Manuale di diritto delle assicurazioni private
 8892103490, 9788892103498

Table of contents :
Copertina
Occhiello volume
Frontespizio
Dedica
Prefazione
Indice
Avvertenze
Introduzione. Concetti generali
Parte Prima - L'impresa e la distribuzione dei prodotti assicurativi
Cap. I - L'impresa di assicurazione
Cap. II - I controlli sull'impresa di assicurazione
Cap. III - La disciplina dell'impresa di assicurazione
Cap. IV - Le vicende dell'impresa di assicurazione
Cap. V - Le misure di salvaguardia, risanamento e liquidazione
Cap. VI - La distribuzione del prodotto assicurativo
Parte Seconda - Il contratto di assicurazione
Sezione Prima - La disciplina generale
Cap. I - La nozione giuridica di contratto di assicurazione
Cap. II - La causa del contratto di assicurazione: il rischio
Cap. III - La causa del contratto di assicurazione contro i danni: l'interesse
Cap. IV - La struttura del contratto di assicurazione
Cap. V - Le parti e le altre figure soggettive del contratto di assicurazione
Cap. VI - La formazione e la forma del contratto di assicurazione
Cap. VII - L'oggetto del contratto di assicurazione: le obbligazioni del contraente
Cap. VIII - L'oggetto del contratto di assicurazione: le obbligazioni dell'assicuratore
Cap. IX - Le vicende del contratto
Sezione Seconda - I singoli rami
Cap. X - Concetti generali
Cap. XI - L'assicurazione della responsabilita' civile
Cap. XII - L'assicurazione obbligatoria derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti
Cap. XIII - L'assicurazione del credito
Cap. XIV - Le assicurazioni contro i danni alla persona
Cap. XV - Le assicurazioni trasporti
Cap. XVI - La riassicurazione
Sezione Terza - L'assicurazione sulla vita e i prodotti di investimento assicurativo
Cap. XVII - L'assicurazione sulla vita e i prodotti di investimento assicurativo
Cap. XVIII - >Le forme pensionistiche complementari e la gestione assicurativa dei fondi pensione
Indice analitico

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MANUALE DI DIRITTO DELLE ASSICURAZIONI PRIVATE

LUIGI FARENGA

MAnuale di DIRITTO DELLE ASSICURAZIONI PRIVATE Sesta edizione

G. Giappichelli Editore

© Copyright 2019 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100

http://www.giappichelli.it ISBN/EAN 978-88-921-0349-8

ISBN/EAN9788892180833 (ebook)

Composizione: Carla Degiacomi - Torino Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org.

Dedica

V

a Berardino Libonati, ai miei Allievi e ai miei Studenti

VI

Dedica

Prefazione

VII

PREFAZIONE

L’entrata in vigore il 29 settembre 2018 del nuovo testo del TUF in attuazione della direttiva MIFID II (Market in Financial Instruments Directive) e, soprattutto, l’entrata in vigore il 1° ottobre 2018 del d.lgs. 21 maggio 2018 n. 68 di recepimento della direttiva comunitaria 2016/97/UE, e cioè della IDD (Insurance Distribution Directive) ha reso necessario un profondo riesame del manuale, soprattutto per quanto concerne l’attività di distribuzione dei prodotti assicurativi. Non sono poi mancate importanti rivisitazioni, anche in virtù della massiccia emanazione di regolamenti da parte del’IVASS, della disciplina relativa ai comportamenti delle imprese e dei distributori, specie per quanto concerne la pubblicità e l’offerta di prodotti assicurativi. Ancora una volta si è cercato di recepire tutti i cambiamenti cercando di esporre la disciplina nella maniera più sintetica e comprensibile. Operazione questa resa sempre più difficile dall’esasperato linguaggio tecnico e dalle modalità sempre più regolamentari di formulare le norme del Codice delle Assicurazioni, cui si aggiungono i Regolamenti IVASS sempre più ampi e dettagliati. Naturalmente, come di consueto, si è provveduto ad aggiornare il manuale ai regolamenti ad oggi promulgati. LUIGI FARENGA Roma, gennaio 2019

VIII

Prefazione

Indice

IX

INDICE pag.

Avvertenze

1

INTRODUZIONE

CONCETTI GENERALI § 1. L’operazione assicurativa. Caratteri generali: bisogno e rischio § 2. Il collegamento atto-attività. La gestione assicurativa dei rischi § 3. L’impresa di assicurazione e l’attività assicurativa. Il sistema dei controlli sul settore assicurativo (rinvio) § 4. Assicurazioni private e assicurazioni sociali. Le assicurazioni obbligatorie § 5. Assicurazione e risparmio. L’assicurazione nel sistema dei contratti aleatori. Critica § 6. (Segue) I prodotti di investimento assicurativo (rinvio) § 7. Le fonti del diritto delle assicurazioni private § 8. Profili storici. Il diritto delle assicurazioni come ordinamento settoriale

3 4 8 11 13 16 16 20

PARTE PRIMA

L’IMPRESA E LA DISTRIBUZIONE DEI PRODOTTI ASSICURATIVI

CAPITOLO I

L’IMPRESA DI ASSICURAZIONE § 1. L’impresa di assicurazione nel sistema del diritto dell’impresa. La «struttura» societaria dell’impresa di assicurazione § 2. Il sistema di governo societario dell’impresa di assicurazione. I controlli interni per la gestione dei rischi

25 25 32

X

Indice

pag. § 3. L’impresa di assicurazione e il fenomeno del gruppo. Le attività di controllo e gestione dei rischi del gruppo § 4. (Segue) L’impresa di assicurazione e il fenomeno del gruppo. La disciplina delle partecipazioni sociali: A) La disciplina dell’acquisto di partecipazioni di controllo o qualificate in imprese di assicurazione § 5. (Segue) B) I requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza degli esponenti aziendali e dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali. Il divieto per gli organi sociali di assumere cariche in imprese concorrenti § 6. (Segue) L’impresa di assicurazione e il fenomeno del gruppo. La disciplina delle partecipazioni sociali: C) La disciplina dell’acquisto di partecipazioni da parte di imprese di assicurazione in altre imprese § 7. I conglomerati finanziari § 8. L’impresa di assicurazione ed i rami dell’attività assicurativa

34

36

39

40 43 45

CAPITOLO II

I CONTROLLI SULL’IMPRESA DI ASSICURAZIONE § 1. I principi generali sulla vigilanza. Vigilanza macroprudenziale e vigilanza microprudenziale § 2. Le origini: il Ministero dello Sviluppo Economico § 3. L’AEAP (o EIOPA) § 4. L’IVASS: caratteri generali. Il potere regolamentare e i regolamenti § 5. (Segue) L’IVASS: le funzioni, i poteri, l’irrogazione delle sanzioni e gli obblighi di informativa § 6. La vigilanza sul gruppo § 7. CONSOB, Banca d’Italia e COVIP

51 51 52 53 54 57 61 62

CAPITOLO III

LA DISCIPLINA DELL’IMPRESA DI ASSICURAZIONE

65

LA DISCIPLINA DELLE IMPRESE AVENTI SEDE LEGALE NEL TERRITORIO DELLA REPUBBLICA (IMPRESE NAZIONALI)

65

§ 1. L’accesso all’attività assicurativa. L’autorizzazione all’esercizio § 2. (Segue) Diniego dell’autorizzazione

65 69

Indice

XI pag.

§ 3. § 4. § 5. § 6. § 7. § 8.

Le tariffe e le riserve tecniche (Segue) La determinazione delle tariffe (Segue) Le riserve tecniche (Segue) Le attività a copertura delle riserve tecniche I fondi propri Il requisito patrimoniale di solvibilità e il requisito patrimoniale minimo § 9. La violazione delle norme sulle riserve tecniche, sul requisito patrimoniale di solvibilità e sul requisito patrimoniale minimo. Rinvio § 10. Il bilancio e le scritture contabili delle imprese di assicurazione § 11. L’attività delle imprese nazionali all’estero § 12. Revoca e decadenza dall’autorizzazione

69 71 73 79 80 81 83 83 89 91

LA DISCIPLINA DELLE IMPRESE ESTERE

94

§ 13. Imprese con sede in uno Stato membro § 14. Imprese con sede in uno Stato terzo

94 96

CAPITOLO IV

LE VICENDE DELL’IMPRESA DI ASSICURAZIONE

99

§ 1. Modifiche dello statuto e del programma di attività § 2. Concentrazione di aziende e trasferimento di portafoglio § 3. Fusione e scissione di imprese di assicurazione. Fusione e scissione di fondi interni e gestioni separate § 4. Gli accordi tra imprese di assicurazione. La disciplina della concorrenza

99 99 102 104

CAPITOLO V

LE MISURE DI SALVAGUARDIA, RISANAMENTO E LIQUIDAZIONE § 1. Le misure di salvaguardia: i piani di risanamento e di finanziamento a breve § 2. Le misure di risanamento: il commissario per il compimento di singoli atti

107

107 110

XII

Indice

pag. § 3. § 4. § 5. § 6. § 7.

Le misure di risanamento: l’amministrazione straordinaria Le misure di risanamento: il commissario per la gestione provvisoria La liquidazione ordinaria (o volontaria) La liquidazione coatta amministrativa Le misure di risanamento e liquidazione dell’ultima società controllante italiana

111 113 114 114 119

CAPITOLO VI

LA DISTRIBUZIONE DEL PRODOTTO ASSICURATIVO § 1. I canali distributivi dei prodotti assicurativi e l’introduzione delle regole MIFID II (Market in Financial Instruments Directive) e IDD (Insurance Distribution Directive) § 2. L’attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa: i soggetti § 3. (Segue) A) Gli agenti di assicurazione (subagente, coagenzia e procacciatore d’affari) § 4. (Segue) B) I mediatori di assicurazione e riassicurazione o brokers § 5. (Segue) C) I produttori diretti. § 6. (Segue) D) Banche, SIM, intermediari finanziari e Poste Italiane s.p.a. § 7. (Segue) E) Dipendenti, collaboratori, produttori ed altri incaricati § 8. (Segue) F) Gli intermediari assicurativi a titolo accessorio § 9. L’accesso all’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa. Il registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi § 10. L’esercizio dell’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa. Le regole di comportamento. Il principio di adeguatezza § 11. (Segue) Le regole di comportamento. I conflitti di interesse e l’obbligo di separazione patrimoniale § 12. (Segue) L’intermediazione attraverso tecniche di comunicazione a distanza § 13. L’attività di promozione e collocamento di contratti di assicurazione a distanza. La distribuzione telefonica e mediante siti web

121

121 123 124 128 129 129 130 130 131 134 136 139 139

Indice

XIII pag.

PARTE SECONDA

IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE SEZIONE PRIMA

LA DISCIPLINA GENERALE

CAPITOLO I

LA NOZIONE GIURIDICA DI CONTRATTO DI ASSICURAZIONE § 1. La funzione del contratto di assicurazione. La teoria indennitaria e la teoria del bisogno eventuale. Critica. Principio indennitario e principio previdenziale § 2. Il rilievo della qualità di imprenditore assicurativo per il contratto di assicurazione. Ancora sulla natura aleatoria del contratto di assicurazione. Critica § 3. (Segue) Ancora sul rilievo della qualità di imprenditore assicurativo per il contratto di assicurazione. La disciplina della nullità del contratto di assicurazione

143

143

146

147

CAPITOLO II

LA CAUSA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE: A) IL RISCHIO

149

§ 1. § 2. § 3. § 4. § 5.

149 150 152 153 154

Il rischio come elemento causale di tutti i contratti di assicurazione Gli elementi del rischio: la possibilità dell’evento Gli elementi del rischio: il danno e il nesso causale La disciplina: inesistenza del rischio La disciplina: diminuzione e aggravamento del rischio

CAPITOLO III

LA CAUSA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI: B) L’INTERESSE

157

§ 1. L’interesse come relazione di carattere economico

157

XIV

Indice

pag. § 2. L’interesse come misura del valore della cosa. Il danno come lesione dell’interesse. L’inesistenza dell’interesse. L’alienazione della cosa assicurata § 3. L’interesse come misura del valore della cosa. Soprassicurazione e sottoassicurazione. L’assicurazione plurima e la coassicurazione § 4. L’interesse come misura del valore. L’assicurazione danni alle persone

160 162 165

CAPITOLO IV

LA STRUTTURA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE § 1. Il contratto di assicurazione come contratto bilaterale a prestazioni corrispettive, sinallagmatico § 2. Il contratto di assicurazione come contratto consensuale, commutativo, di durata

167 167 169

CAPITOLO V

LE PARTI E LE ALTRE FIGURE SOGGETTIVE DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE: CONTRAENTE, ASSICURATO, BENEFICIARIO. L’ASSICURAZIONE IN NOME E PER CONTO. L’ASSICURAZIONE SULLA PERSONA DI UN TERZO § 1. Assicurato e contraente. Il contratto di assicurazione in nome altrui § 2. Assicurato e contraente. Il contratto per conto altrui o per conto di chi spetta § 3. L’assicurazione a favore di terzo. Il beneficiario nell’assicurazione sulla vita. La clausola di vincolo nell’assicurazione contro i danni § 4. L’assicurazione sulla persona di un terzo

171 171 172 174 175

CAPITOLO VI

LA FORMAZIONE E LA FORMA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE

177

§ 1. La polizza e la formazione del contratto: concetti generali. Gli obblighi di trasparenza a protezione dell’assicurato

177

Indice

XV pag.

§ 2. § 3. § 4. § 5. §5

La fase precontrattuale: la documentazione informativa Le dichiarazioni inesatte e le reticenze Le condizioni generali di polizza. Le clausole vessatorie La conclusione del contratto e la durata La polizza all’ordine e al portatore

180 181 183 184 186

CAPITOLO VII

L’OGGETTO DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE. A) LE OBBLIGAZIONI DEL CONTRAENTE: IN PARTICOLARE IL PREMIO § 1. § 2. § 3. § 4.

Le obbligazioni delle parti Il premio Mancato pagamento del premio Gli altri obblighi del contraente o dell’assicurato. Obblighi ed oneri: valore della classificazione § 5. L’obbligo di avviso (art. 1913 c.c.) § 6. L’obbligo di salvataggio (art. 1914 c.c.)

189 189 189 191 192 193 194

CAPITOLO VIII

L’OGGETTO DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE. B) LE OBBLIGAZIONI DELL’ASSICURATORE: IN PARTICOLARE L’INDENNITÀ § 1. Le obbligazioni dell’assicuratore. Profili generali § 2. La liquidazione dell’indennità (o indennizzo). Arbitrato e perizia contrattuale. I sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie § 3. Le limitazioni della prestazione dell’assicuratore: le franchigie e lo scoperto obbligatorio § 4. Il debito dell’indennità. Debito di valore e debito di valuta § 5. Il diritto di surrogazione dell’assicuratore (art. 1916 c.c.)

195 195 196 198 199 200

CAPITOLO IX

LE VICENDE DEL CONTRATTO. L’ALIENAZIONE DELLA COSA ASSICURATA. ASSICURAZIONE E LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE. LA PRESCRIZIONE

203

§ 1. L’alienazione della cosa assicurata

203

XVI

Indice

pag. § 2. La liquidazione giudiziale dell’assicurato § 3. La disciplina della prescrizione in materia assicurativa

204 206

SEZIONE SECONDA

I SINGOLI RAMI: LE ASSICURAZIONI CONTRO I DANNI CAPITOLO X

CONCETTI GENERALI

207

§ 1. § 2. § 3. § 4. § 5. § 6.

207 208 209 212 213 214

Le assicurazioni contro i danni: tipologia delle operazioni e disciplina Assicurazione di cose e assicurazione del patrimonio Assicurazioni in abbonamento, globali e collettive Le assicurazioni obbligatorie Le assicurazioni contro i danni alle persone L’assicurazione assistenza

CAPITOLO XI

L’ASSICURAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE E LE ASSICURAZIONI DI SPESE § 1. L’assicurazione della responsabilità civile: natura e disciplina generale § 2. L’assicurazione della responsabilità civile: il sinistro e la liquidazione dell’indennità § 3. Le assicurazioni di spese. Le assicurazioni di cure mediche (c.d. assicurazioni sanitarie) § 4. Le assicurazioni di spese. L’assicurazione tutela legale (o giudiziaria o di spese legali)

217 217 218 222 222

CAPITOLO XII

L’ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DERIVANTE DALLA CIRCOLAZIONE DEI VEICOLI A MOTORE E DEI NATANTI

225

§ 1. Profili generali. Gli obblighi di trasparenza ed informativa

225

Indice

XVII pag.

§ 2. L’oggetto del contratto § 3. Il premio. Il trasferimento del veicolo o del natante e le altre cause di cessazione del contratto § 4. Il risarcimento del danno. Il danno biologico. La banca dati sinistri § 5. Le procedure liquidative. L’azione diretta. L’indennizzo diretto § 6. Il Fondo di garanzia per le vittime della strada § 7. Il risarcimento del danno derivante da sinistri avvenuti all’estero. Il «Centro di informazione italiano» e l’«Organismo di indennizzo italiano»

228 229 230 233 235

237

CAPITOLO XIII

L’ASSICURAZIONE DEL CREDITO E L’ASSICURAZIONE FIDEIUSSORIA O CAUZIONALE

239

§ 1. § 2. § 3. § 4.

239 240 241 242

L’assicurazione del credito: principi generali L’assicurazione del credito: il sinistro e la liquidazione del danno L’assicurazione fideiussoria o cauzionale L’assicurazione del credito all’esportazione

CAPITOLO XIV

LE ASSICURAZIONI CONTRO I DANNI ALLA PERSONA

245

§ 1. L’assicurazione contro gli infortuni: principi generali § 2. L’assicurazione contro gli infortuni: il sinistro e la liquidazione dell’indennità § 3. Le assicurazioni contro le malattie

245 247 247

CAPITOLO XV

LE ASSICURAZIONI TRASPORTI

249

§ 1. Profili generali § 2. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: i soggetti, l’oggetto e la durata del contratto § 3. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di cose

249 250 251

XVIII

Indice

pag. § 4. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di responsabilità § 5. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni infortuni § 6. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il rischio. In particolare il rischio putativo § 7. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il sinistro. Gli obblighi di avviso e salvataggio § 8. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: la liquidazione dell’indennità. Liquidazione per avaria e liquidazione per abbandono

254 258 259 260 261

CAPITOLO XVI

LA RIASSICURAZIONE

265

§ 1. Profili generali e disciplina. La riassicurazione finite. La società veicolo § 2. La disciplina dell’impresa riassicuratrice § 3. Tipologia del contratto: la riassicurazione per singoli rischi § 4. Tipologia del contratto: la riassicurazione per trattati

265 268 271 272

SEZIONE TERZA

I SINGOLI RAMI: L’ASSICURAZIONE SULLA VITA ED I PRODOTTI DI INVESTIMENTO ASSICURATIVO. LE FORME PENSIONISTICHE COMPLEMENTARI E LA GESTIONE ASSICURATIVA DEI FONDI PENSIONE

CAPITOLO XVII

L’ASSICURAZIONE SULLA VITA ED I PRODOTTI DI INVESTIMENTO ASSICURATIVO

275

§ 1. § 2. § 3. § 4.

275 277 278 279

Concetti generali e tipologia I soggetti del rapporto Il premio e la prestazione dell’assicuratore La disciplina del contratto

Indice

XIX pag.

§ 5. Il riscatto e la riduzione della polizza. Il prestito su polizza. Le assicurazioni connesse all’erogazione di mutui immobiliari e di credito al consumo § 6. I prodotti assicurativi e i prodotto di investimento assicurativo: le polizze «Index Linked» e «Unit Linked» § 7. I prodotti assicurativi: le operazioni di capitalizzazione. I prodotti e i servizi etici

280 283 286

CAPITOLO XVIII

LE FORME PENSIONISTICHE COMPLEMENTARI E LA GESTIONE ASSICURATIVA DEI FONDI PENSIONE

289

§ 1. Le forme pensionistiche complementari. Caratteri generali § 2. La gestione assicurativa dei fondi pensione

289 291

Indice analitico

293

XX

Indice

Concetti generali

1

AVVERTENZE I richiami agli articoli privi di indicazione del testo legislativo sono riferiti al d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, e cioè al Codice delle Assicurazioni; l’acronimo «c.c.» sta per «Codice Civile», quello «c.a.» per «Codice delle Assicurazioni», quello «c.n.» per «Codice della Navigazione» e quello «c.c.i.» per «Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza». Ogni riferimento ai «regolamenti» va inteso riferito ai regolamenti adottati dall’organo di vigilanza (già ISVAP ora IVASS). Con la trasformazione dell’ISVAP in IVASS, i regolamenti hanno ripreso la numerazione dal numero 1. Nel testo si continua talvolta ad utilizzare l’acronimo «ISVAP» in relazione ai regolamenti emanati prima della sua trasformazione in «IVASS». Ai sensi dell’art. 13, comma 42, legge 7 agosto 2012, n. 135, «ogni riferimento all’ISVAP contenuto in norme di legge o in altre disposizioni normative è da intendersi effettuato all’IVASS». Con legge 19 ottobre 2017, n. 155 il Governo è stato delegato ad emanare il testo portante la riforma delle procedure concorsuali, provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 gennaio 2019 ma non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale al momento in cui il manuale andava in stampa.

2

Introduzione

Concetti generali

3

INTRODUZIONE

CONCETTI GENERALI SOMMARIO: 1. L’operazione assicurativa. Caratteri generali: bisogno e rischio. – 2. Il collegamento atto-attività. La gestione assicurativa dei rischi. – 3. L’impresa di assicurazione e l’attività assicurativa. Il sistema dei controlli sul settore assicurativo (rinvio). – 4. Assicurazioni private e assicurazioni sociali. Le assicurazioni obbligatorie. – 5. Assicurazione e risparmio. L’assicurazione nel sistema dei contratti aleatori. Critica. – 6. (Segue) I prodotti di investimento assicurativo (rinvio). – 7. Le fonti del diritto delle assicurazioni private. – 8. Profili storici. Il diritto delle assicurazioni come ordinamento settoriale.

§ 1. L’operazione assicurativa. Caratteri generali: bisogno e rischio Si afferma generalmente che l’assicurazione nasce dalla previsione, e, quindi, dalla preoccupazione, dell’insorgere di «bisogni» futuri, contrariamente alle altre operazioni negoziali che nascono da bisogni attuali (vendita, locazione, mutuo, lavoro, ecc.). A sua volta il bisogno, naturalmente in senso economico, viene rappresentato come «la necessità di avere a disposizione i mezzi economici (beni) atti a soddisfare i bisogni fisicopsicologici dell’uomo: il bisogno futuro si traduce in un bisogno attuale di avere i mezzi di soddisfazione dei bisogni futuri quando si presenteranno» (DONATI). L’eventualità che si possano presentare bisogni futuri è detta «rischio». Chi è soggetto ad un determinato rischio (ad esempio: incendio dell’abitazione, furto dell’auto, infortunio sul lavoro che comporti una invalidità temporanea o permanente, ecc.) può premunirsi accantonando somme di denaro sufficienti a far fronte al bisogno temuto (necessità di acquistare una abitazione in sostituzione di quella distrutta dall’incendio, o un’auto nuova in sostituzione di quella rubata, necessità di disporre dei mezzi economici per il periodo di incapacità totale al lavoro o per compensare la ri-

4

Introduzione

dotta capacità lavorativa conseguenti all’infortunio, ecc.), così peraltro sottraendo risorse al soddisfacimento di bisogni attuali. L’alternativa è offerta dall’operazione assicurativa: chi teme per l’incendio dell’abitazione, può stipulare un’assicurazione contro il rischio incendio, chi teme per il furto dell’auto, un’assicurazione contro il furto, chi teme l’infortunio sul lavoro, un’assicurazione infortuni, e così via. Talvolta il rischio è rappresentato da un evento attinente la vita umana: chi, con il proprio lavoro, rappresenta l’unico mezzo di sostentamento per la famiglia, può temere la morte e la conseguente perdita di tale fonte di sostentamento (assicurazione sulla vita per il caso di morte); l’invecchiamento, e la conseguente impossibilità di svolgere attività lavorativa, è temuto da chi può trovarsi, in età avanzata, senza mezzi di sostentamento (assicurazione sulla vita per il caso sopravvivenza). Attraverso l’assicurazione si trasferisce il rischio dall’assicurato all’assicuratore, il quale lo assume impegnandosi a corrispondere una somma di denaro (indennità) nel caso in cui si venga a verificare l’evento produttivo del bisogno (sinistro). A fronte di tale obbligazione dell’assicuratore, l’assicurato si impegna a corrispondere preventivamente una somma di denaro (premio), calcolata dall’assicuratore in modo da realizzare una provvista – costituita dalla massa dei premi corrisposti da tutti gli assicurati – sufficiente a far fronte agli obblighi di pagamento delle indennità. Il premio, naturalmente, è rappresentato da una somma di denaro estremamente esigua rispetto a quella che l’assicuratore dovrà corrispondere nel caso si verifichi l’evento; in tal modo l’assicurato potrà destinare le proprie risorse economiche al soddisfacimento di bisogni attuali. Si tratta di un meccanismo di natura mutualistica, poiché tutti gli assicurati contribuiscono, attraverso la corresponsione dei premi, alla costituzione di una provvista destinata a coloro nei confronti dei quali effettivamente si verrà a presentare la situazione di bisogno contrattualmente prevista. L’operazione, così sommariamente descritta, sottintende naturalmente meccanismi tecnico-giuridici estremamente complessi. Meccanismi che coinvolgono sia l’atto, e cioè il contratto di assicurazione, sia l’attività, e cioè l’impresa di assicurazione.

§ 2. Il collegamento atto-attività. La gestione assicurativa dei rischi La legge definisce l’attività assicurativa «l’assunzione e la gestione dei rischi effettuata da un’impresa di assicurazione» (art. 1, lett. C, c.a.).

Concetti generali

5

La dottrina è peraltro da tempo pressoché concorde sulla esistenza di un necessario collegamento tra contratto di assicurazione e impresa di assicurazione. Tale collegamento è fondato sulla considerazione che parte assicuratrice non può che essere un’impresa organizzata secondo specifici criteri tecnico-finanziari che consentono, se non l’assoluta sicurezza, quantomeno un notevole margine di affidabilità nella possibilità che l’assicuratore sia finanziariamente in grado di rispettare la propria obbligazione, e cioè il pagamento dell’indennità se e qualora l’evento dannoso dovesse prodursi (ovvero il pagamento della rendita o del capitale al verificarsi dell’evento attinente la vita dedotto in contratto) (art. 1882 c.c.). Il premio corrisposto dall’assicurato infatti, non solo costituisce il corrispettivo dell’organizzazione di impresa, ma svolge soprattutto la funzione di predisporre i fondi necessari per pagare le indennità che matureranno in futuro. In altre parole, l’assicuratore esercita una forma di raccolta di risorse finanziarie destinate a far fronte agli impieghi futuri, e cioè al pagamento delle indennità (o rendite o capitali). Ciò comporta la necessità per l’assicuratore di operare un razionale impiego finanziario di tali risorse, in modo da permettergli di essere sempre e comunque in grado di adempiere alle proprie obbligazioni. Da qui l’imposizione, da parte della legge, della costituzione di «riserve tecniche» secondo criteri ben precisi e con impieghi in beni e attività finanziarie predeterminati secondo quantità e proporzioni prestabilite. Il fenomeno presenta una significativa similitudine con il sistema bancario. Anche il banchiere infatti opera un imponente drenaggio di risparmio, che utilizza a sua volta per concedere credito a terzi, ma che deve sottostare a precise norme tecnico-giuridiche che gli permettano di essere in ogni momento in grado di adempiere alla sua obbligazione di restituzione, qualora il cliente lo richieda. In campo assicurativo, così come in quello bancario, il problema non è però così semplice come a prima vista può apparire. Occorre innanzitutto una quanto più possibile vasta rete di raccolta di contratti, poiché, più numerosi sono i rischi raccolti, più agevole risulta il calcolo statistico della incidenza degli eventi dannosi (e poi delle indennità) sulla massa stessa dei rischi. È chiaro infatti che solo per una parte dei rischi verrà a prodursi l’evento dedotto in contratto. Tuttavia la previsione della percentuale degli eventi rapportata ai rischi assicurati, come ogni ipotesi statistica, sarà tanto più vicina alla realtà quanto maggiore sarà la massa dei rischi assicurati.

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Introduzione

In ciò sta il momento di maggiore delicatezza e complessità dell’attività dell’assicuratore: accantonare le risorse finanziarie sufficienti a coprire le indennità che sarà obbligato a corrispondere, sulla base della suddetta previsione, senza procedere né in eccesso né in difetto. Non in eccesso, perché un accantonamento di risorse finanziarie eccessivo comporterebbe una quantificazione troppo elevata del premio richiesto all’assicurato, rendendo così troppo oneroso il costo della «copertura» del rischio per l’assicurato, e l’impresa, di conseguenza, non competitiva sul mercato. Non in difetto, perché un accantonamento di risorse finanziarie insufficiente potrebbe porre l’assicuratore nell’impossibilità di far fronte alle proprie obbligazioni, così vanificando il senso stesso dell’operazione assicurativa. L’attività assicurativa è dunque, in primo luogo, un’attività di raccolta di contratti in massa, e cioè quanto più possibile vasta ed omogenea, che permetta una soddisfacente previsione degli oneri finanziari corrispondenti nel breve e lungo periodo. Esula pertanto dal fenomeno assicurativo qualunque ipotetica isolata stipulazione di uno o più contratti, con il quale una parte si impegni a corrispondere una indennità nel caso l’altra parte subisca un danno, ovvero a corrispondere una rendita o un capitale al verificarsi di un evento attinente la vita della controparte o di un terzo. In altri termini assicuratore non può essere un qualunque soggetto, anche imprenditore, ma deve essere un imprenditore assicurativo, e cioè un soggetto che eserciti un’impresa secondo le norme tecniche e giuridiche innanzi sommariamente descritte. Questa affermazione trova espresso riscontro normativo, laddove, all’art. 11, comma 1, del Codice delle Assicurazioni è stabilito che «l’esercizio dell’attività assicurativa nei rami vita e nei rami danni, come classificati all’art. 2, è riservato alle imprese di assicurazione». Può anche validamente ammettersi un contratto con il quale Tizio, a fronte di un corrispettivo, si impegni a rivalere Caio, ad esempio, dell’eventuale danno conseguente all’incendio della casa di quest’ultimo; ma questo certo non è un contratto di assicurazione contro il danno da incendio, poiché, per la mancanza dei presupposti tecnico-giuridici che devono ricorrere in ogni operazione assicurativa, non vi è alcuna certezza che Tizio possa essere in grado di far fronte alla propria obbligazione, qualora si verifichi l’evento dannoso. Non può certo escludersi a priori che Tizio pagherà la somma dovuta, ma questa eventualità non è sufficiente a realizzare quel trasferimento del rischio che grava su Caio, e che solo quella particolare organizzazione im-

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prenditoriale soggetta alle norme tecnico-giuridiche sommariamente descritte può, con un sufficiente margine di affidabilità, realizzare. Al di fuori di questa speciale organizzazione di impresa non vi è pertanto contratto di assicurazione. Ogni operazione similare, pure dalle parti in teoria definita contratto di assicurazione, non può essere giuridicamente configurata tale, degradando piuttosto in un ambito vicino o coincidente con la scommessa (artt. 1933-1935 c.c.) o con la rendita vitalizia (artt. 1872-1881 c.c.). Come accennato, la dottrina è uniformemente orientata a riconoscere questo legame essenziale tra atto (contratto di assicurazione) e impresa (assicurativa); peraltro non tutti sono concordi sulle conseguenze derivanti dalla stipulazione di un contratto (apparentemente) di assicurazione, ove uno dei contraenti non sia una impresa di assicurazione. Sul punto si tornerà più diffusamente allorquando si tratterà del contratto di assicurazione in generale. Basterà per il momento osservare che il problema si fonda sostanzialmente su un equivoco di base. Un contratto ove una parte non è un imprenditore assicurativo non sarà certo per ciò solo invalido; potrà configurarsi come un contratto atipico (valido o invalido a seconda dei casi, da stabilirsi sulla base dei criteri generali) ma certamente non sarà un contratto di assicurazione, e non potrà essere disciplinato dagli art. 1882 ss. c.c. In altri termini l’alternativa non è tra contratto valido (quello stipulato con una impresa di assicurazione) e contratto nullo (quello stipulato con un soggetto – imprenditore o no – che non sia un imprenditore assicurativo) ma tra contratto di assicurazione, disciplinato dagli art. 1882 ss. c.c., e contratto atipico (eventualmente riconducibile, ad esempio, alla rendita vitalizia o alla scommessa) la cui validità e disciplina è da verificare secondo i principi generali in materia di contratti. Né appare contraddire quanto appena rilevato la norma che prevede la nullità del contratto (e la ripetizione dei premi corrisposti, art. 167 c.a.) stipulato da chi assuma essere assicuratore senza però avere ottenuto l’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa. Qui infatti si tratta di ipotesi di uso abusivo della qualifica di assicuratore e di dolosa falsa rappresentazione dei fatti nei confronti della controparte, laddove nell’ipotesi (peraltro decisamente scolastica) sopra illustrata le parti hanno effettivamente voluto un regolamento negoziale analogo a quello tipico del contratto di assicurazione, ben sapendo che chi assume il rischio non è assicuratore. In conclusione, per aversi contratto di assicurazione occorre che la parte «assicuratore» sia un soggetto organizzato ad impresa di assicurazione,

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secondo la disciplina di legge che andremo ad esporre nei capitoli successivi, e che sostanzialmente agisca secondo i seguenti criteri: 1. possegga un’organizzazione tale da permettere il reperimento di un elevato numero di contratti; 2. sia nella condizione di reperire tali contratti secondo modelli «standardizzati», in modo da raggrupparli in categorie omogenee disciplinate secondo schemi standardizzati (ad esempio: contratti di assicurazione contro i danni da furto, contro i danni da grandine, assicurazione del credito, assicurazione contro gli infortuni, ecc.). Per tale motivo la raccolta dei contratti avviene attraverso formulari predeterminati dallo stesso assicuratore e disciplinati da clausole generali comuni a tutti i contratti dello stesso tipo; 3. abbia una organizzazione adeguata alla contabilizzazione di migliaia di contratti, e quindi essere in grado di prevedere con la massima sicurezza l’incidenza degli eventi dannosi che verranno a prodursi in relazione ai rischi assunti, eventualmente anche attraverso lo scambio di informazioni con gli altri imprenditori dello stesso ramo. Di conseguenza stabilire la giusta entità del premio da chiedere all’assicurato, così conquistando una posizione concorrenziale sul mercato, senza sottostare al rischio di una crisi finanziaria; 4. sia in grado di gestire con le modalità più opportune e redditizie le risorse finanziarie che è in grado di raccogliere dalla clientela, in conformità con le direttive di legge; 5. infine sia in grado di organizzare razionalmente la fase di liquidazione dei sinistri ovvero, nel caso del ramo vita, l’erogazione delle rendite o dei capitali.

§ 3. L’impresa di assicurazione e l’attività assicurativa. Il sistema dei controlli sul settore assicurativo (rinvio) Da quanto esposto in precedenza appare evidente che la circostanza (peraltro di fatto puramente teorica) di aver stipulato contratti di «tipo» assicurativo non vale a determinare la nascita di una impresa di assicurazione. Anzi, la legge sanziona penalmente l’esercizio abusivo dell’assicurazione (art. 305 c.a.) e, con sanzione amministrativa, l’uso abusivo della «denominazione assicurativa» (art. 308 c.a.). Non è stato però ancora chiarito in termini precisi quando possa giuridicamente parlarsi di impresa di assicurazione. In realtà quest’ultimo problema è di agevole soluzione, essendo legato

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ad un requisito di carattere formale: la concessione dell’autorizzazione all’esercizio di attività assicurativa da parte dell’autorità di vigilanza (cfr. infra, Cap. III, § 1). Con la concessione dell’autorizzazione si esercita infatti un controllo preventivo (sino a quando l’autorizzazione non è concessa l’impresa non può completare il procedimento costitutivo) sulla sussistenza dei presupposti tecnici e giuridici che devono essere presenti in un’impresa di assicurazione. Naturalmente il controllo non si esaurisce nella fase costitutiva, ma permane per tutto il ciclo vitale dell’impresa sino – se si verifica – alla sua estinzione. Si potrebbe anche ipotizzare un’impresa che, pur non avendo ottenuto l’autorizzazione, operi in perfetta conformità alle norme tecniche e giuridiche in materia. Ciononostante tale impresa non potrà definirsi «impresa di assicurazione», e la conseguenza sarà la sua messa in liquidazione coatta amministrativa (art. 265 c.a.), non essendo configurabile un’ipotesi di autorizzazione «successiva» con efficacia sanante. Pertanto solo gli atti dell’impresa autorizzata potranno definirsi come contratti di assicurazione in senso tecnico-giuridico. Per i contratti posti in essere da un’impresa non autorizzata è prevista la nullità che può essere fatta valere solo dal contraente o dall’assicurato (art. 167 c.a.). L’impresa di assicurazione è inoltre soggetta ad una disciplina assolutamente peculiare, dettata in funzione della specialità dell’attività e, soprattutto, del rilievo socio-economico che l’attività riveste, stante il già illustrato imponente fenomeno di drenaggio di risorse finanziarie (risparmio) nei confronti della collettività. Il fenomeno, tradizionalmente definito come «inversione del ciclo produttivo», è peculiare del sistema assicurativo. Al contrario di quanto avviene di norma nei contratti commerciali, alla prestazione di una parte (contraente), e cioè al pagamento del premio, non corrisponde una immediata controprestazione dell’altra parte (assicuratore). L’assicuratore si limita infatti ad impegnarsi al pagamento di una somma (indennità, rendita, capitale) solo quando (e nella maggior parte dei casi anche «se») si verificherà l’evento dedotto in contratto. L’obbligo dell’assicuratore consiste pertanto, nell’immediato, nella contabilizzazione del contratto e nella gestione delle somme necessarie a far fronte all’eventuale obbligo di pagamento. La legge non poteva evidentemente esimersi dal dettare una particolareggiata disciplina idonea a conferire agli assicurati una ragionevole certez-

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za che l’impresa sarà sempre e comunque nella condizione di far fronte alle proprie obbligazioni. Il legislatore inoltre ha predisposto una serie di controlli, attribuiti in via principale ad una istituzione specializzata – l’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) – idonei a garantire la sussistenza dei requisiti tecnico-giuridici necessari durante l’intero ciclo vitale dell’impresa. In realtà questo apparato legislativo e di controllo è di origine relativamente recente. Solo nei primi anni del secolo ventesimo si è instaurato un sistema normativo di disciplina dell’impresa. Sistema che si è andato negli anni, soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso, affinando e perfezionando, sino a giungere alla più recente sistemazione legislativa del settore contenuta nel d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 come modificato dal d.lgs. 12 maggio 2015, n. 74 e cioè il «Codice delle Assicurazioni Private». L’apparato normativo originario era basato su un sistema di controlli sostanzialmente affidato al Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato (oggi Ministero dello Sviluppo Economico), al quale erano demandati, con risultati spesso insoddisfacenti sul piano pratico, tutte le relative funzioni. Al Ministero era affiancata la Commissione Consultiva per le Assicurazioni Private, organo con funzioni esclusivamente consultive, di irrilevante rilievo pratico. La crisi del settore determinatasi nei primi anni ‘70, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore del regime obbligatorio dell’assicurazione della responsabilità civile per veicoli a motore e natanti – e dal conseguente ingresso nel mercato di imprese di modesta entità e insufficiente organizzazione tecnicofinanziaria – rese urgente l’emanazione di una nuova disciplina del ramo danni e, soprattutto, evidenziò la necessità dell’istituzione di un organismo specializzato e destinato esclusivamente al controllo dell’intero settore. Questo secondo obiettivo venne realizzato nel 1982 con la creazione dell’ISVAP (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private), ente di diritto pubblico, cui la legge demandò poteri di controllo, in parte indipendenti, in parte ausiliari rispetto a quelli del Ministero. Negli anni seguenti i poteri dell’ISVAP vennero potenziati, trasferendo a tale ente la quasi totalità delle competenze in precedenza attribuite al Ministero (prima tra tutte la concessione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa). Nel contempo venne soppressa la Commissione Consultiva per le Assicurazioni Private. Infine con il d.l. 6 luglio 2012, n. 95 convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135 all’ISVAP è succeduta l’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni). Il cambiamento peraltro non interessò le funzioni ed i poteri, ma unicamente la struttura attraverso la quale l’Istituto di vigilanza entrò sostanzialmente nell’orbita della Banca d’Italia.

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Più di recente è stato introdotto un sistema di vigilanza integrato su scala comunitaria attraverso la creazione di un ente – l’AEAP (Autorità Europea delle Assicurazioni e delle Pensioni Aziendali e Professionali) o, in inglese, EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority).

Ma su tutto ciò ci soffermeremo oltre (cfr. Parte I, Cap. II).

§ 4. Assicurazioni private e assicurazioni sociali. Le assicurazioni obbligatorie Come risulta evidente da quanto si è fino ad ora andato ad esporre, l’ordinamento presta particolare attenzione al sistema assicurativo per l’importanza che esso assume sotto il profilo socio-economico. Il vasto drenaggio di denaro operato dalle imprese di assicurazione ha imposto infatti al legislatore l’adozione di una dettagliata disciplina dell’organizzazione dell’impresa assicurativa e la predisposizione di controlli sull’attività di quest’ultima, anche attraverso un organismo specializzato (l’IVASS). Peraltro, restando l’oggetto dell’attività un atto di diritto privato (il contratto di assicurazione) l’intervento da parte dello Stato rimane contenuto sul piano della disciplina dell’attività (dell’impresa di assicurazione) e dell’atto (contratto di assicurazione). Vi sono però dei settori in cui il rilievo sociale dell’operazione assicurativa si coglie, non solo sotto il profilo della tutela dell’affidamento della collettività, ma, ancora più a monte, sotto il profilo della necessità dell’operazione assicurativa stessa. Tipico è il caso della tutela del lavoratore, ove l’infortunio e la malattia costituiscono eventi di estrema gravità, che, se lasciati all’iniziativa privata, solo saltuariamente troverebbero adeguata tutela economica. Ecco che allora lo Stato interviene, da un lato con la costituzione di appositi enti pubblici assicurativi, d’altro canto rendendo obbligatorio il rapporto. Pertanto al contratto si sostituisce la norma di legge, automaticamente applicabile per il solo fatto dell’esistenza del presupposto (rapporto di lavoro); all’iniziativa privata, seppure dettagliatamente disciplinata, si sostituisce l’iniziativa pubblica, ove il necessario equilibrio tra risorse accumulate e previsione di impegni futuri, si attenua in virtù della obbligatorietà della prestazione assicurativa, garantita sempre e comunque (indirettamente) dallo Stato.

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La combinazione dei due elementi – natura pubblica del soggetto e obbligatorietà del rapporto – contribuiscono ad attrarre la materia nell’ambito del diritto pubblico. Vengono a mancare così i classici elementi tipici dell’attività privatistica: l’organizzazione ad impresa del soggetto assicuratore e, conseguentemente, il fine di lucro dell’imprenditore; la possibilità per le parti di determinare, almeno parzialmente, il contenuto normativo del rapporto. Il fenomeno appena descritto, e definito con il termine «assicurazioni sociali», esula pertanto dalla presente trattazione, essendo oggetto di discipline diverse (diritto pubblico e diritto del lavoro e della previdenza sociale). Rientra invece interamente nel campo del diritto privato ogni fenomeno nel quale il soggetto assicuratore è organizzato ad impresa (sia essa privata che pubblica) ed il rapporto nasce dal contratto. Va infine rilevato che esiste un settore delle assicurazioni private che presenta punti di contatto con le assicurazioni sociali: le assicurazioni obbligatorie, di cui il fenomeno più ampio e conosciuto è costituito dalla assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. Anche qui infatti possiamo riscontrare punti di contatto con il sistema previdenziale pubblico: la massiccia incidenza dell’infortunistica stradale, spesso con gravi esiti alla persona, nel campo dell’infortunistica in generale; la necessità di evitare che la copertura assicurativa sia lasciata ad una sporadica iniziativa individuale. Le modalità di intervento da parte del legislatore sono state peraltro completamente diverse, anche in virtù della attuazione di una convenzione internazionale (Convenzione europea di Strasburgo del 20 aprile 1959). Non si sono creati enti pubblici destinati allo scopo, né il rapporto trova la sua fonte diretta nella legge. Ci si è limitati ad imporre la stipula di un contratto di assicurazione con una qualunque impresa di assicurazione abilitata all’esercizio del ramo. Attività ed atto restano pertanto completamente assorbiti nell’orbita del diritto privato. I tipici risultati delle assicurazioni sociali (obbligatorietà del rapporto e sicurezza della prestazione previdenziale) si sono raggiunti altrimenti: da un lato rendendo obbligatoria la stipula del contratto, con la previsione di sanzioni in caso di inadempimento; d’altro lato attribuendo al terzo danneggiato un’azione giudiziaria diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile del sinistro, ovvero, nei casi di minore gravità, prevedendosi il pagamento dell’indennizzo da parte dello stesso assicuratore del danneggiato (c.d. sistema di indennizzo diretto). Inoltre, nel caso in cui mancasse la possibilità di individuare un soggetto responsabile o mancasse un rap-

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porto assicurativo, è previsto l’intervento di un apposito fondo (Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada) alimentato da contributi obbligatoriamente prestati da tutte le imprese operanti nel settore. A suo tempo ci si occuperà più dettagliatamente del fenomeno e delle altre ipotesi di assicurazioni obbligatorie (infra, Parte II, Cap. X, § 4 e Cap. XII). Basterà qui, in conclusione, sottolineare che assicurazione obbligatoria non vuol dire negazione della fonte contrattuale del rapporto assicurativo, ma solo imporre la conclusione di un rapporto assicurativo, secondo precisi principi di legge, ma comunque sempre di origine e natura negoziale.

§ 5. Assicurazione e risparmio. L’assicurazione nel sistema dei contratti aleatori. Critica Come già osservato, si afferma generalmente che l’assicurazione nasce dalla previsione, e, quindi, dalla preoccupazione dell’insorgere di bisogni futuri, e la «possibilità» che l’evento economicamente sfavorevole si verifichi viene generalmente definita «rischio». A questo punto occorre una precisazione dei concetti precedentemente esposti. Il rischio talora può anche essere parzialmente prevedibile, nel senso che può essere imprevedibile solo il momento del suo avverarsi (ad esempio: la morte) ovvero, più frequentemente, può essere assolutamente imprevedibile, nel senso che non può prevedersi neppure se andrà ad avverarsi (ad esempio: furto, incendio, infortunio). La forma più rudimentale di prevenzione dei bisogni economici è costituita, come detto, dal risparmio, e cioè dall’accumulazione delle risorse che, in via di previsione del tutto ipotetica ed arbitraria, saranno necessarie a far fronte ai bisogni futuri. Con l’assicurazione invece si interviene più a monte, attraverso un’operazione generalmente definita «trasferimento del rischio» in capo all’assicuratore. Al bisogno economico futuro viene fatto fronte, nell’ipotesi in cui l’evento si verifichi, attraverso la corresponsione di una somma (indennità) da parte dell’assicuratore, che costituisce l’esatto equivalente della perdita economica, se si tratta di un danno (ad es.: valore della casa andata distrutta o dell’auto rubata) ovvero la corresponsione di una rendita o di un capitale, se si tratta di un evento attinente la vita umana (morte del soggetto sul quale è stata stipulata l’assicurazione o sua sopravvivenza oltre un certo numero di anni).

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Naturalmente questo «trasferimento di rischio» ha un suo costo, rappresentato dal «premio» che l’assicurato deve corrispondere all’assicuratore. Tuttavia questo costo, proprio perché inserito dall’assicuratore in una massa di rischi omogenei e determinato sulla base di calcoli attuariali, è sensibilmente inferiore al sacrificio determinato dall’accumulo di risorse che si opera attraverso il risparmio. Si vengono pertanto a liberare risorse economiche a favore di bisogni attuali, pur mantenendo la sicurezza di poter far fronte a quelli futuri. Tuttavia l’assicurazione può essa stessa rappresentare una proficua forma di risparmio, nel senso che attraverso un’operazione assicurativa, può attuarsi, con modalità vantaggiose, un’operazione di capitalizzazione. In questo caso l’operazione non è attuata in previsione di uno specifico bisogno futuro, ma unicamente per assicurarsi maggiori disponibilità economiche in futuro, attraverso l’accantonamento periodico di somme esigue. Tale risultato può ottenersi sfruttando le capacità di valorizzazione della ricchezza che sono proprie dell’organizzazione imprenditoriale dell’assicuratore, e che fa assumere a quest’ultimo una funzione prevalentemente finanziaria piuttosto che assicurativa. Tuttavia la funzione prevalente dell’impresa di assicurazione è, come detto, quella di permettere il trasferimento di un rischio che incombe sull’assicurato. Questa classica rappresentazione metaforica dell’operazione assicurativa trova riscontro anche nella sistematica del codice civile, ove il capo XX del titolo III del libro IV, dedicato all’assicurazione, è posto subito prima del capo riguardante il giuoco e la scommessa e subito dopo i capi che disciplinano la rendita perpetua (capo XVIII) e la rendita vitalizia (capo XIX). Tale collocazione è indice del fatto che il legislatore ha ritenuto l’assicurazione un’operazione di natura finanziaria (anche a lungo termine) ma di carattere «aleatorio». D’altra parte anche gli interpreti sono tradizionalmente inclini a definire il contratto di assicurazione come contratto aleatorio, categoria di contratti questa contraddistinta dall’incertezza (alea) al momento della stipulazione, su quale delle parti verrà a gravare il sacrificio maggiore e quale trarrà il maggior vantaggio, con un sostanziale squilibrio quindi delle prestazioni (tipico l’esempio del gioco e della scommessa). In realtà questa configurazione non appare completamente soddisfacente se rapportata all’operazione assicurativa. Non può parlarsi infatti di «alea» nei confronti dell’assicuratore, poiché per quest’ultimo il verificarsi dei sinistri, ed il conseguente obbligo di pagamento delle indennità, costituisce evento ampiamente previsto e preci-

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samente calcolato con strumenti attuariali. Ciò che non può prevedersi è «quale» tra i rischi assicurati diverrà sinistro da indennizzare; ma la circostanza è del tutto indifferente per l’assicuratore. Non può parlarsi di alea per l’assicurato, poiché l’eventuale pagamento dell’indennità non costituisce certo un vantaggio, ma il semplice ristoro economico di un danno subito. Né il mancato verificarsi del sinistro può concepirsi come una «perdita», rappresentata dall’inutile pagamento del premio. Anche la sicurezza nel futuro ha un suo costo: l’assicurato paga per trovare tranquillità, non certo nella speranza che si verifichi il sinistro. Anche con riferimento all’assicurazione sulla vita il discorso si pone in termini simili. In questi casi, infatti, per l’assicuratore vale il ragionamento appena fatto, mentre per l’assicurato o per il beneficiario la mancata percezione del capitale o della rendita (per non essersi verificata la morte nel periodo contrattualmente previsto nel «caso morte» o per essersi verificata nel «caso sopravvivenza») non può intendersi esattamente come una «perdita» economica; né, all’opposto, la sua percezione (da parte del terzo beneficiario o dell’erede nel «caso morte» o anche dello stesso assicurato nel «caso sopravvivenza») un vantaggio simile a quello di una vincita alla lotteria, quanto piuttosto il risultato di un’operazione di capitalizzazione. È comunque da rilevare che le polizze vita prevedono sovente la combinazione di entrambe le ipotesi tipiche, morte e sopravvivenza, di modo che il contratto si configura come una vera e propria operazione di carattere previdenziale. Stante quanto appena detto e quanto in precedenza illustrato in merito alla particolare organizzazione dell’impresa di assicurazione, il tradizionale concetto cardine dell’assicurazione, come operazione di «trasferimento» di un rischio dall’assicurato all’assicuratore, va corretto in quello di operazione di «neutralizzazione» di un rischio proprio dell’assicurato. L’assicuratore non rischia nulla, perché i rischi sono ammortizzati dalla massa dei premi raccolti e dal loro calcolo secondo ipotesi attuariali. Il premio pagato dall’assicurato a sua volta costituisce il corrispettivo necessario a sostenere i costi di questa particolare organizzazione imprenditoriale, mentre il beneficio per l’assicurato è immediatamente percepibile attraverso quella sicurezza e tranquillità nel futuro che pure merita un sacrificio economico. In conclusione, la collocazione del contratto di assicurazione nell’ambito dei contratti aleatori ha significato solo se rapportata al singolo contratto ed intesa come incertezza nella erogazione di una componente della prestazione dell’assicuratore (pagamento dell’indennità o della rendita o del capita-

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le). Laddove invece si individui la funzione del contratto nella neutralizzazione del rischio e si consideri la singola operazione inserita in una massa di rischi omogenei, il concetto di aleatorietà perde ogni significato.

§ 6. (Segue) I prodotti di investimento assicurativo (rinvio) Sono «prodotti di investimento assicurativo», ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. w-bis-3), TUIF (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), le polizze e le operazioni di cui ai rami vita III (le assicurazioni sulla durata della vita umana e le assicurazioni di nuzialità e di natalità le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o altri valori di riferimento) e V (le operazioni di capitalizzazione), con esclusione dei contratti di assicurazione sulla vita emesse in attuazione di forme pensionistiche complementari individuali (art. 13, comma 1, lett. b), d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252). I prodotti di investimento assicurativo di maggiore diffusione sono pertanto le polizze «Index e Unit Linked» e le operazioni di capitalizzazione nelle varie forme in cui vengono articolate (cfr. infra, Parte II, Cap. XVII, §§ 6 e 7). Soprattutto le prime presentano un margine di rischio finanziario per il contraente, in quanto il loro rendimento è legato (ma ciò avviene normalmente anche nelle capitalizzazioni) a indici variabili a seguito dell’andamento dei mercati finanziari, e non sempre (nelle polizze Linked) sono assistite dalla garanzia della restituzione del capitale investito. Questa tipologia di contratti si configura pertanto come operazioni «con rischio di investimento a carico dell’assicurato». Di conseguenza la legge prevede a carico dell’impresa di assicurazione emittente e degli intermediari che collocano questi strumenti una ulteriore forma penetrante di vigilanza attribuita alla CONSOB (cfr. infra, Cap. II, § 1).

§ 7. Le fonti del diritto delle assicurazioni private Le fonti normative del diritto delle assicurazioni private, sino all’emanazione del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, e cioè del Codice delle Assicurazioni private, erano piuttosto complesse, soprattutto in tema di disciplina dell’impresa. Ciò perché, dall’emanazione della prima normativa organica,

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risalente ai primi anni del secolo scorso (r.d. 4 gennaio 1925, n. 63 di approvazione del regolamento per l’esecuzione del r.d.l. 29 aprile 1923, n. 966 concernente l’esercizio delle assicurazioni private) si era assistito ad una sorta di «stratificazione» di provvedimenti legislativi. Neppure l’emanazione del T.U. del 1959 sull’esercizio delle assicurazioni private (d.p.r. 13 febbraio 1959, n. 449) aveva eliminato completamente la precedente normativa (cit. r.d. n. 63/1925). Un’importante svolta si è avuta tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’80. A seguito dell’emanazione delle prime direttive comunitarie, e dei conseguenti obblighi di attuazione attraverso leggi nazionali, vennero emanate la legge 10 giugno 1978, n. 295 contenente «nuove norme per l’esercizio delle assicurazioni private contro i danni» e la legge 22 ottobre 1986, n. 742 contenente «norme per l’esercizio delle assicurazioni private sulla vita». Nel contempo veniva emanata la legge 12 agosto 1982, n. 576, portante la riforma della vigilanza sulle assicurazioni, che istituiva l’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private (ISVAP). L’intero sistema dell’organizzazione dell’impresa privata di assicurazione, sia per il ramo danni, che per il ramo vita, risultava così completamente riscritto. Ciononostante sparute norme del T.U. del 1959 e, addirittura, del Regolamento del 1925 restavano in vigore. La disciplina generale dei due grandi gruppi di rami – vita e danni – è stata successivamente di nuovo modificata, sempre sulla spinta della necessità di adeguamento alle direttive europee: le seconde direttive 88/357 e 90/619, hanno introdotto la disciplina relativa alla libertà di prestazione di servizi – quindi senza organizzazione stabile – da parte di imprese comunitarie negli Stati della U.E.; le terze direttive 92/49 e 92/96, hanno introdotto il principio dell’«home country control», ovvero il principio secondo il quale l’autorizzazione ottenuta dall’organo di controllo nazionale ha validità per tutti gli stati comunitari, così completandosi l’attuazione dei principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi. Sono stati pertanto emanati i d.lgs. 17 marzo 1995, nn. 174 e 175, con i quali si è interamente ridisegnata la disciplina delle assicurazioni sulla vita e contro i danni; quest’ultima peraltro definita «assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita». Questa nuova terminologia si giustificava con la circostanza che alcune operazioni (ad es.: le assicurazione infortuni) non sono perfettamente riconducibili alle assicurazioni contro i danni. Va inoltre ricordato il d.lgs. 26 maggio 1997, n. 173 (di attuazione della direttiva 674/1991) il quale ha organicamente dettato una completa disciplina del bilancio delle imprese assicurative, dettando altresì una più specifica disciplina delle riserve tecniche.

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Introduzione

Per quanto riguarda i singoli rami, particolare importanza rivestiva la legge 24 dicembre 1969, n. 990 (modificata dal d.l. 23 dicembre 1979, n. 857 conv. nella legge 26 febbraio 1977, n. 39) istitutiva dell’obbligo dell’assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, che costituisce oggi uno dei rami più importanti e delicati. Da segnalare le leggi 7 febbraio 1979, n. 48, che ha disciplinato l’attività degli agenti di assicurazione, e 28 novembre 1984, n. 792, che ha disciplinato l’attività dei mediatori di assicurazione (brokers). Per quanto riguarda il sistema della vigilanza, la legge 9 gennaio 1991, n. 20, che ha in parte modificato la citata legge n. 576/1982 istitutiva dell’ISVAP, ha introdotto un sistema di controllo delle partecipazioni da parte di imprese di assicurazione in altre imprese e da parte di terzi in imprese di assicurazione. La legge n. 576/1982 è stata poi più volte ulteriormente modificata attraverso successivi interventi (d.p.r. 18 aprile 1994, n. 385, d.lgs. 13 ottobre 1998, n. 373, d.lgs. 4 agosto 1999, n. 343).

Con il d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 è stata data definitiva sistemazione organica alla materia, con la raccolta in un unico testo legislativo di tutte le materie precedentemente illustrate. Questo corpo normativo ha poi subito di recente importanti modifiche ed integrazioni da parte del d.lgs. 12 maggio 2015, n. 74 (entrato in vigore il 30 giugno 2015) principalmente al fine di adeguare la normativa interna – specie in materia di gestione dell’impresa di assicurazione e di controlli – ai principi introdotti da Solvency II (entrata in vigore il 1° gennaio 2016). Il realtà il sistema delle fonti ha subito importanti innovazioni negli ultimi anni in conseguenza del processo di integrazione legislativa europea relativamente ai settori finanziari. Ed infatti, alle direttive, che trovano applicazione a livello nazionale con l’emanazione di provvedimenti legislativi di attuazione (così come è stato appunto con il citato d.lgs. 12 maggio 2015, n. 74), si affiancano gli «standard tecnici» (Implementing Technical Standard – ITS) e le «linee guida» (GL) elaborati dall’EIOPA (o, in italiano, AEAP) (su cui cfr. infra, Cap. II, § 2). I primi, recepiti ed emanati dalla Commissione Europea, le seconde recepite dalle singole autorità di controllo nazionale – e perciò da noi dall’IVASS – attraverso l’emanazione dei regolamenti (cfr. infra, Cap. II, § 3). Si hanno così tre diversi livelli di «regolamentazione» del settore assicurativo: il primo, che potremmo definire di legislazione primaria, trova attuazione attraverso la legislazione nazionale; il secondo (ITS) e il terzo (GL), che si potrebbero definire invece di carattere regolamentare, sono, il

Concetti generali

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primo, di applicazione immediata; il secondo trova applicazione attraverso il recepimento da parte dei regolamenti IVASS. Naturalmente l’IVASS può emanare ulteriori regolamenti di propria iniziativa o in attuazione di quanto disposto dal codice delle assicurazioni (su ciò cfr. infra, Cap. II, § 3). Tutto ciò ha determinato, in ossequio all’esigenza di solidità del mercato e delle imprese, una moltiplicazione della normativa di settore ed un esasperato tecnicismo cui l’interprete è necessariamente obbligato a confrontarsi. Per quanto concerne invece la disciplina del contratto di assicurazione, essa è racchiusa nel capo XX del titolo III del libro IV del codice civile (artt. 1882-1932) il quale, dopo aver dettato una normativa di carattere generale (artt. 1882-1903) disciplina in particolare il contratto di assicurazione contro i danni (artt. 1904-1918), il contratto di assicurazione sulla vita (artt. 1919-1927) e la riassicurazione (artt. 1928-1931). Alcune norme di carattere generale sono state introdotte dal codice delle assicurazioni (artt. 165-187). Nel codice della navigazione si trovano le norme specifiche in tema di assicurazioni marittime (artt. 514-547) ed aereonautiche (artt. 798, 935, 936, 941, 1001-1021). Questa «scomposizione» della normativa tra codice civile e codice della navigazione è frutto della riforma dei codici del 1942 e della conseguente scomparsa del codice di commercio, il quale aveva introdotto per la prima volta una disciplina delle assicurazioni. In realtà si trattava della disciplina del contratto di assicurazione, poiché, come detto, quella dell’impresa viene emanata solo agli inizi del secolo scorso (da ricordare anche la legge 4 aprile 1912 istitutiva dell’INA – Istituto Nazionale delle Assicurazioni, al quale veniva attribuito il monopolio delle assicurazioni vita, mai attuato). Vanno poi ricordate, come fonti convenzionali e non legali del contratto, le condizioni generali di polizza, e cioè quelle clausole contrattuali standardizzate, predisposte dall’assicuratore in modo uniforme per tutti i contratti relativi al medesimo rischio. Esse hanno la funzione di rendere omogenei tutti i rapporti relativi allo stesso rischio e di facilitare le operazioni di individuazione, descrizione e liquidazione dei sinistri. In relazione a questo argomento va ricordata la disciplina in tema di clausole vessatorie prevista dal d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 – e cioè il «Codice del Consumo» – ed in particolare gli artt. da 33 a 38. Su questo specifico tema torneremo comunque a suo tempo quando tratteremo del contratto di assicurazione (infra, Parte II, Cap. VI, § 3).

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Introduzione

§ 8. Profili storici. Il diritto delle assicurazioni come ordinamento settoriale Sulla base di quanto si è andato sin qui ad illustrare, può affermarsi che la storia delle assicurazioni, intese nell’attuale significato tecnico-giuridico, coincide con la storia dell’impresa di assicurazione e, cioè, di quell’organizzazione basata su precise tecniche attuariali e finanziarie, che opera su una massa omogenea di rischi. Ogni diverso tentativo di trasferire un rischio a terzi deve considerarsi, come detto, operazione di puro rischio lontana dal concetto di assicurazione. Solo nella seconda metà del 1600 con la nascita dei Lloyd’s di Londra, ma soprattutto con il Gambling Act del 1774, nasce la vera assicurazione, organizzata su basi scientifiche ed in grado di assicurare la solvibilità delle obbligazioni risarcitorie. Il Gambling Act inoltre prevede espressamente l’assicurazione sulla vita altrui, a condizione che il contraente vi abbia interesse, così ponendo una precisa distinzione giuridica tra assicurazione e scommessa. Con la codificazione napoleonica trovano disciplina le assicurazioni marittime e, successivamente, con le codificazioni europee della seconda metà del XIX secolo in poi, il contratto di assicurazione diviene una categoria generale. Si fa strada pertanto il sistema di classificare le assicurazioni in una parte generale, suddividendo poi quelle speciali in assicurazioni contro i danni e assicurazioni sulla vita. Infine, come detto, dagli inizi del secolo XX trova disciplina, oltre all’atto, anche l’attività, non più lasciata alla perizia ed al senso di responsabilità degli operatori, ma obbligatoriamente incanalata in schemi tecnico-giuridici che la rendono impresa di diritto speciale. Il diritto delle assicurazioni, pur essendo disciplina privatistica in senso lato, soggetta alle norme generali del diritto privato e commerciale sia in tema di impresa che di contratto, costituisce pertanto un settore del diritto privato, avente una normativa speciale inderogabile che caratterizza atti e comportamenti. Così, l’impresa di assicurazione, pur restando regolata in via generale dalle norme in materia di impresa e società, trova la sua disciplina specifica in norme di settore espressamente emanate per il fenomeno assicurativo. Ugualmente, con riferimento al contratto di assicurazione, alla disciplina generale, si sovrappone quella specifica – di cui peraltro parte è a sua volta di carattere generale – del contratto di assicurazione.

Concetti generali

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Ogniqualvolta si verifica un fenomeno legislativo come quello appena descritto si viene a creare un «ordinamento settoriale», e cioè un corpo di norme speciali dettate in funzione della importanza del settore socioeconomico regolato e della sua complessità tecnica. Si riscontra di norma la presenza di un organo amministrativo di controllo e indirizzo con ampi poteri di intervento. Tipici sono i casi del settore bancario, del mercato finanziario, ma anche di quello cooperativo e sportivo. Tipico è il caso del settore assicurativo, caratterizzato appunto dall’essere disciplinato da un sistema di diritto settoriale.

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Introduzione

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PARTE PRIMA

L’IMPRESA E LA DISTRIBUZIONE DEI PRODOTTI ASSICURATIVI

SOMMARIO: Cap. I. L’impresa di assicurazione. – Cap. II. I controlli sull’impresa di assicurazione. – Cap. III. La disciplina dell’impresa di assicurazione. – Cap. IV. Le vicende dell’impresa di assicurazione. – Cap. V. Le misure di salvaguardia, risanamento e liquidazione. – Cap. VI. La distribuzione dei prodotti assicurativi.

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CAPITOLO I

L’IMPRESA DI ASSICURAZIONE SOMMARIO: 1. L’impresa di assicurazione nel sistema del diritto dell’impresa. La «struttura» societaria dell’impresa di assicurazione. – 2. Il sistema di governo societario dell’impresa di assicurazione. I controlli interni per la gestione dei rischi. – 3. L’impresa di assicurazione e il fenomeno del gruppo. Le attività di controllo e gestione dei rischi del gruppo. – 4. (Segue) L’impresa di assicurazione e il fenomeno del gruppo. La disciplina delle partecipazioni sociali: A) La disciplina dell’acquisto di partecipazioni di controllo o qualificate in imprese di assicurazione. – 5. (Segue) B) I requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza degli esponenti aziendali e dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali. Il divieto per gli organi sociali di assumere cariche in imprese concorrenti. – 6. (Segue) L’impresa di assicurazione e il fenomeno del gruppo. La disciplina delle partecipazioni sociali: C) La disciplina dell’acquisto di partecipazioni da parte di imprese di assicurazione in altre imprese. – 7. I conglomerati finanziari. – 8. L’impresa di assicurazione ed i rami dell’attività assicurativa.

§ 1. L’impresa di assicurazione nel sistema del diritto dell’impresa. La «struttura» societaria dell’impresa di assicurazione Come noto il diritto generale dell’impresa è contenuto nel libro V del codice civile. Alcune norme disciplinano l’impresa in generale; altre, più in particolare, l’impresa commerciale in senso lato (e cioè sia quella industriale che di intermediazione) e l’impresa agricola; altre infine, (e sono le più numerose) le forme di esercizio collettivo dell’impresa: e cioè le società. Altre norme trovano collocazione in parte nel codice civile e in parte in leggi speciali (ad esempio: la disciplina dei marchi e dei brevetti o quella sulla concorrenza); altre ancora totalmente in leggi speciali, come la disciplina delle procedure concorsuali. È evidente che l’attività dell’assicuratore costituisce attività di impresa: ciò che, del resto, si è fin qui postulato.

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Ed infatti l’attività dell’assicuratore rientra perfettamente nei canoni contemplati dall’art. 2082 c.c., che, attraverso la definizione di imprenditore, definisce giuridicamente l’impresa («È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi»). In particolare: – l’attività assicurativa è sicuramente attività svolta «professionalmente», e cioè non occasionalmente; sul punto ci siamo già soffermati lungamente: non è assicuratore chi pone in essere sporadici atti aventi l’aspetto formale del contratto di assicurazione, né tali atti possono definirsi contratti di assicurazione; – è attività «economica», in quanto produttiva di «nuova ricchezza» attraverso l’impiego dei fattori della produzione (lavoro e capitale); – è sicuramente attività «organizzata»: anche sotto questo profilo si è già ampiamente rilevato che l’attività dell’assicuratore è attività che comporta una particolare organizzazione tecnico-finanziaria; – infine l’attività assicurativa è finalizzata alla «produzione di un servizio»: il servizio assicurativo; e, cioè, quanto abbiamo definito, in senso lato, la neutralizzazione di un rischio ipoteticamente incombente sull’assicurato. Quanto alla professionalità va rilevato che la tesi dominante è nel senso che il concetto non implichi necessariamente un fine lucrativo in capo all’imprenditore. In altri termini può aversi impresa anche se l’imprenditore non persegue fini speculativi (ad esempio lo Stato od un ente benefico) purché si realizzi un equilibrio tra costi e ricavi. La questione nel nostro campo è irrilevante, poiché non è ipotizzabile un’impresa di assicurazione che non miri ad un utile di bilancio. Essa può riguardare semmai le assicurazioni sociali; ma qui l’ente assicurativo non è impresa e pertanto il problema non si pone neppure. Ad ogni modo è lo stesso legislatore che ricomprende l’attività assicurativa tra le imprese e, precisamente, tra le imprese commerciali in senso lato (art. 2195, n. 4, c.c.). In particolare si tratta di attività industriale, e cioè di attività «diretta alla produzione di servizi» (art. 2195, comma 1, c.c.). Gli agenti e i mediatori (brokers) assicurativi svolgono invece un’attività rientrante nelle attività «ausiliarie» delle attività commerciali e industriali (art. 2195, n. 5, c.c.) e, pertanto, sono anch’essi, se la loro attività è organizzata secondo i dettami dell’art. 2082 c.c., ovvero in forma societaria, imprenditori commerciali.

La conseguenza è che l’impresa di assicurazione è soggetta a tutte le norme generali previste per le imprese commerciali, se non derogate dalle norme speciali in materia di assicurazioni. Così, ad esempio, in materia di rap-

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porti di lavoro, di obbligo di registrazione nel registro delle imprese, di tenuta della contabilità di base e di rappresentanza dell’imprenditore, in materia di concorrenza, di marchi, ecc. La particolarità è che non ogni soggetto può esercitare un’impresa assicurativa. La legge (artt. 1883-1884 c.c. e art. 14, comma 1, lett. a), c.a.) impone obbligatoriamente la forma della società per azioni o della società cooperativa per azioni o della mutua assicuratrice le cui quote siano rappresentate da azioni, o della società europea, salvo che non si tratti di un ente pubblico appositamente creato con legge dello Stato. Ciò vuol dire che né le persone fisiche, né le società di persone (società in nome collettivo e in accomandita semplice), né le società a responsabilità limitata o in accomandita per azioni possono esercitare attività assicurativa. La ratio della limitazione sta nella necessità di circoscrivere il settore a quei soli enti che, per loro natura, possono sopportare una organizzazione tecnico-giuridica complessa quale è quella che necessita all’impresa di assicurazione, ovvero favorire forme mutualistiche di assicurazione. A) La società per azioni costituisce il prototipo della grande impresa industriale e commerciale. La caratteristica peculiare di questo tipo di società consiste, oltre che nell’attribuzione della personalità giuridica, nella divisione del capitale in azioni e la loro rappresentazione in titoli idonei alla circolazione (ovvero dematerializzati se quotata in borsa). La sua struttura permette pertanto il frazionamento infinitesimale del capitale sociale e la sua collocazione presso i risparmiatori attraverso il mercato borsistico; alla società per azioni è permesso altresì di raccogliere capitali tra i risparmiatori o tra investitori istituzionali con operazioni finanziarie in varie forme, anche combinate con diritti partecipativi (obbligazioni e strumenti finanziari anche partecipativi). Qualora la società sia quotata in borsa, alle norme sulla vigilanza sull’attività assicurativa, si aggiungeranno quelle sulla vigilanza da parte della CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa). La disciplina della società per azioni si distingue inoltre per l’estrema attenzione da parte del legislatore riguardo la formazione e l’integrità del capitale sociale e per la correlativa minuziosa disciplina del bilancio sociale. Questo tipo di società si distingue infine per avere tre diversi sistemi di amministrazione e controllo a scelta dei fondatori: – il sistema tradizionale, fondato su un consiglio di amministrazione, che svolge le funzioni di gestione della società, e un collegio sindacale (ed un revisore), che svolge le funzioni di controllo sulla gestione, mentre, nelle imprese di assicurazione, il controllo contabile deve essere affidato ad una società di revisione;

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– il sistema dualistico, basato su un consiglio di gestione, un consiglio di sorveglianza, con la funzione di controllo sulla gestione, mentre, nelle imprese di assicurazione, il controllo contabile deve essere affidato sempre ad una società di revisione; – il sistema monistico, basato su un consiglio di amministrazione, un comitato per il controllo sulla gestione, con la funzione di controllo sulla gestione, mentre, nelle imprese di assicurazione, il controllo contabile deve essere affidato sempre ad una società di revisione. B) Anche le società cooperative sono dotate di personalità giuridica ma, al contrario delle società per azioni, dispongono di un capitale variabile a seconda del numero dei soci. L’ingresso di nuovi soci comporta infatti una modificazione del capitale sociale in virtù dei nuovi apporti, ma non dell’atto costitutivo (c.d. «principio della porta aperta»). Inoltre la società cooperativa, in ossequio al principio mutualistico, deve tendenzialmente operare esclusivamente o prevalentemente nei confronti dei propri soci con l’offerta dei beni o servizi prodotti a prezzo di costo, e cioè con l’eliminazione del terzo intermediario speculatore (cooperative a mutualità prevalente). Tuttavia, nelle cooperative che offrono beni e servizi anche a terzi senza limitazione alcuna, lo stesso risultato può essere raggiunto facendo pagare ai soci lo stesso prezzo di mercato pagato dai terzi, rimborsandoli poi attraverso la distribuzione di somme a fine esercizio, nella misura del maggior esborso sopportato, rimborso che assume la denominazione di ristorno (cooperative non a mutualità prevalente). Pertanto, in campo assicurativo, la cooperativa potrà stipulare contratti di assicurazione solo con i propri soci ovvero anche con terzi. Le cooperative che svolgono attività assicurativa devono necessariamente avere le quote di partecipazione rappresentate da azioni (art. 14, comma 1, lett. a, c.a.). Infine, anche per le cooperative sono previsti i tre tipi di amministrazione e controllo previsti per le società per azioni. In realtà le imprese di assicurazione costituite in forma di cooperativa sono in numero estremamente esiguo. C) La società di mutua assicurazione (o mutua assicuratrice) è anch’essa una società di tipo mutualistico. La differenza sostanziale con la società cooperativa (di cui ne assorbe la disciplina) è che, con la stipula del contratto di assicurazione, l’assicurato diviene automaticamente socio e, con la perdita della posizione di assicurato, perde la qualifica di socio (art. 2546 c.c.). Non è possibile pertanto che la società stipuli con terzi non soci. È invece possibile che vi siano soci non assicurati (c.d. soci sovventori, art. 2548 c.c.) i quali contribuiscono alla formazione del fondo di garanzia e possono votare in assemblea.

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Anche le mutue assicuratrici devono necessariamente avere le quote di partecipazione rappresentate da azioni (art. 14, comma 1, lett. a, c.a.). In Italia esistono due sole importanti mutue assicuratrici: la Reale Mutua di Assicurazione e la ITAS. Infatti questo tipo di società, pur di origini antiche, giustificata dal naturale meccanismo mutualistico che è alla base dell’operazione assicurativa, è quasi assente nel panorama italiano. Ciononostante la loro disciplina è molto articolata (artt. 52-56 c.a.). La legge distingue le mutue di piccole dimensioni da quelle di maggiori dimensioni. Le prime – definite «Particolari mutue assicuratrici» (art. 52 c.a.) – sono quelle che: – se esercitano i rami vita, devono prevedere nello statuto la possibilità di esigere contributi supplementari, o di ridurre le prestazioni, e riscuotere contributi annui non superiori a cinquecentomila euro; – se esercitano i rami danni devono prevedere nello statuto la possibilità di esigere contributi supplementari e riscuotere contributi annui non superiori ad un milione di euro, provenienti per almeno la metà dai soci (art. 53, commi 2-3, c.a.). Queste mutue possono esercitare attività assicurativa nel solo territorio italiano, ma sono esonerate dall’applicazione delle norme in tema di requisiti per ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa (artt. 13-22 c.a.). Sono iscritte in apposita sezione dell’albo delle imprese di assicurazione rubricata «particolari mutue assicuratrici». Sono altresì esonerate da gran parte delle norme sull’esercizio dell’attività (art. 56 c.a.). Possono esercitare solo alcuni rami vita o danni (art. 53 c.a.). Attualmente non risultano iscritte imprese in questa sezione. Le seconde sono quelle che superano l’ammontare dei contributi annui sopraelencati (ovvero li hanno superati per tre esercizi consecutivi) e non contengono le previsioni statutarie illustrate. Sono soggette alla integrale disciplina sulle imprese di assicurazione e, se hanno superato i limiti per tre esercizi consecutivi, devono chiedere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa. Teoricamente vi sono due tipi di mutua assicuratrice: a ripartizione o a quota fissa (o a contribuzione). Nelle prime i soci si obbligano a far fronte pro quota alle indennità nel momento in cui si verificano i sinistri. Questo tipo di mutua è vietato dalla legge per l’evidente inaffidabilità della prestazione assicurativa (art. 12, comma 1, c.a.). Nelle seconde invece i contributi dei soci assicurati e di eventuali soci sovventori costituiscono un fondo sociale con il quale vengono pagate le indennità. Dalle mutue assicuratrici vanno distinte le società di mutuo soccorso (legge 15 aprile 1886, n. 3818) le quali sono peraltro soggette alle norme del titolo IV del codice delle assicurazioni (che disciplina le mutue assicuratrici) solo se

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contraggono impegni al pagamento a favore degli iscritti di rendite o capitali superiori ad euro centomila per esercizio (art. 345, comma 1, lett. f e comma 3, c.a.). Vanno altresì distinte le associazioni agrarie di mutua assicurazione, le quali sono anch’esse sottratte alla disciplina del codice delle assicurazioni (art. 345, comma 1, lett. g, c.a.). Trattasi comunque in entrambi i casi di fenomeno assolutamente marginale e in disuso. D) La società europea introdotta con Regolamento CE n. 2157/2001, entrato in vigore nell’ottobre 2004. Si tratta di un tipo di società la cui funzione è quella di offrire l’opportunità, alle imprese che operano in più Stati membri, di costituire un tipo di società universalmente adottato da tutti gli Stati membri, e, quindi, senza problematiche legate al riconoscimento del tipo di uno Stato membro da parte di altri Stati membri. La sua utilizzazione è infatti limitata ad ipotesi di operatività in più Stati, con la conseguenza che non può essere adottata nel caso si voglia operare in un solo Stato membro. La costituzione è pertanto ammessa solo in caso: 1) di costituzione per fusione di più società per azioni operanti in diversi Stati membri; 2) di costituzione di una società europea holding da parte di più società operanti in diversi Stati membri al fine di sottoporsi ad una direzione unitaria; 3) di più enti (anche non societari) che costituiscono una società controllata in comune (società europea affiliata); 4) di una società europea che costituisce una società europea affiliata; 5) di trasformazione di una società per azioni che da almeno due anni controlla una società soggetta alla legge di un altro Stato membro. La società europea può essere costituita secondo uno dei tre sistemi di amministrazione e controllo previsti per la società per azioni ma deve garantire il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione dell’impresa (d.lgs. 19 agosto 2005, n. 188). Quanto alle società estere, di esse tratteremo in sede di analisi della disciplina sull’esercizio dell’attività assicurativa. Sino alla fine degli anni ‘80 del secolo scorso era presente sul mercato assicurativo anche lo Stato attraverso enti di diritto pubblico. Agli inizi degli anni ‘90 il processo di privatizzazione delle imprese pubbliche ha però coinvolto anche il settore assicurativo, mutando completamente il ruolo che lo Stato vi svolgeva. L’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA), ente di diritto pubblico e tra le maggiori imprese nazionali operanti nel ramo vita, e – per mezzo della controllata Assitalia – operante nel ramo danni, è stato «privatizzato» attraverso la trasformazione in società per azioni (d.l. 11 luglio 1992, n. 333 conv. in legge 8 agosto 1992, n. 359). Il processo di privatizzazione si è concluso con la dismissione del pacchetto azionario detenuto dal Ministero del Tesoro. INA e Assitalia entrarono così a far parte del gruppo Generali, con la quale successivamente si fusero, determinando la nascita di Generali Italia s.p.a.

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Alla privatizzazione dell’INA è seguita l’abolizione dell’obbligo della cessione legale di una quota dei rischi assunti dalle imprese operanti nel ramo vita (d.lgs. 23 dicembre 1992, n. 515, art. 27 che ha abolito l’obbligo per i contratti conclusi successivamente al 20 maggio 1993; l’obbligo è stato poi abolito anche per i contratti precedenti dal d.l. 23 maggio 1994, n. 301 conv. in legge 23 giugno 1994, n. 403). Trattavasi di un vetusto istituto mirante a realizzare una maggiore garanzia di solvibilità nei confronti degli assicurati. Le attività a copertura degli impegni derivanti dalle cessioni legali sono state trasferite alla CONSAP (Concessionaria per i Servizi Assicurativi Pubblici), società per azioni nata dalla scissione dell’INA. Alla medesima CONSAP è stata trasferita la gestione del Fondo di garanzia per le vittime della strada e del Fondo di garanzia per le vittime della caccia, precedentemente gestiti dall’INA.

Oggetto di privatizzazione è stata la SACE – Servizi Assicurativi per il Commercio Estero – trasformata in s.p.a. in virtù dell’art. 6 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326 (cfr. infra, Sez. II, Cap. XIII, § 4), la cui funzione è quella di rilasciare garanzie ovvero assicurare le imprese italiane relativamente ai rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio derivanti da operazioni con l’estero. Nata come Sezione speciale dell’INA (legge 24 maggio 1977, n. 227), e poi trasformata in Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero, (con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143 come modificato dal d.lgs. 27 maggio 1999, n. 170) la sua costituzione venne determinata essenzialmente dai gravi danni che, negli anni ‘70, molte imprese italiane subirono a causa dell’insolvenza, specie da parte di paesi medio-orientali, in relazione ad importanti commesse di appalto. È soggetta alle disposizioni del codice delle assicurazioni per le attività che non beneficiano della garanzia dello Stato (art. 345, comma 2, c.a.). È stata invece soppressa la SPORTASS – Cassa di Previdenza per l’Assicurazione degli Sportivi, ente pubblico costituito con r.d. 16 ottobre 1934, n. 2047. L’attività dell’ente era limitata agli iscritti alle federazioni sportive che fanno capo al CONI e riguardava gli infortuni e la responsabilità civile derivante dall’esercizio di attività sportive. La sua attività era sottratta alla disciplina del codice delle assicurazioni ai sensi dell’art. 345, comma 1, c.a. L’art. 28 del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito in legge 29 novembre 2007, n. 222, ha soppresso l’ente, trasferendo all’INPS tutti i rapporti relativi al ramo previdenziale, ed all’INAIL quelli relativi alle attività assicurative.

Va infine sottolineato che le imprese private di assicurazione, come ogni altra impresa commerciale in senso lato, in caso di insolvenza sono soggette a procedura concorsuale: in particolare, stante l’eccezionale rilievo so-

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cio-economico dell’attività, alla procedura di liquidazione coatta amministrativa (cfr. infra, Cap. V, § 6). Agenti e brokers sono soggetti invece alla disciplina generale del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, se la relativa attività assume le caratteristiche dell’impresa commerciale. Ma su tutto ciò ci soffermeremo più oltre.

§ 2. Il sistema di governo societario dell’impresa di assicurazione. I controlli interni per la gestione dei rischi Uno degli aspetti fondamentali che ha ispirato la riforma attuata dal d.lgs. n. 74/2015 – emanato in recepimento della direttiva europea 2009/138/CE (Solvency II) – riguarda l’assetto organizzativo interno dell’impresa di assicurazione. Ed infatti il sistema dei controlli negli ultimi anni è andato progressivamente a mutare da un tipo di controllo tradizionale, basato esclusivamente su un controllo esterno e diretto da parte dell’autorità nazionale di vigilanza, ad un controllo primariamente interno, attraverso organi e strutture previste dal legislatore e a ciò deputate dal management dell’impresa. Inoltre il sistema dei controlli viene sempre più allargato in un ambito europeo, ove il coordinamento delle autorità nazionali diviene un elemento strutturale che trova il suo apice nell’AEAP (Autorità Europea delle Assicurazioni e delle Pensioni Aziendali e Professionali) o, in inglese, EIOPA European Insurance and Occupational Pensions Authority). Così l’art. 30 del codice delle assicurazioni stabilisce che «L’impresa si dota di un efficace sistema di governo societario che consenta una gestione sana e prudente dell’attività. Il sistema di governo societario è proporzionato alla natura, alla portata e alla complessità delle attività dell’impresa». Segue un elenco di strutture di cui l’impresa si deve dotare e di attività da osservare. In particolare l’impresa deve dotarsi di: 1) un «sistema di gestione dei rischi», 2) un «sistema di controllo interno», 3) una «funzione di revisione interna» e 4) una «funzione attuariale». 1) Il sistema di gestione dei rischi (art. 30-bis c.a.) Si tratta di una struttura che ha il compito – unitamente agli organi di gestione e controllo con i quali interagisce – di «individuare, misurare, mo-

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nitorare, gestire e segnalare, su base continuativa, i rischi a livello individuale ed aggregato, ai quali l’impresa è o potrebbe essere esposta, nonché le interdipendenze tra i rischi». Va precisato che per «rischi» si intendono, non solo i tipici rischi assicurativi di cui abbiamo ampiamente parlato, e che sono oggetto del contratto di assicurazione, ma anche i tipici rischi economici cui è soggetto l’imprenditore e che possono derivare da situazioni di mercato o da situazioni derivanti dal contesto economico generale. Particolare attenzione deve essere riservata alle riserve tecniche ed alla loro costante congruità, nonché, più in generale, alla situazione di costante solvibilità dell’impresa (art. 30-ter). 2) Il «sistema di controllo interno» (art. 30-quater c.a.) Questa struttura ha la funzione di verificare che l’attività dell’impresa sia costantemente improntata al rispetto delle norme primarie e regolamentari, anche di origine comunitaria. Svolge altresì attività di consulenza nei confronti dell’organo amministrativo e valuta gli eventuali effetti di non conformità dell’attività alla disciplina applicabile. 3) La «funzione di revisione interna» (art. 30-quinquies c.a.) Questa struttura ha la funzione di valutare «l’adeguatezza e l’efficacia del sistema di controllo interno» e la corretta funzionalità degli organi societari. Deve riferire all’organo amministrativo i risultati delle indagini svolte e, in caso di disfunzioni, suggerire i rimedi. In quest’ultima ipotesi l’organo amministrativo deve attivarsi secondo le indicazioni ricevute. 4) La «funzione attuariale» (art. 30-sexies c.a.) Questa struttura – composta da un attuario iscritto nell’apposito albo, ovvero da un professionista in possesso di adeguate conoscenze ed esperienza – ha la funzione di verificare che il calcolo delle riserve tecniche sia conforme a metodologie e modelli adeguati. Inoltre collabora con la funzione di gestione dei rischi al fine di una esatta quantificazione prospettica dei medesimi. Poiché le funzioni appena esaminate costituiscono un costo non indifferente per le imprese, la legge prevede che possano essere «esternalizzate», ovvero affidate a consulenti o società di consulenza esterne (art. 30-septies). L’organo gestionale ha la responsabilità dell’osservanza delle norme legislative, regolamentari e delle norme europee direttamente applicabili (art. 29-bis). La disciplina appena esaminata va integrata con quella posta dal Regolamento IVASS 3 luglio 2018, n. 38 recante disposizioni in materia di si-

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stema di governo societario e con il Regolamento IVASS 9 novembre 2016, n. 32 il quale detta specifiche regole in materia di valutazione interna del rischio e della solvibilità dell’impresa e del gruppo. Una diversa funzione ha invece la disciplina di cui al d.lgs. 21 maggio 2018, n. 68 con l’introduzione nel codice delle assicurazioni del capo IIIbis del titolo primo, ed in particolare degli artt. 10-quater e 10-quinquies, i quali prevedono l’adozione, da parte delle imprese e degli intermediari assicurativi e riassicurativi, di procedure specifiche per la segnalazione al proprio interno, da parte del personale, di atti o fatti che possano costituire violazioni delle norme di cui al codice delle assicurazioni stesso. Tali violazioni sono poi oggetto di segnalazione all’IVASS.

