Matrimonio e famiglia nell'Antico e nel Nuovo Testamento 8888270809, 9788888270807

Dalla presentazione biblica (A.T. e N.T.) di matrimonio e famiglia ricaviamo tre importanti lezioni per le donne e per g

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Matrimonio e famiglia nell'Antico e nel Nuovo Testamento
 8888270809, 9788888270807

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I Gruppi Biblici Universitari sono dal 1 950 il ramo italiano della

International Fellowship o/Evangelica! Students, movimento inter­

nazionale che opera nelle università di molti paesi del mondo con lo scopo di suscitare e approfondire la conoscenza della fede cristiana.

Le Edizioni GBU accompagnano l'azione dei gruppi pubblicando libri utili allo studio delle Scritture e all'approfondimento della fede.

G ruppi Biblici Universitari

- www.gbuitalia.org

Edizioni GBU - www.edizionigbu.it

D.l. BLOCK A. KÒSTENBERGER MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL'ANTICO E NEL NUOVO TESTAMENTO

EDIZIONI GBU CHIETI-ROMA

www.edizionigbu.it

Titolo originale: Marriage and Family in the Ancient Israel; Marriage and Family in the New Testament; pubblicati in origine in K.M. Campbell, a cura di, Marriage and Family in the Bi­ blica! World Autori: Daniel I. Block e Andreas Kostenberger, Edizione originale: InterVarsity Press, P.O. Box 1400, Downers Grave, IL, 605 15-1426 (USA) ISBN: 0-83 08-2737-4 Tutti i diritti riservati:

© 2003 by K.M. Campbell. Articoli tradotti e stampati

con il permesso di InterVarsity Press.

Prima edizione italiana: © Edizioni GBU, Giugno 2007 Traduzione: Ciro Izzo Revisione: Nicoletta Aresca, Giacomo C. Di Gaetano Progetto grafico: Stefano Picciani Copertina: Giuseppe De Chirico

La traduzione della Bibbia utilizzata è, tranne indicazione esplicita, La Sacra Bibbia, Nuova Riveduta (NVR), Società Biblica di Ginevra 5° ed. 1999. Nella preparazione di questo libro abbiamo fatto abbondante uso del programma La Bibbia di Richard Wilson, scaricabile gratuitamente dal sito www.laparola.net

Tutti i diritti riservati Edizioni GBU ISBN 978-88-88270-80-7

INDICE Introduzione alla collana Abbreviazioni Daniel I.Block l. Matrimonio e famiglia nell'Antico Israele 2. n vocabolario dell'antica famiglia israelita 3 . L o stato sociale e i doveri dei mariti e dei padri nell'antico Israele 4. La condizione sociale e i ruoli delle mogli e delle madri nell'antico Israele 5. La condizione e i doveri dei figli nell'antico Israele 6. La condizione e i doveri dell'anziano nell'antico Israele 7. Conclusione Andreas Kostenberger 8. Matrimonio e famiglia nel Nuovo Testamento 9. Radicati nella creazione 10. Omosessualità ed eterosessualità 1 1 . I ruoli coniugali 12. Divorzio, seconde nozze e celibato 13 . I figli, la loro educazione e la casa 14. Excursus: la famiglia nell'antichità 15 . Matrimonio, famiglia e conduzione della chiesa 16. Matrimonio, famiglia e combattimento spirituale 17. Epilogo Indice dei temi

7 9 17 21 29 59 85 109 119 123 125 129 13 3 15 1 169 181 185 189 197 201

INTRODUZIONE ALLA COLLANA

Introduzione alla collana

La collana Studi di Teologia Biblica (SBT) è formata da mo­ nografie che affrontano temi centrali della teologia biblica. I volumi si concentrano grosso modo su una di queste tre aree tematiche: l. la natura e lo stato della teologia biblica, incluso le relazioni con altre branche dell'indagie teologi­ ca (p. e. la teologia storica, l'esegesi, la teologia sistematica, la critica storica, la teologia narrativa) ; 2. l'articolazione e l'esposizione della struttura del pensiero di un particolare autore biblico o di un particolare corpus letterario; e 3 . la presentazione di un tema nell'arco di tutto lo sviluppo del­ la Bibbia o di una sua parte. Vorrei però sottolineare che queste monografie sono dei tentativi creativi fatti per aiutare i cristiani a compren­ dere meglio la loro Bibbia. La collana ha lo scopo di istrui­ re e di edificare, ma anche di interagire con la contempora­ nea letteratura scientifica e di indicare la strada da seguire. Nell'universo di Dio la mente e il cuore non dovrebbero essere separati: con questa collana cerchiamo appunto di non separare ciò che Dio ha unito. Se le note interagiscono con il meglio della letteratura scientifica, il testo dei singoli volumi non è stato appesantito con traslitterazioni del gre­ co e dell'ebraico, e in esso si cerca di evitare il più possibi­ le il gergo specialistico. I volumi sono stati scritti nell' am­ bito dell'evangelismo confessionale ma in essi c'è sempre il tentativo di interagire con intelligenza con l'ampio spet­ tro della letteratura dedicata al tema specifico. D.A. Carson, Trinity Evangelica! Divinity School

Matrimonio e famiglia nell'Antico e nel Nuovo Testamen­ to di D.l. Block e A. Kostenberger non era orignariamen­ te inserito nella collana. Il libro è stato inserito con l'auto­ rizzazione del direttore della collana, il prof. D.A. Carson, e dell'editore inglese. 7

ABBREVIAZIONI

Abbreviazioni di periodicz: di collane e di opere di rt/erimento

AB

Anchor Bible. D.N. Freedman, Ancbor Bible Dictionary, 6 voll., Double­ day, New York, 1992. Anchor Bible Reference Library. ABRL AbrN Abr-Nahrain. Archiv fii r Orientforschung: Beiheft. AfOB AGJU Arbeiten zur Geschichte des antiken Judentums un d des Ur-christentums. American ]ournal o/ Ancient History. A]AH ANEP J.B. Pritchard. The Ancient Near East in Pictures Re­ lating to the Old Testament, Princeton University Press, Princeton, 1 954. ANET J. Pritchard, a cura di, Ancient Near Eastern Texts Rela­ ting to the Old Testament, 3 ed., Princeton University Press, Princeton, 1969. Alter Orient und Altes Testament. AOAT ARM Archives royales de Mari. ArOr Archiv Orientdlni. Acta seminarii neotestamentici upsaliensis. ASNU AuOr Aula Orientali. AUSS Andrews University Seminary Studies. Biblica! Archaeologist. BA BASOR Bulletin o/ the A merican Schools o/ Orienta! Research. Bulletin /or Biblica! Research. BBR BDAG W. Bauer, F.W. Danker, W. R. Amdt e F.W. Gingrich. Greek-English Lexicon o/ the New Testament and Other Early Christian Literature, 3 ed., University of Chicago Press, Chicago, 1999. BE Babylonian Expedition of the University of Pennsylvania, Series A: Cuneiform Texts. BGU Aegyptische Urkunden aus den Koniglichen [Staatlichenj] Museen zu Berlin Griechische Urkunden- 15 voli., Berlin, 1 895-1983 . BIDR Bulletino internazionale di diritto romano. BJS Brown Judaic Studies. Bible and Literature Series. BLS BM Tablets in the collections of the British Museum. BN Biblische Notizen. BT The Bible Translator. BZ Biblische Zeitschrift. Beihefte zur Zeitschrift fiir die alttestamentliche Wissen­ BZAW schaft. The Assyrian Dictionary o/ the Orienta! Institute o/ the Uni­ CAD versity o/ Chicago, University of Chicago Press, Chicago, 1 956-.

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9

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CBC CBET CBQ CCTC Chm CI] C] CP CQ CRINT CSHJ CSSH CT DCH

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EBC EMC Encjud Erlsr ETS Euro]Th EvQ ExpTim GBE GR GT] HALOT HG H]PA]C IO

J. Sasson, a cura di, Civilizatons o/ the Ancient Near East, 4 voll.. Scribner, New York, 1995 . Cambridge Bible Commentary. Contributions to Biblical Exegesis and Theology Catholic Biblica! Quarterly Cambridge Classica! Texts and Commentaries Churchman Corpus inscriptionum ]udaicarum Classica! ]ournal Classica! Philology Classica! Quarterly Compendia rerum iudaicarum ad novum testamentum Chicago Studies in the History ofJudaism Comparative Studies in Society and History Cuneiform Texts from Babylonian Tablets in the British Museum DavidJ. A. Clines, a cura di, Dictionary o/ Classica! He­ brew, Sheffield Academic Press, Sheffield, 1993-. Discoveries in the Judaean Desert. Joel B. Green, Scot McKnight e I. Howard Marshall, a cura di, Dictionary oflesus and the Gospels, lnterVarsity Press, Downers Grove, 1992. Ralph P. Martin e Peter H. Davids, a cura di, Dictionary o/ the Later New Testament and Its Developments, lnterVar­ sity Press, Downers Grove, 1997. Craig A. Evans e Stanley E. Porter, a cura di, Dictionary of New Testament Background, InterVarsity Press, Downers Grove, 2000. Gerald F. Hawthome, Ralph P. Martin e Daniel G. Reid, a cura di, Dictionary o/ Pau! and His Letters, Inter-Varsity Press, Downers Grove, 1993 , tr. it., Paoline, Milano, 1999. Expositor's Bible Commentary. Echos du monde dassique!Classical Views. Encyclopaedia judaica. 16 voll., Keter, J erusalem, 1972 . Eretz-Israel. Evangelica! Theological Society. European ]ournal o/ Theology. Evangelica! Quarterly. Expository Times. Grove Booklets on Ethics. Greece an d Rome. Grace Theological ]ournal. L. Kohler, W. Baumgartner e J. Stamm, The Hebrew an d Aramaic Lexicon of the Old Testament, tr. e cura di M.E.J. Richardson. 4 voll., E.J. Brill , Leiden, 1994- 1999. J. Kohler et al, Hammurabi's Gesetz, 5 voll., Pfeiffer, Leip­ zig, 1904-191 1 . Emil Schurer, The History o/ tbe jewish People in the Age o/Jesus Chrr'st (175 B.C.-A.D. 135), a cura di, G. Ver-

ABBREVIAZIONI

mes, et al., ed. ingl. riv. 3 voll. , T & T Clark, Edinburgh, 1973 - 1 987, tr. it. 3 voll. Paideia, Brescia, 1985-1998. Hebrew Studies. HS Harvard Theological Review. HTR HUCA Hebrew Union College Annualù. IEJ Israel Exploration ]ournal. ISBE G. Bromiley, a cura di, International Standard Bible En­ cyclopedia, 4 voll., Eerdmans, Grand Rapids, 1979- 1988. ISBL Indiana Studies in Biblical Literature. ]AC ]ahrbuch fiir Antike und Christentum. JAOS Journal of the American Orientai Society. ]BL ]ournal o/ Biblica/ Literature. JBS Jerusalem Biblical Studies. Journal of Cunezform Studies. ]CS JDS Judean Desert Studies. ]ECS Journal ofEarly Christian Studies. Jaarbericht van het Vooraziatz'sch-Egyptisch Gezelschap ]EOL (Genootschap) Ex oriente lux. JEN Joint Expedition with the Iraq Museum at Nuzi. ]ESHO ]ournal of the Economie and Social History of the Orient. Journal of the Evangelica! Theological Society. ]ETS ]]P Journal ofluristic Papyrology. ]ournal oflewish Studies. J]S JNES Journal of Near Eastern Studies. JNSL Journal ofNorthrpest Semitic Languages. ]ahreshefte des Osterreichischen archiiologischen Instz'tuts. ]OAI JQR Jewish Quarterly Review. ]RE ]ournal o/Religious Ethics. ]ournal o/Religion Studies. ]RelS JRS Journal ofRoman Studies. ]SOT ]ournal/or the Study of the Old Testament. JSOTSup Journal for the Study of the Old Testament: Supplement Series. JSPSup Journal for the Study of the Pseudepigrapha: Supplement Series. E. Ebeling, a cura di, Keilschrzfttexte aus Assur religiosen KAR Inhalts, J. C. Hinrichs, Leipzig, 1919-1923. Loeb Classical Library. LCL LSJ H.G. Liddell, R. Scott e H.S. Jones, A Greek-English Lexicon, 9 ed. con rev., Supplement, Clarendon Press, Oxford, 1996. NAC The New American Commentary. NewDocs G.H.R. Horsley e S. Llewelyn, New Documents Illu­ strating Early Christianity, Macquarie University, North Ryder, 1 98 1-. NICNT New International Commentary on the New Testament. NICOT New International Commentary on the Old Testament. NIDOTTE W.A. VanGermeren, a cura di, New International Dictionary o/ Old Testament Theology and Exegesis, 5 voli., ZonII

dervan, Grand Rapids, 1 997. New Intemational Greek Testament Commentary. Novum Testamentum. Nicene and Post-Nicene Fathers, Series 2. New Studies in Biblica! Theology. Orbis biblicus et orientalis. Overtures to Biblica! Theology. S. Homblower e A. Spawforth, a cura di, Ox/ord Classica! Dictt"onary, 3 ed. , Oxford University Press, Oxford, 1996. Oxford Editions of Cuneiform Texts. OCuT OTL Old Testament Library. OTP J.H. Charlesworth, a cura di, Old Testament Pseudepi­ grapha. 2 voll., Doublday, New York, 1983 , 1985 , tr. it. Paideia, Brescia, 1990. PapCol Papyrologica Coloniensia PBS Publications of the Babylonian Setion, University Mu­ seum, University of Pennsylvania. Papers of the British School at Rome. PBSR Patrologia graeca (Patrologiae cursus completus: SePG ries graeca), a cura di J.-P. Migne. 162 voll. Mignen, Paris, 1857- 1 886. PNTC Pillar New Testament Commentary. Revue d'assyriologie et d'archeologie orientale. RA RB Revue biblique Studies in Ancient Orientai Civilizations. SAOC SBH Georg A. Reisner, Sumerisch-babylonische Hymnen nach Thonta/eln griechischer Zeit, Spemann, Berliin, 1896. SBJT The Southern Baptist Journal o/ Theology. SBLDS Society of Biblica! Literature Dissertation Series. SBLMS Society of Biblica! Literature Monograph Series. SBLSBS Society of Biblica! Literature Sources for Biblica! Study. SCE Studies in Christian Ethics. Studia Evangelica I, II,III (=TU 73 [ 1 959], 87 [1964], 88 SE [ 1 964], ecc.). South Florida Studies in the History ofJudaism. �FSHJ SJ Studia Judaica. SNTSMS Society for New Testament Studies Monograph Series. Studies in Religion. SR STDJ Studies on the Texts of the Desert of Judah. Studia in Veteris Testamenti pseudepigraphica. SVTP TAPA Transactions o/ the American Philological Association. G. Kittd e G. Friedrich, a cura di. Theological Dictionary IDNT o/ the New Testament, tr. di G.W Bromiley, 10 voll., Eerd­ mans, Grand Rapids, 1 964- 1976, tr. it. Paideia, Brescia. Themelios. Them TIM Texts in the Iraq Museum. Trinity Journal. 1J TLOT E. Jenni et al., a cura di, Theological Lexicon o/ the Old Te­ stament, tr. di M.E. Biddle. 3 voll., Hendrickson, PeaboNIGTC NovT NPNF NSBT OBO OBT OCD

12

ABBREVIAZIONI

TS TSAJ

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YCS YOS ZA ZAH ZBK ZNW ZPE

Theological Studies. Texte und Studien zum antiken Judentum. Texte und Untersuchungen. Tyndale Bulletin. Ugarit-Forschungen. Ur Excavations, Texts. Vorderasiatische Schriftdenktnaler. Vigiliae Christianae. Vetus Testamentum Supplements. Die Welt des Orients. Westminster Theological ]ournal. Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testa­ ment. Yale Classica! Studies. Yale Orientai Series, Babylonian Texts. Zeitschri/t /ur Assyriologie. Zeitschri/t /iir Althebraistzk. Ziircher Bibelkommentare. Zeitschrz/t /ur die neutestamentliche Wissenscha/t un d die Kunde der iilteren Kirche. Zeitschrift fi.ir Papyrologie und Epigraphik.

Abbreviazioni delle opere antiche Ag.Ap. 'Abot Abraham Add Esth Alleg. Interp. An t. b. 2 Bar. B. Bat. Ber. CD CE CH Contempi. Li/e Embassy Flight Git. Heir Hev Hev/Se HL

Hypothetica Jdt ]os. Asen.

Giuseppe Flavio, Contra Apionem 'Abot Filone, De Abrahamo Aggiunte al libro di Ester Filone, Legum Allegoriae Giuseppe Flavio, Antiquitates Judaicae Talmud babilonese II Baruch (Versione siriaca dell'Apocalisse di Baruch) Baba Batra Berakhot Documento di Damasco (dalla Genizah del Cairo) Codice of Eshnunna Codice of Hammurabi Filone, De Vita Contemplativa Filone, Legatio ad Gaium Filone, De Fuga et Inventione Gittin Filone, Quis Rerum Divinarum Heres Sit? Nahal Hever Nahal Hever/Seiyal Leggi ittite Filone, Hypothetica Giuditta Giuseppe e Asenat 13

]ub. ].W Ker. Ketub. L.A.B. Li/e LL LU LXX

1-2-3-4 Macc m.

MAL

Menah. Mur Nat. Ned Nid. Pesa/h

Posterity

Praep. ev. Ps.-Phoc. Pss. Sol P. Yadin

Qidd. Q

Sacri/ices Sanh. Sib. Or. Sir Sobriety Spec. Laws Tob. t

Ta'an.

Tfac. Tfob Tfos.

T]ud. T Levi

Tg. Ps.-]. Unchangeable Virtues

WJS

Yebam.

14

Libro die Giubilei Giuseppe Flavio, Bellum ]udaicum

Keritot

Ketubbot Liber antiquitatum biblicarum (Pseudo-Filone) Giuseppe, Vita Leggi di Lipit-Ishtar Leggi di Ur-Nanunu Settanta

1-2-3-4 Maccabei Mishnah Middle Assyrian Laws Menahot uadi Murabba'at Plinio il Vecchio, Naturalis Historia Nedarim NiddA Pesahim Filone, De Posteritate Caini Eusebio, Praeparatio evangelica Pseudo-Focilide Salmi di Salomone Papyrus Yadin Qiddushin Qumran Filone, De Sacrificiis Abelis et Caini Sanhedrin Oracoli Sibzllini Siracide/Ecclesiastico Filone, De sobrietate Filone, De Specialibus Legibus Tobia Tosefta Ta'anit Testamento di Giacobbe Testamento di Giobbe Testamento di Giuseppe, Testamento dei Dodici Pa­ triarchi Testamento di Giuda, Testamento dei Dodici Patriar­ chi Testamento di Lev� Testamento dei Dodici Patriarchi Targum Pseudo-Gionata Filone, Quod Deus Sit Immutabilis Filone, De Virtutibus Sapienza di Salomone Yevamot

ABBREVIAZIONI

Versioni della Bibbia Gar. IEP JB LXX LXX A (LXX A) LXX B (LXXB) ND NIV

NRSV

NVR

RSV TM

La Sacra Bibbia, tradotta dai testi originali e com­ mentata, a cura e sotto la direzione di Mons. Sal­ vatore Garofalo, Marietti, 1963 . La Sacra Bibbia, Edizioni Paoline, 1995 . La Bibbia di Gerusalemme, 1966. Versione dei Settanta (versione pre-cristiana in greco dell'Antico Testamento) Versione dei Settanta, Codex Alexandrinus. Versione dei Settanta, Codice Vaticano. La Sacra Bibbia, La Nuova Diodati, Revisione, Edi­ zione La Buona Novella 1991. New International Version, 1984. New Revised Standard Version, 1989. La Sacra Bibbia. Versione Riveduta in testo origi­ nale dal Dott. Giovanni Luzzi. Società Biblica Bri­ tannica e Forestiera. Edizione: Nuova Riveduta dd 1994. Revised Standard Version, 1952. Testo Masoretico (Bibbia ebraica)

I5

Abbreviazioni usate per i libri della Sacra Scrittura ANTICO TESTAMENTO

NUOVO TESTAMENTO

Gen. Es. Lev. Num. Deut. Gios. Giu. Rut. I Sam. llSam. I Re liRe I Cro. II Cro. Esd. Nee. Est. Giob. Sal. Prov. Eccl. Can t. Is. Ger. Lam. Ez. Dan. Os. Gioe. Am. Abd. Gio. Mich. N ah. Ab. Sof Agg. Zacc. Mal.

Matteo Matt. Mar. Marco Luca Luca Giov. Giovanni Atti Atti degli Apostoli Lettera ai Romani Rom. I Cor. I Lettera ai Corinzi II Cor. II Lettera ai Corinzi Gal. Lettera ai Galati Ef. Lettera agli Efesini Lettera ai Filippesi Fil. Col. Lettera ai Colossesi I Tess. I Lettera ai Tessalonicesi II Tess. II Lettera ai Tessalonicesi I Tim. I Lettera a Timoteo II Tim. II Lettera a Timoteo Tito Lettera a Tito Filem. Lettera a Filemone Ebr. Lettera agli Ebrei Giac. Lettera di Giacomo I Lettera di Pietro I Pie. II Pie. II Lettera di Pietro I Giov. I Lettera di Giovanni II Giov. II Lettera di Giovanni III Giov. III Lettera di Giovanni Giuda Lettera di Giuda Apoc. Apocalisse

r6

Genesi Esodo Levitico Numeri Deuteronomio Giosuè Giudici Rut I Libro di Samuele II Libro di Samuele I Libro dei Re II libro dei Re I Libro delle Cronache II Libro delle Cronache Esdra Neemia Ester Giobbe Salmi Proverbi Ecclesiaste Cantico dei Cantici Isaia Geremia Lamentazioni Ezechiele Daniele Osea Gioele Amos Ab dia Giona Michea Nahum Abacuc Sofonia Aggeo Zaccaria Malachia

l. MATRIMONIO E FAMIGLIA

NELL'ANTICO ISRAELE di Daniel I.Block

Tentare di riportare alla luce la prospettiva degli antichi israeliti sulla vita familiare è un'impresa laboriosa, resa dif­ ficile da svariati fattori. Innanzitutto, è necessario chieder­ si cosa si intende per israelita. Alcuni autori moderni insi­ stono sul fatto che, storicamente, il nome era limitato agli abitanti del regno del nord, la cui capitale, nel periodo che va dal IX al VII secolo a.C. , fu Samaria e che l'applica­ zione del termine ai regni di Israele e Giuda fu una tarda evoluzione ideologicamente pilotata1. Tuttavia, secondo la ragguardevole testimonianza degli stessi scritti biblici, il termine Israele può essere variamente applicato: (a) al presunto antenato eponimo* della nazione di Israele, altrimenti conosciuto come Giacobbe; (b) alla nazione formata di dodici tribù le cui origini genealogiche risalgono ai figli di Giacobbe; (c) al regno settentrionale di Israele, dominato dalla tribù di Efraim, che si separò dal regno di Davide dopo la morte di Salomone, nel X secolo a. C. (d) alla comunità di giudei deportati in Babilonia l . Così Karel van der Toom, Family Religion in Babylonia, Syria, and Israel: Continuity and Change in the Forms o/Religious Lt/e, Stud­ ies in the History and Culture of the Ancient Near East, Brill, Lei­ den, 1 996, pp. 182-183 . Ma si potrebbe obiettare, con pari vigo­ re, che anche questa interpretazione moderna sia ideologicamente pilotata, manifestando una certa tendenza minimalista nei riguardi dell ' uso dei testi biblici nella ricostruzione di realtà dell 'antichità. * Cioè, che dà il nome a qualcosa o qualcuno (N.d.T.) 17

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

dopo la caduta di Gerusalemme, avvenuta nel 586 a.C. (e) alla nuova comunità di ebrei ristabilitisi a Gerusa­ lemme e nelle campagne circostanti della Giudea, dopo il 538 a.C.2 Poiché i racconti e i precetti riportati nelle pagine vete­ rotestamentarie risalgono a un arco di tempo di oltre mille anni e si riferiscono a realtà ampiamente differenti tra loro sul piano socioeconomico, sarebbe assurdo immaginare che le abitudini familiari e coniugali siano state omogenee per tutta la durata di quest'epoca, come anche per l'intera nazione in un determinato momento storico. In secondo luogo, dobbiamo riconoscere l'inadegua­ tezza delle fonti ai fini della ricostruzione di un quadro coerente ed esaustivo di quelle che furono i costumi do­ mestici e matrimoniali nell'antico Israele. Le fonti dalle quali dipendiamo sono essenzialmente di natura archeolo­ gica e biblica. Quanto alla prima categoria, diciamo subi­ to che gli israeliti ci hanno lasciato una quantità limitata di prove testuali in grado di farci conoscere le sfere della vita privata. Si tratta in massima parte di importantissime testi­ monianze, consistenti in sigilli personali di pietra e stampi d'argilla realizzati con punzonature. Per il resto dipendia­ mo da resti di cultura materiale, sulla base dei quali pos­ siamo tentare di ipotizzare uno spaccato tipico dell' anti­ ca vita familiare israelita3• In merito alle testimonianze del­ l' Antico Testamento bisogna ammettere la varietà dei ge­ neri letterari che ci danno informazioni sull a vita domesti­ ca: leggi, racconti, polemici testi profetici, canti, composi­ zioni sapienzali didattiche, ecc.4 2.

3.

4. 18

A rigor di termini, Abraamo, Isacco e lo stesso Giacobbe, prima del suo ritorno a Betel dall'esilio forzato a Caran, (Gen 32:9-12), non erano veri e propri israeliti, sebbene le storie bibliche che li ri­ guardano riflettano ovviamente una prospettiva israelita. Per un recente tentativo, si veda Lawrence E . Stager, "The archeo­ logy of the Family in Ancient Israel", BASOR 260, 1985 , pp. 135. Per un approfondimento estremamente proficuo di un'ampia gamma di soggetti relativi alla vita nell'antico Israele, basato su fonti bibliche e archeologiche, si veda P.J. King e L.E. Stager, Lz/e in Biblica! Israel, Westminster John Knox, Lousville, 200 1. Quando non esplicitamente indicato, le traduzioni dei testi biblici presenti in questo capitolo sono dell'autore.

1 MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO ISRAELE

Purtroppo, molti di questi scritti risalgono a un periodo assai posteriore rispetto agli eventi che descrivono e per giunta propongono resoconti contraddittori. La schiettez­ za di taluni resoconti sul modo di agire della gente spesso è in palese contrasto con gli ideali proclamati altrove Di conseguenza, quando ci accingiamo a ricostruire un quadro della vita familiare nell'antico Israele, dobbia­ mo sempre chiederci se i testi che stiamo esaminando sono normativi oppure se gli autori stanno deliberatamente rife­ rendo un'eccezione alla regola5 . Le realtà storiche non do­ vrebbero essere confuse con gli ideali domestici. In terzo luogo, il concetto che noi occidentali abbiamo della "famigli a" non dovrebbe essere imposto alle testimo­ nianze del passato. Buona parte della retorica a favore del­ la famiglia, usata con successo per esempio dagli evange­ lici americani e non solo americani , tende a essere pilota­ ta dal desiderio di conservare l'integrità della famiglia nu­ cleare, cioè di una famiglia saldamente unita composta da un marito, una moglie e da figli naturali o adottivi. Ma gli standard domestici presenti in molte culture del secondo e del terzo mondo hanno una somiglianza più stretta al qua­ dro biblico che non gli schemi normalmente in uso nelle nazioni occidentali. Di conseguenza, se i lettori occidenta­ li non riescono a sbarazzarsi dei propri pregiudizi quando esaminano le testimonianze antiche, debbono perlomeno essere consapevoli dei loro preconcetti e cercare di inter­ pretare i dati alla luce dei valori dominanti nel tempo in cui furono prodotti i documenti. Nonostante la presenza di queste diffi coltà, dobbiamo ora far convogliare i nostri sforzi per riprodurre le prospettive che gli antichi israeliti avevano della vita coniugale e del focolare domestico. 5.

Molti studiosi di tendenza fenuninista sono orientati a considerare una redazione come il libro dei Giudici emblematica, ad esempio, della normativa presente nel patriarcato biblico. Ma il mio pun­ to di vista personale è che ci sia poco di normativa o addirittura normale nel libro. Le scene di vita familiare descritte nel libro dei Giudici contengono preoccupanti tracce della canaanizzazione dei valori e della cultura israeliti. Per un commento sul libro che so­ stiene questa ipotesi, si veda Daniel L Block, ]udges, Rutb, NAC, vol. 6, Broadman & Holman, Nashville, 1999. 19

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

Dopo aver considerato gli aspetti generici riguardan­ ti la struttura essenziale della famiglia, questa ricerca ana­ lizzerà una per volta la posizione e il ruolo delle figure del marito-padre, della moglie-madre, dei figli e degli anzia­ ni presenti nell'ambito della famiglia estesa. I commenti su soggetti specifici, tipo la poligamia, l'adulterio, l' abor­ to e l'adozione, verranno inseriti in questa ricerca come e quando sarà ritenuto più opportuno. Dal momento che i dibattiti moderni sui ruoli nella famiglia secondo la Bibbia tendono a concentrarsi sul potere del maschio e sullo stato di dipendenza degli altri membri, il presente studio porrà enfasi sulle responsabilità che ciascun membro deve assu­ mersi affinché ci sia un efficiente andamento dell'unità fa­ miliare.

20

2. IL VOCABOLARIO DELLA ANTICA FAMIGLIA ISRAELITA

Non è possibile comprendere la famiglia israelita senza di­ stinguere il più ampio contesto sociologico che le soggia­ ce. Gli studi critici hanno generalmente sollevato dubbi sull ' attendibilità delle tradizioni israelite, ma i testi biblici da Genesi a Malachia presuppongono tuttavia la comune discendenza da un antenato eponimo che pose le basi del­ l'unità etnica di Israele e l'autocoscienza da parte degli isa­ reliti di appartenere a un unico grande gruppo consangui­ neo6. La gerarchia della struttura genealogica sociale può essere rappresentata con il diagramma di figura l. A

B

B

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Figura l. La struttura sociale dell'Antico Israele

Nella fig.l, A rappresenta ' am, "popolo" ; B rappre­ senta sebet matteh, "tribù "; C rappresenta mispa./Ja "clan" e D è la bet 'ab, "la casa di un padre". Ciascuna di 6. L'ampliamento di questo senso di coesione etnica alla popolazione del mondo intero, vista come un unico grande gruppo consangui­ neo derivato da Noè, nella cosiddetta Tavola delle Nazioni di Gen. 10, non ha corrispondenti nell'antico Medio Oriente. Sul testo, si veda Daniel I. Block, Table ofNations, ISBE 4, pp. 707-7 13. 21

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

queste espressioni merita ulteriore commento. La percezione che gli scrittori biblici avevano della coesione etnica di Israele è rispecchiata negli insistenti ri­ ferimenti alla nazione o porzioni d'essa in qualità di 'am, popolo, da una radice avente il significato di "zio pater­ no", che spesso (sebbene non sempre) implica un'intima relazione di sangue7• n frequente uso di espressioni com­ poste, collettive come bene yisra ' el, "figli d'Israele" e bet yisra ' el, "casa" o "famiglia d'Israele", awalora l'impres­ sione della compattezza etnica della nazione8• La nazione di Israele era suddivisa in dodici tribù, dif­ ferentemente chiamate sebet o matteh, e identificate dai nomi dei loro antenati eponimi, vale a dire dei dodici figli di Giacobbe/Israele 9• Come indica il libro dei Giudici, in tempi di gravi difficoltà causate da minacce esterne, l'iden­ tità tribale era determinante e la chiamata alle armi tende­ va a essere stabilita sulla base della compagine dei vari clan. Nonostante il chiaro senso di distinzione tribale esistente in seno alla comunità israelita, la vita quotidiana di que­ sto popolo era determinata in maggior misura dai due li­ velli successivi della scala gerarchica, il clan e il nucleo fa­ miliare locale. Poiché gli antropologi e i sociologi preferi­ scono definire il clan come un insieme esogamo di consan­ guinei (il matrimonio era proibito all'interno del proprio clan), rendere mispalJ,ot con il termine "clan" è quantoVedi la discussione in Danid I.Block, The foundations o/ Nation­ al Identity: A study in Ancient Nean Eastern Perceptions (Ph. D. diss.), University of Liverpool, 1983 , pp. 1-83 . 8. Per una discussione sul primo termine, vedi Daniel I.Block, " "Is­ rael"-"Sons of lsrad": A Study in Hebrew on Eponymic Usage", SR, 13 , 1984 , pp. 301-326; per una discussione sull ' altro termine, vedi idem, "Israel's House: Reflections on on the use of byt ysr'l in the Old Testament in the Light of its Ancient Near Eastem En­ vironment", JETS, 29, 1985 , pp. 257-275 . Tale senso di compat­ tezza etnica viene espresso anche più semplicemente nelle varianti dell'espressione zera' yisra'el, " seme d'Israele" 9. Dal momento che i discendenti di Giuseppe erano divisi in due tri­ bù, Efraim e Manasse, il numero complessivo delle tribù avrebbe dovuto essere corretto a tredici. Ma il sistema geografico delle do­ dici tribù fu mantenuto escludendo un territorio contiguo per la tribù di Levi, alla quale era attribuito uno speciale ruolo spirituale all'interno della nazione. 7.

