L’incontro fra Gesù e Pilato. Processo al processo e teologia di Giovanni 18-19. Percorso storico, giuridico ed esegetico

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L’incontro fra Gesù e Pilato. Processo al processo e teologia di Giovanni 18-19. Percorso storico, giuridico ed esegetico

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Collana BmLICA J.·L. SKA, Abramo e i suoi ospiti. Il patriarca e i credenti nel Dio unico Chie. r~ KaLpli> ànayyÉÀÀDvtEç aòr611ç KIÙ lld.ii:oç iv aùt~ t~ r.... 7. SJ V~,;r-;nJRI:'Iii, «La giurisdizione criminale in Italia e nelle province nel primo secolo», 8-9 ricorda anche come certi illeciti comuni, specialmente se commessi da persone di basso celo sociale, venivano repressi direttamente mediante il dispiegamento di forze di

polizia; più che sfociare nell'attivazione di procedure giurisdizionali, si poteva andare di· rettamente nella pura coercizione, nell'incarceramento. anche per lungo tempo, adempiendo così a una funzione espiatoria. 54 Incrementare le quae.rtiones perperuae significava quindi identificare a priori ul-

teriori delitti c illeciti contro la legge; si ampliava coslla previsione legislativa. " Per i detlagli sul praefectus urbi cf. VENTURINI, «La giurisdizione criminale in Italia c nelle province nel primo secolo», 12-13.

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Parte l

talvolta corrispondenti ai confini territoriali degli Stati annessi, erano amministrati dai praefecti che avevano competenze di carattere militare; dall'età di Claudio si chiamano anche procuratores, per meglio evidenziare le funzioni da loro svolte di carattere anche finanziario. In questa situazione si trovò la Giudea quando nel6 d.C., confinato Archclao a Vienna e assegnati i suoi territori al fisco imperiale, Coponio ne assunse il governo, provvisto di ogni autorità su tutti i giudei, compreso il potere di mettere a morte. Analoga carica di praefectus ludaeae rivestì fra il 26 e il 36 d.C. Ponzio Pilato, indicato come procurator in base, come abbiamo appena visto, alla nuova denominazione ricorrente al suo tempo. 56 Il termine provincia veniva usato prima per indicare il luogo di specifiche operazioni belliche, poi per l'ambito territoriale extra-itaIico assegnato al pretore che aveva il compito di manifestare concretamente l'esercizio della sovranità romanaYTra i suoi compiti, anche quello militare della difesa della provincia dai nemici esterni e quello della tutela dell'ordine interno, q~st'ultimo esplicabile in un'ordinaria attività giudiziaria suscettibile di assumere forme e contenuti mutevoli, riconducibili alla personalità e alla sensibilità del governatore stesso. Il potere di mettere a morte lo aveva nei confronti delle popolazioni locali, alle quali non era concesso, 58 ma non verso i cittadini romani: tale limite era collegato alla /ex Porcia che consisteva nel divieto di metterli a morte o di sottoporli a fustigazione. 59 Nei

S6 Vt:.:'"rn..:Rrr-.:r, «La giurisdizione criminale in Italia e nelle province nel primo secolo)), 18 puntualizza che le funzioni giurisdizionali che i governatori erano chiamati a svolgere, nei confronti delle popolazioni locali e dei cittadini romani soggiornanti in /oco. si

esplicavano senza sostanziali divergenze rispetto alla corrispondente attività esercitata dai proconsules nelle province senatorie. 57 VENnJRINI, «La giurisdizione criminale in Italia e nelle province nel primo secolo», 18 nota che la definizione dei confini territoriali. ovvero della provincia, era di competenza del senato romano, come pure stabilire gli ordinamenti di massima e la condizione delle singole collettività. Al pretore spettava l'emanazione della /e:r provinciae. " Dato confermato anche da Gv 18,31 riguardo alla provincia di Giudea, quando i giudei esclamano verso Pilato: fv.,Liv oÙK t~mnv cinOKnlvaL oUOÉva a noi non è concesso met· tere a morte nessuno. s9 VENTIJRINI, «La giurisdizione criminale in Italia e nelle province nel primo seco~ lo», 28-29 ricorda che il potere del governatore provinciale di disporre sanzioni capitali a carico dei cittadini romani fu acquisito poi più tardi, nel II secolo d.C.

Contesto storico, socio/ogico, giuridico di Gv 18,28--19,16a

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confronti dei cittadini romani, il magistrato si limitava così a fare trasferire a Roma il reo perché fosse lì sottoposto a giudizio. 60 Ma verso le popolazioni locali l'attività repressiva c la coercizione non avevano limiti, andando dalla carcerazione a percosse crudeli e, appunto, alla messa a morte. Il governatore. di fatto, godeva di ampia indipendenza dalle leggi e dalle consuetudini locali. Proprio per poter controllare meglio l'ordine interno e amministrare la giustizia, si consolidò l'uso per i governatori di fermarsi periodicamente nei principali centri della provincia e in occasioni particolari: proprio come fa Ponzio Pilato, che risiedendo a Cesarea, va a Gerusalemme in occasione della festa della Pasqua ebraica. Non mancano conferme di episodi di violenze e di condanne di innocenti da parte di governatori romaniY Ciò porta a intravedere nell'ordinamento della giustizia provinciale un'area vasta di illeciti, dovuta al potere e all'ampio margine di discrezionalità lasciato e assunto dai governatori. È appunto nell'ambito di assenza di precise regole di procedura e di ampio spazio ali 'interpretazione e discrezionalità del magistrato inquirente che va a collocarsi il processo romano contro Gesù di Nazareth, un peregrinus, cioè un provinciale senza diritto di cittadinanza romana, che ha Pilato come giudice.

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Al 16.35-40 riporta la situazione di Paolo, cilladino romano, che si lamenta. in quanto tale, per le percosse ricevute. provocando poi le scuse dei magistrati. In A t 22,2530 Paolo sì dichiara cittadino romano davanti a un centurione e gli ricorda il divieto di fla-

gellazione. In Al 25,1-11 Paolo si appella a Cesare: per questo egli, come cittadino romano, verrà mandato in giudizio a Roma. 61 VENTURrNI, «La giurisdizione criminale in Italia e nelle province nel primo seco-

lo•. 34, citando riavio Giuseppe e Plinio, narra come il procuratore resto fece flagellare e crocifiggere membri dell'ordine equestre in seguito a tumulti verificatisi a Gerusalemme; né l'invocazione della cittadinanza romana trattenne Gaiba durante il suo governo della Spagna dal far crocifiggere un lulore che aveva avvelenalo il suo pupillo (il bello è

che lo stesso Gaiba, una volta divenuto imperatore. punì severamente il legato Fonteio Capitone, reo di avere inflitto il medesimo supplizio a un condannato senza permettergli

di essere trasferito al tribunale imperiale a Roma); dell'esecuzione di innocenti si era pure macchia lo il governatore dell'Africa Mario Prisco.

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6.

