L'impronta genetica. Come il DNA ci rende quelli che siamo 9788832851038

La famiglia, la scuola e l’ambiente circostante sono importanti, ma non sono influenti quanto i geni. Questo è il motivo

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L'impronta genetica. Come il DNA ci rende quelli che siamo
 9788832851038

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ROBERT PLOMIN

L impronta genetica COME IL DNA Cl RENDE QUELLI CHE SIAMO

Da dove nascono le differenze tra un bambino e l'altro? Risponde il pioniere nel campo della genetica del comportamento Il modello su cui è costruita la nostra individualità risiede in quell'uno per cento del DNA

che differisce da una persona all'altra.

Le nostre capacità intellettive,

ROBERT PLOMIN

il nostro essere introversi o estroversi,

Li m pronta genetica

la nostra vulnerabilità alla malattia mentale, persino se siamo mattinieri o nottambuli­ tutti questi aspetti della personalità sono profondamente plasmati dalle nostre differenze genetiche ereditarie. Robert Plomin, pioniere nel campo della genetica del comportamento, attinge alle ricerche di una vita per sostenere che il DNA è il fattore più importante nel determinare chi siamo. Famiglia, scuola e ambiente sono importanti, ma non influenti quanto i geni. Tali conclusioni obbligano a ripensare alla radice

Robert Plomin insegna Genetica del comportamento presso l'lnstitute of Psychiatry, Psychology and Neuroscience del King's College di Londra. Nelle nostre edizioni ha pubblicato, tra gli altri,

G come geni (con K. Asbury,

2015) e Genetica del comportamento (con J.C. DeFries, V. S. Knopik e J.M. Neiderhiser,

2014).

la genitorialità, l'educazione e gli eventi che modellano la nostra vita. Per esempio, sarebbe il modo in cui i genitori reagiscono alle caratteristiche genetiche dei propri figli, e non il sistema educativo, a incidere sulla loro crescita psicologica. E questo è il motivo- sostiene Plomin- per cui gli insegnanti e i genitori dovrebbero accettare i bambini per quelli che sono, anziché cercare di spingerli in una direzione o nell'altra.

ISBN 978-88-3285-103-8

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€ 22,00

www

.raffaellocortina.it

Titolo originale

Blueprint. How DNA Makes Us Who We Are © 2018 Robert Plomin. Ali rights reserved Traduzione Elena Stubd Copertina Studio CReE

ISBN 978-88-3285-103-8 © 2019 Raffaello Cortina Editore Milano, via Rossini 4 Prima edizione: 2019 Stampato da Geca SRL, San Giuliano Milanese (MI) per conto di Raffaello Cortina Editore Ristampe

o 2 3 4 5 2019 2020 2021 2022 2023

Indice

Prologo

7

Parte prima Perché il DNA è importante l. Separare natura e cultura

17

2. Come sappiamo che il DNA ci rende quelli che siamo?

27

3. La genetica dell'ambiente

47

4. L'importanza del DNA aumenta con il passare del tempo

67

5 . L'anormalità è normale

73

6. Geni generalisti

81

7. Perché bambini di una stessa famiglia sono così diversi

87

8. Il modello del DNA

97

9. Pari opportunità e meritocrazia

109

Parte seconda La rivoluzione del DNA 10. DNA: le basi

123

11. Caccia al gene

13 5

12. Il DNA divinatorio

149

13. Predire chi siamo

163

14. Il nostro futuro è il DNA

177

Epilogo

199

Note

203

Ringraziamenti

245

Indice analitico

247 5

Prologo

Che cosa pensereste se sentiste parlare di un nuovo dispositivo per la pre­ dizione di tratti psicologici come depressione, schizofrenia e rendimen­ to scolastico? Uno strumento che, inoltre, fosse in grado di prevedere in modo totalmente affidabile e imparziale il futuro di un individuo dal mo­ mento della sua nascita, e costasse solo cento euro? Può sembrare l'ennesima millanteria di psicologia spicciola, una di quelle trovate che " ci cambieranno la vita" , ma quest'asserzione è in real­ tà basata sulla ricerca scientifica più avanzata. Il dispositivo divinatorio è il DNA. La possibilità di usare il DNA per capire chi siamo e prevedere chi diventeremo è emersa solo negli ultimi tre anni, grazie allo sviluppo della genomica personalizzata. Vedremo come questa rivoluzione abbia reso il DNA "personale" , assicurandoci la capacità di prevedere i nostri punti di forza e di debolezza, a livello psicologico, fin dalla nascita; è una svolta che comporta implicazioni significative per la psicologia, per la società e per ognuno di noi. li DNA divinatorio è il culmine di un secolo di ricerche genetiche che indagano su ciò che ci rende quelli che siamo. Quando, all'inizio del XX se­ colo, la psicologia emerse come scienza, si focalizzò sulle cause ambientali del comportamento. L'ambientalismo - la teoria secondo la quale siamo ciò che apprendiamo - ha dominato la psicologia per decenni. Da Freud in poi si è creduto che l'ambiente familiare, la cultura [nurture], fosse il fattore chiave nel determinare chi siamo. Negli anni Sessanta, i genetisti cominciarono a contestare questa visione. Alcune caratteristiche psicolo­ giche, dalle malattie mentali alle capacità intellettive, si ripresentano chia­ ramente nelle famiglie, ma si è via via acquisita consapevolezza del fatto che le somiglianze familiari potrebbero dipendere dalla natura [nature], o dalla genetica, e non dalla sola cultura, dato che i bambini sono geneti­ camente simili ai loro genitori per il 50% . 7

PROLOGO

Dagli anni Sessanta in poi, gli scienziati che studiavano tipi speciali di parentela - i gemelli e i figli adottivi, per esempio - hanno raccolto una montagna di prove a dimostrazione del fatto che la genetica contribuisce in modo importante a determinare le differenze psicologiche tra gli indi­ vidui. Il contributo genetico non è semplicemente significativo sul piano statistico, è enorme. Tra i fattori che plasmano la personalità, la genetica è il più importante: spiega più di tutto il resto le differenze psicologiche. Per esempio, i più importanti fattori ambientali, quali la famiglia e la scuola, giustificano meno del 5 % delle differenze tra individui relativamente alla salute mentale o al rendimento scolastico, se paragonati all'impatto eser­ citato dalla genetica; quest'ultima spiega il 50% delle differenze psicolo­ giche, non solo per ciò che concerne la salute mentale e il rendimento sco­ lastico, ma rispetto a tutti i tratti psicologici, dalla personalità alle facoltà intellettive. A quanto mi risulta, non c'è una sola caratteristica psicologica che non sia, in qualche misura, influenzata geneticamente. La parola "genetica" può significare diverse cose, ma in questo libro si riferisce alle differenze nella sequenza del DNA: i 3 miliardi di pioli della scala a chiocciola che abbiamo ereditato dai nostri genitori al momento del concepimento. È sconvolgente pensare all'ampia portata delle diffe­ renze ereditate con la singola cellula che ha dato inizio alla nostra vita e, nel momento in cui quella singola cellula è diventata miliardi di cellule, a quanto esse influenzino il nostro comportamento da adulti; sopravvivono ai lunghi e complicati percorsi evolutivi tra geni e comportamento, percor­ si che si snodano attraverso l'espressione genica, le proteine e il cervello. Il potere della ricerca genetica deriva dalla sua capacità di rilevare l'effet­ to delle differenze genetiche ereditarie sui tratti psicologici senza sapere nulla sui processi intermedi. Comprendere l'importanza dell'influenza genetica è solo l'inizio della storia del modo in cui il DNA ci rende quelli che siamo. Studiando casi ge­ neticamente informativi come quelli dei gemelli e dei figli adottivi, i gene­ tisti comportamentali hanno raggiunto alcuni dei più importanti risultati in psicologia poiché, per la prima volta, hanno potuto scindere gli effetti della natura da quelli della cultura. Queste rivelazioni hanno implicazio­ ni rivoluzionarie per la psicologia e per la società, nonché per il modo in cui pensiamo a cosa fa di noi quelli che siamo. Una scoperta notevole, per esempio, consiste nel fatto che la maggior parte delle misure ambientali utilizzate in psicologia - per esempio, la qualità della genitorialità, il supporto sociale e gli eventi della vita - mo­ stra una significativa influenza genetica. Com'è possibile, dato che l'am­ biente non possiede un proprio DNA? Come vedremo, l'influenza genetica 8

PROLOGO

c'entra in quanto queste non sono m ere misure dell'ambiente "là fuori" , indipendente da noi e dal nostro comportamento. Selezioniamo, modi­ fichiamo e persino creiamo le nostre esperienze in parte sulla base delle nostre propensioni genetiche. Ciò significa che non possiamo supporre che le correlazioni tra le cosiddette misure "ambientali" e i tratti psico­ logici siano frutto dell'ambiente stesso. Di fatto, la genetica è responsa­ bile della metà di queste correlazioni. Per esempio, ciò che appare come effetto ambientale dell'educazione sulla psicologia dei figli ha in realtà a che fare con il modo in cui i genitori reagiscono alle caratteristiche gene­ tiche dei propri bambini. Una seconda scoperta cruciale al confine tra natura e cultura è rappre­ sentata dal modo inaspettato in cui l'ambiente ci rende quelli che siamo. La migliore prova dell'importanza dell'ambiente ci viene fornita dalla ricerca genetica, in quanto solo la metà delle differenze psicologiche tra gli individui dipende dalla genetica. Per quasi tutto il xx secolo i fattori ambientali sono stati chiamati "cultura" perché la famiglia era ritenuta decisiva nel determinare il nostro sviluppo. La ricerca genetica ha mo­ strato che non è assolutamente così. Di fatto, i fratelli allevati nella stessa famiglia sono diversi tra loro quanto lo sono quelli allevati in famiglie di­ vise. Le somiglianze familiari sono dovute al DNA più che alle esperienze condivise, quali possono essere le cure e il supporto dei genitori o il di­ sagio di una famiglia separata. A renderei differenti in termini ambien­ tali sono le esperienze casuali, non le forze sistematiche come la fami­ glia. Le implicazioni di queste scoperte sono enormi. Tali esperienze ci influenzano, ma l'effetto non dura; dopo i sobbalzi ambientali torniamo alla nostra traiettoria genetica. Inoltre, quelli che sembrano essere effet­ ti ambientali sistematici di lunga durata sono spesso il riflesso di effetti genetici, che noi stessi causiamo creando esperienze che corrispondono alle nostre propensioni genetiche. Come dimostrerò in questo libro, le differenze genetiche ereditate dai genitori al momento del concepimento sono l'origine costante, per tut­ ta la vita, dell'individualità psicologica, il modello che ci rende quelli che siamo. Un modello è una programmazione. Ovviamente non ha l'aspetto della struttura tridimensionale completa - non sembriamo una doppia eli­ ca. Il DNA non è tutto ciò che conta, ma conta più dell'insieme di tutto il resto in termini di tratti psicologici stabili che ci rendono quelli che siamo. Tali conclusioni esigono di ripensare radicalmene la genitorialità, l'e­ ducazione e gli eventi che modellano la nostra vita. La prima parte di L 'impronta genetica si conclude con una nuova visione di ciò che ci ren­ de quelli che siamo, visione che comporta implicazioni radicali e senza 9

PROLOGO

dubbio controverse per tutti noi; fornisce, inoltre, una nuova prospettiva sulle pari opportunità, sulla mobilità sociale e sulla struttura della società. Questi importanti risultati derivarono dagli studi condotti sui gemelli e sui figli adottivi grazie ai quali era stato indirettamente misurato l'impat­ to genetico. La rivoluzione genetica iniziò vent'anni fa con il sequenzia­ mento del genoma umano, che identificò ciascuno dei 3 miliardi di pioli che compongono la doppia elica del DNA. Siamo uguali a tutti gli altri es­ seri umani per oltre il 99% di questi 3 miliardi di pioli, che costituiscono il modello dell'essere umano. L' l % scarso di pioli che differisce da una persona all'altra è ciò che ci rende quelli che siamo in quanto individui: le nostre malattie mentali, la nostra personalità e le nostre abilità intelletti­ ve. Le differenze genetiche ereditarie sono il modello della nostra indivi­ dualità, e questo è il nocciolo della seconda parte di L 'impronta genetica. Recentemente, è divenuto possibile valutare direttamente ciascuna del­ le innumerevoli differenze genetiche ereditarie tra le persone e scoprire quali siano responsabili dell'influenza genetica onnipresente nei tratti psi­ cologici. Una delle scoperte straordinarie è stata la seguente: non abbiamo a che fare con qualche differenza genetica dagli effetti importanti, quanto piuttosto con migliaia di piccole differenze i cui deboli influssi possono unirsi per creare potenti predittori dei tratti psicologici. I migliori predit­ tori affiorati finora riguardano la schizofrenia e il rendimento scolastico, ma ne vengono segnalati di nuovi ogni mese. Questi predittori, in psicologia, sono unici perché non cambiano nel corso della vita. Ciò significa che possono predire il nostro futuro fin dalla nascita. Per esempio, nel caso della malattia mentale non è più necessario attendere che le persone manifestino i segni cerebrali o comportamenta­ li dei disturbi associati per poi affidarsi alla loro descrizione dei sintomi. Con i predittori genetici possiamo prevedere la malattia mentale fin dalla nascita, molto prima di paterne rilevare qualsivoglia indicazione cerebrale o comportamentale. In questo modo, i predittori genetici aprono la por­ ta alla previsione e quindi alla prevenzione di questi problemi prima che creino danni collaterali difficili da riparare. Questi predittori sono unici anche in genetica: per la prima volta possiamo andare oltre la previsione del rischio medio per i diversi membri di una famiglia e accertarlo singo­ larmente per ciascuno di loro. Questo è importante, perché i membri di una stessa famiglia sono molto dissimili dal punto di vista genetico: per il 50% sono geneticamente somiglianti a genitori e fratelli, ma ciò significa pure che per l'altro 50% sono diversi. I recenti sviluppi della ricerca sul DNA sono descritti nella seconda par­ te del libro, che si conclude mostrando come la nuova era dei predittori lO

PROLOGO

genetici trasformerà la psicologia e la società, e il modo in cui compren­ diamo noi stessi. Le applicazioni e le implicazioni che riguardano i pre­ dittori genetici saranno controverse. Anche se prenderò in esame alcuni di questi problemi, ammetto di essere un convinto sostenitore di tali cam­ biamenti. In ogni caso, il genio del genoma è uscito dalla lampada e non può esservi ricacciato dentro. L'impronta genetica si focalizza sulla psicologia per due motivi. lnnan­ zitutto, la psicologia è l'essenza di ciò che siamo, la nostra individualità. Perlopiù, possiamo applicare le stesse conclusioni ad altre scienze, come la biologia e la medicina, ma le implicazioni della rivoluzione genetica in psicologia sono più soggettive. In secondo luogo, sono uno psicologo che da quarantacinque anni si occupa di ricerca genetica sulla salute e sulle malattie mentali, sull a perso­ nalità e sulle abilità e disabilità intellettive. Una delle cose più belle della vita è trovare qualcosa che ami fare e io mi sono innamorato della geneti­ ca quando ero studente di Psicologia alla University of Texas ad Austin, nei primi anni Settanta. Era emozionante essere parte dell'inizio dell'era moderna della ricerca genetica in psicologia. Ovunque guardassimo, tro­ vavamo prove dell'importanza della genetica, il che era sorprendente, da­ to che fino ad allora, in psicologia, la genetica era stata ignorata. Mi sento fortunato a essermi trovato nel posto giusto al momento giusto per con­ tribuire a portare le intuizioni della genetica nello studio della psicologia. Ho aspettato trent'anni a scrivere L'impronta genetica. Potrei dire a mia discolpa che erano necessarie ulteriori ricerche per documentare l'impor­ tanza della genetica, e io ero impegnato in quelle ricerche. Comunque, a posteriori, devo ammettere che c'era un'altra ragione: la codardia. Al gior­ no d'oggi può sembrare incredibile, ma trent'anni fa studiare le origini ge­ netiche delle differenze nel comportamento umano e scriverne su riviste scientifiche era pericoloso sul piano professionale. Alzare la testa al di so­ pra dei parapetti del mondo accademico per parlare di questi argomenti in pubblico poteva essere rischioso anche a livello personale. Ora, il cam­ biamento dello Zeitgeist ha reso molto più facile scrivere questo libro. Un grande vantaggio dell'attesa consiste nel fatto che, da allora, il racconto è diventato molto più stimolante e impellente, poiché la rivoluzione geneti­ ca ha compiuto progressi che trent'anni fa nessuno avrebbe immaginato. Ora, per la prima volta, basta il solo DNA per fare importanti previsioni su chi siamo e chi diventeremo. Nel libro collego la mia storia individuale al mio DNA per personalizza­ re la ricerca e condividere l'esperienza del fare scienza. Spero di offrirvi il punto di vista di un addetto ai lavori sulle appassionanti sinergie derivanti 11

PROLOGO

dalla combinazione di genetica e psicologia, culminata con la rivoluzio­ ne genetica. Sebbene il libro esprima la mia visione soggettiva di come il DNA ci renda quelli che siamo, ho fatto del mio meglio per illustrare la ri­ cerca in modo serio e senza esagerazioni. Tuttavia, quando mi allontanerò dai dati per esplorare le implicazioni di questi risultati, alcune questioni risulteranno controverse. li mio obiettivo è dire la verità per come io la vedo, senza trattenermi al solo scopo di risultare politicamente corretto. È probabile che il mio insistere sull'importanza delle differenze gene­ tiche ereditarie attiri critiche, poiché rianima il dibattito sulla contrappo­ sizione tra natura e cultura, molto tempo dopo il suo declino, ampiamen­ te annunciato. Nel corso della mia carriera mi sono occupato di natura e cultura, non di natura contro cultura, intendendo con ciò che sia i geni sia l'ambiente contribuiscono a determinare le differenze psicologiche tra le persone. Il riconoscere che sia i geni sia l'ambiente sono importanti fa­ vorisce la ricerca dell'interazione tra natura e cultura, un'area di studio molto proficua. In ogni caso, l'aspetto problematico del mantra " natura e cultura" è il rischio di scivolare di nuovo nella prospettiva erronea secondo la quale gli effetti dei geni e dell'ambiente non possono essere scissi. Nessuno ha difficoltà ad accettare l'idea che l'ambiente in cui viviamo contribuisca alla nostra formazione, ma pochi si rendono conto di quanto siano importanti le differenze genetiche. Il motivo per cui mi concentro sul DNA quale mo­ dello a partire dal quale diventiamo quelli che siamo risiede nel fatto che ora sappiamo che le differenze genetiche rappresentano la maggiore fonte sistematica delle nostre differenze psicologiche. Gli effetti dell'ambiente sono importanti, ma ciò che abbiamo imparato negli ultimi anni è che so­ no perlopiù casuali, ovvero non sistematici e instabili, il che significa che non possiamo modificarli. Mi auguro che L'impronta genetica stimoli un confronto su questi ar­ gomenti. Un buon dialogo richiede un'alfabetizzazione in genetica, che questo libro tenta di fornire, specialmente in relazione a tratti psicologici complessi. Ciò richiede una certa conoscenza del DNA, dei dati statistici delle differenze individuali e dei progressi tecnologici che hanno porta­ to alla rivoluzione genetica. Ho cercato di spiegare questi concetti com­ plicati nel modo più semplice possibile. La sezione "Note", alla fine del libro, fornisce riferimenti e ulteriori spiegazioni in relazione a questi e ad altri argomenti. Poiché le questioni affrontate nel libro sono già suffi­ cientemente complicate, mi sono astenuto da digressioni sulla ricerca re­ lativa ad argomenti che, sebbene affascinanti, non sono essenziali per la comprensione delle differenze genetiche ereditarie per quanto riguarda 12

PROLOGO

le caratteristiche psicologiche. Alcuni di questi argomenti collaterali che, a malincuore, ho trascurato includono l'evoluzione, l'epigenetica e le mo­ dificazioni genetiche. Spero che L 'impronta genetica trasmetta l'emozione che provo per questo momento storico della psicologia. Si sta iniziando ad assimilare il messaggio proveniente dalla passata ricerca, secondo il quale il DNA sa­ rebbe la maggiore forza sistematica, il modello, che ci rende quelli che sia­ mo. Le implicazioni per la nostra vita - per la genitorialità, l'educazione e la società - sono enormi. Ma ciò non è che un primo passo in direzione di quello che sarà l'evento principale: la capacità di prevedere le nostre potenzialità e i nostri problemi psicologici a partire dal DNA. Questo è il punto di svolta in cui il DNA cambia la psicologia - sia scientificamente sia clinicamente - e l'impatto della psicologia sulla nostra vita. Il nostro futuro è il DNA.

13

Parte prima

Perché il DNA è importante

l

Separare natura e cultura

Noi esseri umani condividiamo molte caratteristiche: salvo rare eccezioni, stiamo in posizione eretta, abbiamo gli occhi sulla parte anteriore della te­ sta per una visione tridimensionale e, cosa più sorprendente, impariamo a parlare; com'è ovvio, siamo anche diversi l'uno dall'altro, fisicamente, fisiologicamente e psicologicamente. Questo libro tratta di ciò che ci dif­ ferenzia sul piano psicologico. Gli psicologi studiano centinaia di caratteristiche e classificano le per­ sone in base alle differenze che rimangono costanti nel tempo e nelle diverse situazioni. Queste caratteristiche comprendono sia aspetti del­ la personalità quali l'emotività e il livello di energia, sia tratti psicologici tradizionalmente valutati come disturbi dicotomici, quali, per esempio, la depressione e la schizofrenia; includono anche tratti cognitivi come la capacità generale di apprendimento, spesso chiamata "intelligenza " , e capacità intellettive specifiche quali il lessico e la memoria, nonché le di­ sabilità in questi ambiti. Per la maggior parte del XX secolo, si ipotizzò che a determinare i tratti psicologici fossero i fattori ambientali; questi furono denominati cultura poiché, da Freud in poi, si pensava fossero determinati dall'ambiente fa­ miliare.1 La supposizione era ragionevole, in quanto tali caratteristiche si presentavano nei membri della stessa famiglia. Ma è così anche per i tratti genetici. Cinquant'anni prima della scoper­ ta del DNA, si sapeva che i parenti di primo grado - genitori e figli, fratel­ li e sorelle - sono geneticamente simili per il 50%. Quindi, a spiegare la familiarità in relazione ai tratti psicologici potrebbe essere tanto la natu­ ra (la genetica) quanto la cultura (l'ambiente) . Tuttavia, attribuire la fa­ miliarità alla genetica è più difficile poiché il DNA è invisibile e silenzioso, mentre l'ambiente familiare, nel bene e nel male, può essere visto, udito e percepito. 17

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

Quindi, qual è l'importanza relativa della natura, e quale quella della cultura, per quanto riguarda i tratti psicologici? Per prima cosa, dedica­ te un minuto di attenzione alle vostre opinioni sulla natura (la genetica) e sulla cultura (l'ambiente). Valutate ora i tratti elencati nella tabella 1 . 1 e confrontate le vostre valutazioni con quelle del nostro campione e con i risultati della ricerca genetica (vedi tabella 1 .2). Anche se questo libro si occupa dei tratti psicologici, è utile iniziare mettendoli a confronto con alcune caratteristiche fisiche (colore degli occhi, statura) e mediche (can­ cro al seno, ulcera gastrica). Tabella 1.1 In quale misura (dallo ereditabili?

O% al 100%)

pensate che i seguenti tratti siano

Colore dell ' i ride Statura Peso Cancro al seno Ulcera gastrica Schizofrenia Autismo Dislessia Rendimento scolastico Facilità di eloquio Memorizzazione dei volti Abil ità spaziali (per esempio, la navigazione) Intelligenza generale (per esempio, i l ragionamento) Personalità

Chiedetevi quanto pensate che i fattori genetici siano importanti nel differenziare gli individui l'uno dall'altro per i quattordici tratti elenca­ ti sopra: in altre parole, quanto pensate che siano ereditabili. Se ritenete che un tratto non mostri influenza genetica, valutatelo O % ; se, viceversa, pensate che ne sia interamente influenzato, valutatelo 100 % ; rispetto ad alcuni di essi, potreste non avere la minima idea di quanto conti il DNA, ma provate a indovinare. Nella tabella 1 .2 potrete confrontare le vostre valutazioni con quelle dell'indagine svolta nel 2017 su un campione di cinquemila giovani adul­ ti nel Regno Unito.2 L'ultima colonna mostra le stime, frutto di decenni di ricerca genetica, in base alla quale circa il 50% delle nostre differenze psicologiche sarebbe spiegato dalle differenze genetiche ereditarie; in al18

SEPARARE NATURA E CULTURA

Tabella 1.2 Quanto sono influenzati dalla genetica questi tratti? La prima colonna mostra le opinioni medie dì 5000 giovani a dulti nel Regno Unito. La secon da colonna mostra ì risultati della ricerca genetìca.3 Valutazioni medie

Risultati della ricerca

77%

95%

Statura

67%

80%

Peso

40%

70%

Cancro al seno

53%

10%

Ulcera gastrica

29%

70%

Schizofrenia

43%

50%

Autismo

42%

70%

Dislessia

38%

60%

Colore dell'iride

Rendimento scolastico

29%

60%

Facilità di eloquio

27%

60%

Memorizzazione dei volti

31%

60%

Abilità spaziali (per es. la navigazione)

33%

70%

Intelligenza generale (per es. il ragionamento)

41%

50%

Personalità

38%

40%

tre parole, queste ultime sono la ragione principale per cui siamo quelli che siamo. Il prossimo capitolo esamina i motivi per i quali sappiamo che questo è vero, e il resto della prima parte del libro indaga su cosa ciò si­ gnifichi per la psicologia e per la società. Questi quattordici tratti non sono stati scelti in quanto particolarmente ereditabili: è stata riscontrata un'influenza genetica significativa non solo per la schizofrenia e per l'autismo, ma anche per tutti i tipi di psicopato­ logia, tra i quali i disturbi dell'umore, i disturbi d'ansia e dell'attenzione, il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità, la personalità antisociale e la dipendenza da sostanze; una notevole influenza genetica è evidente anche per tutti gli aspetti della personalità e per le capacità e disabilità intellettive. Sottolineare l'ereditabilità di un nuovo tratto psicologico non è più molto interessante, dal momento che sono ereditabili. Un segnale di quan­ to la situazione sia cambiata rispetto all'ambientalismo del secolo scorso è dato dal fatto che - a quanto mi risulta - non esiste un singolo tratto psi­ cologico che non presenti influenza genetica. Le stime relative all'influenza genetica sono dette ereditabz"lità, termine che in genetica ha un significato preciso: l' ereditabilità descrive quanto 19

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

delle differenze tra gli individui può essere spiegato dalle loro differenze genetiche ereditarie. La parola "differenze" è la chiave della definizione dell'ereditabilità. L'impronta genetica riguarda ciò che ci rende differenti a livello psicologico. Ci sono molte parole correlate che creano confusione sull'ereditabili­ tà; "innato" e "congenito" si riferiscono a caratteristiche universali così importanti, dal punto di vista evolutivo, da essere immutabili, almeno in considerazione della gamma di ambienti in cui ci siamo evoluti: cammi­ niamo tutti con due gambe, abbiamo gli occhi nella parte anteriore della testa per poter percepire la profondità, e siamo dotati di riflessi di base come il battere le palpebre in reazione a un soffio d'aria. Tali caratteri­ stiche sono programmate da quel 99% del nostro DNA che non cambia da un individuo all'altro; l'ereditabilità, invece, riguarda l' l % del nostro DNA che si differenzia da quello degli altri e che contribuisce alle nostre peculiarità comportamentali. Nel caso delle caratteristiche innate, benché siano geneticamente programmate, non possiamo parlare di ereditabilità poiché non variano da persona a persona.4 Termini quali "genetica" ed "ereditario" - ed espressioni quali "nei miei geni" o "nel tuo DNA " - si riferiscono a qualsiasi cosa abbia a che fare con il DNA. Essi includono sia il 99% del patrimonio genetico che abbia­ mo in comune con gli altri esseri umani sia l' l % che ci differenzia l'uno dall'altro; includono anche le mutazioni del DNA che non sono ereditate o trasmesse alla nostra progenie, quali, per esempio, le mutazioni geneti­ che delle cellule epiteliali, causa del melanoma. In ambito scientifico, quando un termine ha connotazioni e significa­ ti diversi, è utile coniare una nuova parola che abbia un significato uni­ voco. Ecco il perché della parola "ereditabilità" (quasi impronunciabile, tanto è lunga), che indica fino a che punto una caratteristica come il peso sia ereditabile. Quando si parla del 70% di ereditabilità relativamente al peso, si intende che il 70% delle differenze di peso tra le persone può es­ sere attribuito alle loro differenze nella sequenza del DNA ereditato (vedi tabella 1.2). Il restante 30% potrebbe dipendere da fattori ambientali si­ stematici quali la dieta e l'esercizio fisico; tuttavia, come vedremo, a ren­ derei differenti a livello ambientale sono le esperienze casuali e non siste­ matiche, sulle quali abbiamo poco controllo. Il concetto di ereditabilità è spesso frainteso: non è una costante co­ me la velocità della luce o la forza di gravità; è un insieme di dati statistici che descrive una determinata popolazione in un preciso momento, con la mescolanza delle influenze genetiche e ambientali proprie di quella popolazione. In parole più semplici, è la descrizione di ciò che è, ma non 20

SEPARARE NATURA E CULTURA

la predizione di ciò che potrebbe essere; un'altra popolazione, o la stessa popolazione in un momento diverso, potrebbe presentare una diversa mescolanza di influenze genetiche e ambientali; l' ereditabilità rifletterà queste differenze. Per esempio, il coefficiente di ereditabilità per il peso corporeo è maggiore nei Paesi più ricchi, come gli Stati Uniti, rispetto a quello rilevato nei Paesi più poveri, come l'Albania e il Nicaragua. I Paesi più ricchi hanno maggiore accesso ai fast-food e agli snack energetici, e la disponibilità di questi cibi ingrassanti determina un coefficiente di eredi­ tabilità maggiore, poiché evidenzia le differenze genetiche nella propen­ sione della popolazione a guadagnare peso. Molti altri equivoci comuni sull'ereditabilità derivano dalla confusio­ ne tra ciò che è e ciò che potrebbe essere, e dal prendere in considerazione il singolo individuo anziché le differenze individuali in una popolazione.5 (Chi fosse interessato a un approfondimento, può consultare la sezione "Note", alla fine del libro.) Per il momento, lo scopo della sintesi della ri­ cerca illustrata nella tabella 1 .2 è mostrare che la genetica contribuisce in modo sostanziale alle differenze tra le persone. In che modo le vostre valutazioni si sono sovrapposte alle stime della ricerca genetica? Le "stime medie" riportate nella tabella 1 .2 mostrano come il ruolo dell'influenza genetica sia perlopiù accettato, ma ci sono al­ cune notevoli discrepanze tra l'opinione generale e quello che dice la ri­ cerca, e l'analisi di queste difformità è rivelatrice. li maggior disaccordo riguarda il cancro al seno. Mediamente, si pensa che questo tipo di neoplasia sia perlopiù (53 % ) ereditabile, ma la ricerca mostra che è di gran lunga il meno ereditabile ( l O % ) dei quattordici tratti presi in esame. In altre parole, perché alcune donne si ammalano di cancro della mammella e altre no? La genetica fornisce solo il lO% della risposta. Una parte delle prove evidenzia quanto segue: una donna che abbia una gemella identica malata di cancro al seno presenta un rischio solo legger­ mente maggiore di sviluppare la stessa malattia rispetto a chiunque altro, sebbene i gemelli identici siano come cloni in quanto ereditano lo stesso DNA. Il tasso di incidenza di questa patologia nelle donne è pari al lO% circa, ma per quelle che hanno una gemella identica con il cancro al seno è solo del 1 5 % .6 Sebbene ciò rappresenti un aumento del 50% del rischio relativo, in termini assoluti significa che nell'85 % dei casi, se una delle due gemelle identiche sviluppa questo tipo di tumore, per l'altra non sarà così. Poiché i gemelli monozigoti sono identici geneticamente, la discordanza per questo tratto deve dipendere dall'ambiente. Non sappiamo quali siano queste importanti differenze ambientali; po­ trebbe trattarsi di fattori sistematici quali la dieta, lo stile di vita o le ma21

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

lattie, ma potrebbe anche dipendere da mutazioni non ereditarie che si manifestano casualmente in specifiche cellule del seno; in ogni caso, l'im­ portanza dei risultati di questa ricerca genetica risiede nel fatto che, per il cancro al seno, il coefficiente di ereditabilità è molto basso. Perché si pensa che questa neoplasia sia molto più ereditabile di quan­ to in effetti sia? La maggioranza del campione afferma di averla valutata come altamente ereditabile per aver sentito dire che era stato individuato il gene responsabile di questa particolare forma di cancro. È vero che so­ no state riscontrate alcune differenze genetiche ereditarie associate al tu­ more della mammella, ma tali varianti del DNA sono molto rare e l'effetto sull'insieme della popolazione è scarso. Anche se il cancro al seno è uno dei tratti meno ereditabili, spesso è causato da mutazioni genetiche; queste, però, non sono ereditarie. Se un genetista dice che un tratto è ereditabile, si sta riferendo alle differenze ge­ netiche ereditarie, e questo è in linea con ciò che comunemente si intende affermando che il colore degli occhi è altamente ereditabile: lo si eredita dai propri genitori. Questa definizione dell'influenza genetica è piuttosto ristretta, poiché esclude molte altre differenze genetiche non ereditarie. Quello della mammella, come molti altri tumori, è innescato da mutazio­ ni genetiche che awengono casualmente in particolari cellule somatiche quali, appunto, quelle del seno; questi errori del DNA non si ereditano dai genitori, né si trasmettono ai figli. A differenza della definizione di "genetico" in riferimento alle diffe­ renze genetiche ereditarie, limitativa ma specifica, quella di "ambientale " è molto ampia, in quanto include tutti quegli influssi che non dipendono dalle differenze ereditarie del DNA. Tale definizione di ambiente si riferi­ sce a un numero ben maggiore di fattori ambientali rispetto a quelli tipi­ camente studiati dagli psicologi quali la famiglia, il quartiere, la scuola, le compagnie e gli ambienti di lavoro; come nel caso del cancro al seno, es­ sa comprende anche le differenze genetiche non ereditarie. Questa estesa definizione di ambiente annovera anche le influenze prenatali, le malattie, il cibo e le bevande: tutto ciò che non deriva dalle differenze genetiche ereditarie. In questo senso, un termine migliore per ciò che i genetisti in­ tendono quando si riferiscono all'ambiente è "non-genetico" . L e altre due maggiori discrepanze tra ciò che comunemente s i crede in merito all'ereditabilità e quello che dice la ricerca riguardano il peso cor­ poreo e l'ulcera gastrica; le valutazioni, rispetto a quelle riguardanti il tu­ more della mammella, vanno in direzione opposta, in quanto si ritiene che il peso e l'ulcera siano le caratteristiche fisiche meno ereditabili; eppure la ricerca dice proprio il contrario. In media, il campione della nostra inda22

