no 
La flora [1/1, 1 ed.]

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CONOSCI VITALIA ; VOLUME II

e LA FLORA

TOURING

%

CLUB ITALIANO

TORR

e

CARTA

DELLA

VEGETAZIONE

SPIEGAZIONI Climax della foresta sempreverde mediterranea (del QUERCION ILICIS ):leccete, sugherete, pinete litoranee ( in parte

aspetti di macchia e gariga, vegetazione

rupicola e psammofila litoranea (in parte), Climax

della

foresta caducifoglia sub( del QUERCION PUBESCENTIS):querceti e boschi misti caducifogli e castagneti. montana PETREAE

Climax 7CILOVE

della foresta

caducifoglia

montana

(del FAGION SILVATICAE ):Faggete, abetine.

Ro~Q*a3 re

ee

Climax

della foresta di aghifoglie (del

PICEION

EXCELSAE ):peccete, lariceti,cem-

breti;inclusi i mugeti, alneti alpini, rodoreto-vaccinieti.

Climax ipsofili: brughiere alpine, praterie, zolle pioniere;incluso deserto nivale.

Q &

n/ Pescara 2%

Oh Q ee pou, 0

&

Abete rosso

‘ ¥ 4

bianco Larice Pino laricio

T

Pino domestico

ay

marittimo

2

Faggio

&

Quercia

9

cembro

Q

Cerro

Hp

silvestre

$

Sughera

aD

montano

2

Castagno

a8

nero

§

Pioppo

GeAleheo

rovere

as

1:6,000.000.

%..28 © km (originale)

CONOSCIE UEAETA VOLUME II

LA FLORA (GKIP AL Al COVE

IRI!

195

CARTINE

459

FOTOINCGISIONI

TOURING

CLUB

MILANO

E SCHIZZI

ITALIANO 1958

PROPRIETA DEL

LETTERARIA

TouRING

MiLano,

E

CLUB

corso

ARTISTICA ITALIANO

ItTatia

10

© 1958

SAGDOS - OFFICINE GRAFICHE E LEGATORIA - MILANO (Gennaio 1958)

Al primo volume « L’Italia Fisica», che ha inaugurato la collana « Conosci UItalia » descrivendo la struttura fondamentale di rocce e minerali e le forme del nostro suolo, segue questo secondo dedicato alla Flora, che ne illustra lo splendente e variopinto manto vegetale. Il contenuto scientifico del volume sarebbe stato, a dir vero, definito con maggior preci-

stone dal titolo « La Vegetazione », ma si é preferito « La Flora », di pitt immediata comprenstone

e di pit efficace richiamo.

Nel comune

significato, infatti, « Flora » evoca

di per sé

tutta una mirabilmente ricca gamma di colori e di forme di piante grandi e minuscole nelle piu diverse associazioni, di foreste, di praterie, di giardini, ma anzitutto

supreme e piu commoventi manifestazioni sensibili tutti t cuori umani. Tema

affascinante, se riferito a un

della natura

qualsiast paese del mondo,

per Ultalia, che la posizione geografica, la variatissima tudinale

e le vicende

geologiche

e umane

hanno

di fiori, una

e alla cui misteriosa ma

che lo é tanto

conformazione

predestinato

planimetrica

a « giardino

delle

grazia sono di pit

e alti-

d’Europa », a

crocevia e sede preferita di un numero stragrande di specie vegetalt. La descrizione che qui offriamo delle piante che ammantano la nostra terra si propone soprattutto di metterne in luce i caratteri e le attrattive anche agli occhi del semplice turista. Non

e, dunque, un trattato di botanica sistematica, né di geografia botanica, bensi una rasse-

gna viva della vegetazione, un viaggio quanto mai suggestivo attraverso 1 paesaggi vegetal italiani: dalle vette delle Alpi ai laghi insubrici, alla Pianura Padana, alla montagna

appen-

ninica e insulare, alle rive mediterranee. Sono,

naturalmente,

1 paesagg:

della montagna,

ove

meno

profonda

é limpronta

del-

lPuomo e le piante trovano condizioni di vita via via piu severe con il crescere dell’altitudine,

che offrono le pagine pitt colorite e talora persino drammatiche: foreste e arbusteti, praterie é pascoli, su su fino alle rupi e ai macereti, alle estreme zolle erbose, alle isole glaciali e alle vette. Ma quanta varieta di aspetti nella montagna italiana, anche in relazione alla latitudine,

dal Monte Bianco alle Dolomiti, dal Gran Sasso all’Etna e al Gennargentu: varieta di specie

e di convivenze, di armonie e di contrastt.

Altre, non meno appassionanti meraviglie ci rivelano 1 capitoli dedicati alla vegetazione mediterranea: della macchia e della gariga, delle rupi, delle dune e delle spiagge arenose, delle lagune e degli stagni salmastri, delle velme e delle barene. Anche

laghi e sorgenti, e fin le acque termalt, cosi come

le acque dolci: fiumi,

le lave dei vulcani e le caverne, hanno

una

loro varia e poco conosciuta popolazione vegetale. Di speciale interesse per il turista saranno i cenni dedicati at parchi dei laghi prealpini e

dell’ Italia peninsulare e ai giardini litoranei della Riviera e della Sicilia, vert monumenti della vegetazione, ove tra piante indigene insigni per eta e proporzioni lussureggiano specie



esotiche e rare d’altri climi e continentt. L’opera, con la parola e con Vlimmagine

fotografica, ci conduce per mano attraverso i tanti paesaggi e « societa » vegetali, additandoci, con t nomi volgari e scientifici, le varie

specie conviventi, spiegandocene Vorigine, le vicende, le caratteristiche biologiche, le fun~zioni, la dipendenza dalla natura dei terreni e dai caratteri del clima, gl’influssi reciproci

~ fra specie e specie e le connessioni con la vita animale e con Vattivita umana. Essa ci mostra, alla luce degli studi e delle ricerche piu recenti, lincessante evoluzione di queste suggestive ed estremamente complesse « associazioni » verso sempre nuovi equilibri, evoluzione intes-

6. suta. di lotte, di vittorie e di regressioni, alle quali ultime non é purtroppo estranea spesso Vopera talvolta inconsapevole dell’uomo. A questo proposito, si raccomanda caldamente Vattenta lettura e meditazione delle pagine dedicate alla difesa delle foreste, dei pascoli montani e della nobile flora alpina, ai giardini alpini; pagine che mettono in luce V'urgenza dei problemi della conservazione del suolo e del suo rivestimento protettivo vegetale e della difesa delle bellezze singolari della nostra flora. L’opera, che si presenta come una prelibata novita anche in campo scientifico, é dovuta alla stretta collaborazione di due insigni studiosi di botanica: il prof. Valerio Giacomini, titolare della Cattedra di Botanica dell Universita di Catania e Direttore di quell’Orto Botanico, che ha steso con amorosa

passione di scienziato

e di illuminato

conoscitore

del suolo

patrio il limpido testo, dandoci in forma attraente e accessibile al comune lettore il succo degli studi scientifici suoi e degli scienziati italiani e stranieri in argomento; e il prof. Luigi Fenaroli, Direttore della Stazione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo e incaricato di Botanica presso la Facolta di Agraria (Piacenza) dell’Universita Cattolica del S$. Cuore di Milano,

noto

colar modo

tra Valtro

per le sue pubblicazioni

la raccolta, la scelta e il commento

cartine fu seguita da ambedue

sulla flora alpina, che ha curato

in parti-

della parte illustrativa. La redazione

i compilatori. A essi va la cordiale riconoscenza

delle

del Touring,

che per loro precipuo merito puo offrire un’opera di alto valore scientifico e insieme educativo,

un

libro che veramente

illumina

e riscalda

e lascera,

cosi speriamo,

una

benefica

traccia nella mente e nel cuore dei Soci. I disegni delle piante e molti schizzi dimostrativi sono stati eseguiti da Leo Ferlan della Stazione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo. Ha seguito la realizzazione di questo come del precedente volume della collana il Direttore Generale del T.C.I. Giuseppe Vota; fra i nostri Collaboratori interni meritano un cenno particolare il dott. Federico Antonini, da molt: anni nostro redattore e funzionario, che, con Vaiuto di Luigi Isnardi, ha curato l’edizione in stretto e frequente contatto con 1 collaboratori; il geom. Manlio Pasquetti, Dirigente del Servizio Cartografico, che ha soprainteso all’esecuzione del corredo di cartine. L’esecuzione grafica (e specialmente quella delle pagine in quadricromia presentava non lievi difficoltd nell’armonizzazione di talora numerose fotografie a colori di diverso soggetto e di diversa provenienza, e per la non comune tiratura) é merito della Societa SAGDOS; pagine in rotocalcografia furono stampate dalla S. p. A. Amilcare Pizzi. La propaganda

per il bosco, per il pascolo e per la protezione

grante del programma

della natura

del Sodalizio fin dai primi suoi anni e appartiene

é parte

tuttora

le

inte-

a quelle

aitwitd di superiore interesse nazionale a cui esso dedica mezzi ed energie non indifferenti. Questo volume, che pone il fondamento della conoscenza al dovere del rispetto delle piante,

costituira con le sue 400.000 copie, che entreranno in altrettante case italiane, un contributo senza precedenti alla creazione di una migliore « coscienza » forestale, anzi per cosi dire vegetale, presupposto indispensabile per la conservazione e la ricostruzione delle foreste protettrict del suolo. E, al disopra di queste considerazioni, una meno superficiale conoscenza del meraviglioso mondo dei vegetali, che direttamente o indirettamente condizionano e allietano la nostra esistenza, arricchirva di nuovi motivi di profondo interesse il turismo degl’Italiant. Cesare

Chiodi

Presidente del ‘Touring Club Italiano Milano, nel

8 novembre

LXIII

1957

anniversario

della

fondazione

del

Sodalizio.

SOMMARIO Vegetazione

e Paesaggio. del paesaggio

L’interpretazione

pag. 9. - « Vege-

pag.

vegetale,

§)

10. ve-

tazione » e «Flora», 9. - Le associazioni vegetali, - Il «climax», 11. - L'evolversi delle associazioni getali, 11. - La nostra indagine, 12.

75. - I Brometi, 76. - I Festuceti e i Nardeti, 78. Curvuleto, 79. - I pascoli del calcare, 80. - Le erbe, 82.

- Il alte

La vegetazione

pag.

La

I - L'Italia alpina REGIONI

E

ZONE

.

La vegetazione alpina, 13. botaniche in Europa, 13. distretto

padano,

16.

-

4

:

- Le suddivisioni Il distretto alpino,

II distretto

LE

FORESTE

:

pag.

13

pag.

13

regionali 16. - Il

altitudinali,

:

°

pag.

20

25.

I Querceti e la boscaglia prealpina La Roverella, Cerro, 29.

Il

25.

La

Rovere

e

la

pag.

Farnia,

27.

Castagneto

-

25

Il

pag.

29

- Origine

e diffusione

Faggeta

del Castagno,

3

;

32.

:

pag.

33

Ambiente ed esigenze del Faggio, 33. - Le Faggete alpine, 34. - I limiti altitudinali del Faggio, 35. - I tipi di Faggeta. Il sottobosco, 36. - L’Abete bianco, 36. - Il climax del Faggio, 37.

Le

Pinete

pag.

Pecceta.

Ambiente,

4

portamento

ed

:

esigenze

foresta, 42. - Il sottobosco della altitudinali della Pecceta, 44.

5



:

del

Peccio,

Pecceta,

43.

:

pag.

42.

- La

pag.

Ambiente, portamento ed esigenze del Lariceti, 47. - Distribuzione altitudinale

Larice, Pino

La

48.

-

Il Pino

cembro,

cembro,

49.

-

Larice, 45. e diffusione

Distribuzione

-

45

I del

et

2S

Sarees

pedemontana

Le

Crittogame

La

65.

difesa

Urilita

delle

della

pag.

della foreste,

66.

.

Dae:

- I Funghi,

DEI

DETRITI

E

68.

-

Interpretazione

del

89

Nobilta della flora rupestre alpina, 89. - Elementi geografici. Le specie alpine-medioeuropee, 90. - Le specie artico-alpine, 92. - Le specie nordico-alpine e artico-altaicoalpine, 92. - Le specie altaico-alpine, 93. - Specie alpigene ed endemismi, 93. - Gli endemismi orientali, 94. Gli endemismi insubrici, 95. - Il sottogruppo endemico estremo-orientale, 97. - Gli endemismi occidentali, 97. Le specie alpino-europee, 98. - Le specie «disgiunte », 98. - La vegetazione delle rupi e dei detriti, 99. - Le Crittogame delle rupi, 100. - Le rupi calcaree e dolomitiche, 101. - Le rupi silicee, 102. - I detriti, 103 - Vegetazione dei greti, 104. LA

VEGETAZIONE

COME

VIVONO

Difesa

della

La

Chanousia,

NIVALE

pag.

104

LE

PIANTE

ALPINE

pag.

alpino,

flora

117.

alpina 118.

.

Dace

- Mezzi

di protezione,

118.

pag.

119

pag.

120

119.

LA

VEGETAZIONE

La

vegetazione

DELLE

abissale,

CAVERNE

120.

-

0

Limiti

della

vegetazione

cavernicola: le Fanerogame, 121. - Le Felci, 121. - I Muschi, 121. - I Licheni e le Alghe, 122. - I Funghi, 122. - Endemismi delle caverne, 122. - Microclimi cavernicoli, 122.

L’opera

dell’uomo,

I boschi

62

65

della

e difesa

delle

rispetto

degli

pag.

I prati e i pascoli, 70. - I prati pingui, 71. - L’Arrenatereto, 72. - Il Triseteto, 72. - I prati magri e i pascoli,

pag.

123

pag.

123

68

I magredi

;

.

Vegetazione

130.

e gli incolti

Le grave, 131. na. I sabbioni,

70

123.

pianura

L’antico volto forestale della pianura, 123. - I Querceti misti primitivi, 124. - Le grandi foreste dell’epoca romana, 124. - Nuova espansione alto-medievale delle foreste, 124. - La fauna silvestre nel Medioevo, 125. - La regressione delle foreste. Le bonifiche, 125. - I paesaggi forestali nuovi o relitti, 126. - I boschi dei parchi e delle riserve, 126. - I boschi padani scomparsi recentemente, 127. - Analogie con i boschi prealpini, 127. Le Pioppete, 128. - La flora avventizia esotica. La Robinia, 129. - I boschi dell’alta pianura, 130. - Le col-

line moreniche,

pag.

- Necessita

DEI pag.

52

67.

foresta

associazioni forestali, 69. equilibri naturali, 70.

LE PRATERIE

foresta

- I Licheni,

86

del

Paesaggio ed estensione della Brughiera, 62. - I boschi della Brughiera, 64. - L’origine della Brughiera, 64.

I Muschi,

RUPI,

II - La Pianura Padana

alpina

Brughiera

DELLE

I giardini alpini 42

La zona delle piante legnose contorte, 52. - I limiti superiori della vegetazione forestale e arborea, 53. - Il Pino montano, 53. - Gli arbusteti di Ontano verde, 55. - I Rododendri, 55. - Il Ginepro nano, 58. - La Brughiera alpina, 59. - La Driade, 61.

La

pag.

88. VEGETAZIONE

Utilita della flora alpina,

51.

boscaglia

resta,

I tipi del suolo

38

- I limiti

Il Lariceto

pascoli .

Condizioni ambientali e climatiche, 111. - Le radiazioni, 111. - Liumidita, 112. - Il vento, 113. - La coltre nevosa, 113. - L’« estate alpina», 114. - Il suolo, 115. -

Il Pino silvestre, 38. - Le « valli del Pino silvestre », 38. - Le associazioni del Pino silvestre, 40. - Origini e diffusione del Pino silvestre, 41. - Il Pino nero, 41.

La

dei

83

I limiti delle nevi perenni, 105. - L’orizzonte nivale, 105. - Le vallette nivali, 105. - Le isole glaciali. I «giardini nivali», 107. - La vegetazione delle vette, 108. Le Crittogame delle vette, 109. - Le «nevi colorate», 109.

Ambiente ed esigenze del Castagno, 29. - II sottobosco del Castagneto, 30. - I Castagneti da frutto. I cedui, 32.

La

difesa

GRETI

17.

L’azione demolitrice dell'uomo e le sue conseguenze, 20. - Gli orizzonti vegetali alpini, 22. - I limiti della vegetazione forestale, 24. - I limiti vegetali e le coltivazioni montane,

e palustre .

83. - Le torbiere basse, 84.

La struttura dei pascoli e la loro degradazione, 86. - I pascoli come associazioni vegetali, 88. - Il miglioramento dei pascoli, 88. - L’equilibrio fra il pascolo e la foLA

monferrino-langhiano,

16. - Il settore carsico, 17. - Le zone - La distribuzione dei climax, 19.

acquatica

Il Cratoneureto e il Molinieto,

- I magredi, 132.

palustre

Le lame bresciane 135. - Le marcite,

pag. 131.

- La campagna

e acquatica .

130

brescia-

pag.

e le valli veronesi, 133. - I fontanili, 137. - Le torbiere intermoreniche, 137.

133

Le Pinete

- Le rive dei laghi maggiori, 139. - Le zone di vegetazione del Lago Superiore di Mantova, 140. - Evoluzione dei laghi, 140.

Vegetazione

avventizia

e infestante

141

pag.

L’avvento di specie estranee, 141. - Le piante apofite, 142. - Gli aggruppamenti delle piante infestanti, 142. - La vegetazione avventizia e infestante delle risaie, 144.

III - L’'Insubria e i Colli Euganei

145

e limiti della regione

mediterranea,

climatiche, 157. - Zone altitudinali, 158. damentali della vegetazione mediterranea, FORESTA

I Querceti

Le Pinete

SEMPREVERDE

154.

- I climax 163.

.

154

fon-

L’Oleastro

litoranee

e |’Olivo,

178.

e Carrubo

E

gen

a

I Nardeti,

172

178

pag.

181

FORESTE

I Querceti

SUBMONTANE

e 1 Castagneti

E

mediterranea,

velme

delle

litoranee,

DEI

194

degli

alti pascoli

E

231.

PALUSTRE

- La

231

pag.

scomparsa

vegeta-

-

LITORALI

SABBIOSI

E

SALATI

235

le

barene,

dei

238.

luoghi

-

Fisionomia

salsi,

e

adatta-

.

pag.

239.

RUPESTRE

E

DEI

DETRITI

specie

boreali,

240.

- Le

specie

Le specie mediterranee occidentali,

pag.

mediterranee,

241.

240

240.

240 -

- Le specie medi-

terranee orientali, 241. - Le specie sudmediterranee, 241. - Gli endemismi, 242. - Le specie tirreniche, 242. - Le specie liguri, 243. - Le specie apuane, 243. - Le specie appenniniche, 243. - Le specie garganiche, 244. - Le speisole

meridionali,

minori,

245.

- Le

specie

vegetazione

delle

rupi

sicule

e delle

245.

della

pag.

246

Le rupi marittime, 246. - Le rupi collinari e submontane, 247. - Le rupi montane e di altitudine, 247. Le rupi di serpentino, 249. - Le lave, 249. - Vegetazione vulcanica, 250. - I macereti e i greti, 250. VIVONO

LE

essenziali

adattamento,

PIANTE

MEDITERRANEE

del clima,

252.

-

251.

Caratteri

pag.

- Fisionomie

biologici,

251

e forme

252.

-

Il

253.

I parchi

e i giardini

I giardini della Riviera, e delle Isole, 254.

mediterranet 254.

pag.

- I giardini

della

253

Penisola

199

Cenni sulle italiana

205

DaR

205 -

pag.

Il Faggio, 211. Faggeéta-climax, 212. Distribuzione verticale del Faggio, 212. - L’Abete bianco, 213. - Competizione tra il Faggio e l’Abete, 213. - Le « razze mediterranee disgiunte » dell’Abete bianco, 214. - Le Abe-

tine di Serra San Bruno, 215. - Distribuzione verticale dell’Abete bianco, 215. - Il Tasso, 215. - L'Agrifoglio, Dis L’Ontano napoletano, 216. I relicti di Abete rosso, 216.

e

piante

VEGETAZIONE

vento,

203.

Il Fragno, 206. - La Roverella, 206. - Il Castagno, 207. Il bosco misto, 208. - Il Farnetto, 209. - Il Cerro, 209. Il Pioppo bianco, 210. - Il Platano orientale, 210.

Le Faggete e le Abetine

Le

menti

di

pag.

en

decadenza

La vegetazione marina sommersa, 235. - Le spiagge arenose, 235. - Le dune, 236. - Fisionomia e adattamenti delle piante delle sabbie, 237. - Frangiventi e bonifica delle dune, 237. - Le lagune e gli stagni salmastri, 237.

Caratteri

pag.

MONTANE

.

- La

ACQUATICA

paludi

VEGETAZIONE

COME

ew ne Dap

e Pseudogariga

della vegetazione

223. - La « steppa colmacchia, 225. - La mi-

zione pontina, 232. - L’Isoeteto, 232. - Il Papiro, 233. I laghi torbosi, 233. - Le pozzine, 234.

Aspetti

Ai confini superiori della vegetazione legnosa mediterranea, 199. - La pseudomacchia, 200. - La pseudogariga, 201. -.Dinamismo della degradazione e rigenerazione della foresta, 201. - L’incendio, il taglio, il pascolo, 201. naturale

229.

VEGETAZIONE

cie pugliesi

pag.

198.

L’evoluzione

222

pag.

mediterranea >,

230.

grandi

Le

Gariga e Brughiera, 195. - Gariga calcarea e silicea, 196. - La gariga su calcare, 197. - La gariga su suolo siliceo e

Pseudomacchia

.

tipi di « steppa

Nobilta della flora rupestre mediterrena

182. - I principali aspetti di

t

PRATERIE

- Alcuni

Le

LA

macchia, 183. - La macchia di Leccio, 183. - La macchia a Corbezzolo e a Erica, 185. - La macchia a Cisti, 186. - La macchia a Ginepri, 187. - La macchia a Oleastro, 188. - La macchia a Euforbia, 189. - La macchia a Palma nana, 190. - La macchia a Ginestre, 191. - La macchia ad Alloro, 191. - La macchia a Oleandro, 193.

Meee

LE

222.

LA

-

180.

Macchia

Gariga

- I pulvini

167

pag.

- Il Carrubo,

stellata, 220.

219

pag.

164

pag.

Macchia primaria e secondaria,

LE

STEPPE

La steppa,

LA

pag.

sempreverdi

La foresta a Oleastro

- La Ginestra

- I Ginepri,

- Zone

Il Pino domestico, 172. - La Pineta di Ravenna, 173. - Il Pino marittimo, 175. - Il Pino d’Aleppo, 176. - Il Cipresso, 177.

umoso,

220.

219.

220.

morfa.

Le Querce sempreverdi; il Leccio, 167. - La Quercia da sughero, 168. - La Quercia spinescente; la Vallonea, 169. - La foresta di Leccio, 170. - La « stratificazione » della Lecceta, 170. - I boschi di Sughera, 171.

La

LE-

nell’Appennino,

222. - Le praterie ad Asfodeli, turale >», 224. - Le radure nella

Degradazione delle primitive foreste mediterranee, 164. - Le foreste mediterranee in tempi storici, 164. - Le attuali foreste litoranee e sublitoranee, 166.

La

pag. 220.

montano

appenninici,

Caratteri

laricio,

croflora mediterranea precoce, 226. - Prati e pascoli submontani, 226. - Le praterie montane, 227. - I pascoli appenninici di altitudine, 227. - Le~zolle a Festuca di-

Claes

IV - L'Italia appenninica e mediterranea pag.

- Il Pino

Il Pino spinosi,

pag.

216

pag.

217.

La boscaglia e gli arbusteti daltitudine - I Mirtilli,

I laghi insubrici, 145. - Il clima insubrico, 146. - La vegetazione insubrica, 146. - La vegetazione spontanea e originaria, 147. - La:vegetazione delle vallecole, 148. Oliveti e pendii erbosi, 149. - La vegetazione rupestre, 149. - I Colli Euganei, 150. - Parchi e giardini insubri-

LA

mediterranee-montane

Il Pino nero di Villetta Barrea, 217. - Il Pino loricato, 219.

Zt

origini

della

vegetazione pag.

255

La vegetazione nelle lagune paleozoiche, 255. - La vegetazione nell'’arcipelago mesozoico, 256. - La prima vegetazione fiorita, 256. - La nmascita dei climi e delle zone di vegetazione, 256. - Le grandi migrazioni verso il Sud, 256. - Alle origini della vegetazione mediterranea, 257. - Connessioni territoriali terziarie, 257. - Alle origini della vegetazione alpina, 257. - Alla soglia del quaternario, 258. - Le grandi glaciazioni, 258. - La vegetazione glaciale, 258. - La vegetazione interglaciale, 259. - Il postglaciale, 260. - Le torbiere, archivi della vegetazione, 260. - Le irradiazioni xerotermiche, 261. - Le irradiazioni atlantiche, 261. - Le vicende glaciali e postglaciali nell’Appennino, 261. - Le trasformazioni dovute all’'uomo, 261. NOTA

DI

NOTA

BIBLIOGRAFICA

INDICE

BOTANICA

ALFABETICO

SISTEMATICA

GENERALE

pag.

262

pag.

263

pag.

266

VEGETAZIONE

E PAESAGGIO

L’inter pretazione del paesaggio vegetale. 1 paesaggi tanto diversi di cui si compone la fisionomia del nostro Paese sono quasi sempre improntati da forme caratteristiche di vegetazione: forme di alberi e di foreste, forme di fiori ¢ di zolle fiorite, forme di erbe e di praterie, ora educate vatica

liberta.

sapientemente

Per esse si arricchiscono

dalla mano di bellezza,

dell’uomo, di colori,

ora lasciate crescere

in sel-

di vita, le prospettive

della

pianura, dei colli, delle montagne. A chi ama percorrere, per godimento dello spirito e amore di conoscenza, le contrade d'Italia, non sara sgradito saper qualche cosa di pit di questa vegetazione, e dei modi con cui si va componendo in quei rivestimenti verdi e fioriti che sono tanta parte dell’amenita del nostro suolo. Se il paesaggio cosi concepito assume un significato non esclusivamente estetico, ma anche scientifico e naturalistico, non crediamo ne venga limitata o impoverita l’emozione con cui guardiamo agli incomparabili aspetti della nostra Terra. Pensiamo invece che nuove fonti di conoscenze possano ispirare nuovi motivi di ammirazione e di interesse verso la natura. Su tali considerazioni € fondata la nostra intenzione di percorrere attraverso queste pagine i paesaggi italiani, illustrando con brevi cenni, e pit con l’immagine, quegli aspetti della vegetazione che ne sono elemento piu saliente e caratteristico. Ovviamente questo libro non dira nulla di nuovo, o ben poco, agli studiosi di geografia delle piante, ai conoscitori specializzati sui problemi della vegetazione italiana. Non a questi pochi infatti é dedicato, ma ai molti, moltissimi anzi, che sono mossi da curiosita verso il mondo meraviglioso dei vegetali.

«Vegetazione» e essere opportuno tentar « vegetazione » e come Si potrebbe dire, in

«Flora». Prima di intraprendere il nostro suggestivo viaggio pud di rispondere a un duplice interrogativo: che cosa intendiamo per dobbiamo interpretare le sue moltissime forme? prima approssimazione, che la vegetazione é un dono meraviglioso del suolo e del clima. Col variare infatti del suolo e del clima si trasmuta il rivestimento vegetale dalle pit umili, talora invisibili forme, fino alle grandiose architetture delle foreste. Una minima modificazione delle condizioni del terreno, della temperatura o umidita delaria, della quantita o distribuzione delle piogge, della forza del vento, e di molti altri, talora ancor sconosciuti fattori, induce, col tempo, variazioni pil o meno notevoli nella composizione di un prato, di un pascolo, di una foresta. D’altra parte anche il naturale evolversi della vegetazione, dalle pit semplici scolte pioniere alle pi complesse aggregazioni di piante, non avviene senza produrre a sua volta modificazioni nel suolo e nel clima. Si potrebbe affermare che suolo, clima e vegetazione sono in natura elementi inscindibili, che non si possono pienamente intendere se si considerano avulsi l’uno dall’altro. Ma ancor pit completa diventa una visione naturalistica del mondo

festazioni della vita vegetale in un determinato

che ci circonda se, accanto

ambiente, non verranno

alle mani-

ignorate, ma poste

VEGETAZIONE

10

E PAESAGGIO

in giusto rilievo, le manifestazioni della vita animale, che possono talora assumere grande importanza e diventare esse pure elemento determinante del paesaggio. Al culmine pero di tutti i fattori pud trovarsi quasi ovunque ormai, nella cosiddetta «ecumene » © terra abitata, la presenza dominatrice e modificatrice dell’uomo. L’uomo si muove e opera per asservire il creato alle sue piu diverse esigenze, modificando spesso radi-

calmente le compagini del mondo fisico e del mondo dei viventi. L’uomo ha cancellato ormai su larghissime estensioni le espressioni originarie della natura, sostituendole con ordinate

coltivazioni,

con

strade, villaggi, citta. Egli ha fatto talora anche

opera inconsulta di distruzione. Ma ognuno di questi fattori deve presenti, bensi

sarebbero

anche

essere

considerato

non

in quelle passate, di tempi recenti

incomprensibili

se fossero interpretati soltanto

soltanto

e remoti.

nelle

Molti

il deserto sue

con

condizioni

paesaggi

vegetal

in base alle attuali condizioni

di

ambiente, e se non si tenesse conto di vicende storiche pit o meno lontane. Quanto sappiamo noi veramente di tutti questi fattori attuali e passati? Quanti non

ne

ignoriamo totalmente, perché i nostri ricercatori non li hanno ancora posti in evidenza? Ma la via da tentare per « conoscere » la vegetazione € questa. Gli aspetti vegetali si devono vedere cosi inquadrati per poterne cogliere meno superficialmente il significato. E proprio da tale modo di vedere risulta il piu efficace concetto di « vegetazione >. La vegetazione meno

¢ dunque

il complesso

esteso, qualora si considerino

relazione con quanto

delle

piante

realisticamente

che

vivono

nel loro modo

in un

ambiente

di aggregarsi

é possibile sapere dei fattori attuali e storici dell’ambiente

pit o

e in stretta

stesso.

Se consideriamo le piante isolatamente, per conoscerle a una a una, per enumerare quelle che crescono in un determinato

territorio, noi ci occupiamo della « flora », non della vegetazione. Se tuttavia studiamo anche una sola di queste piante in relazione con il suo naturale

ambiente (e quindi senza poter prescindere dalla presenza di altre piante a essa piu o meno strettamente aggregate) gia entriamo nell’ambito delle conoscenze sulla vegetazione.

Le associaziont vegetali. Le piante non vivono in natura assolutamente isolate, ma si raggruppano normalmente a costituire compagini pil o meno dense, pil o meno ricche di specie. Anche sulle rocce piu inospiti, anche sulle gelide alluvioni glaciali si manifesta la tendenza delle piante ad aggrupparsi, quasi per meglio garantire la propria persistenza e per difendersi piu facilmente dalle forze demolitrici del mondo fisico. Le piante che possono talora insediarsi isolate nella fessura di una roccia, o sulle sabbie mobili, o sulle lave appena raffreddate, costituiscono fasi pioniere e provvisorie, che solo in estreme condizioni climatiche possono diventare permanenti. Ma che cosa sono questi aggruppamenti vegetali? Sono forse, come qualcuno vuole, delle vere « societa » di piante, oppure semplicemente il risultato di un affollarsi casuale su un medesimo terreno di specie diverse, i cui semi siano stati recati dal vento, dall’acqua o dagli animali? Nessuna di queste interpretazioni ha una validita abbastanza generale. Gli aggruppamenti vegetali, sia che vengano denominati fitocenosi (dal greco fiton = pianta; koinos = comune), sia che si preferisca chiamarli associazioni, non sono complessi organizzati da potersi anche lontanamente

confrontare con le ben note societa degli animali, perché

non possiedono alcuna organizzazione centralizzata o divisione di lavoro. Ma neppure possono essere svalutati e ignorati, come fossero prodotti esclusivamente del caso. La stessa comune esperienza, confermata del resto da severi controlli statistici, ci dice che un certo numero sia pure non grandissimo di aspetti vegetali si ripete con una sufficiente costanza di composizione

e quindi di fisionomia, col ripetersi di certe condi-

LE

ASSOCIAZIONI

VEGETALI

1

zioni ambientali. Anche nel linguaggio piu corrente sono entrate spontaneamente espressioni che si riferiscono to»

a episodi

(1), e altre consimili

del genere:

voci, quando

una

« Pineta»,

un

siano riferite a un

« Castagneto », un

territorio

« Canne-

determinato,

possono

considerarsi indicatrici di associazioni vegetali, sebbene non certo nel senso pit rigoroso e scientifico che suole attribuirsi a questo termine. Non ogni complesso di piante pud pero costituire senz’altro un esempio di associazione. Vi sono aggregati di specie, convenute provvisoriamente su un terreno denudato, che solo col tempo troveranno un assestamento abbastanza maturo e relativamente stabile per poter essere considerati da questo punto di vista. Vi sono poi aggregati cosi frammentari ed eterogenei, per l’accidentalita, la discontinuita e variabilita del suolo, quasi da palmo a palmo, da rendere arduo il riconoscimento delle varie associazioni che vi concorrono intrecciandosi come in un mosaico. Ma é ben pit frequente il caso di pil o meno ampie estensioni occupate uniformemente da una copertura vegetale abbastanza omogenea e abbastanza nettamente delimitate, che é facile far rientrare in determinate associazioni.

Il « climax ». Né tutte le associazioni possono avere lo stesso valore e importanza. Ve ne sono di minuscole e poco appariscenti, come quelle di muschi e licheni sulle altissime vette alpine; ve ne sono altre di enorme sviluppo e proporzioni come alcune secolari foreste delle nostre montagne;

ve ne sono ancora

talune di modesta,

quasi efimera durata, e per contrap-

posto altre lungamente durature, e anche stabili e definitive, almeno finché non mutino i caratteri fondamentali del clima attuale. Queste ultime associazioni meritano speciale attenzione perché costituiscono una condizione quasi conclusiva nell’evolversi, nel graduale costruirsi

della vegetazione

di una

determinata

zona;

condizione

che non

puo essere

supe-

rata, ma che ammette soltanto regressioni o degradazioni qualora intervengano forze demolitrici. Quando si raggiunge tale stadio culminante si dice che siamo in presenza di un « climax ». I pit. notevoli esempi di climax nei nostri climi sono costituiti da associazioni forestali; é€ difficile infatti immaginare una forma di vegetazione a struttura piu. complessa ed evoluta di quella di una foresta. Ma la dove per altitudine o latitudine una foresta non puod svilupparsi, anche un pascolo, anche un tappeto di umili crittogame puo costituire una condizione di climax.

L’evolversi delle associazioni vegetali. 11 concetto di associazione vegetale non é un artificio per schematizzare gli aspetti della vegetazione in quadri astratti, ma piuttosto un mezzo per rappresentare concretamente le tappe meno labili nell’evolversi del manto vegetale di un territorio fino alle espressioni finali. Perché la vegetazione deve essere vista nella sua realta dinamica, come un complesso vivente, in continua, anche se pil o meno lenta trasformazione; ora forse in apparente sosta, ora in vivace progresso, ora in equlilibrio finale, talvolta anche in fasi di demolizione o di ricostruzione. E certamente bello e in-

(1) Proprio queste denominazioni del comune linguaggio, di etimologia evidentemente latina, hanno suggerito il modo di coniare i nomi scientifici delle associazioni vegetali. Si usano all’uopo appunto nomi latini con desinenze in -etwm, seguiti da precisazioni specifiche al genitivo: cosi Quercetum ilicis é detto il Querceto

di

Lecci,

Quercetum

roboris

quello

di

Roveri,

Caricetum

curvulae

il pascolo

altoalpino

a

Carice ricurva, e via dicendo. Con la desinenza -ion vengono indicati aggruppamenti superiori che riuniscono associazioni fra loro affini: per es. Quercion ilicis, che comprende non solo il Quercetum ilicis, ma anche altre associazioni similari.

12

VEGETAZIONE

E

PAESAGGIO

teressante conoscere la vita delle piante singolarmente considerate, perché ciascuna di esse rivela attitudini, adattamenti, risorse in certo senso di meravigliosa fantasia e intelligenza;

ma é forse anche pit affascinante seguire le vicende di scolte laboriose di piante, serrate fra loro a combattere una dura lotta contro i fattori ostili dell’ambiente, e imporsi,

o soccombere

talora, ma per preparare il cammino ad altre schiere rincalzanti, fino alla vittoria finale; o seguire le avventure di umili e tenaci piante pioniere, che lentamente si riuniscono a occupare con

le terre pili sterili e ingrate, anche

ostinata

incessante

la nuda

roccia, anche

i detriti in movimento,

opera colonizzatrice.

Sono ancora in discussione e in corso di ricerca da parte di numerosi sperimentatori le cause

per le quali un

aggruppamento

di vegetali é€ elemento

integrante

di un

paesaggio

piuttosto che di un altro, ma gia si realizza un progresso nelle nostre conoscenze

se sappiamo

come

di acque,

si compongono e si ripetono

meteore,

a efhgurare inconfondibili

armoniche

coesistenze

di piante, di rocce,

espressioni del volto della nostra

di

‘Terra.

Porsi in questo ordine di considerazioni e di conoscenze significa mettersi in condizione di afferrare

qualche

frammento

per cio stesso di qualunque

almeno

dei modi

di divenire

di un

paesaggio in cui le piante assumano

paesaggio

vegetale,

e

qualche significato.

La nostra indagine. Purtroppo non tutti gli aspetti della vegetazione del nostro Paese sono cosi conosciuti sotto questo punto di vista da poterne offrire qui una esauriente illustrazione e commento.

Né sara possibile qui approfondire nozioni scientifiche, che per la loro

complessita richiederebbero ben pit rigorosa e ampia trattazione. Avverra quindi che accenneremo piu spesso ad aggruppamenti fisionomici, pit immediatamente visibili e comprensibili,

piuttosto

che ad associazioni

in senso

proprio.

Ma

l’interpretazione

dei nostri

paesaggi vegetali restera sempre legata a una concezione collettiva della vita delle piante in relazione con aspetti del mondo fisico e biologico.

13

eS EPEAGEASALPINA LE SUDDIVISIONI

TERRITORIALI

Espressioni, anzi sintesi estreme del paesaggio italico sono le Alpi e il mare. Fra la cerchia alpina e il mare siamo soliti compendiare una serie ricchissima di paesaggi, talora famosi e celebrati nella letteratura, talora umili e familiari, ma piu cari forse per intima predilezione

0 nostalgica reminiscenza. Procedendo dalle Alpi verso il mare compendieremo noi pure in queste pagine gli aspetti pit notevoli della vegetazione. Le Alpi comprendono indubbiamente una notevole varieta di forme fisiche e di ambienti. Basterebbe ricordare quanto diversi sono i lineamenti del paesaggio nell’altissima montagna valdostana, nelle Dolomiti, nella fascia calcarea prealpina, e via dicendo. E pur tuttavia un complesso di caratteri le unifica in un unico tipo di montagna, che puod ripetersi anche in altre contrade assai lontane del mondo. Pud mutare il profilo per il mutare delle rocce, ma permane ovunque lI’aspetto di montagna giovane, con rilievi per lo pit arditi e altissimi, superbamente scolpiti da una erosione che non ha umiliato la loro maestosa possanza.

La vegetazione alpina. Alcunché di simile si potrebbe dire della vegetazione. Come si parla di « montagna alpina » in senso universale, cosi si pud parlare di vegetazione alpina con significato egualmente ampio, alludendo a quelle forme vegetali e a quegli aggruppamenti assai somiglianti che colonizzano le maggiori altitudini in tutti i continenti. Ma, limitatamente al nostro Paese, possiamo considerare vegetazione alpina quel complesso di aspetti vegetali che sono propri della « regione », cioé del territorio in cui si sviluppa l’arco di queste montagne. E un succedersi di foreste, di arbusteti, di pascoli, di brughiere, di popolamenti

rupestri,

che va

ripetendosi

con

sufficiente

regolarita

col ripetersi

delle condizioni relative di altitudine, di clima, insomma di ambiente. Se ordiniamo il succedersi di paesaggi col crescere dell’altitudine, ci troviamo di fronte a un quadro che ha sempre impressionato gli studiosi della vegetazione fin dai tempi in cui la geografia delle piante muoveva i primi passi. Anzi uno dei motivi dominanti le prime trattazioni sull’argomento era costituito dalla coincidenza fra la successione di paesaggi in altitudine sulle Alpi e quella ben piu vasta e grandiosa in latitudine, passando dalle pianure dell’Europa media, gradatamente, alle solitudini subartiche e artiche. Pareva fosse possibile considerare la

serie dei paesaggi alpini come una ricapitolazione in breve spazio di quella circumboreale. Salendo infatti sulle Alpi, dopo aver abbandonata la fascia delle foreste di conifere e quindi degli arbusti contorti e nani, si raggiungono aspetti di tundra e di deserto nivale, che sembrano riprodurre in miniatura le ben pit estese gelide lande dell’estremo Nord, talora con

le medesime

piante pioniere

0 con

specie molto

somiglianti.

Ragioni

storiche,

come

vedremo a suo luogo, spiegano, insieme col ripetersi di condizioni ambientali attualmente assai similari, queste analogie.

