L’ultimo uomo : Malthus, Darwin, Huxley e l’invenzione dell’antropologia capitalista [Prima edizione.] 9788894278767, 889427876X

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L’ultimo uomo : Malthus, Darwin, Huxley e l’invenzione dell’antropologia capitalista [Prima edizione.]
 9788894278767, 889427876X

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GOG

Enzo Pennetta

L ’ULTIMO UOMO Malthus, Darwin, H uxley e l ’invenzione d ell’antropologia capitalista

Dalle teorie sulla popolazione di Thomas Robert Malthus alla lotta per la sopravvivenza dell’evoluzionismo darwiniano. Dall’eugenetica al Brave New World di Aldous Huxley. Dalla Royal e la Fabian Society fino al ruolo delle ONG nelle “rivoluzioni colorate”. Dal New Age fino allo gnosticismo dei guru della Silicon Valley. Al confine con una prosa narrativa, questo saggio va affrontato come si affronta un noir in letteratura e un thriller nel cinema. E una storia di intrighi, di scoperte, di ipotesi, di manipolazioni, ma è anche il racconto della nascita dell’ideologia progressista, a partire dai sogni e le utopie di Francis Bacon e Auguste Comte fino ai più recenti esperimenti di ingegneria sociale: il birth control e la teoria gender. Dietro questa meta-narrazione prometeica che ha fatto di tecnica e libertà un unico concetto, si manifesta la creazione di un grande dispositivo di dominio e di controllo sociale. L’obiettivo è l’invenzione di un modello antropologico del tutto nuovo.

16 euro ISBN 978-88-942787 -6-/

9 788894

278767

«Grande protagonista, come al solito del resto, sono gli Stati Uniti d’Ame­ rica, questa terra di contrasti divenuta simbolo della modernità senza voler­ lo, abitata da un popolo pragmatico ma ancora incastrato in un limbo “in­ fantile”, tanto ingenuo che durante il programma radiofonico War of thè Worlds del 1938, in cui Orson Welles fìnse di descrivere un’invasione alie­ na, il New Jersey cadde compietamente nel panico. Questa innocenza, frammista ad un forte senso di ideali­ smo, ha reso gli americani più credu­ loni degli europei, attaccati - in una società profondamente materialista - a dei nuovi feticci panteistico-religiosi (che sia il New Age o la Chiesa di Scientology frequentata da buona parte dello star System hollywoodia­ no), allo shintoismo e al taoismo, ai culti acquariani e quanti altri deriva­ ti che convincono, per prima, quella power élite (oggi radicata nella Silicon Valley) ai vertici dei più grandi mezzi di comunicazione del globo, e deter­ minata a portare avanti un’idea del mondo inaugurata dall’opera di Mal­ thus».

Nato a Roma nel 1960 e laureato in Scienze Biologiche e in Farma­ cia, Enzo Pennetta insegna dal 1984 Scienze naturali presso una scuola secondaria di secondo grado. Attual­ mente si occupa di iniziative legate alla didattica delle scienze e di for­ mazione culturale. Nel 2004 ha pub­ blicato il romanzo Gli ultimi cava­ lieri dell’Apocalisse scritto a quattro mani con Stanislao Nievo e il saggio Inchiesta sul darwinismo. Come si co­ struisce una teoria (Cantagalli, 2011). Nel 2011 fonda e anima il sito Criti­ ca Scientifica, dove studia i fenomeni relativi alla scienza, all’informazione e alla geopolitica.

Eultimo uomo

© 2017

isbn

978- 88- 942787- 6-7 prima edizione

Progetto grafico di Lorenzo Vitelli Impaginazione di Matilde Daverio

Enzo Pennetta

L ’ ULTIMO UOMO Malthus, Darwin, Huxley e l ’invenzione dell’antropologìa capitalista

prefazione di Lorenzo Vitelli

P R E F A Z IO N E di Lorenzo Vitelli

C om e si costruisce u n ’ideologia? I l saggio di Enzo Pennetta ri­ sponde precisam ente a questo interrogativo. C on una prosa in bilico tra n arrativa e saggistica, L’ultimo uomo è u n ’inchiesta nelle retrovie storiche, filosofiche, antropologiche, scientifiche di un grande ap p ara­ to ideologico di cui oggi non si ha p iù la cognizione, di un paradigm a di pensiero, di una meta-struttura che si dispiega a partire d all’opera di M althus fin o alle stramberie religiose dei guru della Silicon Valley e alle attività sovversive delle

ong.

Com e in ogni ideologia, come

in ogni dispositivo di dom inio, in cui si relazionano dialetticamente idee e realtà, idee e potere, idee e istituzioni, l ’aum entare del raggio di influenza determina il dim inuire della sua percezione. M a se l ’i­ deologia è avulsa dalla dim ensione presente (è u n ’attesa escatologica, un futuro a venire, una visione d i un m ondo che non c’è - così erano le grandi n arrazioni: l ’illum inism o, il positivism o, il marxism o) ora, quello descritto da Pennetta, è il suo passaggio a fatto culturale, quin ­ di passivo, vivificato inconsciamente nella quotidianità (un gesto, un modo di dire, un comportamento, un giudizio, una legge). Stiam o parlan do della nascita di un dispositivo di potere e per dispositivo adoperiam o la definizione datane da D eleuze: «discorsi, istituzioni, strutture architettoniche, decisioni regolative, leggi, m i­ sure am m inistrative, enunciati scientifici, proposizioni filosofiche, m orali e filantropiche». Pennetta esam ina la nascita dei discorsi della m odernità e della postm odernità fin o a delineare un ipotetico fu tu ­

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L’ultimo uomo ro verso cui il nostro presente sem bra proiettato e che ha già le sue form azion i sociali attive: il trans o postum anesim o. S i susseguono così gli attori che hanno dato vita agli sconvolgimenti nel pan oram a politico e culturale tra il

xvi e il xvii secolo

ed i suoi sviluppi fin o ai

giorni nostri attraverso l ’istituzione delle societies inglesi, i circoli intellettuali, i club di élite, le alte sfere di governo, p rim a i partiti e p o i - una volta venuto meno il loro scopo di contenitori ideologi­ ci - le

ong;

tutti organi votati alla selezione dei testi d i riferimento

del nuovo paradigm a, dei pensatori a loro fun zionali, dei movimenti d i protesta da m anipolare, dei concetti che meglio si adattano alla loro Weltanschauung, m arginalizzando ed escludendo tutti quei cor­ p i ostili alla loro affermazione. D obbiam o dare ragione a Vilfredo Pareto quando sostiene che «la storia è un cimitero di aristocrazie». C on un meccanismo di inclusione ed esclusione - su l p ian o verticale instauratosi d all’alba dei tempi tra alto e basso, tra governanti e go­ vernati, tra centro e periferia, tra élite e popolo - l’ideologia da «sogno di una cosa» è diventata immanente. N o n a caso la N uova Atlantide d i Francis Bacon divenne un te­ sto cardinale della R oyal Society, l ’associazione di prom ozione scien­ tificafon data nel 1660 con lo scopo di sottoporre il sapere alle compe­ tenze am m inistrative del governo. I l rom anzo di Bacon, pubblicato nel 1627, è u n ’utopia a sfondo tecnologico dove scienza e benessere sono strettamente collegati grazie a ll’opera degli scienziati, a i vertici di una piram ide sociale che ricorda quella della Repubblica di Plato­ ne. I tecnici sono i novelli àristoi di un m ondo a disposizione dell’uo­ m o (« Il mondo è stato fatto per l ’uomo, e non l ’uomo p er il m ondo») che scioglie il vincolo di organicità tipico dell’universo classico b L a nuova Atlantide è un gigantesco laboratorio a cielo aperto (dove si

1/ «Anche quel piccolo frammento che tu rappresenti, o uomo meschino, ha sempre il suo intimo rapporto con il cosmo e un orientamento a esso, anche se non sembra che tu ti accorga che ogni vita sorge per il Tutto e per la felice condizione dell’universa armonia. Non per te, infatti, questa vita si svolge, ma tu piuttosto vieni generato per la vita cosmica», Platone, Leggi, Libro X, 903 c.

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Prefazione preparano m edicinali e pozioni, si riproducono i fenom eni clim a­ tici, si pratica la sperimentazione anim ale) che provvede alla salute dell’uomo. L o scritto di Bacon si rivela il rom anzo di form azione adatto a supportare l’eccezionalismo scientista - rispetto alle altre d i­ scipline - e la sua pretesa (fallita) di rispondere a i perché del mondo. M a oggi che esiste la maternità surrogata e i test genetici p er quantifi­ care il rischio di m alattia in base a l

dna,

a nessuno salta p er la testa

di rimettere in discussione il ruolo della scienza, tanto che quello che p er Bacon era un sogno, p er noi è un fatto concreto. L a vita si sta appiattendo nell’angusto m a rem unerativo - per qualcuno - concetto di “salute”, monopolizzato dalla scienza. D etto ciò, possiam o con­ siderarla davvero post-ideologica? Risulta impossibile «separare la scienza - dice Sanguineti - d al suo contesto storico sociale concreto. L im m agine dello scienziato chiuso in laboratorio che f a la grande scoperta è un p o ’ comica. A prom uovere la scienza sono innanzitutto i gruppi interessati a usarne le ricadute: l’università, l’industria sem ­ pre p iù im m ateriale, i grandi centri m edici e farm acologici, l ’esercito. L a portata ideologica della scienza lievita dentro questi interessi»2. Più tardi, a riscuotere grande successo, fu /'O rigine della specie del biologo Charles D arw in , che riconobbe una sim m etria tra le leggi di natura e le costanti comportamentali, etiche ed economiche dell’I n ­ ghilterra vittoriana: quale espediente si rivelò migliore per rim uovere senso di colpa dalla coscienza borghese britannica nei confronti della classe operaia e dei popoli delle nuove colonie f N on si p u ò mettere alla berlina la selezione naturale! I l capitalismo grazie a D arw in re­ cuperò un p o ’ di spontaneità e liquidò non poche critiche. C osì anche a Bism arck si rivelò utile la filosofia della Storia di Hegel, p er fare degli staterelli della confederazione tedesca un Im pero a guida pru s­ siana. D i p a ri le teorie m atlhusiane sul controllo demografico, grazie a l contributo di M argaret Sanger, segnarono tutta una stagione po liti­

l i A ntonio G noli, Sanguineti e la scienza, in «La Repubblica», 6 giugno 2007, p. 49.

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L'ultimo uomo ca am ericana del prim o Novecento sotto il nome di family planning, il cui obiettivo era il controllo della riproduzione dei poveri, degli ignoranti e degli illetterati. Questo saggio va affrontato come si affronta un n oir in letteratura e un thriller nel cinema. E una storia di intrighi, di scoperte, di ipote­ si, di m anipolazioni, il tutto mosso non tanto dalla volontà cosciente di qualcuno, m a dalla pulsione atavica del capitalism o: generare il m aggior profitto. Evidentem ente - e qui risiede il non-detto, l’incon­ scio del discorso - a costo delle p riv azio n i di qualcuno. G ran d i protagonisti, come a l solito del resto, sono gli Stati U n i­ ti d ’Am erica, questa terra di contrasti divenuta simbolo della m o­ dernità senza volerlo, abitata da un popolo pragm atico m a anco­ ra incastrato in un limbo “infantile”, tanto ingenuo che durante il program m a radiofonico War of thè Worlds del 1938, in cui Orson Welles fìnse di descrivere u n ’invasione aliena, il N ew Jersey cadde completamente nel panico. Questa innocenza, fram m ista a d un forte senso di idealism o, ha reso gli am ericani p iù creduloni degli europei, attaccati - in una società profondam ente m aterialista - a dei nuovi feticci panteistico-religiosi (che sia il N ew Age o la C hiesa di Scientology frequentata da buona parte dello star System hollyw oodiano), allo shintoismo e a l taoismo, a i culti acqu arian i e quanti altri derivati che convincono, p er prim a, quella power élite (oggi radicata nella Silicon Valley, a i vertici dei p iù gran di mezzi di com unicazione del globo) determ inata a portare avan ti u n ’idea del mondo che, ci dice Pennetta, è in iziata già con l’opera di Malthus. O ra le idee possono essere subordinate a questo stato d i cose, e venire quindi incluse nella bibliografia d i questa narrazione, oppure esserne escluse. N elle pagine che seguono si fa rà luce su i protagonisti e le opere che p iù ne hanno influenzato la tragica e a l tempo stesso grottesca affermazione. Possiamo dire che due menti brillanti, seb­ bene con registri diversi, avevano già intuito la composizione della nuova società: siam o a l confine con il Brave N ew World di H uxley e l’eccentricità del lungometraggio Brazil di Terry G illiam . E il rac­

Prefazione conto di un mondo eterodiretto d al progresso scientifico, e a l tempo stesso comico p er le sue ridicole pretese di cancellare d al nostro oriz­ zonte di senso il concetto di “natura u m an a”, p er il suo “idiotism o specialistico”. D iffidiam o sempre da coloro che parlan o di post-ideo­ logie vestendo gli argomenti del progresso, i profeti laici di un nuovo culto: «O gn i passo avan ti - dice C ioran - , ogni fo rm a di dinam ism o comporta qualcosa di satanico: il “progresso” è l’equivalente moderno della C aduta, la versione profana della dannazione».

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P R IM A PA R TE

I. Tentativi di Genesi laica

Proveniente da una famiglia di M ontpellier di sentimenti cat­ tolici e monarchici, A uguste C om te ha una vita di insuccessi in­ versamente proporzionale ai riconoscim enti che gli vengono da m orto. Privo di titoli accademici, torm entato sp o so dell’ex-prostituta Caroline M assin - tanto afflitto da essere ripescato nella Senna dopo aver tentato il suicidio - , depresso cronico, C om te si è innam orato di Clothilde de Vaux, destinata a morire di lì a qualche mese. A lui, tuttavia, appartiene la più grande cataloga­ zione delle scienze mai esistita, contenuta nelle 72 lezioni tenute nella sua abitazione, nonché il Corso di F ilosofia p o sitiv a apparso nel 1830 in sei volumi. Tra i meriti di C om te, inoltre, va quello di aver anticipato il concetto di “paradigm a” , definito successiva­ mente dal filosofo Thom as Kuhn come «un’intera com binazione di circostanze costituita da condizioni, valori, tecniche, etc. con­ divisi dai m em bri di una determ inata com unità». C om te, al pari di Kuhn, ha suddiviso in “ fasi” le epoche storiche: quella teolo ­ gica, quella m etafisica e quella positiva. Se la prima rappresenta l’ “infanzia del m ondo” (la spiegazione dei fenom eni è attribuita a entità soprannaturali) e la seconda l’“ adolescenza” (a spiegare il m ondo sono i concetti astratti della filosofia), l’ultima fase, o «lo stato virile della nostra intelligenza», è il m om ento in cui tutte le discipline (etica, politica, filosofia) vengono ricondotte ad una spiegazione di tipo scientifico.

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L’ultimo uomo Le rivoluzioni del Seicento e del Settecento segnano il passag­ gio dalla fase teologica a quella metafisica, e forniscono gli stru­ menti epistemologici per l’avvio della fase scientifica. Ecco dunque sorgere la domanda: che cosa com porta un cambiamento di tale portata nella storia del pensiero e nell’evoluzione della comunità europea e poi Occidentale? L’Illuminismo e la sua ’W eltanschauung spodestano il dogm atism o religioso, oppure fondano, per pren­ dere in prestito un termine coniato proprio in quel periodo dal filosofo A .L.C . D estutt de Tracy, una nuova “ideologia” ? Quando e come si è manifestata la rivoluzione positiva? Prima fra tutte, per realizzare l’utopia comtiana, si fa chiara la necessità di superare le interpretazioni a carattere religioso o ani­ mistico dei fenomeni naturali e di trovare un’alternativa al mito della Creazione. Durante il Secolo dei Lumi, infatti, viene meno l’interesse per la ricerca teologica e una parte cospicua dell 'intelli­ ghenzia europea si cimenta nell’indagine del m ondo fisico. Si spegne rapidamente l’attrazione verso le teorie sull’origine della vita e del mondo ispirate, fino ad allora, al libro della G enesi, e si cerca invece di proporre una convincente soluzione naturalistica e laica. Dom ande sull’origine della vita, tuttavia, sorgono anche dagli am­ bienti religiosi, grazie all’apporto del sacerdote cattolico John N eedham, che nel Settecento sperimenta l’ipotesi della «generazione spontanea» della vita. N ello stesso periodo, lo studio dei meccanismi biologici porta uno dei grandi nomi dell’Illuminismo francese, il naturalista Georges-Louis Ledere, conte di Buffon, a formulare una propria teo­ ria. A ispirargliela è l’osservazione della rigenerazione degli arti dei gamberi, da cui suppone che l’origine spontanea della vita avviene per via della naturale tendenza delle molecole ad aggregarsi secon­ do determinate forme, esattamente come succede per i cristalli che istintivamente assum ono una configurazione geometrica. Le teorie sulla “ generazione spontanea” del cattolico Needham e dell’illuminista B uffon sono però smentite dai brillanti esperi­

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Tentativi di Genesi laica menti e dai risultati definitivi di Lazzaro Spallanzani, lo scienziato che Voltaire definisce «il più grande naturalista d’Europa». D el la­ voro di Buffon però, rimane intatto il pensiero pre-evoluzionista, secondo cui ogni specie vivente si distingue per piccole sfumature genetiche che nel corso del tem po subiscono lievi cambiamenti. N egli stessi anni, in Inghilterra, un altro studioso di grande ri­ lievo, Erasmus Darwin (nonno di Charles) ipotizza che gli esseri viventi derivino da un unico antenato comune. In Z oonom ia, scrit­ to nel 1794, al capitolo xxxrv troviamo un celebre passaggio: sarebbe troppo azzardato immaginare, che nel grande periodo di tempo, da quando la terra cominciò ad esistere, forse milioni di secoli prima dell’inizio della storia del genere umano, sarebbe troppo az­ zardato immaginare, che tutti gli animali a sangue caldo siano sorti da un filamento di vita...

Gli studi e le teorie di Erasm us Darwin hanno una profonda influenza su quelli del più celebre nipote. Inoltre, è interessante notare come nella sua opera i fermenti prerivoluzionari francesi si intreccino con il pensiero naturalistico inglese. N ella seconda metà del Settecento, Erasm us Darwin fonda la Lunar Society, un circolo che si riunisce una volta al mese, in corrispondenza con il plenilunio, così che i suoi membri possano rincasare con minori disagi e pericoli nelle strade prive di illuminazione artificiale. Della Lunar Society fa parte il matematico William Small, scozzese, pro­ fessore alla cattedra di Filosofia naturale nell’allora colonia della Virginia. In quell’occasione ha come allievo entusiasta un giovane di nome Thom as Jefferson, il futuro terzo presidente degli Stati U niti d’America, impressionato dai suoi insegnamenti. Tornato in Gran Bretagna, Small è introdotto nella Lunar So­ ciety da Benjamin Franklyn1 che soggiorna nelle Midlands nel 1758 1/ Cfr. Oxford Dictìonary of National Biography: < http://www.oxforddnb.com/

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L’ultimo uomo e nel 1765. Franklyn è a sua volta un personaggio dai numerosi in­ teressi: nel 1776 è tra i firmatari della D ichiarazione d ’Indipenden­ za degli Stati U niti d ’A m erica, e solo pochi anni dopo, nel 1779, in Francia, diviene Presidente della Loggia delle N ove Sorelle, nella quale ha m odo di conoscere un ormai anziano Voltaire. Mentre nel Regno U nito, con la figura di Erasm us Darwin e il circolo della Lunar Society, si struttura una visione alternativa dell’origine della vita e delle specie, in quegli stessi anni in Fran­ cia inizia a svolgere i suoi studi naturalistici Jean-Baptiste Pierre Antoine de M onet, cavaliere di Lamarck. D opo che nel 1778 una sua opera gli ha guadagnato l’attenzione e il sostegno di Buffon, si dedica a diffondere le sue teorie sulla chimica ma, nonostante il grande lavoro svolto, non riesce a ottenere il consenso sperato presso i colleghi. Il motivo di tale difficoltà risiede nell’anticonfor­ mismo di talune posizioni, sicché deve attendere il 1794, in pieno periodo rivoluzionario, per pubblicare le sue Ricerche sui principali fa tti della fisica.

N ella Francia rivoluzionaria si affermano infatti tendenze più vicine alla sua visione del mondo, mentre godono di poca fortuna le scienze fisiche e matematiche di derivazione newtoniana, rite­ nute “aristocratiche” o comunque non utili alla causa progressista. L’attenzione dei giacobini si rivolge alle scienze storico-naturali conform i a una «visione morale della natura»2. Per tutta la vita Lamarck cerca di ribadire le proprie teorie, in contrapposizione a quelle del più celebre Lavoisier3. Le teorie di Lamarck si ispirano alla vecchia tradizione alchemica, che ad un’im postazione di tipo quantitativo, come avviene nella fisica, preferiscono un’indagine qualitativa dei corpi. In base a tali prepublic/themes/59/59220.html > . 2/ L udovico G eymonat, Storia della filosofia e delpensiero scientifico, voi. i y Garzanti, Milano 1972, p. 100. 3/ Lavoisier in quanto esponente della scienza “aristocratica” fu considerato un nemico della Rivoluzione e ghigliottinato nel 1794.

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Tentativi di Genesi laica supposti, la natura e l’uom o sono uniti da una comune tendenza al progresso, strizzando di fatto l’occhio alle istanze del movimento giacobino4, nell’associare la causa rivoluzionaria alle necessità della storia e dei meccanismi naturali. N ella chimica lamarckiana tutto è soggetto a un continuo cam­ biamento per via dell’azione di un fuoco etereo che sottilmente penetra i corpi fissandosi in vario modo ai tre elementi tipici della tradizione alchemica: acqua, aria e terra. La legge che governa il mondo naturale è perciò quella del progresso, e nell’evoluzione degli esseri viventi l’uom o rappresenta il vertice, benché m om en­ taneo: Egli stesso (l’uomo) è il risultato finale ed il vertice attuale di questo sviluppo il cui ultimo limite, se ve ne sarà, non può mai essere cono­ sciuto.

N el percorso da una fase religiosa a una filosofica, la sostituzio­ ne della Genesi biblica si realizza con una teoria materialistica. Su questo punto Lamarck sostiene l’idea della “generazione sponta­ nea” , sapendo di porsi in contrapposizione con quanto dim ostrato pochi anni prima da Spallanzani, che su tale argomento ha confu­ tato proprio la tesi di Buffon. Ricorrendo alle proprie concezioni alchemiche, Lamarck cerca di superare le prove contrarie m ostrate dagli esperimenti del na­ turalista italiano, ipotizzando che la generazione spontanea possa avere luogo soltanto in circostanze speciali - che non sono, evi­ dentemente, quelle degli esperimenti di Spallanzani - per azione di un “fuoco etereo” : principio vivificante, responsabile delle varie funzioni vitali, capace di svolgere una funzione anche dopo l’ori­ gine della vita. La teoria dell’evoluzione di Lamarck è pubblicata nel 1809 nel 4/ L udovico G eymonat, op. cit., p. 102.

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L’ultimo uomo libro Philosophie zoologique, dove emerge che lo sviluppo dei vi­ venti si deve a due principi: 1. l’esistenza di una innata tendenza al progresso, o di pro­ gressiva complicazione, in tutti gli esseri viventi; 2. l’azione dell’ambiente che, con le sue mutevoli condizioni, è in grado di influire sullo sviluppo dei caratteri trasmessi alla discendenza. È importante sottolineare che la tendenza innata al progres­ so non implica l’esistenza di alcun finalismo, ma è considerata solo come la conseguenza di un meccanismo cieco. Inoltre, anche quando in Lamarck si parla di D io, ci si riferisce a una concezio­ ne stoica e neoplatonica della divinità, fortemente presente tra gli alchimisti del Settecento, in netta opposizione alla concezione cri­ stiana della creazione. La biologia di Lamarck è lontana, dunque, sia dalla concezione cristiana che dall’analisi fisico-matematica di tipo newtonianio. L’obiezione scientificamente più significativa a questa teoria è rivolta da Georges Cuvier, paleontologo e collega di Lamarck, abile nel notare come nei reperti fossili non ci sia traccia di quei cambiamenti graduali. G li anni successivi alla pubblicazione dell’opera di Lamarck sono caratterizzati da grandi sconvolgimenti politici che rendono le condizioni culturali nuovamente sfavorevoli alla divulgazione della sua teoria. C on il 1815, il C ongresso di Vienna e la Restaura­ zione, il clima politico gli diviene particolarmente ostile. Per una sfortunata contingenza storica le idee di Lamarck, adatte a una vi­ sione del mondo giacobina, perdono di nuovo interesse. Al riguar­ do Geymonat afferma: L’idea di un continuo perfezionamento della natura culminante nell’uomo, se poteva rispondere alle esigenze di una cultura giaco-

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Tentativi di Genesi laica bina e rivoluzionaria, doveva risultare ben presto nel clima politico della restaurazione, niente più che un assunto speculativo del pensie­ ro illuministicoT

5/ L udovico G eymonat, op. cit., p. 108.

IL Darwin: l’economia diventa legge di natura

La Restaurazione segna la sconfitta del giacobinism o e degli ideali rivoluzionari, nonché l’inadeguatezza della visione di un m ondo basato sul progresso di tutti i com ponenti secondo un principio di egualitarismo. Tuttavia resta valida la necessità di rappresentare una genesi laica in grado di favorire il passaggio secondo la definizione di C om te - dalla fase m etafisica a quella positiva. La risposta a questa necessità continua a mancare a lungo, fino a quando, cinquant’anni dopo la pubblicazione dell’opera di Lamarck, nella scena scientifica e socio-politica dell’O ttocento fa irruzione la teoria di Darwin. La prima edizione de Eorigine delle specie, nel 1859, è esaurita in poche ore. N e seguono altre dove si affronta con maggiore chiarezza la questione dell’origine e la m u­ tazione dei caratteri biologici. Al riguardo, è importante sottoline­ are come, a differenza di quanto scritto su molti manuali scolastici, la soluzione adottata da Darwin coincide per molti aspetti con la teoria di Lamarck. L’origine dei nuovi caratteri è infatti individuata da Darwin nel­ la stessa legge dell’uso e del disuso, e nella legge della trasmissione dei caratteri acquisiti, proposte m ezzo secolo prima dal naturalista francese. La vera, grande differenza tra le due teorie risiede nella tendenza innata al progresso, che in Darwin diventa il “meccani­ smo della selezione naturale” .

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L’ultimo uomo Che le due teorie differiscano solo su questo punto è testim o­ niato in m odo autorevolissim o dalle parole di Julian Huxley, ni­ pote di quel Thom as H uxley contemporaneo di Darwin, del quale difende con grande ardore le idee sino a meritare il soprannome di “mastino di Darwin” . Anche Julian H uxley è un grande biologo evoluzionista di fama internazionale nonché sostenitore della teoria darwiniana. Il suo nome è legato a un libro pubblicato nel 1942 con il titolo Evolution. A m odem synthesis, al centro della rinascita del darwinismo dopo un periodo di crisi durato per buona parte della prima metà del N ovecento. Julian H uxley è un personaggio di prim issim o pia­ no nella cultura e nella politica del suo tempo. N el 1946 viene no­ minato primo presidente della neonata UNESCO di cui scrive le linee prò grammatiche. Riguardo alle teorie di Lamarck e di Darwin, nel 1932 Julian H uxley conferma la loro somiglianza: E gli [D arw in , N d A / non contraddisse l'ipotesi lam arckiana, m a aggiunse un nuovo fattore nel processo, un fattore che de­ rivò da M althus .6

Il «fattore che derivò da M althus»7 non è altro che la selezione naturale. C osì come in Lamarck la tendenza innata al progresso deriva dalla proiezione degli ideali rivoluzionari di uguaglianza, ora in Darwin la selezione naturale è la proiezione del sistem a socio-e­ conom ico dell’Inghilterra vittoriana, capitalista e imperialista. N ell’Inghilterra dell’O ttocento la selezione del più adatto è già una legge di mercato ascritta, e giustifica le disuguaglianze sociali e il dominio coloniale sulle civiltà “meno evolute” . Q uesto mecca6/ H erbert G eorge Wells, J ulian H uxley, G eorge P hilip Wells, The Science of

Life, The Wawerley Book Company LTD, Londra, 1931, voi. I, p. 277. 7/ Thomas Robert Malthus fu un economista inglese vissuto tra la fine del Settecento e la prima parte dell’Ottocento.

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Darwin: l ’economia diventa legge di natura nismo appare ora molto più di un modello accettato nella società inglese: diventa una legge di natura non contestabile e non m o ­ dificabile, quotidianamente confermata dall’economia di mercato. Il valore rivoluzionario della teoria di Darwin nell’epopea stori­ ca tracciata da Com te, ovvero nel superamento della fase religiosa, è m esso in evidenza negli scritti di Thom as Huxley. Dalle sue pa­ role emerge tutta la gioia di poter finalmente opporre una valida argomentazione alla teoria creazionista: .L’Origine ci ha fornito l ’ipotesi funzionante che stavam o cer­ cando. Soprattutto ci ha reso l ’immenso servìgio di liberarci p er sempre d al dilem m a di rifiutare o accettare l ’ipotesi della creazione, cosa c’era da proporre che fosse accettabile da qua­ lunque persona ragionevole? N e l 1857 io non avevo alcuna risposta pronta e non pensavo che ce l ’avesse qualcun altro. Un anno p iù tardi ci rim proveravam o p er l ’ottusità di essere ri­ m asti perplessi su questa dom anda. L a m ia riflessione, quando m i im padronii dell’idea centrale dell’ Origine fu : “Che stupido sono stato a non averci pen sato!”*

Siajulian sia Thomas Huxley confermano dunque due aspetti cir­ ca la teoria di Darwin: è la stessa di Lamarck, con l’aggiunta della sele­ zione naturale, e inoltre assolve il compito di superare la fase religiosa. Ma la genialità della teoria di Darwin si spinge ben oltre l’ab­ bandono della fase religiosa: fa della società inglese un modello re­ golato dalle leggi di natura e quindi scientificamente “inevitabile” . Poche righe dopo il passo sopra riportato leggiamo: I l fatto della variabilità, della lotta p er l’esistenza, dell’a d a t­ tamento alle condizioni, erano sufficientemente noti; m a nes­

si A ldous L éonard H uxley, T homas H enry, Life and Letters of Thomas Henry Huxley, Cambridge University Press, Cambridge, 1903, p. 246.

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L'ultimo uomo suno dì noi aveva sospettato che la strada per il cuore del p ro­ blema delle specie risiedesse in esse, fin o a quando D arw in e Wallace scacciarono le tenebre e il fuoco luminoso dell’O rigine guidò gli ignoranti.

Darwin e Wallace fanno della lotta per la sopravvivenza il perno della teoria dell’evoluzione per selezione naturale. Vi giungono in­ dipendentemente l’uno dall’altro9, anche se l’ispirazione gli deriva, per loro stessa ammissione, dal Saggio sul principio di popolazione (1798) di Malthus. La teoria di M althus suppone che l’incremento della popolazio­ ne procede in m odo più rapido di quello delle risorse disponibili sulla terra, e che quindi una parte degli individui, quella meno adat­ ta, deve necessariamente soccombere. Sinteticamente possiam o ri­ assumerla in tre punti: 1. 2. 3.

la popolazione è necessariamente limitata dai m ezzi di sus­ sistenza; a meno che non sia limitata da freni efficaci, la popolazione aumenta oltre il limite consentito dai mezzi di sussistenza; questi freni e quelli che reprim ono la maggior capacità di sviluppo della popolazione e ne mantengono gli effetti en­ tro i limiti dei mezzi di sussistenza, si riducono tutti al con­ trollo morale, al vizio e alla miseria.

La teoria di M althus incorpora in sé una serie di teorie prece­ denti: 1.

il principio del bellum omnium contra omnes di Thomas H ob­ bes;

9/ La contemporaneità della formulazione della teoria ha indotto alcuni studiosi a sollevare il sospetto che Darwin abbia attinto l’idea della teoria dalle lettere che Wallace gli inviava rendendolo partecipe del proprio lavoro.

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Darwin: l ’economia diventa legge di natura 2.

3. 4.

la “mano invisibile” di Adam Smith, secondo cui la ricerca del vantaggio dei singoli sta alla base di una auto-regolamentazione della società; la teoria del salario di David Ricardo; l’idea cardinale del colonialismo, che vede un naturale scon­ tro tra popolazioni meno evolute e più evolute.

Com e se ne può dedurre, il malthusianesimo contiene in sé tut­ ti gli elementi fondamentali della società capitalista e imperialista dell’Inghilterra vittoriana. U na teoria come quella darwiniana - garanzia “ scientifica” per un modello sociale collegato al naturale funzionamento del mec­ canismo evolutivo e al miglioramento della specie - fa di una tale organizzazione dei rapporti collettivi un prototipo ideale per tutte le altre società. Il modello socio-econom ico inglese diventa un ri­ ferimento “naturalistico” per le altre popolazioni o etnie - si tratti dei paesi dell’Africa nera o degli irlandesi - poste a un gradino in­ feriore nella scala dell’evoluzione. L’Inghilterra può ora adempiere, con l’avallo della scienza, alla sua missione di riferimento per la “civilizzazione” del mondo intero.

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III. Darwin tra capitalismo e comuniSmo

La teoria dell’evoluzione di Darwin ritrae fedelmente la società capitalista e coloniale inglese. Tale caratteristica suscita apprezza­ mento presso i circoli e i salotti dell’alta borghesia. E lecito perciò aspettarsi una critica, se non una stroncatura totale, dalla parte op­ posta, cioè da chi, in nome dell’uguaglianza e di un ribaltamento dei rapporti di forza, auspica la rivoluzione della classe operaia. N egli stessi anni in cui Darwin lavora all’Origine, Karl Marx e Friedrich Engels scrivono il Manifesto del ’48, ma anziché osteggiare la pro­ iezione naturalista dell’economia di mercato, le prime reazioni sono unanimemente entusiastiche. Friedrich Engels acquista, non appe­ na pubblicata, una copia dell’Origine delle specie - circostanza che testimonia la grande aspettativa che si è creata intorno al libro - e accoglie con favore la teoria del naturalista britannico. N o n passano venti giorni da quando il lavoro di Darwin vede la luce che il 24 no­ vembre 1859 Engels scrive a Marx: ...il Darwin che sto appunto leggendo, è proprio stupendo. Per un certo aspetto la teleologia non era ancora stata sgominata, e lo si èfatto ora. E poi non è stato ancora mai fatto un tentativo così grandioso per dimo­ strare uno sviluppo storico della natura, o almeno non cosìfelicemente. Naturalmente bisogna passare sopra il goffo metodo inglese.10 10/ F erdinando V idoni, Natura e storia. Marx ed Engels interpreti del darwinismo,

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L’ultimo uomo La prima osservazione positiva che Engels sottopone a Marx riguarda il superamento della teleologia, o l’idea di un finalismo nella natura. Solo in un secondo m om ento accenna al materialismo storico, che si manifesta in Darwin nella form a di uno «sviluppo storico della natura». Soltanto l’anno successivo M arx legge il libro e risponde a En­ gels sull’argomento in questione: H o letto [...] il libro di Darwin sulla naturai selection. Per quan­ to svolto grossolanamente all’inglese, ecco qui il libro che contiene i fondamenti storico-naturali del nostro modo di vedere (19 dicembre

1860).11 Per quanto stringata e tardiva, la risposta di M arx conferma la vicinanza con gli studi di Darwin. Il distacco con cui l’argo­ m ento è trattato si può ricondurre alla scarsa considerazione per il m etodo utilizzato dal naturalista a sostegno della sua tesi: un induttivism o assistito, oltretutto, da poche prove. Permanendo il giudizio negativo sul m etodo adottato dallo scienziato inglese, M arx torna con toni più vivaci sull’argom ento poche settimane dopo, in una lettera all’attivista socialista Ferdinand Lasalle data­ ta 16 gennaio 1861: Molto notevole è l’opera di Darwin, che mi fa piacere come supporto delle scienze naturali alla lotta di classe nella storia. Naturalmente bisogna accettare quella maniera rozzamente inglese di sviluppare le cose. Ma, nonostante tutti i difetti, qui non solo si dà per la prima volta il colpo mortale alla ’teleologia’ nelle scienze naturali, ma se ne spiega il senso razionale in modo empirico.

Edizioni Dedalo, Bari, 1985, p. 30. 11/ Ibidem.

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Darwin tra capitalismo e comuniSmo Emerge chiaramente qui il nesso tra la teoria darwiniana e il materialismo storico marxiano, a cui fa da supporto. Ma si so t­ tolinea ugualmente, nelle ultime battute, la sua importanza come argomento contro la teleologia in natura, contro una visione fina­ listica, che possiam o definire, comtianamente, un retaggio della “fase teologica” . Se, come è ovvio, l’affrancamento delle scienze naturali dalla di­ mensione teleologica è un’esigenza corretta dal punto di vista della filosofia della scienza, non è in ogni caso la scienza il campo che in­ teressa Marx. L’attenzione che dedica alla teleologia va interpretata alla luce del vero nucleo concettuale marxiano: la dialettica storica. Mentre si nega una teleologia esterna (l’intervento di una divi­ nità creatrice), viene invece sostenuta una teleologia intrinseca alla natura, una spinta verso un ordine e un’armonia superiori che non si richiami però a un intelletto ordinatore, ma alla sopravvivenza del più adatto, a una necessità intrinseca della natura. Il superamento della fase teologica e il materialismo storico, o meglio il determinismo, sono due punti della teoria darwiniana che trovano d’accordo M arx ed Engels. Ma come spiegarsi il fatto che gli ideatori del comuniSmo accettino a giustificazione delle loro tesi un pensiero che recepisce buona parte della teoria economica di Malthus? Marx sostiene che Darwin, pure involontariamente, confuta la teoria di Malthus. L’economista inglese stima che la riproduzione umana e quella delle altre specie avvenga con modalità e impatti differenti. Infatti, mentre la popolazione di animali e piante aumenta in m odo arit­ metico, il problem a della specie umana è il suo incremento espo­ nenziale. M arx osserva che Darwin contraddice questo assunto già nell’introduzione all’ O rigine delle specie, dove afferma: N el prossimo capitolo tratteremo della lotta per l’esistenza fra gli es­ seri organici del mondo intero, quale scaturisce inevitabilmente dal

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L’ultimo uomo loro potere di accrescimento altamente geometrico. Questa è la dot­ trina di Malthus applicata all’intero regno animale e vegetale.

