Mito e verità. Uno studio sul De Iside et Osiride di Plutarco 9788834332337

Pia De Simone ha inserito nell’usuale tipo di esegesi dei testi platonici dell’epoca imperiale il contributo in forma es

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Mito e verità. Uno studio sul De Iside et Osiride di Plutarco
 9788834332337

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Pia De Simone ha inserito nell'usuale tipo di esegesi dei testi platonici dell'epoca imperiale il contributo in forma estesa e sistematica della coetanea tradizione esegetica di Plutarco. In questo caso ha messo in gioco tutta la visione platonica del mito e del suo rapporto, non sempre facile da decifrare, con il logos filosofico. Il trattato plutarcheo De lside et Osiride viene presentato secondo un livello di lettura filosofico di matrice medioplatonica e uno storico-religioso che vede nel De lside una testimonianza unica e fondamentale per la ricostruzione dei culti religiosi egizi. Il mito, attraverso l'ermeneutica allegorica, elabora un'immagine della verità e assume così un valore argomentativo e filosofico che va ben oltre quello a cui di solito viene deputato. Il mito di lside e Osiride, infatti, riesce, tra le altre cose, a trasmettere l'impianto antologico della filosofia plutarchea e teorie cosmologiche non facilmente comunicabili attraverso una deduzione dialogica. L'autrice è giunta a soluzioni significative sul problema dell'allegoresi in relazione all'apologetica, mostrando che quest'ultima, pur essendo preponderante prima del Medioplatonismo e in ambito giudaico-alessandrino, nel caso di Plutarco ha una valenza minore, tutt'al più limitata ad aspetti secondari; l'allegoresi del Cheronese, infatti, ha un valore esclusivamente ermeneutico. De Simone porta a sintesi vari filoni di indagine (filosofica, religiosa, ermeneutica) in una formula chiara e convincente e per questo il suo libro è utile - e, per certi aspetti, indispensabile- all'economia della collana e in genere alle ricerche sui rapporti fra filosofia e religione.

Roberto Radice

Comitato scientifico G. Cornelli (Università di Brasilia), M. Fatta! (Università di Grenoble), J. Halfwassen (Università di Heidelberg), M. Migliori (Università di Macerata), G. Reydams Schils (Università di Notre Dame), J.M. Rist (Università di Toronto), C. Rossitto (Università di Padova).

Pia De Simone '

MITO E VERITA UNO STUDIO SUL "DE ISIDE ET OSIRIDE" DI PLUTARCO

w

VITA E PENSIERO

La pubblicazione di questo volume ha ricevuto il contri­ buto finanziario dell'Università Cattolica del Sacro Cuore sulla base di una valutazione dei risultati della ricerca in essa espressa.

www.vitaepensiero.it

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Cen­ tro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail: [email protected] e sito web www.clearedi .org

© 2016 Vita e Pensiero- Largo A. Gemelli, l- 20123 Milano ISBN 978-88-343-3233-7

Qutd est aliud beate vivere, nisi aeternum aliqutd cognoscendo habere? Agostino, De diversis quaestionibus 35, 2

Alla mia famiglia, miracolo di un Bene presente

PREFAZIONE di Maria Luisa Gatti

Questa rigorosa monografia sul De /side et Osiride di Plutarco si col­ loca, con la sua autonomia e specificità, nel quadro di avanzate ricerche promosse da studiosi di storia della filosofia antica dell'Università Cattolica su allegoria, allegoresi ed etimologia nel pensiero antico, con particolare attenzione ad autori e correnti connessi con tali problemati­ che, come gli Stoici, Filone di Alessandria, Plutarco e i Medioplatonici. Ciò ha condotto alla realizzazione di rilevanti pubblicazioni nella collana "Temi metafisici e problemi del pensiero antico. Studi e testi" dell' editrice Vita e Pensiero, correlate con una ricca serie di monografie, articoli, commentari e traduzioni dedicati a tali tematiche. In questo contesto sono da segnalare in primo luogo gli studi su alle­ goria e filosofia in generale, a partire dal volume del

2004 di l. Ramelli,

G. Lucchetta e R. Radice sull'allegoria nell'età classica': si tratta di una ricostruzione assai documentata e approfondita della storia dell'allego­ ria dalle origini fino al I-II secolo d.C. In parallelo Ramelli ha tradotto sistematicamente i testi degli allego­

2007 insieme a Radice2 - il quale sottolinea nella Prefazione3 che il tema dell'allegoria non ha ancora ricevuto il posto che merita nella storia del pensiero antico-, l'ampia raccolta Allegoristi del­ l 'età classica: opere e frammenti, con un'appendice sul Papiro di Derveni. Sono da accostare a questi saggi anche il Compendio di teologia greca di L.A. Cornuto4, uscito nel 2003, il volume di Radice e Ramelli del 2008 sugli Stoici romani minori, con molti scritti riguardanti l'alle­ risti, realizzando nel

goria in ambito teologicos, e i testi di Musonio Rufo, Stoico romano­ etrusco, pubblicati da l. Ramelli nel

200 1 6,

In secondo luogo sono da evidenziare le ricerche di Radice sull'alle­ goria e l'allegoresi in Filone Alessandrino, pubblicate in saggi quali

Allegoria e paradigmi etici in Filone di Alessandria. Commentario al "Legum allegoriae " del 20007, e Allegoria. Evoluzione del concetto e del metodo nel pensiero greco del 20 108. Strettamente connesso con il tema dell'allegoria è quello dell' etimo­ logia, di cui io stessa mi sono occupata in riferimento al

Crati/o

di

Platone, che interpreta in particolare molte etimologie di nomi di dèi ed entità della sfera divina9.

MARIA LUISA GAITI

8

Nella stessa collana sono state pubblicate anche la classica monogra­ fia di D. Babut su Plutarco e gli StoiciiO, e quella di

J.

Dillon sul

Medioplatonismo11. Si rilevi inoltre, per quanto riguarda il quadro complessivo delle ricerche sul pensiero antico, che gli studi tanto sulla problematica del­ l'allegoria12, quanto su Plutarco e la sua filosofia, in connessione con il Medioplatonismo1J, stanno attraversando una fase di grande incremento e approfondimento in ambito nazionale e internazionale. Vediamo ora più da vicino alcuni punti nodali relativi a queste pro­ blematiche. R. Radice ha ripreso e precisato di recente il piano di ricerca da lui elaborato sull'allegoresi, in particolare in relazione alla teologia degli Stoici, di Plutarco, di Cheremone, sullo sfondo del Platonismo e del Giudaismo Alessandrino14. Radice richiama l'attenzione sia sullo stretto legame fra religione e filosofia tipico del pensiero stoico, con l'articolato apparato "ermeneu­ tico" dei miti teologici creato da questa scuola grazie anche all'uso sistematico dell'etimologia, sia sull'interpretazione allegorica dei miti e dei riti elaborata da Plutarco, in stretto parallelismo con l'esegesi stoica. Il metodo allegorico stoico indirizzò numerosi allegoristi dell'età imperiale a una rilettura in chiave di

henoteismo 1 5 dei testi religiosi non

solo dei Greci, ma degli Etruschi (da parte di Musonio Rufo), dei Fenici (con Filone di Biblo), degli Egizi (con Cheremone di Alessandria16). In un contesto molto differente tale allegorismo, in connessione con il monoteismo biblico, influenzò anche il Giudaismo e il Cristianesimo17. In questa temperie culturale e filosofica si colloca la posizione erme­ neutica di Plutarco, con analogie metodologiche e differenze dallo Stoicismo nell'esegesi dei miti, sulla base di una diversa concezione filosofica1s. Nel caso di Plutarco e in particolare del De lside

et Osiride è da veri­

ficare la sua adesione al modello del "diteismo polare" ispirato alla pro­ tologia di Platone, piuttosto che a un modello orientato alla trilogia Idee­ materia-Demiurgo19, tipico del pensiero plutarcheo e medioplatonico.

l. Allegoria ed allegoresi nel pensiero greco-romano dell 'età classica e in Filone d 'Alessandria Prima di trattare più precisamente del De lside

et Osiride di Plutarco

per quanto riguarda l'allegoria in ambito filosofico- in connessione con

PREFAZIONE

9

la problematica teologica e con l'uso etimologico -, può essere utile richiamare, soprattutto sulla base della ricchissima ricostruzione di Ramelli e Lucchetta e degli studi innovativi di Radice, le tappe principa­ li della storia dell'allegoria e dell' allegoresi nel pensiero antico, in cui il

De lside et Osiride si inserisce come frutto di una ricca

tradizione,

Ramelli e Lucchetta hanno evidenziato, dopo una fase iniziale, due distinte correnti di allegoristi, da un lato gli Stoici, che hanno creato con­ cetti-chiave e regole di fondo determinanti nella tradizione allegorica, dali' altro gli Aristotelici, che hanno preferito un'esegesi di carattere sto­ rico-razionalistico, che cerca di interpretare gli elementi più incredibili,

apista,

riconducendoli a fatti storici da cui sarebbe nato per fraintendi­

mento un mito. Sebbene la lettura allegorica del mito sia stata intesa come problema filosofico solo con lo Stoicismo, esistono indizi ed esempi di allegoria anteriorizo. La necessità di un'esegesi non letterale dei testi emerse ben presto di fronte a narrazioni non consone ai caratteri del divino, ad esempio nelle critiche di Senofane e di Eraclito al senso letterale del mito, nella diffu­ sione della categoria del simbolico in ambito pitagorico, nelle interpre­ tazioni della teologia di Anassagora, Democrito, Socrate e Antistene. Teagene di Reggio già alla fine del V I secolo, secondo uno scolio porfiriano di carattere stoicheggiante, sostenne un'interpretazione "alle­ gorica" di Omero di tipo fisico ed etico per salvare il poeta dall'accusa di empietà2I. Platone invece nella

Repubblica

criticava sia il mito, sia la sua alle­

goresi: dato che i poeti in quanto imitatori non attingono alla verità, l'e­ segesi allegorica, che cerca una verità espressa simbolicamente, risulte­ rebbe inutile22. Si deve però precisare, come notano acutamente Radice e De Simone, che Platone non può essere escluso dalla storia dell'allegoria23, in quanto devono essere attentamente vagliati la sua posizione nei con­ fronti della poesia e del mito nelle strategie argomentative dei vari dia­ loghi, per esempio nelle Leggi24, e il suo uso filosofico di figure di simi­ larità e omologia, nonché del mito stesso. Per parte sua Aristotele nella

philomythos,

Metafisica accostava, come è noto, philosophoszs, e considerava

colui che ama il mito, al

il il

mito espressione di un'antichissima sapienza originaria, ritrovata e nuo­ vamente perduta26. Grazie all'esegesi allegorica anche Aristotele, come succederà poi con gli Stoici, poteva utilizzare Omero in appoggio alle proprie teorie27.

MARIA LUISA GATTI

IO

Se dallo scolio porfiriano sembra emergere che Teagene fosse l'in­ ventore dell'allegoria, questo termine in realtà è più tardo. Ramelli ricorda che comparve tra i grammatici nelle definizioni di questa figura retorica, come per esempio in Trifone (l secolo a.C.), che definiva l'al­ legoria un discorso che "in senso letterale indica una cosa, mentre ne intende un'altra"2M. Cicerone nel

De oratore presentava

l'allegoria come una concatena­

zione di traslati; così pure l'autore della Rhetorica

deva la permutatio, traduzione di allegoria.

ad Herennium

inten­

Sebbene l'allegoria fosse già presente fin dal periodo più antico, furono gli Stoici a concepirla come parte integrante della loro filosofia e a sistematizzarla. Analogamente benché l'etimologia fosse presente anche al di fuori dell'ambito filosofico, con gli Stoici divenne uno snodo decisivo dell'allegoresi applicata alla teologia. Per Zenone, che realizzò commenti a Omero e a Esiodo, la poesia ha un preciso significato, riguardante la filosofia, in quanto tocca temi teo­ logici ed etici; le sue etimologie ebbero un grande influsso sui posteri a distanza di secoli29. Cleante non solo ha cercato di conciliare i testi poe­ tici con le dottrine stoiche mediante etimologie di carattere teologico, ma ha anche creato immagini allegoriche etiche con prosopopee3°. Crisippo, che considerava il mito una delle tre forme di conoscenza degli dèi, insieme con la fisica e le leggi, si è avvalso sistematicamente dell'allegoresi da un punto di vista filosofico e teologico, facendo uso anche di etimologiel r. Da ricordare, oltre a Diogene di Babilonia, che ha ulteriormente svi­ luppato l'esegesi allegorico-etimologica di nomi di dèi, è Antipatro di Tarso, che ha interpretato allegoricamente i nomi di divinità anche extra-greche, ad esempio siriache, e ha citato i poeti a sostegno delle proprie dottrine32. In secondo luogo, per quanto attiene all'esegesi storico-razionalista del mito in ambiente peripatetico, se per gli allegoristi legati all'erme­ neutica stoica all'origine del mito vi era una verità di carattere fisico­ etico, comunicata simbolicamente, per gli interpreti storico-razionalisti alla base del mito vi era una un fatto realmente accaduto, che aveva poi preso per un travisamento caratteri fantastici33. Questa ermeneutica cerca di spiegare gli elementi più incredibili,

apista,

delle narrazioni

mitiche. Esponenti di questa corrente sono Palefato, che si diceva discepolo di Aristotele, e sosteneva che un evento storico era stato travisato, spes-

Il

PREFAZIONE

so con l'equivocazione d i un nome, dando origine a u n mito; Eraclito, autore del

De incredibilibus;

l'Anonimo Vaticano

De incredibilibus,

in

cui emerge un lieve sincretismo tra i metodi. Echi di Palefato si trovano anche in Strabone, in Virgilio, Ovidio e in altriH. Nel mondo latino è da segnalare innanzitutto Cicerone, in particolare per il

De natura deorum,

un rilevante contributo al pensiero teologico

giuntoci dall'antichità classica35, con l'allegoresi teologica del secondo e del terzo libro, implicante anche svariate discipline, quali la fisica, la poesia, l'etimologia, la logica, la linguistica, la retorica, l'astronomia, l'etica e l'antropologiaJ6. Se Epicuro condannava la poesia, Filodemo di Gadara invece citava Omero a sostegno delle proprie tesi e lo considerava fonte di insegna­ menti etici, sottoponendone il testo a esegesi morale e politica. Di Lucrezio Ramelli richiama le etimologie legate all'allegoresi teologica; di Orazio ricorda l'esegesi allegorica di miti in senso moraleJ7. Assai importante per la storia deli' allegoresi è il Compendio

logia greca

di Cornuto, del I secolo d.C., che è

un

di teo­

manuale di esegesi

allegorica stoica del mito, incentrato soprattutto su dottrine di carattere fisico, nelle quali secondo l'immanentismo stoico era inclusa anche la teologia. Di ogni divinità Cornuto analizzava gli epiteti - ricorrendo all'etimologia- a come anche i riti e i culti, rifacendosi a Omero e a Esiodo, applicando a questi contenuti l'esegesi allegorica per lo più in chiave fisicaJs. Da ultimo Ramelli analizza gli allegoristi stoici e stoicizzanti del I­ II secolo d.C. Fra questi è da segnalare, a proposito della teologia egiziana, che Cheremone di Alessandria- vissuto probabilmente fra iliO e 1'80 d. C., filosofo stoico e "scriba sacro di Iside"-, riteneva gli dèi della mitologia egiziana corrispondenti a quelli della mitologia greca in quanto espres­ sione di realtà fisiche intra-mondane, in conformità con l'immanenti­ smo stoico, associando ali'esegesi allegorica l'etimologia. Particolare valore per la storia dell'allegoresi riveste la

Cebete,

un testo probabilmente del I secolo d. C., di

un

Tavola di

autore vicino

al Mediopitagorismo e allo Stoicismo. Si tratta di un'opera didascalica in domande e risposte, incentrata sull'allegoria, intesa in senso etico. In essa viene presentata un' allcgoresi della vita umana e delle sue tipo­ logie morali, spiegata da un anziano a dei giovani, con l'intento di mostrare che solo la cultura e la conoscenza della virtù producono la felicità39.

12

MARIA LUISA GATTI

Veniamo ora specificamente a Plutarco4o. Ramelli segnala che nel De

Daedalis Plataeensibus

viene presentata un'allegoria fisica degli dèi

come elementi naturali, con l'aiuto dell'etimologia; nel De

Pythiae ora­ culis e nella Vita Alexandri emerge l'esegesi peripatetica del mito. In particolare nel De Iside et Osiride Plutarco, servendosi anche dell'etimologia, realizza dei raffronti comparativi tra la mitologia egi­ ziana, persiana, caldea e greca, in connessione con la teoria del duali­ smo cosmico che caratterizza tale mito. Al di là della differenza metafi­ sica fra il Medioplatonismo di Plutarco e l'immanentismo stoico, è inne­ gabile il debito del Cheronese verso la tradizione allegorica stoica. Da ultimo in questa rivisitazione degli studi sulla storia dell'allego­ resi realizzati nella nostra collana sono da ricordare le ricerche di G. Lucchetta sulle allegorie di pseudo Eraclito4I. Queste

conosciute nella tradizione di commento a Omero come

blemata,

Allegorie sono Homerika pro­

con il sottotitolo "L'allegorizzazione di Omero applicata alla

divinità". Il testo, composto da

79

capitoli, organizzati in una trama uni­

taria, costituisce un trattato organico sull'uso dell'allegoria. La tesi di fondo dello scritto è che la non comprensione della "stra­ tegia allegorica" di Omero abbia provocato il fraintendimento che stava alla base dell'accusa di empietà di cui era stato fatto oggetto. Come afferma pseudo Eraclito, "con il termine allegoria si indica il procedimento grazie al quale nel dire una cosa se ne intende in realtà una diversa"42. L'autore vuole non solo restituire plausibilità ai testi omerici, ma soprattutto mostrare in essi una profondità filosofica supe­ riore a quella delle opere di Platone. A questo scopo non basta interpre­ tare le figure ardite, magari servendosi delle etimologie, ma occorre svi­ luppare una teoria del significato del testo, recuperandone il contenuto filosofico, negato dai filosofi stessi. Si trattava di una forma di allegoria diversa da quella degli altri com­ menti a Omero; pseudo Eraclito non aveva più bisogno delle etimologie, che rivestivano per lui un ruolo secondario. Occorreva un recupero non delle parole, ma del contesto originale, ossia della realtà nascosta dalla paradossalità della forma apparente. Particolarmente grave era l'accusa a Omero di blasfemia nei con­ fronti degli dèi. Pseudo Eraclito presenta una completa rivisitazione in chiave di "gioco" delle immagini implicanti conflittualità tra gli dèi: ad esempio i partecipanti al "gioco" della rivolta contro Zeus vengono ridotti a elementi. L'autore chiede esplicitamente che l'ascoltatore ponga, nel caso di

PREFAZIONE

13

Omero, la stessa attenzione a "decodificare" le immagini, che invece riserva, ad esempio a Empedocle, o a Eraclito. Dove finisce l'esegesi dell'Iliade e dell'Odissea, si accende la pole­ mica con Platone ed Epicuro. Platone condannava Omero "per empietà" all'esilio dalla sua Città, partendo dal presupposto che questi desideras­ se abitarvi, mentre per pseudo Eraclito il poeta non avrebbe acconsenti­ to a sottostare alle leggi della

Repubblica di

Platone. Dato che Epicuro

fraintendeva Omero, lo pseudo Eraclito auspica che "scompaia Epicuro", che aveva costruito per ignoranza l'edificio dottrinale della sua scuola sul piacere, contraendo malattie peggiori nell'anima che nel corpo. In sintesi la sua prassi esegetica consisteva nel porre in parallelo avvenimenti e soggetti lontani, così da cogliere "l'unità di azione" a essi sottesa e forse, rileva acutamente Lucchetta, questo era influenzato dalla concezione aristotelica della metafora nella Retorica e nella Poetica.

Le Allegorie di pseudo Eraclito costituivano una ripresa del pensiero

pagano, che voleva recuperare in modo sintetico le proprie radici nel comune ceppo del mito: questa operazione di recupero implicava una critica a Platone, che aveva cercato di scindere poesia e filosofia, che erano invece unite. Un contributo decisivo alla conoscenza dell'allegoria in Filone di Alessandria43, nonché in Aristobulo44 è quello di Radice che, come si è ricordato sopra, è stato il centro propulsivo di un fecondissimo progetto di ricerca su queste tematiche. Lo studioso ha evidenziato che Filone di Alessandria costituisce una tappa fondamentale nella storia dell'allegoresi. Con questo pensatore si arriva a uno straordinario sviluppo della tecnica dell'allegoria, che pro­ cede oltre i livelli toccati dalla metodologia stoica. La differenza maggiore fra l'allegoria di Filone, del Giudaismo Alessandrino e quella della tradizione ellenica consiste nel fatto che, a differenza dai Greci, i primi avevano come punto di riferimento il testo biblico45, rivelato direttamente da Dio, non emendabile, ma solo inter­ pretabile, latore - certo in un modo oscuro - di verità anche in senso filosofico, di cui l'allegoresi forniva la chiave. Questo implicava che per Filone nella Bibbia non fossero solo presenti tracce filosofiche, concetti frammentari, ma anche segmenti significativi del sistema filosofico. L'intento apologetico degli allegoristi, ad esempio di Omero, era simile a quello di un avvocato che difenda il suo cliente dalle accusein questo caso di empietà-, raccogliendo prove disparate. Questo por-

MARIA LUISA GAITI

14

tava a un'allegoresi rapsodica, spesso basata sulla metafora e sull'eti­ mologia, con limitati riferimenti alla filosofia, senza attenzione alla struttura del testo di base e con scarsa originalità. Invece dato che in Filone dominava l'interesse per il testo rivelato, per il suo contenuto, esso veniva ricostruito in un'allegoresi sequen­ ziale, sistematica e organica. Per l'attivi tà allegorica occorreva anche una filosofia come quadro di riferimento; si giunse così all'elaborazio­ ne di una sintesi di Stoicismo, Platonismo e creazionismo assai origi­ nale e importante per la storia del pensiero successivo. L'orizzonte filosofico filoniano costituisce una novità nel panora­ ma del pensiero ellenistico; esso viene denominato "filosofia mosai­ ca"; dal punto di vista del contenuto si basa sul concetto di creazione e dal punto di vista del metodo è caratterizzato dall 'allegoresi. La tecnica allegorica sviluppata dal Giudaismo Alessandrino era nuova, dovendo tenere conto della sequenza del racconto biblico che via via analizzava. Mentre il commentario allegorico ellenico portava solo a concetti, nel caso del Giudaismo Alessandrino l'allegoresi con­ duceva alla "filosofia mosaica", appena ricordata, che era un sapere ampio e coerente. Gli elementi filosofici emergenti nel racconto bibli­ co grazie all'ermeneutica allegorica tendevano a collegarsi dando luogo a un'unità sistematica. Il passaggio dall'esegesi rapsodica all'esegesi sequenziale si è rea­ lizzato secondo Radice sulla base di quattro regole. La prima regola consisteva in un'agglomerazione in senso orizzontale di

quaestiones,

con un'inclusione di problemi e un adattamento di simboli e significati che portava a un pensiero organico e originale; la seconda in un pro­ cedimento di approfondimento scalare, che implicava una spiegazione della Bibbia con la Bibbia. La terza regola era il metodo delle etimo­ logie, spiegato da D. T. Runia46 secondo cinque livelli: il lemma bibli­ co, l'identificazione simbolica del concetto relativo, la spiegazione del simbolismo mediante l'etimologia del nome ebraico, la giustificazione del simbolismo, l'incorporazione neli 'insieme della citazione. L a quarta regola infine riguardava i l metodo delle digressioni, ossia l'in­ serimento nel commento ai testi biblici principali di sezioni che realiz­ zavano

un

esegetico.

approfondimento

scientifico-erudito,

o

filosofico

o

PREFAZIONE

15

2. Mito e verità nel De

Iside et Osiride

di Plutarco

La monografia di De Simone si inserisce nel quadro del progetto di ricerca su allegoria e allegoresi nel pensiero antico appena descritto, con una specificità e autonomia metodologica dettata dal

De Iside et Osiride

e dalle domande di fondo che animano l'indagine, dedicata in particola­ re all'esegesi allegorica del mito intesa come rivelatrice del paradigma di pensiero di Plutarco. Il

De Iside

è infatti un' opera dalla ricca polivocità, che è stata per

questo oggetto di analisi da un punto di vista sia filosofico, sia storico­ religioso, sia letterario. L'autrice interroga originalmente il testo alla ricerca del motivo per cui Plutarco- che considerava la filosofia il metodo per la conoscenza della verità-, in uno scritto della maturità abbia messo al centro proprio il mito di Iside e Osiride, di origine egizia; l'intento è quello di indivi­ duare il paradigma filosofico cui il Cheronese fa riferimento. L'analisi segue sistematicamente l' ordine del testo, in un commenta­ rio continuo attento alle peculiarità dell'opera, senza decontestualizzare le singole parti, nella convinzione che occorra attenersi al percorso di conoscenza della verità proposto da Plutarco per far emergere mediante il metodo allegorico i contenuti filosofici e i paradigmi da cui essi deri­ vano. L'intento del maestro di Cheronea era di fondere senza confusione i due livelli di lettura, quello filosofico- di matrice medioplatonica-, e quello storico-religioso, per cui il De lside costituisce una preziosa testi­ monianza per la conoscenza della religiosità egizia. Dall'analisi emerge che il mito di Iside e Osiride, interpretato allego­ ricamente, presenta un valore filosofico molto superiore a quanto sia normalmente riconosciuto: esso esprime - in forma diversa da quella dialogica- dottrine filosofiche di fondo dell' autore da un punto di vista antologico e cosmologico. Nella prima parte della monografia De Simone si occupa dei rapporti di Plutarco con l'Egitto, dedicando particolare attenzione al valore del mito in Platone, che costituisce un costante termine di paragone nel

Iside et Osiride. Il primo Capitolo,

Formazione e metodo di Plutarco esegeta,

De

tratta

in tre pregnanti paragrafi del rapporto di Plutarco con l'Egitto, del mito cosmologico platonico e dell'allegoria filosofica o allegoresi. De Simone si chiede innanzitutto se la temperie culturale del tardo Ellenismo basti a giustificare la scelta di Plutarco di utilizzare il mito egizio di Iside e Osiride.

lh

MARIA LUISA GATTI

Vi�.:nc in primo luogo presentato il percorso filosofico di Plutarco47: �.:sso inizia ad Atene, presso Ammonio esponente del Platonismo alessan­ drino, c prosegue con la conoscenza del Peripato, di Epicuro e della Stoa.

l J n viaggio ad Alessandria, ricordato dal Cheronese stesso, è impor­ tanti.! per la sua conoscenza del mondo egiziano, della religione e del snp�.:rc sacerdotale. Il De Jside è stato scritto intorno al 1 00 d.C. durante i l sacerdozio delfico di Plutarco; quest'opera- si rileva- è un' espressio­ ne emblematica del "matrimonio spirituale" fra Grecia ed Egitto che ebbe luogo nel mondo ellenistico. De Simone sottolinea che di fronte a un documento egizio o egittiz­ zantc realizzato in ambito occidentale occorre chiedersi se testimoni un culto o solo un fenomeno culturale: in questo caso bisogna capire se Plutarco aderisse alle credenze isiache o meno. Il Cheronese presenta dati così ampi su questi temi da costringere gli interpreti a interrogarsi sulle sue fonti4s.

J.

