Lineamenti di pattume intellettuale

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Lineamenti di pattume intellettuale

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BERTRAND RUSSELL Lineamenti di pattume intellettuale

Circolo del Libro Vizioso 2019

Titolo originale: An Outline of Intellectual Rubbish. A Hilarious Catalogue of Organised and Individual Stupidity (1943)

Questa edizione: a cura di Errico Starchi

Sulla pertinenza del pensiero di Bertrand Russell al nostro tempo

Quando scoppia la seconda guerra mondiale, Bertrand Russell insegna negli Stati Uniti e la guerra lo obbligherà a restare in quel paese fino al 1944. Nel 1940, era stato invitato a tenere dei corsi all'università della città di New York. Quei corsi dovevano occuparsi esclusivamente di filosofia e logica e non di morale o

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politica. Tuttavia, fin dall'annuncio dell'incarico, si mise in moto un intrigo, che si opponeva alla sua venuta, organizzato da ambienti cattolici e protestanti. Una certa signora Kay, la cui figlia era iscritta a quell'università, ma che non avrebbe seguito i corsi di Russell, presentò un esposto contro i responsabili dell'università, avendo causa vinta. L'invito a Bertrand Russell fu perciò annullato. L'avvocato della signora Kay dipingeva l'opera di Bertrand Russell come “lubrica, libidinosa, depravata, erotica, afrodisiaca, irriverente, di mente ristretta, menzognera e sprovvista di qualsiasi fibra morale”. ¹ Si rimproverava a Russell tanto l'assenza di credo religioso quanto il suo atteggiamento verso sessualità e matrimonio: riteneva che non bisogna punire i bambini che si masturbavano, che l'adulterio occasionale non costituiva necessariamente motivo di divorzio, che non bisognava reprimere penalmente l'omosessualità e che la nudità non doveva essere tabu, tra tante altre simili abominazioni. Poiché la contesa giuridica opponeva esclusivamente la signora Kay e i rettori dell'università, Russell non poté partecipare al processo, nemmeno come testimone, né ricorrere in appello.

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Russell ricevette il sostegno di numerosi intellettuali, tra cui Albert Einstein e il pensatore liberale John Dewey (il quale fece maliziosamente notare che quanti leggevano i libri di Russell sperando di scoprirvi delle oscenità sarebbero stati delusi) ma non quello del sindaco di New York, Fiorello La Guardia; il New York Times mostrò un'estrema prudenza nell'affare che, negli Stati Uniti, è rimasto celebre negli annali della difesa della libertà democratica. Nel 1950 Russell ricevette il premio Nobel per la letteratura e ritornò a New York per tenere conferenze all'università Columbia che vennero vivamente applaudite. Si ignora cosa ne pensarono allora la signora Kay, il suo avvocato ed il giudice che diede loro ragione. Tuttavia, il periodo della guerra fu difficile per Russell, avendogli chiuso, lo “scandalo” provocato a New York, numerose porte in seno alle università. In questo contesto publicò nel 1943 il suo Lineamenti di ciarpame intellettuale, pamphlet in cui fustiga le superstizioni d'origine religiosa, ma anche le credenze irrazionali riguardanti le donne, le nazioni, la razza o la malattia mentale. Nella stessa epoca scrisse la monumentale Storia della filosofia occidentale che non è tanto una storia puramente descrittiva quanto un

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tentativo di demistificare tutto ciò che, in filosofia, tende al misticismo o alla metafisica. La visione filosofica di Russell è poco nota in Francia, se escludiamo i filosofi come Jacques Bouveresse vicini alla corrente della filosofia “analitica” che Russell ha contribuito a fondare. Tale corrente pone l'accento sul rigore intellettuale e la chiarezza d'esposizione e cerca di affrontare i problemi filosofici nella maniera più scientifica possibile. Russell è sempre stato molto critico verso certi pensatori classici che hanno influenzato la filosofia francese contemporanea: Kant, Hegel e Marx e, più ancora, Nietzsche. Era molto ostile a Bergson, non ignorava le sue divergenze filosofiche con Sartre, con il quale ha tuttavia fondato il tribunale d'opinione Russell-Sartre che giudicava i crimini commessi durante la guerra del Vietnam, e non avrebbe senza dubbio apprezzato né Lacan, né Derrida, né Foucault, né i loro epigoni. Per la libertà di pensiero e lo stile ironico, lo si paragona talora a Voltaire, e lui stesso si considerava erede dei pensatori dell'illuminismo ma, per il suo ateismo e naturalismo, è più vicino a Diderot che a Voltaire.

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Senza entrare nelle sottigliezze della sua filosofia concernente la logica, la matematica e il linguaggio (argomenti su cui ha spesso mutato opinione) si può notare che ci sono due costanti nel suo atteggiamento verso la conoscenza umana: il realismo, o oggettivismo, da una parte e l'empirismo dall'altra. Per un buon numero di filosofi la realtà è in una certa maniera indissociabile dalle nostre percezioni, rappresentazioni mentali o esperienze soggettive. Ma non per Russell che sottolineava “che una proposizione, diversa da una tautologia, se è vera, lo è in virtù di una relazione con un fatto, e che i fatti sono in generale indipendenti dall'esperienza”.² Russell pensava pure che “il concetto di 'verità', nel senso in cui dipende da fatti che superano largamente il controllo umano è stato una delle vie attraverso cui la filosofia ha, fin qui, inculcato l'elemento necessario dell'umiltà”.³ La sua ostilità verso la religione cristiana era in parte dovuta al posto centrale che vi è riservato all'uomo. Una volta supposto creato ad immagine di Dio, il sentimento di importanza e d'onnipotenza che l'uomo può ricavarne sono, agli occhi di Russell, una specie di pazzia estremamente pericolosa.

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Si arriva allo stesso antropocentrismo se si pensa il mondo come “costruito”, socialmente o meno, dalla nostra mente o dalle nostre rappresentazioni. In compenso, l'idea che esista una realtà obiettiva indipendente dall'umano, e che l'uomo non è mai altro che un risultato passeggero di un'evoluzione contingente su di un pianeta perso in qualche angolo dell'universo, fa propendere verso la modestia. Ma se il mondo esiste indipendentemente dalle nostre sensazioni, i nostri mezzi per conoscerlo ne dipendono integralmente. Russell ha criticato senza posa tutte le pretese di conoscenza che non procedano dall'esperienza, basate sullo studio di testi sacri, sui ragionamenti a priori al di fuori della matematica, o sull'intuizione e l'introspezione. Riconosceva certo che la scienza non ha una risposta per tutto, ma rifiutava di accettare “un mezzo più 'elevato' di conoscenza grazie a cui poter scoprire le idee nascoste alla scienza e all'intelligenza” ⁴, il che spiega pure lo scetticismo di Russell riguardo i discorsi sull'uomo o sulla storia, che si possono difficilmente studiare in maniera scientifica. La congiunzione dell'idea che le asserzioni fattuali si riferiscono ad un mondo indipendente da noi e che la

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conoscenza di questo mondo si fonda interamente sulle nostre esperienze ed osservazioni costituisce la base del razionalismo scientifico. Per quanto concerne l'etica, Russell ha sempre difeso, con certe distinzioni ⁵, l'utilitarismo, termine che ha spesso, in francese come in italiano, un senso peggiorativo, ma che significa semplicemente che una cosa è buona se accresce la felicità umana e cattiva nel caso contrario. Quando, adolescente, Russell spiegò questo punto di vista alla nonna (essendo morti i genitori quando era ancora giovane, fu tirato su dai nonni) lei lo canzonò e gli disse che era un utilitarista. Russell si stupì che un atteggiamento tanto naturale potesse venir designato con una parola così singolare. Naturale o no, questo atteggiamento si oppone a tutto ciò che, nelle morali religiose, si fonda su comandamenti sedicenti divini, ma non contribuisce in nulla all'umana felicità. Esso si oppone inoltre alle morali assolutiste, per esempio a quelle basate su dei “valori” come il coraggio o l'onore, quando questi sono elogiati indipendentemente dalle cause cui giovano. Oggi anche i “diritti dell'uomo” sono sovente invocati come “valori” per giustificare delle guerre, senza porsi il problema delle conseguenze concrete

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dell'applicazione di quei valori, problema che un utilitarista si porrebbe. L'utilitarismo non va confuso con l'egoismo: la felicità umana è quella di tutti, non solo la mia. Non è neppure relativista: in alcune circostanze, un atto può nuocere alla felicità umana, indipendentemente da ogni “cultura” o da ogni “prospettiva”. Il fatto di considerare (contro l'assolutismo morale) che il valore di un'azione dipende dalle circostanze nelle quali è compiuta non vuol dire che tutto si equivale. Spesso è difficile arrivare a conclusioni etiche su di una base utilitaristica, poiché ogni azione ha molteplici conseguenze; è un argomento spesso brandito contro l'utilitarismo, mentre questo va tutto a suo onore, perché la coscienza di tale difficoltà ci premunisce contro il dogmatismo fin troppo presente in gran parte delle concezioni morali. Leggendo i Lineamenti ci si può interrogare sulla pertinenza odierna della critica di tali “sciocchezze intellettuali”. La maggioranza dei cristiani dirà che nessuno tra loro sostiene più le idee punzecchiate nel saggio e che il cristianesimo contemporaneo è divenuto compatibile con la scienza e la razionalità. Ma, pur ammettendo che fosse vero- il che è da discutere-,

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questo genere di risposta solleva un problema serio: come è potuto succedere che un dio, per principio buono e onnipotente, abbia lasciato che i credenti si smarrissero a tal punto e, ancora più strano, come è avvenuto che questi siano stati illuminati soltanto grazie all'azione perseverante dei liberi pensatori e degli scettici perseguitati da tutte le chiese per tutto il tempo che hanno potuto farlo? Rimane tuttavia l'obiezione della non-pertinenza. Comiciamo con quella sollevata da John Maynard Keynes, considerato da Russell fra le persone più intelligenti mai conosciute. Keynes riteneva che Russell “sostenesse contemporaneamente due opinioni ridicolmente incompatibili. Pensava che gli affari umani fossero gestiti in maniera del tutto irrazionale, ma che il rimedio fosse semplice e agevole, vale a dire che bastasse gestirli razionalmente”. ⁶ Questo tipo d'obiezione viene sollevata di frequente verso i razionalisti, ma Russell non era così semplicistico; pensava che la cretineria intellettuale era universale e probabilmente eterna, ma che ci si potesse tuttavia opporlesi e compiere progressi in questa lotta. In effetti, se si pensa a tutte le battaglie date da Russell, ed esemplificate da questi Lineamenti,

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contro la morale sessuale “vittoriana”, contro il sessismo e il razzismo, contro il clericalismo e l'influsso del cristianesimo sulla società, e per l'umanizzazione dell'educazione o del trattamento della follia e della delinquenza, i progressi sono stati considerevoli, soprattutto a partire dagli anni sessanta. Russell si poneva nel “senso della storia”- nozione che non gli piaceva- più di tanti suoi contemporanei. Anche sulla questione, per lui essenziale, della pace si sono fatti progressi con l'instaurazione del diritto internazionale. È vero che gli Stati Uniti hanno disprezzato tale diritto da una quindicina d'anni. Ma dopo migliaia di morti e centinaia di miliardi spesi in pura perdita, la popolazione americana è colpita da war fatigue; non si rinviene più in quella popolazione, e ancora meno fra gli europei, l'entusiasmo guerriero che tanto aveva inorridito Russell al tempo della prima guerra mondiale. Come Russell si faceva beffe dell'antimodernismo di un Gandhi, così avrebbe senza dubbio poco apprezzato gli ecologisti dei nostri anni tanto convinti della nocività degli ogm da volerne impedire la ricerca scientifica, anche da parte di organismi pubblici. Cosa avrebbe detto sugli oppositori dello sfruttamento del

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gas di scisto per i quali i problemi sollevati sono insolubili ad vitam aeternam? O ancora sui movimenti che considerano a priori i rischi del nucleare come più gravi di quelli legati alle altre forme di energia? Egli è stato critico instancabile dei pregiudizi relativi alle donne, alle “razze inferiori” o agli omosessuali, ma non sarebbe inorridito per la censura, l'autocensura e il politicamente corretto che regnano ai giorni nostri in nome della “lotta” al razzismo, al sessismo e all'omofobia? Russell avrebbe senz'altro rivolto uno sguardo divertito all'intelligenzia francese che- dal pensiero 68” ai “nuovi filosofi”- non è stata un modello di razionalismo. Ma, ed in questo la lettura dei Lineamenti è attuale, la contemplazione delle assurdità del passato permette di relativizzare quelle del presente e di sperare che, anche esse, saranno un giorno dissolte nell'acido della critica razionale. Jean Bricmont

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Note: 1) Vedi, per tutti i dettagli del caso, Paul Edwards, Come si vietò a Bertrand Russell d'insegnare al City College di New York, in appendice all'edizione italiana di Perché non sono cristiano. 2) Bertrand Russell, My Philosophical Development. With an Appendix, “Russell's Philosophy”, by Alan Wood, N.Y., Simon and Schuster, 1959, pag. 63. 3) Bertrand Russell, Storia della filosofia occidentale in relazione agli avvenimenti politici e sociali dall'antichità ai giorni nostri. 4) Ibid. 5) Sfumature che riguardano l'intrinseco valore, ai suoi occhi, della conoscenza e della bellezza. 6) J. M. Keynes, Two Memoirs, Londra, Rupert HartDavis, 1949, pag. 102.

