Mondi della logica

Table of contents :
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Indice
Introduzione
1 Aspetti dello sviluppo storico della logica
1.1 Logica antica
1.2 Logica medioevale
1.3 Umanesimo e Rinascimento scientifico. La logica secondo Cartesio, Bacone, Galileo
1.4 La " characteristica universalis" di Leibniz e la logica matematica
2 Il calcolo delle proposizioni
2.1 Le proposizioni nella logica bivalente
2.2 Operazioni sulle proposizioni e loro proprietà
2.3 Regole di deduzione
2.4 Leggi delle inverse. Considerazioni sulle condizioni necessarie e sufficienti. Dimostrazioni per assurdo
2.5 Forme normali
2.6 Principio di dualità
2.7 "Entscheidungsproblem" secondo Hilbert
2.8 Teorema dello Pseudo Scoto ed applicazioni relative
2.9 Risoluzione del problema di Leibniz nel calcolo delle proposizioni
2.10 Equazioni logiche
2.11 Cenni sulla sistemazione assiomatica del calcolo delle proposizioni
3 Il calcolo delle classi e la sillogistica
3.1 Preliminari sulle classi
3.2 Operazioni sulle classi e loro proprietà
3.3 Forme tipiche dei giudizi nella logica aristotelica. Regole della conversione
3.4 Sillogismi
3.5 Equazioni logiche
4 Logica matematica ed algebra astratta
4.1 Due aspetti della logica matematica
4.2 Reticoli, proposizioni e classi, algebra di Boole
4.3 Il problema delle relazioni fra logica matematica ed algebra astratta
5 Calcolo dei predicati o delle relazioni
5.1 Preliminari
5.2 Calcolo dei predicati del primo ordine, con riferimento ad un certo universo
5.3 Modello in un universo finito
5.4 Equazioni logiche con particolare riferimento al calcolo dei predicati del primo ordine in un universo finito
5.5 Quantificazione uniforme
5.6 Cenni sulla sistemazione assiomatica del calcolo dei predicati del primo ordine e sui relativi risultati metateorici
5.7 Cenni sul calcolo dei predicati del secondo ordine e di ordine superiore
6 Antiche e nuove logiche
6.1 Preliminari
6.2 Diverse logiche nel pensiero antico
6.3 La logica trivalente nella filosofia medioevale
6.4 Nuove logiche nel pensiero moderno
6.5 Logica trivalente
6.6 Altre logiche polivalenti
6.7 Considerazioni sul significato filosofico delle nuove logiche
7 Linguaggi ideografici della logica
7.1 I simboli nel progresso della scienza
7.2 Sguardo panoramico ai simbolismi logici ora in uso, e problema della loro unificazione
7.3 Linguaggi, metalinguaggi e pensiero razionale
Suggerimenti riguardanti problemi proposti
Bibliografia
Indice analitico

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ETTORE CARRUCCIO

MONDI DELLA LOGICA Se la logica sia un capitolo della matematica, o sia una scienza a sé stante, o sia parte di altre discipline, è questione certamente ancora aperta.

È un dato di fatto, però, che la matematica, soprattutto se

intesa neI senso pili moderno, abbraccia nel suo vasto campo un certo tipo di ricerche logiche. Questo è un libro di matematica, anche se include argomenti comuni ad altri campi di indagine e a quel complesso di discipline tradizionalmente noto come filosofia: il tema trattato è assai vicino ad altri, quali i fondamenti della ma­ tematica, la teoria degli insiemi, le strutture matematiche, giusta­ mente considerati oggi di grande importanza anche didattica. Il libro traccia un profilo, storico e sistematico insieme, dei principali orientamenti emersi via via nella storia della logica; presenta il calcolo delle proposizioni, il calcolo delle classi, il calcolo dei pre­ dicati, le logiche polivalenti; contiene, fra l'altro, un breve profilo storico iniziale, un utile riassunto della logica aristotelica e della sillogistica, un intermezzo che tratta delle relazioni tra logica ma­ tematica e algebra astratta, un finale che tocca la discussione, in primo piano nella cultura contemporanea, su simbolismi, linguaggi e me­ talinguaggi. Nel corso del libro vengono proposti problemi che il lettore è invitato a risolvere e che vengono in parte ripresi e discussi in fondo al volume.

ZANICHELLI

Ettore Carruccio, libero docente di storia delle matematiche, è attualmente incaricato presso le Università di Bologna e di Torino.

Discepolo di Federigo Enriques, ha dedicato i suoi lavori specialmente alla storia e alla filosofia delle matematiche, alla logica simbolica e alla metamatematica.

Matematica Moderna

Collana diretta da Delfino Insolera

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Mondi della logica

Matematica Moderna

Questa serie, dedicata a tutti coloro che sentono interesse per la matematica, si comporrà di voI umetti di mole limitata, ciascuno rivolto a un argomento specifico, monografico, assai circoscritto. Tra gli argomenti trattati primeggeranno quelli meno noti, il cui interesse è venuto in luce recente­ mente, attraverso ricerche di matematici moderni; non mancheranno però argomenti classici, e anche storici, ma si cercherà di vederli sempre in una prospettiva tipica della matematica moderna. Mentre poche conoscenze tecniche basteranno al lettore per capire la maggior parte di questi libri, gli sarà sempre richiesto un certo sforzo intellettuale. Un lettore che, prima d'ora, abbia incontrato la matematica soltanto a scuola, dovrebbe tener presente che un libro di matematica non può essere letto in fretta. E non dovrebbe pretendere di capire tutte le parti del libro alla prima lettura; dovrebbe invece sentirsi libero di saltare le parti pi6 com­ plicate, per ritornarvi in seguito: spesso ciò che da prin­ cipio appariva oscuro viene chiarito da qualche osserva­ zione successiva. D'altra parte, certi capitoli conterranno materiale ben familiare al lettore e potranno essere letti molto rapidamente. Il miglior modo di imparare la matematica è facendo della matematica, e perciò ogni libro conterrà dei problemi, alcuni dei quali esigono molta meditazione. Si raccomanda al lettore di prender l'abitudine di leggere con carta e matita alla mano: in questo modo la matematica acqui­ sterà per lui un significato sempre pi6 profondo. L'editore desidera ringraziare il Professor Carlo Felice Manara per i suoi consigli. Sarà estremamente importante per l'editore poter cono­ scere i giudizi dei lettori sui libri di questa serie: si spera perciò che molti lettori vorranno scrivere le loro impressioni e le loro critiche alla Direzione Editoriale della Casa Edi­ trice Zanichelli, Via Imerio 34, Bologna.

Ettore Carroccio

Mondi della Logica

Zanichelli

Bologna

Copyright IO 1971 by Nicola Zanichelli S.p.A., Bologna

Copertina di Paolo Sala Redazione:

Laura

Felici

Indice

p.

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Introduzione

1 Aspetti dello sviluppo storico della logica 1.1 Logica antica.

1.2 Logica medioevale.

1 .3 Umanesimo

e Rinascimento scientifico. La logica secondo Cartesio, Ba­ cone, Galileo.

1 .4 La

«

characteristica universalis» di Leib­

niz e la logica matematica.

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2 Il calcolo delle proposizioni 2.1

Le proposizioni nella logica bivalente.

sulle proposizioni e loro proprietà.

2.2 Operazioni

2.3 Regole di deduzione.

2.4 Leggi delle inverse. Considerazioni sulle condizioni neces­ sarie e sufficienti. Dimostrazioni per assurdo. normali.

2.6 Principio di dualità.

blem» secondo Hilbert. applicazioni relative. nel

calcolo

delle

2.7

«

2.5 Forme

Entscheidungspro­

2.8 Teorema dello Pseudo Scoto ed

2.9 Risoluzione del problema di Leibniz proposizioni.

2.10

Equazioni

logiche.

2.11 Cenni sulla sistemazione assiomatica del calcolo delle proposizioni.

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3 Il calcolo delle classi e la sillogistica 3.1 Preliminari sulle classi. proprietà.

3.2 Operazioni sulle classi e loro

3.3 Forme tipiche dei giudizi nella logica aristote­

lica. Regole della conversione.

3.4 Sillogismi.

3.5 Equa­

zioni logiche.

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4 Logica matematica ed algebra astratta. 4.1 Due aspetti della logica matematica. sizioni e classi, algebra di Boole.

4.2 Reticoli, propo­

4.3 Il problema delle re­

lazioni fra logica matematica ed algebra astratta.

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5 Calcolo dei predicati o delle relazioni. 5.1 Preliminari.

5.2 Calcolo dei predicati del primo ordine,

con riferimento ad un certo universo. 5.3 Modello in un universo finito. 5.4 Equazioni logiche con particolare riferi-

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Indice

mento al calcolo dei predicati del primo ordine in un universo finito.

5.5 Quantificazione uniforme.

5.6 Cenni sulla siste­

mazione assiomatica del calcolo dei predicati del primo ordine e sui relativi risultati metateorici.

5.7 Cenni sul calcolo dei

predicati del secondo ordine e di ordine superiore.

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6 Antiche e nuove logiche 6.1

Preliminari.

6.2

Diverse

logiche

nel

pensiero

6.3 La logica trivalente nella filosofia medioevale. logiche nel pensiero moderno. tre logiche polivalenti.

antico.

6.4 Nuove

6.5 Logica trivalente.

6.6 Al­

6.7 Considerazioni sul significato fi­

losofico delle nuove logiche.

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7 Linguaggi ideografici della logica 7.1 l simboli nel progresso della scienza.

7.2 Sguardo pa­

noramico ai simbolismi logici ora in uso, e problema della loro unificazione.

7.3 Linguaggi, metalinguaggi e pensiero razionale.

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Suggerimenti riguardanti problemi proposti

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Bibliografia

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Indice analitico

Introduzione

Lungo il cammino della storia, dall'antichità ai nostri giorni, la logica, pur presentandosi sotto molteplici aspetti e con diverso rilievo, resta tuttavia costantemente un elemento essenziale del pensiero umano con profonde influenze sul divenire delle civiltà. Sarebbe desiderabile che la presente esposizione dei primi elementi della logica attuale, con brevi notizie sulla sua evoluzione, prendesse le mosse da una definizione precisa dell'oggetto delle nostre considerazioni. Tuttavia la molteplicità di significati e di aspetti, cui si è accennato, rende estremamente difficile o addirittura im­ possibile un accordo generale sulla definizione della logica: già nell'etimologia del termine derivante dal greco « Myoc,», si manifesta una diversità d'interpretazioni, a seconda che ci si riferisca all'uno piuttosto che all'altro dei due significati: discorso, ragionamento. Questi due aspetti trovano una sintesi nella concezione di Aristotele, secondo il quale la logica tratta del discorso, inteso come espressione di un pensiero razionale 1. Altre prospettive ci vengono offerte dalla definizione me­ dioevale tramandataci da Pietro Ispano: « La logica è arte delle arti e scienza delle scienze, che domina la via ai principi di tutti i metodi» 2. Si noti che in questa defi­ nizione vengono posti in rilievo i diversi aspetti della logica, come suprema arte, scienza, metodologia. Dopo lunghe e complesse vicende dello sviluppo del pen­ siero, ai nostri giorni afferma il Godei: « La logica mate­ matica... è una scienza precedente a tutte le altre, che con­ tiene le idee e i principi che stanno alla base di tutte le scienze» 3. l ARISTOTELE, Analitici Primi, A I, 24a 16 sgg. 24b 16 sgg.; E. AGAZZI, p. 76. Le citazioni vengono completate dalle indicazioni contenute nella biblio­ grafia a p. 147 e sgg. , « Dialectica est ars artium et scientia scientiarum ad omnium metho­ dorum principia viam habens» PETRI HISPANI, I, 0 1. • K. GODEL, La logica matematica di Russell in C. CELLUCCI, p. 81. Su di

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Introduzione

I filosofi scolastici distinguevano una logica minor e una logica maior: nella prima si considerano soltanto le forme corrette del ragionamento, prescindendo dalla verità delle premesse, nella seconda si studiano i criteri che permet­ tono di giudicare della verità delle asserzioni che fanno parte dell'argomentazione 1. Analoga distinzione è quella kantiana fra logica formale, che si occupa delle condizioni del corretto dedurre, e logica trascendentale che tratta delle condizioni a priori che ren­ dono possibile la conoscenza obbiettiva 2. Il presente scritto è dedicato alla logica formale, intesa come studio delle inferenze deduttive, considerata con una mentalità ed un simbolismo derivanti da una tradizione di pensatori matematici. Si giunge cosi alla concezione della logica matematica, la quale pur possedendo una particolare fisionomia, non deve considerarsi avulsa dallo sviluppo generale del pensiero logico, antico, medioevale e moderno. Secondo G. Peano: «la logica matematica... ha per og­ getto le proprietà delle operazioni e delle relazioni di lo­ gica» 3. È stato inoltre affermato dallo stesso Peano che il fine della logica matematica consiste nella soluzione del problema di formulare il piu semplice sistema di nozioni logiche necessarie e sufficienti per rappresentare gli enun­ ciati matematici e le loro dimostrazioni 4. D. Hilbert, con la scuola formalista, ha posto l'accento sul simbolismo: «La logica matematica, altrimenti detta logica simbolica o logistica, è un'estensione dei metodi for­ mali della matematica al campo della logica» 5. Il termine «logistica» nel senso ora indicato è stato in­ trodotto da L. Couturat al principio del secolo XX 6, ma la diversità di significati attribuiti a detto termine sembra renderne sconsigliabile l'uso. Nell'esposizione dei principi della logica nel presente scritto

un altro aspetto della logica messo in rilievo dal GodeI, avremo occasione di soffermarci in seguito (5.1). 1 Cfr. per esempio J. MARITAIN, p. 10-11. • F. BARONE; E. AGAZZI, pp. 65-66. • G. PEANO, 3, voI. II, p. 197. • G. VACCA, p. 32. • D. HILBERT e W. ACKERMANN, ed. 1950, p. l. • I. M. BOCHENSKI, p. 266.

Introduzione

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verranno accolte le esigenze di Peano e di Hilbert sopra indicate. L'indagine sugli elementi fondamentali del ragionamento e le regole di deduzione, ci conduce alla distinzione dei diversi livelli logici ai quali si può svolgere un'argomenta­ zione. Mentre, nella logica aristotelica, forma tipica del ragiona­ mento era il sillogismo, si preferisce oggi prendere le mosse da quella forma di deduzione in cui le proposizioni si presentano come elementi non ulteriormente decomposti. Il calcolo delle proposizioni sarà per noi alla base degli altri rami della logica. Un altro capitolo è costituito dal calcolo delle classi in cui si può sviluppare la sillogistica. I due calcoli sopra indicati risultano, come vedremo, due interpretazioni di una stessa algebra astratta: l'algebra di Boole. Si tratta di un'algebra piti semplice e facile dell'al­ gebra classica. Il calcolo dei predicati, nell'ambito del quale si esprimono proprietà di oggetti e relazioni, si presenta ad un piti alto livello, dove trovano di regola la loro sistemazione le prin­ cipali teorie matematiche. Ma, a questo punto, il lettore potrebbe domandarsi: a che cosa mira questa laboriosa indagine sulle diverse forme pos­ sibili di ragionamento? Non si ragiona forse correttamente anche senza uno studio sistematico della logica? Si può rispondere innanzi tutto che lo studio delle diverse forme d'inferenza deduttiva è interessante di per se stesso, in quanto ci conduce all'esame dell'uomo, in uno dei suoi aspetti piti essenziali: un umanesimo che prescindesse da una consapevole riflessione sul pensiero razionale, risulte­ rebbe gravemente mutilato. Ma le applicazioni della logica ai vari campi del pensiero e dell'azione sono molteplici e non mancano periodi storici in cui la logica si presenta come il fondamento di una civiltà. Lo scopo piti immediato della logica consiste nel verificare l'esattezza dei ragionamenti. Tale scopo svalutato da alcuni autori l, considerato come l F. ENRIQUES (p. 2), ad esempio, afferma che « non ha alcun bisogno di verifica... la coerenza formale delle dimostrazioni geometriche» e ben altri sono i problemi interessanti della logica.

IO

Introduzione

principale da altri 1, ci sembra degno di attenzione, quando si pensa ai gravi errori di logica spesso commessi special­ mente da persone prive di mentalità matematica (v., per esempio, problema 2.9 e relativi suggerimenti riguardanti problemi proposti); e d'altra parte si riflette sull'opportu­ nità di procedere con cristallina chiarezza ed inesorabile rigore nei ragionamenti sottili della scienza del nostro tempo. Ma la logica non può e non deve limitarsi ad una semplice verifica dell'esattezza formale di ragionamenti già svolti: come osservava giustamente G. Vailati 2, prendendo posi­ zione contro vecchi pregiudizi, la deduzione non è soltanto un modo per sistemare nozioni già possedute, ma è un potente mezzo di ricerca, come viene provato dalle innu­ merevoli applicazioni del ragionamento matematico alle scienze ed alle tecniche piu diverse. Mentre oggi diventano sempre piu luminosi e vitali gli strettissimi legami fra ma­ tematica e logica, di quest'ultima si rende cosi palese il crescente valore euristico. L'idea di dirimere questioni del pensiero razionale me­ diante un calcolo logico è stata lanciata da G. Leibniz 3. Oggi il problema posto dal sommo filosofo e matematico si può esprimere nei seguenti termini: date alcune premesse non contraddittorie, P1, P2, , Pm e le regole di deduzione R1, R2, , Rn. stabilire, con un numero finito di passaggi •••

•••

logici, se una affermazione X, è una conseguenza di tali premesse, oppure non lo è. Vedremo che, anche se il problema indicato non è sempre risolubile, tuttavia noi lo sappiamo risolvere in taluni campi. Tali ricerche costituiranno uno dei fili conduttori del nostro lavoro.

1 J. BARKLEY ROSSER (p. 5), asserisce: « The aim in constructing our symbolic logic is that it shall serve as a precise criterion for determining whether or not a given instance of mathematical reasoning is correct». • G. VAI LATI, Il metodo deduttivo come strumento di ricerca. , Tra i numerosi passi di Leibniz sull'argomento riportiamo il seguente: « Quo facto, quando orientur controversiae, non magis disputatione opus erit inter duos philosophos, quam inter duos computistas. Sufficiet enim calamos in manus sumere sedereque ad abbacos et sibi mutuo (accito si placet amico) dicere, ca1culemus!» (Cfr. L. COUTURAT, p. 98). Il problema di Leibniz viene inteso da G. Peano in un senso alquanto di­ verso. Cfr. a questo proposito il paragrafo 1.4 del presente volume.