Hani49 nella sua imponente

opera sulla religione in Plutarco ha evidenziato che questi giustappone materiali egizi di periodi assai distanti; il mito di Osiride da lui presenta­ to si basa comunque su fonti attendibili. Importante la sottolineatura che in Plutarco il nesso fra Egitto e Grecia non ha un intento sincretistico. Plutarco non intende dire che tutti gli dèi sono uguali, bensì far emergere la verità su di essi e mostrare che solo grazie alla filosofia si chiarisce il significato delle forme di culto greche e barbare. Il secondo paragrafo è dedicato al mito cosmologico platonico. Con le ricche competenze che derivano dalle sue ricerche sulla storia delle religioni, anche sotto la guida di J. Ries so, De Simone presenta profonde osservazioni sul significato del mito e sul suo ruolo nel Platonismo. Il mito fin dal periodo antico non è stato considerato un repertorio di storie, ma una forma di conoscenza della realtà, implicante una struttura di pensiero. Per quanto riguarda in particolare la cosmologia del

Timeo,

ripresa da

Plutarco, l'autrice sottolinea che molte volte l'argomentazione platonica cede il passo al mito: se in linea teorica sembra che vi sia opposizione fra mito e discorso filosofico, di fatto negli scritti essi sono intrecciati armo­ nicamente. Si noti che Platone utilizza il termine

mythos (insieme con akoe, pheme, mythologema e logos) in riferimento sia ai miti antichi sia a quel­ li ideati da lui. Egli concepisce il mito anche come racconto filosofico, come

eikon,

PREFAZIONE

17

immagine, che permette di esprimere concetti alti, non facilmente com­ prensibili. Alcuni miti completano l'argomentazione e illustrano un discorso filosofico, altri - come i miti escatologici - permettono uno sguardo sinottico su una realtà inaccessibile. Viene così superata la dicotomia

mythos-logos,

senza identificare i

due poli, con l'aiuto dell'ermeneutica allegorica. Il mito come parte costitutiva e integrante della discussione filosofica ha un contenuto veri­ tativo che chiede di essere interpretato correttamente. De Simone richia­ ma a questo proposito

Simposio, 2 1 5

a

6: "L'immagine sarà a scopo di

verità non di riso". Platone riferisce a problematiche cosmologiche del pio quella della natura dell'universo)

l'eikos mythos51,

Timeo (ad esem­ che sulla scorta

di esegeti quali M.F. Bumyeat, G. Betegh, E. Grasso e F. Trabattoni viene interpretato - oltre l'opposizione

mythos-logos

-,

come mito

"verosimile" o "ragionevole", in relazione all'immagine che rimanda ad altro. All'opposto l'immagine risulta per Platone falsa quando un ingan­ natore o un sofista interviene in modo manipolatorio nel rapporto modello-immagine. In questa prospettiva si situa anche la concezione plutarchea del mito quale riflesso di una verità superiore, immagine che permette al pensie­ ro di dare alla realtà sensibile il suo vero valore, come emerge anche nel

De lside. Il mito viene così descritto come una storia condensata in forma bra­ chilogica, libera da criteri storico-temporali: la verosimiglianza riguarda la verità globale del racconto. L'autrice ricorda la suggestiva concezione di M. Eliade, che accosta il mito nelle società arcaiche alle idee platoniche come modelli esemplari e parla di "struttura platonica dell'antologia arcaica"s2. Con K. Reinhardt De Simone conclude, a proposito del valore di verosimiglianza delle teo­ rie presentate da Platone nel mito- che senza dubbio è un termine poli­ semico e oggetto di svariati usi nei suoi scritti-, che esso esprime il desi­ derio di contemplare le realtà archetipiche e di non lasciare spazio al non­ senso riguardo a tematiche come quella della genesi del cosmo. L'uso filosofico del mito in Platone, ripreso da Plutarco, sarà poi oggetto di complesse allegorizzazioni nel Neoplatonismo. Molto ricco e significativo dal punto di vista metodologico è il terzo paragrafo, riguardante l'allegoria filosofica o allegoresi nel pensiero antico e in Plutarco, problematica della quale abbiamo rivisitato nella sezione precedente i principali fattori costitutivi.

MARIA LUISA GATII

18

Come termine tecnico allegoria nasce in Grecia e si sviluppa in rela­ zione a diversi scopi: l'esegesi scritturale, la razionalizzazione del mito, l'interpretazione degli dèi come allegorie di entità astratte. Non riguarda solo la lettura dei testi, ma la loro utilizzazione per reinterpretare cultura e società. Per Cicerone e Quintiliano è una metafora continuata, codifi­ cata in

un

discorso criptico.

Il termine greco allegoria

(alla agoreuei)

segnala che il significato

fissato dall'autore è altro rispetto a quello apparente. L'allegoria può essere applicata a testi che non la richiedono intenzionalmente, come quelli omerici, o a testi - come i miti platonici -, che sono elaborati in vista di un significato altro. Alla letteratura egizia non era associata una tradizione di esegesi allegorica, tranne che per l'antico racconto Menzogna sua Plutarco, in

De Iside,

e Verità.

Per parte

l O, ravvisa il simbolismo sia nella mentalità

egizia (ad esempio nei geroglifici) sia in quella greca (in particolare nei detti pitagorici). L'allegoria, l'alludere a qualcosa di altro, è una tecnica complessa ed elusiva, concernente personificazioni, cosmogonie filosofiche, religio­ sità e mistica. De Simone richiama le tappe più significative del suo sviluppo, a partire dal V I secolo a.C., con l'interpretazione allegorica di Omero e di Esiodo, poi con quella di Cinici, Stoici, Epicurei e Scettici, come anche attraverso l'esegesi storica e geografica di Evemero e Strabone, fino al Neoplatonismo, in cui l'allegoria diventa metafisica e spirituale. In par­ ticolare Platone non può essere escluso dalla storia dell'allegoria, sia per l'allegoria filosofica, sia per figure di similarità e omologia (metafora, analogia, parallelismo, similitudine). A partire dallo Stoicismo si svilup­ pa, come ha evidenziato G.R. Boys-Stones53, l'allegoresi sistematizzata, in cui l'etimologia ha una funzione didattica, non euristica e garante della verità. Radice definisce "allegoresi" o "allegoria filosofica" l'interpretazio­ ne dei simboli sistematica e filosoficamente motivata, iniziata con Crisippo; precedentemente vi era un'interpretazione casuale e rapsodica dei miti54. In questo quadro rientra l'allegoresi filosofica di Plutarco analizzata nel volume, che viene pertanto detta interpretazione "siste­ matica e filosoficamente motivata dei simboli". L'autrice sottolinea che Plutarco da sacerdote delfico si è interrogato sul valore dei responsi della Pizia a Delfi e sembra averne rifiutato l'in­ terpretazione allegorica sulla base della sua opposizione allo Stoicismo.

PREFAZIONE

Studiosi come

19

J.

Pépin, D. Dawson, G.R. Boys Stones, l. Ramelli,

hanno considerato contraddittoria e ambigua la posizione di Plutarco, che ha fatto largo uso dell'allegoresi, pur criticandola. De Simone evidenzia acutamente la possibilità di superare l'accusa di duplicità e ambiguità grazie alla presenza di due criteri gnoseologici nel pensiero plutarcheo. a) L'allegoresi riguarda gli scritti come "imma­ gine del vero". In Plutarco vi è da questo punto di vista una valorizza­ zione anche di parti del mito poetico tradizionale, non solo del mito filo­ sofico. b) Non tutte le interpretazioni del mito sono corrette: alcune sono parziali; altre senz'altro sbagliate. L'evoluzione dalla concezione platonica a quella plutarchea sta nel valore assegnato alla tradizione, che per il Cheronese implica riconosce­ re il valore filosofico di molti miti classici. Radice ha analizzato anche l'ambiguità degli Stoici nei confronti dei poeti, verso i quali manifestavano nello stesso tempo interesse e sfidu­ cia. A questo proposito ha sottolineato che fra i criteri di verità stoici vi erano le "nozioni comuni",

koinai ennoiai.

Di conseguenza anche le

prolessi "depositate" nelle opere dei poeti come "nozioni comuni" pos­ sono essere considerate un criterio di verità. La tradizione di miti e riti attinge a tali "nozioni comuni" e grazie all'etimologia ricostruisce carat­ teri del divino che la filosofia da sola non raggiungerebbess. Con metodo analogo la mitologia comparativa presente nel De

Iside

individua gli elementi primitivi delle strutture mitiche quali espressioni della saggezza filosofica antica. La differenza fra Plutarco e gli Stoici nell'allegoresi è che gli Stoici hanno assegnato alla mitologia un valore documentale e non veritativo (gli dèi hanno un valore fisico, non filosofico), mentre per Plutarco la tradizione religiosa ha di per sé un valore documentale come riverbero di quello veritativo. De Simone sottolinea che l' allegoresi stoica ha uno sbocco

sta,

in quanto è dominata dal monismo

del logos,

henotei­

mentre quella plutar­

chea tende al diteismo polare, a un uni-dualismo di carattere platonico (come mostra l'allegoria fisica degli dèi nel De lside). A differenza dell' allegoresi giudaico-alessandrina, che ha un testo di riferimento infallibile, l'allegoresi di Plutarco- come quella classica-, ha a che fare con un testo non infallibile. Per questo il Cheronese con­ sidera le varianti del mito, e si interessa del racconto globalmente, non nei particolari. Alla luce di queste osservazioni sull'allegoresi, nella sua valenza

MARIA LUISA GATTI

20

ermeneutica e teologico-religiosa, si sottolinea che la peculiarità del

Iside

De

consiste nel fatto che Plutarco si serve dell'allegoresi per interpre­

tare il mito egizio, facendo emergere il valore della tradizione antica, per quanto parziale. Plutarco viene messo in relazione da J.G. Griffiths con filosofi come Senofane, Eraclito e Pitagora, che a partire dal V I secolo a.C. hanno criti­ cato la teologia di Omero e di Esiodo, utilizzando I'allegoresi come cor­ rettivo. Questi primi allegoristi si servivano dell'allegoria senza riflettere sui suoi fini e sulla sua natura. In effetti

allegoreo, allegoria e allegorikos

appaiono come termini tecnici solo al tempo di Cicerone e di Plutarco. De Simone osserva in conclusione che se Platone non rifiuta il meto­ do allegorico, ma lo utilizza parzialmente, Plutarco ritiene che non si debba vietare ai giovani la lettura dei poeti, ma non pensa come gli Stoici che ogni loro parola debba essere difesa. L'esegesi filosofica non è fisi­ co-analitica ma morale-sintetica. Nel secondo Capitolo,

Struttura e prologo del "De lside et Osiride ",

De Simone analizza sistematicamente il De lside. Vengono qui presentati in cinque paragrafi l'opera in generale, le sue partizioni, il prologo come chiave ermeneutica del testo, i riti egizi in relazione al Pitagorismo e il mito stesso di Osiride e di Iside. Il testo plutarcheo può essere suddiviso in due parti, che riguardano, rispettivamente, l ) il mito e il rito, con le loro spiegazioni filosofico-teo­ logiche;

2)

lo sviluppo di alcune problematiche e la loro interpretazione

platonizzante. Pur sembrando un mito teogonico, il

De lside

è soprattutto un mito

cosmogonico, antropologico, soteriologico ed escatologico (in quanto parla di una discesa nell'oltretomba e dell'iniziazione ai misteri), eziolo­ gico (dato che si occupa delle cause di un fenomeno o di una tradizione), naturalistico (perché, per esempio, sviluppa un'analisi dei fenomeni astrali in chiave simbolica). L' autrice focalizza la sua analisi sui passi che riguardano le interpre­ tazioni del mito (in relazione a Evemerismo, demonologia e sincreti­ smo) , le allusioni a dottrine medioplatoniche, la comparazione fra mito omerico-esiodeo e mito mesopotamico e l'allegoresi. De Simone individua già nel prologo la chiave di lettura dello scritto: il suo

telos

è la

gnosis,

da cui deve dipendere la dimensione cultuale.

Anche se Plutarco nell' allegoresi della religione egizia e dei miti sembra vicino agli Stoici dal punto di vista del metodo, in realtà più che al moni­

smo stoico è prossimo al dualismo platonico dei principi.

PREFAZIONE

21

Facendo riferimento alle ricerche di

J.

Ries l'autrice evidenzia il

nesso fra filosofia e tradizione religiosa vissuta. Il De lside è nello stesso tempo una raccolta di appunti e un testo di ermeneutica e di spiritualità. Il mito ha un nesso con la verità filosofica perché parla di ciò che tra­ scende l'esperienza: il divino, la struttura del cosmo, il destino umano. Con la lettura allegorica del mito Plutarco mira più agli aspetti metafi­ sici della divinità che ai problemi teologici. Le problematiche fisiche ven­ gono inscritte soprattutto nel quadro metafisico-cosmologico del

Timeo.

Anche la forma rispecchia la complessità del trattato. Innanzitutto viene rilevato che nella prima parte sono numerosissime le citazioni di filosofi con funzione di autorità. Lo stile dell'opera è stato definito da G. D'lppolito "stile barocco di età romana". F. Pordomingo56 ha individuato nei testi

syncrisis,

aneddoti, figure retoriche, parallelismi, chiasmi,

endiadi, giochi di parole, comparazioni, metafore, nonché la moltiplica­ zione di punti di vista, con

exempla e citazioni. Nella prosa dominano le

strutture associative, le ellissi e le digressioni. Plutarco accomuna la filo­ sofia greca e il mito egizio per il dualismo tra un principio di ordine (ossia Osiride, il Demiurgo, l'anima buona) e un principio di disordine (ossia Tifone, l'anima malvagia). In contrasto con R. Hirsch-Luipold, che usa come criterio d'interpre­ tazione il rapporto fra Plutarco e le sue fonti, l'autrice evidenzia che è impossibile distinguere una parte egittologica storica e una greca filoso­ fica. A Plutarco interessa l'interpretazione dei fenomeni più della loro storicità, pertanto le ripetizioni e le contraddizioni non costituiscono un ostacolo per l'affidabilità. Il De lside non deve nemmeno essere visto come un manuale di ermeneutica allegorica. Il mito di lside appare nei Capitoli 1 1 -45 (che costituiscono meno di metà del testo); l'allegoresi è importante da un punto di vista epistemologico, pur non essendo quantitativamente dap­ pertutto. Viene poi presentato il piano dell'opera plutarchea, dal prologo, che riguarda contenuto, metodo e fine del fra riti egizi e Pitagorismo (Capitoli (Capitoli

De lside (Capitoli 1 -3), al nesso 4- 1 1 ), al mito di Iside e Osiride

1 2- 1 9).

Segue poi l'ermeneutica del mito (Capitoli

20-2 1 ),

con giudizi sui

vari tipi d'interpretazione del mito stesso a partire dalla critica dell'Evemerismo (Capitoli (Capitoli

25-27),

22-24),

fino all'analisi della demonologia

del sincretismo e deli 'etimologia (Capitoli

preparare il lettore alla interpretazione platonica.

28-3 1 ) ,

per

22

MARIA LUISA GAlTI

Ampio spazio viene poi dedicato specificamente all'allegoria fisica e astronomica (Capitoli

32-44), alle dottrine dualiste (Capitoli 45-56), 57-63), alle critiche

all'esegesi cosmologica, riguardante Eros (Capitoli

degli aspetti immanentistici dell'allegoria fisica, per evitare superstizio­

64-71). Plutarco tratta infine del teriomorfismo 72-76), e dell'immanenza e trascen­ denza del divino (Capitoli 77-80). ne e ateismo (Capitoli

egiziano, dell'aritmologia (Capitoli

I primi tre capitoli fungono da prologo: espongono il

telos del

testo

e la chiave ermeneutica del mito ivi narrato. Vengono subito evidenziati da un lato l'importanza per l'uomo della conoscenza della verità, spe­ cialmente di quella intorno agli dèi, e dall'altro i limiti delle possibilità umane. Il valore del mito consiste (medioplatonicamente) in una facilitazio­ ne nella conoscenza delle verità, che l 'uomo non può raggiungere pie­ namente. Acutamente De Simone osserva che Plutarco utilizza qui il ter­ mine

episteme (opposta alla doxa)

e non gnosi.

Il fulcro dell'argomentazione è nel Capitolo l una citazione di Omero concernente Zeus, che "per primo nacque e di più seppe", con cui si sottolinea il valore di un dio primo; il Capitolo

51 espliciterà il

parallelismo fra Zeus e Osiride. La chiave ermeneutica della religione egizia è socratico-platonica: la conoscenza della realtà è il fine dell 'uo­ mo e il metodo per accostare alla divinità. Anche nel caso dei riti il fine è la conoscenza di colui che è primo e signore, realtà intelligibile in inti­ ma comunione con la dea. Assai rilevante è l'affermazione plutarchea che Iside è una parola greca, come Tifone; anche

lseion,

nome del tempio, richiama una cono­

scenza futura dell'esseres7. Destinataria del trattato è Clea, sacerdotessa del tempio di Delfi. Iside viene detta figlia di Ermes, inventore della grammatica e della musica, o di Prometeo, inventore della sapienza e della preveggenza. Vero isiaco è chi ricerca e comprende la verità contenuta nei riti. Plutarco utilizza il mito platonicamente, ossia in funzione della conoscenza e nel prologo anticipa gli elementi fondamentali della sua trattazione: la triade Osiride (Zeus )-Iside-Tifone; il nesso fra filosofia e religione; il legame fra Egitto e Grecia; addirittura il rapporto fra Dio c uomo (Iside è figlia di P rometeo); la differenza fra religione e super­ stizione. Nel quarto paragrafo della monografia vengono analizzati i Capitoli

4-11, riguardanti i sacerdoti egizi (ad esempio perché si tagliano i capel-

PREFAZIONE

23

li, si vestono di lino, dì che cosa si cibano), per identificare la verità legata a questi aspetti cultuali. Nel Capitolo

4 vengono citati da Plutarco Esiodo e Platone nell'in­

vito a una purezza razionale superiore a quella degli Egiziani. La verità è nascosta nei simboli; le sfingi davanti ai templi richiamano il valore enigmatico della filosofia sotto la maschera mitica. In particolare Solone, Talete, Platone, Eudosso, Pitagora e Licurgo, cultori della sapienza egiziana, hanno visto nella mitologia una metafo­ ra della filosofia. Fra tutti risalta Pitagora, discepolo di Enufi di Eliopoli, che ha imi­ tato il carattere simbolico e misterico del sacerdozio egizio, "avvolgen­ do con enigmi i suoi precetti". In questo l'autrice ravvisa il cuore della metodologia del De Iside: la religione egizia raffigura il carattere sìmbolico-misterico; i vengono espressi mediante

aenigmata.

dogmata

Il mito viene utilizzato per ren­

dere conoscibile l'invisibile. Dopo l'esame di altri passi in cui vengono citati i Pitagoriciss, De Simone mette in evidenza l'importante invito del Capitolo

11 a interpre­

tare simbolicamente e a non prendere in considerazione gli episodi assurdi, per evitare la superstizione. In campo etimologico Plutarco da un lato tratta con rispetto la tradi­ zione, ma nello stesso tempo è preoccupato di escludere ciò che è incompatibile con la natura divina. Il mito non è un fatto avvenuto nel modo in cui viene raccontato: bisogna piuttosto cercare la verità sottesa, per non cadere nella superstizione, che è un male come l'ateismo. Infine, nel quinto paragrafo, viene narrato il mito della nascita di Osiride, Horos, Tifone, Iside e Neftys, come un racconto selettivo libe­ rato dal superfluo, in cui emergono corrispondenze fra nomi di dèi egizi e nomt greci. Il terzo Capitolo del volume,

mito,

Interpretazioni pre-platoniche del

analizza in cinque paragrafi sintetici l'ermeneutica del mito,

l'Evemerismo, la demonologia, il sincretismo e l'etimologia, l'allegoria fisica e astronomica. Nel paragrafo sulla metodologia ermeneutica De Simone evidenzia, accanto a tematiche legate al culto egizio, l'importante Capitolo

20, in

cui Plutarco chiarisce che il mito non deve essere interpretato letteral­ mente; nei miti sono racchiuse spiegazioni di dubbi e di esperienze; essi sono il riflesso di verità superiori. Il secondo paragrafo riguarda l'Evemerismo, un'interpretazione del

MARIA LUISA GATII

24

mito rifiutata da Plutarco come fuga dalle difficoltà e frutto di ignoranza sugli dèi. Plutarco rifacendosi anche a Platone ed Empedocle, differenzia i miti che incarnano la tradizione dai miti irreali inventati da Evemero di Messene, che innalzano uomini importanti del passato al rango di dèi. A questo proposito De Simone sottolinea che per il Cheronese l 'Evemerismo è un tentativo sbagliato di affrontare

un

problema

comunque presente nella tradizione mitica, lo scandalo delle azioni mal­ vage attribuite agli dèi. Il rischio è quello di condurre all'ateismo con questa riduzione degli dèi a uomini illustri del passato. Il terzo paragrafo presenta

un

complesso tentativo di interpretazione

allegorica del mito, quello demonologico. A. Timotin ha osservato che l'esegesi demonologica del mito di Plutarco è la più significativa del pensiero antico59. Iside e Osiride all'inizio erano solo dèmoni buoni, ma vennero poi trasformati in dèi per la loro virtù. Plutarco utilizza come testimoni delle concezioni teologiche antiche Pitagora, Platone, Senocrate e Crisippo. Omero, Platone, Senocrate, Esiodo ed Empedocle nel Capitolo

26 ven­

gono citati per chiarire natura e caratteristiche dei dèmoni. Il Capitolo

27

precisa il valore dell'interpretazione demonologica: il rito con i suoi

simboli non serve solo alla pietà religiosa, ma è anche conforto per gli uomini e le donne oppressi da disgrazie. Il quarto paragrafo affronta il tema del sincretismo religioso e dell'e­ timologia nel

De lside,

soprattutto sulla base dei Capitoli

28 e 29. Per

Plutarco il sincretismo non costituisce una mescolanza indiscriminata, ma una serie di corrispondenze da interrogare con diverse metodologie interpretative. Così l'identificazione di Plutone e Sarapide viene spiega­ ta riferendone l'origine a Tolomeo Soter e al trasporto ad Alessandria del colosso di Plutone; all'identificazione eraclitea di Ades e Dioniso si preferisce quella di Osiride con Dioniso e di Sarapide con Osiride. In particolare De Simone evidenzia la

climax etimologica attraverso

cui Plutarco affronta interpretazioni errate del nome Sarapide, per con­ cludere che se esso è egizio, indica allegria e gioia, perché gli Egiziani denominano "sairei" la festa del tripudio.

È

di rilievo in questa parte in

Crati/o, 403 a 404 a, che identifica Ades con il dio previdente e mite nei confronti

cui domina l'ermeneutica etimologica la citazione di

-

degli uomini. Anche in Egitto vi sono parecchi "nomi parlanti", come quello della regione degli inferi,

Amenthes,

che significa "colui che

prende c dà". l ,a trattazione poi di Iside, Osiride e Tifone comporta osservazioni di

PREFAZIONE

25

carattere cultuale, etimologico e aritmologico legate a tale mito. L'ultimo paragrafo di questo Capitolo si occupa dell'allegoria fisica e astronomica del mito di Iside, Osiride e Tifone, in relazione alla pos­ sibilità di identificare dèi e realtà naturali. Con una

climax che intende portare all'esegesi corretta del mito si

mira all'interpretazione più filosofica di coloro che "ragionano alla greca", distinguendo fra un'identificazione semplice di dio ed elemento e una più ampia. Ad esempio l'identificazione di Osiride con il Nilo, di lside con la terra e di Tifone con il mare implica un rapporto biunivoco fra divinità ed elementi, inadeguato perché non coglie in una visione d'insieme il significato nascosto del mito. De Simone sottolinea che questa spiegazione fisica del mito, che antropomorfizza i fenomeni naturali, è di derivazione stoica; essa testi­ monia anche l'importanza degli elementi agricoli nell'osirismo. In età ellenistico-romana si è verificata una "fisicizzazione stoicheggiante della teologia egizia". Un'interpretazione fisica di respiro più ampio identifica Osiride con il Nilo e insieme con il principio di umidità e di fecondazione; Tifone con ciò che è secco, asciutto. Plutarco considera anche Omero e Talete discepoli degli Egizi, visto che identificano il principio con l'acqua. Il metodo etimologico viene costantemente usato per provare le diverse teorie. Dopo aver presentato l'esegesi di altri aspetti del mito in chiave fisi­ ca l'autrice richiama anche gli elementi astronomici in esso implicati, come la corrispondenza di Tifone con il mondo solare e di Osiride con quello lunare, connessi con riletture aritmologiche. Dato che i miti, nella loro enigmaticità, simboleggiano realtà fisiche e astronomiche in senso non univoco, Plutarco enumera senza difficoltà le diverse interpretazioni di un certo racconto mitologico. Il Cheronese considera nel suo insieme tutta la realtà in cui il raccon­ to mitico si inserisce, secondo la totalità degli aspetti fisici, teologici, filosofici e religiosi che lo caratterizzano, con l'intenzione di paragonar­ li all'esegesi platonica. Nel quarto Capitolo,

Interpretazioni platoniche del mito, vengono

presentate in tre ampi paragrafi le dottrine dualiste, le caratterizzazioni delle divinità egizie

e

l'esegesi cosmologica.

Nel primo paragrafo si evidenzia un'osservazione fondamentale per comprendere la concezione plutarchea del mito, contenuta nel Capitolo

MARIA LUISA GATTI

26

45: di per sé ogni singola persona non ha verità, ma nell'insieme tutte sono vere. L'esegesi allegorica assume allora un ruolo decisivo per cogliere la veridicità del racconto in prospettiva olistica. Subito dopo Plutarco inizia un'importante analisi della problematica dei principi e soprattutto delle dottrine cosmologiche dualiste. Egli afferma che se tutto ha una causa e il bene non può essere causa del male, ne consegue che la natura deve avere in sé il principio non solo del bene, ma anche del male. L'antagonismo si situa per il Cheronese a livello dei principi; la con­ cezione dualistica è diffusa in tutta l'umanità, tra Barbari, Greci, teologi, giuristi, poeti e filosofi. De Simone analizza a questo punto con competenza le dottrine zoroastriane, manichee, zervanite menzionate da Plutarco. Egli sostiene una forma di dualismo assoluto, in cui i principi sono irriducibili l'uno all'altro; lo Zoroastrismo ha una funzione solo di modello. Accanto a un Dio buono egli pone una forza responsabile del male, rinvenibile in Zoroastro, negli

Oracoli Caldaici,

in Eraclito,

Empedocle, Anassagora, Pitagora, Platone e Aristotele. Per Plutarco però, a differenza di Zoroastro, il principio del male non ha nessun ruolo nella genesi del mondo e non si identifica con la materialità. Il mondo ha un valore di copia, coincide con il figlio di Iside ed Osiride e non è in sé male. Inoltre per Plutarco le due forze non agiscono allo stesso livello: si tratta di un dualismo asimmetrico . Nel secondo paragrafo si trova una ricca caratterizzazione delle divi­ nità egizie Tifone, Osiride, Iside e Horos, con l'opposizione di Tifone­

daimon da

un

alla triade Osiride-Intelligibile, Iside-Materia e Horos-Cosmo,

punto di vista religioso, allegorico e filosofico.