§ 3. L’impresa di assicurazione e il fenomeno del gruppo. Le attività di controllo e gestione dei rischi del gruppo L’impresa di assicurazione, così come ogni altra impresa, specie se di grandi dimensioni, può avvertire l’esigenza di espandere la propria attività, anche diversificandola in diversi settori, attraverso l’acquisizione del controllo su altre imprese. È pertanto frequente che si venga a costituire un «gruppo» di imprese legate attraverso la detenzione di partecipazioni sociali. Il fenomeno è tipico dell’attuale sistema economico ed anzi, potremmo dire, fisiologico per la grande impresa. Le motivazioni possono essere molteplici: la necessità di combattere la concorrenza, acquisendo marchi divenuti famosi; ovvero di ampliare territorialmente l’attività; o di diversificare l’attività, inserendosi in settori collaterali o, addirittura, completamente diversi. Al fenomeno, come detto, non è estranea l’impresa di assicurazione, la quale, attraverso l’acquisizione di partecipazioni in altre imprese, può ampliare il proprio portafoglio, gestire altri rami, espandersi territorialmente anche all’estero, creare sinergie con imprese che svolgono importanti attività nel settore finanziario (ad es. banche). Queste operazioni, comportando l’impiego di risorse finanziarie in operazioni anche non strettamente inerenti l’oggetto sociale, possono peraltro presentare un margine di rischio – specie se la situazione di mercato evolve in modo diverso rispetto alle previsioni – aggiungendo al tipico rischio di impresa i rischi cui sono soggette le imprese partecipate. Nell’ottica di un sistema soggetto a vigilanza, quale quello assicurativo, è evidente che il legislatore ha avvertito la necessità di porre limiti e con-

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trolli sul fenomeno tendenti a scongiurare, per quanto possibile, crisi finanziarie estranee al tipico rischio assicurativo. La problematica è essenzialmente di due tipi. Da un lato vi è la necessità che le operazioni di acquisizione di partecipazioni da parte di imprese di assicurazione in altre imprese ovvero da parte di terzi in imprese di assicurazione avvengano nel rispetto della massima trasparenza. Ciò al fine di evitare, nel primo caso, che l’impresa di assicurazione possa trovarsi in difficoltà finanziarie a causa del coinvolgimento in attività di altre imprese assicurative o, addirittura, di imprese che svolgono attività differenti. Nel secondo caso di evitare che chi acquista partecipazioni in imprese di assicurazione sia un soggetto od un gruppo inaffidabile. D’altro canto vi è la necessità di verificare che i «fondi propri» (e cioè quella parte di patrimonio non destinata a fare fronte alle obbligazioni assunte dall’impresa, concetto questo molto vicino a quello di patrimonio netto) siano sufficientemente capienti per procedere all’acquisizione delle imprese partecipate. Sul tema è intervenuta la riforma del codice delle assicurazioni del 2015 la quale ha sostituito il concetto di «gruppo assicurativo» con quello di «gruppo», intendendosi quindi disciplinare qualsiasi gruppo del quale faccia parte anche una sola impresa di assicurazione o riassicurazione con sede in Italia. Alla nozione di «impresa capogruppo» si è sostituita quella di «ultima società controllante italiana», con ciò volendosi escludere le società estere del gruppo che non sono sotto il controllo di un’impresa italiana. L’attuale normativa impone una disciplina analoga a quella prevista per le singole imprese di assicurazione in ordine al sistema di governo societario (del gruppo) (art. 215-bis) e di valutazione interna del rischio e della solvibilità (del gruppo) (art. 215-ter e Regol. IVASS 19 gennaio 2016, n. 17). Inoltre sono specificamente previste norme dirette al monitoraggio e controllo delle operazioni infragruppo (art. 215-quinquies) ed al calcolo della solvibilità di gruppo (art. 216-ter). Il Regolamento IVASS 22 dicembre 2015, n. 10 prevede disposizioni dettagliate in ordine alla identificazione del tipo di partecipazione (partecipazioni per possesso azionario e per esercizio di un’influenza notevole o dominante, partecipazioni strategiche, partecipazioni consistenti, ecc.). Inoltre si vuole che L’Istituto di vigilanza, nel caso di più imprese riunite in un gruppo, abbia un unico interlocutore (l’ultima società control-

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lante italiana) con il quale dialogare ed attraverso il quale fornire indicazioni destinate anche alle altre società del gruppo (cfr. artt. 216-octies e novies). L’intera materia è dettagliatamente disciplinata dal Regolamento IVASS 1° giugno 2016, n. 22.

§ 4. (Segue) L’impresa di assicurazione e il fenomeno del gruppo. La disciplina delle partecipazioni sociali: A) La disciplina dell’acquisto di partecipazioni di controllo o qualificate in imprese di assicurazione La disciplina delle partecipazioni è invece dettata, come detto, dalla esigenza di evitare che partecipazioni da parte di imprese di assicurazione in altre imprese, ovvero di soggetti terzi in imprese di assicurazione possano pregiudicare la solidità patrimoniale dell’impresa di assicurazione. La disciplina è dettata dagli artt. 68-81 c.a., i quali regolano: 1) l’acquisto di partecipazioni «in» imprese di assicurazione; 2) l’acquisto di partecipazioni «da parte di» imprese di assicurazione in altre imprese. Per quanto riguarda il primo aspetto (acquisto di partecipazioni da parte di terzi in imprese di assicurazione o riassicurazione), la legge (art. 68 c.a.) prevede la preventiva autorizzazione, da parte dell’IVASS, dell’acquisizione, anche attraverso società controllate, fiduciarie o per interposta persona, ed anche a titolo temporaneo (ad esempio a titolo di pegno, usufrutto, deposito o in virtù di un contratto di riporto) (art. 73 c.a.), di «partecipazioni che comportino il controllo o l’acquisizione di una partecipazione qualificata», in una impresa assicurativa (o riassicurativa) (art. 68, comma 1, c.a.). Lo stesso obbligo è previsto per ogni variazione della partecipazione qualora essa raggiunga il 20 o il 30 o il 50% del capitale e, comunque, quando comporti il controllo dell’impresa (art. 68, comma 2, c.a.). Se l’impresa partecipata è quotata in borsa, vi è l’ulteriore obbligo di comunicazione dell’acquisto della partecipazione alla CONSOB, se questa supera il 2% del capitale (art. 120, d.lgs. n. 58/1998). Ai fini dell’applicazione della disposizione in esame si computano solo le azioni aventi diritto di voto. L’autorizzazione è necessaria anche in caso di acquisto del controllo di una società che detiene la partecipazione in discorso e, comunque, in ogni caso di acquisto (anche indiretto) del controllo su un’impresa di assicurazione (art. 68, comma 3, c.a.). In ordine alle modalità di richiesta dell’autorizzazione dispone il Regolamento IVASS 22 dicembre 2015, n. 10.

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Si ha partecipazione di «controllo» (art. 72 c.a.): – nei casi previsti dall’art. 2359 c.c., anche se riferiti a soggetti diversi da società, e cioè quando il soggetto controllante dispone della maggioranza dei voti della partecipata (controllo di diritto), o comunque di un numero di voti tale da esercitare un’influenza dominante in assemblea, ovvero quando è in grado di determinare l’azione di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali (controllo di fatto); – in presenza di clausole statutarie o di accordi che abbiano per oggetto o per effetto il potere da parte di un soggetto di esercitare un’attività di direzione e coordinamento; – quando sussiste, salvo prova contraria, una situazione di «influenza dominante», determinata da: – un accordo sulla base del quale si può esercitare il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei componenti l’organo amministrativo o dei membri del consiglio di sorveglianza (trattandosi di patto parasociale, il medesimo sarà soggetto alla disciplina di cui agli artt. 2341-bis e ter c.c. e 122-123 TUIF); – possesso di partecipazioni che consentano di nominare o revocare la maggioranza dei componenti l’organo amministrativo o dei membri del consiglio di sorveglianza; – la sussistenza di rapporti tra soci che consentano comunque di determinare la gestione della società o la trasmissione di utili e perdite (anche in questo caso attraverso patti parasociali); – l’assoggettamento, anche in virtù della composizione degli organi amministrativi (e cioè gli amministratori della controllante e della controllata sono i medesimi soggetti), a direzione comune.

L’autorizzazione è rilasciata se ricorrono le condizioni necessarie per garantire una «sana e prudente gestione» dell’impresa di assicurazione, avuto riguardo alla stabilità e all’efficienza dell’impresa e alla protezione degli assicurati. L’IVASS si deve pronunciare entro 60 giorni dalla presentazione della domanda e l’autorizzazione si intende concessa se non si pronuncia entro tale termine (principio del silenzio-assenso) (art. 68, comma 5, c.a.). Tuttavia l’IVASS può domandare al richiedente informazioni o documenti e, se trattasi di società, l’identità dei soci, ed agli amministratori l’identità dei soggetti controllanti. Se l’IVASS si avvale di tale facoltà, il termine è interrotto e ricomincia a decorrere dal ricevimento delle informazioni chieste. Il procedimento deve comunque chiudersi entro 120 giorni (art. 68, comma 5, c.a.). Nel caso non ricorrano i presupposti, l’IVASS può negare l’autorizzazione, così come può in qualunque momento sospenderla o revocarla nel ca-

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so in cui un mutamento nel soggetto partecipante renda necessario il provvedimento. Tutti questi provvedimenti devono essere motivati, comunicati al richiedente ed all’impresa e pubblicati sul bollettino IVASS (art. 68, comma 8, c.a.). Contro i provvedimenti dell’IVASS è possibile presentare ricorso giurisdizionale dinanzi al TAR del Lazio. Pertanto, chiunque intenda assumere una partecipazione per la quale è richiesta l’autorizzazione ha l’obbligo di darne preventiva comunicazione all’IVASS ai fini della concessione dell’autorizzazione; se l’acquisizione è fatta attraverso società fiduciaria, quest’ultima deve comunicare all’IVASS i nominativi dei soggetti per conto dei quali opera l’acquisizione (art. 69, commi 1-2, c.a.). Ugualmente devono essere comunicati all’IVASS gli accordi che abbiano per oggetto l’esercizio congiunto del diritto di voto (patti parasociali, sindacati di voto) nell’impresa di assicurazione ovvero nella società che la controlla entro 5 giorni dalla stipulazione, o, comunque, dal momento della sua efficacia (art. 70 c.a.). La comunicazione deve essere effettuata dai partecipanti all’accordo o dagli amministratori della società cui si riferisce. Se la società è quotata in borsa, l’accordo deve essere entro 5 giorni: comunicato alla CONSOB, pubblicato per estratto sulla stampa quotidiana, e depositato presso il registro delle imprese; in difetto di quest’ultime prescrizioni l’accordo è nullo (art. 122 TUIF). L’IVASS può comunque chiedere ulteriori informazione e documenti. Se dall’accordo deriva una concentrazione di voto tale da pregiudicare la sana e prudente gestione dell’impresa di assicurazione, può sospendere il diritto di voto dei partecipanti all’accordo. Inoltre può, in qualunque momento, chiedere alle imprese assicurative ed alle società che ne detengono partecipazioni, l’identità dei soggetti controllanti e, al fine di conoscere i rapporti con società controllanti, controllate e collegate, chiedere informazioni e procedere ad accertamenti. Può infine chiedere alle società fiduciarie o di intermediazione mobiliare informazioni sulle operazioni su titoli di imprese di assicurazione e riassicurazione (art. 71 c.a.). Se sono interessate società quotate in borsa, le informazioni vengono trasmesse alla CONSOB, alla quale l’IVAS può chiedere assistenza per effettuare le indagini necessarie. Qualora non sia stata concessa l’autorizzazione, ovvero in caso di revoca o sospensione della stessa, i diritti di voto (ed altri diritti che consentono di influire sull’impresa), inerenti tali partecipazioni, non possono essere esercitati. In caso di inosservanza del divieto, la deliberazione (o il diverso atto anche non assembleare) è impugnabile (ex art. 2377 c.c.) anche dall’IVASS

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(nel maggior termine di sei mesi) (art. 74 c.a.). Nel caso di diniego o di revoca dell’autorizzazione le relative partecipazioni devono essere alienate entro il termine stabilito dall’Istituto (art. 74, comma 3, c.a.). Gli obblighi sin qui descritti hanno lo scopo di evitare che la proprietà, e quindi la gestione, dell’impresa assicurativa venga a cadere in mano a soggetti che non presentano i requisiti morali e finanziari idonei a garantire un regolare e proficuo svolgimento dell’attività assicurativa; ovvero che l’impresa di assicurazione venga ad essere inserita nell’ambito di un gruppo che può perseguire strategie non confacenti l’interesse pubblico che sottintende l’attività assicurativa. A tal fine la legge prevede che l’IVASS possa chiedere, ai soggetti titolari della partecipazione di controllo o qualificata in impresa assicurativa, un «protocollo di autonomia» (art. 75 c.a.), e cioè una dichiarazione contenente informazioni, condizioni e impegni comprovanti la volontà di assicurare all’impresa autonomia di gestione. In caso di rifiuto o di dichiarazioni false, può sospendere il diritto di voto. Va infine rilevato che l’omissione delle comunicazioni relative all’acquisto di partecipazioni in imprese di assicurazione è punita con sanzioni pecuniarie (art. 311 c.a.).

§ 5. (Segue) B) I requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza degli esponenti aziendali e dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali. Il divieto per gli organi sociali di assumere cariche in imprese concorrenti Per gli stessi motivi di tutela della sana e prudente gestione dell’impresa assicurativa, la legge (art. 77 c.a.) impone che i soggetti titolari di partecipazioni di controllo o qualificate siano in possesso di opportuni «requisiti di onorabilità» stabiliti dal decreto MiSE 11 novembre 2011, n. 220 (art. 5). In caso di mancanza dei requisiti, i diritti di voto (ed altri diritti che consentono di influire sull’impresa), eccedenti il suddetto limite non possono essere esercitati. In caso di inosservanza del divieto, la deliberazione (o il diverso atto anche non assembleare) è impugnabile (ex art. 2377 c.c.) anche dall’IVASS (nel maggior termine di sei mesi), qualora il voto relativo alla partecipazione in discorso sia stato determinante (art. 77, comma 3, c.a.). La partecipazione eccedente il suddetto limite deve essere alienata entro il termine stabilito dall’IVASS (art. 77, comma 4, c.a.).

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Per gli esponenti aziendali, e cioè coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo (amministratori, sindaci, membri del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza, del comitato per il controllo sulla gestione, direttori generali) e comunque per coloro che esercitano funzioni fondamentali in imprese di assicurazione, la legge prescrive il possesso, non solo del requisito di onorabilità, ma, stante le funzioni gestorie o di controllo, anche di «requisiti di professionalità ed indipendenza» (art. 76 c.a.) stabiliti sempre dal decreto MiSE 11 novembre 2011, n. 220 (artt. 3 e 6). L’impresa deve dimostrare all’IVASS che i suddetti esponenti siano in possesso dei citati requisiti (art. 77, comma 1-bis, c.a.). Il difetto dei requisiti, iniziale o sopravvenuto, determina la decadenza dall’ufficio (art. 76, comma 2, c.a.). Tale decadenza è dichiarata dal consiglio di amministrazione (o dal consiglio di sorveglianza o dal consiglio di gestione nel caso di sistema dualistico) entro 30 giorni. L’art. 36 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214) stabilisce il divieto per i titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti. A sua volta il Regolamento 18 giugno 2012, n. 42 disciplina il procedimento per la dichiarazione da parte dell’IVASS della decadenza nei confronti dei titolari delle cariche di cui al d.l. n. 201/2011 i quali non abbiano rimosso l’incompatibilità prevista dal detto d.l. attraverso l’opzione di cui al comma 2-bis del medesimo d.l. e in relazione ai quali la decadenza non sia stata dichiarata, nei termini di legge, dagli organi competenti delle imprese di assicurazione e riassicurazione interessate (procedimento Interloking).

§ 6. (Segue) L’impresa di assicurazione e il fenomeno del gruppo. La disciplina delle partecipazioni sociali: C) La disciplina dell’acquisto di partecipazioni da parte di imprese di assicurazione in altre imprese Quanto al secondo aspetto della disciplina (acquisto di partecipazioni da parte di imprese assicurative in altre imprese), il principio generale è che l’impresa di assicurazione può assumere partecipazioni di controllo in altre imprese anche qualora svolgano attività diversa dall’attività assicurativa (art. 79 c.a.). Tuttavia se la partecipazione di controllo riguarda un’impresa che svol-

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ge attività diversa da quella assicurativa, è necessaria la preventiva autorizzazione da parte dell’IVASS (art. 79, comma 3, c.a.). L’IVASS può condizionare o negare l’autorizzazione all’acquisto della partecipazione se l’operazione è in contrasto con il principio di sana e prudente gestione dell’impresa di assicurazione o ne possa derivare un pericolo per la stabilità della stessa. Più in particolare l’assunzione della partecipazione deve essere valutata dall’Istituto di vigilanza nel senso che da essa non deve derivare un pericolo per la stabilità dell’impresa o del gruppo assicurativo, avuto riguardo specialmente alla natura ed all’andamento dell’attività svolta dalla società partecipata, alla dimensione dell’investimento in relazione al patrimonio dell’impresa, all’esigenza di diversificazione e dispersione degli investimenti tale da garantire un adeguato livello di sicurezza, qualità, liquidità e redditività degli stessi (art. 4 Regol. ISVAP 4 agosto 2008, n. 26). L’IVASS disciplina con regolamento le condizioni ed i criteri per individuare le operazioni di assunzione di partecipazioni soggette a comunicazione preventiva ovvero sottoposte ad autorizzazione preventiva (artt. 12-19 Regol. 22 dicembre 2015, n. 10). Tali condizioni e criteri devono tenere conto della circostanza che la partecipazioni assunta, anche unitamente ad altra già posseduta, risulti consistente in base al patrimonio netto o al totale degli investimenti dell’impresa di assicurazione o di riassicurazione ovvero rispetto all’entità dei diritti di voto o alla rilevanza degli altri diritti che consentono di influire sulla società partecipata (art. 79, comma 3-ter, c.a.).

Contro i provvedimenti dell’IVASS è possibile presentare ricorso giurisdizionale dinanzi al TAR del Lazio. Questa disciplina si applica anche nel caso in cui la partecipazione riguardi imprese di assicurazione o riassicurazione estere (art. 79, comma 4, c.a.). Qualora invece la partecipazione di controllo riguardi un’impresa che svolge attività strumentale o connessa all’attività assicurativa (ad esempio attività bancaria), l’Istituto può chiedere che ciò risulti da un programma di attività (art. 79, comma 2, c.a.). L’intenzione di acquisire una partecipazione che determini il controllo di altra società, diversa dalle imprese strumentali deve essere autorizzata dall’IVASS (art. 8 Regol. n. 26/2008). Se invece l’intenzione è di acquisire una partecipazione «consistente» in altre società o una partecipazioni di controllo in imprese strumentali è necessario inviare all’IVASS un’informativa in forma scritta, prima del perfezionamento dell’operazione (art. 14 Regol. n. 26/2008).

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Il concetto di «consistenza», come pure presupposti, modalità e termini della comunicazione sono individuati dall’IVASS con il citato Regolamento n. 26/2008. Per partecipazioni consistenti si devono intendere quelle partecipazioni che, da sole o unitamente ad altre già detenute, direttamente o indirettamente, dall’impresa partecipante risultano pari o superiori al cinque per cento del capitale sociale della società partecipata oppure al cinque per cento del patrimonio netto dell’impresa partecipante, come risultante dall’ultimo bilancio approvato. Nel caso di partecipazione detenuta tramite società controllata, il valore della partecipazione da rapportare al patrimonio netto dell’impresa partecipante è ponderato per l’interessenza complessiva del partecipante indiretto nel partecipante diretto; per le imprese partecipanti che redigono un bilancio consolidato, il valore della partecipazione si rapporta al patrimonio netto di pertinenza del gruppo, come risultante dall’ultimo bilancio consolidato approvato. Sono in ogni caso considerate partecipazioni consistenti le partecipazioni che consentono l’esercizio di un’influenza notevole sull’impresa partecipata.

Qualora dall’acquisto della partecipazione derivi un pericolo per la stabilità dell’impresa di assicurazione (per tipo di attività svolta dalla partecipata o per le dimensioni dell’investimento necessario), l’IVASS ordina la sua dismissione ovvero la riduzione (anche al di sotto del limite di controllo), assegnando un termine congruo che non pregiudichi l’impresa assicurativa (nel senso che non sia obbligata a «svendere» la partecipazione con riflessi economici negativi). Se l’impresa non ottempera a tale ordine, l’Istituto nomina un commissario ai sensi degli artt. 229 o 230 (sul tema cfr. infra, Cap. V, §§ 2 e 4) al fine di provvedere alla dismissione o alla riduzione della partecipazione, ovvero, se ricorrono i presupposti, propone al Ministero la messa in amministrazione straordinaria dell’impresa (sul tema cfr. infra, Cap. V, § 3) o, addirittura, la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa (art. 81, comma 3, c.a.). Revoca da ritenersi atto dovuto da parte del Ministero, trattandosi di violazione di divieto di legge. In ogni caso, la mancata ottemperanza all’ordine dell’Istituto di vigilanza comporta la decurtazione di pari importo dai fondi propri a copertura del requisito patrimoniale di solvibilità dell’impresa di assicurazione o di riassicurazione (sul requisito patrimoniale di solvibilità cfr. infra, Cap. III, § 8). L’acquisto di partecipazioni da parte di impresa di assicurazione comporta automaticamente l’obbligo della redazione del bilancio consolidato di gruppo (art. 95 c.a.).

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Le norme esaminate si applicano anche alle imprese di partecipazione assicurativa con sede legale in Italia ed alle imprese di partecipazione finanziaria mista con sede legale in Italia a capo di un conglomerato (art. 3 Regol. ISVAP n. 26/2008). Va infine rilevato che l’omissione delle comunicazioni relative all’acquisto di partecipazioni da parte di imprese di assicurazione in altre imprese è punita con sanzioni pecuniarie (art. 311 c.a.).

§ 7. I conglomerati finanziari Il conglomerato finanziario (d.lgs. 30 maggio 2005, n. 142) è un gruppo caratterizzato dalla contemporanea presenza di imprese di assicurazione e di banche o di altre imprese operanti nel settore finanziario o nei servizi di investimento (art. 3, d.lgs. n. 142/2005) 1. 1 In realtà la nozione di conglomerato finanziario dettata dal comma 1 dell’art. 3 del d.lgs. n. 142/2005, ben più articolata e complessa, è la seguente: «Costituisce un conglomerato finanziario, qualsiasi gruppo, o sottogruppo di un gruppo, che soddisfi le seguenti condizioni: a) qualora a capo del gruppo vi sia un’impresa regolamentata: 1) questa sia un’impresa madre di un’altra impresa del settore finanziario, oppure un’impresa che detiene una partecipazione in altra impresa del settore finanziario, oppure un’impresa legata a un’impresa del settore finanziario da una relazione che comporti l’assoggettamento a direzione unitaria in virtù di accordi o clausole statutarie o in cui gli organi di amministrazione, direzione e controllo sono costituiti in maggioranza dalle stesse persone; 2) almeno una delle imprese del gruppo operi nel settore assicurativo e almeno una operi nel settore bancario o nel settore dei servizi di investimento; 3) le attività consolidate o aggregate delle imprese del gruppo che operano nel settore assicurativo e le attività consolidate o aggregate delle imprese che operano nel settore bancario e nel settore dei servizi d’investimento siano entrambe significative, ai sensi dei commi 3 e 4; a tali fini, il settore bancario e quello dei servizi di investimento sono considerati congiuntamente; b) qualora a capo del gruppo non vi sia un’impresa regolamentata: 1) le attività del gruppo si svolgano principalmente nel settore finanziario, ai sensi del comma 2; 2) almeno una delle imprese del gruppo operi nel settore assicurativo e almeno una operi nel settore bancario o nel settore dei servizi di investimento; 3) le attività consolidate o aggregate delle imprese del gruppo che operano nel settore assicurativo e le attività consolidate o aggregate delle imprese che operano nel settore bancario e nel settore dei servizi d’investimento siano entrambe significative, ai sensi dei com-

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Si tratta pertanto di gruppi di rilevante interesse economico caratterizzati dalla contemporanea presenza di attività finanziarie ed assicurative. La finalità della disciplina dei conglomerati finanziari è quella di salvaguardare la stabilità finanziaria del conglomerato e la prevenzione degli effetti destabilizzanti che possono essere provocati a causa delle difficoltà finanziarie delle imprese appartenenti al conglomerato finanziario. La vigilanza viene attuata attraverso l’assunzione, da parte delle c.d. imprese regolamentate (e cioè banche, istituti di moneta elettronica, assicurazioni e imprese di investimento) appartenenti al conglomerato, di una serie di doveri informativi in ordine alla adeguatezza patrimoniale del conglomerato, alla concentrazione dei rischi finanziari, alle operazioni infragruppo rilevanti. Tali imprese devono inoltre porre in essere adeguati meccanismi di controllo interno e procedure di gestione del rischio. Poiché del conglomerato finanziario possono far parte soggetti sottoposti a vigilanza da parte di diverse autorità, la legge individua una autorità alla quale è attribuita la funzione di «coordinatore». Il «coordinatore» (o autorità coordinatrice) ha la funzione di collegamento tra le autorità interessate, ricevendo e trasmettendo informazioni sulle imprese soggette a vigilanza. Con riferimento ai conglomerati composti da imprese aventi la sede principale nel territorio nazionale, le tre autorità di vigilanza interessate (Banca d’Italia, CONSOB e IVASS), in data 31 marzo 2006, hanno sottoscritto un «accordo di coordinamento» attraverso il quale vengono identificati i conglomerati finanziari e l’autorità coordinatrice per ciascuno di essi. A seconda dell’attività prevalente svolta dal conglomerato, esso può essere a prevalente attività bancaria o a prevalente attività assicurativa. Attualmente sono individuati 3 conglomerati finanziari; di questi, 1 opera prevalentemente nel settore bancario, e gli è attribuita come autorità coordinatrice la Banca d’Italia, 2 operano prevalentemente nel settore assicurativo, e gli è attribuita come autorità coordinatrice l’IVASS. Qualora del conglomerato facciano parte imprese appartenenti a più Stati, l’autorità coordinatrice sarà quella dello Stato ove è svolta l’attività prevalente. L’elenco di questi conglomerati e delle rispettive autorità coordinatrici è stato stilato dalla Joint Committee on Financial Conglomerates (JCFC), istituita in seno alla Commissione Europea. Rientrano nella lista 80 gruppi dell’Unione Europea e 4 gruppi di paesi terzi.

mi 3 e 4; a tali fini, il settore bancario e quello dei servizi di investimento sono considerati congiuntamente».

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§ 8. L’impresa di assicurazione ed i rami dell’attività assicurativa Con il termine «ramo» di assicurazione si intende «la classificazione secondo un insieme omogeneo di rischi od operazioni che descrive l’attività che l’impresa può esercitare al rilascio dell’autorizzazione» (art. 1, lett. tt). La classificazione tradizionale attraverso la quale si distingue l’attività assicurativa contempla i rami «vita» ed i rami «danni». La differenziazione tra rami vita e rami danni è fondamentale, perché distingue due tipologie completamente differenti di assicurazione. Secondo la definizione del codice civile, nell’assicurazione contro i danni, «l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro»; nell’assicurazione sulla vita, invece, l’assicuratore si obbliga «a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana» (art. 1882). Si tratta quindi di rischi completamente diversi: nell’assicurazione contro i danni il calcolo statistico dell’incidenza dei sinistri è effettuata sul breve periodo e su dati molto spesso incerti (si pensi, ad esempio, agli eventi naturali), laddove nell’assicurazione sulla vita il calcolo della durata della vita umana è ben più affidabile e spalmato su periodi medio-lunghi. Soprattutto sono diverse le modalità di «gestione» dei rischi: nell’assicurazione sulla vita, all’operazione assicurativa si accompagna una operazione di capitalizzazione a lungo termine, finalizzata ad un migliore impiego del risparmio raccolto presso la collettività degli assicurati. Da ciò nasce il divieto di esercizio congiunto di entrambi i rami (art. 11, comma 2, c.a.), onde evitare che le risorse accantonate per far fronte alle obbligazioni nascenti dall’esercizio del ramo vita vengano impiegate per far fronte a quelle nascenti dall’esercizio del ramo danni e viceversa, con ciò compromettendo la sicurezza dell’operazione assicurativa. Al divieto sono sottratte solo le imprese che avevano ottenuto l’autorizzazione all’esercizio cumulativo o congiunto in data anteriore al 15 marzo 1979 (art. 348 c.a.), e le imprese autorizzate ad esercitare i rami infortuni e malattie congiuntamente al ramo vita (art. 13 c.a.); in quest’ultimo caso la deroga è motivata dall’affinità esistente tra l’assicurazione sulla vita e quelle infortuni e malattie, che comunque sono legate ad eventi attinenti la vita umana e normalmente previste congiuntamente in molte polizze vita di tipo tradizionale. Il Regolamento ISVAP 11 marzo 2008, n. 17 detta una disciplina puntuale per tali imprese (c.d. imprese multiramo) in funzione soprattutto del principio generale della separazione degli elementi patrimoniali dell’attivo,

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del passivo e del patrimonio netto relativi alla gestione del ramo vita e dei rami danni (cfr. anche art. 348 c.a.). In particolare la disciplina prevede specifiche incombenze in relazione alla contabilità ed al margine di solvibilità. La legge (art. 2, commi 1 e 2, c.a.) individua sei rami vita, mentre il Regolamento ISVAP 16 marzo 2009, n. 29 (artt. 6-11) specifica il contenuto di alcuni di essi: I. Le «assicurazioni sulla durata della vita umana», e cioè il contratto con il quale l’assicuratore si impegna a pagare al beneficiario della polizza un capitale al verificarsi della morte dell’assicurato (assicurazione sulla vita per il caso di morte), ovvero una rendita o un capitale allo stesso assicurato (o ad un terzo) qualora egli sopravviva al periodo contrattualmente previsto (assicurazione sulla vita per il caso di sopravvivenza). Va osservato che le polizze più diffuse prevedono entrambi gli eventi cumulativamente (c.d. assicurazioni sulla vita miste): l’assicuratore cioè si impegna a pagare all’assicurato una rendita o un capitale alla scadenza del periodo contrattualmente previsto (solitamente 10 o 20 anni), tuttavia, se l’assicurato premuore, l’assicuratore pagherà un capitale al beneficiario della polizza o agli eredi dell’assicurato. Se la prestazione assicurata (in caso di sopravvivenza, morte o entrambe) è collegata a fondi di investimento, indici azionari o altri valori di riferimento, il contratto rientra nel ramo III. Rientrano invece in questo ramo anche le assicurazioni sulla vita legate alla concessione di mutui o prestiti rimborsabili con la cessione di quote dello stipendio o della pensione (artt. 6 e 10 Regol. ISVAP). II. Le «assicurazioni di nuzialità e di natalità», e cioè quelle nelle quali l’assicuratore si impegna a corrispondere una somma determinata, decorso il periodo contrattualmente previsto, qualora l’assicurato o un terzo contrarrà matrimonio o avrà un figlio. III. Le assicurazioni di cui ai precedenti rami I e II in cui le «prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero ad indici o ad altri valori di riferimento». Si tratta dei prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione di cui all’art. 1, comma 1, lett. w-bis), TUIF (cfr. supra, Introduzione, § 6 e infra, Parte II, Cap. XVII, § 6). IV. L’assicurazione malattia e l’assicurazione contro il rischio di non autosufficienza che siano garantite mediante contratti di lunga durata, non rescindibili, per il rischio di invalidità grave dovuta a malattia o a infortunio o a longevità. Nel ramo sono ricomprese le assicurazioni contro i rischi di malattie gravi e quelle contro il rischio di non autosufficienza, salvo che il contratto non preveda che la prestazione in caso di morte sia anticipata in tutto o in parte, nel qual caso si rientra nel ramo I; qualora invece la prestazione dell’assicuratore riguarda le spese mediche sostenute, il contratto rientra nel ramo II (malattia) danni (artt. 7-8 Regol. ISVAP).

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V. Le «operazioni di capitalizzazione», nelle quali l’assicuratore si impegna a corrispondere una somma di denaro, indipendentemente da ogni evento legato alla vita dell’assicurato o di terzi, allo scadere di un termine contrattualmente previsto (comunque superiore ai 5 anni), in corrispettivo di versamenti da parte dell’assicurato (art. 179 c.a.) e con la garanzia di un rendimento minimo sulle somme versate (art. 9 Regol. ISVAP). È evidente che in questo caso non siamo più di fronte ad una operazione assicurativa in senso stretto – venendo a mancare il rischio dell’evento vita o sopravvivenza – ma ad una vera e propria operazione di carattere finanziario. Le prestazioni dell’assicuratore possono essere anche qui collegate al valore delle quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio, al valore di attivi contenuti in un fondo interno, ad un indice azionario o ad altro valore di riferimento (art. 9 Regol. ISVAP). Anche in questo caso di tratta dei prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione di cui all’art. 1, comma 1, lett. w-bis), TUIF (cfr. supra, Introduzione, § 6 e infra, Parte II, Cap. XVII, § 7). VI. Le «operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l’erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell’attività lavorativa» (c.d. fondi pensione). Anche qui l’operazione ha caratteristiche finanziarie che assumono preponderanza rispetto a quelle propriamente assicurative.

L’autorizzazione può essere concessa per più rami. L’impresa che ha ottenuto l’autorizzazione all’esercizio dei rami I, II o III, ovvero quella di cui al ramo V se è stata autorizzata ad esercitare anche un altro ramo vita con assunzione di un rischio demografico, può assicurare, in via complementare, i rischi di danni alla persona. L’impresa che ha ottenuto l’autorizzazione all’esercizio del ramo VI, può assicurare, in via complementare, i rischi di invalidità e premorienza secondo quanto previsto nella normativa sulle forme pensionistiche complementari (art. 11 Regol. ISVAP). Si tratta delle imprese multiramo di cui abbiamo parlato in precedenza. La legge (art. 2, comma 3, c.a.) individua poi 18 rami danni mentre il Regolamento ISVAP 16 marzo 2009, n. 29 (artt. 12-20) specifica il contenuto di alcuni di essi: 1. «infortuni» (compresi gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sia che la prestazione dell’assicuratore venga determinata forfetariamente ovvero siano previste indennità temporanee o forme miste, nonché gli infortuni a persone trasportate; 2. «malattia», anche in questo caso la prestazione dell’assicuratore può essere determinata forfetariamente ovvero con indennità temporanee o forme miste; 3. «corpi di veicoli terrestri» (esclusi quelli ferroviari), e cioè ogni tipo di danno subito da un veicolo a motore o meno;

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4. «corpi di veicoli ferroviari», e cioè ogni tipo di danno subito da un veicolo marciante su rotaie; 5. «corpi di veicoli aerei», e cioè ogni danno subito da aeromobile; 6. «corpi di veicoli marittimi, lacustri e fluviali», e cioè ogni tipo di danno subito da natanti idonei alla navigazione per mare, su lago o su fiume; 7. «merci trasportate» indipendentemente dal tipo di mezzo di trasporto: terrestre, aereo o marittimo, compresi i bagagli ed altri tipi di beni; 8. «incendio ed elementi naturali», e cioè ogni danno subito da beni (diversi da quelli sub 3, 4, 5, 6 e 7) causato da incendio, esplosione, tempesta, elementi naturali diversi dalla tempesta, energia nucleare, cedimento del terreno; 9. «altri danni ai beni», e cioè ogni danno subito da beni (diversi da quelli sub 3, 4, 5, 6 e 7) causato da grandine o gelo, nonché da qualsiasi altro evento, quale il furto, diverso da quelli sub 8; 10. «responsabilità civile autoveicoli terrestri», e cioè ogni responsabilità civile derivante dall’uso di autoveicoli terrestri (sulla R.C. auto cfr. infra, Parte II, Cap. XII); 11. «responsabilità civile aeromobili», e cioè ogni responsabilità civile derivante dall’uso di aeromobili, compresa la responsabilità del vettore, e la responsabilità derivante da danni prodotti dal lancio di paracadutisti dal velivolo assicurato (art. 19 Regol. ISVAP); 12. «responsabilità civile veicoli marittimi, lacustri e fluviali», e cioè ogni responsabilità civile derivante dall’uso di natanti (compresa la responsabilità del vettore); 13. «responsabilità civile in generale» diversa da quella sub 10, 11 e 12 (sulla assicurazione della responsabilità civile in generale cfr. infra, Parte II, Cap. XI); 14. «assicurazione del credito», e cioè le perdite pecuniarie derivanti da insolvenze, credito all’esportazione, vendita a rate, credito ipotecario e credito agricolo (cfr. infra, Parte II, Cap. XIII); in questo ramo rientrano: – le assicurazioni stipulate da enti finanziatori ove il rimborso è garantito dalla cessione del quinto dello stipendio (art. 12, comma 2, Regol. ISVAP); – le assicurazioni, stipulate da un intermediario finanziario, per il rischio di insolvenza in relazione ad operazioni di finanziamento garantite da ipoteca su immobili, per il caso in cui dalla vendita forzata dell’immobile non si ricavi una somma tale da coprire il finanziamento (art. 14, comma 1, Regol. ISVAP); – le assicurazioni stipulate dal coobbligato solidale per il pagamento di sanzioni amministrative per il rischio di insolvenza dell’autore dell’illecito (è il caso del proprietario della vettura coobbligato con il conducente; ad esempio l’autista di un’azienda) (art. 18, comma 1, Regol. ISVAP); 15. «cauzione», sia nella forma della cauzione diretta che indiretta (cfr. infra, Parte II, Cap. XIII); rientrano in questo ramo: – le assicurazioni legate all’erogazione di mutui per l’acquisto di immobili nei limiti del 25% della somma erogata (art. 12, comma 1, Regol. ISVAP); – le c.d. fideiussioni «a prima richiesta» con diritto di rivalsa nei confronti del garantito (art. 13 Regol. ISVAP);

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16. «perdite pecuniarie di vario genere»: rischi relativi all’occupazione, insufficienza di entrate, intemperie, perdite di utili, persistenza di spese generali, spese commerciali impreviste, perdita di valore venale, perdita di fitti o di redditi, perdite commerciali indirette diverse dalle precedenti, perdite pecuniarie non commerciali, altre perdite pecuniarie; rientrano in questo ramo: – il contratto con il quale il debitore garantisce l’ente finanziatore dal rischio della perdita di impiego e, quindi, dello stipendio (art. 14, comma 2, Regol. ISVAP); – l’assicurazione avente ad oggetto le garanzie post vendita (spese sostenute per la riparazione o sostituzione del bene venduto) (art. 15 Regol. ISVAP); – l’assicurazione per i danni economici derivanti al datore di lavoro a causa della sospensione o del ritiro della patente nei confronti del dipendente (art. 16 Regol. ISVAP); – l’assicurazione per perdite pecuniarie derivanti dall’«annullamento viaggio» (art. 17 Regol. ISVAP); 17. «tutela legale», e cioè l’assicurazione di eventuali spese giudiziarie che l’assicurato potrebbe essere chiamato a sostenere (cfr. infra, Parte II, Cap. XI, § 4); 18. «assistenza», e cioè l’assistenza a persone in situazione di difficoltà a seguito del verificarsi di un evento fortuito (ad esempio: infortunio o furto durante un viaggio) (cfr. infra, Parte II, Cap. X, § 6); in questo caso l’impresa può fornire prestazioni in natura di assistenza tecnica e sanitaria, remunerate in forma diversa dal premio anticipato calcolato su basi tecnico-assicurative, solo se costituiscono un impegno marginale rispetto a quello principale e nel contratto venga data separata evidenza del costo di tali servizi rispetto al premio assicurativo (art. 5 Regol. ISVAP).

L’autorizzazione può essere concessa per più rami, normalmente omogenei (nel qual caso assume una denominazione particolare; ad esempio: infortuni e malattia, assicurazione auto, assicurazioni marittime e trasporti, ecc.) (art. 2, comma 4, c.a.). L’impresa può anche garantire un rischio compreso in un ramo al quale non è autorizzata, se connesso con il rischio principale ovvero riguarda l’oggetto coperto con il rischio principale o garantito con lo stesso contratto (art. 2, comma 5, c.a.) 2. 2 Stabilisce l’art. 20 Regol. ISVAP che «Le condizioni per l’accessorietà dei rischi ai sensi dell’articolo 2, comma 5 del decreto si verificano quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) esiste tra i rischi un legame oggettivo di connessione in base al quale il verificarsi dell’evento considerato nel rischio principale costituisce causa od occasione per il verificarsi dell’evento considerato nel rischio accessorio;

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Va infine rilevato che il Regol. ISVAP precisa che non sono assicurabili (art. 4): – i rischi da ritiro o sospensione della patente di guida; – le obbligazioni derivanti da operazioni che fanno riferimento a sottostanti prodotti finanziari od operazioni di finanziamento; – le sanzioni amministrative.

b) l’oggetto del rischio accessorio è lo stesso oggetto del rischio principale ossia si riferisce allo stesso “bene” inteso come cosa, persona o patrimonio coperto dal rischio principale; c) lo stesso contratto garantisce simultaneamente, a favore di un solo assicurato, direttamente o a mezzo di rappresentante, sia il rischio principale sia quello accessorio e l’interesse garantito contro i due rischi fa capo alla stessa persona».

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CAPITOLO II

I CONTROLLI SULL’IMPRESA DI ASSICURAZIONE SOMMARIO: 1. I principi generali sulla vigilanza. Vigilanza macroprudenziale e vigilanza microprudenziale. – 2. Le origini: il Ministero dello Sviluppo Economico. – 3. L’AEAP (o EIOPA). – 4. L’IVASS: caratteri generali. Il potere regolamentare e i regolamenti. – 5. (Segue) L’IVASS: le funzioni, i poteri, l’irrogazione delle sanzioni e gli obblighi di informativa. – 6. La vigilanza sul gruppo. – 7. CONSOB, Banca d’Italia e COVIP.

§ 1. I principi generali sulla vigilanza. Vigilanza macroprudenziale e vigilanza microprudenziale Recita l’art. 3 c.a. «Scopo principale della vigilanza è l’adeguata protezione degli assicurati e degli aventi diritto alle prestazioni assicurative. A tal fine l’IVASS persegue la sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione e riassicurazione, nonché, unitamente alla Consob, ciascuna secondo le rispettive competenze, la loro trasparenza e correttezza nei confronti della clientela. Altro obiettivo della vigilanza, ma subordinato al precedente, è la stabilità del sistema e dei mercati finanziari». La norma individua quindi, quale scopo principale della vigilanza, la protezione degli assicurati e di coloro che, pur non essendo assicurati, sono i beneficiari delle prestazioni assicurative. La sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione e riassicurazione non è dunque fine a se stessa, ma costituisce il mezzo attraverso il quale tale scopo viene perseguito. Ed infatti, se l’impresa è gestita correttamente disporrà dei mezzi finanziari sufficienti per onorare le obbligazioni assunte. Così come un’attività corretta e trasparente evita che l’assicurato possa essere tratto in errore o comunque danneggiato nell’acquisto del prodotto assicurativo (ad esempio accettando un premio più elevato rispetto a quello offerto da imprese concorrenti).

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Altra funzione della vigilanza è costituita dalla stabilità del sistema e dei mercati finanziari, che peraltro la norma subordina rispetto alla precedente. Questa subordinazione in effetti non è comprensibile, posto che un sistema di mercato inefficiente comporta necessariamente delle conseguenze negative sui consumatori e sugli utenti. Ad ogni buon conto la norma individua due tipi di vigilanza: una vigilanza macroprudenziale (la cui disciplina dettagliata è rinvenibile nel Regolamento IVASS 10 maggio 2016, n. 21), nei confronti del sistema e del mercato, ed una vigilanza microprudenziale, nei confronti delle singole imprese. Quest’ultima è quella che sarà oggetto di esame nelle prossime pagine.

§ 2. Le origini: il Ministero dello Sviluppo Economico Il sistema dei controlli pubblici sul settore assicurativo era originariamente affidato in via esclusiva al Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato (oggi: Ministero dello Sviluppo Economico); ma, con l’evoluzione del mercato e del sistema legislativo, soprattutto in funzione dell’adeguamento della normativa interna a quella comunitaria, le competenze ministeriali sono andate via via riducendosi. In particolare al Ministero dello Sviluppo Economico (d’ora in avanti anche: MiSE) compete: 1. il potere di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa (art. 242 c.a.; cfr. infra, Cap. III, § 12); 2. lo scioglimento degli organi delle imprese nel caso venga disposta la procedura di amministrazione straordinaria (art. 231 c.a.; cfr. infra, Cap. V, § 3); 3. il provvedimento con il quale viene disposta la liquidazione coatta amministrativa delle imprese (art. 245 c.a.; cfr. infra, Cap. V, § 6). Tutti questi provvedimenti sono adottati su proposta dell’IVASS. È peraltro da ritenere che il Ministero potrebbe teoricamente adottarli anche di propria iniziativa in assenza di proposta dell’Istituto di vigilanza. Come si può notare, al Ministero sono residuati i provvedimenti da cui sostanzialmente deriva (nn. 1 e 3), o può derivare (n. 2), l’eliminazione dal mercato dell’impresa assicurativa. È probabilmente questo un retaggio della funzione di controllo di carattere essenzialmente «politico» cui assolve il Ministero, rispetto a quello strettamente «tecnico» attribuito all’IVASS.

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D’altra parte l’art. 4 c.a. stabilisce che «Il Ministero dello Sviluppo Economico adotta i provvedimenti previsti nel presente codice nell’ambito delle linee di politica assicurativa determinate dal Governo». In altri termini, poiché dall’eliminazione dal mercato di un’impresa assicurativa sortiscono sicuramente degli effetti negativi sulla collettività (in termini economici ed occupazionali), si è voluta mantenere una competenza in materia in capo all’organo di controllo «politico», anche se detti provvedimenti non possono essere influenzati da ragioni di carattere politicosociale. Al Ministero compete inoltre la vigilanza sulla CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici s.p.a.), relativamente ai servizi assicurativi (cfr. infra, Parte II, Cap. XII, § 6). Il Ministero non ha invece alcun potere di controllo o di direzione, né alcun potere di vigilanza, sull’IVASS.

§ 3. L’AEAP (o EIOPA) In realtà, negli ultimi anni il sistema dei controlli ha subito una vera e propria rivoluzione, determinata in gran parte dalla crisi del 2007-2008 e dalla preoccupazione, a livello europeo, in ordine alla tenuta finanziaria del sistema assicurativo. È stato pertanto creato in seno all’Unione Europea (operante dal 1° gennaio 2011) un organismo con la funzione di monitorare il mercato assicurativo europeo, attraverso un sistema di vigilanza integrato al quale partecipano tutte le autorità di vigilanza degli Stati membri. L’organismo in questione è l’AEAP (Autorità Europea delle Assicurazioni e delle Pensioni Aziendali e Professionali) o, in inglese, EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority) 1 (cfr. art. 1, lett. g-bis, n. 1, c.a.). L’EIOPA è un organismo consultivo indipendente del Parlamento Europeo, del Consiglio dell’Unione Europea e della Commissione Europea. L’obiettivo dell’Autorità è rappresentato dalla protezione dell’interesse pubblico «contribuendo alla stabilità e all’efficacia a breve, medio e lungo termine del sistema finanziario, a beneficio dell’economia dell’Unione, dei

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Insieme all’EIOPA furono creati l’EBA (European Banking Authority) per la vigilanza sul mercato bancario e ESMA (European Securities and Markets Authority) per la vigilanza sul mercato degli strumenti finanziari.

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suoi cittadini e delle sue imprese» (art. 1, comma 6, Regolamento UE 24 novembre 2010, n. 1094/2010). A tal fine «l’Autorità contribuisce a: a) migliorare il funzionamento del mercato interno, con particolare riguardo a un livello di regolamentazione e di vigilanza valido, efficace e uniforme; b) garantire l’integrità, la trasparenza, l’efficienza e il regolare funzionamento dei mercati finanziari; c) rafforzare il coordinamento internazionale in materia di vigilanza; d) impedire l’arbitraggio regolamentare e promuovere pari condizioni di concorrenza; e) assicurare che l’assunzione di rischi in relazione ad attività nel settore delle assicurazioni, riassicurazioni e pensioni aziendali e professionali sia adeguatamente regolamentata e oggetto di opportuna vigilanza; e f) aumentare la protezione dei consumatori». L’azione di EIOPA è dunque diretta alla maggiore tutela dei consumatori attraverso un’azione di vigilanza sulle imprese e sull’intero sistema in virtù anche del coordinamento normativo e di vigilanza tra gli Stati dell’U.E.

§ 4. L’IVASS: caratteri generali. Il potere regolamentare e i regolamenti Un capitolo importante nella storia del sistema dei controlli in campo assicurativo è stato senza dubbio scritto con la legge 12 agosto 1982, n. 576 che ha istituito l’ISVAP (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo). L’apparato burocratico ministeriale, già da tempo rivelatosi inadeguato al compito, fu realmente messo alle corde dalla introduzione dell’assicurazione obbligatoria sui veicoli e natanti, e dal conseguente proliferare di compagnie costituite, per operare in questo ricco mercato, molto spesso in modo improvvisato e senza gli adeguati supporti tecnico-finanziari. Si trattava pertanto di istituire un organo ad alta specializzazione, con penetranti poteri di indagine e di tempestivo intervento, al fine di operare un più severo esame nella delicata fase di inserimento di nuove imprese nel mercato assicurativo e di attento controllo nello svolgimento della successiva attività.

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Si fece così riferimento al collaudato sistema operante nel settore creditizio e, soprattutto, a quello più recente operante nel mercato mobiliare, ove le funzioni di controllo vengono esercitate rispettivamente dalla Banca d’Italia e dalla CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa). E proprio quest’ultimo fu il modello adottato ad esempio, seppure modificato nella struttura organizzativa. Con il d.l. 6 luglio 2012, n. 95 conv. in legge 7 agosto 2012, n. 135 (con effetto dal 1° gennaio 2013) all’ISVAP è succeduta l’IVASS – Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni. Il cambiamento peraltro non ha interessato le funzioni ed i poteri, ma unicamente la struttura attraverso la quale l’Istituto di vigilanza è entrato sostanzialmente nell’orbita della Banca d’Italia L’IVASS, rientra nel novero delle c.d. «autorità indipendenti», il cui panorama, nel nostro ordinamento, prevede numerosi esempi (Banca d’Italia, CONSOB, Autorità Garante del Mercato e della Concorrenza, ecc.). La funzione dell’IVASS è di tipo complementare rispetto a quella dello Stato, perché, pur non essendone un organo, svolge comunque funzioni che sono in concorso con quelle pubbliche generali. Non tutte le autorità hanno peraltro uguali funzioni e poteri. Con l’emanazione del Codice delle Assicurazioni si è affidato all’IVASS (all’epoca ancora ISVAP), oltre ai tradizionali poteri di vigilanza, anche un vero e proprio potere regolamentare del settore, del quale non era in possesso. Ed infatti l’art. 5, dopo avere affermato che «l’IVASS svolge le funzioni di vigilanza sul settore assicurativo mediante l’esercizio dei poteri di natura autorizzativa, prescrittiva, accertativa, cautelare e repressiva previsti dalle disposizioni del presente codice», aggiunge che «l’IVASS adotta ogni regolamento necessario per la sana e prudente gestione delle imprese o per la trasparenza e correttezza dei comportamenti dei soggetti vigilati ed allo stesso fine rende nota ogni utile raccomandazione o interpretazione». I regolamenti devono essere motivati con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza del settore ovvero della materia su cui vertono e devono essere accompagnati da una relazione che ne illustra le conseguenze sulla regolamentazione, sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi degli investitori e dei risparmiatori (art. 23, legge n. 262/2005). Il Regolamento IVASS 5 novembre 2013, n. 3 emanato ai sensi dell’art. 23 della legge 28 dicembre 2005, n. 262 (c.d. legge sul risparmio) determina, tra l’altro, la fase preparatoria dei regolamenti, e cioè la procedura di pubblica consultazione, attraverso la pubblicazione nel sito web dell’Istituto dello schema di regolamento, al fine di permettere a tutti gli interessati di comunicare suggerimenti e proposte, nonché la fase della diffusione de-

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gli esiti della pubblica consultazione, sempre tramite la pubblicazione nel sito dell’Istituto (artt. 6 e 7, Regol. ISVAP). Il Regolamento 5 novembre 2013, n. 3 stabilisce termini e procedure per l’adozione degli atti e provvedimenti dell’Istituto, nonché le unità organizzative responsabili dei relativi procedimenti. Il Regolamento 8 ottobre 2013, n. 1 definisce invece le procedure di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, per quanto concerne le imprese, mentre il Regolamento 8 ottobre 2013, n. 2, definisce le procedure di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie per quanto concerne gli intermediari.

I regolamenti adottati dall’IVASS sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nel Bollettino IVASS entro il mese successivo alla loro adozione e reperibili nel sito internet dell’Istituto (art. 9, comma 5, c.a.) 2. Entro il 31 gennaio di ogni anno, tutti i regolamenti e gli altri provvedimenti di carattere generale, devono essere pubblicati in una raccolta a cura del MiSE. Si tratta di un’importante attribuzione che conferisce all’Istituto un potere di normazione secondaria. Tutti i regolamenti formano una raccolta: le «istruzioni di vigilanza» 3. Come detto l’IVASS rientra nell’ambito delle autorità indipendenti ed il suo statuto è stato approvato con il d.p.r. 12 dicembre 2012. Ad esso è attribuita personalità giuridica di diritto pubblico ed ha sede in Roma (art. 13, comma 2, d.l. 6 luglio 2012, n. 95 e art. 1 statuto). Si tratta di un ente dotato di autonomia sotto il profilo organizzativo e finanziario (art. 13, comma 3, d.l. 6 luglio 2012, n. 95). Organi dell’Istituto sono: il Presidente, il Consiglio e il Direttorio integrato. Il ruolo di Presidente è rivestito di diritto dal direttore generale della Banca d’Italia (art. 13, comma 11, d.l. 6 luglio 2012, n. 95). Al Presidente sono attribuite le funzioni rappresentative e promuove e coordina le attività del Consiglio. Al Consiglio – che si compone di due membri, oltre al Presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica – sono demandate fun-

2 I regolamenti emanati prima del 1° gennaio 2013 continueremo a definirli «Regolamenti ISVAP». 3 Tutti i regolamenti si sarebbero dovuti adottare entro la data del 1° gennaio 2008 (art. 354, comma 6), termine questo ampiamente superato.

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zioni per lo più organizzative interne. Ad esso in particolare spetta l’adozione del regolamento organizzativo e degli altri regolamenti che disciplinano il funzionamento dell’Istituto. I Consiglieri durano in carica 6 anni ed il mandato può essere rinnovato per una sola volta (art. 4 statuto). Il Direttorio integrato è costituito, dal Governatore della Banca d’Italia, che lo presiede, dal Direttore generale della Banca d’Italia – Presidente dell’IVASS, dai tre Vice direttori generali della Banca d’Italia e dai due Consiglieri IVASS. Il Direttorio integrato è in effetti l’organo di maggiore importanza, in quanto ad esso è attribuita l’attività di indirizzo e direzione strategica dell’Istituto, nonché la competenza ad assumere gli atti aventi rilevanza esterna relativi all’esercizio delle funzioni istituzionali in materia di vigilanza assicurativa. Pertanto ad esso spetta l’emanazione di tutti i provvedimenti in materia di vigilanza, adottati a firma del Presidente. Lo strumento più importante di finanziamento dell’IVASS è costituito dal «contributo di vigilanza» che tutte le imprese operanti sul territorio e le sedi secondarie di quelle extracomunitarie devono versare in percentuale sui premi incassati in ciascun esercizio (art. 335 c.a.).

§ 5. (Segue) L’IVASS: le funzioni, i poteri, l’irrogazione delle sanzioni e gli obblighi di informativa Il principio generale in tema di vigilanza microprudenziale è che «la vigilanza è basata su un metodo prospettico fondato sul rischio ed include la verifica continua del corretto esercizio dell’attività di assicurazione o di riassicurazione e dell’osservanza delle disposizioni di vigilanza da parte delle imprese di assicurazione o di riassicurazione» (art. 3-bis, comma 1, c.a.). Le funzioni di vigilanza da parte dell’IVASS devono essere esercitate «mediante l’esercizio dei poteri di natura autorizzativa, prescrittiva, accertativa, cautelare e repressiva» previsti dalle disposizioni del Codice delle Assicurazioni» (art. 5). Tuttavia deve essere osservata una opportuna combinazione di «attività cartolari e ispezioni in loco» (art. 3-bis, comma 1, c.a.), con ciò intendendosi una opportuna combinazione tra comunicazione di documenti ed ispezioni presso le sedi delle imprese. Destinatari della vigilanza sono (art. 6): a) tutte le imprese di assicurazione e riassicurazione che esercitano qualsiasi ramo, comprese le operazioni di capitalizzazione e la gestione di fondi

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collettivi per l’erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell’attività lavorativa; b) i gruppi di imprese ed i conglomerati finanziari che comprendano imprese di assicurazione o riassicurazione (d.lgs. 30 maggio 2005, n. 142); c) i soggetti che comunque svolgono funzioni parzialmente comprese nel ciclo operativo delle imprese di assicurazione e riassicurazione; d) gli intermediari ed ogni altro operatore del mercato assicurativo. In caso di inosservanza di norme di legge da parte delle imprese di assicurazione, riassicurazione, intermediari e periti assicurativi, qualunque utente (persone fisiche e giuridiche, associazioni dei consumatori e degli utenti ed in generale soggetti portatori di interessi collettivi) possono proporre reclamo all’IVASS secondo le modalità stabilite nel Regolamento 19 maggio 2008, n. 24. L’apparato normativo attinente la vigilanza da parte dell’Istituto può essere analizzato distinguendo tre aspetti: le «funzioni», i «poteri» e gli «obblighi di informativa» da parte delle imprese. a) Le funzioni (cfr. art. 188, comma 1, c.a.). La legge elenca una serie di funzioni, alcune delle quali possono definirsi di vigilanza in senso stretto, e sono: 1. la vigilanza sulla gestione tecnica, finanziaria e patrimoniale delle imprese, con particolare riferimento all’adeguatezza dei requisiti patrimoniali e delle riserve tecniche, alla disponibilità di attivi e di fondi propri, ai requisiti patrimoniali di solvibilità, alla valutazione dei rischi emergenti, nonché al governo societario (art. 192 ss. c.a.); 2. la vigilanza sull’osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle disposizioni dell’Unione Europea direttamente applicabili, da parte di tutti gli operatori, compresi agenti e mediatori (art. 188 c.a.); 3. la vigilanza sulle operazioni straordinarie delle imprese di assicurazione e riassicurazione (art. 198 ss. c.a.) (trasferimento del portafoglio, fusione e scissione) (infra, Cap. IV, §§ 2 e 3), nonché sulle modifiche statutarie (art. 196 c.a.); 4. la vigilanza sulle imprese assicurative facenti parte di un gruppo (art. 210 ss. c.a.) (cfr. infra, § 5); 5. la vigilanza sulle operazioni infragruppo (art. 215-quinquies – 216-bis c.a.). A queste funzioni va aggiunta: 6. la vigilanza sulle procedure di amministrazione straordinaria (art. 231

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ss. c.a.) e di liquidazione coatta amministrativa (art. 245, comma 5, c.a.), e sulle acquisizioni di partecipazioni (cfr. supra, Cap. I, § 6); 7. la funzione di prevenzione delle frodi nel settore dell’assicurazione della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motore e natanti di cui all’art. 21 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 conv. in legge 17 dicembre 2012, n. 221. Tale funzione viene espletata con l’ausilio di un «archivio informatico integrato», collegato con numerose banche dati, che permette l’accesso ai dati relativi ai contratti stipulati dalle imprese operanti nel ramo. A queste funzioni di vera e propria vigilanza sulle imprese si accompagnano altre di natura piuttosto «conoscitiva»: indagini statistiche ed economiche, la raccolta di elementi e comunque tutte le indagini necessarie alla protezione dei consumatori e per l’elaborazione delle politiche assicurative (art. 5 c.a.). b) I poteri. Necessario corollario all’attribuzione delle funzioni sono i poteri di cui l’IVASS dispone al fine di esercitare la vigilanza, e che gli permettono, anche con strumenti coercitivi, gli accertamenti necessari. I poteri possono essere distinti in «poteri di indagine» e «poteri di intervento»; a questi si aggiunge il potere di accertare ed irrogare le sanzioni pecuniarie previste dal Codice delle Assicurazioni. b.1) I poteri di indagine (art. 189 c.a.) consistono nella facoltà di: 1. richiedere informazioni, ordinare l’esibizione di documenti e il compimento di accertamenti e verifiche ritenute necessarie a tutti i soggetti sottoposti alla sua vigilanza; 2. effettuare ispezioni presso le imprese e tutti i soggetti comunque sottoposti alla sua vigilanza. b.2) I poteri di intervento (art. 188 c.a.) consistono nella facoltà di: 1. convocare i componenti degli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali delle imprese sottoposte a vigilanza, nonché i legali rappresentanti della società di revisione, l’attuario revisore e i soggetti responsabili delle funzioni fondamentali all’interno delle imprese di assicurazione e riassicurazione; 2. ordinare la convocazione dell’assemblea, degli organi amministrativi e di controllo delle imprese soggette a vigilanza al fine di sottoporre i provvedimenti necessari per rendere la gestione conforme alla legge; 3. procedere direttamente alla convocazione degli organi sociali quando sia stato disatteso il provvedimento di cui al precedente n. 2; 4. convocare i soggetti che svolgono funzioni parzialmente comprese nel ciclo operativo delle imprese soggette a vigilanza;

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5. convocare i legali rappresentanti dei soggetti che svolgono attività di intermediazione assicurativa; 6. convocare chiunque detenga una partecipazione rilevante in un’impresa soggetta a vigilanza; 7. l’IVASS può inoltre adottare misure preventive o correttive, tra cui imporre: a) la restrizione dell’attività, ivi incluso il potere di vietare l’ulteriore commercializzazione dei prodotti assicurativi; b) il divieto di effettuare determinate operazioni anche di natura societaria; c) il divieto di distribuzione di utili o di altri elementi del patrimonio; d) il rafforzamento dei sistemi di governo societario, ivi incluso il contenimento dei rischi; e) impartire l’ordine di rimuovere i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione, di controllo e i titolari di funzioni fondamentali, in caso di inerzia della società. b.3) I poteri sanzionatori (art. 326 c.a.): Le sanzioni amministrative applicabili alle imprese ed agli intermediari per violazione degli obblighi imposti dal codice delle assicurazioni sono contenute negli artt. 325-328 c.a. oltreché nel Regolamento IVASS 2 agosto 2018, n. 39. Il procedimento si svolge dinanzi al «Servizio Sanzioni» dell’IVASS, se si tratta di impresa di assicurazioni, ovvero dinanzi al «Collegio di Garanzia», se si tratta di un intermediario. c) Gli obblighi di informativa (art. 190 c.a.). Si tratta di obblighi che derivano da disposizioni di legge ovvero da disposizioni impartite in via particolare direttamente dall’Istituto ai soggetti sottoposti a vigilanza. I primi (art. 190, commi 3-5, c.a.) riguardano l’organo di controllo (collegio sindacale, consiglio di sorveglianza, comitato per il controllo sulla gestione, a seconda del tipo di struttura societaria adottata, ma che deve essere per tale funzione espressamente indicato nello statuto sociale) dell’impresa soggetta a vigilanza o dell’impresa che la controlla o che è da essa controllata, il quale deve informare senza indugio l’Istituto di tutti gli atti o fatti che possano costituire irregolarità nella gestione o violazione di legge o di regolamento, nonché fornire ogni documento richiesto. I medesimi obblighi sono imposti alla società di revisione, all’attuario revisore o incarica-

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to in relazione all’attività di controllo cui sono preposti. Disposizioni particolari sono contenute nel Regolamento IVASS 3 luglio 2018 n. 38. I secondi (art. 190, commi 1-2, c.a.) consistono nella facoltà da parte dell’Istituto di chiedere ai soggetti sottoposti a vigilanza la comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con i termini e le modalità stabiliti con regolamento. I medesimi poteri sono esercitati nei confronti della società di revisione, dell’attuario revisore o incaricato in relazione all’attività di controllo cui sono preposti. A corredo dei suddetti obblighi la legge prescrive sanzioni pecuniarie per i soggetti che omettono le comunicazioni sopraesposte. Infine l’IVASS svolge attività consultiva e di segnalazione nei confronti del Parlamento e del Governo relativamente alla regolazione e la vigilanza del settore assicurativo, ed entro il 31 maggio di ogni anno presenta al Presidente del Consiglio dei Ministri, per la trasmissione al Parlamento, una relazione sull’attività svolta (art. 4, legge n. 576/1982).

§ 6. La vigilanza sul gruppo All’IVASS è attribuita inoltre la vigilanza sui gruppi dei quali faccia parte almeno un’impresa di assicurazione o riassicurazione con sede in Italia (art. 210 ss. c.a.). La vigilanza è esercitata, in linea di principio, nei confronti del gruppo a partire dall’«ultima società controllante italiana» (art. 210, comma 2, c.a.). In altri termini sono escluse dal controllo le società con sede all’estero che non siano controllate da una società con sede in Italia. La «società capogruppo», così individuata, è iscritta in un apposito «albo delle società capogruppo italiane» tenuto dall’IVASS (art. 210-ter c.a.). Pertanto, ai fini che qui interessano, per «società capogruppo» si intende l’«ultima società controllante italiana». La società capogruppo deve comunicare all’IVASS l’elenco delle imprese di assicurazione o riassicurazione e le società strumentali, le società di partecipazione assicurativa e le società di partecipazione finanziaria mista controllate. L’iscrizione all’Albo può peraltro avvenire anche d’ufficio da parte dell’IVASS se ravvede la sussistenza di una situazione di controllo (art. 210ter, comma 2). Si tratta di una forma di vigilanza che ha la finalità di evitare che l’inserimento di un’impresa di assicurazione (o riassicurazione) nell’ambito

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di un gruppo possa pregiudicarne la funzionalità e la solidità. A tal fine l’IVASS vigila: – sulla concentrazione dei rischi (art. 215-quater); è evidente che l’inserimento dell’impresa nell’ambito di un gruppo può moltiplicare oltre che diversificare i rischi; – sulle operazioni infragruppo (artt. 215-quinquies, 216 e 216-bis); si tratta delle operazioni tendenzialmente più rischiose, soprattutto se rappresentate dalla concessione di finanziamenti o garanzie a società del gruppo, posto che tali operazioni possono danneggiare finanziariamente e patrimonialmente la società creditrice o garante; – sulla solvibilità del gruppo (dall’art. 216-ter all’art. 216-novies); in particolare l’«ultima società controllante italiana» deve assicurare la costante disponibilità in seno al gruppo di fondi propri ammissibili che siano sempre almeno uguali al Requisito Patrimoniale di Solvibilità (art. 216-quinquies) (sul Requisito Patrimoniale di Solvibilità cfr. infra, Cap. III, § 8). Per controllo si intende la situazione prevista dall’art. 72, ed esaminata in precedenza (cfr. supra, Cap. I, § 4). L’IVASS può peraltro escludere dall’area di vigilanza del gruppo le imprese che presentino un interesse trascurabile rispetto alle finalità della vigilanza sul gruppo oppure quando è inopportuno o fuorviante considerare tali imprese rispetto a detti obiettivi (art. 210-quater). La vigilanza è: – informativa: è fatto obbligo all’ultima società controllante italiana di trasmettere periodicamente all’IVASS dati e informazioni utili alla vigilanza, secondo modalità stabilite con regolamento; in caso di inadempimento l’Istituto può rivolgersi alle altre imprese del gruppo (art. 213 c.a.); – ispettiva: ai fini della verifica dei dati e delle informazioni necessarie, l’IVASS può procedere ad ispezioni presso le società del gruppo (art. 214 c.a.).

§ 7. CONSOB, Banca d’Italia e COVIP A questi soggetti si aggiunge, in taluni casi, la vigilanza da parte della CONSOB e della Banca d’Italia. La CONSOB vigila sulle società di gestione dei mercati e sulla trasparenza e l’ordinato svolgimento delle negoziazioni, nonché sulla trasparenza

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e correttezza dei comportamenti dei soggetti emittenti, degli intermediari e dei promotori finanziari. Pertanto sono soggette a vigilanza anche da parte della CONSOB le imprese di assicurazione quotate in borsa. Più in particolare poi, la CONSOB vigila sulle imprese di assicurazione in relazione alla emissione di prodotti finanziari (assicurativi) ai sensi dell’art. 25-bis TUIF (sui prodotti finanziari assicurativi cfr. infra, Parte II, Cap. XVII, §§ 6-7), esercitando sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicurazione i poteri di vigilanza regolamentare, informativa ed ispettiva. Inoltre IVASS e CONSOB si danno reciproco avviso delle ispezioni da ciascuna disposte sulle imprese di assicurazione e ciascuna autorità può chiedere all’altra di svolgere accertamenti su aspetti di propria competenza. La Banca d’Italia, oltre a concorrere nello svolgimento della funzione di politica monetaria nell’ambito dell’area Euro, funzione demandata alla Banca Centrale Europea, svolge anche una funzione di vigilanza su banche, intermediari finanziari di cui agli artt. 106 e 107 TUB, sugli IMEL (Istituti di Moneta Elettronica) e, d’intesa con la CONSOB, sugli intermediari non bancari (SIM, SICAV e SGR). Per quanto qui interessa, la Banca d’Italia, come detto, unitamente alla CONSOB ed all’IVASS, esercita la vigilanza sui conglomerati finanziari (cfr. supra, Cap. I, § 7). Infine la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP) vigila sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari a tutela degli iscritti e dei beneficiari e vigila sul buon funzionamento del sistema di previdenza complementare (art. 18, d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252) (sui fondi pensione cfr. infra, Parte II, Cap. XIII, §§ 1 e 2). La COVIP ha personalità giuridica di diritto pubblico ma, a differenza di Banca d’Italia, CONSOB e ISVAP, non è un’autorità indipendente in senso proprio, in quanto è, a sua volta, soggetta a vigilanza da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (art. 18, comma 1, d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252). Nel 2013 è stato sottoscritto un «protocollo di intesa» tra IVASS e L’Autorità Garante del Mercato e della Concorrenza (AGCM o Autorità Antitrust) al fine di offrire maggiore tutela ai consumatori. Il protocollo prevede la collaborazione tra le due Autorità attraverso segnalazione di violazioni di norme o pratiche commerciali scorrette, nonché lo scambio di documenti e informazioni. Eventuali procedure a carico di soggetti che operano in campo assicurativo sono precedute dalla comunicazione all’AGCM di una relazione da parte dell’IVASS.

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CAPITOLO III

LA DISCIPLINA DELL’IMPRESA DI ASSICURAZIONE SOMMARIO: LA DISCIPLINA DELLE IMPRESE AVENTI SEDE LEGALE NEL TERRITORIO DELLA REPUBBLICA (IMPRESE NAZIONALI). – 1. L’accesso all’attività assicurativa. L’autorizzazione all’esercizio. – 2. (Segue) Diniego dell’autorizzazione. – 3. Le tariffe e le riserve tecniche. – 4. (Segue) La determinazione delle tariffe. – 5. (Segue) Le riserve tecniche. – 6. (Segue) Le attività a copertura delle riserve tecniche. – 7. I fondi propri. – 8. Il requisito patrimoniale di solvibilità e il requisito patrimoniale minimo. – 9. La violazione delle norme sulle riserve tecniche, sul requisito patrimoniale di solvibilità e sul requisito patrimoniale minimo. Rinvio. – 10. Il bilancio e le scritture contabili delle imprese di assicurazione. – 11. L’attività delle imprese nazionali all’estero. – 12. Revoca e decadenza dall’autorizzazione. – LA DISCIPLINA DELLE IMPRESE ESTERE. – 13. Imprese con sede in uno Stato membro. – 14. Imprese con sede in uno Stato terzo.

LA DISCIPLINA DELLE IMPRESE AVENTI SEDE LEGALE NEL TERRITORIO DELLA REPUBBLICA (IMPRESE NAZIONALI)

§ 1. L’accesso all’attività assicurativa. L’autorizzazione all’esercizio Come già osservato, l’accesso all’attività assicurativa, per l’importanza socio-economica che questa riveste, non è libero ma è subordinato al rilascio di una autorizzazione da parte dell’IVASS (art. 13 c.a.) ed alla conseguente iscrizione nell’albo delle imprese di assicurazione tenuto dallo stesso Istituto. L’uso stesso, nella denominazione sociale o in qualsiasi comunicazione al pubblico, dei termini «assicurazione», «riassicurazione», «compagnia di assicurazione», «compagnia di riassicurazione», «mutua assicuratrice», nonché degli aggettivi «assicurativo», «riassicurativo» e similari, da parte di soggetti che non svolgono attività assicurativa, è vietato dalla legge; così come è vieta-

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to l’uso, nella ragione o nella denominazione sociale o in qualsiasi comunicazione al pubblico, dei termini «intermediario di assicurazione», «intermediario di riassicurazione», «produttore di assicurazione», «agente di assicurazione», «broker», «mediatore di assicurazione», «mediatore di riassicurazione», «produttore diretto di assicurazione», «perito di assicurazione» a chi non svolge attività di intermediazione assicurativa con iscrizione del relativo registro (art. 308 c.a. e Regolamento ISVAP 14 novembre 2007, n. 9). La legge (art. 14 c.a.) ed il Regolamento ISVAP 2 gennaio 2008, n. 10, stabiliscono i requisiti di cui l’impresa deve essere in possesso e le formalità che deve adempiere per ottenere l’autorizzazione. Secondo molti interpreti, in presenza degli adempimenti di legge, la concessione dell’autorizzazione costituisce atto dovuto. L’affermazione, esatta, va però precisata nel senso che l’analisi dell’esistenza dei presupposti di legge non costituisce mera attività materiale, ma implica anche valutazioni tecnico-giuridiche (vedi, ad esempio, la valutazione dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza degli amministratori o la valutazione del programma di attività) e, quindi, un margine di discrezionalità. D’altra parte l’IVASS può negare la concessione dell’autorizzazione, non solo se l’impresa non presenta i requisiti formali elencati nell’art. 14 c.a. o non adempie alle procedure indicate nel Regolamento, ma anche se ritiene che non risulti garantita la sana e prudente gestione. Trattandosi dunque di un provvedimento che presenta margini di discrezionalità, l’eventuale diniego deve essere specificamente e adeguatamente motivato (art. 14, comma 2, c.a.). L’autorizzazione permette all’impresa di ottenere l’iscrizione della società nel registro delle imprese. L’autorizzazione costituisce dunque requisito per il completamento della fase di costituzione della società con l’iscrizione nel registro delle imprese. Pertanto, in caso di diniego dell’autorizzazione, verranno restituiti i conferimenti ai soci fondatori e la società non verrà mai ad esistenza. Successivamente l’IVASS iscrive l’impresa nella sezione dell’albo relativa alle imprese di assicurazione autorizzate in Italia. Tale iscrizione deve essere indicata negli atti e nella corrispondenza dell’impresa. Solo dopo l’iscrizione all’albo l’impresa può iniziare ad operare (art. 14, comma 4, c.a.). L’autorizzazione è valida, non solo per il territorio nazionale, ma anche per svolgere attività in altri stati comunitari o extracomunitari (salvo, in quest’ultimo caso, l’eventuale obbligo di autorizzazione da parte dell’organo di vigilanza dello stato extracomunitario). L’autorizzazione può essere rilasciata per uno o più rami con il ricordato divieto dell’esercizio congiunto dei rami vita e danni. L’autorizzazione

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può inoltre coprire tutte o solo alcune delle attività rientranti nel ramo (ad esempio, nel ramo 9 delle assicurazioni contro i danni, solo il furto e non anche la grandine). Tuttavia può in seguito essere chiesta l’estensione dell’autorizzazione anche alle altre attività e/o ad altri rami se l’impresa dimostra di possedere la necessaria capacità patrimoniali (art. 15 c.a.). Per ottenere l’autorizzazione l’impresa deve fare domanda all’IVASS, («istanza di autorizzazione») fornendo la prova di avere un capitale sociale minimo, se società per azioni o società cooperativa, ovvero un fondo di garanzia minimo, se società di mutua assicurazione, adeguato alle previsioni formulate nel programma di attività e comunque non inferiore alla misura minima prevista dall’art. 5 Regol., il quale prevede 5 scaglioni, compresi tra Euro 5.000.000,00 ed Euro 7.500.000,00 a seconda dei rami per i quali si chiede l’autorizzazione (art. 5 Regol.) nonché fondi propri di base ammissibili necessari per coprire il minimo assoluto del Requisito Patrimoniale Minimo con un range che va da Euro 2.500.000,00 ad Euro 6.200.000,00 a seconda dei rami per i quali si chiede l’autorizzazione (art. 14, lett. c, c.a.). Sino all’ammontare minimo, il capitale sociale o il fondo di garanzia devono essere interamente versati in denaro (art. 4, comma 2, lett. b, Regol.). Naturalmente, se la società si costituisce con un capitale superiore al minimo, l’eccedenza potrà essere solamente sottoscritta, ovvero potrà essere rappresentata da conferimenti in natura o di crediti. La direzione generale ed amministrativa dell’impresa deve essere situata in Italia (art. 14, lett. b, c.a.). I titolari di partecipazioni qualificate devono essere in possesso dei requisiti di onorabilità previsti dall’art. 77 c.a. (cfr. supra, Cap. I, § 5) e devono sussistere i presupposti per il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 68 c.a. (cfr. supra, Cap. I, § 4). Deve inoltre essere allegata una relazione e la documentazione (ad es. patti parasociali) attestante che tra la costituenda impresa o altri soggetti del gruppo di appartenenza non sussistono «stretti legami» con altri soggetti che possano essere di impedimento all’esercizio delle funzioni di vigilanza (art. 10 Regol.). A loro volta i soggetti che assumono funzioni di amministrazione (consiglieri di amministrazione, componenti del consiglio di gestione), direzione (direttori generali) e controllo (sindaci, membri del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione) o comunque funzioni fondamentali all’interno dell’impresa devono essere in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità ed indipendenza previsti dall’art. 76 c.a. (art. 14, lett. f, c.a.) (cfr. supra, Cap. I, § 5). L’impresa deve infine presentare un «programma di attività» analitica-

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mente previsto dall’art. 14-bis c.a. Si tratta di un documento attraverso il quale si possono desumere le modalità di gestione dei rischi che l’impresa intende esercitare, le spese di impianto previste ed i mezzi patrimoniali messi a disposizione con le relative previsioni future. Per i primi tre esercizi l’impresa deve presentare all’IVASS una relazione semestrale relativa all’esecuzione del programma di attività (art. 197 c.a.). Se da detta relazione emerge un grave squilibrio nella situazione finanziaria dell’impresa, l’Istituto può adottare le misure necessarie a ristabilire l’equilibrio della gestione. Sono poi soggette ad approvazione tutte le modifiche del programma; così come devono essere comunicate le variazioni concernenti gli esponenti aziendali e coloro che detengono una partecipazione rilevante nell’impresa. In caso di domanda di autorizzazione all’esercizio di alcuni rami danni [10 e 12 (responsabilità civile autoveicoli e veicoli marittimi), 14 e 15 (credito e cauzione), 17 (tutela legale), 18 (assistenza)] il programma di attività e la relazione tecnica devono essere integrati con alcune indicazioni particolari previste dagli artt. 11-14 Regol.

In caso di esito positivo dell’istruttoria, l’IVASS emana il provvedimento di autorizzazione entro novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza e trasmette il provvedimento all’impresa istante (art. 16 Regol.). Tuttavia, qualora l’istanza risulti incompleta o vi fosse necessità di informazioni o chiarimenti, il procedimento resta sospeso sino a quanto l’istanza non viene regolarizzata o forniti le informazioni o i chiarimenti. Qualora l’impresa non adempia nel termine di 90 giorni, l’istanza di autorizzazione è decaduta automaticamente (art. 15 Regol.). L’impresa, come detto, una volta iniziata l’attività, può anche essere autorizzata all’esercizio di altri rami. In tal caso si parla di «estensione» dell’autorizzazione, le cui modalità di concessione sono, nella sostanza, le medesime già illustrate (art. 15 c.a. e artt. 18-21 Regol.). L’esercizio dell’assicurazione in assenza di autorizzazione comporta la messa in liquidazione coatta amministrativa dell’impresa (art. 265). Va peraltro rilevato che il codice delle assicurazioni prevede l’«impresa di assicurazione locale» (artt. 51-ter e quater). Si tratta di imprese minori, qualificate secondo parametri posti dall’art. 51-ter c.a., alle quali è inibito l’esercizio di alcuni rami (responsabilità, credito e cauzioni) nonché l’esercizio dell’attività assicurativa in regime di stabilimento e di libera prestazione di servizi in altri stati membri. Per tali imprese è prevista una disciplina speciale, relativamente alle condizioni di accesso e di esercizio ed alle altre disposizioni che disciplina-

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no l’impresa di assicurazione. Tale disciplina è contenuta nel Regolamento IVASS 6 settembre 2016, n. 29.

§ 2. (Segue) Diniego dell’autorizzazione L’autorizzazione può essere negata, come detto, solo se difettano i requisiti o la documentazione prescritti dalla legge o dal Regolamento (art. 17 Regol.) ovvero quando non risulti garantita la sana e prudente gestione (art. 14, comma 2, c.a.). Prima di emettere il provvedimento di diniego, l’IVASS comunica all’impresa interessata i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza, invitandola a fornire eventuali dati o documenti utili ad evitare il rigetto. Qualora sia trascorso il termine concesso senza che l’impresa abbia ottemperato all’invito, ovvero permangano i presupposti per il diniego dell’autorizzazione, l’IVASS emana il provvedimento di rigetto. Il diniego dell’autorizzazione deve essere comunicato all’impresa, con provvedimento motivato, entro 90 giorni dalla presentazione della domanda completa dei documenti richiesti (art. 14, comma 2, c.a.). Contro il provvedimento di diniego l’impresa può ricorrere all’autorità giudiziaria con ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio.

§ 3. Le tariffe e le riserve tecniche Gli accantonamenti dei premi costituiscono le «riserve tecniche». Si è già osservato che il premio deve essere calcolato in rapporto al presumibile onere che l’impresa dovrà sostenere per pagare le indennità o le rendite o i capitali in un determinato lasso di tempo preso in considerazione. La parte di premio che viene accantonata costituisce il «premio netto» o «premio puro», la restante parte del premio è corrisposta a fronte di oneri vari (spese di amministrazione, provvigione, imposte, utile d’impresa) e costituisce il «caricamento» (o «caricamenti»). Premio netto e caricamento costituiscono il «premio lordo» o «premio di tariffa». Le riserve tecniche si differenziano, anche giuridicamente, dalle altre riserve, per essere formate da accantonamenti di premi e non di utili. Esse trovano posto nel passivo del bilancio di esercizio, in quanto entità patri-

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moniali poste a fronte degli impegni che l’impresa dovrà sostenere nell’esercizio o negli esercizi successivi. Il meccanismo alla base del fenomeno è costituito dalla c.d. «inversione del ciclo produttivo», per la quale il premio dovuto dall’assicurato, che va a costituire parte dei ricavi, è corrisposto anticipatamente. Trattandosi di risorse accantonate per far fronte agli oneri futuri dell’assicuratore, le riserve tecniche, a differenza delle altre riserve, costituiscono poste reali di bilancio, e cioè poste alle quali corrispondono beni chiaramente individuati di proprietà dell’impresa («attività a copertura delle riserve tecniche»). Questi beni, infatti, per la loro particolare destinazione, non possono confondersi con le altre attività patrimoniali, le quali sono poste invece a garanzia di tutti i creditori sociali indistintamente. Di conseguenza l’insieme delle attività a copertura delle riserve tecniche costituisce un «patrimonio di destinazione» (le attività sono destinate esclusivamente all’adempimento delle obbligazioni assunte dall’impresa con gli assicurati) e, pertanto, è espressamente definito dalla legge «patrimonio separato» rispetto alle altre attività dell’impresa (art. 42, comma 2, c.a.). La legge stabilisce che le imprese debbano costituire, per i contratti del portafoglio italiano, riserve tecniche sufficienti a garantire le obbligazioni assunte con i contratti di assicurazione o riassicurazione (art. 36-bis, comma 1, c.a.). L’art. 36-bis, comma 3, c.a. stabilisce il principio generale in tema di calcolo delle riserve tecniche in virtù del quale «Per il calcolo delle riserve tecniche l’impresa utilizza in modo coerente con le valutazioni di mercato le informazioni fornite dai mercati finanziari e i dati generalmente disponibili sui rischi di sottoscrizione» 1. Più in particolare l’impresa deve detenere «riserve tecniche per un valore corrispondente all’importo attuale che l’impresa medesima dovrebbe pagare se dovesse trasferire immediatamente i propri impegni assicurativi e riassicurativi ad un’altra impresa di assicurazione o di riassicurazione» (art. 36-bis, comma 2, c.a.). In altri termini gli attivi a copertura delle riserve tecniche devono essere sempre sufficienti a fare fronte agli obblighi derivanti dai contratti di assicurazione in corso. Naturalmente la questione si pone diversamente a seconda si tratti di contratti di assicurazione contro i danni, ove l’obbligo di pagamento del1

Il rischio di sottoscrizione è costituito dalla possibilità che i premi non siano sufficienti a coprire i sinistri e le spese.

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l’indennizzo è incerto nell’an prima ancora che nel quantum, mentre nei contratti di assicurazione sulla vita – e segnatamente in quelli per il caso di sopravvivenza – vi è una relativa certezza del tempo e dell’entità del pagamento. Da ricordare che la funzione di verificare che il calcolo delle riserve tecniche sia conforme a metodologie e modelli adeguati è attribuita all’attuario incaricato di svolgere la funzione attuariale di cui all’art. 30-sexies c.c. (cfr. supra, Cap. I, § 2). Le norme specifiche in ordine al complesso calcolo delle riserve tecniche sono contenute negli artt. da 36-ter a 36-duodecies c.a. e nel Regolamento IVASS 6 giugno 2016, n. 24. L’IVASS può richiedere in ogni momento all’impresa di dimostrare l’adeguatezza del livello delle proprie riserve tecniche e la congruità dei metodi di calcolo (art. 36-terdecies). Infine va tenuto presente che nel portafoglio italiano sono compresi tutti i contratti stipulati dalle imprese nazionali, non solo in Italia, ma anche negli altri Stati comunitari, con esclusione di quelli stipulati in Stati terzi, per i quali devono essere accantonate le riserve richieste dall’ordinamento dello Stato terzo (cfr. art. 1, lett. pp, c.a.).