In pratica, estendendo la dinamica della progressione geome­ trica delle popolazioni all’intero m ondo naturale, dove le specie più adatte sostituiscono le meno adatte, destinate all’estinzione, la teoria di Darwin ha fornito un sostegno alla lotta di classe. In una lettera a Engels del 18 giugno 1862, dopo aver riletto il libro di Darwin, M arx si dice addirittura “divertito” da quell’involontaria confutazione: Darwin [...] dice di applicare la 'teoria di Malthus’ anche alle piante e agli animali, come se il succo del signor Malthus non consistesse proprio nel fatto che essa non viene applicata alle piante e agli anima­ li, ma invece - con geometrica progressione - soltanto agli uomini, in contrasto con le piante e gli animali,lz

La teoria di Darwin estende la progressione geometrica alle piante e agli animali, e smentisce di fatto l’ipotesi malthusiana secondo cui la povertà nasca dall’impossibilità di adeguare le risorse alimenta­ ri alla crescita della popolazione. Malthus sa che una crescita pro­ gressiva delle piante e degli animali giunge ugualmente al limite in caso di esaurimento dei territori disponibili, ma quel che interessa ai fini del rapporto tra filosofia marxiana e teoria darwiniana è che per M arx quel dato costituisce una confutazione del malthusianesimo. Se la proiezione della società capitalistica e colonialista dell’In­ ghilterra vittoriana sullo sfondo naturalistico è per H uxley e i so­ stenitori del modello socio-economico inglese l’aspetto più inte­ ressante della teoria darwiniana, per lo stesso motivo dunque, pa­ radossalmente, la teoria è considerata condivisibile anche dai loro oppositori, fautori della rivoluzione del proletariato. Il proletariato, 12/ Ivi, p. 40.

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Darwin tra capitalismo e comuniSmo acquista una “coscienza di classe” e si rivela la frangia più adatta per ribaltare il nesso di forza capitalistico. Sempre nel 1862 Marx sottolinea a Engels quanto la teoria di Darwin costituisce una proiezione della società inglese: È notevole il fatto che, nelle bestie e nelle piante, Darwin riconosce la sua società inglese, con la sua divisione del lavoro, la concorrenza, l’apertura di nuovi mercati, le ’invenzioni’ e la malthusiana 'lotta per l’esistenza’. È il bellum omium contra omnes di Hobbes, e fa ricordare Hegel nella Fenomenologia, dove raffigura la società borghese quale ‘regno animale ideale’ [o meglio: regno animale dello spirito], mentre in Darwin il regno animale è raffigurato quale società borghese,13

Ed Engels accoglie pienamente quel punto di vista: Tutta la teoria darwinista della lotta per la vita è semplicemente la trasposizione, dalla società nella natura inanimata, della dottrina di Hobbes del bellum omnium contra omnes e della dottrina economico borghese della concorrenza, unite alla teoria demografica di Malthus.

Infine la lettera si chiude delegittimando il passaggio inverso per cui: si traspongono queste stesse teorie dalla natura organica nella storia e si pretende con ciò di aver dimostrato la loro validità come leggi eterne della società umana .14

N el suo D ialettica della natura, del 1883, Engels mostra con chia­ rezza la validità della teoria di Darwin proprio in quanto specchio della società inglese: 13/ Ivi, p. 42. 14/ Ivi, p. 72.

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L’ultimo uomo Darwin non sapeva quale amara satira scrivesse sugli uomini, ed in par­ ticolare sui suoi compatrioti, quando dimostrava che la libera concor­ renza, la lotta per l’esistenza, che gli economisti esaltano come il più alto prodotto storico, sono lo stato normale del regno animale. Solo un’orga­ nizzazione cosciente della produzione [nemmeno dunque lo stato hege­ liano] nella quale si produce e si ripartisce secondo un piano, può sol­ levare gli uomini al di sopra del restante mondo animale sotto l’aspetto sociale di tanto, quanto la produzione in generale lo ha fatto per l’uomo come specie}5

La svolta segnata dalla teoria di Darwin oltrepassa la “fase filosofi­ ca” di Comte, destituendo il principio finalistico in natura ed elevando il modello socio-economico liberale inglese a condizione immanente. La teoria darwiniana costituisce la pietra angolare di una rivolu­ zione antropologica in cui si equiparano uomo e animale, e in cui il primo rappresenta una forma più complessa del secondo. C on grande puntualità e acutezza di analisi è lo stesso Mane a rendersene conto, come testimonia una lettera inviata il 15 febbraio 1869 alla figlia Laura e al genero Paul Lafargue, nella quale cita la prefazione della tradu­ zione francese dell’Origine delle specie, scritta dalla filosofa e attivista francese Clemence Royer: ...quando ebbi letto la sua prefazione a Darwin dissi immediatamente che doveva essere una borghese. Darwin fu portato a scoprire la lotta per l’esistenza come legge predominante della vita ’animale’ e 'vegetale’, proprio dalla lotta per l’esistenza nella società inglese, dalla guerra di tut­ ti contro tutti, bellum omnium contra omnes. Il darwinismo considera invece questo fatto come un motivo decisivo per la società umana a non emanciparsi mai dalla sua natura animale.16

15/ Ivi, p. 42. 16/ Ivi, p. 67.

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Darwin tra capitalismo e comuniSmo Il punto di partenza nell’analisi della società inglese è para­ dossalm ente condiviso sia dai sostenitori del capitalism o liberale che dai comunisti. C iò che nelle due visioni cambia è l’obiettivo. M entre per i primi la società dell’epoca non deve subire m odifi­ cazioni, in quanto rispecchia le leggi di natura, per i secondi pro­ prio il cambiam ento delle condizioni ambientali, quindi dei modi di produzione, è la chiave della dissoluzione della classe borghese in virtù di una rivoluzione proletaria.

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IV La Fabian Society, il lato nascosto della Storia

La situazione a fine O ttocento vede un’Inghilterra divisa tra la componente operaia, agitata dalle idee di Karl Marx, e un ceto borghese e capitalista che approva il darwinismo sociale. Q uest’ul­ timo, in verità, nasce prima della teoria dell’evoluzione darwiniana. Si tratta infatti di una visione legata al nome di H erbert Spencer, personaggio poliedrico che all’interesse per la biologia coniuga quello per l’economia. Ricopre l’incarico di vicedirettore dell’«Econom ist» e nel 1852 pubblica un saggio sull’evoluzione intitola­ to L’ipotesi dello sviluppo. L’interesse per entrambe le discipline lo spinge a favorirne un’integrazione e così, nel 1857, in un articolo pubblicato sulla «West Review», afferma radicalmente che il con­ cetto di “evoluzione” può spiegare tutte le scienze. In questa sorta di inversione cronologica, per cui il darwinismo sociale subentra prima di Darwin stesso, si ha la conferma del pri­ mato della teoria socio-econom ica su quella naturalistica. Se un ex vicedirettore dell’«Econom ist» spiega il funzionamen­ to di tutte le scienze attraverso il processo evolutivo, si può com ­ prendere l’entusiasm o successivo alla comparsa dell 'O rigine delle specie da parte della società inglese che si riconosce nello spencerismo. Prima ancora di H erbert Spencer, tuttavia, troviamo il contri­ buto di Thom as Huxley. Che vi sia un collegamento tra i due è provato dal fatto che Spencer fa parte dell’esclusivo “X-club” , un

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L’ultimo uomo circolo fondato da H uxley e da Joseph D . H ooker nel 1864. Il club è com posto da soli nove elementi e i soci si incontrano ogni mese per lavorare alla diffusione della teoria della selezione naturale e del liberalismo economico. L’“X-club” ha forti influenze sulla Royal Society. È significativo che H uxley occupi la presidenza dal 1883 al 1885. H uxley e H o ­ oker fondano nel 1869 anche l’autorevole, e tuttora importante, rivista «N ature», iniziativa che rientra nella strategia di conquista del consenso attraverso la stampa, già elaborata nei primi tempi della Royal Society. Il darwinismo sociale è dunque una risposta alle teorie socio­ logiche della Rivoluzione francese, ed emerge prepotentemente in quell’Inghilterra dove nel 1848 Karl Marx e Friedrich Engels pubblicano II M anifesto del Partito Com unista. Il socialism o rivo­ luzionario rischia infatti di portare il conflitto di classe nel cuore del capitalismo anglosassone. M arx ed Engels sono stati chiari sulle conseguenze della loro ideologia. I l M anifesto del Partito C om unista si conclude così: I comunisti [ ...] dichiarano apertamente che i loro scopi non posso­ no essere raggiunti che con l’abbattimento violento di ogni ordina­ mento sociale esistente.

La Francia, per prima, affronta gli stravolgimenti “catastrofici” del­ la rivoluzione. Ed è lo stesso Comte a fornire la soluzione per stabiliz­ zare la fase post-teologica, sostituendo a quella religiosa una visione scientifica, in grado di controllare e gestire l’ideologia rivoluzionaria. Il filosofo francese propone come palliativo un’evoluzione graduale. Significativa al riguardo l’opinione di Ludovico Geymonat. Lo storico della filosofia afferma infatti che il positivismo evoluzionisti­ co, da mera teoria scientifica finisce col avere un ruolo “sedativo” nei confronti dei movimenti rivoluzionari e delle rivendicazioni sociali:

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La Fabian Society, il lato nascosto della storia I l positivismo evoluzionistico finirà poco a poco per diventare una teoria pericolosamente addormentatrice che, sotto la facciata della ‘fede scientifica” in un futuro di immancabile progresso, permetterà a gran parte della società europea di fine Ottocento di cullarsi in un superficiale ottimismo}7

N el 1859, infatti, indipendentemente dalle reali intenzioni del suo autore, l'O rigine delle specie è accolta benevolmente dall’ap­ parato della Royal Society, l’istituzione che nei disegni elabora­ ti nel xvn secolo da Francis Bacon si impegna nel sottoporre la conoscenza alle competenze amministrative dello Stato, secondo l’idea - già sostenuta da H obbes e condivisa presso molte corti del Seicento - di una scienza funzionale al potere governativo18. L’Inghilterra di fine O ttocento, in bilico tra marxismo e libera­ lismo, vive una condizione politica di calma apparente. In un ar­ ticolo apparso nel 1882 sullo «Spectator» (il quotidiano fondato nel 1828 e vicino alla linea editoriale del Partito Conservatore) si legge: L’Inghilterra intera non è mai stata più tranquilla e felice... Nessuna classe è in guerra con la società o il governo: non vi è disaffezione, il Tesoro è alquanto pieno, gli accumuli di capitale sono vasti.19

L’articolo, riportato in un libro dello scrittore socialista Edward Pease, descrive un’Inghilterra libera dai problemi sociali, ma che nel 1864 vede nascere, a Londra, la Prima Internazionale Socialista, nella quale Karl M arx ha immediatamente assunto una posizione dominante. La Prima Internazionale viene sciolta nel 1876 a Parigi. N el 1889 segue la Seconda. Il tentativo di tenere l’Inghilterra fuori 17/ L. G eymonat, op. cit., voi. VI, pp. 116 - 117. 18/ Steven Shapin , L a rivoluzione scientifica, Einaudi, Torino, 2003, p. 136. 19/ E dward R eynolds P ease, History o f Fabian Society: The Origins of English Socialista (1916), Red and Black Publishers, St Petersburg (Florida), 2010, p. 5.

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L’ultimo uomo dai pericoli rivoluzionari ha dato i suoi risultati, tuttavia le teorie di Spencer, come riferisce ancora Pease, non bastano più: Nel settembre dello stesso anno troviamo una nuvola all’orizzonte, il preludio a una tempesta in arrivo. Il Congresso delle Trade Union si è appena tenuto e i leader delle classi operaie, con apparentemente poche discussioni, hanno approvato una risoluzione in cui si chiede al Governo di istituire una commissione con lo scopo di allentare la severa amministrazione della Legge sui Poveri.20

La stabilità sociale, mantenuta fino al 1882, inizia a subire la pres­ sione della povertà e degli squilibri sociali. All’ottimismo delle classi borghesi, espresso nell’articolo dello «Spectator», si contrappone la difficile situazione degli operai. Segni tangibili lasciano intuire che l’e­ quilibrio è destinato a rompersi. I sindacati decidono di mobilitarsi e di chiedere al governo di rivedere la legislazione sui poveri ispirata ai criteri malthusiani e indifferenti a ogni forma di assistenzialismo. La citazione di Edward R. Pease riportata sopra è estratta dalla pri­ ma pagina della storia della Fabian Society, di cui fanno parte, tra gli altri, lo scrittore Herbert George Wells (studente e discepolo di Tho­ mas Huxley) e il commediografo George Bernard Shaw. La testimonianza che segue fornisce una sintesi efficace della so­ cietà inglese negli anni Ottanta dell’Ottocento: Un altro fattore nei pensieri di quei giorni attirò un p o ’ dell’atten­ zione della stampa... sulla ’crescente sorpresa’ che destava di quella strana fede chiamata ’Positivismo’. È difficile per l’attuale generazio­ ne [l’autore scrive nel 1916, NdA/ rendersi conto di quanto largo spazio nelle menti dei giovani degli anni ottanta era occupato dalla religione inventata da Auguste Comte.n

20/ Ivi, p. 6. 21/ Ivi, p. 6.

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La Fabian Society, il lato nascosto della storia Secondo l’analisi di Pease, dunque, il conflitto di classe, sedato dal positivismo evoluzionistico, trova uno sbocco fertile nella “religio­ ne positivista” di Comte. Intanto l’episodio della Comune di Parigi del 1871 ripropone lo spettro della rivoluzione e i suoi esiti brutali, e Pease comprende quanto il lavoro di Darwin influisca sui successivi sviluppi della società e della storia del pensiero: Ma forse la cosa piu importante della letteratura periodica dell’epoca sta in quello che viene omesso. L’aprile del 1882 è memorabile per la morte di Charles Darwin, incomparabilmente il più grande degli uomini inglesi del diciannovesimo secolo, se la grandezza è misurata dagli effetti del suo. lavoro sul pensiero del mondo.

Pease individua uno stretto legame tra la politica sociale e la teoria dell’evoluzione. Se ne ha conferma nelle pagine successive: Oggi non è facile ricordare quanto fosse vasto l’abisso intellettuale che separava la giovane generazione del periodo dai loro genitori. L’Origine delle Specie pubblicata nel 1859, inaugurò una rivolu­ zione intellettuale come il mondo non aveva conosciuto da quando Lutero affisse le sue Tesi sulla chiesa il giorno di Tutti i Santi a Wittenberg [...]. Herbert Spencer, allora ritenuto il più grande dei pen­ satori inglesi, stava indicando in una portentosa fraseologia l’enorme significato dell’evoluzione. Il professor Huxley, in brillanti saggi, sta­ va mettendo in ridicolo la credulità del sempliciotto Gladstone e dei suoi contemporanei.22

D a questo docum ento si rende chiaro quanto la Fabian Society -fo n d a ta nel 1881 in contrapposizione al socialismo di derivazione marxiana della s d f (.Social D em ocratic Federation ) e dalla quale ha origine il moderno socialismo inglese - assuma come riferimento 22/ Ivi, p. 8.

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L’ultimo uomo lo stesso paradigma darwiniano a cui Spencer è ricorso per scagio­ nare il capitalismo da qualsiasi critica di fondo. Ma come abbiamo visto, le tesi marxiane coincidono con i presupposti darwiniani, e così la Fabian Society propone la soppressione dai suoi programmi dell’ingegneria sociale d’ispirazione malthusiana e spenceriana. I tempi richiedono un intervento decisivo, sia perché il modello darwiniano vive una fase critica, sia perché l’Inghilterra rischia di scivolare verso il disordine: II nostro paese è ancora relativamente libero da ComuniSmo, Nichi­ lismo e simili movimenti distruttivi, ma chi può dire quanto a lungo durerà questo i N oi abbiamo una massa infetta di disperazione uma­ na in tutte le nostre grandi città, che è il naturale focolaio di questi movimenti anarchici: tutti i grandi paesi continentali sono pieni di questo materiale esplosivo.23

La denominazione di “Fabian Society” è proposta da uno dei suoi membri, Frank Podmore, in riferimento alla «vittoriosa po­ litica di Fabio il Tem poreggiatore»24. Si tratta di un movimento, o una sorta di think tank socialista e riformatore, che non si dichiara subito tale e non entra a far parte dell’Internazionale dei lavorato­ ri. Più che l’affermazione del socialismo, l’obiettivo pare quello di dirigerlo verso un “addorm entam ento” . Ecco il motivo del nome della società, ispirato al dittatore romano Q uinto Fabio M assimo, celebre per la lunga attesa a cui sottopone Annibaie pur di evitarne lo scontro in campo aperto, viste le condizioni di inferiorità del proprio esercito. Il fabianesimo adotta una strategia dell’attesa, con la speranza di ritardare l’affermazione del socialismo. N ella scelta di una tale denominazione, tuttavia, possiam o scorgere la celata intenzione 23/ Ivi, p. 7. 24/ Ivi, p. 21.

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La Fabian Society, il lato nascosto della storia di impedirne del tutto l’avvento. C om e osserva un membro della Fabian Society, H .G . Wells: «Fabio non colpì mai duro; e molti hanno domandato quando per i Fabiani sarebbe arrivato il tempo giusto per colpire»25. Il socialismo fabiano, perciò, manca di proposte reali, e non può di fatto attuarsi concretamente, lacerato dalla contraddizione doppiogiochista riguardo all’effettiva realizzazione delle istanze socialiste. In proposito Pease sottolinea quanto accade alla riu­ nione della Fabian Society il 17 aprile 1885. L’ordine del giorno prevede la discussione sulla situazione delle miniere nel sud dello Yorkshire, e tra i partecipanti si presenta un personaggio destinato a divenire illustre nella storia della Fabian Society. Si tratta di Mrs. Annie Besant, nota sostenitrice non solo dell’ateismo ma anche del malthusianesimo. C o sì Edward Pease descrive l’evento: L a riunione, tenuta in Gower Street, fu memorabile perché vi par­ tecipò Mrs. Annie Besant, all’epoca nota come una fautrice dell’A­ teismo e del Malthusianesimo [■ ■ ■ ]■ Mrs. Beasant fu eletta membro poche settimane dopo.lb

Com e può una fautrice del malthusianesimo (che, ricordiamo, afferma come strumento per combattere la povertà l’incremento della mortalità, sia per m ezzo di guerre e carestie sia con l’abolizio­ ne delle leggi sulla carità pubblica e sull’assistenzialism o) diventare un membro di spicco di un nascente movimento socialista? La figura di Annie Besant è particolarmente importante per un altro motivo, utile a comprendere un aspetto sotterraneo del fa­ bianesimo. Solo cinque anni dopo l’episodio riferito da Pease, la Besant entra a far parte della Società Teosofica, un’istituzione fon­ data dalla nobildonna russa H .P Blavatsky e dal colonnello ame25/ Ibidem. 26/ Ivi, p. 32.

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L’ultimo uomo ricano H .S. O lcott, ispirati e sostenuti da due Mahatma orientali, M orya (M.) e K oot-H oom i (K .H .). La Società Teosofica si propone lo studio comparato delle reli­ gioni per giungere alla scoperta della religione originaria dell’uma­ nità. Tra le opere più importanti di H .P Blavatsky spiccano i titoli Iside svelata. Chiave dei misteri antichi e moderni della scienza e della teologia e L a D ottrina Segreta. Sintesi di Scienza, Religione e Filosofia.

E a dir poco contraddittorio, nel pieno del superamento della fase teologica, ritrovare ai vertici di un movimento d’ispirazione ma­ terialista e positivista, delle attenzioni e tendenze verso un ritorno a una presunta religione originaria. L’interesse della Besant per l’esoterismo non è un’eccezione né una stravaganza all’interno della Fabian Society. Anche al riguardo, sono di grande interesse le dichiarazioni di Edward Pease nella cita­ ta Storia della Fabian Society, in cui racconta del suo incontro con Frank Podmore, uno dei fondatori della Società: Divenimmo amici attraverso un comune interesse, prima nello spiri­ tismo poi nelle ricerche psichiche [con “psychical” si intende sul para­ normale, NdRy, e questo avvenne nonostante una vana ricerca di un fantasma a Notting H ill - la casa era disabitata: noi ottenemmo la chiave dall’agente, lasciata la porta aperta e tornati più tardi di notte nella folle speranza che potessimo percepire qualcosa di anormale — dove per la prima volta discusse con me degli insegnamenti di Henry George in Progress andpoverty, e scoprimmo un comune interesse nel progresso sociale e in quello psichico.17

Dunque, dei nove fondatori, due nutrono un dichiarato interes­ se per lo spiritismo e il paranormale, mentre una rappresentante di spicco diviene in seguito presidente della più famosa società esote­ rica dell’epoca. 27/ Ivi, p. 17.

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La Labiati Society, il lato nascosto della storia Il libro di Pease rintraccia nei fabiani sia un’esaltazione del posi­ tivismo comtiano, che rappresenta il superamento della fase teolo­ gica, sia un dichiarato interesse per lo spiritismo e il paranormale. Infatti è vero che il superamento della fase teologica consiste nel superamento delle religioni tradizionali, ma a queste può invece subentrare una religiosità panteistica o esoterica. C iò che importa è che non si tratti di una struttura organizzata, di un soggetto che possa entrare in dialogo con lo Stato, o comunque dotato dell’au­ torevolezza sufficiente a orientare le decisioni politiche. N el movimento fabiano compaiono perciò, in m odo più o meno velato, almeno quattro elementi in antitesi: ateismo e teism o/occul­ tismo; socialismo e competizione/malthusianesimo. Attraverso una lettura dialettica di tipo hegeliano, in cui si pro­ cede per tesi, antitesi e sintesi, potrem o interpretare il fabianesimo come il momento sintetico dello sviluppo storico: 1. 2.

dall’ateismo e dal teismo consegue una form a di panteismo spinoziano o religiosità “N ew A ge”; dal confronto tra internazionalismo socialista e malthusianesimo risulta un internazionalismo (globalismo) basato sul darwinismo sociale.

Il termine “N ew A ge”, che esprime bene la religiosità fabiana, ricorre ampiamente negli stessi anni in cui la moda dello spiritismo si diffonde negli Stati Uniti e in Europa. N egli usa, verso la metà del secolo, grazie all’opera di diffusione delle famose sorelle Fox, il “N ew A ge” e lo spiritismo si propagano velocemente nei salotti e perfino negli ambienti scientifici. N e son o testim on ian za due esem pi clam orosi: quello di William C ro o k e s, che coltiva tale interesse n o n ostan te sia pre­ sidente della R oy al Society dal 1913 al 1915, e quello di A .R . Wallace, coau tore insiem e a D arw in della teoria dell’ ev o lu zio ­ ne.

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L’ultimo uomo L’utopia fabiana, dunque, si impegna nel recupero dello scien­ tism o baconiano in una versione socialisteggiante e internazio­ nalista. Pur rimuovendo qualsiasi vincolo etico alla scienza sulla base di un sistema che si riveli competitivo, non nega interamente la presenza del welfare28. A metà tra liberale e socialista, attraver­ so gli strumenti di regolazione dem ografica dettati dalle teorie di Malthus la Fabian Society vuole abolire il concetto di classe. In aggiunta, non manca tra i suoi membri l’interesse per una religio­ sità naturale che spazi dal generico panteismo fino all’occultismo. Insieme alle inclinazione animiste però, un’altra disciplina sta cat­ turando l’attenzione dell’alta società.

28/ Ivi, p. 25.

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V Eugenetica e razzismo all’inizio del Novecento

N ella visione marxiana la teoria di Charles Darwin rappresenta un punto di partenza appropriato per trasformare finalmente la realtà e liberare l’essere umano dal giogo della “legge di natura” . Scalzando le teorie contrattualiste e il giusnaturalismo, che vedono nel “patto sociale” un artificio per liberarsi dei pericoli dello “stato di natura”, il liberal-capitalismo, come proiezione economica del­ lo Stato di diritto moderno, ha assunto la teoria darwiniana della «lotta per la sopravvivenza» come punto di arrivo, così da appiat­ tire l’organizzazione sociale umana sulle stesse dinamiche che re­ golano il mondo animale. Il darwinismo, perciò, è lontano sia dalla tradizione giusnaturalista che dal marxismo, e dà un buon motivo, secondo Marx, «alla società umana per non emanciparsi mai dalla sua natura animale»29. L’analisi del filosofo di Treviri coglie nel se­ gno, anche se attribuirne a Charles Darwin la responsabilità sem ­ bra fuorviarne: questi non è che un com odo pretesto dietro il quale si parano i veri attori di quella rivoluzione antropologica definita con il nome di darwinismo sociale. Già quasi dieci anni prima della pubblicazione dell’ O rigine delle specie, era stato H erbert Spencer, in Social Statics, ad affermare che la società è regolata da leggi na­ turali che determinano la «sopravvivenza del più adatto». N ella sua visione, i più adatti progrediscono verso una società perfetta e i meno adatti, al contrario, sono destinati alla povertà, all’ignoranza 29/ F erdinando Vidoni, op. cit., p. 67.

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L’ultimo uomo ed infine all’estinzione, come è giusto che sia30. Quello secondo cui «tutte le imperfezioni devono scom parire»31, è uno dei motti più ricorrenti in Spencer. E così quando nel 1859 la teoria di Darwin estende le conclusioni di M althus all’intero mondo animale, la so­ miglianza delle due ipotesi, entrambe basate sul malthusianesimo, inaugura il concetto di “darwinismo sociale” . D a quel momento, il diritto alla sopravvivenza degli esseri umani deboli o malati appare come una “forzatura” dei processi naturali. Alla fine dell’O ttocento, l’ingegneria sociale, la filosofia e la biologia generano, combinandosi, una prospettiva fino ad allora inedita: il progresso e il miglioramento del genere umano non p o s­ sono derivare dalla carità, o dalle guerre, ma dall’applicazione delle leggi dell’evoluzione e della genetica. Ad impersonare questa nuo­ va ideologia, coniando anche il neologism o “ eugenetica” , è Francis Galton, cugino di Charles Darwin. G alton si spinge oltre il concetto malthusiano della limitazione riproduttiva dei meno adatti, per teorizzare l’estensione della fa­ coltà riproduttiva dei più forti. D i conseguenza, pone il problema di determinare scientificamente quali siano le caratteristiche da privilegiare e quali da eliminare. C o sì nel 1884 apre un Laborato­ rio Antropom etrico con il compito di studiare e individuare tali caratteristiche. In quegli stessi anni, influenzato a sua volta dalla teoria di Darwin, Cesare Lom broso conduce i suoi studi di “fisiognom ica” che lo conducono ad associare le tendenze criminali degli individui a determinate caratteristiche somatiche. G alton muore nel 1911 ma lascia in eredità ai posteri una lunga serie di pratiche per ottenere la purezza della razza bianca, o me­ glio ancora nordica: la segregazione, la deportazione, la castrazio-

30/ Cfr. E dwin Black, WarAgainst thè Weak, Thunder’s Mouth Press, New York, 2003, p. 12. 31/ Ibidem.

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Eugenetica e razzismo a ll’ inizio del Novecento

ne, la proibizione dei matrimoni, l’eutanasia passiva e, infine, lo sterminio32 dei meno adatti. “L’America era pronta per l’eugenetica prima che l’eugenetica fosse pronta per l’America” . C on questa frase Edwin Black, autore di un ponderoso studio sull’eugenetica tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, sintetizza con grande efficacia quanto l’eugene­ tica sia già in gestazione nella società americana. Infatti, nel 1865, circa vent’anni prima che G alton introduca il termine “eugenetica”, a Oneida, una contea dello stato di N ew York, in un articolo apparso sul giornale locale si afferma che gli incroci umani sono una delle più importanti questioni dell’epoca in corso. Alla fine del secolo, per indicare l’allarme causato dalla massiccia immigrazione negli U SA , si arriva a parlare di “race su i­ cide ”, suicidio razziale. N el 1910, sempre negli usa, viene fondato, con il contributo di M ary Harriman, vedova di E.H . Harriman, proprietario della ferrovia U nion Pacific, e di molte istituzioni finanziarie, YEugenics Record Office ( e r o ) , diretto da Charles Davenport, il principale

fautore dell’eugenetica negli Stati Uniti.

Il primo obiettivo dell’ERO è quello di individuare il 10% della popolazione più “basso” sotto il profilo genetico, il lower tenth, e attivare le procedure per “terminarne le discendenze” trami­ te la segregazione e la sterilizzazione forzata. Gli epilettici sono considerati una delle principali categorie tra i “non adatti”, ma si aggiungono anche gli albini, i carcerati, tutti coloro giudicati pre­ disposti a una qualsiasi malattia nonché i deboli di costituzione, i ciechi e i muti. In maggior misura sono nel mirino le classi povere, circostanza che mostra la diretta discendenza dell’eugenetica dalle teorie di Malthus. Il primo intervento dell’ERO opera su un campione di almeno 11 milioni di persone per “terminare” le loro discendenze (nel pro­ 32/ Ivi, p. 19.

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L’ultimo uomo gramma si pensa di affidare la sterilizzazione dei criminali al corpo di polizia). Tra gli Stati che nel 1911 approvano una legislazione eugenetica vi è il N ew Jersey, di cui all’epoca è governatore Woodrow Wilson, di lì a poco eletto presidente degli Stati U niti con l’impegno di battersi per i diritti civili. Forte sostenitore dell’istituzione della Società delle N azioni, Wilson dà un importante sostegno all’euge­ netica, a testimonianza di quanto sia percepita come pratica accet­ tabile e non lesiva dei diritti di alcuno. C om e riportato nello studio di Edwin Black, l’unica decisa op­ posizione all’eugenetica proviene dagli ambienti religiosi, in parti­ colare da quelli cattolici33. Per superare ogni eventuale resistenza, il movimento eugene­ tico ha bisogno di una forte validazione scientifica. A tale scopo nel 1912 è indetta a Londra una conferenza alla quale partecipano i maggiori eugenisti tedeschi, inglesi e scandinavi. D i particolare rilievo è la presenza dei principali studiosi di eugenetica della pre­ stigiosa università statunitense di Stanford. A presiedere la confe­ renza è il figlio maggiore di Charles Darwin, Léonard, mentre la corona britannica è rappresentata da un giovane Winston Chur­ chill, che si dichiara “allarmato” dalla crescita del numero di perso­ ne con difetti mentali. Per attecchire definitivamente nelle scuole e nelle università, e diventare una convinzione diffusa nella popolazione, questa disci­ plina manca di assunti scientifici dimostrati. Allo scopo di fornire una qualche argomentazione in favore dell’eugenetica, nel 1911, Charles Davenport scrive un libro prontamente adottato in molte facoltà di medicina: H eredity in Relation to Eugenics. Q ui si sostie­ ne l’esistenza di famiglie geneticamente specializzate in differenti mestieri (convinzione già patrocinata da H erbert Spencer e prima ancora da Platone!). Si sottolineano le conseguenze deH’immi33/ Ivi, p. 70.

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Eugenetica e razzismo a ll’inizio del Novecento grazione dal sud Europa, causa, secondo l’autore, di un aumento dei rapimenti, della violenza e della depravazione sessuale, mentre l’immigrazione dal nord Europa si dice preferibile, apportando ca­ ratteri “desiderabili”. U no dei casi esemplari degli effetti di una cattiva genetica ri­ portati nel testo è quello di Ada Juke, anche conosciuta come “M argaret la madre dei criminali” : Ella fu indolente e di facili costumi prima del matrimonio. Oltre ad un figlio illegittimo ebbe quattro figli legittimi. I l primo, un maschio, fu indolente licenzioso e sifilitico; egli sposò una cugina ed ebbe otto figli tutti sifilitici dalla nascita. Delle sette figlie cinque furono pro­ stitute, delle altre una era un’idiota e una di buona reputazione. La loro discendenza mostra una preponderanza di facili costumi sessuali nelle femmine e molti matrimoni con consanguinei. Il secondo ma­ schio fu un lavoratore agricolo, fu industrioso e risparmiò abbastanza da comprare 14 acri di terreno. Egli sposò una cugina e il risultato furono tre bambini nati morti, una figlia prostituta e insana che si suicidò, un figlio industrioso che, tuttavia, fu licenzioso e povero ...34

M a giungere al livello universitario non è sufficiente. Per dif­ fondere la cultura eugenista in maniera capillare bisognaagire a partire dalle scuole superiori. Vengono così stam pati libri scola­ stici di biologia che presentano come verità scientifiche le idee di Davenport. Il testo più diffuso dell’epoca è A C h ic Biology, del professor George William Hunter, docente al Knox College. N el capitolo x v i i , dedicato alla genetica e agli incroci, il testo di H unter riporta gli studi di Davenport, accompagnati dallo stesso caso di “M argaret madre dei criminali” :

34/ C harles D avenport, Heredity in Relation to Eugenia, Henry Holt & Co., New York, 1911, p. 233.

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L’ultimo uomo Studi sono stati condotti su un numero di differenti famiglie in que­ sto Paese, nelle quali difetti morali e mentali erano presenti in uno o entrambi i genitori. l ‘Jukes” sono un noto esempio. La prima madre è conosciuta come “Margaret la madre dei criminali”. In 75 anni la discendenza della generazione iniziale è costata allo stato di New York più di un milione e un quarto di dollari, a parte aver affidato alla cura di prigioni e manicomi considerevolmente più di cento per­ sone deboli di mente, alcolizzate, immorali o criminali.35

In A C iv ic Biology, assieme a quelle eugenetiche, si insegnano le idee razziste. La discriminazione razziale avviene in base ad una scala al cui vertice troviamo «il tipo Caucasico rappresentato dai bianchi, i civilizzati abitanti di Europa e Am erica»36. Il libro non manca di suscitare critiche da parte di chi si oppone all’insegnamento nelle scuole della teoria eugenetica, tanto più se veicolata come scientifica. E così che il 21 marzo del 1925 John Washington Butler, membro dell’Assem blea dei rappresentanti del Tennessee, propone e ottiene una legge, il Butler Act, che vieta l’insegnamento della teoria darwiniana riferita all’essere umano. Il fatto che la legge non sopprima l’insegnamento della teoria in relazione all’evoluzione animale indica che a muovere Butler non è l’opposizione al progresso della scienza, ma il contrasto con l’ap­ plicazione delle teorie darwiniste alla società umana. Giunge immediata la reazione dell’Unione Americana per le Libertà Civili ( a c l u ) , un’associazione non governativa a sua vol­ ta derivata da un’altra associazione dalle origini e dai finanziatori poco noti, il N atio n al C iv il Liberties B u reau 37 (n c l b ) , fondata nel 1917 dall’avvocato e attivista femminista e s ocialista Chrystal East35/ G eorge William H unter , A Civic Biology: Presented in Problems, American Book Company, Woodstock, 1914, pp. 261-262. 36/ Ivi, p. 196. 37/ .

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Eugenetica e razzismo a ll’ inizio del Novecento man38 e dall’avvocato, anch’egli socialista, R oger N ash Baldwin39. L ’ n c l b nasce per opporsi all’intervento degli Stati U niti nella Pri­ ma guerra mondiale ed è sciolto poco dopo, nel 1918, in seguito a un’indagine della polizia militare volta a stabilire le violazioni delle leggi contro lo spionaggio. Sulle ceneri dell’NCLB viene fondato nel 1920, dalle stesse per­ sone, I’ a c l u , che nel 1925, appena prom ulgato il Butler Act, si at­ tiva per creare un caso giudiziario e rimuovere il divieto im posto dall’Assem blea del Tennessee. A fare da casus belli, e quindi violare la legge Butler insegnando il darwinismo in riferimento alla società umana, è il giovane pro­ fessore di chimica e fisica, il ventiquattrenne Joh n Thom as Scopes. Scopes inizialmente si dimostra riluttante a prestarsi all’opera­ zione dell’ACLU ma in definitiva, dopo le pressioni di un gruppo di persone locali particolarmente influenti, guidato da G eorge Rappleyea, ingegnere metallurgico e dirigente della C um berland G oal an d Iron Com pany George 'Washington, Scopes acconsente. N on

essendo Scopes un insegnante di biologia40 deve attendere l’occa­ sione giusta, che si presenta nei primi giorni di maggio dello stesso anno, il 1925. Durante una supplenza, viola la disposizione di legge e la macchina giudiziaria si mette immediatamente in m oto, ac­ compagnata da quella mediatica. Intorno alla vicenda si concentra subito la massima attenzione. N onostante sia costituita da pochi anni, I’ a c l u riesce a fare in m odo che la sua iniziativa riscuota tanta risonanza da avere l’onore della partecipazione, in veste di avvocato dell’accusa, di un uom o di grande prestigio professionale e politico, William Jennings Bryan, esponente di rilevo del Partito D em ocratico. D all’altra parte, non appena gli giunge la notizia del processo che si sta per celebrare,

38/

< www.britannica.com/biography/Crystal-Eastman>.

39/ 40/

< www.biography.com/people/john-scopes-17183774#evolution-on-trial>.