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Lineamenti di pattume intellettuale

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L'uomo è un animale razionale- almeno così mi è stato detto. Nel corso della mia vita, ho diligentemente cercato una prova di tale affermazione, ma finora non sono stato fortunato, sebbene abbia visitato molti paesi in tre continenti. Al contrario, ho visto il mondo sprofondare sempre più nella follia. Ho visto grandi nazioni, un tempo alla guida della civiltà, trascinate alla perdita da predicatori di enfatiche insensatezze. Ho visto crudeltà, persecuzione e superstizione crescere a passi da gigante fino a raggiungere il punto che l'elogio della razionalità è considerato segno di un uomo all'antica, triste sopravvivenza di un'epoca ormai superata. Tutto ciò è sconfortante, ma la tristezza è un sentimento inutile. Al fine di sfuggirle, mi sono

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applicato a studiare il passato con più attenzione di quanta gliene avessi dedicata prima ed ho scoperto, come già Erasmo, che la follia è perenne ma che la razza umana comunque è sopravvissuta. Le follie del nostro tempo sono più lievi da sopportare se considerate sullo sfondo di quelle passate. Nelle pagine seguenti alternerò le sciocchezze odierne con quelle dei secoli trascorsi. Forse il risultato aiuterà a vedere il nostro tempo in prospettiva e come non molto peggiore di altre età vissute dai nostri antenati senza incorrere in un disastro irrimediabile. Aristotele, a mia conoscenza, fu il primo a proclamare esplicitamente che l'uomo è un animale razionale. La ragione di questa tesi era tale da non impressionarci oggi più di tanto, ossia che alcuni fra noi possono fare delle addizioni. Pensava che ci sono tre tipi d'anima: l'anima vegetativa, posseduta da ogni cosa vivente, siano esse piante o animali, e che

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s'interessa solo di nutrimento e crescita; l'anima sensitiva che assicura il movimento, e comune all'uomo e agli animali inferiori; e finalmente l'anima razionale, o intelletto, che è la mente Divina ma di cui gli uomini partecipano in grado maggiore o minore in proporzione alla loro saggezza. In virtù dell'intelletto l'uomo è un animale razionale. L'intelletto si manifesta in vari modi, ma particolarmente con la padronanza dell'aritmetica. Il sistema numerico greco era parecchio complicato, tanto che la tavola delle moltiplicazioni poneva molte difficoltà e i calcoli complessi potevano essere effettuati solo dalle persone più intelligenti. Ai giorni nostri, comunque, le macchine calcolatrici riescono meglio degli uomini più intelligenti, eppure nessuno sostiene che questi utili strumenti siano immortali, o procedano per ispirazione divina. Diventando più facile, l'aritmetica ha perso in prestigio. La conseguenza è che, sebbene molti filosofi continuino a ripeterci

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quanto siamo in gamba, non basano più le loro lodi sulla nostra competenza aritmetica. Poiché la moda dell'epoca non ci consente più di indicare il calcolare come prova che l'uomo è razionale e l'anima, almeno parzialmente, immortale, volgiamoci altrove. Verso dove guardare innanzitutto? Dobbiamo guardare fra i nostri eminenti uomini di stato, i quali hanno guidato in maniera tanto trionfante il mondo portandoci alla presente condizione? O dobbiamo scegliere gli uomini di lettere? Oppure i filosofi? Tutti sostengono le proprie prerogative, ma penso dovremmo cominciare con quelli che tutti i benpensanti riconoscono essere gli uomini migliori e più saggi, cioè gli ecclesiastici. Se loro mancano di razionalità, che speranza rimane per noi mortali inferiori? E ahimè- lo dico col dovuto rispetto- ci sono stati momenti in cui la loro sapienza non è stata molto evidente, e, strano a dirsi, quelli erano

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proprio i momenti in cui il potere del clero era maggiore. L'Età della Fede, celebrata dai nostri neoscolastici, era il tempo in cui il clero faceva tutto a modo proprio. La vita quotidiana era piena di miracoli operati dai santi e di stregonerie commesse da esseri diabolici e negromanti. Diverse migliaia di streghe venivano bruciate sui roghi. I peccati degli uomini erano puniti con peste e carestia, con terremoti, inondazioni e incendi. Eppure, stranamente, essi erano anche più peccatori che ai giorni nostri. Poche cose del mondo erano conosciute in modo scientifico. Pochi uomini istruiti ricordavano le prove dei Greci sulla rotondità terrestre, ma molta gente se la rideva all'idea che ci fossero gli antipodi. Supporre che esistessero degli esseri agli antipodi era un'eresia. In generale si sosteneva (sebbene i moderni cattolici abbiano una visione più moderata) che la stragrande maggioranza dell'umanità fosse dannata. Pericoli

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stavano in agguato ad ogni angolo. Esseri diabolici si insediavano nel cibo che i monaci si apprestavano a mangiare, pronti a prender possesso dei corpi di quegli incauti che avessero omesso di farsi il segno della Croce prima di ogni boccone. Ancora oggi le persone all'antica dicono “ti benedica” quando qualcuno starnutisce, ma hanno dimenticato il motivo di questa usanza. La ragione era che si pensava di espellere l'anima starnutendo e che prima del suo ritorno i demoni in agguato fossero pronti ad entrare nel corpo senza anima; ma se uno diceva “Dio ti benedica” i demoni si sarebbero spaventati. Durante gli ultimi quattrocento anni, in cui la scienza ha gradualmente mostrato agli uomini come conoscere la natura e padroneggiare la forze naturali, il clero ha combattuto una battaglia perdente contro la scienza, in astronomia e geologia, in anatomia e fisiologia, in biologia e psicologia e sociologia. Privato di

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una posizione, il clero ne ha occupato un'altra. Dopo aver avuto la peggio in astronomia, fece del suo meglio per impedire l'avanzamento della geologia; combattè Darwin in biologia, ed attualmente si oppone alle teorie scientifiche nella psicologia e nell'educazione. Ad ogni stadio, cerca di far dimenticare al pubblico il suo precedente oscurantismo in maniera tale che il suo attuale oscurantismo non sia riconosciuto per ciò che è. Ci sia permesso di citare qualche esempio di irrazionalismo tra il clero di fronte all'ascesa della scienza, per chiederci poi se il resto dell'umanità sia migliorato. Quando Benjamin Franklin inventò il parafulmine, il clero, sia in Inghilterra che in America, col sostegno entusiastico di Giorgio III, lo condannò come tentativo blasfemo di sconfiggere la volontà di Dio. Perché, come ogni benpensante sapeva, il fulmine è scagliato da Dio per punire l'empietà o qualche altro peccato grave- nessun fulmine colpisce le

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persone virtuose. Perciò se Dio vuole colpire qualcuno, Benjamin Franklin non dovrebbe opporsi al Suo piano; anzi, così facendo aiuterebbe i criminali. Ma Dio fu all'altezza della situazione, se dobbiamo credere all'eminente dottor Price, uno dei principali ecclesiastici di Boston. Resi inefficaci i fulmini mediante “le punte di ferro inventate dal sagage dottor Franklin”, il Massachusetts fu scosso da terremoti che il dottor Price attribuì alla collera di divina verso le “punte di ferro”. Durante un sermone al riguardo disse: “In Boston ne sono stati eretti più che in qualsiasi altro posto del New England, e Boston pare essere spaventosamente colpita. Ah! Non c'è modo alcuno di sottrarsi alla potente mano di Dio”. Evidentemente, però, la provvidenza ha perso ogni speranza di guarire Boston dalla sua malvagità perché, sebbene i parafulmini siano divenuti sempre più comuni, i terremoti nel Massachusetts sono rimasti una rarità.

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Nonostante ciò, il punto di vista del dottor Price, o qualcosa di simile, è ancora sostenuto da uno degli uomini viventi più influenti. Quando, ad un certo momento, ci furono diversi gravi terremoti India, Mahatma Gandhi ammonì severamente i suoi compatrioti che quei disastri erano inviati come punizione per i loro peccati. Perfino nella mia isola natale persiste ancora un' opinione simile. Durante l'ultima guerra il Governo Britannico fece molto per stimolare la produzione di cibo fatto in casa. Nel 1916, mentre le cose non andavano molto bene, un ecclesiastico scozzese scrisse una lettera ai giornali dicendo che l'insuccesso militare era dovuto al fatto che, con approvazione governativa, le patate erano state piantate il giorno di sabato. Tuttavia si evitò il disastro dal momento che i Tedeschi trasgredivano tutti i Dieci Comandamenti e non uno soltanto.

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Talvolta, se bisogna dar retta agli uomini pii, la clemenza divina si manifesta in modo curiosamente selettivo. Toplady, l'autore di “Rock of Ages”, cambiò canonica; una settimana dopo la partenza la canonica precedentemente occupata andò a fuoco, con gravi perdite per il nuovo parroco. Al che Toplady rese grazie a Dio; ma ignoriamo quel che pensò il nuovo parroco. Borrow, nel suo “La Bibbia in Spagna” ricorda come superò i passi montani infestati da banditi senza incidenti. La comitiva seguente, però, venne attaccata, derubata e qualcuno restò ucciso; quando Borrow lo seppe, anch'egli, come Toplady, ringraziò Dio. Nonostante nei nostri libri di testo venga insegnata l'astronomia copernicana, essa non è ancora penetrata nella nostra religione o morale, e non ha nemmeno del tutto trionfato sull'astrologia. Le persone pensano ancora che il Disegno Divino faccia specialmente riferimento agli esseri umani, e che una speciale Provvidenza

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non solo protegga il buono, ma punisca pure il cattivo. Sono spesso colpito dalle blasfemie di quelli che si ritengono pii- per esempio, le religiose che non fanno un bagno senza continuare ad indossare una qualche cappa. Quando si domanda loro perché, dal momento che nessuno può vederle, esse rispondono: ”Ah, ma vi dimenticate il buon Dio!” Sembra che concepiscano il Divino come un guardone, la cui onnipotenza Gli consenta di vedere attraverso i muri dei bagni, ma che sia messo sotto scacco da un accappatoio. Mi sorprende la singolarità di una simile opinione. L'intera concezione del “Peccato” mi riesce davvero imbarazzante, ma senza dubbio si deve alla mia natura peccaminosa. Se il “Peccato” consistesse nell'infliggere sofferenze inutili, potrei capirlo; ma, al contrario, spesso peccare consiste nell'evitare un'inutile sofferenza. Qualche tempo fa, nella Camera dei Lord inglese si fece una proposta per legalizzare

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l'eutanasia in caso di malattia dolorosa e incurabile. Era necessario il consenso del paziente, oltre a numerosi certificati medici. Per me, nel mio candore, pareva naturale chiedere il consenso del paziente, ma il fu Arcivescovo di Canterbury, ufficiale Inglese esperto di peccato, spiegò la falsità di una tale opinione. Il consenso del paziente volge l'eutanasia in suicidio e il suicidio è peccato. Le Loro Signorie ascoltarono la voce dell'autorità e respinsero il progetto di legge. Di conseguenza, per compiacere l'Arcivescovo- e il suo Dio, di cui è fedele corrispondente- le vittime di cancro devono sopportare mesi di tormenti, a meno che dottori o infermiere siano sufficientemente pietosi da rischiare un'accusa di omicidio. Ho qualche difficoltà a concepire un Dio che ricava piacere dalla contemplazione di tali torture; e se ci fosse un dio capace di tanta immotivata crudeltà, non Lo riterrei certo degno di