22

IL VOCABOLARIO DELLA ANTICA FAMIGLIA ISRAEUTA

meno devi ante. Tuttavi a, in assenza di un'espressione più appropriata, la parola cl an continuerà probabilmente a es­ sere impiegata dagli studiosi biblici per designare il sotto­ gruppo più piccolo rispetto all a tribù, ma più grande e più complesso della famiglia10• Dal momento che la terra di Ca­ naan era divisa tra gli israeliti secondo i loro miSpa/Jot11, che poi spesso davano i loro nomi ai territori conquista­ ti, il termine era anche un tecnicismo per indi care il pos­ sedimento terriero ricevuto in eredità12• n territorio di un clan tipico comprendeva i vill aggi e le città dove vivevano i membri del miSpalpi, insieme al terreno coltivabile situato nel loro mezzo. Sebbene i gruppi familiari possedessero il diritto alla coltura degli appezzamenti di terreno loro asse­ gnati, la proprietà terriera era affidata al cl an13 • Come indi­ cato in Numeri l e 26, dove si parla della modalità di reclu ­ tamento per le truppe14, le forze militari per ciascuna tribù erano chiamate alle armi e predisposte secondo il proprio clan di appartenenza. Sul piano sociale e religioso il mispa]J,a rivestiva un ruolo importantissimo nella vita quotidiana degli israeliti. All'interno del territorio del clan, ciascun gruppo familia­ re coltivava il suo piccolo pezzo di terra trasmessogli in ere10. Per una discussione più dettagliata del significato sociologico di mispa/J,d, si veda Norman K. Gottwald, The Tribes o/]ahweh: a So­ ciology o/ the Religion o/ Liberated Israe� 1250-1050 a.C. , Orbis, Maryknoll, 1979, pp. 257-284, 30 1-305; Cristopher J.H.Wright, God's People in God's Land: Family, Land and Property in the Old Testament, Eerdmans, Grand Rapids, 1990, pp. 48-53 ; Francis l. Andersen, "Israelite Kinship Terminology and Social Structure", BT, 20, 1969, 29-39; C.H.J . De Geus, The Tribes o/Israel: An In­ vestigation into Some o/ the Presuppositions o/ Martin Noth's Am­ phyctiony Hypothesis, Van Gorcum, Assen, 1976, pp. 133-137. 1 1 . Gios. 13 : 15 , 23 , 24, 28, 29, 3 1 ,; 15 : 1 , 12, 20; 16:5 , 8; 17:2; 18: 1 1 , 20, 2 1 , 28; 19: 1 , 10, 16, 17, 23 , 24, 3 1 , 32, 39, 40, 48. 12. Così anche William Johnstone, "Old Testament Technical Expres­ sions in Property Holding: Contributions from Vgarit", Ugariti­ ca, 6, 1969, 3 13. 13. Per un'analisi dell'eredità non divisa, si veda R. Westbrook, Prop­ erty and the Family in Biblica! Law, JSOTS Sup., 1 13, JSOT Press, Sheffì.eld, 1991, pp.ll S- 14 1 ; C.I.H. Wright, God's People, op. cit. , pp. 66-70. 14. Per un'analisi dell'eredità non divisa, si veda R. Westbrook, Proper­ ty, op.cit., pp. 1 18-14 1 ; Wright, God's People, op.cit. , pp. 66-70. 23

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

dità (na]Jala) ; comunque, il mispa]Ja, era il vero garante dell'integrità dei territori patrimoniali che, tra l'altro, veni­ va assicurata dall'istituzione del go el, "il vindice del san­ gue" 15. Anche se capitavano matrimoni tra individui appar­ tenenti a clan diversi (esogamia) , per la maggior parte i ma­ trimoni israeliti venivano contratti all 'interno del clan (en­ dogamia). L'accordo di tipo endogamo era indubbiamen­ te influenzato, in qualche misura, dall'aspetto economico (il danaro scambiato nei matrimoni e la terra ereditata dalle donne orfane e senza fratelli sarebbero infatti rimasti sem­ pre all 'interno del clan ) 16, ma era dettato an che dalla consi­ derazione di ovvi risvolti sociali. La pratica da un lato sem­ plificava le cose, aiutando a identificare le mogli più ade­ guate per i maschi del clan, mentre dall'altro garantiva che le donne sposate non vivessero troppo lontano dal luogo di origine della propria famiglia. Inoltre, per proteggere l'in­ tegrità delle proprietà patrimoniali e interdire l'ingresso di elementi stranieri nella comunità, il mispa]Ja vigilava sul­ l'amministrazione della giustizia all'interno della comuni­ tà 17, facendo rispettare la vendetta del sangue in caso di cri­ mini mortali (vedi II Sam. 14:7), assicurando entro il com­ pimento dell'anno giubilare che la proprietà ritorn asse al suo legittimo proprietario e che coloro che si erano dovu­ ti vendere in schiavitù per debiti venissero affrancati (Lev. 25 :10, 41). n clan era anche coinvolto nelle pratiche religio­ se, impedendo alla comunità di compiere sacrifici rituali a Moloc (Lev. 20:5), dando disposizioni per le celebrazioni della Pasqua (Es. 12:21), prendendo parte ai sacrifici della comunità (l Sam. 20:6, 29) , facendo cordoglio per la morte dei suoi membri (Z acc. 12:10--14) e, in epoca più tarda, ce­ lebrando la festa dii Purim (Est. 9:28). n quarto livello della struttura israelita della parentela era la "famiglia" (bet ' ab) letteralmente, " casa del padre"18• A differenza delle cultu­ re occidentali, che concepiscono il nucleo familiare forma­ to da marito, moglie e figli naturali o adottivi (escludendo 15. Cfr. Ger. 32:6-15; Rut 4:1-10; sugli altri doveri delgo'el, si veda più avanti. 16. Si veda Num. 27:1-11; 36:1-12. Così anche van der Toorn, Family Religion, op. cit. p. 201. 17. Con capifamiglia che fungevano da anziani (zeqentm) del clan. 24

IL VOCABOLARIO DELLA ANTICA FAMIGLIA ISRAELITA

le definizioni alternative di famiglia che includono partner dello stesso sesso) l'antico mispaiJ,ot israelita consisteva di numerose unità più piccole, "case del padre", che in realtà erano grandi famiglie allargate; esse erano composte da un singolo maschio antenato vivente, da una o più mogli, dai figli dell'uomo e dalle rispettive mogli, dai nipoti e relati­ ve mogli e, forse, anche dai figli dei figli dei nipoti, da qual­ siasi discendente maschio o femmina non sposato (le di­ scendenti femmine sposate erano escluse, avendo lasciato la casa patema per vivere con le famiglie dei propri mariti), da qualche dipendente non parente, dal personale di servi­ zio maschio e femmina e dagli schiavi, con relative famiglie, dai lavoratori residenti e, all'occorrenza, dai leviti residen­ ti (Giu. 17:7-13 ). Ipotizzando dei matrimoni monogami, una vita media di quaranta o cinquant'anni 19 e un tasso me­ dio di fertilità, una bét 'ab sarebbe potuta essere compo­ sta da alcuni nuclei familiari (appartenenti a due generazio­ ni) e ammontare a venti, venticinque persone, per quanto un numero inferiore alle quindici unità era probabilmente la cifra più comune20• Giosuè 7:16-26 offre la più imponente illustrazione di questa struttura familiare. n processo per mezzo del qua­ le Acan fu individuato come causa della sconfitta subita da Israele ad Ai fu complesso in quanto implicò un esame in serie degli israeliti a partire dall'insieme ('am), poi, via 18. Cfr. la discussione di .King e Stager, Lz/e in Biblica! Israel, op. cit. pp. 39-40. 19. Gli anni settanta e ottanta, menzionati nel Salmo 90, sono in real­ tà cifre ottimistiche e ideali. Stando a I e II Cronache, la vita me­ dia dei re di Giuda si aggirava intorno ai 44 anni. Considerati gli alti privilegi e la vita agiata dei re, se ne deduce che la vita media del resto della popolazione fosse breve. Della stessa convinzione è H. W. Wolff, Anthropology o/ the Old Testament, Fortress, Phila­ delphia, 1 974, pp. 1 19-120, tr. it., Queriniana, Brescia, 2002. 20. Questo è il quadro sociologico previsto nel secondo comandamen­ to: Yahweh fa cadere il peccato dei padri sui figli, fino all a terza e quarta generazione (Es. 20:5; Deut. 5 :9). Tale affermazione è co­ munemente interpretata verticalmente, cioè intendendo da una generazione all'altra, anche dopo la morte di quella che precede. Tuttavia, appare preferibile intenderla in senso orizzontale, nel qual caso, l'espressione "terza e quarta generazione" ingloba tutti i membri del bet 'ab in un dato momento storico. 25

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

via, delle tribù (Sebatfm), dei clan (mispa}J,ot) , delle fami­ glie allargate (battim) e dei nuclei familiari. Attraverso un processo di separazione, Giosuè identificò Acan, figlio di Carmi, della casa (bayit) di Zabdi, del clan (miSpa}J,a) di Zera, della tribù (iebet) di Giuda, come colpevole. Acan era sposato con figli, ma era tuttora considerato un mem­ bro della casa di suo nonno Zera. Allo stesso modo, Giu­ dici capp. 6-8 ci presenta Gedeone come padre di diver­ si figli (Giu. 8:20) e con almeno dieci servi propri (Giu. 6: 27), anche se viveva ancora sotto la protezione e l'autorità di suo padre Ioas (Giu. 6:11, 28-32; 7:14)21• Sulla base di questi testi possiamo rappresentare con un diagramma un classico esempio di famiglia patriarcale, come si vede nella fig. 2. 9

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Figura 2. La bet'ab in Israele: la struttura di consanguineità di un tipico nucleo familiare.

La combinazione dell'evidenza biblica e di quella ar­ cheologica produce un ragionevole ritratto delle condizio2 1 . Una simile rappresentazione della bet 'ab è riflessa nelle norme riguardanti la condotta sessuale di Lev. 18. Per una dettagliata analisi redazionale e sociologica, si veda Friedrich Fechter, Die Famzlie in der Nachexilszeit: Untersuchungen zur Bedeutung der Verwandtscha/t in Ausgewiihlten Texten des Alten Testaments, BZAW2 64, de Gruyter, Berlino, 1998, pp. 1 15-227.

IL VOCABOLARIO DELLA ANTICA FAMIGLIA ISRAELITA

ni logistiche in cui queste famiglie possono aver vissuto22• Nell 'età del ferro più unità di un nucleo familiare tendeva­ no a vivere in case di superficie compresa tra i cinquanta e i cento metri quadrati, a seconda dello st ato sociale, del­ l' agiatezza economica dei dimoranti e dello spazio dispo­ nibile per edificare. Amihai Mazar così descrive un esem­ plare di queste case: La tipologia più avanzata era la cosiddetta casa dai quattro ambienti. C'era un edificio rettangolare con dimensioni medie di 10 x 1 2 m. L'ingresso solitamen­ te conduceva dritto in un cortile di forma rettangolare, fiancheggiato da alcuni spazi su tre dei suoi lati. Uno degli spazi lungo il cortile era comunemente adibito al­ l' area di sostegno del tetto. C'erano tuttavia molte va­ riazioni di questo schema: talvolta, i pilastri si trovava­ no su entrambi i lati del cortile, mentre in altri casi i pi­ lastri non venivano affatto usati 23• I raggruppamenti che costituivano la bet ab erano im­ portanti quanto le dimore dei cosiddetti nuclei familiari, poiché la vita quotidiana nell 'ambito del vill aggio ruota­ va intorno a questi. Giudici 17-18 ci fornisce una descri­ zione letteraria di questa bet 'ab. L a famiglia era composta dal suo capo, Mica l' efraimita, sua madre, un numero non specificato di figli, un levita nomade che egli aveva assol­ dato come sacerdote (Giu. 17:7-13), un notevole numero di uomini che Mica avrebbe potuto eventualmente radu­ nare per la difesa dell a famiglia (Giu. 18:22) e, forse, mogli e figlie di molti di essi. TI complesso stesso consisteva come minimo della residenza principale occupata da Mica, pre­ sumibilmente condivisa con la madre rimasta vedova24, il luogo dove offrivano il culto, un alloggio per il sacerdote 22. Si veda la discussione di C.I.H. Wright in God's People, op. cit. , pp. 53-58. 23 . Amihai Mazar, Archaeology o/ the Land o/ the Bible 10,000 586 B.C.E. , Doubleday, New York, 1990, p. 486. Per una trattazione più esaustiva, si veda Stager, "Archaeology of the Family", pp. 1 118 in King e Stager, Li/e in Biblica! Israel, pp. 28-35. 24. La mancanza di un qualsiasi accenno a suo padre e le decisio­ ni prese dalla madre in Giu. 17:1-4 fanno pensare che il padre di

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

levita e delle dim ore p er gli uomini a cui accenna Giudici 18:22 25, il tutto p robabilmente delimitato da un muro, all o scopo di controllare l'accesso all 'agglomer ato attr averso una porta (e/r . Giu. 18: 16 , 17 ) . L a descrizione che p osse­ diamo di questo complesso di Mica coincide con il model­ lo offerto da numerosi siti risalenti all'Età del Ferro, rico­ struiti dagli archeologi. Questi insediamenti erano compo­ sti da gruppi di abitazioni, consistenti di alcune case pri­ vate, che p ossono essere state indip endenti o possono aver avuto una o due p areti in comune. L'accesso alla case da un cortile centrale scoperto era ottenuto attraverso ingres­ si sep arati. Talune comunità comp rendevano più comples­ si, separati da p assaggi, stradine o muri di pietra26•

Mica fosse morto e che l'onere di capofamiglia fosse passato su di lui, anche se era obbligato a onorare e curare la madre. 25. La definizione delle residenze degli uomini, babattim 'aser 'im bet mika, può essere tradotta sia "nelle case che erano vicine a quella di Mica" , "nelle case che componevano [sic] la famiglia di Mica". Così lo Stager, "Archaeology of the Family", op. cit. p. 22. 26. Per una descrizione più ampia, si veda ibid. , pp. 1 8-23 .

3 . L O STATO SOCIALE E I DOVERI DEI MARITI E DE I PADRI NELL'ANTICO ISRAE LE

La posizione sociale del marito e padre. L a designazione ebraica della famiglia estesa con bé t 'ab, "la casa del pa­ dre" , riflette non solo l' androcentricità della società israe­ lita in generale, ma anche il fatto che le famiglie, in partico­ lare, fossero centrate sulla figura del padre. Come la mag­ gior parte delle culture mediorientali , le famiglie israelite erano patrilineari (la linea uffi ciale dei discendenti veniva tracciata seguendo la linea del progenitore)27, patrilocali (le donne sposate si univano alla famiglia dei propri mariti) e patriarcali (il padre dirigeva la famiglia)28• Sebbene gli studiosi usino abitualmente il termine pa­ triarcato per identificare la struttura sociale israelita, io preferisco parlare di patricentrzsmo per diverse ragioni. In­ nanzitutto, il termine patriarcato, letteralmente "governo del padre", pone eccessiva enfasi sul potere che un padre esercitava sul proprio cas ato29• In tempi recenti, interpre­ ti di tendenza femminista hanno reso un prezioso servizio sottolineando il lato oscuro del patriarcato riflesso in mol­ te narrazioni bibliche30• Tuttavia, tali approcci tendono a valutare il comporta27. Si vedano le genealogie di Gen. 5, 10, 36 e così via. 28. Per una discussione, si veda Raphael Patai, Family, Lave and the Bible, Macgibbon & Kee, London, 1960, pp. 17-18. 29. Si veda, ad esempio, la discussione del Patai dei "Poteri del pa­ triarca" , ibid. , pp. 1 14-124. 30. Questi interpreti hanno ragione nel definire offensivi episodi bi­ blici quali il gesto di Abraamo che fece passare la moglie Sara per sua sorella per salvare la vita (Gen. 12:10-20), l'offerta delle due figlie vergini che Lot voleva concedere ai malvagi sodomiti (Gen. 19:8), il sacrifico di Iefte della propria figlia (Giu. 1 1 :34-40) , l'au­ torizzazione da parte degli israeliti al rimanente dei guerrieri be-

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

mento maschile palesemente offensivo come una delle mani­ festazioni (spontanee e normali) del patriar cato, nonostante il fatto che in molti casi l'autore menzioni tale condotta inten­ zionalmente, per illustrare il decadimento di quei tempP1• Per definizione, i r esponsabili dei nuclei familiar i eser­ citavano autorità sulle loro famiglie, ma quando gli israeli­ ti cominciarono a vivere secondo standard assunti dai ca­ nanei, il patriarcato normativo degener ò rapidamente in un uso del potere canceroso, corrotto, irresponsabile, in­ dividualista ed esasper ante, pr atica questa assai lontana da quella proposta nel modello tr adizionale di patriar cato. Pertanto, poiché molti associano arbitr ariamente il termine a questo tipo di abuso, ritengo opportuno evitarne l'usd2• In secondo luogo, il termine patricentrismo r ispecchia in manier a più esatta di patriarcato l'or ientamento biblic� r elativo al r uolo del capo del nucleo familiare in Isr aele. E chiaro che se bet ' ab costituiva il nucleo del mispab-a, al­ lor a 'ab er a il fulcro della be t ' ab. E come, da un punto di vista fisico, l'area occupata dal capo della famiglia allarga­ ta rappr esentava il nucleo del complesso abitativo, simil­ mente il capo famiglia era il centro. Come r aggi di una ruoniaminiti perché tendessero un'imboscata per catturare le loro fi­ glie, mentre erano impegnate in danze religiose (Giu. 2 1 : 1 9-24), l'adulterio di Davide con Bat-Sceba e l'omicidio del marito (II Sam. 1 1 : 1-27) e lo stupro di Amnon ai danni della sorellastra Ta­ mar (Il Sam. l3: 1-19), per nominare solo alcuni tra gli episodi più orrendi riportati nella Scrittura. Per un'appassionata analisi di alcuni di questi testi imbarazzanti, si consulti P. Trible, Texts o/ Terror: Literary Feminist Readings o/Biblica! Narratives, OBT 13 Fortress, Philadelphia, 1984. 3 1 . Ciò è evidente più che in qualsiasi altro posto nel libro dei Giudi­ ci, dove è più marcato il processo di canaanizzazione della società israelita. In verità, la violenza nei confronti delle donne non è che uno dei sintomi del degrado culturale della società ebraica. Per una discussione della questione si veda, D.l. Block, "Unspeakable Crimes: The Abuse of the Women in the Book of Judges", SBJT 2, n. 3 , 1998, pp. 46-55. 32. Carol Meyers preferisce giustamente definire la società israelita genericamente androcentrica, più che patriarcale "The Family in Earl Israel", in L. G. Perdue et al. , a cura di, Families in Ancient lsrael, Wenstminster John Knox, Lousville, 1997, pp. 34-35 ma, come suggerisce l'espressione bet 'ab, le famiglie erano patricen­ triche in senso concreto. 30

LO STATO SOCIALE E

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' DOVERI DEI MARITI E PADRI NELL ANTICO ISRAELE

ta, la vita familiare si irradiava verso l'esterno partendo da lui (:fig. 3 ) Infatti, come Johannes Pedersen notò qualche tempo fa, "ogni qualvolta un uomo si sposta, prende con sé la "sua casa" "33 • L e genealogie bibliche tracciano la di­ scendenza seguendo la linea maschile34; una coppia spo­ sata risiedeva all 'interno del nucleo familiare del novel­ lo sposo; nei riferimenti a un uomo e a sua moglie o a un uomo e ai suoi :figli, l'uomo viene generalmente nominato per primo (Gen. 7 :7 ) ; i :figli nascevano al padre (Gen. 21: 1 -7 ) ; i padri componevano le controversie familiari (Gen. 13 : 1 13 ; 3 1 : 1-55 ). Anche Dio, abitualmente, si rivolgeva ai capi dei nuclei familiarP5• Quando le famiglie offrivano il culto, era il capofamiglia a prendere l'iniziativa36 e quan­ do gli uomini morivano senza progenie, anche il loro nome "periva"37• Per dirla in breve, la comunità ruotava intor­ no al padre e ne recava l'impronta sotto tutti gli aspetti. .

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Generazioni presenti nella casa Fig. 3 La struttura patricentrica della famiglia nell'antico Israele.

33. Johannes Pedersen, Israel: Its Lz/e and Culture, SFSHJ l, Scholars Press, Atlanta, 1991 [1926] , l , p. 5 1 . Si veda, ad esempio, la sal­ vezza di Noè e della sua casa, che comprendeva la moglie e le nuore (Gen. 7 : 1 , 13 ). 34. L'eccezionale inclusione di quattro donne nella genealogia di Gesù in Matt. l è richiesta dai propositi retorici dell'evangelista. 35. Gen. 3 :9; 12: 1; 35: 1 . Questo modello usuale mette ancor più in rilievo il carattere eccezionale di Giudici 13 : 1- 23 , dove l'inviato divino preferisce rivolgersi a una donna che non viene neanche nominata, annunciando la nascita di un figlio a suo marito, Ma­ noà, che invece è chiamato per nome. 36. Gen. 9 : 13-22; 12:7-8; 35 :2-15 ; e/r. Giob. 1 :4-5. 37. Deut. 25:5--6; Rut 4:5, 10; I Sam. 24: 18-22.

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' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

Terzo, sebbene il maschio ricoprisse il ruolo di capo nel nucleo familiare38, l'Antico Testamento pone relativamen­ te poca attenzione al potere del marito e padre 39• n solo ri­ ferimento allo status dell 'uomo quale capo di sua moglie ricorre in Genesi 3 : 16 , ma qui esso mette l'accento sugli effetti sostanzialmente negativi della caduta sulle relazioni coniugali: come effetto del peccato, la direzione della fa­ miglia, in un primo momento praticata in maniera respon­ sabile, degenera verso un biasimevole esercizio del pote­ re sopra (masal) la donna40• Di conseguenza, faremmo un torto al documento biblico se ci preoccupassimo del po­ tere che possedeva 'ab. In nuclei sani ed efficienti, il ma­ schio capo non si comportava da despota né da dittato­ re. Anzi, poiché i membri dell a famiglia erano visti come estensione della vita del progenitore, gli interessi del capo dipendevano dalla prosperità dell 'intera casata. Piuttosto che evocare le immagini di " dominatore" o "padrone" , il termine 'ab comunicava intimità, fiducia e sicurezza41• 38. Lo attestano i riferimenti al capo di un nucleo familiare definito il suo ba'al, "proprietario, padrone" (Es. 22:8), e 'adon, "signore, sovrano" di sua moglie/mogli (Gen. 18:12), dei figli, degli schia­

vi, del bestiame, della proprietà mobile e della terra. Per un'anali­ si del primo termine, si veda}. Kiihlewein, TLOT, l , pp. 247-25 1 ; per il secondo, E. Jenni, TLOT, l, pp. 23-29. 39. n quinto comandamento parla del dovere dei figli di onorare i ge­ nitori e non del potere che i genitori debbono esercitare per farsi rispettare dai figli. 40. Estrapolato dal contesto, Sal. 105:2 1 potrebbe essere interpreta­ to a sostegno dell'autorità di un padre sulla sua casa ( " Gahweh] lo stabilì signore ['adoni della sua casa [beto] e governatore [mosel] di tutti i suoi beni, [qinyano] "), se il riferimento non fosse a Giuseppe, che fu posto dal faraone al comando ammini­ strativo del suo regno. Altrove, il verbo masal, "regnare", è as­ sociato al governo di una famiglia solo in Prov. 17:2, dove si par­ la di un servo saggio che governa su un figlio stolto e ne condivi­ de l'eredità. Ma si veda anche Is. 3 : 12 , che parla di una situazio­ ne ritenuta paradossale, nella quale i figli tiranneggiano e le donne dominano il popolo di Yahweh. 4 1 . L'affermazione è evidente in testi come Sal. 68:5-6, che ritrae la figura di un padre protettore degli orfani, difensore delle vedove, che accoglie i derelitti e libera i prigionieri, o Giob. 29: 1217, dove Giobbe, come nonno rivestito di giustizia e rettitudine, si definisce salvatore del misero e dell'orfano che implorano aiu32

LO STATO SOClALE E

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' DOVERI DEI MARITI E PADRI NELL ANTICO ISRAELE

Tale enfasi sulla responsabilità associata alla dir ezione del nucleo familiare (in opposizione al suo potere e ai suoi privilegi) è coerente con la generale tendenza veter otesta­ mentar ia secondo la quale la conduzione in gener ale è un privilegio concesso a un individuo per far e gli interessi di quelli che sono da lui governati42• La natur a permeante di questa idea è illustr ata nel Decalogo. Rivolgendosi al capo del nucleo familiar e, il secondo comandamento rende più forte la pr oibizione dell'idolatr ia, avvertendo che le conse­ guenze delle azioni del padr e si estendono fino alla ter za e alla quarta generazione, vale a dire all'inter a bèt ' ab (Es. 20:4- 5 ; Deut. 5 :8, 9). Questa r elazione è chiar a anche nel quarto comandamento, che vieta al capofamiglia di sfrut­ tare la sua gente o i suoi animali, facendoli lavor are mentr e to, uno sul quale scendeva la benedizione del moribondo, uno che era la gioia per la vedova, occhi per il cieco, piedi per lo stor­ pio, padre per il bisognoso, difensore dello straniero e soccorrito­ re delle vittime dei malvagi. Sebbene il termine 'ab, "padre", evo­ cava sempre il senso dell'autorità, ispirava tuttavia anche prote­ zione e sicurezza, anche usato metaforicamente. Cfr. Giu. 17: 10; 18:19, secondo i quali l'anonimo levita fu assunto come sacerdo­ te e "padre", prima da Mica e poi dai daniti. Non ci si aspetta­ va che governasse la famiglia o la tribù, ma solo che garantisse si­ curezza: in altri termini, doveva essere una specie di portafortu­ na. I servi di Naaman, chiamando Elia 'ab, ribadirono sia il pro­ prio rispetto sia la sottomissione (II Re 5 : 13). All 'ascensione di Elia, l'esclamazione di Eliseo "Padre mio, padre mio ! " non riflet­ té tanto la sua soggezione al maestro, quanto l'intensità del rap­ porto esistente tra i due, paragonabile alla stessa espressione di Isacco nei confronti del suo padre naturale, in Geo. 22:7 . Lo stes­ so può dirsi quando Yahweh viene rappresentato come il divino Padre d'Israele (Deut. 32:6; Is. 63 : 16; 64:7; Ger. 3 1 :9; Mal. 1:6), dei membri della comunità di fede (Mal. 2: 10), degli orfani (Sal. 68:6) e del re d'Israele (II Sam. 7 : 14 ; Sal. 89:27) o anche quando un adoratore chiama un idolo padre (Ger. 2:27). 42. TI cosiddetto atto mosaico costitutivo della monarchia (Deut. 17: 14-20) proibiva ai re di governare secondo i propri interessi, pre­ scrivendo loro di guidare il popolo nella scrupolosa osservanza del­ la Torah. Si veda anche l'oracolo sul giusto governo della madre di Lemuel, in Prov. 3 1:2-9. Ma queste affermazioni ideali contrastano con l' awertimento di Samuele sulla la natura oppressiva della mo­ narchia, in I Sam. 8: 1 1-18, e con la predicazione dei profeti, che spesso denunciavano abusi di potere da parte dei re e dei funziona­ ri governativi (per esempio, Ez. 34: 1-19). 33

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

lui osserva il riposo (Es. 20:10; Deut. 5 : 14- 15 )43•

Analogamente, l'ottavo e il decimo comandamento mi­ tigano il potere dei capifamiglia avidi, impedendo loro di desiderare e impadronirsi della proprietà altrui (inclusa quella dei membri della famiglia, Es. 20: 15 , 17 ). Dopo aver dimostrato l'importanza che la Bibbia dà nel­ l'insieme alla responsabilità patema del capofamiglia (piut­ tosto che al suo privilegio) , vorrei analizzare il modo in cui tale funzione direttiva veniva realizzata nella vita quotidia­ na. Possiamo rispondere in parte alla domanda, esaminan­ do il ruolo del marito nell'ambito del matrimonio stesso. Gli antichi israeliti ritenevano il matrimonio una relazione basa­ ta su un patto. Proverbi 2 : 17 parla appunto del matrimonio come "un patto di Dio" (berit 'el0htm)44, e Malachia 2 : 14 si riferisce alla sposa come alla "moglie alla quale sei lega­ to da un patto" ( eset berfto). Ma tralasciando il fatto che i matrimoni erano contratti civili più che religiosi, l'Antico Testamento fornisce scarse notizie sulla natura dei matrimo­ ni celebrati in Israele. Dalla descrizione allegorica che il pro­ feta Ezechiele fa dell'unione tra Yahweh e Gerusalemme/ Israele (Ez. 16:8-13 ), possiamo dedurre una serie di ele­ menti presenti in un antico rito matrimoniale. ( l) L o sposo copriva la sposa col proprio mantello45, un atto simbolico che stava a significare "l'instaurazione di un nuovo rapporto e la dichiarazione simbolica del mari­ to di voler provvedere al sostentamento della futura mog11.e "46 . (2) L o sposo pronunciava un giuramento (niSba') di fe43 . La versione deuteronomica rafforza l'aspetto immunitario, ag­

giungendo " affinché il tuo servo e la tua serva si riposino come te" , e ricordando al capofamiglia l'esperienza dei suoi antenati, che erano stati sfruttati come schiavi in Egitto. 44. Questa può essere l'interpretazione più probabile dell'espressio­ ne; così anche R.B.Y. Scott, Proverbs. Ecclesiastes: Introduction, Translation, and Notes, AB, 18, Doubleday, Garden City, New York, 1965 , pp. 42-43 . 1n alternativa, il trascurato "patto di Dio" potrebbe anche essere il patto di Yahweh con Israele, fatto al Si­ nai. 45 . Ez. 16:8; e/r. Rut 3 :9; Deut. 22:30; 27:20; Mal. 2: 16. 46. Così Paul A. Kruger, "The Hem of the Garment of Marriage: The Meaning of the Symbolic Gesture in Rut 3 :9 ed Ez. 16:8 " , JNSL 12, 1984, p. 86. Cfr. D.l. Block, ]udges, Ruth, op. cit. , p. 69 1 . 34

' LO STATO SOCIALE E I DOVERI DEI MARITI E PADRI NELL ANTICO ISRAELE

deità alla sposa. Presumibilmente la frase rituale era ac­ compagnata dal gesto di alzare la mano (nlisli 'ylid) al cie­ lo, mediante il quale si chiamava Dio a testimone e garan­ te di quel patto47• (3) Lo sposo si rendeva responsabile del patto (bo ' berit 'et), col risultato che la sposa diventava sua. Questa parte della cerimonia prevedeva una dichiarazione verbale rituale, qualcosa del tipo "Io, Giuseppe, sarò tuo marito e tu, Maria, sarai mia moglie"48• (4) Lo sposo bagnava la sposa e la ungeva d'olio, in se­ gno di tenero amore e devozione49• (5) In base all e proprie condizioni economiche, lo spo­ so forniva la sposa delle più belle vesti e dei più fini gioiel­ li che poteva permettersP0• (6 ) Egli imbandiva il pranzo più raffinato in onore del­ la sposa e tutti gli invitati avrebbero festeggiato l'evento in­ sieme, nella sua casa. Sulla base eli diversi contratti nuzia­ li scoperti a Elefantina, località dell'Egitto presso la quale era stabilita una colonia giudaica, risalenti al V secolo a.C. e di alcuni cenni contenuti in codici legali extrabiblici51, è 47 . L'espressione ricorre nei contesti in cui si accenna alla promessa divina della terra di Canaan ad Abraamo (Es. 6:8; Num. 14:30; Nee. 9:15; Ez. 20:5, 6, 28, 42 ; 47 : 14; e/r. Deut. 32 :40; Ez. 16:15, 22, 23 , per ulteriori contesti) . L'invocazione degli dèi era una par­ te fondamentale di tutti gli antichi patti; li si implorava di lanciare

delle terribili maledizioni su quelli che non sarebbero stati fedeli alle loro promesse relative al patto stesso. 48. La seguente formula è tratta da un contratto matrimoniale, pro­ veniente da una colonia giudaica di lingua aramaica stanziatasi a Elefantina, in Egitto: hy'ntty w'nh b'lh mn ywm' znh w'd 'lm, "Lei è mia moglie e io sono suo marito, da questo giorno e per sem­ pre " . Per un' ulteriore discussione della formula e una bibliogra­ fia, si veda D.l. Block, The Book o/ Ezekiel l-24, NICOT, Eerd­ mans, Grand Rapids, 1997 , p. 483 . Questi due elementi (giura­ mento e dichiarazione) sono presenti anche in Ez. 20:5 , che si ri­ ferisce a un analogo patto di Yahweh stretto con Israele: " . . . al­ zai la mano, per fare un giuramento alla discendenza della casa di Giacobbe . . . alzai la mano per loro, dicendo: "Io sono il SIGNO­ RE, il vostro Dio". 49. n gesto trova un riscontro simile nell'antico riferimento babilo­ nese al "giorno dell'immersione" come parte del rituale matrimo­ niale. Si veda D.l. Block, The Book o/ Ezechiel l-24, p. 484, per una discussione e una bibliografia. 50 . Ez. 16: 10-- 1 3; e/r. Sal. 45: 14-15; Is. 6 1 : 10. 35

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

probabile che a un determinato punto della cerimonia ve­ nissero redatte delle copie scritte del patto matrimoniale, successivamente depositate in un luogo sicuro. Come accade in molte civiltà, i matrimoni erano oc­ casione di solenni celebrazioni. Cantico dei Cantici 3 : 1 1 e Isaia 61 : 10 parlano dello sposo che indossa il suo diade­ ma e, in un periodo posteriore, I Maccahei 9:39 osserva gli amici dello sposo che accompagnano la coppia con gli strumenti musicali, mentre procedeno verso la sua dimo­ ra. La sposa rimaneva velata finché i coniugi non erano soli nella camera delle nozze. (Cant. 4 : 1 , 3 ; 6:7), ma anche lei aveva le sue accompagnatrici, che intonavano canti d'amo­ re mentre il lieto corteo si dirigeva verso la casa dello sposo (Sal. 45: 15 ; Ger. 16:9) . Nel Cantico dei Cantici, verosimil­ mente, è custodito il tipo di inni d'amore che erano canta­ ti in tali momenti. Le celebrazioni giungevano al loro api­ ce in una grande festa, che poteva durare anche un'intera settimana (Gen. 29:27 ; Giu. 14: 12). Generalmente, il ma­ trimonio era consumato fisicamente la notte stessa dello sposalizio. Deuteronomio 22: 13-2 1 indica che il lenzuolo recante le tracce dell'emorragia verginale, causata dal pri­ mo rapporto sessuale, sarebbe stato conservato dai parenti della sposa, al fine di essere addotto durante un'eventuale causa legale, nel caso che il marito accusasse la consorte di non essere stata vergine al momento delle nozze. Nei matrimoni degli antichi israeliti, uno degli interes­ si primari di un marito era quello di procreare dei figli, in­ teresse che si sommava al concetto della consumazione del matrimonio nel rapporto sessuale52• Sebbene il Can­ tico dei Cantici celebri l'amore e l'attività sessuale come realtà appartenenti a entrambi i sessi, le espressioni ebrai­ che per matrimonio53 e funzione sessuale indicano un'ini­ ziativa esclusivamente maschile. Quest'ultima è raffigura­ ta con un uomo che "conosce" (yada' ) una donna 54, che 5 1 . CH § 128, ANET, p . 17 1 . 52 . Sull 'importanza dei figli, si veda più avanti. 53 . Tipicamente, un uomo "prende" (laqa}J) una donna in matrimo­ nio. Per riferimenti, si veda DCH, 4, p. 573. L'iniziativa del maschio nel matrimonio è anche riflessa in altre fraseologie: ( l ) un uomo (o la sua nep eS, "persona, anima") "si congiunge" (dabaq be) a sua mo­ glie (Gen. 2:24); (2) "ama" ('aheb) una donna (Gen. 24:67; 29: 18,

' LO STATO SOCIALE E I DOVERI DEI MARITI E PADRI NELL ANTICO ISRAELE

"entra" (bo ' 'el) da una donna'\ che "giace" (sakab) con una donna56 e che dà a una donna il suo organo sessuale maschile (natan sekobto)57; in casi di violenza carnale, un uomo "umilia" ( inna) una donna58• Ma, in termini di fa­ miglia, lo scopo dell'atto copulativo era semplicemente co'

54. 55 . 56.

57 .

58.

