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Italian Pages 396 Year 1958
CONOSCI VITALIA ; VOLUME II
e LA FLORA
TOURING
%
CLUB ITALIANO
TORR
e
CARTA
DELLA
VEGETAZIONE
SPIEGAZIONI Climax della foresta sempreverde mediterranea (del QUERCION ILICIS ):leccete, sugherete, pinete litoranee ( in parte
aspetti di macchia e gariga, vegetazione
rupicola e psammofila litoranea (in parte), Climax
della
foresta caducifoglia sub( del QUERCION PUBESCENTIS):querceti e boschi misti caducifogli e castagneti. montana PETREAE
Climax 7CILOVE
della foresta
caducifoglia
montana
(del FAGION SILVATICAE ):Faggete, abetine.
Ro~Q*a3 re
ee
Climax
della foresta di aghifoglie (del
PICEION
EXCELSAE ):peccete, lariceti,cem-
breti;inclusi i mugeti, alneti alpini, rodoreto-vaccinieti.
Climax ipsofili: brughiere alpine, praterie, zolle pioniere;incluso deserto nivale.
Q &
n/ Pescara 2%
Oh Q ee pou, 0
&
Abete rosso
‘ ¥ 4
bianco Larice Pino laricio
T
Pino domestico
ay
marittimo
2
Faggio
&
Quercia
9
cembro
Q
Cerro
Hp
silvestre
$
Sughera
aD
montano
2
Castagno
a8
nero
§
Pioppo
GeAleheo
rovere
as
1:6,000.000.
%..28 © km (originale)
CONOSCIE UEAETA VOLUME II
LA FLORA (GKIP AL Al COVE
IRI!
195
CARTINE
459
FOTOINCGISIONI
TOURING
CLUB
MILANO
E SCHIZZI
ITALIANO 1958
PROPRIETA DEL
LETTERARIA
TouRING
MiLano,
E
CLUB
corso
ARTISTICA ITALIANO
ItTatia
10
© 1958
SAGDOS - OFFICINE GRAFICHE E LEGATORIA - MILANO (Gennaio 1958)
Al primo volume « L’Italia Fisica», che ha inaugurato la collana « Conosci UItalia » descrivendo la struttura fondamentale di rocce e minerali e le forme del nostro suolo, segue questo secondo dedicato alla Flora, che ne illustra lo splendente e variopinto manto vegetale. Il contenuto scientifico del volume sarebbe stato, a dir vero, definito con maggior preci-
stone dal titolo « La Vegetazione », ma si é preferito « La Flora », di pitt immediata comprenstone
e di pit efficace richiamo.
Nel comune
significato, infatti, « Flora » evoca
di per sé
tutta una mirabilmente ricca gamma di colori e di forme di piante grandi e minuscole nelle piu diverse associazioni, di foreste, di praterie, di giardini, ma anzitutto
supreme e piu commoventi manifestazioni sensibili tutti t cuori umani. Tema
affascinante, se riferito a un
della natura
qualsiast paese del mondo,
per Ultalia, che la posizione geografica, la variatissima tudinale
e le vicende
geologiche
e umane
hanno
di fiori, una
e alla cui misteriosa ma
che lo é tanto
conformazione
predestinato
planimetrica
a « giardino
delle
grazia sono di pit
e alti-
d’Europa », a
crocevia e sede preferita di un numero stragrande di specie vegetalt. La descrizione che qui offriamo delle piante che ammantano la nostra terra si propone soprattutto di metterne in luce i caratteri e le attrattive anche agli occhi del semplice turista. Non
e, dunque, un trattato di botanica sistematica, né di geografia botanica, bensi una rasse-
gna viva della vegetazione, un viaggio quanto mai suggestivo attraverso 1 paesaggi vegetal italiani: dalle vette delle Alpi ai laghi insubrici, alla Pianura Padana, alla montagna
appen-
ninica e insulare, alle rive mediterranee. Sono,
naturalmente,
1 paesagg:
della montagna,
ove
meno
profonda
é limpronta
del-
lPuomo e le piante trovano condizioni di vita via via piu severe con il crescere dell’altitudine,
che offrono le pagine pitt colorite e talora persino drammatiche: foreste e arbusteti, praterie é pascoli, su su fino alle rupi e ai macereti, alle estreme zolle erbose, alle isole glaciali e alle vette. Ma quanta varieta di aspetti nella montagna italiana, anche in relazione alla latitudine,
dal Monte Bianco alle Dolomiti, dal Gran Sasso all’Etna e al Gennargentu: varieta di specie
e di convivenze, di armonie e di contrastt.
Altre, non meno appassionanti meraviglie ci rivelano 1 capitoli dedicati alla vegetazione mediterranea: della macchia e della gariga, delle rupi, delle dune e delle spiagge arenose, delle lagune e degli stagni salmastri, delle velme e delle barene. Anche
laghi e sorgenti, e fin le acque termalt, cosi come
le acque dolci: fiumi,
le lave dei vulcani e le caverne, hanno
una
loro varia e poco conosciuta popolazione vegetale. Di speciale interesse per il turista saranno i cenni dedicati at parchi dei laghi prealpini e
dell’ Italia peninsulare e ai giardini litoranei della Riviera e della Sicilia, vert monumenti della vegetazione, ove tra piante indigene insigni per eta e proporzioni lussureggiano specie
—
esotiche e rare d’altri climi e continentt. L’opera, con la parola e con Vlimmagine
fotografica, ci conduce per mano attraverso i tanti paesaggi e « societa » vegetali, additandoci, con t nomi volgari e scientifici, le varie
specie conviventi, spiegandocene Vorigine, le vicende, le caratteristiche biologiche, le fun~zioni, la dipendenza dalla natura dei terreni e dai caratteri del clima, gl’influssi reciproci
~ fra specie e specie e le connessioni con la vita animale e con Vattivita umana. Essa ci mostra, alla luce degli studi e delle ricerche piu recenti, lincessante evoluzione di queste suggestive ed estremamente complesse « associazioni » verso sempre nuovi equilibri, evoluzione intes-
6. suta. di lotte, di vittorie e di regressioni, alle quali ultime non é purtroppo estranea spesso Vopera talvolta inconsapevole dell’uomo. A questo proposito, si raccomanda caldamente Vattenta lettura e meditazione delle pagine dedicate alla difesa delle foreste, dei pascoli montani e della nobile flora alpina, ai giardini alpini; pagine che mettono in luce V'urgenza dei problemi della conservazione del suolo e del suo rivestimento protettivo vegetale e della difesa delle bellezze singolari della nostra flora. L’opera, che si presenta come una prelibata novita anche in campo scientifico, é dovuta alla stretta collaborazione di due insigni studiosi di botanica: il prof. Valerio Giacomini, titolare della Cattedra di Botanica dell Universita di Catania e Direttore di quell’Orto Botanico, che ha steso con amorosa
passione di scienziato
e di illuminato
conoscitore
del suolo
patrio il limpido testo, dandoci in forma attraente e accessibile al comune lettore il succo degli studi scientifici suoi e degli scienziati italiani e stranieri in argomento; e il prof. Luigi Fenaroli, Direttore della Stazione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo e incaricato di Botanica presso la Facolta di Agraria (Piacenza) dell’Universita Cattolica del S$. Cuore di Milano,
noto
colar modo
tra Valtro
per le sue pubblicazioni
la raccolta, la scelta e il commento
cartine fu seguita da ambedue
sulla flora alpina, che ha curato
in parti-
della parte illustrativa. La redazione
i compilatori. A essi va la cordiale riconoscenza
delle
del Touring,
che per loro precipuo merito puo offrire un’opera di alto valore scientifico e insieme educativo,
un
libro che veramente
illumina
e riscalda
e lascera,
cosi speriamo,
una
benefica
traccia nella mente e nel cuore dei Soci. I disegni delle piante e molti schizzi dimostrativi sono stati eseguiti da Leo Ferlan della Stazione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo. Ha seguito la realizzazione di questo come del precedente volume della collana il Direttore Generale del T.C.I. Giuseppe Vota; fra i nostri Collaboratori interni meritano un cenno particolare il dott. Federico Antonini, da molt: anni nostro redattore e funzionario, che, con Vaiuto di Luigi Isnardi, ha curato l’edizione in stretto e frequente contatto con 1 collaboratori; il geom. Manlio Pasquetti, Dirigente del Servizio Cartografico, che ha soprainteso all’esecuzione del corredo di cartine. L’esecuzione grafica (e specialmente quella delle pagine in quadricromia presentava non lievi difficoltd nell’armonizzazione di talora numerose fotografie a colori di diverso soggetto e di diversa provenienza, e per la non comune tiratura) é merito della Societa SAGDOS; pagine in rotocalcografia furono stampate dalla S. p. A. Amilcare Pizzi. La propaganda
per il bosco, per il pascolo e per la protezione
grante del programma
della natura
del Sodalizio fin dai primi suoi anni e appartiene
é parte
tuttora
le
inte-
a quelle
aitwitd di superiore interesse nazionale a cui esso dedica mezzi ed energie non indifferenti. Questo volume, che pone il fondamento della conoscenza al dovere del rispetto delle piante,
costituira con le sue 400.000 copie, che entreranno in altrettante case italiane, un contributo senza precedenti alla creazione di una migliore « coscienza » forestale, anzi per cosi dire vegetale, presupposto indispensabile per la conservazione e la ricostruzione delle foreste protettrict del suolo. E, al disopra di queste considerazioni, una meno superficiale conoscenza del meraviglioso mondo dei vegetali, che direttamente o indirettamente condizionano e allietano la nostra esistenza, arricchirva di nuovi motivi di profondo interesse il turismo degl’Italiant. Cesare
Chiodi
Presidente del ‘Touring Club Italiano Milano, nel
8 novembre
LXIII
1957
anniversario
della
fondazione
del
Sodalizio.
SOMMARIO Vegetazione
e Paesaggio. del paesaggio
L’interpretazione
pag. 9. - « Vege-
pag.
vegetale,
§)
10. ve-
tazione » e «Flora», 9. - Le associazioni vegetali, - Il «climax», 11. - L'evolversi delle associazioni getali, 11. - La nostra indagine, 12.
75. - I Brometi, 76. - I Festuceti e i Nardeti, 78. Curvuleto, 79. - I pascoli del calcare, 80. - Le erbe, 82.
- Il alte
La vegetazione
pag.
La
I - L'Italia alpina REGIONI
E
ZONE
.
La vegetazione alpina, 13. botaniche in Europa, 13. distretto
padano,
16.
-
4
:
- Le suddivisioni Il distretto alpino,
II distretto
LE
FORESTE
:
pag.
13
pag.
13
regionali 16. - Il
altitudinali,
:
°
pag.
20
25.
I Querceti e la boscaglia prealpina La Roverella, Cerro, 29.
Il
25.
La
Rovere
e
la
pag.
Farnia,
27.
Castagneto
-
25
Il
pag.
29
- Origine
e diffusione
Faggeta
del Castagno,
3
;
32.
:
pag.
33
Ambiente ed esigenze del Faggio, 33. - Le Faggete alpine, 34. - I limiti altitudinali del Faggio, 35. - I tipi di Faggeta. Il sottobosco, 36. - L’Abete bianco, 36. - Il climax del Faggio, 37.
Le
Pinete
pag.
Pecceta.
Ambiente,
4
portamento
ed
:
esigenze
foresta, 42. - Il sottobosco della altitudinali della Pecceta, 44.
5
‘
:
del
Peccio,
Pecceta,
43.
:
pag.
42.
- La
pag.
Ambiente, portamento ed esigenze del Lariceti, 47. - Distribuzione altitudinale
Larice, Pino
La
48.
-
Il Pino
cembro,
cembro,
49.
-
Larice, 45. e diffusione
Distribuzione
-
45
I del
et
2S
Sarees
pedemontana
Le
Crittogame
La
65.
difesa
Urilita
delle
della
pag.
della foreste,
66.
.
Dae:
- I Funghi,
DEI
DETRITI
E
68.
-
Interpretazione
del
89
Nobilta della flora rupestre alpina, 89. - Elementi geografici. Le specie alpine-medioeuropee, 90. - Le specie artico-alpine, 92. - Le specie nordico-alpine e artico-altaicoalpine, 92. - Le specie altaico-alpine, 93. - Specie alpigene ed endemismi, 93. - Gli endemismi orientali, 94. Gli endemismi insubrici, 95. - Il sottogruppo endemico estremo-orientale, 97. - Gli endemismi occidentali, 97. Le specie alpino-europee, 98. - Le specie «disgiunte », 98. - La vegetazione delle rupi e dei detriti, 99. - Le Crittogame delle rupi, 100. - Le rupi calcaree e dolomitiche, 101. - Le rupi silicee, 102. - I detriti, 103 - Vegetazione dei greti, 104. LA
VEGETAZIONE
COME
VIVONO
Difesa
della
La
Chanousia,
NIVALE
pag.
104
LE
PIANTE
ALPINE
pag.
alpino,
flora
117.
alpina 118.
.
Dace
- Mezzi
di protezione,
118.
pag.
119
pag.
120
119.
LA
VEGETAZIONE
La
vegetazione
DELLE
abissale,
CAVERNE
120.
-
0
Limiti
della
vegetazione
cavernicola: le Fanerogame, 121. - Le Felci, 121. - I Muschi, 121. - I Licheni e le Alghe, 122. - I Funghi, 122. - Endemismi delle caverne, 122. - Microclimi cavernicoli, 122.
L’opera
dell’uomo,
I boschi
62
65
della
e difesa
delle
rispetto
degli
pag.
I prati e i pascoli, 70. - I prati pingui, 71. - L’Arrenatereto, 72. - Il Triseteto, 72. - I prati magri e i pascoli,
pag.
123
pag.
123
68
I magredi
;
.
Vegetazione
130.
e gli incolti
Le grave, 131. na. I sabbioni,
70
123.
pianura
L’antico volto forestale della pianura, 123. - I Querceti misti primitivi, 124. - Le grandi foreste dell’epoca romana, 124. - Nuova espansione alto-medievale delle foreste, 124. - La fauna silvestre nel Medioevo, 125. - La regressione delle foreste. Le bonifiche, 125. - I paesaggi forestali nuovi o relitti, 126. - I boschi dei parchi e delle riserve, 126. - I boschi padani scomparsi recentemente, 127. - Analogie con i boschi prealpini, 127. Le Pioppete, 128. - La flora avventizia esotica. La Robinia, 129. - I boschi dell’alta pianura, 130. - Le col-
line moreniche,
pag.
- Necessita
DEI pag.
52
67.
foresta
associazioni forestali, 69. equilibri naturali, 70.
LE PRATERIE
foresta
- I Licheni,
86
del
Paesaggio ed estensione della Brughiera, 62. - I boschi della Brughiera, 64. - L’origine della Brughiera, 64.
I Muschi,
RUPI,
II - La Pianura Padana
alpina
Brughiera
DELLE
I giardini alpini 42
La zona delle piante legnose contorte, 52. - I limiti superiori della vegetazione forestale e arborea, 53. - Il Pino montano, 53. - Gli arbusteti di Ontano verde, 55. - I Rododendri, 55. - Il Ginepro nano, 58. - La Brughiera alpina, 59. - La Driade, 61.
La
pag.
88. VEGETAZIONE
Utilita della flora alpina,
51.
boscaglia
resta,
I tipi del suolo
38
- I limiti
Il Lariceto
pascoli .
Condizioni ambientali e climatiche, 111. - Le radiazioni, 111. - Liumidita, 112. - Il vento, 113. - La coltre nevosa, 113. - L’« estate alpina», 114. - Il suolo, 115. -
Il Pino silvestre, 38. - Le « valli del Pino silvestre », 38. - Le associazioni del Pino silvestre, 40. - Origini e diffusione del Pino silvestre, 41. - Il Pino nero, 41.
La
dei
83
I limiti delle nevi perenni, 105. - L’orizzonte nivale, 105. - Le vallette nivali, 105. - Le isole glaciali. I «giardini nivali», 107. - La vegetazione delle vette, 108. Le Crittogame delle vette, 109. - Le «nevi colorate», 109.
Ambiente ed esigenze del Castagno, 29. - II sottobosco del Castagneto, 30. - I Castagneti da frutto. I cedui, 32.
La
difesa
GRETI
17.
L’azione demolitrice dell'uomo e le sue conseguenze, 20. - Gli orizzonti vegetali alpini, 22. - I limiti della vegetazione forestale, 24. - I limiti vegetali e le coltivazioni montane,
e palustre .
83. - Le torbiere basse, 84.
La struttura dei pascoli e la loro degradazione, 86. - I pascoli come associazioni vegetali, 88. - Il miglioramento dei pascoli, 88. - L’equilibrio fra il pascolo e la foLA
monferrino-langhiano,
16. - Il settore carsico, 17. - Le zone - La distribuzione dei climax, 19.
acquatica
Il Cratoneureto e il Molinieto,
- I magredi, 132.
palustre
Le lame bresciane 135. - Le marcite,
pag. 131.
- La campagna
e acquatica .
130
brescia-
pag.
e le valli veronesi, 133. - I fontanili, 137. - Le torbiere intermoreniche, 137.
133
Le Pinete
- Le rive dei laghi maggiori, 139. - Le zone di vegetazione del Lago Superiore di Mantova, 140. - Evoluzione dei laghi, 140.
Vegetazione
avventizia
e infestante
141
pag.
L’avvento di specie estranee, 141. - Le piante apofite, 142. - Gli aggruppamenti delle piante infestanti, 142. - La vegetazione avventizia e infestante delle risaie, 144.
III - L’'Insubria e i Colli Euganei
145
e limiti della regione
mediterranea,
climatiche, 157. - Zone altitudinali, 158. damentali della vegetazione mediterranea, FORESTA
I Querceti
Le Pinete
SEMPREVERDE
154.
- I climax 163.
.
154
fon-
L’Oleastro
litoranee
e |’Olivo,
178.
e Carrubo
E
gen
a
I Nardeti,
172
178
pag.
181
FORESTE
I Querceti
SUBMONTANE
e 1 Castagneti
E
mediterranea,
velme
delle
litoranee,
DEI
194
degli
alti pascoli
E
231.
PALUSTRE
- La
231
pag.
scomparsa
vegeta-
-
LITORALI
SABBIOSI
E
SALATI
235
le
barene,
dei
238.
luoghi
-
Fisionomia
salsi,
e
adatta-
.
pag.
239.
RUPESTRE
E
DEI
DETRITI
specie
boreali,
240.
- Le
specie
Le specie mediterranee occidentali,
pag.
mediterranee,
241.
240
240.
240 -
- Le specie medi-
terranee orientali, 241. - Le specie sudmediterranee, 241. - Gli endemismi, 242. - Le specie tirreniche, 242. - Le specie liguri, 243. - Le specie apuane, 243. - Le specie appenniniche, 243. - Le specie garganiche, 244. - Le speisole
meridionali,
minori,
245.
- Le
specie
vegetazione
delle
rupi
sicule
e delle
245.
della
pag.
246
Le rupi marittime, 246. - Le rupi collinari e submontane, 247. - Le rupi montane e di altitudine, 247. Le rupi di serpentino, 249. - Le lave, 249. - Vegetazione vulcanica, 250. - I macereti e i greti, 250. VIVONO
LE
essenziali
adattamento,
PIANTE
MEDITERRANEE
del clima,
252.
-
251.
Caratteri
pag.
- Fisionomie
biologici,
251
e forme
252.
-
Il
253.
I parchi
e i giardini
I giardini della Riviera, e delle Isole, 254.
mediterranet 254.
pag.
- I giardini
della
253
Penisola
199
Cenni sulle italiana
205
DaR
205 -
pag.
Il Faggio, 211. Faggeéta-climax, 212. Distribuzione verticale del Faggio, 212. - L’Abete bianco, 213. - Competizione tra il Faggio e l’Abete, 213. - Le « razze mediterranee disgiunte » dell’Abete bianco, 214. - Le Abe-
tine di Serra San Bruno, 215. - Distribuzione verticale dell’Abete bianco, 215. - Il Tasso, 215. - L'Agrifoglio, Dis L’Ontano napoletano, 216. I relicti di Abete rosso, 216.
e
piante
VEGETAZIONE
vento,
203.
Il Fragno, 206. - La Roverella, 206. - Il Castagno, 207. Il bosco misto, 208. - Il Farnetto, 209. - Il Cerro, 209. Il Pioppo bianco, 210. - Il Platano orientale, 210.
Le Faggete e le Abetine
Le
menti
di
pag.
en
decadenza
La vegetazione marina sommersa, 235. - Le spiagge arenose, 235. - Le dune, 236. - Fisionomia e adattamenti delle piante delle sabbie, 237. - Frangiventi e bonifica delle dune, 237. - Le lagune e gli stagni salmastri, 237.
Caratteri
pag.
MONTANE
.
- La
ACQUATICA
paludi
VEGETAZIONE
COME
ew ne Dap
e Pseudogariga
della vegetazione
223. - La « steppa colmacchia, 225. - La mi-
zione pontina, 232. - L’Isoeteto, 232. - Il Papiro, 233. I laghi torbosi, 233. - Le pozzine, 234.
Aspetti
Ai confini superiori della vegetazione legnosa mediterranea, 199. - La pseudomacchia, 200. - La pseudogariga, 201. -.Dinamismo della degradazione e rigenerazione della foresta, 201. - L’incendio, il taglio, il pascolo, 201. naturale
229.
VEGETAZIONE
cie pugliesi
pag.
198.
L’evoluzione
222
pag.
mediterranea >,
230.
grandi
Le
Gariga e Brughiera, 195. - Gariga calcarea e silicea, 196. - La gariga su calcare, 197. - La gariga su suolo siliceo e
Pseudomacchia
.
tipi di « steppa
Nobilta della flora rupestre mediterrena
182. - I principali aspetti di
t
PRATERIE
- Alcuni
Le
LA
macchia, 183. - La macchia di Leccio, 183. - La macchia a Corbezzolo e a Erica, 185. - La macchia a Cisti, 186. - La macchia a Ginepri, 187. - La macchia a Oleastro, 188. - La macchia a Euforbia, 189. - La macchia a Palma nana, 190. - La macchia a Ginestre, 191. - La macchia ad Alloro, 191. - La macchia a Oleandro, 193.
Meee
LE
222.
LA
-
180.
Macchia
Gariga
- I pulvini
167
pag.
- Il Carrubo,
stellata, 220.
219
pag.
164
pag.
Macchia primaria e secondaria,
LE
STEPPE
La steppa,
LA
pag.
sempreverdi
La foresta a Oleastro
- La Ginestra
- I Ginepri,
- Zone
Il Pino domestico, 172. - La Pineta di Ravenna, 173. - Il Pino marittimo, 175. - Il Pino d’Aleppo, 176. - Il Cipresso, 177.
umoso,
220.
219.
220.
morfa.
Le Querce sempreverdi; il Leccio, 167. - La Quercia da sughero, 168. - La Quercia spinescente; la Vallonea, 169. - La foresta di Leccio, 170. - La « stratificazione » della Lecceta, 170. - I boschi di Sughera, 171.
La
LE-
nell’Appennino,
222. - Le praterie ad Asfodeli, turale >», 224. - Le radure nella
Degradazione delle primitive foreste mediterranee, 164. - Le foreste mediterranee in tempi storici, 164. - Le attuali foreste litoranee e sublitoranee, 166.
La
pag. 220.
montano
appenninici,
Caratteri
laricio,
croflora mediterranea precoce, 226. - Prati e pascoli submontani, 226. - Le praterie montane, 227. - I pascoli appenninici di altitudine, 227. - Le~zolle a Festuca di-
Claes
IV - L'Italia appenninica e mediterranea pag.
- Il Pino
Il Pino spinosi,
pag.
216
pag.
217.
La boscaglia e gli arbusteti daltitudine - I Mirtilli,
I laghi insubrici, 145. - Il clima insubrico, 146. - La vegetazione insubrica, 146. - La vegetazione spontanea e originaria, 147. - La:vegetazione delle vallecole, 148. Oliveti e pendii erbosi, 149. - La vegetazione rupestre, 149. - I Colli Euganei, 150. - Parchi e giardini insubri-
LA
mediterranee-montane
Il Pino nero di Villetta Barrea, 217. - Il Pino loricato, 219.
Zt
origini
della
vegetazione pag.
255
La vegetazione nelle lagune paleozoiche, 255. - La vegetazione nell'’arcipelago mesozoico, 256. - La prima vegetazione fiorita, 256. - La nmascita dei climi e delle zone di vegetazione, 256. - Le grandi migrazioni verso il Sud, 256. - Alle origini della vegetazione mediterranea, 257. - Connessioni territoriali terziarie, 257. - Alle origini della vegetazione alpina, 257. - Alla soglia del quaternario, 258. - Le grandi glaciazioni, 258. - La vegetazione glaciale, 258. - La vegetazione interglaciale, 259. - Il postglaciale, 260. - Le torbiere, archivi della vegetazione, 260. - Le irradiazioni xerotermiche, 261. - Le irradiazioni atlantiche, 261. - Le vicende glaciali e postglaciali nell’Appennino, 261. - Le trasformazioni dovute all’'uomo, 261. NOTA
DI
NOTA
BIBLIOGRAFICA
INDICE
BOTANICA
ALFABETICO
SISTEMATICA
GENERALE
pag.
262
pag.
263
pag.
266
VEGETAZIONE
E PAESAGGIO
L’inter pretazione del paesaggio vegetale. 1 paesaggi tanto diversi di cui si compone la fisionomia del nostro Paese sono quasi sempre improntati da forme caratteristiche di vegetazione: forme di alberi e di foreste, forme di fiori ¢ di zolle fiorite, forme di erbe e di praterie, ora educate vatica
liberta.
sapientemente
Per esse si arricchiscono
dalla mano di bellezza,
dell’uomo, di colori,
ora lasciate crescere
in sel-
di vita, le prospettive
della
pianura, dei colli, delle montagne. A chi ama percorrere, per godimento dello spirito e amore di conoscenza, le contrade d'Italia, non sara sgradito saper qualche cosa di pit di questa vegetazione, e dei modi con cui si va componendo in quei rivestimenti verdi e fioriti che sono tanta parte dell’amenita del nostro suolo. Se il paesaggio cosi concepito assume un significato non esclusivamente estetico, ma anche scientifico e naturalistico, non crediamo ne venga limitata o impoverita l’emozione con cui guardiamo agli incomparabili aspetti della nostra Terra. Pensiamo invece che nuove fonti di conoscenze possano ispirare nuovi motivi di ammirazione e di interesse verso la natura. Su tali considerazioni € fondata la nostra intenzione di percorrere attraverso queste pagine i paesaggi italiani, illustrando con brevi cenni, e pit con l’immagine, quegli aspetti della vegetazione che ne sono elemento piu saliente e caratteristico. Ovviamente questo libro non dira nulla di nuovo, o ben poco, agli studiosi di geografia delle piante, ai conoscitori specializzati sui problemi della vegetazione italiana. Non a questi pochi infatti é dedicato, ma ai molti, moltissimi anzi, che sono mossi da curiosita verso il mondo meraviglioso dei vegetali.
«Vegetazione» e essere opportuno tentar « vegetazione » e come Si potrebbe dire, in
«Flora». Prima di intraprendere il nostro suggestivo viaggio pud di rispondere a un duplice interrogativo: che cosa intendiamo per dobbiamo interpretare le sue moltissime forme? prima approssimazione, che la vegetazione é un dono meraviglioso del suolo e del clima. Col variare infatti del suolo e del clima si trasmuta il rivestimento vegetale dalle pit umili, talora invisibili forme, fino alle grandiose architetture delle foreste. Una minima modificazione delle condizioni del terreno, della temperatura o umidita delaria, della quantita o distribuzione delle piogge, della forza del vento, e di molti altri, talora ancor sconosciuti fattori, induce, col tempo, variazioni pil o meno notevoli nella composizione di un prato, di un pascolo, di una foresta. D’altra parte anche il naturale evolversi della vegetazione, dalle pit semplici scolte pioniere alle pi complesse aggregazioni di piante, non avviene senza produrre a sua volta modificazioni nel suolo e nel clima. Si potrebbe affermare che suolo, clima e vegetazione sono in natura elementi inscindibili, che non si possono pienamente intendere se si considerano avulsi l’uno dall’altro. Ma ancor pit completa diventa una visione naturalistica del mondo
festazioni della vita vegetale in un determinato
che ci circonda se, accanto
ambiente, non verranno
alle mani-
ignorate, ma poste
VEGETAZIONE
10
E PAESAGGIO
in giusto rilievo, le manifestazioni della vita animale, che possono talora assumere grande importanza e diventare esse pure elemento determinante del paesaggio. Al culmine pero di tutti i fattori pud trovarsi quasi ovunque ormai, nella cosiddetta «ecumene » © terra abitata, la presenza dominatrice e modificatrice dell’uomo. L’uomo si muove e opera per asservire il creato alle sue piu diverse esigenze, modificando spesso radi-
calmente le compagini del mondo fisico e del mondo dei viventi. L’uomo ha cancellato ormai su larghissime estensioni le espressioni originarie della natura, sostituendole con ordinate
coltivazioni,
con
strade, villaggi, citta. Egli ha fatto talora anche
opera inconsulta di distruzione. Ma ognuno di questi fattori deve presenti, bensi
sarebbero
anche
essere
considerato
non
in quelle passate, di tempi recenti
incomprensibili
se fossero interpretati soltanto
soltanto
e remoti.
nelle
Molti
il deserto sue
con
condizioni
paesaggi
vegetal
in base alle attuali condizioni
di
ambiente, e se non si tenesse conto di vicende storiche pit o meno lontane. Quanto sappiamo noi veramente di tutti questi fattori attuali e passati? Quanti non
ne
ignoriamo totalmente, perché i nostri ricercatori non li hanno ancora posti in evidenza? Ma la via da tentare per « conoscere » la vegetazione € questa. Gli aspetti vegetali si devono vedere cosi inquadrati per poterne cogliere meno superficialmente il significato. E proprio da tale modo di vedere risulta il piu efficace concetto di « vegetazione >. La vegetazione meno
¢ dunque
il complesso
esteso, qualora si considerino
relazione con quanto
delle
piante
realisticamente
che
vivono
nel loro modo
in un
ambiente
di aggregarsi
é possibile sapere dei fattori attuali e storici dell’ambiente
pit o
e in stretta
stesso.
Se consideriamo le piante isolatamente, per conoscerle a una a una, per enumerare quelle che crescono in un determinato
territorio, noi ci occupiamo della « flora », non della vegetazione. Se tuttavia studiamo anche una sola di queste piante in relazione con il suo naturale
ambiente (e quindi senza poter prescindere dalla presenza di altre piante a essa piu o meno strettamente aggregate) gia entriamo nell’ambito delle conoscenze sulla vegetazione.
Le associaziont vegetali. Le piante non vivono in natura assolutamente isolate, ma si raggruppano normalmente a costituire compagini pil o meno dense, pil o meno ricche di specie. Anche sulle rocce piu inospiti, anche sulle gelide alluvioni glaciali si manifesta la tendenza delle piante ad aggrupparsi, quasi per meglio garantire la propria persistenza e per difendersi piu facilmente dalle forze demolitrici del mondo fisico. Le piante che possono talora insediarsi isolate nella fessura di una roccia, o sulle sabbie mobili, o sulle lave appena raffreddate, costituiscono fasi pioniere e provvisorie, che solo in estreme condizioni climatiche possono diventare permanenti. Ma che cosa sono questi aggruppamenti vegetali? Sono forse, come qualcuno vuole, delle vere « societa » di piante, oppure semplicemente il risultato di un affollarsi casuale su un medesimo terreno di specie diverse, i cui semi siano stati recati dal vento, dall’acqua o dagli animali? Nessuna di queste interpretazioni ha una validita abbastanza generale. Gli aggruppamenti vegetali, sia che vengano denominati fitocenosi (dal greco fiton = pianta; koinos = comune), sia che si preferisca chiamarli associazioni, non sono complessi organizzati da potersi anche lontanamente
confrontare con le ben note societa degli animali, perché
non possiedono alcuna organizzazione centralizzata o divisione di lavoro. Ma neppure possono essere svalutati e ignorati, come fossero prodotti esclusivamente del caso. La stessa comune esperienza, confermata del resto da severi controlli statistici, ci dice che un certo numero sia pure non grandissimo di aspetti vegetali si ripete con una sufficiente costanza di composizione
e quindi di fisionomia, col ripetersi di certe condi-
LE
ASSOCIAZIONI
VEGETALI
1
zioni ambientali. Anche nel linguaggio piu corrente sono entrate spontaneamente espressioni che si riferiscono to»
a episodi
(1), e altre consimili
del genere:
voci, quando
una
« Pineta»,
un
siano riferite a un
« Castagneto », un
territorio
« Canne-
determinato,
possono
considerarsi indicatrici di associazioni vegetali, sebbene non certo nel senso pit rigoroso e scientifico che suole attribuirsi a questo termine. Non ogni complesso di piante pud pero costituire senz’altro un esempio di associazione. Vi sono aggregati di specie, convenute provvisoriamente su un terreno denudato, che solo col tempo troveranno un assestamento abbastanza maturo e relativamente stabile per poter essere considerati da questo punto di vista. Vi sono poi aggregati cosi frammentari ed eterogenei, per l’accidentalita, la discontinuita e variabilita del suolo, quasi da palmo a palmo, da rendere arduo il riconoscimento delle varie associazioni che vi concorrono intrecciandosi come in un mosaico. Ma é ben pit frequente il caso di pil o meno ampie estensioni occupate uniformemente da una copertura vegetale abbastanza omogenea e abbastanza nettamente delimitate, che é facile far rientrare in determinate associazioni.
Il « climax ». Né tutte le associazioni possono avere lo stesso valore e importanza. Ve ne sono di minuscole e poco appariscenti, come quelle di muschi e licheni sulle altissime vette alpine; ve ne sono altre di enorme sviluppo e proporzioni come alcune secolari foreste delle nostre montagne;
ve ne sono ancora
talune di modesta,
quasi efimera durata, e per contrap-
posto altre lungamente durature, e anche stabili e definitive, almeno finché non mutino i caratteri fondamentali del clima attuale. Queste ultime associazioni meritano speciale attenzione perché costituiscono una condizione quasi conclusiva nell’evolversi, nel graduale costruirsi
della vegetazione
di una
determinata
zona;
condizione
che non
puo essere
supe-
rata, ma che ammette soltanto regressioni o degradazioni qualora intervengano forze demolitrici. Quando si raggiunge tale stadio culminante si dice che siamo in presenza di un « climax ». I pit. notevoli esempi di climax nei nostri climi sono costituiti da associazioni forestali; é€ difficile infatti immaginare una forma di vegetazione a struttura piu. complessa ed evoluta di quella di una foresta. Ma la dove per altitudine o latitudine una foresta non puod svilupparsi, anche un pascolo, anche un tappeto di umili crittogame puo costituire una condizione di climax.
L’evolversi delle associazioni vegetali. 11 concetto di associazione vegetale non é un artificio per schematizzare gli aspetti della vegetazione in quadri astratti, ma piuttosto un mezzo per rappresentare concretamente le tappe meno labili nell’evolversi del manto vegetale di un territorio fino alle espressioni finali. Perché la vegetazione deve essere vista nella sua realta dinamica, come un complesso vivente, in continua, anche se pil o meno lenta trasformazione; ora forse in apparente sosta, ora in vivace progresso, ora in equlilibrio finale, talvolta anche in fasi di demolizione o di ricostruzione. E certamente bello e in-
(1) Proprio queste denominazioni del comune linguaggio, di etimologia evidentemente latina, hanno suggerito il modo di coniare i nomi scientifici delle associazioni vegetali. Si usano all’uopo appunto nomi latini con desinenze in -etwm, seguiti da precisazioni specifiche al genitivo: cosi Quercetum ilicis é detto il Querceto
di
Lecci,
Quercetum
roboris
quello
di
Roveri,
Caricetum
curvulae
il pascolo
altoalpino
a
Carice ricurva, e via dicendo. Con la desinenza -ion vengono indicati aggruppamenti superiori che riuniscono associazioni fra loro affini: per es. Quercion ilicis, che comprende non solo il Quercetum ilicis, ma anche altre associazioni similari.
12
VEGETAZIONE
E
PAESAGGIO
teressante conoscere la vita delle piante singolarmente considerate, perché ciascuna di esse rivela attitudini, adattamenti, risorse in certo senso di meravigliosa fantasia e intelligenza;
ma é forse anche pit affascinante seguire le vicende di scolte laboriose di piante, serrate fra loro a combattere una dura lotta contro i fattori ostili dell’ambiente, e imporsi,
o soccombere
talora, ma per preparare il cammino ad altre schiere rincalzanti, fino alla vittoria finale; o seguire le avventure di umili e tenaci piante pioniere, che lentamente si riuniscono a occupare con
le terre pili sterili e ingrate, anche
ostinata
incessante
la nuda
roccia, anche
i detriti in movimento,
opera colonizzatrice.
Sono ancora in discussione e in corso di ricerca da parte di numerosi sperimentatori le cause
per le quali un
aggruppamento
di vegetali é€ elemento
integrante
di un
paesaggio
piuttosto che di un altro, ma gia si realizza un progresso nelle nostre conoscenze
se sappiamo
come
di acque,
si compongono e si ripetono
meteore,
a efhgurare inconfondibili
armoniche
coesistenze
di piante, di rocce,
espressioni del volto della nostra
di
‘Terra.
Porsi in questo ordine di considerazioni e di conoscenze significa mettersi in condizione di afferrare
qualche
frammento
per cio stesso di qualunque
almeno
dei modi
di divenire
di un
paesaggio in cui le piante assumano
paesaggio
vegetale,
e
qualche significato.
La nostra indagine. Purtroppo non tutti gli aspetti della vegetazione del nostro Paese sono cosi conosciuti sotto questo punto di vista da poterne offrire qui una esauriente illustrazione e commento.
Né sara possibile qui approfondire nozioni scientifiche, che per la loro
complessita richiederebbero ben pit rigorosa e ampia trattazione. Avverra quindi che accenneremo piu spesso ad aggruppamenti fisionomici, pit immediatamente visibili e comprensibili,
piuttosto
che ad associazioni
in senso
proprio.
Ma
l’interpretazione
dei nostri
paesaggi vegetali restera sempre legata a una concezione collettiva della vita delle piante in relazione con aspetti del mondo fisico e biologico.
13
eS EPEAGEASALPINA LE SUDDIVISIONI
TERRITORIALI
Espressioni, anzi sintesi estreme del paesaggio italico sono le Alpi e il mare. Fra la cerchia alpina e il mare siamo soliti compendiare una serie ricchissima di paesaggi, talora famosi e celebrati nella letteratura, talora umili e familiari, ma piu cari forse per intima predilezione
0 nostalgica reminiscenza. Procedendo dalle Alpi verso il mare compendieremo noi pure in queste pagine gli aspetti pit notevoli della vegetazione. Le Alpi comprendono indubbiamente una notevole varieta di forme fisiche e di ambienti. Basterebbe ricordare quanto diversi sono i lineamenti del paesaggio nell’altissima montagna valdostana, nelle Dolomiti, nella fascia calcarea prealpina, e via dicendo. E pur tuttavia un complesso di caratteri le unifica in un unico tipo di montagna, che puod ripetersi anche in altre contrade assai lontane del mondo. Pud mutare il profilo per il mutare delle rocce, ma permane ovunque lI’aspetto di montagna giovane, con rilievi per lo pit arditi e altissimi, superbamente scolpiti da una erosione che non ha umiliato la loro maestosa possanza.
La vegetazione alpina. Alcunché di simile si potrebbe dire della vegetazione. Come si parla di « montagna alpina » in senso universale, cosi si pud parlare di vegetazione alpina con significato egualmente ampio, alludendo a quelle forme vegetali e a quegli aggruppamenti assai somiglianti che colonizzano le maggiori altitudini in tutti i continenti. Ma, limitatamente al nostro Paese, possiamo considerare vegetazione alpina quel complesso di aspetti vegetali che sono propri della « regione », cioé del territorio in cui si sviluppa l’arco di queste montagne. E un succedersi di foreste, di arbusteti, di pascoli, di brughiere, di popolamenti
rupestri,
che va
ripetendosi
con
sufficiente
regolarita
col ripetersi
delle condizioni relative di altitudine, di clima, insomma di ambiente. Se ordiniamo il succedersi di paesaggi col crescere dell’altitudine, ci troviamo di fronte a un quadro che ha sempre impressionato gli studiosi della vegetazione fin dai tempi in cui la geografia delle piante muoveva i primi passi. Anzi uno dei motivi dominanti le prime trattazioni sull’argomento era costituito dalla coincidenza fra la successione di paesaggi in altitudine sulle Alpi e quella ben piu vasta e grandiosa in latitudine, passando dalle pianure dell’Europa media, gradatamente, alle solitudini subartiche e artiche. Pareva fosse possibile considerare la
serie dei paesaggi alpini come una ricapitolazione in breve spazio di quella circumboreale. Salendo infatti sulle Alpi, dopo aver abbandonata la fascia delle foreste di conifere e quindi degli arbusti contorti e nani, si raggiungono aspetti di tundra e di deserto nivale, che sembrano riprodurre in miniatura le ben pit estese gelide lande dell’estremo Nord, talora con
le medesime
piante pioniere
0 con
specie molto
somiglianti.
Ragioni
storiche,
come
vedremo a suo luogo, spiegano, insieme col ripetersi di condizioni ambientali attualmente assai similari, queste analogie.
