Magia bianca magia nera nel Rinascimento
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78. Paola Zambelli

Magia bianca, magia nera nel Rinascimento

L'interprete

Collana diretta da Aldo Scaglione della New Yoric University, New York

Paola Zambelli

Magia bianca, magia nera nel Rinascimento

LONGO EDITORE RAVENNA

ISBN 88-8063-430-5 ©

2004 A. Longo Editore snc 33 48100 Ravenna 0544.217026- Fax 0544.217554

Copyright

Via P. Costa, Tel.

-

e-mail: [email protected] www.longo-editore.it Ali rights reserved Printed in ltaly

Riconoscimenti

Alcuni dei presenti studi sono inediti (questa introduzione, il primo e l ' ap­ pendice della seconda parte); altri, per i quali ringrazio gli editori per avermi concesso la ristampa, erano stati pubblicati originariamente in periodici o miscellanee: 111. Astrology and Magie in /taly and North of the Alps. Conti­ nuity in the Definition of Natura/ Magie from Pico to Della Porta, in «Akten des IV Reuchlin Kongresses (Pforzheim, Juni 1998)», Stuttgart, Thorbecke, 2002, pp. 1-16 (e per poche pagine in Geografia dei saperi. Scritti in memo­ ria di D. Pastine, a c. di D. Ferraro e G. Gigliotti, Firenze, Le Lettere, 1999, pp. 24-41). 112. Scholastiker und Humanisten. Agrippa und Trithemius zur Hexerei. Die naturliche Magie und die Entstehung kritischer Denkens, «Ar­ chiv fiir Kulturgeschichte>>, 67, 1985, pp. 41-79; Scholastic and Humanist Views of Hermeticism and Witchcraft, in Hermeticism and the Renaissance, eds. A.G. Debus and l. Merkel, Washington, Associated University Presses, 1988, pp. 321-350. 113. Rifonde due note uscite in Belgio e Polonia: Pseude­ pigrafia e magia secondo l'abate Tritemio, in Ratio et superstitio. Études... Vescovini, Tumhout, Brepols, 2003, pp. 347-368; Dal Cusano al Bovelles? Nota sulle idee e le fonti di l. Trithemius, «Archiwum Historii Filozofii>> (Festschrift Szczucki), XLVII, 2002, pp. 199-211. Non posso invece ringraziare nessuno per il pezzo Ill2. Magia e ermeti­ smo in Giordano Bruno da Tocco a Corsano, da Yates a Ciliberto, finito di stampare come preprint a larga tiratura nel luglio 2003 negli atti del conve­ gno Giordano Bruno nella cultura del suo tempo organizzato da A. Ingegno per l 'Università di Urbino e per l ' Istituto di Studi Filosofici di Napoli, pub­ blicato a Napoli, Città del Sole, 2004; in un momento successivo alla stam­ pa l ' Istituto del l ' Avvocato Marotta e il curatore Alfonso Ingegno, che mi

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Riconoscimenti

aveva pressantemente invitata, hanno deciso di espungere il mio contributo dal volume. Sono però molto grata a Alfio Longo per aver accettato nelle sue edizioni questa breve raccolta, e agli amici - Fernanda Gherardelli, Maddalena Genti­ le e Nicola Borchi - che hanno collaborato con me per le bozze. La dedico con affetto a due amici di vecchia data, fra i pochi che in queste vicende si sono dimostrati sensibili, rispettabili e solidali, una personalità del mondo editoriale, Maria Concetta Fozzer, e uno storico, Lauro Martines.

Introduzione Dobbiamo davvero riappropriarci della magia?

Nel Rinascimento cambia la concezione della natura, della sua in­ finità o finitezza, del dominio dell' uomo sul mondo fisico, sui vegetali e sugli altri animali, della regolarità o eccezione nei fenomeni fisici e biologici, cambia insomma l ' idea delle leggi di natura. Siamo ai tempi della demonologia di quegli inquisitori che organizzarono su scala massiccia i roghi delle streghe e che dopo il Concilio di Trento insce­ narono spettacolari esorcismi su indemoniati: non rinunciavano d ' al­ tronde al rigido controllo anche su quanto, a questo proposito, pensa­ vano e scrivevano i filosofi. Saranno qui studiate alcune teorie filosofiche che fornivano un qua­ dro interpretativo a queste concezioni della natura, delle sue norme e eccezioni e, infine, del dominio che l 'uomo può esercitare sul cosmo. Qui non mi concentrerò, come di solito accade e per buoni motivi, su ermetici e neoplatonici o sul rapporto magia/rivoluzione scientifi­ ca; preferisco considerare invece le interferenze di astrologi e maghi con i riti alternativi e con la stregoneria, che costituiva nel periodo rinascimentale una questione rilevante per la storia sociale e religiosa. Considererò soprattutto le definizioni che della magia vennero date e discusse da alcuni eretici e «scholastici vagantes» 1 •

1 Per questa definizione

v.

infra lUI, nota l .

IO

Introduzione

Se all' inizio del Quattrocento l ' insegnamento della filosofia della natura consisteva nell'esporre e interpretare la Fisica e le altre opere naturali di Aristotele, alla fine del Cinquecento alla Sapienza, l' univer­ sità di Roma, venne invece nominato anche un docente di filosofia pla­ tonica, Francesco Patrizi da Cherso. C'erano stati alcuni precedenti ali' inizio del secolo a Padova con Leonico Torneo, a Pisa con France­ sco Cattani da Diacceto, seguaci entrambi del Ficino: dalla cattedra questi erano però tenuti a leggere il testo di Aristotele, anche se nei loro scritti personali trattavano problematiche neoplatonico-ermetiche come il loro maestro e modello. Nel corso di questi due secoli - quando le traduzioni ficiniane permisero di leggere tutto Platone, il corpus her­ meticum, Plotino, Porfirio, Giamblico, Proclo, Psello, ecc. - molto era cambiato nel quadro filosofico, in particolare nella filosofia naturale. Non era l ' unico cambiamento: c' erano allora molte altre novità fonda­ mentali. Con il metodo filologico elaborato da Lorenzo Valla, Polizia­ no e Erasmo divenne possibile datare, confrontare i testi riscoperti e quindi leggerli diversamente; Agricola e Ramo fondarono un nuovo metodo inventivo; maestri lulliani svilupparono l ' arte classificatoria e combinatoria e l' enciclopedia; Copernico, Tycho Brahe, Keplero e Galilei proposero nuovi sistemi per misurare i moti dei corpi celesti ; Ve sali o rinnovò l ' anatomia; da Serveto a Realdo Colombo, da Cesalpi­ no a Harvey venne scoperta la doppia circolazione del sangue; il testo di Lucrezio recuperato nel Quattrocento suggerì una concezione ato­ mistica della materia e corroborò l' idea dell ' infinità dei mondi . Grazie al De amore e al De vita coelitus comparando di Ficino e all'Apologia di Giovanni Pico della Mirandola per le sue Novecento tesi, alla fine del Quattrocento era salita alla ribalta dei dibattiti del­ l ' alta cultura anche la teoria della «magia naturale» . Fondandosi su neoplatonismo, orfismo, ermetismo, i due avevano riproposto la tradi­ zionale teoria astrologica delle corrispondenze fra corpi celesti e corpi «elementati», combinandola con la teoria avicenniana della potenza dell'immaginazione e con l ' idea stoico-neoplatonica dello «spiritus» : così Ficino, Pico e molti altri pretendevano che la magia avesse potere indipendentemente dall ' invocazione di spiriti. Ficino e Pico avevano portato alla superficie una serie di idee già presenti nell' età patristica e scolastica, quando però esse avevano otte-

Dobbiamo davvero riappropriarci della magia?

Il

nuto solo limitata attenzione dai professionisti della filosofia: da fine Quattrocento esse erano diventate dominanti nelle élites e presto an­ che nella divulgazione accademica e letteraria. Le tesi neoplatonico­ ermetiche dei due fiorentini sul cosmo, sullo 'spirito' , sulle forze della natura avevano creato un' idea nuova della magia. In particolare Ficino e i suoi seguaci ammettevano enti spirituali (demoni, angeli o diavoli, motori antropomorfici dei corpi astrali ecc.) ai quali fosse possibile rivolgere preghiere, inni o innocenti scongiuri, che ne rendessero be­ nefico l ' influsso; nell ' uso di tali formule di scongiuro, che lasciò ma­ noscritte per pochi iniziati, l ' abate benedettino Tritemio fu un caso estremo. Egli si dichiarò contrario a credere, come pretendevano i fici­ niani, che la magia potesse «esser puramente naturale». In quegli stessi anni fra Quattrocento e Cinquecento, non ci aveva creduto neppure Lefèvre d' Etaples, il grande editore parigino delle traduzioni umanistiche dei filosofi antichi di tutte le scuole, che poi aderirà alla religione evangelica con un atteggiamento che prelude a quello dei nicodemiti. Ma a differenza di Tritemio, Lefèvre negò che la magia possa esser naturale e vi rinunciò in modo assoluto. Il testo della sua Magia naturalis, scritto nel momento di una breve infatua­ zione ficiniana, è l ' unica delle sue opere che non solo egli non stampò, ma non mise neppure in circolazione manoscritta, come sarebbe stato normale secondo un uso ancor vivo nei primi decenni della stampa. Non saranno però molti a fare come lui. Per differenziarsi dalle pratiche popolari degli stregoni, Ficino e Pico avevano infatti sostenuto nel 1 486 che una magia puramente na­ turale e senza invocazione di demoni era possibile: pochi anni dopo (nel 1 499 e intorno al 1 509) Tritemio stava polemizzando appunto contro questa loro tesi. Un po' più tardi Paracelso darà un fondamento non dissimile da quello di Tritemio alle sue opere magiche, redatte in volgare e lasciate manoscritte per registrare le credenze popolari: esse furono rilanciate, tradotte e stampate con entusiasmo nella seconda metà del ' 500. In quei decenni, in un gruppo di iniziati, fra i quali il più famoso era John Dee, avendo letto i primi testi paracelsiani disponibili a stampa e avuto in lettura manoscritti segreti (anzi iniziatici) di Trite­ mio, Bruno riprenderà tali posizioni : anche questo può aver contribui­ to a fare di lui uno degli stregoni portati sul rogo.

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Introduzione

Figure ambigue come i 'maghi' Ficino, Pico, Della Porta ebbero grande fortuna e influenza (anche se in tempi di inquisizione si evitava talvolta di menzionarli per ragioni di prudenza): ancor più difficile è individuare nei testi posteriori le citazioni implicite, ma rilevanti, di Tritemio, Agrippa, Paracelso, Cardano. Queste fonti compromettenti però sono riconoscibili chiaramente nelle opere magiche di Giordano Bruno, il quale più di tutti merita di esser chiamato «Scolastico vagan­ te» secondo una definizione che era stato coniata da Konrad Gesner per Paracelso. La filosofia rinascimentale della magia, complessa ed elegante, aveva riscosso grande successo e si era combinata non tanto con la «rivoluzione scientifica», quanto con i fermenti religiosi della Rifor­ ma, soprattutto della Riforma radicale (si pensi a Agrippa, Paracelso, Serveto). Fino al Seicento e Settecento tali idee sopravviveranno in documenti letterari e negli hobbies di grandi scienziati (l' esempio più citato è quello di Newton che ebbe una segreta passione per l' alchi­ mia), ma non è di questo che si parlerà in questo libro. Molto, forse troppo se ne è parlato: l' attenzione e in qualche caso la fede prestata alla tesi di una 'magia naturale' , una tesi ambigua, che Ficino e Pico avevano enunciato e che molti avevano accolto, ha da una parte riabi­ litato e rivalutato questo filone importante della cultura e della filoso­ fia rinascimentale, che era stato sbeffeggiato dagli storici illuministi e dai razionalisti dell ' Ottocento. Di molte ironie sono intessuti gli otto volumi della History ofMagie and Experimental Science ( 1 923- 1 958), della quale nessuno ancor oggi può fare a meno negli studi: d' altro lato, appunto già nel caso dell' autore di quest' opera monumentale, Lynn Thomdike, prendere per buona l' idea di una magia puramente naturale serviva a ricollegarla con la scienza. Gli studiosi più recenti non pensano più, come faceva Thomdike, alla ricerca magica, astrolo­ gica e alchemica largamente praticata nel Medioevo e Rinascimento, come a un accumulo di dati che poi la scienza depurerà grazie alla rivoluzione scientifica o meglio alla scienza positivistica; si sono però interrogati a fondo ed hanno dibattuto sul nesso di queste ricerche e idee occultiste con la rivoluzione scientifica o almeno con l ' ideologia delle scienze nuove. In qualche caso l ' insistenza esclusiva sulla magia naturale da parte degli storici recenti tradisce un vagheggiamento o

Dobbiamo davvero riappropriarci della magia?

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addirittura intenzioni apologetiche. Presentame l ' i mmagine o come accumulo di dati empirici che reinterpretati daranno luogo poi alla scienza moderna (Thorndike) oppure come presentimento della rivo­ luzione scientifica (Rossi 1 957, Garin, Yates) o almeno della sua ideo­ logia (Elkana) finisce con il presentarla sotto una luce più accettabile, tale da farla desiderare, come a livello popolare è accaduto largamente negli ulti mi decenni. Il fatto che alcuni di questi storici (Rossi 1 977, Elkana, Vickers) abbiano polemizzato duramente contro il valore po­ sitivo attribuito da altri alla magia non toglie il fatto che anch' essi abbiano considerato solo la magia naturale. C'è stato un accademico eccellente che, nell' inaugurare un con­ gresso internazionale tenutosi neanche un anno fa in una sede illustre, ha proposto: «riprendiamoci la magia»2. Un invito sorprendente come questo non sarebbe possibile se non si fosse trascurata e ignorata una parte rilevante di questo fenomeno storico. C'è infatti un' altra magia, che i maghi 'natural i ' - non si sa se in buona fede - volevano far dimenticare: si tratta delle cerimonie e dei riti miranti a evocare forze e demoni dotati non di intelligenza e poten­ za astratta, ma di personalità antropomorfica, quasi divina, ma modifi­ cabile e soggetta a passioni. Nella crisi religiosa della Riforma e Con­ troriforma, è naturale che tali rituali avessero enorme fascino e che, pur non potendo esser professati apertamente, trovassero seguaci. Si è già visto che alcuni teorici della magia furono riformatori radicali. Per intendersi bisogna fare un passo indietro e approfondire tale questione un po' trascurata. Neanche una generazione dopo Ficino, un suo lettore inaspettato, il grande aristotelico Peretto Pomponazzi reimpostò in termini critici e

2M. Ciliberto, Riprendiamoci la magia, «L' Unità>>, 2 ottobre 2003, stralcio dalla prolusione a un convegno internazionale sulla magia nell ' Europa moderna organiz­ zato dall 'Istituto nazionale di studi sul Rinascimento a palazzo Strozzi, del quale l ' autore è presidente. «È con la crisi di quelle che sono state le strutture costitutive della modernità che riappaiono all' orizzonte magia, astrologia, alchimia, nel vivo di un processo di crisi complessiva che vede incrinarsi ed esplodere allo stesso tempo sia le strutture scientifiche 'classiche', sia quelle di ordine letterario, come dimostra­ no [ . ] Gadda oppure Joyce». . .