20, 30, 32; Giu. 16:4, 15; I Sam. 1 :5; II Sam. 13 : 1 , 4, 15; II Cron. 1 1 : 2 1 ; Ester 2 : 17 e altri. Per riferimenti aggiuntivi, si veda DCH, 1 , 138139; l'amore di Mical per Davide (I Sam. 18:20, 28) costituisce l'uni­ ca eccezione, sulla quale si veda Susan Ackerman, "The Personal Is Political: Covenantal and Affectionate Love {aheb, 'habd] in the Hebrew Bible", VT, 52 , 2002, pp. 452-453 ; si noti anche il forte de­ siderio di Lea non di amare ma di essere amata (Gen. 29:3 1-33); (3 ) un uomo" trova"(�a' ) una donna (Prov. 3 1: 10); (4) "copre" una donna col suo mantello (Rut 3 :9; Ez. 16:8); (5) fa un giuramento (nisba ' le) a una donna (Ez. 16: 8). In Ger. 3 1 : 22 Geremia preve­ de una situazione radicalmente nuova creata da Yahweh, in cui una donna (Israele) corteggia (tesobeb) un uomo potente (Yahweh). Gen. 4 : 1 ; 19:8; 38:26; Num. 3 1 : 17 ; Giud. 1 1 :39; 19:25 ; 2 1 : 1 1 ; I Sam. 1 : 19; I Re 1 :4 1 . Gen. 6:4; 16: 2 , 4 ; 29:23 ; 29:2 1 , 3 0 ; 3 0:3 , 4 ; 38:2, 8, 9 , 16, 18,; 39: 14, 17; Deut. 2 1 : 1 3 ; 22: 13 ; Giud. 15 : 1 ; 16: 1 ; Rut 4 : 1 3 ; II Sam. 3 :7 ; 12:24; 16:2 1 , 2 2 ; 17:25 ; 20:3 ; I Cron. 2 :2 1 ; 7 :23 . Gen. 26: 10; 30:15, 16; 34:2, 7; 35:22; 39: 12; Lev. 15:18, 24, 33; 18: 22; 19:20; 20: 1 1 , 12, 13, 18, 20; Num. 5 : 1 3 , 19; Deut. 22:25; 27 :20, 2 1 , 22, 23 ; 35:22; I Sam. 2 :22; II Sam. 1 1 : 1 1 ; 13 : 14; Ez. 23 :8. A ec­ cezione di Gen. 30:15, 16 e II Sam. 1 1 : 1 1 , tutti gli altri casi riguar­ dano relazioni sessuali illecite, quali l'incesto, l'adulterio, l'omoses­ sualità e la bestialità. La deroga all'intraprendenza del maschio ri­ corre in casi rari. Secondo Gen. 19:32-35, le figlie di Lot si "co­ ricano" col padre perché pensavano che non ci fosse più nessu­ no che potesse giacere con loro - "secondo il costume tradiziona­ le" (kederek kol ha' aret;). In II Sam. 13 : 1 1 , nel discorso cita­ to, Absalom chiede a sua sorella Tamar di "giacersi" con lui, anche se in I Sam. 13 : 14 il narratore identifica la vera natura di questo atto oltraggioso, dicendo che egli la violentò. Lev. 18:20, 23 ; 20: 15; Num. 5:20. L'evidenza è limitata ma si riferisce a una donna come a colei che riceve aaqal),) il pene. Seppur simile per assonanza a sakab, "giacere (con) ", il termine sak obet, "pene" , deriva da una radice omonima che significa "versare". Si paragoni il riferimento ebraico al "seme maschile", il Sikbat zera' , letteral­ mente "emissione di seme" (Lev. 15: 1�18, 32; 19:20; 22: 4; Num. 5: 13). Per un'analisi di queste espressioni, si veda Jacob Milgrom, Le­ vitù:us 1-16, AB, 3 , Doubleday, New York, 1991, p. 927. Gen. 34:2; Giu. 19:24; 20:5; II Sam. 13 : 12, 14, 22 , 32; Lam. 5 : 1 1 . TI verbo usato in questo senso non implica mai un soggetto fem­ minile e un oggetto maschile. 37

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struire un nucleo familiare (Cfr. Rut 4: 1 1 ) , che ha origine appunto con il concepimento e la gravidanza59• L e incom­ benze di un marito-padre aumentavano proporzional­ mente al consolidamento del nucleo familiare e alla cre­ scita numerica dei suoi componenti. Tra i molteplici im­ pegni egli aveva un certo numero di doveri nei confron­ ti dell'intera famiglia. L'uomo, come capo della famiglia al completo (ro 's bet 'ab) o del nucleo familiare all'in­ temo della bét 'ab, era obbligato a servire la famiglia: ( l ) a titolo personale, proponendosi quale esempio di rigo­ roso attaccamento individuale a Yahweh60; (2) accompa­ gnando la propria famiglia alle feste nazionali, contribuen­ do così a tenere viva la memoria della liberazione di Israe­ lé1; (3 ) ammaestrando la famigli a nelle tradizioni dell'eso­ do e della Torah62; (4) amministrando le proprietà terriere in conformità con le disposizioni della Torah, per assicu59. La progressione naturale è riflessa nella seguente successione di verbi: "un uomo conobbe (yada' ) sua moglie, ed ella concepì (wattahar) e partorì (watteled)". Si veda Gen. 4 : 1 ; I Sam. 1 : 1 920. Secondo Giuseppe Flavio (Contro Apione, 2. 199) , "La legge non ammette alcun congiungimento sessuale, tranne la naturale unione di un uomo e una donna, e al solo scopo di generare deifi­ gli" (il corsivo è mio) . Si paragoni la benedizione divina del gene­ re umano col comando di "essere fecondi e moltiplicarsi, e riem­ pire la terra" in Gen. 1:28. 60. Notare: ( l ) l'esempio di Noè, che era giusto, integro, e camminò con Dio (Gen. 6:9); (2) la richiesta di Dio ad Abraamo di cam­ minare nella sua presenza e di essere integro, affinché il suo pat­ to potesse essere stabilito con lui e i suoi discendenti dopo di lui (Gen. 1 7 : 1-7 ) e la dichiarazione divina dell'adempimento di que­ sta promessa grazie all'ubbidienza mostrata da Abraamo (Gen. 26:5 ) ; (3 ) la provocazione di Giosuè lanciata al suo popolo di se­ guire lui e la sua famiglia nel servire Yahweh (Gios. 24: 15 ) ; e (4) l'imitazione di Ezechia dell'esempio di Davide suo padre, facen­ do ciò che era giusto al cospetto dell'Eterno (II Re 18:3 ) . Deut. 6: 4-9 dà l'incombenza ai padri di impegnarsi ad amare Yahweh, an­ cor prima di chiedere loro di insegnare "queste parole" ai propri figli. Avendo la funzione di " ali di Yahweh" , Boaz presenta que­ ste qualità anche prima di essere sposato (Rut 2 : 12). 6 1 . L a Pasqua (Es. 12: 1-20) , la festa delle Settimane (Deut. 16:9-12), la festa delle Capanne (Deut. 16: 13-17) . 62. Rivolgendosi ai padri, Deut. 6:4-9 parla di un profondo impegno personale. Cfr. anche Deut. 6:20-25; 1 1 : 1 8-25 .

1 LO STATO SOCIALE E I DOVERI DEI MARITI E PADRI NELL ANTICO ISRAELE

rare la tranquillità della famiglia nei confronti di Dio63 ; (5 ) provvedendo all e più elementari esigenze materiali, qua­ le il sostentamento, il tetto, il vestiario e il riposo; (6) pre­ servando il raggruppamento familiare dalle minacce ester­ ne64; (7) svolgendo il ruolo di anziano e rappresentante del nucleo familiare presso la porta, ossia presenziando all ' as­ semblea ufficiale dei cittadini65; (8 ) tutelando il benessere individuale nella famigli a nonché procacciando l'armonio­ sa attività dell 'unità familiare; (9) traducendo in realtà le decisioni operate a livello del mispa]:W,, specie quelle che riguardavano il go el, il vindice del sangue, il riscatto di persone e proprietà e il matrimonio !evirato. Oltre a tutti questi oneri, il padre aveva responsabilità specifiche verso gli altri membri della famiglia, che saranno discusse detta­ gli atamente di seguito. Gli obblighi del marito verso la moglie o le mogli. An­ che se il matrimonio monogamo costituiva la norma bibli­ ca (Gen. 2:2 1-24) e sembra esser stato invalso tra la gen­ te comune, a quanto pare la poliginia* non era affatto un fenomeno inconsueto66• Oltre alla regolare moglie, o mo­ gli67, un uomo poteva anche avere una o più mogli secon­ darie o concubine, che avrebbero potuto dargli dei figli. L'affermazione più esplicita che stabilisce il comporta­ mento di un marito nei confronti della prop ria moglie si trova in Esodo 2 1 :7-1 1 . A dire il vero, il testo citato si rife­ risce al concubinato, ma secondo il principio rabbinico del qal wa-homer (ciò che si applica a un caso secondario, vale anche per un caso principale) , si può dedurre che i mariti 63 . Si vedano le regole riguardanti gli anni sabatici e l'anno del giubileo di Lev. 25 , ovviamente rivolte ai capifamiglia. 64. Si veda l'esempio di Mica in Giu. 18:2 1-25. 65. Si veda Rut 4 : 1-1 1 . * Unione coniugale di un uomo con più donne (N.d.T.) 66. Giacobbe sposò delle sorelle, Lea e Rachele (Gen. 29: 15-30); Esaù ebbe tre mogli, evidentemente di rango simile (Gen. 26:34; 28:9; 36: 1-5 ) ; ed Elcana ebbe due mogli anche se, come nel caso di Giacobbe, inizialmente quella favorita era sterile (I Sam . 1 :2 ) . L a poliandria (più mariti) è del tutto assente nell'Antico Testa­ mento. 67. L'Antico Testamento non ha altra specifica designazione per la moglie, oltre a ' issa, "donna " . 39

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

avevano l'obbligo di tr attare le mogli con dignità ben più gr ande68• A causa dell'ambiguità di significato delle tr e pa­ role determinanti nel ver so 10, c'è qualche polemica r i­ guar do agli effettivi obblighi ai quali il marito er a tenuto. Tuttavia, seguendo il concetto presente in analoghe indica­ zioni di pr ovenienza extr abiblica, se 'er, kesut e 'ona van­ no più adeguatamente intese, nell'or dine, come " cibo" , " abbigli amento" e "unzione/olio"69• Queste espressioni specifiche mettono a fuoco la responsabilità d'insieme che aveva l'uomo nel pr eoccupar si del quieto vivere, della sta­ bilità e dell'incolumità delle mogli. In Rut 1 :9, i tre termi­ ni sono condensati nella parola menul;ta, "riposo" . Oltr e agli obblighi mor ali che i mariti avevano di soddisfar e i bi­ sogni quotidiani delle pr opr ie mogli, essi er ano tenuti an­ che a dotarle di idonee sepolture 70• Più avanti, seguirà una più esaustiva discussione sulla r elazione tr a marito e mo­ gli e, ma in ogni caso il r acconto di Genesi 1-2 suggerisce che in un mondo ideale, gli uomini erano tenuti a tr attare le mogli con dignità, come i loro capostipiti71 • Come accade in ogni società, nell'antico Isr aele la realR. Westbrook, "The Female Slave" , in V.H. Matthews et al. , a cura di, Gender and Law in the Hebrew Bzble and the Ancient Near East, JSOTSup 262, Sheffield Academic Press, Sheffield, 1998, p. 236 osserva che "era così normale che il dovere di un marito fosse quello di provvedere al mantenimento di sua moglie che effettivamente non veniva neanche menzionato nelle antiche fonti mediorientali" . 69. La Tanak (il termine designa per gli ebrei la Bibbia e deriva da TNK, iniziali di Torah [la Legge, il Pentateuco] , Neviim [i Profe­ ti] e Ketuvim [gli Scritti o Agiografi] , N. d.T.) interpreta l'ultima parola, un hapax legomenon (così gli studiosi definiscono le paro­ le che compaiono una sola volta in uno scritto, nel nostro caso la Bibbia, N.d.T. ) , come "diritti coniugali" . Tuttavia Shalom M. Paul ha dimostrato convincentemente il significato di "olio, unzione " , in "Exodus 2 1 : 1 0: A Threefold Maintenance Clause" , JNES, 28, 1969, pp. 48-5 1 ; idem, Studies in the Book o/ the Covenant in the Light o/ Cunei/orm and Biblica/ Law, VTSup 18, Brill, Leiden, 1970, pp. 56-61. Così anche Westbrook, "The Female Slave" art. cit. , p. 2 18. Per un'appropriata e breve discussione di questi termini, si veda N. Sama, Exodus, The JPS Torah Commentary, Jewish Publication Society, Philadelphia, 199 1 , p. 12 1 . 70. Gen. 23 : 16; 35 : 19-20. 7 1 . Se l'uomo fu creato per avere la funzione di vice reggente e domi­ natore nella creazione di Dio (si veda M. Hutter, "Adam als Gart68.

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tà dell'esper ienza umana spesso faceva apparire l'ideale di una pacifica e sicur a relazione matr imoniale come un so­ gno utopico, talché qualche matr imonio finiva per conclu­ der si con il divorzio. Non è possibile determinar e quanto spesso ciò accadesse, ma l'assenza anche di un solo caso di divor zio prospettato nei r acconti veter otestamentari e il limitar si della regolamentazione scr itta a un singolo te­ sto (Deut. 24 : 1-4), indicano quanto lontana fosse la socie­ tà antica dalla moderna "cultur a divorzista" occidentale. L'Antico Testamento dà solo dei vaghi accenni alle pr oce­ dur e per il divor zio in uso pr esso gli isr aeliti. Impernian­ do la lor o congettur a su Osea 2:2, alcuni pensano che essa prevedesse una dichiar azione verbale, del tipo "Lei, Ma­ ria, non è più mia moglie e io, Giuseppe, non sono più suo mar ito", in pr atica il rovesciamento della formula r ecita­ ta il giorno delle nozze72• Verosimilmente, la pr assi doveva comprender e anche la distruzione del contr atto originale di matr imonio e la stesura di un atto di separ azione (sepe r kerttut) , come richiesto da Deuter onomio 24: 1 . Talu­ ni hanno concluso, sulla base del silenzio mantenuto dal­ l' Antico Testamento cir ca la chiamata in giudizio di donne per cause di divorzio, che queste non potevano far e alcun ricor so legale contr o lo scioglimento di un matrimonio e che solo il marito poteva awiare le pr atiche per divor zia­ re. Possiamo r agionevolmente supporr e che, in una cultu­ ra così patr icentr ica e patrilocale, sar ebbe stato estr ema­ mente difficoltoso per una donna far fronte all'ostilità che i suoi tentativi di divor ziare avr ebbero suscitato nel clan di suo marito. E data la pr ecarietà della condizione economi­ ca in cui ver sava una donna sola, il divor zio avrebbe costi­ tuito per lei sicur amente l'ultima spiaggia. Ciò nonostan­ te, Giudici 19: 1-2 attesta almeno un esempio di una don­ na (identificata come una p ileges, " concubina") che laner und Konig , BZ, 30, 1986, pp. 258-262 , allora la donna fu creata per essere regina. Secondo Ez. 16: 1-14, Yahweh interagiva con Gerusalemme come se fosse stata sua moglie. 72. Secondo il p apiro di Elefantina, "io ripudio (divorzio da) mia mo­ glie" era la formula adottata nei casi di divorzio. Cfr. R de Vaux, Ancient Israel: Its Lzfe and Institutions, McGraw-Hill , New York, 196 1 , p. 3 5 tr. it. Marietti, Torino, 3 ed. 1977. "

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sciò suo marito e se ne ritornò nella casa dd padre. Come notato più sopra, Deuteronomio 24: 1-4 contiene l'unico esplicito accenno della legislazione veterotestamentaria al divorzio. n testo è illuminante, per una serie di ragioni. ln­ nanzitutto, si riferisce so1o al caso di divorzio intentato dal marito. In secondo luogo, dimostra che il divorzio in Israe­ le, più che essere una faccenda affidata ai tribunali citta­ dini, era di dominio esclusivo della sfera privata familia­ re13. Terzo, esso individua il fattore scatenante dd divorzio soltanto con un termine assai vago: il marito ha trovato in sua moglie 'erwat dabar, espressione che, letteralmente, significa "nudità" , ossia "evidenza di una realtà" ma che, basandosi su un accostamento con l'unica altra occorrenza dd termine (Deut. 23 : 14), qui riferita agli escrementi e ad altri materiali di scarto, l'eminente studioso John Walton* ha giustamente ritenuto essere un'espressione eufemisti­ ca per l'irregolarità mestruale, che avrebbe tenuto la don­ na nella condizione di impurità rituale e impedito a suo marito di avere rapporti sessuali con lei (Lev. 15 : 14). Ov­ viamente, la donna non poteva essere accusata per questa condizione, ma la sua inabilità a concepire un bambino of­ friva al marito un pretesto per chiedere il divorzio74• Quarto, il passo non ha la pretesa di disciplinare il di­ vorzio in sé, ma la condotta tenuta dal marito dopo che il divorzio era stato ottenuto. Avendo umiliato la moglie oh73. Allo stesso modo la pensa Wright, God's People in God's Land, op. dt. , pp. 2 1 6-17. * Walton è professar di Antico Testamento al Wheaton College Gra­ duate School di Wheaton, Illinois. 74. John Walton, "The Place of the hutqattel Within the D-Stem Group and lts Implications in Deuteronomy 24:4 " , HS, 32, 199 1 , p p . 1 4-15 . Alcuni suggeriscono che esso s i riferisca a una "esposizione indecente" di tipo extraconiugale con un altro uomo, (il Nuovo Testamento logicamente interpreta l'espres­ sione come porneia [Mat. 5 :3 1-32; 19:7-9] ) ; o forse è usa­ ta come espressione intenzionalmente vaga, ponendo un veto quanto più ampio possibile a qualsiasi " comportamento igno­ bile" o addirittura "a qualsiasi motivo " . Così John ]. Collins, "Marriage, Divorce and Family in Second Temple Judaism " , in L.G. Perdue et al. , Families in Ancient Israel, Westminster John Knox, Louisville, 1997 , p. 65 . 42

' LO STATO SOCIALE E I DOVERI DEI MARITI E PADRI NELL ANTICO ISRAELE

bligandola a dichiararsi impura75, egli poteva non richie­ derne la restituzione se lei si risposava e perdeva il nuovo marito, a causa di un altro divorzio o di morte sopraggiun­ ta76. Quinto, la normativa mosaica cercava di tutelare gli interessi della donna, disponendo che il marito presentas­ se un atto di separazione come prova legale per l'annulla­ mento del matrimonio. Senza questo documento il marito avrebbe potuto reclamarla di nuovo in qualsiasi momen­ to e se lei nel frattempo si fosse risposata, avrebbe potuto accusarla di adulterio 77. Sesto, il testo non fornisce alcuna giustificazione morale o teologica al divorzio, ma ne pren­ de in considerazione soltanto la liceità. Che il divorzio fos­ se moralmente giustificabile o meno, questo passo dimo­ stra che nell'Israele antico esso era tollerato come un dato di fatto legittimo. Infatti, Esodo 2 1 : 10-1 1 e Deuteronomio 2 1 : 10-14 ammettono che, per ragioni di coscienza, libera­ re una schiava-moglie o una donna prigioniera alla quale è sposato un guerriero israelita è preferibile al rifiuto del­ l'uomo nell 'uno e nell'altro caso, di adempiere i suoi do­ veri coniugali. Altrove (forse come il minore tra due mali) i testi riferiscono l'ordine di Dio ad Abraamo di mandare via la sua schiava-moglie Agar (Gen. 2 1 :8-14) e l'ingiun­ zione di Esdra ai giudei della Gerusalemme post--esilica di allontanare le proprie mogli straniere78. I profeti occasionalmente sembrano acconsentire al­ l'idea che Dio divorzi da Israele (ad esempio, Is. 50: 1 ; Osea 2:2; Ger. 3 : 1-8)79, ma l'uso di questa immagine ricorrente dovrebbe essere interpretato come un artificio stilistico*, 75 . J . Walton, "Piace of the hutqaffel" art. cit. , pp. 7-17 propende in maniera persuasiva per questa interpretazione di huttamma' à in Mal. 2:4. Questa è una delle sole quattro forme di hutqattel con­ tenute nell'Antico Testamento (Cfr. Lev. 13 :55; ls. 34:6). 76. n fatto che si risposasse dimostra che il suo secondo marito era più comprensivo del primo, dato che era disposto a sposarla no­ nostante la situazione della donna fosse di dominio pubblico. Così anche Walton, "Piace of the hutqattel" art. cit. , p. 14. 77. Così anche C. Wright, God's People in God's Land, op. cit. , p. 2 1 7 . 78. Per una discussione di questi testi si veda Joe Sprinkle, "Old Testament Perspective on Divorce and Remarriage" , JETS, 40, 1997 , pp. 533-53 8. 79. Per una discussione di questi testi si veda ibid. , 54 1-543 . 43

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teso a scuotere il popolo dalla propria infedeltà nei con­ fronti del Signore. n fatto è che al Sinai Dio legò in eter­ no sé stesso a Israele, in una relazione definita da un pat­ t-o. Potrebbe sembrare che abbia divorziato da loro quan­ do abbandonò Israele nel 586 a.C.* Tuttavia, secondo Le­ vitico 26:44-45 e Deuteronomio 4:29-3 1 ; 3 0: 1-10, Dio si sarebbe ricordato di quel patto. n marito e la moglie sepa­ rati si sarebbero riavvicinati. Sebbene l'Antico Testamen­ to riconosca il divorzio come una realtà legittima, la classi­ ca posizione biblica nei confronti del problema è espressa da Malachia il quale, parlando per Yahweh, dichiara: "Io odio il ripudio" (Mal. 2: 16) . A dispetto dei numerosi ten­ tativi di reinterpretare questo testo enigmatico80, colloca­ ta nel suo contesto immediato l'affermazione sancisce una sostanziale avversione divina al divorzio81 • Ma cosa c'è nel divorzio che lo rende così biasimevole? In realtà, nell'an­ tichità una donna divorziata, a meno che non fosse accol­ ta da suo padre o dai suoi fratelli, si trovava di fatto in un contesto economico estremamente instabile. Come la ve­ dova e l'orfano, rimaneva senza mantenimento e senza la protezione maschile, circostanze queste che non di rado inducevano le donne alla prostituzione, unicamente per *

Si tratta delle cosiddette figure retoriche, che indicano i diversi aspetti che il pensiero assume nel discorso per trovare efficace e viva espressione. Una figura retorica si ha quando una parola o al­ cune parole sono usate per creare un effetto, non mantenendo il loro significato letterale (N.d.T. ) . * Nel 586 a.C . i babilonesi con a capo Nabucodonosor conqui­ starono il regno del sud, distrussero il Tempio di Gerusalemme e deportarono la popolazione con il Re e il Sommo sacerdote (N.d.T. ) . 80. li testo Masoretico legge kt sane ' salla/:t, "poiché egli odia il divorzio" : ma chi è il soggetto di "odia " ? E inoltre: il termine salla!J significa veramente " divorzio" ? Per un esame delle alter­ native si veda Ralph L. Smith, Micah-Malachi, WBC 32, Word, Waco, 1984, pp. 320-325; Collins, "Marriage, Divorce and Fami­ ly in Second Tempie Judaism" , pp. 123-127 e Sprinkle, "Old Te­ stament Perspective on Divorce and Remarriage" , pp. 539-540. 8 1 . Come osserva il Collins, "Marriage, Divorce, and Family in Se­ conci Tempie Judaism" , p. 125 entrambe le parole, sane ' e salla/:t, sono comuni in contesti che hanno a che fare col divor­ zio, non solo nell'Antico Testamento ma anche nel papiro di Ele­ fantina. 44

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potersi guadagnare da vivere. Ma Malacchia 2 : 16 non si pone il problema delle conseguenze economiche che il di­ vorzio produceva per la donna. Piuttosto, si concentra su­ gli sviluppi spirituali e contrattuali di una simile eventuali­ tà, che possono essere riepilogati come segue. Primo, in tutto l'andamento generale del libro la dif­ fusione del divorzio è percepita come indice di mancanza di riverenza e di timore verso Yahweh82• Secondo, il divor­ zio è visto come un atto di infedeltà verso il proprio com­ pagno e come una sostanziale violazione dell'impegno pre­ so con la propria moglie (v. 14)83• Terzo, rispecchiando le implicazioni comunitarie del matrimonio, il divorzio, in­ sieme al matrimonio con i pagani, è considerato un atto di tradimento ai danni della collettività (i "fratelli" ) e una profanazione del patto di Dio con Israele (v. 10). Quarto, i matrimoni integri sono l'imprescindibile condizione per poter generare la "discendenza promessa da Dio" (zera' 'elohtm v. 15 ). Una persona può dar sfogo al proprio istin­ to di procreazione al di fuori del matrimonio, ma un am­ biente domestico stabile è indispensabile per la perpetua­ zione di un popolo di fede. Quinto, l'infedeltà di una per­ sona contro il compagno in un sodalizio umano, esone­ ra Dio dagli obblighi derivanti dal patto nei suoi riguar­ di (Mal. 2: 15-1 6) . Dio rifiuta le offerte di quelli che si ren­ dono colpevoli di infedeltà coniugale e non importa quan­ to entusiasticamente essi possano invocare la sua conside­ razione: il suo impegno verso l'infedele è decaduto. Sesto, il tradimento è consumato prima in spirito (rua/:t), poi si concretizza materialmente. Non ci si può beffare di Dio tramite atti esteriori qi devozione, se lo spirito è essenzial­ mente ingannatore. E significativo che, in armonia con l'orientamento complessivo dell'Antico Testamento, que82. Insieme all'insofferenza e alla negligenza nell'adorazione (Mal. 1 : &- 14), alla corruzione sacerdotale a livello professionale e perso­ nale (Mal. 2: 1-9), ai matrimoni misti con pagani ("ha sposato fi­ glie di dèi stranieri" , Mal. 2: 10-12), al cinismo e al disprezzo per Yahweh (Mal. 2 : 17-.3 :4; .3 : 1.3-14), alla condotta offensiva e pro­

fittatrice verso i deboli della società (Mal . .3 :5-6), e all'avarizia nel­ le contribuzioni cultuali (Mal. 3 :7-12). 83 . Beged, "tradimento" , è il leit motz/ di Mal. 2 : 10-16, accorrendovi cinque volte (Mal. 2: 10, 1 1 , 14, 15, 16). 45

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

sto testo consideri il divorzio non un diritto morale goduto dai maschi, ma un oltraggio morale da essi perpetrato. I doveri patemi verso i figli. Nell'investigare diligente­ mente l'Antico Testamento alla ricerca della documenta­ zione riguardante la relazione tra padri e figli, si è tentati di concentrarsi sull'autorità che i padri esercitavano sui pro­ pri figli84 e di dimenticare che gli interessi del padre erano meglio assecondati quando garantiva il benessere dei suoi figli. In circostanze propizie, i padri si assumevano le loro 84.

In relazione all'offerta di Abraamo del figlio !sacco, narrata in Gen. 22, il Patai in Family, Lave and the Bible op. cit. , p. 1 16, com­ menta: "ll potere assoluto di vita e di morte del padre sui pro­ pri figli è così incontestato nelle primitive porzioni narrative del­ la Bibbia, che non c'è mai alcun accenno ai timori, alla dispera­ zione o ad altre sensazioni che un figlio (o una figlia) abbia potu­ to provare nell'apprendere che doveva morire per decisione del padre". Ma questa conclusione è unilarerale e superficiale, sotto molti aspetti. Nella migliore delle ipotesi, può essere un argomen­ to "ex silentio" . Patai continua: "ll problema del ruolo di !sacco nella storia, dei suoi sentimenti, dei suoi, per usare una espressio­ ne moderna, problemi individuali, non è mai presentato, neanche per un momento" . Ma come fa a saperlo? Il racconto non dice tutto. Esso quantomeno ignora palesemente l'evidenza opposta nel racconto, testimoniando piuttosto un'intima relazione tra pa­ dre e figlio, facendo trasparire in maniera chiara l'attitudine che il primo aveva verso il secondo. ( l ) Dio stesso dimostra di essere perfettamente a conoscenza di questo rapporto, nel comando che dà ad Abraamo: "Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, !sacco . . . " (Gen. 22: 2). (2) Abraamo informa diligentemente i suoi servi che lui e S\}O figlio sarebbero ritornati dopo aver adora­ to (Gen. 22: 5). (3 ) E Abraamo, nel salire stÙ monte, che traspor­ ta gli oggetti nocivi (fuoco e coltello) mentre !sacco reca l'inno­ cua legna (Gen. 22 :6) . (4) Ben due volte lo scrittore osserva che Abraamo e !sacco "proseguirono tutti e due insieme" (Gen. 22: 6,8). (5) Quando Abraamo risponde alla domanda del figlio "Do­ v'è l'agnello per l'olocausto? " con la frase "Dio stesso si prowe­ derà l'agnello per l'olocausto" , egli esprime sia l'angoscia del suo cuore sia la fiducia in Yahweh. Se Abraamo fosse stato insensibi­ le e distaccato, avrebbe risposto "Sei tu" . Sotto tutti questi aspet­ ti, il racconto differisce clamorosamente dalla storia che descrive il sacrificio della figlia di Iefte, in Giu. 1 1 . Ma l'interpretazione di Patai fraintende anche lo scopo dello scrittore. Obiettivo princi­ pale dei racconti biblici non è fornire ai lettori moderni dei casi di psicoanalisi, ma sviluppare dei temi teologici. Questo episodio è strutturato esplicitamente per provare la fede di Abraamo in Dio, il quale aveva promesso di dargli una progenie mediante !sacco.

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STATO SOCIALE E

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responsabilità verso i figli molto seriamente. L'elenco che segue illustra un riassunto di incombenze/disposizioni pa­ terne verso i figli maschi in particolare. Primo, sebbene molti bambini ricevessero ili nome dal­ le madri85, spesso anche i padri esercitavano questo dirit­ to86. Nell'imporre il nome a un figlio i genitori responsa­ bili non solo davano espressione alla propria fede ma rive­ lavano anche le aspirazioni che nutrivano per il bambino. Secondo, in Israele, i padri avevano l'obbligo di consacra­ re a Yahweh il loro primogenito maschio87• Terzo, dove­ vano circoncidere il loro figlio maschio l'ottavo giomo88• Quarto, si dilettavano nei loro figli maschi (r�à, Prov. 3 : 12), mostravano loro compassione (ril:wm, Sal. 1 03 : 13) e li amavano ( ' ahab, Prov. 13 :24; Osea 1 1 : 1-4). Quinto, era­ no tenuti a vigilare sull a crescita spirituale dei figli, indi­ cando loro un'appassionata responsabilità individuale ver­ so Yahweh e la sua Torah (Deut. 6:5-6), allevandoli dili­ gentemente nella Torah e nelle tradizioni della salvezza e del patto89 e, in generale, "portando la loro fede sulle pro­ prie maniche" , cioè dando pubblica testimonianza del proprio impegno spirituale90• Sesto, i padri facevano attenzione alla propria condotta, in modo da non coinvolgere i figli nelle proprie trasgressio­ ni91. Settimo, istruivano i loro figli nella via della sapienza, forgiando particolarmente il loro carattere e le capacità per la vita e la vocazione, insegnando loro a camminare nel sen­ tiero dei loro padri (Prov. 1-9). Ottavo, i padri punivano i propri figli se sbagliavano92, e qualora essi avessero rifiuta­ to di essere corretti, li presentavano agli anziani della comu85. Gen. 29:3 1 ; 30:6; 35:18; 38:28; Giu. 13 :24; I Sam. 1 :20; 4:20; Is. 7: 14. 86. Gen. 16: 15; 17: 19; Es. 2:22; II Sam. 12:24; Osea 1 :4. 87. Esodo 13 :2 , 12-15; 22:29; 34:1-20; Num. 3 : 1 1-13; 8: 16-18; 18: 15. 88. Gen. 1 7 : 12; 2 1 :4; Lev. 12:3 . 89. Es. 12:24; 13:8; Deut. 6:7, 20-25 . 90. Deut. 6:8, 9. Per una discussione sulle responsabilità didattiche e catechetiche dei padri, si veda C. Wright, God's People in God's Land, op. cit. , pp. 81-84. 9 1 . Es. 20:5 ; Deut. 5:9. 92. Deut. 8:5 ; II Sam.7 : 14; Prov. 13 :24; 19:18; 22: 15; 23 : 13-14. 47

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nità, perché li disciplinassero93• Nono, i padri erano tenuti ad amministrare saggiamente gli affari di famiglia, specie in materia di eredità, assicurando in tal modo un equilibrato passaggio alla generazione successiva. Decimo, i padri orga­ nizzavano il matrimonio dei propri figli con mogli idonee94• Undicesimo, i padri invocavano benedizioni sui propri figli, prima del proprio trapasso95• Un elenco come questo chiarisce molto bene quanto distorte siano le interpretazioni soggettive che fanno con­ vergere l'attenzione solo sul potere del padre sul figlio. I doveri paterni verso le figlie. Data la tendenza per lo più androcentrica dell'Antico Testamento, non sorprende che la testimonianza biblica sui doveri dei padri verso i fi­ gli maschi sia più nutrita di quella riguardante i debiti mo­ rali verso le femmine. Malgrado ciò, è tuttavia possibile mettere insieme le informazioni disseminate nella legisla­ zione mosaica per ottenere un quadro abbastanza esausti­ vo della questione. Dal momento che era prevedibile che le figlie lasciassero la propria bet 'ab appena sposate, la loro incidenza sul bilancio familiare era differente da quel­ la che avevano i figli maschi. Questo però non significa che esse non fossero tenute in considerazione dai loro padri: al contrario, Ezechiele, nel parlare dei figli come del "desi­ derio dei propri occhi" (mal;,mad enehem) e del diletto della propria esistenza (massa' napSam) sottintende sia "i :figli che le figlie" (Ez. 24:25 ) . Inoltre, nella Bibbia trovia­ mo, di tanto in tanto, racconti che ci mostrano scene toc­ canti di capifamiglia sensibili, che accondiscendono bene­ volmente alle richieste avanzate dalle figlie, seppure talvolc

93 . Deut. 2 1 : 1 8-2 1 . Poiché ai genitori (sia al padre sia alla madre) non era consentito mettere a morte un figlio ribelle ma era loro imposto di condurlo davanti agli anziani, i quali avrebbero deciso la sua sor­ te, il pensiero di certuni secondo il quale i padri esercitavano vir­ tualmente una illimitata patria potestas, "potestà patema", addirit­ tura sulla vita e sulla morte dei propri figli, va severamente ridimen­ sionato, se non addirittura respinto. Dello stesso parere è C. Wri­ ght, God's People in God's Land, op. cit. , pp. 30--3 8. 94. Gen. 24; Giu. 14. Anche se, come V.P. Hamilton nota giustamen­ te, "Marriage" , ABD, 4, p. 562 in nessun punto l'Antico Testa­ mento delega l'incarico di prowedere al matrimonio del proprio figlio o della propria figlia. 95. Gen. 27; 48 - 49. 48

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ta insolite96• Oltre alla normale assistenza che un padre re­ sponsabile offriva alle figlie 97, la narrazione biblica indica che c'erano anche degli obblighi più specifici da assolve­ re. Innanzitutto, il genitore era tenuto a proteggere sua fi­ glia da eventuali profittatori, in modo da poterla dare illi­ bata in moglie, la qual cosa avrebbe procurato onore a lui e garanzia di purezza al futuro marito (Cfr. Es. 22 : 16-17; Deut. 22 : 13-2 1 ) . D padre avrebbe dovuto presentarsi da­ vanti agli anziani, deponendo in favore di sua figlia con­ tro il marito, nel caso questi l'avesse accusata di non es­ sere stata vergine al momento delle nozze. In più, spetta­ va al padre il compito di predisporre il matrimonio della figlia, trovandole il marito adatto e contrattando i termi­ ni del matrimonio stesso98• Terzo, il padre doveva garanti­ re una certa agiatezza economica alla figlia, munendola di una dote dedotta dal patrimonio familiare99• Quarto, il pa­ dre doveva evitare che sua figlia facesse dei voti azzarda­ ti 100, non per esercitare un dispotico controllo sulla volon­ tà della ragazza ma essendovi obbligato nell'interesse del­ l'intero nucleo familiare101• Quinto, un padre doveva prov96. Si veda, per esempio, la risposta data da Caleb a sua figlia Acsa, in Giu. 1 : 13-14. Si confronti anche la disponibile risposta paterna di Mosé alle figlie orfane di Selofead, in Num. 27: 1-10. 97. Che i padri fossero coinvolti anche nell'assistere le neonate e nel titrare su i figli lo si intuisce da Ez. 16: 1-7 , dove Yahweh è raffigu­ rato come un padre adottivo nell'atto di fasciare e di assistere una trovatella, finché non abbia raggiunto la pubertà.