Le suddivisioni regionali botaniche in Europa. Prima di esaminare pit dettagliatamente la successione altitudinale della vegetazione alpina, ¢ utile un inquadramento generale nell’ambito della vegetazione europea e italiana in particolare.
ALPINA
I. L,ITALIA
14
Le Alpi sorgono come una gigantesca barriera al limitare di territori diversissimi fra loro per clima, per suoli, per vegetazione:
quello mediterraneo
al Sud, quello centroeuropeo
al Nord.
Tale configurazione non pud essere senza importanza per tutta la vegetazione italiana. Come si dividono i continenti in regioni geografiche, climatiche, geologiche, cosi si possono anche dividere in regioni e sottoregioni in relazione alla copertura vegetale. Si possono distinguere tali divisioni tenendo conto sia dell’addensarsi di specie significative, sia della presenza
di specie endemiche,
cioé esclusive
a ciascuna
divisione
(criteri floristici),
e anche
fondandosi su aspetti collettivi della vita delle piante, insomma sui paesaggi vegetali che improntano tali territori (criteri vegetazionali). Sono per lo pit notevoli le coincidenze fra le regioni geobotaniche, cosi contraddistinte, con le altre pit comunemente note, specialmente se climatiche, geologiche o geografiche, perché evidentemente le forme di vegetazione sono molto influenzate se non condizionate dai fattori dell’ambiente fisico. Coincidenze totali ed esatte non saranno sempre possibili tuttavia per la tolleranza che certa vegetazione pud presentare di fronte a singoli fattori ambientali, e soprattutto perché ogni aspetto vegetale é legato non solo alle condizioni attuali, ma anche a vicende storiche dell’ambiente, e in special modo alle variazioni climatiche negli ultimi secoli e millenni. In Europa si distinguono generalmente tre Regioni propriamente dette, che si possono poi suddividere
in Domini,
Provincie, Distretti, ecc. Da Nord
tizzare le principali divisioni, tenendo corrispondono.
a Sud possiamo cosi schema-
conto del clima e della vegetazione che in esse si
Regione
artica
clima freddo
senza
vegetazione
arborea,
tundre
Regione
medioeuropea
clima temperato
foreste di conifere e di latifoglie a vegetazione estiva
Regione
mediterranea
clima temperato-caldo
sclerofille
a foglie persistenti
In particolare, la Regione medioeuropea si puod suddividere in: Dominio
atlantico
Dominio
Dominio
centroeuropeo
(Francia e Isole Britanniche), con clima oceanico e vegetazione a latifoglie sciafile in prevalenza
Provincia
baltica
(Germania settentrionale e
Paesi a Sud del Baltico)
Distretto alpino propriamente detto (Alpi
e Prealpi)
(Germania,
Dominio
sarmatico
Balcanica,
al-
esclusa la parte meri-
(Russia
pini), con clima suboceanico e vegeta-
dionale), con clima suboceanico di tran-
Polonia orientale), clima continentale e
sizione,
vegetazione
zione
di
Paesi
illirico
(Penisola_
aghifoglie
e latifoglie
vegetazione
Provincia
(Germania centro-meridionale)
che comprende
(fascia collinare lombarda ed euganea)
steppica
di aghifoglie e latifoglie, ma con forme peculiari
Provincia germanico-rodaniana
Distretto insubrico-euganeo
meridionale,
volta
alpina
a sua
(limitatamente all’Italia):
Distretto monferrino-
Provincia
(Catena
no
appenninica
appenninica
alla
Distretto
Maiella)
padano
langhiano (zona montese
collinare
pie-
meridionale)
(pianura padano-veneta)
fi-
|= J
per
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. disseccamento e insufficiente
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|
____Par_disseccamento
Triseteto
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Praterie palustri
a Molinia ey eae ees
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concimazione
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|
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| Aa
ee
ee
Prati - pascoli a Loglio a Ns oe SE
ke
e Covetta EN i a SE
ee
| \
I prati a Festuca rossa (Festuca rubra var. fallax) hanno origine da un progressivo arricchimento del ‘Iriseteto con questa specie, e insieme ai prati a Festuca violetta (Festuca violacea) costituiscono aspetti di passaggio fra praterie riccamente concimate come il Triseteto e i pascoli e i prati magri. Salendo
poi in altitudine possono
trovarsi, anche in piena zona di pascoli, forme di prato
LE
PRATERIE
75
pingue ja dove é regolarmente ricorrente una concimazione
sia pure non razionale.
Oltre
1500 m per lo pid e fino a 2500 m abbiamo prati pingui concimati, sebbene non sempre falciati, a Poa alpina (Poa alpina), una delle pit preziose foraggere delle Alpi. Non solo cresce lussureggiante nei prati concimati, ma anche nei riposi del bestiame bovino e ovino. Permane anche, singolare relitto, sulle vette di alcune montagne ove in tempi lontani gli animali venivano raccolti per timore degli orsi. Nel clima freddo e nella breve stagione delle maggiori altitudini la pianta si affretta ad assicurarsi la propagazione: le sue spighe non producono fiori, bensi germogli verdi che posson cadere al suolo e propagare la pianta (Poa alpina forma vivipara). Accanto
alle stalle, intorno alle dimore dei pastori, a tutte le altitudini si stendono invece
praticelli di un verde tenero costituiti da Poa annua o Poa delle vie (Poa annua), che resistono al calpestamento anche lungo i sentieri percorsi dall’'uomo e dagli animali. I prati magri
e2 pascoli.
Aspetti di prateria meno
radicalmente
influenzati
dal-
l'uomo, e che possiamo pit: facilmente mettere in relazione con i tipi fondamentali della vegetazione alpina, sono i « pascoli ». Coprono vaste estensioni sulle Alpi in una loro fascia caratteristica che si stende al di sopra del limite delle foreste e degli alberi, con una ampiezza pi o meno notevole a seconda delle esposizioni e dell’orografia. Nelle nostre Prealpi occupano per lo pit tutte le vette, che emergono quindi mollemente rivestite di un tappeto verde piu chiaro del manto scuro delle selve di conifere. Si interrompono al piede delle rupi dolomitiche, vengono fermati dalle pietraie, oppure, raggiunte le altitudini massime loro consentite, si scompongono cedendo il terreno alla vegetazione discontinua
pioniera alto-alpina e nivale. Quando si parla di praterie alpine ci si riferisce con speciale compiacimento ai pascoli « di altitudine », 0 « alpini»
nel senso
piu proprio. Sono
i piu ricchi di piante meravigliosamente
1 pit costanti nella fisionomia,
fiorite, i pil intensamente
profumati.
L’uomo
ha
conosciuto ben presto qual vantaggio poteva venire al bestiame portato a pascolare a queste altitudini,
in praterie ampie e luminose,
da erbe nutrienti,
salutari, attivanti.
percorse
da rivi di acqua
Cosi l’« alpeggio » ¢ divenuto
fresca e chiara, coperte
uno
dei principi essen-
ziali nell’industria zootecnica.
Da tempo si é stabilito nelle nostre montagne scoli»
uno scaglionamento di « alpi» o di « pa-
(v. dis. 5, pag. 24) per assicurare al bestiame nelle successive stagioni un avvicendarsi
di ambienti completo e razionale. Una successione economicamente
completa, ma non ovun-
que realizzabile, potrebbe cosi riassumersi:
Pascoli invernali, sotto i 400 m; Pascoli maggenghi, verso gli 800 m; Pascoli alpini inferiori, oltre 1400 m; Pascoli alpini medi, oltre 2000 m; Pascoli alpini superiori, oltre 2600 m; Pascoli per capre e montoni, ad altitudini variabili secondo
l’orografia, anche oltre 2800 m. Riferendoci tuttavia pil. concretamente alle « alpi » cioé a complessi di pascoli in unita topografiche, ma anche economiche, e agli insediamenti temporanei dell’uomo stesso durante le fasi del pascolamento, possiamo cosi schematizzare la successione:
Stalle
invernali:
con
fienili (col « fieno pingue » per l’inverno);
Maggenghi
o
basse alpi: con pascoli primaverili « montani » sui terrazzamenti fra 600 e 1000 m (dimore temporanee); Malghe e casere delle medie e alte alpi: con pascoli estivi
«alpini » fra 1000 e 3000 m (dimore temporanee,
talora solo ricoveri notturni).
i prati montani, molti dei quali e pil. sovente in autunno. primavera in non solo vengono falciati, ma anche pascolati, In questo schema
possono
naturalmente
inserirsi anche
ALPINA
I. L-ITALIA
76
Prima di ricordare i pascoli di altitudine, soffermiamo l’attenzione sui pitt modesti, limitati a poveri esempi che possiamo trovare nelle basse valli o al limitare delle pit alte mon-
aspetti assai familiari, prossimi alle
interessare perché spesso costituiscono
tagne. Devono
abituali sui colli, all’imbocco
nostre dimore
delle valli, al margine delle campagne.
Si tratta specialmente delle « praterie magre » delle basse montagne, che I Brometi. insieme con tratti di vegetazione erbacea spontanea, che persistono ancora sulle pendici piu siccitose e rupestri, rientrano
diverse, ma
quasi sempre
per lo piu fra 1 cosidetti
caratterizzate dalla presenza
« Brometi », associazioni
abbastanza
pit o meno
del Bromo
dei prati (Bromus erectus; fot. 247, pag. 136-137).
eretto o Bromo
abbondante
E una graminacea special-
mente adatta a terreni calcarei, aridi, soleggiati; in Europa costituisce uno dei piu inoltrati avamposti delle immigrazioni steppiche, e si accompagna spesso con altre specie che le sono vicine nelle regioni d’origine: la Festuca ovina, il Fleo di * Bohmer (Phleum boehmeri) e la Sanguinella (Andropogon ischaemon). / I pit vecchi prati delle basse montagne che l’uomo abbia utilizzato furono certo dei prati magri o Brometi. Poco o nulla concimati, perché
il concime
animale
soggetti a una
doveva
servire
utilizzazione
specialmente
estensiva;
ma
con
per i campi,
l’aumentare
erano
\)
dei prati
\\
concimati a sfruttamento intensivo e la decadenza di molte coltivazioni montane due
i prati andarono
tipi ben distinti:
decadendo.
alcuni primari,
Oggi ve ne sono a carattere
dire siano aspetti spontanei della vegetazione; stadi durevoli di origine recente, tivazioni abbandon ate.
antropica,
ancora,
originario,
e di
si pud
/
altri, secondari, sono
collegabil
spesso
i
a col-
\
I Brometi originari hanno un aspetto inconfondi C bile. ostituiscono compatti, se veduti da lontano, ma apparente aggruppam mente enti
che si mostrano
disconti se veduti da vicino; unificati da un nui sono interrotti da di culmi di Bromo o di Sanguine lla, coperte da detriti, da qualche Muschio, da qualche Lichene, da da pietre afhoranti. Sulle pendici calcaree soleggiate delle nostre tappeto
alpi e di alcune valli centroalpine danno
\\
f
a primavera
un manto
'
rado zolle
sassi, Pregri-
gio, mentre gia 1 prati a valle e a monte verdeggiano di fresco colore. ‘
¢
Brie
: : Ma poi : anche i Brometi rinverdiscono, sebbene pallidamente, si: ravvi-: ; ;
53. IL Bro: °°: 1" BROMO mus erectus;
FRETTO (BrorOgrand. */s).
vano di belle fioriture, specialmente coi fiori azzurri di Salvia dei prati
(Salvia pratensis), delle Globularie (Globularia willkommii) e della Brunella (Prunella grandiflora), coi fiori gialli degli Eliantemi (Helianthemum nummularium) e delle Antillidi (Anthyllis vulneraria; fot. 129, pag. 88), coi fiori rossi del Garofano dei Certosini (Dianthus carthusianorum).
Nelle forme pit xerofile, delle pendici pit aride e rupestri, i Brometi prendono anche il nome di « Xerobrometi » € sono ancor pit discontinui, magari, frammisti di cespugli e di graminacee
dure
e glaucescenti.
Ne
abbiamo
esempi
dal
margine
della
pianura,
sulle
terrazze fluvio-glaciali pit aride e scoperte, fino alle pendici soleggiate delle Prealpi calcaree. Con
il Bromo
si associano
allora
il Paleo gracile
stuca ovina glauca), l’Erba querciola
(Teucrium
(Koeleria
gracilis), la Festuca
chamaedrys).
Si costituisce
glauca
una
(Fe-
sorta di
« gariga » (v. cap. IV) in una delle forme estreme, piu marginali al bacino del Mediterraneo, si potrebbe col Briquer dare il nome di « gariga »; gli autori tedeschi la considerano una « Felsenheide », una sorta di brughiera rupestre (fino a 1000alla quale pil propriamente
LE
PRATERIE
77
1200 m nella fascia longitudinale mediana delle Alpi). Un aspetto particolarmente termofilo, di clima temperato-caldo, submediterraneo, si insedia sui declivi rupestri allo specchio luminoso dei laghi insubrici: é il prato arido di Barba d’oro (Chrysopogon gryllus) che giunge nel Canton Ticino e sul Lago di Como fino a 600 e 800 m di altitudine. In alcuni Brometi trovano rifugio e permangono, talora con una certa capacita di diffusione, alcune piante mediterranee che si sono propagate in condizioni pit favorevoli di clima fing al margine meridionale delle Alpi: ricordiamo particolarmente la graziosa Afillante di Montpellier (Aphyllanthes monspeliensis) che allieta con le azzurre stellate corolle, portate al sommo di semplicissimi steli giunchiformi, le pendici rupestri calde a Nord di Brescia e le colline delle Langhe piemontesi. Nelle forme
meno
xerofile
(« Mesobrometo
») di pendii meno
aridi,
i Brometi
diventano
piu lussureggianti, pit densi, di un verde pit gaio, si popolano di graminacee piu tenere, si allietano di Orchidee selvatiche (Orchis morio, Ophrys apifera), fioriscono pit vistosamente di Antillidi e di Ranuncoli (Ranunculus bulbosus). Su di esse interviene l’uomo, che, concimandole anche debolmente, ne dirige lo sviluppo verso i Festuceti o gli Arrenatereti, e anche
ai ‘Iriseteti, secondo
l’altitudine.
Accanto ai Brometi ricordiamo un’associazione steppica adatta a condizioni estreme di aridita nelle valli prealpine e ancor pit centroalpine: il Festuceto a Festuca vallesiaca (Festuca vallesiaca) che costituisce l’aspetto pit tipico della cosiddetta «Steppa alpina», ovvero lestrema espressione marginale con la quale la vera steppa europea orientale é riuscita a penetrare fin nel cuore delle Alpi. Ne troviamo gli esempi pit caratteristici sui pendii caldi, meridionali delle gia ricordate « valli del Pino silvestre »: Val d’Aosta, Valtellina, Val Venosta. Pud elevarsi frammentaria fino a 2000 m sui pendii pit’ favorevoli. Pennacchi
piumosi di Stipe (Stipa capillata e Stipa pennata; fot. 249, pag. 137), Astragali (Astragalus exscapus), Achillee, Potentille, Carici, accompagnano e caratterizzano questo Festuceto. Un settore alpino nel quale i gramineti xerofili hanno pit grande e monotona estensione, accentuando
lo squallore del paesaggio rupestre, é il Carso. Le prime alture di Monfalcone
e di Gorizia, non ancora mediterranee, sono coperte da queste forme rade e povere di vegetazione, e con speciale frequenza da una associazione a Barba d’oro e Centaurea cristata. Purtroppo queste forme di vegetazione sono ancora mal note in Italia. In particolare per i Brometi
si pud dire che, pur costituendo
aspetti abbastanza
durevoli,
possono considerarsi potenzialmente in evoluzione verso forme di vegetazione forestale come i Querceti caducifogli termofili o la boscaglia mista prealpina:
per dissodamento
Querceti e boscaglia mista prealpina
ae
y
Campi e Vigneti primaria
evoluzione
o
Pascoli magri carsici evoluzione
a Chrysopogon
secondaria
e Andropogon
\
ai
\ Arrenatereto a
ee
ee
ee
+
\
per concimazione Se
I. L'ITALIA ALPINA
78
I Festuceti e 1 Nardetz. 1 primi pascoli propriamente detti li troviamo in connessione con i prati montani e in particolare col Triseteto. Si é gia riconosciuto che per pascolamento il Triseteto pud evolvere verso Festuceti che possono inizialmente essere prati o prati-pascoli ma ridursi anche a cotiche pascolive. E il caso dei pascoli a Festuca rossa (Festuca rubra, var. commutata specialmente). Una situazione intermedia fra i prati pingui e i pascoli magri assume anche la prateria a Covetta (Cynosurus cristatus) nei fondovalle pianeggianti umidi regolarmente pascolati, e talora nelle radure dei Castagneti. Molto affine e ancora da considerarsi fra i pascoli magri é il pascolo ad Agrostide volgare (Agrostis vulgaris), ancora debolmente concimato, che facilmente pud farsi evolvere verso il ‘Iriseteto. Sono tutte forme di prateria ancora di modesta altitudine e molto strettamente connesse ai prati. Ma appena superiamo la zona delle foreste di conifere ed entriamo oltre i 2000 m nel vero dominio dei pascoli alpini incontriamo subito alcuni tipi di prateria che si é soliti denominare « pascoli a Ledntodi » (Leontodon
hispidus, pyrenaicus, autumnalis).
| Leéntodi
sono
modeste composite a capolini gialli che costituiscono veramente il fondo delle praterie pascolive alpine; insieme con la Crepide dorata (Crepis aurea) diffondono caratteristiche fioriture gialle nel verde tappeto a Fleo alpino (Phleum alpinum), a Festuca ad Agrostide volgare. Talora il pascolo si arricchisce di
rossa,
Trifogli rossi (Trifolium pratense), bianchi (Trifolium repens),
gialli (Trifolium badium) e di Ginestrino (Lotus corniculatus). E un aspetto particolarmente BA Peontodon hispidus (gr. 2).
©" Per il loro valore
florido per la ricchezza di specie
nutritivo.
ma puo esser sviluppato si abbiano suoli bruni, moderatamente acidi o neutri.
Prevale sulle montagne silicee, anche su quelle calcaree ovunque
Purtroppo non tutti i pascoli alpini sono in questa condizione. Alla medesima altitudine e nello stesso clima sone ben pit largamente diffusi i magri pascoli a Nardo piu o meno dominante (Nardus stricta; dis. 66, pag. 87). 11 Nardo é una graminacea ben riconoscibile fra quelle delle nostre montagne per i cespi compattissimi alla base, le foglie sottili, rigide, brevi, glaucescenti. Quando copre in tappeti estesissimi le pendici non troppo scoscese, i dossi o le depressioni, diffonde un monotono color verde-grigio, che fuori stagione é squallidamente cinereo, senza fioriture che lo allietino, compatto, eguale, solo qua e 1a interrotto da cespi divelti che biancheggiano come ossa calcinate. I] bestiame riesce a brucarlo solo quando é€ giovane e tenero, altrimenti lo rifiuta per la sua durezza. Nell’ordito serrato dei cespi di Nardo altre piante (per lo
pit quelle del pascolo a Leontodon)
regrediscono
e si riducono
a
sparsi esemplari, ma sono pronte a riprendere sopravvento se per concimazione o inondamento
viene ostacolato lo sviluppo del Nardo stes-
so. Si puod dire che i cosiddetti « deserti di Nardo » sono una conseguenza del pascolamento esercitato con eccessivo carico di bestiame: tutte
le piante
soffrono
del
calpestamento,
ma
é la pil resistente e quindi tende gradatamente
minare ovvia
incontrastato. che subentra
Rododendro
I] Nardo
fra
tutte
il Nardo
a sostituirsi e a do-
é anche la vegetazione erbacea
alla distruzione
per affinita di suolo.
degli arbusteti Il Nardeto
di Mirtillo
é@ raramente
una
pit e di asso-
ciazione genuina o di origine primaria; ¢ tale quando si sviluppa per naturale
evoluzione
nelle zonazioni
delle torbiere
(che sono
sempre
55. Festuca
varia
(1A).
LE PRATERIE
79
delimitate esternamente da una fascia di Nardeto), quando si insedia nelle depressioni umide, acidificate, e in generale quando sia conseguente a un peggioramento del suolo per eccessivo dilavamento meteorico. I] suolo del Nardeto ha infatti il profilo di un « podsol » ferruginoso. I rapporti dei Nardeti alpini con le altre forme pit affini si possono cosi schematizzare: Brughiera alpina Rodoreto - Vaccineto
se SERIE
:
DI MAGGIORE
i
jes
oO
= 3
Ey © |
B
& ae
=
ALTITUDINE
fo)
|
|
:
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iP
-
\ | jd
Nardeti incl; Nardetum alpigenum
as
= eel
as
| | |
per
inondamento
4
(=
=
pestier
ee
!
Calluna
es
a
a
con
e
5
per accesso ; di pascolo
4
Nardeti
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3 per riposo
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pi minore
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8
ALTITUDINE
gee
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SERIE
'
|
Praterie
3
inondate
_ @ Calta e Carici
. -
58 is
oe Pascoli a Leontodi
Festuceti
evuntegh a Festuca
sae
ar
rossa
ail | = |
er ee
| prosciuga t omens
ae Ay
Il massimo sviluppo dei Nardeti é possibile nelle montagne silicee, ma non ne mancanod anche in quelle calcaree ovunque il suolo si acidifichi superficialmente. Ad altitudini
abbastanza
elevate
nelle montagne
silicee un
pascolo notevolmente
stabile,
che puo pure inquinarsi di Nardo, é il Festuceto a Festuca di Haller (Festuca hallert). La Festuca di Haller é una graminacea sottile con spighe ristrette violetto-brune, che si associa in buoni pascoli di altitudine favorevolmente esposti, fino a 2800 m, con altre erbe fini, capillari: l’Agrostide alpina (Agrostis alpina), l’Agrostide delle rupi (Agrostis rupestris), il Fiteuma emisferico (Phyteuma hemisphaericum), la Potentilla (Potentilla grandiflora), ecc. In pendii molto scoscesi e rupestri esposti a mezzogiorno, sempre a notevole altitudine, da 1800 a 2800 m, troviamo invece un/’altra associazione assai riconoscibile e singolarissima: il Festuceto a Festuca varia (Festuca varia). Forma sulle rocce densi cespi verdeggianti di un verde lucido, morbidamente
incurvati verso il basso a formare
quasi dei gradini che parrebbero comodo sostegno e che sono alla prova quanto mai scivolosi e insidiosi. Il Curvuleto. WL'ultima associazione erbacea chiusa salendo ancora pit in alto nelle montagne silicee ¢ il Curvuleto o associazione a Carice curva (Carex curvula). La si riconosce da lungi, sugli alti dossi arrotondati dai ghiacciai recenti, dal colore giallo ocraceo dei tappeti, cosi diverso dal verde pit gaio dei Festuceti che occupano le pendici inferiori. Giunge normalmente fino ‘
ai 3000 .
m, j
presso
:
le nevi 2
persistenti :
accontentandosi _
di un periodo di vegetazione di 4-5 mesi. La Carice curva é
56.
La
Carice
curva
(Carex
curvula; grand. 1/).
I. L'ITALIA ALPINA
80
specie assai caratteristica per le foglie curvate, che ingialliscono precocemente; si associa sulle Alpi Retiche in special modo con la Sesleria distica (Sesleria disticha) dalle spighette appiattite
color
verde-azzurrino,
con
la Festuca
di
Haller,
a spighette rilucenti cangianti dal violetto al giallo dorato
con
una
bellissima
Avena
(Avena versicolor), con
erbe
vivipare (Poa alpina e Polygonum viviparum), e altre molte. I] Curvuleto é tipicamente pioniero e allo stesso tempo corrisponde in questo clima di altitudine a una condizione finale del suolo «humus
e della vegetazione;
siliceo » dei Curvuleto;
I pascol del calcare.
il suolo
é abbondantemente
si pud dunque
Sulle montagne
parlare
calcaree
di un
humoso:
« Climax
il cosiddetto
del Curvuleto ».
e dolomitiche
i pascoli di altitudine devono pitt che altrove penosamente conquistare il terreno, specialmente nei grandi conoidi di detriti piu o meno
mobili che discendono con continuita dalle alte giogaie rupestri. Prima in compagini pioniere aperte, poi in zolle sempre piu. compatte, riescono tuttavia a svilupparsi specialmente accidentate, non rotte da ripidi pendii.
sulle
elevazioni
meno
Gia si é detto che anche in montagne calcaree si puod giungere a Festuceti piu o meno zone
infestati dal Nardo o a Nardeti quasi puri nelle
pil pianeggianti
oltre la norma.
o depresse
dove
il suolo
Ss)
acidificandosi
Ma il pil tipico e completo esempio di pascolo su
calcare é certo l’associazione a Sesleria calcarea
calcarea)
vada
e Carice
sempreverde
Semperviretum.
(Carex
!
(Sesleria coerulea ssp.
sempervirens):
Seslerieto-
Le due specie che danno il nome all’associazione
57.
LA
SESLERIA
CALCA-
REA (Sesleria coerulea ssp.
calcarea; grand. 1).
sono assai diverse per esigenze di ambiente, eppure si aggregano fra loro e con altre a costituire uno dei tipi piu ben delineati di vegetazione di pascolo nelle nostre Alpi. La Sesleria € specie pit spiccatamente pioniera, poco esigente in fatto di humus, di umidita e di luce; la Carice sempreverde invece é pianta umicola e lucivaga, ma indifferente a substrati calcarei o silicei.
Molti pascoli che verdeggiano nelle nostre Dolomiti, in contrasto talora assai vivace col grigio colore delle pietraie, col tono grigio-ocraceo delle rupi nude e selvagge, sono proprio esempi di questa bella associazione. Insieme alla Sesleria dalle spighette azzurrognole e argentate, insieme al Carice sempreverde dai cespi di foglie dure e lucenti, vi crescono
l’'Anemone
alpi-
na (fot. 184, pag. 112), dai
grandi fiori bianchi, la Biscutella (Biscutella leviga-
ia), le Potentille
(Poten-
tilla aurea, Potentilla cran-
tzit), le Antillidi (Anthyllis alpestris), tutte con fiori Xe.”
;
Leontopodium alpinum ” nivale ” leontopodinum
AREALI
DI
ALCUNE
dorati, la Viola calcarata (Viola calcarata; fot. 403, 404,
campestre
58.
Be:
ers SPECIE
DI
Leontopodium
:
grandi (da
Meusel).
pag.
fiori
224-225),
azzurri,
con
gli
Astri alpini (Aster alpinus)
PASCOLI
ALPINI:
110
Le Genziane,
dai
LE
GENZIANE
fiori a brillanti
TAVOLA
colori,
vivono
di preferenza
11
nee prati e nei pascoli; tra le moltissime
specie eccone
29
alcune delle
piu note o pil caratteristiche: 107, la Genziana di Clusio (Gentiana clusii; fot. Fenaroli), montagne calcaree in Val di Sabbia; 108, la Genziana di Koch (Gentiana kochiana; fot. Landi-Vittor]), affine alla precedente, dalla quale si distingue per la diversa conformazione dei setti calicini, propria delle montagne silicee; queste due specie sono note anche come Genziana acaule; 109, la Genziana
gracile
(Gentiana
Fenaroli), specie comunissima
tenella;
fot. Orsi), nei
pascoli
alpini
di tutte
le Alpi;
110, la Genzianella
in tutti i prati e pascoli e assai variabile per forma e colore;
lutea; fot. Viola), ben nota pianta medicinale dalle radici amare; fot. Carrara); 113, la Genziana punteggiata (Gentiana punctata, (Gentiana ciliata; fot. Peyronel), a fioritura estivo-autunnale.
ie
111, la Genziana
(Gentiana
verna;
fot.
maggiore (Gentiana
112, la Genziana porporina (Gentiana purpurea; Alpi Venete; dei pascoli silicei; fot. Peyronel); 114, la Genziana frangiata
TAVOLA
VEGETAZIONE
30
NITROFILA
115
Negli
immediati
dintorni
di
alpi
o
malghe
mal governate, nei meriggi 0 riposi dove il bestiame sosta lungamente durante la notte, avviene comunemente che i liquidi organici abbiano ad accumularsi sul terreno modificandone profondamente la natura e determinando condizioni propizie all’insediamento di un tipo di vegetazione del tutto particolare, la vegetazione delle piante nitrofile, altrimenti nota anche sotto il nome di
flora ammoniacale.
Queste piante non hanno al-
cun valore ai fini del pascolo e rimangono indisturbate dagli animali sottraendo superfici talora vaste all’area pascoliva; in un’alpe ben gover-
nata
la flora ammoniacale
rosamente
dovrebbe
essere rigo-
assente.
Tra
le specie pit comuni
alpinus,
il Senecio,
Senecio
sono
dioica, la Poa, Poa
annua,
Napello,
napellus;
Aconitum
Cirsio spinescente Peyronel);
meno
fot.
Rumex
l’Ortica,
1 Velenosi
(116. Cirsium frequenti
il Romice,
alpinus,
Urtica
Aconiti
spinosissimum;
invece
(118.
Landi-Vittorj),
il Cardo
il
fot.
azzurro
(115. Eryngium alpinum; fot. Fenaroli) e il Cardo lanoso (117. Cirsium eriophorum; fot. Fenaroli).
PALUDI
E
TORBIERE
TAVOLA
Nei fondi-valle pianeggianti, le acque dei rivi glaciali rallentano il loro
corso e indugiano a formare laghetti 0 pozze che ospitano una vegetazione acquatica in cui predominano di solito numerose specie di Ciperacee. 119. Le acque dell’Allée Blanche confluiscono nell’azzurro specchio del
Lago di Combal; in secondo piano pendici con Larici e morene glaciali (fot. Vota). Quando le acque ristagnano lungamente determinano la formazione di paludi che ospitano una vegetazione molto pit’ copiosa e che, col progredire dell’umificazione e dell’acidificazione del terreno, si trasformano in torbiere. 120. Prate-
ria torbosa
con
vegetazione
di Carici
e di Muschi in Valnontey, Paradiso (fol. Peyronel).
Gran 120
31
TAVOLA ~~
2 ENDEMISMI
32
AL PINI
Ne
121.
Il Maggiociondolo
Alpi
(Laburnum
o
alpinum;
Citiso
delle
fot. Fenaro-
li), proprio del versante meridionale alpino, 122. La Sassifraga a grandi petali (Saxifraga
macropetala;
fot.
Fenaroli),
dei macereti tra 2000 e 3000 m. 123. La Potentilla lucida (Potentilla nitida;
123 fot. Zardini),
delle
rupi
calcareo-dolo-
mitiche. 124. La Viola di Duby (Viola dubyana; fot. Fenaroli), specie esclusiva delle Prealpi Lombarde e delle Alpi Graje. 125. L’Epilobio di Fleischer (£pilobium fleischeri; fot. Carrara), proprio delle morene glaciali e dei macereti. 126.
Il
Fiteuma
chiomato
(Phyteuma
comosum; fol. Zardini), delle rupi calcaree tra i 1000 e i 2000 metri.
LE
PRATERIE
81
con capolini raggiati gialli e violetti. E questo pure il regno delle candide
Stelle alpine
(Eeontopodium
alpinum;
fot. 131,
pag. 88-89), note a tutti gli alpinisti come un simbolo quasi della pit nobile vegetazione delle rupi alpine. In realta le Stelle alpine non sono soltanto piante di roccia, ma anche di questi pascoli
calcarei,
dove
possono,
se
lasciate
crescere
indisturbate,
dare fioriture estesissime e copiose che costituiscono uno degli spettacoli piu belli della vegetazione alpina. Alle prime fasi di sviluppo il Seslerieto-Sempervireto i detriti in pendio
con
caratteristiche
occupa
gradinate
verdi, comode
a percorrersi, che viste dal basso appaiono come
una copertura
continua: sono le « zolle a gradini », che possono anche diventare una condizione permanente se il pendio é molto ripido, e se la discesa dei detriti continua a sospingere verso il basso i
59. La
Carice
firma;
Rica
grand.
(Carex
1).
cespi, arrotolandoli. Carattere ancor pit spiccatamente pioniero assume a superiori altitudini, ancora su calcare, il pascolo a Carice rigida (Carex firma; fot. 128, pag. 88) 0 Firmetum. Si presenta da 2000 a 2900 m sui pendii detritici, poco innevati, asciutti, costituendo una vege-
tazione prima discontinua, poi confluente in tappeti compatti, che assume in un certo senso sulle alte montagne
calcaree la funzione
che il Curvuleto
possiede sulle montagne
silicee.
Anche le prime fasi pioniere del Firmeto sono in forma di gradinate per lo pit confluenti a formare una sorta di rete con maglie a losanga che trattengono in minuscole terrazzature i detriti. Non é tuttavia la Carice rigida la piu valida specie solidificatrice; il vento stesso sradica facilmente i suoi cespi sui dossi pit esposti; né basta a loro difesa la forma di cuscino compatto
che assumono
questi cuscini vengano
normalmente;
deteriorati
accade infatti, dove il clima é pil aspro, che
e imbruniti
al centro e si riducano
ad anelli verdi.
Ma, a irrobustire queste zolle, alla Carice rigida si uniscono vigorosi Salici nani (Salix retusa e Salix reticulata; fot. 39, pag. 33; dis. 41, pag. 61), la Driade (Dryas octopetala; fot. 40, pag. 33; fot. 76, pag. 56-57; dis. 42, pag. 62), gia ricordata per le bellissime fioriture bianche fra
gli arbusti alpini, i pulvini di Sassifraghe (Saxifraga caesia; fot. 86, pag. 112; Saxifraga aizoon), e la Silene acaule
(Silene acaulis; fot. 191, pag.
color verde chiaro costellati da numerosissimi
112-113), che espande
i compatti
cuscini di
di colore
fiori rosati. Vi aggiunge una nota
azzurrissimo la Genzianella dei calcari (Gentiana clusii; fot. 107, pag. 80; dis. 69, pag. 91).
Quando
I’humus
si sia accumulato
con acidificazione del suolo, si passa in opportune Valtellina si ¢ osservato il seguente quadro di Nell’alta condizioni al Seslerieto-Sempervireto.
modificazioni parallele del suolo e della vegetazione: EVOLUZIONE
iy SEN EGe sciane blonions
DELLA
\
VEGETAZIONE
|
a Salici Shae
PS
nani
Bete
ES
a.
|
e Driade eS eee ne
|
|
DEL
EVOLUZIONE
SUOLO
|
pall
Scarso
\
“humus
Calcareo,
(Renzina
Firmeto
iniziale) pH = =7
|l I
’
Y
i
Seslerieto - Sempervireto
Elineto
|
Humus
| | |
calcareo piu sviluppato (Renzina
' : |
let
Curvuleto
’
Festuceti
ean
pH = 6)
an
Humus |
(Terra
bruna
acido
o Podsol
pH=47
- 5
iniziale)
I. LITALIA
82
Sui versanti a Nord, ab-
Gentiana pannonica ws en Sn
”
purpurea
”
punctata
Stazioni
incerte
ALPINA
bastanza umidi, delle montagne calcaree, dove il Seslerieto-Sempervireto non puo prosperare, si presenta un tipo di pascolo spesso falciato per fieno selvatico: il Cariceto a Carice
ferruginea (Carex ferrugtnea).
Questa
Carice,
che
prende il nome dal colore delle guaine che persistono alla base dei cespi, brune e lucide, si associa sovente alla Festuca violacea, alla Genziana tmaggiore 60. AREALI DI ALCUNE
Genziana
a
fiori
gialli
(Gentiana
SPECIE DI GENZIANA (da Merxmiiller).
usata
per
le radici
lutea; fot.
111,
pag. 80), la tipica grande
medicinali,
alla
strana
Campanula
tirsoide
(Campanula thyrsoides), \’unica specie a fiori gialli della nostra flora, e alla bella Anemone a fiori di narciso (Anemone narcissiflora), creando zolle e pascoli non gradinati. Infine sui dossi pit ventosi fino a 3000 m, dove il Firmeto pioniero soccombe scalzato dal vento o bruciato dalie intemperie, si costituiscono, su limitata superficie, i tappeti bruno-rossastri dell’Elineto: associazione a Elina (Elyna myosuroides o Kobresia bellardit). Questa resiste
a una estrema scarsita di neve invernale (due mesi al pit di ricoprimento) e si associa per lo piu con Carice nera (Carex atrata), Cerasti, 109, pag. 80; Gentiana
nivalis, ecc.). Non
e con minuscole
Genzianelle
@ un’associazione
(Gentiana
pioniera, ma
tenella; fot.
susseguente
al Fir-
meto, e che puo evolvere, se non da localmente assestamenti durevoli, verso il Curvuleto.
Le «alte erbe». Al margine dei prati e dei pascoli, in ambienti ricchi di sostanze nutritive e sufficientemente umidi, si sviluppano a diversissime altitudini isole di lussureggiante vegetazione erbacea. Puo trattarsi di vallette umide, di versanti montani brumosi, di radure delle foreste rivolte a settentrione, di depressioni umide nei pascoli, di pietraie a grossi blocchi, del margine
dei ruscelli, e via dicendo.
In stretta relazione coi pascoli va ricordata specialmente la «flora ammoniacale», che invade densamente di erbe altissime i luoghi ove riposa il bestiame, in particolare i recinti intorno alle stalle. Sono Romici con foglie larghe anche mezzo metro (Rumex alpinus; fot. 136, pag. 88-89), insieme col Senecio alpino (Senecio alpinus; fot. 135, pag. 88-89), pure a vaste foglie e con fiori gialli assai vistosi, insieme all’Alchemilla (Alchemilla vulgaris) e alle volgari Ortiche (Urtica dioica). Fin dove giungono le stalle e i riposi giunge anche questa vegetazione. Nelle depressioni dei pascoli e dei prati, a ridosso degli accumuli di pietre, tolte per lo spietramento,
si sviluppa
la bellissima
stirpe degli Aconiti,
e specialmente
l’Aconito
na-
pello (Aconitum napellus; fot. 100, pag. 64-65; fot. 118, pag. 80-81), « azzurro perfido fiore », assai noto sia per la sua velenosita sia per le sue qualita medicamentose. Nei pascoli di altitudine, fino al margine dei Curvuleti, anzi delle nevi perenni, indicano la frequenza del pascolamento i robusti cespi spinosi di un color verde chiaro quasi giallognolo del Cirsio spinosissimo (Cirsium spinosissimum; fot. 116, pag. 80-81).
LA VEGETAZIONE
ACQUATICA E PALUSTRE
83
Nelle pietraie a grossi blocchi immobilizzate nei fondovalle, fra cui si celano infinite nicchie umide,
ricche
di limo
minerale,
si sviluppano
rigogliose
Felci alte anche
oltre
1 m,
come Il’Aspidio alpestre (Athyrium alpestre). Grandi ombrellifere bianco-fiorite come l’Imperatoria (Imperatoria ostruthium), magnifici Mazzi viola-rosati di Adenostile
(Adenostyles alliariae; fot. 168, pag. 104), fioriture rosse di
Epilobi (Epilobium angustifolium; fot. 188, pag. 89), e ancora Felci rigogliose, accompagnano i corsi d’acqua. Si tratta di aspetti sempre limitati in estensione ma che possono aggiungere toni di amenissimo colore ai nostri paesaggi alpini.
LA VEGETAZIONE
ACQUATICA
E PALUSTRE
Le fresche e chiare acque correnti che zampillano da numerose sorgenti sulle pendici delle montagne alpine, e scorrono a valle solcando i prati, spumeggiando fra le rocce, ospitano
una
vegetazione
ben
caratteristica.
Sulle pendici silicee il suolo inondato da acqua limpida si copre di vaste fioriture gialle di Sassifraga aizoide (Saxifraga aizoides; fot. 166 bis, pag. 104; fot. 203, pag. 113) e di graziose fioriture bianche di Sassifraga stellata (Saxifraga stellaris); fot. 167, 168, pag. 104). Non di rado accompagna le acque dei ruscelli la Calta (Caltha palustris) con i fiori giallo oro e le ampie foglie di un lieve color verde. Oppure vi si addensa |’amara Cardamine (Cardamine amara; fot. 168, pag. 104) e una Veronica frondosa a piccoli fiori cilestrini (Veronica beccabunga). Salvo le Sassifraghe che permangono tipicamente alpine o alto-montane, le altre
specie scendono in questi ambienti fino alla pianura. Muschi verdissimi in grossi cuscini si addensano
a coprire le pietre inondate
e spruzzate, in special modo
le Filonotidi
(Philonotis
fontana; fot. 167, pag. 104) e il lussureggiante Bryum schleicheri. Totalmente immerse rameggiano oscure, verdi e dorate, le Fontinali
(Fontinalis alpestris).
Il Cratoneureto e il Molinieto. Sulle pendici calcaree i ruscelli e le sorgenti sono ingombre a tratti di altri Muschi ben caratteristici che spesso si incrostano del cosiddetto « tufo calcareo » e contribuiscono anzi a crearne accumuli assai notevoli; sono Muschi bruni,
rossastri (Cratoneurum) con i quali si associano ancora Filonotidi (Philonotis calcarea) e altri cuscini muscosi di varie specie. Vi si insediano ancora la Sassifraga stellata e la Sassifraga aizoide, con
Carici, Giunchi
ed Equiseti.