Parte l L'ASSETTO SOCIALE E RELIGIOSO DI ISRAELE CON LA FUNZIONE ISTITUZIONALE DEL TEMPIO

Sappiamo che anche Gesù pagò per se stesso e per Pietro la tassa per il Tempio, 62 come prescrive la Torah. 63 Era questa un'attività permessa dal governo romano, al fine di fare funzionare il Tempio anche con le offerte raccolte fra gli ebrei della Diaspora. 64 Gesù sta andando a Gerusalemme: come si presentava la città santa al suo arrivo? Sicuramente una città in tensione: c'era chi vedeva, nell'annessione allo Stato romano, una vera c propria schiavitù. l sommi sacer· doti di questo periodo venivano nominati dal procuratore romano c cambiati frequentemente, a parte Caifa, in carica per diciotto o diciannove anni. probabilmente perché particolarmente collaborazionista: un primato che in tutto quel secolo non fu raggiunto, nemmeno per approssimazione, da nessun altro; un diplomatico navigato, quindi. 65 Al tempo di Gesù non dovevano forse esserci a Gerusalemme statue pagane, o con l'effige delf'imperatore, a rendere particolarmente suscettibili i giudei; ma la semplice presenza dei legionari romani, massiccia durante le feste per timore di insurrezioni quando la città era piena di gente, era segno evidente che Roma era la padrona suprema. Tale padrona esigeva a sua volta un tributo, la cui

62 Cf. Mt 17,24-27. Gesù è a Cafarnao quando arrivano gli esattori a riscuotere la tassa per il Tempio. " CC. Es 30.11-16; la tassa procapite per il tempio era di mczw siclo obbligatoria per i soli maschi adulti. 64 Cf. A. MoRCIIEDAI RAoELLO, «E Gesù venne in Gerusalemme ed entrò nel Tempio: Assetto socio politico di Gerusalemme e funzione istituzionale del Tempio)), in Il Processo contro Gesù. Jovene, Napoli 1999, 41. 6 ~ È questa la tesi di MoRCHF.DAI RABELLO, Assetto socio politico di Gerusalemme e funzione i.> a morte, ma solo affermare che il reo era «meritevole>> della pena capitale: per

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a

A t 25,12. L'appello all'imperatore veniva chiamato prOVOC41iO.

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Parte l

giungere a una vera condanna, i membri del Sinedrio dovevano accusare l'imputato davanti al rappresentante dell'imperatore e ottenere che quest'ultimo decretasse la condanna a morte. Il processo di Paolo è significativo al riguardo: le accuse a lui mosse dalle autorità giudaiche si trasformano, davanti al rappresentante dell'imperatore, in accuse di violazione della pubblica disciplina, così la condanna amorte è invocata dai membri del Sinedrio a norma della legge romana. È lecito allora supporre che nel processo di Gesù le cose non si siano svolte in modo poi così tanto diverso. 101 9.

L'INVIO DI GESù A ERODE ANTIPA, TETRARCA DI GALILEA E DI PEREA

L'evangelista Luca ci riporta l'episodio di Pilato che invia Gesù da Erode Antìpa, che in quei giorni si trovava a Gerusalemme, perché Gesù, essendo galileo, apparteneva alla sua giurisdizione. Da notare che il sostantivo greco È~oool.aç, utilizzato da Luca, non significa tanto giurisdizione, 1ra ma autorità o potere: infatti lo stesso Luca lo usa nelle tentazioni di Gesù nel deserto, quando il demonio gli dice ool &.low t~v È~ouol.av a te darò il potere, aggiungendo où oùv Èàv TipooKuVTionç Évwmov ~f.Loiì, fOta.L ooiì mioa. se dunque tu ti prostrerai a me tutto sarà tuo. 103 Mi sembra chiaro, dunque, che Luca intende parlare di autorità e potere, più che di giurisdizione. Ma perché tale episodio è narrato solo da Luca e non anche dagli altri evangelisti? Viene da domandarsi se si tratti di un episodio realmente accaduto, oppure di un'inserzione di natura tematica, oppure di un'aggiunta postuma. Se fosse un'inserzione, o un'aggiunta postuma, lo scopo potrebbe essere quello di rafforzare la tesi della perversa ostinazione giudaica nel pretendere la condanna a morte del sedicente Messia. 104 Lo stesso Luca ci vede la profezia di Sal2,12: perché le genti congiurano, perché invano cospirano i popoli? In-

Ì;. q.;~ta anche la conclusione del giurista SANTALUCJA, •La giurisdizione del prefetto di Giudea», 103-I04. 102 Cf. Le 23,6-15. La CEI traduce con giurisdizione. 101

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Cf. Le 4,6-7.

Cosi M. MIGUEITA, «Domandò se l'uomo fosse galileo: l'invio altelrarca di Galilea e Perea», in Il Processo contro Gesù, Jovene, Napoli 1999,109.

Contesto storico, sociologico, giuridico di Gv J8,28-J9,16a

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sorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il signore e contro il suo messia e così la riporta in At 4,26 aggiungendo poi il collegamento tra Gesù, Erode e Pilato: Al 4,26 napiatl)> perché sia condannato a morte: ecco perché decidono di portarlo dal procuratore (27,2). Tutti i vangeli annotano che Giuda 53 il traditore era detto 'loKapLWtT]ç lscariota; non si sa bene cosa voglia dire tale termine: per alcuni è l'ebraico ish-Keriot, cioè uomo di Kariot, un villaggio nella Palestina del sud; per altri è una deformazione di sicario, dal latino sica ; per altri ancora è un soprannome ebraico ish-karja, cioè uomo della falsità. È noto l'episodio dove Giuda, pentito. riporta le trenta moneta d'argento, si accusa peccatore e traditore di sangue innocente c getta le monete nel Tempio; i sommi sacerdoti decidono di non mettere quel denaro nel tesoro del Tempio È1TÙ tLf1TJ a'(j.iatéç Èonv perché è prezzo di sangue e così decidono di utilizzarlo per comperare un campo da destinare alla sepoltura degli stranieri, Òv aypòv toii Kfpaj.lfWç il campo del vasaio, che cambia così nome diventando il aypÒç a'(j.iatoç campo di sangue. 54 Solo Mt 27,5 ci dice che Giuda si impicca: gli altri tre evangelisti non dicono una parola sulla fine di Giuda. A t 1,18 parlando di Giuda dice che 1TpT]vi]ç yEvéf1Evoç tÀliKT]OEV f1Éooç Kat t!;Ext!et, mivra tà o1!ÀliYXva aùtou precipitando in avanti si spaccò in mezzo e si sparsero (al suolo) le sue viscere. Da secoli c'è chi ha pensato che alcuni apostoli abbiano ucciso Giuda aprendolo con la spada; la cosa più probabile è che il ramo a cui si è attaccato abbia ceduto e, cadendo, abbia urtato rocce aguzze che lo hanno aperto. 55 Gv 13,27 annota, riferendosi a Giuda, tén dofì.1..9Ev Ek ÈKE'ivov ò oamviiç allora entrò in lui satana. Anche Le 22,3 lo conferma: Etof)J..EIEv & oaraviiç Etç 'Iou&xv ròv KaÀOUj.lWOV 'loKapLWTT]V, ovta ÈK tOU apL9j.10U tWV OWÒEKO: Entrò allora sa-

" Giovanni cita Giuda otto volte: 6,70; 12,4; 13,2.26.29; 18,2.3.5 (14,22 si riferisce all'altro Giuda apostolo). " Cl Mt 27,6-8. La precisazione 'iwç tfK m}l> visto che, quando Gesù è in croce, lo stesso Luca afferma che i soldati si divisero tà l~no: o:utou i «suoi» vestiti? 66 Gesù non si degna di parlare con Erode, ma, lo vedremo, parla con Pilato: ancora un segno evidente che questo incontro ha qualcosa da dirci. Ora, Luca annota che, a seguito di questo episodio, Èy~vovto o;; lj>O..oL o tE 'HpyoT)ç KO:L ò llLMtoç Èv autti tti ~f.L~flC! f.LEt' &U~A.wv· 1TpOii1Tf)pxov yàp Èv E;(6p~ ov:Eç 11pÒç O:UTOUç divennero poi amici pertanto Erode e Pilato in quel giorno l'uno con l'altro: infatti erano stati prima in inimicizia fra loro. Se Pilato fosse stato un sanguinario, come lo descrivono le fonti giudee extra bibliche, si sarebbe davvero preso lo scrupolo di inviare l'imputato al tetrarca vassallo Erode? Forse però, tra i due uomini. Pilato ed Erode, il governatore doveva essere la parte più interessata a una eventuale riconciliazione, anche perché sappiamo che l'Antìpa era persona gradita presso l'imperatore Tiberio.67 Per Luca, Pilato e Erode non si sono incontrati in occasione del processo a Gesù: ma è possibile una riconciliazione senza fare una visita personalmente? Dal testo, sembra che il gesto diplomatico della considerazione, basato sull'invio dell'imputato Gesù, sia stato sufficiente. Per contro, l'inimicizia non potrebbe essere stata originata da quel massacro di giudei nel Tempio ordinato da Pilato, quello a cui fa riferimento Le 13,1? Ma su quest'ultima faccenda del Tempio, come si spiegherebbe il silenzio assoluto dei due scrittori giudei Filone e Flavio Giuseppe, fautori della crudeltà di Pilato? Perché non hanno sfruttato l'episodio dell'eccidio nel Tempio per la loro tesi che mostra Pilato come un violento? Perché Erode, visto che dei galilei sono stati massacrati, non fece ricorso a Roma, quando tale ricorso fu fatto per la sola faccenda degli scudi d'oro fatti appendere da Pilato nella

