Note agiografiche: Ancora del martirio di s. Ariadne-Gli atti di s. Giustino [Vol. 1]
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PIO FRANCHI DE’ CAVALIERI SCRITTORE

ONORARIO

DELLA

BIBLIOTECA

VATICANA

NOTE AGIOGRAFICHE I.

ANCORA DEL MARTIRIO DI S. ARIADNE II.

OLI ATTI DI S. GIUSTINO

ROMA TIPOGRAFIA VATICANA 1902

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S T U D I

E

TE STI.

PIO FRANCHI DE’ CAVALIERI SCRITTORE

ONORARIO

DELLA

BIBLIOTECA

VATICANA

NOTE AGIOfìRAUCHE t X.

ANCORA DEL MARTIRIO DI S. ARIADNE II.

OLI ATTI DI S. GIUSTINO

ROMA TIPO G R A FIA VATICANA

1902

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I.

ANCORA DEL MARTIRIO DI S. ARIADNE

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Nel fascicolo 6 degli Stu di e testi (1901) ho pubblicato da un codice rescritto della Biblioteca Apostolica (Vat. gr. 1853) 1 l’originale greco del Martirio di s. Ariadne (o Maria), che in addietro era conosciuto soltanto dai magri compendi dei Menei e da una versione, o piuttosto parafrasi, latina (la P a s s io s. M a r ia e u n cillae) edita la prima volta dal Baluze (M isceli■I 27), poi nuovamente dal p. van Ilooff negli A d a S S . B ollan d . nov. I. La leggenda, sulla quale occorre che io brevemente ritorni in questa appendice, si compone di cinque parti ben distinte. 1. Adriano ed Antonino imperatori pubblicano un editto generale di persecuzione contro i cristiani, in forza del quale chiunque di loro si rifiuti a gustare dei cibi immolati agli dei, deve senz’ altro perdere la vita. 2. A Primnesso, nella Frigia Salutare, una giovane schiava di nome Ariadne, non avendo voluto rompere il digiuno nel dì solenne, in cui il padrone Tertullo celebra il natale del suo figliuolo, è fatta flagellare e rinchiudere nel carcere domestico. 3. Delle spie riferiscono al preside Gordio, come Tertullo nasconde in casa una cristiana. Egli è quindi citato a comparire in giudizio, un Sóyfia imperiale vietando - sotto pena di morte - di dar ricetto a qualsiasi fedele. Tertullo è difeso da un bravo avvocato suo parente, e, sia per la devozione a tutta prova verso gli dei e gli Augusti, sia per le sue straor­ dinarie benemerenze verso la patria, prosciolto dall’accusa. 4. Ma Ariadne, condotta alla sua volta dinanzi al giudice, non vuol sacrificare. Sul punto di essere sottoposta alla tortura, il popolo impietosito interviene a suo favore, ottenendole un termine (-irf)otìc(TiMÌi, vuo/nu) di tre giorni, durante i quali essa sarà guardata a vista ma libera (eV ù v h t u ).12

1 Cf. A d Cataloi/um codd. h a y io y ra /ih ic. i/m eco r. b ib liolh . Valicatine su pplem entu m in Anni. B o lla n d . 21, 1902, p. 10. 2 Per il termine irpoSfir/nn v. e. gr. I ‘ass. ss. S cilitan oru m 10 ir/mHuT/da t/ ikì kovtu ili"pii]i’ "uh' ttm o (ci. )4). l'isso, Ori resto, ricorre passim nel gius greco-romano.

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ANCORA DEL MARTIRIO DI S. ARIADNE

. 5. Ariadne, appena fuori del tribunale, si dà alla fuga su per la montagna. Inseguita ed ormai raggiunta, inalza a Dio una calda preghiera, per effetto della quale una rupe, apertasi miracolosamente, l’ accoglie nel suo seno, furandola per sempre ai persecutori. Nello studio da me premesso alla edizione del testo sono venuto alle conclusioni che qui riassumo ed in parte leggermente modifico. Il numero 1 non è che un tóttos di certe officine agiografiche dell’età della pace, nè merita alcuna considerazione. Anche il numero 2 si tradisce per una ricostruzione non anteriore alla seconda metà almeno del iv secolo, occorrendovi la denominazione (ppvyia la X o v ra p ta , la quale apparisce per la prima volta in un rescritto di Costante e Costanzio del 359-361. Esso inoltre offre notevoli coincidenze con un altro Martirio, quello di Zoe e compagni - coronati in Panfilia, ma originari della Frigia - che male potrebbe aspirare ad essere anno­ verato fra i documenti genuini. Il numero 5 consiste in un grossolano imprestito fatto alla leggenda di una vergine minacciata d’oltraggio (s. Tecla, od altra), leggenda ispirata alla sua volta dalla notissima favola di Dafne. Ben diverso è il carattere ed il valore dei numeri 3 e 4. Nel numero 3 sembra doversi riconoscere un vero processo verbale ed uno, forse, dei più preziosi documenti che ci sieno pervenuti sulla storia delle persecu­ zioni dei primi secoli. Esso si distingue nettissimamente, per il suo meravi­ glioso carattere di autenticità, non solo dalle parti del Martirio dianzi esaminate, ma altresì dal numero 4, e cioè dall’ interrogatorio di Ariadne. Questo interrogatorio infatti - di cui nel testo originale ci è conservata non più che una metà - sebbene riposi sopra un documento genuino, ci sta peraltro dinanzi ritoccato alquanto da una mano cristiana. E. g. la lunga citazione di s. Paolo, onde comincia l’ interrogatorio nel frammento Vaticano, è troppo poco naturale (bisogna convenirne) sulle labbra di una povera schiava. Vero è che nel testo siriaco, di cui parlerò in seguito, e che meno si discosta dal g reco, le risposte sono in genere assai più semplici e naturali di quello che nella versione latina. Del numero 3 ho detto che è un processo verbale. Deve farsi una eccezione per l’ editto di Adriano ed Antonino, che vi si trova in mezzo, e che si rivela subito per uno dei tanti editti inventati nell’ età della pace onde impinguare le leggende. Vi ha però un passo, il qualecon­ trasta fortemente con tutto il resto così per la proprietà del linguaggio, come per la precisione dei particolari, un passo, anzi, che evidentemente non ha nulla da fare con l’editto apocrifo. Esso, secondo ogni verosimiglianza, è autentico e parte del processo originale di Tertulio. Avevo pensato, e l’ ho scritto nel mio studio antecedente, che il luogo in parola fosse desunto, anziché da un precetto imperiale, come si asserisce nel nostro testo, da

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ANCORA DEL MARTIRIO DI S. ARIADNE

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un qualche decreto proconsolare. Ora però propendo recisamente, col mio amico G. De Sanctis, professore nella Università di Torino, a ravvi­ sarvi un vero θβΐον θ έσ π ισ μ α o sa cru m p r a ecep tu m . Certo l’ ordine di punire con la morte e con la confisca dei beni chiunque ricetti un cri­ stiano, è di una ferocia straordinaria: tuttavia non ha nulla di assolutamente incredibile. Sappiamo da s. Giovanni Crisostomo - come già rilevai l’ altra volta - che nell’ editto di Diocleziano esistette realmente l’ ingiun­ zione di tradire i fedeli di propria conoscenza, e s. Atanasio afferma che dei pagani di Alessandria, per aver nascosto dei cristiani, non pure soffri­ rono negli averi, ma ebbero eziandio ad affrontare la carcere Donde è tratto codesto δόγμ α ? La risposta dipende dal tempo a cui risale il processo di Tertullo. Perchè, se esso ebbe luogo nel π secolo, al tempo di M. Aurelio e L. Vero, i quali regnarono insieme, la disposi­ zione - di carattere meramente locale - dovette trovarsi in un rescritto sul genere di quello di Traiano a Plinio; ma se il fatto accadde nel ni secolo o nel iv, noi abbiamo probabilmente dinanzi parte di uno degli editti gene­ rali di persecuzione. La data del processo non è dunque determinabile con sicurezza? Purtroppo no. La ferocia dell’ imperiale precetto, la forinola di deferenza δέομαι σου, l’ espessione ή έμη κ αθοσίω σή , con cui il magistrato designa la propria persona, inducono a porre il fatto nel ni secolo, se non addirit­ tura nel principio del iv. Ma a questa ultima data si oppone la somma di 400 denari promessa ai delatori, come quella che pare un po' troppo meschina per i tempi posteriori alla grande crisi monetaria del in secolo 12. Un’ altra difficoltà è l’opporsi che fa il popolo all’ impiego della tortura, asserendola contraria alle disposizioni sovrane; poiché sappiamo che nelle ultime persecuzioni la tortura non fu solo adoperata - come sempre dall’ arbitrio dei presidi, ma ordinata espressamente dagli editti. Inoltre 10 son persuaso che i nomi di Adriano e di Antonino (che non regna­ rono insieme) sieno stati introdotti dal compilatore della leggenda di suo cervello, ma non so s’egli sarebbe ricorso a nomi così antichi, qualora 11 latto avesse offerto ai suoi occhi i segni di una età assai recente. Checché ne sia del tempo in cui l’aver ricettato in casa una cristiana espose a grave rischio Tertullo irptÒTos della città, sacerdote degli Augusti, devoto di tutti gli dei e di Artemide in ¡specie, gran benefattore della sua

1 Una disposizione come la nostra poteva trovarsi fin già nel HicÌTayna di cui si lagna Melitone ap. Bus. 7/. e. 4, 26, 6, dicendo che kìit Ù fiapfictpwv irpèirei noXepluiv. 2 Però, secondo la versione siriaca edita dalla signorina A. Lewis Smith, S elect n a rrativ es o f h o ly w o m en , in Studia Sin aitica voi. I X , London 1900, il delatore prenderà tutte le sostanze del cristiano, alle quali saranno aggiu n ti dall'imperatore (il gr. ek SeirrroTiKoiì titAou!) 400 danari.