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L’ultimo uomo uno dei più noti avvocati del momento, Clarence Seward Darrow, chiede e ottiene la difesa di Scopes, rinunciando anche, per la pri­ ma e ultima volta nella sua carriera, al proprio onorario41. In real­ tà, pochi giorni prima i dirigenti dell’ACLU hanno accompagnato Scopes a N ew York, davanti al più quotato collegio di legali del m om ento e forse dell’intera storia degli Stati Uniti, guidato da: Bainbridge Colby, ex segretario di Stato sotto il presidente Wilson nel 1920; John Davis, candidato democratico alle presidenziali; Charles Evans H ughes, capo della C orte Suprema, e Felix Fran­ kfurter, scelto poi da Roosevelt per la C orte Suprema.

Roger Baldwin, fondatore dell’ACLU, chiede a Scopes chi voglia come difensore. «Voglio Darrow», è la risposta42. La presenza di Bryan per l’accusa e dell’ACLU per la difesa rende 10 scontro sul darwinismo una questione interna alla sinistra ame­ ricana di quegli anni, un confronto tra il Partito Dem ocratico e un socialism o di estrazione non parlamentare finanziato privatamente ma con molti agganci di potere, come dim ostra la possibilità di accedere a un collegio di avvocati di altissim o livello. U na divisio­ ne, quella nell’ambito della sinistra americana, che, fatte le debite differenze, ricorda quella avvenuta in Inghilterra tra il Partito C o ­ munista e il socialism o della Fabian Society. Appena trentacinquenne, Bryan è già nelle file dei democratici alle elezioni del 1896 e tra le sue campagne si annoverano quella per

11suffragio femminile, quelle contro l’intervento nella Prima Guerra Mondiale e contro l’imperialismo americano nelle Filippine. Tutte battaglie di stampo progressista, esattamente come quelle sostenute dai fondatori dell’ACLU. Bryan si è inoltre schierato con il fronte del cosiddetto bimetal­ lismo, per uno standard monetario che preveda, accanto all’oro, l’a­ dozione dell’argento, un provvedimento in favore delle «m asse che 41/ G iulio M eotti, Il processo della scimmia, Edizioni Lindau, Torino, 2006, p. 85. 42/ Ibidem.

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Eugenetica e razzismo a ll’ inizio del Novecento producono ricchezza e pagano le tasse», e a sfavore delle élites ban­ carie e industriali. Si proclama anche per una tassazione maggior­ mente progressiva. Inoltre, nonostante il suo sostegno alla guerra ispano-americana nel 1898, quando il conflitto giunge al termine si dichiara contrario all’annessione delle Filippine. In generale, in poli­ tica estera, Bryan è avverso all’imperialismo e al colonialismo.

Se le posizioni di Bryan e quelle dell’ACLU convergono su molti punti, per quale motivo sul Butler Act si scontrano? Dell’argomento si è occupato il paleontologo darwiniano S.J. Gould in un saggio del 1999, 1pilastri del tempo. Gould è giunto alla conclusione che l’attenzione di Bryan al problema delle implicazioni sociali del darwinismo scaturisce dalla lettura di due libri: H eadquarters Nights di Vernon L. Kellogg, del 1917, e The Science o f Power di Benjamin Kidd, del 1918. Kellogg è considerato uno dei più autorevoli docenti dell’evo­ luzionismo negli Stati Uniti. Nella sua opera racconta della propria esperienza in Europa durante la Prima guerra mondiale, preceden­ temente all’ingresso degli Stati Uniti nel conflitto. Bryan rimane colpito, in particolare, da un episodio raccontato da Kellogg: un col­ loquio svoltosi in Belgio, al quale è presente lo stesso Kaiser. Dalle parole di molti ufficiali tedeschi, Kellogg nota come la guerra sia giustificata in base al principio della competizione tra i popoli e della selezione del migliore. Secondo quanto riferito dall’autore, per gli alti gradi tedeschi il nuovo “vangelo” è costituto dalla “Allmacht” , ossia dall’onnipotenza della selezione per “competizione violenta”. Benjamin Kidd, saggista inglese molto apprezzato in ambito ac­ cademico, sostiene invece che il darwinismo abbia riacceso in O c­ cidente l’idea che a fondamento dell’autorità legale vi sia la “forza”; cioè, in altri termini, che la fons iuris non si fonda sui concetti di bene e di male, giusto e sbagliato, ma dipende unicamente dal pre­ valere del più forte43. 43/ Cfr. Stephen J ay G ould , Ipilastri del tempo, Il Saggiatore, Milano, 2000, p. 150.

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L’ultimo uomo Alla luce di questi casi, G ould ritiene che Bryan abbia ragione quando, con le sue teorie contrarie al darwinismo, vede nell’opera di Darwin una dottrina favorevole alla guerra e alla sopraffazione. E correttamente individua nella mancata separazione dei magisteri della scienza e della morale l’origine della controversia: non è l’in­ segnamento della teoria di Darwin in sé a costituire un problema ma è l’utilizzo per fini non scientifici a provocare la reazione di uomini come Bryan. N elle diverse posizioni assunte dall’ACLU, rispetto a quelle di Bryan, vale a dire nella battaglia progressista per i diritti delle don­ ne e contro la guerra condotta contemporaneamente alla difesa dell’eugenetica e al riconoscim ento delle dinamiche darwiniste nella società umana, si può intravedere la medesima sintesi tra so­ cialismo e darwinsmo operata in Inghilterra dalla Fabian Society. E non a caso George Rappleyea scrive a H .G . Wells per chiedergli di unirsi al collegio di difesa, moltiplicando così la risonanza in­ ternazionale dell’evento. Wells declina l’offerta, mentre un altro scrittore fabiano, G .B. Shaw, fondatore della London School of Econom ics, si esprime al riguardo denunciando il «m ostruoso non senso del fondam entalism o»44. La copertura mediatica è enorme. Per seguire e commentare il processo si reca a D ayton il gotha del giornalismo americano, tra cui H enry Mencken, un ragazzo prodigio che ha contributo alla fama del caso Scopes. Mencken racconta il processo con toni forti, spesso feroci: Le cosiddette organizzazioni religiose che oggi guidano la guerra con­ tro l’insegnamento dell’evoluzione non sono altro che strumenti di una cospirazione ordita da uomini inferiori contro i migliori,45

44/ Ivi, p. 45/ Ivi, p.

86. 88.

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Eugenetica e razzismo a ll’ inizio del Novecento Mencken usa parole sprezzanti contro Bryan, definendolo «la vecchia poiana»: E dura iniziare la propria vita come un eroe e finirla da buffone.46

Per Darrow, invece, adotta versi celebrativi: Mentre cammina regna un assoluto silenzio in aula, eccetto i click dei fotografi. Le sue parole vengono pronunciate con una forza schiac­ ciante e la sua satira colpisce come un martello.47

Clarence D arrow e William J. Bryan, si confrontano fino al 21 luglio 1925, quando viene emessa la sentenza di colpevolezza nei confronti di John Scopes. La condanna è mite: 100 dollari, il mini­ mo stabilito dalla legge per il reato. Sfinito dal processo, William Jenninigs Bryan muore il 26 luglio 1925. La sconfitta legale è ampiamente prevista, ma il vero scopo di tutta l’iniziativa è fin dal principio quello di attirare la massima at­ tenzione sul caso e far passare la vicenda come uno scontro fra il progresso scientifico e l’oscurantismo religioso. N essuno, neanche Darrow, parla mai del problema dell’eugenetica e l’interesse verte solamente sull’aspetto religioso. Forse perché Darrow stesso è cri­ tico verso l’eugenetica48. Sta di fatto che lo scopo dell’ACLU è pie­ namente raggiunto. Le élites della East C oast hanno trasform ato la sconfitta in una vittoria. N ell’opinione pubblica si forma così l’idea che la discussione sul darwinismo consista nel confronto tra il pro­ gresso e la fede. E questo perché, nel suo tentativo di contrastare il darwinismo sociale, Bryan commette l’errore strategico di guada­ gnare il consenso di una popolazione a forte componente religiosa, 46/ Ibidem. 47/ Ibidem. 48/ A.E. Samaan, From a “Race of Masters" to a “Master Race”: 1948 To 1848, Robert Bignell of Inventing reality L L C , p. 260.

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L’ultimo uomo come quella del Tennessee, anziché porre l’accento sulle teorie eu­ genetiche e sui loro effetti discriminatori, coercitivi e, in definitiva, anti-democratici. Concentrare l’attenzione sulla strumentalizza­ zione della teoria darwiniana in funzione antireligiosa si rivela un vantaggio per i suoi avversari. Per l’avvocato della difesa, Darrow, che da parte sua evita di focalizzare la discussione sull’eugenetica e sulle sue teorie, è stato facile far dimenticare l’obiezione all’impie­ go del manuale scolastico di H unter e della dottrina malthusiana e spostare il dibattito sulla contrapposizione tra scienza e fede. L’unico campo di indagine della scienza sono le leggi della na­ tura. La contrapposizione tra religione e teoria evoluzionista, dun­ que, non ha alcun fondam ento. Ma l’idea che le critiche al darwini­ sm o siano motivate da ragioni esclusivamente religiose fa breccia nell’opinione pubblica nel 1955 con la trasposizione del caso Scopes nell’opera teatrale di Jerom e Lawrence e Robert Edwin Lee, Inherìt thè Wind (in italiano E l ’uomo creò Satan a). L’opera, ripresa da Hollyw ood, è presentata sul grande schermo nel 1960, con un cast di eccezione nel quale spiccano i nomi del regista Stanley Kramer e degli attori Spencer Tracy e Gene Kelly. Q uando il film viene proiettato a D ayton, tra il pubblico è presente anche Joh n Scopes, e sostiene che i fatti del processo siano stati alterati49. D al film vengono prodotti nel 1965, nel 1988 e nel 1999 alcuni rifacimenti televisivi in cui recitano celebri attori come Kirk D ouglas e Jack Lemmon. La vicenda Scopes si presenta come la prima di un lunga serie di manipolazioni.

49/ G. M eotti, op. cit., p. 91.

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VI. Il malthusianesimo veicolato con il femminismo

L’adozione del libro di Davenport come testo universitario e del saggio di H unter nei programmi delle scuole superiori, associa in via definitiva la teoria di Darwin e l’ideologia malthusiana, sic­ ché ogni critica m ossa nei loro confronti è ormai giudicata alla pari di un attacco diretto alla scienza. C on l’abile gestione della vicenda Scopes, il conflitto tra fede e scienza, che prima riguarda solo una frazione della classe intel­ lettuale, prende una valenza “politica” per la società, e si conclude con la vittoria della visione positiva. Ecco che la profezia di Com te si avvera tutt’altro che spontaneamente, ma con l’invenzione e la manipolazione di un conflitto del tutto irrilevante ai fini della ve­ rità scientifica. D i fatto, la strategia vincente si rivela quella di trasformare agli occhi dell’opinione pubblica una costruzione sociale in una verità scientifica. M a come si è attuato il passaggio dalla teoria alla prassi? Evi­ dentemente il malthusianesimo non ha potuto tradursi in un m o­ vimento politico di tipo tradizionale - la politica è un elemento necessario ma non si costituisce nessun partito malthusiano - tut­ tavia ricorre a organizzazioni non governative ( o n g ) che prepa­ rano il terreno, form ando il consenso dell’opinione pubblica su un determinato argomento. U na volta ottenuto, quel consenso viene considerato non una battaglia vinta da una sola parte, ma un

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L’ultimo uomo progresso dell’intera umanità. Solo allora, guadagnato un generale sostegno ad una certa azione, i partiti tradizionali fanno proprie le istanze delle ONG. Tra i primi campi di azione in cui operare un mutamento con­ creto, la disuguaglianza tra uomini e donne si è rivelato il più op­ portuno. Il problema è tangibile, basti pensare che neppure una donna potente come M ary Harriman ha diritto di voto. Ed è un problema che, toccando aspetti legati al sesso, si presta benissimo ad essere strumentalizzato ai fini della diffusione di politiche malthusiane. N o n a caso tra le fondatrici dell’ACLU, l’organizzazione che ha architettato il processo Scopes, vi è l’attivista femminista C rystal Eastman. M a il personaggio di gran lunga più importante nell’utilizzo del femminismo ai fini dell’attuazione pratica del malthusianesimo è un’altra donna e attivista: M argaret Sanger. M argaret Sanger (1879-1966) è ignota ai più, ma la sua influen­ za è superiore alla sua notorietà. La sua vicenda testimonia la con­ tinuità tra il pensiero eugenista di cui è portatore il movimento fa­ biano e le successive politiche di birth control prom osse da diverse agenzie internazionali. Il primo evento di rilievo che la vede protagonista è la fonda­ zione nel 1917, a N ew York, della B C R {Birth C ontrol Review ). L’anno successivo si trasferisce in Inghilterra, dove incontra H .G . Wells, di cui diventa amante. Q uest’ultimo nel 1935, in occasione di un discorso alla Barber’s Hall di Londra, dice di lei: Quando sarà scritta la storia della nostra civiltà, sarà una storia bio­ logica e Margaret Sanger ne sarà l’eroina.50

Margaret Sanger è però una “eroina” della nostra civiltà molto particolare. Wells evidentemente condivide le politiche eugenetiche

50/ In Round thè Worldfor Birth Control, Birth Control International Information Centre, 1937

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Il malthusianesimo veicolato con il femminismo da lei sostenute fino a quel momento. N el 1921 Margaret Sanger fonda una ONG, la a b c l (American Birth Control League), che nel 1925 promuove la vi° Conferenza Internazionale Neo-malthusiana e per il Controllo delle Nascite. Tra i membri della a b c l figura anche Eleanor Roosevelt, attivi­ sta per i diritti civili e femminista. Tra le due si instaura una salda e duratura amicizia, nonostante Eleanor Roosevelt, a causa della p o ­ sizione politica del marito, Franklyn Delano Roosevelt, presidente degli Stati Uniti dal 1933 al 1945 (la regola della non rieleggibilità per più di due mandati divenne legge solo nel 1951), debba in se­ guito diminuire la propria visibilità all’interno del movimento. La collaborazione tra la Sanger e la Roosevelt è così intensa e attiva che i loro sostenitori le candidano per il N obel nel 1960 e 196151. N el 1922 la Sanger pubblica The Pivot o f C ivilization (’Il cardi­ ne della Civiltà’), in cui unisce le teorie neomalthusiane all’eugene­ tica. Il libro reca la prefazione del fabiano H .G . Wells. In quello stesso anno si svolge la v° Conferenza Internazionale Neo-m althusiana, a cui la Sanger prende parte. Sempre nel 1922 si sposa con il petroliere N oah H . Slee, finanziatore del movimento per il birth control. N el 1927 organizza a Ginevra una Conferenza mondiale sulla popolazione, finanziata dal marito e dalla Fondazione Rockefeller. La successiva si tiene solo nel 1954 a Roma, organizzata sotto l’e­ gida dell’oNU. Alla conferenza di Ginevra partecipano tra gli altri J.S. Huxley, evoluzionista di fama internazionale, e l’econom ista fabiano John Maynard Keynes52. N el 1929 Margaret Sanger fonda un’altra ONG, I’ n c f l b c (N atio­ nal Com m ittee on Federai Legislation for Birth C ontrol). D i par­ ticolare interesse è l’iniziativa da lei prom ossa nel 1939, nota come 51/ < www.nyu.edu/projects/sanger/articles/ms_and_eleanor_roosevelt.php>. 52/ .

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L’ultimo uomo “The N egro Project”, un progetto elaborato da esperti di controllo delle nascite bianchi, ma poi sostenuto anche da esponenti neri, che mira a combattere la povertà della popolazione nera attraver­ so una limitazione delle nascite, senza minimamente tenere conto delle reali necessità degli afro-americani. U n progetto, insomma, elaborato in termini che oggi definiremmo razzisti53. D el resto, l’ombra del razzism o accompagna il progetto anche all’epoca; ne è testimonianza una lettera che M argaret Sanger scrive in quel­ lo stesso anno a Clarence Gamble, l’erede della società Procter & G am ble e convinto sostenitore dell’eugenetica e della politica del controllo delle nascite applicata alle “masse incolte” . N ella lettera la Sanger esprime tutta la sua preoccupazione: Non vogliamo che salti fuori che vogliamo sterminare la popolazione negra, e il ministro è l’uomo che può raddrizzare questa idea, semmai saltasse fuori ad uno dei suoi più ribelli membri.54

Il sospetto che il «N egro Project» sia effettivamente concepito come strumento di politica razziale contro la popolazione nera si evince dalle simpatie e dalle relazioni tra Margaret Sanger e il Ku Klux Klan, per il quale la Sanger tiene diversi discorsi55. N el 1952 infine fonda a Bombay, divenendone presidente fino al 1959, I’ i p p f (International Planned Parenthood Federation). D a tale successione di eventi è evidente che la com parsa di un movimento favorevole al birth control nel secondo dopoguerra non è un evento del tutto nuovo. Si tratta in realtà del riaffiora­ re di un fenomeno som m erso, la cui sorgente risiede nel pensiero eugenetico maturato in ambienti fabiani negli anni Venti e Trenta. 53/

< www.n7 u.edii/projects/sanger/articles/bc_or_race_control.php>.

54/ Ibidem. 55/ Cfr. M assimo I ntrovigne, I veri razzisti sono proprio loro: i primi fondatori della dottrina gender: < www.lanuovabq.it/mobile/articoli-i-veri-razzisti-sonoproprio-loroi-primi-fondatori-della-dottrina-gender-13111.htm#.Vb_c6fntmko>.

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Il malthusianesimo veicolato con il femminismo La stessa Sanger ricorda, in The Pivot o f C ivìlization, l’importanza di Annie Besant tra i pionieri del movimento. E come la Besant, anche M argaret Sanger aderisce alla Società Teosofica, per la quale nel 1936 pronuncia un discorso ad Adyar, in India, poi pubblicato in due puntate sulla rivista della Società, «The theosophist»56. Il riproporsi, ancora una volta, del collegamento tra ambienti fabiani e i nuovi movimenti religiosi in seguito noti come “N ew A ge” dimostra come non si tratti di un fatto casuale né isolato, e come all’interno del positivism o, sebbene il suo com pito sia quello di superare la fase religiosa, è presente una forte corrente esoterica. N ell’opera della Sanger il legame tra eugenetica e politica di controllo delle nascite emerge anche dal suo libro del 1920 'Woman an d N ew Race, in cui auspica l’avvento di una nuova, migliore raz­ za americana: Questo è l’inizio. Le donne si scuotono dalla loro schiavitù. Affer­ mano il proprio diritto ad essere libere. Nella loro libertà, il loro pensiero va alla razza.57

La strana associazione tra l’emancipazione femminile e i pro­ grammi eugenetici non è, come si vede, esplicitamente dichiarata, ma ben presente, e verrà riproposta anche in seguito. L’attività di M. Sanger si svolge grazie alle sue relazioni con esponenti di élite politiche e culturali, da H .G . Wells a Eleanor R o ­ osevelt e Annie Besant. Sia il movimento per la programmazione delle nascite che la corrente favorevole all’adozione dell’eugeneti­ ca, nascono e si sviluppano in una ristretta élite. Al riguardo, nel libro di Edwin Black, W arA gainst thè Weak, si legge:

56/ Ibidem. 57/ M argaret Sanger, Woman and The New Race, Truth Publishing Company, New York, 1920, p. 233.

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L’ultimo uomo Le masse americane non si stavano mobilitando per chiedere di ste­ rilizzare istituzionalmente e deumanizzare i loro vicini e parenti. Leugenetica fu un movimento dei pensatori delle élite della nazione e di molti dei riformatori progressisti. Quando questa ideologia si diffuse attraverso la ’intellighenzia’ l’eugenetica infettò molte riforme completamente separate e movimenti per la salute, ciascuno di loro utile nel suo campo.5*

Margaret Sanger è una dichiarata eugenista e riesce a coinvol­ gere diverse organizzazioni nell’impegno per la sterilizzazione di m assa dei cosiddetti “difettosi” , per l’incarcerazione degli inadatti e per le restrizioni drastiche nei riguardi degli immigrati. La nega­ zione degli aiuti alle classi più povere ne fa una perfetta esecutrice delle direttive malthusiane. Definisce infatti le classi disagiate «ri­ fiuti umani» non meritevoli di assistenza e afferma che le «erbacce umane» debbano essere «sterm inate»59. Il movimento fem minista è strettamente legato all’eugenetica. La necessità di operare un buon “allevamento” umano è sostenuta dalle femministe americane molto prima che compaiono gli scritti di Davenport. Ad esempio, in un pamphlet del 1891 di Victoria Woodhull, The R ap id M oltiplication o f thè Unfìt, si afferma: Le migliori menti di oggi hanno accettato il fatto che se si desiderano persone superiori, esse devono essere riprodotte; e se gli imbecilli, i criminali, i poveri e gli altri inadatti sono cittadini indesiderabili, essi non devono essere riprodotti.60

Che le radici dell’eugenetica e del malthusianesimo siano indis­ solubilmente intrecciate nell’opera di M argaret Sanger, lo attesta

58/ E. B lack, op. cit., p. 125. 59/ Ivi, p. 127. 60/ Ivi, p. 128.

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Il malthusianesimo veicolato con il femminismo un suo ulteriore scritto, dove ricorda la notte in cui è stato deciso il nome del movimento per il controllo delle nascite. Tra i nomi proposti figurava quello di “N eo-m althusianesim o”61. In un articolo successivo alla vi° Conferenza Internazionale malthusiana, nel 1926, pubblicato sulla «Birth C ontrol Review», Stephen Wise, Presidente dell’American Jew ish C ongress, dichia­ ra: Penso che il controllo delle nascite sia un passo... di importanza su­ prema nel cammino del programma eugenetico... Il controllo delle nascite, ripeto, è il fondamentale, primario elemento o passo del pro­ gramma eugenetico,62

Margaret Sanger si spinge in una direzione m olto vicina al darwinismo sociale di H . Spencer, e in The Pivot o f C ivilization dedica un intero capitolo alla carità, definendola un’opera crudele nonché sintom o di una malattia sociale maligna. N é smette mai di denigrare le classi povere. Naturalm ente, spaccia le sue idee come ispirate da un senti­ mento di vera filantropia, da un amore per l’umanità che non deve manifestarsi con aiuti ai «rifiuti umani», ma con l’incoraggiamento delle componenti sociali migliori. La prefazione di H .G . Wells al libro non lascia dubbi sulla loro comune visione malthusiana ed eugenetica: Vogliamo un minore numero di bambini ma migliori... non possia­ mo costruire la vita sociale e il mondo di pace che siamo determinati a fare, con i male concepiti, i male cresciuti, sciami di cittadini infe­ riori che infliggete a noi.

61/ Ivi, p. 129. 62/ Ibidem.

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L’ultimo uomo Ma il malthusianesimo della Sanger si spinge oltre. Se la logica dell’eugenetica è quella di diminuire le nascite tra gli inadatti e le classi subalterne e di incentivare invece quelle tra gli adatti, e cioè tra le classi superiori, la Sanger propone di ridurre le nascite anche tra i ceti più abbienti. N ei suoi scritti si legge che la m aggior parte dei «deboli di men­ te» nascono dagli immigrati, un segmento di popolazione sul quale si deve intervenire con particolare fermezza. Al riguardo vanno ricordati i test per individuare i soggetti infermi cui vengono sot­ toposti gli emigranti al loro sbarco a N ew York. Test che lasciano molti dubbi circa la loro attendibilità, dal m omento che in base a essi il 70% degli americani arruolati nell’esercito risulta «debole di mente». E come tale è stato classificato il 10% della popolazione inglese. La vicenda dei test per misurare l’intelligenza dim ostra la fati­ cosa ricerca di criteri “scientifici” . Tra i primi fautori dei test tro­ viamo Francis Galton, il cugino di Darwin al quale è associata la nascita dell’eugenetica. E principalmente uno statistico, convinto della necessità di trovare un m odo per “misurare” l’uom o. Al ri­ guardo scrive nel 1869 un libro intitolato II genio ereditario, in cui ipotizza che misurando le dimensioni del cranio si ricavino indi­ cazioni sull’intelligenza delle persone. Sono gli stessi anni in cui Cesare Lom broso propone l’idea analoga di identificare i criminali dai caratteri fisionomici. Per Lom broso i criminali lo sono “per na­ scita”, quindi le sue teorie, ispirate a loro volta dal darwinismo so ­ ciale, si possono annoverare tra quelle a sostegno dell’eugenetica. L’idea di usare la craniometria è poi ripresa dal francese Alfred Binet che a partire dal 1898 pubblica sull’«Année psichologique» nove relazioni sull’argomento. N egli anni successivi però si accor­ ge che le misure del cranio non danno alcuna affidabilità e che i risultati sono inutilizzabili ai fini della misurazione delle capacità intellettive. E così che nel 1904 decide di tentare un approccio del tutto diverso. L’occasione si presenta quando il M inistero dell’I­

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Il malthusianesimo veicolato con il femminismo struzione gli affida il com pito di individuare i bambini bisognosi e di affiancarli nell’educazione. Prima della sua scomparsa, avvenu­ ta nel 1911, Binet lascia dei test che successivamente prendono la form a del celebre Q uoziente di Intelligenza, Qi. Per Binet però il Q i è solo uno strum ento pratico, dal valo­ re puramente indicativo, non una vera m isurazione scientifica, com e è invece nelle intenzioni originarie di Galton. Il lavoro di Binet viene quindi profondam ente travisato e di­ storto. N el 1981, il celebre evoluzionista S.J. G ould dedica alla vicenda un libro intitolato Intelligenza e p regiu dizio, nel quale parla di «dem olizione delle intenzioni di Binet in A m erica»63. L’artefice principale della dem olizione del vero significato del test è H .H . G oddard, direttore della ricerca della Vineland Trai­ ning School del N ew Jersey, il quale traduce il lavoro di Binet ma, al contrario del francese, lo propone come uno strum ento per individuare un ipotetico gene difettoso dell’intelligenza (termine mai usato da Binet), e per procedere quindi alle pratiche eugene­ tiche di sterilizzazione. M a G oddard non si accontenta di impedire la riproduzione degli “idioti” . La sterilizzazione impedisce la discendenza ma non i rapporti sessuali, e allora il pericolo, secondo G oddard, è la diffusione della dissolutezza e delle malattie. Si spinge perciò a proporre la segregazione dei deboli di mente in apposite strut­ ture carcerarie. N el 1913 i test di G oddard sono applicati agli emigranti che giungono a Ellis Island. Il risultato è la classificazione di m olti ir­ landesi, ebrei dell’Europa dell’E st e italiani del Sud come persone carenti. In totale, il 40% degli emigranti risulta debole di mente. La percentuale sale notevolm ente negli ebrei, giungendo al 60% di idioti.64 63/ S.J. G ould , op. cit., p. 155. 64/ E. B lack, op. cit., p. 78.

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L’ultimo uomo Ma a minacciare l’intelligenza della popolazione statunitense non sono solo gli emigranti. Secondo uno studio dello psicologo di Princeton Cari C. Brigham, il declino in America avviene più velocemente che in Europa a causa della percentuale di popolazio­ ne nera già presente. La pratica dell’eugenetica si è ormai dotata, all’inizio del N o ­ vecento, di uno strum ento apparentemente “scientifico” per mi­ surare le caratteristiche mentali umane. Che sia realmente valido e provato sperimentalmente, è un dato secondario, e di primaria importanza si rivela la facoltà di intervenire su quello strato di po­ polazione che la teoria economica e demografica malthusiana ha incluso nella fascia dei «m eno adatti».

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VII. Il M on do n uovo come progetto sociale

Tra la fine dell’ O tto cen to e l’inizio del N ovecen to la genesi laica d ’ispirazione darwiniana subisce una forte battuta d’arre­ sto, dovuta all’im possibile conciliazione con le leggi della gene­ tica scoperte da G rego r M endel. Julian H uxley definisce questo periodo com e l’«eclissi del darw inism o». Al riguardo, William Bateson (1861-1926), genetista di fam a internazionale, dichiara inapplicabile nella realtà la teoria della trasform azione graduale e si “ m eraviglia” per l’abilità “foren se” che ha consen tito di farla apparire accettabile, seppure per pochi anni65. La stessa situazione emerge da un scam bio epistolare tra il biologo U m berto D ’A ncona (1896-1964) e il m atem atico Vito Volterra (1860-1940). In una lettera inviata da U m berto D ’A ncona il 23 febbraio 1935 si legge: In merito all’evoluzione non credo che oggi nessuno zoologo pos­ sa obiettivamente dire di essere darwinista. Oramai questa è una fase superata. Si può essere evoluzionista, ma non più darwinista. In quanto poi all’evoluzione essa è entrata su un terreno obbiettivo di sperimentazione e soltanto su quest’ultimo si può discutere. Effet­ tivamente i risultati finora non sono molto promettenti, per cui lo 65/ L. G eymonat, op. cit., voi. V, p. 372.

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L’ultimo uomo scetticismo della maggior parte degli zoologi è ben giustificato. Si può riconoscere però che l’evoluzione è sempre l’unica ipotesi plausibile di cui noi disponiamo e che fino a che non abbiamo di meglio dob­ biamo ammetterla come ipotesi di lavoro. Ma non più. Certamente si andrà avanti e si formuleranno nuove ipotesi più aderenti ai fat­ ti. Probabilmente l’evoluzione ritornerà sotto altra forma. Ma non credo sotto la forma darwiniana perché sarebbe un ritomo indietro. In ogni modo non si può dire d ’essere darwinista o no; tale espres­ sione sarebbe antiscientifica. È soltanto sul terreno sperimentale che si può discutere e questo è molto diverso da quello che era ai tempi di Darwin.*’*'

A ncora, in una lettera inviata il 28 febbraio 1935, egli affer­ ma: Non che io voglia discutere gli enormi meriti di Darwin, che è stato veramente geniale nella sua teoria e che ha portato il più grande con­ tributo che mai sia stato dato alle ricerche zoologiche. Indubbiamente delle sue ricerche, oltre allo stimolo che hanno dato, molto rimane ancora, fra altro nel caso specifico la teoria della lotta per l’esistenza nei suoi riguardi all’economia della natura. Ma che la lotta per l’esi­ stenza abbia importanza per l’evoluzione non ci crede più nessuno. Non ci crederebbe più nemmeno Darwin se vivesse.67

In un’altra lettera del 1° m aggio 1936 aggiunge: In Inghilterra poi, un po’ anche per ragione di sentimentalismo na­ zionale, prendono ancora le parole di Darwin come fatti sicuri. In-

66/ Cfr. G iorgio I srael, A na M illAn G asca, The Biology o f Numhers. The Correspondence ofVito Volterra on Mathematical Biology, Springer Basel AG, BaselBoston-Berlin, 2002, p. 169. 67/ Ivi, p. 171.

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Il Mondo nuovo come progetto sociale vece bisogna riconoscere che dal 1859 a oggi, per merito di Darwin anzitutto, le conoscenze zoologiche hanno fatto grandissimi progres­ si. Quanto allora sembrava sicuramente documentato oggi non ci sembra più così sicuro. Perciò dobbiamo cercare prove nuove, fat­ ti nuovi. Non si può quindi riesumare la teoria darwiniana senza appoggiarla su fatti nuovi. I fatti vecchi sono stati esaurientemente esaminati e discussi. D i fatti nuovi però finora non se ne vedono. A l momento attuale l’ultima evoluzione che abbia avuto una sicura dimostrazione sperimentale è quella delle mutazioni. Ma queste non dimostrano l’evoluzione darwiniana,68

La teoria darwiniana è attivamente sostenuta solo in ambi­ to anglosassone. Trattandosi dello stesso periodo della vicenda Scopes, si può comprendere al meglio com e la linea processuale scelta da Bryan sia errata in vista di accattivare l’opinione pub­ blica. Invece di im postare il baricentro dello scontro giudiziario sul rapporto tra scienza e fede, Bryan avrebbe dovuto fare leva su tre punti: 1. 2. 3.

il problem a è nel legame tra darwinismo, eugenetica e raz­ zism o, non nella teoria scientifica; la teoria scientifica gode in quel m om ento di scarsa for­ tuna; non può esserci alcuna incom patibilità tra teoria darwinia­ na e fede religiosa.

Puntando invece tutto sulla contrapposizione scienza-fede, come già detto, Bryan ottiene l’effetto contrario, quello di far dim enticare le d ifficoltà scientifiche della teoria, la cui unica funzione è diventata quella di legittim are le scelte socio-econ o ­ miche m althusiane. 68/

Ivi, p. 178.

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L’ultimo uomo C om e evidenziato da U m berto D ’A ncona, negli anni Trenta, sop rattu tto in Inghilterra, si sta lavorando a una nuova form u­ lazione della teoria darwiniana. Tra coloro m aggiorm ente dediti a questo com pito vi è Jo h n Burdon Sanderson H aldane, che nel 1932 pubblica The C au ses o f E v o lu tio n , in cui espone le sue idee sulla genetica delle popolazioni. H aldane ha già espresso le sue p o sizion i sull’eugenetica nel saggio D ae d alu s: or Science a n d thè Future, del 1924, in cui af­ fronta gli effetti, poi ripresi da Julian S. H uxley in un articolo del 1936, della separazione della funzione sessuale, considerata solo com e fonte di sod disfazion e psicologica, da quella ripro­ duttiva: Una volta che le implicazioni della biologia evoluzionistica saranno interamente afferrate, l’eugenetica diverrà inevitabilmente parte del­ la religione del futuro, o comunque del complesso di sentimenti che nel futuro potrà prendere il posto della religione organizzataN

Particolarm ente significativa è l’am icizia di H aldane con lo scrittore A ldous H u xley (1894-1963), fratello di Julian , che in un rom anzo intitolato B rav e N ew World, del 1932, prefigura una società governata dai principi dell’eugenetica. Il rom anzo di Huxley, chiaramente ispirato dal lavoro di H aldane, rientra nella categoria della narrativa distopica, anche se l’im parzialità e il distacco dell’autore po sson o far pensare ad un’utopia lette­ raria vera e propria. N el M ondo N u o v o è possibile individuare le caratteristiche della società del futuro proposte da H uxley: 1.

abolizione della famiglia e divieto di pronunciare i termini “padre” e “madre” ;

69/ J ulian S orell H uxley, Eugenia and Society, in «Eugenics Review», voi. 28 (1936), p. 20.

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Il Mondo nuovo come progetto sociale 2. 3. 4.

separazione della funzione riproduttiva dal sesso; sessualizzazione dell’infanzia; educazione scolastica “scientifica” e condanna delle scelte didattiche precedenti; 5. uso di tecniche di manipolazione psicologica della popola­ zione; 6. eliminazione della gravidanza mediante l’uso di feconda­ zione artificiale e gestazione artificiale; 7. impiego di “cinture malthusiane” per portare con sé i con­ traccettivi; 8. sessualità “liquida” con coppie altamente variabili all’inse­ gna dello slogan “ciascuno è di tutti” ; 9. uso dell’eugenetica per programmare classi sociali costitu­ ite da individui adatti alle differenti mansioni della società; 10. sforzo di contrastare l’età: nel M ondo N u ovo nessuno deve apparire vecchio; 11. introduzione dell’eutanasia per le persone oltre un certo limite di età; 12. legalizzazione della droga per sedare il m alcontento sociale; 13. nascita di una nuova religione secolare con appositi riti, ba­ sati principalmente sull’uso di droghe; 14. segregazione sociale ed eventualmente fisica dei “selvaggi” oscurantisti che rifiutano tali regole.

Haldane nel 1924 e Aldous H uxley nel 1932 continuano dun­ que a farsi fautori di un darwinismo sociale di tipo spenceriano-malthusiano, nonostante la teoria scientifica su cui si basano sia in difficoltà. Le idee espresse nel romanzo di Aldous Huxley sono ferocemente criticate da Clive Staples Lewis (1898-1963), autore tra l’altro delle Cronache d i N arn ia, che accusa H uxley di scientismo, rispondendo al m ondo concepito dagli eugenisti con una trilogia fantascientifica il cui protagonista, Weston, è ispirato proprio ad Haldane.

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L’ultimo uomo A sua volta Haitiane critica la trilogia di Lewis in un articolo intitolato “Auld Hornie, F.R .S.” , dove Auld Hornie è il nome dato dagli scozzesi al diavolo e f . r . s . è la sigla dei membri della Royal Society. Anche G.B. Shaw propone in un suo lavoro le idee della società eugenetica ricevendo una critica tagliente dall’amico G .K . Chesterton. N el suo Pigm alione, Shaw narra infatti la storia di una povera fioraia che, a causa di una scom m essa, viene istruita da un pro­ fessore per essere inserirta nell’alta società. L’esperim ento però fallisce quando la ragazza non riesce ad adattarsi e fugge via. U na storia, dunque, sull’im possibilità per un individuo di una clas­ se inferiore di scalare la piramide sociale. N on ostan te l’opinione contraria di Shaw, pubblico e produttori insistono per cambiare il finale. N el 1964 ne viene tratta una versione cinem atografica con il titolo My F a ir L ad y , che l’anno successivo si aggiudica ben otto premi Oscar. La separazione invalicabile tra le classi sociali richiama quanto sostenuto da Julian Huxley nel suo intervento alla Società Euge­ netica del 1936, e precedentemente, da Aldous Huxley nel Mondo N u ovo, in cui l’autore immagina che le differenti classi sociali siano predeterminate biologicamente in modo tale che ciascuno sia felice di svolgere il proprio ruolo. Quelle più umili hanno un basso Qi e sono contente della loro situazione senza sognare di appartenere a una classe superiore. D i contro, gli appartenenti alle classi superiori beneficiano della loro condizione senza ritenere che gli inferiori su­ biscano un qualsiasi tipo di sfruttamento. Che l’eugenetica e il mathusianesimo non siano un m odo per af­ francare la popolazione dalla povertà ma, al contrario, per mantene­ re i poveri stabilmente nella loro condizione è quanto sostiene Chesterton nel 1922 in un articolo intitolato Eugenics an d Other Evils, nel quale denuncia come la povertà diffusa nella popolazione sia uno strumento per evitare di aumentare i salari e ridurre i profitti:

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Il Mondo nuovo come progetto sociale Ma Mr. Rockefeller, nella sua fabbrica , sa che se quelli che passano sono carichi di beni essi tireranno dritti. Egli vuole quindi (anche se in un modo pio) pregare che essi siano indigenti, e così siano forzati a lavorare nella sua fabbrica per un salario da fame.