'" Cf. Le 23,34. 67 Che Erode Antlpa fosse ben visto da liberio lo afferma Flavio Giuseppe inAntichità Giudaiche 18,2,3.36. Sappiamo anche che alcuni anni più tardi, nel 36 d.C., Tiberio si fece inviare dal tctrarca dei rapporti privati sulle trattative del governatore di Siria, Vitcllio, con i parti (ancora Antichità Giudaiche 18,4.5.104; 18,5,1.115).

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· Parte2

ex reggia erodiana a Gerusalemme? Fu allora la faccenda degli scudi la principale causa di inimicizia tra Erode e Pilato, anche se forse non esclusiva? Domande a cui è difficile dare risposte certe con le fonti che abbiamo. Si può ragionevolmente pensare che l'unico scopo che Pilato aveva per mandare Gesù a Erode era quello di liberarsi dall'affollamento che si era creato attorno a lui. perché poteva degenerare in tumulto, difficile da sedare e impossibile che non si venisse a sapere a Roma. Così, Pilato va a cercare da Erode la convalida a una sentenza iniqua, facendolo sentire importante e, allo stesso tempo, cercando una riconciliazione con lui, forse per la faccenda degli scudi e dei galilei uccisi. L'Erode Antìpa di Luca resta così completamente libero circa la condanna a morte di Gesù. 68 Giovanni non parla di un 'interruzione momentanea del processo civile per un eventuale invio dell'imputato a Erode Antìpa, ma è l'unico a inserire qui un primo colloquio privato tra Pilato e Gesù (Gv 18,33-38a ). Come già affermato sopra, la prima domanda di Pilato è la stessa riportata nei sinottici ed è a sfondo politico: sei tu il re dei giu-

'" Bu"zLER,ll processo di Gesù. 262-272 fa notare come certi scritti tardivi apocrifi, come il Vangelo di Gamaliele o il Martirio di Pilato, attribuiscano invece a Erode Antipa la responsabilità principale della crocifissione di Gesù. Blinzler cita anche un lavoro di Y.E. HARLOW, pubblicato nel 1954 a Oklahoma City, dal titolo The destroyer of Jesus: the story of llerod Antipas, Tetrarch of Gali/ee. Come si evince dal titolo, anche in questo caso tutta la colpa sarebbe dcii'Antìpa. Sinteticamente, la sua tesi è questa: Erode già da molto tempo voleva sbarazzarsi di Gesù perché fonte di agitazioni (lo attesta con chiarezza il testo Le 13,31-33), ma non gli fu possibile perché Gesù lasciò in tempo la Galilea; ma poi, a Gerusalemme. il tetrarca ebbe davanti a sé il galileo, che interrogò e giudicò reo di morte, ma non poté fare nulla perché si trovava fuori dal suo territorio, così lo rimandò da Pilato vestito da re per fargli capire che era davvero un usurpatore che meritava la punizione capitale. Non mi sento di condividere questa tesi perché mi sembra un'interpretazione molto forzata del testo lucano. È vero che Le 13,31-33 afferma che viene detto aGesù, quando egli è ancora in Galilea, di partire perché 'H~']I; aau OE orrOKHCVIH Erode ti vuole uccidere. ma se iltetrarca avesse voluto davvero farlo perché non l'ha fatto? Sareb-

be stato facile arrestarlo, visto che a quel tempo Gesù stava spesso in luoghi aperti come la riva del lago. La risposta di Gesù è illuminante, quando definisce Erode una cil.w11tK volpe e fa capire che si tratterrà ancora in Galilea: la volpe, presso i rabbini. è simbolo tanto dell'astuzia quanto della debolezza. È come se Gesù avesse detto: «Il piano che Erode ha di uccidermi è astuto, ma non mi

spaventa~).

Anche col Battista Erode era stato debole. vi-

sto che è la sua compagna che lo mette in condizione di farlo uccidere controvoglia (cf. Mc 6.14-28): e il fatto non piacque decisamente al popolo di Galilea. Forse allora. a quel tempo in Galilea, Erode ha soltanto fatto un velato tentativo di espellere Gesù dal suo territorio. Cf. anche l'analisi di BRoWN, La morte del Messia, 858-887.

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dei? Il procuratore chiede quindi a Gesù la conferma su tale carica. Il dialogo si sviluppa poi su un piano decisamente diverso,69 quando Gesù dice alcune frasi che stupiscono e spiazzano Pilato, come~ j3aoL~fLCI ~ €fl~ oÙK ì'onv ÈK tou KOOj.Lou mutou il regno quello mio non è di questo mondo/0 oppure che è venuto nel mondo '[VCI fUIPjo di Gesù alle ulteriori domande di Pilato. 10 C'f. Gv 18,36. " Cf. Gv 18,37. 72 Ci Gv 18,38. " Cf. Mt 27,18; Mc 15,10. 14 Ad esempio, invita i lebbrosi ad andare dai sacerdoti (Le 17,14), insegna rispettosamente nel Tempio, invita a dare a Cesare ciò che è di Cesare (Mt 22,21; Mc 12,17; Le 20,25). Afferma SPADAFORA, Pilato, 107 che l'unico modo per spiegare il fatto che Pilato non abbia mai fatto intervenire i suoi soldati contro Gesù, nonostante le folle cosi numerose che accorrevano al suo passaggio, è che fosse informato dei fatti e che lo abbia ritenuto un personaggio innocuo già prima che fosse consegnato a lui per il processo civile.

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teriore conferma di questo sarebbe il fatto riportato in Mt 27,19: mentre Pilato è seduto in tribunale, sua moglie gli manda a dire di non avere nulla a che fare t"cji OtKa(y toK~lvy con quel giusto perché l'ha sognato e ne è rimasta turbata. Infatti, noi sogniamo ordinariamente di persone ed eventi di cui si è parlato e che ci hanno impressionato: se la moglie di Pilato aveva anche solo sentito parlare di Gesù, senza averlo mai visto prima, poteva benissimo sognarlo, quasi sicuramente con un volto diverso da quello reale. Appare più improbabile che la donna ne abbia sentito parlare solo dopo l'arresto di Gesù, avvenuto probabilmente quando Ici era già coricata; a meno che la cattura di Gesù non la si collochi uno o due giorni prima. 75 Se la donna lo chiama giusto, vuole già dire che lo ritiene un innocente. È probabile quindi che la moglie di Pilato76 si fosse interessata a Gesù, forse perché aveva sentito parlare della sua predicazione, dei suoi miracoli, del suo ingresso trionfale a Gerusalemme, e che ne abbia parlato in casa col marito. Adesso, Gesù, se lo trova lì, proprio davanti al suo uomo: una coincidenza troppo forte col sogno, di quelle che lasciano interdetti.77 Pilato manifesta più volte il suo pensiero: Gesù per lui non ha colpe. Dopo l'esito dell'invio di Gesù a Erode, egli ne è ancora più convinto. Luca annota per due volte che, visto che anche Erode non ha trovato alcuna colpa in Gesù, Pilato intende rilasciare Gesù dopo un castigo. Punirlo sì, ma a scopo di recupero nella società, vale a dire per poi rilasciarlo in libertà; il verbo usato è infatti 1lat&uw,78 che significa istruire, educare ,formare, che nel contesto punitivo assume il significato di correggere, castigare a scopo di recupero. La punizione che Pilato intende dare è quindi a scopo educativo. Luca non di-