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gine ha valutato il peso ereditabile al 40% e l'ulcera al 29%, ma la ricerca genetica mostra stime di ereditabilità del 70% sia per il peso sia per l'ulcera. Se si chiede ai partecipanti perché abbiano valutato il peso e l'ulcera meno ereditabili rispetto agli altri tratti, rispondono che il peso è una que­ stione di forza di volontà e che l'ulcera è una conseguenza dello stress. Si presume che la forza di volontà e lo stress dipendano dall'ambiente, ma queste supposizioni sono sbagliate ed è importante sapere perché. Per quanto riguarda il peso, la ragione per cui si crede che la chiave stia nella forza di volontà consiste nel fatto che, smettendo di mangiare, owia­ mente, si dimagrisce; la nostra cultura spesso accusa le persone in sovrap­ peso di non esercitare l'autocontrollo necessario a smettere di mangiare. In ogni caso, il fatto che il 70% delle differenze di peso corporeo tra le persone siano causate da differenze genetiche ereditarie non contraddice l' owia verità per la quale tutti potrebbero perdere peso, se smettessero di mangiare. Chiunque dimagrirebbe se, improvvisamente, non avesse più accesso al cibo o se un bendaggio gastrico limitasse la quantità di cibo che può introdurre nello stomaco. Come abbiamo visto, la ricerca genetica non si concentra tanto su ciò che può fare la differenza, quanto piuttosto su ciò che/a la differenza nella popolazione; essa descrive, cioè, quello che è anziché predire ciò che potrebbe essere. Solitamente, quando è riferito al peso, un coefficiente di ereditabili­ tà del 70% indica che le differenze ponderali tra le persone dipendono in gran parte dalle differenze genetiche ereditarie, al di là delle singole specificità nella dieta, nell'esercizio fisico e nello stile di vita: qualcuno ingrassa molto più facilmente e gli è molto più difficile dimagrire, per ra­ gioni genetiche. Similmente, non ci sono prove ad awalorare la comune ipotesi secon­ do la quale l'ulcera gastrica è provocata dallo stress. Infatti, essa è spesso causata da un'infezione batterica; ciò non implica, tuttavia, che le diffe­ renze genetiche non siano importanti. Se si considerano le differenze nel­ la predisposizione alle infezioni o nella sensibilità agli stimoli alimentari che possono influenzare il peso corporeo, la genetica è molto importante. Per quanto riguarda la sensibilità all'ambiente, le differenze di origine ge­ netica sono meccanismi importanti, in base ai quali tali peculiarità ci ren­ dono differenti dagli altri dal punto di vista sia biologico sia psicologico. E per ciò che riguarda i tratti psicologici? Per le ultime nove voci dell'e­ lenco, il punteggio medio è pari al 3 6% , valore notevole, benché considere­ volmente inferiore alla stima media della ricerca, che corrisponde al 58% . Una delle maggiori discrepanze tra le valutazioni del campione e i ri­ sultati della ricerca riguarda il rendimento scolastico, un punto centrale 23

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della mia ricerca. La valutazione media risultata dalla nostra indagine è pari al 29 % , ma la ricerca genetica mostra in modo stabile che il livello delle prestazioni nei test riguardanti il rendimento scolastico è mediamen­ te ereditario per il 60% . Questo significa che, in relazione ai risultati sco­ lastici, più della metà delle differenze tra i bambini è dovuta a differenze genetiche ereditarie. Queste medie nascondono una vasta gamma di opinioni; la varietà più ampia è emersa per i tratti psicologici. Per esempio, il punteggio medio per l'autismo era del 42 % , ma il 6% del campione riteneva che l'autismo fosse ereditario al l OO % , mentre il 14% pensava non lo fosse affatto. Se avevate sottovalutato l'influenza genetica sui tratti psicologici, non siete i soli: esiste una molteplicità di opinioni al riguardo; complessiva­ mente, il 15% del campione aveva valutato queste caratteristiche come non ereditabili. Ci sono, dunque, "ambientalisti" , convinti che nessuna di queste ca­ ratteristiche mostri influenza genetica, ed "ereditaristi" che credono sia tutto ereditario? Non è così: coloro che avevano giudicato un determi­ nato tratto altamente ereditabile non erano gli stessi che avevano dato la medesima valutazione in merito ad altri tratti.7 I risultati dell'indagine descritta furono cruciali nel decidere come avrei scritto questo libro. In passato, quando gli psicologi e l'insieme del pub­ blico ancora non avevano accettato l'importanza dell'influenza genetica, nella tabella 1 .2 avrei documentato scrupolosamente le prove della co­ lonna "risultati della ricerca genetica ", ma gli esiti della nostra indagine indicano che lo Zeitgeist è cambiato abbastanza da non renderlo più ne­ cessario: pur sottovalutandone l'influenza, la maggioranza accetta che il DNA sia importante per i tratti psicologici. Spero che la mia interpretazione dello Zeitgeist sia corretta perché, al­ trimenti, bisognerebbe esaminare un'enorme quantità di ricerche, molte decine di migliaia di studi, con oltre ventimila articoli pubblicati solo ne­ gli ultimi cinque anni.8 Sarebbe noioso sintetizzare qui l'insieme di questa ricerca, dato che la conclusione è simile per tutte le aree della psicologia. Come si può vedere nella tabella 1 .2 , i tratti psicologici sono tutti sostan­ zialmente ereditabili, in media per il 50% circa. L'ereditabilità è a tal punto onnipresente da aver permesso di enuncia­ re la prima legge della genetica comportamentale: tutti i tratti psicologici mostrano un'influenza genetica considerevole e significativa. I risultati della nostra indagine suggeriscono che la maggior parte del­ le persone non ha più bisogno di essere convinta dell'importanza del DNA per quanto riguarda la nostra individualità. Anziché controllare la mon24

SEPARARE NATURA E CULTURA

tagna di prove che supportano la colonna "risultati della ricerca genetica" nella tabella 1 .2 , esamineremo, nel prossimo capitolo, i metodi e alcuni esempi dei risultati che hanno condotto alla formulazione della prima leg­ ge della genetica comportamentale.9 La prima parte di questo libro presenta alcune delle più importanti sco­ perte in psicologia, che vanno ben oltre le stime dell'ereditabilità; è stato possibile ottenere questi risultati grazie all'aggiunta della genetica, che in precedenza era stata ignorata, alla ricerca psicologica tradizionale. Scin­ dendo gli effetti della natura da quelli della cultura, anziché supporre che la sola cultura fosse responsabile per come siamo, la ricerca ha prodotto risultati sorprendenti che suggeriscono un modo completamente diverso di pensare al ruolo della natura e della cultura e alla loro interazione nel farci diventare quelli che siamo.

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Come sappiamo che il DNA ci rende quelli che siamo?

Nella psicologia cognitiva, gli aneddoti e gli esperimenti concettuali pos­ sono trasmettere idee elementari, come gli errori che spesso facciamo quando pensiamo in modo intuitivo. Nelle neuroscienze, a chiarire le idee bastano le immagini delle aree del cervello che si illuminano. Anche la psi­ cologia evolutiva è facile da descrivere, poiché le sue prove si basano sulle differenze medie tra le specie. Le influenze genetiche, in psicologia, sono difficili da descrivere perché la genetica non riguarda il modo in cui tutti pensiamo, il modo in cui funziona in generale il cervello umano o ciò che siamo come specie: riguarda le differenze tra gli individui, anziché tra i gruppi. È l'essenza della nostra individualità. Per descrivere le origini genetiche delle differenze individuali, gli aned­ doti non sono sufficienti e gli esperimenti concettuali non sono possibili. Per comprendere su cosa sono basate le stime dell'influenza genetica, di cui al capitolo precedente, si devono conoscere i metodi e le analisi utiliz­ zati. Ciò richiede anche alcuni dati statistici, quelli relativi alle differenze individuali. Sono tre le ragioni per cui, in questo capitolo, utilizzo le differenze di peso individuali per illustrare i metodi della genetica comportamentale: in primo luogo, sebbene il peso sia una caratteristica fisica, è una delle principali aree di ricerca nella psicologia della salute. Il peso è il risultato del comportamento - quello che mangiamo, quanto mangiamo e quanto esercizio fisico facciamo - e la psicologia è la scienza del comportamento. Per molti versi, l'epidemia di obesità è un problema psicologico. In secondo luogo, come abbiamo visto nell'indagine presentata nel capitolo precedente, perlopiù si ritiene il peso molto meno ereditabile di quanto in effetti sia (il 40% contro il 70% ) . Spero che questo renda più interessanti le prove a giustificazione del 70% di ereditabilità. In aggiun­ ta, non c'è dubbio che il peso si possa misurare con precisione; la misu27

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razione dei tratti psicologici è invece meno evidente. Per esempio, i tratti della personalità vengono solitamente valutati utilizzando test di autova­ lutazione e la psicopatologia viene diagnosticata sulla base di colloqui. Il peso solleva tutti i problemi relativi alla comprensione delle origini dei tratti psicologici. n punto di partenza per l'analisi genetica è la somi­ glianza tra i membri di una famiglia: c'è familiarità per un determinato tratto? Se osservate le famiglie dei vostri conoscenti, la somiglianza in re­ lazione al peso è abbastanza forte da risultare evidente. È probabile che chi è magro abbia genitori e fratelli più magri rispetto alla maggior parte della popolazione. Se per il peso non vi fosse familiarità, la genetica po­ trebbe non essere importante. La familiarità per questo tratto può dipendere da ragioni che hanno a che fare con la natura (la genetica) o con la cultura (l'ambiente ) . Per un secolo, la ricerca genetica si è affidata a due sistemi per scindere natura e cultura: il metodo dell'adozione e quello dei gemelli. I due criteri si basa­ no su ipotesi, punti di forza e punti deboli, diversi. Nonostante le grandi differenze tra i due metodi, per quanto riguarda l'importanza delle dif­ ferenze genetiche ereditarie nel determinare i tratti psicologici, i risultati convergono sulla stessa conclusione.

Un esperimento sociale: r adozione Al fine di verificare l'influenza della genetica, un modo per scindere la natura dalla cultura consiste nel trovare parenti che condividano l'una ma non l'altra. L'adozione è una sorta di esperimento sociale idoneo pro­ prio a questo fine. Possiamo vedere come i bambini siano simili ai pro­ pri genitori biologici o "genetici" , quando vengono dati in adozione alla nascita. In questo caso i genitori condividono con i propri figli la natu­ ra, ma non la cultura. Se la familiarità del peso dipendesse dalla natura, i bambini adottati dovrebbero assomigliare ai loro genitori genetici, non a quelli adottivi. Gli studi sull'adozione forniscono anche una verifica diretta sulla cul­ tura. Se la ragione della familiarità per il peso fosse la cultura, i bambini adottati dovrebbero assomigliare ai genitori adottivi, che sono i loro geni­ tori "ambientali". Al pari di coloro che allevano i propri figli genetici, i ge­ nitori adottivi forniscono ai bambini l'ambiente familiare, compreso il tipo di alimentazione, e impostano per loro uno stile di vita sano o malsano. Sennonché, tra genitori e figli ci sono almeno vent'anni di differenza; inoltre, genitori e figli sono cresciuti in ambienti diversi: pertanto, un ri28

COME SAPPIAMO CHE IL DNA CI RENDE QUELLI CHE SIAMO?

scontro persino migliore dell'influenza dell'ambiente familiare è lo studio sui fratelli " ambientali" . Circa un terzo delle famiglie adottive accoglie due bambini. Questi bambini hanno genitori biologici diversi e non sono geneticamente correlati, però crescono nella stessa famiglia. Se la cultura spiegasse le differenze di peso individuali, i fratelli adottivi dovrebbero essere simili ai fratelli che condividono natura e cultura. All 'inizio della mia carriera, mi capitò di condurre uno studio sull'a­ dozione in un periodo in cui tale pratica era molto più comune di quan­ to lo sia attualmente. Nel 1974, dopo aver concluso gli studi di dottorato presso la University of Texas ad Austin, ottenni il lavoro dei miei sogni alla University of Colorado di Boulder, con un contratto congiunto del Department ofPsychology e dell'Institute for Behavioral Genetics, l'unico istituto nel suo genere al mondo. Decisi di creare uno studio longitudinale a lungo termine sullo sviluppo psicologico nell'adozione. Per un nuovo assistente, intraprendere un progetto a così lungo termine era tipicamen­ te considerato una cattiva idea, dal momento che non avrebbe prodot­ to, in tempi brevi, risultati abbastanza importanti da garantirgli il posto di lavoro e avanzamenti di carriera. Ma io sono un inguaribile ottimista. Al fine di separare l'influenza della natura da quella della cultura, il pro­ getto sull'adozione è particolarmente efficace, dal momento che può inclu­ dere genitori "genetici", "ambientali" e "genetico-ambientali" . I genitori "genetici" sono genitori di bambini dati in adozione, mentre quelli "am­ bientali" sono i genitori adottivi di questi bambini. La definizione di "geni­ tori genetico-ambientali" si riferisce alla comune situazione in cui i genitori condividono con i propri figli natura e cultura. Questo progetto consen­ te di ottenere stime valide dell'influenza genetica e di quella ambientale. All'inizio degli anni Settanta, l'adozione negli Stati Uniti era al suo apice. Gli Swinging Sixties portarono con sé una rivoluzione sessuale. Negli anni Settanta, la percentuale di bambini nati da donne non spo­ sate triplicò, passando da meno del 4 % , prima del 1 960, a oltre il 15 % . Sebbene l a pillola anticoncezionale fosse stata approvata nel 1 960 dalla us Food and Drug Administration e fosse ampiamente utilizzata dalle donne sposate, le ragazze iniziarono a usarla solo a metà degli anni Set­ tanta. L'aborto era proibito e una donna non sposata che cresceva un bambino da sola era disapprovata. Solo nel 1973 la sentenza Roe vs Wade della Corte Suprema degli Stati Uniti legalizzò l'aborto entro il primo trimestre di gravidanza e ci vollero diversi anni prima che tale procedu­ ra divenisse disponibile. Negli anni Settanta, le ragazze che rimanevano incinte "fuori dal matri­ monio", in particolare se di educazione confessionale, spesso andavano a 29

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vivere nelle " case per ragazze madri" fino a quando non partorivano, per poi abbandonare i loro bambini, che venivano dati in adozione. Dopo la prima settimana di vita, i bambini adottati non rivedevano più la madre e i registri delle adozioni erano tenuti segreti. Adesso il numero dei bambi­ ni adottati è molto più basso e la maggior parte delle adozioni è "aperta", nel senso che consente i contatti tra genitori naturali e adottivi. Durante i miei primi mesi a Boulder individuai due agenzie private di Denver, affiliate alla Chiesa, che organizzavano l'adozione di diverse cen­ tinaia di neonati ogni anno. Con mia sorpresa, queste agenzie accettarono prontamente di collaborare alla ricerca. 1 Insieme risolvemmo parecchi problemi; quello principale era mante­ nere l'anonimato e il riserbo per madri e figli. Queste ragazze, perlopiù adolescenti Oa loro età media era di 19 anni) avevano lasciato casa, amici e famiglia per partorire senza che nessuno lo sapesse; tutto ciò che desi­ deravano era tornare alla loro vita, indenni rispetto all'esperienza della maternità. Elaborammo un sistema grazie al quale le ragazze incinte non avrebbero fornito informazioni identificative, in modo che fosse impos­ sibile ricontattarle. Dal quarto mese di gravidanza in poi, diverse decine di ragazze viveva­ no insieme nelle strutture gestite dall'agenzia di adozione. li mio piano era quello di esaminarle, in gruppi, nei rispettivi centri di accoglienza. Duran­ te l'incontro di tre ore che avevamo stabilito cercavo di ottenere da loro quante più informazioni possibili, dato che il nostro accordo era che non avremmo avuto ulteriori contatti. Le misurazioni includevano test cogni­ tivi e questionari sulla personalità, gli interessi e i talenti, e le psicopato­ logie; raccoglievo informazioni anche su istruzione e occupazione, fumo e consumo di alcol, statura e peso. Volevo utilizzare la stessa serie di test con i genitori adottivi dei loro bambini e far loro visita in casa per studiare lo sviluppo dei bambini. Le agenzie di adozione incoraggiavano i genitori adottivi a parlare aperta­ mente dell'adozione, specialmente con i figli; poiché questa realtà non veniva trattata come una questione segreta, potevo spiegare il progetto a gruppi di potenziali genitori adottivi, e scoprii che molti erano desiderosi di parteciparvi. Penso che l'entusiasmo riflettesse la voglia di conoscere i bambini e seguire il loro sviluppo. Sebbene nei primi anni Settanta i neo­ nati disponibili per l'adozione fossero molti di più rispetto a oggi, adotta­ re un bambino non era comunque facile. Per esempio, i genitori adottivi dovevano dimostrare di essere sterili; venivano intervistati a lungo sulle ragioni per le quali volevano adottare un bambino e dovevano consenti­ re le visite di un assistente sociale per valutare l'idoneità della loro abita30

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zione. Tra il primo contatto con l'agenzia e l'affidamento di un bambino passavano in media tre anni. Poiché le agenzie di adozione erano organizzazioni religiose senza sco­ po di lucro, i genitori adottivi non erano selezionati in base alle loro pos­ sibilità economiche, ma almeno uno dei due doveva essere un cristiano praticante. I genitori adottivi corrispondevano abbastanza, in termini di istruzione e status professionale, alla tipica famiglia americana con figli. Per due anni trascorsi la maggior parte dei miei fine settimana guidan­ do per 50 chilometri da Boulder a Denver, dove effettuavo i miei test su gruppi di ragazze madri. Raccogliere dati da queste giovani in cattività era facile, dato che durante i mesi che trascorrevano nelle case di acco­ glienza il loro problema principale era la noia; quasi tutte le madri accet­ tarono di partecipare. L'influenza genetica dei genitori sullo sviluppo dei figli può essere va­ lutata direttamente grazie alla somiglianza dei genitori "genetici" con i figli dati in adozione. L'altro aspetto del progetto sull 'adozione è la pos­ sibilità di avere una stima diretta dell'influenza dei genitori " ambientali " - genitori adottivi - sui bambini adottati. Dopo aver ottenuto un finan­ ziamento che mi permise di assumere altri ricercatori che mi aiutassero con i test, acquisii un campione di genitori " di controllo" - un numero corrispondente di genitori che avevano dato alla luce e allevato i propri figli. Questi sono i cosiddetti genitori "genetico-ambientali" . Tutti ac­ cettarono di sottoporsi alla stessa serie di test che avevo utilizzato con le future madri. n mio obiettivo era studiare parallelamente 250 famiglie adottive e 250 famiglie di controllo nelle loro rispettive dimore, con cadenza annuale dall'inizio dell'adozione alla prima infanzia dei bambini. Un terzo delle famiglie adottive accolse un secondo bambino, che desideravo seguire non meno dei fratelli nelle famiglie di controllo. Non vedevo l'ora di utilizza­ re, per la prima volta in uno studio sull'adozione, questionari, interviste e osservazioni, comprese quelle delle videoregistrazioni delle interazioni tra genitori e figli. Lo studio, denominato Colorado Adoption Project (CAP) non si con­ cluse, però, con la prima infanzia, poiché il suo valore aumentava a ogni fase della valutazione. n laboratorio continuò a monito rare lo sviluppo dei bambini all'età di 7, 12 e 16 anni, effettuando interviste telefoniche negli anni intermedi. All'età di 16 anni, oltre il 90% dei bambini del CAP aveva completato gli stessi test cui si erano sottoposti i loro genitori sedici anni prima; durante questo periodo, genitori e ambienti domestici venivano valutati tramite questionari e interviste telefoniche; lo studio è ancora in 31

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corso con quegli stessi bambini, che adesso hanno circa 40 anni. 2 I risulta­ ti sono descritti in quattro libri e in centinaia di articoli di ricerca.3 li CAP si è aggiunto alle prove a sostegno della prima legge della genetica com­ portamentale secondo la quale i tratti psicologici mostrano un'influenza genetica notevole e significativa. Persino nell'infanzia, per esempio, fu evidenziata l'influenza genetica sull'intelligenza, su specifiche capacità cognitive, inclusa quella verbale, sulle abilità spaziali, sui diversi tipi di memoria quale l'abbinamento di un nome a un volto e sulla capacità di lettura a partire dai 7 anni. L'influenza genetica fu riscontrata anche per il temperamento dei bambini, come riportato dagli osservatori, partico­ larmente riguardo alla timidezza. Le valutazioni sul temperamento fornite dagli insegnanti indicarono per questo aspetto un'alta ereditabilità nella fase adolescenziale. Mostrarono una significativa influenza genetica an­ che i problemi comportamentali, osservati da genitori e insegnanti, quali i disturbi dell'attenzione e la solitudine autodichiarata. Ma il contributo più importante del CAP consiste in alcune delle "grandi scoperte" descritte nei capitoli seguenti. Per esempio, il CAP è stato il pri­ mo studio a riportare l'impatto della genetica sulle misure dell'ambiente. In che modo le misure ambientali possono rivelare l'influenza genetica? Troverete la risposta nel prossimo capitolo.

Un esperimento biologico: i gemelli Se l'adozione è un esperimento sociale che separa gli effetti della natura da quelli della cultura, quello sui gemelli è un esperimento di biologia: i gemelli identici sono la dimostrazione più evidente dell'ereditarietà in azione. I gemelli identici nascono dallo stesso ovulo fecondato, o zigote; questo è il motivo per cui ereditano lo stesso DNA e nella terminologia scientifica sono chiamati "gemelli monozigoti (MZ) " . Dato che circa un individuo su 350 è un gemello identico, è probabile che conosciate alme­ no un paio di gemelli MZ. Se non ne conoscete personalmente, è probabile che abbiate sentito par­ lare di coppie di monozigoti famosi, come Cameron e Tyler Winklevoss, i creatori di un sito di social networking di Harvard che, secondo loro, ha ispirato Facebook; potreste conoscere i giocatori di football americano Ronde e Tiki Barber; sono gemelli MZ anche i famigerati criminali dell'East End degli anni Cinquanta, Ronnie e Reggie Kray; e lo sono Ashley e Mary­ Kate Olsen, anche se queste ultime sostengono di non essere, in realtà, gemelle MZ nonostante siano molto simili, un'affermazione che potrebbe 32

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essere facilmente confermata da un test del DNA: se risultassero differenze nel DNA ereditario, ciò dimostrerebbe che non sono gemelle MZ. Se il peso fosse ereditabile al lOO% i gemelli MZ avrebbero lo stesso peso. Anche per i gemelli MZ, come per gli altri membri della famiglia, la similarità nel peso potrebbe dipendere sia dalla cultura sia dalla natura. Il test più plateale relativo all'influenza genetica riguarda lo studio sui ge­ melli MZ separati dall'adozione appena nati; questi bambini condividono completamente la natura, ma non condividono affatto la cultura, quindi la loro somiglianza è una prova diretta dell'influenza genetica. I gemelli MZ allevati separatamente sono, com'è owio, estremamente rari. Ne sono state studiate solo poche centinaia di coppie in tutto il mon­ do. Questi casi hanno prodotto alcuni esempi di somiglianza sorprenden­ ti. Una delle prime coppie studiate in modo approfondito è stata quella dei "gemelli Jim " , nati in Ohio alla fine degli anni Trenta. Furono adot­ tati all'età di 4 settimane da due famiglie diverse che non sapevano che il loro bambino avesse un gemello e sono famosi perché, quando furono riuniti per la prima volta nel 1979, all'età di 39 anni, mostrarono alcune sorprendenti somiglianze. Per esempio, entrambi i Jim andavano male a scuola in ortografia e matematica; a tutti e due piacevano la falegnameria e il disegno tecnico; l'uno e l'altro avevano iniziato a soffrire di mal di te­ sta a 18 anni, erano ingrassati di 5 chili alla stessa età, erano alti 1 83 cen­ timetri e pesavano 82 chilogrammi. Ma questi sono aneddoti, e la somma di molti aneddoti non fornisce un dato statistico. Anche se non ci sono molte coppie di gemelli MZ alle­ vati separatamente, i risultati che li riguardano sup portano altre ricerche nell'indicare un'influenza genetica considerevole. In generale, i gemelli MZ allevati separatamente si assomigliano quanto quelli allevati insieme, a in­ dicare che a renderli così simili non è la cultura, ma la natura. Il metodo maggiormente utilizzato per separare gli effetti di natura e cultura è l'analisi dei gemelli allevati insieme. I gemelli sono un dono per la scienza perché ne esistono di due tipi, non solo i gemelli MZ. Circa l' l % di tutti i neonati è costituito da gemelli; questi sono per un terzo gemelli MZ; gli altri sono detti gemelli dizigoti (DZ) o fraterni, poiché nascono da due ovuli fecondati contemporaneamente. Come ogni fratello e sorella, i gemelli DZ sono geneticamente simili al 50%. Sia i gemelli MZ sia quelli DZ si sviluppano nello stesso utero e general­ mente crescono nella stessa famiglia. Quindi, se un determinato tratto è influenzato dalla natura, si deve prevedere che i gemelli MZ si assomiglie­ ranno di più rispetto ai DZ. Se le differenze individuali per un certo trat­ to dipendessero interamente dal DNA ereditario, la correlazione per quel 33

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tratto fra i gemelli identici dovrebbe essere del lOO % , mentre per i gemelli fraterni sarebbe del 50% . Se le differenze genetiche non fossero impor­ tanti, i gemelli identici non si somiglierebbero più dei gemelli fraterni. Nel 1994 ricevetti la stimolante offerta di trasferirmi a Londra per con­ tribuire alla creazione di un centro di ricerca interdisciplinare. L'obiettivo del Centro era unire le strategie genetiche e quelle ambientali per studiare l'interazione tra geni e ambiente nello sviluppo psicologico. Così nacque il Social, Genetic and Developmental Psychiatry Centre - che continua a prosperare presso l'Institute of Psychiatry, Psychology and Neuroscience del King's College di Londra, dove ancora lavoro.4 Questo trasferimento mi diede l'opportunità di iniziare una nuova ri­ cerca longitudinale a lungo termine, questa volta sui gemelli. Volevo crea­ re uno studio molto ampio sui gemelli a livello nazionale, che avrebbe potuto separare gli effetti di natura e cultura sullo sviluppo dei bambini; l'unico modo per procedere sistematicamente è identificare i gemelli gra­ zie ai registri anagrafici. Anche se in Colorado avevo iniziato uno studio sui gemelli focalizzato sull'infanzia, negli Stati Uniti sarebbe stato difficile crearne uno a livello nazionale, in quanto i registri anagrafici sono gestiti separatamente da ogni Stato.5 Nel Regno Unito fui fortunato perché nel 1993 i registri anagrafici erano appena stati informatizzati e da quel mo­ mento in poi fu registrata anche la presenza di un gemello. Nel Regno Unito nascono ogni anno circa 7500 coppie di gemelli; il mio obiettivo era invitare a partecipare al progetto i genitori di quelli nati nel 1994, 1995 e 1996; le coppie di bambini erano più di ventimila. Vole­ vo studiare lo sviluppo psicologico dei gemelli fin dalla nascita e seguir­ li attraverso la prima infanzia, l'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta, per esplorare i cambiamenti delle influenze genetiche e ambientali di anno in anno. Denominai lo studio Twins Early Development Study (TEDS).6 Il TEDS partì alla grande: rispetto agli altri genitori, la partecipazione alla ricerca da parte di chi ha figli gemelli è doppia, poiché capiscono che questi bambini sono speciali e che gli studi che li riguardano possono con­ tribuire al progresso scientifico. Più di sedicimila famiglie con gemelli di l anno di età accettarono di partecipare al progetto. Lo trovo particolar­ mente ammirevole poiché crescere due gemelli comporta un lavoro dop­ pio rispetto a chi ha un figlio solo; tuttavia, pur essendo impegnatissimi, questi genitori accettarono prontamente di contribuire alla ricerca. Il metodo dei gemelli si basa sul confronto tra gemelli identici e gemel­ li fraterni; come si può sapere se i gemelli di una coppia sono identici o fraterni? Essendo identici geneticamente, i gemelli monozigoti sono mol­ to simili in tutte le caratteristiche altamente ereditabili, quali la statura, il 34

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colore degli occhi, il colore dei capelli e l'aspetto generale. Sono difficili da distinguere, a volte loro malgrado (per il fastidio di essere confusi con il gemello) e spesso con divertimento (quando creano confusione negli al­ tri intenzionalmente). Per stabilire con un'accuratezza superiore al 90% se due gemelli sono identici basta porsi una domanda: sono simili come due piselli in un baccello? La figura 2 . 1 mostra quanto si assomiglino i gemelli identici. Rosa e Marge sono gemelle monozigoti che partecipano al TEDS da quando ave­ vano 2 anni. Rosa, attualmente, sta facendo un dottorato sul TEDS. Marge è dottoranda in Antropologia. Diversamente, i gemelli fraterni non si as­ somigliano più di qualsiasi fratello o sorella, come nell'esempio delle ge-

Figura 2.1 Gemelle identiche e gemelle fraterne.

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melle del TEDS raffigurate nella metà inferiore della figura 2 . l. La metà dei gemelli fraterni è di sesso opposto. Poiché i gemelli identici sono sempre dello stesso sesso, i gemelli fraterni dello stesso sesso forniscono un grup­ po di confronto migliore. Il test decisivo è quello del DNA. La sequenza genetica dei gemelli mo­ nozigoti è identica, mentre per i gemelli fraterni la similitudine nelle dif­ ferenze genetiche è solo del 50% . Pertanto, se due gemelli presentano differenze genetiche, non possono essere monozigoti (gemelli identici). È questa la ragione per la quale prima avevo affermato che il problema del­ le sorelle Olsen, se fossero gemelle MZ oppure no, si sarebbe potuto facil­ mente risolvere con un test del DNA. Per il TEDS avevamo a disposizione il DNA di oltre dodicimila gemelli, il che ci portò a risultati molto più im­ portanti rispetto al semplice verificare se fossero MZ o DZ e questo pose il nostro studio all'avanguardia della rivoluzione genetica. Le famiglie partecipanti al progetto TEDS furono invitate a prendere parte agli studi quando i gemelli avevano 2 , 3 , 4, 7, 8, 9, 10, 12, 14 e 16 anni; stiamo ora riesaminando i gemelli mentre diventano adulti, all'età di 2 1 anni. A differenza di quanto era accaduto con il CAP, per cui il campio­ ne era costituito da cinquecento famiglie soltanto, la scarsa disponibilità economica per il TEDS non ci permetteva di visitare, nelle loro rispettive abitazioni, le migliaia di gemelli coinvolti nel progetto; così facemmo di necessità virtù e inventammo sistemi nuovi per valutare lo sviluppo dei bambini a distanza. Per misurare lo sviluppo cognitivo e linguistico dei gemelli all'età di 2 , 3 e 4 anni, arruolammo i genitori come valutatori dei propri figli e, quando i bambini ebbero 7 anni, ideammo sistemi di mi­ surazione delle capacità cognitive che potessero essere gestiti telefonica­ mente; quando i gemelli del TEDS raggiunsero i l O anni, nelle abitazioni del Regno Unito l'accesso a Internet era sufficientemente diffuso perché potessimo gestire online i test cognitivi. Da allora, tutte le nostre valuta­ zioni vengono fatte online. Furono messi a punto anche test basati sul web per la valutazione del­ le capacità cognitive sviluppate a scuola, in particolare la lettura e la ma­ tematica; inoltre, si poterono utilizzare dati sui gemelli del TEDS forniti dall'uK National Pupil Database, che comprende dati standardizzati di rendimento scolastico per l'inglese, la matematica e le scienze, relativi a tutti i bambini di 7, 1 1 e 16 anni. Sebbene il fulcro della ricerca del TEDS fosse lo sviluppo cognitivo e linguistico, grazie a questionari compilati da genitori, insegnanti e infine dai gemelli stessi, furono raccolti anche dati riguardanti i problemi psico­ logici, la salute e l'ambiente domestico e scolastico. 36

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Complessivamente, la collezione del TEDS comprende 55 milioni di dati raccolti da genitori, insegnanti e gemelli per oltre vent'anni; i risultati di questo studio sono riportati in oltre trecento pubblicazioni scientifiche e in trenta tesi di dottorato.7 Come il CAP, il TEDS evidenziò che molti tratti (alcuni dei quali in aggiunta a quelli investigati dal CAP) obbediscono alla prima legge della genetica comportamentale. Per esempio, nell'ambito co­ gnitivo, si scoprì che il rendimento scolastico dei bambini in tutte le mate­ rie, dalle umanistiche a quelle scientifiche, è sostanzialmente ereditabile; si trovò pure che le componenti della lettura (per esempio, la fonetica) e del linguaggio (per esempio, la scioltezza) sono altamente ereditabili. Per la prima volta fu evidenziato che le differenze individuali nell'apprendi­ mento di una seconda lingua sono altamente ereditabili. Furono esami­ nati a fondo gli aspetti delle abilità spaziali, come la navigazione a partire da una mappa, con risultati che mostrarono ancora una volta l' onnipre­ senza dell'ereditabilità. Oltre a quelli citati nel capitolo precedente, furono investigati trat­ ti nell'ambito della personalità e delle psicopatologie. Per esempio, si è riscontrata nell'infanzia una sostanziale ereditabilità per la mancanza di empatia e considerazione per gli altri, caratteristiche note come tratto in­ sensibile-anaffettivo, che si pensa siano un sintomo precoce di psicopatia. Un'alta percentuale di ereditabilità emerse anche per i sintomi di iperat­ tività e disattenzione, che sono componenti del disturbo da deficit di at­ tenzione/iperattività (ADHD). Furono studiati molti aspetti del benessere quali la soddisfazione della vita e la felicità, sempre con risultati simili, che confermavano una sostanziale ereditarietà. Studi sull'adozione come il CAP e studi sui gemelli come il TEDS hanno punti forti e punti deboli diversi per quanto riguarda la stima dell'influen­ za genetica; nonostante queste diversità, le due ricerche convergono sulla stessa conclusione: l'influenza genetica sui tratti psicologici è sostanziale. La prima legge della genetica comportamentale è così ben documentata che adesso ciò che è interessante è usare gli studi sull'adozione e quelli sui gemelli per andare oltre le stime di ereditabilità. Come per il CAP, il contributo più importante del TEDS è il suo ruo­ lo nello scoprire le "grandi rivelazioni" descritte nei capitoli seguenti. Per esempio, il TEDS si distinse mostrando che le cosiddette malattie non sono geneticamente distinte dal normale campo di variazione; anche se può non sembrare molto entusiasmante, questa scoperta ha implicazioni di vasta portata per la psicologia clinica, poiché significa che non ci so­ no malattie, che "l'anormalità è normale" (e questo è il titolo di uno dei prossimi capitoli). 37

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li TEDS fu all'avanguardia della rivoluzione genetica in modo decisivo, e questo è il fulcro della seconda parte di L'impronta genetica. I progetti sull'adozione e sui gemelli offrono una chiara predizione su cosa ci si possa aspettare se le differenze genetiche ereditarie sono importanti per le differenze di peso tra gli individui. Per esempio, i bambini adottati dovrebbero assomigliare ai genitori genetici anziché ai genitori ambien­ tali. I gemelli MZ dovrebbero assomigliarsi di più rispetto ai gemelli DZ. I dati statistici prodotti dagli studi sull'adozione e sui gemelli possono essere utilizzati per chiedersi se ci siano prove statisticamente significative dell'influenza genetica, ma questi dati possono servire anche per ottenere una stima di quanto siano importanti le differenze genetiche ereditarie. Non sarebbe molto importante se, parlando di peso, le differenze gene­ tiche spiegassero il 40% anziché il 5 0 % delle differenze individuali; ciò che conta è se le differenze genetiche ne spieghino il 40% , come risulta credesse il campione della mia indagine, oppure il 70% , come dice la ri­ cerca. Se la risposta è 70% significa che la maggior parte delle differenze di peso tra le persone è dovuta a differenze genetiche, cosa che, come ve­ dremo più avanti, avrebbe implicazioni personali e politiche. Per spiegare la stima del 70% abbiamo bisogno dei dati statistici rela­ tivi alle differenze individuali. Per l'individualità esistono due dati stati­ stici di base: la varianza e la covarianza; questi sono cruciali non solo per comprendere la genetica, ma anche per interpretare tutti i dati scientifici sull'individualità. La varianza è un dato statistico che descrive la misura in cui le persone differiscono, mentre la covarianza indicizza la somiglianza. La maggior parte delle persone ha più familiarità con il termine "correlazione", che descrive la relazione tra due tratti. In termini più scientifici, potremmo dire che la correlazione indica la proporzione della varianza che cavaria. Una correlazione di 0,0 significa che non esiste alcuna somiglianza tra i due tratti, mentre una correlazione di 1 ,0 descrive l'analogia perfetta. Per fare un esempio, quale pensate sia la correlazione tra peso e statu­ ra? Ovviamente, le persone più alte pesano di più, quindi la correlazione non è O. Ma quanto è forte la relazione? Se fosse di 0,1, la correlazione sarebbe piccola, moderata se fosse di 0,3 e sostanziale se fosse di 0,5 ; in­ fatti, la correlazione di peso e statura è di 0,6. Questo è tutto ciò che do­ vete sapere sulle statistiche per dare un senso ai dati genetici. Ma se vole­ te saperne di più, nella sezione "Note " , alla fine del libro, descrivo i dati statistici relativi alle differenze individuali in maggiore dettaglio, usando come esempio la correlazione tra peso e statura.8 38

COME SAPPIAMO CHE IL DNA CI RENDE QUELLI CHE SIAMO?

