui quella è emanata {emanatismo). Alle due necessarie soluzioni Platone preferi sfuggire, velando l'ambiguità della sua dottrina con la fantasia, col mito. Numenio preferirà accentuare l'unicità del­ l"Essere e la · riducibilità del tutto ad effetto della 7te p l· À cx Jl !Ji tç dell'Uno-Bene ('t�ycx{Mv ) , rifiutandosi di inclu­ dere il non-essere della materia-sostrato (e fin qui, be­ nissimo) nella gerarchia dell'Essere degradante, da una parte ; dall'altra riammettendo {qui, la sua deficienza) questa materia - logicamente negata - come qualche cosa di metafisicamente reale, di antologicamente esi­ stente, e dotandola di un'anima : realtà preesistente al di fuori dell'essere, fondamento necessario su cui l'azio-

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ne dell'Essere si innesta, principio positivo del male. Plotino riaffermerà l'emanatismo alfìorato in Nume­ nio (che colse l'insostenibilità del la pos izione platonica che spezzetta il processo del reale in tre ipostasi distinte e non interferentisi), consacrerà solennemente il monismo, eliminando ogni dualismo e riducendo la materia formata ad ultimo grado di realtà : laddove la materia­ sostrato si riduce ad irrealtà, a concetto, ossia, negativo, col puro valore dialettico che ha il Nulla, il non-essere, nei confronti dell'Essere e del Tutto. Basta, insomma, rendere antologiche le forme lo­ giche di opposizioni, mutarle, da opposizioni dialettiche del pensiero, in opposizioni nell'Ente, perché noi mo­ derni possiamo cogliere nel vivo il valore profondo del­ la cosmologia plotiniana. Riesaminiamo difatti la metafisica numeniana : solo ressere è, il non essere è irrealtà. Da cui : solo 'tÒ claw­ Jl�'tov è, la materia non è. Pertanto la materia sarebbe un principio negativo, assolutamente irreale. Assenza di es­ sere : insomma, un nulla ? In Plotino ci sarà proprio questa dottrina nuova ed originale, mentre in Numenio l'esigenza è sentita, ma il concetto è soltanto sfiorato. Mentre solo l'essere (spirituale) è, ritorna nell' Apamen­ se l'irrazionalità di postulare una materia con caratteri­ stiche opposte, sf, all'essere, ma contemporaneamente animata e dotata di attributi di eternità e di infinitezza. Chi non sente l'insostenibilità di questa posizione che consacra nella metafisica due opposte res coeterne, infi­ nite, seppur distinte? Tuttavia il dotto siriano sente l'esi­ genza monistica, affe rma che solo l'essere è, e poi ricade nella contraddizione di affermare l'essere del non essere! Plotino ha sanato il difetto di origine di questa con­ cezione contraddittoria. Solo l'essere è, iL non essere non

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per lui, che il termine ultimo della degradazione del­ l'essere, dove l'essere si perde, svanisce, come avviene dove la luce si attenua nell'ombra e diventa opacità, oscurità. Oggi diremmo che il non essere è il termine ne­ cessario, puramente logico, da cui è reso possibile l'es­ sere. Tale opinione è in contrasto con le piu accreditate interpretazioni (32) tradizionali, in merito al problema della materia in Plotino, per le quali la materia o è con­ siderata come un principio indeducibile dall'Uno ed au­ tonomo, oppure vien fatta rientrare nel processo discen­ sivo dell'Uno. Ma se la materia, dice Plotino, non è l'essere reale, quindi è al di fuori di esso e coesiste con esso, ci chie­ diamo : come ne è fuori e come coesiste, se è non-es­ sere? Soltanto, secondo noi, come principio negativo. Plotino ha esplicitamente affe rmato ciò. La ma­ teria, per lui, non è il principio-elemento di Empedo­ cle, né il (.LLY !l