Com e correttamente interpretato da Marx, la società inglese vede nel suo modello socio-econom ico e naturalistico «un motivo decisivo per la società umana a non emanciparsi mai dalla sua natura animale».

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V ili. Julian Huxley e l’ingegneria sociale del dopoguerra

Le difficoltà del darwinismo si concludono nel 1942 con la pub­ blicazione da parte di J.S. Huxley del libro Evolution: The M odem Synthesis. Solo quattro anni dopo, J.S. Huxley viene chiamato a pre­ siedere I’ u n e s c o , la nuova agenzia dell’appena costituita o n u , per lo sviluppo dell’educazione, della scienza e della cultura. In quello stes­ so anno elabora un documento programmatico dal titolo UNESCO, il suo scopo e la sua filosofia 70, nel quale non solo si riportano i pro­ grammi malthusiani ed eugenetici, ma si spiega la loro attuazione. Intanto Stati Uniti e Inghilterra, usciti vincitori dalla Seconda guerra mondiale, sperimentano le prime modalità di soft-power per influenzare culture, valori e istituzioni europee in vista di creare un saldo blocco Occidentale in contrapposizione a quello sovietico, così come ha stabilito la conferenza di Yalta. Attraverso il finanzia­ mento e l’ingerenza (e indiscutibile è il ruolo di organi quali la c i a ) nel campo del giornalismo e dell’editoria, della discografia e della cinematografia, gli u s a portano nel vecchio continente la loro way oflife insieme ai dollari del Piano Marshall. Al ritmo del rock’n’roll fanno il loro ingresso nel mercato tutta una serie di mode e riferi­ menti culturali che stravolgono l’immaginario collettivo delle nuove generazioni.

70/ J ulian .S. H uxley, Unesco : Its Purpose and Philosophy, .

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L’ultimo uomo di H uxley è stata concepita come veicolo istituzio­ nale per operare questa rivoluzione antropologica. L’analisi del docum ento program m atico del 1946 offre indicazioni significa­ tive per comprendere la direzione operativa. N e ll’idea di Huxley, la nuova agenzia non si limita a prom uo­ vere la conoscenza reciproca tra le diverse culture esistenti e le opportunità tra i vari paesi. L’obiettivo è quello di proporre una “filosofia” di lavoro, una “ipotesi” sull’esistenza umana e i suoi scopi71. Tuttavia I’ u n e s c o non ha punti di riferimento culturali, ide­ ologici, econom ici o religiosi, ma un approccio basato su una «qualche form a di um anesim o»72, e si tratta di «um anesim o scien­ tifico», nel senso che alla scienza soltanto si affida il com pito di rispondere delle questioni culturali. Il termine “um anesim o” (’h u m an ism ’ nell’originale) è citato sei volte nella stessa pagina. Tuttavia, rispetto alla tradizionale definizione di um anism o, nel docum ento si allude precisamente all’evoluzionism o. Infatti, il m anifesto program m atico espone la concezione di una natura umana priva di caratteristiche statiche e fisse: L’ u n e s c o

È essenziale per l’Unesco adottare un approccio evolutivo. Se non lo facesse, la sua sarà una falsa filosofia. Il suo umanesimo, nel migliore dei casi sarebbe parziale, nel peggiore fuorviante. Noi giustificheremo questa affermazione in dettaglio più avanti. Qui è solo necessario ricordare che negli ultimi decenni è stato possibile sviluppare una teoria estesa o generale dell’evoluzione che può fornire la necessa­ ria impalcatura intellettuale per l’umanesimo moderno. Non solo ci mostra il posto dell’uomo nella natura e le sue relazioni con il resto dell’universo fenomenico, non solo ci dà una descrizione dei vari tipi

71/ Ivi, p. 6 (TdA). 72/ Ivi, p. 7.

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]ulian Huxley e Vingegneria sociale del dopoguerra di evoluzione e le varie tendenze e direzioni al loro interno, ma ci permette di distinguere le tendenze desiderabili e indesiderabili, e per dimostrare l’esistenza del progresso nel cosmoP

D opo aver ricordato la rinascita del darwinismo con la form u­ lazione della Sintesi M oderna, H uxley cita il libro del suo antenato Thom as, l’importantissimo Evidence as to M an ’s Place in N ature, del 1863, nel quale si argomenta circa la discendenza dell’uomo e della scimmia da un comune antenato, e si afferma con grande chiarezza cha dalla teoria scientifica derivano le scelte desiderabili e quelle indesiderabili.

Una volta definite le basi teoriche del modello antropologico proposto dall’UNESCO, indiscutibili perché blindate dall’autorevo­ lezza della scienza, J.S. Huxley può così proporre una filosofia de­ finita “umanista”. Quando una persona come J.S. Huxley impiega un termine come “humanist”, lo fa con un riferimento ben preciso e indivi­ duabile: nel 1933 compare il Prim o M anifesto della società um ani­ sta, una teorizzazione del superamento delle religioni tradizionali. Ad avvalorare questo riferimento è la sottoscrizione di Huxley al Secondo M anifesto della società um anista del 1973, nel quale è riba­ dita la necessità di porre fine alle confessioni monoteistiche, insie­ me alla critica e al rifiuto delle diverse ideologie politiche, proprio come sostenuto nel documento programmatico dell’uNESCO. N el manifesto del 1973, al secondo punto, si afferma chiara­ mente che sia le dottrine politiche sia quelle religiose costituisco­ no un ostacolo al progresso umano, e infatti I’ u n e s c o non se ne fa promotrice. A l terzo punto si riporta la volontà di svincolare l’etica da principi immutabili per annetterla ad «interessi umani e necessità» e negare questo nuovo nesso «distorcerebbe le stesse basi della vita». 73/ Ibidem.

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L’ultimo uomo A l quinto punto si rigettano i codici morali di qualsiasi origine, religiosa o ideologica, che «denigrino l’individuo, sopprimano la libertà, offuschino l’intelletto, deumanizzino la personalità». Tale rifiuto favorisce una società pronta a spostare il suo interesse dai doveri ai diritti individuali, in continuità con l’utopia di Voltaire, dove la tolleranza e l’intolleranza (termine con il quale può essere bollato qualsiasi giudizio etico) sono i due poli regolatori dei cri­ teri di giusto e sbagliato. A l sesto punto si condanna l’etica sessuale caratteristica delle religioni ortodosse, definita “intollerante”, perché mira a repri­ mere determinati comportamenti. Si afferma inoltre a il diritto al controllo delle nascite e all’aborto. Al settimo punto si sostengono l’eutanasia e il suicidio. Infi­ ne, tra le questioni particolarmente rilevanti, vi è quella della “pri­ vacy” , un argomento di prim ’ordine eppure stranamente margi­ nale rispetto agli altri, ma che invece denota lo spostam ento del campo d’interesse dalla dimensione sociale a quella privata. Il programma umanista del 1973 appare, a oltre quarantanni di distanza, il ruolino di marcia che ha guidato la società occidentale e la fucina di menti illuminate che hanno indicato la direzione da seguire. Il manifesto, infatti, reca firme importanti. O ltre a quella di J.S. Huxley, troviamo quella del N obel per la medicina nel 1965 e autore del bestseller II caso e la necessità, Jacques M onod, l’autore di fantascienza Isaac Asimov, lo scopritore della struttura del dna e N obel per la medicina nel 1962 Francis Crick. Per questi intellet­ tuali viene coniata l’espressione “brigbt an d best” . Tornando al documento programmatico dell’UNESCO del 1946, a pagina 15 rintracciamo una dichiarazione molto importante ri­

guardo il concetto di democrazia: E u n ESCO deve guardarsi dalla tendenza, diffusa in certi ambienti, di ridurre tutto in termini quantitativi, come se la conta delle teste fosse

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]ulian Huxley e l ’ ingegneria sociale del dopoguerra più importante di quello che è in esse contenuto. Questa tendenza a pensare solo principalmente in termini di quantità è parzialmente un riflesso della nostra epoca di produzione di massa, ma in parte è dovuta alla degenerazione e al fraintendimento dei principi della democrazia, in un modo piuttosto simile a quello con cui il naziona­ lismo militarista è stato fondato su un fraintendimento dei principi di Darwin.

In questo passaggio Huxley opera uno stravolgimento del con­ cetto di democrazia, ribaltando completamente la definizione eti­ mologia che conferisce al popolo (’dem os’) il potere (’kratos’) per stabilire una gerarchia tra le opinioni. Q uesto estratto esprime invo­ lontariamente un concetto che nella migliore delle ipotesi potrem ­ mo definire aristocratico o oligarchico. N el suo pensiero si delinea la necessità di attribuire un ruolo guida alle menti migliori, i già citati hright an d hest. Interessante la frase di chiusura, nella quale in modo inatteso si paragona il “fraintendimento” della democrazia a quello del darwinismo da parte dei nazionalismi militaristi. Qui il riferi­ mento alla Germania nazista è evidente e rivela un punto dolente: l’influenza che il darwinismo ha esercitato sull’ideologia nazista. Alla fine del documento, poco prima delle conclusioni finali, si esplicita con chiarezza quali mezzi debbano essere impiegati per far accettare alla maggioranza le idee della minoranza illuminata. Il me­ todo proposto è l’impiego di tecniche di propaganda: Prendendo le tecniche di persuasione e di informazione, e di vera e propria propaganda che abbiamo imparato ad applicare a livello na­ zionale in guerra, e piegandole deliberatamente a scopi intemazionali di pace, se necessario utilizzandole, come immaginò Lenin, per 'vince­ re la resistenza di milioni’ verso un cambiamento desiderabile.7*

74/ Ivi, p. 60.

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L’ultimo uomo L’ UNESCO di H uxley è pensata com e uno strum ento utile a orientare l’opinione pubblica verso scelte considerate “desidera­ bili” dai bright a n d best, e le tecniche di persuasione e di propa­ ganda alle quali H uxley si riferisce son o quelle che durante la Prima guerra mondiale mette a punto Edward Bernays (18911995). Q uesti è il nipote di Sigm und Freud e tra i suoi successi si annovera la cam pagna per l’entrata degli Stati U niti nel primo conflitto mondiale il 6 aprile 1917. Bernays riesce ad aumenta­ re un consenso popolare allora scarso. Il presidente W oodrow W ilson, a pochi giorni di distanza, il 13 aprile 1917, è addirittura costretto ad istituire il Com m ittee on Public Inform ation, con il com pito di orientare l’opinione pubblica in favore delle scelte del governo. E interessante notare come il termine “Inform ation” venga im piegato per un ente che si occupa di propaganda. Bernays en­ tra a far parte del com itato. L’azione si sviluppa con la diffusione capillare di com unicati stam pa, m anifesti e produzioni cinem ato­ grafiche. Il prodotto più noto di quello sforzo è il fam osissim o m anifesto con lo Zio Sam che punta il dito verso lo spettatore sull’insegna che recita « I Want Y oufor U S A rm y». A Bernays, inoltre, va il merito del successo dello zio Sig­ mund Freud negli Stati Uniti. A ncor prim a di aver m esso piede dall’altra parte dell’A tlantico, lo psicanalista, grazie al contributo del nipote, è reso oggetto di una cam pagna pubblicitaria che lo riveste di una notoriertà considerevole. Bernays si interessa dei com portam enti delle m asse e le teo­ rie dello zio sull’inconscio gli offrono buoni elementi tecnici per sfruttare le forze nascoste nella psiche umana e condizionarla in una determinata direzione. L’occasione per applicare le teorie di Freud alle tecniche di m anipolazione di m assa si presenta non appena YAmerican Tobacco company (produttrice delle sigaret­ te Lucky Strike), per raddoppiare la sua base di m ercato, decide di indurre al consum o di sigarette le donne, che all’epoca sono

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]ulian Huxley e Vingegneria sociale del dopoguerra estranee al fumo. È così che nel 1929, durante la tradizionale parata di Pasqua che si svolge a Broadway, Bernays assolda un gruppo di suffraggette che al m om ento convenuto estraggono e si accendono le sigarette di fronte al pubblico e ad una troupe di giornalisti avvertita appositam ente per l’evento. A ll’indomani l’esito è quello sperato: le sigarette sono ribattezzate «torce della libertà», un sim bolo di em ancipazione femminile. Il vero scopo dell’iniziativa, puramente commerciale, è rim asto nascosto. N el 1928 Bernays pubblica il libro Propagan da in cui, nell’in­ cipit del primo capitolo, intitolato “O rganizzando il caos” , si legge: L a manipolazione consapevole ed intelligente delle opinioni e delle abitudini delle masse è un elemento importante nella società demo­ cratica. Coloro che manipolano questo meccanismo nascosto della società costituiscono un governo invisibile che è il vero potere che domina il nostro paese,

Meno di vent’anni dopo, nel documento programmatico dell’uNESCO, J.S. Huxley vi fa indirettamente riferimento: Prendendo le tecniche di persuasione e di informazione, e di vera e propria propaganda che abbiamo imparato ad applicare a livello nazionale in guerra [le adoperiamo] per vincere la resistenza di milioni verso un cambiamento desiderabile.

M a un altro cam biam ento avviene in quegli anni: il passaggio da una società dei bisogni ad una dei desideri. Il banchiere Paul M azur della Lehm an Brothers dice in proposito: Dobbiamo cambiare l’America da essere una cultura dei bisogni, ad essere una cultura dei desideri. Bisogna insegnare alla gente a vole­ re cose nuove, anche prima che le cose vecchie siano state consumate

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L’ultimo uomo del tutto. Dobbiamo formare una nuova mentalità in America. I desideri dell’uomo devono mettere in ombra le sue necessità.n

Se nella percezione collettiva i desideri sostituiscono i bisogni, un’ulteriore tappa è quella di spostare il concetto di “ diritto” dalla dimensione della necessità a quella della volontà individuale.

75/ N orbert H àring , N iall D ouglas, Economisti and thè Powerful: Convenient Theories, Distorted Facts, Ampie Rewards, Anthera Press, Londra, 2012, p. 17.

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IX. La rivoluzione sessuale

Pochi argomenti sono stati oggetto di una percezione distorta quanto il ruolo della sessualità e la sua storia. Dire che la sessualità abbia un ruolo nella società è un’ow ietà. O gni epoca ha avuto una serie di norme comportamentali da rispettare. Intorno all’argo­ mento, tuttavia, si è consolidata una visione storicamente errata. E opinione largamente diffusa che in passato le manifestazione della sessualità siano state generalmente represse fino al ’68, con la “liberazione” (ricordiamo gli slogan «il corpo è mio e decido io» o «vietato vietare») dai tabù e dagli obblighi. Q uesta semplificazione soccom be di fronte ad un’indagine accurata sulla considerazione sociale della sessualità, almeno per quel che riguarda l’O cciden­ te, e porta a concludere, al contrario, che essa sia sostanzialmente libera fino al xvn secolo. U n ’affermazione che può apparire sor­ prendente, è vero. D ’altra parte, pochi hanno cercato di verificare come stessero veramente le cose nel passato. U no di questi è stato Michel Foucault, che negli anni Settanta pubblica un saggio, L a volontà di sapere, nel quale si legge: Ancora all’inizio del xvn secolo esisteva, si dice, una certa franchez­ za. Le pratiche cercavano raramente il segreto; le parole erano dette senza eccessiva reticenza, e le cose senza troppa simulazione; si aveva

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L’ultimo uomo coll’illecito una familiarità tollerante.76

Q ueste parole sono scritte nel 1976, in piena rivoluzione ses­ suale. Michel Foucault, filosofo e sociologo francese, dalla sua posizione progressista di uom o di sinistra, om osessuale e per­ sino difensore della pedofilia, non è certamente sospettabile di simpatie preconcette verso il passato in generale e la tradizione dell’Europa cristiana. Al contrario dell’opinione corrente - allora com e oggi - per cui la repressione sessuale è stata una caratteristi­ ca della nostra società a partire dalla caduta dell’Im pero romano, Foucault m ostra che l’ epoca d’inizio coincide con il x v i i secolo: I l XVII secolo sarebbe l’inizio di un’epoca di repressione, caratte­ ristica delle società che chiamiamo borghesi, e da cui forse non ci saremmo ancora completamente liberati. Nominare il sesso sarebbe stato da quel momento più difficile...77

La nascita del capitalismo e l’affermarsi della classe borghese cambiano profondam ente la percezione della sessualità e del suo ruolo sociale. E in quel periodo che nascono i primi, veri tabù ses­ suali, ottenendo invero l’effetto opposto: le nuove regole della “ decenza” hanno come risultato una «valorizzazione ed un’inten­ sificazione della parola indecente»78. D el sesso si smette di parlare in m odo sereno e si comincia a trattarne m orbosamente, con le fobie tipiche dell’Inghilterra vittoriana, oppure tecnicamente, in termini medici. Il sacramento della confessione, in qualche modo, è ripreso e trasform ato in forma laica: «N asce verso il xvm secolo un’incitazione politica, economica, tecnica a parlare del sesso »79.

76/ M ichel F oucault, L a volontà di sapere, Feltrinelli, Milano, 2009, p. 9. 77/ Ivi, p. 19. 78/ Ivi, p. 20. 79/ Ivi, p. 25.

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La rivoluzione sessuale D el sesso si parla ora senza pretendere di condannarlo o tolle­ rarlo, ma di “amministrarlo” per il bene di tutti. E il periodo sto ­ rico nel quale si sviluppano le idee socio-economiche di Thom as Robert Malthus, e in cui il controllo dem ografico si afferma come m etodo di gestione dell’economia e della civil society. Q uesto m o­ mento segna anche il passaggio dal concetto di “popolo” a quello di “popolazione” , che per definizione si vuole oggetto di studi e indagini statistiche. E perciò errato ammettere che sul sesso cali il silenzio. Il sesso degli adolescenti diventa un problema medico al quale corrisponde il fiorire di un’ampia letteratura prescrittiva, fatta di precetti, indi­ cazioni, casi clinici e problematiche. Viene in qualche m odo m ono­ polizzato da una classe, o ceto, di esperti in materia sotto il nome di “educazione sessuale”. Il sesso è argomento di discussione e di controllo da parte delle istituzioni, e la sessualità viene interpreta­ ta in relazione ai rischi di patologia psichica, moltiplicando i casi ritenuti “criminali” . La prospettiva sessuale si estende ovunque, e ciascuno, come per un imperativo non dichiarato, deve fare della propria sessualità un discorso permanente. Foucault conclude che nessun’altra società abbia mai accumulato una così grande quantità di discorsi sul sesso come la nostra. L’epoca moderna ha catalogato il sesso all’interno delle discipline demografiche, mediche, biologi­ che, psichiatriche, pedagogiche e politiche. Ma un altro passaggio si attua nel corso dell’O ttocento, quando il com portam ento sodo­ mita non corrisponde più ad un’azione in particolare, ma ad una categoria patologica dell’essere. Se fino a quel m om ento il sostan­ tivo “sodom ia” indica un’azione che chiunque può compiere senza che la sua qualità di essere umano muti (così come chi compie un furto non è annoverato in una categoria umana a parte), ora nasce la categoria di un “ tipo” distinto dagli altri in virtù di un com por­ tamento che da azione diventa sostanza: L a sodomia —quella degli antichi diritti civile o canonico - era un

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L’ultimo uomo tipo particolare di atti vietati; il loro autore ne era soltanto il soggetto giuridico. L’omosessuale del xix secolo è invece diventato un perso­ naggio: un passato, una storia ed un’infanzia, un carattere, una for­ ma di vita; una morfologia anche, con un’anatomia indiscreta eforse una fisiologia misteriosa. Nulla di quel che egli è complessivamente sfugge alla sua sessualità. Essa è presente in lui dappertutto: soggia­ cente a tutti i suoi comportamenti poiché ne è il principio insidioso ed indefinitamente attivo... Gli è consustanziale più come una natura particolare che come un peccato d’abitudine .80

N el 1870, infatti, lo psichiatra tedesco Karl Friedrich O tto Westphal pubblica un articolo sulle «sensazioni sessuali contrarie». C o n la patologizzazione dei sodom iti segue quella dei feticisti, de­ gli zoofili, degli esibizionisti ecc., una classificazione che aspira a dare una realtà analitica ai soggetti. A detta di Foucault questo fe­ nomeno è un meccanismo di “solidificazione” di tutte le possibili sessualità aberranti: Esclusione di queste mille sessualità aberranti? No, specificazione piuttosto, solidificazione di ciascuna di esse. Si tratta, disseminando­ le, di diffonderle nel reale e d ’incorporarle all’individuo.81

La famiglia del xix secolo incorpora questa visione affiancando alla sua natura di cellula monogamica quella di rete connettiva di piaceri-poteri. La rigida separazione degli ambienti tra ragazzi e ragazze, l’importanza attribuita alla pubertà, i discorsi sui pericoli della masturbazione, l’incitamento alla sorveglianza: tutto concor­ re ad inserire nella famiglia una rete com plessa costituita da ele­ menti di sessualità frammentaria e mobile che, ancora una volta, da inibente nelle intenzioni si trasform a a incentivante nei fatti. 80/ Ivi, p. 42. 81/ Ivi, p. 43

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La rivoluzione sessuale La società moderna è perversa, ma non come reazione all’ipocrisia o come effetto del fallimento del puritanesimo. Lo diventa con il fatto stesso della creazione di varie tipologie di sessualità e con la classificazione di quelle eretiche, con la proliferazione di piaceri specifici e sessualità disparate. Q uesta trasform azione della sessualità non è possibile senza l’intervento di un fattore inedito, una sorta di “dottrina” ricono­ sciuta da tutti come vera per definizione e insindacabile: la scienza. Poiché, nel m omento stesso in cui la scienza medica si occupa del sesso, lo rende patologico. La scienza pone l’attenzione sulla m orbosità ma lo fa con le ar­ gomentazioni più elusive, incita ai piaceri e al tem po stesso tempo detta norme: ...siponeva come istanza sovrana degli imperativi d ’igiene, unendo le vecchie paure delle malattìe veneree con i nuovi temi dell’asepsia, i grandi miti evoluzionisti con le istituzioni recenti della salute pub­ blica; pretendeva di assicurare il vigore fisico e la pulizia morale del corpo sociale; prometteva di eliminare i titolari di tare, i degenerati e le popolazioni imbastardite. In nome di un’urgenza biologica e stori­ ca, giustificava i razzismi di stato, allora imminenti. Anzi, li fondava come “verità”.82

La scienza è la nuova morale che vigila sui rapporti sessuali. Il controllo e la repressione non sono dettati dalle consuetudini morali o da un’etica religiosa, ma dall’imperativo positivista di ga­ rantire il progresso dell’umanità. Proprio in questo momento na­ sce la disciplina eugenetica, destinata a diffondersi su entrambe le sponde dell’Atlantico, ispirando le politiche sull’immigrazione e sui “deboli di mente” negli u s a , nonché il perseguimento della pu­ rezza razziale in Germania. Il controllo delle pulsioni negli adole82/ Ivi, p. 50

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L’ultimo uomo scenti è un modo per esercitare una pressione sulle scelte riprodut­ tive, avviate razionalmente nella direzione di una biologia sociale. Gli studi di Freud non sono altro che un’espressione di questo processo. La continua ricerca di una presunta verità connessa alle inclinazioni sessuali è la “patologia” di un’epoca più che un’idea di Freud. C on la psicanalisi la confessione diventa uno strumento medico a cui non è possibile sottrarsi se si vuole conoscere se stes­ si. N ella confessione psicanalitica, a differenza di quella religiosa, non contano più solo le azioni. Lo psicanalista deve conoscere i pensieri, le ossessioni, le immagini della fantasia. Dalla confessio­ ne degli atti sessuali compiuti si passa alla confessione dei piaceri. D ice ancora Foucault: Cosa chiediamo al sesso, al di là dei suoi piaceri possibili, per osti­ narci a tal punto? Perché questa pazienza o questa avidità di costitu­ irlo come il segreto, la causa onnipotente, il senso nascosto, la paura che non lascia tregua ? E perché il compito di scoprire questa difficile verità si è alla fine capovolto in un invito ad eliminare i divieti e a rimuovere gli ostacolif183

A detta di Foucault il sesso è stato identificato come uno stru­ mento: la sessualità è un punto di passaggio tra le relazioni di po­ tere che uniscono non solo uomini e donne ma anche giovani e vecchi, genitori e figli, educatori e alunni, e persino un governo e la popolazione. Foucault fa la seguente considerazione: nelle società pre-moderne i legami sessuali sono all’origine di un dispositivo di alleanza. A partire dal matrimonio si sviluppa un sistem a di parentele reso visibile dalla trasm issione dei nomi e dalla successione dei beni. C o n il mutare dei sistem i economici e delle strutture politiche questo dispositivo perde importanza, tanto da richiedere una mo83/ Ivi, p. 71.

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La rivoluzione sessuale dificazione radicale. C on il xvm secolo il cambiamento arriva non per eliminazione ma per sovrapposizione: al sistem a fondato sulla famiglia si antepone il dispositivo di sessualità, che come quello di alleanza si basa sui partner sessuali, ma secondo una m odalità com ­ pletamente differente. C on grande anticipo Foucault percepisce quei meccanismi sociali che ad oggi m uovono la “società liquida” . Se il dispositivo di alleanza è caratterizzato da un sistem a di re­ gole fisse da rispettare, che stabiliscono con chiarezza il confine tra lecito e illecito, il dispositivo di sessualità è invece caratterizza­ to da tecniche di potere mobili, polim orfe e congiunturali. Il dispositivo di alleanza concerne la necessità di mantenere intatto un rapporto regolato da leggi ascritte che garantiscano la solidità del nucleo famigliare al di là della dimensione affettiva. Il dispositivo di sessualità è invece quello delle sensazioni del corpo e della qualità dei piaceri, è un dispositivo fluido. Il dispositivo di alleanza è disciplinato dal sistem a del m atrim o­ nio, dallo sviluppo delle parentele e dal sistem a della trasmissione dei nomi e del patrimonio. Q uesto com porta una valorizzazione del matrimonio legittimo e della fecondità, il divieto di unioni fra consanguinei e l’obbligo di endogamia sociale e locale. Il disposi­ tivo di sessualità fa della famiglia il luogo degli affetti, dei senti­ menti, dei piaceri e dell’incitamento alle verità sul sesso. C on un paragone preso in prestito alla biologia, Foucault mette in eviden­ za come il dispositivo di alleanza sia finalizzato a una “om eostasi” del corpo sociale, termine che indica la capacità di un organism o di reagire ai cambiamenti esterni ripristinando le condizioni interne iniziali e ottimali. Q uesta funzione conservativa spiega il legame con il diritto e la normalizzazione del rapporto in base alla facoltà riproduttiva. Il dispositivo di sessualità invece sostituisce la riproduzione con la proliferazione delle pratiche sessuali, l’innovazione, l’inven­ zione, che attengono così capillarmente ai corpi da permettere di controllare le popolazioni in scala globale.

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L’ultimo uomo Ricapitolando, la storia della sessualità negli ultimi secoli ha se­ guito logiche di potere secondo le due seguenti direzioni:

1. a partire dal xvii secolo vi è una crescita esponenziale dell’indagine sul sesso fino a svincolare la sessualità dalla dimensione riproduttiva e inglobarla in un più ampio stu­ dio del corpo come elemento dei rapporti di potere; 2.

i dispositivi di alleanza e di sessualità sono stati da quel m o­ mento compresenti: non essendo possibile sostituire rapi­ damente il primo con il secondo, il dispositivo di sessualità si sovrappone a quello di alleanza, fino alla sua completa destituzione.

Se inizialmente il dispositivo di alleanza conferisce alla sessua­ lità una form a giuridica, istituendo prima la legge e calandola poi come un’armatura sulla sessualità, il dispositivo di sessualità, con lo strumento della psicanalisi freudiana, compie l’operazione op­ posta, impartendo cioè le regole della sessualità all’alleanza sociale. La strategia con la quale il dispositivo di sessualità si impone nel xix secolo si articola in quattro punti: 1. 2. 3. 4.

sessualizzazione del bambino; isterizzazione della donna; specificazione dei perversi; regolazione delle popolazioni.

Il x v i i secolo ha rappresentato il periodo di transizione della ge­ stione della sessualità dall’ambito religioso a quello tecnico-amm i­ nistrativo. L’etica religiosa viene sostituita da un’etica laica persi­ no più rigorosa, la quale fonda l’insindacabilità dei propri precetti sull’autorità della scienza, incarnata da discipline come la pedago­ gia, la medicina e l’economia, in particolare quella malthusiana. D a qui in poi il sesso diventa un affare di Stato.

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La rivoluzione sessuale N el frattempo le recenti scoperte delle scienze naturali trovano un punto di congiunzione tra le pratiche sessuali e la riproduzione della specie. Mentre in passato il sesso poteva trasmettere malattie infettive, ora ad essere trasmesse sono le malattie genetiche. Per questo motivo lo Stato moderno si arroga il diritto di intervenire nella gestione della sessualità. In tal senso, secondo Foucault, le più importanti innovazioni del xix secolo sono l’invenzione di una vera e propria medicina delle perversioni e le teorie dell’eugenetica. D i fatto, rispetto all’a­ ristocrazia che fonda la purezza della discendenza dal “ sangue” , la borghesia parla di una purezza della “razza” . Il sangue nobile della borghesia è dettato dai criteri eugenetici, a garanzia di una discen­ denza priva di difetti. Siamo ai prodrom i ideologici del razzism o. L’idea stessa di eu­ genetica presuppone l’esistenza di caratteri genetici superiori o quantomeno desiderabili rispetto ad altri, e se questo vale all’in­ terno di una determinata popolazione, a maggior ragione, con­ frontando i caratteri di popolazioni diverse, è possibile individuare etnie geneticamente apprezzabili e altre meno. Inoltre, con la nascita di nuove categorie sessuali - om oses­ suali, feticisti, m asochisti, ecc. - al dualismo maschio-femmina si sostituisce una molteplicità di appartenenze che stigm atizzano il soggetto a vita. Mentre la confessione religiosa si propone di li­ berare il peccatore dal senso di colpa successivo alla trasgressione, nella psicologia freudiana (ma non necessariamente di Freud, che ne I I disagio della civiltà si oppone drasticamente alla liberazione dai tabù) la verità scientifica sul sesso svolge una funzione diame­ tralmente opposta: rimuove i divieti e le inibizioni. Sotto accusa, perciò, non è la trasgressione al divieto ma l’esistenza stessa del divieto. Q uesto ha com portato una profonda trasform azione del potere statale, delle sue modalità coercitive, e dei principi stessi sui quali si fonda il rapporto individuo-autorità:

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L'ultimo uomo .. .per una società in cui la carestia, le epidemie, le violenze rendono la morte imminente, il sangue costituisce uno dei valori essenziali... Società di sangue - stavo per dire sanguineità: onore della guerra o paura delle carestie, trionfo della morte, sovrano con la spada, boia e supplizi, il potere parla attraverso il sangue: questa è una realtà con funzione simbolica. N oi siamo, invece, in una società del ‘sesso’, o piuttosto che funziona sulla base della ‘sessualità’: i meccanismi del potere si rivolgono al corpo, alla vita, a ciò che la fa proliferare, a ciò che rafforza la specie, il suo vigore, la sua capacità di dominare o la sua disposizione ad essere utilizzata.84

U na volta instaurato il dispositivo di sessualità al p o sto di quello di alleanza, si realizza quello che Foucault definisce un “patto faustiano” : Quando l’Occidente, tanto tempo fa, scoprì l’amore, gli attribuì un prezzo abbastanza alto da rendere accettabile la morte; oggi è il sesso che pretende questa equivalenza, la più elevata di tutte.85

In definitiva, secondo Foucault le generazioni future si p o ­ trebbero interrogare sul perché, abbandonando una morale millenaria, abbiamo accordato al sesso un’im portanza del tutto inedita. Là dove noi vediam o la storia di una faticosa abolizione della censura, quelle generazioni vedranno la lunga avanzata di un com plesso dispositivo biopolitico «per far parlare del sesso, per fissarvi la nostra attenzione e la nostra preoccupazione, per farci credere alla sovranità della sua legge, mentre nei fatti siamo sotto l’azione dei meccanismi di potere della sessualità»86. U n a pietra miliare di questo percorso è la pubblicazione, nel

84/ Ivi, p. 130 85/ Ivi, p. 139. 86/ Ivi, p. 141.

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La rivoluzione sessuale 1948, del libro di A lfred Kinsey Sexu al B eh aviou r in thè H u m an M ale (’Il com portam ento sessuale dell’uom o’), che riscuote un vasto successo in tutto il m ondo con il nome di Rapporto Kinsey. G li fa seguito nel 1953 Sexual B eh av iou r in thè H u m an Fem ale (’Il com portam ento sessuale della donna’). Entram bi i saggi descrivono una società statunitense profon ­ damente diversa da quella com unemente percepita dagli america­ ni all’epoca. Secondo Kinsey, gli americani m ostrano apparente­ mente un volto rispettoso nei confronti dei valori e dei costum i condivisi, tanto forte è l’influenza del puritanesim o. Al di là della superficie puritana, Kinsey ritrae un quadro del tutto diverso. Secondo il suo rapporto la percentuale di maschi statunitensi che intrattengono un rapporto om osessuale almeno una volta nella vita è un sorprendente 37%; il 10% fino a tre anni, in un’età com ­ presa tra i 16 e i 55 anni. Inoltre il 50% degli uomini e il 26% delle donne hanno esperienze extraconiugali. Im m aginiam oci l’im pat­ to che dei risultati così sconvolgenti hanno avuto su tutta la p o ­ polazione. Tuttavia il campione utilizzato da Kinsey non è affatto rappresentativo della società americana: il 25% degli intervista­ ti rappresenta i carcerati e il 5% è costituito da uom ini che si prostituiscono. U n o dei m aggiori psicologi del tem po, Abraham H arold Maslow, afferm a che anche il restante 70% del campione non è rappresentativo, in quanto il solo fatto di avere acconsenti­ to a rispondere a delle domande sulla propria vita sessuale colloca i soggetti in una categoria dotata di una disposizione non com u­ ne sull’argom ento. Ben più gravi son o poi le accuse sollevate m olti anni dopo circa i dati sulla sessualità infantile. G ià nel 1998 un servizio gior­ nalistico intitolato I p ed ofili d i K insey avanza il dubbio che le ricerche effettuate sulle inclinazioni dei bambini provengano da racconti di abusi sessuali riferiti dai pedofili. Che i dati del rapporto Kinsey siano scientificam ente validi o meno, la rivoluzione sessuale è già iniziata, anche se l’immagine

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L’ultimo uomo dell’Am erica riportata dallo studioso con m olta probabilità non corrisponde alla realtà. C o n il rapporto Kinsey, infatti, tre delle quattro fasi individuate da Foucault, attraverso le quali nel XIX secolo si è im posto il dispositivo di sessualità, sono proposte al grande pubblico, e con una visibilità senza precedenti: 1. 2. 3.

sessualizzazione del bambino; isterizzazione della donna; specificazione dei perversi.

D all’elenco resta fuori solo il punto relativo al controllo della popolazione. Ma negli stessi anni in cui il prim o e il secondo rap­ porto Kinsey portano la discussione sul sesso in vasti strati socia­ li, due grandi eventi preparano il terreno a una politica mondiale di controllo delle nascite:

1.

nel 1952 nasce a Bom bay I’ ippf (International Planned Parenthood Federation), la Federazione Internazionale per la Pianificazione Familiare;

2. nel 1954 si svolge a Roma la Conferenza mondiale sulla popolazione promossa dall’oNU. Il rapporto Kinsey apre il dibattito sul sesso presso la clas­ se colta americana, ma il suo effetto si diffonde presso il ceto m edio, e si norm alizza grazie alla pubblicazione, nel dicembre del 1953, del prim o num ero della rivista Playboy, sulla copertina della quale appare M arylin M onroe, una testim onial d’eccezione nonché protagonista di una vasta film ografia destinata a entrare nella storia del cinema La sessualizzazione della vita degli americani si rivela un gran­ de business, risultato di una precisa strategia commerciale, se è vero che Kinsey e l’editore di Playboy, H ugh Hefner, non solo si

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La rivoluzione sessuale conoscono ma agiscono in m odo coordin ato87, e la coincidenza delle date conferma questa ipotesi. Playboy è uno dei principali canali di diffusione della rivo­ luzione dei costum i e della “liberazione” dalla repressione che l’etica borghese e puritana del capitalism o tradizionale im po­ ne a partire dal xvm secolo. Lo stesso Hefner, infatti, cresce in ambienti m etodisti, da una famiglia dell’Illinois, a cui deve, per contrappasso, questa sua visione libertina che riscuote subito un enorme successo. Il prim o num ero ha esaurito immediatamente la tiratura di 50mila copie, mentre quello di novembre del 1972 ha battuto ogni record con oltre sette milioni di copie vendute. Playboy serve quindi da apripista per la rivoluzione sessuale, ma anche da grimaldello ideologico per introdurre uno stile di vita alternativo. Al suo interno si dedica uno spazio di rilievo alle “Lettere al direttore” , una rubrica in cui i lettori leggono e con­ dividono tra loro visioni erotiche ed esperienze personali, m et­ tendo in discussione, anche in m odo irriverente, i tabù sessuali dell’epoca. C o n la pubblicazione del rapporto Kinsey e con la diffusione di Playboy, nella società americana della prima parte degli anni Cinquanta si avvia un cambiam ento che solo qualche anno più tardi, nel 1968, vede il dispositivo di sessualità manife­ starsi con tutta la sua potenza, al prezzo di una m arginalizzazione di quello di alleanza.