In genetica, la correlazione viene utilizzata per valutare l'associazione tra due membri della famiglia, per esempio i due membri di una coppia di gemelli. In altre parole, invece di correlare tratti come statura e peso nello stesso individuo, mettiamo in rapporto un determinato tratto in un gemello con lo stesso tratto nell'altro gemello. La correlazione tra i ge­ melli indica quanto essi siano simili; come già detto, la correlazione di 0,0 significa che i gemelli non sono affatto simili, mentre se è di l ,O vuoi dire che sono totalmente simili. La figura 2 .2 mostra, con l'utilizzo dei dati del TEDS, un grafico a di­ spersione per il peso tra un membro di una coppia di gemelli e l'altro, il co-gemello. Il primo grafico a dispersione riguarda seicento coppie di ge­ melli MZ e il secondo altrettante coppie di gemelli DZ dello stesso sesso; i gemelli DZ possono essere dello stesso sesso o del sesso opposto ma, poi­ ché i gemelli MZ sono sempre dello stesso sesso, quello dei gemelli DZ del­ lo stesso sesso è un gruppo di confronto migliore. I grafici a dispersione evidenziano che la correlazione tra i gemelli MZ è maggiore rispetto a quella tra i gemelli DZ. La dispersione del grafico re­ lativo ai primi è minore di quella dell'altro. In altre parole, nei MZ il peso di uno dei gemelli è un miglior predittore del peso del co-gemello rispetto a quanto accade per i DZ. Per questi dati del TEDS le effettive correlazio­ ni tra i gemelli sono di 0,84 per i MZ e di 0,55 per i DZ. Tra i gemelli MZ la correlazione di 0,84 è quasi equivalente a quella tra le misurazioni degli stessi individui valutati separatamente due volte l'anno. Diversamente, la correlazione tra i gemelli fraterni è molto più bassa: 0,55; il fatto che la correlazione tra i gemelli MZ sia maggiore di quella tra i gemelli DZ indica l'influenza genetica. Le differenze delle correlazioni tra i gemelli MZ e DZ possono essere utilizzate per stimare l' ereditabilità. In questo libro, l' ereditabilità è es­ senziale poiché indica fino a che punto il DNA contribuisce a fare di noi quelli che siamo. Come descritto in precedenza, la stima più diretta dell'ereditabilità deriva dalla correlazione tra gemelli MZ allevati separatamente. La loro correlazione è una stima diretta dell' ereditabilità. Se la correlazione tra i gemelli MZ allevati separatamente equivale a O, l' ereditabilità è O, mentre una correlazione di 1 ,0 indica un'ereditabilità del lOO % . Sebbene sia estremamente raro che i gemelli MZ siano allevati separa­ tamente, i risultati riportati riguardano diverse centinaia di coppie. Uno studio molto noto negli Stati Uniti è il Minnesota Study of Twins Reared Apart, che comprendeva cinquantacinque coppie di gemelli MZ allevati separatamente, inclusi i "gemelli Jim" citati sopra.9 La loro correlazione 39

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Figura 2.2 Il grafico a dispersione mostra le correlazioni per il peso (espresso in libbre: 1 libbra 0,45 kg) tra gemelli sedicenni MZ e DZ. La correlazione MZ (sopra) è pari a 0,84 e DZ (sotto) è pari a 0, 5 5 . =

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per il peso era di 0,73 . Partecipai a uno studio svedese che identificava i gemelli sistematicamente, a partire dai registri anagrafici, e trovò più di cento coppie di gemelli MZ allevati separatamente; questi erano perlopiù anziani, nati all'inizio del XX secolo. A provocare la loro separazione era stata la crisi economica nella società agraria svedese dell'epoca, associata a un alto rischio di mortalità materna durante il parto gemellare; tale situa­ zione fece sì che molti gemelli venissero dati in adozione separatamente appena nati. Queste persone divennero i partecipanti al nostro progetto l Twin Study of Aging ( SATSA ) . 10 La loro correlazione per il peso era di 0,73 . In tutti gli studi sui gemelli MZ allevati separatamente, la correlazione per il peso tra i gemelli è di 0,75. Ciò indica che il 75 % delle differenze di peso (varianza) tra le persone è condivisa (covarianza) da queste coppie di individui geneticamente identici che non sono cresciuti nel medesimo ambiente familiare. Per questa ragione, la correlazione tra due gemelli identici allevati separatamente è una stima semplice e diretta dell'eredita­ bilità: la misura in cui le differenze di peso tra gli individui possono essere spiegate dalle differenze genetiche ereditarie. La maggior parte delle stime di ereditabilità deriva dal classico progetto sui gemelli che mette a confronto le correlazioni tra gemelli MZ e DZ allevati insieme, come nel TEDS. Supponiamo che le correlazioni tra i gemelli MZ e DZ siano le stesse. Ciò significa che la duplice maggiore somiglianza ge­ netica dei gemelli MZ non li rende più simili tra loro rispetto ai gemelli DZ. Dovremmo concludere che le differenze genetiche non sono importanti: l'ereditabilità è dello 0 % . L'ereditabilità è del lOO% se le correlazioni tra i gemelli MZ e DZ riflettono completamente la loro somiglianza genetica, cioè l ,O per i gemelli MZ e 0,5 per i gemelli DZ. Nel TEDS, la correlazione dei MZ per il peso è di O,S4, mentre per i DZ è di 0,55.11 Poiché i gemelli DZ sono geneticamente simili solo per metà ri­ spetto ai gemelli MZ, la differenza nelle correlazioni (O,S4 rispetto a 0,55) stima la metà dell'ereditabilità del peso. Il raddoppio di questa differenza nelle correlazioni pone l'ereditabilità al 5 S % . L a stima dell'ereditabilità secondo i dati del TEDS è del 60% circa, ma la stima derivante da tutte le ricerche è dell'SO%. Perché queste due sti­ me sono diverse? La risposta è data da un esempio nell'ambito di un'altra delle "grandi scoperte" della ricerca genetica: l'ereditabilità aumenta nella fase dello sviluppo. I gemelli del TEDS erano adolescenti, ma nella maggior parte degli altri studi i gemelli erano adulti. In un'analisi di quarantacin­ que studi sui gemelli, l'ereditabilità del peso aumenta dal 40% circa nella prima infanzia al 60% circa nell'adolescenza, fino all'SO% nell'età adul­ ta. 12 La stima del 60% per l' ereditabilità nei gemelli adolescenti del TEDS 41

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corrisponde proprio a quanto ci si sarebbe aspettati. Quando i gemelli del TEDS saranno valutati in età adulta, prevediamo che la stima dell'eredita­ bilità sarà prossima all'BO% . Gli studi sull'adozione convergono anche sulla conclusione per cui l'e­ reditabilità del peso è sostanziale. I risultati del CAP per il peso corporeo illustrano come funziona lo studio sull' adozione.n Il peso è senza dubbio un tratto familiare. La correlazione tra il peso di genitori e figli è circa di 0,3 nelle famiglie di "controllo" in cui genitori e figli condividono natu­ ra e cultura. La somiglianza nel peso tra genitori e figli è un'impronta genetica o culturale? I risultati del CAP forniscono una risposta chiara e costante: il peso dei bambini adottati non è correlato al peso dei genitori adottivi; la loro correlazione è vicina a O. Ciò significa che le differenze nella dieta e nello stile di vita dei genitori adottivi non sono affatto collegate al peso dei figli. Similmente, la correlazione per il peso tra i fratelli è di 0,3 circa, ma quando due bambini non imparentati vengono adottati nella stessa famiglia, questa correlazione è vicina a O. Crescere nella stessa famiglia non fa sì che i bambini siano simili nel peso, a meno che condividano il corredo genetico. Altrettanto stupefacente è la scoperta - del CAP - in merito alla correla­ zione tra questi stessi figli adottati e le madri naturali, che è di 0,3 circa, la stessa che esiste tra genitori e progenie nelle famiglie di controllo. Anche se questi bambini sono stati adottati alla nascita, la somiglianza nel peso con la madre naturale è la stessa dei bambini non adottati. Tutti questi dati sull'adozione indicano l'influenza genetica. Possiamo usare i dati statistici anche per rispondere alla domanda su " quanta" sia l'influenza, cioè per valutare il coefficiente di ereditabilità. Poiché genitori, figli e fratelli sono geneticamente simili solo per il 50% , la loro correlazio­ ne stima solo la metà dell'influenza genetica sul peso. Quindi la correlazio­ ne di 0,3 tra i bambini adottati e i loro genitori naturali viene raddoppiata per stimare il coefficiente di ereditabilità del peso, che diventa del 60 % . Questa evidenza dell'importanza della natura può oscurare una sco­ perta essenziale, riguardante la cultura, emersa dagli studi sull'adozione. Non è stupefacente che le correlazioni siano vicine a O tra genitori adottivi e figli adottivi e tra fratelli adottivi? Anche se i genitori adottivi si occupa­ no dell'alimentazione della famiglia, i figli adottivi non sono affatto simili a loro per quanto riguarda il peso. Similmente, anche se i fratelli adottivi crescono insieme nella stessa famiglia, condividendo genitori, cibo e stile di vita, il loro peso non è affatto simile. 42

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Questi risultati per genitori, figli e fratelli adottivi indicano che il peso è un tratto familiare che dipende dalla natura, non dalla cultura. L'am ­ biente è importante. Un coefficiente di ereditabilità del 60% implica che le forze ambientali spieghino il 40% delle differenze di peso. Ma la cul­ tura - cioè la condivisione di un ambiente familiare - sulle differenze di peso individuali ha scarso effetto. Questa è un'altra delle grandi scoperte della ricerca genetica - di cui parlerò più avanti - che, come è stato dimostrato, si applica non solo al peso, ma a tutti i tratti psicologici; sarà l'argomento del capitolo 7 . Riunendo tutti i dati sui gemelli e sull'adozione con l'utilizzo di una tecni­ ca chiamata model-fitting si ottiene, per l'ereditabilità del peso, una stima del 70% circa.14 Questa stima complessiva calcola le medie in relazione a fattori come l'aumento dell' ereditabilità del peso nel tempo; riflette, inol­ tre, parecchie sfumature inerenti alle differenze tra i progetti sui gemelli e sull'adozione, che sono intriganti per i genetisti comportamentali ma, pro­ babilmente, non di grande interesse per la maggior parte delle persone.15 Un dettaglio di interesse più generale riguarda le differenze tra i grup­ pi. La stima complessiva del 70% di ereditabilità potrebbe mascherare le differenze tra alcuni gruppi. Per esempio, il coefficiente di ereditabilità cambia tra maschi e femmine? La risposta è "no". li coefficiente di eredi­ tabilità differisce tra le diverse popolazioni? La risposta è "non molto" . 1 6 La maggior parte degli studi è stata condotta nei Paesi sviluppati, quindi è possibile che quelli in via di sviluppo mostrino risultati diversi. Secondo prove recenti, tra i Paesi sviluppati ve ne sono alcuni in cui il coefficiente di ereditabilità per il peso può essere maggiore grazie a un'alimentazione più ricca. 17 Forse l'ampia disponibilità di cibi ad alto contenuto energeti­ co induce l'aumento di peso in chi ha una maggiore predisposizione ge­ netica in questo senso. Di fatto, questi progetti così diversi - gli studi sui gemelli e sull' adozio­ ne - convergono su una conclusione semplice ma importante: la maggior parte delle differenze di peso tra le persone può essere spiegata da diffe­ renze genetiche ereditarie. 18 In migliaia di ricerche sono stati utilizzati i metodi propri degli studi sui gemelli e sull 'adozione per cercare di stabilire fino a che punto il DNA sia importante per migliaia di tratti complessi nelle scienze biologiche e mediche, compreso tutto ciò che può essere misurato: dalle cellule ai si­ stemi, come le misure strutturali e funzionali di cervello, cuore, polmoni, stomaco, muscoli e pelle. In un recente riesame degli studi sui gemelli, sono stati controllati diciottomila tratti analizzati in 2700 pubblicazioni 43

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che includevano campioni di quasi 15 milioni di coppie di gemelli.19 Per tutti i tratti il coefficiente medio di ereditabilità era del 50% . Sebbene il peso corporeo sia più ereditabile della maggior parte dei tratti, tutti i trat­ ti psicologici mostrano una notevole influenza genetica. Ciò convalida la prima legge della genetica comportamentale. Scoprire che il DNA è così importante in psicologia è un risultato fonda­ mentale della genetica del comportamento. La prima legge della genetica comportamentale è così ben consolidata, che evidenziare l' ereditabilità di qualche nuovo tratto non è più interessante, poiché sono tutti ereditabili. La genetica comportamentale ha superato l' ereditabilità per occuparsi di nuove problematiche. Queste includono il cambiamento e la continuità dello sviluppo, i collegamenti fra tratti e l'interfaccia tra natura e cultura. Tale ricerca ha prodotto, in psicologia, alcune delle più importanti sco­ perte, che esplorerò nei capitoli a seguire. Non si sottolineerà mai abbastanza che gli effetti genetici sui tratti psi­ cologici non sono solo statisticamente significativi: sono importantissimi in termini di quantità della varianza che spiegano. La dimensione di un effetto - ampiezza dell'effetto è la questione essenziale nell'interpreta­ zione della ricerca sull'individualità. Se l'ampiezza dell'effetto è trascura­ bile, i risultati statisticamente significativi non possono esserlo nel senso inteso nel mondo reale. La significatività statistica dipende dalla dimen­ sione del campione: con un campione di grandi dimensioni, un'ampiezza dell'effetto piccola può essere statisticamente molto significativa. Ciò che è veramente importante è l'ampiezza dell'effetto, cioè la varianza spiegata. In psicologia accade raramente che l'ampiezza dell'effetto sia superio­ re al 5 % . Uno degli innumerevoli casi riguarda la tendenza a esagerare le differenze tra ragazzi e ragazze, per esempio nel rendimento scolastico. Sebbene questa differenza sia statisticamente significativa, la domanda che ci si deve porre riguarda l'ampiezza dell'effetto: in che misura maschi e femmine differiscono effettivamente nei risultati scolastici? La risposta è la seguente: le differenze di sesso spiegano meno dell' l % della varian­ za.20 In altre parole, se tutto ciò che si sa di un bambino è se è maschio o femmina, non si sa praticamente nulla sulla sua inclinazione a conseguire buoni risultati a scuola. Per questo è sorprendente scoprire che il 50% delle differenze tra le persone in merito ai tratti psicologici è dovuto a differenze genetiche. In psicologia, un'ampiezza dell'effetto del 50% per l'ereditabilità è fuori scala. Come regola generale, possiamo classificare l'ampiezza dell'effetto come piccola, media e grande. Un'ampiezza dell'effetto che spiega l' l % della varianza è così piccola che non è possibile vederla in assenza di dati -

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statistici. In psicologia, l'ampiezza dell'effetto è perlopiù piccola, come nell'esempio relativo alle differenze di sesso per i risultati scolastici. Un altro esempio che riguarda il rendimento scolastico è la dimensione della classe: è opinione diffusa che i bambini imparino di più in classi con pochi alunni. La correlazione tra il numero di alunni di una classe e il rendimen­ to scolastico è statisticamente significativa, in quanto si basa su campioni di grandi dimensioni. Ma l'ampiezza dell'effetto è solo dell' l % . Un effetto medio che spieghi il l O % della varianza può essere visto a occhio nudo, anche se potrebbe essere necessario aguzzare la vista. Per esempio, il livello di istruzione dei genitori spiega quasi il lO% della va­ danza nel livello di istruzione dei figli; potete vedere, anche tra i vostri conoscenti, che se i genitori hanno un'istruzione universitaria, è più pro­ babile che anche i figli frequentino l'università. Come vedremo, questa correlazione dipende principalmente dalla natura e non, come si potreb­ be supporre, dalla cultura. Un effetto grande, quello che spiega il 25 % della varianza, è così gran­ de che al buio ci si potrebbe inciampare. In psicologia l'ampiezza dell'ef­ fetto di grandi dimensioni è molto rara. Un esempio è l'intelligenza gene­ rale, che spiega circa il 25 % della varianza nel rendimento scolastico. Su questa scala, che va da un'ampiezza dell'effetto piccola ( l % ) a una me­ dia ( lO % ) a una grande (25 %), un coefficiente di ereditabilità del 50% è letteralmente fuori scala. Le differenze genetiche ereditarie sono di gran lunga la forza sistematica più importante nel renderei quelli che siamo.

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La genetica dell'ambiente

Anche prima della rivoluzione del DNA, la genetica comportamentale ave­ va prodotto alcune delle più grandi scoperte in psicologia: "grandi" nel senso di quanto esse ci plasmano e anche nel senso della loro importanza per la comprensione della nostra società e di noi stessi. In questo libro mi concentro sulle cinque scoperte più significative degli ultimi decenni, che esploreremo in maggior dettaglio nei prossimi capitoli. 1 Queste scoperte sono particolarmente importanti per tre motivi. ln­ nanzitutto, sono controintuitive. I risultati che confermano il buon senso possono essere importanti, ma quelli che si scontrano con ciò che è intui­ tivamente ovvio hanno maggiori probabilità di portare a rivelazioni fon­ damentali. Il secondo aspetto importante riguarda il fatto che due di esse interes­ sano l'ambiente. La ricerca genetica ci ha detto sull'ambiente tanto quanto ci ha detto sulla genetica; al livello più elementare essa fornisce la miglio­ re prova che abbiamo dell'importanza dell'ambiente, indipendentemen­ te dalla genetica: i coefficienti di ereditabilità non si avvicinano neanche lontanamente al l OO % , il che dimostra l'importanza dell'ambiente. Tra­ dizionalmente, la ricerca ambientale ignorava la genetica e quindi non era in grado di dipanare i fili della natura e della cultura. La ricerca ge­ netica ha fatto scoperte fondamentali sull'ambiente, giacché studiandolo tiene conto della genetica. Queste ricerche hanno cambiato radicalmente il modo in cui pensiamo alla cultura e alla sua intersezione con la natura. La terza questione riguarda la solidità dei risultati: sono stati replicati molte volte e in molti modi. Forse pensate che poter replicare i risultati di una ricerca sia scontato, ma attualmente questa difficoltà di replicazio­ ne è, nella scienza, motivo di crisi. Tutto è iniziato nel 2005 con una pub­ blicazione dal titolo scioccante: "Perché la maggior parte delle scoperte scientifiche pubblicate è falsa" .2 47

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Al momento questo problema è di tale importanza per la ricerca scien­ tifica che voglio far precedere i capitoli relativi alle grandi scoperte della genetica comportamentale da una descrizione di questa crisi, prendendo in considerazione le ragioni per le quali le grandi scoperte della genetica comportamentale sono così fermamente riproducibili. Nella ricerca scientifica la riproducibilità è essenziale; vale a dire che, per essere affidabili, i risultati devono poter essere replicati. L'attuale crisi riguarda l'impossibilità di replicare i risultati di molti studi, inclusi quelli classici, che costituiscono la spina dorsale dei libri di testo, e questo spa­ lanca enormi crepe nelle fondamenta della scienza: oltre che in psicolo­ gia, i fallimenti nella replicazione stanno emergendo in tutte le scienze, comprese la medicina, la farmacologia e le neuroscienze.3 In relazione alla psicologia, un autorevole articolo uscito su Science ha reso noto che per più della metà di un centinaio di studi pubblicati su riviste scientifiche di alto livello non è stato possibile riprodurre i risultati.4 Sulle cause di questa crisi si è molto scritto. Capita di imbattersi in vere e proprie frodi, ma è raro. Una delle cause generali è la cultura ipercom­ petitiva nella pubblicazione di nuovi risultati nelle riviste migliori, il che aumenta il rischio di ciò che può solo essere definito "barare" . Questo imbroglio è forse inconscio, ma è comunque un imbroglio: per esempio, quando gli scienziati scelgono di evidenziare i risultati migliori nascon­ dendo sotto il tappeto le incongruenze. Come disse il fisico Richard Feyn­ man: "La prima regola è non ingannare se stessi, e noi siamo le persone più facili da ingannare" .' Una fonte specifica di imbroglio è la cosiddetta caccia ai valori diprobabi­ lità (P). Anche se questo argomento sembra esoterico, è una visione impor­ tante del modo in cui la scienza dovrebbe funzionare. Un valore P del 5 % è una convenzione utilizzata dalla ricerca scientifica come soglia minima per poter concludere che i risultati di uno studio sono statisticamente signifi­ cativi. Quando uno scienziato dice che i risultati sono significativi, ciò si­ gnifica solo statisticamente significativi, non significativi nel senso comune del termine. Raggiungere un valore P del 5 % significa che se si conducesse lo stesso studio cento volte, si otterrebbe lo stesso risultato novantacinque volte. Un valore P del 5 % non vuoi dire che un risultato sia vero, ma che su cento tentativi, cinque volte non si otterrebbe lo stesso risultato "signi­ ficativo"; questi sono i cosiddetti falsi positivi. Se si ottenesse un risultato significativo al valore P del 5 % , questo potrebbe essere un falso positivo. Poiché le riviste scientifiche pubblicano solo risultati statisticamente significativi, ci si può aspettare un falso positivo nel 5 % dei casi, ma nelle pubblicazioni i falsi positivi compaiono molto più spesso che nel 5 % dei 48

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casi. Due sono i motivi principali: in primo luogo, queste pubblicazioni spesso riguardano risultati nuovi e interessanti - e quindi più pubblicabi­ li - proprio perché non sono veri; in secondo luogo, la situazione scivo­ la nell'imbroglio quando gli scienziati "vanno a caccia dei valori p " . Per esempio, potrebbero esaminare i dati in diversi modi, utilizzando cioè tipi di analisi differenti per poi scegliere di pubblicare i risultati che raggiun­ gono il valore P del 5 % . Ma cercare i valori P in questo modo equivale a cercare la validità dei test statistici dove non esiste. Sono state esaminate molte altre cause per la crisi della riproducibilità; sono state anche scritte decine di articoli su come riparare queste crepe nelle fondamenta della scienza.6 Per esempio, si sta cercando di risolvere il problema della caccia ai valori P minimizzando la significatività statistica e concentrandosi invece sulla portata dell'effetto. L'ampiezza dell'effetto è la questione decisiva nell'interpretazione delle ricerche sull'individualità. Molto spesso, i risultati statisticamente significativi non lo sono nel senso comunemente inteso, poiché l'ampiezza dell'effetto è trascurabile. La si­ gnificatività statistica dipende dalla dimensione del campione e dall'am­ piezza dell'effetto. Un'ampiezza dell'effetto piccola sarà statisticamente significativa se la dimensione del campione è sufficientemente grande. Quindi, quando sentite parlare di una scoperta scientifica, informatevi sempre sull'ampiezza dell'effetto; sapere che il risultato è statisticamente significativo non è sufficiente. La ricerca genetica comportamentale è vulnerabile quanto quella in altri campi rispetto al rischio di falsi positivi che non è possibile replica­ re. Ciò nonostante, la scoperta generale riguardo alla sostanziale eredita­ bilità di tutti i tratti psicologici e i cinque importanti risultati descritti nei seguenti capitoli sono stati riprodotti molte volte. Perché i risultati della ricerca in genetica comportamentale sono così infallibilmente riprodu­ cibili?7 La ragione principale della solidità dei risultati in genetica com­ portamentale risiede nel fatto che l'ampiezza degli effetti genetici è così consistente che, se li si cerca, è difficile non vederli. Per la maggior parte dei tratti psicologici, le differenze genetiche ereditarie spiegano dal 30 al 60% della varianza. In psicologia ci sono pochi altri esperimenti che spie­ gano il 5 % della varianza. Un altro motivo sembra paradossale: per la psicologia, nel corso del XX secolo la genetica comportamentale fu l'argomento più controverso;8 la polemica e la confusione che la circondavano fecero innalzare il livel­ lo della qualità e della quantità delle ricerche necessarie per convincere la gente dell'importanza della genetica. Ciò produsse l'effetto positivo di motivare studi di maggiore portata e migliore qualità; un singolo studio 49

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non era sufficiente, ma la solida replicazione dei risultati nei molti studi capovolse il parere complessivo. Grazie a nuovi metodi che valutano direttamente le differenze del DNA, si sta anche iniziando a ricevere conferma dei risultati basati sugli studi effettuati sui gemelli e sulle adozioni. Replicare tali risultati utilizzando il solo DNA convincerà un numero ancora maggiore di persone della sua im­ portanza. Gli studi sui gemelli e sull'adozione sono indiretti e complicati, ma è difficile dubitare dei risultati basati direttamente sul DNA. La rivoluzione genetica è molto più importante della mera replicazio­ ne dei risultati degli studi svolti sui gemelli e sull'adozione: è un punto di svolta per la scienza e per la società. Per la prima volta, le differenze genetiche ereditarie del nostro intero genoma di miliardi di sequenze di DNA possono essere utilizzate per predire le debolezze e i punti di forza psicologici degli individui; questa è la cosiddetta genomica personalizzata. Dopo aver esplorato le principali conquiste della genetica comportamen­ tale e le loro implicazioni, la seconda parte di questo libro si concentrerà sulla rivoluzione genetica. La genetica ci fa rivedere alcune delle nostre ipotesi di base su come il mondo che ci circonda dia forma - oppure no - a quelli che siamo. Il mi­ glior esempio è un argomento che ho chiamato genetica dell'ambiente, che porta a una nuova comprensione di ciò che è l'ambiente e del modo in cui funziona. 9 Quando pensiamo all'accudimento, immaginiamo genitori che sbaciuc­ chiano i loro bambini mentre li stringono in un abbraccio. Freud pensava che la genitorialità fosse l'ingrediente essenziale nello sviluppo di un bam­ bino; si concentrò sui suoi aspetti specifici, tra cui l'allattamento al seno e l'insegnamento dell'uso del bagno, e su come questo influenzi l'identità sessuale. Descrisse in modo convincente studi di casi clinici che supporta­ vano le sue idee, ma non fornì dati reali. Quando fu effettuata una ricerca per verificare le sue idee, queste ne ricavarono poco supporto.10 Il filosofo della scienza Karl Popper sosteneva che le teorie di Freud erano presenta­ te in una forma che rendeva impossibile il confutarle, e ciò costituisce per Popper un peccato contro il primo comandamento della scienza: le teorie dovrebbero essere non solo verificabili, ma anche falsificabili. 1 1 Da Freud in poi, migliaia di studi nell'ambito delle scienze compor­ tamentali hanno analizzato altri aspetti della genitorialità, come il calore umano e la disciplina, quali influenze ambientali sullo sviluppo dei bam­ bini. È importante ricordare che si parla sempre di differenze individua­ li: del perché, per esempio, alcuni genitori sono più amorevoli o più do50

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minanti con i propri figli rispetto ad altri. Gli psicologi evolutivi studiano le differenze nella genitorialità per capire se tali differenze siano la causa delle differenze nello sviluppo dei bambini. Per esempio, le differenze nel calore umano dei genitori fanno la differenza nell'equilibrio psicologico dei figli nel corso della vita? Quando i bambini vanno a scuola sperimentano un nuovo mondo di aule e parchi divertimento pieni di altri bambini, potenziali amici e antago­ nisti. Gli insegnanti possono essere modelli ispiratori, i compagni di classe possono essere bulli . Per quanto riguarda gli adulti, la vasta area di ricer­ ca relativa ai fattori ambientali coinvolge eventi di vita che comprendono cause di crisi quali i problemi finanziari e la rottura delle relazioni affettive. Genitorialità ed eventi di vita sono archetipi di misure dell'ambiente usate in migliaia di studi psicologici; queste misure vengono poi correlate ai tratti al fine di analizzare l'influenza dell'ambiente. La facilità con cui i bam­ bini imparano a leggere a scuola è correlata con quanto i genitori hanno letto per loro; comportamenti negativi come l'uso di droghe nell'adolescen­ za sono correlati alla frequentazione di cattive compagnie, mentre la de­ pressione lo è con le rotture sentimentali e altri eventi stressanti della vita. Sembra ragionevole supporre che queste correlazioni tra misure am­ bientali ed esiti psicologici siano conseguenza dell'ambiente. Per esempio, appare probabile che la correlazione tra quanto i genitori leggono ai lo­ ro figli e quanto bene i bambini imparano a leggere a scuola sia dovuta a quanto i genitori leggono ai figli; la causa degli esiti negativi, in adolescen­ za, sembra essere la frequentazione di cattive compagnie e lo stress pare essere causa di depressione. Queste interpretazioni causali possono sembrare ragionevoli, ma do­ vremmo essere cauti nell'interpretare qualsiasi correlazione in termini di causa ed effetto; è sempre possibile una spiegazione di senso opposto: la massima secondo cui correlazione non implica causalità. Per esempio, quanto i genitori leggono ai figli potrebbe riflettersi su quanto ai bambini piace leggere, anziché su quanto bene leggono a scuola; inoltre, è possibile che nessuna delle due cose sia causa dell'altra: a stabilire la correlazione potrebbe essere un terzo fattore. Un classico esempio è la correlazione tra il numero di chiese presenti in una città e la quantità di alcol consumata. Non è la religione a spingerti a bere, né il bere ti avvicina di più alla reli­ gione. La correlazione origina dalla dimensione della città, in quanto in città più grandi vive un maggior numero di persone e perciò ci sono più chiese e il consumo di alcol è maggiore. Se si considera questo terzo fat­ tore, non c'è alcuna associazione tra il numero di chiese e la quantità di alcol consumata. 51

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La genetica potrebbe essere un " terzo fattore" che contribuisce alla correlazione tra quanto i genitori leggono ai figli e l'abilità di lettura dei bambini a scuola. Questo è ciò che intendo per genetica dell' ambiente. Poiché genitori e figli sono geneticamente correlati per il 50%, è possibile che la correlazione tra genitori che leggono ai propri figli e bambini che sono bravi a leggere sia dovuta alla genetica. Tale associazione potrebbe essere formulata in modo tale da rendere più evidente la possibilità di una mediazione genetica: genitori che amano leggere hanno figli che amano leggere. Un altro punto a favore della genetica potrebbe essere il fatto che i bambini cui piace leggere o ascoltare la lettura sfruttino l'ambiente do­ mestico per coltivare questo piacere, per esempio chiedendo ai genitori di leggere per loro. In altre parole, i genitori potrebbero rispondere alle differenze genetiche tra i figli in merito al piacere della lettura. E se analizzassimo le misure ambientali in un progetto genetico come quello sui gemelli? Quando lo feci per la prima volta, negli anni Ottanta, mi era sembrata una cosa sciocca poiché le misure ambientali non avreb­ bero dovuto mostrare alcuna influenza genetica: dopotutto erano misure ambientali. Oppure no? Fu così che fu scoperto per la prima volta il fe­ nomeno della genetica dell'ambiente. Uno dei primi esempi di genetica dell'ambiente fu ciò che gli psicolo­ gi definiscono "evento di vita stressante " . Di questi fanno parte gli alti e bassi della vita quotidiana, come la rottura di una relazione affettiva, le difficoltà finanziarie, i problemi al lavoro, le malattie e gli infortuni, esse­ re derubati o aggrediti. Le persone reagiscono a eventi come questi in modo differente. Le mi­ sure degli eventi di vita incorporano l'effetto che tali avvenimenti produ­ cono sulle persone, poiché i singoli individui possono affrontare la stessa circostanza in modo molto diverso. Nonostante il gran numero di ricer­ che sugli eventi della vita, nessuno si era mai chiesto se le diverse reazioni individuali rispetto a queste esperienze fossero influenzate da differenze genetiche. Se gli eventi della vita dipendessero solo dalla sfortuna non ci dovrebbero essere segni di influenza genetica. Nella prima analisi genetica degli eventi di vita stressanti, svolta nel 1990, esaminammo gemelli di mezza età provenienti dalla Svezia, sia alle­ vati separatamente sia allevati insieme, nello studio denominato Swedish Adoption l Twin Study of Aging.12 Fu incluso un questionario chiamato " Social Readjustment Rating Scale" , utilizzato in oltre cinquemila studi come misura dell'ambiente, che include voci standard come "cambiamenti nelle relazioni" , "condizioni economiche" e "malattie" Y Inoltre, poiché i nostri gemelli avevano in media 60 anni, fu utilizzata una versione del 52

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questionario che aggiungeva voci relative alla vita futura, quali la pensio­ ne, la perdita di vigore o di interesse sessuale e la morte del coniuge, dei fratelli o degli amici. Fummo sorpresi nello scoprire che i gemelli identici erano due volte più simili rispetto ai gemelli fraterni nei punteggi relativi alla misura degli eventi di vita (correlazioni tra i gemelli di 0,30 e di 0,15 rispettivamente). Lo stesso schema di risultati era emerso per i gemelli allevati in famiglie diverse. Queste correlazioni tra i gemelli suggeriscono che le differenze genetiche ereditarie rappresentano il 30% circa delle differenze tra le per­ sone. Ciò che sorprende sta nel fatto che si pensava che gli eventi stressanti della vita fossero di origine completamente ambientale, mentre quasi un terzo della loro varianza è di origine genetica. In che modo un evento stressante può mostrare influenza genetica? Il questionario utilizzato in questo studio combinava due domande: l'una sull'essersi trovati o meno ad affrontare un determinato evento stressante, l'altra su come l'intervistato avesse reagito a quella situazione. L'influen­ za genetica sulla personalità può incidere su entrambe queste percezio­ ni. La gente è diversa in ciò che intende per grave malattia o infortunio, difficoltà finanziarie o rottura di una relazione. Fino a che punto un in­ dividuo percepisce l'influenza di queste circostanze dipende in partico­ lar modo dalla sua personalità. Gli ottimisti potrebbero avere una visio­ ne rosea delle stesse esperienze che i pessimisti percepiscono invece nei toni del grigio. Che cosa si può dire degli eventi stressanti di per sé, al di là della perce­ zione individuale? Il divorzio è un esempio di situazione stressante ogget­ tiva e per la maggior parte delle persone una delle più stressanti in assolu­ to. Il primo studio genetico sul divorzio fece sensazione. Su un campione di 1500 coppie di gemelli adulti, la concordanza per il divorzio era molto più alta tra i gemelli identici che tra quelli fraterni (55 % contro il 16%), indicando una notevole influenza genetica per questo tratto. USA Today definì questo studio "il paradigma della stupidità" , dato che sembrava assurdo concludere che il divorzio fosse influenzato da fattori genetici. Ma è davvero "il paradigma della stupidità" pensare che le abbondanti differenze genetiche della nostra personalità influenzino l'evento ogget­ tivo del divorzio? Al contrario, penso sia irragionevole dare per scontato che eventi come il divorzio siano solo cose che ci accadono, come se non avessimo nulla a che fare con loro. Spero che, a questo punto, sia chiaro come, contrariamente a quanto titolavano i giornali all'epoca, questa ricerca non stia dicendo che esiste un "gene del divorzio" che rende alcune persone programmate in que53