E il Cratoneureto
Ma si sviluppano talora, specialmente nei fondovalle
(Cratoneuretum).
umidi, anche estensioni pit: notevoli
di vegetazione condizionata dalla presenza di abbondante acqua nel suolo: sono le praterie paludose di cui abbiamo gia fatto cenno pil sopra come casi estremi di vegetazione dei pascoli. Un’associazione
assai notevole é€ il Molinieto
(Molinietum),
prateria palustre
a Molinia caerulea (dis. 45, pag. 64) erba a spighe bluastre, che pud dominare dove la falda acquea sia assai alta, ma non affiorante, su terreni periodicamente inondati. Si certo senso far rientrare nelle praterie naturali, tenendo conto che I’uomo puo veniente falciarla per ricavarne un ottimo strame. Migliorata con concimazioni puo trasformarsi in prati del tipo Arrenatereto, oppure in buoni terreni per di patate e di granoturco se l’altitudine lo consente.
potrebbe in trovare cone drenaggi coltivazione
I. LITALIA ALPINA
84 Le torbiere basse. Col Molinieto entriamo in argomento di « basse paludi» o, se vi si forma della torba, di « torbiere basse », cosi dette in contrapposizione alle formazioni palustri « alte », rarissime a Sud delle Alpi, ma cosi diffuse al Nord.
Le torbiere basse sono soprattutto caratterizzate da sviluppo di Cariceti e di Sfagneti (fot. 120, pag. 80-81). La pit comune
associazione torbigena delle Alpi é il Cariceto a Carice fosca (Carex
fusca),
che
acida. Solitamente
produce
una
torba
nero-bruna,
dei laghetti alpini, che possono gradatamente sformandosi
fibrillare,
si sviluppa a invadere gli specchi lacustri
riempirsi tra-
prima in acquitrini, poi in torbiere dal suolo in-
zuppato, traballante sotto i piedi di chi le percorre, come quelle che si trovano quasi immancabilmente nelle spianate dei nostri valichi alpini, o nel fondo delle convalli fredde delle Alpi. Co-
stituiscono per lo piu. uno degli esempi «complessi» di vegetazione;
tendono
infatti
a ordinarsi
in zonazioni
concentriche
intorno allo specchio d’acqua scomparso o in via di scomparire. Quanti piccoli laghi delle nostre valli che erano rafhgurati nelle piu vecchie carte topografiche, ora non
si ritrovano
61. Sphagnum
cymbifolium.
piu perché gradatamente cancellati dal progredire dell’interramento per opera della vegetazione! Si protendono dalla riva i cespi di Carici, prima quelli del « Magnocaricetum » (a Carex elata), poi quelli del « Parvocaricetum » (a Carex fusca), mentre nelle acque si sviluppano intrichi di erbe sommerse e galleggianti come lo Sparganio (Sparganium minimum), come il Trifoglio acquatico (Menyanthes trifoliata); emergono cinture rossastre di compatto Tricoforo (Trichophorum caespitosum); sorgono qua e la piccole gibbosita di Sfagni rossi e glauchi pregnanti d’acqua, invadono le zolle piu sopraelevate le prime ericacee come la Calluna o Brugo, come il Rododendro ferrugineo e l’Empetro nero (Empetrum nigrum). Entrano allora anche la Betulla, il Pino mugo e altre conifere; e dove un tempo
era
il lago si prepara
potra diventare
Queste aperto
normale
successioni
nelle
torbiere
una
foresta-torbiera,
che
foresta mesofitica.
sono piane
leggibili dei
come
nostri
in un
valichi,
libro poiché
tutte quasi le successive fasi di sviluppo sono visibili in zonazioni talora chiare e schematiche (come nel piccolo
URS =e 62. Carex fusca (grand.
1).
esempio del Passo di Foscagno), talora pit complesse e accidentate (come nelle pit estese praterie e arbusteti torbosi del Passo del ‘Tonale). La ‘Torbiera del ‘Tonale simula in alcuni tratti i lineamenti di una «torbiera alta» (« Hochmoor » dei Tedeschi), mentre in realta ¢ una torbiera fontinale (un « Quellmoor »): le gibbosita di Sfagno assumono belle CUGCHSLOMI)) Te sono ben Ha dalla prandezza di quelle nordiche della tundra dei Samoiedi, e da quelle stesse dell’Europa media; le depressioni in cui affiora
LA
VEGETAZIONE
ACQUATICA
E
PALUSTRE
85
un’acqua «muschi VV V VV Vv
VV VV VV Vv Vv
ie
brunastra, iridata, sono ripiene di bruni» (Drepanocladus, Callier-
gon), e, nei tratti pid liberi, di Utricularia
vy
(Utricularia minor), singolare erba filiforme con foglie trasformate per catturare e digerire piccoli insetti;
sulle zolle di torba
de-
nudata un’altra minuscola pianta « carnivora», la Drosera (Drosera rotundifolia), luccica al sole per le minute papille che paiono gocce di rugiada e sono protese ad attendere
la minuscola preda. Vi fioriscono la Primula farinosa, la Parnassia (Parnassia palustris), la Tormentilla
(Potentilla erecta); innumeri
Carici e Giunchi variano il tappeto vegetale suaubrto ono nr
[2 moon 64. SEZIONE
con
inondate
Drosera
con
oe
fe
{
e
Carici (a) e “Muschi
ed erosioni
di Sfagno:
/
Ao
;
B
Ripiani torbosi con
ee
iets
D
E
bruni, (b - bj)
acqua
ferma:
Eriofori
penduli (c), Utricularia
(d), Trifoglio acquatico
(e)
(f)
invase
alla sommita
da Molinia
(g), da Calluna
(h) e da muschi
xerofili
(Polytrichum
strictum)
(i)
Tricoforeto (|)
SCHEMATICA
DI
UN
TRATTO
DI TORBIERA
FONTINALE
AL
PASSO
DEL
TONALE
(m
1880),
da
Giacomini.
ALPINA
I. LITALIA
86
In ambienti di questo tipo e specialmente in alcune torbiere piane dell’Ampezzano hanno trovato possibilita di persistere, in pochissime stazioni relitte, alcune rare piante nordiche, gia sospinte a Sud durante le
glaciazioni, distrutte
ma
poi depauperate
dai mutamenti
o quasi
climatici:
la pic-
cola, graziosa Andromeda (Andromeda polifolia), la Mortella di palude (Oxycoccus quadripetalus), la Potentilla palustre (Potentilla palustris), la Drosera
intermedia.
A maggiore altitudine le rive dei laghetti alpini sono Erioforo di chzeri), che numerevoli
invase da un denso Erioforeto a Scheuchzer (Eriophorum scheua piena fioritura si copre di incompatti fiocchetti bianchi, sten-
dendo al sole un tappeto pit. candido delle nevi. Si uniscono a essi cuscini di Muschio e cespi robusti niera,
di una
bella graminacea
la Deschampsia
caespitosa,
pio-
prolun-
gando nelle fredde acque azzurrissime ampie propaggini di interramento, dietro alle quali si preparano a subentrare le zolle meno umide del Saliceto a Salice erbaceo. Cosi ad e-
a.
sempio nel Lago Bianco del Gavia a 2609 m.
LA La stuttura
dei pascoli
65. Drosera
DIFESA
e la loro
\
DEI
rotundifolia
(grand. naturale).
PASCOLI
degradazione.
L’integrita
delle pendici
montane
non
si di-
fende soltanto con le foreste, ma anche con sane, efficienti cotiche erbose, nella regione dei pascoli di altitudine. E stato detto giustamente suolo
che i pascoli nelle Alpi possono
costituire una
prima linea avanzata
nella difesa del
dall’erosione.
Erbe perenni con robusti e profondi sistemi radicali
formano
un tappeto serrato, solidamente
intessuto, diffi-
cile,a rompersi. Solo il calpestio persistente di numerosi animali pascolanti riesce a solcarlo in lunghe striature trasverse
parallele,
dalle quali
affiora
la nera
opera di protezione e le pendici conservano
disgregatrice confluiscono
meccanica
esercitata
dal bestiame
in piu estesi denudamenti,
del pascolo e la rovina
terra
una
humosa.
copertura
non
Ma
anche
cosi ferita
verde abbastanza
si aggravi
che le acque meteoriche
diventando
la prateria
omogenea,
continua
almeno
irreparabile.
scavano e fanno smottare;
la sua
finché l’azione
In tal caso
i solchi
e ha inizio la morte
del suolo.
Anche il congelamento dell’acqua entro il suolo durante la stagione fredda pud provocare intumescenze della cotica erbosa che talora possono coprire larghe estensioni di pascolo. I pascoli « gibbosi » divengono eterogenei, discontinui, facile preda all’erosione delle acque che agisce nei solchi fra le rigonfiature del tappeto erboso.
Ma
il danno
maggiore
ai pascoli di altitudine
viene soprattutto
dal bestiame
pascolante
in quantita
supe-
riore al carico tollerabile. Il calpestio, il brucamento, le deiezioni hanno una influenza notevole anche sulla composizione floristica della prateria, che viene gradatamente trasformandosi. Tendono a deperire e a scomparire tutte le piante meno resistenti all’azione meccanica e chimica esercitata dal bestiame, altre invece si avvantag-
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I. L’ITALIA ALPINA
88
giano, o subentrano sempre pit invadenti, fino a mutare completamente la fisionomia del tappeto erboso. Le piante invadenti che pitt tollerano il pascolo non sono sempre le pil: buone foraggere, tutt’altro! Sono sovente piante
come
spinescenti
i Cardi,
sono
per
bestiame
dal
rifiutate
sclerose,
rigide,
erbe
durezza,
la loro
sono
erbe tossiche che l’istinto degli animali riconosce e respinge, sono talora perfino arbusti e suffrutici. Spesso il risultato non é cosi eterogeneo, ma egualmente deplorevole. Subentra il Nardo a costituire, come si é gia detto a suo luogo, estensioni monotone
di corta, rigida erba, rifiutata per lo pit dal bestiame, o brucata
svogliatamente quando é pil tenera. Naturalmente col modificarsi della vegetazione si modifica anche il suolo verso
un’acidita
sempre
pill accentuata,
sempre
pit: incompatibile
con
altre
piante
che
non
siano
il Nardo
o le dure ericacee della Brughiera alpina. Ormai la maggiore estensione dei nostri pascoli alpini di altitudine ¢ inoltrata
verso
la trasfermazione
Dopo il Nardeto, verso
un
in Nardeto,
verso
il cosiddetto
« deserto
a Nardo’>.
se continua la pressione del bestiame, si puo spezzare Ja cotica erbosa e si pud andare
denudamento
progressivo;
se invece
cessa
il pascolamento,
sione di arbusti della Brughiera alpina. L’uomo interviene allora a bonificare calcitando oppure i risultati non sono sempre soddisfacenti.
non
inondando
vi € che la prospettiva
di una
inva-
il suolo, talora anche concimando.
Ma
‘ I pascoli come associaziont vegetali. Anche i pascoli sono in origine associazioni che hanno raggiunto un loro assestamento ed equilibrio sia nella composizione sia nella struttura. Le associazioni non sono molto
numerose,
e ciascuna
¢ caratteristica
di una
determinata
zona
altitudinale,
di una
determinata
esposi-
zione, di un suolo ben caratteristico. Non si puo pensare che l’optimum di un pascolo debba coincidere con una tipica associazione naturale. Non si pud neppure supporre che il pascolo, per quanto moderato e razionale, possa mantenere questa associazione nella sua purezza originaria. L’optimum di rendimento di un Festuceto potra coincidere, ad esempio, con un suo aspetto particolarmente ricco di piante pabulari, che si puo sperare di conservare con una accorta tecnica di pascolamento. E comunque importante conoscere le associazioni fondamentali, perche, facendo riferimento a esse, si potranno evitare molti errori e molte delusioni sia ne] trattamento sia nel miglioramento dei pascoli. Si puo affermare senza esagerazione che tutti i pascoli alpini, eccettuati alcuni pit’ remoti o inaccessibili, sono pill o meno profondamente degradati. « Degradazione » potrebbe significare, in senso naturalistico, una deviazione, un ritorno indietro rispetto a certe tappe di equilibrio gia da essi naturalmente raggiunto, e che, come ben sappiamo, sono le associazioni pili tipiche dei pascoli. Ma purtroppo é « degradazione » anche spesso nel senso pili letterale e infausto della parola, perché la cotica erbosa e peggiorata nella struttura agli effetti della difesa del suolo, oltre che nella composizione agli effetti del nutrimento del bestiame. Il miglioramento
zona
propria
di una
dei pascoli.
determinata
Sapere
associazione
che in un
erbacea
determinato
puod giovare
ambiente
a orientare
alpino
ci troviamo
razionalmente
nella
gli sforzi
di
miglioramento.
Le sollecitazioni di una momentanea convenienza economica potrebbero in alcuni casi incoraggiare a sfruttamenti che non tengono conto dell’avvenire di un pascolo; ma a questo punto deve intervenire una sana, previdente valutazione dell’importanza del pascolo per la salvezza del suolo, per lequilibrio fisico e biologico di una pendice montana. Le « alpi » franose, isterilite, respingono da sé le popolazioni montane di cui gia si lamenta l’esodo preoccupante verso le pianure. Un motivo sociale e umano si aggiunge quindi a spostare il problema del risanamento dei pascoli da un piano aridamente economico a un piano di pili vasto interesse per tutti. Quali rimedi concreti si potrebbero prospettare per il miglioramento dei pascoli alpini di altitudine? Nell’ambito di una fondazione recentemente istituita per lo studio di questi e altri problemi dell’arco alpino, Si perseguono principalmente: miglioramenti del suolo e della composizione floristica, scegliendo interventi semplici,
economici,
razionali,
che
possono
e devono
variare
caso
per caso
sulla
logica dei pascoli (per associazioni e per « aspetti » notevoli, fondamentali); pascolamento; miglioramenti nell’organizzazione delle « alpi ».
L’equilibrio
base
di una
miglioramenti
distinzione
nella
tipo-
tecnica
di
fra il pascolo e la foresta. Se dai pascoli di altitudine si discende a quelli intercalati nella fascia delle foreste si prospetta un altro annoso problema: la lotta e l’equilibrio fra i pascoli e la foresta. Che vi sia e vi sia stata una lotta fra queste due forme di vegetazione e di sfruttamento del suolo montano, ¢ ben evidente. Interessi opposti sospingono all’una o all’altra utilizzazione. Ma anche alla risoluzione locale di questo problema dovrebbe contribuire una conoscenza non fumosa, ma concreta, naturalistica e pratica, dei fondamentali paesaggi vegetali alpini. Deve restare salvo il principio che una buona copertura
PASCOLI
127.
Alu
ALPINI,
I
pascoli
al
TAVOLA
Passo
della
Manina,
Val
di
Scalve,
e
Pizzo della Presolana (fot. Fenaroli). 128. Pascolo a Carex firma (Firmetum) a gradinata; la gradinatura € posta in particolare evidenza dai residui di una recente nevicata. Questo tipo di pascolo € caratteristico delle montagne calcaree e presenta notevoli analogie con il Curvuleto delle montagne silicee (fot. Fenaroli). 129. Fioritura estiva di Antillide (Anthyllis
vulneraria,
presso
il Passo
di Sella;
fot. Fenaroli).
dng 2
BO
EE
See
ve
at
POR
oe
ONS a oS
33
TAVOLA
PASCOLI
34
130.
Ipocheride
choeris
ALPINI,
uniflora
uniflora,
Il
(Hypo-
Bormiese;
fot.
Fenaroli). 131. Stelle alpine (Leontopodium alpinum; fot. Fenaroli). 132. Lino delle Alpi (Linum alpinum,
Passo di Nota;
133. Centaurea
fot. Fenaroll).
piumosa
(Centau-
rea nervosa; fot. Ambrosi). 134. Piantaggine delle Alpi (Plantago alpina; fot. Fenaroli).
PIANTE
NITROFILE
TAVOLA
135. Il Senecio alpinus;
fot.
delle Alpi (Senecio Fenaroli),
intorno
a
una vecchia malga nell’ alta Val Camonica. 136. Il Romice delle Alpi (Rumex alpinus; fot. Fenaroli),
in
un
riposo
in
alpe
della
Val Breguzzo, 137. La Borsa di pastore a grandi fiori (Capsella grandiflora; fot. Arietti), nei riposi
dell’Alpe
137
Casere,
Val
Trompia.
35
LAVOLA
ALTE
36
ERBE aa)
138, Epilobio a foglie strette anguslifolium,
Bormiese;
(Epilobium
fot.
Fenarolt).
139. Eringio alpino (Eryngium alpinum, Prealpi Friulane; fot. Bois de Chesne). 140. Polemonio ceruleo (Polemonium cocrulewm,
Bormiese;
fot.
Fenaroli). 140
\
LA
VEGETAZIONE
DELLE
RUPI,
DEI
DETRITI
E
DEI
GRETI
89
forestale deve tutelare le pendici montane; ma bisogna dare prevalentemente sviluppo alla foresta dove il suolo é€ pil rovinoso,
detritico,
torrentizio,
non
insistendo
d’altra
parte
a mantenere
pascoli
smottanti,
erosi,
la
dove l’ambiente non offre sufficienti garanzie di una evoluzione della vegetazione verso un assestamento durevole ed efficace delle pendici. Una soluzione di compromesso localmente possibile che ha condotto alla costituzione di paesaggi amenissimi ¢ quella dei pascoli alberati. Ne sono risultati aspetti di « parco », come quelli che abbiamo ricordato a proposito dei Lariceti (fot. 98, pag. 64-65). E questa una soluzione molto auspicabile, quando si dimostri realizzabile e conveniente.
Il problema della difesa e del miglioramento dei pascoli sta oggi al centro dei numerosi problemi che interessano la prosperita della montagna. Anche coloro che non sono chiamati a occuparsene direttamente é@ bene ne abbiano qualche conoscenza per solidarieta verso le sane, laboriose popolazioni alpine e appenniniche.
LA VEGETAZIONE
DELLE
RUPI, DEI DETRITI
E DEI GRETI
Sebbene povera, e talora appena percettibile, una vegetazione esiste anche sulle rupi e sui detriti. Ed € rappresentata da piante cosi specializzate, cosi selezionate, talora cosi singolari, da costituire forse le manifestazioni pil strane e suggestive della vita vegetale nelle montagne alpine. Conoscere queste minuscole piante annidate nelle fessure delle pareti rocciose o galleggianti sulle pit aspre petraie non € piu una esigenza pratica legata a problemi di utilita contingente, ma piuttosto una esigenza naturalistica pura in cui si fondono curiosita di sapere e culto per la bellezza. E indubbiamente molte di queste pianticelle delle rupi e dei detriti sono fra le piu belle creature vegetali che vivano nei nostri climi. In esse sono pit accentuati che nelle piante di qualunque altro ambiente quei caratteri eccezionali, quegli estremi, direi quasi eroici adattamenti, che rendono cosi ammirevole, cosi sorprendente la flora alpina. Un alpinista, che ami
veramente
la montagna
in tutte
le sue forme
di bellezza,
non
puod non
sostare quasi con commozione vedendo allinearsi lungo le sottili fessure delle rocce lunghe ghirlande di freschissime campanule azzurre, con fiori pil grandi e pit belli di quelle che nascono nelle pingui praterie,; oppure sorprendendo, fra le dure mobili pietre di un macereto dolomitico, il verdeggiare e fiorire intatto di germogli cosi tenui, cosi delicati che quasi si teme di toccarli con mano. Forse anche per gusto di novita e di paradosso il nostro spirito € incline a godere di queste insolite e minuscole parvenze della vita vegetale. Nobilta della flora rupestre alpina. Un carattere comune alle pit tipiche piante rupestri consiste nella loro incapacita di vivere fuori di questo ambiente. Quando i loro semi cadono nelle praterie o in altre forme di vegetazione chiusa non possono svilupparsi, perché le giovani piante non reggono alla concorrenza delle specie ivi esistenti. Solo se consideriamo certi pascoli rupestri, del resto sovente discontinui, come il Firmeto e il Seslerieto-Sempervireto, troviamo non poche specie in comune colle rupi e i detriti: Driadi, Stelle alpine,
“Artemisie del Genepi, e tante altre. Parrebbe piante
giustificato percid aftermare
« rifugiate », che, profittando
che le piante delle rupi e dei detriti sono
di una
loro eccezionale
frugalita
e di una
delle
resistenza
del pari eccezionale a microclimi severissimi, hanno trovato scampo da una concorrenza insostenibile. Cid sembra tanto pil vero perché le piante alpine pit localizzate, « ende-
ALPINA
I. L'ITALIA
90
miche », sono quasi sempre piante di questi ambienti.
La roccia e i detriti accolgono dun-
que, difendono e conservano una vasta flora pit o meno antica in tutte le montagne del mondo. E poiché nessun altro ambiente come quello delle rupi e dei detriti montani si
cosi accentuati
presta a fenomeni
geografico,
di isolamento
¢ comprensibile
che proprio
queste piante siano spesso fra le pit: interessanti a studiarsi nelle forme di distribuzione, nelle loro affinita e parentele, per ricostruire la storia di tutte le flore alpine del mondo. Di qui la nobilta di caratteri della nostra flora alpina delle rupi e dei detriti; nobilta
maggiore 0 minore a seconda dell’isolamento non solo geografico, ma anche sistematico (se sono lontanissime pure nel grado di parentela, dalle specie piu affini), a seconda della rarita,
della localizzazione, dell’antichita
di insediamento
o di origine.
Vi sono dunque diversi criteri per valutare questo singolare contingente della flora alpina. Noi
ci atterremo
qui, per semplicita,
al pil facile:
la distribuzione
attuale,
dimensione cioé dell’area (« areale ») da ciascuna specie occupata.
la forma
e
:
Elementi geografici. Le specie alpine-medioeuropee.
Le specie a pit vasta
distribuzione continua sono anche le pit comuni, le pit largamente diffuse sulle Alpi anche in senso altitudinale. Sono spesso anche quelle che possiedono piu grande energia di colonizzazione e di dispersione, e le meno esclusive abitatrici degli ambienti rupestri; sovente anche le meno « alpine ». Ne sono esempi le grandi specie Anthyllis vulneraria (Antillide; fot. 129, pag. 88) e Thymus serpyllum (Timo serpillo). Divengono assai pit significative le specie « alpine-medioeuropee », proprie cioé, oltre che delle Alpi, delle montagne abbastanza elevate dell’Europa Media e Meridionale (Pirenei, Carpazi, Caucaso e talora altre montagne centroeuropee). Molte sono in questo gruppo o « elemento » le piante schiettamente rupicole o dei detriti. Assai caratteristiche per l’aspetto succulento sono alcune specie di Semprevivi (Sempervivum) e di Grasselle (Sedum; fot. 185, pag. 112; fot. 192, pag. 112-113). Il comune Semprevivo dei tetti (Sempervivum tectorum) lussureggia con rosette fogliari grasse, lucide, sui tetti delle case, sui muri
a secco
e sulle rupi a pit. umili
altitudini;
Dianthus alpinus ”
laciali Lees
ow
il Semprevivo
monta-
no (Sempervivum
monta-
num)
dai fiori purpurei,
dalle
rosette
opache
e
ghiandolose, sale invece fino a 3400 m; il Sempre-
vivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum; fot. 179, pag. 105; fot. 188, pag. 112-113) é@ il pit singolare fra tutti perché forma sulle rupi cuscini di compatte rosette rossastre, candide al centro per una densa e finissima rete tra le foglie. Alcune Sassifraghe entrano
67. AREALI
DEL GAROFANO
DEI GHIACCIAI
(Dianthus
glacialis),
& DEL
DELLE RUPI (Dianthus alpinus). Da Merxmiiller.
GAROFANO
Po:
pure
sulle
Sassifraga
in questo
grup-
sual oe calcaree
mutata
la
(Saxi-
LA
VEGETAZIONE
DELLE
severe: -
+ Androsace obtusifolia @ fF lactea
——-——
x
”
RUPI,
DEI
DETRITI
E
DEI
GRETI
91
fraga mutata), la Sassifra-
ee es)
ga verde-azzurra (Saxifraga caesia; fot. 186, pag.
carnea
ee
Keno
:
EN
ot
a
112) dai pulvini compatti
:
.
166 bis, pag.
aizoides; .
.
fot.
104; fot. 203,
pag. 113), che copre di fioriture giallo-aranciate le rupi e 1 detriti bagnati; la Sassifraga sempreverde (Saxifraga aizoon), con le rigide rosette di foglie incrostate da calcare. Pianta schiettamente artico-alpina é anche il singolarissimo Ranuncolo dei ghiacciai o Erba dei camosci (Ranunculus glacialis; fot. 205, pag. 120; fot. 236, pag. 129) che fiorisce copiosamente sui detriti fino al margine delle nevi perenni e sale sulle rupi emergenti dalle vedrette fino alla massima altitudine che sia nota in Europa per una pianta con fiori: m 4272 al Finsteraarhorn nelle Alpi Bernesi.
Le specie nordico-alpine
e artico-altaico-alpine.
Specie «nordico-alpina » &
invece la magnifica Sassifraga piramidale (Saxifraga cotyledon; fot. 200, pag. 113), che protende dalle pareti rocciose grandi grappoli di fiori bianchissimi. Numerose sono pure le piante di roccia che si estendono, oltre che all’Artide e alle Alpi, anche alle alte montagne nord-asiatiche, e che costituiscono l’elemento « artico-altaico-alpino »: l’Osiria alpina (Oxyria digyna), che predilige le morene e i detriti glaciali salendo fino a 3800 m; il Cerastio alpino (Cerastium alpinum), che distende i molli cespi con copiosi fiori bianchi
nelle pietraie silicee; una
minuscola
Draba
(Draba fladnizensis);
il piccolissimo
e raro Ranuncolo pigmeo (Ranunculus pygmaeus); la bella Serretta dedicata al DE SAUSSURE (Saussurea alpina), col dorso delle foglie bianco di candida lanugine e i fiori rosso-violetti; la rara Sassifraga inclinata (Saxifraga cernua); la Sassifraga androsacea (Saxifraga androsacea; fot. 201, pag. 113); la Sassifraga rossa (Saxifraga oppositifolia; fot. 204, pag. 113), stri-
sciante con germogli a foglie scagliose dure scurissime, che fiorisce su ampie estensioni con fiori rosso-violacei appressati alla roccia e al suolo.
LA
VEGETAZIONE
DELLE
RUPI,
DEI
Le specie altaico-alpine.
DETRITI
E
DEI
GRETI
93
Piante « altaico-alpine » sono invece la graziosa Viola pen-
nata (Viola pinnata), inconfondibile per la forma digitata-delle foglie; l’Alisso alpestre (Alyssum alpestre); la Veronica afilla (Veronica aphylla). Ma specialmente nota é la Stella alpina (Leontopodium alpinum; fot. 131, pag. 88-89), l’ornamento piu suggestivo delle rupi in special modo calcaree, cosi singolare per il candido rivestimento lanoso che tutta la ricopre fino alle foglie che circondano a raggera i piccoli capolini gialli. « Edelweiss », « nobile-bianco », lo chiamano
nei paesi di lingua tedesca, ed
é un nome
divenuto
familiare anche da noi.
Non é certo la pianta rupestre che pit si elevi in altitudine sulle nostre Alpi! Raggiunge eccezionalmente i 3400 m, e scende talora anche a soli 350 m lungo i conoidi che dalle Prealpi Friulane si espandono fino allo sbocco delle valli nella pianura. E divenuta tuttavia il simbolo pit noto e pit ricercato della flora delle vette eccelse e delle rupi inaccessibili, perché queste stanno diventando ormai il suo estremo rifugio.
Specie alpigene ed endemismi. Le specie la cui distribuzione é limitata alle Alpi e al piu alle montagne immediatamente prossime, costituiscono l’elemento geografico «alpino» o «alpigeno ». Sono di questo gruppo il Semprevivo di Wulfen (Sempervivum wulfenii) a fiori gialli, alcune minuscole
Alsine
(Minuartia
aretioides, rupestris, rostrata), la Sassifraga
muscoide (Saxifraga muscoides) con pulvini simili a quelli dei Muschi, la piccola Sassifraga di Seguier (Saxifraga seguieri), la Sassifraga biflora (Saxifraga biflora), alcune piccole Valeriane (Valeriana saxatilis, saliunca, celtica), Erba
Iva (Achillea moschata) dall’aroma
tanto
simile a quello del Genepi da venir spesso usata in suo luogo per fabbricare liquori, |’Achillea nana (Achillea nana), la Campanula gialla (Campanula thyrsoides; fot. 187, pag. 112) cosi diversa da tutte le altre Campanule per il colore dei fiori riuniti in densa spiga. Una
bella specie « alpina » é anche |’Epilobio di Fleischer (Epilobium fleischeri; fot. 125,
pag. 81), che colonizza in cespi robusti suffruticosi i detriti torrentizi subalpini; ricorda per , le foglie il Rosmarino, ma fiorisce di graziosi fiori purpurei o rosa-violetti (Epilobietum fleischeri). Molto pit: numerose sono pero le specie « alpine » la cui distribuzione é ristretta a un tratto limitato, talora limitatissimo della catena alpina. Sono queste le piante che vengon chiamate « endemiche ». Si tratta di specie antiche, di origine terziaria, appartenenti a stirpi oggi molto disgiunte, frammentate per isolamento, sul cui significato avremo occasione di ritornare. Frattanto contentiamoci di conoscere le pit significative, sempre sulla base del criterio pi semplice della distribuzione attuale nelle Alpi. Una categoria di endemismi che segna una sorta di passaggio fra le specie alpigene e quelle a piu ristretta distribuzione, é costituita dalle piante la cui diffusione ¢ limitata piu o meno esclusivamente alla fascia longitudinale mediana (centroalpina) alla quale pud attribuirsi
piu. logicamente,
in senso
botanico,
come
@ stato
detto
fin dall’inizio,
il nome
di Alpi centrali. In questa zona, costituita prevalentemente da rocce antiche silicee e caratterizzata da clima continentale, vi ¢ una certa poverta di flora caratteristica ed esclusiva. ‘Tuttavia
possiamo
ricordare:
la gracile Primula
di Val Daone
(Primula
daonensis),
la Pri-
mula a foglie intere (Primula integrifolia), la Primula vischiosa (Primula hirsuta), la rara Androsace di Wulfen (Androsace wulfeniana), la Sassifraga a grandi petali (Saxifraga macropetala; fot. 122, pag. 81), il Fiteuma (0 Raponzolo) a foglie di Edraianto (Phyteuma hedraianthifolium; fot. 174, pag. 104-105) dai fiori azzurrini, la Crepide retica (Crepis rhaetica) dai fiori giallo oro, il Doronicum glaciale fiorito di astri gialli. Pochissimi sono nella fascia longitudinale mediana delle Alpi gli endemismi su calcare: ~ ricordiamo la Genziana dell’Engadina (Gentiana engadinensis), e la Draba ladina.
94 >
'
I. L-ITALIA
ALPINA
Gli endemismi orientali. Le piante endemiche proprie delle Alpi meridionali orientali, cioé della fascia calcarea prealpina che dal lago di Como si stende fino alle Alpi Giulie, sono quasi nella totalita piante dei calcari e delle dolomie. Talora riappaiono in qualche disgiunzione nelle Prealpi calcaree settentrionali, specialmente della Baviera. Fra
le graminacee
rupicole
sono
alcune
Seslerie
a spighe
tondeggianti
(Sesleria
ovata;
fot. 156, 157, pag. 96-97; Sesleria sphaerocephala) e il Trisetum argenteum. Minuscoli rappresentanti fra le crocifere sono la Draba stellata (Draba stellata) a fiorellini bianchi, la Draba
di Sauter (Draba sauteri) a fiorellini gialli, e la rara Kernera
alpina,
abitatrice delle Dolomiti. Poco appariscente é pure una cariofillacea a foglie sottili glaucoverdi addensate, la Moehringia glaucovirens. Anche un Semprevivo, il Sempervivum dolomiticum, rientra fra queste specie. E numerose Sassifraghe: la Sassifraga squarrosa (Saxifraga squarrosa) somigliante alAquilegia einseleana la Saxtfraga caesia (fot. 186, pag. 112), la Sassifraga incrostata (Saxifraga crustata), la Sassifraga di Burser (Saxifraga
bur-
seriana) a fusticini quasi muscosi, la Sassifraga «senza foglie » (Saxifraga aphylla), la tenue Sassifraga petrea (Saxifraga petraea; fot. 156, pag. 96-
if
97) che ama le cavita om- | @ brose. Pianta bellissima per il portamento e i fiori di eM un cupo azzurro-violaceo é lAquilegia
di
Einsele
71. AREALE DELL’Aquilegia einseleana (da Merxmiiller).
(Aquilegia einseleana; fot. 159, pag. 96-97). Pit modeste ma tali da costituire
note gradite di colore nell’ambiente grigio dei nudi calcari: la Veronica bonarota (Veronica bonarota; fot. 163, pag. 97) ¢ la Veronica gialla (Veronica lutea), la Pediculare acau-
Saxifraga burseriana
esancosnees
”
diapensioides
=
oo
”
tombeanensis
| -->--
Ba
eeu
?
Stazioni incerte
le (Pedicularis acaulis; fot.
165, pag. 97), l’Asarina (Homogyne discolor). Due graziosissime campanule di roccia, con fiori appena afhoranti quasi dalle fessure delle pareti rupestri,
sono
pure
endemismi
72. AREALI DI ALCUNE SPECIE DI SASSIFRAGA
(da Merxmiiller).
LA
VEGETAZIONE
orientali:
DELLE
RUPI,
la Campanula
DEI
DETRITI
E
DEI
GRETI
del Moretti (Campanula
5)
morettiana; fot. 164, pag. 97) con azzurre
corolle tuboloso-campanulate, la Campanula di Zoys (Campanula zoysii; fot. 162, pag. 97) con corolle piu pallide a forma singolarissima di otricelli lobati. Insieme a queste Campanule, per
affinita,
va
ricordato
il magnifico
Fiteuma
(Phyteuma
chiomoso
comosum;
fot.
126,
pag. 81) con capolini di fiori violetti. Fra le composite figurano poi la Crepide del Monte Triglau (Crepis tergloviensis) il Leéntodo di Berini (Leontodon berinii) con fiori gialli, l’Achillea delle Dolomiti (Achillea oxyloba) e l’Achillea di Clavena o Assenzio ombrellifero (Achillea clavenae).
Gli endemismi insubrici, Nellarea alpina meridionale orientale un gruppo di endemismi si differenzia per la sua tendenza a localizzarsi fra il Lago di Como e il Monte w=
Carex baldensis
\
3
Cd Fe -
WwW
;
I.
Baldo; si é soliti chiamar-
li «endemismi insubrici». Una delle pit: belle Carici alpine entra in questo
: a
Ste oS
Ce EE
me
gruppo: la Carice del Monte Baldo (Carex baldensis; fot. 175, pag. 104-
105) con spighe cosi candide da richiamare la visita degli insetti; e un Aglio, l’Aglio insubrico (Allium
insubricum;
fot.
152, pag. 96-97) che cresce
Primula
sopra la viva roccia in cespi glauchi con purpuree corolle pendule. Particolarmente ornamentale e appariscente é la Silene di Elisabetta (Melandrium elisabethae; fot. 146, pag. 96-97), magnifica cariofillacea dai
clusiana
sessneeesees
”
glaucescens
ae
”
spectabilis wulfeniana
grandi petali di un color rosso-rosa
parve
luminoso,
al suo
primo
che
sco-
pritore, lo Jan, degna di essere dedicata a una principessa, la consorte delVArciduca RAINERI: « noi non sapremmo renderla
piu. interessante e pregevole agli occhi dei botanofili, se non decorandola col nome della Augusta &
ae
74, AREALI DI ALCUNE SPECIE DI PRIMULA (da Merxmiiller).
consorte
del Serenissimo Principe inclito mecenate
ALPINA
I. L-ITALIA
96°
degli Studi di storia na-
[
------ Isepire di 10° in 10°
turale, al cui nome é de: . dicata la Campanula abi-
oeStazioni di Saxifraga hnoi
a scuetoe.
tante la stessa montagna».
La Campanula cui si fa
cenno fico
é un altro magniendemismo_
scoperto
pure per la prima volta sulle Grigne sopra Mandello: la Campanula di Raineri (Campanula raineri; fot. 147, pag. 96-97).
Insinuata con robuste radici
nelle
fessure
delle
75. AREALE
DELLA SASSIFRAGA
RAGNATELOSA
(Saxifraga arachnoidea).
rocce, esce solo con le sue corolle cerulee e le verdi rosette fogliari allineate a modo di ghirlande. Mimetizza invece con le rocce pendendo con grappoli di fiori pallidi e stendendo a mosaico le foglie grige, la Campanula cotonosa (Campanula elatinoides; fot. 148, pag. 96-97), l’endemismo forse piu tipicamente « insubrico ». Sono pure insubriche la Primula di Wulfen (Primula wulfeniana) dai fiori rosso-scuri, la Primula tirolese (Primula pines tyrolensis), piccolissima, che costella le rupi con foglioline
_» . Chi entra al principio dell’estate in una delle pit: adulte Pioppete piantate lungo le rive del Po, ad esempio presso Casale Monferrato, si trova immerso in un ambiente vegetale del tutto straordinario. Erbe altissime crescono all’altezza della persona, con lussureggianti fiori gialli (Solidago serotina o « Tirso Voro »), impenetrabili cespugli di un arbusto che cresce soltanto su questo limo fluviale chiudono come grandi muraglie
93. FOGLIE
DI Pilopro
BIANCO
pulus alba) & Ptopro Nigra;
grand.
NERO
1/,).
(Po-
(P.
le radure
(Amorpha
fruticosa
o
« Barba
di Giove »),
insolite piante con grandi corolle d’un giallo chiaro luminoso floriscono a gruppi qua e la (Oenothera biennis o « Meraviglia gialla »); € una vegetazione invadente che soverchia con la sua massa tutte le pitt comuni e umili piante di questi : owe coun : : aes Z ambienti ripariali. L’atmosfera caldissima e greve, il grande silenzio, il fume ampio e lento che si intravede fra gli alberi,
PIANTE
PIONIERE:
I LICHENI
TAVOLA
222
I Licheni,
convivenza
(simbiosi) di Alghe
e di
Funghi, sono trai primi colonizzatori delle rupi e preparano il substrato per l‘insediamento di plante pill esigenti. Queste piante pioniere hanno colori spesso vivaci e forme bizzarre. 222.
Licheni
squettt), delle
Alpi
granito. dee
(fot.
chiazzano
rossi
al Passo (Buellia
224.
(Xanthoria
di
Rolle.
alpicola;
Un’altra
Peyronel),
delle Licheni
di vario colore,
elegans;
223.
La
fot. Pa-
Lecidea
fot. Fenaroli),
numerose
su
Leci-
maculosi,
che
fino a coprirle
talo-
ra interamente,le rupi delle nostre montagne.
TAVOLA
MACERETI
54
Il ver
Papavero
rhaeticum,;
E
MORENE
retico fot.
(Papa-
Fenaroli);
appartenente al polimorfo ciclo del Papavero delle Alpi che annovera forme a fiori gialli e a fiori bianchi. 226. Il Cerastio unifloro (Cerastium uniflorum;
fot. Landi-Vittorj), proprio dei macereti silicei di alta quota. 227.
Il Ranuncolo
alpestre
(Ra-
nunculus alpestris; fot. LandiVittorj), specie delle montagne calcaree europee, che sulle Alpi si insedia pure nell’ambiente delle vallette nivali. 228. La Linaria delle Alpi (Linaria alpina; fol. Landi-Vittor]), specie europea osservata sino a 3800
m alla zianella
Grivola. bavarese
varica;
fot.
229. La Gen(Gentiana ba-
Landi-Vittor]),
spe-
cie endemica delle Alpi e delV’Appennino Abruzzese. 230. La Ambretta_ strisciante (Sieversia
replans; fol. Zardini), specie del-
le montagne
silicee
degli
oriz-
zonti alpino e nivale, ben caratterizzata dai suoi lunghi stoloni.
GIARDINI
I Giardini
ALPINI
alpini hanno
TAVOLA
lo scopo
di alle-
vare in breve spazio, per fini didattici e di studio, le specie piti caratteristiche delle diverse regioni montuose (231. I] Giardino delle Viotte al M. Bondone con Cerastiwmn tomentostim in primo piano; fot. Cam. di Comm. Trento). Piante alpine si coltivano
anche
in giardini a scogliera di quote me-
no
elevate.
ne
Riviera;
(232.
Giardino
fot. Fenaroll).
Hruska,
Gardo-
55
NIVALI
VALLETTE
56
TAVOLA
Nei
terreni
pianeggianti
degli
alti passi alpini e nelle dolci concavita dei valloncelli volti a settentrione, dove la neve permane pitt lungamente, sino alla primavera pit. avanzata,
si affermano
associazion1
vege-
tali molto costanti nella loro composizione, le cui piante si
avvantaggiano
del
terreno
umido, continuamente — permeato dalle acque di fusione delle nevi, ricco di _ sostanze
organiche
e di conseguenza
di
colore nero e fortemente acido. E questa la caratteristica vegetazione delle vallette nivali, costituita da piante erba-
cee che vivono appressate al terreno, atte a sopportare a lungo la copertura nevosa, sotto
la
rano
cui
protezione
attivamente
si prepa-
a una
pronta
fioritura tosto che la neve sia scomparsa. Cosi riducono al minimo il loro ciclo biologico
: Raa
:
,
y
; =
7
in rapporto
scriveva che « |’im-
\
@ : : ec
en? Vercelli
|
XA Casale Monk \\
102. DISTRIBUZIONE
piego dell’acqua nell’Italia Settentrionale costituisce a un tempo un/’arte e uma scienza; ARTURO
% 9,
{
4 S
[nocx e
dente per tutti gli stranieri che scendono nel
nostro Paese. Lo HEvZE
|(
ae
7
PIEMONTESE
DELL’/soétes
niana (originale).
malinver-
JouNG fin dal 1768 affermava che, per
vedere l’arte dell’irrigazione condotta alla sua pit perfetta espressione, era necessario visitare
la pianura milanese. Le marcite si sono spesso, alla loro origine, sostituite alle paludi, che erano cosi frequenti
nella bassa pianura, e anche alle prime malsane coltivazioni estensive di Riso che si facevano in molte depressioni paludose. La flora é costituita da un’associazione naturale a Loglio (Lo-
lium italicum) e a Erba borsetta (Alopecurus utriculatus), cosi detta per il caratteristico rigonfiamento della guaina della foglia superiore, cui si accompagnano il Loglio perenne (Lolium perenne), la grande Festuca o Paleo dei prati (Festuca elatior), dall’Erba lanatus), da Trifoglio
rosso
e ‘Trifoglio bianco,
da Avena
altissima,
bozzolina
e via dicendo.