Da segnalare l'osservazione di Moreschini che la mescolanza plutar­ chea di religione e mito costituisce una "religione filosofica" nella quale "la sapienza egiziana rivive nelle forme della filosofia greca"6o. Questa parte del

De lside

è da evidenziare soprattutto quale fonte per lo studio

della mitologia gnostica, come anche per l'interpretazione di Plutarco della teoria platonica dell'anima del mondo, per la ripresa del luce del

Simposio,

Timeo alla

per la comprensione del nesso fra mondo sensibile e

mondo intelligibile attraverso l'analisi dei simboli religiosi egizi. Secondo R. Hirsch-Luipold la differenza fra Platone e Plutarco sta nel fatto che per quest'ultimo i fenomeni sono una via privilegiata di accesso al divino, non solo un'immagine della realtà divina. Il mito teologico egizio dal punto di vista ontologico esprime l'esse-

PREFAZIONE

27

re del mondo, il rapporto fra le sfere intelligibili e corporee, dal punto di vista della conoscenza comunica la possibilità di cogliere il divino nel mondo. Infine, il terzo paragrafo tratta dell'esegesi cosmologica e dell'amore come forza demiurgica. Iside e Osiride singolarmente presi hanno solo la potenza di generare, ma questa si attua nell'unione tra essi, che realizza la funzione demiur­ gica. Osiride simboleggia la mente suprema, il modello da cui si forma Horos; Iside raffigura il ricettacolo dell'azione demiurgica. Da un lato gli esiodei Terra, Tartaro ed Eros sono paragonati a Iside, Tifone e Osiride; la triade Iside, Osiride, Horos viene accostata al mito della nascita di Eros del

Simposio.

De Simone sottolinea significativamente che Plutarco realizza un'er­ meneutica comparativa del mito implicante il riconoscimento di un nucleo di verità nella mitologia egizia e greca dietro il velo allegorico. I. Ramelli6I , sulla scorta di

W.

Bemard, differenzia la "allegoresi sostituti­

va" eraclitea e stoica, caratterizzata da corrispondenze biunivoche tra gli elementi., e la "allegoresi diairctica" platonica, per la quale un episodio viene messo in corrispondenza con un livello antologico. In Plutarco, che concepisce il mito come riflesso di una verità superiore, sono pre­ senti tutte e due le metodologie. Il Capitolo 58 ribadisce che il mito non sostituisce il pensiero, data la sua somiglianza parziale alla verità. Non bisogna considerare i miti come "oro colato di verità", ma utilizzarli secondo ragione. L'autrice analizza poi con attenzione le complesse etimologie conte­ nute nei Capitoli

60 e 61, evidenziando in particolare i nessi con il

Compendio di teologia greca di Cornuto e con il Crati/o di Platone, per theoi, per Iside- con hiesthai e isia-, per le virtù connesse con il movi­ mento e per il male inteso come arresto, stasi. Le trasposizioni di nomi in lingua greca non hanno nulla di strano - osserva il filosofo nel Capitolo

61- vi sono migliaia di nomi usciti dai confini greci nelle

migrazioni, rimasti in uso presso genti straniere. Il Capitolo

63 riguarda infine la simbologia del sistro, in cui De

Simone acutamente individua un emblema del Il quinto Capitolo,

Valutazioni sintetiche,

De lside.

presenta alcune importanti

osservazioni di fondo sull'allegoria fisica, sul teriomorfismo e sull'arit­ mologia, sull'immanenza e trascendenza del divino e sulle dottrine filo­ sofiche di Plutarco. De Simone rileva innanzitutto che la critica dell'allegoria fisica immanentistica non costituisce una contraddizione in Plutarco, perché

MARIA LUISA GATII

28

il Cheronese si serve della "allegoria fisica di tipo sostitutivo" in fun­ zione di una trattazione del mondo come immagine dell'intelligibile. Egli critica il rapporto biunivoco che identifica dèi e fenomeni natura­ li, in quanto non considera veritiero un singolo aspetto, bensì il raccon­ to complessivo. Osiride e Iside non devono essere identificati con sin­ goli elementi fisici. Ciò che è positivo e ordinato è opera di Iside e immagine di Osiride; Osiride dà l'impulso ricevuto e distribuito da Iside. Importante è il Capitolo 67, in cui Plutarco ribadisce la sua concezio­ ne di tradizione e di sincretismo religioso al fine di evitare di sbagliare strada, cadendo nella superstizione o nell'ateismo. Gli dèi non sono diversi nei vari popoli; come sole, luna, cielo, terra e mare sono comuni a tutti, ma vengono chiamati in modi differenti, così le manifestazioni del culto sono senz'altro diverse, ma sono espressione di un'identica razionalità. Il Capitolo 68 ricorda che occorre avere come guida un cri­ terio razionale che nasca dalla filosofia. Significative sono anche le osservazioni di carattere linguistico del Capitolo 70 sull'errore di identificare il nascere, crescere e morire dei frutti della terra con delle divinità. Come anche noi diciamo "ho com­ prato Platone", volendo dire "ho comprato un libro di Platone", oppure "recitare Menandro" intendendo con questo "recitare le commedie di Menandro", così gli antichi hanno chiamato con i nomi degli dèi i loro doni e opere, venerandoli per la loro utilità. Sono stati gli uomini dei tempi successivi a interpretare in modo errato il linguaggio arcaico. Il Capitolo

71

precisa che chi non comprende il senso delle parole ha

anche un comportamento sbagliato, come sostengono del tutto corretta­ mente i filosofi. Chi non considera le statue e i dipinti come immagini, ma addirittura come dèi, cade nell'errore del teriomorfismo, che viene analizzato nel secondo paragrafo, insieme con l'aritmologia, soprattutto pitagorica. L'autrice osserva che per Plutarco una parziale giustificazione della venerazione degli Egizi per gli animali viene dal considerarli immagine del divino, nel contesto della concezione filosofica per cui il mondo è metafora di altro, senza però dimenticare la distinzione fra la divinità e la copia. Il terzo paragrafo esamina la questione dell'immanenza e trascen­ denza del divino nella sezione finale del Nel Capitolo

77

De lside.

Plutarco, rifacendosi a Platone e Aristotele, tratta

della "epoptica" come cuore della filosofia, riservata ai pochi che pos-

PREFAZIONE

29

sono attingere all'essere primo. Come ha rilevato F. Ferrari, l'ascesa dell'anima richiama esplicitamente il discorso di Diotima del

Simposio.

Attraverso un'attenta analisi dei testi e delle fonti, alla luce della let­ teratura critica, De Simone evidenzia, nei difficili Capitoli

77-80,

vari

aspetti del complesso e a volte ambiguo mito sull'amore di Iside e di Osiride, intrecciato con figure della mitologia greca e con vari elementi cultuali. A Iside e Osiride corrispondono anche due tipi di eros: uno imperfet­ to, di natura generativa, e uno basato sul desiderio di possedere eterna­ mente il bene. Per Plutarco il mistero dell'amore viene espresso com­ piutamente dal mito egizio dell'amore di lside per Osiride, suprema divinità. Assai significativo è il quarto paragrafo, dedicato alle concezioni filosofiche di Plutarco emerse nel De Iside alla luce della letteratura cri­ tica più recente. Plutarco, che si considerava innanzitutto un discepolo di Platone, e pensava la storia del Platonismo come un tutto unitario, ha comunque conosciuto le dottrine del Peripato, della Stoa antica e media e del Neopitagorismo, mentre ha combattuto l'Epicureismo. De Simone chiarisce sulla base dei testi e della letteratura critica che il debito di Plutarco nei confronti dello Stoicismo sta nell'interpretazio­ ne delle tradizioni teologico-mitologiche, nella ricerca della verità filo­ sofica in esse racchiusa. Fondamentale in quest'analisi della filosofia di Plutarco è il richiamo al quadro medioplatonico che, per quanto magmatico, racchiude delle costanti. Il Medioplatonismo implica soprattutto sistematicità di pensiero, cospicuo utilizzo della tradizione filosofica, recupero della trascendenza, centralità del

Timeo,

conciliazione nel primo principio dei fondamenti

delle diverse scuole. Con F.E. Brenk l'autrice sottolinea che dall'analisi emerge un Plutarco medioplatonico con una punta di Stoicismo. Il

De lside conferma

l'osservazione di P. Donini che la filosofia plu­

tarchea, come quella medioplatonica, ha come scopo la teologia e come fondamento

l'historia,

la ricerca su tutta l'esperienza.

Come Filone ha "platonizzato" la tradizione filosofica ed ermeneutica del Giudaismo Alessandrino, Plutarco ha "platonizzato" la tradizione classica. Se il te/os supremo dell'uomo è la conoscenza del divino, vi è un lega­ me inscindibile fra filosofia e tradizione religiosa. Il mito può essere tra­ mite di verità se viene letto allegoricamente; l'interesse di Plutarco era

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focalizzato sulla prospettiva filosofico-teoretica e non su quella cultuale. Nel De lside sono compresenti una dimensione metafisica, che emer­ ge dall'esegesi allegorica, una dimensione teoretico-gnoseologica e una dimensione etica; la vera conoscenza impedisce di cadere nell'ateismo e nella superstizione. Si arriva così al sesto Capitolo, Il contributo ermeneutico-filosofico del "De lside ". Il De lside è uno scritto della maturità di Plutarco, definito da J. Hani "il suo testamento filosofico, religioso e spirituale". Quest'opera non è un trattato sul mito, ma un testo di metafisica, che sottende rielaboran­ dolo il quadro filosofico del

Timeo.

Giustamente l'autrice rifiuta al Cheronese l'accusa di sincretismo religioso, dato che l'allegoresi filosofica permette di accedere a ciò che la molteplicità dei fenomeni religiosi racchiude. Riprendendo con gusto poetico il virgiliano si parva

licet componere 2 magnis6 , riferito al rapporto fra api e Ciclopi, De Simone evidenzia che tutto il De lside è un confronto fra mito( -api) e verità(-Ciclopi). Per rag­ giungere quest'ultima è necessaria l'allegoresi del mito, vista la limita­ tezza della conoscenza umana. Acutamente si sottolinea che le riflessioni di Plutarco si collocano nella temperie culturale dell'impero, al crocevia fra filosofia occidentale e spiritualità orientale, con il bisogno di una fedeltà alla tradizione e nello stesso tempo di una nuova interpretazione, in una prospettiva di teologizzazione e gerarchizzazione tipica del Medioplatonismo. La categoria dell'eclettismo è inadeguata al suo pensiero: più che eclettico Plutarco è "policulturale", universale, con una sovrapposizione e integrazione di generi. Il De

Iside può

essere paragonato a un'opera teatrale, in cui conver­

gono esegesi cosmologica, società, usanze e storia. Plutarco, rico11-o­ scendo i riti sacerdotali egizi, legittima anche il suo essere sacerdote delfico, le sue credenze. Solo la divinità conosce il vero sugli dèi; se ne può parlare in modo allusivo in un contesto mitico. Vengono poi evidenziati il ruolo di

eros,

le strategie argomentative

utilizzate, il dualismo dei principi, la logica polivalente della teologia egiziana, il suo nesso con la ragione e la parola. Plutarco si serve dei miti egiziani sugli dèi, convinto che la cono­ scenza del divino sia il fine ultimo dell'uomo e che l'ateismo e la super­ stizione siano i più gravi mali.

PREFAZIONE

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Viene poi precisato che il mito, riverbero del vero, non è un fatto sto­ rico: "non si deve credere che in realtà sia avvenuto qualcosa di simile", si legge nel Capitolo 1 1 . Il De lside è come una grande climax, che dalle tradizioni religiose sale fino alla verità filosofica, utilizzando lo schema metafisica-episte­ mologico del Timeo. Gli elementi religiosi egizi e greci vengono inter­ pretati come una possibilità di accedere al trascendente. Erasmo ha rilevato che, mentre Socrate aveva portato la filosofia dal cielo sulla terra, Plutarco l'aveva fatta entrare nelle stanze. Anche l 'er­ meneutica dei riti e dei miti alla luce della filosofia collabora a questo intreccio fra filosofia, tradizione e vita. U. Bianchi ha denominato l'e­ segesi plutarchea una "ontologizzazione del mito", opposta alla "mitiz­ zazione dell'antologia" gnostica. De Simone richiama, a proposito della domanda di fondo sul motivo che ha indotto Plutarco a mettere al centro di quest' opera della maturità un mito egizio, una frase di Eliodoro, che apre l 'Introduzione al De lside di D. Dal Como: "Ogni descrizione di cose egiziane attrae i Greci ad ascoltarla più di qualsiasi altro argomento"63. Senz'altro l'interesse di Plutarco per la religione dell'Egitto rientra in quello degli Elleni per la sapienza egiziana, tuttavia il Cheronese non si è limitato agli elementi storico-religiosi, eruditi, ma ha voluto prose­ guire innanzitutto la ricerca filosofica greca sulla natura, sull'uomo e sull'universo. Il mito è per lui un veicolo di verità metafisiche. Riprendendo C. S. Lewis De Simone rileva che il mito mette in scena dei personaggi che presentano all'esterno l'interiorità, delle anime visi­ bili, importanti per la conoscenza metafisica. In questo senso cadono le accuse di mancanza di originalità a Plutarco, considerato un mero intermediario tra culture, dato che anche la sua rilettura allegorica del mito egizio nel De lside trasmette impor­ tanti verità filosofiche, secondo un registro complesso ma decodificabi­ le, che lega strettamente mito e verità. Completano il volume quattro diversi Indici: l'Indice degli autori e delle opere antiche, l 'Indice delle divinità, l 'Indice dei luoghi geografici e l 'Indice degli autori moderni, insieme con una Bibliografia assai ampia e aggiornata Si conclude così la rigorosa analisi filosofica, storico-religiosa e let­ teraria di Pia De Simone, che con grande acribia e acutezza ha dipanato l'arduo e polivoco percorso del De Iside, senza sottrarsi alle fatiche implicate dall'ermeneutica del complesso testo e dal vaglio della vastis-

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MARIA LUISA GATTI

sima letteratura critica relativa, facendo emergere il grande valore filo­ sofico di quest'opera. Le particolari competenze dell'autrice, sia per quanto concerne la filosofia antica, Plutarco e il Medioplatonismo, sia per quanto attiene alla storia delle religioni e alla critica letteraria hanno portato alla rea­ lizzazione di questo significativo studio, che a pieno diritto si colloca nella letteratura critica più recente tra i saggi che apportano un cospicuo contribuito alla conoscenza del Cheronese, mettendone in luce la deci­ siva rilevanza per la storia della filosofia antica.

NOTE ALLA PREFAZIONE

l Cfr. I. Ramelli, G. Lucchetta, Allegoria, vol. l, L 'età classica, Introduzione e cura di R. Radice, Vita e Pensiero, Milano 2004. (Vengono qui analizzati i primordi [Senofane, Pitagorici, Eraclito, Teagene di Reggio], Socrate, Platone e i Sofisti di fronte al mito teologico, Aristotele sul valore del mito e l' esegesi etica di Omero, Anassagora e i suoi seguaci [Metrodoro, Diogene di Apollonia, Democrito], Antistene e Diogene di Sinope, Zenone, Cleante e Crisippo, Diogene di Babilonia, Antipatro di Tarso. Per l'età alessandrina vengono presentati Apollodoro di Atene, Cratete di Mallo; Palefato, Conone, Cicerone, Filodemo, Lucrezio, Orazio, Filone e Flavio Giuseppe, Cornuto, Cheremone, la Tavola di Cebete, Ecfanto, Plutarco e pseudo Eraclito). La serie dedicata alla storia dell'allegoria antica dovrebbe poi proseguire con un secondo volume sull'allegoria giudaico-alessandrina, fino all'al­ legoria tardo-pagana e protocristiana (vol. III). 2 Cfr. I. Rame lii, Allegoristi del/ 'età classica. Opere e frammenti, in appendice il Papiro di Derveni, a cura di I. Ramelli, Prefazione e Introduzione di R. Radice, Bompiani, Milano 2007. (Vengono qui presentati Zenone di Cizio, Cleante, Crisippo, Diogene di Babilonia, Antipatro di Tarso, Apollodoro di Atene, Cratete di Mallo, Palefato, Pseudo Eraclito autore del De incredibilibus, Anonimo autore del De incredibilibus, Canone, Cicerone, Cornuto, Eraclito Grammatico, Cheremone, Pseudo Plutarco, Tavola di Cebete, Filone di Biblo). 3 Cfr. ivi p. VII. 4 Cfr. A. Cornuto, Compendio di teologia greca, Saggio introduttivo e integra­ tivo, traduzione e apparati di I. Ramelli, Bompiani, M ilano 2003. 5 Cfr. I. Ramelli, Stoici romani minori, Introduzione di R. Radice, Saggi intro­ duttivi, traduzione, note e apparati di I. Ramelli, Bompiani, Mi lano 2008. (Vengono qui presentati M. Manilio, Musonio Rufo, Cornuto, Cheremone di Alessandria, A. Persio, Trasea Peto, Lucano, Giovenale, Mara Bar Serapion). Si vedano anche: H. von Arnim, Stoici antichi. Tutti iframmenti, Introduzione, traduzione, note e appa­ rati a cura di R. Radice, Presentazione di G. Reale, Bompiani, Milano 2002; R. Radice, Lexicon IV, Stoics, in collaborazione con L. Palpacelli, C. Pisoni, I . Ramelli, L . Stochino, F. Scrivani, E. Vimercati, Biblia, Edizione elettronica d i R. Bombacigno, Milano 2007. 6 Cfr. Musonio Rufo, Diatribe, frammenti e testimonianze, a cura di I. Rameli i, Bompiani, Milano 200 1 . 7 Cfr. R . Radice, Allegoria e paradigmi etici in Filone di Alessandria. Commentario al "Legum allegoriae ", Prefazione di C. Kraus Reggiani, Vita e Pensiero, Milano 2000. Si vedano anche: Idem, Platonismo e Creazionismo in Filone di Alessandria, Introduzione di G. Reale, Vita e Pensiero, Milano 1 989; Idem, La filosofia di Aristobulo e i suoi nessi con il "De mundo " attribuito ad Aristotele, Con due Appendici contenenti i frammenti di Aristobulo, traduzione a fronte e presentazione delle varianti, Prefazione di A.P. 8os, Vita e Pensiero, Milano 1 995 2 (1 994); Filone di Alessandria, Tutti i trattati del Commentario alle­ gorico alla Bibbia, a cura di R. Radice, Presentazione di G. Reale, Monografia

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introduttiva di G. Reale, R. Radice, con la collaborazione di C. Kraus Reggiani e C. Mazzarelli, Bompiani, Milano 2005. 8 Cfr. R. Radice, Allegoria. Evoluzione del concetto e del metodo nel pensiero greco, in A. Ghisalberti (ed.), Mondo Uomo Dio. Le ragioni della metafisica nel dibattito filosofico contemporaneo, Vita e Pensiero, Milano 20 IO, pp. 303-326; Idem, L 'allegoria di Filone di A lessandria, in "Études platoniciennes", 7 (20 1 0), pp. 93- 1 1 2; A. Kamesar (ed.), The Cambridge Companion to Philo, Cambridge University Press, Cambridge 2009. 9 Cfr. M .L. Gatti, Etimologia e filoso.fìa. Strategie comunicative del filosofo nel "Crati/o " di Platone, Prefazione di R. Radice, Vita e Pensiero, Milano 2006. Alle etimologie di nomi di dèi sono dedicati i Capitoli 6 e 7 (pp. 207-303); i nomi della sfera teologica cosmica sono esaminati nel Cap. 8 (pp. 305-338). Radice, Introduzione, in Ramelli Allegoristi del! 'età classica. Opere e frammenti, ci t., pp. XXX-XXXII, tratta del ricorso sistematico dello Stoicismo all 'etimologia con valo­ re di prova, in correlazione con l'allegoria. Si vedano anche: B. Anceschi, Die Gotternamen in Platons "Kraty/os ". Ein Verg/eich mit dem Papyrus von Derveni, P. Lang, Frankfurt am Main 2007; D. Del Bello, Fortgotten Paths. Etymology and the Allegorica! Mindset, Bergamo University Press, Bergamo 2005 e gli studi citati nella Nota I O. Rilevante la Sezione speciale Etymology and Allegory, in "The Studia Philonica Annual. Studies in Hellenistic Judaism", 1 6 (2004), pp. 96- 1 87 (che contiene: L.M. White, lntroduction , pp. 96- 1 00; D.T. Runia, Etymology as an Allegorica/ Technique in Philo of Alexandria, pp. 1 0 1 - 1 2 1 ; A. van den Hoek, Etymologizing in a Christian Context. The Techniques ofC/ement and Origen, pp. 1 22- 1 68; P.S. Alexander, The Etymology ofProper Names as an Exegetical Device in Rabbinic Literature, pp. 1 69- 1 87). IO Cfr. D. Babut, Plutarco e lo Stoicismo, Presentazione di R. Radice, Edizione italiana a cura di A. Bellanti, Vita e Pensiero, Milano 2003 (ed orig. 1 969; si vedano in particolare le pp. 4 1 1-586). Il Cfr. J. Dillon, l Mediop/atonici. Uno studio sul Platonismo (80 a. C. - 220 d. C.), a cura di E. Vimercati, Milano Vita e Pensiero, 20 l O (ed. ori g. 1 977). Si veda­ no anche: Idem, Medioplatonici. Opere, frammenti e testimonianze, Introduzione, traduzione, note e apparati di commento, Bompiani, Milano 201 5 e la Nota 1 3 . 1 2 Cfr. i n particolare R . Copeland, P.T. Struck, The Cambridge Companion to Allegory, Cambridge University Press, Cambridge 20 1 0, in cui sono da eviden­ ziare, Early Greek allegory di D. Obbink (pp. 1 5-25); Hellenistic allegory and early imperia! rhetoric di G. W. Most (pp. 26-38); Origen as theorist of allegory: Alexandrian contexts di D. Boyarin (pp. 39-54); Allegory and ascent in Neoplatonism di P.T. Struck (pp. 57-70). Si vedano inoltre: M.W. Bloomfield, Allegory, Myth and Symbol, Harvard University Press, Cambridge, Mass.-London 1 98 1 ; G.R. Boys-Stones (ed.), Metaphor, Allegory and the Classica! Tradition, Oxford University Press, Oxford 2003; H. Cancik-Lindemeier, D. Sigel, s. v. Allegorese, in Der Neu e Pauly, l, Metzler, Stuttgart-Weimar 1 996, coli. 5 1 8-523 (si vedano ivi anche le voci Allegorie, di C. Walde, alle coli. 523-526 e A llegorische Dichtung, di K. Pollmann, alle coli. 525-526); D. Dawson, Allegorica! Readers and Cultura! Revision in Ancient Alexandria, University of California Press, Berkeley­ Las Angeles-Oxford 1 992 (soprattutto Pagan Etymology and A llegory, alle pp. 23-

PREFAZIONE

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72; Philo: The Reinscription of Reality, alle pp. 73- 1 26); H. Dorrie, Spiitantike Symbolik und Allegorese, in Idem, Platonica minora, W. Fink Verlag, Miinchen 1 976, pp. 1 1 2- 1 23; A. Flechter, Allegoria. Teoria di un modo simbolico, Lerici edi­ tore, Roma 1 968 (ed. orig. 1 964); D. Goldin (ed.), Simbolo, metafora, allegoria. Atti del IV Convegno itala-tedesco (Bressanone, 1976), Premessa di G. Falena, Liviana editrice, Padova 1 980 (ivi si vedano M.-C. Artaud, Langage poétique et langage rhétorique: métaphore et allégorie, alle pp. 9- 1 6; A. Rigobello, La "Métaphore vive " nel pensiero di P. Ricoeur, alle pp. 37-47; O. Longa, Metajòre politiche di Platone, alle pp. 49-60; E. Pianezzola, Personificazione e allegoria. Il "topos " della contesa, alle pp. 6 1 -72; F. Zambon, "A llegoria in verbis ". Per una distinzione tra simbolo e allegoria nell 'ermeneutica medievale, alle pp. 73- 1 06); H.-J. Horn, H. Walter (eds.), Die Allegorese des Antiken Mythos, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 1 997 (in particolare C. Neumeister, Lukrezens Umgang mit dem Mythos, alle pp. 1 9-36; W. Bemard, Zwei verschiedene Methoden der Allegorese in der Antike, alle pp. 63-83); G. Sasso, Allegoria e simbolo, N. Aragno editore, Torino 20 14; J. Whitman, Interpretation and allegory. Antiquity to the Modern Period, Brill, Boston-Leiden 2000; M . Zambon, Porphyre et le Moyen-Platonisme, Vrin, Paris 2002 (in particolare il Cap. 2, Porphyre et Plutarque, alle pp. 47- 1 28). 1 3 Cfr. M. Bonazzi, Il platonismo, Einaudi, Torino 20 1 5 {specialmente il Cap. 3, Verso il sistema: il platonismo nell 'epoca imperiale, alle pp. 73- 1 09); M. Bonazzi, P. Donini, F. Ferrari (eds.), Sistema, tradizioni, esegesi. Il Medioplatonismo, in "Rivista di Storia della filosofia", N.S. 70 (20 1 5 ), pp. 289-49 1 (con saggi di P. Donini, F.M. Petrucci, F. Ferrari, M. Bonazzi, A. Linguiti, A. Timotin, B. Centrane, R. Chiaradonna, M. Vegetti, M. Zambon); L. Deitz, Bibliographie du platonisme impérial antérieur à Plotin: 1926-1986, in "Aufstieg und Niedcrgang der romi­ schen Welt", II, 36, l ( 1 987), pp. 1 24-1 82; F. Ferrari, Quando, come e perché nac­ que il platonismo, in "Athenaeum", l 00 (20 1 2), pp. 7 1 -92; Idem, L 'esegesi medio­ platonica del "Timeo ": metodi, finalità, risultati, in F. Celia, A. Ulacco, il "Timeo ". Esegesi greche, arabe, latine, Prefazione di G. Fioravanti, Edizioni Plus - Pisa University Press, Pisa 20 1 2, pp. 8 1 - 1 3 1 ; Idem, Verso la costruzione del siste­ ma: il medioplatonismo, in "Paradigmi", 2 1 (2003), pp. 343-354; H . Tarrant, Platonism before Plotinus, in L.P. Gerson (ed.), The Cambridge History of Philosophy in Late Antiquity, I, Cambridge University Press, Cambridge-New York 20 1 0, pp. 63-99. 1 4 Cfr. R. Radice, L 'allegoria dei miti egiziani in Plutarco. Osservazioni e note, in R.L. Cardullo, D. Iozzia, Kallos kai arete. Bellezza e virtù. Studi in onore di M. Barbanti, Bonanno editore, Acireale-Roma 20 1 4, pp. 309-320. 1 5 Cfr. D.M. Cosi, s. v. Enoteismo, in Enciclopedia filosofica, IV, Bompiani, Milano 2006, pp. 34 1 0-34 1 1 ; P. Athanassiadi, M. Frede (eds.), Pagan Monotheism in Late Antiquity, Clarendon Press, Oxford 1 999; C. Moreschini, Storia del pensie­ ro cristiano tardo-antico, Presentazione di G. Reale, Bompiani, Milano 20 1 3 , pp. l 3-29; G. Sfameni Gasparro, Dio unico, pluralità e monarchia divina. Esperienze religiose e teologie nel mondo tardo-antico, Morcelliana, Brescia 20 1 0; C.O. Tommasi Moreschini, Tra politeismo, enoteismo e monoteismo. Tensioni e collisioni nella cultura latina imperiale. l. Enoteismo e divinità supreme, in "Orpheus" N.S. 28 (2007), pp. 1 86-220; H.S. Versnel, Ter Unus. lsis, Dionysos,