87/ E nrica P eruchietti, G ianluca M arletta, Unisex, Arianna Editrice, Bologna, 2014, p. 39.

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X. La rivoluzione psichedelica

Le droghe sono un elemento centrale del movimento hippie, ma la loro diffusione non è sufficiente a spiegare quanto accade all’epoca perché, storicamente, non rappresentano una novità. La conoscenza di sostanze ad azione psicotropa e stupefacente è già prerogativa dell’antichità classica. E noto che l’imperatore Marco Aurelio fa uso di oppio sciolto in alcol, un preparato già consiglia­ to da un altro nome fam oso della grecia antica, il medico Galeno, considerato il “padre” della farmacologia, tanto che ancora oggi i farmaci preparati nel laboratorio di un farmacista vengono chia­ mati “ galenici”. Q uasi venti secoli dopo ritroviamo l’oppio nelle fumerie, locali malfamati dell’Inghilterra ottocentesca, o in form a liquida, nelle preparazioni di laudano impiegate dalle classi elevate. In Francia nello stesso periodo si diffonde l’uso dell’assenzio, droga preferita dai poeti maledetti e immortalata nei dipinti di Manet, I l bevitore di Assenzio, del 1859, e di D egas, L’Assenzio. N el frattem po è stata la volta di Baudelaire, che scrive, nel 1860, 1 p arad isi artificiali, un libro sugli effetti di hascisc, oppio e alcol. Le droghe sono un sottoprodotto europeo millenario, ad uso esclusivo di una ristretta cerchia di persone. Quello che avviene in Occidente tra gli anni Cinquanta e Sessanta del N ovecento non è solo una riscoperta degli stupefacenti dopo un lungo periodo di illegalità, ma un processo di sponsorizzazione massiccia e inter-

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L’ultimo uomo classista. I nomi non sono più quelli di Rimbaud, Verlaine e Bau­ delaire ma quelli di G insberg, Kerouac e Burroughs, gli esponenti della beat generation, i poeti maledetti della cultura americana che rispetto ai protagonisti della bohème parigina parlano ad un’in­ tera generazione. N el 1959 Burroughs scrive II pasto nudo, il cui titolo è suggerito dall’amico Kerouac, dove si racconta il degrado connesso all’uso di eroina. Per i beat non ci sono più i paradisi artificiali di Baudelaire: A quel tempo vivevo in una stanza nel Quartiere Indigeno di Tangeri. Non facevo il bagno da un anno e non mi cambiavo né spogliavo se non per infilarmi un ago ogni ora nella grigia carne fibrosa e le­ gnosa che caratterizza la fase terminale della tossicodipendenza. Non pulivo né spolveravo mai la stanza. C ’erano scatole di fiale vuote e mucchi di immondizia alti fino al soffitto. Luce e acqua non veniva­ no più erogate da tempo perché non pagavo le bollette. Non facevo assolutamente nulla. Ero capace di guardarmi la punta della scarpa anche per otto ore di seguito.

M a Burroughs ha già intrapreso la ricerca di un tipo diverso di droga, di qualcosa che apra la mente verso nuove realtà; nel 1953 si è infatti dedicato alle antiche tradizioni sciamaniche e ha provato lo Yage, detto Ayahuasca o “liana dei m orti”, un preparato quasi m itologico a cui vengono attribuite capacità non solo allucinatorie ma telepatiche e paranormali. Descrive questa esperienza in un li­ bro del 1963, Le lettere dallo yage, che raccoglie la corrispondenza di viaggio intrattenuta con l’amico Alien Ginsberg. Q ualche anno prima, nel 1938 il chimico svizzero A lbert H offmann sintetizza nei laboratori della casa farmaceutica Sandoz una m olecola derivata da un fungo parassita della segale che de­ nom ina LSD 25. Solo accidentalmente H offm ann si accorge delle proprietà allucinogene della nuova sostanza, di cui sperim enta gli effetti quando gli cade una goccia su una mano. La sostan za è

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La rivoluzione psichedelica m essa in commercio col nome di D elisyd, come farm aco indicato nel trattam ento di casi psichiatrici e di alcolism o. D egli effetti delle sostanze allucinogene, oltre agli esponenti della beat generation, si interessa un altro letterato lontano dai beatnik, A ldous Huxley, già citato autore del M ondo nuovo. N el rom anzo, come abbiamo visto, si immagina una società nella qua­ le il m eccanism o di controllo del sistem a sociale com prende l’uso di una droga legale. E lo psichiatra H um phry O sm ond, in corri­ spondenza con Huxley, a coniare l’espressione “psichedelica” per indicare l’azione di sostanze come I’ l s d , un termine che significa “ rivelatrice della m ente” . R ispetto al passato, l’attenzione si sposta sulle sostanze dalle im plicazioni pseudoreligiose, come la liana dei m orti di Burroughs, la mescalina degli sciamani centroamericani e, infine, lo stes­ so LSD, derivato da un fungo im piegato probabilm ente già negli antichi misteri dionisiaci. N el 1954, nello stesso periodo in cui Burroughs è in cerca dell’Ayahuasca, A ldous H uxley scrive un breve saggio, intitolato L e porte della percezione, in cui racconta gli effetti della m esca­ lina. Secondo l’autore, la via alla trascendenza passa attraverso l’u­ so di sostanze com e la mescalina. Le “porte della percezione” non si aprono con i m etodi delle religioni tradizionali, dai risul­ tati incerti e lunghi, ma con il più rapido e sicuro m etodo chimi­ co. C o sì nel cristianesim o, al p o sto dell’ostia, si può ricorrere, secondo H uxley ad un altro tipo di sacram ento per raggiungere la trascendenza, un som m inistrato di mescalina, pratica già spe­ rim entata da alcuni esponenti della C h iesa Indigena Americana. Se i protagonisti della beat generation sono parte di una fran­ gia estrem a e fondam entalm ente isolata della società, A ldous H uxley è, al contrario, parte di un’élite m olto affiatata. H u m ­ phry O sm ond, da parte sua, è uno psichiatra afferm ato sulle cui orm e si incammina anche il collega Sidney Cohen, che grazie alla

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L’ultimo uomo sua clientela ha la possibilità di diffondere la mescalina, I’ l s d e altri allucinogeni tra registi, sceneggiatori e giornalisti. Tra i suoi pazienti figurano personaggi come H enry e Claire Luce, pro­ prietari di un impero m ediatico di cui fanno parte testate come «Tim e», «Fortune», «Sports Illusttrated» e «Life». Claire raccon­ ta in seguito di avere raccolto attorno a sé un gruppo di persone “ creative” di cui fa parte Huxley.88 C om e a tutte le rivoluzioni, anche a quella psichedelica si può attribuire una data di inizio: il 10 giugno 1957, quando è dato alle stam pe il numero di Luglio di «Life». A ll’interno com pare un articolo dal titolo “Seeking thè magic m ushroom ” (’Alla ricerca del fungo m agico’), in cui R obert G ordon Wasson, vicepresiden­ te della banca J.P.M organ e m icologo dilettante, racconta la sua esperienza con i funghi allucinogeni. La barriera che separa un utilizzo di élite da una pratica di m assa sta cedendo. M a W asson non si limita a raccontare la sua esperienza perso­ nale: incoraggia i lettori a provare direttam ente quelle esperienze che rivelano verità nascoste e aprono la strada a un altro m ondo, quello di cui anticamente si fa esperienza nei misteri eleusini. W asson è un esponente della parte più colta della società e non può non essere consapevole della portata delle proprie dichiara­ zioni. C o sì Iannaccone com m enta l’episodio nel libro R iv o lu z io ­ ne Psichedelica : Si rendeva conto Wasson delle implicazioni delle sue parole? Proba­ bilmente sì. Forse questo appello alla democrazia della visione era un effetto della sua educazione fabiana. Le sue parole fecero crollare l’ul­ tima barriera fra gli psichedelici e il grande pubblico. Bisogna anche capire il fascino del personaggio ed il suo prestigio. Wasson non era un hustler perverso come Burroughs, ma un raffinato intellettuale,

88/ Cfr. M ario A rturo Iannaccone, Rivoluzione psichedelica, SugarCo Edizioni, Milano, 2008.

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La rivoluzione psichedelica membro potente dell’élite finanziaria formatasi alla London Scbool o f Economics, grande banchiere di New York City, vice presidente della J.P. Morgan Ine., una delle più grandi banche d’affari del mon­ do.”

Tra i numerosi lettori dell’articolo di Wasson un ruolo impor­ tante lo riveste Thimothy Leary, uno psicologo all’epoca capo ri­ cercatore presso la Kaiser Foundation e che due anni dopo approda all’Università di Harvard. Leary è determinante per la diffusione dell’LSDpresso gli studenti, in quanto promotore di “esperimenti” nel corso dei quali distribuisce l’allucinogeno, motivo che lo allon­ tana dall’università nel 1963. Leary non smette mai di diffondere l’uso dell’LSD e si impegna nel fondare delle comunità di fruitori. In quegli stessi anni inizia la contestazione alla guerra in Vie­ tnam. Il primo episodio si registra a N ew York quando dodici ra­ gazzi bruciano in pubblico le cartoline di precetto per l’arruola­ mento. E il 12 maggio 1964. Le strade della diffusione delle sostan­ ze psichedeliche e della contestazione si incontrano fondendosi in un unico, indistinto movimento, figlio della beat generation e denominato “hippie” . M a mentre il movimento beat si caratterizza per le tinte cupe, quello hippie è all’insegna dei colori e della ricer­ ca della felicità.

Con il movimento hippie l’uso dell’LSD, dalle classi sociali e cul­ turali più elevate, si diffonde anche nella classe media. Quello che i suoi fautori sperano è il verificarsi di un’illumi­ nazione di massa, che però non giunge mai. Si verifica invece un effetto anche più importante, ossia lo spostam ento della prote­ sta giovanile da un’azione politica potenzialmente rivoluzionaria nei confronti dell’autorità governativa ad un’azione intimistica e fondamentalmente innocua. Riguardo al ruolo svolto dal “ guru” Leary, Iannaccone afferma: 89/ Ivi, pp. 65-66.

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L’ultimo uomo Leary era certamente un profeta luminoso ma non così luminoso [in riferimento ad un poster in cui era raffigurato come un Buddah ra­ dioso, NdR/. In particolare, le sue politiche apparivano un po’ am­ bigue; era un profeta pagano nichilista e opportunista. Scoraggiava sistematicamente ogni tentativo degli studenti radicali di combattere concretamente il Sistema militare-industriale e le multinazionali.90

N el 1967 infine I’lsd è proibito negli usa. La rivoluzione psichede­ lica ha fallito nel suo intento di risvegliare le masse occidentali. Si può invece considerare un pieno successo il tentativo di sedare la contestazione. Questa triste conclusione è stata intuita con grande anticipo da Burroughs, sebbene questi, in un primo tempo, abbia sostenuto la capacità liberatoria dell’esperienza allucinogena. In un brano del ro­ manzo N o v a Express del 1964 critica i seguaci delle sostanze psiche­ deliche e li mette in guardia da una possibile strumentalizzazione91: Raccogliete lo stato delle notizie - indagate dallo stato fino all’agente - chi ha monopolizzato l’Immortalità? Chi ha monopolizzato la Co­ scienza Cosmica? Chi ha monopolizzato Amore Sesso e Fortuna? Chi vi ha sottratto ciò che è vostro? Pensate che ve lo ridaranno? Hanno mai dato qualcosa gratis ? Hanno mai dato più di quanto fossero costretti a dare ? Non si sono forse sempre ripresi ciò che hanno dato se possibile e lo è sempre stato ? Ascoltate: il loro Giardino delle Delizie è una fogna terminale - ... state alla larga dal Giardino delle Delizie - è una trap­ pola mangjauomini che si riduce in poltiglia verde - rifiutate la loro Immortalità fasulla - svanirà prima ancora di essere usciti dal Grande Magazzino - buttate nel cesso i loro sballi. Avvelenano e monopolizzano le droghe allucinogene - imparate a cavarvela senza robaccia chimica,n

90/ Ivi, p. 184. 91/ Ivi, pp. 204-205. 92/ William Seward B urroughs, Nova Express, Adelphi, Milano, 2008, pp. 15-16.

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La rivoluzione psichedelica La rivoluzione psichedelica ha raggiunto uno scopo ampiamente prevedibile per chi conosce gli effetti delle sostanze allucinogene. Già ne Le porte della percezione Huxley scrive, a proposito della mescalina, che uno dei principali effetti è la liberazione dal senso del Super-Io, o l’istanza della socialità, e riguardo ai rapporti con gli altri osserva che appaiono “estremamente irrilevanti”93. Anche I’ l s d provoca gli stessi effetti di distacco, spingendo i suoi fruitori verso un individualismo radicale. Per Leary la priorità è la liberazione da illusioni e superstizio­ ni, ossia la liquidazione di tutti i simbolismi rituali: Oltre centocinquanta milioni di americani hanno in comune lo stesso sistema di simboli inculcato: linguaggio e riti tribali.™

Com e riferisce Stefano Boninsegni nel libro Lim m aginazione a l podere, per Leary l’uso dell’LSD ha come epilogo l’abbandono dell’im­

pegno sociale: Le teorizzazioni del professore americano sono note: in virtù di un uso corretto e “religioso” (cioè associato a preghiere e simboli religiosi orien­ tali) di cannabis ed LSD (le prescrizioni di Leary hanno la forma di una ricetta medica) possiamo destrutturare la nostra consapevolezza simbo­ lica e sperimentare i più profondi stati di coscienza (cellulare e mole­ colare). Una volta “accesi” però non resta altro che dare le dimissioni dalla società, ritirarsi, andando a vivere dove non imperversano simboli e credenze annesse.95

Jerry Garcia, dei G rateful D ead , una delle band musicali più esposte nella rivoluzione psichedelica, conferma questa tesi: 93/ A. H uxley, Le porte della percezione, Mondadori, Milano, 2011, p. 28. 94/ T imothy L eary, Preghiere psichedeliche, in F ernanda P ivano, L ’a ltra America negli anni Sessanta, Arcana Edizioni, Milano, 1993, p. 235. 95/ Stefano B oninsegni, L ’immaginazione al podere, Stampa Alternativa, Roma, 2005, p. 34.

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L’ultimo uomo Mi chiamo fuori. Non voglio essere responsabile. È qualcosa che ho imparato dall’esperienza psichedelica, a non voler essere il re, a non voler essere il presidente, poiché poi sei responsabile di chiunque.%

N el 1967 anche i Jefferson Airplane pubblicano un disco con­ traddittorio sull’utilizzo delle droghe: N ei primi mesi del 1967 esce il secondo album dei Jefferson Air­ plane, Surrealistic Pillow, che contiene la leggendaria White Rabbit, una sorta di inno alla libertà individuale e da molti considerata una pietra miliare del Rock psichedelico. Un brano contraddittorio dove, identificando nel personaggio di Alice - protagonista del romanzo scritto da Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie - la ’ra­ gione’ e nel coniglio bianco la ’irrazionalità’, si dichiara non solo la morte della 'logica’, ma si mette anche in guardia dalla ’libertà a tutti i costi’ e dalla ’continua ricerca della felicità’. Nel testo si parla apertamente di pillole come strumento di liberazione dai vincoli del corpo, ma anche di un fungo magico che ’rallegra la mente e trasfor­ ma in una pedina, in un automa in mani altrui.97

L’individualismo tipicamente americano, l’individualismo della solitudine di Thoreau, lo stesso che fece dire a Melville: «in una foresta, la solitudine è vita, in una città è m orte», subisce una tra­ sform azione ontologica, e diventa un soggettivism o a sfondo in­ timistico. Jerry Rubin è un’altra figura chiave di questo processo. Prima attivista contro la guerra in Vietnam e forte sostenitore dei diritti degli afro-americani, Rubin è un vero e proprio guru della sottocultura Hippie, incarcerato diverse volte per atti sovversivi. Alla fine degli anni Settanta, però, abbandona l’impegno politico e

96/ F ranco BoLELLi,/erry Garcia, Castelvecchi, Roma, 1996, p. 32. 97/ L uca P ollini, Hippie. La rivoluzione mancata. Ascesa e declino del movimento che ha sedotto il mondo, Bevivino Editore, Milano, 2008, p. 61.

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La rivoluzione psichedelica diventa un quotato businessman, tra i primi, ricchi investitori della A pple Computer. La generazione hippie ha dato risposte sbagliate alle giuste richieste di disimpegno bellico e di liberazione dal materialismo consumistico. H a però ottenuto il contrario, e ha sostituito all’a­ zione politica concreta, un’esperienza soggettiva di apertura della mente a nuove frontiere dell’inconscio. Se la rivoluzione psichede­ lica ha avuto successo a livello sociologico, a livello politico ne è uscita sconfitta in m odo inappellabile. D op o una decade di fallimenti all’insegna delle proteste e del­ le rivendicazioni più stravaganti, i caratteri americani sono com ­ pletamente stravolti e la cultura conservatrice e reazionaria della m iddle class che ha limitato per decenni le inclinazioni consumistiche, crolla di fronte alle richieste libertarie delle nuove generazioni contestatarie che si appellano alla rim ozioni di quei limiti ritenuti repressivi. Magistrale il ritratto di questo processo dato da Robert H uges nel suo saggio L a cultura del piagnisteo , il cui titolo è già un indizio per mettere a fuoco il passaggio dall’“americano puro”, il cowboy dell’America profonda, il provinciale e pragmatico abi­ tatore dei grandi spazi, a quello metropolitano, rivendicatore di diritti civili, difensore delle minoranze, che ha fatto del vittimismo un m odo di essere nel mondo e del politically correct una nuova ideologia politica. Il sociologo statunitense Christopher Lasch, conviene su una deriva dei movimenti progressisti e sul loro ruolo nell’abolizione di quei retaggi “provinciali” che si frappongono alla nascita di nuo­ vi consumi e fenomeni di mercificazione. Se l’accusa rivolta dagli hippie alla società è quella di essere borghese, produttivista, consu­ mista, burocraticizzata, succede però che la conseguente battaglia contro questa organizzazione repressiva travolge anche gli stessi ostacoli morali, etici, convenzionali che costituiscono un argine al

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L’ultimo uomo consum ism o illimitato98. Attraverso una eterogenesi dei fini - la perdita dei valori del­ la m iddle class, la crisi della famiglia come comunità di base della società, la rottura con le generazioni precedenti (al riguardo Jerry Rubin ha coniato lo slogan «N on fidarti mai di nessuno che ab­ bia più di 35 anni»), e il diffondersi di relazioni sessuali instabili - emerge un nuovo m odello antropologico, votato ad un isolazio­ nismo affettivo e costretto nel perimetro delle leggi del mercato e della competizione esasperata. L’esperienza psichedelica è significativamente bloccata nel 1967 quando, nonostante le spinte verso il disim pegno politico e la fuga nell’intimismo, il movimento giovanile svolge un’azione decisa nelle piazze e nelle università, dove si diffonde il rifiuto alla leva. Gli studenti puntano a coinvolgere anche i militari e i reduci dal fronte. Episodio chiave di questa svolta è la “Marcia sul Pentago­ no” del 21 ottobre 1967. Il movimento è dipinto come sovversivo, e i vertici politici pensano subito ad un finanziamento da parte dell’U nione Sovietica. Superata la rivoluzione intimistica degli hippie, la contestazio­ ne, sotto l’influsso della tragedia dei caduti e dei reduci del Vie­ tnam, prende strade più concrete. N el 1970 il presidente N ixon estende il conflitto alla Cam bogia e nelle università scoppia la pro­ testa. Durante il fine settimana del primo maggio in diversi cam­ pus si verificano scontri violenti: uno studente viene ucciso alla Stanford e quattro alla Kent State. N ei giorni successivi i disordini si propagano e per motivi di ordine pubblico vengono chiusi dalle autorità ben cinquanta campus universitari. La fine del movimento hippie coincide in m odo apparentemente paradossale con la sua apoteosi, il mega raduno di W oodstock nell’e­ state del 1969, quando un concerto per il quale sono previsti quaran­ tamila partecipanti vede la presenza di m ezzo milione di persone. Il 98/ Ivi, p. 29.

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La rivoluzione psichedelica trionfo della musica, delle droghe e della rivoluzione sessuale degli hippie in realtà segna l’inizio delPindustrializzazione della musica e del prevalere del marketing sulla autenticità del movimento: Woodstock è stato sicuramente l’inizio dell’industrializzazione della musica, della presa di potere del marketing delle multinazionali che scoprono il nuovo enorme mercato della cultura giovanile e fanno di tutto per appropriarsene... Dopo Woodstock, infatti, le rockstar sono diventate ufficialmente ricche. Si comprano ville e macchine di lusso ma, nelle interviste, continuano a sostenere ideologie rivoluzionarie, a favore dell’amore e dell’uso di droghe leggere, contro la violenza e la guerra.99

N el frattempo gli effetti di quanto accade negli u s a non tar­ dano a farsi sentire anche in Europa. Le differenze culturali sono però insormontabili. Infatti, se in un paese come gli Stati Uniti la rivoluzione psichedelica gode di un notevole seguito, in Italia, dove solo una ventina d’anni prima si è svolta la guerra partigiana, è difficile da auspicare uno spostam ento dei temi rivoluzionari. N elle parole di Pier Paolo Pasolini emerge chiaramente quanto: Il movimento beat e hippie non poteva incidere più di tanto come fe­ nomeno della contestazione giovanile, perché in Italia ha avuto una grande importanza la Resistenza e ha ancora grande importanza la cri­ tica che il marxismo fa alla società. I giovani che non vanno d ’accordo con i padri borghesi hanno già dunque pronte tradizioni (la Resisten­ za) e le forme (le proteste razionali del marxismo) per rivoltarsi.™

Il movimento psichedelico è contrastato da un’efficace campa­ gna che culmina con il reportage della «Domenica del Corriere» da99/ L. P ollini, op. cit., pp. 117-118. 100/ Ivi, p. 141.

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L'ultimo uomo tato 14 ottobre 1969, dal titolo “D roga nel paese dei balocchi” . Q ui il giornalista ventiquattrenne Claudio Cutry racconta i suoi sei mesi da infiltrato tra gli hippie americani. Riguardo al loro rifiuto degli status Symbol, dei soldi e delle comodità, commenta così: Questo rifiuto totale non è nuovo nella storia e ha il suo più illustre esempio nel monacheSimo. Ma la differenza tra il rifiuto dei monaci e quello degli hippie è grossa: i primi rinunciarono al sesso e si dedica­ rono a servire gli altri cercando l'evasione dal mondo e dal dolore in Dio. I secondi, invece, hanno rinunciato al pudore, si dedicano a se stessi e cercano l'evasione dalla realtà nella droga. Sicché, in pratica, il loro è soprattutto il rifiuto della responsabilità, il che li avvicina più a Pinocchio nel paese dei balocchi che a degli autentici innovatori,101

G li hippie in Italia son o stati poco più che una moda. La p ro ­ testa giovanile, pur avendo un im printing sugli usi e i costum i della società, si riversa dram m aticam ente nei m ovim enti arm ati sia di destra che di sinistra e segna il decennio degli “ anni di p io m b o ” . In Francia il ’68 fa presa non solo in virtù di una recente guerra partigiana, com e in Italia, ma anche di un fresco passato coloniale proprio nel Vietnam. A llo ste sso m odo la reazione giovanile è m olto dura e il celebre m aggio francese provoca de­ gli scontri in tutto il Paese, nonché centinaia di feriti sia tra i m anifestanti che tra le forze dell’ordine. A l term ine, il generale D e G aulle deve sciogliere l’A ssem blea N azion ale e indire nuove elezioni. A ll’autoritarism o del G enerale D e Gaulle, i francesi preferiscono il bonario G eorges Pom pidou. In G erm ania la contestazione contro la guerra in Vietnam è l’occasione per m ettere so tto accusa la generazione precedente, responsabile della Seconda G uerra M ondiale. Il 3 aprile 1968 un 101/ Ivi, p. 146.

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La rivoluzione psichedelica gruppo guidato da A ndreas Baader incendia due grandi m agaz­ zini a Francoforte. C o n questo avvenim ento ha inizio la lotta arm ata in G erm ania, guidata dalla RAF (R ote Arm ee Fraktion). In seguito al ferim ento a m orte di Rudi D u tsck e, leader dell’SDS, U n ion e degli Studenti Socialisti Tedeschi, seguono disordini in ventisette città. N asco n o prontam ente diversi partiti di ispira­ zione com unista e il m ovim ento si sp o sta dalle università alle fabbriche. In Inghilterra il fenom eno, a differenza degli altri Paesi, non si m anifesta so tto form a di conflitto civile, ma per decenni il m ovim ento fabiano “addorm entata” la rivoluzione assorbendo il com uniSm o in un partito socialista m oderato. A Londra il m ovim ento hippie nasce nel 1965 con l’o rga­ nizzazione di un evento alla R oyal A lbert H all presieduto da Lawrence Ferlinghetti e Alien G insberg. G li organizzatori han­ no predisp osto la sala con delle ceste di frutta, vino e marijuana. Il Vietnam per i giovani inglesi è un paese lontano, e lontano è il problem a ste sso della guerra. N e l R egno U n ito non si ve­ rificano le agitazioni di piazza che hanno infuocato l’Europa continentale: A differenza degli Stati Uniti, quindi, Varia che si respira in In ­ ghilterra è calma: lo Stato non teme questo cocktail di “droga e m u s i c a i giovani hanno ben poco da contestare, la guerra in Vie­ tnam non li tocca più di tanto e il razzismo non è un problema. Il movimento “ideologico ” americano a Londra si è trasformato in movimento “edonistico m odaiolo”.102

L’esperienza hippie dim ostra che un’azione intim istica e in­ dividuale come quella pro p osta dalla rivoluzione psichedelica e dai “ figli dei fio ri” non può occupare spazi laddove siano già 102/ Ivi, p. 167.

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L’ultimo uomo im pegnati da corpi sociali “ so lid i” . C o sì le società italiana, fran­ cese e tedesca, nelle quali l’ideologia com unista, i sindacati, la C h iesa, gli ideali partigiani costituivano una parte coesa e orga­ nizzata, si rivelano immuni. N ella società americana la neutralizzazione della pro testa ha funzion ato fin quando le im m agini dal fronte del Sudest asia­ tico e le vittim e sem pre più num erose non hanno obbligato la popolazion e politicam ente im pegnata a superare l’im passe della p ro testa passiva. A nche in Inghilterra la pro testa hippie ha funzionato, in una versione estetizzante e artistica più che “politica” , probabil­ mente a causa di una m ancata esperienza partigiana, e del ruolo svolto dal fabianesim o, v otato al rifiuto dello scontro di piazza e a un attendism o a tem po indeterm inato a livello sindacale. Il m ovim ento hippie viene dunque rapidam ente sedato in E uropa dai corpi sociali “ solid i” . Tuttavia un cam biam ento forte si im pone sul piano an tropologico, con la nascita della catego­ ria dei “ giovani” , la più alta esponente di una visione “p o litica” in sen so schm ittiano (quindi della polarizzazion e tra am icu s e hostis ) della società, che allontana le classiche suddivisioni tra cattolici, com unisti, conservatori, socialisti, fascisti e così via, per una spartizione geografica dello spazio culturale divisa in “vecchio” contro “nuovo” . Per sua natura, però, il corpo del “ nuovo” è inevitabilm ente fluido, so g getto allo scorrere del tem po, quindi perennem ente rivedibile e discutibile, sem pre alla ricerca di sé.

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XI. Il New Age

N el 1967 a Broadway, compare per la prima volta il musical H a ir. Lo sceneggiato subisce poi un riduzione cinematografica

diretta da Milos Forman nel 1979, quando il movimento Hippie si è ormai esaurito. A ncor più fam osa del film diviene la colonna sonora, un vero e proprio inno per la ribellione contro la guerra, la società, le forze conservatrici. In particolare il brano A quarius, un riferimento preciso alla teoria astrologica sulla fine dell’era dei Pesci e l’avvento di quella dell’Acquario. Se il film di Forman può sembrare una rappresentazione tar­ diva del fenomeno hippie, la pubblicazione nel 1980 del best-sel­ ler mondiale L a cospirazione dell’Acquario di Marilyn Ferguson lo definisce invece come un frutto maturo degli anni della contesta­ zione e della rivoluzione psichedelica. Stando alle ricerche della Ferguson, sembrerebbe che l’intero movimento Hippie sia for­ temente voluto e pensato sin dall’inizio in chiave “acquariana” , a partire proprio dal mega-concerto del 1969 presentato al pubblico come .

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Il New Age L a matrice essenziale del pensiero New Age va ricercata nella tradi­ zione esoterico-teosofica, ampiamente accettata dai circoli intellettuali europei nei secoli diciottesimo e diciannovesimo. E stata particolarmen­ te presente nella massoneria, nello spiritismo, nell’occultismo e nella teo­ sofia, che hanno in comune un certo tipo di cultura esoterica.10*

La visione occultista non è tuttavia limitata nel perimetro del m o­ vimento hippie, e se ne stacca gradualmente per raggiungere l’inte­ ra società, attraverso un processo che il c e s n u r (Centro Studi sulle N uove Religioni) ha definito networking globale105. Rispetto al movimento hippie, già fautore di un distacco insana­ bile tra le masse giovanili e l’impegno politico, il N ew Age porta allo stremo la visione intimistica e l’esaltazione individuale: In fondo il fascino del New Age risiede nell’interesse culturalmente suscitato per il sé, il suo valore, le sue capacità e i suoi problemi. Mentre la religiosità tradizionale, con la sua organizzazione gerar­ chica, è adatta alla comunità, la spiritualità scevra da tradizione si adatta bene all’individuo. Il New Age è “del” sé, poiché facilita la celebrazione di quanto deve essere e deve divenire ed è “per” il sé, perché differendo da ciò che è dominante, può affrontare i problemi di identità generati da forme convenzionali di vita.106

Q uesto clima di isolazione e di rinuncia genera delle masse apo­ litiche: Molti scritti del New Age spiegano che non si può fare nulla (di­ rettamente) per cambiare il mondo. Il più importante strumento di cambiamento sociale è l’esempio personale.... Tutto questo è vera104/ Ivi. 105/ < www.cesnur.org/2003/vat_na_cesnur.htm>. 106/ Paul H eelas, The New Age Movement. The Celebration of thè Self and thè Sacralization of Modernity, Blackwell, Oxford, 1996, pp. 173 e ss.

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L’ultimo uomo mente in sintonìa con la retorica della partecipazione democratica in un nuovo ordine planetario oppure è un modo inconscio e sottile per privare di potere le persone esponendole così al rischio di venire manipolate?™7

Com e ogni religione o ideologia anche il N ew Age ha le sue ritua­ lità e i suoi simboli. Tra questi, il più rappresentativo è l’arcobaleno. L’origine di tale scelta proviene da un’antica leggenda degli indiani d’America, così riportata dal professor Bartolomeo Dobroczynski, docente di psicologia all’Università di Cracovia: ...nel momento in cui la Terra comincerà ad ammalarsi, gli animali e le piante a morire e l’acqua e l’aria ad essere avvelenate, comparirà una nuova tribù di uomini provenienti da tutte le culture che restitu­ irà alla natura la sua bellezza originaria [ ...] salveranno tutti insie­ me la Terra in pericolo, assumendo il nome di Rainbow Warriors,108

Q u esto nom inativo viene poi ripreso da Greenpeace, che vi battezza la sua nave am m iraglia, la R ain b o w W arrior. G reen pe­ ace si colloca nella galassia N ew A ge grazie agli stretti rapporti che intrattiene con la Lucis Trust, un’organizzazione non g o ­ vernativa americana, fondata nel i 922 da A lice Bailey con lo scopo di editare dei saggi a sfondo te o so fico e fare da organo “spirituale” delle N azio n i U nite. Sul piano dottrinario la L u ­ cis Trust crede in un sincretism o interreligioso, dove i p ro fe ­ ti di tutte le confession i sono inviati sulla Terra da un’unica e universale divinità. La Lucis Trust è uno dei principali sp o n sor di G reenpeace, che gode inoltre dell’appoggio del W orldwatch Institute (Istitu to per il M onitoraggio del M on d o), il più au to ­ revole centro di studi am bientale privato am ericano che ha in107/ Gesù Cristo portatore dell’acqua viva, op. cit. 108/ B artiomiej D obroczynski, New Age, Mondadori, Milano, 1997, p. 24.

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Il New Age dividuato nella crescita della popolazion e la principale m inaccia al n o stro futuro. Il movimento ecologista è sin dal principio intriso di una com ­ ponente animistica e di una malthusiana, e nasce ufficialmente in piena rivoluzione hippie, nel 1970, quando alla manifestazione or­ ganizzata dal senatore democratico G aylord N elson, denominata ec (Earth Celebration o Giornata della Terra) partecipano circa 20 milioni di persone. La Giornata della Terra è oggi una delle più grandi e importanti manifestazioni mondiali: il numero dei paesi partecipanti ha raggiunto i 190 e le persone coinvolte sono stimate in un miliardo. L’arcobaleno dei R ainbow W am or viene usato abitualmente ne­ gli ambienti pacifisti, ma lo si ricollega soprattutto al primo Gay Pride del 1978, iniziativa nata dai moti di Stonewall del 1969 e dagli scontri violenti tra i primi manifestanti om osessuali e la polizia newyorchese. Riepilogando quando detto finora, la commistione tra il movimento hippie e le frange N ew A ge ha lasciato in eredità alle generazioni successive la diffusione dell’uso di droghe e la sua accettazione culturale, la libertà sessuale, la nascita di una nuova antropologia e del mito dell’androgino, l’ecologism o inteso come primato della natura sull’uom o, una pseudoreligiosità di matrice panteistica e il conseguente rifiuto delle confessioni tradizionali. Ma si è trattato di un’affermazione dalle caratteristiche peculiari e insolite. N el m om ento stesso in cui i ruoli si sono invertiti e la controcultura N ew Age da rivoluzionaria è diventata dominante, ha sm esso di essere percepita.

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XII. La caduta del muro e la fine della contestazione

D op o un lungo confronto durato quasi un secolo, il 9 novem­ bre 1989, non si sigla solo la fine della Guerra Fredda, ma la fine di una lotta darwiniana tra le ideologie ottocentesche che hanno se­ gnato indelebilmente il secolo breve: il marxismo e il capitalismo. L’estinzione del blocco orientale e dell’ideologia com unista è nell’aria prima ancora che avvengano i fatti di Berlino, e solo pochi mesi prima, nell’estate del 1989, il politologo Francis Fukuyama scrive un saggio dal titolo The E n d o f H istory, pubblicato su The N atio n al Interest , dove identifica il m odello politico liberal-democratico con il termine ultimo della storia. Forte di un’argom enta­ zione dialettica di tipo hegeliano, Fukuyama suppone che l’evolu­ zione storica e i modelli politici che si susseguono nel tempo siano giunti ad una fine, esaurendo di fatto tutte le altre possibilità di organizzazione sociale. Tra queste la democrazia si rivela la m iglio­ re e la più adatta. La caduta del muro è un evento gravido di con­ seguenze: in prim o luogo gli Stati Uniti formano, incontrastati, la più grande coalizione militare della storia contro l’Iraq di Saddam H oussein, dando il via alla prima guerra del G olfo nell’agosto del ’90. L’operazione termina nel febbraio del ’91, anno di scioglim en­ to dell’uRSS. D op o gli eventi del ’91 Fukuyama pubblica un altro libro, L a fin e della storia e l ’ultim o uom o, segnando il dibattito filosofico e politico degli anni successivi.

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L’ultimo uomo Il saggio del 1992 è am pliato da una seconda parte a com ple­ tare il testo del 1989, riferita ad un concetto coniato dal filosofo Friedrich N ietsche: l’“ultim o uom o” , «o colui che crede di avere inventato la felicità». Q ui Fukuyam a, sulle orm e del filosofo tedesco, introduce un concetto negativo, quello di un’umanità che rinuncia a un supe­ ramento di sé stessa per gioire della propria condizione di fini­ tezza. N ietzsch e descrive così questa im passe: Non si diventa né ricchi né poveri; ambedue le cose sono troppo f a ­ stidiose. Chi vuole ancora governare? Chi obbedire? Ambedue cose troppo fastidiose. Nessun pastore e un solo gregge! Tutti vogliono le stesse cose, tutti sono eguali: chi sente diversamente va da sé al manicomio .109

E Fukuyam a aggiunge: Col mettere al primo posto la sua conservazione, l’ultimo uomo viene ad assomigliare allo schiavo della lotta a sangue che secon­ do Hegel costituì l’inizio della storia. Ma la situazione dell’ultimo uomo è peggiorata a causa di tutto il processo storico che ha fatto seguito a quella lotta e della complessa evoluzione cumulativa della società umana verso la democrazia.110

M a forse Alexis de Tocqueville, prima degli autori succitati, già nell’O ttocen to si rende conto dei potenziali danni che il ca­ rattere privatistico ed esasperatam ente ugualitario della dem o­ crazia americana arreca ai suoi membri:

109/ Riportato in F rancis F ukuyama, La fine della storia e l ’ultimo uomo, Rizzoli, Milano, 2003, p. 319. 110/ Ivi, p. 320.