Introduzione

Il

Piu in generale, dal punto di vista dello studio dei diversi aspetti del pensiero puro, possiamo asserire che la logica ci offre potenti metodi per l'esplorazione dei «mondi pos­ sibili» in senso leibniziano 1. In quest'ordine d'idee possono rendersi particolarmente utili le equazioni logiche che verranno da noi prese in esame ai diversi livelli, delle proposizioni, delle classi, dei pre­ dicati. La logica matematica si applica inoltre alla sistemazione razionale delle varie scienze. Ancora nel mondo del pen­ siero puro ci permette di studiare, da un punto di vista critico, le questioni relative ai fondamenti della matematica, esaminare rigorosamente i problemi della struttura razio­ nale di questa scienza: ci addentriamo allora nella meta­ matematica 2. Ma anche molte strutture dell'universo dell'esperienza sen­ sibile possono venire esaminate mediante i potenti algoritmi della logica, in quanto di tali strutture riusciamo a trovare modelli nei «mondi possibili» considerati nel pensiero puro. Queste circostanze si stanno verificando per molte que­ stioni relative alle scienze piu svariate, come la fisica, le scienze biologiche, la medicina, la psicologia, il diritto... Infine, specialmente nella seconda metà del secolo XX, si sono sviluppate in modo portentoso le applicazioni della logica e dell'algebra di Boole alla teoria delle calcolatrici elettroniche, all'automazione ed alla cibernetica. Ora il presente volumetto mira a rendere familiari per il lettore nei loro principi e nel loro uso, i piu semplici e fondamentali algoritmi logici operanti nella civiltà del nostro tempo. Questi algoritmi si presenteranno a noi inseriti nella viva

1 S'intende per « mondo possibile» un insieme di essenze compossibili, tali cioè da non dar luogo ad intrinseche contraddizioni. Secondo la filosofia leibniziana, oltre il mondo in cui noi viviamo esistono « infiniti mondi pos­ sibili nella regione delle verità eterne». (G. W. LEIBNIZ, Essai de Théo ­ dicée, p. 515). Si noti il riferimento alla concezione agostiniana delle verità eterne. • Le questioni della metamatematica, intesa come studio delle strutture ra­ zionali delle teorie matematiche, vengono appena sfiorate nel presente scritto, non facendo parte integrante del piano di questo lavoro. È invece in progetto un altro volume della presente collezione dedicato alla meta­ matematica.

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Introduzione

trama culturale dell'evoluzione del pensiero dall'antichità ai nostri giorni 1. Ci auguriamo che il lettore, per il cammino sopra indicato, raggiunga una prima preparazione, tale da consentirgli lo studio proficuo di scritti logici pi6 difficili e pi6 profondi del nostro, e gli venga aperta la via verso ricerche sempre pi6 impegnative.

l Il presente lavoro nelle sue linee generali trae specialmente origine dalle lezioni, tenute dall'autore presso l'Università di Torino dal 1950, e l'Uni­ versità di Bologna dal 1961. Taluni particolari argomenti, come le equa­ zioni logiche nel calcolo delle proposizioni e nel calcolo dei predicati, sono stati discussi nell'ambito del XXV Gruppo di ricerca, diretto dal Prof. T. Viola, del C.N.R. Sono molto grato al Prof. F. Speranza, che mi ha suggerito di redigere il presente lavoro, mi ha sostenuto con il suo in­ coraggiamento ed i suoi illuminati consigli. Ai colleghi ed ai discepoli, con i quali ho esaminato amichevolmente questioni di carattere logico esprimo il mio ringraziamento. Non potendo indicarli tutti mi limito a ricordare fra i primi il Prof. Alfonso Matteuzzi e fra i secondi il Dott. Gio­ vanni Baldi. In vario modo inoltre mi hanno coadiuvato nella redazione di questo libro i miei figli Enea e Lando.

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Aspetti dello sviluppo storico della logica

1.1

Logica antica.

Le considerazioni del presente capitolo sull'evoluzione della logica, non mirano a fornire una storia e nemmeno un riassunto storico della nostra disciplina, ma piuttosto a presentare, nelle loro lontane origini e nel loro divenire, questioni di carattere razionale perennemente vive ed at­ tuali, che intendiamo via via trattare 1. In linea di principio si può sostenere che le origini della logica coincidano nel tempo con le origini dell'umanità, tuttavia occorre distinguere fra esercizio della ragione e riflessione sulle regole logiche con una loro sistemazione organica. Da quest'ultimo punto di vista la logica come viene ora da noi intesa deriva essenzialmente da una tradizione el­ lenica. L'esigenza intellettuale che si manifesta fin dai primordi della storia del pensiero greco nella costruzione di teorie filosofiche e nella sistemazione razionale dell'aritmetica e della geometria, favori lo sviluppo di una consapevolezza via via crescente dei canoni secondo i quali si svolgono i ragionamenti. Secondo Diogene Laerzio 2, viene da Aristotele considerato fondatore della logica (o dialettica) Zenone, della scuola di Elea fondata da Parmenide, assertore della netta distin­ zione fra verità razionale ( AÀ�&e:�cx) ed opinione di ori­ gine sensibile (a6çcx). A Democrito si attribuisce un'opera andata perduta: TIe:pl. '

ÀOyL'XWV � xlfvCùv. 1 Sulla storia della logica, fondamentale e ricca di riferimenti bibliografici è l'opera di I. M. BOCHENSKI; v. anche F. ENRIQUES; E. CARRUCCIO, 1; E. AGAzzl. Ampie notizie bibliografiche sulla logica simbolica a partire dalle sue ori­ gini vengono fornite in un lavoro di A. CHURCH. Nella rivista da lui diretta «The Journal of Symbolic Logic» vengono di regola recensiti gli scritti di logica simbolica che si pubblicano nel mondo. , DIOGENE LAERZIO, VIII, 57.

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Aspetti dello sviluppo storico della logica

Nel grande quadro del mondo iperuranio delle idee, se­ condo Platone la matematica deve essere dominata dalla logica 1. Dobbiamo ad Aristotele una sistemazione della logica 2 in opere che nel loro complesso hanno preso il nome di "Opyotvov. Sulla sistemazione indicata ha esercitato una notevole influenza lo sviluppo della matematica greca. La logica, secondo Aristotele, si applica ai concetti uni­ versali (astratti dalla mente umana a partire dalle cose sensibili) e si fonda sui principi d'identità, di non contraddi­

zione, del terzo escluso 3. Troviamo nell' "OpyotVOV trattazioni sistematiche sulla defi­ nizione, la conversione (procedimento in virtu del quale da una proposizione se ne deduce un'altra), e il sillogismo (mediante il quale da due premesse si ricava la conclusione). Come nell'aritmetica greca non compare lo zero, cosi nella logica di Aristotele non ha un posto la classe vuota. È stato notato dai logici matematici che talune forme aristo­ teliche di conversione e di sillogismo non sono valide qualora s'introduca la classe vuota nelle argomentazioni: ciò non significa che le regole di Aristotele contengano degli errori, ma soltanto che si applicano ad un certo campo diverso da quello nel quale preferiscono lavorare oggi i logici matematici. La concezione aristotelica di scienza dimostrativa ha un posto nell'evoluzione delle idee riguardanti la metamate­ matica. l Cosi s'interpreta il famoso passo dell'Eutidemo (290 b-c) di Platone: «i geometri, gli astronomi e i calcolatori sono anch'essi cacciatori: non creano essi le figure, ma trovano quelle esistenti. E poiché non sanno servirsene, ma soltanto scovarle, le consegnano ai dialettici perché si ser­ vano di ciò che essi han trovato: almeno quelli tra loro che non son del tutto privi di senno» (v. A. FRAJESE, p. 116). 2 Una raccolta organica di passi delle opere logiche di Aristotele, nel testo greco, con traduzione latina e commento, trovasi nel volume di F. A. TREN­ DELENBURG. 3 Il principio d'identità si esprime dicendo che ogni oggetto del pensiero logico è identico a se stesso; tuttavia questo principio non si trova in forma esplicita nell'''Opyoc\lO\l. Il principio di non contraddizione afferma che «è impossibile che la stessa proprietà si addica e non si addica allo stesso og­ getto nello stesso senso ». Il principio del terzo escluso afferma che «data un'affermazione ed una negazione (di uno stesso giudizio) ... una di esse è vera e l'altra è falsa». Sui limiti dell'applicazione di questo principio nella filosofia di Aristotele e nei successivi sviluppi, v. capitolo 6 del presente volume. Per notizie storiche sui fondamenti della logica di Aristotele v. per esempio E. CARRUCCIO, l, pp. 51-53.

Aspetti dello sviluppo storico della logica

15

Già nell'antichità si è presentato un indirizzo della logica diverso da quello aristotelico. Si tratta dell'indirizzo mega­ rico-stoico. Mentre la logica aristotelica, salvo casi ecce­ zionali 1, opera su concetti, dei quali l'estensione è una classe, e può quindi considerarsi un'antenata del calcolo delle classi, la logica stoica, operando su proposizioni non ulteriormente analizzate, si presenta a noi come antenata del calcolo delle proposizioni. La logica megarico-stoica piu di quella aristotelica ha trovato applicazioni nelle opere di matematici e di giuristi antichi 2. Un'altra differenza fra la logica aristotelica e quella stoica consiste nella diversa estensione del campo di validità del principio del terzo escluso: ne riparleremo a proposito delle origini delle nuove logiche (paragrafo 6.2).

1.2

Logica medioevale.

I due indirizzi della logica antica, aristotelico e stoico, specialmente attraverso le opere di Boezio, confluiscono nel pensiero medioevale, dove trovano un'armonica sintesi e nuovi sviluppi. Ad esempio nelle Summulae logicales di Pietro Ispano (già ricordate per la definizione della logica) il primo capitolo si riferisce alle proposizioni e fornisce le definizioni delle principali operazioni su di esse; il quarto riguarda la teoria del sillogismo. Risalgono agli Scolastici le cosidette leggi di De Morgan sulla negazione di una congiunzione e la negazione di una disgiunzione (v. paragrafo 2.2), di applicazione frequentis­ sima nel calcolo delle proposizioni. Un risultato molto interessante noto agli Scolastici medio­ evali, e presumibilmente da loro scoperto è il teorema dello Pseudo Scoto: ex absurdis sequitur quodlibet. Ciò significa che, se tra le premesse di un ragionamento, figurano due proposizioni contraddittorie, è possibile dimo1 Per i cenni di logica proposizionale in Aristotele v. I. M. BOCHENSKI, pp. 97-98 . • La Scuola Megarica fu fondata verso il 400 a.C. da Euclide di Megara (discepolo di Socrate, secondo la testimonianza di Platone nel Fedone). Zenone di Cizio, il fondatore della Scuola Stoica fu discepolo di filosofi megarici (v. I. M. BOCHENSKI, p. 107). Sulla logica megarico-stoica nel diritto romano v. G. V. VENDITTELLI-CASOLl, l e 2.

16

Aspetti dello sviluppo storico della logica

strare rigorosamente una proposizione qualsiasi (v. para­ grafo 2.8). Tale risultato presenta particolare importanza dal punto di vista della metamatematica, in relazione al delicato problema della non contraddittorietà di una teoria matematica. In alcune argomentazioni gli Scolastici si sono anche addentrati nella logica dei predicati; un esempio di tali ragionamenti ci viene offerto da Dante nel XXVII canto dell'Inferno. Non mancano, nel pensiero medioevale sottili indagini sulle antinomie logiche l. Raimondo Lullo filosofo poeta e mistico, viene considerato un precursore della logica matematica, in quanto ideò dei procedimenti meccanici per ottenere sistematicamente dedu­ zioni da principi dati: le sue concezioni esercitarono un'in­ fluenza sul pensiero di Leibniz 2.

1.3

Umanesimo e Rinascimento scientifico. La logica secondo Cartesio, Bacone, Galileo.

Dopo la fine del Medioevo, nella critica degli Umanisti, come ad esempio Lorenzo ValIa, contro la filosofia scola­ stica, si presenta un atteggiamento avverso alla logica formale, nella quale si vedono soltanto inutili astruserie, errori e sofismi 3. Successivamente la critica contro la logica formale si svi­ luppa nel pensiero di F. Bacone che considera sterile e fonte di confusione il sillogismo (da lui relegato fra le arti popolari ed opinabili) per attribuire valore gnoseologico soltanto all'induzione 4. Anche per Cartesio « syllogismorum formae nihil juvant ad rerum veritatem percipiendam»; le regole logiche ven­ gono sostituite da principi metodologici. La matematica cartesiana non soltanto si basa sull'intuizione per quanto concerne i fondamenti, ma anche per i singoli passaggi da un enunciato all'altro 5. Galileo invece non spezza i legami con la tradizione logica 1

• , • ,

I. I. I. F. E.

M. BOCHENSKI, pp. 237-251. M. BOCHENSKI, p. 272. M. BOCHENSKI, pp. 254-255. BACONE, ed. 1775, p. 4. CARRUCCIO, 1, p. 160.

Aspetti dello sviluppo storico della logica

17

antica e medioevale (anche se taluni passi delle sue opere possono dare a prima vista una diversa impressione), ma potenzia ed integra la sua logica considerata nelle sue rela­ zioni con il pensiero matematico.

1.4

La " characteristica universalis" di Leibniz e la logica matematica.

Un deciso orientamento del pensiero logico verso una problematica in armonia con le nostre attuali esigenze si presenta con Leibniz (pur non mancando di tale indirizzo precursori piu o meno lontani, tra i quali si annovera Raimondo Lullo). Estendendo il dominio della matematica tradizionale, limi­ tato ai numeri ed alle figure, al di là delle vecchie fron­ tiere, Leibniz mira ad istituire un «calculus ratiocinator» applicabile ad ogni ordine di conoscenze razionali, in modo da dirimere (v. introduzione) qualsiasi controversia. Secondo il pensiero leibniziano l'intento si raggiunge me­ diante l'introduzione di un vasto e potente simbolismo, la «characteristica universalis», tale da esprimere i concetti di ciascuna scienza che si vuoI sviluppare razionalmente e le relazioni che legano i concetti stessi. I simbolismi dell'algebra secondo Cartesio, del calcolo in­ finitesimale secondo Leibniz, e della logica matematica, sono da considerarsi provincie del vasto impero della «characteristica universalis». L'opera logica di Leibniz non ebbe subito una risonanza in armonia con il suo alto valore, anche se ci fu qualche degno continuatore della sua opera come il matematico Lambert. Nel secolo XIX con l'opera di Boole si giunge alla costru­ zione di un'algebra astratta (algebra di Boole) suscettibile di due interpretazioni diverse: calcolo delle proposizioni, calcolo delle classi (v. capitolo 4 del presente volume). Sistemazioni della teoria logica delle relazioni sono dovute al Peirce ed allo Schroder. Al Peirce ed al Frege risalgono teorie della quantificazione di cui perleremo in seguito a proposito del calcolo dei predicati. Giuseppe Peano in un certo senso attuò il sogno di Leibniz in quanto compi un'analisi dei concetti e delle operazioni fondamentali della logica, in modo da poter tradurre me-

18

Aspetti dello sviluppo storico della logica

diante il suo elegante e preciso simbolismo nel Formulario molti teoremi matematici, in parte con le relative dimostra­ zioni l. Gli ulteriori sviluppi della logica s'intrecciano strettamente con il progresso della metamatematica, che ha ricevuto grande impulso dalle opere di B. Russell, di D. Hilbert e dei loro collaboratori, per giungere poi ai fondamentali risultati di K. GodeI. Ma tali argomenti oltrepassano la cornice del quadro che attualmente intendiamo tracciare. La presente trattazione dei principi della logica ai diversi livelli, sia per la struttura generale, sia per il simbolismo adottato, s'ispira specialmente agli scritti di Hilbert e Ackermann. Di altri aspetti dello sviluppo storico del pensiero logico avremo occasione di trattare in seguito a proposito di determinate questioni.

l

G. PEANO, 4, ed in altre opere.

2

n calcolo delle proposizioni

2.1

Le proposizioni nella logica bivalente.

Nella sua opera n€pl èp[L'YJ'IdotC; (De Interpretatione) Ari­ stotele definisce il giudizio come un discorso al quale si addice di essere vero o falso l. Anche se nel presente scritto rinunciamo a dare una vera e propria definizione del concetto di proposizione, che pre­ feriamo assumere come primitivo, precisiamo che le pro­ posizioni di cui tratteremo godono, come i giudizi aristo­ telici, della proprietà di essere vere o false, ed uno di questi casi esclude l'altro. Sono esempi di proposizioni (vere alcune, altre false): O è un numero; esistono piani aventi in comune soltanto due punti; il gatto è un felino; Milano è la capitale del Brasile. Invece non sono proposizioni, nel senso da noi indicato, le interrogazioni, le norme legislative, le esclamazioni, le espressioni prive di senso, e cosi via. In base a quanto si è detto, le domande rimangono escluse dal quadro ora delineato. Vi rientrano tuttavia, in un certo senso, attraverso le equazioni logiche, mediante le quali è possibile sviluppare una logica della domanda (v. para­ grafi 2.10, 3.5, 5.4 del presente volume). Nel calcolo delle proposizioni che svilupperemo nel presente capitolo, i valori di verità delle proposizioni sono soltanto due: vero, falso, che s'indicheranno con i simboli, rispetti­ vamente Y e A od anche 1 e O. La logica che cosi otter­ remo vien detta bivalente. Non si esclude tuttavia la possibilità di altre logiche nelle quali esiste un numero di valori di verità diverso da 2. Tratteremo quest'ultimo argomento nel capitolo 6. Indicheremo le proposizioni con lettere maiuscole latine come A, B, C, ... P, Q, R, ... X, Y, Z ... 1

ARISTOTELE, De interpretatione, capitolo IV (4).