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adorazione. Ma questo prova solo quanto io sia moralmente depravato. Sono ugualmente imbarazzato dalle cose che sono peccato e da quelle che non lo sono. Quando la Società per la prevenzione della Crudeltà verso gli Animali chiese al Papa il suo appoggio, egli rifiutò col motivo che gli esseri umani non hanno doveri verso gli animali inferiori e che maltrattare gli animali non è peccato. Questo perché gli animali non hanno anima. D'altro lato, è cosa cattiva sposare la sorella della tua defunta moglie- così almeno insegna la Chiesa- per quanto tu e lei desideriate sposarvi. Questo non perché ne possa risultare qualche infelicità, ma a causa di certi passi della Bibbia. La resurrezione della carne, che è un articolo del credo apostolico, è un dogma che comporta curiose conseguenze. Ci fu un autore, non tantissimi anni fa, che aveva trovato un metodo ingegnoso per calcolare la data della

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fine del mondo. Sosteneva che debbono esserci sufficienti elementi necessari al corpo umano perché tutti dispongano di quelli richiesti nel Giorno del Giudizio. Calcolando accuratamente la materia grezza disponibile, egli decise che sarebbe stata tutta usata per una certa data. Una volta arrivato quel giorno, il mondo deve finire, altrimenti la resurrezione dei corpi diverrebbe impossibile. Sfortunatamente, ho dimenticato che data fosse, ma credo che non manchi molto. San Tommaso d'Aquino, filosofo ufficiale della Chiesa Cattolica, discusse a lungo e seriamente un gravissimo problema che, temo, i teologi moderni indebitamente trascurano.Egli immagina un cannibale che non ha mai mangiato altro che carne umana e il cui padre e la cui madre avessero simili propensioni. Ogni particella del suo corpo appartiene giustamente a qualcun altro. Non possiamo supporre che coloro che sono stati divorati dai cannibali

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persistano in tale stato per l'eternità. Ma, se non possiamo, cosa rimarrà del cannibale? Come deve essere arrostito correttamente all'inferno, se tutto il suo corpo è reintegrato ai possessori originali? Si tratta di un problema intricato, come il Santo correttamente rileva. A questo proposito, gli ortodossi fanno una curiosa obiezione alla cremazione che sembra mostrare un'insufficiente percezione dell'onnipotenza divina. Sostengono che per Dio sarà più difficile ricomporre un corpo bruciato che non un corpo seppellito e mangiato dai vermi. Senza dubbio raccogliere le particelle disperse in aria e annullare il processo chimico di combustione sarebbe laborioso, ma è certamente blasfemo supporre che un tale compito sia impossibile per la Divinità. Ne concludo che l'obiezione alla cremazione implica una pericolosa eresia. Ma dubito che la mia opinione abbia un qualche peso tra gli ortodossi.

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Fu con lentezza e riluttanza che la Chiesa approvò la dissezione dei cadaveri legata allo studio della medicina. Pioniere della dissezione fu Vesalio, medico alla corte dell'Imperatore Carlo V. Le sue competenze mediche spinsero l'Imperatore a proteggerlo, ma una volta morto l'Imperatore passò dei guai. Si disse che un cadavere che stava dissezionando diede segni di vita sotto il suo bisturi, e venne accusato di omicidio. L'inquisizione, persuasa alla clemenza dal Re Filippo II, si limitò a condannarlo al pellegrinaggio in Terra Santa. Sulla via del ritorno fece un naufragio che ne causò la morte. Ancora per secoli, agli studenti di medicina dell'Università Papale di Roma fu consentito di operare solo su modelli a cui mancavano le parti sessuali. Ampiamente diffusa è la credenza nella sacralità dei cadaveri. Fu spinta all'estremo dagli Egiziani tra i quali portò alla pratica della mummificazione. In Cina è ancora in piena

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fioritura. Un chirurgo francese, incaricato dai Cinesi di insegnare la medicina occidentale, racconta che la sua richiesta di cadaveri da dissezionare venne accolta con orrore, ma gli si assicurò che in compenso avrebbe potuto avere una fornitura illimitata di criminali vivi. La sua obiezione a tale alternativa risultò del tutto incomprensibile ai burocrati cinesi. Sebbene ci siano molti tipi di peccato, sette dei quali mortali, il campo più fertile per le astuzie di Satana è il sesso. La dottrina cattolica ufficiale in materia si trova in San Paolo, Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino. Il meglio è restare celibi, ma chi non ha il dono della continenza può sposarsi. Il rapporto sessuale nel matrimonio non costituisce peccato a condizione che sia motivato dal desiderio di procreare. Ogni rapporto extramatrimoniale è peccato, così come ogni rapporto matrimoniale in cui vengano adottate misure per impedire la concezione.

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L'interruzione della gravidanza è peccato, anche nel caso in cui, secondo il parere medico, sia il solo modo per salvare la vita della madre; l'opinione dei medici è fallibile e Dio può sempre salvare una vita per mezzo di un miracolo qualora Egli lo ritenga un bene. (Tale opinione è incorporata nella legislazione del Connecticut). La malattia venerea è una punizione divina per il peccato. Vero è che, attraverso un marito colpevole, questa punizione può ricadere su una donna innocente ed i suoi bambini, ma questo è un decreto misterioso della Provvidenza che sarebbe da empi mettere in discussione. Non dobbiamo nemmeno domandarci perché le malattie veneree non vennero divinamente istituite fino ai tempi di Colombo. Poiché sono la pena stabilita per il peccato, ogni misura per evitarle è anch'essa peccato- eccetto, naturalmente, la vita virtuosa. Il matrimonio è indissolubile per principio, ma molti che sembrano sposati non lo

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sono. Nel caso di Cattolici influenti si può sempre trovare un motivo di nullità, ma per i poveri un tale sbocco non c'è, salvo forse in casi d'impotenza. Le persone che divorziano e si risposano sono colpevoli di adulterio agli occhi di Dio. La frase “agli occhi di Dio” mi rende perplesso. Si potrebbe supporre che Dio vede tutto, ma pare che sia uno sbaglio. Egli non vede ciò che fanno a Reno, poiché non puoi divorziare agli occhi di Dio. Gli uffici di stato civile sono un punto dubbio. Noto che la gente rispettabile, che non frequenterebbe chi vive apertamente nel peccato, non disdegna di frequentare chi si è sposato civilmente; sembra dunque che Dio veda gli uffici del sindaco. Uomini eminenti ritengono deplorevolmente lassista la dottrina della Chiesa Cattolica in materia sessuale. Tolstoj e Mahatma Gandhi, in tarda età, sostennero che ogni rapporto sessuale è peccaminoso, persino

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nel matrimonio e in vista della procreazione. I Manichei sostenevano lo stesso, contando sulla innata peccaminosità degli uomini per assicurarsi una continua messe di discepoli. Questa dottrina, però, è eretica, sebbene sia ugualmente eretico ritenere il matrimonio altrettanto meritorio del celibato. Tolstoj pensa che il tabacco sia cattivo quanto il sesso; in un suo testo, un uomo che progetta un assassinio fuma una sigaretta per stimolare la propria furia omicida. Il tabacco, però, nelle Scritture non è proibito sebbene, come fa notare Samuel Butler, San Paolo l'avrebbe certamente condannato se ne avesse avuto notizia. È strano che né la Chiesa, né la moderna opinione pubblica condannino effusioni e carezze, finché non superino un certo limite. A che punto inizi il peccato è materia su cui i casuisti divergono. Un eminente teologo cattolico ortodosso sosteneva che un confessore può palpeggiare il petto di una

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monaca, purché senza intenzioni malvage. Ma dubito che le moderne autorità concorderebbero con lui su tal punto. La morale moderna mescola due elementi: da un lato, precetti razionali su come vivere insieme serenamente in società, e dall'altro tabu tradizionali derivati in origine da qualche antica superstizione, ma rafforzati da sacri testi cristiani, maomettani, hindu o buddisti. Fino a un certo grado, i due concordano; la proibizione dell'omicidio e del furto, ad esempio, è sostenuta tanto dalla ragione umana quanto dal comandamento divino. Ma la proibizione della carne di maiale o manzo è basata solo sull'autorità scritturale, e soltanto in certe religioni. È strano che gli uomini moderni, consapevoli di quanto la scienza ha contribuito alle nuove conoscenze e al mutamento delle condizioni della vita sociale, accettino ancora l'autorità di testi che danno corpo alle vedute di tribù di pastori o agricoltori molto arretrati ed

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ignoranti. È disarmante che a molti precetti, la cui sacralità è così acriticamente riconosciuta, venga consentito di infliggere tante inutili sofferenze. Se gli impulsi benevoli degli uomini fossero più decisi, essi troverebbero un modo per chiarire che quei precetti non vanno presi alla lettera, non più del comandamento che impone di “vendere quanto possiedi e darlo al povero”. Ci sono difficoltà logiche nell'idea di peccato. Ci viene insegnato che il peccato consiste nel disobbedire al comando divino, ma ci insegnano pure che Dio è onnipotente. Se Egli lo è, nulla di contrario al suo volere può accadere; dunque quando il peccatore trasgredisce i suoi comandamenti, Egli deve aver inteso che ciò avvenisse. Sant'Agostino sostiene apertamente quest'idea e sostiene che gli uomini sono portati a peccare dalla cecità inflitta loro da Dio. Ma gran parte dei teologi, nei tempi moderni, avvertono che, se Dio fa sì

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che gli uomini pecchino, è ingiusto spedirli all'inferno per una cosa che non possono evitare. Ci dicono che il peccato consiste nell'agire contro la volontà di Dio. Questo comunque non elimina la difficoltà. Quelli che, come Spinoza, prendono seriamente l'onnipotenza divina, deducono che non possa darsi una cosa come il peccato. Ciò comporta spaventose conseguenze. Come! esclamavano i contemporanei di Spinoza, non fu cosa malvagia per Nerone uccidere sua madre? Non commise peccato Adamo quando mangiò la mela? Forse che un'azione vale l'altra? Spinoza tergiversa, ma non trova una risposta soddisfacente. Se ogni cosa avviene secondo la volontà di Dio, allora Dio deve aver voluto che Nerone uccidesse la madre; perciò, essendo Dio buono, l'assassinio è stato cosa buona. Dalla controversia non c'è scampo. Dall'altra parte, coloro i quali convintamente pensano che il peccato è una disobbedienza a

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Dio sono costretti a dire che Dio non è onnipotente. Ciò allontana i problemi logici, ed è quanto sostiene una certa scuola di teologi liberali. Comporta, tuttavia, qualche difficoltà. Come facciamo a sapere quel che Dio realmente vuole? Se le forze del male hanno una certa quota di potere, allora possono forse ingannarci facendoci accettare come Scrittura ciò che è opera loro. Questa fu la concezione degli Gnostici i quali pensavano che il Vecchio Testamento fosse opera di uno spirito malvagio. Nel momento in cui abbandoniamo la nostra ragione e ci contentiamo di dipendere dall'autorità, non c'è fine ai nostri guai. Autorità di chi? Del Vecchio Testamento? Del Corano? In pratica, le persone scelgono il libro considerato sacro dalla comunità d'origine, e di quel libro eleggono le parti più gradite, ignorando le altre. In una data epoca, il versetto più influente della Bibbia era:”Non tollererai che viva una strega”. Ai giorni nostri, la gente trascura questo passo,

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in silenzio se possibile, altrimenti con una scusa. E così, anche quando abbiamo un libro sacro, continuiamo a scegliere come verità ciò che si adatta ai nostri pregiudizi. Nessun cattolico, per esempio, prende sul serio il passo che dice che un vescovo dovrebbe avere una sola moglie. Le credenze delle persone hanno diverse cause. Una di queste è che vi sia qualche prova della credenza in questione. Questo vale per argomenti pratici come “qual è il numero di telefono di tizio?” o “chi ha vinto il campionato?” Ma appena passiamo ad una materia più contestabile, il motivo della credenza diviene meno giustificabile. Crediamo anzitutto in quel che ci fa sentire persone a posto. Il signor Tale, che gode di buona digestione e ha solide entrate, pensa di essere più giudizioso del suo vicino tal dei tali che ha sposato una scervellata ed è sempre senza soldi. Ritiene la sua città superiore a quella che sta 50 miglia più in là: ha una Camera di Commercio