Le suddivisioni regionali botaniche in Europa. Prima di esaminare pit dettagliatamente la successione altitudinale della vegetazione alpina, ¢ utile un inquadramento generale nell’ambito della vegetazione europea e italiana in particolare.

ALPINA

I. L,ITALIA

14

Le Alpi sorgono come una gigantesca barriera al limitare di territori diversissimi fra loro per clima, per suoli, per vegetazione:

quello mediterraneo

al Sud, quello centroeuropeo

al Nord.

Tale configurazione non pud essere senza importanza per tutta la vegetazione italiana. Come si dividono i continenti in regioni geografiche, climatiche, geologiche, cosi si possono anche dividere in regioni e sottoregioni in relazione alla copertura vegetale. Si possono distinguere tali divisioni tenendo conto sia dell’addensarsi di specie significative, sia della presenza

di specie endemiche,

cioé esclusive

a ciascuna

divisione

(criteri floristici),

e anche

fondandosi su aspetti collettivi della vita delle piante, insomma sui paesaggi vegetali che improntano tali territori (criteri vegetazionali). Sono per lo pit notevoli le coincidenze fra le regioni geobotaniche, cosi contraddistinte, con le altre pit comunemente note, specialmente se climatiche, geologiche o geografiche, perché evidentemente le forme di vegetazione sono molto influenzate se non condizionate dai fattori dell’ambiente fisico. Coincidenze totali ed esatte non saranno sempre possibili tuttavia per la tolleranza che certa vegetazione pud presentare di fronte a singoli fattori ambientali, e soprattutto perché ogni aspetto vegetale é legato non solo alle condizioni attuali, ma anche a vicende storiche dell’ambiente, e in special modo alle variazioni climatiche negli ultimi secoli e millenni. In Europa si distinguono generalmente tre Regioni propriamente dette, che si possono poi suddividere

in Domini,

Provincie, Distretti, ecc. Da Nord

tizzare le principali divisioni, tenendo corrispondono.

a Sud possiamo cosi schema-

conto del clima e della vegetazione che in esse si

Regione

artica

clima freddo

senza

vegetazione

arborea,

tundre

Regione

medioeuropea

clima temperato

foreste di conifere e di latifoglie a vegetazione estiva

Regione

mediterranea

clima temperato-caldo

sclerofille

a foglie persistenti

In particolare, la Regione medioeuropea si puod suddividere in: Dominio

atlantico

Dominio

Dominio

centroeuropeo

(Francia e Isole Britanniche), con clima oceanico e vegetazione a latifoglie sciafile in prevalenza

Provincia

baltica

(Germania settentrionale e

Paesi a Sud del Baltico)

Distretto alpino propriamente detto (Alpi

e Prealpi)

(Germania,

Dominio

sarmatico

Balcanica,

al-

esclusa la parte meri-

(Russia

pini), con clima suboceanico e vegeta-

dionale), con clima suboceanico di tran-

Polonia orientale), clima continentale e

sizione,

vegetazione

zione

di

Paesi

illirico

(Penisola_

aghifoglie

e latifoglie

vegetazione

Provincia

(Germania centro-meridionale)

che comprende

(fascia collinare lombarda ed euganea)

steppica

di aghifoglie e latifoglie, ma con forme peculiari

Provincia germanico-rodaniana

Distretto insubrico-euganeo

meridionale,

volta

alpina

a sua

(limitatamente all’Italia):

Distretto monferrino-

Provincia

(Catena

no

appenninica

appenninica

alla

Distretto

Maiella)

padano

langhiano (zona montese

collinare

pie-

meridionale)

(pianura padano-veneta)

fi-



|= J

per

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. disseccamento e insufficiente

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|

____Par_disseccamento

Triseteto

e concimazione

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Tie

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|

Praterie palustri

a Molinia ey eae ees

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|

concimazione

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‘Féstuset ‘2

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pascolamento |

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Prati - pascoli a Loglio a Ns oe SE

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e Covetta EN i a SE

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| \

I prati a Festuca rossa (Festuca rubra var. fallax) hanno origine da un progressivo arricchimento del ‘Iriseteto con questa specie, e insieme ai prati a Festuca violetta (Festuca violacea) costituiscono aspetti di passaggio fra praterie riccamente concimate come il Triseteto e i pascoli e i prati magri. Salendo

poi in altitudine possono

trovarsi, anche in piena zona di pascoli, forme di prato

LE

PRATERIE

75

pingue ja dove é regolarmente ricorrente una concimazione

sia pure non razionale.

Oltre

1500 m per lo pid e fino a 2500 m abbiamo prati pingui concimati, sebbene non sempre falciati, a Poa alpina (Poa alpina), una delle pit preziose foraggere delle Alpi. Non solo cresce lussureggiante nei prati concimati, ma anche nei riposi del bestiame bovino e ovino. Permane anche, singolare relitto, sulle vette di alcune montagne ove in tempi lontani gli animali venivano raccolti per timore degli orsi. Nel clima freddo e nella breve stagione delle maggiori altitudini la pianta si affretta ad assicurarsi la propagazione: le sue spighe non producono fiori, bensi germogli verdi che posson cadere al suolo e propagare la pianta (Poa alpina forma vivipara). Accanto

alle stalle, intorno alle dimore dei pastori, a tutte le altitudini si stendono invece

praticelli di un verde tenero costituiti da Poa annua o Poa delle vie (Poa annua), che resistono al calpestamento anche lungo i sentieri percorsi dall’'uomo e dagli animali. I prati magri

e2 pascoli.

Aspetti di prateria meno

radicalmente

influenzati

dal-

l'uomo, e che possiamo pit: facilmente mettere in relazione con i tipi fondamentali della vegetazione alpina, sono i « pascoli ». Coprono vaste estensioni sulle Alpi in una loro fascia caratteristica che si stende al di sopra del limite delle foreste e degli alberi, con una ampiezza pi o meno notevole a seconda delle esposizioni e dell’orografia. Nelle nostre Prealpi occupano per lo pit tutte le vette, che emergono quindi mollemente rivestite di un tappeto verde piu chiaro del manto scuro delle selve di conifere. Si interrompono al piede delle rupi dolomitiche, vengono fermati dalle pietraie, oppure, raggiunte le altitudini massime loro consentite, si scompongono cedendo il terreno alla vegetazione discontinua

pioniera alto-alpina e nivale. Quando si parla di praterie alpine ci si riferisce con speciale compiacimento ai pascoli « di altitudine », 0 « alpini»

nel senso

piu proprio. Sono

i piu ricchi di piante meravigliosamente

1 pit costanti nella fisionomia,

fiorite, i pil intensamente

profumati.

L’uomo

ha

conosciuto ben presto qual vantaggio poteva venire al bestiame portato a pascolare a queste altitudini,

in praterie ampie e luminose,

da erbe nutrienti,

salutari, attivanti.

percorse

da rivi di acqua

Cosi l’« alpeggio » ¢ divenuto

fresca e chiara, coperte

uno

dei principi essen-

ziali nell’industria zootecnica.

Da tempo si é stabilito nelle nostre montagne scoli»

uno scaglionamento di « alpi» o di « pa-

(v. dis. 5, pag. 24) per assicurare al bestiame nelle successive stagioni un avvicendarsi

di ambienti completo e razionale. Una successione economicamente

completa, ma non ovun-

que realizzabile, potrebbe cosi riassumersi:

Pascoli invernali, sotto i 400 m; Pascoli maggenghi, verso gli 800 m; Pascoli alpini inferiori, oltre 1400 m; Pascoli alpini medi, oltre 2000 m; Pascoli alpini superiori, oltre 2600 m; Pascoli per capre e montoni, ad altitudini variabili secondo

l’orografia, anche oltre 2800 m. Riferendoci tuttavia pil. concretamente alle « alpi » cioé a complessi di pascoli in unita topografiche, ma anche economiche, e agli insediamenti temporanei dell’uomo stesso durante le fasi del pascolamento, possiamo cosi schematizzare la successione:

Stalle

invernali:

con

fienili (col « fieno pingue » per l’inverno);

Maggenghi

o

basse alpi: con pascoli primaverili « montani » sui terrazzamenti fra 600 e 1000 m (dimore temporanee); Malghe e casere delle medie e alte alpi: con pascoli estivi

«alpini » fra 1000 e 3000 m (dimore temporanee,

talora solo ricoveri notturni).

i prati montani, molti dei quali e pil. sovente in autunno. primavera in non solo vengono falciati, ma anche pascolati, In questo schema

possono

naturalmente

inserirsi anche

ALPINA

I. L-ITALIA

76

Prima di ricordare i pascoli di altitudine, soffermiamo l’attenzione sui pitt modesti, limitati a poveri esempi che possiamo trovare nelle basse valli o al limitare delle pit alte mon-

aspetti assai familiari, prossimi alle

interessare perché spesso costituiscono

tagne. Devono

abituali sui colli, all’imbocco

nostre dimore

delle valli, al margine delle campagne.

Si tratta specialmente delle « praterie magre » delle basse montagne, che I Brometi. insieme con tratti di vegetazione erbacea spontanea, che persistono ancora sulle pendici piu siccitose e rupestri, rientrano

diverse, ma

quasi sempre

per lo piu fra 1 cosidetti

caratterizzate dalla presenza

« Brometi », associazioni

abbastanza

pit o meno

del Bromo

dei prati (Bromus erectus; fot. 247, pag. 136-137).

eretto o Bromo

abbondante

E una graminacea special-

mente adatta a terreni calcarei, aridi, soleggiati; in Europa costituisce uno dei piu inoltrati avamposti delle immigrazioni steppiche, e si accompagna spesso con altre specie che le sono vicine nelle regioni d’origine: la Festuca ovina, il Fleo di * Bohmer (Phleum boehmeri) e la Sanguinella (Andropogon ischaemon). / I pit vecchi prati delle basse montagne che l’uomo abbia utilizzato furono certo dei prati magri o Brometi. Poco o nulla concimati, perché

il concime

animale

soggetti a una

doveva

servire

utilizzazione

specialmente

estensiva;

ma

con

per i campi,

l’aumentare

erano

\)

dei prati

\\

concimati a sfruttamento intensivo e la decadenza di molte coltivazioni montane due

i prati andarono

tipi ben distinti:

decadendo.

alcuni primari,

Oggi ve ne sono a carattere

dire siano aspetti spontanei della vegetazione; stadi durevoli di origine recente, tivazioni abbandon ate.

antropica,

ancora,

originario,

e di

si pud

/

altri, secondari, sono

collegabil

spesso

i

a col-

\

I Brometi originari hanno un aspetto inconfondi C bile. ostituiscono compatti, se veduti da lontano, ma apparente aggruppam mente enti

che si mostrano

disconti se veduti da vicino; unificati da un nui sono interrotti da di culmi di Bromo o di Sanguine lla, coperte da detriti, da qualche Muschio, da qualche Lichene, da da pietre afhoranti. Sulle pendici calcaree soleggiate delle nostre tappeto

alpi e di alcune valli centroalpine danno

\\

f

a primavera

un manto

'

rado zolle

sassi, Pregri-

gio, mentre gia 1 prati a valle e a monte verdeggiano di fresco colore. ‘

¢

Brie

: : Ma poi : anche i Brometi rinverdiscono, sebbene pallidamente, si: ravvi-: ; ;

53. IL Bro: °°: 1" BROMO mus erectus;

FRETTO (BrorOgrand. */s).

vano di belle fioriture, specialmente coi fiori azzurri di Salvia dei prati

(Salvia pratensis), delle Globularie (Globularia willkommii) e della Brunella (Prunella grandiflora), coi fiori gialli degli Eliantemi (Helianthemum nummularium) e delle Antillidi (Anthyllis vulneraria; fot. 129, pag. 88), coi fiori rossi del Garofano dei Certosini (Dianthus carthusianorum).

Nelle forme pit xerofile, delle pendici pit aride e rupestri, i Brometi prendono anche il nome di « Xerobrometi » € sono ancor pit discontinui, magari, frammisti di cespugli e di graminacee

dure

e glaucescenti.

Ne

abbiamo

esempi

dal

margine

della

pianura,

sulle

terrazze fluvio-glaciali pit aride e scoperte, fino alle pendici soleggiate delle Prealpi calcaree. Con

il Bromo

si associano

allora

il Paleo gracile

stuca ovina glauca), l’Erba querciola

(Teucrium

(Koeleria

gracilis), la Festuca

chamaedrys).

Si costituisce

glauca

una

(Fe-

sorta di

« gariga » (v. cap. IV) in una delle forme estreme, piu marginali al bacino del Mediterraneo, si potrebbe col Briquer dare il nome di « gariga »; gli autori tedeschi la considerano una « Felsenheide », una sorta di brughiera rupestre (fino a 1000alla quale pil propriamente

LE

PRATERIE

77

1200 m nella fascia longitudinale mediana delle Alpi). Un aspetto particolarmente termofilo, di clima temperato-caldo, submediterraneo, si insedia sui declivi rupestri allo specchio luminoso dei laghi insubrici: é il prato arido di Barba d’oro (Chrysopogon gryllus) che giunge nel Canton Ticino e sul Lago di Como fino a 600 e 800 m di altitudine. In alcuni Brometi trovano rifugio e permangono, talora con una certa capacita di diffusione, alcune piante mediterranee che si sono propagate in condizioni pit favorevoli di clima fing al margine meridionale delle Alpi: ricordiamo particolarmente la graziosa Afillante di Montpellier (Aphyllanthes monspeliensis) che allieta con le azzurre stellate corolle, portate al sommo di semplicissimi steli giunchiformi, le pendici rupestri calde a Nord di Brescia e le colline delle Langhe piemontesi. Nelle forme

meno

xerofile

(« Mesobrometo

») di pendii meno

aridi,

i Brometi

diventano

piu lussureggianti, pit densi, di un verde pit gaio, si popolano di graminacee piu tenere, si allietano di Orchidee selvatiche (Orchis morio, Ophrys apifera), fioriscono pit vistosamente di Antillidi e di Ranuncoli (Ranunculus bulbosus). Su di esse interviene l’uomo, che, concimandole anche debolmente, ne dirige lo sviluppo verso i Festuceti o gli Arrenatereti, e anche

ai ‘Iriseteti, secondo

l’altitudine.

Accanto ai Brometi ricordiamo un’associazione steppica adatta a condizioni estreme di aridita nelle valli prealpine e ancor pit centroalpine: il Festuceto a Festuca vallesiaca (Festuca vallesiaca) che costituisce l’aspetto pit tipico della cosiddetta «Steppa alpina», ovvero lestrema espressione marginale con la quale la vera steppa europea orientale é riuscita a penetrare fin nel cuore delle Alpi. Ne troviamo gli esempi pit caratteristici sui pendii caldi, meridionali delle gia ricordate « valli del Pino silvestre »: Val d’Aosta, Valtellina, Val Venosta. Pud elevarsi frammentaria fino a 2000 m sui pendii pit’ favorevoli. Pennacchi

piumosi di Stipe (Stipa capillata e Stipa pennata; fot. 249, pag. 137), Astragali (Astragalus exscapus), Achillee, Potentille, Carici, accompagnano e caratterizzano questo Festuceto. Un settore alpino nel quale i gramineti xerofili hanno pit grande e monotona estensione, accentuando

lo squallore del paesaggio rupestre, é il Carso. Le prime alture di Monfalcone

e di Gorizia, non ancora mediterranee, sono coperte da queste forme rade e povere di vegetazione, e con speciale frequenza da una associazione a Barba d’oro e Centaurea cristata. Purtroppo queste forme di vegetazione sono ancora mal note in Italia. In particolare per i Brometi

si pud dire che, pur costituendo

aspetti abbastanza

durevoli,

possono considerarsi potenzialmente in evoluzione verso forme di vegetazione forestale come i Querceti caducifogli termofili o la boscaglia mista prealpina:

per dissodamento

Querceti e boscaglia mista prealpina

ae

y

Campi e Vigneti primaria

evoluzione

o

Pascoli magri carsici evoluzione

a Chrysopogon

secondaria

e Andropogon

\

ai

\ Arrenatereto a

ee

ee

ee

+

\

per concimazione Se

I. L'ITALIA ALPINA

78

I Festuceti e 1 Nardetz. 1 primi pascoli propriamente detti li troviamo in connessione con i prati montani e in particolare col Triseteto. Si é gia riconosciuto che per pascolamento il Triseteto pud evolvere verso Festuceti che possono inizialmente essere prati o prati-pascoli ma ridursi anche a cotiche pascolive. E il caso dei pascoli a Festuca rossa (Festuca rubra, var. commutata specialmente). Una situazione intermedia fra i prati pingui e i pascoli magri assume anche la prateria a Covetta (Cynosurus cristatus) nei fondovalle pianeggianti umidi regolarmente pascolati, e talora nelle radure dei Castagneti. Molto affine e ancora da considerarsi fra i pascoli magri é il pascolo ad Agrostide volgare (Agrostis vulgaris), ancora debolmente concimato, che facilmente pud farsi evolvere verso il ‘Iriseteto. Sono tutte forme di prateria ancora di modesta altitudine e molto strettamente connesse ai prati. Ma appena superiamo la zona delle foreste di conifere ed entriamo oltre i 2000 m nel vero dominio dei pascoli alpini incontriamo subito alcuni tipi di prateria che si é soliti denominare « pascoli a Ledntodi » (Leontodon

hispidus, pyrenaicus, autumnalis).

| Leéntodi

sono

modeste composite a capolini gialli che costituiscono veramente il fondo delle praterie pascolive alpine; insieme con la Crepide dorata (Crepis aurea) diffondono caratteristiche fioriture gialle nel verde tappeto a Fleo alpino (Phleum alpinum), a Festuca ad Agrostide volgare. Talora il pascolo si arricchisce di

rossa,

Trifogli rossi (Trifolium pratense), bianchi (Trifolium repens),

gialli (Trifolium badium) e di Ginestrino (Lotus corniculatus). E un aspetto particolarmente BA Peontodon hispidus (gr. 2).

©" Per il loro valore

florido per la ricchezza di specie

nutritivo.

ma puo esser sviluppato si abbiano suoli bruni, moderatamente acidi o neutri.

Prevale sulle montagne silicee, anche su quelle calcaree ovunque

Purtroppo non tutti i pascoli alpini sono in questa condizione. Alla medesima altitudine e nello stesso clima sone ben pit largamente diffusi i magri pascoli a Nardo piu o meno dominante (Nardus stricta; dis. 66, pag. 87). 11 Nardo é una graminacea ben riconoscibile fra quelle delle nostre montagne per i cespi compattissimi alla base, le foglie sottili, rigide, brevi, glaucescenti. Quando copre in tappeti estesissimi le pendici non troppo scoscese, i dossi o le depressioni, diffonde un monotono color verde-grigio, che fuori stagione é squallidamente cinereo, senza fioriture che lo allietino, compatto, eguale, solo qua e 1a interrotto da cespi divelti che biancheggiano come ossa calcinate. I] bestiame riesce a brucarlo solo quando é€ giovane e tenero, altrimenti lo rifiuta per la sua durezza. Nell’ordito serrato dei cespi di Nardo altre piante (per lo

pit quelle del pascolo a Leontodon)

regrediscono

e si riducono

a

sparsi esemplari, ma sono pronte a riprendere sopravvento se per concimazione o inondamento

viene ostacolato lo sviluppo del Nardo stes-

so. Si puod dire che i cosiddetti « deserti di Nardo » sono una conseguenza del pascolamento esercitato con eccessivo carico di bestiame: tutte

le piante

soffrono

del

calpestamento,

ma

é la pil resistente e quindi tende gradatamente

minare ovvia

incontrastato. che subentra

Rododendro

I] Nardo

fra

tutte

il Nardo

a sostituirsi e a do-

é anche la vegetazione erbacea

alla distruzione

per affinita di suolo.

degli arbusteti Il Nardeto

di Mirtillo

é@ raramente

una

pit e di asso-

ciazione genuina o di origine primaria; ¢ tale quando si sviluppa per naturale

evoluzione

nelle zonazioni

delle torbiere

(che sono

sempre

55. Festuca

varia

(1A).

LE PRATERIE

79

delimitate esternamente da una fascia di Nardeto), quando si insedia nelle depressioni umide, acidificate, e in generale quando sia conseguente a un peggioramento del suolo per eccessivo dilavamento meteorico. I] suolo del Nardeto ha infatti il profilo di un « podsol » ferruginoso. I rapporti dei Nardeti alpini con le altre forme pit affini si possono cosi schematizzare: Brughiera alpina Rodoreto - Vaccineto

se SERIE

:

DI MAGGIORE

i

jes

oO

= 3

Ey © |

B

& ae

=

ALTITUDINE

fo)

|

|

:

= ’

iP

-

\ | jd

Nardeti incl; Nardetum alpigenum

as

= eel

as

| | |

per

inondamento

4

(=

=

pestier

ee

!

Calluna

es

a

a

con

e

5

per accesso ; di pascolo

4

Nardeti

nO

3 per riposo

c

te

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8}

pi minore

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8

ALTITUDINE

gee

5 r |

SERIE

'

|

Praterie

3

inondate

_ @ Calta e Carici

. -

58 is

oe Pascoli a Leontodi

Festuceti

evuntegh a Festuca

sae

ar

rossa

ail | = |

er ee

| prosciuga t omens

ae Ay

Il massimo sviluppo dei Nardeti é possibile nelle montagne silicee, ma non ne mancanod anche in quelle calcaree ovunque il suolo si acidifichi superficialmente. Ad altitudini

abbastanza

elevate

nelle montagne

silicee un

pascolo notevolmente

stabile,

che puo pure inquinarsi di Nardo, é il Festuceto a Festuca di Haller (Festuca hallert). La Festuca di Haller é una graminacea sottile con spighe ristrette violetto-brune, che si associa in buoni pascoli di altitudine favorevolmente esposti, fino a 2800 m, con altre erbe fini, capillari: l’Agrostide alpina (Agrostis alpina), l’Agrostide delle rupi (Agrostis rupestris), il Fiteuma emisferico (Phyteuma hemisphaericum), la Potentilla (Potentilla grandiflora), ecc. In pendii molto scoscesi e rupestri esposti a mezzogiorno, sempre a notevole altitudine, da 1800 a 2800 m, troviamo invece un/’altra associazione assai riconoscibile e singolarissima: il Festuceto a Festuca varia (Festuca varia). Forma sulle rocce densi cespi verdeggianti di un verde lucido, morbidamente

incurvati verso il basso a formare

quasi dei gradini che parrebbero comodo sostegno e che sono alla prova quanto mai scivolosi e insidiosi. Il Curvuleto. WL'ultima associazione erbacea chiusa salendo ancora pit in alto nelle montagne silicee ¢ il Curvuleto o associazione a Carice curva (Carex curvula). La si riconosce da lungi, sugli alti dossi arrotondati dai ghiacciai recenti, dal colore giallo ocraceo dei tappeti, cosi diverso dal verde pit gaio dei Festuceti che occupano le pendici inferiori. Giunge normalmente fino ‘

ai 3000 .

m, j

presso

:

le nevi 2

persistenti :

accontentandosi _

di un periodo di vegetazione di 4-5 mesi. La Carice curva é

56.

La

Carice

curva

(Carex

curvula; grand. 1/).

I. L'ITALIA ALPINA

80

specie assai caratteristica per le foglie curvate, che ingialliscono precocemente; si associa sulle Alpi Retiche in special modo con la Sesleria distica (Sesleria disticha) dalle spighette appiattite

color

verde-azzurrino,

con

la Festuca

di

Haller,

a spighette rilucenti cangianti dal violetto al giallo dorato

con

una

bellissima

Avena

(Avena versicolor), con

erbe

vivipare (Poa alpina e Polygonum viviparum), e altre molte. I] Curvuleto é tipicamente pioniero e allo stesso tempo corrisponde in questo clima di altitudine a una condizione finale del suolo «humus

e della vegetazione;

siliceo » dei Curvuleto;

I pascol del calcare.

il suolo

é abbondantemente

si pud dunque

Sulle montagne

parlare

calcaree

di un

humoso:

« Climax

il cosiddetto

del Curvuleto ».

e dolomitiche

i pascoli di altitudine devono pitt che altrove penosamente conquistare il terreno, specialmente nei grandi conoidi di detriti piu o meno

mobili che discendono con continuita dalle alte giogaie rupestri. Prima in compagini pioniere aperte, poi in zolle sempre piu. compatte, riescono tuttavia a svilupparsi specialmente accidentate, non rotte da ripidi pendii.

sulle

elevazioni

meno

Gia si é detto che anche in montagne calcaree si puod giungere a Festuceti piu o meno zone

infestati dal Nardo o a Nardeti quasi puri nelle

pil pianeggianti

oltre la norma.

o depresse

dove

il suolo

Ss)

acidificandosi

Ma il pil tipico e completo esempio di pascolo su

calcare é certo l’associazione a Sesleria calcarea

calcarea)

vada

e Carice

sempreverde

Semperviretum.

(Carex

!

(Sesleria coerulea ssp.

sempervirens):

Seslerieto-

Le due specie che danno il nome all’associazione

57.

LA

SESLERIA

CALCA-

REA (Sesleria coerulea ssp.

calcarea; grand. 1).

sono assai diverse per esigenze di ambiente, eppure si aggregano fra loro e con altre a costituire uno dei tipi piu ben delineati di vegetazione di pascolo nelle nostre Alpi. La Sesleria € specie pit spiccatamente pioniera, poco esigente in fatto di humus, di umidita e di luce; la Carice sempreverde invece é pianta umicola e lucivaga, ma indifferente a substrati calcarei o silicei.

Molti pascoli che verdeggiano nelle nostre Dolomiti, in contrasto talora assai vivace col grigio colore delle pietraie, col tono grigio-ocraceo delle rupi nude e selvagge, sono proprio esempi di questa bella associazione. Insieme alla Sesleria dalle spighette azzurrognole e argentate, insieme al Carice sempreverde dai cespi di foglie dure e lucenti, vi crescono

l’'Anemone

alpi-

na (fot. 184, pag. 112), dai

grandi fiori bianchi, la Biscutella (Biscutella leviga-

ia), le Potentille

(Poten-

tilla aurea, Potentilla cran-

tzit), le Antillidi (Anthyllis alpestris), tutte con fiori Xe.”

;

Leontopodium alpinum ” nivale ” leontopodinum

AREALI

DI

ALCUNE

dorati, la Viola calcarata (Viola calcarata; fot. 403, 404,

campestre

58.

Be:

ers SPECIE

DI

Leontopodium

:

grandi (da

Meusel).

pag.

fiori

224-225),

azzurri,

con

gli

Astri alpini (Aster alpinus)

PASCOLI

ALPINI:

110

Le Genziane,

dai

LE

GENZIANE

fiori a brillanti

TAVOLA

colori,

vivono

di preferenza

11

nee prati e nei pascoli; tra le moltissime

specie eccone

29

alcune delle

piu note o pil caratteristiche: 107, la Genziana di Clusio (Gentiana clusii; fot. Fenaroli), montagne calcaree in Val di Sabbia; 108, la Genziana di Koch (Gentiana kochiana; fot. Landi-Vittor]), affine alla precedente, dalla quale si distingue per la diversa conformazione dei setti calicini, propria delle montagne silicee; queste due specie sono note anche come Genziana acaule; 109, la Genziana

gracile

(Gentiana

Fenaroli), specie comunissima

tenella;

fot. Orsi), nei

pascoli

alpini

di tutte

le Alpi;

110, la Genzianella

in tutti i prati e pascoli e assai variabile per forma e colore;

lutea; fot. Viola), ben nota pianta medicinale dalle radici amare; fot. Carrara); 113, la Genziana punteggiata (Gentiana punctata, (Gentiana ciliata; fot. Peyronel), a fioritura estivo-autunnale.

ie

111, la Genziana

(Gentiana

verna;

fot.

maggiore (Gentiana

112, la Genziana porporina (Gentiana purpurea; Alpi Venete; dei pascoli silicei; fot. Peyronel); 114, la Genziana frangiata

TAVOLA

VEGETAZIONE

30

NITROFILA

115

Negli

immediati

dintorni

di

alpi

o

malghe

mal governate, nei meriggi 0 riposi dove il bestiame sosta lungamente durante la notte, avviene comunemente che i liquidi organici abbiano ad accumularsi sul terreno modificandone profondamente la natura e determinando condizioni propizie all’insediamento di un tipo di vegetazione del tutto particolare, la vegetazione delle piante nitrofile, altrimenti nota anche sotto il nome di

flora ammoniacale.

Queste piante non hanno al-

cun valore ai fini del pascolo e rimangono indisturbate dagli animali sottraendo superfici talora vaste all’area pascoliva; in un’alpe ben gover-

nata

la flora ammoniacale

rosamente

dovrebbe

essere rigo-

assente.

Tra

le specie pit comuni

alpinus,

il Senecio,

Senecio

sono

dioica, la Poa, Poa

annua,

Napello,

napellus;

Aconitum

Cirsio spinescente Peyronel);

meno

fot.

Rumex

l’Ortica,

1 Velenosi

(116. Cirsium frequenti

il Romice,

alpinus,

Urtica

Aconiti

spinosissimum;

invece

(118.

Landi-Vittorj),

il Cardo

il

fot.

azzurro

(115. Eryngium alpinum; fot. Fenaroli) e il Cardo lanoso (117. Cirsium eriophorum; fot. Fenaroli).

PALUDI

E

TORBIERE

TAVOLA

Nei fondi-valle pianeggianti, le acque dei rivi glaciali rallentano il loro

corso e indugiano a formare laghetti 0 pozze che ospitano una vegetazione acquatica in cui predominano di solito numerose specie di Ciperacee. 119. Le acque dell’Allée Blanche confluiscono nell’azzurro specchio del

Lago di Combal; in secondo piano pendici con Larici e morene glaciali (fot. Vota). Quando le acque ristagnano lungamente determinano la formazione di paludi che ospitano una vegetazione molto pit’ copiosa e che, col progredire dell’umificazione e dell’acidificazione del terreno, si trasformano in torbiere. 120. Prate-

ria torbosa

con

vegetazione

di Carici

e di Muschi in Valnontey, Paradiso (fol. Peyronel).

Gran 120

31

TAVOLA ~~

2 ENDEMISMI

32

AL PINI

Ne

121.

Il Maggiociondolo

Alpi

(Laburnum

o

alpinum;

Citiso

delle

fot. Fenaro-

li), proprio del versante meridionale alpino, 122. La Sassifraga a grandi petali (Saxifraga

macropetala;

fot.

Fenaroli),

dei macereti tra 2000 e 3000 m. 123. La Potentilla lucida (Potentilla nitida;

123 fot. Zardini),

delle

rupi

calcareo-dolo-

mitiche. 124. La Viola di Duby (Viola dubyana; fot. Fenaroli), specie esclusiva delle Prealpi Lombarde e delle Alpi Graje. 125. L’Epilobio di Fleischer (£pilobium fleischeri; fot. Carrara), proprio delle morene glaciali e dei macereti. 126.

Il

Fiteuma

chiomato

(Phyteuma

comosum; fol. Zardini), delle rupi calcaree tra i 1000 e i 2000 metri.

LE

PRATERIE

81

con capolini raggiati gialli e violetti. E questo pure il regno delle candide

Stelle alpine

(Eeontopodium

alpinum;

fot. 131,

pag. 88-89), note a tutti gli alpinisti come un simbolo quasi della pit nobile vegetazione delle rupi alpine. In realta le Stelle alpine non sono soltanto piante di roccia, ma anche di questi pascoli

calcarei,

dove

possono,

se

lasciate

crescere

indisturbate,

dare fioriture estesissime e copiose che costituiscono uno degli spettacoli piu belli della vegetazione alpina. Alle prime fasi di sviluppo il Seslerieto-Sempervireto i detriti in pendio

con

caratteristiche

occupa

gradinate

verdi, comode

a percorrersi, che viste dal basso appaiono come

una copertura

continua: sono le « zolle a gradini », che possono anche diventare una condizione permanente se il pendio é molto ripido, e se la discesa dei detriti continua a sospingere verso il basso i

59. La

Carice

firma;

Rica

grand.

(Carex

1).

cespi, arrotolandoli. Carattere ancor pit spiccatamente pioniero assume a superiori altitudini, ancora su calcare, il pascolo a Carice rigida (Carex firma; fot. 128, pag. 88) 0 Firmetum. Si presenta da 2000 a 2900 m sui pendii detritici, poco innevati, asciutti, costituendo una vege-

tazione prima discontinua, poi confluente in tappeti compatti, che assume in un certo senso sulle alte montagne

calcaree la funzione

che il Curvuleto

possiede sulle montagne

silicee.

Anche le prime fasi pioniere del Firmeto sono in forma di gradinate per lo pit confluenti a formare una sorta di rete con maglie a losanga che trattengono in minuscole terrazzature i detriti. Non é tuttavia la Carice rigida la piu valida specie solidificatrice; il vento stesso sradica facilmente i suoi cespi sui dossi pit esposti; né basta a loro difesa la forma di cuscino compatto

che assumono

questi cuscini vengano

normalmente;

deteriorati

accade infatti, dove il clima é pil aspro, che

e imbruniti

al centro e si riducano

ad anelli verdi.

Ma, a irrobustire queste zolle, alla Carice rigida si uniscono vigorosi Salici nani (Salix retusa e Salix reticulata; fot. 39, pag. 33; dis. 41, pag. 61), la Driade (Dryas octopetala; fot. 40, pag. 33; fot. 76, pag. 56-57; dis. 42, pag. 62), gia ricordata per le bellissime fioriture bianche fra

gli arbusti alpini, i pulvini di Sassifraghe (Saxifraga caesia; fot. 86, pag. 112; Saxifraga aizoon), e la Silene acaule

(Silene acaulis; fot. 191, pag.

color verde chiaro costellati da numerosissimi

112-113), che espande

i compatti

cuscini di

di colore

fiori rosati. Vi aggiunge una nota

azzurrissimo la Genzianella dei calcari (Gentiana clusii; fot. 107, pag. 80; dis. 69, pag. 91).

Quando

I’humus

si sia accumulato

con acidificazione del suolo, si passa in opportune Valtellina si ¢ osservato il seguente quadro di Nell’alta condizioni al Seslerieto-Sempervireto.

modificazioni parallele del suolo e della vegetazione: EVOLUZIONE

iy SEN EGe sciane blonions

DELLA

\

VEGETAZIONE

|

a Salici Shae

PS

nani

Bete

ES

a.

|

e Driade eS eee ne

|

|

DEL

EVOLUZIONE

SUOLO

|

pall

Scarso

\

“humus

Calcareo,

(Renzina

Firmeto

iniziale) pH = =7

|l I



Y

i

Seslerieto - Sempervireto

Elineto

|

Humus

| | |

calcareo piu sviluppato (Renzina

' : |

let

Curvuleto



Festuceti

ean

pH = 6)

an

Humus |

(Terra

bruna

acido

o Podsol

pH=47

- 5

iniziale)

I. LITALIA

82

Sui versanti a Nord, ab-

Gentiana pannonica ws en Sn



purpurea



punctata

Stazioni

incerte

ALPINA

bastanza umidi, delle montagne calcaree, dove il Seslerieto-Sempervireto non puo prosperare, si presenta un tipo di pascolo spesso falciato per fieno selvatico: il Cariceto a Carice

ferruginea (Carex ferrugtnea).

Questa

Carice,

che

prende il nome dal colore delle guaine che persistono alla base dei cespi, brune e lucide, si associa sovente alla Festuca violacea, alla Genziana tmaggiore 60. AREALI DI ALCUNE

Genziana

a

fiori

gialli

(Gentiana

SPECIE DI GENZIANA (da Merxmiiller).

usata

per

le radici

lutea; fot.

111,

pag. 80), la tipica grande

medicinali,

alla

strana

Campanula

tirsoide

(Campanula thyrsoides), \’unica specie a fiori gialli della nostra flora, e alla bella Anemone a fiori di narciso (Anemone narcissiflora), creando zolle e pascoli non gradinati. Infine sui dossi pit ventosi fino a 3000 m, dove il Firmeto pioniero soccombe scalzato dal vento o bruciato dalie intemperie, si costituiscono, su limitata superficie, i tappeti bruno-rossastri dell’Elineto: associazione a Elina (Elyna myosuroides o Kobresia bellardit). Questa resiste

a una estrema scarsita di neve invernale (due mesi al pit di ricoprimento) e si associa per lo piu con Carice nera (Carex atrata), Cerasti, 109, pag. 80; Gentiana

nivalis, ecc.). Non

e con minuscole

Genzianelle

@ un’associazione

(Gentiana

pioniera, ma

tenella; fot.

susseguente

al Fir-

meto, e che puo evolvere, se non da localmente assestamenti durevoli, verso il Curvuleto.

Le «alte erbe». Al margine dei prati e dei pascoli, in ambienti ricchi di sostanze nutritive e sufficientemente umidi, si sviluppano a diversissime altitudini isole di lussureggiante vegetazione erbacea. Puo trattarsi di vallette umide, di versanti montani brumosi, di radure delle foreste rivolte a settentrione, di depressioni umide nei pascoli, di pietraie a grossi blocchi, del margine

dei ruscelli, e via dicendo.

In stretta relazione coi pascoli va ricordata specialmente la «flora ammoniacale», che invade densamente di erbe altissime i luoghi ove riposa il bestiame, in particolare i recinti intorno alle stalle. Sono Romici con foglie larghe anche mezzo metro (Rumex alpinus; fot. 136, pag. 88-89), insieme col Senecio alpino (Senecio alpinus; fot. 135, pag. 88-89), pure a vaste foglie e con fiori gialli assai vistosi, insieme all’Alchemilla (Alchemilla vulgaris) e alle volgari Ortiche (Urtica dioica). Fin dove giungono le stalle e i riposi giunge anche questa vegetazione. Nelle depressioni dei pascoli e dei prati, a ridosso degli accumuli di pietre, tolte per lo spietramento,

si sviluppa

la bellissima

stirpe degli Aconiti,

e specialmente

l’Aconito

na-

pello (Aconitum napellus; fot. 100, pag. 64-65; fot. 118, pag. 80-81), « azzurro perfido fiore », assai noto sia per la sua velenosita sia per le sue qualita medicamentose. Nei pascoli di altitudine, fino al margine dei Curvuleti, anzi delle nevi perenni, indicano la frequenza del pascolamento i robusti cespi spinosi di un color verde chiaro quasi giallognolo del Cirsio spinosissimo (Cirsium spinosissimum; fot. 116, pag. 80-81).

LA VEGETAZIONE

ACQUATICA E PALUSTRE

83

Nelle pietraie a grossi blocchi immobilizzate nei fondovalle, fra cui si celano infinite nicchie umide,

ricche

di limo

minerale,

si sviluppano

rigogliose

Felci alte anche

oltre

1 m,

come Il’Aspidio alpestre (Athyrium alpestre). Grandi ombrellifere bianco-fiorite come l’Imperatoria (Imperatoria ostruthium), magnifici Mazzi viola-rosati di Adenostile

(Adenostyles alliariae; fot. 168, pag. 104), fioriture rosse di

Epilobi (Epilobium angustifolium; fot. 188, pag. 89), e ancora Felci rigogliose, accompagnano i corsi d’acqua. Si tratta di aspetti sempre limitati in estensione ma che possono aggiungere toni di amenissimo colore ai nostri paesaggi alpini.

LA VEGETAZIONE

ACQUATICA

E PALUSTRE

Le fresche e chiare acque correnti che zampillano da numerose sorgenti sulle pendici delle montagne alpine, e scorrono a valle solcando i prati, spumeggiando fra le rocce, ospitano

una

vegetazione

ben

caratteristica.

Sulle pendici silicee il suolo inondato da acqua limpida si copre di vaste fioriture gialle di Sassifraga aizoide (Saxifraga aizoides; fot. 166 bis, pag. 104; fot. 203, pag. 113) e di graziose fioriture bianche di Sassifraga stellata (Saxifraga stellaris); fot. 167, 168, pag. 104). Non di rado accompagna le acque dei ruscelli la Calta (Caltha palustris) con i fiori giallo oro e le ampie foglie di un lieve color verde. Oppure vi si addensa |’amara Cardamine (Cardamine amara; fot. 168, pag. 104) e una Veronica frondosa a piccoli fiori cilestrini (Veronica beccabunga). Salvo le Sassifraghe che permangono tipicamente alpine o alto-montane, le altre

specie scendono in questi ambienti fino alla pianura. Muschi verdissimi in grossi cuscini si addensano

a coprire le pietre inondate

e spruzzate, in special modo

le Filonotidi

(Philonotis

fontana; fot. 167, pag. 104) e il lussureggiante Bryum schleicheri. Totalmente immerse rameggiano oscure, verdi e dorate, le Fontinali

(Fontinalis alpestris).

Il Cratoneureto e il Molinieto. Sulle pendici calcaree i ruscelli e le sorgenti sono ingombre a tratti di altri Muschi ben caratteristici che spesso si incrostano del cosiddetto « tufo calcareo » e contribuiscono anzi a crearne accumuli assai notevoli; sono Muschi bruni,

rossastri (Cratoneurum) con i quali si associano ancora Filonotidi (Philonotis calcarea) e altri cuscini muscosi di varie specie. Vi si insediano ancora la Sassifraga stellata e la Sassifraga aizoide, con

Carici, Giunchi

ed Equiseti.

