Marxismo e filosofia in Italia (1958-1971). I dibattiti e le inchieste su Rinascita e il Contemporaneo

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Cassano MARXISMO E FILOSOFIA IN ITALIA 1958-1971

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DE DONATO

Franco Cassano ARXISMO E FILOSOFIA IN ITALIA (1958-1971) I dibattiti e le inchieste su «Rinascita» e il «Contemporaneo»

De Donato

.© 1973 De Donato editore SpA Lungomare N. Sauro, 25 - Bari CL 07-2307-X prima edizione: marzo 1973 seconda edizione: maggio 1976

Gli scritti raccolti in questo volume, ad eccezione di quelli firmati dal curatore, sono pubblicati per gentile concessione delle direzioni di « Rinascita » e del « Contemporaneo », che l'Editore ringrazia qui vivamente.

Indice

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Premessa Introduzione di Franco Cassano Teoria del blocco storico e ricomposizione del lavoro nel capitalismo maturo

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MARXISMO E HEGEL.

1958-1959

Valentino Gerratana, Lucio Colletti

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Il marxismo e Hegel. A proposito dei Quaderni filosofici di Lenin

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UNA DISCUSSIONE TRA FILOSOFI MARXISTI IN ITALIA.

1962

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Appunti per una discussione tra filosofi marxisti in Italia

Cesare Luporini Lucio Colletti

164

Il rapporto Hegel-Marx Michele Figurelli, Elio Mercuri, Claudio Petruccioli

171

Un contributo di studenti dell'Università di Roma

178 182

La realtà oggettiva della contraddizione Una precisazione di Cesare Luporini

183

Sulla realtà oggettiva della contraddizione

192

Contro l'impoverimento della dialettica marxista

Nicola Badaloni

Enzo Paci Luciano Gruppi Mario Rossi

197

Teoria e prassi

Galvano Della Volpe

210

Sulla dialettica (Una risposta a1 compagni e agli altri) Cesare Luporini

226

Il circolo concreto-astratto-concreto Alessandro Natta

240

Per uno sviluppo unitario degli studi marxisti

249

MARXISMO E STORICISMO.

251

Palmiro Togliatti: cultura e metodo

259

Marxismo e storicismo

271

Una visione critica dell'uomo

283

LA RICERCA MARXISTA IN ITALIA. INCHIESTA

285

Marx, Hegel e la Scuola di Francoforte

1965

Luciano Gruppi Rossana Rossanda Cesare Luporini

Lucio Colletti Nicola Badaloni

302

Il problema della dialettica Umberto Cerroni

312

Il marxismo e le scienze sociali Biagio De Giovanni

332

Scienza complessiva e critica dell'ideologia

346

La teoria e i livelli attuali della lotta di classe

Giuseppe Vacca Aldo Zanardo

364

La situazione del marxismo e la dialettica Cesare Luporini

384

Dentro Marx il presente e la prospettiva

1971

Il dibattito sulla dialettica che si sviluppa sulle colonne di « Rinascita» nella seconda metà del '62 (ade nel vivo di una polemica ben piu vasta sull'adeguatezza dell'analisi e della strategia del movimento operaio italiano rispetto ai nuovi livelli di sviluppo del capitalismo e alla nuova strategia elaborata dalle classi dominanti con il lancio della politica di centro-sinistra. Se quindi non è difficile rintracciare alcuni parziali antecedenti quel dibattito ( come lo scambio di lettere tra Gerratana e Colletti sul «Contemporaneo» del '58-'59), 1 ciò cpe ne definisce 1 La discussione trae occasione dall'Introduzione di Colletti ai Quaderni filosofici di Lenin (Feltrinelli, Milano 1958). In quel saggio (Il marxismo e Hegel, pp. IX-CLXVIII) Colletti, sviluppando alcuni motivi della Logica dellavolpiana, polemizza contro lo storicismo ( « lo storicismo di Marx [ ... ] non è né quello di Vico, né quello di Hegel e tantomeno quello di Croce, come pur vorrebbero che fosse quei marxisti, i quali - non vedendo la storia nel Capitale - cinguettano solo sul 18 Brumaio ! », ivi, p. CXLI) e contro l'identificazione di Marx ed Engels ( « passàndo attraverso l'interpretazione di Engels, il marxismo subisce in qualche modo una· ritraduzione in termini speculativi, torna ad essere, cioè, una " concezione generale del mondo " nel vecchio senso della parola, una filosofia che sovrasta e soverchia l'analisi scientifica concreta», ivi, p. cx). L'Introduzione costituisce l'ordito teorico di una piu vasta attività che Colletti viene svolgendo in quegli anni: ricordiamo Il concetto di lavoro in Marx, una replica all'articolo di A. Giolitti su Le basi scientifiche della politica economica, (entrambi comparsi sul primo numero di « Passato e presente», gennaio-febbraio 1958, rispettivamente pp. 16-28 e 1-15); l'articolo su « Il Contemporaneo » del giugno 1958 (La Francia, il fascismo e i neori-