§ 4. (Segue) La determinazione delle tariffe Al fine di un corretto calcolo delle riserve tecniche è necessario determinare tariffe (e cioè l’ammontare del premio chiesto dall’impresa al contraente) adeguate, posto che, come visto, le riserve tecniche sono costituite da quella parte di premi detta premio puro (o netto). Il principio generale posto dal codice delle assicurazioni è che «l’impresa, per ciascuna nuova tariffa, opera valutazioni dei rischi assicurabili, delle ipotesi poste a base del calcolo dei premi, della redditività attesa e dell’equilibrio tariffario atteso. Dette valutazioni formano oggetto di una relazione tecnica da conservare presso l’impresa» (art. 30-novies, comma 1). Naturalmente il calcolo delle tariffe è differente nei rami vita e nei rami danni. Indicazioni più precise in ordine alla determinazione delle tariffe nei rami vita sono contenute nel Regolamento 28 marzo 2008, n. 21. A) La determinazione delle tariffe nei rami vita Il principio generale in materia è che le imprese devono adottare «adeguate ipotesi attuariali che consentano, mediante il ricorso ai premi ed ai

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relativi proventi, di far fronte ai costi e alle obbligazioni assunte nei confronti degli assicurati e di costituire, per ciascun contratto, le riserve tecniche necessarie» (art. 5 Regol.). Ai fini del calcolo delle tariffe si parte dalle «basi tecniche» – e cioè da tutti gli elementi statistici, demografici, finanziari ed altre eventuali ipotesi, tra cui il «tasso tecnico», e cioè il tasso di rendimento minimo che viene riconosciuto dall’impresa al momento della conclusione del contratto di assicurazione sulla vita (art. 6 Regol.) – sui quali si fonda appunto il calcolo. Naturalmente nelle assicurazioni sulla vita restano fondamentali le basi demografiche, e cioè l’andamento tendenziale delle statistiche sulla mortalità/longevità, sia sulla popolazione in generale, sia in relazione al proprio portafoglio. Tale andamento diviene poi ancora più importante nelle operazioni ove è prevista la corresponsione di una rendita (ovvero la possibilità per il beneficiario di optare per la corresponsione di una rendita invece del pagamento di un capitale – art. 7 Regol.). Ciò perché, mentre il capitale è un impegno economico ben determinato, la rendita può essere dovuta sino al termine della vita del beneficiario. Particolari disposizioni sono poi previste per il caso di forme pensionistiche individuali, per i fondi pensione aperti (su cui infra, Parte II, Cap. XVIII, § 1) e per i contratti long term care. Il «tasso massimo di interesse garantibile» (TMG), e cioè il tesso di interesse che l’impresa riconosce a titolo di capitalizzazione delle somme riscosse a titolo di premio, deve essere determinato sulla base delle disposizioni dettate dal Regolamento e deve essere calcolato, distintamente per diverse tipologie contrattuali, in funzione del tasso medio di rendimento annuo dei prestiti obbligazionari emessi dallo Stato (TMO) (artt. 11-20-bis Regol.).

All’attuario incaricato spetta il controllo sulla adeguatezza e conformità alla legge ed al Regolamento del calcolo delle tariffe (art. 21 Regol.). In occasione della determinazione di una nuova tariffa l’attuario incaricato deve redigete una «relazione tecnica sulla tariffa» (art. 23 Regol.). B) La determinazione delle tariffe nel ramo responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motore e natanti In questo caso il principio generale, fissato dall’art. 35 c.a. è che «nella formazione delle tariffe l’impresa calcola distintamente i premi puri ed i caricamenti in coerenza con le proprie basi tecniche, sufficientemente ampie ed estese ad almeno cinque esercizi. Ove tali basi non siano disponibili, l’impresa può fare ricorso a rilevazioni statistiche di mercato».

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Nel caso il rischio presenti caratteristiche particolari non riconducibili ad alcuna delle tariffe stabilite dall’impresa, questa può avvalersi delle informazioni in possesso degli organismi costituiti tra le imprese esercenti l’assicurazione obbligatoria auto.

§ 5. (Segue) Le riserve tecniche Il calcolo delle riserve tecniche è determinato dal Regolamento ISVAP n. 21, emanato in data 28 marzo 2008, per i rami vita, e dal Regolamento ISVAP n. 16 emanato in data 4 marzo 2008, per i rami danni, entrambi da ritenersi ancora vigenti. A) Le riserve tecniche nei rami vita (Regolamento 28 marzo 2008, n. 21) Il principio generale in materia è che «le imprese che esercitano i rami vita costituiscono riserve tecniche (…) sufficienti a garantire le obbligazioni assunte e le spese future» (art. 25 Regol.). Le riserve tecniche devono essere calcolate al lordo delle cessioni in riassicurazione. Inoltre la riserva tecnica relativa a ciascun contratto deve essere in ogni momento non inferiore al corrispondente valore di riscatto. A.1) La riserva principale nelle assicurazioni vita è la «riserva matematica», così detta perché calcolata secondo criteri attuariali. La legge non stabilisce una disciplina specifica per questa riserva, in aggiunta ai criteri generali appena esposti, ma si limita a stabilire che l’impresa deve costituire alla fine di ogni esercizio una riserva tecnica pari all’ammontare complessivo delle somme che risultino necessarie a far fronte al pagamento dei capitali e delle rendite maturati, dei riscatti e dei sinistri da pagare (art. 36, comma 3, c.a.). In realtà si tratta di costituire due distinte riserve: la riserva matematica, che deve essere sufficiente a fare fronte al pagamento dei capitali e/o delle rendite maturati e dei riscatti (cfr. art. 30 Regol.); e una «riserva per somme da pagare», che deve essere sufficiente a pagare i sinistri verificatisi nell’esercizio precedente ma non liquidati (cfr. art. 25, comma 3, Regol.); e pertanto è posta a fronte di impegni attuali e non futuri dell’impresa. A.2) Se la riserva matematica non comprende gli oneri derivanti dal diritto di partecipazione agli utili (o ai ristorni nel caso delle cooperative) attribuiti agli assicurati, va a tal fine costituita un’apposita «riserva per la partecipazione agli utili e ristorni» (cfr. art. 30, comma 2, Regol. ISVAP).

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A.3) Se l’impresa è autorizzata ad esercitare in via complementare le assicurazioni infortuni e malattia, deve essere costituita una «riserva per le assicurazioni complementari» con i criteri previsti per questi rami danni (art. 32 Regol. ISVAP). A.4) La «riserva per spese future» (art. 31 Regol. ISVAP) è costituita per tenere conto delle spese amministrative e delle provvigioni che l’impresa prevede di dover sostenere; tuttavia anche questa riserva può essere ricompresa nella riserva matematica. A.5) Le «riserve aggiuntive» devono essere costituite in tutti quei casi nei quali le riserve non siano sufficienti, per errori di calcolo o di previsione o per eventi imprevedibili. Tra queste particolare importanza assumono le «riserve aggiuntive per rischio finanziario» che si dividono in: A.5.1) «riserva aggiuntiva per rischio di tasso di interesse garantito» (art. 36 Regol. ISVAP), deve essere costituita dall’impresa che ha stipulato contratti nei quali il rendimento è legato ad un tasso di interesse minimo garantito, qualora il TMG sia inferiore a quello pattuito o, comunque, il rendimento delle attività costituenti la riserva matematica sia inferiore al tasso pattuito; A.5.2) «riserva aggiuntiva per sfasamento temporale» (art. 37 Regol. ISVAP) va costituita in periodi di andamento decrescente del rendimento degli attivi costituenti la riserva matematica a copertura del rischio finanziario derivante dallo sfasamento temporale tra il periodo in cui verrà corrisposto il rendimento e quello nel quale è stato contrattualmente previsto; A.5.3) diversa dalle riserve aggiuntive per rischio finanziario, ma ugualmente importante è la «riserva aggiuntiva per rischio demografico» (artt. 50-52 Regol. ISVAP); deve essere costituita, in relazione ai contratti che prevedono la corresponsione di una rendita o la facoltà per il beneficiario di optare per la rendita invece del capitale (su questi temi cfr. infra, Parte II, Cap. XVII, § 1), nel caso in cui la base demografica utilizzata mostri uno scostamento rispetto ai risultati dell’esperienza diretta sul portafoglio; in altri termini la durata media della vita umana si allunga e l’impresa dovrà presumibilmente corrispondere rendite per periodi di tempo superiori al previsto.

A.6) Le «riserve tecniche dei contratti unit e index linked e dei contratti di ramo VI». Qualora l’impresa abbia emesso polizze index linked (nelle quali il rendimento è legato ad un indice azionario o obbligazionario o di altro tipo) le riserve tecniche devono essere rappresentate, con la massima approssimazione possibile, dalle quote rappresentanti il valore di riferimento oppure, qualora le quote non siano definite, da attivi di adeguata sicurezza e negoziabilità che corrispondano il più possibile a quelli su cui si basa il

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valore di riferimento particolare (art. 54 Regol.). Qualora l’impresa abbia emesso polizze unit linked (nelle quali il rendimento è legato a quello di un fondo di investimento interno od esterno all’impresa) ovvero abbia assunto la gestione di un fondo pensione, le riserve tecniche devono essere rappresentate, con la massima approssimazione possibile, dalle quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o dal valore degli attivi contenuti in un fondo interno (art. 53 Regol.) (sulle index e unit linked cfr. infra, Parte II, Cap. XVII, § 6; sui fondi pensione cfr. infra, Parte II, Cap. XVIII, §§ 1 e 2). In relazione a questi tipi di contratti l’impresa deve costituire una «riserva aggiuntiva» nel caso in cui le prestazioni previste contrattualmente comprendano una garanzia di risultato dell’investimento o qualsiasi altra prestazione garantita direttamente dall’impresa stessa, e comunque per coprire rischi connessi alla natura dello strumento finanziario utilizzato (art. 55 Regol.). A.7) Le riserve che devono essere costituite dalle imprese di riassicurazione sono: la riserva matematica, la riserva per spese future e le riserve aggiuntive per rischio di tasso di interesse. Devono essere calcolate al lordo delle retrocessioni e comprendere gli importi oggetto di riassicurazione, conformemente agli accordi assunti in sede di contratto di riassicurazione (sulla riassicurazione cfr. infra, Parte II, Cap. XVI). B) Le riserve tecniche nei rami danni (Regolamento ISVAP 4 marzo 2008, n. 16) Le imprese che esercitano i rami danni devono costituire, per i contratti del portafoglio del lavoro diretto italiano 2, riserve tecniche sempre sufficienti a far fronte, per quanto ragionevolmente prevedibile, agli impegni derivanti dai contratti di assicurazione (art. 4 Regolamento 4 marzo 2008, n. 16). Le riserve tecniche devono essere calcolate adottando metodi di valutazione prudenti e al lordo delle cessioni in riassicurazione. Le riserve tecniche nei rami danni sono: la riserva premi, la riserva sinistri, la riserva per sinistri avvenuti ma non ancora denunciati alla chiusura dell’esercizio, le riserve di perequazione, la riserva di senescenza e la riserva per partecipazioni agli utili e ai ristorni (art. 4, comma 3, Regol.).

2

Si parla di assicurazioni del lavoro diretto in contrapposizione alle operazioni di riassicurazione.

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B.1) La «riserva premi» «comprende l’ammontare complessivo delle somme necessarie per far fronte al costo futuro dei sinistri relativi ai rischi non estinti alla data di valutazione» ed è composta dalla riserva per frazioni di premi e dalla riserva per rischi in corso (art. 5 Regol.). B.1.1) La «riserva per frazioni di premi» (artt. 7-8 Regol.) è costituita dalle parti dei premi lordi contabilizzati di competenza dell’esercizio (o degli esercizi) successivo. Infatti, poiché il premio viene di norma corrisposto durante l’esercizio, accadrà che parte del premio sarà di competenza dell’esercizio entro il quale il premio è pagato, parte di competenza dell’esercizio o degli esercizi successivi (ad esempio, se il premio è corrisposto il 30 giugno, metà sarà di competenza dell’esercizio in corso, metà dell’esercizio successivo). L’esercizio sociale nelle imprese di assicurazioni infatti coincide obbligatoriamente con l’anno solare, mentre la decorrenza dei contratti, anch’essa normalmente misurata su base annua, è ovviamente distribuita lungo tutto l’arco dell’esercizio. Ciò vuol dire che il premio (salvo che non sia riferito a periodi inferiori all’anno), è sempre distribuito per una parte per l’esercizio in cui è corrisposto, per altra parte per l’esercizio successivo (in alcuni casi, se riferito a periodi superiori all’anno, anche a più esercizi successivi). Le imprese che esercitano le assicurazioni cauzioni, grandine e altre calamità naturali e quelle per danni da energia nucleare sono tenute ad integrare la riserva per frazioni di premi. Le imprese che esercitano le assicurazioni cauzioni, grandine e altre calamità naturali e danni da energia nucleare, devono inoltre istituire una riserva integrativa secondo le modalità indicate nel Regolamento ISVAP (artt. 12-23).

B.1.2) Anche nel ramo danni le riserve devono essere sufficienti a far fronte agli impegni futuri dell’impresa, impegni che potrebbero superare l’ammontare della riserva per frazioni di premio (perché l’importo dei premi è stato calcolato in misura errata o sono sopravvenute situazioni contingenti che hanno comportato oneri superiori alle previsioni). Pertanto deve essere costituita la «riserva per rischi in corso» (artt. 9-11 Regol.), per far fronte a tutte le indennità e le spese derivanti dai contratti stipulati nell’esercizio, nella misura in cui questa dovesse superare l’importo della riserva per frazioni di premio. B.2) La «riserva sinistri» è costituita dalle somme necessarie, secondo una prudente valutazione in base ad elementi obiettivi, per far fronte ai si-

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nistri avvenuti nell’esercizio (o negli esercizi precedenti), e non ancora liquidati, nonché alle relative spese di liquidazione (artt. 24-25 Regol.). Si tratta pertanto di accantonare a riserva quella parte delle frazioni di premi di competenza dell’esercizio precedente che non sono state utilizzate per pagare le indennità, perché, ad esempio, le operazioni di liquidazione non sono terminate ovvero pende contenzioso con il danneggiato. Questa riserva va suddivisa in riserva per sinistri avvenuti e denunciati e riserva per sinistri avvenuti ma non ancora denunciati. B.2.1) La «riserva per sinistri avvenuti e denunciati» deve essere calcolata «separatamente per ciascun sinistro avvenuto e denunciato, il cui processo di liquidazione non si è ancora concluso alla fine dell’esercizio o per il quale non siano stati interamente pagati il risarcimento del danno, le spese dirette e le spese di liquidazione» (art. 26 Regol.). Il calcolo di questa riserva può essere fatto con: 1. il metodo dell’inventario, e cioè con una valutazione analitica separata del costo di ciascun sinistro denunciato non interamente pagato (art. 27); 2. il criterio del costo medio (esclusi i rami credito e cauzioni) il quale può essere applicato per i sinistri che, presentando numerosità sufficiente ed omogeneità quantitativa e qualitativa, possono essere oggetto di valutazione a costo (questo criterio può essere adottato solo per la c.d. generazione corrente, e cioè per una particolare generazione di bilancio in formato telematico) (art. 28); 3. metodologie statistico-attuariali per il calcolo del costo ultimo possono essere utilizzate nei rami caratterizzati da processi liquidativi lenti o nei quali comunque il metodo dell’inventario non consente di tener conto di tutti i futuri oneri prevedibili (art. 29).

B.2.2 La «riserva per sinistri denunciati tardivamente» (artt. 30-32 Regol.), deve essere costituita in relazione ai sinistri avvenuti, ma non ancora denunciati alla chiusura dell’esercizio (in quanto denunciati, ad esempio, tra la chiusura dell’esercizio, e cioè 31 dicembre, e la data di approvazione del bilancio). Va calcolata sulla base delle esperienze acquisite negli esercizi precedenti, avuto riguardo alla frequenza e al costo medio dei sinistri denunciati tardivamente, nonché del costo medio dei sinistri denunciati nell’esercizio (art. 32 Regol.). B.2.3) Le imprese che esercitano il ramo credito devono costituire una riserva nel caso in cui il debitore si trovi in stato di insolvenza acclarato con l’apertura di una procedura concorsuale o meno (art. 35 Regol.). B.2.4) Le imprese che esercitano il ramo cauzioni devono costituire una riserva in caso di richiesta di incameramento della cauzione e comunque al veri-

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ficarsi di atti o fatti che possano obiettivamente configurare i presupposti della prestazione della garanzia (art. 37 Regol.).

B.3) Le «riserve di perequazione» comprendono «tutte le somme accantonate allo scopo di perequare le fluttuazioni del tasso dei sinistri negli anni futuri o di coprire rischi particolari» (art. 37, comma 7 c.a. e art. 40 Regol.). La costituzione della riserva è obbligatoria per le imprese che esercitano il ramo credito, e per le imprese che esercitano i rami danni per i rischi di calamità naturale e derivanti dall’energia nucleare (artt. 41-44 Regol. ISVAP). B.3.1) La riserva di perequazione prevista per il ramo crediti è destinata a coprire l’eventuale «saldo tecnico negativo» alla fine dell’esercizio (art. 41 Regol.). Poiché, infatti, le previsioni relative a questo ramo sono particolarmente difficili, anche per l’influenza negativa o positiva che la situazione economica generale può determinare sulla massa dei sinistri, deve essere accantonato ogni esercizio una parte del saldo tecnico positivo realizzato. L’accantonamento così realizzato dovrà essere usato nel caso di saldo tecnico negativo. La riserva serve dunque a compensare gli esercizi negativi con quelli positivi. B.3.2) Anche le riserve di perequazione «per rischi di calamità naturale», e per i danni «derivanti dall’energia nucleare» (art. 44 Regol.) hanno la medesima funzione di compensare i saldi tecnici negativi con quelli positivi, in funzione della imprevedibilità dei relativi rischi. Le condizioni e le modalità di costituzione di queste riserve saranno fissate con decreto del MiSE (di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze) sentito l’IVASS 3.

B.4) La «riserva di senescenza» (artt. 45-47 Regol.) deve essere costituita nel caso l’impresa abbia stipulato contratti per l’assicurazione malattia di durata poliennale, ovvero annuale ma con l’obbligo da parte dell’assicuratore al rinnovo, nei quali l’impresa possa esercitare il diritto di recesso a seguito del sinistro solo nei primi due anni. Qualora il premio sia calcolato per l’intera durata del contratto, con riferimento all’età iniziale dell’assicurato, la riserva è necessaria per compensare l’aggravamento del rischio dovuto all’invecchiamento dell’assicurato. La riserva deve essere calcolata tenendo conto della durata dei contratti, dell’età degli assicurati e delle basi tecniche adottate. Una specifica riserva deve essere costituita anche nel caso di contratti contro il rischio di non autosufficienza.

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Sino all’emanazione del decreto ministeriale si applicano le disposizioni del d.m. 19 novembre 1996, n. 705.

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B.5) Se i contratti prevedono partecipazioni agli utili o ai ristorni, deve essere accantonata un’apposita «riserva per partecipazioni agli utili e ristorni» (art. 48 Regol.). B.6) Le riserve che devono essere costituite dalle imprese di riassicurazione devono essere calcolate al lordo delle retrocessioni e per importi determinati in relazione agli impegni assunti, eseguendo valutazioni autonome al fine di effettuare eventuali integrazioni per garantirne la congruità (cfr. art. 31 ss., Regolamento 10 marzo 2010, n. 33 che disciplina l’accesso e l’esercizio dell’attività di riassicurazione) (sulla riassicurazione cfr. infra, Parte II, Cap. XVI).

§ 6. (Segue) Le attività a copertura delle riserve tecniche Come detto, le riserve tecniche, a differenza delle altre riserve, costituiscono poste reali di bilancio, e cioè poste alle quali devono corrispondere beni chiaramente individuati di proprietà dell’impresa; questi beni costituiscono le «attività a coperture delle riserve tecniche». Le categorie delle attività a copertura delle riserve tecniche sono individuate con regolamento IVASS. La legge si limita ad esprimere un principio generale valido per tutti gli investimenti, sancendo che «l’impresa investe tutti gli attivi, inclusi quelli che coprono il Requisito Patrimoniale Minimo e il Requisito Patrimoniale di Solvibilità, conformemente al principio della persona prudente, come specificato nei commi da 2 a 6, nonché dal regolamento dell’IVASS adottato in conformità con le disposizioni dell’Unione europea» (art. 37-ter, comma 1, c.a.). La formulazione della norma è certamente singolare e di incerta applicazione, salvo che per i commi seguenti ove sono indicati requisiti precisi. Ed infatti il riferimento al «principio della persona prudente» è assolutamente improprio, in quanto non esiste nel nostro sistema giuridico un «principio della persona prudente», né tale formula può essere ascritta ad una categoria di comune cognizione, come, ad esempio, nel caso del riferimento al «buon padre di famiglia» di cui all’art. 1710 c.c. Ad ogni buon conto, con riferimento più specifico alla copertura (e cioè agli investimenti) delle riserve tecniche, l’art. 38 c.a. stabilisce che «l’impresa investe gli attivi a copertura delle riserve tecniche in modo adeguato alla natura dei rischi e delle obbligazioni assunte e alla durata delle passività e nel migliore interesse dei contraenti, degli assicurati, dei beneficiari e

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degli aventi diritto a prestazioni assicurative, tenendo conto degli obiettivi strategici resi noti dall’impresa» (art. 38, comma 2, c.a.). Seguono poi una serie di norme dirette ad offrire indicazioni più specifiche. Per permettere una costante individuazione di questi beni la legge impone la tenuta di un «registro degli attivi a copertura delle riserve tecniche» (art. 42 c.a.). Le modalità di tenuta e di comunicazione all’IVASS sono individuate con regolamento. Per quanto concerne la scelta degli attivi l’art. 4 del Regolamento 6 giugno 2016 n. 24 stabilisce che «le imprese definiscono, in funzione della natura, della portata e della complessità dei rischi inerenti all’attività aziendale svolta, politiche di investimento sull’intero patrimonio coerenti con il «principio della persona prudente», «in modo tale da assicurare la continua disponibilità di attivi idonei e sufficienti a coprire le passività, nonché la sicurezza, la qualità, la liquidità e la redditività del portafoglio nel suo complesso, provvedendo ad una adeguata diversificazione e dispersione degli stessi». In altri termini, poiché vi sono investimenti che presentano, ad esempio, carattere di forte solidità ma più difficile monetizzazione (ad esempio gli immobili), ovvero altri che, al contrario, presentano margini di rischio ma facile monetizzazione ed alta redditività (ad esempio titoli azionari quotati), l’impresa deve opportunamente diversificare gli investimenti, onde ottenere un patrimonio che assolva, nella misura massima possibile, le suddette esigenze di sicurezza, redditività e liquidità.

§ 7. I fondi propri L’art. 44-ter c.a. definisce «fondi propri» quelli «costituiti dalla somma dei “fondi propri di base” di cui all’articolo 44-quater e dei “fondi propri accessori” di cui all’articolo 44-quinquies, secondo le disposizioni stabilite dall’IVASS con regolamento, che disciplina anche la procedura di autorizzazione di cui all’articolo 44-quinquies». A sua volta l’art. 44-quater nell’identificare i «fondi propri di base» come «l’eccedenza delle attività rispetto alle passività» ai sensi dell’art. 35quater, sostanzialmente si riferisce al capitale sociale versato, alle riserve legali ed eventualmente, se esistenti, alle riserve statutarie e volontarie. In altri termini si tratta di ciò che gli economisti definiscono patrimonio netto (esclusa la eventuale parte di capitale sottoscritta ma non ancora versata).

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I «fondi propri accessori» sono invece costituiti da: a) il capitale sociale (o fondo iniziale se si tratta di mutua assicuratrice 4) non versato che non è stato ancora richiamato dagli amministratori; b) le lettere di credito e le garanzie fornite da terzi; c) qualsiasi altro impegno giuridicamente vincolante di cui dispone l’impresa (art. 44-quinquies). L’IVASS autorizza l’inserimento, gli importi e il criterio di determinazione degli elementi costituenti i fondi propri accessori. I fondi propri sono poi classificati a seconda della loro immediata ed incondizionata esigibilità o meno. Più precise regole in ordine alla determinazione ed al procedimento di autorizzazione dei fondi propri accessori sono contenuti nel Regolamento IVASS 22 dicembre 2015, n. 13.

§ 8. Il requisito patrimoniale di solvibilità e il requisito patrimoniale minimo A) Il requisito patrimoniale di solvibilità La legge stabilisce che le imprese devono disporre di fondi propri ammissibili sufficienti a coprire il «Requisito Patrimoniale di Solvibilità» (art. 45-bis c.a.). Il Requisito Patrimoniale di Solvibilità, essendo rappresentato dai fondi propri, in prima approssimazione, può essere definito un indicatore di patrimonializzazione dell’impresa. Pertanto non costituisce un’entità patrimoniale a sé stante, ma rappresenta una sorta di livello minimo di patrimonializzazione dell’impresa, ancorato al volume di affari ed ai rischi patrimoniali che ne conseguono, e la cui riduzione al di sotto dei limiti previsti dalla legge rappresenta un segnale di crisi. La misura del requisito patrimoniale di solvibilità è la risultante di calcoli estremamente complessi dettati dagli art. 45-ter ss. c.a. e dai Regolamenti IVASS nn. 11, 12, 14, 15 e 16 tutti del 22 dicembre 2015. Tuttavia, 4

Nella società mutua assicuratrice i fondi propri accessori possono comprendere qualsiasi credito futuro che tale mutua può vantare nei confronti dei suoi soci tramite il richiamo di contributi supplementari entro i dodici mesi successivi (art. 44-quinquies, comma 3).

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in linea di massima, tale requisito deve garantire che siano presi in considerazione tutti i rischi (quantificabili) cui è esposta l’impresa, con ciò intendendosi, non solo i tipici rischi assicurativi, ma tutti i rischi economicopatrimoniali cui l’impresa è esposta 5. Naturalmente tale calcolo deve essere operato tenendo conto del presupposto della continuità aziendale. Ulteriori disposizioni in ordine alla determinazione del requisito patrimoniale di solvibilità sono stabilite dai Regolamenti IVASS nn. 11, 12, 14, 15 e 16 del 2015. B) il requisito patrimoniale minimo I fondi propri devono coprire anche il requisito patrimoniale minimo (art. 47-bis c.a.). Si tratta di un ulteriore indicatore di patrimonializzazione dell’impresa al di sotto del quale l’impresa stessa deve considerarsi in una situazione di grave crisi economica. La misura minima di tale requisito è fissata in Euro 2.500.000,00 per le imprese che esercitano le assicurazioni contro i danni, in Euro 3.700.000,00 per le imprese che esercitano le assicurazioni sulla vita e in Euro 6.200.000,00 per le imprese che esercitano entrambi i rami (art. 47-ter, comma 1, lett. d), c.a.). Costituiscono elementi del requisito patrimoniale minimo le riserve tecniche, i premi contabilizzati, il capitale a rischio, le imposte differite e i costi amministrativi dell’impresa. Tali elementi devono essere calcolati al netto della riassicurazione. La circostanza che in questo indicatore siano inserite anche le riserve tecniche ed i premi contabilizzati indica che il suo eventuale deficit determina una impossibilità per l’impresa di fare fronte anche alle obbligazioni derivanti dai contratti di assicurazione in corso. Da qui l’estrema gravità della crisi.

5 Ed infatti l’art. 45-ter, comma 5, c.a. stabilisce che «il Requisito Patrimoniale di Solvibilità copre almeno i seguenti rischi: a) il rischio di sottoscrizione per l’assicurazione danni; b) il rischio di sottoscrizione per l’assicurazione vita; c) il rischio di sottoscrizione per l’assicurazione malattia; d) il rischio di mercato; e) il rischio di credito; f) il rischio operativo. Tale rischio include i rischi legali ma non i rischi derivanti da decisioni strategiche e i rischi reputazionali».

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§ 9. La violazione delle norme sulle riserve tecniche, sul requisito patrimoniale di solvibilità e sul requisito patrimoniale minimo. Rinvio Nel caso di violazione delle norme che disciplinano le riserve tecniche, il requisito patrimoniale di solvibilità e il requisito patrimoniale minimo, la legge appresta delle procedure cautelari e di risanamento a tutela della massa degli assicurati. Riserve tecniche inadeguate o insufficienti costituiscono infatti un grave pericolo per la solvibilità dell’impresa, così come un requisito patrimoniale di solvibilità o, addirittura, al requisito patrimoniale minimo insufficienti, sono, come detto, indice di una crisi patrimoniale anche grave. Di tali misure peraltro si parlerà nell’apposita parte dedicata alle misure di salvaguardia, risanamento e liquidazione (infra, Cap. V, § 1).

§ 10. Il bilancio e le scritture contabili delle imprese di assicurazione A) Il bilancio delle imprese di assicurazione e riassicurazione Al bilancio delle imprese di assicurazione e di riassicurazione si applicano i principi generali dettati dal Codice Civile in materia di bilancio di società per azioni. Tuttavia, in considerazione della specialità dell’attività esercitata, la materia è disciplinata in via particolare dal Codice delle Assicurazioni (art. 88 ss.), dal d.lgs. 26 maggio 1997, n. 173 e dal Regolamento ISVAP 4 aprile 2008, n. 22. Peraltro, le imprese che hanno emesso strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell’Unione Europea (art. 91 c.a.), le imprese tenute a redigere il bilancio consolidato, le imprese di partecipazione assicurativa 6 con sede in Italia che controllano una o più imprese e le imprese di partecipazione finan-

6 Per impresa di partecipazione assicurativa si intende una società controllante il cui unico o principale oggetto consiste nell’assunzione di partecipazioni di controllo, nonché nella gestione e valorizzazione di tali partecipazioni, se le imprese controllate sono esclusivamente o principalmente imprese di assicurazione, imprese di riassicurazione, imprese di assicurazione o di riassicurazione extracomunitarie, sempre che almeno una di esse sia un’impresa di assicurazione o un’impresa di riassicurazione avente sede legale nel territorio della Repubblica e che non sia una impresa di partecipazione finanziaria mista (art. 1, comma 1, lett. aa, c.a.).

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ziaria mista 7 con sede in Italia che controllano una o più imprese di assicurazione o riassicurazione (art. 95 c.a.), sono soggette all’applicazione dei principi contabili internazionali – IAS (International Accounting Standards) e IFRS (International Financial Reporting Standards). Tali principi sono stati introdotti dal Regolamento CE n. 1606/2002, attuato con il d.lgs. 28 febbraio 2005, n. 38, con la finalità di armonizzare l’informazione finanziaria e di aumentare la trasparenza e la comparabilità dei bilanci redatti da tutte le società dell’U.E. quotate su un mercato regolamentato. Tuttavia tale modalità di redazione del bilancio può essere adottata anche dalle imprese alle quali al momento non è imposta. La disciplina è dettagliatamente integrata dal Regolamento ISVAP 13 luglio 2007, n. 7, come modificato da ultimo dal provvedimento IVASS 8 maggio 2018 n. 74. La redazione del bilancio – costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico, dalla nota integrativa (art. 2423 c.c.) e, per le imprese di assicurazione anche dal rendiconto finanziario (art. 4, comma 1, Regol. e all. 1) – è compito degli amministratori, i quali devono presentarlo all’assemblea per l’approvazione entro il termine massimo di 120 giorni dalla dell’esercizio sociale, che, a sua volta, è obbligatoriamente fissato dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno (art. 92 c.a.). Il termine può essere prorogato al 30 giugno, se l’atto costitutivo lo prevede, quando particolari esigenze lo richiedano o se l’impresa esercita in misura rilevante attività di riassicurazione ovvero se l’impresa è tenuta a redigere il bilancio consolidato. L’esercizio di tale facoltà deve essere comunicato all’IVASS ed evidenziato nella nota integrativa (art. 92 c.a.). Il bilancio deve essere redatto in conformità dei principi generali di chiarezza e verità, secondo il disposto dell’art. 2423 c.c. e deve rispettare i principi generali in tema di valutazione delle voci, di effettività degli utili, di competenza, di prudenza e di continuità delle valutazioni da un esercizio all’altro (art. 2423-bis c.c.). Il bilancio deve essere accompagnato da una «relazione sulla gestione», la quale deve indicare l’andamento generale della gestione dell’impresa, ivi compresa una descrizione dei principali rischi e incertezze cui l’impresa è esposta, l’evoluzione del portafoglio, l’andamento dei sinistri, le forme riassi7

Per società di partecipazione finanziaria mista si intende un’impresa diversa da un’impresa regolamentata (e cioè diversa da un’impresa bancaria o assicurativa o un’impresa di investimento o una società di gestione patrimoniale o un gestore di fondi comuni di investimento) che controlla altre imprese di cui almeno una sia un’impresa regolamentata con sede principale nell’Unione europea e con altre imprese costituisca un conglomerato finanziario (art. 1, comma 1, lett. v), d.lgs. 30 maggio 2005, n. 142).

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curative maggiormente significative adottate nei principali rami esercitati, le attività di ricerca e di sviluppo e i nuovi prodotti immessi sul mercato, le linee seguite nella politica degli investimenti, gli obiettivi e le politiche di gestione del rischio finanziario e la politica di copertura per principali categorie di operazioni coperte e l’esposizione dell’impresa ai rischi di prezzo, di credito, di liquidità e di variazione dei flussi, le notizie in merito al contenzioso in corso, il numero e il valore nominale delle azioni o quote proprie o dell’impresa controllante, i rapporti con le imprese del gruppo, la prevedibile evoluzione della gestione e i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio (art. 94 c.a.). Se l’impresa ha costituito uno o più patrimoni destinati ai sensi dell’art. 2447-bis c.c., va allegato al bilancio un rendiconto per ogni patrimonio costituito (art. 91, comma 2, c.a.). Infine, unitamente al bilancio, deve essere inviata all’IVASS una relazione, approvata dall’organo amministrativo, contenente gli elementi informativi necessari per la valutazione dell’efficienza delle strutture deputate a garantire l’adeguatezza dell’organizzazione aziendale rispetto all’obiettivo di prevenire e contrastare le frodi (cfr. Regol. 9 agosto 2012, n. 44). Per le imprese di assicurazione comunitarie il termine per la trasmissione all’Autorità è il 31 maggio. Il bilancio delle imprese di assicurazione, anche se non quotate in borsa, deve essere certificato da un revisore ovvero da una società di revisione (art. 102 c.a.). Entro trenta giorni dall’approvazione, il bilancio, con gli allegati, deve essere depositato per la pubblicazione presso il registro delle imprese (art. 2435 c.c.) e trasmesso all’IVASS. Quest’ultima può impugnare la delibera di approvazione entro sei mesi dall’iscrizione per motivi attinenti il contenuto e le valutazioni del bilancio (art. 102, comma 4, c.a.). L’IVAS determinerà, con regolamento (art. 90, comma 1, c.a.): a) gli schemi di bilancio; b) il piano dei conti che le imprese adottano nella loro gestione; c) le modalità di calcolo delle riserve tecniche; d) le modalità di calcolo delle altre voci di bilancio. Lo stato patrimoniale e il conto economico al momento sono ancora disciplinati dal d.lgs. n. 173/1997 e dal Regolamento n. 7/2007. Quanto allo stato patrimoniale il criterio generale di valutazione dei cespiti dell’attivo (art. 16, d.lgs. n. 173/1997) è quello del costo di acquisto o di produzione (comprensivi dei costi accessori che devono peraltro essere ammortizza-

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ti). Il valore corrente di questi investimenti (calcolato secondo gli artt. 16-19 d.lgs. n. 173/1997) deve essere indicato nella nota integrativa ai soli fini di comparazione tra valore storico e valore di mercato. Nel caso di investimenti o di altri elementi dell’attivo non destinati a permanere durevolmente nel patrimonio dell’impresa (e cioè quegli attivi patrimoniali che non sono destinati ad essere mantenuti nel patrimonio aziendale a scopo di stabile investimento, coerentemente con l’andamento economico e finanziario dell’impresa – cfr. art. 15, d.lgs. n. 173/1997) l’iscrizione deve invece essere effettuata al valore di presumibile realizzo, se quest’ultimo risulta inferiore al criterio del costo di acquisizione. Alcuni tipi di investimenti (ad esempio quelli relativi alla gestione dei fondi pensione) devono invece essere valutati al valore di mercato, mentre i crediti secondo il presumibile valore di realizzazione. Al passivo, oltre alle voci relative al capitale sociale (o fondo di garanzia per le mutue) ed alle riserve ordinarie, trovano posto le riserve tecniche di cui si è già parlato (cfr. supra, § 6). Quanto al conto economico la legge (art. 44, d.lgs. n. 173/1997) distingue i «conti tecnici», i quali comprendono tutte le voci relative alla gestione tipicamente assicurativa (premi, oneri relativi al pagamento dei sinistri, spese di liquidazione, capitali e rendite erogate per i rami vita, utili o ristorni corrisposti agli assicurati, provvigioni, spese di amministrazione), dal «conto non tecnico», il quale comprende i proventi e gli oneri patrimoniali e finanziari connessi con gli investimenti, i quali non costituiscono, nei rami danni, costi e ricavi tipici dell’attività assicurativa. Nei rami vita quest’ultimi, poiché, al contrario, rientrano nella tipica attività di capitalizzazione dell’attività assicurativa, sono compresi nel conto tecnico (art. 54, d.lgs. n. 173/1997).

Le imprese di assicurazione e le imprese di partecipazione assicurativa (cfr. supra, nota 6) aventi sede in Italia (o le sedi secondarie di imprese estere) che controllano una o più imprese sono tenute a redigere il «bilancio consolidato» (art. 95 c.a.). Tale obbligo sussiste anche qualora due o più imprese, anche in assenza di controllo, agiscano secondo una «direzione unitaria», che può aversi, non solo in virtù di contratti o clausole statutarie, ma anche per l’identità della maggioranza degli amministratori (art. 96 c.a.). Si ha direzione unitaria anche nel caso in cui un soggetto non assicuratore controlli più imprese di assicurazione (art. 96, comma 2, c.a.). L’obbligo non sussiste – a determinate condizioni (art. 97, comma 2, c.a.) – se l’impresa di assicurazione o l’impresa di partecipazione assicurativa è a sua volta controllata, direttamente o indirettamente, da impresa tenuta alla redazione del bilancio consolidato ai sensi del Codice delle Assicurazioni (art. 97, comma 1, c.a.).

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Il Regolamento ISVAP 13 luglio 2007, n. 7 (art. 20) individua le imprese che, pur prive dei requisiti di cui agli artt. 95 e 96 c.a. sull’obbligo di redazione del bilancio consolidato, sono ugualmente soggette all’obbligo per finalità di vigilanza (art. 98 c.a.). Tra queste sono ricomprese le società di partecipazione finanziaria mista a capo di un conglomerato per il quale l’IVASS è stato designato come coordinatore (art. 20 Regol.).

Anche il bilancio consolidato è accompagnato da una «relazione sulla gestione» (art. 100 c.a.). Entro tre mesi (cinque per le imprese che esercitano esclusivamente la riassicurazione) dalla fine del primo semestre dell’esercizio l’organo amministrativo dell’impresa deve approvare una «relazione semestrale» (art. 14 Regol.). Si tratta di un vero e proprio bilancio intermedio, composto da stato patrimoniale e conto economico, oltre che da una serie di «dettagli» elencati dall’art. 13 Regol. La relazione semestrale è inoltre corredata delle eventuali osservazioni dell’organo di controllo (art. 16 Regol.) e, entro un mese dalla sua approvazione, la relazione semestrale con le informazioni di vigilanza, la relazione della società di revisione, le eventuali osservazioni dell’organo di controllo, nonché la copia della delibera di approvazione dell’organo amministrativo deve essere trasmessa all’IVASS (art. 18 Regol.). Uguale obbligo è imposto alle imprese tenute a redigere il bilancio consolidato, le quali devono trasmettere, negli stessi termini, all’IVASS la «relazione semestrale consolidata» (art. 27 Regol.). B) Registri e libri contabili Gli obblighi contabili comprendono infine la tenuta della contabilità e dei libri previsti in generale per le imprese commerciali (artt. 2214-2220 c.c.) e per le società per azioni (art. 2421 c.c.), nonché libri e registri specificamente previsti per le imprese di assicurazione dall’art. 101 c.a. Il Regolamento ISVAP 14 ottobre 2008, n. 27 fissa poi le modalità di tenuta, compilazione e conservazione dei registri, nonché i registri che devono essere tenuti dalle imprese che esercitano la riassicurazione. Tutte le imprese, qualunque sia il ramo di attività esercitato devono conservare per almeno dieci anni: le proposte di assicurazione, i contratti di assicurazione, i trattati, i certificati medici, i fascicoli di sinistro, le comunicazioni delle imprese delegatarie, delle imprese cedenti e delle imprese gestionarie e, in genere, la documentazione di supporto per le annotazioni nei registri assicurativi (art. 8, comma 1, Regol.). Alle imprese è inoltre imposto di conservare: gli originali dei contratti di assicurazione emessi e sottoscritti dal contraente e la documentazione connessa, per cinque anni dal-

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la data in cui il contratto ha cessato di avere effetto e i fascicoli di sinistro dei rami danni, per cinque anni dalla data della eliminazione senza pagamento di indennizzo o del pagamento di tutti gli importi dovuti a titolo di risarcimento e di spese dirette (art. 8, comma 2, Regol.). In particolare le imprese di assicurazione che operano nei rami vita devono tenere, oltre al già citato registro delle attività a copertura delle riserve tecniche (art. 18 Regol.), i seguenti registri: a) il registro dei i contratti emessi (art. 10 Regol.); b) il registro dei contratti stornati per risoluzione ai sensi dell’art. 1924, comma 2 (mancato pagamento dei premi), o per mancato perfezionamento o per recesso dell’assicurato ai sensi dell’art. 177 c.a. (entro 30 giorni dalla conclusione del contratto) (art. 11 Regol.); c) il registro dei contratti scaduti (art. 12 Regol.); d) il registro dei contratti riscattati (ai sensi dell’art. 1924, comma 2 – infra, Parte II, Cap. XVII, § 5) (art. 13 Regol.); e) il registro dei contratti trasformati, e cioè di quei contratti che siano stati trasformati in altre forme contrattuali (art. 14 Regol.); f) il registro dei sinistri denunciati (art. 15 Regol.); g) il registro dei sinistri pagati (art. 16 Regol.); h) il registro dei reclami ricevuti (art. 17 Regol.). Le imprese che operano nel ramo danni devono a loro volta tenere, oltre al già citato registro delle attività a copertura delle riserve tecniche (artt. 35-36 Regol.), i seguenti registri: a) il registro dei contratti emessi (art. 29 Regol.); b) il registro dei sinistri denunciati (art. 30 Regol.); c) il registro dei sinistri pagati (art. 31 Regol.); d) il registro dei sinistri eliminati senza pagamento di indennizzo (art. 32 Regol.); e) il registro dei sinistri ancora da pagare alla chiusura dell’esercizio (art. 33 Regol.); f) il registro dei sinistri per i quali sia stata riaperta la procedura di liquidazione (art. 34 Regol.); g) il registro dei reclami ricevuti (artt. 37-38 Regol.). Per le imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioni della responsabilità civile autoveicoli e natanti il Regolamento ISVAP n. 14/2008 prevede una disciplina parzialmente diversa (artt. 19-26). In particolare per i registri assicurativi attinenti alla movimentazione dei sinistri, le imprese devono distinguere le registrazioni e le totalizzazioni finali secondo le seguenti tipologie di gestione: a) partite di danno 8 NO CARD 9; 8

Per «partita di danno» si intende l’insieme dei danni afferenti il medesimo danneggiato o assicurato o trattati nell’ambito della medesima tipologia di gestione.

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b) partite di danno CARD 10 trattate dall’impresa in qualità di gestionaria e i relativi forfait; c) partite di danno CARD trattate, per conto dell’impresa (debitrice), da altre imprese in qualità di gestionaria.

Le imprese autorizzate all’esercizio della riassicurazione devono tenere il registro dei trattati, ove devono essere riportati analiticamente, in ordine cronologico di emissione, i trattati conclusi e i trattati acquisiti tramite trasferimenti di portafoglio (art. 40 Regol.).

§ 11. L’attività delle imprese nazionali all’estero La disciplina dell’attività delle imprese nazionali all’estero – sia in regime di stabilimento che di libera prestazione di servizi – va distinta a seconda che lo Stato estero sia uno Stato facente parte dell’U.E. (Stato membro), ovvero sia uno Stato terzo. A) Nel primo caso, per il principio dell’Home Country Control, non vi è bisogno di una nuova autorizzazione; tuttavia l’impresa deve dimostrare di avere una organizzazione tecnica e finanziaria sufficiente per poter operare all’estero. A.1) Qualora l’impresa voglia istituire una vera e propria sede secondaria, e cioè voglia operare in «regime di stabilimento» (artt. 16-17), dovrà darne preventiva comunicazione all’IVASS con le modalità stabilite dal Regolamento 2 gennaio 2008, n. 10 (art. 22). Nella comunicazione dovrà indicare lo Stato ove intende stabilirsi; dovrà inoltre allegare un programma di attività, specificando i rischi e le obbligazioni che intende assicurare, la struttura organizzativa della sede secondaria e la documentazione comprovante la nomina di un rappresentante generale, munito di mandato con rappresentanza, anche processuale (se il rappresentante è una persona giuridica, quest’ultima dovrà a sua volta designare un rappresentante persona fisica). Il rappresentante generale deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità previsti dall’art. 76 c.a. per gli esponenti aziendali.

9 Le partite di danno «NO CARD» sono le partite di danno regolate dal regime ordinario e che non rientrano nell’ambito di applicazione della CARD. 10 Le partite di danno «CARD» sono le partite di danno regolate dalla procedura di risarcimento diretto, trattate dall’impresa in qualità di gestionaria per conto delle imprese di assicurazione dei veicoli responsabili (debitrici).

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Qualora l’IVASS dovesse ritenere che la situazione finanziaria o la struttura organizzativa dell’impresa non offre le garanzie necessarie, ovvero il rappresentante generale non è in possesso dei requisiti di legge, potrà di fatto impedire lo stabilimento della sede all’estero omettendo la trasmissione della comunicazione all’organo di controllo dello stato membro. Non si tratta pertanto di autorizzazione, bensì di una verifica, da parte dell’Istituto, della idoneità dell’impresa ad esercitare attività all’estero, legata a motivi finanziari ed organizzativi. Si tratta cioè di evitare un allargamento dell’attività, cui l’impresa non è pronta o per il quale non dispone dei mezzi necessari. Se al contrario l’IVASS non ravvisa impedimenti, procederà alla trasmissione, entro 60 giorni, della comunicazione dell’impresa all’organo di vigilanza dello Stato membro, allegando una certificazione attestante che l’impresa è in possesso di attività sufficienti a coprire il requisito patrimoniale di solvibilità ed il requisito patrimoniale minimo. L’IVASS deve prontamente informare l’impresa della trasmissione, ovvero del diniego di trasmissione, della comunicazione. L’impresa può iniziare l’attività solo dopo aver ricevuto comunicazione di assenso da parte dell’organo di controllo dello Stato membro, ovvero, in difetto di comunicazione, trascorsi 60 giorni dal ricevimento, da parte di quest’ultimo, delle informazioni da parte dell’IVASS (principio del silenzio-assenso). Nello stesso termine l’Istituto deve trasmettere all’impresa eventuali comunicazioni ricevute dall’organo di controllo dello Stato membro in ordine a condizioni cui l’attività dell’impresa viene subordinata. Per il citato principio dell’Home Country Control gli Stati membri non possono infatti opporsi al libero stabilimento dell’impresa nel loro territorio, ma solo stabilire particolari condizioni dettate dall’interesse generale del corretto esercizio delle assicurazioni. A.2) Analoga procedura è prevista nel caso l’impresa voglia svolgere attività in regime di «libera prestazione di servizi» (artt. 18-19 c.a. e 24 Regol.), salvo il termine per la trasmissione della comunicazione, dall’IVASS all’organo di controllo dello Stato membro, che è di 30 giorni. Dalla notizia di detta trasmissione l’impresa può iniziare l’attività. A.3) L’IVASS esercita la vigilanza anche sull’attività svolta dalle imprese italiane all’estero (art. 192 c.a.). L’Istituto, anche su segnalazione dell’organo di vigilanza dello Stato membro ove è situata la sede secondaria o dove l’impresa opera in regime di prestazione di servizi, può adottare le misure idonee a porre fine alle even-

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tuali irregolarità. Di tali misure dà notizia all’organo di controllo dello Stato membro (art. 192, comma 3, c.a.). L’Istituto esercita inoltre le funzioni di vigilanza prudenziale affinché le sedi secondarie o le imprese che esercitano in regime di prestazione di servizi rispettino le condizioni di esercizio stabilite dalla legge (art. 192, comma 4, c.a.). B) Nel caso di stabilimento o prestazione di servizi in Stati terzi (artt. 22 c.a. e 26 Regol.), l’impresa dovrà ottenere l’autorizzazione eventualmente richiesta dallo Stato terzo ed adeguarsi alla disciplina ivi vigente. Dovrà comunque darne preventiva comunicazione all’IVASS indicando lo Stato nel quale intende operare. Se l’impresa intende operare attraverso l’istituzione di una sede secondaria dovrà comunicare, analogamente a quanto illustrato in precedenza, l’indirizzo della sede ed allegare un «programma di attività» dal quale risulti il nominativo del rappresentante, i rischi e le obbligazioni che intende assumere, nonché la struttura organizzativa. L’Istituto può vietare l’istituzione della sede secondaria se ritiene che la struttura organizzativa e finanziaria dell’impresa non sia adeguata (art. 22, comma 2, c.a.). In caso di attività di prestazione di servizi, alla comunicazione sarà allegato un programma di attività limitato alla sola illustrazione dei rischi e delle obbligazioni che l’impresa intende assumere e gli stabilimenti attraverso i quali intende operare. Anche in questo caso l’IVASS può vietare l’inizio dell’attività per i medesimi motivi già esposti.

§ 12. Revoca e decadenza dall’autorizzazione La «revoca» e la «decadenza» dall’autorizzazione sono atti che comportano la cessazione dell’attività dell’impresa, relativamente ai rami per i quali la decadenza o la revoca sono disposte, ovvero, se relative a tutta l’attività, la liquidazione dell’impresa. La decadenza (art. 240 c.a.) riguarda fatti ricollegabili ad impedimenti funzionali, ad ipotesi nelle quali l’inizio o la continuazione dell’attività sono impediti da fatti volontari o contingenti. La decadenza è prevista nei seguenti casi: 1. l’impresa non inizia l’attività entro 12 mesi dalla concessione del provvedimento;

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2. rinuncia espressa all’autorizzazione; 3. l’attività non viene svolta per un periodo superiore a sei mesi (è questo il caso di interruzione dell’attività); 4. trasferisce l’intero portafoglio ad altra impresa (cfr. infra, Cap. IV, § 2); 5. si verifica una causa di scioglimento della società (art. 2484 c.c.). Nei casi sub 1 e 3 l’IVASS, per giustificati motivi può concedere una proroga non superiore a 6 mesi. Nei casi sub 1, 2 e 3, se gli eventi riguardano solo una parte dei rami autorizzati, la decadenza opera solo per tali rami. La decadenza dell’autorizzazione è dichiarata dall’Istituto con provvedimento pubblicato sul bollettino, e, se riguarda tutti i rami, comporta la cancellazione dall’albo delle imprese di assicurazione. Il provvedimento è comunicato alle autorità di vigilanza degli altri Stati membri dell’U.E. al fine di evitare che l’impresa continui ad operare nel loro territorio. Il provvedimento è infine comunicato all’AEAP (EIOPA) al fine della pubblicazione sul relativo bollettino. L’impresa deve limitarsi alla gestione dei contratti in corso e gli è vietato assumere nuovi affari. Il provvedimento di decadenza può comportare la messa in liquidazione coatta amministrativa dell’impresa se è dichiarata per i motivi di cui ai numeri 2, 3 e 5. La revoca (art. 242 c.a.) riguarda invece tipicamente l’inosservanza di disposizioni o comportamenti dovuti da parte dell’impresa. È quindi una conseguenza, sotto certi profili, sanzionatoria di comportamenti (gravemente rilevanti) non conformi a legge. Per tale ragione il relativo provvedimento deve essere motivato. La revoca è dichiarata dal Ministero dello Sviluppo Economico, su proposta dell’IVASS, con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e sul bollettino e comunicato dall’Istituto alle autorità di vigilanza degli altri Stati membri. Anch’essa può riguardare solo alcuni rami, e può essere dichiarata nei seguenti casi nei quali l’impresa: 1. non si attiene ai limiti imposti nel provvedimento di autorizzazione all’esercizio dell’attività o al programma di attività; 2. non soddisfa più le condizioni di accesso; 3. è gravemente inadempiente alle disposizioni del Codice delle Assicurazioni; 4. non rispetta il Requisito Patrimoniale Minimo ed ha presentato, a giudizio dell’IVASS, un piano di finanziamento manifestamente inadeguato

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ovvero non ha rispettato il piano approvato entro tre mesi dalla rilevazione dell’inosservanza del Requisito Patrimoniale Minimo ovvero, nel caso in cui sia soggetta a vigilanza di gruppo, non ha realizzato entro i termini stabiliti le misure previste dall’art. 227 (cfr. infra, Cap. V, § 1); 5. sia assoggettata a liquidazione coatta amministrativa o ne sia stato dichiarato lo stato di insolvenza dal tribunale (cfr. infra, Cap. V, § 6). L’impresa deve limitarsi alla gestione dei contratti in corso e gli è vietato assumere nuovi affari. Per le imprese che esercitano il ramo responsabilità civile obbligatoria per i veicoli a motore e natanti (cfr. infra, Parte II, Cap. XII) sono motivo di revoca anche il ripetuto e sistematico rifiuto od elusione all’obbligo a contrarre, ovvero nel caso di ripetuta e sistematica violazione delle disposizioni sulla liquidazione dei sinistri di cui agli artt. 148-149 del Codice delle Assicurazioni. Se la revoca riguarda tutti i rami, con il medesimo provvedimento il Ministero dispone la messa in liquidazione coatta amministrativa dell’impresa, mentre l’IVASS provvede alla sua cancellazione dall’albo delle imprese di assicurazione. Tuttavia, nei casi sub 1 e 2 l’impresa può essere autorizzata a procedere a liquidazione volontaria entro un termine perentorio. I provvedimenti del MiSE sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, riprodotti nel bollettino e devono essere comunicati dall’IVASS all’organo di controllo degli altri Stati membri per impedire all’impresa l’esercizio dell’attività assicurativa nel loro territorio. Contro i provvedimenti di decadenza e di revoca dell’autorizzazione l’impresa può ricorrere all’autorità giudiziaria con ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio.

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LA DISCIPLINA DELLE IMPRESE ESTERE

§ 13. Imprese con sede in uno Stato membro Come alle imprese italiane è consentito l’esercizio di attività assicurativa e riassicurativa, in regime di stabilimento o di libertà di prestazione di servizi, in altri Stati comunitari, così alle imprese comunitarie è consentito tale esercizio nel territorio italiano alle medesime condizioni. Non occorre pertanto un’autorizzazione specifica da parte dell’Istituto di vigilanza, il quale si limita ad esercitare un controllo concorrente con quello dell’organo dello Stato di origine. La disciplina dell’attività delle imprese comunitarie in Italia è pertanto esattamente speculare rispetto a quella appena esaminata con riferimento all’attività delle imprese italiane in altri Stati membri. Un elenco delle imprese ammesse all’esercizio in regime di stabilimento o libera prestazione di servizi deve essere pubblicato in appendice all’albo delle imprese di assicurazione a cura dell’IVASS (art. 26 c.a.). A) L’accesso all’attività assicurativa in Italia da parte di imprese aventi sede legale in uno Stato membro, in regime di stabilimento 11 (art. 23 c.a.), è subordinata alla trasmissione all’Istituto, da parte dell’autorità di controllo dello Stato di origine, della medesima comunicazione già esaminata per le imprese italiane che vogliono operare in paesi membri. Se l’impresa comunitaria intende esercitare l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la comunicazione deve includere la dichiarazione che l’impresa è membro dell’Ufficio centrale italiano e aderente al «Fondo di garanzia per le vittime della strada» (cfr. infra, Parte II, Cap. XII, § 6). La comunicazione deve essere pertanto accompagnata dall’indicazione

11 «È considerato esercizio dell’attività assicurativa in regime di stabilimento ai sensi del comma 1, anche in assenza di succursali, agenzie o sedi secondarie, qualsiasi presenza permanente nel territorio della Repubblica, inclusa l’organizzazione di un semplice ufficio gestito da personale dipendente dell’impresa ovvero da una persona indipendente ma incaricata di agire in modo permanente per conto dell’impresa stessa» (art. 23, comma 1-bis, c.a.).

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della denominazione sociale dell’impresa, l’indirizzo della sede legale e l’indirizzo della sede secondaria da costituire in Italia; da un certificato attestante che l’impresa possiede un margine di solvibilità minimo; da un programma di attività, specificando i rischi che intende assicurare e la struttura organizzativa della sede secondaria; dalla documentazione comprovante la nomina di un rappresentante generale della sede secondaria, munito di mandato con rappresentanza, anche processuale (se il rappresentante è una persona giuridica, quest’ultima dovrà a sua volta designare un rappresentante persona fisica). Il rappresentante generale deve avere domicilio presso la sede secondaria. Naturalmente la comunicazione sarà stata preventivamente delibata dall’autorità di controllo dello Stato di origine. L’IVASS dispone di 30 giorni per comunicare all’autorità di controllo dello Stato di origine la normativa, giustificata da motivi di interesse generale, che l’impresa deve osservare nell’esercizio dell’attività. In alternativa l’Istituto, nel medesimo termine, può comunicare il suo assenso. In difetto, l’impresa, decorsi i 30 giorni, può iniziare l’attività (principio del silenzio-assenso). B) Anche l’accesso all’attività assicurativa in regime di libera prestazione di servizi (art. 24 c.a.) è disciplinato in forma speculare rispetto a quanto stabilito per le imprese italiane che intendono esercitare in altri paesi comunitari. L’attività è subordinata alla trasmissione all’IVASS, da parte dell’organo di controllo dello Stato di origine, della medesima comunicazione già esaminata per le imprese comunitarie. Essa dovrà essere pertanto corredata dall’indicazione della denominazione sociale dell’impresa con l’indirizzo della sede legale; da un certificato attestante che l’impresa possiede un margine di solvibilità minimo; da un certificato attestante i rami che è autorizzata ad esercitare; da una dichiarazione indicante la natura dei rischi e delle obbligazioni che intende assumere. Se l’impresa comunitaria intende esercitare l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la comunicazione deve includere l’indicazione del nominativo e l’indirizzo del rappresentante per la gestione dei sinistri e la dichiarazione che l’impresa è membro dell’Ufficio centrale italiano e aderente al Fondo di garanzia per le vittime della strada. Il «rappresentante per la gestione dei sinistri» (art. 25 c.a.) è il soggetto al quale vengono indirizzate le richieste di risarcimento e cura la loro liquidazione; deve essere munito di rappresentanza processuale e le sue generalità

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ed indirizzo devono essere indicate nel contratto, nel certificato di assicurazione e nel contrassegno. L’impresa non può iniziare ad operare sino a quando l’IVASS non abbia attestato il ricevimento della suddetta comunicazione. C) Come detto l’attività di vigilanza dell’IVASS è solo concorrente con quella dell’organo di controllo dello Stato di origine. Se peraltro l’impresa commette violazioni di legge, l’Istituto ne contesta la violazione e le ordina di conformarsi alle disposizioni violate (art. 193, comma 2, c.a.). Se l’impresa persiste nella violazione, l’Istituto ne informa l’autorità di controllo dello Stato di origine chiedendo l’adozione delle misure necessarie. Solo qualora le irregolarità persistano, l’IVASS, previa comunicazione all’autorità di vigilanza dello Stato di origine, può intervenire direttamente con le opportune misure, anche vietando la stipulazione di nuovi contratti (con la sanzione, in caso di violazione del divieto, della nullità dei contratti come disciplinata dall’art. 167 c.a.).

§ 14. Imprese con sede in uno Stato terzo Poiché al di fuori dell’U.E. non esiste una disciplina uniforme sull’attività assicurativa, per le imprese che hanno sede in uno Stato terzo, e che vogliono operare in Italia, è necessaria una vera e propria autorizzazione emessa a seguito della verifica dell’esistenza delle condizioni necessarie (art. 28 c.a.). L’autorizzazione può riguardare solamente la costituzione di una sede secondaria nel territorio italiano. È, di conseguenza, vietato alle imprese extracomunitarie l’esercizio di attività assicurativa in regime di libera prestazione di servizi (art. 29 c.a.). A) Condizioni di accesso. La concessione dell’autorizzazione da parte dell’IVASS, da pubblicare nel Bollettino, è subordinata alle seguenti condizioni (art. 28 c.a.): – l’impresa, se autorizzata nello Stato di origine all’esercizio congiunto delle assicurazioni vita e danni, può essere autorizzata ad esercitare solamente i rami vita o solamente i rami danni; – l’impresa deve costituire nel territorio italiano una sede secondaria e nominare un rappresentante generale che abbia residenza in Italia e che

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abbia i poteri di sottoscrivere i contratti e la rappresentanza processuale; – l’impresa deve dimostrare di possedere nel territorio italiano investimenti per un ammontare pari ad almeno la metà di quelli previsti per il requisito patrimoniale minimo; – il rappresentante generale deve possedere i requisiti di onorabilità e professionalità previsti per gli amministratori. L’impresa deve inoltre presentare la documentazione prevista dall’art. 28 del Regolamento ISVAP 2 gennaio 2008, n. 10 tra cui un programma di attività indicante i rischi e le obbligazioni che intende assumere, gli elementi patrimoniali costituenti il requisito patrimoniale minimo, la previsione delle spese organizzative e amministrative e i mezzi finanziari costituenti il fondo di organizzazione, i criteri da seguire per la riassicurazione. Al programma deve essere allegata la relazione tecnica sottoscritta da un attuario. L’autorizzazione è valida per il solo territorio italiano. L’autorizzazione può essere negata (art. 28, comma 7, c.a. e art. 33 Regol.), oltre che nel caso l’impresa non adempia alle condizioni richieste, se lo Stato ove l’impresa ha sede non rispetta i principi di «parità di trattamento» o di «reciprocità». E cioè se le leggi di tale Stato non consentano l’esercizio di attività assicurativa alle imprese italiane o lo consentano a condizioni diverse da quelle delle imprese nazionali, oppure lo consentano a condizioni più gravose di quelle imposte dal nostro ordinamento alle imprese di stati terzi. Una particolare disciplina (art. 34 Regol.) è prevista per l’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa nei rami danni da parte della sede secondaria di un’impresa avente sede legale nella Confederazione Elvetica, in quanto soggetta alle disposizioni di cui all’Accordo tra la Comunità Economica Europea e la Confederazione Svizzera concernente l’assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita, siglato a Lussemburgo il 10 ottobre 1989. B) Condizioni di esercizio. Le condizioni di esercizio non si discostano sostanzialmente da quelle previste per le imprese nazionali (art. 48 c.a.), e, d’altro canto, l’IVASS svolge un’attività di vigilanza completa sotto tutti i punti di vista (art. 194 c.a.). Le riserve tecniche sono soggette alla stessa disciplina prevista per le imprese nazionali, con l’unica precisazione che l’Istituto di vigilanza può imporre che gli attivi a copertura siano localizzati nel territorio italiano a tutela degli interessi degli assicurati (art. 49 c.a.). Anche per quanto concerne i fondi propri la sede secondaria deve di-

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sporre di fondi propri sufficienti per coprire il requisito patrimoniale di solvibilità e il requisito patrimoniale minimo (art. 50 c.a.). Se l’impresa è già autorizzata ad operare in uno o più Stati membri può ottenere, con l’accordo di tutti gli Stati membri interessati, alcune agevolazioni in ordine al calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità, alla costituzione della cauzione ed alla allocazione delle attività poste a copertura della quota di garanzia (art. 51 c.a.). C) Revoca e decadenza dall’autorizzazione. Anche i casi di revoca e decadenza dall’autorizzazione sono del tutto uguali a quelli previsti in via generale. Solo per il caso di revoca sono previste ipotesi ulteriori (art. 243 c.a.): – quando l’autorità dello Stato di provenienza abbia ritirato il beneficio della parità di trattamento o della reciprocità di trattamento; – quando l’autorità dello Stato di provenienza abbia imposto restrizioni alla libera disponibilità dei beni posseduti dall’impresa in Italia o abbia ostacolato il trasferimento dei capitali necessari per l’esercizio dell’attività; – quando all’impresa sia stata revocata l’autorizzazione nel paese di origine. La conseguenza della revoca è la medesima prevista in via generale, e cioè la liquidazione coatta amministrativa della sede secondaria, salvo che non sia autorizzata dall’IVASS alla liquidazione ordinaria. Il provvedimento è adottato dal Ministero dello Sviluppo Economico e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (art. 243, comma 4, c.a.).

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CAPITOLO IV

LE VICENDE DELL’IMPRESA DI ASSICURAZIONE SOMMARIO: 1. Modifiche dello statuto e del programma di attività. – 2. Concentrazione di aziende e trasferimento di portafoglio. – 3. Fusione e scissione di imprese di assicurazione. Fusione e scissione di fondi interni e gestioni separate. – 4. Gli accordi tra imprese di assicurazione. La disciplina della concorrenza.

§ 1. Modifiche dello statuto e del programma di attività Così come sono soggetti ad approvazione da parte dell’IVASS l’atto costitutivo e lo statuto originario, sono ugualmente soggette ad approvazioni eventuali modifiche statutarie (artt. 196 c.a. e 4-6 Regolamento 18 febbraio 2008, n. 14). In particolare le modifiche non devono essere in contrasto con una sana e prudente gestione e, in particolare, non devono sussistere elementi ostativi ad un ordinato svolgimento della gestione aziendale (art. 4 Regol.). L’impresa deve comunicare all’Istituto di vigilanza il verbale dell’assemblea comportante le modifiche entro 15 giorni dalla relativa approvazione (art. 4 Regol.). Il provvedimento di approvazione è emesso entro 30 giorni. Se non sussistono le condizioni, il provvedimento può essere negato (art. 6 Regol.). Ugualmente sono soggette ad approvazione le modifiche al programma di attività (sul programma di attività cfr. supra, Cap. III, § 1) (artt. 7-9 Regol.).

§ 2. Concentrazione di aziende e trasferimento di portafoglio La forma più comune di concentrazione di imprese è rappresentata dal gruppo di società, che si realizza attraverso l’acquisto di partecipazioni sociali. Il gruppo presenta inoltre la caratteristica di poter realizzare forme di

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integrazione anche tra imprese che svolgono attività differenti, circostanza questa, come visto (cfr. supra, Cap. I, §§ 3-6), realizzabile anche in campo assicurativo. Nel caso di concentrazione di imprese che svolgono la medesima attività, o attività similari, si ricorre talvolta alla fusione, operazione attraverso la quale si realizza un integrazione anche sotto il profilo soggettivo: non più due o più società legate da partecipazioni al capitale, ma una sola società risultante dalla fusione di due o più società. Altra forma di integrazione tra imprese, giuridicamente più semplice, è rappresentata dal trasferimento di azienda, operazione attraverso la quale non vi è alcun mutamento sotto il profilo soggettivo, ma il trasferimento della sola organizzazione strumentale da un’impresa ad un’altra. Trasferimento che può riguardare l’intera azienda come anche solo una parte (ramo) di essa. Il trasferimento di azienda è un fenomeno regolato in via generale dal Codice Civile agli art. 2556 ss., disciplina integrata dall’art. 2112, che regola la sorte dei contratti di lavoro, e dall’art. 2610, che regola l’eventuale partecipazione a consorzi. Questa disciplina generale è applicabile anche alle imprese di assicurazione, in relazione alle quali l’art. 1902 c.c. stabilisce che la concentrazione di aziende non è causa di scioglimento dei contratti di assicurazione. Poiché il trasferimento di azienda comporta, salvo patto contrario, il trasferimento automatico di tutti i contratti d’impresa (art. 2558 c.c.), in caso di trasferimento di azienda relativa ad un’impresa di assicurazione, si applica anche la disciplina speciale dettata in tema di «trasferimento del portafoglio» (art. 22, Regol. ISVAP n. 14/2008). Il portafoglio costituisce infatti, come visto, il complesso dei contratti di assicurazione che fanno capo all’impresa di assicurazione 1. Il codice delle assicurazioni distingue tra «portafoglio del lavoro diretto italiano», il quale comprende tutti i contratti stipulati da imprese di assicurazione italiane, ad eccezione di quelli stipulati da sedi secondarie in Stati terzi (art. 1, lett. pp, c.a.); «dal portafoglio del lavoro indiretto italiano», il qua1

Il Regolamento ISVAP 18 febbraio 2008, n. 14 definisce il portafoglio come «l’insieme dei contratti di assicurazione, compresi i debiti e crediti collegati a tali contratti, che presentano un comune elemento distintivo quale può rinvenirsi nell’appartenenza ad un medesimo o più rami, nel canale distributivo di raccolta, nella tipologia del contraente, nell’area territoriale e in qualunque elemento comune che consenta l’individuazione del complesso dei rapporti ceduti; il portafoglio non può essere costituito da soli sinistri» (art. 2, lett. f).

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le comprende tutti i contratti stipulati da imprese di assicurazione italiane, anche attraverso sedi secondarie in Stati terzi, e quelli stipulati da stabilimenti in Italia di imprese di altro Stato (art. 1, lett. qq, c.a.). Infine fanno parte del «portafoglio estero» i contratti, ovunque stipulati, da imprese aventi sede in altro Stato o da stabilimenti all’estero di imprese italiane (art. 1, lett. qq, c.a.). Il trasferimento del portafoglio rappresenta una ipotesi ancora più elementare di integrazione tra imprese, poiché non viene ceduta l’intera azienda, bensì solo la massa delle polizze in portafoglio. La materia è disciplinata, oltre che dal codice delle assicurazioni, anche, come detto, dal Regolamento 18 febbraio 2008, n. 14. Il trasferimento può essere effettuato con un contratto di cessione ovvero con conferimento in natura (art. 11 Regol.). Nel primo caso l’impresa cedente perde il portafoglio verso, presumibilmente, un prezzo di cessione; nel secondo acquista una partecipazione nell’impresa cessionaria. Se l’impresa è autorizzata all’esercizio di più rami, il trasferimento può riguardare anche solo il portafoglio relativo ad uno o più rami. L’art. 198 c.a. dispone che l’impresa con sede in Italia che cede in tutto o in parte il proprio portafoglio deve preventivamente sottoporre l’operazione all’approvazione dell’IVASS. Il Regol. n. 14/2008 fissa le modalità di presentazione della domanda e le condizioni per l’autorizzazione. Il provvedimento di autorizzazione è adottato dall’Istituto entro 180 giorni dalla domanda e l’impresa, entro 30 giorni, deve comunicare l’esecuzione del trasferimento o la sua mancata esecuzione (art. 19 Regol.). Il provvedimento è soggetto a pubblicazione sul Bollettino. In caso di esito negativo dell’istruttoria l’IVASS comunica all’impresa i motivi ostativi, e, qualora essi permangano nonostante le osservazioni e integrazioni da parte dell’impresa, comunica il diniego (art. 20 Regol.).

L’impresa cessionaria deve naturalmente possedere l’autorizzazione all’esercizio del ramo relativo ai contratti oggetto di trasferimento. Inoltre, poiché la misura del requisito patrimoniale di solvibilità, come visto, è legato al volume di affari, l’impresa cessionaria deve disporre dei fondi propri ammissibili necessari per coprire il requisito patrimoniale di solvibilità, tenuto conto del portafoglio da acquisire. Infine deve disporre di attivi a copertura delle riserve tecniche sufficienti. Se il portafoglio viene ceduto ad un’impresa avente sede legale in altro Stato membro, l’autorizzazione è di competenza dell’organo di controllo di tale Stato. In questo caso, poiché, attraverso l’acquisizione del portafoglio, l’impresa comunitaria viene a svolgere nel territorio italiano attività in regime di prestazione di servizi, deve conformarsi alla relativa disciplina. Se invece è l’impresa comunitaria che intende trasferire i contratti stipulati

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in regime di stabilimento o di prestazione di servizi in Italia, il trasferimento – sia che venga effettuato a favore di impresa italiana, sia che venga effettuato a favore di sede secondaria di altra impresa comunitaria – deve essere autorizzato dall’IVASS (art. 199 c.a.). Il portafoglio può essere trasferito anche ad una sede secondaria di impresa avente sede legale in uno stato terzo, a condizione che sussistano i presupposti di legge (art. 198, comma 5, c.a.). È ammesso altresì il trasferimento del portafoglio relativo ai contratti stipulati, in regime di stabilimento o prestazione di servizi, in uno Stato terzo ad un’impresa avente sede legale nel medesimo Stato terzo (art. 200 c.a.).

Il trasferimento del portafoglio non è causa di risoluzione dei singoli contratti (art. 168 c.a.). Tuttavia, se il trasferimento avviene a favore di impresa avente sede legale all’estero, oppure a favore di una sede secondaria costituita all’estero di impresa italiana, i contraenti aventi domicilio (o la sede se non persone fisiche) in Italia possono recedere dal contratto nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento di approvazione della cessione. In questo caso infatti il mutamento della controparte, e la collocazione della sua sede all’estero, devono considerarsi giusta causa di recesso. Se si tratta di contratti di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto e natanti, l’avente diritto al risarcimento può agire nei confronti dell’impresa cedente sino a che non è pubblicato il provvedimento di autorizzazione (art. 168, comma 2, c.a.); dopo tale momento dovrà agire nei confronti dell’impresa cessionaria. Infine, poiché il trasferimento totale del portafoglio determina, per l’impresa cedente, di fatto la rinunzia alla gestione dell’attività, essa comporta, come visto, la decadenza dall’autorizzazione per il ramo relativo (art. 240, comma 1, lett. d, c.a. e art. 21 Regol.). Pertanto, se l’impresa è autorizzata all’esercizio di quel solo ramo, ovvero è ceduto il portafoglio relativo a tutti i rami autorizzati, la cessione comporta anche la messa in liquidazione dell’impresa.

§ 3. Fusione e scissione di imprese di assicurazione. Fusione e scissione di fondi interni e gestioni separate Anche per la fusione si rinviene una disciplina generale dettata dagli art. 2501 ss. c.c. e una disciplina speciale per le imprese di assicurazione dettata dagli artt. 1902 c.c., 168, 201 e 202 c.a., disciplina integrata dal citato Regolamento n. 14/2008.

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La fusione consiste nella integrazione di due o più società e può avvenire «per incorporazione», quando una o più società vengono incorporate da un’altra società, oppure può aversi una fusione propriamente detta, quando due o più società danno vita ad una nuova società. Nel primo caso, dalla fusione residuerà una delle società partecipanti alla fusione, il cui patrimonio peraltro è la risultante della somma dei patrimoni delle società fuse; nel secondo, si darà luogo ad una società totalmente nuova il cui patrimonio, anche in questo caso, è la risultante della somma dei patrimoni delle società fuse. In ogni caso si determina un fenomeno di successione a titolo universale nei rapporti giuridici e patrimoniali. La legge prevede e disciplina anche la «scissione» di società (art. 2504septies ss. c.c. e 168, 201 e 202 c.a.), fenomeno speculare rispetto alla fusione. Con la scissione infatti si ha la separazione del patrimonio di una società in due o più società, già costituite o di nuova costituzione (scissione propriamente detta), ovvero l’attribuzione solo di una parte del patrimonio di una società in due o più società, già costituite o di nuova costituzione (scissione «per scorporazione»). Nel primo caso, con la scissione si determinerà l’estinzione della società scissa il cui patrimonio verrà a costituire il patrimonio delle società risultanti dalla scissione; nel secondo, la società scissa resterà in vita con un patrimonio ridotto in proporzione della parte attribuita alla società (o alle società) risultante dalla scissione. Con la scissione si determina quindi un fenomeno di successione a titolo particolare nei rapporti giuridici e patrimoniali. L’art. 201, comma 1, c.a. stabilisce che le modalità della fusione o della scissione e le relative modifiche statutarie, se riguardano almeno un’impresa di assicurazione con sede in Italia, devono essere preventivamente approvate dall’IVASS (con provvedimento pubblicato sul Bollettino) e, se alla fusione o alla scissione partecipano imprese con sede legale in altro Stato membro, deve essere dato parere positivo da parte dell’organo di controllo dello Stato membro (art. 201, comma 3, c.a.). L’autorizzazione è concessa se l’operazione non è in contrasto con il criterio di sana e prudente gestione. Modalità, condizioni ed attività istruttoria sono fissati dal Regolamento 18 febbraio 2008, n. 14 (artt. 24-33). L’approvazione da parte dell’Istituto di vigilanza è condizione per l’iscrizione nel registro delle imprese delle deliberazioni di approvazione del progetto di fusione o di scissione (art. 201, comma 1, c.a.). Naturalmente la società risultante dalla fusione (ovvero le società risultanti dalla scissione) deve essere in possesso dell’autorizzazione all’esercizio del ramo acquisito e disporre del margine di solvibilità necessario e di attività a copertura delle riserve tecniche sufficienti.

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Il provvedimento deve essere emanato entro 120 giorni, salvo eventuali richieste di integrazione dell’istanza (art. 30 Regol.). In assenza dei presupposti l’Istituto comunica provvedimento di diniego (art. 33 Regol.). Anche nel caso della fusione o della scissione non si dà luogo a risoluzione dei contratti e si rende applicabile la disciplina prevista in tema di cessione di portafoglio (art. 168 c.a.). Il Regolamento n. 14/2008 disciplina anche il caso di fusione e scissione di fondi interni e gestioni separate (artt. 34-35). Come già osservato, nell’assicurazione sulla vita, il rendimento dei capitali assicurati può essere legato ad un indice ovvero al rendimento di un fondo interno od esterno. L’art. 34 Regol. stabilisce che «l’impresa può effettuare fusioni o scissioni di gestioni separate o di fondi interni esclusivamente quando queste siano volte a conseguire l’interesse dei contraenti, vale a dire, tra l’altro, quando la fusione è motivata da esigenze di adeguatezza dimensionale della gestione o del fondo, ovvero di efficienza gestionale, con particolare riferimento alla riduzione dei costi per i contraenti». Naturalmente l’operazione deve essere autorizzata dall’IVASS. Le relative modalità sono disciplinate dal Regol. n. 14/2008.

§ 4. Gli accordi tra imprese di assicurazione. La disciplina della concorrenza L’attività assicurativa è, come visto, tipicamente fondata su previsioni statistiche dirette a determinare l’incidenza dei sinistri sulla massa dei rischi assicurati. A tal fine si è sottolineata l’importanza della raccolta più vasta possibile di contratti al fine di rendere le ipotesi statistiche maggiormente attendibili. Tuttavia il «campione» desumibile dalla massa dei contratti in portafoglio può essere insufficiente o, comunque, può essere più vantaggioso acquisire dati e informazioni da altre imprese che esercitano gli stessi rami. Sono pertanto frequenti, in campo assicurativo, accordi e scambi di informazioni tra imprese al fine di una migliore quantificazione delle tariffe e delle condizioni di contratto. È peraltro evidente che lo scambio di notizie non deve degenerare in pratiche anticoncorrenziali, nel senso di concordare tariffe e condizioni di contratto uguali per tutte le imprese, o comunque per le maggiori imprese operanti sul mercato, così falsando o, addirittura, impedendo il gioco della concorrenza, a tutto danno dei consumatori.

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Ed infatti, le imprese di assicurazione sono soggette, non solo alla disciplina della concorrenza prevista dagli art. 2595 ss. c.c., ma anche alla disciplina del Trattato CEE (art. 85 ss.) ed a quella c.d. antitrust introdotta dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287. In particolare, ai sensi della legge n. 287/1990, che ribadisce quanto già disposto in ambito comunitario dal citato Trattato CEE, sono vietate le intese e le pratiche concordate, nonché le deliberazioni di consorzi o associazioni, che abbiano l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nell’ambito del mercato nazionale. In caso di violazioni, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, di cui all’art. 10, può adottare i provvedimenti ispettivi e sanzionatori di cui agli art. 12 ss. Tuttavia è necessario il preventivo parere dell’IVASS, che deve pronunziarsi entro 30 giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento (art. 20, comma 4). Negli anni passati si è assistito ad un nutrito contenzioso tra Antitrust e imprese di assicurazione in ordine alla legittimità ed alla natura anticoncorrenziale di numerose intese attraverso le quali, all’esito di scambi di informazioni, si determinava – secondo l’Autorità Antitrust – di fatto l’applicazione di tariffe e condizioni di contratto uguali per tutte le imprese. La tesi delle imprese, suffragata dall’IVASS, e sostanzialmente accettata in molti casi dalla giurisprudenza amministrativa, si basa sulle particolari modalità di gestione dell’attività assicurativa e sull’applicazione del Regolamento CEE 21 dicembre 1992, n. 3932 il quale fa salvi gli accordi tra imprese di assicurazione che abbiano per oggetto la cooperazione nella fissazione di tariffe e condizioni generali di contratto.

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Le misure di salvaguardia, risanamento e liquidazione

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CAPITOLO V

LE MISURE DI SALVAGUARDIA, RISANAMENTO E LIQUIDAZIONE SOMMARIO: 1. Le misure di salvaguardia: i piani di risanamento e di finanziamento a breve. – 2. Le misure di risanamento: il commissario per il compimento di singoli atti. – 3. Le misure di risanamento: l’amministrazione straordinaria. – 4. Le misure di risanamento: il commissario per la gestione provvisoria. – 5. La liquidazione ordinaria (o volontaria). – 6. La liquidazione coatta amministrativa. – 7. Le misure di risanamento e liquidazione dell’ultima società controllante italiana.

§ 1. Le misure di salvaguardia: i piani di risanamento e di finanziamento a breve Nel caso di violazione delle norme che disciplinano le riserve tecniche, il requisito patrimoniale di solvibilità e il requisito patrimoniale minimo la legge appresta delle procedure cautelari e di risanamento, definite «misure di salvaguardia», a tutela della massa degli assicurati (art. 220-decies ss. c.a.). Riserve tecniche inadeguate o insufficienti costituiscono infatti un grave pericolo per la solvibilità dell’impresa, così come fondi propri insufficienti per coprire il requisito patrimoniale di solvibilità ed il requisito patrimoniale minimo sono, come detto, indice di una crisi patrimoniale anche grave. Il primo obbligo cui sono tenute le imprese di assicurazione e riassicurazione è quello di dotarsi «di procedure per individuare il deterioramento delle proprie condizioni finanziarie» e di comunicare «immediatamente all’IVASS il deterioramento individuato» (art. 220-decies c.a.). A) La violazione delle norme sulle riserve tecniche o sulle attività a copertura. L’art. 221 stabilisce che, in caso di violazione delle norme in tema di riserve tecniche o sulle attività a copertura delle medesime, l’IVASS invita

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l’impresa a conformarsi a tali disposizione, assegnando a tal fine un termine congruo. In via cautelare può vietare all’impresa di compiere atti di disposizione sui beni di sua proprietà. Se si tratta di beni localizzati in altro Stato membro, può chiedere all’organo di controllo di quello Stato analogo provvedimento. Si tratta evidentemente di un provvedimento teso ad evitare che l’impresa comprometta ulteriormente la sua situazione patrimoniale. Se entro il termine assegnato l’impresa non si adegua all’invito a conformarsi alle disposizioni di legge, l’IVASS può: – nominare un «commissario per il compimento di singoli atti» (infra, § 2) con il compito di eliminare le violazioni riscontrate; – vietare l’assunzione di nuovi affari, con le conseguenze, in caso di violazione del divieto, previste dall’art. 167 c.a. (nullità dei contratti, che può essere fatta valere solo dall’assicurato o dal contraente, con obbligo di restituzione del premio). Il divieto di assunzione di nuovi affari è comunicato alle autorità di vigilanza degli Stati ove l’impresa opera ed è pubblicato sul Bollettino. Il provvedimento ha la durata massima di sei mesi: se entro questo lasso di tempo l’impresa si è adeguata, il provvedimento è revocato, altrimenti si procede con la messa in liquidazione coatta; – disporre vincolo sugli attivi posti a copertura delle riserve tecniche. Il vincolo, se si tratta di immobili, è posto dall’IVASS con ordine, al conservatore dei registri immobiliari, di iscrizione di ipoteca a favore dei crediti di assicurazione; se si tratta di altri beni, si adottano le forme previste dalla legge (ad esempio, in caso di azioni di società, con annotazione del pegno sul libro soci) (art. 224 c.a.).

B) La violazione delle norme sul requisito patrimoniale di solvibilità e sul requisito patrimoniale minimo. Il piano di risanamento e il piano di finanziamento a breve termine. L’art. 222 c.a. stabilisce che «L’impresa di assicurazione o di riassicurazione informa immediatamente l’IVASS non appena rileva che il Requisito Patrimoniale di Solvibilità non è più rispettato o quando vi è il rischio che non sia rispettato nei successivi tre mesi». In questo caso, entro due mesi dalla rilevazione o d’ufficio su richiesta dell’IVASS, l’impresa deve presentare un «piano di risanamento». In casi eccezionali di crisi del settore, attestati dall’AEAP, l’IVASS può concedere una proroga sino a 7 anni. Il provvedimento è chiaramente inteso a ristabilire le basi patrimoniali necessarie e, pertanto, può prevedere anche interventi non a breve termine (ad esempio un piano di ristrutturazione aziendale che preveda una razionalizzazione delle risorse, dismissioni, riduzione del personale, ecc.).

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L’IVASS, se ritiene che la situazione finanziaria dell’impresa rischi di subire ulteriori deterioramenti, può disporre, in via cautelare, il divieto del compimento di atti di disposizione sui beni di proprietà dell’impresa. Può altresì disporre vincolo sugli attivi posti a copertura delle riserve tecniche. Ugualmente, le imprese di assicurazione e di riassicurazione devono informare immediatamente l’IVASS qualora rilevino che il requisito patrimoniale minimo non è più rispettato o quando vi è il rischio che non sia rispettato nei successivi tre mesi (art. 222-bis c.a.). Entro un mese dalla rilevazione dell’inosservanza o su richiesta dell’IVASS, l’impresa deve presentare un «piano di finanziamento a breve termine» per riportare, entro tre mesi da tale rilevazione, i fondi propri di base almeno al livello del Requisito Patrimoniale Minimo. Anche in questo caso l’IVASS può disporre, in via cautelare, il divieto del compimento di atti di disposizione sui beni di proprietà dell’impresa. Può altresì disporre vincolo sugli attivi posti a copertura delle riserve tecniche. Il contenuto sia del piano di risanamento che di finanziamento a breve è determinato dal Regolamento IVASS (art. 223-ter c.a.). Entrambi sono soggetti ad approvazione da parte dell’Istituto di vigilanza che ne controlla altresì l’attuazione. La mancata attuazione dei piani comporta, come visto, la revoca dell’autorizzazione (art. 242, comma 1, lett. d, c.a.). Ulteriori misure possono essere adottate dall’IVASS qualora, nonostante la presentazione dei piani, se la solvibilità dell’impresa continua a deteriorarsi (art. 223-bis c.a.). C) Misure di salvaguardia in caso di revoca parziale dell’autorizzazione. Come visto (supra, Cap. III, § 12) la revoca dell’autorizzazione può riguardare anche solo uno o alcuni rami e, pertanto, l’impresa può continuare ad operare con i rimanenti rami non oggetto di revoca. Tuttavia, in questo caso, si pone il problema di tutelare gli assicurati, e gli altri aventi diritto alle prestazioni assicurative, con riferimento ai contratti relativi ai rami oggetto di revoca. Anche in questa circostanza l’IVASS può disporre, in via cautelare, il divieto del compimento di atti di disposizione sui beni di proprietà dell’impresa (qualora non sia già stato adottato). Può altresì disporre vincolo sugli attivi posti a copertura delle riserve tecniche. Entrambi i provvedimenti sono adottati con le stesse modalità previste per il caso di insufficienza delle riserve tecniche (art. 225 c.a.).