20

Il calcolo delle proposizioni

Queste proposizioni, che vengono espresse ciascuna me­ diante un unico simbolo, vengono chiamate proposizioni ele­ mentari. Una proposizione può avere un valore di verità ben determinato, ed allora si chiama proposizione costante, oppure può avere un valore variabile ed allora si chiama proposizione variabile o variabile proposizionale. A partire da una o piu proposizioni A, B, C ... si può co­ struire un' espressione del calcolo delle proposizioni altrimenti detto schema di funzioni di verità (A, B, C ...), che è una nuova proposizione (variabile) definita dai valori di verità che (A, B, C ...) assume in corrispondenza di ogni distribuzione di valori di verità ad A, B, C ... Un'espressione del calcolo delle proposizioni può venir rappresentata mediante una tabella di valori di verità o matrice, come nel seguente esempio: - _. __ . .

A

B

C

O

O

O

l

O

O

l

O

O

l

O

O

-

-

---

(A, B, C)

---�-----

l -----

l

l

O

O

O

-��

l

O

l

O

l

l

l

1

O

O

1

1

1

l

�--------�.-

Vedremo più avanti come si possono esprimere espressioni del calcolo delle proposizioni, invece che con matrici, impiegando simboli di opportune operazioni. Per indicare che due espressioni del calcolo delle proposi­ zioni, (A, B, C ...) e 'F (A, B, C ...), le quali rappresen­ tano ancora proposizioni, assumono lo stesso valore di verità in corrispondenza di uguali distribuzioni di valori di verità per A, B, C ..., si scrive:

(A, B, C, ...)

.

eq 'F .

(A, B, C, ...).

/I calcolo delle proposizioni

21

Operazioni sulle proposizioni e loro proprietà.

2.2

Consideriamo innanzi tutto, nel calcolo delle proposizioni, le operazioni unarie quelle cioè che operano su di una sola proposizione. Da un punto di vista combinatorio è facile stabilire quante e quali sono dette operazioni, ognuna delle quali, rappre­

sentabile sotto la forma

3 viene applicata un numero dispari di volte, si ottiene P. Ciò si può esprimere scrivendo

cI>r (P) .eq. P cI>32n+1 (P) .eq. j5 dove n è un numero naturale. Passiamo ora allo studio delle operazioni binarie. Queste, come si vede facilmente da un punto di vista combinatorio, sono in tutto 16; il loro quadro completo è stato presen­ tato dal Wittgenstein 1. Fra queste operazioni considere­ remo le pi6 interessanti per i nostri scopi. Si dice congiunzione logica di due proposizioni A e B e si rappresenta mediante la formula A &B la proposizione che è vera quando e soltanto quando A e B sono entrambe vere. Il segno «&» si legge «et ». La congiunzione logica si può anche rappresentare me­ diante la matrice: A

B

A&B

O

O

O

O

1

O

1

O

1

1

±J

che si può anche disporre sotto l'altra forma:

(B)

(A)

A&B

O

1

O

O

O

l

O

1

La congiunzione logica gode della proprietà commutativa A & B .eq. B & A. \ L. WITTGENSTElN, 5.101.

(2)

Il calcolo delle proposizioni

23

Ciò si deduce immediatamente dalla definizione della con­ giunzione, che ha carattere simmetrico, come pure dall'esame delle matrici. La congiunzione logica gode anche della proprietà asso­ ciativa:

(A

& B) &

C eq A .

.

& (B &

(3)

C)

come risulta dall'esame dei casi possibili nella seguente tabella:

A

B

C

(A &B)& C

O

O

O

O

O

O

O

l

O

O

A &(B& C)

O

l

O

O

O

O

1

1

O

O

1

O

O

O

O

1

O

1

O

O

1

1

O

O

O

1

1

1

1

1

-

La legge d'idempotenza per la congiunzione

A

& A .eq. A

(4)

si verifica immediatamente. Si dice disgiunzione logica di due proposizioni A e B e si rappresenta mediante la formula

A VB, la proposizione che è vera quando e soltanto quando al­ meno una delle proposizioni è vera. Il segno « V » si legge vel, ed è uno dei significati del connettivo « o», quando non si esclude che le due proposizioni siano entrambe vere (p. es. Tizio è uno studente, o Tizio è un impiegato: potrebbe avere entrambe le qualifiche). Analogamente a quanto si è visto per la congiunzione,

24

11 calcolo delle proposizioni

anche per la disgiunzione matrice:

Si

hanno le due forme della

----

---

A

B

AvB

AvB

O

l

O

O

O

O

O

l

l

l

l

O

l

l

l f-l

O

l

1

l

-

Sulla base delle matrici stesse si dimostrano le proprietà commutativa: AvB .eq. B V A

(5)

associativa: (A V B) V C .eq. A V (B V C)

(6)

la legge d'idempotenza per la disgiunzione: A V A .eq. Ao

(7)

La congiunzione e la disgiunzione di piò di due proposi­ zioni si definiscono rispettivamente mediante la congiun­ zione e la disgiunzione di due proposizioni: A &B & C & A VB V C V

000

000

& D .eq. {ooo [(A &

B)

& C] & ooo} & D

V D .eq. {ooo [(A V

B)

V C] V ooo} V Do

Come si verifica facilmente, la congiunzione di un numero qualunque di proposizioni è falsa quando e soltanto quando almeno una delle proposizioni considerate è falsa; la di­ sgiunzione di un numero qualunque di proposizioni è vera quando e soltanto quando almeno una delle proposizioni considerate è verao Congiunzione e disgiunzione sono operazioni distributive l'una rispetto all'altra:

(A

& B) V C .eq. (A V C) & (B V C)

(A

V B) & C .eq.

(A

& C) V (B & C)o

(8) (9)

La verifica si esegue facilmente esaminando la seguente tabella:

11 calcolo delle proposizioni

25

----

� c:td



O

O

O

......

O

......

O

,.....

O

O

O

-

O

......

O

.....

O

......

O

......

O

......

......

.....

O

.....

O

......

O

......

......

.....



O

......

O

......

O

......

O

......



O

O

.....

......

O

O

.....

.....



O

O

O

O

.....

......

.....

......

>

----

� c:td



'-'

� c:td ----

� >

:$ ----



> �

'-'

c:td ----



>

:$ � > ----



c:td �

'-'

2

26

Il calcolo delle proposizioni

Un altro legame tra le due operazioni di congiunzione e di disgiunzione si presenta nella legge di assorbimento che cosi si esprime:

(A

&B) V

A

.eq.

A

.eq.

(A V B) & A.

(lO)

La verifica si esegue facilmente in base alla relativa tabella:

(A V B) &

A

B

O

O

O

O

O

1

O

O

l

O

1

l

l

l

l

l

(A & B)

V

A

A

Le cosi dette leggi di De Morgan, che risalgono ai logici medioevali, si esprimono mediante le seguenti formule:

A

&B .eq. A VB

(11)

A &B

(12)

A vB .eq.

Ed ecco la verifica: � -------

--

A

B

A&B

AVB

AvB

A &B

O

O

l

l

1

1

O

l

l

l

O

O

1

O

l

1

O

O

l

l

O

O

O

O

----

------

Si dice implicazione e si scrive

A

->-

materiale delle due proposizioni A e B

B,

la proposizione che è falsa quando e soltanto quando A è vera e B è falsa. L'ultima formula si legge: se A allora B, od anche A implica materialmente B. A si dice antecedente,

B conseguente.

Il calcolo delle proposizioni

27

L'operazione definita si può rappresentare mediante le ma­ trici:

A

B

A-+B

A-+B

O

1

O

-----

O

1

O

l

1

O

l

1

l

O

1

1

O

O

l

l

l

dalle quali si vede facilmente che l'operazione non è com­ mutativa. L'implicazione materiale ora definita non si deve confon­ dere con l'affermazione: da A si deduce logicamente B. Infatti la verità della proposizione A -+ B dipende soltanto dai valori di verità di A e di B; invece la deducibilità di B da A dipende da altre circostanze. Tuttavia l'implica­ zione materiale ci renderà in seguito segnalati servigi, ai fini delle deduzioni logiche: ne riparleremo a proposito della regola « modus ponens » (v. paragrafo 2.3). L'implicazione materiale può esprimersi mediante le ope­ razioni precedentemente definite: negazione e congiun­ zione, oppure (tenuto conto delle leggi di De Morgan), negazione e disgiunzione. Abbiamo cioè:

A-+ B

.

eq.

A & Jj .eq. A V B

(13)

come risulta dalla seguente tabella: -- ------

---- -

A

B

A-+B

A&B

O

O

l

l

l

O

l

l

l

l

1

O

O

O

O

1

1

l

l

l

AvB

Pertanto è possibile eliminare, quando lo si desidera, il segno « -+» dalle nostre formule. Si dice doppia implicazione delle due proposizioni A e B c si scrive

A--- B,

28

1/ calcolo delle proposizioni

da leggersi A implica doppiamente B, la proposizione che è vera quando e soltanto quando A e B sono entrambe vere, oppure sono entrambe false; si avranno le matrici: A

B

A ...... B

O

O

1

A--B

O

l

O

l

O

O

l

O

1

O

O

1

O

l

1

1

1

�-

dalle quali si vede facilmente che l'operazione è commutativa. Si noti che le due espressioni: A .eq. B, A ...... B, nonostante le apparenze, sono da interpretarsi in modo diverso. Quando si scrive A .eq. B s'intende affermare che A e B hanno lo stesso valore di verità. Quando invece si scrive A ...... B si rappresenta una proposizione, che può essere vera o falsa a seconda che A e B hanno o non hanno lo stesso valore di verità. Cioè «......» è un segno del calcolo delle proposizioni, mentre «.eq.» appartiene al metalin­ guaggio mediante il quale parliamo delle espressioni di detto calcolo, pronunciando affermazioni su di esse. La doppia implicazione si può esprimere mediante l'implica­ zione materiale e quindi, in definitiva, mediante la negazione e la congiunzione, od anche la negazione e la disgiunzione. Si hanno cioè le relazioni A ...... B .eq. (A --- B) .eq. (A V B)

& (B --- A) .eq. & (B V A).

A

&B &

B

&A

(14)

Basta verificare, mediante le matrici, la prima relazione: _..__ .

--

A

B

O

O

1

l

l

1

O

l

O

l

O

O

l

O

O

O

l

O

l

l

1

l

l

1

A--B A---B

B--- A (A --- B)

&

(B--- A)

II calcolo delle proposizioni

29

Partendo da proposizioni variabili, suscettibili di diverse di­ stribuzioni di valori di verità, ed operando su tali proposi­ zioni con le operazioni considerate, (espresse mediante i segni « - », « & », « V », « � », « -- »), otteniamo espres­ sioni del calcolo delle proposizioni o schemi di funzioni di verità, nel senso sopra indicato (v. paragrafo 2.1). Uno schema di funzioni di verità può rappresentare una proposizione sempre vera, o sempre falsa, od anche assu­ mere valori diversi a seconda delle distribuzioni di valori di verità alle proposizioni variabili. Ecco tre esempi, che si riferiscono rispettivamente ai tre casi considerati, come il lettore può facilmente verificare con il metodo delle matrici.

Quest'ultima formula esprime la proprietà transitiva del/'im­ plicazione.

A & A. (A -->- B) -- (B -->- A). Con i principi contenuti nel presente paragrafo abbiamo ormai i mezzi per sviluppare un calcolo in cui, con il metodo delle matrici, possiamo facilmente riconoscere quando una espressione del nostro calcolo proposizionale è vera e quando è falsa, in corrispondenza di determinate distribuzioni di valori di verità alle proposizioni elementari che vi compaiono. Vedremo nei prossimi paragrafi come i procedimenti del calcolo ora impostato si possono rendere piu agili e potenti in modo da affrontare i problemi piu interessanti risolubili nel campo ora delimitato. Problemi 2.2 1. Rappresentare le 16 operazioni binarie del calcolo delle pro­ posizioni mediante matrici quadrate e mediante i simboli « - », « & », « V », « -->- », « -- ». 2. Stabilire quali delle operazioni di cui al problema 1 sono com­ mutative. 3. Stabilire quali delle operazioni di cui al problema 1 sono asso­ ciative. 4. Stabilire per quali coppie delle operazioni di cui al problema 1 vale la proprietà distributiva.

30

Il calcolo delle proposizioni

2.3

Regole di deduzione.

Ci proponiamo ora di formulare delle regole di deduzione, nell'ambito del calcolo proposizionale, in virtu delle quali si possa, a partire da certe premesse, ricavarne conseguenze logiche. Risale almeno al filosofo stoico Crisippo la regola chia­ mata dagli scolastici « modus ponendo ponens » o piu sem­ plicemente « modus ponens », detta oggi comunemente re­ gola di separazione. La si può cosi enunciare: se in una teoria è valida l'implicazione materiale A � B, e vale A (ante­ cedente), allora vale anche B (conseguente). In simboli: A-+B A B Un semplice esempio di applicazione della regola di sepa­ razione è il seguente. Si verifichi con i noti metodi che è sempre vera l'implicazione: [(A



B) & (B� C)]



(A



C).

Supponiamo inoltre di aver stabilito che sono anche vere le proposizioni A � B, B � C; sarà dunque vero (A � B) & (B � C). Possiamo dunque concludere, sotto le ipotesi ammesse, applicando la regola di separazione: A � C. Passiamo alla regola di sostituzione, che cosi si enuncia. Se una certa espressione E del calcolo proposizionale è sempre vera (per qualsiasi distribuzione di valori di verità alle proposizioni variabili) sostituendo in luogo di una qualsiasi · proposizione variabile P, dovunque la P compare, una stessa espressione del culcolo proposizionale, si ottiene un' espres­ sione sempre vera. Per esempio: dall'espressione (sempre vera)

(XV Y)-(YV X) sostituendo, dovunque Y compare, la stessa espressione x, si ricava l'espressione sempre vera

(XV X)_(X V X). Osserviamo che per l'applicazione della regola « modus po-

Il calcala delle proposizioni

31

nens » basta supporre vere le premesse, invece per l'applica­ zione della regola di sostituzione occorre supporre che l'espressione data è sempre vera, è cioè una tautologia. Si noti che le regole ora enunciate, sia che vengano espresse mediante il linguaggio comune, sia che venga introdotto un opportuno nuovo simbolismo per esprimerle, non ven­ gono espresse mediante il linguaggio del calcolo proposi­ zionale propriamente detto, ma viene impiegato, per lo scopo indicato, un metalinguaggio.

2.4

Leggi delle inverse. Considerazioni sulle condizioni necessarie e sufficienti. Dimostrazioni per assurdo.

Appartengono all'ambito della logica proposizionale due importanti leggi, frequentemente usate nelle argomentazioni matematiche e applicabili anche in altri campi. Si tratta delle leggi delle inverse l. Consideriamo l'enunciato, in cui figurano un'ipotesi H ed una tesi T: se H allora T. Possiamo interpretare questo enunciato con un'implicazione materiale: H ---- T. Chiameremo quest'affermazione (che può essere un postu­ lato, un teorema, un'affermazione di carattere fisico o sto­ rico, ecc.) la diretta. Se scambiamo la H con la T abbiamo una nuova afferma­ zione che possiamo rappresentare mediante l'implicazione T---- H; quest'ultima si dice l'inversa. Se a partire dalla diretta neghiamo H e T otteniamo una nuova affermazione,

H

____

T

che chiameremo la contraria. Se infine eseguiamo sulla diretta entrambe le trasformaPer la prima legge delle inverse in Aristotele: v. I. M. BOCHENSKI, p. 97; per la formulazione nel secondo degli anapodittici degli Stoici: v. para­ grafo 2.9 del presente libro. Per la dimostrazione datane da Alberto di Sassonia v. I. M. BOCHENSKI, p. 202. l

32

Il calcolo delle proposizioni

zioni: scambio di H con

T e negazione di

entrambe, si ottiene

T---+il che prende il nome di contronominale. Se è vera la diretta non sempre è vera l'inversa, come pure non sempre è vera la contraria. Per esempio, sia la diretta: se il numero naturale n è divisibile per 9, allora n è divisi­ bile per 3. Si vede facilmente che in questo caso non sono vere l'inversa e la contraria. Si ha però la seguente

Prima legge delle inverse, nota ad Aristotele, agli Stoici ed ai logici medioevali. Se è vera la diretta (H---+ T) è vera anche la contronominale (T---+ il). Lo si può dimostrare verificando con i noti metodi che è sempre vera l'espressione

(H ---+ T)---+(T---+ il). Quindi, se è vera la (conseguente).

T---+ il

H ---+ T

(antecedente) è anche vera (c.v.d.).

La legge considerata può anche dimostrarsi senza fare esplicito appello a risultati di calcolo proposizionale, se­ guendo sostanzialmente il procedimento usato dal logico medioevale Alberto di Sassonia (sec. XIV). Sia per ipotesi stabilita la diretta H---+ T, e si assuma, come vera per ipotesi, T. Si hanno due soli casi possibili H, il. Ma se fosse vera H, allora per la diretta varrebbe T, contro l'ipotesi T. Esclusa quindi H, si conclude il, cioè T---+ il. (c.v.d.). Con riferimento alla diretta dell'ultimo esempio conside­ rato, si ottiene la contronominale, anche vera: se un nu­ mero naturale n non è divisibile per 3, allora n non è di­ visibile per 9. Un'applicazione della prima legge delle inverse si presenta anche nelle dimostrazioni per stabilire che una certa figura F è il luogo geometrico dei punti che godono di una certa proprietà P. In questi casi occorre dimostrare due afferma­ zioni una inversa dell'altra: se un punto appartiene ad F, allora questo punto gode della P, se un punto gode della P allora appartiene ad F. Ebbene, talora invece di dimostrare quest'ultima implicazione, conviene stabilire la controno-

Il calcolo delle proposizioni

33

minale: se un punto non appartiene ad F allora non gode della P. Analogamente, se è vera l'inversa (T ->- H) è vera la con­ traria (H ->- T). Rientrano nell'ordine d'idee considerate, le strutture logiche degli enunciati che si presentano sotto forma di condizioni necessarie e sufficienti. Tali strutture si possono presentare nel modo seguente: Condizione necessaria e sufficiente affinché sia vera l'affer­ mazione A, è che sia soddisfatta la condizione C. Questo enunciato si può interpretare come l'affermazione simul­ tanea di due implicazioni l'una inversa dell'altra. La condizione La condizione

è è

necessaria: sufficiente:

A ->- C. C ->- A.

