Maria nel Nuovo Testamento

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Una valutazione congiunta di studiosi protestanti e cattolici

RAYMOND E. BROWN- KARL P. DONFRIED JOSEPH A. FITZMYER JOHN REUMANN -

MARIA NEL NUOVO TESTAMENTO

titolo originale MARY IN THE NEW TESTAMENT

traduzione dalla lingua inglese MARCO PERALE (capp. l VI ) ANITA SORSAJA (capp. VII-X) -

©

FORTRESS PRESS - PHILADELPHIA 1978

©

per la lingua italiana

CITTADELLA EDITRICE - ASSISI 1985

Prefazione

Nel 1973 un gruppo di lavoro formato da studiosi del Nuovo Testamento pubblicò un'opera collettiva dal titolo Peter in the New Testament. Tale opera era stata richie­ sta dai partecipanti al dialogo nazionale tra teologi lute­ rani e cattolici che stavano allora lavorando a uno studio sul primato papale e la Chiesa universale, destinato a diventare il quinto volume (Papa! Primacy and the Uni­ versai Church, Augsburg, Minneapolis, 1974) della collana « Lutherans and Catholics in Dialogue "· Il tenore generale del dialogo nazionale e della serie di volumi che ne è uscita era caratterizzato dallo sforzo di vedOJre sotto una nuova luce i vecchi problemi che aveva­ no diviso le Chiese. Uno di questi problemi era certamen­ te la pretesa del papato di esercitare un'autorità. sulla Chiesa, basandosi sulla successione a Pietro. Contempo­ raneamente alla discussione di tali questioni, i teologi del dialogo nazionale conclusero che sarebbe stato utile sco­ prire cosa i moderni biblisti delle diverse Chiese avrebbe­ ro potuto dire insieme a proposito del ruolo di Pietro ai tempi del Nuovo Testamento. Peter in the New Testa­ ment ricevette una buona accoglienza da parte degli stu­ diosi, non solo per l'esperienza dei collaboratori ma an­ che per il fatto che la dimensione ecumenica del loro lavoro aveva fornito nuove indicazioni. Forse la migliore testimonianza del valore attribuito a tale opera va ricer­ cata nel fatto che sia stata tradotta in tedesco, francese, spagnolo, olandese e giapponese, oltre ad essere stata ripubblicata separatamente in Inghilterra. 1!". stata anche s

citata nei numerosi dialoghi ecumenici e interecclesiali che si sono tenuti in seguito sul tema dell'autorità nella Chiesa, in riferimento al papato. Gli studiosi che presero parte alle discussioni che pro­ dussero Peter in the New Testament riferirono che il lavoro comune aveva molto da insegnare e che desidera­ vano continuare tale esperienza, proponendo quindi un nuovo studio su di un tema che focalizzava le divisioni tra i cristiani: il ruolo di Maria nel pensiero cristiano. Come per il passato essi non avevano la pretesa di risol­ vere tutti i problemi ecumenici sollevati da una simile questione; l'unico scopo era quello di verificare cosa gli studiosi moderni potessero dire assieme riguardo alla figura di Maria nei diversi libri neotestamentari. Si con­ tattarono i teologi impegnati nel dialogo nazionale tra luterani e cattolici per vedere se uno studio biblico di tale portata potesse essere altrettanto utile alle loro discus­ sioni quanto lo era stato il lavoro su Pietro. In quel momento i teologi avevano iniziato a discutere l'infallibi­ lità papale e l'autorità nel magistero. Non era un soggetto marzano, eppure la definizione dei dogmi dell'Immacolata concezione e dell'Assu nzione di Maria erano le più evi­ denti manifestazioni della asserita infallibilità papale, e per questo uno studio mariano non avrebbe mancato di fornire agganci essenziali al tema principale del dialogo. L'indagine su Maria nel Nuovo Testamento ricevette quindi lo stesso appoggio fornito in precedenza allo stu­ dio su Pietro. Vogliamo ribadire qui quanto abbiamo già affermato in precedenza. Sappiamo che tra i cristiani alcune voci si sono levate mettendo in dubbio tanto la convenienza quanto l'affidabilità dell'approccio critico nella ricerca biblica, approccio esemplificato proprio dai due volumi su Pietro e Maria. Per parte nostra ne riconosciamo la .zimitatezza come strumenti per raggiungere conclusioni teologiche definitive. Ciò nonostante crediamo che un'in­ dagùze responsabile delle fonti originali sia un compito necessario e che offra la possibilità di migliorare la comprensione reciproca in merito a questioni che per secoli hanno turbato i rapporti tra i cristiani. Ci ralle­ griamo del fatto che il gruppo di lavoro, composto da quattro membri luterani e quattro cattolici, abbia visto aggiungersi due membri anglicani e due della tradizione 6

riformata. Questo studio biblico su Maria è il primo, a quanto ci risulta, a trattare tale argomento nell'ambito delle attuali discussioni ecumeniche, e intende porsi a servizio dei numerosi dialoghi tra cristiani. Anche se questo lavoro è stato portato a termine ricor­ rendo a tecniche rispondenti a criteri di scientificità., i curatori hanno cercato di esporne i risultati mirando a una generale comprensibilità e a princìpi pedagogici. Gli studiosi che vi hanno collaborato hanno compreso che non dovevano rivolgersi solo ad altri studiosi ma anche al clero parrocchiale e a un laicato attento. Confidiamo che questa nostra attenzione faccia di Maria nel Nuovo Te­ stamento uno strumento utilizzabile sia nei corsi univer­ sitari e nei seminari, sia in gruppi di discussione più ampi o nelle scuole di teologia per laici. Si è badato a fornire il più ampio apparato di note e citazioni, dal momento che l'esperienza del volume su Pietro ha di­ mostrato che uno studio biblico ecumenico del genere può essere utilizzato nei corsi universitari di scienze reli­ gios2 e nelle scuole teologiche dei seminari. Chiunque trarrà profitto da quest'opera potrà condividere con noi il debito contralto nei confronti dei dodici stu­ diosi che hanno prodotto questo lavoro senza compenso immediato o diritti futuri. La loro generosità testimonia l'importanza che essi att ribuiscono a uno studio che per il suo contributo ecumenico è virtualmente unico. A no­ me del Dialogo nazionale esprimiamo il nostro apprezza­ mento alla « Catholic Biblica/ Association of America » e ai « Lutheran World Ministries • per il loro contributo economico, e all'« Auburn Programm • dell'« Union Theo­ logical Seminary » di New York per aver messo a dispo­ sizione del gruppo di lavoro la sala di lettura della sua biblioteca per gli incontri. PAUL

C. EMPIE

Ex Segretario generale del Co­ mitato nazionale americano del­ Ia Federazione luterana mon· diale.

T. AUSTIN MURPHY

Vescovo Ausiliario di Baltimo· ra, membro del Comitato epi­ scopale per gli affari ecume­ nici e interreligiosi.

7

Capitolo primo

-------

LE ORIGINI DELL'OPERA 1

Analogamente al precedente lavoro su Pietro 2, questo studio su Maria nel Nuovo Testamento e nelle altre fonti del primo cristianesimo nasce dal Dialogo Nazionale Iute­ rana-cattolico, con il patrocinio uflìciale del Comitato na­ zionale americano della federazione luterana mondiale (che ha ora preso il nome di Lutheran World Ministries) e della Conferenza episcopale americana. Fin dal 1965 teo­ logi provenienti da queste due tradizioni hanno iniziato un dialogo che ha portato alla stesura di affermazioni comuni riguardo al Credo, al battesimo, all'eucaristia, al ministero e al primato papale, pubblicate in una serie di cinque volumi che spesso riflettono accordi su problemi che dal tempo della Riforma erano stati fonte di divisiol La stesura di questo capitolo si deve a John Reumann. 2 Peter in the New Testament: A Collaborative Assessment by Prot­

estant and Roman Catholic Scholars (a c. di R. E. Brown, K. P. Donfricd, J . Reumann) Augsburg, Minncapolis, c Paulist, New York, 1973. Edizione inglese: Chapman, London, 1974. Traduzione francese di J. Winandy, Saint Pierre dans le Nouveau Tcstament, LD 79, ed. du Cerf, Paris, 1974. Traduzione spagnola di J. Garcia-Abril Pérez, Pedro en el Nuevo Testamento, Palabra inspirada 15, Sal Tcrrae, Santander, 1976. Traduzione olandese (senza aggiunte c note) di E. dc Bekker, Petrus in het Geloof van de Jonge Kerk, Katholicke Bijbelstiching, Boxtcl, 1976, con introduzione di F. Haarsma. Tra­ duzione tedesca di R. Mohr, Der Petrus der Bibel: Eine oekurneni­ sche Untersuchung, Calwcr V. e Katholisches Bibelwerk, Stuttgart, 1976, con introduzione di F. Hahn c R. Schnackenburg. Traduzione giapponese di Y. Magaki, Scibunsha, Tokio, 1977, con introduzione di J. Reumann.

ni 3. Tali risultati sono stati discussi e apprezzati ben al di là dei circoli luterani e cattolici, e spesso sono stati citati in altri dialoghi bilaterali, così come, su scala ecu­ menica, sono stati utilizzati in colloqui intercristiani a livello mondiale. Lo studio su Pietro aveva lo scopo dichiarato di chiamare a una collaborazione anche studiosi che non fossero lute­ rani o cattolici, e questo non solo per accedere a cono­ scenze e punti di vista differenti, ma anche allo scopo di rendere ancora più ampia la possibilità di utilizzo delle affermazioni conclusive. Anche se Peter in the New Te­ stament ebbe una sua importanza all'interno del dialogo luterano-cattolico sul primato papale 4, la decisione di pubblicarlo come volume separato nacque principalmente dal desiderio di renderlo più facilmente disponibile per gli studiosi del Nuovo Testamento, per gli storici e per chiunque altro non fosse specificamente impegnato in un dialogo sul papato. Questi fatti, insieme all'esperienza già accumulata nel lavoro su Pietro, spinsero i partecipanti a quel lavoro a esprimere la volontà di continuare nella collaborazione affrontando i l problema di Maria nel Nuo­ vo Testamento, come già detto nella prefazione. Il Dialogo Nazionale americano aveva diviso il suo ap­ proccio al papato in due parti, affrontando in un primo tempo il «primato » (1970-73), e successivamente la mate­ ria ancora più controversa della «infallibilità » (1973-78), un soggetto immenso con ramificazioni fino al magistero della Chiesa, e fino alla stessa « verità del Vangelo » (Gal 2, 14). Il Dialogo Nazionale pubblicherà il suo rapporto completo sull'infallibilità c sull'autorità magisteriale nella Chiesa come sesto volume della serie 1; ad ogni modo, questo uso non trova alcuna attestazione all'interno della Bibbia 25. !:. vero che altri due brani evangelici possono essere citati a sostegno dell'accusa di illegittimità u, ma l'allusione di Marco sarebbe troppo sottile e scarsamente comprensibile per il pubblico dei Gentili a cui, in altre occasioni, Marco deve spiegare le più elementari usanze giudaiche (7, 3). Inoltre, se questa fosse stata l'in terpreta­ zione di Marco per « figlio di Maria », perché avrebbe poi continuato con la citazione dei fratelli e delle sorelle? Erano anch'essi da considerare illegittimi? d) Il padre di Gesù non viene menzionato perché è mor­ to. Questa è la spiegazione più semplice e più soddisfa­ cente dell'assenza di Giuseppe in 3, 3 1-35 e anche i n 6, 1-6 a . Gli abitanti citano i parenti d i Gesù che vivono a Nazaret perché sono la prova tangibile che le sue origini erano assolutamente normali. Non si accenna a Giuseppe perché non è lì, e Gesù è chiamato u figlio di Maria " perché lei è lì. Pur propendendo per questa teoria, non possiamo dire che i figli delle vedove fossero normalmen­ te chiamati con il nome della madre "· E neppure inten­ diamo sostenere che « figlio di Maria >> fosse la normale designazione di Gesù; egli era conosciuto, solitamente, come il « figlio di Giuseppe ». In questo caso l'uso anoma­ lo è dovuto al contesto nel quale gli abitanti di Nazaret citano i parenti di Gesù. (In modo analogo, è il contesto che rende comprensibile l'espressione di Le 7, 12, dove il morto è definito « figlio unico di madre vedova ») . Per 24 Cfr. Stauffer,

« Jeschu •, per una serie di argomentazioni a fa­ vore di questa posizione. Egli ricorda in particolare che nell'uso samaritano e mandeo la designazione « Gesù, figJio di Maria » avrebbe un senso peggiorativo. Nel suo libro Jerusalem und Rom, Francke, Bern, 1957, p. 1 1 8, Stauffer sottolinea un principio legale ebraico: un uomo è il!egittimo se viene chiamato con il nome di sua madre, poiché un figlio illegittimo non ha padre. 2S Una serrata argomentazione contro l'interpretazione che vi legge un caso di illegittimità � offerta da McArthur, « Son ». 26 In M t l, 18-19 il sospetto è relativamente chiaro ; in Gv 8, 41 è quantomeno implicito nella risposta degli ebrei a Gesù: • Noi non siamo nati da prostituzione », se l'enfatizzazione o: noi • implica • non noi ma tu •· Cfr. più avanti, pp. 204-206. V In l Re 17, 17 il figlio della vedova di Zarepta viene chiamato c il figlio della padrona di casa », ma questo dillìci!mente può provare qualcosa, come ha evidenziato McArthur, • Son • , pp. 4445.52.

n

questi motivi non ci sembra che si possa vedere un pro­ fondo significato mariologico nel fatto che Gesù sia chia­ mato • figlio di Maria ».

2. l frate l l i e le sorelle di Gesù Marco 6, 3 nomina quattro fratelli di Gesù e cita le sue sorelle. Questo riferimento alla famiglia di Gesù acquistò un significato mariano solamente nei secoli successivi, quando i cristiani cominciarono a discutere se Maria fos­ se rimasta vergine dopo la nascita di Gesù 28• Se i fratelli citati in Mc 3, 3 1 e 6, 3 e le sorelle ricordate in 6, 3 sono figli di Maria, è ovvio che ella non restò vergine; se non lo sono, la sua verginità continuata è sostenibile 29• La discussione si concentra inizialmente sul significato di adelphos, fratello 30, e secondariamente sulle conclusioni che si possono trarre dai nomi dei fratelli. Il termine adelphos, utilizzato in Mc 6, 3, denota normal­ mente un fratello di sangue, > vengono citati per due volte insieme a Maria 16 e poiché il significato normale di adelphos è « fratello di sangue •, il sospetto di un sottofondo semitico non sa· rebbe sufficiente di per sé a garantire la validità di una traduzione nel senso più Iato. � chiaro che la tradizione ecclesiastica successiva ha spinto molti a sostenere la traduzione più ampia, se già alla metà del secondo secolo il Protoevangelium di Giacomo (9, 2) spiega ai cristiani che i • fratelli >> erano i figli avuti da Giuseppe in un precedente matrimonio n . Il riferimento di Marco a adelphoi e adelphai non è l'uni­ co indizio neotestamentario della possibilità che Maria abbia avuto altri figli. Ci sono dei passi nei racconti del­ l'infanzia di Matteo e di Luca che secondo alcuni lasce­ rebbero supporre la nascita di altri figli dopo Gesù (Mt 1, 2 5 ; Le 2, 7), ma possiamo rimandarne la discussione ai capitoli 5 (A.2) e 6 (A.4.). I n questa sede dobbiamo affron­ tare l'ul teriore dato rappresentato dalla lista che Marco ci presenta con i nomi dei fratelli di Gesù in 6, 3: • Gia­ como, Joses, Giuda e Simonc >>. Ma per discutere questi nomi, dobbiamo prendere in considerazione Maria, la madre di Giacomo e di Joses, che Marco menziona nel descrivere la morte e la sepoltura di Gesù. 36 L'associazione tra gli adelphoi e Maria comporta che quanti ne·

gana che essi siano suoi figli devono anche fornire una spiega Zione del perché essi compaiano più volte assieme a Ici. Se sono i eu· gini di Gesù, sarebbero quindi i nipoti di Maria che si prendono cura della zia rimasta vedova? Se sono fratellastri di Gesù, una volta morto Giuseppe, Maria continua ad essere responsabile dei figli da Jui avuti in un precedente matrimonio? 37 Il Protoevangelium si dimostra storicamente inattendibile per la maggior parte dci dettagli che riporta a proposito dell'infanzia di Maria, ad esempio il fatto che fosse stata allevata al Tempio. Di conseguenza, quanto esso dice in merito ai precedenti figli di Giu· seppe non pare degno di particolare fede, anche se incontrò una larga accet tazione fino a Epifania di Salamina, autore del quarto secolo. Un'altra tesi, proposta da Gerolamo nel quarto secolo, è che gli adelphoi fossero cugini di Gesù, nati da una sorella di Ma­ ria o da una sorella o un fratello di Giuseppe. Gv 19, 25 ricorda una sorella di Maria; discuteremo più avanti il problema di Maria di Clcofa, che Gerolamo identificò come figlia di Clcofa e sorella di 80