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D) Misure di salvaguardia applicate ad imprese estere. Su richiesta dell’autorità di controllo di uno Stato membro, l’IVASS può adottare misure di salvaguardia nei confronti di imprese, con sede legale in tale Stato, che operano in Italia in regime di stabilimento o di prestazione di servizi. In particolare può vietare il compimento di atti di disposizione sui beni di proprietà dell’impresa situati in Italia, così come può disporre vincolo sugli attivi posti a copertura delle riserve tecniche. Gli stessi provvedimenti possono essere adottati autonomamente dall’Istituto nei confronti di imprese con sede in Stati terzi per irregolarità compiute dalla sede secondaria in Italia (art. 226 c.a.).

E) Misure di salvaguardia in caso di mancato rispetto del requisito di solvibilità di gruppo. Medesima disciplina è prevista per il gruppo assicurativo, con la precisazione che la norma impone le comunicazioni e l’elaborazione del piano di risanamento all’ultima società controllante italiana (art. 227 c.a.).

§ 2. Le misure di risanamento: il commissario per il compimento di singoli atti Come visto, l’IVASS, non solo ha poteri ispettivi in senso stretto, potendo chiedere ogni dato e notizia e addirittura disporre ispezioni, ma può esercitare una vera e propria ingerenza nella gestione dell’impresa attraverso la possibilità di convocazione degli organi sociali. Naturalmente l’impresa potrebbe, nonostante gli inviti, non ottemperare agli ordini dell’Istituto di vigilanza, e le sanzioni penali (art. 306 c.a.) e pecuniarie, pur costituendo un forte deterrente, non valgono ad attuare ciò che gli organi sociali rifiutano od omettono di attuare. La legge prevede pertanto, nel caso di gravi violazioni di legge o regolamentari, la possibilità di sostituire gli organi sociali con un «commissario» al fine di compiere l’atto (o gli atti) necessari per conformare a legge la gestione dell’impresa (art. 229 c.a.). In questo caso il commissario, preposto al compimento di uno o più atti determinati, non si sostituisce interamente nelle funzioni agli organi gestionali, che pertanto restano nel pieno possesso dei loro poteri, ma solamente nello svolgimento dell’atto (o degli atti) per il quale l’impresa si è resa inadempiente (ad es. omessa comunicazione di operazioni finanziarie poste in essere dall’impresa).

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La nomina del commissario, al quale ovviamente spetta ogni potere coercitivo idoneo ad assolvere la propria funzione, è di competenza dell’IVASS e può essere disposta qualora l’impresa non si adegui nel termine stabilito a rimuovere l’inosservanza. Si tratta di misura non frequente, posto che difficilmente i rappresentanti dell’impresa si renderanno inadempienti agli inviti impartiti dall’Istituto, con il rischio di incorrere nelle gravi sanzioni previste dalla legge. Ciononostante la procedura costituisce il logico completamento del sistema di intervento previsto dalla legge al fine di attuare la vigilanza demandata all’Istituto di vigilanza.

§ 3. Le misure di risanamento: l’amministrazione straordinaria Nei casi più gravi di violazioni di legge o di gravi irregolarità nell’amministrazione dell’impresa la legge (artt. 231-237 c.a.) prevede la sostituzione degli organi sociali dell’impresa con uno o più commissari di nomina IVASS. Si tratta di vera e propria procedura di amministrazione straordinaria, posto che l’organo gestionale (consiglio di amministrazione o consiglio di gestione) e quello di controllo (collegio sindacale, consiglio di sorveglianza o comitato per il controllo sulla gestione) vengono revocati d’imperio con provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico, e sostituiti con commissari di nomina IVASS; la stessa assemblea dei soci viene sospesa di ogni funzione, così «espropriando» i soci di ogni potere gestionale. Naturalmente il rilievo economico-sociale che riveste una corretta gestione dell’impresa assicurativa costituisce una valida giustificazione alla procedura. Il presupposto per l’attivazione della procedura è costituito, come detto, da una serie di circostanze di carattere gestionale particolarmente gravi: a) gravi irregolarità nell’amministrazione dell’impresa. La formula è analoga a quella prevista dall’art. 2409 c.c. in materia societaria, della quale assorbe la funzione in ambito assicurativo, posto che il citato art. 2409 c.c. non è applicabile alle imprese di assicurazione (art. 238, comma 2, c.a.). Peraltro i presupposti sono sostanzialmente gli stessi, e riguardano inadempienze o atti contrari alla legge da parte degli organi amministrativi (mancata o irregolare tenuta della contabilità, atti illegittimi di utilizzazione del patrimonio sociale, mancata reiterata convocazione dell’assem-

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blea, occultamento di perdite o distrazione di utili, ecc.) a cui normalmente si aggiunge una omissione di controllo da parte dell’organo di vigilanza; b) gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative e statutarie che regolano l’attività dell’impresa. Nell’ambito della fattispecie i fatti più rilevanti possono riguardare: la mancata osservanza delle norme relative alle comunicazioni all’autorità di vigilanza, lo svolgimento di operazioni finanziarie vietate dalla legge, il compimento di atti estranei all’oggetto sociale, ecc.; c) la previsione di gravi perdite patrimoniali. È questa una ipotesi che rende la procedura diretta, piuttosto che al ripristino della regolarità gestionale, ad evitare che la situazione deficitaria dell’impresa degeneri in insolvenza. Si tratta pertanto di un caso in cui l’amministrazione straordinaria assume la veste che è tipica, per le altre imprese industriali, del concordato preventivo o dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese, e cioè una vera e propria procedura di risanamento economicofinanziario. Il provvedimento di revoca degli organi amministrativi e di controllo assume la forma di decreto ed è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e sul Bollettino. Tuttavia l’avvio della procedura può essere richiesto all’Istituto di vigilanza dagli stessi organi amministrativi o con deliberazione dell’assemblea straordinaria. La competenza alla nomina di uno o più commissari straordinari (che devono essere in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità previsti per gli organi sociali) è invece dell’IVASS, cui compete anche la nomina di un comitato di sorveglianza (composto da un presidente e da 2 a 4 membri) in sostituzione del collegio sindacale. Al medesimo Istituto spetta anche il potere di revoca e sostituzione di commissari e membri del comitato di sorveglianza. Le funzioni dell’assemblea dei soci sono, come detto, sospese; tuttavia i commissari possono convocarla, previa autorizzazione dell’IVASS, qualora lo ritengano necessario. I commissari si insediano prendendo in consegna l’azienda dagli organi disciolti e, se il bilancio dell’esercizio precedente l’insediamento non risulta approvato, depositano presso il registro delle imprese una relazione sulla situazione patrimoniale ed economica redatta sulla base delle informazioni disponibili. I commissari assumono tutti i poteri gestionali che in precedenza spettavano all’organo amministrativo e si devono operare per ricondurre l’impresa ad

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una corretta gestione amministrativa e finanziaria. Devono attenersi alle direttive impartite dall’IVASS, e possono, ottenuta l’autorizzazione dall’IVASS, previo parere del comitato di sorveglianza, attuare piani di risanamento attraverso la cessione di portafoglio, cessione di azienda o di rami d’azienda o di partecipazioni. Ad essi spetta altresì promuovere l’azione di responsabilità nei confronti dei membri dei disciolti organi sociali, previa autorizzazione dell’IVASS e parere del comitato di sorveglianza. Se sono nominati più commissari, essi deliberano a maggioranza. La procedura ha la durata di un anno e può essere prorogata, con provvedimento ministeriale su proposta dell’IVASS, sino ad un massimo di dodici mesi. Al termine della procedura i commissari e il comitato di sorveglianza redigono separati rapporti sull’attività svolta e li trasmettono all’Istituto. Poiché l’esercizio sociale è prorogato sino al termine della procedura, i commissari devono redigere, entro quattro mesi dalla chiusura, un progetto di bilancio da presentare all’Istituto medesimo per l’approvazione. La chiusura della amministrazione straordinaria è dichiarata con decreto ministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e sul Bollettino.

Se i commissari sono riusciti a ricondurre l’impresa ad una situazione di regolare gestione, provvederanno alla convocazione dell’assemblea per la nomina dei nuovi organi sociali. Nel caso in cui la situazione di dissesto sia irreversibile, provvederanno a proporre la messa in liquidazione coatta amministrativa dell’impresa. Come detto, alle imprese di assicurazione non si applica l’art. 2409 c.c.; tuttavia i soggetti che sarebbero legittimati a proporre la denuncia al tribunale possono proporla all’IVASS. L’amministrazione straordinaria è efficace anche nei confronti di sedi secondarie situate in Stati membri (art. 232 c.a.) e può essere disposta anche a carico della sede italiana di impresa con sede in uno Stato terzo (art. 239 c.a.).

§ 4. Le misure di risanamento: il commissario per la gestione provvisoria La legge prevede anche una anticipazione dell’amministrazione straordinaria, quando ricorrono i presupposti per l’applicazione della procedura, ma sussistano anche ragioni di «assoluta urgenza» (art. 230 c.a.). Pertanto l’IVASS può nominare uno o più commissari che assumono la gestione dell’impresa («commissari per la gestione provvisoria»), in sostituzione degli organi amministrativi e di controllo che vengono sospesi dalle funzioni.

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Questa gestione non può avere durata superiore a due mesi ed è svolta sotto la vigilanza dell’IVASS. Alla gestione provvisoria può conseguire la procedura di amministrazione straordinaria con sostituzione dei commissari provvisori con quelli nominati per quest’ultima procedura.

§ 5. La liquidazione ordinaria (o volontaria) La liquidazione ordinaria (o volontaria) dell’impresa è evento estremamente infrequente, posto che essa consegue ad una causa di scioglimento, a sua volta evento non certo frequente nella prassi. Tuttavia, come visto, se si verifica una causa di scioglimento della società, l’IVASS, nel dichiarare la decadenza dell’autorizzazione (o con provvedimento successivo), può approvare la nomina dei liquidatori deliberata dalla società (art. 241 c.a.). I liquidatori devono essere in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti dal regolamento ministeriale. La liquidazione segue la disciplina generale dettata dal Codice Civile agli art. 2448 ss., salve le norme in materia di riserve tecniche e di attività a copertura che continuano ad essere applicate. La liquidazione si svolge sotto la vigilanza dell’IVASS. Le norme sulla liquidazione ordinaria si applicano anche alla sede secondaria di impresa con sede principale in uno Stato terzo.

§ 6. La liquidazione coatta amministrativa Ben diverso è il caso della liquidazione coatta amministrativa, che segue ad un provvedimento dell’autorità di controllo in caso di gravi disfunzioni organizzative o patrimoniali dell’impresa, ovvero in caso di accertamento giudiziale dello stato di insolvenza, e non già ad una libera determinazione della società. La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale disciplinata in via generale dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza agli art. 293ss. Essa è prevista in sostituzione della liquidazione giudiziale in tutti quei casi, come appunto in campo assicurativo, nei quali l’attività dell’impresa coinvolge interessi socialmente rilevanti (così anche nel caso delle banche, degli intermediari finanziari, ecc.).

Le misure di salvaguardia, risanamento e liquidazione

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La liquidazione coatta amministrativa non esclude la liquidazione giudiziale e le altre procedure concorsuali se ciò non è espressamente previsto dalla legge (art. 295 c.c.i.). Questo è proprio il caso delle imprese di assicurazione per le quali sono escluse sia la liquidazione giudiziale, sia il concordato preventivo (art. 245, comma 7, c.a.). È invece espressamente prevista la possibilità di presentare domanda di concordato in corso di procedura (art. 262 ss. c.a.). Tuttavia il Codice delle Assicurazioni ed il Regolamento 17 dicembre 2013, n. 4 dettano una disciplina compiuta della liquidazione coatta amministrativa delle imprese di assicurazione e, pertanto, le norme generali dettate dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza sono applicabili alle imprese di assicurazione solo in via sussidiaria, e cioè se non vi è espressa previsione nel Codice o nei regolamenti e se compatibili con le norme del Codice stesso (art. 245, comma 7, c.a.). La liquidazione coatta amministrativa è avviata con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, su proposta dell’IVASS; con lo stesso provvedimento viene revocata l’autorizzazione per tutti i rami esercitati dall’impresa. Il presupposto è l’accertamento di irregolarità amministrative o la violazione di disposizioni legislative, amministrative e statutarie ovvero previsione di perdite che si presentino di «eccezionale gravità» (art. 245, comma 1, c.a.). Pertanto la procedura può essere iniziata anche se l’impresa è già in amministrazione straordinaria o in liquidazione ordinaria. Come detto però la procedura può anche conseguire la dichiarazione di insolvenza da parte del tribunale ove l’impresa ha la sede, su domanda dei creditori, del pubblico ministero o d’ufficio, sentito l’IVASS (art. 248 c.a.). In questo caso il provvedimento ministeriale di messa in liquidazione coatta amministrativa diviene atto dovuto. Va rilevato che, per le imprese di assicurazione, lo stato di insolvenza è accertato, non solo se ricorrono i presupposti di cui all’art. 2, lett. b), c.c.i., ma anche nel caso di «notevole, evidente e non transitoria insufficienza delle attività patrimoniali necessarie per far fronte agli impegni relativi ai crediti di assicurazione» (art. 248, comma 3, c.a.). La proposta all’IVASS di sottoposizione dell’impresa a liquidazione coatta può provenire anche dall’organo amministrativo della società, da una deliberazione dell’assemblea straordinaria, dai commissari straordinari o dai liquidatori. Tuttavia in caso di insolvenza tale richiesta diviene obbligatoria. Dalla data di emanazione del decreto cessano tutte le funzioni degli organi sociali.

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Gli organi della procedura sono (art. 246 c.a.): A) l’ISVAP, che svolge funzioni di vigilanza sulla procedura. In particolare l’Istituto di vigilanza autorizza una serie di atti dei liquidatori, di cui i più importanti sono elencati nell’art. 5 Regol. Sono inoltre soggetti ad autorizzazione gli atti di straordinaria amministrazione di cui all’art. 16 Regol.), le vendite di immobili (artt. 12-13 Regol.), di titoli e quote di società controllate (art. 14 Regol.), di beni mobili in blocco o di valore superiore ad Euro 50.000,00 (art. 15 Regol.), le transazioni di valore superiore ad Euro 50.000,00 (art. 18 Regol.), cancellazione, restrizione e riduzioni di ipoteche (art. 19 Regol.). B) I commissari liquidatori (1 o più). Stabilisce l’art. 4 Regol. che «nello svolgimento delle operazioni della liquidazione il commissario liquidatore si attiene a criteri di economicità della gestione, valuta il rapporto costi-benefici delle operazioni, provvede agli adempimenti e persegue le finalità della procedura con la necessaria sollecitudine, anche avuto riguardo alla durata del suo incarico». Ciò vuol dire che la procedura deve essere condotta in modo da realizzare il migliore risultato possibile a vantaggio dei creditori, sia sotto il profilo del contenimento dei costi della procedura stessa che dei tempi di chiusura che devono essere per quanto possibile solleciti. Al commissario compete la gestione delle disponibilità finanziarie della procedura, delle operazioni di liquidazione dell’attivo (vendita di beni, realizzazione dei crediti), molte delle quali soggette ad autorizzazione da parte dell’IVASS (art. 5 Regol. n. 4/2013), l’accertamento del passivo e la ripartizione dell’attivo. Ogni semestre deve predisporre un’informativa ai creditori aggiornandoli sull’andamento della procedure (artt. 23-24 Regol.). Deve inoltre trimestralmente comunicare all’Istituto di vigilanza, dopo averlo preventivamente sottoposto al comitato di sorveglianza, l’elenco analitico delle spese della liquidazione, comprese le uscite per pagamenti di acconti e riparti ai creditori, sostenute in ciascun trimestre nonché degli incassi effettuati nel trimestre medesimo (art. 10 Regol.). C) Il comitato di sorveglianza (da tre a cinque componenti). Stabilisce l’art. 20 Regol. n. 4/2013: «al comitato di sorveglianza spetta il compito di controllare il regolare e celere corso della liquidazione e la rispondenza delle operazioni compiute dal commissario liquidatore alle finalità perseguite e alle prescrizioni dell’IVASS, esercitando poteri di controllo attivo e costante sugli atti della gestione commissariale, in particolare su quelli di natura patrimoniale, ed esprimendo un giudizio sulla legittimità, opportunità e convenienza degli atti stessi, nonché sull’adeguatezza delle procedure amministrative attuate dal commissario liquidatore». Si tratta pertanto di un organo di controllo, che si aggiunge all’Istituto nella sorveglianza della procedura, con funzioni consultive. Gli atti sui quali il comitato di sorveglianza deve esprimere il parere sono elencati nell’art. 20 Regol. n. 4/2013. Il comitato deve riunirsi almeno una volta ogni tre mesi e deve segnalare senza indugio all’IVASS le situa-

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zioni di irregolarità nella gestione liquidatoria che dovesse riscontrare nell’esercizio delle sue funzioni, nonché gli ostacoli o impedimenti al celere andamento delle operazioni e le disfunzioni o inadeguatezze delle procedure poste in essere dal commissario liquidatore (artt. 21 e 22 Regol. n. 4/2013). Sia i commissari liquidatori che i componenti del comitato di sorveglianza devono essere in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti rispettivamente per gli organi amministrativi e di controllo, sono nominati dall’IVASS e durano in carica un triennio, ma possono essere rinnovati senza limiti di tempo. Il decreto di ammissione alla procedura e quello di nomina degli organi sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e, per estratto, sulla Gazzetta Ufficiale dell’U.E. e sul Bollettino (art. 247).

La dichiarazione di insolvenza può essere pronunciata dal tribunale anche qualora l’impresa sia già sottoposta a liquidazione coatta, su richiesta dei commissari liquidatori, del pubblico ministero o d’ufficio, ovvero, qualora sia già in amministrazione straordinaria, su istanza dei commissari straordinari (art. 248 c.a.). In ogni caso deve essere preventivamente sentito l’Istituto di vigilanza. L’inizio della procedura produce i medesimi effetti tipici della liquidazione giudiziale: non possono essere iniziate né proseguite azioni di qualunque tipo (di cognizione, esecutive o cautelari) nei confronti dell’impresa; si apre il concorso dei creditori e, pertanto, ogni credito deve essere accertato con la procedura di cui all’art. 252 c.a. Per i contratti di assicurazione in corso stipulati dall’impresa posta in liquidazione coatta amministrativa è prevista una disciplina speciale (art. 169 c.a.); essi infatti continuano a coprire i rischi assunti per un periodo di 60 giorni dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale (salvo quelli di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli e dei natanti, i quali continuano a coprire i rischi fino alla scadenza del contratto o del periodo per il quale è stato pagato il premio). Tuttavia gli assicurati possono sin da quest’ultima data esercitare il recesso (con raccomandata a.r.), il quale ha effetto dal giorno successivo al ricevimento da parte degli organi della liquidazione. La fase di accertamento del passivo funziona secondo regole specifiche (art. 252 c.a.). Entro 60 giorni dalla nomina i commissari liquidatori devono comunicare a tutti i creditori (anche residenti o con sede in altro Stato membro) l’ammontare del credito risultante dalle scritture contabili. Entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazioni i creditori possono contestare la quantificazione del credito allegando la documentazione necessaria. I creditori che non siano stati avvisati dai commissari, possono chiedere il riconoscimento dei propri crediti entro 90 giorni dalla pubblicazione, sulla

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Gazzetta Ufficiale, del decreto di apertura della procedura. Per i creditori residenti o con sede all’estero i termini sono raddoppiati. Entro 90 giorni dall’inizio della procedura, e comunque non oltre i 90 giorni successivi, i commissari presentano all’IVASS l’elenco dei creditori ammessi, di quelli esclusi e di quelli con diritto di privilegio; contemporaneamente l’elenco deve essere depositato presso il tribunale affinché ogni avente diritto possa prenderne visione. Del deposito è dato avviso con pubblicazione sul Bollettino, salvo che per i creditori esclusi ai quali deve essere inviata apposita comunicazione. Con il deposito e la pubblicazione lo stato passivo, e cioè l’elenco dei creditori, diviene esecutivo e vi si può dare esecuzione. Entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione i creditori esclusi o ammessi con riserva possono proporre «opposizione allo stato passivo» dinanzi al tribunale ove l’impresa ha sede (art. 254 c.a.). La decisione sulla opposizione può essere impugnata dinanzi alla corte di appello. Dopo il deposito dello stato passivo, e sino a quando non sono esaurite le operazioni di liquidazione dell’attivo, i creditori che non hanno ricevuto la comunicazione possono chiedere l’«ammissione tardiva» al tribunale.

Come detto ai commissari liquidatori compete la «liquidazione dell’attivo», i cui atti più rilevanti sono soggetti ad approvazione da parte dell’IVASS previo parere del comitato di sorveglianza. Entro il 30 novembre di ogni anno il commissario liquidatore comunica all’IVASS il «programma di attività» da realizzare nel corso dell’anno successivo, che includa le azioni di recupero crediti da intraprendere e l’elenco dei beni per i quali non ritiene possibile l’alienazione, motivandone adeguatamente le ragioni. Il programma di attività è corredato dal parere motivato del comitato di sorveglianza (art. 11 Regol. n. 4/2013). Nell’ambito della procedura si possono cedere in blocco attività e passività, alienare l’azienda o suoi rami, trasferire il portafoglio nella sua totalità o per singoli rami, senza che ciò costituisca causa di scioglimento dei contratti (art. 257 c.a.). Gli attivi a copertura delle riserve tecniche sono riservati in via prioritaria al soddisfacimento delle obbligazioni derivanti dai contratti ai quali si riferiscono (art. 258 c.a.). Per i contratti di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, se gli attivi non sono sufficienti, si può fare ricorso al «Fondo di garanzia per le vittime della strada» (infra, Parte II, Cap. XII, § 6) (art. 258, comma 5).

Terminate le operazioni di liquidazione dell’attivo i commissari liquidatori procedono alla «ripartizione dell’attivo» a favore dei creditori. Prima dell’ultimo riparto, i commissari sottopongono all’IVASS, ai fini del deposito in tribunale, il bilancio finale di liquidazione, il rendiconto fi-

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nanziario e l’ultimo progetto di riparto con una loro relazione ed una relazione del comitato di sorveglianza (art. 261 c.a.). In ogni fase della procedura i commissari o l’impresa stessa possono essere autorizzati dall’IVASS a presentare al tribunale una proposta di «concordato» (artt. 262 c.a. e 25 Regol. n. 4/2013). La proposta deve contenere l’indicazione della percentuale offerta ai creditori non forniti di privilegio (c.d. chirografari), l’impegno al pagamento integrale dei creditori muniti di privilegio, il tempo del pagamento e le eventuali garanzie offerte. La proposta di concordato è depositata presso la cancelleria del tribunale ed entro 30 giorni dal deposito ogni creditore o altro interessato possono proporre opposizione. In assenza di opposizioni il concordato diviene efficace. In caso di opposizione, sull’ammissione al concordato decide il tribunale con sentenza. La proposta di concordato può essere presentata, previa autorizzazione del MSE, anche dalla CONSAP (supra, Cap. I, § 1), la quale può anche assumere la qualità di assuntore. Il concordato viene attuato sotto la sorveglianza dei commissari, secondo le direttive impartite dall’IVASS e con le modalità stabilite dal Regolamento (art. 25). Esaurito il concordato i commissari convocano l’assemblea per il mutamento dell’oggetto sociale. L’impresa infatti è tornata in bonis ma, stante la revoca dell’autorizzazione, non può esercitare attività assicurativa. In difetto di modifica dell’oggetto sociale, l’impresa è cancellata dal registro delle imprese (art. 263 c.a.). La medesima procedura di liquidazione coatta amministrativa è applicata alla sede secondaria in Italia di impresa con sede in Stato terzo o di impresa di riassicurazione con sede in Stato membro o in Stato terzo (art. 264 c.a.). Una particolare disciplina è prevista nel caso di adozione di un provvedimento di risanamento o di liquidazione adottato nei confronti di un’impresa con sede legale in altro Stato membro, al fine di mantenere sottoposti alla legge italiana alcuni rapporti giuridici sorti in Italia (rapporti di lavoro, contratti di utilizzazione o acquisto di immobili, operazioni in mercati regolamentati, ecc.) ovvero alcuni diritti reali (su beni mobili o immobili) che si trovano in Italia (artt. 267-274 c.a.).

§ 7. Le misure di risanamento e liquidazione dell’ultima società controllante italiana L’ultima società controllante italiana (cfr. Cap. I, § 3) può essere posta in amministrazione straordinaria, non solo nei casi esaminati e di cui all’art. 231 c.a., ma anche quando (art. 275 c.a.):

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– risultino gravi inadempienze nell’esercizio dell’attività di direzione e di coordinamento per l’esecuzione delle istruzioni di vigilanza impartite dall’ISVAP; – una delle società del gruppo assicurativo sia sottoposta a procedura concorsuale o ad amministrazione giudiziale ai sensi dell’art. 2409 c.c. e da tali provvedimenti possa risultare gravemente alterato l’equilibrio finanziario o gestionale del gruppo. L’amministrazione straordinaria della capogruppo dura sino ad un anno, salvo proroga sino ad ulteriori 12 mesi. I commissari, previa autorizzazione dell’IVASS su parere del comitato di sorveglianza, possono revocare o sostituire gli amministratori delle società del gruppo, come pure chiedere l’accertamento dello stato di insolvenza delle medesime società.

Ugualmente l’ultima società controllante italiana può essere sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, non solo nei casi esaminati e di cui all’art. 245 c.a., ma anche in caso di inadempienze di eccezionale gravità nell’esercizio dell’attività di direzione e di coordinamento per l’esecuzione delle istruzioni di vigilanza impartite dall’Istituto di vigilanza. Qualora l’ultima società controllante italiana sia sottoposta ad amministrazione straordinaria o a liquidazione coatta amministrativa, le medesime misure possono essere adottate nei confronti delle altre società del gruppo, qualora ne ricorrano i presupposti. Ciò vuol dire che, se una società del gruppo – che non esercita attività assicurativa – viene assoggettata ad amministrazione giudiziale ai sensi dell’art. 2409 c.c., la procedura viene convertita in amministrazione straordinaria, o se viene sottoposta a fallimento o altra procedura concorsuale, la procedura viene convertita in liquidazione coatta amministrativa (artt. 275-278 c.a.).

La distribuzione del prodotto assicurativo

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CAPITOLO VI

LA DISTRIBUZIONE DEL PRODOTTO ASSICURATIVO SOMMARIO: 1. I canali distributivi dei prodotti assicurativi e l’introduzione delle regole MIFID II (Market in Financial Instruments Directive) e IDD (Insurance Distribution Directive). – 2. L’attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa: i soggetti. – 3. (Segue) A) Gli agenti di assicurazione (subagente, coagenzia e procacciatore d’affari). – 4. (Segue) B) I mediatori di assicurazione e riassicurazione o brokers. – 5. (Segue) C) I produttori diretti. – 6. (Segue) D) Banche, SIM, intermediari finanziari e Poste Italiane s.p.a. – 7. (Segue) E) Dipendenti, collaboratori, produttori ed altri incaricati. – 8. (Segue) F) Gli intermediari assicurativi a titolo accessorio. – 9. L’accesso all’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa. Il registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi. – 10. L’esercizio dell’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa. Le regole di comportamento. Il principio di adeguatezza. – 11. (Segue) Le regole di comportamento. I conflitti di interesse e l’obbligo di separazione patrimoniale. – 12. (Segue) L’intermediazione attraverso tecniche di comunicazione a distanza. – 13. L’attività di promozione e collocamento di contratti di assicurazione a distanza. La distribuzione telefonica e mediante siti web.

§ 1. I canali distributivi dei prodotti assicurativi e l’introduzione delle regole MIFID II (Market in Financial Instruments Directive) e IDD (Insurance Distribution Directive) Ai canali distributivi tradizionali, costituiti dalla rete agenziale e dai mediatori (o brokers) assicurativi, con l’avvento del fenomeno di integrazione tra banche e imprese di assicurazione, si è oramai da alcuni anni affiancata la distribuzione di prodotti assicurativi – soprattutto polizze vita e capitalizzazione – attraverso gli sportelli bancari. Costituendo infatti questi prodotti una forma di investimento del risparmio, lo sportello bancario, che molto spesso offre consulenza finanziaria ai propri clienti, costituisce un naturale e capillare strumento promozionale dei prodotti assicurativi, specie di carattere finanziario.

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L’impresa e la distribuzione dei prodotti assicurativi

A queste forme di distribuzione, che si basano sull’opera di intermediari, si sono affiancati «canali distributivi operanti attraverso tecniche di comunicazione a distanza», i quali sono gestiti direttamente dalle compagnie e prescindono dal contatto diretto tra un incaricato del servizio e l’utente; in particolare sono rappresentati dal canale telefonico e dal canale telematico tramite internet. Questi strumenti offrono il rilevante vantaggio di consentire la soppressione dei maggiori costi della distribuzione tradizionale (costi costituiti dal pagamento delle provvigioni), ponendo in contatto diretto l’impresa con il consumatore. Tuttavia tali canali possono essere utilizzati anche dagli intermediari (artt. 69 ss. Regol. IVASS 2 agosto 2018, n. 40). Un importante mutamento nelle regole nella distribuzione assicurativa è avvenuto con l’emanazione del nuovo testo del TUF in attuazione della direttiva MIFID II e, soprattutto, con il recepimento della direttiva IDD (Insurance Distribution Directive). Quest’ultima, in virtù dell’emanazione del d.lgs. 21 maggio 2018, n. 68 (in attuazione della Direttiva Europea 2016/97) entrato in vigore il 1° ottobre 2018, ha introdotto svariate tutele a favore del cliente che si appresta a stipulare un contratto di assicurazione. In primo luogo diviene molto più incisiva la disciplina sull’adeguatezza del prodotto assicurativo, soprattutto per quanto riguarda i prodotti finanziari, in quanto il soggetto distributore deve porre in essere un’accurata profilatura del cliente al fine di accertare che il prodotto offerto sia effettivamente confacente ai suoi interessi, non solo al momento dell’offerta ma anche durante tutta la durata del contratto. In secondo luogo sono stati introdotti alcuni obblighi informativi. In particolare chi distribuisce il prodotto deve informare il cliente a che titolo propone il prodotto assicurativo, e cioè se come distributore indipendente, consulente, o se legato da particolari rapporti con la compagnia; deve poi mettere a conoscenza il cliente del compenso percepito, sia per importo che per modalità. La legge ed il Regolamento IVASS prevedono le «reti di vendita multilevel marketing» (art. 50 Regol. n. 40/2018), le quali sono costituite da «reti distributive operanti con tecniche di vendita quali il multilevel marketing, il network marketing o affini in cui, tra l’altro, il venditore procaccia clienti che possono diventare a loro volta venditori e percepisce una remunerazione sia sul contratto direttamente venduto che sui contratti venduti dagli altri componenti la rete che egli stesso ha arruolato» (art. 2, lett. ss), Regol. n. 40/2018). Si tratta di una forma di distribuzione piuttosto discutibile, in quanto basata su soggetti che operano normalmente in via marginale rispetto alla propria attività professionale o lavorativa principale e con scarsa preparazione, seppure

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il Regol. IVASS pone limiti alla loro operatività e prevede, in relazione ai soggetti che coordinano la rete, la necessità del conferimento del mandato agenziale. Inoltre ogni componente la rete deve essere iscritto nella sezione C del registro degli intermediari (cfr. infra, § 8). In pratica il sistema è basato su una struttura piramidale in cui al vertice della piramide si trova il «venditore» che lucra sulle provvigioni di tutti coloro che operano nel corpo della piramide, i quali a loro volta lucrano sulle provvigioni di coloro che si trovano al di sotto sino alla base, la quale, essendo formata da coloro che non sono riusciti a «vendere» contratti resta priva di guadagno. Recentemente l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato come pratica scorretta un sito che operava proprio sulla base di vendite di tipo piramidale.

§ 2. L’attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa: i soggetti In considerazione della circostanza che anche le imprese di assicurazione possono proporre prodotti assicurativi direttamente, senza l’intervento di intermediari, attraverso i canali telefonici e telematici, la legge parla ora, in generale, di «distribuzione» e non più solamente di «intermediazione». Ed infatti l’art. 106 c.a. definisce l’attività di «distribuzione» assicurativa e riassicurativa come l’attività consistente «nel proporre prodotti assicurativi e riassicurativi o nel prestare assistenza e consulenza o compiere altri atti preparatori relativi alla conclusione di tali contratti o nella conclusione di tali contratti, ovvero nella collaborazione alla gestione o all’esecuzione, segnatamente in caso di sinistri, dei contratti stipulati». Rientra nell’attività di distribuzione assicurativa «la fornitura, tramite un sito internet o altri mezzi, di informazioni, relativamente a uno o più contratti di assicurazione, anche confrontati o ordinati, sulla base di criteri eventualmente scelti dal cliente, in termini di premi ed eventuali sconti applicati o di ulteriori caratteristiche del contratto, se il cliente è in grado di concludere direttamente o indirettamente lo stesso». Sono esclusi dalla definizione e, pertanto, dalla relativa disciplina (art. 107 c.a.): – le attività di sola informazione fornite a titolo accessorio nel contesto di un’altra attività professionale; è il caso dei prodotti che vengono proposti agli sportelli bancari da soggetti che non sono abilitati all’attività di intermediazione assicurativa; – la gestione di sinistri per conto di un’impresa di assicurazioni (è il caso dei professionisti incaricati di liquidare i sinistri);

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– la mera fornitura di dati e informazioni su potenziali assicurati a intermediari assicurativi o riassicurativi, o a imprese di assicurazione o di riassicurazione; – la mera fornitura a potenziali assicurati di informazioni su prodotti assicurativi o riassicurativi, su un intermediario assicurativo o riassicurativo, su un’impresa di assicurazione o riassicurazione; – a particolari condizioni è esclusa anche l’attività di distribuzione assicurativa esercitata da intermediari assicurativi a titolo accessorio (cfr. infra, par. 8). L’attività di distribuzione può essere esercitata direttamente dalle imprese di assicurazione e riassicurazione, anche attraverso i propri dipendenti, oppure dagli intermediari professionali (agenti, brokers, banche, SIM, intermediari finanziari, Poste Italiane) e, limitatamente ad alcune operazioni, da intermediari non professionali (intermediari assicurativi a titolo accessorio). La prima formula (esercizio dell’attività di distribuzione da parte delle imprese) è oggi una delle formule maggiormente utilizzate, in quanto sfrutta i canali informatici, e cioè gli appositi siti web apprestati dalle compagnie. L’attività di distribuzione assicurativa può essere altresì svolta da soggetti aventi residenza o sede legale in altro Stato dell’Unione Europea in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi (artt. 108, comma 3, e 116, c.a.).

§ 3. (Segue) A) Gli agenti di assicurazione (subagente, coagenzia e procacciatore d’affari) Gli agenti di assicurazione sono iscritti nella sezione A del registro degli intermediari assicurativi (infra, § 9). La disciplina cui sono soggetti gli agenti di assicurazione non è riscontrabile solamente nel codice delle assicurazioni e nel Regolamento IVASS 2 agosto 2018, n. 40, ma va integrata con quella codicistica e convenzionale. L’attività agenziale nasce infatti da un contratto di agenzia stipulato tra l’agente e l’impresa preponente. Il contratto di agenzia è disciplinato in via generale dagli art. 1742 ss. c.c., in quanto non espressamente derogati da norme di legge o dagli usi e in quanto siano compatibili con la na-

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tura dell’attività assicurativa (art. 1753 c.c.), e, specificamente, dall’art. 1903 c.c. Ulteriore disciplina specifica, di carattere non legislativo, si rinviene poi negli accordi collettivi nazionali di categoria (ACN) (limitatamente agli agenti iscritti alle categorie che hanno sottoscritto l’accordo). L’ultimo, in ordine temporale, è quello in data 23 dicembre 2003. L’agente di assicurazione può dunque definirsi colui che assume stabilmente l’incarico di proporre, per conto di un’impresa di assicurazione, verso retribuzione, prodotti assicurativi o riassicurativi promuovendo la conclusione dei relativi contratti in una zona determinata (cfr. art. 1742 c.c.). L’agente rientra tra gli ausiliari autonomi dell’imprenditore e, pertanto, gestisce l’attività provvedendo a proprio onere ai mezzi necessari (beni strumentali e personale dipendente) (cfr. art. 1748, ult. c.p.v., c.c.) assumendone altresì i relativi rischi. Se l’attività è gestita secondo i canoni dell’art. 2082 c.c., l’agente assume altresì la qualifica di imprenditore commerciale (art. 2195, n. 5, c.c.) ed è ad esso applicabile la relativa disciplina (compresa naturalmente la soggezione al fallimento in caso di insolvenza ricorrendo i presupposti di cui agli artt. 1 e 5, legge fall.). Se l’attività è svolta personalmente, senza una organizzazione imprenditoriale, l’agente assume la veste di lavoratore autonomo (c.d. agente parasubordinato) e le eventuali controversie con l’impresa preponente sono deferite alla competenza del giudice del lavoro (art. 409, n. 3, c.p.c.). Non è invece agente il preposto alla c.d. «agenzia in economia», termine con il quale si identifica una vera e propria dipendenza dell’impresa di assicurazione. In questo caso il preposto è un ausiliario dipendente dell’imprenditore, in quanto legato da un rapporto di lavoro subordinato, seppure a livello dirigenziale, e deve qualificarsi come institore, al quale si applica la relativa disciplina (art. 2203 ss. c.c.). Come detto, oggetto del contratto è l’assunzione stabile dell’incarico di promuovere, per conto di un’impresa di assicurazione, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata (art. 1742 c.c.). Non è quindi necessario che l’agente provveda direttamente alla stipulazione dei contratti, essendo sufficiente che procuri all’impresa preponente nuovi contratti. Nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente, attenendosi alle istruzioni ricevute e fornendo ogni notizia utile. Di norma l’agente non risponde della regolare esecuzione dei contratti, tuttavia in casi eccezionali può assumere la garanzia per il regolare adempimento delle obbligazioni dell’assicurato (c.d. star del credere) in cambio di una maggiorazione della provvigione (art. 1746, comma 3, c.c.).

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Se l’agente si trova nell’impossibilità di eseguire l’incarico deve darne immediata notizia all’impresa preponente, in difetto resta soggetto al risarcimento dei danni. Nel caso invece in cui l’agente procuri danni all’assicurato, alla sua responsabilità si aggiunge quella dell’impresa preponente, la quale, a tal fine, può chiedere all’agente la prestazione di una cauzione. Il compenso per l’attività svolta è la «provvigione», che è dovuta dall’impresa preponente in ragione degli affari conclusi in virtù dell’opera dell’agente. La provvigione è di norma fissata in una percentuale del premio e può essere corrisposta in unica soluzione, anche se il contratto è pluriennale (provvigione precontata), o anno per anno al pagamento delle singole annualità di premio (provvigione ricorrente). Si distingue inoltre la provvigione d’acquisto, corrisposta in caso di acquisizione di nuovi clienti, dalla provvigione d’incasso, corrisposta sui premi incassati, e la provvigione di rinnovo, corrisposta in caso di rinnovi contrattuali. L’agente non può operare (salvo operazioni sporadiche) al di fuori della zona stabilita. Il contratto di agenzia prevede inoltre solitamente una clausola di esclusiva, che può essere pattuita a favore dell’impresa, nel senso che l’agente non può assumere incarichi per altre imprese nella stessa zona; oppure a favore dell’agente, nel senso che l’impresa non si può avvalere di altri agenti per la stessa zona; oppure a favore di entrambi (art. 1743 c.c.). Tuttavia l’esclusiva non è elemento essenziale del contratto e, pertanto, le parti possono anche non contemplare alcuna esclusiva. Il citato accordo collettivo del 2003 prevede quattro ipotesi: 1) esclusiva bilaterale assoluta (art. 1743 c.c.); 2) agente in esclusiva di marchio con esclusiva di territorio nei soli confronti di altre agenzie; 3) agente in esclusiva di marchio senza esclusiva di territorio; 4) agente senza esclusiva di marchio né di territorio. Il contratto si scioglie per decorso del termine o, in caso di contratto a tempo indeterminato, per recesso esercitato da una delle parti, che deve essere preavvisato nei termini stabiliti dall’accordo collettivo. In quest’ultimo caso l’ACN prevede la possibilità di ricorrere ad un arbitrato irrituale. Se il contratto è a tempo determinato, ma il rapporto prosegue oltre la scadenza, è automaticamente trasformato in contratto a tempo indeterminato. Tuttavia il citato ACN prevede il solo contratto a tempo indeterminato. Il contratto può inoltre sciogliersi: per morte, cancellazione dall’albo [rectius ora: «registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi»] invalidità totale e raggiungimento del limite di età dell’agente o per giusta causa.

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In caso di risoluzione del rapporto, all’agente deve essere corrisposta una indennità di risoluzione che costituisce sostanzialmente un’indennità di fine rapporto. Allo scioglimento del rapporto l’agente deve riconsegnare all’impresa il portafoglio agenziale. Le dichiarazioni che riguardano i contratti stipulati per il tramite dell’agente e gli eventuali reclami possono essere indirizzati direttamente all’agente. L’agente può inoltre chiedere provvedimenti cautelari e presentare reclami nell’interesse dell’impresa preponente (art. 1745 c.c.). Si tratta di un limitatissimo potere di rappresentanza attribuito dalla legge all’agente al fine di semplificare i rapporti con la clientela e per agevolare l’attuazione di misure cautelari in caso di urgenza. All’agente può però essere attribuita dall’impresa preponente un vero e proprio potere di rappresentanza, sostanziale e processuale, in virtù del quale l’agente può stipulare contratti in nome e per conto dell’impresa e compiere gli atti concernenti le modificazioni e la risoluzione dei medesimi; inoltre può agire ed essere convenuto in giudizio in relazione ai contratti stipulati (art. 1903 c.c.). Subagente, coagenzia e procacciatore d’affari Il subagente è un soggetto il quale viene incaricato da un agente, verso corrispettivo, di promuovere la conclusione di contratti nella zona assegnata all’agente. Come l’agente, il subagente opera a suo onere e spese ma non è legato da alcun rapporto giuridico con l’impresa preponente, onde la responsabilità verso quest’ultima per gli atti compiuti ricade sull’agente. Possono essere incaricati anche più subagenti per la stessa zona. Il contratto di subagenzia è un subcontratto e, pertanto, è disciplinato unicamente dalle norme dettate dal Codice Civile per il contratto di agenzia, poiché l’ACN non disciplina questa figura. La coagenzia è invece un contratto con il quale l’impresa preponente conferisce l’incarico agenziale a più agenti, congiuntamente e solidalmente; tuttavia i coagenti possono anche operare disgiuntamente. Le provvigioni sono ripartite secondo quote prestabilite o, in difetto, in parti eguali. Figura ambigua, a metà tra l’agente ed il mediatore, è quella del «procacciatore d’affari», al quale la giurisprudenza applica per analogia la disciplina dell’agente. Il procacciatore si distingue dall’agente per non essere legato da un rapporto stabile ed organico al preponente. Tuttavia, la più recente giurisprudenza, in conformità dell’indirizzo comunitario, riconosce

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validità agli atti compiuti con l’intervento dei soggetti non iscritti al registro degli intermediari e, pertanto, anche a quelli compiuti con l’intervento di un procacciatore d’affari.

§ 4. (Segue) B) I mediatori di assicurazione e riassicurazione o brokers I mediatori di assicurazione sono iscritti nella sezione B del registro degli intermediari assicurativi (infra, § 9). La figura del mediatore di assicurazione e riassicurazione o broker è completamente diversa da quella dell’agente. Essa è infatti caratterizzata dalla assoluta indipendenza dalle imprese di assicurazione, alle quali non devono essere legati da alcun rapporto giuridico o semplice cointeressenza, e dalla prestazione di attività di consulenza ed assistenza del contraente nella fase del reperimento dell’impresa di assicurazione e nella formulazione del contratto e, spesso, anche nella fase esecutiva del rapporto (riscossione del premio, assistenza in caso di sinistro, ecc.). Pertanto il mediatore assicurativo può definirsi come colui che esercita professionalmente attività rivolta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione o riassicurazione, alle quali non sia vincolato da impegni di sorta, soggetti che intendano provvedere con la sua collaborazione alla copertura dei rischi, assistendoli nella determinazione del contenuto dei relativi contratti e collaborando eventualmente alla loro gestione ed esecuzione (è la definizione che veniva data del mediatore di assicurazione dell’art. 1 dell’abrogata legge 28 novembre 1984, n. 792). Da questa definizione emergono immediatamente i caratteri distintivi dalla semplice mediazione di cui agli art. 1754 ss. c.c. Egli non si limita infatti a mettere in relazione l’assicuratore con l’assicurando, ma assiste quest’ultimo anche nella fase precontrattuale, ricercando la compagnia più adatta ad assicurare il rischio proposto, collaborando nella formulazione del contenuto contrattuale e, talora, anche nella fase post contrattuale, collaborando alla gestione ed esecuzione del contratto (incassando i premi, intervenendo nella fase di liquidazione dell’indennità, ecc.). Alla mediazione si aggiunge dunque una attività di prestazione di consulenza professionale a favore dell’assicurando. A tal proposito la giurisprudenza ha stabilito che il broker è responsabile nei confronti dell’assicurando qualora ometta di analizzare ipotesi assicurative per lui più convenienti. Si tratta pertanto di un rapporto che, per l’impresa di assicurazione è semplice mediazione, ma per l’assicurando è un contratto misto che pre-

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senta elementi della mediazione e del contratto d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.). È di conseguenza naturale che il tipico campo di azione del mediatore sia per lo più circoscritto ai grandi rischi, ovvero ad una assistenza globale alle imprese che necessitano di una pluralità di coperture assicurative nell’ambito della loro attività. È altresì naturale che la necessaria posizione di indipendenza del broker rispetto all’assicuratore determini il divieto per gli agenti di svolgere attività di brokeraggio e viceversa.

§ 5. (Segue) C) I produttori diretti I «produttori diretti» sono iscritti nella sezione C del registro degli intermediari assicurativi (infra, § 9). Si tratta di «intermediari che, anche in via sussidiaria rispetto all’attività svolta a titolo principale, esercitano l’intermediazione assicurativa nei rami vita e nei rami infortuni e malattia per conto e sotto la piena responsabilità di un’impresa di assicurazione e che operano senza obblighi di orario o di risultato esclusivamente per l’impresa medesima» (art. 2, lett. mm), Regol. n. 40/2018). Per ottenere l’iscrizione nella sezione C del registro, i produttori diretti devono: oltre che godere dei diritti civili, non avere riportato condanne penali e non essere stati dichiarati falliti, non essere pubblici dipendenti e avere conseguito una formazione professionale adeguata ai contratti intermediati ed all’attività svolta. Come abbiamo visto, infatti, pur essendo soggetti che svolgo l’attività di intermediazione in via sussidiaria rispetto ad altra attività lavorativa (non presso pubbliche amministrazioni) devono però avere una qualche competenza in materia assicurativa.

§ 6. (Segue) D) Banche, SIM, intermediari finanziari e Poste Italiane s.p.a. Banche, SIM, intermediari finanziari e Poste Italiane s.p.a. – Divisione Bancoposta sono iscritti nella sezione D del registro degli intermediari assicurativi (infra, § 9). La distribuzione di contratti assicurativi da parte di questi intermediari è

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limitata al collocamento di contratti assicurativi standardizzati (art. 47 Regol.). Per «contratti standardizzati» si intendono quei contratti assicurativi che contengono garanzie o clausole predeterminate non modificabili da parte del soggetto incaricato della distribuzione (art. 2, lett. i), Regol.). La Delibera CONSOB 15 febbraio 2018, n. 20307 di approvazione del Regolamento recante norme in materia di intermediazione disciplina la distribuzione di prodotti finanziari assicurativi da parte di SIM, imprese di investimento comunitarie, banche italiane e comunitarie, intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 106 TUB e Poste Italiane (artt. 131 ss.).

§ 7. (Segue) E) Dipendenti, collaboratori, produttori ed altri incaricati I dipendenti, i collaboratori, i produttori e gli altri soggetti incaricati da agenti, mediatori, Banche, SIM, intermediari finanziari e Poste Italiane che svolgono l’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa al di fuori dei locali dove l’intermediario opera, sono iscritti nella sezione E del registro degli intermediari assicurativi (infra, § 9). Si tratta di soggetti che svolgono attività di intermediazione per contro degli intermediari abilitati (appunto: agenti, mediatori, Banche, SIM, intermediari finanziari e Poste Italiane) al di fuori dei locali dell’intermediario stesso, con il quale non necessariamente intrattengono un rapporto di lavoro subordinato. Devono, come i produttori diretti, oltre che godere dei diritti civili, non avere riportato condanne penali e non essere stati dichiarati falliti, non essere pubblici dipendenti ed essere in possesso di cognizioni e capacità professionali adeguate all’attività svolta ed ai contratti intermediati (art. 21 Regol.). Anche gli addetti che svolgono l’attività all’interno dei locali dell’intermediario, devono essere in possesso di cognizioni e capacità professionali adeguate all’attività svolta ed ai contratti intermediati. Tuttavia questi ultimi non necessitano dell’iscrizione al registro (art. 42 Regol.).

§ 8. (Segue) F) Gli intermediari assicurativi a titolo accessorio All’attività agenziale tradizionale si aggiunge «l’attività di distribuzione assicurativa svolta a titolo accessorio» che viene definita dal c.a. (art. 1, lett. cc-septies) quella esercitata da «qualsiasi persona fisica o giuridica, diversa

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da uno dei soggetti di cui alla lett. d), comma 2, dell’art. 109 [n.b.: banche, intermediari finanziari e Poste Italiane], che avvii o svolga a titolo oneroso l’attività di distribuzione assicurativa a titolo accessorio, nel rispetto delle seguenti condizioni: 1) l’attività professionale principale di tale persona fisica o giuridica è diversa dalla distribuzione assicurativa; 2) la persona fisica o giuridica distribuisce soltanto determinati prodotti assicurativi, complementari rispetto ad un bene o servizio; 3) i prodotti assicurativi in questione non coprono il ramo vita o la responsabilità civile, a meno che tale copertura non integri il bene o il servizio che l’intermediario fornisce nell’ambito della sua attività professionale principale». In altri termini si tratta di soggetti che svolgono attività di intermediazione assicurativa in forma marginale e non come attività principale.

§ 9. L’accesso all’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa. Il registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi La legge prevede l’iscrizione obbligatoria di tutti gli intermediari in un apposito registro (art. 109 c.a.), tenuto a cura dell’IVASS (artt. 4 ss. Regol. n. 40/2018). Il Registro è tenuto da un «Organismo per la registrazione degli intermediari», sottoposto al controllo dell’IVASS (art. 108-bis c.a.). L’esercizio dell’attività in violazione di tale obbligo è punito con sanzioni penali (art. 305, comma 2, c.a.). L’esercizio dell’attività è altresì precluso agli enti pubblici ed ai pubblici dipendenti, salvo che l’attività sia svolta in forma marginale rispetto al rapporto di pubblico impiego (si tratta dei soggetti che operano all’interno dei locali dell’intermediario). Il registro è distinto in più sezioni (artt. 109 c.a. e 4 Regol.) riservate rispettivamente a: sezione A: agenti di assicurazione; sezione B: mediatori di assicurazione e riassicurazione; sezione C: produttori diretti; sezione D: – banche autorizzate ai sensi dell’art. 14 del testo unico bancario (d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, c.d. TUB); – intermediari finanziari inseriti nell’elenco speciale di cui all’art. 106 e 114-septies TUB;

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– SIM autorizzate ai sensi dell’art. 19 del testo unico sull’intermediazione finanziaria (TUIF) (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58); – Poste Italiane s.p.a. – Divisione Bancoposta (art. 2, d.p.r. n. 144/2001); sezione E: dipendenti, collaboratori, produttori ed altri incaricati da agenti, mediatori, banche, intermediari finanziari, SIM e Poste Italiane per l’attività svolta al di fuori dei locali dell’intermediario; per questi soggetti l’iscrizione è domandata dall’intermediario che si avvale della loro opera, e, se si tratta di agente, deve darne notizia all’impresa preponente; sezione F: gli intermediari assicurativi a titolo accessorio. Nel caso la distribuzione assicurativa sia svolta attraverso siti internet è necessaria l’iscrizione nel registro del titolare del dominio. Non è consentita l’iscrizione contemporanea in più sezioni del registro (fatta eccezione per gli iscritti nelle sezioni A ed E limitatamente al ramo r.c. auto): pertanto gli agenti non possono svolgere attività di brokeraggio e viceversa, o l’intermediario finanziario non può svolgere attività di agente, ecc. Nelle sezioni A, B, D e F possono essere iscritti anche gli intermediari temporaneamente non operanti (art. 4 Regol.). L’iscrizione all’albo può essere richiesta, per le sezioni A) e B), sia da persone fisiche che da società. La persona fisica per essere iscritta nelle sezioni A, B e F dell’albo, deve (art. 110 c.a.): godere dei diritti civili e non aver riportato condanne penali per i reati previsti dalla legge (reati contro la P.A., contro il patrimonio, condanna comportante interdizione dai pubblici uffici, ecc.); non essere stata dichiarata fallita ovvero avere ricoperto cariche direttive in società soggette a procedure concorsuali (questo impedimento è peraltro limitato alla durata di 5 anni); non versare in condizione di decadenza, divieto o sospensione previste dall’art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (c.d. legge antimafia); non essere iscritta nel ruolo dei periti assicurativi. Per gli iscritti nelle sezioni A e B occorre inoltre avere sostenuto la prova di idoneità prevista dall’art. 84 Regol. ed avere stipulato una polizza di assicurazione della responsabilità civile con massimale di almeno Euro 1,250 mln. per sinistro e 1,875 mln. globalmente nell’anno, valida in tutto il territorio dell’U.E., per danni derivanti da errori e negligenze professionali proprie e dei loro dipendenti e collaboratori (art. 11 Regol.). Requisiti particolari sono previsti anche per l’iscrizione delle altre categorie dal citato Regolamento n. 40/2018.

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Se l’attività è svolta in forma societaria (artt. 112 c.a.), l’iscrizione della società nelle sezioni A, B ed E dell’albo è subordinata al possesso dei seguenti requisiti: avere sede legale in Italia; non essere assoggettata a procedure concorsuali; non versare in condizione di decadenza, divieto o sospensione previste dal citato art. 10 della legge n. 575/1965; la responsabilità dell’attività di intermediazione deve essere affidata ad almeno una persona fisica iscritta nel registro; se trattasi di attività di mediazione assicurativa o riassicurativi i legali rappresentanti e i direttori generali devono essere iscritti al registro. Occorre inoltre avere stipulato una polizza di assicurazione della responsabilità civile con massimale di almeno Euro 1,250 mln. per sinistro e 1,875 mln. globalmente nell’anno, valida in tutto il territorio dell’U.E., per danni derivanti dallo svolgimento dell’attività da parte della società ovvero per danni causati da errori e negligenze professionali dalle persone fisiche e dai dipendenti e collaboratori. Infine se la società svolge attività di intermediazione riassicurativa deve possedere il capitale minimo interamente versato non inferiore ad Euro 120.000,00 (art. 14 Regol.).

La cancellazione dall’albo è prevista (artt. 113 c.a. e 30 Regol.): 1) in caso di radiazione; 2) in caso di rinuncia; 3) per mancato esercizio dell’attività, senza giustificato motivo, per oltre 3 anni; 4) in caso di perdita dei requisiti previsti dalla legge; 5) per gli intermediari iscritti nella sezione D, perdita dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività o di iscrizione all’albo di appartenenza; 6) per mancato versamento del contributo di vigilanza; 7) per gli intermediari iscritti nelle sezioni A, B ed F, perdita di efficacia delle garanzie assicurative relative alla responsabilità professionale; 8) per gli intermediari iscritti nella sezione B, mancato versamento del contributo al Fondo di garanzia previsto dall’art. 115 c.a. (cfr. infra). In caso di cancellazione per radiazione può essere chiesta le reiscrizione (artt. 114 c.a. e 31 Regol.) purché siano trascorsi almeno 5 anni e siano presenti i requisiti per l’iscrizione. Nei casi invece di cancellazione per omesso versamento del contributo di vigilanza o a favore del Fondo di garanzia, è necessario il versamento di tutti i contributi omessi. Stante la particolare natura dell’attività dei mediatori, che, da un alto, è assolutamente autonoma rispetto alle imprese di assicurazione, d’altro canto, presenta una forte componente rappresentata da prestazioni di consulenza, la legge si preoccupa che, nel caso l’attività del mediatore possa comportare pregiudizio all’assicurato, sia comunque possibile un ristoro dei danni. Ai fini dell’iscrizione all’albo è necessaria pertanto l’adesione ad un «Fondo di garanzia», costituito presso la CONSAP ed alimentato dai contributi dei mediatori iscritti in percentuale alle provvigioni acquisite. L’intervento del fondo è previsto se il risarcimento non sia possibile né da parte del mediatore, né da parte dell’assicuratore della responsabilità civile (perché ad esempio non è stato pagato il premio) (art. 115 c.a.). Le norme per l’amministrazione, la contribuzione e i limiti di intervento

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del Fondo di garanzia per i mediatori di assicurazione e di riassicurazione sono contenute nel regolamento ministeriale di cui al d.m. 30 gennaio 2009, n. 19.

Gli intermediari iscritti nelle sezioni A, B, D e F del registro con residenza o sede legale in Italia sono abilitati ad esercitare l’attività in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi negli altri Stati membri, previa comunicazione all’ISVAP (artt. 116, 116-bis e 116-ter c.a. e 36 Regol.). Analogamente gli intermediari con residenza o sede legale in altri Stati membri sono abilitati ad esercitare l’attività in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi in Italia (artt. 116-quater e 116-quinquies c.a. e 36 ss. Regol.). Infine la legge prevede sanzioni disciplinari a carico degli intermediari (di assicurazione o riassicurazione), compresi i produttori diretti, i collaboratori e gli altri soggetti ausiliari dell’intermediario ed i periti assicurativi che si siano resi colpevoli di violazioni di legge o di regolamento (artt. 324 ss. c.a.). In particolare sono previsti tre tipi di sanzione: a) il richiamo, che consiste in una dichiarazione scritta di biasimo motivato, è disposto per fatti di «lieve manchevolezza»; b) la censura, disposta per fatti di particolare gravità; c) la sanzione pecuniaria; d) la radiazione, disposta per fatti di eccezionale gravità, determina l’immediata risoluzione dei rapporti di intermediazione. Le sanzioni disciplinari sono applicate nei confronti delle persone fisiche; nel caso di esercizio dell’attività in forma societaria la radiazione può comportare la cancellazione della società nei casi di particolare gravità o di sistematica reiterazione dell’illecito disciplinare. A decidere sul comportamento dell’intermediario è un «collegio di garanzia» composto da tre membri esperti nominati dall’IVASS, il quale, se ritiene provata la violazione, trasmette la proposta motivata di determinazione della sanzione disciplinare. L’IVASS decide con decreto che può essere impugnato dinanzi al Tribunale Regionale Amministrativo del Lazio. L’intero procedimento è disciplinato dall’art. 324-octies c.a.

§ 10. L’esercizio dell’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa. Le regole di comportamento. Il principio di adeguatezza Come detto l’IDD ha introdotto severe regole di comportamento a carico dei soggetti che svolgono attività di distribuzione di prodotti assicurativi al

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fine di tutelare coloro (ed in particolare i consumatori) che entrano in rapporto con l’intermediario al fine di stipulare un contratto di assicurazione. L’art. 119-bis c.a. pone il principio secondo il quale «I distributori di prodotti assicurativi operano con equità, onestà, professionalità, correttezza e trasparenza nel miglior interesse dei contraenti». Inoltre le informazioni pubblicitarie inviate dai distributori ai potenziali clienti devono essere «corrette, chiare e non fuorvianti, imparziali e complete». Infine le comunicazioni pubblicitarie devono essere «sempre chiaramente identificabili come tali». L’art. 119-ter stabilisce poi che il distributore assicurativo, prima della conclusione di un contratto di assicurazione, deve: a) acquisire dal contraente «ogni informazione utile a identificare le richieste ed esigenze del contraente medesimo, al fine di valutare l’adeguatezza del contratto offerto»; inoltre deve: b) fornire allo stesso «informazioni oggettive sul prodotto assicurativo in una forma comprensibile al fine di consentirgli di prendere una decisione informata». Quest’ultima norma contempla il «principio di adeguatezza» il quale impone a colui che propone un prodotto assicurativo, non solo di rendere edotto il contraente di tutte le particolarità dell’operazione che va a porre in essere (e cioè il tipo di rischio, i diritti e gli obblighi a carico delle parti, eventuali limitazioni di responsabilità dell’assicuratore e, più in generale, clausole favorevoli all’assicuratore e sfavorevoli per l’assicurato o per il contraente, ecc.), ma di offrire il prodotto più confacente alle esigenze patrimoniali ed al profilo di rischio del contraente o dell’assicurato. Così, ad esempio, non sarebbe confacente al principio di adeguatezza far sottoscrivere ad un pensionato di 80 anni una polizza di assicurazione sulla vita per il caso sopravvivenza di durata ventennale a premio unico anticipato. Ed infatti i distributori sono tenuti a proporre contratti coerenti con le richieste ed esigenze di copertura assicurativa e previdenziale del contraente o dell’assicurato. A tal fine i distributori, prima di far sottoscrivere una proposta o, qualora non prevista, un contratto di assicurazione, acquisiscono dal contraente le informazioni utili a valutare le sue richieste ed esigenze (art. 58, comma 1, Regol. n. 40/2018). A tal fine il distributore deve informarsi sulle caratteristiche personali e sulle esigenze assicurative o previdenziali del contraente o dell’assicurato, sulla sua situazione finanziaria ed assicurativa e sulle sue aspettative contrattuali in termini di copertura e durata, anche tenendo conto del tipo di rischio e delle caratteristiche e della complessità del contratto offerto (art. 58, comma 2, Regol. n. 40/2018). Raccolte queste informazioni i distributori devono fornire al contraente, in forma chiara e comprensibile, informazioni sul prodotto, illustrandone in particolare le caratteristiche, la durata, i costi, i limiti della copertura ed

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ogni altro elemento utile a consentirgli di prendere una decisione informata (art. 58, comma 4, Regol. n. 40/2018). Le imprese, per ciascun prodotto distribuito, devono impartire agli intermediari e ai dipendenti di cui si avvalgono per la distribuzione dei prodotti assicurativi, istruzioni idonee a guidare i medesimi nella fase precontrattuale di acquisizione dal contraente delle informazioni utili e pertinenti in relazione alla tipologia di contratto offerto (art. 58, comma 4, Regol. n. 40/2018). L’eventuale rifiuto da parte del contraente di fornire le informazioni richieste deve risultare da apposita dichiarazione, allegata alla polizza, la quale deve contenere l’avvertimento che il rifiuto può pregiudicare l’individuazione del contratto più idoneo alle esigenze del contraente stesso (art. 58, comma 5, Regol.). Naturalmente gli intermediari sono tenuti a garantire la riservatezza delle informazioni acquisite dai contraenti (art. 54, comma 4, Regol.).

§ 11. (Segue) Le regole di comportamento. I conflitti di interesse e l’obbligo di separazione patrimoniale Nell’offerta e nella gestione dei contratti di assicurazione i distributori devono evitare di effettuare operazioni in cui hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo o da rapporti di affari propri o di società del gruppo. Ed infatti l’art. 120-ter impone agli intermediari di comunicare al cliente, prima di stipulare il contratto di assicurazione, se opera in virtù di vincoli societari con l’impresa assicuratrice o in virtù di obblighi contrattuali e, comunque, «ogni altra informazione utile a garantire il rispetto delle regole di trasparenza». Il conflitto può derivare dalla circostanza, ad esempio, che la banca che distribuisce il prodotto assicurativo è legata all’impresa di assicurazione da un vincolo partecipativo, essendo entrambe componenti del medesimo gruppo 1. Oppure potrebbe trattarsi di un agente che, pur operando per 1

Il comma 2 dell’art. 55 del Regol. n. 40/2018 stabilisce che «I distributori comunque si astengono dall’assumere, direttamente o indirettamente, anche tramite rapporti di gruppo o rapporti di affari, propri o di società del gruppo, la contemporanea qualifica di beneficiario o di vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di distributore del relativo contratto in forma individuale o collettiva. L’obbligo di astensione non opera in relazione ai prodotti assicurativi dei rami danni connessi a operazioni di leasing, salvo in ogni caso l’applicazione del-

La distribuzione del prodotto assicurativo

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più assicuratori (c.d. agente plurimandatario), propone un contratto meno favorevole all’assicurato solo perché da quella particolare impresa preponente ricava una provvigione maggiore. Oppure, ancora, potrebbe trattarsi di un agente che opera per una sola impresa (c.d. agente monomandatario), e, pur non essendo il contratto dell’impresa preponente adeguato alle esigenze dell’assicurato, viene ugualmente proposto pur di acquisire un cliente e di lucrare sulla provvigione. A ogni buon conto, gli intermediari devono proporre contratti e suggerire modifiche contrattuali o altre operazioni nell’interesse dei contraenti alle migliori condizioni possibili con riferimento al momento, alla dimensione e alla natura dei contratti e delle operazioni stesse, operando nel contempo al fine di contenere i costi a carico dei contraenti ed ottenere il miglior risultato possibile in relazione agli obiettivi assicurativi. Devono astenersi dal proporre variazioni contrattuali e dal suggerire operazioni con frequenza non necessaria alla realizzazione degli obiettivi assicurativi. Inoltre devono astenersi da ogni comportamento che possa avvantaggiare alcuni clienti a danno di altri ed, infine, evitano di adottare pratiche e disposizioni in materia di compensi che siano contrarie al dovere di agire nel miglior interesse dei contraenti (art. 55, comma 3, Regol.). Si tratta in definitiva di privilegiare l’interesse assicurativo del contraente anche a scapito di quello personale dell’intermediario, il quale potrebbe essere portato, pur di lucrare su nuovi contratti e provvigioni, a proporre nuove operazioni di scarsa utilità per l’assicurato (ad esempio: un’assicurazione della responsabilità civile con una franchigia troppo elevata), ovvero modifiche a contratti preesistenti inutilmente più onerose (ad esempio: un massimale esageratamente elevato). Gli intermediari assicurativi (sono escluse le operazioni di riassicurazione ed i grandi rischi), prima della conclusione del contratto ovvero in caso di modifiche o rinnovi, devono fornire al contraente una serie di informazioni riguardanti gli obblighi di comportamento loro imposti dal Codice e dal Regolamento IVASS (artt. 120 c.a. e 56 Regol.). La legge pone inoltre delle regole tendenti ad evitare quei conflitti di interesse che possono configurarsi qualora, attraverso il riconoscimento di compensi, il distributore sia portato a consigliare ad un potenziale cliente un particolare prodotto assicurativo, seppure non adeguato alle sue esigenze. Al l’articolo 119-bis, commi 6 e 7, del Codice». La norma fa espresso riferimento alle assicurazioni stipulate in funzione dell’erogazione di un mutuo ove intermediario e mutuante sono la stessa banca.

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fine di evitare questa tipologia di conflitti di interesse, i distributori devono adottare «presidi organizzativi e amministrativi efficaci al fine di adottare tutte le misure ragionevoli volte ad evitare che i conflitti di interesse»; inoltre devono adottare «misure idonee ad identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere tra loro, inclusi i dirigenti e i dipendenti, o qualsiasi persona direttamente o indirettamente controllata, e i loro clienti o tra due clienti al momento della prestazione di qualsiasi attività di distribuzione assicurativa» (art. 119-bis c.a.). In ordine all’attività di riscossione dei premi relativi ai contratti intermediati e, per i mediatori, le somme dovute a titolo di risarcimento o comunque qualsiasi altra somma dovuta dall’assicuratore, nel caso debbano essere regolati tramite intermediario, la legge (artt. 117-118 c.a.) ed il Regolamento n. 40/2018 (art. 63) hanno posto specifiche tutele a garanzia degli assicurati. In particolare le suddette somme devono essere depositate su un conto bancario o postale separato e costituiscono patrimonio autonomo rispetto a quello personale dell’intermediario (artt. 117 c.a. e 63 Regol.). Ciò vuol dire che eventuali creditori dell’intermediario non possono soddisfarsi sulle somme in questione, neppure nell’ipotesi di fallimento dell’intermediario. Mentre possono essere oggetto di espropriazione da parte del creditore dell’assicurato o dell’assicuratore cui competono le somme depositate (art. 117 c.a.). Tuttavia questa disposizione non si applica agli intermediari iscritti nelle sezioni A, B o D che possono documentare in modo permanente con fideiussione bancaria una capacità finanziaria pari al quattro per cento dei premi incassati, con un minimo di euro 18.750 (artt. 117, comma 3-bis, c.a. e 64 Regol.). Inoltre il pagamento del premio effettuato in buona fede all’intermediario o ai suoi collaboratori si considera effettuato all’assicuratore, anche nel caso in cui i primi non avessero la legittimazione all’incasso, ovvero, per qualunque motivo, non le abbiano versate all’assicuratore. Le somme dovute dall’assicuratore agli aventi diritto alla prestazione assicurativa si presumono corrisposte, salvo prova contraria a carico dell’intermediario o dell’impresa, solo se è stata sottoscritta la relativa quietanza (art. 118 c.a.).

L’impresa di assicurazione per conto della quale agisce il produttore diretto risponde in solido dei danni provocati da quest’ultimo; così come l’impresa, l’agente o il mediatore rispondono in solido dei danni causati dai loro preposti (art. 119 c.a.). L’art. 22, comma 10, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 conv. in legge 17 dicembre 2012, n. 221 ha introdotto la possibilità per agenti, brokers ed i

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soggetti di cui alla sezione D del registro di svolgere attività di intermediazione in collaborazione tra loro; in tal caso per eventuali danni procurati al cliente rispondono in solido (comma 11). Una particolare disciplina è prevista poi per la distribuzione di prodotti di investimento assicurativi (artt. da 121-quater a 121-octies c.a.).

§ 12. (Segue) L’intermediazione attraverso tecniche di comunicazione a distanza Nel caso di vendite a distanza (per telefono o tramite internet) l’intermediario, prima della conclusione del contratto, deve rendere noto al consumatore la sua identità, la descrizione, il costo preciso del prodotto offerto e il compenso previsto per la conclusione del contratto. Le informazioni devono essere offerte per iscritto e possono essere fornite verbalmente solo qualora lo richieda espressamente il contraente ovvero in caso di necessità di copertura immediata. Ma, in quest’ultimo caso, devono essere comunicate su supporto durevole subito dopo la conclusione del contratto (art. 121 c.a.). Al fine di rendere quanto più possibile chiare e comprensibili le informazioni sull’impresa, l’intermediario ed il prodotto, a questa modalità di distribuzione si applicano gran parte delle regole esaminate in precedenza, oltre ad altre più specifiche previste dagli artt. 69 ss. Regol. n. 40/2018, in particolare per ciò che concerne la distribuzione tramite internet e call center. Inoltre alle vendite a distanza di prodotti assicurativi si applica la disciplina generale contenuta negli art. 67-bis ss. del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo) (art. 67-ter, lett. b).

§ 13. L’attività di promozione e collocamento di contratti di assicurazione a distanza. La distribuzione telefonica e mediante siti web Come detto la distribuzione di prodotti assicurativi attraverso telefono aveva riscosso un certo successo, soprattutto nel campo dell’assicurazione obbligatoria per la circolazione di veicoli a motore. In realtà telefonicamente vengono solamente recepiti i dati dell’assicurando e comunicate le tariffe applicate, mentre la proposta di contratto viene poi normalmente

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trasmessa per posta o via telefax, sottoscritta dal contraente e nuovamente rispedita all’impresa. Come detto, si tratta di una forma di distribuzione più comoda e meno onerosa, perché permette di eliminare le spese di intermediazione, e che si configura – se resa da imprese con sede legale in Stato diverso rispetto a quello ove è ubicato il rischio – come attività in regime di libera prestazione di servizi, con le conseguenze che ne seguono in ordine alla relativa disciplina applicabile. Questa forma di distribuzione a distanza è stata in gran parte soppiantata da quella che si realizza tramite siti internet che – se resa da imprese con sede legale in Stato diverso rispetto a quello ove è ubicato il rischio – va configurata anch’essa come attività in regime di libera prestazione di servizi, con le conseguenze che ne seguono in ordine alla relativa disciplina applicabile. Il sito deve pertanto contenere tutte le indicazioni relative all’impresa ed all’autorizzazione all’esercizio e, se si tratta di imprese straniere, il nominativo del rappresentante. Il Regolamento n. 40/2018 contiene la disciplina dettagliata delle notizie che devono essere comunicate tramite call center o sito web al fine di rendere precise e complete le informazioni precontrattuali e di evitare che vengano stipulati contratti in assenza di una chiara manifestazione di assenso da parte del contraente. Anche in questo caso si rende applicabile la disciplina generale contenuta negli art. 67-bis ss. del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo) (art. 67-ter, lett. b).

La nozione giuridica di contratto di assicurazione

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PARTE SECONDA

IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE

SOMMARIO: Sezione Prima. La disciplina generale. – Cap. I. La nozione giuridica di contratto di assicurazione. – Cap. II. La causa del contratto di assicurazione: A) il rischio. – Cap. III. La causa del contratto di assicurazione contro i danni: B) l’interesse. – Cap. IV. La struttura del contratto di assicurazione. – Cap. V. Le parti e le altre figure soggettive del contratto di assicurazione: contraente, assicurato, beneficiario. L’assicurazione in nome e per conto. L’assicurazione sulla persona di un terzo. – Cap. VI. La formazione e la forma del contratto di assicurazione. – Cap. VII. L’oggetto del contratto di assicurazione. A) Le obbligazioni del contraente: in particolare il premio. – Cap. VIII. L’oggetto del contratto di assicurazione. B) Le obbligazioni dell’assicuratore: in particolare l’indennità. – Cap. IX. Le vicende del contratto. L’alienazione della cosa assicurata. Assicurazione e liquidazione giudiziale. La prescrizione. – Sezione Seconda. I singoli rami: le assicurazioni contro i danni. – Cap. X. Concetti generali. – Cap. XI. L’assicurazione della responsabilità civile e le assicurazioni di spese. – Cap. XII. L’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. – Cap. XIII. L’assicurazione del credito e l’assicurazione fideiussoria o cauzionale. – Cap. XIV. Le assicurazioni contro i danni alla persona. – Cap. XV. Le assicurazioni trasporti. – Cap. XVI. La riassicurazione. – Sezione Terza. I singoli rami: l’assicurazione sulla vita ed i prodotti di investimento assicurativo. Le forme pensionistiche complementari e la gestione assicurativa dei fondi pensione. – Cap. XVII. L’assicurazione sulla vita ed i prodotti di investimento assicurativo. – Cap. XVIII. Le forme pensionistiche complementari e la gestione assicurativa dei fondi pensione.

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Il contratto di assicurazione

La nozione giuridica di contratto di assicurazione

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SEZIONE PRIMA

LA DISCIPLINA GENERALE CAPITOLO I

LA NOZIONE GIURIDICA DI CONTRATTO DI ASSICURAZIONE SOMMARIO: 1. La funzione del contratto di assicurazione. La teoria indennitaria e la teoria del bisogno eventuale. Critica. Principio indennitario e principio previdenziale. – 2. Il rilievo della qualità di imprenditore assicurativo per il contratto di assicurazione. Ancora sulla natura aleatoria del contratto di assicurazione. Critica. – 3. (Segue) Ancora sul rilievo della qualità di imprenditore assicurativo per il contratto di assicurazione. La disciplina della nullità del contratto di assicurazione.

§ 1. La funzione del contratto di assicurazione. La teoria indennitaria e la teoria del bisogno eventuale. Critica. Principio indennitario e principio previdenziale L’art. 1882 c.c. disciplina il contratto di assicurazione attraverso la descrizione delle prestazioni delle parti: pagamento del premio a carico dell’assicurato; pagamento dell’indennità – nel caso di assicurazione contro i danni – ovvero di una rendita o di un capitale – nel caso di assicurazione sulla vita – a carico dell’assicuratore. Il legislatore del 1942 ha dunque aderito alla teoria della unicità del tipo, teoria la cui elaborazione è stata molto travagliata, in considerazione delle rilevanti diversità riscontrabili tra contratto di assicurazione contro i danni e contratto di assicurazione sulla vita (quest’ultima nella sua duplice configurazione di assicurazione sulla vita per il caso di morte e per il caso di sopravvivenza). Ed infatti l’assicurazione contro i danni, per la sua stretta attinenza

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con le attività mercantili, fu la prima forma di assicurazione ad affermarsi nella pratica. Pertanto l’elaborazione teorica del contratto di assicurazione andò consolidandosi con riferimento a questa figura e, di conseguenza, con riferimento alla funzione indennitaria propria di quest’ultima. Funzione indennitaria che può rappresentarsi nell’obbligo dell’assicuratore di pagare un’indennità solo se si verificherà il sinistro dedotto in contratto e solo nell’effettiva misura del danno patrimoniale conseguente al sinistro. Il successivo riconoscimento e la progressiva diffusione dell’assicurazione sulla vita, nella quale gli eventi morte e sopravvivenza non possono ricondursi al concetto di danno, misero in crisi la ricostruzione appena descritta, almeno nell’ottica di una riconduzione ad unità di entrambe le figure contrattuali. I fautori della «teoria indennitaria» tentarono di individuare comunque una conseguenza dannosa riconducibile agli eventi morte e sopravvivenza: il primo come evento idoneo a produrre il venir meno di una fonte di reddito per gli eredi o il beneficiario; il secondo nell’invecchiamento e, pertanto, nella progressiva inabilità a produrre un reddito sufficiente. Tuttavia fu facile obiettare che non necessariamente la persona sulla cui morte si è contratto deve essere fonte di reddito al momento della morte (potendo essere, addirittura, per condizioni di salute, economicamente «passiva»); e, d’altra parte, il soggetto, sulla cui sopravvivenza si è stipulata l’assicurazione, potrebbe ben essere nel pieno vigore fisico ed intellettuale al momento della scadenza. Infine il beneficiario può essere persona del tutto indifferente, economicamente, all’evento. Venne allora elaborata la «teoria del bisogno eventuale» con la quale si sostituì al concetto di danno il concetto appunto di bisogno eventuale, ponendosi l’accento sulla circostanza che il bisogno economico futuro non deve necessariamente verificarsi, ma è sufficiente che sia prevedibile al momento della stipulazione del contratto. Si venne dunque ad esaltare la funzione previdenziale del contratto di assicurazione, avvicinandosi all’essenza dell’assicurazione sulla vita piuttosto che a quella contro i danni. A questa teoria fu invece obiettato che il bisogno altro non è, in termini economici, che l’equivalente del danno; e, pertanto, se non vi è danno non vi è neppure bisogno. D’altra parte se il bisogno non è attuale esso non esiste. Una terza teoria tenta di riproporre una nuova impostazione della teoria indennitaria alla luce della funzione previdenziale esaltata dalla teoria del bisogno eventuale. Al centro della funzione del contratto viene posto il ri-

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schio e, cioè, non il danno, ma la «possibilità» o «l’aspettativa» del danno. La funzione del contratto si realizzerebbe dunque con il semplice trasferimento del rischio all’assicuratore, anche se il danno poi di fatto non si verifica, perché sarebbe sufficiente che il danno sia temuto e non anche realizzato. In realtà va osservato che tutte le teorie unitarie restano insoddisfacenti a causa della inconciliabile diversità del rischio nell’assicurazione sulla vita ed in quella contro i danni, e della conseguente diversa disciplina dei due tipi. Particolarmente nella seconda, alla funzione indennitaria è coerente il principio indennitario, fortemente tutelato dal legislatore, in conseguenza del quale l’assicuratore è tenuto a pagare solo se e nella esatta misura in cui viene a verificarsi il danno dedotto in contratto. Espedienti che possano condurre ad una indennità maggiore sono esclusi dalla legge (cfr. ad es. gli artt. 1909 c.c., sulla soprassicurazione, e 1910 c.c., sull’assicurazione plurima, dettati in tema di assicurazione contro i danni). Nelle assicurazioni sulla vita il principio indennitario non opera, perché sostituito da un principio previdenziale, onde la prestazione dell’assicuratore è dovuta sempre e comunque in relazione ai premi corrisposti, senza necessità di verifica alcuna sulla effettiva sussistenza di un danno o di un bisogno da parte dell’assicurato o dei suoi eredi o del beneficiario della polizza. Il meccanismo del contratto è basato, non solo su una previsione statistica, ma anche su un’ipotesi finanziaria, che comporta la capitalizzazione dei premi corrisposti dagli assicurati. Pertanto, esattamente la più recente tendenza è nel senso di negare una ricostruzione unitaria del contratto di assicurazione, ove il concetto di rischio è sì sempre presente, ma con ben diversa caratterizzazione, come vedremo, nelle due tipologie di rischio. La unitarietà della definizione di cui all’art. 1882 c.c. è in realtà un espediente, reso palese dalla formula binaria delle prestazioni dovute dall’assicuratore. Come di consueto il legislatore ha individuato il contratto sulla base delle prestazioni delle parti, perché è attraverso la loro combinazione che si risale alla funzione, e cioè, alla causa del contratto, vero elemento caratterizzante del tipo. Ma proprio la evidente duplicità delle prestazioni dell’assicuratore è prova della duplicità di tipi contrattuali.

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§ 2. Il rilievo della qualità di imprenditore assicurativo per il contratto di assicurazione. Ancora sulla natura aleatoria del contratto di assicurazione. Critica Il discorso merita un ultimo approfondimento. Una autorevole ma risalente dottrina individuava nella qualità di imprenditore dell’assicuratore un elemento essenziale della causa del contratto di assicurazione. Effettivamente tale qualità è necessaria, in quanto indefettibile premessa della speciale organizzazione tecnica e finanziaria dell’assicuratore, imposta dalla legge e dalle regole della tecnica assicurativa. È infatti solo attraverso la particolare gestione tecnico-finanziaria prevista dalla legge, che comporta, per sua natura, una gestione di tipo imprenditoriale, che è possibile il già esaminato fenomeno di «neutralizzazione» del rischio e si conferisce sicurezza all’obbligazione dell’assicuratore. In tal senso si è detto che va rivisitata la comune collocazione del contratto di assicurazione nell’ambito della categoria dei contratti aleatori. La prova, sotto il profilo normativo, è data dalla sostanziale inapplicabilità della norma di cui all’art. 1469 c.c., secondo la quale ai contratti aleatori non si applicano i rimedi previsti per il caso di eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.). Ed infatti, per l’assicuratore, la norma di cui all’art. 1467 c.c. è sostituita da disposizioni speciali che prevedono un rimedio in caso di aggravamento del rischio (e cioè sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione), prevedendosi la possibilità di recesso o la riduzione della prestazione o, addirittura, la liberazione dell’assicuratore (art. 1898 c.c.). Tale meccanismo è analogamente previsto, seppur in termini parzialmente diversi, nel caso di assicurazione sulla vita (cfr. art. 1926 c.c.). D’altro canto, per l’assicurato, il generale divieto di riduzione della prestazione (premio) in caso di scioglimento del contratto, va giustificato con la necessità di tutelare la massa degli assicurati, piuttosto che attraverso un meccanismo di tipo «aleatorio». Tuttavia, la mancanza della «qualità» di imprenditore commerciale da parte del contraente che assume il rischio non può condurre alla nullità dei contratti stipulati. Questi infatti non potranno godere della disciplina dedicata ai contratti di assicurazione, ma andranno valutati alla stregua di contratti atipici, cui può essere applicata per analogia la disciplina di analoghi contratti, questa volta sì di tipo aleatorio (ad es. rendita vitalizia, gioco, scommessa), rendendosi applicabile la norma di cui all’art. 1469 c.c.

La nozione giuridica di contratto di assicurazione

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§ 3. (Segue) Ancora sul rilievo della qualità di imprenditore assicurativo per il contratto di assicurazione. La disciplina della nullità del contratto di assicurazione Diverso è il caso di impresa non autorizzata, ove l’attività di impresa assicurativa è presente ma manca l’autorizzazione. In questo caso la legge (art. 167 c.a.) prevede espressamente la sanzione della nullità del contratto. Sanzione comminata anche in caso di contratto stipulato da impresa alla quale era stato impartito il divieto di assunzione di nuovi affari. La sanzione è particolarmente severa; essa peraltro si giustifica in quanto si riferisce ad un’ipotesi fraudolenta che può gravemente danneggiare l’assicurato e, pertanto, può farsi rientrare nell’ambito della previsione di cui al comma 1 dell’art. 1418 c.c. Ed infatti la disciplina che impone l’autorizzazione all’esercizio dell’attività assicurativa va certamente considerata norma imperativa, la cui violazione comporta, appunto, la nullità del contratto. La particolarità di questa nullità è che produce, non già un’inefficacia assoluta del contratto, bensì un’inefficacia relativa. L’azione di nullità può essere infatti proposta solo dal contraente o dall’assicurato e non anche dall’assicuratore, onde, in difetto di azione da parte dei primi, il contratto produce i suoi effetti, con obbligo per l’assicuratore, ad esempio, di pagare l’indennità in caso di sinistro. Se invece viene dichiarata la nullità del contratto, il contraente o l’assicurato hanno diritto alla restituzione dei premi pagati, mentre non hanno l’obbligo di restituire l’eventuale indennità o capitale percepiti dall'assicuratore.

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Il contratto di assicurazione

La causa del contratto di assicurazione: A) il rischio

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CAPITOLO II

LA CAUSA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE: A) IL RISCHIO SOMMARIO: 1. Il rischio come elemento causale di tutti i contratti di assicurazione. – 2. Gli elementi del rischio: la possibilità dell’evento. – 3. Gli elementi del rischio: il danno e il nesso causale. – 4. La disciplina: inesistenza del rischio. – 5. La disciplina: diminuzione e aggravamento del rischio.