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ANCORA DEL MARTIRIO

DI S. ARIADNE

patria, certo è che il pregio del suo processo - pervenutoci in mezzo a un fascio di brani non belli di racconti senza nessun valore - è tale, a mio debole avviso, da meritare una nuova edizione. Io lo ripubblico dunque, sceverandolo - cosa ben facile - dalle aggiunte posteriori, nella forma che dovette avere originariamente. Qualche corre­ zione propostami dal prof. De Sanctis, altre suggeritemi da una nuova lettura del documento, la revisione diligente del palinsesto ‘, mi permet­ tono di dare un testo senza dubbio migliore del primo, riescito purtroppo assai scorretto \ Perchè poi i lettori trovino raccolto anche in questo fascieoi etto tutto ciò che nel Martirio di Ariadne vi ha non privo di valore storico, ho pensato di ristampare altresì l’ interrogatorio della martire. La prima parte (come pure la conclusione dell’ assolutoria di Tertulio) man­ cante nell’originale, è data secondo la parafrasi latina e la versione italiana3 del testo siriaco pubblicato dalla signorina A. Smith Lewis due anni sono, ma tardi da me conosciuto.e potuto avere sott’occhio soltanto ora: il resto, in greco (naturalmente riveduto e corretto) e in latino. Il latino, opera di un retore studiosissimo osservatore della clausola metrica (- o — o - ovvero - u - w) è tolto dalla edizione del p. van Hooff: ho però soppresso l’ appa­ rato critico, non notando se non i pochissimi luoghi, in cui alla lezione seguita dall’ editore mi è parso - o per ragione del ritmo, o per maggior rispondenza all’ originale - doverne preferire un’ altra, per solito quella adottata dal Baluze.1

1 Disgraziatamente Γ interprete siriaco, che ha lavorato sopra un testo non lontano da quello, adoperato dal traduttore latino (la santa è infatti chiamata Marta come nel latin o , è taciuto il nome della c ittà come nel latino, è omessa la data del martirio come nel latino, etc.) ha lasciato da parte tutto il discorso di Nicagora. Dopo riferito l’ editto, esso prosegue cosi: « L etta questa costituzione, il magistrato disse a Tertullo: Rispondi intorno all’affare » etc. Qualche correzione o congettura ci sarebbe anche da fare nella parte che non ristampo. P. es. a p. 124, col. 1, 21-23 ποιεί o Οόλι is. μόνον òu't Χ ριστόν τον βηηΜονντά poi, il μόνον cela forse, come pensa il prof. De Sanctis, un originario ίμμενώ. * Devo questa versione alla cortesia del eh. mons. Ugolini scrittore della Biblio­ teca Vaticana.

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1.

IL PROCESSO DI TEI »TULLO

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1.

F. 48.v . . . γνωστοί/ έγένετο τούτο τώ ήγεμόνι Γορδίωβ "Οτι Τέρτυλλος ό πρώτος τής πόλεως ημών Χριστιανήν έχει εν τή οικία αύτοΰ, καί άζιοϋμεν το όκίνδυνον τή 7τόλει ημών φυλαχθήναι, φόβω γάρ δεδοίκαμεν διά την άπειλήν των Σεβαστών, τή δε έξης προκαθεσθείς ό ήγεμών προ βήματος εν τώ σεβαστείω τής πόλεως, έκέλενσεν άγεσθαι τον Τέρτυλλον. καί σνναθροιF. 9. σθεντος παντός τον βουλευτηρίου συν τώ δή\μω \έν τώ δικαστηρίω], εττανεγνω αντοΐς Γόρδιος ό ήγεμών το των βασιλέων δόγμα έχον τον τύπον τούτον... 6Γ τις οΰν σκεπάσει τινά Χριστιανόν καί μή φανερώσει, ήτοι νέον ή νέαν, ή γέροντα ή παιδίον, ό τ οιοΰτος ξίφει τιμωρήσεται, ή δε ύπόστασις αύτοΰ τοΐς τοϋ ταμείου λόγοις είσκομισθήσεται. τον δε μηνύοντα τώ δικαστηρίω τα χρήματα του μηννθέντος εκ δεσποτικοϋ τίτλον λήφεσθαι κελεύομεν δηνάρια τετρακόσια. Κ. 9.’ Καί μετά το άναγνωσθήναι το βασιλικόν πρόσταγ\μα ό ήγεμών εφη ' 77 δύναμαι, άνδρες, 7τοιήσαι; μή τώ θείω θεσττίσματι άντιπράξαι δύναμαι; το βουλευτήριον εφη ' Άζιοϋμεν την ανυπέρβλητόν σου φιλανθρωπίαν μετά ήπιότητος άκουσθήναι ήμάς. ό ήγεμών εφη ' Τα λεγάμενα έγγράφως λεγέσθω καί μή ώς εν παραδρομή, καί τις σχολαστικός Νικάγορος ιινεψιός τυγχάνων τοϋ προειρημένου Τερτύλλου, παντός τοϋ βουλευτηρίου προτρεφαμένου αυτόν καί μάλιστα του γένους αύτοΰ συνηγορήσαι τώ προειρημένα) Τερτύλλω, όπως μή μώμόν τ iva δέξηται, έφη πρός τον ηγεμόνα ούτως ' Ό τής έπαρχίας πρύτανις, ό εωσφόρος πάντων ημών, ή δεξιά των κατερράγμένων, ό εϋδιος λιμήν, τό φώς τό ήμέτερον, ό αρχηγός τής εύδοκίας των δεσποτών τής οικουμένης, των άηττήτων βασιλέων, ών νόμοι τε καί φωναί έπετήρησαν εις εϋδιον λιμένα, έπακοϋσαι ημών καταξίωσον, δεόμεθα τής σής 6 le parole èv τω δικαστηρίφ paiono una interpolazione — 1 dopo τύπον τούτον segue nel cod. il falso editto di Adriano ed Antonino, che non ripubblico — 8 φανέ­ ρωση — 6*12*dopo δηνάρια τετρακόσια segue nel ms. εί δε φωραθμ (φοραθη) τ ιs βουλόμενος σκεπάσαι τινά των προ^ε^ραμμένων, t o Ts τον δικαστηρίου νόμοιε καταδικασθήσεται, passo evidentemente interpolato nel documento originale — 17 παραδρομή — dopo σχολαστικοε si direbbe caduta la voce όνόματι, v. tuttavia Athan. a d lo d a t i, ap. Migne 26, 821 c έτερόs t i s σχολαστικοΒ Παταλας — νικα·γόροσ cod. ; scriverei NiKayópas, ma cf. In script. G raec. septent. 1, 1703 NiKayopos ’AvTvyevis — 21 έοσφόροσ — 22 dopo λιμήν sospetto che manchi qualche cosa, come των ναυαγούντων (cfr. M arlyr. s. T h eo d oti 7 p. 65, 34 ed. Franchi εΰορμότατοε των ναυαγούντων λιμήν ίγνωριζετο), seppure ό ενδ. λ. non è una interpolazione (cf. liu 24) — 23 έπετήρισαν — 24 ήμάε manca nel codice.

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*ο

1.

. ..praesidi nuntiatur Tertullum principalem civitatis occultare in domo sua Christianae religionis ancillam, quod imperatorum praecepta prohibe­ bant. statim ad tribunal Tertullus adducitur, et primoribus convocatis, assistente etiam vulgi corona, recitari legem praeses iussit ex codice, cuius haec forma est. . .

Si quis igitur huius legis aut cultus occultandum aliquem putaverit cuiuslibet aetatis aut sexus, ferro ipse exhalet spiritum legibus repugnantem, facultates vero eius fisci commodis inferantur; delator autem tanti criminis 10 ex aerario publico quadringentorum denariorum collatione gratuletur, ut omnes agnoscant nec peccatum perire nec praemium. Lecta itaque hac constitutione, ad circumstantes praeses ait: Quid sum ad ista facturus? numquid repugnare possumus his praeceptis? responde­ runt principes curiae dicentes: Humanius nos audire dignare, tunc praeses scribi quae dicerentur iubet. surrexit scholasticus Nicagoras, et uj erat fandi peritus et artifex ad loquendum, omnium persona suscepta, publico ore sic loquitur: Lucifer summe, lumen totius civitatis et populi, ut benignius nos audias deprecamur, hic vir multis publicis functionibus et natalium splen­ dore decoratus, magnum curiae nostrae praestat auxilium, fuit Augustorum 20 pontifex, praeterea munerarius civitatis, tum deinde legationibus plurimis pro publica utilitate susceptis tantum sibi gloriae quantum amoris adscivit. magnis praeterea largitionibus eius aucta respublica est, infinitum pecuniae suae modum in diversis fabricis et in balnearum calefactione dispersit.4

4 retractari c(an) H (ooff) — 16 cod. 8 Cicagorus — 24 calefactionibus vH.