E il Cratoneureto

Ma si sviluppano talora, specialmente nei fondovalle

(Cratoneuretum).

umidi, anche estensioni pit: notevoli

di vegetazione condizionata dalla presenza di abbondante acqua nel suolo: sono le praterie paludose di cui abbiamo gia fatto cenno pil sopra come casi estremi di vegetazione dei pascoli. Un’associazione

assai notevole é€ il Molinieto

(Molinietum),

prateria palustre

a Molinia caerulea (dis. 45, pag. 64) erba a spighe bluastre, che pud dominare dove la falda acquea sia assai alta, ma non affiorante, su terreni periodicamente inondati. Si certo senso far rientrare nelle praterie naturali, tenendo conto che I’uomo puo veniente falciarla per ricavarne un ottimo strame. Migliorata con concimazioni puo trasformarsi in prati del tipo Arrenatereto, oppure in buoni terreni per di patate e di granoturco se l’altitudine lo consente.

potrebbe in trovare cone drenaggi coltivazione

I. LITALIA ALPINA

84 Le torbiere basse. Col Molinieto entriamo in argomento di « basse paludi» o, se vi si forma della torba, di « torbiere basse », cosi dette in contrapposizione alle formazioni palustri « alte », rarissime a Sud delle Alpi, ma cosi diffuse al Nord.

Le torbiere basse sono soprattutto caratterizzate da sviluppo di Cariceti e di Sfagneti (fot. 120, pag. 80-81). La pit comune

associazione torbigena delle Alpi é il Cariceto a Carice fosca (Carex

fusca),

che

acida. Solitamente

produce

una

torba

nero-bruna,

dei laghetti alpini, che possono gradatamente sformandosi

fibrillare,

si sviluppa a invadere gli specchi lacustri

riempirsi tra-

prima in acquitrini, poi in torbiere dal suolo in-

zuppato, traballante sotto i piedi di chi le percorre, come quelle che si trovano quasi immancabilmente nelle spianate dei nostri valichi alpini, o nel fondo delle convalli fredde delle Alpi. Co-

stituiscono per lo piu. uno degli esempi «complessi» di vegetazione;

tendono

infatti

a ordinarsi

in zonazioni

concentriche

intorno allo specchio d’acqua scomparso o in via di scomparire. Quanti piccoli laghi delle nostre valli che erano rafhgurati nelle piu vecchie carte topografiche, ora non

si ritrovano

61. Sphagnum

cymbifolium.

piu perché gradatamente cancellati dal progredire dell’interramento per opera della vegetazione! Si protendono dalla riva i cespi di Carici, prima quelli del « Magnocaricetum » (a Carex elata), poi quelli del « Parvocaricetum » (a Carex fusca), mentre nelle acque si sviluppano intrichi di erbe sommerse e galleggianti come lo Sparganio (Sparganium minimum), come il Trifoglio acquatico (Menyanthes trifoliata); emergono cinture rossastre di compatto Tricoforo (Trichophorum caespitosum); sorgono qua e la piccole gibbosita di Sfagni rossi e glauchi pregnanti d’acqua, invadono le zolle piu sopraelevate le prime ericacee come la Calluna o Brugo, come il Rododendro ferrugineo e l’Empetro nero (Empetrum nigrum). Entrano allora anche la Betulla, il Pino mugo e altre conifere; e dove un tempo

era

il lago si prepara

potra diventare

Queste aperto

normale

successioni

nelle

torbiere

una

foresta-torbiera,

che

foresta mesofitica.

sono piane

leggibili dei

come

nostri

in un

valichi,

libro poiché

tutte quasi le successive fasi di sviluppo sono visibili in zonazioni talora chiare e schematiche (come nel piccolo

URS =e 62. Carex fusca (grand.

1).

esempio del Passo di Foscagno), talora pit complesse e accidentate (come nelle pit estese praterie e arbusteti torbosi del Passo del ‘Tonale). La ‘Torbiera del ‘Tonale simula in alcuni tratti i lineamenti di una «torbiera alta» (« Hochmoor » dei Tedeschi), mentre in realta ¢ una torbiera fontinale (un « Quellmoor »): le gibbosita di Sfagno assumono belle CUGCHSLOMI)) Te sono ben Ha dalla prandezza di quelle nordiche della tundra dei Samoiedi, e da quelle stesse dell’Europa media; le depressioni in cui affiora

LA

VEGETAZIONE

ACQUATICA

E

PALUSTRE

85

un’acqua «muschi VV V VV Vv

VV VV VV Vv Vv

ie

brunastra, iridata, sono ripiene di bruni» (Drepanocladus, Callier-

gon), e, nei tratti pid liberi, di Utricularia

vy

(Utricularia minor), singolare erba filiforme con foglie trasformate per catturare e digerire piccoli insetti;

sulle zolle di torba

de-

nudata un’altra minuscola pianta « carnivora», la Drosera (Drosera rotundifolia), luccica al sole per le minute papille che paiono gocce di rugiada e sono protese ad attendere

la minuscola preda. Vi fioriscono la Primula farinosa, la Parnassia (Parnassia palustris), la Tormentilla

(Potentilla erecta); innumeri

Carici e Giunchi variano il tappeto vegetale suaubrto ono nr

[2 moon 64. SEZIONE

con

inondate

Drosera

con

oe

fe

{

e

Carici (a) e “Muschi

ed erosioni

di Sfagno:

/

Ao

;

B

Ripiani torbosi con

ee

iets

D

E

bruni, (b - bj)

acqua

ferma:

Eriofori

penduli (c), Utricularia

(d), Trifoglio acquatico

(e)

(f)

invase

alla sommita

da Molinia

(g), da Calluna

(h) e da muschi

xerofili

(Polytrichum

strictum)

(i)

Tricoforeto (|)

SCHEMATICA

DI

UN

TRATTO

DI TORBIERA

FONTINALE

AL

PASSO

DEL

TONALE

(m

1880),

da

Giacomini.

ALPINA

I. LITALIA

86

In ambienti di questo tipo e specialmente in alcune torbiere piane dell’Ampezzano hanno trovato possibilita di persistere, in pochissime stazioni relitte, alcune rare piante nordiche, gia sospinte a Sud durante le

glaciazioni, distrutte

ma

poi depauperate

dai mutamenti

o quasi

climatici:

la pic-

cola, graziosa Andromeda (Andromeda polifolia), la Mortella di palude (Oxycoccus quadripetalus), la Potentilla palustre (Potentilla palustris), la Drosera

intermedia.

A maggiore altitudine le rive dei laghetti alpini sono Erioforo di chzeri), che numerevoli

invase da un denso Erioforeto a Scheuchzer (Eriophorum scheua piena fioritura si copre di incompatti fiocchetti bianchi, sten-

dendo al sole un tappeto pit. candido delle nevi. Si uniscono a essi cuscini di Muschio e cespi robusti niera,

di una

bella graminacea

la Deschampsia

caespitosa,

pio-

prolun-

gando nelle fredde acque azzurrissime ampie propaggini di interramento, dietro alle quali si preparano a subentrare le zolle meno umide del Saliceto a Salice erbaceo. Cosi ad e-

a.

sempio nel Lago Bianco del Gavia a 2609 m.

LA La stuttura

dei pascoli

65. Drosera

DIFESA

e la loro

\

DEI

rotundifolia

(grand. naturale).

PASCOLI

degradazione.

L’integrita

delle pendici

montane

non

si di-

fende soltanto con le foreste, ma anche con sane, efficienti cotiche erbose, nella regione dei pascoli di altitudine. E stato detto giustamente suolo

che i pascoli nelle Alpi possono

costituire una

prima linea avanzata

nella difesa del

dall’erosione.

Erbe perenni con robusti e profondi sistemi radicali

formano

un tappeto serrato, solidamente

intessuto, diffi-

cile,a rompersi. Solo il calpestio persistente di numerosi animali pascolanti riesce a solcarlo in lunghe striature trasverse

parallele,

dalle quali

affiora

la nera

opera di protezione e le pendici conservano

disgregatrice confluiscono

meccanica

esercitata

dal bestiame

in piu estesi denudamenti,

del pascolo e la rovina

terra

una

humosa.

copertura

non

Ma

anche

cosi ferita

verde abbastanza

si aggravi

che le acque meteoriche

diventando

la prateria

omogenea,

continua

almeno

irreparabile.

scavano e fanno smottare;

la sua

finché l’azione

In tal caso

i solchi

e ha inizio la morte

del suolo.

Anche il congelamento dell’acqua entro il suolo durante la stagione fredda pud provocare intumescenze della cotica erbosa che talora possono coprire larghe estensioni di pascolo. I pascoli « gibbosi » divengono eterogenei, discontinui, facile preda all’erosione delle acque che agisce nei solchi fra le rigonfiature del tappeto erboso.

Ma

il danno

maggiore

ai pascoli di altitudine

viene soprattutto

dal bestiame

pascolante

in quantita

supe-

riore al carico tollerabile. Il calpestio, il brucamento, le deiezioni hanno una influenza notevole anche sulla composizione floristica della prateria, che viene gradatamente trasformandosi. Tendono a deperire e a scomparire tutte le piante meno resistenti all’azione meccanica e chimica esercitata dal bestiame, altre invece si avvantag-

‘aSulyty

&Q

‘VIOINLS

SAGUVN , “(Svqsedus snqquviq)

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2Kewl

I. L’ITALIA ALPINA

88

giano, o subentrano sempre pit invadenti, fino a mutare completamente la fisionomia del tappeto erboso. Le piante invadenti che pitt tollerano il pascolo non sono sempre le pil: buone foraggere, tutt’altro! Sono sovente piante

come

spinescenti

i Cardi,

sono

per

bestiame

dal

rifiutate

sclerose,

rigide,

erbe

durezza,

la loro

sono

erbe tossiche che l’istinto degli animali riconosce e respinge, sono talora perfino arbusti e suffrutici. Spesso il risultato non é cosi eterogeneo, ma egualmente deplorevole. Subentra il Nardo a costituire, come si é gia detto a suo luogo, estensioni monotone

di corta, rigida erba, rifiutata per lo pit dal bestiame, o brucata

svogliatamente quando é pil tenera. Naturalmente col modificarsi della vegetazione si modifica anche il suolo verso

un’acidita

sempre

pill accentuata,

sempre

pit: incompatibile

con

altre

piante

che

non

siano

il Nardo

o le dure ericacee della Brughiera alpina. Ormai la maggiore estensione dei nostri pascoli alpini di altitudine ¢ inoltrata

verso

la trasfermazione

Dopo il Nardeto, verso

un

in Nardeto,

verso

il cosiddetto

« deserto

a Nardo’>.

se continua la pressione del bestiame, si puo spezzare Ja cotica erbosa e si pud andare

denudamento

progressivo;

se invece

cessa

il pascolamento,

sione di arbusti della Brughiera alpina. L’uomo interviene allora a bonificare calcitando oppure i risultati non sono sempre soddisfacenti.

non

inondando

vi € che la prospettiva

di una

inva-

il suolo, talora anche concimando.

Ma

‘ I pascoli come associaziont vegetali. Anche i pascoli sono in origine associazioni che hanno raggiunto un loro assestamento ed equilibrio sia nella composizione sia nella struttura. Le associazioni non sono molto

numerose,

e ciascuna

¢ caratteristica

di una

determinata

zona

altitudinale,

di una

determinata

esposi-

zione, di un suolo ben caratteristico. Non si puo pensare che l’optimum di un pascolo debba coincidere con una tipica associazione naturale. Non si pud neppure supporre che il pascolo, per quanto moderato e razionale, possa mantenere questa associazione nella sua purezza originaria. L’optimum di rendimento di un Festuceto potra coincidere, ad esempio, con un suo aspetto particolarmente ricco di piante pabulari, che si puo sperare di conservare con una accorta tecnica di pascolamento. E comunque importante conoscere le associazioni fondamentali, perche, facendo riferimento a esse, si potranno evitare molti errori e molte delusioni sia ne] trattamento sia nel miglioramento dei pascoli. Si puo affermare senza esagerazione che tutti i pascoli alpini, eccettuati alcuni pit’ remoti o inaccessibili, sono pill o meno profondamente degradati. « Degradazione » potrebbe significare, in senso naturalistico, una deviazione, un ritorno indietro rispetto a certe tappe di equilibrio gia da essi naturalmente raggiunto, e che, come ben sappiamo, sono le associazioni pili tipiche dei pascoli. Ma purtroppo é « degradazione » anche spesso nel senso pili letterale e infausto della parola, perché la cotica erbosa e peggiorata nella struttura agli effetti della difesa del suolo, oltre che nella composizione agli effetti del nutrimento del bestiame. Il miglioramento

zona

propria

di una

dei pascoli.

determinata

Sapere

associazione

che in un

erbacea

determinato

puod giovare

ambiente

a orientare

alpino

ci troviamo

razionalmente

nella

gli sforzi

di

miglioramento.

Le sollecitazioni di una momentanea convenienza economica potrebbero in alcuni casi incoraggiare a sfruttamenti che non tengono conto dell’avvenire di un pascolo; ma a questo punto deve intervenire una sana, previdente valutazione dell’importanza del pascolo per la salvezza del suolo, per lequilibrio fisico e biologico di una pendice montana. Le « alpi » franose, isterilite, respingono da sé le popolazioni montane di cui gia si lamenta l’esodo preoccupante verso le pianure. Un motivo sociale e umano si aggiunge quindi a spostare il problema del risanamento dei pascoli da un piano aridamente economico a un piano di pili vasto interesse per tutti. Quali rimedi concreti si potrebbero prospettare per il miglioramento dei pascoli alpini di altitudine? Nell’ambito di una fondazione recentemente istituita per lo studio di questi e altri problemi dell’arco alpino, Si perseguono principalmente: miglioramenti del suolo e della composizione floristica, scegliendo interventi semplici,

economici,

razionali,

che

possono

e devono

variare

caso

per caso

sulla

logica dei pascoli (per associazioni e per « aspetti » notevoli, fondamentali); pascolamento; miglioramenti nell’organizzazione delle « alpi ».

L’equilibrio

base

di una

miglioramenti

distinzione

nella

tipo-

tecnica

di

fra il pascolo e la foresta. Se dai pascoli di altitudine si discende a quelli intercalati nella fascia delle foreste si prospetta un altro annoso problema: la lotta e l’equilibrio fra i pascoli e la foresta. Che vi sia e vi sia stata una lotta fra queste due forme di vegetazione e di sfruttamento del suolo montano, ¢ ben evidente. Interessi opposti sospingono all’una o all’altra utilizzazione. Ma anche alla risoluzione locale di questo problema dovrebbe contribuire una conoscenza non fumosa, ma concreta, naturalistica e pratica, dei fondamentali paesaggi vegetali alpini. Deve restare salvo il principio che una buona copertura

PASCOLI

127.

Alu

ALPINI,

I

pascoli

al

TAVOLA

Passo

della

Manina,

Val

di

Scalve,

e

Pizzo della Presolana (fot. Fenaroli). 128. Pascolo a Carex firma (Firmetum) a gradinata; la gradinatura € posta in particolare evidenza dai residui di una recente nevicata. Questo tipo di pascolo € caratteristico delle montagne calcaree e presenta notevoli analogie con il Curvuleto delle montagne silicee (fot. Fenaroli). 129. Fioritura estiva di Antillide (Anthyllis

vulneraria,

presso

il Passo

di Sella;

fot. Fenaroli).

dng 2

BO

EE

See

ve

at

POR

oe

ONS a oS

33

TAVOLA

PASCOLI

34

130.

Ipocheride

choeris

ALPINI,

uniflora

uniflora,

Il

(Hypo-

Bormiese;

fot.

Fenaroli). 131. Stelle alpine (Leontopodium alpinum; fot. Fenaroli). 132. Lino delle Alpi (Linum alpinum,

Passo di Nota;

133. Centaurea

fot. Fenaroll).

piumosa

(Centau-

rea nervosa; fot. Ambrosi). 134. Piantaggine delle Alpi (Plantago alpina; fot. Fenaroli).

PIANTE

NITROFILE

TAVOLA

135. Il Senecio alpinus;

fot.

delle Alpi (Senecio Fenaroli),

intorno

a

una vecchia malga nell’ alta Val Camonica. 136. Il Romice delle Alpi (Rumex alpinus; fot. Fenaroli),

in

un

riposo

in

alpe

della

Val Breguzzo, 137. La Borsa di pastore a grandi fiori (Capsella grandiflora; fot. Arietti), nei riposi

dell’Alpe

137

Casere,

Val

Trompia.

35

LAVOLA

ALTE

36

ERBE aa)

138, Epilobio a foglie strette anguslifolium,

Bormiese;

(Epilobium

fot.

Fenarolt).

139. Eringio alpino (Eryngium alpinum, Prealpi Friulane; fot. Bois de Chesne). 140. Polemonio ceruleo (Polemonium cocrulewm,

Bormiese;

fot.

Fenaroli). 140

\

LA

VEGETAZIONE

DELLE

RUPI,

DEI

DETRITI

E

DEI

GRETI

89

forestale deve tutelare le pendici montane; ma bisogna dare prevalentemente sviluppo alla foresta dove il suolo é€ pil rovinoso,

detritico,

torrentizio,

non

insistendo

d’altra

parte

a mantenere

pascoli

smottanti,

erosi,

la

dove l’ambiente non offre sufficienti garanzie di una evoluzione della vegetazione verso un assestamento durevole ed efficace delle pendici. Una soluzione di compromesso localmente possibile che ha condotto alla costituzione di paesaggi amenissimi ¢ quella dei pascoli alberati. Ne sono risultati aspetti di « parco », come quelli che abbiamo ricordato a proposito dei Lariceti (fot. 98, pag. 64-65). E questa una soluzione molto auspicabile, quando si dimostri realizzabile e conveniente.

Il problema della difesa e del miglioramento dei pascoli sta oggi al centro dei numerosi problemi che interessano la prosperita della montagna. Anche coloro che non sono chiamati a occuparsene direttamente é@ bene ne abbiano qualche conoscenza per solidarieta verso le sane, laboriose popolazioni alpine e appenniniche.

LA VEGETAZIONE

DELLE

RUPI, DEI DETRITI

E DEI GRETI

Sebbene povera, e talora appena percettibile, una vegetazione esiste anche sulle rupi e sui detriti. Ed € rappresentata da piante cosi specializzate, cosi selezionate, talora cosi singolari, da costituire forse le manifestazioni pil strane e suggestive della vita vegetale nelle montagne alpine. Conoscere queste minuscole piante annidate nelle fessure delle pareti rocciose o galleggianti sulle pit aspre petraie non € piu una esigenza pratica legata a problemi di utilita contingente, ma piuttosto una esigenza naturalistica pura in cui si fondono curiosita di sapere e culto per la bellezza. E indubbiamente molte di queste pianticelle delle rupi e dei detriti sono fra le piu belle creature vegetali che vivano nei nostri climi. In esse sono pit accentuati che nelle piante di qualunque altro ambiente quei caratteri eccezionali, quegli estremi, direi quasi eroici adattamenti, che rendono cosi ammirevole, cosi sorprendente la flora alpina. Un alpinista, che ami

veramente

la montagna

in tutte

le sue forme

di bellezza,

non

puod non

sostare quasi con commozione vedendo allinearsi lungo le sottili fessure delle rocce lunghe ghirlande di freschissime campanule azzurre, con fiori pil grandi e pit belli di quelle che nascono nelle pingui praterie,; oppure sorprendendo, fra le dure mobili pietre di un macereto dolomitico, il verdeggiare e fiorire intatto di germogli cosi tenui, cosi delicati che quasi si teme di toccarli con mano. Forse anche per gusto di novita e di paradosso il nostro spirito € incline a godere di queste insolite e minuscole parvenze della vita vegetale. Nobilta della flora rupestre alpina. Un carattere comune alle pit tipiche piante rupestri consiste nella loro incapacita di vivere fuori di questo ambiente. Quando i loro semi cadono nelle praterie o in altre forme di vegetazione chiusa non possono svilupparsi, perché le giovani piante non reggono alla concorrenza delle specie ivi esistenti. Solo se consideriamo certi pascoli rupestri, del resto sovente discontinui, come il Firmeto e il Seslerieto-Sempervireto, troviamo non poche specie in comune colle rupi e i detriti: Driadi, Stelle alpine,

“Artemisie del Genepi, e tante altre. Parrebbe piante

giustificato percid aftermare

« rifugiate », che, profittando

che le piante delle rupi e dei detriti sono

di una

loro eccezionale

frugalita

e di una

delle

resistenza

del pari eccezionale a microclimi severissimi, hanno trovato scampo da una concorrenza insostenibile. Cid sembra tanto pil vero perché le piante alpine pit localizzate, « ende-

ALPINA

I. L'ITALIA

90

miche », sono quasi sempre piante di questi ambienti.

La roccia e i detriti accolgono dun-

que, difendono e conservano una vasta flora pit o meno antica in tutte le montagne del mondo. E poiché nessun altro ambiente come quello delle rupi e dei detriti montani si

cosi accentuati

presta a fenomeni

geografico,

di isolamento

¢ comprensibile

che proprio

queste piante siano spesso fra le pit: interessanti a studiarsi nelle forme di distribuzione, nelle loro affinita e parentele, per ricostruire la storia di tutte le flore alpine del mondo. Di qui la nobilta di caratteri della nostra flora alpina delle rupi e dei detriti; nobilta

maggiore 0 minore a seconda dell’isolamento non solo geografico, ma anche sistematico (se sono lontanissime pure nel grado di parentela, dalle specie piu affini), a seconda della rarita,

della localizzazione, dell’antichita

di insediamento

o di origine.

Vi sono dunque diversi criteri per valutare questo singolare contingente della flora alpina. Noi

ci atterremo

qui, per semplicita,

al pil facile:

la distribuzione

attuale,

dimensione cioé dell’area (« areale ») da ciascuna specie occupata.

la forma

e

:

Elementi geografici. Le specie alpine-medioeuropee.

Le specie a pit vasta

distribuzione continua sono anche le pit comuni, le pit largamente diffuse sulle Alpi anche in senso altitudinale. Sono spesso anche quelle che possiedono piu grande energia di colonizzazione e di dispersione, e le meno esclusive abitatrici degli ambienti rupestri; sovente anche le meno « alpine ». Ne sono esempi le grandi specie Anthyllis vulneraria (Antillide; fot. 129, pag. 88) e Thymus serpyllum (Timo serpillo). Divengono assai pit significative le specie « alpine-medioeuropee », proprie cioé, oltre che delle Alpi, delle montagne abbastanza elevate dell’Europa Media e Meridionale (Pirenei, Carpazi, Caucaso e talora altre montagne centroeuropee). Molte sono in questo gruppo o « elemento » le piante schiettamente rupicole o dei detriti. Assai caratteristiche per l’aspetto succulento sono alcune specie di Semprevivi (Sempervivum) e di Grasselle (Sedum; fot. 185, pag. 112; fot. 192, pag. 112-113). Il comune Semprevivo dei tetti (Sempervivum tectorum) lussureggia con rosette fogliari grasse, lucide, sui tetti delle case, sui muri

a secco

e sulle rupi a pit. umili

altitudini;

Dianthus alpinus ”

laciali Lees

ow

il Semprevivo

monta-

no (Sempervivum

monta-

num)

dai fiori purpurei,

dalle

rosette

opache

e

ghiandolose, sale invece fino a 3400 m; il Sempre-

vivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum; fot. 179, pag. 105; fot. 188, pag. 112-113) é@ il pit singolare fra tutti perché forma sulle rupi cuscini di compatte rosette rossastre, candide al centro per una densa e finissima rete tra le foglie. Alcune Sassifraghe entrano

67. AREALI

DEL GAROFANO

DEI GHIACCIAI

(Dianthus

glacialis),

& DEL

DELLE RUPI (Dianthus alpinus). Da Merxmiiller.

GAROFANO

Po:

pure

sulle

Sassifraga

in questo

grup-

sual oe calcaree

mutata

la

(Saxi-

LA

VEGETAZIONE

DELLE

severe: -

+ Androsace obtusifolia @ fF lactea

——-——

x



RUPI,

DEI

DETRITI

E

DEI

GRETI

91

fraga mutata), la Sassifra-

ee es)

ga verde-azzurra (Saxifraga caesia; fot. 186, pag.

carnea

ee

Keno

:

EN

ot

a

112) dai pulvini compatti

:

.

166 bis, pag.

aizoides; .

.

fot.

104; fot. 203,

pag. 113), che copre di fioriture giallo-aranciate le rupi e 1 detriti bagnati; la Sassifraga sempreverde (Saxifraga aizoon), con le rigide rosette di foglie incrostate da calcare. Pianta schiettamente artico-alpina é anche il singolarissimo Ranuncolo dei ghiacciai o Erba dei camosci (Ranunculus glacialis; fot. 205, pag. 120; fot. 236, pag. 129) che fiorisce copiosamente sui detriti fino al margine delle nevi perenni e sale sulle rupi emergenti dalle vedrette fino alla massima altitudine che sia nota in Europa per una pianta con fiori: m 4272 al Finsteraarhorn nelle Alpi Bernesi.

Le specie nordico-alpine

e artico-altaico-alpine.

Specie «nordico-alpina » &

invece la magnifica Sassifraga piramidale (Saxifraga cotyledon; fot. 200, pag. 113), che protende dalle pareti rocciose grandi grappoli di fiori bianchissimi. Numerose sono pure le piante di roccia che si estendono, oltre che all’Artide e alle Alpi, anche alle alte montagne nord-asiatiche, e che costituiscono l’elemento « artico-altaico-alpino »: l’Osiria alpina (Oxyria digyna), che predilige le morene e i detriti glaciali salendo fino a 3800 m; il Cerastio alpino (Cerastium alpinum), che distende i molli cespi con copiosi fiori bianchi

nelle pietraie silicee; una

minuscola

Draba

(Draba fladnizensis);

il piccolissimo

e raro Ranuncolo pigmeo (Ranunculus pygmaeus); la bella Serretta dedicata al DE SAUSSURE (Saussurea alpina), col dorso delle foglie bianco di candida lanugine e i fiori rosso-violetti; la rara Sassifraga inclinata (Saxifraga cernua); la Sassifraga androsacea (Saxifraga androsacea; fot. 201, pag. 113); la Sassifraga rossa (Saxifraga oppositifolia; fot. 204, pag. 113), stri-

sciante con germogli a foglie scagliose dure scurissime, che fiorisce su ampie estensioni con fiori rosso-violacei appressati alla roccia e al suolo.

LA

VEGETAZIONE

DELLE

RUPI,

DEI

Le specie altaico-alpine.

DETRITI

E

DEI

GRETI

93

Piante « altaico-alpine » sono invece la graziosa Viola pen-

nata (Viola pinnata), inconfondibile per la forma digitata-delle foglie; l’Alisso alpestre (Alyssum alpestre); la Veronica afilla (Veronica aphylla). Ma specialmente nota é la Stella alpina (Leontopodium alpinum; fot. 131, pag. 88-89), l’ornamento piu suggestivo delle rupi in special modo calcaree, cosi singolare per il candido rivestimento lanoso che tutta la ricopre fino alle foglie che circondano a raggera i piccoli capolini gialli. « Edelweiss », « nobile-bianco », lo chiamano

nei paesi di lingua tedesca, ed

é un nome

divenuto

familiare anche da noi.

Non é certo la pianta rupestre che pit si elevi in altitudine sulle nostre Alpi! Raggiunge eccezionalmente i 3400 m, e scende talora anche a soli 350 m lungo i conoidi che dalle Prealpi Friulane si espandono fino allo sbocco delle valli nella pianura. E divenuta tuttavia il simbolo pit noto e pit ricercato della flora delle vette eccelse e delle rupi inaccessibili, perché queste stanno diventando ormai il suo estremo rifugio.

Specie alpigene ed endemismi. Le specie la cui distribuzione é limitata alle Alpi e al piu alle montagne immediatamente prossime, costituiscono l’elemento geografico «alpino» o «alpigeno ». Sono di questo gruppo il Semprevivo di Wulfen (Sempervivum wulfenii) a fiori gialli, alcune minuscole

Alsine

(Minuartia

aretioides, rupestris, rostrata), la Sassifraga

muscoide (Saxifraga muscoides) con pulvini simili a quelli dei Muschi, la piccola Sassifraga di Seguier (Saxifraga seguieri), la Sassifraga biflora (Saxifraga biflora), alcune piccole Valeriane (Valeriana saxatilis, saliunca, celtica), Erba

Iva (Achillea moschata) dall’aroma

tanto

simile a quello del Genepi da venir spesso usata in suo luogo per fabbricare liquori, |’Achillea nana (Achillea nana), la Campanula gialla (Campanula thyrsoides; fot. 187, pag. 112) cosi diversa da tutte le altre Campanule per il colore dei fiori riuniti in densa spiga. Una

bella specie « alpina » é anche |’Epilobio di Fleischer (Epilobium fleischeri; fot. 125,

pag. 81), che colonizza in cespi robusti suffruticosi i detriti torrentizi subalpini; ricorda per , le foglie il Rosmarino, ma fiorisce di graziosi fiori purpurei o rosa-violetti (Epilobietum fleischeri). Molto pit: numerose sono pero le specie « alpine » la cui distribuzione é ristretta a un tratto limitato, talora limitatissimo della catena alpina. Sono queste le piante che vengon chiamate « endemiche ». Si tratta di specie antiche, di origine terziaria, appartenenti a stirpi oggi molto disgiunte, frammentate per isolamento, sul cui significato avremo occasione di ritornare. Frattanto contentiamoci di conoscere le pit significative, sempre sulla base del criterio pi semplice della distribuzione attuale nelle Alpi. Una categoria di endemismi che segna una sorta di passaggio fra le specie alpigene e quelle a piu ristretta distribuzione, é costituita dalle piante la cui diffusione ¢ limitata piu o meno esclusivamente alla fascia longitudinale mediana (centroalpina) alla quale pud attribuirsi

piu. logicamente,

in senso

botanico,

come

@ stato

detto

fin dall’inizio,

il nome

di Alpi centrali. In questa zona, costituita prevalentemente da rocce antiche silicee e caratterizzata da clima continentale, vi ¢ una certa poverta di flora caratteristica ed esclusiva. ‘Tuttavia

possiamo

ricordare:

la gracile Primula

di Val Daone

(Primula

daonensis),

la Pri-

mula a foglie intere (Primula integrifolia), la Primula vischiosa (Primula hirsuta), la rara Androsace di Wulfen (Androsace wulfeniana), la Sassifraga a grandi petali (Saxifraga macropetala; fot. 122, pag. 81), il Fiteuma (0 Raponzolo) a foglie di Edraianto (Phyteuma hedraianthifolium; fot. 174, pag. 104-105) dai fiori azzurrini, la Crepide retica (Crepis rhaetica) dai fiori giallo oro, il Doronicum glaciale fiorito di astri gialli. Pochissimi sono nella fascia longitudinale mediana delle Alpi gli endemismi su calcare: ~ ricordiamo la Genziana dell’Engadina (Gentiana engadinensis), e la Draba ladina.

94 >

'

I. L-ITALIA

ALPINA

Gli endemismi orientali. Le piante endemiche proprie delle Alpi meridionali orientali, cioé della fascia calcarea prealpina che dal lago di Como si stende fino alle Alpi Giulie, sono quasi nella totalita piante dei calcari e delle dolomie. Talora riappaiono in qualche disgiunzione nelle Prealpi calcaree settentrionali, specialmente della Baviera. Fra

le graminacee

rupicole

sono

alcune

Seslerie

a spighe

tondeggianti

(Sesleria

ovata;

fot. 156, 157, pag. 96-97; Sesleria sphaerocephala) e il Trisetum argenteum. Minuscoli rappresentanti fra le crocifere sono la Draba stellata (Draba stellata) a fiorellini bianchi, la Draba

di Sauter (Draba sauteri) a fiorellini gialli, e la rara Kernera

alpina,

abitatrice delle Dolomiti. Poco appariscente é pure una cariofillacea a foglie sottili glaucoverdi addensate, la Moehringia glaucovirens. Anche un Semprevivo, il Sempervivum dolomiticum, rientra fra queste specie. E numerose Sassifraghe: la Sassifraga squarrosa (Saxifraga squarrosa) somigliante alAquilegia einseleana la Saxtfraga caesia (fot. 186, pag. 112), la Sassifraga incrostata (Saxifraga crustata), la Sassifraga di Burser (Saxifraga

bur-

seriana) a fusticini quasi muscosi, la Sassifraga «senza foglie » (Saxifraga aphylla), la tenue Sassifraga petrea (Saxifraga petraea; fot. 156, pag. 96-

if

97) che ama le cavita om- | @ brose. Pianta bellissima per il portamento e i fiori di eM un cupo azzurro-violaceo é lAquilegia

di

Einsele

71. AREALE DELL’Aquilegia einseleana (da Merxmiiller).

(Aquilegia einseleana; fot. 159, pag. 96-97). Pit modeste ma tali da costituire

note gradite di colore nell’ambiente grigio dei nudi calcari: la Veronica bonarota (Veronica bonarota; fot. 163, pag. 97) ¢ la Veronica gialla (Veronica lutea), la Pediculare acau-

Saxifraga burseriana

esancosnees



diapensioides

=

oo



tombeanensis

| -->--

Ba

eeu

?

Stazioni incerte

le (Pedicularis acaulis; fot.

165, pag. 97), l’Asarina (Homogyne discolor). Due graziosissime campanule di roccia, con fiori appena afhoranti quasi dalle fessure delle pareti rupestri,

sono

pure

endemismi

72. AREALI DI ALCUNE SPECIE DI SASSIFRAGA

(da Merxmiiller).

LA

VEGETAZIONE

orientali:

DELLE

RUPI,

la Campanula

DEI

DETRITI

E

DEI

GRETI

del Moretti (Campanula

5)

morettiana; fot. 164, pag. 97) con azzurre

corolle tuboloso-campanulate, la Campanula di Zoys (Campanula zoysii; fot. 162, pag. 97) con corolle piu pallide a forma singolarissima di otricelli lobati. Insieme a queste Campanule, per

affinita,

va

ricordato

il magnifico

Fiteuma

(Phyteuma

chiomoso

comosum;

fot.

126,

pag. 81) con capolini di fiori violetti. Fra le composite figurano poi la Crepide del Monte Triglau (Crepis tergloviensis) il Leéntodo di Berini (Leontodon berinii) con fiori gialli, l’Achillea delle Dolomiti (Achillea oxyloba) e l’Achillea di Clavena o Assenzio ombrellifero (Achillea clavenae).

Gli endemismi insubrici, Nellarea alpina meridionale orientale un gruppo di endemismi si differenzia per la sua tendenza a localizzarsi fra il Lago di Como e il Monte w=

Carex baldensis

\

3

Cd Fe -

WwW

;

I.

Baldo; si é soliti chiamar-

li «endemismi insubrici». Una delle pit: belle Carici alpine entra in questo

: a

Ste oS

Ce EE

me

gruppo: la Carice del Monte Baldo (Carex baldensis; fot. 175, pag. 104-

105) con spighe cosi candide da richiamare la visita degli insetti; e un Aglio, l’Aglio insubrico (Allium

insubricum;

fot.

152, pag. 96-97) che cresce

Primula

sopra la viva roccia in cespi glauchi con purpuree corolle pendule. Particolarmente ornamentale e appariscente é la Silene di Elisabetta (Melandrium elisabethae; fot. 146, pag. 96-97), magnifica cariofillacea dai

clusiana

sessneeesees



glaucescens

ae



spectabilis wulfeniana

grandi petali di un color rosso-rosa

parve

luminoso,

al suo

primo

che

sco-

pritore, lo Jan, degna di essere dedicata a una principessa, la consorte delVArciduca RAINERI: « noi non sapremmo renderla

piu. interessante e pregevole agli occhi dei botanofili, se non decorandola col nome della Augusta &

ae

74, AREALI DI ALCUNE SPECIE DI PRIMULA (da Merxmiiller).

consorte

del Serenissimo Principe inclito mecenate

ALPINA

I. L-ITALIA

96°

degli Studi di storia na-

[

------ Isepire di 10° in 10°

turale, al cui nome é de: . dicata la Campanula abi-

oeStazioni di Saxifraga hnoi

a scuetoe.

tante la stessa montagna».

La Campanula cui si fa

cenno fico

é un altro magniendemismo_

scoperto

pure per la prima volta sulle Grigne sopra Mandello: la Campanula di Raineri (Campanula raineri; fot. 147, pag. 96-97).

Insinuata con robuste radici

nelle

fessure

delle

75. AREALE

DELLA SASSIFRAGA

RAGNATELOSA

(Saxifraga arachnoidea).

rocce, esce solo con le sue corolle cerulee e le verdi rosette fogliari allineate a modo di ghirlande. Mimetizza invece con le rocce pendendo con grappoli di fiori pallidi e stendendo a mosaico le foglie grige, la Campanula cotonosa (Campanula elatinoides; fot. 148, pag. 96-97), l’endemismo forse piu tipicamente « insubrico ». Sono pure insubriche la Primula di Wulfen (Primula wulfeniana) dai fiori rosso-scuri, la Primula tirolese (Primula pines tyrolensis), piccolissima, che costella le rupi con foglioline

_» . Chi entra al principio dell’estate in una delle pit: adulte Pioppete piantate lungo le rive del Po, ad esempio presso Casale Monferrato, si trova immerso in un ambiente vegetale del tutto straordinario. Erbe altissime crescono all’altezza della persona, con lussureggianti fiori gialli (Solidago serotina o « Tirso Voro »), impenetrabili cespugli di un arbusto che cresce soltanto su questo limo fluviale chiudono come grandi muraglie

93. FOGLIE

DI Pilopro

BIANCO

pulus alba) & Ptopro Nigra;

grand.

NERO

1/,).

(Po-

(P.

le radure

(Amorpha

fruticosa

o

« Barba

di Giove »),

insolite piante con grandi corolle d’un giallo chiaro luminoso floriscono a gruppi qua e la (Oenothera biennis o « Meraviglia gialla »); € una vegetazione invadente che soverchia con la sua massa tutte le pitt comuni e umili piante di questi : owe coun : : aes Z ambienti ripariali. L’atmosfera caldissima e greve, il grande silenzio, il fume ampio e lento che si intravede fra gli alberi,

PIANTE

PIONIERE:

I LICHENI

TAVOLA

222

I Licheni,

convivenza

(simbiosi) di Alghe

e di

Funghi, sono trai primi colonizzatori delle rupi e preparano il substrato per l‘insediamento di plante pill esigenti. Queste piante pioniere hanno colori spesso vivaci e forme bizzarre. 222.

Licheni

squettt), delle

Alpi

granito. dee

(fot.

chiazzano

rossi

al Passo (Buellia

224.

(Xanthoria

di

Rolle.

alpicola;

Un’altra

Peyronel),

delle Licheni

di vario colore,

elegans;

223.

La

fot. Pa-

Lecidea

fot. Fenaroli),

numerose

su

Leci-

maculosi,

che

fino a coprirle

talo-

ra interamente,le rupi delle nostre montagne.

TAVOLA

MACERETI

54

Il ver

Papavero

rhaeticum,;

E

MORENE

retico fot.

(Papa-

Fenaroli);

appartenente al polimorfo ciclo del Papavero delle Alpi che annovera forme a fiori gialli e a fiori bianchi. 226. Il Cerastio unifloro (Cerastium uniflorum;

fot. Landi-Vittorj), proprio dei macereti silicei di alta quota. 227.

Il Ranuncolo

alpestre

(Ra-

nunculus alpestris; fot. LandiVittorj), specie delle montagne calcaree europee, che sulle Alpi si insedia pure nell’ambiente delle vallette nivali. 228. La Linaria delle Alpi (Linaria alpina; fol. Landi-Vittor]), specie europea osservata sino a 3800

m alla zianella

Grivola. bavarese

varica;

fot.

229. La Gen(Gentiana ba-

Landi-Vittor]),

spe-

cie endemica delle Alpi e delV’Appennino Abruzzese. 230. La Ambretta_ strisciante (Sieversia

replans; fol. Zardini), specie del-

le montagne

silicee

degli

oriz-

zonti alpino e nivale, ben caratterizzata dai suoi lunghi stoloni.

GIARDINI

I Giardini

ALPINI

alpini hanno

TAVOLA

lo scopo

di alle-

vare in breve spazio, per fini didattici e di studio, le specie piti caratteristiche delle diverse regioni montuose (231. I] Giardino delle Viotte al M. Bondone con Cerastiwmn tomentostim in primo piano; fot. Cam. di Comm. Trento). Piante alpine si coltivano

anche

in giardini a scogliera di quote me-

no

elevate.

ne

Riviera;

(232.

Giardino

fot. Fenaroll).

Hruska,

Gardo-

55

NIVALI

VALLETTE

56

TAVOLA

Nei

terreni

pianeggianti

degli

alti passi alpini e nelle dolci concavita dei valloncelli volti a settentrione, dove la neve permane pitt lungamente, sino alla primavera pit. avanzata,

si affermano

associazion1

vege-

tali molto costanti nella loro composizione, le cui piante si

avvantaggiano

del

terreno

umido, continuamente — permeato dalle acque di fusione delle nevi, ricco di _ sostanze

organiche

e di conseguenza

di

colore nero e fortemente acido. E questa la caratteristica vegetazione delle vallette nivali, costituita da piante erba-

cee che vivono appressate al terreno, atte a sopportare a lungo la copertura nevosa, sotto

la

rano

cui

protezione

attivamente

si prepa-

a una

pronta

fioritura tosto che la neve sia scomparsa. Cosi riducono al minimo il loro ciclo biologico

: Raa

:

,

y

; =

7

in rapporto

scriveva che « |’im-

\

@ : : ec

en? Vercelli

|

XA Casale Monk \\

102. DISTRIBUZIONE

piego dell’acqua nell’Italia Settentrionale costituisce a un tempo un/’arte e uma scienza; ARTURO

% 9,

{

4 S

[nocx e

dente per tutti gli stranieri che scendono nel

nostro Paese. Lo HEvZE

|(

ae

7

PIEMONTESE

DELL’/soétes

niana (originale).

malinver-

JouNG fin dal 1768 affermava che, per

vedere l’arte dell’irrigazione condotta alla sua pit perfetta espressione, era necessario visitare

la pianura milanese. Le marcite si sono spesso, alla loro origine, sostituite alle paludi, che erano cosi frequenti

nella bassa pianura, e anche alle prime malsane coltivazioni estensive di Riso che si facevano in molte depressioni paludose. La flora é costituita da un’associazione naturale a Loglio (Lo-

lium italicum) e a Erba borsetta (Alopecurus utriculatus), cosi detta per il caratteristico rigonfiamento della guaina della foglia superiore, cui si accompagnano il Loglio perenne (Lolium perenne), la grande Festuca o Paleo dei prati (Festuca elatior), dall’Erba lanatus), da Trifoglio

rosso

e ‘Trifoglio bianco,

da Avena

altissima,

bozzolina

e via dicendo.