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sto senso, né che ci sono "geni cattivi" che rendono alcuni individui im­ probabili candidati per un matrimonio stabile. Ulteriori ricerche hanno dimostrato che alcuni tratti della personalità rendono conto di un terzo dell'influenza genetica sul divorzio.14 Sorprendentemente, è più probabi­ le che divorzi chi è allegro e ha una vita impegnata, chi è emotivo e im­ pulsivo. Questi aspetti della personalità non sono negativi, anzi, possono essere le stesse caratteristiche positive che all'inizio rendono una persona desiderabile come partner nel matrimonio. Si sa da tempo che i figli di genitori divorziati hanno maggiori proba­ bilità di divorziare a loro volta. Vengono in mente possibili spiegazioni relative all'ambiente; per esempio: vivere il divorzio dei genitori fa sì che i bambini abbiano problemi nelle relazioni; oppure: i figli dei divorziati non hanno avuto modelli adeguati di una relazione stabile. Tuttavia, uno studio recente sulle adozioni condotto in Svezia ha mostrato che il legame tra il divorzio dei genitori e quello dei figli è forgiato geneticamente, non dall' ambiente. 15 Per un campione di ventimila individui adottati, la pro­ babilità di divorzio era maggiore se la madre biologica che non li aveva allevati, aveva divorziato nel corso della vita, rispetto a quelli che avevano vissuto il divorzio dei genitori adottivi. Dagli studi risulta che l'ereditabilità del divorzio è del 40% circa. Sia­ mo molto lontani dal lOO % , il che significa che sono importanti anche i fattori non genetici. Tuttavia, il principale fattore sistematico a influenza­ re il divorzio è la genetica; invece, dopo aver escluso la genetica, la ricerca non ha identificato per il divorzio alcun predittore ambientale. Come si è potuto osservare nello studio svedese sull'adozione, il controllo genetico è fondamentale. Il divorzio dei genitori è il miglior predittore di divorzio dei figli, ma questa associazione facilmente interpretabile come ambien­ tale dipende in realtà dalla genetica. Il divorzio, quindi, non è un evento casuale: siamo noi che creiamo o tronchiamo le nostre relazioni, non siamo solo spettatori passivi in balìa degli eventi "là fuori". Come sempre, influenza genetica significa proprio questo: influenza, non determinismo genetico programmato; non esisto­ no geni schlimazel (in yiddish, "perdente nato" ) che attraggono le torte in faccia della vita. Non sono solo le circostanze della vita. Non è detto che una misura cosiddetta "ambientale" sia di fatto una misura dell'ambiente. Gli studi genetici sulle misure ambientali hanno evidenziato una significativa ere­ ditabilità per la maggior parte delle misure dell"' ambiente" : genitorialità, compagnie di coetanei, sostegno sociale e persino quanto tempo i bambini trascorrono guardando la televisione. 54

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La quantità di tempo passato dai bambini davanti al televisore è per eccellenza la misura dell'ambiente utilizzata negli anni Ottanta in più di duemila studi che indagavano gli effetti di questo svago sullo sviluppo dei bambini. 1 6 Nessuno di questi studi aveva messo in dubbio l'ipotesi che il tempo trascorso dai bambini a guardare la televisione fosse una misura dell'ambiente. Fondamentalmente il messaggio era che il mostro con un occhio solo fosse dannoso per i bambini, che peggiorasse il loro rendimen­ to scolastico e li rendesse più aggressivi e meno attenti. Le correlazioni tra il guardare la televisione e lo sviluppo dei bambini erano sempre state interpretate in questo modo, quali cause ambientali. All'epoca, nei primi anni Ottanta, anch'io pensavo che la quantità di tempo trascorsa dai bambini davanti al televisore fosse un fattore ambien­ tale, poiché ritenevo che ne fossero responsabili i genitori. Per quanto mia moglie e io fossimo generalmente indulgenti, credevamo anche che la te­ levisione nuocesse ai bambini e facevamo in modo che i nostri due ragazzi non passassero troppo tempo a guardarla. Se i responsabili del tempo trascorso dai figli davanti al televisore fosse­ ro stati i genitori, nella fattispecie questo avrebbe potuto sminuire il ruo­ lo della genetica ma, approfondendo la lettura, rimasi sorpreso nell'ap­ prendere che la maggior parte dei genitori non imponeva restrizioni alla quantità di tempo che i figli dedicavano a questa attività. Quanto stessero davanti a quell'apparecchio dipendeva dagli stessi bambini, il che rende­ va possibile che fossero le differenze genetiche individuali a stabilire la quantità di tempo riservata alla televisione. Per questi motivi, decisi di studiare il fenomeno nel Colorado Adop­ tion Project. Quando visitammo le cinquecento famiglie adottive e non adottive all'età di 3 , 4 e 5 anni dei bambini, intervistammo i genitori per dieci minuti su quanta televisione e quali programmi i figli guardassero. Ci vollero quasi cinque anni per raccogliere i dati relativi a queste tre età. Quando, alla fine, analizzai i risultati mi aspettavo di trovare poche prove dell'influenza genetica. Per prima cosa calcolai le correlazioni tra i fratelli non adottivi, che condividevano sia i geni sia l'ambiente familiare. Per ciascuna delle tre età erano circa di 0,50, a indicare che fratelli non adottivi guardavano la televisione per quantità di tempo simili. Ciò non mi sorprese, dato che i fratelli spesso guardavano la televisione insieme, soprattutto a quei tempi, quando la maggior parte delle famiglie aveva un solo televisore. Ma rimasi sbalordito quando esaminai le correlazioni tra i fratelli adottivi perché erano costantemente circa la metà rispetto a quelle tra i fratelli non adottivi. Poiché i fratelli adottivi non sono corre­ lati geneticamente, tali risultati suggerivano che le differenze genetiche 55

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spiegavano circa la metà delle differenze tra i bambini in merito alla vi­ sione televisiva. Questo fu strabiliante, perché qui c'era una misura ar­ chetipica dell'ambiente che mostrava la stessa influenza genetica rilevata per i tratti psicologici. Sapevo che sarebbe stato difficile convincere gli psicologi del fatto che le differenze genetiche influenzassero la visione televisiva, perché a quel tempo quella era la misura "ambientale" per definizione. Una quantità di dati maggiore avrebbe contribuito a rendere la ricerca più convincente. Durante le visite domiciliari chiedevamo ai genitori anche quanta televi­ sione guardassero loro, il che mi permetteva di osservare la similitudine tra genitori e figli. Nonostante i convincenti risultati ottenuti per i fratelli, non mi aspettavo molto da queste analisi poiché sembrava probabile che le motivazioni nel guardare la televisione fossero diverse per genitori e fi­ gli, cosa che avrebbe potuto determinare la poca somiglianza tra gli uni e gli altri. Ma anche per genitori e figli i risultati indicarono un'influenza ge­ netica sostanziale. I genitori naturali e i loro figli erano significativamente più simili (0,30) in merito al tempo trascorso davanti al televisore rispetto ai genitori adottivi e i figli adottati (0, 15). Il risultato più sbalorditivo fu che la visione televisiva delle madri na­ turali era significativamente correlata (0, 1 5 ) con quella dei figli dati in adozione, anche se queste donne non li avevano più visti dopo la prima settimana di vita. Questo schema di correlazione tra genitori e figli indi­ cava che circa un terzo delle differenze tra i bambini per quanto riguarda il tempo trascorso a guardare la televisione poteva essere spiegato da fat­ tori genetici ereditati dai genitori. Sebbene i risultati fossero costanti e solidi, quando iniziai a parlarne alcuni colleghi pensarono che questo studio avrebbe potuto essere il bi­ glietto d'addio in un suicidio professionale, perché era davvero troppo strano. La loro reazione mi fece esitare a scrivere un articolo, ma a quel tempo, perlomeno, ero diventato professore di ruolo, cosa che dà un senso di vera libertà accademica nell'affrontare argomenti impopolari; così alla fine decisi che sarebbe stata una buona opportunità per attira­ re l'attenzione degli psicologi, dimostrando che anche una misura "ov­ viamente" ambientale qual era la visione televisiva poteva presentare in­ fluenza genetica. Infine, nel 1989, pubblicai questi risultati. Il titolo dell'articolo era "Individuai differences in television viewing in early childhood: Nature as well as nurture" .17 Per cercare di prevenire gli equivoci, avevo infarci­ to la pubblicazione con frasi del tipo " Non ci possono essere geni per la visione televisiva, così come non ci sono geni per le prestazioni nei test di 56

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intelligenza o per la statura" e "tratti complessi come questi sono eredi­ tabili ma non ereditari" . Dopo un lungo processo di revisione, l'articolo fu pubblicato, nel 1990, nel primo volume della rivista più importante della neonata American Psy­ chological Society. La reazione non fu negativa come temevo. Ad agevola­ re l'accoglienza dell'articolo fu una recensione positiva sulla rivista scienti­ fica di punta, Sàence, che non si occupa spesso di ricerca psicologica. 18 li pezzo su Sàence terminava dicendo che "lo studio è degno di nota perché aggiunge la visione televisiva alla lista delle influenze che dagli psicologi sono comunemente considerate ambientali, ma che in realtà sono anche in parte genetiche" . Ciò nonostante, il mio studio sulla visione televisiva fu usato dai criti­ ci della genetica comportamentale come un manifesto dell'assurdità dei risultati ottenuti da tale ricerca. Ignoro tranquillamente i tizi antigenetica che non tollerano la possibilità della sua influenza, ma mi preoccupò un eminente genetista comportamentale che scrisse, in un'importante pubbli­ cazione di ricerca genetica comportamentale: "L'influenza genetica sulle abitudini della visione televisiva potrebbe essere vera [ . . . ] ma le analisi genetiche di tali fenotipi sono di significato incerto [ ]. Per esempio, un gene per la visione televisiva, un fenotipo comportamentale inesistente tre generazioni fa, non potrebbe plausibilmente esistere" .19 Da dove cominciare a rispondere a tali commenti? Chi mai aveva par­ lato di un "gene per la visione televisiva" ? Perché un'analisi genetica sulle differenze individuali in merito a quanto i bambini guardavano la televi­ sione avrebbe dovuto essere "di significato incerto" ? La visione televisiva era stata utilizzata in migliaia di studi come misura dell'ambiente senza che nessuno ne contestasse il significato. Se l'ipotesi che la visione televi­ siva sia una misura ambientale fosse stata corretta, le nostre analisi non avrebbero dovuto rilevare alcuna influenza genetica. Invece, la nostra ri­ cerca evidenziò che questa misura " ambientale" era fortemente influen­ zata dalle differenze genetiche. Un altro motivo per il quale si sosteneva che questa ricerca fosse ridi­ cola era che guardare o meno la televisione sembrava essere del tutto una questione di libero arbitrio. Possiamo accendere o spegnere la televisio­ ne a nostro piacimento, quindi com'è possibile che ci sia influenza gene­ tica? La risposta è che, in relazione agli effetti genetici su tratti complessi, il libero arbitrio è irrilevante. La genetica riguarda la misura in cui le dif­ ferenze genetiche ereditarie spiegano le differenze tra le persone. In altre parole, possiamo accendere o spegnere il televisore a nostro piacimento, ma spegnerlo o !asciarlo acceso soddisfa gli individui in modo diverso an. . .

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che a causa di fattori genetici. La genetica non è un burattinaio che muo­ ve i fili. Le influenze genetiche sono inclinazioni probabilistiche, non una programmazione predeterminata. E i programmi televisivi che guardano i bambini? Nel Colorado Adop­ tion Project la misura più affidabile in merito alla visione televisiva era il tempo di visione complessivo, ma c'erano anche informazioni su ampie categorie di programmi, come commedie, film drammatici e sport. Mi di­ vertì scoprire che l'influenza genetica più forte riguardava il tempo tra­ scorso a guardare le commedie, dato che in genere non le trovo divertenti. Questo risultato non fu incluso nell'articolo perché non era statisticamen­ te significativo e avevo ritenuto che il lavoro già stesse rasentando i limiti della stranezza anche senza entrare in questi dettagli. Nel 1991 erano stati pubblicati diciotto studi simili che riportavano risultati per analisi genetiche di varie misure ambientali. Rimasi sbalor­ dito da come questi studi evidenziassero costantemente l'influenza ge­ netica. Per queste misure ambientali il coefficiente medio di ereditabilità era del 25 % . È solo la metà del tasso di ereditabilità della maggior parte delle misure psicologiche, ma si tratta di misure chiamate " ambientali" perché si presumeva fossero puramente ambientali e, tuttavia, un quar­ to della loro varianza era di origine genetica. Per mettere le cose in pro­ spettiva, che le differenze genetiche ereditarie diano conto del 25 % del­ la varianza di queste misure è fuori scala, dal momento che l'ampiezza degli effetti, in psicologia, raramente spiega più del 5 % della varianza. Inoltre, un' ereditabilità del 25 % corrisponde alla media tra alcune delle misure più altamente ereditabili, come gli eventi controllabili della vita e la visione televisiva dei bambini, e quelle che sono a malapena eredi­ tabili, come le circostanze incontrollabili della vita, quale la morte di un membro della famiglia. Nel 1991 pubblicai "The nature of nurture", un articolo in cui si esa­ minavano i risultati di questi diciotto studi.20 Per mettere in risalto la no­ vità dei relativi risultati, l'articolo fu presentato con trentadue commenti di altri ricercatori, la maggior parte dei quali era ostile o scettica. Questo lavoro mostrava che l' ereditabilità non era limitata ai soli que­ stionari di autovalutazione riguardanti gli eventi della vita, che coinvol­ gono la percezione. L'influenza genetica era altrettanto forte per quan­ to concerneva gli studi osservazionali delle interazioni genitore-figlio dei quali i ricercatori avevano valutato i comportamenti specifici. Scoprire che l'influenza genetica era tanto importante per le misurazioni basate sull'osservazione oggettiva quanto per quelle soggettive di autovalutazio­ ne, indicava che l'influenza genetica sull'esperienza non è solo negli occhi 58

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di chi guarda. Gli effetti genetici erano osservabili nelle interazioni com­ portamentali reali tra genitori e figli. Da allora, in più di 150 articoli sono state esaminate le misure ambien­ tali di studi geneticamente sensibili. È stata costantemente riscontrata un'influenza genetica sostanziale e il coefficiente medio di ereditabilità è ancora del 25 % circa. La novità risiede nel fatto che, grazie a questi stu­ di, l'elenco delle misure ambientali che mostrano influenza genetica si è notevolmente allungato. Sono state trovate prove dell'influenza genetica relativamente all'ambiente domestico: per esempio, un ambiente familia­ re caotico; all'ambiente scolastico: insegnanti di sostegno, caratteristiche dei compagni come il bullismo; alla sicurezza del quartiere; all ' esposizio­ ne alle droghe; all'ambiente lavorativo e alla qualità del proprio matrimo­ nio. I risultati che mostrano influenza genetica non si limitano al classico progetto sui gemelli. Sono emersi, infatti, anche da studi su gemelli alle­ vati separatamente, da altri progetti sull'adozione e, più recentemente, da studi sul DNA. Le caratteristiche dei gruppi di coetanei adolescenti, quali l'orienta­ mento accademico o la delinquenza, in particolare, sono altamente ere­ ditabili.21 n motivo di questa elevata ereditabilità potrebbe dipendere dal fatto che si possono scegliere gli amici ma non la famiglia, come scrisse Harper Lee in Il buio oltre la siepe. li patrimonio genetico è condiviso passivamente con genitori e fratelli, il che porta a correlazioni tra geni ed esperienze familiari. Gli amici si possono selezionare geneticamente simi­ li a noi, creando attivamente correlazioni tra i nostri geni e le esperienze che condividiamo. Il sostegno sociale è un altro cavallo di battaglia nella ricerca psicologi­ ca sull'ambiente. Mentre cresciamo e ci muoviamo nel mondo al di fuori della famiglia, la nostra rete sociale si amplia fino a includere le amicizie strette in età adulta, i colleghi di lavoro, i vicini e sempre più i contatti sui social media. Grazie a queste relazioni usufruiamo di molte forme di so­ stegno, inclusi quello economico e quello educativo, ma in psicologia il sostegno sociale, di solito, si riferisce al supporto emotivo delle relazioni, al senso di appartenenza e al calore. Il sostegno sociale è stato collegato alla salute mentale e fisica ed è un ingrediente particolarmente importan­ te per poter invecchiare bene. Come nel caso di altre misure " ambientali" , nessuno si era interroga­ to in merito alla possibile influenza genetica sulle differenze individuali relativamente al sostegno sociale; si era ipotizzato che potesse predire la salute mentale e fisica e un buon invecchiamento per ragioni ambientali. L'opportunità di mettere alla prova questa ipotesi si presentò negli an59

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

ni Ottanta con il nostro studio SATSA sui gemelli allevati separatamente e quelli allevati insieme. Fu inclusa una misura tradizionale del sostegno sociale che poneva domande sulla possibilità, per l'intervistato, di avere qualcuno che lo aiutasse in caso di difficoltà, che sarebbe potuto passare a fargli visita in qualsiasi momento e con cui poteva condividere i senti­ menti più intimi. Per ogni domanda, si chiedeva quante persone rispon­ dessero a questi requisiti e anche quanto si fosse soddisfatti del livello di sostegno ricevuto. Le risposte possono essere condensate in due fattori: quantità, che riguarda la dimensione della rete di sostegno, e qualità, che si riferisce alla soddisfazione per il livello di supporto. Queste due scale sono correlate solo modestamente, il che significa che qualcuno può rite­ nersi soddisfatto di una piccola rete di sostegno e altri non esserlo anche se la rete è ampia. Per quanto riguarda la qualità del supporto, scoprimmo che un terzo delle differenze tra le persone poteva essere spiegato da fattori genetici, ma la quantità del supporto non mostrava alcuna influenza genetica signi­ ficativa.22 Perché la qualità del supporto mostrava influenza genetica, ma la quantità no? Nell'articolo in cui sono descritti questi risultati, sugge­ riamo che la qualità potrebbe essere più soggettiva della quantità. Misure più soggettive catturano l'influenza genetica poiché le percezioni filtrano attraverso la personalità, i ricordi e la motivazione di ogni individuo. Ma questa è solo una supposizione e ancora non sappiamo perché la qualità del supporto sia più ereditabile rispetto alla sua quantità e adesso, con la prominenza dei social media in cui sembra avere maggior importanza la quantità rispetto alla qualità, questi dati potrebbero risultare diversi. Una recente analisi condotta sui gemelli ha riscontrato che le differenze indi­ viduali per quanto riguarda l'uso di Facebook da parte dei giovani han­ no prodotto un coefficiente di ereditabilità del 25 % , anche se quantità e qualità del sostegno sociale non erano state distinte.23 Nonostante l'iniziale incredulità e ostilità nei confronti dei primi studi che mostravano l'influenza genetica su diverse misure "ambientali" , ora, quasi trent'anni dopo, la componente genetica della cultura è ampiamen­ te accettata. Tuttavia, se la tabella 1 . 1 avesse incluso misure dell'ambiente quali le esperienze di vita e il sostegno sociale, poche persone le avrebbe­ ro considerate ereditabili. Le nostre esperienze non sono solo qualcosa che ci capita. Dato il gran numero di differenze genetiche che influenzano la nostra personalità, sia­ mo diversi per come affrontiamo le circostanze della vita e per come per­ cepiamo il sostegno sociale, per le nostre inclinazioni rispetto alla visione televisiva e al divorzio. 60

LA GENETICA DELL'AMBIENTE

Provate a pensare a qualcosa, in ambito psicologico, che possa non ave­ re assolutamente a che fare con voi e con la vostra genetica. Prendiamo il clima, per esempio, il fattore ambientale archetipico sul quale non ab­ biamo alcun controllo. Come pare abbia detto Mark Twain: "Che strano, tutti parlano del tempo, ma nessuno fa niente per cambiarlo" . Si può agire sul clima? Posta in questo modo, la domanda sembra la voce di un questionario sulle esperienze psicotiche. Ovviamente il clima non si può cambiare. È più utile formulare la domanda usando il linguag­ gio delle differenze individuali, che è il dominio della genetica comporta­ mentale. Perché qualcuno vive in climi caldi e soleggiati e altri tollerano luoghi freddi e umidi? Una risposta potrebbe essere che, sebbene non si possa controllare il clima, potremmo scegliere dove vivere. Chi ama sta­ re all'aperto o chi soffre di depressione stagionale può prendere in con­ siderazione di trasferirsi in un clima adatto alle proprie esigenze. Amare stare all'aperto o essere inclini alla depressione sono aspetti influenzati in parte da fattori genetici. Trasferirsi a vivere dove il clima è più confacen­ te è un modo in cui le differenze genetiche potrebbero contribuire alle differenze individuali nelle risposte a semplici domande sul clima, quale " Quanto spesso splende il sole dove vivi ? " . È possibile che si viva in un posto soleggiato perché si è scelto di vivere lì. L'adattamento evolutivo potrebbe contribuire all' ereditabilità del cli­ ma? Le persone i cui antenati hanno vissuto per molte generazioni in un particolare clima potrebbero essersi adattate evolutivamente. Senza dub­ bio, ci sono adattamenti genetici ai climi estremi. Per esempio, gli arti più corti e i corpi più tozzi degli eschimesi possono essere un adattamento che permette di conservare il calore. Ci può essere stata evoluzione an­ che negli adattamenti fisici e fisiologici per consentire la vita nel deserto o ad altitudini estreme. Ma adattamenti evolutivi come questi riguardano le differenze medie tra i gruppi, mentre l'ereditabilità ha a che fare con le differenze individuali. I gemelli, per esempio, crescono all'interno dello stesso gruppo, quindi le cause genetiche delle differenze medie tra i grup­ pi non sono riflesse nelle differenze all'interno delle coppie di gemelli. In condizioni estreme, caratteristiche altamente adattive come il bipedismo e la visione frontale non consentono la varianza genetica, cosicché il coef­ ficiente di ereditabilità sarebbe O. Quindi è probabile che gli adattamenti evolutivi dei diversi gruppi non contribuiscano alle differenze genetiche tra gli individui all'interno di essi. Una più probabile fonte di influenza genetica sul clima è la perce­ zione. Io sono un incorreggibile ottimista che raramente si fa smontare. Anche se vivo in Inghilterra, che non è nota per i suoi cieli sempre soleg61

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

giati, mi accorgo che quando ripenso al clima dell'estate passata ricordo che non era così male, considerando i giorni trascorsi in barca a vela e a nuotare. Quando qualcuno parla del tempo orribile della scorsa estate, resto sempre sorpreso. Qualcuno dice che queste sono solo percezioni del clima e non corri­ spondono a quello reale. Risponderei che l'ambiente psicologicamente valido è quello percepito, il che significa che quanto percepiamo corri­ sponde al nostro reale vissuto. Anche se i dati meteorologici della scorsa estate dicono che è stata l'estate più fredda e più nuvolosa dell'ultimo de­ cennio, ciò che conta per me è il ricordo delle giornate calde e soleggiate. Queste percezioni possono risentire dell'influenza genetica, mentre filtra­ no attraverso i miei pregiudizi cognitivi e la personalità. Sebbene le misure oggettive dell'ambiente siano utili, non dobbiamo trascurare l'importanza delle percezioni soggettive. Quando si comincia a pensare a quanto il DNA sia importante, è diffi­ cile individuare qualche esperienza psicologica completamente priva di possibili influenze genetiche. Per esempio, gli incidenti non sono sempre fatti accidentali. Alcuni bambini incorrono in un maggior numero di in­ cidenti rispetto ad altri; la quantità di graffì e lividi sulla loro pelle è un segno dell'influenza genetica.24 Naturalmente, neanche per gli adulti gli incidenti automobilistici sono sempre casuali; sono spesso causati da una guida spericolata: velocità eccessiva, imprudenza o effetto di alcol e altre droghe; a volte sono accidentali, ma le differenze genetiche nella perso­ nalità possono aumentarne la probabilità. Gli unici eventi scevri da influenza genetica sono quelli su cui abbiamo poco controllo, come la morte o la malattia di parenti e amici. Com'era pre­ vedibile, per questi eventi incontrollabili la ricerca rileva scarsa influenza genetica; nondimeno, la nostra reazione a tali circostanze - il vissuto psico­ logico degli eventi - può essere influenzata dal nostro patrimonio genetico. L'importanza delle misure dell'ambiente risiede nel loro impatto psi­ cologico. Se i geni influiscono sulle misure ambientali e su quelle psi­ cologiche ciò comporta anche la possibilità che essi contribuiscano alle correlazioni tra queste misure. Per esempio, una buona genitorialità è in correlazione con uno sviluppo equilibrato dei bambini, le cattive compa­ gnie sono correlate con alcuni problemi in adolescenza e le circostanze di vita stressanti con la depressione negli adulti. Si era ipotizzato che queste correlazioni fossero causate dall'ambiente; nessuno aveva preso in consi­ derazione la possibilità di un contributo genetico. Come si fa a sapere se tale contributo c'è? Per quanto riguarda l'associa­ zione tra genitorialità e figli l'analisi più diretta è fornita dall'esperimento 62

LA GENETICA DELL'AMBIENTE

sociale dell'adozione. La genitorialità è collegata allo sviluppo dei bambini tanto nelle famiglie adottive, dove genitori e figli condividono solo la cul­ tura, quanto in quelle non adottive in cui sono condivise cultura e natura? Il mio interesse per la genetica dell'ambiente iniziò nei primi anni Ot­ tanta, quando diedi uno sguardo ai primi risultati del Colorado Adoption Project che comprendeva diverse misure della genitorialità tra cui una os­ servativa dell'ambiente domestico, che era stata sviluppata di recente ed è ancora la più diffusa per quanto riguarda l'ambiente domestico dei bam­ bini; ha il simpatico acronimo HOME, che sta per Home Observation for Measurement of Environment. L'HOME include quarantacinque voci che servono a documentare comportamenti specifici - anziché comuni - as­ SW1ti dai genitori nei confronti dei bambini. In merito al calore umano, per esempio, HOME include voci che riguardano il modo di parlare al bambi­ no, di accarezzarlo e baciarlo. La verifica fu valutata insieme a voci relative all'interferenza con le azioni del bambino e alla punizione. Le valutazioni dell'HOME furono effettuate quando i bambini avevano l , 2 , 3 e 4 anni. La raccolta dei dati dell'HOME nel corso di duemila visite domiciliari in tutto il Colorado fu un importante investimento di tempo e di denaro. Nel 1984, quando le visite ai bambini di l e 2 anni furono concluse, non vedevo l'ora di osservare la relazione tra i dati dell'HOME e lo sviluppo co­ gnitivo e linguistico dei bimbi. Visti i risultati di molti altri studi condotti su famiglie non adottive, mi aspettavo che ci fosse una correlazione di 0,5 circa tra i dati dell'HOME e lo sviluppo mentale e linguistico dei bambini all'età di 2 anni. Con sollievo vidi che i nostri dati avevano prodotto i ri­ sultati attesi per le famiglie non adottive, con correlazioni di 0,5 circa tra l'HOME e lo sviluppo cognitivo e linguistico, ma quando esaminai le cor­ relazioni nelle famiglie adottive, queste erano significativamente inferiori: solo la metà rispetto a quelle non adottive. Poiché i genitori non adottivi sono geneticamente imparentati con i propri figli, ma quelli adottivi non lo sono, questi risultati suggeriscono che a contribuire alla correlazione tra l'HOME e lo sviluppo cognitivo dei bambini siano i geni. Abbiamo dimostrato che circa la metà di questa cor­ relazione può essere attribuita alla genetica.25 Questi risultati indicano che la genetica è un "terzo fattore" che con­ tribuisce alla correlazione tra la genitorialità valutata dall'HOME e lo svi­ luppo cognitivo dei bambini. Vale a dire che la correlazione non è dovuta solo al fatto che l'HOME favorisce direttamente lo sviluppo cognitivo dei bambini, né dipende solamente da genitori che rispondono alle differen­ ze nelle capacità cognitive dei figli; questi due processi spiegano la cor­ relazione nelle famiglie adottive. Il motivo per cui la correlazione risulta 63

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

raddoppiata nelle famiglie non adottive risiede nel fatto che i genitori e la prole sono correlati geneticamente. In che modo la genetica funziona come " terzo fattore" ? Com'è pos­ sibile che i geni condivisi da genitori e figli conducano a correlazioni tra aspetti tanto diversi, quali la genitorialità valutata dall'HOME e lo sviluppo cognitivo dei bambini? Bisogna liberarsi dalle etichette. L'" ambiente", nel contesto dell'HOME, si riferisce al comportamento dei genitori. È molto più facile pensare a come il comportamento dei genitori possa essere ge­ neticamente correlato a quello dei bambini. Per esempio, i genitori che avevano realizzato punteggi alti nel progetto HOME erano persone che so­ stenevano e stimolavano i figli, e rispondevano ai loro bisogni. Supponia­ mo che questi siano genitori più brillanti. Se si riformula la correlazione tra i dati dell'HOME e lo sviluppo cognitivo dei bambini dicendo che "ge­ nitori più brillanti hanno figli più brillanti" , la possibilità che la genetica sia un "terzo fattore" sembra plausibile e probabile. Nel Colorado Adoption Project erano state esaminate centinaia di cor­ relazioni per decine di misure della genitorialità in merito alla loro con­ nessione con decine di misure dello sviluppo dei bambini. Nel nostro ar­ ticolo del 1985 si concludeva che la genetica è generalmente responsabile della metà circa della correlazione tra genitorialità e sviluppo psicologico dei bambini. Studi di adozione come il Colorado Adoption Project sono partico­ larmente efficaci per indagare gli effetti dell'ambiente familiare - quale la genitorialità - sullo sviluppo dei bambini. Un approccio più generale per quanto riguarda le misure dell'ambiente al di fuori della famiglia, per esempio in relazione agli eventi della vita in età adulta, è l'analisi genetica multivariata. Questo tipo di analisi stima l'influenza genetica sulla corre­ lazione fra due tratti, anziché sulla varianza di ciascun tratto analizzato separatamente. Un altro momento di soddisfazione fu quando capii che per esplorare il ruolo della genetica nella correlazione tra variabili ambientali e psicolo­ giche si sarebbe potuto utilizzare il comune approccio genetico multiva­ riato per l'analisi di due tratti negli studi sui gemelli. Nel primo studio in cui fu utilizzato questo approccio, nel 199 1 , si esaminò la correlazione tra sostegno sociale e benessere in relazione alla ricerca svedese sui gemelli di mezza età allevati insieme e separatamente. La correlazione tra sostegno sociale e benessere era di 0,25 circa, correlazione che, come al solito, era stata interpretata a livello ambientale: il sostegno sociale produce benes­ sere. Si è scoperto, invece, che oltre la metà di tale correlazione è spiegata dalla genetica.26 64

LA GENETICA DELL'AMBIENTE

Dal 1991 furono segnalati più di cento studi di questo tipo e continuia­ mo a vederne.27 Avevo provato a esaminarli, ma vi ho rinunciato per due ragioni: il settore di queste ricerche si sta allargando più velocemente di quanto io possa assimilarle e, più importante, la maggior parte degli stu­ di presenta un'analisi genetica della correlazione tra una singola misura ambientale e un singolo esito psicologico. Questo costituisce un proble­ ma, poiché ci sono molte misure ambientali e altrettante psicologiche che danno origine a innumerevoli combinazioni delle due. Ciò produce una letteratura scientifica tentacolare, con pochi tentativi di replicazione dei risultati specifici, cosa che manda all'aria i tentativi di analisi sistematica. Nonostante le difficoltà nel riesaminarli sistematicamente, questi studi riflettono una semplice realtà, la stessa che risultò dal documento origi­ nario del CAP nel 1985 e dal saggio SATSA nel 1990: la genetica spiega, in genere, circa la metà della correlazione tra le misure ambientali e i tratti psicologici. Questa scoperta relativa alla genetica dell'ambiente è uno de­ gli esempi più inaspettati e importanti di come il DNA faccia di noi quelli che siamo. Invece di supporre che le correlazioni tra "ambiente" e tratti psicologici siano determinate dal contesto ambientale, è più sicuro ipo­ tizzare che la metà della correlazione dipenda da differenze genetiche individuali. Questa ricerca è importante anche perché mostra come pos­ siamo studiare i "veri" effetti ambientali dopo aver escluso la genetica.28 Quando la rivoluzione genetica prenderà piede, ciò costituirà un orien­ tamento importante della ricerca. La genetica dell'ambiente indica un nuovo modo di considerare il vis­ suto personale. In passato, gli psicologi credevano che l'ambiente equi­ valesse agli eventi che subiamo passivamente, ma la ricerca sulla genetica dell'ambiente suggerisce un modello di vissuto più attivo. Gli ambienti psicologici non sono "là fuori" , non li subiamo passivamente; sono " qui dentro" , li viviamo mentre percepiamo, interpretiamo, selezioniamo, mo­ difichiamo attivamente e persino creiamo ambienti correlati alle nostre predisposizioni genetiche. Le nostre differenze - così geneticamente ric­ che - nella personalità, nelle psicopatologie e nelle capacità cognitive ci fanno affrontare le circostanze della vita in modo diverso. Per esempio, le differenze genetiche dei bambini nei loro desideri e inclinazioni in­ fluenzano la misura in cui si awantaggiano delle opportunità educative. Le differenze genetiche relative alla nostra vulnerabilità alla depressione influenzano la misura in cui interpretiamo le esperienze positivamente o negativamente. Questo è un modello generale per pensare al modo in cui utilizziamo l'ambiente per ottenere ciò che il nostro modello genetico ci sussurra di volere: è l'essenza della genetica dell'ambiente. 65

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L'importanza del DNA aumenta con il passare del tempo

Secondo voi, nel corso della vita l'importanza degli effetti dell'ereditarietà aumenta o diminuisce? La maggior parte delle persone di solito risponde "diminuisce " , per due ragioni: innanzitutto, appare ovvio che siamo con­ tinuamente e cumulativamente esposti alle condizioni ambientali: più a lungo viviamo, più siamo soggetti all'influsso di genitori, amici, conoscenti e occupazioni, oltre che a incidenti e malattie; in secondo luogo, si crede erroneamente che gli effetti genetici non cambino più dal momento del concepimento, che il DNA ereditato da madre e padre resti immutato dal momento in cui l'ovulo incontra lo spermatozoo. In tale ottica, uno dei principali risultati della ricerca genetica comporta­ mentale è controintuitivo: le influenze genetiche diventano più importanti con l'avanzare dell'età. Con il passare del tempo non c'è caratteristica psi­ cologica che mostri minore influenza genetica, ma l'ambito in cui l'eredi­ tabilità aumenta drasticamente durante lo sviluppo è la capacità cognitiva. Ci sono molti tipi di capacità cognitive (verbali e spaziali, per esem­ pio); di fatto, però, è più probabile che chi ne possiede una abbia anche le altre. Chi ha migliore memoria, per esempio, è tendenzialmente dota­ to di maggiori capacità in tutte le altre forme di intelligenza. Le persone spesso pensano di essere portate per le lettere oppure per la matematica, tanto per fare un esempio, ma in realtà, salvo eccezioni, se possiedono una naturale inclinazione per l'una, hanno maggiori probabilità di riusci­ re bene anche nell'altra. La cosiddetta intelligenza racchiude ciò che i diversi test cognitivi han­ no in comune, il che spiega perché venga spesso definita capacità cognitiva generale, ovvero perché i "test di intelligenza" generale, di solito, includa­ no una decina di test verbali e non verbali e riassumano le prestazioni con un punteggio totale chiamato "punteggio QI" , acronimo di un concetto superato, il "quoziente di intelligenza" .1 67