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Hermes. Three Studies in Henotheism, Brill, Leiden 1 990. Si veda Radice, L 'allegoria dei miti egiziani in Plutarco. Osservazioni e note, cit., p. 3 1 4: Seneca ha rilevato che gli Stoici riducevano ogni religione a filosofia e ogni divinità a un nome del logos, ponendo quest'ultimo come vero dio. 16 Cfr. ivi, p. 3 1 9: centrale nel panorama dell' allegoresi con cui Plutarco si con­ frontava era Cheremone che, più o meno negli stessi tempi, ossia nel 1 0-80 d.C., da stoico e sacerdote di lside sosteneva la priorità simbologica del pantheon egizio per "il mondo naturale. 17 Cfr. ivi, p. 3 1 4. 1 8 Cfr. ivi, pp. 3 1 5 ; 320. 19 Cfr. ivi, p. 320. 20 Cfr. Ramelli, Lucchetta, Allegoria, cit., p. 49. 21 Cfr. ivi, p. 53. 22 Cfr. ivi, pp. 58-59. 23 Cfr. Radice, Introduzione a Ramelli, Lucchetta, Allegoria, cit., pp. 1 7- 1 8, nonché pp. 58-63 ; De Simone, Mito e verità, Capitolo l , Paragrafo 3 . 24 Cfr. Leggi, I I I , 680 b-d. 25 Cfr. Aristotele, Metafisica, I, 2, 982 b. 26 Cfr. ivi, XII, 8, 1 074 b; Radice, Introduzione, in Ramelli, Allegoristi dell 'età classica. Opere e frammenti, ci t., p. XXII . 27 Cfr. Ramelli, Lucchetta, Allegoria, cit., pp. 64-65. 28 Cfr. ivi, p. 5 6. 29 Cfr. ivi, pp. 8 1 -86. 30 Cfr. ivi, pp. 86-96. 31 Cfr. ivi, pp. 96- 1 40. 32 Cfr. ivi, pp. 1 40- 1 45. 33 Cfr. ivi, p. 205. 34 Cfr. ivi, pp. 205-22 1 35 Cfr. ivi, p. 235. 36 Cfr. ivi, pp. 233-259. 37 Cfr. ivi, pp. 259-269. 3 8 Cfr. ivi, pp. 275-348. 39 Cfr. ivi, pp. 3 59-367. Alle pp. 367-370 per la loro importanza politica sono poi ricordati i trattati De regno attribuiti ai Pitagorici Diotogene, Stenida ed Ecfanto, conservati in estratti da Stobeo, datati dal III secolo a.C. al II d.C., nei quali vengono interpretati simboli di carattere teologico-politico. 40 Cfr. ivi, pp. 39 1 -402. 41 Cfr. ivi, pp. 403-445. 42 Cfr. ivi, p. 406. 43 Sull'allegoria in Filone Alessandrino si vedano in particolare, Radice (20 l 0), Allegoria. Evoluzione del concetto e del metodo nel pensiero greco, cit.; I dem (20 1 0), L 'allegoria di Filone di Alessandria, ci t.; Idem (20 1 4) L 'allegoria dei miti egiziani in Plutarco. Osservazioni e note, cit.; Idem (2004), Introduzione, in

PREFAZIONE

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Ramelli, Lucchetta, Allegoria, cit., pp. 4 1 -45. Si vedano anche i testi citati nella Nota 7. 44 Cfr. R. Radice, s. v. Aristobulo, in Enciclopedia filosofica, l, Bompiani, Milano 2006, p. 667. Si tratta di un pensatore del II secolo a.C., vissuto nel mondo ellenistico di Alessandria, appartenente alla corrente di filosofi giudaico-alessandrini che hanno cercato di raccordare Ebraismo ed Ellenismo mediante l'esegesi, precorrendo l'opera di Filone. Di Aristobulo ci sono pervenuti cinque frammenti negli scritti di Eusebio (si vedano i frammenti alle pp. 1 83-22 1 del volume di Radice, La filosofia di Aristobulo e i suoi nessi con il "De mundo " attribuito ad Aristotele, cit.). 45 Cfr. Ramelli, Lucchetta, Allegoria, cit., p. 270: "L'esegesi delle Sacre Scritture avviene per mezzo di significati nascosti (hyponoiai) in forma allegorica (en allegoriais)" (cfr. Filone di Alessandria, De Vita contemplativa, 78); "l'espres­ sione letterale è simbolo di significato occulto (symbolon dianoias aphanous)" (cfr. Idem, De praemiis, 6 1 -65). 4 6 Cfr. Runia, Etymology as Allegorica/ Technique in Philo ofAlexandria, cit., pp. 1 0 1 - 1 2 1 . 47 Plutarco nacque a Cheronea, in Beozia, intorno al 45 d.C. e mori ivi verso il l 20- 1 25. 48 Viene in particolare ricordato l'importante Convegno, Platonismus und die spiitiigyptische Religion. Plutarch und die A'gyptenrezeption in der romischen Kaiserzeit, che ha avuto luogo a Wiirzburg nel maggio 20 1 4, del quale M . Erler e M. Stadler curano gli Atti, in cui sono entrate in una feconda correlazione le diffe­ renti metodologie di Egittologia, Filologia e Filosofia greca. 49 Cfr. J. Hani, La religion égyptienne dans la pensée del Plutarque, 2 voli., Les Belles Lettres, Paris 1 976. 50 Cfr. J. Ries, Il mito e il suo significato, Jaca Book, Milano 2005; Idem, Plutarque historien et théologien des doctrines dualistes, in Gnosticisme et monde hellénistique. Actes du colloque de Louvain-la-Neuve (11-14 mars 1 980), Louvain­ la-Neuve 1 982, pp. 1 46- 1 63. 51 Cfr. Timeo, 29 d; 59 c; 68 d. 52 Cfr. N. Spineto, "Conoscere i miti è imparare il segreto dell 'origine delle cose ". La teoria del mito in M. Eliade, in S. Petrosino (ed.), Il mito. Senso, natura, attualità, Jaca Book, Milano 201 6, pp. 9-26. 53 Cfr. Boys Stones (ed.), Metaphor, Allegory and the Classica/ Tradition, cit., passim. 54 Cfr. Radice, Introduzione, in Ramelli, Lucchetta, Allegoria, p. 7; Idem, Introduzione, in RameIli, Allegoristi del/ 'età classica. Opere e frammenti, ci t., pp. XXIII-XXVIII. 55 Cfr. Radice, ivi, pp. 24-27. 56 Cfr. F. Pordomingo, Les citations poétiques du "De 1side et Osiride ": leur fonction dans le traité, in L. Van der Stockt (ed.), Rhetorical Theory and Praxis in Plutarc. Acta of the Jvth International Congress of the "International Plutarch Society ", Leuven, July 3-6, 1996, Éditions Peeters l Société des Études Classiques, Louvain-Namur 2000, pp. 355-373. 57 Si veda il Capitolo 2.

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58 Significativa nel Capitolo decimo l' osservazione di Plutarco che i sacerdozi egizi hanno attribuito nomi divini a entità: Apollo alla monade, Artemide alla diade, Atena al numero sette, Poseidone al primo cubo, come si ricava dalla scrittura gero­ glifica. 59 Cfr. A Timotin, La démonologie platonicienne: histoire de la notiorrde "dai­ mon " de Platon aux derniers néoplatoniciennes, Brill, Leiden-Boston 2012, p. 1 79. 60 Cfr. C. Moreschini, Religione e filosofia in Plutarco, in I. Gallo (ed.), Plutarco e la religione. Atti del VI Convegno plutarcheo (Ravello, 29-31 maggio 1995), D' Auria Napoli 1 996, pp. 29-48. 6 1 Cfr. Ramelli, Lucchetta, Allegoria, cit., pp. 399-402. 62 Virgilio, Georgiche, IV, 1 76. 63 Cfr. Plutarco, Iside e Osiride, Introduzione di D. Dal Como, Adelphi, Milano 1985, p. 1 1 .

INTRODUZIONE di Franco Ferrari Il De Iside et Osiride di Plutarco e l ' interpretazione del Timeo

l . Plutarco di Cheronea va considerato come uno dei primi esponenti di una tendenza destinata a imporsi nei secoli successivi, consistente nella volontà di operare una conciliazione tra la filosofia platonica e la religione positiva, sia greca sia appartenente a tradizioni "barbare". Si tratta di un'attitudine che gli autori neoplatonici erediteranno da Porfirio, ma che già prima dell'allievo di Platino venne assunta da alcu­ ni importanti filosofi platonici, il più autorevole dei quali fu senza dub­ bio Numenio di Apamea, cui si deve la formulazione di un "programma concordista" che include le tradizioni religiose di Bramani, Ebrei, Magi ed Egiziani, considerate tutte coerenti con il nucleo del pensiero filoso­ fico pitagorico-platonico 1 • Plutarco, il quale rivestì importanti incarichi presso il tempio di Apollo a Delfi (non distante dalla sua città natale), consacrò tre scritti, il De E apud Delphos, il De defectu oraculorum e il De Pythiae oracu­ lis, all'interpretazione filosofica di alcune questioni legate al culto del­ fico2. In particolare nel De E egli sembra stabilire una stretta connessio­ ne tra l'essere autentico della metafisica platonica (to ontos on), ingene­ rato e incorruttibile, da lui ormai identificato con il dio, eterno e immu­ tabile, e la figura di Apollo, che si caratterizza per l'unicità e la purezza (De E, 1 9-20.392E-393C)J. L'operazione plutarchea sembra dunque consistere in una forma di conciliazione tra i principi fondamentali della metafisica platonica, in realtà ormai "medioplatonica"4, e alcuni aspetti del culto apollineo tradizionale. Nel trattato De lside et Osiride Plutarco sembra perseguire un analogo programma concordista in relazione alla tradizione mitico-reli­ giosa dell'Egitto. Egli prende in considerazione alcuni aspetti delle nar­ razioni relative alle vicende di Osiride, Tifone (Seth), Iside e Horos per mostrare come esse risultino proficuamente interpretatibili alla luce dei principi fondamentali della metafisica e della cosmologia di Platone, e in particolare del quadro teorico ricavabile dal Timeo. In realtà questo grande trattato presenta un'articolazione molto com-

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plessa e sviluppa una serie di tematiche che non sono immediatamente riducibili alla questione del significato filosofico del mito di Iside e Osiride. L'importanza dell'allegoresi e l'analisi concreta delle differenti modalità in cui essa può declinarsi (evemerismo, demonologia, sincre­ tismo, allegoria fisica e filosofica) giocano, ad esempio, un ruolo deci­ sivo e rappresentano elementi fondamentali per la comprensione di que­ sto scritto5. La stessa questione del rapporto tra pratica cultuale e cono­ scenza filosofica percorre l'intero trattato e può considerarsi come W10 dei nodi centrali della riflessione plutarchea. Anche il motivo della natu­ ra di "immagine" (eikon) della verità che accomuna il mondo fisico, il mito e la stessa religione svolge W1 ruolo di grande rilievo nella costru­ zione del trattato, come è stato opportunamente segnalato dalla critica recente (e come la stessa De Simone ricorda nel corso di questo libro). Ma non c'è dubbio che anche alle spalle del De lside agisca l 'idea, sopra richiamata, di W1a sostanziale convergenza tra i principi della filo­ sofia platonica e il deposito mitico e cultuale della religione tradiziona­ le6. È dunque il caso di fornire W1a rapida rassegna delle principali que­ stioni filosofiche alle quali, secondo Plutarco, il mito egiziano allude. 2. Il principale motivo veicolato dal mito di Iside, Osiride e Tifone è senza dubbio rappresentato dal dualismo tra bene e male, che secondo Plutarco trova espressione anche in tutti i più importanti esponenti del pensiero filosofico greco, vale a dire Eraclito, Empedocle, i Pitagorici, Anassagora, Aristotele e naturalmente Platone, che avrebbe formulato questa concezione in forma allusiva e simbolica in molti dialoghi, per poi esporla in maniera esplicita solo nelle Leggi (X, 896d-e), con la celebre contrapposizione tra m1'anima buona e una malvagia, produttri­ ce di effetti contrari alla prima (De Iside, 48.3700-3 7 1 A)?. Negli ultimi anni si è molto scritto sulla natura del dualismo plutar­ cheo, arrivando addirittura a mettere in discussione la liceità di assegna­ re all'autore del De lside W1a posizione autenticamente dualistica. Bisogna tuttavia osservare che, se per dualismo si intende W1a concezio­ ne che si ripromette di ricondurre tutti gli aspetti della realtà (sul piano fisico, cosmologico, antropologico ed etico) all'esistenza di due principi irriducibili uno all'altro, ossia non derivabili, allora la dottrina contenu­ ta sia nel De lside sia in altre opere plutarchee, e in particolare nel De animae procreatione in Timaeo, può senza dubbio venire considerata come una forma di dualismo. Ciò non significa che un simile dualismo comporti automaticamente l'assunzione di una teoria dualistica dei prin-

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cipi, dal momento che, come cercherò di spiegare tra breve, il dualismo è in linea teorica perfettamente compatibile con la postulazione di una dottrina dei principi triadica o anche con l'ammissione di un numero maggiore di principi e causes. L'assegnazione a Plutarco di una forma, più o meno mitigata, di dualismo significa che ai suoi occhi la realtà nel suo complesso dipende in ultima istanza da due "potenze" (dynameis) fondamentali, irriducibili una all'altra (sebbene non prive di una qual­ che relazione "originaria"). Naturalmente una simile assunzione non esaurisce affatto la complessità delle componenti che entrano in gioco nella costituzione dell'universo plutarcheo e delle varie sfere in cui esso è diviso. L'opzione dualistica di Plutarco sembra porsi in linea di continuità con la struttura generale del Timeo, il dialogo intorno al quale egli, come la maggioranza dei platonici dell'epoca, ha costruito gli assi portanti della sua filosofia9. Dal Timeo Plutarco poteva infatti ricavare l'idea che il nostro universo costituisce il prodotto dell'azione di due cause fondamen­ tali, l'intelletto (nous) e la necessità (ananke): «Infatti la generazione di questo universo si è prodotta nella forma di una mescolanza derivante dalla combinazione di necessità e intellettm> (Tim. 48a). Ma da questa celebre sezione un lettore attento del Timeo, come certamente era Plutarco, poteva attingere un'altra fondamentale tesi, quella che stabiliva l'esistenza di una qualche forma di orientamento verso l'intelletto da parte della necessità. Come noto Platone accennò in forma metaforica a questo motivo, alludendo alla circostanza che l'intelletto esercita un certo dominio sulla necessità (nou anankes archontos) «persuadendola a realiz­ zare per il meglio la maggior parte delle cose soggette alla generazione». Ricorrendo a un linguaggio allusivo e immaginifico, ossia al modello psico-antropologico della "persuasione", Platone richiama l'attenzione sull'esistenza di una qualche forma di subordinazione della sfera della necessità nei confronti della dimensione dell'intelligenza, cioè di un fat­ tore causale che opera sulla base di un orientamento al meglio, vale a dire di un fine razionale. E Plutarco dimostra di avere perfettamente compreso questo importante nodo teorico, quando, dopo avere introdot­ to la tesi dualistica consistente nella postulazione di una potenza del bene e di una del male, precisa, alludendo chiaramente al Timeo, che «la generazione e la costituzione di questo cosmo è prodotta dalla mesco­ lanza di potenze opposte, le quali tuttavia non sono equipotenti, dal momento che la supremazia appartiene a quella migliore>> (De Iside, 49.37 1 A). Dunque le potenze dalla cui azione dipende la genesis e la

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systasis deU'universo non si collocano veramente sul medesimo piano, perché il principio migliore, ossia la dynamis espressa dall'anima razio­ nale, detiene il kratos nei confronti dell'anima produttrice di mali. In altre parole Plutarco declina in termini di kratos l' affermazione platonica relativa alla "persuasione" alla quale la necessità è sottoposta ad opera dell' intelletto. Ciò significa evidentemente che egli sembra condividere quella forma di "dualismo integrato" che, secondo Karin Alt, rappresenta i l nucleo della posizione sviluppata nel Timeoio. Del resto, tanto a Platone quanto a Plutarco solo il riconoscimento della superiorità della causalità razionale e finalistica nei confronti della dimensione necessaria e meccanica consente di fondare su basi filosofi­ che la tesi secondo la quale il prodotto della generazione, ossia il cosmo sensibile, è un theos aisthetos, vale a dire un "dio sensibile", essere «ottimo, massimamente bello e massimamente perfetto (aristos ka/listos te kai teleotatos)», come si sostiene alla fine del Timeo (92c)I I . La figura mitologica di Horos, che Isidc ha generato nella forma del cosmo sensi­ bile, eikon tou noetou, ossia immagine dell' intelligibile (53.373B), riproduce i caratteri di completezza e perfezione che Platone aveva asse­ gnato al mondo sensibile. Se la dimensione meccanica e necessaria non presentasse una qualche forma di orientamento verso l 'intelletto, oppure se i due tipi di causa si collocassero sul medesimo piano, diverrebbe davvero difficile spiegare come il prodotto della generazione sia un essere perfetto e addirittura un dio. In un recente e importante contributo Fabienne Jourdan ha messo in dubbio l'opportunità di assegnare a Plutarco un'attitudine dualistica. Pur riconoscendo la presenza negli scritti plutarchei, e in particolare nel De lside, di significative tracce di dualismo, la studiosa francese si è appellata al fatto, sopra richiamato, che il dualismo in questione ammet­ te un'inequivoca supremazia del bene nei confronti del male e dunque presenta un profilo fortemente "mitigato" o "temperato". Inoltre nel De lside, come del resto anche nel De animae procreatione in Timaeo, Plutarco introduce, accanto al bene e al male, un terzo principio, desti­ nato a svolgere un ruolo attivo nel processo di formazione del cosmo, che dunque non può considerarsi semplicemente come il prodotto di due principi opposti, appunto l'intelletto e la necessità, o il demiurgo e l'a­ nima precosmica irrazionale i2. Devo riconoscere che molti degli argomenti avanzati da Jourdan mi sembrano non solo sensati e plausibili, ma anche largamente convincen­ ti. In particolare la proposta di assegnare a Plutarco una forma di duali-

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smo mitigato e temperato risulta certamente apprezzabile. Credo tutta­ via che si possa tranquillamente continuare ad attribuire all 'autore del De lside l'adesione a una posizione dualistica, premurandosi però di precisare che si tratta appunto di un dualismo non radicale, anche in considerazione del fatto che il principio negativo non esercita alcun ruolo all'interno della sfera intelligibile, come invece accadeva per lo più presso gli Gnostici. Sulla questione dell'ammissione da parte di Plutarco di un terzo principio tra il bene e il male si farà ritorno tra breve. Si può fin d'ora, comunque, osservare che nel momento in cui introduce questa "terza natura intermedia" egli sembra decretarne la dipendenza dalle prime due, ossia, nel caso specifico, dall'anima buona e da quella malvagia (48.3 7 1 A)13. Ciò significa che la terza natura, cioè Iside (corrisponden­ te, come vedremo, a un particolare "stadio" della materia), non rappre­ senta un'entità del tutto irriducibile ai principi del bene e del male. Per concludere su questo punto, si può dunque ribadire l 'opportu­ nità di vedere nel De lside una delle espressioni canoniche del duali­ smo plutarcheo, avendo però cura di tenere presenti le precisazioni introdotte dalla critica più recenti e richiamate in queste paginel4. L'ipotesi storiografica avanzata qualche decennio fa da Werner Deuse, secondo il quale il dualismo del De animae procreatione costituisce uno sviluppo e un approfondimento di quello già presente nel De Iside, mi pare dunque ancora valida 1 s . 3 . Del resto l'adesione da parte di Plutarco a una prospettiva filosofi­ co-religiosa di tipo dualistico risulta motivata anche, e forse soprattutto, dall'esigenza di superare le difficoltà nelle quali si sarebbe invischiata la concezione stoica dei principi, che si era rivelata incapace di fornire una soluzione consistente al problema dell'origine e della presenza del male. Questo tema viene affrontato direttamente da Plutarco nella prima parte del De animae procrea/ione. Qui egli rimprovera al monismo stoi­ co di introdurre il male a partire dal non essere (ek tou me ontos ), !asciandolo di fatto anaitios kai agenetos, ossia privo di causa e di gene­ razione (6. 1 0 15B). La causa del male non può essere attribuita alla divi­ nità, che è per definitionem buona, ma neppure alla materia, che gli Stoici concepiscono come priva di qualità (apoios). Sono dunque in errore quei filosofi, alcuni dei quali forse anche di scuola platonica, che assegnano alla materia (hyle) il ruolo di principio del male, perché ciò che risulta privo di qualità non può determinare l' ousia kakou kai genesis,

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ossia l'esistenza e la generazione del malei6. Secondo Plutarco, Platone si sarebbe sottratto a simili aporie postulan­ do l'esistenza di un terzo principio, accanto a dio (buono) e alla materia (neutrale). Si tratta dell'anima in sé (psyche kath 'heauten), ossia dell'ani­ ma precosmica, vale a dire di quella misteriosa entità evocata nel X libro delle Leggi. Per Plutarco quest'anima rappresenta effettivamente la causa e il principio del male, in quanto essa muove la materia, in se stessa iner­ te, in modo disordinato, caotico e irrazionale. Nel trattato sulla generazio­ ne deIl' anima (del mondo) egli precisa questo importante aspetto della sua esegesi della cosmologia e della metafisica di Platone: È vero che Platone chiama madre e nutrice (metera kai tithenen) la è il movimento che è divisibile nei corpi, disordinato, irrazionale e non privo di anima. Si tratta di ciò che nelle Leggi, come si è detto, materia, ma ciò che egli chiama causa del male muove la materia, il quale

egli ha chiamato "anima opposta e controbilanciante il principio che

è infatti causa e principio di movimento, è dell'ordine e della consonanza che si trovano nel movimento (An. procr. 7. 1 0 1 5E). produce il bene". L'anima

mentre l ' intelletto lo

Dal punto di vista teorico l 'operazione esegetica messa in atto da Plutarco consiste nello "scioglimento" del principio "ricettivo" e "necessitante" del Timeo in due componenti: l'una passiva e neutrale, rappresentata dalla materia (hyle), l 'altra cinetica e irrazionale, costitui­ ta appunto dall'anima in sé. Quando Platone afferma che prima dell'in­ tervento del demiurgo il tutto risultava visibile (e dunque corporeo) e mosso plemmelos kai ataktos, cioè in maniera caotica e disordinata (Tim. 30a), egli allude, secondo Plutarco, alle due componenti che defi­ niscono lo stadio precosmico dell 'universo, ossia la materia e l'anima irrazionale. Quest'ultima costituisce la causa del movimento irrazionale che sconvolge il sostrato prima dell'intervento del demiurgo, ossia prima che esso si trasformi in un cosmo. L'azione cosmo e psico-poie­ tica della divinità si articola in due "momenti": l 'ordinamento geometri­ co-matematico del sostrato materiale, che dà origine al corpo del mondo, e la razionalizzazione del sostrato psichico irrazionale, che determina la nascita dell'anima del mondo'7. Nell'interpretazione letterale della cosmologia del Timeo sostenuta da Plutarco (e dopo di lui da Attico), la materia, cioè la corporeità, e l'a­ nima, vale a dire il movimento, si coappartengono da sempre (Plat. quaest. IV 1 003A) e definiscono la condizione reale dell'universo nel suo stadio precosmico's. A questo livello l'anima causa il movimento caotico che sconvolge la materia prima dell' intervento cosmopoietico

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del demiurgo e che si riverbera in qualche misura anche nella fase cosmica. Ciò significa che all 'anima precosmica irrazionale, che costi­ tuisce una delle componenti di cui è formata l'anima del mondo, o meglio rappresenta il "sostrato psichico" da cui si origina l'anima del mondo i9, sono in ultima analisi riconducibili gli elementi di disordine e caoticità che permangono anche nel cosmo generato (e che si situano esclusivamente a livello del mondo sublunare). La soluzione che Plutarco fornisce al problema dell'origine del male fa dunque appello all'esistenza di un'anima precosmica, principio di una cineticità caotica e irrazionale2o. Essa rappresenta l'elemento psichico in se stesso, ossia l'anima prima dell'intervento ordinatore dell'intelletto demiurgico. Ciò significa che Plutarco, rompendo con una secolare tra­ dizione (più o meno facente capo al Fedone), separa l'anima dalla razio­ nalità (appannaggio del solo intelletto), per concepirla unicamente come fonte di movimento2' . Nel De animae procreatione Plutarco si fa portavoce di un dualismo incentrato intorno alla polarità "anima (precosmica) l intelletto". Si trat­ ta, come vedremo nel prossimo paragrafo, di un dualismo mitigato dal­ l'idea, di derivazione platonica, che anche nella fase prccosmica siano presenti tracce del mondo intelligibile (ichne tou noetou). Ma non c'è dubbio che un'impostazione dualistica domini largamente questo scritto dedicato all'esegesi del passo platonico in cui compare la descrizione della composizione antologica e della divisione matematica dell'anima del mondo. Un approccio di tipo dualistico è presente, come si è già constatato, anche nel De Iside. Occore ora cercare di comprendere come Plutarco costruisca il parallelismo tra i principi cosmologico-metafisici del plato­ nismo e i personaggi del mito di lside e Osiride. 4. Nella determinazione delle corrispondenze tra le figure della mito­ logia egiziana e i principi cosmologico-metafisici del Timeo platonico i maggiori problemi continuano a risultare connessi all' individuzione del corrispettivo filosofico della dea Iside. Prima di affrontare direttamente questo complicato nodo ermeneutico, è però opportuno fare una premes­ sa di ordine generale, che ricavo da un recente saggio di Federico Petrucci22. Lo studioso mette in guardia dalla pretesa di identificare ogni divinità con un determinato principio metafisica e invita ad abbracciare un approccio ermeneutico più flessibile, consistente nel riferire le figure della mitologia egiziana a funzioni generali. Nel caso di Osiride, per

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esempio, si tTatta di concepire la divinità come la rappresentazione miti­ ca dell'insieme delle funzioni e dei poteri "positivi", ossia quelle dyna­ meis che trovano espressione sul piano metafisica nella divinità demiur­ gica, nell'anima cosmica, nell' intelletto e nello stesso mondo delle idee. Questo atteggiamento esegetico avrebbe anche il vantaggio di conciliarsi abbastanza bene con un dato teorico sul quale gli studiosi più avvertiti non hanno mancato di richiamare l 'attenzione. Si tratta del fatto che, a differenza di altri platonici a lui contemporanei come Alcinoo o Numenio, Plutarco sembra sostanzialmente disinteressato a formulare una concezione rigida e univoca delle relazioni che intercor­ rono tra le entità appartenenti alla sfera intelligibile (bene, demiurgo, intelletto, cosmo eidetico, anima del mondo ecc.), e si limita piuttosto a riconoscere con forza l'esistenza di un piano divino e trascendente, dal quale dipende la genesi e la struttura dell'universo. La sostanziale coa­ lescenza di bene, demiurgo e mondo delle idee sembra emergere proprio da un celebre passo del De lside, dove Plutarco attribuisce implicita­ mente a Platone la fusione di noeton, idea, paradeigma e pater, che nel mito egizio vengono impersonificati da Osiride (56.373E)23. Analogo discorso andrebbe fatto a proposito del principio opposto, che nel De animae procreatione è costituito dall 'anima precosmica irra­ zionale. Anche nel De lside Plutarco sembra assegnare la funzione di con­ tro-principio all 'anima evocata nel X libro delle Leggi (48.370E-F), le cui funzioni vengono poi assunte nella trasposizione mitologica da Tifone­ Seth. Tuttavia anche in questo caso non sarebbe probabilmente consiglia­ bile identificare in maniera univoca Tifone con l'anima precosmica irra­ zionale, appunto perché questa figura impersonifica il complesso delle potenze negative e distruttrici presenti nel cosmo. Da questo punto di vista Tifone costituisce effettivamente la figura simmetrica nei confronti di Osiride ed esprime miticamente l' insieme delle dynameis negative (to pathetikon kai titanikon kai a/ogon kai emplekton: 49.3 7 1 B). Come anticipato, la questione si presenta molto più complessa e pro­ blematica nel caso di Iside, dal momento che in questa divinità sembra­ no confluire aspetti opposti e non faci lmente conciliabili. Da una parte Iside viene esplicitamente assimilata alla materia, ma dall'altra viene spesso caratterizzata come "animata" e in possesso di un desiderio rivol­ to verso il principio divino, impersonificato da Osiride. Quest'ultimo elemento spiega la circostanza che alcuni studiosi abbiano proposto di identificare lside con l'anima e in particolare con l'anima del mondo o addirittura con un aspetto dell'anima originaria, ossia precosmica24.