(Holcus La do-

minanza talora quasi esclusiva di Loglio e di Alopecuro costituisce soprattutto l’aspetto invernale; anche l’aspetto maggengo ¢ dominato da queste piante, ma meno esclusivamente perché vi entrano numerosi Ranuncoli a fiore giallo e altre Graminacee. Sia il Loglio sia l’Alopecuro recedono nel fieno agostano, mentre trionfano i Trifogli e le Leguminose in genere;

in autunno

riprendono

ancora

Le torbiere intermoreniche. fascia di alta pianura, costituita

sviluppo

coi Ranuncoli

le due

specie

dominanti.

Oltrepassata la zona delle risorgive e anche la prima

dalle formazioni

diluviali

pit recenti, giungiamo

ad altri

ambienti palustri che per la loro maggiore antichita possono presentare speciale interesse: le torbiere intermoreniche, situate nelle depressioni entro i cordoni di colline che costituiscono i maggiori anfiteatri morenici (dis. 98, pag. 134). Si tratta di una gamma di aspetti diversi che costituiscono

pero una

serie evolutiva

unica:

laghetti,

laghi-stagni,

stagni, paludi e, a

prosciugamento piu inoltrato, praterie acquitrinose. Collega tutte queste fasi un carattere

PADANA

Il. LA PIANURA

138

costante: l’esistenza di depositi pit’ o meno notevoli di torba, che sono stati studiati ripetutamente con sondaggi per ricavare notizie sul passato della vegetazione padana. Le torbiere infatti costituiscono,

come

si suo] dire, gli « archivi della vegetazione »; esse racchiudono

e

conservano riconoscibili allo stato fossile i granuli di polline delle piante forestali dominanti nelle varie epoche in cui si sono venuti depositando i loro strati. Si puo risalire cosi, ad esempio per quelle padane, a epoche postglaciali in cui dominava il Pino (« tempo del Pino »), o la Quercia (« tempo della Quercia »), riuscendo a stabilire anche le mescolanze con

percentuali basate convenzionalmente sulla percentuale dei grani delle diverse specie. Per la loro grandiosita potremmo prendere come esempio di vegetazione attuale le tor-

biere d’Iseo. Esse offrono tuttavia piuttosto il. paesaggio di una torbiera intensamente e da molti anni sfruttata dall’uomo. Riquadrettate in escavazioni invase da acqua e divise da sot-

tili emergenze brune di torba, costituiscono una delle piu singolari formazioni vegetali antropiche

pedemontane.

Una

idea

dell’aspetto

originario,

gia influenzato

dall’uomo,

ma

non cosi profondamente alterato dalle cave di torba, puo essere offerto dalla descrizione di un naturalista bresciano della fine del 700, il Pitati: « Tutta questa valle, trattine pochi campi

o prati immediatamente

vicini

alle

sponde

dei

suddetti

monti,

é formata

di un

suolo tremolante, ove non alligna alcuna sorta d’albero, e che in tutte le escrescenze del lago viene pil o meno coperta dalle acque; e spesse volte si abbondanti, a segno di venire colle barche fino a Provalio. Questa valle non da altro prodotto che di paglie lacustri per strame; ed ove € meno paludosa, da una erba miserabile, la quale sia verde che secca serve

bald

piuttosto

|

bovini;

Gannete-Seleneio

va

loro

(a Canna palustre e Scirpo lacustre)

per

\

di

Stricteto (o Cariceto

a Carice

stretta:

Pee Ge1ute eae

luogo

terreno

sidenti

!

Per

Alneto a Ontano bianco (Alnus incana)

in

preziosi modo

€ diviso

(Carex lasiocarpa)

ee ee | CASTAGNETO

5

in

dimagrare

pur

in

da

cui xe

gia

ad_

pascolo,

o

arie.

trovansi que’ da

particolari

ingrassare

il tempo

prender

ancor

che

che

quando

di qualche

un

sono Carex elata)

a e

@

gio-

a meglio

dire

Nelle

quelle

pascoli ~s

pit

¢

angustie contrade,

agli

secoli

proprieta

li

secco

abitanti,

quel da

quei

suolo pos-

>.

la vegetazione

conviene

assumere

come

esempio pili integro e significativo il Lago di Vi-

: |

verone (m 230) nell’anfiteatro morenico di Ivrea, in cul, partendo dalle acque aperte, troviamo le zone di progressivo interramento e rinsaldamento del suolo elencate nella tabella qui a fianco. Nel Canneto e notevole la presenza del ‘Trifoglio acquatico (Menyanthes trifoliata), che abbiamo gia conosciuto nelle torbiere alpine, pag. 84. In confronto tuttavia a una florula gia delineata dal Cesati un secolo prima, molte piante notevoli sembrano scomparse, come le

Rincospore (Rhynchospora fusca e Rhynchospora alba), la Viola delle paludi (Viola palustris), il raro Comarum palustre. Le rive sono torbose, con Muschi bruni e forse un tempo Sfagni. Particolarmente ricca di Sfagni (Muschi glauchi, rossastri, soffici, spugnosi, tipici specialmente delle torbiere alpine e transalpine) era la torbiera del laghetto di Sartirana in Brianza, cosi che si pud dire che quella torba fosse essenzialmente creata dal loro accumulo. La torbiera di Lagozza nel Varesotto, ben nota come sede di importanti ritrovamenti di materiale preistorico perché gia occupata da palafitte, presenta un modo di torbificazione e quindi di interrimento non raro nelle torbiere intermoreniche: dalle rive si protendono

VEGETAZIONE

PALUSTRE

E ACQUATICA

139

verso il lago bracci di « torba galleggiante » che, aumentando finiscono per toccare

il fondo, ma

che possono

anche

gradatamente

frammentarsi

di spessore,

in isolette vegetali gal-

leggianti e traballanti sotto il piede di chi vi si affida, molto simili alle « mortizze » o « ballerine » delle paludi (o « lanche ») del Ticino presso Pavia, e alle « toppe » degli stagni dell’anfiteatro morenico dei Garda. Intrecci di radici e fusti di Carici e di Giunchi costituiscono in questo caso la parte essenziale della torba. Qui sono state segnalate le Drosere (Drosera rotundifolia e longifolia), la Potentilla delle paludi e altre piante microtermiche.

Le rive dei mag giori laghi. Le rive dei grandi laghi, specialmente quelle meridionali del Lago di Garda, possono pure presentare, e su pil ampia estensione, alcuni aspetti palustri gia notati nelle formazioni lacustri della bassa pianura, fot. 259, pag. 144-145. Mancano pero depositi torbosi. Il normale sviluppo delle zone di vegetazione viene tuttavia assai

disturbato

dall'azione

dell'uomo,

che estende

sulle rive le coltivazioni,

le abitazioni,

le ville e i giardini. Cosi vengono a impoverirsi notevolmente gli aspetti palustri, mentre perdurano quelli a vegetazione natante o sommersa. Meno incompleti appaiono esempi che possiamo riportare da STEINER per il Lago di Lugano. Pit di lunga descrizione pud valere lo schema grafico che abbiamo tracciato della successione delle zone di vegetazione. Sulle rive Nord é quasi completa, manca soltanto o non é stata accertata la zona a pil umile vegetazione sommersa che abbiamo gia chiamata

yy ett VA\

bh VaAV

a

Nymphaea

fe

YW

(Scirpeto)

palustre

a

¥

SQ Q\

_ ef

lacustris

Zona

ee

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Schoenoplectus

CN

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ye

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NN

ea ly SSk

communis

(Fragmiteto)

}

QQ.

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hay! ces

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LW

{

6

{

3.5m '

:

(Ninfeeto)

——

Zona

Potamogeton lucens eé

stagnale

ae

P perfoliatum

SS Ay?

45m

Najas

;

marina

(Potameto)

Zona 103.

T1rICA

ZONAZIONE

E SUCCESSIONE

DELLA

VEGETAZIONE

NELLA

a vegetazione RIVA

Noro

sommersa DEL

Laco

pi

LuGANo

(da

Steiner).

Il. LA PIANURA

140

PADANA

Careto. Sulle rive Sud @ invece particolarmente ricca e completa la serie di forme sommerse dal Potameto al Careto. Inoltrato e sospeso nelle acque é da ricordare un ricco « Fitoplancton », di Alghe microscopiche: Alghe verdi, azzurre, Diatomee, Peridinee, Flagellate.

Le zone di vegetazione del Lago Superiore di Mantova.

Nella bassa pianura

un esempio tipico e ben conosciuto é costituito dal Lago Superiore di Mantova. Una zonazione

tipica si delinea 1° Zona

Fior di Cuculo

nella sua vegetazione,

elata) o

(Carex

stretta

a Carice

dall’esterno

verso

Strictetum,

(Lychnis flos-cuculi), Equiseti (Equisetum

linterno: con

numerose

Garicy,

Galta,

arvense);

2° Zona a Canna palustre (Phragmites communis; fot. 344, pag. 193) o Phragmitetum, con Tife (Typha angustifolia e Typha latifolia) dalle brune spighe cilindriche, una Felce idrofila, l’Aspidio palustre (Dryopteris thelipteris) e molte altre piante; 3° Zona a Scirpo palustre (Heleocharis palustris) o Scirpetum;

4° Zona a Ninfee e Nenufari (Nymphaea alba, fot. 267, pag. 152; Nuphar luteum), sempre amenissima per il galleggiare di lucide foglie circolari e di vistosi fiori bianchi o gialli: Nymphaeetum e Nupharetum; 5° Zona a Potamogeti (Potamogeton lucens, Potamogeton perfoliatus) o Submersipotametum, con vegetazione sommersa ondeggiante a modesta profondita, formata di piante fogliose lucenti o traslucide come i Potamogeti, a lunghi nastri come la Vallisneria (Vallisneria spiralis). Possono presentarsi qui anche piante galleggianti come la Castagna d’acqua (Trapa

natans;

fot. 256,

pag.

144-145)

con

miriadi

di rosette

fogliari a foglie romboidali dentate e i singolari frutti tricorni e (nella varieta verbanensis) bicorni, e la singolarissima

104. LA CASTAGNA D’ACQUA (Trapa natans ssp. verbanensis; 1s).

Erba coltella (Stratiotes aloides). 6° Zona a Cara (Chara, varie specie) da Alghe evolute, ramose.

o Charetum,

piccola bassa

prateria di fondo

costituita

Un aspetto particolare é dovuto alla diffusione straordinaria, sebbene localizzata, di una pianta ornamentale delle vasche dei nostri parchi e giardini, il Loto egizio (Nelumbium speclosum), ninfeacea con grandi foglie e fiori bianchi portati da lunghi steli sopra le acque. Un grazioso esempio

di vegetazione

loro livello € eccezionalmente lacustris; fot. 264, pag.

é osservabile

sulle rive dei nostri

con

il

si tratta di colonie di Littorella lacustre (Litorella 152), che formano zolle verdi pil oO meno compatte sui greti sassosi

e sabbiosi e abitualmente inondati delle rive dei Laghi d’Iseo, di Como Si confonde

laghi quando

abbassato;

piccoli Giunchi

o con

e anche di Garda.

lo Scirpo delle paludi, ed @ affine alle Piantaggini.

Evoluzione dei laghi. Crediamo di poter concludere questi cenni sulla vegetazione palustre e lacustre della Pianura Padana richiamando l’attenzione su un vasto fenomeno che puo risultare chiaramente dagli esempi riportati. Un lago, per quanto grande, ¢ sempre un «accidente temporaneo » nella topografia di una regione; l'apporto sia pur lento di detriti fluviali e torrentizi, l’espandersi dei conoidi e dei delta, sono destinati a operare il suo riempimento. Ma anche la vegetazione ha una parte notevole nell’interramento dei laghi; € piu evidente nei piccoli laghi, dove costituisce il fattore preponderante, ma anche nei grandi laghi assume importanza quando questi sono giunti a uno « stadio di senilita ». Cc

VEGETAZIONE t

PALUSTRE

E ACQUATICA

141

Le successioni nello spazio che si sono constatate alla riva dei laghi divengono quindi anche successioni nel tempo. In generale si possono cosi riassumere le fasi dell’evoluzione della vegetazione e le fasi di riempimento di un lago della nostra pianura:

|

EVOLUZIONE 1 - Fase

2 - Fase

DEL

lacustre

LAGO

EVOLUZIONE

DELLA

profonda

vali Fanghiglia

(exepieneton

Potameto

natante

lacustre

VEGETAZIONE

e sommersa j (Pleuston e Fitobentos)

‘ a diatomee |

natante

; ; Utricularia, ecc.)

(a Lemna,

Potameto sommerso (a Potamogeton, Chara, Najas, Vallisneria, ecc.)

||

Lamineto 3 - Fase

stagnale

(a Nymphaea

e Nuphar)

| Scirpeto Fragmiteto

4 - Fase palustre litorale Terrificientiherbosa ( : )

Colonie anfibie (Heleocharis, Litorella)

Cariceto 5 - Fase palustre torbosa (Emersiherbosa)

(Magnocaricetum a Carex elata)

| |

Molinieto

6 - Fase

pratense

acquitrinosa

7 - Fase

pratense

asciutta

Si tratta

evidentemente

parzialmente

Praterie

di una

successione

nei singoli casi, ma

e coltivi

ideale e tipica che puo anche

il significato costruttivo degli aspetti vegetali o delle associazioni

VEGETAZIONE L’avvento di specie estraneeé. primo

facile varco

a una

vegetazione

verificarsi

alla quale puo essere utile fare riferimento

AVVENTIZIA

solo

per intendere

lacustri e palustri.

E INFESTANTE

Appena si inizid il dissodamento delle foreste, si apri subito il

estranea

che

non

sarebbe

riuscita

altrimenti

a trovare

spazio vitale

o

via d’ingresso nelle originarie associazioni chiuse forestali o palustri. Quanto pil si estesero i campi e i pascoli, tanto

pil: numerose

e invadenti divennero

A partire da questi primi serbatoi

taminate

in tutti quegli spazi o discontinuita

Da allora la diffusione

di specie avventizie

(per lo pitt involontariamente) cencorrenza

anche

le piante’ cosiddette

molto

vitale,

le piante

differenti

hanno Ben

non

cominciarono

potevano

introdotte >». a esserne

su suoli scarsamente vicini

l’'uomo

e lontani,

dovette

coperti, e quindi

di climi

difendere

le suc

per

con-

aver prodotto in esse.

ebbe pitt limiti. I] vento, gli animali, le acque, l’uomo

di paesi

presto

naturali

che l’uomo o agenti naturali

introdotto

pil diverse,

dal nostro.

« avventizie » 0 « accidentalmente

di piante estranee, le stesse associazioni

stesso

tali da offrire scarsa

lo pit analoghi,

coltivazioni

perché

ma

talora

non

venis-

sero sopraffatte da avventizie che, insieme a piante spontanee locali, avevano pitt spiccata tendenza a invaderle:

142

Il. LA

105.

dai

Galinsoga

giardini

parviflora

botanici

(?/;).

dove

erano

PIANURA

PADANA

le cosiddette « malerbe » o «erbe infestanti ». Ben presto le abitazioni e gli agglomerati abitati furono circondati da folte colonie di piante, indigene ed esotiche, al piede dei muri, lungo le strade, nelle macerie; le cosiddette « piante ruderali ». Queste ultime specialmente divennero quasi immancabili accompagnatrici delle sedi umane, specialmente agresti, non solo nelle pianure, ma talora fino ai limiti altitudinali delle abitazioni sia permanenti sia temporanee; ne sono tipici esempi l’Ortica (Urtica dioica), la Borsa del pastore (Capsella bursa-pastoris), il Buon Enrico o Spinacio selvatico (Chenopodium bonus-henricus), ecc. Sulle antiche vie romane si propagarono, talora al seguito degli eserciti, piante dall’Oriente, come la comunissima Erba Santa Maria (Lepidiwm draba); e ancor pit’ durante l’epoca delle Crociate piante specialmente mediterranee come alcuni Echinopi spinosi (Echinops). Ne sfuggirono poi state

introdotte

da

viaggiatori

come

curiosita

scientifiche,

ad

esempio

la

diffusissima Veronica di Persia (Veronica persica), pianticella a graziosi quanto effimeri fiorellini azzurri, introdotta nel XVIII

secolo in orti botanici

derrate alimentari, come

come

ad esempio

come

vedremo,

e poi naturalizzata

la Scagliola (Phalaris canariensis);

il Panico

indiano

(Eleusine

ovunque oppure

nelle campagne. come

impurita

Ne furono

introdotte

con

dei semi di piante foraggeré,

indica) e lo Spino giallo (Centaurea

solstitialis);

altre ancora,

col Riso.

Dopo la scoperta dell’America non si contano pit le piante che da quel Continente sono immigrate in Europa, e ancora oggi continuano a immigrare. Basterebbe ricordare la invadente Galinsoga (Galinsoga parviflora) nei coltivi

e, nei canali,

Le piante Ma

non

tutte

tizie

sono

pit

o

sono

o di

lontani.

indigene,

ne

che

ab-

le loro associazioni

tivi, negli

0 Elodea

canadensis);

fra gli alberi,

la Robinia.

Paesi Ve

naturali per diffondersi nei colvari

(Anacharis

«apofite».

esotiche

bandonano

d’acqua

le piante avven-

meno

molte

la Peste

incolti,

¢

n

i

st

1870

Forino 8 ar

190

in ambienti

determinati

za dell’uomo:

ant

dalla

sono

presen-

dette

apofite, in contrapposto alle antro-

pofite o antropocore, digene. Ma

con

molte

l’andare

piante

non

del

in-

tempo

avventizie

« an-

tropocore » si sono cosi perfettamente

naturalizzate

si saprebbero

pit

che

non

distinguere,

per il loro comportamento,

dal-

le specie indigene. Altre invece sono

rimaste

tuarie tre

localizzate

in alcuni

richiedono

introduzioni persistere

o

sal-

ambienti;

al-

sempre

nuove

perché incapaci di

durevolmente.

e

Vaie,

oSassar/

e

7

( *K 300 Cagitiars 4907 AS

J

Gli aggruppamenti delle piante infestanti. E notevole lizzazione

il grado

di specia-

di alcune

avventizie,

Palermo

sia ruderali sia infestanti, a seconda

delle

nei diversi Uno

degli

colture

praticate

aS

:

Sy

0

sO eG

terreni. aspetti

piu. carat-

106. INTRODUZIONE

DELLA

Galinsoga

parviflora

IN VrALIA

(da Giacomini).

VEGETAZIONE

AVVENTIZIA

E

INFESTANTE

143

teristici € costituito dalla cosiddetta vegetazione « messicola » propria dei campi di cereali, specialmente vistosa in giugno quando fra le messi in pieno rigoglio si diffonde il colore rosso infuocato dei Papaveri (Papaver rhoeas, Papaver argemone),

milla (Matricaria chamomilla), Fiordaliso (Centaurea cyanus), e

talora,

con

fiori

cui si uniscono

VAnagallide il Gittaione

fiammanti,

le

la Camo-

\

(Anagallis arvensis), il (Agrostemma githago),

Adonidi

(Adonis

aestivalis);

v.

tav. 93, pag. 208. Nei campi e orti soggetti a ripetuto e intenso rimaneggiamento del suolo prevale una vegetazione infestante a sviluppo rapidissimo con ricca produzione di semi: in special modo vi crescono l’Erba_ gallinella (Stellaria media), la Borsa di pastore (Capsella bursa-pastoris) cosi chiamata per i caratteristici piccoli frutti, l’Erba cicutaria (Erodium cicutarium), la Fumaria (Fumaria

officinalis),

la

Mercorella

(Mercu-

rialis annua), la Galinsoga gia ricordata, alcune Centinodie (Polygonum aviculare, Polygonum persicaria, ecc.). Nei vigneti prevalgono, te delle

piante

del

caso

insieme

para-

dicate nel suolo pit secco: i Muscari (Muscart botryoides e Muscari comosum), di

bellatum),

gallina dai

Agli selvatici

(Ornithogalum

bianchi

(Alliwm

fiori

a

a mol-

precedente,

recchie piante bulbose, profondamente

il Latte

y

stellati,

carinatum,

N \

\

\

A \ NN

\ SS

umvari

Allium

vineale, ecc.).

NN

Lungo i viottoli campestri e ai margini dei campi molto

abbondano

varie

piante

e numerose,

LS

perennanti,

di diversa

pro-

venienza, come la Malva (Malwa _silvestris), Erba cipressina (Euphorbia cyparissias),

la Verbena

(Verbena

officina-

lis), la Cicoria (Cichorium intybus), e via dicendo. Al margine dei ruscelli domina 107. LA GRAMIGNA (Agropyrum repens; grand. ”/,). invece la Farfara (Tussilago farfara; fot. 363, pag. 208), con Code cavalline (Equisetum arvense), con Saponaria (Saponaria officinalis), ecc. Sono questi gli ambienti dai quali si attingono le pit comuni piante medicinali. Nelle siepi si affolla pure un piccolo mondo di piante particolarmente adattate, alcune sfuggite perfino dai boschi, a ricostruire quasi una boscaglia in miniatura; sono specialmente caratteristiche piante rampicanti o volubili, come la Brionia o Vite bianca (Bryonia dioica), il Luppolo (Humulus lwpulus), la Dulcamara (Solanum

dulcamara),

Molto

il Vilucchione

(Convolvulus

singolare é la vegetazione

ruderale

sepium),

l’Erba

propriamente

astrologa

(Aristolochia

detta, che popola

clematitis).

le strade

polverose

accanto

alle

case, alle antiche costruzioni e alle macerie. E costituita da specie « nitrofile » resistenti all’elevato contenuto in sali ammoniacali

al morso

del suolo in vicinanza alle stalle e ai rifiuti; e anche da specie resistenti al calpestamento,

del bestiame e ad altri danneggiamenti.

Un aspetto particolare su terreni abbandonati, aridi, ¢ dato dall’associazione a Orzo selvatico (Hordeum -murinum), con Bromo sterile (Bromus sterilis) e folte Artemisie (Artemisia campestris, Artemisia vulgaris, ecc). Su suolo assai calpestato resiste tenacissima la Gramigna (Agropyrum repens), insieme a varie erbe prostrate. Si potrebbero pure ricordare le piante infestanti le praterie della pianura. Ed é in questo ambiente che appare

chiaro

come

possa

esser

varia

la valutazione

della

vegetazione

definita

come

infestante.

Puo

infatti

comprendere piante nocive perché tossiche, come il Ranuncolo acre (Ranunculus acris), oppure perche dure e rigide, come gli Equiseti e i Giunchi, 0 ancora perché troppo presto cessano di vegetare, come il Dente di leone o Soffione (Taraxacum officinale), 0 finalmente perché il loro fieno seccato si frammenta.

144

II. LA PIANURA

La vegetazione avventizia

e infestante delle risaieé.

PADANA

Un ambiente ricco di una vegetazione

avventizia e infestante che presenta aspetti sorprendenti é quello delle risaie. Invadono questi coltivi tipicamente subtropicali grandi quantita di specie di ogni gruppo vegetale e delle pit’ remote provenienze, introdotte via via con gli stessi semi di Riso (Oryza sativa). Sono minuscole Epatiche galleggianti (Riccia fluitans); tappeti di Salvinia o Erba pesce (Salvinia natans; fot. 266, pag. 152), di Marsilia o Quadrifoglio acquatico (Marsilia quadrifolia); Vinvadentissimo e temuto Giavone (Echinochloa crus-galli), che accestisce vigorosamente e si riproduce con numerosissimi semi; l’Erba bianca (Alopecurus geniculatus); un grande numero di Giunchi (Cyperus serotinus, Cyperus longus, ecc.), di Scirpi (Scirpus holoschoenus, S. lacuster, ecc.), di Carici (Carex acuta, pallescens, pendula e molte altre), di Tife (Typha angustifoliae Typha latifolia) caratteristiche per le spighe brune cilindriche compattissime. Vi galleggiano colonie innumerevoli di Lemne (Lemna minor, fot. 258, pag. 144-145; Lemna polyrrhiza); vi vegetano sommersi Miriofilli (fot. 256, pag. 152), Utricularie, Potamogeti,

Naiadi

umbellatus),

la

(fot. 341, pag.

Piantaggine

193) ed Elodee;

d’acqua

(Alisma

emergono

con

belle fioriture il Giunco

plantago-aquatica),

il

Giaggiolo

giallo

fiorito (Butomus

(Iris

pseudo-acorus;

fot. 340. pag. 193), la Ottelia (Ottelia alismoides). Da questi esempi e da quanto abbiamo detto sopra risulta come sia attiva e continua la penetrazione di piante «nuove» negli ambienti pit importanti della vegetazione spontanea e coltivata della pianura. Sono piante indigene ed esotiche, effimere e stabili, erbacee, arbustive e arboree, che entrano con flusso continuo a determinare aggregati nuovi, a distruggere o modificare altri preesistenti, a colonizzare, a invadere. Nelle competizioni, negli smistamenti che ne derivano é il divenire continuo di una vegetazione che non pud dirsi pi in alcun luogo pienamente spontanea, ma condizionata dalla presenza e dall’attivita dell’uomo. Possiamo tentare uno schema grafico che dia un’idea dell’origine dell’attuale effettiva vegetazione della pianura del Po. Esso puo valere per tutte le regioni d'Italia dove l’uomo ha svolto opera di coltivazione.

| |

Associazioni iene

| |

eae e costruttrici

VEGETAZIONE NATURALE ORIGINARIA

ee

Pts SS

[ ee

(=

Associazioni

degradate }

Climax

——

|

|

|

|

ee

a

a

Pim

eed

flussi

SE

———

di piante

eee ;

a:

=

apofite

4

ee

a.

ee

=

s

=

———ee

————

————

| |

A

es

|

ae

|

Tene inquinate

Associazioni —

iI je) aS

iz

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0)

cS

S| s= Cee

=

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|e 7)

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N

S

oO

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ré)

©

(6)

oO

z

S

pee

2

eig

pascolamento

>

y

dati d egradati)

_

1

coltivazione

——

Gariga anes rbusteti

;

secondaria

Pascolo

eae

Coltivi

(Gramineti

(Oliveti, Vi-

ee

gmerisooit

abbandono

degradati)

|

del pascolo

I principali aspetti di Macchia.

:

s

in

LEE) WD) TARE, ;

abbandono

rigenerazione

Macchia

aN

o

degradazione

; Macchia

=

5

£O | o

'

©

°O

2% Y

re annue)

dei coltivi

Una prima distinzione assai corrente di tipi di

riguarda il suo sviluppo in altezza. Una

« Macchia

alta », detta talvolta « Macchia-

foresta », € rappresentata da complessi alti anche 4-5 m, in cui dominano il Leccio, il Corbezzolo, talora la Sughera, non di rado con intrusioni di -Querce caducifoglie (come la Roverella e il Cerro) in versanti pit freschi e in valli submontane. Una « Macchia bassa » comprende invece aspetti di modesta altezza, per lo pit di 1,5-2 m, costituiti da Ginepri, Filliree, Cisti, e con sparizione di piante arboree propriamente dette. E questa tuttavia una distinzione poco rigorosa, piuttosto sommaria e di uso empirico. Qualche maggiore significato ha un esame della composizione della Macchia che tenga conto delle specie dominanti. Vi é chi non crede all’utilita e all’espressivita di una tipologia della Macchia basata sulla sua composizione, per la grandissima variabilita da luogo a luogo, in dipendenza di numerosi fattori, fra i quali primeggia il modo di intervento dell’uomo. Ma costoro avrebbero ragione se si pretendesse di stabilire una distinzione di tipi pi o meno statici; infatti per lo pi nemmeno di associazioni é il caso di parlare, ma piuttosto di « stadi» di degradazione, o di rigenerazione, in relazione con determinati mutamenti indotti nell’ambiente da cause non irriconoscibili. Solo una tipologia dinamica é€ possibile quindi nell’ambito del poliformismo a prima vista sconcertante della Macchia. La Macchia cordato col nome

di Leccio.

affine alla gia descritta

la Macchia

in confronto

alta con

Leccio dominante,

che gia abbiamo

ri-

di Macchia-foresta, rientra negli aspetti appena degradati, primari o secon-

dari, del Quercetum

Tuttavia

“La Macchia

ilicis; quindi per caratteri di composizione « foresta » di Leccio

di Leccio

alla residua

ha una

e frammentaria

o Elceto,

distribuzione

pag.

e quindi un’importanza

foresta, da rendere

opportuno

‘colare. Essa é caratterizzata da predominio pit o meno assoluto fot. 284, pag. 160-161; fot. 301, 302, pag. 168-169), cui seguono Corbezzolo (Arbutus wnedo), il Lentisco, la Fillirea, l’Alaterno, altri arbusti sclerofilli sempreverdi gia ricordati per la foresta. piuttosto uno « stadio » determinato

e mantenuto

e per fisionomia ¢€ assai

170.

un

cosi vasta

cenno

parti-

del Leccio (Quercus ilex; in ordine d’importanza il e in varia proporzione gli Non vera associazione, ma

dall’attivita dell’uomo.

IV. L-ITALIA APPENNINICA E MEDITERRANEA

184

E pit povera e meno caratterizzata ai limiti settentrionali della sua distribuzione; presso Duino si differenzia dall’arbusteto carsico soltanto per l’abbondanza, accanto al Leccio, del Terebinto, dell’Osiride (Osyris alba), della Smilace. Ma gia poco pit: a Sud, a Parenzo, si arricchisce dell’Oleastro, del Ginepro rosso, della Fillirea. Finché, lungo le coste pit: meridionali della

Penisola, sul Tirreno e nelle Isole si sviluppa in tutto il rigoglio consentito dallo sfruttamento periodico, talora restando ancora transitabile, talora fittissima e intricata. Si impoverisce di specie sempreverdi e si mescola progressi139. Phillyrea angustifolia (?/s). vamente ad alberi e arbusti caducifogli salendo in altitudine. Considerando tuttavia globalmente la presenza in massa, e non sporadica, del Leccio, pos-

siamo assegnare alla Macchia di Leccio (compresi tuttavia, come vedremo pit sotto, aspetti di Pseudomacchia) i seguenti limiti altitudinali superiori nelle varie regioni delV’Italia mediterranea:

Istria settentrionale

m

Toscana

m 350 -

500

|

Sicilia

m 800 - 1000

|

Quarnaro

m

Lazio

e Abruzzi m 600 -

700

|

Sardegna

m

800 - 1000

|

Corsica

m

750

Liguria

m

-

Gargano

m 500 -

600

Marche

m

-

Calabria

m

800

700 -

Anche la Macchia partecipa di quella immutabilita di aspetto, col volgere delle stagioni, che abbiamo riconosciuto propria della foresta. Ma tuttavia, specialmente la dove € meno addensata e meno esclusivamente dominata dal Leccio, presenta qualche mutamento stagionale non privo di bellezza. Né sono tanto le fioriture ad arricchire di colori il monotono color verde della Macchia, perché le piante che ogni mese vi fioriscono hanno fiori per lo piu poco appariscenti, quanto piuttosto i frutti, che vanno maturando durante l’estate e al principio dell’autunno dopo le prime piogge. « La Macchia é allora —~scrive il GUADAGNO, riferendosi all’Isola di Capri — vistosamente in frutto. Sul bel verde intenso lanciano riflessi metallici i frutti nero-cerulei del Mirto (Myrtus comm unis), spiccano quelli rosseggianti e pol

neri della Smilax

aspera, i corallini della Rosa sempervirens

e del Corbezzolo (Arbutus unedo), mentre candidi festoni della Clematis flammula, poggiati sugli arbusti, completano il tutto ». Assai piu vario e mutevole é l’aspetto della Macchia quando radure pi 0 meno ampie vi si aprono, popolandosi a primavera di erbe fiorite umili e fugaci, che costituiscono la cosiddetta

«microflora

mediterranea

precoce », della

quale

avremo occasione di riparlare. Le gialle fioriture di Calendule, di Ranuncoli (Ranunculus bullatus), di Margherite gialle (Chrysanthemum

13t KORTE (Myrtus

communis;

Oe WIR grand.

myconis;

fot. 366, pag. 208), i minu-

scoli fiori pallido-azzurri delle Romulee (Romulea columnae), piccoli Narcisi e Orchidee, spuntano innumerevoli in aprile e maggio da un suolo che pareva sterile, per scompa1).

rire poi nuovamente

senza lasciare traccia.

GARIGA,

I

321. Aspetto radata,

TAVOLA

classico

localmente

di Gariga, addensata

a vegetazione in

forme

di

cespugliosa bassa

di-

Macchia,

sulle pendici occidentali del Monte Ossero nell’Isola di Lussino (fot. Lusina). 322. Vegetazione xerotermica su pendici detritiche dell'Isola di Unie nel Carnaro, con partecipazione di Satureia montana, Salvia officinalis, Helichrysum italicum (fot. Lusina), 323. Gariga delle Murge, tra Gravina e Castel del Monte in Puglia, con vegetazione nana e cespugliosa di Timo a mazzetti (Thymus capitatus; fot. De Philippis).

12**

81

TAVOLA

GARIGA,

82

324.

La

Cicoria

spinosa

fot.

Antonini),

spinosum;

nelle Capo

pendii

Capri.

326.

(Lavandula

T.C.I.), Alpi

(Cichoriwm in

pulvini

Jande rupestri litoranee di Passero. 325. Artemisia arborea

(Artemisia

sui

II

sul

arborescens;

rupestri_

Gariga

a

officinalis;

versante

Marittime.

fot.

Cerio),

dell’Isola_

Lavanda fot.

di

vera

Archivio.

ligure

delle

PINO

D’ALEPPO

TAVOLA 327.

Pini

d’Aleppo

sis; fot.. Stefani), stri

della

Zoagli,

328. Portamento so S. Menaio,

maestoso del Pino d’Aleppo

Gargano

pres-

(fot, Fenarolt). 328

Riviera

Génova.

(Pinus

sulle di

83

halepen-

pendici Levante,

rupepresso

FAVOLA

PINO

84

329. no

Una

DOMESTICO

fustaia

domestico

nea;

fot.

di Pi-

(Pinus

Allegri),

pi-

con

legname in esbosco e in lavorazione, nella Pi-

neta

di Cécina.

Strobilo

stico

di

329

Pino

bis.

dome-

(fot. R.E.D.A.). 330.

Veduta aerea neta di Pino di Castelfusano

della pidomestico (fot. Fo-

tocielo). 331. Incisioni pei la resinazione del Pino domestico (fot. Allegri).

LA MACCHIA

185

La Macchia a Corbezzolo e a Erica. Un aspetto notevole, che per lo sviluppo pud talora costituire una

Macchia

alta,

é€ invece la cosiddetta Macchia a Corbezzolo (Arbutus unedo; fot. 301, pag. 168-169), che il RUEBEL, in senso pid compendioso, chiama

Arbution.

I] Corbezzolo

é un arbusto o piccolo albero

dalla corteccia rossastra, dal fogliame lucido, coriaceo si rinnova

totalmente

d’inverno), con

sati e frutti color rosso

(che perd

fiori in grappoli bianco-ro-

vivo, zigrinati, che ricordano

un

poco

le

fragole. Pud raggiungere talvolta anche 5-6 e pit metri di altezza, an sate : : : ma per lo pit costituisce macchie di 3-4 metri. E

interessante

osservare —

talora involontariamente a vegetare,

frequente mente,

gia poche ricorda

si deve

il RUEBEL,

‘Toscana per la sua vitalita,

quando

volontariamente — e la Macchia, la specie che per prima riprende

viene incendiata

settimane

dell’incendio

come

che

2. FOGLIE E FRUTTI DI COR-

att (Arbutus unedo;/s)

dopo

il suo

l’incendio,

dominio

in Corsica.

é il Corbezzolo.

in alcuni

E comunque

Forse

esempi notissimo

alla pratica

di Macchia, nelle

e per la capacita di rigenerarsi da frammenti

assai

special-

Macchie

della

di ceppaie ri-

Masti nel terreno.

La Macchia silicei, acidi,

in cui domina alquanto

il Corbezzolo

umiferi,

pud perd trovare favorevole ambiente

in esposizioni

fresche,

in versanti

meno

asciutti,

in suoli talora

a

maggiori altitudini. Si riconosce da lungi per l’aspetto inconfondibile del Corbezzolo. Molto affine é la Macchia a Erica arborea (fot. 303, pag. 168-169). Questo arbusto cresce abitualmente nella Macchia a Corbezzolo, quasi a indicare la possibilita di questa a evolvere

(sorta di degradazione) in Ericeto, per ulteriore inacidimento Ovviamente

Erica, meno

e impoverimento

del suolo.

tutte le transizioni sono possibili fra gli stadi a Corbezzolo, a Corbezzolo

e a Erica dominante. biancheggiante

In questo ultimo caso la Macchia

per le grandi pannocchie

ed

appare a primavera pil o

piramidali, a fiori piccoli numerosi

e profu-

mati, che sorgono al sommo degli arbusti agili e diritti dell’Erica arbérea. Talora, ad esempio in Calabria, questi arbusti dominano fittissimi, quasi esclusivi,

e

producono il «ciocco di erica», ingrossamento compatto delle radici, assai pregiato per la fabbricazione delle pipe. Una raccolta sregolata pud condurre perd al denudamento delle pendici e contribuire a disordini idrogeologici. Ci si pud chiedere se questa Macchia a Erica puo essere localmente originaria, per motivi

di carattere edafico, cioé legati alla natura del suolo. Sono troppo diversi gli aspetti che Arbutus

unedo

133. AREALE DEL CorBEZzoLo (Arbutus unedo),da Rikli.

——

Erica arborea

134. AREALE

DELL’Erica

arborea

(da Maleey).

186

IV. L’ITALIA APPENNINICA

E MEDITERRANEA

essa assume per poterne dare interpretazioni sicure. Entra talvolta a costituire i sottoboschi delle Sugherete, salendo in Sardegna fino al loro limite superiore, e riuscendo poi a mantenersi in una landa assai bassa, che lo HEeRzoc paragona all’orizzonte subalpino degli arbusti contorti; é forse il caso di parlare allora di un esempio di vegetazione relitta, risalente a epoche climatiche nelle quali pid in alto si elevava la vegetazione sempreverde? Un altro aspetto affine che va qui ricordato é la Macchia a Erica e a Lerca (Cytisus triflorus), arbusto ginestriforme abbondantemente fiorito in aprile di fiori gialli. Ne conosciamo esempi nella Sardegna e nella Sicilia. Costituisce un tipo di vegetazione pit mesofila, che preferisce le pendici piu fresche, sempre umose e silicee. La presenza di un arbusto, la Lerca,

che perde le foglie d’inverno, é eccezionale e significativa. La Macchia a Cisti. Anche piu frequenti in tutta la Penisola e nelle Isole sono aspetti di Macchia in cui dominano specie diverse di Cisti. E una Macchia bassa e tuttavia particolarmente sviluppata (fino a 2 m) quando la specie dominante e talora esclusiva é il Cisto marino o Imbrentano (Cistus monspeliensis). Pit. bassa é la Macchia, e talora si puo considerare piuttosto una landa o un aspetto di Gariga, quando prevalgono altre specie pit umili di Cisto come il Cisto femmina o Brentina (Cistus salvifolius). I Cisti prediligono suoli silicei 0, per lo meno, rifuggono da quelli calcarei puri, tanto che possiamo considerare gli aspetti di Macchia ai quali danno luogo, come appartenenti in prevalenza alla serie calcifuga di degradazioni della Macchia-foresta. | Forse uno degli aspetti piu suggestivi e indimenticabili della vegetazione mediterranea é una distesa sterminata di Cisti in piena fioritura, come se ne possono incontrare a primavera lungo le coste della Sardegna: sul verde cupo del fogliame i grandi fiori bianchi del Cisto marino e i grandi fiori rosa del Cisto femmina diffondono a perdita d’occhio una incomparabile armonia di colori, mentre si sparge nell’aria un acuto profumo al calore gia intenso del sole mediterraneo. Spettacolo anche pit: lieto e sorprendente se si confronta con l’aspetto triste, monotono, che questa Macchia assume in estate quando imbruniscono le foglie, o in autunno, quando sono di color verde-scuro anche le foglie dei germogli. La Macchia a Cisti pud aver origine in regioni ove l’incendio é una prassi abituale per guadagnare periodicamente terreno alle coltivazioni e al pascolo. In Corsica, secondo il RUEBEL, i campi di cereali abbandonati perché sfruttati ed esauriti si ripopolano prima di colonie di Elicrisi, poi di Cisti, di Erica, di Mirto e di Lentisco. Il pascolo danneggia spe-——— Cistus monspeliensis

135. AREALE

DEL CISTO

a wt

MARINO

° y

——_—_—__——

0 IMBRENTANO

monspeliensis), da Rikli.