(Holcus La do-
minanza talora quasi esclusiva di Loglio e di Alopecuro costituisce soprattutto l’aspetto invernale; anche l’aspetto maggengo ¢ dominato da queste piante, ma meno esclusivamente perché vi entrano numerosi Ranuncoli a fiore giallo e altre Graminacee. Sia il Loglio sia l’Alopecuro recedono nel fieno agostano, mentre trionfano i Trifogli e le Leguminose in genere;
in autunno
riprendono
ancora
Le torbiere intermoreniche. fascia di alta pianura, costituita
sviluppo
coi Ranuncoli
le due
specie
dominanti.
Oltrepassata la zona delle risorgive e anche la prima
dalle formazioni
diluviali
pit recenti, giungiamo
ad altri
ambienti palustri che per la loro maggiore antichita possono presentare speciale interesse: le torbiere intermoreniche, situate nelle depressioni entro i cordoni di colline che costituiscono i maggiori anfiteatri morenici (dis. 98, pag. 134). Si tratta di una gamma di aspetti diversi che costituiscono
pero una
serie evolutiva
unica:
laghetti,
laghi-stagni,
stagni, paludi e, a
prosciugamento piu inoltrato, praterie acquitrinose. Collega tutte queste fasi un carattere
PADANA
Il. LA PIANURA
138
costante: l’esistenza di depositi pit’ o meno notevoli di torba, che sono stati studiati ripetutamente con sondaggi per ricavare notizie sul passato della vegetazione padana. Le torbiere infatti costituiscono,
come
si suo] dire, gli « archivi della vegetazione »; esse racchiudono
e
conservano riconoscibili allo stato fossile i granuli di polline delle piante forestali dominanti nelle varie epoche in cui si sono venuti depositando i loro strati. Si puo risalire cosi, ad esempio per quelle padane, a epoche postglaciali in cui dominava il Pino (« tempo del Pino »), o la Quercia (« tempo della Quercia »), riuscendo a stabilire anche le mescolanze con
percentuali basate convenzionalmente sulla percentuale dei grani delle diverse specie. Per la loro grandiosita potremmo prendere come esempio di vegetazione attuale le tor-
biere d’Iseo. Esse offrono tuttavia piuttosto il. paesaggio di una torbiera intensamente e da molti anni sfruttata dall’uomo. Riquadrettate in escavazioni invase da acqua e divise da sot-
tili emergenze brune di torba, costituiscono una delle piu singolari formazioni vegetali antropiche
pedemontane.
Una
idea
dell’aspetto
originario,
gia influenzato
dall’uomo,
ma
non cosi profondamente alterato dalle cave di torba, puo essere offerto dalla descrizione di un naturalista bresciano della fine del 700, il Pitati: « Tutta questa valle, trattine pochi campi
o prati immediatamente
vicini
alle
sponde
dei
suddetti
monti,
é formata
di un
suolo tremolante, ove non alligna alcuna sorta d’albero, e che in tutte le escrescenze del lago viene pil o meno coperta dalle acque; e spesse volte si abbondanti, a segno di venire colle barche fino a Provalio. Questa valle non da altro prodotto che di paglie lacustri per strame; ed ove € meno paludosa, da una erba miserabile, la quale sia verde che secca serve
bald
piuttosto
|
bovini;
Gannete-Seleneio
va
loro
(a Canna palustre e Scirpo lacustre)
per
\
di
Stricteto (o Cariceto
a Carice
stretta:
Pee Ge1ute eae
luogo
terreno
sidenti
!
Per
Alneto a Ontano bianco (Alnus incana)
in
preziosi modo
€ diviso
(Carex lasiocarpa)
ee ee | CASTAGNETO
5
in
dimagrare
pur
in
da
cui xe
gia
ad_
pascolo,
o
arie.
trovansi que’ da
particolari
ingrassare
il tempo
prender
ancor
che
che
quando
di qualche
un
sono Carex elata)
a e
@
gio-
a meglio
dire
Nelle
quelle
pascoli ~s
pit
¢
angustie contrade,
agli
secoli
proprieta
li
secco
abitanti,
quel da
quei
suolo pos-
>.
la vegetazione
conviene
assumere
come
esempio pili integro e significativo il Lago di Vi-
: |
verone (m 230) nell’anfiteatro morenico di Ivrea, in cul, partendo dalle acque aperte, troviamo le zone di progressivo interramento e rinsaldamento del suolo elencate nella tabella qui a fianco. Nel Canneto e notevole la presenza del ‘Trifoglio acquatico (Menyanthes trifoliata), che abbiamo gia conosciuto nelle torbiere alpine, pag. 84. In confronto tuttavia a una florula gia delineata dal Cesati un secolo prima, molte piante notevoli sembrano scomparse, come le
Rincospore (Rhynchospora fusca e Rhynchospora alba), la Viola delle paludi (Viola palustris), il raro Comarum palustre. Le rive sono torbose, con Muschi bruni e forse un tempo Sfagni. Particolarmente ricca di Sfagni (Muschi glauchi, rossastri, soffici, spugnosi, tipici specialmente delle torbiere alpine e transalpine) era la torbiera del laghetto di Sartirana in Brianza, cosi che si pud dire che quella torba fosse essenzialmente creata dal loro accumulo. La torbiera di Lagozza nel Varesotto, ben nota come sede di importanti ritrovamenti di materiale preistorico perché gia occupata da palafitte, presenta un modo di torbificazione e quindi di interrimento non raro nelle torbiere intermoreniche: dalle rive si protendono
VEGETAZIONE
PALUSTRE
E ACQUATICA
139
verso il lago bracci di « torba galleggiante » che, aumentando finiscono per toccare
il fondo, ma
che possono
anche
gradatamente
frammentarsi
di spessore,
in isolette vegetali gal-
leggianti e traballanti sotto il piede di chi vi si affida, molto simili alle « mortizze » o « ballerine » delle paludi (o « lanche ») del Ticino presso Pavia, e alle « toppe » degli stagni dell’anfiteatro morenico dei Garda. Intrecci di radici e fusti di Carici e di Giunchi costituiscono in questo caso la parte essenziale della torba. Qui sono state segnalate le Drosere (Drosera rotundifolia e longifolia), la Potentilla delle paludi e altre piante microtermiche.
Le rive dei mag giori laghi. Le rive dei grandi laghi, specialmente quelle meridionali del Lago di Garda, possono pure presentare, e su pil ampia estensione, alcuni aspetti palustri gia notati nelle formazioni lacustri della bassa pianura, fot. 259, pag. 144-145. Mancano pero depositi torbosi. Il normale sviluppo delle zone di vegetazione viene tuttavia assai
disturbato
dall'azione
dell'uomo,
che estende
sulle rive le coltivazioni,
le abitazioni,
le ville e i giardini. Cosi vengono a impoverirsi notevolmente gli aspetti palustri, mentre perdurano quelli a vegetazione natante o sommersa. Meno incompleti appaiono esempi che possiamo riportare da STEINER per il Lago di Lugano. Pit di lunga descrizione pud valere lo schema grafico che abbiamo tracciato della successione delle zone di vegetazione. Sulle rive Nord é quasi completa, manca soltanto o non é stata accertata la zona a pil umile vegetazione sommersa che abbiamo gia chiamata
yy ett VA\
bh VaAV
a
Nymphaea
fe
YW
(Scirpeto)
palustre
a
¥
SQ Q\
_ ef
lacustris
Zona
ee
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Schoenoplectus
CN
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&
SN
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ye
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NN
ea ly SSk
communis
(Fragmiteto)
}
QQ.
WW)
hay! ces
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LW
{
6
{
3.5m '
:
(Ninfeeto)
——
Zona
Potamogeton lucens eé
stagnale
ae
P perfoliatum
SS Ay?
45m
Najas
;
marina
(Potameto)
Zona 103.
T1rICA
ZONAZIONE
E SUCCESSIONE
DELLA
VEGETAZIONE
NELLA
a vegetazione RIVA
Noro
sommersa DEL
Laco
pi
LuGANo
(da
Steiner).
Il. LA PIANURA
140
PADANA
Careto. Sulle rive Sud @ invece particolarmente ricca e completa la serie di forme sommerse dal Potameto al Careto. Inoltrato e sospeso nelle acque é da ricordare un ricco « Fitoplancton », di Alghe microscopiche: Alghe verdi, azzurre, Diatomee, Peridinee, Flagellate.
Le zone di vegetazione del Lago Superiore di Mantova.
Nella bassa pianura
un esempio tipico e ben conosciuto é costituito dal Lago Superiore di Mantova. Una zonazione
tipica si delinea 1° Zona
Fior di Cuculo
nella sua vegetazione,
elata) o
(Carex
stretta
a Carice
dall’esterno
verso
Strictetum,
(Lychnis flos-cuculi), Equiseti (Equisetum
linterno: con
numerose
Garicy,
Galta,
arvense);
2° Zona a Canna palustre (Phragmites communis; fot. 344, pag. 193) o Phragmitetum, con Tife (Typha angustifolia e Typha latifolia) dalle brune spighe cilindriche, una Felce idrofila, l’Aspidio palustre (Dryopteris thelipteris) e molte altre piante; 3° Zona a Scirpo palustre (Heleocharis palustris) o Scirpetum;
4° Zona a Ninfee e Nenufari (Nymphaea alba, fot. 267, pag. 152; Nuphar luteum), sempre amenissima per il galleggiare di lucide foglie circolari e di vistosi fiori bianchi o gialli: Nymphaeetum e Nupharetum; 5° Zona a Potamogeti (Potamogeton lucens, Potamogeton perfoliatus) o Submersipotametum, con vegetazione sommersa ondeggiante a modesta profondita, formata di piante fogliose lucenti o traslucide come i Potamogeti, a lunghi nastri come la Vallisneria (Vallisneria spiralis). Possono presentarsi qui anche piante galleggianti come la Castagna d’acqua (Trapa
natans;
fot. 256,
pag.
144-145)
con
miriadi
di rosette
fogliari a foglie romboidali dentate e i singolari frutti tricorni e (nella varieta verbanensis) bicorni, e la singolarissima
104. LA CASTAGNA D’ACQUA (Trapa natans ssp. verbanensis; 1s).
Erba coltella (Stratiotes aloides). 6° Zona a Cara (Chara, varie specie) da Alghe evolute, ramose.
o Charetum,
piccola bassa
prateria di fondo
costituita
Un aspetto particolare é dovuto alla diffusione straordinaria, sebbene localizzata, di una pianta ornamentale delle vasche dei nostri parchi e giardini, il Loto egizio (Nelumbium speclosum), ninfeacea con grandi foglie e fiori bianchi portati da lunghi steli sopra le acque. Un grazioso esempio
di vegetazione
loro livello € eccezionalmente lacustris; fot. 264, pag.
é osservabile
sulle rive dei nostri
con
il
si tratta di colonie di Littorella lacustre (Litorella 152), che formano zolle verdi pil oO meno compatte sui greti sassosi
e sabbiosi e abitualmente inondati delle rive dei Laghi d’Iseo, di Como Si confonde
laghi quando
abbassato;
piccoli Giunchi
o con
e anche di Garda.
lo Scirpo delle paludi, ed @ affine alle Piantaggini.
Evoluzione dei laghi. Crediamo di poter concludere questi cenni sulla vegetazione palustre e lacustre della Pianura Padana richiamando l’attenzione su un vasto fenomeno che puo risultare chiaramente dagli esempi riportati. Un lago, per quanto grande, ¢ sempre un «accidente temporaneo » nella topografia di una regione; l'apporto sia pur lento di detriti fluviali e torrentizi, l’espandersi dei conoidi e dei delta, sono destinati a operare il suo riempimento. Ma anche la vegetazione ha una parte notevole nell’interramento dei laghi; € piu evidente nei piccoli laghi, dove costituisce il fattore preponderante, ma anche nei grandi laghi assume importanza quando questi sono giunti a uno « stadio di senilita ». Cc
VEGETAZIONE t
PALUSTRE
E ACQUATICA
141
Le successioni nello spazio che si sono constatate alla riva dei laghi divengono quindi anche successioni nel tempo. In generale si possono cosi riassumere le fasi dell’evoluzione della vegetazione e le fasi di riempimento di un lago della nostra pianura:
|
EVOLUZIONE 1 - Fase
2 - Fase
DEL
lacustre
LAGO
EVOLUZIONE
DELLA
profonda
vali Fanghiglia
(exepieneton
Potameto
natante
lacustre
VEGETAZIONE
e sommersa j (Pleuston e Fitobentos)
‘ a diatomee |
natante
; ; Utricularia, ecc.)
(a Lemna,
Potameto sommerso (a Potamogeton, Chara, Najas, Vallisneria, ecc.)
||
Lamineto 3 - Fase
stagnale
(a Nymphaea
e Nuphar)
| Scirpeto Fragmiteto
4 - Fase palustre litorale Terrificientiherbosa ( : )
Colonie anfibie (Heleocharis, Litorella)
Cariceto 5 - Fase palustre torbosa (Emersiherbosa)
(Magnocaricetum a Carex elata)
| |
Molinieto
6 - Fase
pratense
acquitrinosa
7 - Fase
pratense
asciutta
Si tratta
evidentemente
parzialmente
Praterie
di una
successione
nei singoli casi, ma
e coltivi
ideale e tipica che puo anche
il significato costruttivo degli aspetti vegetali o delle associazioni
VEGETAZIONE L’avvento di specie estraneeé. primo
facile varco
a una
vegetazione
verificarsi
alla quale puo essere utile fare riferimento
AVVENTIZIA
solo
per intendere
lacustri e palustri.
E INFESTANTE
Appena si inizid il dissodamento delle foreste, si apri subito il
estranea
che
non
sarebbe
riuscita
altrimenti
a trovare
spazio vitale
o
via d’ingresso nelle originarie associazioni chiuse forestali o palustri. Quanto pil si estesero i campi e i pascoli, tanto
pil: numerose
e invadenti divennero
A partire da questi primi serbatoi
taminate
in tutti quegli spazi o discontinuita
Da allora la diffusione
di specie avventizie
(per lo pitt involontariamente) cencorrenza
anche
le piante’ cosiddette
molto
vitale,
le piante
differenti
hanno Ben
non
cominciarono
potevano
introdotte >». a esserne
su suoli scarsamente vicini
l’'uomo
e lontani,
dovette
coperti, e quindi
di climi
difendere
le suc
per
con-
aver prodotto in esse.
ebbe pitt limiti. I] vento, gli animali, le acque, l’uomo
di paesi
presto
naturali
che l’uomo o agenti naturali
introdotto
pil diverse,
dal nostro.
« avventizie » 0 « accidentalmente
di piante estranee, le stesse associazioni
stesso
tali da offrire scarsa
lo pit analoghi,
coltivazioni
perché
ma
talora
non
venis-
sero sopraffatte da avventizie che, insieme a piante spontanee locali, avevano pitt spiccata tendenza a invaderle:
142
Il. LA
105.
dai
Galinsoga
giardini
parviflora
botanici
(?/;).
dove
erano
PIANURA
PADANA
le cosiddette « malerbe » o «erbe infestanti ». Ben presto le abitazioni e gli agglomerati abitati furono circondati da folte colonie di piante, indigene ed esotiche, al piede dei muri, lungo le strade, nelle macerie; le cosiddette « piante ruderali ». Queste ultime specialmente divennero quasi immancabili accompagnatrici delle sedi umane, specialmente agresti, non solo nelle pianure, ma talora fino ai limiti altitudinali delle abitazioni sia permanenti sia temporanee; ne sono tipici esempi l’Ortica (Urtica dioica), la Borsa del pastore (Capsella bursa-pastoris), il Buon Enrico o Spinacio selvatico (Chenopodium bonus-henricus), ecc. Sulle antiche vie romane si propagarono, talora al seguito degli eserciti, piante dall’Oriente, come la comunissima Erba Santa Maria (Lepidiwm draba); e ancor pit’ durante l’epoca delle Crociate piante specialmente mediterranee come alcuni Echinopi spinosi (Echinops). Ne sfuggirono poi state
introdotte
da
viaggiatori
come
curiosita
scientifiche,
ad
esempio
la
diffusissima Veronica di Persia (Veronica persica), pianticella a graziosi quanto effimeri fiorellini azzurri, introdotta nel XVIII
secolo in orti botanici
derrate alimentari, come
come
ad esempio
come
vedremo,
e poi naturalizzata
la Scagliola (Phalaris canariensis);
il Panico
indiano
(Eleusine
ovunque oppure
nelle campagne. come
impurita
Ne furono
introdotte
con
dei semi di piante foraggeré,
indica) e lo Spino giallo (Centaurea
solstitialis);
altre ancora,
col Riso.
Dopo la scoperta dell’America non si contano pit le piante che da quel Continente sono immigrate in Europa, e ancora oggi continuano a immigrare. Basterebbe ricordare la invadente Galinsoga (Galinsoga parviflora) nei coltivi
e, nei canali,
Le piante Ma
non
tutte
tizie
sono
pit
o
sono
o di
lontani.
indigene,
ne
che
ab-
le loro associazioni
tivi, negli
0 Elodea
canadensis);
fra gli alberi,
la Robinia.
Paesi Ve
naturali per diffondersi nei colvari
(Anacharis
«apofite».
esotiche
bandonano
d’acqua
le piante avven-
meno
molte
la Peste
incolti,
¢
n
i
st
1870
Forino 8 ar
190
in ambienti
determinati
za dell’uomo:
ant
dalla
sono
presen-
dette
apofite, in contrapposto alle antro-
pofite o antropocore, digene. Ma
con
molte
l’andare
piante
non
del
in-
tempo
avventizie
« an-
tropocore » si sono cosi perfettamente
naturalizzate
si saprebbero
pit
che
non
distinguere,
per il loro comportamento,
dal-
le specie indigene. Altre invece sono
rimaste
tuarie tre
localizzate
in alcuni
richiedono
introduzioni persistere
o
sal-
ambienti;
al-
sempre
nuove
perché incapaci di
durevolmente.
e
Vaie,
oSassar/
e
7
( *K 300 Cagitiars 4907 AS
J
Gli aggruppamenti delle piante infestanti. E notevole lizzazione
il grado
di specia-
di alcune
avventizie,
Palermo
sia ruderali sia infestanti, a seconda
delle
nei diversi Uno
degli
colture
praticate
aS
:
Sy
0
sO eG
terreni. aspetti
piu. carat-
106. INTRODUZIONE
DELLA
Galinsoga
parviflora
IN VrALIA
(da Giacomini).
VEGETAZIONE
AVVENTIZIA
E
INFESTANTE
143
teristici € costituito dalla cosiddetta vegetazione « messicola » propria dei campi di cereali, specialmente vistosa in giugno quando fra le messi in pieno rigoglio si diffonde il colore rosso infuocato dei Papaveri (Papaver rhoeas, Papaver argemone),
milla (Matricaria chamomilla), Fiordaliso (Centaurea cyanus), e
talora,
con
fiori
cui si uniscono
VAnagallide il Gittaione
fiammanti,
le
la Camo-
\
(Anagallis arvensis), il (Agrostemma githago),
Adonidi
(Adonis
aestivalis);
v.
tav. 93, pag. 208. Nei campi e orti soggetti a ripetuto e intenso rimaneggiamento del suolo prevale una vegetazione infestante a sviluppo rapidissimo con ricca produzione di semi: in special modo vi crescono l’Erba_ gallinella (Stellaria media), la Borsa di pastore (Capsella bursa-pastoris) cosi chiamata per i caratteristici piccoli frutti, l’Erba cicutaria (Erodium cicutarium), la Fumaria (Fumaria
officinalis),
la
Mercorella
(Mercu-
rialis annua), la Galinsoga gia ricordata, alcune Centinodie (Polygonum aviculare, Polygonum persicaria, ecc.). Nei vigneti prevalgono, te delle
piante
del
caso
insieme
para-
dicate nel suolo pit secco: i Muscari (Muscart botryoides e Muscari comosum), di
bellatum),
gallina dai
Agli selvatici
(Ornithogalum
bianchi
(Alliwm
fiori
a
a mol-
precedente,
recchie piante bulbose, profondamente
il Latte
y
stellati,
carinatum,
N \
\
\
A \ NN
\ SS
umvari
Allium
vineale, ecc.).
NN
Lungo i viottoli campestri e ai margini dei campi molto
abbondano
varie
piante
e numerose,
LS
perennanti,
di diversa
pro-
venienza, come la Malva (Malwa _silvestris), Erba cipressina (Euphorbia cyparissias),
la Verbena
(Verbena
officina-
lis), la Cicoria (Cichorium intybus), e via dicendo. Al margine dei ruscelli domina 107. LA GRAMIGNA (Agropyrum repens; grand. ”/,). invece la Farfara (Tussilago farfara; fot. 363, pag. 208), con Code cavalline (Equisetum arvense), con Saponaria (Saponaria officinalis), ecc. Sono questi gli ambienti dai quali si attingono le pit comuni piante medicinali. Nelle siepi si affolla pure un piccolo mondo di piante particolarmente adattate, alcune sfuggite perfino dai boschi, a ricostruire quasi una boscaglia in miniatura; sono specialmente caratteristiche piante rampicanti o volubili, come la Brionia o Vite bianca (Bryonia dioica), il Luppolo (Humulus lwpulus), la Dulcamara (Solanum
dulcamara),
Molto
il Vilucchione
(Convolvulus
singolare é la vegetazione
ruderale
sepium),
l’Erba
propriamente
astrologa
(Aristolochia
detta, che popola
clematitis).
le strade
polverose
accanto
alle
case, alle antiche costruzioni e alle macerie. E costituita da specie « nitrofile » resistenti all’elevato contenuto in sali ammoniacali
al morso
del suolo in vicinanza alle stalle e ai rifiuti; e anche da specie resistenti al calpestamento,
del bestiame e ad altri danneggiamenti.
Un aspetto particolare su terreni abbandonati, aridi, ¢ dato dall’associazione a Orzo selvatico (Hordeum -murinum), con Bromo sterile (Bromus sterilis) e folte Artemisie (Artemisia campestris, Artemisia vulgaris, ecc). Su suolo assai calpestato resiste tenacissima la Gramigna (Agropyrum repens), insieme a varie erbe prostrate. Si potrebbero pure ricordare le piante infestanti le praterie della pianura. Ed é in questo ambiente che appare
chiaro
come
possa
esser
varia
la valutazione
della
vegetazione
definita
come
infestante.
Puo
infatti
comprendere piante nocive perché tossiche, come il Ranuncolo acre (Ranunculus acris), oppure perche dure e rigide, come gli Equiseti e i Giunchi, 0 ancora perché troppo presto cessano di vegetare, come il Dente di leone o Soffione (Taraxacum officinale), 0 finalmente perché il loro fieno seccato si frammenta.
144
II. LA PIANURA
La vegetazione avventizia
e infestante delle risaieé.
PADANA
Un ambiente ricco di una vegetazione
avventizia e infestante che presenta aspetti sorprendenti é quello delle risaie. Invadono questi coltivi tipicamente subtropicali grandi quantita di specie di ogni gruppo vegetale e delle pit’ remote provenienze, introdotte via via con gli stessi semi di Riso (Oryza sativa). Sono minuscole Epatiche galleggianti (Riccia fluitans); tappeti di Salvinia o Erba pesce (Salvinia natans; fot. 266, pag. 152), di Marsilia o Quadrifoglio acquatico (Marsilia quadrifolia); Vinvadentissimo e temuto Giavone (Echinochloa crus-galli), che accestisce vigorosamente e si riproduce con numerosissimi semi; l’Erba bianca (Alopecurus geniculatus); un grande numero di Giunchi (Cyperus serotinus, Cyperus longus, ecc.), di Scirpi (Scirpus holoschoenus, S. lacuster, ecc.), di Carici (Carex acuta, pallescens, pendula e molte altre), di Tife (Typha angustifoliae Typha latifolia) caratteristiche per le spighe brune cilindriche compattissime. Vi galleggiano colonie innumerevoli di Lemne (Lemna minor, fot. 258, pag. 144-145; Lemna polyrrhiza); vi vegetano sommersi Miriofilli (fot. 256, pag. 152), Utricularie, Potamogeti,
Naiadi
umbellatus),
la
(fot. 341, pag.
Piantaggine
193) ed Elodee;
d’acqua
(Alisma
emergono
con
belle fioriture il Giunco
plantago-aquatica),
il
Giaggiolo
giallo
fiorito (Butomus
(Iris
pseudo-acorus;
fot. 340. pag. 193), la Ottelia (Ottelia alismoides). Da questi esempi e da quanto abbiamo detto sopra risulta come sia attiva e continua la penetrazione di piante «nuove» negli ambienti pit importanti della vegetazione spontanea e coltivata della pianura. Sono piante indigene ed esotiche, effimere e stabili, erbacee, arbustive e arboree, che entrano con flusso continuo a determinare aggregati nuovi, a distruggere o modificare altri preesistenti, a colonizzare, a invadere. Nelle competizioni, negli smistamenti che ne derivano é il divenire continuo di una vegetazione che non pud dirsi pi in alcun luogo pienamente spontanea, ma condizionata dalla presenza e dall’attivita dell’uomo. Possiamo tentare uno schema grafico che dia un’idea dell’origine dell’attuale effettiva vegetazione della pianura del Po. Esso puo valere per tutte le regioni d'Italia dove l’uomo ha svolto opera di coltivazione.
| |
Associazioni iene
| |
eae e costruttrici
VEGETAZIONE NATURALE ORIGINARIA
ee
Pts SS
[ ee
(=
Associazioni
degradate }
Climax
——
|
|
|
|
ee
a
a
Pim
eed
flussi
SE
———
di piante
eee ;
a:
=
apofite
4
ee
a.
ee
=
s
=
———ee
————
————
| |
A
es
|
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|
Tene inquinate
Associazioni —
iI je) aS
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0)
cS
S| s= Cee
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|e 7)
°
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N
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©
(6)
oO
z
S
pee
2
eig
pascolamento
>
y
dati d egradati)
_
1
coltivazione
——
Gariga anes rbusteti
;
secondaria
Pascolo
eae
Coltivi
(Gramineti
(Oliveti, Vi-
ee
gmerisooit
abbandono
degradati)
|
del pascolo
I principali aspetti di Macchia.
:
s
in
LEE) WD) TARE, ;
abbandono
rigenerazione
Macchia
aN
o
degradazione
; Macchia
=
5
£O | o
'
©
°O
2% Y
re annue)
dei coltivi
Una prima distinzione assai corrente di tipi di
riguarda il suo sviluppo in altezza. Una
« Macchia
alta », detta talvolta « Macchia-
foresta », € rappresentata da complessi alti anche 4-5 m, in cui dominano il Leccio, il Corbezzolo, talora la Sughera, non di rado con intrusioni di -Querce caducifoglie (come la Roverella e il Cerro) in versanti pit freschi e in valli submontane. Una « Macchia bassa » comprende invece aspetti di modesta altezza, per lo pit di 1,5-2 m, costituiti da Ginepri, Filliree, Cisti, e con sparizione di piante arboree propriamente dette. E questa tuttavia una distinzione poco rigorosa, piuttosto sommaria e di uso empirico. Qualche maggiore significato ha un esame della composizione della Macchia che tenga conto delle specie dominanti. Vi é chi non crede all’utilita e all’espressivita di una tipologia della Macchia basata sulla sua composizione, per la grandissima variabilita da luogo a luogo, in dipendenza di numerosi fattori, fra i quali primeggia il modo di intervento dell’uomo. Ma costoro avrebbero ragione se si pretendesse di stabilire una distinzione di tipi pi o meno statici; infatti per lo pi nemmeno di associazioni é il caso di parlare, ma piuttosto di « stadi» di degradazione, o di rigenerazione, in relazione con determinati mutamenti indotti nell’ambiente da cause non irriconoscibili. Solo una tipologia dinamica é€ possibile quindi nell’ambito del poliformismo a prima vista sconcertante della Macchia. La Macchia cordato col nome
di Leccio.
affine alla gia descritta
la Macchia
in confronto
alta con
Leccio dominante,
che gia abbiamo
ri-
di Macchia-foresta, rientra negli aspetti appena degradati, primari o secon-
dari, del Quercetum
Tuttavia
“La Macchia
ilicis; quindi per caratteri di composizione « foresta » di Leccio
di Leccio
alla residua
ha una
e frammentaria
o Elceto,
distribuzione
pag.
e quindi un’importanza
foresta, da rendere
opportuno
‘colare. Essa é caratterizzata da predominio pit o meno assoluto fot. 284, pag. 160-161; fot. 301, 302, pag. 168-169), cui seguono Corbezzolo (Arbutus wnedo), il Lentisco, la Fillirea, l’Alaterno, altri arbusti sclerofilli sempreverdi gia ricordati per la foresta. piuttosto uno « stadio » determinato
e mantenuto
e per fisionomia ¢€ assai
170.
un
cosi vasta
cenno
parti-
del Leccio (Quercus ilex; in ordine d’importanza il e in varia proporzione gli Non vera associazione, ma
dall’attivita dell’uomo.
IV. L-ITALIA APPENNINICA E MEDITERRANEA
184
E pit povera e meno caratterizzata ai limiti settentrionali della sua distribuzione; presso Duino si differenzia dall’arbusteto carsico soltanto per l’abbondanza, accanto al Leccio, del Terebinto, dell’Osiride (Osyris alba), della Smilace. Ma gia poco pit: a Sud, a Parenzo, si arricchisce dell’Oleastro, del Ginepro rosso, della Fillirea. Finché, lungo le coste pit: meridionali della
Penisola, sul Tirreno e nelle Isole si sviluppa in tutto il rigoglio consentito dallo sfruttamento periodico, talora restando ancora transitabile, talora fittissima e intricata. Si impoverisce di specie sempreverdi e si mescola progressi139. Phillyrea angustifolia (?/s). vamente ad alberi e arbusti caducifogli salendo in altitudine. Considerando tuttavia globalmente la presenza in massa, e non sporadica, del Leccio, pos-
siamo assegnare alla Macchia di Leccio (compresi tuttavia, come vedremo pit sotto, aspetti di Pseudomacchia) i seguenti limiti altitudinali superiori nelle varie regioni delV’Italia mediterranea:
Istria settentrionale
m
Toscana
m 350 -
500
|
Sicilia
m 800 - 1000
|
Quarnaro
m
Lazio
e Abruzzi m 600 -
700
|
Sardegna
m
800 - 1000
|
Corsica
m
750
Liguria
m
-
Gargano
m 500 -
600
Marche
m
-
Calabria
m
800
700 -
Anche la Macchia partecipa di quella immutabilita di aspetto, col volgere delle stagioni, che abbiamo riconosciuto propria della foresta. Ma tuttavia, specialmente la dove € meno addensata e meno esclusivamente dominata dal Leccio, presenta qualche mutamento stagionale non privo di bellezza. Né sono tanto le fioriture ad arricchire di colori il monotono color verde della Macchia, perché le piante che ogni mese vi fioriscono hanno fiori per lo piu poco appariscenti, quanto piuttosto i frutti, che vanno maturando durante l’estate e al principio dell’autunno dopo le prime piogge. « La Macchia é allora —~scrive il GUADAGNO, riferendosi all’Isola di Capri — vistosamente in frutto. Sul bel verde intenso lanciano riflessi metallici i frutti nero-cerulei del Mirto (Myrtus comm unis), spiccano quelli rosseggianti e pol
neri della Smilax
aspera, i corallini della Rosa sempervirens
e del Corbezzolo (Arbutus unedo), mentre candidi festoni della Clematis flammula, poggiati sugli arbusti, completano il tutto ». Assai piu vario e mutevole é l’aspetto della Macchia quando radure pi 0 meno ampie vi si aprono, popolandosi a primavera di erbe fiorite umili e fugaci, che costituiscono la cosiddetta
«microflora
mediterranea
precoce », della
quale
avremo occasione di riparlare. Le gialle fioriture di Calendule, di Ranuncoli (Ranunculus bullatus), di Margherite gialle (Chrysanthemum
13t KORTE (Myrtus
communis;
Oe WIR grand.
myconis;
fot. 366, pag. 208), i minu-
scoli fiori pallido-azzurri delle Romulee (Romulea columnae), piccoli Narcisi e Orchidee, spuntano innumerevoli in aprile e maggio da un suolo che pareva sterile, per scompa1).
rire poi nuovamente
senza lasciare traccia.
GARIGA,
I
321. Aspetto radata,
TAVOLA
classico
localmente
di Gariga, addensata
a vegetazione in
forme
di
cespugliosa bassa
di-
Macchia,
sulle pendici occidentali del Monte Ossero nell’Isola di Lussino (fot. Lusina). 322. Vegetazione xerotermica su pendici detritiche dell'Isola di Unie nel Carnaro, con partecipazione di Satureia montana, Salvia officinalis, Helichrysum italicum (fot. Lusina), 323. Gariga delle Murge, tra Gravina e Castel del Monte in Puglia, con vegetazione nana e cespugliosa di Timo a mazzetti (Thymus capitatus; fot. De Philippis).
12**
81
TAVOLA
GARIGA,
82
324.
La
Cicoria
spinosa
fot.
Antonini),
spinosum;
nelle Capo
pendii
Capri.
326.
(Lavandula
T.C.I.), Alpi
(Cichoriwm in
pulvini
Jande rupestri litoranee di Passero. 325. Artemisia arborea
(Artemisia
sui
II
sul
arborescens;
rupestri_
Gariga
a
officinalis;
versante
Marittime.
fot.
Cerio),
dell’Isola_
Lavanda fot.
di
vera
Archivio.
ligure
delle
PINO
D’ALEPPO
TAVOLA 327.
Pini
d’Aleppo
sis; fot.. Stefani), stri
della
Zoagli,
328. Portamento so S. Menaio,
maestoso del Pino d’Aleppo
Gargano
pres-
(fot, Fenarolt). 328
Riviera
Génova.
(Pinus
sulle di
83
halepen-
pendici Levante,
rupepresso
FAVOLA
PINO
84
329. no
Una
DOMESTICO
fustaia
domestico
nea;
fot.
di Pi-
(Pinus
Allegri),
pi-
con
legname in esbosco e in lavorazione, nella Pi-
neta
di Cécina.
Strobilo
stico
di
329
Pino
bis.
dome-
(fot. R.E.D.A.). 330.
Veduta aerea neta di Pino di Castelfusano
della pidomestico (fot. Fo-
tocielo). 331. Incisioni pei la resinazione del Pino domestico (fot. Allegri).
LA MACCHIA
185
La Macchia a Corbezzolo e a Erica. Un aspetto notevole, che per lo sviluppo pud talora costituire una
Macchia
alta,
é€ invece la cosiddetta Macchia a Corbezzolo (Arbutus unedo; fot. 301, pag. 168-169), che il RUEBEL, in senso pid compendioso, chiama
Arbution.
I] Corbezzolo
é un arbusto o piccolo albero
dalla corteccia rossastra, dal fogliame lucido, coriaceo si rinnova
totalmente
d’inverno), con
sati e frutti color rosso
(che perd
fiori in grappoli bianco-ro-
vivo, zigrinati, che ricordano
un
poco
le
fragole. Pud raggiungere talvolta anche 5-6 e pit metri di altezza, an sate : : : ma per lo pit costituisce macchie di 3-4 metri. E
interessante
osservare —
talora involontariamente a vegetare,
frequente mente,
gia poche ricorda
si deve
il RUEBEL,
‘Toscana per la sua vitalita,
quando
volontariamente — e la Macchia, la specie che per prima riprende
viene incendiata
settimane
dell’incendio
come
che
2. FOGLIE E FRUTTI DI COR-
att (Arbutus unedo;/s)
dopo
il suo
l’incendio,
dominio
in Corsica.
é il Corbezzolo.
in alcuni
E comunque
Forse
esempi notissimo
alla pratica
di Macchia, nelle
e per la capacita di rigenerarsi da frammenti
assai
special-
Macchie
della
di ceppaie ri-
Masti nel terreno.
La Macchia silicei, acidi,
in cui domina alquanto
il Corbezzolo
umiferi,
pud perd trovare favorevole ambiente
in esposizioni
fresche,
in versanti
meno
asciutti,
in suoli talora
a
maggiori altitudini. Si riconosce da lungi per l’aspetto inconfondibile del Corbezzolo. Molto affine é la Macchia a Erica arborea (fot. 303, pag. 168-169). Questo arbusto cresce abitualmente nella Macchia a Corbezzolo, quasi a indicare la possibilita di questa a evolvere
(sorta di degradazione) in Ericeto, per ulteriore inacidimento Ovviamente
Erica, meno
e impoverimento
del suolo.
tutte le transizioni sono possibili fra gli stadi a Corbezzolo, a Corbezzolo
e a Erica dominante. biancheggiante
In questo ultimo caso la Macchia
per le grandi pannocchie
ed
appare a primavera pil o
piramidali, a fiori piccoli numerosi
e profu-
mati, che sorgono al sommo degli arbusti agili e diritti dell’Erica arbérea. Talora, ad esempio in Calabria, questi arbusti dominano fittissimi, quasi esclusivi,
e
producono il «ciocco di erica», ingrossamento compatto delle radici, assai pregiato per la fabbricazione delle pipe. Una raccolta sregolata pud condurre perd al denudamento delle pendici e contribuire a disordini idrogeologici. Ci si pud chiedere se questa Macchia a Erica puo essere localmente originaria, per motivi
di carattere edafico, cioé legati alla natura del suolo. Sono troppo diversi gli aspetti che Arbutus
unedo
133. AREALE DEL CorBEZzoLo (Arbutus unedo),da Rikli.
——
Erica arborea
134. AREALE
DELL’Erica
arborea
(da Maleey).
186
IV. L’ITALIA APPENNINICA
E MEDITERRANEA
essa assume per poterne dare interpretazioni sicure. Entra talvolta a costituire i sottoboschi delle Sugherete, salendo in Sardegna fino al loro limite superiore, e riuscendo poi a mantenersi in una landa assai bassa, che lo HEeRzoc paragona all’orizzonte subalpino degli arbusti contorti; é forse il caso di parlare allora di un esempio di vegetazione relitta, risalente a epoche climatiche nelle quali pid in alto si elevava la vegetazione sempreverde? Un altro aspetto affine che va qui ricordato é la Macchia a Erica e a Lerca (Cytisus triflorus), arbusto ginestriforme abbondantemente fiorito in aprile di fiori gialli. Ne conosciamo esempi nella Sardegna e nella Sicilia. Costituisce un tipo di vegetazione pit mesofila, che preferisce le pendici piu fresche, sempre umose e silicee. La presenza di un arbusto, la Lerca,
che perde le foglie d’inverno, é eccezionale e significativa. La Macchia a Cisti. Anche piu frequenti in tutta la Penisola e nelle Isole sono aspetti di Macchia in cui dominano specie diverse di Cisti. E una Macchia bassa e tuttavia particolarmente sviluppata (fino a 2 m) quando la specie dominante e talora esclusiva é il Cisto marino o Imbrentano (Cistus monspeliensis). Pit. bassa é la Macchia, e talora si puo considerare piuttosto una landa o un aspetto di Gariga, quando prevalgono altre specie pit umili di Cisto come il Cisto femmina o Brentina (Cistus salvifolius). I Cisti prediligono suoli silicei 0, per lo meno, rifuggono da quelli calcarei puri, tanto che possiamo considerare gli aspetti di Macchia ai quali danno luogo, come appartenenti in prevalenza alla serie calcifuga di degradazioni della Macchia-foresta. | Forse uno degli aspetti piu suggestivi e indimenticabili della vegetazione mediterranea é una distesa sterminata di Cisti in piena fioritura, come se ne possono incontrare a primavera lungo le coste della Sardegna: sul verde cupo del fogliame i grandi fiori bianchi del Cisto marino e i grandi fiori rosa del Cisto femmina diffondono a perdita d’occhio una incomparabile armonia di colori, mentre si sparge nell’aria un acuto profumo al calore gia intenso del sole mediterraneo. Spettacolo anche pit: lieto e sorprendente se si confronta con l’aspetto triste, monotono, che questa Macchia assume in estate quando imbruniscono le foglie, o in autunno, quando sono di color verde-scuro anche le foglie dei germogli. La Macchia a Cisti pud aver origine in regioni ove l’incendio é una prassi abituale per guadagnare periodicamente terreno alle coltivazioni e al pascolo. In Corsica, secondo il RUEBEL, i campi di cereali abbandonati perché sfruttati ed esauriti si ripopolano prima di colonie di Elicrisi, poi di Cisti, di Erica, di Mirto e di Lentisco. Il pascolo danneggia spe-——— Cistus monspeliensis
135. AREALE
DEL CISTO
a wt
MARINO
° y
——_—_—__——
0 IMBRENTANO
monspeliensis), da Rikli.