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più grande ed un Rotary Club più attivo, ed il suo sindaco non è stato mai in galera. Pensa a quanto incommensurabilmente superiore sia il suo paese rispetto algi altri. Se è inglese, in base al proprio temperamento penserà a Shakespeare e Milton, o Newton e Darwin, o Nelson e Wellington. Se è francese, si feliciterà con sé stesso dato che per secoli la Francia ha dettato legge nella cultura, nella moda e nella cucina. Se è russo, pensa di appartenere alla sola nazione davvero internazionale. Se è jugoslavo, si vanta dei maiali di casa sua; se è nativo del Principato di Monaco, si gloria di essere alla guida in fatto di gioco d'azzardo. Ma non si tratta degli unici motivi per i quali si rallegra. Non è forse un individuo della specie homo sapiens? Il solo animale a possedere un'anima immortale, il solo razionale; conosce la differenza tra bene e male, ed ha imparato la tavola pitagorica. Dio non lo ha modellato a Sua immagine? Ed ogni cosa non fu forse creata a

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sua vantaggio? Il sole venne creato per far luce di giorno, e la luna per rischiarare la nottesebbene la luna, per qualche svista, splenda soltanto durante la metà delle ore notturne. I prodotti della terra furono creati per la sussistenza dell'uomo. Anche le code bianche del conigli, secondo certi teologi, hanno uno scopo, cioè rendere più facile sparargli ai cacciatori. Ci sono, è vero, alcuni inconvenienti: leoni e tigri sono troppo feroci, l'estate è troppo calda, l'inverno troppo freddo. Ma queste cose ebbero inizio dopo che Adamo mangiò la mela; prima d'allora, tutti gli animali erano vegetariani e la primavera era l'unica stagione. Se Adamo si fosse accontentato di pesche e nettarine, uva e pere e ananas, quella fortuna sarebbe ancora nostra. La presunzione, individuale o collettiva, è perlopiù all'origine delle nostre credenze religiose. Perfino la concezione del Peccato discende dalla presunzione. Borrow narra di

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come avesse incontrato un predicatore gallese sempre malinconico. Al suo comprensivo interessamento, confessò l'origine della sua tristezza: all'età di sette anni aveva commesso Peccato contro lo Spirito Santo. “Caro amico, disse Borrow “smettetela di tormentarvi; ne conosco a dozzine nella stessa situazione. Non lasciate che questo vi tagli fuori dal resto dell'umanità; basta chiedere in giro e ne troverete un gran numero che soffrono la stessa disgrazia.” Da quel momento l'uomo fu guarito. Si compiaceva nel sentirsi singolare, ma non c'era piacere nell'appartenere al gregge dei peccatori. Perlopiù i peccatori non sono così egotisti, ma ai teologi indubitabilmente piace pensare che l'Uomo è l'oggetto speciale della collera divina, come pure del Suo amore. Dopo la Caduta- ci assicura MiltonIl Sole Ebbe istruzione di muoversi e di splendere, Così da spargere freddo e caldo sulla Terra

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A fatica tollerabili, e dal Nord chiamare Il decrepito Inverno, dal Sud attrarre Ardore nel solstizio estivo.

Per quanto sgradevoli siano risultate le conseguenze,Adamo difficilmente potè resistere al sentirsi lusingato del fatto che fenomeni astrologici tanto vasti occorsero per dargli una lezione. Tutta la teologia, si tratti di inferno non meno che di paradiso, accetta come vero che l'Uomo è la cosa più importante nell'Universo degli esseri creati. Dal momento che tutti i teologi sono uomini, questo postulato ha incontrato poche opposizioni. Quando l'evoluzionismo è divenuto di moda la glorificazione dell'Uomo ha preso una nuova forma. Ci viene detto che l'evoluzione è stata guidata da un grande scopo: attraverso milioni d'anni quando c'erano solo limo o trilobiti, durante le epoche dei dinosauri e delle felci giganti, delle api e dei fiori selvatici, Dio andava

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preparando il Grande Climax. Alla fine, a tempo opportuno, Egli creò l'Uomo, compresi gli esemplari come Nerone e Caligola, Hitler e Mussolini, la cui gloria trascendente giustificò un così lungo laborioso processo. Per parte mia trovo perfino la dannazione eterna meno incredibile, e certamente meno ridicola, di questa conclusione azzoppata ed impotente che ci viene chiesto di ammirare come sforzo supremo dell'Onnipotenza. E se Dio è davvero onnipotente, perchè non ha prodotto questo glorioso risultato senza un prologo tanto lungo e fastidioso? A parte il problema se l'Uomo sia realmente tanto maestoso quanto sostengono i teologi dell'evoluzione, c'è l'ulteriore difficoltà che la vita su questo pianeta è quasi certamente passeggera. La terra andrà raffreddandosi, l'atmosfera rarefacendosi, o ci sarà scarsità d'acqua oppure, come genialmente profetizzato da Sir James Jeans, il sole esploderà ed i pianeti

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torneranno allo stato gassoso. Cosa avverrà per primo nessuno lo sa; ma in ogni caso alla fine la razza umana scomparirà. Naturalmente, un tale evento ha poca importanza dal punto di vista dei teologi ortodossi, poiché gli uomini sono immortali, e continueranno ad esistere in paradiso e all'inferno quando sulla terra non ce ne saranno rimasti. Ma in tal caso perché preoccuparsi degli sviluppi della vita terrestre? Quelli che pongono in risalto il graduale progresso dal limo primordiale all'Uomo attribuiscono un'importanza tale alla sfera mondana da far loro evitare la conclusione che tutta la vita sulla terra è solo un breve interludio tra la nebulosa e l'eterna glaciazione, o forse tra una nebulosa e l'altra. L'importanza dell'uomo, dogma indispensabile dei teologi, non riceve alcuna conferma da una visione scientifica sul futuro del sistema solare. Ci sono molte altre sorgenti di falsa credenza oltre al sentimento di presunzione.

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Una di queste è l'amore per il meraviglioso. Conobbi una volta un prestigiatore dotato di mentalità scientifica che era solito eseguire i suoi trucchi davanti a un piccolo pubblico, e che poi chiedeva, a tutti i singoli presenti, di descrivere ciò cui avevano assistito. Quasi sempre riportavano qualcosa di molto più sorprendente della realtà, e di solito qualcosa che nessun prestigiatore avrebbe potuto compiere; eppure tutti pensavano di aver descritto fedelmente quel che avevano visto con i propri occhi. Questo tipo di falsificazione è ancor più vera per le dicerie. A racconta a B di aver visto la notte scorsa il signor ---, noto proibizionista, lievemente su di giri per qualche bicchierino; B dice a C che A ha visto il brav'uomo ubriaco perso, C confida a D che lo hanno raccolto in un fossato privo di sensi, D racconta a E che è una sua abitudine di tutte le sere. Qui, è vero, entra in gioco un altro motivo, ossia la malignità. Ci piace pensare male dei

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nostri vicini, e siamo pronti a credere il peggio basandoci su pochissime prove. Ma anche laddove non sia presente un tale motivo, ciò che è incredibile viene prontamente creduto, salvo che non vada contro qualche forte pregiudizio. Tutta la storia fino al XVIII secolo è piena di prodigi e miracoli ignorati dagli storici moderni, non perché siano meno attestati dei fatti che gli storici accettano, ma perché il gusto moderno delle persone istruite preferisce quel che la scienza considera probabile. Shakespeare scrive di come la notte prima che Cesare fosse ucciso, Un umile schiavo - di vista lo conoscete beneLevò la mano sinistra che fiammeggiò e arse Come venti torce; eppure la sua mano, Insensibile alla fiamma, rimase intatta. Inoltre -di poi non ho rinfoderato la spadaPresso il Campidoglio ho incontrato un leone, Che mi ha fissato e sprezzante è passato oltre, Senza darmi fastidio; e mi vennero incontro Ammassate un centinaio di donne spettrali,

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Sfigurate dalla paura, che giurarono di aver visto Correre per strada uomini diventati torce.

Non fu Shakespeare a inventare queste meraviglie; le trovò presso storici reputati, gli stessi da cui dipendiamo per la nostra conoscenza di Giulio Cesare. Simili cose accadevano sempre la vigilia della morte di un grande uomo o allo scoppio di una guerra decisiva. Ancora di recente, nel 1914, gli “angeli di Mons” diedero coraggio alle truppe britanniche. La prova di tali eventi raramente è di prima mano, e gli storici moderni rifiutano di accettarli - eccetto, naturalmente, laddove l'evento abbia un'importanza religiosa. Ogni emozione potente ha una propria tendenza a creare miti. Quando quell'emozione è propria di un certo individuo, questi è considerato più o meno pazzo se presta fede ai miti da lui inventati. Ma quando l'emozione è collettiva, come vediamo durante una guerra,

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non c'è nessuno a correggere i miti che istintivamente si presentano. Di conseguenza, in tempi di grande eccitazione collettiva, dicerie infondate ottengono vasto credito. Nel settembre del 1914, la grande maggioranza degli inglesi credeva che le truppe russe fossero passate attraverso l'Inghilterra per raggiungere il fronte occidentale. Tutti conoscevano qualcuno che le aveva viste, sebbene nessuno le avesse viste di persona. Questa facoltà creatrice di miti si unisce spesso alla crudeltà. Fin dal medioevo gli ebrei sono stati accusati di praticare l'omicidio rituale. Non c'è nessuna prova per tale accusa e nessuna persona di mente sana che l'abbia esaminata vi crede. Eppure perdura. Ho incontrato dei russi bianchi convinti della sua verità e tra moltissimi nazisti è accettata senza riserve. Tali miti forniscono una giustificazione per infliggere torture, e credervi senza

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fondamento è prova del desiderio inconscio di trovare una vittima da preseguitare. Fino alla fine del XVIII secolo ci fu una teoria secondo cui la follia era dovuta alla possessione diabolica. Se ne inferiva che ogni sofferenza patita dal malato fosse provata pure dai demoni, di modo che la cura migliore consistesse nel far soffrire il malato così tanto da spingere i demoni ad abbandonarlo. Gli alienati, in accordo con tale teoria, venivano ferocemente percossi. Questo trattamento venne provato su re Giorgio III, allorché divenne matto, ma senza successo. È un fatto curioso e penoso che quasi tutti i trattamenti completamente inefficaci in cui si è creduto nel corso della lunga storia della follia abbiano inflitto tante sofferenze al malato. Quando furono scoperti gli anestetici, le persone pie li ritennero un tentativo di sottrarsi al volere divino. Si rimarcò, d'altra parte, che quando Dio prelevò una costola di Adamo lo immerse in un

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sonno profondo. Questo provava che gli anestetici vanno bene per gli uomini; le donne, per parte loro, dovevano soffrire, a causa della maledizione di Eva. In Occidente il voto alle donne ha dimostrato la falsità della dottrina, ma in Giappone, fino ad oggi, alle donne in travaglio non viene concesso nessun alleviamento tramite anestetici. Poiché i giapponesi non credono alla Genesi, questo esempio di sadismo deve aver qualche altra giustificazione. Gli errori sulla “razza” ed il “sangue” che sono sempre stati popolari, e che i nazisti hanno incluso nel credo ufficiale, non hanno un'oggettiva giustificazione; vi si crede unicamente perché lusingano l'amor proprio e l'impulso verso la crudeltà. In una forma o nell'altra, tali credenze sono antiche quanto la civiltà; le forme mutano, ma l'essenza resta la stessa. Erodoto racconta di come Ciro venne cresciuto da contadini, nella completa ignoranza del proprio sangue reale; all'età di dodici anni, la