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In realtà il testo del De Jside sembra giustificare l'equiparazione di Iside con la sola materia o più in generale con il principio ricettivo e fem­ minile del Timeo. Plutarco non afferma mai che Iside è un'anima, ma più genericamente che essa è animata e razionale oppure mossa da un movi­ mento razionale orientato verso il bene, cioè verso Osiride (53.372F; 60.375C). Viceversa egli sostiene in maniera inequivocabile che essa è materia, madre, nutrice e luogo della generazione (56.373E-F). Tuttavia la sua identificazione con la materia si presenta problemati­ ca, perché Plutarco altrove, e in particolare nel De animae procreatione, presenta la hyle come apoios e del tutto inanimata, mentre la terza natu­ ra del De Iside, intermedia tra il principio positivo e quello negativo, è espressamente detta «non inanimata, non irrazionale e non immobile>> (48.370F-37 1 A). Come si possono conciliare le affermazioni relative a Iside, concepita come dotata di movimento e tensione (verso il bene) ed equiparata alla chora e alla hyle (53.372E-F), con la tesi formulata nel De animae procreatione, secondo la quale la materia costituisce un'en­ tità inanimata, priva di qualità e assiologicamente neutrale? Nel De animae procreatione Plutarco analizza il sostrato precosmico sul quale si esercita l'azione cosmopoietica dell'intelletto demiurgico distinguendo due componenti, ossia la materia e l'anima in sé, le quali sono separabili solo dal punto di vista logico, dal momento che la mate­ ria è sempre compenetrata dall'anima e sconvolta dalla sua cineticità irrazionale. In questo stesso trattato (9. 1 0 1 6D- 1 0 1 7A e 24. 1 024B-C), poi, Plutarco accenna, sulla base di Tim. 53 a-b, anche alla presenza nella fase precosmica di "tracce dell'intelligibile" (ichne tou noetou), che vengono "accolte" dalla materia per mezzo dell'anima (anche in confor­ mità alla norma platonica che stabilisce che non c'è intelletto o intelli­ gibile senza anima: nm. 30b e Soph. 249a)25. Infine, egli sostiene che nella fase cosmica la materia, ormai divenuta "corpo del mondo" e com­ penetrata dall'anima cosmica, presenta una configurazione razionale e un orientamento verso il bene, ossia verso l 'intelligibile. Sulla base di questo rapido riassunto si può dunque attribuire a Plutarco la formulazione, se non altro implicita, di una dottrina della materia che distingue almeno quattro "stadi": l ) la materia precosmica del tutto priva di qualità (apoios) e dunque assolutamente inerte e inatti­ va; 2) la materia precosmica compenetrata eternamente dall'anima in sé (psyche kath 'heauten) e da questa mossa in maniera caotica e irrazionale; 3) la materia precosmica che accoglie attraverso l 'anima irrazionale le tracce dell'intelligibile, ossia le prefigurazioni degli elementi primari

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evocate nel Timeo; 4) la materia cosmica compenetrata dall'anima del mondo e costituita dagli elementi primari prodotti dall'intervento cosmo­ poietico del demiurgo (naturalmente solo il quarto stadio è distinto tem­ poralmente dagli altri, i quali sono tra loro separabili solo logicamente)26. Ora è evidente che la materia che Plutarco identifica con Iside non potrà certamente essere né quella passiva e inerte corrispondente al primo stadio, né quella sconvolta dall'anima irrazionale descritta nella seconda fase, che risulta separabile dalla prima solo sul piano logico e non su quello temporale. È invece ragionevole ipotizzare che Iside possa corrispondere a una materia nella quale siano in qualche misura presenti componenti riconducibili al mondo intelligibile. In questo modo si spiegherebbero sia la razionalità del movimento che la anima, sia l'orientamento in direzione del bene che ne caratterizza l'essenza. Detto ciò, non è probabilmente possibile, e forse neppure molto sen­ sato, pretendere di indicare una precisa entità metafisica cui la divinità dovrebbe essere equiparata, appunto in ragione del fatto, sopra richia­ mato, che nel De lside Plutarco sembra interessato a coniugare le singo­ le divinità a funzioni piuttosto che a entità specifiche. Iside, esattamente come la materia animata e razionale, costituisce una componente che coopera attivamente alla generazione dell 'universo fisico, corrispondente nel mito egiziano a Horos (54.373A-B). È proba­ bile che l'azione cosmopoietica di Iside si eserciti sia a livello precosmi­ co sia a livello cosmico. Ciò significa, evidentemente, che la sua attività cosmica configura una forma di creatio continua, che si affianca in Plutarco alla tesi relativa alla generazione momentanea e puntuale del mondo ad opera del demiurgo. A differenza che il De animae procreatione, il De Iside non rappre­ senta uno scritto di argomento strettamente filosofico. L'obiettivo di Plutarco non può dunque essere quello di fornire una presentazione arti­ colata delle proprie opinioni metafisiche e cosmologiche. Egli si propo­ ne semplicemente di dimostrare la convergenza tra alcuni aspetti della mitologia egiziana e i fondamenti del pensiero platonico. Manca nel trattato una discussione approfondita del rapporto tra lo stadio preco­ smico dell'universo e la fase cosmica. Ma anche a proposito di quest'ul­ timo punto, tanto importante per l'esegesi plutarchea della cosmologia del Tìmeo, Plutarco non rinuncia ad accennare, sempre ricorrendo a un linguaggio mitico ed evocativo, all'esistenza di una fase precedente alla formazione dell 'universo sensibile. In un celebre passo, molto problematico anche dal punto di vista della

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costituzione del testo (54.3 73B-C)27, egli afferma che prima della nascita di questo universo la materia dà luogo a una prima generazione (prote genesis), chiamata "Horos il vecchio". Essa non si identifica con il cosmo, ma costituisce una sorta di "immagine e quasi un simulacro del cosmo che stava per nascere" (eidolon ti kai kosmou phantasma mel­ lontos). Anche in uno scritto di carattere non squisitamente tecnico­ filosofico, dunque, Plutarco si premura di alludere a una delle tesi più significative della sua interpretazione della cosmogenesi del Timeo, ossia ali' esistenza di un protocosmo precedente alla generazione "tem­ porale" dell 'universo2s. In conclusione di queste considerazioni credo si possa affermare che il De lside et Osiride costituisca un'opera preziosa non solo per compren­ dere il senso del progetto culturale e religioso di Plutarco, ossia la sua attitudine sincretistica nei confronti del mito e della religione, ma anche per chiarire alcuni aspetti centrali della sua speculazione filosofica. 5. Pia De Simone, che può vantare un curriculum accademico nel quale trovano spazio accanto alla formazione nel settore della filologia classica anche studi di filosofia tardo-ellenistica e un solido apprendi­ stato nel campo della storia delle religioni, presenta questa monografia sul De Iside che può considerarsi una sorta di "accompagnamento alla lettura" del trattato plutarcheo. Si tratta di un contributo serio c rigoroso, nel quale si fondono competenze diversificate e che per questo è desti­ nato a rappresentare un valido strumento di lavoro sia per gli studenti sia per gli studiosi interessati a comprendere le dinamiche teoriche ed erme­ neutiche che sorreggono una delle opere più complesse e affascinanti di Plutarco. Mi sento dunque di affermare che questo libro di Pia De Simone meriti di venire affiancato ai tanti contributi sul pensiero filosofico e religioso di Plutarco, che in questi ultimi decenni hanno consentito di migliorare in maniera significativa la nostra comprensione di questo importante autore platonico, attivo in una delle fasi più delicate della storia del pensiero antico.

NOTE ALLA INTRODUZIONE

1 Numenio, fr. l des Places. In generale sull'attitudine di Numenio nei confronti delle religioni orientali cfr. il recente contributo di M. Bonazzi, Numenio, il plato­ nismo e le tradizioni orientali, «xwpa», Hors-série (20 1 5) pp. 225-40. Sul rapporto di Numenio con la Bibbia e la tradizione egiziana si veda F. Jourdan, Traditions bibliques et traditions égyptiennes au service d'une exégèse du mythe d'Er: Numénius et l 'allégorie d 'Homère dans le fragment 30 des Places, «Les É tudes philosophiques», 20 1 5, pp. 43 1 -52. 2 Sulla strategia plutarchea di appropriazione in chiave filosofico-platonica della tradizione legata al culto delfico si veda ora il bel libro di X. Brouillette, La philosophie delphique de Plutarque. L 'itinéraire des Dialoques pythiques, Paris 2014. 3 Cfr. H. Obsieger, Plutarch: De E apud Delphos l Uber das Epsilon am Apolltempel in De/phi, Einftihrung, Ausgabe und Kommentar, Stuttgart 20 1 3, pp. 34-35. 4 Sui rapporti che legano il dio plutarcheo a quello di Platone mi permetto di rinviare a F. Ferrari, Der Gott Plutarchs und der Gott Platons, in R. Hirsch-Luipold (Hrsg.), Gott und die Gotter bei Plutarch. Gotterbilder - Gottesbilder - Weltbilder, Berlin-New York 2005, pp. 1 3-25. In generale sui principali caratteri della metafi­ sica del medioplatonismo cfr. F. Ferrari, Metafisica e teologia nel medioplatonismo, «Rivista di Storia della Filosofia», 70 (20 1 5) pp. 32 1 -37. 5 Sulla sequenza delle tipologie interpretative del mito e sul loro significato si rimanda alla fondamentale monografia di R. Hirsch-Luipold, Plutarchs Denken in Bildern. Studien zur literarischen, philosophischen und religiosen Funktion des Bildhaften, Tiibingen 2002, pp. 1 82-88; importanti considerazioni sul ruolo de li ' in­ terpretazione demonologica si trovano in A. Timotin, La démonologie platonicien­ ne. Histoire de la notion de daimon de Platon aux derniers néoplatoniciens, Leiden-Boston 20 1 2 , pp. 1 79-90. In generale sulla natura e la funzione dell'allego­ ria in Plutarco cfr. M . Zambon, Porphyre et le moyen-platonisme, Paris 2002, pp. 62-73 e I. Ramelli - G. Lucchetta, Allegoria, vol. l : L 'età classica, introduzione e cura di R. Radice, Milano 2004, pp. 391 -402. 6 Sulla strategia di appropriazione del mito egizio messa in atto da Plutarco si può vedere anche D.S. Richter, Plutarch on Isis and Osiris: Text, Cult, and Cultura! Appropriation, «Transactions of American Philological Association», 1 3 1 (200 l ) pp. 1 9 1 -2 1 6. 7 Sulle fonti e il significato della "archeologia dualista" ricostruita da Plutarco rimane fondamentale J. Mansfeld, Heresiography in Context: Hippolytus 'Eienchos as a Source for Greek Philosophy, Leiden-New York-Ki:iln 1 992, pp. 278-90. B Sulla questione della compatibilità tra dualismo e teoria triadica dei principi mi ero soffermato in F. Ferrari, Dio, idee e materia. La struttura del cosmo in Plutarco di Cheronea, Napoli 1 995, pp. 74-90, dove parlavo di "impostazione dua­ listica" e di "teoria dei tre principi". La piena compatibilità in Plutarco tra il duali-

IL DE /SIDE E L'INTERPRETAZIONE DEL TIMEO

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smo e una concezione delle cause articolata viene confermata dalla sezione relativa alla dottrina "platonica" della cause contenuta nel De defectu oraculorum (4748.435E-436F); cfr. in proposito F. Ferrari, Le système des causes chez Plutarque, «Revue de Philosophie Ancienne», 33 (20 1 5) pp. 95- 1 14. 9 Sull' enorme influenza che il Timeo ha esercitato sulla filosofia medioplatonica mi sia consentito rinviare a F. Ferrari, L 'esegesi medioplatonica del Timeo: metodi, finalità, risultati, in F. Celia - A. Ulacco (a cura), Il Timeo. Esegesi greche, arabe, latine, Pisa 20 1 2, pp. 8 1 - 1 3 1 . I O Cfr. K. Alt, Weltflucht und Weltbejahung. Zur Frage des Dualismus bei Plutarch, Numenios, Plotin, Stuttgart 1 993, pp. 1 4 e 20-22. I I Si veda, ad esempio, An. procr. 1 0. 1 0 1 7C, dove Plutarco identifica l'oggetto divino generato dal demiurgo con il cosmo sensibile. I 2 F. Jourdan, Plutarque développe-t-il réellement une pensée dualiste?, «xoopa» Hors-série (20 1 5) pp. 1 85-223. Le modalità in cui la dottrina dei tre principi viene ricavata nel De lside e nel De animae procreatione sono tuttavia differenti : nel De lside Plutarco parte dal dualismo tra il principio positivo e quello negativo per introdurre una terza natura, la materia-Iside, mentre nel De animae procreatione egli assume inizialmente come principi dio, causa del bene, e la materia, neutrale e indifferente, per poi stabilire l'esigenza di postulare un terzo principio, l'anima irra­ zionale, alla quale assegna la funzione di causa e origine del male. I J Il verbo al quale Plutarco ricorre per indicare il rapporto della terza physis nei confronti delle prime due dynameis, cioè anakeimai (anakeimenen amphoin ekei­ nais), presenta una gamma di significati abbastanza ampia. In questo contesto sem­ bra comunque preferibile la resa con "dipendere da" (con il dativo), che è la tradu­ zione assunta sia da J.G. Grifliths, Plutarch s De lside et Osiride, Edited with an Introduction, Translation and Commentary, Cardiff 1 970 (depends on the other two) sia da F. C. Babbitt, Plutarch s Moralia, voi. V, Cambridge Mass. 1 984 (with dependence on both those others). I 4 Come anticipato alla nota 8, la situazione del De lside sarebbe abbastanza simile a quella ricavabile dal De defectu oraculorum, dove Plutarco ascrive a Platone il merito di avere dato cittadinanza a entrambe le specie di causa, ossia quella divina e razionale (che si articola nel principio finale e in quello efficiente) e quella materiale e necessaria (formata dalla causa materiale e da quella strumen­ tale): cfr. Def orac. 47-48.436A-F con le mie considerazioni contenute nel saggio Le système des causes chez Plutarque, cit. pp. 1 00-02. I 5 W. Deuse, Untersuchungen zur mittelplatonischen und neuplatonischen Seelenlehre, Wiesbaden 1 983, pp. 3 7-42, il quale interpretava lo scritto sulla gene­ razione dell 'anima come una risposta alle aporie emerse a partire dall'assunzione della tesi dualistica nel De lside. I6 Su questa sezione del De animae procreatione rinvio alle mie note di com­ mento in F. Ferrari - L. Baldi (a cura), Plutarco: La generazione dell 'anima nel Timeo, introduzione, testo critico, traduzione e commento, Napoli 2002, pp. 253-56 nn. 87-92. 1 7 Sulla scomposizione operata da Plutarco del sostrato precosmico in una com­ ponente corporea e in una cinetica e sulla riconduzione dei caratteri "psichici" dell'anima del mondo ali 'anima precosmica si veda F. Ferrari, La psichicità dell 'a-

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FRANCO FERRARI

nima del mondo e il divenire precosmico secondo Plutarco, «Ploutarchos», 9 (201 0/20 1 1 ) pp. 1 5-36. 18 Per tutto ciò rinvio a F. Ferrari, Materia, movimento, anima e tempo prima della nascita del/ 'universo: Plutarco e Attico sulla cosmologia del Timeo, in E. Coda - C. Martini Bonadeo (éd.), De / 'Antiquité tardive au Moyen Age. Études de logique aristotélicienne et de philosophie grecque, syriaque, arabe et latine offertes à Henry Hugonnard-Roche, Paris 201 4, pp. 255-76. Per l' adesione da parte di Plutarco all'esegesi letterale e temporale della cosmologia platonica rimane fonda­ mentale la monografia di M. Baltes, Die Weltentstehung des Platonischen Timaios nach den antiken Interpreten, Bd. l , Leiden 1 976, pp. 38-45. 19 Si tratta per la precisione della ousia peri ta somata gignomene meriste di Tim. 35a. Quest'anima è responsabile delle caratteristiche "psichiche" di cui è in possesso l'anima del mondo, cioè la cineticità (to kinetikon), la ricettività (to pathe­ tikon), la sensibilità (to aistheton) e l'immaginazione (to phantastikon): cfr. An procr. 23. 1 0230-E e quanto osservo in La psichicità de/l 'anima del mondo, art. ci t., pp. 1 9-22. Anima precosmica e anima del mondo non sono in realtà due entità numericamente distinte, bensì la medesima anima considerata nella fase precosmi­ ca e in quella cosmica: cfr. J. Opsomer, Plutarch s De animae procreatione in Timaeo: Manipulation or Searchfor Consistency?, in P. Adamson - H. Baltussen ­ M.W.F. Stone (eds.), Philosphy, Science and Exegesis in Greek, Arabic and Latin Commentaries, vol. l , London 2004, pp. 1 3 7-62, in part. p. 1 53. 20 Sulla natura e la funzione kakopoietica dell'anima in sé si veda ora il saggio di F. Jourdan, Woher kommt das Obel?: Platonische Psychogonie bei Plutarch, «Ploutarchos», 1 1 (20 1 4) pp. 87- 1 22. 2 1 Questo motivo è stato opportunamente richiamato da W. Deuse, Untersuchungen zur mittelplatonischen . . . , cit. pp. 42-45. 22 F.M. Petrucci, Plutarch s Theory of Cosmologica/ Powers in the De Iside et Osiride, , 53 ( 1 996) pp. 44-55, spec. pp. 47-5 1 . 26 Uno schema analogo, senza però i l riferimento al terzo stadio, venne proposto in uno lavoro vecchio ma ancora meritevole di attenzione (e ingiustamente negletto) di P. Thévenaz, L 'Àme du monde le devenir et la matière chez Plutarque, Neuchatel 1 938, pp. 1 08- 14. 27 Si veda in proposito C. Froidefond, Plutarque et le platonisme, «ANRW», Il 36. 1 ( 1 987) pp. 1 84-233, in part. 222-24, W. Deuse, Untersuchungen zur mittelpla­ tonischen . . . , cit. p. 238 n. 5 e F. Ferrari, La generazione precosmica . . , art. cit., pp. 5 1 -55. 28 Ho cercato di dimostrare l'appartenza di questo passo alla costellazione teo­ rica relativa al tema della disponibilità (idoneitas) precosmica della materia a venire ordinata nel saggio Materia, movimento, anima e tempo . . , cit., pp. 269-70. Anche J. Dillon, l medioplatonici, op. cit., p. 242 sembra riferire l 'accenno a "Horos il vec­ chio" al contesto della condizione precosmica del sostrato. .

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Mito e verità Uno studio sul De Iside et Osiride di Plutarco

PREMESSA

Oò8f:v àv9pci:Jpql À.apdv J.ldçov, où xapicracr9at 9e(i) cr€J.lVO't€pov ÙÀ.l19eiaç. Al paragone della verità né l 'uomo potrebbe acquistare nulla di meglio, né il dio potrebbe donar nulla di più venerando. De lside et Osiride, cap. 1 .3 5 1 C-D

Il De lside et Osiridel di Plutarco, per la sua polivocità, è stato sem­ pre esaminato secondo molteplici prospettive di carattere filosofico, sto­ rico-religioso e letterario. All'origine dell'esegesi del testo plutarcheo che qui viene presentato vi sono diversi quesiti che hanno segnato il dipanarsi della riflessione. In primo luogo, perché Plutarco, giunto alla maturità della propria rifles­ sione2 e ritenendo che l'unica acquisizione degna dell'uomo sia la verità, decide di dedicarsi a un trattato sul mito di Iside e Osiride? Egli che considera la filosofia il metodo per la ricerca della verità3, quando parla di conoscenza e verità a quale paradigma filosofico fa rife­ rimento? O ancora, perché decide di raccontare proprio un mito di ori­ gine egizia4? Il presente studio si presenta come un commentario continuo al De Iside, in quanto segue il percorso di conoscenza della verità che lo stesso Plutarco propone nel suo scritto con l' intento di far emergere l'origine delle sue posizioni filosofiche e il ruolo che l'allegoria ha avuto nell'e­ splicitare tali posizioni. Seguire sistematicamente l'ordine del testo, permette di presentare l'opera tenendo conto dell'intento plutarcheo di fondere, senza confon­ dere, i due, apparentemente, distinti livelli di lettura: quello filosofico di matrice medioplatonica e quello storico-religioso che vede nel De lside una testimonianza unica e fondamentale per la ricostruzione dei culti religiosi egizi. La varietà tematica e tipologica della produzione plutarchea permet­ te, a mio giudizio, di sostenere l'efficacia di un'indagine monografica che consideri ogni scritto come espressione di un particolare messaggio che l'autore di Cheronea voleva comunicare. La prospettiva seguita è, pertanto, quella interna al testo, cosicchè ogni analisi e riflessione non sia decontestualizzata. La ricerca deve necessariamente tralasciare alcuni aspetti che meri­ terebbero un approfondimento esclusivo, ma si è scelto di privilegiare quelle parti del testo che aiutano a rispondere ai quesiti posti come esor­ dio all 'intera trattazione.

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PIA DE SJMONE

Il mito, attraverso l'ermeneutica allegorica, elabora un'immagine della verità e assume così un valore argomentativo e filosofico che va ben oltre quello a cui di solito viene deputato. Il mito di Iside e Osiride, infatti, riesce, tra le altre cose, a trasmettere l'impianto antologico della filosofia plutarchea e teorie cosmologiche non facilmente comunicabili attraverso una deduzione dialogica. Nella prima parte dello studio sono presentati i rapporti di Plutarco con l 'Egitto e viene dato uno spazio particolare all'utilizzo del mito in Platone, giacché le posizioni del filosofo ateniese sono, all'interno dello stesso De lside, un termine di paragone costante oltre che veritativo. L'analisi di tutto il trattato plutarcheo e le riflessioni sulla filosofia di Plutarco sono precedute da un doveroso chiarimento sull'uso filosofico della allegoria. Si è scelto di presentare il contenuto del De lside in maniera sintetica e, ove citato, in una personale traduzione italiana, riportando il testo di riferimento nell'originale greco in nota. Tale lavoro, pur con una autonoma metodologia di indagine, si inse­ risce nell'ambito degli studi sull'allegoria filosofica nell'età classicas e in Filone di Alessandria6, con l 'intento di far emergere la peculiarità del­ l'atteggiamento di Plutarco a questo proposito. Il suo approccio, infatti, è l'esito del rapporto dell'autore di Cheronea con Platone, la tradizione religiosa e le filosofie ellenistiche. Il testo greco del De lside è tratto da: W. Sieveking (ed.), Plutarchi Moralia, vol. 2.3, Teubner, Leipzig 1 97 1 ( 1 935 ' ) e i riferimenti al testo seguono sia la divisione in capitoli, sia quella dello Stephanus. Ringrazio con affetto per il prezioso e generoso aiuto, per i suggeri­ menti, le critiche e le osservazioni Franco Ferrari, Maria Luisa Gatti e Roberto Radice. A loro va la mia profonda gratitudine.