75

Prenderò in considerazione più avanti l'ipotesi che Gesù possa essere stato catturato ancora prima della notte precedente al suo incontro con Pilato. 76

La tradizione che vuole la moglie di Pilato una convertita, posta poi addirittura

nell'albo dei santi del Menologio greco (è una raccolta di testi liturgici e agiografici), è sul· la scia di questa probabilità, afferma SPADAfORA, Pilato, 108; nei vangeli si legge poi che delle donne benestanti pensavano al sostentamento di Gesù e dei dodici apostoli (cf. Le 8,1-3 ), ma mi sembra ardito pensare che lei fosse tra queste. 71 SPADAFORA, Pilato, 127 annota, generalizzando, come i romani fossero gente superstiziosa, incline a credere ai sogni, e ricorda il fatto di Calpumia, moglie di Cesare, la quale, avendolo sognato inondato di sangue, voleva impedirgli di uscire. 78 Sul verbo nacO..Jw et Le 23,16.22.

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ce che questa punizione fu eseguita; Matteo e Marco parlano di una flagellazione che viene però fatta alla fine, quando la decisione di condannare a morte Gesù è già stata presa/9 come pena complementare alla condanna a morte per crocifissione. Le fonti evangeliche non lasciano dubbi: appare improprio parlare di indulgenza perché Pilato non appare mai titubante sull'innocenza di Gesù e sulla sua volontà di liberarlo; 80 ma poi ritenne di non potere attuare la sua volontà. Ecco che ricerca una scappatoia, una via traversa. Pilato cerca di far leva sul popolo: è l'episodio di Barabba,81 narrato da tutti e quattro i vangeli, un prigioniero noto. Siamo durante o in prossimità della festa della Pasqua ebraica, quando cioè il procuratore aveva la consuetudine di liberare un prigioniero, un'amnistia quindi. 112 Facen-

19

Sulla tortura di Gesù dopo la sua condanna cf. Mt 27,26 e Mc 15,15.

80

Cosi

SPADAFORA,

Pilato, 118 che precisa: in queslo caso non si trattava di essere in~

Julgente, ma di giudicare con giustizia, di difendere anche la propria identità di procuratore e giudice imparziale di Roma. " Alcuni manoscritti di Mt 27,16-17 riportano una variazione interessante del nome Barabba e scrivono ['IT)Ooùv]Bapallllàv Gesù Barabba e [1T)Ooùv etto, Gv 19,38, quando chiede e ottiene da Pilato il corpo di Gesù. '" Maria di Clèofa è citata da Giovanni in un unico ver>etto, Gv 19,25: la pone presso la croce di Gesù insieme a Maria di Màgdala e alla madre di lui. '" Maleo, servo del sommo sacerdote, è citato in un unico versetto, Gv 18,10 quando, alla cattura di Gesù. gli viene tagliato un orecchio con la spada. L'episodio è riportato anche nei vangeli sinottici (cf. M t 26,51: Mc 14,47: Le 22,50), ma solo Luca riporta che poi Gesù, miracolosamente, lo guarisce (cf. Le 22.51 ). I sin ottici non dicono chi ha usato la spada: solo Gv 18.10 dice che è stato Pietro. MI 26,52 annota la frase pronunciata da Gesù

stesso: ntivttç oi. Àal)éunfç JUixa.Lpav fv 1-"lXai.pu àno.\oUv-ra~ tuili coloro che mettono mano al-

la spada, di spada periranno, divenuta poi un celebre proverbio.

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Parte 2

I risultati confermano quindi l'importanza che Pilato, o, meglio, l'incontro tra Gesù e Pilato, riveste nel Vangelo di Giovanni. Pilato è nominato ben venti volte ed è secondo solo al capo degli apostoli, nominato quaranta volte: ma quest'ultimo viene menzionato con vari nomi, come Pietro, Simone, Simon Pietro, Simone di Giovanni, Simone figlio di Giovanni, Cefa e nessuno di questi nomi, preso singolarmente, supera le ricorrenze del nome Pilato. Non solo: Pilato è menzionato più volte anche rispetto a un grande come Giovanni il Battista, il precursore, colui che ha preparato la strada a Gesù. Pilato ha poi, circa, il doppio delle menzioni dell'apostolo Filippo; o di Lazzaro di Betania, amico di Gesù, colui che fu riportato in vita dal maestro; o di Giuda l'lscariota, l'apostolo che lo tradì; o di Maria di Betania. a cui Giovanni attribuisce il gesto di aver lavato con l'olio i piedi di Gesù e di averli poi asciugati con i suoi capelli; o di Marta di Betania, la cui professione di fede è molto più articolata di quella dello stesso Pietro: 143 forse non è un caso che Marta e Maria con nove ricorrenze ciascuna sono le donne più nominate nel quarto vangelo. Pilato ha il triplo, circa, delle ricorrenze dell'apostolo Tommaso, che ha toccato Gesù risorto, proclamandone la divinità esclamando, rivolto a lui, ò KupL•" l" LVTJtf Év t .;i AiJy~ t.;ì É!'.;ì. 0:/.T]OWEN OYN IIAAir-.; EI.E TO IIPAlTIPioN O UIAATO.E KAI EQNHl:EN TON IHEOYN IKAI EiflE!\ AYTO EY El O BAEI.\EYE TQNIOYA~ '2

verso Gv 18,37-38:

EIIIEN OYN AYTO O IIIAATOE OYKOYN BA.EIL\EYE El .EY AIIEKPie H OIHEOYE .EY AEI'EIE OTI BAEIAEYE ElMI El'(} EI.E @YTO fEI'ENNJ ~ KAI EU: TOYTO EAHAYeA EIE TON KQEMON INA MAP]YPH.E Q TH AAHf>EIA IIA.E O QN ~:0:TIH::_.AAH6FlAl: AKOYEI MOY THE QNH.E AlErEI AYID O IIIAATO.E TI ELTIN AAHf>EIA K~ EIIl QN TIAAIN ~HL\9EN TIPOE ~PYAAIOY.l: KAI AEI'EI AYTOI.E E fQ OYAEMIAN EYPIEKQ EN A \trnJ AITIAN

Sul çp 52 Thckett ha ipotizzato che il nomen sacrum, ovvero il nome 'ITJooùc; Gesù, possa essere stato scritto, nel resto del frammento che è mancante, per esteso anziché come di solito abbreviato con due sole lettere: generalmente iota sigma IE, oppure iota ni IN, anche

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Parte 3

iota eta IH o io ta ypsilon IY .'9 Tuckett basa la sua tesi principalmente sul fatto che tale nomen sacrum, se scritto per esteso in un ipotetico 52 senza parti perdute, renderebbe le righe del papiro stesso, se fosse appunto intero, tutte più o meno omogenee circa il numero di lettere scritte per riga. Thckett va a ricostruire le parole che compongono le sei righe del papiro e ottiene, in ordine dalla prima alla sesta, 35, 31, 31, 34, 28, 31 lettere: se il nome di Gesù fosse scritto al completo si troverebbe in riga 2 e riga 5 e il risultato sarebbe 35, 34, 31, 34, 32,31 ovvero più uniforme. Hurtado50 e HilJ5 1 contestano questa tesi: principalmente perché lo scriba non è regolare nella scrittura e manifesta variazioni significative di ortografia e di spazi tra le lettere, perché occorre considerare anche l 'altro verso del papiro e per altre motivazioni tecniche relative alla scrittura. In conclusione, viste le ampie parti mancanti, resta non verificato il fatto che 1})52 possa avere esibito, quando era integro. il nomen sacrum per esteso. Con riferimento all}) 90 , Hill sostiene che esso è probabilmente anteriore al 1})52 e così, probabilmente, è il primo frammento del quarto vangelo che abbiamo;52 interessante, per la pericope in esame, il suo studio del nomen sacrum, nel v. 19,5: infatti, visto che in tale punto i11}) 66 è danneggiato e ii~J) 52 , come abbiamo visto, non include tale versetto, il testo di Gv 19,5 di 1})90 risulta così essere il testimone più antico che abbiamo su tale versetto e quindi sul nome di Gesù. Tale nome, nei manoscritti più antichi, è abbreviato con due lettere, come ho scritto sopra, che sono iota sigma l};; ma Hill ha osservato sull}) 90 uno spazio sufficiente per un'altra lettera e, usando un microscopio, ha visto quella che lui interpreta essere la parte restan-