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sua condotta regale verso altri piccoli contadini rivelò la verità. Questa è una variante di un'antica leggenda che si trova in tutti i paesi indo-europei. Ancora oggi c'è chi dice che “buon sangue non mente”. Non serve che i fisiologi abbiano assicurato che non c'è differenza tra il sangue di un Nero e il sangue di un Bianco. La Croce Rossa Americana, obbedendo al pregiudizio popolare, decretò, quando l'America venne coinvolta nell'attuale conflitto, che non avrebbe usato sangue nero per le trasfusioni. Come conseguenza di alcune agitazioni, fu concesso di usare del sangue nero ma solo per pazienti neri. Similmente, in Germania, il soldato ariano che aveva bisogno della trasfusione sanguigna era accuratamente protetto dalla contaminazione con sangue ebreo. In materia di razza, le credenze differiscono a seconda delle società. Nelle monarchie affermate i re sono di razza superiore ai sudditi. Fino a tempi recenti, si riteneva che gli uomini

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fossero congenitalmente più intelligenti delle donne; anche un uomo illuminato come Spinoza in base a tal principio decide a sfavore del diritto di voto delle donne. Tra gli uomini bianchi si pensa di essere per natura superiori agli uomini di altri colori, e soprattutto ai neri; in Giappone, in compenso, si trova che il colore migliore sia il giallo. Ad Haiti, quando si tratta delle statue di Cristo e di Satana, Cristo è nero e Satana bianco. Aristotele e Platone ritenevano i Greci tanto istintivamente superiori ai barbari da giustificare la schiavitù fintantoché il padrone è greco e lo schiavo è barbaro. Nazisti e legislatori americani che scrissero le leggi sull'immigrazione considerano i Nordici superiori agli Slavi e Latini o ad altri uomini di pelle chiara. Ma i nazisti, per le pressioni della guerra, sono stati portati a concludere che di Nordici fuori dalla Germania non ce n'è; i norvegesi, eccetto Quisling ed i suoi seguaci, sono stati corrotti mescolandosi con finnici,

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lapponi e simili. Così la politica diventa indizio di lignaggio. Il Nordico biologicamente puro ama Hitler, e se non ami Hitler questo è segno del tuo sangue contaminato. Tutto ciò, va da sé, è puro nonsenso, come tale riconosciuto da chiunque abbia studiato la materia. Nelle scuole d'America, bambini delle più diverse provenienze sono sottoposti allo stesso sistema educativo e coloro che si occupano di misurare il quoziente intellettivo o altre abilità innate degli studenti non sono in grado di tracciare quelle distinzioni razziali postulate dai teorici della razza. In qualsiasi gruppo nazionale o razziale ci sono bambini intelligenti e bambini stupidi. Non è probabile che, negli Stati Uniti, i bambini di colore raggiungano il felice sviluppo dei bambini bianchi, a causa del bollo di inferiorità sociale, ma, per quanto si può separare l'abilità innata dall'influenza ambientale, non si dà una chiara distinzione tra i diversi gruppi. L'intera nozione

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di razze superiori è un mero mito generato dall'arrogante presunzione dei detentori del potere. Può darsi che un giorno si presenti qualche prova migliore; forse, col tempo, gli educatori saranno capaci di provare (dicono) che gli ebrei sono mediamente più intelligenti dei gentili. Ma finora una tale prova ci manca e ogni discorso su razze superiori andrà considerato come un nonsenso. È particolarmente assurdo applicare teorie razziali alle varie popolazioni europee. Non c'è in Europa una cosa come la razza pura. I russi sono mischiati con sangue tartaro, i tedeschi sono in larga parte slavi, in Francia abbiamo una mescolanza di celti, germanici e popoli mediterranei, stessa cosa per l'Italia con aggiunta di discendenti degli slavi importati dai romani. Gli inglesi sono forse i più mescolati. Non c'è nessuna prova che vi sia qualche vantaggio nel far parte di una razza pura. Ad oggi, le razze più pure sono i Pigmei, gli

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Ottentotti e gli Aborigeni australiani; i Tasmaniani, forse anche più puri, sono estinti. Non erano portatori di una cultura nota per gli ingegni. Gli antichi greci, d'altro lato, emersero da un amalgama tra barbari settentrionali e popolazione indigena; le popolazioni di Atene e della Ionia, di civiltà più sviluppata, erano pure le più meticciate. I supposti meriti della purezza razziale sono, a quanto sembra, del tutto immaginari. Le superstizioni intorno al sangue assumono forme che non hanno nulla a che vedere con la razza. La proibizione dell'omicidio sembra sia stata, in origine, basata sulla contaminazione rituale provocata dal sangue della vittima. Dio disse a Caino: “La voce del sangue di tuo fratello grida dalla terra fino a me”. Secondo alcuni antropologi il marchio di Caino era una dissimulazione per impedire al sangue di Abele di trovarlo; questa pare sia anche la motivazione originale del portare il lutto. Nell'antichità in

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molte comunità non si faceva differenza fra assassinio e omicidio accidentale; in entrambi i casi si richiedeva un'eguale abluzione rituale. L'opinione che il sangue contamini ancora permane, per esempio nella benedizione delle puerpere e nei tabu connessi con le mestruazioni. L'idea che il bambino sia “sangue” di suo padre ha la stessa origine superstiziosa. Per quanto riguarda il sangue effettivo, è quello della madre a trasmettersi al bambino e non quello del padre. Se il sangue fosse importante quanto si suppone, il matriarcato sarebbe il solo modo appropriato di tracciare la discendenza. In Russia, dove, sotto l'influenza di Karl Marx, le persone sono state classificate in base all'origine economica, sono sorte difficoltà non dissimili da quelle incontrate dai teorici della razza germanica a proposito dei nordici scandinavi. C'erano due teorie da riconciliare: da un lato, i proletari erano buoni e gli altri cattivi; dall'altro, i comunisti rappresentavano il

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bene e il resto il male. La sola maniera di riconciliare le cose era alterare il significato delle parole. “Proletario” venne a significare un sostenitore del governo; Lenin, sebbene di origini nobili, venne considerato membro del proletariato. D'altra parte, il termine “kulak”, che si pensava designasse un contadino abbiente, andò a indicare qualunque contadino che si opponeva alla collettivizzazione. Questo tipo di assurdità nasce quando si crede che un gruppo di esseri umani sia per natura meglio di un altro. In America, la più alta lode che si possa concedere ad un eminente uomo di colore una volta deceduto consiste nel dire “era un bianco”. Una donna coraggiosa è detta “mascolina”: Macbeth, elogiando il coraggio della sposa, dice: Metti al mondo solo figli maschi, Perché la tua tempra impavida solo Maschi dovrebbe formare.

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Tutti questi modi di parlare discendono dalla riluttanza ad abbandonare le sciocche generalizzazioni. Nella sfera economica ci sono molte diffuse superstizioni. Perché le persone tengono in gran conto oro e pietre preziose? Non semplicemente a causa della loro rarità: ci sono tanti elementi chiamati “terra rara” molto più rari dell'oro, ma nessuno, esclusi pochi uomini di scienza, darebbe per essi un penny. C'è una teoria secondo cui oro e gemme erano valutati in origine sulla base di supposte proprietà magiche. Gli errori dei governi in tempi moderni sembrano indicare che tale credenza abbia ancora corso tra gli uomini detti “pratici”. Alla fine dell'ultima guerra, si stabilì che la Germania dovesse pagare enormi somme all'Inghilterra e alla Francia, e queste a loro volta dovessero far altrettanto verso gli Stati Uniti. Tutti volevano essere pagati in valuta piuttosto

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che in beni; gli uomini “pratici” dimenticarono di notare che nel mondo non esiste una simile quantità di denaro. Scordarono pure di notare che il denaro è inutile se non serve a comprare dei beni. E non usandolo in quel modo, non produsse niente di buono per nessuno. Si supponeva ci fosse una virtù mistica nell'oro che rendeva profittevole andarlo a scavare nel Transvaal per poi tornare a rinchiuderlo nei forzieri dell'America. Alla fine, naturalmente, i paesi debitori non avevano più liquidità e, non essendogli permesso di pagare in beni, fecero bancarotta. La grande depressione fu il risultato diretto della superstite credenza nelle proprietà magiche dell'oro. C'è da temere che qualche simile superstizione provocherà altre cattive conseguenze una volta finita la guerra attuale. La politica si regge ampiamente su banalità sentenziose sprovviste di verità. Una delle massime più diffuse è “la natura umana non si può cambiare”. Nessuno può dire

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se questo sia vero o no senza avere prima definito la “natura umana”. Ma per come viene usata è certamente falsa. Quando il signor A la pronuncia con aria di sapienza solenne e definitiva, intende dire che ovunque tutti gli uomini continueranno a comportarsi come fanno nella sua città natale. Un poco di antropologia caccerà via questa credenza. Tra i tibetani, una donna ha diversi mariti poiché gli uomini sono troppo poveri per mantenere una moglie; tuttavia la vita familiare, riferiscono i viaggiatori, non è più infelice che altrove. La pratica di prestare la propria sposa ad un ospite è molto comune tra le tribù “non civilizzate”. Gli aborigeni australiani, giunti alla pubertà, subiscono una dolorosa operazione che, per il resto delle loro vite, ne diminuisce di molto la potenza sessuale. L'infanticidio, che potrebbe sembrare contrario alla natura umana, era pressoché universale prima dell'ascesa del Cristianesimo ed è raccomandato da Platone

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per prevenire una sovrappopolazione. La proprietà privata non viene riconosciuta in alcune tribù selvagge. Anche nei popoli di specchiata civiltà, le considerazioni economiche passeranno sopra quel che si chiama “natura umana”. A Mosca, dove si soffre un'acuta scarsità di alloggi, quando una donna non sposata è incinta accade spesso che più uomini si disputino il diritto legale di essere considerati padri del futuro bambino, perché chiunque verrà giudicato padre acquista il diritto di condividere la stanza della donna, e metà stanza è meglio che nessun tetto. Nei fatti, la “natura umana” adulta è parecchio variabile, a seconda delle circostanze educative. Nutrimento e sesso sono necessità generali, ma gli eremiti della Tebaide evitarono del tutto il sesso e ridussero il cibo al minimo indispensabile per sopravvivere. Mediante un regime alimentare e l'addestramento si può rendere un popolo feroce o mite, dominatore o

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schiavo, secondo il volere dell'educatore. Non c'è insensatezza tanto aberrante da non poter diventare il credo d'una vasta maggioranza mediante un'adeguata azione di governo. Platone intendeva fondare la sua Repubblica su un mito che egli stesso riteneva assurdo, ma era fiducioso che il volgo potesse essere indotto a credervi. Hobbes, il quale riteneva importante che il popolo considerasse con rispetto il governo, per quanto indegno potesse essere, rispondeva all'obiezione che può essere difficoltoso ottenere un generale assenso a qualcosa tanto irrazionale sottolineando che il popolo è stato spinto a credere nella religione cristiana e, in particolare, nel dogma della transustanziazione. Se fosse vivo oggi, avrebbe trovato ampie conferme alla sua opinione nella devozione della gioventù tedesca verso i nazisti. Il potere dei governi sulle credenze degli uomini è cresciuto di pari passo con l'affermarsi dei grandi Stati. La grande maggioranza dei

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romani divenne cristiana dopo le conversioni degli imperatori romani. Nelle regioni dell'impero romano conquistate dagli arabi, gran parte del popolo abbandonò la fede cristiana per l'islam. Per la divisione dell'europa occidentale in regioni protestanti e cattoliche fu decisivo l'atteggiamento dei governi nel XVI secolo. Ma al giorno d'oggi la forza dei governi sulle credenze è molto più grande che nel passato. Una credenza, per quanto erronea, è importante allorché riesce a dominare le azioni di larghe masse. In tal senso, le credenze inculcate dai governi giapponesi, russi e tedeschi sono importanti. Dal momento che sono completamente divergenti, non possono essere tutte vere, sebbene possa darsi che siano tutte false. Sfortunatamente sono tali da infondere negli uomini un acceso desiderio di uccidersi l'un l'altro, fino al punto di inibire quasi completamente l'impulso di autoconservazione. Nessuno può negare, di fronte