(Cistus
F
a5 Cistus salviaefolius ,
136. AREALE
DEL CISTO
es
—--
2g
FEMMINA
O BRENTINA
(Cistus salvifolius), da Meusel.
LA MACCHIA
cialmente
187
il Mirto,
il Lentisco,
le Filliree,
—— Juniperus oxycedrus Juniperus phoenicea
ma non gli Elicrisi, né i Cisti (piante non gradite al bestiame) che finiscono percid col diventare dominanti.
I Cisteti sono in gran parte legati al sottorizzonte pit caldo della vegetazione mediterranea. Non é raro del resto trovarli associati abbondantemente a macchie miste di Lentisco, Oleastro, Mirto, specialmente in Sardegna. Le composizioni pit ricche di questa Macchia rispecchiano vicende di pascolamento meno intenso o meno _prolungato, of tre
che
ree condizioni
. di
suolo
meno
tena im
137. AREALI DEL GINEPRO ROSSO (Juniperus oxycedrus) E DEL
GINEPRO
FENICIO
(J. phoenicea),
da Meusel.
poverito. Non
é infrequente
nelle
macchie
a Cisti la presenza
di Ginepri,
talora
di notevoli
di-
mensioni, in particolare del Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus), talora di Ginepro fenicio o Sabina marittima
(Juniperus phoenicea), residui di Macchia-foresta talora anche originaria.
La Macchia a Ginepri. Specialmente in Sardegna permangono ancora frammenti piu o meno depauperati di una Macchia in cui doveva dominare in special modo il Ginepro rosso, arbusto, e talora albero, che rassomiglia nel portamento a un piccolo Cedro, con legno rosso e odoroso, foglie aghiformi pungenti e grossi frutti (specialmente nella sottospecie macrocarpa o Ginepro coccolone; fot. 368, pag. 208, 209; fot. 448, pag. 248, 249). Ma lo sfruttamento del legno assai pregiato (in ebanisteria e per la fabbricazione delle matite) tende a far scomparire gradualmente questo tipo di Macchia-foresta che copriva in tempi relativamente recenti estensioni notevoli sovente in forma di Ginepreti puri. I Ginepri mediterranei (e in particolare il Ginepro coccolone) prevalgono in ambienti rupestri o sabbiosi, dove infatti possono riuscire utili nelle prove di rimboschimento. Possono _ quindi costituire uno stadio durevole cui non si potrebbe ne138. IL GINEpRO ROSSO (Juniperus oxycedrus; grand, 14). are talvolta un carattere di « anteclimax», di sistemazione che prelude cioé al vero « climax » del Querceto di Leccio. Infatti dove il suolo é meno pietroso si puo assistere al passaggio verso la Lecceta con progressivo aumento di elementi della Macchia. Non @ escluso dunque che si debba ammettere col Brcuinor la possibile esistenza, anteriore agli sfruttamenti antropici, di una foresta di Ginepri arborei (il Ginepro fenicio e il Ginepro rosso possono raggiungere anche 7 metri di altezza, il Ginepro coctolone 8 metri), come
quelle delle Canarie
e della Penisola
Iberica
(Ju-
niperus cedrus, J. thurifera).
I resti di boscaglia a Ginepri, 1a dove permangono, raggiungono al pit un’altezza di 3-4 m, e sono associati per lo pit a una vegetazione arbustacea lucivaga a Cisti, e talora a Palma nana negli ambienti
di Lentisco,
Fil-
lirea e liane diverse negli ambienti sabbiosi. La decadenza
rupestri, a una
macchia ;
bassa a
del
139.
In GINEPRO
FENICIO
(Junt-
perus phoenicea; grand. 1).
188
IV. L,ITALIA APPENNINICA
——— Pistacia lentiscus secevevecs
”
terebinthus ees y
Ginepro
nella
stendersi
vigoroso
sottolineato nepro
Macchia
E MEDITERRANEA
in confronto
dei Cisti si deve
anche dal MartInout,
si rinnova
assai
all’e-
al fatto,
che il Gi-
stentatamente
dopo
che sia stato distrutto.
La Macchia
a Oleastro.
chia-foresta in cui
domini
Una Mac-
l’Oleastro
(Olea
europaea var. oleaster) rientra in quella ori-
ginaria foresta a Oleastro e Lentisco che abbiamo riconosciuto caratteristica di una fascia dell’orizzonte litoraneo. Ricordiamo qui
140. AREALI DEL LENTISCO (Pistacia lentiscus) E DEL ‘TEREBINTO (P. terebinthus).
alcune sue forme pit. umili e degradate che
passano fino ad aspetti di « Gariga ». E dato ormai raramente di incontrare boschi con Oleastro arboreo e con Lentisco arborescente. Pit spesso accade di trovare macchie cespugliose con Oleastro basso, ispido, contorto, e con Lentisco che non supera 1-2 m di altezza.
Vi é chi considera 248-249),
l’arbusto
il Lentisco
pi
(Pistacia lentiscus; fot. 302, pag.
abbondante
e
pit
evidente
E certo pero che tende a prevalere nella zona e che
tende,
unendosi
all’Oleastro,
a quella della Lecceta. tra un’altra
Salendo
specie meno
a
fot. 447, pag.
mista
mediterranea.
Macchia
inferiore e pit calda di questa formazione
caratterizzare
sulle montagne
termofila,
nella
168-169;
una
fascia
o addentrandoci
il Terebinto
(Pistacia
di
terebinthus;
I] Lentisco é un bell’arbusto o alberello a foglie pennate,
vegetazione
nel continente dis.
inferiore
gli suben-
109, pag.
148).
lu-
cide, persistenti, dall’odore resinoso assai accentuato, di un gaio color verde ma arrossate e quasi purpuree durante la stagione fredda. In alcune zone é ritenuta la pianta legnosa pil: preziosa che si trovi nella Macchia specialmente per il notevole contenuto
di tannino nelle foglie, per l’olio che si pud estrarre dai frutti e€ per una
resina odorosa, vischiosa, nota sin dall’antichita col nome di « mastice di Chio», che si pud ottenere dal tronco e dai rami. Forse
il prevalere
locale
di Lentisco
nella
Macchia,
ma
piu
in Garighe discontinue, molto degradate, si deve al fatto che il bestiame mangia le fronde di questa pianta solo quando non ha altro di che cibarsi. Non @ improbabile che il Lentisco tenda a migliorare
il suolo
la dove
€ dominante
(le sue ceneri
141. Focriia pr LENtTisco (Pistacta lentiscus; grand. 1).
del resto, ricche
di potassa,
sono
ben note come fertilizzanti); in Sardegna costituisce anzi un indizio di terra adatta alla coltivazione dei cereali, talché in alcune zone dell’isola si stabilisce una alternanza di coltivazioni di cereali, di pascolamento
e di rigenerazione
del Lentisco,
come
per il Cisteto.
Un aspetto notevole di Macchia a Lentisco si trova in Puglia, specialmente nella Murgia cretacea, su « terra rossa ». Cosi la descrive vivacemente
il Carano:
frequenti € il Lentisco o « stingio », spesso cosi abbondante a cupola,
di un
verde
gaio, limpronta
dominante
nella
« Una
delle essenze
piu
da dare coi suoi fitti cespugli
nostra
Macchia.
Chi
di noi
pu-
gliesi, amanti di caccia, non conosce gli stingeti, dove di preferenza nelle fresche giornate di autunno si spara alle beccacce e ai tordi? Vengono in second’ordine nella costituzione della Macchia la Fillirea (fot. 301, pag. 168-169), la Calicotome (Calycotome spinosa), il
LA MACCHIA
189
Pungitopo,
il Terebinto,
la Quercia
spinosa,
l’Alaterno,
il Biancospino,
il Pruno
spinoso,
il Perastro, il Pero selvatico ». E indubbiamente un aspetto degradato, che in Sardegna abbiamo veduto ancor pit impoverirsi, su larghe estensioni, riducendosi a soli radi cespugli emisferici di Lentisco sparsi a perdita d’occhio, su terra ocracea denudata.
Ma forse uno degli aspetti pit: degradati della Macchia a Lentisco e a Oleastro si trova in alcune isole minori, aridissime. Il Sommer cosi descrive un aspetto estremo che della fisionomia della Macchia non é neppure un remotissimo ricordo, ma rientra in aspetti pro-
fondamente degradati di Gariga: «La Pistacia lentiscus, la Phillyrea, Teucrium
fruticans,
fot. 323, pag.
la Periploca,
Erica
il Prasium,
multiflora,
il Thymus
184; fot. 433, pag. 240), il Lycrwm
Hypericum
capitatus
europaeum,
aegyptiacum,
(fot. 286,
VOleastro,
pag
il
160-161;
che rimangono,
per
la maggior parte non si possono pit: chiamare frutici. Essi si sono rimpiattati nelle fessure delle rocce e fra i sassi dei muri a secco, 0, se sono
in campo
aperto, presentano
una
forma
pulvinata, lasciando esposto alla superficie soltanto un intreccio di rami nudi sotto i quali se ne stanno
hanno
nascoste
le foglie. Non
é il vento, ma
sono
i denti tosatori degli ovini che li
foggiati in quel modo ».
La Macchia a Euforbia. Avviene sovente, soprattutto lungo i litorali pit caldi della Penisola, che prevalga in modo abbastanza durevole l’Euforbia arborea (Euphorbia dendroides; fot. 432, pag. 240), determinando aspetti inconfondibili che improntano vistosamente il paesaggio. L’Euforbia arborea é la pit: bella e grande Euforbia europea: pud raggiungere anche 2 m di altezza e ha un portamento inconfondibile: la chioma é tondeggiante, densa di foglie glauche caduche, ma assume il colore giallo durante la lunga fioritura. Questa forma di vegetazione, improntata anche dalla presenza di Oleastro e di Assenzio arboreo (Artemisia arborescens), € uno stadio di degradazione su suolo roccioso delle associazioni arboree dell’Oleo-Ceratonion (sia dell’Oleo-Lentiscetum, sia del Ceratonietum). E particolarmente ben sviluppata nei pendii rupestri della Calabria. Cresce abbondante anche sulle rupi di Capo Circeo ove si dice abitasse la Maga Circe, apprestatrice di filtri e di veleni. E difficile sottrarsi alla suggestione esercitata da questa antichissima leggenda, e non ricordare che ]’Euforbia arborea € una delle piante venefiche piu note, anzi, piu anticamente note, della regione mediterranea. I pescatori di frodo la usano ancor oggi per stordire e catturare 1 pesci. Molte sono le affinita e le relazioni dinamiche fra il tipo di Macchia a Euforbia e quelli a Oleastro, a Lentisco, a Cisto, pure prevalenti nella stessa fascia di vegetazione. Un aspetto misto
abbastanza
significativo, descritto dal Sommirr
per I’Isola Linosa, collega la Macchia
a Euforbia con quella a Lentisco: « la Macchia esiste ancora nella maggior parte dell’isola. Suoi elementi costitutivi sono: Pistacia lentiscus, la specie pit comune e di cui esistono ancora degli alberelli alti pit di due metri che in qualche punto formano quasi un bosco, Euphorbia
dendroides,
che abbonda e spicca fra le altre piante e sulla roccia
nera
per il
verde chiaro delle sue fronde cupoliformi, Lyctum ewropaeum, comune nella macchia e inoltre adoprato dai coloni per fare delle siepi alte, fitte e impenetrabili, Periploca angustifolia, Rhus dioica, Ceratonia siliqua (fot. 274, 275, pag. 152-153), Prasitum majus (pit: specialmente
fra le rupi), Ruta
diminuita
in questi ultimi anni), Juniperus phoenicea, adesso raro.
bracteosa,
Olea
europaea
(tav. 90, pag. 200-201;
notevolmente
I Gussone
cita ancora
la Phillyrea, ma oggi questa specie € quasi del tutto scomparsa, forse perché € la piu appetita dal bestiame. Queste piante, quando crescono nella macchia, hanno il loro portamento naturale;
ma
spesso si trovano
isolate, e allora
i rami
inferiori
si adagiano
a terra
ed esse
E MEDITERRANEA
IV. L-ITALIA APPENNINICA
190
si presentano
come
certo per opera della brucatura degli ovini di queste piante isolate, quasi prive di foglie, e spine in modo da prendere un aspetto quasi
densi cespugli cupoliformi, Alcune
che per effetto del vento.
meno e nelle quali afhorano soltanto rami nudi erinaceo, sono invase dai Licheni e sembrano non
La Macchia mente
e forse
dante,
talora
a Palma
in altri
nana.
tempi
dominante,
Un interessante
«alta»,
di Palma
morenti ».
tipo di Macchia
€ caratterizzato
nana
(Chamaerops
dalla
presenza
humilis;
bassa, ma
potenzial-
pit. o meno
fot. 276, pag.
abbon-
152-153;
fot.
433, pag. 240). Per molti, che sono abituati a veder questa Palma comunemente nei giardini, pud costituire uno spettacolo sorprendente una estensione vastissima ricoperta e ispida di palmette verdi aperte a guisa di ventaglio, talora di eguale e umile altezza, talora qua e la portate piu in alto (uno o due metri) da uno stipite scaglioso. E un paesaggio assai esteso, per
sebbene
Vavanzare
settentrionale l'abitato
in
progressiva
delle
e occidentale
di Fertilia
contrazione
bonifiche, sorge
sulla
della
costa
Sardegna;
e si espande
pro-
prio nel cuore di questa Macchia, che ancora si addentra e persiste qua e la fra le
case. Riappare in frammenti pit o meno in molte altre coste piu calde della
estesi Peni-
sola e delle Isole: cresce al Capo Argentario, cresce
al Capo
rocce,
da dove, assicura
Circeo
nelle spaccature
il GREGOROVIUS,
delle 142.
fu-
AREALE
(Chamaerops
DELLA
PALMA
humilis),
da
NANA
Rikli.
rono tolte le palme nane che oggi adornano i giardini romani del Pincio; continua a ripresentarsi lungo le coste tirreniche nel Napoletano, nella Calabria e ritorna con particolare frequenza in Sicilia. Nella pianura di Selinunte la presenza delle palme nane é nota sin dall’antichita classica: VircILio stesso ricorda la « palmosa Selinus ». Dell’abbondanza di questa singolare pianta in Sicilia é fatto cenno anche in CicERONE,
quando,
nelle
« Verrine », descrive
la misera
sorte
dei marinai
della
flotta
di
Verre: «Dopo che la flotta fu pervenuta al quinto giorno a Pachino, i marinai, costretti dalla fame, raccoglievano le radici delle palme rustiche (palmarum agrestium) di cui era gran copia in quei luoghi, cosi come in gran parte della Sicilia ». Al Capo Pachino, oggi pit: noto come Capo Passero, e specialmente nell’isoletta di Capo Passero, su suolo calcareo,
brullo,
poverissimo,
continuano
ancora
a vegetare
le Palme
nane
per lo pit in umili cespi, talora alte pit: di un metro, insieme alla Tapsia (Thapsia garganica), ad Asfodeli (Asphodelus microcarpus), all’Asparago spinoso (Asparagus acutifolius). Questa non é piu una Macchia, ma una Gariga con caratteri steppici. Vale anche qui quanto osserva lo Herzoc per la Sardegna: la Palma nana « é in grado di vivere nella landa rocciosa e anche
nella steppa, ed € cosi
un
naturale
legame
tra macchia,
landa
e steppa ».
Talora le foglie della Palma nana vengono raccolte intensamente per farne crine vegetale, cordami, stuoie e, sin da tempi lontani (come ricorda lo stesso MarzIaALE) anche le scope. Ma anche in questi casi essa rispunta con una vitalita rigogliosa dimostrando di essere particolarmente adatta a questi sterili e caldissimi ambienti del pit caldo orizzonte mediterraneo. Abbiamo gia ricordato che la Palma nana contribuisce alla costruzione del « Ceratonieto », l’associazione legnosa pili macrotermica di tutta la vegetazione del nostro Paese.
LA MACCHIA
191
La Macchia a Ginestre. Ancora un aspetto di notevole importanza é€ costituito dal prevalere nella Macchia di Ginestre 0 di arbusti assai affini alle Ginestre. La specie a tutti piu nota
é la vera
Ginestra
(Spartium
junceum;
fot. 262, pag.
145), che vien
detta
anche
Ginestra di Leopardi, da quando il grande Poeta le ha dedicato il carme a tutti notissimo, ambientandola sulle pendici sterili del Vestvio. Nella Ginestra vera sono esaltati i caratteri comuni a molte piante congeneri e affini che possiedono come si suol dire un « abito genistiforme »: fusti verdi senza foglie, flessibili e robusti, recanti al sommo i fiori di un intenso color giallo dorato.
Specie tollerante una siccita e un’alcalinita elevate del suolo, la Ginestra pud affermarsi sulle pendici calcaree
altitudine
e silicee pit calde e soleggiate, dalle rive del mare fino a notevole (fino a 1300 m) con speciale abbondanza ai margini della catena appenninica.
| ——Spartium junceum ,
: a;
ey e
Tipicamente propria del sottobosco dei Querceti submontani, si diffonde tuttavia in
YN bcs
x
cespuglieti robusti in tutti i suoli collinosi ed entra anche come componente della Macchia. Quando questa é ricca di Ginestra fio-
oy
non particolarmente importante, perché di solito si tratta di uno stadio marginale o accessorio. E invece assai piu significativa l’abbondan-
Op
B
jo
pe
Nee
rita puO assumere
eecs
pe
~
ae.
a
za di un’altra poo
7
AREALE
DELLA
aspetto suggestivo, ma
Ginestra
con
fese da rami pungenti: (Calycotome
143.
un
spinosa,
piccole foglie di-
la Ginestra spinosa
talora
nelle
varieta
o
GINESTRA
(Spartium junceum), da Walter.
razze C. infesta, C. villosa). Anche questa, quando é fiorita, trasfigura la verde vegetazione della Macchia con un nembo di fori giallo-dorati. Si puo dire che una Macchia in cui domina la Ginestra spinosa costituisce uno degli stadi pit xerofitici, essendo gia notevolmente evoluta in direzione della Gariga. Altre piante che vi partecipano tendono ad aver lo stesso carattere di riduzione o mancanza di foglie, ad esempio la Ginestra vera gia ricordata, che qui appare con particolare frequenza. Nella Sicilia orientale questo stadio della Macchia
puo estendersi fra 200 e 600 m su rocce silicee esposte a Sud, sempre dominato, per usare una espressione dello Zoppa, dalla « feroce » Calycotome spinosa. La Macchia ad Alloro. Una delle pit belle piante legnose della regione mediterranea, la pi nobile, la pit celebrata dai Poeti, quella che Emprpocie di Agrigento defini « suprema » fra tutte, ’Alloro o Lauro (Laurus nobilis), costituisce in alcune parti della Penisola e delle Isole una Macchia-foresta, espressione insigne della nostra vegetazione. Albero ornamentale, coltivato ormai in tutti i giardini d’Italia per la bellezza delle sue fronde, per l’eleganza del portamento, per lo stesso profumo caratteristico della sua essenza, l’Alloro si ritrova tuttavia anche allo stato spontaneo in condizioni favorevoli di clima o di microclima. L’abbiamo gia ricordato nelle vallecole calde e pur protette da eccessiva insolazione lungo le rive dei laghi insubrici. E altrettanto facile ritrovarlo nell’area di distribuzione della Macchia mediterranea e specialmente al margine interno e superiore delle colline litoranee nei valloni pit freschi, nelle depressioni, lungo i pendii meno asciutti. Come abbiamo gia conosciuto alcuni aspetti estremi della Macchia in direzione caldoarida, cosi possiamo ora ritenere la Macchia ad Alloro come I’espressione estrema in direzione
IV.
192
Potremmo
caldo-umida.
chia mediterranea
LITALIA
APPENNINICA
E MEDITERRANEA
dire che oggi solo una parte assai limitata e marginale
raggiunge
questo estremo
aspetto;
percid non
appare
della Mac-
felicemente
=
scelta,
per una zona fitoclimatica che dovrebbe comprendere la totalita delle forme della vegetazione mediterranea, la denominazione di « Lauretum », nel significato che le si attribuisce. In periodi climatici pit caldo-umidi, e pid propriamente nel terziario o durante oscillazioni piu: recenti del clima in senso oceanico, € stata certo piu estesa e generalizzata, o local-
mente accentuata, una vegetazione ad Alloro e ad altre piante lauriformi nella regione mediterranea. Ma oggi certo i pochi frammenti di Macchia-foresta ad Alloro non costituiscono l’espressione pil tipica e pil. armonizzata
Non
dappertutto in Italia ’Alloro
al clima.
@ sicuramente
spontaneo
e originario. Esso pare in
molte localita introdotto e naturalizzato sia pure da tempo molto remoto. II Pavarr descrive i suggestivi
tratti
a Laureto
del Parco
di Castelfusano,
presso
Roma,
affermando
che « il
nobile albero é da due millenni naturalizzato sul litorale di Roma ». E tradizione infatti che il « laureto » sacro, popolato da cinghiali, da cui trasse nome Laurentium, e altri di cui
fanno cenno PLINIo e SvETONIO, non fossero spontanel. Ma vi sono aspetti di vegetazione ad Alloro dominante, arbustivo permettono di dubitare del loro carattere assolutamente spontaneo.
e arboreo,
che non
Tale ad esempio la celebre Macchia-foresta di Laurana (toponimo assai significativo) presso Abbazia nell’Istria meridionale. La vegetazione legnosa nei tratti pil sviluppati raggiunge altezza diseguale: accanto a forme arbustive di Alloro, ve ne sono altre che raggiungono anche i 15 m. « L’ornamento
pit bello dell’Alloro —
scrive il BEck a proposito di questa foresta — é il
suo magnifico fogliame, che allo splendore del sole del Sud emana un gradevole aroma. Al principio della primavera germoglia con color verde tenero. Intanto inturgidiscono le gemme
dei fiori che in aprile copriranno
di fiori dorati
la chioma
divenuta
color verde
scuro. I] fogliame é presto sviluppato. Nessun raggio di sole lo attraversa e nell’interno del bosco di Lauri regna un’ombra
profonda. Tuttavia sull’accumulo bruno delle foglie cadute
si sviluppa un ricco novellame che cerca le ombre e vi cresce meglio che alla luce. Condivide questa
condizione
insieme
all’Alloro,
e spesso
occupa
in masse
impenetrabili
il suolo
sol-
tanto il Pungitopo (Ruscus aculeatus), le cui bacche di un rosso corallino brillano nelle profonde ombre del bosco. Anche
I’Edera (Hedera helix) & fedele accompagnatrice
dell’ Alloro
e sale sui tronchi levigati degli alberi, e copre con lo scuro fogliame le rocce calcaree afhoranti ». Ma
dove il bosco € meno
puro si mescolano
a esso numerose
latifoglie del bosco
carsico: la Roverella, il Castagno, il Terebinto, il Carpino orientale, il Nocciolo, il Fico, l’Orniello (Fraxinus ornus; fot. 301, pag. 168-169), con ben pochi sempreverdi, quali il Pungitopo e il Tino, alcune felci e nei tratti pili aperti alcune erbe e alcune liane. Gradatamente
pit: ricchi di specie sempreverdi
e della
Macchia diventanoi
descrive il Lusina pit a Sud nell’Isola di Véglia in localita rupestri
Laureti
che
e Morton nell'Isola di
Cherso: con Leccio, Oleastro, Fillirea, Smilace, Rosa sempreverde, Lentisco, Erica arborea, ma qua e 1a ancora con Roverella, Terebinto, Orniello.
Corbezzolo,
Abbastanza ricchi sono gli esempi di Macchia-foresta ad Alloro descritti in Toscana, nella foresta di Coltano
In Sardegna
fra Pisa e Livorno, dal GiAcospBE, nel Lazio dal MoNTELUCCI.
tuttavia ¢ pil comprensibile
regione mediterranea.
l’attuale posizione dell’Alloro nel cuore della
I molti esempi illustrati dal BeGuinor, dal G1iacosBE, dal DEsoLE con-
fermano la sua indole assai peculiare di relitto di altro clima, rifugiato in microclimi favorevoli al limite fra la zona della foresta sempreverde mediterranea e della foresta a caduci-
foglie submontana, limite che per fattori orografici pud presentare digitazioni che scendono
Po S
FAGGETE
APPENNINICHE,
I]
TAVOLA
85
Le Faggete appenniniche meglio conservate sono quelle incorporate nel Demanio Forestale dello Stato; grazie alla vigile sorveglianza e alla razionale gestione tecnica dei forestali ne ¢ cosi assicurata la continuazione nel tempo con duraturi benefici d’ordine economico ed estetico. Maestose Faggete si trovano in quasi tutti i demani forestali appenninici, da Vallombrosa a Serra San Bruno; ma uno dei complessi a Faggio pitt grandiosi e probabilmente il migliore dei Demani pubblici meridionali e quello della Foresta Umbra (Gargano) che si estende su circa 4900 ettari. Vi esistono Faggi secolari di dimensioni colossali e ambiente della foresta, denso e ombroso, ¢ sommamente suggestivo per chi vi arriva dalle assolate pianure pugliesi. (333. Faggi maestosi della Foresta Umbra; fot. Ciganovich). Il Faggio quando € isolato assume un caratteristico portamento denso e globoso e offre una gradevole ombra (334. Faggio isolato in un pascolo appenninico; fot. Viola).
TAVOLA Gli
86
coperti
da
gid
densi
pit: alti crinali,
mo.
PASCOLI
Appennini,
spogliati
un
boschi sono
del
tempo
ri-
sino
sui
APPENNINICI
stati dall’uo-
loro
manto forestale per possibilita di pascolo coltura. L’improvvida
provvido costituirvi e di agriazione ha
pero dato libero gioco agli agenti meteorici di degradazione, cosi che la terra ¢ stata convogliata al piano dalle acque selvagge che hanno messo alla luce la struttura rocciosa della montagna, rendendo spesso desertiche le sue pendici. Anche dove il pascolo sembra
vittoriosamente
resistere
(335.
Pa-
scolo sommitale nell’Appennino Marchigiano; fot. Ciganovich) sono evidenti a un pitt attento esame i sintomi di una degradazione
gia in atto sui pendii pil. ripidi; questi
sintomi
accentuarsi
non
potranno
nel tempo,
che
preludendo
a pitt gravi rovine. I pascoli migliori restano in conseguenza localizzati sui miti declivi delle vallette di compluvio (336. Fosso dei
Margari,
Monti
Sibillini;
fot.
Laudanna)
e
nei
vasti
pianori d’altitudine che nella loro cromatica veste primaverile vivamente contrastano con le grigie pendici sovra-
stanti
Grande,
spoglie
Monti
di una
vegetazione
Sibillini;
continua
fot. Laudanna).
(337.
Il Pian
-PINO
SILANO
TAVOLA
A
338 338.
87
Individui
isolati
di Pino
silano
al Lago
Arvo
sull’Altopiano
della
Sila;
nello
sfondo
se ne
vedono
anche
dense
ed
estese
fu-
staie (fot. Stefani). Il Pino silano fa parte, come razza geografica, del ciclo del Pino nero, ma la sua posizione sistematica ¢ molto discussa e diversamente interpretata (Pinus laricio 0 Pinus nigra calabrica). Nelle favorevoli condizioni ecologiche della Sila, ove le precipitazioni sono elevate e i terreni d’origine granitica tendenzialmente freschi, il Pino silano vive in fustaie pure (35.000 ettari), Oo in consorzio con Faggio, struzioni navali, traverse ferroviarie,
Cerro e Castagno (15.000 ettari), fornendo pregevole tavolame e palerie; ¢ anche idoneo alla resinazione.
legname
d’opera
per
travature,
co-
TAVOLA
ACQUE
88
PENINSULARI
339. Il Lago Sibolla, Lucca, in via di
interramento,
a Cannuccia
tes communis), Carici
(fot.
lare del
vegetazione (Phragmi-
e diverse
Isnardi).
Lago
alta (Carex quatico
con
di palude
specie di
340.
Sibolla,
Partico-
con
Carice
elata) e Giaggiolo
(Iris pseudacorus;
ac-
fot. Bal-
lo). 341. Vegetazione sommersa di Najade (Najas marina; fot. Ballo), nel Lago di Massaciuiccoli, Lucca.
342.
Il
(Ranunculus roli),
in
una
Ranuncolo
aquatilis; pozza
Umbra
nel
Gargano.
tazione
natante
d’acqua
fot. Fena-
della
343.
di Azolla
Foresta
Vege(Azolla
filiculoides; fot. Ballo), nel Lago di Massaciuiccoli. 344. Fascia di interramento a Cannuccia di palude (Phragmites communis; fot. Ballo), nel Lago di Massaciuccoli.
LA MACCHIA
193
fino al litorale, ma che per lo piu si mantiene al Sud fra 500 e 600 m. I rapporti abbastanza stretti che l’Alloro contrae in Sardegna colla Macchia inducono a conservare qui provvi-
soriamente il nome di Macchia-foresta a Lauro gia adottato dal Brcurnor, ma non senza ampie riserve. I Laureti costituiscono infatti in generale un aspetto di vegetazione abbastanza di-
Istria Dalmazia
stinto che tende a segregarsi dalla Macchia, ma-
Toscana
1 - 500
nifestando talora affinita col bosco misto di Fras-
Lazio
(3) 300 - 450 (500)
sino
Gargano Corsica Sardegna
500 - 600 (250) 350 - 500 (600) 200 - 600
da manna.
La distribuzione altitudinale dell’Alloro in Ita-
lia é assai significativa e concorda con l’ambigua
1 - 250 1 - 500
posizione dei Laureti (v. il prospetto a fianco): La Macchia
a Oleandro.
Condizioni
speciali di ambiente
permettono
all’estremo
Sud e nelle grandi Isole lo sviluppo di una vegetazione spontanea a Oleandri (Nerium oleander; tav. 110, pag. 240-241), tra gli aspetti pit: singolari della vegetazione mediterranea. Specialmente
in Calabria,
in Sicilia, in Sardegna,
|’Oleandro
cresce
frequentemente
allo
stato arbustivo lungo i corsi d’acqua, talora anche sparso sui greti asciutti. Quando, nella caldissima
estate mediterranea,
pendii rupestri, sorgono
come
sono
una
inariditi
come
miracolosa
squallide steppe
apparizione,
margine dei greti abbacinanti, gli arbusti riccamente
i campi,
i pascoli, i
lungo i rigagnoli
asciutti, al
fioriti di Oleandro.
colore e lo splendore delle Rose, nelle fronde e nel portamento
Hanno
nei fiori il
la nobilta dell’Alloro;
forse
nessun nome piu bello é stato attribuito alNerium oleander
|
Y’Oleandro
di quello di Rhododaphne
usato
anticamente dai Greci a esprimere appunto la
sua somiglianza con la Rosa e'‘con |’Alloro. Anche la Macchia a Oleandro é tuttavia un aspetto marginale, talora anzi indipendente dalla Macchia mediterranea in senso piu proprio. Si accompagna talora alle Tamerici lun-
&
s Lear ; ay‘9 — POT
5
‘3
a
SZ
i)
eae (Nerium
ere
¥
a
go i corsi d’acqua, alla Ginestra sui greti asciutti, a vegetazione rupestre di Gariga a Eli-
J
crisi, raramente a elementi genuini della Mac-
AS
fees
.
.
°
di Macchia Quercia
L’Oleandro
cresce
per
lo pit. cespuglioso
allo stato
pud ben raggiungere dimensioni arboree, raramente Penisola
Iberica, sulla Sierra Morena,
.
chia. Vien ricordata dal Becx per i pendii del
Monte Vipera a 453 m wel
oleander), da Rikli.
.
il W1LLkomm
a Oleandro
spinosa,
Lentisco
spontaneo,
Bie un cubic
con
anche
Cistus villosus,
e Ginepro
rosso.
se é pianta
che
superando l’altezza di 2 m. Ma nella descrive
aspetti ben pit lussureggianti
di vegetazione a Oleandro: « in special modo cresce qui alto, spesso come un albero, |’Olean-
dro, che proprio nella Serra Morena raggiunge il massimo di diffusione in Europa, con incredibile abbondanza, spesso accompagnando per chilometri le rive del fiume e segnando al tempo della fioritura con strisce colorate di rosso-rosa, visibili da lontano, il suo corso git
nella valle ». In questa vegetazione di ripa l’Oleandro si unisce, ancora al dire del WILLKomM, a Ontani,
a Frassini
(Fraxinus
angustifolia),
all’Acero
minore
(Acer monspessulanum),
al-
IV. L,ITALIA APPENNINICA E MEDITERRANEA
194 l’Alaterno,
a Salici vari, al Lentisco,
alla Fillirea, all’Oleastro,
intreccia con lunghe ghirlande insieme
alla Vite selvatica, che tutto
all’Edera, ai Caprifogli, allo Smilace.
_Non é improbabile che le pitt modeste Macchie a Oleandro che accompagnano fiumi
meridionali
e insulari
siano
il resto
di un’antica
assai
vegetazione
1 nostri
pil ricca,
forse
molto somigliante a quella descritta per la Sierra Morena. In Italia l’Oleandro, spontaneo lungo i corsi d’acqua, pare si inoltri al Nord soltanto fino al Salernitano. Altrove é molto pit raro e si direbbe piuttosto sporadicamente inselvatichito o sfuggito dalle frequenti coltivazioni.
bA
(GAR
Ges
-
Pit volte abbiamo gia accennato occasionalmente ad aspetti degradati della Macchia che si potevano considerare gia nell’ambito della cosiddetta « Gariga ». Cosi nel caso della Macchia a Ginestre, e di quella a specie pit umili di Cisto o di Palma nana. "Come la Macchia puod diventare Foresta se alcune sue piante legnose son lasciate crescere liberamente fino alla forma arborea, cosi pud passare a Gariga se i suoi componenti arborei decadono e scompaiono, lasciando solo umili tracce, e cedendo il terreno a una bassa e discontinua vegetazione sia pure cespugliosa. « Gariga » @ voce provenzale che vale comunemente come « terra incolta »; ma la sua etimologia va ricercata nel nome che in lingua d’oc viene attribuito alla Quercia spinosa (Quercus coccifera). Sarebbe dunque la « Gariga » in senso originario una « terra incolta con cespugli di Quercia spinosa ». Ma nella letteratura scientifica si € generalizzato questo termine per indicare
i cespuglieti
roccioso,
detritico
ma
anche
sempreverdi
e sabbioso,
pit bassi e discontinui
che sono
derivati
da una
su suolo
degradazione
per lo piu assai
inol-
trata della Macchia mediterranea. Sarebbe errato pensare pero alla « Gariga » come a una formazione impoverita con residui elementi della Macchia sempreverde. In realta la vegetazione della Gariga € caratterizzata da associazioni e da stadi molto ricchi di specie che non apparivano nella Macchia e tanto meno nella foresta. Si tratta di piante piu resistenti all’aridita, alla grande luce e al grande calore di queste pietraie, di questi suoli dardeggiati dal sole, dove non é pit alcuna ombra né riparo, neppure
per le pit: umili erbe.
Certamente le Garighe si sono estese per la progressiva distruzione delle foreste e delle Macchie, ma la vegetazione che le popola é venuta dalle rupi, dalle pietraie, dalle sabbie gia preesistenti. E in gran parte la stessa vegetazione pioniera che aveva preceduto la formazione di foreste su terre originariamente sterili, 0 pit: volte ridotte tali dall’uomo. Anche
la Gariga ¢ multiforme
nei suoi aspetti come
la Macchia,
perché quasi ogni tipo di
Macchia ammette forme di degradazione pit’ o meno peculiari. E quindi necessario ricercare sempre con attenzione i rapporti dinamici fra diverse associazioni e stadi di Gariga senza dimenticare quelli con la Macchia e con la Steppa. Gia si € delineato pit sopra in uno schema grafico la posizione della Gariga nei confronti della Macchia e del pascolo tenendo conto dell’azione dell’uomo, che é sempre il fattore piu decisivo e determinante. In senso pit generale, e tenendo conto solo delle formazioni
LA GARIGA
195
spontanee fondamentali, cosi potremmo in grandissime linee schematizzare la degradazione e rigenerazione del manto vegetale mediterraneo, nel seguente quadro dinamico:
-
oteppa
z moresta
So
co
oe
MacchiaA
—
_—
~
Gariga
we
£
4
va
7
va
s
7
6
~
La successione ha nella regione mediterranea
Vegetazione delle pupi e dei detriti
un significato assai generale. Vale non
solo
per inquadrare la Gariga provenzale e molto simili aspetti della nostra Penisola, ma anche per altre formazioni equivalenti, che con altri nomi si presentano pit a Est o a Ovest. Piu
a oriente,
sulle
coste
mediterranee
della
Penisola
Balcanica,
dalla
Dalmazia
alla
Grecia, e nelle Isole Egee, a una vegetazione discontinua a piccoli arbusti, marcatamente xeromorfa, si da il nome di « Frigana» (da « friganon », antico nome greco col quale lo stesso ‘TEOFRASTO
denominava
una categoria di arbusti cespugliosi).
Piu a occidente, nella Penisola Iberica, al margine delle zone delle Steppe, sugli altipiani, sui colli e nelle pianure dalusia,
vande,
dell’Aragona
in Algarvia, vaste
distese dove
la Salvia, prendono
il nome
meridionale, dominano
della
Labiate
Catalogna,
della
aromatiche,
di « Tomillares », (in spagnolo,
come
Tomillo
Murcia,
in An-
i Timi,
=
le La-
Timo).
La Gariga assume aspetti molto diversi a seconda degli stadi e quindi della composizione, ma solitamente si distingue bene per alcuni caratteri generali dalla Macchia anche bassa e cespugliosa. Vi dominano
piante basse, per lo pit: non superanti mezzo metro, che non hanno
pit: l’aspetto fresco, verde delle piante « sclerofille » caratteristiche della Macchia-foresta, ma
assumono proprie
toni grigi, talora quasi polverosi, per la villosita, la glaucescenza, alle foglie dei suffrutici,
delle piante pulvinate
(a cuscinetto),
la viscosita
e talora delle stesse
erbe. L’assenza di alberi e di arbusti elevati prelude gia alla Steppa, verso la quale le transizioni sono
frequentissime
e talora insensibili.
Il paesaggio é per lo pid monotono, squallido, con colori dimessi; soltanto quando fioriscono alcune piante dai fiori piu vivaci, come gli Elicrisi e le Ginestre spinose, come
Cisti, si ravviva per breve durata
i piccoli
di toni accesi gialli, bianchi e rosat.
Gariga é Brughiera. Se per Brughiera si intende genuinamente il regno del Brugo (Calluna vulgaris; fot. 59, pag. 48-49; dis. 43, pag. 63) possiamo ricordare che fino in Toscana se ne presentano ancora degli esempi, talora (e cid € ben degno di essere ricordato) a stretto contatto con la vegetazione mediterranea. Nell’Isola d’Elba ne segnala il Corti sul Monte Castello in connessione con aspetti di Macchia mesofila (per usare una espressione del NEcri) a Ulex europaeus (fot. 410, pag. 225), e in connessione con aspetti di Gariga. Variazioni di microclima dovute all’esposizione determinano a poca distanza aspetti assai contrastanti. In Valdarno il MonteLuccr descrive un Calluneto con tutta la meraviglia che puod destare lo spettacolo di una rossa fioritura autunnale di questa pianta in piena regione mediterranea: « La Calluna — egli scrive — forma in alcune zone degli estesi aggregati densissimi, dei quali é entita esclusiva all’epoca della fioritura, e che impartiscono al luogo un aspetto tutto particolare. Se la poesia ¢ permessa, dir che non conosco cosa piu bella della miriade
E MEDITERRANEA
L’ITALIA APPENNINICA
IV.
196
di corolle del Cistus salvifolius, spalancate al primo sole mattutino alla fine di maggio, candidi talami d’amore
per innumerevoli
insetti, immagini
di giocondita e di purezza, fugacis-
sime come tutte le cose belle..... Ma uno spettacolo pitt sorprendente é quello delle Callune fiorite in ottobre a perdita d’occhio tra i boschi arsicci dove il sole estivo ha gia tutto combusto. E una favilla di primavera carpita dall’ottobre! Tra le balze, con Vorizzonte tutto limitato da boschi e macchie, nel silenzio rotto dalle ali degli insetti, sotto il sole che attiva gli aromi, queste distese di cespugli fioriti, su cui turbinano schiere di imenotteri, hanno un qualcosa di cosi suggestivo da trascinare la mente fuori dei comuni pensieri >. Siamo qui evidentemente a un confine assai degno di attenzione fra due tipi di vegetazione per taluni caratteri contrastanti, ma per altri convergenti. La Gariga é l’arbusteto piu xeromorfo e xerotermico delle regioni a clima mediterraneo; la Brughiera é l’arbusteto xeromorfo ma igrotermico delle regioni a clima atlantico. Quando sono eccezionalmente accostati dimostrano la loro diversa indole insediandosi in ambienti molto diversi: la Gariga sulle balze rupestri, aride, assolate, a substrato roccioso calcareo, porosd, la Brughiera nelle depressioni piu fresche, sui pendii inclinati a settentrione, su suolo che mantenga l’umidita. Ambedue vengono interpretate dal Corti e dal MonreLucci come derivate, in due diverse direzioni di degradazione,
da un
Querceto misto climatico, proprio di questa fascia toscana.
I] Ginestrone o Ulice (Ulex europaeus) pud costituire una specie indicatrice della prossimita di questo singolare incontro, perché é pianta che puo presentarsi sia nella Brughiera,
sia in esempi di Macchia (saremmo tentati di dire di Pseudomacchia) aventi carattere meno xerofilo, quindi piu prossimi anch’essi alla foresta submontana di Querce caducifoglie.