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Introduzione

del tutto nuovi alcune questioni ' tradizionali nella filosofia scolastica della natura, per esempio l' immortalità dell' anima individuale. Ben informato delle idee di Ficino e di Pico, il Peretto non era uno spirito critico e per parte sua non nutriva dubbi sulla realtà di incantesimi e prodigi, anzi li ammetteva, spiegandoli solo con l ' influsso celeste o con la forza dell ' immaginazione: il cosmo era intessuto di corrispon­ denze. Pomponazzi e altri peripatetici negavano che nel cosmo di Ari­ stotele si potessero ammettere demoni. Questa tesi ' neo-aristotelica' era stata da lui discussa con Tommaso de Vio, Maestro Generale dei Domenicani, ma ciò nonostante era invisa e censurata dagli inquisitori dell' Ordine e da gran parte della Chiesa cattolica (in seguito anche da altre chiese): infatti sull' esistenza di angeli e diavoli si fondavano pra­ tiche di culto e sacramenti (confessioni, penitenze, battesimi, indul­ genze), anzi tutto il sistema della retribuzione dopo la morte (paradi­ so, purgatorio, inferno). La tesi pomponazziana che ne negava l ' esi­ stenza non circolò a stampa, ma gli inquisitori del suo vicinato (Mazzo­ lini da Prierio, Spina. Armenini e domenicani minori) non tardarono a denunciarlo come il capo degli «strigi-maghi» senza religione. A parte Pomponazzi, che per la sua abilità ed anche per le alte protezioni go­ dute se la cavò bene, per decenni o per secoli si continuò a sorvegliare e punire quei pensatori che negavano l ' esistenza dei demoni, figure essenziali per la teologia morale e per la teoria delle retribuzioni. Il mio libro si concluderà ali' anno 1600, l ' anno del rogo di Giorda­ no Bruno, alla vigilia del quale egli aveva redatto e letto a pochi adepti le sue opere magiche clandestine. Esse rispecchiano i conflitti che esi­ stevano nell ' interpretazione del cosmo magico e dei poteri di chi in esso voleva operare. Queste pagine vogliono presentare da un altro angolo visuale i temi da me più spesso studiati: astrologia e magia considerate storicamente nel contesto della filosofia, ma anche in quelli della mentalità e delle idee religiose del Rinascimento. La magia definita naturale dal Ficino prometteva di far operare molti prodigi, ma dichiarava di escludere l ' invocazione di demoni : in quel momento era d' obbligo dichiarare così, visto che proprio di tali invo­ cazioni e omaggi i demonologi accusavano le streghe, delle quali era cominciata a fine Quattrocento una persecuzione di massa che diver•

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samente dal Medioevo non rispettava più l e condizioni restrittive del Canon episcopi e ammetteva denunce strappate sotto tortura ai pre­ sunti correi. La definizione della magia naturale, enunciata nel 1 486 da Ficino e Pico, sarà ripresa da Agrippa e suo tramite da Della Porta: le enciclo­ pedie magiche di questi autori assicureranno una lunga continuità alle formule dei maghi fiorentini. Ma, salvo il caso di Pico, chi si sentireb­ be di mettere la mano sul fuoco per assicurare che essi avessero davve­ ro abbandonato l ' altra magia? Neppure per Giovanni Pico si potrebbe giurare che non l ' avesse mai praticata . . . In questo stesso periodo c ' è infatti un filone segreto di magia ceri­ moniale, che Triternio, Agrippa e Paracelso professano davanti a pochi adepti e che si fonda su preghiere ed evocazione di demoni astrali . La biblioteca del mago cerimoniale è ricchissima e assai variata: lo dimo­ stra tra l ' altro la lunga serie di grimoires letti da Tritemio o da lui raccol­ ti in parte a titolo privato nella biblioteca dell' abbazia di Sponheim, che sono accuratamente catalogati nel suo Antipalus m�Jleficiorum. Malgrado le dichiarazioni di metodo 'naturale' non si può esclude­ re però che riti e suffurnigi 'orfici ' attestati a Careggi per Ficino e i suoi non fossero qualcosa di simile. È un dubbio difficile da scioglie­ re, visto che magia bianca e magia nera differivano soprattutto su un punto, quello della definizione delle intelligenze o motori celesti, un problema proprio dell' esegesi cristiana di Aristotele, che Ficino e Tri­ ternio non discutono espressamente. Lefèvre d' Etaples, Charles de Bovelles e altri intellettuali dell ' epo­ ca respingono appunto la magia sia ficiniana sia triterniana, che non possono credere «puramente naturale». L'abate Tritemio, dopo esser stato privato dell ' abbazia di Sponheim, scrive in segreto per i signori che gli hanno dato rifugio, e prescrive preghiere e riti demoniaci, che avrebbero dovuto servire a curare malanni come l ' impotenza. Paracel­ so scrive per il popolo e in volgare, ma in uno spirito non diverso. Anche se gli storici non hanno documenti per confermarne un incon­ tro personale e per identificare in Tritemio uno dei «quattro vescovi» maestri di Paracelso, questo dovette conoscere le posizioni dell' altro: entrambi evitano di dar alla stampa i loro scritti su questi terni. Così farà poi anche Giordano Bruno con le opere latine di magia, sulla cui

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Introduzione

base sperava di fondare in Germania una «Setta dei giordanisti». Mai una setta nasce solo da metafore platoniche o argomentazioni aristote­ liche: è tenuta insieme da convinzioni e riti di tipo religioso, come le invocazioni di demoni astrali elencate da Tritemio nei suoi scritti, che erano rimasti inediti, segreti, proibiti, fino al Seicento, e che vennero copiati nel De magia cabalistica di Bruno o forse usati come rituali in un suo piccolo gruppo di iniziati . Se il Rinascimento è stato definito giustamente 'età della stampa' , merita infine segnalare alcuni dati editoriali non sempre considerati: si noti in primo luogo che la traduzione ficiniana del Corpus hermeti­ cum, una delle sue prime opere a stampa, si presenta però come un' edi­ zione pirata, uscita lontano dall' autore e senza il suo consenso. Viene da chiedersi se tale pirateria non sia stata un accorgimento prudenzia­ le, insomma se non sia stata una finzione. Essa dimostra comunque che il manoscritto di questa traduzione ficiniana godette di larga circo­ lazione. Sembra poi probabile che Ficino abbia conosciuto e abbia deciso di tradurre il Corpus hermeticum dopo aver fatto letture del tipo del Picatrix che aveva potuto studiare grazie a un prestito riservatissi­ mo. In una lettera a Michele Acciari Ficino afferma di aver spremuto tutto il succo del Picatrix e di averne impregnato il De vita coelitus comparanda, la cui lettura sarebbe dunque bastata al corrispondente senza risalire a quel grimoire. Ficino diceva di averlo avuto segreta­ mente in lettura da un amico, certo Giorgio, che è stato identificato con Giorgio Ciprio3: propongo invece di identificarlo con la persona o più probabilmente con gli eredi di Giorgio Anselmi da Parma senior, autore di un inedito trattato di magia, basato sul Picatrix, che a distan­ za di molti decenni un nipote omonimo tentava di completare per una sezione che era andata perduta e di mettere a stampa. Questo sarebbe un altro episodio a riprova della conservazione seppur difficoltosa e rischiosa di questi trattati di magia cerimoniale e della loro circolazio­ ne riservata sul lungo periodo: Giorgio Anselmi junior infatti faceva

3 Cfr. D. Delcomo Branca, Un discepolo del Po/iziano, Michele Acciari, «Lettere italiane», XXVIII, 1 976, pp. 464-8 1 ; E. Garin, Ermetismo del Rinascimento, Roma, Editori Riuniti, 1 988.

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Dobbiamo davvero riappropriarci della magia?

parte di u n gruppo d i iniziati nel secondo decennio del Cinquecento ed ancora a quella data tentava vanamente di pubblicare gli inediti dello zio a stampa. Se la mia ipotesi è fondata, è dal Picatrix che Ficino sarebbe risalito al corpus hermeticum, e non viceversa. Le lodi a Cosi­ mo de' Medici per aver acquistato il costoso codice greco del Piman­ der saranno esatte per quel che riguarda la spesa, ma non per l ' interes­ se e la ricerca di quel testo, che è più appropriato attribuire a Ficino. Biblioteche di libri proibiti, e in particolare di testi magico-cerimo­ niali, di raccolte di scongiuri ed altre pratiche vietate continuarono a esistere sicuramente prima e anche dopo la stampa: ma è ovvio che ricostruirle non è facile. Strano a dirsi, è meno difficile ricostruirle per la fine del Medioevo che per i primi secoli della stampa, quando la sorveglianza sui libri proibiti si riorganizzò e divenne capillare. La biblioteca di Tritemio a Sponheim - la sua raccolta cominciò quando Ficino non era ancor morto e probabilmente durò fino al 1 505 ne è il massimo esempio: è una grande fortuna che ne sia documentato il ca­ talogo o almeno la bibliografia dei testi esaminati, se non tutti posse­ duti, dall' abate stesso. La dispersione della biblioteca seguì negli anni i mmediatamente seguenti, ma alcuni pezzi e le opere stesse di Trite­ mio, finirono in buone mani, in quelle di Agrippa e poi in quelle di Johannes Wier, suo segretario, che poi collaborò con gli editori di Ba­ silea, quelli che misero a stampa alcuni di questi grimoires, la maggior parte del corpus paracelsiano e gli Opera omnia di Agrippa. È strano, ma relativamente innocuo, il fatto che fra gli aristotelici, il gran cattedratico di Bologna, Alessandro Achillini, presenti a stam­ pa il manuale di un chiromante popolare come il Cocles. Gli aristote­ lici non meno dei platonici e dei gioachimiti scrivono sulle vicissitudi­ ni delle religioni (Leges). Nifo stampa e commenta le idee filosofiche originali che Averroè aveva espresso nella Destructio destructionum, uno dei testi su cui si formerà Giordano Bruno, dopo che vi si era ispirato il Pomponazzi . Quest' ultimo seppe dosare con sapienza la sua strategia editoriale : stampò il celebre ed eversivo De immortalitate animae, lo difese a stampa in tre apologie, che non hanno nulla della ritrattazione, e scampò indenne da tale polemica; quando quattro anni dopo redasse due trattati sul fato e sugli incantesimi, scelse opportuna­ mente di non farli stampare . Questi trattati non erano certamente dei -

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Introduzione

grimoires, ma Pomponazzi vi trattava del fato astrale e dei prodigi naturali . Non gli interessava di «far arri cchire i tipografi», come scrive nel De fato, ma seppe organizzare una circolazione manoscritta fra lettori selezionati e fidati, della quale si ha documentazione sicura. Il modo di presentare gli scritti sulla magia - in chiaro o scrivendo in cifra per un uditorio clandestino - merita di esser studiato soprattut­ to nel periodo che vide organizzarsi e affermarsi la censura sui libri stampati e l ' inquisizione centralizzata. Il caso storico della magia ce­ rimoniale e dei suoi rituali può essere rivelatore.

Parte

prima

Magia bianca, magia nera

l. Continuità nella definizione della «magia naturale» da Ficino a Della Porta

Magus G.B. Della Pona 1

A voler parlare di quel secolo che viene dopo l 'Apologia pubblica­ ta per le sue Novecento tesi da Giovanni Pico della Mirandola nel 1 486 (un secolo circa passa da lì all ' edizione definitiva in 20 libri della Ma­ gia naturalis di Giambattista Della Porta, ma potrei andare molto più avanti nel Seicento o risalire all' età scolastica), non si può trascurare un topos storiografico, che spesso viene a collegare due fatti storici, il dibattito filosofico sulla possibilità di una magia naturale e la rivolu­ zione scientifica. B isogna però esaminare come questi fatti sono stati messi in rela­ zione reciproca e se ci sono altri aspetti da considerare. Merita chie­ dersi come questi due fenomeni abbiano relazione l ' un con l' altro, tenendo presente che possono però esserci altri fattori : considererò autori italiani (Ficino, Pico, Zorzi2, Cardano3, Bruno, Della Porta, per

1 G.B. Della Pona, Magiae naturalis Il. XX, Napoli, Salviani, 1 589, L. I, cap. 3 , p. 2; il termine «mechanicus» non compare in Magiae naturalis sive d e miraculis rerum naturalium Il. IV, Napoli, M. Cancer, 1 558, L. I, cap. 2 (in seguito citerò la prima ed. semplicemente con la sua data, mentre l ' ed. 1 589 sarà citata come Magiae naturalis Il. XX). 2 Cfr. C. Vasoli, Profezia e ragione, Napoli, 1 974, pp. 1 29-403. 3 Cfr. N. S iraisi, The Clock and the Mirror. G. Cardnno and Renaissance Medici­ ne, Princeton, 1 997; A. Grafton, Girolamo Cardnno and the Tradition of Classica/

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non parlare di ebrei convertiti e stabilitisi in Italia almeno per un periodo, come Paulus Ricius e suo fratello Augustinus l ' astrologo)4 e di autori che vissero a nord delle Alpi ; per usare le parole di uno di questi ulti ­ mi, Heinrich Comelius Agrippa, considererò non solo l ' Italia, m a «Ger­ maniam et Galliam, totam illam barbarorum nostram colluviem»5 . Mentre l ' Inghilterra non aveva astrologia o magia naturale prima dei tempi di Shakespeare e Marlowe6, Francia e Spagna registravano solo pochi casi: Letèvre d' Etaples che aveva derivato il suo De magia natu­ rali da Ficino7; Champier, un compilatore e un rhétoriqueur8, Bovel­ les, che non scrisse di magia, ma se ne interessò per denunciare la teurgia di Tritemio9 , Jean Thibault quasi sconosciuto 10 e Michele Ser-