C. Maria, Giacomo e Joses (15, 40.47; 16, 1 ) Secondo Mc 6, 3 Gesù è • il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone "' »; secondo M t 13, 55, sua madre si chiama Maria e i suoi fratelli sono • Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda ». I primi due fra­ telli, quindi, sono Giacomo e Joses o Giuseppe. Nella lista che Marco presenta delle donne che guardavano la croce da lontano ( 1 5 , 40), a fianco di Maria di Magdala e di Salome troviamo una • Maria madre di Giacomo il mino­ re (tou mikrou) e di Joses >> ; in M t 27, 56 ella appare come « Maria madre di Giacomo e di Giuseppe ». Se questa Maria è la stessa Maria madre di Gesù, avremmo la prova definitiva che i fratelli di Gesù (in particolare Giacomo e Joses/Giuseppe) sono i suoi figli. Se questa Ma­ ria non è la madre di Gesù possiamo allora domandarci se Giacomo e Joses/Giuseppe siano gli stessi Giacomo e Joses/Giuseppe chiamati adelphoi di Gesù. Se lo fossero, avremmo la prova definitiva che gli adelphoi (che si­ gnificherebbero quindi « parenti >>) non sono figli della madre di Gesù. Cominciamo col cercare di chiarire l'identità di questa Maria che compare in Marco e Matteo nella scena della crocifissione. Anche Giovanni presenta un gruppo di don­ ne, ma queste stanno vicino alla croce, mentre nel rac­ conto di Marco e Matteo rimangono lontane. La diversa Maria vergine: egli pensò che fosse lei la moglie di Alfeo (cfr. Giacomo figlio di Alfeo nella lista degli apostol i ; vedi più avanti la nota 47) . E. importante rendersi conto che, mentre Epifania e Gerolamo ritenevano che i fratelli fossero fratellastri o cugini, Elvidio c altri sostenevano che fossero fratelli di sangue. McHugh, Mother, pp. 21)().254, discute ampiamente l'intera questione e opta per la tesi che essi fossero figli di un cognato di Giuseppe allevati da Giuseppe dopo la morte del cognato. Ultimamente quanti negano che si trattasse d 1 fratelli di sangue evitano, per lo più, di cercare di specificare il tipo di rapporto, avanzando il sospetto che tutto quello che alla fine venne tramandato nell'antichità fosse solo che essi erano parenti o consaguinci. Se si fosse voluta ricordare una parentela specifica, ad esempio un rapporto tra cugini, alcuni autori di lingua greca avrebbero dovuto passare al corrispondente termine specifico dd greco, in questo caso anepsios, che pure compare nel Nuovo Testamento in Col 4, IO. !l Varianti minori di alcuni manoscritti interessano il nome Joses ; ad esempio Jose o Joseph, e quest'ultima forma allo scopo, pro­ babilmente, di armonizzare questa lezione con Mt 13, 55. 81

localizzazione testimonia probabilmente i differenti inte­ ressi tematici degli evangelisti "; vale quindi la pena di stabilire un confronto fra le rispettive tradizioni in fatto di nomi. S e noi leggiamo la descrizione di Giovanni 19, 25 nell'interpretazione che vi vede quattro donne 40, arrivia­ mo al seguente schema: Matteo 27, 56

Marco 15, 40

Giovanni 19, 25

La madre di Gesù

Maria Maddalena

Maria Maddalena

La sorella di sua madre

Maria madre di Gia­ il minore e di

Maria madre di Gia- Maria moglie di como e di Giuseppe Cleofa

Salome

La

madre

di

Zebedeo

como Joses

dei

figl i Maria Maddalena

Nella scena di Gv 19, 25-27 l 'unica donna a cui viene pre­ stata attenzione è la madre di Gesù, che viene associata al discepolo amato. Questo fatto può suggerire che Gio­ vanni abbia aggiunto il suo nome ad una tradizionale lista che comprendeva tre donne 4 1 spostando l'intera scena ai piedi della croce per consentire a Gesù di parlare a sua madre c al discepolo amato_ Se tale ipotesi non è priva di plausibilità, il nostro confronto va effettuato tra le tre donne di Marco/Matteo e le tre donne che Giovanni menJ9 Gli evangelisti

sinottici potrebbero avere in mente Sal 38, 12: I miei vicini stanno a distanza • (anche Sal 88, 9) ; Giovanni h a bisogno d i avere J a madre d i Gesù c i l discepolo amato vicini, così che Gesù possa parlare loro. Si è anche cercata un'anno­ nizzazione: all'inizio restarono in distanza, ma quando le tenebre ricoprirono la terra scivolarono più vicini. 40 Giovanni può essere Ietto in modo da vedcrvi due donne (sua madre e la sorella di sua madre, vale a dire Maria di Cleofa e Maria di Magdala) ; ma sarebbe strano che la madre di Gesù fosse identificata come « Maria di Cleofa )). (Certamente, in tal caso, Maria sarebbe la madre o la figlia di C leofa, non la moglie ; Maria madre di Gesù, infatti, era moglie di Giuseppe). Giovanni si può anche leggere vedendovi rre donne (sua madre, la sorella di sua madre [Maria di Cleofa] e Maria di Magdala) ; ma è impro­ babile che due sorelle si chiamassero entrambe Maria. 41 In ogni caso R. T. Fortna, The Gospel of Signs, SNTSMS Il, Cambridge Univcrsity Press, Cambridge, 1970, p. 130, pensa che tutte e quattro le donne appartenessero alla fonte pre·giovannea, e che solamente il discepolo amato sia un'aggiunta di Giovanni. •

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ziona dopo la madre di Gesù. Ma ria di Magdala è natu­ ralmente la stessa in tutte e tre le liste. Per quanto riguarda Salame, citata da Marco, se ne può proporre l'identificazione con la madre dei figli di Zebcdeo (nell'e­ lenco di Matteo) c con la sorella di Maria madre di Gesù (nella lista di Giovanni). Tale identificazione potrebbe spiegare la tradizione secondo la quale la madre dei figli di Zebedeo chiese a Gesù che li tenesse in particolare considerazione (M t 20, 20); sarebbe cioè un altro caso di richieste rivolte a Gesù dai suoi familiari e che egli re­ spinse. Infine si potrebbe identificare Maria la madre di Giacomo il minore e di Joses/Giuseppe (negli elenchi di Marco e Matteo) con Maria moglie di Cleofa (della lista di Giovanni) 42• C i sono troppi « se » in questa ipotesi, ma offre comunque la possibilità di ritenere Maria, la madre di Giacomo e di Joses/Giuseppe, una persona diversa da Maria la madre di Gesù. Inoltre è poco probabile che Marco definisse consapevolmente la madre di Gesù cro­ cifisso (che chiama >. Per Marco, quindi, la famiglia fisica o naturale, che non comprende Gesù, viene sostituita con una famiglia escatologica che lo segue per sentire la paro­ la di Dio e compierne la volontà. La forma del passo di Matteo non differisce molto da quella di Marco: « 46Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli. 48Ed egli, rispondendo a chi lo informava, dis�e: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?" 49Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; SOperché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre" •.

Senza prendere in considerazione il v. 47, testualmente dubbio 70, Matteo cita una volta sola il fatto che la madre quando iniziò il suo ministero. L'affermazione, che si ritrova solo in Marco (6, 4) , che Gesù era un profeta disprezzato « tra i suoi parenti u si trasformerebbe in una correzione del quadro presen­ tato da Mattco, nel quale Maria fu testimone dell'adorazione riser· vala dai Magi a Gesù (M t 2, li). 70 Omesso nelle migliori testimonianze testuali, questo versetto re115

i fratelli naturali siano di fuori; inoltre egli menziona specificamente « i discepoli • al v. 49 (in contrasto con l'espressione di Marco « quelli che gli stavano seduti at­ torno » 71). Anche nello stesso passo centrale, quindi, il peso maggiore di Matteo ricade sulla famiglia escatologi­ ca formata dai discepoli, me n tre la famiglia fisica serve più da catalizzatore che da controparte nel discorso. Comunque, non è tanto nel passo in sé che Matteo si allontana da Marco, quanto nel contesto. La scena intro­ duttiva, nella quale « i suoi » pensano che egli sia fuori di sé, è del tutto assente. Presumibilmente si tratta di u­ n'omissione deliberata, che si può spiegare immaginando che Matteo interpretasse « i suoi » di Marco come un'e­ spressione che comprendesse la madre di Gesù. Nella logica del Vangelo di Matteo, la madre di Gesù aveva concepito verginalmente il suo figlio; lei conosceva il messaggio dell'angelo, secondo il quale egli avrebbe salva­ to il suo popolo dal peccato; lei aveva visto come Dio l o aveva protetto dal re malvagio, preparando anche geo­ graficamente il suo destino, portandolo a Nazaret. t. improbabile quindi, che lei potesse poi dimostrare una tale incomprensione della sua mis sione da arrivare a pen­ sare che egli fosse fuori di sé. E per questo la scena di Matteo che chiama in causa la vera famiglia di Gesù è molto meno pesante, nel suo complesso, rispetto a quella di Marco, e poteva dare molto meno adito a una lettura che vi vedesse una sosti tuzione o un rigetto della famiglia naturale.

e

cita: • Qualcuno gli disse: Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti •. Metzger, TCGNT, p. 32, ritiene che sia stato accidentalmente omesso dagli amanuensi a causa dell'omotclcuto. Ma si potrebbe sostenere che il passo ha senso anche senza il ver­ setto in questione, aggiunto dai trascrittori per armoni7zare Mat­ teo con Marco. 71 La descrizione di Marco stabilisce una più marcata dicotomia tra quanti siedono all'interno e la madre e i fratelli che stanno fuori. Un'altra, minore, differenza tra M t 12, 50 e Mc 3, 35 è la pre­ ferenza di Matteo per la forma • Padre mio • rispetto all'uso di Marco, « Dio » .

116

2. Gesù viene rifi utato nel suo paese ( 1 3, 53-58) Questa scena compare in Matteo dopo il terzo discorso dottrinale di Gesù ( 13, 1-52), un discorso svolto per para­ bole. E quindi, quando Gesù arriva « nella sua patria • , presumibilmente Nazaret, c'è appena stata una proclama­ zione del Regno più ampia di quella di Marco e l'impatto del rifiuto ne risulta accentuato. Anche in questo caso il passo in sé differisce solo per alcuni dettagli dal racconto di Marco 72: 53Termioate queste parabole, Gesù partl di là 54e ve­ auto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? SSNon è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e G iu da ? 56E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?" 57E si scandalizzavano per cau­ sa sua. Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non ne l la sua patria e in casa sua". 58E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità D,

c

Ci sono, comunque, due differenze mariologicamente si­ gnificative. In 6, 4 Marco scrive: « Un profeta non è di­ sprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua D. L'idea che i parenti di Gesù lo disprezzino è coe­ rente con quanto riportato da Marco poco prima (3, 2 1 ) e cioè che « i suoi ., pensavano che egli fosse fuori di sé. Poiché Matteo ha omesso tale citazione, non ci sorprende il fatto di non trovare i parenti di Gesù nella lista di quanti Io disprezzano 7J. Anche in questo caso sarebbe 7.Z A

fianco delle maggiori differenze già ricordate, possiamo notare anche le seguenti: (a) la creazione di uno stacco dal discorso delle parabole; (b) l'accentuazione dell'indirizzo specifico agli abitanti di Nazaret del messaggio di Gesù: a: insegnava nella loro sinagoga », rispetto alla versione di Marco: c incominciò a in segnare nella si­ nagoga • ; (c) la separazione in due domande (fine dei vv. 54 c 56) di ciò che Marco aveva presentato come una sola interrogazione (Mc 6, 2) ; (d) un'omissione, nell'ultimo versetto. della clausola d i Marco: • ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì J:l. 73 Non è facile stabilire con certezza quale fosse l'interpretazione di Matteo del disprezzo • in casa sua (oikia) •, collocato subito dopo • nella sua pat ria •. Se il senso è quello di • famiglia • i n senso lato, è possibile considerarlo meno personale dell'espressione • tra i suoi parenti • di Marco? 117

difficile immaginare che una madre, dopo aver concepito Gesù per mezzo dello Spirito Santo, possa poi arrivare a disprezzarlo. La seconda differenza rispetto a Marco è più difficile e ci obbliga a riprendere in considerazione quanto Luca dice in parallelo e che abbiamo già visto in precedenza (cap IV. B . l ) a proposito di Marco ": Mc 6, 3 :

Mt 13, 55: Le 4, 22: Gv 6, 42:

Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria? » Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria? • • Non è il figlio di Giuseppe? • • Costui non è forse Ge sù , il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre •. •



Se Matteo dipende da Marco, perché cambia " il carpen­ tiere » facendolo diventare • il figlio del carpentiere »? Considerava forse offensivo e riduttivo tale attributo di Gesù 75? Nell'ultimo versetto di questa pericope l'ammira­ zione d i Matteo per la dignità di Gesù gli ha fatto mo­ dificare l'espressione di Marco: « E non vi poté operare nessun prodigio », tras[ormandola in • E non fece molti miracoli ». La stessa • superiore • cristologia può aver 7t In tale sede il nostro primo interesse era determinare quale fos·

se il senso della mancata citazione, da parte di Marco, del padre di Gesù, e ci sembrò più plausibile l'ipotesi che Giuseppe fosse morto. In questa parte diamo per scontato quanto già detto ri­ guardo al passo di Marco come apoftegma o paradigma, con l'at­ tenzione principale centrala sulla frase: • Un profeta non è di­ sprezzato che nella sua patria » . 7S Come possiamo vedere da Ori gene, Contra Celsum, 6, 36, l'ac­ cusa che Gesù fosse un manovale veniva avanzata dagli avversari ebraici dei tempi immediatamente post-neotestamentari ; Origcnc replica atfcnnando che « Gesù personalmente non è descritto co­ mc un carpentiere in nessun passo dci Vangeli accettati dalle Chiese • (una risposta che indica che egli non leggeva a il carpcn� tierc • in Mc 6, 3) . A proposito dell'ambito semantico coperto da tekton, che qualifica gli artigiani della pietra, del legno e del me· tallo, cfr. P. H. Furfcy, • Christ as Tekton », CBQ 17, 1955, pp. 324-335. Sostenendo che il termine significa • architetto • , • costrut· torc », Albright e Mann, Matthew, pp. 172·173, collegano tekton al vocabolo aramaico naggdrti'. Essi considerano Giuseppe c Gesù co­ me c costruttori , che potevano essere chiamati a lavorare in altre città. e quindi da contare nel numero dei maestri artigiani. Sulla base molto più limitata di alcuni ben più tardivi detti talmudici nei quali compare naggara', G. Vermes, Jesus the Jew, Collins, London, 1973, pp. 21·22, sostiene in maniera molto dubbia il signi­ ficato di u studioso, uomo colto » !