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la carattenstICa più rilevante è però la circostanza di cadere in un momento denso di avvenimenti sul piano sociale e politico, nel momento in cui piu evidente si fa la differenziazione di posizione tra chi sottolinea l'organica incapacità del capitalismo italiano di eliminare gli squilibri storici che lo caratterizzano e chi invece si mostra convinto della necessità di dover rispondere alla nuova fase di sviluppo delle forze produttive abbandonando quel terreno di lotta in quanto destinato .ad essere soppresso dall' iniziativa politica dei settori più avanzati delle classi dominanti. Senza dubbio sarebbe estremamente schematico e riduttivo leggere gli schieramenti del resto differenziati e articolati che si definiscono nel dibattito filosofico sul calco per esempio della rigida contrapposizione di posizioni che invece si crea nel dibattito sulla unificazione capitalistica in occasione del convègno dell' Istituto Gramsci e poi sulle pagine di « Rinascita » 2 ; ma è altrettanto impossibile ricostruire per intero il significato politico del confronto teorico sulla dialettica se non si tengono presenti sullo sfondo quei motivi di polemica e di dissenso. Del resto lo stesso attacco a Della Volpe trae le sue motivazioni piu che dalle posizioni politiche dell'autore di Rousseau e Marx, . dalla vasta e singolare fortuna che la sua opera incontra in diver-

formisti, adesso raccolto nel volume La sinistra e il controllo operaio, Milano, Libreria Feltrinelli 1969, pp. 83-95). Le differenti posizioni di Colletti e Gerratana sul rapporto tra il marxismo e Hegel trovano il proprio riscontro anche sul tema dello Stato (dr. L. Colletti, Stato di diritto e sovranità popolare, « Società», 1960, pp. 905-29 ; V. Gerratana, Democrazia e Stato di diritto, «Società», 1961, pp. 829-80). Nel '59 compare sulla stessa rivista l'articolo di Colletti, Marxismo come sociologia, adesso raccolto nel volume Ideologia e società, Laterza, Bari 1969, pp. 3-59. 2 Gli atti del Convegno sono raccolti nel volume AA. VV., Tendenze del capitalismo italiano, Editori Riuniti, Roma 1962. Il dibattito sull'unificazione capitalistica si apre sul n. 1 (5 maggio 1962) della nuova serìe (settimanale) di «Rinascita» con gli articoli di G. Chiaromonte e R. Banfi. Seguono gli interventi di E. Peggio, A. P~senti (n. 3, 19 maggio 1962), E. Sereni, 'v. Vitello (n. 4, 26 maggio 1967), R. Spesso, ancora A. Pesenti (n. 6, 9 giugno 1962). La discussione si conclude con una replica di R. Banfi (n. 7, 16 giugno 1962).

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si settori della cultura e del movimento operaio italiani ( si pensi ad alcune posizioni della sinistra socialista e ad alcuni richiami piu o meno espliciti che all'opera di Della Volpe sono nei primi numeri dei « Quaderni rossi ») _e presso le nuove generazioni. L'occasione al dibattito viene fornita dal libro di Nicola Badaloni, Marxismo come storicismo, ru cui Luciano Gruppi, in una recensione su « Rinascita » 3, riprende alcuni spunti critici verso la interpretazione dellavolpiana di Marx ( del resto evidenti già nella definizione del " marxismo come storicismo " di contro a quella dellavolpiana di " marxismo come scienza positiva " o a quella di Colletti di " marxismo come sociologia "). Proprio commentando l'introduzione di Lucio Colletti al libro di E. V. Il'enkov, La dialettica del!' astratto e del concreto nel Capitale di Marx (Feltrinelli, Milano 1961) Badaloni infatti osservava: « Il Colletti risolve la questione (della dialettica in Marx) teorizzando la impossibilità della contraddizione reale, escludendo cioè la oggettività reale della contraddizione, al momento in cui fa di quest'ultima un frutto della relazionalità umana. La contraddizione in sé non esiste ; ciò che esiste sono solo fatti empirici non relazionabili altro che nella mente dell'uomo; il nesso dialettico tra ricchezza e sfruttamento umano è quindi un nesso che la ragione crea e che non corrisponde ad alcuna legge oggettiva». Questo mancato riconoscimento comporta anche altre conseguenze: infatti « alla luce delle considerazioni del Colletti, tutto dovrebbe ridursi all'intervento teorico soggettivo, in quanto crea, relazionando i fatti, non solo la coscienza, ma la realtà stessa della contraddizione » 4. Questa critica, che per altro coglie bene la costante polarità di scientismo ed eticismo cui è esposta la teoria dell'astrazione determinata, viene ripresa da Cesare Luporini nell'intervento che segna il vero e proprio avvio del dibattito. La critica di Luporini investe i punti centrali di quell'elaborazione, in primo luogo la « contrapposizione fra dialettica marxista 3 La recensione di Gruppi (Marxismo come storicismo) compare su « Rinascita», n. 6, 9 giugno 1962, p. 29. 4 N. Badaloni, Marxismo come storicismo, Feltrinelli, Milano 1962, pp. 205-6.