98. Si veda più avanti. 99. Secondo P.S. Hiebert " "Whence Shall Help Come to Me? " , The Biblical Widow" in P.L. Day, a cura di, Gender and Di/ference in Ancient Israel, Fortress, Minneapolis, 1989, p. 136, "La dote era una proprietà posseduta dalla donna, la sua parte di eredità familiare" . Spesso, la dote includeva anche delle serve. Cfr. Gen. 29: 24, 29. 100. Num. 30:2-15. 101. Num. 30: 13 autorizzava i padri (e i mariti, nel caso di donne spo­ sate) ad agire nell'interesse dei membri della propria famiglia, dichiarando nulli i voti di auto-mortificazione e comunque au­ tolesionistici. Se i padri annull avano i voti delle proprie figlie, Yahweh le avrebbe perdonate. La situazione era diversa per una vedova o una divorziata le quali, in quanto autonome, erano ob­ bligate ad osservare i propri voti, a meno che naturalmente non fossero stati annullati dal loro marito, mentre erano ancora sotto il suo tetto (Num. 30:9-12).

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vedere al sostentamento dell a figlia, nel caso il suo matri­ monio non fosse andato a buon fine, vuoi per il decesso prematuro del marito, vuoi a causa dello scioglimento del matrimonio102• Non è certo che in circostanze normali tali provvedimenti siano stati presi solo in ottemperanza ai do­ veri legali. A rigore, il naturale istinto paterno vorrebbe che un padre si preoccupi del benessere di sua figlia anche dopo ch'ell a abbia lasciato la casa103 • A fronte di questi nobili valori morali, le pagine vete­ rotestamentarie ci propongono numerosi casi di abusi per­ petrati dai padri sulle figlie. li libro dei Giudici in partico­ lare riporta episodi nei quali i padri sacrificano le proprie figlie per proteggere ospiti maschili 104, preferiscono a esse 102. L'evidenza per tale questione è alquanto insufficiente, ma Gen. 38: 1 1 ci mostra Giuda che ordina a sua nuora Tamar di ritorna­ re nella casa di suo padre (be t ' ab) in seguito alla morte del figlio Er, che era suo marito. Tuttavia poiché Giuda stabilisce i termi­ ni del suo ritorno («finché Sela, mio figlio, sia cresciuto" ) e sic­ come egli aveva autorità di condannare Tamar a essere arsa per il suo presunto crimine (Gen. 38:24), appare chiaro che anche se fosse tornata a casa, sarebbe rimasta sotto l'autorità del padre del suo marito defunto. In un altro punto leggiamo che il suocero di Sansone riprese sua figlia in casa e cercò di proteggerla da Sanso­ ne, dopo che lui l'aveva abbandonata (Giu. 14:20-15:2). Questo episodio interessa esplicitamente un padre filisteo, ma il caso del levita e della sua concubina, in Giu. 19: 1 , 2 , fa pensare che anche nel popolo israelita ci fossero consuetudini alquanto simili. Rut l : 8 espone un caso eccezionale, nel quale una vedova (Naomi) invi­ ta le sue due nuore vedove a ritornare nelle case delle proprie ma­ dri (bet ' em). Come molte altre caratteristiche, questo dettaglio riflette la generale tendenza ginocentrica del capitolo. Si veda al­ tresì Block, ]udges/Ruth, op. cit. , p. 633 . 103 . TI racconto di Labano che inseguì le sue due figlie e il loro marito Giacobbe, in Gen. 3 1 , illustra il potenziale conflitto che si poteva scatenare all'interno delle famiglie israelite, specialmente quando gli interessi dei padri e dei mariti si concentravano sulle donne. 104. Giu. 19:22-24. In questo episodio lo scrittore rievoca deliberata­ mente la storia di Lot a Sodoma, riportata in Gen. 19:7-8, per il­ lustrare quanto fosse profonda la depravazione morale nella qua­ le versava l'Israele dell'epoca pre-monarchica. Sul rapporto tra questi due testi e l'importanza del secondo all'interno della strut­ tura complessiva di Giudici, si veda Daniel I.Block, "Echo Nar­ rative Technique in Hebrew Literature: A Study in Judges 19", WTJ, 52, 1990, pp. 325-34 1; idem, ]udges/Ruth, op. cit. , pp. 5 1 8-

520, 532-538.

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la propria reputazione bellica105 e, in ossequio a uno stra­ no sentimento di lealtà emotiva, permettono il matrimo­ nio forzato con parenti lontani106• Anche se i commentato­ ri spesso ritengono tale comportamento del tutto norma­ le in una cultura di tipo patriarcale, questi episodi devono essere visti semplicemente come schegge impazzite di pa­ tricentrismo, in aperta violazione dei valori normativi che regolavano la legislazione specifica, la quale dichiarava il­ legali tali soprusi sulle figlie107 • D dovere paterno nel matrimonio dei figli108• Abbiamo già notato en passant il ruolo che un padre nell'antico Israe­ le svolgeva nel matrimonio dei suoi figli maschi e femmi­ ne. Ma, per comprendere meglio l'istituzione del matrimo­ nio, è necessario uno studio più approfondito delle modali­ tà cerimoniali. Da nessuna parte l'Antico Testamento affida ai genitori il mandato di organizzare il matrimonio dei pro­ pri figli, ma è chiaro da espressioni come "non darai le tue 105 . Giu. 1 1 :29-40. 106. Giu. 2 1 : 19-24. Per una discussione dell'importanza di questa condotta immorale nel messaggio generale di Giudici, si veda Da­ niel L Block, "Unspeakable Crimes: The Abuse of Women in the Book ofJudges" , SBJT, 2, 1998, pp. 46-55 . 107. Si veda Lev. 19:29, che proibisce ai padri di disonorare (IJ,ille{) le proprie figlie e riempire il paese di corruzione (zimma) inducen­ dole alla prostituzione. Su questo testo, si veda Erhard S. Ger­ stenberger, Leviticus: A Commentary, trad. Douglas W. Scott, OTL, Westminster John Knox, Louisville , 1996, pp. 277-278. 108. Nel discutere qui i matrimoni combinati, nel contesto delle re­ sponsabilità che il padre aveva nella tipica famiglia israelita, non voglio insinuare che le madri dei figli o delle figlie non vi fosse­ ro coinvolte. n dolore di Rebecca per il matrimonio di Esaù con due donne ittite (Gen. 26:34-35) e la sua determinazione affin ­ ché Giacobbe non facesse il medesimo errore (27 :46), come an­ che il coinvolgimento della madre di Sansone nel suo matrimonio con una filistea di Timna (Giud. 14: 1-9) , dimostrano che le ma­ dri avevano un ruolo rilevante nel matrimonio dei propri figli. In­ fatti, Gen. 2 1 :2 1 racconta che Agar, madre di Ismaele, fissò il suo matrimonio con un'egiziana come lei. n ruolo di Abraamo in que­ sto matrimonio, non ci è noto, anche se egli può aver acconsen­ tito, sapendo che suo figlio avrebbe costituito la propria famiglia lontano dalla be t 'ab (cfr. Gen. 2 1 :8-20). Tuttavia, come indicano passi come Gen. 34 e Giud. 14:20-15:6, solitamente erano i pa­ dri a prendere l'iniziativa. 51

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figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi fi­ gli" (Deut. 7 :3 ) che la pratica tendeva a essere questa. TI fat­ to che i matrimoni fossero organizzati dai genitori suggeri­ sce che l'istituzione stessa implicava molto più che la mera unione di un uomo con una donna: era una circostanza im­ portante che metteva insieme due famiglie109• Teoricamente, gli israeliti privilegiavano il matrimonio endogamo, all'interno del clan o della tribù di appartenen­ za, anche se non c'era alcuna proibizione ufficiale che vie­ tasse di sposare un o una israelita di un'altra tribù. Lev. 18: 1-18 proibisce a un uomo di sposare le sue sorelle e sorella­ stre, le zie o le cognate, mentre la sua sposa è ancora in vita, benché il matrimonio tra cugini di primo grado sembra sia stato comunemente ammesso (si veda il caso di Giacobbe con Rachele e Lea) . A causa della posizione di consacrazio­ ne occupata dai sacerdoti all'interno della nazione israelita, Levitico 21:7 li mette in guardia dallo sposare prostitute o donne divorziate. Ezechiele 44:22 estende questa interdizio­ ne alle vedove, a meno che non siano vedove di sacerdoti. Per ragioni spirituali, il matrimonio coi cananei fu assoluta­ mente proibito a tutti, sin dalla nascita della nazione110• Nel periodo post-esilico, preoccupato di tutelare la "stirpe san­ ta" (Esd. 9:2) Esdra incluse nel divieto anche i filistei. Nella mente di Malachia, il matrimonio degli israeliti con i pagani equivaleva a sposare figlie di dèi stranieri (Mal. 2: 1 1 ) . Ma, pur nell'ambito di questi ampi termini di valuta­ zione, i genitori erano comunque obbligati a fare delle spe­ cifiche decisioni sull'idoneità delle mogli da dare ai loro fi­ gli. n modo in cui tali decisioni venivano prese deve esse­ re stato assai vario. Genesi 24, ad esempio, narra di Abraa­ mo che manda un servo fidato al suo parentado, in un'al­ tra nazione, per trovare una moglie al figlio !sacco. Secon­ do Genesi 28-29, !sacco e Rebecca mandarono Giacob­ be in Paddan-Aram, con l'ordine di prendere moglie dalla casa di Betuel, fratello di sua madre. Alcuni padri stimola­ vano una sorta di competizione per l'accaparramento del­ le proprie figlie, sfidando i potenziali pretendenti a guada109. Così anche Hiebert, "Whence Shall Help Come to Me", p. 129. 1 10. Es. 34:10-17; Deut. 7 : 1-5; Gios. 23 : 12.

LO STATO SOCIALE E

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' DOVERI DEI MARITI E PADRI NELL ANTICO ISRAELE

gnarsi la donna dando prova di atti di eroismo111 • Oggi, gli studiosi di orientamento femminista additano il modo in cui questi padri trattavano le proprie figlie quale esempio offensivo di sciovinismo maschile. Tuttavia, questi raccon­ ti devono essere interpretati collocandoli nel contesto del­ la società antica, che assegnava un alto valore al matrimo­ nio e all'avere una progenie. Essere concessa in matrimo­ nio a un eroe militare, ad esempio, era reputato un grande onore per una ragazza israelita 112• Era usanza consolidata che i figli si sposassero secon­ do il loro ordine di nascita (Gen. 29:26) , pur non avendo Israele alcuna legge che imponesse questa regola. Quan­ do i genitori stimavano che per il loro figlio si stesse avvi­ cinando l'età giusta per sposarsi 113, era il padre dello spo­ so a prendere contatti con i genitori della probabile sposa e a contrattare i termini del matrimonio, nella fattispecie la natura e l'entità del mohar, "il dono matrimoniale" 1 14 • Al­ cuni studiosi hanno interpretato il mohar come un prez­ zo d'acquisto, ma è preferibile considerarlo una cauzione versata ai parenti della sposa, per favorire la stabilità del 1 1 1 . Caleb concesse Acsa a Otniel come ricompensa per aver battu­ to Chiriat-Sefer (Giud. 1 : 1 1-15); Saul offrì sua figlia Merab a Davide come premio per aver combattuto per lui le battaglie di Yahweh, sebbene Davide umilmente avesse rinunciato, ed ella fu data a un altro uomo (I Sam. 18: 17-18). Più tardi, per infami ra­ gioni di ordine politico, Saul gli promise Mical (che già era amata da Davide) come ricompensa se avesse ucciso un centinaio di fili­ stei, cosa che lui immediatamente fece (I Sam. 18:20-29). 1 12. Anche se la pratica non sempre era una legge statuita, tali esem­ pi rievocano una sezione della Legge di Eshnunna (2000 a.C. ca.), nella quale si legge che "se un uomo prende un'altra figlia di un uomo senza chiedere il permesso a suo padre e a sua madre (della donna, N.d.T.) e non conclude alcun formale contratto coniugale con i due genitori di lei, anche se lei vivesse nella sua (del marito, N.d.T.) casa per un anno, non è sua moglie" (ANET, p. 1 62 ). 1 13 . Le donne tendevano a sposarsi verso gli inizi della pubertà, intor­ no ai 13 anni, mentre i ragazzi si sposavano più o meno un paio d'anni dopo. 1 14. Così anche Grace I. Emmerson, "Women in Ancient Israel", in RE. Clements, The World o/ Ancient Israel, Cambridge University Press, Cambridge, 1989, p. 382. 53

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

matrimonio e rafforzare il vincolo tra le famiglie dei giova­ ni sposi115 • li consenso dei genitori della sposa corrispon­ deva alla promessa di unione coniugale dei due giovani i quali, dopo un periodo di fidanzamento, si sarebbero uni­ ti in matrimonio. Le leggi deuteronomiche rivelano l'intento del fidanza­ mento. Dal punto di vista della sposa, una volta promessa, l'impegno in vista delle nozze era considerato così defini­ tivo che la donna fidanzata sorpresa a intrattenere rappor­ ti sessuali con un uomo che non era il suo promesso sposo, veniva considerata un'adultera e lapidata a morte (Deut. 22:23-27) . Lo sposo, invece, era esente dal servizio militare per tutto il periodo di fidanzamento (Deut. 20:7) . Entram­ be le prescrizioni pongono in risalto l'attenzione che la so­ cietà israelita poneva nei confronti della discendenza. In­ fatti, la prima cercava non solo di assicurare la sacralità del­ l'unione sessuale tra marito e moglie ma anche di proteg­ gere la coesione patrilineare della famiglia; l'adulterio, in­ fatti, avrebbe potuto introdurre un elemento estraneo. Sco­ po della seconda norma, invece, era proteggere la vita dello sposo fino alla consumazione del matrimonio. Se fosse sta­ to ucciso in battaglia, la sua linea di discendenza si sareb­ be estinta. Ma il periodo di fidanzamento aveva anche una funzione estremamente pratica. Forniva alla sposa la possi­ bilità di perfezionare velocemente le sue capacità di pren­ dersi cura della casa e dei figli, sotto la tutela della madre e della nonna, oltre a dare tempo alla famiglia di prepararle la dote che l'avrebbe seguita nella sua nuova dimora116. Nel frattempo lo sposo, aiutato dal padre e dai fratelli, trascor­ reva quel periodo edificando una casa per la nuova coppia, da abitare dopo il matrimonio, e consolidando la posizione economica e sociale del nascente nucleo familiare, nell' am­ bito più grande della famiglia allargata. 1 15. C. Wright, God's People in God's Land, op. cit. , p. 194. Secondo R. Westbrook, Old Babylonian Marriage Law, AfOB 23 , Berger, Horn, 1988, p. 60, il mohar rappresentava un prezzo pagato per il trasferimento dell'autorità dal padre della ragazza al marito. 1 16. La dote poteva assumere la forma di schiavi (Gen. 24:59, 61; 29: 24, 29), proprietà mobili e, in casi eccezionali di matrimonio en­ dogamo, di appezzamenti di terreno (Giu. 1 : 1 1-15 ). 54

1 LO STATO SOCIALE E I DOVERI DEI MARITI E PADRI NELL ANTICO ISRAELE

Doveri del capofamiglia nei confronti dei servi/schiavi. Come si è detto, oltre ai parenti stretti, la famiglia israeli­ ta (bé t 'ab) comprendeva una quantità di individui che si erano, per loro scelta o a causa di tracolli economici, ag­ gregati al clan. Essi erano: l) gli stranieri residenti (gerfm e tosabfm) , persone che, a quanto pare, avevano lascia­ to spontaneamente il loro villaggio natio o la tribù di ap­ partenenza in tempo di grave difficoltà (guerra, carestia o pestilenza) e avevano cercato impiego e rifugio presso una comunità israelita117; 2) i lavoratori pagati a giornata (sekfrfm), persone che non possedevano più un proprio appezzamento di terreno ma che offrivano la loro manodo­ pera agricola a un capofamiglia, dietro un compenso pat­ tuito ogni giomo1 18; 3 ) gli schiavi maschi ('abadfm) e fem­ mine ( amot, Sip}J,ot)119, che occupavano il gradino più basso della società. Come ogni bene appartenente ai citta­ dini a pieno titolo, gli schiavi potevano essere comprati e venduti, proprio come il bestiame. Data la situazione enor­ memente sfavorevole e vulnerabile di queste categorie di 1 17. Per la clemenza mostrata dagli israeliti che li ospitavano, molti si raccomandavano alla divinità nazionale d'Israele e ai valori spiri­ tuali della nazione, ma i loro diritti sociali, quali quelli riguardanti la terra, il matrimonio, la partecipazione al culto e gli affari legali ne risultavano seriamente lesi. Le distinzioni tra gerim e tosabim non sono tanto chiare. Per le definizioni, si veda HALOT, rispet­ tivamente a pp. 201 e 17 12. Per una discussione, si veda Daniel I. Block, "Sojourner; Alien; Stranger" , ISBE, 4, pp. 561-564. 1 18. HALOT, p. 1327. 1 19. Questi termini sono spesso usati in maniera intercambiabile, ma il secondo aveva un'accezione negativa. Mentre il primo poteva es­ sere vantaggioso ai fini del matrimonio, l'ultimo lo era chiaramen­ te di meno. Ingrid Riesener, Der Stamm 1:Jl1 im Alten Testament, BZAW 149, de Gruyter, Berlino, 1979, p. 83 , suggerisce che 'ama tende a essere usato quando vengono sottolineate le qualità fem­ minili di una donna (debolezza, bisogno di protezione, attrazione sessuale), mentre Sip}pi viene usato di solito quando ci si riferisce al suo valore in termini economici (come proprietà e bracciante). Gordon J. Wenham, Genesis 1 6-50, WBC 2, Word, Dallas, 1994, p. 6, osserva che Siplpi è usato solitamente quando si parla delle doti che una donna ricca portava con sé al matrimonio e quando la schiava è responsabile nei confronti della sua padrona, mentre 'ama viene usato quando la donna serve un padrone. Per discus­ sioni riassuntive si veda R Schultz "il�� " NIDOTTE, l, pp. 4 1 842 1 ; idem, " illJ�W", NIDOTTE, 4, pp. 2 1 1-2 1 3 . 55

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

salariati, le leggi contro i soprusi commessi dai capifami­ glia occupano un posto importante nella legislazione con­ tenuta nel Pentateuco. li quarto comandamento del Deca­ logo, rivolgendosi proprio ai capifamiglia, cercava di assi­ curare un trattamento umano per tutti i componenti del clan, inclusi i bambini (maschi e femmine) , i servi (maschi e femmine) e gli stranieri residenti (finanche il bestiame ! ) , disponendo il riposo dal lavoro per un intero giorno a set­ timana120• Questo precetto ordina ai capifamiglia di porta­ re rispetto a tutti nel loro lavoro, senza favoritismi nei con­ fronti dei membri israeliti a discapito dei non israeliti. Al­ trove, la normativa mosaica distingue tra queste due clas­ si di schiavi/servi. Esodo 2 1 : 1-23 :3 e Deuteronomio 15 : 12-18 cercano di garantire che la libertà legale degli schia­ vi ebrei indigenti, la cui sicurezza dipendeva dalla cessio­ ne delle loro prestazioni ai proprietari terrieri israeliti, non venisse sfruttata a tempo indeterminato da qualche padro­ ne. Nel suo tentativo di salvaguardare/ristabilire la pro­ prietà, l'indipendenza e la rettitudine delle famiglie israeli­ te, la legge del Giubileo (Lev. 25) imponeva che ogni israe­ lita fatto schiavo venisse liberato nell'anno del Giubileo. Ora, siccome sia il creditore sia il debitore israelita dinan­ zi a Dio avevano la medesima posizione, erano cioè ambe­ due schiavi appartenenti a Yahweh, era loro proibito ren­ dersi schiavi l'uno dell ' altro 12 1 • Poiché i soggetti tutelati dalla legislazione accenna­ ta sopra erano principalmente gli schiavi di sesso maschi­ le ('abadim) , Esodo 2 1 :7-1 1 nella fattispecie cerca di re­ golamentare quei casi di donne o ragazze israelite vendu­ te dai loro padri come schiave ( 'amot) , probabilmente per aver contratto dei debiti. Molti commentatori ipotizzano che tale vendita prevedeva il matrimonio con il padrone o con suo figlio122, ma l'assenza di una terminologia rela120. Es. 20: 10; Deut. 5 :2 1 . 1 2 1 . Per una discussione dettagliata di queste leggi per l'emancipazio­ ne degli schiavi, si veda C. Wright, God's People in God's Land, op. cit., pp. 249-259. 122. Così Gregory Chirichigno, Debt--Slavery in Israel and the Ancient Near East, JSOTSup 14 1 , JSOT Press, Sheffield, 1993 , pp. 24-55 ; e/r. anche Sarna, Exodus, p. 120.

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tiva al matrimonio o al divorzio nel passaggio indichereb­ be che lo scopo della compravendita fosse il concubina­ to1 23 . La regolamentazione tutela i diritti della donna sot­ to due aspetti. Primo, il compratore non può trattarla come una schiava comune. Se lei non piace al suo padrone e se lui non adempie l'obbligo contrattuale di trattarla come una sua concubina (q ere ' ) o la dà a suo figlio (k ethib ), non può trattarla come una normale schiava. Siccome non è riusci­ to ad assegnarle l'assistenza riservata alle concubine gra­ zie all a maternità, lei conserva il diritto di riscatto da par­ te di suo padre124• Secondo, l'acquirente non può vender­ la a uno straniero, ossia a un non Israelita125, il che l'avreb­ be resa irredimibile, in quanto gli stranieri non avrebbe­ ro riconosciuto i diritti che lei godeva sotto la legislazione israelita. La legge sembra presupporre che la donna potes­ se essere venduta solo a un altro israelita, senza per questo perdere la propria redimibilità. Anche se gli schiavi era­ no considerati una proprietà dei capifamiglia, questi ulti­ mi non erano liberi di maltrattare od oltraggiare neanche un membro non israelita del clan. Al contrario, la normati­ va mosaica contiene reiterati ed espliciti divieti di oppres­ sione o sfruttamento (hona) degli schiavi126• In due testi tra i più ricchi di significato, precisamente Levitico 19:34 e Deuteronomio 10: 1 9, Yahweh dà incarico a tutti gli israeliti di amare ( 'aheb) i forestieri (gertm) che risiedono in mezzo a loro, vale a dire gli stranieri apparte­ nenti al loro stesso nucleo familiare, come loro stessi e di 123 . Così anche il Westbrook, "The Female Slave", pp. 218-220. Se­ condo Deut. 15:12, nel quale non è implicato il concubinaggio, non c'era alcuna differenza tra la condizione dei maschi e quella delle femmine israeliti venduti come schiavi a causa dei debiti. 124. Designare questo abuso come un "atto sleale contro di lei" (beged bah), piuttosto che contro suo padre, conferma che la legge era vol­ ta a proteggere i suoi diritti. 125. Es. 2 1 :8. Interpretando 'am nokri nel suo significato usuale, "un popolo straniero" . Sul termine, si veda Daniel I.Block, "Sojour­ ner", ISBE, 4 , p. 562. 126. Es. 22:2 1 , Lev. 19:33 e Deut. 23: 15-16. Si veda Ger. 22: 3, dove il profeta Geremia esorta il re, i suoi cortigiani e gli abitanti di Giu­ da a porre fine all 'oppressione e alla violenza contro lo straniero, l'orfano e la vedova. 57

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trattarli con lo stesso rispetto che mostrano nei riguardi dei connazionali ( 'ezra}J,) della loro tribù. Come Esodo 22: 2 1 , entrambi i testi sostengono che la motivazione morale per trattare benignamente gli schiavi era il ricordo di Israe­ le oppresso dalla schiavitù in Egitto. Deuteronomio 10: 18 va oltre, e aggiunge che gli israeliti dovevano guardare a Yahweh stesso per apprendere il modello al quale unifor­ mare il trattamento delle persone socialmente ed economi­ cam�nte deboli, presenti nelle loro comunità. E arduo stabilire fino a che punto gli antichi israeli­ ti condividessero questi nobili ideali. n capostipite degli israeliti, Abraamo, dà l'impressione di aver trattato bene i suoi schiavi. In Genesi 15:2-3 egli pensa di nominare Elie­ zer erede del suo patrimonio, mentre in Genesi 24 affida l'incarico di procurare una moglie al proprio figlio nelle mani del servo ('ebed) più anziano della sua casa, ammi­ nistratore di tutti i suoi beni (hammosel bekol 'aser lo) . Tuttavia, in un periodo molto posteriore, i profeti rimpro­ verarono più volte le persone politicamente e socialmen­ te in vista per aver abusato e approfittato dei più deboli e dei disagiati. Ma gli abusi nell'esperienza concreta non ne­ gano i nobili ideali presenti in Israele e non devono esse­ re interpretati come sintomo di incrinature fondamentali nella struttura sociale. I profeti non si consideravano degli ingegneri sociali, incaricati di riordinare le strutture della società. Se i capifamiglia opprimevano le persone sotto la loro autorità, il problema era considerato di tipo persona­ le, non sistemico. E la soluzione richiesta dai profeti era il pentimento dal peccato di sfruttamento e la sostituzione dei cuori di pietra con cuori di carne, che fossero stati sen­ sibili non solo nei confronti di Yahweh, il quale aveva rive­ lato a Israele le sue leggi giuste (Deut. 4:8) , ma anche alla condizione dei deboli dimoranti tra loro127•

127. Si vedano specialmente Ger. 7: 1 : 1 1 ed Ez. 18; 36:22-32.

4. LA CONDIZIONE SOCIALE E I RUOLI DELLE MOGLI E DELLE MADRI NELL'ANTICO ISRAELE La condizione sociale della moglie e madre. In Israele la controparte femminile del maschio capofamiglia veniva identificata come 'issa, "donna, moglie" (secondo la pro­ spettiva del marito) oppure come ' em, "madre" (secondo la prospettiva dei figli) . Gli studiosi hanno a lungo ritenu­ to che in una società di tipo patriarcale come quella israeli­ ta le mogli fossero poco più di una proprietà, soggette alla volontà degli uomini. L'affermazione di Anthony Phillips, a questo riguardo, è sintomatica: "Esse (le donne) non ave­ vano alcuno status giuridico, essendo proprietà personale prima dei padri e poi dei mariti"1 • Ma gli argomenti invol.

Ancient Israel's Criminal Law: A New Approach to the Decalogue, Blackwood, Oxford; Schocken, New York, 1970, p. 15. La stessa prospettiva è presentata nelle apprezzate e famose opere di Paul Jewett, Man as Male and Female, Eerdmans, Grand Rapds 1975 , pp. 86-90, James B. l{urley, Man and Woman in Biblica! Pers­ pective, Zondervan, Grand Rapds, 198 1 , Stephen B. Clark, Man and Woman in Christ, Servant, Ann Arbor, 1980, e Gilbert Bile­ zikian, Beyond Sex Roles: What the Bible Says About a Woman's Piace in Church and Family, 2 ed. , Baker, Grand Rapids, 1985; tutte evidenziano che gli autori ritengono esserci dei contrasti tra i punti di vista dell'Antico e del Nuovo Testamento. Anche se le motivazioni differiscono, questa prospettiva permea buona par­ te della cultura femminista, la quale esulta ogni qualvolta ritie­ ne che nell'Antico Testamento una donna stia sovvertendo il si­ stema patriarcale, considerato coercitivo per definizione. Si veda­ no, ad esempio, le opere di Mieke Bai, Lethal Love: Feminist Li­ terary Readings of Biblica! Love Stories, ISBL, Indiana University Press, Bloomington, 1987; Deatb and Dissymmetry: The Politics o/ Coherence in the Books ofJudes, CSHJ, University of Chicago Press, Chicago, 1988; Murder and Difference: Gender, Genre an d 59

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cati per avallare questa opinione sono tutt'altro che con­ vincenti, come generalmente si ritiene 2 • Primo, sostenere che la moglie fosse un possedimmto del marito in virtù del fatto che uno dei termini ebraici usa­ ti per "marito" è ba' al 3 e che in taluni contesti esso sem­ bra significare "padrone"\ è semplicistico. Se, da un lato, il sostantivo può essere interpretato "uno che regna, uno in autorità su" , oppure "uno che possiede" , il verbo ser­ ve a esprimere l'idea di "governare, esercitare autorità su" , piuttosto che "possedere". Anche in contesti coniugali la parola va intesa con "usare autorità su (una donna) " piut­ tosto che "possedere (una donna) " . Per di più, sebbene si usi la parola ba' al, signore, per indicare il marito, nessu­ no dei due termini femminili corrispettivi 'ama, "serva" , o sipl],a , " schiava" è mai usato per indicare una donna spo­ sata. Per manifestare la propria sottomissione nei confron­ ti degli uomini, una donna poteva definirsi una 'ama 5, ma quando si sposava diveniva la 'issa del suo uomo, la "mo-

2. 3.

4.

6o

Scholarschip on Sisera's Death, trad. di M. Gumpert, ISBL, India­ na University Press, Bloomington, 1988; idem, a cura di, Anti­ Covenant: Counter Reading Women 's Lives in The Hebrew Bible, JSOTSup 8 1/BLS 22, Almond, Sheffield, 1989. Vedi anche Dan­ na Noland Fewell e David M. Gunn, Gender, Power and Promise: The Subject o/ The Bible's First Story, Abingdon, Nashville , 1993 . Per una discussione e una critica di molti di questi argomenti, si veda Wright, God's People in God's Land, op. cit. pp. 29 1-3 16. La parola ebraica per "marito" , ba'al, deriva da una comune radice semitica che significa "signore, padrone" . Il verbo ba'al si­ gnifica "essere il signore, regnare", in senso derivato " sposare, prendere possesso di una donna come sposa o moglie" (HALOT, pp. 142- 143 ) , da cui si conclude che in un matrimonio israelita la moglie era vista meramente come una proprietà del marito. Il verbo ricorre con 'issa "donna, moglie", come oggetto in Deut. 2 1 : 13 ; 24: 1 ; con bètula , "vergine" , in Is. 62:5 ; con bat, "figlia", in Mal. 2 : 1 1. Ci si riferisce spesso a una donna sposata col partici­ pio passivo be tula "esser governati" . Si veda specialmente la fra­ se be' ulat ba'al "una soggetta a un marito", Gen. 20:3 ; Deut. 22: 22; L'espressione ba'al 'issa,"proprietario di autorità su una don­ na>> ricorre in Es. 2 1 :3, 22; Lev. 2 1 :4; Deut. 22:22; 24:4; II Sam. 1 1 :26; Prov. 12:4; 3 1 : 1 1 , 23 , 28; Osea 2: 18. Di un bue, Es. 2 1:28-29: 22: 1�14; di un asino, Is. 1 :3 ; di una ci­ sterna, Es. 2 1 :34, 36; di una casa, Es. 22:7; Giud. 19:22-23 ; di un debito, Deut. 15:2; di un terreno, Giob. 3 1 :39; di beni, Eccl. 5: 10; di ricchezze, Eccl. 5: 12.

LA CONDIZIONE SOCIALE E

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' RUOLI DI MOGLI E MADRI NELL ANTICO ISRAELE

glie" , l'equivalente femminile di 'ts, termine usato per "ma­ rito" molto più frequentemente di ba' al. Secondo, con­ cludere che la donna sia stata priva di diritti legali e consi­ derata un mero bene patrimoniale, basandosi sul fatto che la moglie del prorpio vicino è citata insieme alle altre pro­ prietà nel decimo comandamento6, è ugualmente ridicolo. Come Wright ha osservato, ciò che accomuna gli elemen­ ti di quella lista non è il costituire una proprietà ma ben­ sì l'essere tutti parte del clan di una persona il che, tipica­ mente, poteva suscitare la bramosia altrui 7• Terzo, sostene­ re che la pratica, da parte del marito, di pagare un prezzo al padre della sposa, un "prezzo per la sposa" sia indizio di una transazione commerciale 8 è fraintendere il termine mohar. Come già abbiamo notato, questo termine va più opportunamente tradotto con "dono matrimoniale"9• Sco­ po di quel lascito era solo favorire la sicurezza del matrimo­ nio e rinsaldare i legami tra le famiglie dei giovani sposi 10 • Quarto, l'uso del verbo qana per indicare che Boaz, in Rut 4: 10, ottenne Rut, non richiede necessariamente di essere interpretato nel senso mercantile di acquisto, come quan­ do si compra un vaso o un pezzo di terra. TI verbo permette un'ampia gamma di significati: può significare "compera­ re" , in senso specifico o "acquistare" in senso generico, ma anche "portare qualcuno sotto la propria autorità" o "crea­ re" . Nel nostro specifico contesto significa "acquistare" in senso ampio, owero portare sotto l'autorità/protezione di Boaz 1 1 • Quinto, la pretesa secondo la quale le proibizio5. 6.

Si vedano Rut 3 :9; I Sam. 25 :24-25 , 4 1 . Es. 20: 17 e Deut. 5 :2 1 elencano la moglie del prossimo tra le cose che un israelita (maschio) non doveva desiderare: la casa, la moglie, lo schiavo, la schiava, il bue, l'asino e qualsiasi altra proprietà. 7. Wright, God's People in God's Land, op. cit. p.197 8. Così Ephraim Neufeld, Ancient Hebrews Marriage Laws, with Special Re/erences to Genera! Semz'tic Laws and Customs, Longman, Green, Londra, 1 944, pp. 95-1 10. La parola ricorre tre volte: Gen. 34:12; Es. 22: 16; I Sam. 18:25 . Per una discussione, si veda de Vaux, Ancient Israel op. cit. , pp. 26-27. 9. Così anche Emmerson, "Women in ancient Israel", p. 3 82. 10. Vedi nota 1 15 del capitolo precedente. 1 1 . C/r. . Rut 2 : 12 , secondo cui Boaz si riteneva estensione delle ali di Yahweh, sotto le quali Rut aveva cercato rifugio, particolare che

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

ni di commettere adulterio con la moglie altrui12 e l'inter­ dizione cultuale in conseguenza di relazioni sessuali con la moglie di un parente (Lev. 18 : 1-18 ) siano pensate per sal­ vaguardare i reati contro la proprietà 13, è messa in dubbio dalla severità delle punizioni comminate per tali crimini: la pena di morte sia per l'uomo sia per la donna, vale a dire l'esecuzione di colui che aveva violato i diritti di proprietà altrui e la distruzione di quella proprietà. Ma in nessun al­ tro caso i reati contro la proprietà sono puniti con la pena capitale. L'adulterio era un reato grave perché compromet­ teva l'integrità del talamo coniugale, contaminava la santità dell'unione sessuale, disonorava l'essere umano in quanto immagine di Dio e, in definitiva, metteva in pericolo la sta­ bilità stessa dell'intera collettività. Analogamente, i rappor­ ti con la moglie di un congiunto costituivano un reato con­ tro la persona del marito e una minaccia alla stabilità e alla santità del matrimonio 14• Ma se tali atti offendevano il ma­ rito, oltraggiavano anche la moglie poiché, stando a Genesi 2:24, i due erano considerati una "sola carne". Sesto, interpretare la legge riportata in Esodo 2 1 :2 125 , che imponeva l'indennizzo al marito per un incidente causato a sua moglie e per la conseguente nascita prematu­ ra di suo figlio, come una richiesta di risarcimento per aver subito un danno patrimoniale 15, trascura il fatto che l'in­ tento primario di Esodo 2 1 :2 1 non è tanto l'oltraggio alla

12. 13.