Astrology, «Proceedings of the American Philosophical Society», 1 4213, 1 998, pp. 323-354; Id., Cardano 's Kosmos. Die Welten und Werke eines Renaissance-Astrologen, Berlin, Berlin Verlag, 1 999; Girolamo Cardano. Le opere, le fonti, la vita, a cura di Marialuisa Baldi e Guido Canziani, Milano, F. Angeli, 1 999 . 4L.a famiglia di questi convertiti aveva scelto un nome italiano molto comune e si era stabilita in Italia, Agostino nel Monferrato, mentre Paolo, prima di diventare «physicus» del l ' imperatore a Vienna, aveva insegnato per qualche anno all' Universi­ tà di Pavia, interessandosi di Kabbalah ed altri temi occulti. Non conosco finora studi monografici sui due Ricci. Qualche cenno può trovarsi nella mia edizione e commen­ to Agrippa, «Dialogus de homine», «Rivista critica di storia della filosofia», 1 958, pp. 47-7 1 ; F. Secret, Du «De occulta philosophia» à l 'occultisme du X!Xe siècle, «Charis», l, 1 988, p. 8; M. ldel, /1 mondo degli angeli in forma umana, «Rassegna mensile di Israele», S. III, LXIII, 1 997, p. 73 ss. 5 Heinrich Comelius Agrippa. Opera omnia, Hildesheim-New York, 1 970, II, p. 1 4. 6 I documenti e problemi inglesi studiati da K. Thomas, Religion and the Decline ofMagie, London, 1 97 1 , e da S. Clark, Thinlcing with Demons. The Idea ofWitchcraft in Early Modem Europe, Oxford, O xford U .P., 1 997, confermano questa cronologia. 7 E.F. Rice, The 'De magia naturali ' of J. Lefèvre d 'Etaples, in Philosophy and Humanism. Renaissance Studies in Honour of P. O. Kristeller, ed. E.P. Mahoney, New Yort, 1 976, pp. 1 9-29. 8 B.P. Copenhaver, Symphorien Champier and the Reception of the Occultist Tradition in Renaissance France, The Hague, 1 978: in questo studio l ' autore segue «the Yates thesis», che in seguito egli attaccherà senza dichiarare il suo cambiamento di idee, esattamente come è avvenuto nel caso di Paolo Rossi, cfr. infra n. 28 e 113. 9 Cfr. il mio Testi umanistici sull 'ermetismo: 'Come/io Agrippa ', «Archivio di Filosofia>>, 1 955, pp. 1 05- 1 62, e infra 113. IO H. Tollin, DerkOnigliche Leibam. und Hofastrologe Johann Thibault, M. Servet's Pariser Freund, «Archiv filr pathologische Anatomie», 78, 1 879, pp. 302-3 1 8.

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veto, conosciuto più che altro come riformatore radicale ll . L'area di lingua tedesca è più ricca e interessante. Pensiamo a Reuchlin, Trite­ mio, Agrippa, Paracelso, per non giungere fino ai tempi di Thomas Erastus e Johann Weyer. In quest' area c ' erano raffinati umanisti che scrivevano di magia come Reuchlin e Agrippa. Entrambi aveva dura­ mente criticato i maghi medievali (Roberto di Lincoln Anglicus, Rug­ gero Bacone, Pietro d' Abano e il Picatrix), ripudiando la loro teoria non naturale della magia 1 2. Johannes Reuchlin introdusse la Kabbalah, che divenne importan­ tissima nella magia cerimoniale; poco dopo Agrippa compilò dal De verbo miri.fico e più tardi, nella redazione finale della sua celebre enci­ clopedia magica De occulta philosophia, anche dal De arte kabbali­ stica di Reuchlin. D ' altronde, per quanto riguarda il metodo, Agrippa seguiva da vicino il suo modello e maestro Tritemio, che gli aveva prescritto e raccomandato di non accontentarsi della magia 'naturale' : tale magia era stata presentata da Ficino e Pico come teoria e come prassi che non dovesse ricorrere a demoni e riti teurgici, una dottrina e una prassi che per Tritemio non erano adeguate e sufficienti . Egli era

I l C. Manzoni, Umanesimo e eresia: Michele Serveto, Napoli, 1 974; J. Friedman, Michael Servetus. A Case in Total Heresy, Genève, 1 978, pp. 1 37 - 1 39; F. Rude, Michel Servet et l 'astrologie, «Bibliothèque d'Humanisme et Renaissance», XX, 1 958, pp. 3 80-87; E.F. Hirsch, Michael Servetus and the Neoplatonic Tradition, ibid., XLII, 1 980, pp. 56 1 -575. 1 2 J. Reuchlin, De Verbo miriftco, ed. W.-W. Ehlers u.a., Stuttgart-Bad Cannstatt, 1996 (= Siimtliche Werke, U l ), p. 1 24: «Nihil igitur horum et Robertus et Bacon et Abanus et Picatrix et concilium magistrorum, vel maxime ob linguarum ignorantia ad amussim, ut oportet, tenere atque docere, minus etiam librariorum manus, ab exemplis dupla scribentium, non aberrarre , minus discipuli discere, minus operarii potuerunt operari». Cfr. Agrippa, De occulta philosophia, ed. V. Perrone Compagni, Leiden, Brill, 1 99 1 , p. 70. Vedi anche Pico, Conclusiones, ed. B. Kieszkovski, Genève, 1 973, p. 78; cfr. Id., Novecento tesi, ed. A. Biondi, Firenze, Olschki , 1 995, p. 1 1 6. «Tota magia, quae est apud modemos et quam merito exterminat ecc lesia, nullam habet firmitatem, nullum fundamentum, nullam veritatem quia pendet ex manu hostium primae veritatis ... »; nel riformulare la tesi condannata n. 1 3 Pico, Novecento tesi, p. 1 46, eccettua Bacone. Per la filosofia di Reuchlin, cfr. W. Beier­ waltes, Reuchlin und Pico della Mirandola, «Tijdschrift voor Philosophie», 56, 1 994, pp. 3 1 3-337.

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stato in relazione con Reuchlin, e i due si erano dati istruzione recipro­ camente. Tritemio è anche stato considerato uno dei quattro prelati o «vescovi» menzionati da Paracelso come propri maestri. Agrippa fu certamente uno degli autori che Paracelso lesse. D' altronde quest' ulti­ mo - non diversamente da Triternio - non rigettò la teurgia e fra le fonti della sua magia, alchimia e medicina usò molte credenze o prati­ che popolari. Vorrei sottolineare che le biografie di questi autori dell ' area ger­ manica non presentano meno interconnessioni di quelle di Ficino e Pico. Non va dimenticato che uno di questi prese parte alla difesa di Reuchlin: perciò «Agrippa Stygianus» venne attaccato con questo no­ mignolo dagli «uomini oscuri>> (Dunkelmiinner) nemici di Reuchlin e della cultura ebraica 1 3• Io vedo in Reuchlin e Agrippa una magia più dotta e classicheg­ giante, una più popolare e rituale in Tritemio e Paracelso. Chiamando questa 'popolare' penso al suo contenuto (folklore, ricette popolari e riti) 1 4, che contrasta con i materiali letterari e antiquari che prevalgono nei trattati dei 'fiorentini ' , di Letèvre o di Agrippa. Un altro criterio che può servire per orientarsi fra i maghi umanisti consiste nel chiedersi quanto essi siano critici nel loro approccio alle fonti care agli umanisti . Questi erano grandi lettori di classici latini ed anche greci; sapevano scrivere correttamente e con eleganza queste lingue; ce n' erano alcuni (Lorenzo Valla, Poliziano ed Erasmo) che avevano sentito l ' esigenza di trovare un metodo critico per stabilire i testi, per datarli, per sottoporre dunque a critica le tradizioni che li tra­ smettevano e li fondavano. Altri non avevano avvertito tale bisogno. Faccio un solo esempio: Ficino fu un grande umanista e un gran tradut­ tore dal greco, ma non fu specialmente interessato a tali metodi critici .

13 Cfr. Lamentationes obscurorum virorum ( 1 5 1 8), in Bticking, Hutteni Operum Supplementum, IUI, Leipzig, 1 869, pp. 1 0 1 , 390 f. , citato per esteso nel mio Agrippa von Nettesheim in den neueren kritischen Studien und in den Handschriften, «Archiv fiir Kulturgeschichte», LI, 1 969, pp. 270 n. 2 1 , 280 n. 40. 1 4 C. Webster, Paracelsus and Demons: Science as a Synthesis of Popu/ar Belief, in Scienze, credenze occulte, livelli di cultura. Convegno internazionale di studi del­ l ' Istituto nazionale di studi sul Rinascimento, Firenze, Olschki, 1 982, pp. 3-20.

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Tritemio era un grande dotto, ma certamente non ebbe tale interes­ se e in generale la sua attitudine non fu critica: egli anzi giunse fino a presentare delle falsificazioni gabellandole per fonti autentiche da lui scoperte 1 5, così fece con i suoi falsi Hunibaldo e Meginfrido per pro­ vare che i Franchi discendevano dagli esuli di Troia. Mi chiedo e chie­ do agli ottimi specialisti di questo autore, che di recente hanno scoper­ to nuovi documenti, se uno storico che così aveva inventato le sue fonti d ' archivio, non potrebbe aver falsificato o inventato Libanius Gallus e Pelagius, eremita a Mallorca come Lullo, che pretendeva es­ ser stati suoi maestri di magia 1 6? È una questione aperta, tanto più che nel caso di Tritemio una gran quantità di materiale attende ancora di esser studiato e pubblicato. Tritemio stesso aveva identificato Pelagius con Fernando da Cordova, ma poi in un altro passo si era espresso diversamente; comunque tale identificazione è stata giudicata impos­ sibile dagli storici, fra i quali alcuni hanno fatto vani tentativi per iden­ tificare questi due autori. Non mi sembra però che l ' ipotesi di una finzione sia stata fatta 1 7• Si tratta di un problema interessante visto che nell' area di lingua tedesca Tritemio era stato il primo fra i maghi colti ed aveva sostenuto che Pelagius e Libanius Gallus sarebbero stati i fondatori della magia cerimoniale e spirituale in testi segreti che i di­ scepoli avrebbero ereditato dai loro maestri (Libanius da Pelagius, Tritemio da Libanius, Agrippa da Tritemio) :

1 5 F.L. Borchardt, Wiefalsch war der Fiilscher Trithemius ?, in Johannes Trithe· mius: Humanismus und Magie im vorreformatorischen Deutschland, Miinchen, 1 99 1 , pp. 1 7-27 ( e l a bibliografia precedente l à citata, specialmente Lhosky, Apis). 16 J. Dupèbe, Curiosité et magie chez Johnannes Trithemius, in La Curiosité à la Renaissance, Actes r�unis par J. Céard, Paris, 1 986, p. 83 n. 5 1 , che rifiuta di identi­ ficare Pelagius sia con Femandus Cordubenis che con Juan Llobet, secondo le diver­ se ipotesi proposte da Pasqual, da Hillgarth o da J. Gayà, Reminiscences lulliennes dans l'anthropologie de Charles de Bovelles, in Charles de Bovelles en son cinqui�me centenaire, Paris, 1 982; Id., Algunos temas lullianos en los escritos de Charles de Bovelles, «Estudios lullianos», XXIV, 1 980, p. 53 ss. 17 Cfr. F. Secret, Hermitisme et Kabbale, Napoli, Bibliopolis, 1 992, pp. 9 1 - 1 1 8 (cfr. ibid., n . 8 pe r l e indicazioni d i altri studi d i Secret e Dupèbe).

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arcana in philosophia, in fide Christiana, de natura spirituum bonorum et malorum, et de naturae mysteriis et alia multa, quae non sunt passim vulgaria in scholis hominum istius tempestatis 18•

Come scrive Tritemio, queste dottrine non erano insegnate dovun­ que. D' altronde, persino in Italia, ove avevano avuto origine sia l ' uma­ nesimo che la magia naturale, quella cerimoniale, necromantica o spi­ rituale, era segreta, ma non assente. Il famoso trattato Picatrix, che Ficino aveva riscoperto e usato senza mai menzioname o stampame il titolo, presenta due aspetti : da una parte la sua teoria filosofica, che Ficino segue nel De vita, e d' altra parte i suoi rituali e ricette. Queste erano state usate prima (nella prima metà del XV secolo) da un autore che era più interessato a queste che alla teoria della magia, Giorgio Anselmi da Parma il vecchio. Le opere di questi, tuttora inedite e ine­ splorate, non erano classicheggianti e raffinate come quelle degli uma­ nisti, esse contenevano però pagine di magia nera. All' inizio del XVI secolo, all' interno di un piccolo gruppo di amici (di iniziati?), del qua­ le probabilmente fece parte anche Agrippa, suo nipote Giorgio Ansel­ mi da Parma il giovane, tentò di far stampare questo manoscritto, che neppure l' erede possedeva più nella sua completezza, ma alla fine do­ vette rinunciare all' idea. C ' è una famosa lettera, nella quale Ficino afferma che non val la pena di cercare Picatrix, perché leggendo il suo De vita coelitus comparanda vi si troverebbe tutto quel che meritava e che Ficino ne aveva estratto quando l ' aveva ottenuto con un prestito certamente riservatissimo dal suo amico Giorgio: contrariamente al­ l' identificazione accettata da tutti, non si tratterà forse di Giorgio An­ selmi 1 9?

l8 Tritemio, Nepiacus (v. infra p. 97 n. IO), cit. da Secret, lbid., p. 8 1 n. 44. 1 9 Su Georgius Parmensis Divinum opus de magia (in particolare v. il Tractatus /Il de ceremoniis, cap. 1 ) , Ms. Laur. Plut. 45, cod. 35., cfr. C. Bumen, The Scapu­ limancy of Giorgio Anse/mi, «Euphrosyne», 25, 1 995 . Sul nipote cfr. l Guicciardini e le scienze occulte, a cura di Raffaella Castagnola, Firenze, Olschki, 1990 , pp. 268269, e il mio Profezie, intolleranze e incoerenze nell ' «astrologia di terra e di cielo» alla vigilia della congiunzione del/524, in La formazione storica dell 'alterità. Studi offerti a A. Rotondò, Firenze, Olschki , 200 l , pp. 36-37.