49 Sulle possibili abbreviazioni del nomen sacrum cf. anche C.M. TuCKETI, 41" and Nomina Sacra (Jn, 18,32-33)•. in New Testament Studies 47(2001)4, 545-546. L'intero studio è alle pagine 544-548. 50 Per l'intero studio ct L. W. HuRTADO, .> con Gesù: a 18,29-32: Pilato va fuori a incontrare i giudei; b 18,33-38a: Pilato va dentro a interrogare privatamente Gesù; a' 18,38b-40: Pilato va fuori a incontrare i giudei; ~6n oilv 19,1-3: Pilato fa flagellare Gesù. Seconda parte: 19,4-16a: Pilato è con i giudei con Gesù: a 19,4-7: Pilato va fuori, conduce fuori Gesù e incontra i giudei; b 19,8-12: Pilato va dentro a interrogare privatamente Gesù. i giudei urlano; a' 19,13-15 Pilato conduce fuori Gesù e incontra i giudei; ~6n oilv 19,16a: Pilato consegna Gesù per la crocifissione.

Moloney 113 torna su una suddivisione in sette scene, ma mette in evidenza che il processo è composto da due prove dialogate, che si intrecciano, e una senza alcun dialogo posta al centro della struttura: trial tra l'autorità romana e l'autorità dei giudei, riscontrabile in quattro scene: 18,29-32.3Rh-40; 19,4-7.12-15; trial tra Pilato e Gesù. in due scene: 18,33-38a; 19,8-11; scena senza dialoghi: 19,1-3 (fustigazione e derisione di Gesù).

m H. VAN DF.N BussCHF.,lean (Bible et Vie Chrétienne), Deselée De Brouwer, Bruges 1967,490-513 propone: l. première audience à l'extérieur 18,28-32; 2. premier entretien à l'intéricur 18,JJ-38a: 3. deuxième t a bleu à l'extérieur 18,38h-40; 4. première réalisation de la royauté 19,1-3; S. deuxième audience à l'extérieur 19,4-7:6. dcuxième interrogatoire à l'intérieur 19,8-12; 7. encore à l'cxtérieur 19,13-15; 8. réalisation, la crucifixion 19,16-22. 112 Cf. C.H. GIBUN, «John's Narration of the Hearing Bcfore Pilate- John 18,28· 19,16a», in Biblica 67(1986)2. 222. "-' Cf. F.J. Mm.DNEY, «The Johannine Passion and the Christian Community (Jn 18· 19)», in Salesianum 57(1995)1, 31.

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Lopassoll 4 propone una struttura chiastica con premessa, sette scene e conclusione: Premessa 18,28a: consegna di Gesù a Pilato; A 18.28b-32: Gesù accusato come malfattore; fuori: B l8,33-38a: dichiarazione di Gesù: re di verità; dentro; C 18,38b-40: proclamazione di Pilato: re dci giudei; fuori; D 19,1-3 centro: presentazione di Gesù re; C' 19,4-7: proclamazione di Pilato: l'Uomo: fuori; B' 19,8-12: dichiarazione di Gesù: potere celeste: dentro; A' 19,13-15: Gesù condannato come usurpatore; fuori; Conclusione 19,16a: consegna di Gesù ai giudei.

Fatte queste riflessioni sulla struttura vado ad analizzare ogni scena e ogni singolo versetto. Lo scopo è quello di entrare nei dettagli esegetici, ovvero quello di passare dal quadro più statico della strutturazione alla dinamicità del racconto nei suoi movimenti per comprendere più in profondità la visione giovannea dei fatti. 4.1. Scena l: Gv 18,28 18,28 "Ayoumv oùv "CÒV 'lT)OoUv à:nò -ro~ Kttùicj>a •, in Vivarium 3(1995)3. 369-370. Rossi, Catechesi degli adulti attraverso il Vangelo di Giovanni Xl/I-XXI, 65 propone una struttura pressoché uguale: unica differenza è che considera tullo il v. 18,28 facente parte dell'introduzione, cosl divenla A = 18,29-32. L'autore commenta: «La prima e la settima scena (A A'). collocate fuori dal pretorio, hanno per oggetto la richiesta di condanna a morte per Gesù da pari e dei giudei; la seconda e la sesta (B B'), all'interno del prctorio, trallano rispellivamente del regno di Gesù c del regno- potere di Pilato; la terza e la quinta (C C'), di nuovo fuori del prctorio, svolgono un triplice tema: l'innocenza di Gesù, la sua regalità, l'opposizione dei giudei; infine la quarta scena (D), collocata al centro del lesto, presenta la flagellazione e l'incoronazione di spine... ciò che si vuole mettere al centro è l'incoronazione di Gesù•.

Esegesi e teologia di Gv 18,28-19;16a

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v. 28

Come ho già avuto modo di dire, Giovanni non riferisce nulla del processo sinedrile, gli interessa altro. Perché? Cosa interessa a Giovanni? Credo che a lui interessi il piano teologico, più che quello storico, il piano del confronto tra Gesù e l'ostilità del mondo: Giovanni vuole qui darci un condensato della sua interpretazione su Gesù.m Sento quindi doveroso premettere a quanto segue che per Giovanni il reale processato non è tanto Gesù, ma il popolo dei giudei che lo rifiuta dicendo no alla luce della rivelazione. Siamo ancora una volta davanti a un caso di ironia giovannea. 116 Quindi, mentre sul piano storico è Gesù il processato e il condannato, sul piano teologico è il contrario: il processato e il condannato è il popolo dei giudei. 117 L'uso del presente indicativo, •Ayouaw Conducono, dà vivacità alla scena c induce a pensare che Giovanni sia stato presente ai fatti che narra. 118 Il soggetto di quel "Ayouaw Conducono è il pronome plurale maschile a{rmt essi: chi sono? È lo stesso soggetto di n1TEKpl9T]oav risposero del v. 30,e di ELTTov dissero del v. 31 dove qui si precisa che Pilato parlava con gli stessi autot essi 119 e che a rispondere

115 DUFOUR, Lertura del Vangelo secondo Giovanni, rv, 90 parla del piano teologico e di quello storico del racconto giovanneo del processo romano: «Il racconto del processo romano non è un resoconto destinato semplicemente a fissare il ricordo dci fatti riportati. Pur preservando il fondo storico e alcuni elementi narrativi tradizionali, il racconto giovanneo del processo davanti a Pilato si rivela un'opera originale. in cui l'evangelista ha condensato in un disegno la propria interpretazione di Gesù, il Rivelatore venuto dall'alto e rifiutato dal mondo, ma la cui gloria non cessa di trasparire e di prevalere allo sguardo della fede·•· 116 Giovanni sa comunicare collettore anche in modo ironico. Con l'ironia, sottile e silenziosa, vuole far capire che nel testo c'è molto di più di quello che viene detto. Spesso tale ironia si manifesta spostandoci dal piano puramente storico al messaggio teologico sottinteso; oppure nel senso opposto a quello che viene detto o presentato; oppure nel far dire inconsapevolmente a certi personaggi delle verità teologiche. 117 Cf. anche DE LA POTIERIE, La Passione di Gesù secondo il vangelo di Giovanni,