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all'evidenza, quanto sia facile, per una forza militare, formare una popolazione di fanatici estremisti. Sarebbe altrettanto facile formare un popolo di persone sane e ragionevoli, ma gran parte dei governi non lo desidera, poiché tali persone smetterebbero di ammirare i politici che sono alla testa di quei governi. C'è una applicazione particolarmente pericolosa della dottrina secondo cui la natura umana non può essere cambiata. Si tratta dell'asserzione dogmatica che le guerre ci saranno sempre, dal momento che siamo costituiti in maniera tale da sentirne il bisogno. Quel che è vero è che un uomo, educato e allevato come succede alla grande maggioranza, vuole combattere se provocato. Ma in realtà non lotterà se non ha qualche possibilità di vincere. Dà fastidio essere fermati da un agente per eccesso di velocità, ma evitiamo di combatterlo perché sappiamo che ha dalla sua parte le forze soverchianti dello stato. La gente

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che non ha occasioni di guerreggiare non dà l'impressione d'essere psichicamente frustrata. Gli svedesi non fanno la guerra dal 1814, ma la Svezia era, fino a pochi anni fa, una delle nazioni più felici e soddisfatte del mondo. Dubito che lo siano ancora, ma solo perché, per quanto neutrali, non sono in grado di evitare molti dei mali della guerra. Se le organizzazioni politiche fossero tali da rendere la guerra chiaramente poco vantaggiosa, non c'è niente nella natura umana che ci spingerebbe a provocarla, o che renderebbe infelice quel popolo normale cui non sia toccato. Proprio gli stessi argomenti usati adesso circa l'impossibilità di evitare la guerra erano in precedenza usati a difesa del duello, eppure pochi tra noi si sentono oppressi perché ci vengono negati i duelli. Sono convinto che non c'è limite alle assurdità che possono, dietro un'azione governativa, essere prese per vere. Datemi un esercito adeguato, con poteri in grado di

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elargire paghe migliori e miglior cibo di quanto tocchi alla media, e mi impegno, nel giro di trent'anni, a far credere alla maggioranza della popolazione che due più due fanno tre, che l'acqua ghiaccia quando ora bolle e bolle quando si raffredda, o qualunque altra insensatezza che possa servire agli interessi dello stato. Naturalmente, anche una volta generate tali sciocchezze, la gente non metterebbe il bollitore in ghiacciaia quando volesse acqua calda. Che il freddo faccia bollire l'acqua sarebbe una verità religiosa, sacra e mistica, da professare in tono ispirato, ma da non applicare nella vita quotidiana. Quel che accadrebbe è che ogni negazione verbale della dottrina mistica diventerebbe illegale, e gli eretici ostinati sarebbero “congelati” sul rogo. A nessun individuo che non accettasse entusiasticamente la dottrina ufficiale sarebbe consentito insegnare o occupare una posizione di potere. Solo i funzionari di rango, un poco

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alticci, si sussurrerebbero l'un l'altro che sono tutte sciocchezze; poi scoppierebbero a ridere e riprenderebbero a bere. Questa è appena una caricatura di quel che succede con qualche governo contemporaneo. La scoperta che l'uomo può essere manipolato scientificamente e che i governi possono manipolare larghe masse a proprio piacimento, è una delle cause delle nostre infelicità. Tra un gruppo di cittadini mentalmente liberi ed una comunità modellata dai moderni metodi di propaganda c'è altrettanta differenza che tra un ammasso di materiale grezzo e una nave da guerra. L'educazione, che all'inizio fu resa universale affinché tutti potessero leggere e scrivere, è stata distorta per servire ad altri scopi. Instillando assurdità unifica le popolazioni e genera un entusiasmo collettivo. Se tutti i governi insegnassero le stesse sciocchezze, il danno non sarebbe poi così grave. Disgraziatamente ognuno ha il proprio marchio

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e la varietà serve a generare ostilità fra i devoti dei diversi credo. Perché ci sia pace nel mondo, i governi dovranno concordare di non inculcare dogmi o inculcare tutti lo stesso. La prima cosa, temo, è un ideale utopico, ma forse essi potrebbero accordarsi per insegnare collettivamente che tutti gli uomini pubblici, dqppertutto, sono la virtù e la saggezza in persona. Forse, una volta finita la guerra, i politici sopravvissuti riterranno prudente mettere in piedi un programma del genere. Ma se il conformismo ha i suoi pericoli, lo stesso capita con l'anticonformismo. Certi “pensatori avanzati” sono dell'idea che chiunque diverga dall'opinione convenzionale debba essere nel giusto. Il che è un'illusione; non fosse così, la verità sarebbe più facile da raggiungere di quanto non sia. Ci sono possibilità infinite di errore, e molti eccentrici raccolgono errori fuori moda più che verità fuori moda. Una volta ho incontrato un

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ingegnere elettrotecnico che per prima cosa mi ha detto: “Come va? Ci sono due metodi di guarigione spirituale, quello praticato da Cristo e quello praticato dalla maggior parte dei Christian Scientists. Io uso quello praticato da Cristo.” Poco tempo dopo venne spedito in prigione con l'accusa di frode in bilancio. La legge non sembra guardare con favore l'intrusione della fede in quel campo. Conobbi pure un rinomato medico alienista, che si diede alla filosofia, e insegnava una nuova logica appresa, come francamente confessava, dai suoi alienati. Quando morì, lasciò un testamento che istituiva una cattedra per l'insegnamento dei suoi nuovi metodi scientifici ma, disgraziatamente, non la dotò di fondi. L'aritmetica si rivelò recalcitrante alla logica lunatica. In un'altra occasione, un uomo mi si rivolse chiedendomi di consigliargli qualche mio libro dal momento che s'interessava di filosofia. Acconsentii, egli tornò il giorno seguente

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dicendo che ne aveva letto uno, trovandovi solo una frase comprensibile, e che quella gli pareva falsa. Gli domandai quale fosse, e rispose che era l'affermazione che Giulio Cesare è morto. Quando gli chiesi perché non fosse d'accordo, rispose impettito:” Perché io sono Giulio Cesare”. Questi esempi dovrebbero bastare a mostrare che l'essere eccentrici non dà la sicurezza di essere nel giusto. La scienza, che si è aperta la strada combattendo le credenze popolari, affronta adesso una delle battaglie più aspre nella sfera della psicologia. Persone che ritengono di conoscere tutto sulla natura umana sono irrimediabilmente smarrite quando hanno a che fare con qualcosa di anormale. Certi bambini non imparano mai ad essere “addestrati” come gli animali domestici. Il tipo di persona che non sopporta le sciocchezze tratta tali casi con la punizione; il bambino viene picchiato e se ripete l'infrazione

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è picchiato ancora di più. Tutti i medici che hanno studiato la questione sanno che la punizione non fa che aggravare la situazione. A volte la causa è fisiologica ma solitamente è psicologica e rimediabile solo rimuovendo qualche fattore inconscio e ben radicato. Ma molti preferiscono punire chiunque li irriti e così il parere medico viene respinto come una stravaganza. Lo stesso procedimento si applica agli esibizionisti; ogni volta vengono mandati in galera, ma non appena escono si affrettano a ripetere l'infrazione. Un medico specialista in questo campo mi assicurò che l'esibizionista può essere curato semplicemente ricorrendo a pantaloni che si abbottonano di dietro invece che davanti. Ma questo metodo non viene applicato perché non soddisfa gli impulsi vendicativi della gente. Parlando in generale, il castigo può prevenire i crimini con un'origine, per dir così, sana, ma non quelli derivanti da personalità

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psichicamente disturbate. Questo viene ora in parte riconosciuto; distinguiamo tra furto semplice, che procede da ciò che possiamo definire motivato interesse personale, e cleptomania, la quale è sintomo di bizzarria. E i maniaci omicidi non vengono trattati come ordinari assassini. Ma le aberrazioni sessuali suscitano tanta ripugnanza da rendere ancora impossibile un trattamento medico invece che punitivo. L'indignazione, sebbene sia nel complesso un'utile forza sociale, diventa nociva quando viene indirizzata contro vittime di malattie curabili soltanto medicalmente. Lo stesso capita riguardo a intere nazioni. Durante l'utlima guerra, del tutto naturalmente, i sentimenti vendicativi delle persone puntarono sui tedeschi che vennero gravemente puniti dopo la sconfitta. Adesso molta gente sostiene che il Trattato di Versailles fosse assurdamente moderato, dal momento che fallì nel dare una lezione; questa volta, si ripete, si dovrà mostrare

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una reale severità. A mio parere, per prevenire una ripetizione dell'aggressione tedesca sarà meglio considerare la gran massa dei nazisti come dei lunatici piuttosto che come puri e semplici criminali. I malati, naturalmente, vanno confinati; non viene loro consentito di armarsi. Similmente, la nazione tedesca dovrà essere disarmata. Ma malati di tal tipo sono contenuti per prudenza, non come una punizione, e nella misura in cui la prudenza ci consente di renderli felici. Ognuno riconosce che un maniaco omicida diverrà solo più omicida se ridotto a uno stato miserabile. Al momento attuale, in Germania, ci sono, naturalmente, molti nazisti che sono semplici criminali, ma devono essercene altrettanti che sono più o meno pazzi. Lasciando da parte i capi (verso cui non chiedo clemenza) il grosso della nazione tedesca è più verosimile che accetti di collaborare col resto del mondo se sarà soggetta ad un trattamento curativo, benevolo

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ma fermo, piuttosto che se verrà guardata come una nazione reietta. Chi viene punito di rado si mostrerà collaborativo con gli uomini che lo hanno punito. E fino a quando i tedeschi odieranno il resto dell'umanità la pace rimarrà precaria. Quando leggiamo delle credenze dei selvaggi, o degli antichi babilonesi ed egiziani, queste ci sembrano sorprendenti per la loro capricciosa assurdità. Ma credenze altrettanto assurde sono ancora accettate dalle persone non istruite perfino nelle società moderne e civilizzate. Mi hanno seriamente assicurato, in America, che le persone nate a marzo sono sfortunate e quelle nate a maggio sono particolarmente soggette ai calli. Non conosco la storia di tali superstizioni, ma probabilmente esse discendono da tradizioni sapienziali babilonesi o egiziane. Le credenze originano tra gli strati sociali superiori e poi, come fango di fiume, penetrano gradualmente in quelli

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sottostanti nella scala educativa; possono volerci 3000 o 4000 anni perché tocchino il fondo. Potresti scoprire che la tua collaboratrice di colore fa qualche osservazione proveniente da Platone- non le righe di Platone citate dagli studiosi, ma quelle parti in cui egli pronuncia ovvie sciocchezze, tipo quella secondo cui gli uomini che non perseguono la sapienza in questa vita rinasceranno donne. I commentatori dei grandi filosofi ignorano sempre educatamente le loro stupide osservazioni. Aristotele, a dispetto della reputazione, è pieno di assurdità. Dice che i figli andrebbero concepiti d'inverno, quando il vento soffia da nord, e che se le persone si sposano troppo giovani i bambini nasceranno femmine. Secondo lui il sangue delle femmine è più scuro di quello maschile; il maiale è l'unico animale soggetto alla rosolia; a un elefante sofferente d'insonnia andrebbe strofinata la schiena con sale, olio

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d'oliva ed acqua calda; le donne hanno meno denti degli uomini, e così via. Nonostante questo, egli è considerato dalla grande maggioranza dei filosofi un modello di sapienza. Le superstizioni sui giorni fortunati o sfortunati sono diffuse ovunque. Nell'antichità decidevano le azioni dei generali. Da noi il pregiudizio verso il venerdì o il numero 13 è sempre operante: ai marinai non piace salpare di venerdì e a molti hotel manca il tredicesimo piano. Alle superstizioni sul venerdì e il 13 davano credito persone ritenute sagge; adesso le stesse persone le considerano follie inoffensive. Ma probabilmente fra 2000 anni molte credenze degli odierni sapienti sembreranno altrettanto ridicole. L'uomo è un animale credulo, e deve credere in qualcosa; in mancanza di solide basi alle sue credenze, si contenterà di quelle instabili. La “credenza” nella natura e nel “naturale” è fonte di molti errori. Era, ed in certa misura