118

spinto Matteo a preferire di pensare a Gesù come al figlio del carpentiere, piuttosto che come al carpentiere (con o senza l'elemento catalizzatore rappresentato da una qual­ che nozione storica del mestiere di Giuseppe). Se si accetta tale spiegazione come la più probabile, come ci si spiega allora che Matteo, Luca e Giovanni siano tutti d'accordo nel definire Gesù come figlio di suo padre, al­ lontanandosi da Marco? Potrebbe questo fatto rimettere in discussione la tesi secondo la quale furono Matteo e Luca ad attingere da Marco, suggerendo invece che possa essere stato Marco a modificare Matteo e Luca? (Questa ipotesi viene a volte collegata alla tesi discussa alle pp. 75-77, e cioè che Marco, per il fatto di menzionare solo la madre di Gesù, cerchi di alludere al concepimento virginale. Abbiamo già visto la scarsa plausibilità di tale tesi, sulla base di numerosi motivi. Poiché Matteo e Luca, i due autori ai quali si attribuisce comunemente l'accet­ tazione del concepimento virginale, non esitano a chiama­ re Gesù « il figlio del carpentiere » e • il figlio di Giusep­ pe •, il problema del concepimento virginale è quasi cer­ tamente es traneo all'intera questione). C'è un'altra solu­ zione, più semplice di quella in cui Marco modifica Matteo e Luca. La scena di Luca (4, 1 6-30) differisce per molti aspetti da quella di Marco/Mattco; e non è per nulla sicuro che la domanda di Luca • Non è il figlio di Giuseppe ? » sia un adattamento di Mc 6, 3 , molto più lunga a causa dei riferimenti a Maria, ai fratelli e alle sorelle 76• La scena di Giovanni al cap. 6, presso il mare di Galilea, è molto diversa dalla scena sinottica « nella sua patria • o a Nazaret; e quanto si dice in Gv 6, 42 potrebbe essere total­ mente indipendente rispetto alla tradizione sinottica. (Se così non fosse, il fatto che Giovanni si avvicini a Luca non sarebbe comunque sorprendente, dal momento che molti studiosi ipotizzano un contatto tra le tradizioni Giovannea e Lucana a un livello preevangelico). In altre parole, la domanda cti Luca e Giovanni, « Non è costui [Gesù ] , il figlio di Giuseppe? • n, potrebbe non avere quasi

76 Schiirmann, Lukasevangelium, pp. 235-36 fornisce quattro argo· mentazioni per spiegare perché Luca 4, 22 non debba essere consi· derato una riscrittura di Marco 6, 3. T1 L'ultima delle argomentazioni di SchUnnann (cfr. nota preceden�

te) è che l'espressione



figlio di Giuseppe

»,

presente in Luca e

119

nessun collegamento con quanto dice Matteo, • Non è egli forse il figlio del carpentiere? » . Questo vorrebbe dire che non siamo di fronte a tre redazioni di Marco che per caso si presentano approssimativamente con la stessa le­ zione, cosa che sarebbe difficile da credere. Il solo Mat· teo, piuttosto, avrebbe steso il suo racconto rifacendosi a Marco, e i n un modo per il quale abbiamo già visto una spiegazione plausibile nel precedente paragrafo. Vale la pena d i notare, inoltre, che l'identificazione di Gesù attraverso sia il padre sia la madre, come ci s i presenta in Matteo, ricorda il ritratto iniziale dei genitori di Gesù delineato nel cap. l . Per la tesi di Matteo, a quel punto era importante che Gesù fosse veramente il figlio di Giuseppe (poiché Giuseppe Io riconobbe}, dal momento che ciò provava la discendenza davidica di Gesù. La cita­ zione di Maria subito dopo Giuseppe in 1 3 , 55 potrebbe invece ricordare al lettore il fatto che lei era madre di Gesù per mezzo dello Spirito Santo, come Matteo ha descritto in l , 1 8-25. Sembra, quindi, che l'adattamento effettuato da Matteo delle due scene mariane prese in prestito dal racconto del ministero di Marco sia in armonia con la visione di Maria che egli ha presentato nei capitoli l e 2. L'aspetto negati­ vo del quadro di Marco è stato riportato per lo meno su di un piano di neutralità, ma tale da riflettere, probabil­ mente, la colorazione positiva dell'impressione fornita al lettore all'inizio del Vangelo.

Giovanni, è probabilmente un'antica tradizione, e che non è pos­ sibile affermare che il • figlio di Maria • di Marco sia necessaria· mente più originale.

120

Capitolo sesto MARIA NEL VANGELO DI LUCA E NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI 1

Cosl come in Matteo, anche nel Vangelo di Luca possia­ mo distinguere due tipi di passi che possono interessare uno studio su Maria: primo, un'ampia se�;ie di riferimenti a Maria nei racconti dell'infanzia 2 dei capitoli l e 2, dove ella ha un ruolo importante nell'annunciazione, nella visi­ tazione, nella nascita a Betlemme, nella presentazione al Tempio e nel ritrovamento di Gesù nel Tempio; secondo, quattro passi, relativamente brevi, nel racconto del mini­ stero pubblico di Gesù. Come Matteo, anche Luca forni­ sce una genealogia di Gesù, e il primo dei quattro passi relativi al ministero fa parte di tale genealogia (3, 23), dove si dice che Gesù era solo « creduto » figlio di Giu­ seppe. Il secondo e il terzo passo lucano sul ministero hanno dei paralleli sinottici, e precisamente Le 4, 1 6-30 che narra il rigetto di Gesù a Nazaret (cfr. Mc 6, 1-6 a; Mt 1 3 , 53-58) e Le 8, 19-21 su chi costituisca la famiglia di Gesù (cfr. Mc 3, 3 1 -35; M t 12, 46-50). Il quarto passo rela­ tivo al ministero ( 1 1 , 27-28), dove una donna dalla folla proclama la beatitudine della madre di Gesù, è peculiare l La discussione relativa a questo capitolo fu diretta da R. E. Brown, e la prima stesura venne composta da J. Rcumann. Tre se,s. sioni del gruppo di lavoro (gennaio, febbraio e marzo 1976) furono dedicate totalmente o in parte all'esame dei dati d i Luca/Atti. 2 Racconto • dell'infanzia » o "- della nascita ,. non è un termine del tutto appropriato per i primi due capitoli di Matteo e di Luca: in entrambi i Vangeli il capitolo primo precede la nascita. Luca presenta l'ulteriore coril.pJicazione di un racconto dove Gesù ha dodici anni (2, 41-51).

U1

a Luca. Maria è citata una sola volta negli Atti degli Apostoli (l, 14), nella lista di quanti si erano riuniti per pregare a Gerusalemme dopo l'Ascensione e prima della Pentecoste. Cronologicamente questa è l'ultima citazione specifica di Maria e di quanto le accadde nel racconto neotestamcntario del movimento cristiano. Il materiale mariano è più abbondante in Luca che m qualsiasi altro scrittore neotestamentario; allo scopo d i mantenere anche il nostro capitolo lucano nei limiti d i stile e di con tenuto del resto del libro saremo costretti quindi a evitare una det tagliata trattazione delle molte incertezze relative allo scopo, alla procedura, alle fonti, ecc., di Luca, !imitandoci a rimandare il lettore più parti­ colarmente interessato agli studi specifici relativi ai sin­ goli argomenti. Noi intendiamo quindi affrontare i passi di interesse mariano nell'ordine in cui ci si presentano attualmente in Luca/Atti, anche se ci rendiamo conto che tale ordine può non riflettere l'originale sequenza compo­ sitiva. Questa decisione prescinde intenzionalmente dalla possibilità che Luca abbia scritto i capitoli 3-24 del Van­ gelo e gli Atti prima della stesura del racconto dell'infan­ zia ( l , S-2, 5 1 ) che egli avrebbe poi collocato all'inizio del Vangelo 1, o che avesse composto una prima edizione, Proto-Luca, a cui successivamente abbia aggiunto mate­ riale tratto da Marco e da altre fonti 4 • Tali teorie verran­ no prese in considerazione solo quando condizionino di­ rettamente il nostro tentativo di procedere a ritroso at­ traverso le tre fasi della formazione dei Vangeli (cfr. pp. 19-2 1 ), dal racconto dell'evangelista, attraverso le sue fonti preevangeliche, fino alla realtà storica riguardante Gesù. La sottolineatura che abbiamo scelto riflette la nostra convinzione che il primato spetti al ritratto di Maria quale ci appare nella formulazione finale di Lu­ ca/Atti custodita per la comunità cristiana, l'unica forma di cui possiamo essere certi s. l Collocazioni diverse sono difese da Conzelmann

e Oliver e com. battute diversamente da Tatum e Mincar (cfr. Bibliografia) . • Cfr. sopra, p. 28, nota 1 4 ; cfr. anche Taylor, u Luke •, pp. 18�5. s Terremo conto del fatto che, nel canone neotcstamentario esi· stcnte, Atti segue i quattro Vangeli ed è separato da Luca per la presenza di Giovanni. Ciò rende ancora più conclusiva c fonda­ mentale, nei termini di un'« ermeneutica canonica » del passo, la citazione di Maria in A t l , 14.

1 22

Teologicamente Luca/Atti riflette un piano o un pro­ gramma ben precisi che trovano la migliore definizione nella formula di approccio alla storia della salvezza 6• Più di ogni altro evangelista, Luca dimostra piena coscienza della storia del mondo (Le 3, 1). Lo scopo dichiarato del suo lavoro in 1 , 1-4 è vistosamente storico, e Luca/ Atti tradisce una Certa rassomiglianza con lo stile di alcune storie greche cd ebraiche in circolazione nel I secolo d.C. Questa forma mentis storica ha modellato la presentazio­ ne lucana del tema della salvezza, così che la centralità di quanto Dio ha fatto attraverso Gesù viene vista in rap­ porto alla misericordia dimostrata anche per il passato da Dio per il suo popolo e in continuità con la sua costante azione nella Chiesa per mezzo dello Spirito San­ to 7 • Noi ci interrogheremo sul ruolo assegnato da Luca a Maria all'interno di questo piano generale della storia della salvezza '· Altre accentuazioni teologiche comune­ mente riconosciute come Jucane e che rientrano nel quadro dei nostri interessi comprendono l'universalità del piano di salvezza divino, il posto particolare riservato alle donne, la speciale attenzione ai poveri, l 'atmosfera di preghiera e di pietà presenti nel Tempio e la gioiosità della vita vissuta in obbedienza a Dio ' · Come vedremo, tutte queste particolarità aggiungono un loro colore al ritratto lucano di Maria.

A. Maria nel racconto della nascita (capp. 1 ·2) Dopo una prefazione ( l , 1-4) che evidenzia la preoccupa­ zione lucana di stendere un racconto « ordinato » sulla base dei resoconti a cui « avevano posto mano » i • testi6 La peculiare combinazione lucana di teologia c storia è stOJ.ta affrontata dai ponderosi lavori di Conzelmann, Flcnder e Marshall. 7 � largamente accettata una visione generale lucana tripartita della storia della salvezza. suddivisa tra Israele. Gesù c la Chiesa. senza per questo necessariamente sposare da parte nostra l'inter­ pretazione di tali divisioni proposta da Conzelmann, che attribui­ sce, per esempio, Giovanni il Battista al periodo di Israele. a R3.is3.nen, Mutter, intitola una sezione del suo lavoro lucano: • Maria in der Hcilsgeschichte •. 9 Cfr. Klimmel, Introduction, pp. 139-47; Taylor. • Luke •. pp. 183-84 ; J. Navone, Themes of St. Luke, Gregoriana, Roma, 1970. 123

moni » e i a ministri della parola » 10, l'evangel ista ci pre­ senta due capitoli contenenti una serie di blocchi narrati­ vi che, alternativamente, trattano di Giovanni Battista e di Gesù:

Giovanni Battista

Gesù

Annuncio della nascita Annuncio della nascita ( 1 , 26-38) (1, 5-25) Visita di Maria a Elisabetta ( 1 , 39-56) (Magnificai vv. 46-55) Nascita di Gesù Nascita di Giovanni (1, 57-58) (2, 1-20) (Gloria in excelsis vv. 13-14) Circoncisione (2, 21) Circoncisione (l, 59-79) (Benedictus vv. 67-79) Purificazione al Tempio e benedizione di Simeone e Anna (2, 22-38) (Nunc dimittis vv. 28-32) Ritorno a Nazaret (2, 39) Crescita del bambino (1, 80) Crescita del bambino (2, 40) Ritrovamento di Gesù all'età di dodici anni nel Tempio (2, 41-51) Crescita del bambino (2, 52) Sebbene all'interno di questo parallelo quanto viene detto a proposito di Giovanni Battista sia generalmente contro­ bilanciato da quanto è detto di Gesù, Gesù viene chiara­ mente presentato come una figura superiore che avrebbe sorpassato Giovanni in quanto a significato (1, 41-44; si com­ parino anche l , 80 e 2, 40.52). I quattro inni di preghiera in­ dicati nello schema superiore, le promesse poetiche (1, 14-17.32-33.35.41-44; 2, 33-35) e la sottolineatura del ruolo dellO Questo può rappresentare una sequenza di primi .. testimoni oculari •, seguita dai « ministri della parola :u, culminanti in Luca stesso o nei cristiani della seconda e della terza generazione. Cf r. G. Klcin, • Lukas l, 14 als thcologischer Programm •, in Zeit und Geschichte: Dankesgabe an Rudo/f Bultmmm, a c. di E. Dinkle r Mohr, Ti..i bingen, 1964, pp. 192-21 6 e spec. 208-9 . Per quanto riguarda il fatto se Maria debba es sere inclusa tra tali • testimoni ocu· lari •, cfr. pp. 12.5-28.

,

124

Io Spirito Santo (l, 15.17.35.41.47.67.80; 2, 25-27) creano una atmosfera molto simile a quella che circonda la Pente­ coste, così come ci viene descritta in Atti 2 11 • All'interno di questa atmosfera Luca assegna una vera e propria preminenza a Maria nel lato della sequenza parallela che concerne Gesù e nella visi tazione che unisce i due lati. La discussione degli studiosi si è dedicata in misura con­ siderevole a questi capitoli. Il greco notevolmente semi­ tizzato indica forse che Luca, nella loro composizione, abbia utilizzato fonti ebraiche o aramaiche, oppure egli semplicemente imita il greco semitizzato dei LXX, forse a causa del sapore tanto veterotestamentario del racconto? Luca si è rifatto a una raccolta già esistente ( cristiana o ebraica, semitica o greca) per il Magnifica!, il Benedictus, il Gloria e il Nunc dimittis, che presentano alcune somi­ glianze tra loro? Il materiale relativo al Battista è stato derivato da Luca da una fonte composta dai seguaci del Battista sul loro maestro? Gli studiosi sono tanto divisi tra loro a proposito di questi interrogativi 12 che sarebbe difficile arrivare anche solo a decidere con sicurezza la via da seguire per tentare di offrire ad essi una risposta. Ma fortunatamente la risposta a tali domande non rientra nel campo di interesse del nostro studio. Ciò che invece è essenziale è che si dia una valutazione dell'antica ipotesi secondo la quale Maria sarebbe stata una delle fonti di Luca, così che i capp. l e 2 riflettereb­ bero una testimonianza oculare u. Questa ipotesi non si basa sulla testimonianza specifica di uno scrittore eccle­ siastico dei primi secoli, ma sulla deduzione che nasce da due osservazioni : primo, Luca in l , 2 parla di testimoni oculari proprio appena prima di iniziare il racconto del­ l'infanzia; secondo, Maria è l'unico essere umano che po­ trebbe aver avuto conoscenza personale di quanto è nar­ rato i n l , 26-38. Il Cfr. P. Minear,



Lukc's Use •. pp. 128·29.

12 Per le diverse posizioni, cfr. McHugh, Motlwr, pp. 435 .37 ; Brown,

Birth, pp. 239·50 ; Turner, • Relation " ; W. Wink, Joh11 the Baptist i11 the Gospel Tradition, SNTSMS 7 ; Cambridge University Press, Cambridge, 1968, pp. 5(H!6 ; J. R. Wilkinson, A Joham1ù1e Document in the First Chapters of St. Luke's Gospel, Luzac, London, 1902. 13 Spesso questa ipotesi viene sviluppata trasformandola in un rac­ conto romantico coinvolgente Giovanni, figlio di Zebedeo (cfr. p. 233, nota 62) . llS

La prima osservazione ha bisogno di essere in qualche modo delimitata. Il riferimento di Luca a • coloro che ne furono testimoni "fin da principio" (ap' archi!s) • in l , 2 fa ricordare innanzitutto il gruppo che Pietro descrive in A t l, 21-22: « coloro che ci furono compagni Jler tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incomincia11do (arxamenos) dal battesimo di Giovanni •·· Luca si riferisce principalmente alla testimonianza diretta degli Apostoli relativa al ministero, vale a dire di Gesù nel corso della sua vita e del suo ministero 45• Come si vedrà, analogamente ad altri seguaci di Gesù, Maria in Luca viene a far parte della grande famiglia escatologica di Gesù (sua madre, i suoi fratelli e le sue sorelle) attraverso l'obbediente ri­ sposta alla parola e alla volontà di Dio (Le 8, 2 1 ) . Presu­ mibilmentc è dopo la risurrezione (cfr. At l , 14) che arri­ va ad esprimere la sua fede in Gesù con il linguaggio cristologico che abbiamo appena visto. Noi non neghiamo la possibilità di una rivelazione a Maria al momento del

44

Quando il linguaggio riguardante la generazione divina viene ap­ plicato alla risurrezione e al battesimo, esso diventa ovviamente simbolico. Un maggior realismo è possibile quando quel linguag­ gio si applica a un concepimento, specialmente a un concepimento senza padre umano. Tuttavia, anche la cristologia del concepimen­ to non è ancora un riferimento a una filiazione antologica. 45 L'opera di R. Laurentin, Jésus au Tempie, è scritta in relazione alla tesi che Maria conoscesse la divinità di Gesù fin dal tempo dell'annunciazione. A meno che non si supponga che Maria tenesse nascosta ai seguaci di Gesù questa sua inluizione, tale precono­ sccnza della sua divinità rende incomprensibile il lungo sforzo verso quella \'Crità anche dopo la risurrezione. La descrizione mar­ ciana del segreto messianico e la descrizione marciana di Maria come di una persona che non Io comprendeva diventerebbero al� !ora delle gravi distorsioni. 136

concepimento di suo figlio 46, ma nell'annunciazione lucana si ascolta una rivelazione che si esprime con un linguag­ gio pos tresurrezionale.