Per dimostrare la validità della condizione necessaria e sufficiente occorre dimostrare entrambe le implicazioni: A ->- C, C ->- A, oppure (ciò che è equivalente) si può so­ stituire una delle due od entrambe con le rispettive con­ tronominali:

0->-..4, ..4 ->- O. Per stabilire la validità della condizione necessaria e suf­ ficiente in questione basterà dimostrare uno dei seguenti enunciati, che si può scegliere ad arbitrio, in base a motivi di semplicità inerenti all'argomento particolare di cui si tratta:

(A ->- C) (A ->- C) (O ->- A) (O ->- A)

& & & &

(C ->- A) ( ..4 ->- O) (C ->- A) ( ..4 ->- O).

Esaminiamo ora la Seconda legge delle inverse. Di essa in sostanza fa uso Euclide 1, in quanto, in casi particolari, svolge il ragionamento che interpretato nel suo significato generale conduce alla dimostrazione della legge stessa. Questa viene chiamata da A. Tarski 2 «Legge dei sistemi chiusi di

1 E. CARRUCCIO, l, p. 81. • A. TARSKI, pp. 158-159.

34

Il calcolo delle proposizioni

Hauber» dal nome del matematico tedesco K. F. Hauber Ed ecco l'enunciato in questione:

(1775-1851).

Se sopra un determinato soggetto sono state formulate ipo­ tesi Hl> H2, ..., Hn che esauriscono tutti i casi possibili, e queste ipotesi trattate separatamente implicano rispettiva­ mente tesi TI' T2, ..., Tn che si escludono a vicenda, cioè

ossia Hi ->- Ti per i 1, 2, ..., n, allora sono valide le inverse delle implicazioni stabilite, cioè TI->-Hl> T2->-H2, ..., Tn->-Hn. =

Infatti: sia valida come nuova ipotesi la Ti. Dato che Hl' H2, ..., Hn esauriscono tutti i casi possibili dovrà verificarsi una di esse. Vediamo se può aver luogo HK diversa da Hi. Qualora ciò accadesse si avrebbe anche HK->- TK, e quindi varrebbe TK• Ma avendosi Hi ->- Ti ed Hi si avrebbe anche Ti. Ma TK e Ti per ipotesi si escludono a vicenda; abbiamo dunque ottenuto un assurdo. Cioè non può aversi una conseguenza di Ti uguale ad HK con K =F i. Si deve avere cioè Ti ->-Hi per ogni i da 1 ad n, cioè TI ->-Hl' T2 ->-H2, ..., (c.v.d.). Tn ->-Hn. Possiamo anche analizzare, con i mezzi logici di cui dispo­ niamo, il ragionamento per assurdo di cui i matematici hanno fatto largo uso dal tempo degli antichi Greci ai nostri giorni. Supponiamo di voler dimostrare una certa tesi T. A questo scopo proviamo a supporre che T sia falsa, valga cioè T. Ricaviamo a partire da T ed eventualmente da altri risul­ tati P, precedentemente stabiliti o ammessi per ipotesi come veri, una certa proposizione Q. Se questa ultima è contrad­ dittoria con un risultato Q precedentemente ammesso o dimostrato (postulato, teorema od ipotesi sotto la quale si vuoI dimostrare T), allora concludiamo che T è falsa (perché conduce all'assurdo) dunque T è vera. In simboli:

[(T & P)->-Q] & P & Q. Si osserva d'altra parte che è sempre vera l'implicazione

{[(T & P)->-Q] & P & Q} ->- T. Dunque per la regola « modus ponens

»

è vera la tesi T.

Il calcolo delle proposizioni

2.5

35

Forme normali.

Una generica espressione del calcolo delle proposIZIoni può trasformarsi in altre equivalenti, di forme particolar­ mente semplici, che si prestano alla risoluzione immediata di determinati problemi. Soddisfano, come vedremo, ai requisiti predetti, la forma normale congiuntiva e la forma normale disgiuntiva che ora definiremo. Un'espressione del calcolo delle proposizioni si dice sotto forma normale congiuntiva quando consiste in una con­ giunzione di disgiunzioni, ed ogni termine della disgiun­ zione è una proposizione elementare o la sua contraddit­ toria. Abbiamo cioè un'espressione del tipo:

(A V B V

•••

V O) &(L V M V

•••

V N) & ... & (J5 V Q V

•••

V R).

Analogamente, un'espressione del calcolo delle proposi­ zioni si dice sotto forma normale disgiuntiva quando con­ siste in una disgiunzione di congiunzioni, ed ogni termine della congiunzione è una proposizione elementare o la sua contraddittoria. Abbiamo cioè un'espressione del tipo:

(A&B& ... & O) V(L&M & ... &N) V... V(P&Q& ... &R). (Ovviamente, le proposizioni negate possono trovarsi in posizione qualsiasi, od anche mancare, ed altrettanto può dirsi delle non negate, mentre possono essere diversi i numeri dei termini delle congiunzioni o delle disgiunzioni che compaiono nelle due forme). Per ottenere, a partire da un generico schema di funzioni di verità, una delle forme normali considerate, si procede nel modo seguente. 1. Innanzi tutto si esprimono le doppie implicazioni me­ diante implicazioni semplici, e queste ultime mediante ne­ gazioni e congiunzioni, oppure negazioni e disgiunzioni. Si ottiene cosi un'espressione che contiene soltanto negazioni congiunzioni e disgiunzioni. 2. Se le negazioni operano su congiunzioni o su disgiunzioni si applicano le leggi di De Morgan (in modo che, eseguito il passaggio, ogni negazione si applichi ad una espressione piu semplice di quella originaria). Applicando, se occorre, piu di una volta, il procedimento indicato, si otterrà infine

36

Il calcolo delle proposizioni

che ogni negazione (eventualmente ripetuta piu volte) operi soltanto su proposizioni elementari. 3. Tenendo conto del principio della doppia negazione, dove su di una stessa espressione si ha un numero pari di nega­ zioni, queste si eliminano tutte; dove se ne ha un numero dispari se ne conserva una sola. Si tiene conto anche delle leggi di idempotenza per eliminare proposizioni ripetute nelle congiunzioni o nelle disgiunzioni. Si possono elimi­ nare, ma non è indispensabile farlo, le espressioni sempre vere (come A V A) nelle congiunzioni e le sempre false (come A & A) nelle disgiunzioni (queste eliminazioni ov­ viamente non alterano il valore di verità dell'espressione considerata). Le semplificazioni indicate si possono anche eseguire in fasi precedenti del procedimento in questione. 4. Fino a questo punto il procedimento è lo stesso sia per ottenere la forma normale congiuntiva sia per la disgiun­ tiva. Adesso per la prima forma si applica (tante volte quanto occorre) la proprietà distributiva della disgiunzione rispetto alla congiunzione, per ottenere la seconda forma si applica la proprietà distributiva della congiunzione ri­ spetto alla disgiunzione. Vediamo ora come il procedimento indicato si applica ad un esempio particolare. Sia per esempio

(1 & B)

-+

[(A �B)-V(O&-A)]

l'espressione da ridurre a forma normale. Eliminando la doppia implicazione:

(A & iJ)

-+

{[(A

-+

B) &- (B A)f\i( o &--A)}. -+

Eliminiamo le implicazioni materiali (cominciando dalle piu interne):

(A & B) (A & B)

-+

V

{[(AVB)&(lrv--A5fvTo-8i-A)} {[(A V B) & (B V A)] V (O & A)}.

Applichiamo le leggi di De Morgan:

(A & B) (A & B) (A & B)

V V V

{[(A V 11) &(JFv -X)] & (C&-A)} {[(A-v-Ji) V (13 V - A )] & (tJ V A)} {[(A & B) V (B & A)] & (O V A)}.

Il calcolo delle proposizioni

37

Per il principio della doppia negazione:

(.1 & B) V {[(A & B) V (B & A)] & (C VA)}. Per ottenere la forma normale congiuntiva applico la pro­ prietà distributiva della disgiunzione rispetto alla congiun­ zione (tengo conto dell'idempotenza):

(.4 & B) V[(A VB) & (BVB) & (AVA) & (BVA) & & (C VA)] .eq. (A VAVB) & (A VB V B) & (A V A) & &0v�&0vq&�v�&�V�&�VAV�& & (B VBVA) & (B V C V�. Se eliminiamo nella congiunzione i termini sempre veri (che non alterano il valore di verità dell'espressione) otte­ niamo infine la forma normale congiuntiva:

(A VB) & (A V C) & (A VB) & (A V B V C). Per scrivere l'espressione data sotto forma normale disgiun­ tiva, riprendiamo le mosse da:

(.4 & B) V {[(A & 11) V (B & A)] & (C VA)}, ed applichiamo la proprietà distributiva della congiunzione rispetto alla disgiunzione. Si ottiene

�&mV�&B&qv �&A&qv�&B&� V V (B & �. Eliminando nella disgiunzione il termine sempre falso ed uno dei termini uguali tra loro, ordinando si ottiene infine:

(.4 & B) V (A & B & C) V (A & B & C). Si presenta ora il seguente problema: dato uno schema di funzioni di verità rappresentato mediante una matrice (come si è detto nel paragrafo 2.1) è possi­ bile rappresentare lo stesso

(A, B, C) .eq. (A & li & O) V (A & B & O) V (A & li & C) V (A & B & C).

V

Infatti: se nella disgiunzione formata secondo la regola indicata attribuiamo ad A, B, C ... una distribuzione di va­ lori di verità, cui nella matrice corrisponde per la Il> il valore vero, un termine della disgiunzione risulta vero, e quindi tutta la disgiunzione risulta vera. Se invece nella stessa disgiunzione attribuiamo ad A, B, C ... una distribu­ zione di valori per cui la Il> è falsa in base alla matrice, allora ogni termine della disgiunzione risulta falso essendo una congiunzione con almeno una proposizione elementare falsa. Pertanto la Il> in questo caso come disgiunzione di espressioni tutte false risulta falsa. Per una data distribu­ zione di valori alle A, B, C, ... l'espressione calcolata assume dunque lo stesso valore che era stato fornito dalla ma­ trice. (c.v.d.). Analogamente si ottiene la forma normale congiuntiva, partendo, questa volta, dalle distribuzioni di valori di ve­ rità ad A, B, C, ... per le quali la Il> è falsa. Per ognuna di queste distribuzioni formiamo una disgiunzione delle A, B, C, ... negate quando ad esse corrisponde il valore vero, affermate quando ad esse viene attribuito il valore falso. Delle congiunzioni, cosi ottenute, formiamo una congiun­ zione, che risulta appunto l'espressione cercata. Con riferimento ancora alla matrice del paragrafo 2.1 si ottiene questa volta:

Il> (A, B, C) .eq. (A & (A V li V C).

VB V

O) & (A

V li V

O) & (A

VB V

C) &

La dimostrazione, con ovvie modificazioni, è analoga alla precedente, e può venir sviluppata per esercizio dal lettore.

Problemi 2.5 1. Si formino espressioni del calcolo delle proposizioni a pia­ cere e poi si trasformino queste espressioni in forma normale congiuntiva o disgiuntiva. Si verifichi infine con il metodo delle matrici l'esattezza dei risultati ottenuti.

Il calcolo delle proposizioni

39

2. Si rappresentino, mediante matrici, schemi di funzioni di verità a piacere. Si esprimano poi questi schemi, mediante espressioni del calcolo, normali congiuntive e disgiuntive. Per controllo si esegua il passaggio inverso.

2.6

Principio di dualità.

Nel calcolo delle proposizioni, come in talune teorie mate­ matiche (si pensi per esempio alla geometria proiettiva) vale un principio di dualità, di cui stabiliremo ora l'enunciato. Valga per ipotesi un'equivalenza sempre vera (per qualun­ que distribuzione di valori di verità alle variabili proposi­ zionali) fra due schemi di funzioni di verità, in cui com­ paiono proposizioni elementari o loro contraddittorie «( o » nel senso di « V )) ) , legate da congiunzioni o da disgiun­ zioni, eseguite una o piu volte in un qualsiasi ordine:

(A, B, C ...) eq 'Y (A, B, C, . . . ). .

.

In tal caso sarà anche valida l'equivalenza che dalla data negandone entrambi i membri:

(A, B, C,

o ••

) eq 'Y .

.

SI

ottiene

(A, B, C, ... ).

Applicando le leggi di De Morgan, occorrendo reiterata­ mente, (come si è fatto nelle riduzioni di un'espressione del calcolo proposizionale a forma normale) otterremo infine che le congiunzioni si saranno trasformate in disgiunzioni, le disgiunzioni in congiunzioni, le proposizioni elementari (negate o no) nelle loro contraddittorie. Ma dato che la nuova espressione deve essere vera per qualunque distribuzione di valori di verità attribuita alle proposizioni variabili, lo sarà anche scambiando le propo­ sizioni elementari (negate o no) con le loro contraddittorie. Si ritorna cosi alle proposizioni elementari originarie, e risultano scambiate fra loro soltanto le congiunzioni e le disgiunzioni. Rimane cosi dimostrato il principio di dualità del calcolo delle proposizioni che possiamo enunciare cosi: Data una

equivalenza del calcolo delle proposizioni contenente sol­ tanto proposizioni elementari negate o no, legate fra loro

40

Il calcolo delle proposizioni

da congiunzioni e disgiunzioni, equivalenza sempre vera per qualunque distribuzione di valori di verità alle variabili pro­ posizionali che vi compaiono, risulta parimenti vera l'equi­ valenza che si ottiene dalla data scambiando fra loro le congiunzioni con le disgiunzioni. Nel senso ora precisato sono fra loro duali le due proprietà distributive (8) e (9), come pure le due parti della legge di assorbimento (lO):

(A & B) V A .eq. A (A V B) & A . eq. A. Lasciamo al lettore la ricerca di altri esempi in cui si mani­ festa il principio considerato.

2.7

"Entscheidungsproblem" secondo Hilbert.

In base al metodo delle matrici possiamo risolvere (v. para­ grafo 2.2) i due problemi seguenti: Problema della validità generale: stabilire se una data espres­ sione del calcolo proposizionale è sempre vera, per ogni distribuzione di valori di verità alle proposizioni variabili che vi compaiono. Problema della soddisfacibilità: stabilire se una data espres­ sione del calcolo proposizionale risulta vera per qualche distribuzione di valori di verità alle proposizioni variabili che vi compaiono. I due problemi, nel loro complesso vengono indicati da Hilbert come Entscheidungsproblem che si può tradurre: problema della decisione. I problemi della validità generale e della soddisfacibilità dipendono l'uno dall'altro, in modo che quando si sa ri­ solvere uno di essi si sa risolvere anche l'altro. Supponiamo infatti di saper già risolvere il problema della validità generale e di voler invece risolvere il problema della soddisfacibilità per una data espressione E del cal­ colo proposizionale. A tale scopo prendiamo la E: se questa non è sempre vera allora la E risulta soddisfacibile, se E è sempre vera la E non è soddisfacibile. Analogamente supponiamo adesso di saper già risolvere il

II calcolo delle proposizioni

41

problema della soddisfacibilità, e di voler invece risolvere il problema della validità generale per una data espres­ sione E. Anche questa volta consideriamo la E: se questa non è soddisfacibile allora la E è sempre vera, se E è sod­ disfacibile allora la E non è sempre vera. Se un'espressione E è scritta sotto forma normale congiun­ tiva si può immediatamente riconoscere (senza costruire la matrice) se è o non è sempre vera la E. Basta infatti appli­ care il seguente teorema: Condizione necessaria e sufficiente

affinché un' espressione sotto forma normale congiuntiva sia sempre vera è che in ogni termine della congiunzione, vi sia almeno una proposizione con la sua contraddittoria. Si vede facilmente che la condizione è sufficiente. Infatti se in un termine della congiunzione (che è una disgiunzione) per ipotesi compaiono due proposizioni della forma P e P, una di queste è vera. Quindi qualunque sia la distribuzione scelta per i valori di verità, la disgiunzione risulta vera. Il termine considerato è dunque vero. Se l'ipotesi si verifica per tutti i termini della congiunzione, questa sarà costi­ tuita da termini tutti veri e sarà quindi vera. Risulta cosi dimostrata la sufficienza della condizione. Per quanto riguarda la necessità, mostriamo che se la con­ dizione non è soddisfatta, almeno per un termine T della congiunzione, la E non è sempre vera, esiste cioè almeno una distribuzione di valori di verità delle proposizioni, per cui E risulta falsa. Per ottenere l'intento basta attribuire nel termine conside­ rato T il valore vero a tutte le proposizioni negate, e falso alle rimanenti. Cosi il termine per cui la condizione non è verificata risulta falso, e pertanto è falsa tutta la congiun­ zione E, la quale dunque non è sempre vera. Si è cosi di­ mostrato che la condizione è necessaria. Applichiamo ora la condizione dimostrata per stabilire che una determinata espressione è sempre vera. Consideriamo ad esempio

{[A



(B

V

C)] & Jj & C}



A 1.

' Riduciamo l'espressione a forma normale congiuntiva (con

Ragionamenti aventi la struttura indicata compaiono nella Questio de aqua et terra di Dante e nel II canto del Paradiso. 1

42

Il calcolo delle proposizioni

il metodo indicato nel paragrafo 2.3). Si ottiene in defini­ tiva (lasciamo i calcoli al lettore):

(A

V

B V C V .4) & (B V B V C V .4) & (O V B V C V .4).

Constatiamo che la condizione è soddisfatta, in quanto nel primo termine compaiono A e .4, nel secondo B e B, nel terzo C e O. Analogamente si dimostra il

teorema: Condizione necessaria e sufficiente affinché un' espressione scritta sotto forma nor­ male disgiuntiva sia sempre falsa, è che in ogni termine della disgiunzione compaia almeno una proposizione con la sua contraddittoria.

Per esempio l'espressione

[(A & B)-A1-[(B & C)-B] si riduce alla forma normale disgiuntiva

(A & B & .4)

V

(B & C &

E);

e quindi è sempre falsa in quanto il primo termine della disgiunzione contiene A e .4, il secondo B e B.

Problemi

2.7

1. Verificare la validità generale dell'espressione

[(P - Q) & (P - Q)] - Q. 2. È soddisfacibile l'espressione

(P - Q) & (P - Q)? E se si considera

(P - Q) & (P - Q) & P? 3. È sempre valida l'espressione

[A - (B - C)] -- [(A & B) - C]? Qual'è l'applicazione di questa formula nelle trasformazioni degli enunciati? Si dia qualche esempio tratto da teorie ma­ tematiche.