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IL

PROCESSO DI TERTÜLLO

ψ ιλανθfXtmias. ουτos ό άνηρ eùyevijs υ π άρ χ ει, àpxiepevs μεν τών Σ εβαστώ ν, opptovpybs δε τη πόΧει καί r a î s âXXais αύτοΰ trairais (hopeáis τ a ïs eis την -πατρίδα καί T ais εύ ερ γ εσ ία ς a ïs εύεργέτησεν την πόΧιν π ρ εσ β εύ ω ν , ετι ce τη δω ρεά το ύ βαΧ ανείου, ουτivos eis τον κόσμον Χίθον Φρύγιον ποικίΧ ας καί yafU Tuíaas, μeyáXωs έπεμεΧηθη. ό ττροειρημένθ5 άρ χ η γ οε καί πρω τεύων yevópevos τ rjs τοιαύτηε ápeTtjs, Χαμπρο5 καί âÇios ά π ε δείχθη. καί τ ί Χέγω ; tis y à p ( α ν / δννηθείη τ as eùepyealas αύτοΰ έξ ειπ είν 04. peyáX as o v a a s καί δρναριθμήτιης ; τ α δε α π ' ápxrjs αύτοΰ εύεργετηματα καί Tas riw/jeàs a s π α ρ έσ χ εν τη πόΧει καθ ’ έκάστην, tis αν έκ φ ρασ αι δννηθείη; άρχιερεύ ς μεν εκ προγόνω ν καί γυμ νασίαρχο5, άνηρ koXos καί LiyaObs yeyovíos καί π ά σ η ά ρ ε τη κεκοσμημέ pos, έπιτεΧ έσα5 καί θυσίας εκ των ίδιων υπαρχόντω ν rois τ ε π α τ ρ ώ ο ι θ εο ί s καί τη παρθένιο Αρτέμιδι άσνΧω δικαιοσύνη, καί τού s Σ εβ α σ τού ς... έ σ τ lá a a s τού/s τ ε ποΧ ίταε, έξ α ιρ έ τ ios δε την γ ερου σίαν , τ ovs δε παρεπιδημοΰ/vTas ξένοι/s καί ai'rrovs είσ τιά το . ά π ο πρώτη5 ήΧικίας εύσεβό/s áiaKeípevos π p os τε tous

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30

IL PROCESSO 1)1 TERTtJELO

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sant et alia maiora quae enumerare perlongum est. nam primum aetatis tempus, in quo lubrica vita et teneri anni iuvenili calore flammantur, reli­ gioni divinae obtemperans vicit aetatem et moderationis freno naturae ipsius ius superavit, et cum aevo gravior maturioris coepit esse consilii, satisfe­ cisse se credens divinis praeceptis, aliquid etiam quod populo placeret r> invenit, munera itaque anni auspicantis exsolvit, et magnis spectaculis pro­ pinis viribus comparatis communem totius populi satiavit aspectum, plurima agonum insignia in Caesariana civitate complevit, aemulas etiam praelii voluptates gladiatorum inter se dimicantium civibus non negavit, necessi­ tates et in rem familiarem lucra venientia patriae semper credidit post- 10 ponenda, placuit itaque dis sacerdotio, muneribus civitati, tunc, quod est maximum, aetatem vinci iuvenis sacerdos edocuit et ostendit non repu­ diandam in annis gravioribus voluptatem.

Praeses scholastico ait: Qui praeteritae actionis ornamenta comme­ moras, crimen quod intenditur non repellis? respondit advocatus: Puella lr» haec, cuius scelere dominus perurgetur, ut dotalia instrumenta demonstrant, ab uxore donata est. praeses dixit: Tertulli uxor ingenua est? respondit advocatus: Ingenua, quin etiam nobilitatis eximiae, oritur enim patre Cleonide. praeses dixit: Comparata est haec ancilla an vernaculo educante suscepta? Tertullus dixit: Nata quidem domi videtur, sed parentes eius a> ad nos comparatione venerunt, praeses Tertullo ait: Socer tuus incolumis est, an iam ab hac luce migravit? respondit Tertullus: Iam fati munus implevit, praeses ait: Istius contumacis ancillae parentes supersunt? respon­ dit Tertullus: Defuncti sunt, praeses ait: Huius perditae religionis erant, an diis vota solvebant? respondit Tertullus: Eiusdem vesaniae, nam cruci- «■· fixum colebant, advocatus ait: Quae non huic puellae illata tormenta sunt,

1 longum o i l — fo r s e e d a tra sp o rr e tliv. praec. satisfecisse se credens — * Caesariana: a l. Caesarea. — aemulans oH — l/Γ)/'σί(,ϊΝ — 22 κακιγκάκως i. e. κακήν κακώδ.

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— praeses quae vocaretur inquirit, respondit M aria: Cur nomen interrogas et de lege nihil dicis? illa debet percunctandi esse ratio, quae vocatur ad crimen, nec enim me ream nomen fecit esse, sed cultus, secura itaque interrogationi tuae ante respondebo: Christiana sum. praeses ait: Dominus tuus te hic opperitur ut aut praemium confitenti, aut supplicium repugnanti inferat, elige itaque quid sequaris, respondit Maria : Corporis ille est dominus, non animae, praeses ait: Cur religionem domini, cum sis ancilla, non sequeris? respondit Maria: Christiana sum; intellectum sapientiae habeo et quid sit rationis agnosco: contemno simulacra sine sensu, adoro illum qui me fecit, non quae ipsa construxi, praeses ait: E x qua successione haec ad te vanitas religionis advenit? respondit Maria: A parentibus infor­ mata sic credo, praeses dixit: Parentes tui huius fuere sententiae? respon­ dit Maria: Semper in hac religione manserunt. praeses ait: Ante Deucalionem, ut dicis, hanc credendi insaniam susce­ pistis! quin imo confitere, ut et te et dominum tuum exuas culpa, respondit Maria: Quid enim aequalitatis est inter caelestem dominum et famulam pec­ catricem, aut quem timere potest cuius nutu omnes et ipsa reguntur ele­ menta? quaslibet ergo cruces perferam; dulcissimae videbuntur pro amore domini nostri Iesu Christi qui hic auxilium, ibi vero reddet praemium, ille nos per apostolum Suum Paulum contra omnium insidiantium tela firmavit dicens: Quis nos separabit a charitate Christi? tribulatio an angu­ stia an persecutio an periculum an gladius? hinc est robur illud invictum, inextricabilis animus et mens in ipsa dolorum acerbitate sublimior, quod et praedicta nobis sunt ista quae patimur et maiora sunt munera quae speramus quam dolores, cum ergo nihil sit quod a Christo separare nos debeat, testor illum quem diligo me in eius timore mansuram et in eius confessione cruciatam terrena relinquere et ad caelestia festinare, praeses ait: Sacrifica, si effugere tormenta festinas, respondit Maria: Supplicia quae minaris nec longi tempori« nec gravis doloris «nnt quaeso ergo ne dilferas quae moliris. Christum habeo et inde nihil timeo.

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quae: quem r / / — l!l tra sp o n i praemium reddet, 0 s e r ie i con i codd. f>. 12 redd. et p. — 23 inextricabilis: iuoxtribilis B a lu z e .

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DI ARIADNE

σου; μή όκνήσμε ούν, ήγεμών, άλλα iroiei ο θέλειε ' Χρίστον γάρ έχω τον ένδυναμοϋντά με. τούτων άκούσαε ό ήγεμών έκέλευσεν αυτήν παρασκευασθήναι επί τούτω. παρασκευασθείσηε et αύτηε ύφη ό ήγεμών ‘ Αναρτήσατε αύτην επί το ξύλον. Καί ό όχλοε els οίκτον τραπείε, δάκρυσιν μεν άμυθήτοιε, βομ δέ άκαταπαύστω έκραζον irpòs τον ηγεμόνα λέγοντεε' €νδοθήναι αύτμ άξιοι ό Πρυμνήσιων δήμοε. τον δέ δικαστοϋ βουλομενου αύτην βασανίζειν, ιτάλιν έξεβόησαν ’ Άδίκωε Kpiveis, άδίκωε βασανίζει, παρά τόνε νόμο vs πράττειε. έκπλαγείε δε ό αρχών επί τμ βομ του όχλον (δοκεΐν γάρ ην μη μόνον τούε άνθρώπουε, άλλα και ταε οίκοδομάε συνεπιβοάν), έπέτρεφεν μη άφασθαι αύτηε, καί τοΐε δήμοιε εΐπεν ' K. 110’ Τί θορύβονε ποιείτε; κατά ζτών/ βασιλέων άγωνί1ζεσθε. είπατε ούν, ού δει τοίε προστάγμασιν των βασιλέων άκολουθεΐν ; καί πάντεε ώε έξ ένόε στόματοε είπαν ' Άρχον τηε έπαρχίαε, οί άήττητοι Σεβαστοί μετά ήπιότητοε προσέταξαν τόνε είε τούτο καλούμένουε η θύειν η άποφάσει ύποβάλλεσθαι. ού βούλεται θύειν, άποφαΐνου κατ ’ αύτηε. άζιούμεν δε ενδυθήναι αύτη προθεσμίαν έωε ήμερων τριών, μή ποτέ μετανοήσμ. Ό ήγεμών εΐπεν ' Πείσατε αύτην ύμεΐε, ώε γάρ όράτε, παρακληθείσα ύπο τηε έμήε καθοσιώσεωε, ούκ ένέδωκεν. τί λέγειε, Αρεάδνη; έάν ένδοθμ σοι εωε τριήμεροε διωρία, θύειε; καί ή Αρεάδνη εΐπεν' Τού κρείττονοε εχομαι. ό ήγεμών εΐπεν ' Ένδίδωμί σοι καί ταε τρεΐε δή/μέραε. καί μει τούε θεούε άπανταε, έάν έπιμείνμε τοΐε αύτοΐε, βασάνοιε σε πυλυπλόκοιε ανα­ λίσκω ' μή γάρ μανίσμε ότι συγχωρηθήσεταί σοι. ή δε έφη ' Έν σε έρωταν άξιώ, άνέγκλητον άπολυθήναι τον έμυν δεσπότην ήε νομίζειε αίτίαε. ύ ήγεμών εΐπεν' Ούτοε μεν άπολυθήσεται άνευ παντόε έγκλήματυε, σύ δέ, αν πεισθμε έμοί, δόματα καί δωρεάε λήψμ καί τηε έλευθερίαε τεύξμ, ήε ούδέν άμεινον t’v άνθρώποιε. καί ή Αρεάδνη άπεκρίνατο ' Ζμ μου ύ Χριστόε ό πάσαν ελευθερίαν μοι χαρισάμενοε, ότι το συμφέρον μοι καί ποιώ και ποιήσω, και έκέλευσεν ύ ήγεμών φρυυρισθήναι μεν αύτήν, είναι δέ έν άνέσει.

2 dopo αύτην il siriaco mi fa ritenere -caduto άποδυθήναι καί — 12 )> manca nel cod. — άγωνίζεσθαι — 14 ¿ίρχων— έπαρχείασ — 20 διορία -— 2Ì (lofio ί'χυμια l’ama­ nuense ha saltato forse, per omioteleuto, una breve proposizione (cf. lat. hu m an am in d u lg en tiam non req u iro) — la ή è perita nel cod. a causa di un foro — 26 δόματα : male nella prima ed. scrissi δώματα, ma forse si deve espungere καί δωρ. — owpaiàs — Χηφει. — 29 ψρονρισθηναι: cf. φρονριστηε, Stud. ap. Migne 99, 1657 c.