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

Secondo il punto di vista della maggior parte dei ricercatori in questo ambito, l'essenza dell'intelligenza è "la capacità di ragionare, pianificare, risolvere i problemi, pensare in modo astratto, comprendere idee com­ plesse, apprendere rapidamente e imparare dall'esperienza" .2 L'intelligen­ za è importante a livello scientifico e sociale: dal punto di vista scientifico, essa riflette il funzionamento del cervello, non come moduli specifici che si accendono negli studi di imaging cerebrale, ma come processi cerebrali che lavorano di concerto per risolvere i problemi;} in ambito sociale, l'in­ telligenza è uno dei migliori predittori del rendimento scolastico e dello status professionale.4 Durante il secolo scorso, la ricerca genetica sull'intelligenza si ritro­ vò nell'occhio del ciclone del dibattito su natura/cultura relativamente all'ambito delle scienze sociali.5 La discussione era animata da paure fuo­ ri luogo sul determinismo biologico, l'eugenetica e il razzismo. Questa controversia contribuì a innalzare la soglia di accettazione del ruolo della genetica. La ricerca genetica superò questo limite grazie a studi migliori e più ampi, accumulando prove che dimostravano in modo sistematico come le differenze genetiche tra le persone spiegassero circa la metà delle loro differenze nei test di intelligenza. La stima generale del 50% di ere­ ditabilità mascherava una scoperta intrigante, cioè il modo in cui l'eredi­ tabilità cambia nel corso della vita. Nel 1983 facevo parte di una delegazione americana invitata in Unione Sovietica per studiare lo sv:iluppo dei bambini negli asili nido, di cui i so­ vietici erano giustamente orgogliosi. L'attrazione per noi era rappresen­ tata dal poter visitare parti dell'Unione Sovietica a quei tempi raramente accessibili agli occidentali. Mi chiedevo come mai fossi stato invitato, dato che all'epoca la mia ricerca evidenziava l'influenza genetica nell'infanzia e in Unione Sovietica la genetica non era considerata politicamente corretta, poiché l'ambiente era ritenuto fondamentale. Scoprii che, per i sovietici, la nozione di genetica era in realtà accettabile quando si trattava di bambini, poiché la logica del loro programma di assistenza comunitaria intensiva per la prima infanzia si fondava sull'acculturare i bambini nella società comunista, cancellando le tracce della loro natura animale, che include le predisposizioni genetiche. Una dimostrazione della presenza di influenza genetica nella prima infanzia era perciò tollerabile, poiché si presumeva che non potesse essere rilevante nello sviluppo successivo.6 Non esistevano prove a supporto dell'ipotesi sovietica secondo cui l'e­ reditabilità sarebbe scomparsa dopo l'infanzia; la ricerca del momento stava invece iniziando a evidenziare il contrario, cioè che l'importanza del DNA aumenta con il passare del tempo. Il Louisville Twin Study in68

L'IMPORTANZA DEL DNA AUMENTA CON IL PASSARE DEL TEMPO

dicò per la prima volta che, per quanto riguarda l'intelligenza, l'eredita­ bilità aumenta dalla prima infanzia alla preadolescenza. 7 Nel 1 983 furo­ no resi noti i risultati di uno studio ventennale condotto su cinquecento coppie di gemelli che erano stati sottoposti a valutazione quattordici vol­ te dall'infanzia all'adolescenza. Nel passare da una fase all'altra, i gemelli identici erano diventati più simili tra loro relativamente all'intelligenza, con un aumento delle correlazioni da 0,75 a 0,85 circa. Al contrario, per i gemelli fraterni la somiglianza era diminuita, passando da 0,65 a 0,55 cir­ ca. Poiché la stima dell'ereditabilità è data dalla differenza tra le correla­ zioni tra gemelli identici e gemelli fraterni, questo schema di risultati sug­ geriva un aumento dell'ereditabilità, dal 20% circa nell'infanzia al 60% circa nell'adolescenza. Sebbene i risultati longitudinali mostrassero un andamento costante di crescente ereditabilità, la dimensione relativamente piccola del campione di cinquecento coppie di gemelli non provava che questo cambiamento fosse statisticamente significativo. Una conferma plateale di questa ricerca venne, però, dal nostro Colorado Adoption Project. 8 Come dimostrato da molti altri studi, le correlazioni tra l'intelligenza dei genitori non adottivi e dei loro figli aumentavano da 0,1 circa nella prima infanzia a 0,2 nella preadolescenza e a 0,3 nell'adolescenza. n fattore maggiormente degno di nota consisteva nel fatto che lo stesso andamento di somiglianza cre­ scente si riscontrava per i bambini adottati e i loro genitori biologici, dai quali erano stati separati nei primi giorni di vita. All'età di 16 anni la cor­ relazione per l'intelligenza era la stessa tra genitori biologici e figli, sia che i bambini fossero cresciuti insieme ai genitori sia che fossero stati dati in adozione. Le correlazioni tra i bambini adottati e i genitori adottivi, che condividevano la cultura ma non la natura, si aggiravano intorno allo zero. Ulteriore sostegno all'ipotesi dell'accresciuta ereditabilità arrivò, nel 2010, da un consorzio di studi sui gemelli che riuniva dati sull'intelligenza per un campione di undicimila coppie di gemelli provenienti da quattro Paesi diversi, campione che, da solo, superava l'insieme di quelli utilizzati in tutti gli studi precedenti.9 Grazie a questi studi, si scoprì che l'eredita­ bilità dell'intelligenza aumentava in modo significativo dall'infanzia all'a­ dolescenza e fino all'età adulta, dal 40 al 55 al 65 % . Infine, nel 2013 una meta-analisi riunì i risultati di tutti gli studi relativi all'intelligenza sui gemelli e sull'adozione e confermò l'aumento dell'ere­ ditabilità. 1 0 Questa ricerca si concentrava sullo sviluppo dei bambini fino al raggiungimento dell'età adulta, poiché questa è l'età della maggior parte dei campioni di cui si avvale la ricerca genetica comportamentale. I pochi studi disponibili condotti su campioni di età avanzata suggeriscono che 69

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

il coefficiente di ereditabilità continua ad aumentare durante l'età adulta, fino a raggiungere 1'80% a 65 anni.U L' ereditabilità del 50% per l'intelligenza corrisponde solo all'età media del campione nell'insieme degli studi. L'impressionante aumento dell'e­ reditabilità, dal 20% nella prima infanzia al 40% nella preadolescenza e al 60% nell'adulto, si distingue da quello negli altri tratti, in particolare la personalità e il rendimento scolastico, che mostrano pochi cambiamenti evolutivi in questo senso. 12 In tale contesto, i risultati relativi al rendimento scolastico sono sor­ prendenti. Poiché l'intelligenza correla ampiamente con il rendimento scolastico, ci si aspetterebbe che i risultati scolastici mostrassero un ana­ logo pattern di crescente ereditabilità, ma per questo tratto non è stato ri­ scontrato alcun cambiamento evolutivo per nessuno dei partecipanti allo studio longitudinale TEDS sui gemelli, anche se l'ereditabilità per l'intel­ ligenza aumenta. In effetti, per il rendimento scolastico l'ereditabilità è del 60% circa in tutto il periodo scolare, più elevata rispetto a quella per l'intelligenza, che è del 40% circa.13 Com'è possibile? Una spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che a livello universale l'istruzione, nei primi anni di scuola, riduce le dispari­ tà ambientali ad abilità come la lettura e l'aritmetica, su cui si concentra­ no i test di rendimento scolastico, e questo porta a un alto coefficiente di ereditabilità anche nei primi anni di scuola. Le scuole, al contrario, non insegnano l'intelligenza, quindi il suo coefficiente di ereditabilità aumen­ ta durante lo sviluppo, quando i bambini selezionano e creano i propri ambienti in correlazione con le proprie propensioni genetiche per l' ap­ prendimento. In altre parole, insegnare a leggere, scrivere e far di conto nei primi anni scolastici cancella in gran parte le disparità ambientali, e la genetica rimane la principale causa delle differenze tra i bambini per quanto riguarda queste capacità. L'ereditabilità dell'intelligenza aumenta nel corso degli anni scolastici, cosicché alle superiori raggiunge il coeffi­ ciente di ereditabilità per i risultati scolastici. Inoltre, una volta imparato a leggere, scrivere e far di conto, i bambini possono utilizzare queste abi­ lità come strumenti per l'apprendimento in generale, il che contribuisce ai processi di correlazione genotipo-ambiente responsabili della crescente ereditabilità dell'intelligenza. Questa potrebbe essere una spiegazione generale in merito all'enorme aumento del coefficiente di ereditabilità per l'intelligenza nella fase dello sviluppo. Sebbene dopo il momento del concepimento la nostra sequenza del DNA ereditario non cambi, con il passare del tempo possono cambiare gli effetti dei geni. Per esempio, la calvizie maschile è altamente ereditabi70

L'IMPORTANZA DEL DNA AUMENTA CON IL PASSARE DEL TEMPO

le, ma gli effetti di questi geni non si manifestano fino a quando gli ormoni non cambiano nella mezza età.14 Un importante esempio psicologico è la schizofrenia, per la quale mediamente il periodo di insorgenza è l'inizio dell'età adulta. È difficile, nell'infanzia, individuare eventuali differenze in soggetti che avranno in seguito una diagnosi di schizofrenia. È probabile che i geni che contribuiscono al pensiero disorganizzato, alle allucinazio­ ni e alla paranoia caratteristici della schizofrenia non abbiano effetto fino a quando il cervello non ha sviluppato un livello elevato di ragionamento simbolico, cosa che avviene all'inizio dell'età adulta. Una possibile spiegazione della crescente ereditabilità dell'intelligenza sarebbe data dall'entrata in campo di un maggior numero di geni che in­ fluenzano l'intelligenza, forse perché il cervello diventa sempre più com­ plesso. Tuttavia, questa ragionevole ipotesi sembra improbabile, poiché la ricerca genetica svolta sui campioni di popolazione nel corso della vita dimostra che a influenzare l'intelligenza, dall'infanzia all'età adulta, sono i medesimi geni. Ciò significa che i geni sono in gran parte responsabi­ li della stabilità attraverso i secoli, mentre l'ambiente è responsabile del cambiamento legato all'età, il che lascia aperta la questione del perché il coefficiente di ereditabilità aumenti. I risultati concernenti la stabilità genetica derivano dagli studi cosid­ detti longitudinali, in cui si misurano ripetutamente i gemelli nel corso de­ gli anni. Anziché misurare i contributi genetici e ambientali alla varianza dell'intelligenza a una determinata età, è possibile stimare le origini gene­ tiche e ambientali del cambiamento e della continuità con il passare degli anni. Grazie all'utilizzo dell'analisi genetica multivariata, menzionata in precedenza, è possibile studiare la correlazione genetica, ossia fino a che punto gli effetti genetici a una data età si correlino con gli effetti geneti­ ci a un'età diversa. In sostanza, invece di correlare i punteggi dei gemelli a una determinata età, l'analisi genetica multi variata correla il punteggio di un gemello a una certa età con quello dell'altro gemello a un'età diver­ sa e confronta queste correlazioni nel tempo sia per i gemelli identici sia per quelli fraterni. Questo tipo di analisi mostra che gli effetti genetici sull'intelligenza so­ no altamente stabili nel tempo. Per esempio, nel TEDS gli effetti genetici sull'intelligenza nel secondo anno di età mostrano una correlazione di 0,7 con quelli del quarto anno. 15 Le correlazioni genetiche tra un'età e l'altra sono anche maggiori dopo l'infanzia. Un recente studio sul DNA supporta vigorosamente i risultati ottenuti dallo studio sui gemelli, con una sovrap­ posizione del 90% per i geni che influenzano l'intelligenza nell'infanzia e nell'età adulta.16 71

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

Se gli effetti genetici sono altamente stabili da un'età all'altra, come può il coefficiente di ereditabilità relativo all'intelligenza aumentare così tanto durante lo sviluppo? L'ipotesi più plausibile suggerisce che le lievi spinta­ celle della genetica all'inizio dello sviluppo si amplifichino con il passare del tempo. In altre parole, gli stessi fattori genetici producono via via effet­ ti sempre più importanti: un processo noto come amplificazione genetica. 1 7 È possibile che gli effetti genetici si amplifichino mentre selezioniamo, modifichiamo e creiamo un numero sempre maggiore di ambienti corre­ lati alle nostre propensioni genetiche. Per esempio, i bambini con un'in­ clinazione genetica verso un alto livello di intelligenza leggono libri e scel­ gono amici e hobby che stimolino il loro sviluppo cognitivo. Questo è il modello di esperienza attiva menzionato in precedenza. Sebbene gli studi sui gemelli supportino questo modello, i risultati decisivi saranno forniti dalla rivoluzione genetica. Mentre si comincia a individuare le differenze nel DNA che spiegano l'ereditabilità dell'intelligenza a ogni età, l'ipotesi dell'amplificazione predice che le differenze genetiche associate all'intel­ ligenza nell'infanzia, nell'adolescenza e nell'età adulta saranno le medesi­ me, ma avranno un effetto maggiore con il passare del tempo. Mi piace l'idea che ci si evolva nei propri geni. Più si invecchia, più si diventa chi si è geneticamente. In una certa misura, specialmente per quanto riguarda la capacità cognitiva, questo significa che invecchiando si assomiglia di più ai propri genitori; forse questo è il motivo per cui le persone, quando invecchiano, sembrano spesso temere di stare diventan­ do proprio come loro.

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L'anormalità è normale

11 50% di noi avrà un problema psicologico diagnosticabile nel corso del­ la vita e il 20% ne avrà avuto uno nell'ultimo anno.1 Il prezzo, in termini di sofferenza per i pazienti, i loro amici e parenti, così come i costi econo­ mici, rendono oggigiorno le patologie psicologiche uno dei problemi più urgenti. Anche se tali problemi sono reali, la questione affrontata in que­ sto capitolo riguarda l'atteggiamento nei confronti dei disagi psicologici che vengono diagnosticati come se fossero malattie che si possono avere o non avere. Questa logica ha portato gli scienziati a cercare la causa del disturbo, qualcosa che rende "loro" diversi da "noi " . Questa visione è profondamente radicata nella psichiatria che segue il modello clinico della malattia intervenendo sul disturbo mentale come fosse un'infermità fisica simile a un'infezione, che ha una causa semplice e unica. La ricerca genetica mostra che, nel caso dei problemi psicologici, il modello clinico è del tutto inadeguato. Quelle che chiamiamo "malattie" sono solo gli estremi funzionali degli stessi geni presenti nella normale distribuzione. Vale a dire che non esistono geni specifici "per" qualche disturbo mentale. Tutti noi possediamo invece molte delle differenze ge­ netiche associate alle malattie; la domanda saliente riguarda la loro quan­ tità. Lo spettro genetico può includerne poche o tante, e maggiore è il loro numero, maggiori sono le probabilità che si sviluppi qualche problema. In altre parole, le differenze genetiche tra una persona e l'altra, che cau­ sano quelle che chiamiamo "malattie", sono quantitative, non qualitati­ ve. È una questione di più/meno (quantitativa) , non di sì/no (qualitativa). Potrebbe sembrare un'oscura questione accademica, ma questa scoperta sta modificando completamente la psicologia clinica e la psichiatria, spe­ cialmente con l'avvento della rivoluzione genetica. Vuoi dire che non ci sono malattie: sono solo gli estremi di dimensioni quantitative; questo è il significato del motto "L'anormalità è normale" . 73

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

Il presente capitolo spiega come questa importante storia si sia svilup­ pata e ne esplora le implicazioni. Il primo suggerimento è arrivato dalla ricerca sui gemelli e sull' adozio­ ne, che aveva messo in relazione i collegamenti tra "casi" diagnosticati e misure dimensionali dei relativi tratti. Per esempio, la difficoltà nella let­ tura diagnosticata può essere paragonata alle misure dimensionali relative alla capacità di lettura che valutano i lettori quantitativamente, da scarsi a buoni. Quella diagnosi nell'ambito dei problemi di lettura viene fatta apparire come un "vero" disturbo clinico attribuendole un nome greco: dislessia. La medicalizzazione dei problemi psicologici è tipica: per esem­ pio, i problemi relativi all'apprendimento dell'aritmetica sono diagnosti­ cati come discalculia, mentre quelli legati all'attenzione sono classificati come disturbo da deficit di attenzione/iperattività o ipercinesi. Le analisi genetiche che indagano i legami tra disturbi qualitativi e di­ mensioni quantitative implicano un tipo di analisi multivariata che esamina, come già accennato, i legami genetici fra i vari tratti. In questo caso, l'ana­ lisi genetica multivariata esamina il grado di correlazione genetica tra una diagnosi categoriale (qualitativa) e una dimensione continua (quantitativa). Se usiamo come esempio la lettura, correliamo la diagnosi per un gemello (sì o no) con il punteggio quantitativo di lettura del co-gemello e confron­ tiamo queste "correlazioni incrociate" nei gemelli identici e nei gemelli fraterni. Grazie ad analisi genetiche multivariate di questo tipo si trovano forti legami genetici tra diagnosi e dimensioni, il che significa che i geni che contribuiscono alla diagnosi sono gli stessi responsabili delle dimensioni. Questa ricerca indica che i medesimi geni sono responsabili sia della difficoltà sia dell'abilità nella lettura.2 Simili risultati sono emersi per altri disturbi mentali, a indicare che non esistono geni per i disturbi mentali: sono gli stessi geni responsabili per l' ereditabilità in tutta la distribuzio­ ne normale, da quelle poche persone a rischio genetico molto basso alle molte con rischio genetico medio, fino ai pochi individui a rischio gene­ tico molto alto. Prove di questo genere indicano che quelle che chiamiamo "malattie" sono semplicemente gli estremi quantitativi degli stessi effetti genetici che agiscono nella distribuzione normale. In altre parole, le differenze geneti­ che di ogni individuo sono associate alla sua personale capacità di lettura. La qualità della lettura dipende dalla quantità di queste varianti genetiche ereditarie. Da un punto di vista genetico, le anomalie sono gli estremi delle dimensioni normali. Come vedremo più avanti, questa nuova concezione dell'anormalità come normale, nella psicologia clinica sta cambiando ogni cosa, dalla diagnosi alla terapia. 74

L'ANORMALITÀ È NORMALE

Anziché descrivere dettagliatamente questo complesso tipo di analisi sui gemelli, per capire perché l'anormalità sia normale basta fare riferi­ mento alla rivoluzione genetica. Nei casi di obesità, come spiegato nel ca­ pitolo 10, una differenza del DNA in un gene chiamato FTO, è più frequente rispetto ai gruppi di controllo. Ma non è un gene specifico "per" l'obesità: che si sia magri oppure grassi, questa differenza genetica è associata a un aumento di peso corporeo di 3 chilogrammi; ciò significa che, se tra due fratelli tale differenza è presente solo in uno di essi, probabilmente quello peserà di più rispetto all'altro, a prescindere dal peso dell'uno e dell'altro. Questo tipo di risultato è riemerso di volta in volta in diverse ricerche genetiche sulle malattie. I geni originariamente identificati in quanto as­ sociati a un disturbo comune si rivelano collegati alle normali variazioni nella distribuzione.3 C'è un continuum di influenza genetica da un estre­ mo all'altro; in altre parole, quando si trovano geni associati alla difficoltà nella lettura, le relative differenze genetiche non saranno specifiche "per" la difficoltà nella lettura, ma saranno connesse con l'intera distribuzione delle capacità di lettura. Queste differenze nel DNA faranno sì che buoni lettori leggano lievemente peggio di altri buoni lettori privi di queste va­ rianti genetiche; viceversa, poiché troviamo geni associati alla capacità di lettura, gli stessi geni prediranno problemi nella lettura. Quando parliamo di genetica, è facile scivolare nell'idea del gene per que­ sto o per quello; io la chiamo ipotesi OGOD, che sta per one gene, one disor­ der [un gene, una malattia] , un'idea fuorviante.4 La nostra specie è espo­ sta a migliaia di malattie monogeniche, ma sono rare. I disturbi comuni, invece, compresi tutti quelli mentali, non sono causati da un singolo gene. Una patologia monogenica è quella originata da una singola mutazio­ ne, necessaria e sufficiente a mentali. Per esempio, la Còrea di Hunting­ ton è una malattia monogenica che danneggia alcune cellule nervose nel cervello. Si sviluppa in età adulta e peggiora progressivamente nel tempo, portando nel giro di vent'anni alla completa perdita del controllo moto­ rio e delle funzioni intellettive. La variante del DNA è "necessaria" perché la Còrea di Huntington si sviluppa solo in presenza della mutazione per questa patologia, ed è " sufficiente" perché, se si eredita la mutazione, a quella malattia si soccomberà. Per una malattia monogenica ereditaria come la Còrea di Huntington l'effetto genetico è qualitativo, non quantitativo. In questo caso si può par­ lare di un gene specifico "per" il disturbo associato, ma anche se ci sono migliaia di malattie monogeniche, sono tutte rare; non sono state riscon­ trate cause monogeniche per disturbi mentali comuni. 75

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

L'architettura genetica dei disturbi mentali è l'opposto dell'ipotesi OGOD. L'alta ereditabilità dei disturbi mentali dipende da molte diffe­ renze genetiche, ciascuna dall'effetto lieve. Nessuna di esse è necessaria o sufficiente allo sviluppo di una malattia. L'individuazione di un gran nu­ mero di tali piccoli effetti genetici indica che questi devono essere distri­ buiti quantitativamente su una normale curva a campana. Per un partico­ lare disturbo, per esempio la depressione, supponiamo che si riscontrino mille differenze genetiche tra i casi e i gruppi di controllo dei non depressi. Tali differenze non riguardano esclusivamente individui con diagnosi di depressione: nella popolazione, la persona media può avere cinquecento delle mille differenze genetiche che causano il disturbo; questi soggetti avranno, per la depressione, un rischio genetico medio. Per coloro che hanno poche differenze genetiche di questo tipo il rischio sarà inferiore alla media e per coloro che ne hanno in numero superiore alla media le probabilità di cadere in depressione saranno maggiori. Questo è esattamente il modo in cui l'influenza genetica funziona per tutti i disturbi comuni. Successivamente considereremo i punteggi poli­ genici composti da migliaia di differenze genetiche identificate dalla loro associazione con i disturbi mentali. La questione, qui, è che questi pun­ teggi poligenici sono sempre distribuiti in modo perfettamente normale, il che significa che predicono la variazione in tutta la distribuzione: da chi si deprime raramente a coloro cui accade qualche volta, fino ai depres­ si cronici. Questi punteggi poligenici predicono se a qualcuno verrà dia­ gnosticata o no la depressione solo perché tali soggetti sono ai limiti della normale distribuzione del rischio genetico. L'anormalità è normale, nel senso che in tutti noi sono presenti molte delle differenze genetiche che contribuiscono all'ereditabilità di qualsivoglia disturbo mentale; se rag­ giungiamo o meno qualche arbitraria soglia diagnostica dipende dal nu­ mero di queste differenze. Questa ricerca genetica porta a una conclusione epocale: non ci sono anomalie qualitative, solo dimensioni quantitative.' Problemi psicologici come la depressione, la dipendenza da alcol e la difficoltà nella lettura sono gravi. Più il problema è estremo, maggiori sono le probabilità che influenzi l'individuo, la sua famiglia e la società, ma poiché il rischio genetico è con­ tinuo, non ha senso cercare di decretare se qualcuno sia affetto o meno da una malattia. Non c'è nessuna malattia, solo gli estremi delle dimensioni quantitative. Le persone sono diverse in merito a depressione, quantità di alcol che consumano e abilità nella lettura, ma queste differenze fanno par­ te della normale distribuzione. Ci vuole un cambiamento nel vocabolario, cosicché si possa parlare di "dimensioni" anziché di "malattie". 76

L'ANORMALITÀ È NORMALE

Un'altra implicazione importante del fatto di comprendere che l"' anor­ malità è normale" è che non possiamo curare la malattia perché non è di malattia che si tratta. li successo nel trattamento dovrebbe essere consi­ derato quantitativamente, in termini di grado di riduzione del problema. Torneremo sull'argomento nell'ultimo capitolo, poiché la rivoluzione ge­ netica animerà questi temi che ci coinvolgono tutti. Considerare ciò che chiamiamo " anormalità" come parte della norma­ le distribuzione delle differenze sta già cambiando il modo in cui si pensa alla salute e alla malattia mentale.6 Nel più recente manuale diagnostico di psicopatologia, questa tendenza è riflessa nel rinominare alcuni disturbi mentali con il termine " spettro", un sinonimo di " dimensione" . La schi­ zofrenia è ora un disturbo dello spettro della schizofrenia; l'autismo è un disturbo dello spettro dell'autismo. Questo è il motivo per cui si dice che qualcuno è "nello spettro" di un determinato disturbo, a prescindere dalla sua entità; ciò segnala un approccio dimensionale quantitativo. La visione secondo cui la normalità sarebbe anormale è molto più ra­ dicale: non si sta semplicemente ammettendo un'area grigia tra compor­ tamento normale e disturbi diagnosticati come schizofrenia e autismo, creando un'altra categoria diagnostica chiamata " disturbo dello spettro"; si sta dicendo che la distinzione tra normale e anormale è artificiale, che l'anormalità è normale. Poiché la nozione di anormale contrapposta a quella di normale è così profondamente radicata e così difficile da eludere, è legittimo fornire un altro esempio; questo è scherzoso, ma arriva al nocciolo della questione. Immaginate di scoprire una nuova malattia, il gigantismo. Questa condi­ zione, che sarà diagnosticata sulla base di una statura superiore a 196 cm, ha una frequenza dell' l % . Le differenze genetiche che risultano associa­ te al gigantismo saranno associate anche alle differenze individuali nella statura in tutta la distribuzione: per le persone alte e per quelle basse. Il punto è questo: la statura e le sue basi genetiche sono distribuite in modo perfettamente normale; non c'è anomalia, solo la normale distribuzione con i suoi normali estremi, il che non sarà d'aiuto nel creare un'altra cate­ goria diagnostica del tipo " quasi un gigante " . Perché dovremmo creare l a malattia del gigantismo quando la statu­ ra è così chiaramente un tratto continuo? Non ha alcun senso. Direi che è altrettanto assurdo creare malattie definite per qualsiasi problema: fisi­ co, fisiologico o psicologico. Sono solo le estremità quantitative di tratti continui. Rispetto a problemi psicologici quali la difficoltà nella lettura e la de­ pressione, è facile vedere come i bambini leggano con maggiore o minore 77

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

facilità e come gli adulti siano più o meno depressi. Ma quando si tratta di disturbi più rari, come la schizofrenia e l'autismo, si è tentati di ricadere nel modo di pensare cosiddetto sì/no. I sintomi comportamentali in base ai quali vengono diagnosticati la schizofrenia e l'autismo sono così gravi che non sembra plausibile affermare che gli individui con questi disturbi sono semplicemente all'estremo della normale distribuzione. In altre pa­ role, come si può essere solo un po' schizofrenici o solo un po' autistici? Anche se gli individui istituzionalizzati con una diagnosi di schizofrenia si comportano in modo bizzarro, questo disturbo include sintomi quali pensieri disorganizzati, dissociazione e credenze insolite, oltre a sintomi più gravi come allucinazioni e visioni. Chi non ha mai sperimentato alcu­ ni di questi sintomi?7 La diagnosi di schizofrenia viene fatta in base alla gravità dei sintomi e alla misura in cui essi influenzano la vita di una per­ sona e quella degli altri. Forse c'è una soglia di rischio oltre la quale un individuo diventa " davvero " schizofrenico o autistico. Anche se il rischio è quantitativo, il risultato potrebbe comunque essere qualitativo, nel senso che chi ol­ trepassa quel limite è "davvero" schizofrenico o autistico; avvicinarsi al limite non conta. Malattie fisiologiche quali infarto e ictus sono conside­ rate esempi di questo limite. Sono molti gli elementi che contribuisco­ no al rischio, ma un attacco di cuore lo si ha oppure no; eppure questo non è vero. Attacchi di cuore e ictus sono spesso così lievi che non ci si accorge di averli avuti. Anche questi esempi estremi di disturbi fisiologi­ ci obbediscono a un meccanismo quantitativo, non di tipo dicotomico (sì/no) . Lo stesso vale per disturbi quali la schizofrenia e l'autismo: non esiste una soglia oltrepassata la quale si precipita nella "vera" schizofre­ nia o nel "vero" autismo. Rispetto ad alcuni problemi fisiologici è facile valutare la dimensione alla base del disturbo; per esempio, la pressione arteriosa è la dimensio­ ne che sta alla base dell'ipertensione, anzi, è l'elemento che ne permette la diagnosi. Similmente, rispetto ad alcuni problemi psicologici le dimen­ sioni che sottostanno ai disturbi sembrano ovvie. Per esempio, i test per la capacità di lettura sono utilizzati per diagnosticare le difficoltà. Allo stesso modo, i problemi di iperattività possono essere valutati in base alla dimensione del disturbo: da lieve a molto importante. La sindrome de­ pressiva è una dimensione estrema dell'umore. Sebbene alcuni problemi come la schizofrenia e l'autismo presentino sintomi così gravi da appari­ re al di fuori della normale distribuzione, se accettiamo di avere tutti, in qualche misura, disturbi del pensiero, a volte possiamo valutarli quanti­ tativamente, smettendo di essere ossessionati dalla diagnosi "malato-non 78

L'ANORMALITÀ È NORMALE

malato" . Allo stesso modo possiamo valutare quantitativamente i sintomi dell'autismo come difficoltà nelle relazioni sociali e nella comunicazione. Una questione che emerge in merito alla relazione tra dimensioni e ma­ lattia è identificare l'altro estremo della distribuzione del comportamento problematico. Per esempio, nel caso della difficoltà nella lettura, sembra ovvio che l'altro estremo della distribuzione comporti l'abilità. Ma non è così semplice: si tratta dell'abilità nei processi di base della lettura, quali la decodifica e la scioltezza, oppure della bravura nei processi di livello supe­ riore, tra cui la comprensione? Oppure coinvolge tutte queste componenti della lettura? La felicità è all'estremo opposto della stessa dimensione in cui si trova la depressione? Qual è l'altro estremo nella dimensione della scarsa attenzione? Consiste solo nell'essere molto attenti oppure potrebbe comportare problemi di tipo diverso, come la compulsività? Come vedremo più avanti, la rivoluzione del DNA porrà questo proble­ ma al centro della psicologia clinica e della psichiatria. I punteggi polige­ nici che predicono il rischio genetico per le "malattie" sono distribuiti in modo perfettamente normale. Pertanto possiamo studiare, per la prima volta, gli individui " all'altra estremità" della normale distribuzione dei punteggi poligenici per scoprire chi siano. L'implicazione più generale di questa visione dell'anormalità come normale consiste nel fatto che non c'è un " noi" contrapposto a "loro" . In ognuno di noi sono presenti peculiarità genetiche che influiscono sul rischio di sviluppare problemi psicologici e maggiore è il loro numero, maggiori sono le probabilità di avere qualche problema. Tutto dipende dalla quantità: è una questione di più o meno.

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Geni generalisti

Fino a oggi, per diagnosticare un disturbo mentale gli psicologi si erano dovuti affidare ai sintomi comportamentali; per esempio, allucinazioni, visioni e paranoia sono segnali di schizofrenia; forti oscillazioni dell'umo­ re segnalano il disturbo bipolare; la difficoltà di concentrazione e alti li­ velli di attività indicano un disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Sebbene questi siano tutti problemi comportamentali importanti, il modo in cui sono raggruppati negli attuali schemi di classificazione diagnosti­ ca non è supportato dalla ricerca genetica. Per la prima volta, la genetica offre una base causale per predire i disturbi mentali, anziché attendere la comparsa dei sintomi e poi cercare di diagnosticare il disturbo a partire da questi, non da ciò che l'ha provocato. Gli studi sulle cause genetiche dei disturbi mentali tracciano una mappa che è quasi irriconoscibile se confrontata con le diagnosi attuali basate sui sintomi. Ciò significa che, invece di individuare influenze genetiche precise che corrispondono a una diagnosi, gli effetti genetici sono sparsi su molti disturbi: sono tendenzial­ mente generali anziché specifici, motivo per cui ho definito questo argo­ mento geni generalisti.1 I primi studi sulla famiglia ipotizzavano che gli effetti genetici sui di­ sturbi mentali fossero generali, anziché specifici per ciascuno di essi.2 Di­ sturbi di questo tipo non sono ereditati pari pari: la psicopatologia geni­ toriale predice che la progenie avrà maggiori probabilità di incorrere in problemi psicologici, ma non necessariamente gli stessi dei genitori. Per esempio, a un genitore potrebbe essere diagnosticata la depressione e alla sua prole il comportamento antisociale. Gli studi sullo sviluppo mostrano, inoltre, che un disturbo si trasforma spesso in un'altro. Fin dagli anni Novanta, anche le ricerche sui gemelli accennavano ai geni generalisti nelle analisi genetiche multivariate dei legami genetici tra coppie di disturbi. Una delle prime indicazioni venne dagli studi che evi81

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denziavano come il disturbo d'ansia generalizzata e la depressione mag­ giore fossero geneticamente la stessa cosa.3 Le differenze genetiche eredi­ tarie contribuiscono in modo sostanziale al rischio di sviluppare ansia o depressione, ma non specificano di quale delle due si soffrirà; a determina­ re l'insorgenza di un disturbo anziché dell'altro saranno i fattori ambienta­ li. In altre parole, il rischio genetico influisce sui disturbi mentali a livello generale, mentre il rischio ambientale è specifico per i singoli disturbi. I geni generalisti non sono associati solo ai casi di disturbo diagnosticato. Gli stessi risultati emersero da qualche decina di studi sui gemelli in cui era stata esaminata la sovrapposizione genetica tra le dimensioni dei sin­ tomi dell'ansia e di quelli della depressione. 4 Dopo altre centinaia di studi, diversamente dai manuali diagnostici de­ gli psicologi che riportano decine di disturbi mentali, l'architettura geneti­ ca della psicopatologia indica solo tre ampi gruppi genetici: il primo inclu­ de problemi come ansia e depressione, detti di interiorizzazione in quanto diretti verso l'interno; il secondo gruppo genetico, quello dei problemi di esternalizzazione, riguarda la condotta e l'aggressività nell'infanzia e, nell'età adulta, il comportamento antisociale, la dipendenza da alcol e l'a­ buso di altre sostanze; esperienze psicotiche come le allucinazioni e altri disturbi estremi del pensiero costituiscono il terzo gruppo genetico, in cui rientrano la schizofrenia, il disturbo bipolare e la depressione maggiore. All'interno di questi tre gruppi, le correlazioni genetiche sono tipi­ camente superiori a 0,5, il che significa che, se si osserva una differenza genetica associata a un tipo di problema, esiste una probabilità del 50% che questa sia associata anche ad altri tipi di problemi. Non tutti gli effet­ ti genetici sono generali - alcuni di essi sono specifici per un determinato disturbo -, ma la sorpresa è stata scoprire come tendono a comportarsi gli effetti genetici generali.5 Recentemente si è ipotizzato che questi tre gruppi si sovrappongano anche per creare un fattore genetico generale di psicopatologia. 6 Gli effetti dei geni generalisti si riscontrano nelle più gravi malattie men­ tali, le psicosi. Il primo punto di diramazione, nella diagnosi delle psicosi, separa la schizofrenia dai disturbi depressivi. Questo punto di divisione è in tale misura convalidato nella diagnostica, che fino a poco tempo fa le due diagnosi si escludevano a vicenda: se veniva diagnosticata la schizofrenia, il disturbo bipolare - una forma grave di depressione che si alterna alla mania - era automaticamente escluso. Per questa ragione, fu una totale sorpresa scoprire che la maggior parte delle differenze genetiche collegate con la schizofrenia mostrava un'associazione anche con il disturbo bipolare, co­ me pure con la depressione maggiore e altri disturbi.7 Anche se la schizo82