Origini del concepimento virginale. Queste osservaziom m merito all'origine della cristologia di l , 35 non risolvono la questione del perché tale cristologia della filiazione divina sia stata unita al concepimento di Gesù da parte di una vergine. Cercando di rispondere a tale domanda, dobbiamo cominciare subito con l'avvertire il lettore che non è ovvio per tutti che Luca intendesse descrivere un concepimento virginale. Anche se Maria viene chiaramen­ te presentata come vergine al momento dell 'annunciazio­ ne (parthenos compare due volte al v. 1 , 27; cfr. l , 34), le viene detto « Ecco concepirai » ( l , 3 1 ) 47• Questo concepi­ mento futuro potrebbe essere inteso in modo tale da avere luogo • . . . nel normale modo umano, di un bambino dotato di uno speciale favore divino, nato per l'intervento dello Spirito di Dio e destinato ad essere riconosciuto erede del trono di Davide in quanto Messia e Figlio di Dio • 48• Questa interpretazione non può essere confutata semplicemente ricordando che il concepimento futuro de­ ve avvenire comunque attraverso lo Spirito Santo ( l , 35), dal momento che abbiamo già visto (pp. 58-62) come il

o46 Se si accetta la storicità del concepimento virginale, quell'evento

stesso deve aver costituito una specie di rivelazione per Maria, anche se le ci volle tutta la vita per trovare un'espressione cristo­ logica in cui manifestare quella rivelazione. -47 Il termine greco syllempse è il futuro di un verbo. Noi non ab­ biamo acccltato la tesi di coloro che, presumendo un originale semitico, sostengono che il soggiaccntc ebraico htirtih, non avendo un preciso valore temporale, intendesse descrivere un'azione pre­ sent e : • In quest'istante tu hai concepito ». Così G. H. Box, c V ir­ gin Birth •, A Dictionary of Christ and the Gospels (ed. J. Hastings, New York, Scribncrs, 1912), II, p. 806. Graystone, Virgin, pp. 89-93, cita dci tentativi per leggere il tempo futuro greco come un accen­ no al passato. Questa tesi è confutata dai numerosi tempi futuri degli altri verbi nel contesto di l, 31-33.35, e dai fatto che difficil­ mente Maria avrebbe potuto concepire prima di aver dato una ri­ sposta affermativa in l, 38. Vedi Taylor. llistorical Evidence, pp. 38-40 ; J. Gewiess, • Die Maricnfrage, Lk l, 34 •. BZ 5 (1961), pp. 221-54 (sommario inglese in TD Il [ 1963 ] . pp. 39-42) . 48 Fitzmycr, « Virginal Conccption », p. 567, una tesi a cui si oppo­ ne R. E. Brown. " Luke's Description of the Virginal Conception •, TS 35 ( 1974) , pp. 360-62.

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riferimento di Paolo a Isacco « nato secondo lo Spirito » (Gal 4, 29) non implichi necessariamente che egli non a­ vesse un padre umano � A. Voglie, « Offene Frage •, p. 46 ; H. Schiirmann, Lukasevange­ lium, pp. 62-63 ; J.-P. Audet, « L'annonce à Marie •, RB 63 (1956), pp. 364-74. Al contrario, Fitzmyer, « Virginal Conception •, p. 568, nota 89: • Non c'è il minimo segno che Luca abbia modellato la sua annunciazione in dipendenza da Isaia • ·

56 Ignazio, Magn.

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sono diversi tra loro: un vocativo indirizzato al re in Isaia e una qualificazione genealogica di Giuseppe in Luca, simile alla qualificazione genealogica di Zaccaria nell'annunciazione di Giovanni il Battista (1, 5). Dal momento che Le l, 32·33 richiama 2 Sam 7 (cfr. nota 43), l'idea di una « casa di Davide » può essere stata derivata da 2 Sam 7, 1 1 .13. 16. « I l Signore » in Le l , 28 e in Is 7, 10 58• Questa è u­ n'espressione biblica troppo comune perché il parallelo possa essere ritenuto significativo. • Concepirai un figlio, Io darai alla luce e lo chiame­ rai ... » in Le l , 3 1 e in I s 7, 14 59 • Anche questo parallelo non è particolarmente significativo, poiché l'espressione in questione rientra nello stereotipo delle annunciazioni di nascita (cfr. 3 . b e c nello schema di pag. 130). Volendo seguire lo schema veterotestamentario, Luca difficilmente avrebbe potuto ricorrere ad altre espres­ sioni per riportare il messaggio di una nascita immi­ nente. In definitiva i punti di contatto tra Luca e Isaia 7 non sono sufficientemente chiari da presupporre una dipen­ denza d i Luca da I saia. Luca dipende da uno schema veterotestamentario di annunciazione; e, come vedremo, il

S8 Sebbene kyrios, usato da Luca, appaia in Is 7, 14 della LXX che noi conosciamo, non abbiamo una prova chiara che nel primo se­ colo d.C. kyrios venisse usato nelle traduzioni greche della Bibbia ebraica per tradurre YHWH. Vedi J. A. Fitzmyer, • Thc Semi tic Background for the New Testamcnt Kyrios Title • ; A Wandering Aramean: Collected Aramaic Essays (Scholars Prcss Missoula 1978) ; cfr. G. Howard, « The Tetragram an d the New Testament », J BL 96 ( 1977), pp. 6J.83. Comunque, anche se non c'era scritto kyrios, può darsi che il termine venisse pronunciato quando un lettore greco vedeva il nome divino ebraico trascritto nella sua Bibbia greca. 59 Il greco di Luca è quanto mai simile a quello di Isaia, con la possibile eccezione del verbo « concepirai ». Luca l, 31 ha sy/li!mpsi! en gastri ; una lezione molto simile in Is 7, 14, en gastri lempsetai, è attestato nei codici B e C, in alcuni minuscoli, e nel Syrohcxa· plar, ed è accettato da Swete. Una lezione dissimile, en gastri hexei, è attestata nei codici S (Sinai tico) e Alessandrino e in molti mi­ nuscoli, ed è accettata da Rahlfs c Ziegler. La lezione simile po­ trebbe rappresentare u n tentativo da parte di uno scrivano cristia­ no di conformare il testo di Isaia a Luca. Tutti questi manoscritti sono copie cristiane dell'AT.

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racconto della nascita di Samuele ha lasciato tracce ben più evidenti sulla versione di Luca che non Is 7 . Ci ritroviamo quindi d i fronte allo stesso problema già affrontato a proposito di Mt l , 18-25. Se l'idea di un con­ cepimento virginale non venne da una semplice rimedita­ zione di Is 7, 14, quale ne è allora l'origine? Alle pagine 109-13 abbiamo già discusso alcune delle soluzioni proposte dalla critica: una origine puramente teologica (un theolo­ goumenon 60) cioè una espressione narrativa dell'idea che Gesù era il Figlio di Dio attraverso lo Spirito Santo, versione vivacizzata da una presunta tradizione giudai­ co-ellenistica secondo la quale i patriarchi sarebbero stati concepiti virginalmente; un'origine insieme storica e teo· logica, nella quale, supponendo che Gesù fosse nato visto­ samente troppo presto dopo che Maria e Giuseppe aveva­ no iniziato a vivere insieme, tale fatto non sarebbe stato interpretato nei termini di un rapporto peccaminoso tra i due genitori ma in modo tale da salvaguardare l'esenzione dal peccato di Gesù e la santità dci suoi genitori; un'ori­ gine puramente storica che presuppone una tradizione familiare trasmessa da Maria. Come si è visto, tutte e tre le teorie proposte presentano alcune difficoltà. Ciò su cui ci siamo trovati d'accordo, pur con alcune diverse sotto­ lineature, è « la possibilità e addirittura la probabilità di un'accettazione precedente ai Vangeli del concepimento virginale ». In altre parole, ritornando alle tre fasi della formazione dci Vangeli descritte alle pp. 1 9-2 1 , siamo riusciti a seguire il concepimento virginale fino alla fase due, ma abbiamo dovuto riconoscere l'impotenza di un moderno approccio scientifico di fronte al compito di arrivare alla fase uno, la fase della storicità, un'impoten­ za che non costituisce assolutamente una negazione della storicità 61• 60 Come fa rilevare McHugh, Mother, pp. 309-21, questo termine tecnico è stato in uso aJmcno fino da Dibelius, (< Jungfrauensohn ».

Ma in genere noi lo abbiamo evitato perché esso contiene diversi significati ; vedi Fitzmyer. « Virginal Conccption "· pp. 54849. spe­ cialmente note 25, 26. Alcuni lo usano per indicare il trasferimento di un concetto puramente teologico in un racconto apparentemente storico. 6 1 E. C. Hoskyns e F. N. Davey, Tlze Riddle of the New Testament (3• ed., Faber and Faber, London. 1947), pp. 98-99: « Riguardo al­ l"origine della credenza nel parto virginale lo storico critico non

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La rispostà di Maria. Tutto ciò che abbiamo detto finora a proposito dei vv. l, 34-35 non ci dice ancora molto della visione di Maria che Luca aveva. Abbiamo visto che l a sua domanda di l , 3 4 non rivela una sua scelta particolare a favore della verginità; essa introduce piuttosto l'affer­ mazione cristologica dell'angelo del v. 35: Gesù è il Figlio di Dio concepito grazie all'intervento dello Spirito Santo. Questo concepimento miracoloso, senza partner maschile, rivela la potenza di Dio all'opera, ma di Maria non ci dice altro che lei è lo strumento di Dio. II giudizio reale di Luca su Maria si fa evidente solo al v. l , 38, attraverso la sua reazione alla rivelazione cris tologica dell'angelo: « Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto ». Se, come si è visto, i vv. l, 32.33.35 con­ tengono in sostanza una proclamazione della fede cris tia­ na successiva alla risurrezione, allora Maria ci si presenta come la prima ascoltatrice del Vangelo. Più avanti (p. 189) dis cuteremo Le 8, 19-2 1 , la versione luca­ na della scena di Mc 3, 31-3 5 e Mt 12, 46-50 relativa a chi costituisca la famiglia escatologica dei discepoli di Gesù. Mentre modifica il bersaglio della scena, almeno per quanto riguarda la famiglia fisica di Gesù, Luca mantiene sostanzialmente lo stesso principio a proposito dei requi­ siti del vero discepolo, vale a dire ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica (8, 2 1 ; cfr. anche 8, 1 5 : ascoltare la parola e custodirla). Alla luce di tutto questo, la rea­ zione di Maria alla proclamazione inaugurale del Vangelo effettuata dall'angelo diventa significativa. II suo " Ecco­ mi, sono la serva del Signore » richiama la descrizione biblica della pia madre di Samuele: « Possa la tua serva trovare grazia ai tuoi occhi , (l Sam l , 1 8). Ma Maria è più d i un santo veterotestamentario 62, poiché il suo ascol­ tare la parola di Dio e accettarla significa che Ici rientra nel criterio di discriminazione per entrare a far parte della famiglia escatologica che verrà formata da Gesù. può dire nulla ... Quest'unico punto di accordo (tra i due racconti dell'infanzia] prova solo che nessuno dei due evangelisti fu re­ sponsabile di dare origine alla credenza ... Mattco c Luca accolgono nei loro racconti il parto verginale ... Se essi fossero o no storica­ mente giustificati nel fare questo nessun critico può dirlo ». 62 L'ultima frase dell'angelo in l , 37. « nulla è impossibile a Dio "• riecheggia Gn 18, 14 dei LXX, « C'è forse qualche cosa impossi­ bile per il Signore? •, domanda riguardante Sara.

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Pur avendo ricevuto un segno ( 1 , 36-37), lei è una cre­ dente a cui basta la parola di Dio 63• Per Luca lei è il primo discepolo di Gesù. Più tardi, negli Atti, Luca farà veùere che il primo motore della comunità cristiana è Io Spirito Santo, Spirito che è già all'opera in Maria (1, 35).

c) Le implicazioni mariane di l, 28 Le prime parole dell'angelo Gabriele a Maria formano un ben noto saluto, la cui traduzione non è senza problemi:

chaire, kechariiOmene, ho kyrios meta sou (Nestle, UBSGNT) Ave, o favorita, il Signore è con te (RSV) Ave, piena di grazia, il Signore è con te: tu sei benedetta fra le donne (Douay, dalla Vulgata) Rallegrati, o figlia grandemente favorita! Il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne (NAB, dal greco)

Le ultime due traduzioni, che godono di uno status ufficiale tra i cattolici, ci introducono nel dibattito sull'in­ terpretazione, in cui sono presenti argomentazioni tradi­ zionali e moderne. Molti di questi punti sono di poco momento. La clausola finale >, anche se presente in alcuni manoscritti greci 64 e nella Vulgata, è quasi cer­ tamente un'aggiunta successiva al testo di Luca operata da un copista che ha anticipato a questo momento le identiche parole del saluto di Elisabetta a Maria in Le 1 , 42. > (il greco non ha verbo 65) è u n saluto abbastanza usuale, cfr. ad esempio Gdc 6, 12. :t;

61 Così Raisanen, Mutter, pp. 104-6. Egli concorda con F. Mussner nel paragonare la fede di Maria a quella di Abramo come viene presentata in Romani 4. Molti vedono l'accettazione di Maria an­ che come un contrasto alla mancanza di fede di Zaccaria ( l , 20). 64 Codici A, C, D, Theta ; la tradizione bizantina del testo; anche alcune versioni oltre a quelle latine. La frase non è specifica delle traduzioni cattoliche, poiché apparve nella KJV ; ma oggi sarebbe sostenuta da ben pochi studiosi. Vedi Metzger, TCGNT, p. 129. 65 Si potrebbe aggiungere un ottativo (• Il Signore sia con te •), ve di W. C. van Unnik, • Dominus vobiscum: The Background of a liturgica! Formula •, in New Testament Essays: Studies in Me­ mory of Thomas Walter Manson (cd. A. J. B. Higgins, University Press, Manchester, 1959) , pp. 270.305, specialmente pp. 2811-89. 144

stato detto che tale saluto sarebbe insolito s e rivolto a una donna in Israele o nel Giudaismo "'; ad ogni modo, la preoccupazione di Maria che « si domandava che senso avesse un tale saluto • ( 1 , 29) si spiega meglio per il fatto che il saluto proveniva da un angelo che non per la natura del saluto in sé. Non va comunque preso alla lettera nel senso di un concepimento che sia già avvenu­ to, cioè che il Signore (Gesù) è dentro di te. La diversa traduzione di chaire come « ave » o come « rallegrati • è importante ma verrà affrontata più avanti. La nostra maggiore preoccupazione è la giusta traduzione di kecharitomerze. Sebbene il suo uso comporti un gioco di allitterazione con il suono molto simile di chaire, que ­ sto termine è il participio perfetto passivo di charitourz, un verbo denominativo collegato a charis ( • favore • . " grazia ") e che significa « concedere favore, riempire di grazie, benedire • (cfr. Ef l, 6) 67• Si riferisce a Maria co­ me a chi « abbia ricevuto grazia e favore [da Dio] » 68 e viene spiegato da Luca al v. 30: « Hai trovato grazia presso Dio •, vale a dire che Maria è stata scelta da Dio per concepire il Messia (31-33) e generare il Figlio di Dio (35). Anche se i verbi denominativi sono di solito strumentali o fattitivi (charitourz significa costituire qualcuno nella grazia), occasionalmente possono trasmettere un senso di pienezza 69, da cui la traduzione >, che compare nella preghiera dell'« Ave Maria • 70• Questa traduzione,

4 questo saluto viene rivolto a un gruppo misto di uomini c donne. 67 H. Conzelmann, « charis . . . », TDNT, IX, pp. 392-393, note 148, 168. Anche M. Cambe, • La charis chez saint Luc: Remarques sur quel­ ques textes. notament le kecharitomene •, RB 70 ( 1 963), pp. 193-207. 6B Vedere un riferimento anche ad Anna, la madre di Samuele ( l Sam l, 2), perché quel nome deriva dalla radice ebraica bnn, • favore •, è convincente solo per quelli che sono già convinti che ci sia una fonte ebraica soggiacente a questa sezione di Luca, p. es. Laurentin (sopra. nota 12). 69 Analizzato da Moulton, GNTG 2, pp. 393-97. 10 Una parte di quella preghiera, che combina il testo della Vul­ gata di l, 28 con l, 42 (• Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con t e ; benedetta sei tu fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno •) risale almeno al Liber Antiphonianus, attribuito al 66 Grundmann, Lukas, pp. 55·56. Tuttavia, in Rut 2,

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piena di grazia ••, che non è letterale e sta venendo gradualmente sostituita anche dai traduttori cattolici 71 , ha rappresentato una difficoltà, non per quanto riguarda le intenzioni di Luca, quanto a proposito della successiva teologia. Luca intende caricare di esuberanza e pienezza questo « favore » del concepimento del Figlio di Dio, poi­ ché tale concepimento, descritto nei vv. l , 32-33.35, com­ porta, come abbiamo visto, un'anticipazione del Vangelo cristologico proclamato dai cristiani dopo la Pasqua. La mariologia successiva, comunque, prese la pienezza alla lettera, nei termini di un personale possesso, da parte di Maria, di grazie e privilegi, come appare dal principio Numquam satis: « Non si può dire mai abbastanza di Maria, perché è "piena di grazia" ». Sono state sollevate obiezioni anche quando la « grazia .. è stata interpretata non solo nel senso di grazia o favore divino concesso a Maria, ma come grazia che Maria può concedere ad al­ tri 72• Le discussioni su questi problemi vanno al di là dei confini di questo nostro studio, anche se siamo tutti d'ac­ cordo che tali interpretazioni vanno chiaramente oltre il significato del testo di Luca 73• c

d) Maria « Figlia di Sion

» con il connesso simlJolismo? (1, 28.35.43)

La questione se tradurre il chaire di l , 28 con « ti saluto » « rallégrati .. (cfr. specialmente NAB: « Rallégrati, figlia

o

Papa Gregorio Magno (morto nel 604) . Fu autorizzata come for· mula da insegnare insieme col Credo e con la Preghiera del Si­ gnore verso il l l98 d.C. La seconda parte della preghiera, che è un adattamento della espressione di Luca l , 43 ( « la madre del mio Signore »), fu aggiunta nel quindiccsimo secolo: f( Santa Ma� ria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell'ora della nostra morte ». 71 P. es., NAB ; McHugh, Mother, p. 48, • adornata di grazia divi· na • : Schiirmann, Lukasevangelium, p. 41, • begnadete • (adorna di grazia) . 72 Vedi Plummcr, Luke, p. 2: • Il grafia piena della Vulgata è trop· po vago ». � giusto, se significa 4( piena di grazia >>, che tu hai rice­ vuta J) ; sbagliato, se signi fica « p iena di grazia, che tu devi con� cedere :.. 71 Nel cap. II, pp. 40-43, abbiamo esaminato la sottile linea di de­ marcazione tra eisegesis c una esegesi intuitiva più che letterale delle scritture nella teologia cristiana più tarda.