67~. 118

LoPAsso, «pLov pretorio compare otto volte nel NT: Giovanni lo riporta quattro volte in Gv 18.28.28.33; 19.9. Gli altri riferimenti sono Mt 27).7; Mc 15,16; At 23.35; Fil 1,13. Con ScHNEIDER. «npam.\pLov», 1082 si può affermare che il termine upam.\pLov pretorio ricorre nel NT in due contesti: quello della passione di Gesù, ovvero del suo processo, e in connessione con le prigionie di Paolo. '" Sull'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. cf. Mt 21,7-11; Mc 11,7-10; Le 19,35-50; Gv 12.12-19. 127 Cosi riporta P. s.ADAFORA, Pilato, Istituto Padano di Arti Grafiche, Rovigo 1973,7. La forte1.za. che già esisteva al tempo di Geremia. si chiamava Torre di Cananeèl (cf. Ger 31.38; Ne 3,1; 12,39; Zc 14,10). era stata restaurata dagli Asmonci c chiamata Baris. Era ad· dossata al tempio dal lato di nord-ovest ed Erode il Grande l" aveva ingrandita e denomi· nata Antonia in onore del suo amico, il triumviro Marco Antonio. La torre aveva lo scopo di proteggere la parte nord-ovest del tempio, la più vulnerabile perché sovrastata dalla vicina coUina di Bezeta, c di dominare il Tempio, luogo in cui potevano scoppiare delle rivolte. Costruita sulla roccia, era di forma rettangolare. con quattro torri ai suoi angoli. '" La reggia dei re Erode si trovava a ovest della città, a sud dell'attuale Porta di Giaffa. 12'

222

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ciii a scoppiare in occasione delle feste annuali} 29 Non siamo quindi in condizione di affermare con certezza dove fosse ubicato il pretorio a Gerusalemme al tempo di Pilato.U0 Potremmo dire che era in un punto alto della città e all'interno delle mura cittadine, visto che Marco ci dice che il popolo per recarsi da Pilato sale (Kcù àvapàç oox).oç ed essendo salita la folla) e che Gesù, per essere crocifisso, deve uscire dalla città (f/;ayouaw airròv lo condussero fuori). 131 C'è un significato nella precisazione i)v & 11pWL ma era mattino presto? Anche Abramo si era alzato 11pwL il giorno che stava per sacrificare Isacco, prefigurazione del sacrificio di Gesù. 132 Giovanni utilizza soltanto un'altra volta l'avverbio 1TpWL in 20,1 quando Maria Maddalena va al sepolcro di Gesù il giorno della risurrezione, il giorno del trionfo di Gesù. m Così c'è motivo di ritenere che Giovanni vede già in questo mattino, quello del processo e della crocifissione. il giorno del trionfo di Gesù,134 e così lo narra dal sorgere del sole fino al suo tramonto, con la sepoltura di Gesù. Ciò si può vedere anche in contrapposizione alla sconfitta di Giuda, visto che il narrato-

129

SPADAFORA, Pilato, 8 riguardo all'ubicazione del prctorio riporta un elenco di stu· diosi che propendono per la Torre Antonia e altri per il palazzo di Erode. Tra questi ulti· mi c'è anche SCHN~IDER, «npcntWpLov», 1082 che scrive: «Probabilmente il pretorio di Pilalo era l'ex palazzo di Erode situato sulla collina occidentale della citlà». IJO Sull'ubicazionc del pretorio cf. anche J. BLINZLER, Il processo di Gesù. Paideia. Brescia 1966. 225-228. Si parla di quattro ipotesi. l. Dal IV al VII sec. si cercò il prelorio nella valle del Tyropocn, dove si trovava un santuario che prendeva nome da Pilato e che fu più lardi trasformato nella chiesa di santa Sofia. distrutta nel VII sec.; oggi quel luogo si trova tra l'arco di Wilson e il Muro del Pianto. 2. All'epoca dei crociali si cercò il prela· rio sul monte Sion, vicino al Cenacolo e al palazzo di Caifa. 3. Poi si pensò che la fortezza Antonia fosse il prctorio di Pilato. 4. Dopo si identificò il pretorio con il palazzo di Erode. sulla collina occidentale di Gerusalemme a sud della porta di Giaffa. A favore di quest'ultima ipotesi ci sono: l'abitudine dei governatori a eleggere tale palazzo come propria resi· denza (cf. Al 23,25): il fatto che tale palazzo era situato in posizione elevata (flavio Giu· seppe in Guerra Giudaica 2,15,2.315: 2,17,6.249): la notizia che Gessio Floro abitava in tale palazzo e amministrava la giustizia davanti a esso (Aavio Giuseppe in Guerra Giudaica 2,14,8.301; 2,15,1.314); la designazione del palazzo come casa dei governatori (Filone, Legatio ad Caium 38,299). Cf. anche BRowN, La morte del Messia, 797-801. "' Le due citazioni sono tralle da Mc 15,8.20. 132 Cf. Gen 22,3 versione della LXX. 133 SIMOENS, Secondo Giot-•anni, 709 su ~v &è lTpwl. ma era mattino presto commenta: «la luce della resurrezione comincia già a trapelare». "' Precisa D. MoLLAT, «Jésus deva nt Pila te (Jean 18,28-38)•, in Bib/e et Vie Chrétienne 39(1961), 24: •Le jour de la vicloire de Jésus sur le monde se lève•.

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re usa lì la stessa formula, ma invertita: ~v O€ v{Jç era notte,m l'oscurità, la tenebra dovuta all'assenza di Gesù dalla propria vita. Con l'inizio del processo di Gesù al mattino presto, Giovanni ci vuole indicare che la notte del male sta ora finendo, sta cominciando un nuovo giorno, quello della vittoria del bene e della glorificazione del Figlio. Si può considerare la sezione del pretorio come un'inclusione costruita dentro due indicazioni di tempo: questa, il mattino presto, e wpa ~v wç fK:T) era circa l'ora sesta, mezzogiorno, l'ora alla quale Pilato presenta al popolo il loro re: Gesù. 136 C'è qui un elemento storico che solo Giovanni ha conservato: il fatto si svolge alla vigilia della mioxa pasqua, che inizia alle sei del pomeriggio, e che è nuovamente menzionata dopo, in 18,39, nel bel mezzo del racconto, in occasione dell'eventuale amnistia di un prigioniero, e alla fine, in 19,14. Tre volte in totale: evidente segno che tale collocazione riveste un significato simbolico importante suirintero racconto. 137 La Pasqua giudaica celebra l'evento della liberazione del popolo ebraico schiavo in Egitto ai tempi di Mosè; 138 la nuo-