GENI GENERALISTI

frenia, il disturbo bipolare e il disturbo depressivo maggiore costituiscono le condizioni diagnosticate da più tempo e più frequentemente, come tali presentano la maggiore sovrapposizione genetica; ciò significa che dovre­ mo strappare i nostri manuali diagnostici basati sui sintomi. Nei seguenti capitoli sono descritte altre tecniche genetiche attualmen­ te utilizzabili in modo più generale per analizzare i legami genetici fra i tratti; questi studi confermano l'importante ruolo dei geni generalisti nel­ la psicopatologia, già individuato nel corso dei primi studi sui gemelli. La rivoluzione genetica condurrà a un nuovo approccio alla psicopatologia che, come vedremo nell'ultimo capitolo, si concentra sulla salute e sulle malattie mentali definite geneticamente, non solo per l'identificazione dei problemi, ma anche per la loro cura e prevenzione. L'influenza dei geni generalisti non è limitata alla sfera della psicopa­ tologia: la maggior parte degli effetti genetici generali si manifesta anche nell'ambito delle capacità cognitive. Per esempio, il lessico, le abilità spa­ ziali e il ragionamento astratto mostrano correlazioni genetiche superiori a 0,5, anche se si ritiene che queste capacità implichino processi neurocogni­ tivi molto diversi. Questo vuol dire che, quando scopriamo una differenza genetica associata a una capacità cognitiva, c'è una probabilità superiore al 50% che sia associata anche ad altre. Alcuni effetti genetici sono speci­ fici per ciascuna capacità cognitiva, ma la sorpresa riguarda il fatto che la maggior parte degli effetti genetici è comune a tutte le capacità cognitive. 8 Ecco il motivo per cui l'intelligenza, più precisamente chiamata capa­ cità cognitiva generale, è un costrutto così potente: essa cattura ciò che le diverse capacità cognitive hanno in comune, il che la rende un buon can­ didato per la caccia ai geni generalisti. Per quanto riguarda la lettura, la matematica e le scienze, le capacità legate all'istruzione mostrano correlazioni genetiche ancora più elevate: circa 0,7 .9 Uno dei miei esempi preferiti per i geni generalisti riguarda la lettura. È stato messo a punto un test, il Phonics Screening Check, per distinguere due componenti della lettura che si pensava fossero processi fondamentalmente diversi. La prima è la capacità di leggere le parole fa­ miliari in modo rapido e preciso (scioltezza) ; l'altra, quella di pronunciare le non parole (fonetica). A questo test vengono sottoposti tutti i seicen­ tomila bambini di età compresa tra i 5 e i 6 anni nel Regno Unito, poiché si presume che serva a separare queste due componenti della lettura: la scioltezza e la fonetica. n test prevede la lettura ad alta voce, il più rapidamente possibile, di un elenco di parole familiari e di "non parole" appropriate all'età. Per esem­ pio, le parole familiari potrebbero essere "cane" ed "esercizio" ; le non pa83

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role sono combinazioni di lettere mai viste prima, come "iane" e "pecap­ po" , pari in difficoltà alle parole vere. L'idea sensata alla base di questo interessante test consta nel ritenere che la lettura di parole familiari debba essere automatica, ma le non parole che i bambini non hanno mai visto prima debbano essere pronunciate, cosa che ha a che fare con la fonetica. Spesso, come in questo caso, il buon senso sbaglia. La correlazione ge­ netica tra la lettura di parole familiari e di non parole è di 0,9, il che ren­ de questo esempio uno dei più potenti in relazione ai geni generalisti.10 Ciò significa che anche se scioltezza e fonetica sono considerate processi neurocognitivi completamente diversi, le medesime differenze genetiche sono responsabili delle differenze individuali di queste due componenti della lettura. Un recente esempio della potenza dei geni generalisti deriva dagli studi sulle abilità spaziali svolti dal mio gruppo. Abbiamo ideato una decina di test online con l'obiettivo di identificare componenti specifiche di abilità spaziali quali la navigazione, il ragionamento meccanico e la capacità di visualizzare gli oggetti quando vengono ruotati in due e tre dimensioni. Nonostante gli sforzi compiuti per valutare gli aspetti specifici delle abi­ lità spaziali, questi sono stati sopraffatti dai geni generalisti; le correlazio­ ni genetiche tra le decine di test spaziali erano in media superiori a 0,8.11 Osservo che la reazione comune degli psicologi a questa evidenza rela­ tiva ai geni generalisti è l'incredulità. Alcuni bambini con problemi nella lettura non ne hanno con la matematica, e viceversa. Se i geni sono gene­ ralisti, perché si verificano disabilità specifiche? Per prima cosa, la speci­ ficità è minore di quanto possa sembrare: le prestazioni relative alla lettu­ ra e alla matematica sono altamente correlate; ciò nonostante, solo sulla base dei dati statistici ci si aspetta che alcuni bambini siano migliori in un ambito rispetto all'altro, perché la correlazione non è = l. In secondo luo­ go, i geni sono anche specialisti: la correlazione genetica non è = l . Non sorprende che ci siano alcuni geni specialisti; la sorpresa riguarda gli ef­ fetti genetici generali. È probabile che per la struttura e la funzione del cervello siano rilevan­ ti anche i geni generalisti. I neuroscienziati pensano che le diverse parti del cervello assolvano compiti specifici, concetto noto come modularità. I geni generalisti, invece, comportano che le differenze individuali nella struttura e nella funzione del cervello siano in gran parte dovute agli effetti diffusi che influenzano molte regioni e funzioni del cervello. Rispetto al tradizionale modello della modularità, quello dei geni gene­ ralisti ha più senso dal punto di vista genetico ed evolutivo.12 In genetica ci sono due principi importanti, nella misura in cui influenzano tratti psi84

GENI GENERALISTI

cologici complessi quali la psicopatologia e le capacità cognitive, nonché tratti neurocognitivi che coinvolgono la struttura e la funzione del cervel­ lo. Innanzitutto, l'influenza genetica è causata da migliaia di differenze genetiche con ampiezza dell'effetto estremamente piccola: si tratta della poligenicità; secondariamente, ogni differenza genetica influisce su molti tratti: ciò è detto pleiotropia. Date la poligenicità e la pleiotropia, sembra probabile che i geni generalisti diano origine a cervelli generalisti. Ha anche senso supporre che il cervello si sia evoluto come strumento generale preposto alla soluzione dei problemi; la selezione naturale non si preoccupava di facilitare il lavoro dei neuroscienziati creando moduli or­ dinati con funzioni specifiche. Di fatto, non è stato il cervello a evolversi, sono state le persone. La sopravvivenza dei nostri antenati dipendeva dal modo in cui le loro capacità intellettive si convertivano in comportamenti: era più probabile che sopravvivessero e si riproducessero gli individui più abili a risolvere i problemi, comprese le questioni di vita o di morte che richiedono una decisione immediata. A questo scopo, sono stati catturati tutti i vantaggi propri delle differenze individuali associate alla risoluzio­ ne dei problemi, ovunque si trovassero nel cervello. Nelle neuroscienze gli studi sui geni generalisti non sono stati ancora approfonditi, anche perché i neuroscienziati raramente prendono in con­ siderazione le differenze individuali:0questo tipo di ricerca richiede cam­ pioni di grandi dimensioni e ciò rappresenta una difficoltà, in quanto gli studi di imaging cerebrale sono costosi. La rivoluzione genetica cambierà questa realtà: confido che, grazie a essa, scopriremo il ruolo importante dei geni generalisti in ogni fase del percorso che parte dai geni e, attraver­ so il cervello, arriva al comportamento.

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Perché bambini di una stessa famiglia sono così diversi Due delle principali scoperte della genetica comportamentale riguardano l'ambiente e, come abbiamo detto, la prima è la genetica dell'ambiente. Ci siamo imbattuti in questo fenomeno osservando come quelle che gli psi­ cologi chiamano "misure ambientali " mostrino spesso l'influenza geneti­ ca. Ciò ha portato alla fine a una visione radicalmente nuova: l'ambiente non è qualcosa "là fuori" che subiamo passivamente; noi lo percepiamo, lo interpretiamo, lo selezioniamo, lo modifichiamo attivamente, lo creia­ mo persino, anche sulla base delle nostre propensioni genetiche. Anche la seconda grande rivelazione sull'ambiente ha avuto inizio dall'incontro con qualcosa di strano : perché bambini che crescono nella stessa famiglia sono così diversi? Un fratello può essere estroverso, l'altro riservato; uno può andare meglio a scuola rispetto all'altro. Ora sappia­ mo che la genetica rende i fratelli simili al 50% , il che significa pure che per il 50% sono diversi. Ma prima che la genetica fosse presa sul serio, la ragione per cui bambini che crescono nella stessa famiglia e con gli stessi genitori, che vivono nello stesso quartiere e frequentano la stessa scuola possano essere così diversi, era un enigma. Ovviamente i fratelli non sono completamente diversi. Per esempio, se a uno dei fratelli viene diagnosticata la schizofrenia, il rischio per gli altri di sviluppare la stessa malattia è del 9 % , decisamente maggiore rispetto all' l % comune al resto della popolazione. Per quanto riguarda l'intelli­ genza, tra i fratelli la correlazione è di 0,4 circa. Spiegare perché i fratelli fossero simili non era un problema. Quando la psicologia emerse come scienza, all'inizio del xx secolo, era dominata dall'ambientalismo: l'idea secondo la quale siamo ciò che apprendiamo. La famiglia era considerata la prima e principale fonte di influenza ambientale nel renderei quelli che siamo. Credere nel potere dell'ambiente familiare rese facile presumere che la cultura fosse la ragione della familiarità dei tratti psicologici. Perché 87

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si assomiglia ai propri fratelli? Perché si è cresciuti nella stessa famiglia. Tuttavia, dato questo presunto potere dell'ambiente familiare, era diffi­ cile spiegare perché i fratelli fossero così diversi tra loro. Per esempio, in più del 90% dei casi, se a un fratello viene diagnosticata la schizofrenia, non è così anche per l'altro; la differenza media di QI tra i fratelli è di tre­ dici punti, non molto lontana dalla differenza media di diciassette punti riscontrata tra coppie di individui selezionati a caso nella popolazione. Mi vengono in mente molte coppie di fratelli notoriamente diversi; per esempio Bill Clinton e il suo irresponsabile fratellastro Roger, cui i servi­ zi segreti americani avevano dato il nome in codice "Mal di testa" e che fu arrestato per spaccio di droga. Nella narrativa, le differenze tra fratelli sono al centro di molte trame, come quella che racconta di Tom Sawyer e suo fratello Sid (nella sua autobiografia, Mark Twain ammette che la coppia immaginaria ricalca molto da vicino le differenze tra lui e il fratel­ lo Henry). Le biografie descrivono spesso le differenze tra fratelli; tutti coloro che hanno scritto di William J ames, il fondatore della psicologia americana, o di suo fratello Henry James il romanziere, hanno sottolineato quanto fossero diversi. Henry, per sua stessa ammissione, era un insicuro, distaccato, privo della piacevole affabilità e del savoir-/aire di William, e invidiava le capacità e i talenti naturali del fratello. La risposta alla questione fondamentale della differenza tra fratelli por­ tò a una visione mozzafiato, quasi incredibile, del modo in cui funziona l'ambiente, eppure questa scoperta passò inosservata nello scenario del primo secolo di ricerca genetica comportamentale, che si concentrava sulla contrapposizione di natura e cultura. I metodi adottati negli studi sull 'adozione e sui gemelli furono elaborati per separare natura e cultura al fine di spiegare le somiglianze familiari. Per quasi tutti i tratti psicologici, la risposta alla domanda sulle origini delle somiglianze familiari è la natu­ ra: la familiarità dipende principalmente da ragioni genetiche. Tuttavia, la stessa ricerca ha fornito le migliori prove disponibili dell'importanza dell'ambiente, poiché l'ereditabilità incide solitamente per il 50% circa, il che significa che metà delle differenze tra le persone è dovuta all'am­ biente, non alla genetica. Solo negli anni Settanta, i genetisti comportamentali cominciarono a rendersi conto di cosa ciò significasse: assomigliamo ai nostri genitori e fratelli perché siamo simili a loro geneticamente, non perché cresciamo nello stesso ambiente, abbiamo le stesse opportunità e siamo esposti ai medesimi traumi. In altre parole, crescere nella stessa famiglia non fa sì che ci si somigli di più. La stupefacente implicazione di questa scoperta è che saremmo ugualmente simili ai nostri genitori e ai nostri fratelli anche 88

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se alla nascita fossimo stati dati in adozione separatamente e fossimo cre­ sciuti in famiglie diverse. Per quanto incredibile possa sembrare, la ricer­ ca sull'adozione, come vedremo, mostra che questo è assolutamente vero. Ma l'effetto di questa scoperta è persino più ampio. L'obiettivo della ricerca genetica comportamentale non è capire perché i fratelli siano simili o diversi. La ricerca genetica comportamentale utilizza gli studi sui gemelli e sui figli adottivi per capire, osservando i bambini, che cosa renda diffe­ renti le persone. Questa ricerca implica che la famiglia sia tutt'altro che un determinante monolitico di quelli che siamo: le influenze ambientali condivise dai membri della famiglia non fanno la differenza. È una con­ clusione stupefacente, dato che gli psicologi, quando parlano di cultura, prendono in considerazione proprio le influenze ambientali. Per quanto ciò possa sembrare inconcepibile, avevamo già visto alcuni dei dati che portano a questa conclusione: si trovavano sullo sfondo della precedente ricerca su natura e cultura, nella quale avevamo usato il peso co­ me esempio. Se crescere insieme a qualcuno rendesse simili, i parenti adot­ tivi dovrebbero essere tanto simili quanto i parenti genetici. Abbiamo visto invece che il peso dei bambini adottati non è affatto correlato al peso dei loro fratelli adottivi o dei genitori con cui condividono l'ambiente familiare. Ancora più sorprendente è il punto cui ho fatto allusione sopra: il peso degli individui adottati separatamente alla nascita e cresciuti in famiglie diverse è simile a quello dei loro fratelli e genitori biologici, così come ac­ cade per i parenti che condividono il loro ambiente familiare. Questo vale anche per i gemelli identici separati alla nascita, il cui peso, nell'età adulta, è simile a quello dei gemelli identici cresciuti sempre insieme. Gli studi sui gemelli portano alla medesima conclusione, secondo la quale crescere nella stessa famiglia non rende simili per il peso a meno che non si condivida il patrimonio genetico. Sebbene negli studi sui gemelli la stima del coefficiente di ereditabilità complessiva per tutti i dati genetici sia del 70% , per il peso è dell'SO% . La correlazione tra i gemelli identici è di O,S, il che vuol dire che la somiglianza genetica spiega completamen­ te la similarità nel peso; tra i gemelli fraterni è di 0,4, esattamente quello che ci si aspetterebbe se l'ereditabilità fosse dell'SO% , poiché i gemelli fraterni sono geneticamente simili solo per il 50%. Sebbene il peso sia un buon esempio grazie all'abbondanza dei relativi dati, gli studi sull'adozione e sui gemelli giungono alla stessa conclusione per tutti i tratti della personalità e delle psicopatologie. L'ereditarietà è in genere del 50% e questo spiega completamente le somiglianze tra paren­ ti; l'ambiente è responsabile dell'altro 50% , ma non ci sono prove riguar­ do agli effetti ambientali condivisi quando si cresce nella stessa famiglia. 89

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L'assenza di prove dell'influenza ambientale condivisa è stata riscon­ trata non solo per i tratti tradizionali della personalità quali l'estroversione e il nevroticismo, ma anche per quelli che potrebbero sembrare partico­ larmente suscettibili all'influenza dei genitori, quali l'altruismo, la pre­ mura e la gentilezza. Questi tratti sono componenti di un fattore che i ri­ cercatori che si occupano della personalità definiscono amabilità. Avevo sempre pensato che essi mostrassero l'influenza ambientale condivisa e fui contento quando, in occasione del primo studio genetico sull'amabi­ lità, scoprimmo che l'influenza ambientale condivisa spiegava almeno il 20% della varianza.1 Sfortunatamente, la ricerca successiva non confermò questi risultati e ammetto con riluttanza che neanche l'amabilità mostra­ va alcuna influenza dell'ambiente condiviso. La determinazione è un al­ tro tratto della personalità che si pensava fosse influenzato dall'ambiente condiviso, ma anch'esso diede gli stessi risultati di altri tratti della perso­ nalità: ereditabilità moderata e nessuna influenza ambientale condivisa.2 La cultura non insegna ai bambini a essere gentili o grintosi. Analisi di model-fitting che raggruppano tutti i dati mostrano costante­ mente che le esperienze condivise dai membri di una famiglia non hanno alcun effetto sulle differenze individuali.3 I membri di una famiglia sono simili per tutti i tratti psicologici, ma per ragioni genetiche. Crescere in­ sieme a un fratello non rende simili, al di là della genetica. L'ambiente è un'importante fonte di differenze tra le persone, ma non si tratta, come ritenevano gli psicologi, dell'ambiente familiare condiviso; il nome che ho dato a questo misterioso tipo di influenza ambientale che rende differenti l'uno dall'altro i bambini nella stessa famiglia è ambien­ te non condiviso.4 Come l'ereditabilità, l'ambiente condiviso e l'ambiente non condiviso sono componenti anonime della varianza, stime di fondo di ciò che ci differenzia che non precisano quali fattori specifici ne siano responsabili. L'ambiente condiviso si riferisce a qualsiasi fattore non genetico renda simili i membri di una famiglia. Se si esclude l' ereditabilità, non restano altre somiglianze familiari da spiegare, e ciò significa che l'ambiente con­ diviso è trascurabile. Per ambiente non condiviso si intende il resto della varianza, non spiegato dall' ereditabilità o dall'ambiente condiviso. Come l'ereditabilità, le stime relative all'ambiente condiviso e a quello non con­ diviso descrivono "cosa c'è" in una particolare popolazione in un deter­ minato momento. Queste stime sono limitate a fattori che fanno la diffe­ renza in quella data popolazione. Eventi rari come l'abuso possono fare un'enorme differenza per l'individuo maltrattato, ma non spiegano gran­ ché della varianza nella popolazione. 90

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Quando, nel 1976, l'importanza dell'ambiente non condiviso fu posta per la prima volta in relazione con la personalità, la cosa fu ignorata;5 fu contrastata nel 1987, quando analizzai la ricerca genetica che evidenzia­ va questo fenomeno, e ancora nel 1998, quando un famoso libro affrontò l'argomento. Ma ora, almeno tra i genetisti comportamentali, questo fat­ to è così ampiamente accettato che l'attenzione si è spostata sulla ricerca di qualsiasi influenza ambientale condivisa.6 Per esempio, la delinquenza minorile mostra qualche influenza ambientale condivisa: le probabilità di sviluppare un comportamento deviante sono maggiori se ciò si mostra anche nei fratelli, benché anche in questo caso la maggior parte dell'in­ fluenza ambientale non sia condivisa. L'intelligenza sembra essere una delle principali eccezioni alla regola secondo la quale i fattori ambientali che influenzano i tratti psicologici sono quelli non condivisi.7 In una mezza dozzina di precedenti studi sui fratelli adottivi, la correlazione era di 0,25 , a indicare che un quarto della varianza per l'intelligenza poteva essere spiegata dall'ambiente condiviso. Ma nel 1978 uno studio sui fratelli adottivi riferì una correlazione per l'in­ telligenza pari a 0.8 Anche se la replicazione era fallita, gli autori osserva­ rono che i fratelli adottivi del loro campione avevano tra i 1 6 e i 22 anni, mentre quelli che avevano partecipato agli studi precedenti erano bambi­ ni. Era possibile che, nel caso dell'intelligenza, l'importanza dell'ambiente condiviso terminasse in adolescenza? Studi successivi su fratelli adottivi di età maggiore rilevarono, per l'intelligenza, correlazioni altrettanto basse.9 La prova maggiormente degna di nota fu prodotta da uno studio longitu­ dinale di follow-up decennale su fratelli adottivi. 10 Per l'intelligenza, tra fratelli adottivi dell'età media di 8 anni, la correlazione era di 0,25. Dieci anni dopo, tra gli stessi fratelli adottivi era pari a O. Questi risultati, supportati dagli studi sui gemelli, suggeriscono che l'ambiente condiviso influisce sull'intelligenza durante l'infanzia, quan­ do i bambini vivono a casa. 11 Ma quando raggiungono l'adolescenza e il loro mondo si estende oltre la famiglia l'impatto dell'ambiente condiviso diventa trascurabile. Per quanto riguarda l'intelligenza, sul lungo periodo l'ambiente condiviso non è una fonte importante di differenze individuali. È interessante osservare come, mentre l'impatto dell'ambiente condiviso diminuisce durante l'adolescenza, l' ereditabilità aumenti costantemente dall'infanzia fino all'età adulta. Un'altra apparente eccezione alla regola è il rendimento scolastico.12 Secondo le stime relative ai test di rendimento scolastico in tutte le mate­ rie, sia scientifiche sia umanistiche, il 20% della varianza delle prestazioni sarebbe spiegata dall'ambiente condiviso. Dunque, l'effetto dell'ambiente 91

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condiviso sul rendimento scolastico diminuisce dopo l'adolescenza, co­ me per l'intelligenza?13 La prima ricerca genetica sui risultati accademi­ ci all'università suggerisce che potrebbe essere così. Sulle prestazioni dei soggetti STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) l'ambiente condiviso non aveva alcun effetto e dava conto solo del lO% della varian­ za. Le uniche altre eccezioni tra le centinaia di tratti esaminati sono alcune convinzioni religiose e politiche, per le quali l'ambiente condiviso spiega circa il 20% della varianza.14 Quali sono queste misteriose influenze ambientali non condivise che rappresentano la principale ragione ambientale per cui le persone diffe­ riscono? Si può prendere in considerazione qualsiasi fattore ambientale, quale potenziale fonte di ambiente non condiviso, semplicemente chie­ dendosi se renda diversi i fratelli. Per esempio, i genitori non trattano tut­ ti i figli esattamente allo stesso modo; possono far parte delle esperienze che i fratelli non condividono i fattori ambientali al di fuori della famiglia, come la scuola, i compagni e le relazioni sociali; anche gli eventi condivisi potrebbero essere una fonte di ambiente non condiviso, se vissuti dai fra­ telli in modo diverso. Per esempio, se in una famiglia i genitori divorzia­ no, l'evento riguarda tutti i figli, che possono tuttavia viverlo e percepirlo in modo dissimile. Spesso è più difficile per un fratello rispetto all'altro, o uno dei due potrebbe prenderla in modo più personale. Un fattore am­ bientale non può essere importante nello sviluppo a meno che non renda diversi i bambini di una stessa famiglia. Nonostante i possibili candidati fossero numerosi, i progressi nell'in­ dividuazione delle fonti specifiche di effetti ambientali non condivisi fu­ rono lenti. Ci sono tre passaggi per identificare le influenze ambientali non condivise. Il primo consiste nell'individuazione dei fattori ambien­ tali che differiscono tra i fratelli. Riassumendo un vasto studio, i fratelli che vivono nella stessa famiglia fanno esperienze molto diverse: è quasi come se vivessero in famiglie diverse, specialmente quando si tratta delle loro percezioni su quanto diversamente vengono trattati dai genitori.15 Le prime ricerche si erano concentrate su genitori e fratelli; in retrospettiva, sembra strano che così tanti studi alla ricerca di fattori che potessero ren­ dere diversi i membri della famiglia si concentrassero proprio su di essa; a questo scopo, sembrerebbe meglio puntare al di fuori dell'ambiente fa­ miliare: scuola, coetanei o amici, per esempio. Nel secondo passaggio si dovrebbe dimostrare che queste differenze ambientali fanno la differenza a livello psicologico: i genitori possono trat­ tare i figli in modo diverso, ma questo fa la differenza rispetto allo svilup­ po evolutivo dei bambini? Solo pochi candidati per l'ambiente non con92

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diviso arrivano a questo secondo passaggio. Un esempio è rappresentato dalla relazione tra le differenze nella negatività genitoriale nei confronti dei figli e le differenze dei bambini in termini di probabilità di sviluppare la depressione: il fratello trattato in modo più negativo ha maggiori pro­ babilità di diventare depresso. Ma perché i genitori dovrebbero trattare uno dei figli in modo più negativo rispetto agli altri? Questo conduce al terzo passaggio. n terzo passaggio prende in considerazione il fenomeno della geneti­ ca dell'ambiente. Le misure "ambientali" mostrano l'influenza genetica e la genetica rappresenta tipicamente circa la metà della correlazione tra misure ambientali e tratti psicologici. In altre parole, i fratelli potrebbe­ ro essere trattati in modo diverso perché differiscono geneticamente. Per esempio, le differenze nel modo in cui i genitori negativi trattano i figli po­ trebbero essere un effetto, anziché una causa, della depressione del bam­ bino. In questa terza fase rimangono pochissimi candidati per l'ambiente non condiviso. Negli anni Novanta, insieme ai miei colleghi David Reiss e Mavis Hetherington, condussi uno studio longitudinale denominato Non-shared Environment in Adolescent Development (NEAD), della du­ rata di dieci anni, su settecento famiglie con figli adolescenti.16 Lo scopo del NEAD era specificamente quello di identificare le influenze ambientali non condivise in un progetto geneticamente sensibile. Il NEAD controllava le differenze genetiche grazie a un progetto unico che includeva gemel­ li, fratelli, fratellastri e fratelli adottivi. Il NEAD produsse diverse misure ambientali che raggiungevano la seconda fase, evidenziando le differenze tra fratelli, che erano in relazione con le differenze nei loro esiti psicolo­ gici. Nell'ambito del NEAD l'esempio sopra menzionato fu una delle asso­ ciazioni ambientali non condivise più forti: differenze nella negatività dei genitori verso i figli, legate alle differenze dei bambini nella depressione e alle loro differenze nel comportamento antisociale. Ma quasi nessun risultato del NEAD arrivò alla terza fase. Gli apparenti collegamenti tra ambiente non condiviso ed esiti psicologici sono in gran parte frutto delle differenze genetiche. n primo rapporto su questo fe­ nomeno venne dal NEAD e dimostrò che la genetica era in gran parte re­ sponsabile dell'associazione tra le differenze nella negatività genitoriale nei confronti dei figli e le differenze dei bambini nella loro probabilità di sviluppare la depressione o di comportarsi in modo antisociale.17 In altre parole, la negatività genitoriale era una reazione alla - e non una causa del­ la - depressione dei figli e al loro comportamento antisociale. È come se genitori e figli fossero all'interno di una spirale discendente, in un circolo vizioso di negatività dei genitori e comportamento scostante dei figli ado93

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lescenti. È interessante osservare che la maggior parte delle associazioni non condivise che arrivano a questa terza fase coinvolge aspetti legati al "lato oscuro" dello sviluppo, quale la genitorialità negativa, ed esiti nega­ tivi, quali la depressione e il comportamento antisociale.18 I gemelli identici forniscono un bisturi particolarmente affilato per se­ zionare l'ambiente non condiviso, verificando al contempo la possibile presenza di effetti genetici. Poiché i gemelli identici sono identici gene­ ticamente, essi differiscono solo per ragioni legate all'ambiente non con­ diviso. Tuttavia, gli studi sulle differenze tra membri di coppie di gemelli identici hanno riscontrato poche associazioni tra le loro differenze am ­ bientali e psicologiche. Come ultima risorsa, conducemmo diversi studi su gemelli identici che differivano maggiormente in alcuni tratti, per esem­ pio nel rendimento scolastico.19 Intervistammo i gemelli e i loro genito­ ri per vedere se fosse possibile generare ipotesi su fattori ambientali che li rendessero differenti. Li sondammo con domande generali come, per esempio, " Voi e il vostro gemello siete d'accordo sul fatto che il vostro rendimento scolastico sia stato diverso; cosa pensate abbia determinato questa differenza ? " , e domande più specifiche basate su un precedente questionario che avevano completato. Non ottenemmo grandi risultati. Per alcune coppie di gemelli identici il gemello che era riuscito meglio a scuola in una particolare materia affermava di aver avuto un insegnante migliore o di essere stato più interessato all'argomento e aver lavorato di più. La nostra impressione generale fu che i gemelli e i loro genitori non sapessero veramente quali fattori ambientali li rendessero così diversi. Sembra probabile che l'influenza dell'ambiente non condiviso sia co­ stituita da molte esperienze dall'effetto modesto. Potrebbero esserci tal­ mente tante esperienze dall'effetto così lieve da essere essenzialmente idio­ sincratiche, il che le renderebbe casuali. A volte il caso è ampiamente previsto, come per gravi malattie o incidenti, o esperienze di guerra che alterano drasticamente il corso dello sviluppo di un individuo. Più sor­ prendenti sono gli eventi casuali, spesso apparentemente banali, che dan­ no alla vita una direzione leggermente diversa, con effetti a cascata che si manifestano nel tempo. È affascinante vedere quanto spesso, nelle biografie e nelle autobiogra­ fie, si indichi il caso, come una malattia infantile, quale elemento deter­ minante nello spiegare perché i fratelli siano così diversi.2° Uno dei miei esempi preferiti è la storia autobiografica di Charles Darwin sul suo viag­ gio di cinque anni a bordo del Beagle, durante il quale fece osservazioni che lo portarono a sviluppare la teoria dell'evoluzione. Darwin scrisse: "li viaggio del Beagle fu di gran lunga l'evento più importante della mia vita 94

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e fu determinante per la mia carriera; eppure dipese da una circostanza così poco importante come l'offerta da parte di mio zio di accompagnar­ mi per 3 0 miglia fino a Shrewsbury, cosa che pochi zii avrebbero fatto, e da una tale sciocchezza come la forma del mio naso" . li commento di Darwin sul proprio naso si riferisce al capitano don­ chisciottesco del Beagle, Fitz-Roy, che Darwin incontrò per la prima volta a Shrewsbury, nello Shropshire. Fitz-Roy quasi negò il viaggio a Darwin perché credeva nella frenologia, secondo la quale si poteva predire la personalità a partire dalla forma della testa. La forma del naso di Darwin significava per Fitz-Roy che l'ospite non aveva energia e determinazio­ ne sufficienti per quell'impresa. In una delle sue poche battute, Darwin scrisse che, durante il viaggio, Fitz-Roy si convinse che "il mio naso ave­ va detto il falso" .21 Francis Galton, il fondatore della genetica comportamentale vissuto nel XIX secolo (e cugino di Charles Darwin) , suggerì l'importanza del caso con il suo commento su "gli effetti stravaganti del caso nel produrre risul­ tati stabili" . E come lo leggesse sul bigliettino trovato in un biscotto della fortuna, Galton continuò dicendo che "le corde ingarbugliate variamen­ te contorte presto si trasformano in uno stretto nodo" .22 In altre parole, eventi casuali di piccola entità possono avere nel tempo un effetto domino. Questi esempi, e la metafora di Galton delle corde aggrovigliate che si intrecciano, implicano che gli eventi casuali possono avere un impatto duraturo. Ma la situazione è ancora più complicata. La ricerca genetica mostra che le influenze ambientali non condivise non solo sono non siste­ matiche, nel senso che sono perlopiù casuali, ma sono in gran parte insta­ bili, cioè incostanti nel tempo. Ciò che mi ha convinto su questo punto è stata la ricerca svolta utilizzando analisi longitudinali delle differenze tra gemelli identici. Le differenze per i tratti psicologici tra gemelli identici, che possono dipendere solo da un ambiente non condiviso, non sono sta­ bili nel tempo;23 in altre parole, il gemello che è più felice oggi potrebbe essere quello più infelice domani. Le differenze tra gemelli identici sono un po' più stabili per quanto riguarda le capacità cognitive e il rendimen­ to scolastico rispetto alla personalità e alla psicopatologia, ma non di mol­ to. Nessuna differenza tra gemelli identici si è dimostrata stabile nell'arco di diversi anni, cosa che sarebbe necessaria se gli ambienti non condivisi avessero effetti duraturi. Ciò significa che i fattori ambientali non condi­ visi che rendono diversi i gemelli identici non sono stabili. Sono come un rumore casuale. Nel 1987 ho scritto riguardo alla "cupa prospettiva" secondo la quale "l'ambiente saliente potrebbe essere costituito da eventi non sistemati95

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ci, idiosincratici o fortuiti" .24 Questo vuoi dire che le principali influenze ambientali che ci rendono quelli che siamo potrebbero essere eventi ca­ suali, imprevedibili. Rispetto a questo fosco elenco vorrei aggiungere che gli effetti di questi eventi non durano. Tutto ciò li rende estremamente difficili da studiare. Invece di accettare fin dall'inizio questo scenario scoraggiante, avreb­ be avuto più senso, in un'ottica scientifica, cercare possibili fonti siste­ matiche di effetti ambientali non condivisi. Tuttavia, dopo aver cercato inutilmente per trent'anni influenze ambientali sistematiche non condi­ vise, è giunta l'ora di accettare la deludente realtà. Le influenze ambien­ tali non condivise sono eventi non sistematici, idiosincratici, fortuiti e privi di effetti duraturi. La fonte sistematica, stabile e duratura di quello che siamo è il DNA.

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Il modello del DNA

Nel 2010 Michael Gove, appena nominato ministro dell'Istruzione nel Regno Unito, decise che nelle scuole del suo Paese si doveva tornare a in­ segnare a leggere utilizzando la fonetica per pronunciare lettere e parole. A quel tempo il piano di studi nazionale utilizzava la tecnica del "guarda e dillo" , in base alla quale i bambini imparano parole intere vedendole scritte e ci si attende che gradualmente acquisiscano la capacità di ricono­ scere i suoni corrispondenti alle lettere. Per assicurarsi che gli insegnanti portino a termine questo nuovo programma, tutti gli alunni di prima ele­ mentare vengono testati mediante il Phonics Screening Check, una veri­ fica fonetica. Questa verifica, cui si era già accennato in precedenza, comporta la let­ tura ad alta voce, il più rapidamente possibile, di un elenco di quaranta parole familiari e di non-parole appropriate all'età dei partecipanti. Per esempio, alcune parole facili sono " cane", "grande" e "caldo" e parole più difficili sono "progetto ", "frequente" , "esercizio" . Le non parole sono combinazioni di lettere, simili a parole, che il bambino non ha mai visto prima, che sono pari in difficoltà alle parole reali. Anche queste possono essere facili ( "iane" , " cuto" , "mico" ) o difficili ("pecappo" , " resocino" , "ornecco" ) . Il ragionamento alla base di questo interessante test è il se­ guente: la lettura delle parole familiari dovrebbe essere automatica, ma le non-parole che i bambini non hanno mai visto prima devono essere pro­ nunciate e ciò ha a che fare con la fonetica. Si riteneva che la prestazione dei bambini in questa prova dipendesse dalla capacità dei loro insegnanti di fonetica. Se certi studenti non sod­ disfano gli standard nazionali, le scuole che hanno frequentato cadono in discredito. Come di solito accade con l'istruzione, nel dibattito relati­ vo ai test fonetici la genetica non era neanche menzionata. Ma quando il test fu somministrato nell'ambito del Twins Early Development Study, 97

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scoprimmo che era fra i tratti più ereditabili mai riscontrati a questa età, con un coefficiente di ereditabilità del 70% circa. 1 Ciò significa che il test non misura la qualità dell'insegnamento della lettura; è, invece, una misu­ ra sensibile delle attitudini all'apprendimento della lettura motivate dal­ la genetica. I fattori ambientali condivisi dai bambini che frequentano la stessa scuola e che crescono nella stessa famiglia rappresentano meno del 20% della varianza nelle loro prestazioni nel test fonetico. L'istruzione è stata l'ambito più lento ad assorbire i messaggi della ri­ cerca genetica.2 In altri campi, particolarmente nella psicologia, dall'am­ bientalismo secondo cui saremmo ciò che apprendiamo, è stata fatta molta strada. L'aver scoperto che l' ereditabilità spiega circa la metà delle diffe­ renze psicologiche tra le persone comporta che la genetica è di gran lunga l'influenza sistematica più importante sugli esiti psicologici. La genetica è il motivo principale per cui gli individui differiscono nella personalità, nella salute e malattia mentali, e nelle capacità cognitive e di apprendi­ mento. Il DNA è il modello di quelli che siamo. L'ambiente rappresenta l'altra metà della varianza ma, come abbiamo visto nel capitolo precedente, a essere importante non è l'ambiente come lo avevamo inteso. Poiché l' ereditabilità spiega solo il 50% delle nostre caratteristiche, sappiamo che l'ambiente fa la differenza, ma le influenze ambientali salienti non sono gli effetti condivisi, sistematici e stabili che gli psicologi avevano ritenuto importanti nello sviluppo. Inoltre, la ricer­ ca sulla genetica dell'ambiente ha dimostrato che quelli che sembrano ef­ fetti ambientali sono in larga misura veri e propri riflessi delle differenze genetiche. Nell'insieme, queste scoperte indicano una nuova visione dell'indivi­ dualità umana, che ha vaste implicazioni per le persone e per la società. Il presente capitolo esplorerà queste implicazioni in merito alla genitorialità, alla scuola e agli eventi della vita, e il prossimo prenderà in considerazio­ ne le loro implicazioni in merito alle pari opportunità e alla meritocrazia.