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e dialettica hegeliana », che, particolarmente « esasperata da alcuni scolari del Della Volpe, come il Colletti, il Rossi ed altri » li induce a « cancellare dal volto del marxismo ogni traccia di ciò che a loro appare come '' dialettica hegeliana" ». Contro questa posizione Luporini ribadisce con forza: « Il metodo di Marx è fondato innanzi tutto sul riconoscimento della oggettività reale della contraddizione e questo riconoscimento è l'elemento di continuità fra Hegel e Marx. Non l'unico certo, ma il principale» 5 • A Luporini replica prontamente Colletti ribadendo alcuni punti essenziali della propria posizione (in primo luogo la totale eterogeneità tra Marx e Hegel) e cogliendo con lucidità, al di là dei toni accesi della polemica, il merito storico del dellavolpismo, l'aver fatto si che « a differenza di quanti sono ancora oculatamente intenti a dosare l'eterna miscela di un po' di naturalismo alla Feuerbach con un pizzico di dialettica alla Hegel ( quasi che Il Capitale, i Grundrisse, le Teorie sul plusvalore fossero veramente riservati agli studenti di economia e commercio) » altri abbìano preso confidenza con ciò che significa « teoria del valore, con ciò che Marx_ intende per " classe sociale " moderna, con quale ne sia la struttura economico-politica, quale l'incastro di economia e sociologia che ne discende, o, infine, che dinanzi all'eterno (ma sempre elusivo) parlare di ''metodo" e "metodologia" taluni siano andati a vedere com'è costruita, di fatto, una legge scientifica » 6 • Ma al di là della giusta rivendicazione del merito di aver imposto il terreno più corretto per qualsiasi discussione sulla natura teorica del marxismo ( di cui è testimonianza non solò la polemica del '58 con Gerratana sul rapporto Hegel-Marx, ma piu in generale il ruolo esercitato dal dellavolpismo in tutto il dibattito che inizia nel '56 nel movimento operaio italiano), ciò che è singolare nella replica di Colletti ·come in quella immediatamente successiva di un

5 C. Luporini, Appunti per una discussione tra filosofi marxisti zn Italia, in questo voi. _alle pp. 159-63. 6 L. Colletti, Il rapporto Hegel-Marx, ivi, pp. 164-70.

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« gruppo di studenti dell'Università di Roma»

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è la deformaziope che subisce l'accusa di Luporini. Sia Colletti che gli studenti infatti polemizzano con l'affermazione secondo la quale «l'elemento di continuità fra Hegel e Marx» sarebbe da ricercare nel « riconoscimento dell'oggettività reale», lasciando cadere il riferimento alla contraddizione ( sia Badaloni che Luporini non mancheranno di farlo rilevare) 8 • Non ci saremmo soffermati su questo particolare se non fossimo convinti che esso, trascendendo il piano della semplice cronaca del dibattito, fornisce qualche elemento di giudizio e di riflessione più in generale. Infatti l'episodio consente di cogliere un punto essenziale del(a discussione, la convinzione comune a molti dei partecipanti (merito di Della Volpe è quello di sottrirsi nel suo intervento a questa convinzione) che il riconoscimento dell'importanza della categoria di contraddizione all'interno del pensiero di Marx comporti immediatamente il riconoscimento di una continuità sul tema della dialettica fra Hegel e Marx, un avvicinamento e in qualche modo una dipendenza di Marx da Hegel. Ma questa immediata contrazione del concetto marxiano di contraddizione all'interno del campo teorico dell'hegelismo non può, a nostro avviso, essere spiegata se si rimane suq,alterni al piano metodologico-filosofico del dibattito; concreti elementi di giudizio sul suo significato reale è possibile invece guadagnarli rimettendo sui piedi il concetto di contraddizione, cercando di ricostruire il carattere specifico di quella contraddizione. Qualche elemento utile in questa direzione ci viene proprio dal testo di Badaloni che fornisce lo spunto alla polemica. Qui infatti il rilievo conferito alla centralità della categoria della contraddizione nella definizione del nucleo teorico del marxismo è immediatamente connesso con una ricostruzione del tutto particolare della struttura della contraddizione: « La realtà empirica va considerata non solo nella sua rappresentazione immediata ma nelle sue leggi di tendenza. L'ostacolo