(Cistus

F

a5 Cistus salviaefolius ,

136. AREALE

DEL CISTO

es

—--

2g

FEMMINA

O BRENTINA

(Cistus salvifolius), da Meusel.

LA MACCHIA

cialmente

187

il Mirto,

il Lentisco,

le Filliree,

—— Juniperus oxycedrus Juniperus phoenicea

ma non gli Elicrisi, né i Cisti (piante non gradite al bestiame) che finiscono percid col diventare dominanti.

I Cisteti sono in gran parte legati al sottorizzonte pit caldo della vegetazione mediterranea. Non é raro del resto trovarli associati abbondantemente a macchie miste di Lentisco, Oleastro, Mirto, specialmente in Sardegna. Le composizioni pit ricche di questa Macchia rispecchiano vicende di pascolamento meno intenso o meno _prolungato, of tre

che

ree condizioni

. di

suolo

meno

tena im

137. AREALI DEL GINEPRO ROSSO (Juniperus oxycedrus) E DEL

GINEPRO

FENICIO

(J. phoenicea),

da Meusel.

poverito. Non

é infrequente

nelle

macchie

a Cisti la presenza

di Ginepri,

talora

di notevoli

di-

mensioni, in particolare del Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus), talora di Ginepro fenicio o Sabina marittima

(Juniperus phoenicea), residui di Macchia-foresta talora anche originaria.

La Macchia a Ginepri. Specialmente in Sardegna permangono ancora frammenti piu o meno depauperati di una Macchia in cui doveva dominare in special modo il Ginepro rosso, arbusto, e talora albero, che rassomiglia nel portamento a un piccolo Cedro, con legno rosso e odoroso, foglie aghiformi pungenti e grossi frutti (specialmente nella sottospecie macrocarpa o Ginepro coccolone; fot. 368, pag. 208, 209; fot. 448, pag. 248, 249). Ma lo sfruttamento del legno assai pregiato (in ebanisteria e per la fabbricazione delle matite) tende a far scomparire gradualmente questo tipo di Macchia-foresta che copriva in tempi relativamente recenti estensioni notevoli sovente in forma di Ginepreti puri. I Ginepri mediterranei (e in particolare il Ginepro coccolone) prevalgono in ambienti rupestri o sabbiosi, dove infatti possono riuscire utili nelle prove di rimboschimento. Possono _ quindi costituire uno stadio durevole cui non si potrebbe ne138. IL GINEpRO ROSSO (Juniperus oxycedrus; grand, 14). are talvolta un carattere di « anteclimax», di sistemazione che prelude cioé al vero « climax » del Querceto di Leccio. Infatti dove il suolo é meno pietroso si puo assistere al passaggio verso la Lecceta con progressivo aumento di elementi della Macchia. Non @ escluso dunque che si debba ammettere col Brcuinor la possibile esistenza, anteriore agli sfruttamenti antropici, di una foresta di Ginepri arborei (il Ginepro fenicio e il Ginepro rosso possono raggiungere anche 7 metri di altezza, il Ginepro coctolone 8 metri), come

quelle delle Canarie

e della Penisola

Iberica

(Ju-

niperus cedrus, J. thurifera).

I resti di boscaglia a Ginepri, 1a dove permangono, raggiungono al pit un’altezza di 3-4 m, e sono associati per lo pit a una vegetazione arbustacea lucivaga a Cisti, e talora a Palma nana negli ambienti

di Lentisco,

Fil-

lirea e liane diverse negli ambienti sabbiosi. La decadenza

rupestri, a una

macchia ;

bassa a

del

139.

In GINEPRO

FENICIO

(Junt-

perus phoenicea; grand. 1).

188

IV. L,ITALIA APPENNINICA

——— Pistacia lentiscus secevevecs



terebinthus ees y

Ginepro

nella

stendersi

vigoroso

sottolineato nepro

Macchia

E MEDITERRANEA

in confronto

dei Cisti si deve

anche dal MartInout,

si rinnova

assai

all’e-

al fatto,

che il Gi-

stentatamente

dopo

che sia stato distrutto.

La Macchia

a Oleastro.

chia-foresta in cui

domini

Una Mac-

l’Oleastro

(Olea

europaea var. oleaster) rientra in quella ori-

ginaria foresta a Oleastro e Lentisco che abbiamo riconosciuto caratteristica di una fascia dell’orizzonte litoraneo. Ricordiamo qui

140. AREALI DEL LENTISCO (Pistacia lentiscus) E DEL ‘TEREBINTO (P. terebinthus).

alcune sue forme pit. umili e degradate che

passano fino ad aspetti di « Gariga ». E dato ormai raramente di incontrare boschi con Oleastro arboreo e con Lentisco arborescente. Pit spesso accade di trovare macchie cespugliose con Oleastro basso, ispido, contorto, e con Lentisco che non supera 1-2 m di altezza.

Vi é chi considera 248-249),

l’arbusto

il Lentisco

pi

(Pistacia lentiscus; fot. 302, pag.

abbondante

e

pit

evidente

E certo pero che tende a prevalere nella zona e che

tende,

unendosi

all’Oleastro,

a quella della Lecceta. tra un’altra

Salendo

specie meno

a

fot. 447, pag.

mista

mediterranea.

Macchia

inferiore e pit calda di questa formazione

caratterizzare

sulle montagne

termofila,

nella

168-169;

una

fascia

o addentrandoci

il Terebinto

(Pistacia

di

terebinthus;

I] Lentisco é un bell’arbusto o alberello a foglie pennate,

vegetazione

nel continente dis.

inferiore

gli suben-

109, pag.

148).

lu-

cide, persistenti, dall’odore resinoso assai accentuato, di un gaio color verde ma arrossate e quasi purpuree durante la stagione fredda. In alcune zone é ritenuta la pianta legnosa pil: preziosa che si trovi nella Macchia specialmente per il notevole contenuto

di tannino nelle foglie, per l’olio che si pud estrarre dai frutti e€ per una

resina odorosa, vischiosa, nota sin dall’antichita col nome di « mastice di Chio», che si pud ottenere dal tronco e dai rami. Forse

il prevalere

locale

di Lentisco

nella

Macchia,

ma

piu

in Garighe discontinue, molto degradate, si deve al fatto che il bestiame mangia le fronde di questa pianta solo quando non ha altro di che cibarsi. Non @ improbabile che il Lentisco tenda a migliorare

il suolo

la dove

€ dominante

(le sue ceneri

141. Focriia pr LENtTisco (Pistacta lentiscus; grand. 1).

del resto, ricche

di potassa,

sono

ben note come fertilizzanti); in Sardegna costituisce anzi un indizio di terra adatta alla coltivazione dei cereali, talché in alcune zone dell’isola si stabilisce una alternanza di coltivazioni di cereali, di pascolamento

e di rigenerazione

del Lentisco,

come

per il Cisteto.

Un aspetto notevole di Macchia a Lentisco si trova in Puglia, specialmente nella Murgia cretacea, su « terra rossa ». Cosi la descrive vivacemente

il Carano:

frequenti € il Lentisco o « stingio », spesso cosi abbondante a cupola,

di un

verde

gaio, limpronta

dominante

nella

« Una

delle essenze

piu

da dare coi suoi fitti cespugli

nostra

Macchia.

Chi

di noi

pu-

gliesi, amanti di caccia, non conosce gli stingeti, dove di preferenza nelle fresche giornate di autunno si spara alle beccacce e ai tordi? Vengono in second’ordine nella costituzione della Macchia la Fillirea (fot. 301, pag. 168-169), la Calicotome (Calycotome spinosa), il

LA MACCHIA

189

Pungitopo,

il Terebinto,

la Quercia

spinosa,

l’Alaterno,

il Biancospino,

il Pruno

spinoso,

il Perastro, il Pero selvatico ». E indubbiamente un aspetto degradato, che in Sardegna abbiamo veduto ancor pit impoverirsi, su larghe estensioni, riducendosi a soli radi cespugli emisferici di Lentisco sparsi a perdita d’occhio, su terra ocracea denudata.

Ma forse uno degli aspetti pit: degradati della Macchia a Lentisco e a Oleastro si trova in alcune isole minori, aridissime. Il Sommer cosi descrive un aspetto estremo che della fisionomia della Macchia non é neppure un remotissimo ricordo, ma rientra in aspetti pro-

fondamente degradati di Gariga: «La Pistacia lentiscus, la Phillyrea, Teucrium

fruticans,

fot. 323, pag.

la Periploca,

Erica

il Prasium,

multiflora,

il Thymus

184; fot. 433, pag. 240), il Lycrwm

Hypericum

capitatus

europaeum,

aegyptiacum,

(fot. 286,

VOleastro,

pag

il

160-161;

che rimangono,

per

la maggior parte non si possono pit: chiamare frutici. Essi si sono rimpiattati nelle fessure delle rocce e fra i sassi dei muri a secco, 0, se sono

in campo

aperto, presentano

una

forma

pulvinata, lasciando esposto alla superficie soltanto un intreccio di rami nudi sotto i quali se ne stanno

hanno

nascoste

le foglie. Non

é il vento, ma

sono

i denti tosatori degli ovini che li

foggiati in quel modo ».

La Macchia a Euforbia. Avviene sovente, soprattutto lungo i litorali pit caldi della Penisola, che prevalga in modo abbastanza durevole l’Euforbia arborea (Euphorbia dendroides; fot. 432, pag. 240), determinando aspetti inconfondibili che improntano vistosamente il paesaggio. L’Euforbia arborea é la pit: bella e grande Euforbia europea: pud raggiungere anche 2 m di altezza e ha un portamento inconfondibile: la chioma é tondeggiante, densa di foglie glauche caduche, ma assume il colore giallo durante la lunga fioritura. Questa forma di vegetazione, improntata anche dalla presenza di Oleastro e di Assenzio arboreo (Artemisia arborescens), € uno stadio di degradazione su suolo roccioso delle associazioni arboree dell’Oleo-Ceratonion (sia dell’Oleo-Lentiscetum, sia del Ceratonietum). E particolarmente ben sviluppata nei pendii rupestri della Calabria. Cresce abbondante anche sulle rupi di Capo Circeo ove si dice abitasse la Maga Circe, apprestatrice di filtri e di veleni. E difficile sottrarsi alla suggestione esercitata da questa antichissima leggenda, e non ricordare che ]’Euforbia arborea € una delle piante venefiche piu note, anzi, piu anticamente note, della regione mediterranea. I pescatori di frodo la usano ancor oggi per stordire e catturare 1 pesci. Molte sono le affinita e le relazioni dinamiche fra il tipo di Macchia a Euforbia e quelli a Oleastro, a Lentisco, a Cisto, pure prevalenti nella stessa fascia di vegetazione. Un aspetto misto

abbastanza

significativo, descritto dal Sommirr

per I’Isola Linosa, collega la Macchia

a Euforbia con quella a Lentisco: « la Macchia esiste ancora nella maggior parte dell’isola. Suoi elementi costitutivi sono: Pistacia lentiscus, la specie pit comune e di cui esistono ancora degli alberelli alti pit di due metri che in qualche punto formano quasi un bosco, Euphorbia

dendroides,

che abbonda e spicca fra le altre piante e sulla roccia

nera

per il

verde chiaro delle sue fronde cupoliformi, Lyctum ewropaeum, comune nella macchia e inoltre adoprato dai coloni per fare delle siepi alte, fitte e impenetrabili, Periploca angustifolia, Rhus dioica, Ceratonia siliqua (fot. 274, 275, pag. 152-153), Prasitum majus (pit: specialmente

fra le rupi), Ruta

diminuita

in questi ultimi anni), Juniperus phoenicea, adesso raro.

bracteosa,

Olea

europaea

(tav. 90, pag. 200-201;

notevolmente

I Gussone

cita ancora

la Phillyrea, ma oggi questa specie € quasi del tutto scomparsa, forse perché € la piu appetita dal bestiame. Queste piante, quando crescono nella macchia, hanno il loro portamento naturale;

ma

spesso si trovano

isolate, e allora

i rami

inferiori

si adagiano

a terra

ed esse

E MEDITERRANEA

IV. L-ITALIA APPENNINICA

190

si presentano

come

certo per opera della brucatura degli ovini di queste piante isolate, quasi prive di foglie, e spine in modo da prendere un aspetto quasi

densi cespugli cupoliformi, Alcune

che per effetto del vento.

meno e nelle quali afhorano soltanto rami nudi erinaceo, sono invase dai Licheni e sembrano non

La Macchia mente

e forse

dante,

talora

a Palma

in altri

nana.

tempi

dominante,

Un interessante

«alta»,

di Palma

morenti ».

tipo di Macchia

€ caratterizzato

nana

(Chamaerops

dalla

presenza

humilis;

bassa, ma

potenzial-

pit. o meno

fot. 276, pag.

abbon-

152-153;

fot.

433, pag. 240). Per molti, che sono abituati a veder questa Palma comunemente nei giardini, pud costituire uno spettacolo sorprendente una estensione vastissima ricoperta e ispida di palmette verdi aperte a guisa di ventaglio, talora di eguale e umile altezza, talora qua e la portate piu in alto (uno o due metri) da uno stipite scaglioso. E un paesaggio assai esteso, per

sebbene

Vavanzare

settentrionale l'abitato

in

progressiva

delle

e occidentale

di Fertilia

contrazione

bonifiche, sorge

sulla

della

costa

Sardegna;

e si espande

pro-

prio nel cuore di questa Macchia, che ancora si addentra e persiste qua e la fra le

case. Riappare in frammenti pit o meno in molte altre coste piu calde della

estesi Peni-

sola e delle Isole: cresce al Capo Argentario, cresce

al Capo

rocce,

da dove, assicura

Circeo

nelle spaccature

il GREGOROVIUS,

delle 142.

fu-

AREALE

(Chamaerops

DELLA

PALMA

humilis),

da

NANA

Rikli.

rono tolte le palme nane che oggi adornano i giardini romani del Pincio; continua a ripresentarsi lungo le coste tirreniche nel Napoletano, nella Calabria e ritorna con particolare frequenza in Sicilia. Nella pianura di Selinunte la presenza delle palme nane é nota sin dall’antichita classica: VircILio stesso ricorda la « palmosa Selinus ». Dell’abbondanza di questa singolare pianta in Sicilia é fatto cenno anche in CicERONE,

quando,

nelle

« Verrine », descrive

la misera

sorte

dei marinai

della

flotta

di

Verre: «Dopo che la flotta fu pervenuta al quinto giorno a Pachino, i marinai, costretti dalla fame, raccoglievano le radici delle palme rustiche (palmarum agrestium) di cui era gran copia in quei luoghi, cosi come in gran parte della Sicilia ». Al Capo Pachino, oggi pit: noto come Capo Passero, e specialmente nell’isoletta di Capo Passero, su suolo calcareo,

brullo,

poverissimo,

continuano

ancora

a vegetare

le Palme

nane

per lo pit in umili cespi, talora alte pit: di un metro, insieme alla Tapsia (Thapsia garganica), ad Asfodeli (Asphodelus microcarpus), all’Asparago spinoso (Asparagus acutifolius). Questa non é piu una Macchia, ma una Gariga con caratteri steppici. Vale anche qui quanto osserva lo Herzoc per la Sardegna: la Palma nana « é in grado di vivere nella landa rocciosa e anche

nella steppa, ed € cosi

un

naturale

legame

tra macchia,

landa

e steppa ».

Talora le foglie della Palma nana vengono raccolte intensamente per farne crine vegetale, cordami, stuoie e, sin da tempi lontani (come ricorda lo stesso MarzIaALE) anche le scope. Ma anche in questi casi essa rispunta con una vitalita rigogliosa dimostrando di essere particolarmente adatta a questi sterili e caldissimi ambienti del pit caldo orizzonte mediterraneo. Abbiamo gia ricordato che la Palma nana contribuisce alla costruzione del « Ceratonieto », l’associazione legnosa pili macrotermica di tutta la vegetazione del nostro Paese.

LA MACCHIA

191

La Macchia a Ginestre. Ancora un aspetto di notevole importanza é€ costituito dal prevalere nella Macchia di Ginestre 0 di arbusti assai affini alle Ginestre. La specie a tutti piu nota

é la vera

Ginestra

(Spartium

junceum;

fot. 262, pag.

145), che vien

detta

anche

Ginestra di Leopardi, da quando il grande Poeta le ha dedicato il carme a tutti notissimo, ambientandola sulle pendici sterili del Vestvio. Nella Ginestra vera sono esaltati i caratteri comuni a molte piante congeneri e affini che possiedono come si suol dire un « abito genistiforme »: fusti verdi senza foglie, flessibili e robusti, recanti al sommo i fiori di un intenso color giallo dorato.

Specie tollerante una siccita e un’alcalinita elevate del suolo, la Ginestra pud affermarsi sulle pendici calcaree

altitudine

e silicee pit calde e soleggiate, dalle rive del mare fino a notevole (fino a 1300 m) con speciale abbondanza ai margini della catena appenninica.

| ——Spartium junceum ,

: a;

ey e

Tipicamente propria del sottobosco dei Querceti submontani, si diffonde tuttavia in

YN bcs

x

cespuglieti robusti in tutti i suoli collinosi ed entra anche come componente della Macchia. Quando questa é ricca di Ginestra fio-

oy

non particolarmente importante, perché di solito si tratta di uno stadio marginale o accessorio. E invece assai piu significativa l’abbondan-

Op

B

jo

pe

Nee

rita puO assumere

eecs

pe

~

ae.

a

za di un’altra poo

7

AREALE

DELLA

aspetto suggestivo, ma

Ginestra

con

fese da rami pungenti: (Calycotome

143.

un

spinosa,

piccole foglie di-

la Ginestra spinosa

talora

nelle

varieta

o

GINESTRA

(Spartium junceum), da Walter.

razze C. infesta, C. villosa). Anche questa, quando é fiorita, trasfigura la verde vegetazione della Macchia con un nembo di fori giallo-dorati. Si puo dire che una Macchia in cui domina la Ginestra spinosa costituisce uno degli stadi pit xerofitici, essendo gia notevolmente evoluta in direzione della Gariga. Altre piante che vi partecipano tendono ad aver lo stesso carattere di riduzione o mancanza di foglie, ad esempio la Ginestra vera gia ricordata, che qui appare con particolare frequenza. Nella Sicilia orientale questo stadio della Macchia

puo estendersi fra 200 e 600 m su rocce silicee esposte a Sud, sempre dominato, per usare una espressione dello Zoppa, dalla « feroce » Calycotome spinosa. La Macchia ad Alloro. Una delle pit belle piante legnose della regione mediterranea, la pi nobile, la pit celebrata dai Poeti, quella che Emprpocie di Agrigento defini « suprema » fra tutte, ’Alloro o Lauro (Laurus nobilis), costituisce in alcune parti della Penisola e delle Isole una Macchia-foresta, espressione insigne della nostra vegetazione. Albero ornamentale, coltivato ormai in tutti i giardini d’Italia per la bellezza delle sue fronde, per l’eleganza del portamento, per lo stesso profumo caratteristico della sua essenza, l’Alloro si ritrova tuttavia anche allo stato spontaneo in condizioni favorevoli di clima o di microclima. L’abbiamo gia ricordato nelle vallecole calde e pur protette da eccessiva insolazione lungo le rive dei laghi insubrici. E altrettanto facile ritrovarlo nell’area di distribuzione della Macchia mediterranea e specialmente al margine interno e superiore delle colline litoranee nei valloni pit freschi, nelle depressioni, lungo i pendii meno asciutti. Come abbiamo gia conosciuto alcuni aspetti estremi della Macchia in direzione caldoarida, cosi possiamo ora ritenere la Macchia ad Alloro come I’espressione estrema in direzione

IV.

192

Potremmo

caldo-umida.

chia mediterranea

LITALIA

APPENNINICA

E MEDITERRANEA

dire che oggi solo una parte assai limitata e marginale

raggiunge

questo estremo

aspetto;

percid non

appare

della Mac-

felicemente

=

scelta,

per una zona fitoclimatica che dovrebbe comprendere la totalita delle forme della vegetazione mediterranea, la denominazione di « Lauretum », nel significato che le si attribuisce. In periodi climatici pit caldo-umidi, e pid propriamente nel terziario o durante oscillazioni piu: recenti del clima in senso oceanico, € stata certo piu estesa e generalizzata, o local-

mente accentuata, una vegetazione ad Alloro e ad altre piante lauriformi nella regione mediterranea. Ma oggi certo i pochi frammenti di Macchia-foresta ad Alloro non costituiscono l’espressione pil tipica e pil. armonizzata

Non

dappertutto in Italia ’Alloro

al clima.

@ sicuramente

spontaneo

e originario. Esso pare in

molte localita introdotto e naturalizzato sia pure da tempo molto remoto. II Pavarr descrive i suggestivi

tratti

a Laureto

del Parco

di Castelfusano,

presso

Roma,

affermando

che « il

nobile albero é da due millenni naturalizzato sul litorale di Roma ». E tradizione infatti che il « laureto » sacro, popolato da cinghiali, da cui trasse nome Laurentium, e altri di cui

fanno cenno PLINIo e SvETONIO, non fossero spontanel. Ma vi sono aspetti di vegetazione ad Alloro dominante, arbustivo permettono di dubitare del loro carattere assolutamente spontaneo.

e arboreo,

che non

Tale ad esempio la celebre Macchia-foresta di Laurana (toponimo assai significativo) presso Abbazia nell’Istria meridionale. La vegetazione legnosa nei tratti pil sviluppati raggiunge altezza diseguale: accanto a forme arbustive di Alloro, ve ne sono altre che raggiungono anche i 15 m. « L’ornamento

pit bello dell’Alloro —

scrive il BEck a proposito di questa foresta — é il

suo magnifico fogliame, che allo splendore del sole del Sud emana un gradevole aroma. Al principio della primavera germoglia con color verde tenero. Intanto inturgidiscono le gemme

dei fiori che in aprile copriranno

di fiori dorati

la chioma

divenuta

color verde

scuro. I] fogliame é presto sviluppato. Nessun raggio di sole lo attraversa e nell’interno del bosco di Lauri regna un’ombra

profonda. Tuttavia sull’accumulo bruno delle foglie cadute

si sviluppa un ricco novellame che cerca le ombre e vi cresce meglio che alla luce. Condivide questa

condizione

insieme

all’Alloro,

e spesso

occupa

in masse

impenetrabili

il suolo

sol-

tanto il Pungitopo (Ruscus aculeatus), le cui bacche di un rosso corallino brillano nelle profonde ombre del bosco. Anche

I’Edera (Hedera helix) & fedele accompagnatrice

dell’ Alloro

e sale sui tronchi levigati degli alberi, e copre con lo scuro fogliame le rocce calcaree afhoranti ». Ma

dove il bosco € meno

puro si mescolano

a esso numerose

latifoglie del bosco

carsico: la Roverella, il Castagno, il Terebinto, il Carpino orientale, il Nocciolo, il Fico, l’Orniello (Fraxinus ornus; fot. 301, pag. 168-169), con ben pochi sempreverdi, quali il Pungitopo e il Tino, alcune felci e nei tratti pili aperti alcune erbe e alcune liane. Gradatamente

pit: ricchi di specie sempreverdi

e della

Macchia diventanoi

descrive il Lusina pit a Sud nell’Isola di Véglia in localita rupestri

Laureti

che

e Morton nell'Isola di

Cherso: con Leccio, Oleastro, Fillirea, Smilace, Rosa sempreverde, Lentisco, Erica arborea, ma qua e 1a ancora con Roverella, Terebinto, Orniello.

Corbezzolo,

Abbastanza ricchi sono gli esempi di Macchia-foresta ad Alloro descritti in Toscana, nella foresta di Coltano

In Sardegna

fra Pisa e Livorno, dal GiAcospBE, nel Lazio dal MoNTELUCCI.

tuttavia ¢ pil comprensibile

regione mediterranea.

l’attuale posizione dell’Alloro nel cuore della

I molti esempi illustrati dal BeGuinor, dal G1iacosBE, dal DEsoLE con-

fermano la sua indole assai peculiare di relitto di altro clima, rifugiato in microclimi favorevoli al limite fra la zona della foresta sempreverde mediterranea e della foresta a caduci-

foglie submontana, limite che per fattori orografici pud presentare digitazioni che scendono

Po S

FAGGETE

APPENNINICHE,

I]

TAVOLA

85

Le Faggete appenniniche meglio conservate sono quelle incorporate nel Demanio Forestale dello Stato; grazie alla vigile sorveglianza e alla razionale gestione tecnica dei forestali ne ¢ cosi assicurata la continuazione nel tempo con duraturi benefici d’ordine economico ed estetico. Maestose Faggete si trovano in quasi tutti i demani forestali appenninici, da Vallombrosa a Serra San Bruno; ma uno dei complessi a Faggio pitt grandiosi e probabilmente il migliore dei Demani pubblici meridionali e quello della Foresta Umbra (Gargano) che si estende su circa 4900 ettari. Vi esistono Faggi secolari di dimensioni colossali e ambiente della foresta, denso e ombroso, ¢ sommamente suggestivo per chi vi arriva dalle assolate pianure pugliesi. (333. Faggi maestosi della Foresta Umbra; fot. Ciganovich). Il Faggio quando € isolato assume un caratteristico portamento denso e globoso e offre una gradevole ombra (334. Faggio isolato in un pascolo appenninico; fot. Viola).

TAVOLA Gli

86

coperti

da

gid

densi

pit: alti crinali,

mo.

PASCOLI

Appennini,

spogliati

un

boschi sono

del

tempo

ri-

sino

sui

APPENNINICI

stati dall’uo-

loro

manto forestale per possibilita di pascolo coltura. L’improvvida

provvido costituirvi e di agriazione ha

pero dato libero gioco agli agenti meteorici di degradazione, cosi che la terra ¢ stata convogliata al piano dalle acque selvagge che hanno messo alla luce la struttura rocciosa della montagna, rendendo spesso desertiche le sue pendici. Anche dove il pascolo sembra

vittoriosamente

resistere

(335.

Pa-

scolo sommitale nell’Appennino Marchigiano; fot. Ciganovich) sono evidenti a un pitt attento esame i sintomi di una degradazione

gia in atto sui pendii pil. ripidi; questi

sintomi

accentuarsi

non

potranno

nel tempo,

che

preludendo

a pitt gravi rovine. I pascoli migliori restano in conseguenza localizzati sui miti declivi delle vallette di compluvio (336. Fosso dei

Margari,

Monti

Sibillini;

fot.

Laudanna)

e

nei

vasti

pianori d’altitudine che nella loro cromatica veste primaverile vivamente contrastano con le grigie pendici sovra-

stanti

Grande,

spoglie

Monti

di una

vegetazione

Sibillini;

continua

fot. Laudanna).

(337.

Il Pian

-PINO

SILANO

TAVOLA

A

338 338.

87

Individui

isolati

di Pino

silano

al Lago

Arvo

sull’Altopiano

della

Sila;

nello

sfondo

se ne

vedono

anche

dense

ed

estese

fu-

staie (fot. Stefani). Il Pino silano fa parte, come razza geografica, del ciclo del Pino nero, ma la sua posizione sistematica ¢ molto discussa e diversamente interpretata (Pinus laricio 0 Pinus nigra calabrica). Nelle favorevoli condizioni ecologiche della Sila, ove le precipitazioni sono elevate e i terreni d’origine granitica tendenzialmente freschi, il Pino silano vive in fustaie pure (35.000 ettari), Oo in consorzio con Faggio, struzioni navali, traverse ferroviarie,

Cerro e Castagno (15.000 ettari), fornendo pregevole tavolame e palerie; ¢ anche idoneo alla resinazione.

legname

d’opera

per

travature,

co-

TAVOLA

ACQUE

88

PENINSULARI

339. Il Lago Sibolla, Lucca, in via di

interramento,

a Cannuccia

tes communis), Carici

(fot.

lare del

vegetazione (Phragmi-

e diverse

Isnardi).

Lago

alta (Carex quatico

con

di palude

specie di

340.

Sibolla,

Partico-

con

Carice

elata) e Giaggiolo

(Iris pseudacorus;

ac-

fot. Bal-

lo). 341. Vegetazione sommersa di Najade (Najas marina; fot. Ballo), nel Lago di Massaciuiccoli, Lucca.

342.

Il

(Ranunculus roli),

in

una

Ranuncolo

aquatilis; pozza

Umbra

nel

Gargano.

tazione

natante

d’acqua

fot. Fena-

della

343.

di Azolla

Foresta

Vege(Azolla

filiculoides; fot. Ballo), nel Lago di Massaciuiccoli. 344. Fascia di interramento a Cannuccia di palude (Phragmites communis; fot. Ballo), nel Lago di Massaciuccoli.

LA MACCHIA

193

fino al litorale, ma che per lo piu si mantiene al Sud fra 500 e 600 m. I rapporti abbastanza stretti che l’Alloro contrae in Sardegna colla Macchia inducono a conservare qui provvi-

soriamente il nome di Macchia-foresta a Lauro gia adottato dal Brcurnor, ma non senza ampie riserve. I Laureti costituiscono infatti in generale un aspetto di vegetazione abbastanza di-

Istria Dalmazia

stinto che tende a segregarsi dalla Macchia, ma-

Toscana

1 - 500

nifestando talora affinita col bosco misto di Fras-

Lazio

(3) 300 - 450 (500)

sino

Gargano Corsica Sardegna

500 - 600 (250) 350 - 500 (600) 200 - 600

da manna.

La distribuzione altitudinale dell’Alloro in Ita-

lia é assai significativa e concorda con l’ambigua

1 - 250 1 - 500

posizione dei Laureti (v. il prospetto a fianco): La Macchia

a Oleandro.

Condizioni

speciali di ambiente

permettono

all’estremo

Sud e nelle grandi Isole lo sviluppo di una vegetazione spontanea a Oleandri (Nerium oleander; tav. 110, pag. 240-241), tra gli aspetti pit: singolari della vegetazione mediterranea. Specialmente

in Calabria,

in Sicilia, in Sardegna,

|’Oleandro

cresce

frequentemente

allo

stato arbustivo lungo i corsi d’acqua, talora anche sparso sui greti asciutti. Quando, nella caldissima

estate mediterranea,

pendii rupestri, sorgono

come

sono

una

inariditi

come

miracolosa

squallide steppe

apparizione,

margine dei greti abbacinanti, gli arbusti riccamente

i campi,

i pascoli, i

lungo i rigagnoli

asciutti, al

fioriti di Oleandro.

colore e lo splendore delle Rose, nelle fronde e nel portamento

Hanno

nei fiori il

la nobilta dell’Alloro;

forse

nessun nome piu bello é stato attribuito alNerium oleander

|

Y’Oleandro

di quello di Rhododaphne

usato

anticamente dai Greci a esprimere appunto la

sua somiglianza con la Rosa e'‘con |’Alloro. Anche la Macchia a Oleandro é tuttavia un aspetto marginale, talora anzi indipendente dalla Macchia mediterranea in senso piu proprio. Si accompagna talora alle Tamerici lun-

&

s Lear ; ay‘9 — POT

5

‘3

a

SZ

i)

eae (Nerium

ere

¥

a

go i corsi d’acqua, alla Ginestra sui greti asciutti, a vegetazione rupestre di Gariga a Eli-

J

crisi, raramente a elementi genuini della Mac-

AS

fees

.

.

°

di Macchia Quercia

L’Oleandro

cresce

per

lo pit. cespuglioso

allo stato

pud ben raggiungere dimensioni arboree, raramente Penisola

Iberica, sulla Sierra Morena,

.

chia. Vien ricordata dal Becx per i pendii del

Monte Vipera a 453 m wel

oleander), da Rikli.

.

il W1LLkomm

a Oleandro

spinosa,

Lentisco

spontaneo,

Bie un cubic

con

anche

Cistus villosus,

e Ginepro

rosso.

se é pianta

che

superando l’altezza di 2 m. Ma nella descrive

aspetti ben pit lussureggianti

di vegetazione a Oleandro: « in special modo cresce qui alto, spesso come un albero, |’Olean-

dro, che proprio nella Serra Morena raggiunge il massimo di diffusione in Europa, con incredibile abbondanza, spesso accompagnando per chilometri le rive del fiume e segnando al tempo della fioritura con strisce colorate di rosso-rosa, visibili da lontano, il suo corso git

nella valle ». In questa vegetazione di ripa l’Oleandro si unisce, ancora al dire del WILLKomM, a Ontani,

a Frassini

(Fraxinus

angustifolia),

all’Acero

minore

(Acer monspessulanum),

al-

IV. L,ITALIA APPENNINICA E MEDITERRANEA

194 l’Alaterno,

a Salici vari, al Lentisco,

alla Fillirea, all’Oleastro,

intreccia con lunghe ghirlande insieme

alla Vite selvatica, che tutto

all’Edera, ai Caprifogli, allo Smilace.

_Non é improbabile che le pitt modeste Macchie a Oleandro che accompagnano fiumi

meridionali

e insulari

siano

il resto

di un’antica

assai

vegetazione

1 nostri

pil ricca,

forse

molto somigliante a quella descritta per la Sierra Morena. In Italia l’Oleandro, spontaneo lungo i corsi d’acqua, pare si inoltri al Nord soltanto fino al Salernitano. Altrove é molto pit raro e si direbbe piuttosto sporadicamente inselvatichito o sfuggito dalle frequenti coltivazioni.

bA

(GAR

Ges

-

Pit volte abbiamo gia accennato occasionalmente ad aspetti degradati della Macchia che si potevano considerare gia nell’ambito della cosiddetta « Gariga ». Cosi nel caso della Macchia a Ginestre, e di quella a specie pit umili di Cisto o di Palma nana. "Come la Macchia puod diventare Foresta se alcune sue piante legnose son lasciate crescere liberamente fino alla forma arborea, cosi pud passare a Gariga se i suoi componenti arborei decadono e scompaiono, lasciando solo umili tracce, e cedendo il terreno a una bassa e discontinua vegetazione sia pure cespugliosa. « Gariga » @ voce provenzale che vale comunemente come « terra incolta »; ma la sua etimologia va ricercata nel nome che in lingua d’oc viene attribuito alla Quercia spinosa (Quercus coccifera). Sarebbe dunque la « Gariga » in senso originario una « terra incolta con cespugli di Quercia spinosa ». Ma nella letteratura scientifica si € generalizzato questo termine per indicare

i cespuglieti

roccioso,

detritico

ma

anche

sempreverdi

e sabbioso,

pit bassi e discontinui

che sono

derivati

da una

su suolo

degradazione

per lo piu assai

inol-

trata della Macchia mediterranea. Sarebbe errato pensare pero alla « Gariga » come a una formazione impoverita con residui elementi della Macchia sempreverde. In realta la vegetazione della Gariga € caratterizzata da associazioni e da stadi molto ricchi di specie che non apparivano nella Macchia e tanto meno nella foresta. Si tratta di piante piu resistenti all’aridita, alla grande luce e al grande calore di queste pietraie, di questi suoli dardeggiati dal sole, dove non é pit alcuna ombra né riparo, neppure

per le pit: umili erbe.

Certamente le Garighe si sono estese per la progressiva distruzione delle foreste e delle Macchie, ma la vegetazione che le popola é venuta dalle rupi, dalle pietraie, dalle sabbie gia preesistenti. E in gran parte la stessa vegetazione pioniera che aveva preceduto la formazione di foreste su terre originariamente sterili, 0 pit: volte ridotte tali dall’uomo. Anche

la Gariga ¢ multiforme

nei suoi aspetti come

la Macchia,

perché quasi ogni tipo di

Macchia ammette forme di degradazione pit’ o meno peculiari. E quindi necessario ricercare sempre con attenzione i rapporti dinamici fra diverse associazioni e stadi di Gariga senza dimenticare quelli con la Macchia e con la Steppa. Gia si € delineato pit sopra in uno schema grafico la posizione della Gariga nei confronti della Macchia e del pascolo tenendo conto dell’azione dell’uomo, che é sempre il fattore piu decisivo e determinante. In senso pit generale, e tenendo conto solo delle formazioni

LA GARIGA

195

spontanee fondamentali, cosi potremmo in grandissime linee schematizzare la degradazione e rigenerazione del manto vegetale mediterraneo, nel seguente quadro dinamico:

-

oteppa

z moresta

So

co

oe

MacchiaA



_—

~

Gariga

we

£

4

va

7

va

s

7

6

~

La successione ha nella regione mediterranea

Vegetazione delle pupi e dei detriti

un significato assai generale. Vale non

solo

per inquadrare la Gariga provenzale e molto simili aspetti della nostra Penisola, ma anche per altre formazioni equivalenti, che con altri nomi si presentano pit a Est o a Ovest. Piu

a oriente,

sulle

coste

mediterranee

della

Penisola

Balcanica,

dalla

Dalmazia

alla

Grecia, e nelle Isole Egee, a una vegetazione discontinua a piccoli arbusti, marcatamente xeromorfa, si da il nome di « Frigana» (da « friganon », antico nome greco col quale lo stesso ‘TEOFRASTO

denominava

una categoria di arbusti cespugliosi).

Piu a occidente, nella Penisola Iberica, al margine delle zone delle Steppe, sugli altipiani, sui colli e nelle pianure dalusia,

vande,

dell’Aragona

in Algarvia, vaste

distese dove

la Salvia, prendono

il nome

meridionale, dominano

della

Labiate

Catalogna,

della

aromatiche,

di « Tomillares », (in spagnolo,

come

Tomillo

Murcia,

in An-

i Timi,

=

le La-

Timo).

La Gariga assume aspetti molto diversi a seconda degli stadi e quindi della composizione, ma solitamente si distingue bene per alcuni caratteri generali dalla Macchia anche bassa e cespugliosa. Vi dominano

piante basse, per lo pit: non superanti mezzo metro, che non hanno

pit: l’aspetto fresco, verde delle piante « sclerofille » caratteristiche della Macchia-foresta, ma

assumono proprie

toni grigi, talora quasi polverosi, per la villosita, la glaucescenza, alle foglie dei suffrutici,

delle piante pulvinate

(a cuscinetto),

la viscosita

e talora delle stesse

erbe. L’assenza di alberi e di arbusti elevati prelude gia alla Steppa, verso la quale le transizioni sono

frequentissime

e talora insensibili.

Il paesaggio é per lo pid monotono, squallido, con colori dimessi; soltanto quando fioriscono alcune piante dai fiori piu vivaci, come gli Elicrisi e le Ginestre spinose, come

Cisti, si ravviva per breve durata

i piccoli

di toni accesi gialli, bianchi e rosat.

Gariga é Brughiera. Se per Brughiera si intende genuinamente il regno del Brugo (Calluna vulgaris; fot. 59, pag. 48-49; dis. 43, pag. 63) possiamo ricordare che fino in Toscana se ne presentano ancora degli esempi, talora (e cid € ben degno di essere ricordato) a stretto contatto con la vegetazione mediterranea. Nell’Isola d’Elba ne segnala il Corti sul Monte Castello in connessione con aspetti di Macchia mesofila (per usare una espressione del NEcri) a Ulex europaeus (fot. 410, pag. 225), e in connessione con aspetti di Gariga. Variazioni di microclima dovute all’esposizione determinano a poca distanza aspetti assai contrastanti. In Valdarno il MonteLuccr descrive un Calluneto con tutta la meraviglia che puod destare lo spettacolo di una rossa fioritura autunnale di questa pianta in piena regione mediterranea: « La Calluna — egli scrive — forma in alcune zone degli estesi aggregati densissimi, dei quali é entita esclusiva all’epoca della fioritura, e che impartiscono al luogo un aspetto tutto particolare. Se la poesia ¢ permessa, dir che non conosco cosa piu bella della miriade

E MEDITERRANEA

L’ITALIA APPENNINICA

IV.

196

di corolle del Cistus salvifolius, spalancate al primo sole mattutino alla fine di maggio, candidi talami d’amore

per innumerevoli

insetti, immagini

di giocondita e di purezza, fugacis-

sime come tutte le cose belle..... Ma uno spettacolo pitt sorprendente é quello delle Callune fiorite in ottobre a perdita d’occhio tra i boschi arsicci dove il sole estivo ha gia tutto combusto. E una favilla di primavera carpita dall’ottobre! Tra le balze, con Vorizzonte tutto limitato da boschi e macchie, nel silenzio rotto dalle ali degli insetti, sotto il sole che attiva gli aromi, queste distese di cespugli fioriti, su cui turbinano schiere di imenotteri, hanno un qualcosa di cosi suggestivo da trascinare la mente fuori dei comuni pensieri >. Siamo qui evidentemente a un confine assai degno di attenzione fra due tipi di vegetazione per taluni caratteri contrastanti, ma per altri convergenti. La Gariga é l’arbusteto piu xeromorfo e xerotermico delle regioni a clima mediterraneo; la Brughiera é l’arbusteto xeromorfo ma igrotermico delle regioni a clima atlantico. Quando sono eccezionalmente accostati dimostrano la loro diversa indole insediandosi in ambienti molto diversi: la Gariga sulle balze rupestri, aride, assolate, a substrato roccioso calcareo, porosd, la Brughiera nelle depressioni piu fresche, sui pendii inclinati a settentrione, su suolo che mantenga l’umidita. Ambedue vengono interpretate dal Corti e dal MonreLucci come derivate, in due diverse direzioni di degradazione,

da un

Querceto misto climatico, proprio di questa fascia toscana.