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L INTERROGATORIO UI ARIADNE

21

Tuin iussu praesidis applicata tormentis miserationem populi tantam adepta est, ut lacrimae quoque a circumstantibus funderentur, nec mora; clamore summo venia virgini postulatur, sed crudelitas iudicis adcelerari tormenta mandavit, et ecce vox secunda populi iudicium praesidis casti­ gantis emersit; vociferatio namque una pene erat totius coronae, lacerari r> virginem crudelitate iudicis, non culpa peccati; agi contra leges omnia, nec aequitatis iura servari, stupens vero praeses et sono tanti clamoris addictus, quippe qui propter humanam vocem etiam ipsa putasset tecta cor­ ruere, mox Mariam relaxari praecepit. E t ubi satisfecisse clamoribus credidit, populum iam securus adlo- 10 quitur; Unde est ista, o cives, tantae vociferationis insania? quid obstre­ pitis? quid obstatis? an ut imperatorum praecepta violentur et impunita sint scelera? ad haec populus exclamavit: Nemo manus obvias divinis legibus violentus opponit, sanxit illorum sacra maiestas aut sacrificare singulos aut capitali sententiae subiacere. non sacrificat haec puella, poe- 15 nam, quae decreto continetur, excipiat, quid diversis cruciatibus et exqui­ sitis dolorum generibus perurgetur? interficere iussus es, non lacerando consumere, sane si petitioni nostrae animum tuum libenter accommodas, triduum postulamus, quo poenitentiam gerens ab hac forte persuasione discedat. 20 Annuens praeses populo ait: Ecce petitum spatium non negamus; vel vos persuadete blanditiis quod ego timore non potui, et ait M ariae: Si tibi hoc triduum non negatur, sacrificium non refutas? respondit M aria: Quod optimum est teneo, humanam indulgentiam non requiro, praeses ait: Ecce relaxavi spatium quod petitus sum. post hoc triduum, si in hoc furore 2.r> duraveris, scito te omnibus afficiendam esse suppliciis. Maria respondit: Si qua te, praeses optime, meae utilitatis cura sollicitat, donum magnanimiter peto, ut Tertullum dominum meum alienum ab hac culpa habeas et cum sententiae auctoritate a me petitus absolvas, quem nulla huius causae culpa commaculat, praeses ait: Ille iam absolutus et liber est; tu vero, si ad melio- 30 rem te partem verbis meis flexa transtuleris, habebis et remunerationis praemia et libertatis insignia. Maria respondit: Libertatem ego a Christo iam merui; haec vero fragilia sunt, quae promittis, tunc servari eam sub custodia libera praeses iubet.

18 accommodas -(- concede et oH.

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IL

GLI A TTI DI S. GIUSTINO

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F ra i più antichi documenti delle persecuzioni contro i cristiani in Roma gli Atti di s. Giustino filosofo tengono, com’ è notorio, uno dei primi posti. Hanno fatto dunque benissimo lo Knopf ed il von Gebhardt a ristam­ parli fra gli A cla m a rty ru m s e l e d a che hanno pubblicato, il primo nel 1901, a Lipsia, l’ altro nell’ anno in corso a Berlino *. Senonchè essendo state condotte le antecedenti edizioni del Papebroch, del Maran, del Mazzocchi, dell’ Otto 12 sopra un solo codice (il Vat. 6 5 5 ) 3, e questo assai tardo (sec. xvi), si sarebbero dovuti, a mio avviso, confrontare gli altri manoscritti indicati dall' Ehrhard nel suo volume D iè altch ristlich e L ittera lu r u. ih r e E r fo r ­ schu n g von 1 8 8 5 -1 9 0 0 , p. 577, e cioè il Vaticano 1667 del sec. x , il Gerosolimitano del S. Sepolcro 6, scritto fra il secolo ix ed il x , il Pari­ gino 1470 dell’ anno 890. E vero che lo Knopf, come lo dichiara ogni volta, si è attenuto esclusivamente alle edizioni; ma il Gebhardt ha fatto ricorso a dei mss. in più d’ un caso, come e. g. per la P a ss. s. P e r p e lu a e (di cui conseguentemente ci offre un testo migliore di quello del Robinson e del mio) e per il Martirio dei quaranta Sebasteni, che forse non meri­ tava tante cure e senza forse ne meritava meno dei preziosissimi Atti del grande apologista. Ciò che il Gebhardt ha omesso, mi accingo a farlo io nelle pagine seguenti. Spero così di contribuire, se non altro, a rendere più perfetta la ristampa, che credo non tarderà, di quell’ utilissima scelta di te sti4 e forse anche la sua editto m a io r.

1 Rudolf Knopf A u sgew ählte M ä r ly r e r a c le n , Tübingen u. Leipzig 1901; Oscar von Gebhardt A u sg ew äh lte M ärly rera clen un d a n d er e U rkunden au s d e r V e rfo l­ gu n gszeit d e r ch ristlich en K irc h e , Berlin 1902. * 11 Gallandi ( B ib lio th eca P alru m I p. 709-716) riproduce tale quale il testo del p. Maran (cf. Migne 6, 1565-72) e (ibid. 709-712) quello del Mazzocchi. :i Inesattamente perciò il Gebhardt scrive nelle note codd. invece di cod. 4 Raccolgo qui alcune altre poche osservazioni che mi è occorso di fare, scor­ rendo il volume del Gebhardt, invero un po’ in fretta. Pag. 7 , 4 άποθέμενης έαντφ π άντα τ ά ιμάτια και Xvaas την ζώνην. Cosi stampa il Gebhardt e così hanno invero tutte le edizioni ed i codd. Ma pare strano, dopo aver detto ‘ deposti tutti quanti gli abiti ’,

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GLI A T T I DI S.

GIUSTINO

Ohe dalla collazione del cod. Vat. 1667 non fosse da attendersi molto di nuovo, mi era già noto per l’esame fatto sommariamente di codesto ms. un anno addietro, quando m’occupai del Martirio di s. Teodoto ancirano. Il cod. 655 invero, adoperato dagli antichi editori, è una semplice copia del 1667 (cf. S tu di e testi 6 p. 56). Alla stessa famiglia appartiene il codice Gerosolimitano, della cui dili­ gentissima collazione sono grato alla cortesia del p. Cleofa, bibliotecario del Patriarcato greco. Il Vaticano ed il Gerosolimitano hanno invero comuni certi errori caratteristici, come p. es. (lasciando βαλανίου per βάλανείον, XapiTM per Χ α ρ ιτ ο ΐ, ευσεβής per ε υ σ ε β ε ίς , η ζα ι per ε ιξ α ι e ie .) , διδά­ σ καλος καλών μαθητών in luogo di κ. μαθημάτων ed εζειν δόγμ ατα invece di ε. δώ ματα ovvero δόμ ατα. Ma sopra tutti notevole è il seguente.

soggiungere ‘ e sciolta la cintura perchè prima si scioglie la cintura e poi si toglie la tunica, non viceversa. Sarà forse da leggere, come proposi altra volta (S. A gn ese n e lla t r a d ii, e n e lla leg g en d a p. 18 nota 3), (εν β δ ΰ σ α ς την ζώνην! Cf. A cta P n n li et T h e c la e 33 (p. 225, 31 Gobhardt) νζεννθη κα'ι έΧαβεν διαζώ στραν, Acta P ila ti 10 (ed. Conybeare in Stu dia bibl. et ecc le s. IV p. 102) ex p o lia o eru n t vestim en to eiu s et p ra ectn x eru n t eu m c in ctu ra , e , per la espressione, Menand. ap. Poli. 7, 51 ζώμ ’ ενδεδυμένην, P ass, s. P erp . 20 (p. 91, 15 Gebh.) ένδιδύπκονται ΰποζώσμαπιν. — Pag. 25, 24; 20, 17 perchè sostituire ZarovpvTvos al Σ ατορνΐνοε del cod., forma che ricorre in Eusebio H. e. 4, 7, 3. 4; 29, 2. 3, come altresì nelle epigrafi (cf. p. es. R ev u e A rch èo l. 28, 1896, p. 225)? Cosi nella P ass. s. P erp . invece di ZarovpvTXos era da mantenere, secondo avvertii alcuni anni fa ( G li Atti d e i ss. L u c io , M ontano e tc ., Roma 1898, p. 20 nota 2), la lezione del cod. ZaTopvìXos, di cui citai vari esempi (vedi anche Eus. H. e. 4, 22, 5 Ζατορνιλιανοί). — Pag. 4 8 , 1 non è punto necessaria la correzione dei Bollandisti σεαυτω , invece dell’ έαυτφ dato dal codice (cf. W in er G ram m . X II p. 188 e Dieterich U ntersuchungen z u r G eschichte d. g riec h isch en S p ra ch e, Leipzig 1898, p. 193). Similmente a p. 52, 2 si poteva forse lasciare la forma Δίαν, di cui c’ è anche un esempio nel M artyr. s. T heodoti p. 76, 8 ed. Franchi (per simili accusativi cf. Dieterich, op. cit. p. 159 sq.), come pure φησίν (ibid. 1) in luogo di φ ασίν. — Pag. 8 5 , 14 m a c e r a b a r so llicitu d in e infan tis ibi. fune T ertiu s. Sospetto che la retta interpunzione sia in fan tis. ibi tunc. Cf. invero P assio M arian i p. 139, 26 Gebhardt tunc ib i C y p rian u s; p. 1 45, 3 ibi tunc et M arianu s. — Pag. 76, 4 dubito che la interpunzione v id eo in h o ro m a le h o c : v en isse non sia la migliore e che in hoc debba riconoscersi, col Robinson, Γ avv. huc. Nella P assio M ontani infatti, che è imitata da quella di s. Perpetua, abbiamo a p. 149, 3 Gebhardt v id ebam p u e ru m huc in carcererò, in tro isse; a p. 150, 1-2 v id eo filiu m m eutn v en isse hu c a d ca rcererà . — Pag. 77, 9 -10 proseguo a ritenere che la interpunzione giusta sia d iscin cta tu s, p u rp u ram ... haben s et g a llic u la s , perchè discinctatus p u rp u ra m p e r m ed iu m p ectu s non ha senso, discinctatus significando ‘ vestito di discin cta ' non ‘ discinto. ’ — A p. 83, 18 non mi sarei preso l’ arbitrio di mutare έπέπΧηξαν in έξέπληξαν. — A p. 88, 18 ηγγισαν π pòs αμ φ ιθέατρου si scosta dalla lezione del codice più che non farebbe forse ìjyy. [irpò] τοΰ αμ φ ιθεάτρου. — A p. 92, 20 καΧ έσασαν τον ίδιον άδεΧφον κα'ι αυτόν [rò r] κατηχούμενον, non espungerei Γ articolo, perchè, qualunque sia il senso da darsi al latino, mi par certo che il greco intese di dire che Perpetua chiamò a sè il fratello e q u el catecumeno di cui è parola a p. 91, 12. Ciò risulta dal seguito παρεκάΧει iva èv π ίπ τει διαμεΙνωσιν etc. (nota la soppressione