'" Sulla «notte» di Giuda cf. Gv 13.30. Ci anche DumuR, Lel/ura del Vangelo secon· do Giovanni, IV, 100. 11' BRows, Giovanni, 1038 azzarda questa ipotesi: interpreta che l'interrogatorio di Anna c i rinnegamenti di Pietro fmiscano verso le tre; che dalle tre alle sei circa Gesù los· se condotto da Caifa e che infine, verso le sei del mattino. fosse condotto da Pilato. m Cf. 0UPOUR, Lectura del Vangelo secondo Giovanni. IV, 90-91. 1" B. SctiALLER, «mioxn»: DCBNT, 648-650 spiega che il significato di ncioxn significa passare oltre, un passaggio quindi, dalla schiavitù alla libertà per gli ebrei, dalla morte al· la vita eterna per i cristiani. Eb 11,28 è l'unico passo del NT che si riferisce esplicitamen· te ali" episodio dell'esodo daii'Egillo. Scrive l'autore: «Piuttosto importante è lo sfondo pa· squale dei racconti della passione ... secondo i sinollici, l'ultima cena di Gesù fu un banchetto pasquale ... per Giovanni invece questi avvenimenti hanno luogo 24 ore prima in modo da fare coincidere la morte di Gesù con l'uccisione degli agnelli pasquali il pome· riggio del 14 Nisan•. H. PATSCH, •mioxn•: DENT.II. 835-838 precisa che il termine ncioxn ri· corre ventinove volte nel NT, di cui venticinque nei vangeli; conferma inoltre che: ~~inter­ rogatorio e consegna di Gesù sono posti alla vigilia della Pasqua, cioè al 14 Nisan ( Gv 19,14)•. J. J.:R>:MIAs, «mioxn•: GLNT,IX, 963-984 la una trattazione più estesa del termine lTliaxa. Ricorda che: «mentre l'A.T. faceva una distinzione fra la Pasqua. che veniva celebrala la notte dal14 al15 Nisan, e la festa dci pani azzimi immediatamente successiva (15· 21 :-.iisan, cf. Lv 23.5-6), nel tardo giudaismo entrambe le leste erano chiamate comune· mente Pasqua ed è questo anche l'uso linguistico prevalente nel N.T. (cf. ad esempio Le 22,1 "Hyy>, ovvero dal prctorio: ritroviamo lo stesso ~f;iiJ..9Ev i'f;w uscì fuori soltanto in 19,4, quando Pilato sta per condurre fuori Gesù: è un interessante indizio di parallelismo. Inizia qui quell'uscire e rientrare di Pilato che ha influito, come già visto, nella suddivisione strutturale. 151 Pilato cerca di capire qual è il capo di KCY.-r:T)yop[a. accusa, domanda ai giudei che cosa li ha spinti a condurre a lui l'accusato. Tale domanda porrebbe fine a quei dubbi che vorrebbero fossero stati i soldati romani ad arrestare Gesù nel giardino e non le guardie giudai-

147 Matteo invece precisa che Pilato era WflL»: GLNT, II, 1180·1187 analizza il verbo nopaoc&.lfl• partendo dal verbo oé&.lfl•. 161 Le ricorrenze di nap~t~L consegnare relative a Giuda sono: Gv 6,64. 71: 12,4; 13,2.11.21; 18,2.5.35.36; 21 ,20. Le cinque ricorrenze nel nostro testo in esame sono: Gv 18,30.35.36; 19,11.16a. La ricorrenza relativa alla morte di Gesù, quando consegna lo Spirito, è in 19,30. 162 Sull'insolenza, cosi anche BROWN, Giovanni, 1044. 163 Commenta qui Rossi, Catechesi degli adulti attraverso il Vangelo di Giovanni XIII-XXI, 66: «Pilato è un uomo troppo esperto della politica e delle sue manipolazioni per cadere nel trabocchetto di lasciarsi coinvolgere e compromettere, né vuole eseguire passivamente quanto deciso dai Giudei».

232

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no parzialmente, dal potere di Roma. È questo un primo tentativo di rinuncia da parte di Pilato. Le autorità giudaiche, secondo le loro leg· gi, avrebbero di per sé la capacità di dichiarare colpevole Gesù: Pilato le invita a farlo. L'imperativo Kp(vo:tf giudicate farebbe pensare che non ci sia stato prima alcun processo formale ebraico: come abbiamo già visto, i sinottici invece riferiscono tale processo; anche Giovanni ha parlato di un invio di Gesù ai sommi sacerdoti Anna e Caifa, in sequenza. Come risolvere la cosa? Se il processo giudaico non è stato formale, visto che Giovanni non lo riferisce, si devono negare i sinottici che lo riportano. Se si prendono troppo sul serio le parole di Pilato, si potrebbe pensare che egli, non sapendo che cosa avrebbero già deciso le autorità giudaiche, avrebbe chiesto i risultati delle loro deliberazioni e i giudei, non avendoli forniti, avrebbero provocato la risposta del governatore che rimanda alloro giudizio l'accusato. Forse però Pilato sta solo facendo del sarcasmo verso i giudei: probabil· mente già capisce che essi sono lì a chiedergli l'unica condanna che essi non possono eseguire: la condanna a morteY'' Infatti, tale conferma viene subito dopo, in questo stesso versetto. Questa mi sembra l'ipotesi più probabile. 165 Resta un'ultima possibilità: quella che il governatore ignorasse il fatto che le autorità giudaiche non avevano il potere di giustiziare, ma la trovo alquanto improbabile. Le parole del governatore costringono gli accusatori a svelare la loro strategia e così viene fuori la loro impotenza. Compare qui per la prima volta il nome degli accusatori di Gesù, oi. 'Iou&doL i Giudei,166 ai quali Giovanni dedica molte ricorrenze nel suo vangelo; 1" 7

164 DuRANO,

Vangelo secondo san Giovanni, 579 parla di: •aequatur del governo im-

periale>~. IM Così anche fAUSTI, Una comunità legge il Vangelo di Giovanni. II. 157: «Pilato ... ricorda loro con sarcasmo che non possono ucciderlo: il vero capo è lui, l'unico che ha po-

tere ù.i dare morte». 166 BRoWN, Giovanni, l 045 precisa che con il tennine oi. 'lolfuiOL i Giudei, Giovanni si riferisca alle loro autorità. soprattutto quelle di Gerusalemme. Il termine. che di per sé conterrebbe clero e laici, si specificherà poi ulteriormente. quando vedremo che i capi di

queste autorità sono i sommi sacerdoti. 161 LoPAsso, •Il titolo "il re dei giudei" in Giovanni (Gv 18.28-19,16a) e il Targum di

Gn 49,8.10-12», 376 annota che il terrnine 'lou6aio< Giudei ricorre in Gv settantuno volte (contro le sei di Mc e le cinque di Mt e Le), a testimoniare quanto sia grande il suo interesse nello specificare chi siano le forze avverse a Gesù.

Esegesi e teologia di Gv 18,28-19,16a

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nella nostra pericope il termine ricorre poi ben nove volte: in 18,33.39 sulle labbra di Pilato, il quale lascia intendere con chiarezza l'aspetto religioso e nazionale del termine; in 18,36 è sulle labbra di Gesù, che indica così chi l'ha consegnato a Pilato; in 18,31.38; 19,7.12.14 il narratore indica, con tale termine, semplicemente quelli che sono là, fuori dal pretorio; in 19,3 è sulle labbra dei soldati che deridono Gesù; Giovanni si riferisce ai giudei anche in 18,28.30.40; 19,4.15 ma senza nominarli esplicitamente; con tale termine Giovanni intende anche le autorità giudaiche di Gerusalemme, entro le quali però distingue i sommi sacerdoti. Giovanni, nel racconto del processo, e anche dell'intera passione, non usa mai il termine ÀllÒç popolo e nemmeno oxÀoç folla: penso che lo faccia perché la moltitudine, nella sua totalità, non è responsabile della morte di Gesù, ma lo sono i capi. l giudei, quindi, devono spiegare che se sono Il è unicamente perché il reo merita la morte e loro non possono eseguire più sentenze di morte, a causa della dominazione romana che avocava a sé tale diritto. Ecco venuto fuori il vero scopo per cui i giudei sono lì da Pilato: vogliono la morte dell'imputato ma non possono infliggerla, così decidono di far uccidere legittimamente Gesù da chi ha il potere e l'autorità per farlo. Come abbiamo già visto, se il Sinedrio avesse pronunciato una sentenza di pena capitale, il condannato doveva essere rimesso al potere giudiziario del prefetto, che decideva in ultima istanza e, in caso di conferma, si incaricava dell'esecuzione. 168 --------·-