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In base a distinzioni di autori rinascimentali e di alcuni studiosi (in particolare di D.P. Walker20) avevo proposto di distinguere nel Rina­ scimento due teorie della magia: magia naturale e magia demonica2 1 • Mentre questa può portare i suoi adepti a dei riti, che al limite potreb­ bero esser identificati con la stregoneria, in alcune fonti (per esempio nelle Novecento tesi di Pico) la prima è stata definita «parte della filo­ sofia naturale» o «sua perfezione» («consummatio»). Da Ficino e Pico fino a Della Porta, e oltre, questo enunciato vale come segno di ricono­ scimento fra i teorici della magia naturale. Fra gli altri22, Wayne Shu­ maker, uno studioso statunitense, del quale Cesare Vasoli si è servito per una sua antologia su Magia e scienza nell'età umanistica23, ha definita la magia naturale «una delle forme premodeme della scienza naturale». Altre formulazioni più attente e meno datate riducono tale nesso a un «orientamento pratico da parte degli scienziati, che - come Garin fu il primo a notare e la Yates la prima a divulgare - ebbe origine con i maghi del Rinascimento» di contro all ' atteggiamento speculati­ vo di Aristotele24, anzi di tutta la cultura classica e ellenistica: il punto 20 Spiritual and Demonie Magiefrom Ficino to Campanella, London, The Warburg Institute, 1 958. Cfr. anche E. Garin, Medioevo e Rinascimento, Bari, Laterza, 1 954; Id., «Nota sull' ennetismo», Archivio di .filosofia, 1 955, pp. 7- 1 9, ora nel suo La eul­ tura .filoso.fiea del Rinascimento italiano, Firenze, Sansoni, 1 96 1 , pp. 1 43- 1 54. 21 L'ambigua natura della magia, Milano 1 99 1 ; rist. Venezia, Marsilio, 1996, dove sono ristampati saggi del l 987 (p. 5 ss.), del 1 973 (p. 29 ss.), del l 972 (p. 1 2 1 ss.) . 22 Thtti conoscono L. Thomdike, A History of Magie and Experimental Scienee, New York, Columbia U.P., 1 924- 1 958, un'opera preziosa della quale si è detto che dai primi volumi all'ottavo (cioè dalla tarda Antichità e soprattutto dal Medioevo al XVII secolo) l ' autore dà sempre minore attenzione alle scienze in senso proprio e si concentra sempre più su magia, alchimia ecc. Cfr. anche W.-E. Peuckert, Gabalia. Ein Versueh zur Gesehiehte der 'Magia naturalis ' im 16. bis 18. Jahrhundert, Berlin, 1967, che segnala, ma non approfondisce i prestiti di Della Porta da Agrippa (ma non dagli altri teorici della magia) . 23 W. Shumaker, Oeeult Seienees in the Renaissanee, A Study in 1ntelleetual Pane ms, Berkeley-Las Angeles-London, University of California Press, 1 972. Vasoli ne ha tradotto un capitolo nell' antologia citata, Bologna, Il Mulino 1 976. 24 Cfr. W. Jaeger, Ober Ursprung und Kreislaufdes philosophisehen Lebensideal, in Sitzungsberiehte der preussisehen A/cademie der Wissensehaften, Philosoph.-histor. Klasse, Berlin, 1 928, pp. 390-42 1 ; ora nei suoi Seripta minora, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1 960, pp. 347-93.

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di vista rinascimentale (di cui Ficino fu uno dei primi e dei massimi esempi) era che l ' applicazione pratica ha la stessa dignità dell' attività teoretica25. In altri studi più recenti essa è stata ridotta da motore a simbolo della rivoluzione scientifica. Secondo il punto di vista meto­ dologico avanzato da Yehuda Elkana26 il ruolo della magia o dell ' er­ metismo nella rivoluzione scientifica dovrebbe esser visto principal­ mente come «l' influenza delle ideologie - [ . . . ) religiose - sull' imma­ gine della conoscenza». Per parte mia credo che meriti insistere non sul rilievo scientifico della magia naturale, ma sul suo contesto religioso e sociale. Il feno­ meno magico-ermetico non è limitato alla storia del pensiero filosofi­ co e scientifico: come scriveva uno dei miei maestri, Delio Cantimori, «l' umanesimo ermetico, filosofico e iniziatico, di origine italiana e specialmente fiorentina, aveva suggerito, indicato, accennato, doman­ dato, solleticato, promuovendo, sempre in via indiretta e allusiva, cu­ riosità e problemi» in campo religioso nell' età della Riforma27• Devo confessare che io sono e mi sento storica della filosofia: seb­ bene la histoire des mentalités abbia avuto il merito di portare qualco­ sa di nuovo anche nel nostro campo, io non identifico con essa la mia indagine e credo che la storia della filosofia meriti tuttora attenzione e

25 C. Kaske, /ntroduction a M. Ficino, Three books on Life, A criticai ed. and transl. by C.V. Kaske and J.R. Clark, Binghamton N.Y., The Renaissance Society of America, 1 989, pp. 54-55, dove si legge: «his magie is characterized by a practical orientation and a v italizing, but depersonalizing of the agents. The materialistic goal allies him with the Picatrix and distinguishes him from the speculative and contemplative Plotinus and the religious Neoplatonists. The vitalization he shares with Plotinus, the depersonalization with Plotinus and some but not ali of the Picatrix». 26 Y. Elkana, The History of ldeas and Socio/ogy of Knowledge, «History and technology», IV/ 1 -4, 1 987, p. 1 1 6- 1 1 7. Cfr. Id., A Programmatic Attempt at an An­ thropo/ogy of Knowledge, in Scienee and Cultures. eds. E. Mendelsohn and Y. Elkana, Dordrecht-Boston, Reidel, 1 98 1 , pp. 1 3-2 1 . Per apprezzare tutte le implicazioni di tale veduta, bisogna tener presente che Elkana definisce le ideologie tali da non in­ fluenzare il corpo della conoscenza: nel caso della magia naturale ciò pare ovv io visto che di per sé la magia non aveva molto contenuto scientifico o cognitivo. 21 D . Cantimori, Umanesimo e religione nel Rinascimento, Torino, Einaudi, 1975, p. 272.

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ricerca. Non intendo ignorare il dibattito storiografico su ermetismo e rivoluzione scientifica, cioè sulla cosidetta «tesi Yates» (che a mio pa­ rere dovrebbe esse chiamata «tesi del Bacone di Paolo Rossi» )28. Cre­ do però che l ' interesse principale della magia del Rinascimento non stia lì. Naturalmente ho letto molti lavori storici sui rapporti fra magia e scienza dal Quattrocento al Seicento, ma non trovo che questo ap­ proccio sia il più utile per studiare il problema della magia in questo periodo. Certo, rapporti fra la magia e le scienze esistono, in alcune scienze più che in altre: per esempio la medicina più delle altre scien­ ze era da sempre legata alle idee astrologiche dominanti e poi lo sarà alla loro crisi. Si pensi alle opere mediche di Paracelso o, dall' altro lato della barricata, ad alcuni capitoli delle Disputationes adversus astrologiam iudiciariam del Pico, o alla disputa se la sifilide sia un morbo nuovo o se dipenda da un miasma (ossia dall' ammorbamento generale dell' aria dovuto a influssi astrali): è un dibattito al quale par­ teciparono Leoniceno, Giovanni Mainardi, Pollich von Mellerstadt, Simon Pistoris, Fracastoro e altri. Nella breve Apologia del De vita ficiniano, che divenne la carta di fondazione della magia naturale29, leggiamo:

28 Cfr. P. Rossi, Francesco Bacone dalla magia alla scienza. Bari, Laterza, 1 957, pp. 7 1 -72, e le osservazioni che ho dedicato a una delle tesi fondamentali di questa monografia nel mio L'ambigua natura della magia cit., pp. 25 1 ss., 3 1 9 ss . . V. anche Rossi, Immagini della scienza, Roma, Editori Riuniti, 1 977, p. 7 1 ff. ('L' eguaglianza delle intelligenze ' ) insiste giustamente sul segreto iniziatico come caratteristica delle d iscipline occulte, ma non distingue il caso sensib ilmente diverso dell'astrologia. 29 Mi fa piacere che Caro) Kaske, che ringrazio per l' attenzione prestata ai miei studi e alle mie tesi, poco popolari nella sua scuola, riporti questa definizione che avevo data nel 1 973 in un saggio su Platone, Ficino e la magia, ora ristampato nel mio L'ambigua natura della magia cit., p. 34. Al suo dubb io che così forse stiamo «passing over such predecessor as William of Auvergne and Albertus Magnus» (Ficino, Three Books cit., p. 54) risponderei innanzitutto osservando l . che Guglielmo regi­ stra le credenze dei suoi fedeli senza tentare una teoria della magia, 2. che ciò che Alberto difende è l' astrologia, non la magia e 3. che su tale difesa persino Ruggero Bacone insiste meno dei due platonici fiorentini ottenendo poca fortuna per le sue idee magiche; 4. richiamerei poi per i tempi di Ficino e di Pico il Malleus maleficarum e il contesto della persecuzione alle streghe.

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In conclusione due sono i generi della magia. Di certo uno è di coloro che dedicando un culto ai demoni , se li conciliano e avvalendosi della loro opera spesso fabbricano portenti [ . . . ] L'altro invece è di quelli che sotto­ pongono materie naturali a cause naturali, in modo opportuno, per for­ marle in modo mirabiJe30.

Anche questa magia naturale, come si vedrà più avanti, è da distin­ guersi in due tipi. In questi e in altri casi vediamo che il fondamento teorico della magia, della sua sistematizzazione, della teoria su corri­ spondenze (o segnature) sta appunto nell ' astrologia. A differenza dal­ le altre discipline occulte la scienza astrologica poteva venir trasmessa apertamente: essa aveva ormai cattedre nelle università ed era idonea a venir formalizzata. Beninteso le formulazioni teoriche erano tutt' altro che rigorose nella magia e nell' astrologia; esse erano però costituenti fondamentali della mentalità medievale e rinascimentale (per non dire di secoli più antichi altrettanto coinvolti) : per organizzare il loro patri­ monio ideale magia e astrologia non si presentarono allo stato di cre­ denze spontanee, ma ricorsero a complesse argomentazioni e talvolta a sistemi articolati . Vì sono dei problemi per i quali è necessario risalire ad autori me­ dievali e alle loro definizioni. Vivo interesse per le scienze occulte si registra fin dalla prima diffusione di testi greco-arabi nel mondo lati­ no. Dal secolo XII circolavano idee e testi fondamentali per l ' astrolo­ gia, la sua teoria e la sua pratica: recuperati infatti l'Almagesto e il Quadripartito di Tolomeo e tradotto Albumasar si avevano a disposi­ zione i fondamenti dell ' astrologia che nell' Alto Medioevo era rimasta a uno stadio rudimentale; per la magia Kirannides, ai-Kindi e certe pagine di Avicenna (più tardi Picatrix) e per l' alchimia Geber e altri arabi svolgono la stessa funzione. Inoltre, dibattiti sulla validità della previsione astrologica e sulla connessa teoria della magia 'naturale' erano stati già impostati un paio di secoli prima del Rinascimento con

30 Ficino, De vita (Apologia), in Opera, I, p. 574: «Denique duo suni magiae genera. Unum quidem eorum qui certo quodam cultu daemones sib i conciliant, quo­ rum opera freti fabricant saepe portenta [ . ] Alterum vero eorum qui naturales materias opportune causis subiciunt naturalibus mira quadam ratione formandas». .

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Guglielmo d ' Alvemia, Ruggero Bacone, Alberto Magno e Tommaso d' Aquino. È ovvio che dopo Bruno e Campanella questa visione del mondo non si estinse di colpo, come non accade mai per nessun siste­ ma di credenze o di concetti, ma dal tempo di Francesco Bacone e di Gassendi venne declassata e perdette la sua egemonia su filosofia e ricerca naturale. Avete compreso che a mio parere il miglior periodiz­ zamento per mettere a fuoco il problema storico e teorico delle scienze occulte nella cultura europea dovrebbe andare dal XII o XIII secolo allo scorcio fra XVI e XVII : ma il dibattito storiografico recente si è concentrato solo su quest' ultimo periodo. Al tardo Medioevo occorrerebbe semmai rifarsi per verificare la mia ipotesi che la più famosa formulazione della magia naturale, quel­ la proposta a fine Quattrocento da Marsilio Ficino e Giovanni Pico si diffuse ampiamente, provocatoria e censurata, ma ottenne anche fama durevole a causa di una circostanza esterna, di una circostanza storico­ religiosa. Gli sviluppi cruciali accaddero nel 1 486-87. Fu allora che i due platonici fiorentini furono costretti a scrivere due Apologiae delle idee magiche presentate rispettivamente da Ficino nel De vita coeli­ tus comparanda e dal Mirandolano nelle Novecento tesi e nel l ' Ora­ rio: contemporaneamente venne pubblicato il Malleus maleficarum e la bolla Summis desiderantes affectibus, la famosa «bolla delle stre­ ghe»3 1 .

3 l Papa Innocenzo VIII, che Raffaele Voherrano aveva definito «d'ingenio tardo e senza lettere», pubb licò la bolla contro le streghe, che venne ristampata come auto­

revolissima prefazione al Malleus maleficarum: insieme questi documenti stabiliro­ no per più di due secoli il codice della repressione. L'abuso della bolla papale è noto fin da J. Hansen, Quellen und Untersuchungen z.ur Geschichte der Hexenwhans, Bonn, 1 90 1 . V. ora Der Hexenhammer. Entstehung und Umfeld des 'Malleus maleficarum ' von 1487, hg. v. P. Segl, Koln-Wien, Bohlau, 1 988. Nel suo contributo su Heinrich /nstitoris. Personlichkeit und literarisches Werk il curatore radicalizza la tesi di J. Hansen (Heinrich lnstitoris «Hauptverfasser des Hexenhammer») e di H.C. Klose, uno studioso del coautore Jakob Sprenger, vedendo Institoris (Kramer) (ibid., pp. 1 1 6- 1 1 7) , ma b isogna notare che Sprenger v isse vari anni dopo la pubb licazione del Malleus e non smentì la propria corresponsabilità. Questo è il fatto decisivo per un documento di questo tipo, che non è un'opera letteraria, della quale

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Magia bianca, magia nera

Mi pare impossibile considerare tutto ciò una mera coincidenza cronologica. Non c ' è dubbio che Ficino e Pico si muovessero a un livello culturale non confrontabile con quello delle donnette di campa­ gna accusate di stregoneria. Eppure è di fronte alla realtà delle prati­ che stregoniche e alle reazioni da esse destate che i due avanzarono le loro concezioni miranti a fondare una teoria naturale della magia; tale fondazione era urgente e necessaria alla luce dei primi roghi. Solo dopo aver chiarito che la loro magia era puramente naturale Ficino e Pico avrebbero potuto dedicarsi - senza incorrere in eccessivi pericoli - alle loro letture e speculazioni, ai loro inni e suffumigazioni, alle loro pratiche astrologiche e teurgiche. Ancor un secolo dopo Della Porta registrerà, ed ahimé stamperà, la ricetta dell ' unguento capace di far volare le streghe al sabba32. Le formulazioni di Ficino non erano nuove per tutti i loro materiali, ma ebbero un ascolto molto più vasto e diverso rispetto a quello otte­ nuto per esempio da Ruggero Bacone. Secondo Ficino c ' è un tipo di magia che combinando la medicina all ' astrologia è necessaria e va conservata malgrado i tentativi di condannarla che almeno dai tempi di Alberto Magno si susseguivano anche contro l ' astrologia stessa. Nell' Orario de dignitate hominis, la celebre prefazione alle Nove­ cento tesi che dedica anch ' essa qualche pagina a questi temi, Pico ave­ va messo le mani avanti: La magia è duplice, fondandosi l ' una esclusivamente sull'opera e l ' auto­ rità dei demoni; mentre l ' altra, se ben si guardi, non è che il totale compi­ mento della filosofia naturale [ ] con questa nell' antichità, e poi quasi sempre, si cercò somma celebrità e gloria nelle Iettere 33 • ...

interessi misurare l ' originalità, ma è la base di un'operazione inquisitoriale, che ave­ va i suoi più significativi precedenti (per esempio S. Antonino) nello stesso Ordine dei Predicatori, al quale entrambi appartenevano. I documenti studiati da Segl sono rilevanti, ma per ragioni di metodo non permettono di cancellare il nome del socio silente Sprenger dal frontespizio, dove appare in tutte le edizioni . 3 2 G. Emst, Religione, ragione e natura. Ricerche s u T. Campanella e i l Rinasci· mento, Milano, F. Angeli, 1 99 1 , pp. 1 7 1 - 1 82. 33 Cfr. Pico, Oratio de dignitate hominis etc., ed. e trad. Garin, Firenze, Vallecchi, 1 942 pp. 1 48-5 1: «duplicem esse magiam [ ] quarum altera daemonum tota opera et ...