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M. Figurelli - E. Mercuri - C. Petruccioli, Un contributo di studenti dell'Università di Roma, ivi, pp. 171-7. 8 N. Badaloni, La realtà oggettiva della contraddizione, ivi, pp. 178-81; C. Luporini, Una precisazione, ivi, p. 182.

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oggettivo che la anarchia determina nella produzione in ragione della appropriazione privata della ricchezza, implica un suo presentarsi sensibile nel mondo storico » 9 • Quella

  • > (staff) e del secondo caso la maggior parte delle prestazioni identificate nella struttura gerarchica (line) nonché tutte quelle mansioni che dipendono per intero dalla forma sociale del processo di produzione (pubblicità, sociologia delle relazioni umane, ecc.). Ma con lo sviluppo dell'impiego della forza-lavoro intellettuale in fabbrica, crescono anche le fasce di essa che vengono esposte alla contraddizione tra valore d'uso e valore di scambio della prestazione lavorativa, tra il livello di qualificazione necessario per fare della scienza una forza produttiva del capitale e i limiti che il capitale stesso impone all'applicazione della scienza alla produzione usandola come potenza intellettuale separata e contrapposta al lavoro operaio, facendola funzionare solo come strumento di sfruttamento. E certamente questo processo di subordinazione del lavoro intellettuale, questa crescente dequalificazione, derivante dall'esigenza di farne una variabile dipendente della ferrea legge della produttività capitalistica della diminuzione del tempo di lavoro necessario, provoca fenomeni notevoli di avvicinamento delfa condizione del tecnico alla condizione operaia, giustifica entro certi limiti l' uso del termine « proletarizzazione ». Ma nella misura in cui questo termine saltando il tratto specifico della condizione del tecnico, ciò che la fa differente all'interno dell'organizzazione del lavoro dalla condizione operaia, contiene in sé il rischio di assimilarla immediatamente a quest'ultima, finisce per disarticolare la spiegazione della radicalizzazione di larghe fasce di forza-lavoro intellettuale dal problema, cui è inscindibilmente connessa, dell'organizzazione capitalistica del lavoro e dell'uso capitalistico della scienza. Ne deriva cosi il pericolo che quell'immediata identificazione ( immediata proprio perché costituitasi attraverso l'identificazione del tratto comune-generico), finisca per riprodurre celatamente al proprio interno la separazione (capitalistica) tra potenze intellettuali e lavoro operaio conservando insieme a quella

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    separazione anche il margine di potere e privilegio che essa deriva proprio dall'organizzazione capitalistica del lavoro. L'uguagliazione astratta consegnata nel termine « proletarizzazione » di soldati semplici e sottufficiali dell'industria contro la comune subalternità agli alti gradini della gerarchia di fabbrica rischia di fare dei soldati semplici i portatori subalterni degli interessi corporativi dei sottufficiali dell'industria e alla lunga, nella misura in cui è incapace di percepire le radici sociali capitalistiche della svalorizzazione della forza-lavoro intellettuale, perde anche la sua capacità di attrazione cosf nei riguardi di quest'ultima come nei riguardi della classe operaia (che percepisce subito il limite di quest'uguagliazione come puramente formale e incapace di incidere in profondità sulla sua condizione di lavoro). La critica dei limiti corporativi di tale posizione può avvenire soltanto attraverso un'estensione dell'egemonia operaia, attraverso cioè il disvelamento delle radici della dequalificazione dei tecnici nella separazione capitalistica della forza-lavoro intellettuale dal lavoro operaio, nella crescente esigenza capitalistica di definire l'organizzazione del lavoro non in funzione della massima applicazione della scienza, ma in funzione del massimo sfruttamento del lavoro vivo. Si tratta quindi per la classe operaia di vedere il proprio rifiuto dell'intensificazione del lavoro· non come corporativamente ripiegato su se stesso, ma come punto di partenza di un progetto organico di critica dell'organizzazione capitalistica del lavoro capace di mostrare come l'interesse della forza-lavoro intellettuale alla massima valorizzazione del proprio livello di qualificazione possa realizzarsi solo attraverso la sua unificazione politica con l'interesse operaio alla diminuzione del lavoro necessario. Se il limite che il capitale impone alla piena trasformazione del processo produttivo in cosciente utilizzazione scientifica delle forze naturali consiste essenzialmente nella separazione della scienza dal lavoro vivo, allora quella trasformazione può avvenire pienamente solo attraverso la ricomposizione politica delle forze produttive, attraverso cioè quella unificazione degli interessi capace di superarne tutte le forme di ·espressione spontanee e quindi ancora subalterne alla loro separazione capitalistca.