14.

15.

difficilmente può esser considerato metafora di un possesso op­ primente. Gen. 3 1 : 15 riporta l'unico esempio opposto al concet­ to di acquisto di una moglie, cioè la vendita (makar) di una don­ na a un uomo per essere sua moglie. Ma questa è un'eccezione che conferma la regola. Le figlie di Labano si lamentano per l'ol­ traggio subito da parte del padre. L'efficacia retorica dell'uso di questo termine dipende dal fatto che l'azione presente del padre era contraria alla consuetudine vigente. Es. 20: 14= Deut. 5 : 18; Lev. 18:20; 20: 10; Deut. 22 :22 .; cfr. Ger. 7: 9; Ez. 1 8:6, 1 1 , 15. Louis Wallis, The Bible is Human, AMS, New York, 1972 [1942] , p. 272 ; Phillips, Ancient Israel's Criminal Law, op. cit. p. 1 17 . Se­ condo tale interpretazione l'interesse non sarebbe rivolto alla donna o all'integrità sessuale del matrimonio ma alla tutela del­ l'onore maschile e dell'integrità dei suoi possedimenti. Cfr. Lev. 18:8; 20: 1 1; Deut. 22:30; 27:20. Phillip s, Ancient Israel's Criminal Law, op. cit. p. 90.

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LA CONDIZIONE SOCIALE E I RUOLI DI MOGLI E MADRI NELL ANTICO ISRAELE

donna gravida ma la conseguente perdita del feto/figlio.

Secondo Esodo 2 1 :22, se la donna pativa ulteriori traumi, non doveva essere indennizzata con un esborso economi­ co ma con una ritorsione di pari intensità e natura16• Settimo, mentre era possibile che uomini particolar­ mente perfidi in qualità di capofamiglia considerassero il loro diritto di revocare i voti fatti da una moglie (Num. 30: 2-15) come mezzo per mantenere il controllo sulla loro proprietà, bisogna dire che il provvedimento poteva essere anche inteso da un punto di vista positivo. Nella sua veste di capo del nucleo familiare, il marito e padre era garante del benessere di tutti quelli che vivevano sotto il suo tetto. Tale responsabilità paterna e maritale si estendeva ovvia­ mente alla protezione delle figlie e delle mogli da eventuali conseguenze lesive derivate da voti troppo affrettati. Giac­ ché le donne divorziate e le vedove erano automaticamen­ te private di questo ombrello protettivo, i loro giuramenti erano vincolanti come quelli dei maschi adulti. Sulla scorta di tali considerazioni, ravvisare nelle don­ ne dell'Israele antico un semplice bene mobile apparte­ nente ai padri o ai mariti, è commettere un errore mador­ nale: significa non essere in grado di distinguere tra autori­ tà e dominio, tra dipendenza legale e asservimento, tra su­ bordinazione funzionale e proprietà. La concezione che gli scrittori biblici avevano del mondo, uniforme e tipica­ mente patricentrica, non può essere negata 17, ma ciò non significa che coloro che erano sotto la giurisdizione dei maschi fossero considerati loro proprietà. Al contrario, in conformità con l'ideale biblico progressista di un' autorità 16. Cfr. Wright, God's People in God's Land, op. cit. p. 2 1 1 17. Contro il tentativo di Trible, in un suo epocale articolo del 197 3 , di emendare Gen. 1-3 della sua posizione sessista e patriarcale e di equiparare Eva ad Adamo ( " Depatriarchalizing on Biblical Inter­ pretation" , ]AAR, 4 1 , 1973 , pp. 30-48). Si paragoni la risposta di David J.A. Clines, What Does Eve Do To Help? and Other Rea­ derly Questions to the Old Testament, JSOTSup 94, JSOT Press, Sheffield, 1990, p. 45 , che giustamente concluse che Gen. 1-3 è "indifendibilmente androcentrico " . Sebbene questo commen­ to possa applicarsi all'intero Antico Testamento, la sua nota ag­ giuntiva secondo cui questi capitoli non possono essere liberati dal loro pensiero "patriarcale e sessista" non solo è negativa ma

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

servizievole 18, i mariti e i padri dovevano esercitare auto­ rità tenendo sempre presente il benessere del proprio ca­ sato. Purtroppo, non sempre questa era l'esperienza riser­ vata alle donne nell'antico Israele. Stravolgendo il senso di Genesi 3 : 16, nelle mani di uomini egoisti e privi di scrupo­ li l'esercizio responsabile e benevolo dell'autorità spesso degenerava in un oppressivo "signoreggiare" (masal be). Ma questa è da considerare solo l'alterazione dei precet­ ti biblici e non la loro applicazione rigorosa. Nel normale modo israelita di intendere il "governo" (ro 's)) il benesse­ re collettivo di quelli che erano sotto l'autorità di un capo era sempre anteposto alla personale prosperità. Anche se la società antico-israelita era tipicamente pa­ tricentrica, le testimonianze a favore di una elevata dignità sociale della moglie e della madre sono sparse un po' ovun­ que. TI racconto della Genesi sulle origini della razza uma­ na consente le seguenti osservazioni: primo, la creazione di 'adam, a immagine e somiglianza di Dio, maschio e fem­ mina, attesta la parità antologica dell'uomo e della donna, del marito e della moglie, davanti a Dio (Gen. 1 :27). Se nel­ la creazione l'uomo regna come vice-reggente di Dio, allo­ ra la donna è sovrana insieme a lui. Secondo, l'uso in Ge­ nesi l :28 dei pronomi e dei verbi in forma plurale, attribui­ sce il privilegio, e nel contempo la responsabilità, di gover­ nare il mondo all'uomo e alla donna, respingendo l'idea del­ l'inferiorità antologica di quest'ultima. Terzo, secondo Ge­ nesi 2: 18, quando Yahweh colmò la "solitudine" di Adamo, non creo, una ( e b e d , " serva , o una ama) "domestlca" , e neppure una sipl],a, "schiava", ma una 'ezer kene gdo, una collaboratrice corrispondente a lui, un suo com­ pletamento 19. L'espressione costituisce una straordinaria in))

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anche decostruttivista; essa presume anche il bisogno di annulla­ re le strutture sociali dell'Antico Israele, prospettiva questa squi­ sitamente moderna ed eurocentrica. 18. I re dovevano regnare negli interessi dei loro sudditi (Deut. 17: 14-20), i giudici giudicare per l'utilità dei loro assistiti (Es. 18: 13-27; e/r. Deut. 10: 17-19) , i sacerdoti dovevano servire Dio e gli adoratori (Num. 6:24-27; Deut. 10:8-9) e i profeti proclama­ re gli oracoli di Dio a favore dei loro ascoltatori (Deut. 18:14 -22; II Re 17: 13-23 ) . 1 9 . S ul significato dell'espressione, s i veda ]. Wenham, Genesis 1-1 5,

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dicazione di mutua collaborazione umana: uomo e donna, marito e moglie, si completano l'un l'altra, nella sublime im­ presa di governare e riempire la terra. Quarto, anche il fat­ to che la "donna" sia stata tratta dalla costola dell' "uomo" , anziché dalla testa o dai piedi (Gen. 2:22), esprime recipro­ ca complementarietà. Lei è pari all'uomo, è al suo fianco, vi­ cina e amata dal suo cuore20• Quinto, quando la donna vie­ ne presentata all'uomo, nell'identificarla come ' issa, "don­ na " , che per assonanza si riallaccia a 'is, "uomo", egli la ri­ conosce come il proprio alter ego femminile 21. Sesto, Gene­ si l :24-25 mette in risalto la reciprocità della relazione co­ niugale: un uomo e una donna sposati costituiscono un solo corpo (b'f:iSar) e sono nudi l'uno in presenza dell'altra, in perfetta intimità e mutua fiducia 22• Sebbene questi aspetti letterari stiano a indicare una parità antologica tra maschio e femmina e una perfet­ ta complementarietà di ruoli, nell'ambito della relazio­ ne coniugale la narrazione non ha un orientamento omo­ geneo a questo riguardo. Al contrario, contiene chiari in­ dizi di ordine funzionale. ( l ) Dio creò l'uomo e la donna l'una dopo l'altro, e non simultaneamente. (2) Dio creò la donna specificamente per ovviare a una carenza dell'uo­ mo: egli era solo e aveva bisogno di assistenza per svolgere il suo compito di vice-reggente nell'Eden23• (3 ) Dio creò la

20. 21.

22.

23 .

WBC l , Word, Waco, 1987, p. 68; C. Westermann, Genesis 111: A Commentary, trad. J.J. Scullion, Augsburg, Minneapolis, 1984, p. 227 . C/r. Wenham, Genesis 1-15, op. cit. p. 69. "Ella sarà chiamata donna [ ' issa] perché è stata tratta dall'uo­ mo ['is ]" ; (Gen. 2:23 , NR) l'etimologia ha una origine popola­ re, più che semantica. Vedi anche V.P. Hamilton "il�� " NIDOT­ TE, l , pp. 537-540. Questo testo è eccezionale per l'enfasi che pone sull'uomo che la­ scia suo padre e sua madre e diventa una sola cosa con la moglie. Altrove, il matrimonio israelita è presentato regolarmente come patrilocale, con la donna che lascia suo padre e sua madre e l'uo­ mo che la "prende" (laqal}) in moglie. L'aiuto di cui l'uomo ha bisogno non è specificato, ma secondo il più ampio contesto sembra includere, in linea generale, il suo es­ sere a immagine di Dio, cioè suo rappresentante e portavoce, da un lato avendo il dominio sul mondo, specialmente riproducen­ dosi e riempiendo la terra (Cfr. Gen. 1:28), e dall'altro lato lavo-

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

donna dall'uomo, e non l'uomo dalla donna (l'ordine na­ turale delle cose) , oppure entrambi dallo stesso materia­ le preesistente. (4) Dio presentò la donna all'uomo, non l'uomo alla donna. (5) Menzionando il parere dell'uomo sulla creazione della donna, piuttosto che fare l'inverso o presentare entrambi, il testo suggerisce un'interpretazio­ ne della creazione in chiave essenzialmente androcentrica. (6) Fu l'uomo a dare il nome alla donna, e non viceversa, e il nome di questa è notoriamente proveniente da quello dell'uomo. L'importanza di questi argomenti spesso passa inosservata ai lettori moderni della Bibbia, ma per gli an­ tichi ebrei niente era da ritenersi casuale o fortuito 24• Qui sta l'ingegnosità di questo racconto e della descrizione del rapporto coniugale ideale. Nella loro posizione e dignità, sia l'uno davanti all'altra sia al cospetto di Dio, marito e moglie sono fondamentalmente e antologicamente ugua­ li e, rispettivamente secondo la loro virilità e femminilità, svolgono ruoli complementari. Tuttavia, il concentrarsi sulla figura dell'uomo in Ge­ nesi 2 preannuncia il ruolo maschile di guida dell'unità fa­ miliare. In un contesto ideale, senza difetti, le tensioni sa­ rebbero state più apparenti che reali ma, in conseguenza del peccato commesso dall'uomo, nei racconti susseguenti questo quadro viene spesso alterato e totalmente distorto, mentre gli ideali patricentrici degenerano in illeciti, non­ ché egocentrici, esercizi di potere patriarcale. Ciò non si­ gnifica che gli ideali di uguaglianza e di funzionalità reci­ proca fossero trascurati. Sebbene la condizione di sotto­ missione funzionale della moglie a suo marito sia una co­ stante, in tutte le pagine veterotestamentarie si ravvisano altresì chiaramente l'alta considerazione del ruolo femmi­ nile e l'indiscutibile influenza che esso esercita in ambi­ to domestico. Quello che segue è un breve elenco di pro­ ve che potremmo addurre a sostegno di tali affermazioni. Innanzitutto, sia nel corteggiamento sia nelle pratiche sesrando (abad) e custodendo (samar) il giardino d'Eden (Gen. 2: 15 ). I verbi in Gen. 2 : 15 sono più tardi impiegati per descrivere il ministero sacerdotale del tabernacolo, dando l'impressione che il paradiso sia come un giardino sacro a Dio. Cfr. Ez. 28: 1 1-19. 24. L'argomentazione paolina di I Cor. 1 1 :7-12 e I Tim. 3 :8-15 è ba­ sata su alcune di queste caratteristiche. 66

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suali, i mariti e le mogli hanno la stessa valenza25• In secon­ do luogo, i casi in cui le mogli/madri impongono il nome ai propri figli sono la maggioranza26• Terzo, come afferma il quinto precetto del Decalogo, attribuire onore ai padri e alle madri è implicito nella struttura stessa della comunità israelitica tradizionale27• Quarto, il padre e la madre erano entrambi corresponsabili della difesa della propria figlia, nel caso in cui il marito l'avesse falsamente accusata di non essere vergine all'atto del matrimonio. Quinto, la saggez­ za biblica pone l'educazione impartita dalla madre sullo stesso piano di quella paterna28. Sesto, il ritratto della pre­ gevolezza femminile presentato nell'acrostico alfabetico di Proverbi 3 1 : 10-3 1 ne sottolinea l'intraprendenza, l'inven­ tiva e l'energia; owiamente, la donna appare subordinata, ma non asservita al marito29• Settimo, spesso le mogli, nelle 25 . n Cantico dei Cantici non presenta l'amore come un miscuglio di

26.

27 .

28.

29.

volitiva mascolinità e di remissiva femminilità, ma come un pia­ cere alla pari, con l'uomo e la donna che si protendono l'uno verso l'altra in una mutualità e un egualitarismo che riflettono l'ideale metafisica dell'amore, anche se esso non corrisponde alle realtà della vita. Sull'argomento, si veda Richard M. Davidson, "Theology of Sexuality in the Song of Songs: Retum to Eden", AUSS 27, 1989, pp. 1-19. Sui quarantasei casi ricordati nell'Antico Testamento, in cui vie­ ne dato un nom� ai figli, ventotto attestano che il nome è assegna­ to dalla madre. E generalmente accettato dagli studiosi che, nel­ l' economia veterotestamentaria, dare il nome a un figlio costituiva una manifestazione di autorità (Cfr. Geo. 2 : 1 9-20). Es. 20: 12; Deut. 5: 16; Lev. 1 9:3 invertono l'ordine dei genito­ ri, menzionando la madre come prima destinataria dell 'onore. La legge biblica prevedeva la pena di morte per un figlio ribel­ le che malediceva o aggrediva suo padre o sua madre (Es. 2 1 : 1517; Lev. 20:9; Deut. 27 : 16; e/r. Ez. 22:7). Secondo Deut. 2 1 : 18-2 1 , se un figlio ribelle si rifiutava di ubbidire a suo padre o sua ma­ dre, i genitori insieme dovevano denunziare il giovane alle auto­ rità giudiziarie. Prov. 1 :8; 6:20. Roger N. Whybray, Wisdom in Proverbs, Alleo­ san, Naperville, 1965 , p. 42, osserva che la letteratura sapienziale ponendo madre e padre "esattamente sullo stesso piano quali in­ segnanti dei propri figli", adegua una tradizione egizia (alla qua­ le, per diversi aspetti, è strettamente legata) a una situazione do­ mestica tipicamente israelita: padre e madre condividevano le re­ sponsabilità per l'educazione dei figli. Sono grato al mio collega Peter Gentry per avermi fatto notare questa osservazione. n suo ruolo è chiaramente complementare a quello dell'uomo, ma

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

relazioni coniugali, esercitavano una notevole influenza sui propri mariti, al punto che talvolta la loro volontà prevale­ va sui desideri maritali30• Ottavo, sebbene le donne fossero esonerate dal ricoprire cariche pubbliche con funzioni di­ rettive (sacerdozio, organi di giurisdizione, anziani del po­ polo, comandi militarP1 e governo della nazione32, esse venon in competizione col marito. La donna ha la propria fede per­ sonale (Prov. 3 1 :30) , ma manca dell'ambizione egocentrica. Le sue energie vengono profuse per garantire il benessere ai propri figli e al marito, come anche al prossimo bisognoso. Ella non ha bisogno di far conoscere la sua forza o capacità; le sue virtù par­ lano per lei. 30. In Gen. 16: 1-6 Sarai riconosce Abramo capo della famiglia, ma nell'episodio di Agar e di lsmaele, Abraamo dà ascolto alla voce di sua moglie. In Gen. 2 1 :8-2 1 , Sara chiede ad Abraamo di man­ dare via Agar e Ismaele e Dio ratifica questa richiesta. In Gen. 28, Rebecca progetta con determinazione di far ricevere al suo figlio favorito la benedizione del marito. In I Sam. l , Anna prende l'ini­ ziativa di pregare per un figlio, e quando viene il tempo di portare al tabernacolo il piccolo Samuele, Elcana risponde: "Fa' come ti sembra bene" (I Sam. 1 :23 ) . In I Sam. 19: 1 1-17, Mical incoraggia Davide a scappare, assumendosene l'intera responsabilità dinanzi a suo padre Saul. In nessuno di questi o in altri numerosi esempi di mariti che liberamente acconsentono ai desideri/suggerimenti delle loro mogli, il narratore esprime sorpresa o contrarietà, parti­ colare in netto contrasto con Num. 12, dove la sorella (insieme al fratello) di Mosè contestano l'autorità senza eguali che quest'ul­ timo aveva in Israele. 3 1 . Debora è comunemente identificata come uno dei giudici "libe­ ratori" nel libro dei Giudici, ma un'analisi più dettagliata degli eventi chiarisce che il suo ruolo in Giud. 4-5 è esclusivamente profetico. Per una discussione di questo problema, si veda Daniel I. Block, "Deborah Among the Judges: The Perspective of the Hebrew Historian", in Alan R. Millard et al., a cura di, Faith, Tradition, and History: Old Testament Historiography in Its Near Eastern Context, Eisenbrauns, Winona Lake, 1994, pp. 229-53 ; idem, Judges/Ruth, op. cit. pp. 191- 197. 3 2 . L'Antico Testamento non applica mai il titolo malka, "regina", ad alcun regnante d'Israele o di Giuda, anche se il termine è at­ tribuito ad alcune regine straniere: la regina di Saba (I Re 10; II Cron. 9): Vashti (Ester l) ed Ester (Ester 2:22; 5 :3 e altri) , entram­ be regine persiane. Questo non impedì a lzebel, la moglie tiran­ na di Acab, di esercitare una notevole influenza su di lui (I Re 1 8 : 4, 13 , 19; II Re 9) ma, come osserva Mayer l. Gruber, "Women in the Ancient Levant", in Bella Vivante, a cura di, Women's Roles in Ancient Civilizations: A Re/erence Guide, Greenwood, Westport, 1999, p. 14 1 , il suo ascendente probabilmente derivava più dalla 68

1 LA CONDIZIONE SOCIALE E I RUOLI DI MOGLI E MADRI NELL ANTICO ISRAELE

nivano impiegate da Yahweh per compiti profetici ad hoc33 e certamente partecipavano senza impedimenti a diverse attività religiose e cultuali34• Ne è prova il fatto che in tutto l'Antico Testamento, l'im­ magine delle donne nel culto appare in stridente contrasto con gli atteggiamenti misogini maturati durante il periodo intertestamentario. Deuteronomio 12:2 invita l'intero nucleo familiare genitori, figli e figlie, servi, serve e !eviti residen­ ti a gioire dinanzi a Yahweh nel luogo che egli avrebbe scelsua forte personalità che non dalla sua posizione ufficiale. Sua fi­ glia Atalia si sposò con Ioram re di Giuda. Dopo la morte di suo figlio Acazia per mano di Ieu, ella si impossessò del trono, pro­ cedendo a sterminare spietatamente tutta la discendenza reale, e amministrò il regno in Gerusalemme per sette anni ( II Re 1 1 : 120) ma questa, chiaramente, era una deviazione dal modello nor­ male per la monarchia. 33 . Sono cinque le donne che portano il nome di nebi ' a : Miriam (Es. 15:20), Debora (Giud. 4:4) , la anonima moglie di Isaia (Is. 8:3 ) , Culda ( II Re 22: 14) e Noadia (Nee. 6:14). A questo elenco, pro­ babilmente, va aggiunta Anna, le cui espressioni in I Sam. 2 :2-10, recano il marchio di un oracolo profetico. 34. Presentare doni per la costruzione del tabernacolo (Es. 35 :2029); comporre e cantare canti di lode (Es. 15: 1-2 1 ; Giud. 5 : 1-3 1 ; I Sam. 2: 1-10) ; danza liturgica e per processioni religiose (Es.15: 20-2 1 ; Giud. 2 1 : 1 9-2 1 ; Sal. 68:25 ; Ger. 3 1 : 1 3 ; e/r. la partecipazio­ ne delle donne in danze celebrative di natura non religiosa: Giud. 1 1 :34; I Sam. 18:6-7; 2 1 : 12; 29:5); lamenti cultuali (II Cron. 35: 26; Ger. 9 : 1 6-17) ; suonare strumenti musicali nell'orchestra del tempio ( lCron. 25:5 -7) e cantare nel coro del tempio (Esd. 2:65 ; Nee. 7 :67 ); servire all 'ingresso della tenda di convegno (Es. 3 8:8; I Sam. 2 :22); partecipare a pranzi liturgici (I Sam. 1 :9): preghie­ ra (I Sam. 1 :9-18); partecipare al culto di famiglia (Gen. 35: 1-7); celebrare la pasqua (Es. 12:43-5 1 ) ; praticare l'ascetismo nazireo (Num. 6:2; Giud. 13 : 1-14); e fare voti (Num. 30: 1-15). In aggiun­ ta a queste legittime pratiche religiose, l'Antico Testamento ripor­ ta una serie di attività religiose vietate: falsa profezia e magia (Ez. 13 : 17-23 ); negromanzia (I Sam. 28); pianto sincretistico-pagano per divinità straniere (Ez. 8: 14-15 ); produzione di vestiti e deco­ razioni per simulacri pagani (2 Re 23 :7 ); cuocere focacce e sacri­ ficare alla "regina del cielo" (Ger. 7: 18; 44: 15-1 9) ; e prostituzio­ ne sacra (Deut. 23 : 17-18; Mich. 1:7). Contrariamente all'opinio­ ne radicata, l'ultima attività citata probabilmente non implicava la prostituzione in un luogo sacro come parte di un rituale di ferti­ lità, ma la prostituzione in quanto mezzo per adempiere un voto. Per una discussione, si veda K. Van der Toorn, "Cultic Prostitu­ tion" , ABD, 5 , pp. 5 10-5 1 3 .

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

to quale posto favorito per essere adorato. Secondo Neemia 8, tutti quelli che erano ritornati dall'esilio uomini, donne e bambini in grado di capire, ascoltavano la lettura e l'esposi­ zione della Torah e poi partecipavano alla santa celebrazio­ ne che seguiva. A differenza del tempio edificato da Erode per ingraziarsi i giudei, dotato di cortili separati per le don­ ne e per i gentili35, nessun modello delle precedenti strutture veterotestamentarie riservate al culto (il tabernacolo, il tem­ pio davidico e il tempio di Ezechiele) prevedeva l'esclusione o la separazione delle donne dagli uomini. E in nessun pun­ to dell'Antico Testamento scopriamo il risentimento misogi­ no che invece sprigionano dagli scritti di Ben Sirach36• Alla luce di tutte queste considerazioni, l'opinione ri­ corrente secondo la quale nell'antico Israele le donne non avevano alcuno status giuridico ed erano delle semplici proprietà individuali, appartenenti prima ai padri c::_ poi ai mariti, non solo è approssimativa ma anche falsa. E chia­ ro che allorché le giovani donne si sposavano, la respon­ sabilità della loro esistenza si trasferiva dai padri ai mari­ ti, ma questo, in circostanze normali o perlomeno idea­ li, non significava subire l'esercizio di un'autorità oppri­ mente. Anzi, un marito vigoroso era garanzia di sicurezza e protezione per colei che, in caso contrario, sarebbe stata estremamente vulnerabile sotto l'aspetto economico e fìsi­ co. Naturalmente, ciò non vuoi dire che tutte le donne in Israele fossero allo stesso modo protette e amate. A parte le volubilità dei caratteri dei singoli mariti, c'erano alcuni fattori istituzionali che militavano a sfavore della sicurezza della donna, tra i quali la poligamia, il divorzio e la vedo­ vanza. La più comune insidia per la tranquillità della don­ na, ossia la poligamia (l'unione coniugale simultanea con più di una moglie, più precisamente poliginia) costituiva 35. Per uno schema si veda Enc]ud, 15, p. 962 36. Vedi Sir. 25 : 13-26:12. Per una breve esposizione del soggetto in Ben Sirach, si veda Collins, "Marriage, Divorce, and Family in Se­ cond Temple Judaism ", pp. 143- 145 ; per una trattazione più ap­ profondita, si veda Warren C. Trenchard, Ben Sira's View of Wo­ men: A Literary Analysis, BJS 38, Scholars Press, Chico, 1982. Nell'Antico Testamento un tono che si avvicina alquanto a questo tipo di risentimento lo si può trovare solo in pochi e isolati passi dei Proverbi: 19: 1 3 ; 2 1 :9; 27: 15 .

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una sfida, sia per il marito sia le mogli. Sebbene l'Antico Testamento sembri presentare la mo­ nogamia (un solo marito e una sola moglie) come ideale coniugale (Gen. 2:24-25 ), esso non contiene alcuna pre­ scrizione chiara e inequivocabile del modello da prospet­ tare alla popolazione in generale37• Al contrario, i racconti biblici riportano numerosi esempi di poligamia38• Ma quello di Elcana sembra esse­ re il solo caso di poligamia, dal che si può dedurre che tra la gente comune l'incremento delle mogli era da collegar­ si alla prosperità e all'estrazione sociale dell'uomo, all'in­ temo della collettività. Strano a dirsi, la sola persona alla quale era espressamente proibito avere molte mogli era il re (Deut. 17:17), e ciò per ragioni d'ordine religioso in quanto le mogli (verosimilmente donne straniere, sposa­ te per rinsaldare i vincoli dinastici) avrebbero potuto de­ viarlo dall'essere sinceramente devoto a Yahweh. Sebbe­ ne gli accordi coniugali poligamici potevano presentare ta­ luni vantaggi, le informazioni forniteci dall'Antico Testa­ mento mostrano chiaramente le difficoltà che tale forma matrimoniale arrecava all'attività della famiglia. In primo luogo, possedere numerose mogli gratificava senz' altro il marito sotto l'aspetto sessuale, ma suscitava la gelosia tra le diverse mogli, nel contendersi l'una con l'altra il mari­ to per una notte39• Inoltre, un matrimonio con più donne, 37. L'uso del singolare 'iSSa in dichiarazioni come quelle che si trova­ no nel Decalogo (Es. 20: 17; Deut. 5:2 1 ) sottintende ma non esi­ ge necessariamente la monogamia, come l'uso del singolare 'ahot in Lev. 1�:9 non suggerisce che una persona debba avere una sola sorella. E notevole il fatto che l'Antico Testamento non conosca affatto la poliandria (matrimonio con più mariti). 38. Lamec (Ada e Zilla , Gen. 4:23), Abraamo (Sara, insieme ad Agar e Chetura, Gen. 16; 25: 1-2); Giacobbe (Lea e Rachele, senza con­ tare le loro rispettive serve, Zilpa e Bila, che gli dettero dei figli, Gen. 30); Esaù (Giudit, Basmat, Maalat, Ada e Oolibama, Gen. 26:34; 28:9; 36: 1-5); Gedeone (molte mogli, inclusa una concu­ bina sichemita, Giud. 8:30-3 1 ) ; Elcana (Anna e Peninna, I Sam. 1 :2); Davide (Mical, Abigail, Ainoam, Maaca, Aggith, Abitai ed Egla, I Sam. 18: 17-30; 25 :3�3 ; II Sam. 3 :2-5 ) ; Salomone (un vasto harem, I Re 3 : 1 ; 1 1 :3 ; 5 : 1 3 ; Cant. 6:8) e Roboamo (diciotto mogli e sessanta concubine, II Cron. 1 1 ;2 1 ) . 3 9 . Gen. 30: 1-2, 15. 7I

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

se da un lato era per il maschio il presupposto per acquisi­ re un rango più elevato, all'interno della più ampia comu­ nità, dall'altro lato inaspriva l'antagonismo tra le mogli per la loro posizione nell'ambito familiare40, facendo crescere nella famiglia allargata la probabilità di insoddisfazione41• In terzo luogo, nonostante un matrimonio poligamo pote­ va costituire motivo d'incremento della forza lavoro, origi­ nava inevitabilmente rivalità e violenza tra i figli42 nonché prevaricazioni nella spartizione delle eredità43 • E ancora: le unioni con più mogli, intese a riempire di figli la "faretra" dell'uomo (Sal. 127 :3-5 ) , gli assicuravano sotto un certo aspetto la prosecuzione della vita oltre la morte44, di fatto generavano dissapori tra i figli, che poi si ripercuotevano sul padre, rendendogli la vita terrena infelice e, frequente­ mente, anticipandone la discesa nella tomba45• Ovviamente, l'efficienza/inefficienza dei nuclei familiari poligami variava in maniera sensibile a seconda dei caratteri e dei temperamenti del marito e delle mogli, della posizione economica della famiglia, dello stato sociale delle mogli (cioè, se in origine fossero cittadine libere o schiave poi elevate, gra­ zie al matrimonio, dallo stato di 'ama a quello di 'issa). La seconda causa più rilevante di precarietà della con­ dizione femminile era la vedovanza46, causata dalla mor­ te prematura dell'uomo sotto il cui tetto la donna aveva in passato trovato protezione (menuiJ,a, Rut 1 :9) . Come ac­ cade anche oggi, nell'antico Israele le donne tendevano a vivere più a lungo dei mariti 47, fattore questo che incideva 40. Si noti il desiderio di essere amate dal proprio marito di Lea e Pe­ ninna, nonostante la loro fertilità, rispettivamente in Gen. 30: 14: 31 e I Sam. 1 : 1-8. 4 1 . Gen. 26:35. 42. Giud. 9: 1--6; II Sam. 13; I Re 1-2. 43 . Deut. 2 1 : 15-17. 44. Sulla credenza che i padri continuassero a vivere nei figli, si veda più sotto. 45. Gen. 37, specialmente i versi da 29 a 36; 42:35-38; 43 : 1 1-14; 45:28. 46. n problema del divorzio è stato discusso precedentemente. 47 . L'Antico Testamento riferisce di diversi uomini preceduti nel­ la morte dalle proprie mogli. In situazioni poligamolhigamiche (Abraamo, Giacobbe) l'afflizione sarebbe stata ancora intensa, ma il benessere del vedovo all'interno del nucleo familiare sareb­ be stato assicurato. n più notevole esempio di vedovo veterote-

LA CONDIZIONE SOCIALE E I RUOLI DI MOGLI E MADRI NELL ANTICO ISRAELE 1

particolarmente in tempo di guerra. L'antico sistema del clan avrebbe dovuto garantire sicurezza a ciascun membro della famiglia allargata, incluse le vedove. Tuttavia, giacché i matrimoni erano patrilocali, quando il capofamiglia mo­ riva la posizione della vedova all'interno del casato pote­ va diventare incerta. La sorte della vedova di uno dei "figli dei profeti" descritta in II Re 4: 1-7 , illustra bene l'entità e la gravità del mutamento improvviso provocato dal de­ cesso del marito; ma la situazione sarebbe stata ancor più preoccupante se lei e suo marito fossero stati membri di una famiglia disfunzionale (inefficiente). Perfino la legge del levirato, concepita originariamente per assicurare alla vedova un secondo marito, non veniva applicata nel suo interesse ma prioritariamente per salvaguardare la discen­ denza maschile e la proprietà patrimoniale48• L'estrema vulnerabilità della vedova nell'antico Israe­ le si evidenzia nel fatto che circa un terzo delle citazioni in cui si ripete la parola "vedova" , 'almlina , ricorrono nel­ la legislazione mosaica tesa a favorire la sicurezza di altri gruppi deboli, quali gli orfani, gli stranieri e i leviti49• Ge­ neralmente, la tutela di una vedova avrebbe dovuto esse­ re un'incombenza spettante ai figli o al suocero, o anche ai cognati, i fratelli del marito. Se però tali persone di fami­ glia erano inottemperanti, oppure se gli uomini del clan di suo marito si rifiutavano di assisterla50, priva della prote­ zione fisica ed economica di suo marito, ella poteva dive­ nire vittima dello sfruttamento, della prepotenza51 e talvol­ ta persino di un assassinio52• Tutto quello che poteva fare

48. 49.

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stamentario è Ezechiele, la cui moglie, "delizia dei suoi occhi" (mahmad ' enay), Yahweh aveva preso come segno dell'immi­ nente afflizione in Gerusalemme (Ez. 24: 15-27). li termine per designare il vedovo, 'alman, ricorre solo in Ger. 5 1:5 , in un goffo senso metaforico, denotando l'abbandono della nazione da parte di Yahweh, nel 586 a.C. Sull'istituzione maritale del levirato, si veda più sotto. Vedi HALOT, p. 58, per riferimenti. I profeti lasciano intendere che il problema si sia presentato du­ rante la maggior parte della storia d'Israele. Cfr. Is. 1 : 17 , 23; 1 0:2; Ger. 7:6; 22:3 ; Ez. 22: 1 , 25 ; Zac. 7: 10; Mal. 3 :5. Is. 10:2; Ger. 7 :6; 22:3 ; Giob. 24:3 , 21; Sal. 94:6. Sal. 94:6. Quanto detto, però, sembra in contrasto con l'apologia di Giobbe, nella quale egli asserisce che, contrariamente alla criti73

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

era reclamare la dote datale dal padre al tempo del matri­ monio che, talora, poteva anche includere qualche appez­ zamento di terreno53 ; ma in linea di massima, la vedova era sottoposta alla generosità altrui54 e ove questa veniva meno era costretta a dare se stessa o i propri figli come schiavi55 oppure a divenire una prostituta56• I doveri della moglie verso il proprio marito. Come già notato, secondo l'ideale presentato in Genesi 1-2, in un matrimonio gli antichi israeliti riconoscevano alla mo­ glie un triplice ruolo: ( l ) collaborare col marito nel mate­ rializzare la benedizione enunciata in Genesi 1 :28: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra" . (2) Adempiere il mandato divino di coltivare e custodire il giardino, in al­ tre parole, governare il mondo per conto di Dio e (3 ) assi­ curare al marito un rapporto affettivo. Esaminerò questi aspetti uno per volta. Innanzitutto, qualunque sia al riguardo l'opinione del­ l' occidentale di oggi, la testimonianza dell'Antico Testa­ mento sottolinea chiaramente che per gli antichi israeliti il contributo più rilevante che potesse fornire una donna al nucleo familiare era quello di partorire figli al marito. Nel-

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54.