Continuità nella definizione della «magia naturale»

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Ficino precisa subito che il primo genere di magia è condannato da Dio, anzi che è stato eliminato «quando fu cacciato il principe di que­ sto mondo» . Il secondo genere di magia invero è quello di coloro, che nel modo e momento opportuni, sottopongono le materie naturali alle cause naturali, perché vengano formate in un certo modo meraviglioso. Anche di que­ sta arte ci sono due specie: una in verità mossa dalla curiosità, l ' altra dalla necessità. La prima senza dubbio compie inutili prodigi per osten­ tazione34.

Con parole simili a quelle più articolate che usa Pico nella sua Apo­ logia35, Ficino si difende dall' accusa di aver introdotto con le imagi­ nes

e la teurgia una magia cerimoniale e demoniaca vietata:

Non ho asserito neppure una parola su questa magia profana, che si fonda sul culto dei demoni, ma ho fatto menzione della magia naturale, che con sostanze naturali cattura benefici dai corpi celesti per far prosperare i cor­ pi in salute: questa facoltà sembra sia da permettersi a quegli ingegni che

auctoritate constai res mediusfidius execranda et ponentosa. Altera nihil est aliud, cum bene exploratur, quam naturalis philosophiae consummatio [ ... ) ex hac summa linerarum claritas gloriaque antiquitus et pene se m per petita». 34 /bid.: «Aiterum eorum qui naturales materias opponune causis sub i iciunt naturalibus, mira quadam ratione forrnandas. Huius quoque anificii species duae sunt: altera quidem curiosa, altera necessaria. Illa sane ad ostentationem supervacua fingit prodigia» ; il testo prosegue: «Hoc autem tanquam vanum et saluti noxium procul effugiendum. Tenenda tamen species necessaria, cum astrologia copulans medicina>>. Mi servo di Ficino, Sulla vita, trad. A. Tarabochia Canavero, Milano, Rusconi, 1 995, pp. 298-99, che sul punto della curiositas è da preferire alla trad. inglese Kaske. L'esempio di prodigi superflui addotto da Ficino deriva dal Picatrix e rientra nella peggiore curiositas già condannata da Agostino: un merlo con una coda di serpente, fatto di salv ia macerata sotto il concime, era stato fabbricato dai Magi di Persia quando Sole e Luna occupavano lo stesso grado nel segno del Leone: ridotto in una polvere, che v iene messa dentro una lampada, esso fa apparire la casa invasa da serpenti. 35 Molto simile a Ficino è quanto contemporaneamente scrive Pico nella sua Apologia, in Opera, Basileae, 160 1 , l , pp. 1 1 0- 1 14.

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Magia bianca, magia nera ne usano legittimamente, così come vengono a buon diritto permesse l a medicina e l ' agricoltura, anzi persino d i p i ù in quanto essa è una tecnica che sposa le cose terrene con quelle celesti36 •

A parere di Ficino «questo genere di magia deve essere evitato i n quanto inutile e dannoso alla salute del corpo e alla salvezza dell ' ani­ ma))37 . Nel contesto della Apologia al De vita Ficino critica coloro che «sono così ciechi o superstiziosi da ammettere vita negli animali infe­ riori o nelle piante più semplici, ma che non la vedono nei cieli e nel mondo)). Essi non vedono che il tutto, «nel quale viviamo, ci muovia­ mo e abbiamo il nostro essere)), è in sé vivente, come qui ci insegnano sia Arato, che vede in Giove la vita comune al corpo del mondo, sia Luca evangelista e Paolo apostolo, «i quali non temono di ammettere che nel mondo ci sia vita))38. Qui Ficino ammette molto chiaramente che questo pianeta e tutti gli altri corpi celesti siano animati (tale dot­ trina era stata respinta tra l ' altro da Alberto Magno come un errore dei pitagorici). Ancora più chiaro era stato Ficino nella sua importante lettera a Callimaco Esperiente (Filippo Buonaccorsi). Egli scrive:

È tesi dei platonici [ ] che per quanti dèi, cioè stelle, ci sono in cielo, ...

altrettante legioni di demoni sono intorno alla terra, e che in ogni legione sono contenuti altrettanti demoni quante stelle in cielo, e che i principi dei demoni sono dodici come i segni dello zodiaco. Inoltre alcuni sono satumini, altri gioviali, marziali e solari . Analogamente i platonici conta-

36 Ficino, Opera cit., p. 573: >, ma la donna non voleva > . Elen­ c ando poi numerose forme di tale idolatria divinatoria dà la sua definizione: >, è frequente in questo contesto la discussione della magia demoniaca perché oltre a Dio e agli angeli, interviene il diavolo, che agisce con «una curiosità scimmiesca»85 («qui quasi simia imitari gliscit quodcum­ que viderit>> )86. I demoni fanno prodigi sia sul piano naturale «cum naturas optime noverunt herbarum omnium>>87, sia concedendo rispo­ ste ad interrogazioni, che non sono per Tritemio pure pratiche astrolo­ giche, ma che producono veri vaticini diabolici. Talvolta i diavoli han­ no voglia di scherzare «quemadmodum pueri faciunt, qui larvati quan­ doque latitantes erumpunt ac territis ex inopinato coevis mirum gau­ dent in modum quasi magnum ex hoc videantur assecuti honorem>>88. 8 1 Uppsala, UB, cod, C IV, ff. 1 25r- 1 56r. 82 M s. Uppsala ci t., f. 1 3 1 v. 8 3 Tritemio, Anna/es Hirsaugienses, in Opera historica cit., Il, pp. 670-672. Qui Tritemio il 25 agosto 1 5 1 1 consiglia di non seguire la «levitas Gallorum>> e di far pace con papa Giulio Il, dichiara poi «De octo quaestionum Serenitatis tuae libello, quem te imperante conscripsi, faciam quod iubes>>. Qui egli potrebbe riferirsi alla revisione del ms. di Vienna, alla stampa o ad entrambe le cose. Cfr. infra, pp. 95-96. 84 Ms. Uppsala cit., f. 1 34v. 8 5 Liber octo quaestionum, Oppenheim, J. Kiibel, 1 5 1 5 ; ristampato dal B usaeus. Paralipomena opusculorum ci t., p. 459; v. anche ms. Wien ci t. 86 M s. Uppsala ci t., f. 1 34r; ed. cit. 8 7 M s. Uppsala cit., f. 1 3 3v. 88 M s. Uppsala ci t., f. 1 34r-v. =

Hermes Trismegistus in Germania

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Alcuni dei loro scherzi sono proprio di cattivo gusto, ma anche in questi casi si tratta sempre di illusioni come vuole il Canon Episcopi: «quandoquidem aut ipsi mortuorum ingressi cadavera ad tempus illa vivificare putantur, aut illis in locum aliquem remotiorem proiectis, aliquod in forma defunctorum simulachrum exhibent»89. Ma i misfatti delle streghe sono tutt' altro che scherzi : Miranda faciunt homines invocatione daemonum manifesta, sicut mulieres maleficae, quae malignorum se spirituum potestati submiserunt, fidemque abnegantes catholicam homagium fidelitatis in reprobum sensum aversae daemonibus praestiterunt. His permittente deo semper in malum rogati daemones cooperantur aliquando visibiliter, aliquando invisibiliter appa­ rentes, aerem turbant, suscitant tempestates, choruscaciones et grandines inducunt, ledun t fruges, et queque nascencia terrae suis malificiis devastant. Denique homines infirmant et bestias, et quicquid in pemiciem excogitare generis humani possint summo studio exequuntur90.

Ecco che gli inni e i sacrifici, cari a Ficino orfico e ad altri raffinati umanisti, ecco che le stesse formule prescritte da Tritemio nella Stega­ nographia per invocare gli spiriti planetari, vengono indicati fra i cri­ mini delle streghe. Nella stessa questione Tritemio parla anche del patto esplicito, e se anche è vero che non si esprime a favore del rogo9 1 ,

89 Ms. Uppsala cit., f. 1 35r-v. Ms. Uppsala cit f. 1 35r-v; ed. Busaeus cit., p. 456, ove il testo definitivo (che è tale anche nel ms. Wien ci t.) salta la frase centrale con il passo sulla fede rinnegata dalle streghe e sull' omaggio prestato al diavolo. 9! Amold, J. Trithemius, ci t., p. 1 99, osserva che Tritemio non è mai stato attivo nella persecuzione di singole streghe: si è limitato a purgarle con gli esorcismi, vec­ chio mezzo di guarigione usato dalla Chiesa, e a ricorrere ai rimedi che trovava nella sua biblioteca, nei libri di medicina e d' altro argomento. Alle fonti citate da Amold (Alberto Magno, Arnaldo da Villanova. Pietro Ispano ecc). bisogna aggiungere non solo la ginecologia di Trotula, ma i Kirannides (Antipalus, Ms. Comell UL. f. II l 5v), e il suo amatissimo Pelagius eremita (Antipalus, ed. ci t., p. 395). Amold, Additamenta ci t., pp. 254 e 256 n. 77. sottolinea che le VIII quaestiones, proprio per la loro grande diffusione a stampa, contribuiranno alla persecuzione delle streghe (oltre alle 1 3 edi­ zioni complete elencate da Amold, va sottolineata quella delle QQ. V, VI e VII in N. Jacquier, Flagellum haereticorumfascinariorum, Frankfurt /M., 1 58 1 , pp. 452-94, e 90

.•

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Magia bianca, magia nera

bensì insiste su esorcismi e purificazioni ecclesiastiche in uso prima del Mal/eus92, la sua denuncia è corredata di tutti i particolari più atro­ ci e truculenti . Delle altre questioni mi limiterò qui ad accennare so­ lamente alla V De reprobis et maleficis e alla VII De permissione Dei, che corrispondono a temi topici della letteratura sulle streghe e che sono infarciti - come tutti i testi demonologici di Tritemio - di passi di Agostino, alla cui teologia della provvidenza appartiene l ' idea stessa che demoni e streghe operino il male entro un disegno divino che li autorizza, ma che non toglie la loro colpa soggettiva. La Quaestio VI sotto il titolo De potestate maleficarum presenta un ripensamento, una riscrittura e un aggiornamento del trattatello De daemonibus at­ tribuito a Michele Psello (o comunque scritto nel suo ambiente), che Ficino aveva tradotto nel 1 488, cioè subito dopo aver redatto il De

la traduzione tedesca parziale in Theatrum de vene.ficiis. Von Teu.ffelsgespenst, Frankfurt /M, 1 5 86). Secondo Amold Tritemio «quando pubblicò i suoi scritti in questo campo non poteva prevedere tale sviluppo» della persecuzione (ma credo che in realtà essa fosse già perfettamente avvertibile in Germania a vent' anni dal Malleus !). È vero che Tritemio si astiene da ogni prescrizione di misure persecutorie, e ricorre a esorcismi o benedizion i ; ma non è storicamente senza significato che nel De daemonibus e nell'Antipalus egli usi alla lettera i capp. 5 - 1 1 del L. I e i capp. 3, 5-9, 1 2, 14, 1 5 , del L. II del Malleus malefica rum, posseduto nella biblioteca di Wiirzburg (secondo Amold, Additamenta, ci t., p. 256 n. 77). Giudizi più severi sulle responsa­ bilità di Triternio erano stati enunciati da A. Ruland, nella ree. a l. Silbemagl, J. Trithemius, > ; nel 1 7°, l ' età di Merlino e di re Artù, «multis his temporibus amore philosophiae Christianae, sese ad eremum contulerunt, multa etiam apparuere portenta, cometes, terraemotus, pluvia sanguinis>>. o

Magia, pseudepigrajia, profezie e finzioni nei manoscritti di Tritemio

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magnum unitatis detrimentum. Ex praecedentibus enim iudicentur futura quae sequuntur. Non consummabitur haec Martis tertia revolutio sine prophetia et novae alicuius institutionis religionis. Abhinc anno Christia­ norum 1508 restant anni usque ad finem gubernamentis Samaelis 17, in quibus dabuntur significantes initium malorum figurae. Anno enim Christianorum 1525 cruces in vestimentis hominum visae quod praeteriit suum ostendent effectum.