§ 1. Il rischio come elemento causale di tutti i contratti di assicurazione Si è osservato che la funzione tipica – e quindi la causa – del contratto di assicurazione contro i danni è rappresentata dalla funzione indennitaria, e, pertanto, la motivazione tipica (e non occasionale e personale) che spinge l’assicurato a contrarre può identificarsi nella preoccupazione che si possa verificare in futuro un evento dannoso. Nel contratto di assicurazione sulla vita, nella sua duplice configurazione (caso morte e caso sopravvivenza), invece, la funzione è squisitamente previdenziale e, pertanto, la motivazione tipica che spinge l’assicurato a contrarre può identificarsi nella preoccupazione di costituire una risorsa finanziaria (rendita o capitale) da utilizzare nel futuro se e nella misura in cui ne avrà bisogno lui stesso, oppure un terzo dopo la sua morte. Pur nella diversità delle funzioni, vi è dunque un elemento comune ai due tipi: la possibilità che si verifichi in futuro un evento dannoso o uno stato di bisogno. L’elemento comune è dunque rappresentato dal rischio, il quale viene comunemente definito, appunto, come la «possibilità di un evento dannoso». Il rischio va peraltro valutato diversamente nelle due differenti operazioni assicurative. Nell’assicurazione contro i danni l’elemento determinante del rischio è l’evento (l’incendio, il furto, la grandine, l’inadempimento

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dei debitori, ecc.); il danno, che ne costituisce la conseguenza, funge poi da misura dell’obbligazione dell’assicuratore. In altri termini l’assicuratore pagherà solo al verificarsi dell’evento dannoso previsto in contratto; l’ammontare dell’indennità sarà poi commisurato all’entità del danno (che, in ipotesi, potrebbe anche essere pari a zero se, nonostante l’evento, non si produce danno – ad es. furto della cosa che non abbia più valore). Anche nell’assicurazione sulla vita l’elemento determinante è l’evento – che peraltro non necessariamente deve essere un fatto di per sé sfavorevole per l’assicurato, come nel caso della sopravvivenza – e pertanto, anche in questo caso, costituisce l’elemento determinante l’obbligo dell’assicuratore. Tuttavia, nell’assicurazione sulla vita, la conseguenza dell’evento non funge da misura dell’obbligazione dell’assicuratore, perché quest’ultimo – non operando il principio indennitario – dovrà pagare anche se non si realizzi concretamente lo stato di bisogno temuto, e dovrà pagare una somma (o una rendita) preventivamente determinata in contratto «a forfait». Dunque il rischio è comunque l’elemento fondamentale di qualunque contratto di assicurazione, e la sua mancanza produce la nullità del contratto (art. 1895 c.c.), configurandosi quale elemento causale dello stesso. Tuttavia il suo diverso atteggiarsi, in ordine alle conseguenze derivanti dal verificarsi dell’evento, nell’assicurazione sulla vita ed in quella contro i danni costituisce conferma della diversità tipologica delle due categorie contrattuali.

§ 2. Gli elementi del rischio: la possibilità dell’evento Il rischio, inteso come «possibilità di un evento dannoso» (o di uno stato di bisogno), conosce una scala di misurazione della sua intensità che opera in termini di «assicurabilità» del rischio e di misura del premio. Tanto maggiore è il rischio, tanto più alto sarà il premio, sino a giungere ad un livello di «inassicurabilità» del rischio (arg. ex artt. 1898 e 1926 c.c.). Gli elementi del rischio, che concorrono alla sua quantificazione in termini di possibilità del verificarsi dell’evento (entità del rischio), possono essere di natura generale (tipo di rischio, situazione economica generale, ecc.) e particolare (bene in concreto soggetto al rischio, modalità di conservazione o gestione del bene, ecc.). I primi sono valutabili statisticamente, i secondi vanno valutati caso per caso. Gli elementi particolari vengono desunti dalle dichiarazioni precontrat-

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tuali del contraente al momento della formulazione della proposta di assicurazione (art. 1887 c.c.). Eventuali dichiarazioni non rispondenti al vero o incomplete sono sanzionate dalla legge a seconda che vi sia stato dolo o colpa grave da parte del contraente (artt. 1892-1893 c.c.; cfr. infra, Cap. VI, § 2). Alla inassicurabilità del rischio va equiparato il caso in cui l’evento sia stato cagionato con dolo o colpa grave dall’assicurato, dal contraente (se persona diversa dall’assicurato) o dal beneficiario (art. 1900 c.c.). Il dolo può rappresentarsi come la volontà di produrre l’evento con la volontà e consapevolezza degli effetti dannosi che dall’evento possono derivare. Esso è pertanto sempre causa di liberazione dell’assicuratore. Ed infatti, se l’assicurato (o il contraente o il beneficiario) determina l’evento al fine di lucrare sull’indennità pattuita, il rischio viene meno, venendo meno l’elemento della possibilità. D’altro canto un’azione idonea a produrre un danno è di per sé contraria ai principi dell’ordine pubblico, potendo comportare, al di là della illiceità intrinseca dell’atto, una situazione di pericolo (ad esempio l’incendio). Un’ipotesi analoga è prevista anche nelle assicurazioni sulla vita per il caso di morte, ed è rappresentata dal suicidio dell’assicurato. Tale eventualità è causa di liberazione dell’assicuratore (salvo patto contrario) se il suicidio si è verificato nei due anni dalla stipula del contratto, ovvero nei due anni seguenti alla riattivazione della copertura assicurativa, sospesa per il mancato pagamento del premio (art. 1927 c.c.). La liberazione dell’assicuratore conseguente l’atto colposo (colpa grave) dell’assicurato (o contraente o beneficiario) può essere invece esclusa dal contratto. Essa è anzi tipicamente esclusa nelle assicurazioni contro la responsabilità civile (art. 1917 c.c.), ove l’oggetto dell’assicurazione è proprio la responsabilità patrimoniale dell’assicurato derivante da un atto illecito colposo che abbia prodotto un danno a un terzo. La colpa può rappresentarsi come la volontà di porre in essere l’evento, senza peraltro la volontà di determinarne le conseguenze dannose, che possono essere solo previste, ma non volute, dall’agente. Dalla valutazione della prevedibilità delle conseguenze dell’atto colposo discende la valutazione della gravità della colpa (tanto più le conseguenze erano prevedibili, tanto più grave è la colpa, ed infatti in caso di assoluta prevedibilità delle conseguenze si parla di «dolo eventuale»). Non è invece causa di liberazione dell’assicuratore il caso in cui l’evento sia stato causato con dolo o colpa grave dalle persone del fatto delle quali l’assicurato deve rispondere (art. 1900, comma 2, c.c.). Ed infatti il timore di tale eventualità può essere proprio il motivo che ha determinato l’assicurato a contrarre (ad esempio: il furto da parte del dipendente infedele).

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Non sono altresì causa di liberazione dell’assicuratore gli eventi dolosi o colposi compiuti per dovere di solidarietà umana (ad esempio incagliamento della nave determinato dal salvataggio di naufraghi) (art. 1900, comma 3, c.c.), o in adempimento dell’obbligo di salvataggio di cui all’art. 1914 c.c. Naturalmente la disciplina in oggetto trova applicazione nei soli casi in cui l’evento è determinabile, anche solo parzialmente, dell’intervento umano, e non anche quando è di carattere naturale (grandine, alluvione, terremoto, ecc.). Va peraltro rilevato che i c.d. eventi catastrofici (terremoto, guerra, insurrezione, tumulti popolari), per la loro eccezionalità non prevedibile, sono esclusi dalla legge, salvo patto contrario (art. 1912 c.c.). Sia il dolo che la colpa grave vanno dimostrati dall’assicuratore, al quale spetta il relativo onere al fine di servirsene quale esimente dalla prestazione. Se il danno è determinato da vizio intrinseco della cosa, l’assicuratore, salvo patto contrario, non risponde, ovvero risponde in misura proporzionale all’incidenza del vizio intrinseco nella determinazione del danno (art. 1906 c.c.).

§ 3. Gli elementi del rischio: il danno e il nesso causale L’evento deve essere previsto in contratto e deve essere idoneo a produrre il danno, detto «sinistro». La questione, come è ormai chiaro, riguarda solo l’assicurazione contro i danni, posto che, in quella sulla vita, non occorre l’accertamento dello stato di bisogno effettivo al momento in cui si verifica l’evento, e la prestazione dell’assicuratore è predeterminata in contratto. Il problema viene comunemente affrontato in termini di rapporto di causalità. Nel caso in cui più eventi abbiano concorso alla produzione del sinistro, occorre verificare infatti quale degli eventi sia stato determinante ai fini della sua produzione (ad esempio l’incendio provocato da un corto circuito, a sua volta provocato dalla manomissione dell’impianto elettrico). Il problema assume rilievo fondamentale per stabilire se l’evento determinante è dedotto in contratto e rientra temporalmente nell’ambito della durata contrattuale (copertura assicurativa). In particolare nelle assicurazioni contro la responsabilità civile è spesso possibile che il danno al terzo sia stato causato da una serie di concause succedutesi a distanza di tempo (ad esempio, nel caso di responsabilità professionale del medico, la cau-

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sa può essere una cura sbagliata, protratta in varie fasi temporali, e gli effetti possono determinarsi molto tempo dopo). A tale proposito è diffusa, nelle polizze responsabilità civile, la clausola con la quale si fanno rientrare nella copertura assicurativa i sinistri, determinati da azioni precedenti alla stipulazione del contratto, purché denunciati durante la durata contrattuale (c.d. clausola «claims made»). Va peraltro rilevato che la Cassazione ha individuato nella claims made una clausola vessatoria, in quanto limitativa della responsabilità dell’assicuratore, e, come tale, inefficace se non esplicitamente approvata per iscritto dal contraente ai sensi dell’art. 1341 c.c. La clausola che estende la garanzia assicurativa anche alle denuncie presentate successivamente alla scadenza del contratto, purché riferite a fatti avvenuti durante la sua vigenza (c.d. clausola «loss occurrence») è meno comune e, normalmente, legata alla claims made. Inoltre la loss occurrence incide in modo significativo sul costo dell’assicurazione.

§ 4. La disciplina: inesistenza del rischio Come detto se il rischio non sussisteva, o è venuto meno prima della stipulazione, il contratto è nullo (art. 1895 c.c.). Pertanto, se, in ipotesi, il premio fosse già stato corrisposto, l’assicuratore avrebbe l’obbligo di restituirlo. Unica eccezione al principio è il c.d. rischio putativo, previsto dall’art. 514 c.n., secondo il quale, se la notizia dell’inesistenza o della cessazione del rischio o dell’avveramento del sinistro non è pervenuta nel luogo di stipulazione del contratto o in quello dal quale è partita la proposta di assicurazione, prima della conclusione del contratto, questo è valido. La norma è basata su un oggi inattuale presupposto, e cioè che le notizie in questione, pervenendo da luoghi lontani, possano giungere con molto ritardo e, di conseguenza, la buona fede del contraente prevale sulla situazione oggettiva. Se il rischio viene meno durante l’assicurazione, il contratto si scioglie, ma l’assicuratore ha diritto al pagamento del premio in corso al momento in cui la cessazione del rischio gli è stata comunicata o ne sia venuto altrimenti a conoscenza (art. 1896 c.c.). Si tratta di una deroga ai principi generali in tema di «sinallagma» contrattuale (l’assicuratore dovrebbe trattenere solo la parte del premio proporzionale al periodo di copertura del rischio), giustificata dalla necessità di tutelare la massa degli assicurati e, quindi, di non depauperare le riserve tecniche accantonate con restituzioni, anche parziali, dei premi.

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La regola subisce una deroga nell’ambito dell’assicurazione r.c. auto, ove, in caso di trasferimento di proprietà del veicolo o del natante (caso tipico di cessazione del rischio), il contraente può scegliere per la risoluzione del contratto con diritto al rimborso del rateo di premio relativo al residuo periodo di assicurazione (art. 171 c.a.). Se il rischio viene meno dopo la stipulazione del contratto, ma prima che questo abbia iniziato a produrre gli effetti (perché ad esempio, non è stato ancora pagato il premio) l’assicuratore ha diritto al solo rimborso delle spese eventualmente sostenute (ad esempio spese di perizia).

§ 5. La disciplina: diminuzione e aggravamento del rischio Come detto il rischio può avere varie intensità, a seconda del tipo di rischio e del valore della cosa assicurata, intensità che determinano l’ammontare del premio e la stessa assicurabilità del rischio. Queste valutazioni vengono effettuate dall’assicuratore al momento della stipulazione del contratto. 5.1. Se, successivamente alla stipulazione del contratto, il rischio diminuisce (art. 1897 c.c.) in misura tale che l’assicuratore avrebbe stipulato ad un premio inferiore, è onere dell’assicurato comunicare la diminuzione del rischio per avere diritto a pagare un premio successivo (o una rata di premio successiva) ridotto proporzionalmente. Il premio in corso resta acquisito dall’assicuratore, per la già illustrata necessità di tutelare la massa degli assicurati che comporta una deroga al principio del sinallagma contrattuale. Tuttavia l’assicuratore ha facoltà di recedere dal contratto entro due mesi dalla comunicazione. Il recesso ha effetto dopo un mese dalla comunicazione. 5.2. Se invece, successivamente alla stipulazione del contratto, il rischio si aggrava (art. 1898 c.c.) in misura tale che l’assicuratore non avrebbe contratto, ovvero avrebbe contratto ad un premio superiore, il contraente ha l’obbligo di dare immediato avviso all’assicuratore. L’assicuratore ha diritto di recedere dal contratto, con comunicazione scritta, entro un mese dal ricevimento della comunicazione o dal momento in cui ha avuto comunque conoscenza dell’aggravamento. Il recesso ha effetto immediato nel caso in cui l’aggravamento è tale che l’assicuratore non avrebbe contratto; ha effetto dopo 15 giorni se si sarebbe limitato a chiedere un premio più elevato.

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In difetto di comunicazione da parte dell’assicuratore il contratto mantiene la sua efficacia nonostante l’aggravamento. Se il sinistro si verifica prima della conoscenza dell’aggravamento o prima che siano trascorsi i termini per il recesso, nel caso in cui l’assicuratore non avrebbe contratto, questi è liberato; nel caso in cui avrebbe contratto ad un premio superiore, l’indennità è ridotta in proporzione al minor premio riscosso rispetto a quello che sarebbe stato richiesto. Anche qui spetta comunque all’assicuratore il premio in corso al momento della comunicazione di recesso. Tuttavia l’assicuratore deve dimostrare che l’aggravamento è stato tale che non avrebbe contratto ovvero avrebbe contratto ad un premio inferiore. 5.3. La disciplina in tema di riduzione o di aggravamento del rischio è dettata prevalentemente con riguardo alle assicurazioni contro i danni, posto che, in relazione alla vita umana, è più difficile ipotizzare un aggravamento e, soprattutto, una riduzione del rischio, anche se non si può escludere in linea di principio (ad esempio insorgenza di una malattia). La legge peraltro prevede un’ipotesi espressa di aggravamento del rischio nell’assicurazione sulla vita (per il caso di morte), e cioè il caso di cambiamento di professione o di attività dell’assicurato (art. 1926 c.c.), quando siano tali da aggravare il rischio di modo che l’assicuratore non avrebbe contratto o avrebbe contratto ad un premio più elevato. La prima ipotesi è causa di scioglimento del contratto. La seconda comporta la riduzione della somma assicurata in proporzione al minor premio convenuto rispetto a quello che l’assicuratore avrebbe preteso. Se l’assicurato comunica il cambiamento, l’assicuratore deve comunicare, entro 15 giorni, se intende sciogliere il contratto, ovvero ridurre la somma assicurata o aumentare il premio. Negli ultimi due casi l’assicurato ha 15 giorni prima di dichiarare se intende accettare la proposta; in difetto la proposta si intende accettata. Se l’assicurato dichiara di non accettare, il contratto si scioglie e l’assicuratore mantiene il diritto al premio in corso e l’assicurato al diritto di riscatto. Trattandosi di comunicazioni aventi natura di atti recettizi, e stante i tempi brevi stabiliti dalla legge, deve essere utilizzato uno strumento che dimostri l’effettivo ricevimento della comunicazione da parte della controparte. La legge ammette pertanto che le comunicazioni possano farsi a mezzo raccomandata, in alternativa a strumenti più complessi (ad esempio: notifica a mezzo ufficiale giudiziario).

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CAPITOLO III

LA CAUSA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI: B) L’INTERESSE SOMMARIO: 1. L’interesse come relazione di carattere economico. – 2. L’interesse come misura del valore della cosa. Il danno come lesione dell’interesse. L’inesistenza dell’interesse. L’alienazione della cosa assicurata. – 3. L’interesse come misura del valore della cosa. Soprassicurazione e sottoassicurazione. L’assicurazione plurima e la coassicurazione. – 4. L’interesse come misura del valore. L’assicurazione danni alle persone.

§ 1. L’interesse come relazione di carattere economico L’interesse viene normalmente rappresentato come la «relazione di carattere economico» che lega il bene, oggetto dell’assicurazione, all’assicurato. L’interesse è dunque l’elemento che identifica l’assicurato, in quanto titolare dell’interesse, e nel contempo, attraverso la sua intensità, misura il valore della cosa. Sotto il primo profilo, l’interesse rende assicurabili solo i beni con i quali l’assicurato ha, come detto, una relazione di carattere economico. Non è possibile dunque assicurare un bene del tutto indifferente per l’assicurato, poiché si scadrebbe nella scommessa e si violerebbe il principio indennitario, attribuendo un’indennità a chi non ha subito alcun danno. Pertanto, se l’interesse non sussiste, il contratto è nullo (art. 1904 c.c.). La relazione tra assicurato e bene deve essere di carattere economico, non essendo rilevante una relazione di carattere puramente affettivo o morale (ad esempio, un oggetto privo di valore di proprietà di un genitore defunto). D’altra parte non è necessario che tale relazione sia costituita dal diritto di proprietà sulla cosa. Si può legittimamente configurare un interesse concorrente o indiretto con quello del proprietario.

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– Un interesse concorrente si ha nel caso di godimento del bene: usufrutto, affitto e locazione. È chiaro che l’usufruttuario ha un interesse economico all’integrità del bene oggetto dell’usufrutto; così come dal pieno godimento del bene dipende l’interesse del conduttore o dell’affittuario; – un interesse indiretto si può avere invece da parte del depositario o del vettore nel trasporto di cose, posto che questi soggetti rispondono dell’integrità della cosa. In queste ipotesi alla responsabilità patrimoniale, derivante dalla perdita o dal danneggiamento delle cose in custodia o trasportate, può farsi fronte attraverso la stipula di una assicurazione per conto altrui (art. 1891 c.c.). L’assicurato è il proprietario del bene, ma il contratto è stipulato dal depositario o dal vettore (contraente) che hanno appunto un interesse indiretto all’integrità delle cose oggetto di assicurazione. Un interesse può aversi, non solo nell’assicurazione di cose, ma anche nelle assicurazioni sulla persona: tipico è il caso dell’assicurazione infortuni e malattie, ove l’interesse è riferito all’integrità della persona dell’assicurato, sia essa stipulata dall’assicurato stesso ovvero da terza persona. Anche qui l’assicurazione può essere stipulata da un terzo (contraente) a favore dei soggetti esposti al rischio; ad esempio un’assicurazione infortuni può essere stipulata dal datore di lavoro a favore dei dipendenti o dal vettore, nel trasporto di persone, a favore dei passeggeri. Anche qui ricorre un interesse indiretto del contraente che risponde patrimonialmente dei danni alle persone dei dipendenti, in occasione della prestazione lavorativa, o dei passeggeri, in occasione del viaggio. Si è discusso in passato se l’interesse sia elemento necessario anche nel contratto di assicurazione sulla vita. Si è infatti affermato che, se l’assicurazione è contratta sulla vita dello stesso stipulante, l’interesse è implicito nella ovvia relazione tra il soggetto e la propria vita. Se invece l’assicurazione è contratta sulla vita di un terzo (art. 1919 c.c.), nel caso morte, la presenza dell’interesse sarebbe imposta dalla legge attraverso il consenso al contratto che il terzo deve manifestare a pena di nullità (art. 1919, comma 2, c.c.). Nel caso sopravvivenza, la legge nulla stabilisce; tuttavia si è, da parte di alcuni, affermato non essere ammissibile un’assicurazione sulla vita di persone del tutto indifferenti al contraente; da altri, che, non avendo la legge richiesto l’interesse per il contratto di rendita vitalizia, non poteva poi richiederlo per il contratto di assicurazione. In realtà il problema va affrontato nell’ottica del principio indennitario, cui il concetto di interesse è funzionale. L’interesse è elemento dell’assicurazione contro i danni poiché si vuole

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evitare un ingiustificato arricchimento conseguente il pagamento di un’indennità che non sia a ristoro di un danno. Nell’assicurazione sulla vita, non operando il principio indennitario, la questione non si pone neppure. La necessità del consenso del terzo, in caso di assicurazione contratta sulla vita per il caso di morte del terzo, non è dettata per dimostrare un interesse del contraente sulla vita del terzo (perché, ad esempio, il terzo è il soggetto che procura i mezzi di sostentamento del contraente), ma perché, trattandosi dell’evento morte, è necessario che il terzo ne sia consapevole e sia altresì consenziente all’assicurazione che sulla sua vita si va a stipulare, anche perché, l’utilità economica che può derivare dalla morte del terzo, potrebbe indurre il contraente beneficiario addirittura a comportamenti scellerati (omicidio del terzo). Dunque l’interesse non è richiesto nelle assicurazioni sulla vita, perché l’operazione è squisitamente previdenziale e finalizzata al risparmio e non necessita della dimostrazione di un rapporto di tipo economico, che, come visto, è solo supposto. D’altra parte l’ipotesi che si possa contrarre per pura speculazione sulla vita, per il caso di sopravvivenza, di un terzo addirittura sconosciuto o indifferente è puramente teorica. Se ciò fosse, il contraente subordinerebbe inutilmente il contratto ad un duplice rischio: quello della sopravvivenza, non solo propria, ma anche del terzo, alla durata contrattuale, così riducendo ulteriormente la possibilità di raggiungere l’effetto speculativo sperato. Neppure coglie nel segno il parallelo con la rendita vitalizia, la quale è caratterizzata da un’operazione di scambio (di carattere aleatorio) o da spirito di liberalità che sono sufficienti in sé a giustificare il contratto. Dubbi invece non possono sussistere sulla esistenza di un interesse nelle assicurazioni del patrimonio (assicurazione contro la responsabilità civile, assicurazione di spese, assicurazione del credito e fideiussoria). Qui infatti l’interesse non fa riferimento ad una o più cose o beni determinati, ma allo stesso patrimonio dell’assicurato nella sua globalità, che può essere pregiudicato dal sorgere di un debito o di una spesa. Il danno pertanto non è individuato attraverso un bene specifico, bensì attraverso una perdita patrimoniale non rappresentabile con precisione al momento della conclusione del contratto. Ciò non toglie che comunque di danno pur sempre si tratta e, conseguentemente, di rischio assicurabile. Peraltro l’indeterminatezza del rischio al momento della conclusione del contratto comporta delle differenze nella modalità dell’assicurazione. Non essendo, il più delle volte, prevedibile il valore della cosa, perché di cosa

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non si tratta, la prestazione dell’assicuratore, e conseguentemente il calcolo del premio, vengono riferiti ad una somma massima assicurata (massimale). L’assicuratore dunque pagherà un’indennità nei limiti del massimale assicurato, qualunque sia l’evento rientrante nelle previsioni di polizza. Il premio, a sua volta, sarà riferito al massimale, non presentandosi di conseguenza, in linea di principio, i problemi di sovrassicurazione o sottoassicurazione che esamineremo in seguito.

§ 2. L’interesse come misura del valore della cosa. Il danno come lesione dell’interesse. L’inesistenza dell’interesse. L’alienazione della cosa assicurata Sotto il profilo del valore, l’interesse ne costituisce la misura. Ed infatti, così come può misurarsi l’intensità del rischio, anche l’interesse è misurabile in relazione all’intensità del rapporto economico tra assicurato e bene, e cioè al grado di utilità economica del bene. Maggiore è il valore del bene, maggiore è il rapporto economico e, quindi, l’interesse. Il danno, che costituisce una lesione del valore della cosa, viene rappresentato come lesione dell’interesse, che può misurarsi sino all’annullamento dell’interesse stesso (danno totale). Il valore dell’interesse deve essere determinato in contratto, costituendo una componente del rischio assicurato e, di conseguenza, del premio (maggiore è il valore, maggiore è il rischio assicurato). Il valore dell’interesse è detto valore assicurabile (o iniziale) e deve corrispondere al valore assicurato e, cioè, al valore dichiarato del contraente in polizza, e sul quale l’assicuratore calcola il premio. Il valore che la cosa aveva un attimo prima del sinistro è il valore finale, che talvolta è inferiore al valore iniziale (per usura o invecchiamento), e sulla base del quale viene calcolata l’indennità. Il valore residuo è poi il valore che residua a seguito del sinistro, e può anche essere uguale a zero se il danno è totale. Sottraendo al valore finale il valore residuo si ottiene il valore risarcibile, e, cioè, la misura dell’indennità dovuta dall’assicuratore. Come detto l’interesse deve esistere al momento della stipulazione a pena di nullità del contratto (art. 1904 c.c.). La legge fa espresso riferimento al momento in cui l’assicurazione deve avere inizio. Tuttavia non è dubbio che l’interesse debba persistere per tutta la durata del contratto, e pertanto, anche al momento del sinistro, rendendosi applicabile la norma di cui all’art. 1896 c.c. in tema di cessazione del rischio.

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Di conseguenza, se l’interesse viene meno durante l’assicurazione (ad esempio, perdita di valore della cosa a causa dell’usura o dell’invecchiamento), il contratto si scioglie, ma l’assicuratore ha diritto comunque al premio in corso. Una deroga al principio è posta dall’art. 1918 c.c., nel caso di alienazione della cosa assicurata. L’alienazione non è infatti di per sé causa di scioglimento del contratto e, se l’assicurato omette di comunicare l’alienazione all’assicuratore e l’esistenza dell’assicurazione all’acquirente, resta obbligato a pagare i premi successivi. L’acquirente, entro dieci giorni dalla comunicazione dell’alienante, deve comunicare all’assicuratore l’eventuale decisione di non voler subentrare nel contratto; così come, nel termine di quindici giorni, l’assicuratore può recedere. Nel caso di polizza all’ordine o al portatore, nessuna comunicazione è dovuta, perché l’acquirente subentra automaticamente nel contratto. Questa parziale deroga al principio della necessità dell’esistenza dell’interesse (che viene meno a seguito dell’alienazione) è giustificabile con la circostanza che, in difetto di comunicazione, l’assicuratore continua comunque a coprire il rischio, con conseguente mantenimento delle cautele e dei mezzi necessari. In caso di sinistro l’indennità va a beneficio dell’acquirente che, comunque, resta obbligato in solido con l’alienante in relazione al pagamento dei premi. Va rilevato che talvolta le parti possono pattuire che il rapporto assicurativo si trasferisca in capo al bene con il quale l’assicurato ha sostituito quello alienato. Una deroga alla disciplina di cui all’art. 1918 c.c. in commento è rappresentata dalla norma di cui all’art. 171 c.a. la quale, in tema di assicurazione obbligatoria r.c. auto, prevede che, in caso di trasferimento di proprietà del veicolo o del natante, il contraente può scegliere tra: la risoluzione del contratto con diritto al rimborso del rateo di premio relativo al residuo periodo di assicurazione; la cessione del contratto di assicurazione all’acquirente; ovvero la sostituzione del contratto per l’assicurazione di altro veicolo o di altro natante di sua proprietà, previo l’eventuale conguaglio del premio.

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§ 3. L’interesse come misura del valore della cosa. Soprassicurazione e sottoassicurazione. L’assicurazione plurima e la coassicurazione Come detto il concetto di interesse è strettamente funzionale al principio indennitario. Pertanto l’assicuratore è tenuto a corrispondere un’indennità pari al danno sofferto dall’assicurato, nei limiti in cui questo sia realmente valutabile (art. 1905 c.c.). Ciò vuol dire che il valore attribuito alla cosa al momento della conclusione del contratto (valore assicurato) è elemento essenziale unicamente ai fini del calcolo del premio, ma non per la determinazione dell’indennità. Pertanto, se il valore assicurato non corrisponde all’effettivo valore del bene (valore assicurabile) si dovranno operare i correttivi previsti dalla legge. Alle cose perite o danneggiate non si può attribuire infatti un valore superiore a quello che avevano al tempo del sinistro (art. 1908 c.c.). Può capitare che il valore della cosa assicurata sia diminuito nel corso dell’assicurazione. In questo caso comunque l’assicuratore corrisponderà un’indennità rapportata all’effettivo valore che la cosa aveva al momento del sinistro, seppur il premio resta acquisito per intero (art. 1908 c.c.). Naturalmente per il futuro l’assicurato avrà diritto ad un premio proporzionalmente inferiore. Unica deroga al principio è prevista nel caso di accettazione per iscritto di una stima appositamente redatta (art. 1908, comma 2, c.c.). Questa procedura potrà essere utilizzata in caso di beni, non solo di difficile valutazione, ma di particolare valore (quadri, gioielli, ecc.) e che non sono soggetti a svalutazione. Nel caso invece di beni futuri, come i prodotti del suolo, il valore viene determinato in relazione al presumibile valore che avrebbero avuto al momento del raccolto o della loro maturazione (art. 1908, comma 4, c.c.). 3.1. Qualora venga dichiarato un valore superiore al valore effettivo, si ha il caso di soprassicurazione; caso nel quale opera nuovamente il principio indennitario (art. 1909 c.c.). Se la soprassicurazione è stata di origine dolosa, il contratto è nullo, ma se l’assicuratore era in buona fede ha diritto al premio in corso. L’assicuratore ha comunque l’onere di provare il dolo dell’assicurato e la sua buona fede. Se anche l’assicurato era in buona fede, il contratto è valido, ma l’eventuale indennità è calcolata in relazione all’effettivo valore della cosa; tuttavia l’assicurato ha diritto, per il futuro, ad un premio ridotto.

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Una deroga alla disciplina della soprassicurazione si ha nel caso della c.d. assicurazione valore a nuovo. Si tratta di una assicurazione stipulata nel caso di prodotti ad alta tecnologia, con un valore iniziale molto elevato, ma caratterizzati da una rapidissima obsolescenza (e di difficile e costoso ripristino in caso di danno). L’assicuratore si impegna, non già a risarcire il danno con la corresponsione di una somma di denaro, ma a sostituire le apparecchiature (danneggiate o perite o rubate) con altre nuove di tipo uguale o analogo. Naturalmente il calcolo del premio risente del particolare rischio assicurato. 3.2. Un’applicazione del principio esaminato in relazione alla soprassicurazione si ha in caso di assicurazione plurima (art. 1910 c.c.), e cioè nel caso in cui il medesimo interesse venga assicurato, con contratti distinti, presso diversi assicuratori. Anche qui l’intenzione dell’assicurato potrebbe essere un’illecita speculazione sul sinistro, con l’intento di ricavare un’indennità globalmente superiore al valore della cosa. Pertanto è obbligo dell’assicurato dare avviso di tutte le assicurazioni ai singoli assicuratori. L’omissione dolosa (e non colposa) di questo obbligo comporta la liberazione di tutti gli assicuratori (art. 1910, comma 2, c.c.). Anche in questo caso il dolo va provato dagli assicuratori che intendono paralizzare la richiesta di indennizzo. In caso di sinistro, l’assicurato deve dare avviso a tutti gli assicuratori, indicando i nomi degli altri. Ogni assicuratore risponde per l’intero nei limiti contrattualmente previsti. Se l’indennità corrisposta da un assicuratore non è sufficiente a coprire il danno, l’assicurato può rivolgersi agli altri, ma sempre nei limiti dell’ammontare del danno stesso. Gli assicuratori sono dunque responsabili in solido (seppure nei limiti del rispettivo debito) e, conseguentemente, è prevista la facoltà di regresso. Pertanto l’assicuratore che ha pagato, o che ha sostenuto l’onere maggiore, avrà diritto di regresso, pro quota, nei confronti degli altri assicuratori. In caso di insolvenza di un assicuratore, la sua quota sarà ripartita tra gli altri. 3.3. Differente è il caso della coassicurazione (art. 1911 c.c.). Qui infatti la pluralità degli assicuratori è legata all’assicurato da un unico contratto, normalmente stipulato da uno dei coassicuratori, la c.d. impresa delegataria, e gli assicuratori rispondono pro quota in relazione alla percentuale di rischio assicurata da ciascuno.

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La disciplina si applica anche se il contratto non è unico (normalmente, ma non necessariamente infatti, la polizza è sottoscritta dalla sola impresa delegataria), ma risulta da più documenti contrattuali che, peraltro, giuridicamente, costituiscono un unico rapporto giuridico (contratto bilaterale con una parte complessa). Particolare disciplina è riservata alla coassicurazione comunitaria (artt. 161-162). Questo tipo di coassicurazione è riservato alle imprese aventi sede in diversi Stati membri per i soli grandi rischi, come individuati dall’art. 1, comma 1, lett. r (assicurazione corpi, credito e cauzione, ecc.), localizzati in Italia. Il contratto deve essere stipulato in un unico documento sottoscritto da tutti i coassicuratori, con delega attribuita ad uno dei coassicuratori, il quale esercita tutte le funzioni attribuitegli in contratto. 3.4. Nella sottoassicurazione (o «assicurazione parziale» – art. 1907 c.c.) il valore assicurato è invece inferiore al valore assicurabile. La valutazione inferiore al reale può essere motivata dalla necessità di corrispondere un premio inferiore o dalla consapevolezza che il bene è soggetto a svalutazione. Se al momento del sinistro il valore finale del bene è superiore al valore assicurato, l’indennità è ridotta nella stessa proporzione. Così, ad esempio, ipotizzato un valore finale superiore del 20% rispetto al valore assicurato, l’indennità subirà una decurtazione pari al 20% (ad esempio: v. f. = 100; v. a. = 80. In caso di danno totale, l’indennità sarà di 80 – 20% = 64. In caso di danno parziale, ad esempio, pari al 60%, l’indennità sarà il 60% di 80 = 48 – 20% = 38,4, e così via). Questo meccanismo è derogabile dalle parti. Una deroga implicita si ha nel caso di assicurazione a primo rischio, utilizzata prevalentemente nel caso di assicurazione contro il furto di una pluralità di cose. Con questo contratto l’assicuratore si obbliga a corrispondere all’assicurato un’indennità sino alla concorrenza di una somma prestabilita (massimale), anche se il valore delle cose assicurate supera il massimale, sia perché neppure dichiarato (primo rischio assoluto) ovvero anche se dichiarato preventivamente (primo rischio relativo). L’utilità di questa assicurazione consiste nella possibilità di evitare un inventario di beni, con relativa attribuzione dei singoli valori, e con la possibilità che essi mutino nel corso dell’assicurazione; mentre il danno spesso è solo parziale. D’altro canto il premio è commisurato al massimale, e pertanto, non vi è possibilità di squilibrio nelle prestazioni.

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§ 4. L’interesse come misura del valore. L’assicurazione danni alle persone Nelle assicurazioni danni alle persone – infortuni e malattie – non essendo possibile una determinazione del danno, se non in relazione alla capacità di produzione di reddito della persona, l’interesse è solitamente valutato in misura forfetaria, attribuendo una somma predeterminata per punto di invalidità. Se l’invalidità è temporanea, l’indennità è calcolata in ragione della durata della invalidità. Se l’infortunio o la malattia conducono alla morte, agli eredi o al beneficiario è attribuita una somma, anch’essa determinata forfetariamente in contratto.

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Il contratto di assicurazione

La struttura del contratto di assicurazione

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CAPITOLO IV

LA STRUTTURA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE SOMMARIO: 1. Il contratto di assicurazione come contratto bilaterale a prestazioni corrispettive, sinallagmatico. – 2. Il contratto di assicurazione come contratto consensuale, commutativo, di durata.

§ 1. Il contratto di assicurazione come contratto bilaterale a prestazioni corrispettive, sinallagmatico Il contratto di assicurazione è un contratto bilaterale a prestazioni corrispettive, consensuale, ad effetti obbligatori, di durata. 1.1. La bilateralità del rapporto si mantiene anche quando, come vedremo meglio in seguito (cfr. infra, Cap. V, §§ 1-2), il contraente è persona diversa dall’assicurato. Ciò può verificarsi, non solo quando il contratto è stipulato a mezzo di un rappresentante (art. 1890 c.c.) ma anche qualora il contraente abbia un interesse indiretto o concorrente all’assicurazione. In quest’ultimo caso il rapporto giuridico si incardina tra l’assicuratore e il contraente, il quale deve adempiere le obbligazioni derivanti dal contratto (salve quelle che per la loro natura non possono essere adempiute che dall’assicurato) (art. 1891, comma 1, c.c.), mentre l’assicurato assume la posizione di terzo a cui favore deve essere eseguita la prestazione (art. 1411 c.c.). 1.2. Più complessa è la questione relativa alla corrispettività del contratto. Mentre infatti l’obbligazione principale dell’assicurato è certa ed anticipata (pagamento del premio), quella dell’assicuratore è incerta, in quanto subordinata al verificarsi del sinistro o dell’evento attinente la vita umana dedotto in contratto (morte o sopravvivenza). Pertanto, nell’ipotesi in cui il

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sinistro o l’evento non si verifichino (unica eccezione è l’assicurazione sulla vita per il caso di morte «a vita intera» ove l’evento è certo e l’assicurazione sulla vita «mista», ove l’assicuratore si obbliga a pagare sia in caso di sopravvivenza che di morte), a fronte del pagamento del premio, l’assicurato nulla riceve in concreto dall’assicuratore, onde il contratto potrebbe apparire con prestazione di una sola parte. In realtà, come visto, la prestazione dell’assicuratore è molto più complessa e non si esaurisce nel pagamento dell’indennità (o della rendita o del capitale), se e nella misura in cui è dovuta. La vera prestazione dell’assicuratore si sostanzia nel predisporre le condizioni tecnico-giuridiche idonee ad assicurare l’adempimento della prestazione pecuniaria, se dovuta. La «contabilizzazione» del contratto comporta l’accantonamento a riserva del premio, il mantenimento di un margine di solvibilità sufficiente, un’organizzazione tecnica in grado di neutralizzare i rischi. Questi sono oneri che hanno un costo rilevante e che sono finalizzati a realizzare l’autentica finalità che spinge l’assicurato a contrarre: eliminare la preoccupazione che si possa determinare in futuro un evento dannoso o uno stato di bisogno. Non è certo il pagamento dell’indennità ciò che auspica l’assicurato, né la sua morte per beneficiare gli eredi del capitale. Il pagamento dell’indennità (o della rendita o del capitale) è dunque una prestazione sospensivamente condizionata che si aggiunge alla prestazione principale, che consiste, come detto, nell’approntare l’organizzazione tecnico-giuridica idonea a tenere indenne l’assicurato od a pagare la rendita o il capitale pattuiti. Non si può, in contrario, affermare che l’organizzazione in discorso è dovuta in quanto imposta imperativamente dalla legge ma non dal contratto. Essa non è prevista in contratto proprio perché prevista imperativamente dalla legge; e certamente non può affermarsi che, per l’assicurato, la presenza di tale organizzazione sia del tutto indifferente, e che una qualunque controparte realizzi l’interesse tipico dell’assicurato. Si è già vista l’importanza della necessaria qualità di imprenditore assicurativo ai fini della validità stessa del contratto (cfr. supra, Cap. I, §§ 2-3). E imprenditore assicurativo altro non vuol dire che soggetto tecnicamente e giuridicamente organizzato, secondo le previsioni di legge, per stipulare contratti di assicurazione. È dunque evidente la fondamentale importanza, nell’economia contrattuale, della sola contabilizzazione, e cioè dell’inserimento del contratto nella massa dei rischi assicurati. In quest’ottica va dunque vista la corrispettività del contratto di assicurazione.

La struttura del contratto di assicurazione

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1.3. E in quest’ottica va altresì visto il problema del «sinallagma» contrattuale, e cioè della necessità che le prestazioni siano per quanto possibile equivalenti. Si è infatti osservato che, spesso, la legge deroga a favore dell’assicuratore, attribuendo a quest’ultimo l’intero premio in corso, anche in caso di scioglimento anticipato del rapporto (cfr. ad esempio gli artt. 1892, comma 3; 1897; 1898, commi 4 e 5; 1909, comma 1, c.c.). Il principio, come detto, è inteso a tutelare indirettamente la massa degli assicurati, evitando che restituzioni, anche parziali, di premi possano compromettere le riserve accantonate per pagare i sinistri. Ciò costituisce comunque la conferma che il sinallagma non può individuarsi nel solo rapporto premio-indennità, e neppure premio-rendita (o capitale), anche se qui la funzione previdenziale rende più forte il rapporto. Ulteriore conferma di quanto illustrato è data dalla disciplina della alienazione della cosa assicurata, la quale prevede l’obbligo per l’alienante di pagare il premio in corso nonostante sia venuto meno l’interesse (ed anche i premi successivi se non viene comunicata l’alienazione all’assicuratore). Ciò perché la prestazione dell’assicuratore, e cioè l’organizzazione tecnicogiuridica, resta comunque operante.

§ 2. Il contratto di assicurazione come contratto consensuale, commutativo, di durata 2.1. Il contratto di assicurazione è consensuale, in quanto si perfeziona con il semplice scambio dei consensi (proposta-accettazione), anche se l’effetto principale, e cioè la copertura assicurativa, è sospensivamente condizionata, salvo patto contrario, al pagamento del premio o della prima rata di premio (artt. 1901, comma 1 e 1924, comma 1, c.c.). Teoricamente il contratto potrebbe essere «reale» se fosse previsto il pagamento del premio come condizione, non già di efficacia, ma della conclusione stessa del contratto. Gli effetti sono obbligatori in quanto le parti si obbligano ad effettuare le prestazioni pattuite. 2.2. Come detto (supra, Cap. I, § 2), il contratto di assicurazione non può farsi rientrare esattamente nella categoria dei contratti aleatori, posto che l’alea riguarda solo una componente della prestazione dell’assicuratore, e, d’altra parte, la corrispettività delle prestazioni e la previsione di meccani-

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smi correttivi in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta contrastano con tale categoria. Il contratto di assicurazione può quindi definirsi, sotto questo profilo, sui generis, in quanto commutativo e parzialmente aleatorio. 2.3. È infine un contratto, per sua natura, di durata. Sotto questo profilo va tuttavia rilevata una ulteriore sostanziale differenza tra l’assicurazione contro i danni e quella sulla vita. Nell’assicurazione contro i danni i rischi assicurati sono soggetti a numerose variabili non sempre facilmente prevedibili in via statistica. Pertanto la durata contrattuale è tipicamente più breve, proprio al fine di limitare il margine di errore prospettico, rispetto alle assicurazioni sulla vita, basate su calcoli statistici (tavole di mortalità e di sopravvivenza) ben più attendibili. Inoltre la funzione previdenziale di quest’ultime impone, per sua natura, una durata sufficientemente lunga da permettere la capitalizzazione di risorse adeguate a soddisfare le necessità future dell’assicurato.

Le parti del contratto di assicurazione

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CAPITOLO V

LE PARTI E LE ALTRE FIGURE SOGGETTIVE DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE: CONTRAENTE, ASSICURATO, BENEFICIARIO. L’ASSICURAZIONE IN NOME E PER CONTO. L’ASSICURAZIONE SULLA PERSONA DI UN TERZO SOMMARIO: 1. Assicurato e contraente. Il contratto di assicurazione in nome altrui. – 2. Assicurato e contraente. Il contratto per conto altrui o per conto di chi spetta. – 3. L’assicurazione a favore di terzo. Il beneficiario nell’assicurazione sulla vita. La clausola di vincolo nell’assicurazione contro i danni. – 4. L’assicurazione sulla persona di un terzo.

§ 1. Assicurato e contraente. Il contratto di assicurazione in nome altrui Abbiamo già osservato che talora il contratto non viene stipulato dallo stesso assicurato, ma da un terzo soggetto che assume pertanto la qualifica di contraente. Ciò può avvenire perché il contraente stipula in nome e per conto dell’assicurato, in virtù di un rapporto rappresentativo; ovvero perché il contraente ha un interesse (indiretto o concorrente) all’assicurazione, ed allora stipula a favore dell’assicurato. Nel primo caso il contraente stipula in virtù di una procura o in virtù di un rapporto di rappresentanza legale (genitore o tutore di minore o di interdetto). Poiché si ritiene che l’assicurazione rientri tra gli atti di ordinaria amministrazione, non è necessaria una speciale autorizzazione ed il potere di contrarre rientra in quello rappresentativo del genitore o del tutore. Se invece il contraente stipula in virtù di procura (generale o speciale) può verificarsi l’ipotesi di eccesso di potere, e cioè di contratto che il rap-

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presentante non aveva il potere di stipulare o non era autorizzato a stipulare. Secondo i principi generali (art. 1398 c.c.) il contratto dovrebbe essere inefficace ed il rappresentante dovrebbe rispondere nei confronti dell’altro contraente per gli eventuali danni derivanti dall’inefficacia. Nel caso dell’assicurazione, però, la necessità di tutelare la massa degli assicurati ha condotto il legislatore ad una diversa soluzione. Il rappresentante senza poteri (o in eccesso di potere) rimane responsabile personalmente sino a quando l’assicurato non ha ratificato il contratto, ovvero ha comunicato all’assicuratore di non volerlo ratificare (art. 1890, comma 2, c.c.). Con il rifiuto di ratificare, il contratto si scioglie, ma all’assicuratore spetta comunque il premio in corso al momento del rifiuto. Se invece interviene la ratifica, gli obblighi si trasferiscono all’assicurato, il quale dovrà rimborsare il premio corrisposto dal rappresentante. Tuttavia l’assicurato può ratificare il contratto anche dopo la scadenza o, addirittura, dopo il sinistro, a seguito del quale l’assicuratore, avendo percepito il premio, deve corrispondere l’indennità.

§ 2. Assicurato e contraente. Il contratto per conto altrui o per conto di chi spetta La fattispecie in oggetto è già stata esaminata (art. 1891 c.c.). È tipica dell’assicurazione trasporti, ove il vettore vuole evitare il rischio del danneggiamento o del perimento delle cose o l’infortunio o la morte delle persone trasportate. Nel trasporto di cose può avvenire che la merce venga venduta anche più volte durante il viaggio e, pertanto, il vettore può non conoscere, al momento della stipulazione, chi sarà il titolare delle merci. Il contratto può essere allora stipulato «per conto di chi spetta», e cioè il titolare dell’interesse può essere identificato anche in un secondo tempo, qualora si verifichi il sinistro. Il contraente deve adempiere a tutti gli obblighi che derivano dal contratto «salvo quelli che per loro natura non possono essere adempiuti che dall’assicurato». Così, se l’assicurato conosceva l’inesattezza delle dichiarazioni relative alla descrizione del rischio o l’omissione di elementi essenziali, l’assicuratore può valersi delle disposizioni di cui agli artt. 1892 e 1893 c.c. (art. 1894 c.c.). Poiché l’interesse diretto fa capo all’assicurato, a questi sono attribuiti i

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diritti derivanti dal contratto (in particolare il diritto all’indennità) e il contraente non può farli valere, anche se è in possesso della polizza, senza il consenso espresso dell’assicurato. La fattispecie in esame viene correttamente ricondotta nell’ambito della figura generale del contratto a favore di terzi (art. 1411 ss. c.c.), il quale – stabilisce il comma 1 dell’art. 1411 c.c. – è valido se lo stipulante ha interesse a stipulare a favore del terzo. Come detto, nell’assicurazione, il contraente ha un interesse, seppur indiretto o concorrente, a stipulare a favore dell’assicurato. La giurisprudenza della Cassazione ha peraltro stabilito il principio che lo stipulante, che ha risarcito l’assicurato del danno causatogli (ad esempio per la perdita della merce), senza che l’assicurato si sia valso della garanzia assicurativa, non può rivolgersi all’assicuratore per il pagamento dell’indennità. Si fa pertanto rigida applicazione del comma 2 dell’art. 1891 c.c. (che, come visto, impedisce al contraente la possibilità di chiedere l’adempimento all’assicuratore in difetto del consenso dell’assicurato), negandosi l’applicazione del comma 4 dell’art. 1411 c.c. (il quale stabilisce che, in caso di rifiuto del terzo di profittare, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante) sulla base della deroga di cui all’ultimo inciso di quest’ultima norma (salvo che diversamente risulti ... dalla natura del contratto). Questo principio è peraltro incoerente con la premessa, secondo la quale il contratto va ricondotto al modello di cui all’art. 1411 c.c., ma, soprattutto, negando l’applicazione del comma 4, e, quindi, la possibilità per il contraente (che abbia risarcito il terzo) di chiedere l’adempimento all’assicuratore, determina una situazione di iniquità per l’attribuzione di un ingiustificato arricchimento a favore dell’assicuratore (che, pur avendo percepito il premio, viene liberato dall’obbligazione di pagamento dell’indennità). L’assicuratore può eccepire all’assicurato le eccezioni che potrebbe opporre al contraente in dipendenza del contratto. Così, ad esempio, può eccepire dichiarazioni inesatte o reticenze in ordine ad elementi essenziali del rischio, oppure il mancato avviso del sinistro o l’omesso salvataggio. Nel caso si verifichi il sinistro, al contraente è riconosciuto un privilegio sul pagamento dell’indennità, per i premi corrisposti all’assicuratore e per le somme pagate per il contratto, a titolo di spese di conservazione (art. 2756 c.c.). Pertanto la legge, in vista dell’utilità per l’assicurato del contratto stipulato dal contraente, riconosce a quest’ultimo il diritto, per tali titoli, ad essere pagato dall’assicuratore, prima dell’assicurato, con le somme dovute a titolo di indennità.

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§ 3. L’assicurazione a favore di terzo. Il beneficiario nell’assicurazione sulla vita. La clausola di vincolo nell’assicurazione contro i danni Nell’assicurazione a favore del terzo il contraente è anche il titolare dell’interesse, però la prestazione dell’assicuratore viene attribuita ad un terzo. Poiché solo il titolare dell’interesse può attribuire la prestazione a persona diversa, non può concepirsi un contratto stipulato da un contraente, che non sia anche assicurato, a favore di un ulteriore soggetto diverso dall’assicurato stesso. Pertanto, nell’ipotesi in esame, le figure di contraente e assicurato devono necessariamente coincidere. Anche questa ipotesi rientra nella fattispecie generale del contratto a favore di terzi; di conseguenza l’assicurato dovrebbe necessariamente avere interesse a stipulare a favore del terzo (art. 1411 c.c.). Tuttavia nell’ipotesi tipica di assicurazione a favore del terzo, e cioè nell’assicurazione sulla vita, tale elemento non è richiesto, anche se è presupposto (cfr. la disciplina della decadenza del beneficio). 3.1. L’art. 1920 c.c. stabilisce che è valida l’assicurazione sulla vita a favore del terzo, detto beneficiario. Nell’assicurazione per il caso di morte l’indicazione del beneficiario è tipica, anche se non necessaria. Se non viene indicato il beneficiario, alla morte dell’assicurato, la prestazione dell’assicuratore seguirà i principi dettati dal diritto delle successioni e, pertanto, sarà attribuita a favore degli eredi legittimi o testamentari. Tuttavia, poiché il terzo acquista il diritto per effetto della semplice designazione (art. 1920, comma 3, c.c.), la prestazione dell’assicuratore viene erogata direttamente al beneficiario, se indicato, senza che entri a far parte della massa ereditaria. Peraltro i premi corrisposti all’assicuratore sono soggetti alle norme sulla collazione (art. 737 c.c.), sull’imputazione (art. 747 c.c.) e sulla riduzione (art. 555 c.c.) delle donazioni (art. 1923, comma 2, c.c.). La designazione del beneficiario è solitamente fatta nello stesso contratto; tuttavia la legge ammette che venga fatta anche successivamente, con dichiarazione scritta all’assicuratore, o (nel caso di assicurazione per il caso morte) nel testamento. L’indicazione può anche essere generica (ad esempio: il coniuge, il fratello, la sorella) purché sia univoca, ovvero, se per testamento, con la semplice attribuzione della somma assicurata (art. 1920, comma 2). Con i medesimi strumenti può revocarsi il beneficiario, anche implici-

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tamente (ad esempio, in caso di designazioni diverse in successivi testamenti, vale l’ultima). La revoca non può essere fatta dagli eredi (nell’assicurazione caso morte), né dallo stesso contraente (caso di sopravvivenza), dopo il verificarsi dell’evento, se il beneficiario ha dichiarato di voler profittare del beneficio (art. 1921, comma 1). In ogni caso, se l’assicurato contraente ha rinunciato per iscritto al potere di revoca, questa non ha effetto se il beneficiario ha dichiarato al contraente di voler profittare del beneficio (art. 1921, comma 2). Sia la rinuncia del potere di revoca che la dichiarazione di voler profittare da parte del beneficiario devono essere comunicate per iscritto all’assicuratore (art. 1921, comma 2). Trattandosi sostanzialmente di un atto di liberalità, il beneficiario decade dal beneficio se attenta alla vita dell’assicurato (art. 1922). La designazione può inoltre essere revocata, anche se era stata pattuita l’irrevocabilità, in caso di ingratitudine (art. 801 c.c.) o di sopravvenienza di figli (art. 800 c.c.). In questi casi però deve essere dimostrata la causa di liberalità (art. 1922 c.c.). 3.2. Nell’assicurazione contro i danni non è ammessa, in linea di principio, la stipulazione a favore di terzo, poiché attribuire l’indennità a persona diversa dal titolare dell’interesse, sarebbe contrario al principio indennitario. Tuttavia, anche in questo caso, se l’assicurato ha interesse alla stipulazione a favore del terzo, il contratto è valido (art. 1411). È quanto avviene con la c.d. clausola di vincolo, con la quale l’indennità viene attribuita (vincolata) appunto ad un terzo in ragione di un particolare rapporto tra assicurato e terzo: ad esempio il terzo è creditore pignoratizio od ipotecario, e l’assicurazione è stipulata sul bene oggetto del pegno o dell’ipoteca. È pur vero che il creditore pignoratizio o ipotecario ha privilegio sulle somme dovute dall’assicuratore per la perdita o il danneggiamento della cosa (art. 2742 c.c.); tuttavia la clausola di vincolo costituisce un più efficace rimedio.

§ 4. L’assicurazione sulla persona di un terzo Nelle assicurazioni sulle persone (vita, infortuni, malattie) è valida la stipulazione sulla persona di un terzo (per le assicurazioni sulla vita v. art. 1919 c.c.).

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In questo caso il terzo è preso in considerazione ai soli fini dell’individuazione del rischio ed assume la posizione di assicurato; tuttavia destinatario della prestazione dell’assicuratore è il contraente. Nell’assicurazione sulla vita, come visto (cfr. supra, Cap. III, § 1), per il caso di morte occorre il consenso scritto del terzo comunicato all’assicuratore a pena di nullità (art. 1919, comma 2, c.c.); per il caso sopravvivenza nessuna formalità è prescritta.

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CAPITOLO VI

LA FORMAZIONE E LA FORMA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE SOMMARIO: 1. La polizza e la formazione del contratto: concetti generali. Gli obblighi di trasparenza a protezione dell’assicurato. – 2. La fase precontrattuale: la documentazione informativa. – 3. Le dichiarazioni inesatte e le reticenze. – 4. Le condizioni generali di polizza. Le clausole vessatorie. – 5. La conclusione del contratto e la durata. – 6. La polizza all’ordine e al portatore.

§ 1. La polizza e la formazione del contratto: concetti generali. Gli obblighi di trasparenza a protezione dell’assicurato Il contratto di assicurazione è detto «polizza». Il termine (probabilmente dal greco antico: ¢πόδειζις = prova), di uso frequente nel linguaggio mercantile arcaico (cfr. peraltro ancora oggi: polizza di carico, polizza di deposito, polizza dei monti di pegno), sta sostanzialmente a significare «ricevuta» o «quietanza» e, cioè, documento probatorio della consegna di cose o denaro. La polizza di assicurazione nasce probabilmente come ricevuta di pagamento del premio e diviene poi vero e proprio documento contrattuale. Il contratto di assicurazione è disciplinato dal codice civile come contratto non formale; il codice civile prevede infatti la forma scritta ai soli fini della prova (art. 1888 c.c.). Pertanto, salvo che il documento sia andato perduto senza colpa del contraente, non è ammessa la prova per testimoni (art. 2725 c.c.). Stante il rilevato valore probatorio dell’atto, l’assicuratore è tenuto a rilasciare al contraente la polizza o documento equivalente; deve rilasciare anche duplicati o copie, ma in questo caso può esigere la presentazione o la restituzione dell’originale (art. 1888 c.c.).

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In realtà la natura di contratto non formale può essere oggi posta in dubbio sulla base della disposizione del Codice delle Assicurazioni che stabilisce che «il contratto e ogni altro documento consegnato dall’impresa al contraente va redatto in modo chiaro ed esauriente» (art. 166, comma 1), e che «le clausole che indicano decadenze, nullità o limitazioni delle garanzie ovvero oneri a carico del contraente o dell’assicurato sono riportate mediante caratteri di particolare evidenza» (comma 2). È pur vero che la legge si riferisce al contratto «consegnato» al contraente, e che potrebbero non esserci clausole che importano decadenze, nullità o limitazioni delle garanzie od oneri a carico del contraente o dell’assicurato, però è altresì evidente che la disposizione limita ancora maggiormente l’ipotesi, peraltro del tutto teorica, di un contratto di assicurazione privo della forma scritta. D’altra parte la norma non prevede la nullità del contratto qualora venga redatto in violazione della disposizioni in esame. In altri termini, e sempre tenuto conto che si tratta di ipotesi puramente teorica, se il contratto di assicurazione venisse stipulato verbalmente, sarebbe ugualmente valido, salve le considerazioni che andremo a fare in ordine al mancato adempimento degli obblighi di cui all’art. 166 c.a. Quest’ultima norma, come detto, non prevede alcuna sanzione in caso di mancato adempimento da parte dell’impresa delle disposizioni in essa contenute. Ciò peraltro non deve certamente condurre ad intendere che l’adempimento possa essere lasciato al senso di correttezza ed onestà del singolo operatore assicurativo. Al di là infatti delle sanzioni di carattere disciplinare, e della possibilità da parte dell’IVASS di avviare il procedimento di cui all’art. 229 (nomina del commissario per il compimento di singoli atti), si pone il problema di una sanzione di carattere negoziale. La soluzione più appagante e rispettosa degli interessi contrapposti appare quella di ricomprendere la fattispecie in esame nell’ambito della disciplina dell’annullamento del contratto per errore essenziale (art. 1427 ss. c.c.). Ed infatti la mancanza di chiarezza e completezza del contratto ovvero la mancata evidenziazione di una clausola, siano esse volute o meno dall’assicuratore, sono nient’altro che causa di errore da parte del contraente sul contenuto del contratto o su un elemento, determinante o meno, di esso. Con tale soluzione, in primo luogo, si può operare un preventivo esame in ordine alla rilevanza ed essenzialità dell’errore (artt. 1428-1429 c.c.), posto che non tutte le ipotesi di mancanza di chiarezza e completezza ovvero di mancata evidenziazione di una clausola possono condurre all’annullamento dell’intero contratto. In secondo luogo l’indagine può essere portata sulla riconoscibilità del-

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l’errore (art. 1431 c.c.), elemento questo, proprio con riferimento alla problematica della trasparenza, particolarmente rilevante. Inoltre troverebbe ingresso l’applicazione della disciplina dell’annullamento per «errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione» (art. 1433 c.c.), che sarebbe idoneo a ricomprendere le modalità di informativa in ordine alle clausole contrattuali. Infine, si darebbe ingresso ad una ipotesi di sanatoria da parte dell’assicuratore ai sensi dell’art. 1432 c.c. Altri documenti contrattuali possono essere: – l’appendice di polizza contenente eventuali clausole modificative o integrative delle condizioni generali e speciali di polizza; – il certificato di assicurazione, documento che contiene gli estremi del contratto di assicurazione e serve a documentarne l’esistenza in talune ipotesi particolari (ad esempio, nel caso dell’assicurazione obbligatoria contro la responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, art. 127 c.a.). Il contratto assume poi la denominazione di «trattato» nella riassicurazione (cfr. infra, Cap. XVI, § 4). Giuridicamente il contratto di assicurazione si forma attraverso la comunicazione di una proposta di assicurazione, comunicata dal contraente all’assicuratore, e con la successiva accettazione da parte di quest’ultimo. Di fatto la proposta viene comunicata attraverso un modulo a stampa predisposto dall’assicuratore, il quale talvolta contiene un formulario avente lo scopo di definire esattamente il rischio. Come detto, infatti, per l’assicuratore è essenziale, non solo poter identificare e valutare esattamente il rischio, ma anche poter classificare i rischi per gruppi omogenei. È questo il motivo per il quale la proposta viene comunicata attraverso un modulo predisposto dall’assicuratore: l’assicuratore ha bisogno di conoscere alcune notizie attinenti il rischio e non altre, e le notizie devono essere idonee per la classificazione del rischio in gruppi omogenei. Il Codice delle Assicurazioni ed il Regolamento 2 agosto 2018, n. 41 disciplinano sotto vari aspetti i comportamenti che l’assicuratore deve tenere nei confronti degli assicurati, soprattutto per ciò che concerne la trasparenza della sua azione. Innanzitutto «la pubblicità utilizzata per i prodotti delle imprese di assicurazione è effettuata avendo riguardo alla correttezza dell’informazione

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ed alla conformità rispetto al contenuto della documentazione informativa e delle condizioni di contratto cui i prodotti stessi si riferiscono» (art. 182 c.a.). In particolare deve informare in modo corretto, sia essa effettuata dalle imprese che dagli intermediari e non deve indurre in errore circa le caratteristiche, la natura, le garanzie ed i rischi del prodotto offerto; devono essere utilizzate forme espressive e caratteri chiari, ben visibili e leggibili; inoltre la pubblicità deve essere immediatamente riconoscibile e ben distinguibile rispetto ad ogni altra forma di comunicazione (art. 30 Regol.). Particolari cautele sono previste per la pubblicità dei rendimenti dei prodotti d’investimento assicurativi (art. 32 Regol.). In caso di inosservanza l’IVASS può sospendere la pubblicità o addirittura la commercializzazione dei prodotti (art. 182 c.a.). In secondo luogo la legge pone attenzione anche alla fase esecutiva del rapporto stabilendo che le imprese devono: – «comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati; – organizzarsi in modo tale da identificare ed evitare conflitti di interesse ove ciò sia ragionevolmente possibile e, in situazioni di conflitto, agire in modo da consentire agli assicurati la necessaria trasparenza sui possibili effetti sfavorevoli e comunque gestire i conflitti di interesse in modo da escludere che rechino loro pregiudizio; – realizzare una gestione finanziaria indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei contraenti e degli assicurati» (art. 183 c.a.).

§ 2. La fase precontrattuale: la documentazione informativa La legge impone alle imprese ed agli intermediari di fornire al cliente un «documento informativo precontrattuale», di contenuto differente a seconda che si tratti di assicurazione contro i danni o di assicurazione sulla vita, il quale deve comunque contenere le informazioni necessarie – tenuto conto della complessità e delle caratteristiche del prodotto, del tipo del cliente e delle caratteristiche dell’impresa di assicurazione – affinché «il cliente possa pervenire ad una decisione informata su diritti e obblighi contrattuali e, ove opportuno, sulla situazione patrimoniale dell’impresa» (art. 185 c.a.). Sia il documento informativo precontrattuale per i prodotti danni (art. 185-bis c.a.) che quello per i prodotti vita (art. 185-ter c.a.) devono essere redatti in modo sintetico e strutturati in modo da essere chiari,

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di facile lettura e con caratteri di dimensione facilmente leggibile (insomma non si possono utilizzare caratteri così minuscoli da rendere la lettura difficile). In particolare il documento informativo precontrattuale per i prodotti vita «deve contenere informazioni accurate, corrette, chiare, non fuorvianti e coerenti con la documentazione del prodotto assicurativo cui si riferisce» (art. 185-ter c.a.). Deve inoltre contenere informazioni sintetiche in ordine al contenuto del contratto e agli obblighi che con il contratto vengono assunti. L’impresa può trasmette all’IVASS il documento informativo precontrattuale in via preventiva al fine di verificare se il contenuto rispetta gli obblighi informativi previsti dalla legge. Entro 60 giorni l’IVASS comunica all’impresa la sua valutazione (art. 186 c.a.) e può chiedere all’impresa di apportare delle modifiche (art. 187 c.a.). Ulteriori e più particolareggiate disposizioni sono contenute nel citato Regolamento 2 agosto 2018, n. 41. Va infine ricordato che sono vietate pratiche discriminatrici tra uomini e donne in ordine alla determinazione dei premi e delle prestazioni degli assicuratori (Regolamento ISVAP 12 maggio 2009, n. 30). Così, ad esempio, è vietato fissare un premio nel ramo r.c. auto più elevato se il contraente è donna, ovvero un capitale inferiore in una assicurazione vita se l’assicurato è un uomo, salvo che ciò sia giustificato sulla base di dati attuariali e statistici «pertinenti ed accurati» (art. 5 Regol. n. 30/2009). Nella assicurazione obbligatoria r.c. auto e nelle assicurazioni sulla vita tale verifica è affidata all’attuario incaricato.

§ 3. Le dichiarazioni inesatte e le reticenze Le notizie sul rischio, che il contraente fornisce attraverso la compilazione del formulario, hanno natura di dichiarazioni precontrattuali (cioè emesse prima ed in vista della stipulazione del contratto) e, pertanto, soggette al principio della buona fede (art. 1337 c.c.). Poiché la descrizione del rischio è essenziale al fine della sua assicurabilità e della determinazione del premio e, d’altra parte, l’assicuratore quasi mai verifica l’esattezza delle dichiarazioni del contraente, per l’elevato costo che avrebbe tale verifica, la legge detta una severa disciplina in caso di dichiarazioni inesatte o di reticenze relative alla descrizione del rischio. Le dichiarazioni inesatte sono dichiarazioni che rappresentano il rischio

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in modo diverso rispetto alla realtà; le reticenze sono invece omissioni su circostanze relative al rischio. Se le dichiarazioni inesatte o le reticenze sono tali che l’assicuratore, conoscendo l’effettivo stato del rischio, non avrebbe contratto o avrebbe contratto a condizioni diverse, occorre distinguere se il contraente ha agito o meno con dolo o colpa grave. Se il contraente ha agito con dolo o colpa grave, e cioè con il proposito di ingannare l’assicuratore, ovvero omettendo la benché minima attenzione nella descrizione del rischio (art. 1892 c.c.), il contratto è annullabile su iniziativa dell’assicuratore. Si tratta di vera e propria causa di annullamento (art. 1427 c.c.), onde la relativa azione si prescrive nel termine di cinque anni, che decorrono dal momento in cui l’assicuratore è venuto a conoscenza dell’inesattezza o della reticenza (art. 1442 c.c.); tuttavia l’azione è soggetta ad un termine breve di decadenza di tre mesi, entro i quali l’assicuratore deve dichiarare al contraente l’intenzione di impugnare il contratto (art. 1892, comma 2, c.c.). In deroga ai principi generali in tema di annullamento, ed a tutela della massa degli assicurati, all’assicuratore è riconosciuto il diritto al premio in corso, e, d’altro canto, se si verifica il sinistro prima che l’assicuratore abbia conoscenza dell’inesattezza o della reticenza o nel termine di tre mesi concesso per impugnare il contratto, questi non è tenuto a pagare la somma assicurata. Naturalmente spetta all’assicuratore l’onere di provare il dolo o la colpa grave, come pure l’essenzialità dell’inesattezza o della reticenza. Se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, l’assicuratore può recedere dal contratto con comunicazione all’assicurato nel medesimo termine di tre mesi (art. 1893 c.c.). In questo caso le inesattezze o le reticenze sono frutto di una impossibilità, utilizzando la normale diligenza, da parte del contraente, di conoscere il reale stato delle cose. Pertanto non difetta il requisito della buona fede che giustificherebbe la sanzione dell’annullamento. Trattandosi di recesso (art. 1373 c.c.) l’assicuratore ha comunque diritto a trattenere il premio corrisposto e, se il sinistro si verifica prima che l’assicuratore abbia saputo della inesattezza o della reticenza o prima che abbia comunicato la volontà di recedere, questi deve corrispondere la somma dovuta, tuttavia ridotta in proporzione alla differenza tra premio convenuto e quello che sarebbe stato calcolato se si fosse conosciuto il reale stato del rischio (art. 1893, comma 2, c.c.). Naturalmente se l’assicuratore dimostra che non avrebbe contratto, nessuna indennità è dovuta.

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§ 4. Le condizioni generali di polizza. Le clausole vessatorie Al formulario contenente la proposta di contratto sono allegate le condizioni generali di polizza, e cioè una serie di clausole che vengono predisposte dall’assicuratore per disciplinare in modo uniforme tutti i rischi dello stesso tipo (ad esempio tutte le assicurazioni contro la responsabilità civile). Oltre alle condizioni generali possono essere previste condizioni speciali di polizza, predisposte per disciplinare in modo uniforme particolari tipi di rischi (ad esempio, nell’ambito dell’assicurazione contro la responsabilità civile, clausole relative a determinate categorie di professionisti). Condizioni generali e speciali sono soggette alla disciplina dettata dagli artt. 1341 e 1342 c.c. in tema di condizioni generali di contratto e di contratto concluso mediante moduli o formulari. La prima norma stabilisce che le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro se questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza. In proposito va ricordato che la legge (art. 185 c.a.) obbliga l’assicuratore a consegnare al contraente una «nota informativa» contenente l’illustrazione dei diritti e degli obblighi che vengono assunti con la stipulazione del contratto. Il comma 2 dell’art. 1341 c.c. stabilisce poi che talune clausole – c.d. «vessatorie», in quanto idonee a rendere più gravosa la posizione del contraente che le accetta – devono essere approvate espressamente (ad esempio: limitazioni della responsabilità, facoltà di recesso, proroga o rinnovazione tacita, clausole derogatorie della competenza, clausola compromissoria, ecc.). L’art. 1342 c.c. prevede, a sua volta, che, se il contratto è concluso mediante moduli o formulari, le clausole aggiuntive prevalgono su quelle a stampa. Talora nei contratti di assicurazione vengono apposte clausole aggiuntive nell’appendice di polizza (cfr. supra, § 1). Al contratto di assicurazione si applica altresì la disciplina introdotta dal d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 – e cioè il «Codice del Consumo» – ed in particolare gli artt. da 33 a 38 sulle clausole vessatorie nei contratti tra professionisti e consumatori. Va rilevato che il termine «professionista» utilizzato dalla legge va interpretato nel senso di «imprenditore». Poiché la disciplina si applica solamente ai contratti conclusi con consumatori, restano esclusi dalla disciplina quelli conclusi con imprese e professionisti, salvo che quest’ultimi agiscano al di fuori della loro attività d’impresa o professionale.

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Sono considerate vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (art. 33, comma 1). L’art. 33, al comma 2, elenca 20 tipi di clausole che la legge considera vessatorie, salvo prova contraria. In particolare, per ciò che interessa il contratto di assicurazione, vanno ricordate: quella che riconosce il diritto di recesso alla sola impresa e non anche al consumatore ovvero consente al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto (lett. g); quella che prevede un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o la rinnovazione (lett. i); quella che prevede l’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto (lett. l); quella che consente all’impresa di modificare unilateralmente le clausole del contratto ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio senza giustificato motivo indicato nel contratto stesso (lett. m) (la norma peraltro – v. art. 33, comma 5 – non si applica ai contratti aventi per oggetto valori mobiliari o strumenti finanziari il cui prezzo è collegato alle fluttuazione di un corso o di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista; pertanto non si applica a taluni contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione ed ai prodotti finanziari assicurativi); quelle che sanciscono a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’allegazione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi (lett. t); quella che stabilisce come foro competente, per eventuali controversie, località diverse da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore (lett. u).

Il carattere vessatorio della clausola inserita in un modulo o formulario a stampa predisposto dall’impresa può essere escluso se l’impresa prova che fu oggetto di specifica trattativa (art. 34, comma 4). La conseguenza dell’accertamento del carattere vessatorio della clausola è la sua nullità, restando peraltro valido il contratto per il resto (art. 36, comma 1). La nullità opera però soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata dal giudice d’ufficio (art. 36, comma 3).

§ 5. La conclusione del contratto e la durata Il contratto è concluso nel momento in cui il contraente ha notizia dell’accettazione da parte dell’assicuratore (art. 1326 c.c.). L’assicuratore

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ha 15 giorni di tempo (30 se occorre una visita medica) per accettare. Durante questo lasso di tempo la proposta del contraente resta irrevocabile (art. 1897 c.c.). Nelle more dell’accettazione, in casi eccezionali, l’assicuratore può rilasciare una «nota di copertura», con la quale l’assicuratore si impegna a coprire il rischio sino alla (eventuale) stipulazione del contratto. Sotto il profilo della durata, il contratto di assicurazione presenta delle particolarità. Se il contratto è a termine fisso, l’assicurazione ha effetto dalle ore 24 del giorno della conclusione del contratto sino alle ore 24 del giorno di scadenza (art. 1899 c.c.). La norma ha la funzione di rendere certezza al periodo di copertura assicurativa e di evitare, nei limiti del possibile, che il contraente ricorra all’assicurazione quando il sinistro si è già prodotto. Va peraltro rilevato che la conclusione del contratto non basta da sola per rendere operante la garanzia assicurativa. Occorre infatti che il contraente paghi anche il premio o la prima rata di premio. Se così non è infatti, salvo patto contrario, l’assicurazione resta sospesa fino alle ore 24 del giorno in cui il contraente paga quanto dovuto (art. 1901, comma 1, c.c.). Poiché, come visto, i contratti di assicurazione contro i danni hanno solitamente durata annuale, qualora l’assicuratore proponga una copertura di durata poliennale, deve offrire al contraente una riduzione del premio rispetto a quello previsto per lo stesso contratto con durata annuale. Se la durata supera i cinque anni, il contraente, trascorso il quinquennio, ha facoltà di recedere dal contratto con preavviso di sessanta giorni e con effetto dalla fine dell’annualità nel corso della quale la facoltà di recesso è stata esercitata (art. 1899 c.c.). La norma ha la funzione di evitare un impegno troppo prolungato nel tempo per il contraente e soprattutto di compensare il vantaggio derivante all’assicuratore dalla pattuizione poliennale. Il contratto può prevedere il rinnovo tacito alla scadenza. Tuttavia la proroga, qualunque sia la durata originaria, non può superare i due anni (art. 1899, comma 2, c.c.). A questa regola fanno eccezione i contratti di assicurazione della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motori e natanti, i quali non possono avere durata superiore ad un anno e per essi non può essere previsto il tacito rinnovo (art. 170-bis c.a.). La disciplina esaminata non si applica alle assicurazioni sulla vita (art. 1899, comma 3, c.c.) le quali, come visto, al contrario di quelle contro i danni, per loro natura necessitano di periodi assicurativi di lunga durata. La durata dell’assicurazione può essere però riferita al periodo di durata del rischio. È il caso, frequente, delle assicurazioni marittime, ove l’assi-

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curazione può essere stipulata «a viaggio», ed allora il termine iniziale coincide con il caricamento delle merci, e quello finale con l’ultimazione delle operazioni di scarico (art. 532 c.n.).

§ 6. La polizza all’ordine e al portatore La polizza di assicurazione può essere emessa con la clausola all’ordine o al portatore (art. 1889 c.c.). Si tratta di una forma documentale intesa a facilitare la circolazione della garanzia assicurativa prevalentemente nelle assicurazioni di cose, ed, in particolare, di merci. È un’alternativa alla stipulazione per conto di chi spetta (art. 1891 c.c.) e, pertanto, ha la stessa funzione: trasferire la garanzia assicurativa insieme alla proprietà delle cose assicurate. È concepita in relazione al trasporto o al deposito di cose, anche se non frequente nella pratica. Il solo trasferimento del documento (art. 2003 c.c.), munito di girata se all’ordine (art. 2008 c.c.), comporta pertanto trasferimento del credito verso l’assicuratore senza ricorrere alla complessa procedura prevista per la cessione dei crediti (art. 1264 c.c.). In caso di sinistro, l’assicuratore che paga al possessore o giratario della polizza è liberato, anche se questi non è l’assicurato, salvo che abbia agito con dolo o colpa grave (art. 1889, comma 2, c.c.). Si rende pertanto applicabile il principio fondamentale, posto in tema di titoli di credito (art. 1992, comma 2, c.c.), finalizzato a conferire certezza al trasferimento dei titoli. Se infatti il debitore fosse soggetto al rischio di ripetizione di quanto pagato, non consentirebbe mai al rilascio di un titolo destinato alla circolazione. Tuttavia, non per questo, la polizza all’ordine o al portatore è un titolo di credito. Manca la fondamentale caratteristica dei titoli di credito, e cioè quella di essere documenti «necessari» ma «sufficienti» per l’esercizio del diritto incorporato; manca, infatti, la riproduzione del principio di cui all’art. 1992, comma 1, c.c., che stabilisce che il possessore del titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata in virtù della semplice presentazione del documento. Manca, altresì, del carattere dell’autonomia rispetto ai singoli rapporti giuridici sottostanti i trasferimenti (art. 1993 c.c.), e, pertanto, l’acquisto del credito portato dal documento è a «titolo derivativo» e non originario come per i titoli di credito.

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L’assicuratore può dunque rifiutare la prestazione al portatore della polizza, potendo pretendere ulteriori prove della legittimazione; così come non può rifiutare la prestazione, se dovuta, anche in assenza del titolo, posto che, come visto, la forma scritta non è prevista ai fini della validità del rapporto, ma solo ai fini della prova. Pertanto l’assicurato, pur in mancanza del titolo, può ottenere l’adempimento se dimostra altrimenti il diritto. D’altra parte il rinvio alle norme in tema di ammortamento, operato dal comma 3 dell’art. 1889 c.c. in caso di smarrimento, furto o distruzione del titolo, attiene alla ricostruzione del titolo e serve ad evitare l’esercizio abusivo del diritto da parte di terzi ma non attiene all’esercizio stesso del diritto. Parte, anche autorevole, della dottrina riconduce la polizza in oggetto alla categoria dei documenti di legittimazione (art. 2002 c.c.) e, più precisamente, ai contrassegni di legittimazione (i quali si caratterizzano, rispetto ai titoli di legittimazione, per l’essere emessi in relazione ad una operazione individuale e non in serie). Questa ricostruzione peraltro non convince. I documenti di legittimazione (di cui i contrassegni e i titoli di legittimazione sono una sottoclassificazione) sono documenti che servono solo ad individuare più agevolmente l’avente diritto alla prestazione (ad esempio la contromarca del guardaroba o il biglietto della lotteria) ma non sono idonei alla circolazione, ed anzi, in quelli relativi ad operazioni individuali – e cioè i contrassegni di legittimazione – spesso il divieto di trasferimento è espressamente indicato nel documento stesso (v. ad esempio il biglietto di viaggio nel trasporto di persone). Diversamente sono finalizzati a «consentire il trasferimento del diritto senza l’osservanza delle forme proprie della cessione» (art. 2002 c.c.) i «titoli impropri». Tali titoli si distinguono dai titoli di credito proprio per l’assenza dei requisiti tipici di quest’ultimi – letteralità e autonomia – onde sono documenti né necessari né sufficienti per l’esercizio del diritto. La loro caratteristica è individuata invece nella riproduzione delle modalità di circolazione dei titoli di credito, caratteristica questa che li distingue dai documenti di legittimazione. Dunque la polizza all’ordine o al portatore è un titolo improprio, con in più la particolarità di liberare il debitore che abbia pagato in buona fede al titolare apparente.

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CAPITOLO VII

L’OGGETTO DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE. A) LE OBBLIGAZIONI DEL CONTRAENTE: IN PARTICOLARE IL PREMIO SOMMARIO: 1. Le obbligazioni delle parti. – 2. Il premio. – 3. Mancato pagamento del premio. – 4. Gli altri obblighi del contraente o dell’assicurato. Obblighi ed oneri: valore della classificazione. – 5. L’obbligo di avviso (art. 1913 c.c.). – 6. L’obbligo di salvataggio (art. 1914 c.c.).

§ 1. Le obbligazioni delle parti Con la stipulazione del contratto sorgono in capo alle parti una serie di obbligazioni delle quali le più importanti, ma non le sole, sono costituite dal pagamento del premio a carico del contraente ed il pagamento dell’indennità o della rendita o del capitale, subordinatamente al verificarsi dell’evento dedotto in contratto, a carico dell’assicuratore. Relativamente ad altre obbligazioni, gravanti sul contraente o sull’assicurato, si è discusso se trattarsi di veri e propri obblighi o piuttosto di oneri, e cioè di doveri imposti dalla legge, non già a soddisfacimento di un corrispettivo diritto della controparte, ma per conseguire un diritto o un vantaggio a favore della stessa parte onerata. Come vedremo il problema è più teorico che pratico, posto che le conseguenze del mancato adempimento sono comunque previste espressamente dalla legge.

§ 2. Il premio Il premio (probabilmente dal latino praemium, e cioè «ciò che è preso prima») costituisce la prestazione fondamentale del contraente, al cui adem-

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pimento è subordinata l’efficacia del contratto, ed è costituito da una somma di denaro. Come visto, tecnicamente il premio si compone del c.d. premio netto e dei caricamenti. Il primo è il risultato del calcolo probabilistico (e, nelle assicurazioni sulla vita, anche finanziario) operato dall’assicuratore, sulla base del quale viene determinato l’accantonamento finanziario destinato a fare fronte ai sinistri, che, prevedibilmente, si verificheranno nell’arco di tempo considerato. Il premio netto pertanto va a costituire, come visto, le riserve tecniche. I secondi sono costituiti da una serie di voci disomogenee: spese di emissione della polizza e spese generali, provvigioni, imposte, spese relative al servizio di liquidazione dei sinistri, utile d’impresa, ecc. (per una esemplificazione in ordine alla determinazione del premio puro e dei caricamenti cfr. gli artt. 21 e 22, d.p.r. 24 novembre 1970, n. 973 come modificati dal d.p.r. 16 gennaio 1981, n. 45). La risultante è il c.d. premio lordo o premio di tariffa. In realtà giuridicamente la distinzione non ha alcun valore, poiché il premio, nella sua globalità, costituisce vero e proprio oggetto dell’obbligazione del contraente cui corrisponde un diritto di credito dell’assicuratore. Il soggetto tenuto al pagamento del premio è il contraente, anche se persona diversa dall’assicurato. Come visto il premio è unico, anche se calcolato per periodi (ad esempio per anno: premio periodico), e la sua eventuale scomposizione rateale costituisce unicamente una facilitazione di pagamento, concessa dall’assicuratore all’assicurato in caso di premio particolarmente oneroso, onde, trattandosi di fatto di un finanziamento, le rate successive vengono gravate di interessi. Il premio inoltre deve essere pagato anticipatamente (sulla base del principio dell’inversione del ciclo produttivo), proprio per permettere all’assicuratore di precostituire le riserve necessarie per far fronte ai sinistri. Il pagamento del premio costituisce normalmente condizione di efficacia del contratto: la copertura assicurativa inizia infatti a decorrere solo dalle ore 24 del giorno del pagamento del premio o della prima rata di premio (art. 1901 c.c.), salvo diversa convenzione. L’ammontare del premio non può essere modificato se non con esplicita pattuizione; pertanto, alla richiesta di aumento del premio da parte dell’assicuratore, il contraente può sciogliere il contratto anche in caso di rinnovazione tacita. Peraltro le parti possono avere predeterminato in contratto aumenti legati a particolari indici (polizza indicizzata) o circostanze relative al rischio.

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Il pagamento deve essere effettuato all’assicuratore; tuttavia può essere effettuato anche all’agente o al mediatore, se autorizzati. Una particolare disciplina è prevista per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motori e dei natanti (cfr. infra, Cap. XII).

§ 3. Mancato pagamento del premio Gli artt. 1901 e 1924 c.c. disciplinano l’ipotesi di mancato pagamento del premio. Come visto, il mancato pagamento del premio unico o del primo premio periodico o della prima rata di premio comporta la mancata attivazione della copertura assicurativa; pertanto, nonostante l’assicuratore non assuma alcun obbligo, egli può agire, entro il termine prescrizionale di un anno (art. 2952, comma 1, c.c.), per l’adempimento. Tuttavia se non agisce giudizialmente nei confronti del contraente entro sei mesi dalla scadenza, il contratto è risolto di diritto, e l’assicuratore mantiene il diritto al premio in corso ed alle spese, ma perde il diritto ad esigere gli eventuali premi (periodici) successivi (art. 1901, comma 3, c.c.). Il termine in questione è vero e proprio termine di decadenza e, di conseguenza, non soggetto ad interruzione. La giurisprudenza ha chiarito che entro il suddetto termine di decadenza di sei mesi deve essere notificato l’atto introduttivo del giudizio, non essendo sufficiente, ad esempio, avere proposto il ricorso per ingiunzione di pagamento, se la notifica dell’ingiunzione al contraente avviene oltre i sei mesi. Diversa è la disciplina nel caso di mancato pagamento dei premi o delle rate di premio successive. La legge prevede infatti un «termine di tolleranza» di quindici giorni (venti nelle assicurazioni sulla vita – art. 1924, comma 2, c.c.) entro il quale l’assicuratore è ancora tenuto a coprire il rischio; trascorso tale termine l’assicurazione resta sospesa sino alle ore 24 del giorno di pagamento, e pertanto, se nel mentre si verifica il sinistro, l’assicuratore non è tenuto all’adempimento (art. 1901, comma 2, c.c.). Parzialmente diversa è la disciplina dettata dall’art. 1924 c.c. per l’assicurazione sulla vita. Qui infatti la funzione previdenziale da un lato e la natura spiccatamente finanziaria dell’operazione dall’altro, rendono la disciplina più favorevole al contraente. Fermo restando che l’assicurazione rimane sospesa sino alle ore 24 del giorno di pagamento del primo premio o del premio unico, e che, decorso

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il termine di tolleranza, nel caso dei premi successivi, il mancato pagamento comporta la cessazione della garanzia (art. 1924, comma 1, c.c.), il mancato pagamento dei premi successivi al primo comporta la risoluzione di diritto del contratto, senza che l’assicuratore possa agire per l’adempimento. I premi corrisposti restano acquisiti all’assicuratore salvo che l’assicurato non abbia maturato il diritto alla riduzione o al riscatto della polizza (cfr. infra, Cap. XVII, § 5) (art. 1924, comma 2, c.c.). Questa disciplina non deve far pensare che il pagamento del premio non sia una vera e propria obbligazione nei confronti dell’assicuratore; ed infatti la risoluzione del contratto è la naturale reazione all’inadempimento. È solo che il legislatore, in funzione della particolare natura del contratto, ha escluso la possibilità di ricorrere all’azione di adempimento. Azione di adempimento che è concessa dalla legge solo per il primo premio o per il premio unico, a condizione che l’assicuratore agisca in giudizio entro sei mesi dalla scadenza (se il premio è ripartito in più rate, il termine decorre dalla scadenza delle singole rate) (art. 1924, comma 1, c.c.).

§ 4. Gli altri obblighi del contraente o dell’assicurato. Obblighi ed oneri: valore della classificazione Come accennato, secondo taluni autori, tra i vari doveri imposti dalla legge al contraente (o all’assicurato), si dovrebbe distinguere tra veri e propri obblighi, cui corrisponde un diritto azionabile anche coattivamente dalla controparte, e oneri, e cioè comportamenti dovuti imposti dalla legge per conseguire un diritto o un vantaggio a favore dello stesso soggetto onerato. Così, ad esempio, sarebbe un onere la disdetta del contratto nei termini stabiliti per evitare la rinnovazione automatica del rapporto; sempre di onere si tratterebbe con riguardo alla comunicazione dell’aggravamento del rischio, la cui omissione comporta la perdita o la riduzione dell’eventuale indennità; ancora, la comunicazione dell’alienazione del bene all’assicuratore ed al compratore, dalla cui omissione deriva la permanenza in capo al contraente-venditore dell’obbligo di pagamento dei premi; e così via. Vero e proprio obbligo sarebbe costituito invece dal pagamento del premio. In realtà, come accennato, il problema è piuttosto teorico che pratico, posto che il legislatore determina le conseguenze del mancato adempimento ad un comportamento dovuto tenendo presente la particolare natura del contratto di assicurazione. È evidente che la comunicazione dell’aggravamento del rischio non è atto che può essere oggetto di azione esecutiva, ma la sua

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omissione comporta una alterazione del sinallagma contrattuale sanzionabile con la perdita (o la riduzione) dell’indennità che viene a configurarsi sostanzialmente come risarcimento del danno a carico del contraente inadempiente. Pertanto, ogniqualvolta la conseguenza dell’inadempimento è la perdita o la riduzione dell’indennità, non siamo dinanzi al mancato adempimento di un onere, che comporta la perdita (o la compressione) di un diritto (all’indennità); bensì dinanzi ad un vero e proprio inadempimento le cui conseguenze si realizzano sotto il profilo patrimoniale, così come il risarcimento del danno.