NOTE ALLA PREMESSA

I A partire da qui il testo verrà indicato con De Iside. 2 Il De lside viene composto dopo una già copiosa produzione di carattere sto­ riografico, filosofico, religioso e politico. Il cosiddetto "catalogo di Lampria" (il lessico Suda attribuisce erroneamente questo nome ad un figlio di Plutarco che avrebbe compilato il suddetto catalogo degli scritti del padre) tramanda i titoli delle opere scritte da Plutarco che ammonterebbero a circa 260, un terzo delle quali ci è stato tramandato. Una ventina delle opere pervenuteci hanno un interesse filosofico tale da farle considerare tra i documenti più significativi della filosofia medioplato­ nica. Degli scritti filosofici di Plutarco sono conservate solo due trattazioni che si riferiscono a Platone (De animae procreatione in Timaeo; Platonicae quaestiones), ma Platone risulta comunque essere il protagonista degli scritti filosofici di Plutarco; vi sono inoltre tre scritti polemici contro gli Stoici e tre contro gli Epicurei. Sono andati perduti dodici testi relativi a Socrate, Platone e l'Accademia; nove opere di problemi metafisici, gnoseologici e logici; alcune opere dedicate alla spiegazione e alla confutazione di filosofi più antichi e delle loro teorie; altri cinque scritti polemici contro gli Stoici, cinque contro gli Epicurei e uno contro entrambe le scuole; due trattazioni riguardo la mistica dei numeri. Vi sono, infine, gli scritti "filosofico-popolari" di argomento etico che trattano il problema dell'arete. Ziegler inserisce il De Jside tra gli scritti teologi ci. Cfr. Ziegler 1 965, pp. 87-88; 1 63-204, 227-256. 3 Cfr. De E apud Delphos, 387a: Èm:i roivuv q>IÀocrOpovi(aEwç J.LEtaùiùwmv, oiKEia KEKtl]J.LÉVOç taùta Kaì XPWJ.LEVoç . 28 Cfr. Iliade XIII 354-355. 29 Cfr. Pordomingo 2000, pp. 357-358. Nel corso dell'analisi mi sono servita anche dei numerosi studi sulle citazioni letterarie e filosofiche presenti nello scritto; tra queste è opportuno segnalare: Pordomingo 2000; Chiodi 1 996, 1 994a, b; Casadio 1 99 1 . 30 Cfr. Pordomingo 2000, pp. 358. 3 1 Cfr. Ferrari 1 995, p. 2 1 . 3 2 Cfr. De Iside, cap. 1 .35 1 D: Kaì toùto KllÀÀtcrta 1tav-rwv "OJ.Ll]poç cùv dpl]KE 7tEpÌ 9EÒJV àvaq>9ql;aJ.LEVOç � pàv O.prporépOlUIV opòv yévoç �c5 . [a pO.rpYf, illà Zeùç 1tporepoç yeyovez Kaì 1tl1.eiova .fj&l (Omero, Iliade, XIII, 354-355). 33 Volpe aggiunge che questa tensione è consapevole del fatto che Dio non può che essere visto soltanto col pensiero, come Seneca dice in Natura/es Quaestiones 7,30,3 : ipse [deus] cogitatione visendus est. Cfr. Volpe 2009, p. 1 3 . 34 Per una breve rassegna delle fonti sul dio Tifone nell' interpretazione egizia e greca cfr. Griffiths 1 960, pp. 374-376. 3 5 Cfr. De Iside, cap. 2.35 1 F: 7tOÀiJ.Ltoç tfi 9Eql KUÌ ùt' ayvmav KUÌ àmitl]V tETUq>WJ.LÉVOç. 36 Cfr. Pordomingo 2000, p. 358. 37 Cfr. De Iside, cap. 3.352C: 'JmaK6ç Ècrttv wç ÙÀ1]9ò:Jç ò tà OEIKVUJ.LEVU KUÌ ùpffiJ.Leva 7tEpì toùç 9wùç toutouç, otav v6J.Lcp napaM�n. wycp çl]tò:Jv Kaì q>IÀOaoq>ò:Jv nEpi ti'jç ÈV aùtoiç ÙÀ1]9Eiaç. 38 Cfr. De Iside, cap. 3.3528: toiç ÙÀ1]9ò:Jç Kaì ÙtKaiwç iEpaq>6potç Kaì iEpoat6ÀOtç npoaayopEUOJ.LÉVotç. Cfr. Sfameni Gasparro 1 996, p. 1 64. 39 Cfr. De Iside, cap. 4.352E: Kaì yàp tòv 'Haioùov oiEa9at òEi Atyovta J.Ll]O' ànò nEVt6çoto 9Eò:Jv f;v ùatti 9win aùov ànò XÀumKfjç Èattv. 43 Cfr. Ziegler 1 965, p. 247. 44 Boulet fa notare che questo concetto viene espresso anche nella Vìta di Numa che, come alto sacerdote e re, e studente di Pitagora, governa attraverso la religione e, attraverso la religione, insegna la filosofia ai suoi compagni sacerdoti. Cfr. Boulet 20 1 0, p. 6 1 . 45 Cfr. Becchi 2004, p. 73.

gg

PIA DE SIMONE

46 Anche il fr. 202.2 sgg Sandbach=Stobeo III 1 . 1 99, l SO H riporta che "niente è così proprio della filosofia pitagorica come tò cru!J.�OÀ.tKòv. Proprio dei nuflayoptKà oU!J.�oÀ.a è che ciò che sembra detto è nascosto, e ciò che sembra nascosto è pensato". 47 Cfr. Becchi 2004, p. 78. Vita di Numa 8. 1 2- 1 3 . 48 Cfr. Repubblica 37Se. 49 Cfr. Hani 1 976, p. 2 1 ; Chiodi 1 986, p. l , n. l . 5o Cfr. Vemière, 1 977, p. SO. 51 Cfr. De lside, cap. 1 1 .3SSB: lhav oÙv a !J.U9oÀ.Oyoùcnv AìyintttOt m:pì tii'lv fl�:ii'lv Ò.K01JcrrJç, 7tÀ.IiVaç KUÌ OtU!J.EÀ.ta!J.OÙç KUÌ 7tOÀ.À.à lOtUÙta na9ft!J.UlU, od lOOV 7tp0Etpt1!J.f:vWV !J.Vll !J.OVEUEtV KUÌ !J.Tlòf:V oif:crflat lOUlWV Aiywflat ygyovòç oihro KUÌ n�:npay!lf:vov. 52 Cfr. De /side, cap. l 2.3SSD: Aii;Etat o' ò !J.ÙEloç o1'itoç tv �paxutcitmç roç evE­ crtt !J.ò.À.tcrta, tii'lv O.:xpftcrtrov mpòOpa KUÌ 7tEptttii'lv O.acriç Écrnv àvaKÀ.&vtoç É1t' illa tJÌV otavmav. 4 Cfr. Chiodi 1 990, p. 1 45 . 5 Cfr. Volpe 2009, p. 1 3. 6 Cfr. Pordomingo 2000, p. 36 1 . 7 Cfr. De /side, cap. 24.360C: ' Eì ÒÉ nvEç É/;ap9ÉVtEç U1tÒ Jlf:YUÀ.aUXiaç' wc; q>lJcrtv 6 TIMtwv 'lilla VEÒtT)tt Kai àvoic;t q>ÀEYÒJlEVOl tJÌV I.JIUXJÌV J!E9' iJ�pEwç' Éoèl;avto 9E&v É7tWVUJ!iaç Kaì va&v iopucrEtç, �paXÌJv ijv9TjcrEV it 86/;a XPÒvov, dta KEVÒtT)ta Kai àì..açovEiav J!Et àcrE�Eiaç Kai 7tapavoJ.Liac; 7tpocroq>À.ÒVtEç. 8 Cfr. Timotin 20 1 2, p. 1 79. 9 Cfr. Pordomingo 2000, p. 358. I O Cfr. Casadio 1 996, p. 224. I l Cfr. De lside, cap. 26.36 1 A: wc; t&v OalJlÒVWV JllKtJÌV Kaì ÙVWJ!UÀ.OV q>umv tx6vtwv Kaì 7tpoaipEmv. CiÒ significa che i demoni hanno una natura composita e incostante, che determina anche le loro azioni. 12 Cfr. Pordomingo 2000, pp. 3 6 1 -362. 13 Cfr. Omero, Odissea VI, 1 2. 14 Cfr. Empedocle, Ka9apJ.Loi, Diels-Kranz 32B 1 1 5. 15 Cfr. Pordomingo 2000, pp. 363-364. 16 Cfr. De Iside, cap. 26.36 1 C: o tE TIMtwv ÉPJlTJVEUnKòv tò tmoùtov òvoJlasEt y�oc; Kaì otaKOVtKÒv èv J!Émp 9E&v Kai àv9pw7twv. Queste nature, che stanno fra dei e uomini, Platone le chiama «interpreti e ministri». 17 Cfr. De lside, cap. 26.36 1 B: outE 9E&v ttJlaìc; outE ÒatJ!Òvwv oiuat 7tpOcrTJKElV XPTJOt&v non siano volti ad onorare dèi o demoni buoni q>ucrEtç èv ti[) 1tEPlÉXOVtl JlEYUÀaç JlÈ:V Kai ìcrxupac;, 8ucrtpÒ7tOUç oè KUÌ crKU9pw7taç. Ci sarebbero invece, nell'atmosfera, degli esseri enonni e dotati di grande forza, ma oscuri e malevoli. 18 Cfr. Chiodi 1 990, pp. 145- 146. 19 Sulle diverse accezioni di sincretismo cfr. Motte-Delforge Pirenne 1 994, pp. 1 1 -27; Leveque 1975, pp. 1 79- 1 87. 20 Cfr. Crati/o 403a-404a. 21 Cfr. De /side, cap. 30.363A: Myoum yàp èv àpti

Sap·rov,

tò Of: aéòjla 7tOM.érKtç 8taa7tàv Kaì Ùq>aviçew tòv Tuq>éòva. Cfr. Ferrari 1 995. 52 Cfr. De lside, cap. 54.373A-8: tò yàp ov Kaì VOfltÒv Kaì àya8òv q>Sopàç Kaì jlEtapoÀ.fjç KpEittÒV Éanv uç 8'à7t'aùtoù tÒ aiaSfltÒV KUÌ O"CùjlU'tlKÒV EÌKÒvaç ÉKJ.I.UttEtat, Kaì Myouç Kaì Ei811 Kaì ÒJ.I.OtÒ'tlltaç àvaÀ.aJ.I.Pciv&t, Ka8a7t&p èv Kflpep aq>payi8&ç oùK àd 8tajlévoumv, àUà KataÀ.aJ.I.Pav&t tò iitaKtov aùtàç Kaì tapaxoo8eç. 53 Cfr. De Jside, cap. 54.3738: tòv .,.npov, ov it ,.latç EÌK6va toù VOfltOù KÒO"J.I.OU aiaSfltòv ovta yEVVQ.. 54 Cfr. De lside, cap. 54.3738-C: it llÈV yap, �n téòv 8&éòv èv yaatpì tfjç 'Péaç ovtwv, èl; "Iatòoç Kaì 'Oaipt8oç yevoJ.I.Évfl yév&mç .i\7t6Uwvoç aìvitt&tut, tò 7tpìv ÉK TJÌV UÀflV, nìv q>i>mv ÉÀ.EyXOJ.I.ÉvflV èq> 'aùtfjç àt&Àfj nìv 7tPW'tllV yévemv èl;ev&yKEiv. Cfr. Ferrari 1 996b, pp. 44-55. 55 Cfr. Hirsch-Luipold 2002, pp. 1 95-1 96. 56 Cfr. Hirsch-Luipold 2002, pp. 202-203. 57 Cfr. Pépin 1 958, p. 1 8 1 . 5 8 Cfr. Ferrari 2002, pp. 77-78. 59 Cfr. Ferrari 2002, pp. 80-84. 60 Cfr. Ferrari 2002, p. 89. 6 1 Cfr. Ferrari 2002, pp. 85-90. 62 Cfr. Chiodi 1 986, p. 36. 63 Cfr. De Jside, cap. 56.373E-F: it 8È Kp&ittwv Kai 8EtOtÉpa q>i>atç ÉK tptéòv Éan, tOÙ VOfltoÙ KUÌ tfjç UÀ.flç KaÌ tOÙ ÉK tOUtCùV, OV KÒ téòv ÒVOJ.I.Utcov JlfltÉpa tep ÒÈ OEUtÉpq> olKov "Qpou KÒO"JltOV, ci:Jç Kaì TIMtCùV xwpav YEVÉ&vt tò toù Taptcipou J.I.EtaÀaJlpavovtÉç 1tcoç Ù7tooioOJ.I.EV tò yàp Xuoç OOKEl xwpav ttVà KUÌ tÒ7tOV toù 7tUVtòç U1tOti8Ea8at. 7tpOaKaÀEltat ÒÈ KUÌ tòv TIMtwvoç ÙJ.I.Cù9aptoç, ò.A.A.' ò.etyevt']ç &v J.lTJXIlVàtat mtç tòlv 1ta6&v J.1Eta�oA.atç KllÌ 7tEpt60mç ò.eì véoç KllÌ J.1T]OÉ7tote q>9aplJcrÒJ.leYoç OtllJ.lÉVEtv. 70 Cfr. Chiodi 1 986, pp. 42-43. 71 Cfr. Chiodi 1 986, p. 45 . 72 Cfr. Ramelli 2004, pp. 399-402. 73 Cfr. Bemard 1 990, pp. 7-8, 1 5-2 1, 74-80. 74 Cfr. Ramelli 2004, pp. 399-402; Whitmarsh 200 1 , Jones 2001 . 75 Cfr. Pépin 1958, p. 1 83. 76 Cfr. De lside, cap. 58.374E: XPTJCJtÉov oi: tolç J.1U9otç oùx wç A.òyotç 1tclJ.11tllV o'Òmv, à.Uà tò 7tpòcrq>opov ÉKacrtou tò Katà ti]v ÒJ.lotÒtT]ta AllJ.l�avovtaç. 77 Cfr. De Iside, cap. 58.374E-F: aùt�v tE nìv ljfUXJÌV Kaì ti]v Otavmav toii ò.v9pW1tOU wç UAT]V È1tlCJTJÌJ.1T]ç KllÌ ò.petiìç •

KOCJJ.leiV KllÌ tm9J.1i/;;EtV 1tllPÉXOJ.1f:V tÒV te VOÙV Evtol tÒ1tOV EÌOÙlV à1teq>�VIlVtO KllÌ tÙlV VOT]tÙlV OlOV ÈKJ.lllYElOV. 78 Cfr. Chiodi 1 986, p. 46. 79 Cfr. Griffiths 1 976, pp. 8 1 -82. 80 Cfr. De lside, cap. 60.375C-D: c:Ocr1tep totç 9eotç 1tàcrtv Ò.1tÒ òueiv ypnJ.1J.1Utrov toii eeatoii KllÌ toii 9éovtoç ECJtlV Épecr9at, KiVT]crtV o'Òcrav EJ.l'I'UXOV KllÌ q>pÒVtJ.lOV. 82 Cfr. De Iside, cap. 60.365D: outro KllÌ ti]v VÒT]crtV KllÌ ti]v q>pÒVT]crtV, wç voii q>opàv KllÌ KlVT]crtV o'Òcrav lEJ.lÈVOU KllÌ q>EpOJ.lÉVOU KllÌ tÒ CJUVlÉVIll KllÌ tÒ.ya9ÒV OAroç KllÌ Ò.pELÌ]V È1tÌ toiç pÉOUcrt KllÌ 9Éoucrt 9écr9at KU9U7tEp a'Ò 1tclAlV tolç Ò.vttq>ffiVOÙcrtV ÒVÒJ.lllcrt AotÒopeicr9at tÒ KllKÒV, tÒ LÌ]V q>UcrtV ÈJ.11tOOisov KllÌ CJUVOÉOV KllÌ lCJXOV KllÌ KWAÙOV tECJ9at KllÌ ÌÉVIlt KllKlllV Ò.1t0pt11V OEtAtllV Ò.VtllV 1tpOcrUyopEUÒVtffiV. 83 Cfr. De lside, cap. 63.376C-D: ÈJ.lq>lllVEl KllÌ tò crdcrtpov, on creiecr9at od tà ovta Kaì J.1TJÒÉ7tote 1tauecrem q>opàç, ill' oìov éçeyeipecrem Kaì KA.ovetcrem Klltaoapeavovm Kaì J.1apatvÒJ.1EVa. tòv yàp Tuq>&va q>am wiç creicrtpmç Ò.1tOtpÉ1tElV KllÌ Ò.1t0Kpouecr9at, OTJAoÙvtEç on rijç q>9opàç CJUVOEOUCJT]ç KllÌ icrtO.CJT]ç, aÙ9tç ò.vaA.Uet tt']v q>umv KllÌ ò.vicrtl]crt Otà rijç Ktvt']creroç it yévemç. 84 Cfr. Chiodi 1 986, pp. 4 1 -42. ·

Capitolo quinto Valutazioni sintetiche

l.

Critiche al/ 'allegoriafisica

All 'interno del suo scritto Plutarco si è servito della metodologia del­ l' allegoria fisica di tipo sostitutivo, solo in quanto funzionale alla comu­ nicazione del reale come immagine dell'intelligibile e ha chiarito che il racconto mitologico non deve essere considerato come una verità asso­ luta (capitolo 58.374E). A mio avviso, questa premessa fa sì che la critica alle credenze immanentiste sviluppata nei capitoli 64-7 1 .376F-379E non vada consi­ derata una contraddizione del pensiero plutarcheo. Egli critica le cre­ denze secondo cui gli dèi sono identificati con i fenomeni naturali I , o almeno ne critica una visione ridotta a rapporto biunivoco; Plutarco, infatti, non considera veritiero il singolo aspetto, bensì il racconto mito­ logico nella sua complessità. Sostiene che Osiride e Iside non vadano identificati con l'acqua, il sole, la terra o il cielo, ma che tutto quanto vi è di ordinato, buono e positivo è opera di Iside e immagine di Osiride, perché Osiride somministra l'impulso e Iside lo riceve e lo distribuisce in tutte le direzioni2. Tale procedimento fa sì che i problemi teologici non vengano colle­ gati direttamente ai cambiamenti atmosferici o alla nascita dei frutti e all'alternarsi delle stagioni; questi eventi, infatti, sono situazioni comuni e familiari e, pertanto, facilmente riconosciuti come veritieri dal popolo (capitolo 65.377B-C). Si correrebbe dunque il rischio che le cose divine vengano dissolte in aspetti dell'agricoltura e in cambiamenti di stagioni, in oggetti naturali, privi di anima e soggetti a distruzione, che non è pos­ sibile identificare con gli dèi (capitolo 66.377C-E). Nel capitolo 67.377F-378B Plutarco chiarisce ancora il suo concetto di tradizione e di sincretismo religioso, ribadendo che la sua riflessione mira ad evitare due rischi opposti speculari: la superstizione e l'ateismo. Dio non è privo di senso o di anima né è in potere degli uomini. [. . . ] Non dobbiamo pensare che gli dèi siano diversi tra loro da popolo a popolo; che siano cioè dèi barbari e dèi greci o dèi australi e dèi set­ tentrionali. No, ma come il sole e la luna e il cielo e la terra e il mare

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sono comuni a tutti, mentre sono chiamati da chi in un modo da chi in un altro, così, parimenti, le forme del culto e le denominazioni diverse le une dalle altre, a seconda delle varie usanze, sono pur sem­ pre espressione di un' unica razionalità che le ha tutte nobilmente ordinate e di un ' unica provvidenza che veglia su di esse e di potenze ancillari preordinate su tutte3.

Anche nel capitolo 68.378B-D Plutarco ripete che bisogna adottare come guida le ragioni che derivano dalla filosofia; ogni cosa risale a una ragione e la parola intorno alla divinità, come insegnano gli Egiziani, è la cosa più divina che porta alla beatitudine4. Nel capitolo 69.3780-F il Cheronese chiede allora come bisogna comportarsi nei èonfronti delle liturgie lugubri, severe e luttuose che si compiono nei templi di Iside, sia in Egitto sia in Grecia, dal momento che non è opportuno eliminare le cerimonie tradizionali, ma neanche confondere e turbare le opinioni sugli dèi. Nel capitolo 70.378F-379C risponde a questa domanda chiarendo che gli uomini dei tempi antichi chiamavano i doni e le opere degli dèi con il nome degli stessi dèi, ma avevano la consapevolezza del valore dell'espressione che utilizzavano, come quando noi diciamo di 'com­ prare Platone ', per indicare il 'comprare un libro di Platone' o 'recitare Menandro' per 'recitare una commedia di Menandro'. Sono gli uomini dei tempi posteriori che hanno perso la coscienza originaria di questo linguaggio5. Per questo i filosofi sostengono che coloro che non hanno imparato la corretta interpretazione del senso delle parole avranno, di conseguen­ za anche un comportamento sbagliato6. Ne consegue che le statue e i dipinti non vengono considerati simu­ lacri, bensì dèi, e si incorre altresì nel teriomorfismo. A quest'ultima degenerazione Plutarco dedicherà i successivi capitoli, poiché rischia di condurre gli ingenui e i deboli verso la superstizione a causa della paura, mentre i cinici e gli audaci nei ragionamenti brutali dell'ateismo?.

2. Il teriomorfismo e l 'aritmologia Plutarco cerca di trovare una giustificazione al culto degli animali praticato in Egitto, proponendo diverse ipotesi e spiegazioni, ma nessu­ na gli sembra adeguata. Al capitolo 74.380F-3 8 1 B, introduce i criteri che possano giustificare il teriomorfismo: l 'utilità pratica (to chreiodes) e il simbolismo (to symbolikon) e al capitolo 75.38 1 B-382A mostra il

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coccodrillo come esempio di culto provvisto di ragioni plausibili. In primo luogo presenta il coccodrillo come immagine, simbolo vivente del dio (mimema theou) perché è il solo animale privo di lingua (aglossos): infatti la parola di Dio non ha bisogno di voce. Inoltre, come Dio, può vedere senza essere visto, grazie ad una membrana che copre i suoi occhi. Segue l 'enumerazione di altri animali, come il cane, la ibis o la tartaruga, che sono onorati sia per l 'utilità pratica sia per il valore simbolico. Alla fine del capitolo, parla nuovamentes dei Pitagorici presentando­ ne l'aritmologia. Questi, infatti, hanno attribuito nomi divini a numeri e figure geometriche. Chiamano il triangolo equilatero Atena Corufagena («nata dal vertice») e Trito genia («nata dalla triade» ), perché viene divi­ so in parti uguali dalle tre perpendicolari condotte da ciascuno dei tre angoli. Il numero uno è detto Apollo (a-pollon), in quanto negazione della molteplicità e partecipe della semplicità della monade (cfr. Crati!o 404e ss); il numero due, invece, Guerra e Audacia. Definiscono il tre Giustizia perché, in quanto perfezione, manca del difetto o dell'eccesso che sono causa di ingiustizia. La tetraktys, il trentasei, rappresenta la successione dei primi quattro numeri pari e dei primi quattro dispari. I Pitagorici prestavano la più alta forma di giuramento sulla tetraktys che, geometricamente, era simboleggiata da un triangolo equilatero di lato quattro (cfr. figura seguente)9. -





-













Plutarco cerca ancora, nel capitolo 76.3 82A-C, di giustificare la venerazione degli animali da parte degli Egiziani dicendo che bisogna guardare a loro non come dèi, bensì come immagini del divino. Hirsch­ Luipold t o individua in questo atteggiamento il superarnento dell' opinio­ ne comune greca che considerava scandaloso il culto degli animali. In verità, la posizione del Chcronese va inserita in tutta la speculazione filosofica secondo cui il mondo intero è metafora di altro, e, purchè non venga dimenticato il carattere stesso della metaforicità e la distinzione tra la divinità e la copia, è possibile scorgeme il riflesso nelle piante e negli animali. Una riflessione diversa va fatta per gli oggetti inanimati

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che rischiano di essere scambiati per la divinità stessa. Le creature dota­ te di percezione, anima e sentimento non devono diventare oggetto di culto, ma attraverso loro si può onorare la divinità di cui sono spec­ chio t I , prestando attenzione affinchè nessuna cosa inanimata venga con­ siderata superiore rispetto a una senziente. Plutarco sostiene che il pensiero e la parola siano strettamente colle­ gati. Gli animali vengono definiti eikon, eikasma o mimema del divino e venerati per il loro significato simbolico. Ciò non accade diversamente presso i Greci che, ad esempio, rappresentano Zeus senza orecchie per­ ché, in quanto signore del mondo, non presta ascolto a nessuno o Atena con il serpente, per indicare che le giovani donne devono essere tenute in osservazione o così pure la tartaruga presso Afrodite significa che le donne devono restare in casa e tacere. La natura intesa come immagine divina è riscontrabile presso i Greci anche relativamente ai numeri e alle forme. Plutarco conclude sostenendo che la natura ha attratto su di sé un effluvio e una porzione di bellezza tali da parte di colui che governa l'u­ niverso, da poter essere considerata una raffigurazione del divino non meno nobile delle statue di bronzo o di pietra. Plutarco, comparando la legittimità della venerazione delle rappre­ sentazioni per immagini presso i Greci e presso gli Egiziani, giunge alla conclusione che gli animali del culto egizio siano rappresentazioni migliori della divinità in quanto mostrano qualcosa in più della divinità stessa. Hirsch-Luipoldi2, sti lando una tabella rappresentativa delle coppie di opposti tra il culto greco e egizio, conclude che i Greci venerano prag­ mata, mentre gli Egiziani physeis. Questa notazione gioca a favore del culto egizio dal momento che i corpi e le anime, a differenza di formule matematiche, enti astratti e geometrici o statue senza vita, sono un chia­ ro specchio della divinità, nel senso che ne offrono un'immagine più esaustiva, perché vivente. Plutarco collega al rimando al divino la forza vitale, la percezione, la forza di conoscenza, tutte emanazioni della bel­ lezza divina di cui le statue mancano. Il dio di Plutarco, pertanto, è caratterizzato dalla vita, dal movimento, dal sapere e non è un' idea astratta. Nel Medioplatonismo la percezione corporale assume un'im­ portanza notevole come via del riconoscimento del divino, ma non è mai l 'oggetto in sé ad essere venerato, bensì il divino attraverso di lui. L'analisi plutarchea riguardo il teriomorfismo, dunque, si rivela come un ulteriore e decisivo passo e chiarimento verso quella conoscen-

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1 25

za del divino, che è il fine del nostro trattato e aiuta a comprendere il valore reale che i l Cheronese attribuisce al culto egizio.

3. Immanenza e trascendenza del divino Con il capitolo 77.382C-E si apre la sezione conclusiva del trattato e si giunge sempre più vicino a quella conoscenza del divino richiamata fin dal principio dell'opera. Plutarco si serve di un' immagine davvero evocativa per aiutare a comprendere l'immanenza di Iside-materia e la trascendenza di Osiride-intelligibile. La prima indossa vesti variopinte (sto/ai d 'hai men lsidos poikilai) poiché la materia si trasforma in ogni cosa, è una realtà mista, mentre Osiride è vestito di pura luminosità, come dimostra il seguente passo. La comprensione dell'intelligibile, del puro, dell'incontaminato accende la nostra anima come il passare di un lampo, e una volta sola ci è dato di toccarlo e di contemplarlo. È per questo che Platone e Aristotele chiamano «epoptica» tale settore della filosofia: alludendo cioè al fatto che quanti siano riusciti a superare con la ragione il mondo dell'opinabile, del composto, del multiforme, si slanciano verso quell'essere primo, semplice e immateriale; e se giungono a toccare in qualche modo la verità pura riguardo all'essere, questa è per loro la rivelazione ultima e perfetta della filosofia D .

Plutarco richiama Platone della Settima epistola e Aristotele dei libri Theta e Lambda della Metafisica, dove si usa la metafora del contatto del pensiero con l'intelligibile, come gli autori secondo cui la conoscen­ za epoptica è il cuore stesso della filosofia. Si tratta di una comprensione riservata a pochi che si trova al di sopra dell' interpretazione filosofica 14 . È come se costituisse l 'ultimo grado della conoscenza; questa concezio­ ne è presentata da Plutarco come concordanza del pensiero di Platone e Aristotele. Donini i S ritiene che si tratti di un'interpretazione proveniente dalla medesima fonte platonico-pitagorica che identifica nell 'Alessandrino Eudoroi6, cui si deve anche l'inserimento di Aristotele nella lista dei filosofi dualisti presentata nel capitolo 48.370C-F. Tale lista coincide con quella delle autorità a cui anche Plotinoi 7 fa risalire la postulazione di un mondo intelligibile, dunque si tratta di una lista in qualche modo canonica delle autorità generalmente riconosciute come progenitrici della filosofia platonico-pitagoricais. Ferrari I 9 mette in luce che l'ascesa dell'anima tracciata da Plutarco

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non avviene attraverso gradi intermedi del divino, ma richiama esplici­ tamente quella descritta da Diotima nel Simposio. La divinità suprema, infatti, seppur definita "lontanissima dalla terra" e "pura da quel tipo di essere che riceve corruzione e morte", è Osiride, una divinità che assol­ ve anche alle funzioni di natura demiurgica2o. Eccezione alla mancanza di partecipazione dell'uomo alla natura divina è, pertanto, il caso in cui il principio divino, per mezzo della filo­ sofia, è toccato con il pensiero come in un sogno oscuro (De Jside, cap. 78.3 82E-383A)2 t . Nel capitolo 78.382E-383A Plutarco spiega che le anime finchè sono imprigionate nei corpi possono partecipare del Dio solo per mezzo della filosofia. Esse bramano Dio come Iside che ne è eternamente innamora­ ta e, congiungendosi a lui, riempie la terra delle cose belle che parteci­ pano della generazione. Chiodi22 vede in questa seconda menzione della generazione tra Iside e Osiride la distinzione di due diverse generazioni scandite in due momenti distinti a causa della differente natura dei geni­ tori. A Iside e Osiride, corrispondono anche due tipi di amore: un eros imperfetto con funzione quasi esclusivamente generativa e questo eros del capitolo 78.3 82E-3 83A fondato sul desiderio di possedere eterna­ mente il bene. Questa tematica richiama la seconda parte del discorso di Diotima nel Simposio (206 ss.) riguardante i due tipi di eros: l 'amore erotico e l'amore assoluto. L'allegoria platonica dell'amore di Iside per Osiride, supremo Dio, Bene, forma della bellezza, è certamente una delle idee più peculiari di Plutarco. Il mistero dell'amore non è svelato dal dialogo platonico bensì dal mito egizio, dove Plutarco arriva a sostenere anche che Dio ricambia l'amore. Il punto critico evidenziato da Brenk2J è che nel capitolo 58.374E-375A Plutarco sostiene che Iside è vincolata a Osiride "nel l ' a­ more delle cose buone e belle che sono con lui" e questo sembra con­ traddire il fatto che Iside sia in intima comunione con Osiride, come sostenuto nel capitolo 2.35 1 E-352A. Non sembra chiaro, dunque, se lsi de raggiunga l 'essenza di Osiride-Forma-Dio o solo le forme che sono le sue idee; inoltre una simile distanza tra dio e le forme si ritrova nel capitolo 78.382E.383A dove le anime, solo attraverso la filosofia, possono 'toccare ' l 'intelligibile "come in un sogno oscuro". Il Cheronese sostiene che Dio è lontanissimo dalla terra e resta puro da qualsiasi sostanza soggetta alla corruzione. Il limite del corpo e delle passioni non permette all'anima di partecipare del Dio che può solo sfiorare, come sogno indistinto, per mezzo della filosofia. Quando rie-

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sce a liberarsi dai vincoli del corpo e delle passioni riesce a dipendere completamente dal Dio-Bellezza che contempla e desidera avidamente. Iside è eternamente innamorata di questa bellezza e, unendosi a lei, colma la terra di ciò che partecipando della creazione è bello e buono24. Con la fine del capitolo 78.3 82E.3 83A, Plutarco ritiene concluse le informazioni che è in grado di fornire intorno agli dèi; a questo seguono ancora gli ultimi due capitoli. Nel 79.3 83A-D, il Cheronese sostiene che per gli Egiziani l'ideale della salute non è da meno di quello della santità e visto che un corpo e un'anima "malsana e morbosa" non sono adeguati per servire "Colui che è puro", essi effettuano fin dal primo mattino riti di purificazione con l' incenso, la mirra e il kyphi. All'uso di quest'ultimo è dedicato tutto il capitolo 80.383E-3 84C25. Il kyphi è una miscela di sedici ingredienti che viene bruciato sugli altari sul far della notte. Ha la proprietà di allentare e sciogliere le tensioni quotidiane come se fossero dei nodi, come le toccate della lira per i Pitagorici aiuta a disporsi al sonno e a "curare la parte passionale e irra­ zionale dell'anima" (to empathes kai alogon tes psyches exepadontes uta kai therapeuontes). È usato sia come bevanda sia come balsamo.