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    6. Saggio de! profitto e ruolo dello Stato Nell'analisi fin qui condotta ha giuocato un ruolo estremamente importante quella pressione crescente del rapporto di valore sul pieno sviluppo delle forze produttive che Marx ha definito parlando della tendenza alla caduta del saggio di profitto. E' noto quanto Marx ritenesse importante la scoperta di tale tendenza all'interno dello sviluppo capitalistico, come egli ritenesse la legge della caduta tendenziale del saggio del profitto « la legge piu importante della moderna economia politica, e la piu essenziale per comprendere i rapporti piu difficili [. ..] che ad onta della sua semplicità, non è stata finora mai compresa ,e tanto meno espressa consapevolmente » 52 nonostante essa sia « il mistero a svelare il quale tutta l'economia politica si è adoperata dal tempo di Adam Smith » 53 • E del resto la ragione di questo ruolo privilegiato è ben evidente: infatti è proprio tale legge a sciogliere l'enigma della contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione, a mostrare come « al di là di un certo punto, lo sviluppo delle forze produttive diventa un ostacolo per il capitale, ossia il rapporto del capitale diventa un ostacolo per lo sviluppo delle forze produttive del lavoro» 54 • Non è infatti un caso che Marx definisca la dinamica contraddittoria del modo di produzione capitalistico, il suo carattere di stadio storico transitorio, proprio illustrando la legge della caduta tendenziale del saggio del profitto : Il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso, è questo: che il capitale e la sua autovalorizzazione appaiono come punto di partenza e punto di arrivo, come motivo e come scopo della produrione; che la produzione è solo produzione per il capitale e non al contr;rio i mezzi di produzione sono dei semplici mezzi per una continua estensione del processo vitale per la società dei produttori. I limiti nei quali possono unicamente muoversi la conservazione e l'autovalorizza-

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    K. Marx, Lineamenti fondamentali, cit., p. 460. Il Capitale, vol. III, p. 261. Lineamenti fondamentali, cit., p. 461.

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    zione del valore-capitale, che si fonda sull'espropriazione e l'impoverimento della grande massa dei produttori, questi limiti si trovano dunque continuamente in conflitto con i metodi di produzione a cui il capitale deve ricorrere per raggiungere il suo scopo, e che perseguono l'accrescimento illimitato della produzione, la produzione come fine a se stessa, Io sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali del lavoro. Il mezzo lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali - viene permanentemente in conflitto con il fine ristretto, la valorizzazione del capitale esistente. Se il modo di produzione capitalistico è quindi un mezzo storico per lo sviluppo della forza. produttiva materiale e la creazione di un corrispondente mercato_ mondiale, è al tempo stesso la corHraddizione costante tra questo suo corppito · storico e i rapporti di_ produzione. sociali che gli corrispondono 55 •

    Il segreto della tra"s,formazione dell'unità tra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione in contraddizione viene quindi proprio illustrato dalla legge immanente alla produzione capitalistica della caduta tendenziale del saggio del profitto. · Si spiega l' horror degli economisti di fronte a questa legge: essa infatti fa cadere la legittimazione storica del capitale, quell'~pparenza per cui esso si presenta come la forma di produzione ~Òciale piu adeguata a garantire lo sviluppo delle forze produttive; la tendenza alla caduta del saggio del profitto mostra infatti con grande evidenza che « il modo capitalistico di produzione trova nello sviluppo delle forze produttive un limite il quale non ha nulla a che vedere con la produzione della ricchezza come tale; e questo particolare limite attesta il carattere ristretto, semplicemente storico, passeggero del modo di produzione capitalistico; prova che esso non rappresenta affatto l'unico modo di produzione che possa produrre la ricchezza, ma al contrario, giunto a una certa fase, entra in contraddizione con il suo stesso ulteriore sviluppo » 56 • È nota a questo proposito la propensione di Marx a vedere l'accentuarsi progressivo di questa tendenza come la causa di crisi e di collassi sempre crescenti dell'economia capitalistica, di difficoltà di funzionamento tali da condurre al crollo del modo di produzione fondato sul capitale, come è del resto altrettanto noto che le cause 55 56

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    Il Capitale, vol. III, cit., p. 303. Ivi, p. 294.