Gariga calcarea e silicea. Tipicamente, quando si dice « Gariga » ci si riferisce a un ambiente vegetale su rocce calcaree. Tuttavia si conoscono molti aspetti di vegetazione arbustiva degradata e diradata anche su substrati assai poveri o privi di calcare. La distinzione
di substrato calcareo o siliceo aveva
sempreverde
a sclerofille,
con
strato di humus.
come
un buon
che, se ben
sviluppata,
assai meno
aveva
Ma gia nella Macchia
i Cisteti, e tipi pit tolleranti del calcare come
importanza
per la foresta
anche
evoluto
un
abbiamo
distinto
tipi pit calcifughi,
i Lentisceti,
Ginestreti
proprio
profilo
ed Euforbieti.
Poicheé nella Gariga il suolo si é cosi degradato e impoverito da lasciare afhorare la nuda roccia, o il pietrisco, o le sabbie, essendosi spogliato piu o meno completamente degli orizzonti superficiali umiferi, la natura della roccia diventa fattore molto importante. Tuttavia una semplice distinzione fra roccia 0 terreno calcareo e acalcico non potra mai esaurire la
questione dei rapporti fra suolo e vegetazione. La struttura fisica del suolo, lo stato di degradazione
della roccia,
la profondita
(fenditure nella roccia), dovranno
degli strati, o delle
tasche
terrose,
o delle
diaclasi
esser pure elementi di giudizio. Ne nasce un parallelismo
fra le condizioni di degradazione del suolo e gli stadi sempre pit degradati della vegetazione. E difficile talvolta
dire dove
esattamente
cominci
una
Gariga, e dove
essa finisca per il
subentrare di una Steppa. Ma é importante osservare e distinguere tanto nel suolo quanto nella vegetazione fasi corrispondenti di involuzione e di evoluzione. Le pit elevate forme di Gariga, che si sarebbe in dubbio se considerare ancora nell’ambito della Macchia,
corrispondono a suoli che conservano ancora dell’humus. E il caso, ad esempio, dei Cisteti a Cistus monspeliensis, che abbiamo gia piu sopra considerati come « Macchia a Cisto » tenendo conto della loro dimensione, ma prescindendo dal considerare che
non
sono
« sclerofilli
» e sono
tanto
affini ad altri Cisteti
pit bassi
cludiamo per lo pit nella Gariga. Le forme pit: degradate conducono al « deserto petreo », perché in esse vanno
emergendo
la nuda
pure
umofili
che
in-
invece assai vicino
roccia o dei detriti dilavati.
LA GARIGA
197
La Gariga su calcare. La Gariga, in senso etimologico, é una bassa boscaglia pit o meno degradata e discontinua a Quercia spinosa (Quercus coccifera), una Quercia che abbiamo gia ricordato brevemente pit sopra. Pur trattandosi di pianta legnosa che pud raggiungere le dimensioni di un piccolo albero, si presenta solitamente in cespugli alti 1-1,5 m, emisferici
o pil o meno
largamente
appressati al suolo, che per la statura
potrebbero
far
pensare a una Macchia, ma per la discontinuita abituale della vegetazione rientrano piuttosto in una Gariga. Tuttavia in certe condizioni si pud formare una Macchia anche alta. In Sardegna la Quercia spinosa é rappresentata dalla varieta imbricata, razza mediterranea-occidentale, e si sviluppa nella fascia litoranea dell’Oleo-Ceratonion. Nelle Puglie, altra zona in cui si presenta abbastanza frequente e non di rado in forma arborea accompagnata
da Leccio,
Roverella,
Terebinto
e numerose
specie della
Gariga
a Labiate
e della
Steppa, forma eccezionalmente perfino dei piccoli boschi, che pero non sono certo da considerare i resti di una vasta vegetazione forestale a base di Quercia spinosa. Mentre in Puglia e anche in Dalmazia si comporta come specie adatta ai calcari, in Sardegna pare preferisca rocce silicee e sabbiose
(MarTINOLI). Sembra di poter ammettere che la Macchia o la Gariga a Quercia
spinosa debba rientrare nel quadro dinamico della Lecceta, trovando posto in modo speciale nella serie che evolve dalle lande a Rosmarino ed Erica. La Gariga a Rosmarino (associazioni varie del Rosmarino-Ericion degli Autori francesi) si collega infatti direttamente in senso
145. It Rosmarixo — officinalis,
‘Rosmarinus
grand. ?/;).
sia _regressivo sia progressivo con ’ il Coccifereto, ? : fi
attraverso
aspetti
che prendono nome di Coccifereti a Rosmarino. I Rosmarineti sono frequenti lungo i litorali della Penisola e nelle Isole; occupano terreni calcarei puri, rocciosi, diffondendo talora su grandi estensioni un monotono color grigio, appena un poco allietato a primavera dalle fioriture di un pallido azzurro. I] Rosmarino (Rosmarinus officinalis; fot. 280, pag. 160), vi domina inizialmente
incontrastato, ma gradatamente va perdendo la sua vitalita, diventa sempre piu discontinuo,
finché viene sopraffatto dalla Quercia spinosa o dai Ginepri. Un aspetto pit polimorfo, che talora assume sviluppi prossimi alla Macchia bassa, é la Gariga a Erica multiflora (Erica multiflora) sovente accompagnata da Rosmarino, sovente arricchita notevolmente da piante sclerofille della Macchia, o dai Cisti. Rosmarinus officinalis Corrisponde a uno stadio assai degradato la Gariga di Timo (Thymus capitatus). Ve ne sono aspetti tipici ed estesi nell’Italia Meridionale e nelle grandi isole. Quando il Timo prevale a perdita d’occhio in cespugli piu o meno radi o addensati, di un verde grigio, fioriti di glomeruli
fonde un aroma dei « Tomillares la Murgia delle degli aspetti pi vegetazione
di fiori azzurri, dif-
intenso e ricorda il paesaggio » della Penisola Iberica. NelPuglie e nel Gargano é uno comuni e caratteristici della
cespugliosa
pit. degradata.
146. AREALE
(Rosmarinus
DEL
ROSMARINO
officinalis), da Rikli.
IV.
198
E MEDITERRANEA
APPENNINICA
L’ITALIA
Si alternano con la Gariga a Timo esempi ancora pit inoltrati verso la Steppa rocciosa: la Gariga a pulvini (cuscinetti) spinescenti di Pimpinella spinosa (Poterium spinosum), sulle pendici rupestri aridissime all’estremo Sud della Sardegna e della Sicilia; e la Gariga a Passerina (Passerina hirsuta), sulle alluvioni pure aridissime della Sardegna, di cui lo HERZoG cosi scrive: «I piccoli frutici, sovente assai distanti tra loro, con rami caratteristicamente
incurvati, piccole foglie squamiformi carnose appressate e piccoli fiori gialli, danno un aspetto che tien pit della Steppaa..... ». Sono ancora da ricordare le Garighe in cui dominano con caratteristico aspetto e colore verde-giallo le Euforbie: la Gariga endemica Pugliese a Euforbia japigia (Euphorbia japigica) sui calcari compatti e i tufi delle Murge;
la Gariga a Caracia (Euphorbia charactas; Lot:
273, pag. 152-153) sulle sabbie litoranee tirreniche e talora anche sui pendii rupestri preappenninici; la Gariga a Euphorbia spinosa (fot. 292, pag. 160-162; fot. 324, pag. 184-185), del Gargano e dell’Etruria marittima; ecc. ‘ Un paesaggio singolare di Gariga calcarea costituisce la Satureia fruticosa (Satureja fruticosa) sparsa a pulvini sui declivi petrosi dell’Isola di Maréttimo (Egadi), insieme al grigioargenteo Elicriso pendulo (Helichrysum pendulum) (FRANCINI e MESSERI). E si potrebbe continuare con altri numerosi
esempi, se non
bastassero questi gia ricordati
a dare un’idea della nostra Gariga calcarea.
La Gariga su suolo siliceo € wmoso. Sono relativamente pochi gli esempi di Gariga che rifugga i substrati calcarei; per lo pit sono facili gli adattamenti, specialmente se la roccia calcarea € marnosa, argillosa, 0 coperta da residui di humus.
Un gruppo di aspetti di transizione, che possono con tutta indifferenza insediarsi su qualsivoglia substrato, € costituito dalle Garighe a Elicrisi. L’Elicriseto pit comune da questo punto di vista é quello a Elicriso italico (Helichrysum italicum; fot. 310, pag. 176; fot. 322, pag. 184), che forma, dal livello del mare fin sulle basse montagne, coperture grigie talora estesissime che diventano a primavera inoltrata meravigliose distese di fiori giallo-dorati. Dalle Garighe a Elicrisi si passa per gradi | ——— Lavandula stoechas
,
|
N
j
alla Steppa ad Asfodeli, o alla Gariga di Cisti.
8
a\"
4
.
a
=
é
.
SA
Le Garighe di Cisti costituiscono, come si é
ho
‘
gia detto, forme di transizione
Se!
Potremmo
q
alla Macchia.
ricordare in special modo
la Gari-
ga a Cisto femmina (Cistus salvifolius), dalle foglie rugose simili a quelle della Salvia, fiori-
Caan
* rae
..
~weU ONS
aie
af
REZ
5
(Lavandula stoechas; fot. 285, pag. 160-161) — rappresentano la vegetazione arbustiva degra-
= i
147. AREALE
DELLA
Lavandula
to vagamente di fiori bianchi. Insieme alle Garighe a Lavanda — specialmente a Stecade
stoechas
data pit acidofila dei suoli mediterranei silicei
(da Rikli).
0 decalcificati,
loro
diffusione,
si che,
al margine
ospitano
anche
Nord
della
la Calluna.
E interessante osservare che in questa dlirezione si passa verso occidente, in clima atlantico, alle lande a Ulice e Calluna, di cui alcuni
frammenti,
ai limiti della regione mediterranea,
entrano anche nel nostro Paese e sovente a stretto contatto con gli aspetti pid inoltrati della Gariga
(e, come
vedremo,
della
Pseudogariga)
a Lavande.
Si potrebbero ancora ricordare Garighe a Ginestre di pit incerto carattere edafico, come quella a Ginestra corsica (Genista corsica) che con cespugli pulvinati, spinosi, sale fino a
6a
PSEUDOMACCHIA
E PSEUDOGARIGA
199
1600 m sul Gennargentu, e quella a Ginestra efedroide (Genista ephedroides) che domina grandi tratti del litorale della Sardegna, talora con aspetti che si direbbero di Macchia. Molto
affini a quest’ultima fisionomia sono infine le Garighe in cui dominano le Efedre, singolari piante ginestriformi, senza foglie e con fiori minuscoli non appariscenti. E localmente dominante tratti sabbiosi, rupestri e argilloso-aridi litoranei l’'Ephedra distachya. Le Garighe sono una delle formazioni vegetali mediterranee pitt ricche di piante aromatiche,
ricche di olii volatili e di principi medicamentosi,
tantissima
di materie
Basterebbe Salvie
prime
per
l’industria
ricordare i componenti delle Garighe a Labiate:
(Salvia officinalis;
fot. 322, pag.
che costituiscono
dei medicamenti,
delle
il Rosmarino,
184, e Salvia sclarea), i Timi
fonte impor-
essenze,
dei profumi.
la Lavanda,
(Thymus
vulgaris
le in
special modo), e molte altre piante dall’aroma intenso e gradevole, spesso accolte, per farne uso familiare, negli orti e nei giardini.
PSEUDOMACCHIA
E PSEUDOGARIGA
Ai confini superior: della vegetazione legnosa mediterranea. Abbiamo gia avuto
occasione
di incontrare
un
esempio
di vegetazione
arbustiva
mediterranea
ai suoi
confini superiori, ricordando singolari casi di incontro fra Gariga e Brughiera. Ci serviamo
qui del
termine
di « Pseudomacchia
», gia largamente
usato,
specialmente
dagli studiosi della vegetazione mediterranea balcanica (ADAMOvIC, TURRILL), per compendiare gli aspetti della Macchia ai limiti superiori delle sue possibilita di esistenza, la dove necessariamente si presenta in forme meno tipiche e meno genuine. E per analogia indichiamo col termine di « Pseudogariga » le forme di Gariga nelle stesse estreme condizioni. Pseudomacchia e Pseudogariga sono dunque la Macchia e la Gariga ai limiti superiori dell’orizzonte mediterraneo. Sarebbe stato forse opportuno ricordare pit sopra, trattando della foresta a sclerofille, anche le forme assunte dalla foresta stessa alle maggiori altitudini compatibili con la sua esistenza. Ma possiamo anche qui, coerentemente, farne un breve cenno. Un’associazione distinta é stata differenziata nella Francia mediterranea per le forme di Lecceta che salgono fino a 900 m di altitudine al margine delle Cevenne: il Querceto di Lecci mediterraneo-montano (Quercetum ilicis mediterraneo-montanum). E caratterizzato da specie medio-europee e atlantiche che vi entrano copiosamente: Erica arborea, Felce aquilina, Agrifoglio, Tasso, e anche Faggio, e altre ancora. I] suolo stesso € diverso: é gia una « terra bruna ». Non mancano nel nostro Paese aspetti di Lecceta sopraelevata (ma sarebbe pit: logico, in senso storico, dire « relitta ») che si potrebbero confrontare con questa interessante
Macchia,
associazione, ma sono piuttosto riconoscibili in forme pil o meno
come
quelle che recentemente
l’ANZALONE
ha descritto
degradate di
per l’Appennino
Marchi-
giano. Ma piu ancora é verosimile che coincidano i boschi con Leccio arboreo che il ‘TROTTER ha ricordato nell’Avellinese a ben 1200 m di altitudine, in collegamento intimo col Faggio. Pit’ comuni e modeste variazioni della Lecceta sono state pero descritte col nome di « sotto-associazione a Roverella » (Quercetum ilicis pubescentosum). Questo aspetto
IV.
200
LITALIA
APPENNINICA
E MEDITERRANEA
é proprio delle depressioni piu fresche, dei versanti Nord delle colline, ed ¢ caratterizzato da
specie dei Querceti di Roverella o di Rovere. Proprio nell’ambito di questa vegetazione e delle degradazioni che ne derivano é possibile, ai margini settentrionali della regione mediterranea, perfino l’ingresso della Calluna, quindi il contatto con la Brughiera. Ma deve essere ancora ricordato un aspetto della Lecceta a contatto con il bosco di Roverella e di Bosso (Querceto-Buxetum) che pud trovarsi ai margini interni o superiori della Lecceta tipica. Pare che in tale zona possa aversi piuttosto una compenetrazione e€ mescolanza. Sono notevoli gli esempi descritti al F. Varo e nelle Alpi Marittime. Questi aspetti di foresta mediterranea a sclerofille, scaglionati in altitudine dal litorale al colli e alle montagne,
fanno
pensare
alle tappe di ritiro di una
vegetazione
innalzata in confronto alla attuale. Il Trorrer ha accennato in modo a «una sorta di terrazzamento biologico della flora mediterranea, lo della quale ha lasciato le sue tracce nella zona montana, il successivo, rappresentato, ha le sue sedi in quella collinare antistante, e il terzo
un
tempo
piu
efficace e suggestivo scaglione pil antico pil recente e meglio lungo la costa ».
La Pseudomacchia. L’Avamovic, adottando questo termine per la Penisola_ Balcanica, alludeva alla boscaglia sempreverde xerofila submontana e montana sviluppata nella zona di transizione fra regione mediterranea e medio-europea. Esso caratterizzava questa vegetazione con la mancanza delle specie sclerofille pit tipiche della Macchia, con la loro sostituzione mediante Terebinto (Pistacia terebinthus), Bosso (Buxus sempervirens), Ginepro rosso e altri Ginepri, e con la conservazione
di Fillirea, Ginestra,
Calicotome,
Lauro,
e delle liane.
Un tipo di Pseudomacchia nella Macedonia meridionale é descritto con Quercia spinosa (Quercus coccifera) dominante. In un senso un poco piu largo noi riuniamo nella Pseudomacchia aspetti insolitamente elevati di Macchia in cui puo conservarsi anche lo stesso Leccio, il che é giustificato se pensiamo che nella nostra Penisola il Leccio ha maggior espansione e vitalita che nella Penisola Balcanica. Caratteristica é in ogni caso la presenza del Bosso, talora insieme con |’Agrifoglio, resti significativi, secondo il CuiaRuci, di un’antica vegetazione montana-mediterDeny
ose ue
sempervirens; gr.?/s).
ranea propria delle fasi oceaniche interglaciali. Il « climax » é ormai qui, come nelle corrispondenti pseudomacchie balcaniche, quello della
foresta di Roverella e di Querce caducifoglie, ma forse si trattava prima di un
Quercion
ilicis.
Un esempio di Pseudomacchia é descritto dal Monretucci sul M. Terminillo fra 600 e 800 m: con Leccio, Orniello, Roverella, Bosso, Terebinto, Tamaro, ecc. Ma un significato
consimile
assumono
alcuni degli esempi di vegetazione a Bosso ed Erica arborea descritti
dal Bantr sull’Appennino
Genovese,
fra 200 e 800 m circa, in cui si ritrova sebbene
scarsa-
mente il Leccio, e inoltre il ‘Ierebinto, il Ginepro rosso, la Calicotome, il Cisto femmina e talora anche il Corbezzolo. Anche gli esempi di Macchia descritta dal Tomasetui fra 500 e 600 m al M. Pietralata presso Urbino fra 500 e 600 m ci sembra abbiano lo stesso significato. Non sempre perd la presenza di Bosso deve essere ritenuta indicatrice di una Pseudomacchia, trattandosi di pianta la cui distribuzione é localmente molto influenzata dall’uomo.
Molto indicativo pero é anche il Terebinto, che sostituisce nella Pseudomacchia
La Pseudogariga. dizioni di degradazione
il Lentisco.
Gli esempi di Pseudomacchia ricordati pid sopra ammettono verso
forme
aperte di bassa vegetazione
arbustiva,
che taluni
conchia-
—
PINO
MARITTIMO
E
CIPRESSO
TAVOLA
345. Una fustaia rada di Pino marittimo pinaster;
fot.
Fenarolt),
(Pinus
all’ Impruneta,
colline a Sud di Firenze. 346. Cipressi
sulle
(Cupres-
sus sempervirens; fot. Fenaroli), sui colli di Fiésole, con denso sottobosco di Eriche e di Cisti.
13**
89
TAVOLA
OLIVO
90 L’Olivo
(Olea
europaea),
for-
se il pil nobile degli alberi italiani, si coltiva in quasi tutta l’Italia. Centro esso_
Al Nord presenta
e al fusti
sottili e chiome leggere, mentre pit a Sud e nelle Isole assume
il portamento
di
grande e possente albero. 347. Oliveto ligure nei pressi di Oneglia (fot. Stefani). 348. Olivi secolari a Turri,
in
Sardegna
(fot.
Stefani).
TAVOLA
349. Ove é ora il Parco Nazionale del Circeo, esistevano prima- della bonifica vaste
zone paludose che rendevano mal praticabile il bosco, costituito, tra laltro, da anno-
se Querce.
Ecco
una
visione
della
del
Circeo
prima
Selva
della bonifica pontina Pancint). 350. Bosco
(fot. mi-
sto di Cerro e di Farnetto (Quercus cerris, Quercus far-
netto; fot. Liidi) nell’Appennino
presso
Lucano,
ad Ara
Potenza.
351.
Silvana
Tronco
colonnare di Cerro con abbondanti Licheni epifiti; M.
Cimini Bosco
(fot.
Fenaroli).
di Farnia
(Quercus
352. pe-
dunculata; fot. Fenarolt), presso S. Lorenzo Nuovo, nei M. Volsini.
9]
TAVOLA
92
PINO
NERO
E
PINO
LORICATO
353. Pino di Calabria (Pinus nigra calabrica o Pinus laricio; fot. Di Tella), in una colonnare fustaia degli altopiani silani. 354. Pino nero (Pinus nigra; fot. Fenaroli),
Parco
in un
Nazionale
leucodernus;
fot.
rimboschimento
a Villetta
d’Abruzzo,
Pino
Liidi),
sul
355, M.
Barrea
loricato
Pollino.
nel
(Pinus
PSEUDOMACCHIA
mano
ancora
E
PSEUDOGARIGA
201
« Gariga », altri « Orogariga », altri, ancora
termine del Briquet),
meno
propriamente
« Garida », ma che noi preferiamo chiamare
(usando
un
Pseudogariga.
Un aspetto particolarmente frequente é costituito da aggruppamenti a Satureia montana (Satureja montana; fot. 322, pag. 184), che cresce a cespuglietti pi o meno radi, con resti
pitt o meno
abbondanti
meto. Associazioni
della Macchia
a Bromo
e con elementi sempre pil copiosi dello Xerobro-
eretto (Bromus erectus; fot. 247, pag.
136-137), costituiscono
in-
fatti le fasi di degradazione estrema.
Una Pseudogariga molto interessante é costituita dai cespuglieti di Lavanda (Lavandula spica od officinalis; fot. 326, pag. 184-185), che si sopraelevano sulle Alpi Marittime (sopra la Costa Azzurra e sopra la Riviera di Ponente) fino a 1000 m e anche oltre, macchiettando di cespi di color verde grigio, discontinui, le pendici brulle e qua e la largamente denudate. Si unisce
a Satureia
penninico
montana,
(Helianthemum
ad Antillide
apenninum),
montana
(Anthyllis montana),
all’Assenzio
bianco
(Artemisia
a Eliantemo
ap-
alba), e via dicen-
do. Anche questa Gariga orofila passa per ulteriore degradazione allo Xerobrometo. Ancora nella Pseudogariga rientra probabilmente la « Gariga a Sideritis sicula » (fot. 397,
pag. 224), su calcare che il Corti descrive a oltre 600 m di altitudine sul Gargano, ancora in presenza del Leccio ma gia in mistura con la Roverella. Altri esempi si potrebbero ancora ricordare, ma quelli ora citati sono sufficienti a chiarire
il significato di questi arbusteti montani che si inseriscono nella serie dinamica regressiva dei Querceti
a Roverella,
pur recando
impronte
mediterranee
non
sempre
esplicabili.
Dinamismo della degradazione e rigenerazione della foresta. Possiamo ora cercar di vedere
riunito
in uno
schema
pit generale, e trascurando
per necessita
di sintesi
gli aspetti minori, il quadro complessivo dei rapporti dinamici. Questi rapporti consistono Vegetazione
mediterranea
CLIMAX DELL'OLIVO E DEL CARRUBO (Oleo-Ceratonion)
Berctomico
mise
===)
CLIMAX DELLA LECCETA (Quercion ilicis)
Wleastreto
wa.
4
2 |
=e;
Wecceta
|
14
=)
S Maceniaultoranea’
8
AmaainideianancesuiOnOla
:
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Gariga litoranea
2
Querceto
'
Lecceta
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con Sughera 4 4
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submediterranea
CLIMAX DELLA ROVERELLA (Quercion pubescentis)
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Vegetazione
A
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12
Pseudogariga
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esigenza
e mescolanze —
—— ——
Peersam as
termica
Xerobrometo
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a
L’ITALIA APPENNINICA
IV.
202
E MEDITERRANEA
in « regressioni » che conducono la vegetazione dalla Foresta alla Macchia, alla Gariga, alla Steppa, ma secondo diverse « serie » (o successioni) principali, a seconda che si tratti di vegetazione appartenente a climax pil o meno esigenti nei confronti del fattore termico. ‘Tuttavia queste serie non sono del tutto indipendenti, anzi ammettono voli e, nelle frequenti zone di contatto,
anche
fra loro scambi note-
profonde mescolanze.
Non deve sembrare che sia ricordata fuori luogo la serie, non piu mediterranea in senso stretto, della Roverella, perché, oltre a considerare
le possibilita notevoli di mescolanze che
possono verificarsi con essa, si deve pur tener conto delle gia accennate vicende storiche della vegetazione mediterranea e dei resti che ne testimoniano ancora una remota sopraelevazione principalmente
nell’orizzonte
L’incendzo,
submontano.
il taglio, il pascolo.
Pit volte si é detto che l’uomo é il grande modifi-
catore e distruttore della vegetazione forestale mediterranea. Forse per nessun’altra regione vegetale del Mondo valgono come per la « Mediterraneis » le parole drammatiche e pur sostanzialmente vere dello CHATEAUBRIAND: In alcune
zone
« La foresta precede l’uomo, il deserto lo segue ».
della regione mediterranea,
e con speciale frequenza
in Corsica
e in Pro-
venza, il mezzo pit rapido ed efficace usato dall’uomo per guadagnare suolo al pascolo e alle colture é l’incendio. Anche nel nostro Paese non raramente vi si é fatto e vi si fa ricorso.
Talora l’incendio é involontario, ma gli effetti sono sempre cialmente
se si tratta
di foreste.
I1 fuoco
divampa
pil o meno
e si propaga
disastrosi, spe-
rapidamente
specialmente nella caldissima estate. Vi sono piante che rispuntano piu rapidamente (come il Corbezzolo),
ve ne sono altre che riescono a evitare la distruzione per il loro portamento talora |’Euforbia
arborea
nella Macchia
bassa) e ne risultano
arboreo (cosi
aspetti di rigenerazione
che
l’occhio
esercitato riconosce facilmente come evoluzioni secondarie successive a incendio. Un’efficacia particolare ha assunto in tempi passati il fuoco nelle regioni metallifere. Il
Necri
ricorda
a proposito dell’Elba
la tradizione
giavano perenni alla vista dei naviganti
di « numerosi
fuochi»
che
« fiammeg-
per il Tirreno ».
Dellaltro mezzo usato dall’uomo, il taglio raso periodico, abbiamo gia detto a proposito della Macchia sfruttata pit o meno razionalmente. Ma il taglio é talvolta disordinato o
guidato da varie esigenze di miglioramento, con eliminazione di specie meno utili. Infine é da ricordare il pascolo. Il bestiame (i greggi in particolare) entra gia nella Macchia diradata e contribuisce notevolmente alla sua regressione perché divora specialmente le fronde delle piante sempreverdi pit costruttive: del Leccio, della Fillirea, del Corbezzolo, meno volentieri del Lentisco. Rifugge invece dalle piante aromatiche e quindi facilita l’in-
vasione e il predominio dei Cisti (Macchia a Cisto), nonché l’estendersi della Gariga a Labiate (Rosmarino, La
Gariga
Lavanda,
a piante
Timo) e anche a Elicriso.
aromatiche
é per sua
natura
facilmente
incendiabile,
e l’'uomo
ne
ricava facilmente un pascolo che puo svilupparsi agevolmente anche perché il terreno viene arricchito di ceneri. Ma
il pascolo pit o meno
erbacee che il bestiame rifiuta, in special modo
steppico tende a essere invaso dalle piante (Asphodelus microcarpus) che al-
1’Asfodelo
lieta a primavera di magnifiche fioriture bianche le praterie rupestri gid intensamente
pa-
scolate. Oppure ¢é la Ferula (Ferula communis; fot. 288, pag. 160-161), che si espande copiosa,
altissima (anche fino a 3 m) con le vistose ombrelle di fiori gialli. Sono i contrassegni di un periodico
incendio
esercitato sulla Macchia o sulla Gariga.
In luogo del pascolo, l'uomo puod insediare le colture arboree o erbacee. Ma gli Oliveti e i Vigneti abbandonati vengono presto nuovamente occupati dalla Gariga a Timo o ad altre Labiate, che aprono una successione ricostruttrice secondaria. E i coltivi di cereali, dopo
_— e
PSEUDOMACCHIA
E PSEUDOGARIGA
203
pochi anni, esaurito il povero suolo, cedono pure il passo al ritorno della steppa erbacea e quindi degli arbusti, finché il terreno non venga nuovamente ricuperato con |’incendio. Molte
altre sono
le possibili ‘successioni
secondarie,
specialmente
se si tien conto
anche
dei rimboschimenti e dell’introduzione di specie arboree estranee come il Castagno. Nello schema che segue vogliamo esemplificare alcuni di questi processi, ampliando un primo abbozzo dinamico gia dato quando si é trattato di distinguere la Macchia primaria dalla Macchia secondaria. Chi esamina questo e altri quadri schematici, non conoscendo direttamente la vegetazione mediterranea, potrebbe esser tratto in inganno dalla tipologia di cui si fa uso per rappresentare le varie tappe di evoluzione. Infatti una sconcertante variabilita, una enorme quantita di sfumature di composizione caratterizza l’evolversi di questa vegetazione. Si puo comprerdere che molti studiosi specializzati alla conoscenza della vegetazione mediterranea italiana rifiutino di riconoscere l’esistenza di associazioni pil o meno ben definite, estendendo i! lore agnosticismo a tutte quelle di qualsiasi altra regione vegetale. Una spiegazione é ben chiara ed evidente: l’intervento dell’uomo é cosi vario nel tempo e nello
spazio,
cosi saltuario,
incostante,
diversamente
orientato
per diverse
esigenze
eco-
nomiche, che la vegetazione ne reca le conseguenze variando a sua volta in numerosissime direzioni. L’incendio pit o
meno
scolo
frequente,
il pa-
piu o meno
e pil o meno
FORESTA
intenso
Lecceta
a Roverella
prolungato,
le coltivazioni
introdotte con diverso ritmo e€ successione, le degradazioni e rigenera-
it
e poi abbandonate
zioni interrotte
ai piu di-
versi stadi con
intervento
piu o meno gano
come
aspetti
quanto
mai
diffe-
questa
o di quella
(quasi senza dare
esclusione) a_
fisionomie
mente diverse. Eppure non bile, anche tuare
notevol-
+
|| |
Sughereto Oliveto
Carrubeto
COLTIVO
Macchia a Corbezzolo — ——_ Sp
See) Peewee a Euforbia a
Prati
Orti Coccifereto Campi a Rosmarino a Elicriso a Timo
Siepi di Fico d'india
PRATERIA
conoscere qualche « stadio
|
durevole » la dove sosta
si ab-
abbastanza
PASCOLO
a Brachypodium
_» a Helianthemum
Pascolo
ottimale
Pascolo degradato
u guttatum
a Asfodeli
a Stipa tortilis
lunga dell’azione disturba-
a piante
trice
a piante
dell’uomo.
«stadi durevoli» innumerevoli,
numero
di cereali
|
che si
|
una
Forteto
Aisne
inafferrabili, ri-
bia
bees
é impossi-
in questo flut-
di parvenze,
direbbero
eee
Carrubeto
di
specie
sl Peer
a Sughera
possibili
renti, per il dominare
Stas
Oleastreto
radicale, spiesiano
Castagneto
Questi non sono
ma
abbastanza
anzi
Cee
limi-
DORN
nitrofile
|
| PURO et oe in»
spinose
dirette trasformazioni
CO 0mm
a
A
eee
—»
per pascolamento
erent
a
—»
per abbandono
204
IV.
LITALIA
APPENNINICA
E MEDITERRANEA
tato; é facile trovarne nelle lande pit remote e disabitate, nelle piccole isole meno accessibili,
dove l’uomo ha abbandonato a sé stessa la vegetazione. D’altra
parte quanto
pil ci avviciniamo
alla foresta-climax,
purtroppo
ormai
rappresen-
tata da ben scarsi residui, la composizione e la struttura della vegetazione variano in campo sempre pil limitato. Se ¢ vero che la Macchia pud andar soggetta a indefinite variazioni, ¢€ pur vero che taluni suoi stadi appaiono cosi caratteristici da far pensare a condizioni originarie notevolmente antiche. Quanto pil poi scendiamo verso le degradazioni della Gariga e della Steppa, la vegetazione selezionata da fattori estremi e severissimi puod raggiungere forme abbastanza stabili che non ripugna di tipizzare come associazioni. Si dovrebbe concludere allora che quanto pit intenso e irregolare é I’intervento dell’uomo, tanto pit difficilmente riconoscibili diventano le tappe naturali deil’evoluzione della vegetazione, cosi come le consentono i fattori attuali dell’ambiente. ‘
L’evoluzione naturale della vegetazione mediterranea.
Si pud infatti parlare
anche di una evoluzione naturale. La vegetazione mediterranea é stata in tempi lontanissim1, prima
della invadenza
dell’uomo,
ed € tuttora
in molti
luoghi
in evoluzione
Dalle steppe e dalle lande rocciose, nonché
dalla vegetazione
sciugamento,
tappe non difficilmente riconoscibili,
tende a ricostruirsi, attraverso
costruttiva.
acquatica in progressivo pro-
in aspetti
(« stadi » 0 « associazioni ») che non si possono non interpretare come naturali. Che i climax
vengano raggiunti o meno, che l’evoluzione venga interrotta o deviata dall’uomo a questo o a quel livello, non é sufficiente motivo per negare la possibilita di delineare serie dinamiche naturali che tendono a convergere da varie origini verso associazioni finali. Gli stadi e le associazioni, che riconosciamo talora assai faticosamente nelle pit: complesse
e irregolari serie dinamiche determinate dall’uomo, e di cui ci gioviamo come orientamento, sono
per lo pit coincidenti
naturale
Siamo molto naturali
con
primaria o secondaria
quelle definite
in base alle osservazioni
sulla
evoluzione
della vegetazione.
lontani nel nostro Paese dalla possibilita di tracciare un quadro delle serie
che conducono
alla foresta-climax.
Per analogia
perO con
quanto
€ stato
ricono-
sciuto assai chiaramente nella Francia mediterranea dal BRAUN-BLANQUET e dalla sua Scuola, possiamo fissare le seguenti serie principali: 1. Serie evolve
attraverso
alofitiche
(delle acque salmastre):
varie associazioni
alle Pioppete di Pioppo
bianco
sempre
da stadi iniziali
pit o meno
a Ruppia, a Salicornie,
legate all’ambiente
salsedinoso
fino
e alla Lecceta.
2. Serie ripariali (delle rive dei laghi e dei corsi d’acqua): dagli stadi a vegetazione sommersa, attraverso le associazioni di suolo a falda acquea progressivamente abbassata, si giunge alla Pioppeta, che evolve come sopra. 3. Serie di Macchia
delle
dune
e delle
sabbie
litorali:
dall’Ammofileto,
attraverso aspetti
a Fillirea e Ginepro fenicio, perviene alla Lecceta.
4. Serie della Gariga calcarea: da aspetti di vegetazione pioniera su nuda roccia (a Licheni e Muschi), attraverso stadi di Steppa erbacea a Stipe e Brachipodi, passa a forme di Gariga a Labiate o a Quercia spinosa, alla Macchia, alla Foresta. 5. Serie della Gariga silicea: Macchia a Cisti e a Erica, alla Lecceta.
da aspetti dell’Helianthemion
guttati,
alla
PSEUDOMACCHIA
E PSEUDOGARIGA
205
Ma vi é un aspetto pit vasto del dinamismo della vegetazione mediterranea, che la coinvolge nei suoi grandi aspetti fondamentali: i climax. . Noi sappiamo bene che i climax sono aspetti finali e insuperabili in determinate condizioni di clima; ma non sono immutabili se considerati in lunghi periodi di tempo. Un modo di trasformarsi pud consistere nello spostamento in altitudine, in ampliamenti e contrazioni della loro area, in dipendenza di modificazioni climatiche. E riconosciuta generalmente una tendenza del clima mediterraneo a un inaridimento progressivo; € una trasformazione che risale molto addietro nel tempo ma che pare vada accentuandosi. Indubbiamente l’uomo con I’ampia distruzione delle foreste e con la diffusione di « steppe a cereali» ha contribuito molto ad accentuare questo vasto fenomeno. Le conseguenze pit evidenti, nel quadro generale della vegetazione mediterranea che abbiamo gia tracciato, sono l’estendersi di associazioni pit tolleranti l’aridita e le alte temperature estive, principalmente quelle collegate con il climax dell’Olivo e del Carrubo. Nell’ambito stesso del climax del Leccio, dimostra una tendenza progressiva ai margini inferiori pit caldi la Lecceta con Sughera. Ma molti aspetti pit particolari possono pure denunciare questa lenta trasformazione in atto. Vi é stato pil. di un Autore che ha espresso in termini assal gravi la situazione, come una minacciosa avanzata del deserto dal suo dominio sahariano, verso le rive della regione mediterranea.
PEO
Rebs
bE eowB MON AN
Eo Eb oM ONTANE
Gia conosciamo nei suoi paesaggi pid notevoli la vera vegetazione forestale mediterranea. Quanto possiamo ancora trovare di foreste, salendo sulle montagne appenniniche, pud dirsi ben poco caratteristico della regione mediterranea. Querceti, Faggete, Abetine non sono
certo
forme
di vegetazione
nuova
per noi, perché
ne abbiamo
incontrate
sulle Alpi.
Solo nelle montagne dell’Appennino pit meridionale e nelle Isole vedremo apparire alcune foreste che appartengono ancora esclusivamente alla vegetazione del Sud. Ci limiteremo dunque a porre in risalto cid che differenzia sugli Appennini le forme gia note di vegetazione, soffermandoci a considerare pit a lungo solo quelle che invece sono per noi del tutto nuove.
I QUERCETLE
I CASTAGNETI
Abbiamo
gia interferito con i primi Querceti submontani a proposito delle Leccete piu sia che si trattasse di Leccete miste a Roverella, o di vere Leccete mediterraneo-montane, la zona piu interessata da queste penetrazioni era quella della elevate
in altitudine;
Roverella o del Quercetum Possiamo
pubescentis.
ricordare due aspetti principali di transizione
appartenere all’orizzonte submontano:
che piu schiettamente
sembrano
i boschi di Fragno e i boschi di Roverella e di Bosso.
APPENNINICA
LITALIA
IV.
206
E MEDITERRANEA
Il Fragno. Ul Fragno (Quercus trojana-o Q. macedonica; fot. 299, pag. 168-169), e€ una Quercia assai facilmente riconoscibile e molto caratteristica soprattutto per il fogliame coriaceo,
lucido,
seghettato,
che
ricorda
vagamente
quello
Castagno;
del
lascia cader
le
foglie a primavera e matura le grosse ghiande nell’autunno del secondo anno. E localizzato in un’area collinare abbastanza ristretta delle Puglie e della Lucania, ad altitudini comprese per lo pit fra 200-300 e 450 m, ma talora eccezionalmente fra 100 e 500 m. E una specie come si suol dire « transadriatica », che era forse un tempo assai pil estesa lungo le nostre coste, ma che ha la sua area principale nella Penisola Balcanica occidentale, dalla Dalmazia alla Macedonia, Albania e Rumelia, con una espansione nell’Asia Minore settentrionale-occidentale. E importante ricordare che in Dalmazia raggiunge anche 1200 m di altitudine, e che vien ricordata come specie della « Pseudomacchia » e delle transizioni allo « Shibljak » (arbusteto a caducifoglie gia a carattere medio-europeo) (1). Nell’area pugliese e lucana costituisce spesso boschi tendenzialmente puri, ma sovente si associa con la Roverella, e non di rado si infiltra nelle Leccete. Si direbbe che il bosco di Fragno costituisca una condizione di transizione fra il Querceto caducifoglio e quello sempreverde, ma con evidente spostamento del suo equilibrio in direzione del primo dei due. E interessante la presenza, frequente nel sottobosco di questi Querceti di transizione, della 149. FocGLIA E FRUTIO DI Quercia spinosa (Quercus coccifera), anch’essa riconosciuta nella FRAGNO (Quercus troiana © ; : Q. macedonica,gr.naturale). Penisola Balcanica come elemento costruttore della « Pseudomacchia ».
E pure di qualche interesse che al Fragno si associ anche un’altra specie di Quercia transadriatica, la Vallonea (Quercus aegylops); cid avviene eccezionalmente presso Matera, seconda localita italiana di questa specie, oltre a quella nel territorio di Lecce (GAvIoL1).