I] Ginestrone o Ulice (Ulex europaeus) pud costituire una specie indicatrice della prossimita di questo singolare incontro, perché é pianta che puo presentarsi sia nella Brughiera,

sia in esempi di Macchia (saremmo tentati di dire di Pseudomacchia) aventi carattere meno xerofilo, quindi piu prossimi anch’essi alla foresta submontana di Querce caducifoglie.

Gariga calcarea e silicea. Tipicamente, quando si dice « Gariga » ci si riferisce a un ambiente vegetale su rocce calcaree. Tuttavia si conoscono molti aspetti di vegetazione arbustiva degradata e diradata anche su substrati assai poveri o privi di calcare. La distinzione

di substrato calcareo o siliceo aveva

sempreverde

a sclerofille,

con

strato di humus.

come

un buon

che, se ben

sviluppata,

assai meno

aveva

Ma gia nella Macchia

i Cisteti, e tipi pit tolleranti del calcare come

importanza

per la foresta

anche

evoluto

un

abbiamo

distinto

tipi pit calcifughi,

i Lentisceti,

Ginestreti

proprio

profilo

ed Euforbieti.

Poicheé nella Gariga il suolo si é cosi degradato e impoverito da lasciare afhorare la nuda roccia, o il pietrisco, o le sabbie, essendosi spogliato piu o meno completamente degli orizzonti superficiali umiferi, la natura della roccia diventa fattore molto importante. Tuttavia una semplice distinzione fra roccia 0 terreno calcareo e acalcico non potra mai esaurire la

questione dei rapporti fra suolo e vegetazione. La struttura fisica del suolo, lo stato di degradazione

della roccia,

la profondita

(fenditure nella roccia), dovranno

degli strati, o delle

tasche

terrose,

o delle

diaclasi

esser pure elementi di giudizio. Ne nasce un parallelismo

fra le condizioni di degradazione del suolo e gli stadi sempre pit degradati della vegetazione. E difficile talvolta

dire dove

esattamente

cominci

una

Gariga, e dove

essa finisca per il

subentrare di una Steppa. Ma é importante osservare e distinguere tanto nel suolo quanto nella vegetazione fasi corrispondenti di involuzione e di evoluzione. Le pit elevate forme di Gariga, che si sarebbe in dubbio se considerare ancora nell’ambito della Macchia,

corrispondono a suoli che conservano ancora dell’humus. E il caso, ad esempio, dei Cisteti a Cistus monspeliensis, che abbiamo gia piu sopra considerati come « Macchia a Cisto » tenendo conto della loro dimensione, ma prescindendo dal considerare che

non

sono

« sclerofilli

» e sono

tanto

affini ad altri Cisteti

pit bassi

cludiamo per lo pit nella Gariga. Le forme pit: degradate conducono al « deserto petreo », perché in esse vanno

emergendo

la nuda

pure

umofili

che

in-

invece assai vicino

roccia o dei detriti dilavati.

LA GARIGA

197

La Gariga su calcare. La Gariga, in senso etimologico, é una bassa boscaglia pit o meno degradata e discontinua a Quercia spinosa (Quercus coccifera), una Quercia che abbiamo gia ricordato brevemente pit sopra. Pur trattandosi di pianta legnosa che pud raggiungere le dimensioni di un piccolo albero, si presenta solitamente in cespugli alti 1-1,5 m, emisferici

o pil o meno

largamente

appressati al suolo, che per la statura

potrebbero

far

pensare a una Macchia, ma per la discontinuita abituale della vegetazione rientrano piuttosto in una Gariga. Tuttavia in certe condizioni si pud formare una Macchia anche alta. In Sardegna la Quercia spinosa é rappresentata dalla varieta imbricata, razza mediterranea-occidentale, e si sviluppa nella fascia litoranea dell’Oleo-Ceratonion. Nelle Puglie, altra zona in cui si presenta abbastanza frequente e non di rado in forma arborea accompagnata

da Leccio,

Roverella,

Terebinto

e numerose

specie della

Gariga

a Labiate

e della

Steppa, forma eccezionalmente perfino dei piccoli boschi, che pero non sono certo da considerare i resti di una vasta vegetazione forestale a base di Quercia spinosa. Mentre in Puglia e anche in Dalmazia si comporta come specie adatta ai calcari, in Sardegna pare preferisca rocce silicee e sabbiose

(MarTINOLI). Sembra di poter ammettere che la Macchia o la Gariga a Quercia

spinosa debba rientrare nel quadro dinamico della Lecceta, trovando posto in modo speciale nella serie che evolve dalle lande a Rosmarino ed Erica. La Gariga a Rosmarino (associazioni varie del Rosmarino-Ericion degli Autori francesi) si collega infatti direttamente in senso

145. It Rosmarixo — officinalis,

‘Rosmarinus

grand. ?/;).

sia _regressivo sia progressivo con ’ il Coccifereto, ? : fi

attraverso

aspetti

che prendono nome di Coccifereti a Rosmarino. I Rosmarineti sono frequenti lungo i litorali della Penisola e nelle Isole; occupano terreni calcarei puri, rocciosi, diffondendo talora su grandi estensioni un monotono color grigio, appena un poco allietato a primavera dalle fioriture di un pallido azzurro. I] Rosmarino (Rosmarinus officinalis; fot. 280, pag. 160), vi domina inizialmente

incontrastato, ma gradatamente va perdendo la sua vitalita, diventa sempre piu discontinuo,

finché viene sopraffatto dalla Quercia spinosa o dai Ginepri. Un aspetto pit polimorfo, che talora assume sviluppi prossimi alla Macchia bassa, é la Gariga a Erica multiflora (Erica multiflora) sovente accompagnata da Rosmarino, sovente arricchita notevolmente da piante sclerofille della Macchia, o dai Cisti. Rosmarinus officinalis Corrisponde a uno stadio assai degradato la Gariga di Timo (Thymus capitatus). Ve ne sono aspetti tipici ed estesi nell’Italia Meridionale e nelle grandi isole. Quando il Timo prevale a perdita d’occhio in cespugli piu o meno radi o addensati, di un verde grigio, fioriti di glomeruli

fonde un aroma dei « Tomillares la Murgia delle degli aspetti pi vegetazione

di fiori azzurri, dif-

intenso e ricorda il paesaggio » della Penisola Iberica. NelPuglie e nel Gargano é uno comuni e caratteristici della

cespugliosa

pit. degradata.

146. AREALE

(Rosmarinus

DEL

ROSMARINO

officinalis), da Rikli.

IV.

198

E MEDITERRANEA

APPENNINICA

L’ITALIA

Si alternano con la Gariga a Timo esempi ancora pit inoltrati verso la Steppa rocciosa: la Gariga a pulvini (cuscinetti) spinescenti di Pimpinella spinosa (Poterium spinosum), sulle pendici rupestri aridissime all’estremo Sud della Sardegna e della Sicilia; e la Gariga a Passerina (Passerina hirsuta), sulle alluvioni pure aridissime della Sardegna, di cui lo HERZoG cosi scrive: «I piccoli frutici, sovente assai distanti tra loro, con rami caratteristicamente

incurvati, piccole foglie squamiformi carnose appressate e piccoli fiori gialli, danno un aspetto che tien pit della Steppaa..... ». Sono ancora da ricordare le Garighe in cui dominano con caratteristico aspetto e colore verde-giallo le Euforbie: la Gariga endemica Pugliese a Euforbia japigia (Euphorbia japigica) sui calcari compatti e i tufi delle Murge;

la Gariga a Caracia (Euphorbia charactas; Lot:

273, pag. 152-153) sulle sabbie litoranee tirreniche e talora anche sui pendii rupestri preappenninici; la Gariga a Euphorbia spinosa (fot. 292, pag. 160-162; fot. 324, pag. 184-185), del Gargano e dell’Etruria marittima; ecc. ‘ Un paesaggio singolare di Gariga calcarea costituisce la Satureia fruticosa (Satureja fruticosa) sparsa a pulvini sui declivi petrosi dell’Isola di Maréttimo (Egadi), insieme al grigioargenteo Elicriso pendulo (Helichrysum pendulum) (FRANCINI e MESSERI). E si potrebbe continuare con altri numerosi

esempi, se non

bastassero questi gia ricordati

a dare un’idea della nostra Gariga calcarea.

La Gariga su suolo siliceo € wmoso. Sono relativamente pochi gli esempi di Gariga che rifugga i substrati calcarei; per lo pit sono facili gli adattamenti, specialmente se la roccia calcarea € marnosa, argillosa, 0 coperta da residui di humus.

Un gruppo di aspetti di transizione, che possono con tutta indifferenza insediarsi su qualsivoglia substrato, € costituito dalle Garighe a Elicrisi. L’Elicriseto pit comune da questo punto di vista é quello a Elicriso italico (Helichrysum italicum; fot. 310, pag. 176; fot. 322, pag. 184), che forma, dal livello del mare fin sulle basse montagne, coperture grigie talora estesissime che diventano a primavera inoltrata meravigliose distese di fiori giallo-dorati. Dalle Garighe a Elicrisi si passa per gradi | ——— Lavandula stoechas

,

|

N

j

alla Steppa ad Asfodeli, o alla Gariga di Cisti.

8

a\"

4

.

a

=

é

.

SA

Le Garighe di Cisti costituiscono, come si é

ho



gia detto, forme di transizione

Se!

Potremmo

q

alla Macchia.

ricordare in special modo

la Gari-

ga a Cisto femmina (Cistus salvifolius), dalle foglie rugose simili a quelle della Salvia, fiori-

Caan

* rae

..

~weU ONS

aie

af

REZ

5

(Lavandula stoechas; fot. 285, pag. 160-161) — rappresentano la vegetazione arbustiva degra-

= i

147. AREALE

DELLA

Lavandula

to vagamente di fiori bianchi. Insieme alle Garighe a Lavanda — specialmente a Stecade

stoechas

data pit acidofila dei suoli mediterranei silicei

(da Rikli).

0 decalcificati,

loro

diffusione,

si che,

al margine

ospitano

anche

Nord

della

la Calluna.

E interessante osservare che in questa dlirezione si passa verso occidente, in clima atlantico, alle lande a Ulice e Calluna, di cui alcuni

frammenti,

ai limiti della regione mediterranea,

entrano anche nel nostro Paese e sovente a stretto contatto con gli aspetti pid inoltrati della Gariga

(e, come

vedremo,

della

Pseudogariga)

a Lavande.

Si potrebbero ancora ricordare Garighe a Ginestre di pit incerto carattere edafico, come quella a Ginestra corsica (Genista corsica) che con cespugli pulvinati, spinosi, sale fino a

6a

PSEUDOMACCHIA

E PSEUDOGARIGA

199

1600 m sul Gennargentu, e quella a Ginestra efedroide (Genista ephedroides) che domina grandi tratti del litorale della Sardegna, talora con aspetti che si direbbero di Macchia. Molto

affini a quest’ultima fisionomia sono infine le Garighe in cui dominano le Efedre, singolari piante ginestriformi, senza foglie e con fiori minuscoli non appariscenti. E localmente dominante tratti sabbiosi, rupestri e argilloso-aridi litoranei l’'Ephedra distachya. Le Garighe sono una delle formazioni vegetali mediterranee pitt ricche di piante aromatiche,

ricche di olii volatili e di principi medicamentosi,

tantissima

di materie

Basterebbe Salvie

prime

per

l’industria

ricordare i componenti delle Garighe a Labiate:

(Salvia officinalis;

fot. 322, pag.

che costituiscono

dei medicamenti,

delle

il Rosmarino,

184, e Salvia sclarea), i Timi

fonte impor-

essenze,

dei profumi.

la Lavanda,

(Thymus

vulgaris

le in

special modo), e molte altre piante dall’aroma intenso e gradevole, spesso accolte, per farne uso familiare, negli orti e nei giardini.

PSEUDOMACCHIA

E PSEUDOGARIGA

Ai confini superior: della vegetazione legnosa mediterranea. Abbiamo gia avuto

occasione

di incontrare

un

esempio

di vegetazione

arbustiva

mediterranea

ai suoi

confini superiori, ricordando singolari casi di incontro fra Gariga e Brughiera. Ci serviamo

qui del

termine

di « Pseudomacchia

», gia largamente

usato,

specialmente

dagli studiosi della vegetazione mediterranea balcanica (ADAMOvIC, TURRILL), per compendiare gli aspetti della Macchia ai limiti superiori delle sue possibilita di esistenza, la dove necessariamente si presenta in forme meno tipiche e meno genuine. E per analogia indichiamo col termine di « Pseudogariga » le forme di Gariga nelle stesse estreme condizioni. Pseudomacchia e Pseudogariga sono dunque la Macchia e la Gariga ai limiti superiori dell’orizzonte mediterraneo. Sarebbe stato forse opportuno ricordare pit sopra, trattando della foresta a sclerofille, anche le forme assunte dalla foresta stessa alle maggiori altitudini compatibili con la sua esistenza. Ma possiamo anche qui, coerentemente, farne un breve cenno. Un’associazione distinta é stata differenziata nella Francia mediterranea per le forme di Lecceta che salgono fino a 900 m di altitudine al margine delle Cevenne: il Querceto di Lecci mediterraneo-montano (Quercetum ilicis mediterraneo-montanum). E caratterizzato da specie medio-europee e atlantiche che vi entrano copiosamente: Erica arborea, Felce aquilina, Agrifoglio, Tasso, e anche Faggio, e altre ancora. I] suolo stesso € diverso: é gia una « terra bruna ». Non mancano nel nostro Paese aspetti di Lecceta sopraelevata (ma sarebbe pit: logico, in senso storico, dire « relitta ») che si potrebbero confrontare con questa interessante

Macchia,

associazione, ma sono piuttosto riconoscibili in forme pil o meno

come

quelle che recentemente

l’ANZALONE

ha descritto

degradate di

per l’Appennino

Marchi-

giano. Ma piu ancora é verosimile che coincidano i boschi con Leccio arboreo che il ‘TROTTER ha ricordato nell’Avellinese a ben 1200 m di altitudine, in collegamento intimo col Faggio. Pit’ comuni e modeste variazioni della Lecceta sono state pero descritte col nome di « sotto-associazione a Roverella » (Quercetum ilicis pubescentosum). Questo aspetto

IV.

200

LITALIA

APPENNINICA

E MEDITERRANEA

é proprio delle depressioni piu fresche, dei versanti Nord delle colline, ed ¢ caratterizzato da

specie dei Querceti di Roverella o di Rovere. Proprio nell’ambito di questa vegetazione e delle degradazioni che ne derivano é possibile, ai margini settentrionali della regione mediterranea, perfino l’ingresso della Calluna, quindi il contatto con la Brughiera. Ma deve essere ancora ricordato un aspetto della Lecceta a contatto con il bosco di Roverella e di Bosso (Querceto-Buxetum) che pud trovarsi ai margini interni o superiori della Lecceta tipica. Pare che in tale zona possa aversi piuttosto una compenetrazione e€ mescolanza. Sono notevoli gli esempi descritti al F. Varo e nelle Alpi Marittime. Questi aspetti di foresta mediterranea a sclerofille, scaglionati in altitudine dal litorale al colli e alle montagne,

fanno

pensare

alle tappe di ritiro di una

vegetazione

innalzata in confronto alla attuale. Il Trorrer ha accennato in modo a «una sorta di terrazzamento biologico della flora mediterranea, lo della quale ha lasciato le sue tracce nella zona montana, il successivo, rappresentato, ha le sue sedi in quella collinare antistante, e il terzo

un

tempo

piu

efficace e suggestivo scaglione pil antico pil recente e meglio lungo la costa ».

La Pseudomacchia. L’Avamovic, adottando questo termine per la Penisola_ Balcanica, alludeva alla boscaglia sempreverde xerofila submontana e montana sviluppata nella zona di transizione fra regione mediterranea e medio-europea. Esso caratterizzava questa vegetazione con la mancanza delle specie sclerofille pit tipiche della Macchia, con la loro sostituzione mediante Terebinto (Pistacia terebinthus), Bosso (Buxus sempervirens), Ginepro rosso e altri Ginepri, e con la conservazione

di Fillirea, Ginestra,

Calicotome,

Lauro,

e delle liane.

Un tipo di Pseudomacchia nella Macedonia meridionale é descritto con Quercia spinosa (Quercus coccifera) dominante. In un senso un poco piu largo noi riuniamo nella Pseudomacchia aspetti insolitamente elevati di Macchia in cui puo conservarsi anche lo stesso Leccio, il che é giustificato se pensiamo che nella nostra Penisola il Leccio ha maggior espansione e vitalita che nella Penisola Balcanica. Caratteristica é in ogni caso la presenza del Bosso, talora insieme con |’Agrifoglio, resti significativi, secondo il CuiaRuci, di un’antica vegetazione montana-mediterDeny

ose ue

sempervirens; gr.?/s).

ranea propria delle fasi oceaniche interglaciali. Il « climax » é ormai qui, come nelle corrispondenti pseudomacchie balcaniche, quello della

foresta di Roverella e di Querce caducifoglie, ma forse si trattava prima di un

Quercion

ilicis.

Un esempio di Pseudomacchia é descritto dal Monretucci sul M. Terminillo fra 600 e 800 m: con Leccio, Orniello, Roverella, Bosso, Terebinto, Tamaro, ecc. Ma un significato

consimile

assumono

alcuni degli esempi di vegetazione a Bosso ed Erica arborea descritti

dal Bantr sull’Appennino

Genovese,

fra 200 e 800 m circa, in cui si ritrova sebbene

scarsa-

mente il Leccio, e inoltre il ‘Ierebinto, il Ginepro rosso, la Calicotome, il Cisto femmina e talora anche il Corbezzolo. Anche gli esempi di Macchia descritta dal Tomasetui fra 500 e 600 m al M. Pietralata presso Urbino fra 500 e 600 m ci sembra abbiano lo stesso significato. Non sempre perd la presenza di Bosso deve essere ritenuta indicatrice di una Pseudomacchia, trattandosi di pianta la cui distribuzione é localmente molto influenzata dall’uomo.

Molto indicativo pero é anche il Terebinto, che sostituisce nella Pseudomacchia

La Pseudogariga. dizioni di degradazione

il Lentisco.

Gli esempi di Pseudomacchia ricordati pid sopra ammettono verso

forme

aperte di bassa vegetazione

arbustiva,

che taluni

conchia-



PINO

MARITTIMO

E

CIPRESSO

TAVOLA

345. Una fustaia rada di Pino marittimo pinaster;

fot.

Fenarolt),

(Pinus

all’ Impruneta,

colline a Sud di Firenze. 346. Cipressi

sulle

(Cupres-

sus sempervirens; fot. Fenaroli), sui colli di Fiésole, con denso sottobosco di Eriche e di Cisti.

13**

89

TAVOLA

OLIVO

90 L’Olivo

(Olea

europaea),

for-

se il pil nobile degli alberi italiani, si coltiva in quasi tutta l’Italia. Centro esso_

Al Nord presenta

e al fusti

sottili e chiome leggere, mentre pit a Sud e nelle Isole assume

il portamento

di

grande e possente albero. 347. Oliveto ligure nei pressi di Oneglia (fot. Stefani). 348. Olivi secolari a Turri,

in

Sardegna

(fot.

Stefani).

TAVOLA

349. Ove é ora il Parco Nazionale del Circeo, esistevano prima- della bonifica vaste

zone paludose che rendevano mal praticabile il bosco, costituito, tra laltro, da anno-

se Querce.

Ecco

una

visione

della

del

Circeo

prima

Selva

della bonifica pontina Pancint). 350. Bosco

(fot. mi-

sto di Cerro e di Farnetto (Quercus cerris, Quercus far-

netto; fot. Liidi) nell’Appennino

presso

Lucano,

ad Ara

Potenza.

351.

Silvana

Tronco

colonnare di Cerro con abbondanti Licheni epifiti; M.

Cimini Bosco

(fot.

Fenaroli).

di Farnia

(Quercus

352. pe-

dunculata; fot. Fenarolt), presso S. Lorenzo Nuovo, nei M. Volsini.

9]

TAVOLA

92

PINO

NERO

E

PINO

LORICATO

353. Pino di Calabria (Pinus nigra calabrica o Pinus laricio; fot. Di Tella), in una colonnare fustaia degli altopiani silani. 354. Pino nero (Pinus nigra; fot. Fenaroli),

Parco

in un

Nazionale

leucodernus;

fot.

rimboschimento

a Villetta

d’Abruzzo,

Pino

Liidi),

sul

355, M.

Barrea

loricato

Pollino.

nel

(Pinus

PSEUDOMACCHIA

mano

ancora

E

PSEUDOGARIGA

201

« Gariga », altri « Orogariga », altri, ancora

termine del Briquet),

meno

propriamente

« Garida », ma che noi preferiamo chiamare

(usando

un

Pseudogariga.

Un aspetto particolarmente frequente é costituito da aggruppamenti a Satureia montana (Satureja montana; fot. 322, pag. 184), che cresce a cespuglietti pi o meno radi, con resti

pitt o meno

abbondanti

meto. Associazioni

della Macchia

a Bromo

e con elementi sempre pil copiosi dello Xerobro-

eretto (Bromus erectus; fot. 247, pag.

136-137), costituiscono

in-

fatti le fasi di degradazione estrema.

Una Pseudogariga molto interessante é costituita dai cespuglieti di Lavanda (Lavandula spica od officinalis; fot. 326, pag. 184-185), che si sopraelevano sulle Alpi Marittime (sopra la Costa Azzurra e sopra la Riviera di Ponente) fino a 1000 m e anche oltre, macchiettando di cespi di color verde grigio, discontinui, le pendici brulle e qua e la largamente denudate. Si unisce

a Satureia

penninico

montana,

(Helianthemum

ad Antillide

apenninum),

montana

(Anthyllis montana),

all’Assenzio

bianco

(Artemisia

a Eliantemo

ap-

alba), e via dicen-

do. Anche questa Gariga orofila passa per ulteriore degradazione allo Xerobrometo. Ancora nella Pseudogariga rientra probabilmente la « Gariga a Sideritis sicula » (fot. 397,

pag. 224), su calcare che il Corti descrive a oltre 600 m di altitudine sul Gargano, ancora in presenza del Leccio ma gia in mistura con la Roverella. Altri esempi si potrebbero ancora ricordare, ma quelli ora citati sono sufficienti a chiarire

il significato di questi arbusteti montani che si inseriscono nella serie dinamica regressiva dei Querceti

a Roverella,

pur recando

impronte

mediterranee

non

sempre

esplicabili.

Dinamismo della degradazione e rigenerazione della foresta. Possiamo ora cercar di vedere

riunito

in uno

schema

pit generale, e trascurando

per necessita

di sintesi

gli aspetti minori, il quadro complessivo dei rapporti dinamici. Questi rapporti consistono Vegetazione

mediterranea

CLIMAX DELL'OLIVO E DEL CARRUBO (Oleo-Ceratonion)

Berctomico

mise

===)

CLIMAX DELLA LECCETA (Quercion ilicis)

Wleastreto

wa.

4

2 |

=e;

Wecceta

|

14

=)

S Maceniaultoranea’

8

AmaainideianancesuiOnOla

:

x

ee

Gariga litoranea

2

Querceto

'

Lecceta

|

con Sughera 4 4

|

line

=———

=

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|

ae

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Leoe

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ae ene

ee

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=

2

con

e Bosso

Roverella

Lecceta

:

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_-

Pseudomacchia

=

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63 12

8

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5

oO

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con Roverella ho4

..-22220-./) 52

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:

S

4

|

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©

i

submediterranea

CLIMAX DELLA ROVERELLA (Quercion pubescentis)

i

-

:

Vegetazione

A

=

=.

anigal

pe

es

ne

>

12

Pseudogariga

©

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I

4

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|

:

a Loe

Steppa i

|

|

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litoranea ili

|

che

Direzione

di decrescente

Transizioni +

_

_

=

|

!

OY»

esigenza

e mescolanze —

—— ——

Peersam as

termica

Xerobrometo

~—_]

a

L’ITALIA APPENNINICA

IV.

202

E MEDITERRANEA

in « regressioni » che conducono la vegetazione dalla Foresta alla Macchia, alla Gariga, alla Steppa, ma secondo diverse « serie » (o successioni) principali, a seconda che si tratti di vegetazione appartenente a climax pil o meno esigenti nei confronti del fattore termico. ‘Tuttavia queste serie non sono del tutto indipendenti, anzi ammettono voli e, nelle frequenti zone di contatto,

anche

fra loro scambi note-

profonde mescolanze.

Non deve sembrare che sia ricordata fuori luogo la serie, non piu mediterranea in senso stretto, della Roverella, perché, oltre a considerare

le possibilita notevoli di mescolanze che

possono verificarsi con essa, si deve pur tener conto delle gia accennate vicende storiche della vegetazione mediterranea e dei resti che ne testimoniano ancora una remota sopraelevazione principalmente

nell’orizzonte

L’incendzo,

submontano.

il taglio, il pascolo.

Pit volte si é detto che l’uomo é il grande modifi-

catore e distruttore della vegetazione forestale mediterranea. Forse per nessun’altra regione vegetale del Mondo valgono come per la « Mediterraneis » le parole drammatiche e pur sostanzialmente vere dello CHATEAUBRIAND: In alcune

zone

« La foresta precede l’uomo, il deserto lo segue ».

della regione mediterranea,

e con speciale frequenza

in Corsica

e in Pro-

venza, il mezzo pit rapido ed efficace usato dall’uomo per guadagnare suolo al pascolo e alle colture é l’incendio. Anche nel nostro Paese non raramente vi si é fatto e vi si fa ricorso.

Talora l’incendio é involontario, ma gli effetti sono sempre cialmente

se si tratta

di foreste.

I1 fuoco

divampa

pil o meno

e si propaga

disastrosi, spe-

rapidamente

specialmente nella caldissima estate. Vi sono piante che rispuntano piu rapidamente (come il Corbezzolo),

ve ne sono altre che riescono a evitare la distruzione per il loro portamento talora |’Euforbia

arborea

nella Macchia

bassa) e ne risultano

arboreo (cosi

aspetti di rigenerazione

che

l’occhio

esercitato riconosce facilmente come evoluzioni secondarie successive a incendio. Un’efficacia particolare ha assunto in tempi passati il fuoco nelle regioni metallifere. Il

Necri

ricorda

a proposito dell’Elba

la tradizione

giavano perenni alla vista dei naviganti

di « numerosi

fuochi»

che

« fiammeg-

per il Tirreno ».

Dellaltro mezzo usato dall’uomo, il taglio raso periodico, abbiamo gia detto a proposito della Macchia sfruttata pit o meno razionalmente. Ma il taglio é talvolta disordinato o

guidato da varie esigenze di miglioramento, con eliminazione di specie meno utili. Infine é da ricordare il pascolo. Il bestiame (i greggi in particolare) entra gia nella Macchia diradata e contribuisce notevolmente alla sua regressione perché divora specialmente le fronde delle piante sempreverdi pit costruttive: del Leccio, della Fillirea, del Corbezzolo, meno volentieri del Lentisco. Rifugge invece dalle piante aromatiche e quindi facilita l’in-

vasione e il predominio dei Cisti (Macchia a Cisto), nonché l’estendersi della Gariga a Labiate (Rosmarino, La

Gariga

Lavanda,

a piante

Timo) e anche a Elicriso.

aromatiche

é per sua

natura

facilmente

incendiabile,

e l’'uomo

ne

ricava facilmente un pascolo che puo svilupparsi agevolmente anche perché il terreno viene arricchito di ceneri. Ma

il pascolo pit o meno

erbacee che il bestiame rifiuta, in special modo

steppico tende a essere invaso dalle piante (Asphodelus microcarpus) che al-

1’Asfodelo

lieta a primavera di magnifiche fioriture bianche le praterie rupestri gid intensamente

pa-

scolate. Oppure ¢é la Ferula (Ferula communis; fot. 288, pag. 160-161), che si espande copiosa,

altissima (anche fino a 3 m) con le vistose ombrelle di fiori gialli. Sono i contrassegni di un periodico

incendio

esercitato sulla Macchia o sulla Gariga.

In luogo del pascolo, l'uomo puod insediare le colture arboree o erbacee. Ma gli Oliveti e i Vigneti abbandonati vengono presto nuovamente occupati dalla Gariga a Timo o ad altre Labiate, che aprono una successione ricostruttrice secondaria. E i coltivi di cereali, dopo

_— e

PSEUDOMACCHIA

E PSEUDOGARIGA

203

pochi anni, esaurito il povero suolo, cedono pure il passo al ritorno della steppa erbacea e quindi degli arbusti, finché il terreno non venga nuovamente ricuperato con |’incendio. Molte

altre sono

le possibili ‘successioni

secondarie,

specialmente

se si tien conto

anche

dei rimboschimenti e dell’introduzione di specie arboree estranee come il Castagno. Nello schema che segue vogliamo esemplificare alcuni di questi processi, ampliando un primo abbozzo dinamico gia dato quando si é trattato di distinguere la Macchia primaria dalla Macchia secondaria. Chi esamina questo e altri quadri schematici, non conoscendo direttamente la vegetazione mediterranea, potrebbe esser tratto in inganno dalla tipologia di cui si fa uso per rappresentare le varie tappe di evoluzione. Infatti una sconcertante variabilita, una enorme quantita di sfumature di composizione caratterizza l’evolversi di questa vegetazione. Si puo comprerdere che molti studiosi specializzati alla conoscenza della vegetazione mediterranea italiana rifiutino di riconoscere l’esistenza di associazioni pil o meno ben definite, estendendo i! lore agnosticismo a tutte quelle di qualsiasi altra regione vegetale. Una spiegazione é ben chiara ed evidente: l’intervento dell’uomo é cosi vario nel tempo e nello

spazio,

cosi saltuario,

incostante,

diversamente

orientato

per diverse

esigenze

eco-

nomiche, che la vegetazione ne reca le conseguenze variando a sua volta in numerosissime direzioni. L’incendio pit o

meno

scolo

frequente,

il pa-

piu o meno

e pil o meno

FORESTA

intenso

Lecceta

a Roverella

prolungato,

le coltivazioni

introdotte con diverso ritmo e€ successione, le degradazioni e rigenera-

it

e poi abbandonate

zioni interrotte

ai piu di-

versi stadi con

intervento

piu o meno gano

come

aspetti

quanto

mai

diffe-

questa

o di quella

(quasi senza dare

esclusione) a_

fisionomie

mente diverse. Eppure non bile, anche tuare

notevol-

+

|| |

Sughereto Oliveto

Carrubeto

COLTIVO

Macchia a Corbezzolo — ——_ Sp

See) Peewee a Euforbia a

Prati

Orti Coccifereto Campi a Rosmarino a Elicriso a Timo

Siepi di Fico d'india

PRATERIA

conoscere qualche « stadio

|

durevole » la dove sosta

si ab-

abbastanza

PASCOLO

a Brachypodium

_» a Helianthemum

Pascolo

ottimale

Pascolo degradato

u guttatum

a Asfodeli

a Stipa tortilis

lunga dell’azione disturba-

a piante

trice

a piante

dell’uomo.

«stadi durevoli» innumerevoli,

numero

di cereali

|

che si

|

una

Forteto

Aisne

inafferrabili, ri-

bia

bees

é impossi-

in questo flut-

di parvenze,

direbbero

eee

Carrubeto

di

specie

sl Peer

a Sughera

possibili

renti, per il dominare

Stas

Oleastreto

radicale, spiesiano

Castagneto

Questi non sono

ma

abbastanza

anzi

Cee

limi-

DORN

nitrofile

|

| PURO et oe in»

spinose

dirette trasformazioni

CO 0mm

a

A

eee

—»

per pascolamento

erent

a

—»

per abbandono

204

IV.

LITALIA

APPENNINICA

E MEDITERRANEA

tato; é facile trovarne nelle lande pit remote e disabitate, nelle piccole isole meno accessibili,

dove l’uomo ha abbandonato a sé stessa la vegetazione. D’altra

parte quanto

pil ci avviciniamo

alla foresta-climax,

purtroppo

ormai

rappresen-

tata da ben scarsi residui, la composizione e la struttura della vegetazione variano in campo sempre pil limitato. Se ¢ vero che la Macchia pud andar soggetta a indefinite variazioni, ¢€ pur vero che taluni suoi stadi appaiono cosi caratteristici da far pensare a condizioni originarie notevolmente antiche. Quanto pil poi scendiamo verso le degradazioni della Gariga e della Steppa, la vegetazione selezionata da fattori estremi e severissimi puod raggiungere forme abbastanza stabili che non ripugna di tipizzare come associazioni. Si dovrebbe concludere allora che quanto pit intenso e irregolare é I’intervento dell’uomo, tanto pit difficilmente riconoscibili diventano le tappe naturali deil’evoluzione della vegetazione, cosi come le consentono i fattori attuali dell’ambiente. ‘

L’evoluzione naturale della vegetazione mediterranea.

Si pud infatti parlare

anche di una evoluzione naturale. La vegetazione mediterranea é stata in tempi lontanissim1, prima

della invadenza

dell’uomo,

ed € tuttora

in molti

luoghi

in evoluzione

Dalle steppe e dalle lande rocciose, nonché

dalla vegetazione

sciugamento,

tappe non difficilmente riconoscibili,

tende a ricostruirsi, attraverso

costruttiva.

acquatica in progressivo pro-

in aspetti

(« stadi » 0 « associazioni ») che non si possono non interpretare come naturali. Che i climax

vengano raggiunti o meno, che l’evoluzione venga interrotta o deviata dall’uomo a questo o a quel livello, non é sufficiente motivo per negare la possibilita di delineare serie dinamiche naturali che tendono a convergere da varie origini verso associazioni finali. Gli stadi e le associazioni, che riconosciamo talora assai faticosamente nelle pit: complesse

e irregolari serie dinamiche determinate dall’uomo, e di cui ci gioviamo come orientamento, sono

per lo pit coincidenti

naturale

Siamo molto naturali

con

primaria o secondaria

quelle definite

in base alle osservazioni

sulla

evoluzione

della vegetazione.

lontani nel nostro Paese dalla possibilita di tracciare un quadro delle serie

che conducono

alla foresta-climax.

Per analogia

perO con

quanto

€ stato

ricono-

sciuto assai chiaramente nella Francia mediterranea dal BRAUN-BLANQUET e dalla sua Scuola, possiamo fissare le seguenti serie principali: 1. Serie evolve

attraverso

alofitiche

(delle acque salmastre):

varie associazioni

alle Pioppete di Pioppo

bianco

sempre

da stadi iniziali

pit o meno

a Ruppia, a Salicornie,

legate all’ambiente

salsedinoso

fino

e alla Lecceta.

2. Serie ripariali (delle rive dei laghi e dei corsi d’acqua): dagli stadi a vegetazione sommersa, attraverso le associazioni di suolo a falda acquea progressivamente abbassata, si giunge alla Pioppeta, che evolve come sopra. 3. Serie di Macchia

delle

dune

e delle

sabbie

litorali:

dall’Ammofileto,

attraverso aspetti

a Fillirea e Ginepro fenicio, perviene alla Lecceta.

4. Serie della Gariga calcarea: da aspetti di vegetazione pioniera su nuda roccia (a Licheni e Muschi), attraverso stadi di Steppa erbacea a Stipe e Brachipodi, passa a forme di Gariga a Labiate o a Quercia spinosa, alla Macchia, alla Foresta. 5. Serie della Gariga silicea: Macchia a Cisti e a Erica, alla Lecceta.

da aspetti dell’Helianthemion

guttati,

alla

PSEUDOMACCHIA

E PSEUDOGARIGA

205

Ma vi é un aspetto pit vasto del dinamismo della vegetazione mediterranea, che la coinvolge nei suoi grandi aspetti fondamentali: i climax. . Noi sappiamo bene che i climax sono aspetti finali e insuperabili in determinate condizioni di clima; ma non sono immutabili se considerati in lunghi periodi di tempo. Un modo di trasformarsi pud consistere nello spostamento in altitudine, in ampliamenti e contrazioni della loro area, in dipendenza di modificazioni climatiche. E riconosciuta generalmente una tendenza del clima mediterraneo a un inaridimento progressivo; € una trasformazione che risale molto addietro nel tempo ma che pare vada accentuandosi. Indubbiamente l’uomo con I’ampia distruzione delle foreste e con la diffusione di « steppe a cereali» ha contribuito molto ad accentuare questo vasto fenomeno. Le conseguenze pit evidenti, nel quadro generale della vegetazione mediterranea che abbiamo gia tracciato, sono l’estendersi di associazioni pit tolleranti l’aridita e le alte temperature estive, principalmente quelle collegate con il climax dell’Olivo e del Carrubo. Nell’ambito stesso del climax del Leccio, dimostra una tendenza progressiva ai margini inferiori pit caldi la Lecceta con Sughera. Ma molti aspetti pit particolari possono pure denunciare questa lenta trasformazione in atto. Vi é stato pil. di un Autore che ha espresso in termini assal gravi la situazione, come una minacciosa avanzata del deserto dal suo dominio sahariano, verso le rive della regione mediterranea.

PEO

Rebs

bE eowB MON AN

Eo Eb oM ONTANE

Gia conosciamo nei suoi paesaggi pid notevoli la vera vegetazione forestale mediterranea. Quanto possiamo ancora trovare di foreste, salendo sulle montagne appenniniche, pud dirsi ben poco caratteristico della regione mediterranea. Querceti, Faggete, Abetine non sono

certo

forme

di vegetazione

nuova

per noi, perché

ne abbiamo

incontrate

sulle Alpi.

Solo nelle montagne dell’Appennino pit meridionale e nelle Isole vedremo apparire alcune foreste che appartengono ancora esclusivamente alla vegetazione del Sud. Ci limiteremo dunque a porre in risalto cid che differenzia sugli Appennini le forme gia note di vegetazione, soffermandoci a considerare pit a lungo solo quelle che invece sono per noi del tutto nuove.

I QUERCETLE

I CASTAGNETI

Abbiamo

gia interferito con i primi Querceti submontani a proposito delle Leccete piu sia che si trattasse di Leccete miste a Roverella, o di vere Leccete mediterraneo-montane, la zona piu interessata da queste penetrazioni era quella della elevate

in altitudine;

Roverella o del Quercetum Possiamo

pubescentis.

ricordare due aspetti principali di transizione

appartenere all’orizzonte submontano:

che piu schiettamente

sembrano

i boschi di Fragno e i boschi di Roverella e di Bosso.

APPENNINICA

LITALIA

IV.

206

E MEDITERRANEA

Il Fragno. Ul Fragno (Quercus trojana-o Q. macedonica; fot. 299, pag. 168-169), e€ una Quercia assai facilmente riconoscibile e molto caratteristica soprattutto per il fogliame coriaceo,

lucido,

seghettato,

che

ricorda

vagamente

quello

Castagno;

del

lascia cader

le

foglie a primavera e matura le grosse ghiande nell’autunno del secondo anno. E localizzato in un’area collinare abbastanza ristretta delle Puglie e della Lucania, ad altitudini comprese per lo pit fra 200-300 e 450 m, ma talora eccezionalmente fra 100 e 500 m. E una specie come si suol dire « transadriatica », che era forse un tempo assai pil estesa lungo le nostre coste, ma che ha la sua area principale nella Penisola Balcanica occidentale, dalla Dalmazia alla Macedonia, Albania e Rumelia, con una espansione nell’Asia Minore settentrionale-occidentale. E importante ricordare che in Dalmazia raggiunge anche 1200 m di altitudine, e che vien ricordata come specie della « Pseudomacchia » e delle transizioni allo « Shibljak » (arbusteto a caducifoglie gia a carattere medio-europeo) (1). Nell’area pugliese e lucana costituisce spesso boschi tendenzialmente puri, ma sovente si associa con la Roverella, e non di rado si infiltra nelle Leccete. Si direbbe che il bosco di Fragno costituisca una condizione di transizione fra il Querceto caducifoglio e quello sempreverde, ma con evidente spostamento del suo equilibrio in direzione del primo dei due. E interessante la presenza, frequente nel sottobosco di questi Querceti di transizione, della 149. FocGLIA E FRUTIO DI Quercia spinosa (Quercus coccifera), anch’essa riconosciuta nella FRAGNO (Quercus troiana © ; : Q. macedonica,gr.naturale). Penisola Balcanica come elemento costruttore della « Pseudomacchia ».

E pure di qualche interesse che al Fragno si associ anche un’altra specie di Quercia transadriatica, la Vallonea (Quercus aegylops); cid avviene eccezionalmente presso Matera, seconda localita italiana di questa specie, oltre a quella nel territorio di Lecce (GAvIoL1).