Sebbene la stesura della incompleta Steganographia sia avvenuta a Sponheim entro il Quattrocento, e che già allora siano nominati Pela­ gius, Libanius Gallus 1 0, e un altro mago irreperibile, Menastor 1 1 , biso­ gna notare che alcune delle letture di testi magici vennero poi fatte da Tritemio negli anni di esilio. Ad esempio durante il soggiorno nel Bran­ deburgo nel 1 505 Tritemio aveva letto Porfirio, Giamblico, Sinesio, Proclo e Psello ottenendone il prestito dal vescovo Dietrich von Btilow e ne aveva discusso con lui 1 2. Nella concezione tritemiana il potere magico ha vari aspetti : esso viene applicato a fini terapeutici, specialmente in caso di impotenza, un inconveniente del quale sembra fosse molto preoccupato il suo gio­ vanissimo, ma nevrotico patrono Joachim, per il quale Tritemio redas­ se almeno Synusiastes Melanii Triandrici ad Yaymielem, una serie di

I O Cfr. Arnold, J. Trithemius cit., pp. 204-208; Brann, Trithemius and Magica/ Theology, cit., pp. 3 1 -53. Cfr. Trithemius, Nepiachus, in J .C. Eccardus, Corpus hi­ storicum Medii Aevi, Leipzig, 1 723, II, col . I 830, che narra la prima visita ricevuta a Sponheim da Libanius, il quale sarebbe stato istruito prima da Pelagio, poi da Pico; v. anche l'epistola risalente al l 498- 1 500, pubblicata per stralci in Trithemius, De vera conversione mentis ad deum, s.l.d. [ Mainz 1 500 ca]. I l Trithemius, Steganographia, Darmstadt 1 606, pp. 1 60- 1 6 1 , L.III praefatio: «lnveni in quodam libro cuiusdam antiqui philosophi, qui dictus est Menastor>> una trattazione sui 7 angeli che presiedono ai 7 pianeti : «illis sunt 2 1 spiritus subiecti, per quos nuncientur archana». Brann, Trithemius and Magica[ Theology, p. 1 43, impassi­ bile di fronte al caso di Pelagio e Libanio, segnala la finzione di questo pseudepigrafo. 1 2 Trithemius, Epistolae familiares, cit, pp. 1 1 7- 1 1 9; Amold, J. Trithemius, cit., p. 206; Kuper, J. Trithemius, ci t., p. 9 1 , che segnala anche le sue relazioni epistolari con il carmelitano Johannes Evriponus, che Trithemius visitò nel convento di Dahme per discutere di crittografia e soprattutto con il vescovo di Lebus, Dietrich von BUlow (cfr. infra p. I I I n. 46).

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Magia bianca, magia nera

ricette censurate e quindi lasciate inedite al momento della stampa postuma dei testi con i quali sono raccolte nei manoscritti 1 3 • Allo stes­ so patrono sono dedicate molte lettere e scritti dell' eremita maiorchi­ no Pelagius e del suo allievo Libanius Gallus 14, dei quali non si hanno riscontri in altri documenti. Questi testi hanno carattere rituale e teu r­ gico, come anche alcune preghiere che Tritemio (soprattutto nel L.III dell' Antipalus) modella sulla liturgia cristiana.

1 3 V. per esempio Augsburg, Staats- und Stadtbibliothek, Cod. 2 1 2/4, f. 1 23r: . Amold, J. Trithemius, cit., p. 1 99, che osserva come il testo pseude­ pigrafo si serva delle denominazioni che Tritemio (Melanius Triandricus) e Joachim von Brandeburg (laymiel Megalopius) assumono nell ' ep. del 6 ottobre 1 507 a Liba­ nius Gallus, Opera historica, ed. M. Freher, Frankfurt M 1 60 1 , Il, p. 570. Amold, J. Trithemius, cit., p. 80 non pone il problema della reale esistenza storica di Pelagius e Libanius, ma lascia trasparire qualche insoddisfazione. Il Synusiastes, che non è pre­ sente in tutti i mss. dell' Antipa/us, si può leggere nei mss. Stuttgart, Staats- und Stadtbibliothek, Codice in folio 2 1 2 (già appartenuto a Konrad Peutinger), ff. 1 1 8r1 30v, 236r-245r; lthaca N . Y., Comell U.L., codice M 6 1 , ff. n. n. Il ms. Comell, che è un miscellaneo con varie numerazioni ai suoi fascicoli, era appartenuto all' inizio del Seicento a Heinrich Khunrath, e dichiara di esser copiato nella biblioteca degli Elettori di Brandeburgo. Già il primo pezzo, f. lr., Liber Abdelachi vatis Arabi de sonilegiis ad Delium regem Persarum, reca un proemio datato 1 5 1 0 e si riferisce a Joachim e al suo angelo Jaymial, dal quale egli prende il suo nome iniziatico: qui si legge, su un foglio sciolto f. l r, che l 'effigie di Joachim era posta accanto a due ritratti di Jaymial e a quelli pergamenacei di filosofi di varie nazioni. 1 4 l . Dupèbe, L'écriture chez / 'ennite Pe/agius. Un cas de théurgie chrétienne au Xve siècle, in Le texte et san inscription, Paris, Editions du CNRS, 1 989, pp. 1 1 31 53 ; Id., Curiosité et magie chez J. Trithemius, in La curiosité à la Renaissance (Joumée d 'étude de la Société française des sezièmistes), Paris, Société d'édition de l ' enseignement supérieur, 1 986; Id., L 'ars notoria et la po/émique sur la divination et la magie, «Cahiers V.L. Saulnier>>, 4, pp. 1 23- 1 34 ; Id., L 'ennite Pelagius et /es Rose-Croix, in Rosenkreuz a/s europaisches Phiinomen in 1 7. Jahrhundert, hg. v. der Bibliotheca Philosophica Hermetica, Amsterdam, In de Pelikan, 2002, pp. 1 34- 1 57 . N e i primi due d i questi studi vengono pubblicati alcuni degli scritti attribuiti a Pela­ gio e a Libanio: l' analisi di tali documenti è ottima, ma forse può esser riferita diret­ tamente a Trithemius.

Magia, pseudepigrafia, profezie e finzioni nei manoscritti di Tritemio

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La presenza tollerata di simili pratiche nella vita ecclesiastica è confermata dalle sue conclusioni :

Sed dicant mihi taliter opinantes: unde proveniant his mediis vanissimis contra impotentiam coeundi optatos effectus? Non ex deo, quoniam neque invocatur, neque intentio curantis ad illum dirigitur. Non ex virtute occul­ ta naturae, quia nihil confert annulus ad propositum. Valde igitur timendum est ista remedia frivola varia et superstitiosa demonum fieri cooperatione propter pactum quod ex intentione primi instituentis medium auferendi maleficium intexuerit. Sunt etiam plurique quos ecclesia dissimulando tolerat, qui ceremoniis et ritibus quibusdam vanis et superstitiosibus maleficia curant, sine alicuius detrimento hominis et sine manifesto cum demonibus commercio, aliquid, quorum etsi vana sint studia, non tamen censentur esse maleficiosa 1 5•

È superfluo sottolineare che questi «malefici» e quelli che indemo­ niate o sospette streghe confessano quando sono sottoposte a interro­ gatori o esorcismi hanno relazione con psicosi e patologie sessuali. Tritemio ha notevole interesse per 'benedizioni ' ed esorcismi: riferi­ sce quelli che gli ha narrato un famoso esorcista di indemoniate, il suo corrispondente Adamo abate del monastero di S. Martino a Ktiln, che in diverse regioni liberò monache e frati posseduti da diavoli in varie for­ me: «in specie viri aethyopis, tauri, lupi aut alterius monstri>> oppure in diversis figuri s , v irorum, canum, ursorum, simiarum, aliarumque diversarum bestiarum et inaudita turpitudinis coram eis et cum eis com­ mercia exercebant. Postremo autem taliter intus et fori sunt ludificatae moniales, quod et certis intervallis ipsae daemones esse putarentur (ut ita dixerim) incarnati . Conveniebant more consueto ad chorum: horas confu­ se ululando magis quam canendo faciebant canonicas: missam tandem ad finem cantare minime potuerunt, demonibus voces interrumpentibus [ . . ] Mox vero ut canendo pervenissent ad Sanctus, humanas voces mutarunt in diabolicas, mixtim ululando et horribiliter clamando, non uno sed va­ rio modo atque confuso, cum tanto horrore, quod nemo si ne maximo eas ti more poterat audire. .

1 5 Ms. Augsburg Cod. 2 1 2/4, ff. 92v-93r.

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Se questo è un caso truculento e terrificante, ce n ' è un altro che lascia supporre spiegazioni più naturali e perdonabili nei visitatori delle monache, che sembravano proprio dei giovanotti : «Ascendere per fe­ nestras in specie iuvenum videbantur et saltare in dormitorium et per cellas discurrere singulas, dormientibus sese coniungere atque in stra­ tis jacentibus vim inferre turpitudinis non cessantes» 1 6 • Un altro fine della sua magia consisteva nella rapida acquisizione e perfetta conservazione della conoscenza. Secondo la testimonianza del fedele discepolo, difensore, anzi portavoce di Tritemio, il suo confra­ tello Johannes Butzbach, interrogato da Joachim «de possibilitate ar­ tis» l ' abate avrebbe risposto fra l ' altro: «Sed unde utentes arte ipsa multa per ea bona possunt? Posse autem ista se dicit, in omni lingua totius mundi, quam etiam nunquam audivit» 1 7 • Bovelles, nella famosa lettera dell ' 8 marzo 1 509 a Germain de Ganay, riapriva a dieci anni di distanza lo scandalo suscitato dalla lettera di Tritemio a fra Arnold Bost e intercettata dal Priore di questi : infatti il Bovelles de­ nunciava retrospettivamente l' autore della Steganographia e ne spie­ gava l ' atteggiamento richiamandosi alla sua formazione di autodidat­ ta. Tritemio analfabeta fino ai 1 5 anni aveva appreso latino e musica senza maestri e vantava di aver poi guidato altri autodidatti: «edoctum semel a se quendam principem germanum prius illitteratum una bora

1 6 Trithemius, Chronicon Hirsaugiense, Sankt Gallen, 1 690, Il, pp. 576-579. l7 Butzbach, Macrostroma, (Bonn, UB, ms. S.357, f. 89r) entro un elenco delle sue proprietà di formule linguistiche da tenersi riservate poiché «multa per ea fierent mala: tradiciones, scilicet, deceptiones, fomicationes et alia quaecunque vellent ho­ mines mala». Sugli scritti in difesa di Tritemio di questo priore benedettino di Maria Lach, suo grande ammiratore e fonte tanto utile quanto trascurata per ricostruire le sue vicende, cfr. P. Richter, Die Schriftsteller der Benedektinerabtei Maria-Lach, , 1 7 , 1 898, pp. 277-338; E . Bocking, Opera Ulrichi Hutteni, Supplementum 2, 2, 1 870, pp. 439-44 1 ; H . Fertig, Neues aus dem Literarischen Nachlass Johannes Butzbach, Wiirzburg, 1 907, p. 25 ss. Nell'Epistola sive tractatus de differentia et qualitate stili adfr. Gregorium Eupha­ lianum, ms. Koln, Historisches Archi v W 8° 352, ff. 1 66v- 1 67r, risulta che Butzbach conosce e loda Erasmo, Tritemio, Reuchlin «triplice sermone politus», Lefèvre, Ja­ cobus Montanus, Murmelius, Busch, Wimpfeling, Lang, Agricola.

Magia, pseudepigrajia, profezie e finzioni nei manoscritti di Tritemio

IO!

scribere, latine dicere, ita ut epistolas dictaret; sed et priusquam ille abcessisset ab eo omnia subtraxisse, indoctum ut prius reliquisse» 1 8 • Questo è il fine dichiarato dell'Ars notoria, rivelata a Salomone e redatta dal suo discepolo Apollonio, un'arte occulta alla quale Trite­ mio è molto interessato, «Ut per eam omnes scientias liberales, mecha­ n icas et exceptivas et earum facultates per breve spacium temporum posset acquirere et habere, et in proferendo mystica verba sanctarum orationum et invocando nomina sanctorum angelorum» 1 9• 2 . Tritemio è stato citato come il primo ad aver ritratto due grandi, ma ben differenti figure della Germania rinascimentale: Niccolò Cu­ sano20 e il Doktor Faustus «storico»2 1 .

1 8 C. Bovelles, Opera, cit., f. 1 72v: Carolus Bovillus Germano Ganaio Regio Consiliario: [ ... ) ex S. Quintino, 8 martio 1 509. 1 9 J. Dupèbe, L 'ars notoria, ci t. V. su alcuni importanti testi di magia cerimoniale nel Medioevo, C. Fanger ed. , Conjuring Spirits. Texts and Traditions of Medieval Ritua/ Magie, Phoenix Mill, Sutton, 1 998. 20 Niccolò Cusano, Opere religiose, a c. di P. Gaia, Torino, UTET, 1 97 1 , p. 86 e bibliografia i vi cit. La buona conoscenza della figura e delle opere, filosofiche e non, del Cusano è attestata da un passo fondamentale e notissimo in Trithemius, De scripto­ ribus ecc/esiasticis, in Opera historica, cit., pp. 359-360. È stato osservato che Trite­ mio come visitatore dei monasteri benedettini della congregazione di Brunsfeld con­ tinuava l ' opera del Cusano, che ne era stato uno dei fondatori, cfr. Amo ld, J. Trithe­ mius, cit., p. 23 (cfr. p. 59 ove riferisce della visita di Tritemio alla biblioteca di Cusa); Borchardt, Diskussion in R. Auemheimer e F. Baron eds., Johannes Trithe­ mius: Humanismus und Magie in Vorreformatorische Deutschland ( Bad Kreuzenach Symposien 1), Miinchen, Profil, 1 992, p. 65 2 1 D. Harmening, Faust und die Renaissance-Magie, «Archiv fiir Kulturgeschi­ chte», 55, 1 973, e bibliografia ivi cit. ; F. Baron, Doctor Faustus from History to Legend, Miinchen, W. Fink, 1 978; Id., Trithemius und Faustus: Begegnungen in Ge­ schichte und Sage, in Auemheimer e Baron eds., J. Trithemius, cit., pp. 39-80; Der historische Faust. Ein wissenschaftliches Symposium, hg. v. G. Mahal, Knittlingen, Publikationen des Faust-Archiv, 1 982. Dopo che avevo scritto e mandato in stampa nella miscellanea in onore di L. Szczucki queste pagine che riprendono motivi del mio lavoro precedente, ristampato qui sopra (in particolare pp. 49-9 1 ), per una strana coincidenza N .L. Brann ha pubblicato Trithemius, Cusanus and the Will to the Infini­ te: a pre-Faustian Paradigm, , IU2, 2002, pp. 1 53- 1 7 1 , che si basa in parte

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Magia bianca, magia nera

Una sua lettera a Johann Virdung von Hassfurt, uno degli astrologi con i quali era in contatto (gli altri erano Johann Carion e Joseph Grtin­ peck), è ben nota e viene considerata la testimonianza più antica sul Faust storico, visto che Tritemio ne aveva avuto notizia nelle tappe del suo esilio nel 1 506- 1 507 . Merita però analizzarla. Triternio avverte Virdung, che se Faust gli si presenterà, «troverai non un filosofo, ma un uomo fatuo e agitato da troppa temerità». Infatti mi riferivano alcuni sacerdoti che alla presenza di molti Faust disse di aver conquistato tanta sapienza e memoria di ogni disciplina (scientia), che se tutti i libri di Platone e Aristotele con le loro filosofie fossero andati perduti dalla memoria degli uomini, egli come un secondo Ezra ebreo sarebbe stato capace di restaurare tutto quanto con una eleganza anche maggiore. Poi, durante il mio soggiorno a Spira, egli venne a Wiirzburg, e spinto dalla stessa vanità si riferisce che abbia detto alla presenza dei più: che i miracoli di Cristo il Salvatore non sono mirabili; che quel che Cristo aveva fatto l ' avrebbe potuto fare anche lui ogni volta che l ' avesse voluto e in qualunque momento. Venuto a Gelnhausen in quest' ultima quaresi­ ma e gloriandosi di questa tale stoltezza prometteva cose grandi di sé, dicendo di essere il più perfetto in alchimia a confronto di tutti gli alchi­ misti che c' erano stati e anche di saper qualunque cosa che gli uomini desiderassero 22 .