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GLI A T T I DI S. GIUSTINO

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Rustico 4 domanda nel c. 3 a Giustino dove suole radunare i disce­ poli. Egli risponde, secondo il codice Vaticano perfettamente d’ accordo con quello del Sepolcro, Gyùt ¿/πάνω μένω rtvòs Μ αρτίνον τον Τιμιοτίνον (- ον) β αλαν ΐίον καί π α ρ ά -πάντα τ'ον χρόνον τούτον ' ¿πβάήμησα ο ί τη Ρωμαίων π όλ ει τ ο ν το Sevrepov καί ον χινώσκω άλλην τινά αννόλωκτιν πλην ¿κείνον. Ora appar manifesto che qui è incorso più di un errore. 11 primo e, secondo il mio avviso, più grave che sin qui non si sia creduto, sta nelle parole ¿πάνω tiv o s Μ αρτίνον τον Τιμιοτίνον βαλανΐίον. A. S. Mazzocchi fece un lungo discorso per dimostrare che la vera lezione è τιμονίπτων; ma non mette conto di indugiarsi a esaminare le sue ragioni, fondate come sono sul falso supposto che i codd. leggano τιμιωτίνων. Il Gebhardt corregge Τιμοθίνον (Otto Τιμωθίνον), la qual correzione si basa su quanto ragiona il Baronie

delTownes). — Nel Martirio di s. Pionio p. 103, 5 includerei le parole γράφ οντας τον νοταρίου π άντα, come notai già altrove (Di un fra m m en to d i un a vita d i Costantino p. 28, nota 2), poiché sono evidentemente una glossa dell’avverbio έγγράφ ιos. — Pag. 1 Hi, 29 è da trasporre, col cod. Bruxell. 9290, qu em v id e r e (forse v iv ere) optabat occidit. — A pag. 129, 16 (nel Martirio di s. Conone, Κώνων, che senza vera necessità seguita a scriversi Κόνων contro l ' uso costante del codice) il Gebhardt stampa και άλ λος ris, veotKÓpos [όνόμ ατι], Ora è forse a torto che il Papadopoulos, prendendo Νεωκόρος per un nome proprio (di cui del resto non mancano esempi) scrisse Νεωκόρος όνόματι; ma io ritengo che se il passo abbisogna di correzione, non si tratta ili sopprimere όνόματι, si bene di supporre caduto un nome proprio dopo ό ν ό μ ατι, scrivendo καί άλ λος n s νεω κόρος, όνόματι ... Perchè l’ autore avrebbe taciuto il nome di questo personaggio, mentre lo dà degli altri (cf. και n s όνόματι Ν αόδωρος - καί T ts βοηθός όνόματι Ω ριγένης)? — Pag 132, 17 dopo Σκεφ άμενος deve, se non erro, supplirsi un ovv. — Negli Atti di s. Cipriano p. 125, 29 mi sembra doversi scrivere, secondo l’ uso costante dell’ a ., idibu s S ep tem b rib u s, non S ep tem b ris e a pag. 126, 29 è a correggere cum con cilio in cum con silio, come avverte il Mommsen (R óm . S tr a fre c h l pp. 150 nota 3; 449 nota 4). — È una vera disgrazia che il Gebhardt non abbia cono­ sciute le notevolissime emendazioni proposte alla P assio dei ss. Lucio e Montano dal W ilamowitz (H erm es 34, 1898, p. 212-214). Egli ci avrebbe potuto dare un testo assai più perfetto! Qui mi basterà osservare che a p. 154, 11 la lezione in tellig eren t e c c le s ia e v erita tem ....; d ein d e lap soru m abru ptam festin an tiam , n egotiation em p a c is a d p le n a m poen iten tiam d iffe r e b a t, invece di a bru p ta festin a n tia , n egotiation em , è certa­ mente sbagliata. La clausola metricamente falsa abru p tam festin an tiam doveva essa sola far dubitare l’editore della bontà della lezione da lui seguita. — Termino augurandomi che dalla nuova edizione del libro del Gebhardt spariscano altresì alcuni errori di stampa, del resto difficilmente evitabili, come p. 21, 4 όμαθυμαδόν per όμοθ., p. 40, 7 γυργαθόν (dalla ediz. Dind. Lips.) invece di γύργαθον, p. 96, 18 e nell’ indice Μ ακεδονία invece di Μ ακεδονία, p. 129, 4 έπεβέβηκεν invece di έ π ιβ ., p. 112, 5 ; 131, 10; 184, 13. 19. 2 3 ; 185, 13. 23 θρρσκεία per θρη σκεία, e certe sviste un po’ incresciose, come il citare a p. v i i Duchesne per Bonnet e nella tavola delle abbreviature Bobertson per Robinson. 4 Che il Gebhardt scrive sempre Ρ ονστικός, anche nella Pass, s P erp . (p. 91, 28 'Ρουστικοΰ invece di 'Ρ ουστίκου), dove (più rettamente, credo) il cod. e le edd. ante­ riori davano 'Ροΰστικος.

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circa la supposta esistenza in Roma di bagni detti di Timoteo. Ma chi ci dice che le terme di Novato furono chiamate eziandio di Timoteo? E poi da Τιμόθεος si fa egli l’aggettivo Τιμόθινοςί A me pare che tlvo s Μαρτίνον e Τιμιοτίνου sieno due diversi tentativi di sanare un luogo corrotto ed inesplicabile. Ed in questa opinione mi conferma il cod. di Parigi, il quale porta semplicemente του μύρτινου- Nota l’ identità delle finali in μαρτίνου (ο μυρτίνου ο μψτινου) e τιμιοτίνου, il μ comune ad entrambi i nomi, le prime sillabe t ì ( vo' s) , τι(μιοτίνου). Osserva ancora che μιρτίνου, togliendo via Tasta del p , diventa appunto μιοτίνου. Quale sarà stata la lezione originaria? Io non lo so, perchè anche il codice Parigino è guasto. Si potrebbe forse pensare a τιβυρτίνου βαλανβίου. Ma, ripeto, non è lecito * affermare nulla, tanto, più che dei numerosi bagni di Roma non ci sono stati tramandati i nomi. Procedendo nell’ esame del passo, una seconda corruttela sta nelle parole καί παρά -πάντα τον χρόνον τούτον' έπεδήμησα δε τούτο δέντ. Ma qui il cod. Parigino ci rimette sulla buona strada, leggendo egregiamente -παρά ■πάντα τ. χ. όν έπεδήμησα τη 'Ρ. πόλει το δεύτερον. Ed è pure il P ari­ gino che sana l’ultima proposizione ού γινώσκω άλλην Tivù σννελενσιν (ter­ mine preferito di s. Giustino; v. Apoi. I 67, 3. 8 etc.) εί μη την εκείνον, dandoci, in cambio dello stranissimo genitivo εκείνον, l’ avverbio έκεΐ. Se il cod. del S. Sepolcro appartiene alla medesima famiglia del Vaticano, non è naturalmente da credere che non abbia alcuna lezione migliore di questo e che nulla giovi alla critica del testo. Già esso solo ci ha conservato integro il titolo, poiché nel Vaticano, oltre la caduta di due nomi, è stato aggiunto μαρτυρίαάντων (sic) εν Ρώμη π pò ιε ' iowv Ιουλίων, dove, tra le altre cose, ίδών sembra corruzione di καλανδών, come notò a ragione il Mazzocchi *. La buona lezione ci è data altresì dal cod. Gerosolimitano là dove Vέπαρχος domanda a Giustino : Ποίουε λόγους μεταχειρίζμ ; il medio μεταχείριση (ser­ batoci del resto anche dal cod. Parigino) stando assai meglio dell’attivo μεταχειρίσεις (cod. Vaticano). E lo stesso si dica del passo μετά δόγματος όρθου έπομαι αύτοΐς (se. λόγοις), in cui il Vat. legge αυτούς. Similmente poco appresso, dove il Vat. ha molto male .... προφητικήν τινα δνναμιν όμολογών, ετι προκεκήρυκται12 περί τούτου (di guisa che gli antichi editori corressero ετι in επειδή), il cod. Gerosol. legge dirittamente όμολογών ότι. E dove il martire dice secondo il Vat. πάσιν παραμένει το θειον χάρισμα μέχρι τής εκπληρώσεως τον κόσμον, è senza dubbio preferibile la lezione

1 Nel M arty rol. h iero n . (cod. Richenoviense) trovo una commemorazione di s. Giu­ stino addì X VI h a i. lu i. 2 Questo verbo προκηρύσσω (come pure il semplice κηρύσσω) è familiarissimo a s. Giustino dove parla dei profeti. Basti citare A poi. I 52, 1. 2. 3 ; 53, 2 ; 54, 2 ; 58, 1; II 8, 5 etc.