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grandemente favorita ») ci porta nel mezzo di una ster­ minata bibliografia centrata sull'ipotesi di un simbolbmo lucano nel quale Maria sarebbe la Figlia di Sion 74, la personificazione femminile del popolo di Dio (Israele e la Chiesa) e l'Arca dell'alleanza. Sebbene la maggior parte di questi scritti sia in francese e a opera di scrittori cattoli­ ci 75 ( e poca accettazione hanno trovato nei loro compagni d i fede tedeschi), tale simbolismo ha trovato forti adesio­ n i anche tra i non cattolici, specialmente negli anni '40 e ·so 76• Basandosi sostanzialmente sulle concordanze con il testo dei LXX, i sostenitori di questo simbolismo sostengono spesso che, quando un termine utilizzato da Luca si trova in un passo veterotestamcntario, Luca intenda con ciò rifarsi a tale passo, al suo contesto e ad altri passaggi ad esso collegati. Ora, non è né impossibile né improbabile che attraverso il vocabolario Luca potesse fare riferimen­ to, impl icitamente, a certi passi veterotestamentari, o che 74 Sion era il nome di una parte di Gerusalemme o di una delle colline della città; passò poi a servire come nome per Gerusalem­ me stessa. In relazione a una entità geografica, �< figlia » indica una suddivisione, p. es., una grande città. una città, o un villaggio. L'AT parla di una • figlia » di Egitto, Babilonia, Edom, Dibon, ecc. H. Cazelles, " Fillc de Sion et théologic mariale dans la Bi­ ble », BSFEM 21 (1964), pp. 51-71, ha sostenuto che • Figlia d i Sion » origjnariamente si riferiva a un nuovo sobborgo di Gerusa­ lemme abitato da profughi del Nord dopo la caduta di Samaria nel 721 (vedi Michca 4, 8.10.13). Comunque, il termine arrivò poi a indicare tutta Gerusalemme, e persino Giuda o Israele. Vedi McHugh, Mother, pp. 43844. 75 Laurentin. Structure, pp. 64-8 1 ; 148-61 , ollre un riassunto di gran partL dell'argomentazione. 76 A. G. Ilcbert, « The Virgin Mary as the Daughlcr of Zion •. Theo­ logy 53 ( 1950) . pp. 403-10; G. A. F. Knigh t " The Virgin and the Old Tcstament •, The Reformed Theological Review (Australia) 12 ( 1 953). pp. 1-13 ; e « The Protestant World an d Mariology • , SJT 19 ( 1966) , pp. 55-73 ; M. Thurian, Mary, pp. 13-65. Molto minuzioso è H. Sahlin, Messias ; ma il valore dci suoi commenti dipende in parte dalla sua teoria (pp, 9-10; 56-69) di un Prato-Luca semitico scritto circa il SO d.C. da un giudeo di Antiochia e tradotto in greco con aggiunte circa il 60-65, probabilmente da Luca. Il sim­ bolismo Jcll'AT era più evidente in Proto-Luca, come Sahlin lo ri­ costruisce con l'immaginazione, p. es., Zaccaria pronunciava il Magnificai riferito a Siorz, l'ancella del Signore. Per Sahlin, Maria e ra un simbolo letterario di Israele, mentre ceni cattolici hanno concepito Maria come una persona storica che incarnava la • pe r­ sonalità collettiva • di Israele. ,

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nel racconto dell'infanzia egli possa aver ritratto Maria su uno sfondo simbolico veterotestamentario; il racconto dell'infanzia di Luca abbonda di richiami alle figure di Abramo e Sara, alla descrizione che di Gabriele ci dà Daniele, alla storia di Samuele, alla promessa fatta a Davide e allo schema delle annunciazioni di nascita. Ma è chiaro che quanto più sottile diventa l'influenza veterote­ stamentaria che s i propone per Luca, tanto più sono ne­ cessarie le prove, particolarmente se tale simbolismo non trova attestazioni altrettanto chiare altrove nella cultura cristiana del primo secolo. E qui trovano posto alcune considerazioni metodologiche. Se il termine greco in questione non è raro, non si può partire dal principio che Luca lo abbia preso in prestito dai LXX; se nei LXX è comune bisogna provare che Luca avesse in mente un passo determinato invece di un altro e non è possibile infine dedurre che Luca disponesse di una raccolta di concordanze che gli permettesse di collegare tra loro tutti i passi contenent i uno stesso termine. Ancora, perfino se si arriva a stabilire una certa possibilità di qualche sotti­ le riferimento veterotestamentario, bisogna sempre do­ mandarsi se i destinatari fossero realmente in grado d i percepire tali sottigliezze senza una chiara indicazione da parte di Luca. Altrimenti il possibile simbolismo non ci è di molto aiuto nel determinare il più antico pensiero cristiano su Maria. II gruppo di lavoro, pur senza essere convinto a proposito della maggior parte del simbolismo proposto, ha comunque deciso di dedicarvi una breve discussione. • . II verbo chairein (all'imperativo singolare o plurale o all'infinito) era utilizzato per il normale saluto nell'incontrare qualcuno (M t 26, 49; 28, 9) o all'inizio e alla fine delle lettere (Gc l , l ; Fil 3, 1 ; 4, 4), da cui la tendenza a tradurre Le l , 28 in latino con « A­ ve •. in inglese con « hai! » o " hallo » (e in italiano con '' ti saluto •; n.d.t.). Questa traduzione concorda con il riferi­ mento del v. l , 29 a « tale saluto ». Nonostante tutto que­ sto, S. Lyonnet n ha proposto di tradurre c hai re alla Jet-

Chaire, « Rallegrati

n Vedi gli articoli • Chaire kecharitomeni! • e • Le récit • ; anche Laurentin, Structure, pp. 64-71 ; McHugh, Mother, pp. 38-47. Gli

148

tera con � rallegrati • , perché nelle scene con retroterra semitico Luca ricorre a eirene, • pace » (ebraico s/Jiilom), non a chaire, per riportare i l normale saluto (lO, 5; 24, 36). Delle circa ottanta presenze d i chairein nei LXX, una ventina si riferisce alla gioia che saluta l'azione sal­ vifica di Dio (p. es. E s 4, 3 1 ; l R e 5, 2 1 ; Is 66, 7) ed è a questo genere di gioia che secondo Lyonnet Luca intende fare riferimento. La particolare forma chaire ricorre quattro volte nei LXX, tre delle quali indirizzata alla Fi­ glia d i Sion. Due sono particolarmente importanti: Zc 9, 9 (citato in

Mt 2 1 , 5

e Gv 12, 15) :

Esulta (chaire) grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un pule dro figlio d'asina Sof 3, 14-17 (LXX) 78 Gioisci (chaire), figlia di Sion, ( . . . ) Re d'Israele è il Signore in mezzo a te (en meso sou) (...) Non temere, Sion ( ...) Il Signore tuo Di o in mezzo a te (en soi) è un salvatore potente. La tesi che Luca avesse in mente questi brani trova ogni tanto sostegno nel fatto che al v. l , 27 per due volte egli dice che Maria è vergine, cosl come l 'Antico Testamento chiama vergine la Figlia di Sion o Israele; o ancora indi­ cando un parallelismo tra le espressioni di Luca « il Si­ gnore è con te (meta sou) » e di Sofonia « in mezzo a te

D

79.

scrittori greci da Origene fino al periodo bizantino interpetrarono chaire di Luca come cr rallégrati ». 78 Citiamo Zaccaria secondo l'ebraico e Sofonia secondo i LXX per illustrare che i sostenitori della teoria ricorrono a entrambe le lingue e persino accentuano le rassomiglianze passando continua· mente dall'ebraico al greco e viceversa nello stesso passo. Non ab­ biamo la minima prova che l'autore di Luca conoscesse l'ebraico. 79 Il motivo dell'umiltà in un passo relativo alla Figlia di Sion, come Zac 9, 9, viene messo in relazione alla descrizione di Maria l'ancella in l, 38 e l, 48. Inoltre, Maria in I . 45: « Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore •, evoca la

149

Elenchiamo solo brevemente alcune delle difficoltà solle­ vate da questa tesi 80: a) Clzaire era un saluto tanto co­ mune tra chi parlava greco quanto è diffuso « addio D tra chi parla italiano; senza un'esplicita avvertenza, avrebbe­ ro potuto i lettori di Luca indovinare che ciò che nor­ malmente significava con il ritratto che di lei si può vedere nel racconto lucano del ministero. Abbiamo già richiamato l 'attenzione del lettore sul parallelo tra l, 38 e 8, 1 9-21 (cfr. pp. 143-44). Si possono anche con­ frontare tra loro l, 42.45 e 1 1 , 27-28, la scena in cui una donna della folla grida verso Gesù: � Beato [makaria] il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte »; e a lei Gesù risponde: « Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano ». In entrambi i casi c'è una benedizione o beatitudine collegata alla ma­ ternità fisica, seguita da una maggiore attenzione verso colei che crede nelle cose che le vengono dette o verso colui il quale ascolta la parola di Dio e la osserva. Maria, la serva del Signore ( 1 , 38), corrisponde a tali requisiti e ottiene la beatitudine dei credenti cristiani che Atti 2, 1 8 chiama « i servi e le serve del Signore » 91 •

b) Il Magnificat di Maria {1, 46-55) Il Magnificat è poesia in modo molto più evidente delle parole di Elisabetta a Maria 92 • Esiste comunque una no­ tevole discordanza in merito alla classificazione del brano (un inno di lode?), al numero delle strofe (due, quattro, cinque, nove), alla sua struttura metrica e all'esistenza o meno di un originale semitico. Maggiori particolari e bi­ bliografia s i possono trovare nei numerosi commenti a Luca, ma questi problemi non interessano direttamente il nostro studio. Dobbiamo invece porci tre domande, che ci riguardano da vicino: primo, secondo Luca era davvero Maria che doveva pronunciare il Magnifica!? Secondo, se sì, lo ha veramente composto Maria? Terzo, cosa ci dice il Magnificat in merito alla figura di Maria che Luca presenta? 91 Vedi sopra, nota I l , per le somiglianze di atmosfera tra il rac­ conto dell'infanzia e i primi giorni della chiesa in Atti 1-2. f2 Vedi sopra, nota 87. l versetti l. 46b-47 c l, 53 sono citati nei ma­ nuali come perfetti esempi, rispettivamente, di sinonimo e di pa­ rallelismo antitelico, caratteristici della poesia ebraica.

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Primo: nel testo d i Luca chi pronunciava originariamente il Magnilìcat? Anche se la maggior parte dei manoscritti

greci e delle versioni più antiche lo attribuiscono a Maria, non mancano testimonianze che lo ascrivono a Elisabet­ ta 93• Già alla fine del secolo scorso alcuni studiosi di spic­ co sostennero L'attribuzione a Elisabetta 94, ma rimangono sempre una minoranza. I l supporto testuale alla base di tale attribuzione, per lo più latino, è talmente debole che si potrebbe tranquillamente dimenticare se non fosse per il principio di favorire la lectio diflìci/ior, vale a dire che si potrebbe capire perché un copista tardivo intendesse sostituire Maria a Elisabetta, mentre risulta incomprensi­ bile il processo inverso. (Si è anche avanzata L'ipotesi, priva di supporto testuale, che la lezione originale fosse: « Allora lei disse », e che i copisti abbiano sostituito a « lei » indifferentemente Maria o Elisabetta) Ancora, la stranezza di due azioni diverse attribuite di seguito a Maria ( 1 , 46: « Allora Maria disse »; l , 56: « Maria rima­ se ... ») può aver spinto un copista a modificare L'attribu­ zione della prima azione, ascrivendola a Elisabetta 95• Le argomentazioni intorno alla questione se il contenuto del Magnifica! si adatti meglio all'una donna o all'altra non portano ad alcuna conclusione certa (in parte per il fatto che certi versetti, come 5 1 a, 5 1 b, 52 a, non si adat93 Tre manoscritti latini,

datati dal quarto all'ottavo secolo, leg­ gono: • Ed Elisa be t ( Elisa bel, Elisabeth) disse "· Questa lezione è sostenuta da passi dubbi in traduzioni di Irenco e Origene c dal vescovo iugoslavo Niceta di Rcmesiana (circa 400 d.C.). Vedi Brown, Birth, pp. 334-36 (tr. it., pp. 450.53). 9< Sono inclusi Burkitt, Crccd, J. G. Davies, Easton, Goguel, J. R. Harris, Harnack, Klostcrmann, Loisy e Wintcr. Vedi S. Benko, • The Magniftcat: A History of the Controversy "· JBL 86 ( 1967) , pp. 263-75. Gli argomenti sono discussi da R. Laurentin, Bib 38 ( 1 957) , pp. 15-23. 95 Di fatto, però, la sequenza non risulta affatto migliorata dalla lezione • Elisabetta • , perché ora costei ha due discorsi consecu­ tivi: l , 4 1 . • Elisabetta esclamò » ; l , 46, « Ed Elisabetta disse •- L'in­ tero argomento tratto dalla sequenza si relativizza se si concorda con Brown (Birth, PP- 346-69, tr. it., pp. 467-93) c con altri che i cantici sono un inserimento posteriore nel racconto lucano dell'in­ fanzia. Una sequenza pre-Vangelo avrebbe così presentato la pro­ clamazione di Elisabetta i n l , 42-45 seguita immediatamente da 1, 56: a Maria rimase •. In questa ipotesi, l'inserimento posteriore del cantico, preceduto da « Allora Maria disse •, avrebbe creato un contrasto con l , 56, • Maria rimase » ; e un copista posteriore cercò di risolvere questo contrasto facendo pronunciare il discorso da Elisabetta.