In questo documento epistolare, che riferisce di seconda mano le vanterie di Faust, va sottolineato non solo che egli, come aveva già fatto Giovanni Pico della Mirandola nelle sue Novecento tesP3, soste-

sugli stessi passi (ma trascurando Bovelles, che è fondamentale), prestando più atten­ zione alla letteratura secondaria che ai testi stessi di Cusano, del quale non considera la recezione filosofica, che fu relativamente scarsa. Viste queste caratteristiche, non mi pare necessario modificare il presente lavoro. 22 Trithemius, Opera historica, II, pp. 7 1 -73. Questa lettera scritta dalla nuova abazia di Wiirzburg, il 20 agosto 1 507 è stata pubblicata e analizzata ripetutamente; cfr. D. Harmening, Faust, cit. p. 6 1 n. 2 3 Conc/usiones nongentae. Le Novecento Tesi dell ' anno /486, a c. di A. Biondi, Firenze, Olschki, 1 995, p. 1 1 8 (Conclusiones magicae secundum opinionem pro­ priam, 7-9).

Magia, pseudepigrafia, profezie e finzioni nei manoscritti di Tritemio

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neva che i nùracoli di Cristo non sono sovrannaturali e che è possibile fare altrettanto con la magia, come Faust prometteva di fare «ogni vol­ ta che l ' avesse voluto e in qualunque momento». Va anche sottolineato il binonùo Platone-Aristotele. Entrambi erano ormai un punto di rife­ ri mento per i teorici della magia: se i loro libri fossero andati perduti, sarebbero venuti a mancare i principi su cui fondarla, a meno che l ' in­ tervento di qualcuno dotato di uno straordinario potere mnemonico­ i nventivo non avesse potuto ricrearli . Come anche l a cabala, l a mnemotecnica e l e arti inventive (da quel­ le dell ' a rs memoriae ciceroniana ali ' arte lulliana, alla quale alcune figure concentriche24 di Tritenùo sembrano ispirarsi), la magia di tipo cerimoniale poteva esser intesa come una via abbreviata alla cono­ scenza. Tritemio la attinge dai trattati di magia cerimoniale così come dai manuali degli esorcisti25 . Era certamente una via abbreviata e sicura per la comunicazione di conoscenze occulte o di pericolose notizie riservate, comunicazione al cui studio era molto interessato Tritemio, il quale merita un posto nel­ la storia della lingua perfetta26. B utzbach scriveva nel suo inedito Ma-

24 Cfr. Trithemius, Clavis Steganographiae, s.l.d., f. A l 2r, in Oxford, Bodleian Library, ms. Canonici 500, ff. 1 54- 1 56 (comunicatomi amichevolmente da David Pingree, che ringrazio); Clavis genera/is triplex in libros Steganographicos, Darrn ­ stadt, B. Hofmann-J. Bemer, 1 62 1 , f. Er: > : dell' Abanense Triternio citava il Lucidarius e scriveva «sunt et alia plura superstitiosa volumina buie

2? Butzbach, MacrostromLJ, cit., f. 94r. 2 8 London, British Library, ms. Additional l 1 4 1 6, f. 3r-v: Epistola ad Episcopum Verdunsem in Gallis, s.d.

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Petro inscripta, quorum si t auctor quicumque fuerit, vanus et supersti­ tiosus erat per omnia». A proposito del grande domenicano respingeva anche nel De sep­ tem secundeis le critiche rivoltegli per aver fatto un ' incolpevole lettu­ ra di libri superstiziosi ( «apud imperitos etiam magus et superstitiosus u sque in bune diem iniuriose sit habitus» visto che «scientia autem mali non est malum, sed usum» )29 teneva molto a distinguere il Secre­ tum A/berti e le altre opere spurie dalle autentiche: multa volumina necromantiae et magicae isti maledici non solum Alberto Magno falso et mendaciter adscribunt, verum etiam aliis viris sanctis atque doctissimis, qui talia nunquam cogitarunt. Quin potius mihi constat Albertum virum sanctum libros talium semper condemnasse30.

Come risulta da Butzbach: Hanc naturalem magiam vir catholicus et sanctus Albertus Magnus se dicere fuisse secutum et experientiis in ea multa comperisse, quamobrem apud vulgus iners quod omnia in sini strum fac i l i u s interpretatur, nicromanticus dicitur fuisse. Quod et Trithemius iste noster [ . . ] sibi quandoque perspicuum habuit evenire3 1 . .

Nel quadro di questa preoccupazione Tritemio esplicitamente cita come autentico lo Speculum astronomiae e fa riferimento ad uno dei passi più controversi, proprio quello sul quale Pierre Mandonnet ave­ va fatto leva per attribuire l ' opera a un apocalittico come Ruggero Ba­ cone. Tritemio si associa ad Alberto, non solo perché i libri proibiti non vengano soppressi, ma conservati in certi luoghi, nei monasteri (Sponheim?), o nella cattedrali, o nelle università «sub censura plu-

29 Tritemio, De septem secundeis, Colonia, 1 567, p. 89 ss. 30

lvi. 3 1 Johannes Butzbach, Macrostroma, cit., ms. S.357, ff. 89r; ibid., ff. 92v e 94r: «Similiter cum legant Albertum inter experimenta magiae multum temporis consum­ psisse, de magia naturali hoc intelligant, non de prohibita, ne exemplo tanti viri ili i se dedant quod i Ili licuit sibi quoque licere presumentes».

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rium» in modo che l ' accesso sia vietato a chi non abbia una causa ragionevole per consultarli : i libri di scongiuri serviranno «Ut si quan­ do surrexerint aliqui talium rerum professores arte diabolica populum alicubi seducentes, propriis arrni s convicti poenas recipiant, quas me­ ruerunt» . Questa era la tesi dell' opera attribuita (secondo Triternio e secondo me non a torto) a Alberto: essa contiene un' utilissima bibliografia dei trattati astrologici noti nella seconda metà del Duecento32. Triternio la prese a modello, l' aggiornò e in parte copiò per fornire una bibliogra­ fia della magia cerimoniale al lettore cinquecentesco del proprio Anti­ palus maleficiorum e al patrono che l ' ospitò durante l' esilio, il mar­ chese Joachim Elettore di Brandeburgo. Va segnalato che come accade nello Speculum astronomiae anche in questo saggio di Tritemio ven­ gono indicati ove possibile sia i titoli che gli incipit (anche più d' uno quando gli risultino esemplari differenti). Egli menziona la grossezza dei volumi e i nomi dei presunti autori : è caratteristica di Triternio l ' insistenza a sottolineare che in realtà queste attribuzioni sono infon­ date e fraudolente. Il carattere superstizioso delle opere è quasi sem­ pre ammesso e condannato, ma non si tratta d' altro che di una misura di cautela, visto per esempio che la classificazione dei demoni secon­ do la gerarchia nobiliare (condannata con sarcasmo nel Liber Officio­ rum) era stata adottata anche da Tritemio nella Steganographia.

32 Per collocare quest' opera e il caso storiografico che la riguarda mi permetto di rinviare al mio The 'Speculum Astronomiae ' and its Enigma, Dordrecht, Kluwer , 1 992, pp. xvi-352, in particolare alle pp. 240-250, per le molte schede coincidenti nello Specu/um astronomiae e nell' Antipalus rinvio anche al fondamen­ tale commento di L. Thomdike, Traditional Medieval Tracts conceming engraved astrologica/ lmages, in Mélanges Auguste Pe/zer, Louvain, 1 947, pp. 2 1 7-274. Di recente sono stati segnalati nuovi mss. dello Specu/um astronomiae e cataloghi che attestano l' esistenza di altri codici perduti, vedendo in essi la base per una diversa attribuzione: v. A. Paravicini Bagliani, Lo 'Speculum astronomiae ', une énigme ? En­ quere sur /es manuscrits, Firenze, SISMEL, 200 1 ; la testimonianza che quest'opera di Tritemio fornisce sulla circolazione e sul testo dello Speculum astronomiae non mi risulta però sia stata qui segnalata e presa in considerazione.

Magia, pseudepigrajia, profezie e finzioni nei manoscritti di Tritemio

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Queste pagine di Tritemio presentano33 utilità che, anche come re­ pertorio per chi studi la storia di quest' aspetto estremo della magia, conciliano in modo paradossale e fondono i due amori dell' abate, la bibliografia e la magia. 4 . Tritemio scriveva di sua iniziativa agli amici francesP4 e allo

33 Seguo il testo del cap. 2 del L.I dell'Antipalus maleficiorum pubblicato da Johannes Busaeus nella sua edizione dei Paralipomena opusculorum Petri Blesensis et Johann is Trithemii, Mainz, apud Balthasarum Lippium, 1 605 , pp. 292-3 1 1 . È un'edi­ zione eseguita con cura forse su più esemplari, visto che dà sul margine alcune va­ rianti o congetture, nella presente trascrizione inserite nel testo fra parentesi quadre, soprattutto circa i titoli o i nomi degli autori. Per stralciare un brano breve non mi sembra il caso di risalire ai quattro manoscritti (dei quali tre del secolo XVI) segna­ l ati da Amold, Johannes Trithemius, cit., p. 252: ho comunque esaminato i due più interessanti perché appartenuti a Konrad Peutinger (Augsburg, Staats- und Stadtbi­ bliothek, 2° cod. 2 1 2) e a Heinrich Khunrath, che lo aveva trascritto personalmente (lthaca, N.Y., Comell Univer­ sity Library, ms. M 61 ). Vorrei segnalare alcune osservazioni e alcuni passi inediti pubblicati nel mio Scholastiker und Humanisten. Agrippa und Trithemius zur Hexe­ rei. Die natiirliche Magie und die Entstehung kritischer Denkens, «Archiv fii r Kul­ turgeschichte», 67, 1 985, pp. 4 1 -79 (trad. ingl. Scholastic and Humanist Views of Hermeticism and Witchcraft, in Hermeticism and the Renaissance, eds. A.G. De­ bus e l. Merkel, Washington, Associated University Presses, 1 988, pp. 32 1 -350; ora qui supra p. 49 ss.). 34 V. l 'epistola del 20 giugno 1 5 1 5 a Germain de Ganay, recentemente ed. da K. Amold, Ergiinzungen zum Briefwechsel des J. Trithemius, «Studien u. Mitteilungen z. Gesch. d. Benediktiner Ordens», 83, 1 972, pp. 203-204 e 1 85 , dove l 'omaggio della Polygraphia (appena stampata con l ' intento preciso di fornire una crittografia questa volta senza appendici necromantiche) è ricollegato polemicamente alle criti­ che sparse in Francia dal Bovelles. « Verum ne quis Bovillo similis artis huius archa­ na, quae leges naturae christianaeque fidei normas nec excedunt, nec offendunt, in aliquo non intelligens, propterea quod enigmatibus involuta cemuntur, aut pravis demonum artibus aut supersticiosis ascriberet vanitatibus [ . . . ) conscripsi, quod Cla­ vem Polygraphiae praenotavi [ . . . ] nihil peto abs te, nihil requiro a Bovillo, nisi quod iustum est, decens et honestum. Non sum inimicus hominis, neque iniurias mihi factas in eum contumeliose retorquere, ut possem, disposui, sed innocentiam meam plano atque veraci demonstrare sermone. Steganographiam vero meam, de qua non recte intellecta Bovillus omnem de me male ac false suspicionis materiam sumpsit». Trite­ mio si scusa di non poterla mandare a Ganay non avendo a disposizione uno scriva­ no. Più tardi, nella prefazione alla Polygraphia Tritemio protestò pubblicamente fa-

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stesso Bovelles35 : ricordando le due settimane che questi aveva stra­ scorso suo ospite36, diceva di ammirarne il filosofare cusaniano, un metodo che di solito era dimenticato anche fra i platonici almeno fino ali' edizione curata da Lefèvre nel 1 5 1 437; lodava lo stile di pensiero di Bovelles,

cendo chiare allusioni alla «Bovillina societas». Secondo i dati fomiti da Amo Id (pp. 1 83n- 1 84), Tritemio aveva realmente scritto un Apologeticus in Bovillum in due libri: il primo per confutare la lettera-denuncia inviata da Bovelles a Ganay ( Bovillus, Opero, p. 1 72 n. 75); il L.II, destinato a discutere e far ricredere chi potesse esser stato persuaso dal Bovelles, è compreso nella lista che Tritemio fa nel 1 5 1 4 delle proprie opere; quando nella posteriore prefazione ( 1 5 1 6) alla Polygraphia menziona l 'Apo ­ logeticus ne parla come se avesse un libro solo. Secondo Amold, Bovelles può esser stato sollecitato dalla ep. di Tritemio al Bost riguardante sempre la Steganographia, fatta circolare largamente e con un'eco di scandalo negli anni precedenti . Io sospetto un'origine diversa della denuncia. Cfr. anche Brann, The Abbot Trithemius, cit., pp. 29-3 1 , 44-45, 266-267. 35 J.M. Victor, Charles de Bovelles 1479- 1533, Genève, Droz, 1 978, pp. 1 3-2 1 (sugli anni di viaggio, 1 503- 1 5 1 2), 3 1 -36 (sulle relazioni con Tritemio), 1 1 6- 1 22 (sul De intellectu). V. anche E. Garin, Introduzione a Bovelles, Il libro del sapiente, Torino, Einaudi, 1 987, pp. xv-xx e bibliografia ivi cit. 36 Interesse per dottrine rivelate e atteggiamenti profetici sono riconoscibili in Bovelles, che significativamente si era recato da Tritemio subito dopo aver visitato in Svizzera l 'eremitaggio dove . Si v. a p. 440 la «bella similitudine>> attribuita a Empedocle «Deus est sphera cuius centrum ubique, circumferentia nusquam>>, ma che è in realtà la più celebrata nella tradizione ermetica dionisiana e cusaniana, cfr. Garin, L 'età nuova, ci t., pp. 407-408. Cfr. Das pseudohennetische Buch der XXIV Meister, hg. v. C. Baeumker, «Beitriige zur Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittelalters», XXV, Miìnster, 1 928, pp. 207-2 1 4. Questo tema del Liber XXIV Philosophorum risulta presente a Tomma­ so d' Aquino, Summa theologiae, I P., q. XXXII, a. l , ed a Ficino, De Deo et anima; cfr. P.O. Kristeller, Supplementum ficinianum, Firenze, 1 937, II, p. 1 34; Garin, La cultura filosofica del Rinascimento italiano, Firenze, 1 96 1 , p. 1 45n. ; Yates, G. Bru­ no, p. 247 n; A. Koyré, From the closed World to the Infinite Universe, New York, 1 958, pp. I O, 1 8, 279 n. l 9.