La Roverella,

La Roverella (Quercus pubescens; fot. 311-313, pag. 176-177; dis. 6,

pag. 26; dis. 11, pag. 29), ¢ albero a noi gia ben noto perché caratteristico anche delle pendici meridionali submontane della catena alpina. Ma al Sud diventa specie sempre pit progressiva e dominante a giustificare l’ipotesi di una fascia-Climax caratterizzata dalla sua vegetazione in massa. Al margine inferiore della fascia dove domina la Roverella non si (1) Ma forme di vegetazione che ancor pil si avvicinano allo « Shibljak » balcanico si trovano abbastanza comunemente in tutto l’Appennino. Sono frequenti boscaglie, che si possono identificare con il Tipo-Cercis dell’ApAMovic per il prevalere dell’Albero di Giuda (Cercis siliquastrum) — cosi pittoresco quando a primavera, prima che spuntino le foglie, flammeggia coperto di fiori rossi — insieme con Spino cervino (Rhamnus cathartica), Malebo (Prunus mahaleb), Paliuro (Paliurus aculeatus); altre che pit si avvicinano al Tipo-Quercus, costituite da cedui in cui domina il Cerro e la Roverella; altre ancora di Aceri, di Pruni, e di molte altre specie allo stato cespuglioso in svariate

che noi possiamo anche chiamare cifoglie

come

la Macchia

talora pit. o meno zone

rupestri)

pud

a quelli

« boscaglia decidua » submontana di

irregolare dell’uomo trattarsi

anche

di

Querce

sempreverdi.

a mezzo

E quindi

e montana, un

del taglio e del pascolo.

colonizzazioni

spontanee

che

miste di Querce, di Carpino nero, combinazioni. Questo « Shiblfak »,

sta ai boschi di Querce cadu-

risultato

Ma

trovano

dell’intervento

in alcuni difficolta

continuato,

casi (specialmente ambientali

in

a evolvere,

oppure evolvono stentatamente e lentissimamente verso la foresta. Tali casi, che dovrebbero essere meglio indagati, giustificherebbero la successione primaria: Vegetazione rupestre - Shibljak - foresta di Querce cadu-

cifoglie (o foresta di Faggio) che il TurriLL ammette per la Penisola Balcanica. Prevale tuttavia il valore di climax biotico (determinato e conservato dall'uomo) generale che nel nostro

Paese si pud dare alle forme di Shibljak.

nella interpretazione piu

e a a P

I QUERCETI

E I CASTAGNETI

207

manifesta

tuttavia solo l’aspetto di transizione dei boschi di Fragno, del resto assai localizzato, ma ve ne sono anche altri, pit: generalmente diffusi. Ricordiamo particolarmente la foresta a Roverella e a Bosso (Querceto-Buxetum) che

gia abbiamo conosciuto al limite altitudinale dei Querceti sempreverdi. Ne conosciamo esempi piu tipici sul versante meridionale delle Alpi Marittime, ma certo ha pit vasta diffusione anche nell’Appennino. E considerato da qualcuno un tipo di vegetazione mediterraneomontana,

di cui il Bosso (dis. 148, pag. 200), rappresenta

]’elemento

pit caratteristico

« ter-

ziario » e « paleotropicale » a esigenze oceaniche. Quando il Querceto degrada, il Bosso puo sopravvivere allo stato cespuglioso, e degradare a sua volta verso le « Pseudogarighe » a Lavanda, e pil in basso Dal

punto

verso le « Garighe » a Rosmarino.

di vista della

composizione

floristica

il Querceto-Buxeto

non

ha pit. alcun

carattere mediterraneo, perché vi dominano quasi esclusive le piante legnose caducifoglie. Il Bosso raggiunge in Francia nel Delfinato ben 1680 m di altitudine, e 2000 m nei Pirenei. Querceti a Fragno, Leccete con Roverella, Querceti a Roverella e Bosso, costituiscono (con tutte le loro possibili degradazioni) un complesso nodo di aspetti vegetali di transizione tra le fascie mediterranea e submediterranea. Si tratta di una condizione comune a gran parte della regione mediterranea. Si sono gia pit volte ricordati i Querceti di transizione e la Pseudomacchia balcanica; ma anche nella Penisola Iberica si ripetono condizioni analoghe

in corrispondenza agli aspetti a Quercus lusitanica, recentemente descritti dal SAPpPA come propri della fascia della Roverella,

La

Roverella

pennino, ritrovano;

diventa

specialmente si unisce

sempre

ma

collegati con

esclusiva

su suoli calcarei, mentre

al Cerro

che pure

la Roverella

e dominante

e il Bosso, e la Lecceta.

procedendo

il Rovere

acquista importanza

verso

il Sud

dell’Ap-

e la Farnia quasi pit non nei monti

si

peninsulari.

I limiti altitudinali della foresta di Roverella superano spesso, sui versanti favorevoli, i m. In Lucania anzi tale altitudine € quella di massima frequenza e diffusione del

1000

Quercus

pubescens,

che perd in questa regione sale anche,

isolato, fino a 1300 m.

Ma

sul

M. Terminillo il Monte Lucci lo segnala fino a 1500 m; forse pit in alto giunge sull’Etna. Il Castagno. Anche il Castagno ci ¢ ben noto da esempi ricordati per le Prealpi. Nell’Appennino forma boschi anche pit estesi, essendo stato favorito ovunque dall’uomo per l'importanza economica che esso ha assunto nella Penisola, ancor pit che al Nord. La fisionomia dei Castagneti appenninici non pare differisca sostanzialmente da quella dei Castagneti prealpini. Le stesse specie erbacee per lo pit. convengono nel sottobosco; ma talora questo pud ospitare piante abbastanza singolari, relitte da precedenti forme vegetali sulle quali il Castagneto @ stato sovrapposto. E il caso di alcuni Castagneti del Gennargentu, Limiti altitudinali superiori del Castagno in Sardegna, frammisti a colossali ‘Tassi. 900 (1100) APSkeain Puod interessare piuttosto la distribuzione al850-900 (1100) Te titudinale del Castagno sulle montagne penin850 (1000) nee: sulari e insulari, che giovera confrontare con (1000) 950 Campa parin Ricordiamo Alpi. le per quella esposta (1000) 900 Luckiia rigorosamente ticolare i limiti massimi, perché (1185) 1000 Ealibria un limite assoluto inferiore non si puo fissare; 1450 (1700) Sicilia (Hera) infatti non raramente, lungo la Penisola, il Ca(1300) Saati, (emaatn ane stagno scende sin quasi al mare. Tuttavia il liMLK eae mantenersi a tende normale mite inferiore pi quasi ovunque -

intorno

ai 300-400

m.

L’ITALIA

IV.

208

@ Styrax officinalis

G



a

:

i

:

iy

150. AREALE E STAZIONI ISOLATE DELLO STORACE (Styrax officinalis), da Rikli e Montelucci.

———.

APPENNINICA

E MEDITERRANEA

Carpinus betulus

saveeeeaed

J

orientalis’

151. AREALI DEL CARPINO BIANCO (Carpinus betulus) E DEL CARPINO ORIENTALE (C.‘ orientalis), da Schmucker.

Il bosco misto, Sulle pendici submontane, con possibilita di trasgressioni alle colline, ‘e lungo le valli verso il « piano montano», si pud sviluppare una vegetazione che assai spesso non si puod elevare a struttura di foresta, ma permane alle condizioni di boscaglia cedua. Convengono

a formarla

il Leccio, la Roverella,

il Cerro, ma

pit propriamente

alcune specie

legnose che in questa zona di transizione fra « piano basale » e « piano montano » sembrano raggiungere uno sviluppo prevalente: il Frassino da manna od Orniello (Fraxinus ornus), l’Acero campestre

(Acer campestre),

la Carpinella

(Ostrya carpinifolia; fot. 384, pag. 216),

talora dominante in estesi cedui, il Pruno (Prunus spinosa; fot. 20, pag. 24-25), il Nocciolo. E evidente la natura mesofila di questa boscaglia in confronto alla foresta di Roverella. Essa diventa spesso il « luogo di smistamento » (MonTELucci) fra diverse forme di vegetazione: fra le ultime propaggini della Lecceta o della Macchia, la boscaglia di Carpinella, i Querceti xerofili a Roverella e quelli mesofili a Cerro. Un aspetto di speciale interesse € costituito dai boschi di Frassino da manna (Fraxinus ornus), dove questo € dominante

e talora esclusivo.

Se ne conoscono

dall'Istria (dove confi-

nano con la boscaglia carsica e quindi con aspetti gia noti) fino alla Sicilia settentrionale. In Calabria i boschi di Gerace e Rossano sono luogo classico della produzione della manna. Una

singolare

pianta sembra

caratteristica

di questi boschi

misti, e pit ancora

dei Fras-

sineti, tanto in Italia quanto nella Penisola Balcanica: il Pistacchio falso (Staphylaea pinnata), alberello che simula con le foglie pennate il Pistacchio, con semi duri, corallini, usati per collane e corone. I] ‘TRoTTER lo segnala copioso nei boschi misti dell’Avellinese fra 500 e 600 m di altitudine, e ne sottolinea il significato di elemento antico « terziario », un tempo

probabilmente assai piu vastamente diffuso a caratterizzare questa vegetazione di transizione. Forse non ¢ lungi dall’avere analogo significato, nonostante un suo carattere pil spiccatamente termofilo, lo Storace (Styrax officinalis), arbusto mediterraneo orientale di affinita tropicali, ben noto da tempi lontani perché forniva una resina balsamica detta Storace greco. Il Montetuccr lo segnala rigoglioso sulle colline di Tivoli in aspetti di vegetazione cespugliosa a Carpino orientale (Carpinus orientalis), Cerro, Acero campestre, Carpinella, Nocciolo, Frassino da manna, ‘Terebinto, ad altitudini variabili fra 300 e 850 m. Si tratta di una vegetazione a fisionomia orientale « illirica », assai somigliante a certe forme di transizione fra « Pseudomacchia » e « Shibljak » della Penisola Balcanica. Cid é assai interessante perche in Anatolia stazioni originarie di Storace coincidono appunto con boscaglie caducifoglie di tipo « Shibljak » (Louts).

PIANTE

TAVOLA

INFESTANTI

+> 361

361. Il

Farfaro

(Tussilago

Carrara), dei terreni

umidi

farfara;

fot.

e argillosi. 362.

I] Papavero (Papaver rhoeas; fot. Senna), indice di coltivazioni trascurate. 363. L’Adonide (Adonis aestivalis; fot. Antonini), velenosa.

364.

Il

Fiordaliso

(Centaurea

cyanus; fot. Merisio), dai fiori di color celeste delicato. 365. La Barba di becco a flori porporini (Tragopogon porrifolius; fot.

Fenaroli).

366.

Il

Fiorrancio

(Chry-

santhemum myconis; fot. Antonini), dei campi del Sud, presso il pantano di Vendicari (Noto); nello sfondo, Carrubi.

ae’ +e

=a4

eta

3650)

93

TAVOLA

E

PSAMMOFILA

VEGETAZIONE

94

ALOFILA,

I

ee 4,

~~

53

Said, cutie 4

iz

eS bey

Sea

en,

Le spiagge del mare, sabbiose e impregnate di salsedine, costituiscono un ambiente ecologico del tutto particolare, nel quale possono vivere solo speciali forme di vegetazione, rappresentate dalle piante psammofile, che cioé prediligono la sabbia, e dalle

piante alofile, che cio€ si sono

adattate

a vivere

nei

terreni

salsi. 367. La Santolina

marittima

(Diotis candidissima;

fot. Fena-

roli), sul litorale del Cilento tra Palinuro e Pisciotta. 368. Il Ginepro coccolone (Juniperus macrocarpa; fot. Enit), dalle grosse bacche rossastro-turchine, prezioso perché fissa con la sua densa vegetazione le sabbie mobili; litorale sardo. 369. La Soldanella

di mare (Convolvulus soldanella; fot. Fenaroli), dalle foglie rotondeggianti, grassette e lucide, sul litorale di Sabaudia. ringio marittimo (Eryngiwm maritimum,; fot. Fenaroli), pungente e glaucescente, sul litorale laziale (fot. Fenarolli).

370. L’E-

VEGETAZIONE

PSAMMOFILA

E

ALOFILA,

II

Le

lagune

salmastre

piante palustri

del

litorale

ospitano

pure

e alofile, tra le quali rosseggiano

una

caratteristica

le Salicornie.

TAVOLA

95

vegetazione

di

371. Palude

costiera

di Morghella presso Pachino (fot. Antonini). 372. La Salicornia (Salicornia fruticosa; fot. Antonini), particolare della palude costiera sopracitata. 373. L’Antemide delle sabbie (Anthemis maritima), sulle dune del litorale di Sabaudia (fot. Fenarolt).

374.

La

Ruchetta

di

mare

(Cakile

maritima;

fot.

Antonini),

dalle

foglie grasse e lobate. 375. Originario del Sud-Africa e largamente naturalizzato su molti litorali italiani ¢ il Fico degli Ottentotti (Mesembrianthemum acinaciforme, litorale di Castiglioncello, Livorno; fot. Fenarolt).

TAVOLA

ENDEMISMI

96

TIRRENICI

E

INSULARI

378

376. La

Brassica

endemismo

delle

rupi

siciliano. 377. La

(Brassica Primula

rupestris, di Capo

Monte Palinuro

narolt), sugli scogli calcarei della foce del Mingardo stra

dell’Etna

(Genista

aetnensis;

fot. Pennisi),

Pellegrino; (Primula

fot. Antonini), palinuri; fot. Fe-

presso Palinuro. 378. La Gine-

in fiamme

sotto

l’azione

della

lava.

379. L’Antirrino siciliano (Anthirrinum siculum, Catania; fot. Antonini), che vive pure in Calabria e a Malta. 380. La Campanula di Ligtria (Campanula isophylla; fot. Fenaroli), circoscritta a poche stazioni della Riviera di Ponente presso il Capo di Noli. 381. Il Giaggiolo nano (/ris chamaeiris; fot. Fenaroli), con forme a fiori gialli e altre a fiori violacei, sui colli litoranei presso Castiglioncello, Livorno.

I QUERCETI

E I CASTAGNETI

209

Il Farnetto. A questo punto @ opportuno ricordare un tipo di vegetazione forestale sviluppata pure nella fascia submontana, ma con notevoli capacita di salita in quella montana: il bosco di Farnetto o « Farneta ».

I] Farnetto (Quercus farnetto) é una bella Quercia somigliante per portamento alla Farnia (tanto che a volte localmente anche con questo nome viene chiamata), con foglie lobate e slargate verso l’apice. E diffusa in Italia dal Lazio alla Calabria e alla Lucania, e diventa talvolta la specie di Quercia pil: comune dopo il Cerro.

Si presenta sovente in aggregati puri che confinano (e danno quindi mescolanze) inferiormente col Leccio e con la Roverella, superiormente

col Cerro.

Non

di rado

entra

anche

nel bosco

misto. In Calabria, dove il suo comportamento é stato indagato 152. FoGLIA E FRUTTO DI FARNET-

(CaLpart), prevale ad altitudini fra 400 e 1200 m, scendendo pero anche a soli 350 m, e salendo fino a 1400 m.

TO (Quercus farnetto; grand. */5).

Crediamo che Ja Farneta costituisca gia un esempio di vegetazione mediterranea-montana, poiché il Quercus farnetto @ specie ad area mediterranea centrorientale.

Il Cerro.

Assai pid caratteristica e importante per l’Appennino é la foresta di Cerro

(Quercus cerris; fot. 314, pag. altitudine

quella

176-177;

di Roverella,

fot. 350-351, pag. 200-201), che tipicamente

dominando

insieme

al Castagneto

l’«orizzonte submediterraneo», cioé la fascia submontana al piano montano. I] Cerro

é un

albero

assai grande,

talora

colossale,

la parte

segue in

superiore

del-

di tensione che segna il passaggio

con

belle

foglie oblunghe

profonda-

mente divise in lobi acuti, con frutti a maturazione biennale contenuti in una cupola di forma assai caratteristica per le brattee a linea ondulata. I] legno ¢ pregiato e assai usato per farne doghe di botti, raggi di ruote, e per ricavarne carbone. .

Non

€ una

europea,

Quercia

con una

mediterranea,

ma

piuttosto

sud-

prevalenza

nella

Penisola

Bal-

certa

canica. In Italia raggiunge un massimo di sviluppo negli altipiani argillosi del Sdnnio e della Lucania (DE PHILIPPIs). I Querceti di Cerro, quando sono puri e nel loro massimo rigoglio, si presentano come maestose fustaie, con piante altissime e talora di sorprendente diametro. « Alcune di esse — scrivono il CavaRA e il GRANDE riferendosi alla Foresta del Magnano, una delle pit belle della Lucania — vi raggiungono dimensioni enormi,

specialmente

i Cerri,

uno

dei

quali,

all’ingresso

del bosco, notammo di tale spessore nel suo tronco, che ben quattro uomini occorrevano per abbracciarlo ». Nella Cerreta si uniscono comunemente al Cerro, la Roverella, 153. FocLiA

E FRUTTO

DI CERRO

(Quercus cerris; grand. naturale).

gno,

:

il Carpino,

il Nocciolo,

la Carpinella,

l’Acero i

campestre :

il Faggio,

il Casta-

e l’endemico

Acero

lobeliano (Acer lobelii), mentre il sottobosco molto umoso

IV. L’ITALIA APPENNINICA E MEDITERRANEA

210

si popola di piante erbacee in parte comuni

____ Acer monspessulanum

eae ae)

» obtusatum eamlobelli

ai Querceti di Roverella, in parte alla stessa

ae

;

Faggeta. Per cid che riguarda la sua distribuzione in altitudine, sappiamo

che al Terminillo

si

eleva fino a 1400 m in massa, a 1460 m iso-

lato. In Lucania prevale fra 700 e 1300 m, ad alberi isolati o a piccoli gruppi

mentre

giunge fino a 1400 m. Come albero isolato, frammisto

ad altri tipi di vegetazione, scen-

de talora assai pit in basso: 154. AREALI DI ALCUNE SPECIE DI ACERO (da Schmucker).

anche meno

Nell’Appennino scende

anche a 100-150 m, ad esempio sulle colline toscane,

delle Pinete,

prendendo

parte

mediterraneo

e submediterraneo.

assai

larga nella

fino a 300 m

e

in Calabria.

vegetazione

Settentrionale

il

Cerro

in cedui misti, nel sottobosco

di transizione

fra orizzonte

Il Pioppo bianco. Lungo i solchi delle valli, dove scorrono acque di fiumi o di torrenti, si sviluppa in tutta l’Italia mediterranea un bosco misto in cui domina per lo piu il Pioppo bianco (Populus alba). Questo Pioppeto (Populetum albae) si estende in altitudine dal livello della macchia a quello delle prime foreste montane. Vi convengono, insieme al Pioppo bianco, il Pioppo nero (Populus nigra), il Salice bianco (Salix alba), il Salice nero (Salix nigricans), il Salice rosso (Salix purpurea), Ontano nero (Alnus glutinosa; fot. 239, pag. 136), talora anche Olmi (Ulmus campestris), Aceri e piante provenienti dalle foreste sempreverdi e caducifoglie con le quali il Pioppeto viene a contatto. In Lucania si sviluppa specialmente fra 300 e 1300 m di altitudine. Un/’associazione peculiare propria di minori altitudini é caratterizzata dalla presenza copiosa di Salicone (Salix pedicellata); é€ adattata a un pil pronunciato disseccamento del suolo durante l’estate. In Sicilia non sale oltre i 300 m. Il Platano orientale. Un aspetto assai meno frequente, ma interessante, di vegetazione arborea lungo le rive dei fiumi, é costituito dai pochi boschi relitti di Platano d’Oriente (Platanus orientalis). 11 bellissimo albero, ben noto sin dall’antichita classica, @ oggi largamente coltivato per adornare e ombreggiare piazze, parchi e viali in tutta Italia; i pit lo ritengono introdotto dall’Oriente per opera dei Greci e dei Romani. Ma se cid pud valere per la forma pit comunemente coltivata (Platanus orientalis antiquorum), € dubbio possa essere attendibile per una razza presente ancor oggi in alcuni luoghi selvatici dell’Italia Meridionale e della Sicilia (Platanus orientalis australis). Gia nel °500 il BremBo segnalava con ammirazione una « selva di numerosi Platani » nella valle dell’Alcantara in Sicilia, valle « irrigata perpetuamente — egli scrive — da un fiume sonoro ». Altri confermarono la notizia e segnalarono

altri

luoghi

con

Platani

nella

Sicilia

orientale,

e, piu rari,

in alcune

fiumare del Salernitano e della Calabria. Si puo essere incoraggiati ad ammettere l'indigenato di questo Platano meridionale all’estremo Sud della Penisola e in Sicilia. Dove ancora persiste, in Sicilia, il Platano si associa al Pioppo bianco, ai Salici, alla Tamerice lungo le sponde dei fiumi, al margine delle fiumare, fra 300 e 900 m di altitudine.

LE

FAGGETE

E LE

ABETINE

PAI

LE FAGGETE

E LE ABETINE

Le montagne che si innalzano lungo le rive del Mediterraneo si rivestono alla loro base di Querceti sempreverdi e caducifogli, ma pit in alto, dove il clima diventa pit. fresco e pit umido (nel « piano montano »), sono dominio incontrastato del Faggio e dell’Abete

bianco. Dai 1000 m ai 1800 all’incirca si stende anche sull’Appennino una zona di vegetazione che accoglie la parte pit notevole delle foreste peninsulari. Si tratta di Faggete e di Abetine accompagnate da una flora ancora essenzialmente medio-europea. Soltanto all’estremo Sud e nelle montagne insulari le foreste montane assumono carattere meridionale per la presenza di Conifere e arbusti schiettamente mediterraneo-montani, mentre il Faggio diventa sempre piu raro e l’Abete bianco tende a essere sostituito da razze meridionali. Il Fag gio.

Il Faggio (fot. 25 e tavv. 80, 85 e 99), che gia conosciamo

come

albero fore-

stale medio-europeo con esigenze spiccate di clima oceanico, si é diffuso sulle montagne mediterranee nei periodi postglaciali a clima pit fresco e umido raggiungendo l’Appennino Meridionale,

la Sicilia

e la Corsica,

ma

senza

riuscire

a occupare

le montagne

della

Sardegna.

Si raccoglie in Faggete ad alto fusto e in cedui, su suoli medio acidi, con una flora generalmente

assai somigliante

Alpi e il Giura, ma dine, della

a quella del

Fagetum

con variazioni notevoli

prealpino-jurassicum

noto

per le

quantitative e qualitative a seconda dell’altitu-

fittezza della foresta, dell’esposizione, dell’umidita.

Fino all’altitudine di 1500-1600 m si mescola a Tiglio (Tilia platyphylla), Oppio (Acer opalus), Orniello (Fraxinus ornus), Carpinella (Ostrya carpinifolia). Fino a 1800 m puo dar mescolanze

con

Abete

bianco,

che perd, come

vedremo,

pud dominare

in foreste

Accanto alle foreste piu tipiche con sottobosco ad Asperula o Stellina odorosa

pure.

(Asperula

odorata; dis. 16 pag. 36), Dentarie (Dentaria bulbifera, Dentaria polyphylla), Stellaria (Stellaria nemorum),

Laureola

aperti e luminosi

(Daphne

0 marginali

con

laureola), e via dicendo,

si trovano

alcuni

« alte erbe » (Senecio fuchsit, Adenostyles

aspetti pit

alliariae; fot.

168, pag. 104, Scrophularia nodosa, ecc.), 0 ancora aspetti degradati con Mirtillo (Vaccinium myrtillus; dis. 25, pag. 43). Le specie erbacee che potrebbero caratterizzare la Faggeta appen-

ninica

pit meridionale

brutius),

anche

la Campanula

l’Aconitum

sono

l’Anemone

trichocalycina,

apennina,

il Ranuncolo

abruzzese

(Ranunculus

forse

neapolitanum.

_--~ Quercus dalechampii

Non é infrequente il caso di Faggete con sottobosco ad abbondantissimo Agrifoglio (Ilex aquifolium) arbustivo, che imprime con il suo fogliame lucido e spinescente una singolare fisionomia e un carattere arcaico. In Lucania il Faggio é sovente commisto ad alberi meridionali, costituendo boschi di notevole interesse:

australis),

con Pioppo australe (Populus

Quercia

di Dalechamp

(Quercus

dalechampit), Acero lobeliano (Acer lobelit), Acero

napoletano

(Acer neapolitanum),

ecc.

155. AREALE DELLA Quercus dalechampii (da Schmucker).

ale

IV.

Faggete-climax.

L’ITALIA APPENNINICA

E MEDITERRANEA

Si potrebbero ricordare molti esempi di magnifiche Faggete-climax

in varie localita dell’Appennino.

Ci limitiamo a riportare una descrizione assai efficace che in Calabria, a 1000 m circa: « Comunemente si

il Lonco fa di quelle del Piano di Novacco

dice che l’Appennino sia denudato: in tutta questa regione pero, salvo in pochi tratti adibiti a coltura 0 a pascolo, il suolo é coperto pit o meno fittamente di Faggi, tanto che possiamo dire che essi formano

un

bosco

solo, anzi, meglio, una

dentalita del terreno, qua scendendo

foresta continua,

che segue

le acci-

nelle valli, la salendo per le pendici fin sulle vette dei

monti, solo arrestandosi sotto quelle dei pit elevati, dalle quali non si vede che una plaga verdeggiante, un vero oceano di verzura. Qua, ed é nella maggior parte di essa, la foresta si presenta ancor

intatta con i tronchi diritti, giganteschi;

la, ove fu abbattuta,

risorge con

straordinaria vitalita tanto che il giovane bosco é spesso cosi fitto da essere quasi impene-

trabile. La relativa lontananza del bosco, mentre

dai luoghi abitati rende cola possibile questa ricostituzione

nelle vicinanze dei paesi il taglio dei Faggi, continuamente

la causa della continua riduzione, e in taluni casi persino della scomparsa

praticato, é€

dell’area boschiva

per zone piu o meno estese. Infatti mentre troviamo in questa regione, come ho gia detto, una cosi grande distesa di bosco, i fianchi dei monti

sentano invece pit o meno

pei quali dai paesi vi si accede

brulli. Dove il bosco é fitto il sottobosco manca

si pre-

completamente;

e non solo le erbe ma anche le piantine nate nell’annata dalle faggiuole periscono, e perfino i rami inferiori e quelli fino a una certa altezza degli alti Faggi disseccano e cadono; al di sopra degli alti tronchi la chioma dell’uno si confonde con quella dei Faggi vicini cosi che in certi punti s’intravede

appena

il sole >.

Una notissima Faggeta é quella che occupa gran parte della Foresta Umbra, resto delle selve garganiche

(Nemus

Garganium)

celebrate

da OraAzio,

strutte in gran parte durante le invasioni romane

LUCANOo

e SILIo ITALICO,

gia di-

e barbariche, ma rimaste in alcuni tratti

ancora imponenti nelle montagne meno praticabili del Gargano. Se si pensa che la piovosita é nel Gargano piuttosto scarsa (a Vico Garganico, m 465 di altitudine, ¢ di 600 mm circa), appare abbastanza singolare la presenza di questa foresta, nella quale tuttavia il Faggio é progressivo nei confronti di altri alberi come gli Aceri, i Tigli, gli Ornielli. I] Faggio domina del resto in molte parti dell’Appennino anche senza trovare condizioni ottime di piovosita, nella zona altitudinale che é adatta tuttavia per altri caratteri del clima:

temperatura, frequenza di nebbie, incidenza di venti umidi. Manca

appenninica montana

nell’attuale vegetazione

un’altra pianta legnosa che possa competere col Faggio.

I] Faggio possiede sulle montagne

appenniniche una sorprendente forza di espansione sui

terreni pil diversi. Sale sovente a colonizzare

le vette non

troppo elevate e ventose, resiste

nei pascoli al morso continuo del bestiame (fot. 389, pag. 216-217), scende talora e permane a quote assai basse vincendo

Ma

poche

piante arboree

la competizione

modificano

di alberi localmente

in modi

pit adatti.

pit sorprendenti

la loro fisionomia

nei

diversi ambienti. La bella forma libera, espansa (la « ramosa fagus » che Dionigi D’ALIcaRNAsso ricorda in Calabria) propria degli esemplari isolati, diventa colonnare e sottile nelle fustaie, diventa quasi emisferica e cespugliosa, spesso stranamente

crinali delle montagne,

talora anche

prostrata se sopporta

Distribuzione verticale del Faggio.

deforme,

nei pascoli e sul

a lungo il peso delle nevi.

La distribuzione del Faggio in altitudine sul-

Y’Appennino o sulle montagne insulari ¢ abbastanza uniforme e ampia. ‘Tende a spostarsi verso quote pil elevate al Sud, culminando in Calabria e sull’Etna verso i 2100 m.

LE FAGGETE

E LE ABETINE

Toscana Lazio (Terminillo)

213

Abruzzi (Gran Sasso)

900 - 1800 (1900)

Campania

m, da una

Faggeta « superiore » pil. pura e pil. povera di specie.

(300) 1000 - 1800

Lucania Calabria

Generalmente si suol distinguere una Faggeta « inferiore », solitamente frammista ad altre latifoglie, per lo piu fino a 1400-1500

(200) 900 - 1700 900 ~ 1800 (1850)

(200) 1100 - 1800 (M. Pollino)

Possiamo cosi riassumere la distribuzione

800 - 2100 (2150)

Sicilia (Madonie)

1200 - 1800

Sicilia (Etna)

1000 - 2100 (2400)

Corsica

altitudinale nelle varie regioni (v. a fianco).

I minimi

eccezionali

segnalati

in molte

regioni hanno lo stesso significato gia sottolineato a proposito del Faggio nell’Italia

900 - 1800

alpina.

L’Abete bianco. Testimonianze insistenti di poeti e scrittori dell’antichita classica fanno pensare che |’Abete bianco (Abies alba; tav. 100, pag. 217) fosse in altri tempi assai

pit abbondante sulle montagne peninsulari. Magnifiche selve di Abeti dovevano esistere, almeno fino alla decadenza dell’Impero Romano, in Etruria, nell’?Umbria, negli Abruzzi, nelle Calabrie. Ma l’utilizza-

zione intensa del legname per costruzioni di pace e di guerra, per alberature

navali,

la produzione

per mobili

della

cellulosa,

e casse, e pit: recentemente

ha

determinato

anche

la distruzione

per

delle

foreste originarie di Abete bianco nell’Appennino. Sembra che intorno alla meta del secolo scorso ve ne fossero ancora sul M. Falterona, ai Camaldoli, sul Gran Sasso, sul

sul M. Cimone,

M. Pollino, in Aspromonte (ScHouw). Di queste oggi rimane ben poco, perché le Abetine che sorgono lussureggianti e talora su vasta estensione in parecchi tratti dell’Appennino sono opera di rimboschimento

piu o meno recente. Non é certo originaria la celebre Abetina di Vallombrosa, ispiratrice del MILTON e di tanti altri poeti e scrittori, solenne, altissima, sorta per opera dei monaci di San Giovanni Gualberto — dediti sin dal 1000 all’« arte boschiva » — a circondare di religioso silenzio il grande e famoso monastero

rie le Abetine

che

circondano

di Acquabella.

altri Eremi

Né sono origina-

celebratissimi:

quello

di

S. Romualdo ai Camaldoli, di S. Francesco alla Verna. La « Regula . a ‘ F A : . ; vitae eremiticae» di Camaldoli imponeva la conservazione degli Abeti.

Competizione tra il Faggio e l’Abete.

156. Cono DI ABETE (Abies alba; grand. 1/).

BIANCO

Non pud ritenersi infatti condizione ori-

ginaria, almeno nell’Appennino Settentrionale e Centrale, l’Abetina costituita esclusivamente di densi e altissimi Abeti. Il] Faggio ha sempre invaso e tende ancor oggi a invadere le Abetine pure, fino a diventare esso stesso specie dominante. E proprio l’uomo che, dopo aver facilitato l’invasione del Faggio decimando per propria utilita l’Abete, ha poi ricostituito e mantenuto le purissime Abetine che oggi sono vanto di alcune localita appenniniche. L’antica e originaria foresta montana era costituita su queste montagne da un’associazione di Faggio e di Abete bianco, da un Fageto-Abietum in cui era piu frequente l’Abete nella fascia inferiore (orizzonte montano inferiore), mentre prevaleva il Faggio a superiori altitudini. E una condizione che anche oggi si attua in molte montagne appenniniche. Se é vero infatti che il Faggio comprime e limita la diffusione dell’Abete, é¢ pur vero che quest’ultimo non si rinnova naturalmente nelle Abetine « pure », ma nelle Faggete.

IV.

214 a.

mene

Abies alba (A.pectinata)

157. AREALE

oS

DELL’ABETE BIANCO da Walter.

(Abies alba)

2

L’ITALIA APPENNINICA

E MEDITERRANEA

ADICS

Stazioni azioni incert i e

158. LE « RAZZE MEDITERRANEE DISGIUNTE » DELL’ABETE BIANCO (da Mattfeld). “

La competizione che ancor oggi noi osserviamo ha avuto tuttavia episodi ben piu grandiosi nella storia della vegetazione forestale appenninica nel periodo postglaciale. Sono noti infatti periodi di « culminazione » dell’Abete bianco (mentre il Faggio si riduceva a scarsa e anche minima estensione), al punto di poter ammettere l’esistenza di una fascia altitudinale nettamente dominata dalle Abetine (Cu1aruci). I] clima doveva essere allora caldo-umido, in confronto al clima fresco-umido che ha favorito la culminazione del Faggio.

Le «razze mediterranee disgiunte» dell’ Abete bianco.

Si potrebbe andare

anche pit addietro nel tempo, scendendo fino ai periodi interglaciali, e al periodo di passaggio fra terziario e quaternario. E necessario ammettere che vi sia stata un’epoca in cui l’Abete bianco é stato assai pit: diffuso intorno al Mediterraneo: lo testimoniano in modo eloquente numerose

specie di Abies rimaste accantonate

e isolate qua e la sulle montagne

litoranee: ]’Abete di Spagna (Abies pinsapo) in poveri resti sulle aridissime montagne della Granada, gia depredato dai « carboneros » e per la costruzione delle prime « arene » delle corride;

]’Abete del Marocco

(Abies pinsapo var. marocana,

0 Abies marocana)

mescolato

al

Cedri sulle montagne di Xauen; |’Abete di Numidia (Abies numidica) dell’Algeria orientale; l’Abete di Cilicia (Abies cilicica) del Tauro di Cilicia; |’Abete greco (Abies cephalonica) diffuso in varie razze minori in Grecia; l’Abete di Re Boris (Abies boristi-regis) nel Nord-Est della Penisola Balcanica; l’Abete del cavallo di Troja (Abies equi-trojani) e l’Abete di Bornmiller (Abies bornmuellert) in Asia Minore; l’Abies nordmanniana nel Caucaso. Anche in Sicilia appare una specie isolata ed endemica (ma affine, come tutte le precedenti, all’Abies alba): l’Abete dei Nébrodi (Abies nebrodensis). Pochi esemplari restano ormai di questo albero, che doveva costituire gran parte di quelle dense selve sicule, di cui scrivono antichi autori come il Nixo e |’Asu-ALI e si trova notizia fino a due secoli or sono. Una razza mediterranea assai affine all’Abete dei Nébrodi costituisce anche l’Abete che forma ancora vaste selve a Serra San Bruno in Calabria. E fatto assai singolare che |’Abete non tema qui la concorrenza del Faggio, ma anzi divenga invadente delle Faggete. Vi € stato chi ha ritenuto l’Abete bianco dell’Appennino Centrale e Settentrionale una razza distinta (Abies alba var. apennina del Giacopse), ma vi sono al. proposito forti obiezioni. Si ammette che si tratti al pit di una razza biologica, non morfologica, caratterizzata da adattamento, da pit veloce ritmo di sviluppo e da maggiore resistenza all’aridita. Tali caratteri sarebbero specialmente esaltati nell’Abete di Serra San Bruno.

LE

FAGGETE

E LE ABETINE

215

Le Abetine di Serra San Bruno. «Non credo - scrive il Trotter - vi sieno altre regioni dell’Appennino Centrale e Meridionale nelle quali esistano boschi naturali di Abeti maestosi come intorno alla conca di Serra ». Si estendono in altitudine fra 850 e 1420 m, in un altipiano ricco di acque superficiali, umido e fresco perché aperto largamente verso Nord.

Vi domina

incontrastato

|’Abete

con

pochissimo

Faggio,

qualche

Leccio,

qualche

Farnia,

Laureola (Daphne laureola), Pungitopo (Ruscus aculeatus), e molte specie erbacee proprie solitamente della Faggeta, pure largamente rappresentata nella zona. Ma vi sono nella Penisola altre Abetine o residui di Abetine che possono pure essere consi-

derate originarie. Il « Pigelleto » di Pian Castagnaro sul Monte Amiata in Toscana, fra 650 e 800 m, « venerando avanzo della foresta che diede alberi alle navi etrusche e romane e le armature borei:

alla costruzione

di Pienza » (Necr1);

uno, superiore, misto di Abete

Aceri, Sorbi, Ornielli. Altri esempi ricordano Gavio.r

in Lucania,

il Trotrer

questa foresta tende a formare

due strati ar-

e di Faggio, l’altro, inferiore, di Carpino,

il DE Puitirris

nell’Avellinese

Carpinella,

sui monti del Salernitano, il

e nella Sila.

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palustre),

140,

141,

233

HELIANTEMION GUTTATI, 223 Helianthemum llionii, 245, 247; alpestre, 50; apenninum, 201; chamaecistus, 131; guttatum, 223; nebrodense, 245; nummularium,

63, 76; tuberaria, 250 Helichrysum sp., 177, 186, 195, 202, 247, »252: “stalicum; 198 * 310, 322; nebrodense, 245; pendulum, 198 Helleborus lividus, 242; niger (Rosa di Natale), 26, 148 * 22

212

INDICE

HENRY (giardino), 119 Heracleum orsinii, 250; sphon-

dylium, 72 Heteropogon allionii, 149 Hibiscus palustris, 232 Hydrodyction reticulatum,

135, Hieracium alpinum * 197; intybaceum * 206; pilosella * 66 Hippomarathrum siculum, 225 Hippophaé rhamnoides, 104 Hissopus angustifolius, 247 Hladnikia golaka, 250

Holcus lanatus, 72, 137 pone alpina * 66; discolor, 94 Hordeum sp., (orzo), 262; bulboseum, 225; murinum; 143 HRUSKA (giard.), 119 * 232 Hugueninia tanacetifolia, 145 Humulus lupulus (Luppolo), 126, 143, 232

Humus, 67, 116, 117 Hutchinsia alpina, 91, 115; traea

brevicaulis, oe

103,

splendens,

65

44

_

Iberella, v. Thlaspi rotundif. Iberidella, v. Hutchinsia 244, ;

246; ;

Ilex aquifolium (Agrifoglio), 148, 199, 211, 215. Iicium

anisatum,

religiosum,

152 Imbrentano, v. Cistus IMBRIFOBE (piante), 101 Imenofillo, v. Hymenophyllum Imperatoria ostruthium, 83 INFESTANTI (piante), 141, 142, 143 * 361-366 INTERGLACIALI (pause), 258 INTERRAMENTO, 84 * 259, 339 Inula candida, 244 * 182, 183; crithmoides, 236, 237; viscosa, 249 INVERSIONE TERMICA, 111 INVERSIONE

ZIONE

* 90

DELLA

Kernera saxatilis, 240 Knautia arvensis (Vedovella selvatica), 72, 73; baldensis, transalpina, 96 Kobresia bellardii, v. Elyna Kochia saxicola, 250 Koeleria cristata, splendens, 227;

gracilis

(Paleo

VEGETA-

Iperico, v. Hypericum Ipocheride, v. Hypochoeris IPSOFILA (specie), 59 IPSOTERMICO (periodo), 41 Iris pseudo-acorus (Giaggiolo giallo), 144, 232 * 340; chamaeiris (nano) * 381 Isatis apennina, 250 Isoétes duriaei, 232; malinvernianum, 136 * 102; velata SLT)

Jsopterygium millerianum, 122; depressum, 121

121,

Laburnum ciondolo *121;

Jambosa australis, 255 Jasione montana (Vedovella), 63 Jeracio, v. Hieracium Jubaea spectabilis (Palma del Cile); 255 JULIANA (giardino), 119 Juncus sp. (Giunco), 83, 85,

2

238

els)

* 444;

122

alpinum

(Maggio-

lo),

LAGACCE, 232 LAGHI INSUBRICI

d (vegetaz.

dei) * 262, 263 Lagurus ovatus (Coda di pre), 223 * 164 Lamium garganicum, 244

le-

Lampone, v. Rubus idaeus Lappola, v, Xanthium italicum Larice, v. Larix decidua LARICETUM PRATOSUM,

47 Larix decidua (Larice), 45 47, 48°. 68 * 28, 29, 36, 38,

42, 72, 74 Laserpitium siculum, 250 Latania borbonica, v. Livistona Lattaria

(Erba),

v.

Cerastium

Latte di gallina, v. Ornithogalum Lattuga alpina, v. Mulgedium Lattuga

montana,

v. Prenanthes

Launea resedifolia, v. Zollikoferia resedifolia Laurentia michelii, 233 Lauretum, 157, 167, 192 Laurus sp. (Alloro, Lauro), 181, 193; 200; canariensis, 259; nobilis, 147, 191 Lavandula sp. (lavanda), 155, 195, 199, 202; officinalis o Lav. spica (Lavanda vera), 201 * 326; stoechas, 198 NAG 74:b) Lavatera maritima, 241 Lecanora polytropa, 109 Leccio, v. Quercus ilex Lecidea (Buellia), 109 * 224 Lemna minor, 135, 141 * 141,

258;

polyrrhyza,

144

Lenticchia, v. Vicia lens Lenticchia d’acqua, v. Lemna m. Lentisco, v. Pistacia lentiscus Leontodon autumnalis, 78; berinii, 95, 131; cichoraceus, 227 DISHIdUS son 7.61 OAs 103

* 212

Leontopodium alpinum (Stella alpina, Edelweiss), 81, 89,

J

[5A

76

delle Alpi), 26 anagyroides (Avorniel-

montanus,

tus,

gracile),

L Labulbeniali,

Hymenophyllum tunbridgense, 122, 247 Hypericum aegyptiacum, 189, 241; maculatum * 66 Hypochoeris uniflora *66, 130

Iberis semperflorens, saxatilis, 230

K Kalmia latifolia, 152 Kernera alpina, 94, 101

115; pe151.5230;

247, 24 Heaonie natans, 232 HYLOCOMIETUM, 65, 66 Hylocomium proliferum, * 49;

macrocatpa (Gin. coccolone), 236 * 368, 448; nana, Soi LOS walla 2202, * 39, 87,75; oxycedrus (Gin. rosso), 184, 187, 193, 200, 220 * 137, 138; phoenicea, 187, 189; 2049 * 1375 139; thurifera, 187

7259:

acu=

bufonius,

233; mus,

capitatus, 233; mariti238; pygmaeus, 233; trifidus, 240 * 66 Juniperus sp. (Ginepro) 50, 126, 1D) el Op SO LO, 259), 257; cedrus, 187; commuMS na0 noo lol, 220) 935:

125

228

campestre

O38

* 58;

243,

248

* 58,

58.