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ancora è, parecchio attiva in medicina. Il corpo umano, lasciato a sé stesso, ha il potere di guarirsi da solo; le piccole ferite di solito cicatrizzano; i raffreddori passano e anche le malattie gravi a volte scompaiono senza trattamento medico. Ma, anche in tali casi, è cosa desiderabile aiutare la natura. I tagli possono infettarsi se non disinfettati, i raffreddori possono aggravarsi in polmonite, e le malattie gravi rimangono senza trattamento solo nel caso di esploratori e viaggiatori in remote regioni cui mancano altre opzioni. Molte pratiche che adesso sembrano “naturali” originariamente erano “innaturali”, per esempio il vestirsi o lavare gli abiti. Prima che gli uomini cominciassero a vestirsi dovettero trovare impossibile vivere in climi freddi. Dove non c'è un livello minimo di pulizia, le popolazioni soffrono diverse malattie, come il tifo, da cui le nazioni occidentali sono ora esenti. La vaccinazione era (e da alcuni ancora è)

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contestata come “innaturale”. Ma non c'è coerenza in queste obiezioni, poiché nessuno suppone che un osso rotto possa saldarsi con un comportamento “naturale”. Mangiare cibo cotto è “innaturale”; altrettanto lo è riscaldare la case. Il filosofo cinese Lao-Tsu, intorno al 600 a.C., obiettava alle strade e ai ponti e alle barche come “innaturali” e nella sua avversione verso tali invenzioni meccaniche lasciò la Cina e andò a vivere tra i barbari dell'ovest. Ogni avanzamento nella civilizzazione è stato denunciato come innaturale proprio in quanto recente. L'obiezione più comune al controllo delle nascite è che vada contro la “natura”. (Per qualche motivo non è consentito dire che il celibato è contro natura; questo perché, penso, non si tratta di cosa nuova). Malthus vedeva solo tre modi per evitare la sovrappopolazione; costrizione morale, vizio e miseria. La costrizione morale, riconosceva, era

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verosimilmente impraticabile su larga scala; il “vizio”, cioè il controllo delle nascite, lo considerava, da uomo di chiesa, esecrabile. Restava la miseria. Dalla sua confortevole canonica egli contemplava serenamente la miseria che opprimeva il genere umano puntando il dito contro gli errori dei riformatori che intendevano alleviarla. I moderni teologi contrari al controllo delle nascite sono meno onesti. Sembrano pensare che ci penserà Dio, per quanto numerose siano le bocche da sfamare. Ignorano che Egli finora non l'ha mai fatto, ma ha lasciato l'umanità abbandonata a periodiche carestie in cui a milioni sono morti per fame. Si ritiene sostengano- se dicono quanto credono- che d'ora in avanti Dio opererà quel continuo miracolo dei pani e dei pesci che ha fin qui ritenuto non necessario. O forse sosterranno che le sofferenze di quaggiù non hanno importanza; quel che conta è la vita futura. Con

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la loro teologia, molti bambini generati grazie alla loro opposizione al controllo delle nascite, sono destinati all'inferno. Dobbiamo supporre, quindi, che essi si oppongono al miglioramento della vita sulla terra poiché pensano sia cosa buona che tanti milioni soffrano tormenti eterni. Al confronto, Malthus appare misericordioso. Le donne, oggetto del nostro amore o antipatia, suscitano emozioni complesse depositate nella proverbiale “saggezza”. Quasi tutti si permettono di formulare qualche generalizzazione, del tutto ingiustificata, riguardo alla Donna. Gli uomini sposati, generalizzano al riguardo giudicando a partire dalle mogli; le donne giudicano a partire da sé. Sarebbe divertente scrivere una storia del parere maschile sulle donne. Nell'antichità, quando la supremazia maschile era indiscussa e l'etica cristiana ancora sconosciuta, le donne erano innocue ma piuttosto stupide e l'uomo

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che le prendeva seriamente era un poco disprezzato. Platone ritiene una grave mancanza del dramma il fatto che il drammaturgo debba imitare le donne nel creare i suoi ruoli femminili. Con l'avvento del cristianesimo la donna assunse un nuovo ruolo, quello della tentatrice; ma allo stesso tempo venne ritenuta capace di essere santa. In epoca vittoriana il momento della santità fu sottolineato a scapito di quello della tentatrice; gli uomini vittoriani non potevano ammettere di essere suscettibili di tentazioni. La superiore virtù delle donne fu il motivo per tenerle fuori dalla politica dove, si sosteneva, una nobile virtù è impossibile. Ma le prime femministe rovesciarono l'argomento sostenendo che la partecipazione delle donne avrebbe nobilitato la politica. Poiché questo si è rivelato un'illusione, si discorre meno di superiore virtù delle donne, ma ancora c'è un buon numero di uomini che aderiscono alla visione monacale della donna tentatrice. Le

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stesse donne, in maggior parte, pensano a sé stesse come al sesso giudizioso, cui tocca riparare il danno derivante dalle violenti follie degli uomini. Quanto a me, diffido di ogni generalizzazione sulle donne, favorevole o meno, maschile o femminile, antica o moderna; tutte, direi, parimenti derivanti da insufficiente esperienza. L'atteggiamento profondamente irrazionale di entrambi i sessi verso le donne lo si può notare nei romanzi, particolarmente in quelli cattivi. Nella cattiva letteratura scritta da maschi c'è una donna di cui l'autore è innamorato, che solitamente è dotata di ogni attrattiva, ma è alquanto indifesa e necessita di protezione maschile; talora, comunque, come per la Cleopatra di Shakespeare, è oggetto di odio esasperato, e ritenuta profondamente e disperatamente malvagia. Raffigurando l'eroina, l'autore maschile non scrive in base all'osservazione, ma oggettivizza le proprie

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emozioni. Riguardo agli altri personaggi femminili, è più obiettivo, e può pure ricorrere ai suoi appunti; ma allorché è innamorato, la passione s'alza come nebbia tra lui e l'oggetto della devozione. Anche le donne scrittrici disegnano due tipi di donne nei loro libri. Uno rappresenta loro stesse, seducente e gentile, ed oggetto di desiderio per il cattivo e d'amore per il buono, sensibile, d'animo nobile e sempre mal giudicata. L'altro tipo è rappresentato da tutte le altre donne e solitamente dipinto come gretto, malevolo, crudele e ingannevole. Sembrerebbe che il giudicare le donne senza prevenzioni non sia compito facile né per gli uomini né per le donne. Le generalizzazioni relative alle caratteristiche nazionali sono altrettanto comuni e infondate quanto quelle riguardanti le donne. Fino al 1870, si pensava ai tedeschi come a una nazione di professori occhialuti, che interpretavano ogni cosa a partire dal loro

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intimo e erano poco consapevoli del mondo esterno, ma dopo il 1870 questa concezione ha dovuto essere attentamente rivista. I francesi vengono immaginati da molti americani come continuamente occupati in intrighi amorosi; Walt Whitman, nei suoi versi, accenna alla “coppia di adulteri francesi sul divano malizioso”. Gli americani che si recano a vivere in Francia sono stupiti, e forse delusi, dalla solidità della vita familiare. Prima della rivoluzione russa, ai russi si faceva credito di un'anima slava che, mentre li rendeva inadatti ad un comportamento ordinario e pratico, li forniva di un tipo di profonda saggezza inattingibile da altre più pratiche nazioni. All'improvviso, tutto cambiava: il misticismo era diventato tabu, e solo gli ideali più terreni venivano tollerati. Per la verità ciò che ad una nazione pare il carattere nazionale di un'altra viene ricavato a partire da pochi individui eminenti o dalla classe che detiene il potere.

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Per tal motivo, tutte le generalizzazioni al riguardo sono soggette ad essere completamente ribaltate in seguito a qualche importante cambiamento politico. Per evitare le tante sciocche opinioni cui l'umanità soggiace, non si richiede d'essere un genio. Poche semplici regole vi terranno lontano se non da tutti gli errori almeno ma da quelli stupidi. Se la questione è tale da essere risolta tramite l'osservazione, fate voi stessi l'osservazione. Aristotele avrebbe potuto evitare l'errore di pensare che le donne hanno meno denti degli uomini col semplice espediente di chiedere alla signora Aristotele di tenere aperta la bocca mentre egli contava. Non fece così perché pensava di sapere. Pensare di sapere quando in effetti non si sa è uno sbaglio fatale cui siamo tutti propensi. Io stesso credo che i ricci mangiano gli scarafaggi, perché mi è stato detto che così fanno; ma se dovessi

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scrivere un libro sulle abitudini dei ricci, non mi impegnerei a sostenerlo fin a quando non ne avessi visto uno gustarsi quel pasto poco appetitoso. Aristotele, però, è stato meno prudente. Autori antichi e medievali sapevano tutto di unicorni e salamandre; nessuno tra loro ritenne necessario evitare affermazioni dogmatiche al riguardo dal momento che non ne avevano mai visto un esemplare. Su molte materie, tuttavia, è meno agevole fare prove sperimentali. Se, come la maggioranza, avete forti convinzioni su molte questioni, ci sono modi tramite cui prendere coscienza dei propri pregiudizi. Se un'opinione contraria alla vostra vi fa arrabbiare, questo è segno che siete inconsciamente consapevoli di non avere buone ragioni per pensare quella cosa. Se qualcuno sostiene che due più due fa cinque, o che l'Islanda si trova all'equatore, proverete pietà più che rabbia, a meno che sappiate così poco di aritmetica o geografia da

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far sì che la sua opinione riesca a scuotere la vostra convinzione contraria. Le controversie più furiose sono quelle su materie per le quali non ci sono prove in un senso o nell'altro. La persecuzione è usata in teologia, non in aritmetica, perché in aritmetica si dà conoscenza, mentre in teologia c'è solo opinione. Perciò, ogni volta che tenderai ad arrabbiarti per una divergenza d'opinioni, sta in guardia; probabilmente scoprirai, dopo un esame, che la tua credenza va oltre quanto è giustificato da una prova. Un buon modo per sbarazzarsi di certi dogmatismi è prendere coscienza di opinioni sostenute in cerchie sociali diverse dalla propria. Da giovane ho vissuto parecchio fuori dal mio paese- in Francia, Germania, Italia e Stati Uniti. L'ho trovato molto proficuo nel diminuire l'intensità del pregiudizio insulare. Se non potete viaggiare, trovate persone con cui siete in disaccordo, e leggete un giornale di un

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partito che non sia il vostro. Se le persone ed il partito sembrano pazzi, perversi e cattivi ricordatevi che così voi sembrate a loro. Nella discussione entrambe le parti possono aver ragione, ma non possono essere in torto tutte e due. Questa riflessione dovrebbe istigare una certa cautela. La conoscenza di costumi estranei, comunque, non sempre produce un utile effetto. Nel XVII secolo, quando i manciu conquistarono la Cina, era usanza per le donne cinesi aver i piedi piccoli e per gli uomini manciu portare un codino. Invece di abbandonare ognuno le proprie assurde usanze, ciascuno adottò la stolta usanza dell'altro, e i cinesi continuarono a portare il codino finché non si liberarono dal dominio manciu con la rivoluzione del 1911. Per chi sia dotato di sufficiente immaginazione psicologica è una buona idea immaginare una discussione con una persona

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che abbia un differente pregiudizio. Ciò ha un vantaggio, e uno soltanto, se paragonato ad un reale contrasto con oppositori; il vantaggio è che il metodo non è soggetto alle stesse limitazioni di tempo e spazio. Mahatma Gandhi deplora le ferrovie, le navi a vapore e le macchine; gli piacerebbe mandare in rovina tutta la rivoluzione industriale. Forse non vi capiterà mai di incontrare qualcuno della stessa opinione dato che nei paesi occidentali la grande maggioranza dà per scontati i vantaggi della tecnica moderna. Ma se volete essere sicuri di essere nel giusto nel consentire con l'opinione prevalente, sarà una buona idea testare le argomentazioni cui ricorrete esaminando quel che Gandhi direbbe per rifiutarli. Talvolta mi è capitato di essere spinto a cambiare parere in conseguenza di questo tipo di dialogo immaginario, e, al minimo, sono diventato meno dogmatico e sicuro di me

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prendendo atto della possibile ragionevolezza di un ipotetico avversario. Siate molto cauti circa le opinioni che lusingano il vostro amor proprio. Sia gli uomini che le donne, nove volte su dieci, sono fermamente convinti dei meriti superiori goduti dal proprio sesso. Ne abbiamo una prova abbondante da entrambe le parti. Se siete un uomo sottolineerete che gran parte dei poeti e scienziati sono maschi; se siete donna ribatterete che lo stesso vale per i criminali. La discussione è inerentemente insolubile, ma la stima di sé lo tiene nascosto al maggior numero di persone. Siamo tutti persuasi, qualunque sia la nostra provenienza, che la nostra nazione sia superiore a tutte le altre. Considerando che ogni nazione ha meriti e demeriti propri, adattiamo la scala di valori in maniera che i meriti posseduti dalla nostra nazione siano quelli realmente importanti, e i demeriti appaiano relativamente insignificanti. Di