157

tano a nessuna delle due donne). Ad esempio, in l, 48 le espressioni « serva >> e « tutte le generazioni mi chiame­ ranno beata (makariousin) » si confanno bene a Maria (1, 38.42.45), mentre l'espressione > (2, 22) [Vulg.: « masculi­ num adaperiens vulvam » ] . Sebbene questa espressione abbia creato qualche problema nella discussione della più tarda idea cristiana del parto miracoloso di Maria (virgi­ nitas in partu), senza rottura dell'imene, Luca potrebbe aver utilizzato un linguaggio veterotestamentario s tandard (cfr. Es 1 3 , 2.12.15 nella versione dei LXX) senza volerei trasmettere nulla a proposito del modo con il quale è nato Gesù "'·

Terzo, non si fa minimamente menzione del pagamento, da parte dei genitori, di cinque sicli per riscattare il piccolo Gesù dal servizio del Tempio dopo che era stato consacrato al Signore, pagamento chiaramente prescritto in Nm 1 8 , 15-16 per i non Leviti. Questo fatto h a portato alcuni a domandarsi se Luca pensasse che Gesù fosse un Levita che avrebbe dovuto rimanere al servizio del Signo­ re. Non è forse vero che Luca descrive Maria come pa­ rente di Elisabetta ( 1 , 36 ) , che era di origini levitiche ( 1 , 5 ) ? � chiaro comunque che Luca considera Gesù di­ scendente di Davide ( 1 , 32; 3, 23.3 1 ; 18, 38) e che non ci dice mai nulla di specifico riguardo alle origini di Ma­ ria 132•

Qu(lrfo, nell 'adempiere il rituale per la presentazione e la vata presso Leontopoli in Egitto e datata il 5 a.C. dice: • Nel tra­ vaglio del dare alla luce un figlio primogenito, il Fato mi portò alla fine della vita •. Ovviamente, non ci furono altri figli dopo quel primogenito. Vedi R. F. Stoll, " Her Firstborn Son "• AER 108 ( 1943), pp. 1- 1 3 ; J.-B. Frey, • La signilication du term pr6totokos d'après une inscription juive •, Bib I l ( 1930) , pp. 373-90. 131 È improbabile, tuttavia, che, se Luca avesse conosciuto la t ra­ dizione dell'imene intatto, avrebbe usato una simile espressione. (J. Galot, NRT 82 [ 1960), p. 453) . Vedi pp. 299-302. 132 Vi sono nomi Ievitici fra gli antenati di Gesù (Luca 3, 23-38), p. es., Eli, Mattatia, Levi, anche Sadoc in Mt l , 14. Vedi sopra, nota 86. Men tre Ippolito cd Efrem conoscevano tradizioni che at­ tribuivano origini parzialmente levitiche a Gesù (attraverso Ma­ ria), Agostino, Contra Faustum Manichaeum 33, 9, nega che Maria fosse figlia di un sacerdote. Molto più comune è la tesi che Maria fosse di origine davidica (forse già Ignazio, Eph. 18.2) , basata a volte sulla lettura della frase della casa di Da v id • i n l , 27 come riferi ta alla vergine piuttosto che a Giuseppe. Vedi J. Fischer, • Die davidischc Abkunft der Mutter Jesu: Biblischpatristische Untcr­ suchung >, Weidenauerstudien 4 (1911), pp. 1-115. •

174

purificazione i due genitori sono presentati come obbe­ dienti alla legge. In 2, 4 1 ci verrà detto che essi salivano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa della Pasqua. Abbiamo già visto (p. 1 6 1 ) che Luca ci presenta Maria come rappresentante dei pii di Israele, e le due scene al Tempio alla fine del racconto dell'infanzia corroborano tale immagine.

b) Le parole di Simeone a Maria (2, 34-35) Luca mette in bocca a Simeone due benedizioni quando incontra il piccolo Gesù durante la cerimonia di presen­ tazione al Tempio: la prima, il Nunc Dimittis, è una benedizione rivolta a Dio (2, 28); la seconda è una benedi­ zione ind irizzata ai genitori e rivolta a Maria (2, 34). Una traduzione letterale di questa seconda profezia è utile alla nostra discussione: 34c Egli [il bambino] è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele 34d segno di contraddizione 3Sa e a te una spada trafiggerà l'anima 3Sb perché siano svelati i pensieri [dialogismoi] di molti cuori. « poetica • di questi versi è più irregolare di quella del Magnifica!, del Benedictus o del Nunc Dimittis. Inoltre, tali cantici lucani tendono a presentare la liberazione o la salvezza di Dio come un qualcosa di già attuato; questa profezia parla invece più specificamente del futuro del bambino e di sua madre. Tali differenze hanno portato alcuni studiosi ad attribuire 2, 34-35, completamente o i n parte, a una fonte pre-lucana 1lJ o a una precedente fase della composizione lucana (anteriore all'inserimento del Nunc Dimittis) 134• È un peccato che non sia possibile definire con certezza tale questione, dal momento che le nostre conoscenze in merito all'antichità dello sviluppo d i

La

llJ Sahlin, Messias, pp. 272-76, at tribuisce 2, 34-35 a Proto-Luca. Rai­ sanen, Mutter, p . 129, però, indica Bartsch, Dibelius, Grundmann, Hirsch e Kraeling come sostenitori della tesi che Luca abbia ag­ giunto l'oracolo poetico (34cd-35ab) a un materiale pre-lucano, e Krafft considera 2, 34-35 come lucani. 134 Vedi Brown, Birth, pp. 454-56 (tr. it., pp. 617-20).: • Il problema dci due oracoli >>, 175

interesse per Maria da parte del primo cristianesimo sarebbero certamente maggiori se il v. 35 fosse pre-lu· cano. Anche se ci limitiamo a indagare solo il livello delle in­ tenzioni di Luca, non è comWJque chiaro se 35a, dove Maria viene interpellata con la seconda persona singolare, sia parentetico, così che 35b vada Ietto come continuazio­ ne di 34cd. Ad ogni modo, il contesto immediato di 35a riguarda i negativi risultati del giudizio occasionato da Gesù: egli è qui principalmente per la rovina di molti in Israele; è segno di contraddizione; lui o Maria causeran­ no il rivelarsi dei pensieri ostili di molti, se dialogismos di 35b ha la sua solita connotazione peggiorativa m. Come si inserisce in questo contesto la spada che attraversa l'anima di Maria? Il linguaggio simbolico di una spada che passa attraverso ricorre in Ez 14, 1 7 : « Se dicessi: Spada, percorri quel paese, e sterminassi uomini e be­ stie >>. Tale espressione compare negli Oracoli Sibillini (3, 3 1 6) come descrizione dell'invasione dell'Egitto da par­ te di Antioco IV Epifane (ca. 170 a.C.): u Perché una spada ti passerà da parte a parte >> 136• Luca potrebbe quindi pensare a una spada del discernimento o del giu­ dizio, che separa il buono dal cattivo (« la rovina e la risurrezione >> di 34c), e alla quale anche Maria dovrà essere sottoposta, così da rivelare se i suoi pensieri siano quelli di un credente o invece i pensieri ostili (dialogi­ smoi) di quanti parlano contro il segno offerto con Gesù? Ma in tal caso, potremmo domandarci, dov'è l'adempi­ mento in cui una spada del genere attraversa l'anima di Maria? un

ll 5 Crecd, Knabenbauer, Lagrange, Plummer e Zahn sono fra quelli che intendono " i pensieri » di 35 come pensieri sia buoni che ca t· ti vi, in linea con « rovina e risurrezione » di 34c. Tuttavia, la se­ quenza potrebbe accentuare il tono più negativo di 34d ( • segno di contraddizione •), perché tutti gli altri tredici casi dell'uso di dialo· gismos nel NT sono peggiorativi, implicando ostilità, dubbio e va­ nità. Gli altri cinque casi in Luca (5, 22 ; 6, 8 ; 9, 46-47 ; 24, 38) si rife· riscono a pensieri ostili a Gesù o che lo mettono in discussione. G. Schrenk, TDNT, II, p. 97, ritiene che 2, 35 si riferisca a • i cat­ tivi pensieri » che saranno svelati possono essere consi­ derate come una ripresa del motivo di Eva con un più lieto fine 21• Senza dubbio, molti Padri della Chiesa hanno collegato Ma­ ria col motivo della Nuova Eva 22, ma questa non è forse una applicazione simbolica posteriore, piuttosto che una interpretazione delle intenzioni proprie di Giovanni? Per­ ché, molti si sono domandati, « Donna » sarebbe simboli­ camente più importante in Giovanni quando rivolto alla madre di Gesù che quando rivolto alla samaritana o a Maria Maddalena? Si può rispondere che le due scene in

20 Le opere di F.·M. Braun e di Feuillet sono (da prospettive al­

quanto diverse) la più completa disamina di questo simbolismo. Per un sommario vedi Brown, Gospel, l, pp. 107·9 ; II, 925-26 (tr. i t., pp. 13942.1151·52) ; McHugh, Mother, 373-87. 21 Ovviamente, ciò implicherebbe una interpretazione cristiana di Gn 3, 15; ma per lo più coloro che sostengono questa teoria non pensano che l'autore di Gn 3, 15 prevedesse Cristo o Maria. Inol· tre, il possibile riferimento giovanneo a Gn 3, 15 non coinvolge i n alcun modo l a traduzione (erronea) della Vulgata, dove la donna schiaccia il capo del serpente. Vedi p. 4 1 , nota 27. 22 Per riferimenti, vedi H. de Lubac, The Splendour of the Church (New York, Sheed and Ward, 1956). cap. IX. Anche nel presente vo­ lume pp. 278 ; 303. 211

cui la madre di Gesù appare sono collocate nel Vangelo in modo più strategico, una all'inizio e una al termine della vita pubblica di Gesù, cosicché l'attenzione del let­ tore si concentri sul loro simbolismo. Inoltre, il Vangelo

è cominciato con le parole iniziali del Libro della Genesi (« In principio »), e molti percepiscono ulteriori echi di Genesi nel Prologo e nel conteggio di (sette) giorni i n 1 , 29 e 2, l 23• S i è sostenuto quindi che i l lettore sarebbe psicologicamente preparato a riconoscere u n motivo di Eva in 2, 1-1 1 . La maggior parte dei membri del nostro gruppo di lavoro non era incline ad accettare un simbo­ lismo di Eva al livello dell'intenzione dell'evangelista; ma il fatto che alcuni studiosi accettino questo simbolismo, compreso almeno uno dei nostri membri, rivela la difficoltà di porre limiti al simbolismo in un Vangelo che tende al simbolismo e ai segni.

c)

«

Che ho da fare

con te?

»

(2, 4)

Il semitismo • Che c'e tra me e te? » ha almeno due sfumature di significato nell'AT ebraico: l) Quando una parte sta ingiustamente molestando un'altra, la parte offesa può usare questa frase, nel senso di " Che cosa ti ho fatto perché tu mi faccia questo? ». Esempi sono Gdc l i , 1 2 ; 2 Cr 35, 2 1 ; l Re 17, 18. 2) Quando a qualcuno si chiede di lasciarsi coinvolgere in qualcosa che egli sente non essere affar suo, egli può usare questa frase, nel senso di « Questo è affar tuo; che c'entro io? ». Esempi sono 2 Re 3, 13; Os 14, 8. Sebbene, anche nell'antichità, qualcuno abbia visto un rimprovero a Maria nella linea del significato 1), i più hanno Ietto il passo nella linea del significato 2) e hanno parlato di una dissociazione di Gesù da Maria. Quindi, almeno quello che Maria chiede, o l'aspetto sotto cui ella parla a Gesù, non rientra nella

23 Vedi esempi in Brown, Gospel, l, pp. 26-27 ; IO� (tr. i t., pp. 37-38 ;

137-38) . Motivi di Genesi sono stati trovati anche nel contesto della seconda scena mariana di Giovanni, p. es., una seconda serie di sette giorni alla fine del Vangelo (20, 26). Fcuillet, • L'heurc •, so­ stiene che 16, 21, « Per la gioia che è venuto al mOndo un uomo », riechcggia Gn 4, l, dove, dopo aver partorito, Eva esclama: a Ho acquistato un uomo dal Signore », rovesciando con la sua gioia il dolore di 3,16, proprio come la gioia sostituisce i l dolore in Gv 16, 19-22.

212

comp rensione che Gesù ha dell'opera che il Padre suo gli ha dato da compiere.

d) « La mia

ora non è

ancora venuta

»

(2, 4)

II greco oupo hekei h e hora mou può essere letto anche come una domanda: • Non è ancora venuta la mia ora? ». Nel decidere se sia da preferire l'affermazione o la do­ manda, molto dipende da ciò che « la mia ora • significa. È forse l 'ora del ministero pubblico? In tal caso la doman­ da potrebbe essere preferibile. Nella prima domanda, • Che ho da fare con te? ''• Gesù ha dissociato l'i nteresse di sua madre dal suo proprio. Domandando • Non è an· cara venuta la mia ora? », Gesù intende offrire un motivo per la dissociazione, e cioè, egli ha ormai cominciato il suo ministero raccogliendo dei discepoli ed è uscito da una situazione in cui gli interessi di famiglia possono guidare la sua vita 24• La grande difficoltà in questa in­ terpretazione è che in diverse occasioni durante il mini­ stero (7, 30; 8, 20) Giovanni dice senza ambiguità che l'ora di Gesù non è ancora venuta. Solo quando la passione e la morte si avvicinano, sentiamo dire che l'ora di Gesù è venuta, e cioè, l'ora in cui Gesù sarebbe stato glo­ rificato (12, 23). Se si prende « ora » in questo senso di ora della glorificazione ultima, allora è meglio leggere 2, 4 come una dichiarazione: • La mia ora non è ancora venu· ta •: Comunque, una simile dichiarazione, se applicata al· la dissociazione di Gesù da sua madre, potrebbe significa­ re che quando l'ora della glorificazione sarà venu la, sua madre avrà un ruolo. Allora egli non le dirà più • Che ho da fare con te, o donna? • · Perciò, molti vogliono inter­ pretare 2, 4 come una preparazione alla ricomparsa della madre di Gesù ai piedi della croce, quando Gesù dirà: • Donria, ecco il tuo figlio » . Sia come sia, la tesi che l'• ora • di Gesù è l'ora del suo passaggio da questo mon­ do al Padre (13, l ) significa che la dissociazione di Gesù dalla sua madre terrena ha qualcosa a che fare con gli scopi del suo Padre celeste; e quindi in Gv 2, 3-4 siamo 24 A. Vanhoye, Bib 55 ( 1974), pp. 157�7. sostiene con forza la tradu­ zione in forma di domanda, e sostiene che il rapporto a livello fa­ miliare che era esistito fino a quel momento tra Gesù e sua madre cede ora il posto all'ora in cui bisogna dare il primato alla chiamata del Padre. ·

213

molto vicini alla tradizione sinottica, i n cui Gesù con­ trapponeva le pretese di una famiglia terrena alla volontà di Dio (Mc 3 , 31-35 e par.). Anzi, c'è un parallelo partico­ larmente stretto con la reazione di Gesù a sua madre nel racconto di Le 2, 41-52. lvi, quando sua madre gli mette dinanzi una esigenza familiare ( « Perché ci hai fatto cosi? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo »), Gesù risponde: « Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre m io ? » 25• Se si in­ terpreta 2, 4 in tutto o in parte come una aggiunta gio­ vannea a un raccon to pre-evangelico di miracolo, allora l'evangelista ha inserito un tema del primato di Dio sulla famiglia naturale che rende il racconto conforme a u n tema generale del Vangelo. Questo racconto può ora ser­ vire da veicolo per una cristologia che vede Gesù come ben più che un taumaturgo. e)

La madre dice ai servi: Fate quello che vi dirà " (2, 5)

«

Questo passo e i successivi sono i pm difficili per la logica della narrazione giovannea. Dopo che Gesù ha rimproverato sua madre, perché ella va avanti nel suo progetto che egli provveda al bisogno di vino? 26 (Il fatto stesso che ella lo faccia indica che si aspettava che Gesù facesse qualche cosa quando aveva riferito, in 2 , 3 : c Non hanno più vino » . ) E perché Gesù le concede ciò che ha chiesto, mentre le ha detto che questa sua preoccupazio­ ne non Io riguarda? Una in tera gamma di interpretazioni del ruolo di Maria è stata proposta per spiegare questa incoerenza n_ !S Il parallelo è ancora più stretto se seguiamo la

traduzione in form a di domanda, perché allora Luca e Giovanni fanno rispon­ dere Gesù a sua madre con due domande consecutive, la seconda delle quali pone l'accento sulla sfera di interesse del Padre suo. Abbiamo visto sopra che il racconto giovanneo di Cana e il rac­ conto lucano del fanciullo nel Tempio possono essere due esempi canonici di racconti pre-ministeriali che coinvolgono Gesù en fa­

mille. 26 Invero, ella lo fa con una fraseologia che richiama Gn 41, 55,

dove il faraone dice agli egiziani: • Andate da Giuseppe ; fate quel­ Io che vi dirà �: una frase pronunciata con la sicurezza che Giu­ seppe poteva fare qualche cosa per rimediare alla mancanza di cibo. TI Se si postula una forma pre-giovannea del racconto senza una