La Roverella,
La Roverella (Quercus pubescens; fot. 311-313, pag. 176-177; dis. 6,
pag. 26; dis. 11, pag. 29), ¢ albero a noi gia ben noto perché caratteristico anche delle pendici meridionali submontane della catena alpina. Ma al Sud diventa specie sempre pit progressiva e dominante a giustificare l’ipotesi di una fascia-Climax caratterizzata dalla sua vegetazione in massa. Al margine inferiore della fascia dove domina la Roverella non si (1) Ma forme di vegetazione che ancor pil si avvicinano allo « Shibljak » balcanico si trovano abbastanza comunemente in tutto l’Appennino. Sono frequenti boscaglie, che si possono identificare con il Tipo-Cercis dell’ApAMovic per il prevalere dell’Albero di Giuda (Cercis siliquastrum) — cosi pittoresco quando a primavera, prima che spuntino le foglie, flammeggia coperto di fiori rossi — insieme con Spino cervino (Rhamnus cathartica), Malebo (Prunus mahaleb), Paliuro (Paliurus aculeatus); altre che pit si avvicinano al Tipo-Quercus, costituite da cedui in cui domina il Cerro e la Roverella; altre ancora di Aceri, di Pruni, e di molte altre specie allo stato cespuglioso in svariate
che noi possiamo anche chiamare cifoglie
come
la Macchia
talora pit. o meno zone
rupestri)
pud
a quelli
« boscaglia decidua » submontana di
irregolare dell’uomo trattarsi
anche
di
Querce
sempreverdi.
a mezzo
E quindi
e montana, un
del taglio e del pascolo.
colonizzazioni
spontanee
che
miste di Querce, di Carpino nero, combinazioni. Questo « Shiblfak »,
sta ai boschi di Querce cadu-
risultato
Ma
trovano
dell’intervento
in alcuni difficolta
continuato,
casi (specialmente ambientali
in
a evolvere,
oppure evolvono stentatamente e lentissimamente verso la foresta. Tali casi, che dovrebbero essere meglio indagati, giustificherebbero la successione primaria: Vegetazione rupestre - Shibljak - foresta di Querce cadu-
cifoglie (o foresta di Faggio) che il TurriLL ammette per la Penisola Balcanica. Prevale tuttavia il valore di climax biotico (determinato e conservato dall'uomo) generale che nel nostro
Paese si pud dare alle forme di Shibljak.
nella interpretazione piu
e a a P
I QUERCETI
E I CASTAGNETI
207
manifesta
tuttavia solo l’aspetto di transizione dei boschi di Fragno, del resto assai localizzato, ma ve ne sono anche altri, pit: generalmente diffusi. Ricordiamo particolarmente la foresta a Roverella e a Bosso (Querceto-Buxetum) che
gia abbiamo conosciuto al limite altitudinale dei Querceti sempreverdi. Ne conosciamo esempi piu tipici sul versante meridionale delle Alpi Marittime, ma certo ha pit vasta diffusione anche nell’Appennino. E considerato da qualcuno un tipo di vegetazione mediterraneomontana,
di cui il Bosso (dis. 148, pag. 200), rappresenta
]’elemento
pit caratteristico
« ter-
ziario » e « paleotropicale » a esigenze oceaniche. Quando il Querceto degrada, il Bosso puo sopravvivere allo stato cespuglioso, e degradare a sua volta verso le « Pseudogarighe » a Lavanda, e pil in basso Dal
punto
verso le « Garighe » a Rosmarino.
di vista della
composizione
floristica
il Querceto-Buxeto
non
ha pit. alcun
carattere mediterraneo, perché vi dominano quasi esclusive le piante legnose caducifoglie. Il Bosso raggiunge in Francia nel Delfinato ben 1680 m di altitudine, e 2000 m nei Pirenei. Querceti a Fragno, Leccete con Roverella, Querceti a Roverella e Bosso, costituiscono (con tutte le loro possibili degradazioni) un complesso nodo di aspetti vegetali di transizione tra le fascie mediterranea e submediterranea. Si tratta di una condizione comune a gran parte della regione mediterranea. Si sono gia pit volte ricordati i Querceti di transizione e la Pseudomacchia balcanica; ma anche nella Penisola Iberica si ripetono condizioni analoghe
in corrispondenza agli aspetti a Quercus lusitanica, recentemente descritti dal SAPpPA come propri della fascia della Roverella,
La
Roverella
pennino, ritrovano;
diventa
specialmente si unisce
sempre
ma
collegati con
esclusiva
su suoli calcarei, mentre
al Cerro
che pure
la Roverella
e dominante
e il Bosso, e la Lecceta.
procedendo
il Rovere
acquista importanza
verso
il Sud
dell’Ap-
e la Farnia quasi pit non nei monti
si
peninsulari.
I limiti altitudinali della foresta di Roverella superano spesso, sui versanti favorevoli, i m. In Lucania anzi tale altitudine € quella di massima frequenza e diffusione del
1000
Quercus
pubescens,
che perd in questa regione sale anche,
isolato, fino a 1300 m.
Ma
sul
M. Terminillo il Monte Lucci lo segnala fino a 1500 m; forse pit in alto giunge sull’Etna. Il Castagno. Anche il Castagno ci ¢ ben noto da esempi ricordati per le Prealpi. Nell’Appennino forma boschi anche pit estesi, essendo stato favorito ovunque dall’uomo per l'importanza economica che esso ha assunto nella Penisola, ancor pit che al Nord. La fisionomia dei Castagneti appenninici non pare differisca sostanzialmente da quella dei Castagneti prealpini. Le stesse specie erbacee per lo pit. convengono nel sottobosco; ma talora questo pud ospitare piante abbastanza singolari, relitte da precedenti forme vegetali sulle quali il Castagneto @ stato sovrapposto. E il caso di alcuni Castagneti del Gennargentu, Limiti altitudinali superiori del Castagno in Sardegna, frammisti a colossali ‘Tassi. 900 (1100) APSkeain Puod interessare piuttosto la distribuzione al850-900 (1100) Te titudinale del Castagno sulle montagne penin850 (1000) nee: sulari e insulari, che giovera confrontare con (1000) 950 Campa parin Ricordiamo Alpi. le per quella esposta (1000) 900 Luckiia rigorosamente ticolare i limiti massimi, perché (1185) 1000 Ealibria un limite assoluto inferiore non si puo fissare; 1450 (1700) Sicilia (Hera) infatti non raramente, lungo la Penisola, il Ca(1300) Saati, (emaatn ane stagno scende sin quasi al mare. Tuttavia il liMLK eae mantenersi a tende normale mite inferiore pi quasi ovunque -
intorno
ai 300-400
m.
L’ITALIA
IV.
208
@ Styrax officinalis
G
“
a
:
i
:
iy
150. AREALE E STAZIONI ISOLATE DELLO STORACE (Styrax officinalis), da Rikli e Montelucci.
———.
APPENNINICA
E MEDITERRANEA
Carpinus betulus
saveeeeaed
J
orientalis’
151. AREALI DEL CARPINO BIANCO (Carpinus betulus) E DEL CARPINO ORIENTALE (C.‘ orientalis), da Schmucker.
Il bosco misto, Sulle pendici submontane, con possibilita di trasgressioni alle colline, ‘e lungo le valli verso il « piano montano», si pud sviluppare una vegetazione che assai spesso non si puod elevare a struttura di foresta, ma permane alle condizioni di boscaglia cedua. Convengono
a formarla
il Leccio, la Roverella,
il Cerro, ma
pit propriamente
alcune specie
legnose che in questa zona di transizione fra « piano basale » e « piano montano » sembrano raggiungere uno sviluppo prevalente: il Frassino da manna od Orniello (Fraxinus ornus), l’Acero campestre
(Acer campestre),
la Carpinella
(Ostrya carpinifolia; fot. 384, pag. 216),
talora dominante in estesi cedui, il Pruno (Prunus spinosa; fot. 20, pag. 24-25), il Nocciolo. E evidente la natura mesofila di questa boscaglia in confronto alla foresta di Roverella. Essa diventa spesso il « luogo di smistamento » (MonTELucci) fra diverse forme di vegetazione: fra le ultime propaggini della Lecceta o della Macchia, la boscaglia di Carpinella, i Querceti xerofili a Roverella e quelli mesofili a Cerro. Un aspetto di speciale interesse € costituito dai boschi di Frassino da manna (Fraxinus ornus), dove questo € dominante
e talora esclusivo.
Se ne conoscono
dall'Istria (dove confi-
nano con la boscaglia carsica e quindi con aspetti gia noti) fino alla Sicilia settentrionale. In Calabria i boschi di Gerace e Rossano sono luogo classico della produzione della manna. Una
singolare
pianta sembra
caratteristica
di questi boschi
misti, e pit ancora
dei Fras-
sineti, tanto in Italia quanto nella Penisola Balcanica: il Pistacchio falso (Staphylaea pinnata), alberello che simula con le foglie pennate il Pistacchio, con semi duri, corallini, usati per collane e corone. I] ‘TRoTTER lo segnala copioso nei boschi misti dell’Avellinese fra 500 e 600 m di altitudine, e ne sottolinea il significato di elemento antico « terziario », un tempo
probabilmente assai piu vastamente diffuso a caratterizzare questa vegetazione di transizione. Forse non ¢ lungi dall’avere analogo significato, nonostante un suo carattere pil spiccatamente termofilo, lo Storace (Styrax officinalis), arbusto mediterraneo orientale di affinita tropicali, ben noto da tempi lontani perché forniva una resina balsamica detta Storace greco. Il Montetuccr lo segnala rigoglioso sulle colline di Tivoli in aspetti di vegetazione cespugliosa a Carpino orientale (Carpinus orientalis), Cerro, Acero campestre, Carpinella, Nocciolo, Frassino da manna, ‘Terebinto, ad altitudini variabili fra 300 e 850 m. Si tratta di una vegetazione a fisionomia orientale « illirica », assai somigliante a certe forme di transizione fra « Pseudomacchia » e « Shibljak » della Penisola Balcanica. Cid é assai interessante perche in Anatolia stazioni originarie di Storace coincidono appunto con boscaglie caducifoglie di tipo « Shibljak » (Louts).
PIANTE
TAVOLA
INFESTANTI
+> 361
361. Il
Farfaro
(Tussilago
Carrara), dei terreni
umidi
farfara;
fot.
e argillosi. 362.
I] Papavero (Papaver rhoeas; fot. Senna), indice di coltivazioni trascurate. 363. L’Adonide (Adonis aestivalis; fot. Antonini), velenosa.
364.
Il
Fiordaliso
(Centaurea
cyanus; fot. Merisio), dai fiori di color celeste delicato. 365. La Barba di becco a flori porporini (Tragopogon porrifolius; fot.
Fenaroli).
366.
Il
Fiorrancio
(Chry-
santhemum myconis; fot. Antonini), dei campi del Sud, presso il pantano di Vendicari (Noto); nello sfondo, Carrubi.
ae’ +e
=a4
eta
3650)
93
TAVOLA
E
PSAMMOFILA
VEGETAZIONE
94
ALOFILA,
I
ee 4,
~~
53
Said, cutie 4
iz
eS bey
Sea
en,
Le spiagge del mare, sabbiose e impregnate di salsedine, costituiscono un ambiente ecologico del tutto particolare, nel quale possono vivere solo speciali forme di vegetazione, rappresentate dalle piante psammofile, che cioé prediligono la sabbia, e dalle
piante alofile, che cio€ si sono
adattate
a vivere
nei
terreni
salsi. 367. La Santolina
marittima
(Diotis candidissima;
fot. Fena-
roli), sul litorale del Cilento tra Palinuro e Pisciotta. 368. Il Ginepro coccolone (Juniperus macrocarpa; fot. Enit), dalle grosse bacche rossastro-turchine, prezioso perché fissa con la sua densa vegetazione le sabbie mobili; litorale sardo. 369. La Soldanella
di mare (Convolvulus soldanella; fot. Fenaroli), dalle foglie rotondeggianti, grassette e lucide, sul litorale di Sabaudia. ringio marittimo (Eryngiwm maritimum,; fot. Fenaroli), pungente e glaucescente, sul litorale laziale (fot. Fenarolli).
370. L’E-
VEGETAZIONE
PSAMMOFILA
E
ALOFILA,
II
Le
lagune
salmastre
piante palustri
del
litorale
ospitano
pure
e alofile, tra le quali rosseggiano
una
caratteristica
le Salicornie.
TAVOLA
95
vegetazione
di
371. Palude
costiera
di Morghella presso Pachino (fot. Antonini). 372. La Salicornia (Salicornia fruticosa; fot. Antonini), particolare della palude costiera sopracitata. 373. L’Antemide delle sabbie (Anthemis maritima), sulle dune del litorale di Sabaudia (fot. Fenarolt).
374.
La
Ruchetta
di
mare
(Cakile
maritima;
fot.
Antonini),
dalle
foglie grasse e lobate. 375. Originario del Sud-Africa e largamente naturalizzato su molti litorali italiani ¢ il Fico degli Ottentotti (Mesembrianthemum acinaciforme, litorale di Castiglioncello, Livorno; fot. Fenarolt).
TAVOLA
ENDEMISMI
96
TIRRENICI
E
INSULARI
378
376. La
Brassica
endemismo
delle
rupi
siciliano. 377. La
(Brassica Primula
rupestris, di Capo
Monte Palinuro
narolt), sugli scogli calcarei della foce del Mingardo stra
dell’Etna
(Genista
aetnensis;
fot. Pennisi),
Pellegrino; (Primula
fot. Antonini), palinuri; fot. Fe-
presso Palinuro. 378. La Gine-
in fiamme
sotto
l’azione
della
lava.
379. L’Antirrino siciliano (Anthirrinum siculum, Catania; fot. Antonini), che vive pure in Calabria e a Malta. 380. La Campanula di Ligtria (Campanula isophylla; fot. Fenaroli), circoscritta a poche stazioni della Riviera di Ponente presso il Capo di Noli. 381. Il Giaggiolo nano (/ris chamaeiris; fot. Fenaroli), con forme a fiori gialli e altre a fiori violacei, sui colli litoranei presso Castiglioncello, Livorno.
I QUERCETI
E I CASTAGNETI
209
Il Farnetto. A questo punto @ opportuno ricordare un tipo di vegetazione forestale sviluppata pure nella fascia submontana, ma con notevoli capacita di salita in quella montana: il bosco di Farnetto o « Farneta ».
I] Farnetto (Quercus farnetto) é una bella Quercia somigliante per portamento alla Farnia (tanto che a volte localmente anche con questo nome viene chiamata), con foglie lobate e slargate verso l’apice. E diffusa in Italia dal Lazio alla Calabria e alla Lucania, e diventa talvolta la specie di Quercia pil: comune dopo il Cerro.
Si presenta sovente in aggregati puri che confinano (e danno quindi mescolanze) inferiormente col Leccio e con la Roverella, superiormente
col Cerro.
Non
di rado
entra
anche
nel bosco
misto. In Calabria, dove il suo comportamento é stato indagato 152. FoGLIA E FRUTTO DI FARNET-
(CaLpart), prevale ad altitudini fra 400 e 1200 m, scendendo pero anche a soli 350 m, e salendo fino a 1400 m.
TO (Quercus farnetto; grand. */5).
Crediamo che Ja Farneta costituisca gia un esempio di vegetazione mediterranea-montana, poiché il Quercus farnetto @ specie ad area mediterranea centrorientale.
Il Cerro.
Assai pid caratteristica e importante per l’Appennino é la foresta di Cerro
(Quercus cerris; fot. 314, pag. altitudine
quella
176-177;
di Roverella,
fot. 350-351, pag. 200-201), che tipicamente
dominando
insieme
al Castagneto
l’«orizzonte submediterraneo», cioé la fascia submontana al piano montano. I] Cerro
é un
albero
assai grande,
talora
colossale,
la parte
segue in
superiore
del-
di tensione che segna il passaggio
con
belle
foglie oblunghe
profonda-
mente divise in lobi acuti, con frutti a maturazione biennale contenuti in una cupola di forma assai caratteristica per le brattee a linea ondulata. I] legno ¢ pregiato e assai usato per farne doghe di botti, raggi di ruote, e per ricavarne carbone. .
Non
€ una
europea,
Quercia
con una
mediterranea,
ma
piuttosto
sud-
prevalenza
nella
Penisola
Bal-
certa
canica. In Italia raggiunge un massimo di sviluppo negli altipiani argillosi del Sdnnio e della Lucania (DE PHILIPPIs). I Querceti di Cerro, quando sono puri e nel loro massimo rigoglio, si presentano come maestose fustaie, con piante altissime e talora di sorprendente diametro. « Alcune di esse — scrivono il CavaRA e il GRANDE riferendosi alla Foresta del Magnano, una delle pit belle della Lucania — vi raggiungono dimensioni enormi,
specialmente
i Cerri,
uno
dei
quali,
all’ingresso
del bosco, notammo di tale spessore nel suo tronco, che ben quattro uomini occorrevano per abbracciarlo ». Nella Cerreta si uniscono comunemente al Cerro, la Roverella, 153. FocLiA
E FRUTTO
DI CERRO
(Quercus cerris; grand. naturale).
gno,
:
il Carpino,
il Nocciolo,
la Carpinella,
l’Acero i
campestre :
il Faggio,
il Casta-
e l’endemico
Acero
lobeliano (Acer lobelii), mentre il sottobosco molto umoso
IV. L’ITALIA APPENNINICA E MEDITERRANEA
210
si popola di piante erbacee in parte comuni
____ Acer monspessulanum
eae ae)
» obtusatum eamlobelli
ai Querceti di Roverella, in parte alla stessa
ae
;
Faggeta. Per cid che riguarda la sua distribuzione in altitudine, sappiamo
che al Terminillo
si
eleva fino a 1400 m in massa, a 1460 m iso-
lato. In Lucania prevale fra 700 e 1300 m, ad alberi isolati o a piccoli gruppi
mentre
giunge fino a 1400 m. Come albero isolato, frammisto
ad altri tipi di vegetazione, scen-
de talora assai pit in basso: 154. AREALI DI ALCUNE SPECIE DI ACERO (da Schmucker).
anche meno
Nell’Appennino scende
anche a 100-150 m, ad esempio sulle colline toscane,
delle Pinete,
prendendo
parte
mediterraneo
e submediterraneo.
assai
larga nella
fino a 300 m
e
in Calabria.
vegetazione
Settentrionale
il
Cerro
in cedui misti, nel sottobosco
di transizione
fra orizzonte
Il Pioppo bianco. Lungo i solchi delle valli, dove scorrono acque di fiumi o di torrenti, si sviluppa in tutta l’Italia mediterranea un bosco misto in cui domina per lo piu il Pioppo bianco (Populus alba). Questo Pioppeto (Populetum albae) si estende in altitudine dal livello della macchia a quello delle prime foreste montane. Vi convengono, insieme al Pioppo bianco, il Pioppo nero (Populus nigra), il Salice bianco (Salix alba), il Salice nero (Salix nigricans), il Salice rosso (Salix purpurea), Ontano nero (Alnus glutinosa; fot. 239, pag. 136), talora anche Olmi (Ulmus campestris), Aceri e piante provenienti dalle foreste sempreverdi e caducifoglie con le quali il Pioppeto viene a contatto. In Lucania si sviluppa specialmente fra 300 e 1300 m di altitudine. Un/’associazione peculiare propria di minori altitudini é caratterizzata dalla presenza copiosa di Salicone (Salix pedicellata); é€ adattata a un pil pronunciato disseccamento del suolo durante l’estate. In Sicilia non sale oltre i 300 m. Il Platano orientale. Un aspetto assai meno frequente, ma interessante, di vegetazione arborea lungo le rive dei fiumi, é costituito dai pochi boschi relitti di Platano d’Oriente (Platanus orientalis). 11 bellissimo albero, ben noto sin dall’antichita classica, @ oggi largamente coltivato per adornare e ombreggiare piazze, parchi e viali in tutta Italia; i pit lo ritengono introdotto dall’Oriente per opera dei Greci e dei Romani. Ma se cid pud valere per la forma pit comunemente coltivata (Platanus orientalis antiquorum), € dubbio possa essere attendibile per una razza presente ancor oggi in alcuni luoghi selvatici dell’Italia Meridionale e della Sicilia (Platanus orientalis australis). Gia nel °500 il BremBo segnalava con ammirazione una « selva di numerosi Platani » nella valle dell’Alcantara in Sicilia, valle « irrigata perpetuamente — egli scrive — da un fiume sonoro ». Altri confermarono la notizia e segnalarono
altri
luoghi
con
Platani
nella
Sicilia
orientale,
e, piu rari,
in alcune
fiumare del Salernitano e della Calabria. Si puo essere incoraggiati ad ammettere l'indigenato di questo Platano meridionale all’estremo Sud della Penisola e in Sicilia. Dove ancora persiste, in Sicilia, il Platano si associa al Pioppo bianco, ai Salici, alla Tamerice lungo le sponde dei fiumi, al margine delle fiumare, fra 300 e 900 m di altitudine.
LE
FAGGETE
E LE
ABETINE
PAI
LE FAGGETE
E LE ABETINE
Le montagne che si innalzano lungo le rive del Mediterraneo si rivestono alla loro base di Querceti sempreverdi e caducifogli, ma pit in alto, dove il clima diventa pit. fresco e pit umido (nel « piano montano »), sono dominio incontrastato del Faggio e dell’Abete
bianco. Dai 1000 m ai 1800 all’incirca si stende anche sull’Appennino una zona di vegetazione che accoglie la parte pit notevole delle foreste peninsulari. Si tratta di Faggete e di Abetine accompagnate da una flora ancora essenzialmente medio-europea. Soltanto all’estremo Sud e nelle montagne insulari le foreste montane assumono carattere meridionale per la presenza di Conifere e arbusti schiettamente mediterraneo-montani, mentre il Faggio diventa sempre piu raro e l’Abete bianco tende a essere sostituito da razze meridionali. Il Fag gio.
Il Faggio (fot. 25 e tavv. 80, 85 e 99), che gia conosciamo
come
albero fore-
stale medio-europeo con esigenze spiccate di clima oceanico, si é diffuso sulle montagne mediterranee nei periodi postglaciali a clima pit fresco e umido raggiungendo l’Appennino Meridionale,
la Sicilia
e la Corsica,
ma
senza
riuscire
a occupare
le montagne
della
Sardegna.
Si raccoglie in Faggete ad alto fusto e in cedui, su suoli medio acidi, con una flora generalmente
assai somigliante
Alpi e il Giura, ma dine, della
a quella del
Fagetum
con variazioni notevoli
prealpino-jurassicum
noto
per le
quantitative e qualitative a seconda dell’altitu-
fittezza della foresta, dell’esposizione, dell’umidita.
Fino all’altitudine di 1500-1600 m si mescola a Tiglio (Tilia platyphylla), Oppio (Acer opalus), Orniello (Fraxinus ornus), Carpinella (Ostrya carpinifolia). Fino a 1800 m puo dar mescolanze
con
Abete
bianco,
che perd, come
vedremo,
pud dominare
in foreste
Accanto alle foreste piu tipiche con sottobosco ad Asperula o Stellina odorosa
pure.
(Asperula
odorata; dis. 16 pag. 36), Dentarie (Dentaria bulbifera, Dentaria polyphylla), Stellaria (Stellaria nemorum),
Laureola
aperti e luminosi
(Daphne
0 marginali
con
laureola), e via dicendo,
si trovano
alcuni
« alte erbe » (Senecio fuchsit, Adenostyles
aspetti pit
alliariae; fot.
168, pag. 104, Scrophularia nodosa, ecc.), 0 ancora aspetti degradati con Mirtillo (Vaccinium myrtillus; dis. 25, pag. 43). Le specie erbacee che potrebbero caratterizzare la Faggeta appen-
ninica
pit meridionale
brutius),
anche
la Campanula
l’Aconitum
sono
l’Anemone
trichocalycina,
apennina,
il Ranuncolo
abruzzese
(Ranunculus
forse
neapolitanum.
_--~ Quercus dalechampii
Non é infrequente il caso di Faggete con sottobosco ad abbondantissimo Agrifoglio (Ilex aquifolium) arbustivo, che imprime con il suo fogliame lucido e spinescente una singolare fisionomia e un carattere arcaico. In Lucania il Faggio é sovente commisto ad alberi meridionali, costituendo boschi di notevole interesse:
australis),
con Pioppo australe (Populus
Quercia
di Dalechamp
(Quercus
dalechampit), Acero lobeliano (Acer lobelit), Acero
napoletano
(Acer neapolitanum),
ecc.
155. AREALE DELLA Quercus dalechampii (da Schmucker).
ale
IV.
Faggete-climax.
L’ITALIA APPENNINICA
E MEDITERRANEA
Si potrebbero ricordare molti esempi di magnifiche Faggete-climax
in varie localita dell’Appennino.
Ci limitiamo a riportare una descrizione assai efficace che in Calabria, a 1000 m circa: « Comunemente si
il Lonco fa di quelle del Piano di Novacco
dice che l’Appennino sia denudato: in tutta questa regione pero, salvo in pochi tratti adibiti a coltura 0 a pascolo, il suolo é coperto pit o meno fittamente di Faggi, tanto che possiamo dire che essi formano
un
bosco
solo, anzi, meglio, una
dentalita del terreno, qua scendendo
foresta continua,
che segue
le acci-
nelle valli, la salendo per le pendici fin sulle vette dei
monti, solo arrestandosi sotto quelle dei pit elevati, dalle quali non si vede che una plaga verdeggiante, un vero oceano di verzura. Qua, ed é nella maggior parte di essa, la foresta si presenta ancor
intatta con i tronchi diritti, giganteschi;
la, ove fu abbattuta,
risorge con
straordinaria vitalita tanto che il giovane bosco é spesso cosi fitto da essere quasi impene-
trabile. La relativa lontananza del bosco, mentre
dai luoghi abitati rende cola possibile questa ricostituzione
nelle vicinanze dei paesi il taglio dei Faggi, continuamente
la causa della continua riduzione, e in taluni casi persino della scomparsa
praticato, é€
dell’area boschiva
per zone piu o meno estese. Infatti mentre troviamo in questa regione, come ho gia detto, una cosi grande distesa di bosco, i fianchi dei monti
sentano invece pit o meno
pei quali dai paesi vi si accede
brulli. Dove il bosco é fitto il sottobosco manca
si pre-
completamente;
e non solo le erbe ma anche le piantine nate nell’annata dalle faggiuole periscono, e perfino i rami inferiori e quelli fino a una certa altezza degli alti Faggi disseccano e cadono; al di sopra degli alti tronchi la chioma dell’uno si confonde con quella dei Faggi vicini cosi che in certi punti s’intravede
appena
il sole >.
Una notissima Faggeta é quella che occupa gran parte della Foresta Umbra, resto delle selve garganiche
(Nemus
Garganium)
celebrate
da OraAzio,
strutte in gran parte durante le invasioni romane
LUCANOo
e SILIo ITALICO,
gia di-
e barbariche, ma rimaste in alcuni tratti
ancora imponenti nelle montagne meno praticabili del Gargano. Se si pensa che la piovosita é nel Gargano piuttosto scarsa (a Vico Garganico, m 465 di altitudine, ¢ di 600 mm circa), appare abbastanza singolare la presenza di questa foresta, nella quale tuttavia il Faggio é progressivo nei confronti di altri alberi come gli Aceri, i Tigli, gli Ornielli. I] Faggio domina del resto in molte parti dell’Appennino anche senza trovare condizioni ottime di piovosita, nella zona altitudinale che é adatta tuttavia per altri caratteri del clima:
temperatura, frequenza di nebbie, incidenza di venti umidi. Manca
appenninica montana
nell’attuale vegetazione
un’altra pianta legnosa che possa competere col Faggio.
I] Faggio possiede sulle montagne
appenniniche una sorprendente forza di espansione sui
terreni pil diversi. Sale sovente a colonizzare
le vette non
troppo elevate e ventose, resiste
nei pascoli al morso continuo del bestiame (fot. 389, pag. 216-217), scende talora e permane a quote assai basse vincendo
Ma
poche
piante arboree
la competizione
modificano
di alberi localmente
in modi
pit adatti.
pit sorprendenti
la loro fisionomia
nei
diversi ambienti. La bella forma libera, espansa (la « ramosa fagus » che Dionigi D’ALIcaRNAsso ricorda in Calabria) propria degli esemplari isolati, diventa colonnare e sottile nelle fustaie, diventa quasi emisferica e cespugliosa, spesso stranamente
crinali delle montagne,
talora anche
prostrata se sopporta
Distribuzione verticale del Faggio.
deforme,
nei pascoli e sul
a lungo il peso delle nevi.
La distribuzione del Faggio in altitudine sul-
Y’Appennino o sulle montagne insulari ¢ abbastanza uniforme e ampia. ‘Tende a spostarsi verso quote pil elevate al Sud, culminando in Calabria e sull’Etna verso i 2100 m.
LE FAGGETE
E LE ABETINE
Toscana Lazio (Terminillo)
213
Abruzzi (Gran Sasso)
900 - 1800 (1900)
Campania
m, da una
Faggeta « superiore » pil. pura e pil. povera di specie.
(300) 1000 - 1800
Lucania Calabria
Generalmente si suol distinguere una Faggeta « inferiore », solitamente frammista ad altre latifoglie, per lo piu fino a 1400-1500
(200) 900 - 1700 900 ~ 1800 (1850)
(200) 1100 - 1800 (M. Pollino)
Possiamo cosi riassumere la distribuzione
800 - 2100 (2150)
Sicilia (Madonie)
1200 - 1800
Sicilia (Etna)
1000 - 2100 (2400)
Corsica
altitudinale nelle varie regioni (v. a fianco).
I minimi
eccezionali
segnalati
in molte
regioni hanno lo stesso significato gia sottolineato a proposito del Faggio nell’Italia
900 - 1800
alpina.
L’Abete bianco. Testimonianze insistenti di poeti e scrittori dell’antichita classica fanno pensare che |’Abete bianco (Abies alba; tav. 100, pag. 217) fosse in altri tempi assai
pit abbondante sulle montagne peninsulari. Magnifiche selve di Abeti dovevano esistere, almeno fino alla decadenza dell’Impero Romano, in Etruria, nell’?Umbria, negli Abruzzi, nelle Calabrie. Ma l’utilizza-
zione intensa del legname per costruzioni di pace e di guerra, per alberature
navali,
la produzione
per mobili
della
cellulosa,
e casse, e pit: recentemente
ha
determinato
anche
la distruzione
per
delle
foreste originarie di Abete bianco nell’Appennino. Sembra che intorno alla meta del secolo scorso ve ne fossero ancora sul M. Falterona, ai Camaldoli, sul Gran Sasso, sul
sul M. Cimone,
M. Pollino, in Aspromonte (ScHouw). Di queste oggi rimane ben poco, perché le Abetine che sorgono lussureggianti e talora su vasta estensione in parecchi tratti dell’Appennino sono opera di rimboschimento
piu o meno recente. Non é certo originaria la celebre Abetina di Vallombrosa, ispiratrice del MILTON e di tanti altri poeti e scrittori, solenne, altissima, sorta per opera dei monaci di San Giovanni Gualberto — dediti sin dal 1000 all’« arte boschiva » — a circondare di religioso silenzio il grande e famoso monastero
rie le Abetine
che
circondano
di Acquabella.
altri Eremi
Né sono origina-
celebratissimi:
quello
di
S. Romualdo ai Camaldoli, di S. Francesco alla Verna. La « Regula . a ‘ F A : . ; vitae eremiticae» di Camaldoli imponeva la conservazione degli Abeti.
Competizione tra il Faggio e l’Abete.
156. Cono DI ABETE (Abies alba; grand. 1/).
BIANCO
Non pud ritenersi infatti condizione ori-
ginaria, almeno nell’Appennino Settentrionale e Centrale, l’Abetina costituita esclusivamente di densi e altissimi Abeti. Il] Faggio ha sempre invaso e tende ancor oggi a invadere le Abetine pure, fino a diventare esso stesso specie dominante. E proprio l’uomo che, dopo aver facilitato l’invasione del Faggio decimando per propria utilita l’Abete, ha poi ricostituito e mantenuto le purissime Abetine che oggi sono vanto di alcune localita appenniniche. L’antica e originaria foresta montana era costituita su queste montagne da un’associazione di Faggio e di Abete bianco, da un Fageto-Abietum in cui era piu frequente l’Abete nella fascia inferiore (orizzonte montano inferiore), mentre prevaleva il Faggio a superiori altitudini. E una condizione che anche oggi si attua in molte montagne appenniniche. Se é vero infatti che il Faggio comprime e limita la diffusione dell’Abete, é¢ pur vero che quest’ultimo non si rinnova naturalmente nelle Abetine « pure », ma nelle Faggete.
IV.
214 a.
mene
Abies alba (A.pectinata)
157. AREALE
oS
DELL’ABETE BIANCO da Walter.
(Abies alba)
2
L’ITALIA APPENNINICA
E MEDITERRANEA
ADICS
Stazioni azioni incert i e
158. LE « RAZZE MEDITERRANEE DISGIUNTE » DELL’ABETE BIANCO (da Mattfeld). “
La competizione che ancor oggi noi osserviamo ha avuto tuttavia episodi ben piu grandiosi nella storia della vegetazione forestale appenninica nel periodo postglaciale. Sono noti infatti periodi di « culminazione » dell’Abete bianco (mentre il Faggio si riduceva a scarsa e anche minima estensione), al punto di poter ammettere l’esistenza di una fascia altitudinale nettamente dominata dalle Abetine (Cu1aruci). I] clima doveva essere allora caldo-umido, in confronto al clima fresco-umido che ha favorito la culminazione del Faggio.
Le «razze mediterranee disgiunte» dell’ Abete bianco.
Si potrebbe andare
anche pit addietro nel tempo, scendendo fino ai periodi interglaciali, e al periodo di passaggio fra terziario e quaternario. E necessario ammettere che vi sia stata un’epoca in cui l’Abete bianco é stato assai pit: diffuso intorno al Mediterraneo: lo testimoniano in modo eloquente numerose
specie di Abies rimaste accantonate
e isolate qua e la sulle montagne
litoranee: ]’Abete di Spagna (Abies pinsapo) in poveri resti sulle aridissime montagne della Granada, gia depredato dai « carboneros » e per la costruzione delle prime « arene » delle corride;
]’Abete del Marocco
(Abies pinsapo var. marocana,
0 Abies marocana)
mescolato
al
Cedri sulle montagne di Xauen; |’Abete di Numidia (Abies numidica) dell’Algeria orientale; l’Abete di Cilicia (Abies cilicica) del Tauro di Cilicia; |’Abete greco (Abies cephalonica) diffuso in varie razze minori in Grecia; l’Abete di Re Boris (Abies boristi-regis) nel Nord-Est della Penisola Balcanica; l’Abete del cavallo di Troja (Abies equi-trojani) e l’Abete di Bornmiller (Abies bornmuellert) in Asia Minore; l’Abies nordmanniana nel Caucaso. Anche in Sicilia appare una specie isolata ed endemica (ma affine, come tutte le precedenti, all’Abies alba): l’Abete dei Nébrodi (Abies nebrodensis). Pochi esemplari restano ormai di questo albero, che doveva costituire gran parte di quelle dense selve sicule, di cui scrivono antichi autori come il Nixo e |’Asu-ALI e si trova notizia fino a due secoli or sono. Una razza mediterranea assai affine all’Abete dei Nébrodi costituisce anche l’Abete che forma ancora vaste selve a Serra San Bruno in Calabria. E fatto assai singolare che |’Abete non tema qui la concorrenza del Faggio, ma anzi divenga invadente delle Faggete. Vi € stato chi ha ritenuto l’Abete bianco dell’Appennino Centrale e Settentrionale una razza distinta (Abies alba var. apennina del Giacopse), ma vi sono al. proposito forti obiezioni. Si ammette che si tratti al pit di una razza biologica, non morfologica, caratterizzata da adattamento, da pit veloce ritmo di sviluppo e da maggiore resistenza all’aridita. Tali caratteri sarebbero specialmente esaltati nell’Abete di Serra San Bruno.
LE
FAGGETE
E LE ABETINE
215
Le Abetine di Serra San Bruno. «Non credo - scrive il Trotter - vi sieno altre regioni dell’Appennino Centrale e Meridionale nelle quali esistano boschi naturali di Abeti maestosi come intorno alla conca di Serra ». Si estendono in altitudine fra 850 e 1420 m, in un altipiano ricco di acque superficiali, umido e fresco perché aperto largamente verso Nord.
Vi domina
incontrastato
|’Abete
con
pochissimo
Faggio,
qualche
Leccio,
qualche
Farnia,
Laureola (Daphne laureola), Pungitopo (Ruscus aculeatus), e molte specie erbacee proprie solitamente della Faggeta, pure largamente rappresentata nella zona. Ma vi sono nella Penisola altre Abetine o residui di Abetine che possono pure essere consi-
derate originarie. Il « Pigelleto » di Pian Castagnaro sul Monte Amiata in Toscana, fra 650 e 800 m, « venerando avanzo della foresta che diede alberi alle navi etrusche e romane e le armature borei:
alla costruzione
di Pienza » (Necr1);
uno, superiore, misto di Abete
Aceri, Sorbi, Ornielli. Altri esempi ricordano Gavio.r
in Lucania,
il Trotrer
questa foresta tende a formare
due strati ar-
e di Faggio, l’altro, inferiore, di Carpino,
il DE Puitirris
nell’Avellinese
Carpinella,
sui monti del Salernitano, il
e nella Sila.
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CENNI SULLE ORIGINI DELLA VEGETAZIONE. - CHIARUGI A.: Le epoche glaciali aA punto di vista botanico. Quaderno n. 16 della Accad. Naz. Lincei, 1950. - CHIARUGI A.: Cicli forestali postglaciali nell’Appennino etrusco. In «N. Giorn. Bot. Ital.» 43, 1936. - DE STEFANI C.: Flore carbonifere e permiane della Toscana. Firenze 1898. - GAMS H.: Der tertiare Grundstock d. Alpenflora. In «Jahrbuch Ver. z. Schutz d. Alpenpfi> 5-1933, Munchen. - GAMS H.: Die nacheiszeitliche Geschichte d. Alpenflora. Ibid. 10, 1938. - HOLDAUS K.: Das Tyrrhenisproblem. In , Heleocharis palustris (Scirpo
palustre),
140,
141,
233
HELIANTEMION GUTTATI, 223 Helianthemum llionii, 245, 247; alpestre, 50; apenninum, 201; chamaecistus, 131; guttatum, 223; nebrodense, 245; nummularium,
63, 76; tuberaria, 250 Helichrysum sp., 177, 186, 195, 202, 247, »252: “stalicum; 198 * 310, 322; nebrodense, 245; pendulum, 198 Helleborus lividus, 242; niger (Rosa di Natale), 26, 148 * 22
212
INDICE
HENRY (giardino), 119 Heracleum orsinii, 250; sphon-
dylium, 72 Heteropogon allionii, 149 Hibiscus palustris, 232 Hydrodyction reticulatum,
135, Hieracium alpinum * 197; intybaceum * 206; pilosella * 66 Hippomarathrum siculum, 225 Hippophaé rhamnoides, 104 Hissopus angustifolius, 247 Hladnikia golaka, 250
Holcus lanatus, 72, 137 pone alpina * 66; discolor, 94 Hordeum sp., (orzo), 262; bulboseum, 225; murinum; 143 HRUSKA (giard.), 119 * 232 Hugueninia tanacetifolia, 145 Humulus lupulus (Luppolo), 126, 143, 232
Humus, 67, 116, 117 Hutchinsia alpina, 91, 115; traea
brevicaulis, oe
103,
splendens,
65
44
_
Iberella, v. Thlaspi rotundif. Iberidella, v. Hutchinsia 244, ;
246; ;
Ilex aquifolium (Agrifoglio), 148, 199, 211, 215. Iicium
anisatum,
religiosum,
152 Imbrentano, v. Cistus IMBRIFOBE (piante), 101 Imenofillo, v. Hymenophyllum Imperatoria ostruthium, 83 INFESTANTI (piante), 141, 142, 143 * 361-366 INTERGLACIALI (pause), 258 INTERRAMENTO, 84 * 259, 339 Inula candida, 244 * 182, 183; crithmoides, 236, 237; viscosa, 249 INVERSIONE TERMICA, 111 INVERSIONE
ZIONE
* 90
DELLA
Kernera saxatilis, 240 Knautia arvensis (Vedovella selvatica), 72, 73; baldensis, transalpina, 96 Kobresia bellardii, v. Elyna Kochia saxicola, 250 Koeleria cristata, splendens, 227;
gracilis
(Paleo
VEGETA-
Iperico, v. Hypericum Ipocheride, v. Hypochoeris IPSOFILA (specie), 59 IPSOTERMICO (periodo), 41 Iris pseudo-acorus (Giaggiolo giallo), 144, 232 * 340; chamaeiris (nano) * 381 Isatis apennina, 250 Isoétes duriaei, 232; malinvernianum, 136 * 102; velata SLT)
Jsopterygium millerianum, 122; depressum, 121
121,
Laburnum ciondolo *121;
Jambosa australis, 255 Jasione montana (Vedovella), 63 Jeracio, v. Hieracium Jubaea spectabilis (Palma del Cile); 255 JULIANA (giardino), 119 Juncus sp. (Giunco), 83, 85,
2
238
els)
* 444;
122
alpinum
(Maggio-
lo),
LAGACCE, 232 LAGHI INSUBRICI
d (vegetaz.
dei) * 262, 263 Lagurus ovatus (Coda di pre), 223 * 164 Lamium garganicum, 244
le-
Lampone, v. Rubus idaeus Lappola, v, Xanthium italicum Larice, v. Larix decidua LARICETUM PRATOSUM,
47 Larix decidua (Larice), 45 47, 48°. 68 * 28, 29, 36, 38,
42, 72, 74 Laserpitium siculum, 250 Latania borbonica, v. Livistona Lattaria
(Erba),
v.
Cerastium
Latte di gallina, v. Ornithogalum Lattuga alpina, v. Mulgedium Lattuga
montana,
v. Prenanthes
Launea resedifolia, v. Zollikoferia resedifolia Laurentia michelii, 233 Lauretum, 157, 167, 192 Laurus sp. (Alloro, Lauro), 181, 193; 200; canariensis, 259; nobilis, 147, 191 Lavandula sp. (lavanda), 155, 195, 199, 202; officinalis o Lav. spica (Lavanda vera), 201 * 326; stoechas, 198 NAG 74:b) Lavatera maritima, 241 Lecanora polytropa, 109 Leccio, v. Quercus ilex Lecidea (Buellia), 109 * 224 Lemna minor, 135, 141 * 141,
258;
polyrrhyza,
144
Lenticchia, v. Vicia lens Lenticchia d’acqua, v. Lemna m. Lentisco, v. Pistacia lentiscus Leontodon autumnalis, 78; berinii, 95, 131; cichoraceus, 227 DISHIdUS son 7.61 OAs 103
* 212
Leontopodium alpinum (Stella alpina, Edelweiss), 81, 89,
J
[5A
76
delle Alpi), 26 anagyroides (Avorniel-
montanus,
tus,
gracile),
L Labulbeniali,
Hymenophyllum tunbridgense, 122, 247 Hypericum aegyptiacum, 189, 241; maculatum * 66 Hypochoeris uniflora *66, 130
Iberis semperflorens, saxatilis, 230
K Kalmia latifolia, 152 Kernera alpina, 94, 101
115; pe151.5230;
247, 24 Heaonie natans, 232 HYLOCOMIETUM, 65, 66 Hylocomium proliferum, * 49;
macrocatpa (Gin. coccolone), 236 * 368, 448; nana, Soi LOS walla 2202, * 39, 87,75; oxycedrus (Gin. rosso), 184, 187, 193, 200, 220 * 137, 138; phoenicea, 187, 189; 2049 * 1375 139; thurifera, 187
7259:
acu=
bufonius,
233; mus,
capitatus, 233; mariti238; pygmaeus, 233; trifidus, 240 * 66 Juniperus sp. (Ginepro) 50, 126, 1D) el Op SO LO, 259), 257; cedrus, 187; commuMS na0 noo lol, 220) 935:
125
228
campestre
O38
* 58;
243,
248
* 58,
58.