1S:

nivale,

228,

407

Lepidium draba (Erba di S. Maria), 142 Lepidodendri, 256 Lepiota procera (Mazza di tamburo) * 62 Lepraria aeruginosa, caesia, 122 Leptodon smithii, 122 * 220

Leptospermum stellatum, 153 Lerca, v. Cytisus triflorus Leskeella nervosa, 121 Leucanthemum vulgare, crassifolium, 249 Leucobryum glaucum, 66 Leucoium vernum * 13

var.

,

Lichene,

v.

Acarospora,

Alec-

toria, Buellia, Ceratocarpus, Cetraria, Chlorea, Cladonia Evernia, Gyrophora, Haematomma, Lecanora, Lecidea,

Lepraria,

Parmelia,

Rhyzo-

carpon, Stereocaulon, Thamnolia, Umbilicaria, Usnea, Xanthoria Lichene su Faggio * 26 Licopodio, v. Lycopodium

Ligustico, v. Hladnikia golaka Ligusticum mutellina * 81 Ligustrum vulgare, 26,127,254 Lilium (Giglio) carniolicum, 98; martagon (Turbante di turco), 127 * 66 nymphoides Limnanthemum id pLy f

Limonium bellidifolium (Pratolina), 238 Linaria alpina, 103, 107, 108, 131 * 79) (228:) purpurea, 243; tonzigii, 96 Lingua cervina, v. Phyllitis Lingua serpentina, v. Ophioglossum vulgatum ~ Tinnaes borealis, 44, 50 * 33 Linum alpinum * 132; flavum, 132; usitatissimum, 262 Liquidambar, 258 * 453 Listera cordata, 44 Lithospermum sp., 128, 244; rosmarinifolium, 242, 246 * 414

LITOFITE Litorella 140,

(piante), lacustris 141

115 (uniflora),

* 264

LIVELLI CLIMAX, 19 Livistona chinensis (Latania borbonica), 153, 254 mee er procumbens, 60, 61 * 40, Lolium a (Loglio), 71, 72, 226; italicum, 137; perenNewsies Lonicera caprifolium (Caprifoglio), 126, 127, 194; caerulea, 48; etrusca * 177; implexa, 170 Loranthus europaeus * 277 bis Loto egizio, v. Nelumbium Lotus corniculatus (Ginestrina), 78, 132; cytisoides, 246 Luppolo, v. Humulus lupulus

Lupsia galactites (Spina bianca); 225 Luzula campestris, 73; multiflota * 66; nivea, 31; spadicea, 103, 107; spicata, 108, 240 Lychnis eo (Fior di cuculo), 140 * 87 Lycium REE et 189 Lycopodium sp., 56, 57; annotinum, 44; inundatum, 135 Lygeum spartum, 242, 223 Lythrum graefferi (Salicaria di Graeffer), 232

M MACROFITE (piante), 246 Maggiociondolo, y. Cytisus MAGGENGHI, 75 ‘MAGNOCARICETUM, 84 Magnolia sp., 256, 257, 258; grandiflora, 152 Mais, v. Zea mays MALACOFILLIA, 252 Malebo, v. Prunus mahaleb Malva drepanensis, 245; silvestris, 143 MARCITA, 137 Margherita, v. Chrysanthemum Marsilia quadrifolia, 144 MASSA (EFFETTO DI), 18 Matricaria chamomilla, 143 Matthiola incana, 246; sicula, 245; sinuata, 235, 241, 246 Mazza di tamburo, v. Lepiota Mazzolina, 227 Mediche (erbe), 225, 226 MEDITERRANEIS, 155, 257

GENERALE

ALFABETICO

Melampyrum silvaticum, 44 Melandrium auricularum, 243; elisabethae, 95 * 146 Melanzana, v. Solanum Melitella pusilla, 245 * 184 Melittis melissophyllum, 27 Menyanthes trifoliata (Trifoglio acquatico), 84, 138, 233 Meraviglia gialla, v. Oenothera Mercurialis annua, 143 Mesembrianthemum sp., 252, 255;

acinaciforme

(Fico

de-

gli Ottentotti), 247 * 375 MESOBROMETO, 74, 77 MESOFILI (boschi), 27 Mezereo,

v. Daphne

mezereum

MICELIO, 68 MICORRIZIA, 67 MICROCLIMI, 18 MICROTERMICO (carattere), 42 MIGRATRICI (piante), 102 MINDEL, 258 Minuartia aretioides, 93, 108; rostrata, rupestris, 93 Miosotide, v. Eritrichium, Myosotis Miriofilli, 144 Mirtillo, v. Vaccinium Mirto, v. Myrtus Mirto australe, v. Jambosa

Mnium spinosum, 66; undulatum, 66 * Moehringia dasyphylla *77; glaucovirens, 94; insubrica 96, 149 * 169; polygonoides * 180; ponae, 96, 149 Moenchia erecta, 127 Molinia sp., 73, 226, 227; altissima * 253; coerulea, 31,

63,500) a4 MOLINIETALIA, 71 Morisia hypogaea, 242 * 180 Mortella, v. Myrtus Mortellina palustre, v. Oxycoccus quadripetalus MORTOLA, giardino, 254 * 441 MUGETUM, 54 Mugo, v. Pinus montana, var. mughus Mulgedium alpinum, 55 MULL, MULL-RENZINA, 117 Musa

ensete,

disiaca,

152,

254;

para-

152

Muscari botryoides (Urceolini selvatici), 143 * 80; comosum, 143, 149; racemosum, 149 Muschi, v. Amblistegium, Andraea, Bryum, Calliergon,

Cratoneurum,

Ctenidium, Di-

cranoweisia, Distichium, Drepanocladus, Eurhynchium, Fontinalis, Grimmia, Hylocomium, Isopterigium, Leptodon,

Leskeella,

Leuco-

bryum, Mnium, Philonotis, Pleurozium, Polytrichum, Ptilium, Rhacomitrium, Rhytidiadelphus, Schiscuieeue Sphagnum, Thamnium, Thuidium, Trematodon

oe

sp

350; 66,

10421355

MUTUALISMO, 68 Myosotis alpestris, 59, 248 Myricaria germanica, 104 MYRIOPHYLLETO

TUM, 136 Myriophyllum * 265 Myrtus

-

NUPHARE-

spicatum,

communis

(Mirto,

135 Mor-

tella) "163, 174, 179 et Sie 184, 186, 252 * 131, 301 N Najas, 141, 144 * 341 Nananthea perpusilla, 243 *181 Napello, v. Aconitum Narcissus poéticus (Narciso), 74, 184 *79 NARDETUM, 117 * 66 Nardus stricta, 47, 78, 230,

234

* 66,

88

INDICE

GENERALE

Nasturtium officinale, 136 * 101 Nelumbium speciosum (Loto egizio), 140 Neottia nidus-avis, 36 Nerium oleander, 147, 152, L938, 22501 144, 434, 435

NERVI

(parco),

Ottelia alismoides, 144 Ovolo, v. Amanita Oxalis acetosella, 36 * 17 Oxycoccus quadripetalus, 86

Oxyria

Nigella damascena, 149 Nigritella nigra * 217 NITROFILE (piante),

PADUSA,

143

Paliurus aculeatus, 206 Palma, v, Phoenix, Erythaea, Washingtonia, Jubaea, Trachycarpus, Chamaerops Palme sp., 257 246;

OLEO-CERATONION, 163, 166, 167, 189 OLEO-LENTISCETUM, 179 OLIGOTROFI (suoli), 59 Olivastro, v. Olea (oleaster) Olivella, v. Daphne mezereum Olivo, v, Olea europaea Olmaria, v. Spiraea ulmaria Olmo, v. Ulmus campestris OMBRIVAGHE (piante), 37 Ononis natrix, 149; ramosissima, 236; spinosa * 69 Onosma angustifolium (Echioide) * 413; columnae, 223 Ontano, v. Alnus

vulgatum,

233

Ophrys. apifera, 77; bertoloni * 289; lutea * 290; neglecta622> Oppio, v. Acer opalus Opuntia ficus-indica, 164, 247,

249, 225, 262 * 306; garis, 39, 151 * 179 Listera

vul-

cordata,

Ophrys, Orchis. Orchis militaris * 10; morio, 77; papilionacea ssp. rubra, 225; sambucinus * 71; tridentatus * 86 Orecchia d’orso, v, Primula ORIZZONTE NIVALE, 105 ORIZZONTI-CLIMAX, 158 ORIZZONTI (del. suolo), 117 ORIZZONTI (della vegetazione) alo,

Ny, 16

Orniello, vy. Fraxinus ornus Ornithogalum umbellatum (Latte di gallina), 143 Ornithopus sp. 226; perpusillass 1277; ORTI BOTANICI * 455-459 Ortica, v. Urtica Oryza sativa (Riso), 126, 144,

Orzo, v. Hordeum Osiria alpina, v. Oxyria Osiride, v. Osyris

digyna

58

Osmunda regalis (Felce), 135, 232 * 238

OSSIFILE

O

28,

(piante), 115 Ostrya carpinifolia ees Carpino nero), 26, 36, 125,

Ds ol, AWG, 208, 211, 215 261 * 384

Osyris

alba,

184,

252

209,

glauco,

223,

246

v.

Setaria

Panico indiano, v. Eleusine Papaver alpinum, 91, 103 *79; argemone, 143; burseri, 248; kerneri, 97; rhaeticum, 91, 103 * 225; rhoeas, 143 * 362; somniferum, 261 Papiro, v. Cyperus papyrus PARACLIMAX, 20 PARASSITE (piante), 67 PARCHI NAZIONALI, 118 Parietaria cretica, 247; diffusa, TAQ> Sjudaicas 1215 145; 247; lusitamica, 247; officinalis (Erba vetriola), 121 Vis Lamitlora »/0/: Paris quadrifolia, 28, 127 * 53 Parmelia encausta, 109 Parmeliopsis ambigua, 66 Parnassia palustris, 85

PARVOCARICETUM,

84

Passerina, 198, 223 Passiflore, 254 Pastinaca, v. Echinophora Patata, v. Solanum tuberosum Peccio, v. Picea excelsa Pedicularis acaulis, 94 * 165; adscendens, 98; gyroflexa * 9 * Pelargonium (Geranio) * 442 Peltigere, 66 Peonia, v. Paeonia Peperone, v. Capsicum annuum Perastro, 189 Peridinee (alghe), 140 Periploca angustifolia, 189 Pero sp., 126; selvatico, 189 Pero corvino, v. Amelanchier Pervinca, v. Vinca Peste d’acqua, v. Anacharis Petagna saniculaefolia, 245 Petasites paradoxus, 103, 104 pH, 66

Phagnalon

saxatile,

246

Phalaris canariensis (Scagliola), 142, 225; tuberosa, 225 Philonotis fontana, 83 * 167 Phleum alpinum, 78 * 88; boehmeri, 76 Phlomis fruticosa, 177, 178, 241; herba venti * 287

Phoenix

canariensis,

152,

254;

dactylifera (dattero), 153; 254 * 456; senegalensis, 254; tenuis, 153 Phragmites communis (Canna

palustre),

140,

233

* 259,

444

Phillyrea sp. (Fillirea), 183, 187, 188, 189, 192, 194, 2OW, 2025 POR, 2 = 30 302;

latifolia,

148,

170

Phyllitis

CALCIFUGHE

maritimum,

Panico

344,

Osrnothamnus,

258

Paglietta odorosa, v. Anthoxanthum odoratum Paglietta triviale, 227 PALEARIDIS, 257 PALEOEQUATORIALE, BSS} Paleo gracile, v. Koeleria

Pancratium _ illyricum,

o OCEANICO (carattere, clima, condizioni), 29, 241 Oenothera biennis (Meraviglia gialla), 64, 128, 129 Olea europaea, 146, 155, d5654 163, 179; 180, 182, PSO eon 255. 128) 263) 347, 348; var. oleaster, 174, iyceweo, 184° 187. 18s) 189, 192, 194; var. sativa, 178 Oleandro, v. Nerium oleander

eer,

108

124

Paederota (Veronica), Paeonia foemina * 4

Nuphar luteum, 136, 140, 141 Nymphaea alba, 140, 141 * 267 NYMPHAEETUM, 140

v.

97,.107, P

* 115-118, 135-137 Nocciolo, v. Corylus avellana Nostoc punctiforme, 122 Notholaena marantae, 151 * 422

Orchidea,

digyfa,

254

NEVI (limiti), 105 * 80 NEVI COLORATE, 109 Nicotiana tabacum, 262 Nido d’uccello, v. Neottia

Ophioglossum

21S

ALFABETICO

148;

hemionitis,

ee

media,

247;

(Lingua

na), 20 Riaeed ‘comosum,

95

sco-

cervi* 126;

hemisphaericum, 79, 108; hedraianthifolium (Raponzolo, 93 * 174; humile, pedemontanum,

scheuchzeri,

108

Phytolacca decandra (Vite di Spagna), 64, 129; dioica, 255 Picea excelsa (Peccio, Abete Tosso)y 20 Ae. doy loo. Rios, Polink, ASO CO 7 eh 24, 194, 195, 16, 28-30, 50, 51; omorica * 23, orientalis, 153

PICEEION

EXCELSAE,

PICETUM

(clima

Pimpinella maior, 72 Pimpinella| spinosa, fium

20, 163

del),

157 v.

Pote-

spinosum

PINETO-ERICETUM, 40 Pinguicula alpina, 28; hirtiflofa, 247 PINION MONTANAE, 20 Pino austriaco, v, Pinus nigra Pinocchina delle rupi, Pinocchina nerastra, v. Sedum Pino d’Aleppo, v. Pinus halepensis; domestico, v. P. pinea; loricato, v. P. leucodermis; marittimo, v. P. pinaster; silano, v. P. laricio

Pinus

sp.

(Pino),

48,

138,

| Pill, 23, PG, 2S 1

195, 309, 310; canariensis, radiata, 153; cembra (Cembro, Cirmolo, Cirmo), 49 * 30, 31, 54, 55; clusiana, 217; dalmatica, 217; fenzlii, 217; halepensis (Pino

d’Aleppo), WS 327,

Pal 328;

166,

167,

176,

* 126, 127. 310, laricio o P. nigra

calabrica,

217 * 160, 338, 353; leucodermis o heldreichii (Pino loricato), 219, 248 * 355; mauritanica, 217; mesogeensis, 175; montana,

ull, 53), S45, PIG) 9 Bae, CYS. 47, 48; montana mughus (PiHOM MUO) oho Ale OF 2095 = 2615 S555 montana palsies; AA), 2e0e montana uncinata, 53; montezumae), 152; nigra (Pino

mero),

la

217)

22

5A4~

45, 338, 354; pallasiana, 217; pinaster (Pino maritti-

moO Noi, WZ, * 124, 125, 345; no

domestico),

MNS, 27 pinea (Pi167

,172,

Thay,

MUS), Aorils, Boley

> Uiaes

123,

280,

309, 329-331;

poi-

retiana, 218, pulcherrima, 172; salzmanni, 217; silveSthIS POS OL, ais l29, 2o95 261 “185 195 20; 43; 244, 252, 253 Pinus nigra

laricio

calabrica,

v.

Pinus

Pinus pumilio, v. Pinus montana pumilio PIONIERE (piante), 12, 99 Pioppo, v. Populus Pirola uniflora, 44 * 27; secunda, 44 PIROTTEA (giardino), 119 Pistacchio falso, v. Staphylaea Pistacia lentiscus (Lentisco), NGS

lye

136, 193,

LS7i) L885 S95 1925 194, 2025 * 1405 144°

303,

447;

eo ee Oo

terebinthus

binto), 148, 184, 188, 192, 197, 200, 208, * 148, 188

(Tere-

189, 252

Plagius flosculosus (Crisantemo spinuloso), 243 Plantago alpina, 229 * 134;

bellardii, 223, 225, 226; maritima

* 173;

montana

229

Platanus sp. (Platano), 133, DE, PSY Platanus orientalis, 210 Pleurotus columbinus * 29 Pleurozium schreberi, 44, 65 * 46 Poa alpina (Fienarola alpina), WD, SO, iWlohs;, SUNS, PTS PX *52; annua, 7/5, 121; balbisii, 246; bulbosa, 227, 233; laxa, 108; trivialis, 226

PODSOL, 117 Polemonium coeruleum POLLINI FOSSILI, 260 Polygala alpinum, 98;

* 140 * 194 carue-

lianum, 243; chamaebuxus thodoptera, 149 * 3; comosum, vulgare, 63

Polygonum aviculare, 143; bistorta, 73 * 95; persicaria, 143; viviparum, 80, 115 Polypogon monspeliensis, 132 Polyporus officinalis * 72 POLITRICHETUM * 233 Polytrichum commune, 66 * 46; piliferum * 245; sexangulare, 106 * 81, 233 POPULETO-SALICETUM, 128 POPULETUM ALBAE, 210, 250

Populus sp. (Pioppo), 126, 133, 166 * 254; alba, 204, 210 * 93; australis, 211; euramericana, 131; nigra, 131, 210 * 93; tremula, 232 Porcino, v. Boletus edulis Posidonia caulinit, 235

POSTGLACIALE (periodo), 260 Potamogeton sp., 135, 144, 238 * 101; crispus, densus, natans, 136, lucens, perfoliatus, 140, 141 Potentilla aurea, 80 * 66; calabra, 227; caulescens, 101, 248 *182; clusiana, 98; crantzii, 80, 108; erecta (Tormentilla) 45 85. “66 virtgida 108; grandiflora, 79; nitida, 98, 240 * 123; ni-

vea, 240; palustris, 86; saxifraga * 7/77, POTENTILLETUM CAULESCENUS LOL Poterium spinosum,

DSP Prasium

maius,

198,

241,

189

Pratolina, v. Limonium Prenanthes purpurea (Lattuga montana), 36 Primula sp., 28, 72; allionii, 98 * 77; auricula (Orecchia d’orso), 91 * 183; balbisii, 248; carniolica, 97; clusiana

* 74; daonensis, 93; farinosa, 85 * 86, 99, 93; glaucescens, 96 * 74, 153; hirsuta, 91, 93, 102, 108; integrifolia, 91, 93; marginata, 98; minima * 155; palinuri, 244

* 377; pedemontana, 97; spectabilis * 74; tyrolensis, 96; veris * 67; viscosa, 91; vulgaris *11; wulfeniana, NG 2 ei Primula d’oro, v. Gregoria PRIMULETUM HIRSUTAE, 102 PROSTRATA (pianta), 112 PROTAGONISTE (specie), 260 Protococcus, 122, 250 Prugnolo, v. Prunus spinosa Prunella grandiflora, 76 Pruno spinoso (Prugnolo), 28,

131, 189, 206, 208, 232 * 20 Prunus avium (Ciliegio selvatico)} -28, 215; mahaleb,; 206; prostrata, 221; serotina, 64 arenaPsamma (Ammophila) ria, 236 * 446

PSAMMOFILE (piante), 236, 237 Psoralea bituminosa (Trifoglio bituminoso),

225

Pteridium aquilinum (Felce aquilina), 30, 64, 199, 226, 227 5252 Pteridosperme, 256 Pteris cretica, 121, 122, 148 * 220; longifolia, 250 Pterocarya, 259 Prilium crista-castrensis, 44, 50, 66 PULVINATE (piante), 113, 220, Pungitopo, v. Ruscus aculeatus

274

INDICE

Q QUERCETO - BUXETUM,

200,

207 QUERCETO TUM, 128

LITHOSPERME-

QUERCETUM ILICIS, 155, 163, 170s W283 QUERCETUM

ILICIS MEDITER-

RANEO-MONTANUM,

199

QUERCETUM ILICIS PUBESCENTOSUM, 199 QUERCETUM ILICIS SUBERETOSUM, 172 Querciola

(erba),

v.

QUERCION ILICIS, 166, 167

QUERCION QUERCION

189,

193,

194,

SOE

SG.

124, 216,

LOU

Waye%. coccifera

166, 169, 197, 200,

KES,

ASO),

eafals

Tie

Soy

1 S4r

eZ

OTs

200, 202, 206, 208, 209, 2QNG.9 252) 2025 2045 2515 261 * 115, 116, 284, 296, 297, 302, 303, 314; lusitanica 207; pedunculata, (Farnia), 27, 28, 127, 128, 130, Ig, Dil Dee AO ee?As petraea o sessiliflora (Rovedetta),

27,

29, 130, 200, 261 * 8; pubescens (Roverella o Quercia lanuginosa), 25, 29, 128, 150), iG), TGs. hos aS 183, 192, 197, 200, 206, DOT 20S 20958 23255 261 *6, 311, 313; robur, 26, 173, 174;

suber

ferrugineum,

* 37, 38,

Gap,

(Quercia

ghero o Sughera), 166 lGja 168, TS Suet sya

baeticum

vies ni2s, alls PG)

209, 232,.* 152, 350; ilex (Meccio) a iy SD GS;

propriamente

brachycarpum, Son oe

204, 206 * 119; coccifera var. imbricata, 196, dalechampii, 211 * 155; farnetto

re

Salvinia

* 193;

163,

aegilops (Vallonea), 170, 206 * 120; cerris (Cerro), 29, 426. 127, 168; 183, 207,

314, 350, 351; (Quercia spinosa),

geografico), 56, 100 * 144 Rhododendron sp, (Rododendro), 117, 120 * 42; arboreum, argenteum, 152;

Teucrium

TREAE, 20, 26 Quercus sp. (Quercia), 129, 131, 138; 15% D529) all, 195:

Plas

248 Salsola

19,

PUBESCENTIS, 163 PUBESCENTIS - PE-

AKA

Rhamnus alaternus (Alaterno), 147, 170, 183, 189, 194; alpina (Frangola alpina), 248; cathartica (Spino cervino), 28, 206; frangula (Frangola), 28; glaucophylla (Frangola glauca), 243 Rhaponticum scariosum * 176 Rhizocarpon (Buellia) alpicola, 100; geographicum (Lichene

da

su-

155, 163, 169, 171, Swale1 277

278, 293, 294; troiana o macedonica (Fragno), 206, 207 * 149, 300; virgiliana * 120

SE

44,

50,

66, 56; hirsutum,

lbh

Sys

eieu

87, 57; lapponicum, myrtifolium, 58; ponticum, 58,

L485) 1525259" * 193 RHODORETO-VACCINION, 20 Rhodothamnus chamaecistus (Rodod. nano), 58 * 161 Rhus

cotinus

(Cotino),

151;

dioica, 189 Rhyncospora alba, 138, fusca, 138, 233 Rhytidiadelphus, 44, 65

233;

2392 RIPOSO ESTIVO, 251 Riso, v. Oryza sativa RISORGIVE, 135 * 98, 100 Riss, 258 : Robbia, v. Rubia peregrina Robinia pseudacacia, 28, 70,

142,

166 * 95

Rododendro, v. Rhododendron, Rhodothamnus Romice, v. Rumex Romulea columnae, 184 ROSA DE MARCHI (giard.), 119

Rosa di Natale, v. Helleborus Rosa pendulina, 48 Rosa sempervirens (R. sempreverde), 170, 184, 192 ROSMARINO-ERICION, 197 Rosmarinus officinalis (RosmaFino); 147, 155; 174, 177, 197,

199;

* 145,

202.

146,

2415,

252

280

ROSTANIA (giardino), 119 Rovere, v, Quercus petraea Roverella, v. Quercus pubescens Rubia peregrina (Robbia), 148 Rubus idaeus (Lampone), 44 Ruchetta di mare, v. Cakile RUDERALI (piante), 142 * 270-

273 Rumex alpinus, 82 * 135 Ruppia sp., 204; maritima, 237; rostellata, drepanensis,

238 Ranuncolo montano, 229 Ranunculus sp. (Ranuncolo), 72, 137; acris, 143; alpestris * 227; aquatilis, 136 * 342; brutius, 211; bulbosus, 73, 77; bullatus, 184; calabrus, majellensis, 241;

chamissonis 135,

136;

ciai),

92,

* 70;

flaccidus,

106,

108,

112

pyrenaeus * 103; rupestris, 242; seguieri, 99, 103; tenophyllus, Raponzolo

S

glacialis (dei ghiac

* 70, 205, 236; pusillus (R. mano), 223; pygmaeus, 92; rii, 229;

Ruscus aculeatus (Pungitopo o Rusco), 28, 126, 128, 170, USO 1925) 2115 Russelia, 255 Ruta sp., 247; bracteosa, 189 corsica, 248; graveolens, 147;

thora * 104;

tricho-

136; villarsii * 436 retico, v. Phyteuma

Ravastrello, v. Cakile maritima Renaiola di Pona, v, Moehrin-

gia ponae RENZINA, 117 Reseda alba, 249 RESINAZIONE * 44, 131 Retama gussonei, 236 Rhacomitrium canescens, * 246

238

Salvia sp., 178, 195, 224; gussonei,

247;

officinalis,

199

* 322; pratensis, 72, 76, 132; sclarea, 199; triloba, 177 natans,

Sambucus nigra, Sanguinella, v. Sanguinello, Sanguisorba

144

* 266

129 Andropogon

v. Cornus dodecandra

* 170; officinalis, 132 S. Maria (erba), v. Lepidium Santolina marittima, y. Diotis Santolina neapolitana * 400;

pinnata, 243 Saponaria lutea

(gialla),

98;

ocymoides, 151, 240; officinalis, 143; pumila (Silene pumilio), 98 * 154

SAPROFITE (piante), 67 Sarothamnus scoparius (Ginestra

dei

carbonai),

* 44,

31,

253

63,

Sassafras, 257 Satureja alpina (Calaminta delle Alpi) * 209; fruticosa, 198; graeca tenuifolia, 247; montana, 201 * 322 Saussurea alpina, 92

Saxifraga

aizoides

(Sassifraga

autunnale), 83, 92 * 166dzs, 203; aizoon, 81, 92; ampullacea, parnassica, tridens, 248; androsacea, 92 * 201; aphylla, crustata, squarrosa, 94; arachnoidea (ragnatelosa),

96.

* 735,

91,

108,

240;

des,

moschata,

I7is -aspera:

aspera

bryoi-

retusa,

108;

biflora, 93, 108; burseriana, 94 * 72" caesia, Ole Ol OAs 240 * 186; cernua, 92; cotyledon, 92 * 200; cuneifolia, 44; diapensioides, exarata, 91, 102, rulenta, valdensis,

98 * 72; 108; flo97; ma-

cropetala, 93 * 122; muscoides, 93, 108, 248; mutata, 90; oppositifolia, 92, 103, 108, 240, 248 * 204; oppositifolia murithiana * 202; pedemontana, 97, 102; petraea, 94 * 156; porophylla * 439; presolanensis, 96 * 76; rudolphiana, * 158; seguieri, 93, 108, 248; stabiana, apennina, 243; stellaris, 83 * 167; tombeanensis

* 72; vandellii, 96 * 94, 149 Scabiosa columbaria, 149; cretica, 246; dallaportae, 244 * 398; garganica, 244; liminifolia, 246; vestina, 96 Scagliola, v. Phalaris Scarpetta di Venere, v. Cypripedium calceolus Schinus molle (Pepe falso), 255 Schistostega osmundacea, 121, ee OT Schoenus nigricans (Giunco ne-

ro);

1325

238:

* 96

SACCAROFILLE (piante), 112 Saccharum officinarum (Canna da zucchero), 261 Sagittaria sagittaefolia, 232 Salicaria, v. Lythrum Salice, v. Salix SALICETUM HERBACEAE, 106

Scirpo palustre, v. Heleocharis Scirpus holoschoenus, 144

Salicone, v, Salix pedicellata Salicornia sp., 204, 239; frutiCOSAy 23'S" 7 An as ln aaa herbacea, 238

Scleranthus annuus, 133 Scotano, v. Cotinus coggyria

SALICORNIETUM, 238 Salix alba (Salice bianco), 131, 210 * 94; daphnoides, trian107

* 41; serpyllifolia, 61 kalis 238:5.239 * 175;

soda,

249

Ribes sardoum, 248 Riccia fluitans, 144 RIFUGI (della vegetazione), 98,

64, 133,

ro), 104, 210; pedicellata, 210; purpurea (rosso), 104, 210; reticulata, 61, 81 A OO.ee FetUSaN Ole Tole

dra,

104;

herbacea,

61,

LOG e229 2 eee Soma incana, 131; nigricans

86,

ass (ne-

Scilla,

v.

Urginea

Scilla bifolia,

230

* 444; lacustris, maritimus, 232, savii,

135 238

* 444; * 444;

233

Scrophularia canina * 270; nodosa, 211 Scutellaria alpina, 240; minor,

261 Scytonema myochroum, 122 Secale cereale (Segale), 261 Sedano d’acqua, v. Sium

GENERALE

ALFABETICO

Sedum sp., 113, 252; alpestre, 108; alsinaefolium * 77; atratum (Pinocchina nerastra) * 185; caespitosum, corsicum, glanduliferum, hispanicum,

247;

dasyphyllum

(Grassel-

la), 145; maximum, villosum, 151; rupestre (Pinocchina delle rupi), 151 * 192 Segale ,v. Secale cereale

Selaginella denticulata, 247 Sempervivum allionii, gaudinii, 97; arachnoideum (Semprevivo ragnateloso), 90, 151, 240 * 179, 188; clusianum, 248; dolomiticum, 94; montanum,

tectorum,

nii, 93 Semprevivi, Semprevivo,

90;

wulfe-

: 113 v. Sempervivum

Senecio aetnensis, 245; alpinus, 82 *135; cineraria, 246, 258 * 424; fuchsii, 211; incanus, 258; paludosus * 259; squalidus, 245; uniflorus,

108 * 144 Sequoia sp., 256, 258; tea, Serapias lingua, 225 Serretta, v. Saussurea

gigan-

Seseli tommasinii, 248 Sesleria coerulea, 57, 103, 107, 228 * 57; coerulea calcarea, 80; disticha, 80; nitida, 228, 229, 241; ovata, 94 * 157: sphaerocephala, 94; tenuifo-

lia; 228 * 166. 167-0 428 SESLERIETO- SEMPERVIRETUM, 80, 81 Setaria glauca (Panico), Sfagno, v. Sphagnum

133

Sfenofillacee, 256 SHIBLIJAK, 206 Sibbaldia procumbens * 86 SICCITA FISIOLOGICA, 60 Sideritis gussonei * 397; sicufa, 201 Sieglingia decumbens * 66 Sieversia montana, 108 * 66; reptans (Ambretta strisciante),

108

Sigillarie,

* 230

256

Silene acaulis, 81, 92,97, 108, 112, 240 * 85, 191; exapa, 98; inflata alpina * 216; montefortiana, 247; nicaeensis, 236; parnassica, 247; saxifraga * 177 Silene auriculata, v. Melandrium auriculatum; di Elisabetta, v. M. elisabethae; pumilio, v. Saponaria SIMBIOSI, 67 SIMBIOSI MICORRIZICA, 67 Sisimbrio, v. Hugueninia Sium latifolium, 232 Smilax aspera (Smilace), 170, 184, 192, 194 Soda, v. Salsola soda Sofore, 254 Solanum dulcamara, 143; me-

longena tuberosa Soldanella

(Melanzana), 261; (Patata), 261 alpina o minima,

73s 106.0 115, 14592 Soldanella di mare, v. Convolvulus soldanella Solidago serotina (Tirso d’oro), 128, 129; Solidago virga-aurea (Verga d’oro), 63

Sorbus

aucuparia,

44

Sparganium sp., 232; erectum, 135; minimum, 84 Sparmannia, 255

Spartina

stricta, 238

* 174

SPARTINETUM, 238 Spartium junceum (Ginestra odorosa), 148, 174, 191, 249 * 143, 262, 416, 417 Sparto, v. Lygeum spartum Sparto falso, 237

Sphagnum sp. (Sfagno), 66, 84, 127, 138, 232, 233; acutifolium,

66;

cymbifolium

* 61

a



INDICE

GENERALE

Spina bianca, v. Lupsia Spinacio selvatico, v. Chenopodium bonus-henricus Spinaporci, v. Poterium Spino cervino, v. Rhamnus Spino giallo, v. Centaurea sleet aruncus,

28;

ulmaria,

28, 226 Spondilio, v. Heracleum Sporobolus pungens (Vilfa), 235 STABILIZZATRICI (piante), 103 Stachys

corsica,

Stachys

248

janiana, 243

Staphylacea pinnata, 208 Statice sp., 239, 245; articulata, 246; cancellata, 245 * 423; limonium, 238 * 174; montana, 92 Stecade, v. Lavandula stoechas Stella alpina, v, Leontopodium Stella alpina degli Appennini, v. Leontopodium nivale Stellaria media (Erba gallinella),

143;

nemorum,

211

Stellina odorosa, v. Asperula STENOFILLIA, 252 STEPPA ALPINA, 77 Stereocaulon alpinum, 103, 107; vesuvianum ,249 Stichococcus nivalis, 110 Stigmaria, 256 Stipa sp., 149, 204; capillata, 205 °P?,. 222: juncea: 222, 223; lagascae, 222; mediterranea 222; pennata, 40, 77, 132, 222 * 249; tenacissima, 223; tortilis (attorta), 222,

223, * 163 Storace, v. Styrax officinalis

germanica

(Felce

a penne di struzzo), 28 * 27 Styrax officinalis, 208 * 150

Suaeda fruticosa, maritima, 238 SUBARTICO (periodo), 41 SUBMERSIPOTAMETUM, 140 Sughera, v. Quercus suber Sulla, v. Hedysarum

T Tabacco,

v. Nicotiana

tabacum

TALLOFITE (orizzonte), 109 Tamarix sp. (Tamerice), 193,

210, 239, 250, 254; africana, gallica, 237, 250 Tamus

communis

(Tamaro),

26, 170, 200 Tapsia, v. Thapsia Taraxacum officinale, Taxodium

sp.,

152,

72,

143

258

Taxus (Tasso), 36, 148,215,257 Te, v. Thea chinensis Tecoma capensis, 152

Terebinto, v. Pistacia TERMOFILA (vegetazione), Teucrium chamaedris, 76, flavum, 223; fruticans, 189; japigicum, 245; dum, 98; polium, 223 ppeaiaes alopecurum,

Telekia speciosissima, v. Buphthalmum speciosissimum

Trollius europaeus, 22 131; 181, luci-

Maree

e

ROTUNDIFOLIL

1

Thlaspi corymbosum, 108; rotundifolium, 100, 102 * 79, 214; stylosum * 408 Thuidium tamaricinum, 66 Thymus sp. (Timo), 178, 195, 202>5° 2243" Capitatas; «177, 189, 197 * 286, 323, 433; serpyllum, 73, 90; spinulosus, 245; stabianus, 247; striatus, 223; striatus ophioliticus, 249 Tifa, v. Tipha Tiglio, v. Tilia Tilia cordata * 242, 243; parviflora, 28; platyphylla, 211 Timo, v. Thymus Tino o Lentaggine, v. Viburnum tinus TIRRENIDE, 242, 257 Tirso d’oro, v, Solidago serotina Tlaspi rosso, v. Aéthionema

TORBIERE, 84, 137, 260 * 64, 98,

120

LAGHI,

Tormentilla, Trachelium

233

v. Potentilla erecta coeruleum, 241,

247 Trachycarpus

excelsa (Palma cinese), 153, 254 Tragopogon porrifolius * 365; pratensis, 72 TRANSADRIATICHE sp.), 206 Trapa natans, 140, 233 * 256; natans verbanensis * 104 Trematodon. longicollis, 250 Trentepohlia aurea (Alga) *33 Trichophorum cespitosum, 84 Trientalis europaea, 50 * 32 Trifoglio, v. Menyanthes, Psoralea, Trifolium Trifolium sp. (Trifoglio), 73, 137, 226; alpinum, 47 * 88; angustifolium, 225; badium, 78; biasolettianum 223; pratense (violetto), 72, 78; repens (bianco), 72, 78; striatum,

127; thalii, 229, 230

74 * 82

Tsuga, 259 Tunica saxifraga, 63 Tussilago farfara, 143 * 361 Typha angustifolia, latifolia, 140, 144

121,

Thamnolia vermicularis, 61 Thapsia garganica, 190, 244 Thea chinensis (Té), 152 ~ Thelygonum cynocrambe, 257

TORBOSI,

STRATI DEL SUOLO, 117 * 88 STRICTETUM, 140 STRISCE D’INCHIOSTRO, 100

= 221 Struthiopteris

275

ALFABETICO

* 168

Trinia dalechampii, 228, 248 TRISETETUM, 72, 74 Trisetum argenteum, 94; aureum, 222; flavescens, 73 * 51; spicatum, 108; villosum, 248 Triticum (Frumento), 225, 262 JROGLOBIE (piante), 122

228, 248 * 402; majellensis, 243; palustris, 138; pennata,

U UDO-NARDETUM, 234 Ulex europaeus (Ginestrone spinoso), 174, 195, 196 * 410 Ulmus campestris (Olmo), 28, 12 Le 210 Umbilicaria virginis, 109 Umbilicus pendulinus, 247 Urceolini selvatici, v. Muscari Urginea fugax (Scilla fugace), 223; 241,

maritima 246

Urospermum

Vilucchio, v. Convolvulus Vilucchione, v. Convolvulus Vinca minor (Pervinca), 148 Viola aetnensis, 221; calcarata, 80, 228 * 402, 404; cenisia, 103; comollia, 96; dubyana, 96 * 124; eugeniae,

(Scilla),

223,

dalechampii,

225

93; pseudogracilis * 404; silvestris, 36; thomasiana, valderia, 98; tricolor * 101 Violaciocca di mare, v. Matthiola sinuata VIOTTE (giard. delle), 119

Vitalba sp., 126, 2 Vitalba alpina, v. Clematis Vite di Spagna, v. Phytolacca Viticella, v. Clematis viticella Vitis sp. (Vite), 194, 261 VIVIPARE (piante), 115

Urtica dioica, 82, 142; pilulifera * 271 Usnea sp., 50, 66; barbata, 66

ay, Utchinsia, v. Hutchinsia Utricularia, 85, 141, 144 Uva d’orso alpina, Uva orsina,

v. Arctostaphylos

v.

Centranthus

Vedovella, v. Jasione VEGETAZIONE, 9 Veratrum album, 127, Verbena officinalis, 143 Verga d’oro, v. Solidago Veronica alpina, 106,

aphylla,

TO,

TAVERNA,

108,

93; beccabun-

153

DELL’OLMO,

baldaccii, orientalis, 99 * 78; carinthiaca, 99 * 78, 166

WuRM,

258

x Xanthium Xanthoria

100,

italicum, 236 elegans (Caloplaca),

108:

* 222

XEROBROMETUM, 76 * 247 XEROFILA (vegetazione), 26 XEROTERMICO (ambiente), 29 XEROTERMICO (periodo), 261

Y

ga, 83 * 101i; bonarota, 94 * 163; lutea, 94 * 160; offcinalis * 66; persica, 142 Vetriola (Erba), v. Parietaria Viburnum lantana (Viburno), 26, 151; tinus (Tino), 170, LOZ 252 * 302 VICARISMI, 115 Vicia faba, Vicia lens, 261 Vilfa pungente, v, Sporolosus VILLA CARLOTTA, 153 * 260 VILLA CIANI, D’ESTE, RAIMONDI, SERBELLONI, TARANVILLA

232

(Felce), 247, 2503) 25 = 187 Wulfenia sp., 258; amherstiana,

Vallisneria spiralis, 140, 141 Vallonea, v. Quercus aegilops VALNONTEY (giard. di), 119 Vaucheria *174 Vedovella selvatica, v. Knautia

240;

arrhiza,

Woodsia alpina * 207 Woodwardia radicans

Vaccinium sp. (Mirtillo), 28, 50, 59, 78; myrtillus (neFO) oye aos Os OO, wails 220 * 25, 66; uliginosum, GOe 108,55 220) “665. vitisidaea ,43 * 26, 66, 58 Vaillantia muralis, 244, 247 Valeriana celtica, 93, 108; saliunca, saxatilis, 93 rossa,

153

* 457

Wolffia

Vv

Valeriana

Ww Walchia piriformis, 256 Warionia saharae, 98 Washingtonia filifera,

153 * 241

Yucca aloéfolia, 152, 254; australis, gloriosa, 254; speciosa, 295

Z Zannichellia palustris, 136, 237 Zea mays (Granturco, Mais), 262 Zelkova, 258, 259 Zollikoferia resedifolia, 236 ZONE ALTITUDINALI, 17, 18,

159, 160, 161, 162 ZONE CLIMATICO-FORESTALI, ay

|

Zostera marina, 235, 237; mana, 237 ZOSTERETUM MARINAE, 237 ZOSTERETUM NANAE, 237

FINITO

DI

STAMPARE

NEL

DICEMBRE

1957