Il calcolo delle proposizioni

2.8

43

Teorema dello Pseudo Scoto ed applicazioni relative.

Prendiamo ora in esame il teorema dello Pseudo Scoto l che come abbiamo visto (paragrafo 1.2) risale agli Scolastici. Introducendo il concetto di teoria razionale, intesa come in­ sieme di premesse (proposizioni primitive assunte come vere senza dimostrazione) e di conseguenze (logicamente dedotte), presentiamo il teorema in questione con il seguente enun­ ciato.

Se in una certa teoria razionale T esistono due proposizioni contraddittorie A e A, allora è possibile dimostrare in T una qualsiasi proposizione X. Consideriamo infatti l'implicazione

(A

&

A) ---X.

Si verifica che questa è sempre vera, per esempio, riducen­ dola alla forma normale:

AVAVX. Ma se A e A fanno parte della teoria T come proposizioni vere, ne farà parimenti parte come proposizione vera l'an­ tecedente (A & A) dell'implicazione (A & A) --- X. Per la regola « modus ponens » si conclude che è vera la X. (c.v.d.). Un'altra dimostrazione del teorema dello Pseudo Scoto, si trova nella Perutilis logica di Alberto di Sassonia (che abbiamo già ricordato a proposito della dimostrazione della prima legge delle inverse). In sostanza possiamo esprimere tale dimostrazione nel modo seguente. Siano A e A le nostre due premesse, accettate entrambe come vere. In base alla prima, qualunque sia la proposizione X, è vera la disgiunzione

A VX. Prendiamo ora in esame l'altra premessa, la A. Essendo questa vera sarà falsa A. Quindi nella espressione vera (A V X), A è falsa. Ma se

l I. M. BOCHENSKI, pp. 204-205.

44

11 calcolo delle proposizioni

in una disgiunzione vera un termine è falso dovrà esser vero l'altro. Nel nostro caso, dovrà esser vera la X. (c.v.d.). Premesso che una teoria si dice non contraddittoria se non contiene proposizioni (postulati o teoremi) della forma P e ]5, cioè non contiene intrinseche contraddizioni, ricaviamo dal teorema dello Pseudo Scoto un risultato di notevole rilievo nella problematica riguardante la non contradditto­ rietà delle teorie razionali.

Condizione necessaria e sufficiente affinché una teoria razio­ nale sia non contraddittoria è che non contenga tutte le proposizioni. Infatti la condizione è necessaria, in quanto se una teoria è non contraddittoria, non contiene insieme P e P, cioè non contiene tutte le proposizioni. Viceversa: se la teoria è contraddittoria, cioè contiene P e P, per il teorema dello Pseudo Scoto, contiene tutte le proposizioni. Prendiamo la contronominale di quest'ultimo risultato: se la teoria non contiene tutte le proposizioni allora la teoria è non contraddittoria. Cioè la condizione è sufficiente. (c.v.d.). Pertanto, per dimostrare la non contraddittorietà di una teoria, basta escludere che alla teoria stessa appartengano tutte le proposizioni, od anche stabilire che esiste almeno una proposizione indimostrabile nell'ambito della teoria in esame.

2.9

Risoluzione del problema di Leibniz nel calcolo delle proposizioni.

Possiamo risolvere in generale, nell'ambito del calcolo delle proposizioni, il problema di Leibniz (cui abbiamo accen­ nato nell'introduzione del presente volumetto). Supponiamo che siano state espresse con i mezzi offerti dal calcolo delle proposizioni certe premesse PI, P2, , Pm, ed un'altra proposizione da cimentare X. Si tratta di stabilire se da PI, P2, , Pm si può dedurre X. È opportuna a questo punto un'indagine preliminare, di particolare rilievo nel caso in cui le premesse PI, P2, Pm (come i postulati di un sistema ipotetico-deduttivo) sono state scelte in modo arbitrario. Si tratta di stabilire se PI, P2, ..., Pm sono compatibili. •••

•••

••• ,

Il calcolo delle proposizioni

45

A questo scopo basta verificare con uno dei ben noti me­ todi (paragrafo 2.7) se

P1 &P2 &... &Pm è soddisfacibile. Qualora non lo fosse è inutile procedere nelle indagini sulla ricavabilità della X: per il teorema dello Pseudo Scoto, la X sarebbe sempre deducibile. Se invece P1 &P2 &... &Pm è soddisfacibile, cioè le pre­ messe sono compatibili, allora consideriamo l'implicazione

Se quest'ultima implicazione, in base ai noti metodi, risulta sempre vera, essendo vero l'antecedente, sarà dimostrata vera la X. Se ciò non si verifica si potrà invece indagare se è vera l'implicazione

(P1 &P2 &... &Pm)->-X. In tal caso sarà vera la X. Se invece nessuna delle ultime due implicazioni risultasse sempre vera, si potrebbe concludere che la X è indipen­ dente dalle premesse P 1 Pm Per fornire qualche applicazione del procedimento consi­ derato, traduciamo nel nostro simbolismo i cinque anapo­ dittici (&\IcX7t6ae:�x't"o�) degli Stoici (negli esempi degli antichi « G» si legge « è giorno», «N» « è notte», «L» «vi è luce» 1) •••



1) 2)

[(G ->-L) &.E]->- il

3)

[(iT& N)&G]->-N

4)

od anche: [(G ->-N) &G]->-N [(G __ N)&G]->-N2

5)

[(G -- N)&N]->-G

[(G ->-L) &G]->-L

l. M. BOCHENSKI, pp. 126-127. G __ N è la traduzione nel nostro simbolismo della di­ sgiunzione completa degli Stoici, da non confondersi con l'operazione espressa mediante il «v»: si tratta dell'espressione vera, quando e sol­ tanto quando una delle due proposizioni G, N, è vera, mentre l'altra è falsa (v. I. M. BOCHENSKI, pp. 119-120). I

, L'espressione

46

Il calcolo delle proposizioni

È facile verificare che le 5 espressioni precedenti sono sem­ pre vere, pertanto ammesse le due premesse legate da con­ giunzioni nell'antecedente, risulta dimostrato il conseguente. Problema 2.9

l.

Pietro Ramo (sec. XVI) propone come valide due forme di argomentazion i che si possono rappresentare, nel calcolo delle proposizioni, nel modo seguente: premesse:

S

conclusione premesse:

N

---+

P,

S,

F; ---+

Q,

Q,

conclusione N. Che cosa possiamo dire di tali argomentazioni? (v. pp. 255-256).

BOCHENSKI,

2.10

I.

M.

Equazioni logiche.

Ai fini della risoluzione di molti problemi che si possono porre nell'ambito del calcolo delle proposizioni, presentano particolare interesse le equazioni che s'incontrano a tale livello della logica. Ci proponiamo quindi innanzi tutto di precisare il concetto di equazione logica nel calcolo delle proposizioni. Una tale equazione si presenta naturalmente come una doppia im­ plicazione fra due espressioni del calcolo proposizionale: , P,m Xl' X2, , Xn)-­ $ (PI, P2, , Xn) --'Y (PI, P2' ... , Pm, Xl> X2, •••

•••

(15)

•••

dove PI, P2, , Pm sono proposizioni date che potrebbero eventualmente costituire un insieme vuoto, Xl' X2, , Xn sono proposizioni incognite di cui almeno una esiste. Risol­ vere l'equazione logica (15) significa trovare espressioni del calcolo proposizionale non contenenti proposizioni incognite, tali che sostituite nella (15), la rendano sempre vera. Scritta la (15) sotto la forma abbreviata •••

•••

$--'Y

Il calcolo delle proposizioni

47

possiamo anche esprimerla come

( �'Y) & ('Y



x'. Risulta allora:

(x') (E x)

M (x,

x')

cioè: per ogni vero.

x'

esiste un

x,

tale che

x

>

x',

ciò che è

Si tratta di un caso analogo a quello che si presenta in analisi infinite­ si male, quando si dice apparente la variabile x nell'integrale definito l

b

f f(x) dx.

.

100

Calcolo dei predicati o delle relazioni

Proviamo a scambiare i due quantificatori. Si ottiene

(Ex) (x') M (x, x') che significa: esiste un x, tale che per ogni x', x> x', cioè, esiste un numero naturale maggiore di tutti gli altri, ciò che non è vero. Ed ecco due notevoli proprietà dei quantificatori, di cui risulta intuitiva la validità. Il quantificatore universale è distributivo rispetto alla con­ giunzione, e cioè per tutti i predicati P e Q:

(x) [P (x)

& Q

(x)] .eq. [(x) P (x)]

&

[(x) Q (x)].

(3)

Il quantificatore esistenziale d'altra parte è distributivo ri­ spetto alla disgiunzione: cioè per tutti i predicati P e Q:

(Ex) [P (x)

V Q

(x)] .eq. [(Ex) P (x)]

V

[(Ex) Q (x)].

(4)

Le equivalenze predette si estendono immediatamente a congiunzioni e disgiunzioni operanti su di un numero qual­ siasi di proposizioni variabili o funzioni proposizionali P (x), Q (x), R (x) ... . Ci proponiamo ora di esprimere ciascuno dei due quanti­ ficatori mediante l'altro, in modo da potere, volendo, eli­ minare uno dei due. A questo proposito si hanno le due equivalenze intuitive valide per qualsiasi predicato P.

(x) P (x) .eq. (Ex) P (x)

(5)

(Ex) P (x) .eq. (x) P (x).

(6)

Sono inoltre sempre vere, per qualsiasi predicato plicazioni

(x) P (x) P (Xi)



P (x;) (Ex) P (x). �

P,

le im­

(7) (8)

Sono applicabili a tutte le espressioni che rappresentano proposizioni costanti o variabili, le regole di deduzione e le equivalenze del calcolo delle proposizioni. Con i procedimenti indicati nel presente paragrafo viene istituito, nell'ambito dei predicati del primo ordine, un calcolo mediante il quale è possibile passare da relazioni

Calcolo dei predicati o delle relazioni

101

ammesse come vere, ad altre relazioni che risultano vere di conseguenza. Il lettore potrà applicare il calcolo istituito, in svariati ordini di considerazioni. Ma a questo punto si presenta un dubbio. Siamo sicuri di non cadere in contraddizione applicando i procedimenti del calcolo in questione? Risponderemo a questa domanda nel prossimo paragrafo.

5.3

Modello in un universo finito.

Un metodo mediante il quale si può stabilire che una de­ terminata teoria razionale T è esente da contraddizioni, consiste nel trovarne un modello. Si tratta di trovare un insieme U nell'ambito del quale la teoria T trova un'inter­ pretazione coerente. Piu precisamente il nostro intento sarà raggiunto quando avremo individuato una teoria T', avente la stessa struttura logica di T, riferentesi ad elementi di un insieme U chiaramente intuito, mentre la T' è inclusa in un sistema S del quale è stata già accertata o si sup­ pone la coerenza. Nel nostro caso prendiamo come universo U un insieme finito. Alle affermazioni relative agli elementi di U (alle loro proprietà, alle loro relazioni) si applica il calcolo delle proposizioni (come è stato sviluppato nel capitolo 2), di cui è nota la coerenza. Ognuno dei sottoinsiemi di U, Ix, Iy, Iz, ... sarà anch'esso un insieme finito. Si ha cioè Ix Iy Iz

=

=

=

{ Xl' XZ, ..., xp} {YI> Yz, ..., Yq} {ZI> ZZ, ..., Zr}

Sotto queste ipotesi una quantificazione universale s'inter­ preta come una congiunzione, una quantificazione esisten­ ziale come una disgiunzione di proposizioni in numero finito. Precisamente si ha:

(X) P (x) eq P (Xl) & p (xz) & ... & P (xp) .

(Ey) P (y)

.

.

eq P (YI) V p .

(Y2)

V ... V P

(Yq).

(9) (lO)

102

Calcolo dei predicati o delle relazioni

Nel caso in cui esistano diverse quantificazioni relative ad uno stesso predicato, i procedimenti indicati si applicano mediante successivi passaggi, per esempio:

(x) (Ey) R (x, y) .eq. (x) [(Ey) R (x, y)] .eq. (x) [R (x, Yl) V R (x, Y2) V ... V R (x, Yq)] .eq. [R (Xl' Yl) V R (Xl' Y2) V ... V R (Xl' Yq)] & & [R (x2, Yl) V R (X2' Y2) V . .. V R (X2' Yq)] &

In questo modo il calcolo dei predicati, cosi come è stato introdotto nel paragrafo precedente, trova la sua inter­ pretazione nel calcolo delle proposizioni. Si tratta ora di verificare che i principi del calcolo dei predicati esposti nel paragrafo precedente sono validi se­ condo l'interpretazione adottata, espressa mediante le for­ mule (9) e (10). Verifichiamo innanzi tutto la possibilità di scambiare l'or­ dine, di due quantificatori universali o di due quantifica­ tori esistenziali, senza cambiare il valore di verità in una espressione che ne è fornita, secondo le (1) e (2). Abbiamo infatti:

(X) (y) R (x, y) .eq. (x) [(y) R (x, y)] .eq. (x) [R (x, Yl) & R (x, Y2) & ... & R (x, Yq)] .eq. [R (Xl> Yl) & R (Xl' Y2) & ... & R (Xl' Yq)] & & [R (x2, Yl) & R (X2' 12) & ... & R (x2, Yq)] & ... & [R (Xp, 11) & R (xp, Y2) & ... & R (xp, Yq)] .eq. [R (Xl' Yl) & R (x2 Yl) & ... & R (Xp, Yl)] & & [R (Xl 12) & R (x2 Y2) & ... & R (Xp, Y2)] & ... & [R (Xl Yq) & R (X2' Yq) & ... & R (Xp Yq)] .eq. (y) [R (Xl y) & R (x2, y) & ... & R (Xp y)] .eq. (y) (X) R (X, y). Analogamente si stabilisce nella presente interpretazione la (2), cambiando i quantificatori universali in esistenziali, le congiunzioni in disgiunzioni. Passiamo ora al carattere distributivo della quantificazione universale rispetto alla congiunzione, e della quantificazione esistenziale rispetto alla disgiunzione, come sono state

Calcolo dei predicati o delle relazioni

103

espresse nelle (3) e (4). Si ha precisamente tenendo conto delle (9) e delle (10) e applicando note proprietà del cal­ colo delle proposizioni, per la quantificazione universale:

(x) [P(x) & Q (x)] .eq. [P(Xl) & Q (Xl)] & & [P(x2) & Q (X2)] & ... & [P(xp)] & [Q (.xp)] .eq. [P(Xl) & P(X2) & ... & P(xp)] & [Q (Xl) & Q (X2) ... & Q (Xp)] .eq. (X) P(X) & (X) Q (X).

&

Analogamente per la quantificazione esistenziale:

(Ey) [P(y) V Q (y)] .eq. [P(YI) V Q (YI)] V [P(Y2) V Q (yJ] V [P(Yq) V Q (Yq)] .eq. [P(YI) V P(Y2) V V P (Yq)] V [Q (YI) V Q (Y2) V V Q (yq)] .eq. [(Ey) P (y)] V [(Ey) Q (y)].

V

•.•

•••

•••

Anche le espressioni delle quantificazioni universali ed esi­ stenziali, l'una mediante l'altra (5) e (6), si interpretano agevolmente nel calcolo delle proposizioni, infatti, pas­ sando dal secondo membro al primo:

(E x) P(x) .eq. P(Xl) V P(X2) V V P(xp) .eq. P(Xl) & P(xJ & ... & P(xp) .eq. (X) P(X). •••

Analogamente:

(X) P (x) .eq. P(Xl) P(Xl) V P(x2) V

•••

& V

P (x2) & ... & P(xp) .eq. P(xp) .eq. (Ex) P(x).

Cosi per i passaggi (7) e (8) da un'affermazione universale ad una singolare e da una singolare ad una esistenziale, nell'interpretazione in un universo finito abbiamo:

(X) P(x) P(Xi) .eq. [P(Xl) ... & P(Xp)] P(Xi) ---+

&

P(X2)

& ... &

P(Xi)

& ...

---+

dove l'ultima espressione è sempre vera in base al calcolo delle proposizioni. Analoga considerazione può svolgersi a proposito della (8):

P(Xi) (E x) P(x) .eq. P (Xi) P(X)p]. V P(Xi) V ---+

•••

•••

---+

[P(Xl)

V

P(X2)

V

...

104

Calcolo dei predicati o delle relazioni

Possiamo concludere che il calcolo dei predicati del primo ordine, cosi come è stato introdotto nel precedente para­ grafo, trova un'interpretazione in un universo finito, si riconduce al calcolo delle proposizioni ed è pertanto esente da contraddizioni intrinseche. Se l'universo nell'ambito del quale si svolge una nostra indagine è finito, potremo con il calcolo ora costruito dedurre da proposizioni vere, quindi non contraddittorie, altre proposizioni vere, risolvere il problema della decisione ed il problema di Leibniz (v. paragrafi 2.7 e 2.9 del pre­ sente libro). Le considerazioni svolte sulla non contraddittorietà del calcolo dei predicati sotto la forma sopra esposta, si appli­ cano anche nel caso in cui le relazioni dalle quali si parte come ipotesi, pur riferendosi ad elementi di universi infiniti, sono interpretabili e soddisfacibili anche in un universo finito l. Quanto precede può anche trovare applicazione nel caso in cui si vogliano soddisfare le esigenze finitiste della meta­ matematica hilbertiana 2.

Problemi

1.

5.3

Esaminare con i mezzi offerti dal calcolo dei predicati e dal calcolo delle proposizioni la struttura logica del ragionamento del demonio « loico » nel XXVII canto dell'Inferno di Dante.

5.4

Equazioni logiche con particolare riferimento al calcolo dei predicati del primo ordine in un universo finito.

La logica della domanda (come abbiamo già notato nel paragrafo 2.1) può inquadrarsi nella teoria delle equazioni logiche, di cui abbiamo studiato alcuni esempi nei calcoli delle proposizioni e delle classi (paragrafi 2.10 e 3.5). 1 Occorre tuttavia tener presente che esistono espressioni del calcolo dei predicati del primo ordine soddisfacibili in un universo infinito che invece conducono a contraddizione nel caso di un universo finito: v. HILBERT e ACKERMANN, ed. inglese, p. 117. • Secondo la concezione di Hilbert, la coerenza di una teoria matematica deve dimostrarsi mediante procedimenti finitistici, tali cioè da essere effet­ tivamente eseguibili mediante un'ispezione concreta comprendente un nu­ mero finito di operazioni (v. HILBERT e BERNAYS, voI I, p. 32).