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nuovo, l'uomo ragionevole ammetterà che la questione è tale per cui non c'è risposta corretta in modo dimostrabile. È più difficile negoziare con l'amor proprio dell'uomo in quanto tale, dal momento che non possiamo risolvere la cosa con una mente non umana. Il solo modo che conosco per trattare con la generale presunzione umana sta nel ricordarci che l'uomo è soltanto un breve episodio nella vita di un piccolo pianeta in un angolino dell'universo e che, per quanto ne sappiamo, altre zone del cosmo potrebbero ospitare esseri superiori a noi quanto noi lo siamo alle meduse. Altre passioni, oltre all'amor proprio, sono comuni fonti d'errore; di queste forse la maggiore è la paura. La paura talora opera direttamente, inventando voci di disastri in tempo di guerra o immaginando occasioni di terrore, tipo i fantasmi; tal'altra opera indirettamente, dando vita alla credenza in

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qualcosa di confortante, come l'elisir della vita oppure il paradiso per noi e l'inferno per i nemici. La paura assume varie forme- paura della morte, paura del buio, paura dell'ignoto, paura della massa e quella vaga paura generalizzata che prende coloro che nascondono a sé stessi terrori molto più specifici. Finché non avrete riconosciuto le vostre stesse paure, difendendovi con un serio sforzo di volontà dalla loro forza produttrice di miti, non potrete sperare di riflettere seriamente su molte questioni importanti, specialmente quelle attinenti le credenze religiose. La paura è la principale fonte di superstizione, ed una delle prime sorgenti di crudeltà. Superare la paura è l'inizio della saggezza, nella ricerca della verità come nello sforzo per un degno modo di vivere. Ci sono due maniere per evitare la paura: una sta nel persuaderci che siamo immuni dal disastro, e l'altra nel praticare uno schietto

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coraggio. Quest'ultima è difficile, e per chiunque, diventa ad un certo punto impraticabile. La prima perciò è stata sempre la più popolare. La magia primitiva ha lo scopo di garantirci sicurezza, sia nuocendo ai nemici, sia proteggendosi con talismani, magie e incantesimi. Senza mutamenti essenziali, la credenza in un simil modo di evitare il pericolo è sopravvissuta per molti secoli nella civiltà babilonese, si è diffusa da Babilonia nell'impero di Alessandro ed è passata ai romani nel corso di assorbimento della cultura ellenistica. Dai romani è passata alla cristianità medievale e all'islam. Adesso la scienza ha indebolito la credenza nella magia, ma molti pongono nei portafortuna più fede di quanto non siano disposti a confessare, e la stregoneria, pur condannata dalla chiesa, è ancora ufficialmente un possibile peccato. La magia, tuttavia, era un metodo brutale per evitare le paure e, per di più, un modo non

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proprio efficace, perché i maghi malvagi potevano sempre rivelarsi più forti di quelli buoni. Nei secoli XV, XVI e XVII il terrore di streghe e maghi spinse a bruciare centinaia di migliaia di accusati di quei crimini. Ma credenze più recenti, soprattutto riguardo alla vita futura, prevedevano modi più efficaci per combattere la paura. Socrate, nel giorno della sua morte (se dobbiamo credere a Platone) espresse la convinzione che nell'altro mondo sarebbe vissuto in compagnia di dei ed eroi, e circondato da spiriti retti che non avrebbero mai obiettato al suo infinito argomentare. Platone, nella sua “Repubblica”, affermò che la visione serena dell'aldilà doveva essere rafforzata dallo Stato, non tanto perché vera, quanto per motivare i soldati a morire in battaglia. Egli non sostenne nessuno dei miti tradizionali sull'Ade poiché rappresentavano gli spiriti dei morti come degli infelici.

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Il cristianesimo classico, nell'Età della Fede, stabilì regole definitive per la salvezza. Per prima cosa, devi essere battezzato; poi, devi star lontano da ogni errore teologico; infine, devi, prima di morire, pentirti dei peccati e riceverne l'assoluzione. Tutto questo non basta ad evitarci il purgatorio, ma ci dà una certezza di arrivare, infine, in paradiso. Non era necessario sapere di teologia. Un eminente cardinale stabilì in base alla sua autorità che i requisiti dell'ortodossia sarebbero stati soddisfatti col solo mormorare sul letto di morte: “Credo a tutto ciò in cui crede la chiesa. La chiesa crede a tutto ciò in cui credo io”. Queste precise istruzioni avrebbero dovuto rendere i cattolici sicuri di trovare la strada verso il cielo. Ciò nondimeno, la paura dell'inferno rimase, ed ha causato, in tempi recenti, un evidente ammorbidimento dei dogmi relativi a chi verrà dannato. La dottrina, seguita da molti cristiani moderni, secondo cui tutti andranno in paradiso, dovrebbe allontanare la

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paura della morte, ma di fatto tale paura è troppo istintiva per essere facilmente vinta. F. W. H. Myers, convertito alla fede nella vita futura, domandò a una donna, la quale di recente aveva perso la figlia, cosa ne fosse stato della sua anima. La madre replicò: “Ah, immagino goda l'eterna beatitudine, ma preferirei non parlare di argomenti tanto spiacevoli!” A dispetto di tutti gli sforzi della teologia, il paradiso rimane, per la maggioranza delle persone, un “argomento scomodo”. Le religioni più sofisticate, tipo quella di Marco Aurelio e Spinoza, sono altrettanto preoccupate di superare la paura. La dottrina stoica era semplice: sosteneva che l'unico vero bene è la virtù, di cui nessun nemico può privarmi; conseguentemente, non c'è nessun bisogno di temere i nemici. Il problema è che nessuno poteva credere davvero che la virtù fosse il solo bene, nemmeno Marco Aurelio che, in quanto imperatore, mirava, oltre che a

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rendere virtuosi i sudditi, a proteggerli da barbari, pestilenze e carestie. Spinoza insegnò una dottrina simile. Secondo lui, il nostro vero bene consiste nell'indifferenza verso le fortune mondane. Questi uomini cercavano di sfuggire alla paura sostenendo che cose come la paura fisica non siano realmente un male. Si tratta di un nobile modo di superare la paura, ma è ancora fondato su una falsa credenza. E, se accettato genuinamente, avrebbe la brutta conseguenza di rendere gli uomini indifferenti non soltanto alle proprie sofferenze ma anche a quelle altrui. Sotto la pressione di una grande paura pressoché chiunque diventa superstizioso. I marinai che gettarono Giona in mare immaginavano che la sua presenza avesse provocato la tempesta che minacciava di far naufragare la nave. Nello stesso spirito, i giapponesi, al momento del terremoto di Tokyo, cominciarono a massacrare coreani e liberali.

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Quando i romani vinsero le guerre puniche, i cartaginesi si persuasero che le loro disgrazie fossero dovute ad un certo lassismo insinuatosi nella devozione verso Moloch. Moloch gradiva ricevere sacrifici di bambini, e li preferiva di stirpe aristocratica; ma le famiglie nobili di Cartagine aveva adottato la pratica di sostituire surrettiziamente i bambini plebei alla propria discendenza. Questo, si pensava, fosse dispiaciuto al dio, e nei momenti decisivi anche i bambini aristocratici furono debitamente consegnati alle fiamme. Cosa strana, i romani riportarono la vittoria a dispetto di questa riforma democratica da parte dei loro nemici. Paure collettive favoriscono l'istinto gregario, spingendo ad un comportamento feroce verso chiunque non sia considerato parte del gregge. Così avvenne durante la rivoluzione francese, quando il timore degli eserciti nemici scatenò il regno del terrore. E c'è da temere che i nazisti, mentre si profila la

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sconfitta, aumenteranno l'intensità della loro campagna per lo sterminio degli ebrei. La paura genera impulsi di ferocia, e perciò promuove credenze superstiziose che sembrano giustificare la crudeltà. Si deve ritenere che nessun uomo, nessuna folla, nessuna nazione agirà umanamente o penserà ragionevolmente sotto l'influenza di una grande paura. Per tal motivo, i codardi sono inclini alla crudeltà più dei coraggiosi, ed anche più proni alla superstizione. Dicendo così, penso agli uomini coraggiosi da tutti i punti di vista, non soltanto davanti alla morte. Molti avranno il coraggio di morire eroicamente, ma non avranno il coraggio di dire, o di pensare, che la causa per cui si chiede loro di morire non merita tanto. Il discredito è, per molti uomini, più doloroso della morte; questa è la ragione per cui, in tempi di esaltazione collettiva, pochi si spingono fino a dissentire dall'opinione prevalente. Nessun cartaginese rinnegò Moloch, poiché la cosa

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avrebbe richiesto più coraggio di quanto ne occorreva per affrontare la morte in battaglia. Ma sto diventando troppo grave! Le superstizioni non sempre sono cupe e crudeli; spesso aggiungono gaiezza alla vita. Una volta ricevetti una comunicazione dal dio Osiride con il suo numero di telefono; viveva, a quel tempo, in un sobborgo di Boston. Sebbene non contassi tra i suoi adoratori, la sua lettera mi fece piacere. Spesso ho ricevuto lettere di uomini che si presentavano come Messia e che mi raccomandavano di non tralasciare di menzionare quel fatto importante nelle mie conferenze. Al tempo del proibizionismo, una setta sosteneva che la comunione andasse celebrata col whisky, non col vino; questa credenza diede loro diritto alla fornitura di liquori forti, e la sette crebbe velocemente. In Inghilterra, una setta afferma che gli inglesi sono le dieci tribù perdute d'Israele; una setta più rigorosa sostiene che essi costituiscono solo le

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tribù di Efraim e Manasse. Ogni volta che incontro un membro di una di queste due sette, mi dichiaro aderente all'altra, e ne risultano discussioni divertenti. Ho simpatia per gli uomini che studiano la Grande Piramide in vista di decifrarne la sapienza mistica. Sul soggetto sono stati scritti grossi libri, alcuni dei quali inviatimi gentilmente dai loro autori. Va notato che la Grande Piramide predice sempre la storia del mondo in modo accurato fino alla data di pubblicazione del libro in questione, ma dopo questa data diventa meno attendibile. Di solito l'autore si aspetta, molto presto, guerre in Egitto, seguite da Armageddon e avvento dell'Anticristo, ma a questo punto così tante persone sono state riconosciute come Anticristo da spingere il lettore allo scetticismo. Ho una speciale ammirazione per una profetessa che viveva presso un lago a nord dello stato di New York intorno al 1820. Annunciò ai suoi numerosi seguaci di possedere

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il dono di camminare sull'acqua, proponendo di darne dimostrazione alle 11 di una certa mattina. Al momento stabilito, i seguaci si riunirono a migliaia vicino al lago. Lei parlò loro dicendo: “Siete davvero convinti che posso camminare sull'acqua?” Con una sola voce essi risposero: “Lo siamo”. “In tal caso” annunciò lei, “non ho nessun bisogno di farlo”. E se ne tornarono tutti a casa molto edificati. Forse il mondo perderebbe parecchio interesse e varietà se tali credenze venissero rimpiazzate dal freddo sapere. Dobbiamo rallegrarci se gli Abbecedari, così chiamati per il loro rifiuto di ogni insegnamento profano, ritenevano cosa malvagia imparare l'ABC. E possiamo apprezzare la perplessità di quel gesuita sudamericano che si chiedeva come il pigro avrebbe viaggiato, dopo il diluvio, dal monte Ararat al Perù- un viaggio che l'estrema lentezza di movimenti rendeva pressoché impossibile. Una persona saggia apprezzerà quei

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beni di cui v'è copiosa scorta, e quanto al pattume intellettuale troverà abbondante nutrimento, nella nostra come in ogni altra epoca.

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Indice pag. 1 Jean Bricmont, Sulla pertinenza del pensiero di Bertrand Russell al nostro tempo pag. 13 Bertrand Russell, Lineamenti di pattume intellettuale

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