4. Le concezionifilosofiche di Plutarco Dall'esposizione dei principali punti del trattato si possono ricavare alcune delle più importanti posizioni filosofiche dell'autore, che si sentì in primo luogo discepolo di Platone26 e concepì in modo unitario la sto­ ria del platonismo26 . Condivise con molti suoi contemporanei la curva­ tura teologica e ' dogmatica' che il platonismo assunse, ma, a differenza di alcuni di loro, non rinunciò a introdurre alcuni elementi ricavati dalla tradizione scettico-accademica27 . Conobbe la scuola aristotelico-peripa­ tetica, la filosofia dell'antica c della media Stoa e il Neopitagorismo28, mentre avversò sempre con decisione il materialismo, l'ateismo c l'edo­ nismo degli Epicurei29. Dell 'esegesi fisico-cosmologica presentata, infatti, Plutarco rigettò gli elementi materialistici, salvando, però, il riconoscimento del dualismo come struttura della realtàJ0. Accettò il politeismo della religione popolare greca come tradizione e lo stesso trattamento riservò ai culti e alle tradizioni religiose straniere, pur aven­ do chiaro i limiti che questi comportassero. Boys-StonesJI ritiene che, all' interno della filosofia post-ellenistica, il Platonismo non sia la base bensì la conseguenza dello sviluppo di una

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teoria sulla natura delle tradizioni mitologiche e teologiche sviluppata originariamente nell'ambito della Stoa. A mio avviso, il debito di Plutarco nei confronti dello Stoicismo con­ siste proprio in questo lavoro sulle tradizioni mitologiche e teologiche e nel tentativo di far emergere il materiale filosofico originario dalle tra­ dizioni che lo hanno conservato. Plutarco viene annoverato tra gli autori del Medioplatonismo, cioè di un periodo della storia della filosofia a ragione definito magmatico32 , che tuttavia conserva dei tratti costanti. Come gli altri Medioplatonici, infatti, Plutarco ritiene che il pensiero platonico sia dogmatico, coerente e sistematico, ma alla speculazione platonica affianca, come abbiamo detto, anche princìpi ricavati dalla tradizione successiva. Come gli altri Medioplatonici Plutarco recupera la dimensione della trascendenza e attribuisce un ruolo di primo piano all'esegesi del Timeo che, così come il De lside, risponde al tentativo di fornire una spiegazione complessiva del mondo e dell'uomo, unendo il piano antologico con quello teologi­ co, fisico-astronomico, etico, soteriologico. Uno dei cardini del Medioplatonismo è stato l'interpretazione del principio primo come conciliazione dell'uno-bene e il demiurgo platoni­ ci, il motore immobile aristotelico, la monade pitagorica, e in Filone il Dio personale della tradizione giudaica33. In Plutarco emerge la attività noetica di Dio, la sua trascendenza e la sua ineffabilità. La cosmologia dualistica prevede l'intervento dell'anima razionale del mondo su un'a­ nima irrazionale, la quale sembra assumere su di sè i tratti della neces­ sità che Platone associa al nous nella generazione del cosmo34. Un ruolo senza dubbio importante nella filosofia plutarchea lo assumono, inoltre, i dèmoni. La posizione dualistica onta-cosmologica dei princìpi di Plutarco si oppone al monismo stoico e al pluralismo atomistico degli Epicurei35. Plutarco sembra dunque aver distinto due livelli dell'intelligibile: quello costituito dalle idee e dalla divinità, trascendente e separato, e un altro inserito nello spazio e nel tempo, sebbene originariamente collocato nella sfera intelligibile. Ferrari si chiede come mai Plutarco abbia forni­ to la sua visione cosmica d'insieme solo in contesti mitici36, riferendosi ai miti metafisici, in particolare quello di Timarco contenuto nel De genio Socratis e quello di Silla presente alla fine del De facie in orbe lunae. La risposta sta nel valore che lo stesso Platone ha attribuito al mito di garantire ad argomenti che ineriscono alla struttura del cosmo e al destino dell'uomo una forza superiore al discorso razionale37 e un

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legame del tutto particolare con la verità filosofica in quanto è in grado di fornire il quadro filosofico-metafisica in cui inserire le argomentazio­ ni scientifiche. La struttura antologica sottesa all'esegesi plutarchea è stata ampia­ mente dibattutaJs. In maniera sintetica si può sostenere che Plutarco pre­ senta due principi opposti: Osiride che corrisponde all 'intelligibile pla­ tonico nel suo insieme e responsabile della struttura razionale del mondo e Tifone, l ' anima irrazionale, responsabile del disordine del mondo. La natura di Iside è l'argomento più discusso tra gli studiosi, Dillon e Kramer39 l'avevano identificata con l'anima del mondo; Ferrari40 identifica Iside con la materia provvista di anima; Baltes4 I identifica Iside con la parte appetitiva dell'anima del mondo. Una ulteriore proprietà della divinità plutarchea è la pronoia, che fa parte anche nelle caratteristiche attribuite ad Osiride (De lside capitolo 5 1 .37 1 E). Come dimostra Babut, non c ' è incompatibilità di principio tra la teo­ logia stoica e il pensiero religioso di Plutarco42 che comunque resta un platonico e certamente un platonico della sua età43. Il principio medioplatonico di ermeneutica testuale, attestato da Stobeo44, secondo cui il pensiero di Platone è polifonico, costituito di molte voci, ma non caratterizzato da una molteplicità di opinioni incon­ ciliabili (to de ge polyphonon tou Platonos ou polydoxon), è applicabile, a mio avviso, anche al pensiero di Plutarco, benchè risulti essere com­ plesso e diversificato, la sua flessibilità non arriva mai a farlo essere incoerente e contraddittorio. Nella filosofia religiosa di Plutarco si tende ad innalzare, nei limiti del possibile, l 'uomo verso dio più che a far scendere dio nella realtà umana45. Quelli che sono stati considerati come i pi Ù importanti punti di disac­ cordo tra la filosofia di Plutarco e il Platonismo devono essere reinter­ pretati come singole tesi appartenenti a quella peculiare immagine di Platonismo che Plutarco formulÒ46. Dunque, per usare un'espressione di Brenk47, ne risulta un Plutarco medioplatonico con una punta di Stoicismo. Le tradizioni religiose nascondono una divina verità che attraverso la filosofia è possibile riconoscere per evitare l'ateismo e la superstizione48• Secondo quanto fa notare Donini49, il De lside sembra rispettare una distinzione di origine senocrateaso fra la monade e l 'anima del mondo combinata con la dottrina dei tre principi del platonismo scolastico (dio,

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idee, materia): Osiride-nous-monade, lside-anima del mondo ma anche ricettacolo-nutrice-materia; Tifone-diade indefinita-principio malefico. Nel De lside si comprende bene l 'affermazione ancora di Donini51 secondo cui la filosofia di Plutarco, in linea con quella medioplatonica, ha la teologia per fine e assume come sua base la ricerca, historia, su tutta l 'esperienza possibile. Come Filone di Alessandria ha "sottratto alla ragione il monopolio della verità"52, si potrebbe dire che Plutarco ha sottratto il monopolio della verità all 'argomentazione dialettica, laddove il parametro di riferi­ mento è per Filone la rivelazione e il testo sacro a cui dà carattere di uni­ versalità, questo per il Cheronese è la tradizione sia platonica sia classi­ ca. Infatti, Filone ha platonizzato la tradizione filosofico-esegetica del Giudaismo alessandrino53 come Plutarco ha platonizzato la tradizione del mito classico. Se il telos supremo dell'uomo è la conoscenza del divino, allora esi­ ste un legame inscindibile tra il discorso filosofico e le tradizioni della religione vissuta, e il mito può essere veicolo di verità in quanto per Plutarco la realtà delle imprese raccontate nel mito è distinta dalla realtà del racconto miticos4. Come fa notare Ferrariss, la lettura allegorica che Plutarco fa del mito avvalora la tesi che il suo interesse primario fosse rivolto verso l 'aspetto metafisica e teoretico, non cultuale e mistericos6. Il De lside pertanto assume in sé, al contempo, un aspetto metafisica espresso dali' ermeneutica allegorica, uno teoretico-gnoseologico dato dal problema della conoscenza e anche un significato etico perché la vera conoscenza permette di evitare l 'ateismo e la superstizione. La posizione di Plutarco che sottolinea l'inadeguatezza dell'allegoria fisica dipende dalla sua convinzione platonica che i princìpi e le cause metafisiche sono posti alla base del!' essere fisico57. Il confronto con lo Stoicismo è inevitabile dal momento che que­ st'ultimo è stato la prima dottrina filosofica a considerare il contributo cognitivo delle religioni storiche a partire da quella olimpicass. Fin da Cleante che nel suo Inno a Zeus unisce e ritiene equivalenti termini reli­ giosi e termini filosofici, gli Stoici consideravano le varie divinità dell'Olimpo come rappresentazioni allegoriche del /ogos e tale traspo­ sizione avveniva attraverso l'uso dell'etimologia, la lingua, infatti, era considerata strumento costitutivo e veicolo di rivelazione del logoss9. Questa posizione diventa chiara analizzando il famoso frammento di Aezio (Fr. SVF II l 009) dove si trova la rappresentazione di Dio in

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forma scientifica (filosofica), mitica e nella forma testimoniata dalle legislazioni. Questi tre non sono ambiti separati, ma modi diversi in cui il principio agisce nel mondo e si rivela nell'allegoria. Questo codice di lettura della mitologia si impose a quasi tutti gli allegoristi di lingua greca di età imperiale6o. I Medioplatonici opponendosi al monismo immanentistico e al mate­ rialismo stoico recuperano il concetto di incorporeo e presentano una teologia fondata sul dualismo tra un dio immateriale totalmente trascen­ dente e la materia a esso coetema e ingenerata. Sulla base del Timeo essi non cessano di considerare il cosmo come un vivente divino sia pure inferiore al dio trascendente6 I . Nei testi di Plutarco si percepisce una cauta oscillazione tra una con­ cezione personale e una più antologico-universale della divinità. Talvolta egli concepisce dio come intelletto demiurgico separato dalle idee; più spesso egli sembra compattare in una stessa entità sia la dimen­ sione propriamente teologica (Dio) sia quella antologica (le idee e l'es­ sere)62. Plutarco, infatti, non articolando gerarchicamente il divino, si trova a scegliere tra la concezione aristotelica dell'autopensiero (sola attività contemplativa) e quella platonica dell'atto artigianale del Demiurgo e introduce la demonologia proprio per mediare il rapporto tra dio e il cosmo salvaguardando la piena trascendenza della divinità63. Ciò è evidente nel De lside, che non per il solo fattore cronologico di essere considerato un'opera della maturità di Plutarco, Hani ha definito "il suo testamento filosofico, religioso e spirituale"64.

NOTE AL CAPITOLO QUINTO

Cfr. Pordomingo 2000, p. 369. 2 Cfr. De lside, cap. 64.377A-B: KUÌ 7tÙV ooov eveon tii l

qriJoet KUÀ.ÒV KUÌ ayaflòv Otà toùrouç umipxetv, tòv f.!Èv OtOOVtll tàç àpxaç, tJÌV ù"u1tOÙEXOf.lÉVTJV KUÌ Ì"ÌtUVÉf.lOUOUV. 3 Cfr. De lside, cap. 67.377F-378A: où yàp livouv oùù'li'l'uxov oùù'àv8pomotç ò 8eòç imoxeiptov. [ . . . ] Kaì ùtapKi'j 8eoùç Èvof.!iouf.!EV, oùx ÉtÉpouç 1tap ÉtÉpotç oùùè pappapouç Kaì "EllT]vaç oùùè votiouç Kaì popeiouç àll ' òlo1tep fiÀ.toç Kaì OEÀ.TJVT] KUÌ OÙpUVÒOT]ç Kaì OUVaf.!EWV imoupy&v È1tÌ 7tavta tetuyf.!Évwv, ihepat 7tnp'ÉtÉpmç Katà VÒf.lOUV. 6 Cfr. De lside, cap. 7 1 .379C: toùç f.llÌ f.!UV8avovtaç òp8&ç àKoi>etv òvof.!atwv KaK&ç XPfio8at Kai toiç 7tpayf.!aotv. 7 Cfr. De lside, cap. 7 1 .379E: toùç f.lÈv ào8svdç Kai àKaKouç eiç liKpatov 1me­ pei7touoa tJÌV ùetot.Òatf.lOViav, toiç OÈ OptJ.1UtÉpotç Kaì 8paoutÉpmç �:iç à8touç ÈK1tl7tt0UOU KUÌ flT]ptci:>Oetç À.oytOf.lOUV YWVl.Ò>V àyof.!Èvlltç te8pUÀ.T]tllt, Kai KÒOJ.lOV EÌ>, 1 1 5 ( 1 983), pp. 1 1 3 - 1 3 3 Hamilton W., The myth in Plutarch 's de genio, «Classica! Quarterly)), 28 ( 1 934), pp. 1 75 - 1 82 Hani J., La religion égyptienne dans la pensée de Plutarque, 2 voll., Les Belles Lettres, Paris 1 976 Hardie P., Plutarch and the Interpretation of Myth, «Aufstieg und Niedergang der romischen Welt)), 11.33.6, pp. 4743-4787 Hatzimichali M. , Potamo of Alexandria and the Emergence of Eclecticism in Late Hellenistic Philosophy, Cambridge University Press, Cambridge 20 1 1 Hirsch-Luipold R., Plutarchs Denken in Bildern: Studien zur literari­ schen, philosophischen und religiosen Funktion des Bildhaften. Mohr Siebeck, Tiibingen 2002 (Studien und Texte zu Antike und Christentum, 1 4) Hirsch-Luipold R. (hrsg.), Gott und die Gotter bei Plutarch: Gotterbilder, Gottesbilder, Weltbilder, W. de Gruyter, Berlin-New York 2005 (Religionsgeschichtliche Versuche und Vorarbeiten; 54) Jones C.P., Towards a Chronology of Plutarch s Works, «Joumal of Roman Studies)), 56 ( 1 966), pp. 6 1 -74 Jones C.P., The Teacher of Plutarch, «Harvard Studies in Classica! Philology)), 7 1 ( 1 967), pp. 205-2 1 3 Jones, C.P., Plutarch and Rome, Clarendon Press, Oxford 1 97 1 Jones R. M., The platonism of Plutarch and selected papers, Garland, New York- London 1 980 Jones C., "Memories of the Roman Republic in the Greek East" in O. Salomies (ed.), The Greek East in the Roman Context, Helsinki 200 1 (Papers and Monographs of the Finnish Institute at Athens, 7) , pp. 1 1-18 Jourdan F., "Plutarque développe-t-il réellement une pensée dualiste?" in F. Jourdan-A. Vasiiu (édd.), Dualismes: Doctrines religieuses et traditions philosophiques, «Chora. Revue d'étude anciennes et médiévales)) 1 3 (20 1 5), pp. 1 85-223 H.J. Kramer, Der Ursprung der Geistmetaphysik. Untersuchungen zur Geschichte des Platonismus zwischen P!aton und Plotin, Amsterdam 1 967 Lanzi S., Theos Anaitios. Storia della teodicea da Omero ad Agostino, Il Calamo, Roma 2000 Lanzillotta L.R. -Gallarte I.M., Plutarch in the Religious and

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Indici

I . Indice degli autori e delle opere antiche

AEZIO: 69; 1 30; 1 34 Fr. SVF II l 009: 69; 73; 1 30 Placita: 1 34 ALCINO: 46; 145 Didaskalikos: 1 45; AMMONIO: 1 6; 6 1 ; 7 1 ANASSAGORA: 9; 26; 33; 40; 104 ANTIPATRO DI TARSO: 1 0; 33 APIONE: 62 Aigyptiaka: 62 APULEIO: 145 ARCHEMACO DI EUBEA: 92 ARISTOBULO: 1 0; 33; 37 ARISTOTELE: 9; 1 1 ; 26; 28; 33; 36; 37; 40; 76; 79; 1 03; 104; 105; 1 07; 1 08; 1 1 3; 1 25; 1 39; 148; 1 50; 1 54; 1 59 Metafisica: 1,2, 982b: 36 Libri Theta e Lambda: 1 25 Calendario del tempio di Esna: 7 1 I canti rituali di Iside e Neftys: 7 1 Catalogo di Lampria: 59; 1 33 CHEREMONE: 8 ; I l ; 1 3 ; 36; 95; 1 1 3; 1 42 CICERONE: 1 0; 1 1 ; 1 8 ; 20; 33; 66; 70 De natura deorum: I I De oratore: l O Rhetorica ad Herennium: l O CLEANTE: 1 0; 33; 68; 1 3 0 Inno a Zeus : 1 30 CORNUTO: 7; I l ; 27; 33; 1 14 Compendio di teologia greca: 7; I l ; 1 14 CRATETE DI MALLO: 33 CRIS�PPO: l 0; 1 8; 24; 33; 67; 68; 73; 9 1 ; 1 35

SVF II 1 67: 1 3 5 SVF II 1103: 9 1 SVF II 1070: 73 DEMOCRITO: 9; 33; 1 0 1 DICEARCO: 1 1 8 DIOGENE DI APOLLONIA: 33 DIOGENE DI BABILONIA: 10; 33 DIOGENE DI SINOPE: 3 3 DIOGENE LAERZIO: 9 1 ; 100; 1 47 Vite deifilosofi VIII, 32: 9 1 ; VII, 145: 1 00 ELIODORO: 3 1 ; 1 43 EMPEDOCLE: 1 3; 23; 24; 26; 40; 90; 9 1 ; 92; 99; 1 03 ; 1 04 Katharmoi (Diels-Kranz) 32B 1 1 5 : 99 EPICURO: 1 1 ; 1 3 ; 1 6; 6 1 ; 1 0 1 ; 1 47 ERACLIDE PONTICO: 92; 1 3 9 ERACLITO, autore del De incredibilibus: 1 1 ERACLITO DI EFESO: 9; 1 3 ; 20; 26; 33; 40; 70; 1 02; 1 03; 1 04 PSEUDO ERACLITO ERACLITO GRAMMATICO ERACLITO STOICO: 1 2; 1 3 ; 33; 1 1 3 ; 1 14 Questiones Homericae: 1 14 ESCHILO: 89; 99 fr. n. 354: 99 ESIODO: 1 0; I l ; 1 8; 20; 23; 24; 66; 8 1 ; 87; 9 1 ; 92; I l l ; 1 1 3 Opere e Giorni: 742-743: 87 Teogonia: 1 1 1 ; 1 1 9 EUDORO: 6 1 ; 1 05 ; 1 25; 1 33 ; 1 45 EuDosso: 23; 82; 94 EUNAPIO: 6 1 ; 7 1 ; 1 47 Vìtae Sophistarum: Il, l : 7 1 EVEMERO: 1 8; 24; 66; 78; 90 =

=

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FII.ARCO: 93 FII.OCORO: l 00 fr. 22 FGrHist 1: 1 00 Il giudizio di Horo e Seth:

71 Fi LONE DI ALESSANDRIA: 7; 1 3 ; 14; 29; 33; 34; 36; 37; 58; 1 28; 1 30; 13 5; 1 60 De praemiis 6 1 -65 : 3 7 De Vita contemplativa 78: 3 7 FILONE DI BIBLO: 8 ; 33 ISOCRATE: l 05 Busiride: 1 05 Lessico Suda: 59 LUCAN0: 33 LUCREZIO: 1 1 ; 33 Menzogna e Verità: 1 8; 66; 73 METRODORO: 33 MUSONIO RUFO: 7; 8; 33 NUMENIO: 39; 46; 50; 5 1 ; 1 3 9 fr. l dcs Places: 50 0MERO: 9; 1 0; 1 1 ; 12; 1 3 ; 1 8; 20; 22; 24; 25; 33; 66; 79; 87; 9 1 ; 92; 95; 99; 1 1 4; 1 57 Iliade: 1 3 XIII, 354-355: 87 Odissea: 1 3 VI, 1 2 : 99 Oracoli Caldaici: 26; l 03 PALEFATO: l 0; 1 1 ; 33 Papiro di D erven i: 7; 33; 34 Papiro drammatico del Ramesseo: 71 PINDARO: 1 00; 1 3 3 fr. 1 53 Maeler: 1 00 Olimpiche: 1 33 PITAGORA : 20; 23 ; 24; 26; 70; 82; 87; 9 1 ; 1 03 ; 1 05 ; 1 1 8; 1 48 PITAGORICI: 1 8; 23; 33; 36; 40; 66; 82; 93; 97; 1 04; 1 23; 1 27; 1 33; 1 48; 1 52 PLATONE: 7; 8; 9; 1 2; 1 3 ; 1 5 ; 1 6;

PIA DE SIMONE

17; 1 8; 20; 23; 24; 26; 27; 28; 29; 33; 34; 35; 39; 40; 4 1 ; 42; 44; 46; 50; 5 1 ; 58; 59; 63 ; 64; 65; 66; 67; 68; 69; 70; 72; 73 ; 76; 80; 8 1 ; 82; 88; 90; 9 1 ; 92; 93; 99; 1 03; 1 04; 105; 106; 1 07; 1 09; 1 1 0; 1 1 2; 1 1 5; 1 1 8 ; 1 22; 1 25; 1 27; 1 28; 1 29; 1 33 ; 1 34; 1 36; 1 38; 1 39; 140; 141 ; 142; 144; 1 48; 149; 1 54; 1 5 5 ; 1 56; 1 58; 1 59; 1 60; 1 62; 1 70 Apologia 2 1 e ss. : 73 Crati/o: 7; 24; 27; 34; 73; 93 ; 99; 107; 1 1 5; 1 23 ; 1 56 385a-391 b: 73 389a-c: 1 07 397a: 73 397d-40 1 c: 1 1 5 403a-404a: 24; 99 404e ss. : 1 23 423b-c-e: 73 Fedone: 45; 6 1 ; 87; 1 4 1 67b: 87 87b: 6 1 Leggi: 9 ; 36; 40; 44; 46; 73; 90; 92; 1 04 III, 680b-d: 36; 73 IV, 7 1 6a: 90 IV, 7 1 7a: 92 X: 44; 46 X 48.370e-f: 46 X, 896d-e: 40; l 04 Repubblica : 9; 1 3; 67; X: 1 07 546b-c: 1 1 2 5 1 6a6: 72 X, 598B 4-5 : 72 375e: 88 Settima Epistola: 1 25 Simposio: 1 7; 26; 27; 28; 72; 78; 108; 109; 1 1 1 ; 1 13 ; 1 14; 1 1 9;

INDICI

1 26; 1 37 202d-203a: 1 37 202e: 92 203b: 1 1 9- 1 20 206 ss. : 1 26 2 1 5a6: 1 7 ; 72 Sofista 249a: 4 7 Teeteto: 1 09 Timeo: 16; 1 7; 2 1 ; 26; 29; 30; 3 1 ; 35; 39; 4 1 ; 44; 45; 47; 48; 49; 5 1 ; 52; 53; 63 ; 64; 65; 76; 107; 108; 1 1 1 ; 1 28; 1 3 1 ; 1 3 7; 1 3 9; 14 1 ; 1 43; 1 45; 1 49; 1 50; 1 55; 1 57; 1 62 2 1 a: 1 45 2 1 e: 88 27d-28a: 1 07 29c-d: 63; 72 29d: 37; 64; 72 29e: 1 1 1 30a: 44; 1 07 30b: 47 35a: 1 05 39e: 1 08 48a: 4 1 48e-49b: l 07 49e: 1 06; 1 1 8 50c-d: 1 1 1 ; 1 1 2 5 1 a: 1 06 53a-b: 47 59c: 37; 72 68d: 37; 72 72d: 147 92c: 42 PLOTINO: 39; 1 1 1 ; 125; 133; 1 37; 1 53 Enneadi V l ,8-9: 1 33 PLUTARCO: passim De animae procreatione in Timaeo: 40; 42; 43 ; 45 ; 47; 48; 52; 59; 1 33; 1 36

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1 0 1 3B : 1 33 1 0 1 5B : 1 0 1 5E: 44 1 0 16D- 1 0 1 7A: 47 1 0 1 7C: 5 1 10230-E: 52 1 024B-C: 47 De audiendis poetis: 68; 73 De Daedalis: 1 2; 73 De defectu oraculorum: 3 9 ; 5 1 ; 1 35 4 7 -48.435E-436F: 4 1 ; 5 1 De E apud De/phos: 39; 50; 59; 61; 71 385B: 7 1 387A: 59 391 E-394C: 6 1 392E-393C: 39 De facie in Orbe lunae: 128; 140 De Genio Socratis: 1 28; 1 3 9 De Iside et Osiride: passim De malignitate Herodoti: 59 De Pythiae oraculis 24-25 .406F407B: 73 De recta ratione audiendi 1 8.48c-d: 13 6 Platonicae Quaestiones: 59 IV 1 003A: 44 Quaestiones Conviva/es: 7 1 ; 1 1 8 V,5, 1 .678c: 7 1 7 1 9a: 1 1 8 Vita di A lessandro : 1 2 Vita di Numa: 87; 88 8. 1 2- 1 3 : 88 PORFIRIO: 39; 95; 1 00; 1 1 8 De Antro Nympharum Il, 1 2 : 1 00 Lettera ad Anebo Il, 1 2- 1 3 : 100 Vita di Pitagora 23 .24: 1 1 8 QUINTILIANO: 1 8 ; 66; 73 Institutio Oratoria 8.6. 14: 73 SENECA: 36; 87; 142; 145; 146

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Epistulae mora/es ad Lucilium 142; 145 ; 146 1 08,23: 1 42; 146 58: 1 45 65: 145 Natura/es Quaestiones 7,30,3 : 87 SENOCRATE: 24; 9 1 ; 92; 1 34; 1 3 9 SENOFANE: 9; 20; 3 3 ; 70 SIMONIDE 23, 359f: 90 SOCRATE: 9; 3 1 ; 3 3 ; 59; 63; 1 05; 1 1 8; 1 3 8; 1 43 SOLONE: 23; 82

PIA D E SIMONE

Stele di Ramesse IV: 7 1 STOBEO: 36; 88; 9 1 ; 1 29; 1 34 Anthologium 2.49,25-50, l : 1 34 Eclogae, 1 ,2,29: 9 1 STRABONE: 1 1 ; 1 8; 66 TALETE: 23; 25; 82; 95 TEAGENE DJ REGGIO: 9; 1 0; 33 TEOPOMPO DI CHIO: l 03 Testi del sarcofago di Ankh-n.es­ nefer-ib-Ra: 7 1 VIRGILIO: 1 1 ; 38; 1 36; 1 45 Georgiche IV, 1 76: 38; 1 45 ZENONE: 1 0; 33

Il. Indice delle divinità

ADES: 24; 93; 94; 1 04. AFRODITE: 84; 94; 1 04; 1 08; 1 24. AMMON: 97. ANTIGONO IL VECCHIO: 86. ANUBIS: 84; 96. Figlio di Osiride e Neftys, con cui Osiride si unì creden­ dola Iside. Iside trovò Anubis e lo allevò. APELLE: 9 1 . Pittore. APIS: 96. Piccolo toro sacro, venerato dagli antichi Egizi che lo assimi­ lavano al Sole. Il centro del suo culto era Menfi . Dopo la sua morte, fu identificato con Osiride e, in età tolemaica, con Sarapide. APOLLO: 38; 39; 6 1 ; 68; 82; 84; 1 09; 1 23 . ARES: 94; l 04. ARIMANIO: 1 02; 1 03. Secondo la dottrina mazdea, attribuita a Zoroastro, Arimanio è una divinità, principio e demiurgo del male, somigliante alle tenebre e all'ignoranza e chiamato daimon. ARMONIA: l 04. ARPOCRATE: 85. Figlio di Iside e Osiride. Fu concepito dopo la morte di Osiride e nacque prematuro e debole negli arti inferiori. ARUERIS: 84. Figlio del Sole e di Rea. Per alcuni è Apollo, per altri Horos il vecchio. ATENA: 38; 82; 88; 123; 1 24. ATHYR: 96. Uno dei mesi del Calendario egizio. ATHYRI: 1 1 2. Appellativo con cui viene chiamata Iside e significa: la casa di Horos, il posto della generazione, il ricettacolo. ATTIS: 9 1 . Dio della Frigia. BEBON: 1 05. Appellativo di Tifone che significa resistenza, ostacolo. Secondo alcuni, invece, si tratta di un compagno di Tifone. CALDEI: l 04. CiCLOPI: 30; 1 36; 1 37. CLEA: 22; 78; 79; 80; 83; 89; 95. Sacerdotessa del tempio di Delfi. CRONO: 84; 94. DEMETRA: 94; 97; 1 34. DEMIURGO: 8; 2 1 ; 42; 44; 45; 46; 48; 5 1 ; 64; 76; 102; 1 07; 1 08; 1 09; I I I ; 1 1 6; 1 28; 1 3 1 ; 1 37; 1 40. DIONISO: 24; 35; 9 1 ; 92; 93; 94; 95; 96; 97; 1 00; 1 38; 1 52. DIOTIMA: 28; 1 09; 1 26. EITIA: 94.