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La caduta del muro e la fine della contestazione Io cerco di delineare le nuove fattezze sotto le quali il dispotismo si può presentare nel mondo. L a prima cosa che colpisce l’osservatore è una moltitudine innumerevole di uomini, tutti eguali e somiglianti, che cercano senza posa di procurarsi i piccoli e meschini piaceri di cui saziano le loro vite. Ognuno di essi vive per conto suo e non si interessa affatto della sorte degli altri; i suoi figli e i suoi amici perso­ nali costituiscono per lui tutta l’umanità. Per quanto riguarda i suoi concittadini, li ha vicini ma non li vede, li tocca ma non li sente: egli esiste solo in se stesso e per se stesso; e se è vero che gli restano i suoi congiunti, ha però perduto il suo paese. A l di sopra di questa razza di uomini sta un potere immenso e tutelare, che si incarica di assicurare loro le gratificazioni che desiderano e di vegliare sulla loro sorte. Questo potere è assoluto, pignolo, metodico, previdente e mite. Esso potrebbe somigliare all’autorità di un genitore se, come questa autorità, avesse come scopo quello di tirar su degli individui maturi, ma, al contrario, esso cerca di tenerli in una perpetua infanzia, ed è ben lieto che la gente faccia di tutto per essere allegra, purché non pensi altro che a questo.m

La profezia di Tocqueville è una realtà relativamente compiuta negli anni Novanta del x x secolo. Ecco che la “perpetua infanzia” emerge prepotentemente alla fine dell’esperienza hippie. O ra l’in­ tera società orienta il suo universo spazio-temporale sulle pratiche giovanili: la ricerca del divertimento, l’indeterminatezza del futuro, il soddisfacimento immediato, la difficoltà di assumersi delle re­ sponsabilità. Tutte caratteristiche che non appartengono ancora ai giovani europei del ’68 e degli anni Settanta, motivo per il quale in Europa la rivoluzione hippie ha scarsa presa, limitandosi ad essere una moda passeggera. Le cose cambiano all’inizio degli anni O ttan­ ta, con l’abbandono dell’impegno politico e il tentativo di integra­ zione al mercato capitalistico. Abbandonati i rave in America e le as­

ili/

Ivi, pp. 322-323.

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L’ultimo uomo semblee studentesche in Europa, i giovani cominciano a incontrarsi nelle discoteche. Gli hippie cedono il posto agli Yuppie (Young Urban Professional) di cui Scorzese, con il film The w o lf o f w all Street, ha fatto un ritratto eccentrico ma veritiero. Il prototipo di questa trasformazione è, come abbiamo già detto, l’attivista hippie Jerry Rubin, che dopo aver fondato il v d c (Vietnam D ay Com mittee ) ed essere stato cofondatore con Abbie Hoffm an dello Youth International Party (la cui bandiera presenta il fondo nero dell’anarchia, la stella rossa della rivoluzione, e la foglia di ma­ rijuana della perdizione), prende parte al mondo degli affari e della finanza. Per Rubin la controcultura, con i suoi abusi di droga e sesso, ha creato una società spaventosa. I giovani adesso devono rivendicare la loro parte della torta capitalista e il loro diritto alla realizzazione economica. Il suo slogan è diventato «la creazione di ricchezza è la vera rivoluzione americana»112. N el 1980 Rubin tiene una serie di dibattiti con Abbie Hoffm an dal titolo “Yippie versus Yuppie” in cui sostiene i suoi argomenti a favore della «vera rivoluzione americana». In un articolo comparso sul quotidiano della Florida «Sun-Sentinel», Rubin dice esplicita­ mente: Magari mi ricordate dagli anni Sessanta: sono stato uno dei princi­ pali attivisti contro la guerra e ho guidato migliaia di studenti nelle piazze. Ipresidenti schizzavano in piedi al mio nome. Ero conosciu­ to in quasi tutti gli stati, ma benvenuto in pochi. Il governo ha speso un sacco di soldi nel tentativo di mettermi in prigione. [...] Adesso, non esco mai di casa senza la mia American Express. Sono uno dei leader di un nuovo movimento che avrà tanto impatto negli anni Ottanta e Novanta, quanto i capelloni yippies lo ebbero nei Sessanta. D ai ranghi della ribellione di ieri, è nata una nuova generazione 112/ L uke D ormehl, The Apple Revolution, Virgin Books, Londra, 2012, p. 109.

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La caduta del muro e la fine della contestazione di giovani professionisti urbani, ambiziosi e svegli. Gli insorti sono diventati gli insider. Gli yippies sono diventati yuppies.

Solo quindici anni prima, ha dichiarato: «tutte le forme di de­ naro sono un furto. Rubare ai ricchi è un atto sacro, religioso». In­ tanto però, Rubin ha investito in una nuova azienda chiamata A p ­ ple Com puters; lavora a Wall Street per la compagnia John Muir & Com pany; diventa un esperto di multi-level marketing, o degli schemi finanziari “a piramide” ; guadagna 60mila dollari al mese, lancia una bevanda energizzante chiamata Wow. Ecco che negli anni Ottanta, con il crollo del muro di Berlino, finisce anche il movimento contestatario hippie, e la parabola della ribellione si termina con l’integrazione al sistema. La controcultura lascia il posto aH’American Express. La liberal-democrazia è l’ultimo modello politico rimasto, il «migliore dei mondi possibili».

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X III. D al comuniSmo al partito radicale di massa: i “bright and best” e la nuova sinistra darwiniana

Il rapporto tra la sinistra e la scienza, e in particolare tra la sini­ stra e l’evoluzionismo darwiniano, viene trattato per som m i capi nello scambio epistolare tra M arx ed Engels, i quali ritengono va­ lida l’ O rigine delle specie per due motivi. Innanzitutto la teoria del naturalista inglese elimina il finalismo e la teleologia, e riconduce la natura ad un materialismo storico e “scientifico” che fa di Marx il N ew ton delle scienze sociali ed economiche. In un secondo m o­ mento, sempre a detta del filosofo di Treviri, il darwinismo non solo ritrae spontaneamente la società liberal-capitalista inglese, ma le fornisce un sistem a naturalistico che giustifica ampiamente i rapporti di forza economici. Il compito che si propone la teoria marxiana è quello di superare le contraddizioni di questi rapporti. N ell’Unione Sovietica, invece, si verifica il tentativo di confuta­ re il m edium darwiniano della selezione naturale pur mantenendo l’aspetto materialistico. Si torna di fatto a una sorta di lamarckism o, all’idea di un tendenziale progresso dell’umanità per via di costanti modificazioni delle strutture sociali, così come ha già au­ spicato la rivoluzione francese. Al riguardo è significativa la vicenda di Trofim D enisovi Lysenko, presidente dell’Accademia delle scienze agricole dell’uRSS negli anni Trenta, noto non solo per il tentativo di reintrodurre il lamarckismo ma per aver condannato, oltre alla teoria di Darwin, anche la genetica mendeliana, una «pseudoscienza borghese».

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L’ultimo uomo Lysenko riprende le idee neolamarckiane da Ivan Vladimirovic Miurin, botanico e genetista insignito del premio Lenin nel 1931 e membro onorario dell’Accademia sovietica delle scienze. Lysenko tuttavia non riesce a raggiungere i risultati di Micurin e le sue te­ orie hanno conseguenze molto negative per l’agricoltura. I biologi darwiniani che contestano le sue idee vengono perseguitati. Il caso più noto è quello di N ikolai Vavilov, arrestato, processato e infine condannato a morte nel 1941. D op o estenuanti interrogatori Vavilov si dichiara colpevole di tutto, tranne che di spionaggio. Attende la condanna a morte, se­ condo quanto racconta Alexander Solzenicyn nel primo volume di Arcipelago G ulag , in una cella sotterranea priva di finestre. Grazie alle pressioni internazionali la pena viene commutata in venti anni di carcere. Vavilov, ormai incapace di camminare, di lì a poco muore di fame nel carcere di Saratov. E sepolto in una fossa comune. Il suo nome sparisceda quelli dei M embri dell’Accademia Sovietica delle Scienze nel 1945. Altri scienziati che respingono le tesi infondate di Lysenko subiscono trattamenti simili: Solom on Levit (1894-1943), diret­ tore dell’Istituto M edicogenetico, N ikolai Tulajkov (1873-1937), direttore dell’Istituto dei cereali, Georgii Dmitrievic Karpeòenko (1899-1941), Nikolaj Vladimirovic Timofeev-Resovskij (19001981). Le teorie scientifiche piegate all’ideologia sono disastrose, specialmente nel settore agricolo sono cause e concause di carestie. L’avversione della sinistra comunista per il darwinismo e la ge­ netica mendeliana è confermata da un episodio avvenuto in Ita­ lia nel 1969, quando la rivoluzione hippie attraversa l’Atlantico. Il genetista darwinista Adriano Buzzati-Traverso ha realizzato a N apoli un laboratorio internazionale di genetica e biofisica. N o ­ nostante si tratti di un istituto di altissim o livello scientifico, ha grandi difficoltà ed è dism esso, anche a causa dell’avversione, nei suoi confronti, degli ambienti comunisti, che vedono nella geneti­ ca una «scienza borghese» e «reazionaria».

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Dal comuniSmo al partito radicale di massa Della vicenda si è occupato l’autore Francesco C assata nel li­ bro L Ita lia intelligente. A driano Buzzati-Traverso e il L aboratorio internazionale di genetica e biofisica, che nella quarta di copertina riassume così gli elementi principali della vicenda: Nella primavera del 1962, a Napoli, il Laboratorio internazionale di genetica e biofisica (Ligb) iniziava le proprie attività. L a costitu­ zione del laboratorio rappresentava il coronamento di una battaglia decennale condotta dal suo fondatore, Adriano Buzzati-Traverso fratello dello scrittore Dino - per rinnovare e modernizzare l’orga­ nizzazione della ricerca scientifica in Italia. In pochi anni, il Ligb raggiunse fama di livello internazionale, candidandosi a possibile sede del futuro laboratorio europeo di biologia molecolare. Ma qual­ cosa andò storto. Nel 1969, infatti, quando era ormai alle porte un accordo intemazionale con l’Università di Berkeley per la costitu­ zione a Napoli della prima scuola di dottorato in biologia molecolare in Italia, il Laboratorio venne travolto da una profonda crisi, che vide significativamente affiancati, contro il comune avversario, da un lato alcuni settori dell’università e del Cnr, ostili all’esperimen­ to di Buzzati fin dagli esordi, e dall’altro una compagine di tecnici, ricercatori e borsisti, pronti a occupare il laboratorio e a scagliarsi contro la direzione, etichettando la biologia molecolare come ’scienza borghese’, ’americana’ e Reazionaria’.

In pochi ricordano la posizione critica dell’estrema sinistra nei confronti del darwinismo e della genetica. Infatti ad oggi l’approc­ cio si è radicalmente rovesciato. Dal 1989 buona parte della sinistra è costretta, per sopravvivere alle nuove categorie politiche prodot­ te dal capitalismo, ad operare delle profonde rivisitazioni teoriche alla necessità di «trasform are il m ondo». A cogliere nel segno è la previsione del filosofo A ugusto Del N oce: la mutazione del comuniSmo in un partito radicale di massa a sfondo nichilista.

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L’ultimo uomo Il marxismo, come tutte le grandi narrazioni moderne, smette di interpretare il m ondo con le categorie rivoluzionarie. Le bat­ taglie per la giustizia sociale e per le rivendicazioni della classe operaia lasciano il posto a quelle per i diritti civili e la bioetica. A rimanere intatto dopo la caduta del M uro, negli ambienti ri­ form isti e social-democratici come in quelli radicali, è il materia­ lismo in senso stretto, l’unico punto di contatto ideologico con il capitalismo. Infatti, l’avvento della postm odernità, così come suggerisce anche Lyotard, coincide con il dominio di quello che Lukacs chiama «idiotism o specialistico» e con la supremazia di una scienza materialista votata alla ricerca inappagabile della felicità. Ad affrontare l’argomento è stato, tra gli altri, il professore G ior­ gio Israel nel libro C hi sono i nemici della scienza f, pubblicato nel 2008, dove si legge: Che cosa poteva restare in piedi dopo il crollo della scorza del marxi­ smo? E semplice: l’ideologia scientista, nuda e cruda, senza il riferi­ mento al contesto teorico della filosofia materialista della prassi e alla prospettiva della costruzione del socialismo.113

N e ll’abbracciare lo scientismo la sinistra post-com unista ha mantenuto però la caratteristica rivoluzionaria della «m issione» e la spinta messianica ed escatologica, divenendo di fatto la principa­ le frangia prom otrice degli ideali progressisti. A questi mischia un élitismo isolazionista che fa degli elettori e degli attivisti di sinistra i soli individui «capaci, onesti, intelligenti e interessati alle sorti del paese più che al proprio tornaconto personale».114 In questo clima lo slittamento dal marxismo allo scientismo si declina nell’atteggiamento intransigente nei confronti dell’altro, del barbaro, di chi è renitente all’accettazione della scienza come 113/ G iorgio I srael, Chi sono i nemici della scienza?, Lindau, Torino 2008, p. 152. 114/ Ivi.

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Dal comuniSmo al partito radicale di massa nuovo demiurgo capace di interpretare e modificare tutti gli aspet­ ti della vita: Quel che è rimasto, in tutta la sinistra, è il sentimento che occorre chiudere le porte ai “barbari”, ai “selvaggi”, ai reazionari, agli anti­ democratici. Per quanto la sinistra possa dilaniarsi nei suoi conflitti intemi e nelle sue liti, essa conserva un comune collante rappresenta­ to dalla necessità assoluta di far fronte all’“altro”...m

M a facciamo ancora un passo indietro. N ell’O ttocento M arx ha identificato nella visione darwiniana della società liberal-capitalista il problem a da affrontare e combattere. La sinistra della Fabian Society, in contrapposizione al socialism o di derivazione marxista della s d f (Social D em ocratic Federation), fondato nel 1881, a cui appartenevano Eleanor M arx e Friedrich Engels, ha invece assunto lo stesso paradigma darwiniano utilizzato da Spencer per giusti­ ficare il capitalismo. Per poter competere col marxismo sul suo stesso campo, la Fabian Society si è riproposta la soppressione dei meccanismi di competizione e selezione alla base dell’evoluzione darwiniana e della teoria sociale malthusiana e spenceriana. Dalla Fabian Society deriva poi il Partito Laburista, la sinistra inglese che, abbandonando la visione rivoluzionaria di Marx, pro­ pone un approccio graduale al socialismo.

Ora che la disintegrazione dell’uRSS sigla la sconfitta del comu­ niSmo, ai comunisti occidentali non resta che scomparire, vestire i panni moderati dei social-democratici o barricarsi nei sindacati. Il primo atto esplicito in tal senso è del 1999, dieci anni dopo la cadu­ ta del Muro, a opera di un sociologo specializzato in bioetica che in un breve libro tenta di associare ad una cooperazione socialista l’impianto ideologico darwiniano con tanto di competizione e se­ lezione naturale. Quell’anno viene infatti pubblicato^ Darwinìan 115/ Ivi, p. 165.

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L’ultimo uomo Left, Politics, Evolution a n d Cooperation di Peter Singer, docente

di bioetica presso le università di Princeton e di Melbourne. Il libro inizia riportando uno scambio epistolare tra Marx e l’a­ narchico Bakunin. Se nel «comuniSmo dei beni» l’autore del C ap i­ tale vede realizzata la vera cooperazione, Bakunin riscontra il rin­ novato dominio di una minoranza privilegiata sulla maggioranza. Singer, bakuniano convinto, evidenzia il fallimento interpretati­ vo di Marx e dei suoi seguaci. L’errore di tutta la sinistra consiste in un deficit antropologico, in un fraintendimento della natura uma­ na, che la caduta del M uro di Berlino ha definitivamente schiarito: L a sinistra ha bisogno di un nuovo paradigma. Il collasso del comuniSmo e l’abbandono da parte dei partiti social democratici dei tradizionali obiettivi socialisti della proprietà nazionale dei mezzi di produzione, hanno privato la sinistra dei suoi obiettivi che ha accarezzato nei due secoli durante i quali ha affermato e accresciuto una posizione di grande potere politico e influenza culturale

M a la crisi della sinistra non consiste solo nel collasso del co­ muniSmo. Singer spinge la sua analisi ben oltre e vede con lucidità nel fenomeno della globalizzazione l’origine della crisi dei sindaca­ ti. La rimozione delle barriere doganali ha infatti minato alla base la loro forza contrattuale per via della minaccia da parte delle indu­ strie, di fronte alle rivendicazioni dei lavoratori, di spostare la loro attività all’estero. In pratica, è stata la “liquefazione” del mercato del lavoro a minare le basi tradizionali su cui fa leva l’azione della sinistra in tutto il mondo. Secondo Singer, posta di fronte a questa situazione, la sinistra non deve cercare di modificarla ma deve accettarla e reagire tra­ sform andosi da forza politica a corrente di pensiero, promuoven-

116/ P eter S inger, A Darwinian Left: Politics, Evolution and Cooperation, Ed. Weidenfeld & Nicolson Ltd., London 1999, p. 5.

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Dal comuniSmo al partito radicale di massa do un ampio «spettro di idee su come ottenere una società m iglio­ re»117, e per farlo deve riuscire là dove M arx ha fallito, corregendo la propria analisi della natura umana, un’analisi che, nella nostra epoca, deve partire dalla visione darwinista: E tempo per la sinistra di prendere seriamente in considerazione il fatto che siamo animali evoluti, e che portiamo il peso della nostra eredità, non solo nella nostra anatomia o nel nostro

DNA,

ma anche

nel nostro comportamento. In altre parole, è tempo di sviluppare una sinistra darwiniana."1

A questo punto, una volta stabilito che l’evoluzionismo è lo strumento interpretativo più efficace della natura umana, Singer si domanda cosa caratterizzi concettualmente la sinistra, e definisce la difesa e la tutela degli esseri più deboli, in quanto battaglie “di sinistra”. E un’affermazione vecchia, che però, in un’ottica darwi­ niana dove l’affinità tra uom o e animale è stretta, significa prendere le difese di questi ultimi, in quanto soggetti deboli. Prerogativa di una sinistra moderna è quindi l’animalismo. Ma ad un esame storico l’idea della ricerca della maggior felicità per gli esseri viventi, con riferimento proprio ai diritti degli anima­ li, va fatta risalire al primo Ottocento, quando viene formulata dal giurista inglese Jeremy Bentham, maestro di John Stuart Mill e pa­ dre del liberalismo filosofico. Singer propone una trasformazione della sinistra nel suo opposto, in una corrente di pensiero affine ai pensatori liberali. Si realizza così, a dieci anni dalla morte, proprio la previsione di Del N oce che ha arguito il passaggio del comuniSmo da un’istanza comunitaria a una post-borghese e diritto-umanista. A questo punto Singer ammette innanzitutto l’esistenza di un forte legame tra darwinismo e politica, nonché l’appropriazione del117/ Ivi, p. 6. 118/ Ibidem.

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L'ultimo uomo le teorie di Darwin da parte della destra militarista. Del resto è stato lo scienziato Charles Lyell, amico e sostenitore di Darwin, a preve­ dere uno sviluppo dell 'O rigine in direzione sociale più che natura­ lista, giustificando le azioni dei forti sui deboli. Darwin tuttavia re­ spinge fortemente le implicazioni di tipo etico che discendono dalla sua teoria. N on è un caso che, come ricorda Singer, per gran parte dell’Ottocento e della prima metà del Novecento il darwinismo va più di moda presso i club dell’élite americana - tra cui Carnegie e John D. Rockefeller, forti sostenitori di una società competitiva e di un mercato che proceda per «selezione naturale» - che non presso i naturalisti. Ma Singer si impegna nel far notare che tali leggi di na­ tura sono “fatti” e non “valori”, e che quindi vadano accettati senza porsi l’interrogativo morale. Solo a partire da questa obiettività si possono prendere le giuste decisioni: L’affermazione che la comprensione della natura umana alla luce della teoria dell’evoluzione può aiutarci ad identificare i mezzi con i quali possiamo raggiungere alcuni dei nostri scopi sociali e politici, incluse varie idee di uguaglianza e allo stesso modo valutando i possibili costi e benefici."'1

A questo punto Singer afferma, confermando l’analisi di G. Isra­ el, che compito della sinistra è quello di combattere, in nome della scienza, le credenze non darwiniste: Fare opera di debunking o gettando discredito su credenze e idee non darwiniane che possano essere politicamente influenti. Tutte le credenze politiche pre-darwiniste devono essere ri-esaminate per vedere se contengano elementi fattuali che siano incompatibili con il pensiero darwiniano. 120

119/ Ivi, p. 15. 120/ Ivi, p. 16.

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Dal comuniSmo al partito radicale di massa Quindi Singer finalmente chiarisce quali siano le idee politicamente corrette secondo un approccio darwiniano: 1. 2. 3.

rigettare l’idea che i genitori abbiano autorità sui figli; contestare i contenuti della Bibbia; rifiutare l’idea che gli esseri umani siano superiori agli ani­ mali.

Sull’uguaglianza tra uomini e animali si pone molta enfasi, e non a caso Singer fonda il movimento animalista con la pubblica­ zione, nel 1975, del libro A n im ai Liberation: A N ew E th icsfo r our Treatment ofA nim als.

U na volta difese le posizioni sul darwinismo e m ostrati degli esempi di politiche darwiniste, Singer affronta gli ostacoli che in passato ne hanno impedito l’accettazione da parte della sinistra, a cominciare dalla giustificazione della competizione e della selezio­ ne naturale. D op o aver ravvisato i punti di contatto tra il materialismo sto ­ rico e l’evoluzionismo, il cui nucleo concettuale in entrambi è la determinazione della natura umana da parte dell’ambiente circo­ stante (i modi di produzione per il primo, Yhabitat per il secondo) Singer fa notare che le divergenze intervengono quando si citano la selezione naturale e la lotta per l’esistenza. Q uesta impasse si può superare grazie alle nuove acquisizioni del darwinismo e allo spazio concesso alla cooperazione all’interno di una stessa specie: .. .anche se la società di consumatori competitivi funzionasse al meglio, questo non è il solo modo per armonizzare la nostra natura e il bene comune. Dovremmo invece incoraggiare in un ampio senso i nostri interessi, nei quali cerchiamo di costruire il lato sociale e cooperativo

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L’ultimo uomo della nostra natura, in aggiunta al lato individualistico e competitivo.'2'

La costruzione di una società fondata sulla cooperazione, spiega Singer, ha risvolti positivi anche per la sua componente economica­ mente più elevata. Q uesto perché le dis eguaglianze sociali creano un clima conflittuale, nel quale la minoranza agiata è circondata da una maggioranza povera e violenta: Quando le libere operazioni delle forze competitive del mercato rendono pericoloso camminare per la strada di notte, i governi devono interferire con queste forze di mercato per promuovere l’impiego.112

La cooperazione non ha qui un’accezione morale, ma è frutto di un reciproco vantaggio. Singer applica all’azione sociale le regole della teoria dei giochi, che nel conseguimento del maggiore benefi­ cio possibile ravvisano la motivazione più forte ad agire. Il piccolo libro di Singer conclude riassumendo ciò che la nuova sinistra do­ vrebbe e non dovrebbe essere. La sinistra non dovrebbe: 1. 2.

3.

negare l’esistenza di una natura umana e affermare che essa non è buona né infinitamente malleabile; aspettarsi la fine di tutti i conflitti fra gli esseri umani tra­ mite rivoluzioni, cambiamenti sociali o un miglioramento nell’istruzione; assumere che tutte le disuguaglianze siano dovute a discri­ minazione, pregiudizi, oppressione o condizionamenti so ­ ciali. Q uesto a volte può accadere, ma non sempre.

A l contrario la sinistra del futuro dovrebbe:

121/ Ivi, p. 43. 122/ Ivi, p. 53.

132

Dal comuniSmo al partito radicale di massa 1. 2. 3. 4. 5. 6.

accettare l’esistenza di una natura umana; respingere l’idea che quello che è naturale è anche accetta­ bile; accettare che esista la competizione tra individui; accettare che, a prescindere dal sistem a sociale, esiste una tendenza umana alla cooperazione; riconoscere il fatto che il modo in cui consideriamo gli ani­ mali è un retaggio dell’epoca pre-darwiniana; restare dalla parte dei deboli, ma facendo molta attenzione a quali cambiamenti com portino veramente un beneficio.

N ell’ultima pagina Peter Singer fa riferimento all’idea hegeliana della fine della storia. Q ui come per il filosofo tedesco, il termine ultimo coincide con una piena comprensione di sé e con l’inveramento della libertà. Le condizioni indicate da H egel si sono verifi­ cate, secondo Singer, negli ultimi cinquant’anni: Per la prima volta da quando la vita è emersa dal brodo primordiale, ci sono esseri che comprendono come sono giunti ad essere quello che sono.'23

Le posizioni di Singer divengono col tem po sempre più estre­ me, e l’equiparazione tra animali e umani lo conduce a radicalizzare le sue battaglie in difesa dei diritti degli animali, e arriva fino a dichiarare che «uccidere un neonato non è mai equivalente ad uccidere una persona»124. In questa visione di una società fondata sull’utilitarismo e sulla riduzione dell’essere umano al dato biologico, la destra e la sinistra finiscono, in definitiva, per ricongiungersi, convergendo entrambe su posizioni che, in realtà, sono state da sempre quelle del capitali123/ Ivi, p. 63. 124/ < www.princeton.edu/~psinger/faq.html>.

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L’ultimo uomo smo e della liberal-democrazia. Il progetto fabiano di un addormentamento della rivoluzione e di una sintesi hegeliana tra capitalismo e comuniSmo giunge in porto alla fine del xx secolo. Invero il liberal-capitalismo non si è spostato dalle proprie posizioni. E stata invece la sinistra a rinun­ ciare alla sua idea di società per accettare il “fatto” della selezione naturale e tutto ciò che ne consegue. Tuttavia per soddisfare for­ malmente la propria vocazione alla difesa dei più deboli, ha sposa­ to la causa dell’animalismo. Q uesto assetto sociale non segna però la fine della storia, come ipotizzato da Fukuyama solo sette anni prima. La liberal-demo­ crazia fabiana, che contiene i due poli ormai riuniti della sinistra e del capitalismo, non è un punto di arrivo definitivo ma solamente un passaggio intermedio, indispensabile per giungere a un gradino successivo: la fase della liquefazione della società.

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S E C O N D A PA R TE

XIV La società liquida

Rispetto alle tesi di Francis Fukuyama sulla «fine della storia», il sociologo polacco Zygmunt Bauman propone un’altra spiegazione dell’assetto mondiale post-Guerra Fredda. N o n è un «mondo senza più alternative» o modelli politici diver­ si, ma un mondo che deve fare i conti con una forza prima scono­ sciuta: la globalizzazione. N el suo libro L a società individualizzata scrive: Tutti i punti di riferimento che davano solidità al mondo e favori­ vano la logica nella selezione delle strategie di vita (i posti di lavoro, le capacità, i legami personali, i modelli di convenienza e decoro, i concetti di salute e malattia, i valori che si pensava andassero colti­ vati e i modi collaudati per farlo), tutti questi e molti altri punti di riferimento un tempo stabili sembrano in piena trasformazione. Si ha la sensazione che vengano giocati molli giochi contemporaneamente, e che durante il gioco cambino le regole di ciascuno. Questa nostra epoca eccelle nello smantellare le strutture e nel liquefare i modelli, ogni tipo di struttura e ogni tipo di modello, con casualità e senza preavviso .125

125/ Zygmunt Bauman, La società individualizzata, Il Mulino, Bologna 2010, p .159.

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L’ultimo uomo L’affermarsi di una società liquida, dove l’esperienza individua­ le e le relazioni sociali si disgregano e si aggregano in un clima di incertezza perenne, avviene per m ezzo della sostituzione gra­ duale dei cosiddetti “corpi solidi” con una realtà fluida. La fami­ glia, lo Stato, le parti sociali, le identità sessuali, sono tutti moduli che subiscono una destabilizzazione radicale a partire dal Maggio ’68. Questa grande contestazione studentesca, e in parte minore anche operaia, che si estende in tutta Europa, si impone in chiave anti-borghese ma non anti-capitalista. E il passaggio dal capitalismo tradizionale e austero, industriale e imprenditoriale, a quello che gli studiosi Boltansky e Chiappello hanno definito «il nuovo spirito del capitalismo»: un capitalismo anti-borghese, soft e permissivo, dove la figura portante non è più quella dell’imprenditore proprietario ma del manager che gestisce i mezzi di produzione. La ribellione degli studenti vuole liquidare le stesse identiche istanze che il nuovo capi­ talismo transnazionale vuole abbattere. La rivolta più intima diventa così una forma di integrazione alla società dei consumi. Vi è perciò un’alleanza simbolica tra i nuovi protagonisti del mercato - esperti di comunicazione e marketing, manager, creativi, produttori discogra­ fici, registi, sceneggiatori, attori, intellettuali - con la base studen­ tesca assimilata a questo processo venduto come “rivoluzionario” . Le parole d’ordine del capitalismo tradizionale (zelo, cura, pazienza, risparmio, sacrificio) lasciano il passo a quelle del neo-capitalismo (divertimento, entertainment, sballo, spreco, eterna adolescenza). Il guru della rivoluzione psichedelica, Timothy Leary, compare in una famosa fotografia con un cartello alle spalle dove si legge: «Is there a life after youth?». Esiste una vita dopo la giovinezza? A questa domanda retorica la società post-sessantottina ha risposto con un secco “no” e ha fatto della “giovinezza” un totem. E così il giovani­ lismo degli adulti e la resistenza a crescere dei giovani hanno reso il mondo un paese dei balocchi su larga scala, il non-luogo dipinto da Collodi dove il malcapitato burattino Pinocchio si ritrova insieme a tutti i suoi amici irresponsabili.

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La società liquida La società liquida, o il neo-capitalismo, non possono incontrare al loro interno dei nuclei stabili, dei corpi solidi (siano essi istitu­ zioni o valori morali, convezioni, costumi, pratiche condivise su cui non si possa creare profitto). Per superare questa impasse uno dei primi moduli costitutivi della società, la famiglia, il corpo solido per eccellenza, ha subito un processo di svuotamento del suo significato originario. D a risorsa educativa in cui si formano i rapporti di affetto e autorità; da nucleo stabile e autosufficiente dove i membri sono legati da un’economia domestica che ne garantisce la sussistenza, la famiglia ha perso i caratteri che ne definivano il concetto stesso. L’intercambiabilità dei ruoli tra la donna e l’uom o (che ha rotto il patto sacrale di divisione dei compiti all’interno del focolare), la fine dello scopo riproduttivo, così come la provvisorietà della nozione di «amore» su cui si basa il rapporto, sono tutti fattori che hanno messo in crisi Yoikos. A questi si aggiunge la promozione forsennata dei legami omosessuali che elimina la generazione della vita dall’o­ rizzonte di senso del dispositivo di alleanza. Il figlio compie il pas­ saggio da soggetto dell’alleanza a oggetto del desiderio. Avviene in questo modo la perfetta fusione tra dispositivo di sessualità e società dello shopping, di cui la maternità surrogata e la possibilità di sele­ zionare i tratti somatici del neonato su un catalogo sono la logica conseguenza. La generazione della vita, tuttavia, porta ancora in sé un arche­ tipo del corpo solido, e cioè il corpo sessualizzato. La polarità maschio/fem m ina, così come i caratteri, i ruoli, le funzioni associate all’uom o e alla donna, rappresentano anch’essi una dimensione solida alla quale si deve attentare. Liquefare l’identità maschile e quella femminile diventa quindi una tappa irrinunciabile di questo m eta-percorso. Significa affermare che uom o e donna non sono dati biologicamente, naturalmente e casualmente stabiliti, ma li­ bere e consapevoli scelte individuali che travalicano e prescindono l’elemento organico, come se le differenti strutture fisiche, i com ­ plessi ormonali, il ciclo, la gestazione, l’elemento fallico e quello

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L’ultimo uomo uterino non giochino un ruolo fondamentale nel determinare la sessualità delle persone. La pretesa società unisex, che vuole mettere fine a qualsiasi «discriminazione di genere», per avvicinarsi ad un ideale di libertà intesa come libera disposizione di sé, ha sostituito quel comparto dialettico che muoveva prima tutta la filosofia marxiana e i movi­ menti operai da essa scaturiti: la lotta di classe. Si abbandona l’idea di una società senza classi, per crearne una senza sessi. La libera­ zione sessuale e l’emancipazione dal determinismo biologico per una sessualità libera e neutra sono le mutazioni più evidenti di un cambiamento antropologico e di un rinnovamento della percezio­ ne che l’umanità ha di se stessa. La liquefazione della propria iden­ tità biologica, e la creazione ingegneristica di una società unisex sono gli assunti fondamentali per poter accettare un’origine e una vita da allevamento. N ella società liquida, l’esistenza si appiattisce sui ritmi di produzione dell’allevamento intensivo: prestazione, produttività, impossibilità di avanzare richieste, minimo consum o di risorse per un m assim o di resa produttiva, spazi ridotti e stan­ dardizzazione del comportamento. In definitiva, la conclusione della vita produttiva coincide con la fine della vita biologica. L’as­ sistenza sanitaria, per le unità produttive al termine del loro per­ corso program m ato, è anti-economica. C om e già avviene, le cure troppo dispendiose non sono som ministrate a chi è fuori dal ciclo produttivo, le assicurazioni e i famigliari, slegati da un dispositivo di alleanza, spingono infine il malato e l’anziano a scegliere nell’eu­ tanasia una morte “dignitosa” .

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XV Le linee di faglia

U n ulteriore critico delle tesi di Fukuyama, è il politologo Sa­ muel H untington che nel suo saggio The Clash o f C ivilization s an d thè Rem aking o f World O rder (1997) smentisce l’idea della fine della storia. Com e ogni civiltà, anche quella occidentale rischia il collasso di fronte al mutare degli eventi; sebbene sia scom parsa dal­ la scena internazionale la minaccia sovietica, esistono attualmente delle civiltà limitrofe che rifiutano il modello liberal-democratico. Rese indisponibili ad una sua accettazione a causa della forte com ­ ponente religiosa, che incarna la fons iuris del luogo, questi paesi, pur partorendo dei leader vicini agli interessi dei capi di governo occidentali, non riescono ad attuare un modello di sviluppo piena­ mente liberale. Applicando dunque il concetto di selezione natura­ le sul piano geopolitico, H untington osserva un conflitto globale: da un lato l’Occidente e dall’altro l’Islam. D a una parte le società industriali, democratiche, culturalmente e tecnologicamente avan­ zate, e dall’altra le società pre-rrioderne. Lo scontro di civiltà si gioca, secondo H untington, tra questi due universi di senso, tra l’Occidente che subisce il calo dem ografico e i paesi musulmani che conoscono un forte incremento della popolazione. Alla fine del conflitto, la civiltà più vigorosa sopravvive e quella più debole perisce. Insieme all’analogia con il darwinismo, dobbiamo sottoli­ neare le similitudini con le teorie di M althus, secondo cui le classi ricche risultano demograficamente in declino e quelle povere in

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L’ultimo uomo crescita geometrica. Essendo inapplicabili le misure di birth control nei Paesi non occidentali, l’unico strumento preventivo diventa la guerra. Le linee di faglia tra Occidente e Islam sembrano del tutto ale­ atorie e immaginarie: sono più un espediente geopolitco e mediatico che non una realtà effettiva. L’Occidente infatti tende a crea­ re costantemente un «nemico esterno» per accentrare quanto più possibile il potere (pensiamo all’Unione Sovietica durante la guer­ ra fredda, ai Talebani con Bill Clinton, ad Al Qaeda sotto il gover­ no Bush e all’Isis durante il mandato di O bam a). Q uesta strategia si fa chiara grazie alle teorizzazioni del filosofo Leo Strauss, un eccentrico interprete del pensiero di Platone, alla cui scuola si è form ato Bush Jr. e l’intera classe dirigente dei “neocon”, l’ala più bellicista dello schieramento conservatore statunitense. Sul con­ to di questo prom otore del fondamentalismo pro-americano - il primo ad introdurre il concetto di «dem ocrazia forte» in grado di proteggersi dalle minacce esterne anche a costo di limitare la liber­ tà dei cittadini - la studiosa Shadia B. D rury dice in Leo Strauss e i neoconservatori: Che tipo di capi saranno dei dirigenti politici fortemente influenzati da Strauss? Saranno capi pronti a sabotare le basi della democrazia con le menzogne e l’inganno. Saranno capi facili a ricorrere alle armi. Saranno capi tanto assillati da un acuto sentimento di crisi generale, da trascurare la distruzione delle libertà civili. Saranno capi che dro­ gano il consenso alle loro avventure imperialistiche intossicando il popolo con una potente mistura di nazionalismo e religione.