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del Gerosol., confermato anche qui dal Parigino, èκπνριόσεως τού κόσμον, poiché questa è una espi’essione molto famigliare a s. Giustino (cf. p. es. A poi. I 20, 4 ; 57, 1; 00, 8 ; II 7, 8). Inoltre è solo il codice del S. Sepolcro a darci il testo completo al c. 5 άναβήσμ eìs τους oùpavovs, άμ οιβάς τινας χ ρ η σ τ ό ς άποληψ όμενος. L ’ aggettivo χ ρ η σ τή ς manca nel codice Vat. e, con altre parole, nel Parigino. Come si è veduto dal passo esaminato, il cod. di Parigi appartiene a una famiglia diversa da quella dei codd. Vaticano e Gerosolimitano e, ciò che piu monta, ad una famiglia in parte meno guasta. Esso ci ha serbata la lezione genuina in diversi altri luoghi, p. es. quello (c. 2) διδάσκαλος •twv καλών μαθημάτων, dove gli altri due mss. hanno, come ho già notato, μαθητών. La lezione μαθημάτων era stata del resto già congetturata dal Mazzocchi, che molto a proposito si ricordò di quel passo della li apo­ logia (2, 9) διδάσκαλον τών Χριστιανών μαθημάτων -γενόμενον. E di fatti le opere di Giustino giovano non poco alla critica del nostro testo, poiché l’ apologista rispondendo al giudice, ripete, come è naturale, dei concetti espressi altre volte nei suoi scritti e delle parole e frasi ivi adoperate '. Onde (sia detto cosi di passaggio) non è senza commozione che noi sen­ tiamo il martire ritornare anche una volta nelle sue ultime brevi parole sul valore dimostrativo delle profezie. Rammentava egli forse in quel momento il misterioso vegliardo che là sulla riva solitaria del mare lo aveva per il primo eccitato a leggere i profeti e messolo così sulla via della verità, per la quale stava ora per dare gloriosamente la vita? Ma se il codice di Parigi conserva esso solo delle eccellenti lezioni, si trova per un altro capo in condizioni molto piu misere degli altri due. Esso è mutilo e malamente rabberciato, vietandoci per tal modo di pre­ cisare il testo in piu di un passo, dove la lezione del Vat. e del Gerosol. è dubbia. P. es. nell’ esordio π ρ ο σ τ ά ιχ μ α τα κ α τά πόλιν κιιί χώ ραν έ ζ ε τ ίθ ε τ ο , io credo che a buon dritto il Mazzocchi proponesse di leggere κ α τά π όλεις και χώ ρας, ο piuttosto che sia caduto un π ά σ α ν dopo κ α τ ά 12. Ma il Parigino, che potrebbe decidere la cosa, non ha nulla degli editti. E qui manco male, che si tratta del cappello imposto agli Atti da una mano assai posteriore 3. Ma nella prima domanda di Rustico a Giustino, Π είσθητι τ ο /s θεοϊς καί υπάκουσαν toìs βασιλεΰσιν, s’avrà o non s’avrà 1 Cosi la bontà della lezione (c. 5) naia ότι και π άσιν t o ì s àptìàs βιώ σασιν, di fronte a quella degli altri codd. αίίτω β ιώ σ ασ ιν , si può comprovare con A poi. II 2 , 2 roìs οΰ μ ετά λόγου òfidov βιηνσιν. 2 Cf. Dionys. Alexand. ap. Eus. H. e. VI 42, 1 άλλοι Se πΚ ειστοι κ α τά π όλεις καί κώμας διεσ π άσθ η σαν . Testarli. X L m ari. Sebast. ρ. 166, 5 Gebh. κατά π ά σ α ν πόλιν καί χώραν. 3 Lo stesso vediamo negli A tti, pure stupendi, di s. Apollonio Romano. Anche la chiusa è in entrambi i documenti stata aggiunta più tardi.

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G LI A T T I DI S. GIUSTINO

la strana espressione 4 obbedisci agli dei ’ da supporre corrotta o mutila? S’avrà a leggere, non dirò Πβίσθητι (σ τ τ β ΐσ α ι), come infelicemente con­ getturò il Mazzocchi, ma Σ ττΐΐσ υν (verbo questo che parrebbe essere stato letto dall’ autore dell’ esordio: ω στν aìrrovs όναγκα'ζίσθαι σττόνδειν t o ì s μ α ταιο is Oeuis), o, meglio, da sostituire Oetois vópois a tìeoìs '? E al c. 5 {(TvveXtìóvres ovv όμοθιιμαδον θύ σατε) non si deve mutare aureAOòvres in π/>οσελθόντ€ε, restituendo il solito intimo dei magistrati (cf. A d a K a r p ì 1 συμβουλεύω νμΐν irp o a eλ θεϊν καί θνσαι. P ass. s. B o n ifa c ii 8 Ruin. p. 252 ττροσελθών θνσον. P a ss. T a r a c h i c. 4 Ruin. p. 380 θνσον ττροσόλθών etc.)? Nulla ci permette di rispondere il lacunoso cod. di Parigi. Del resto anche dove questo codice è integro, non si può a occhi· chiusi accogliere la sua lezione. Così nella risposta di Ierace a Rustico: 6γώ diro Ίκονΐόν τηε Φριτγίαε à ir o a ir a a S ets, il Parigino, scambio di 7κονίον, legge Ικανόν χρόνον. Ora questa lezione potrebbe sembrare a prima giunta preferibile, perchè Iconio non stava propriamente nella Frigia, sì bene in Licaonia. Ma, se meglio si guarda, ικανόν χρόνον si tradisce per una correzione congetturale di chi non comprese la parola Ίκονίον, male scritta o mezzo evanida 12. Del resto Iconio, città presso il confine, potè essere e fu realmente considerata ora come della Licaonia, ora come della Frigia 34. In conclusione, se i due nuovi codici Parigino 4 e Gerosolimitano per­ mettono di dare un testo notevolmente più buono di quello sinora divulgato, non ci permettono però di pensare ad una edizione propriamente definitiva. 1 Cf. M arty r . s. Cononis 3 (p. 130, 21 Gebh.) ηύρόθη ò ζητονμβνοε φ ίΧ τατοε t o Is 6eo7s π α α ιν πβιΘόμβνοε κα'ι t o Ts vópois καί τώ ... βασιΧέΐ. Il Gebhardt vorrebbe leggere φιΧ τάτοιε, ma non so perchè. Quello che ci vuole è una virgola dopo ττασιν. 2 Nei testi agiografici di bassa epoca ricorre spesso l’aggettivo ìicavòs nelle espres­ sioni χρόνον Ικανόν (M artyr. s. N ic e p h o r i 2 Ruin. p. 209), pera χρόνουε ίκανονε (Pass, s. B o n ifa tii 2 Ruin. p. 2 5 0 ), ημβρών όιβΧθουσών Ικανών (Acta ss. A nthusae etc. 2 , 1) e simili. 3 Senofonte p. es. A nab. I 2, 19 chiama Iconio τ tjs Φριτ/ia s ττόΧιν è αχάτην. 4 Del quale mi sono procurata una buona fotografia.

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TESTO DEOU ATTI Dl S. GIUSTINO

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CODICI. Hierosolymitanus) S. Sepulcri 6, s. ix-x. P(arisinus)· 1470. a. 890. V(aticauus) 1007, s. x, e 1’apogr. Vat. 055, s. xvi.

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Μαρτύρων των αγίων μαρτύρων Ιουστίνου, Χαρίτωνος, Χαριτοΰς, (ϋύελπιστού, lépaKOs, llaiovos καί Λιβεριανοΰ.

I. τ ώ καιρό) τό)ν άνομων ΰπερμάχων της είδοΑολατρείας προσ­ τάγματα ασεβή κατά τόιν εύσεβούντο™ Χριστιανό™ κατά πάλιν και χώραν 5 έξετίθετο, ώστε αυτούς άναγκάί,εσθαι σπενδειν τοΐς ματαίοις ειδώλοις, σνλληφθεντες ούν οι μνημονευθέντες άγιοι είσήχθησαν π/ιός τον τής 'Ριΰμης έπαρχον ύνόματι Ρούστικον. Π. Ων είσαχθέντων προ τον βήματος Ρούστικος ό έπαρχος Ίονστίνω εΐπεν' Πρόσον πείσθητι τοΐς θεοΐς και ύπάκουσον τοΐς βασιλενσιν. κ» Ιουστίνος εΐπεν' Άμεμπτον και άκατάγνωστον το πειθεσθαι τοΐς προσταχθεΐσιν ύπο τον σωτήρος ήμων Ιησού Χρίστον. Ρούστικος έπαρχος εΐπεν' Ποιους λόγους μεταχείριση; Ιουστίνος εΐπεν' Πάντας μεν λόγους έπειράθην μάθειν, συνεθέμην δε τοΐς άληθέσι λόγοις τοΐς των Χριστιανό™ καν μ ή άρέσκωσι τοΐς ψευοοοοβούσιν. Ρούστικος έπαρχος εΐπεν' Έκεΐνοι ΐ5 οΰν σοι άρέσκονσιν οι λόγοι, πανάθλιε; Ιουστίνος εΐπεν' Ναι, επειδή μετά δόγματος ορθού έπομαι αύτοΐς. Ρούστικος έπαρχος εΐπεν' Ποιόν έστι δόγμα; Ιουστίνος εΐπεν' Οπερ εύσεβοΰμεν εις τον των Χριστιανό™ θεόν.