Calcolo dei predicati o delle relazioni

105

Domande di struttura particolarmente semplice trovano la loro espressione nel calcolo dei predicati del primo ordine. Dato un certo universo U di cui indichiamo con x l'ele­ mento generico, ci domandiamo per quale o per quali x vale una certa proprietà P. Una domanda si esprime allora mediante l'equazione (condizione cui deve soddisfare la x): (11)

P(x)-- Y.

Sono soluzioni della (11) gli elementi di U che rendono sempre vera la (11) stessa. Si possono considerare da quest'ultimo punto di vista le equazioni algebriche. Per esempio sia l'universo U costi­ tuito dai numeri reali x. Allora l'equazione algebrica X

2

- 5x+ 6

=

O

può porsi sotto forma di equazione logica:

(x2 - 5x + 6

=

O) -- Y.

Le soluzioni sono ovviamente i numeri 2 e 3. Cosi, se ci si domanda: chi è l'autore del Fedone, indicando con A il predicato « autore del Fedone », e prendendo come universo U l'insieme degli esseri umani x, avremo l'equa­ zione

A (x)-- Y. La soluzione è Platone. Nel caso di un universo finito U e di un predicato di cui si conosce il valore di verità, in corrispondenza di ogni ele­ mento di U, la (11) è risolubile con un numero finito di operazioni, che in molti casi si possono affidare ad una macchina calcolatrice. Analoghe considerazioni si possono svolgere per predicati con due, tre, ..., n argomenti. Si hanno allora equazioni del tipo R (x, y, ... ,

z) -- Y.

(12)

Risolvere l'equazione (12), significa trovare coppie, teme, ... , ennuple ordinate di elementi (Xj, Yj, ... , Zk) che sostituiti nella (12) la rendono sempre vera. Anche le equazioni (12) sono risolubili con un numero

106

Calcolo dei predicati

o

delle relazioni

finito di operazioni nel caso in cui l'universo U è finito e la R ha un valore di verità definito per ogni attribuzione di valori determinati ai suoi argomenti. Nelle equazioni (11) le incognite (e quindi le soluzioni) sono costituite da elementi di U. Nelle equazioni (12) le incognite sono coppie, terne, ..., ennuple di elementi di U. Passiamo ora allo studio di equazioni in cui le incognite sono predicati. Precisiamo la struttura dell'equazione che intendiamo ora prendere in esame. Consideriamo un insieme di predicati dati (13) e di predicati incogniti (14) i quali non costituiscono una classe vuota. Le variabili dei predicati (13) e (14) (ciascuno con un nu­ mero prefissato di argomenti), siano globalmente x, y, ...,

(15)

z

ognuna delle quali varia in un ben determinato sottoinsieme dell'universo U rispettivamente:

Ix, Iy,

•••

, Iz

i quali non sono vuoti. Si abbiano inoltre le proposizioni date (16) e le proposizioni incognite

Xl> X2,

•••

, Xq

(17)



Si applichino ai predicati ed alle proposizioni (13) (14) (16) (17) operazioni dei calcoli delle proposizioni e dei predicati, secondo le regole finora introdotte, e in modo che nelle formule, in definitiva, le variabili risultino tutte apparenti. Si otterrà cosi un'espressione suscettibile di divenire vera o falsa, una volta precisati i valori di verità dei predicati El> E2, , En e delle proposizioni Xl' X2, , Xq, mentre si considerano determinati i valori relativi ai (13) ed alle (16). •••

•••

Calcolo dei predicati o delle relazioni

107

La condizione che esprime la nostra equazione assumerà la forma

Risolvere la ( 18) significa esprimere i predicati incogniti e le proposizioni incognite (17) mediante elementi noti e (16) ed essi soltanto, in modo che sostituendo nella agli elementi incogniti le espressioni trovate, la (18) diventi sempre vera, cioè l'espressione ricavata dalla (18) mediante le sostituzioni indicate risulti vera comunque va­ rino i significati dei predicati (13) e i valori di verità delle proposizioni (16), fermi restando gli insiemi Ix, Iy, , Iz. Qualora fosse impossibile trovare le espressioni che sosti­ tuite nella (18) la rendono sempre vera, la (18) sarebbe per definizione insolubile. Il problema di stabilire se la (18) è risolubile o meno, e di trovare nel caso affermativo le soluzioni, si sa risolvere facilmente nel caso in cui Ix, Iy, , Iz sono insiemi finiti.

(14) ( 13) ( 18)

•••

•••

Infatti in questo caso la (18) si riduce ad un'equazione del calcolo delle proposizioni (paragrafo 2.10), in cui le incognite sono costituite dai valori assunti dai predicati Sl' ... , Sn in corrispondenza di tutte le distribuzioni di valori alle varia­ bili x, y, .. . , z. Ognuno dei predicati incogniti viene appunto determinato dai valori di verità assunti in corrispondenza dei valori attribuiti ai suoi argomenti. Le proposizioni in­ cognite Xl' ... , Xq vengono determinate con i noti metodi. Come nel caso delle equazioni del calcolo delle proposi­ zioni, anche per i predicati, un sistema di equazioni si riduce immediatamente ad un'equazione singola. Le considerazioni svolte, che sono ben lontane dall'esaurire il campo delle equazioni logiche, sono suscettibili di gene­ ralizzazioni. Proponiamo quindi un concetto di equazione logica, piu generale dei precedenti, i quali ne risultino casi particolari. Si consideri un'espressione E di un ben deter­ minato calcolo logico, suscettibile di divenire una propo­ sizione vera o falsa quando si attribuiscano significati co­ stanti alle incognite che vi compaiono: proposizioni X, individui x, classi �, predicati S. Nell'espressione E pos­ sono comparire (ma anche mancare) elementi che si sup­ pongono dati, come proposizioni P, individui Xi, classi et,

108

Calcolo dei predicati o delle relazioni

predicati «1>. S'impone all'espressione E considerata la con­ dizione di essere sempre vera. Si ha cosi l'equazione E (...

X ...

x ...

� ... 3 .. .

P .. . Xj

•••

C
(S't

V

S'n).

•••

V

La condizione è necessaria in quanto se è verificata una

114

Calcolo dei predicati o delle relazioni

delle implicazioni precedenti non è possibile che esista un elemento Xk di U tale da rendere Si vero ed S' l •.. S' n falsi; non è quindi possibile rendere vera la (25') cioè la (25), che risulta quindi contraddittoria. La condizione è sufficiente. Infatti consideriamo U costi­ tuito dagli elementi Xl'" Xm• Per la condizione ammessa,

è possibile interpretare i predicati P ... Q ... R ... T... che compaiono nella (25), in modo che, in corrispondenza di Xl> siano

SI vero ed S'l ... S'n falsi. Analoga considerazione si svolge per X2 in relazione con S2'" per Xm in relazione

con Sm. In tal modo si ottiene un'interpretazione per i predicati P . .. Q ... R ... T... tale da rendere veri SI'" Sm e falsi SI'''' S'n' Risulteranno quindi vere le quantifica­ zioni della (25), che si dimostrerà cosi non contraddittoria.

6° caso. Lo schema (20) è una disgiunzione di espressioni considerate nei casi precedenti.

condizione necessaria e sufficiente per la non contraddittorietà della (20), è che almeno uno dei termini della disgiunzione sia non contrad­ dittorio.

Allora, come risulta immediatamente,

La ricerca, in quest'ultimo caso si riconduce quindi ai casi precedenti. I risultati esposti riguardanti la quantificazione uniforme presentano particolare interesse in quanto ci permettono di risolvere sistematicamente le questioni sulla non con­

traddittorietà e la validità generale come pure il problema di Leibniz nell'ambito della logica tradizionale. Piu precisamente: data un'espressione ottenuta a partire da giudizi tipici della logica aristotelica, eseguendo su questi operazioni del calcolo delle proposizioni, è possibile stabilire se è non contraddittoria e se è valida.

È anche possibile stabilire se di due espressioni della forma considerata una è conseguenza dell'altra. In particolare, date piu premesse espresse sotto le forme tipiche dei giudizi aristotelici, è possibile stabilire se un giudizio, ancora di una di queste forme, è conseguenza delle dette premesse.

È dunque risolubile il problema di Leibniz.

Tutti questi risultati derivano immediatamente dal fatto che l'appartenenza di un elemento

X

ad una classe

ex

(x 8 ex)

si può interpretare come una particolare espressione del

Calcolo dei predicati o delle relazioni

115

calcolo dei predicati A (x). Le 4 forme tipiche dei giudizi aristotelici diventano cosi:

(x) [A (x)



B

(x) [A (x)



B (x)]

(x)]

(x) [A (x)



B(X)]

(x) [A (x) -- B (x)] .

Si conclude che la logica aristotelica, integrata dal calcolo proposizionale megarico-stoico, trova una completa siste­ mazione nell'ambito della quantificazione uniforme del cal­ colo dei predicati del primo ordine.

Problemi 5.5 1. Ridurre a forma canonica schemi chiusi di quantificazione uniforme, scelti a piacere. 2. Applicare in casi particolari il procedimento per stabilire la non contraddittorietà di schemi chiusi di quantificazione uniforme. 3. Trovare problemi scientifici risolubili nell'ambito della quan­ tificazione uniforme.

5.6

Cenni sulla sistemazione assiomatica del calcolo dei predicati del primo ordine e sui relativi risultati metateorici.

Anche il calcolo dei predicati del primo ordine, come il cal­ colo delle proposizioni (paragrafo 2.11), è stato sistemato in modo assiomatico 1. Da un punto di vista sintattico, innanzi tutto sono state fornite regole per la costruzione delle for­ mule ben formate, che determinano, oltre l'uso dei connettivi del calcolo delle proposizioni, anche l'impiego dei quanti­ ficatori (sostanzialmente d'accordo con i procedimenti che abbiamo già esposto da un diverso punto di vista). Fra gli assiomi compaiono ancora quelli del calcolo delle

1 Abbiamo specialmente tenuto presente la sistemazione dell'argomento in esame, di HILBERT e ACKERMANN, nell'edizione inglese, dove è stato tenuto conto dei perfezionamenti dovuti al Church. All'opera indicata si rinvia per uno studio approfondito.

116

Calcolo dei predicati o delle relazioni

proposizioni altrove riportati (paragrafo 2.11) cui si aggiun­ gono altri due relativi alla quantificazione

e) f)

(x)F(x)�F(y) F(y)�(Ex)F(x).

Abbiamo poi le regole di derivazione in cui particolari cautele devono essere osservate sul modo di eseguire le sostituzioni (01:1' 01:2, 01(3), e i cambiamenti di variabili (b) distinguendo opportunamente le variabili libere da quelle apparenti, per evitare il rischio di cadere nell'assurdo. Non ci soffermiamo, per motivi di brevità, su questo deli­ cato punto. S'introduce ancora la regola ({3) modus ponens per l'impli­ cazione. Abbiamo inoltre le regole (Yl' Y2) per operare sulle quanti­ ficazioni universali ed esistenziali, regole che ora enunce­ remo.

Yl)

Da una formula 6l� fi3 (x) nella quale 6l non contiene x, mentre fi3 (x) la contiene, deriva la nuova formula 6l�(x) fi3 (x).

Y2)

Sotto le stesse ipotesi riguardanti 6l e fi3 (x) dalla for­ mula fi3 (x)� et deriva la nuova formula (Ex) fi3 (x)� et.

Cosi a partire dagli assiomi, applicando le regole, 01:1' 01:2' 01:3, si ricavano le formule del sistema in esame. Passando al momento semantico, l'interpretazione delle for­ mule costruite avviene con riferimento ad un insieme chia­ mato dominio d'individui, cui si applicano i quantificatori. Per questo dominio si suppone soltanto che contenga al­ meno un individuo. La validità generale delle formule del sistema si definisce cosi come abbiamo detto a proposito della quantificazione uniforme (v. paragrafo 5.6) l. Sulle basi indicate è possibile dimostrare la non contrad­ dittorietà o coerenza del sistema costruito, nel senso che in esso non è dimostrabile una proposizione insieme con la sua contraddittoria. Per motivi di brevità sorvoliamo su tale dimostrazione, come pure su quelle dei risultati riguardanti la completezza del sistema, risultati che ci limitiamo ad enunciare.

{3, Ylo Y2' b,

1

HILBERT e ACKERMANN, ed. inglese, p. 68.

Calcolo dei predicati o delle relazioni

117

A questo proposito osserviamo che la completezza di un sistema può essere intesa in due modi. Il primo «piu forte» si ha quando aggiungendo al sistema, che si suppone coerente, una formula indimostrabile, ne deriva una contraddizione. Ebbene: la forma di comple­ tezza «più forte» non sussiste, per il sistema del calcolo dei predicati del primo ordine. Sussiste invece la completezza nel senso «più debole» cioè ogni formula universalmente valida del calcolo dei predicati del primo ordine è deducibile. Quest'ultimo risultato non implica che nel calcolo consi­ derato sia risolubile il problema della validità generale. Anzi le ricerche del Church, basate sui lavori del GodeI, conducono a concludere che non vi è speranza di risolvere in generale il problema in questione l.

5.7

Cenni sul calcolo dei predicati del secondo ordine e di ordine superiore.

Finora ci siamo limitati ad applicare i quantificatori a va­ riabili individuali. Notiamo però che in talune espressioni di carattere logico la quantificazione si esegue, concettual­ mente, per proposizioni, predicati e classi. Diamo qualche esempio di tali espressioni per mostrare che un ampliamento del calcolo dei predicati del primo ordine risponde ad effettive esigenze concettuali. Supponiamo di voler esprimere simbolicamente la legge logica secondo la quale per ogni proposizione X esiste una proposizione Y (la sua contraddittoria) tale che almeno una delle due proposizioni è vera, ma non sono entrambe vere. Si tratta in questo caso di affermare, applicando la quanti­ ficazione alle proposizioni

(X) (EY) [(X V

Y) &

(X

& Y)] .

Un esempio di quantificazione del predicato si ha nella formula sempre vera di trasparente significato: (P)

(x)

[p (x)

V (P

(x)] .

l HILBERT e ACKERMANN, ed. inglese, p. 124. Ivi si trovano sulla questione interessanti indicazioni bibliografiche.

118

Calcolo dei predicati o delle relazioni

Un'espressione intuitiva, ma che va considerata con parti­ colare cautela, nella quale si quantificano predicati e classi è la seguente:

(EIX) (x) [(x e IX) -- P (x)] cioè esiste la classe IX di tutti gli elementi x che godono della proprietà P; si tratta dell'assioma di comprensione 1. A questo livello del calcolo logico si può definire l'identità di due oggetti x e y ==

(x, y)

la quale sione:

viene

considerata

un'abbreviazione

dell'espres­

(P) [P (x) -- P (y)]. Ciò significa che due oggetti sono uguali quando godono delle stesse proprietà 2. Si pone, a questo punto il problema (già risolto nel caso del calcolo proposizionaie e nel calcolo dei predicati del primo ordine) di fissare un sistema di formule logiche dalle quali si possano ricavare mediante opportune regole tutte le formule rimanenti. Tuttavia è stato dimostrato dal GodeI che un simile intento non può essere raggiunto 3, ma piut­ tosto per ogni sistema di formule primitive e di regole di deduzione del calcolo dei predicati del secondo ordine, esiste una formula che pur essendo valida non può essere dedotta nell'ambito del sistema. Se il problema della decisione nel calcolo dei predicati di secondo ordine s'intende come il problema di decidere se una formula del calcolo è o non è universalmente valida, tale problema non si può risolvere in generale in quanto include il problema corrispondente per il calcolo del primo ordine che già è insolubile in generale 4. Mentre la completezza per i calcoli dei predicati del se­ condo ordine viene a mancare, anche la coerenza diventa precaria, in quanto a questo livello vengono a presentarsi le sconcertanti antinomie logiche. 1

Un uso incauto di questo assioma conduce ad antinomie, per esempio

v. G. CELLUCCI, p. 21.

• G. PEANO, 2, ivi si cita Leibniz. 8 K. GODEL, 1; HILBERT e ACKERMANN, ed. inglese, p. 130. • HILBERT e ACKERMANN, ed. inglese, p. 132.

Calcolo dei predicati o delle relazioni

119

Non è nel piano del presente lavoro un esame di dette anti­ nomie e degli accorgimenti escogitati dai logici per supe­ rarle. Tale indagine s'inquadra in uno scritto di metamate­ matica 1 piuttosto che in un lavoro elementare di logica, in quanto si collega (tanto da un punto di vista storico, come da quello teorico) ai fondamenti della matematica. La scala del calcolo dei predicati non si arresta al gradino relativo al secondo ordine, ma continua a salire tanto quanto si vuole 2. Per evitare le antinomie dobbiamo distinguere i predicati non soltanto a seconda del numero dei loro argomenti, ma in primo luogo secondo la natura degli argomenti stessi, nel senso che verrà ora precisato. Predicati del primo livello sono quelli che hanno come argomenti degli individui; si ha cosi il calcolo dei predicati del primo ordine, su cui ci siamo intrattenuti nei primi sette paragrafi del presente capitolo. Predicati del secondo livello sono quelli che hanno come argomenti individui, e predicati del primo livello; in questo ambito si svolge il calcolo dei predicati del secondo ordine cui abbiamo accennato ultimamente. E possiamo proseguire con i predicati del terzo livello, aventi come argomenti individui e predicati dei primi due livelli, e cosi via all'infinito.

'Cfr. nota 2, p. Il, dell'introduzione del presente libro. HILBERT e ACKERMANN, ed. inglese, pp. 152 e sgg.



6

Antiche e nuove logiche

6.1

Preliminari.