I lO

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Quod si facit circulum, quomodo recta? Sunt enim circulus et linea recta naturaliter opposita. Verumtamen infinitae longitudinis linea cum neque principium habet, neque finem, circulum necessario facit, quamvis non curva, sed recta proponatur imaginanda. Cum ergo Deus sit infinitus, maximus sine quantitate, optimus sine qualitate, ornn i a in ornn i bus sine circumscriptione, supra omnia sine excludente positione, non fuit possi­ bile, quod ab intellectu circumscriptibili humano qui sensuum ministerio utitur ad intelligendum comprehenderetur, et quod ei promittitur purifica­ to tandem in patria, confuso et impuro concedatur in vita41 •

In tutta la prima quaestio Tritemio deve molto a Bovelles: egli ave­ va subito saputo cogliere l ' interesse del suo trattato cusaniano De in­ tellectu, tanto più che era ferrato nelle scienze matematiche. Butzbach riferisce l ' elenco di geometri lodati da Tritemio: scripsit Euclides Megariensis contemporaneus Platonis, cui etiam ille divinus Plato concessit palmam in geometricis disciplinis; huius quidem Euclidis geometricam graece conscriptam vertit ex graeco in latinum Campanus, qui etiam commentarla in eundem conscripsit sermone brevi et succincto, et - pace sua dixeri m - pene obscuro propter nimiam brevitatem quam ipse prae caeteris auctoribus amat et affectat. Huius tamen Euclidis geometria non est undique consummata, quia nullam prorsus feci t i nventionem de figuris et corporibus ysoperi metris , quam Thomas Bradwardinus docet in geometriam suam, quae sane miro modo duci t ad libros Aristotelis et Platonis recte intelligendos. Declarat enim pene ornn i a illa mathematicalia quae Aristoteles [ . . . ] scripsit in libris suis; et hi duo, scilicet Thomas [Bradwardinus] et Euclides scripserunt geometriam speculativam, quam dominus Nicolaus Cusanus cardinalis complevit in libro suo quem de complemento mathematice inscripsit4 2 .

4 1 Epistolaefamiliares, cit., p. 440-44 1 . 4 2 Butzbach, Macrostroma, ms. S.358, f. 3r, ove prosegue: «Est e t alius auctor qui scripsit geometriam practicam, cuis nomen ignoratur, quam Joannes Campanus pulcherrime commendatus est, et hic liber tenet principatum inter omnes geometriae practicae, docet enim mensurare quaelibat corporalia tam irregularia quam regularia, et docet artem de binomiis, et de recisis eorundem binomiorum, quae ars multum iuvat ad decimum et undecimum librum Euclidis recte intelligendum».

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Tritemio aveva già approfondito la lettura di testi platonici tradotti da Ficino, gli scritti personali di questi, di Giovanni Pico e di Johanne s Reuchlin: quest'ultimo era in rapporti personali con l' abate e aveva v i sitato più volte l' accademia platonica di Firenze. Dai platonici fio­ rentini il benedettino ricavava non solo la distinzione di due tipi di magia (distinzione da lui non sottoscritta), ma una concezione chiara del microcosmo43; di Pico conosceva la polemica contro l ' astrologia g iudiziaria44 ed anche l'Apologia (della quale si serviva tacitamen­ te)45 . Nella Quaestio VI «De potestate maleficarum», che in mano­ scritto presenta notevoli aggiunte e varianti rispetto al testo a stampa, a proposito del genere igneo di demoni è più chiara la dipendenza dalle traduzioni ficiniane di «Michael Psellus graecus» e degli inni orfici: «Hinc motus, ut reor, Marsilius Ficinus Apuleium introducit: daemonia dixit animalia esse ignita»46.

43 Butzbach, Macrostroma, ms. S 358, f. 95v.

44 Butzbach, Macrostroma, ms. S 357, f. 226r: ; ms. S.358, f. 4r: , ad esempio, notare i n che modo, rivedendo il lavoro fatto, Bruno utilizzi i ' marginalia' - ora inserendoli diret­ tamente nel testo, ora eliminandoli del tutto, rielaborando, e variando, la sua posizio­ ne» . Ciò è in realtà un caso assai frequente nella rielaborazione di scritti dettati e poi ricopiati da.l segretario sotto la direzione dell ' autore: immagino che soltanto chi non ha pratica di manoscritti e della redazione di lezioni, questioni, disputazioni e notabilia possa o debba restame affascinato.

Magill e ennetismo da Tocco a Corsano, da Yates a Ciliberto

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n o i m mediatamente. È dunque assai probabile che B runo stesso si riproponesse di tornare su questi lavori , di approfondirli, di perfezionarli prima di darli in stampa. Pur assai chiare, e decise, negli orientamenti fondamentali le opere magiche si confi gurano come un materiale magmatico, non ancora fermo e conchiuso 80 •

Sarebbe bastato richiamare alla mente le vecchie regole del meto­ do storico - che Ciliberto dovrebbe aver appreso da uno dei suoi pro­ fessori, quel Delio Canti mori al quale ha addirittura dedicato una mo­ nografia - per impostare un problema evidente: che cosa significa se fra le fonti di questi scritti di Bruno, tutte già identificate e schedate da Tocco-Vitelli, figura anche Tritemio, che era allora inedito e difficile da reperire? La sua Steganographia era un proibitissimo grimoire del quale era opportuno non lasciar sospettare di aver conoscenza ed uso. Tutto ciò risulta chiaramente a chi possieda le più elementari rego­ le di euristica e critica storica e abbia maturato il corrispondente istin­ to per orientarsi quando si fa ricerca (se la si fa. . . ): certamente tali regole e tale istinto non sarebbero mancati all' autodidatta Frances Yates, che non ha mai avuto la direzione di un istituto né il titolo di professo­ re. Era veramente l ' accademica di nessuna accademia. 80 Qui e dovunque le sistematiche coincidenze con testo, varianti e note del l ' edi­ zione Tocco-Vitelli induce a chiedersi se qualcuno fra tanti studiosi ha affrontato gli originali manoscritti per qualcosa di più di una sbrigativa visita turistica a Mosca (p. XLI I ) : pur dando una descrizione molto promettente (pp. LXV-LXVI) dell ' abbozzo autografo, «scartafaccio» o «scaletta» «presumibilmente serino da Bruno a Francoforte nel l ' estate 1 590», cioè dopo gli altri quattro scritti latini sulla magia, che questo ms., ai ff. l r-5r, presenta del De vinculis in genere, conosciuto grazie a Tocco-Vitelli nella forma finale, molto più ampia, articolata e dettagliata, copiata dal Besler nello stesso ms., ff. 87r-98r, l ' edizione Ciliberto dà in appendice (pp. 533-550) una «trascrizione interpretativa , che nella piena consapevolezza delle notevolissime difficoltà di decifrazione del testo, cerca di riprodurre con la massima fedeltà il tratto della pagina bruniana, limitando al massimo il numero degli interventi» (p. LXV II) . Se vengono limitati gli interventi, la trascrizione dev 'esser poco interpretativa, e forse il «tratto» non è stato nel suo insieme decifrato. Tant'è che - per quest' unico documento real­ mente inedito e capace di illuminare le tecniche di scrittura del Bruno - è stata fatta la «scelta di non registrare in apparato le lezioni dell'ed. Tocco-Vitelli». Non c'è nep­ pure il tentativo di descrivere origine, fascicolazione, filigrana ed altre peculiarità del codice, la cui prima e ultima descrizione ri sale al 1 890.

Appendice Un Nolano prima di Bruno e il socratismo rinascimentale

Molti libri su Giordano Bruno si servono della descrizione di Nola scritta da Ambrogio Leone Nolano e pubblicata nel 1 5 1 4 con eleganti illustrazioni di Girolamo Moceto, un incisore della scuola del Bellini : per aprire la biografia del Bruno Nolano molti vi hanno attinto una elegante descrizione della città e della sua storia. Non hanno però notato che fra i due nolani ci sono altre affinità possibili: in primo luogo, come farà poi Giordano Bruno, il medico Ambrogio di Marino 1 Leone ( 1 459- 1 525) veniva chiamato con l ' apl Questo patronimico, risulta dal titolo di una sua opera, da L. Nicodemi, Addi­ zioni [ . . . ) Toppi, Napoli , 1 683, pp. 8- 1 0, e viene accettato da Allen nel suo Opus epistolarum Erasmi, III, Oxford, Clarendon, 1 9 1 3 , p. 352. Cfr. per la vita del Leone, B. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli, 1 678, p. I l ; B. Tafuri, /storia degli scrinori nati nel Regno di Napoli, Napoli , 1 744, ! lU I , p. l 58; G.G. De Soria, Memorie stori­ co-critiche degli storici napoletani, Napoli, 1 782, pp. 347-35 1 ; B. Chioccarelli, De illustribus scriptoribus [ . . . ) Neapolis, Napoli, 1 780, pp. 27-28, che riferisce dall'ep. di Camillo premessa a A. Leone, De nobilitare, altri titoli di opere inedite e perdute (Libellus de bisexto, De E et /, Gallucia: de vi ridendi, Lucubrationes in VI Meta­ physices, Libellus de signis pluviarum et ventorum, Adnotationes in theriacam); la biografia più recente e dettagliata è L. Ammirati, A. Leone, Marigliano, 1 98 3 ; lo stesso studioso ha curato l ' ed. di A. Leone, De Nola, Marigliano, 1 997; cfr. l ' ed. a c. di A. Ruggiero, Napoli, 1 997. C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori [ . . . ) di Napoli, Napol i, 1 844, riferisce, non so su quale base documentaria, che alla

calata di Carlo VIII, il Leone > . l 8 L. Thomdike, A History of Magie, N e w York, 1 94 1 , V, p. 1 44 ; p. 1 47 : > ) di Zimara, Posius, Feltrius, Pavisius, G.B. Bemardi, non menziona Leone . 28 Castigationes, cit., p. 7 (Castigatio VIII) circa il locus VIII, dove fa qualche citazione dal L. II della Nicomachea di lì e dai Magna moralia.

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Bruno lettore di libri proibiti

est videre omnia, quae dixit Averroes, aliena esse ab Aristotele atque socratica esse potius 29 .

La morale e i costumi non sono fenomeni naturali e immutabili : Narnque si mores essent naturales et per se non mutarentur, sicut lapidis casus non mutatur, quod falsum est; item si essent naturales, illos discen­ do consequeremur a praeceptore, quod etiarn falsum est; item scientes simul essent et scientes et boni, quod est falsum; multos enim doctos esse rerum videmus, qui etsi non sunt pravi, non sunt etiarn virtute praediti ; suntque veluti aegri illi qui regulas medicorum callent, peiore tamen aegritudine periclitantur, quae cum ita se habeant, patet non esse recte factam consequentiarn: veluti si scientes ergo necessario studiosi, sicut credit Averroes. Quin etiarn rnirandum est, si ea fuisset necessitas inter scientiam naturalem et virtutes morales, non etiarn eadem usum esse Aristoteles 30 .

La dottrina ' socratica' non concorda con quella di Aristotele, né con le tesi dei commentatori aristotelici antichi. Quod si ea socratica sunt non aristotelica, manifestum est illa non fuisse cantata (sic) ab Alexandro, cuius alimenta fuere sola Aristotelis verba, neque i tem Themisti i , qui potius ari stotelicus fuit. In quo aberravit Averroes, atque in ilio evidentius quod relicta Aristotelis disciplina, quarn exponendarn sumpsit, ad eam prolapsus est persuasus illis oratoris non philosophi, quam Aristoteles ubique taxavit atque correxit 3 1 .

Ambrogio scrive che secondo Averroè Socratem ignorasse logicarn et metaphysicarn naturalem et mathematicarn et particulares scientias demonstrativas, calluisse tantum moralem et probabilem. Verumtamen etsi compertum nobis sit Socratem scripsisse nunquam, docuisse semper ita, ut ex eius scriptis iudicium nullum sit adferre de eo 32 .

29 lbid., p. 8. 30 lvi. 3 1 /bid., p. 9 (cast. IX ) . 32 Jbid., p. 9- 1 0 (cast. X l ).

Un No/ano prima di Bruno

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Sulla questione della dottrina non scritta di Socrate, Leone sog­ giunge poco più avanti : «At hoc nihil vetat eum scivisset praesertim si ea tempestate potius memoria quam libri exercentur»33• Socrate è dunque il fondatore della filosofia: Omnium igitur philosophorum et scriptorum consensus est, Socratem parentem fuisse phi losophiae totius, omnes philosophos illustres ita profluisse ac exortos esse ab eo, ut rivuli a fonte nascuntur, qui deinde aliquanto a se divisi varias scholas sectasque peperere. Quae res primum fidem faciunt Socratem calluisse et comunes et proprias vias, atque adeo exacte, ut nemo dedignatus si t auscultatione et praeceptione Socratis [ . . . ] Nec quisquam eorum, qui ea tempestate fuere, repertus est qui ubi Platonis dialogos legerit, reprehederit Platonem mendacii, monstravitque quae platonicus Socrates dicit ea Socrates non censuisse [ . . . ] Non modo in dialogis Platonis socratica sapientia splendet, sed etiam eiusdem Platonis testimonio, quod refert in Convivio Alcibiades 34 .

Leone cita anche l ' oracolo di Delfo: «sapientem esse Socratem sua tempestate etiam oraculo patefactum est, cuius auctoritas non est par­ va, modo consenti an t aristotelici » . 35 Qui l' ironia rivela che Leone non si identificava con la scuola peri­ patetica: [Socratis] sententia fuerit, se hoc solum scire se nescire, quare interrogabat semper, respondebat nunquam [ . . . ] nam eo modo ut di cere solebat, omnes qui se scientes arbitrarentur. At hic erat atticus nasus, non modo socraticus: nam eo modo, ut dicere solebat, omnes qui se scientes esse arbitrarentur ne sci re arguebat 36 .

33 /bid., p. I O (cast. Xl). 34 lbid., p. IO (cast. Xl); qui lamenta l ' uso di fonti che la critica storica di mostra congettural i :