1-12 om. μαρτύρων Ιουστίνου Ρ — 2 χαριτούο- con Γ accento acuto V — 2-3 οιη. € ύ ελ π ίσ του Ίερακος V — 3 Παίονος Otto Knopf; π εω νοσ I I ; παίωί>οσ V — 2-3 Εύελ7Πστον... Λιβ. : καί τ η σ συνοδ(ίας) αυτών Ρ — 3 Λιβεριανοΰ μαρτυρισάντω ν ¿ν ρώμη π ρο ιε' ιδών Ιουλίων (— ου V2) V1 (in capo al foglio la stessa mano notò μήνί Ιουνίου a ’) — 4 ύπερμάχω V (seguiva una parola di quattro o cinque lettere, ora completamente erasa); ύπερμάχων H e l’apografo Vat. ; π ροσ ταγ μ άτω ν P — 5 κ α τ ά πόλιν καί χώ ραν : f. cadde π ά σ α ν ; κ α τά π òXeis καί χώ ρας cong. Mazzocchi — 6* εξετίθ εν το I I — 4-° om. π ρ ο σ τά γ μ α τα ... ειδώλοις Ρ — ' om. ούν Ρ — οι μνημονευθεντεσ άγιοι Ρ ; άγιοι άν δρεσ H V 1; οι άγ . ά. V2 e Γ apogr. Vat. — 8 om. όνόματι Ρ — ρούστικον Ρ ; ρούστικον ossitono I I V edd. costantemente — 9 om. του I I ; om. π ρο του βημ. Ρ — ρ ο υ σ τικ ο σ Γ, om. Ρ — om. ο Η , forse a ragione — 10* είπε apogr: Vat. edd. — 9- 10 ίουστίνω εΐπεν Ρ ; εΐπεν π ρ ο s Ιουστίνον (— τίνον con Tace, acuto I I e così sempre) H V edd. — 10 π ίσθητι IIV - — θ εοΐς: f. Θείοις (Mercati) νόμοις — πρώτον... βασιλεΰσιν : τίνα βίον βιοΐς Ρ — 4ί-12 τ ο π είθ εσθ α ι... Χ ρ ίσ τ ο υ : π άσιν αν{Θρώπ)οισ Ρ — π ροσ ταχ θ η σ ιν V — 13 είπ ε apogr. Vat. edd. — μεταχειρίζη I I P ; μ ετα χ ειρ ίζεισ Vr edd. — om. μεν Ρ — i:> ψ ευδοδοξουσι Ρ ; ψ ευδ οδ ό ξο ισ II V edd. — 10 ούν σοι Ρ ; σοι I I ; σ ε V — 11 οιη. όρθοϋ Ρ — έπομαι con Ιο spirito I. V — α ύ τ ο ΐσ I I P ; αύ τού σ V edd. — είπ ε apogr. Vat. edd. — εσ τιν li.

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TESTO DEGLI A T T I DI S. GIUSTINO

ον ήγοιίμεθα eva τούτον έξ αρχής ποιητήν καί δημιουργόν τής τάσης κτίσεως, ορατής τε καί αοράτου, καί κύριον Ίησοΰν Χριστόν παΐδα θεού, os καί προκεκήρυκται virò των -προφητών μέλλων παραγίνεσθαι τω γένει των άνθρώττων σωτηρίας κήρυξ καί διδάσκαλος καλών μαθημάτων, κά-γώ άνθρω­ πος ών μικρά νομίζω λέγειν πρ'ος την αύτου άπειρον θεότητα, προφητικήν η τινα δύναμιν όμολογ ών, ότι προκεκήρυκται περί τούτου όν έφην νυν θεού υιόν όντα, ΐσθι γάρ ότι άνωθεν προείπον οι προφήται περ'ι τής τούτου παρουσίας γενομένης εν άνθρώποις. III. Ρούστικος έπαρχος εΐπεν* Που συνέρχεσθε; Ιουστίνος εΐπεν" "(Ενθα έκάστω προαίρεσις καί δύναμίς έστιν. πάντως γάρ νομίζεις επί το ίο αυτό συνέρχεσθαι ημάς πάντας ; ούχ ούτως δέ, διότι ό θεός τών Χριστιανών Cf. Ter. 23,24 τόπω ού περιγράφεται, άλλ ’ αόρατος ών τον ουρανόν καί την γην πληροί κα'ις πανταχον υπό τών πιστών προσκυνεΐται καί δοξάζεται. Ρούστικος έπαρχος εΐπεν' Ρίπε, πού συνέρχεσθε ή εις ποιον τόπον άθροίζεις τούς μαθητάς σου; Ιουστίνος εΐπεν' Έγώ επάνω μένω * τίνος Μαρτίνου* του 15 * Τιμιοτίνου * βαλανείου παρά πάντα τον χρόνον όν έπεδήμησα το δεύτερον τή Ρωμαίων πόλει, ού γινώσκω δε άλλην τινά συνέλευσιν εί μη την έκεΐ. καί εΐ τις έβούλετο άφικνεΐσθαι παρ ’ έμοί, έκοινώνουν αύτω τών τής αλήθειας λόγων. Ρούστικος έπαρχος εΐπεν ' Ούκοΰν λοιπόν Χριστιανός 20 ε ΐ; Ιουστίνος εΐπεν' Ναι, Χριστιανός είμι. IV. Ρούστικος έπαρχος Χαρίτωνι εΐπεν' "Ρτι ε’ιπέ, Χαρίτων, καί σύ Χριστιανός εΐ ; Χαρίτων εΐπεν' Χριστιανός είμι θεού κελεύσει. Ρούστικος έπαρχος προς την Χαριτώ εΐπεν' Συ δε τίλέγεις, Χαριτοΐ; Χαριτώ εΐπεν'

1 τού τον , τούτω ν Ρ — om. ττοιητην και Ρ — 2 om. κύριον Η — *-2 της πόσης... θεόν', τ η σ το υ π α ν τ ο σ κόσμου π οιή σεω σ καί θ(εο)ΰ π α ΐδα ί(ησοΰ)ν χ(ριστό)ν Ρ — 3 om. καί I I — om. τω γένει I I — 4 μαθημάτων Ρ e le edd. per congettura del Mazzocchi ; μαθητών H V — 4-5 κ α γ ώ ... ών om. P — r> μικρά Se (δή?) P — om. άπειρον P — 0 ό τι H P ; ότι V; èn u edd. — 6-7 v(tòv)v θ(εο)ΰ P — ' ίσθι Ρ ; ίσθη Η ; ησθη V (ηir in rasura, ma di 1 mano); ίσημι edd. — 8 γεναμένησ I I — εν αν θιιώπ ο ισ γενομ. π α ρ . Ρ — 9 είπ ε apogr. Vat. edd. — συνέρχεσθαι I I — 10 έ σ τ ι apogr. Vat. edd. — i0- 111 erri το αυτό: κατά avrò δυνατόν Ρ — 12 άλλα V edd. — n.13 0{,χ ούτως... δοξάζεται om. Ρ — 43 δ ο ξά ­ ζετ α ι V con due accenti — 14 συ ν έρ χ εσ θ ε con la e fin. in rasura, ma di 1 mano, V; συ ν έρχ εσθ αι H — π ο ιο ν : τινα P — om. ά θ ρ. τ . μ. σ. Ρ — 45 επάνω μένω: f. έπ αναμένω (Mercati) — 45- 46 τ ιν ο σ μαρτίνου τον τιμιοτίνου (τιμιοτινοΰ Η ) H V ; τ ου μυρτίνου Ρ ; τίνος Μ αρτίνον του Ύιμοθίνον (τιμωτίνων Mazzocchi) edd. ; in origine leggevasi forse του τιβνρτίνον, da cui potrebbero derivare t i v o s μαρτίνου ο τιμιοτίνου — 1β βαλανίου H V — π α ρ ά : καί π α ρ ά I I V edd. — 5v Ρ ; τούτον H V edd. — έπεδήμησα δε τ οΰ το H V odd. — 17 ού γινώσκω δε Ρ ; καί ού γιν. H V ; [καί] ού γ. Gebhardt — έκ εΐ Ρ ; έκείνου I I V edd. — ί*-ΐβ Tòv ... λόγον V — 19 έπ αρ χ ο ς omm. Ρ V edd.; in V le parole ρ ο υ σ τικ ο σ εΐπεν furono agg. in marg. dalla 1 mano — om. Xonròv H P — 21 τω Xap. H V edd. — om. "€τι ehré P — Χ αρίτον V ; Χ άριτον edd. — 22 εΐπ ε apogr. Vat. edd. — 23 χ α ρ ιτώ H P V — omm. Se H V edd. — Χ α ρ ιτ ο ΐ P edd.; χ α ρ ιτώ H V — le parole συ δε τ ί λ. χ . furono aggiunte in marg. dalla 1 mano in V — Χ α ρ ιτ ώ : χαρη τώ V — είπε apogr. Vat. edd.