§ 5. L’obbligo di avviso (art. 1913 c.c.) Nell’assicurazione contro i danni la legge prevede che il contraente (nelle assicurazioni per conto l’obbligo può essere assolto anche dall’assicurato) debba dare comunicazione del sinistro all’assicuratore, o all’agente autorizzato a concludere il contratto, entro tre giorni dal sinistro o dal momento i cui ne è venuto a conoscenza. L’avviso non è dovuto solo se l’assicuratore (o l’agente autorizzato a concludere il contratto) sono intervenuti, nello stesso termine di tre giorni, alle operazioni di salvataggio o di constatazione del sinistro (art. 1913 c.c.). La norma tutela il diritto dell’assicuratore ad una immediata constatazione del sinistro o per consentirgli operazioni di salvataggio. Nel primo caso l’assicuratore è in grado di constatare con maggiore esattezza gli effetti dell’evento, posto che il trascorrere del tempo potrebbe compromettere la ricerca e la valutazione delle cause dell’evento stesso (ad esempio le cause dell’incendio). Nel secondo caso l’assicuratore potrebbe limitare gli effetti dannosi dell’evento, limitando così, conseguentemente, l’ammontare dell’indennità (ad esempio attraverso tempestive opere di consolidamento). Il termine è ridotto, salvo patto contrario, a 24 ore nell’assicurazione sulla mortalità del bestiame (art. 1913, comma 2, c.c.). La diversa previsione è determinata dalla possibilità che l’evento sia causato da un’epidemia e, pertanto, può essere necessario un intervento più tempestivo. Il mancato o tardivo adempimento dell’obbligo, se doloso, fa perdere il diritto all’indennità; se solamente colposo, comporta una riduzione dell’indennità dovuta dall’assicuratore nella misura del pregiudizio subito da quest’ultimo a causa del mancato o tardivo avviso (art. 1915 c.c.). Naturalmente, sia la prova del dolo che la prova del pregiudizio sono a carico dell’assicuratore.

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§ 6. L’obbligo di salvataggio (art. 1914 c.c.) Nell’assicurazione contro i danni la legge stabilisce che l’assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno (art. 1914, comma 1, c.c.). Per evitare che l’assicurato si sottragga a questo obbligo, qualora il salvataggio comporti delle spese, la legge stabilisce altresì che le spese fatte a questo scopo sono a carico dell’assicuratore (che ritrae vantaggio dall’intervento che evita o limita il danno) in proporzione del valore assicurato rispetto a quello che la cosa aveva al tempo del sinistro. Ciò per consentire che, in caso di sottoassicurazione, le spese siano ripartite tra assicuratore ed assicurato nella stessa proporzione in cui è ripartito il rischio (se il contraente ha assicurato per 50 ciò che valeva 100, la spesa pari a 10 viene sopportata al 50% dall’assicurato e dall’assicuratore) (art. 1914, comma 2, c.c.). Sempre al fine di evitare che l’assicurato si sottragga all’obbligo in esame, la legge stabilisce che le spese sono dovute anche se il loro ammontare, sommato al valore del danno, supera la somma assicurata, ed anche se non si è raggiunto lo scopo (cioè non si è evitato o limitato il danno). Naturalmente le spese non devono essere state fatte in modo sconsiderato per modalità di intervento ed entità (art. 1914, comma 2, c.c.). La giurisprudenza ha chiarito che la disciplina dettata in tema di obbligo di salvataggio è applicabile anche nell’assicurazione contro la responsabilità civile e, pertanto, il costo sopportato per interventi diretti ad evitare o limitare l’evento produttivo di danno per i terzi resta a carico dell’assicuratore nei limiti stabiliti dall’art. 1914 c.c. (ad esempio, nel caso di assicurazione della responsabilità civile per i danni relativi ad un podere, il costo dell’abbattimento di alberi pericolanti per evitare danni al vicino rientra nella previsione dell’art. 1914 c.c.). L’assicuratore risponde anche dei danni causati alle cose assicurate dai mezzi adoperati per evitare o limitare il sinistro, salvo che non provi che detti mezzi sono stati adoperati sconsideratamente (art. 1914, comma 4, c.c.). Anche in questo caso la norma è diretta ad evitare che l’assicurato ometta il salvataggio nel timore di arrecare danni alla cosa. L’assicuratore può anche intervenire nelle operazioni di salvataggio, senza che ciò pregiudichi i suoi diritti; tuttavia, se interviene, l’assicurato può pretendere che anticipi le spese necessarie o comunque concorra alle spese in proporzione del valore assicurato (art. 1914, commi 5 e 6, c.c.).

L’oggetto del contratto di assicurazione: l‘indennità

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CAPITOLO VIII

L’OGGETTO DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE. B) LE OBBLIGAZIONI DELL’ASSICURATORE: IN PARTICOLARE L’INDENNITÀ SOMMARIO: 1. Le obbligazioni dell’assicuratore. Profili generali. – 2. La liquidazione dell’indennità (o indennizzo). Arbitrato e perizia contrattuale. I sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie. – 3. Le limitazioni della prestazione dell’assicuratore: le franchigie e lo scoperto obbligatorio. – 4. Il debito dell’indennità. Debito di valore e debito di valuta. – 5. Il diritto di surrogazione dell’assicuratore (art. 1916 c.c.).

§ 1. Le obbligazioni dell’assicuratore. Profili generali L’obbligazione principale dell’assicuratore è costituita dal pagamento dell’indennità, nell’assicurazione contro i danni, ovvero della rendita o di un capitale, in quella sulla vita. Tuttavia (con la sola esclusione della assicurazione per il caso di morte a vita intera e nelle assicurazioni vita miste – morte e sopravvivenza) la prestazione in oggetto è subordinata al verificarsi di un evento, non solo futuro, ma anche incerto. Pertanto, a fronte del pagamento del premio, nel caso l’evento dannoso non si verifichi, nulla è dovuto dall’assicuratore. Ciò ha indotto taluni a concepire il contratto di assicurazione come possibile contratto con prestazione di una sola parte e, pertanto, non necessariamente sinallagmatico. Sulla infondatezza della tesi ci siamo già soffermati (cfr. supra, Cap. IV, § 1), rilevando come la prestazione fondamentale dell’assicuratore sia identificabile nella contabilizzazione del contratto, e cioè nell’inserimento del rischio in una massa omogenea con conseguente accantonamento del pre-

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mio (netto) a riserva. Il pagamento dell’indennità (o della rendita o del capitale) è, come detto, una prestazione sospensivamente condizionata che si aggiunge alla prestazione principale, che consiste nell’approntare un’organizzazione tecnico-giuridica idonea a tenere indenne l’assicurato od a pagare la rendita o il capitale pattuiti.

§ 2. La liquidazione dell’indennità (o indennizzo). Arbitrato e perizia contrattuale. I sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie Il pagamento dell’indennità (spesso nelle polizze e nell’uso corrente definita «indennizzo») costituisce la prestazione dell’assicuratore al verificarsi del sinistro nell’assicurazione contro i danni. Essa è normalmente rappresentata da una somma di denaro; tuttavia non è escluso che possa consistere in una prestazione in natura: tipico è il caso dell’assicurazione assistenza (cfr. infra, Cap. X, § 6) o dell’assicurazione tutela giudiziaria (cfr. infra, Cap. XI, § 4), ove la prestazione dell’assicuratore consiste nella messa a disposizione di servizi di assistenza, nella prima, e di prestazioni professionali da parte di patrocinatori legali, nella seconda. Analogamente nella c.d. assicurazione valore a nuovo, le apparecchiature sottratte o distrutte vengono sostituite con altre apparecchiature di tipo analogo. Il Codice della Navigazione prevede anche il caso della c.d. liquidazione per abbandono (della nave o delle merci), in contrapposizione alla liquidazione per avaria (e cioè con controvalore in denaro), nella quale, in caso di perdita materiale o economica della nave o delle merci, queste vengono abbandonate all’assicuratore, che ne acquista la proprietà, e che deve corrispondere una indennità pari al valore totale della nave o delle merci (art. 540 ss. c.n.) (cfr. infra, Cap. XV, § 8). Infine, modalità del tutto peculiari di liquidazione dell’indennità sono previste dalla legge per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli a motore e i natanti (infra, Cap. XII, §§ 4 ss.). Laddove l’indennità è rappresentata da una somma di denaro si pone il problema della quantificazione del danno. Si è già osservato, trattando dell’interesse (cfr. supra, Cap. III, § 2), che la misura dell’indennità è data dal c.d. valore finale del bene sottratto l’eventuale valore residuo. Nelle assicurazioni del patrimonio l’indennità corrisponde invece al danno patrimoniale subito dall’assicurato. Così, ad esempio, nell’assicurazione

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del credito l’indennità corrisponde al valore dei crediti inesigibili; nell’assicurazione della responsabilità civile nell’effettiva somma corrisposta dall’assicurato al terzo danneggiato (nonostante il danno, il terzo potrebbe anche omettere la richiesta di risarcimento, e, pertanto, nulla sarebbe dovuto dall’assicuratore all’assicurato). Sulla questione si tornerà peraltro approfonditamente più avanti (cfr. infra, Capp. XI e XIII). La prova del danno e della sua misura spetta all’assicurato, mentre all’assicuratore spetta la prova di eventuali fatti liberatori o limitativi della responsabilità. Se le parti non trovano un accordo in ordine alla quantificazione del danno, o, addirittura, l’assicuratore rifiuta il pagamento, è inevitabile il ricorso all’autorità giudiziaria. Tuttavia spesso le polizze prevedono il ricorso ad un procedimento di natura non giurisdizionale, e cioè ad una “perizia contrattuale” o ad un “arbitrato” di natura irrituale. In entrambi i casi le clausole possono prevedere il deferimento della controversia ad un solo perito o arbitro, ovvero ad un collegio di tre periti o arbitri, di cui due nominati dalle parti, ed il terzo da questi di comune accordo, o, in difetto di accordo, da un terzo soggetto indipendente (ad esempio un ordine professionale o il presidente del tribunale del luogo). Si ha perizia contrattuale quando la clausola deferisce ad uno o più periti il solo accertamento tecnico del sinistro e la determinazione dell’ammontare del danno (ad esempio le cause dell’infortunio e la valutazione del conseguente danno alla persona) lasciando impregiudicata ogni questione giuridica sulla effettiva sussistenza dell’obbligo dell’assicuratore (ad esempio questioni attinenti la prescrizione del diritto o la valutazione della esattezza delle dichiarazioni precontrattuali dell’assicurato). La Corte di Cassazione ha stabilito che, qualora la perizia contrattuale non possa essere portata a termine per qualsiasi motivo, è legittimo il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria. Si ha arbitrato irrituale (art. 808-ter c.p.c.) quando la clausola devolve all’arbitro o agli arbitri anche l’accertamento dei presupposti dell’obbligazione dell’assicuratore (ad esempio se il sinistro rientra o meno nell’ambito dei rischi assunti dall’assicuratore) con obbligo delle parti di accettarne la decisione. Anche in questo caso il relativo procedimento è libero da forme e la decisione costituisce «lodo contrattuale» (art. 808-ter c.p.c.), e cioè atto di accertamento di natura transattiva normalmente non impugnabile se non nei casi di cui all’art. 808-ter c.p.c. Va peraltro rilevato che la clausola compromissoria, con la quale si devolve il giudizio ad arbitri, rientra nell’ambito delle clausole vessatorie (art. 33, lett. t, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), la cui validità è subordinata a specifica trattativa (cfr. supra, Cap. VI, § 3).

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Il d.lgs. 21 maggio 2018, n. 68 ha introdotto, più in generale, per qualsiasi contenzioso relativo alle prestazioni e ai servizi assicurativi derivanti da tutti i contratti di assicurazione, senza alcuna esclusione, l’obbligo per le imprese e gli intermediari di aderire ai «sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela» (art. 187-ter, comma 1, c.a.). Tuttavia tali sistemi non sono ancora stati attivati, in quanto «i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie di cui al comma 1, i criteri di composizione dell’organo decidente, in modo che risulti assicurata l’imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati, nonché la natura delle controversie, relative alle prestazioni e ai servizi assicurativi derivanti da un contratto di assicurazione» sono rimessi ad un demanando decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della giustizia, su proposta dell’IVASS.

§ 3. Le limitazioni della prestazione dell’assicuratore: le franchigie e lo scoperto obbligatorio La franchigia può essere semplice o assoluta. Con la franchigia semplice la prestazione dell’assicuratore è dovuta solo se il sinistro supera un certo valore stabilito in polizza (ad esempio l’assicuratore si impegna a pagare solo i danni superiori a 100). Con la franchigia assoluta la prestazione dell’assicuratore è dovuta, non solo a condizione che il sinistro superi un certo valore stabilito in polizza, ma comunque verrà detratto tale valore dalla misura dell’indennità (ad esempio, se la franchigia è 100, dato un sinistro pari a 1.000, l’assicuratore pagherà solo 900). Si tratta di clausole che mirano a limitare il numero delle liquidazioni, eliminando quelle di modesta entità, con notevole risparmio per l’assicuratore, anche dal punto di vista organizzativo, e, nel contempo, a responsabilizzare maggiormente l’assicurato che non può contare sempre e comunque sul ristoro integrale del danno. Il vantaggio per l’assicurato è costituito da una riduzione del premio. Sempre al fine di rendere maggiormente responsabile l’assicurato è talvolta previsto in polizza (specie nelle assicurazioni contro la responsabilità civile) il c.d. scoperto obbligatorio, con il quale il rischio assicurato resta parzialmente a carico dell’assicurato stesso. In altri termini la misura dell’indennità viene decurtata di una percentuale prestabilita in polizza (ad esempio il 5% o il 10%).

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Al fine di evitare che venga vanificata la finalità della clausola, talvolta le polizze prevedono il divieto di assicurare lo scoperto (con assicurazione c.d. a secondo rischio).

§ 4. Il debito dell’indennità. Debito di valore e debito di valuta L’indennità va corrisposta all’assicurato o al beneficiario nel luogo indicato dal contratto (art. 1182, comma 1, c.c.) (e cioè normalmente presso la sede della società o dell’agente incaricato, talvolta dallo stesso liquidatore) non appena esaurite le procedure di accertamento del sinistro. Tuttavia, se sorgono contrasti in ordine alla quantificazione o, addirittura, alla sussistenza del diritto all’indennità, i tempi di liquidazione sono subordinati all’accertamento in sede contenziosa. L’assicuratore, in caso di disaccordo sulla quantificazione del danno, dovrebbe comunque offrire il pagamento dell’indennità nella misura ritenuta equa. Tuttavia spesso l’assicuratore attende l’esito del giudizio (che, se svolto dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, di norma impiega alcuni anni per giungere ad una sentenza definitiva) per pagare alcunché. In questi casi si è posto il problema di stabilire se gli eventuali effetti della svalutazione monetaria debbano incidere sulla misura dell’indennità, attraverso una rivalutazione della medesima che tenga conto del minor valore della moneta al momento dell’effettiva liquidazione. Si tratta in definitiva di stabilire se il debito dell’indennità sia debito di valuta, e pertanto soggetto al principio nominalistico di cui all’art. 1277 c.c., secondo il quale i debiti di somma di denaro vanno estinti al valore nominale nel momento in cui è sorta l’obbligazione, ed ai quali, pertanto, sono applicabili solo gli interessi nella misura legale (art. 1224, comma 1, c.c.); ovvero se si tratti di debito di valore, e cioè il denaro oggetto dell’indennità vada considerato solo come surrogato del bene danneggiato, come di norma nelle obbligazioni risarcitorie, e, come tale, soggetto a rivalutazione monetaria in caso di ritardo da parte del debitore (nel nostro caso l’assicuratore). Il problema assunse particolare importanza negli anni ’70 e ’80 del secolo precedente, anni caratterizzati da un forte fenomeno inflattivo, nei quali il valore della moneta subì una considerevole perdita di valore, che si risolveva a tutto vantaggio del debitore e a danno del creditore. La giurisprudenza definisce il debito dell’assicuratore, nell’assicurazione di cose, come debito di valore, ritenendo la relativa obbligazione di tipo risarcito-

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rio, e pertanto soggetta a rivalutazione monetaria. Tuttavia, si precisa, una volta determinato l’ammontare dell’indennità, a seguito della procedura valutativa prevista in polizza (cfr. supra, § 2), il debito di valore si trasforma in debito di valuta. Sempre secondo la giurisprudenza il debito dell’assicuratore, nell’assicurazione della responsabilità civile, anche nel caso sia obbligatoria, è invece debito di valuta, in quanto non avente ad oggetto il risarcimento del danno subito dal terzo, ma il pagamento di una somma di denaro pari all’ammontare del danno. Con la conseguenza che la relativa somma non è rivalutabile a meno che il creditore non dia dimostrazione del danno da svalutazione monetaria (art. 1224, comma 2, c.c.). E con l’ulteriore conseguenza che l’ammontare del massimale assicurato non può essere superato, salvo che l’assicurato provi il ritardo colposo dell’assicuratore. Tuttavia, si precisa in giurisprudenza, qualora l’assicurato, a causa del ritardo nella liquidazione del danno, fosse costretto a pagare al terzo danneggiato una somma maggiore di quella che avrebbe corrisposto all’epoca del sinistro, ha diritto ad essere indennizzato del danno derivante dalla svalutazione monetaria causata dal ritardo nella liquidazione, anche oltre i limiti del massimale. Sulla questione peraltro esattamente dissente la dottrina osservandosi che, nell’assicurazione della responsabilità civile, il debito dell’assicuratore deve seguire la natura risarcitoria del debito dell’assicurato verso il terzo, e, pertanto, non può che qualificarsi anch’esso come debito di valore.

§ 5. Il diritto di surrogazione dell’assicuratore (art. 1916 c.c.) Il principio indennitario e il principio secondo il quale il responsabile del danno deve sopportarne le conseguenze sono alla base del diritto di surrogazione dell’assicuratore, che ha pagato l’indennità, nei diritti dell’assicurato. Pertanto l’assicuratore, a seguito del pagamento dell’indennità, e nei limiti di quanto pagato, può agire nei confronti del terzo responsabile del danno (ad esempio colui che ha colposamente determinato un incendio all’abitazione dell’assicurato). Si tratta di una successione a titolo particolare dell’assicuratore nei diritti dell’assicurato verso il terzo responsabile del danno. Tuttavia la norma è derogabile e l’assicuratore può anche rinunciare al diritto in oggetto. In questo caso, se l’assicurato si accontenta dell’indennità, il terzo non sopporterà le conseguenze della sua responsabilità; se non si accontenta, potrà agire nei confronti del terzo, percependo due volte il ristoro del danno subito. In quest’ultimo caso tuttavia la violazione del

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principio indennitario si spiega con il rilievo che l’assicurato non può determinare il danno al fine di ottenere un vantaggio, posto che il danno è determinato da un terzo. Il diritto di surrogazione è escluso, salvo il caso di dolo, se il danno è stato causato: dai figli, dagli affiliati, dagli ascendenti, da altri parenti o da affini, da personale dipendente purché stabilmente conviventi con l’assicurato (art. 1916, comma 2, c.c.) e dal coniuge (a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale 21 maggio 1975, n. 117). La deroga è spiegata con la presunzione che l’assicurato non agirà nei confronti di questi soggetti per il risarcimento del danno. Va invece negata la surroga nei confronti del contraente, come pure autorevolmente sostenuto, quando questi sia responsabile del sinistro subito dall’assicurato (ad esempio il vettore per i danni alle merci trasportate). Se ciò fosse infatti verrebbe vanificato il senso stesso dell’operazione assicurativa, posto che il contraente resterebbe comunque responsabile, anche se nei confronti di un soggetto diverso. La legge impone all’assicurato di astenersi da comportamenti che possano ledere il diritto di surroga dell’assicuratore (ad esempio con dichiarazioni liberatorie), dovendo, in tal caso, risponderne nei confronti di quest’ultimo (art. 1916, comma 3, c.c.). Il diritto di surroga vale anche nelle assicurazioni contro i danni alle persone (art. 1916, comma 4, c.c.), con l’esclusione (a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale 18 luglio 1991, n. 356) delle somme dovute per danno biologico. Infine va ricordato che la giurisprudenza considera la somma dovuta dal terzo all’assicuratore, che agisce in surroga, come debito di valore, in quanto conseguente ad una obbligazione (quella dell’assicuratore verso l’assicurato) ugualmente di valore.

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CAPITOLO IX

LE VICENDE DEL CONTRATTO. L’ALIENAZIONE DELLA COSA ASSICURATA. ASSICURAZIONE E LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE. LA PRESCRIZIONE SOMMARIO: 1. L’alienazione della cosa assicurata. – 2. La liquidazione giudiziale dell’assicurato. – 3. La disciplina della prescrizione in materia assicurativa.

§ 1. L’alienazione della cosa assicurata L’alienazione della cosa assicurata, pur facendo venir meno l’interesse da parte dell’alienante, non è causa di scioglimento del contratto di assicurazione (art. 1918, comma 1, c.c.). Pertanto la legge impone all’alienante (se il contraente è soggetto diverso dall’assicurato l’obbligo incombe anche su quest’ultimo) di dare avviso dell’alienazione all’assicuratore e dell’esistenza del contratto all’acquirente. In difetto di tali comunicazioni il rapporto si trasferisce comunque in capo all’acquirente, ma l’alienante resta obbligato (in solido con l’acquirente) al pagamento dei premi successivi (art. 1918, comma 2, c.c.). La norma si spiega con la considerazione che comunque l’assicuratore continua a garantire il rischio assicurato. Si tratta dunque di una ipotesi di cessione legale del contratto. Parlando la legge di «alienazione» e di «acquirente», vanno escluse dal campo di applicazione della norma le ipotesi di trasferimento di proprietà mortis causa. L’acquirente può comunque sciogliere il rapporto se, avuta notizia dell’esistenza del contratto, comunica (con raccomandata) la volontà di non subentrare nel contratto entro dieci giorni dalla scadenza del primo pre-

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mio successivo all’alienazione. In tal caso all’assicuratore sono comunque dovuti i premi relativi al periodo assicurato (art. 1918, comma 3, c.c.). Anche all’assicuratore è data facoltà di recesso, che deve essere comunicato (con raccomandata) all’acquirente entro dieci giorni dalla conoscenza del trasferimento. Il recesso ha effetto trascorsi 15 giorni dalla comunicazione (art. 1918, comma 4, c.c.). La disciplina esaminata non si applica nel caso di polizza all’ordine o al portatore, posto che, in questo caso, il trasferimento della cosa è implicito nello strumento contrattuale utilizzato. Pertanto nessuna comunicazione deve essere data, né le parti possono recedere (art. 1918, comma 5, c.c.). Come visto una deroga alla disciplina di cui all’art. 1918 c.c. in commento è rappresentata dalla norma di cui all’art. 171 c.a. la quale, in tema di assicurazione obbligatoria r.c. auto, prevede che, in caso di trasferimento di proprietà del veicolo o del natante, il contraente può scegliere tra: la risoluzione del contratto con diritto al rimborso del rateo di premio relativo al residuo periodo di assicurazione; la cessione del contratto di assicurazione all’acquirente; ovvero la sostituzione del contratto per l’assicurazione di altro veicolo o di altro natante di sua proprietà, previo l’eventuale conguaglio del premio.

§ 2. La liquidazione giudiziale dell’assicurato Il primo comma dell’art. 187 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza stabilisce che «Al contratto di assicurazione contro i danni si applica l’articolo 172, salvo il diritto di recesso dell’assicuratore a norma dell’articolo 1898 del codice civile se la prosecuzione del contratto può determinare un aggravamento del rischio». A sua volta l’art. 172, al comma 1, stabilisce che «Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito nelle prestazioni principali da entrambe le parti al momento in cui è aperta la procedura di liquidazione giudiziale l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del debitore, assumendo, a decorrere dalla data del subentro, tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto». Pertanto al curatore è attribuita la facoltà di scegliere se subentrare nel contrato di assicurazione ovvero di sciogliersi. La prima opzione verrà scel-

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ta nel caso, ad esempio, che il curatore prosegua nell’esercizio dell’impresa perché autorizzato l’esercizio provvisorio; la seconda nel caso in cui i beni assicurati non abbiano più un valore significativo o, addirittura, non siano stati reperiti. In caso di vendita del bene assicurato in sede concorsuale si rende applicabile l’art. 1918 c.c. esaminato nel paragrafo precedente. Tuttavia la norma fa salva la facoltà per l’assicuratore di sciogliersi dal contratto, qualora la liquidazione abbia aggravato il rischio (ad esempio, il cantiere assicurato non dispone più del servizio di guardiania). È invece inefficace l’eventuale clausola del contratto che faccia dipendere la risoluzione del contratto medesimo dall’apertura della liquidazione giudiziale (art. 172 comma 6). Il comma 2 dell’art. 187 stabilisce, a sua volta, che «Se il curatore comunica di voler subentrare nel contratto, il credito dell’assicuratore è soddisfatto in prededuzione per i premi scaduti dopo l’apertura della liquidazione giudiziale». Pertanto il credito dell’assicuratore relativo ai premi scaduti e non pagati prima della apertura della liquidazione giudiziale troveranno invece collocazione al passivo, unitamente agli altri crediti chirografari, e saranno pagati nella misura percentuale che a tali crediti competerà, una volta pagati i creditori prededucibili e i creditori privilegiati. Nel caso di assicurazione contro la responsabilità civile, l’eventuale sinistro deve essere risarcito interamente alla procedura concorsuale, mentre il danneggiato dovrà partecipare al concorso con gli altri creditori sull’attivo realizzato, anche se il suo credito troverà presumibilmente soddisfazione integrale, in quanto la legge gli riconosce privilegio sulla indennità corrisposta dall’assicuratore (art. 2767 c.c.). Infine va rilevato che la giurisprudenza ritiene applicabile la disciplina esaminata anche nel caso di concordato preventivo. Nel caso di assicurazione sulla vita, il contratto si scioglie. Ciò non solo per l’interpretazione letterale dell’art. 172 c.c.i., che menziona la sola assicurazione contro i danni, ma anche perché l’assicurato sottoposto a liquidazione giudiziale non avrebbe i mezzi per pagare i premi successivi all’apertura della procedura, né il curatore potrebbe subentrare in un contratto che, a differenza di quello contro i danni, sarebbe ad esclusivo beneficio del primo e non della massa dei creditori. In ordine all’ulteriore profilo dell’attribuzione del capitale assicurato, si è discusso se esso debba essere corrisposto alla procedura concorsuale o all’assicurato sottoposto a liquidazione giudiziale (ovvero al beneficiario se diverso dall’assicurato). La giurisprudenza della Cassazione, dopo alcune incertezze, si è definitivamente pronunciata nel senso di escludere l’attrazione alla proce-

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dura concorsuale del capitale o della rendita sulla base dell’applicazione dell’art. 46, n. 5, l. fall. (oggi art. 146 c.c.i.), norma ritenuta applicabile in virtù del disposto dell’art. 1923 c.c., che sottrae ad esecuzione le somme dovute dall’assicuratore nell’assicurazione sulla vita. L’impignorabilità prevista dall’art. 1923 c.c. viene a sua volta individuata nella funzione previdenziale del contratto e nella funzione sociale ed umana della specifica operazione assicurativa.

§ 3. La disciplina della prescrizione in materia assicurativa Anche in tema di prescrizione la legge deroga rispetto al termine prescrizionale ordinario (10 anni). L’art. 2952 c.c. stabilisce che il diritto al pagamento delle rate di premio si prescrive in un anno dalle singole scadenze (comma 1). Gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione e dal contratto di riassicurazione si prescrivono in due anni dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda, ad esclusione del contratto di assicurazione sulla vita i cui diritti si prescrivono in dieci anni (comma 2). Il termine prescrizionale decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.): pertanto il diritto al premio dalla data di scadenza; quello all’indennità dalla data del sinistro (o dalla data in cui l’assicurato ne ha avuto notizia). Nell’assicurazione della responsabilità civile il termine decorre dal momento in cui il terzo ha chiesto il risarcimento all’assicurato ovvero ha promosso la relativa azione giudiziaria (art. 2952, comma 3, c.c.). La prescrizione, in questo tipo di assicurazione, resta sospesa sino a quando il credito del danneggiato non è divenuto liquido ed esigibile (ad esempio a seguito di sentenza di condanna passata in giudicato) ovvero non si è prescritto (art. 2952, comma 4, c.c.). Quest’ultima norma opera anche nel caso della riassicurazione, per l’azione del riassicurato nei confronti del riassicuratore (art. 2952, comma 5, c.c.). Il termine prescrizionale è invece interrotto (e quindi inizia a decorrere un nuovo periodo biennale), in caso di messa in mora (art. 2943 c.c.), ovvero nel caso in cui il debitore riconosce il debito (art. 2944 c.c.). Secondo una consolidata giurisprudenza non valgono ad interrompere la prescrizione l’inizio di trattative tra le parti o l’avvio di un accertamento amichevole del danno.

Concetti generali

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SEZIONE SECONDA

I SINGOLI RAMI: LE ASSICURAZIONI CONTRO I DANNI CAPITOLO X

CONCETTI GENERALI SOMMARIO: 1. Le assicurazioni contro i danni: tipologia delle operazioni e disciplina. – 2. Assicurazione di cose e assicurazione del patrimonio. – 3. Assicurazioni in abbonamento, globali e collettive. – 4. Le assicurazioni obbligatorie. – 5. Le assicurazioni contro i danni alle persone. – 6. L’assicurazione assistenza.

§ 1. Le assicurazioni contro i danni: tipologia delle operazioni e disciplina Le assicurazioni contro i danni comprendono una vasta tipologia nell’ambito della quale, accanto alle tipiche assicurazioni di cose (incendio, furto, trasporti, ecc.), si rinvengono assicurazioni nelle quali, pur essendo presente un rischio rappresentato da un danno, l’oggetto della copertura assicurativa assume connotazioni particolari che comportano problemi di applicazione della disciplina generale o, addirittura, difficoltà di inquadrare l’operazione come vera e propria operazione assicurativa (tipico il caso dell’assicurazione cauzionale o fideiussoria). Altre ancora, pur presentando un rischio riconducibile al concetto di danno, hanno però come oggetto dell’interesse, non già cose o rapporti giuridici, bensì persone (tipico è il caso delle assicurazioni infortuni). La disciplina, in tutti questi casi, è per lo più affidata al regime convenzionale stabilito dalle condizioni di polizza, alle quali occorre fare riferimento al fine di ricostruirne compiutamente la fisionomia tecnico-giuridica. La trattazione proseguirà pertanto con l’analisi dei tipi che in qualche modo si differenziano sotto il profilo della disciplina generale esaminata.

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§ 2. Assicurazione di cose e assicurazione del patrimonio Nell’assicurazione di cose oggetto dell’interesse è un bene determinato (l’abitazione, la vettura, un quadro, le merci, ecc.). Pertanto l’interesse è, come visto, rappresentato dalla relazione economica intercorrente tra l’assicurato ed il bene sottoposto a rischio. Nelle assicurazioni del patrimonio, invece, oggetto dell’interesse è l’intero patrimonio dell’assicurato, il quale è soggetto al rischio di essere pregiudicato a seguito di richieste risarcitorie da parte di terzi, in virtù dell’esercizio di una certa attività (ad esempio l’attività di medico-chirurgo o l’attività di uno stabilimento inquinante) o dell’uso di una determinata cosa o apparecchiatura (ad esempio l’uso di una vettura o di un natante), ovvero a seguito di accadimenti possibili durante la vita e l’attività dell’uomo (ad esempio le spese derivanti dalle cure di una malattia o quelle derivanti da un processo nel quale è coinvolto l’assicurato). Nelle assicurazioni del patrimonio, dunque, oggetto dell’assicurazione solitamente non è un bene determinato, onde non è possibile stabilire a priori il valore assicurabile, perché è l’intero patrimonio dell’assicurato ad essere sottoposto al rischio. Tuttavia non mancano casi particolari in cui tale determinazione è possibile (ad esempio le merci trasportate se, invece di una assicurazione per conto del proprietario, viene stipulata un’assicurazione della responsabilità civile, oppure i crediti oggetto di assicurazione del credito). In questi casi l’assicurazione del patrimonio presenta punti di contatto con l’assicurazione di cose, dalla quale peraltro si discosta perché oggetto dell’interesse è una somma di denaro (la somma dovuta dal vettore per la perdita o il deterioramento delle merci o la somma dovuta a titolo di adempimento dell’obbligazione pecuniaria) e non un bene in senso stretto. Nella sua tipologia prevalente, dunque, per quantificare la prestazione dell’assicuratore in caso di sinistro e, correlativamente, determinare il premio dovuto dall’assicurato (o dal contraente), viene stabilita in polizza una somma massima assicurata, detta «massimale di polizza». Il massimale può essere unico o possono essere previsti più massimali se l’evento è idoneo a produrre danni diversi (ad esempio a persone e cose); il massimale inoltre può riguardare ogni singolo evento ipotizzabile nel periodo assicurato (ad esempio 1.000.000 a sinistro) o tutti gli eventi complessivamente considerati (ad esempio 1.000.000 per tutti i sinistri verificatisi nell’anno). Stante questa particolare tipologia dell’operazione non operano, in linea

Concetti generali

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di massima, i principi dettati in tema di assicurazione parziale (art. 1907 c.c.) e di sovrassicurazione (art. 1909 c.c.), mancando un valore preciso di riferimento, come invece nelle assicurazioni di cose. Le assicurazioni del patrimonio si caratterizzano anche per le particolari modalità in cui si determina il sinistro. Il sinistro infatti presenta normalmente due fasi: una prima fase, determinante al fine di stabilire la copertura assicurativa (il fatto che ha determinato il danno da risarcire nell’assicurazione della responsabilità civile, l’insorgere della malattia o l’infortunio nelle assicurazioni di cure mediche, il fatto che ha determinato la controversia giudiziale o stragiudiziale nell’assicurazione tutela giudiziaria, il negozio giuridico che determina la nascita del diritto di credito nell’assicurazione del credito); una seconda fase, solo a seguito della quale si determina la prestazione dell’assicuratore (la richiesta di risarcimento da parte del terzo nell’assicurazione della responsabilità civile, le spese di cura nelle assicurazioni di cure mediche, l’atto introduttivo del giudizio nell’assicurazione tutela giudiziaria, la c.d. perdita del credito nell’assicurazione del credito). Quindi, a differenza dell’assicurazione di cose, il «sinistro», e cioè l’evento che fa sorgere l’obbligazione dell’assicuratore, si può porre temporalmente al di fuori della durata contrattuale. Anche se non va trascurato il diverso avviso della giurisprudenza che, in materia di assicurazione della responsabilità civile, fa coincidere il sinistro con il fatto che ha determinato il danno al terzo e non già con la richiesta di risarcimento all’assicurato (cfr. infra, Cap. XI, § 2). I tipi più comuni di assicurazione del patrimonio sono l’assicurazione della responsabilità civile, le assicurazioni di spese e l’assicurazione del credito. Secondo una teoria, peraltro minoritaria, rientrerebbe in questo ambito anche la riassicurazione.

§ 3. Assicurazioni in abbonamento, globali e collettive A) Le assicurazioni in abbonamento Non vanno confuse con le assicurazioni del patrimonio le assicurazioni in abbonamento, con le quali vengono assicurati una pluralità di beni soggetti allo stesso rischio. Nell’assicurazione in abbonamento infatti, seppure i beni non sono determinati al momento della stipula del contratto, la loro determinazione deve essere comunque effettuata nel momento della effettiva sottoposizione al rischio.

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Il contratto di assicurazione

Si tratta di una operazione, diffusa nell’assicurazione trasporti, che serve a semplificare i rapporti tra contraente ed assicuratore (ad esempio tutte le merci che il vettore trasporterà in un determinato periodo preso in considerazione), fissando in via preventiva i criteri per le singole applicazioni (premio, indennità, ecc.) e le condizioni generali uniformi. Pertanto il numero e le caratteristiche degli interessi assicurati restano indeterminati al momento della stipula, ma vengono determinati al momento della loro individuazione e sottoposizione al rischio. L’operazione si svolge in due fasi distinte: la stipula del c.d. «contratto generale» e le «dichiarazioni di alimento», con le quali il contraente comunica all’assicuratore con esattezza i singoli beni che sono sottoposti al rischio (ad esempio numero e contenuto dei colli, luogo di caricamento e di consegna, ecc.). Si discute se il contratto generale di assicurazione in abbonamento sia già di per sé un contratto di assicurazione ovvero un semplice preliminare a carattere normativo (o di coordinamento, come sostenuto in giurisprudenza) ed i veri contratti di assicurazione le singole dichiarazioni di alimento. Quest’ultima soluzione appare preferibile, posto che, seppure con la stipula del contratto si realizza già un accordo di natura contrattuale, in mancanza delle singole applicazioni non vi è alcuna assicurazione. Tuttavia le dichiarazioni di cui agli artt. 1892 e 1893 c.c. vanno effettuate già al momento della stipula del contratto.

Il contratto può essere obbligatorio per entrambe le parti, nel senso che le parti si obbligano a sottoporre ad assicurazione tutti i singoli elementi soggetti al rischio assicurato, ovvero obbligatorio per il solo assicuratore e facoltativo per il contraente oppure obbligatorio per l’assicurato – che deve dunque assicurare tutti i singoli elementi – e facoltativo per l’assicuratore, che può anche rifiutarne alcuni. Le dichiarazioni di alimento vengono effettuate secondo le modalità previste in contratto: mediante annotazione in un apposito registro tenuto dal contraente (da comunicare periodicamente per estratto all’assicuratore) ovvero con singole dichiarazioni. La dichiarazione di alimento costituisce vero e proprio obbligo da parte del contraente, il cui inadempimento può legittimare l’assicuratore alla risoluzione del contratto. L’assicuratore ha inoltre diritto alla verifica della documentazione per accertare l’esattezza delle dichiarazioni di alimento. Alla dichiarazione di alimento, nelle assicurazioni marittime, segue l’emissione di un certificato di assicurazione da parte dell’assicuratore.

Concetti generali

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Anche per ciò che riguarda massimali e premio, la disciplina è fissata dal contratto. Può essere previsto un massimale unico per tutte le applicazioni od un massimale per ogni singola applicazione; può essere previsto un premio anticipato (salvo conguaglio) ovvero un premio per ogni applicazione. B) Le assicurazioni globali Con tale termine è stata individuata la particolare modalità di contrarre l’assicurazione del credito, in quanto caratterizzata dalla assunzione di una garanzia relativa ad una pluralità di rapporti giuridici derivanti da una determinata operazione prevista in contratto (ad esempio vendita a rate praticata dal commerciante alla clientela). L’assicurazione si atteggia essenzialmente come assicurazione in abbonamento, onde i singoli rapporti creditori entrano in copertura solo a seguito di comunicazione all’assicuratore. Caratteristica della categoria sarebbe la circostanza che l’assicurazione è normalmente obbligatoria per entrambe le parti, o, comunque, obbligatoria almeno per l’assicurato – che deve dunque assicurare tutti i singoli rapporti – e facoltativa per l’assicuratore, che può anche rifiutarne alcuni. Ciò per evitare che l’assicurato si limiti a sottoporre ad assicurazione i soli crediti che prevede possano andare in sofferenza (c.d. antiselezione dei crediti). In realtà la categoria si presenta dai contorni non ben definiti e difficilmente distinguibile dalla assicurazione in abbonamento, almeno laddove ne riproduca il meccanismo. Inoltre, nella pratica, il termine è riferito spesso a modalità contrattuali affatto differenti, e cioè a contratti che prevedono una copertura estesa a più rischi diversi ma riferiti al medesimo oggetto. C) Le assicurazioni collettive Con questo termine si individuano assicurazioni infortuni o malattie stipulate in relazione ad un particolare vincolo che lega una pluralità di assicurati con il contraente (rapporto di lavoro, affiliazione ad un associazione sportiva, ecc.). Sono pertanto assicurazioni per conto di terzi (lavoratori, atleti), i quali assumono la posizione di assicurati, mentre il contraente (datore di lavoro, associazione sportiva) assume gli obblighi di contratto. Il contratto comprende solitamente sia l’infortunio (o la malattia) sia la morte.

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Il contratto di assicurazione

Altra ipotesi è costituita dalla assicurazione stipulata dalle banche in relazione ad operazioni collettive di mutuo contro il rischio del mancato pagamento delle rate a seguito della morte dei mutuatari. Va rilevato che spesso le polizze utilizzano il termine assicurazione cumulativa in luogo di collettiva.

§ 4. Le assicurazioni obbligatorie Le assicurazioni obbligatorie sono caratterizzate dall’obbligo di contrarre posto dalla legge a carico di determinati soggetti. Si tratta di ipotesi caratterizzate dalla gestione di una attività o di una cosa potenzialmente pericolosa per una collettività di persone (ad esempio la circolazione di un veicolo, l’esercizio dell’attività venatoria, la gestione di uno stabilimento che produce sostanze inquinanti o di una nave che trasporta idrocarburi, la gestione di ospedali o case di cura, ecc.). Il soggetto obbligato è dunque colui che è responsabile civilmente per i danni che possono prodursi a seguito della gestione dell’attività o della cosa. Di alcune di esse ci occuperemo in seguito più dettagliatamente (per l’assicurazione obbligatoria r.c. auto cfr. infra, Cap. XII, per le assicurazioni aeronautiche obbligatorie per danni a terzi sulla superficie cfr. infra, Cap. XV, § 4, sub 4/E e contro gli infortuni del personale di volo e dei passeggeri cfr. infra, Cap. XV, § 5 sub 5/A e 5/B). Più in generale va osservato che l’obbligo può essere imposto attraverso la stipulazione di un contratto di assicurazione della responsabilità civile ovvero di un contratto di assicurazione per conto di terzi. Il primo caso ricorre quando i soggetti esposti al rischio sono rappresentati da una collettività indeterminata di soggetti, come nel caso dell’assicurazione della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli e dei natanti e dell’assicurazione per danni a terzi sulla superficie. Sono assicurazioni della responsabilità civile anche le assicurazioni previste dalle seguenti norme di legge: legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (art. 22) sulla gestione di impianti nucleari e sul trasporto di sostanze nucleari; d.p.r. 27 marzo 1969, n. 130 (art. 29) per la responsabilità degli enti ospedalieri e del loro personale; art. VII convenzione internazionale sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi di Bruxelles 29 novembre 1969, ratificata con legge 6 aprile 1977, n. 185 e norme di attuazione di cui al d.p.r. 27 maggio 1978, n. 504; legge 22 febbraio 2006, n. 128 (art. 16) sull’installazione e l’esercizio degli impianti di

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riempimento, travaso e deposito di GPL, e sull’esercizio dell’attività di distribuzione e vendita di GPL in recipienti; legge 11 febbraio 1992, n. 157 (art. 12, comma 8) sull’esercizio dell’attività venatoria. È divenuta obbligatoria anche l’assicurazione della responsabilità civile stipulata dal professionista per danni derivanti dall’esercizio della professione (d.l. 13 agosto 2011, n. 138 conv. in legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 3, comma 5, lett. e) e l’assicurazione per l’organizzatore ed il venditore di pacchetti turistici (art. 47, d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79). Il secondo caso ricorre invece quando i soggetti esposti al rischio sono individuati o individuabili al momento della stipula. Sono assicurazioni per conto terzi quelle contro gli infortuni del personale di volo e quella infortuni dei dipendenti degli enti ospedalieri (d.p.r. 27 marzo 1969, n. 130, art. 30). Talvolta la legge, per tutelare più efficacemente il terzo danneggiato gli attribuisce un’azione diretta nei confronti dell’assicuratore e fissa dei massimali minimi. In alcuni casi viene istituito un fondo che sopperisce all’eventuale violazione dell’obbligo od a risarcire la parte eccedente il massimale.

§ 5. Le assicurazioni contro i danni alle persone Si tratta di una tipologia di assicurazione contro i danni del tutto peculiare poiché oggetto dell’interesse assicurato non è una cosa o un rapporto giuridico, bensì la persona umana. Sotto questo profilo pertanto l’operazione si avvicina alle assicurazioni sulla vita. Per questo motivo la legge (art. 2, comma 2, c.a.) ammette che le imprese autorizzate ai rami vita di cui ai numeri I, II e III dell’art. 2, comma 1 possono garantire, con i loro contratti, in via complementare, i rischi di danni alla persona. Va ricordata in particolare l’assicurazione malattia stipulata con contratti di lunga durata non rescindibili (c.d. «permanent health insurance» di cui all’art. 1, n. 1, lett. d), direttiva 79/267/CEE), peraltro in Italia scarsamente praticata, prevista come ramo IV di cui all’art. 2, comma 1, c.a. La conseguenza, sul piano giuridico, è la inapplicabilità del principio indennitario e, di conseguenza, delle norme che a tutela di tale principio sono poste, e cioè dagli artt. 1905-1909 c.c. (limiti del risarcimento, vizi della cosa, valore della cosa assicurata, assicurazione parziale, sovrassicurazione). La misura dell’indennità, non essendo l’integrità della persona umana

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soggetta a valutazione economica, è determinata a priori forfettariamente e discrezionalmente dalle parti. In questa categoria rientrano le assicurazioni infortuni, le quali hanno per oggetto il ristoro del danno economico conseguente un infortunio, e cioè una lesione alla persona determinata da una causa fortuita, violenta ed esterna, obiettivamente constatabile, idonea a determinare una invalidità (temporanea o permanente) o la morte. Rientrano altresì nella categoria le assicurazioni malattie, ove invece l’invalidità o la morte sono conseguenza di una malattia, e cioè di uno stato morboso che si manifesta all’interno del corpo umano. Questa particolare configurazione ha determinato incertezze in ordine alla classificazione delle assicurazioni in oggetto (particolarmente quella infortuni), riconducendole taluni alla categoria delle assicurazione contro i danni, altri a quella delle assicurazioni sulla vita, altri ancora hanno affermato costituire un tertium genus rispetto alle assicurazioni danni e vita. In realtà la tesi prevalente (oggi anche in giurisprudenza) e più fondata è la prima, posto che la funzione dell’assicurazione è pur sempre quella di rivalere l’assicurato di un danno, seppure l’oggetto dell’interesse presenta caratteristiche peculiari. Solo nel caso in cui il contratto preveda, oltre alla invalidità anche la morte, si potrà parlare di un contratto di tipo complesso (assicurazione contro i danni con elementi dell’assicurazione sulla vita). Va infine osservato che queste assicurazioni non vanno confuse con quelle di cure mediche (o sanitarie) ove l’assicuratore si impegna a sostenere le spese derivanti dalle cure della malattia o dell’infortunio.

§ 6. L’assicurazione assistenza L’assicurazione assistenza è definita dalla legge come «il contratto con il quale l’impresa di assicurazione, verso il pagamento di un premio, si impegna a fornire all’assicurato una prestazione di immediato aiuto entro i limiti convenuti nel contratto, nel caso in cui l’assicurato stesso si trovi in una situazione di difficoltà al seguito del verificarsi di un evento fortuito» (art. 175, comma 1, c.a.). L’attività di assistenza, originariamente esercitata da imprese di servizi, è riservata alle imprese di assicurazione e costituisce specifico ramo danni (ramo 18). In realtà, se da un lato si rilevava una tipica funzione assicurativa nel servizio di assistenza (pagamento di una somma a fronte del rischio di tro-

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varsi in situazione di difficoltà), d’altro canto veniva da taluni espressa qualche riserva in ordine alla possibilità che la prestazione dell’assicuratore potesse essere erogata in natura e non già rappresentata da una somma di denaro; perplessità quest’ultima esattamente ritenuta priva di fondamento. Oggetto del contratto può essere infatti sia una prestazione in natura (ad esempio assistenza medica in caso di infortunio o malattia in situazioni di emergenza, come può essere un viaggio all’estero, oppure messa a disposizione di un mezzo di trasporto in caso di guasto o furto), sia l’erogazione di una somma di denaro (ad esempio in caso di furto in occasione di un viaggio) (art. 175, comma 2, c.a.). Il Regolamento 9 gennaio 2008, n. 12 disciplina i requisiti e le caratteristiche tecniche delle attrezzature per la gestione dei sinistri. In particolare viene stabilito che l’impresa deve dotarsi di una o più strutture organizzative (e cioè di un complesso di responsabili, personale, sistemi informativi, attrezzature ed ogni presidio o dotazione, centralizzato o meno, destinato alla gestione dei sinistri del ramo assistenza), interne od esterne all’impresa stessa che devono essere in grado di erogare le prestazioni di assistenza 24 ore su 24, 365 giorni all’anno (art. 4 Regol.). La struttura organizzativa deve essere dotata di personale numericamente sufficiente e professionalmente qualificato per far fronte alle richieste di assistenza da parte degli assicurati (art. 5 Regol.), e deve disporre di sistemi che consentono l’agevole accesso da parte degli assicurati al servizio di assistenza, per via telefonica e telematica (art. 6 Regol.). Al fine di garantire assistenza agli assicurati su tutto il territorio (italiano ed estero) ove è estesa la copertura assicurativa, la struttura organizzativa si deve avvalere di una rete di professionisti e fornitori indipendenti e di referenti esteri adeguatamente dislocati (art. 7 Regol.). Infine l’impresa deve dotarsi di adeguati controlli interni per monitorare l’efficienza del servizio (art. 8 Regol.).

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CAPITOLO XI

L’ASSICURAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE E LE ASSICURAZIONI DI SPESE SOMMARIO: 1. L’assicurazione della responsabilità civile: natura e disciplina generale. – 2. L’assicurazione della responsabilità civile: il sinistro e la liquidazione dell’indennità. – 3. Le assicurazioni di spese. Le assicurazioni di cure mediche (c.d. assicurazioni sanitarie). – 4. Le assicurazioni di spese. L’assicurazione tutela legale (o giudiziaria o di spese legali).

§ 1. L’assicurazione della responsabilità civile: natura e disciplina generale L’assicurazione della responsabilità civile (o assicurazione contro la responsabilità civile), per brevità definita spesso r.c., è, come visto, una tipica forma di assicurazione del patrimonio. Va peraltro notato che non sempre il valore dell’interesse assicurato è indeterminabile, potendo talvolta farsi riferimento ad uno o più beni determinati, la cui perdita o danneggiamento è fonte di responsabilità patrimoniale del contraente, come nel caso del vettore nelle assicurazioni trasporti o del depositario. Questo particolare ramo è disciplinato in via molto generale dalla legge (art. 1917 c.c.), la quale ne traccia i connotati essenziali. Tuttavia nel suo ambito rientra una tipologia estremamente variegata, la cui disciplina è dettata convenzionalmente di volta in volta dalle condizioni generali di polizza. L’art. 1917 c.c. definisce l’assicurazione r.c. quella nella quale «l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi» (comma 1).

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Pertanto, superata la difficoltà concettuale di garantire un rischio derivante da colpa, anche grave, dell’assicurato (cfr. art. 1900 c.c.), la funzione di questo contratto è incentrata nella tutela del patrimonio dell’assicurato il quale, a causa di un fatto o di un atto illecito, sia di natura contrattuale che extracontrattuale, può essere chiamato dal terzo danneggiato a risarcire il danno prodotto. Tuttavia la funzione del contratto non si esaurisce nel semplice rimborso di quanto dall’assicurato pagato a titolo di risarcimento al terzo: se l’assicurato lo richiede, l’assicuratore ha l’obbligo di pagare l’indennità direttamente al terzo, così evitando all’assicurato il preventivo esborso. D’altra parte l’assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all’assicurato, di corrispondere l’indennità direttamente al terzo (art. 1917, comma 2, c.c.). Di contro, il terzo, essendo estraneo al rapporto assicurativo, non ha diritto a chiedere il risarcimento direttamente all’assicuratore. A questo principio fanno eccezione alcune assicurazioni r.c. obbligatorie (in particolare cfr. l’assicurazione r.c. per la circolazione dei veicoli a motore e dei natanti – infra, Cap. XII), nelle quali, la funzione sociale che ha determinato il legislatore ad imporre l’obbligatorietà della copertura assicurativa, ha consigliato l’attribuzione dell’azione diretta al danneggiato, onde evitare una, talvolta, infruttuosa azione giudiziaria nei confronti del responsabile del sinistro. Il principio è stato tuttavia recentemente parzialmente derogato dall’introduzione del sistema di indennizzo diretto, in virtù del quale, per taluni sinistri, il terzo danneggiato può fare domanda di risarcimento direttamente al proprio assicuratore. Qualora il terzo proponga l’azione risarcitoria nei confronti dell’assicurato, quest’ultimo può chiamare in giudizio l’assicuratore (art. 1917, comma 4, c.c.) al fine di far valere la sentenza di condanna direttamente nei confronti di quest’ultimo ed evitare, di nuovo, il preventivo esborso (questa volta anche coattivo) in attesa del pagamento da parte dell’assicuratore.

§ 2. L’assicurazione della responsabilità civile: il sinistro e la liquidazione dell’indennità In questo tipo di assicurazione il sinistro assume modalità peculiari, in quanto l’obbligazione dell’assicuratore nasce, non già al momento in cui l’assicurato pone in essere l’atto che determina il danno, bensì nel momento in cui il terzo fa richiesta di risarcimento all’assicurato. Ed infatti potrebbe verificarsi che il terzo danneggiato (ad esempio per i rapporti di

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amicizia con l’assicurato o per incuria) ometta la richiesta di risarcimento. In questo caso nessuna obbligazione nasce a carico dell’assicuratore. È pertanto più esatta la tesi di coloro che, suffragati dal disposto dell’art. 2952, comma 3, c.c., individuano il sinistro nella richiesta di risarcimento e non già nel fatto che ha determinato la responsabilità. Di contrario avviso è peraltro la Corte di Cassazione la quale ha individuato il sinistro nell’evento che ha determinato il danno per il terzo. Ciò sulla base di due rilievi: l’art. 1913 c.c., in tema di obbligo di avviso, prevede che l’assicurato debba dare avviso all’assicuratore entro tre giorni da quello in cui il fatto dannoso si è verificato (e non dalla richiesta di risarcimento nel caso di assicurazione r.c.); l’art. 1914 c.c., in tema di obbligo di salvataggio, fa ovvio riferimento anch’esso al fatto causativo del danno. Tali argomentazioni non sono però convincenti: non la prima, perché la norma parla di «tre giorni da quello in cui il sinistro si è verificato o l’assicurato ne ha avuto conoscenza», e, nel nostro caso, la conoscenza del sinistro, cioè dell’obbligo di risarcimento, si ha solo con la richiesta del terzo danneggiato. D’altra parte l’assicurato potrebbe anche non essere a conoscenza del danno prodotto (si pensi, ad esempio, ad un intervento chirurgico errato che ha prodotto le conseguenze dannose solo dopo molto tempo dall’intervento stesso). Ma neppure la seconda argomentazione convince, in quanto, come detto, altro è il danno recato al terzo, altro è l’obbligo di risarcimento che consegue solo ad una richiesta in tal senso da parte del terzo.

Ad ogni buon conto l’elemento in esame appare neutro rispetto al problema di stabilire se il fatto o l’atto illecito rientra o meno nella copertura assicurativa. Come visto infatti (art. 1917, comma 1, c.c.) l’assicuratore risponde solo per i fatti accaduti durante il tempo dell’assicurazione. Pertanto, se il fatto o l’atto generatore della responsabilità è avvenuto durante il periodo contrattuale, l’assicuratore è obbligato anche se la richiesta di risarcimento del terzo perviene dopo la scadenza. Di contro non è obbligato se la richiesta, pur pervenuta durante il periodo contrattuale, fa riferimento ad un fatto precedente la stipula del contratto. È qui la peculiarità di questo tipo di assicurazione: la scissione temporale tra fatto determinante il danno e sinistro (richiesta di risarcimento) fa sì che l’assicuratore può essere chiamato ad adempiere la propria obbligazione anche se il sinistro è successivo alla scadenza del contratto, come pure può essere liberato nonostante il sinistro si sia verificato nel periodo di vigenza del contratto. Inoltre va rilevato che non sempre è agevole stabilire il momento esatto in cui il fatto o l’atto illecito si è verificato, anche perché talvolta il danno è la conseguenza di più fatti o atti distinti temporalmente. Ad esempio la responsabilità del medico può essere originata da una serie di cure od opera-

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zioni chirurgiche prolungatesi nel tempo, quella dell’avvocato da una serie di errori o disattenzioni commessi in più udienze nelle quali si è articolato il giudizio, ecc. In considerazione di ciò le polizze spesso prevedono che sia l’evento, che la denuncia del terzo, debbano pervenire nel periodo di durata dell’assicurazione. Per venire incontro alle necessità degli assicurati e per meglio determinare la responsabilità dell’assicuratore, può essere inserita in polizza una clausola (c.d. «claims made») con la quale si prevede la copertura per le richieste pervenute durante l’assicurazione, anche se riferite a fatti precedenti un determinato periodo la stipula (ad esempio entro i due anni precedenti la stipula del contratto). Ovvero si può prevedere l’operatività della copertura per fatti avvenuti durante il periodo contrattualmente previsto anche se denunciati successivamente (ad esempio nei due anni successivi alla cessazione dell’assicurazione) (c.d. clausola «loss occurrence»). Quest’ultimo tipo di clausola è ora prevista obbligatoriamente per i contratti di assicurazione della responsabilità civile da stipularsi da parte degli avvocati per i danni derivanti ai clienti in relazione all’attività professionale (d.l. 13 agosto 2011 n. 138, conv. in legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 3, comma 5, lett. e). Talvolta si prevede l’estensione della garanzia anche al caso in cui la responsabilità derivi da più fatti o atti successivi alla scadenza, purché almeno il primo verificatosi durante il periodo di copertura (così espressamente la polizza contro i danni da inquinamento ambientale). In questi casi però l’assicuratore pretende la dichiarazione che l’assicurato non è a conoscenza di fatti o atti dannosi commessi nel periodo precedente, onde, in caso di dichiarazione mendace, si rendono applicabili gli artt. 1892 e 1893 c.c. In ordine alla clausola claims made la Cassazione ha stabilito che si tratta di una clausola vessatoria, in quanto limitativa della responsabilità dell’assicuratore, e, come tale, inefficace se non esplicitamente approvata per iscritto dal contraente ai sensi dell’art. 1341 c.c. L’affermazione lascia peraltro perplessi, poiché altro è limitare la responsabilità, altro è circoscriverla temporalmente. Più recentemente la Cassazione ha confermato la validità della clausola claims made, mentre ha sollevato qualche dubbio sulla validità della clausola loss occurrence. In realtà l’equivoco nasce dall’errata identificazione del sinistro nel contratto in oggetto, in quanto la Cassazione intende per sinistro l’evento dannoso, laddove il sinistro è invece rappresentato dalla denuncia del danneggiato. In tal modo si finisce per sfalzare il momento temporale del sinistro in relazione al periodo assicurato.

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Tuttavia garanzie così congegnate potrebbero indurre l’assicurato a comportarsi con minore attenzione, fidando nella copertura assicurativa. Per evitare questa eventualità le polizze prevedono normalmente uno scoperto obbligatorio e/o franchigie, attraverso i quali, restando parte della responsabilità in capo all’assicurato, questi è comunque indotto ad agire con la massima diligenza ed attenzione (nel qual caso la clausola spesso vieta un’assicurazione a secondo rischio con la quale si potrebbe assicurare la somma oggetto dello scoperto e/o della franchigia). Nell’assicurazione r.c. obbligatoria auto, invece, lo stesso risultato viene raggiunto con un altro strumento: pattuendo un meccanismo di sconti sul premio per gli assicurati che non determinano sinistri e aggravamenti di premio per coloro che invece li determinano (c.d. clausola «bonus-malus»). Si discute se l’obbligo di salvataggio, nell’assicurazione r.c., consista nel limitare gli effetti dell’atto dannoso compiuto dall’assicurato, ovvero nel semplice obbligo di resistere, anche giudizialmente, alla pretesa del terzo. Come già osservato (cfr. supra, Cap. VII, § 6), la giurisprudenza è del primo avviso, con la conseguenza che le spese sostenute per limitare il danno sono a carico dell’assicuratore nella misura prevista dall’art. 1914 c.c., mentre parte della dottrina del secondo, con la precisazione che comunque l’intero danno rientra nell’ambito della copertura assicurativa. In realtà a conforto della prima tesi è la disciplina di cui all’art. 1917, comma 3, la quale – stabilendo che le spese sostenute dall’assicurato per resistere all’azione del terzo sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata, salvo che il danno superi il massimale, nel qual caso si ripartiscono in proporzione del rispettivo interesse – sarebbe ingiustificatamente derogatoria rispetto alla previsione dell’art. 1914, comma 2, c.c. Inoltre, escludendo il rimborso delle spese sostenute per limitare il danno, si indurrebbe l’assicurato ad omettere qualsiasi operazione di salvataggio, con conseguenze certamente non conformi all’interesse generale. In proposito va comunque ricordato che spesso le polizze r.c. contengono la «clausola di gestione della lite», con la quale l’assicurato si obbliga ad affidare all’assicuratore appunto la gestione del contenzioso con il terzo, ciò perché corrisponde all’interesse dell’assicuratore gestire la lite nel migliore dei modi. Tuttavia l’assicuratore non è obbligato ad assumere la lite, le cui spese restano a suo carico, ma, se l’assume, non può essere chiamato a rispondere dell’eventuale esito negativo se non in caso di colpa. Va infine ricordato che il credito del danneggiato ha privilegio sull’indennità dovuta dall’assicuratore (art. 2767 c.c.).

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§ 3. Le assicurazioni di spese. Le assicurazioni di cure mediche (c.d. assicurazioni sanitarie) In questo tipo di assicurazione l’obbligazione dell’assicuratore consiste nel tenere indenne il patrimonio dell’assicurato dagli oneri economici (spesso ingenti) determinati dalle spese necessarie per curare una malattia o un infortunio. Anche questa operazione dunque rientra nella tipologia delle assicurazioni del patrimonio. Anche qui il sinistro presenta due momenti: l’insorgere della malattia o l’infortunio e la successiva dell’esborso per le cure (dall’onorario del medico, alle spese per gli accertamenti clinici e per il ricovero e/o l’intervento). La prima fase determina l’accertamento temporale della copertura assicurativa, la seconda il sinistro vero e proprio come fatto produttivo dell’obbligazione dell’assicuratore. Nel caso delle spese per malattia le polizze prevedono normalmente un periodo di carenza, prima del quale la garanzia non opera, per evitare che il contratto venga stipulato quando la malattia è già insorta. Ad ogni buon conto l’assicurato deve rispettare l’obbligo di dichiarare con esattezza l’esistenza di malattie, applicandosi in caso contrario le disposizioni di cui agli artt. 1892 e 1893 c.c. La polizza, per facilitare il rapporto con l’assicurato, può anche prevedere, invece del rimborso, che l’assicuratore provveda al pagamento direttamente alla casa di cura. Trattandosi di assicurazione del patrimonio, non esiste un valore assicurabile, bensì un massimale (unico o per sinistro), liberamente determinato dalle parti, cui è rapportato il premio.

§ 4. Le assicurazioni di spese. L’assicurazione tutela legale (o giudiziaria o di spese legali) L’assicurazione di tutela legale (ramo 17, art. 2, comma 3, c.a.) è il contratto con il quale «l’impresa di assicurazione, verso pagamento di un premio, si obbliga a prendere a carico le spese legali e peritali o a fornire prestazioni di altra natura, occorrenti all’assicurato per la difesa dei suoi interessi in sede giudiziale, in ogni tipo di procedimento, o in sede extragiudiziale, soprattutto allo scopo di conseguire il risarcimento di danni subiti o per difendersi contro una domanda di risarcimento avanzata nei suoi confronti, purché

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non proposta dall’impresa che presta la copertura assicurativa di tutela legale» (art. 173, comma 1, c.a.). L’assicuratore può gestire direttamente i sinistri ovvero affidarli ad un’impresa distinta (art. 164, comma 2, lett. b, c.a.); in questo secondo caso la circostanza deve essere evidenziata nel contratto con l’indicazione dell’impresa delegata alla gestione dei sinistri (art. 164, comma 4, c.a.). Il contratto deve prevedere il diritto dell’assicurato di avvalersi di un avvocato di sua fiducia sia per la costituzione in giudizio che nel caso in cui l’assicuratore si venga a trovare in situazione di conflitto di interessi (perché, ad esempio, la controparte ha in corso una medesima assicurazione con lo stesso assicuratore) (art. 174, comma 1, c.a.). Se assicurato ed impresa si trovano in disaccordo in ordine alla gestione della lite (ad esempio l’assicuratore vuole addivenire ad una transazione mentre l’assicurato vuole portare a termine il giudizio), il contratto deve prevedere la possibilità di deferire la questione dinanzi all’autorità giudiziaria ovvero ad un arbitro che decida secondo equità (art. 174, comma 2, c.a.). Talvolta questa assicurazione è funzionale ad un’altra copertura assicurativa (ad esempio un’assicurazione della responsabilità civile) ed è prevista nel medesimo contratto. In questo caso il contenuto dell’assicurazione tutela legale, le specifiche condizioni contrattuali ed il relativo premio devono essere indicati in un’apposita distinta sezione del contratto al quale l’assicurazione tutela legale accede (art. 173, comma 2, c.a.). Se l’impresa esercita più rami, sempre al fine di evitare conflitti di interessi (ad esempio controparte nel giudizio è proprio l’impresa assicuratrice in dipendenza di altro contratto di assicurazione), il personale addetto al ramo tutela legale deve essere distinto dal personale addetto agli altri rami (art. 164, comma 3, c.a.).

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CAPITOLO XII

L’ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DERIVANTE DALLA CIRCOLAZIONE DEI VEICOLI A MOTORE E DEI NATANTI SOMMARIO: 1. Profili generali. Gli obblighi di trasparenza ed informativa. – 2. L’oggetto del contratto. – 3. Il premio. Il trasferimento del veicolo o del natante e le altre cause di cessazione del contratto. – 4. Il risarcimento del danno. Il danno biologico. La banca dati sinistri. – 5. Le procedure liquidative. L’azione diretta. L’indennizzo diretto. – 6. Il Fondo di garanzia per le vittime della strada. – 7. Il risarcimento del danno derivante da sinistri avvenuti all’estero. Il «Centro di informazione italiano» e l’«Organismo di indennizzo italiano».

§ 1. Profili generali. Gli obblighi di trasparenza ed informativa Come visto il crescente aumento delle vetture (e dei natanti) in circolazione e gli esiti spesso gravi per le persone derivanti dai sinistri stradali, hanno condotto il legislatore, alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso, ad emanare una legge con la quale si è imposto l’obbligo di provvedere alla copertura assicurativa delle vetture (e dei motocicli) e dei natanti, contro il rischio derivante dal loro utilizzo. In particolare si è imposta la stipula di un contratto di assicurazione della responsabilità civile per i danni procurati ai terzi (anche trasportati), sia alle persone che alle cose, a seguito di sinistri stradali. La disciplina (emanata in attuazione della convenzione europea di Strasburgo del 1959) venne introdotta con la legge 24 dicembre 1969, n. 990 come modificata e integrata dal d.l. 23 dicembre 1976, n. 857 convertito in legge 26 febbraio 1977, n. 39 e successive modifiche, nonché nel regolamento di esecuzione di cui al d.p.r. 24 novembre 1970, n. 973 come modificato dal d.p.r. 16 gennaio 1981, n. 45.

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Il codice delle assicurazioni ha peraltro riscritto completamente la disciplina introducendo alcune importanti innovazioni. Si tratta di un’assicurazione della responsabilità civile in tutto e per tutto; peraltro, al fine di meglio garantire la funzione sociale dell’operazione, la legge ha introdotto alcune particolarità che la distinguono fortemente da una assicurazione r.c. facoltativa. Innanzitutto l’assicurazione è obbligatoria. L’obbligo riguarda chiunque ponga in circolazione un veicolo a motore (autoveicolo o motociclo) o un natante di stazza lorda non superiore alle 25 tonnellate munito di motore di potenza superiore ai 3 HP (artt. 122 e 123 c.a.). Quindi, non solo il proprietario, ma anche l’usufruttuario, l’utilizzatore in caso di leasing, l’acquirente nel caso di vendita con patto di riservato dominio, il dipendente per la vettura di servizio e, comunque, chiunque lo conduca su una pubblica via. L’assicurazione deve coprire anche i danni causati dai veicoli nel territorio di altri Stati membri (art. 122, comma 4, c.a.; d.m. 1 aprile 2008, n. 86). La legge prevede sanzioni pecuniarie in caso di violazione dell’obbligo, nonché il sequestro del mezzo e la sospensione della patente nel caso di utilizzo del mezzo con documenti assicurativi falsi o contraffatti (art. 193, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 – c.d. «codice della strada»). L’assicuratore, a sua volta, deve essere un’impresa autorizzata all’esercizio di questo specifico ramo (anche in regime di libertà di stabilimento o di libera prestazione di servizi) e, stante l’obbligo di assicurazione imposto dalla legge, non può rifiutarsi di contrarre se il contraente-consumatore accetta le condizioni di polizza e le tariffe preventivamente stabilite dall’assicuratore stesso (art. 132 c.a.). In caso di ingiustificato rifiuto a contrarre, sono previste sanzioni pecuniarie (art. 314, comma 2, c.a.). È altresì vietato subordinare la conclusione del contratto alla conclusione di ulteriori contratti, sia di carattere assicurativo, che bancario o finanziario, salvo che il «pacchetto» non sia in alternativa ad una offerta individuale del contratto r.c. auto (art. 170 c.a.). L’assicuratore deve rilasciare contestualmente alla polizza un «certificato di assicurazione», contenente gli elementi essenziali della polizza (in particolare deve risultare il periodo di assicurazione per il quale è stato corrisposto il premio o la rata di premio), che deve essere esibito al fine di comprovare l’assolvimento dell’obbligo. Il Regolamento 6 febbraio 2008, n. 13 stabilisce le caratteristiche ed il contenuto del certificato di assicurazione (artt. 6-8). L’assicurazione è obbligatoria anche per i veicoli e i natanti immatricolati in Stati esteri (sia comunitari che extracomunitari) per la durata della

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permanenza nel territorio italiano (art. 125 c.a.). A tal fine ogni Stato membro dell’Unione Europea deve costituire un «Ufficio nazionale di assicurazione» con la funzione di stipulare e gestire, per conto delle imprese aderenti, l’assicurazione frontaliera, e cioè l’assicurazione che deve essere stipulata dai veicoli immatricolati in Stati terzi circolanti temporaneamente nel territorio dello Stato, nonché rendersi garante per i risarcimenti dei danni causati dalla circolazione in Italia dei veicoli immatricolati in Stati membri. L’Ufficio centrale italiano (art. 126 c.a.), oltre alle suddette funzioni è abilitato ad emettere la «carta verde» richiesta per la circolazione all’estero dei veicoli a motore immatricolati in Italia, garantendo le relative obbligazioni assicurative. Sotto il profilo negoziale, al fine di assicurare condizioni di trasparenza e di concorrenza nell’offerta delle polizze in oggetto, nonché una maggiore informativa a favore dei soggetti tenuti all’adempimento dell’obbligo assicurativo in relazione ai contenuti contrattuali ed ai premi praticati, le imprese sono tenute a mettere a disposizione del pubblico, sia presso ogni punto vendita, sia nei propri siti internet (Regolamento 9 maggio 2008, n. 23): a) i documenti precontrattuali; b) le condizioni generali e speciali di polizza; c) il servizio gratuito di rilascio del preventivo personalizzato. A loro volta gli intermediari devono mettere a disposizione del pubblico l’informativa riguardante le imprese di cui offrono i prodotti ed i livelli provvigionali percepiti. Il documento contenente tali informative deve essere consegnato al contraente prima della sottoscrizione del contratto. Una particolareggiata esposizione delle regole di comportamento da parte degli intermediari è contenuta negli artt. 53 ss. del Regolamento IVASS 2 agosto 2018, n. 40. L’art. 22, comma 4, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 conv. in legge 17 dicembre 2012, n. 221 ha introdotto il «contratto base». Si tratta di uno schema di contratto, che dovrà essere approvato con decreto ministeriale, il quale deve contenere «le clausole minime necessarie ai fini dell’adempimento dell’obbligo di legge», articolato a seconda delle classi di merito e tipologie di assicurati, e definite le condizioni di riduzione del premio e di ampliamento della copertura. Tale previsione assolverebbe alla funzione di rendere più trasparenti e consapevoli le scelte del contraente, così favorendo la concorrenza tra le imprese assicurative. In realtà il decreto ministeriale non è stato ancora emanato; tuttavia l’art. 132-

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bis c.a., obbliga gli intermediari assicurativi, prima della sottoscrizione del contratto, ad informare il contraente– consumatore «in modo corretto, trasparente ed esaustivo sui premi offerti da tutte le imprese di assicurazione di cui sono mandatari». Il Regolamento IVASS 2 agosto 2018, n. 41 all’art. 29, stabilisce con precisione gli elementi che devono essere presenti nel «Documento di Informativa Precontrattuale» (DIP).

§ 2. L’oggetto del contratto L’oggetto del contratto è la responsabilità civile verso i terzi, sia per danni alle persone che per danni alle persone trasportate a qualunque titolo (quindi sia in virtù di un contratto di trasporto, che nel caso del c.d. trasporto di cortesia – art. 2043 cose, prevista dall’art. 2054 c.c., nonché per i danni c.c.) (art. 122, commi 1 e 2, c.a.). I massimali minimi sono stabiliti con regolamento adottato dal Ministero dello Sviluppo Economico su proposta dell’IVASS (art. 128 c.a.). Al fine di garantire la massima trasparenza, concorrenzialità ed informazione, le imprese devono mettere a disposizione del pubblico, presso ogni punto vendita e nei siti internet, la nota informativa e le condizioni di contratto. A loro volta le tariffe devono essere pubblicizzate mediante preventivi personalizzati presso i punti vendita e nei siti internet (art. 131 c.a.). Gli aventi diritto alla prestazione sono i terzi danneggiati dall’assicurato a seguito di sinistro stradale (o marittimo) provocato dall’assicurato stesso. La copertura assicurativa è esclusa invece nei confronti del conducente del veicolo responsabile del sinistro (art. 129, comma 1, c.a.), nonché, relativamente ai danni alle cose, nei confronti del proprietario del veicolo responsabile del sinistro (ovvero del soggetto obbligato all’assicurazione: usufruttuario, acquirente con patto di riservato dominio, utilizzatore nel caso di leasing, v. art. 91 cod. strad.). Pertanto questi soggetti non hanno diritto al risarcimento del danno. Nell’assicurazione è compresa anche l’ipotesi del dolo; anche se, in questa ipotesi, l’assicuratore ha diritto di rivalsa nei confronti dell’assicurato. La rivalsa può essere infatti esercitata dall’assicuratore in qualunque caso in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto a rifiutare o ridurre la prestazione (ad esempio nel caso la vettura responsabile fosse condotta da persona sprovvista di patente di guida) (art. 144, comma 2, c.a.). L’assicuratore è infatti obbligato al risarcimento nei confronti del terzo

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e non può opporgli eccezioni derivanti dal contratto o clausole che prevedono il contributo dell’assicurato al risarcimento (art. 144, comma 2, c.a.). L’assicurazione non ha effetto nel caso il veicolo sia posto in circolazione contro la volontà del proprietario (ovvero di chi ha la detenzione materiale del veicolo: usufruttuario, utilizzatore in caso di leasing, ecc.) dal giorno successivo alla denuncia presentata all’autorità di pubblica sicurezza (è il caso tipico dell’auto rubata) (art. 122, comma 3, c.a.). In questo caso peraltro, in deroga a quanto disposto dall’art. 1896 c.c., l’assicurato ha diritto alla restituzione della parte del premio corrisposto per il periodo residuo sino alla scadenza.

§ 3. Il premio. Il trasferimento del veicolo o del natante e le altre cause di cessazione del contratto Come osservato, questo tipo di assicurazione può prevedere due diverse formule tariffarie 1. La prima è la c.d. bonus-malus, in virtù della quale il premio varia ad ogni scadenza annuale in aumento o in diminuzione, in relazione al verificarsi o meno di incidenti nel periodo precedente, onde l’assicurato è collocato in una «classe di merito» soggetta a variazione annuale (art. 133, comma 1, c.a.). In funzione di questo meccanismo la legge (art. 134 c.a.) prevede una «attestazione sullo stato del rischio» ove è indicata appunto la classe di merito dell’assicurato stesso. L’attestato è necessario qualora l’assicurato voglia mutare assicuratore per lo stesso veicolo. Poiché l’attestato di rischio riguarda il proprietario del veicolo, qualora quest’ultimo voglia stipulare un’assicurazione r.c. per altro veicolo, ha diritto a che gli venga applicata una classe di merito non inferiore a quella già conseguita (art. 134 c.a., in ordine al contenuto ed alle modalità di rilascio dell’attestato di rischio, cfr. Regolamento ISVAP 9 agosto 2006, n. 4). La seconda formula è quella che prevede l’applicazione di franchigie (art. 133, comma 1, c.a.). Sono tuttavia possibili formule miste. L’art. 132-ter prevede inoltre sconti obbligatori in presenza di particolari condizioni, come, ad esempio, l’installazione di meccanismi elettronici

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Si sta diffondendo anche una tipologia di polizza nella quale il premio è commisurato all’effettivo utilizzo che l’assicurato fa del mezzo.

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che registrano l’attività del veicolo (denominati «scatola nera» o equivalenti), o che impediscono l’avvio del motore qualora sia riscontrato nel guidatore un tasso alcolemico superiore ai limiti stabiliti dalla legge, o, infine, l’assicurato accetta di sottoporre il veicolo a ispezione da eseguire a spese dell’impresa di assicurazione (comma 1). Uno sconto obbligatorio aggiuntivo è previsto per gli assicurati che, pur risiedendo in province a maggiore tasso di sinistrosità non abbiano causato incidenti (comma 4). La disciplina particolareggiata si trova nel Regolamento IVASS 27 marzo 2018, n. 37). In caso di trasferimento del veicolo o del natante l’assicurato può (art. 171 c.a. e art. 10, d.m. 1° aprile 2008, n. 86): – risolvere il contratto, con diritto alla restituzione della parte del premio relativo al periodo residuo; – cedere il contratto all’acquirente; in questo caso deve darne notizia all’assicuratore e all’acquirente; – trasferire il contratto su altro veicolo o natante, previo eventuale conguaglio del premio. L’assicurato può altresì recedere (art. 172 c.a.) in caso di variazioni tariffarie con comunicazione (a mano o raccomandata o a mezzo telefax) all’assicuratore o all’intermediario, presso il quale il contratto è stato stipulato, entro il giorno di scadenza del contratto. Ciò dunque anche se il contratto prevede il rinnovo automatico salvo disdetta da comunicare entro un termine stabilito dalla scadenza, che non può essere superiore a 15 giorni (art. 172, comma 2, c.a.). In caso di recesso non si applica il termine di tolleranza previsto dall’art. 1901, comma 2, c.c.

§ 4. Il risarcimento del danno. Il danno biologico. La banca dati sinistri In ordine alla determinazione del danno, se esso è rappresentato da danni materiali, valgono le regole già esaminate (supra, Cap. VIII). Va peraltro rilevato che la valutazione dei danni alle cose viene normalmente delegata dalle imprese ai «periti assicurativi» (art. 156 c.a.), per i quali la legge prevede l’iscrizione in un apposito ruolo tenuto dall’IVASS. Per ottenere l’iscrizione al ruolo (art. 158 c.a.) occorre possedere determinati requisiti (ad esempio non avere riportato condanne penali ovvero non essere stati dichiarati falliti) ed avere superato una prova di idoneità dopo avere svolto un tirocinio di due anni. La cancellazione dal ruolo consegue a rinuncia, perdita dei requi-

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siti o provvedimento disciplinare (art. 159 c.a.) (la disciplina analitica è contenuta nel Regolamento 3 gennaio 2008, n. 11).

Nel caso invece di danni alla persona, per i quali, come visto, le assicurazioni volontarie pongono convenzionalmente in contratto i criteri sulla base dei quali essi vanno determinati, la legge pone dei criteri legali cui le parti devono attenersi. Innanzitutto se il danno è idoneo a produrre una inabilità temporanea o una invalidità permanente, ed il soggetto danneggiato è produttore di reddito da lavoro, deve essere preso in considerazione il reddito annuo più elevato, prodotto nel triennio precedente il sinistro, sulla base delle dichiarazioni fiscali presentate (art. 137 c.a.). Qualora non sia possibile determinare il reddito sulla base delle dichiarazioni fiscali, il reddito viene determinato moltiplicando per tre l’ammontare annuo della pensione sociale. Se vi sono più persone danneggiate nello stesso sinistro, ed il massimale non è sufficiente a coprire interamente la somma dei risarcimenti dovuti, l’importo del risarcimento spettante a ciascun danneggiato è ridotto proporzionalmente. Tuttavia se, trascorsi trenta giorni, l’impresa paga in buona fede interamente ad uno dei danneggiati, gli altri non possono chiedere che l’importo residuo; tuttavia hanno rivalsa nei confronti di chi ha percepito per intero l’importo del risarcimento (art. 140 c.a.). Ipotesi tipica di più danneggiati si ha qualora una o più persone trasportate nei veicoli coinvolti nel sinistro abbiano subito a loro volta un danno. In questo caso la legge attribuisce l’obbligo di risarcimento alla compagnia assicuratrice del veicolo nel quale era a bordo il terzo trasportato, a prescindere dalla responsabilità del sinistro. L’impresa assicuratrice che ha pagato ha tuttavia diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa assicuratrice del veicolo responsabile. Qualora poi il massimale non fosse sufficiente, il terzo trasportato ha diritto di chiedere la differenza all’impresa assicuratrice del veicolo responsabile del sinistro (art. 141 c.a.). La legge determina anche i criteri da seguire per stabilire l’ammontare del danno biologico (artt. 138-139 c.a.). Per danno biologico si intende «la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medicolegale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito». (art. 138, comma 2, lett. a, c.a.). Inoltre è stabilito che «In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non po-

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tranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente» (art. 139, comma 2, c.a.). La legge distingue dunque il danno biologico a seconda che si tratti di danno biologico per lesioni di lieve entità ovvero per lesioni di non lieve entità. – Per lesioni di non lieve entità (art. 138 c.a.), si intendono le lesioni che comportano menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti percentuali. L’entità del risarcimento del danno biologico è determinata sulla base di una tabella emanata con decreto del Presidente della Repubblica (aggiornata annualmente con decreto del MISE in base all’indice ISTAT). Il valore economico attribuito ai punti di invalidità varia a seconda dell’età del soggetto e del grado di invalidità. In particolare, tanto maggiore è il grado di invalidità, tanto maggiore è il valore dei punti. Così, una invalidità pari al 40% avrà un valore più che doppio rispetto ad una invalidità pari al 20%. Di contro, maggiore è l’età del soggetto, minore sarà il valore dei punti. Così, una invalidità del 40% riferita ad un trentenne comporterà un risarcimento superiore rispetto a quella riferita ad un settantenne. Se la menomazione incide significativamente su specifici aspetti dinamicorelazionali della persona (ad esempio il danno estetico è più grave, sotto il profilo delle relazioni sociali, per una persona che lavora nel mondo dello spettacolo), il giudice può aumentare l’ammontare del danno, determinato con i criteri tabellari, sino al 30%. Infine il danno biologico temporaneo, in misura inferiore al 100%, si determina applicando la percentuale di inabilità all’ammontare del risarcimento riconosciuto per l’inabilità assoluta (100%) per ciascun giorno di inabilità. – Per lesioni di lieve entità (art. 139 c.a.), si intendono le lesioni che comportano menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 1 e 9 punti percentuali. Anche in questo caso l’entità del risarcimento del danno biologico è determinata sulla base di una tabella emanata con decreto del Presidente della Repubblica (aggiornata annualmente con decreto del MISE in base all’indice ISTAT 2). Ed anche in questo caso il valore economico attribuito ai punti di invalidità varia a seconda dell’età del soggetto e del grado di invalidità, secondo meccanismi percentuali prestabiliti, di modo che, maggiore è l’invalidità, maggiore sarà il risarcimento secondo un meccanismo più che proporzionale; di contro, maggiore è l’età del soggetto danneggiato, minore sarà l’entità del risarcimento. Il giudice può, in casi particolari, aumentare l’importo del risarcimento sino ad 1/5. Se il danno biologico è temporaneo, viene liquidato l’importo di

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Cfr. d.m. Sviluppo Economico 17 luglio 2017.

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40,72 Euro per ogni giorno di inabilità assoluta (100%); se inferiore al 100%, al detto importo si applica la percentuale di inabilità riconosciuta. Se il soggetto danneggiato è assistito da assicurazione sociale (è il caso dei dipendenti pubblici e privati), l’ente assicurativo ha diritto al pagamento diretto dall’impresa obbligata al risarcimento delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato (ad esempio le spese di ricovero ospedaliero) (art. 142 c.a.).

Va infine ricordato che, al fine di agevolare la prevenzione e il contrasto di comportamenti fraudolenti nel settore dell’assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore, è stata istituita presso l’IVASS una «banca dati sinistri», nonché due banche dati denominate «anagrafe testimoni» e «anagrafe danneggiati» (art. 135 c.a.). Le imprese operanti nel ramo hanno l’obbligo di comunicare all’IVASS tutte le richieste di risarcimento pervenute. La consultazione della banca dati è limitata agli organi giudiziari ed alle pubbliche amministrazioni competenti nonché alle imprese di assicurazione. La disciplina analitica della banca dati è contenuta nel Regolamento 1° giugno 2009, n. 31.

§ 5. Le procedure liquidative. L’azione diretta. L’indennizzo diretto Una delle più importanti peculiarità di questa assicurazione obbligatoria, rispetto alle assicurazioni r.c. facoltative, è costituita dall’attribuzione al terzo danneggiato di un’azione diretta (nei limiti del massimale) nei confronti dell’assicuratore del veicolo responsabile del sinistro e, in taluni casi, nei confronti del proprio assicuratore (c.d. procedura di risarcimento o indennizzo diretto) (art. 144, comma 1, c.a.). Questo diritto, accordato dalla legge al terzo danneggiato, è funzionale ad un più celere e sicuro ristoro del danno subito, finalità questa logicamente collegata al regime obbligatorio. D’altra parte, come detto, l’assicuratore non può opporre al terzo le eccezioni derivanti dal contratto o le clausole che prevedono il contributo dell’assicurato al risarcimento (art. 144, comma 2, c.a.). La legge prevede un meccanismo piuttosto complesso, che inizia con la denuncia del sinistro al proprio assicuratore da parte dei proprietari dei veicoli coinvolti nel sinistro stradale (art. 143 c.a.). La denuncia va presentata compilando uno speciale modulo (il cui contenuto è disciplinato dagli artt. 13-16 del Regolamento 6 febbraio 2008, n. 13) e messo a disposizione dall’assicuratore.