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ca dei suoi " amici" (Giob. 22 :9), egli si è davvero preso cura degli orfani e delle vedove (Giob. 29: 12, 13; 3 1 : 16, 17). Si veda il caso di Acsa in Giud. 1 : 1 1 , 12. I diritti della donna di possedere del terreno sono riconosciuti anche alle figlie di Selo­ fead (Num. 36: 1-9), ma anche in questo caso l'interesse principa­ le appare essere la conservazione del patrimonio terriero. Giob. 3 1 : 16. Si raffronti la fragilità della vedova Rut, il cui benes­ sere dipendeva dallo spigolare "dietro a colui nel cui cospetto io possa trovare grazia" (Rut 2:2, traduzione dell'autore. li corsivo è dell'autore) . II Re 4: 1-7 . Si noti qui l'uso retorico della condizione vedovile nelle minacce profetiche, secondo le quali Yahweh renderà le vedove d'Israe­ le più numerose della sabbia del mare (Ger. 15:8; e/r. . Ger. 18: 2 1 ; Lam. 5:3) e il desiderio imprecatorio del salmista che la mo­ glie del malvagio diventi vedova e che i suoi figli restino orfani (Sal. 109:9; e/r. Giob. 27 : 15). Nello stesso tempo, la figura del­ la vedova fornisce a Yahweh l'opportunità per illustrare con un' efficace metafora la propria natura benigna: è lui, infatti, che di­ fende i diritti della vedova (Sal. 68:5 e che la sostiene (Sal. 146: 9); che ne difende i beni dall'appropriazione illecita e dalla con­ fisca (Prov. 15:25 ) .

I.A

' CONDIZIONE SOCIALE E I RUOLI DI MOGLI E MADRI NELL ANTICO ISRAELE

l'antichità le persone si sposavano con lo scopo primario di avere dei bambini. Gli israeliti credevano, al pari degli occidentali fino al xvm secolo, che nel processo del con­ cepimento e dello sviluppo fetale, il grembo di una donna avesse semplicemente la funzione di un involucro nel qua­ le il seme di un uomo potesse germinare e svilupparsi. I padri continuavano a vivere nei loro :figli. Di conseguenza, dare alla luce un :figlio era un atto dovuto da una moglie al proprio marito 57• Infatti, il più eccellente apporto che una donna potesse dare a una famiglia in generale e al marito in particolare, era donargli una discendenza. Attraverso la gravidanza una donna si guadagnava il rispetto nella socie­ tà e acquistava valore nel seno della famiglia. Al contrario, la mancata maternità era vista come una maledizione e una macchia vergognosa58• In secondo luogo, le donne svolgevano una funzione fon­ damentale, gestendo la famiglia e contribuendo con il loro lavoro manuale al suo sostentamento. Potremmo conside­ rare ciascun nucleo familiare come una riproduzione in mi­ niatura dell'Eden e i doveri di marito e moglie come l'equi­ valente di quelli di Adamo ed Eva nel giardino, vale a dire "lavorarlo (abad) e custodirlo (Samar) " su incarico rice­ vuto dall'alto (Cfr. . Gen. 2 : 15). A seconda dello stato pa57 .

Considerando le sole narrazioni abraamiche, si notino i seguenti riferimenti: Geo. 16: 1 , 16; 17: 17, 19, 2 1 ; 2 1 :2, 3 , 5, 7, 9; 22:20, 23; 24: 15, 24, 47; 25: 2, 12. 58. In Gen. 30:1 Rachele sfoga la sua disperazione con Giacobbe: "Dammi dei figli, altrimenti muoio", ma più tardi, alla nascita di Giuseppe, esprime la sua gioia: "Dio ha tolto la mia vergogna" (Gen. 30:23 ). La sterilità fenuninile è un motivo ricorrente nei racconti patriarca­ li che iniziano con un ridondante annunzio della sterilità di Sarai/ Sara, in Geo. 1 1 :30; il problema si ripete poi nella vita di Rebecca (25:2 1 ) . In I Sam., Anna la donna sterile ed Eli il sacerdote pren­ dono entrambi parte al problema. Dopo aver notato, in I Sam. 1 :2, che Anna non aveva figli, e in I Sam. 1 :5-6, averne attribuito la cau­ sa a Yahweh, il Signore l'aveva fatta sterile, lo scrittore osserva che Yahweh si ricordò di Anna e, a tempo debito, ella poté partorire un figlio (I Sam. 1 : 19-20; e/r. . v.27). Eli riconosce anche che il concepi­ mento è un atto divino (I Sam. 1 : 17). Per ulteriori cenni sulla parteci­ pazione di Yahweh nel concepimento e nella nascita dei figli, si veda Gen.18:9-15; 2 1 : 1-2; 25:2 1 ; 29:32, 33; 30:2, 6, 17, 22-24; Giud. 13: 3-7; Rut 4 : 13-14. 75

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

trimoniale familiare, i principali compiti della moglie nel­ l' accudire e difendere il focolare domestico consistevano nel badare al giardino, mietere il grano, preparare il cibo e provvedere il vestiario ai membri del nucleo59• Nei nu­ clei familiari più ampi, che includevano anche la servitù, la moglie sovrintendeva alle persone impegnate nei lavori domestici. Proverbi 3 1 : l 0-3 1 ci fornisce il ritratto più det­ tagliato di tutto l'Antico Testamento del ruolo di una mo­ glie nel seno di una tipica famiglia della classe media60• " 10 Una donna virtuosa chi la troverà?

n suo pregio sorpassa di molto quello delle perle. 11 n cuore di suo marito confida in lei, ed egli non mancherà mai di provviste. 12 Lei gli fa del bene, e non del male, tutti i giorni della sua vita. 13 Si procura lana e lino, e lavora gioiosa con le proprie mani. 14 È simile alle navi dei mercanti:

fa venire il suo cibo da lontano. u

Si alza quando ancora è notte,

distribuisce il cibo alla famiglia e il compito alle sue serve. 16 Posa gli occhi sopra un campo, e l'acquista; con il guadagno delle sue mani pianta una vigna. 17 Si cinge di forza i fianchi

59. Sebbene sembri esserci stata una ripartizione di attività tra i mem­

60.

bri del nucleo familiare, i limiti erano flessibili e poche di queste occupazioni di routine erano di esclusiva competenza delle don­ ne. Caino era un agricoltore (Gen. 4:2); Abraamo collaborò a pre­ parare il cibo per i suoi visitatori celesti (Gen. 18: 1-8); Lot prepa­ rò un banchetto e fece cuocere dei pani senza lievito per gli stes­ si ospiti (Gen. 19:3 ) ; Esaù preparò una pietanza saporita per suo padre (27 :30, 3 1) ; Gedeone preparò un pasto per il suo visitatore angelico (Giud. 6:19) e il suocero del levita lo ospitò e si occupò di lui per tre giorni (Giud. 19: 1-9) . L'intestazione suggerisce che l'interesse primario del passo è gui­ dare un giovane a trovare una moglie esemplare, ma la compo­ sizione in forma di acrostico può indicarne l'accorpamento con un'unità letteraria separata, forse un insegnamento a sfondo reli­ gioso che le madri impartivano alle proprie figlie, nello sforzo di prepararle per l'età adulta.

LA

CONDIZIONE SOCIALE E I RUOLI DI MOGLI E

MADRI

' NELL ANTICO ISRAELE

e fa robuste le sue braccia. 18 Sente che il suo lavoro rende bene; la sua lucerna non si spegne la notte. 19 Mette la mano alla rocca, e le sue dita maneggiano il fuso. 20 Tende le palme al misero, e porge le mani al bisognoso. 21 Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutta la sua famiglia è vestita di lana rossa. 22 Si fa dei tappeti, ha vesti di lino finissimo e di porpora. 23 Suo marito è rispettato alle porte della città, quando si siede tra gli anziani del paese. 24 Fa delle tuniche e le vende e delle cinture che dà al mercante. 25 Forza e dignità sono il suo manto, e lei non teme l'avvenire. 26 Apre la bocca con saggezza, e ha sulla lingua insegnamenti di bontà. 27 Sorveglia l'andamento della sua casa, e non mangia il pane di pigrizia. 28 I suoi figli si alzano e la proclamano beata, e suo marito la loda, dicendo: 29 "Molte donne si sono comportate da virtuose, ma tu le superi tutte ! " JO La grazia è ingannevole e la bellezza è cosa vana; ma la donna che teme il Signore è quella che sarà lodata. u Datele del frutto delle sue mani, e le opere sue la lodino alle porte della città " .

Questa rappresentazione biblica della previdente vir­ tuosità femminile è ben diversa dall'immagine di prevari­ cazione e violenza che il moderno femminismo associa al patriarcato. In questo brano vediamo che la donna trova il suo più grande diletto nel promuovere il bene della fa­ miglia. Ella è instancabile nell'assistere suo marito e i suoi figli, efficiente nei suoi doveri, discreta di natura e miseri­ cordiosa nelle proprie azioni. Insomma, lavora e custodi­ sce bene il proprio pezzo di Eden. Ciò non significava che le mogli non si dessero da fare an­ che fuori dal focolare domestico. Le attività della donna elen77

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

cate in Proverbi 3 1 non erano, infatti, limitate alle mura ca­ salinghe o ai componenti della famiglia, quantunque fossero tutte svolte per il bene dell'intero nucleo familiare. Ad esem­ pio, la moglie si procurava all 'esterno i beni necessari per il sostentamento della famiglia e, sempre all'esterno, rivendeva quelli prodotti in eccedenza. Alcune donne erano attive fuo­ ri dall'ambito familiare. Ho già osservato il ruolo profetico svolto da donne come Debora, la quale assolveva ai suoi uffi­ ci sotto una palma, tra Rama e Betel (Giud. 4:4-5). I.: allusio­ ne veterotestamentaria ad altri tipi di attività professionali al­ l'infuori della famiglia è scarsa, ma il ritrovamento di alcu­ ni sigilli, databili tra l'VIII e il VI secolo a.C . , recanti nomi di donne, dimostra che le donne potevano occupare im­ portanti cariche anche nell'amministrazione governativa61 • Terzo, la moglie offriva al marito la propria compagnia. Anche se una donna era legalmente subordinata al mari­ to, fungeva tuttavia idealmente anche da sua confidente e amica fidata62• La reciprocità e la parità, la solidarietà e l'amore, l'impegno e la compassione che si sperimentava­ no in una sana unione coniugale sono elencati dalla Sula­ mita nel Cantico dei Cantici (la traduzione è mia) :

Sono stati infatti scoperti tredici stampi con nomi di donne, au­ torizzate a sigillare documenti legali. Molte delle donne nominate sono state identificate in base ai nomi dei loro padri: "X figlia {bt] di Y", oppure in base a quelli dei loro mariti: "X moglie ['St] di Y". Di particolare interesse è risultato un sigillo del tardo VI seco­ lo a.C., recante l'iscrizione lslmyt 'mt 'lntn phw ' cioè " (appar­ tenente) a Shelomit, domestica di Elnathan il governatore" . No­ nostante questa donna sia stata ovviamente solo una dipendente dell'alto funzionario, il fatto che avesse un proprio sigillo dimo­ stra che ricopriva un ruolo pubblico. Per un'ulteriore discussio­ ne su questo e su altri sigilli, si veda Nahman Avigad, "The Con­ tribution of Hebrew Seals to an Understanding of Israelite Reli­ gion and Society" , in Ancien Israelite Religion: Essas in Honour o/ Frank Moore Cross, ]r, a cura di P.D.Hanson, Paul D.Miller Jr. e S.Dean McBride, Fortress, Filadelfia, 1987, pp. 205-206. 62 . Concetti tratti, in Mal.2 : 1 1 , dal termine ebraico /:Lab eret, "con­ sorte", derivato da /:Labar, " far lega " (C/r. . la versione dei LXX, kOinonos). Cfr. HALOT, pp. 287, 289.

61.

LA CONDIZIONE SOCIALE E I RUOLI DI MOGLI E MADRI NELL ANTICO ISRAELE '

d6di li wa ' ani l6

"Il mio amato è mio e io sono sua" (Cant. 2 : 1 6)

'ani ledodi wedodi li,

"Io sono dell'amato mio, e il mio amato è mio" (Cant. 6:3 )

'ani ledOdi w e 'alay tesU,qatO 63 "Io sono dell'amato mio, e il suo desiderio è verso di me" (Cant. 7 : 1 0)

Come si evince chiaramente, non si tratta del gemito di una donna oppressa dalla società patriarcale, ma bensì del­ la sublimazione del piacere e della sicurezza goduti grazie al coniuge, in un rapporto di amore e impegno reciproci. I doveri della madre verso i propri figli. Come si è vi­ sto, Proverbi 31: 10-31 sintetizza gli obblighi basilari delle mogli nella cura quotidiana dei figli: fornire vitto, vestiario e protezione. Ma, come ai nostri giorni, oltre a queste ordi­ narie mansioni domestiche, c'erano innumerevoli altre at­ tività da espletare. Alla nascita di un bambino una madre dedicava particolare attenzione al neonato, tagliando con estrema prudenza il cordone ombelicale, lavando il bam63 . Tesuqéì,

da suq "spronare, spingere a fare, incitare", spesso tra­ dotto "desiderare", ricorre altrove solo in Gen. 3 : 1 6 (a proposi­ to della soggezione della donna a suo marito, successiva alla di­ subbidienza) e in Gen. 4:7 (a proposito della tendenza del pec­ cato nei confronti dell'umanità decaduta). Susan Foh "What Is the Woman's Desire? " WTJ, 37, 1 975 , pp. 376-383 argomenta che uno degli effetti della caduta, è il desiderio della donna di contendere con l'uomo per assumere la guida del menage fami­ liare. Stando a Gen. 3 : 16, la risposta dall'uomo è masal "domi­ nare" (ossia, subordinare, sfruttare). Entrambi rappresentano le degenerazioni dell'idea originale antecedente alla Caduta. Se il Cantico dei Cantici va interpretato come la celebrazione del rap­ porto reciproco tra uomo e donna nella sua innocenza edenica, la seconda parte di questo testo diviso in due righe rappresen­ ta un'evidente riformulazione della prima riga e un'approvazio­ ne degli ideali contenuti in Genesi 2. Gli scrittori biblici vedeva­ no come normale e naturale lo "spronare, spingere a fare, incita­ re" di un uomo verso sua moglie, come espressione del dovere di amare, non certo nel senso di masal, "comandare, dominare". Qui la donna manifesta completo appagamento e tranquillità, sa­ pendo di appartenere al marito mentre lui, dal suo canto, accetta il suo legittimo ruolo di protettore della moglie. 79

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

bino in acqua pulita, massaggiandolo con una speciale so­ luzione salina e awolgendolo in attillate fasce di stoffa64• Come già accennato, spesso toccava alle madri imporre un nome ai propri bambini. Dato che i nomi, in genere, era­ no espressione di qualche aspetto del sentimento religio­ so nutrito dal genitore, l'atto potrebbe essere visto come il tentativo di tramandare la fede alla generazione successi­ va. All'incirca durante i primi dieci anni di vita del bambi­ no, compito specifico della madre (sebbene i padri non ne fossero affatto esentati, cfr Osea 1 1 :3-4) era quello di alle­ vare il fanciullo. In Israele il focolare domestico costituiva la prima struttura ove si poteva acquisire l'educazione. La funzione della madre era importante quanto quella del pa­ dre nel porre le basi per una sana condotta civica, un'ec­ cellente osservanza delle regole e una giudiziosa capacità decisionalé5• Divenuti adolescenti, i figli maschi avrebbe­ ro trascorso la maggior parte del tempo col padre, assimi­ landone le capacità e sviluppando il carattere richiesto per una equilibrata maturità, benché gli inviti ai figli maschi di attenersi alle istruzioni di padri e madri in testi come Pro­ verbi 1 :8 e 6:20, mostrino che anche le madri erano coin­ volte nell'educazione. Queste, nel frattempo, avrebbero preparato le figlie in vista del futuro ruolo di mogli e ma­ dri, nei rispettivi nuclei familiari66• Poiché il matrimonio era patrilocale, tale ciclo di apprendimento aveva un'im­ portanza estrema. A differenza del figlio, che di solito sta­ biliva la propria residenza nelle vicinanze dell'abitazione del padre, una figlia doveva essere preparata ad allonta­ narsene e il bisogno di adattarsi alle nuove circostanze a cui andava incontro e agli andamenti della nuova famiglia richiedeva specifiche e concrete istruzioni. Ma l'interessamento delle madri verso i propri figli 64. Ez. 16:3-4 ci offre la più completa descrizione della cura riserva­ ta ai neonati durante il periodo veterotestamentario. Per una di­ scussione di questo passo, si veda Block, Ezekiel l-24, op. cit. pp. 473-76. 65 . Cfr. William McKane, Proverbs: A New Approach, OTL, Westminster Press, Filadelfia, 1970, p. 268. 66. Come già osservato, è presumibile che Prov. 3 1 : 10-3 1 sia stato usato a mo' di catechismo per addestrare le giovani ragazze ai do­ veri dell'età adulta. 8o

LA CONDIZIONE SOCIALE E

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' RUOLI DI MOGLI E MADRI NELL ANTICO ISRAELE

continuava anche dopo che si erano sposati. Assistere alla nascita di un nipote e, in qualche caso, di un pronipote era considerato una benedizione particolare (e/r. Rut 4 : 1416) . Nella sfera della famiglia estesa ognuno aveva la re­ sponsabilità di educare i ragazzi, ma le nonne avevano un ruolo speciale. Le figlie che avevano lasciato la casa pater­ na erano sempre benvenute nel caso di una visita e quel­ le che avevano perduto il marito, vuoi per la sua morte o perché avesse chiesto il divorzio, potevano, se lo desidera­ vano, trovare nuovamente accoglienza presso la " casa del­ la madre" (Rut 1 :8). I doveri della madre verso i propri servitori. Logi­ camente, i primi obblighi di una moglie e madre aveva­ no come oggetto suo marito e i suoi figli. Nondimeno, gli ampi riferimenti a servitorilschiavi, sia nella legislazione mosaica sia nei racconti dell'Antico Testamento, attestano la diffusa usanza dell'unità familiare ad assorbire nel pro­ prio organico persone estranee al parentado, vale a dire elementi presi a servizio, come i lavoratori a giornata, op­ pure tenuti come schiavi. Come ci si aspetterebbe da una cultura a orientamento patricentrico, gran parte della re­ golamentazione riguardante gli schiavi è rivolta ai capi dei nuclei familiari. Dal momento che le mogli occupavano il secondo grado della scala sociale della famiglia, la legisla­ zione fissata per il trattamento umano degli schiavi sareb­ be stata applicata anche a loro. Ma le descrizioni riguar­ danti le relazioni delle padrone coi loro schiavi presenta­ te nell'Antico Testamento spesso rispecchiano la tensione che deve essersi manifestata in questi nuclei più complessi. Nei racconti patriarcali gli argomenti di controversia ten­ dono a sfociare in questioni riguardanti la fertilità e la gra­ vidanza67. li passo di Genesi 29:2 1-30:13 fornisce, per molti versi, un'efficace illustrazione del rapporto esistente tra una moglie e questo tipo di serva, in un'antica famiglia israelita. Innanzitutto, quando un uomo ricco dava sua fi67 .

Un fatto che può essere dedotto leggendo Prov. 30:2 1-23 , dove si ammette l'intollerabilità di una situazione nella quale una dome­ stica (Sipl;ta) prenda il sopravvento sulla sua padrona (gebira). Gen. l6: 1-16 presenta il problema. Agar, la Sipl;ta egiziana di Sa8I

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

glia in moglie a qualcuno, la dote poteva comprendere del­ le ragazze schiave (sip}Jot, Gen. 29:24, 29) , che avrebbero seguito la sposa nella sua nuova dimora68• Secondo, i pro­ nomi personali usati in tutto il testo indicano che le schia­ ve non erano semplicemente soggette alla loro padrona; esse appartenevano loro come una proprietà. Terzo, come nel caso di Sara e Agar, le padrone suggerivano intenzio­ nalmente al marito di avere rapporti sessuali con le schiarai, tratta la sua padrona sterile (gebira) con disprezzo (qalal, Gen. 16:4) dopo che Abraamo l'aveva presa in moglie ( ' iSSa, Gen. 16:3 ) ed ella gli aveva dato un figlio. Sarai reagì all'eccessi­ vo entusiasmo di Agar "trattandola duramente" (ana) e persua­ dendo Abraamo a mandarla via. La scelta del termine ana per de­ scrivere l'afflizione causata da un membro della famiglia eletta a un'egiziana mostra, nel contempo, ironia (in Gen. 15:13 e Es. 1 : 12, lo stesso verbo è usato per descrivere la successiva oppressione de­ gli ebrei operata dagli egiziani) ma anche disapprovazione, lascian­ do trapelare il disaccordo dello scrittore per l'azione di Sarai e ri­ chiamando l'attenzione del lettore sul fatto che un tale trattamen­ to contravveniva ai valori morali della nazione israelita. Un'altra controversia tra padrona e schiava si ripete in Gen. 2 1 :8-2 1 , dove si narra di Abraamo che manda via per sempre Agar e suo figlio, su richiesta di Sara e col consenso di Dio. Forse, riconoscendo la contraddizione tra questo gesto e la successiva legislazione (Deut. 2 1 : 15-17), lo scrittore prova a mitigare la difficoltà del lettore (l) definendo Ismaele un na 'ar, che nella Genesi solitamente identifi­ ca un giovane in grado di badare a sé stesso (così anche Wenham, Genesis 1 6-50, p. 83 ); (2) mettendo in risalto l'interessamento per madre e figlio da parte di Dio: questi si riferisce ad Agar come alla "tua (di Abraamo) serva"; (3 ) notando la rassicurazione, fatta da Dio ad Abraamo, che l'allontanamento di Ismaele era necessario per l'adempimento delle precedenti promesse a lui e a sua moglie Sara; (4) ricordando che, siccome Ismaele proveniva dal seme di Abraamo, Dio garantiva a lui e alla sua progenie che sarebbe di­ ventato una potente nazione; (5) osservando la premurosa atten­ zione di Abraamo per le esigenze di Agar e Ismaele, prima di man­ darli via; (6) addolcendo l'allontanamento con la sostituzione del termine, gareS " scacciare" esprimente l'asprezza di Sara, col più mite S illea/J,, termine che spesso viene usato in relazione all' invio di qualcuno per adempiere una missione. ll Westbrook ( "The Fe­ male Slave", p. 228) interpreta il verbo "divorziò da lei", nel sen­ so di essersene separato. Per questa accezione del termine, si veda­ no Deut. 22 : 1 9; 24: 1 , 3 . 68. Per una disamina sulla dote e sull'inclusione in essa delle schiave, si consulti Westbrook, Property and the Family in Biblica! Law, op. cit. pp. 142- 164.

LA

' CONDIZIONE SOCIALE E I RUOLI DI MOGLI E MADRI NELL ANTICO ISRAELE

vé9• In effetti, lo scopo principale di questo stratagemma era dare una progenie al marito. Quarto, una volta che il marito aveva intrattenuto rapporti sessuali con la giovane schiava, questa veniva considerata sua moglie ( ' issa, Gen. 30:4, 9), anche se in Genesi 35 :22 lo scrittore attribuisce esplicitamente a Bila una condizione quantomeno secon­ daria, chiamandola "concubina" di Giacobbe70• Quinto, in qualità di concubina, la posizione legale della giovane schiava era incerta. Da un lato, doveva soddisfare i desi­ deri sessuali del capofamiglia e dargli dei figli; dall'altro, rimaneva proprietà della padrona, che poteva comandar­ la, punirla e venderla, a suo piacimento. Tuttavia, quando una concubina partoriva un figlio al capofamiglia, i dirit­ ti della padrona venivano ridotti: le era proibito venderla, anche se poteva ridimensionare la sua posizione all'inter­ no del nucleo familiare 71• Sesto, se una schiava partoriva un bambino, la padrona avrebbe adottato/legittimato il fi­ glio come proprio 72 ed esercitato i suoi diritti parentali sul bambino, dandogli il nome (Gen. 3 0:6, 8, 1 1 , 13 ). 69.

Il narratore chiama Zilpa e Bila schiave (Sip}J,ot, così anche in Gen. 32:22), ma quando Rachele propone a Giacobbe di prende­ re Bila come concubina, eleva il suo stato definendola 'ama. 70. Il significato di p i l eg e s rimane poco chiaro, sebbene la forma te­ tragrammica sembri indicare un'origine non semitica, forse fili­ stea. Secondo l'uso il termine identifica sempre una persona fem­ minile la cui funzione primaria è quella di essere disposta al sesso, sia per la procreazione (come in questo caso) sia per soddisfare gli appetiti di un uomo/marito. Si veda, inoltre, Chaim Rabin, "The Origin of the Hebrew Word Pflegef' , ]]S, 25, 1 974, pp. 353- 364; Manfred Gorg, "Piggul und pilaege5: Experiment zur Etymolo­ gie", BN 10, 1969, pp. 10-1 1 . 7 1 . Per una discussione esaustiva sul concubinaggio, si veda West­ brook, "The Female Slave", art. cit., pp. 2 14-223 . 72. L'atto fisico riflesso nella locuzione "partorire sulle ginocchia del­ la padrona" (teled 'al habberek), che si trova solo in Gen. 30:3 ; 48: 12; 50:23 ; Giob.3 : 12, deriva dalla convinzione che il ginocchio fosse la sede della potenza generatrice. Per una discussione sup­ plementare e sull'affine utilizzo accadico dell'accezione, si consul­ ti Nahum Sama, Genesis, JPS Torah Commentary, Jewish Publi­ cation Society, Filadelfia, 1989, pp. 207- 208. Su Rut 4: 16, che im­ piega una perifrasi diversa, si veda Block, ]udges/Ruht, op. cit. , pp. 729-730.

5 . LA CONDIZIONE E I DOVERI DEI FIGLI NELL'ANTICO ISRAELE D lessico biblico concernente la discendenza. La nutrita terminologia dell'Antico Testamento per indicare la pro­ le riflette l'attitudine positiva degli antichi israeliti verso i bambini. Le due designazioni più comuni per indicare i b ambini sono ben, "figlio " e il suo affine etimologico fem­ minile bat, "figlia" 1 ; poi c'è yele d , "feto, (Es. 22:2 1 ) , bamIl Il . b mo, ragazzo , yald a, "h amh'ma "2 ; e zera t , (( seme . per gli scopi votivi, Levitico 27 : 1-7 distingue i seguenti sta­ di nella vita di una persona: infanzia (da un mese a cin­ que anni) , gioventù (da cinque a venti anni) , età adulta (da venti a sessant'anni) , vecchiaia (dai sessant'anni in su) . Ma l'Antico Testamento ha termini specifici anche per le varie fasi dell'infanzia . Un lattante è chiamato yoneq (da A

l.

2.

Con le sue circa 4900 occorrenze, ben è il secondo sostantivo più frequentemente usato nell'Antico Testamento, secondo solo a kol, " tutto " . Se però includiamo bat, " figlia" , (circa 580 volte) , anche questa eccezione si elimina. Per una tabella sulle frequenze dei ter­ mini, si veda TLOT, 3, p. 1436. Da yalad, "partorire". Questa espressione ricorre circa 90 volte. TI nome astratto proveniente dalla stessa radice, yaldut, indica "gio­ ventù" . Si veda Ecci. 1 1:9-10. Un'altra parola, golem, "embrione", comprende anche "feto" in Sal. 139: 16. I..:ebraico biblico ha dei ter­ mini particolari per denotare tipi specifici di bambini: to ' amim, "gemelli " , da ta 'am, "mettere al mondo dei gemelli " (Gen. 25 :24; 38:27); yatom, "orfano, fanciullo senza padre"; e mamzer "illegit­ timo, ibrido", cioè il figlio nato da una unione illegittima. Quest'ul­ timo termine ricorre soltanto in Deut. 23:3 e in Zac. 9:6 ed è di de­ rivazione incerta. Per confronti, si veda Carol L. Meyers e Eric M. Meyers, Zechariah 9-14: A New Translation with Introduction and Commentary, AB 25C, Doubleday, New York, 1993 , p. 106; M. Rose, 5 Mose 12:25: Ein/Uhrung und Gesetze, ZBK, Theologischer Verlag, Zurigo, 1994, p. 324.

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

yanaq) oppure 'olel e ' ul, le cui radici significano "suc­ chiare, poppare" . Un bambino svezzato è chiamato gamul (femm. gamula, Is. 1 1 :8). Tap, da tapap, "fare piccoli pas­ si", di solito si riferisce ai bimbi, ma secondo Numeri 14:29-

30, potrebbe indicare chiunque abbia meno di 20 anni, "un piccolo ragazzo"3• L'Antico Testamento adopera diverse espressioni per "l'adolescenza": 'elem, analogo ad 'alma, giovane donna in età partoriente4; batula, "una giovane apparentemente rispettabile la cui pubertà è passata e che risiede, più o meno esplicitamente, ancora nel clan di suo padre"5; bal],ur, "giovane scelto" , termine equivalente a giovane maschio (Amos 8: 13 ); na' ar (femm. na'ara) , che potrebbe riferirsi a un figlio non ancora nato ( Giud. 13 : 5-12), a un neonato (I Sam. 4:2 1 ) , a un bimbo di tre mesi (Es. 2:6) , a un bambino lattante (I Sam. 1 :22 ), a un bambi­ no svezzato (I Sam. 1 :24), a un diciassettenne (Gen. 37:2) o anche a un trentenne (Gen. 4 1 : 12). Ora, siccome nessun uomo sposato è mai chiamato na' ar, alcuni studiosi han­ no supposto che il termine si riferiva genericamente a una persona giovane, con un'età che andava dal periodo in­ fantile a quello prematrimonialé, in pratica uno che non aveva assunto alcuno dei doveri di un adulto responsabi­ le nella comunità. La questione è complicata dal fatto che spesso quel na' ar non indica l'età ma la posizione sociale della persona, cioè se il tale è al servizio o alle dipendenze di un altro7• Non sono necessariamente lavori umili. John 3.

4.

5.

6.

7. 86

Per la lettura della Torah, Deut. 3 1 : 12 convoca quattro gruppi di individui: uomini, donne, fanciulli (tap) e stranieri. Per ulteriori cenni, si veda HALOT, p. 3 78. In I Sam. 17 :56 Davide è classificato come un 'elem, "adolescen­ te"; in I Sam. 20:22 la parola si riferisce al ragazzino (anche na'ar qatlin, "giovinetto" , I Sam. 20:35) che recuperava le frecce di Gionatan. Ci si riferiva all' "adolescenza " quale periodo della vita per mezzo dell'idea astratta 'alumfm. John Walton deduce molto convincentemente ("C'i',)1i;ll1, " ; NIDOTTE, 3 , p. 4 15, 19) che "una donna cessa di essere una 'alma quando diventa madre- non quando diventa moglie o partner sessuale" . Come h a precisato John Walton , "i1?1n:;r , NIDOTTE, l , p. 780. Così V.P. Hamilton, "1llr' , NIDOTTE, 3 : 125 . Ci si riferisce alla fase "gioventù" per mezzo del nome astratto ne' urum. Vedi, per esempio, Gen. 14:24; 1 8:7; Giud. 8:20; I Sam. 2 1 :5-6 e così via.

' LA CONDIZIONE E I DOVERI DEI FIGLI NELL ANTICO ISRAELE

MacDonald ha dedotto in maniera assai efficace che il si­ gnificato del termine ebraico na' ar è messo bene a fuoco in inglese dall a definizione "gentiluomo " , vale a dire "un giovane dagli illustri natali"8• L'enorme valore che gli antichi israeliti davano ai fi­ gli, riflesso in questa dovizia di definizioni attribuite ai vari stadi della vita giovanile, si fondava su diversi fattori. In­ nanzitutto, ogni essere umano è creato a immagine di Dio ed è dotato di dignità proporzionata all ' incarico divino di governare il mondo per conto di Dio9• Quindi, generare e dare alla luce dei figli è molto più che un semplice procrea­ re: è un co-creare, un collaborare con Dio, sia da parte del padre sia della madre, nella creazione della sua immagine. In secondo luogo, in un mondo che langue sotto la spada di Damocle della morte, a causa del peccato che è nell'uo­ mo, i figli, maschi e femmine, rappresentano il segreto per la perpetuazione della vita umana10 e la realizzazione del mandato divino di popolare tutta la terra1 1• Terzo, sebbene in un mondo dalle cognizioni scientifiche alquanto primi­ tive il concepimento fosse visto come un semplice impian­ to del seme maschile nel suolo fertile del grembo femmi­ nile12, i figli erano considerati principalmente come il pro­ dotto dell'azione divina13• Per contro, se dovuta a sterili­ tà o a disgrazia, la mancanza di figli era reputata un vera e propria maledizione14• In quanto frutto dell'azione divi­ na, i figli erano considerati delle ricchezze particolari, del8.

John MacDonald, "The Status and Role of the na'ar in Israelite Society" , ]NES, 35, 1976, pp. 147-170. 9. Gen. 1:28-30; Salmo 8. 10. Gen. 5 . 1 1 . Gen. 1:26; 9:18-19. 12. Notare gli accenni allo sperma come zera, "seme", in Lev. 15: 16, e a un figlio come un zera' 'éìnaSim, "il seme degli uomini", in I Sam. 1: 1 1 . ll solo riferimento al zera' di una donna è in Gen.3 : 15, un testo poetico. 13 . Gen. 15:3; 18:10--14; 2 1 : 1-2 ; 25:2 1 ; 29:3 1-35; 30:6, 17-22; Giud. l3: 1-7; Rut 4: 14. 14. Per il primo caso, si vedano Gen. 16:2; 20: 18; 30:2; I Sam. 1 :5. Per il secondo, si vedano invece Lev. 26:22; Deut. 32:25 ; Rut 1 : 1-5; Ger. 15:7; Lam. 1 :20; Ez. 5: 17; 36: 12, 14; Osea 9:12. Per una di­ scussione sulla radice skl, "essere priva di figli" , si consulti P. Ha­ milton, "�:>tV", NIDOTTE, 5, p. 105-107.