La guerra lungo le linee di faglia non è la conseguenza di una lotta per la sopravvivenza tra due civiltà antropologicamente in conflitto, ma è figlia della società globalizzata che richiede coer­ citivamente un’espansione illimitata del mercato. L’invenzione di un nemico serve a motivare questa espansione ed evitare lo sfalda­

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Le linee di faglia mento interno. Prima la minaccia sovietica, poi il m ondo islami­ co e gli Stati Canaglia (Venezuela, Russia, C orea del N o rd , Iran): sono specchietti per le allodole che ammantano le guerre guerre finanziarie e valutarie tra l’Occidente e i Paesi in via di sviluppo. Q uesto scontro prevede innanzitutto l’impiego di misure econo­ miche (embargo, ingerenze, sanzioni) fino a contemplare anche la soluzione militare, attuata dall’Occidente tutto sotto il vessillo della n a t o , un retaggio della Guerra Fredda che oggi fa da braccio armato delle grandi potenze internazionali senza più alcuna, vera legittimità pubblica. U n mondo globalizzato richiede infatti un nuovo tipo di guerra lampo, in cui gli eserciti abbiano la capacità di essere presenti in ogni angolo del globo per intervenire rapi­ damente con la massima capacità di mobilitazione - soprattutto aerea - senza rischiare la reazione diretta della controparte. Esattamente come il capitale liquido sfugge al corpo solido della classe operaia, in questo caso si può parlare di una «guer­ ra liquida» che si svolge tra un soggetto inafferrabile che colpisce improvvisamente e prevalentemente dal cielo e un corpo solido im possibilitato fattualmente a combattere. La «guerra liquida» nasce nel 1996 con la tecnica detta shock an d aw e (“ colpisci e terrorizza”), dal titolo omonimo di un libro scrit­ to da Harlan K. Ullman e Jam es E Wade per conto dell’Università di D ifesa Nazionale degli Stati U niti (N ational D efense Univer­ sity of thè United States). Shock a n d aw e significa sottom ettere l’avversario con un’imponente e rapida manifestazione di forza che infligga pesanti perdite al nemico, possibilm ente senza vitti­ me nelle file dell’aggressore. Q uesto risultato può essere raggiunto solo grazie a un’incolmabile superiorità tecnologica, con apparati di informazione satellitare, forze aeree soverchianti, armi telegui­ date, droni o missili da crociera, tale da rendere inefficaci le difese. M a se all’epoca della «guerra liquida» e della società globalizza­ ta gli Stati non sono più i veri protagonisti degli eventi geopolitici e militari, siamo costretti a constatare che qualcos’altro deve aver

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L’ultimo uomo preso il loro posto. E questo qualcos’altro sono le realtà che Bau­ man definisce «forze globali». U n ’analisi delle guerre finanziarie e delle guerre tradizionali è stata compiuta dall’ex capo di Stato M aggiore della n a t o , con esperienza di comando nella missione k f o r in Kosovo, il generale Fabio Mini, che ha coniato per le «forze globali» di Bauman il ter­ mine di «bande»: Le bande moderne a l servizio dei nuovi dèi sono organizzazioni che tendono a deformare e a scardinare le istituzioni statali o interna­ zionali per esercitare un controllo assoluto sulle risorse; in maniera diretta o indiretta le bande perseguono fini privati di profitto e potere a scapito delle istituzioni e del bene comune.126

Lo scontro di civiltà di cui parla H untington è dunque uno scontro lungo le linee di faglia disegnate da una realtà generica­ mente chiamata “ O ccidente”, ma che, di fatto, è quella della m o­ dernità liquida dei capitali. Q uesti reclamano la libertà assoluta di operare senza limitazioni geografiche e senza incontrare opposi­ zione da parte dei corpi solidi che non riconoscono questa m obi­ lità d’azione. Il termine Occidente risulta perciò un simulacro svuotato del suo significato tradizionale. In questa ottica appare chiara la natura del conflitto con l’Islam, che non è un conflitto di religione ma di “Stato” inteso nel senso fisico di “Stato liquido” contro “ Stato so ­ lido” . U na situazione di questo tipo implica una novità profonda rispetto alla visione di Huntington. Mentre le linee di faglia dello scontro di civiltà scorrono lungo le aree caratterizzate dalla società liquida da una parte e le società dei corpi solidi dall’altra, va consi­ derata la possibilità della presenza, oltre alle linee di faglia, anche di “zone” di faglia, cioè di aree culturali intese come sacche intestine 126/ F abio M ini, La guerra spiegata, a..., Einaudi, Torino 2013, p. 56.

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Le linee di faglia o nuclei di resistenza interni all’Occidente stesso. Tra questi, una delle prime istanze costrette ad arretrare dal pa­ norama civile e sociale per svolgere un ruolo intimistico, si anno­ vera la religione. L’accelerazione sulla tabella di marcia dei matrimoni gay è un attacco diretto a questa “sacca interna” reticente all’abbatti­ mento. I primi casi si sono verificati nell’estate del 2015 con l’arresto negli U SA di Kim Davis, l’impiegata della Contea del Kentucky rea di aver negato ad alcune coppie omosessuali i certificati di matrimonio, e con la condanna a cinque mesi di carcere per Sabrina Hout, ex vicesindaco aggiunto socialista di Marsiglia, colpevole di essersi rifiutata di sposare una coppia gay. A questo fatto si aggiunge la storica decisione della Corte Suprema degli u s a di riconoscere come diritto il matrimo­ nio omosessuale. Sul mensile di geopolitica «Limes» del luglio 2015 sono state fatte le seguenti considerazioni: Il regime dì protezione intemazionale dei diritti umani vive da anni una costante frammentazione che vede faglie di frattura che sempre più spesso si concentrano sulle scale di valori che hanno influenzato la formazione delle grandi civiltà e delle grandi religioni.

U na volta stabilito che il matrimonio omosessuale è un “diritto” universale, la questione delle nozze gay si presenta come un perfetto mezzo per eliminare dalla scena pubblica chiunque si professi fedele ad una qualsiasi delle tre religioni monoteistiche. Ecco spiegato come la carta dei diritti gay si riveli di primaria importanza sia nella guerra di faglia contro i Paesi che rappresen­ tano la società solida, sia nei confronti delle zone di faglia interne. La potenza e l’ampiezza di impiego di questa opzione rendono ra­ gione dell’energia profusa dagli Stati leader della «società liquida».

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XVI. Le Ong e altre organizzazioni

Tra le organizzazioni civili più attive nell’ultima metà del xxi seco­ lo si annoverano le o n g , delle Organizzazioni N on Governative che hanno riscosso successo in maniera inversamente proporzionale alla crisi dei partiti tradizionali, di cui hanno assorbito alcune istanze ri­ vendicative. Teoricamente le o n g sono delle organizzazioni che ope­ rano sulla base di obiettivi svincolati da interessi di parte o da finalità economiche: la loro azione è ufficialmente sostenuta da motivazio­ ni ideali e sociali largamente condivise presso l’opinione pubblica. I loro scopi dichiarati, infatti, sono il rafforzamento della democrazia, la riduzione della povertà, la tutela dell’ambiente e della cultura, la protezione delle fasce più deboli della popolazione. Per portare avanti queste battaglie però, le o n g fanno poco uso degli strumenti demo­ cratici, ma si impegnano nelle attività di “advocacy” e di “lobbying”, attraverso le quali mirano ad influenzare i governi costituiti ad adotta­ re decisioni favorevoli ai propri obiettivi. U n esempio storico dell’azione delle o n g è individuabile nel so­ pracitato processo a John Scopes, quando a difesa del professore ac­ cusato di aver violato le leggi del Tennessee sull’insegnamento della teoria darwiniana nelle sue implicazioni razziste ed eugenetiche, si schiera l’Unione Americana per le Libertà Civili (a c l u ) , un’organiz­ zazione non governativa fondata dall’avvocato femminista e socialista Chrystal Eastman e dall’avvocato, anch’egli socialista, Roger N ash Baldwin.

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L'ultimo uomo

Nell’ACLU si possono individuare tutti gli elementi che costi­ tuiscono le ong successive: 1. 2. 3.

dispongono di cospicui finanziamenti non sempre traspa­ renti; hanno appoggi politici; le loro origini sono talvolta legate a personaggi che diventa­ no degli status sym bol;

4. hanno credito presso la stampa; 5.

hanno contatti importanti nel m ondo accademico, indu­ striale e finanziario.

Studiando il modo di agire dell’ACLU nel processo Scopes si possono individuare quelle azioni che diverranno il modus ope­ randi delle ong: 1. 2. 3.

4.

selezionare un campo di azione; creare interesse intorno ai propri fini; mobilitare appoggi politici e legali; ottenere un consenso sociale o anche solo mediatico rispet­ to ai fini prefissati.

A condannare le ingerenze frequenti delle o n g nello scenario politico di Paesi sovrani è il governo russo, che nel 2012 con un provvedimento speciale ha classificato come «agenti stranieri» le organizzazioni che ricevono finanziamenti esteri e ha ratificato l’espulsione dai propri confini di 20 o n g legate alle cosiddette ri­ voluzioni colorate. Per quanto riguarda il Terzo M ondo, quasi un anno prima il giornalista dello Zimbabwe, Tafataona M ahoso, de­ nuncia l’ambiguità del ruolo delle ONG nel proprio Paese: Quasi tutti i partiti politici e le ONG sostenute in Zimbabwe da USA, Gran Bretagna, Unione Europea, Australia, Canada e Nuova Ze-

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Le

ong

e altre organizzazioni

landa sono compromessi cop attività e insegnamenti che cercano di cancellare o di confondere la lotta degli africani per la libertà, l’indi­ pendenza, l’autodeterminazione e l’autonomia.w

N el caso in cui le o n g falliscano nell’azione di colonizzazio­ ne culturale e politica di un Paese, il loro ruolo diventa quello di agenzie attive in cambiamenti di regime comunemente noti come «rivoluzioni colorate». La tecnica del regime change viene descritta nel 1993 dallo stu ­ dioso e professore di Scienze politiche all’Università del M assa­ chusetts Gene Sharp, nel suo libro D a lla dittatura alla democrazia. C om e abbattere un regime. M anuale di liberazione non violenta. I casi più recenti di regime change sembrano avere tutti uno stesso copione. Le organizzazioni non governative (Am nesty Interna­ tional, O cse, ecc.) finanziate e manovrate dagli istituti finanziari occidentali (Soros Foundation, ecc.) trovano il pretesto per ali­ mentare lo scontro (brogli elettorali in Ucraina nel 2004 oppure l’om ofobia di Vladimir Putin ai giochi invernali di Sochi). Subito dopo, il compito di creare autorevolezza nel messaggio sovversivo e dividere i fronti in “buoni” e “cattivi”, spetta ai mass media, che in generale creano consenso nel blocco statunitense, delegittima­ no il presidente di turno, e il più delle volte lo dipingono come un sanguinario dittatore. Le associazioni studentesche si mobilitano sui social network creando una rete di consenso per chiedere ri­ form e attraverso un marketing politico sottile quanto provocatorio: si costruiscono attorno a un colore, un logo ben identificabile e slogan fortemente evocativi («O tp o r!» in Serbia, che significa «R esistenza!»). G li intellettuali occidentali arrivano in soccorso dei “rivoltosi” per dare “autorevolezza morale” ai sollevamenti (vedi le visite del filosofo francese Bernard-Henri Lévy a Kiev in sostegno dei manifestanti pro-U e, l’atto provocatorio dell’ex de127/ < www.informationclearinghouse.info/article28614.htm>.

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L’ultimo uomo putato italiano Vladimir Luxuria ai giochi invernali di Sochi, l’esal­ tazione delle Pussy R iot in Russia). Tra le ONG più importanti si ascrivono la Bill & Melinda Gates Foundation, nata nel 1997 e la Open Society Foundations ( o s f ) , del finanziere George Soros. Entrambe le organizzazioni si dico­ no impegnate nel supporto globale alla giustizia, all’educazione, alla salute pubblica e ai media indipendenti. Tuttavia dietro gli slogan pubblicitari, risulta difficile capire quali siano gli scopi effettivi di tali organizzazioni, e cosa intendono per giustizia o per media indipen­ denti. D i fatto supportare dei media indipendenti equivale a renderli immeditamente dipendenti. In proposito è degno di nota il ruolo svolto da una ONG nello sviluppo degli eventi che hanno portato nel 2014 alla rivoluzione colorata in Ucraina e al conseguente regime change am m esso dallo stesso Soros in un’intervista rilasciata alla C N N 128. Lo stesso vale per il c f r , Council on Foreign Relations, un’organizzazione nata nel 1921 da un’iniziativa della Fondazione Rockefeller per aiutare i suoi membri (persone di governo, uomini d’affari, giornalisti, educatori e studenti, leaders civili e religiosi) a comprendere meglio il m ondo e le politiche estere che riguardano gli Stati U niti e altri Paesi129. N el 1973, sull’onda delle critiche al sostegno dato dal CFR alla guerra del Vietnam, venne fondata da David Rockefeller con la partecipazione di H enry Kissinger e Zbigniew Brzezinski, la Com m issione Trilaterale (Trilateral Com m ission), un think tank non governativo che riunisce oltre 300 m em ­ bri tra cui i più influenti uomini d’affari dell’Europa, del Giappone e dell’America settentrionale. Oltre alle organizzazioni non go ­ vernative agiscono anche altre realtà direttamente riconducibili ad uno Stato, come la statunitense N ational Endowment for Dem ocracy ( n e d ) un’organizzazione no profit con lo scopo di «diffon­ dere la democrazia». Fondata nel 1983, vi fanno riferimento una

128/ . 129/ < www.cfr.org/about/mission.html>.

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Le ONG e altre organizzazioni serie di altre organizzazioni quali il Journal o f Democracy, il World M ovement for Democracy, Plnternational Forum for Dem ocratic Studies, il Reagan-Fascell Fellowship Program, il N etw ork o f D e ­ m ocracy Research Institutes e il Center for International Media Assistance. D opo il n e d nasce anche il N ational Dem ocratic Institute for International Affairs ( n d i ) un’altra organizzazione no profit che agisce nei paesi in via di sviluppo per «incrementare le istituzioni democratiche». Q ueste organizzazioni fanno riferimento ad una strategia d’a­ zione rinominata soft power, un concetto definito all’inizio degli anni N ovanta da Joseph N ye dell’Harvard University. C o n questa espressione si definiscono quelle manovre volte a convincere, at­ trarre, persuadere individui, comunità e nazioni tramite l’uso non violento di elementi propriamente culturali. Apparentemente non coercitivo - si distingue infatti dall’hard power - questo meccani­ sm o ha l’obiettivo di indurre le persone a seguire un determinato «stile di vita» che possa rafforzare il potere di chi mette in pratica la sudetta strategia. Per N ye, infatti, il soft power è una risorsa ben più efficace dello “scontro di civiltà” . Attraverso la dipenden­ za culturale gli Stati U niti possono esercitare il loro potere senza l’uso delle armi. Le agenzie governative USA per lo «sviluppo della dem ocrazia» e le ONG sono in definitiva degli strumenti com ple­ mentari per infiltrare forze ostili ai governi non allineati al sistem a occidentale e innescare una serie di cambiamenti in vista di un regi­ me change, termine divenuto di uso comune dopo essere stato im ­ piegato dal Presidente Ronald Reagan in riferimento al tentativo di rovesciare il dittatore libico M uammar Gheddafi nel 1987 e ripreso successivamente dai presidenti Bill Clinton e George W Bush per indicare la destituzione di Saddam H ussein in Iraq. Il soft power è solo un primo stadio non violento di interferen­ za nell’attività di Stati esteri non allineati con le politiche globali dove le “interdipendenze” facciano capo in m odo univoco agli u s a secondo la pratica del «colonialism o soft».

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L’ultimo uomo O perazioni di regime change sono definibili anche le campagne condotte mediante interventi militari diretti, come il rovesciamen­ to cruento di Saddam H ussein, tentato una prima volta nel 1990 con la Guerra del G olfo e riuscito successivamente nel 2003; quel­ lo del regime talebano in Afghanistan nel 2001; quello del C o lo n ­ nello Gheddafi tentato una prima volta proprio da Reagan nel 1987 e portato a termine con l’intervento NATO del 2011; da ricordare inoltre quello non riuscito del Presidente siriano A ssad nel 2013 quando l’intervento militare fu parzialmente impedito dall’azione russa a sostegno del governo siriano. I regime change militari sono l’ultima ratio che entra in gioco una volta fallite le tecniche di soft power. A precederli, per evitare l’azione diretta, sono invece le «rivoluzioni colorate», alimentate e foraggiate dalle o n g e dalle associazioni governative e para-gover­ native per la supposta «diffusione della democrazia». Le rivoluzioni colorate sono dei movimenti ispirati al pensiero di Gene Sharp, fondatore nel 1983 dell’Albert Einstein Institution, finalizzato allo sviluppo delle azioni non violente, le cui idee vengono impiegate per operazioni di regime change nei Paesi ex satelliti dell’Unione Sovietica, a partire dalla Serbia, («Rivoluzione del 5 ottobre» del 2000), seguita dalla G eorgia («Rivoluzione delle R ose», 2003), dall’Ucraina («Rivoluzione Arancione», dicembre 2004 e gennaio 2005), dal Kirghizistan («Rivoluzione dei Tulipa­ ni», 2005), per finire con la seconda rivoluzione Ucraina portata a com pim ento nel 2014 con la destituzione del Presidente Viktor Janukovyc. N el caso di quest’ultima som m ossa gli Stati U niti han­ no am m esso per bocca di Victoria N uland, A ssistant Secretary of State for European and Eurasian Affairs, di aver speso dal 1991 cinque miliardi di dollari per garantire un’Ucraina “dem ocratica”. II caso dell’Ucraina m ostra in m odo esplicito le sinergie tra or­ ganizzazioni governative e non governative nella destabilizzazione di Paesi non allineati all’Occidente e alle sue politiche di diffusione del modello democratico.

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Le

ong

e altre organizzazioni

Q uesto tipo di azione rivoluzionaria è stata definita da N oam Chom sky, in riferimento alle rivoluzioni in Egitto e Tunisia, una colonizzazione dall’interno130. Le «rivoluzioni colorate» sono dunque la soluzione intermedia tra l’esercizio del soft power e quello delle azioni coercitive, ma posson o perdere di efficacia nel m om ento in cui vengono com ­ prese e prevenute nei Paesi in cui si attuano. Si spiegano in tal sen­ so le azioni di espulsione dalla Russia delle 20 o n g avvenute nel 2012 e il fallimento della «rivoluzione degli ombrelli» ad H ong K ong nel 2014, dove operavano in prima linea il N ational Endowment for D em ocracy e il National D em ocratic Institute for Inter­ national Affairs. Secondo la teoria di due colonnelli dell’esercito cinese, Q iao Liang e Wang Xiangsui, che nel 1996 pubblicano il libro G uerra senza lim iti, queste azioni, unite a manovre di tipo commerciale e finanziario, costituiscono un nuovo tipo di guerra, un m odo di combattere innovativo nel quale si fondono politica, finanza e azioni militari. C o n questi ultimi episodi le linee di faglia non hanno un peri­ metro delimitato esclusivamente intorno al mondo islamico, ma si spostano topograficamente a piacimento - verso la Russia e la Cina ultimamente - dim ostrando che non si tratta di uno scontro tra civiltà Occidentale e Islam - come vorrebbero i neo-conservatori, pronti a creare la finzione cinematografica western, con i nuovi pellerossa da sterminare - ma tra una visione unipolare e liquida del m ondo, e quella multipolare caratterizzata dai corpi solidi.

130/ N oam C homsky, Terrorismo occidentale, Ponte alle Grazie, Firenze 2015, p. 147.

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XVII. Il postumano

N el 2002 Fukuyama prende atto del suo errore di valutazione com piuto nell’ipotizzare una «fine della storia» e pubblica il saggio O u r Posthuman Future: Consequences o f thè Biotechnology Revolu­ tion, dove si legge: Non ci può essere la fine della storia, come è stato sottolineato dai più sensibili critici di questo concetto, senza che sia terminato lo sviluppo delle scienze naturali moderne e della tecnologia. E tali forme del sapere non sono giunte alla fine, ma anzi sembrano pronte ad entrare in uno dei periodi di avanzamento tecnologico più importanti della storia.1M

N ello spiegare le inesattezze del suo ragionamento, Fukuyama ricorre a due classici della narrativa distopica: I l M ondo N u ov o di A ldous Huxley (1932) e 1984 di George Orwell (1948). Mentre il secondo riproduce i totalitarismi del N ovecento, il cui potere è amplificato dai mezzi di controllo e di condizionamento di mas­ sa, nel primo, che pure precede cronologicamente il rom anzo di Orwell, i “controllori” hanno superato l’uso della forza per speri­ mentare nuove forme di controllo sociale. Q ui il sottile dispositi­

v i / F rancis F ukuyama, L’ Uomo oltre l ’Uomo, Le conseguenze della rivoluzione biologica, Mondadori, Milano 2002, p. 25.

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L’ultimo uomo vo di dominio ha le sembianze di una società perfetta, fondata sulla tecnologia, dove la politica è sostituita dalla scienza che soddisfa i bisogni ed elimina le sofferenze. U n ’intuizione così chiara del futuro non può essere solo frutto di un’immaginazione fervida e di una ancora più grande capaci­ tà di analisi sociopolitica. Infatti non lo è. Il mondo descritto da H uxley è la trasposizione narrativa di un progetto già radicato nei circoli inglesi dell’epoca. B rav e N ew 'World si ispira ad un saggio scritto otto anni prima, nel 1924, dallo scienziato evoluzionista J.B .S. Haldane, D aedalus: or Science an d thè Future, nel quale si ipotizzano le future ricadute sociali delle innovazioni tecnologiche, con particolare riferimento alla biologia. L’uso di sostanze psicoattive e, soprattutto, la diffu­ sione dell’eugenetica sono al centro di quello che Haldane intrave­ de in un futuro prossim o. Haldane è uno dei più importanti biologi della sua epoca. Il suo nome è legato alla rinascita della teoria darwiniana o alla «sintesi moderna dell’evoluzione» di Julian Huxley. Il fatto che le idee eugenetiche siano state riprese da un altro protagonista della sintesi moderna dell’evoluzione come R.A. Fisher132, nel libro del 1930, The G enetical Theory o f N atu rai Se­ ie ction, indica quanto la visione eugenista sia legata alle scienze biologiche. E fondamentale ricordare che lo stesso Julian H uxley prende parte alla British Eugenie Society, della quale diviene prima vicepresidente dal 1937 al 1944, poi presidente dal 1959 al 1962. Le sue idee eugeniste sono espresse in un intervento alla Società Eugenetica del 17 febbraio 1936, che inizia in questi termini: Una volta che le implicazioni della biologia evoluzionistica saranno interamente afferrate, l’eugenetica diverrà inevitabilmente parte del­

i a / R.A. Fisher nel 1911 era stato tra i fondatori della società eugenica di Cambridge insieme a Horace Darwin, un figlio di Charles, e al fabiano John Maynard Keynes.

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Il postumano la religione del futuro, o del complesso di sentimenti che nel futuro potrà prendere il posto della religione organizzata.™

N ella società del M ondo nuovo sono diversi i fattori che con­ corrono a creare le condizioni per un totalitarism o “dolce” , tra i quali riveste un ruolo considerevole l’eugenetica. M a non solo. C o n lungimiranza Fukuyama affronta e analizza tutti i fattori pre­ senti nell’opera di Huxley. N el romanzo le nuove tecniche di manipolazione degli em brio­ ni sono in grado di modellare il profilo genetico e selezionare le mi­ gliori caratteristiche del nascituro. Q ueste tecniche hanno vantag­ gi esclusivamente per chi è nelle condizioni economiche di potervi ricorrere. Affinché una tecnica sia vantaggiosa per qualcuno, deve essere limitata. Le tesi di H uxley sono un’anticipazione lungimi­ rante di quanto avviene attualmente in ambito procreativo grazie al supporto della scienza. La selezione genetica prenatale è oggi una realtà effettiva, riservata ad una ristretta cerchia di individui con un’ampia disponibilità economica. Insieme alla fecondazione in vitro, che consente la produzione di un numero sufficiente di embrioni e la loro successiva analisi pre-impianto nell’utero, sono adesso accessibili, a dei costi particolarmente elevati, la feconda­ zione artificiale e la gestazione per conto terzi, meglio conosciuta come «utero in affitto» o «maternità surrogata», che rende possibi­ le la modificazione del materiale genetico del nascituro. La selezione degli embrioni, tuttavia, è una pratica che necessità di un supporto giuridico, così come avviene per altri aspetti del­ la società dello shopping. Al riguardo, Fukuyama ha intuito con largo anticipo su altri osservatori che alla categoria dei doveri si sostituisce quella dei “ diritti” . I “diritti” costituiscono un tema di grande potenza evocativa al quale non corrisponde un concetto chiaro. Proprio a causa dell’ambiguità concettuale della nozione di 133/ J.S. H uxley, Eugenics and Society, cit.

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L’ultimo uomo “diritto”, Fukuyama introduce il capitolo dedicato a tale questione con la citazione del N o b el Jam es Watson, scopritore, insieme a Francis Crick, della struttura del DNA e noto per le sue dichiarazio­ ni politicamente scorrette: Chi ha conferito un diritto a un cane? Questa parola, diritto, sta diventando molto pericolosa. Abbiamo i diritti delle donne, i diritti dei bambini; si può andare avanti all’infinito. E poi ci sono i diritti delle salamandre e quelli delle rane. Stiamo arrivando all’assurdo.134

La posizione di Watson si colloca nell’am bito dell’utilitarism o di Jerem y Bentham e presum e che, invece di diritti, si debba par­ lare di “bisogni” . Proprio Bentham afferma, riguardo alla dichia­ razione dei diritti dell’uom o redatta dai rivoluzionari francesi, che si tratti di «un’assurdità sui tram poli». I diritti sanciti nella C ostituzion e degli Stati U niti d’Am erica sono rim asti immutati per circa due secoli, fino a quando non è stata attivata quella che Fukuyam a ha definito efficacemente la fabbrica dei diritti. Il prim o segno tangibile si individua in un avvenimento del 1971, quando nel processo “Roe contro Wade” il giudice Justice D ouglas ratifica l’esistenza di «un nuovo diritto, quello all’aborto». D o p o il diritto a non riprodursi sancito dalla ratifica dell’a­ borto, in tempi più recenti si è sostenuto il diritto alla libertà di procreazione o alla qualità del prodotto del concepim ento. Siamo di nuovo nella dimensione dell’eugenetica. II termine “diritto” conferisce quella che Jam es W atson ha definito una «sacralizzazione» dei desideri individuali. A ssum e­ re un carattere sacrale, mette in secondo piano l’interesse del­ la com unità e rende rigido il confronto politico: come si può, all’interno dello Stato di diritto, impedire la rivendicazione di un 134/ F. F ukuyama, op. cit., p. 145.

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Il postumano diritto da parte di una minoranza? D ai diritti di origine divina, o riferiti comunque alla natura umana, siam o passati ai diritti “p o ­ sitivi”, cioè “p o sti” in essere dall’uom o. E l’uom o che li stabilisce con un suo atto di volontà, e ne diventa la fonte, svincolandoli da qualsiasi nesso con la “natura” umana, che per quanto possa essere un concetto am biguo e non definibile in senso stretto è ca­ ratterizzato da una dimensione di limite o “m isura” ribadita dalla finitezza oggettiva di tutti gli esseri viventi. Q ui siam o invece nel m ezzo di un processo di istituzionalizzazione del desiderio, pur sapendo che il desiderio è di per sé illim itato (evade in continua­ zione dall’oggetto del soddisfacim ento), e una volta esaurito si ripropone sotto form e nuove. Ma questo dato non ci perm ette di parlare, come suggerito dall’ evoluzionista di Peter Singer, di una natura umana in continua evoluzione, a cui la giurisdizione deve sopperire creando ogni volta dei nuovi diritti. Eppure William F. Schulz, ex direttore della sezione americana di A m nesty Interna­ tional, è convinto del contrario: I diritti umani si riferiscono ai diritti degli umani, ai diritti dell’uo­ mo, qualcosa di cui gli uomini possono essere titolari o che possono rivendicare, ma qualcosa che non necessariamente discende dalla natura di chi lo rivendica. In altre parole, i diritti umani consisto­ no in qualcosa che gli uomini definiscono come tale.lK

Q u e st’ultim o passaggio della dichiarazione di Schultz è fondamentale. U na volta svincolati da ogni form a di giusnaturalism o, i diritti vengono stabiliti dalla m aggioranza. C om piuto questo passo, quello cioè di relativizzare il concetto di diritto trasfor­ m andolo in «qualunque cosa che gli uom ini definiscono come tale», il collegam ento, o m eglio, la trasm utazione dei desideri in diritti diventa un fatto riconosciuto e accettato unanimemente. 135/ Ivi, p. 155.

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L’ultimo uomo Giunti a questo punto, perché un desiderio venga considera­ to un diritto manca il requisito della “normalità” . Diventa quindi essenziale stabilire cosa si intende per “normale” e “anormale” . Il termine deriva dal latino ‘norm a’, una squadra da disegno per trac­ ciare gli angoli retti. In geometria esiste ancora l’uso di definire la “normale” una retta perpendicolare. Il senso originario del termine indica quindi qualcosa che si adegua a una regola, a un modello prestabilito. Dal punto di vista sociale e comportamentale, si intende quindi per “normalità” l’insieme dei comportamenti che obbediscono a una regola riconosciuta da tutti. U na volta spiegata l’origine della natura umana sulla base dello studio delle scienze naturali in chiave evoluzionista, il concetto di normalità ha cambiato prospettiva. D a regola alla quale la m aggio­ ranza si adegua è diventata una regola soggetta al cambiamento indefinito, stabilita dalla volontà umana a seconda dei desideri del m om ento, o dalla presunta maggioranza statistica dei com porta­ menti. U n esempio di precarietà del concetto di normalità è costituito dalla teoria gender. I suoi sostenitori suppongono che il sesso bio­ logico non determini l’identità di genere, ossia la percezione che il soggetto ha del proprio sesso, e che le caratteristiche maschili e femminili siano solo degli stereotipi culturali di cui liberarsi per scegliere autonomamente la propria sessualità. La teoria gender as­ sume l’idea che non solo la mente - così come ipotizzava il filosofo inglese Locke - ma che anche la struttura biologica del neonato sia una tabula rasa sulla quale si possono scrivere un numero illimitato di caratteristiche che, tra gli estremi di eterosessualità e om oses­ sualità, comprendono una serie indefinita di sfumature intermedie. Il gender si rivela quindi un enorme cantiere di ingegneria sociale, dove il desiderio, la percezione soggettiva e la volontà individuale possono manomettere la sessualità obbiettiva e il dato biologico. A questa manom issione fa capo il diritto, come normalizzazione

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Il postumano ex-post, che viene a benedire e ratificare la normalità di questo processo. Dobbiam o ritornare allora sul concetto di “diritto” che la studiosa Giuseppina Barcellona definisce così: al tempo stesso, traguardo “intermedio” e strumento attraverso il quale la meta, l’ordine da realizzare, può essere raggiunto. Essi sono, infatti, l’esito “giuridico” della lotta e delle “giuste” rivendicazioni di una parte, ma, allo stesso tempo, non sono che strumenti attraverso i quali potrà realizzarsi il progetto di società “giusta”, per inverare la quale si è intrapreso lo scontro.136

Il diritto non è solo il risultato di una rivendicazione minoritaria che pretende di normalizzare il suo comportamento, non è solo il diritto di una parte, ma una forzatura generale di uno schema presta­ bilito nella società. La presunzione che diritti e desideri si equivalga­ no, dettata dall’idea che un desiderio sia ascrivibile alla categoria dei diritti quando viene riconosciuto come normalità statistica, rende il baricentro antropologico della società perennemente instabile e mo­ dificabile secondo la volontà di chi riesce a far valere i propri diritti più degli altri. Il desiderio-diritto si estende allora dalla minoranza che lo richiede alla società in generale, snaturandone i caratteri, le convenzioni, modificando il concetto di normalità e trapiantandolo verso orizzonti nuovi, su cui si formeranno le future generazioni. La nostra attenzione, perciò, deve rivolgersi al processo di istituzio­ nalizzazione del desiderio: da volontà soggettiva a norma accettata dall’opinione pubblica e legalizzata dallo Stato, organo relegato al ruolo di mediatore/arbitro del conflitto tra le parti in gioco, tra chi rivendica diritti e chi vuole porvi un limite.

136/ A a .Vv., L’era del postumano, Circolo Proudhon Edizioni, Roma 2015, p. 55.

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XVIII. Percezione, induzione e opinione pubblica

Stabilito il quadro sociologico-legislativo resta da chiarire quali siano i meccanismi che possono influenzare l’opinione pubblica inaugurando statisticamente nuove forme di normalità. Il primo riferimento storico va certamente individuato in Edward Bernays, l’iniziatore delle moderne tecniche di persuasione di massa. U n ’a­ nalisi di tali meccanismi è stata in seguito formulata da Joseph P O verton (1960-2003). Secondo la ricostruzione effettuata da Overton, le strategie di spostam ento della percezione pubblica si basano su sei fasi, ognu­ na della quali apre una “finestra” di accettazione di un determinato fenomeno sociale. Le fasi si susseguono secondo queste modalità: 1. 2. 3. 4. 5. 6.

impensabili; radicali; accettabili; sensate; diffuse; legalizzate.

Fase 1, “impensabile” : l’idea viene ritenuta inaccettabile. È la fase di partenza, in cui una norma di divieto si ritiene giusta secon­ do la tradizione e secondo il diritto divino e/o naturale.

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L’ultimo uomo Fase 2, “radicale” : l’idea, pur restando sostanzialmente vietata, può essere ammessa in casi o realtà limitate e circoscritte. In que­ sta fase si cominciano a sentire i pareri di esperti che spiegano per­ ché tali eccezioni vadano ammesse e m ostrano come il pregiudizio abbia spesso condizionato la nostra opinione al riguardo. Fase 3, “accettabile” : quello che in precedenza era ammesso solo in casi particolari diventa parte di comportamenti sociali qua­ si consueti, sebbene ancora si tratti di fenomeni circoscritti. Gli esperti continuano a spiegare che sono di idee emarginate a causa della nostra arretratezza. Contem poraneam ente vengono coniati neologism i che riducono l’accezione negativa che accompagna il vecchio termine. Q uesta tecnica può essere ricondotta a quella che Orwell definiva l’invenzione di una “neolingua” . Fase 4, “sensata” : l’idea, come hanno spiegato a lungo gli esper­ ti in materia, gli intellettuali e gli opinion makers, appare ormai un fatto naturale dalle ricadute positive prima neanche immaginate. Fase 5, “diffusa” : si scopre che il com portam ento in questione è in realtà già diffuso nella società. N ello spiegare la sua ragione­ volezza intervengono insieme agli esperti i testimonial del m ondo dello spettacolo, che dichiarano di seguire l’idea in questione e di praticarla. Presto, per emulazione, saranno seguiti dai fan (secondo la tecnica inventata da Bernays). Com paiono interviste a persone comuni e sondaggi che dim ostrano quanto il com portam ento sia diffuso e da considerarsi “normale”. Si raggiunge l’adeguamento della “normalità” , definita dalla distribuzione della curva statistica alla “norm a” pensata ma non dichiarata all’inizio del percorso. Fase 6, “legalizzata” : riconosciuta come normale adeguamento alla natura umana ed espressione del desiderio di una parte con­ sistente della popolazione, l’idea passa adesso al riconoscimento legale come “ diritto” . Q uesta fase prevede un primo m om ento in cui qualche magistrato emette una sentenza contraria alla legge vigente, facendo appello a un “diritto” superiore alla legge stes­ sa (vedi caso Roe contro Wade sull’aborto). Le sentenze tendono

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Percezione, induzione e opinione pubblica a stabilire precedenti e a fare giurisprudenza. N ascono a questo punto movimenti trasversali alle aree politiche e vengono presen­ tate proposte di legge. C o n la loro approvazione, l’idea inizialmen­ te impensabile diventa parte della natura umana e quindi un diritto garantito e tutelato dallo Stato. Il meccanismo illustrato da Overton però non sarebbe com ple­ to se coincidesse solo con questa progressione di idee inizialmente “impensabili”. Analogamente al principio della fisica che ammette l’impenetrabilità dei corpi, un’idea non può affermarsi contem po­ raneamente al suo opposto. Le fasi sopra descritte vanno lette in senso inverso nel caso in cui un’idea ritenuta giusta e tutelata dalla legge finisca con l’essere impensabile: 1. 2. 3. 4. 5. 6.

legali; diffuse; sensate; accettabili; radicali; impensabili.

Fase 1, “legale”: i divieti in questione sono ritenuti giusti dalla totali­ tà della popolazione e perciò garantiti e tutelati dalla legge. Fase 2, “ diffusa” : le idee prima riconosciute come giuste dalla totalità sono ancora dominanti, ma ora la totalità è diventata una maggioranza che deve accettare la presenza di nicchie di popola­ zione che la pensano diversamente, le cui ragioni vengono spiegate da esperti di settore. I personaggi pubblici sono ancora largamente a favore delle vecchie idee. Fase 3, “sensata” : l’idea viene ritenuta giusta da una porzione sempre minore di popolazione. Le argomentazioni a favore di idee opposte sono condivise da un numero crescente di esperti. N uovi termini iniziano a spiazzare le vecchie convinzioni, che appaiono tuttavia più sensate delle nuove.

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L’ultimo uomo Fase 4, “accettabile” : le nuove idee vengono sostenute da per­ sonaggi dello spettacolo e si diffondono sotto le sembianze di una modernizzazione dei costum i e di un progresso civile. Le aree di permanenza delle vecchie convinzioni sono sempre più ristrette e iniziano a caratterizzare una parte retrograda della popolazione. Fase 5, “radicale” : i sostenitori delle vecchie idee sono bollati come “retrogradi” , “radicali” , “integralisti” , “bigotti” . Fase 6, “impensabile” : in questa fase le vecchie idee sono dive­ nute il retaggio di un passato incivile e chi continua a sostenerle viene emarginato e biasim ato dal resto della società. Si possono contemplare, in questa fase, delle sanzioni legali ritenute giuste dalla maggioranza della popolazione.