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All’omessa denuncia di sinistro si applica la disciplina di cui all’art. 1915 c.c. Se il modulo è firmato da entrambi i conducenti si presume, salvo prova contraria a carico dell’assicuratore, che il sinistro sia avvenuto con le modalità e le conseguenze dichiarate. La legge non indica con quali modalità la denuncia deve essere presentata, onde può ritenersi che possa essere anche recapitata a mano all’intermediario tramite il quale la polizza è stata stipulata. Il danneggiato deve formulare la richiesta di risarcimento al proprio assicuratore utilizzando la procedura di risarcimento diretto (o indennizzo diretto), secondo le modalità stabilite nel Regolamento emanato con d.p.r. 18 luglio 2006, n. 254, nel caso di sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti, ed a cose trasportate (art. 149 c.a.). Peraltro questa procedura può essere usata, nel caso di danni alle persone, solo se il danno rientra nella categoria delle «lesioni di lieve entità» (e cioè per lesioni sino a 9 punti percentuali di invalidità) (art. 139 c.a.); inoltre non può essere utilizzata nel caso di sinistro con veicoli immatricolati all’estero o in caso di danno subito dal terzo trasportato (art. 141 c.a.). Qualora il danneggiato non accetti la somma offerta dal proprio assicuratore ovvero quest’ultimo rifiuti il risarcimento, l’azione deve necessariamente essere proposta nei confronti di quest’ultimo. Il sistema di risarcimento diretto è basato su una convenzione tra tutte le imprese autorizzate all’esercizio del ramo al fine di regolare tra i rapporti economici (art. 13, d.p.r. n. 254/2006). È infatti evidente che l’impresa che ha pagato deve in qualche modo rivalersi nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile del sinistro. Tale rivalsa avviene attraverso una «stanza di compensazione»; tale compensazione è basata su un meccanismo di oneri presuntivi e non già sugli oneri effettivamente corrisposti. Ed infatti le imprese versano alla stanza di compensazione una somma pari al costo medio dei sinistri dell’anno precedente. L’impresa che deve risarcire preleva dalla «Stanza» un analogo importo: se paga una cifra più bassa al danneggiato, la differenza va a suo vantaggio; se paga un indennizzo superiore, la differenza è a suo carico. Tale meccanismo (introdotto attraverso la CARD, ovvero Convenzione tra Assicuratori per il Risarcimento Diretto) presenta il difetto di annullare gran parte dei benefici del sistema di indennizzo diretto, in quanto le imprese sono indotte comunque a pagare indennità più basse possibili in modo da evitare di essere penalizzate dalla compensazione. Questa procedura non è applicabile alle imprese straniere che operano in regime di stabilimento o li libera prestazione di servizi se non hanno aderito al sistema di risarcimento diretto (art. 150, comma 2, c.a.). L’azione di risarcimento da parte del terzo danneggiato nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile del sinistro deve essere proposta invece nei casi in cui non sia applicabile la procedura di indennizzo diretto e può essere avanzata solo dopo che siano trascorsi 60 giorni – ovvero 90 in caso di

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danni alla persona – dalla richiesta formulata con lettera raccomandata con avviso di ricevimento (art. 145, comma 1, c.a.); la richiesta deve essere corredata dalla denuncia del sinistro sopra illustrata. Nel medesimo termine di 60 giorni l’assicuratore deve formulare una «congrua offerta», ovvero specificare i motivi per i quali non intende offrire il risarcimento (art. 148 c.a.). Se la denuncia del sinistro è firmata da entrambe le parti, il termine di 60 giorni è ridotto a 30. Pendenti i termini di cui sopra il danneggiato deve consentire all’assicuratore gli accertamenti, anche sulla persona, necessari per la quantificazione del danno (art. 148, comma 3, c.a.). Qualora la richiesta di risarcimento non contenga tutti gli elementi necessari per la valutazione del danno, l’assicuratore può, entro 30 giorni, chiedere le necessarie integrazioni. In quest’ultimo caso il termine per la comunicazione dell’offerta o del diniego dell’offerta inizia a decorrere dal ricevimento delle integrazioni (art. 148, comma 5, c.a.). Se il danneggiato accetta l’offerta dell’impresa, quest’ultima deve provvedere alla liquidazione dell’importo entro 15 giorni dall’accettazione. Il pagamento della somma offerta deve essere effettuato nel medesimo termine anche se il danneggiato rifiuta l’offerta dell’assicuratore ovvero non fa pervenire alcuna risposta all’assicuratore (art. 148, commi 6, 7 e 8, c.a.). Come detto, l’azione giudiziaria nei confronti dell’assicuratore del veicolo responsabile del sinistro, ovvero nei confronti del proprio assicuratore nel caso di procedura di risarcimento diretto, può essere proposta solo dopo che siano trascorsi 60 giorni (90 per i danni alla persona) dalla citata richiesta all’assicuratore. Se durante il giudizio (anche penale), il terzo viene a trovarsi in stato di bisogno a causa del sinistro (ad esempio perché temporaneamente non abile al lavoro), il giudice, se da un sommario accertamento risultano gravi elementi di responsabilità a carico dell’assicurato responsabile del sinistro, può concedere una somma, a titolo di provvisionale, a favore del danneggiato, nella misura dei 4/5 della somma presumibilmente liquidabile in sentenza, da imputare alla liquidazione definitiva (art. 147).

Va infine ricordato che il d.m. 29 ottobre 2008, n. 191 prevede e disciplina il diritto di accesso agli atti relativi ai sinistri da parte dei contraenti, assicurati e danneggiati nei confronti delle imprese di assicurazione relativamente ai procedimenti di valutazione, constatazione e liquidazione dei danni che li riguardano.

§ 6. Il Fondo di garanzia per le vittime della strada Allo scopo di evitare che le finalità della legge vengano vanificate ogniqualvolta non sia stato rispettato l’obbligo dell’assicurazione o il sinistro sia

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stato causato da un veicolo (o natante) non identificato, è costituito (art. 283 ss. c.a.) il «Fondo di garanzia per le vittime della strada», il quale provvede al risarcimento nei seguenti casi: a) nell’ipotesi di sinistro causato da un veicolo (o natante) non identificato; in questo caso però il risarcimento è dovuto per i soli danni alla persona; b) nell’ipotesi di veicolo (o natante) sprovvisto di copertura assicurativa (sia perché mai stipulata, sia perché inoperante per mancato pagamento del premio), in questo caso la legge prevede una franchigia assoluta di 500 Euro; c) nell’ipotesi in cui il veicolo (o natante) risulti assicurato con impresa operante nel territorio italiano in regime di stabilimento o di liberta di prestazione di servizi che, al momento del sinistro, o successivamente, sia posta in liquidazione coatta amministrativa; in questo caso il risarcimento è dovuto per intero; d) nell’ipotesi che il veicolo sia stato posto in circolazione contro la volontà del proprietario o dell’assicurato (ad esempio in caso di furto del mezzo); anche in questo caso il risarcimento è dovuto per intero. Il Fondo è amministrato, sotto la vigilanza del MiSE, dalla CONSAP (cfr. supra, Parte I, Cap. I, § 1), ed è alimentato dai contributi dovuti da tutte le imprese autorizzate all’esercizio del ramo, in proporzione del rispettivo portafoglio (art. 285 c.a.). Condizioni e modalità di amministrazione, di intervento e di rendiconto del Fondo di garanzia per le vittime della strada (e del Fondo di garanzia per le vittime della caccia) sono contenute nel regolamento ministeriale di cui al d.m. 28 aprile 2008, n. 98.

Il risarcimento deve essere richiesto all’impresa designata alla liquidazione dei risarcimenti dovuti dal Fondo, la quale provvede alla liquidazione secondo le modalità stabilite dal citato regolamento ministeriale (la designazione delle imprese è devoluta al Ministero dello Sviluppo Economico) (art. 286 c.a.). La richiesta di risarcimento deve essere inviata anche alla CONSAP, quale gestore del Fondo di garanzia per le vittime della strada, mentre l’eventuale azione giudiziaria deve essere proposta nei confronti della sola impresa designata (art. 287 c.a.). Il Fondo pertanto non ha una sua organizzazione per la liquidazione delle somme dovute a titolo di risarcimento, ma opera attraverso compagnie autorizzate all’esercizio del ramo e designate in via amministrativa, le quali, una volta pagati i risarcimenti, vengono rimborsate dal Fondo.

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Naturalmente, anche in questo caso, il danneggiato può scegliere la via più semplice della richiesta di risarcimento diretto al proprio assicuratore. Nell’ipotesi in cui l’impresa assicuratrice del responsabile del sinistro sia stata posta in liquidazione coatta amministrativa, la richiesta di risarcimento deve essere inviata al commissario liquidatore, il quale può essere autorizzato a liquidare i risarcimenti per conto del Fondo di garanzia per le vittime della strada, con somme anticipate a tal fine dalla CONSAP (artt. 293-294 c.a.). L’eventuale azione giudiziaria può essere proposta nei confronti della liquidazione coatta, ma non prima di sei mesi dalla richiesta di risarcimento (art. 294 c.a.). Invece gli assicurati con imprese in liquidazione coatta amministrativa possono far valere i loro diritti (ad esempio nel caso vogliano seguire la procedura di risarcimento diretto) nei confronti della CONSAP in persona del commissario liquidatore della procedura cui è sottoposta l’impresa con la quale sono assicurati (art. 295 c.a.).

Va rilevato che presso la CONSAP è istituito anche il Fondo di garanzia per le vittime della caccia.

§ 7. Il risarcimento del danno derivante da sinistri avvenuti all’estero. Il «Centro di informazione italiano» e l’«Organismo di indennizzo italiano» Per rendere agevoli le procedure risarcitorie relative a sinistri avvenuti negli Stati membri dell’Unione Europea, la legge detta regole organizzative specifiche per i sinistri avvenuti all’estero (artt. 151-155 c.a.). A tal fine ogni Stato membro deve istituire un «Centro di informazione» con la funzione di registrare le targhe dei veicoli che stazionano abitualmente nel proprio territorio, le polizze e le imprese con le quali tali veicoli sono assicurati. Ciò al fine di permettere, a coloro che hanno subito danni a persone o cose in uno Stato membro diverso da quello di residenza, l’individuazione del responsabile del sinistro (art. 151 c.a.). Il Centro di informazione italiano, istituito presso l’ISVAP (art. 154 c.a.), deve tenere un registro da cui risultino i suddetti dati, e deve assistere gli aventi diritto ai risarcimenti nell’accesso alle informazioni contenute nel registro. I dati devono essere comunicati al Centro di informazione dalle im-

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Il contratto di assicurazione

prese assicuratrici. Le modalità di funzionamento del Centro di informazione italiano sono contenute nel Regolamento 23 maggio 2006, n. 3. Infine ogni impresa operante in altri Stati membri deve comunicare ai centri di informazione degli Stati ove opera il nome e l’indirizzo del proprio mandatario per la liquidazione dei sinistri (art. 152 c.a.), il quale deve risiedere nello Stato ove l’impresa opera. Il mandatario può operare anche per più imprese ed ha la funzione di addivenire ad una celere liquidazione dei sinistri. Nel caso in cui un residente nel territorio italiano abbia subito un danno a seguito di un sinistro avvenuto in altro Stato membro, e non sia in grado di ottenere il risarcimento perché: – il veicolo staziona abitualmente in altro Stato membro ed ivi è assicurato, ma l’impresa non abbia designato un mandatario per la liquidazione dei sinistri ovvero non abbia risposto alla richiesta di risarcimento; – non è stato possibile individuare il veicolo responsabile; – non è stato possibile individuare l’impresa assicuratrice del veicolo responsabile; – il risarcimento può essere richiesto all’Organismo di indennizzo italiano, le cui funzioni sono attribuite alla CONSAP (artt. 296-298 c.a.). Le richieste di risarcimento devono essere indirizzate all’Organismo di indennizzo italiano secondo il regolamento adottato dal MSE. L’Organismo di indennizzo italiano, qualora abbia pagato il risarcimento, ha diritto di rimborso nei confronti dell’omologo Organismo di indennizzo dello Stato membro ove è stata stipulata la polizza di assicurazione del veicolo responsabile del sinistro (art. 299 c.a.).

L’assicurazione del credito e l’assicurazione fideiussoria o cauzionale

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CAPITOLO XIII

L’ASSICURAZIONE DEL CREDITO E L’ASSICURAZIONE FIDEIUSSORIA O CAUZIONALE SOMMARIO: 1. L’assicurazione del credito: principi generali. – 2. L’assicurazione del credito: il sinistro e la liquidazione del danno. – 3. L’assicurazione fideiussoria o cauzionale. – 4. L’assicurazione del credito all’esportazione.

§ 1. L’assicurazione del credito: principi generali L’assicurazione del credito ha la funzione di garantire il creditore dal rischio del mancato adempimento da parte del debitore in relazione ad una obbligazione pecuniaria. È una operazione rivolta prevalentemente alle imprese che operano attraverso la concessione del credito alla clientela (che può essere costituita da altre imprese o da consumatori). Si tratta di vera e propria assicurazione avente ad oggetto il rischio dell’inadempimento da parte di terzi idoneo a determinare un danno patrimoniale all’assicurato, e non di fideiussione. L’operazione pertanto rientra concettualmente nelle assicurazioni del patrimonio, con le particolarità già evidenziate, posto che l’interesse assicurato ha per oggetto rapporti ben individuati. Può essere stipulata in relazione a determinati crediti ovvero, come più frequentemente accade, in forma globale (quindi in relazione ad una massa omogenea di crediti), al fine di attenuare il rischio assunto dall’assicuratore. Tuttavia, per evitare che l’assicurato sottoponga ad assicurazione solo i crediti per i quali presume un più difficile realizzo (c.d. antiselezione), il contratto è normalmente obbligatorio per l’assicurato, che deve dunque sottoporre ad assicurazione tutti i crediti che rientrano in un determinato portafoglio (ad esempio tutti i crediti derivanti da vendite a rate). Si tratta comunque di una operazione disciplinata esclusivamente in via

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Il contratto di assicurazione

convenzionale dalle polizze, anche se costituisce un ramo oggetto di apposita autorizzazione (art. 2, comma 2, n. 14, c.a.).

§ 2. L’assicurazione del credito: il sinistro e la liquidazione del danno Anche in questo tipo di assicurazione il sinistro presenta due fasi distinte. Il momento costitutivo del credito e il momento nel quale è accertata la c.d. «perdita del credito» in conseguenza della accertata incapacità del debitore ad adempiere. Il sinistro è costituito dal secondo momento; il primo è determinante ai fini della copertura assicurativa. L’assicuratore risponde pertanto per i crediti sorti durante l’assicurazione, ma l’obbligo di corrispondere l’indennità sorge solo al momento in cui è accertata la perdita del credito. Il concetto di «perdita del credito» deve interpretarsi come definitiva impossibilità per il debitore di adempiere l’obbligazione pecuniaria. Le polizze fanno spesso riferimento al concetto di «insolvenza», che peraltro ha giuridicamente un significato ben preciso, non sempre adattabile alle situazioni concrete. Ed infatti, se certamente costituisce perdita (totale o parziale) del credito la liquidazione giudiziale o altra procedura concorsuale cui è sottoposto il debitore (se imprenditore agricolo o commerciale), vale ugualmente a costituire perdita del credito un’esecuzione infruttuosa sui beni del debitore che, d’altra parte, può anche non essere un imprenditore commerciale. Il creditore assicurato, in ossequio agli obblighi di avviso e salvataggio, ha il dovere di comunicare tempestivamente all’assicuratore l’inadempimento e di esperire le azioni cautelari ed esecutive a tutela del credito. Le spese sostenute a tal fine sono pertanto soggette alla disciplina di cui all’art. 1914 c.c. L’assicuratore che ha pagato l’indennità ha naturalmente diritto di surroga verso il debitore inadempiente secondo i principi di cui all’art. 1916 c.c. L’assicuratore può anche scegliere di pagare l’indennità e procedere all’escussione del credito in via surrogatoria, così accelerando le operazioni di liquidazione, e può anche liquidare anticipazioni in attesa del definitivo accertamento del sinistro.

L’assicurazione del credito e l’assicurazione fideiussoria o cauzionale

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§ 3. L’assicurazione fideiussoria o cauzionale L’assicurazione fideiussoria (o cauzionale) ha una funzione analoga all’assicurazione del credito, tuttavia le parti sono sostanzialmente invertite: il contraente è il debitore (il quale assume gli obblighi contrattuali) e assicurato è il terzo creditore (che è beneficiario della prestazione). Si tratta pertanto di assicurazione a favore di terzo. La denominazione deriva dalla funzione dell’operazione, la quale spesso viene utilizzata in sostituzione di una cauzione in denaro che una parte è obbligata a prestare all’altra a garanzia dell’esatto adempimento della prestazione dedotta in contratto. Essa è obbligatoria in taluni contratti con la pubblica amministrazione, come, ad esempio, negli appalti di opere pubbliche. Il vantaggio dell’operazione sta quindi nella possibilità di evitare l’immobilizzazione di capitali a costo ridotto. Come ormai chiarito dalla dottrina e dalla giurisprudenza si tratta di vera e propria fideiussione e non di assicurazione, mancando di alcuni elementi essenziali di quest’ultima, primo tra tutti il tipico rischio assicurativo, posto che il sinistro è determinato (anche volontariamente) dal contraente il quale non adempie, o non adempie esattamente, la propria prestazione (cfr. art. 1900 c.c.). Pertanto l’assicuratore escusso dal terzo creditore, ha diritto di rivalsa nei confronti del contraente (artt. 1949-1450 c.c.). In secondo luogo l’assicuratore non può opporre al creditore nessuna eccezione derivante dal contratto, neppure eventuali dichiarazioni inesatte o reticenze o il mancato pagamento del premio. Se la polizza è stipulata «a prima richiesta» l’assicuratore deve pagare appena pervenuta la richiesta di escussione della fideiussione, senza possibilità di verifica dell’inadempimento e anche in presenza di opposizione del contraente-debitore. Nei contratti con le pubbliche amministrazioni, la liberazione dell’assicuratore non è automatica al termine del rapporto garantito, ma occorre una specifica dichiarazione liberatoria da parte dell’amministrazione stessa. Anche il regime della prescrizione sfugge alle regole dell’art. 2952 c.c. applicandosi il regime ordinario (art. 2946 c.c.). Così come si rende inapplicabile la disciplina prevista in caso di liquidazione giudiziale sia del contraente che dell’assicurato.

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§ 4. L’assicurazione del credito all’esportazione L’assicurazione del credito all’esportazione di merci e di servizi è un particolare settore demandato dalla legge ad una società specializzata: la SACE s.p.a. – Servizi Assicurativi del Commercio Estero (società nata dalla trasformazione, operata con l’art. 6 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326, modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, dell’Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero, istituito con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 143 come modificato dal d.lgs. 27 maggio 1999, n. 170). Il capitale sociale è interamente detenuto dalla Cassa Depositi e Prestiti s.p.a. Nata come Sezione speciale dell’INA (legge 24 maggio 1977, n. 227), la sua istituzione venne determinata essenzialmente dai gravi danni che, negli anni ‘70 del secolo scorso, molte imprese italiane subirono a causa dell’insolvenza, specie da parte di paesi medio-orientali, in relazione ad importanti commesse di appalto. È soggetta alle disposizioni del codice delle assicurazioni per le attività che non beneficiano della garanzia dello Stato (art. 345, comma 2, c.a.). Le funzioni ed i rischi assicurabili, originariamente limitati essenzialmente a due tipologie di operazioni, e cioè l’assicurazione del credito contro il rischio di insolvenza da parte di committenti stranieri, e la prestazione di garanzie fideiussorie al fine di garantire l’esatto adempimento dell’obbligazione assunta dai committenti esteri, sono state recentemente ampliate. La determinazione delle funzioni e dei rischi assicurabili è affidata al CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), il quale li ha stabiliti da ultimo con la delibera 28 giugno 2007, n. 62 ai sensi della quale SACE può: a) assicurare, riassicurare, coassicurare e garantire i rischi cui sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le società, anche estere, a questi collegate o da questi controllate, nella loro attività con l’estero e di internazionalizzazione; b) assicurare, riassicurare, coassicurare e garantire i rischi relativi ad operazioni che siano di rilievo strategico per l’economia italiana sotto i profili dell’internazionalizzazione, della sicurezza economica e dell’attivazione dei processi produttivi e occupazionali, anche in assenza di operatori nazionali o di società, anche estere, a questi collegate o da questi controllate. Le garanzie e le coperture assicurative: a) riguardano i rischi di carattere politico, catastrofico, economico, com-

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merciale e di cambio, nonché ogni altro rischio ad essi connesso, complementare o strumentale; b) possono essere concesse in ogni modalità e forma propria dei mercati in cui SACE S.p.a., direttamente o indirettamente, opera; c) riguardano finanziamenti comunque denominati ed effettuati; d) possono essere rilasciate anche a banche nazionali o estere, nonché ad operatori finanziari italiani o esteri, quando rispettino adeguati principi di organizzazione, vigilanza, patrimonializzazione e operatività.

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Le assicurazioni contro i danni alla persona

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CAPITOLO XIV

LE ASSICURAZIONI CONTRO I DANNI ALLA PERSONA SOMMARIO: 1. L’assicurazione contro gli infortuni: principi generali. – 2. L’assicurazione contro gli infortuni: il sinistro e la liquidazione dell’indennità. – 3. Le assicurazioni contro le malattie.

§ 1. L’assicurazione contro gli infortuni: principi generali L’assicurazione contro gli infortuni ha per oggetto il ristoro del danno economico conseguente un infortunio, e cioè una lesione alla persona determinata da una causa fortuita, violenta ed esterna, obiettivamente constatabile, idonea a determinare una invalidità (temporanea o permanente) o la morte. Nel primo caso (invalidità temporanea o permanente) non si dubita della qualificazione dell’assicurazione come assicurazione contro i danni, seppure con la particolarità di avere per oggetto un danno alla persona e non alle cose (con le conseguenze che saranno esaminate più avanti in tema di indennità); nel secondo l’operazione rientra più propriamente nell’ambito dell’assicurazione sulla vita. Così, con riferimento alla invalidità (temporanea o permanente), deve sussistere un interesse al risarcimento da parte del beneficiario (se persona diversa dal soggetto sulla cui persona è stipulata l’assicurazione) (art. 1904 c.c.), come, d’altra parte, si rendono applicabili le norme in tema di avviso, salvataggio e surroga dell’assicuratore, anche se quest’ultima spesso derogata dalle polizze (cfr. art. 1916, ultimo comma, c.c.). In virtù della circostanza che oggetto del rischio non è una cosa ma una persona, e conseguentemente non può attribuirsi un valore economico al danno, resta invece esclusa l’applicazione del principio indennitario e delle

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norme ad esso legate, e cioè degli artt. 1905-1909 c.c. (limiti del risarcimento, vizi della cosa, valore della cosa assicurata, assicurazione parziale, sovrassicurazione). Su questo punto vi è peraltro contrasto: la giurisprudenza infatti non esclude l’applicazione del principio indennitario alle assicurazioni infortuni, con la conseguente applicazione del principio di cui all’art. 1908 c.c., sulla limitazione dell’indennità all’effettivo danno subito, in ipotesi di infortunio non mortale (nel caso di specie si è ritenuto applicabile l’art. 1910 in tema di assicurazione presso diversi assicuratori); così anche l’applicazione dell’art. 1906 c.c. sui vizi della cosa è da taluni ritenuta applicabile a questo tipo di assicurazione. Con riferimento al caso morte, si rendono pienamente applicabili invece le norme in tema di assicurazione sulla vita per il caso di morte, con la sola eccezione del caso di mancato pagamento del premio, al quale si applica comunque la regola di cui all’art. 1901 c.c. In definitiva, se le ipotesi previste in polizza sono, non solo l’invalidità, ma anche la morte, si tratta, come detto, di un contratto complesso. Poiché l’evento deve essere fortuito, trova applicazione anche il principio generale di cui all’art. 1900 c.c. Le polizze possono garantire qualunque tipo di infortunio, ovvero, più di sovente, solo gli infortuni derivanti da particolari attività dell’assicurato (ad esempio l’attività lavorativa, un’attività sportiva, ecc.). La polizza può essere poi stipulata, oltre che in forma individuale, in forma collettiva, assicurando in quest’ultimo caso una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad una determinata categoria (ad esempio i dipendenti di un’azienda, gli atleti aderenti ad un’associazione o federazione sportiva, tutti i passeggeri trasportati, ecc.). Infine il contratto può essere stipulato dallo stesso soggetto alla cui persona è riferito il rischio, oppure il contraente può essere persona diversa dagli assicurati (ad esempio il datore di lavoro per gli infortuni che possono colpire i dipendenti o il vettore per gli infortuni ai passeggeri). In quest’ultimo caso, il contratto si qualifica come assicurazione a favore di terzi e, pertanto, gli obblighi contrattuali sono in capo al contraente mentre la prestazione dell’assicuratore va a beneficio degli assicurati. È discusso se il beneficiario possa essere persona diversa da quella sulla cui persona è riferito il rischio (ad esempio il datore di lavoro che, a seguito dell’infortunio del dipendente, può perdere una prestazione lavorativa essenziale). La questione è dubbia e va risolta caso per caso. Dubbi non sussistono invece in caso di morte dell’assicurato a seguito dell’infortunio, ove la prestazione deve necessariamente seguire le regole proprie dell’assicurazione sulla vita (art. 1920 c.c.).

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Infine particolare rilievo assumono le dichiarazioni precontrattuali. Le polizze infatti prevedono minuziose cause di non assicurabilità (ad esempio l’uso di alcool o stupefacenti, l’età, di norma non superiore ai 75 anni, l’infermità mentale, ecc.) o di esclusione della garanzia (ad esempio eventi catastrofici).

§ 2. L’assicurazione contro gli infortuni: il sinistro e la liquidazione dell’indennità Il sinistro è rappresentato dall’infortunio; tuttavia, come detto, diversi possono essere gli esiti dell’infortunio contemplati in polizza: la sola invalidità (temporanea o permanente) o, più di sovente, anche la morte. Poiché, come accennato, non è possibile ricorrere ad una valutazione economica del danno, in caso di invalidità temporanea viene prevista una diaria giornaliera per ogni giorno di invalidità, che viene ridotta percentualmente in caso di invalidità temporanea parziale; in caso di invalidità permanente totale e di morte il contratto prevede la corresponsione di una somma prestabilita; se l’invalidità permanente è parziale, viene corrisposta una percentuale della somma in corrispondenza della percentuale dell’invalidità. La somma massima è liberamente determinata dalle parti ed ad essa è commisurato il premio. In caso di disaccordo le polizze prevedono il ricorso ad un arbitrato irrituale affidato a tre arbitri (medici), di cui due scelti dalle parti ed il terzo di comune accordo dai primi o, in caso di disaccordo, da un soggetto terzo (ad esempio l’ordine dei medici). Tuttavia il ricorso all’arbitrato è solamente facoltativo, potendo l’assicurato ricorrere in alternativa alla giudice ordinario.

§ 3. Le assicurazioni contro le malattie L’assicurazione danni alla persona da malattia è sostanzialmente analoga alla assicurazione infortuni. La differenza sostanziale è costituita dalla causa che determina l’invalidità o la morte. La malattia è costituita da uno stato morboso che si manifesta all’interno del corpo umano, e non da un evento violento ed esterno al corpo umano come l’infortunio. Le polizze comunque si fanno carico di delimitare il rischio con definizioni più o meno accurate.

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Il contratto di assicurazione

Il rischio assicurabile, a differenza dell’assicurazione infortuni, è normalmente solo il caso di invalidità temporanea, che viene indennizzata attraverso la corresponsione di una diaria giornaliera. La legge prevede anche contratti di durata poliennale, o con obbligo di rinnovo da parte dell’assicuratore, a premio fisso calcolato in relazione all’età dell’assicurato al momento della stipula, per i quali stabilisce che l’assicuratore può recedere a seguito di sinistro solo entro i primi due anni dalla stipula (cfr. art. 37, comma 8, c.a.). Si tratta di contratti che hanno la funzione di tutelare l’assicurato nel caso di insorgenza di malattie che possono determinare il recesso dell’assicuratore proprio nel momento di maggiore bisogno. In realtà si tratta di una formula poco utilizzata in Italia. Non molto utilizzata è anche la «permanent health insurance», pure prevista come ramo IV (art. 2, comma 1, c.a.) (cfr. art. 1, n. 1, lett. d, direttiva 79/267/CEE). Si tratta di assicurazione, praticata in Irlanda e nel Regno Unito, contro le malattie e contro il rischio di non autosufficienza che prevede una lunga durata e non è rescindibile da parte dell’assicuratore. Poiché l’indennità è rappresentata da una rendita rapportata al grado di invalidità, è prevista dalla legge tra i rami vita e non tra i rami danni.

Le assicurazioni trasporti

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CAPITOLO XV

LE ASSICURAZIONI TRASPORTI SOMMARIO: 1. Profili generali. – 2. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: i soggetti, l’oggetto e la durata del contratto. – 3. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di cose. – 4. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di responsabilità. – 5. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni infortuni. – 6. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il rischio. In particolare il rischio putativo. – 7. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il sinistro. Gli obblighi di avviso e salvataggio. – 8. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: la liquidazione dell’indennità. Liquidazione per avaria e liquidazione per abbandono.

§ 1. Profili generali Le assicurazioni trasporti sono operazioni che hanno la funzione di tenere indenne l’assicurato dai danni che possono derivare dagli eventi tipici del trasporto. Rientrano in questo ambito le assicurazioni delle cose trasportate (merci, bagagli, ecc. – cfr. ramo 7, art. 2, comma 2, c.a.), le assicurazioni dei mezzi di trasporto (c.d. assicurazione «corpi» – cfr. rami 3, 4, 5 e 6, art. 2, comma 2, c.a.), e le assicurazioni contro la responsabilità civile (cfr. rami 10, 11 e 12, art. 2, comma 2, c.a.); nelle assicurazioni marittime l’assicurazione può coprire anche i profitti sperati (sulle merci) e il nolo (da guadagnare ovvero quello anticipato o dovuto). I danni alle persone (equipaggio, passeggeri) rientrano nel campo delle assicurazioni infortuni. Questa categoria di assicurazioni può dividersi in due principali specie: le assicurazioni terrestri e le assicurazioni marittime ed aeronautiche. Le prime riguardano ogni tipo di trasporto su terra (su gomma o rotaia) e sono regolate dalle norme generali del codice civile ed, in via convenzionale, da polizze tipo. Le seconde riguardano ogni tipo di trasporto su acqua (per mare, fiume o lago) o per aria e rivestono, specie sotto il profilo della disciplina, mag-

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giore importanza in quanto ad esse si applica la disciplina dettata dal codice della navigazione e, solo in via sussidiaria, quella del codice civile (art. 1885 c.c.), oltre che essere regolate da convenzioni internazionali e, in via convenzionale, dalle polizze tipo. La disciplina della navigazione aerea è stata profondamente modificata dal d.lgs. 9 maggio 2005, n. 96, entrato in vigore il 21 ottobre 2005, con il quale si è voluta introdurre una normativa moderna ed organica del settore. Di conseguenza è stata modificata anche la disciplina contenuta nel codice della navigazione. La peculiarità della disciplina del trasporto marittimo ed aereo deriva, da un lato, dall’origine storica delle assicurazioni marittime, indicate come le prime vere e proprie operazioni assicurative; d’altro canto dal particolare elemento tecnico-ambientale che caratterizza la navigazione e la tipologia di rischi conseguente.

§ 2. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: i soggetti, l’oggetto e la durata del contratto Le assicurazioni marittime sono disciplinate, come detto, dalle norme dettate dal codice della navigazione (artt. 514-547) e, per quanto da queste non disposto, dalle norme del codice civile. Le assicurazioni aeronautiche sono disciplinate dalle medesime norme (art. 1021 c.n.), fatta eccezione per gli artt. 515, comma 2, 527 e 538, e, in via esclusiva, dagli artt. 1001-1021 c.n., nonché dal Regolamento 21 aprile 2004, n. 785/2004/CE. Soggetti del contratto sono l’assicuratore ed il contraente. Il contraente può stipulare per conto proprio, ed in tal caso assume la qualifica di assicurato, o per conto altrui (o per conto di chi spetta) qualora il soggetto esposto al rischio sia un’altra persona. La polizza deve essere stipulata per iscritto ai sensi dell’art. 1888 c.c.; tuttavia talvolta l’assicuratore emette una lettera di copertura ed un «certificato di sicurtà» in sostituzione del contratto. L’oggetto del contratto può essere rappresentato, come detto, da un rischio per danni a cose o per responsabilità civile. Quella per danni a persone è tipica delle assicurazioni aeronautiche. La durata dell’assicurazione della nave può essere pattuita «a tempo» o «a viaggio». Nel primo caso (quando ad esempio si vuole assicurare una serie di spedizioni) la durata non supera normalmente l’anno ed ha effetto dalle ore 24

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del giorno della conclusione del contratto alle ore 24 del giorno di scadenza. Tuttavia, se l’assicurazione scade durante il viaggio, è prorogata di diritto sino alle ore 24 del giorno in cui la nave giunge a destinazione e l’assicuratore ha diritto ad un supplemento di premio (art. 530 c.n.). L’assicurazione stipulata a viaggio ha effetto dal momento di imbarco delle merci sino al compimento delle operazioni di scaricazione o, se non sono imbarcate merci, dal momento in cui la nave muove dal porto di partenza sino al momento in cui è ancorata od ormeggiata. Le operazioni di scaricazione non possono superare il ventesimo giorno dall’arrivo (art. 531 c.n.). Anche la durata dell’assicurazione dell’aeromobile può essere pattuita «a tempo» o «a viaggio». L’assicurazione a viaggio ha effetto dall’inizio delle manovre di decollo sino al termine di quelle di atterraggio nel luogo di destinazione. L’assicurazione resta sospesa, salvo patto contrario, in caso di interruzione temporanea del viaggio a meno che l’interruzione non sia dipesa da sinistro a carico dell’assicuratore o dalle condizioni atmosferiche (art. 1004 c.n.). La durata dell’assicurazione delle merci ha effetto dal caricamento sino allo sbarco; lo sbarco non può essere protratto oltre i 30 giorni (art. 532 c.n.). L’assicurazione delle merci trasportate con aeromobile ha invece effetto dal momento della consegna delle merci al vettore a quello della riconsegna al destinatario (art. 1005 c.n.).

§ 3. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di cose A) Assicurazione della nave o dell’aeromobile (assicurazione corpi) L’assicurazione della nave copre la nave e le sue pertinenze. Possono esservi comprese le spese di armamento ed equipaggiamento (art. 515 c.n.). In deroga al principio di cui all’art. 1908 c.c., la dichiarazione del valore della nave contenuta in polizza, se non vi sono clausole contrarie, equivale a stima (art. 515, comma 2, c.n.). Pertanto, salvo diversa previsione, il valore assicurato corrisponde al valore assicurabile. L’assicurazione dell’aeromobile copre l’aeromobile e le sue pertinenze e le parti separabili (ad esempio le eventuali eliche) (art. 1001 c.n.). L’assicurazione dell’aeromobile, durante la sosta in aviorimessa od altro luogo chiuso, è limitata al solo rischio incendio (art. 1002 c.n.); la limitazione si spiega perché, in tale situazione, è escluso qualsiasi rischio della navigazione aerea.

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Per il medesimo motivo l’assicuratore non risponde altresì per i danni alla strumentazione di bordo, se non derivanti da sinistro in volo, né dei danni al motore e parti accessorie (eliche, serbatoi), se non per cause esterne perturbatrici del normale funzionamento dell’aeromobile. Tuttavia risponde dei danni conseguenti il sinistro causato dal guasto di uno dei predetti elementi (art. 1003 c.n.). B) Assicurazione delle merci L’assicurazione (marittima) delle merci copre il valore di queste, in stato sano, al luogo di destinazione ed al tempo della scaricazione (art. 516 c.n.). Si tiene conto pertanto del valore che le merci presumibilmente avrebbero avuto al momento dell’arrivo, valore che ben può essere diverso (normalmente superiore) rispetto a quello al momento dell’imbarco. Se tale determinazione non è possibile, il valore è dato dal prezzo delle merci nel luogo ed al tempo della caricazione, aumentato del 10% a titolo di profitto sperato, nonché delle spese fino a bordo, del nolo dovuto o anticipato ad ogni evento, del premio e delle spese di assicurazione (art. 516 c.n.). Si tiene pertanto conto di tutti quegli elementi che avrebbero concorso ad elevare il valore delle merci nel momento della scaricazione. Quest’ultimo meccanismo è previsto in via esclusiva per la determinazione del valore delle merci nell’assicurazione aeronautica (art. 1001, comma 2, c.n.). Il Regolamento CE n. 785/2004 sui vettori aerei e gli esercenti di aeromobili stabilisce comunque coperture assicurative minime sia per le merci che per i bagagli (art. 6). Come già osservato l’assicurazione delle merci è molto spesso stipulata in forma di abbonamento (cfr. supra, Cap. X, § 3A). Nel caso (frequente) di alienazione delle merci durante l’assicurazione, il cambiamento dell’assicurato, in deroga al principio di cui all’art. 1918 c.c., non comporta obbligo di comunicazione alcuna, e l’assicurazione continua a favore del nuovo assicurato, e, né quest’ultimo, né l’assicuratore, possono, per tale motivo, recedere dal contratto (art. 517 c.n.). La spiegazione è facilmente data dalla circostanza che spesso l’assicurazione è contratta per conto di chi spetta o con l’emissione di polizza all’ordine o al portatore, onde non avrebbe avuto senso una disciplina più rigorosa negli altri casi. C) Assicurazione dei profitti sperati L’assicurazione dei profitti sperati costituisce autonoma pattuizione, ed è finalizzata al ristoro del danno derivante dal mancato aumento di valore

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commerciale delle merci, e pertanto il rischio è costituito dal mancato «felice arrivo delle merci a destinazione» (art. 528 c.n.). Essa copre il maggior valore commerciale che, al momento della conclusione dell’assicurazione, può prevedersi avranno le merci al loro arrivo, in stato sano, al luogo di destinazione, dedotte le spese di trasporto e quelle di assicurazione (art. 518 c.n.). D) Assicurazione del nolo L’assicurazione del nolo, e cioè il corrispettivo per l’utilizzazione della nave o dell’aeromobile, si distingue in «nolo da guadagnare», e cioè il profitto realizzato dal noleggiante, e «nolo anticipato o dovuto», e cioè la somma dovuta dal noleggiatore. Nel primo caso assicurato è il noleggiante; nel secondo, il noleggiatore. Nell’assicurazione del «nolo da guadagnare» l’assicuratore risponde della perdita totale o parziale del diritto del noleggiante al nolo, conseguente al verificarsi di un sinistro della navigazione (art. 529 c.n.). La legge distingue tra «nolo lordo», e cioè «il nolo per l’intero ammontare pattuito nel contratto di utilizzazione della nave» (o dell’aeromobile) (art. 519, comma 1, c.n.), e «nolo netto», determinato, salva diversa convenzione, nel 60% del nolo lordo (art. 519, comma 2, c.n.); pertanto, in assenza di specifica pattuizione, si intende assicurato il nolo lordo (art. 519, comma 3, c.n.). All’assicurazione del nolo da guadagnare si applicano, in quanto compatibili, le norme che regolano l’assicurazione della nave (art. 519, comma 4, c.n.).

Se per legge o per contratto il prezzo del nolo è dovuto comunque dal noleggiatore, anche nel caso in cui, per eventi della navigazione, le merci siano perite o danneggiate, il relativo danno è coperto dall’assicurazione del «nolo anticipato» (se già pagato dal noleggiatore) o «dovuto ad ogni evento» (se ancora da corrispondere). A tale assicurazione si applicano le norme sull’assicurazione delle merci, se il nolo riguarda il corrispettivo del trasporto delle merci; quelle dell’assicurazione della nave, se il nolo riguarda il noleggio o la locazione della nave (art. 520 c.n.). L’assicurazione del «nolo sperato» rientra invece nell’ambito dell’assicurazione dei profitti sperati, e copre il rischio per il noleggiante di non potere, per eventi imprevisti, guadagnare il prezzo del nolo futuro già pattuito.

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§ 4. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di responsabilità Le assicurazioni di responsabilità per i rischi della navigazione sono in tutto e per tutto assicurazioni della responsabilità civile. Queste assicurazioni possono avere ad oggetto: A) le somme dovute «per contribuzione in avaria comune», B) le somme dovute «per ricorso di terzi danneggiati da urto» e C) le «spese di assistenza e salvataggio». Esclusive della navigazione aerea sono poi: le assicurazioni per danni a terzi sulla superficie e le assicurazioni per danni da urto. A) Assicurazione per contribuzione in avaria comune Questa assicurazione è normalmente stipulata congiuntamente all’assicurazione della nave (o dell’aeromobile). L’art. 526 c.n. dispone infatti che «l’assicuratore risponde nei limiti del contratto delle somme dovute dall’assicurato per contribuzione in avaria comune». Costituiscono avarie comuni «le spese e i danni direttamente prodotti dai provvedimenti ragionevolmente presi, a norma dell’art. 302, dal comandante, o da altri in sua vece, per la salvezza della spedizione»; essi «vengono ripartiti fra tutti gli interessati alla spedizione stessa» (art. 469 c.n.). Va peraltro rilevato che, nell’ambito della navigazione internazionale, sono di costante applicazione negoziale le «Regole di York e Anversa» del 2016, cui fanno riferimento le polizze, parzialmente differenti rispetto al contenuto del citato art. 469 c.n. Per aversi avaria comune occorre che l’evento sia determinato da una decisione del comandante, e cioè da un atto intenzionale diretto a proteggere da un pericolo la nave e quanto da essa trasportato. Il concetto di avaria (e cioè il danno) comprende sia i danni materiali a cose (l’imbarcazione o il carico – avarie-danni), sia le spese effettuate per evitare danni materiali o per limitarne gli effetti (ad esempio, le spese di riparazione della nave per un guasto durante il viaggio – avarie-spese). Il concetto di «comunione» nell’avaria consiste invece nella obbligatoria «contribuzione» di tutti i soggetti interessati alla spedizione nella sopportazione del danno. Così, se, ad esempio, la nave è costretta a riparare in un porto intermedio a causa di una falla prodottasi nello scafo, e, a causa dello scaricamento delle merci per procedere alla riparazione, queste subiscono un danno, il danno alle merci deve essere sopportato anche dall’armatore, mentre le spese di riparazione anche dal proprietario delle merci, secondo

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un complesso criterio di ripartizione che prevede la formazione di masse creditorie e debitorie (art. 470 ss. c.n.). Pertanto l’assicuratore che ha pagato può surrogarsi all’assicurato nei diritti a quest’ultimo spettanti verso gli altri partecipanti alla spedizione (art. 536 c.n.). B) Assicurazione per ricorso di terzi danneggiati da urto L’assicurazione per ricorso di terzi danneggiati da urto copre, nei limiti del massimale di polizza, le somme dovute dall’armatore per ricorso di terzi danneggiati da urto della nave con altra nave o con aeromobile, o per danni ad opere portuali o corpi galleggianti (art. 527 c.n.). Sono a carico dell’assicuratore (sempre nei limiti del massimale) anche le spese sostenute dall’assicurato per resistere, con il consenso dell’assicuratore stesso, alle pretese del terzo (art. 527, comma 2, c.n.). Questa disciplina non si applica agli aeromobili, per i quali è prevista apposita normativa (art. 974 ss. c.n.). L’art. 974 c.n. prevede il caso di urto fra aeromobili in volo o fra un aeromobile in volo ed una nave in movimento. All’urto è equiparato lo spostamento d’aria o causa analoga, senza collisione materiale. In questi casi la responsabilità dell’esercente è limitata ai sensi dell’art. 975 c.n., salvi i casi previsti dall’art. 971 c.n. Se a seguito dei casi illustrati sono prodotti danni a terzi in superficie, gli esercenti rispondono in solido (art. 978 c.n.). C) Assicurazione per le spese di assistenza e salvataggio Questa assicurazione copre il rischio costituito dall’obbligo di pagare il compenso a terzi, per l’opera di soccorso da questi prestata alla cosa assicurata. D) «Protection and Indemnity Insurance» Un discorso a parte meritano i rami «Protection and Indemnity» (P. & I. Insurance) di origine anglosassone, con la quale vengono coperti i rischi delle grandi navi mercantili normalmente esclusi dalle polizze, o solo parzialmente coperti dagli assicuratori. L’assicurazione non è stipulata da imprese di assicurazione, bensì da «Clubs», e cioè da associazioni di armatori e proprietari di nave di natura mutualistica, in parte a contribuzione, in parte a ripartizione. Ed infatti tutti i membri partecipano, in proporzione al tonnellaggio, alla costituzio-

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ne di un fondo destinato a pagare le indennità; se alla fine dell’anno gli indennizzi sono stati inferiori ai contributi, l’eccedenza viene restituita ai membri; se, al contrario, hanno superato i contributi, i membri devono versare proporzionalmente la differenza. Nel ramo «protection» rientrano, tra gli altri, i danni per morte o infortunio a bordo dei passeggeri o dei membri dell’equipaggio (in realtà gli armatori italiani escludono i rischi che riguardano l’equipaggio, in quanto obbligatoriamente coperti con le assicurazioni sociali obbligatorie), i danni a moli, banchine ed altre cose diverse da navi. Nel ramo «indemnity» rientrano, tra gli altri, i risarcimenti per avaria, ammanco, perdita del carico, non coperti da polizza di assicurazione, ed anche multe irrogate da autorità amministrative. Stante la natura mutualistica, l’assicurazione è contratta attraverso l’associazione al club, e non necessita della forma scritta. La responsabilità del club, come quella degli associati, una volta illimitata, è oggi soggetta a limiti, seppure molo elevati. E) L’assicurazione per danni a terzi sulla superficie L’assicurazione per danni a terzi sulla superficie è assicurazione obbligatoria esclusiva della navigazione aerea (cfr. epigrafe sez. I, capo III, del titolo IV c.n.). L’assicuratore copre i danni subiti dai terzi in superficie, anche a seguito di urto, nella misura indicata dagli artt. 965 e 967 (art. 1011 c.n.). Si tratta di una responsabilità limitata, per ogni sinistro, alle somme previste dall’art. 967; tuttavia la limitazione non si applica se l’esercente non ha ottemperato all’obbligo dell’assicurazione (art. 971, lett. c, c.n.). Altra limitazione è di natura territoriale: l’assicuratore non risponde dei danni verificatisi fuori dei limiti territoriali pattuiti, salvo i casi di forza maggiore, assistenza o salvataggio o errore del pilota (art. 1012 c.n.). L’assicuratore non risponde altresì se il sinistro è dovuto ad atti di guerra, ovvero nei casi di dolo o colpa grave dell’esercente e dei suoi dipendenti o preposti, salvo errore di pilotaggio. Per quanto concerne il mutamento dell’esercente, l’art. 1013 c.n. pone una disciplina differente rispetto a quella di cui all’art. 1918 c.c. L’assicurazione infatti si trasferisce automaticamente a favore del nuovo esercente; il vecchio ed il nuovo esercente devono peraltro dare immediato avviso del mutamento all’assicuratore, il quale può, nel termine di 15 giorni, recedere dal contratto, con preavviso pure di 15 giorni. Anche il nuovo esercente può recedere con le medesime modalità. In caso di mancato avviso all’as-

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sicuratore, il contratto continua nei confronti del nuovo esercente, ma quest’ultimo è tenuto in solido con il vecchio ad una penale pari ad un terzo del premio. L’assicurazione scaduta durante il viaggio è prorogata di diritto fino al termine delle manovre di atterraggio nel luogo di destinazione; l’esercente deve pagare un supplemento di premio proporzionale a quello stabilito in contratto (art. 1014 c.n.). Anche in questo tipo di assicurazione obbligatoria la legge attribuisce al terzo danneggiato l’azione diretta contro l’assicuratore (art. 1015, comma 1, c.n.). L’assicuratore non può opporre al terzo cause di risoluzione o di nullità del contratto aventi effetti retroattivi, né le esclusioni di cui all’art. 1012. Tuttavia, in queste ipotesi, l’assicuratore ha azione di rivalsa nei confronti dell’esercente (art. 1016 c.n.). Anche per i danni a terzi il Regolamento CE n. 785/2004 sui vettori aerei e gli esercenti di aeromobili stabilisce coperture assicurative minime il cui valore è relazionato alla categoria dell’aeromobile (art. 7). Ai sensi del Regolamento è considerato terzo «ogni persona fisica o giuridica, esclusi i passeggeri e i membri dell’equipaggio di volo e di cabina in servizio» (art. 3, lett. h). F) L’assicurazione per danni da urto Questa assicurazione trova specifica disciplina nel campo della navigazione aerea, non potendosi applicare, per la diversa natura del mezzo di trasporto, quella dettata in campo marittimo. Per la configurazione del rischio assicurato cfr. supra, sub 4B. Sono esclusi i danni derivanti da dolo o colpa grave dell’esercente e dei suoi dipendenti e preposti, salvo che l’esercente dimostri che il danno è stato causato da errore di pilotaggio ovvero che aveva adottato tutte le misure necessarie per evitare il danno (artt. 1017 e 971, lett. a-b). Sono invece coperte le spese sostenute dall’esercente per resistere, con il consenso dell’assicuratore, alle pretese del terzo danneggiato. Questa assicurazione non copre gli eventuali danni a terzi sulla superficie, prodotti dall’urto, per i quali risponde l’assicuratore per danni a terzi sulla superficie (art. 1018 c.n.). La durata di questa assicurazione, poiché circoscritta agli urti in volo, è limitata dall’inizio delle manovre di decollo sino alla fine di quelle per l’atterraggio (art. 1019 c.n.).

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§ 5. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni infortuni Le assicurazioni del personale di volo e dei passeggeri sono oggetto di speciale disciplina dettata per la navigazione aerea. Si tratta, per il personale di volo, di assicurazioni infortuni obbligatorie (art. 935 c.n.) il cui obbligo è a carico dell’esercente l’aeromobile che stipula in nome proprio per conto di terzi (personale di volo); per i passeggeri di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile (art. 942 c.n.) Pertanto, se l’esercente non adempie all’obbligo di assicurazione, all’aeromobile è preclusa la circolazione (art. 798 c.n.) e, nell’assicurazione del personale, è soggetto a sanzione amministrativa (art. 1233 c.n.) ed è tenuto al risarcimento dei danni in luogo dell’assicuratore ai sensi dell’art. 2116 c.c. A) L’assicurazione contro gli infortuni del personale navigante Questa assicurazione ha per oggetto i rischi professionali di volo del personale navigante abitualmente od occasionalmente addetto al servizio di volo (piloti, istruttori, collaudatori, equipaggio) (art. 935 c.n.). L’evento assicurato è l’infortunio, identificato secondo i principi generali di questo tipo di assicurazione (morte o invalidità), e la somma assicurata è determinata dai contratti collettivi di lavoro. Nel caso di morte l’indennità deve essere pagata secondo criteri inderogabilmente fissati dalla legge (art. 936 c.n.): al coniuge ed ai figli in parti eguali; all’atto della stipulazione o successivamente tuttavia l’assicurato può indicare un beneficiario diverso: relativamente ad un terzo dell’importo, se ha coniuge e figli o solo figli; relativamente alla metà, se ha soltanto il coniuge; per l’intero importo, in mancanza di coniuge e figli. B) L’assicurazione contro gli infortuni dei passeggeri Si tratta di assicurazione della responsabilità civile obbligatoria nella quale al passeggero è attribuita azione diretta nei confronti dell’assicuratore (art. 942). Termini e condizioni di assicurazione sono demandati alla normativa comunitaria. In particolare l’art. 3, comma 2 del Regolamento CE n. 2027/97 stabilisce che l’obbligo di assicurazione dei passeggeri, sancito dall’art. 7 del Regolamento CE n. 2407/92, va inteso nel senso che l’assicurazione deve essere stipulata ad un livello adeguato per garantire che tutte le persone aventi diritto

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ad un risarcimento ricevano l’intero importo di cui hanno diritto. In ordine alla responsabilità del vettore aereo nei confronti dei passeggeri si fa riferimento alle disposizioni della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1998 resa esecutiva in Italia con la legge 10 gennaio 2004, n. 12, la quale disciplina anche la responsabilità per i danni ai bagagli.

I vettori con licenza di Stati terzi non possono atterrare né decollare nel territorio italiano se non provano di avere assolto all’obbligo di assicurazione.

§ 6. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il rischio. In particolare il rischio putativo Il rischio assicurato comprende «i danni e le perdite che colpiscono le cose assicurate per cagione di tempesta, naufragio, investimento, urto, getto, esplosione, incendio, pirateria, saccheggio ed in genere per tutti gli accidenti della navigazione» (art. 521 c.n.). Si tratta pertanto di un’assicurazione contro una universalità di rischi. Il principio generale, posto dall’art. 1895 c.c., ai sensi del quale il contratto è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto, è parzialmente derogato dall’art. 514 c.n. Quest’ultima norma stabilisce infatti che il contratto è ugualmente valido se la notizia (della inesistenza, cessazione del rischio o dell’avvenuto sinistro) non è pervenuta prima della stipulazione del contratto nel luogo di stipulazione od in quello dal quale è partito l’ordine di assicurazione. Si tratta di una deroga particolare delle assicurazioni marittime (rischio putativo). Tuttavia la conoscenza non è presunta; pertanto l’assicurato che vuole far valere la mancata conoscenza ha l’onere di dimostrarla (art. 514, comma 2, c.n.). Da parte sua, l’assicuratore, se dimostra la conoscenza da parte dell’assicurato, ha diritto al rimborso delle spese ed al premio (comma 3). Anche il caso dell’aggravamento del rischio è disciplinato in modo particolare. L’assicuratore infatti non risponde, salvo patto contrario, se il rischio è trasformato o aggravato per fatto dell’assicurato in modo tale che l’assicuratore non avrebbe contratto o avrebbe contratto a condizioni differenti, salvo che il mutamento o l’aggravamento non sia stato determinato da atti di solidarietà umana o a tutela di interessi comuni all’assicuratore ovvero sia stato ininfluente per il sinistro (art. 522 c.n.).

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Un’ipotesi specifica di modificazione del rischio è costituita dal cambiamento di via, di viaggio o di nave (art. 523 c.n.). L’assicuratore risponde infatti solo se il sinistro è stato determinato da cambiamento forzato. Se il cambiamento è dipeso da fatto dell’assicurato, l’assicuratore risponde solo per la tratta originaria, salvo che il cambiamento sia stato ininfluente. Nell’assicurazione delle merci, l’assicuratore non risponde se le merci sono imbarcate su nave diversa da quella indicata. Se non vi è l’indicazione della nave in polizza l’assicurato deve comunicare il nome della nave (salvo che si tratti di spedizione su navi di linea); in difetto l’assicuratore è liberato. L’assicuratore risponde del sinistro alla nave, se questo è determinato da colpa (anche grave) del comandante o dei membri dell’equipaggio. Nell’assicurazione di merci l’assicuratore risponde anche in caso di dolo (art. 524 c.n.). Anche in caso di vizio occulto della nave l’assicuratore risponde dei danni e delle perdite, salvo che provi che il vizio poteva essere scoperto con la normale diligenza (art. 525 c.n.). Va infine rilevato che le polizze prevedono spesso la clausola «all risks», attraverso la quale vengono ampliati i rischi coperti.

§ 7. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il sinistro. Gli obblighi di avviso e salvataggio Per quanto concerne l’obbligo di avviso, l’art. 533 c.n. fa rinvio alla disciplina generale di cui all’art. 1913 c.c., con una sola eccezione per l’assicurazione delle merci. L’assicurato ha infatti l’obbligo di avvisare l’assicuratore anche nel caso in cui la nave sia stata dichiarata inabile alla navigazione, sebbene le merci non abbiano subito danni. Ciò perché l’inabilità della nave rende necessario il trasbordo delle merci su altra nave con possibile modificazione del rischio. Le polizze normalmente prevedono, oltre all’obbligo di avviso, che l’assicurato debba richiedere senza indugio, o comunque al più tardi all’atto della consegna, l’intervento del «commissario d’avaria» o del perito designato dall’assicuratore. Anche la disciplina dell’obbligo di salvataggio (art. 534 c.n.) è mutuata da quella generale di cui all’art. 1914 c.c. con una deroga rispetto al comma 2. Le parti possono infatti pattuire che le spese fatte per evitare o diminuire il danno siano a carico dell’assicuratore solo per quella parte che, unita all’ammontare del danno da risarcire, non supera la somma assicurata.

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§ 8. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: la liquidazione dell’indennità. Liquidazione per avaria e liquidazione per abbandono La liquidazione dell’indennità può avvenire per avaria o per abbandono. A) La liquidazione dell’indennità per avaria L’avaria particolare è costituita dai danni materiali che subiscono le cose assicurate. Nel calcolo dell’indennità per danni materiali sofferti dalla nave, onde evitare che l’assicurato tragga beneficio dal sinistro, va dedotto l’importo che corrisponde alla differenza tra il valore della nave dopo le riparazioni e quello che la nave aveva al momento della stipula del contratto (differenza tra il nuovo e il vecchio – art. 535 c.n.). Se, nel periodo assicurato e durante lo stesso viaggio, le cose assicurate subiscono più sinistri successivi, l’indennità va ridotta in ragione degli indennizzi pagati per i precedenti sinistri (art. 539 c.n.). Nel caso di avarie comuni, di cui già si è trattato (cfr. supra, § 4 sub A), l’assicuratore deve risarcire, per il loro intero ammontare e nei limiti del contratto, i danni e le spese prodotte da un atto di avaria comune, come se si trattasse di avarie particolari, salva la possibilità per l’assicuratore, come visto, di surrogarsi all’assicurato nei diritti a questo spettanti verso gli altri partecipanti alla spedizione (art. 536 c.n.). Naturalmente quest’ultima facoltà deriva dalla ammissione alla contribuzione, che è comunque fatto autonomo rispetto al danno. L’ammontare del danno da risarcire è dato dalla quota di contribuzione posta a carico dell’assicurato dal regolamento di avaria, purché dell’inizio del procedimento di liquidazione sia stato dato avviso all’assicuratore, in modo che l’assicuratore possa intervenire nel procedimento stesso (art. 537, comma 2, c.n.). Dall’indennità vanno detratte le eventuali franchigie. B) La liquidazione dell’indennità per abbandono La liquidazione per abbandono è tipica ed esclusiva del diritto marittimo, seppure la legge la prevede anche per l’aeromobile (spesso le polizze aeromobili però la escludono). Essa consiste nella facoltà di abbandonare (cioè trasferire in proprietà) la nave, l’aeromobile, le merci o il nolo all’assicuratore, conseguendo da quest’ultimo l’indennità dovuta per la perdita totale.

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Il presupposto per l’utilizzazione di questa modalità di liquidazione è la perdita totale del bene assicurato. La legge (artt. 540 e 1006 c.n.) prevede i casi (non tassativi, in quanto le parti possono prevederne altri) in cui l’assicurato può chiedere la liquidazione per abbandono della nave (o dell’aeromobile): 1) perdita totale assoluta: quando la nave (o l’aeromobile) è perduta; 2) perdita funzionale: quando la nave (o l’aeromobile) è divenuta assolutamente inabile alla navigazione e non riparabile, ovvero quando mancano sul posto i mezzi di riparazione necessari e non può essere trasportata in luogo ove tali mezzi esistono, né questi possono essere procurati; 3) perdita presunta: quando la nave (o l’aeromobile) si presume perita per essere trascorsi dall’ultima notizia quattro mesi (se nave a propulsione meccanica, otto per le altre navi – art. 162 – e tre mesi per l’aeromobile – art. 761); 4) perdita totale economica: quando l’ammontare delle spese per la riparazione dei danni raggiunge i tre quarti del valore assicurabile (quattro quinti per l’aeromobile). La liquidazione per abbandono delle merci è prevista (artt. 541 e 1007): 1) per perdita totale delle merci; 2) per presunzione di perdita della nave o dell’aeromobile; 3) per perdita totale assoluta o perdita funzionale della nave o dell’aeromobile qualora siano trascorsi tre mesi (o quindici giorni per il trasporto su aeromobile), per le merci deperibili, o sei mesi (o trenta giorni per il trasporto su aeromobile), per quelle non deperibili, senza che le stesse siano state recuperate ed imbarcate per la prosecuzione del viaggio; 4) quando i danni per deterioramento o perdita superino i tre quarti del valore assicurabile. L’abbandono del nolo da guadagnare può essere effettuato (artt. 542 e 1008 c.n.): 1) quando il diritto al nolo è totalmente perduto per l’assicurato; 2) quando la nave (o l’aeromobile) si presume perita.

La dichiarazione di abbandono deve essere fatta per iscritto all’assicuratore nel termine (perentorio, scaduto il quale l’assicurato può esercitare solo l’azione di avaria) di due mesi (quattro se il sinistro è avvenuto fuori dall’Europa o dai Paesi bagnati dal Mediterraneo) dalla data del sinistro o da quella in cui l’assicurato provi di averne avuto notizia. In caso di presunzione di perdita il termine decorre dalla data di cancellazione della nave dal registro (artt. 543 e 1009 c.n.). Se l’abbandono ha per oggetto la nave o l’aeromobile la dichiarazione deve essere resa pubblica ai sensi degli artt. 250 e 865 c.n. La dichiarazione ha natura di atto unilaterale ricettizio e deve essere in-

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condizionata (art. 545 c.n.); se riguarda la nave, deve essere notificata a mezzo ufficiale giudiziario, se riguarda l’aeromobile, le merci o il nolo, a mezzo raccomandata. La dichiarazione di abbandono comprende anche i diritti inerenti la cosa abbandonata (art. 545, comma 2, c.n.). Pertanto l’assicuratore può agire verso i terzi responsabili. L’assicurato ha diritto di percepire l’indennità per perdita totale, se la validità dell’abbandono non è contestata entro trenta giorni o se è dichiarata giudizialmente (art. 546 c.n.). La proprietà delle cose abbandonate ed i diritti inerenti si trasferiscono all’assicuratore, salvo che questi, entro dieci giorni dal momento in cui la dichiarazione è divenuta incontestabile, dichiari, nelle stesse forme della dichiarazione di abbandono, di non volerne profittare (art. 546, commi 2 e 3, c.n.). L’acquisto automatico delle cose abbandonate si ritiene pertanto che sia soggetto a condizione risolutiva potestativa.

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CAPITOLO XV

LE ASSICURAZIONI TRASPORTI SOMMARIO: 1. Profili generali. – 2. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: i soggetti, l’oggetto e la durata del contratto. – 3. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di cose. – 4. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di responsabilità. – 5. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni infortuni. – 6. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il rischio. In particolare il rischio putativo. – 7. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il sinistro. Gli obblighi di avviso e salvataggio. – 8. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: la liquidazione dell’indennità. Liquidazione per avaria e liquidazione per abbandono.

§ 1. Profili generali Le assicurazioni trasporti sono operazioni che hanno la funzione di tenere indenne l’assicurato dai danni che possono derivare dagli eventi tipici del trasporto. Rientrano in questo ambito le assicurazioni delle cose trasportate (merci, bagagli, ecc. – cfr. ramo 7, art. 2, comma 2, c.a.), le assicurazioni dei mezzi di trasporto (c.d. assicurazione «corpi» – cfr. rami 3, 4, 5 e 6, art. 2, comma 2, c.a.), e le assicurazioni contro la responsabilità civile (cfr. rami 10, 11 e 12, art. 2, comma 2, c.a.); nelle assicurazioni marittime l’assicurazione può coprire anche i profitti sperati (sulle merci) e il nolo (da guadagnare ovvero quello anticipato o dovuto). I danni alle persone (equipaggio, passeggeri) rientrano nel campo delle assicurazioni infortuni. Questa categoria di assicurazioni può dividersi in due principali specie: le assicurazioni terrestri e le assicurazioni marittime ed aeronautiche. Le prime riguardano ogni tipo di trasporto su terra (su gomma o rotaia) e sono regolate dalle norme generali del codice civile ed, in via convenzionale, da polizze tipo. Le seconde riguardano ogni tipo di trasporto su acqua (per mare, fiume o lago) o per aria e rivestono, specie sotto il profilo della disciplina, mag-

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giore importanza in quanto ad esse si applica la disciplina dettata dal codice della navigazione e, solo in via sussidiaria, quella del codice civile (art. 1885 c.c.), oltre che essere regolate da convenzioni internazionali e, in via convenzionale, dalle polizze tipo. La disciplina della navigazione aerea è stata profondamente modificata dal d.lgs. 9 maggio 2005, n. 96, entrato in vigore il 21 ottobre 2005, con il quale si è voluta introdurre una normativa moderna ed organica del settore. Di conseguenza è stata modificata anche la disciplina contenuta nel codice della navigazione. La peculiarità della disciplina del trasporto marittimo ed aereo deriva, da un lato, dall’origine storica delle assicurazioni marittime, indicate come le prime vere e proprie operazioni assicurative; d’altro canto dal particolare elemento tecnico-ambientale che caratterizza la navigazione e la tipologia di rischi conseguente.

§ 2. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: i soggetti, l’oggetto e la durata del contratto Le assicurazioni marittime sono disciplinate, come detto, dalle norme dettate dal codice della navigazione (artt. 514-547) e, per quanto da queste non disposto, dalle norme del codice civile. Le assicurazioni aeronautiche sono disciplinate dalle medesime norme (art. 1021 c.n.), fatta eccezione per gli artt. 515, comma 2, 527 e 538, e, in via esclusiva, dagli artt. 1001-1021 c.n., nonché dal Regolamento 21 aprile 2004, n. 785/2004/CE. Soggetti del contratto sono l’assicuratore ed il contraente. Il contraente può stipulare per conto proprio, ed in tal caso assume la qualifica di assicurato, o per conto altrui (o per conto di chi spetta) qualora il soggetto esposto al rischio sia un’altra persona. La polizza deve essere stipulata per iscritto ai sensi dell’art. 1888 c.c.; tuttavia talvolta l’assicuratore emette una lettera di copertura ed un «certificato di sicurtà» in sostituzione del contratto. L’oggetto del contratto può essere rappresentato, come detto, da un rischio per danni a cose o per responsabilità civile. Quella per danni a persone è tipica delle assicurazioni aeronautiche. La durata dell’assicurazione della nave può essere pattuita «a tempo» o «a viaggio». Nel primo caso (quando ad esempio si vuole assicurare una serie di spedizioni) la durata non supera normalmente l’anno ed ha effetto dalle ore 24

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del giorno della conclusione del contratto alle ore 24 del giorno di scadenza. Tuttavia, se l’assicurazione scade durante il viaggio, è prorogata di diritto sino alle ore 24 del giorno in cui la nave giunge a destinazione e l’assicuratore ha diritto ad un supplemento di premio (art. 530 c.n.). L’assicurazione stipulata a viaggio ha effetto dal momento di imbarco delle merci sino al compimento delle operazioni di scaricazione o, se non sono imbarcate merci, dal momento in cui la nave muove dal porto di partenza sino al momento in cui è ancorata od ormeggiata. Le operazioni di scaricazione non possono superare il ventesimo giorno dall’arrivo (art. 531 c.n.). Anche la durata dell’assicurazione dell’aeromobile può essere pattuita «a tempo» o «a viaggio». L’assicurazione a viaggio ha effetto dall’inizio delle manovre di decollo sino al termine di quelle di atterraggio nel luogo di destinazione. L’assicurazione resta sospesa, salvo patto contrario, in caso di interruzione temporanea del viaggio a meno che l’interruzione non sia dipesa da sinistro a carico dell’assicuratore o dalle condizioni atmosferiche (art. 1004 c.n.). La durata dell’assicurazione delle merci ha effetto dal caricamento sino allo sbarco; lo sbarco non può essere protratto oltre i 30 giorni (art. 532 c.n.). L’assicurazione delle merci trasportate con aeromobile ha invece effetto dal momento della consegna delle merci al vettore a quello della riconsegna al destinatario (art. 1005 c.n.).

§ 3. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di cose A) Assicurazione della nave o dell’aeromobile (assicurazione corpi) L’assicurazione della nave copre la nave e le sue pertinenze. Possono esservi comprese le spese di armamento ed equipaggiamento (art. 515 c.n.). In deroga al principio di cui all’art. 1908 c.c., la dichiarazione del valore della nave contenuta in polizza, se non vi sono clausole contrarie, equivale a stima (art. 515, comma 2, c.n.). Pertanto, salvo diversa previsione, il valore assicurato corrisponde al valore assicurabile. L’assicurazione dell’aeromobile copre l’aeromobile e le sue pertinenze e le parti separabili (ad esempio le eventuali eliche) (art. 1001 c.n.). L’assicurazione dell’aeromobile, durante la sosta in aviorimessa od altro luogo chiuso, è limitata al solo rischio incendio (art. 1002 c.n.); la limitazione si spiega perché, in tale situazione, è escluso qualsiasi rischio della navigazione aerea.

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Per il medesimo motivo l’assicuratore non risponde altresì per i danni alla strumentazione di bordo, se non derivanti da sinistro in volo, né dei danni al motore e parti accessorie (eliche, serbatoi), se non per cause esterne perturbatrici del normale funzionamento dell’aeromobile. Tuttavia risponde dei danni conseguenti il sinistro causato dal guasto di uno dei predetti elementi (art. 1003 c.n.). B) Assicurazione delle merci L’assicurazione (marittima) delle merci copre il valore di queste, in stato sano, al luogo di destinazione ed al tempo della scaricazione (art. 516 c.n.). Si tiene conto pertanto del valore che le merci presumibilmente avrebbero avuto al momento dell’arrivo, valore che ben può essere diverso (normalmente superiore) rispetto a quello al momento dell’imbarco. Se tale determinazione non è possibile, il valore è dato dal prezzo delle merci nel luogo ed al tempo della caricazione, aumentato del 10% a titolo di profitto sperato, nonché delle spese fino a bordo, del nolo dovuto o anticipato ad ogni evento, del premio e delle spese di assicurazione (art. 516 c.n.). Si tiene pertanto conto di tutti quegli elementi che avrebbero concorso ad elevare il valore delle merci nel momento della scaricazione. Quest’ultimo meccanismo è previsto in via esclusiva per la determinazione del valore delle merci nell’assicurazione aeronautica (art. 1001, comma 2, c.n.). Il Regolamento CE n. 785/2004 sui vettori aerei e gli esercenti di aeromobili stabilisce comunque coperture assicurative minime sia per le merci che per i bagagli (art. 6). Come già osservato l’assicurazione delle merci è molto spesso stipulata in forma di abbonamento (cfr. supra, Cap. X, § 3A). Nel caso (frequente) di alienazione delle merci durante l’assicurazione, il cambiamento dell’assicurato, in deroga al principio di cui all’art. 1918 c.c., non comporta obbligo di comunicazione alcuna, e l’assicurazione continua a favore del nuovo assicurato, e, né quest’ultimo, né l’assicuratore, possono, per tale motivo, recedere dal contratto (art. 517 c.n.). La spiegazione è facilmente data dalla circostanza che spesso l’assicurazione è contratta per conto di chi spetta o con l’emissione di polizza all’ordine o al portatore, onde non avrebbe avuto senso una disciplina più rigorosa negli altri casi. C) Assicurazione dei profitti sperati L’assicurazione dei profitti sperati costituisce autonoma pattuizione, ed è finalizzata al ristoro del danno derivante dal mancato aumento di valore

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commerciale delle merci, e pertanto il rischio è costituito dal mancato «felice arrivo delle merci a destinazione» (art. 528 c.n.). Essa copre il maggior valore commerciale che, al momento della conclusione dell’assicurazione, può prevedersi avranno le merci al loro arrivo, in stato sano, al luogo di destinazione, dedotte le spese di trasporto e quelle di assicurazione (art. 518 c.n.). D) Assicurazione del nolo L’assicurazione del nolo, e cioè il corrispettivo per l’utilizzazione della nave o dell’aeromobile, si distingue in «nolo da guadagnare», e cioè il profitto realizzato dal noleggiante, e «nolo anticipato o dovuto», e cioè la somma dovuta dal noleggiatore. Nel primo caso assicurato è il noleggiante; nel secondo, il noleggiatore. Nell’assicurazione del «nolo da guadagnare» l’assicuratore risponde della perdita totale o parziale del diritto del noleggiante al nolo, conseguente al verificarsi di un sinistro della navigazione (art. 529 c.n.). La legge distingue tra «nolo lordo», e cioè «il nolo per l’intero ammontare pattuito nel contratto di utilizzazione della nave» (o dell’aeromobile) (art. 519, comma 1, c.n.), e «nolo netto», determinato, salva diversa convenzione, nel 60% del nolo lordo (art. 519, comma 2, c.n.); pertanto, in assenza di specifica pattuizione, si intende assicurato il nolo lordo (art. 519, comma 3, c.n.). All’assicurazione del nolo da guadagnare si applicano, in quanto compatibili, le norme che regolano l’assicurazione della nave (art. 519, comma 4, c.n.).

Se per legge o per contratto il prezzo del nolo è dovuto comunque dal noleggiatore, anche nel caso in cui, per eventi della navigazione, le merci siano perite o danneggiate, il relativo danno è coperto dall’assicurazione del «nolo anticipato» (se già pagato dal noleggiatore) o «dovuto ad ogni evento» (se ancora da corrispondere). A tale assicurazione si applicano le norme sull’assicurazione delle merci, se il nolo riguarda il corrispettivo del trasporto delle merci; quelle dell’assicurazione della nave, se il nolo riguarda il noleggio o la locazione della nave (art. 520 c.n.). L’assicurazione del «nolo sperato» rientra invece nell’ambito dell’assicurazione dei profitti sperati, e copre il rischio per il noleggiante di non potere, per eventi imprevisti, guadagnare il prezzo del nolo futuro già pattuito.

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§ 4. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni di responsabilità Le assicurazioni di responsabilità per i rischi della navigazione sono in tutto e per tutto assicurazioni della responsabilità civile. Queste assicurazioni possono avere ad oggetto: A) le somme dovute «per contribuzione in avaria comune», B) le somme dovute «per ricorso di terzi danneggiati da urto» e C) le «spese di assistenza e salvataggio». Esclusive della navigazione aerea sono poi: le assicurazioni per danni a terzi sulla superficie e le assicurazioni per danni da urto. A) Assicurazione per contribuzione in avaria comune Questa assicurazione è normalmente stipulata congiuntamente all’assicurazione della nave (o dell’aeromobile). L’art. 526 c.n. dispone infatti che «l’assicuratore risponde nei limiti del contratto delle somme dovute dall’assicurato per contribuzione in avaria comune». Costituiscono avarie comuni «le spese e i danni direttamente prodotti dai provvedimenti ragionevolmente presi, a norma dell’art. 302, dal comandante, o da altri in sua vece, per la salvezza della spedizione»; essi «vengono ripartiti fra tutti gli interessati alla spedizione stessa» (art. 469 c.n.). Va peraltro rilevato che, nell’ambito della navigazione internazionale, sono di costante applicazione negoziale le «Regole di York e Anversa» del 2016, cui fanno riferimento le polizze, parzialmente differenti rispetto al contenuto del citato art. 469 c.n. Per aversi avaria comune occorre che l’evento sia determinato da una decisione del comandante, e cioè da un atto intenzionale diretto a proteggere da un pericolo la nave e quanto da essa trasportato. Il concetto di avaria (e cioè il danno) comprende sia i danni materiali a cose (l’imbarcazione o il carico – avarie-danni), sia le spese effettuate per evitare danni materiali o per limitarne gli effetti (ad esempio, le spese di riparazione della nave per un guasto durante il viaggio – avarie-spese). Il concetto di «comunione» nell’avaria consiste invece nella obbligatoria «contribuzione» di tutti i soggetti interessati alla spedizione nella sopportazione del danno. Così, se, ad esempio, la nave è costretta a riparare in un porto intermedio a causa di una falla prodottasi nello scafo, e, a causa dello scaricamento delle merci per procedere alla riparazione, queste subiscono un danno, il danno alle merci deve essere sopportato anche dall’armatore, mentre le spese di riparazione anche dal proprietario delle merci, secondo

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un complesso criterio di ripartizione che prevede la formazione di masse creditorie e debitorie (art. 470 ss. c.n.). Pertanto l’assicuratore che ha pagato può surrogarsi all’assicurato nei diritti a quest’ultimo spettanti verso gli altri partecipanti alla spedizione (art. 536 c.n.). B) Assicurazione per ricorso di terzi danneggiati da urto L’assicurazione per ricorso di terzi danneggiati da urto copre, nei limiti del massimale di polizza, le somme dovute dall’armatore per ricorso di terzi danneggiati da urto della nave con altra nave o con aeromobile, o per danni ad opere portuali o corpi galleggianti (art. 527 c.n.). Sono a carico dell’assicuratore (sempre nei limiti del massimale) anche le spese sostenute dall’assicurato per resistere, con il consenso dell’assicuratore stesso, alle pretese del terzo (art. 527, comma 2, c.n.). Questa disciplina non si applica agli aeromobili, per i quali è prevista apposita normativa (art. 974 ss. c.n.). L’art. 974 c.n. prevede il caso di urto fra aeromobili in volo o fra un aeromobile in volo ed una nave in movimento. All’urto è equiparato lo spostamento d’aria o causa analoga, senza collisione materiale. In questi casi la responsabilità dell’esercente è limitata ai sensi dell’art. 975 c.n., salvi i casi previsti dall’art. 971 c.n. Se a seguito dei casi illustrati sono prodotti danni a terzi in superficie, gli esercenti rispondono in solido (art. 978 c.n.). C) Assicurazione per le spese di assistenza e salvataggio Questa assicurazione copre il rischio costituito dall’obbligo di pagare il compenso a terzi, per l’opera di soccorso da questi prestata alla cosa assicurata. D) «Protection and Indemnity Insurance» Un discorso a parte meritano i rami «Protection and Indemnity» (P. & I. Insurance) di origine anglosassone, con la quale vengono coperti i rischi delle grandi navi mercantili normalmente esclusi dalle polizze, o solo parzialmente coperti dagli assicuratori. L’assicurazione non è stipulata da imprese di assicurazione, bensì da «Clubs», e cioè da associazioni di armatori e proprietari di nave di natura mutualistica, in parte a contribuzione, in parte a ripartizione. Ed infatti tutti i membri partecipano, in proporzione al tonnellaggio, alla costituzio-

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ne di un fondo destinato a pagare le indennità; se alla fine dell’anno gli indennizzi sono stati inferiori ai contributi, l’eccedenza viene restituita ai membri; se, al contrario, hanno superato i contributi, i membri devono versare proporzionalmente la differenza. Nel ramo «protection» rientrano, tra gli altri, i danni per morte o infortunio a bordo dei passeggeri o dei membri dell’equipaggio (in realtà gli armatori italiani escludono i rischi che riguardano l’equipaggio, in quanto obbligatoriamente coperti con le assicurazioni sociali obbligatorie), i danni a moli, banchine ed altre cose diverse da navi. Nel ramo «indemnity» rientrano, tra gli altri, i risarcimenti per avaria, ammanco, perdita del carico, non coperti da polizza di assicurazione, ed anche multe irrogate da autorità amministrative. Stante la natura mutualistica, l’assicurazione è contratta attraverso l’associazione al club, e non necessita della forma scritta. La responsabilità del club, come quella degli associati, una volta illimitata, è oggi soggetta a limiti, seppure molo elevati. E) L’assicurazione per danni a terzi sulla superficie L’assicurazione per danni a terzi sulla superficie è assicurazione obbligatoria esclusiva della navigazione aerea (cfr. epigrafe sez. I, capo III, del titolo IV c.n.). L’assicuratore copre i danni subiti dai terzi in superficie, anche a seguito di urto, nella misura indicata dagli artt. 965 e 967 (art. 1011 c.n.). Si tratta di una responsabilità limitata, per ogni sinistro, alle somme previste dall’art. 967; tuttavia la limitazione non si applica se l’esercente non ha ottemperato all’obbligo dell’assicurazione (art. 971, lett. c, c.n.). Altra limitazione è di natura territoriale: l’assicuratore non risponde dei danni verificatisi fuori dei limiti territoriali pattuiti, salvo i casi di forza maggiore, assistenza o salvataggio o errore del pilota (art. 1012 c.n.). L’assicuratore non risponde altresì se il sinistro è dovuto ad atti di guerra, ovvero nei casi di dolo o colpa grave dell’esercente e dei suoi dipendenti o preposti, salvo errore di pilotaggio. Per quanto concerne il mutamento dell’esercente, l’art. 1013 c.n. pone una disciplina differente rispetto a quella di cui all’art. 1918 c.c. L’assicurazione infatti si trasferisce automaticamente a favore del nuovo esercente; il vecchio ed il nuovo esercente devono peraltro dare immediato avviso del mutamento all’assicuratore, il quale può, nel termine di 15 giorni, recedere dal contratto, con preavviso pure di 15 giorni. Anche il nuovo esercente può recedere con le medesime modalità. In caso di mancato avviso all’as-

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sicuratore, il contratto continua nei confronti del nuovo esercente, ma quest’ultimo è tenuto in solido con il vecchio ad una penale pari ad un terzo del premio. L’assicurazione scaduta durante il viaggio è prorogata di diritto fino al termine delle manovre di atterraggio nel luogo di destinazione; l’esercente deve pagare un supplemento di premio proporzionale a quello stabilito in contratto (art. 1014 c.n.). Anche in questo tipo di assicurazione obbligatoria la legge attribuisce al terzo danneggiato l’azione diretta contro l’assicuratore (art. 1015, comma 1, c.n.). L’assicuratore non può opporre al terzo cause di risoluzione o di nullità del contratto aventi effetti retroattivi, né le esclusioni di cui all’art. 1012. Tuttavia, in queste ipotesi, l’assicuratore ha azione di rivalsa nei confronti dell’esercente (art. 1016 c.n.). Anche per i danni a terzi il Regolamento CE n. 785/2004 sui vettori aerei e gli esercenti di aeromobili stabilisce coperture assicurative minime il cui valore è relazionato alla categoria dell’aeromobile (art. 7). Ai sensi del Regolamento è considerato terzo «ogni persona fisica o giuridica, esclusi i passeggeri e i membri dell’equipaggio di volo e di cabina in servizio» (art. 3, lett. h). F) L’assicurazione per danni da urto Questa assicurazione trova specifica disciplina nel campo della navigazione aerea, non potendosi applicare, per la diversa natura del mezzo di trasporto, quella dettata in campo marittimo. Per la configurazione del rischio assicurato cfr. supra, sub 4B. Sono esclusi i danni derivanti da dolo o colpa grave dell’esercente e dei suoi dipendenti e preposti, salvo che l’esercente dimostri che il danno è stato causato da errore di pilotaggio ovvero che aveva adottato tutte le misure necessarie per evitare il danno (artt. 1017 e 971, lett. a-b). Sono invece coperte le spese sostenute dall’esercente per resistere, con il consenso dell’assicuratore, alle pretese del terzo danneggiato. Questa assicurazione non copre gli eventuali danni a terzi sulla superficie, prodotti dall’urto, per i quali risponde l’assicuratore per danni a terzi sulla superficie (art. 1018 c.n.). La durata di questa assicurazione, poiché circoscritta agli urti in volo, è limitata dall’inizio delle manovre di decollo sino alla fine di quelle per l’atterraggio (art. 1019 c.n.).

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§ 5. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: le assicurazioni infortuni Le assicurazioni del personale di volo e dei passeggeri sono oggetto di speciale disciplina dettata per la navigazione aerea. Si tratta, per il personale di volo, di assicurazioni infortuni obbligatorie (art. 935 c.n.) il cui obbligo è a carico dell’esercente l’aeromobile che stipula in nome proprio per conto di terzi (personale di volo); per i passeggeri di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile (art. 942 c.n.) Pertanto, se l’esercente non adempie all’obbligo di assicurazione, all’aeromobile è preclusa la circolazione (art. 798 c.n.) e, nell’assicurazione del personale, è soggetto a sanzione amministrativa (art. 1233 c.n.) ed è tenuto al risarcimento dei danni in luogo dell’assicuratore ai sensi dell’art. 2116 c.c. A) L’assicurazione contro gli infortuni del personale navigante Questa assicurazione ha per oggetto i rischi professionali di volo del personale navigante abitualmente od occasionalmente addetto al servizio di volo (piloti, istruttori, collaudatori, equipaggio) (art. 935 c.n.). L’evento assicurato è l’infortunio, identificato secondo i principi generali di questo tipo di assicurazione (morte o invalidità), e la somma assicurata è determinata dai contratti collettivi di lavoro. Nel caso di morte l’indennità deve essere pagata secondo criteri inderogabilmente fissati dalla legge (art. 936 c.n.): al coniuge ed ai figli in parti eguali; all’atto della stipulazione o successivamente tuttavia l’assicurato può indicare un beneficiario diverso: relativamente ad un terzo dell’importo, se ha coniuge e figli o solo figli; relativamente alla metà, se ha soltanto il coniuge; per l’intero importo, in mancanza di coniuge e figli. B) L’assicurazione contro gli infortuni dei passeggeri Si tratta di assicurazione della responsabilità civile obbligatoria nella quale al passeggero è attribuita azione diretta nei confronti dell’assicuratore (art. 942). Termini e condizioni di assicurazione sono demandati alla normativa comunitaria. In particolare l’art. 3, comma 2 del Regolamento CE n. 2027/97 stabilisce che l’obbligo di assicurazione dei passeggeri, sancito dall’art. 7 del Regolamento CE n. 2407/92, va inteso nel senso che l’assicurazione deve essere stipulata ad un livello adeguato per garantire che tutte le persone aventi diritto

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ad un risarcimento ricevano l’intero importo di cui hanno diritto. In ordine alla responsabilità del vettore aereo nei confronti dei passeggeri si fa riferimento alle disposizioni della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1998 resa esecutiva in Italia con la legge 10 gennaio 2004, n. 12, la quale disciplina anche la responsabilità per i danni ai bagagli.

I vettori con licenza di Stati terzi non possono atterrare né decollare nel territorio italiano se non provano di avere assolto all’obbligo di assicurazione.

§ 6. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il rischio. In particolare il rischio putativo Il rischio assicurato comprende «i danni e le perdite che colpiscono le cose assicurate per cagione di tempesta, naufragio, investimento, urto, getto, esplosione, incendio, pirateria, saccheggio ed in genere per tutti gli accidenti della navigazione» (art. 521 c.n.). Si tratta pertanto di un’assicurazione contro una universalità di rischi. Il principio generale, posto dall’art. 1895 c.c., ai sensi del quale il contratto è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto, è parzialmente derogato dall’art. 514 c.n. Quest’ultima norma stabilisce infatti che il contratto è ugualmente valido se la notizia (della inesistenza, cessazione del rischio o dell’avvenuto sinistro) non è pervenuta prima della stipulazione del contratto nel luogo di stipulazione od in quello dal quale è partito l’ordine di assicurazione. Si tratta di una deroga particolare delle assicurazioni marittime (rischio putativo). Tuttavia la conoscenza non è presunta; pertanto l’assicurato che vuole far valere la mancata conoscenza ha l’onere di dimostrarla (art. 514, comma 2, c.n.). Da parte sua, l’assicuratore, se dimostra la conoscenza da parte dell’assicurato, ha diritto al rimborso delle spese ed al premio (comma 3). Anche il caso dell’aggravamento del rischio è disciplinato in modo particolare. L’assicuratore infatti non risponde, salvo patto contrario, se il rischio è trasformato o aggravato per fatto dell’assicurato in modo tale che l’assicuratore non avrebbe contratto o avrebbe contratto a condizioni differenti, salvo che il mutamento o l’aggravamento non sia stato determinato da atti di solidarietà umana o a tutela di interessi comuni all’assicuratore ovvero sia stato ininfluente per il sinistro (art. 522 c.n.).