Agli inizi del secolo XX, almeno tra i pensatori matematici, era diffusa l'opinione secondo la quale la logica era una ed universale. Anche se per i postulati, nella concezione del sistema ipotetico-deduttivo, si ammetteva una scelta arbi­ traria da parte del matematico costruttore del sistema, per la logica non si accettava una simile arbitrarietà (si pensi a quanto scrive in proposito M. Pieri 1 ed al logicismo di B. Russell). Ma intorno al 1920 la situazione muta: indipendentemente, per opera del tukasiewicz e del Post, vengono costruite nuove logiche radicalmente diverse dalla logica tradizio­ nale 2. Tuttavia queste nuove logiche hanno lontane origini che vanno ricercate nel pensiero filosofico greco come è stato messo in rilievo specialmente dal tukasiewicz, che non fu soltanto ideatore di nuovi mondi logici, ma anche storico della logica antica e medioevale. Prima di presentare nei loro caratteri essenziali le nuove logiche nel pensiero contemporaneo, ci proponiamo di de­ lineare lo sviluppo delle idee relative alle logiche diverse da quella tradizionale, dall'antichità ai nostri giorni 3.

6.2

Diverse logiche nel pensiero antico.

Accanto alla logica che si andava sviluppando nella civiltà greca, specialmente per opera dei pensatori di preparazione e d'indirizzo matematico (v. paragrafo 1.1 del presente vo­ lume) compare fin dal V secolo a.C. nella filosofia di Eraclito la logica del divenire, nella quale vengono respinti i principi 1M. PIERI. • I. M. BOCHENSKI, pp. 405-407. Già nel 1917 il t.ukasiewicz aveva co­ struito una logica polivalente. • E. CARRUCCIO, 2.

Antiche e nuove logiche

121

d'identità e non-contraddizione: «nei medesimi fiumi scen­ diamo e non scendiamo, siamo e non siamo». La logica eraclitea, venne in un certo senso accolta nel sistema filosofico di Platone, come valida per il mondo sensibile, mentre il mondo delle idee risulta invece retto dalla logica dell'essere, d'ispirazione parmenidea. Si presenta cosi nel pensiero platonico un esempio di coesi­ stenza di due logiche diverse in due mondi distinti, ma nell'ambito di una stessa filosofia. La logica del divenire sarà ripresa in epoca moderna da idea­ listi e neo-idealisti. Si pensi alle affermazioni di B. Croce: «A è insieme non A ... ogni cosa si contraddice in se stessa» 1. Gli sviluppi di detta logicà, pur interessanti da un punto di vista filosofico, non hanno finora trovato, per quanto mi risulta, una vera e propria risonanza nel campo delle matematiche e delle scienze in genere. Invece neIl"'OpylXvov aristotelico, mentre troviamo svilup­ pata sistematicamente la logica bivalente, si profila la pos­ sibilità di logiche diverse, secondo un indirizzo di pensiero che finirà per condurre verso posizioni di singolare rilievo nella filosofia della matematica contemporanea. Si tratta del campo di validità del principio del terzo escluso, prin­ cipio che Aristotele enuncia nel modo seguente: «Data un'affermazione ed una negazione (di uno stesso giudizio) ... una di esse è vera e l'altra è falsa». Quanto si è detto, secondo Aristotele, vale, come si è notato (paragrafo 2.1 del presente scritto) per i giudizi, tuttavia il principio in que­ stione non si estende a tutte le affermazioni in quanto «non ogni discorso è un giudizio, ma quello cui si addice di essere vero o falso». L'eventualità di affermazioni né vere né false, non rimane nel pensiero di Aristotele come una vaga possibilità, ma si concreta, in armonia con i principi della filosofia peri­ patetica. Ivi, accanto alla necessità si presenta anche la contingenza, in quanto non vale un rigido determinismo: la situazione dell'Universo in un dato istante non deter­ mina in modo univoco l'avvenire dell'Universo stesso. Si pensi inoltre che una rigida applicazione del determinismo avrebbe distrutto il libero arbitrio, distruzione questa in contrasto con le vedute dello Stagirita. 1 B. CROCE, pp. 70-71.

122

Antiche e nuove logiche

In quest'ordine d'idee, affermazioni né vere né false sono quelle che si riferiscono ai futuri contingenti, cioè gli avve­ nimenti futuri che non sono determinati univocamente dalla situazione dell'Universo nel momento in cui si parla. Fondamentale a questo proposito è il capitolo IX del De in­ terpretatione, dove si fornisce il seguente esempio di afferma­ zione né vera né falsa: nell'anno prossimo avrà luogo una battaglia navale. Cosi Aristotele, mentre costruisce la logica bivalente, di cui delinea nettamente il campo di applicazione, non esclude la possibilità di una logica trivalente. Analogamente Euclide, mentre costruisce rigorosamente la teoria delle grandezze oggi dette archimedee, delimitandone il campo, riconosce tuttavia che al di fuori di questo si possono considerare grandezze che noi chiamiamo non archimedee, presentandone un suggestivo esempio 1. Anche un altro aspetto della logica di Aristotele fu motivo di ispirazione per il t.ukasiewicz nella costruzione delle nuove logiche; si tratta della logica modale, nella quale di un'affermazione non si considera soltanto il valore di verità, ma anche la necessità, la contingenza, la possibilità, l'impossibilità... . A tale proposito Aristotele osserva: «Ogni affermazione significa: o ciò che è, o ciò che è necessaria­ mente, o ciò che è in modo contingente». Tra le afferma­ zioni cosi classificate intercedono relazioni di cui Aristotele tratta nel De interpretatione ed altrove. La logica modale ha poi avuto ulteriori sviluppi per opera degli Scolastici medioevali, ed in epoca attuale nella teoria dell'implicazione stretta di C. J. Lewis. L'apertura aristotelica verso la logica trivalente è stata accolta dagli Epicurei, i quali erano sostenitori della con­ tingenza dell'Universo (introdotta mediante una piccola deviazione di carattere non deterministico, nel movimento degli atomi, la deviazione chiamata clinamen da Lucrezio), e del libero arbitrio (si pensi alla fatis avorsa voluntas dello stesso Poeta). A questo proposito abbiamo una testimonianza di Cicerone, il quale nel De Fato esprimeva cosi il suo parere: «In contrasto con l'opinione di Epicuro è necessario che di due proposizioni contraddittorie... l'una sia vera e l'altra l v. per esempio E. CARRUCCIO, l, pp. 81-84.

Antiche

e

nuove logiche

123

sia falsa: come "sarà ferito Filottete" fu vero prima di tutti i secoli, "non sarà ferito" falso. A meno che, per avventura, vogliamo seguire l'opinione degli Epicurei che dicono questi enunciati né veri né falsi: oppure vergo­ gnandosi di una tale asserzione, dicono tuttavia, ciò che è ancora piu scandaloso, che le disgiunzioni di proposizioni contraddittorie sono vere, ma che nessuna delle due pro­ posizioni è vera». Posizione antitetica a quella degli Epicurei viene sostenuta dagli Stoici. Secondo la loro filosofia vige nell'Universo un rigoroso determinismo che si estende anche al campo morale, dal quale viene escluso il libero arbitrio (si pensi, ad esempio, ai versi del poeta latino stoico, astronomo ed astrologo Manilio:

Fata regunt orbem, certa stant omnia lege). L'applicazione del principio del terzo escluso a tutta la Realtà, passata, presente e futura, con l'affermazione della validità universale della logica bivalente, è stata sostenuta in modo particolarmente vigoroso dal filosofo stoico Cri­ sippo. A tal proposito Cicerone, sempre nel De Fato, as­ serisce « si riterrà dunque ciò che viene sostenuto da Cri­ sippo: ogni affermazione è vera o falsa». Per i motivi considerati, il lukasiewicz osserva che le lo­ giche polivalenti, quelle cioè in cui esiste qualche altro va­ lore di verità oltre il vero ed il falso, non devono chiamarsi non aristoteliche ma piuttosto non crisippiche.

6.3

La logica trivalente nella filosofia medioevale.

Nella Scolastica medioevale viene ripresa in esame ed ap­ profondita, l'osservazione di Aristotele sulle affermazioni né vere né false: ne tratta S. Tommaso d'Aquino nel suo commento In libros peri Hermeneias e la questione attira anche altri pensatori medioevali. Elementi di particolare interesse per il nostro tema emer­ gono dagli scritti di G. Occam. Secondo l'interpretazione dell'Occam, Aristotele non nega il principio secondo il quale la disgiunzione di una propo­ sizione e della sua contraddittoria (A V A) è vera, ma ammette che certe proposizioni considerate in se stesse,

124

Antiche e nuove logiche

non sono vere e non sono false. Ritroviamo cosi la veduta epicurea considerata «piu scandalosa» da Cicerone. Le indagini di Occam sull'argomento si svolgono nel campo del calcolo delle proposizioni, nel quale viene introdotto fra il vero ed il falso un valore intermedio, quello relativo ai futuri contingenti, l'incerto. In particolare Occam si riferisce all'implicazione materiale 1 (A -->- B) e prende in esame casi in cui qualcuna delle due proposizioni date (antecedente e conseguente) è né vera né falsa. In modo particolarmente espressivo viene trattato il caso in cui l'antecedente è falso e il conseguente� è né vero né falso. In questo caso secondo l'Occam l'implica­ zione è vera, come è vera l'implicazione della logica biva­ lente in cui l'antecedente è falso. Tuttavia l'Occam finisce per respingere l'ipotesi dell'esi­ stenza di affermazioni né vere né false in base a considera­ zioni teologiche sull'onniscienza di Dio che sa quale delle due alternative A e A si attuerà in avvenire. La posizione dell'Occam nei riguardi della logica non cri­ sippica presenta qualche analogia con quella del Saccheri nei riguardi della geometria non-euclidea. Come il Saccheri, avendo dedotto significative conseguenze dalla negazione del V postulato di Euclide, fu un precursore della geometria non euclidea, ma affermò l'incondizionata validità della geometria euclidea, cosi l'Occam avendo in­ dicato alcuni sviluppi di un calcolo logico a tre valori di verità, può considerarsi un precursore delle nuove logiche, quantunque egli finisse per respingere la concezione da lui arditamente prospettata. v

6.4

Nuove logiche nel pensiero moderno.

Ai tempi di Galileo era ben viva la questione relativa ai valori di verità di affermazioni riguardanti i futuri contin­ genti. In una lettera al Granduca di Toscana, a proposito di previsioni relative ai risultati di certi lavori di bonifica, Galileo dichiara che secondo un principio ricevuto da tutti i sapienti de futuris contingentibus non est determinata ve1 Nella logica medioevale compaiono diverse forme d'implicazione. Che nel caso considerato si tratti d'implicazione materiale, è un'ipotesi.

Antiche e nuove logiche

125

ritas. Poi con il prevalere dell'interpretazione meccanicistica dell'Universo, si andò affermando il determinismo fisico fino a raggiungere la sua espressione pili. rigida e pili. generale nella concezione dell'intelligenza di Laplace 1. Questa visione della realtà, che tuttavia non era stata ac­ cettata integralmente dai sostenitori del libero arbitrio 2, venne superata in diverse direzioni sul terreno della critica dei concetti fondamentali della scienza. Si assiste cosi all'abbandono del rigido determinismo fisico nell'empirio­ criticismo di E. Maèh, nel contingentismo di E. Boutroux ed in altri indirizzi filosofici, fino a giungere al principio d'indeterminazione di Heis berg. Ma un orientamento verso nuove logiche, nel secolo XX, deriva anche da altre origini.

7J?

Ricordiamo in particolare che, secondo il filosofo ed etno­ logo francese L. Levy-Bruhl, la logica tradizionale in occi­ dente non è seguita da tutti i popoli della terra (si pensi ai primitivi). Nel campo del pensiero matematico conduce ad una parti­ colare logica l'intuizionismo 3 di L. E. J. Brouwer. La ma­ tematica che, secondo gli intuizionisti, è la parte esatta del nostro pensiero, è un'attività dello spirito, non un sistema di segni, ammette una sola sorgente: l'intuizione, non con­ siste nei classici procedimenti dimostrativi nei quali si applicano determinate regole logiche, ma nella costruzione di una successione di atti mentali singoli. In questo ordine d'idee vengono respinte le dimostrazioni esistenziali per assurdo, basate sul principio del terzo escluso, in quanto non conducono alla costruzione dell'elemento di cui si vuoI stabilire l'esistenza. Sempre secondo gli intuizionisti è impossibile esaurire, mediante un determinato sistema di regole logiche, le pos­ sibilità del pensiero esatto. Tuttavia una formalizzazione dei principi fondamentali della logica intuizionista, è stata effettuata dal discepolo e continuatore del Brouwer, A. Heyting. Tale logica non contiene fra i suoi principi quello del terzo

s. LAPLACE. Si pensi per esempio alle critiche mosse alle concezioni di Laplace da parte di P. RUFFINI . • F. LERDA, 1. l



126

Antiche e nuove logiche

escluso, ma nemmeno la sua negazione: semplicemente ne fa a meno. Come nella logica tradizionale, i valori di verità sono sol­ tanto due anche nella logica intuizionista, tuttavia in que­ st�ultima non vale il principio della doppia negazione

(A

eq A), in quanto l'assurdità dell'assurdità di poter ese­ guire una certa costruzione, non ci garantisce di sapere eseguire la costruzione stessa. Anche nella logica dei predicati dell'Heyting, di cui ora adottiamo il simbolismo, vale la formula [ricavabile dalla (6) del capitolo 4]: .

.

(Ex) [....,

A

(x)]::J ...., [(x) A (x)]

che si legge: se esiste un x che non gode della proprietà A, allora non è vero che per tutti gli x, x gode della proprietà A. Invece, nella logica intuizionista non vale l'implicazione inversa: ...., [(x)

A

(x)]::J (Ex) [-,

A

(x)],

in quanto l'aver stabilito che non è vero che per tutti gli x, x gode della proprietà A, non ci permette di concludere che sappiamo costruire un elemento x che non gode della proprietà A. Passando ora all'esame delle attuali sistemazioni delle logiche polivalenti, notiamo che motivi ispiratori del lukasiewicz (nelle sue teorie sugli argomenti predetti) furono l'incer­ tezza degli eventi futuri e la logica modale. Ma la costruzione di una di dette logiche non è necessa­ riamente legata ad una particolare interpretazione dei valori di verità. I punti di vista dai quali la questione si può pre­ sentare sono almeno due. Secondo il primo non si attri­ buiscono significati particolari di valori di verità, ma si sviluppa una logica ad n valori come un'algebra astratta (v. paragrafo 4.1 del presente lavoro) relativa alle operazioni eseguibili in un universo di n elementi. Secondo un altro punto di vista i valori di verità delle affer­ mazioni su cui si opera in una determinata logica vengono interpretati opportunamente in vari modi, come vedremo.

Antiche e nuove logiche

6.5

127

Logica trivalente.

Con le meditate ed ardite costruzioni delle logiche triva­ lenti compiute dal lukasiewicz e dal Post, si affermano decisamente nel mondo del pensiero contemporaneo le nuove logiche 1. Prendiamo ora in esame la logica trivalente dellukasiewicz. In un primo tempo ci porremo da un punto di vista astratto. I principi sui quali si basa la logica trivalente del luka­ siewicz sono i seguenti: a) una proposizione significativa nella logica trivalente ha un valore che s'indica convenzionalmente o con l o con l- o con o. b) Ciascuna proposizione non può avere insieme due o pili valori. Vengono introdotte alcune operazioni fondamentali sulle proposizioni significative considerate. Queste operazioni vengono definite in modo da risultare generalizzazioni delle principali operazioni della logica bivalente, assegnando valori in corrispondenza del nuovo valore t. Si ottengono cosi le seguenti matrici che definiscono rispet­ tivamente la negazione, la disgiunzione, la congiunzione e l'implicazione materiale. Indicheremo questa volta le ope­ razioni considerate con le notazioni di lukasiewicz, rispet­ tivamente con Np, Apq, Kpq, Cpq. -- --

p

--�-

Apq

O

t

r-

I

O

I

O

O

t

I

t

l-

l -2

l "2

t

I -

I

O

I

l

I

I

Kpq

O

O

O

t

O

!

O

t

�-

I

Np

A. BELLETTI.

--

- _._--.---.--�

Cpq

--

O-----

O

--- --- - -



O

---

l

O

- _.

l O

-�

128

Antiche e nuove logiche

Si noti che secondo questo simbolismo il segno dell'opera­ zione precede sempre l'argomento o gli argomenti, e non oc­ corrono le parentesi (v. paragrafo 7.2 del presente lavoro). Sulla base delle matrici considerate è concettualmente facile studiare le proprietà delle operazioni introdotte. Si osserva per esempio che, come nella logica bivalente, cosi nella triva­ lente ora definita vale il principio della doppia negazione NN p=p

e si conservano le proprietà commutative della disgiunzione e della congiunzione. Invece non vale piu la relazione della logica bivalente: Cpq A N p q 1. Come si comprende facilmente è possibile procedere su di un terreno puramente formale all'assiomatizzazione: un sistema assiomatico della logica trivalente è quello del Waisberg (1931). Passiamo ora all'esame di alcune interpretazioni della logica trivalente. Particolarmente notevole dal punto di vista concettuale, è l'interpretazione della logica trivalente all'interno della lo­ gica bivalente: viene cosi richiamata al nostro pensiero, per analogia, l'interpretazione di ciascuna delle geometrie non-euclidee all'interno della geometria euclidea. Il procedimento che ora esporremo è stato indicato dal Post e completato dallo Zawirski. Ai fini dell'interpretazione considerata, si fanno corrispon­ dere ad ogni proposizione p della logica trivalente, due proposizioni p' e p" della logica bivalente, dette trasposte, secondo le seguenti regole: =

p

=

1 quando e soltanto quando p'

=

1 e p"

=

1

p

=

t quando e soltanto quando p'

=

1 e p"

=

O

P

=

O quando e soltanto quando p'

=

O e p"

=

O.

Resta escluso il caso p' O, p" 1. Ad ognuna delle funzioni fondamentali della logica triva­ lente Np, Kpq, Apq, Cpq, che in generale indicheremo con =

=

1 Si tratta della formula che, i n logica bivalente e con la notazione di Hilbert abbiamo scr itto sotto la forma: P --+ Q .eq. l'v Q. Questa re­ lazione nella logica trivalente di lukasiewicz, cade in difetto per p = '/.

e q

=

'/•.

Antiche e nuove logiche

129

F, facciamo corrispondere due espressioni della logica bi­ valente secondo la seguente tabella: Nella . logica trivalente

Trasposte nella logica bivalente

p

p'

p"

Np

Np'

Np"

Kpq

Kp'q'

Kp"q"

Apq

Ap'q'

Ap"q"

Cpq

Cp'q'

Cp"q"

F'

F"

In generale F

--

I valori di F verranno determinati in base alla tabella.