--

... Ho già trattato nella Parte Terza questo punto. relativo all'impotenza del Sinedrio di eseguire sentenze di morte. Thttavia, aggiungo qui quanto affenna DUFOUR, Lettura del Vangelo secorul.o Giovanni, IV, 104-105 il quale parla di un'eccezione a questa regola: in· terpretando Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche 15,1.5 e Guerra Giudaica 5,5.2 c secondo Filone. Ad Gaium 31 se un non giudeo avesse violato l'intcrdcllo di penetrare nel Tempio di Gerusalemme al di là del cortile dov'erano ammessi i gentili, il Sinedrio poteva condannare a morte ed eseguire la sentenza. Ora Gesù non ha violato alcuno spazio proibito. Ma rimane comunque la domanda: se avessero potuto uccidere Gesù, perché l'avrebbero portato da Pilato? Ritengo pertanto confermata la tesi che riporto nella Parre Terza: i prefetti della Giudea non tolleravano affatto delle esecuzioni capitati sottratte alloro controllo. Non sono del tutto d'accordo con Dufour riguardo alla scena dell'adultera di Gv 8 che, secondo lui, confermerebbe il potere di lapidare riconosciuto ai giudei; penso invece che essi volessero mettere in trappola Gesù: se avesse detto di non lapidaria avrebbero avuto la prova che egli andava contro la Legge di Mosè e quindi il pretesto per allontanarlo o catturarlo; se avesse detto: >. Infatti, questo titolo, il re dei Giudei, potrebbe avere un triplice significato: 220 per Pilato la connotazione è solo politica quindi deve stare attento, ci può essere il pericolo di sommosse, fino al delitto di lesa maestà dell'imperatore. Per i giudei significa un'altra cosa, è il Messia tanto atteso, investito di una missione sia religiosa che di identità nazionale, il con-

21 s

Precisa BRoWN, Giovanni, 1072: (Kouv flnotJ. K«l

ÈJ.LTTtUaooow aUT~ KllÌIJ([On yWaooow K«Ì àTTOKtfVOÙOLV,

KClÌIJEtà LJ*lç

i)JÉpa.ç àvaat~Of't"(ll.

Le 18,33 K>. Traspare l'ansia. Il

processo verte ora non tanto sulla regalità in sé ma sulla origine, natura, identità di essa, dovuta alla filiazione con Dio. Come non citare a questo punto la risposta che il cieco nato, guarito da Gesù, dà ai giudei i quali non sanno di dove sia chi lo ha guarito? Risponde l:v toim~ yàp tÒ 6aUIJ40tOV Éonv, on U~f'iç OUK o'l&xt€ TTOSfv Éot[v, K«L 1\voL~Év ~ou toUç èxp6aA~ouç in questo infatti lo straordinario è, che voi non sapete di dove è, eppure mi aprì gli occhi. È come dire che si può fare l'espe-

rienza dell'origine trascendente di Gesù solo attraverso il suo agire: ecco che allora si comprende anche il silenzio di Gesù davanti a un uomo come Pilato, che non ha fatto finora alcuna esperienza di lui. Il contrasto tra l'origine divina di Gesù e la sorte riservata al testimone della verità da parte di chi lo rifiuta va sempre aumentando. Con le considerazioni fatte al versetto precedente, la domanda di Pilato TTOSfv €{ ou; da dove sei tu? può avere due significati. Il primo, uno scopo puramente amministrativo, quasi per capire se il caso rientra o meno nella sua giurisdizione, quello che abbiamo già visto nel Vangelo di Luca con l'invio di Gesù al tetrarca Erode Antìpa: ma l'annotazione del narratore, quella sulla cresciuta paura di Pilato, lascia poco spazio a questa interpretazione. Il secondo scopo appare più probabile: sembra che il procuratore senta dentro di sé che Gesù nasconde qualche segreto: c'è qualcosa che gli sfugge, ci deve essere un significato più profondo in ciò che sta accadendo, visto l'aumento della paura da quando gli hanno detto che Gesù si è fatto figlio di Dio. Così la domanda di Pilato, probabilmente pronunciata senza lasciare trasparire la sua preoccupazione interiore, significherebbe: «Chi sei tu in realtà? Da dove provieni realmente? Chi e cosa si nasconde dietro di te?>>. L'avverbio TTOSfv può infatti indicare la provenienza, l'origine, la fonte, la causa. Credo pertanto che occorra pensare non solo a cosa aveva in testa Pilato quando pronuncia il 1166€v €t au; di dove sei tu? ma anche al significato teologico che Giovanni intende dare a tale domanda.453 Senza dubbio alcuno, la domanda

"' Sulla domanda di Pilato n69uR.l-etrura del Vangelo secondo Giovanni, IV, 148-149 si soffenna sul problema dell'unità letteraria, cioè del proseguimento o meno della pericopc fino al v. 22, tema che ho già affrontato nel capitolo dedicato alla struttura. Secondo Dufour, il tema dominante, Gesù re, non si esaurisce col processo romano, ma prosegue con la menzione 'hpoUç O l"a(wpaioç O Paoa.lfùc; tG:Iv 'lotJ&xlwv Gesù il Nazareno il re dei Giudei scritta sopra la ero· ce, cf. v. 19, e la successiva diatriba tra Pilato e i sommi sacerdoti, che perdura fino al v. 22, che farebbe parte, secondo l'autore. ancora del processo. Penso però che il processo romano, per ciò che interessa al presente lavoro, possa ritenersi concluso in 16a quando, consegnato e prelevato Gesù, la condanna a morte inizia a essere eseguita; l'iscrizione sopra la croce, a mio modo di vedere. fa parte dell'esecuzione della condanna e la diatriba che segue tra Pilato e i sommi sacerdoti si svolge durante tale esecuzione: essa non modifica la decisione finale del processo, ovvero la condanna a morte; anche se il titulus fosse stato rimosso, niente sarebhc andato diversamente. ~ Cos1 conclude anche JAfi;SENS DE VAREBEKE, La structure des scènes du récit de la Passion en Jean (ln JB,2B-/9,16a), 509.

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Pane3

All'inizio del vangelo, Giovanni il Battista aveva indicato Gesù come ò à~vòç tOU ewu ò a'Lpwv t~V a~p-:lav ·rou KOO~OU l'agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo: 564 questa profezia si adempie ora perché nel momento in cui inizia nel Tempio la macellazione degli agnelli pasquali, il processo di Gesù giunge alla fine ed egli, durante tale macellazione, inizia il suo viaggio verso il Golgota dove verserà il sangue che laverà gli esseri umani da ogni peccato. 565 Giovanni quindi, ha scelto con attenzione 6ò';• """;• 1S q>OQOJV l qoov 565 l s 138 vi ar l xm ì..Ey. - av8Q. > ?"6 e a ff"' r ach ltoou B-579 W 565 l s 118s Xss n' 1820 138]toE rei. l 6 EXQOUyaoav) EXQO!;av P"J S* l ÀEyOVTEç > S e a b ff l OTOUQOlOOV 2] OUTOV f'60';d. 9fN;d. S88, > [>6 6 *'"•· 7 l 0 l 0 713 V e r l OUTOV Uj.lEtç) - ?"6·90 LW'f' 05417 OUTOl > f>66·90 SW 5651 VOJ.LOV2 J>66 Bs'I'L-~W D N lat(-q) syi ilQ] + 'lJ.LOlV f>"O,;d. Ta'' rei. IlO ouv >Ta s• 28 13• 655 1194 71 A 270* V q r syp ar co+ l anoì..., oTOUQOlo. Ta BS N AE* 821 e j syp] rei. l Il EtXEç l EXEtç 5-579 D 565 544 2193 X l 071 s N 660 A nss 270-229 As lrtaQaoouç BS~ 8 1346 AE verss.]rtaQaotoouç rei.

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Appendici

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Mc 15.20-37 L23,26-46 197,1

l 12 Iouòatot >P'" l EXQ, + a1tT])'Oyov P"'"'~d 1 Iv + x. T])'ayov & 054 065 rei. pl., amrvay. SW 700 l 209 MUN 713 A vg syph ar sa·] + su; 't'O 1tQOl't"OlQ. Ta 700 7 Ms 348 ur 998 l TJYO)'. + X. E1tE9Tjxav OI.YriD 't". O't'OUQOV 13' syi {lQ

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