I genitori contano, ma non fanno la differenza

È ovvio che i genitori contano straordinariamente nella vita dei figli: essi

forniscono gli ingredienti fisici e psicologici essenziali per lo sviluppo dei bambini; ma se la maggior parte della varianza sistematica è dovuta alla genetica e se gli effetti ambientali sono non sistematici e instabili, ciò si­ gnifica che, al di là del patrimonio genetico che trasmettono ai propri fi­ gli all'atto del concepimento, i genitori non fanno una gran differenza per 98

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ciò che riguarda il loro sviluppo. Nel capitolo precedente abbiamo visto che, dopo l'adolescenza, l'influenza ambientale condivisa difficilmente in­ fluenza la personalità, la salute mentale o le capacità cognitive; ciò include persino i tratti della personalità che sembrano particolarmente suscettibili all'influsso dei genitori, quali l'altruismo, la gentilezza e la scrupolosità. Fra centinaia di tratti, l'unica eccezione che mostra qualche prova dell'in­ fluenza ambientale condivisa riguarda le convinzioni religiose e politiche. Come genitori, si può fare la differenza per quanto riguarda le opinioni dei propri figli, ma anche in questo caso l'influenza ambientale condivisa spiega solo il 20% della varianza. Inoltre, quando c'è correlazione tra le differenze nella genitorialità e le differenze nello sviluppo dei bambini, essa dipende principalmente dalla genetica: tali correlazioni sono causate dalla genetica dell'ambiente an­ ziché dalla cultura. In altri termini, la genitorialità si correla con gli esiti nello sviluppo dei bambini per tre ragioni prese in considerazione in pre­ cedenza; la prima risiede nel fatto che genitori e figli sono geneticamente simili al 5 0 % : genitori simpatici hanno figli simpatici perché sono tutti geneticamente simpatici. Un altro motivo riguarda la genitorialità, che è spesso una risposta alle - anziché una causa delle - propensioni genetiche dei bambini: è problematico essere un genitore affettuoso se il proprio bambino non è un coccolone. Infine, i bambini creano i propri ambienti indipendentemente dai genitori: vuoi dire che selezionano, modificano e creano ambienti correlati con le proprie inclinazioni genetiche; se voglio­ no praticare uno sport o suonare uno strumento musicale assilleranno i genitori fino a ottenere ciò che desiderano. In sostanza, la cosa più importante che i genitori danno al bambino so­ no i propri geni. Molti lo troveranno difficile da accettare; come genito­ ri, si crede nel profondo del cuore di poter fare la differenza nel modo in cui i figli si sviluppano. Li si può aiutare con la lettura e con l'aritmetica; si può aiutare un bambino timido a superare la timidezza. Inoltre, sembra che si debba essere in grado di fare la differenza perché si è bombardati da libri su come educare i figli e dai media che ci dicono come farlo nel modo giusto, rendendoci timorosi di sbagliare. (Questi libri sono comun­ que utili nel fornire consigli ai genitori, per esempio, su come mettere a letto i bambini, come far mangiare quelli schizzinosi e su come gestire la disobbedienza.) Ma se questi best-seller per genitori promettono di produrre risulta­ ti evolutivi, stanno vendendo fumo. Al di là degli aneddoti, dove sono le prove a dimostrazione che il successo dei bambini dipende dal fatto che i genitori sono "tigri" severe ed esigenti o che trasmettono ai figli la deter99

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minazione? Se escludiamo la genetica, non ci sono prove che queste pra­ tiche genitoriali facciano la differenza nello sviluppo dei bambini. Per molti di noi questa è una conclusione difficile da accettare anche in relazione ai nostri genitori. Se ripensiamo all'infanzia, senza dubbio li vedevamo come giganti e la loro sembra essere stata l'influenza più si­ gnificativa nella nostra vita; per questo motivo, è facile attribuire loro il modo in cui siamo diventati, nel bene e nel male. Se siamo felici e sicuri, potremmo attribuirlo all'amore e al sostegno dei nostri genitori; se siamo psicologicamente a pezzi, potremmo addossarne la colpa a genitori ina­ deguati, ma in uguale misura sono applicabili le implicazioni della ricerca genetica. Tolta la genetica, queste differenze nella genitorialità non sono correlate con le differenze nello sviluppo dei bambini: l'influenza sistema­ tica dei vostri genitori su chi siete risiede nei geni che vi hanno trasmesso. Se trovate ancora difficile accettare che la genitorialità sia meno influen­ te di quanto vi sareste aspettati, potrebbe essere utile rivedere due awer­ tenze generali sulla genetica, cui si era accennato in precedenza. La prima puntualizzazione riguarda il fatto che la ricerca genetica descrive ciò che è, non ciò che potrebbe essere. I genitori possono fare la differenza per il proprio figlio; in media, però, nella popolazione, al di là dei geni condivisi le differenze nella genitorialità non sono determinanti nello sviluppo dei bambini. I genitori sono diversi per quanto cercano di indirizzare i propri figli in tutti gli aspetti dello sviluppo; per quanto ne incoraggiano lo svi­ luppo cognitivo, per esempio nel linguaggio e nella lettura; sono differenti anche nel favorire o bloccare l'autostima, la sicurezza e la determinazione dei figli, così come gli aspetti più tradizionali della personalità, quali l'e­ motività e la socievolezza. Ma nell'insieme della popolazione, se parago­ nate alla genetica, queste differenze genitoriali non sono particolarmen­ te importanti per lo sviluppo dei bambini. Oltre la metà delle differenze psicologiche tra i bambini dipende da differenze genetiche ereditarie; il resto è in gran parte dovuto alle esperienze casuali. Questi fattori ambien­ tali sono al di fuori del nostro controllo come genitori e, come abbiamo visto nel capitolo precedente, non sappiamo nemmeno quali essi siano. La seconda precisazione riguarda il fatto che la ricerca genetica descrive l'intervallo normale di variazione, sia a livello genetico sia a livello am­ bientale, e i risultati al di fuori di questo intervallo non sono applicabili. Seri problemi genetici quali le anomalie monogeniche o cromosomiche, o gravi problemi ambientali quali l'abbandono o l'abuso possono avere effetti sconvolgenti sullo sviluppo cognitivo ed emotivo dei bambini. Ma questi devastanti eventi genetici e ambientali sono, fortunatamente, rari e non spiegano granché la varianza nella popolazione. 1 00

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Ancora una volta, genitori e genitorialità sono estremamente importan­ ti, anche se le differenze nella genitorialità non sono determinanti nello sviluppo psicologico dei bambini. Nella vita dei figli, i genitori rappresen­ tano la relazione essenziale, ma è importante che essi si rendano conto che i bambini non sono panetti d'argilla che possono essere modellati a loro piacimento. I genitori non sono falegnami che costruiscono un bambino seguendo un modello; non sono neanche giardinieri, nel senso di coltivare e potare una pianta per ottenere un certo risultato.3 La rivelazione scioc­ cante e profonda in merito alla genitorialità, emersa da questi esperimenti genetici, consiste nel fatto che, al di là del modello fornito dai loro geni, i genitori hanno scarso effetto sistematico sullo sviluppo dei figli. È anche importante che i genitori sappiano che, al di fuori della gene­ tica, la maggior parte di ciò che accade ai bambini riguarda esperienze casuali sulle quali essi non hanno alcun controllo; la buona notizia è il fat­ to che queste non sono essenziali nel lungo periodo. Come già detto nel capitolo precedente, l'impatto di queste esperienze non è stabile nel tem­ po. Dopo circostanze difficili come il divorzio dei genitori, un trasloco e la perdita degli amici, alcuni bambini si riprendono più rapidamente, altri meno: ritornano alla loro traiettoria genetica. Nella confusione della vita quotidiana, i genitori perlopiù reagiscono alle differenze genetiche dei figli e questa è l'origine della maggior par­ te delle correlazioni tra genitorialità e sviluppo della prole. Leggiamo ai bambini cui piace ascoltarci leggere; se vogliono imparare a suonare uno strumento musicale o praticare uno sport particolare, ne incoraggiamo desideri e attitudini. Possiamo provare a trasmettere loro le nostre aspi­ razioni, per esempio che diventino musicisti di livello mondiale o stelle dello sport, ma il successo è improbabile a meno che si assecondino le pre­ disposizioni genetiche. Se andiamo controcorrente, corriamo il rischio di danneggiare il rapporto con i nostri figli. La genetica offre l'occasione di pensare alla genitorialità in un modo diverso: anziché cercare di plasmare i bambini a nostra immagine, possiamo aiutarli a capire cosa desiderano fare e cosa sono capaci di fare meglio; in altre parole, possiamo aiutarli a diventare quelli che sono. Ricordate che i vostri figli sono simili a voi per il 50%. In generale, la somiglianza genetica facilita la relazione genitore­ figlio: se vostro figlio è molto attivo, è probabile che lo siate anche voi, il che rende l'iperattività del bambino più accettabile. Se siete entrambi ira­ scibili, potete quanto meno capirlo meglio se riconoscete le vostre propen­ sioni genetiche e lavorate più duramente per disinnescare le situazioni che possono scatenare la rabbia. È anche utile tenere a mente che i nostri figli sono diversi da noi per il 50%, così come lo sono tra loro i fratelli. Ogni 101

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bambino è geneticamente una persona distinta e dobbiamo riconoscere e rispettare le differenze genetiche individuali. Soprattutto, i genitori non sono falegnami, né giardinieri; la genitoria­ lità non è un mezzo per ottenere un fine: è una relazione, una delle più lunghe della nostra vita. Proprio come accade con i partner e gli amici, il nostro rapporto con i figli dovrebbe essere basato sullo stare loro accanto senza cercare di cambiarli. Spero che questo sia un messaggio liberatorio, che lenisca nei genitori l'ansia e il senso di colpa accumulati a causa delle teorie sulla socializza­ zione che li colpevolizzano e dei manuali di genitorialità; queste teorie e questi libri possono spaventarci, inducendoci a pensare che una mossa sbagliata possa rovinare per sempre un bambino. Spero che i genitori si liberino dall'ill usione che il futuro successo di un bambino dipenda dalla forza con cui vengono spinti. I genitori dovrebbero invece rilassarsi e godersi il rapporto con i figli, senza sentire il bisogno di modellarli.4 Parte di questo godimento sta nel vederli diventare quelli che sono.

Le scuole contano, ma non fanno la differenza Gli stessi princìpi si applicano all'istruzione. La scuola conta in quanto insegna le competenze di base come l'alfabeto e l'aritmetica, e dispensa le informazioni fondamentali su storia, scienze, matematica e cultura. Ecco perché l'istruzione di base è obbligatoria nella maggior parte dei Paesi del mondo. La scuola è importante anche perché i bambini vi trascorrono la metà della loro infanzia. Ma il nostro obiettivo sono le differenze individuali. I bambini sono molto diversi l'uno dall'altro per quanto riguarda il rendimento scolastico; quanto dipendono dalla scuola frequentata le differenze nei loro risultati scolastici? La risposta è "non molto " . Questa conclusione deriva dall'a­ nalisi diretta degli effetti della scuola sulle differenze nel rendimento degli studenti ed è particolarmente vera quando si escludono gli effetti genetici. Nel Regno Unito, le scuole sono classificate in base alle differenze me­ die nei risultati dei test. Inoltre, rigorose ispezioni governative cataloga­ no le scuole in base alla qualità dell'insegnamento e al supporto offerto agli alunni. In media le scuole differiscono per entrambi gli indici, ma la domanda da porsi riguarda la misura in cui la varianza nel rendimento degli studenti è spiegata dall'istruzione scolastica. Queste classifiche in­ ducono i genitori a cercare di mandare i propri figli nelle scuole miglio102

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ri, sulla base del presupposto che esse siano essenziali per i risultati che i bambini raggiungono. In realtà, le scuole non contano molto nel rendimento scolastico dei bambini. I risultati più eclatanti provengono dalle valutazioni periodi­ che, intensive e costose, della qualità delle scuole, compresa la compe­ tenza dell'insegnante e l'atmosfera dell'istituto, sulla base delle visite triennali a ogni scuola da parte di un gruppo di valutatori dell'uK Office for Standards in Education (OFSTED) . Abbiamo correlato le valutazioni dell'oFSTED delle scuole secondarie con il rendimento degli studenti se­ condo i test della Generai Certification of Secondary Education (GCSE) somministrati agli studenti sedicenni delle scuole statali inglesi. Dopo averle corrette tenendo conto del rendimento degli studenti della scuola primaria, le valutazioni dell'OFSTED sulla qualità della scuola spiegavano meno del 2 % della varianza nei punteggi della GCSE.5 Questo vuol dire che i punteggi della GCSE per i bambini differiscono scarsamente come funzione della valutazione dell'OFSTED della qualità delle loro scuole. Ciò non significa che la qualità dell'insegnamento e il supporto offerto dalla scuola non siano importanti: contano molto per la qualità di vita degli stu­ denti, ma non sono decisivi per il loro rendimento scolastico. La conclusione che la scuola non sia determinante per il rendimento scolastico dei bambini sembra sorprendente, data l'attenzione mediati­ ca per le differenze medie tra le scuole nelle prestazioni degli studenti. Questo riflette la confusione tra differenze medie e differenze individua­ li. Nelle classifiche le differenze medie tra le scuole mascherano una vasta gamma di differenze individuali al loro interno, il che vuoi dire che vi è una considerevole sovrapposizione nella varietà di prestazioni tra i bam­ bini che frequentano le scuole migliori e quelle peggiori; in altre parole, alcuni bambini nelle scuole peggiori superano nelle prestazioni la maggior parte dei bambini delle scuole migliori. La più grande differenza media nel rendimento si riscontra tra scuole selettive e non selettive. Analizze­ remo questo problema in seguito, quando esamineremo la selezione in materia di istruzione e occupazione, che solleva questioni di meritocrazia e mobilità sociale. Le scoperte genetiche esaminate nei capitoli precedenti - a proposito di ereditabilità, ambiente non condiviso e genetica dell'ambiente - prelu­ devano a questi risultati. Le differenze genetiche ereditarie spiegano oltre la metà delle differenze tra i bambini in merito al rendimento scolastico. La genetica, sebbene venga raramente menzionata in relazione all'istru­ zione, è di gran lunga la principale fonte delle differenze individuali negli esiti scolastici. 1 03

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I fattori ambientali spiegano il resto della varianza nel rendimento sco­ lastico, ma la maggior parte di queste differenze ambientali non è il risul­ tato degli effetti sistematici e stabili dell'istruzione scolastica: l'influen­ za ambientale condivisa dai bambini che frequentano la stessa scuola e crescono nella stessa famiglia spiega solo il 20% della varianza delle loro prestazioni nel corso degli anni scolastici, e meno del l O % dei risultati accademici all'università. L'altra scoperta cruciale relativa all'ambiente è la genetica dell'am­ biente. Quelli che sembrano effetti ambientali sono riflessi di differenze genetiche. Per quanto riguarda l'istruzione, quelli che sembrano essere gli effetti ambientali delle scuole sulla realizzazione dei bambini, sono in realtà effetti genetici. Gli esempi includono la correlazione tra le presta­ zioni degli studenti e i tipi di scuola, e quella tra rendimento scolastico di genitori e figli; entrambe sono abitualmente ritenute cause ambientali ma, come vedremo nel prossimo capitolo, sono ambedue sostanzialmen­ te mediate dalla genetica. Nessuna particolare implicazione politica deriva necessariamente dal­ la scoperta in base alla quale le differenze genetiche ereditarie sarebbe­ ro di gran lunga la fonte più importante delle differenze individuali nei risultati scolastici, e che le scuole conterebbero così poco. Come nel ca­ so dei genitori, la ricerca genetica suggerisce che gli insegnanti non sono falegnami o giardinieri, nel senso di poter modificare le prestazioni sco­ lastiche dei bambini. Anziché sottoporli a un ritmo frenetico nel tenta­ tivo di far superare agli alunni i test che miglioreranno la loro posizione nelle classifiche, la scuola dovrebbe essere un ambiente di sostegno per i bambini che vi trascorrono più di un decennio della loro vita, un luogo in cui possano apprendere competenze di base come leggere, scrivere e far di conto, ma anche divertirsi mentre imparano. Per parafrasare John Dewey, il principale riformatore didattico americano del XX secolo, l'i­ struzione non è solo preparazione alla vita - l'istruzione è una grossa fet­ ta della vita stessa.6

Le esperienze di vita contano, ma non fanno la differenza La ricerca genetica ha implicazioni di vasta portata non solo sul nostro modo di pensare in merito all'educazione dei bambini e alle scuole, ma anche riguardo alla vita adulta. La genetica è la principale influenza siste­ matica nella vita, sempre di più con il passare degli anni. Pertanto la ge­ netica riveste una parte importante nella comprensione di chi siamo. Le 104

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esperienze contano molto: le relazioni con i partner, i figli e gli amici, le nostre occupazioni e gli interessi. Queste esperienze rendono la vita de­ gna di essere vissuta e le danno significato. Le relazioni possono anche farci modificare il nostro comportamento, per esempio aiutandoci a smet­ tere di fumare o a perdere peso; possono influenzare il nostro stile di vita incoraggiandoci a fare esercizio fisico, a praticare sport e a partecipare a eventi culturali, ma non ci cambiano a livello psicologico: nella persona­ lità, nella salute mentale e nelle capacità cognitive. Le esperienze di vita contano e possono influenzarci profondamente, ma non fanno la diffe­ renza nel determinare chi siamo. Questa conclusione deriva dalla stessa serie di effetti genetici applicati alla genitorialità e all'istruzione scolastica: influenza genetica significati­ va e sostanziale, genetica dell'ambiente e importanza dell'ambiente non condiviso. Le differenze individuali negli eventi di vita stressanti sono state fra le prime misure ambientali per le quali si è rilevata influenza genetica. La maggior parte delle ricerche sugli eventi della vita ha utilizzato le misura­ zioni fornite dall'autovalutazione degli eventi stressanti e dei loro effetti. Tuttavia, si è visto che anche gli eventi misurati oggettivamente, come il divorzio, mostrano influenza genetica. Il divorzio dei genitori è il predit­ tore di divorzio dei figli, ma questa correlazione, facilmente interpretata come ambientale, è interamente dovuta alla genetica. La qualità del so­ stegno sociale è un altro aspetto importante delle esperienze di vita, che si presumeva essere una fonte di influenza ambientale, ma che in realtà dipende sostanzialmente da differenze genetiche. Il riconoscimento dell'influenza genetica sulle differenze individua­ li nelle misure "ambientali" ha stimolato ricerche che hanno dimostrato come la genetica spieghi circa la metà delle correlazioni tra esperienze di vita e tratti psicologici, quale la correlazione tra la percezione degli even­ ti della vita e la depressione. Questo è un altro esempio della genetica dell'ambiente. Di fatto, le esperienze di vita non sono solo eventi sfortunati che su­ biamo da spettatori passivi. Grazie alla ricchezza genetica delle nostre differenze psicologiche, siamo differenti gli uni dagli altri nella propen­ sione individuale a sperimentare gli eventi della vita e il sostegno sociale. La genetica dell'ambiente suggerisce un nuovo modello di esperienza in cui, attivamente, percepiamo, interpretiamo, selezioniamo, modifichia­ mo e creiamo esperienze correlate alle nostre predisposizioni genetiche. Anche l'importanza dell'ambiente non condiviso ha rilevanti implica­ zioni nella comprensione del perché le esperienze di vita non sono deter1 05

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minanti a livello psicologico. L' ereditabilità delle esperienze di vita è del 25 % circa, il che significa che la maggior parte delle differenze individuali per questo tratto è di origine ambientale; ma queste influenze ambientali non sono condivise dai fratelli, neanche se si tratta di gemelli identici. I nostri genitori non possono prendersi molti meriti o colpe per come sia­ mo diventati, se non per i geni che ci hanno trasmesso. Nessuno può at­ tribuirsi meriti o colpe, poiché le influenze ambientali non condivise sono instabili e non sistematiche. Le cose belle e quelle spiacevoli accadono al di fuori della forza sistematica e stabile della genetica. Come menziona­ to in precedenza in relazione alla genitorialità, la buona notizia è che le esperienze casuali non contano molto nel lungo periodo, poiché il loro impatto non è duraturo; alla fine ritorniamo alla nostra traiettoria gene­ tica. Nella misura in cui le esperienze appaiono condivise, sistematiche e stabili, esse riflettono le nostre inclinazioni genetiche; queste correlazioni sono dovute alla genetica, non all'ambiente. In sintesi, i genitori contano, la scuola conta e così pure le esperienze di vita, ma non sono determinanti nel plasmare chi siamo. Il DNA è l'unica cosa che dà luogo a una sostanziale differenza sistematica, spiegando il 50% della varianza nei tratti psicologici; il resto si riduce a esperienze am­ bientali casuali che non hanno effetti a lungo termine. Molti psicologi saranno sbalorditi da questa audace conclusione. Pop­ per, citato in precedenza, disse che il primo comandamento della scienza è che le teorie non devono essere soltanto verificabili, ma anche falsifi­ cabili. Falsificare questa conclusione è semplice: dimostrate che fatto­ ri "ambientali" come la genitorialità, l'istruzione e le esperienze di vita fanno la differenza dal punto di vista ambientale, dopo aver escluso l'in­ fluenza genetica. Gli aneddoti non sono sufficienti e non lo è neppure il poter esibire un effetto statisticamente significativo; ciò che conta è se questi fattori spiegano più dell' l o 2 % della varianza. Che la conclusio­ ne sia falsificata non mi preoccupa, dal momento che a sostenerla c'è un secolo di ricerca. Un messaggio generale che dovrebbe emergere da queste scoperte è la tolleranza nei confronti degli altri, e di noi stessi. Anziché incolpare noi stessi e gli altri perché si è depressi, lenti nell'apprendimento o sovrap­ peso, dovremmo riconoscere e rispettare l'enorme impatto della genetica sulle differenze individuali. La genetica, non la mancanza di forza di vo­ lontà, rende alcune persone più inclini a sviluppare problemi quali la de­ pressione, la difficoltà di apprendimento e l'obesità; essa rende anche più difficile, per alcuni, alleviare i propri problemi. Il successo e il fallimento 106

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- e i meriti e le colpe - nel superare i problemi dovrebbero essere calibrati in relazione ai punti di forza e alle debolezze genetiche. Sbilanciandomi ancor di più, direi che comprendere l'importanza del­ la genetica e la natura casuale delle influenze ambientali potrebbe por­ tare a una maggiore accettazione, e persino al piacere, nell'essere quelli che siamo geneticamente. Anziché cercare un sé ideale posto su un pie­ distallo incredibilmente alto, potrebbe valere la pena tentare di cercare il proprio sé genetico e sentirsi bene nella propria pelle. Inoltre, come ab­ biamo visto, con l'età l'influenza genetica aumenta e diventiamo sempre più quelli che siamo. Sottolineando che la maggior parte della varianza sistematica nella vita è causata da differenze genetiche ereditarie, non intendo dire che non si dovrebbe cercare di lavorare sulle proprie carenze o provare a migliorare certi aspetti di se stessi. Come ho rimarcato più volte, l' ereditabilità de­ scrive ciò che è ma non predice ciò che potrebbe essere. li fatto che il peso sia altamente ereditabile non significa che non si possa fare nulla per con­ trollarlo; né l' ereditabilità comporta che si debba soccombere alla propria predisposizione genetica alla depressione, alle difficoltà di apprendimento o all'abuso di alcol. I geni non sono il destino; si può cambiare. L'eredi­ tabilità implica, tuttavia, che alcune persone siano più vulnerabili a que­ sti problemi e incontrino maggiori difficoltà quando tentano di superarli. " Se la prima volta non ci riesci, prova, prova e prova ancora" (Thomas Palmer) ; " Sii tutto ciò che puoi essere" (esercito americano); " Chiunque può diventare Presidente" (americani) : per tutta la vita siamo bombar­ dati da aforismi motivanti come questi, da canzoncine per bambini co­ me Whiskey il ragnetto, che salta fuori dall'acqua, e storie come Il Piccolo Motore che potrebbe, a fiabe per adulti come quella di Robert the Bruce che continua a osservare un ragno impegnato a tessere la sua tela, oltre a molte autobiografie, romanzi e film che parlano del superamento delle difficoltà. Lo sbarramento deriva anche dai libri di psicologia spicciola, il cui messaggio è che tutto ciò che serve per avere successo è una panacea, come il potere del pensiero positivo o un'attitudine allo sviluppo o la de­ terminazione, o diecimila ore di pratica. Chiunque sia influenzato da questi motti dovrebbe capire che, al con­ trario, la principale forza sistematica nella vita è la genetica. Di nuovo, questo non vuoi dire che i geni rappresentino il destino. Sembra sempli­ cemente più sensato, se possibile, assecondare il flusso genetico anziché cercare di nuotare controcorrente. Come disse W.C. Fields, "se la prima volta non ci riesci, prova, prova e riprova. Poi rinuncia. È inutile diven­ tare matti " . 107

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Pari opportunità e meritocrazia

Quali implicazioni comporta per la società il fatto che la scuola, i genitori e le esperienze di vita non ci cambino, specialmente per quanto riguarda le pari opportunità e la meritocrazia? In particolare, vuoi dire che se, grazie alla genetica, qualcuno è ricco, diventerà più ricco, e chi è povero diven­ terà più povero? Le caste genetiche sono inevitabili?1 Questo cosa ci dice sulla disuguaglianza? Nel presente capitolo esploreremo le implicazioni delle scoperte controintuitive discusse nei capitoli precedenti. Queste domande sono state collegate al tema della meritocrazia, che non equivale a pari opportunità. Pari opportunità significa che le perso­ ne sono trattate allo stesso modo: per esempio, a tutti viene dato uguale accesso alle risorse didattiche. La meritocrazia entra in gioco solo quando c'è selezione, per esempio per l'istruzione e l'occupazione. Meritocrazia significa che la selezione si basa su capacità e competenza, anziché su cri­ teri ingiusti come la ricchezza, il pregiudizio o l'arbitrarietà. Sebbene la meritocrazia sembri un'idea irresistibilmente buona, en­ trambe le parti del neologismo "meritocrazia" sono cariche di connota­ zioni sgradevoli. Il sostantivo "merito" si riferisce all'abilità e allo sforzo, ma connota anche valore e pregio; deriva dalla parola latina meritum che significa " degno di lode"; la parte " -crazia" della "meritocrazia" si rife­ risce al potere e al governo. Associare queste due componenti di merito­ crazia alla genetica sottintende che siamo governati da un'élite genetica la cui condizione è giustificata dall'abilità e dallo sforzo. Si potrebbe in­ vece sostenere che un individuo che abbia avuto la fortuna di una buona mano genetica non meriti nulla: la fortuna di imparare facilmente e ot­ tenere lavori soddisfacenti è di per sé una ricompensa. E chi lo dice che dovremmo essere governati dalle élite genetiche? La tensione populista della politica in tutto il mondo suggerisce che il desiderio sia opposto. Le tre scoperte della ricerca genetica evidenziate nei capitoli precedenti tra109

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sformano il modo in cui pensiamo all'uguaglianza delle opportunità e alla meritocrazia. Per ribadire, queste conclusioni riguardano l'ereditabilità, l'ambiente non condiviso e la genetica dell'ambiente: la genetica fornisce la maggior parte della variazione sistematica tra gli esseri umani, gli effetti ambientali sono casuali e gli ambienti prescelti mostrano l'influenza ge­ netica. Per quanto riguarda le pari opportunità e la meritocrazia, queste scoperte hanno implicazioni diverse. A prima vista, la genetica sembra antitetica all'uguaglianza delle op­ portunità, in quanto viola il principio sancito al secondo punto della Di­ chiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America del 1776 in cui si dichiara che tutte le persone sono state create uguali. Ma i padri fondato­ ri non volevano dire che tutte le persone sono state create identiche: si ri­ ferivano a " diritti inalienabili" che includono "vita, libertà e ricerca della felicità" . In termini meno elevati, questo significa uguale tutela legale e pari opportunità, ma "uguale" non significa identico; se tutti fossero iden­ tici, non ci sarebbe bisogno di preoccuparsi della parità dei diritti e delle opportunità. L'essenza della democrazia è che le persone siano trattate in modo equo nonostante le loro differenze. In una prospettiva genetica, il punto più importante in merito all'ugua­ glianza delle opportunità è il fatto che essa non si traduce in uguaglianza negli esiti. Se le opportunità educative fossero le stesse per tutti i bambini, il loro sviluppo sarebbe il medesimo in termini di rendimento scolastico? La risposta è chiaramente "no" poiché, anche se le differenze ambientali fossero eliminate, le differenze genetiche rimarrebbero tali. Ne consegue una delle più straordinarie implicazioni della geneti­ ca; anziché indurci a pensare che la genetica sia antitetica alle pari op­ portunità, l'ereditabilità nello sviluppo può essere vista come un indi­ ce di uguaglianza. Pari opportunità sta a significare che i vantaggi e gli svantaggi ambientali, quali privilegi e pregiudizi, hanno scarso effetto sui risultati individuali. Le differenze individuali in ciò che risulta dopo aver ridotto le discriminazioni ambientali sistematiche sono in misura maggiore dovute a differenze genetiche. In questo modo, una maggio­ re uguaglianza nelle opportunità didattiche si traduce in una maggio­ re ereditabilità nel rendimento scolastico. Maggiore è l'ereditabilità del rendimento scolastico, minore è l'impatto dei vantaggi e degli svantaggi ambientali. Se nient'altro fosse importante al di là delle differenze am­ bientali, il coefficiente di ereditabilità sarebbe = O. L'aver scoperto che l'ereditabilità nel rendimento scolastico è superiore a quella della mag­ gior parte dei tratti, il 60% circa, indica che c'è una sostanziale ugua­ glianza di opportunità. 1 10

PARI OPPORTUNITÀ E MERITOCRAZIA

Le differenze ambientali rappresentano il restante 40% della varian­ za; questo implica disuguaglianza di opportunità? Nella misura in cui le influenze ambientali sono non-condivise, ciò significa che non sono do­ vute a disuguaglianze sistematiche nelle opportunità ma, come abbiamo visto, la ricerca genetica sul rendimento nella scuola primaria e seconda­ ria è un'eccezione alla regola secondo la quale le influenze ambientali sa­ rebbero non-condivise. Quando si tratta di risultati scolastici, i bambini che frequentano la stessa scuola condividono la metà dell'influenza am­ bientale: il 20% della varianza totale. Questa scoperta comporta che fi­ no al 20% della varianza nel rendimento scolastico potrebbe dipendere dalle disuguaglianze nell'ambiente scolastico o domestico, sebbene que­ sto effetto perlopiù si esaurisca prima che i soggetti vadano all'università. Anche la terza scoperta, relativa alla genetica dell'ambiente, è rilevante per comprendere la relazione tra pari opportunità ed esiti. Ciò che sem­ bra un sistematico effetto ambientale, di fatto riflette le differenze gene­ tiche. Per esempio, la condizione socioeconomica dei genitori è correla­ ta con la riuscita formativa e professionale dei figli; questa correlazione è stata interpretata come causa ambientale; si suppone, cioè, che genitori più istruiti e più ricchi trasmettano privilegi creando disuguaglianze, pro­ dotte dall'ambiente, nelle opportunità educative, e reprimendo quella che viene chiamata "mobilità didattica intergenerazionale" . La genetica capovolge questa interpretazione. La condizione socioeco­ nomica dei genitori è una misura dei loro esiti formativi e professionali, entrambi sostanzialmente ereditabili. Ciò significa che la correlazione tra lo stato socioeconomico dei genitori e i risultati ottenuti dai figli riguarda in realtà la somiglianza tra genitori e prole nell'istruzione e nell'occupa­ zione. Formulata come "somiglianza genitori-prole" , non dovrebbe sor­ prendere che la genetica medi ampiamente la correlazione. La somiglianza genitore-prole è un indice di ereditabilità e l'ereditabilità è un indicatore di pari opportunità. Quindi, la somiglianza genitori-prole in merito all'i­ struzione e all'occupazione indica la mobilità sociale anziché l'inerzia. Un modo più sottile di pensare alla genetica dell'ambiente e alla sua re­ lazione con l'uguaglianza delle opportunità è la correlazione geni-ambien­ te, il che vuoi dire che le esperienze sono correlate con le predisposizioni genetiche. Le differenze genetiche nella personalità, nelle psicopatologie e nelle capacità cognitive danno luogo a vissuti diversi, come abbiamo visto in relazione al fenomeno riguardante la genetica dell'ambiente. Nel caso dell'istruzione, i genitori con un maggiore livello culturale trasmettono sia la natura sia la cultura, che influenzano di pari passo le probabilità dei bambini di fare bene a scuola, per esempio, nella lettura e nell'attitudine 111

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

generale all'istruzione. Le scuole selezionano i bambini in gruppi, sulla base di tratti ereditabili come capacità e traguardi già raggiunti. Questi sono esempi di ciò che i genetisti comportamentali chiamano "correlazio­ ne geni-ambiente " , rispettivamente passiva e reattiva. Il tipo più importante è la correlazione geni-ambiente attiva. I bambini selezionano, modificano e creano attivamente ambienti correlati alle loro propensioni genetiche. Per esempio, le differenze genetiche nelle incli­ nazioni e nei desideri dei bambini influenzano la misura in cui essi si av­ vantaggiano delle opportunità educative. Questo è il motivo per cui non si possono imporre ai bambini uguali opportunità perché producano gli stessi risultati. Le differenze genetiche nelle attitudini e nei desideri deter­ minano fino a che punto i bambini traggono vantaggio dalle opportunità: le opportunità vengono in gran parte colte, non offerte. Sarebbe un errore vedere la correlazione geni-ambiente come disugua­ glianza, poiché è in definitiva basata sulla genetica e per questa ragione è difficile da ostacolare. Non si può impedire ai genitori di trasmettere ai figli natura e cultura correlate, a meno che non si adottino i bambini alla nascita. Si potrebbe mettere fuori legge la selezione nelle scuole, ma in classe è impossibile e indesiderabile che gli insegnanti trattino tutti gli alunni allo stesso modo, indipendentemente dalle loro differenze geneti­ che. Infine, impedire ai bambini di cercare attivamente esperienze corre­ late alle proprie capacità e propensioni genetiche è improduttivo. L'elevato tasso di ereditabilità nel rendimento scolastico indica, in altre parole, che le opportunità didattiche sono sostanzialmente uguali. Seb­ bene nel caso del rendimento scolastico l'ambiente condiviso spieghi al massimo il 20% della varianza, i tentativi atti ad aumentare l'uguaglianza delle opportunità dovrebbero concentrarsi sulla riduzione dell'influenza ambientale condivisa. Le influenze ambientali non condivise sono fuori portata poiché non sono sistematiche e non sappiamo quali siano. Le cor­ relazioni tra opportunità ed esito sono influenzate geneticamente e questo è un altro modo in cui il DNA ci rende quelli che siamo. Vaie la pena ribadire che questa ricerca genetica descrive l'insieme delle influenze genetiche e ambientali sulle differenze individuali, in merito al rendimento scolastico, di campioni specifici in determinati momenti. La maggior parte della ricerca è stata svolta nel XX secolo in Paesi sviluppati, particolarmente in Europa e negli Stati Uniti; i risultati potrebbero essere diversi nel caso di altri Paesi in tempi diversi. Qui ci stiamo concentran­ do sugli effetti delle pari opportunità sulle differenze individuali nel ren­ dimento scolastico. Poiché l'accesso all'educazione si sta espandendo, ci si aspetta che l' ereditabilità aumenti. Il primo studio sui gemelli relativo 1 12