214

una delle estremità della gamma c'è una esegesi un tempo popolare fra i cattolici romani (ma difficilmente sostenuta da uno studioso oggi), che cioè il racconto sia un esempio del potere di intercessione di Maria: il primo miracolo compiuto da Gesù fu per volere di sua madre, e ciò ha lo scopo di insegnarci a pregare Gesù attraverso Maria. All'altro estremo, si è sostenuto che con l'insistere nella sua richiesta dopo il rifiuto di Gesù, Maria dimostrò che in realtà non credeva in Gesù 28• Per lo più i commen­ tatori cercano di assumere una posizione in qualche mo­ do intermedia tra questi estremi. C'è un buon esempio sinottico di insistenza da parte di una donna di fronte a un apparente rifiuto di Gesù, un esempio in cui la fede della donna fu lodata invece che biasimata (M t 15, 21-28). Inoltre, anche il secondo miracolo a Cana, in Gv 4, 46-54, che ha molti paralleli col primo miracolo, include un rim­ provero del postulante e una insistenza che porta alla con­ cessione del favore richiesto. Non dobbiamo quindi esage­ rare il lato negativo del ritratto della madre di Gesù in 2, 3-5. Il fatto stesso che Gesù infine fornisce il vino richiesto rende virtualmente impossibile sostenere che la scena con­ tenga un'aspra polemica contro sua madre. Piuttosto, ella rientra nella categoria generale di quelli che, a dispetto delle loro buone intenzioni, fraintendono Gesù (p. es., Nicodemo nel cap. 3 e la samaritana nel cap. 4). Il fatto che la sua incomprensione provochi una azione miracolo­ sa non è sorprendente, poiché i miracoli in Giovanni hanno una funzione ambivalente 29• A volte la richiesta di un miracolo rivela una mancanza ostile di fede (2, 18); altre volte, l'entusiasmo per i miracoli rappresenta una fede in cui Gesù non ha fiducia (2, 23-24); e altre volte ancora la richiesta di un miracolo mostra a un tempo fiducia ingenua e mancanza di comprensione, ma porta i n ultima analisi a una solida fede (4, 47.48 .53 ; 20, 30-3 1). Il fatto che la madre di Gesù rimanga con lui dopo che egli ha cambiato l'acqua in vino (2, 12) e da ultimo compaia ai A

parte del dialogo in 2, 3-4, l'incoerenza è stata introdotta dall'ag­ giunta dell'evangelista. 23 Rissi, '" Hochzcit }}, p. 88: le parole finali di Mnria mostrano in· comprensione: • Chi non comprende, non crede (7, 5) ; quindi Ma· ria è la rappresen lante dell'incredulità ». 29 Vedi l'esame delle reazioni ai segni in Brown, Gospel, I, pp. 530-31 (tr. it., pp. 1479-80). 215

piedi della croce (19, 25-27) rende probabile che proprio l'ultima categoria nominata sia quella che meglio si adatti a lei nella gamma giovannea 30• Ma, fino a quando appare ai piedi della croce, ella non è ancora un modello per i credenti e in realtà viene tenuta distinta dai discepoli che a Cana videro la sua gloria e credettero in lui {2, I l : si noti la continuazione della distinzione tra la madre e i discepoli in 2, 12).

3. la discesa a Cafarnao (2, 1 2) L'ultima apparizione della madre di Gesù nel ministero pubblico prima della passione è nel versetto che segue il racconto di Cana c che serve di transizione all'episodio successivo che ha luogo in Gerusalemme: 12Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono là solo pochi giorni •«

Riguardo a questo versetto vi sono difficoltà testuali · che possono riflettere problemi sulla sua origine e sulla sua interpretazione. Molti dei manoscritti più tardivi hanno la lezione > venuti da Nazaret a prenderlo (3, 2 1 ) , solo per trovare che egli è circondato di discepoli ai quali dà la precedenza (3, 3 1-35). Si potrebbe mettere insieme Marco e Giovanni e postulare una primitiva tra­ dizione che all'inizio del ministero di Gesù la sua separa­ zione dalla famiglia fosse un'azione deliberata da parte sua, che essi venissero a Cafarnao a cercare di riprender­ lo, ma riconoscessero alla fine che la sua vocazione lo aveva separato da loro, e che quindi essi rimanessero a Nazaret mentre egli attraversava la Galilea e la Giudea. 4. I l fig l i o di Giuseppe (6, 42) Nel mezzo del discorso del pane-di-vita, • i giudei » mor­ morarono increduli alle parole di Gesù, è la sua designazione normale di Gesù (anche l, 45). Nel cercare di usare quella designazione come base per una obiezione giudaica alle origini celesti di Gesù, l'evangelista può aver ritenuto del tutto naturale menzio­ nare sia il padre che la madre, senza nemmeno doman­ darsi se Giuseppe fosse ancora vivo durante il ministero di Gesù o addirittura se la domanda fosse formulata in modo da suscitare quel dubbio nel lettore 34• Ancora una volta dunque dobbiamo essere cauti nello sviluppare conclusioni mariane da passi che non hanno al centro del loro interesse Maria o la sua situazione familiare.

l4 La scena, dopotutto, non è la stessa che in Mc 6, l-6a, dove Gesù

è a Nazaret e la gente parla dei suoi parenti che noi ».

220



stanno qui da

S.

Gli increduli fratelli d i Gesù [7, 1-10)

La moltiplicazione dei pani e il discorso sul pane di vita (cap. 6) ebbero luogo in Galilea. Il capitolo successivo comincia con la possibilità che Gesù lasci la Galilea per l a Giudea: • 1D opo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; in­ fa tt i non voleva p iù andare per la Giudea. perché i giudei cerc avano di ucciderlo. 2Si avvi cinav a intanto la festa dci giudei d et ta delle Capa nne ; 3 i suoi f ratell i gli dissero: "Parti di qui e va nella Giudea perché anche i tuoi disce po l i vedano le opere che tu fai 'Nessuno infatti agisce di nas costo se vuole veni re riconosciuto pubblicamente. Se fai t a l i cose. manifestati al monùo !". (5Ncppure i suoi fra­ telli i nfat t i credevano in lui). "Gesù allora disse loro : "Il m io tempo non è ancora venut o, il vostro invece è sempre pronto. 'II mondo non può odiare voi, ma od ia me, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive. 8Andate voi a questa festa ; io non ci vado pe rché il mio tem po non è anco ra compiuto". 9Dette loro queste cose, restò nella Ga­ lilea '0Ma andat i i su oi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nasco sto •. ­

.

,

.

Nell'ultima parte del capitolo precedente si manifestava­ no reazioni differen ti verso Gesù: « i giudei » non· crede­ vano in lui (6, 4 1 .52 ); molti dei suoi discepoli defmirono il suo discorso sul pane di vita come un parlare duro e si tirarono indietro, non accompagnandolo più (6, 60-66); parlando per i Dodici, Simon Pietro rifiutò di abbandona­ re il suo Signore, perché riconosceva che Gesù. aveva parole di vita eterna (6, 67-69) ; ma fra gli stessi Dodici Giuda era un diavolo che stava per tradire Gesù (6, 70-7 1 ) . Questa serie di reazioni continua col riferimento ai fratel­ li non credenti di Gesù. In 2, 12 la madre e i fratelli di Gesù erano stati menziona­ ti insieme e tuttavia tenuti distinti dai discepoli di Gesù. Chiaramente, anche qui i fratelli non sono discepoli; i n realtà, nel v . 3 essi sembrano riferirsi ai discepoli d i Gesù come a un altro gruppo. Vi sono precisi paralleli con la scena di Cana che coinvolge la madre. In 2, 3.5 Maria implicitamente si aspettava che Gesù sopperisse al biso­ gno di vino, presumibilrnente con un miracolo; in 7, 3-4 i fratelli chiedono a Gesù di compiere opere miracolose 35• l5 Poiché questa scena segue quella della moltiplicazione dei pani,

221

Gesù rispose a sua madre facendo · notare che la sua ora non era ancora venuta (2, 4); risponde ai suoi fratelli ripetendo due volte che il suo tempo non è ancora venuto (7, 6.8). Sebbene Gesù apparentemente opponga un rifiuto sia alla madre che ai fratelli, da ultimo egli fa ciò che ciascuno ha richiesto: trasforma l'acqua in vino; va in Giudea. Proprio a causa di questo parallelismo, Rissi si è richiamato a 7, 5: « Neppure i suoi fratelli infatti crede­ vano in lui », come a un giudizio che anche Maria a Cana fosse un esempio di incredulità 36• Però, nessun giudizio del genere fu pronunciato dall'evangelista su Maria a Ca­ na come è esplicitamente pronunciato qui sui fratelli: ella non fu dichiarata non credente né associata con • il mondo • (7, 4.7). E quindi si può sostenere esattamente l'opposto di Rissi: dopo 2, 12, rispettivamente una volta ciascuno, i fratelli e la madre sono riportati sulla scena; i fratelli sono specificamente dichiarati non credenti; la madre è favorevolmente associata col discepolo prediletto e introdotta nella famiglia di fede di Gesù (19, 25-27) 37• La durezza del giudizio di Giovanni sui fratelli risulta accresciuta quando ci rendiamo conto che questa è l'ul­ tima menzione di loro negli scritti giovannei. In Atti l , 14 Luca descrive i fratelli come parte della comunità di fede prima della Pentecoste; e Atti, Paolo e le lettere di Gia­ como e di Giuda 38 mostrano che uno dei fratelli, Giaco­ mo, aveva raggiunto una posizione di rilievo nella comu­ nità cristiana. Anzi, Giacomo era morto come martire a Gerusalemme 39• Ma non c'è nessuna simile nota redentri·poco si può dubitare che siano opere miracolose quelle che i fra­ telli di Gesù gli chiedono di fare in Giudea sicché i suoi discepoli possano vederlc. itaires, 1957), pp. JJ().JJ. 25 Tuttavia l'idea di una Chiesa spirituale • creata prima del sole e della luna • si trova in 2 Clem 14, l . Vedi K. P. Donfricd, The Setting of Second Clemem in Early Christianity (NovTSup 38 ; Leiden, Brill, 1974), pp. 1 60-66. 256

genza della salvezza rhessianica. E neppure il rapimento del bambino verso Dio e il suo trono viene riscritto in modo da riferirsi precisamente alla risurrezione o all 'a­ scensione di Cristo; esso descrive invece in modo genera­ le la protezione del Messia e promette che da ultimo Dio non lascerà il male trionfare sul suo popolo. Probabilmente, dobbiamo intendere quello che segue nel­ la scena seconda come una riforrnulazione cristiana delle immagini giudaiche. Come si è già notato, ci saremmo aspettati che il Messia immediatamente distruggesse il drago. Ma nell'esperienza cristiana, sebbene il Messia sia venuto, la sua vittoria non è evidente a tutti, e c'è un'a­ spettativa futura di una vi ttoria definitiva. Perciò l'autore per prima cosa assicura il lettore che, come conseguenza della nascita del Messia, il drago è già stato sconfitto in cielo. La caduta di Satana, che nel pensiero ebraico era associata ai tempi primordiali, è poi associata col rapi­ mento del Messia verso Dio e il suo trono. Vediamo tracce di ciò nel quarto Vangelo, dove il Gesù giovanneo vede ·l'ora della propria glorificazione come il tempo del­ l'espulsione del principe di questo mondo (Gv 12, 27-31) 26• Ma questa vittoria in ciclo non distrugge il drago; porta invece a una continua lotta sulla terra: una intuizione derivata dall'esperienza cristiana di un continuo combat­ timento con le forze sataniche ( E f 6, 12; 2 Ts 2, 9 ). La continua lotta significa che la Chiesa, che è costituita da coloro che osservano i comandamenti di Dio e rendono testimonianza a Gesù (Ap 12, 17), deve attraversare l'espe­ rienza del deserto di Israele neii'AT. L'idea che la donna rappresenti sia Israele che la Chiesa è meno sconcertante se ci rendiamo conto che nel pensiero dell'autore la Chie­ sa rivive aspetti dell'i tinerario di Israele. In realtà, l'espe­ rienza dell'ostilità della Chiesa nei confron ti dell'adora­ zione dell'imperatore romano (che l'autore descriverà nel capitolo seguente) ci ricorda la lotta di Israele con l'im­ peratore seleucide Antioco IV Epifane che cercava di in­ trodurre un falso culto, donde l'allusione al > (stadio primo della nostra ricerca nei Vangeli) 2• La maggior parte del nostro dibattito, quindi, si è concentrata sugli stadi successivi del pensiero cristiano intorno a Maria, cioè, sulle tradi­ zioni che precedettero la stesura dei Vangeli (stadio se­ condo), e sui Vangeli definitivi (stadio terzo) e sulle altre opere del NT. Abbiamo quindi dovuto ammettere fin dall'inizio che eravamo più certi della teologia che della storia. Naturalmente, la teologia degli scrittori del NT è di per sé una parte di storia, e precisamente la storia in evoluzione della Chiesa. Questa storia ha incluso un inte­ resse dottrinale sempre maggiore per la mariologia (il ruolo di Maria nel piano della salvezza) e una sempre più diffusa devozione per la Madre del Signore. t:. tempo ormai di ricercare alcuni temi mariani nel loro sviluppo post-biblico e di rintracciare l'emergere di nuove linee di dibattito che si coagularono in un imponente corpo di pensiero e di dottrina mariana patristica. In questo libro noi limitiamo la nostra indagine post-bi­ blica al secondo secolo; l 'inclusione di ulteriori sviluppi l

Il dibattito per questo capitolo è stato condotto da E. Pagcls c K. Froehlich. Il secondo ha composto la prima bozza. Mezza ses­ sione del gruppo di lavoro (nov. 1976) fu dedicata alle testimoninn­ ze mariane del secondo secolo, come pure parte della sessione ple­ naria dell'aprile 1978. 2 Vedi pp. 19 s. 263

sarebbe andata oltre Io scopo del libro e la competenza di questo particolare gruppo di lavoro. La letteratura del secondo secolo è un importante legame tra il canone emergente del NT e la più ampia situazione di vita della Chiesa dei Padri. Certo, in questo periodo non troviamo un sistema completamente sviluppato di riflessione teolo­ gica su Maria; ella appare solo al margine del più centra­ le dibattito cristologico, e un interesse indipendente per la sua persona e il suo ruolo non può essere documentato prima dell'ul tima parte del secolo (e anche allora, più in opere di pietà popolare). Ciò nondimeno, i principali temi mariani cominciarono a prendere forma e importanza du­ rante questo secolo. La ricerca che stiamo per intraprendere deve affrontare due difficoltà principali riguardo al materiale disponibile. Primo, gran parte della letteratura cristiana extracanoni­ ca del secondo secolo è conservata solo in forma fram­ mentaria. Non possediamo il testo di molte opere che sappiamo essere state scritte in questo secolo; e anche i testi esistenti sono spesso incompleti, incerti nella loro esatta formulazione, o conservati solo in traduzioni po­ steriori 3• Ovviamente, nel ricostruire linee mariane di svi­ luppo in questo periodo, dobbiamo essere consapevoli dei reali limiti imposti dal materiale delle fonti. Secondo, anche nella letteratura disponibile, i riferimenti mariani sono estremamente rari prima del 1 50 d.C., c spesso sono difficili da interpretare nelle opere scritte tra il 150 e il 200 d.C. Comprensibilmente, i mariologi hanno esaminato ogni frammento di documento nella speranza di trovare le più antiche tracce di posizioni dottrinali che fanno parte del patrimonio teologico e devozionale della loro Chiesa. I n quanto gruppo di studiosi biblici e storici pro­ venienti da diversi rctroterra, noi abbiamo inteso il no­ stro compito in maniera diversa. Invece di discutere ogni possibile allusione a temi mariani posteriori, noi esami­ neremo i testi più importanti iden tificati dagli studiosi moderni 4• Poi cercheremo di interpretarli nel loro conte3 La raccol ta di Nag Hammadi, largamente gnostica, contiene molti testi comple ti ; ma essi sono conservati in lingua copta invece che

nel loro greco originale. 4 La maggior parte dci testi importanti sono comodamente disponi­ bili nelle due recenti raccolte mariane curate da D. Casagrande e

264

sto storico, prestando attenzione alle linee di sviluppo mariano nella misura in cui esse possono essere rico­ struite per questo periodo: particolarmente, la continua­ zione di linee scoperte nei precedenti capitoli di questo studio.

A. Esame dei testi I testi mariani nel secondo secolo provengono da due gruppi principali di scritti: gli apocrifi (vangeli, epistole, apocalissi) e gli scritti patristici.

1.