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TESTO DEGLI A T T I

DI S. GIUSTINO

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Χ ριστιανή είμι τή τον θεού δωρεά. Ρ οΰστικος έ π α ρ χ ο ς Ε υ ελ π ισ τώ ε ΐ π ε ν ' Σύ δε τ is et, Εύέλπιστε; Εύέλπιστος, SovXos Καίσαρος, άπεκρίνατο' Κάχώ Χριστιανός είμι, ελευθερωθείς υπό Χριστού καί της αύτής ελπίδας μετόχων χάριτι Χριστού. Ροΰστικος έπαρχος Ίέρακι εΐπεν' Και σύ Χριστιανός εΐ; Ιέραξ εΐπεν' Ναι, Χριστιανός είμι, τον yap αυτόν θεόν σέβω τε και r> προσκυνώ. Ροΰστικος έπαρχος εΐπεν ' Ιουστίνος υμάς ¿ποίησεν Χριστια­ νούς; Ιέραξ εΐπεν' Έκπαλαι ημην Χριστιανός καί εσομαι. Παίων δ ’έστώς εΐπ εν ' Κάχώ Χριστιανός είμι. Ροΰστικος έπαρχος εΐπ εν ' Τις ό διδάξας σ ε ; Παίων εΐπεν' Από των χονέων παρειλήφαμεν την καλήν ταΰτην ομο­ λογίαν. Εύέλπιστος εΐπεν ' Ιουστίνου μεν ήδέως ηκουον των λόχων, παρά ίο των χονέων δέ κάχώ παρείληφα Χριστιανός είναι. Ροΰστικος έπαρχος εΐπεν' Πού είσιν οι χονεϊς σου; Εύέλπιστος εΐπεν' Εν τη Καππαδοκία. Ροΰστικος έπαρχος Ίέρακι λ έχει ' Οί σοί χονεϊς πού είσιν; ό δε άπεκρί­ νατο λέχων' '0 άληθινός ημών πατήρ έστιν ό Χριστός καί μήτηρ ή εις · αύτον π ίστις' οί δέ έπίχειοί μου χονεϊς έτελεύτησαν, καί εγώ άπό Ικονίου ιγ> τής Φρυχίας άποσπασθείς ενθάδε έλήλυθα. Ροΰστικος έπαρχος εΐπεν Λιβεριανώ ' Τί καί σύ λέγεις; Χριστιανός ε ΐ ; ουδέ σύ ευσεβείς; Λιβεριανός Cf. Ιο. 17,3 εΐπ εν ' Κάχώ Χριστιανός είμι , εύσεβώ γάρ καί προσκυνώ) τον μόνον αληθινόν θεόν. V. Ό έπαρχος Ιουστίνω λέγει' "Ακούε, ό λεγόμενος λόγιος καί νομίζων άληθινούς είδέναι λόχους, έάν μαστιγωθείς άποκεφαλισθής, πέπεισαι ότι μέλλεις άναβαίνειν εις τον ουρανόν; Ιουστίνος εΐπεν' Ελπίζω έξειν αυτού τά δώματα, έάν ύπομείνω ταύτα. οΐδα δέ ότι καί πάσιν τοΐς όρθώς

4 Χ ριστιανό : χ ρ ισ τ ια ν ό σ apogr. Vat. — εΐπεν (εΐπ ε apogr. Vat. edd.) τώ ευελπιστώ H V edd. — 2 σύ Se H V (V aggiunse Se sopra la lin.) edd.; και σύ Ρ — Ε ύ ελ π ισ τ ε ; βύε'λπιστοβ scrissi; ευελπιστοσ P V ; εύελπιστε Η — om. SovXos K. άπ εκρ. Ρ — 3 om. ελ. υπό X. Ρ — μετεχω H V edd. — 4* χ ά ρ ιτ ι X. om. Ρ, forse a ragione — τώ ¡βρακί H V edd. — enre apogr. Vat. edd. — om. Καί συ P — 5 σεβω τε Η ; σέβομ αι V edd. — 6 π ρ ο σκυνών Ρ che om. (1. 5) γάρ 0 σεβω τ ε καί — επ οίη σε Ρ apogr. Vat. edd. — 7 έκπ αλ αι om. H V edd. — om. καί εσ. P f. a ragione — Πεων H V . — S ’ H ; Se V edd.; om. P — 8*είπε apogr. Vat. edd. — om. επ α ρ χ ο ε P — τ ίσ σε èSi'Sa^ev P — 0 le lettere ειλη del verbo π αρειλ. (f. π αρείλη φ α Mercati) sono scritte in V su rasura — n-10 την ... ομολογίαν om. P — 10* ηκουων H — 14* om. κάγώ P — om. επ αρχο8 P — 42 εΐπε apogr. Vat. edd. — om. τη P — 13 επ α ρ χ ο σ Ρ ,* τώ H V edd. — ,3- ir> ò Se άπεκρίνατο ... yove7s: ¡εραζ εΐπεν Ρ — 15 ετελεύ \\\τησαν V — και εγώ H V ; εγώ Se Ρ — Ίκονίου : ικανού χρόνου Ρ — 46 άποσπασθε'ιε ενθ. ελ .: άπ εσ π άσ θ η ν Ρ — είπε apogr. Vat. edd. — 4G-47 Λιβεριανώ εΐπεν Ρ — 47 Τ ί καί συ λε'γειε: μη καί συ Ρ — om. oSSe συ εύσ. Ρ — 18* ευ σεβ η σ Η ; εύεβησ V con il σ sopra lin. — 48-49 εύσεβώ (f. ευ σεβω ) .... θ εόν: ευ σεβ η σ Ρ — 20* λεγει π/oòs τον Ιουστίνον edd.; λ. π ρ ο σ Ιουστίνον (— Τνον V) H V —- 24 μ ασ τη γ ω θ είσ Ρ,* μ ασ τιγω θ η σ καί I I — άπ οκεφ αλη σθ η σ V — 22 μελλει ΤΙ — εξιν corr. V in εξειν — 22-23 εξειν ... τ α ΰ τ α : εκ τ η σ ύπομονησ εάν ύπομείνω Ρ — 23 όώ ματα cong. Gebhardt; 3όματα Maral» : όόγμ ατα VH — οΐόα Se ότι και H P V ; oΐSa γ ά ρ edd. —* π α σ ι apogr. Vat. edd.; om. Ρ — ό ρ θ ώ σ Ρ : ούτω H V edd.

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2ο

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TESTO D E G Ù A T T I DI S. GIUSTINO

βιώσασιν -παραμένει το θειον χάρισμα μέχρι της έκπνροισεως τον παντός κόσμον. Ρούστικος έπαρχος εΐπεν ' Τούτο ονν ύπο νοείς, ότι άναβήση εις τους ουρανούς, άμοιβάς τινας χρηστάς άποληφόμενος; Ιουστίνος εΐπεν' Ούχ υπονοώ, όλλ ’ ακριβώς έπίσταμαι και πεπληροφόρημαι. Ρονστικος έπαρχος εΐπ εν ' Το λοιπόν έλθωμεν εις τό προκείμενον, το άνα-γκαΐον και κατεπεΐγον πρένγμα. συνελθόντες ούν όμοθυμαδόν θύσατε τοΐς θεοΐς. Ιουστίνος εΐπεν ' Ονδεις εν φρονών άπό εύσεβείας εις άσέβειαν μεταπίπτει. Ρονστικος έπαρχος εΐπεν ' Gi μη πείθεσθε, τιμωρηθήσεσθε άνηλεώς. Ιουστίνος εΐπ εν ' Δι ’ ευχής έχομεν διά τον κύριον ημών Ίησοϋν Χριστόν τιμωρηθέντες σωθήναι, ότι τούτο ημίν σωτηρία κα'ι παρρησία γενήσεται έπι τού φοβερού και παγκοσμίου βήματος τού δεσπότου ημών και σωτήρος. ωσαύτως δε και οι λοιποί μάρτυρες εΐπ ον' Ποιεί ο θέλεις' ήμεΐς γάρ Χριστιανοί έσμεν κα'ι είδώλοις ον θύομεν. Ρούστικος έπαρχος άπεφήνατο λέγων' Οί μη βονληθέντες θϋσαι τοΐς θεοΐς και εΐξαι τώ τού αντοκράτορος προστάγματι, φραγελλωθέντες όπαχθήτωσαν, κεφαλικήν άποτιννύντες δίκην κατά την τών νόμων ακολουθίαν. VI. Οί δέ άγιοι μάρτυρες δοξάζοντες τον θεόν, έξελθόντες έπι τον συνήθη τόπον άπετμήθησαν τίις κεφαλάς κα'ι έτελείωσαν τό μαρτύριον έν τή τού σωτήρος ημών ομολογία, τινές δέ τών πιστών λαθραίως αυτών τά σώματα λαβόντες κατέθεντο έν τοπίο έπιτηδείω, συνεργησάσης αύτοΐς τής χάριτος τού κυρίου ήμών Ιησού Χριστού, ω ή δόξα εις τούς αιώνας τών αιώνων, αμήν.

1 7Γαραμενειν edd. — om. το Θ. χ . Ρ — εκπ υρώ σεω σ H P ; εκπΧηρώσεωσ V edd. — 2 Τ ο ν τ ο : Συ edd. — * χ ρ ισ τ ά σ Η , om. V — 12- 3 om. els τοί/s ... άποΧηφόμ. (άποΧηφά-

μενοσ I I ) Ρ — 4 om. όκριβώ ε V edd. — έπ ίσ ταμ α ι : π έπ εισμ α ι Ρ, om. καί πεπΧ. — 5 om. τό άναγκαΐον V edd. — 6* συνεΧθόντε8 : preferirei προσεΧ θόντε8 (cf. i soliti intimi: 7τρόσεΧθε καί Θΰσον, προσεΧ θών Θΰσον etc.) — 5- 8* om. Τό λοίττόν ...- εΐπεν Ρ — 8 τιμωρη θη σεσθαι I I — avtXetwo· V — ° δια ... χ ριστόν : δια χ ρ ισ τ ό ν τον κύριον ημών Η ; Om. Ρ — 11 φ οβερω τόρου Maran Otto Gebh. — 10* - 13 δτι το ν το ... θύομεν om. Ρ — 14 om. Χεγων Ρ — επ ιθύσαι Ρ — 14- 15 κα\ €ΐ ξ αι Τφ (ηξαι τώ V; ηξαι τ ο Η ) ... π ρ ο σ τά γ μ α τι om. Ρ — 15 φ ρ α γεΧΧωθόντεσ Ρ ; μ αστιγω θεντεε I I V edd. — άποτειννύντεσ Η — 1Γ)- 16 Κεφ α Χικην (κ εφ αΧηκην V) ... άκοΧονθίαν (άκοΧονθείαν Η ): τη τών νόμων άκοΧονθία Ρ — 17 om. δε edd. — δοξάζονre s : δοξασθέντε8 Gebhardt — 18 Om. άπετμηθησαν ... κα\ Ρ — μαρτύριον Ρ ; αυτών την μαρτυρίαν H V edd. — 19 om. ημών V edd. — 20 επιτηδίω V ; επισίμω Η — συνεργασάσ tjs malamente le edd. — 19- 21 τινεε ... Χ ρίστον om. Ρ — 2i ω η δόξα και τό κ ρά το ε συν τ ώ π (α τ)ρ ί καί τώ αγίω πν(εύματ)ι νυν καί Ρ

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N uove C o rrezio n i al fase. 0 ’degli S t u d i e T e s t i (M a r ty r , s. T h eo d o ti)

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