    antagonistiche, capaci di contrastare tale tendenza che egli stesso elenca subito dopo l'enunciazione della legge, non gli appaiono tali da poter frenare questa progressione de~la società capitalistica verso l'autodistruzione, ma capaci solo di attenuarne e rallentarne la realizzazione ( di definirla appunto come realizzazione tendenziale). Di qui anche la disgrazia in cui sembra essere caduta tale legge anche presso molti marxisti: di fronte al mancato crollo della società capitalistica si è ritenuto di dover riservare ad essa un posto tra le anticaglie, spiegandola come un cedimento di Marx di fronte a quell'economicismo che per tutta la vita pure si era impegnato a combattere. . . . . · . · Ma èiò che non -soddisfa· cli tali spiegàzioni (che .trascurano ·1e pur esplicit~ dichiarazioni di Marx sul yalore da attribuire alla scoperta di tale legge, considerandole come meri incidenti) è l'incapacità di individuare il livello di astrazione :.1 quale viene formulata tale legge nel III volume del Capitale 57 • Inten_diamo riferirci al rapporto tra fabbrica, sviluppo economico e ·stato, tra economia e politica cosf come esso viene a configurarsi all'altezza della descrizione della legge della caduta tendenziale del saggio del profitto. Infatti qui lo Stato compare ancora come esterno allo sviluppo economico, come puro garante esterno delle condizioni della circolazione delle merci ( e ovviamente in primo luogo della merce forza-lavoro, quindi come forza di coazione garante della sua riproduzione come merce). Si tratta in altri termini dello Stato politico cosi come lo stesso Marx lo descrive nella Questione ebraica, sfera sociale separata dalla società civile, uguagliatore astratto di classi realmente disuguali, puro riproduttore delle disuguaglianze materiali e quindi delle condizioni capitalistiche di produzione (capitale e lavoro salariato). A questo livellò la politica esaurisce il suo ruolo nella semplice garanzia giuridico-formale della riproduzione, mutuando quindi il movimento della società ci·vile dall'esterno, limitandosi a garantire il perfetto svolgersi delle sue leggi di movimento spontanee. Ma la caduta del saggio del proQuesto limite ci sembra proprio il punto di maggiore debolezza dell'analisi che di questa legge formula L. Colletti (cfr. L. Colletti - C. Napoleoni, Il futuro del capitalismo crollo o sviluppo ? , Laterza, Bari 1970, particolarmente le pp. xcrx-cv). 57

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    fìtto è parte integrante di tali tendenze spontanee: a questo punto conservare il ruolo dello Stato nei confini della garanzia formale della circolazione delle merci coinciderebbe con il farlo garante della tendenza all'autodistruzione del sistema di produzione capitalistico. L'economia politica deve dismettere l'antico horror: si rende necessaria una articolazione assai piu complessa delle funzioni dello Stato, il .ruolo della riproduzione si arricchisce e si allarga: lungi dal rimanere rinchiuso nella pura formalità del diritto lo Stato assume un ruolo attivo, proprio per contrastare il realizzarsi di quella legge. Derivano da quanto si è detto tre conseguenze di estrema importanza: in primo luogo l'intervento dello Stato nel processo economico deriva direttamente dall'esigenza di .contrastare la caduta tendenziale del saggio del profitto; diviene impossibile comprendere quando come e perchè il ruolo dello Stato si viene ampliando nelle società capitalistiche se non si collega tale dilatazione e modificazione profonda delle sue funzioni con la legge della caduta del saggio del profitto; in secondo luogo la capacità dello Stato di assolvere a tali nuove funzioni dipende proprio dalla sua capacità di riuscire ad individuare ed articolare organizzitivamente delle controtendenze capaci di frenare l'aumentò della composizione organica del capitale o quanto meno di evitare che essa possa operare come causa della caduta del saggio del profitto ; in terzo luogo l'allargamento della funzione della riproduzione come articolazione pratica cosciente delle controtendenze lungi dal rimuovere il moto contraddittorio inerente al modo di produzione capitalistico si risolve invece nell'allargamento della sfera d'azione della contraddizione anche nel campo della riproduzione. Ricostruire il modo in cui oggi funziona la legge della caduta del saggio di profitto significa osservare il modo specifico in cui si a_rticola l'intervento dello Stato nello sviluppo economico, osservare i piani e modi con cui si sviluppa l'intreccio tra economia e politica, rinvenire le modalità specifiche con cui si ripresenta quella contraddizione che il capitale può ricomporre, ma mai sopprimere. Tra i vari piani su cui si opera questo intreccio uno d sembra particolarmente interessante analizzare· piu da vicino anche perché collocato nel cuore delle discussioni sulla validità della legge marxiana e sui problemi dello sviluppo capitalistico: intendiamo rife-