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

le benedizioni, dei doni misericordiosamente concessi alla coppia15 e più figli si avevano, più era grande la sensazione di essere oggetto del favore divino16• Questo atteggiamen­ to assurge a un'espressione poetica in Proverbi 17 :6: "l ni­ poti sono la corona fateret]dei vecchi, e i padri sono la gloria [tip 'eret] dei figli" (la traduzione è mia) . Quarto, i figli erano considerati una importante risorsa economica. Fin dal quinto o sesto anno di vita, potevano cominciare a dare il loro contributo all'economia familiare, accumulan­ do legname, annaffiando la terra, raccogliendo i frutti, col­ laborando nella produzione di cibo e così via17• Quinto, ol­ tre a condividere alcune delle credenze delle nazioni cir­ convicine riguardo l'esistenza dopo la morte18, gli israeliti facevano proprio anche il concetto secondo il quale i geni15 . Una tendenza esaltata nei nomi propri come Gionatan "Yahweh ha dato" o loas, "Yahweh ha concesso" . Per un elenco aggiunti­ vo di nomi del genere e per una discussione del loro significato, si veda Jeaneane D. Fowler, Theophoric Personal Names in Ancient Hebrew: A Comparative Study, JSOTSup 49, JSOT Press, Shef­ field, 1988, pp. 91-95 . 16. Da qui la benedizione "Possa il signore benedirti e possa tu avere molù figli" , riferita alla benedizione adarnica (Gen. 1:28), a quella noachica (Gen. 9:1), alla benedizione/promessa abraarnitica (Gen. 15: 1--6; 17 :6; 22:17), e ribadita a !sacco (Gen. 26:3-5, 24) e Gia­ cobbe (Gen. 28: 13-15); c'è poi la benedizione pronunciata dall a famiglia di Rebecca su di lei (Gen. 24:60); la benedizione di Gia­ cobbe sui nipoti, i figli di Giuseppe (Gen. 48: 16) e la benedizio­ ne di Rut (Rut 4:1 1-12) . Notare specialmente Sal. 127:3-5 (la tra­ duzione è mia): Vedete, ifiglz" sono un dono speciale [nal;tala] di Yahweh; il/rutto del seno è un premio [sakar]. Comefrecce nelle mani di un valoroso, così sono ifigli della propria gioventù. Quanto è benedetto l'uomo il cui turcasso ne è pieno; non saranno svergognati quando parlano coi loro nemici alla porta.

E il Salmo 128:3-4 (la traduzione è mia): La tua moglie sarà come una vigna frutti/era nella tua casa; i tuoi figli come piante d'olivo intorno alla tua mensa. 17. 18. 88

Si veda più avanti Meyers, "The Family in Early Israel", p. 27. Si veda l'analisi di questo argomento in Daniel I. Block, "Beyond

' LA CONDIZIONE E I DOVERI DEI FIGLI NEU. ANTICO ISRAELE

tori, specie i padri, continuavano, in un certo senso, a vi­ vere nei loro figli. Di conseguenza, la peggior sventura che potesse capitare a un israelita era vedersi preclusa la possi­ bilità di generare, il che equivaleva alla scomparsa del pro­ prio "nome" dalla casa di suo padre19• Alla base dell'escla­ mazione di dolore di Iefte, in Giud. 1 1 :3 5 , alla vista della figlia che gli viene incontro dopo la sua vittoria sugli am­ moniti, c'è proprio questa convinzione2°. Quantunque tutti i figli fossero custoditi gelosamente come dono dell'Eterno, nelle famiglie israelite il primogethe Grave: Ezekiels' Vision of Death and Mterlife", BBR, 2, 1992, pp. 1 13-14 1 . 19. Si veda la richiesta fatta da Saul a Davide di non estinguere la sua discendenza in I Sam. 24:21 e la protesta della vedova in II Sam. 14:7 secondo la quale, mettendo a morte il figlio rima­ stole, che aveva ucciso suo fratello, i suoi concittadini spegne­ vano "il tizzone che mi è rimasto e non lasceranno a mio mari­ to né nome né discendenza sulla terra" . In II Sam. 18:18, vedia­ mo Absalom erigersi un monumento col quale intendeva ovvia­ re al fatto di non avere avuto figli per proclamare (hazktr) il suo nome dopo la sua morte. Si vedano anche Sal. 37:28; Is. 14:202 1 . Riflettendo questa stretta correlazione tra un seme duratu­ ro e un nome inestinguibile, una particolare espressione legata a questo concetto parlava di annichilamento del proprio "nome" , al posto d i " seme " . I n tali casi, l a parola Sem, " nome " , viene a riferirsi alla reputazione e all'onore di una persona, indicando metonimicamente i suoi discendenti che gli procurano una sor­ ta di esistenza postuma. Una serie di locuzioni attinenti si rife­ riscono alla totale estinzione di una persona, di una famiglia, di un gruppo o di una nazione come alla cancellazione del nome: hekrtt, "troncare" (Gios. 7:9; Is. 14:22; Zac. 1 :4; Rut 4 : 1 0 [Ni­ fal ] ; nigra', "essere tolto di mezzo " (Num. 27:4); 'abad, "peri­ re" (Sal. 4 1 :6 [Qal ] , " annientare" (Deut. 12:3 [Piel] ; " distrug­ gere" (Deut. 7 :24 [Hifil] ; ma}J,a, "cancellare" , (Deut. 9:14; II Re 14:27); Samad, "distruggere" (Is. 48: 1 9 [Nifal] ; I Sam. 24: 22 [Hifil] ; hestr, " rimuovere" (Osea 2: 19). Per riferimenti extra­ biblici alla stessa idea, si veda in particolare VTE (Vassal Trea­ ty o/ Esarhaddon) dove la maledizione di "cancellare il nome/ memoria" dei nemici ricorre frequentemente: §§ 140, 1 6 1 , 255 , 3 15 , 435 , 524 , 537, 663 (ANET, pp. 534-54 1 ) . Come nell'ebrai­ co, "nome" (sumu ; cfr. l'ebraico sem) è strettamente collegato ' con " seme " (zar u ; cfir. l' eh rateo . zera ) . 20. Nel verso precedente, lo scrittore aveva notato enfaticamente "non aveva altri figli né altre figlie". Quindi, sacrificando sua figlia, Ief­ te sacrificava anche sé stesso! Si veda Block, ]udges !Rut, pp. 372374. '

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

nito occupava una posizione speciale. !;Ebraico ha diver­ se espressioni per designare il figlio più grande di un pa­ dre (resft ) on, "il primo della forza [procreatrice di un pa­ dre] "21 e il primogenito di una madre (peter re /:tem, "co­ lui che schiude il grembo")22• Strettamente associato a tali espressioni è il termine bekor, che ricorre più di 120 vol­ te nell'Antico Testamento. Anche se gli studiosi solitamente traducono questa parola con "primogenito"23 , è preferibi­ le interpretare il termine come indizio della posizione ono­ raria occupata nella famiglia dal maschio fratello maggiore che lo qualifica per un trattamento particolare24• Deutero2 1 . Definizione utilizzata anche nei nuclei poligamici: Gen. 49:3 Deut. 2 1 : 17; Sal. 78:5 1 ; 105 :36. 22. Più spesso usato per gli animali: Es. 13 : 12, 13 , 15; 34: 19, 20; Ez. 20: 26, ma anche per i primogeniti dell'uomo: Es. 13:2; Num. 3 : 12; 18:15. 23 . Così HALOT, p. 13 1 ; DCH, l , p. 170; M.Tsevat, "1i:q bekor", IDOT, 2, pp. 12 1-127. 24 L'interpretazione tradizionale può essere contestata per ragioni eti­ mologiche e sulla base del suo utilizzo. In arabo ed etiopico, il ver­ bo derivato dalla radice bkr significa " alzarsi presto, fare qualco­ sa presto". Cfr. il termine ebraico derivato bikkura, che indica i "fichi primaticci" non i "primi fichi" (HALOT, p. 172), che diffe­ risce dal tardo uso siriano "essere, fare qualcosa prima" (e/r. HA­ LOT, p. 130; Tsevat, TDOT, 2, p. 12 1 . In Accadico, bukru ricor­ re insieme a asaredu,"principale" e rabu "grande", in testi les­ sicali relativi all'eredità, ma il significato specifico di "primogeni­ to" per il termine stesso sembra improbabile, specialmente se con­ siderato alla luce di una serie di testi poetici e mitologici, che in­ dicano che qualche divinità abbia avuto diversi bukru (CAD, 2, 309) e per il fatto che bukru stesso potrebbe essere modificato con parecchi aggettivi superlativi: reStu (''miglior" bukru), rabu ("il più grande" bukru), asaredu " (il principale" bukru). Si veda inoltre Frederick E. Greenspahn, When Brothers Dwell Together: The Preeminence o/ Younger Szblings in the Hebrew Bible, Oxford University Press, New York!Oxford, 1994, pp. l9, 27, 61-62. An­ che diversi aspetti tipici dell'uso di bekor nell'Antico Testamen­ to si schierano contro la definizione di "primogenito". Innanzitut­ to, la parola è raramente applicata a individui e gruppi che pale­ semente non sono primogeniti: Davide (Sal. 89:28), Israele (Es. 4: 22; cfr. Mal. 2: 10) ed Efraim {Ger. 3 1 :9). Davide non era il primo­ genito né del padre terreno (era l'ultimo degli otto figli di Isai ! ) né di Dio, il suo padre celeste adottivo. La paternità di Dio è ammes­ sa in numerosi nomi di persone che avevano preceduto Davide o erano stati suoi contemporanei, ma che in ogni caso includevano il ,

' LA CONDIZIONE E I DOVERI DEI FIGLI NELL ANTICO ISRAELE

nomio 2 1 : 15-17 specifica che al bekor viene concessa una doppia porzione di eredità, meglio definita come doppia ri­ spetto a quella che ricevono gli altri eredi25• Scopo di que­ sta legge era impedire a un padre di cambiare le regole per il lascito dell'eredità all'ultimo momento, basandosi sul suo favoritismo nei confronti del figlio della moglie preferita. Se suffisso teoforico 'ab : Abiel (I Sam. 9: 1 ; 14:5 1); Ebiasaf (l Cron. 6: 23 ), Abigail (I Sam. 25:3-42) e altri. Su questi nomi propri, si con­ sulti Fowler, Theophoric Personal Names, passim. La rivendicazio­ ne di Yahweh su Israele quale suo bekor in Es. 4:22 o su Efraim in Ger. 3 1 :9, non indica che l'uno o l'altro dei due sia cronologi­ camente più grande di tutti gli altri (cioè, del resto delle nazioni). In secondo luogo, diversi testi parlano di "fare/eleggere" qualcuno come bekor, il che suggerisce qualche procedura legale per realiz­ zare questo obiettivo (così Dio con Davide, nel Sal. 89:28). Deut. 2 1 : 15-17 cerca di proibire ai padri bigami o poligami di "bekoriz­ zare" (bikker) un figlio più giovane di una moglie preferita al po­ sto del figlio maggiore della meno favorita, cioè il "figlio del pri­ mo vigore". Greenspahn osserva giustamente che questa proibi­ zione non era rivolta agli sforzi "per eliminare una scappatoia lega­ le per mezzo della quale certi figli erano in maniera fittizia nomina­ ti primogeniti eludendo così il rigore della primogenitura" (When Brothers Dwell Together, p. 59) . Terzo, siccome spesso bekor ri­ corre al plurale e giacché alcuni testi parlano di scegliere un reSit ("migliore, primo"), tra i bikktlrim, si richiede un senso diverso da quello di "primizie"; infatti, ci può essere solo un "primo frutto". Quarto, Genesi e Cronache usano il nome astratto derivato simi­ le bekora che denota i diritti legati all'essere il bekor, come qual­ cosa che possa essere disprezzato (baza, Gen. 25:32, 34), vendu­ to (makar, Gen. 25:3 1 , 33), tolto, espropriato (Gen. 27:37), preso al più anziano e dato (natan) a un altro membro della famiglia (I Cron. 5 : 1 ) , o posseduto dal secondo componente più giovane del­ la famiglia (I Cron. 5:3). Ma la priorità cronologica implicata nel­ l' essere il primogenito è una questione di attestazione storica e non può essere cambiata o scambiata. Questa conclusione non è intac­ cata dall'uso dell'affine femminile bekira per identificare la più "grande" di due figlie. Alla figlia più giovane ci si riferisce come alla �e' ira (Gen. 19:3 1) e qetanna (I Sam. 14:49), termini che signifi­ cano entrambi "piccola" , più che giovane. 25 . Per una discussione dell' espressione controversa, pt Senayim, si veda G. Brio, Studies in Biblica! Law: From the Hebrew Bible and the Dead Sea Scrolls, JSOTSup 176, JSOT Press, Sheffield, 1994, pp. 240-247 . Quella che segue è una formula per calcolare la por­ zione del bekor secondo il Brio (n= numero di figli): per un figlio normale: 1:

n+ l

per il bekor : 2: n+ l 9I

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

il figlio della moglie meno amata era il bekor prestabilito,

la doppia porzione spettava a luF6• Di conseguenza, la pa­ rola bekor più appropriatamente indica una designazione di rango ed è, quindi, la precisazione della priorità sociale, piuttosto che di quella cronologica27• Bekor era il titolo del­ l'erede privilegiato, il primus inter fratres, "primo tra fratel­ li". Più che riferirsi alla vetustà d'Israele, affermazioni teolo­ giche del tipo "Israele è mio figlio, il mio primogenito" (Es. 4:22), attestano la preferenza divina, analoga alle dichiara­ zioni di Mosè (Deut. 26: 18-19): "TI Signore ti ha fatto oggi dichiarare che sarai un popolo che gli appartiene, come egli ti ha detto, e che osserverai tutti i suoi comandamenti, affin­ ché egli ti metta al di sopra (e lyon) di tutte le nazioni che ha fatte, quanto a gloria, rinomanza e splendore e tu sia un po­ polo consacrato al Signore tuo Dio com'egli ti ha detto"28• In una società patricentrica, che poneva notevole enfa­ si sul primogenito29, nella stragrande maggioranza dei casi i privilegi del bekor si sarebbero naturalmente riversati sul figlio più grande3°. Ma i testi biblici, altrettanto naturalmen26. Si incorreva in un'altra potenziale ingiustizia dando l'intero pa­ trimonio al (più giovane) figlio della moglie favorita. Troviamo un precedente di questo metodo in Gen. 25:5, dove è scritto che "Abraamo diede tutto ciò che possedeva a !sacco", lasciando solo dei doni al restante dei figli (Gen. 25:6) , nonostante Isacco non fosse il primogenito. 27. Il mio collega Peter Gentry ha gentilmente attirato la mia atten­ zione sull'osservazione di Andrè Feuillet, basata sulle iscrizioni d'epoca pre-cristiana di Leontopoli, secondo cui, come la parola greca pro totok os anche l'ebraico bekor non implica necessaria­ mente l'idea di "primo di una serie" e non presuppone l'esistenza di altri figli. Si veda Christologie paulinienne et tradition biblique, Brouwer, Paris, 1972, p. 49. 28. Così anche Greenspahn, When Brothers Dwell Together, p. 60. 29. Secondo il Meyer Fortes, "The First Bom", ]ournal o/ Child Psychology and Psychiatry and Allied Disciplines 15, 1 97 4, pp. 8 1 104, nel sistema sociale e psicologico il figlio maggiore è specia­ le perché: ( l ) con la sua nascita riceve tangibile conferma lo stato di genitore; vale a dire, il suo progenitore diviene padre; (2) la sua nascita dà origine a una nuova generazione; e (3 ) egli diventa capo dei fratelli che seguiranno. Per una discussione sulla posizione del primogenito da un punto di vista sociologico, si veda Shuny Ben­ dar, The Social Structure o/ Ancient Israel, JBS 7, Simor, Gerusa· lemme, 1996, pp. 175-1 88. 30. Quando i fratelli di Giuseppe mangiano in sua presenza, egli li fa ,

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te, qualificano il bekor anche con espressioni esplicite per "primogenito" . Nelle disposizioni per la consacrazione del figlio maggiore il bekor più specificamente è definito il p e ter re/:tem, "colui che schiude il grembo" (Es. 13 : 1 1-15); le istruzioni per la spartizione dell'eredità lo qualificano come re 'sft 'on "il figlio della forza (generatrice) " (Deut. 2 1 : 17)31. Tuttavia, non tutti i maschi peter re}:tem erano bekor. Soltanto una persona poteva occupare questa posi­ zione in un determinato nucleo familiare. Questa, normal­ mente, nei matrimoni poligami spettava al figlio più gran­ de del padre e non sarebbe stata condivisa dal figlio mag­ giore di ciascuna delle madri. In Israele il bekor non go­ deva solo il favore del padre, ma era anche oggetto di in­ teresse speciale da parte di Yahweh. Anche se tutti i figli erano indistintamente visti come doni largiti da Dio ai ge­ nitori, i figli " primogeniti" , mediante una speciale cerimo­ nia32, erano solennemente riconosciuti come proprietà di Yahweh e formalmente ceduti a luP3• Al contrario delle sedere partendo dal più grande (Ruben), denominato habbekor kibkorato al più piccolo (Beniamino), definito haf!f!li 'trkil! irato.

(Gen. 43 :33) Si noti anche Gen. 49:3; Sal. 78:5 1 ; 105 :36, dove le espressioni ap­ paiono in forma di parallelismo poetico. 32. Sebbene Num. 3 : 13 mostri che Yahweh consacra i primogeniti a sé, l'esperienza del figlio dedicato per mano dei propri genitori è co­ municata con una varietà di verbi: egli è "dato a Yahweh " (natan lyhwh, Es. 22:28-29), "ceduto a Yahweh" (he 'ebtr lyhwh, Es. 13: 12), e " consacrato a Yahweh " (hiqdts lyhwh/qiddes lyhwh, Es. 13:2; Deut. 15 : 19) , e "appartiene a me/Yahweh" (lyhwh hu op­ pure lt hu, Es. 13:2; Lev. 27 :26) . Queste affermazioni riguardano tutti i tipi di primogeniti: il primogenito degli animali ritualmente puri era offerto in olocausto a Yahweh (Es. 13 : 15; Num. 18: 17-18; Deut. 15:19-23 ); il primogenito degli asini veniva riscattato con un agnello (Es. 13 : 13 ; 34:20) o pagando il 120 per cento del suo valore (Lev. 27:26-27 ). Per un' ulteriore trattazione circa il riscat­ to degli animali, si veda Brin, Studies in Biblica! Law, pp. 196-208; per il riscatto degli esseri umani, si veda ibidem, pp. 2 15-226. 33 . La legge che regola la consacrazione dei primogeniti degli anima­ li richiede il sacrifico di maschi (Es. 13 : 12, 15; 34:19; Deut. 15 : 1 9), ma le leggi riguardanti la consacrazione dei primogeniti degli uo­ mini non precisano il sesso del figlio. Tuttavia, le evidenze sembra­ no propendere fortemente per i figli maschi. ( l ) Altrove il termine banay, "figli miei (di sesso maschile) " potrebbe essere interpreta­ to, in senso inclusivo, come "figli miei (generico) " , ma in Es. 13 : 31.

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popolazioni circostanti, convinte che le primizie del suolo e del seno materno fossero permeate da una santità intrin­ seca, in Israele esse divenivano sante in virtù di un decre­ to divino ed erano riconosciute come tali attraverso l'atto materiale della consacrazione34• Lo stato e il ruolo dei figli nella casa. Una discussio­ ne sullo stato dei figli nell'antico Israele può iniziare dove iniziano i figli, cioè in quei gesti dei genitori che poi por­ tano al concepimento del bambino. Secondo l'Antico Te­ stamento, gli esseri umani esprimono la loro umanità e il presupposto di essere l'immagine di Dio non solo nelle re­ lazioni eterosessuali35, ma anche nell'attività sessuale che ha tre funzioni: biologica (procreazione) , sociale (espres­ sione fisica di impegno solenne e di intimità) e piacevole (puro godimento)36• Nel contesto coniugale, l'attività ses15 questa opzione è preclusa dal fatto che bekor, termine che pre­ cede questa parola, in altri punti è sempre applicato ai maschi. (2) Parlando del riscatto dei primogeniti dei !eviti, Num. 3 :40-42 im­ plica specificamente tutti i primogeniti maschi. (3 ) Secondo N um. 8:16, il prezzo di riscatto per il primogenito è fissato a 5 sicli, valo­ re identico a quello stimato per un figlio maschio consacrato, con­ trariamente a quello per una figlia femmina, valutata 3 sicli (Lev. 27 :6) . (4) L'analogia con i primogeniti degli animali consacrati, che devono essere maschi (Es. 13 : 12, 15; 34: 19; Deut. 15: 19) indica un figlio maschio primogenito. (5) Successive fonti bibliche interpre­ tano Es. 13 :2, 12 (dove il sesso non è specificato) come riferentesi a maschi (Luca 2:23 ). Per un confronto su queste considerazioni, si veda Brin, Studies in Biblica! Law, op. cit. pp. 2 13-215. 34. Così Sama (Exodus 65), il quale osserva anche che i rituali di con­ sacrazione solitamente comportavano delle purificazioni e del­ le iniziazioni rituali; le abluzioni includevano il lavaggio del cor­ po, del proprio vestiario e l'astensione dai contatti giudicati ritual­ mente impuri, mentre le iniziazioni comprendevano una cerimo­ nia di investitura per mezzo di un sacerdote autorizzato. Si veda­ no Es. 19: 10-1 1, 14-15 , 22; 28:3 , 4 1 ; 29: 1, 3 3 , 36, 44; 30:30; 40: 13 ; Lev. 8: 12, 30; Num. 8:6; 1 1 :1 8; Gios. 3 :5; 7 : 1 3 ; I Sam. 7 : 1 ; 16:5 . 35. Gen. 1 :27; cfr. 2:24-25 . 36. Come raccomandato in Prov. 5 : 15-23 e celebrato nel Cantico dei Cantici. Si paragoni il commento sarcastico di Sara all'udire la promessa, da parte di Yahweh, del suo concepimento di un figlio, entro l'anno successivo, riportata in Gen. 1 8 : 12: "Vecchia come sono, dovrei avere tali piaceri? Anche il mio signore è vecchio ! " . Per una acuta discussione sul contrasto tra la soddisfazione e la realizzazione delle relazioni sessuali all'interno del matrimonio e le 94

1 LA CONDIZIONE E I DOVERI DEI FIGLI NELL ANTICO ISRAELE

suale tra marito e moglie è piena di significato, nobile, sa­ cra, e necessaria per la prosperità familiare. L'omosessuali­ tà37, le relazioni prematrimoniali ed extraconiugali e la be­ stialità38 sono considerate violazioni ripugnanti dell'etica e dell'ordine rituale. La prostituzione porta il sacrilegio a un altro livello, rendendo l'attività sessuale un commercio e permettendo ai maschi di abusare delle donne e di con­ taminarle per loro personale soddisfazione e piacere39• La proibizione biblica di tali aberrazioni derivava non solo squallide e infamanti esperienze della prostituzione, si veda Mon­ ford Harris, "Pre-marital Sexual Experience: A Covenantal Criti­ que", Judaism 19, 1970, pp. 134- 144. 37. L'Antico Testamento stigmatizza le relazioni omosessuali come fol­ li e contrarie ai valori sociali (nabala, Giud. 19:23 , un termine usato altrove per altre indecenti nefandezze sessuali: stupro [Geo. 34:7 ] , attività sessuale prematrimoniale [Deut. 22:2 1 ] , abuso ses­ suale in gruppo di una donna [Giud. 19:25 ] , incesto [II Sam. 13: 12-13] e adulterio con la moglie del prossimo [Ger. 29:23 ] ; e/r. Magne Sreb0, "'7:;!) nabal pazzo", TLOT, 2, pp. 710-7 14, moral­ mente abiette (zimma, Giud. 20:6) malvagie (ra' a, Geo. 19:7; Giud. 19:23 ) e abominevoli (to'eba, Lev. 18:22; 20: 13 ). Deut. 22: 5 applica la stessa espressione anche al travestitismo. Per un'uti­ le dichiarazione riassuntiva dell'orientamento veterotestamentario verso l'omosessualità, si veda J.G. Taylor, "The Bible and Homo­ sexuality", Them 2 1 . 1 , 1995, pp. 4-9. Sul collegamento che fa la Bibbia tra l'omosessualità maschile e i costumi cananei, si veda B. Levine, Leviticus, JPS Torah Commentary, Jewish Publication So­ ciety, Filadelfia, 1989, p. 123 . 38. Lev. 18:23 ripudia la bestialità come una te bel, "perversione", e la dichiara un crimine capitale. 39. n termine zona si attribuisce a qualsiasi donna che riceve un compenso per una sua prestazione sessuale. L'Antico Testamen­ to, in genere, mostra una tendenza tollerante verso le prostitute stesse (Ger. 3 :3 è un'eccezione), presumibilmente perché, spes­ so, esse erano spinte dalle necessità economiche a esercitare que­ sta "professione", ma è altrettanto categorico nel condannare la prostituzione cultuale (Deut. 23 : 17; anche se alcuni qui intendo­ no q ed esa come una comune prostituta che svolge la sua attività presso un luogo di culto: E.A. Goodfriend, "Prostitution ", ABD, 5, pp. 507-509; M. Gruber, "Hebrew qedesa and Her Canaanite and Akkadian Cognates" , UF, 18, 1986, pp. 133- 148 e i padri che riempiono la terra con la loro depravazione (zimma) e contami­ nano (}Jillel) le loro figlie }asciandole servire come prostitute (Lev. 19:29). Deut. 23 : 1 8 definisce il presentare nella casa di Yahweh introiti ricavati dall'esercizio della prostituzione come tO'eba, "un'abominazione" . La colpevolezza relativamente più grande dei maschi coinvolti in questo tipo di prostituzione è evidente anche 95

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dall'alto valore dato dagli israeliti alla discendenza patri­ lineare (ossia, quella linea di sangue nella quale l'anello di congiunzione è solo maschile. N.d.T.)40, ma specialmente dalla pretesa di Yahweh di avere una nazione santa, che si distinguesse sul piano etico dai Cananei. Ad eccezione della madre di Sansone, che segue un re­ gime alimentare nazireo durante la sua gestazione41, l'An­ tico Testamento tace su come ci si comportava durante i nove mesi di gravidanza. Quanto al parto vero e proprio, c'erano delle donne esperte, appartenenti alla famiglia o alla comunità più in generale, le quali operavano come le­ vatrici (meyalledot)42 e assistevano al parto43 • I compi­ ti delle levatrici avrebbero incluso: tagliare il cordone om­ belicale, lavare il neonato, massaggiarlo con una soluzio-

40.

41. 42. 43 .

nei racconti ebraici. I fratelli di Dina reputarono la violenza usata da Camor nei confronti della sorella come una grave colpa, accu­ sandolo di aver messo la loro sorella alla stregua di una prostituta (Deut. 22:25-3 1). Giuda è chiaramente condannato per aver avu­ to rapporti con Tamar (Gen. 38:23 ) e ammette la giustizia rdativa­ mente maggiore della nuora (Gen. 38:26). Lo scrittore di Giudici considera la famigliarità di Sansone con le prostitute (Giud. 16: 1) come una delle prove del tralignamento di lsrade, un fare dd male nel cospetto di Yahweh. Da questo punto di vista, la paternità del figlio di una prostitu­ ta era difficile da provare. La prostituzione simulata da Tamar e i suoi tentativi di garantire la successiva manifestazione di Giuda quale padre del figlio che aveva in grembo (Gen. 38:12-26) furono anomali. Lo stesso è probabilmente vero per lefte, del quale vie­ ne detto il nome del padre (Gala d), anche se il nome della madre, una prostituta, è ignoto. Giu. 13:7, 14. La parola, una forma participiale Piel di yalad, "partorire", si tro­ va in Gen. 35:17; 38:28; Es. 1 : 15, 17, 2 1 . In Es. 1 : 16 faraone obbliga le levatrici a "esaminare le due pie­ tre" e decidere se un bimbo ebreo dovesse vivere, in base a quel­ lo che avrebbero visto. La parola 'obnayim solitamente indica i due mattoni o le due pietre sulle quali la partoriente in travaglio si accovacciava. (Sarna, Exodus p. 7), ma il contesto sembra favori­ re l'interpretazione dell'espressione come allusione ai due "testi­ coli" dell'eventuale maschio nato. Si veda W.H.C. Propp, Exodus: A New Translation with Introduction and Commentary, AB 2, Doubleday, New York, 1998, p.139; J.I. Durham, Exodus, WBC 3 , Word, Waco, 1 987, pp. 1 1-12. A differenza della moderna cul­ tura occidentale, che incoraggia i padri a esser presenti alla nasci­ ta di un bimbo, gli standard della riservatezza degli antichi israeli-

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ne salina e avvolgerlo strettamente in bende44, oltre ad as­ sistere la madre nelle faccende domestiche, per affrettarne la guarigione. Indubbiamente, la nonna di un bambino45, e tutti gli altri membri del nucleo familiare, si assumeva­ no la responsabilità della cura del bambino. La tradizione israelita riteneva che il dolore causato dal parto 46 fosse la conseguenza del peccato, e pertanto un incessante ricordo del fatto che la vita umana continua solo per grazia di Dio. In Israele, ai bambini era imposto il nome appena nati. Come già notato, molto spesso i nomi erano assegnati dalla madre del bambino47• I nomi propri, abitualmente, rievo­ cavano una vicenda importante, vissuta individualmente o anche collettivamente, associata all'esperienza della nasci­ ta: la riconoscenza a Dio dei genitori (Gionatan, "Yahweh ha concesso" ; Zaccaria, "Yahweh si è ricordato" , la loro speranza per il futuro (Iaazania, "Yahweh ascolti" ) , il tra­ vaglio del parto (Ben--oni, "figlio del mio dolore"), oppure un evento contemporaneo (Icabod, "nessuna gloria" )48• Ovviamente, la procreazione biologica non era il solo mezzo attraverso il quale un bambino poteva entrare a far parte di una famiglia. L'adozione, l'atto con il quale una

44. 45 . 46. 47.

ti vietavano un qualsiasi coinvolgimento maschile, persino quello paterno, fatte salve, forse, le situazioni di emergenza. Ez. 1 6:4; e/r. Giob. 38:8-9. Secondo Rut 4:16-17, Naomi prese Obed, il nipote appena nato, se lo strinse al seno e divenne sua 'ome ne t, "nutrice", prenden­ dolo in braccio. Spesso usato in senso metaforico dai profeti: Is. 13 :8; 2 1 :3; 26: 17; Ger. 4:2 1 ; 6:24; 13:2 1 ; 22:23 ; 50:43 . Geo. 29:3 1-30:24; 35: 18; Giud. 13 :24; I Sam. 1 :20. Esempi di pa­ dri che danno il nome ai figli si trovano in Geo. 16:15; 17: 19; Es. 2:22 in Es. 2 : 1 0 Mosè riceve il nome dalla madre adottiva, la prin­ cipessa d'Egitto. Rut 4 : 17 fa partecipare anche le vicine di Naomi nel dare il nome al nipote, anche se è improbabile che la loro pro­ posta sia prevalsa su quella dei genitori del piccolo Obed. Si veda Block, ]udges/Rut op. cit. p. 73 1 . L'Antico Testamento riporta an­ che alcuni casi di persone che ricevono un altro nome da Dio in persona: egli cambia il nome di Giacobbe in Israele (Geo. 32:28; 35: 1 0); l' 'alma di Is. 7 : 14 deve dare a suo figlio il nome di Ema­ nuele; e/r. il nome dato a Gesù, in Matt. l :2 1. Per delle analisi sui nomi propri degli Israeliti, si veda Fowler, Theophoric Personal Names, op. cit. ; M. Garsiel, Biblica! Names: A Literary Study o/ Midrashic Derivations and Puns, trad. P. Hac,

48.

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persona riconosce legalmente un'altra che non discende biologicamente da lei, era ampiamente praticata nel Me­ dio Oriente49• L'Antico Testamento non fornisce alcuna regolamentazione in merito e non riporta casi esplicita­ mente identificabili di persone adottate, anche se diver­ si racconti hanno connotazione adottiva:5°. Genesi 30:3-8 fornisce l'esempio più verosimile di adozione, dando det­ tagliatamente notizia di Rachele che dà la propria serva a Giacobbe, perché potesse generare un figlio "sulle sue gi­ nocchia" . Questa interpretazione è avallata dall'osserva­ zione che Rachele nominò la progenie secondo quest'or­ dine (Dan, Neftali) , e Giacobbe li integrò (insieme ai figli della serva di Lea) nella sua famiglia come se fossero stati figli effettivi, coi medesimi diritti ereditari che godevano i legittimi nati da Lea e Rachele51, salvo che questi erano fi­ sicamente figli di Giacobbe, ma non di Rachele. TI riferi­ mento frequente al rapporto di Yahweh con Israele come a una normale relazione padre-figlio 52 rafforza l'impressio­ ne che l'adozione fosse un'esperienza relativamente comu­ ne, altrimenti la metafora sarebbe stata priva di significato ! Ancora più efficace è il legame di Yahweh con Davide e i suoi discendenti, espresso per mezzo di quella che è comu­ nemente riconosciuta come la formula dell'adozione: "Io

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50.

51.

52.

kett, Bar-Ilan University, Ramat Gan, 1 99 1 . Si veda anche de Vaux, Ancient Israel, pp. 43-46. Si veda l'analisi dell 'adozione di R. de Vaux, Ancient Israel, pp. 5 1-52. Il servo di Abraamo, designato suo erede perché il patriarca non aveva figli (Geo. 15:3); Mosè, preso dalla figlia di faraone e trat­ tato come suo figlio (gli diede persino il nome! Es. 2: 10); Ghenu­ bat, figlio di Adad, accolto in casa del faraone tra i figli del farao­ ne (l Re 1 1 :20); Ester, anch'ella accolta e allevata da suo zio Mar­ docheo (Ester 2:7, 15). Si noti anche l'apparente adozione da parte di Giacobbe dei figli di Giuseppe, Manasse ed Efraim, mediante la benedizione (Gen. 48: 8-22) e la dichiarazione che, a causa loro, Giuseppe doveva riceve­ re una doppia porzione di eredità; nonché la probabile adozione, da parte di Giuseppe dei suoi pronipoti, figli di Machir, figlio di Manase, "nati sulle ginocchia di Giuseppe" (Gen. 50:23 ). Per un trattamento di entrambi i casi come adozioni di Giuseppe, si veda Greenspahn, When Brothers Dwell Together, op. cit. , pp. 12 1-22. Es. 4:22; Deut. 32:6; Is. 63 : 16; 64:7; Ger. 3 : 1 9; 3 1 :9; Osea 1 1 : 1 .

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sarò per lui un padre ed egli mi sarà figlio"53 • Contrariamente al moderno mondo occidentale, nel­ l' antico Israele i figli potevano essere allattati sino a tre anni dalla nascita 54• Di norma, il neonato veniva allattato da sua madre 55, quantunque sia ben attestata la pratica di affidare il bambino alle cure di un'altra nutrice56• li caso di Debo­ ra, balia di Rebecca57, dimostra che una nutrice poteva di­ ventare un membro estremamente importante di un clan. Evidentemente, dopo che Rebecca era stata svezzata, la ba­ lia continuò a servirla come guardiana e tutrice58, e quan­ do venne il tempo di sposarsi la famiglia di Rebecca man­ dò insieme a lei la nutrice per continuare a farle compagnia e darle assistenza, intanto che lei si uniformava al suo nuo­ vo ruolo di moglie e madre. Ella divenne a tal punto parte integrante di questa famiglia che, dopo la morte di Rebecca che un tempo aveva succhiato al suo seno e più tardi era di53 . II Sam. 7: 14. e/r. Sal. 89:26--27. Per una discussione delle perce­

zioni nell'antico Medio Oriente di una relazione tra sovrano e vas­ sallo come una relazione tra adre e figlio adottato, si veda Moshe Weinfeld, "The Covenant o Grant in the Old Testament and in the Ancient Near East", JAOS, 90, 1970, pp. 190-194; ma si noti la recente replica ammonitrice di Gary N.Knoppers, "Ancient Near Eastem Royal Grants and the Davidic Covenant: A Parallel? ", ]AOS, 1 16, 1996, pp. 68 1-684. I Macc. 7:27; cfr. I Sam. 1 :20-23 . Gen. 2 1 :7 ; I Sam. 1 :2 1-23 ; I Re 3 :2 1 . Gen. 24:29; 35:8; Es. 2:7-9; Num. 1 1 : 12; I I Sam. 4:4; II Re 1 1 :2; Is. 49:23 ; II Cron. 22: 1 1 . L'ebraico méneqet, dalla radice yanaq, "nutrire, allattare", indica "uno che allatta al seno". Ora, in nes­ sun punto l'Antico Testamento allude a come veniva scelta una ba­ lia, la cosa certa è che doveva avere avuto di recente un figlio pro­ prio. Con l'alto tasso di mortalità infantile, una persona che aveva perso un figlio poteva offrire il suo seno al neonato di qualcun'al­ tra, oppure, se aveva latte a sufficienza, poteva allattare contempo­ raneamente due bimbi. In alternativa, se la nutrice era una serva di casa, una signora che avesse da poco partorito poteva semplice­ mente costringerla a svolgere questa mansione. Gen. 24:59; 35:8. ll Targum Jonathan rende meneqet con padgogtha, termine che risente dell'influenza del greco paidagogos, precettore. Ciò si accorda anche con il costume mesopotamico secondo il quale museniqtu' , "balia", spesso svolgeva la funzione di tarbitu, cioè di guardiano e tutore del bambino.