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XIX. Il transumanesimo

Per guardare ai futuri sviluppi sociali e antropologici bisogna ancora una volta volgersi indietro, nel 1924, anno in cui J.B .S. Haldane, nel saggio D aedalu s: Science an d thè Future, descrive i van­ taggi dovuti all’incremento delle ricerche nel campo delle scienze biologiche. L’obiettivo che l’autore si prefissa è quello di stravolgere e supe­ rare l’assetto antropologico fondato sui modelli culturali e religio­ si del passato. C o sì era scritto nell’H u m an ist manifesto I , redatto negli anni Trenta del N ovecento. Il movimento si presenta con due “M anifesti” . Il prim o, del 1933, propone una riformulazione dell’umanesimo in chiave religiosa. Tra i firmatari si colloca anche il filosofo pragmatico Joh n Dewey. Il secondo, del 1973, è presen­ ziato dalle partecipazione di Francis Crick, N obel nel 1962 per la scoperta del dna insieme a Jam es Watson, e Jacques M onod, N o ­ bel per la Medicina nel 1965, nonché autorevolissimo esponente del neo-darwinismo, autore del celebre libro II caso e la necessità. I temi del secondo m anifesto sono legati alla nascente cultura dei “diritti” umani, con particolare riferimento a quelli riproduttivi, dal controllo delle nascite alla legalizzazione del divorzio e, so ­ prattutto, all’aborto. D i rilievo l’accento sulle nuove tecnologie per il miglioramento della qualità della vita. N el terzo manifesto, del 2003, figurano, tra le altre, le firme di Richard Dawkins (il più grande divulgatore del darwinismo nell’ul­

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L’ultimo uomo tima parte del xx secolo e di questi primi anni del xxi), di Edward O sborne Wilson (darwinista fondatore della sociobiologia), di J a ­ mes Randi (m olto caro al c i c a p ) e ancora di Francis Crick. D opo il movimento umanista è sorto quello transumanista, un termine coniato dal biologo evoluzionista Julian Huxley. Il m o­ vimento transumanista è convinto che il progresso tecnologico possa trasformare radicalmente l’umanità. H uxley vi fa riferimen­ to per la prima volta nel 1957, in un articolo nel quale, dopo aver sottolineato il percorso dell’evoluzione umana, propone un m on­ do in cui le conquiste scientifiche portino a nuove possibilità per il futuro. L’articolo termina così: Credo nel transumanesimo: un giorno ci saranno abbastanza persone che potranno sinceramente dire che l’umanità è sulla soglia di un nuovo tipo di esistenza, così differente come la nostra lo è da quella dell’uomo di Pechino. E alla fine conseguirà consapevolmente il pro­ prio destino.

Le parole di H uxley rimandano immediatamente ad un passo dello Zarathustra di N ietzsche, che recita: Che cos’è la scimmia per l’uomo ? Qualcosa che fa ridere, oppure su­ scita un doloroso senso di vergogna. La stessa cosa sarà quindi l’uomo per il Superuomo: un motivo di riso o di dolorosa vergogna.137

Il transumanesimo è un superom ism o scientifico che ritiene di avere a disposizione i m ezzi per realizzare una trasform azione evolutiva artificiale, e completare quello che solo parzialmente è riuscita a fare la natura. I primi m ezzi impiegati per questa trasform azione sono quelli messi a disposizione dall’industria farmaceutica. La denuncia vie137/ F riedrich N ietzsche, Così parlò Zarathustra, Longanesi, Milano 1979, p. 37.

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Il transumanesimo ne dallo stesso Fukuyama che ne L u om o oltre l ’uomo affronta gli effetti dell’uso degli psicofarmaci. Il capitolo sulla neurofarm aco­ logia e il controllo del com portam ento è infatti preceduto da un estratto di Cosi parlò Zarathustra di N ietzsche. Fukuyama punta l’attenzione, in particolare, non sulle sostanze pubblicamente rico­ nosciute come “droghe” , ma su quelle che rientrano nella categoria delle sostanze farmaceutiche, approvate socialmente e scientificamente. Il riferimento è ai prodotti conosciuti commercialmente come Prozac (fluoxetina) e Ritalin (metilfenidato). Il Prozac è un farmaco antidepressivo che sin dalla sua compar­ sa suscita subito molto interesse. È uno dei pochi casi in cui interi libri sono stati dedicati a un prodotto farmaceutico, al quale è si at­ tribuisce l’appellativo di «pillola della felicità». Il suo meccanismo d’azione consiste in una maggior disponibilità della serotonina, un mediatore chimico coinvolto nelle sensazioni di gratificazione. Gli esperimenti fatti sugli animali ne hanno rilevato una concentrazio­ ne m assim a in quelli dom estici che, vivendo in società, si trovano al vertice della scala sociale, e una quantità minima in quelli che crescono in cattività. Affrontando le dinamiche socio-politiche da un’ottica hegelia­ na, in cui il riconoscimento da parte dei propri simili, più delle m otivazioni economiche, è il vero m otore dell’attività umana, si comprende come un farmaco che generi una sensazione artificiale di riconoscimento abbia implicazioni politiche. Sostituire la gratificazione e l’autostim a generate dalla propria attività sociale con quelle fornite artificialmente significa disinne­ scare le tensioni e le insoddisfazioni che sono alla base del dis­ senso e dell’attività pubblica. Il riferimento alla droga denominata “Som a”, che nella distopia del M ondo N uovo neutralizzava le fru­ strazioni fornendo una felicità chimica, è esplicitamente indicato da Fukuyam a138. 138/ F. F ukuyama, op. cit., p. 66.

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L’ultimo uomo Il secondo farmaco in esame, il Ritalin, viene invece prescritto per quel nuovo disturbo dei bambini denominato adhd (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), una sindrome da deficit di attenzione e iperattività, che può essere banalmente definito come un comporta­ mento particolarmente vivace, caratteristico di una parte dei bambini. La molecola contenuta nel Ritalin è il metilfenidato, un derivato delle amfetamine, la stessa categoria di sostanze, come l’Ecstasy, il cui costituente principale è la Metilendiossi-Metanfetamina (mdma). Il deficit di attenzione viene così “curato” mediante l’assunzione di derivati dell’amfetamina. La conseguenza di questa scelta è la sempli­ ficazione dei comportamenti umani con la riduzione a stato patologi­ co di normali differenze. Q uesto implica una deresponsabilizzazione dei genitori, specialmente quelli delle classi sociali più povere, che per necessità o per scelta sono indotti a dedicare minori attenzioni edu­ cative ai figli vivaci delegando la soluzione palliativa ad un farmaco. Analoghe considerazioni possono essere fatte per i farmaci ansio­ litici a base di benzodiazepine (Lexotan, Tavor, E N eccetera) che, trat­ tando l’infelicità come una patologia, puntano a disinnescare i mecca­ nismi di tensione e ansia imputabili a problemi sociali, che dovrebbero essere affrontati con un’azione mirata sulla realtà del problema. U n altro tema affrontato da Fukuyama è l’uso delle tecniche di in­ gegneria genetica per migliorare le caratteristiche degli individui. A n­ che questo capitolo, intitolato proprio “Ingegneria genetica”, si apre con il sopracitato passo di Nietzsche tratto da Così parlò Zarathustra. La manipolazione genetica umana ha come possibile conseguenza la creazione di linee di discendenza che differenziano socialmente gli individui delle classi superiori da quelle inferiori. Ma le questioni evi­ denziate da Fukuyama sono solo una parte delle istanze dell’ideologia transumanista il cui pieno compimento prevede traguardi molto più ambiziosi, volti al superamento della corporeità biologica e alla sua sostituzione con componenti tecnologiche. I transumanisti si presentano come un movimento messianico, con la relativa previsione di un momento ben preciso in cui la pro­

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Il transumanesimo messa si avveri. Il loro “avvento” prende il nome di “Singolarità”. Il sito dell’Associazione Italiana Transumanisti riporta queste conside­ razioni in proposito: Lavvento dei transumanisti ha un nome, Singolarità, introdotto dal­ lo scrittore Vernor Vinge all’inizio degli anni '90per definire un vero e proprio salto quantico del progresso tecnologico. I l Singolarianesimo, l’attesa profetica della singolarità che inaugurerà l’era postuma­ na, è pertanto il credo laico professato dai transumanisti.139

L’obiettivo ultimo dei transumanisti è la sostituzione totale della corporeità biologica con un supporto tecnologico. Q uesto consente di conseguire l’immortalità, anche se in una form a che di umano non ha più nulla. In un articolo apparso sul mensile «Time» nel febbraio del 2011 viene affrontato questo argomento: Forse l’intelligenza artificiale ci aiuterà a trattare gli effetti della vec­ chiaia e prolungare le nostre aspettative di vita a tempo indetermi­ nato. Forse trasferiremo le nostre coscienze in computer e vivremo al loro interno come software, per sempre, virtualmente. Forse ì compu­ ter accenderanno l’umanità e annienteranno noi stessi. L’unica cosa che tutte queste teorie hanno in comune è la trasformazione della no­ stra specie in qualcosa che non è più riconoscibile come l’umanità in­ torno al 2011. Questa trasformazione ha un nome: la Singolarità.14°

Per l’avvento della Singolarità si prevede anche una data: il 2045. Se l’idea di una coscienza digitalizzata ci sembra assurda, almeno nella sua totalità, m olto più realistica è la considerazio­ ne successiva, che rivendica la trasform azione della specie finché l’umanità del 2011 non sia “irriconoscibile” agli uomini del 2045.

139/ < www.transumanisti.it/3_articolo.asp?id=65>. 140/ .

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L’ultimo uomo Il collegam ento tra m ente e com puter nasconde in realtà un filo rosso che ha la sua origine negli anni della rivoluzione p si­ chedelica. N e l periodo in cui la generazione degli hippie ripone nell’armadio i blue-jeans, gli eskim o e le borse di tolfa per indos­ sare i colletti bianchi degli yuppies, la nascente era dell’inform a­ tica raccoglie l’esperienza degli stupefacenti per convertirla in un dimensione virtuale ed elettronica. La com unicazione incorporea dell’epoca digitale ha un’anticipazione nell’esperienza psichedeli­ ca, com pletam ente mentale, tipica dell’LSD. Le sostanze allucinogene sono, in quegli anni, il m ezzo per liberarsi dalla pesantezza del corpo. Sul collegam ento tra l’esperienza psichedelica e quella nella rete di Internet è istruttivo un contributo del saggista Ste­ fano Boninsegni: Detto con il senno di poi, questa generazione (hippie, NdR) ha a disposizione Vimmaginario vincente per essere poi protagonista del grande business della comunicazione via Internet, virtuale, incor­ porea, ipertestuale. A titolo di prova si pensi che i più significativi protagonisti della rivoluzione della new economy, provengono tutti da quella controcultura nella quale erano profondamente immersi, a cominciare dai fondatori di Microsoft: Paul Alien è notoriamente devoto a Jim i Hendrix e poi non si può non ricordare la leggenda­ ria figura di Steve Jobs, appassionato di India e di acido lisergico, che all’età di ventun anni montò il primo P C e fondò la Apple. Più profondamente, non si può comprendere la rivoluzione della New Economy, in quanto ideologia, senza tenere conto della loro pretesa di continuare tramite il business del PC, del software, della Rete, delle nuove tecniche di marketing, ciò che sentivano e facevano nel­ la loro adolescenza, segnata profondamente dai miti psichedelici e della controcultura.141

141/ S. B oninsegni, L’immaginazione al podere, cit., p. 38.

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Il transumanesimo Tracce del linguaggio appartenente alla controcultura degli anni Settanta si trovano anche in Kevin Kelly, animatore della rivista «Wired», organo ufficiale della N ew Economy, e una conferma del collegamento tra cultura psichedelica e informatica è esplici­ ta anche nel libro cult II Tao della Silicon Volley, di Randy Komisar, da cui si evince la discendenza degli imprenditori digitali dal movimento e dagli ambienti hippie. Lo stesso Steve Jo b s e la sua «filosofia Apple» hanno un’importante indirizzo spiritualista di matrice taoista nell’ossessione dell’equilibrio e dell’armonia tra l’essenza e lo scopo degli oggetti creati dall’azienda. Insieme al caso esemplare di Jerry Rubin (dall’attivismo con­ tro la guerra in Vietnam alla partecipazione azionaria alla Apple C om puter), la relazione di continuità tra l’esperienza psichedelica e quella virtuale è conferm ata da uno dei principali esponenti, se non il più importante in assoluto, della rivoluzione psichedelica, l’ex professore di psicologia all’Università di Harvard Tim othy Leary, del quale il giornalista ed esperto di materie esoteriche R o­ berto N egrini scrive: È sintomatico tra l’altro che a partire dagli anni Ottanta proprio Le­ ary, ormai ultrasessantenne, sia diventato uno dei principali espo­ nenti americani della nuova filosofia cyberpunk, scaturita dall’evo­ luzione politico-sociologica del pensiero di alcuni scrittori di fanta­ scienza cyber, primo fra tutti 'William Gibson. Einteresse di Leary per la realtà virtuale e per le nuove mitologie informatiche è stato da lui stesso definito in logica continuità spirituale con quello che aveva per le esplorazioni psichedeliche e per la Gnosi magica. Non a caso molti ricercatori d’avanguardia nelle scienze del computer sono stati in gioventù sostenitori del viaggio psichedelico e hanno fatto o fanno tuttora uso sperimentale di sostanze enteogene. Magia, neurologia e tecnologia cominciano dunque ad intrecciarsi e a interagire, come del resto tutta l’esperienza cybemautica si rivela sempre più simile all’antichissima tradizione del viaggio sciamanico nei mondi invisi­

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L’ultimo uomo bili, come ha ricordato Elémire Zolla nel suo pregevole Lo stupore

infantile. Forse l’anthropos del futuro, nuovo pagano tecnologico, potrà bilanciare se stesso fra magia, psiconautica e cybemautica. 'M

Alla luce di questa continuità il progetto transumanista di tra­ sferire la coscienza in un chip elettronico è un rafforzativo del rap­ porto uomo-macchina. L’immersione nella realtà virtuale è consi­ derata un dato positivo, un vero e proprio stato di coscienza e non un fattore di dipendenza e di irresponsabilità da contrastare. Considerare la natura umana come un dato malleabile a piaci­ mento è il vero fine delle idee transumaniste. Q ueste, saldandosi con quelle del movimento umanista, fanno da base per l’afferma­ zione e l’introduzione di norme di ingegneria sociale come l’euta­ nasia, la procreazione artificiale, la sessualizzazione della società, le politiche di gender, il superamento del nucleo famigliare, la libe­ ralizzazione delle droghe, l’ingegnerizzazione genetica umana, le politiche di riduzione della popolazione mondiale.

142/ Ivi, p. 144.

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XX. La corda sull’abisso

Luomo dev’essere superato. Il superuomo è il senso della terra. [...] Euomo è una corda tesa tra la bestia e il superuomo, una corda sull’abisso. Ciò che di grande vi è nell’uomo è che esso è un ponte, e non un termine. Ciò che si può amare nell’uomo è che egli è un passaggio e un tramonto.

Friederich Nietzsche, Così parlò Zarathustra

L’ultimo uomo è il risultato antropologico della fine delle gran­ di narrazioni e degli stim oli di una sola, capillare ideologia. U n autore che con largo anticipo ha visto gli esiti della dicotom ia comunismo-capitalismo è Igor Rostislavovi Safarevi, il matematico russo fondatore della più importante scuola di teoria algebrica dei numeri e di geometria algebrica del suo Paese. Sotto il comuniSmo si professa dissidente, divenendo nel 1970 un sostenitore del com i­ tato per i diritti umani di Andrej Sacharov. E stato vicino alle posi­ zioni di Aleksandr Sohtenicyn, e ciò che lo rende degno di nota è la sua critica non solo verso il governo sovietico e comunista, ma verso le idee liberali che si prospettano per il futuro della Russia post-sovietica. N el libro II socialism o come fenom eno storico m ondiale, pub­ blicato nel 1977, si cimenta nell’analisi del fenomeno comunista e degli sviluppi del m odello sovietico. Q ui arriva ad affermare che la realizzazione della figura dell’oltreuomo è l’obiettivo condiviso dal transumanesimo materialista di derivazione comunista e dal li­ berismo scientista occidentale. Sulla convergenza tra comuniSmo e liberalismo Safarevi scrive:

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L’ultimo uomo Perché i liberali d ’Occidente provavano simpatia per il sistema sta­ liniano di comando ? Entrambi questi fenomeni storici si presentano come tentativi di realizzare un’utopia tecnico-scientista. O, meglio, sono due varianti, due vie di questa realizzazione. L a via progressista occidentale è più morbida, basata sulle manipolazioni più che sulla violenza diretta (anche se questa è stata talora impiegata, come nel caso del Grande Terrore all’epoca della rivoluzione francese o nella colonizzazione del mondo non occidentale). La via del sistema di comando è invece collegata ad una violenza estrema. Tale differenza di metodo crea l’impressione che si tratti di due sistemi irrimediabil­ mente antagonistici, ma in effetti sono mossi da un unico spirito ed i loro fini ideali coincidono in maniera sostanziale.143

Riprendendo, e approfondendo, quanto affermato da M arx ri­ guardo alla visione darwiniana della società, Safarevi pensa liberali­ smo e comuniSmo come due facce di un unico paradigma: Numerosi esempi mostrano come nella maggioranza dei movimenti di opposizione e rivoluzionari siano esistite due frazioni, una mo­ derata e l’altra estremista: puritani e indipendenti nella rivoluzione inglese, girondini e giacobini in quella francese, liberali e terroristi in Russia negli anni Sessanta-Settanta del X I X secolo e così via. Per i liberali il terrorismo era solo un eccesso, quel che essi volevano fare senza osarlo.144

Q uesto dualismo simbiotico tra comunisti e liberali si deve alla concezione materialista e tecnocentrica dei primi e alla visione darwiniana dei secondi. Entrambi sono guidati dal mito progres­ sista e industrialista pur m ossi da un discorso ideologico diverso. Il comuniSmo si giustifica per m ezzo del materialismo storico.

143/ Ivi, p. 462. 144/ Ivi, p. 466.

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La corda su ll’abisso Il liberalismo è convinto di rappresentare economicamente e so ­ cialmente lo sviluppo per selezione naturale dell’intera società, in perfetta osm osi con i m etodi e gli strumenti che si riscontrano in natura. In questo senso possiam o osare un parallelo tra la metafora della carovana di Fukuyama e l’unidirezionalità del percorso libe­ rale e comunista di Safarevi: L a concezione occidentale dell’unicità del cammino storico genera i concetti di paesi avanzati e arretrati, sviluppati e in via di sviluppo. E solo essa che stabilisce chi sia arretrato e rispetto a chi (ad esempio Stalin affermava «Siamo arretrati di 50-100 anni rispetto ai paesi avanzati»). Tale punto di vista presuppone, sebbene non sia mai stato formulato apertamente, che il processo storico sia unidirezionale.m

Per Safarevi, in aggiunta, il socialismo è la riproposizione attua­ lizzata di una parte del pensiero dell’antichità classica. Il primo ri­ ferimento è alla Repubblica di Platone, recuperata e assimilata nella società scientista e tecnocentrica immaginata nell’Inghilterra dalle mire imperialiste di Francis Bacon e da lui dipinta nella N uova A t­ lantide. M a oltre a questo facile collegamento con l’utopia platoni­ ca, la stessa influenza è rinvenuta nelle sette gnostiche, i movimenti manichei di epoca classica, riaffiorati nel M edio Evo e nel Rinasci­ mento dando periodicamente vita a rivolte e som mosse violente nei confronti del Sacro Romano Impero. La gnosi è il loro deno­ minatore comune, un termine derivato dal greco “conoscenza”, ad indicare un percorso auto-salvifico basato sulla ricerca delle verità ultime sull’uomo e non rivelate dalle scritture monoteistiche. Per gli gnostici la divinità giudeo-cristiana, e quindi anche islamica, è in realtà un demiurgo malvagio che tiene intrappolati gli uomini, o meglio la scintilla divina presente in loro, dentro un corpo-prigione che impedisce di ricongiungersi con il vero Dio. D a qui le rivolte ar145/ Ivi, pp. 468-469.

177

L’ultimo uomo mate del socialismo chiliastico146, un movimento che comprende le sette degli apocalittici e dei catari che dal Medio Evo al Rinascimen­ to hanno scombussolato l’Europa. Nella ricostruzione di Sfarevi le caratteristiche dei movimenti chiliastici si ripetono ciclicamente e sono sopravvissute fino ad oggi: Il socialismo chiliastico rappresentava parte organica di questa visio­ ne del mondo. L a distruzione della proprietà privata, della famiglia, dello Stato e di tutta la gerarchia della società del tempo tendeva uni­ camente ad escludere i membri del movimento dalla vita quotidiana ponendoli in una posizione ostile di antagonismo.147

Tuttavia Safarevi non è stato il primo a identificare i movimenti chiliastici con il social-comunismo. Al riguardo viene citato Dòllinger, un autore che nel 1861 scrive: Queste sette gnostiche erano fatte di socialisti e comunisti, attacca­ vano il matrimonio, la famiglia e la proprietà, se avessero vinto ne sarebbe risultato uno sconvolgimento generale.148

Fallita la loro rivoluzione religiosa, le idee gnostiche sono state riprese in forma laica durante il Seicento e il periodo illuminista: In luogo del predicatore, dell’apostolo errante, abbiamo il pubbli­ cista, il filosofo. L’enfasi religiosa e le visioni lasciano il posto alla ragione. L a pubblicistica socialista assunse un carattere prettamente laico e razionalistico, per raggiungere un pubblico più vasto si diede la forma del racconto di viaggio in paesi sconosciuti, inserendo anche argomenti frivoli. Con ciò cambia anche il tipo di pubblico, non più 146/ Chiliastico dal greco “chìlioi” (“mille”), in quanto legato all’idea della fine del mondo che secondo molte credenze sarebbe giunta nell’anno mille. 147/ I. S afareviC, op. cit., p. 126. 148/ Ivi, p. 127.

178

La corda su ll’abisso i contadini e gli artigiani cui predicavano gli apostoli medievali, ma un pubblico di lettori colti. Proprio a causa di questo il socialismo rinunciò per qualche tempo alla propria influenza sulle masse. Eintera corrente, non essendo pienamente riuscita nel suo attacco frontale contro la civiltà cristiana, si impegnò in una sorta di manovra diver­ siva che durò alcuni secoli.149

La religione del N ew Age costituisce una forma di gnosi attua­ lizzata che affonda le proprie radici nella teosofia dell’Ottocento, culto molto diffuso tra i fondatori del movimento fabiano. Mentre le religioni rivelate diventano residui di un passato oscurantista, la credenza in una realtà genericamente spirituale costituisce il terreno fertile per un vago panteismo. Gli scienziati che si professano atei non hanno difficoltà, in ge­ nere, ad accogliere l’idea che la Terra sia un pianeta assimilabile a un unico immenso essere vivente, una teoria proposta da Jam es Lovelock nel 1979 come «ipotesi Gaia». Forse non ci si rende conto che viene così ristabilito uno dei culti primordiali legati alla «Grande madre», una devozione presente nella maggior parte delle m itolo­ gie fin dalla preistoria, dalla quale ci giungono statue della dea. Tra l’altro il nome di Gaia (o Gea) compare nella Teogonia di Esiodo (viii-vii secolo a.C.). Tra le generazioni figlie della cyber-rivoFazio­ ne affiorano nuove forme di religiosità che ricordano antichi culti pagani. U n esempio su tutti, il Festival del Burning Man che si tiene a partire dal 1991 nel deserto del Nevada a fine agosto. L’iniziati­ va viene prom ossa come un’esperienza di radicale fiducia in sé e di espressione del proprio Io interiore, e somiglia molto a un happe­ ning hippie dove il nudismo, l’uso di sostanze stupefacenti, le orge e gli scambi di partner sono una consuetudine. Il festival del Nevada è una sorta di W oodstock istituzionalizzato con arte, musica, costumi e comportamenti sessualmente liberi. Il divieto di riprendere o regi149/ Ivi, p. 132.

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L’ultimo uomo strare rafforza il collegamento con gli antichi misteri dionisiaci nei quali la riservatezza era assoluta. Al festival del Burning Man sono stati segnalati grandi nomi della Silicon Valley, personaggi come Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, il capo di Am azon Je ff Bezos e l’ideatore di Google Sergey Brin, le menti che progettano il futuro per il pianeta e i punti di rife­ rimento per milioni di persone. Ma è stato Elon M usk, cofondatore di PayPal, a dire la cosa più interessante: «Burning Man è Silicon Valley». La Silicon Valley, infatti, ha una sua specifica filosofia che il giornalista Paul Carr ha attribuito all’Oggettivismo, un approccio filosofico fondato da Ayn Rand nel 1943. La Rand è una scrittrice e filosofa russa naturalizzata statuni­ tense che ha influenzato il movimento libertario americano ed ha affascinato le personalità più rilevanti della Valley, tra cui Travis Kalanick, il fondatore dell’applicazione Uber, e Fred Wilson, co-fondatore della società di venture capitai «U nion Square Ventures» e azionista di Fitbit (la società che produce i braccialetti smart per il fitness). Ayn Rand sostiene la differenza antropologica tra gli esseri umani: da una parte gli eletti, gli imprenditori illuminati, e dall’altra una massa di personaggi parassitari condannati a vivere degli avanzi dei primi. Il suo principio guida è l’«egoismo etico», una modello comportamentale, politico ed economico, basato sull’assenza dello Stato in vista di un laissez faire che incentivi il libero mercato e la li­ bertà interiore. Proprio il tecnocrate Peter Thiel, cofondatore anche lui di PayPal, quando investe sulla società è convinto di creare una valuta Online che gli permetta di “bypassare” il m onopolio statale. Q uesta visione, espressa chiaramente nel romanzo distopico L a rivolta di Atlantide, scritto dalla Rand nel 1957 - dove viene messo in scena il conflitto tra uno Stato comunistoide e un’élite di impren­ ditori che si ritira sulle montagne per sfuggire ai paletti e alle regole burocratiche - è una sorta di manifesto per i CEO delle aziende ad alta tecnologia che frequentano la Valle di Silicio. Le somiglianze della visione randyana con una concezione gnostica sono frequenti,

180

La corda su ll’abisso e possiam o constatarne la continuità grazie al romanzo di Huxley, che vi fa da tramite. N el M ondo Nuovo, infatti, si parla di una divi­ sione interclassista tra gli alfa e gli epsilon. Gli alfa, per rivolgersi un complimento, usano l’espressione “pneumatico” (dal greco 7rveépa, “pneuma”, che significa “respiro” o “soffio vitale”). Chissà quanti lettori sono passati su quel termine senza coglierne le implicazioni! Nella concezione gnostica, infatti, l’umanità è divisa in tre categorie. Sullo sfondo si situano gli “ilici”, esseri di ordine inferiore desti­ nati a scomparire nella polvere (come avviene nei forni crematori del M ondo N uovo), nel m ezzo si collocano gli “psichici”, dotati di libero arbitrio e la cui sorte dipende dalle loro scelte, e ai vertici gli “pneumatici”, dotati della scintilla divina o pneuma. Sono destinati a ricongiungersi con il principio divino a prescindere dalle loro opere. In definitiva, alla pari della Rand quando dice «la domanda non è chi mi permetterà di farlo ma chi mi vuole fermare», questi personaggi si sentono autorizzati a compiere qualunque azione, senza pensare alle implicazioni morali ed etiche delle loro imprese. E sempre la scrittrice russa ad affermare: «Forza e mente sono all’opposto; la moralità finisce dove inizia la pistola»; e ancora: «Preoccuparsi è uno spreco di risorse emozionali». La nostra epoca è una fase “liquida” di transizione verso un’u­ topia - o meglio distopia - gnostica, dove il monopolio della cono­ scenza è riservato ad una ristretta cerchia di persone, unita da una visione ben precisa del mondo, che si evolve in perfetta continuità - come si è tentato di dimostrare - dal pensiero di Thomas Robert Malthus fino a quello della Rand. O ra stiamo attraversando un trat­ to di percorso individuato da Nietzsche come “la corda sull’abisso”, alle cui estremità ritroviamo rispettivamente l’uomo e l’oltreuomo. É una fase in cui l’uom o non è più e l’oltreuomo non è ancora. U na tappa decisiva, descritta dagli alchimisti come un processo di dissolvimento in vista di una trasformazione, o meglio “trasmu­ tazione”, riassunta efficacemente nel m otto solve et coagula, scio­ gli e coagula. La società liquida non rappresenta perciò un punto di

181

L’ultimo uomo arrivo, ma una fase necessaria di passaggio da uno stato solido ad un altro, da una cultura dei doveri a una dei diritti, sospesa in bilico tra materialismo e religiosità, intrisa di progressism o e di supersti­ zioni, alla ricerca farraginosa di un percorso interminabile descrit­ to da Nietzsche in questi termini: «U n pericoloso andar dall’altra parte, un pericoloso meta-cammino, un pericoloso guardarsi indie­ tro, un pericoloso rabbrividire e star fermi. C iò che di grande vi è nell’uomo è che esso è un ponte, e non un termine. Ciò che si può amare nell’uomo è che egli è un passaggio e un tramonto». Gli esi­ ti, tuttavia, sono incerti e la fase di “coagulazione”, abbandonato il mito gnostico di un oltreuomo di cui possiamo scorgere soltanto gli inquietanti lineamenti, si può risolidificare verso paradigmi inediti, verso un’esistenza realmente umana e dignitosa.

182

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185

IN D IC E D E I N O M I

A Asimov, Isaac 78 A ssad, Bashar-al 152 Aurelio, M arco 97 B Baader, Andreas 109 Bacon, Francis 37, 177 Bakunin, Michail 128 Baldwin, Roger N ash 51, 52, 147 Bateson, William 67 Baudelaire, Charles 97 Bauman, Zygmunt 137, 144 Bentham, Jerem y 129,158 Bernays, Edward 80, 81, 163, 164 Besant, Annie 41,112 Bezos, J e ff 180 Binet, Alfred 64, 65 Black, Edwin 47, 48, 61 Blavatsky, Helena E 41 Boninsegni, Stefano 103,172 Brigham, Cari C. 66 Brin, Sergey 180 Bryan, William J. 51, 52, 53, 54, 55, 56, 69 Brzezinski, Zbigniew 150 Buffon, G eorges-Louis Ledere 14, 15, 16, 17 Burroughs, William S. 98, 99, 102

187

L’ultimo uomo Bush, George W 151 Butler, John W 50, 51, 53 Buzzati-Traverso, Adriano 124

C Cassata, Francesco 125 Chesterton, Gilbert K. 72 Chomsky, N oam 153 Churchill, Winston 48 Clinton, Bill 151 Cohen, Sidney 99 Colby, Bainbridge 52 Com te, Auguste 1 3 ,2 1 ,2 3 ,3 2 ,3 6 ,3 9 Crick, Francis 78, 158, 167, 168 Cutry, Claudio 108 Cuvier, Georges 18 D D ’Ancona, U m berto 67, 70 Darrow, Clarence Seward 52, 55, 56 Darwin 64 Darwin, Charles 15, 21, 22, 23, 24, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 39, 43, 45, 46, 48, 54, 57, 64, 68, 79, 123, 130 Darwin, Erasm us 15, 16 Darwin, Léonard 48 Davenport, Charles 47, 48, 49, 57, 62 Davis, Joh n 52 Davis, Kim 145 Dawkins, Richard 167 D e Gaulle, Charles 108 de Tocqueville, Alexis 118,119

188

Indice dei nomi del N oce, Augusto 125, 129 D estutt de Tracy, A. L. C. 14 Dewey, John 167 D obroczynski, Bartolom eo 114 Dòllinger, Ignaz 178 D ouglas, Justice 158 D ouglas, Kirk 56 D utscke, Rudi 109 E Eastm an, Chrystal 50, 58 Edwin, Robert 56 Engels, Friedrich 27, 28, 29, 30, 31, 36, 123, 127 Esiodo 179 F Ferguson, Marylin 111 Ferlinghetti, Lawrence 109 Fisher, Ronald 156 Forman, M ilos 111 Foucault, Michel 83, 84, 85, 86, 88, 89, 91, 92, 94 Frankfurter, Felix 52 Franklyn, Benjamin 15 Freud, Sigmund 80, 88, 91 Fukuyama, Francis 117, 118, 134, 141, 155, 157, 158, 169, 170, 177 G Galeno 97 Galton, Francis 46, 47, 64, 65

189

L’ultimo uomo Gamble, Clarence 60 Garcia, Jerry 104 Geymonat, Ludovico 18,36 Gheddafi, M uammar 151,152 Goddard, H . H . 65 Gould, Stephen J. 5 3 ,5 4 ,6 5 H Haldane, Joh n B. S. 70, 71, 72, 156, 167 Harriman, M ary 47, 58 Hefner, H ugh 95 Hegel, I F . 31, 118, 133 H obbes, Thom as 24, 31, 37 H offm an, Abbie 120 H offm ann, Albert 98 H ooker, Joseph D . 36 H oussein, Saddam 117 H out, Sabrina 145 Hunter, G eorge William 49, 56, 57 Huntington, Samuel E 141,144 H ussein, Saddam 151 Huxley, Aldous 70, 71, 99, 103, 155, 156, 157 Huxley, Julian 21 ,2 2 , 59, 67, 70, 72, 75, 76, 77, 78, 79, 80, 81 Huxley, Julian Sorell 156,168 Huxley, Thom as 22, 23, 36, 38

I Iannaccone, M ario A. 100,101 Israel, G iorgio 126

190

Indice dei nomi

J Janukovy, Victor 152 Jefferson, Thom as 15 Jo b s, Steve 173 Juke, Ada 49 K Karpeenko, G. D. 124 Kellogg, Vernon L. 53 Kelly, Gene 56 Kelly, Kevin 173 Kerouac, Jack 98 Keynes, Joh n Maynard 59 Kidd, Benjamin 53 Kinsey, Alfred 93, 94, 95 Kissinger, H enry 150 Komisar, Ransy 173 K oot-H oom i 42 Kramer, Stanley 56 Kuhn, T. S. 13 L Lamarck 17 Lamarck, Pierre-Antoine de M onet 16, 17, 18, 21, 22, 23 Lasalle, Ferdinand 28 Lasch, Christopher 105 Lavoisier, Antoine-Laurent 16 Lawrence, Jerom e 56 Leary, Tim othy 101, 103, 138, 173 Lemmon, Jack 56

191

L’ultimo uomo Levit, Solom on 124 Lewis, Clive Staples 71, 72 Liang, Q iao 153 Lom broso, Cesare 46, 64 Lovelock, Jam es 179 Luxuria, Vladimir 150 Lyell, Charles 130 Lysenko, Trofim D enisovi 123,124 M M alioso, Tafataona 148 M althus, Thom as Robert Marco Aurelio 97 Marx, Eleonor 127 Marx, Karl 27, 28, 29, 30, Maslow, Abraham H arold Mazur, Paul 81 Mencken, H enry 54, 55 Mendel, G regor 67 Miurin, Ivan Vladimirovi Mini, Fabio 144 M onod, Jacques 78, 167 M onroe, Marylin 95 Morya, M. 42 M usk, Eleon 180

24, 29, 30, 31, 46, 47, 85

31, 32, 35, 36, 37, 73, 123, 127, 128, 129 93

124

N Needham , Joh n 14 Negrini, Roberto 173 N elson, G aylord 115 N ietzsche, Friedrich W 118, 168, 170, 175, 181, 182

192

Indice dei nomi N ixon , Richard 106 N uland, Victoria 152 N ye, Joseph 151 O Orwell, George 155, 164 O sm ond, Humphry 99 O verton, Joseph P 163,165 P Pasolini, Pier Paolo 107 Pease, Edward 37, 38, 39, 41, 42, 43 Podmore, Frank 40, 42 Pompidou, G eorges 108 Putin, Vladimir 149

Q Q uinto, Fabio M assim o 40 R Rand, Ayn 180,181 Randi, Jam es 168 Rappleyea, George 51, 54 Ricardo, David 25 Rimbaud, Arthur 98 Rockefeller, David 150 Rockefeller, Joh n D. 73 Roosevelt, Eleonor 59, 61 Roosevelt, Franklyn Delano 52, 59

193

L’ultimo uomo Royer, Clemence 32 R ubin,Jerry 104, 106, 120, 173 S Sacharov, Andrej 175 Safarevi, Igor Rostislavovi 175, 176, 178 Sanger, M argaret 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64 Schulz, William F. 159 Scopes, Joh n 147,148 Scopes, Joh n T. 51, 52, 54, 55, 56, 57, 58, 69 Sharp, Gene 149,152 Shaw, George Bernard 38, 54, 72 Singer, Peter 128, 129, 130, 131, 132, 133, 159 Slee, N oah H . 59 Small, William 15 Smith, Adam 25 Solzenicyn, Aleksandr 175 Spallanzani, Lazzaro 15,17 Spencer, H erbert 35, 38, 39, 45, 46, 48, 56, 63, 127 Strauss, Leo 142 T Tracy, Spencer 56 Tulajkov, N ikolai 124 U Ullman, Harlan K. 143

194

Indice dei nomi

V Vavilov, N ikolai 124 Verlaine, Paul 98 Voltaire 15, 16, 78 Volterra, Vito 67 W Wade, Jam es P 143 Wallace, Alfred R. 24 Wasson, Robert G ordon 100, 101 Watson, Jam es 158,167 Wells, H erbert George 38, 41, 54, 58, 59, 61, 63 Westphal, Karl O tto Friedrich 86 Wilson, Edward O. 168 Wilson, W oodrow 48, 52, 80 Wise, Stephen 63 Woodhull, Victoria 62 X Xiangsui, Wang 153

Z Zuckerberg, M ark 180 Zygmunt, Bauman 137

195

IN D IC E G E N E R A L E Prefazione

5

P R IM A PA R TE

11

I. Tentativi di Genesi laica

13

II. Darwin: l’economia diventa legge di natura

21

III. D a r w in

tra c a p ita lis m o e c o m u n iS m o

27

IV La Fabian Society, il lato nascosto della Storia

35

V Eugenetica e razzismo all’inizio del Novecento

45

VI. Il malthusianesimo veicolato con il femminismo

57

VII. Il Mondo nuovo come progetto sociale

67

V ili. Julian Huxley e l’ingegneria sociale del dopoguerra

75

IX. La rivoluzione sessuale

83

X. La rivoluzione psichedelica

97

XI. IlN ew A ge

111

XII. La caduta del muro e la fine della contestazione

117

XIII. Dal comuniSmo al partito radicale di massa: i “bright and best” e la nuova sinistra darwiniana

123

SE C O N D A PARTE

135

XLV La società liquida

137

XV Le linee di faglia

141

XVI. Le Ong e altre organizzazioni

147

XVII. Il postumano

155

XVIII. Percezione, induzione e opinione pubblica

163

XIX. Il transumanesimo

167

XX. La corda sull’abisso

175

B IB L IO G R A F IA

183

IN D IC E D E I N O M I

187