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    rirci a quella controtendenza alla caduta del saggio di profitto che Marx definisce Diminuzione di prezzo degli elementi del capitale costante 58 • Infatti è proprio qui che Marx avverte l'esistenza di un problema anche in anticipo su molti dei suoi critici; egli infatti nota: « dal punto di vista del capitale complessivo, il valore del capitale •.,costante n~n si accresce nella stessa proporzione del suo volume materiale» 59 , cioè l'aumento costante della composizione tecnica >) e lavoro collettivo (fondato sulla « diretta cooperazione degli individui» 63 ) pur rimanendo distinti tendono ad. incrociarsi sempre di piu: da una parte attraverso la crescente trasformazione· del processo produttivo in un processo scientifico che sottomette le forze naturali al suo servizio e dall'altra attraverso la crescente socializzazione del lavorò universale, attraverso cioè la crescente socializzazione del lavoro scientifico (Istituti di ricerca, laboratori, ecc., all'interno di una divisione del lavoro che provoca l'articolazione e la specializzazione della ricerca). Accade cosi che la creazione della ricchezza reale viene a dipendere meno dal tempo 62 63

    Lineamenti fondamentali, cit., p. 248. Il Capitale, vol. III, pp. 138-39.

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    di lavoro e dalla quantità di lavoro impiegato, che dalla potenza degli agenti che vengono messi in moto durante il tempo di lavoro, e la cui poderosa c!Iìcienza (power/ull elfectiveness) non è affatto in rapporto col ternpo di lavoro immediato che la loro produzione costa, bensi dipende invece dallo stato gern.:rale della scienza e dal progt-csso della tecnologia, ossia dall'applicazione di questa scienza alla produzione [ ... ] . In questa trasformazione, non è nè il lavoro immediato eseguito dall'uomo stesso, nè il tempo che egli lavora, ma l'appropriazione della sua produttività generale, la sua comprensione della natura e il dominio su di essa attraverso la sua esistenza di corpo sociale che appare come il grande pilastro della produzione e della ricchezza 64 •

    L'istituzionalizzazione del progresso tecnico-scentifico fa si che « l'invenzione diventa una attività economica e l'applicazione della

    scienza alla produzione immediata un criterio determinante e sollecitante per la produzi~ne stessa» 65 • Attraverso questa imponente articolazione il capitale risponde, al livello della sua coscienza collettiva, lo Stato, con un ulteriore sviluppo delle forze produttive alla caduta del saggio del profitto : attraverso la crescita della genera! knowledge esso riesce ad allargare enormemente i margini dello sviluppo della produttività capitalistica, allarga la forbice tra incremento della composizione tecnica del capitale e la sua composizione organica, Jiesce ad allentare la pressione del rapporto di valore sullo sviluppo delle forze produttive, la contraddizione tra il valore d'uso delle applicazioni tecnologiche della scienza e il loro valore di scambio. L'organizzazione della ricerca permette di intervenire anche in altri modi sul processo di sviluppo, attraverso la creazione e la scoperta di nuovi valori d'uso; essa in altri termini fonda la possibilità « che il plusvalore acquisito non rimanga un surplus meramente quantitativo, ma che al tempo stesso la sfera delle differenze qualitative del lavoro ( e quindi del pluslavoro) sia costantemente ampliata, resa piu varia e internamente differenziata » 66 • Essa consente cosi di combinare l'azione diretta di freno sulla caduta del saggio del profitto nell'industria esistente con le possi64 65

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    Lineamenti fondamentali, cit., p. 398. Ivi, p. 399. Ivi, p. 10.

    bilità Ji investire il capitale verso nuove branche Ji produzione che consentono una maggiore redditività e al contempo sono caratterizzate da un alto graJo di applicazione, per esempio nel metodo di lavorazione dei prodotti, della scienza al processo produttivo : Per es., se in seguito ad un aumento della produttività si può impiegare un capitale
  • > 69 • Allora si presenta come variabile indipendente un progresso quasi autonomo ► e come tale ritorna puntualmente nell'intervento degli studenti che hanno evidentemente preferito citare il testo del Luporini nella formulazione opportunamente mediata del Colletti. Non sta certo a me chiarire la portata di questa trasformazione del testo; lo farà Luporini, se lo crederà importante, e tuttavia, a mio parere questa piccola modificazione filologica ha fatto girare a vuoto molti bei ragionamenti. E giacché siamo in tema di piccole avvoqltesche distorsioni filologiche, vale la pena di notare a proposito del testo di Garin riportato dal Colletti, che egli si è dimenticato di citare con la dovuta obiettività e completezza là dove l'iniziale riconoscimento gariniano interamente citato termina con la definitiva indicazione del rischio « di finire seguaci di Mach invece che di Marx», gi,:~izio che nella sua interezza (e non nella sola parte iniziale) mi sentirei di poter sottoscrivere. Tornando al nostro tema fondamentale, la identificazione del me180