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54. 55 . 56.

57. 58.

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ventata la sua padrona, pur essendo una persona ormai an­ ziana, continuò a vivere e a spostarsi insieme alla famiglia di Giacobbe, figlio di Rebecca. Genesi 35:8 dà un' inconsue­ ta testimonianza dell'importanza che aveva, non solo ricor­ dandone il nome, ma anche dando notizia del luogo e del tempo della sua dipartita, commemorati con l'attribuzione di una denominazione di una quercia presso Betel: un onore che non fu accordato neanche alla sua padrona59 ! Gli ebrei erano solo uno dei molti popoli semitici che praticavano la circoncisioné0• In Israele, la circoncisione costituiva un rito religioso, il segno esteriore di un patto, fatto sui maschi all'ottavo giorno di vita61• Oltre a questo evento di natura religiosa, i vari stadi della vita di un figlio non erano particolarmente messi in rilievo. Abraamo cele59. TI luogo del seppellimento di Rebecca, nella grotta della famiglia a

Macpela, viene citato in una posteriore testimonianza riassuntiva (Gen. 49:3 1 ) , ma la narrazione tace sul tempo e sulle circostanze della sua morte. Poiché non viene mai più menzionata, molti pre­ sumono che fosse morta già nel periodo in cui Giacobbe ritornò da Caran (cfr. Gen. 27 :45 ) 60. Sulla circoncisione nell'antico Medio Oriente, si vedaJack M.Sasson, "Circumcision in the Ancient Near East", JBL, 85, 1966, pp. 473476; T. Lewis e C. Armerding, "Circumcision", ISBE, l, pp. 700702; R.G. Hall, "Circumcision" , ABD, l, pp. 1025- 1027. Per una disamina della principale evidenza testuale nonché iconografica del­ la circoncisione in Egitto, si veda F. Jonckheere, "La circoncision des ancients égyptiens", Centaurus l (195 1 ) , pp. 2 12-234; M. Strac­ mans, "Encore un texte peu connue relatif à la circoncision des an­ ciens égyptiens", Archivio Internazionale di Etnografia e Preistoria 2, 1959, pp. 7-15; per una spiegazione, si veda ANEP § 629. Cfr. ANET, p. 326; Erodoto, Storie 2:104; Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, 8. 10.3 . 6 1 . Gen. 17. Se la circoncisione in Egitto era riservata alla casta ari­ stocratica, compresi il faraone, i suoi sacerdoti, i cortigiani e gli altri alti funzionari, come indica lo Stracmans ( "Encore un tex­ te peu connue relatif a la circoncision", art. cit. , p.l2), e se la cir­ concisione israelita rappresenta un adattamento della pratica egi­ ziana, dal momento che tutti i maschi israeliti dovevano essere cir­ concisi, si potrebbe dedurre che la nobiltà d'Israele nutrisse senti­ menti democratici; tutti i cittadini maschi erano riconosciuti cor­ tigiani di Yahweh (proposta suggeritami da Peter Gentry, duran­ te una conversazione privata). Ma il Sasson ("Circumcision in the Ancient Near East", art. cit. , p. 474), osserva che continua a esser­ ci incertezza se la consuetudine in Egitto fosse volontaria o univer­ salmente imposta. 100

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brò lo svezzarnento di !sacco con una grande festa62, gesto che indubbiamente indicava la grande precarietà della vita di un neonato a quel tempo, ma non c'è alcuna testimo­ nianza dell'autoconsapevolezza dell'infanzia e dell'adole­ scenza in quanto fasi distinte della vita63 . Recepito come vademecum per l'istruzione del giova­ ne, il libro dei Proverbi getta una luce nitida sull ' orienta­ mento che si as�umeva nei confronti della gioventù nel­ l'antico Israele. E particolarmente istruttivo notare le pa­ role specifiche che si adoperavano per indicare e descrive­ re le persone a cui ci si rivolgeva64• ( l) Ben è un'espressio­ ne che può avere una vasta gamma di significati, uno dei quali equivaleva ad "allievo" , sotto la tutela di un "pre­ cettore" , indicato come il suo 'ab, "padre"65• Nei Prover­ bi la parola denota un giovane dipendente dalla madre e dal padre, verso i quali era anche responsabile. (2) Na'ar è un adolescente avanzato, necessitante di preparazio­ ne, in vista dell'età matura66• (3 ) Petf (plurale petayim/ p eta 'y im) deriva dalla radice pata, "essere semplice, aperto (disposto) " , quindi un semplicione, una persona ingenua, uno che può essere facilmente adescato da idee di qualsiasi tipo, la cui mente non è allenata a distingue­ re la verità dalla menzogna, di conseguenza uno bisogno­ so di guida.67 (4) Lt� !le� è fondamentalmente uno sprege­ vole schernitore, un beffardo, che ostenta arrogantemen­ te il suo degrado morale prendendosi gioco della sapienza 62. Gen. 2 1 :8. 63 . Ciò contrasta con il bar-mitsvah, il bat mitsvah e le cerimonie di confermazione praticate in seno al giudaismo e in molte denomi­ nazioni cristiane. 64. Per un'eccellente dissertazione sui termini per "stolto" nella se­ guente lista (3 ,8), si veda M.V. Fox, "Words for Folly" , ZAH 10, 1997 , pp. 4-15. Sono grato a P. Gentry per avermi segnalato que­ sto articolo. 65 . Prov. 1 :8; 2 : 1 ; 3 : 1 , 1 1 , 2 1 ; 4 : 1 , 10, 20; 5 : 1 , 7 ; 6: 1 , 20; 7 : 1 ; 8:32; 10: l; e passim. L'equivalente di rab, rabbf, nell'ebraico e aramaico postbiblici. 66. Prov. l :4 e passim. Si veda l'eccellente discussione di T. Hildebrandt, "Proverbs 22:6a: Train Up a Child? " GI] 9, 1988, pp. 10-14. 67 . Prov. 1 :4, 32; 7:7; 8:5; 9:4, 16; 14:15, 18; 1 9:25; 2 1 : 1 1 ; 22:3 ; 27: 12; Si veda Chou-Wee Pan, "iln:J " NIDOTTE, 3 , pp. 7 14-7 16. IOI

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

e dell'insegnamento, il quale dev'essere umiliato.68 Kestl è un impudente, una persona ottusa e insolente, insensibile alla saggezza e ostinato nelle sue vié9• (6) lfaser le'Q è un incoerente e un insensibile, uno che manca di buon senso e dev'essere disciplinato70• (7) 'Ewil è un'idiota, uno che è moralmente poco intelligente e anche sciocco; la differen­ za con un kestl è quasi inesistente. Sono ambedue caratte­ rizzati da una ' iwellet, "corruzione morale, stravaganza" ed entrambi replicano all'ammaestramento e alla correzio­ ne col disprezzo71• (8) Siklut/sakal significa limitatezza/ persona ottusa e lenta a capire, senza particolari caratteri­ stiche morali72• Questa terminologia e il modo in cui le parole sono usa­ te dimostrano che, dal punto di vista intell ettuale, morale e spirituale, gli israeliti ritenevano lo stadio giovanile del­ l' essere umano fondamentalmente contaminato73• Stando alla tesi introduttiva dei Proverbi (1 :2-7), la risposta a que­ sto problema si riflette in un ricco vocabolario pedagocico: }J,okma, "sapienza" ; musar, "disciplina, ammaestramen­ to" ; Mna (analogo al tebuna trovato in altro luogo), "in' furb'121a , ; telligenza , ; da( at, " conoscenza , ; orma, abili'ta, ( A

A

"

0

68. La forma verbale si trova in Prov. 3 :24; 9: 12; 19:28; 24:9; il sostan­

69.

70. 71.

72 . 73 .

102

tivo in Prov. 1:22; 3:34; 9:7, 8; 13:1; 14:6; 15: 12; 19:25, 29; 20: 1; 2 1 : 11, 24; 22: 10; 24:9. S i veda inoltre T.Powell, "y•?" NIDOTTE, 2, pp. 798-800. La radice ricorre più di 50 volte nei Proverbi. Per es. Prov. 3 :35; 10: 1;13:20; 14: 16, 24; 14:7 , 33; 15:2, 7, 20; 2 1:20; 26:5 ; 29: 1 1 . Si veda anche Chou-Wee Pam, "'?O;:)" NIDOTTE, 2, pp. 678-680 Prov. 6:32; 7:7; 9:4, 16; 10: 13; 1 1 : 12; 12: 1 1 ; 15:2 1 ; 17: 18; 24:30; e/r. Prov. 28:16. Si veda S.Meier, "'?0;::) " , N/DOTTE, 2, p. 226. Prov. 10:8, 10, 13-14, 18, 2 1 ; 12: 16, 23 ; 13 : 16; 14:8, 24, 33; 15:2, 5, 14, 20; 16:22; 1 7 : 12, 28; 19: 1 ; 20:3 ; 26:4, 5, 11; 27:3 , 22; 29: 1 1 e altri. Si veda, inoltre, Chou-Wee Pan, "'?'1N " , NIDOTTE, l , pp. 306-309. Siklut, Ecci. 1 : 17; 2:3 , 12, 13; 7:25; 10: 1 , 13 ; sakal, Ecci. 2: 19; 7 : 1 7 ; 10:3 , 1 4 . Si veda sempre Chou-Wee Pan, "'?;:)O", NIDOITE, 3 , pp. 254-256. La gioventù era infatti vista come un ciclo della vita con poco pre­ gio, privo di discernimento e di buon senso (Prov. 7 :7). I figli, in­ somma, erano considerati per natura e sostanzialmente poco intel­ ligenti (Prov. 22: 15 ) . Questa affermazione è ben illustrata dal com­ portamento di Roboamo, che mandò allo sfacelo il regno di Salo­ mone, preferendo il consiglio dei "giovani" (yeladim) a quello

1 LA CONDIZIONE E I DOVERI DEI FIGLI NELL ANTICO ISRAELE

mezimma, " discrezione, prudenza"; leqal;t, "percezione, intuito" ; e tal;tbulot, in sostanza "l'arte di governare Wla

barca" , ma utilizzato per indicare la "predisposizione al co­ mando". Altrove ci si imbatte nel sostantivo sekel, "intuito, prudenza"74 e una serie di verbi per il sapere: s'lima', "ascol­ tare", soprattutto i padri e i precettori, e hitteh 'oznf, "in­ clinare l'orecchio" verso gli istruttori (Prov. 5 : 13 ) ; lamad, "apprendere" (Prov. 30:3 ): l;tanak., "iniziare", cioè "accor­ dare lo stato e le responsabilità della maturità "75• Dal preambolo e dal libro considerato complessivamen­ te risulta chiaro che l'obiettivo dell'apprendimento non è meramente quello di plasmare un adulto brillante e ben am­ maestrato, bensì di preparare un giovane alla vita. Le di­ mensioni di questa acquisizione sono racchiuse nella sola parola l;tokma , che significa in sostanza competenza nel­ l'esercitare Wl mestiere (Es. 35 :30-35) ma che, per esten­ sione, si riferisce all ' acutezza intellettuale (I Re 4:29-34), al­ l' accortezza (Es. l : l O), alla comprensione letteraria (Prov. l : 6)76, all'integrità etica e morale (Prov. 1 :3 )77, e alla compren­ sione dei misteri della vita (Prov. 30: 1 1-33 ). Quindi, il li­ bro dei Proverbi tratta un ampio ventaglio di soggetti prati­ ci e pragmatici, non esclusi l'educazione individuale, la di­ sciplina e l'autocontrollo in presenza delle inevitabili tenta­ zioni sessuali, l'importanza del lavoro duro, del parlare one­ sto e di altre attitudini sociali, necessarie non solo per an­ dare d'accordo col rimanente del nucleo familiare (Prov. 6: 16-19) , ma anche per accogliere con favore i doveri connes­ si all'età adulta nel seno della comunità più ampia. Per rag­ giWlgere tali traguardi, le volontà testarde dovevano essere infrante, le menti ingenue abbisognavano di un complesso di elementi per valutare le idee, i cuori induriti dovevano es­ sere inteneriti e l'individualismo doveva essere sostituito dal 74. Prov. 12:8; 1 6:22; 19: 1 1 . n verbo collegato, haskil, "avere perspi­

cacia, essere prudente, riscuotere successo", ricorre in Prov. 1:3.

75 . Così Hildebrandt, "Proverbs 22:6a: Train Up a Child?", art. cit. pp.

3-19.

76. n verso parla di comprendere i proverbi (masal), le figure retoriche (mèlt�a), le parole sagge (dibré IJ,òkma) e gli enigmi (/Jida). 77. n verso si riferisce all'elemento etico con un terzetto di termini or­ dinari: �edeq, " rettitudine "; miSpat, "giustizia" ; mésarim, "in­

tegrità, probità" .

103

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

senso di partecipazione e di impegno nei confronti della co­ munità. Ma alla base di tutto c'era la profonda convinzio­ ne teologica che "il timore di Yahweh è il principio della sa­ pienza"78. Se una persona giovane non imparava questo, lui o lei restavano stolti, e una società di stolti non poteva sussi­ stere, figuriamoci poi prosperare. In conclusione, il dovere di ammaestrare i figli e di prepararli ad affrontare l'età adul­ ta non competeva soltanto ai genitori del ragazzo ma si rite­ neva che fosse un compito della comunità intera. I doveri dei figli nell'ambito del nucleo familiare. Nel­ la discussione sulla condizione dei figli abbiamo visto che il figlio/adolescente rimaneva in massima parte passivo, l'og­ getto della cura e dell'insegnamento dei genitori. Chiara­ mente, la risposta che ci si attendeva dal ragazzo cambia­ va proporzionalmente alla sua crescita, ma il primo princi­ pio in testa all'elenco dei doveri del fanciullo era quello di rispettare i genitori. L'importanza di questa prescrizione è sottolineata in diversi modi. lnnanzitutto, il frasario del ri­ spetto include verbi che altrove sono accostati alla risposta che Dio richiedeva a Israele: kibbed, "onorare, dare glo­ ria a "79, e yare ', "temere, riverire"80• Secondo, il comanda­ mento è imperniato sulla costituzione stessa della nazione, essendo il primo dei principi orizzontali di relazione basa­ ta sul patto citato nel Decalogo81. Terzo, il comandamento di onorare i genitori richiede espressamente di onorare sia il padre sia la madre. Quarto, nella sua forma apodittica, il comandamento non fornisce alcuna particolare qualifica78. Prov. 1 :7; 9:10; 15 :33 ; Giob. 28:28; Sal. 1 1 1 : 1 0; Eccl. 12: 13. 79. n verbo appare coi seguenti attributi divini: (l) Yahweh: I Sam. 2: 30; Is. 24: 15 ; 25 :3 ; 43 :20, 23 ; Sal. 22:24; Prov. 3 :9; (2) Adonai: Is. 29: 13: (3 ) Elohim: Sal. 50:15; (4) Eloah: Sal. 50:23 ; (5 ) El: Sirac. 7:3 1 ; (6) creatore: Prov. 14:3 1 ; (7) inviato di Yahweh (mal 'ak): Giud. 13: 17. 80. Come è riflesso in quel "il timore di Yahweh è il principio della sapienza" menzionato sopra. n timore di Yahweh è un importan­ te leit moti/ anche del Deuteronomio: 4: 10; 5:29; 6:2, 13, 24; 8:6; 10:12, 20; 13:4; 14:23 ; 17: 19; 25: 18; 28:58; 3 1:12, 13 . Significativa­ mente, a differenza dei popoli circonvicini, per i quali il culto ata­ vico era un' importante caratteristica dell'espressione religiosa, il comando evita accuratamente di stimolare una eventuale venera­ zione di "padre e madre". 81. Es. 20: 12; Deut. 5 : 16. 104

1 LA CONDIZIONE E I DOVERI DEI FIGLI NELL ANTICO ISRAELE

zione, limitazione o termine; il rispetto dei figli è recepito come un inderogabile diritto dei genitori. Quinto, come os­ serva Paolo in Ef. 6: 1 , nel contesto di una serie di comanda­ menti inconfutabili, questo comando si distingue in quan­ to è seguito da una puntualizzazione: il futuro di ciascun israelita dipende dal rispetto che egli ha per il passato. Se­ sto, nel catalogo di oltre 50 prescrizioni traccianti i contor­ ni della santità in Levitico 19, (" Siate santi, perché io, il Si­ gnore vostro Dio, sono santo" , Lev. 19:2), la posizione pre­ minente spetta al comandamento di onorare madre e padre (notare l'ordine inverso: madre e padre). Settimo, la legisla­ zione successiva considera il trattare con disprezzo i genito­ ri come un oltraggio gravissimo82• Ottavo, Ezechiele inclu­ de il disonorare i genitori tra i crimini che afflgli gevano la sua generazione e, in ultimo, condussero alla caduta di Ge­ rusalemme e alla distruzione del tempio, eventi verificatisi nel 586 a.C.83 In effetti, si potrebbe concludere che come il timore di un individuo per Yahweh veniva valutato da quanto "camminasse nelle vie di Yahweh"84, così il rispetto dei figli per i genitori era misurato dal grado della loro ef­ fettiva ubbidienza ai genitori stessi85• Un altro campo di responsabilità per i figli nelle an82 . Es. 2 1 : 17; Lev. 20:9; cfr. Deut. 27 :16; Prov. 20:20. il verbo qillel

"trattare con trascuratezza, con disprezzo, come una cosa irrile­ vante" , per quanto in genere sia reso con "maledire", è l' antoni­ mo semantico di kibbed, "onorare, trattare con rispetto" , non di berek, "benedire" . La condotta da tenere nei riguardi di un figlio ribelle e disubbidiente è descritta in Deut. 2 1 : 18-2 1 . n padre e la madre dovevano prenderlo e presentarlo agli anziani; dopo aver esposto le loro lamentele, l'intera comunità doveva lapidario. Lo scopo di questo comportamento tanto brutale è al tempo stesso catartico (bandire il male dalla comunità) e preventivo (infondere il timore in tutto Israele). 83 . Ez. 22:7. n Sama, molto persuasivamente, osserva che la To­ rah attribuisce un'estrema importanza " all 'integrità della fami­ glia, per la stabilità del corpo sociale e della continuità genera­ zionale. La vita domestica è il pilastro sul quale si fonda la società giudaica" (Exodus, p. 1 13 ) . 84. Deut. 10:12; 17: 19; 3 1 : 12. 85 . Deut. 20: 18; Prov. 1 :8. Si paragoni il rimprovero di Gesù alla pseu­ dospiritualità farisaica in Mar. 7: l 0-13 , con il quale egli respinge persino la scusa più devota addotta per evitare di assistere i propri genitori, poiché in tal modo si annull ava la Parola di Dio. 10 5

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tiche famiglie israelite era costituito dall'economia fami­ liare. I ragazzi e le ragazze, già a partire dall'età di cin­ que o sei anni, dovevano cominciare a cogliere gli ortag­ gi, a immagazzinare legna da ardere e ripulire dopo aver consumato il pranzo. La famiglia avrebbe predisposto le varie mansioni, a seconda del sesso del componente, sin dall'età adolescenziale, assegnando ai maschi i lavori ma­ nuali e più rischiosi (cacciare selvaggina, pascolare gli ar­ menti addomesticati, macellare il bestiame e le pecore) e istruendo le femmine nelle varie faccende domestiche ne­ cessarie per il buon andamento di una casa (raccogliere le verdure, preparare il cibo, filare la lana, confezionare degli abiti e badare ai bimbi; e/r. Prov. 3 1 : 10-3 1 ) . Tutta­ via, tali assegnazioni non erano assolute; specie durante il tempo del raccolto, gli uomini e le donne lavoravano fian­ co a fianco nei campi (Rut 2)86• Terzo, ogni generazione era obbligata a preservare l'in­ tegrità genealogica della famiglia, in particolare la linea maschile. Questo scopo era ottenuto mediante una spe­ ciale istituzione, il levirato87• Per definizione, un matrimo­ nio contratto tramite la legge del levirato rappresentava un'unione legalmente sanzionata tra una yebama, una ve­ dova il cui marito era morto senza aver generato alcun fi­ glio, e il yabam, fratello del deceduto. Mentre alcune va­ rianti di questo genere di matrimonio sono attestate nel se­ condo millennio in fonti ugaritiche, ittite e medio assire88, Deuteronomio 25 :5-10 obbligava un israelita maschio non sposato ad " adempiere ai doveri di yabam' , sposan­ do la vedova di suo fratello. Per evitare che il nome del86. Per un'eccellente trattazione dei ruoli relativi all'economia svolti dai figli nell'Israele premonarchico, si veda Meyers, "The Family in Early Israel", pp. 25-32. Anche con l'accresciuto fenomeno del­ l'urbanizzazione, verificatosi con l'avvento delle monarchie, questi ruoli non subiranno mutamenti nella maggior parte dei casi, spe­ cie all'esterno delle due città capitali dei regni, Gerualemme e Sa­ maria. 87 . L'istituzione non ha nulla a che vedere coi leviti. Levir è il termine latino per indicare il cognato, che corrisponde all'ebraico yabam. 88. Per riferimenti, si veda Block, Judges/Rut, pp. 675--676. Per una valutazione comparativa delle evidenze extrabibliche, si consul­ ti Westbrook, Property and Family in Bzblical Law, pp. 87-89. UlI06

1 LA CONDIZIONE E I DOVERI DEI FIGLI NELL ANTICO ISRAELE

la famiglia del deceduto si estinguesse, il primo figlio nato dall 'unione doveva assumere il nome del defunto. Se lo yabam si rifiutava di compiere questo suo dovere, la vedo­ va doveva togliergli il sandalo, in presenza degli anziani, e umiliarlo pubblicamente sputandogli in volto89• Infine, nell'antico Israele i figli costituivano una sicu­ rezza per i loro genitori nella vecchiaia, il che significa che, oltre alla vergogna e all'imbarazzo di non avere avuto di­ scendenza, la mancanza di figli generava grande preoccu­ pazione per quel che sarebbe avvenuto in futuro, nell'età avanzata90• L'assenza di riferimenti agli anziani nelle dispo­ sizioni pentateucali sulla cura delle classi particolarmen­ te vulnerabili (orfani, vedove e stranieri) sorprende e po­ trebbe essere indizio del fatto che la loro prosperità fosse assicurata da strutture già attive. D'altro canto, è possibile che la prescrizione del Deuteronomio di dare una porzio­ ne doppia di eredità al figlio maggiore, possa essere stata tanto una responsabilità, quanto un privilegio (Deut. 2 1 : 17), fungendo anche da risarcimento per la mansione di bekor, che includeva l'occuparsi dei genitori anziani, nei loro ultimi anni di vita. Tuttavia, la generazione più giova­ ne non poteva presumere di aver soddisfatto i propri ob­ blighi limitandosi soltanto a qualche manifestazione di ri­ spetto verso i genitori attempati. Levitico 1 9:32 impone alla generazione più giovane di alzarsi davanti al capo ca­ nuto (Seba, cfr. Giob. 29:8) e di onorare (hadar) la perteriore materiale bibliografico e di discussione può essere reperi­ to in Blenkinsopp, "The Family in First Tempie Israel" , in Leo G. Perdue et al., a cura di, Families in Ancient Israel, Westminster John Knox, Louisville , 1997, pp. 63-64, 96; F.R Ames, uLevirate Marriage", NIDOTTE, 4, pp. 902- 905 ; Greenspahn, When Brothers Dwell Together, op. cit. , pp. 55159. 89. Nell'Antico Testamento troviamo due racconti di questa usanza: la storia dei figli di Giuda, che si rifiutarono di rispettare i loro impegni derivanti dal !evirato nei confronti della cognata rima­ sta vedova, Tamar (Gen. 38) e la storia di Boaz, il quale, attraver­ so dei mezzi legali, ottenne il diritto dal primo della linea di spo­ sare Rut, preservando così la famiglia e i possedimenti di Elime­ lec (Rut 4: 1-12). 90. La consolazione di Naomi, che aveva perso entrambi i figli, è evi­ dente nella benedizione pronunciata su di lei alla nascita di suo ni­ pote Obed, in Rut 4: 14-15. 107

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

sona del vecchio, a prescindere se egli sia o no un genito­ re; allo stesso tempo, Dio richiede che si onori anche lui (yare '), poiché egli è Yahweh, il loro Dio. Infatti, l'esordio apologetico di Eliu in Giobbe 32:4 dimostra che il rispetto per gli anziani non doveva limitarsi alle persone israelite9 1 • L'informazione che due orse avevano ammazzato barbara­ mente un gruppo di ragazzini per aver dileggiato Eliseo in II Re 2:23-25 illustra bene la severità con la quale Dio trat­ tava quelli che disprezzavano i vecchi in genere, e in parti­ colare un profeta anziano92•

La genealogia di Eliu in Giob. 32:2 indica che egli era un ebreo. Nondimeno, egli aveva tardato a intervenire nel dialogo tra Giob­ be e i suoi " amici" , per rispetto della loro anzianità (Giob. 32 :47), anche se apparentemente nessuno di essi sembra essere mem­ bro della sua comunità etnica. 92 . n racconto ovviamente riguarda il rispetto per il profeta, ma le pa­ role dei giovinetti " Sali, calvo ! Sali, calvo ! " sono parole beffarde con le quali dei buoni a nulla ingiuriavano gli anziani. 91.

ro8

6. LA CONDIZIONE E I DOVERI DELL'ANZIANO NELL'ANTICO ISRAELE La condizione sociale dei vecchi. Gli scrittori veterotesta­ mentari indicano gli anziani con diverse espressioni. Sicco­ me il termine "vecchiaia" , yases/ yasis, ricorre solo quat­ tro volte1, questo periodo della vita è descritto letteralmen­ te in termini di giorni (o di anni nella NVR) , con espressio­ ni del tipo " avanti negli anni" (ba'im bayyamimY, oppu­ re, in un senso figurativo, definendo l'età avanzata se ba, letteralmente "capelli grigi" . n verbo sib, che si trova due volte nell'Antico Testamento3, fondamentalmente signi­ fica "diventare gradualmente bianco, diventare canuto" , ma in entrambi i testi reca un senso che deriva da "esse­ re vecchio" . n sostantivo corrispondente, se ba, ricorre di­ ciannove volte\ quasi sempre avendo il significato astrat­ to di " aspetto grigio" , usato quindi in maniera metonimil . Tre delle quali si trovano in Giobbe: Giob. 15: l O associa in modo na­ turale "vecchiaia" ad "avere i capelli bianchi". In Giob. 32:6 Eliu si contrappone come �a: ìr leyamim, "giovane di giorni", ai tre ami­ ci, che sono yeSiSim, "vecchi" . Giob. 29:8 contrappone yeSiSìm, "vecchi", a ne'arim, "giovani" . II Cron. 36: 17 considera "uomo giovane" (baJ;:ur) e "donna giovane" (betula) come termini oppo­ sti, e zaqen, "vecchio", come sinonimo diyases, "anziano". 2. Gen. 18: 1 1 ; 24: 1; Gios. 13: 1a, 1b; 23 : 1 , 2; I Re 1:1. Si paragoni "ave­ re lunghi giorni" ('arekU yamim, Es. 20:12; Deut. 5: 16), "sazio di giorni" (seba' yamim, Gen. 35:29; Giob. 42: 17; I Cron. 29:28; an­ che semplicemente sabea' , Gen.25:8), "avanti nei giorni" (kabbìr yamim, Giob. 15: 10), "abbondanza di giorni" (mele yamim, Ger. 6: 1 1 ) e "numeroso di giorni" (rob yamtm, Zac. 8:4). 3 . I Sam. 12:2; Giob. 15: 10. 4. Gen. 15: 15; 25:8; 42:38; 44:29,3 1; Lev. 19:32; Deut. 32:25; Giud. 8:32; Ruth 4 : 15 ; I Re 2:6, 9; I Cron. 29:28; Giob. 4 1 :24; Sal. 7 1 : 18; 92: 14; Prov. 16:3 1; 20:29; Is. 46:4; Osea 7 :9. 109

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ca per designare la "vecchiaia"5, spesse volte essendo as­ sociato all a morte, come in "morire coi capelli bianchi"6• La radice è sovente abbinata ad altri termini usati per in­ dicare la vecchiaia: zliqen, "vecchio"7, séba yamtm, "sa­ zio di giorni"8, kabbtr yamtm, "avanti nei giorni" (Giob. 15 : 10); yasis, " età" (Giob. 15 : 10) . Una comprensione più esatta del vocabolo può essere ottenuta esaminando i ter­ mini che gli vengono contrapposti. Secondo Deuterono­ mio 32:25 , come " uomo giovane" (ba}J,ur) è il contrario di "donna giovane" (betula), così "lattante" (yoneq) è l'op­ posto di "vecchio" (séba). Anche la tradizione israelita, al pari di quella dei cir­ costanti popoli mediorientali, sosteneva che nel periodo antidiluviano gli uomini avevano goduto di vite estrema­ mente longeve e che dopo il diluvio si era verificato un ra­ pido abbassamento della durata della vita umana9• I rac­ conti patriarcali testimoniano che i fondatori della nazione israelita vissero ancora il doppio della vita media dei tempi odierni 10, ma già il Salmo 90: l O esprime la realtà molto più sobria che "i giorni dei nostri anni arrivano a settant' an­ ni; o, per i più forti, a ottant'anni" . L'Antico Testamento non è omogeneo nel riferire il tempo in cui si raggiungeva il traguardo della vecchiaia. Ai fini votivi, la categoria del­ le persone più vecchie era composta dagli ultrasessanten­ ni, secondo Levitico 27 : 1-7 , ma Samuele si considerava già "vecchio e canuto" a soli 52 anni (I Sam. 12:2), mentre Davide era "molto vecchio" , essendo giunto a 70 anni (I Re 1 : 15). Se, da un lato, la durata della vita media dei re di Giuda si aggirava intorno ai 44 anni, come si evince dal li5.

6.

7. 8. 9. 10. no

In Prov. 20:29 si avvicina molto al significato letterale: "La bellez­ za dei giovani sta nella loro forza, e l'onore dei vecchi, nella loro canizie". Gen. 25 :8; I Cron. 29:28; Giu. 8:32 . Confrontare "essere seppelli­ to coi capelli bianchi" (Gen. 15:15; 25:8), ma notare specialmen­ te la locuzione "far scendere i capelli bianchi di qualcuno nel sog­ giorno dei morti" (Gen. 42:38; 44:29, 3 1 ; I Re 2:6, 9), un eufemi­ smo che sta per "morire" . Gen. 25:8; Lev. 19:32; I Sam. 12:2; Is. 46:4; Sal. 7 1 : 1-8. Gen. 25:8; I Cron. 29:28. Cfr. Gen. 5 e 1 1 ; "Lista Reale Sumerica", ANET, pp. 265-266. Abraamo visse 175 anni; !sacco, 180; Giacobbe, 147; Mosè, 120

1 1 LA CONDIZIONE E I DOVERI DELL ANZIANO NELL ANTICO ISRAELE

bro delle Cronache, le persone comuni, in genere, moriva­ no verosimilmente anche più giovani, il che suggerisce che un trentacinquenne veniva considerato già maturo, se non addirittura una persona anziana 11 • n comportamento dell'israelita antico nei riguardi del­ la vecchiaia era alquanto ambiguo. Da un lato, c'era la saggia ammissione dell'effetto debilitante provocato dal­ l'avanzare degli anni, amaramente espresso nelle parole del venerando sostenitore di Davide, l'ottuagenario Bar­ zillai, in II Sam. 1 9:34-35: Adesso ho ottant'anni. Non posso discernere ciò che è buono da ciò che è cattivo. Non posso più assaporare ciò che mangio o ciò che bevo. Non posso più udire la voce dei cantanti e delle cantanti. Perché dunque il tuo servo sarebbe di peso al re mio signore? Solo per poco tempo andrebbe il tuo servo oltre il Giordano con il re; e perché il re vorrebbe ricompensarmi con un tale beneficio?

Altrove, leggiamo di persone anziane sofferenti di ce­ cità 12, obesità (l Sam. 4: 18), cattiva circolazione sanguigna, ovvero ipotermia (I Re l: 1-4), malattie ai piedi (I Re 15: 23 ) 1 3, sterilità (Gen. 18: 1 1 ) , perdita del desiderio sessua11.

I rabbini distinguevano le seguenti tappe decisive nella vita di un uomo: cinque anni, l'età buona per iniziare lo studio delle Scrittu­ re; dieci anni, l'età per poter studiare la Mishnah; tredici anni , per ubbidire ai comandamenti; quindici anni, l'età per studiare il Tal­ mud; diciotto anni, l'età per giungere al talamo coniugale; venti anni, per prestare il servizio militare; trent'anni, l'età del pieno vi­ gore; quarant'anni, l'età della completa intelligenza; cinquant'an­ ni, l'età nella quale l'uomo è in grado di dare consigli; sessant' an­ ni, l'età della maturità (ziqna) ; settant'anni, l'età del capo canuto (seba); ottant'anni, segno di una forza straordinaria; novant'anni, l'età in cui la figura dell'uomo si curva e, infine, i cento anni, età ar­ rivati alla quale si è come morti, essendo ormai decrepiti e passa­ ti via dal mondo (Pirqe Aboth 5:2-1). Tale suddivisione è parago­ nabile a quella babilonese per cui "60 anni è la maturità, 70 la lun­ ghezza di giorni, 80 la vecchiaia, 90 la vecchiaia estrema" (Sultan Tepe Tablet 400-45-49). 12. !sacco, Gen. 27 : 1 ; Giacobbe, Gen. 48:10; Eli, I Sam. 3 :2; 4: 1 5; Aiia, I Re 14:4. 13 . G.R. Driver "Ancient Lore and Modern Knowledge", in Homma­ ges à André Dupont-Sommer, a cura di André Caquot e Mare PhiIII

' MATRIMONIO E FAMIGLIA NELL ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

le (Gen. 18:12), affaticamento fisico (Sal. 7 1 :9) . Lo scrit­ tore dell'Ecclesiaste raffigura in maniera molto efficace gli effetti devastanti della vecchiaia in 12 :2-7 , dove parla in termini simbolici del calo della vista, dell'indebolimento, della perdita dei denti, dell'insonnia incalzante, del timo­ re e della mancanza di ambizione. Ma la vecchiaia pote­ va portare con sé anche un grande logorio emotivo, specie se esistevano degli attriti nel seno della famiglia, come si pu