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PIA DE SIMONE

EFESTO: 94. EUNUFI: 1 05 . Prete egiziano di Eliopoli che, secondo la tradizione riportata da Isocrate, è stato maestro dello "sciamano" Pitagora. ERA: 94. ERACLE: 92; 97. ERMES: 22; 36; 80; 83; 85. ERMODOTO: 90. Autore, a noi sconosciuto, citato da Plutarco. EROS: 22; 27; 78; 1 1 1 ; 1 1 3 . FINE: 84. Secondo una tradizione, è il nome della figlia nata dall'unione di Rea e Crono, anche conosciuta come Neftys, Afrodite o Vittoria. GIUDEO: 94. HoROMAzo: l 02; l 03. Secondo la dottrina mazdea, attribuita a Zoroastro, Horomazo è una divinità, principio e demiurgo del bene, somigliante alla luce e chiamato theos. HOROS: 23 ; 26; 27; 39; 42; 48; 62; 83; 85; 89; 93; 96; 1 04; 1 06; 1 08; 1 09; 1 1 0; 1 1 1 ; 1 1 2; 1 1 3 ; 1 1 6; 140; 142. Figlio di Iside e Osiride, con­ cepito dopo la morte di quest'ultimo. Sconfiggerà Seth-Tifone, vendi­ cando la morte del padre. Secondo il racconto di Plutarco, la sua nasci­ ta, nel linguaggio platonico, corrisponde alla generazione del cosmo sensibile. HOROS IL VECCHIO: 49; 53; 84; 1 09. Figlio di Ermes e Rea, conosciuto anche come Arueris o Apollo. Secondo la lettura platonica del mito fatta da Plutarco, Horos il vecchio corrisponde ad una prima genera­ zione che costituisce un'immagine del cosmo che stava per nascere. IEROSOLIMO: 94. Secondo una variante del mito, è, insieme a Giudeo, uno dei due figli di Tifone. ISIDE: passim. Figlia di Rea e Ermes, sposa e sorella di Osiride, identi­ ficata anche con Demetra o con la terra. Secondo la lettura platonica che ne fa Plutarco, è materia (ma animata e razionale), madre, nutrice, luogo della generazione. l KOPTITI: 93. KORE: 9 1 ; 97. LICURGO: 23; 82; 1 1 8. LISIPPO: 9 1 . MANETONE: 95. METHYER: 1 1 2. Appellativo con cui viene chiamata Iside; è una parola formata da 'pregno' e da 'causa', poiché Iside genera il mondo che è pieno. MIN: 1 1 2. Nome con cui viene chiamato Horos e ha il significati di 'oggetto di visione', dal momento che il cosmo è visibile. MITRA : 9 1 ; 1 02. Secondo Plutarco, Mitra si affianca ai principi del bene

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e del male (Horomazo e Arimanio) ed è chiamato dai Persiani il media­ tore. MUTH: 1 12. Nome con cui viene chiamata Iside e significa madre. NEFTYS: 23; 7 1 ; 83; 84; 96; 1 1 5. Figlia di Rea e Crono; sorella di Iside, Osiride e Tifone, di cui è anche sposa. È chiamata anche Fine, Afrodite o Vittoria. Si unì con l 'inganno ad Osiride, che la credeva Iside, e da lui generò Anubi . Ha affiancato lside ponendosi contro il suo stesso marito Tifone. NEITH : 88. Nome egiziano della dea Atena. NERONE: 6 1 . NUMA: 82; 87; 88. OcEANo: 95. OcHos: 83; 86. Crudele re Persiano, chiamato spada perché il suo carat­ tere è duro e malvagio. Gli Egiziani, che lo detestavano, lo chiamavano asino. Uccise Apis. ORFEO: 9 1 ; 1 49. OSIRIDE: passim. Fratello e sposo di Iside da cui ha generato Horos. Fu ucciso con l'inganno dal fratello Tifone che divise il suo corpo in 14 pezzi che disperse in giro. Iside li ritrovò (ad eccezione del fallo) e ricompose il corpo. Secondo la lettura platonica del mito proposta da Plutarco, Osiride impersonifica il bene, il demiurgo il mondo delle idee. l PANI: 84. PENIA: 1 1 1 ; 1 1 3 ; 1 14. PERSEFONE: 92. PIZIA: 1 8; 68. PLUTONE: 24; 92; 93. POROS: 1 09; 1 1 1 ; 1 1 3. POSIDONE: 97; 1 34. REA: Secondo la cosmogonia di Esiodo, è figlia di Urano e Gea ed è sorella e moglie di Crono. È madre di Iside, Osiride, Tifone e Nefthys. SARAPIDE: 24; 92; 93 ; 1 1 5. Divinità identificata con Plutone, Dioniso, Osiride, portata ad Alessandria da Sinope grazie a Tolomeo Sotér. SATIRI: 84. SETH: 39; 46; 7 1 ; 9 1 ; 104; 1 05; 107; 1 08; 1 1 2. Nome egizio che signifi­ ca 'ciò che tiranneggia', 'ciò che violenta' . Figlio di Cronos c Rea, fra­ tello di Iside, Osiride c Neftys di cui è anche sposo. Uccide Osiridc che viene poi vendicato dal figlio Horos. Scth (Tifone per i Greci) rappre­ senta il principio del male, in una visione dualistica che vede in Osiride il bene. SILLA: 1 28. Protagonista del mito raccontato nel De facie in orbe lunae.

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PIA DE SIMONE

TARTARO: 2 7 ; 1 1 3 ; 1 40 . Uno dei principi primi presentati da Esiodo e allegoricamente collegato a Tifone. TIFONE : 2 1 ; 22; 2 3 ; 24 ; 2 5 ; 2 6 ; 2 7 ; 3 9 ; 40; 4 6 ; 76; 7 9 ; 70; 8 1 ; 83 ; 84; 8 5 ; 8 6 ; 8 7 ; 89; 9 1 ; 9 2 ; 9 3 ; 94; 9 5 ; 96; 97; 1 0 1 ; 1 04; 1 05 ; 1 06 ; 1 07 ; 1 0 8 ; 1 09 ; 1 1 0 ; 1 1 1 ; 1 1 2 ; 1 1 3 ; 1 1 5 ; 1 29 ; 1 3 0; 1 40 ; 1 4 5 . N o m e greco d e l dio egizio Seth. TOLOMEO SOTÈR: 24; 9 3 . Re macedone dell ' Egitto (c. 3 6 7/6-2 8 3 3 a.C.). VITTORIA: 84. Appellativo attribuito a Nefthys. ZEUS : 1 2 ; 22; 79; 8 1 ; 94 ; 1 04 ; 1 24 ; 1 3 0; 1 34 . ZOROASTRO: 2 6 ; 1 02; 1 03 ; 1 04 . Forma greca d e l nome iranico Zarathustra, ri formatore della religione persiana.

III. Indice dei luoghi geografici

ALESSANDRIA: 7; 8 ; 1 1 ; 1 3 ; 1 6; 24; 3 3 ; 34; 36; 37; 5 8 ; 6 1 ; 62; 7 1 ; 93 ; 1 30; 1 39; 1 60 APAMEA: 39 ATENE: 1 6; 33; 6 1 ; 1 39; BABILONIA: l 0; 3 3 ; 1 39 BUSIRJDE: 93 BYBLOS: 84; 85 CHIO: 1 03; DELFI: 1 8; 22; 39; 62; 68; 78; 95; 96; 1 00; 1 3 8 EGITTO: 1 5; 1 6; 22; 24; 3 1 ; 39; 58; 6 1 ; 62; 7 1 ; 78; 8 1 ; 9 1 ; 1 22; 1 38; 1 39; 1 52; 1 53 ; 1 62; 1 70

ELIOPOLI: 23; 82; 1 05 EUBEA: 92 FRIGIA: 9 1 GRECIA: 1 6; 1 7; 22; 6 1 ; 62; 66; 8 1 ; 9 1 ; 1 22; 1 38; 1 52; 1 54 LICOPOLJ: 93 MALLO: 33 MESSENE: 24; 90 PANCHEA: 90 PERSIA: 9 1 ; 1 39 REGGIO: 9; 33 SINOPE: 93 TARSO: 10; 33

IV. Indice degli autori moderni

ADAMSON: 52 AGUILAR: 1 50; 1 52; 1 56; 1 6 1 ALEXANDER: 34 ALT: 42; 5 1 ANCESCHI: 34 ANDOLFO: 7 1 ; 1 00; 1 08; 1 1 8; 1 35 ; 1 4 1 ; 1 46; 147; 1 50 ARMOUR: 1 50 ARTAUD: 35; 1 50 ATHANASSIADI: 3 5 BABBITT: 5 1 BABUT: 8; 34; 73; 1 29; 1 34; 1 50 BALDI: 5 1 BALLANCHE: 65; 72; 1 50 BALTES: 52; 1 29; 1 34; 1 50 BALTUSSEN: 52 BATES HERSMANS : 1 50 BECCHI: 82; 87; 88; 1 1 8; 1 50 BECK: 1 50; 1 55 BELLANTI: 34; 1 50 BERNABÉ: 1 00; 1 47; 1 50 BERNARD: 27; 35; 1 1 3; 1 20; 1 50 BERTI: 72; 1 50 BETEGH: 1 7 ; 64; 72; 1 5 1 BETTINI: 7 1 ; 86; 1 5 1 BETZ: 86; 149 BIANCHI: 3 1 ; 1 1 7; 144; 147; 1 5 1 ; 1 54 BLOOMFIELD: 34; 1 5 1 BOMBACIGNO: 33 BONAZZI: 35; 50; 1 33 ; 1 34; 146; 1 5 1 ; 1 6 1 ; 1 62 Bos: 33 BOULET: 87; 1 46; 1 5 1 BOYARIN: 34 Bovs-STONEs: 1 8 ; 1 9; 34; 37; 67; 68; 73; 74; 1 27; 1 34; 1 52

BOWERSOCK: 7 1 ; 1 52 BRENK : 29; 7 1 ; 86; 1 09; 1 1 9; 1 29; 1 33 ; 1 34; 1 43; 1 47; 1 52; 1 64 BRICAULT: 153 BRISSON: 1 50; 1 53 ; 1 63 BROUILLETTE: 50; 1 53 BURKERT: 73 ; 1 53 BURNET: 72; 149 BURNYEAT: 1 7 ; 64; 72; 1 43 BUXTON: 1 6 1 CACCIATORE: 1 47; 1 53 ; 1 6 1 CALASI: 1 57 CALAME: 7 1 ; 86; 1 53; 155 CALVO: 1 50; 1 63 CAMBIANO: 1 56 CANCIK-LINDEMEIER: 34 CANFORA: 1 56 CANTILLO: 1 57 CARDULLO: 35; 1 62 CASADEUS BORDOY: 1 52 CASADIO: 84; 87; 88; 99; 1 53; CASANOVA: 1 57 CAVALLI: 86; 1 49 CELIA: 35; 5 1 ; 1 5 7 CELLUPRICA: 1 5 1 ; 1 6 1 CENTRONE: 3 5 ; 1 33; 1 54 CHIARADONNA: 35 CHIODI: 87; 88; 99; 1 00; 1 1 2; 1 1 7; 1 1 8; 1 1 9; 1 20; 1 26; 1 46; 1 54 CILENTO: 1 35; 1 47; 149 CrVILETTI: 149 CODA: 52 COLLOBERT: 72; 1 53; 1 54; 1 63; 1 64 COPELAND: 34

1 26; 151;

1 54;

1 14; 1 33;

1 58;

INDICI

CORTI: 1 34; 1 54 Cosi: 35 CREUZER: 65; 72; 1 54 DAL CORNO: 3 1 ; 3 8 ; 1 44; 1 47 DAWSON: 1 9; 34; 68; 72; 73; 1 55 DEITZ: 35 DEL BELLO: 34 DELFORGE PIRENNE: 99; 1 6 1 DELLA CORTE: 72; 86; 1 5 5 DERCHAIN: 1 5 5 DE SIMONE: 9 ; 1 5 ; 1 6; 1 7; 1 8; 1 9; 20; 22; 23; 24; 25; 26; 27; 29; 30; 3 1 ; 36; 40; 49 DESTRÉE: 72; 1 5 3 ; 1 54; 1 58; 1 62; 1 63 ; 1 64 DETIENNE: 72; 86; 1 55 DEUSE: 43 ; 5 1 ; 52; 53 DIELS: 99; 1 1 7; 1 34; 1 49; 1 69 DILLON: 8; 34; 52; 53; 7 1 ; 1 29; 1 33; 1 34; 1 55 D'IPPOLITO: 76; 1 53; 1 54; 1 55 DONINI: 29; 35; 52; 72; l 05; 1 1 8; 1 25; 1 29; 1 30; 1 33; 1 34; 140; 1 46; 1 5 1 ; 1 55; 1 56; 1 62 D6RRIE: 35; 1 3 3; 1 34; 1 56 DUNAND: 1 60 EDMUNDS: 1 56 ERLER: 37; 7 1 ; 1 46; 1 56; 1 57 FELDMEIER: 1 56 FERNANDEZ DELGADO: 1 55 FERRARI: 28; 35; 50; 5 1 ; 52; 53; 7 1 ; 79; 86; 87; 1 1 1 ; 1 1 8; 1 1 9; 1 25; 1 28; 1 29; 1 30; 1 33; 1 34; 1 3 5; 1 46; 149; 1 5 1 ; 1 52; 1 56; 1 57; 1 58; 1 6 1 ; 1 62; 1 64; FILORAMO: 1 5 8 FIORAVANTI: 3 5 FLETCHER: 1 58 FOLENA: 35; 73 FREDE: 35 FRISCH: 7 1 ; 1 58

1 79

FROIDEFOND: 53; 7 1 ; 86; 88; 1 1 7; 1 33; 1 49; 1 5 8 GALLARTE: 1 60 GALLO: 38; 146; 1 50; 1 5 1 ; 1 52; 1 5 3 ; 1 54; 1 56; 1 57; 1 58; 1 60; 1 63 GARCfA L6PEZ: 1 50; 1 52; 1 56; 1 6 1 GARCfA VALDÉS: 86; 1 49 GATTI: 34; 73; 1 58 GERSH: 1 52; 1 56 GERSON: 35 GHISALBERTI: 34; 1 62 GIARDINA: 1 57 GIGANTE: 149 GILABERT: 1 5 1 GOLDIN: 35; 73; 1 50; 1 58; 1 60 GOMEZ: 1 5 1 GONZALEZ: 72; 1 53; 1 54; 1 58 1 63; 1 64 GRAESER: 1 57 GRASSO: 17; 72; 1 5 8 GRIFFITHS: 20; 5 1 ; 70; 7 1 ; 73; 74; 86; 87; 88; 1 1 8 ; 1 20; 1 49; 1 5 8; 1 59 HADOT: 72; 1 59 HAMILTON: 1 59 HANI: 1 6; 30; 37; 62; 7 1 ; 86; 88; 95; 1 00; 1 02; 1 08; 1 1 7; 1 3 1 ; 1 35; 1 40; 1 59 HARDIE: 1 59 HATZJMICHALJ: 1 59 HERMANN: 1 63 HIRSCH-LUIPOLD: 2 1 ; 26; 50; 52; 72; 77; 86; 1 03 ; 104; 1 07; 1 1 0; 1 1 2; 1 1 7; 1 1 8 ; 1 1 9; 1 23 ; 1 24; 1 32; 1 34; 143 ; 1 50; 1 5 5; 1 56; 1 5 7; 1 59 HOPFNER: 86; 105; 149 HORN: 35 INGENKAMP: 1 5 1 ; 1 64 IOZZJA: 35; 1 62

I MO

ISNARDI PARENTE: 1 34; 149 JACOBY: 149 JANKA: 1 60 JONES: 7 1 ; 1 20; 1 3 3; 1 59 JOURDAN: 42; 50; 5 1 ; 52; 1 5 9 JUFRESA: 1 5 1 K.AMESAR: 34 K.ANNENGIESSER: 1 52; 1 5 6 KRAMER: 52; 1 29; 1 34 KRANZ: 99; 1 1 7; 149 KRAUS REGGIANI: 33; 34 KUROTSCHKA: 147; 1 53 LANZA: 1 56 LANZI: 1 1 7; 1 59 LANZILLOTTA : 1 60 LEVÈQUE: 99; 1 60 LINGUITI: 35 LONG0: 35; 73; 1 60 LUCCHETTA: 7; 9; 1 2; 1 3; 33; 36; 37; 38; 50; 59; 73 ; 74; 1 62 MALAISE: 7 1 ; 1 60 MANSFELD: 50; 1 02; 1 1 7; 1 60 MARTIN! BONADEO: 52 MATI: 1 62 MAZZARELLI: 34 MESCH: 72; 1 60 MESTRE: 1 5 1 MEUNIER: 1 49 MIGLIORI: 1 60 MOHR: 1 5 1 ; 1 59; 1 60 MORA: 1 60 MORESCHINI: 26; 38; 86; 1 06; 1 1 8; 1 33; 1 58 ; 1 60 MORGAN: 7 1 ; 86; 1 60 MosT: 34; 72; 86; 1 6 1 MOTTE: 99; 1 6 1 NAPOLITANO VALDITARA: 7 1 ; 72; 161 NEUMEISTER: 35 NIKOLAIDIS: 1 33; 1 6 1 NORMAN: 147; 1 6 1

PIA DE S!MONE

Nuzzo: 1 47 0BBINK: 34 0BSIEGER: 50 0PSOMER: 52; 7 1 ; 1 33; 1 46; 1 5 1 ; 161 PALPACELLI: 33 PARMENTIER: 7 1 ; 1 6 1 PARTENJE: 72; 1 46; 147; 1 53; 1 6 1 PEDULLÀ: 1 64 PÉPIN: 1 9; 68; 72; 73; 1 1 9; 1 20; 161 PÉREZ JIMÉNEZ: 1 50; 1 5 1 ; 1 52; 1 56; 1 6 1 ; 1 64 PETROSINO: 37; 1 63 PETRUCCJ: 35; 45; 52; 1 34; 1 4 1 ; 1 46; 147; 1 6 1 ; 1 62 PIANEZZOLA: 35 PINCH: 1 62 PISANI: 144; 147; 149 PrsoNr: 33 POLLMANN: 34 PORDOMINGO: 2 1 ; 37; 76; 79; 86; 87; 99; l 00; 1 1 7; 1 32; 1 33; 1 55; 1 62 RACIONERO: 72; 1 62 RADICE: 7; 8; 9; 1 3 ; 14; 1 8; 1 9; 33; 34; 35; 36; 37; 50; 59; 67; 68; 69; 73; 74; 86; 1 00; 1 34; 1 35; 1 47; 1 62 RADT: 99; 1 49 RAMELLI: 7; 9; 1 0; 1 1 ; 1 2; 1 9; 27; 33; 34; 36; 37; 38; 50; 59; 68; 73; 74; 1 1 3; 1 20; 1 62 REALE: 33; 34; 35; 73; 1 3 5 ; 142; 147 REINHARDT: 1 7; 66; 72; 1 62 REYDAMS-SCHILS: 1 62 RICHTER: 50; 59; 7 1 ; 86; 1 63 RICOEUR: 3 5 RIES: 1 6; 2 1 ; 37; 7 1 ; 86; 1 1 7; 1 1 8; 1 46; 1 63

INDICI

R!GOBELLO: 35 ROSKAM: 1 38; 146 RUNIA : 14; 34; 3 7 RUSSEL: 1 63 SALOMIES: 1 59 SANNA: 147; 1 5 3 SANTA CRUZ: 7 1 ; 1 63 SANTANIELLO: 163 SASSO: 35 SATTLER: 1 5 1 ; 1 60 SCARPI: 1 63 SCHAFER: 1 60 SCRIVANI: 33 SFAMENI GASPARRO: 35; 8 1 ; 87; 1 00; 1 54; 1 63 SIEVEKING: 58; 1 49 SIGEL: 34 SMITH: 72; 86; 149; 1 50; 1 63 SORDI: 1 55 SPINETO: 37; 72; 1 63 STADLER: 37; 7 1 ; 146 STOCHINO: 33 STRUCK: 34 TARRANT: 35; 1 34; 1 63 TATE: 1 63 TEODORSSON: 1 63 THÉVENAZ: 53 TIHANYI: 1 53 TIMOTIN: 24; 35; 38; 50; 9 1 ; 99;

181

1 64 TITCHENER: 1 5 1 ; 1 64 TOMMASI MORESCHINI: 35 TORHOUDT: l 08; 1 1 8; 1 64 TRABATTONI: 1 7; 72; 1 64 TROISI: 73 ; 1 64 TuRRINI: 72; 1 64 ULACCO: 35; 5 1 ; 1 5 7 VAN DEN HOEK: 34 VAN DER STOCKT: 37; 1 5 1 ; 1 64 VASIIU: 1 59 VEGETTI: 35 VERNIÈRE: 83; 86; 88; 1 64 VERSLUYS: 1 53 VERSNEL: 35 VIMERCATI: 3 3 ; 34; 52; 1 34; 1 55; 1 64 VOLPE: 87; 99; 1 1 8; 1 52; 1 58; 1 6 1 ; 1 64 WALDE: 34 WALTER: 35 WELLMANN: 7 1 ; 1 64 WHITE: 34 WHITMAN: 35; 73 ; 1 64 WHITMARSH: 1 20; 1 65 WHITTAKER: 7 1 ; 1 65 WITTE: 72; 1 65 WYTTENBACH: 74; 1 65 ZAMBON: 35; 50

INDICE

Prefazione di Maria Luisa Gatti Note alla Prefazione

7 33

Introduzione di Franco Ferrari Note alla Introduzione

50

Premessa Note alla Premessa

57 59

Capitolo primo Formazione e metodo di Plutarco esegeta

61

l . Plutarco e i suoi rapporti con l 'Egitto 2. Platone e il mito cosmologico 3. L'allegoria filosofica o allegoresi Note al Capitolo primo

Capitolo secondo Struttura e prologo del De lside et Osiride l . Il De Iside et Osiride. Considerazioni introduttive 2. Suddivisione e sinossi del testo 3 . Il Prologo: telos e chiave ermeneutica del racconto mitologico 4. I riti egizi e il rapporto con il Pitagorismo 5. Il mito di Osiride e di Iside Note al Capitolo secondo

Capitolo terzo Interpretazioni pre-platoniche del mito l . L'ermeneutica del mito 2. Contro l 'Evemerismo

39

61 63 66 71

75 75 77 78 81 83 86

89 89 90

INDICE

1 84

3 . La Demonologia 4. Il sincretismo e l 'etimologia 5. L'allegoria fisica e astronomica Note al Capitolo terzo

Capitolo quarto Interpretazioni platoniche del mito l . Le dottrine dualiste 2. Caratterizzazioni delle divinità egizie 3. L'esegesi cosmologica e l'amore come forza demiurgica Note al Capitolo quarto

Capitolo quinto Valutazioni sintetiche l . Critiche ali ' allegoria fisica 2. Il teriomorfismo e l'aritmologia 3. Immanenza e trascendenza del divino 4. Le concezioni filosofiche di Plutarco Note al Capitolo quinto

91 92 94 99

101 101 1 06 1 13 1 17

121 121 1 22 1 25 1 27 1 32

Capitolo sesto Il contributo ermeneutico-filosofico del De lside Note al Capitolo sesto

137 146

Bibliografia

149

Indici

1 67

I. Indice degli autori e delle opere antiche

1 69

II. Indice delle divinità

1 73

III. Indice dei luoghi geografici

1 77

IV. Indice degli autori moderni

1 78

Indice

1 83