    todo del Capitale con quello galileiano, implica che i fatti raccolti nella legge astratta siano perfettamente ripetibili; ma Della Volpe e Colletti dimenticano che la ripetizione scientifica di tipo galileiano è basata sull'isolamento sperimentale del fatto; nella storia reale invece una tal pretesa di ripetibilità comporterebbe ancora una volta un intellettualistico voler porre « le brache al mondo». Non per niente la oggettività reale della contraddizione, cioè il fatto che in una società determinata le leggi tendenziali di sviluppo non valgono linearmente e in una sola direzione, ma fortificano a determinati livelli anche gli elementi di contrasto e di rottura, è al centro della riflessione di Lenin e di Gramsci sull'azione rivoluzionaria. In particolare il Gramsci ha basato su questo riconoscimento la sua analisi della società italiana. Per mio conto resto dell'avviso che per quanto riguarda l'esame della società italiana e il programma di esplorazione e ricerca culturale, le proposte di Gramsci non vadano messe in soffitta, ma esigano urgenti e serii approfondimenti (e non abili scorciatoie). Questi approfondimenti e verifiche devono fare ;ivere, come diceva Gramsci, la filosofia della prassi come metodologia storica, e questa come filosofia. Mi sembra invece che la metodologia proposta dal Della Volpe, dal Colletti e da altri, nonostante il rigore di talune formulazioni, abbia il difetto di cogliere solo una direzione delle leggi tendenziali; deduca da essa unilateralmente la collocazione storica delle varie posizioni teoriche; non discuta a sufficienza, dal punto di vista del marxismo i risultati scientifici che la cultura umana è venuta elaborando ( come invece nel suo campo di competenza d ha promesso di fare il Geymonat) limitandosi o ad ignorarli o a tradurli con sconcertante semplicità nel linguaggio del marxismo; affidi implicitamente alla ripresa capitalistica attualmente in atto nell'Europa occidentale la riprova sperimentale dell'attualità della sua interpretazione del Capitale (giudicando l'attenzione rivolta alle tradizioni nazionali come propria di un marxismo da paese sottosviluppato); e infine, per non tenere conto della realtà della contraddizione, rischi di schematizzare anche la prospettiva pratica.

    Una preciHzione di CeHre Luporini

    Caro Direttore, nella discussione fra « filosofi marxisti » che si è aperta su « Rinascita» in seguito a:l mio articolo vorrei intanto, se consenti, intervenire per una breve precisazione, che forse può essere utile all'economia della discussione stessa. Mi sembra infatti che sia nato un equivoco su un punto non marginale. In quell'articolo avevo creduto di poter indicare nel « rinascimento dell'oggettività reale della contraddizione» il principale elemento di continuità fra Hegel e Marx. Non è una novità da parte mia, perché la stessa cosa avevo scritta nella Introduzione al mio libro su Kant (cioè, per l'appunto, in sede specialistica, com'è ardentemente desiderato dai miei interlocutori). Tale asserzione, comunque, può esser accettata o respinta o dichiarata una cattiva impostazione del problema. Non vedo altre alternative. Ma accade invece che nelle vivaci repliche sia del Colletti sia dei giovani filosofi dell'Università di Roma mi viene attribuita una altra tesi (ripetutamente, in ambedue gli interventi), e cioè quella per cui, a mio avviso, la continuità fra Hegel e Marx si troverebbe nel « riconoscimento dell'oggettività reale », tout court: la povera « contraddizione » ( che avevo messa al centro del mio discorso) subendo cosi un'eclissi totale. Non so come possa essere sorto tale curioso abbaglio collettivo, in cosi appassionati cultori della determinatezza e della specificità. Ma non è chi non veda come fra le due affermazioni (la mia e quella che mi viene attribuita) ci sia un abisso. Almeno, credo; perché di quella che mi viene attribuita non comprendo neppure molto chiaramente il significato.

    Enzo Pacì

    Sulla realtà oggettiva della contraddizione

    Lo scritto di Nicola Badaloni su La realtà oggettiva della contraddizione, pubblicato su « Rinascita » del 28 lugliÒ, mi suggerisce alcune osservazioni in relazione agli studi di cui mi sto occupando. Le osservazioni sono in rapporto soltanto indiretto con la critica dell'opera di Della Volpe, opera che dovrei riesaminare.

    La filosofia come contemporaneità

    I. Badaloni parla di una ~