Apocrifi neo-testamentari

La maggior parte di questi apocrifi 5 appaiono sotto il

nome di una autorità apostolica o come imitazioni ano­ nime di scritti dell'età apostolica. Ad essi non fu accorda­ ta autorità canonica, e molti furono riconosciuti e rifiuta­ ti come prodotti di gruppi eretici. Ma altri furono usa ti per secoli come se fossero stati scritti durante i primi giorni della Chiesa e hanno esercitato una straordinaria influenza sulla dottrina e sulla pietà popolare. Come ve­ dremo, c'è una possibilità che alcuni conservino una tra­ dizione indipendente dai Vangeli canonici 6 e possano es­ sere di aiuto nella nostra ricerca dei più antichi livelli della tradizione. Però in molti casi la loro effettiva com­ posizione va assegnata a un periodo molto posteriore al secondo secolo. Così, una quantità di Vangeli o Atti apo­ crifi con importante materiale mariano, quali il Vangelo dello Pseudo-Matteo 7, il Vangelo dell'Infanzia di TommaS. Alvarez Campos. Una buona selezione, conforme alle migliori edizioni criliche, si può trovare in Dclius, Texte. 5 Vi sono eccellenti raccolte inglesi curate da Hennecke-Schneemel­ cher (HSNTA) e da James (JANT). Per la lingua italiana rimandia­ mo alle due opere seguenti: M. Erbetta (a c. di), Gli Apocrifi del Nuovo Testamento, 3 voli., 4 t., Marietti, 1966-1981 c L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, 2 voli., coli. • Classici delle reli­ gioni », Utct, 1971. 6 L'opinione degli studiosi varia ampiamente su molti antichi apo-­ crifi ; dissensi importanti sono riportati nelle note a pié di pagina. 7 HSNTA, I, pp. 410-13 (estratti) ; JANT. pp. 7'J-79 ; Erbetta, l/2, pp. 44-70; Moraldi, I, pp. 195-239. J. Gijsel, il curatore della nuova edi-

so 8 e gli Atti di Pilato (Memorie o Vangelo di Nicode­ mo) 9 non rientrano nella competenza del nostro studio_ Vangeli precedentemente conosciuti. Fra i vangeli apocrifi di tipo sinottico 10, si è ritenuto che i vangeli cristia­ no-giudaici riflettano tradizioni probabilmente antiche, indipendenti. Essi esistono sotto una quantità di designa­ zioni: Vangelo secondo gli ebrei, Vangelo degli ebioniti,

Vangelo dei nazarei, Vangelo ebraico secondo Matteo "· Vangelo dei Dodici (Apostoli) 12• Non è chiaro quanti scritti effettivi queste designazioni ricoprano, ma i se­ guenti quattro frammenti sono importanti per la nostra indagine. Uno parla del ruolo di Maria nella venuta di Cristo in termini di un mito cosmico 13: Quando Cristo desiderò di venire sulla terra verso gli il P adre buono convocò una grande potenza ce­ leste, di nome Michele, e affidò C rist o alla sua protezione. E la potenza venne nel mondo, e fu chiamata Ma ria ; e •

uom i ni ,

Cristo stette nel suo grembo per sette mesi •.

Probabilmente dallo stesso vangelo proviene un detto in cui Gesù designa lo Spirito Santo come sua madre 14: " Anche questo fece mia madre, lo Spirito Santo, mi prese per uno dei miei capelli e mi portò via fin sulla g rande montagna del Tabor •. zione critica (vedi RSPT 60 [1976], p. 318), data la compilazione a ca. 550 d.C. l HSNTA, l, pp. 388-99 ; JANT, pp. 49-65 ; Erbetta, 1/2, pp. 78-101 ; Moraldi, I, pp. 247-79. Gero, • Infancy », conclude che la forma pre­ sente non è anteriore al quinto secolo, sebbene singole parti pos ­ sano essere state scritte prima. 9 HSNTA, l, pp. 444-84: JANT, pp. 94-146; Erbetta, l/2, pp. 231-87 ; Moraldi, I , 519-653. Esiste una possibilità che una fonna primitiva di questo scritto fosse accessibile a Giustino. Comunque. la com­

posizione anche delle parti più antiche del testo attuale è generai­ mentre attribuita al quinto secolo; vedi HSNTA, I , pp. 447-48. IO Per la distinzione che si fa qui, vedi HSNTA, I, pp. 80-84 ; Er­ betta, I/1, pp. 10-13: • Forme e tipi, origine degli apocrifi del NT •. Il HSNTA, l , pp. 118-65 ; Erbetta, l/1, pp. 1 1 1-36; Moraldi, l, pp. 355-86. " Erbetta, l/1, pp. 155-56; 1/2, pp. 320-34; Mora1di, I, pp. 387-419. Il Vangelo secondo gli ebrei 1 ; HSNTA, l, p. 163 ; JANT, p. 8 ; Er­ betta, l /1 , p. 127; Mora1di, I , p. 374. •• lbid., 3 ; HSNTA, l, p. 184; JANT, p . 2 ; Erbetta, l/1, p. 116; Mo-

A un'altro van gelo appartiene un dialogo, non riportato nei V angel i canonici, tra • La madre del Signore e i suoi frateli i » e Gesù ,; : « Ecco, l a madre del Signore e i suoi fratelli gli dissero: «Giovanni il Battista battezza per la remissione dci pec­ cati, andiamo e facciamoci battezzare da lui". Ma egli disse loro: "In che cosa ho io peccato per dover andare e farmi bat tezzare da lui? A meno che ciò che ho detto siano parole di ignoranza, �).

Un ultimo frammento fa da parallelo all'episodio sinotti­ co sulla vera fami gl ia di Gesù (Marco 3, 13-35 e par.), in una forma al qu an t o abbrev iata 16: « Inoltre essi negano che egli fosse un u omo, evidente­ mente sulla base delle parole che il Salvatore disse quando gli fu riportato: "Ecco, tua madre e i tuoi fratelli sono fuori", e precisamente: "Chi è mia madre c chi sono i miei fratelli?" Ed egli stese la mano verso i suoi discepoli e disse: "Questi sono i miei fratelli e mia madre e le mie sorelle, quelli che fanno la volontà del Padre mio" •.

Apocrifi di Nag Hammadi. Lo studio di antichi vangeli di tipo gnostico ha ricevuto nuovo impulso dallo spettacola­ re r i trova men to di una biblioteca gnostica copta nelle vicinanze di Nag Hammadi (vicino all'antica Chenobo­ skion) sul Nilo, attorno al 1945. Questo ritrovamento ha procurato testi origi nal i fino a quel momento sconosciuti o conosciuti solo per il titolo. Poiché molti di essi sono menzionati dai Padri della fine del secondo secolo e degli inizi del terzo, il ritrovamento ha un g rand e significato per la nostra conoscenza dell a letteratura gnostica prima del 200 d.C. 17 Due « vangeli • co n ten u ti nei tredici codici del ritrovamento di Nag Hammadi meritano speciale at­ tenzione. raldi, I, p. 734. Questa idea si trova nel Vangelo di Filippo, gnostico (vedi sotto , nota 18). ts Vangelo dei Nazarei 2 ; HSNTA, l, pp. 14647; JANT, p, 6 ; Erbet­ ta, 1 ( 1 , p. 126; Moraldi, I, p . 378. L6 Va ngelo secondo gli Ebrei, 5 ; HSNTA, l, p. 158; E rbe tta, 1/l, p. 136 ; Moraldi, l, p. 373. 17 U n buon orientamento è offerto da J. M. Robi nson, « The Coptic Gnostic Library Today », NTS 14 (1968), pp. 35640 1 . Una completa traduzione inglese di tutti gli scritti è disponibile in Robinson Nag Hammadi. ,

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Il Vangelo di Filippo, una raccolta di meditazioni gnosti­ che che sembrano risalire al secondo secolo, contiene fra altri riferimenti una insolita variante alle versioni mat­ tea na c lucana del concepimento virgi nale , che favorisce una in te rpre taz ion e simbolica delle persone umane dei vang e li . Mentre Maria c Giuseppe sono chiamati madre e padre di Gesù, la Ve rgine Madre è interpretata anche come una potenza celeste, cioè, lo Spirito Santo, e il Padre-nei-cieli, è interpretato come vero Padre di Gesù. Ci ti amo i passi di maggior rilievo 18: (55, 23) • Qualcuno ha detto: "Maria ha concepito dallo Spirito Santo". Essi sono in errore. Non sanno quello che dicono. Quando mai una donna ha concepito da una don· n a? 19 Maria è la vergine che nessuna potenza ha conta. minata. Ella è un grande anatema per gli ebrei, che sono gli apostoli e (gli) uomini apostolici. Questa vergine che nesstu1a potenza ha contaminata ( ...) le potenze contami· nano se stesse. E il Signore non avrebbe detto: "Mio (Pa­ dre che è nei) cieli", se non avesse avuto un altro padre, ma avrebbe detto semplicemente: "Mio Padre" ». (59, 6) • C'erano tre che andavano sempre col Signore: Ma­ ria sua madre e la sorella di lei e Maddalena. quella che era chiamata sua compagna. La sorella e sua madre e la sua compagna si chiamavano ciasctu1a Maria •. "li Padre" e "il Figlio" sono nomi singoli; "lo Spirito Santo" è un nome doppio. Essi infatti sono dappertutto: sono sopra, sono sotto; sono in ciò che è nascosto e in ciò che è rivelato. Lo Spirito Santo è in ciò che è rive­ lato : è sotto. l': in ciò che è nascosto: è sopra. I santi sono serviti da potenze malvage, perché queste sono accecate dallo Spirito Santo e indotte a pensare che stanno servendo un uomo (comune) ogni volta che fanno (qualche cosa) per i santi. Per questo un discepolo un giorno chiese al Signore qualcosa di questo mondo. Ed egli gli disse: "Chiedi a tua madre ed ella ti darà cose che sono di un altro" •· •

(71, 3 ) l': lecito enunciare un mistero? Il Padre di tutte le cose unito con la vergine che discese giù, e un fuoco ap-

18 Robinson, Nag Hammadi, pp. 134.135-36.143.144 ; R. MeL. Wilson, The Gospel of Philip (Harpcr & Row, New York, 1%2, pp. 3135. 47.49 ; Erbetta, 1/1, pp. 233.225-26.234235. 19 Lo scrittore si basa sul genere femminile di • Spirito • ( r/lab) in ebraico.

parso per lui in quel giorno ... (71, 16) Adamo venne al mondo da due vergini, dallo Spirito e dalla terra vergine. Cristo, dunque, nacque da una vergine per rettificare la ca­ duta che avv enne in principio •. (73, 8) • Fil ippo , l'apostolo, disse: "Giuseppe il falegname p iant ò un gi ardi no perché aveva bisogno di legna per il suo la�·oro. Fu lu i a fare la croce con gli alberi che aveva pi an­ tati. Il suo stesso figlio fu appeso a ciò che egli a veva pian­ tato . Suo figlio era Gesù, e la pianta fu la croce .. ." •.

Il Vangelo di Tommaso 2() è stato oggetto di molte contro­ versie. Menzionato già da Ippolito e da Origene agli inizi del terzo secolo, deve aver avuto origine non più tardi del secondo secolo. Questo vangelo consta di una serie d i detti di Gesù che sono citati senza un tessuto connettivo di narrazione e con solo minime annotazioni relative alla situazione. Nella sua attuale forma copta, la raccolta nel suo insieme ha chiari accenti gnostici, ma parecchi segni indicano una preistoria in una tradizione precedente pro­ babilmente di tipo sinottico 21• Gli studiosi sono ancora divisi sulla questione se questa tradizione fosse o no di­ pendente dai Vangeli canonici. Essa contiene, comunque, diversi testi interessanti per noi. Il logion 3 1 è una ver­ sione di Marco 6, 4 e par. 22 Il logion 79 combina Luca 1 1 , 27-28 e 23, 29. I logion 99. 101 e 105 rassomigliano in parte alle parole sinottiche sulla famiglia escatologica di Gesù, accennando, però, nonché al Padre, anche a una Madre vera o celeste 23: (99) • I discepoli gli dis se ro : "I tuoi fratelli e tua madre stanno fuori". Egli disse loro: "Questi qui che fanno la vo­ lontà del Padre mio, essi sono i miei fr atelli e mia madre; questi entrerarmo nel regno del Padre mio" •·

2ll A. Guillaumont e al., The Gospel according to Thomas (New York, l larper & Row, 1959). Vedi l'indagine di H. Quecke, • L'J!van· gite de Thomas. État de recherchcs •. in La venue du Messie (ed. E. Massaux ; RcchBib 6, Bruges, Descléc, 1962). pp. 217-4 1 . 21 Fra queste indicazioni s i possono mcnzion�rc le seguenti: i pa­ ralleli in tre papiri greci provenienti da Oxirinco ; la presenza di detti non-gnostici ; la ricorrenza di doppioni. Vedi H. Montefiore e H. E. W. Turner, Thomas and the Evangelists (London, SCM, 1962). 22 Vedi p. 72, nota 17. 23 GuiUaumont, Tlwmas, pp. 51·53 ; Robinson, Nag Hammadi, pp. 128-29 ; Erbetta, 1/1, pp. 280.81 ; Moraldi, l, 499-500. 269

[Gesù disse] : "Chi non od ia suo padre e sua madre faccio io non può diventare mio discepolo. E chi [ n on] ama suo padre e sua madre com e faccio io non può diven t a re mio discepolo, pe rc hé mia madre [mi diede la menzogna] ma [la mia] vera [madre] mi ha dato la vita" •.

(1 01)



come

(105) « Gesù disse: "Chi conosce il chiamato figlio di una prostituta"

padre e la madre sarà

•-

Protoevangelo di Giacomo. Mentre i racconti della nascita e dell'infanzia si sono moltiplicati in epoche posteriori, solo il cosiddetto Protoevangelo di Giacomo 24 ebbe origi­ ne nel secondo secolo. Scritto probabilmente come un ampliamento del racconto della nascita di Gesù, il libro fu, a quanto pare, il primo scritto cristiano a mostrare un interesse indipendente per la persona di Maria. In Occidente, il cosiddetto Decreto Gelasiano (ca. 500 d.C.), che lo elencava sotto il titolo Libro sulla nascita del Redentore e su Maria o la levatrice, lo valutava come un apocrifo che • la Chiesa romana cattolica e apostolica non accetta in alcun modo • 25. In Oriente, il libro rimase nell'uso generale, e i suoi racconti erano ben noti dapper­ tutto attraverso numerosi apocrifi secondari basati sul suo materiale. Una recente scoperta ci ha fornito un testo greco attendibile risalente al terzo o quarto secolo. Co­ munque, il libro era già conosciuto da Clemente di Ales­ sandria e da Origene e può aver influenzato Giustino martire 2b_ In questo caso, si può presumere una data di composizione non molto posteriore al 150 d.C. L'autore si atteggia come « Giacomo >>, presumibilmente Giacomo il fratello del Signore, e racconta in forma leg­ gendaria il retroterra e la storia della vita di Maria. Egli fornisce particolari sulla sua famiglia, la sua nascita, la 24 1/SNTA , I, pp. 370-88 ; lANT, pp. 38-49 ; Erbetta, 1/2, pp. 7-43 ; Mo­ raldi I, pp. 61-87. Il titolo nel più antico manoscritto è Nascita di Maria: Rivelazione di Giacomo. Il nome a Protocvangelo • risale a un editore del XVI secolo, G. Poste!. zs HSNTA, I, p. 47 26 Questa possibilità è ancora ammessa da Delius, Geschichte, p. 4. Per lo più, gli studiosi oggi presumono l'inverso, e cioè la dipen­ denza del Protoevangelo da Giustino, p. es., Cothenet, • Protévan­ gile "• p. 1382 ; dc Aldama, Maria, p . 97, nota 80. Van Stempvoort, • Protcvangelium », propone una data tra 180 e 204 d.C. Per le testi­ monianze di Clemente e di Origene, vedi de Strycker, La forme, pp. 412-13. .

:no

sua in fanzia nel Tempio, il suo fidanzamento con Giusep­ pe (che è descritto come un vedovo anziano con figli), l 'annunciazione, il dubbio di Giuseppe, la giustificazione di Maria dinanzi al sommo sacerdote, la nascita di Gesù in una grotta fuori di Betlemme, l'adorazione dei magi, e infine l'eccidio degli innocenti con la morte di Zaccaria, il padre di Giovanni il Battista. De Stryckcr, uno studioso gesuita belga che ne è il più recente curatore, giudica il Protoevangelo come un'opera di > di doceti come Marcione e Ape l le , i quali sostenevano che Gesù in questo logion avesse negato la sua nascita carnale. La loro logica era che il rifiuto di Gesù della " madre e dei fratelli ,, che stavano fuori, a favore di una famiglia di discepoli che era dentro, era una negazione che egli avesse una madre e dei fratelli umani e quindi che fosse di Cristo (59, 6). Se il Vangelo di Filippo è di origine valentiniana, essa sembra confermare quanto riferito da Origene, che • i valentiniarii >> ritengono Giuseppe il padre naturale di Ge­ sù. (Non risulta chiaro da Origene se questo gruppo aves­ se sentito parlare del concepimento virginale e, in questo caso, se essi argomentassero contro o lo interpretassero simbolicamente). Ireneo parlava di valcn liniani i quali sostenevano che Gesù