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Un’ipotesi specifica di modificazione del rischio è costituita dal cambiamento di via, di viaggio o di nave (art. 523 c.n.). L’assicuratore risponde infatti solo se il sinistro è stato determinato da cambiamento forzato. Se il cambiamento è dipeso da fatto dell’assicurato, l’assicuratore risponde solo per la tratta originaria, salvo che il cambiamento sia stato ininfluente. Nell’assicurazione delle merci, l’assicuratore non risponde se le merci sono imbarcate su nave diversa da quella indicata. Se non vi è l’indicazione della nave in polizza l’assicurato deve comunicare il nome della nave (salvo che si tratti di spedizione su navi di linea); in difetto l’assicuratore è liberato. L’assicuratore risponde del sinistro alla nave, se questo è determinato da colpa (anche grave) del comandante o dei membri dell’equipaggio. Nell’assicurazione di merci l’assicuratore risponde anche in caso di dolo (art. 524 c.n.). Anche in caso di vizio occulto della nave l’assicuratore risponde dei danni e delle perdite, salvo che provi che il vizio poteva essere scoperto con la normale diligenza (art. 525 c.n.). Va infine rilevato che le polizze prevedono spesso la clausola «all risks», attraverso la quale vengono ampliati i rischi coperti.

§ 7. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: il sinistro. Gli obblighi di avviso e salvataggio Per quanto concerne l’obbligo di avviso, l’art. 533 c.n. fa rinvio alla disciplina generale di cui all’art. 1913 c.c., con una sola eccezione per l’assicurazione delle merci. L’assicurato ha infatti l’obbligo di avvisare l’assicuratore anche nel caso in cui la nave sia stata dichiarata inabile alla navigazione, sebbene le merci non abbiano subito danni. Ciò perché l’inabilità della nave rende necessario il trasbordo delle merci su altra nave con possibile modificazione del rischio. Le polizze normalmente prevedono, oltre all’obbligo di avviso, che l’assicurato debba richiedere senza indugio, o comunque al più tardi all’atto della consegna, l’intervento del «commissario d’avaria» o del perito designato dall’assicuratore. Anche la disciplina dell’obbligo di salvataggio (art. 534 c.n.) è mutuata da quella generale di cui all’art. 1914 c.c. con una deroga rispetto al comma 2. Le parti possono infatti pattuire che le spese fatte per evitare o diminuire il danno siano a carico dell’assicuratore solo per quella parte che, unita all’ammontare del danno da risarcire, non supera la somma assicurata.

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§ 8. Le assicurazioni marittime ed aeronautiche: la liquidazione dell’indennità. Liquidazione per avaria e liquidazione per abbandono La liquidazione dell’indennità può avvenire per avaria o per abbandono. A) La liquidazione dell’indennità per avaria L’avaria particolare è costituita dai danni materiali che subiscono le cose assicurate. Nel calcolo dell’indennità per danni materiali sofferti dalla nave, onde evitare che l’assicurato tragga beneficio dal sinistro, va dedotto l’importo che corrisponde alla differenza tra il valore della nave dopo le riparazioni e quello che la nave aveva al momento della stipula del contratto (differenza tra il nuovo e il vecchio – art. 535 c.n.). Se, nel periodo assicurato e durante lo stesso viaggio, le cose assicurate subiscono più sinistri successivi, l’indennità va ridotta in ragione degli indennizzi pagati per i precedenti sinistri (art. 539 c.n.). Nel caso di avarie comuni, di cui già si è trattato (cfr. supra, § 4 sub A), l’assicuratore deve risarcire, per il loro intero ammontare e nei limiti del contratto, i danni e le spese prodotte da un atto di avaria comune, come se si trattasse di avarie particolari, salva la possibilità per l’assicuratore, come visto, di surrogarsi all’assicurato nei diritti a questo spettanti verso gli altri partecipanti alla spedizione (art. 536 c.n.). Naturalmente quest’ultima facoltà deriva dalla ammissione alla contribuzione, che è comunque fatto autonomo rispetto al danno. L’ammontare del danno da risarcire è dato dalla quota di contribuzione posta a carico dell’assicurato dal regolamento di avaria, purché dell’inizio del procedimento di liquidazione sia stato dato avviso all’assicuratore, in modo che l’assicuratore possa intervenire nel procedimento stesso (art. 537, comma 2, c.n.). Dall’indennità vanno detratte le eventuali franchigie. B) La liquidazione dell’indennità per abbandono La liquidazione per abbandono è tipica ed esclusiva del diritto marittimo, seppure la legge la prevede anche per l’aeromobile (spesso le polizze aeromobili però la escludono). Essa consiste nella facoltà di abbandonare (cioè trasferire in proprietà) la nave, l’aeromobile, le merci o il nolo all’assicuratore, conseguendo da quest’ultimo l’indennità dovuta per la perdita totale.

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Il presupposto per l’utilizzazione di questa modalità di liquidazione è la perdita totale del bene assicurato. La legge (artt. 540 e 1006 c.n.) prevede i casi (non tassativi, in quanto le parti possono prevederne altri) in cui l’assicurato può chiedere la liquidazione per abbandono della nave (o dell’aeromobile): 1) perdita totale assoluta: quando la nave (o l’aeromobile) è perduta; 2) perdita funzionale: quando la nave (o l’aeromobile) è divenuta assolutamente inabile alla navigazione e non riparabile, ovvero quando mancano sul posto i mezzi di riparazione necessari e non può essere trasportata in luogo ove tali mezzi esistono, né questi possono essere procurati; 3) perdita presunta: quando la nave (o l’aeromobile) si presume perita per essere trascorsi dall’ultima notizia quattro mesi (se nave a propulsione meccanica, otto per le altre navi – art. 162 – e tre mesi per l’aeromobile – art. 761); 4) perdita totale economica: quando l’ammontare delle spese per la riparazione dei danni raggiunge i tre quarti del valore assicurabile (quattro quinti per l’aeromobile). La liquidazione per abbandono delle merci è prevista (artt. 541 e 1007): 1) per perdita totale delle merci; 2) per presunzione di perdita della nave o dell’aeromobile; 3) per perdita totale assoluta o perdita funzionale della nave o dell’aeromobile qualora siano trascorsi tre mesi (o quindici giorni per il trasporto su aeromobile), per le merci deperibili, o sei mesi (o trenta giorni per il trasporto su aeromobile), per quelle non deperibili, senza che le stesse siano state recuperate ed imbarcate per la prosecuzione del viaggio; 4) quando i danni per deterioramento o perdita superino i tre quarti del valore assicurabile. L’abbandono del nolo da guadagnare può essere effettuato (artt. 542 e 1008 c.n.): 1) quando il diritto al nolo è totalmente perduto per l’assicurato; 2) quando la nave (o l’aeromobile) si presume perita.

La dichiarazione di abbandono deve essere fatta per iscritto all’assicuratore nel termine (perentorio, scaduto il quale l’assicurato può esercitare solo l’azione di avaria) di due mesi (quattro se il sinistro è avvenuto fuori dall’Europa o dai Paesi bagnati dal Mediterraneo) dalla data del sinistro o da quella in cui l’assicurato provi di averne avuto notizia. In caso di presunzione di perdita il termine decorre dalla data di cancellazione della nave dal registro (artt. 543 e 1009 c.n.). Se l’abbandono ha per oggetto la nave o l’aeromobile la dichiarazione deve essere resa pubblica ai sensi degli artt. 250 e 865 c.n. La dichiarazione ha natura di atto unilaterale ricettizio e deve essere in-

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condizionata (art. 545 c.n.); se riguarda la nave, deve essere notificata a mezzo ufficiale giudiziario, se riguarda l’aeromobile, le merci o il nolo, a mezzo raccomandata. La dichiarazione di abbandono comprende anche i diritti inerenti la cosa abbandonata (art. 545, comma 2, c.n.). Pertanto l’assicuratore può agire verso i terzi responsabili. L’assicurato ha diritto di percepire l’indennità per perdita totale, se la validità dell’abbandono non è contestata entro trenta giorni o se è dichiarata giudizialmente (art. 546 c.n.). La proprietà delle cose abbandonate ed i diritti inerenti si trasferiscono all’assicuratore, salvo che questi, entro dieci giorni dal momento in cui la dichiarazione è divenuta incontestabile, dichiari, nelle stesse forme della dichiarazione di abbandono, di non volerne profittare (art. 546, commi 2 e 3, c.n.). L’acquisto automatico delle cose abbandonate si ritiene pertanto che sia soggetto a condizione risolutiva potestativa.

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Il contratto di assicurazione

La riassicurazione

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CAPITOLO XVI

LA RIASSICURAZIONE SOMMARIO: 1. Profili generali e disciplina. La riassicurazione finite. La società veicolo. – 2. La disciplina dell’impresa riassicuratrice. – 3. Tipologia del contratto: la riassicurazione per singoli rischi. – 4. Tipologia del contratto: la riassicurazione per trattati.

§ 1. Profili generali e disciplina. La riassicurazione finite. La società veicolo Il Codice delle Assicurazioni definisce la riassicurazione come l’attività consistente nell’accettazione di rischi ceduti da un’impresa di assicurazione o da un’altra impresa di riassicurazione (art. 57 c.a.). La riassicurazione ha trovato compiuta disciplina nel Codice delle Assicurazioni solo recentemente a seguito delle modificazioni apportate dal d.lgs. 28 febbraio 2008, n. 56 (in attuazione della direttiva comunitaria 2005/68/CE sulla riassicurazione). Tuttavia la natura assicurativa della riassicurazione è tutt’altro che pacifica, nonostante la collocazione della sua disciplina nell’ambito di quella del contratto di assicurazione. Si tratta in realtà di un settore chiave non solo del mondo assicurativo ma dell’intero sistema finanziario mondiale, in quanto, sottraendo agli assicuratori parte dei rischi assunti, ne assicura la stabilità finanziaria. Si tratta dunque di una operazione la cui funzione non è tanto quella di trasferire il singolo rischio da un assicuratore ad un altro (ché, se così fosse, trasferendosi anche il premio, l’operazione, risultando «neutra» per l’assicuratore-riassicurato, non avrebbe per lui senso), bensì quella di permettere una ripartizione dei rischi assunti dall’assicuratore, con un altro o più assicuratori. In ciò la riassicurazione presenta profili di analogia e, nello stesso tem-

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po, di difformità con la coassicurazione: l’analogia è rappresentata dalla suddivisione di una massa di rischi tra più assicuratori; la difformità consiste nella circostanza che si tratta di un’operazione alla quale l’assicurato resta del tutto estraneo. Con la riassicurazione il riassicuratore si impegna a sopportare una massa di rischi omogenei (meno frequentemente si riassicura un solo rischio), di norma per una parte, assunti da un assicuratore (riassicurato), impegnandosi a corrispondere all’assicuratore stesso l’ammontare dell’indennità pagata all’assicurato, nella misura contrattualmente prevista, verso corresponsione del premio, o di parte proporzionale del premio, riscosso. L’operazione comporta pertanto la individuazione di tre soggetti fondamentali: l’assicurato, l’assicuratore (riassicurato) e il riassicuratore. Il riassicuratore può, a sua volta, riassicurare i rischi acquisiti con altro riassicuratore; in questo caso si parla di «retrocessione». La riassicurazione può essere stipulata «per singoli rischi» (in tal caso definita anche «riassicurazione facoltativa»), e «per contratti generali» (detti anche «trattati»). La prima è la forma più semplice, ma meno usuale; la seconda meglio riassume la funzione propria dell’operazione ed ha una struttura contrattuale molto vicina alla assicurazione in abbonamento. Si tratta peraltro di una classificazione elaborata sulla base della prassi, non essendo formulata dalla legge una definizione del contratto, limitandosi il codice civile a porre poche norme relative ad aspetti specifici dell’operazione. L’art. 1928 c.c. stabilisce che i contratti generali (trattati) di riassicurazione devono essere provati per iscritto, mentre i contratti per singoli rischi e i rapporti in esecuzione, sia dei contratti generali, che per singoli rischi, possono essere provati secondo le norme generali (e pertanto la forma scritta non è necessaria neppure ai fini probatori). L’art. 1929 c.c. invece stabilisce che il contratto di riassicurazione non determina alcun rapporto tra assicurato e riassicuratore, salve le disposizioni in materia di privilegio a favore della massa degli assicurati, onde il primo nulla può pretendere dal secondo. Resta così esclusa una configurazione della riassicurazione come assicurazione per conto altrui (l’assicurato). Da parte sua l’art. 1930 c.c., risolvendo una questione precedentemente dibattuta, stabilisce che il riassicuratore deve pagare per intero l’indennità dovuta al riassicurato, anche se questi è stato posto in liquidazione coatta amministrativa, salva la compensazione con i premi dovuti ed altri crediti. La norma pone un importante principio: seppure gli assicurati

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non verranno pagati integralmente, ma solo per le somme risultanti dal riparto, il riassicuratore deve comunque corrispondere per intero le indennità pattuite. Il che conferma l’assoluta autonomia dei due rapporti e l’impossibilità di ravvisare, nella riassicurazione, la presenza del principio indennitario. Infine l’art. 1931 c.c. stabilisce, in caso di liquidazione coatta amministrativa dell’assicuratore-riassicurato o del riassicuratore, la compensazione di diritto dei debiti e crediti risultanti alla chiusura della procedura. Questa scarna disciplina ha determinato incertezze in ordine alla natura giuridica del contratto. Si è da taluni ricondotta la riassicurazione nell’ambito dell’assicurazione (contro i danni o sulla vita a seconda del contratto base), avente ad oggetto il medesimo rischio ceduto in riassicurazione, ovvero come assicurazione del patrimonio (dell’assicuratore-riassicurato). Di contro si è osservato che manca, nella riassicurazione, la possibilità di applicare il principio indennitario, né sono applicabili tutte le norme dettate in tema di assicurazione contro i danni. Certamente la riassicurazione è contratto autonomo ma giuridicamente collegato al contratto base (sulla vita o contro i danni); tuttavia ciò non è sufficiente a ravvisare nell’operazione un vero e proprio contratto di assicurazione. Non solo non si rende applicabile il principio indennitario, ma resta certamente esclusa l’applicazione di norme importanti come quelle in materia di dichiarazioni inesatte e reticenze. Una caratteristica sicuramente qualificante è generalmente riconosciuta infatti nella estrema fiducia (uberrima bona fides) che deve improntare i rapporti tra le parti, posto che l’assunzione e la gestione del rischio sono di esclusiva competenza dell’assicuratoreriassicurato. Ciò non esclude peraltro che all’operazione possano applicarsi altre norme tipiche del contratto di assicurazione. La conclusione più convincente appare quindi quella di considerare la riassicurazione come un contratto non riconducibile al contratto di assicurazione, la cui disciplina deve peraltro tenere conto del collegamento giuridico con i contratti ceduti. In assenza di una qualificazione legislativa la tipologia dell’operazione è rimessa integralmente alle polizze, secondo i modelli sopra ricordati, e di seguito più dettagliatamente illustrati, i quali peraltro non esauriscono la tipologia rinvenibile nella prassi che può anche modellare forme intermedie e miste. Il d.lgs. 29 febbraio 2008, n. 56 ha introdotto nel Codice delle Assicurazioni (art. 1, lett. vv-bis) la figura della «riassicurazione finite» (o finite risk: a rischio limitato), detta anche riassicurazione non tradizionale. Si tratta di

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una operazione di carattere sostanzialmente finanziario ed a lungo termine. Infatti il riassicuratore stipula con la fissazione di un massimale (e da qui la limitazione del rischio), mentre il premio pattuito per l’intera durata del contratto deve essere inferiore al massimale. In realtà il differenziale è coperto dal rendimento prodotto dal premio pagato anticipatamente dal riassicurato in rapporto al massimale erogato a fine periodo. Inoltre può essere pattuito che, in caso di andamento positivo dei sinistri, al riassicurato sia riconosciuta una partecipazione agli utili e, di converso, in caso di andamento negativo una maggiorazione del premio. Specifiche disposizioni per l’esercizio dell’attività di riassicurazione finite sono poste con gli artt. da 127 a 132 del Regolamento 10 marzo 2010, n. 33 (art. 66-septies c.a.). Diverso è il caso di una «società veicolo» (che non è un’impresa di assicurazione o di riassicurazione) «che assume i rischi ceduti da imprese di assicurazione o riassicurazione e che finanzia integralmente la sua esposizione a tali rischi mediante l’emissione di titoli o altri strumenti finanziari per i quali i diritti di rimborso dei detentori sono subordinati agli obblighi di riassicurazione della società veicolo» (art. 1, lett. vv-ter, c.a.). Si tratta di una operazione finanziaria nella quale le risorse sono raccolte attraverso l’emissione di strumenti finanziari, il cui rimborso deve essere postergato rispetto al pagamento all’assicuratore (o al riassicuratore) di quanto da questi pagato all’assicurato (o all’assicuratore-riassicurato). Quest’ultimo ovviamente resta del tutto estraneo al rapporto tra assicuratore (o riassicuratore) e società veicolo. La società veicolo deve essere autorizzata dall’IVASS e, con regolamento, sono fissate le condizioni per ottenere l’autorizzazione, tra cui i requisiti di solvibilità (art. 57-bis c.a.). Va infine ricordato che, in tema di riassicurazione, il termine prescrizionale relativo ai diritti derivanti dal contratto è di due anni, salvo il diritto al pagamento del premio che è di un anno (art. 2952, commi 1 e 2, c.c.) (cfr. supra, Cap. IX, § 3).

§ 2. La disciplina dell’impresa riassicuratrice La disciplina relativa all’impresa che esercita attività riassicurativa, in via esclusiva o complementare all’assicurazione diretta, originariamente molto scarna e lacunosa, è stata organicamente introdotta dal codice delle assicurazioni e di recente completata con le modifiche apportate dal citato

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d.lgs. 29 febbraio 2008, n. 56 (artt. 57-66-septies c.a.). a questa disciplina si aggiunge quella molto ampia contenuta nel citato Regolamento 10 marzo 2010, n. 33. A) La disciplina dell’accesso all’attività di riassicurazione (artt. 4-30 Regol. n. 33/2010) La riassicurazione è definita dalla legge come l’attività consistente «nell’accettazione di rischi ceduti da un’impresa di assicurazione o da un’altra impresa di riassicurazione». Tale attività è riservata alle imprese di riassicurazione; tuttavia è ammesso l’esercizio dell’attività di riassicurazione da parte di imprese di assicurazione (art. 57 c.a.) L’impresa con sede in Italia che intende svolgere esclusivamente attività di riassicurazione deve essere preventivamente autorizzata dall’IVASS, con provvedimento soggetto a pubblicazione nel Bollettino. Nel caso della riassicurazione non è previsto il divieto di esercizio congiunto: pertanto l’impresa può essere autorizzata all’esercizio di uno o più rami vita o uno o più rami danni, ovvero uno o più rami vita e danni. L’autorizzazione è valida anche per gli altri Stati membri, in conformità alle disposizioni relative alle condizioni di accesso in regime di stabilimento o di prestazione di servizi, e, compatibilmente con le norme locali, anche per gli Stati terzi (art. 58 c.a.). Per ottenere l’autorizzazione l’impresa (art. 59, comma 1, c.a.): – deve costituirsi necessariamente come società per azioni o società europea; – oltre alla sede anche la direzione generale ed amministrativa deve essere situata in territorio italiano; – deve detenere fondi propri di base non inferiori ad Euro 3,6 mln.; – deve essere presentato un programma concernente l’attività iniziale, la struttura organizzativa e gestionale, accompagnato da una relazione tecnica redatta da un attuarlo con le previsioni relativi a costi e ricavi; – i titolari di partecipazioni rilevanti devono essere in possesso dei requisiti di onorabilità e di quelli previsti dall’art. 68 c.a. (cfr. supra, Parte I, Cap. I, § 6); – i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo devono essere in possesso dei requisiti di professionalità ed onorabilità; – non devono sussistere tra l’impresa o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti stretti legami che ostacolino le funzioni di vigilanza.

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A queste prescrizioni si aggiungono quelle, più particolareggiate, contenute nel citato Regolamento n. 33/2010. Anche in questo caso il rilascio dell’autorizzazione è atto dovuto in presenza delle condizioni di legge, onde l’IVASS non può rifiutarla per motivi attinenti la struttura e l’andamento dei mercati interessati. Tuttavia deve essere garantita la sana e prudente gestione. Il provvedimento deve essere adeguatamente motivato e comunicato all’impresa richiedente entro 90 giorni dalla domanda (art. 59, comma 2, c.a.). Solo successivamente al rilascio dell’autorizzazione può darsi corso all’iscrizione nel registro delle imprese (art. 59, comma 3, c.a.). A seguito dell’iscrizione nel registro delle imprese l’IVASS iscrive l’impresa nell’apposita sezione dell’Albo (art. 59, comma 4, c.a.). Stante l’estensione dell’applicazione del principio dell’home country control anche per la riassicurazione, l’autorizzazione non è necessaria per le imprese con sede in altro Stato membro che intendono svolgere attività di riassicurazione in regime di stabilimento nel territorio italiano, per le quali è prevista solamente la comunicazione all’IVASS da parte dell’autorità di vigilanza di quello Stato (art. 60 c.a.). Resta invece necessaria per le imprese con sede in uno Stato terzo che intendono svolgere attività di riassicurazione in regime di stabilimento nel territorio italiano (art. 60-bis c.a.). L’attività di riassicurazione in regime di libera prestazione di servizi nel territorio italiano non necessita di autorizzazione né per le imprese con sede in altro Stato membro, né per le imprese con sede in uno Stato terzo (art. 61 c.a.). B) La disciplina dell’esercizio dell’attività di riassicurazione (artt. 31-96 Regol. n. 33/2010) Anche per le imprese che svolgono attività di riassicurazione la legge impone di operare con idonea organizzazione amministrativa e contabile e con adeguato sistema di controllo interno. In particolare il sistema di controllo interno deve permettere un costante monitoraggio dei rischi assunti (art. 63 c.a.). L’impresa che esercita attività di riassicurazione deve costituire riserve tecniche adeguate. L’adeguatezza delle riserve deve essere valutata non solo sulla base di quanto comunicato dalle imprese che hanno ceduto i rischi, ma anche sulla base di autonome valutazioni, eventualmente basate sulle esperienze pregresse. Se i rischi riguardano il portafoglio estero, le riserve devono essere costituite secondo quanto stabilito dalle leggi degli

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Stati cui si riferiscono i rischi assunti. Le riserve tecniche relative all’attività di riassicurazione devono essere costituite anche dalle imprese che esercitano congiuntamente sia la riassicurazione che l’assicurazione diretta (art. 64 c.a.). I criteri che devono essere seguiti per la costituzione degli attivi a copertura delle riserve tecniche sono sostanzialmente gli stessi rispetto a quelli previsti per le imprese che esercitano l’assicurazione diretta. Le relative prescrizioni sono contenute nell’art. 65 c.a. e nel Regolamento IVASS 6 giugno 2016, n. 24 (artt. 29-31). Così come per le imprese di assicurazione anche quelle di riassicurazione devono tenere un registro delle attività a copertura delle riserve tecniche, le quali devono essere destinate unicamente all’adempimento delle obbligazioni assunte con i contratti di riassicurazione e costituiscono patrimonio separato rispetto a quello dell’impresa (artt. 65, comma 2 c.a.; 39-bis Regol. n. 33/2010). Anche le imprese aventi sede in altro Stato membro o in Stato terzo, che sono autorizzate a svolgere attività di riassicurazione in regime di stabilimento nel territorio italiano, devono attenersi alle norme in tema di riserve tecniche ed attivi a copertura. Le relative modalità sono stabilite con il citato Regolamento n. 33/2010 (art. 67 c.a.). Va infine ricordato che alle imprese di riassicurazione si applicano le disposizioni in tema di partecipazione in imprese di assicurazione e da parte di imprese di assicurazione (artt. 68-87 c.a.) (supra, Parte I, Cap. I, §§ 5-7).

§ 3. Tipologia del contratto: la riassicurazione per singoli rischi La riassicurazione «per singoli rischi», secondo la definizione codicistica (art. 1928, comma 2, c.c.), è la forma più semplice, ma meno comune, di riassicurazione; è detta facoltativa in contrapposizione a quella per trattati, ove i singoli rapporti trovano automaticamente collocazione nell’ambito del rapporto riassicurativo. La funzione del contratto è quella di ripartire un rischio particolarmente gravoso per l’assicuratore con uno o più riassicuratori, ai quali viene ceduto in tutto o in parte. Si ricorre normalmente a questa operazione quando l’assicuratore, pur non volendo rifiutare un particolare rischio per motivi commerciali, tale rischio ecceda il limite tecnico costituito dalle garanzie patrimoniali di cui dispone (c.d. pieno).

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Si tratta di un contratto autonomo ma collegato funzionalmente con il contratto riassicurato. Il riassicuratore ha diritto ad una parte proporzionale del premio incassato dall’assicuratore-riassicurato; quest’ultimo, in caso di sinistro, ha diritto al pagamento della quota di indennità corrisposta all’assicurato in proporzione della parte di rischio riassicurata.

§ 4. Tipologia del contratto: la riassicurazione per trattati Nella riassicurazione per contratti generali, secondo la definizione codicistica, o «per trattati», secondo la definizione tradizionale, si rinvengono due fasi distinte che ricalcano lo schema della assicurazione in abbonamento. La funzione è quella di riassicurare una massa di rischi omogenei, attraverso la stipulazione di un contratto generale nel quale è fissata la disciplina generale del rapporto. I singoli rischi vengono così assunti in riassicurazione automaticamente, man mano che l’assicuratore-riassicurato sottoscrive i singoli contratti di assicurazione, senza bisogno di procedere di volta in volta a nuove stipule. Il trattato può essere obbligatorio per entrambe le parti ovvero per una sola di esse (se obbligatorio per il solo riassicuratore è detto «open cover»), analogamente all’illustrato meccanismo dell’assicurazione in abbonamento. I trattati si distinguono in proporzionali e non proporzionali. I primi sono basati sul frazionamento del rischio che viene ceduto al riassicuratore secondo una quota proporzionale prestabilita. A sua volta si distinguono in «trattati per quota parte», ove premio e indennità di tutti i rischi ceduti sono calcolati secondo una percentuale predeterminata; e «trattati per eccedente» ove l’intervento del riassicuratore riguarda solo i contratti che eccedono un ammontare prestabilito e solo su tale eccedenza viene applicata la percentuale stabilita. Nei trattati proporzionali per quota parte i rischi possono essere ceduti a più riassicuratori, i quali rispondono ognuno per la propria quota. I trattati non proporzionali sono invece basati sul frazionamento del danno secondo meccanismi di ripartizione non proporzionale attuabile solo dopo che il sinistro si è verificato. Anche questa operazione si distingue in due tipi principali: il trattato per eccesso di sinistro (excess of loss treaty), nel quale il riassicuratore interviene solo per la parte eccedente un valore prestabilito; e il trattato per eccesso globale dei sinistri (stop loss treaty), ove l’intervento del riassicuratore è limitato al caso in cui il risultato della gestione del portafoglio, in re-

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lazione ai premi riscossi, diviene negativo. Si tratta di operazioni che servono sostanzialmente a tenere indenne l’assicuratore-riassicurato da possibili risultati negativi di gestione.

Va infine ricordato che spesso, in caso di rischi particolarmente gravosi o speciali, le imprese riassicurano i rischi con un «pool» di assicuratori, associati a questo scopo, ed ai quali il pool retrocede pro quota i rischi riassicurati.

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SEZIONE TERZA

I SINGOLI RAMI: L’ASSICURAZIONE SULLA VITA ED I PRODOTTI DI INVESTIMENTO ASSICURATIVO. LE FORME PENSIONISTICHE COMPLEMENTARI E LA GESTIONE ASSICURATIVA DEI FONDI PENSIONE CAPITOLO XVII

L’ASSICURAZIONE SULLA VITA ED I PRODOTTI DI INVESTIMENTO ASSICURATIVO

SOMMARIO: 1. Concetti generali e tipologia. – 2. I soggetti del rapporto. – 3. Il premio e la prestazione dell’assicuratore. – 4. La disciplina del contratto. – 5. Il riscatto e la riduzione della polizza. Il prestito su polizza. Le assicurazioni connesse all’erogazione di mutui immobiliari e di credito al consumo. – 6. I prodotti assicurativi e i prodotti di investimento assicurativo: le polizze «Index Linked» e «Unit Linked». – 7. I prodotti assicurativi: le operazioni di capitalizzazione. I prodotti e i servizi etici.

§ 1. Concetti generali e tipologia L’assicurazione sulla vita è operazione che ha origini antiche (le prime forme si vogliono risalenti al XV secolo nell’Italia rinascimentale), anche se nettamente posteriore rispetto all’assicurazione contro i danni. Tuttavia la nascita dell’industria dell’assicurazione sulla vita è relativamente recente, rinvenendosi nella seconda metà del XVIII secolo, in concomitanza con il Gambling Act del 1774. Le sue origini sono legate alla realizzazione di un

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attendibile metodo statistico del calcolo delle probabilità, e cioè all’elaborazione delle tavole di mortalità e sopravvivenza. L’art. 1882 c.c. definisce l’assicurazione sulla vita come il contratto con il quale l’assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente la vita umana. L’evento dedotto in contratto può dunque essere rappresentato dalla morte, nel senso che la prestazione dell’assicuratore è dovuta nel caso intervenga la morte dell’assicurato entro il periodo contrattualmente previsto, ovvero la sopravvivenza, nel senso che la prestazione è dovuta solo se l’assicurato sarà ancora in vita allo spirare del termine contrattuale. Il rischio dedotto in contratto (rischio demografico) è pertanto rappresentato da una morte precoce, che determina uno stato di bisogno di persone economicamente dipendenti dal defunto, ovvero l’invecchiamento, che determina uno stato di bisogno derivante dalla ridotta capacità lavorativa o dal precario stato di salute dell’assicurato. Si è già osservato che, a differenza dell’assicurazione contro i danni, lo stato di bisogno è solo presupposto al momento della stipulazione del contratto e non è oggetto di effettiva verifica al momento dell’evento; pertanto nell’assicurazione sulla vita non opera il principio indennitario, e la prestazione dell’assicuratore è comunque dovuta nella misura contrattualmente prevista. All’assicurazione sulla vita è dunque estraneo il concetto di danno in senso tecnico, trattandosi di operazione di carattere previdenziale (cfr. supra, Parte II, Cap. I, § 1). Nell’assicurazione sulla vita per il caso di morte il contratto può essere stipulato: a vita intera, ove la durata del contratto è legata alla durata della vita dell’assicurato, onde la prestazione dell’assicuratore è certa, mentre incerto è solo il momento in cui essa sarà dovuta; ovvero a tempo determinato (o temporanea), ove la durata è contrattualmente prevista in un numero di anni, solitamente piuttosto numeroso (normalmente 5, 10, 20 anni), dato il carattere previdenziale dell’operazione. L’assicurazione sulla vita per il caso di sopravvivenza (che, ovviamente, può essere stipulata solo a tempo determinato) può essere a capitale o rendita differita e a rendita immediata: nel primo caso, oggetto della prestazione dell’assicuratore è il pagamento di una somma di denaro (capitale) o di una rendita periodica – che può essere erogata per tutta la vita dell’assicurato (rendita vitalizia) o per un periodo prefissato (rendita temporanea) – ed è dovuta solo se l’assicurato sopravvive alla durata stabilita in contratto, durante la quale l’assicurato ha corrisposto i premi; nel secondo caso, a fronte del pagamento di un premio unico anticipato, l’assicuratore corrisponde immediatamente la rendita. In ogni caso può essere prevista la re-

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versibilità della rendita a favore di altra persona a seguito di morte dell’assicurato nel periodo di godimento. Le due diverse tipologie di contratto – assicurazione sulla vita per il caso morte e assicurazione sulla vita per il caso sopravvivenza – hanno peraltro oggi una minore diffusione; maggiore diffusione incontra invece il tipo c.d. misto, che prevede la prestazione dell’assicuratore sia nel caso di sopravvivenza che nel caso di morte (l’assicurazione di sopravvivenza con controassicurazione è invece un’assicurazione per il caso sopravvivenza, ove però l’assicuratore si impegna a pagare un capitale anche nel caso di premorienza). Giuridicamente questo tipo di operazione viene comunque configurato come un unico contratto con duplicazione del rischio assicurato. A seconda della persona sulla cui vita è stipulato il contratto, si deve distinguere tra assicurazione stipulata sulla vita propria (dello stesso contraente) o sulla vita altrui; a seconda della persona a cui favore l’assicuratore deve effettuare la prestazione, si deve distinguere tra assicurazione a favore proprio e assicurazione a favore altrui.

§ 2. I soggetti del rapporto Nell’assicurazione sulla vita il termine «assicurato» ha un significato diverso rispetto all’assicurazione contro i danni. In quest’ultima infatti, come visto (cfr. supra, Parte II, Cap. III, § 1), la figura dell’assicurato è identificata in relazione alla titolarità dell’interesse all’assicurazione. Essendo il concetto di interesse estraneo all’assicurazione sulla vita (cfr. supra, Parte II, Cap. III, § 1), il termine «assicurato» identifica invece la persona la cui vita è considerata in contratto come oggetto del rischio. L’assicurazione può essere contratta sulla vita propria, ed allora le figure di contraente ed assicurato coincidono; oppure può essere contratta sulla vita di un terzo (art. 1919 c.c.), ed allora contraente ed assicurato sono persone diverse. Tuttavia, l’assicurato può essere preso in considerazione unicamente come soggetto portatore del rischio: ed allora la prestazione dell’assicuratore sarà a beneficio dello stesso contraente. A differenza dell’assicurazione contro i danni, sempre in virtù dell’assenza del principio indennitario (cfr. supra, Parte II, Cap. V, § 3 sub 3.2), è ammissibile, anche se non certo frequente, che il contraente (non assicurato) designi un terzo beneficiario della prestazione; in questo caso avremo pertanto tre figure: il contraente, tenuto ad adempiere le obbligazioni derivanti dal contratto, l’assicurato, semplice soggetto portatore del rischio, il beneficiario, il

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soggetto a cui beneficio sarà erogata l’eventuale prestazione dell’assicuratore. In ordine alla disciplina dell’assicurazione sulla vita di un terzo (art. 1919 c.c.) e dell’assicurazione a favore di un terzo (artt. 1920-1922 c.c.) ci siamo già soffermati in sede di trattazione generale (cfr. supra, Parte II, Cap. III, § 1 e Cap. V, § 3 sub 3.1 e § 4) alla quale pertanto si fa rinvio.

§ 3. Il premio e la prestazione dell’assicuratore Nell’assicurazione sulla vita il calcolo del premio è più agevole rispetto all’assicurazione contro i danni, ove il sinistro presenta connotati di assoluta incertezza in relazione all’an e al quando (cioè se ed in quale momento l’evento si verificherà). Nella prima infatti la previsione statistica, fondata sulle tavole di mortalità e sopravvivenza (base statistica), è ben più precisa. Al calcolo statistico si aggiunge poi la previsione del rendimento dei premi operata dall’assicuratore (base finanziaria). L’assicurazione sulla vita costituisce infatti anche un’operazione di capitalizzazione, al fine di valorizzare i capitali versati dalla massa degli assicurati. Come detto il premio può essere unico e anticipato, ovvero, ben più frequentemente, periodico, cioè suddiviso in annualità. In entrambi i casi esso va a costituire la riserva matematica (cfr. supra, Parte I, Cap. III, § 5, sub A). Trattandosi di contratto di lunga durata, e poiché il rischio – almeno nel caso morte – è collegato all’età dell’assicurato (tanto più l’assicurato è anziano tanto più il rischio morte è elevato), la legge ammette formule tariffarie basate sul calcolo del premio secondo la curva di probabilità del rischio (c.d. premio naturale) solo a condizione che ne sia data adeguata informativa precontrattuale ed in corso di contratto (art. 32, comma 5, c.a.); prevedendosi la nullità del contratto in caso contrario. Ed infatti tale formula tariffaria prevede la crescita del premio con l’avanzare dell’età dell’assicurato, con il rischio di divenire di ammontare insostenibile proprio nel momento di maggiore difficoltà per l’assicurato stesso. Pertanto, salvo la suddetta eccezione, il premio periodico deve essere calcolato in misura costante nel suo ammontare. Anche in ordine alla disciplina relativa al premio ed al suo mancato pagamento si rinvia alla trattazione svolta nella parte generale (cfr. supra, Parte II, Cap. VII, § 3). Va infine ricordato che, al fine di incentivare il risparmio previdenziale realizzato attraverso le polizze vita, questi contratti godono di un regime fiscale privilegiato (parziale deducibilità del premio).

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Per quanto concerne invece la prestazione dell’assicuratore, come detto, il capitale o la rendita è frutto di un’operazione di capitalizzazione (di massa) delle somme riscosse, che può essere realizzata attraverso la semplice applicazione di un saggio di interesse fissato dall’assicuratore in relazione al prevedibile ricavo dell’investimento delle somme, ovvero attraverso un meccanismo finanziario più raffinato, come avviene nelle polizze rivalutabili, ove i premi sono investiti in strumenti finanziari (prevalentemente titoli di stato) e, pertanto, il capitale assicurato viene aumentato dal rendimento, dai dividendi e dagli interessi prodotti dagli strumenti finanziari. Se è pattuita la rivalutazione anche del premio, il suo ammontare aumenta in proporzione all’aumento del capitale assicurato. L’art. 1923 c.c. stabilisce che le somme dovute dall’assicuratore non sono soggette ad azione esecutiva – sono quindi impignorabili – né ad azione cautelare (non soggette a sequestro). La finalità della norma viene ravvisata nella funzione previdenziale dell’operazione. Tuttavia, una volta corrisposto il capitale, questo perde il suo carattere di impignorabilità e non sequestrabilità, e, così pure, nel caso di rendita, per le rate corrisposte. Ciò ha indotto taluni autori a pensare che la funzione della norma sia piuttosto quella di evitare «molestie» all’assicuratore, derivanti dalle azioni del creditore dell’assicurato (o, se diverso dall’assicurato, del beneficiario). In realtà la giurisprudenza ha chiarito che lo scopo della norma in commento è legato alla funzione previdenziale dell’operazione assicurativa. Per quanto concerne l’ulteriore problema della sorte del contratto, e del capitale assicurato, nel caso di fallimento dell’assicurato, si rinvia a quanto già esposto in sede di trattazione generale (cfr. supra, Parte II, Cap. IX, § 2).

§ 4. La disciplina del contratto Nelle polizze vita le dichiarazioni precontrattuali hanno rilievo solo nell’assicurazione sulla vita per il caso morte, posto che, in quella per il caso sopravvivenza, non sono ovviamente concepibili circostanze che possono influire sul rischio in senso favorevole per l’assicurato. All’assicurazione caso morte si applicano le norme generali relative alle dichiarazioni inesatte ed alle reticenze (artt. 1892 e 1893 c.c.). Tuttavia, per evitare contestazioni, le polizze talvolta possono prevedere la c.d. clausola di incontestabilità, con la quale l’assicuratore rinuncia a far valere eventuali dichiarazioni inesatte o reticenze, salvo il caso di malafede. Una disciplina specifica è prevista invece per l’aggravamento del rischio e per il caso di sinistro determinato con dolo o colpa grave dall’assicurato.

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In relazione alla prima fattispecie, alla disciplina dell’art. 1898 c.c. è sostituita quella di cui all’art. 1926 c.c. che prevede il caso di cambiamento della professione dell’assicurato. Il tema è già stato illustrato in sede di trattazione generale (cfr. supra, Parte II, Cap. II, § 5 sub 5.3), ed a tale trattazione si fa rinvio. In relazione alla seconda, alla disciplina dell’art. 1900 c.c. è sostituita quella di cui all’art. 1927 c.c. che prevede il caso di suicidio dell’assicurato. Anche in relazione a questo argomento si rinvia alla trattazione svolta in sede di disciplina generale (cfr. supra, Parte II, Cap. II, § 2). Una disciplina particolare è infine dettata dal Codice delle Assicurazioni. L’art. 176 stabilisce che la proposta di assicurazione (individuale) sulla vita (con esclusione delle assicurazioni malattia a lungo termine e delle operazioni relative ai fondi pensione – rami IV e VI) formulata dal contraente è revocabile sino alla comunicazione dell’accettazione da parte dell’assicuratore. In caso di revoca l’assicuratore deve restituire al contraente eventuali somme percepite entro 30 giorni dal ricevimento della dichiarazione di revoca. L’art. 177 stabilisce invece che il contraente può recedere dal contratto (individuale) di assicurazione entro 30 giorni dalla comunicazione dell’accettazione dell’assicuratore. Questa facoltà deve essere comunicata al contraente e il contratto deve indicare chiaramente termini e modalità del recesso. Entro 30 giorni dalla comunicazione del recesso l’assicuratore deve rimborsare il premio corrisposto, al netto della parte relativa al periodo in cui il contratto ha avuto esecuzione ed alle spese se effettivamente sostenute e documentate in contratto. Infine gli artt. da 38-bis a 38-sexies del Regolamento 26 maggio 2010, n. 35 dettano una disciplina particolare in riferimento alla informativa via web al contraente, stabilendo, in particolare, che le imprese devono attivare, nel loro sito, un’area riservata attraverso la quale il contraente può accedere alla propria posizione assicurativa ed attraverso la quale l’impresa può adempiere ad obblighi informativi.

§ 5. Il riscatto e la riduzione della polizza. Il prestito su polizza. Le assicurazioni connesse all’erogazione di mutui immobiliari e di credito al consumo Poiché i premi vanno a costituire la riserva matematica, nei casi in cui la prestazione dell’assicuratore è sicuramente dovuta – e cioè nell’assicurazio-

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ne caso morte a vita intera, nelle assicurazioni miste e in quelle caso sopravvivenza con controassicurazione – all’assicurato è attribuito il diritto di sciogliere il contratto anticipatamente e di percepire il capitale assicurato maturato a quel momento. Questa forma di risoluzione anticipata è detta «riscatto» della polizza e soggiace a due condizioni: che, come detto, la prestazione dell’assicuratore sia certa e, di conseguenza, anticipabile (anche se in misura inferiore perché non corrisposti per intero i premi pattuiti); e che si sia formata la riserva matematica in relazione al contratto considerato. Va infatti tenuto presente che i primi premi (solitamente i primi due o, al massimo, tre) sono assorbiti dalle spese di acquisizione e gestione della polizza. Pertanto il riscatto è esercitabile solo dopo il secondo o terzo anno, e il suo ammontare, nei primi anni, è inferiore alla somma dei premi corrisposti. Solo per le operazioni di capitalizzazione (cfr. infra, Cap. XVIII, § 1) la legge (art. 179, comma 4, c.a.) prevede che il riscatto possa essere esercitato sin dal secondo anno. La legge non disciplina il riscatto della polizza, limitandosi a sancire l’obbligo per l’assicuratore di stabilirne il regolamento in polizza, in modo che l’assicurato possa conoscerne in ogni momento il valore (art. 1925 c.c.). Il riscatto costituisce vero e proprio recesso – esercitato dopo il termine di 30 giorni, e, pertanto, non soggetto alla disciplina di cui all’art. 177 – che provoca l’estinzione del rapporto e, pertanto, costituisce dichiarazione unilaterale recettizia. Diversa dal riscatto è la «riduzione della polizza» (o più esattamente del capitale assicurato), che soggiace alla stessa disciplina di cui all’art. 1925 c.c. La riduzione consegue alla cessazione del pagamento dei premi, onde anche il capitale assicurato viene proporzionalmente ridotto. Tuttavia non determina lo scioglimento del contratto, che mantiene la sua durata originaria. La riduzione comporta la liberazione del contraente dal pagamento dei premi successivi (c.d. polizza liberata). Ciò può avvenire su esplicita dichiarazione del contraente, che non è più in grado di pagare i premi o non desidera comunque pagarli, ovvero per cessazione dei pagamenti non accompagnata dalla dichiarazione di riscatto. Anche la riduzione presuppone la costituzione della riserva matematica, e costituisce una modificazione del contratto originario. L’assicuratore, nei casi in cui è possibile il riscatto della polizza, può concedere all’assicurato un prestito su polizza, può cioè anticipare, sotto forma di prestito con l’aggravio di un interesse, la somma pari a quella di riscatto maturata. La somma concessa in prestito, aumentata degli interessi, in caso di mancata restituzione viene compensata con il capitale maturato, attribuendo la differenza all’assicurato.

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Il contratto di assicurazione

L’art. 28 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27) disciplina le assicurazioni connesse all’erogazione di mutui immobiliari e di credito al consumo. In pratica la banca mutuataria, per garantirsi la restituzione dell’importo finanziato in caso di decesso del cliente, obbliga quest’ultimo a contrarre un’assicurazione sulla vita a premio intero anticipato per un valore pari a quello dell’importo finanziato. La norma in commento precisa che, se l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo è condizionato alla stipula di un contratto di assicurazione ovvero qualora l’offerta di un contratto di assicurazione sia connessa o accessoria all’erogazione del mutuo o del credito, la banca, o altro soggetto finanziatore, «sono tenuti ad accettare, senza variare le condizioni offerte per l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo, la polizza che il cliente presenterà o reperirà sul mercato; nel caso in cui essa sia necessaria per ottenere il finanziamento o per ottenerlo alle condizioni offerte, la polizza presentata dal cliente deve avere contenuti minimi corrispondenti a quelli richiesti dalla banca, dall’istituto di credito e dall’intermediario finanziario». A sua volta il Regolamento 16 ottobre 2006, n. 5 all’art. 48, comma 1 stabilisce che gli intermediari devono evitare «di effettuare operazioni in cui hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo o da rapporti di affari propri o di società del gruppo»; mentre il comma 1-bis stabilisce che «gli intermediari comunque si astengono dall’assumere, direttamente o indirettamente, anche attraverso uno dei rapporti di cui al comma 1, primo periodo, la contemporanea qualifica di beneficiario o di vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di intermediario del relativo contratto in forma individuale o collettiva». Pertanto si è così eliminata la consuetudine delle banche di proporre, come intermediari, una polizza vita emessa da una compagnia assicuratrice facente parte del medesimo gruppo. A sua volta il d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo) all’art. 21, comma 3-bis stabilisce che «È considerata scorretta la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario ovvero all’apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario». Se poi se il mutuo o il finanziamento vengono estinti anticipatamente, l’assicuratore deve rimborsare la parte del premio relativa al periodo residuo estinto (Regolamento 26 maggio 2010, n. 35, art. 49). Infine il Regolamento 3 maggio 2012, n. 40 stabilisce i contenuti minimi del contratto (prestazioni da parte dell’assicuratore, premio, durata, tipo di copertura, ecc.) e gli obblighi di informativa nei confronti del cliente.

L’assicurazione sulla vita ed i prodotti di investimento assicurativo

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§ 6. I prodotti assicurativi e i prodotti di investimento assicurativo: le polizze «Index Linked» e «Unit Linked» Il codice delle assicurazioni all’art. 1 alla lett. ss) definisce prodotti assicurativi «tutti i contratti emessi da imprese di assicurazione nell’esercizio delle attività rientranti nei rami vita o nei rami danni come definiti all’articolo 2»; mentre la successiva lett. ss-bis) definisce prodotto di investimento assicurativo: «un prodotto ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, numero 2), del Regolamento (UE) n. 1286/2014» e cioè: 1) «prodotto d’investimento al dettaglio preassemblato» o «PRIP». Si tratta nella sostanza di investimenti nei quali l’importo dovuto all’investitore al dettaglio è soggetto a fluttuazioni a causa dell’esposizione ai valori di riferimento o al rendimento di uno o più attivi che non siano direttamente acquistati dall’investitore al dettaglio; 2) «prodotto di investimento assicurativo»: un prodotto assicurativo che presenta una scadenza o un valore di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato. Sono esclusi i contratti di assicurazione diversi dalle assicurazioni sulla vita, quelli sulla vita che presentano come rischio unicamente il decesso o l’incapacità dovuta a lesione, malattia o disabilità e tutte le forme pensionistiche. A sua volta il testo unico della finanza (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 – c.d. TUF), all’art. 1, lett. w-bis.1, 2 e 3) fornisce analoga definizione. Si tratta dunque delle assicurazioni sulla vita nelle quali la prestazione dell’assicuratore è direttamente collegata al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento (ramo III) e delle operazioni di capitalizzazione (ramo V) (su quest’ultime cfr. infra, Cap. XVIII, § 1). L’art. 25-ter del TUF estende ai prodotti di investimento assicurativi l’area di vigilanza da parte della CONSOB, con un complesso meccanismo di separazione di competenze. Quanto alle regole comportamentali, il regolamento CONSOB sugli intermediari (delibera CONSOB n. 20307 del 15 febbraio 2018) prevede che in sede di distribuzione di prodotti finanziari assicurativi, i soggetti abilitati all’intermediazione assicurativa, oltre che le imprese di assicurazione (allorché commercializzano direttamente prodotti finanziari assicurativi, anche mediante tecniche di comunicazione a distanza) applichino le stesse regole concernenti lo svolgimento di servizi di investimento (tra le quali, ad esempio, le regole di appropriatezza e adeguatezza). Ai soggetti abilitati all’intermediazione assicurativa si applicano altresì le regole in materia di offerta fuori sede e di promozione e collocamento a distan-

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za di strumenti finanziari e di obbligo di informativa al contraente, prima della sottoscrizione della proposta o del documento contrattuale. Per quanto riguarda, inoltre, l’offerta al pubblico dei prodotti di investimento assicurativo, il Regolamento CONSOB n. 11971/1999 (come modificato da ultimo dalla delibera del 10 ottobre 2018, n. 20621), agli artt. 29-34-bis, fissa precise ed articolate disposizioni in ordine al contenuto, alla pubblicazione ed alla comunicazione alla CONSOB del prospetto informativo, nonché al suo aggiornamento; inoltre impone l’assolvimento di obblighi informativi sull’andamento della quota del fondo o dell’indice cui sono collegate le prestazioni del prodotto. Tuttavia tale previsione non esonera le imprese di assicurazione dalla redazione della nota informativa ex art. 185 c.a.

I prodotti di investimento assicurativo sono rappresentati sostanzialmente dalle polizze Index Linked ed Unit Linked. Anzi, il citato Regolamento CONSOB n. 11971/1999 (art. 29, lett. a-b) sembra ricondurre a questa duplice tipologia l’intero ramo III. Si tratta di operazioni diffusesi alla metà dell’ultimo decennio del secolo scorso a seguito dell’esasperata offerta sul mercato di strumenti finanziari sempre più sofisticati e, nel contempo, degli effetti negativi prodottisi sul valore della moneta determinati in anni passati dal fenomeno inflattivo, che hanno indotto gli assicuratori ad elaborare polizze con profili più marcatamente speculativi per sopperire ai deludenti risultati riportati dalle classiche operazioni assicurative sulla vita. Le polizze Index Linked ed Unit Linked, (letteralmente: «collegato ad un indice» e «collegato ad un complesso») presentano la particolarità di essere legate ad un indice (prevalentemente azionario od obbligazionario o misto) ovvero ad un fondo comune costituito da azioni o obbligazioni (o misto), e pertanto potenzialmente sono in grado di offrire rendimenti molto più elevati rispetto alle tradizionali polizze vita. Conseguentemente presentano un maggiore appeal per l’assicurato ma, d’altro canto, sono esposte al rischio derivante dalle fluttuazioni dei mercati finanziari, e, pertanto, in periodi di crisi, possono determinare, non solo un mancato guadagno, ma, addirittura, la decurtazione del capitale investito. Si tratta dunque di prodotti finanziari nei quali, essendo accentuata la componente finanziaria dell’operazione, è marcato il carattere speculativo, e, di conseguenza, la loro collocazione sul mercato presenta profili di estrema delicatezza. Nelle polizze in questione infatti l’assicuratore non garantisce necessariamente il «rischio di investimento», e cioè il rischio derivante dal rilascio al contraente di una garanzia minima di conservazione del capitale o di interes-

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se (c.d. «rischio di performance» 1); o il rischio derivante dal rilascio al contraente di una garanzia di adeguamento del capitale in funzione del valore delle quote o degli attivi di un fondo ovvero in funzione dell’andamento di un indice azionario o di un altro valore di riferimento (c.d. «rischio di base» 2) o, infine, il rischio connesso alla qualità dell’ente emittente o della controparte degli strumenti finanziari, inclusi quelli derivati, destinati a copertura delle riserve tecniche dei contratti di cui trattasi (c.d. «rischio di controparte» 3) (art. 2, lett. n) (cfr. Regolamento ISVAP 14 marzo 2008, n. 19). Si è discusso sulla natura giuridica delle polizze linked, facendosi osservare da autorevole dottrina che, trattandosi esclusivamente di operazioni con prestazione certa da parte dell’assicuratore (caso morte a vita intera o assicurazione mista), qualora non sia garantito il rischio di investimento (e cioè l’assicuratore «paga» il solo valore delle quote, senza garantire alcun risultato minimo), viene a mancare il rischio demografico, in quanto, in quest’ultima ipotesi, la durata della vita dell’assicurato diviene elemento del tutto irrilevante. In realtà il Regolamento 11 giugno 2009, n. 32 esclude questa eventualità, stabilendo che i contratti in questione «sono caratterizzati dalla presenza di un effettivo impegno da parte dell’impresa a liquidare prestazioni il cui valore sia dipendente dalla valutazione del rischio demografico» (art. 9). Nelle Index Linked (o polizze indicizzate), il capitale assicurato, come detto, viene rivalutato in funzione di un indice di borsa (o ad un altro valore di riferimento) (art. 41 comma 2, c.a.) e, pertanto, il suo rendimento è collegato all’andamento del mercato borsistico adottato come riferimento. Tuttavia, per mantenere sicurezza all’investimento, la maggior parte del premio è investita in obbligazioni (c.d. zero coupon) che assicurano comunque un rendimento; solo una parte del premio è invece investita in opzioni su indici di borsa. Talvolta il contratto prevede un rendimento minimo, con accollo da parte dell’assicuratore del rischio di performance. 1 È il rischio che il valore degli attivi destinati a copertura delle riserve tecniche non sia tale da consentire la conservazione o la rivalutazione del capitale fino all’ammontare minimo garantito (art. 2, lett. n, n. 1, Regolamento ISVAP 14 marzo 2008, n. 19). 2 È il rischio che gli attivi destinati a copertura, seppur gestiti nel rispetto delle disposizioni di legge e regolamentari, non consentano di replicare l’andamento del valore delle quote o degli attivi ovvero dell’indice azionario o del diverso valore di riferimento e quindi di far fronte alle prestazioni assicurate variabili in funzione di tale andamento (art. 2, lett. n, n. 2, Regolamento ISVAP 14 marzo 2008, n. 19). 3 È il rischio che l’ente emittente o la controparte non adempia ai propri obblighi contrattuali (art. 2, lett. n, n. 3, Regolamento ISVAP 14 marzo 2008, n. 19).

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Il Regolamento 11 giugno 2009, n. 32 disciplina gli indici utilizzabili (azionari, obbligazionari e sull’inflazione – artt. 4-5) e le modalità di indicizzazione, le quali «devono essere semplici e soddisfare il requisito di agevole comprensibilità da parte del contraente» e, in ogni caso, «la modalità di indicizzazione non può determinare un rischio per i contraenti superiore a quello che può essere assunto dall’impresa ai sensi della normativa in materia di copertura delle riserve tecniche» (art. 6). Trovano inoltre disciplina gli attivi a copertura delle riserve tecniche e il margine di solvibilità relativi ai contratti Index Linked. Nelle Unit Linked (o polizze collegate a fondi di investimento), i premi sono investiti in quote di fondi di investimento (azionari, obbligazionari, monetari). Il risultato è un paniere di fondi, la cui composizione influisce sul carattere più o meno speculativo dell’operazione (maggiore è la prevalenza di fondi azionari, più accentuata è la tendenza speculativa dell’investimento), a seconda della propensione al rischio dei singoli assicurati. Il Regolamento 3 giugno 2011, n. 38 disciplina la costituzione e l’amministrazione delle gestioni separate delle imprese che esercitano l’assicurazione sulla vita. Come detto, normalmente le polizze Linked prevedono anche l’erogazione di un capitale in caso di morte del contraente. Si tratta dunque di prodotti finanziari (c.d. «multiramo») caratterizzati dalla combinazione di coperture assicurative del ramo I e di prodotti finanziari del ramo III. La particolarità di questi prodotti, rispetto a quelli del solo ramo III, è che una parte del premio versato viene utilizzata dall’impresa per far fronte ai rischi demografici previsti dal contratto (rischio di mortalità, di invalidità) e pertanto tale parte non concorre alla formazione del capitale che sarà pagato alla scadenza del contratto (c.d. capitale maturato). Trattandosi di prodotti aventi natura in parte assicurativa, in parte finanziaria, per quanto concerne la loro natura di assicurazione sulla vita, sono sottoposti alle regole sulla emissione e collocamento del codice delle assicurazioni e dei regolamenti IVASS, per quanto concerne la loro natura di prodotti finanziari assicurativi, alle regole sulla emissione e collocamento del TUF e dei regolamenti CONSOB.

§ 7. I prodotti assicurativi: le operazioni di capitalizzazione. I prodotti e i servizi etici La capitalizzazione è definita dalla legge «il contratto mediante il quale l’impresa di assicurazione si impegna, senza convenzione relativa alla durata

L’assicurazione sulla vita ed i prodotti di investimento assicurativo

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della vita umana, a pagare somme determinate al decorso di un termine prestabilito, in corrispettivo di premi, unici o periodici, che sono effettuati in denaro o mediante altre attività» (art. 179, comma 1, c.a.). Si tratta pertanto di operazioni, riservate alle imprese espressamente autorizzate (ramo V, art. 2, comma 1), che non rientrano nell’ambito delle assicurazioni sulla vita, essendo necessariamente assente ogni riferimento alla durata della vita umana, e, di conseguenza, mancando il rischio (morte o sopravvivenza) tipico del contratto di assicurazione. Ciononostante l’operazione presenta caratteristiche molto vicine all’assicurazione sulla vita, presupponendo, come visto, anche quest’ultima una capitalizzazione dei premi riscossi. Ciò giustifica la sottoposizione delle imprese autorizzate alla gestione di questo ramo alle norme che disciplinano le imprese che esercitano l’assicurazione sulla vita. Nella sostanza la capitalizzazione consiste in una operazione con la quale, a fronte del pagamento di un premio unico o, più frequentemente, periodico, l’impresa si impegna a corrispondere un capitale rivalutato, a seconda dello strumento di capitalizzazione adottato, con meccanismi analoghi a quelli esaminati in relazione alle polizze vita indicizzate e rivalutabili ovvero alle polizze Linked. Ed infatti, come visto, le operazioni di capitalizzazione rientrano nell’ambito dei prodotti di investimento assicurativo, con l’applicazione della disciplina appena esaminata. Poiché la capitalizzazione è operazione che per sua natura presuppone un impiego poliennale, il contratto non può avere durata inferiore ai cinque anni, mentre i versamenti possono essere in misura fissa o, se previsto in contratto, in misura variabile (art. 179, comma 3, c.a.). Come nelle assicurazioni sulla vita, il premio non è misurato in funzione del rischio assicurato, ma è esso stesso la misura del capitale che l’impresa pagherà alla scadenza del contratto. A differenza delle assicurazioni sulla vita invece, il capitale è dovuto anche in caso di morte del contraente (nella misura maturata) e non incide (se non quantitativamente) sulla prestazione dell’impresa. Il contraente ha inoltre la facoltà di riscattare il contratto sin dal secondo anno, a condizione che abbia corrisposto la prima annualità di premio (art. 179, comma 4, c.a.), e può recedere con le modalità previste dall’art. 177 c.a. per i contratti di assicurazione sulla vita. La legge prevede la possibilità che il contratto contenga la c.d. clausola di sorteggio con la quale l’impresa si impegna a sorteggiare periodicamente i contratti in relazione ai quali restituire anticipatamente i capitali conferiti

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Il contratto di assicurazione

(capitale iniziale e interessi maturati al momento del sorteggio) (art. 179, comma 2, c.a.). Si tratta di operazione, di fatto non praticata, che introduce un elemento di alea, costituito dall’incertezza del momento del rimborso. I prodotti e i servizi etici o socialmente responsabili sono forme di investimento in fondi comuni nei quali viene operata una selezione dei titoli da inserire in portafoglio sulla base di indicatori sociali o ambientali. Si privilegiano cioè investimenti in imprese che hanno attenzione per i diritti dei lavoratori o l’ambiente. In attuazione del citato art. 117-ter TUF, la CONSOB ha inserito nel Regolamento Intermediari (delibera 15 febbraio 2018, n. 20307) gli artt. 136 e 137 con i quali vengono fissati alcuni obblighi di trasparenza a carico dei soggetti che promuovono «prodotti e servizi qualificati come “etici” o “socialmente responsabili”», tra i quali sono ricomprese le imprese di assicurazione.

Le forme pensionistiche complementari e la gestione assicurativa dei fondi pensione 289

CAPITOLO XVIII

LE FORME PENSIONISTICHE COMPLEMENTARI E LA GESTIONE ASSICURATIVA DEI FONDI PENSIONE SOMMARIO: 1. Le forme pensionistiche complementari. Caratteri generali. – 2. La gestione assicurativa dei fondi pensione.

§ 1. Le forme pensionistiche complementari. Caratteri generali Al fine di migliorare il sistema previdenziale, con il d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252 (che ha sostituito la precedente disciplina dettata dall’abrogato d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124), il legislatore disciplina una forma previdenziale, non obbligatoria, complementare rispetto a quella pubblica. Il meccanismo è fondato sulla costituzione di fondi, detti «fondi pensione», alimentati da contributi volontari, che, se riferiti a lavoratori subordinati, vengono effettuati con prelievi diretti sulle somme percepite dal lavoratore (a titolo di retribuzione o TFR). Si tratta del c.d. terzo pilastro del sistema previdenziale, che si affianca al sistema previdenziale pubblico obbligatorio ed a quello privato facoltativo costituito dai tradizionali prodotti assicurativi (polizze vita). Destinatari delle forme pensionistiche complementari sono (art. 2, d.lgs. n. 252/2005): i lavoratori dipendenti (sia pubblici che privati), i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, i soci lavoratori delle cooperative ed i loro dipendenti, i soggetti che svolgono «lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari» (c.d. casalinghe) di cui al d.lgs. n. 565/1996. Le forme pensionistiche complementari possono essere collettive o individuali. Nel primo caso, il più frequente, le forme pensionistiche complementari sono promosse attraverso (art. 3, d.lgs. n. 252/2005):

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Il contratto di assicurazione

– contratti e accordi collettivi, anche aziendali, ovvero, in mancanza, accordi fra lavoratori promossi da organizzazioni sindacali; – accordi fra lavoratori autonomi o professionisti promossi da sindacati od associazioni di categoria; – regolamenti di enti od aziende; – regioni; – accordi fra soci lavoratori di cooperative; – accordi fra soggetti che svolgono «lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari» promossi da sindacati o associazioni di categoria. Il meccanismo di contribuzione al fondo è a contribuzione definita, e cioè la misura del contributo è fisso e stabilito al momento dell’adesione al fondo e la prestazione finale è incerta, in quanto risultante dalla capitalizzazione dei contributi versati. Solo per i lavoratori autonomi è ammessa la forma a prestazioni definite, e cioè la prestazione finale è predefinita al momento dell’adesione, onde la misura del contributo varia in funzione del rendimento del fondo per essere adeguata alla prestazione finale promessa (art. 2, comma 2, d.lgs. n. 252/2005). I fondi pensione devono essere costituiti in forma di associazioni riconosciute (art. 14 ss. c.c.) o non riconosciute (artt. 36-38 c.c.), oppure nell’ambito del patrimonio di una singola società o ente attraverso la costituzione di un patrimonio autonomo. L’esercizio dell’attività del fondo pensione è subordinato alla preventiva autorizzazione dell’autorità di vigilanza del settore: la COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) (art. 4, d.lgs. n. 252/2005). Tuttavia il fondo pensione non gestisce direttamente le risorse, di cui pure è titolare, ma la gestione deve essere affidata, attraverso apposite convenzioni, a banche, SIM (società di intermediazione mobiliare), SGR (società di gestione del risparmio), imprese di investimento estere autorizzate, imprese di assicurazione (autorizzate all’esercizio del ramo VI); è consentito altresì l’investimento diretto in azioni o quote di società immobiliari o quote di fondi comuni di investimento mobiliare o immobiliare chiusi (solo per una parte del patrimonio gestito) (art. 6, d.lgs. n. 252/2005). Gli enti gestori di forme pensionistiche obbligatorie possono stipulare convenzioni con i fondi pensione per la gestione della raccolta dei contributi e l’erogazione delle prestazioni, anche attraverso società di capitali appositamente costituite. Le risorse dei fondi affidati in gestione devono essere depositati presso una banca depositaria, che esegue le istruzioni del gestore (art. 7, d.lgs. n. 252/2005).

Le forme pensionistiche complementari e la gestione assicurativa dei fondi pensione 291

Le forme pensionistiche complementari individuali (art. 13, d.lgs. n. 252/2005) sono lasciate alla libera iniziativa del singolo soggetto e, pertanto, sono svincolate da qualsiasi accordo sindacale o aziendale o contratto collettivo. Possono essere attuate attraverso l’adesione a «fondi pensione aperti», e cioè fondi pensione costituiti direttamente dagli stessi soggetti cui è attribuita la gestione dei fondi chiusi (banche, assicurazioni, SIM, SGR, imprese di investimento estere autorizzate), ovvero con contratti di assicurazione sulla vita (art. 13, d.lgs. n. 252/2005). Il contributo, fissato al momento dell’adesione, può essere anche in misura fissa e soggetto a variazione. Le forme pensionistiche individuali prescindono dalla titolarità di un reddito e, pertanto, il loro accesso è consentito anche a soggetti diversi da quelli indicati dall’art. 2 del d.lgs. n. 252/2005. Questo sistema previdenziale è soggetto alla vigilanza da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e di un apposito organo di controllo: la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP) al quale sono attribuiti poteri di vigilanza ed autorizzativi (art. 18, d.lgs. n. 252/2005). Quest’ultima, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, è parte del SEVIF (Sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria) e partecipa alle attività che esso svolge, tenendo conto della convergenza degli strumenti e delle prassi di vigilanza in ambito europeo (art. 18-bis, d.lgs. n. 252/2005).

§ 2. La gestione assicurativa dei fondi pensione Come visto, la gestione delle risorse dei fondi pensione può essere affidata ad imprese di assicurazione autorizzate alla gestione dell’apposito ramo (ramo VI). Se la forma pensionistica è in regime di prestazione definita la gestione deve essere obbligatoriamente affidata ad un’impresa di assicurazione che non è tenuta a conferire le risorse alla banca depositaria (art. 6, comma 5, d.lgs. n. 252/2005). Si tratta di operazioni di capitalizzazione che esulano dalla categoria della assicurazione sulla vita, essendo escluso il rischio attinente la vita umana. La gestione deve essere obbligatoriamente affidata ad un’impresa di assicurazione anche nel caso in cui sia prevista una prestazione in caso di invalidità o premorienza. In questo caso si tratta dunque di veri e propri contratti di assicurazione sulla vita, essendo presente il rischio morte o infortunio.

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Il contratto di assicurazione

Infine, come visto, le forme pensionistiche individuali possono essere realizzate attraverso la stipula di un tipico contratto di assicurazione sulla vita, che garantisca le medesime prestazioni previste in caso di adesione ad un fondo pensione aperto e le medesime agevolazioni fiscali. Quest’ultima opportunità ha ampliato le prospettive del mercato assicurativo, introducendo uno specifico prodotto con caratteristiche squisitamente previdenziali.

Indice analitico

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INDICE ANALITICO

Accordi tra imprese di assicurazione v. Concorrenza AEAP v. EIOPA Agente di assicurazione 124 ss. – agenzia in economia 125 – contratto di agenzia 124 ss. – esclusiva 126 – scioglimento 126 – monomandatario 137 – parasubordinato 125 – plurimandatario 137 – provvigione 126 – di acquisto, di incasso, di rinnovo 126 – precontata, ricorrente 126 – star del credere 125 Albo delle imprese di assicurazione 65, 66

Arbitrato 197, 247 Archivio informatico integrato v. IVASS Assicurato 171 ss. Assicurazione a favore di terzo 174 s. Assicurazione a primo rischio 165 – primo rischio assoluto 165 – primo rischio relativo 165 Assicurazione a secondo rischio 199 Assicurazione assistenza 214 s. Assicurazione cauzionale v. Assicurazione fideiussoria

Albo delle società capogruppo italiane 61

Assicurazione corpi 249, 251 s.

Alienazione della cosa assicurata 169, 203 s. – trasferimento della cosa mortis causa 203

Assicurazione danni alle persone 165, 213 s. v. anche Assicurazioni infortuni e Assicurazioni malattie

Amministrazione straordinaria 111 ss. – della ultima società capogruppo italiana 119 s. Antitrust v. Autorità garante della concorrenza e del mercato

Assicurazione del credito 239 ss. – antiselezione 211, 239 – perdita del credito 240 Assicurazione del credito all’esportazione 242 s. – SACE 31, 242 s.

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Assicurazione della responsabilità civile 217 ss. – assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e natanti v. assicurazioni obbligatorie – chiamata in garanzia dell’assicura-tore 218 – clausola bonus malus v. voce – clausola claims made v. voce – clausola di gestione della lite v. voce – liquidazione dell’indennità 218 ss. – sinistro 218 Assicurazione di cure mediche 222 s. Assicurazione di spese legali v. Assicurazione tutela legale Assicurazione fideiussoria 241 Assicurazione frontaliera 227 Assicurazione in nome altrui 171 s. Assicurazione parziale v. Soprassicurazione e sottoassicurazione Assicurazione per conto altrui 172 ss. – per conto di chi spetta 172 s. Assicurazione plurima 163 Assicurazione sanitaria v. Assicurazione di cure mediche Assicurazione sulla persona di un terzo 176 Assicurazione sulla vita 275 ss. – cambiamento di professione del-l’assicurato 156, 280 – clausola di incontestabilità 280 – connessa all’erogazione di mutui immobiliari e di credito al consumo 282

– mista 277 – per il caso di morte 276 – a tempo determinato 276 – a vita intera 276 – per il caso di sopravvivenza 276 – con controassicurazione 277 – polizza liberata 281 – polizza rivalutabile 279 – premio 278 – prestito su polizza 281 – prodotti di investimento assicurativi 283 ss. – multiramo 286 – revoca e recesso 280 – riduzione 281 – riscatto 281 – polizza rivalutabile 279 – rischio di investimento 284 – rischio di base 285 – rischio di controparte 285 – rischio di performance 285 – tavole di mortalità e sopravvivenza 275 Assicurazione tutela legale (o giudiziaria) 223 s. Assicurazione valore a nuovo 163, 196 Assicurazioni aeronautiche 250 ss. (v. anche Assicurazioni marittime) – assicurazione contro gli infortuni dei passeggeri 258 s. – assicurazione contro gli infortuni del personale navigante 258 – assicurazione dell’aeromobile 251 s. – assicurazione delle merci 252 – assicurazione per danni a terzi sulla superficie 256 s. – assicurazione per danni da urto 257 – assicurazione per ricorso di terzi danneggiati da urto 255 – durata 251 – liquidazione del sinistro 261 ss.

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– per abbandono 261 ss. – delle merci 262 – del nolo da guadagnare 262 – per avaria 261 Assicurazioni collettive 211 s. Assicurazioni contro i danni 207 ss. – alle persone 213 s., 245 ss. – assicurazioni infortuni v. voce – assicurazioni malattie v. voce Assicurazioni del patrimonio 159 s., 208 s. Assicurazioni di cose 208 Assicurazioni globali 211 Assicurazioni in abbonamento 209 ss. – contratto generale 210 – dichiarazione di alimento 210 Assicurazioni infortuni 165, 214, 245 ss. – sinistro 247 Assicurazioni malattie 165, 214, 248 s. – permanent health insurance 213, 248 Assicurazioni marittime 250 ss. – alienazione delle merci 252 – assicurazione dei profitti sperati 252 s. – assicurazione della nave 251 s. – assicurazione delle merci 252 – assicurazione del nolo 253 – assicurazione per contribuzione in avaria comune 254 s. – assicurazione per le spese di assistenza e salvataggio 255 – assicurazione per ricorso di terzi danneggiati da urto 255 – certificato di sicurtà 250 – commissario d’avaria 260

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– durata 250 s. – liquidazione del sinistro 261 ss. – per abbandono 261 ss. – delle merci 262 – del nolo da guadagnare 262 – per avaria 261 – nolo anticipato o dovuto 253 – nolo da guadagnare 253 – nolo sperato 253 – Protection and Indennity Insurance 255 s. – Regole di York e Anversa 254 – rischio 259 s. – putativo 259 Assicurazioni obbligatorie 12 s., 212 s. – assicurazione obbligatoria aeronautica v. Assicurazioni aeronautiche – assicurazione obbligatoria delle responsabilità civile autoveicoli e natanti 225 ss. – assicurazione frontaliera 227 – attestazione sullo stato del rischio 229 – azione diretta 233 ss. – banca dati sinistri 233 – Centro di informazione italiano 237 – certificato di assicurazione 226 – classe di merito 229 – clausola bonus-malus v. Bonus-malus – danno biologico 231 s. – Fondo di garanzia per le vittime della strada 31, 118, 235 ss. – franchigie 229 – denuncia del sinistro 193 – indennizzo (o risarcimento) diretto 234 ss. – lesioni di lieve entità 232 – lesioni di non lieve entità 232 – mandatario per la liquidazione dei sinistri 238 – obblighi di trasparenza e informativa 227

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– Organismo di indennizzo italiano 238 – premio 229 s. – provvisionale 235 – rappresentante per la gestione dei sinistri 95 s., 301 – recesso 230 – risarcimento del danno 230 ss. – rivalsa 228, 231 – stanza di compensazione 234 – trasferimento (del veicolo o del natante) 229 s. – Ufficio centrale italiano 94, 227 – Ufficio nazionale di assicurazione 227 Assicurazioni sociali 11 s. Assicurazioni trasporti 249 ss. – assicurazioni aeronautiche v. voce – assicurazioni marittime v. voce Associazioni agrarie di mutua assicurazione 30 Attività assicurativa (collegamento con l’atto) 4 ss. Attività di direzione e coordinamento 37 Attuario 33 Autorità garante della concorrenza e del mercato 55, 63 Autorizzazione (all’esercizio dell’attività assicurativa) 65 ss. – decadenza 91 s. – per le imprese extracomunitarie 98 – diniego 69 – estensione 68 – revoca 91 ss. – per le imprese extracomunitarie 98

Banca d’Italia 63 Basi tecniche 72 Beneficiario dell’assicurazione 174 s. – nell’assicurazione contro i danni 175 – nell’assicurazione sulla vita 174 s. Bilancio 83 ss. – chiarezza e verità 84 – consolidato 86 – conto tecnico 86 – conto economico 86 – conto non tecnico 86 – IAS 84 – IFSR 84 – relazione semestrale 87 – relazione semestrale consolidata 87 – relazione sulla gestione 87 – stato patrimoniale 85 Bisogno (concetto) 3 Bonus-malus (clausola) 221, 229 Broker v. Mediatore di assicurazione Capitale minimo 67 Capitalizzazione (operazioni di) 286 ss. – clausola di sorteggio 287 Capogruppo 61 s. Caricamenti 69 Centro di informazione italiano 237 Certificato di sicurtà 250 Claims made (clausola) 153, 220 Clausola “all risks” 260 Clausola di gestione della lite 222

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Clausola di vincolo 175 Clausole vessatorie 183 ss. Coagenzia 127 Coassicurazione 164 s. – comunitaria 164 Codice del Consumo 184 Collegio di garanzia v. IVASS – poteri Colpa 151, 182, 194 Commissario per il compimento di singoli atti 110 s. Commissario per la gestione provvisoria 113 s. Concentrazione di aziende 99 s. Concorrenza 105 – accordi tra imprese di assicurazione 104 s. Condizioni generali di polizza v. Polizza

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– e contratto aleatorio 13 ss., 146 – causa v. Rischio – come contratto a prestazioni corrispettive 167 s. – come contratto bilaterale 167 – come contratto commutativo 169 s. – come contratto consensuale 169 – come contratto di durata 170 – come contratto non formale 177 – come contratto sinallagmatico 169 – contabilizzazione 168, 195 – durata 185 s. – formazione del 177 ss. – nozione giuridica 143 ss. – necessità della attività di impresa per l’assicuratore 146 – teoria del bisogno eventuale 144 – teoria indennitaria 144 s. – nullità del 147 – principio indennitario 145 – principio previdenziale 145 – stipulato da soggetto non imprenditore assicurativo 6 ss., 146 – trasparenza (obblighi di) 177 ss. Controlli interni 32 ss. Controlli sull’attività assicurativa (sistema dei) 8 ss. COVIP 63 s., 291

Conglomerato finanziario 43 ss. – impresa regolamentata 44

CONSOB 63 Contabilità 87 ss.

Danno 160 s. – avaria v. Assicurazioni marittime – come lesione dell’interesse 160 – danno biologico 231 s. – nesso causale 152 s. Dichiarazioni inesatte e reticenze 181 ss.

Contraente 171 ss.

Direzione unitaria 86

Contratto di assicurazione 143 ss. (v. anche Assicurazione, Polizza)

Diritto delle assicurazioni (come ordinamento settoriale) 20 s.

Consap 31, 53, 119, 133, 236, 237

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Distribuzione (del prodotto assicurativo) 121 ss. – attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa 123 – accesso all’attività di intermediazione 130 ss. – conflitti di interesse 136 ss., 138 – dipendenti, collaboratori, produttori 130 – regole di comportamento 134 ss. – principio di adeguatezza 135 s. – sanzioni disciplinari 134 – collegio di garanzia 134 – canali distribuitivi attraverso tecniche di comunicazione a distanza 122, 139 – internet 122, 139 – reti di vendita multilevel marketing 122 s.

– assoluta 198 – semplice 198 Funzione attuariale 33 s. Funzione di revisione interna 33 Fusione e scissione 103 ss. – di fondi interni 104 – di gestioni separate 104 Gestione dei rischi 32 ss., 34 s. GL 19 Gruppo 35 ss. Home Country Control 89, 90 Impresa (di assicurazione) 8 ss., 25 ss.

Dolo 151, 182, 194 EIOPA 11, 18, 32, 53 s., 92

Impresa di partecipazione finanziaria mista 43

Esponenti aziendali 40

Impresa multiramo 46, 48

Finanza etica (prodotti di) 288

Impresa pubblica (di assicurazione) 30

Fondi pensione 289 ss. – a contribuzione definita 290 – a prestazioni definite 290 – aperti 291 – banca depositaria 290 – Commissione di vigilanza sui fondi pensione v. COVIP – gestione assicurativa dei 291 s. Fondi propri 35, 67, 81 s., 99, 101, 107, 109 – accessori 81 s.

Impresa regolamentata v. conglomerato finanziario

Fonti (normative) 16 ss. Franchigie 198

Impresa strumentale 42 INA 30 s. Indennità 195 ss. – debito di 199 ss. – debito di valore 199 s., 201 – debito di valuta 199 s. – liquidazione 196 s. – per abbandono 196 – per avaria 196 – massimale 160, 165, 200, 209, 211, 213

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Indennizzo v. Indennità Index Linked v. Linked Influenza dominante 36, 37 Insolvenza 115 s., 117, 121 Interesse 157 ss. – come misura del valore della cosa assicurata 160 ss. – come relazione di carattere economico 157 ss. – concorrente e indiretto 158 – inesistenza 157 – lesione del v. Danno – nell’assicurazione danni alle persone 165 – nell’assicurazione del patrimonio 159 s. – nell’assicurazione sulla vita 158 s.

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Libera prestazione di servizi – da parte di imprese comunitarie in Italia 95 s. – Rappresentante per la gestione dei sinistri 95 – da parte di imprese italiane all’estero 90 Linked (Index e Unit) 16, 283 ss. v. anche Prodotti di investimento assicurativo Liquidazione coatta amministrativa 115 ss. – accertamento del passivo 118 – concordato 119 s. – della controllante 121 – insolvenza 116, 117 – organi 116 s.

Intermediari finanziari 124, 130 ss.

Liquidazione giudiziale (dell’assicurato) 204 ss. – concordato preventivo 205 – nell’assicurazione sulla vita 205 s. – nell’assicurazione r.c. 205

Intermediazione assicurativa v. Distribuzione

Liquidazione ordinaria o volontaria 114 s.

Internet v. Distribuzione

Loss occurrence (clausola) 153, 220, 221

Interloking (procedimento) v. Organi sociali

Inversione del ciclo produttivo 70, 190 ISVAP v. IVASS ITS 18 IVASS 10 s., 54 ss., 65 ss., 85, 89 ss., 92 s. – funzioni 58 s. – obblighi di informativa 60 s. – poteri 59 ss. – vigilanza informativa, ispettiva, sulle operazioni infragruppo 62

Massimale v. Indennità Mediatore di assicurazione 128 s. – fondo di garanzia 134 Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE)10, 52 s. Misure di risanamento 110 ss. Misure di salvaguardia 107 ss. – applicate ad imprese estere 110 – in caso di revoca parziale dell’autorizzazione 109

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Modulo di proposta 179 Mortalità del bestiame 194 Nota informativa 183 Obbligo di avviso 193 s., 260 Obbligo di salvataggio 194 s., 219, 221, 260 – nell’assicurazione contro la responsabilità civile 195, 221

– – – – – – – –

appendice 179 certificato di assicurazione 179, 226 certificato di sicurtà 250 condizioni generali 19, 179, 183 ss. condizioni speciali 183 modulo di 179 nota di copertura 185 obblighi di trasparenza 177 ss.

Organi sociali – divieto di assumere cariche in imprese concorrenti 40

Portafoglio 99 ss. – portafoglio del lavoro diretto italiano 100 – portafoglio del lavoro indiretto italiano 101 – portafoglio estero 101 – trasferimento 100 ss.

Organismo di indennizzo italiano 238

Poste Italiane s.p.a. 130

Partecipazione consistente 42

Premio 189 ss., 229 s. – caricamenti 69, 190 – mancato pagamento 191 s. – naturale 278 – premio di tariffa 69 – premio lordo 69 – premio netto 69, 190 – premio periodico 190, 191 – rata di 191 – termine di tolleranza 191 Prescrizione 206

Partecipazione qualificata 37, 39 Partecipazioni sociali 41 ss. – da parte di imprese di assicurazione in altre imprese 41 ss. – di controllo 42 s. – influenza dominante 36, 37 – in imprese di assicurazione 36 ss. – operazioni infragruppo rilevanti 45 Particolari mutue assicuratrici 29

Principio della persona prudente 79 Periti assicurativi 230 Perizia contrattuale 197 Piani di finanziamento a breve termine 109

Principio indennitario v. Contratto di assicurazione Procacciatore d’affari 127 Prodotti del suolo 163

Piani di risanamento 108 s. Polizza 177 ss. (v. anche Contratto di assicurazione) – all’ordine e al portatore 186 ss., 204

Prodotti di investimento assicurativo 16, 286 s. v. anche Linked (Index e Unit) – multiramo 286

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Prodotti e servizi etici 288

Requisito di solvibilità di gruppo 110

Produttori diretti 129

Requisito patrimoniale di solvibilità 43, 62, 80, 82 s., 83 s., 91, 99, 101, 107, 108 s. – violazione delle norme sul 82 s.

Profilo di rischio v. Controlli interni Programma di attività 67, 68, 90, 92, 94, 96, 98 – delle imprese extracomunitarie 98 – modifiche del 68 Promotori finanziari v. Distribuzione Protection and Indemnity Insurance v. Assicurazioni marittime Protocollo di autonomia 39 Rami assicurativi 45 ss. – estensione 67, 68, 71, 73 Relazione tecnica 68, 98 Regime di stabilimento 90 – da parte di imprese comunitarie in Italia 95 – da parte di imprese extracomunitarie in Italia 97 s. – da parte di imprese italiane all’estero 90 s., 92 Registri e libri contabili 87 ss. Registro degli intermediari 132 ss. – cancellazione dal 134 – requisiti per l’iscrizione 133 Relazione tecnica sulla tariffa 72 Rendita vitalizia (e contratto di assicurazione) 7, 14 Requisiti di onorabilità 39 s., 67 Requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza 39 s., 67, 97, 112, 114

Requisito patrimoniale minimo 67, 79, 82, 90, 93, 97, 98, 107, 108 s., 110 Reticenze v. Dichiarazioni inesatte e reticenze Riassicurazione 265 ss. – facoltativa 266, 271 – finite 267 s. – impresa di riassicurazione 268 ss. – disciplina 268 ss. – accesso all’attività 269 s. – esercizio dell’attività 270 s. – per trattati 266, 272 s. – Open cover 272 – proporzionale 272 – per eccedente 272 – per quota parte 272 – non proporzionale 272 – per eccesso di sinistro 272 – per eccesso globale di sinistri 272 – pieno 271 – retrocessione 266 – trattato 179 – uberrima bona fides 267 Rischio 3 ss., 149 ss., 276 – assicurabilità del 150 – come elemento causale del contratto di assicurazione 149 s. – diminuzione ed aggravamento 154 s. – nell’assicurazione sulla vita 150 s. 152, 155 – elementi del 150 ss. – evento dannoso 150 ss.

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inesistenza 153 s. neutralizzazione 15, 146 putativo 153, 259 s. trasferimento in capo all’assicuratore 14

– riserve tecniche per le imprese di riassicurazione 75, 79 – violazione delle norme sulle 83 s., 107 s. Risparmio (e assicurazione) 14

Rischio di sottoscrizione 70, 82 n. 5 Riserve tecniche 69 ss. – attività a copertura delle 79 ss. – delle imprese extracomunitarie 99 – determinazione 72 s. – registro delle attività a copertura delle 80 – riserva di perequazione per rischi di calamità naturale 78 – riserva di senescenza 79 – riserva matematica 73 – riserva per danni derivanti dall’energia nucleare 79 – riserva per frazioni di premio 76 – riserva per la partecipazione agli utili e ristorni 73, 79 – riserva per le assicurazioni complementari 73 – riserva per rischi in corso 77 – riserva per sinistri denunciati tardivamente 78 – riserva per somme da pagare 73 – riserva per spese future 73 – riserva premi 76 – riserva sinistri 77 – riserve aggiuntive 74 s. – riserva aggiuntiva per rischio demografico 75 – riserva aggiuntiva per rischio di interesse garantito 74 – riserva aggiuntiva per sfasamento temporale 74 – riserve di perequazione 78 s. – riserve tecniche dei contratti unit e index linked e dei contratti del ramo IV 75

SACE v. Assicurazione del credito all’esportazione Sana e prudente gestione 33, 38, 39, 40, 41, 51, 55, 64, 66, 69, 99, 104 Sanzioni v. IVASS – poteri Scommessa (e contratto di assicurazione) 7 Scoperto obbligatorio 198 s. SIM 130 Sinistro 152 s. Sistema di controllo interno 33 Sistema di gestione dei rischi 32 s. Società cooperativa 28 Società di mutua assicurazione 28 ss. Società di mutuo soccorso 29 s. Società europea 30 Società per azioni 27 s. SOLVENCY II 18, 32 Soprassicurazione e sottoassicurazione 162 ss. Sportass 31

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Statuto – modifiche dello 99 Stima 162 Stretti legami 67

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Trattato v. Riassicurazione Ufficio centrale italiano 94 Ultima società controllante italiana 35, 61, 62, 119 s.

Subagente 127 Suicidio dell’assicurato 151 Surrogazione dell’assicuratore (diritto di) 200 ss. Svalutazione monetaria v. Indennità Tariffe 69 ss.

Unit Linked v. Linked Valore della cosa assicurata 160 ss. – valore assicurabile 160 – valore assicurato 160 – valore finale 160 – valore iniziale 161 – valore residuo 161 – valore risarcibile 161

Tasso massimo di interesse garantibile (TMG) 72

Vigilanza macroprudenziale 51 s.

Tasso tecnico 72

Vigilanza microprudenziale 51 s., 57

Trasferimento di azienda 100

Vizio della cosa 152

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Finito di stampare nel mese di febbraio 2019 nella Stampatre s.r.l. di Torino Via Bologna, 220

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