1S:
nivale,
228,
407
Lepidium draba (Erba di S. Maria), 142 Lepidodendri, 256 Lepiota procera (Mazza di tamburo) * 62 Lepraria aeruginosa, caesia, 122 Leptodon smithii, 122 * 220
Leptospermum stellatum, 153 Lerca, v. Cytisus triflorus Leskeella nervosa, 121 Leucanthemum vulgare, crassifolium, 249 Leucobryum glaucum, 66 Leucoium vernum * 13
var.
,
Lichene,
v.
Acarospora,
Alec-
toria, Buellia, Ceratocarpus, Cetraria, Chlorea, Cladonia Evernia, Gyrophora, Haematomma, Lecanora, Lecidea,
Lepraria,
Parmelia,
Rhyzo-
carpon, Stereocaulon, Thamnolia, Umbilicaria, Usnea, Xanthoria Lichene su Faggio * 26 Licopodio, v. Lycopodium
Ligustico, v. Hladnikia golaka Ligusticum mutellina * 81 Ligustrum vulgare, 26,127,254 Lilium (Giglio) carniolicum, 98; martagon (Turbante di turco), 127 * 66 nymphoides Limnanthemum id pLy f
Limonium bellidifolium (Pratolina), 238 Linaria alpina, 103, 107, 108, 131 * 79) (228:) purpurea, 243; tonzigii, 96 Lingua cervina, v. Phyllitis Lingua serpentina, v. Ophioglossum vulgatum ~ Tinnaes borealis, 44, 50 * 33 Linum alpinum * 132; flavum, 132; usitatissimum, 262 Liquidambar, 258 * 453 Listera cordata, 44 Lithospermum sp., 128, 244; rosmarinifolium, 242, 246 * 414
LITOFITE Litorella 140,
(piante), lacustris 141
115 (uniflora),
* 264
LIVELLI CLIMAX, 19 Livistona chinensis (Latania borbonica), 153, 254 mee er procumbens, 60, 61 * 40, Lolium a (Loglio), 71, 72, 226; italicum, 137; perenNewsies Lonicera caprifolium (Caprifoglio), 126, 127, 194; caerulea, 48; etrusca * 177; implexa, 170 Loranthus europaeus * 277 bis Loto egizio, v. Nelumbium Lotus corniculatus (Ginestrina), 78, 132; cytisoides, 246 Luppolo, v. Humulus lupulus
Lupsia galactites (Spina bianca); 225 Luzula campestris, 73; multiflota * 66; nivea, 31; spadicea, 103, 107; spicata, 108, 240 Lychnis eo (Fior di cuculo), 140 * 87 Lycium REE et 189 Lycopodium sp., 56, 57; annotinum, 44; inundatum, 135 Lygeum spartum, 242, 223 Lythrum graefferi (Salicaria di Graeffer), 232
M MACROFITE (piante), 246 Maggiociondolo, y. Cytisus MAGGENGHI, 75 ‘MAGNOCARICETUM, 84 Magnolia sp., 256, 257, 258; grandiflora, 152 Mais, v. Zea mays MALACOFILLIA, 252 Malebo, v. Prunus mahaleb Malva drepanensis, 245; silvestris, 143 MARCITA, 137 Margherita, v. Chrysanthemum Marsilia quadrifolia, 144 MASSA (EFFETTO DI), 18 Matricaria chamomilla, 143 Matthiola incana, 246; sicula, 245; sinuata, 235, 241, 246 Mazza di tamburo, v. Lepiota Mazzolina, 227 Mediche (erbe), 225, 226 MEDITERRANEIS, 155, 257
GENERALE
ALFABETICO
Melampyrum silvaticum, 44 Melandrium auricularum, 243; elisabethae, 95 * 146 Melanzana, v. Solanum Melitella pusilla, 245 * 184 Melittis melissophyllum, 27 Menyanthes trifoliata (Trifoglio acquatico), 84, 138, 233 Meraviglia gialla, v. Oenothera Mercurialis annua, 143 Mesembrianthemum sp., 252, 255;
acinaciforme
(Fico
de-
gli Ottentotti), 247 * 375 MESOBROMETO, 74, 77 MESOFILI (boschi), 27 Mezereo,
v. Daphne
mezereum
MICELIO, 68 MICORRIZIA, 67 MICROCLIMI, 18 MICROTERMICO (carattere), 42 MIGRATRICI (piante), 102 MINDEL, 258 Minuartia aretioides, 93, 108; rostrata, rupestris, 93 Miosotide, v. Eritrichium, Myosotis Miriofilli, 144 Mirtillo, v. Vaccinium Mirto, v. Myrtus Mirto australe, v. Jambosa
Mnium spinosum, 66; undulatum, 66 * Moehringia dasyphylla *77; glaucovirens, 94; insubrica 96, 149 * 169; polygonoides * 180; ponae, 96, 149 Moenchia erecta, 127 Molinia sp., 73, 226, 227; altissima * 253; coerulea, 31,
63,500) a4 MOLINIETALIA, 71 Morisia hypogaea, 242 * 180 Mortella, v. Myrtus Mortellina palustre, v. Oxycoccus quadripetalus MORTOLA, giardino, 254 * 441 MUGETUM, 54 Mugo, v. Pinus montana, var. mughus Mulgedium alpinum, 55 MULL, MULL-RENZINA, 117 Musa
ensete,
disiaca,
152,
254;
para-
152
Muscari botryoides (Urceolini selvatici), 143 * 80; comosum, 143, 149; racemosum, 149 Muschi, v. Amblistegium, Andraea, Bryum, Calliergon,
Cratoneurum,
Ctenidium, Di-
cranoweisia, Distichium, Drepanocladus, Eurhynchium, Fontinalis, Grimmia, Hylocomium, Isopterigium, Leptodon,
Leskeella,
Leuco-
bryum, Mnium, Philonotis, Pleurozium, Polytrichum, Ptilium, Rhacomitrium, Rhytidiadelphus, Schiscuieeue Sphagnum, Thamnium, Thuidium, Trematodon
oe
sp
350; 66,
10421355
MUTUALISMO, 68 Myosotis alpestris, 59, 248 Myricaria germanica, 104 MYRIOPHYLLETO
TUM, 136 Myriophyllum * 265 Myrtus
-
NUPHARE-
spicatum,
communis
(Mirto,
135 Mor-
tella) "163, 174, 179 et Sie 184, 186, 252 * 131, 301 N Najas, 141, 144 * 341 Nananthea perpusilla, 243 *181 Napello, v. Aconitum Narcissus poéticus (Narciso), 74, 184 *79 NARDETUM, 117 * 66 Nardus stricta, 47, 78, 230,
234
* 66,
88
INDICE
GENERALE
Nasturtium officinale, 136 * 101 Nelumbium speciosum (Loto egizio), 140 Neottia nidus-avis, 36 Nerium oleander, 147, 152, L938, 22501 144, 434, 435
NERVI
(parco),
Ottelia alismoides, 144 Ovolo, v. Amanita Oxalis acetosella, 36 * 17 Oxycoccus quadripetalus, 86
Oxyria
Nigella damascena, 149 Nigritella nigra * 217 NITROFILE (piante),
PADUSA,
143
Paliurus aculeatus, 206 Palma, v, Phoenix, Erythaea, Washingtonia, Jubaea, Trachycarpus, Chamaerops Palme sp., 257 246;
OLEO-CERATONION, 163, 166, 167, 189 OLEO-LENTISCETUM, 179 OLIGOTROFI (suoli), 59 Olivastro, v. Olea (oleaster) Olivella, v. Daphne mezereum Olivo, v, Olea europaea Olmaria, v. Spiraea ulmaria Olmo, v. Ulmus campestris OMBRIVAGHE (piante), 37 Ononis natrix, 149; ramosissima, 236; spinosa * 69 Onosma angustifolium (Echioide) * 413; columnae, 223 Ontano, v. Alnus
vulgatum,
233
Ophrys. apifera, 77; bertoloni * 289; lutea * 290; neglecta622> Oppio, v. Acer opalus Opuntia ficus-indica, 164, 247,
249, 225, 262 * 306; garis, 39, 151 * 179 Listera
vul-
cordata,
Ophrys, Orchis. Orchis militaris * 10; morio, 77; papilionacea ssp. rubra, 225; sambucinus * 71; tridentatus * 86 Orecchia d’orso, v, Primula ORIZZONTE NIVALE, 105 ORIZZONTI-CLIMAX, 158 ORIZZONTI (del. suolo), 117 ORIZZONTI (della vegetazione) alo,
Ny, 16
Orniello, vy. Fraxinus ornus Ornithogalum umbellatum (Latte di gallina), 143 Ornithopus sp. 226; perpusillass 1277; ORTI BOTANICI * 455-459 Ortica, v. Urtica Oryza sativa (Riso), 126, 144,
Orzo, v. Hordeum Osiria alpina, v. Oxyria Osiride, v. Osyris
digyna
58
Osmunda regalis (Felce), 135, 232 * 238
OSSIFILE
O
28,
(piante), 115 Ostrya carpinifolia ees Carpino nero), 26, 36, 125,
Ds ol, AWG, 208, 211, 215 261 * 384
Osyris
alba,
184,
252
209,
glauco,
223,
246
v.
Setaria
Panico indiano, v. Eleusine Papaver alpinum, 91, 103 *79; argemone, 143; burseri, 248; kerneri, 97; rhaeticum, 91, 103 * 225; rhoeas, 143 * 362; somniferum, 261 Papiro, v. Cyperus papyrus PARACLIMAX, 20 PARASSITE (piante), 67 PARCHI NAZIONALI, 118 Parietaria cretica, 247; diffusa, TAQ> Sjudaicas 1215 145; 247; lusitamica, 247; officinalis (Erba vetriola), 121 Vis Lamitlora »/0/: Paris quadrifolia, 28, 127 * 53 Parmelia encausta, 109 Parmeliopsis ambigua, 66 Parnassia palustris, 85
PARVOCARICETUM,
84
Passerina, 198, 223 Passiflore, 254 Pastinaca, v. Echinophora Patata, v. Solanum tuberosum Peccio, v. Picea excelsa Pedicularis acaulis, 94 * 165; adscendens, 98; gyroflexa * 9 * Pelargonium (Geranio) * 442 Peltigere, 66 Peonia, v. Paeonia Peperone, v. Capsicum annuum Perastro, 189 Peridinee (alghe), 140 Periploca angustifolia, 189 Pero sp., 126; selvatico, 189 Pero corvino, v. Amelanchier Pervinca, v. Vinca Peste d’acqua, v. Anacharis Petagna saniculaefolia, 245 Petasites paradoxus, 103, 104 pH, 66
Phagnalon
saxatile,
246
Phalaris canariensis (Scagliola), 142, 225; tuberosa, 225 Philonotis fontana, 83 * 167 Phleum alpinum, 78 * 88; boehmeri, 76 Phlomis fruticosa, 177, 178, 241; herba venti * 287
Phoenix
canariensis,
152,
254;
dactylifera (dattero), 153; 254 * 456; senegalensis, 254; tenuis, 153 Phragmites communis (Canna
palustre),
140,
233
* 259,
444
Phillyrea sp. (Fillirea), 183, 187, 188, 189, 192, 194, 2OW, 2025 POR, 2 = 30 302;
latifolia,
148,
170
Phyllitis
CALCIFUGHE
maritimum,
Panico
344,
Osrnothamnus,
258
Paglietta odorosa, v. Anthoxanthum odoratum Paglietta triviale, 227 PALEARIDIS, 257 PALEOEQUATORIALE, BSS} Paleo gracile, v. Koeleria
Pancratium _ illyricum,
o OCEANICO (carattere, clima, condizioni), 29, 241 Oenothera biennis (Meraviglia gialla), 64, 128, 129 Olea europaea, 146, 155, d5654 163, 179; 180, 182, PSO eon 255. 128) 263) 347, 348; var. oleaster, 174, iyceweo, 184° 187. 18s) 189, 192, 194; var. sativa, 178 Oleandro, v. Nerium oleander
eer,
108
124
Paederota (Veronica), Paeonia foemina * 4
Nuphar luteum, 136, 140, 141 Nymphaea alba, 140, 141 * 267 NYMPHAEETUM, 140
v.
97,.107, P
* 115-118, 135-137 Nocciolo, v. Corylus avellana Nostoc punctiforme, 122 Notholaena marantae, 151 * 422
Orchidea,
digyfa,
254
NEVI (limiti), 105 * 80 NEVI COLORATE, 109 Nicotiana tabacum, 262 Nido d’uccello, v. Neottia
Ophioglossum
21S
ALFABETICO
148;
hemionitis,
ee
media,
247;
(Lingua
na), 20 Riaeed ‘comosum,
95
sco-
cervi* 126;
hemisphaericum, 79, 108; hedraianthifolium (Raponzolo, 93 * 174; humile, pedemontanum,
scheuchzeri,
108
Phytolacca decandra (Vite di Spagna), 64, 129; dioica, 255 Picea excelsa (Peccio, Abete Tosso)y 20 Ae. doy loo. Rios, Polink, ASO CO 7 eh 24, 194, 195, 16, 28-30, 50, 51; omorica * 23, orientalis, 153
PICEEION
EXCELSAE,
PICETUM
(clima
Pimpinella maior, 72 Pimpinella| spinosa, fium
20, 163
del),
157 v.
Pote-
spinosum
PINETO-ERICETUM, 40 Pinguicula alpina, 28; hirtiflofa, 247 PINION MONTANAE, 20 Pino austriaco, v, Pinus nigra Pinocchina delle rupi, Pinocchina nerastra, v. Sedum Pino d’Aleppo, v. Pinus halepensis; domestico, v. P. pinea; loricato, v. P. leucodermis; marittimo, v. P. pinaster; silano, v. P. laricio
Pinus
sp.
(Pino),
48,
138,
| Pill, 23, PG, 2S 1
195, 309, 310; canariensis, radiata, 153; cembra (Cembro, Cirmolo, Cirmo), 49 * 30, 31, 54, 55; clusiana, 217; dalmatica, 217; fenzlii, 217; halepensis (Pino
d’Aleppo), WS 327,
Pal 328;
166,
167,
176,
* 126, 127. 310, laricio o P. nigra
calabrica,
217 * 160, 338, 353; leucodermis o heldreichii (Pino loricato), 219, 248 * 355; mauritanica, 217; mesogeensis, 175; montana,
ull, 53), S45, PIG) 9 Bae, CYS. 47, 48; montana mughus (PiHOM MUO) oho Ale OF 2095 = 2615 S555 montana palsies; AA), 2e0e montana uncinata, 53; montezumae), 152; nigra (Pino
mero),
la
217)
22
5A4~
45, 338, 354; pallasiana, 217; pinaster (Pino maritti-
moO Noi, WZ, * 124, 125, 345; no
domestico),
MNS, 27 pinea (Pi167
,172,
Thay,
MUS), Aorils, Boley
> Uiaes
123,
280,
309, 329-331;
poi-
retiana, 218, pulcherrima, 172; salzmanni, 217; silveSthIS POS OL, ais l29, 2o95 261 “185 195 20; 43; 244, 252, 253 Pinus nigra
laricio
calabrica,
v.
Pinus
Pinus pumilio, v. Pinus montana pumilio PIONIERE (piante), 12, 99 Pioppo, v. Populus Pirola uniflora, 44 * 27; secunda, 44 PIROTTEA (giardino), 119 Pistacchio falso, v. Staphylaea Pistacia lentiscus (Lentisco), NGS
lye
136, 193,
LS7i) L885 S95 1925 194, 2025 * 1405 144°
303,
447;
eo ee Oo
terebinthus
binto), 148, 184, 188, 192, 197, 200, 208, * 148, 188
(Tere-
189, 252
Plagius flosculosus (Crisantemo spinuloso), 243 Plantago alpina, 229 * 134;
bellardii, 223, 225, 226; maritima
* 173;
montana
229
Platanus sp. (Platano), 133, DE, PSY Platanus orientalis, 210 Pleurotus columbinus * 29 Pleurozium schreberi, 44, 65 * 46 Poa alpina (Fienarola alpina), WD, SO, iWlohs;, SUNS, PTS PX *52; annua, 7/5, 121; balbisii, 246; bulbosa, 227, 233; laxa, 108; trivialis, 226
PODSOL, 117 Polemonium coeruleum POLLINI FOSSILI, 260 Polygala alpinum, 98;
* 140 * 194 carue-
lianum, 243; chamaebuxus thodoptera, 149 * 3; comosum, vulgare, 63
Polygonum aviculare, 143; bistorta, 73 * 95; persicaria, 143; viviparum, 80, 115 Polypogon monspeliensis, 132 Polyporus officinalis * 72 POLITRICHETUM * 233 Polytrichum commune, 66 * 46; piliferum * 245; sexangulare, 106 * 81, 233 POPULETO-SALICETUM, 128 POPULETUM ALBAE, 210, 250
Populus sp. (Pioppo), 126, 133, 166 * 254; alba, 204, 210 * 93; australis, 211; euramericana, 131; nigra, 131, 210 * 93; tremula, 232 Porcino, v. Boletus edulis Posidonia caulinit, 235
POSTGLACIALE (periodo), 260 Potamogeton sp., 135, 144, 238 * 101; crispus, densus, natans, 136, lucens, perfoliatus, 140, 141 Potentilla aurea, 80 * 66; calabra, 227; caulescens, 101, 248 *182; clusiana, 98; crantzii, 80, 108; erecta (Tormentilla) 45 85. “66 virtgida 108; grandiflora, 79; nitida, 98, 240 * 123; ni-
vea, 240; palustris, 86; saxifraga * 7/77, POTENTILLETUM CAULESCENUS LOL Poterium spinosum,
DSP Prasium
maius,
198,
241,
189
Pratolina, v. Limonium Prenanthes purpurea (Lattuga montana), 36 Primula sp., 28, 72; allionii, 98 * 77; auricula (Orecchia d’orso), 91 * 183; balbisii, 248; carniolica, 97; clusiana
* 74; daonensis, 93; farinosa, 85 * 86, 99, 93; glaucescens, 96 * 74, 153; hirsuta, 91, 93, 102, 108; integrifolia, 91, 93; marginata, 98; minima * 155; palinuri, 244
* 377; pedemontana, 97; spectabilis * 74; tyrolensis, 96; veris * 67; viscosa, 91; vulgaris *11; wulfeniana, NG 2 ei Primula d’oro, v. Gregoria PRIMULETUM HIRSUTAE, 102 PROSTRATA (pianta), 112 PROTAGONISTE (specie), 260 Protococcus, 122, 250 Prugnolo, v. Prunus spinosa Prunella grandiflora, 76 Pruno spinoso (Prugnolo), 28,
131, 189, 206, 208, 232 * 20 Prunus avium (Ciliegio selvatico)} -28, 215; mahaleb,; 206; prostrata, 221; serotina, 64 arenaPsamma (Ammophila) ria, 236 * 446
PSAMMOFILE (piante), 236, 237 Psoralea bituminosa (Trifoglio bituminoso),
225
Pteridium aquilinum (Felce aquilina), 30, 64, 199, 226, 227 5252 Pteridosperme, 256 Pteris cretica, 121, 122, 148 * 220; longifolia, 250 Pterocarya, 259 Prilium crista-castrensis, 44, 50, 66 PULVINATE (piante), 113, 220, Pungitopo, v. Ruscus aculeatus
274
INDICE
Q QUERCETO - BUXETUM,
200,
207 QUERCETO TUM, 128
LITHOSPERME-
QUERCETUM ILICIS, 155, 163, 170s W283 QUERCETUM
ILICIS MEDITER-
RANEO-MONTANUM,
199
QUERCETUM ILICIS PUBESCENTOSUM, 199 QUERCETUM ILICIS SUBERETOSUM, 172 Querciola
(erba),
v.
QUERCION ILICIS, 166, 167
QUERCION QUERCION
189,
193,
194,
SOE
SG.
124, 216,
LOU
Waye%. coccifera
166, 169, 197, 200,
KES,
ASO),
eafals
Tie
Soy
1 S4r
eZ
OTs
200, 202, 206, 208, 209, 2QNG.9 252) 2025 2045 2515 261 * 115, 116, 284, 296, 297, 302, 303, 314; lusitanica 207; pedunculata, (Farnia), 27, 28, 127, 128, 130, Ig, Dil Dee AO ee?As petraea o sessiliflora (Rovedetta),
27,
29, 130, 200, 261 * 8; pubescens (Roverella o Quercia lanuginosa), 25, 29, 128, 150), iG), TGs. hos aS 183, 192, 197, 200, 206, DOT 20S 20958 23255 261 *6, 311, 313; robur, 26, 173, 174;
suber
ferrugineum,
* 37, 38,
Gap,
(Quercia
ghero o Sughera), 166 lGja 168, TS Suet sya
baeticum
vies ni2s, alls PG)
209, 232,.* 152, 350; ilex (Meccio) a iy SD GS;
propriamente
brachycarpum, Son oe
204, 206 * 119; coccifera var. imbricata, 196, dalechampii, 211 * 155; farnetto
re
Salvinia
* 193;
163,
aegilops (Vallonea), 170, 206 * 120; cerris (Cerro), 29, 426. 127, 168; 183, 207,
314, 350, 351; (Quercia spinosa),
geografico), 56, 100 * 144 Rhododendron sp, (Rododendro), 117, 120 * 42; arboreum, argenteum, 152;
Teucrium
TREAE, 20, 26 Quercus sp. (Quercia), 129, 131, 138; 15% D529) all, 195:
Plas
248 Salsola
19,
PUBESCENTIS, 163 PUBESCENTIS - PE-
AKA
Rhamnus alaternus (Alaterno), 147, 170, 183, 189, 194; alpina (Frangola alpina), 248; cathartica (Spino cervino), 28, 206; frangula (Frangola), 28; glaucophylla (Frangola glauca), 243 Rhaponticum scariosum * 176 Rhizocarpon (Buellia) alpicola, 100; geographicum (Lichene
da
su-
155, 163, 169, 171, Swale1 277
278, 293, 294; troiana o macedonica (Fragno), 206, 207 * 149, 300; virgiliana * 120
SE
44,
50,
66, 56; hirsutum,
lbh
Sys
eieu
87, 57; lapponicum, myrtifolium, 58; ponticum, 58,
L485) 1525259" * 193 RHODORETO-VACCINION, 20 Rhodothamnus chamaecistus (Rodod. nano), 58 * 161 Rhus
cotinus
(Cotino),
151;
dioica, 189 Rhyncospora alba, 138, fusca, 138, 233 Rhytidiadelphus, 44, 65
233;
2392 RIPOSO ESTIVO, 251 Riso, v. Oryza sativa RISORGIVE, 135 * 98, 100 Riss, 258 : Robbia, v. Rubia peregrina Robinia pseudacacia, 28, 70,
142,
166 * 95
Rododendro, v. Rhododendron, Rhodothamnus Romice, v. Rumex Romulea columnae, 184 ROSA DE MARCHI (giard.), 119
Rosa di Natale, v. Helleborus Rosa pendulina, 48 Rosa sempervirens (R. sempreverde), 170, 184, 192 ROSMARINO-ERICION, 197 Rosmarinus officinalis (RosmaFino); 147, 155; 174, 177, 197,
199;
* 145,
202.
146,
2415,
252
280
ROSTANIA (giardino), 119 Rovere, v, Quercus petraea Roverella, v. Quercus pubescens Rubia peregrina (Robbia), 148 Rubus idaeus (Lampone), 44 Ruchetta di mare, v. Cakile RUDERALI (piante), 142 * 270-
273 Rumex alpinus, 82 * 135 Ruppia sp., 204; maritima, 237; rostellata, drepanensis,
238 Ranuncolo montano, 229 Ranunculus sp. (Ranuncolo), 72, 137; acris, 143; alpestris * 227; aquatilis, 136 * 342; brutius, 211; bulbosus, 73, 77; bullatus, 184; calabrus, majellensis, 241;
chamissonis 135,
136;
ciai),
92,
* 70;
flaccidus,
106,
108,
112
pyrenaeus * 103; rupestris, 242; seguieri, 99, 103; tenophyllus, Raponzolo
S
glacialis (dei ghiac
* 70, 205, 236; pusillus (R. mano), 223; pygmaeus, 92; rii, 229;
Ruscus aculeatus (Pungitopo o Rusco), 28, 126, 128, 170, USO 1925) 2115 Russelia, 255 Ruta sp., 247; bracteosa, 189 corsica, 248; graveolens, 147;
thora * 104;
tricho-
136; villarsii * 436 retico, v. Phyteuma
Ravastrello, v. Cakile maritima Renaiola di Pona, v, Moehrin-
gia ponae RENZINA, 117 Reseda alba, 249 RESINAZIONE * 44, 131 Retama gussonei, 236 Rhacomitrium canescens, * 246
238
Salvia sp., 178, 195, 224; gussonei,
247;
officinalis,
199
* 322; pratensis, 72, 76, 132; sclarea, 199; triloba, 177 natans,
Sambucus nigra, Sanguinella, v. Sanguinello, Sanguisorba
144
* 266
129 Andropogon
v. Cornus dodecandra
* 170; officinalis, 132 S. Maria (erba), v. Lepidium Santolina marittima, y. Diotis Santolina neapolitana * 400;
pinnata, 243 Saponaria lutea
(gialla),
98;
ocymoides, 151, 240; officinalis, 143; pumila (Silene pumilio), 98 * 154
SAPROFITE (piante), 67 Sarothamnus scoparius (Ginestra
dei
carbonai),
* 44,
31,
253
63,
Sassafras, 257 Satureja alpina (Calaminta delle Alpi) * 209; fruticosa, 198; graeca tenuifolia, 247; montana, 201 * 322 Saussurea alpina, 92
Saxifraga
aizoides
(Sassifraga
autunnale), 83, 92 * 166dzs, 203; aizoon, 81, 92; ampullacea, parnassica, tridens, 248; androsacea, 92 * 201; aphylla, crustata, squarrosa, 94; arachnoidea (ragnatelosa),
96.
* 735,
91,
108,
240;
des,
moschata,
I7is -aspera:
aspera
bryoi-
retusa,
108;
biflora, 93, 108; burseriana, 94 * 72" caesia, Ole Ol OAs 240 * 186; cernua, 92; cotyledon, 92 * 200; cuneifolia, 44; diapensioides, exarata, 91, 102, rulenta, valdensis,
98 * 72; 108; flo97; ma-
cropetala, 93 * 122; muscoides, 93, 108, 248; mutata, 90; oppositifolia, 92, 103, 108, 240, 248 * 204; oppositifolia murithiana * 202; pedemontana, 97, 102; petraea, 94 * 156; porophylla * 439; presolanensis, 96 * 76; rudolphiana, * 158; seguieri, 93, 108, 248; stabiana, apennina, 243; stellaris, 83 * 167; tombeanensis
* 72; vandellii, 96 * 94, 149 Scabiosa columbaria, 149; cretica, 246; dallaportae, 244 * 398; garganica, 244; liminifolia, 246; vestina, 96 Scagliola, v. Phalaris Scarpetta di Venere, v. Cypripedium calceolus Schinus molle (Pepe falso), 255 Schistostega osmundacea, 121, ee OT Schoenus nigricans (Giunco ne-
ro);
1325
238:
* 96
SACCAROFILLE (piante), 112 Saccharum officinarum (Canna da zucchero), 261 Sagittaria sagittaefolia, 232 Salicaria, v. Lythrum Salice, v. Salix SALICETUM HERBACEAE, 106
Scirpo palustre, v. Heleocharis Scirpus holoschoenus, 144
Salicone, v, Salix pedicellata Salicornia sp., 204, 239; frutiCOSAy 23'S" 7 An as ln aaa herbacea, 238
Scleranthus annuus, 133 Scotano, v. Cotinus coggyria
SALICORNIETUM, 238 Salix alba (Salice bianco), 131, 210 * 94; daphnoides, trian107
* 41; serpyllifolia, 61 kalis 238:5.239 * 175;
soda,
249
Ribes sardoum, 248 Riccia fluitans, 144 RIFUGI (della vegetazione), 98,
64, 133,
ro), 104, 210; pedicellata, 210; purpurea (rosso), 104, 210; reticulata, 61, 81 A OO.ee FetUSaN Ole Tole
dra,
104;
herbacea,
61,
LOG e229 2 eee Soma incana, 131; nigricans
86,
ass (ne-
Scilla,
v.
Urginea
Scilla bifolia,
230
* 444; lacustris, maritimus, 232, savii,
135 238
* 444; * 444;
233
Scrophularia canina * 270; nodosa, 211 Scutellaria alpina, 240; minor,
261 Scytonema myochroum, 122 Secale cereale (Segale), 261 Sedano d’acqua, v. Sium
GENERALE
ALFABETICO
Sedum sp., 113, 252; alpestre, 108; alsinaefolium * 77; atratum (Pinocchina nerastra) * 185; caespitosum, corsicum, glanduliferum, hispanicum,
247;
dasyphyllum
(Grassel-
la), 145; maximum, villosum, 151; rupestre (Pinocchina delle rupi), 151 * 192 Segale ,v. Secale cereale
Selaginella denticulata, 247 Sempervivum allionii, gaudinii, 97; arachnoideum (Semprevivo ragnateloso), 90, 151, 240 * 179, 188; clusianum, 248; dolomiticum, 94; montanum,
tectorum,
nii, 93 Semprevivi, Semprevivo,
90;
wulfe-
: 113 v. Sempervivum
Senecio aetnensis, 245; alpinus, 82 *135; cineraria, 246, 258 * 424; fuchsii, 211; incanus, 258; paludosus * 259; squalidus, 245; uniflorus,
108 * 144 Sequoia sp., 256, 258; tea, Serapias lingua, 225 Serretta, v. Saussurea
gigan-
Seseli tommasinii, 248 Sesleria coerulea, 57, 103, 107, 228 * 57; coerulea calcarea, 80; disticha, 80; nitida, 228, 229, 241; ovata, 94 * 157: sphaerocephala, 94; tenuifo-
lia; 228 * 166. 167-0 428 SESLERIETO- SEMPERVIRETUM, 80, 81 Setaria glauca (Panico), Sfagno, v. Sphagnum
133
Sfenofillacee, 256 SHIBLIJAK, 206 Sibbaldia procumbens * 86 SICCITA FISIOLOGICA, 60 Sideritis gussonei * 397; sicufa, 201 Sieglingia decumbens * 66 Sieversia montana, 108 * 66; reptans (Ambretta strisciante),
108
Sigillarie,
* 230
256
Silene acaulis, 81, 92,97, 108, 112, 240 * 85, 191; exapa, 98; inflata alpina * 216; montefortiana, 247; nicaeensis, 236; parnassica, 247; saxifraga * 177 Silene auriculata, v. Melandrium auriculatum; di Elisabetta, v. M. elisabethae; pumilio, v. Saponaria SIMBIOSI, 67 SIMBIOSI MICORRIZICA, 67 Sisimbrio, v. Hugueninia Sium latifolium, 232 Smilax aspera (Smilace), 170, 184, 192, 194 Soda, v. Salsola soda Sofore, 254 Solanum dulcamara, 143; me-
longena tuberosa Soldanella
(Melanzana), 261; (Patata), 261 alpina o minima,
73s 106.0 115, 14592 Soldanella di mare, v. Convolvulus soldanella Solidago serotina (Tirso d’oro), 128, 129; Solidago virga-aurea (Verga d’oro), 63
Sorbus
aucuparia,
44
Sparganium sp., 232; erectum, 135; minimum, 84 Sparmannia, 255
Spartina
stricta, 238
* 174
SPARTINETUM, 238 Spartium junceum (Ginestra odorosa), 148, 174, 191, 249 * 143, 262, 416, 417 Sparto, v. Lygeum spartum Sparto falso, 237
Sphagnum sp. (Sfagno), 66, 84, 127, 138, 232, 233; acutifolium,
66;
cymbifolium
* 61
a
—
INDICE
GENERALE
Spina bianca, v. Lupsia Spinacio selvatico, v. Chenopodium bonus-henricus Spinaporci, v. Poterium Spino cervino, v. Rhamnus Spino giallo, v. Centaurea sleet aruncus,
28;
ulmaria,
28, 226 Spondilio, v. Heracleum Sporobolus pungens (Vilfa), 235 STABILIZZATRICI (piante), 103 Stachys
corsica,
Stachys
248
janiana, 243
Staphylacea pinnata, 208 Statice sp., 239, 245; articulata, 246; cancellata, 245 * 423; limonium, 238 * 174; montana, 92 Stecade, v. Lavandula stoechas Stella alpina, v, Leontopodium Stella alpina degli Appennini, v. Leontopodium nivale Stellaria media (Erba gallinella),
143;
nemorum,
211
Stellina odorosa, v. Asperula STENOFILLIA, 252 STEPPA ALPINA, 77 Stereocaulon alpinum, 103, 107; vesuvianum ,249 Stichococcus nivalis, 110 Stigmaria, 256 Stipa sp., 149, 204; capillata, 205 °P?,. 222: juncea: 222, 223; lagascae, 222; mediterranea 222; pennata, 40, 77, 132, 222 * 249; tenacissima, 223; tortilis (attorta), 222,
223, * 163 Storace, v. Styrax officinalis
germanica
(Felce
a penne di struzzo), 28 * 27 Styrax officinalis, 208 * 150
Suaeda fruticosa, maritima, 238 SUBARTICO (periodo), 41 SUBMERSIPOTAMETUM, 140 Sughera, v. Quercus suber Sulla, v. Hedysarum
T Tabacco,
v. Nicotiana
tabacum
TALLOFITE (orizzonte), 109 Tamarix sp. (Tamerice), 193,
210, 239, 250, 254; africana, gallica, 237, 250 Tamus
communis
(Tamaro),
26, 170, 200 Tapsia, v. Thapsia Taraxacum officinale, Taxodium
sp.,
152,
72,
143
258
Taxus (Tasso), 36, 148,215,257 Te, v. Thea chinensis Tecoma capensis, 152
Terebinto, v. Pistacia TERMOFILA (vegetazione), Teucrium chamaedris, 76, flavum, 223; fruticans, 189; japigicum, 245; dum, 98; polium, 223 ppeaiaes alopecurum,
Telekia speciosissima, v. Buphthalmum speciosissimum
Trollius europaeus, 22 131; 181, luci-
Maree
e
ROTUNDIFOLIL
1
Thlaspi corymbosum, 108; rotundifolium, 100, 102 * 79, 214; stylosum * 408 Thuidium tamaricinum, 66 Thymus sp. (Timo), 178, 195, 202>5° 2243" Capitatas; «177, 189, 197 * 286, 323, 433; serpyllum, 73, 90; spinulosus, 245; stabianus, 247; striatus, 223; striatus ophioliticus, 249 Tifa, v. Tipha Tiglio, v. Tilia Tilia cordata * 242, 243; parviflora, 28; platyphylla, 211 Timo, v. Thymus Tino o Lentaggine, v. Viburnum tinus TIRRENIDE, 242, 257 Tirso d’oro, v, Solidago serotina Tlaspi rosso, v. Aéthionema
TORBIERE, 84, 137, 260 * 64, 98,
120
LAGHI,
Tormentilla, Trachelium
233
v. Potentilla erecta coeruleum, 241,
247 Trachycarpus
excelsa (Palma cinese), 153, 254 Tragopogon porrifolius * 365; pratensis, 72 TRANSADRIATICHE sp.), 206 Trapa natans, 140, 233 * 256; natans verbanensis * 104 Trematodon. longicollis, 250 Trentepohlia aurea (Alga) *33 Trichophorum cespitosum, 84 Trientalis europaea, 50 * 32 Trifoglio, v. Menyanthes, Psoralea, Trifolium Trifolium sp. (Trifoglio), 73, 137, 226; alpinum, 47 * 88; angustifolium, 225; badium, 78; biasolettianum 223; pratense (violetto), 72, 78; repens (bianco), 72, 78; striatum,
127; thalii, 229, 230
74 * 82
Tsuga, 259 Tunica saxifraga, 63 Tussilago farfara, 143 * 361 Typha angustifolia, latifolia, 140, 144
121,
Thamnolia vermicularis, 61 Thapsia garganica, 190, 244 Thea chinensis (Té), 152 ~ Thelygonum cynocrambe, 257
TORBOSI,
STRATI DEL SUOLO, 117 * 88 STRICTETUM, 140 STRISCE D’INCHIOSTRO, 100
= 221 Struthiopteris
275
ALFABETICO
* 168
Trinia dalechampii, 228, 248 TRISETETUM, 72, 74 Trisetum argenteum, 94; aureum, 222; flavescens, 73 * 51; spicatum, 108; villosum, 248 Triticum (Frumento), 225, 262 JROGLOBIE (piante), 122
228, 248 * 402; majellensis, 243; palustris, 138; pennata,
U UDO-NARDETUM, 234 Ulex europaeus (Ginestrone spinoso), 174, 195, 196 * 410 Ulmus campestris (Olmo), 28, 12 Le 210 Umbilicaria virginis, 109 Umbilicus pendulinus, 247 Urceolini selvatici, v. Muscari Urginea fugax (Scilla fugace), 223; 241,
maritima 246
Urospermum
Vilucchio, v. Convolvulus Vilucchione, v. Convolvulus Vinca minor (Pervinca), 148 Viola aetnensis, 221; calcarata, 80, 228 * 402, 404; cenisia, 103; comollia, 96; dubyana, 96 * 124; eugeniae,
(Scilla),
223,
dalechampii,
225
93; pseudogracilis * 404; silvestris, 36; thomasiana, valderia, 98; tricolor * 101 Violaciocca di mare, v. Matthiola sinuata VIOTTE (giard. delle), 119
Vitalba sp., 126, 2 Vitalba alpina, v. Clematis Vite di Spagna, v. Phytolacca Viticella, v. Clematis viticella Vitis sp. (Vite), 194, 261 VIVIPARE (piante), 115
Urtica dioica, 82, 142; pilulifera * 271 Usnea sp., 50, 66; barbata, 66
ay, Utchinsia, v. Hutchinsia Utricularia, 85, 141, 144 Uva d’orso alpina, Uva orsina,
v. Arctostaphylos
v.
Centranthus
Vedovella, v. Jasione VEGETAZIONE, 9 Veratrum album, 127, Verbena officinalis, 143 Verga d’oro, v. Solidago Veronica alpina, 106,
aphylla,
TO,
TAVERNA,
108,
93; beccabun-
153
DELL’OLMO,
baldaccii, orientalis, 99 * 78; carinthiaca, 99 * 78, 166
WuRM,
258
x Xanthium Xanthoria
100,
italicum, 236 elegans (Caloplaca),
108:
* 222
XEROBROMETUM, 76 * 247 XEROFILA (vegetazione), 26 XEROTERMICO (ambiente), 29 XEROTERMICO (periodo), 261
Y
ga, 83 * 101i; bonarota, 94 * 163; lutea, 94 * 160; offcinalis * 66; persica, 142 Vetriola (Erba), v. Parietaria Viburnum lantana (Viburno), 26, 151; tinus (Tino), 170, LOZ 252 * 302 VICARISMI, 115 Vicia faba, Vicia lens, 261 Vilfa pungente, v, Sporolosus VILLA CARLOTTA, 153 * 260 VILLA CIANI, D’ESTE, RAIMONDI, SERBELLONI, TARANVILLA
232
(Felce), 247, 2503) 25 = 187 Wulfenia sp., 258; amherstiana,
Vallisneria spiralis, 140, 141 Vallonea, v. Quercus aegilops VALNONTEY (giard. di), 119 Vaucheria *174 Vedovella selvatica, v. Knautia
240;
arrhiza,
Woodsia alpina * 207 Woodwardia radicans
Vaccinium sp. (Mirtillo), 28, 50, 59, 78; myrtillus (neFO) oye aos Os OO, wails 220 * 25, 66; uliginosum, GOe 108,55 220) “665. vitisidaea ,43 * 26, 66, 58 Vaillantia muralis, 244, 247 Valeriana celtica, 93, 108; saliunca, saxatilis, 93 rossa,
153
* 457
Wolffia
Vv
Valeriana
Ww Walchia piriformis, 256 Warionia saharae, 98 Washingtonia filifera,
153 * 241
Yucca aloéfolia, 152, 254; australis, gloriosa, 254; speciosa, 295
Z Zannichellia palustris, 136, 237 Zea mays (Granturco, Mais), 262 Zelkova, 258, 259 Zollikoferia resedifolia, 236 ZONE ALTITUDINALI, 17, 18,
159, 160, 161, 162 ZONE CLIMATICO-FORESTALI, ay
|
Zostera marina, 235, 237; mana, 237 ZOSTERETUM MARINAE, 237 ZOSTERETUM NANAE, 237
FINITO
DI
STAMPARE
NEL
DICEMBRE
1957