F'

F"

F

O

O

O

O

1

t

1

O

t

1

1

1

Attribuendo a p' p" q' q" i possibili valori di verità della logica bivalente secondo le regole stabilite, si calcolano per le diverse operazioni le F' ed F", da cui si ottengono i va­ lori di F secondo l'ultima tabella. Come si verifica, i valori ottenuti risultano coincidenti con quelli che compaiono nelle matrici che definiscono Np, Kpq, Apq, Cpq nella logica trivalente. Invece di considerare p' e p" in modo puramente astratto, possiamo anche darne interpretazioni varie. Fra queste è particolarmente significativa, per motivi storici già consi­ derati, un'interpretazione in logica modale. In quest'ordine d'idee poniamo: p' " p

=

p è possibile

=

p è vero.

130

Antiche e nuove logiche

Avremo quindi:

p p p

l, significa p è vero (ed è possibile) significa p è possibile (ma non è vero) O, significa p non è possibile (e non è vero).

=

t,

=

=

Si può comprendere ora perché è stato escluso il caso O e p" l, che si sarebbe interpretato p è impossibile ma è vero... . Un'altra interpretazione della logica trivalente riguarda la fisica quantistica ed il principio d'indeterminazione di Hei­ senfuerg 6 h �p . q

p'

=

=



;;:, 41t

dove �q e �p sono le incertezze relative alla misura rispet­ tivamente della coordinata lagrangiana q e del relativo mo­ mento coniugato, mentre h è la costante di Planck. Secondo H. Reichenbach, la logica bivalente non si presta per esprimere il principio enunciato, come pure il principio di complementarità di Bohr: di due affermazioni Pl e ql relative rispettivamente a grandezze p e q complementari, una sola può essere asserita o negata. Il principio di com­ plementarità si esprime per mezzo della seguente matrice.

i valori di Pl e ql possono coesistere

Pl

ql

O

O

O

1 2"

1

O

1

O

t

O

1

t

t

1

1-----

O

t

l

1

1

O

O

1

l

1

1

1

O

Un'altra interessante interpretazione della logica trivalente si presenta nel campo della teoria delle macchine calcola-

Antiche e nuove logiche

131

trici ed è stata studiata dal Moisil. Se facciamo corrispon­ dere al vero (l) ed al falso (O) del calcolo proposizionale, rispettivamente il circuito chiuso ed il circuito aperto, il valore intermedio (t) corrisponde allo stato transitorio in cui avviene il passaggio del circuito dallo stato di apertura a quello di chiusura o viceversa 1.

Problemi 6.5

l. Si verifichino con l'impiego delle matrici le seguenti afferma­ zioni del t.ukasiewicz: sono sempre vere (di valore l) le espressioni:

CCpqCCqrCpr CpCNpq; invece (diversamente da quanto avviene in logica bivalente) non è sempre vera l'espressione:

CCNppp. Si controlli quest'ultima per p p.406.

6.6

=

1/2: v. I. M. BOCHENSKI

Altre logiche polivalenti.

Una volta costruita la logica trivalente rimane aperta al pensiero la via per passare, piu in generale, a logiche con n valori per n intero qualsiasi. I principi di una di queste logiche, ideata da t.ukasiewicz e da Tarski, sono i seguenti: Ogni proposizione significativa nella logica considerata ha sempre uno dei valori k/(n - 1), in cui k varia da O ad n-l estremi inclusi.

a)

b)

Ogni proposizione non può avere, contemporaneamente,

2 o più valori. Anche questa logica può essere trattata come un'algebra astratta (senza attribuire particolari significati ai valori di verità), o invece assumere un'interpretazione.

1

GR. C. MOISIL.

132

Antiche e nuove logiche

Particolarmente espressiva, ma non unica né privilegiata tra le interpretazioni, è quella probabilistica. Consideriamo un insieme di eventi in cui i casi possibili siano m n-l. I valori di verità di cui si tratta nel prin­ cipio a) si possono interpretare come la probabilità di tali eventi. Consideriamo ad esempio come evento il risultato del lancio di un dado, consistente nella relativa comparsa di un nu­ mero da 1 a 6, estremi inclusi, sulla faccia superiore. I casi possibili sono m 6. La probabilità che compaia una faccia con un numero minore di 1 o maggiore di 6 è O/6 O corrispondente all'impossibilità, la probabilità che compaia un numero prefissato da 1 a 6 è 1/6, la proba­ bilità che compaia uno di due numeri prefissati da 1 a 6 è 2/6 1/ 3, e cosi via fino alla probabilità che compaia uno dei numeri da 1 a 6 che è la certezza. Queste 7 proba­ bilità possono costituire un'interpretazione di una logica a 7 valori di verità, relativi a proposizioni del tipo: si veri­ ficherà l'evento E (riguardante il risultato del lancio di un dado) nel senso sopra indicato. Osserviamo che è anche possibile considerare logiche per le quali valgono principi diversi da quelli a) e b) sopra considerati. In particolare può darsi che per una certa af­ fermazione possano coesistere due o piu valori di verità. Questo caso si verifica nella logica a 5 valori, suscettibile di due interessanti interpretazioni, l'una nella logica modale, l'altra nel linguaggio normativo della filosofia del diritto 1. In quest'ordine di idee abbiamo il quadro rappresentato a p. 133, dove, sotto ogni espressione simbolica, compare tra parentesi l'interpretazione. =

=

=

=

È anche possibile costruire una logica ad infiniti valori di verità; questa logica è stata trattata da lukasiewicz e Tarski nel 1930, sulla base dei due seguenti postulati fondamentali. a') Tutte le proposizioni significative hanno un valore di verità rappresentabile da un numero razionale x, tale che

O�x�1. Ogni proposizione significativa non può' avere valori contemporaneamente.

b')

1 N. BOBBIO. Sulla logica deontica,

v.

G. DI BERNARDO.

2

o piu

Antiche e nuove logiche

133

Logica modale

Linguaggio normativo del diritto

p

p

(proposizione)

(comportamento) -.-------_.._ .. _.---- _ .. _----

2� (p è

cp (p è

necessaria)

obbligatorio)

------- ----------- -------- ------

211p (p è

possibile)

�P(p) (p è permesso)

2Z

P

e,...p ..,

"'-'

(è necessario che non sia p, cioè p è impossibile)

(è obbligatorio che non sia p, cioè p è proibito)

---- _. _--

2/1,....., p (è possibile che non sia

p)

�p,.....,

p

(è permesso che non sia

cip . fj' p (p e non p

21lp· 2/1,....., p (p è contingente)

p)

"'-'

sono entrambi

permessi).

Anche in questo caso è possibile definire le operazioni fondamentali. Naturalmente nel caso considerato non si scrivono completamente le matrici, in quanto risultereb­ bero costituite da infiniti elementi, ma si danno regole di formazione degli elementi stessi, per ciascuna operazione che si vuoi definire. Per definire la negazione Np e la implicazione Cpq, detto x il valore di p, e y il valore di q, possiamo porre valore di valore

Np Cpq

=

=

1

min

-

x

(1,

1

-

x +

y)

cioè il valore della proposizione p implica q, è uguale al minimo fra i due numeri 1 e 1 x + y. Come il lettore può verificare, queste due definizioni, nel caso della logica trivalente, danno luogo alle matrici già considerate. Una interpretazione di queste logiche è quella probabili­ stica: il valore di verità della proposizione p s'interpreta come probabilità del verificarsi di p. -

134

6.7

Antiche e nuove logiche

Considerazioni sul significato filosofico delle nuove logiche.

Le costruzioni delle nuove logiche, di cui abbiamo rievo­ cato le lontane origini, e tracciate nelle grandi linee le attuali strutture, si presentano, da un punto di vista formale, nitide e precise. Tuttavia, considerate da un punto di vista gnoseologico, suscitano gravi ed importanti problemi al nostro pensiero filosofico. L'esistenza di logiche diverse, innegabile in quanto tali lo­ giche sono state costruite, desta ben comprensibili per­ plessità, andando contro la tradizionale ed intuitiva opi­ nione secondo la quale la logica è una sola e valida per tutte le menti. Di fronte a questa situazione gli atteggiamenti possibili del pensiero sono diversi e suscettibili di varie sfumature. Secondo il convenzionalismo logico di R. Carnap (inqua­ drato nel neopositivismo e nel neo-empirismo derivanti dal Circolo di Vienna) nessun sistema di regole di deduzione deve considerarsi privilegiato; in logica non esistono impe­ rativi categorici; il compito del logico consiste nello svilup­ pare i sistemi possibili sulla base di convenzioni libera­ mente poste 1. Per F. Severi invece, in un ordine d'idee conforme alle tradizioni piu diffuse fra i pensatori matematici, le nuove logiche sono soltanto capitoli di algebre astratte, mentre la vera logica è soltanto quella tradizionale 2. Questa conce­ zione trova conferma nel fatto che le nuove logiche (come abbiamo visto in taluni casi, e potrebbe stabilirsi in altri) sono interpretabili nella logica bivalente tradizionale 3. Considerando la questione da un altro punto di vista, pos­ siamo osservare che anche se, in linea di principio, non si attribuisce una posizione privilegiata alla logica tradizio­ nale, si presenta tuttavia una fondamentale questione. Esi­ ste una logica À mediante la quale all'interno di ciascuna logica particolare L si attua la corretta applicazione delle regole di deduzione proprie di L? Se questa logica À, come ci suggerisce la nostra intuizione, esiste, essa è immanente 1 L. GEYMONAT, 1 pp. 130-131. , F. SEVERI, 1, p. 37. F. SEVERI, 2, p. 238.

3

Antiche e nuove logiche

135

in ogni ragionamento corretto ed è nello stesso tempo trascendente, in quanto è al di là di ogni logica particolare, può chiamarsi la Logica Suprema, non può ridursi ad un sistema di assiomi e di regole di deduzione, perché in tal caso diventerebbe una logica particolare. Ma esiste la Lo­ gica Suprema? La domanda è difficile e coinvolge i piu gravi e profondi problemi del mondo del pensiero. Ci limi­ tiamo alle seguenti osservazioni. Non è possibile dare una dimostrazione di carattere deduttivo dell'esistenza della Logica Suprema, in quanto la dimostrazione in questione per raggiungere il suo obbiettivo non potrebbe basarsi sopra una logica particolare, e allora dovendosi svolgere nell'am­ bito della Logica Suprema, dovrebbe postulare proprio l'esistenza da dimostrarsi. Si cadrebbe quindi in un circolo vizioso. D'altra parte nemmeno si potrebbe dimostrare che la Lo­ gica Suprema non esiste, perché questa dimostrazione d'ine­ sistenza (come quella d'esistenza di cui si è detto) non potrebbe svolgersi in una logica particolare e quindi dovrebbe basarsi su quella Logica, di cui si vorrebbe dimostrare che non esiste... . Si cadrebbe dunque nell'assurdo. Concludiamo che l'esistenza della Logica Suprema può essere accettata (non senza buoni motivi) ma soltanto in base all'intuizione.

7

7.1

Linguaggi ideografici della logica

I simboli nel progresso della scienza.

Il simbolismo di cui abbiamo fatto largo uso nella presente esposizione dei principi della logica, si considera come una particolare forma di linguaggio scientifico. Quest'ultimo si distingue dal linguaggio ordinario per la sua precisione, in quanto un segno o un insieme di segni di un linguaggio scientifico deve soddisfare l'esigenza di avere, per coloro che l'impiegano, un unico significato, ciò che non sempre avviene nel linguaggio ordinario. Un'altra importante distinzione è quella fra linguaggio fonetico e linguaggio ideografico. Le lettere dell'alfabeto e le loro riunioni in sillabe e parole, nella grande maggio­ ranza dei linguaggi in uso attualmente, rappresentano dei suoni, e i linguaggi di cui fanno parte si dicono fonetici. Altri linguaggi come quelli dei geroglifici egiziani e cinesi mirano ad esprimere degli oggetti o delle idee, vengono quindi detti ideografici. I segni ideografici cinesi hanno attirato l'attenzione di alcuni logici matematici fra i quali ricordiamo Leibniz che, come riferisce G. Peano, osservava: « Non so se vi è mai stato nella scrittura cinese un vantag­ gio che si avvicini a quello che deve trovarsi necessaria­ mente nella caratteristica che io progetto» l. La « characteristica» di Leibniz, i simbolismi dell'algebra, dell'analisi infinitesimale e della logica matematica sono esempi di linguaggi ideografici. Anche se non s'intende sopravalutare l'importanza dei segni, fino ad eliminare il pensiero dalle teorie razionali, si con­ sidera tuttavia il progresso della scienza strettamente legato al perfezionamento del linguaggio scientifico: si pensi ai risultati raggiunti mediante l'impiego dei simbolismi sopra . ricordati. Ritornando alla logica, pur non proponendoci di narrare I Traduzione dal francese del passo riportato da G. PEANO, 3, p. 353. Sulla « characteristica» di Leibniz, v. introduzione e paragrafo 1.4 del presente libro.

Linguaggi ideografici della logica

137

la storia dell'evoluzione del suo simbolismo l, ricordiamo che un uso di segni, costituiti da lettere dell'alfabeto greco per indicare concetti, compare nell"'OpyotVoV di Aristo­ tele 2. Come si è visto (paragrafo 1.4) il simbolismo logico acquista potente rilievo con la characteristica universalis di Leibniz, il quale cosi esprime le esigenze cui deve soddisfare un sim­ bolismo scientifico. « Ai simboli è da richiedere che essi si prestino alla ricerca; ciò succede principalmente quando essi esprimono in modo conciso e quasi dipingono l'intima natura della cosa perché essi allora risparmiano mirabil­ mente lo sforzo del pensiero» 3. Ai fini cosi espressi tende ognuno dei simbolismi che sono stati via via introdotti nel campo della logica.

7.2

Sguardo panoramico ai simbolismi logici ora in uso, e problema della loro unificazione.

I progressi compiuti nel simbolismo logico negli ultimi decenni non ci hanno ancora condotto all'unità di un linguaggio universale accettato da tutti gli scienziati del mondo (mentre tale scopo è stato da tempo raggiunto in diversi rami delle matematiche e in altre scienze). Tuttavia l'inconveniente è meno grave di quanto si potrebbe temere, dato che i concetti fondamentali e le operazioni della logica (con le relative proprietà) si sono ormai af­ fermati e diffusi con una notevole uniformità; pertanto la traduzione delle formule da un simbolismo all'altro di solito non è difficile. Sorvolando sui sistemi di segni aventi ormai un interesse soltanto o prevalentemente storico diamo un rapido sguardo generale ai principali simbolismi oggi in uso. Talune analogie fra proprietà delle operazioni aritmetiche ed operazioni logiche nel calcolo delle proposizioni e delle classi, hanno indotto il Boole ad adoperare il segno « + » 1 Interessanti notizie sull'argomento si trovano negli scritti di G. PEANO, 2 e 4 e nell'opera di I. M. BOCHENSKI: v. specialmente pp. 541-544 e re­ lativi rinvii. • G. PEANO, 4, p. 5. 3 Da una lettera di Leibniz a Tschirnhaus del 1678, citata da G. CASTEL­ NUOVO, p. 115.

138

Linguaggi ideografici della logica

per indicare la riunione di classi e la disgiunzione di pro­ posizioni, ed il segno « X » per indicare l'intersezione e la congiunzione. Il simbolismo di Boole è tuttora usato nella teoria delle macchine calcolatrici l. G. Peano invece per soddisfare un'esigenza di maggiore chiarezza ha preferito usare segni diversi per le operazioni artimetiche e per quelle logiche, impiegò tuttavia gli stessi segni per le operazioni sulle proposizioni e per quelle corrispondenti sulle classi. Si noti che per Peano il segno « �» posto fra i simboli di due proposizioni non rappresenta propriamente un'im­ plicazione materiale, ma una nozione primitiva che si esprime nel linguaggio comune con « dunque» 2. Il simbolismo del Peano è stato in gran parte accolto nei Principia di Whitehead e Russell. Hilbert e Ackermann introducono segni per le operazioni sulle proposizioni, diversi da quelli per le operazioni sulle classi. A tale sim­ bolismo ci siamo in genere attenuti nel presente libro, attingendo alle diverse edizioni dei Grundziige der theore­ tischen Logik. Si distingue dai precedenti simbolismi quello di t.ukasiewicz, usato nella logica bivalente come pure nelle polivalenti e per queste ultime seguito nel capitolo 6. Una caratteri­ stica particolare del simbolismo del t.ukasiewicz consiste nella possibilità di fare a meno sia delle parentesi sia dei punti di separazione 3 nelle formule. Questo risultato viene ottenuto scrivendo il segno che indica l'operazione, prima degli argomenti sui quali opera. Per interpretare corretta­ mente dette formule occorre fissare l'attenzione sul numero di argomenti cui si riferisce una determinata operazione. Esistono anche parecchi altri simbolismi, piò o meno col­ legati con quelli cui si è accennato. Per fornire un sommario quadro panoramico dei principali simbolismi ora in uso, e per facilitare al lettore la tradu­ zione delle formule da un simbolismo ad un altro, presen­ tiamo la tabella a pago 139. Il confronto dei diversi sistemi di segni logici oggi usati rende evidente l'opportunità di giungere all'unificazione oei simbolismi considerati. Si ritiene che l'intento sia da raggiungersi attraverso op1 F. LERDA, 2. o v. p. es. G. PEANO, 3, pp. 315-316; 4, p. 3. • Tali punti sono· stati adoperati dal Peano.

Tavola comparativa di alcuni simbolismi logici. delle p roposizioni

Calcolo

Calcolo

Congiunzione

Disgiun' zione

Implica. zione

Doppia implicazione

p Xq

p +q

p >q

p =q

-p

p nq

p Uq

p "Jq

'q p= -

RUSSELL

-p

P'q

pVq

p "Jq

p

e ACKERMANN, 1928

P

P& Q

PVQ

P--..Q

P-Q

Negazione

p

800LE

PEANO

Appartenenza

xea

Complementoz;one

Quantificazioni Intersezione

Unione

b

a+b

Universale

Esistenziale

Inc/usione

Identità

a