PARI OPPORTUNITÀ E MERITOCRAZIA

a questo tema rilevò che in Norvegia, dopo la seconda Guerra mondiale, quando aumentò l'accesso all'educazione, l'ereditabilità per il rendimen­ to scolastico era aumentata e l'impatto dell'ambiente condiviso era dimi­ nuito.2 Anche studi successivi, svolti in diversi Paesi rilevarono, dopo la seconda Guerra mondiale, un aumento dell'ereditabilità e una diminu­ zione dell'influenza ambientale condivisa, legati all'aumento dell'ugua­ glianza delle opportunità didattiche.3 Alcune recenti prove suggeriscono la possibilità di una controtendenza negli Stati Uniti del XXI secolo, con una diminuzione dell' ereditabilità e una maggiore influenza ambientale condivisa per i risultati formativi, il che suggerisce che vi sia maggiore di­ suguaglianza nelle opportunità educative. Diversamente da quello di pari opportunità, il concetto di meritocrazia è rilevante solo quando esiste una selezione, per esempio tra i bambini in determinate scuole. Nel Regno Unito, a livello di scuola primaria c'è poca scelta, poiché la maggior parte dei genitori fa frequentare ai figli una scuo­ la locale. "Pari opportunità" , in questo caso, indica che, pur frequentan­ do scuole diverse, i bambini ricevono un'istruzione analogamente buona. La selezione diventa un problema più consistente a livello di scuola superiore: gli studenti competono per entrare nelle "migliori" scuole su­ periori, dando luogo a una selezione. La questione della meritocrazia ri­ guarda la misura in cui la selezione si basa sul "merito" - in questo caso sull'abilità degli studenti, sui risultati raggiunti in precedenza e su altri fattori predittivi del successo. Nel Regno Unito la maggiore differenza media nei risultati ottenuti dagli studenti si rileva tra le scuole non selettive finanziate dallo Stato, o scuole unificate, e le scuole selettive, che includono scuole secondarie fi­ nanziate dallo Stato e scuole finanziate privatamente. I punteggi medi del­ la GCSE per i bambini che frequentano le scuole selettive, siano esse statali o private, sono di un intero grado superiori rispetto a quelli dei bambini che frequentano le scuole non selettive. Si presume che questa differenza media nel rendimento tra scuole se­ lettive e non selettive sia causata dall'ambiente: si suppone che le scuole selettive forniscano una migliore istruzione, ma la ricerca genetica dimo­ stra che tale differenza non può essere attribuita a un'istruzione migliore fornita nelle scuole selettive. Per definizione, le scuole selettive seleziona­ no gli studenti più competitivi, scegliendo meritocraticamente sulla base dei risultati raggiunti in precedenza e delle capacità e, meno meritocratica­ mente, a seconda dell'agiatezza della famiglia. Per esempio, nelle migliori scuole superiori, prima di essere ammessi gli studenti vengono sottoposti 1 13

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

per diversi anni a verifiche e colloqui; inoltre genitori e studenti selezio­ nano le "migliori" scuole superiori anche sulla base di questi stessi fatto­ ri. Quindi, se le sue prestazioni non sono state soddisfacenti nelle prove di rendimento scolastico alla scuola primaria, è improbabile che uno stu­ dente aspiri a frequentare scuole secondarie prestigiose. Non dovrebbe perciò sorprendere il fatto che i giovani che frequenta­ no scuole selettive ottengano risultati migliori rispetto a quelli delle scuole non selettive: il fatto che gli allievi selezionati da scuole selettive grazie ai loro risultati scolastici abbiano punteggi della GCSE più alti è una profezia che si autoavvera. Quando si controllano i fattori utilizzati per la selezione degli studenti, la differenza media nei punteggi della GCSE è trascurabile e la varianza generale della GCSE giustificata dal tipo di scuola si riduce a meno dell'l % . Altrimenti detto, se si considera che viene effettuata una preselezione degli studenti con le maggiori possibilità di successo, appare evidente che non sono queste scuole a migliorarne il rendimento.4 Questo è un altro esempio di correlazione gene-ambiente, in quanto gli studenti selezionano le scuole e sono da esse selezionati anche sulla base dei risultati scolastici precedenti e delle loro capacità, che sono altamente ereditabili. Questo spiega un risultato che esamineremo in seguito e che altrimenti apparirebbe strano: gli studenti nelle scuole selettive e non se­ lettive sono geneticamente differenti. Il fatto che i tratti utilizzati per le verifiche siano altamente ereditabili fa sì che, anche se non intenzional­ mente, gli studenti siano selezionati geneticamente. Se il migliore rendimento degli studenti che frequentano scuole selet­ tive, rispetto a quelli delle scuole non selettive, fosse dovuto al valore ag­ giunto delle prime, ciò implicherebbe disuguaglianza nelle opportunità educative. Ma poiché la differenza nel rendimento scompare dopo aver escluso i fattori di selezione, si può concludere che la selezione è merito­ cratica. Per lo stesso motivo, le differenze nei risultati della GCSE per le scuole selettive e non selettive non sono un indice della qualità dell'istru­ zione che queste forniscono. Un tentativo di creare un confronto più equo è stato attuato in Inghilterra nel 20 17, correggendo i punteggi della GCSE alla fine della scuola superiore, sulla base di quelli ottenuti alla fine della scuola primaria all'età di 1 1 anni. Questa innovazione fu venduta come indice del valore aggiunto delle scuole, il cosiddetto "progresso" , ma ab­ biamo riscontrato che questa misura del "progresso" è ancora sostanzial­ mente ereditabile (40%), vale a dire che non si tratta di un indice puro del "progresso" degli studenti o del valore aggiunto delle scuole.5 Com'è possibile che una misura del "progresso" sia così ereditabile? La risposta è data dal fatto che la correzione per il rendimento scolastico all'età di 1 1 1 14

PARI OPPORTUNITÀ E MERITOCRAZIA

anni non è effettuata sulla base di altri contributi ereditabili alle prestazio­ ni nel test della GCSE quali l'intelligenza, la personalità e la salute mentale. Anche se le scuole hanno scarso effetto sulle differenze individuali nel rendimento scolastico, alcuni genitori decideranno comunque di pagare enormi somme di denaro per iscrivere i figli agli istituti privati, con l'idea di assicurare loro qualsivoglia piccolo vantaggio che tali scuole offrono. Anche per le scuole secondarie selettive finanziate dallo Stato, alcuni ge­ nitori che possono permettersi di farlo pagheranno un sovrapprezzo tra­ slocando nelle vicinanze di una scuola migliore. Spero che il sapere che l'istruzione privata non è essenziale per il rendimento scolastico dei bam­ bini sia di conforto per chi non può permettersi di pagarla o di traslocare. L'istruzione costosa non può sopravvivere a un'analisi costi-benefici sulla base del rendimento scolastico stesso. Nel frequentare una scuola statale o una scuola privata, potrebbe esser­ ci qualche beneficio in termini di altri esiti, quali le migliori prospettive in vista degli studi universitari, la creazione di relazioni che potrebbero suc­ cessivamente offrire migliori opportunità di lavoro e l'instillazione negli studenti di maggiore sicurezza e doti di leadership.6 Per esempio, anche se solo il 7 % degli studenti nel Regno Unito frequenta scuole private, que­ sti allievi dominano notoriamente le migliori professioni - oltre un terzo dei parlamentari, oltre la metà dei consulenti medici, oltre i due terzi dei giudici della corte suprema e molti giornalisti importanti. Ma questi sono solo altri esempi della profezia autoavverantesi legata alla selezione, fin dall'inizio, dei migliori studenti? Nel caso della differen­ za dei punteggi della GCSE tra scuole secondarie selettive e non selettive, si è visto che essa scompare dopo aver escluso i fattori utilizzati nella se­ lezione. Simili risultati sono stati riscontrati per le prospettive universita­ rie: gli studenti provenienti da una scuola superiore selettiva hanno mol­ te più probabilità di essere accettati dalle migliori università, ma questo vantaggio scompare in gran parte dopo aver escluso i fattori di selezione.7 In altre parole, se non avessero frequentato una scuola secondaria selet­ tiva, le probabilità di venire accettati dalle migliori università sarebbero state le stesse. Infatti, i cambiamenti nei criteri di selezione delle migliori università, in realtà, favoriscono gli studenti che abbiano ottenuto buoni risultati in una scuola secondaria unificata. Sembra probabile che gli altri potenziali vantaggi dell'istruzione sco­ lastica selettiva - come lo status professionale, il reddito e le caratteristi­ che personali - siano profezie che si autoadempiono, anziché valore ag­ giunto delle scuole selettive. Infine, va sottolineato che se tutte le scuole secondarie fossero ugualmente valide, non sarebbe necessario selezionare 115

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

gli studenti dal principio; se non ci fosse una selezione, ci sarebbe anche molto meno stress per gli studenti e i loro genitori. In aggiunta, le scuo­ le di quartiere favoriscono l'integrazione sociale e il senso di comunità. Abbiamo usato l'istruzione come esempio dei collegamenti tra opportuni­ tà, capacità e risultati, ma le stesse questioni riguardano lo status professio­ nale e il reddito. A questo riguardo, se la priorità è rappresentata dall'avere un lavoro prestigioso e un sacco di soldi, la selezione è necessaria, il che solleva il problema dei criteri utilizzati. Come nell'esempio dell'eccessiva rappresentazione dell'istruzione privata tra parlamentari, consulenti me­ dici e giudici di corte suprema, la selezione per lo status professionale e il reddito è basata sui vantaggi o sulle capacità? In più di una decina di studi sui gemelli nei Paesi sviluppati, sia lo status professionale sia il reddito sono risultati sostanzialmente ereditabili (circa il 40% ).8 Ciò non dovrebbe sorprendere, poiché lo status professionale e il reddito sono legati al livello di istruzione e all'intelligenza, che sono caratteristiche ereditabili. Analogamente a quanto si era detto in merito all'istruzione, l' ereditabilità è un indice di selezione meritocratica per lo status professionale e il reddito; sulla base di una sostanziale ereditabilità, possiamo quindi concludere che la selezione è considerevolmente merito­ cratica. Diversamente dall'istruzione, l'influenza ambientale condivisa per lo status professionale è trascurabile, perciò le influenze ambientali sono casuali e la maggior parte degli effetti sistematici sullo stato professionale e sul reddito può essere attribuita alla genetica. Chiunque abbia intervistato candidati per un lavoro conosce la com­ plessità e la capricciosità della selezione: in primo luogo, è possibile sele­ zionare solo le persone che si sono candidate per il posto; inoltre, i colloqui sono notoriamente mediocri predittori delle prestazioni. Questi e molti al­ tri fattori non sistematici, inclusa la casualità, contribuiscono alle differen­ ze individuali nello status professionale e nel reddito. Tali fattori non so­ no meritocratici, ma non rappresentano una discriminazione sistematica. La questione "genetica dell'ambiente" è rilevante anche per le pro­ fessioni. Quelli che sembrano effetti ambientali sistematici sono riflessi di effetti genetici. Un esempio importante è la somiglianza tra genitori e prole nello status professionale e nel reddito. Come già visto in relazione all'istruzione, non si può presumere che le somiglianze tra genitori e figli per quanto riguarda lo stato professionale e il reddito derivino da vantaggi ambientali trasmessi dagli uni agli altri. La correlazione è principalmen­ te di natura genetica, il che indica che gli effetti sistematici della selezio­ ne, inclusa l' autoselezione, sono sostanzialmente meritocratici. Come già 116

PARI OPPORTUNITÀ E MERITOCRAZIA

osservato, lo stesso è probabilmente vero riguardo all'apparente effetto dell'istruzione privata sul successo professionale. Direi che tutto ciò che aumenta l' ereditabilità dello status professionale e del reddito rende il processo di selezione maggiormente meritocratico. L'assenza di influenza ambientale condivisa implica che ci siano poche di­ suguaglianze ambientali sistematiche nella popolazione nel suo insieme, per cui le leve ambientali per il cambiamento non sono alla nostra porta­ ta. La ricchezza ereditata, che è l'epitome dell'ineguaglianza, può essere modificata, per esempio, tassando questa al posto del reddito. In ogni ca­ so, la ricchezza ereditata non è molto legata allo status professionale o al reddito, quanto meno perché il reddito è attualmente determinato dalle autorità fiscali. Quindi, confrontarsi con la ricchezza ereditata, nello sta­ tus professionale o nel reddito, di per sé non farà molta differenza. Sareb­ be determinante rendere i processi di selezione più efficaci in merito alla previsione delle prestazioni, poiché ciò ridurrebbe le influenze non siste­ matiche sullo stato occupazionale e sul reddito. La rivoluzione genetica trasformerà il processo di selezione introducendo il maggiore predittore sistematico e obiettivo delle prestazioni: le differenze genetiche ereditarie. A prima vista, però, potrebbe sembrare che dandole carta bianca la gene­ tica limiterà la mobilità sociale e calcificherà la società in caste genetiche come accadde in India, dove per migliaia di anni i matrimoni erano con­ sentiti solo tra i membri della stessa casta.9 Direi che nelle società moder­ ne questo non è un problema, per due ragioni; la prima è semplice: molte delle variazioni ambientali tra le persone non sono sistematiche e gli effetti casuali non creeranno caste stabili. La seconda ragione è rappresentata dal fatto che genitori e prole sono geneticamente simili solo al 50%; la loro somiglianza genetica ci dice che, in media, genitori più brillanti hanno figli più brillanti, ma l'altro 50% farà sì che i figli di genitori più brillanti mostrino una vasta gamma di capacità, comprese, per alcuni bambini, quelle inferiori alla media. La differenza media tra coppie di individui presi a caso è di diciassette punti di QI. Tra i parenti di primo grado - genitori e prole o fratelli - c'è una differenza me­ dia di tredici punti di QI, il che lascia aperte molte possibilità intermedie. Inoltre, i figli di genitori con QI alto produrranno in media punteggi QI più bassi di loro per lo stesso motivo per cui i genitori alti hanno figli più alti della media, ma meno alti di loro. Per la stessa ragione, la mag­ gior parte dei bambini prodigio non ha genitori prodigio; questo è un fenomeno statistico, non un processo genetico specifico. Vale a dire che lo stesso fenomeno si verificherebbe se le differenze individuali fossero 1 17

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

dovute a fattori ambientali sistematici indicizzati come ambiente condi­ viso. Comunque, la fonte sistematica delle differenze individuali è la ge­ netica, non l'ambiente condiviso, ed è la genetica che suscita preoccupa­ zioni sulle caste. Se i figli fossero geneticamente estranei ai genitori con QI alto, come nel caso di bambini adottati e genitori adottivi, e fossero rappresentativi della popolazione, il QI medio dei bambini dovrebbe essere pari a 100. Poiché i bambini sono geneticamente simili per il 50% ai genitori, la genetica pre­ dice che il loro QI medio regredirà a metà strada dal QI dei genitori verso la media della popolazione. Per esempio, i genitori con un QI medio di 13 O dovrebbero avere figli con un QI medio di 1 15 , che regredisce a metà strada verso quello medio della popolazione, pari a 100. Questo rimesco­ lamento delle differenze del DNA nella lotteria genetica impedisce l'evo­ luzione di un rigido sistema di caste genetiche. L'altro lato di questo ragionamento riguarda i genitori di medie capa­ cità, i cui figli possono essere dotati di una vasta gamma di attitudini, an­ che notevoli. Poiché è più frequente che i genitori abbiano capacità medie anziché alte, ciò garantisce che nella generazione successiva la maggior parte degli individui con le più alte competenze provenga da genitori di abilità medie, non da quelli più dotati. Finché ci saranno una mobilità so­ ciale discendente e una ascendente, non dobbiamo temere che la genetica conduca a un rigido sistema di caste. 10 Anche se la maggior parte delle differenze sistematiche tra le persone è di origine genetica, ciò non significa che dobbiamo essere fatalisti e accettare lo status qua; infatti, come sottolineato in precedenza, la genetica descrive ciò che è non predice ciò che potrebbe essere; le probabilità genetiche si possono sconfiggere. Non è tuttavia fatalistico riconoscere l'importanza del DNA e cogliere le differenze genetiche tra i nostri figli e tra noi stessi: sembra del tutto sensato suggerire, quando è possibile, di provare ad as­ secondare la genetica anziché contrastarla. Un secondo modo per evitare il fatalismo è negare il sistema di valori che guida il dibattito sulla meritocrazia e la mobilità sociale. Si suppone che il senso dell'istruzione sia ottenere punteggi migliori nei test, con l'o­ biettivo di trovare un lavoro migliore, e che il senso di un lavoro sia con­ quistare una condizione sociale elevata e guadagnare un sacco di soldi. Un altro modo di guardare all'istruzione è considerarla un periodo in cui si acquisiscono le competenze di base e si impara a divertirsi con l'appren­ dimento. È un decennio della loro vita in cui i bambini possono scoprire cosa amano fare e in cosa riescono bene, un tempo in cui possono trovare -

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PARI OPPORTUNITA E MERITOCRAZIA

i loro sé genetici che non necessariamente li predispongono all'istruzio­ ne superiore. A tutti dovrebbe essere data la possibilità di accedere all'i­ struzione, ma non tutti sceglieranno (o potranno permettersi) di andare all'università. Lo stesso vale per il lavoro: se diamo valore solo alle professioni di prestigio, quando la selezione non potrà essere evitata ci saranno un sac­ co di persone frustrate. La società ha bisogno di buoni assistenti sociali, infermieri, idraulici, bidelli, poliziotti, meccanici e dipendenti pubblici. Ciò che desidero maggiormente per i miei figli è che stiano bene e siano brave persone; se riuscissero a dedicarsi all'attività che amano, sarebbe estremamente gratificante L'autoselezione è un fattore importante nella misura in cui le persone sono libere di scegliere cosa fare per guadagnarsi da vivere; essa compor­ ta l'ascolto dei suggerimenti genetici non solo sull'intelligenza, ma anche sulla personalità e gli interessi. Queste opzioni includono la scelta tra un impiego che basti solo a pagare le bollette e un'occupazione ad alto red­ dito che potrebbe portare con sé il prezzo alto dello stress, oppure l' as­ secondare una vocazione particolarmente piacevole che potrebbe non pagare i conti. Al di là del denaro necessario per andare avanti, lasciare che siano i soldi a determinare il successo nella vita non porta alla felicità, all'appagamento o alla virtù. In una società equa, i lavori che richiedono meno "merito" sarebbero comunque ricompensati economicamente in modo da assicurare uno standard di vita soddisfacente. Potremmo anche negare, a un livello più politico, il sistema di valori basato sul denaro. Gran parte delle preoccupazioni per la disuguaglianza e la mobilità sociale riguarda la disparità dei redditi. Le differenze indivi­ duali di reddito sono, come tutto il resto, sostanzialmente ereditabili, per circa il 40% . Il reddito è correlato all'intelligenza e la genetica influenza questa correlazione, ma questo non significa che una maggiore intelligen­ za meriti un reddito superiore. Direi che la ricchezza genetica è già una ricompensa. Se la società volesse davvero ridurre le disuguaglianze di red­ dito, potrebbe farlo direttamente e immediatamente con un sistema fiscale che ridistribuisse la ricchezza. Il mio sistema di valori suggerisce che dovremmo sostituire la meri­ tocrazia con una società equa.11 Anche se la creazione di rigide caste ge­ netiche non avrà luogo, la mobilità sociale crea disuguaglianza genetica che porta a una disuguaglianza intrinseca nelle opportunità. Dunque, i bambini che si ritrovano con una mano genetica fortunata hanno mag­ giori possibilità di andare bene a scuola, procurarsi un lavoro migliore e guadagnare di più. Questa disuguaglianza negli esiti non sarà contrastata 1 19

PERCHÉ IL DNA È IMPORTANTE

indirettamente attraverso il sistema educativo. Come accennato, se a tutti i bambini venisse insegnato esattamente allo stesso modo, le loro diffe­ renze genetiche porterebbero comunque a difformità nel rendimento, il che produrrebbe esiti professionali diversi. Di nuovo, la disuguaglianza economica potrebbe essere gestita direttamente attraverso un sistema di tassazione redistributiva che riducesse il divario tra ricchi e poveri. Penso che alla gente interessino di più la giustizia e una società equa rispetto alla disuguaglianza economica di per sé. Sembra ingiusto che il 60% dell'aumento del reddito nazionale degli Stati Uniti negli ultimi tre decenni sia andato a solo l' l % dei percettori, principalmente grazie agli altissimi stipendi in cima alla scala salariale. 12 Ma direi che più importante della relativa disuguaglianza di reddito di questo l% è l'assoluta disparità del terzo più basso, i cui debiti superano il patrimonio. Pari opportunità, disparità di reddito e mobilità sociale sono alcune delle questioni più critiche nella società contemporanea. Sono temi estre­ mamente complicati che dipendono fortemente dai valori. li mio obiet­ tivo era quello di osservare questi problemi solo attraverso la lente della genetica, per mostrare come il DNA fa di noi quelli che siamo. Tuttavia, non c'è alcuna linea politica specifica che segua necessariamente dalle sco­ perte genetiche, dato che le scelte politiche dipendono dai valori. Sono i miei valori, non la scienza, ad allontanarmi dalla meritocrazia, in favore di una società equa. La rivoluzione del DNA personalizzerà tutte queste implicazioni gene­ tiche poiché saremo in grado di predire, per ogni individuo, il rischio ge­ netico e la resilienza, i punti di forza e quelli deboli. La seconda parte di L 'impronta genetica esplora la rivoluzione genetica e le sue implicazioni per gli individui, per la psicologia e per la società.

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Parte seconda

La rivoluzione del DNA

IO

DNA: le basi

Per cogliere il significato della rivoluzione genetica e il modo in cui il DNA ci rende quelli che siamo, è importante comprendere alcuni fatti basilari relativi al progetto della vita. Mi spiace, quindi, se questo capitolo sem­ brerà ogni tanto una lezione di biologia, ma descrive solo gli elementi es­ senziali necessari per l'alfabetizzazione genetica, specialmente in relazione alla comprensione della rivoluzione del DNA per il modo in cui influenza la psicologia. La cosa più importante da sapere è che il DNA è costituito da molecole ottuse che obbediscono ciecamente alle leggi della chimica. In­ sieme, queste molecole, che sono le stesse in ciascuna delle nostre migliaia di miliardi di cellule, generano la vita in tutta la sua incredibile complessità. Nel 1 866, Gregor Mendel mostrò come funziona l'ereditarietà; nel giardino del suo monastero in quella che ora è la Repubblica Ceca, Men­ del fertilizzò con cura, per molti anni, migliaia di piante di piselli. Sulla base dei suoi numerosi esperimenti svolti su tratti relativi alla superficie del seme, liscia o rugosa, Mendel concluse che ci sono due "elementi" di ereditarietà per ogni tratto in ogni individuo e che la prole riceve uno di questi due elementi da ciascun genitore. Fino agli anni Cinquanta, cosa fossero questi " elementi" era ancora un mistero. Nel 1953 James Watson e Francis Crick descrissero la famo­ sa struttura a doppia elica del DNA, che rappresentò magnificamente gli elementi di Mendel.1 La doppia elica consiste di due fili avvolti l'uno in­ torno all'altro (figura 10. 1 ) . Il DNA è come una scaletta di corda i cui due lati sono congiunti d a pio­ li deboli, facilmente spezzabili. La forma a doppia elica deriva dalla rota­ zione della scaletta che così crea una spirale; i due filamenti laterali della scaletta sono congiunti debolmente da pioli costituiti da legami chimici fra quattro molecole chiamate "nucleotidi": A (adenina), c (citosina) , G (gua­ nina) e T (timina). La spina dorsale della doppia elica è costituita dall'al1 23

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

ternanza delle molecole di zucchero e fosfato che insieme ai pioli nucleo­ tidici diedero il nome al DNA: acido desossiribonucleico. In un documento di poco più di due pagine, ma ancora il più importan­ te mai prodotto in biologia, Watson e Crick scrissero che "la sequenza di basi su una singola catena non sembra essere limitata in alcun modo ". In altre parole, guardando un filamento della scaletta di corda, si può vedere qualsiasi sequenza di A, C, G e T, il che suggeriva che il codice genetico po­ tesse trovarsi nella sequenza di ciascun filamento di nucleotidi A, C, G e T. Nel 1961 Francis Crick e Sydney Brenner iniziarono a decifrare il codi­ ce genetico, dimostrando che esso consisteva in una sequenza di tre pioli sulla scaletta di corda (per esempio, A-A-A o C-A-G o G-T-T), che è come una "parola" di tre lettere; le quattro lettere (A, C, G, T) prese tre alla volta producono sessantaquattro combinazioni possibili. Nei pochi anni suc­ cessivi, il significato di tutte e sessantaquattro le parole presenti nel voca­ bolario del DNA fu gradualmente compreso; per esempio, A-A-A è una pa­ rola, C-A-G è un'altra e G-T-T un'altra ancora, e queste parole codificano per ognuno dei venti aminoacidi: ve ne sono centinaia, ma il nostro DNA ne

Yt--r---;.---:#-1---- Scheletro

zucchero-fosfato

Coppia di basi

Base azotata

Figura 10.1 La doppia elica del DNA.

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DNA: LE BASI

produce solo venti; per esempio, A-A-A codifica per la fenilalanina, C-A-G per la valina, G-T-T per la glutammina. Alcune parole di tre lettere codi­ ficano per lo stesso aminoacido e altre forniscono la punteggiatura quali i segnali di partenza e di fine, utilizzando tutte le sessantaquattro parole presenti nel glossario genetico. Perché gli aminoacidi? Gli aminoacidi sono gli elementi costitutivi delle proteine, che sono parte integrante di tutto ciò che siamo: le proteine so­ no essenziali per la struttura, la funzione e la regolazione del nostro orga­ nismo, inclusi i neuroni e i neurotrasmettitori, che sono gli elementi base del nostro cervello e di chi siamo a livello psicologico. La proteina media contiene una sequenza unica di venti aminoacidi, che varia in lunghezza dai cinquanta ai duemila aminoacidi. In serie così lunghe, con venti ami­ noacidi in qualsiasi ordine, esiste una varietà illimitata di proteine; in me­ dia, ciascuna delle nostre cellule produce duemila proteine diverse. I filamenti della doppia elica sono tenuti insieme da deboli legami chi­ mici tra i nucleotidi A, c, G e T. Queste quattro molecole producono solo quattro tipi di pioli, non tutti i dodici possibili, poiché A si lega solo con T e G solo con c. Quindi, ci sono solo quattro tipi di pioli nella scaletta di corda del DNA: A-T, T-A, C-G e G-C, come mostrato nello schema del DNA (vedi figura 10. 1 ) . Questo modello di DNA che codifica per gli aminoacidi è ciò che si in­ tende in senso classico con la parola "gene" . Ma ora sappiamo che, oltre a codificare per le sequenze di aminoacidi, il DNA fa molto di più. Solo il 2 % della sequenza del DNA umano funziona così: ci sono solo ventimila "geni" classici e si pensava che l'altro 98% del DNA fosse spazzatura, ma ora è noto per avere funzioni importanti, che descriverò più avanti. In un classico esempio di understatement, Watson e Crick scrissero: "Non è sfuggito alla nostra attenzione che l'abbinamento specifico da noi postulato suggerisce immediatamente un possibile meccanismo di copia per il materiale genetico" . Quello che intendevano era che, se i due filamenti della doppia elica fossero stati aperti, la sequenza delle basi di nucleotidi di A, T, c e G di ciascun filamento avrebbe cercato il suo com­ pagno complementare (A con T; T con A; c con G; G con c). Ciò avrebbe portato alla creazione di due doppie eliche di DNA identiche; quelle due cellule ne avrebbero create quattro, otto, sedici e così via. Ciò organizza efficacemente un meccanismo che spiega in che modo iniziamo a vivere come singola cellula e ci sviluppiamo fino a possederne 50 trilioni, ciascu­ na con lo stesso DNA. Nella doppia elica del DNA, che si chiama "genoma" , ci sono 3 miliardi di pioli. Ma il genoma non è una scaletta di corda continua con 3 miliar125

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di di pioli: è suddiviso in ventitré segmenti, o cromosomi, che variano in lunghezza dai 50 ai 250 milioni di pioli. In realtà abbiamo 6 miliardi di basi di nucleotidi, dal momento che il nostro modello genetico consiste di due genomi, l'uno ricevuto da nostra madre e l'altro da nostro padre, come Mendel aveva dedotto dai suoi espe­ rimenti sulle piante di pisello. Possediamo quindi ventitré coppie di cro­ mosomi: un elemento di ciascuna coppia proviene dall'ovulo della madre e l'altro dallo spermatozoo del padre. Le cellule dell'ovulo e dello sper­ matozoo sono le uniche a ricevere un solo cromosoma da ciascuna cop­ pia, perciò quando un ovulo e uno spermatozoo si combinano producono una cellula dotata di un set completo di cromosomi accoppiati. Questa singola cellula si divide per crearne due, ognuna delle quali si divide a sua volta, dando vita ai miliardi di cellule del nostro organismo, ciascuna con la stessa sequenza di DNA.2 Quale dei due cromosomi della madre e quale dei due del padre si ri­ cevano per ciascuno dei ventitré cromosomi, è casuale. Per ogni coppia di cromosomi, ogni fratello ha una probabilità di ottenere lo stesso cromo­ soma dell'altro, motivo per cui i fratelli sono, in media, simili per il 50%; fanno eccezione i gemelli identici, che hanno esattamente gli stessi cromo­ somi poiché provengono dallo stesso ovulo fecondato.3 Questo è il motivo per il quale i fratelli sono simili ma anche diversi nei tratti psicologici, e per cui i gemelli identici sono più simili tra loro rispetto agli altri fratelli. Circa il 99% dei 3 miliardi di pioli nella sequenza genetica sono iden­ tici per voi e per me, e questa è la parte di DNA che ci rende simili; ma ciò significa che ci sono 30 milioni di pioli che tra di noi sono differenti. Co­ me abbiamo visto, queste differenze nella sequenza del DNA descrivono il modello che fa di noi quelli che siamo. Quando si formano nuove cellule, la doppia elica si apre e ogni filamen­ to della scaletta di corda cerca il suo complemento per ogni piolo. Questo processo di duplicazione è incredibilmente affidabile, ma possono esserci alcuni sbagli - le mutazioni- che sono come errori di battitura nel codice genetico. Quando si verifica una mutazione nell'ovulo o nello spermato­ zoo, questa viene trasmessa alla prole, che poi a sua volta la trasmette alla progenie. Nella sequenza del DNA può verificarsi ogni tipo di differenza, ma la più comune riguarda un singolo piolo, diverso tra persona e perso­ na. Un cambiamento in uno dei 3 miliardi di pioli nella doppia elica del DNA è chiamato "polimorfismo a singolo nucleotide (SNP, pronunciato 'snip') " . Voi e io abbiamo circa 4 milioni di SNP, ma molti di questi sono presenti solo in poche persone, il che significa che non abbiamo gli stessi 4 milioni di SNP. Nel mondo ci possono essere fino a 80 milioni di SNP; in 1 26

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ogni particolare popolazione - per esempio quella del Regno Unito - ce ne sono circa 10 milioni.4 n resto di questo libro si concentra sugli SNP, poiché hanno svolto un ruolo centrale nella rivoluzione genetica. Tutto ciò che ereditiamo è la sequenza del DNA presente nella singo­ la cellula da cui ha inizio la nostra vita, con la sua combinazione unica di differenze genetiche. Sebbene tutte le cellule abbiano lo stesso DNA, esse ne esprimono solo una piccola parte del totale: cellule di tipo diverso, per esempio quelle del cervello, del sangue, della pelle, del fegato e delle ossa esprimono frammenti diversi di DNA. La sequenza del DNA è trascritta da una molecola messaggera chiamata "RNA " ; l'RNA viene quindi tradotto in sequenze di aminoacidi a seconda del codice genetico; questo processo è ciò che si intende con il termine espressione genica.5 L'espressione genica è influenzata da molteplici meccanismi. Alcuni (chiamati epigenetici) sono a lungo termine e implicano l'aggiunta al DNA di molecole che ne impediscono la trascrizione; altri meccanismi coinvolti nell'espressione hanno minore durata: per esempio, le proteine che intera­ giscono con il DNA regolano la trascrizione in risposta a stimoli provenien­ ti dall'ambiente. Nel leggere questa frase, state modificando l'espressione di molti geni che codificano per i neurotrasmettitori nel vostro cervello: poiché i processi neurali coinvolti nella lettura consumano questi neuro­ trasmettitori, i geni che li codificano si esprimono al fine di reintegrarli. Se due individui differiscono nella loro sequenza di DNA per uno SNP che, per esempio, codifica per un particolare neurotrasmettitore, quello SNP sarà fedelmente trascritto nell'espressione di quel tratto di DNA. Per i due individui, questa differenza genetica potrebbe essere tradotta in di­ verse sequenze di aminoacidi e tale cambiamento nella sequenza potrebbe alterare il funzionamento del neurotrasmettitore. n punto chiave consiste nel fatto che tutto ciò che ereditiamo è la sequenza del DNA; l'espressione genica non modifica la sequenza di DNA ereditario: se uno SNP è associato a un tratto psicologico, significa che lo SNP è stato espresso. Focalizziamoci su uno dei 10 milioni di SNP nel genoma umano. Per ragioni che diventeranno chiare in seguito, concentriamoci su uno SNP che per caso si trova nel mezzo del cromosoma 16. Il cromosoma 16 ha 90 milioni di pioli nella doppia elica, e questo SNP è al piolo numero 53 .767.042 . Questa mutazione avrebbe potuto riguardare A, C, T o G, ma per caso ha interessato T, fino a quando una mutazione avvenuta mol­ to tempo fa in un individuo non cambiò T in A. La persona con questa mutazione trasmise il nuovo nucleotide A a metà della prole, che poi lo trasmise a sua volta a metà della progenie. Dopo parecchie generazioni, il nuovo nucleotide A si era diffuso nella popolazione. Forse la sua fre1 27

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quenza è aumentata perché aveva apportato un leggero vantaggio evolu­ tivo, come vedremo nel caso di questa particolare mutazione. Più spesso, la sua frequenza aumenta perché non ha avuto alcun effetto e si è sem­ plicemente trasmesso di generazione in generazione, seguendo le leggi dell'ereditarietà di Mendel. Attualmente, il 40% di tutti i cromosomi ha il nucleotide A in questo punto del cromosoma 16, mentre l'altro 60% ha conservato il nucleotide T originario. Queste forme alternate della se­ quenza del DNA sono chiamate alleli. Poiché ereditiamo una coppia di cromosomi, uno da ciascun genitore, da ciascuno riceviamo un allele. La coppia di alleli è chiamata " genotipo ". Per lo SNP sul cromosoma 16 si possono ereditare un allele A o un allele T dalla madre e un A o un T dal padre. Se si eredita un allele A da entram­ bi i genitori, il genotipo è AA; con un A da un genitore e un T dall'altro, il genotipo è AT; la terza possibilità dà origine a un genotipo TI. Per quanto riguarda questo punto sul cromosoma 16, il 15 % degli esseri umani ha genotipo AA, il 50% AT e il 35 % TT. I genotipi sono semplicemente alleli presi due a due, allo stesso modo in cui sono disposti negli individui. Con­ tando gli alleli di queste frequenze di genotipi, si ottengono le frequenze alleliche del 40% A e del 60% T. La ragione per cui abbiamo scelto come esempio questo particolare SNP risiede nel fatto che si tratta di uno dei primi SNP che si è scoperto essere associati a un tratto complesso, nella fattispecie al peso corporeo. Ogni allele A è associato a un aumento, nel peso corporeo, di un chilogrammo e mezzo.6 Gli adulti con genotipo AT pesano mediamente 1 ,5 chilogram­ mi in più rispetto a quelli con genotipo TT, e gli individui con genotipo AA pesano 1 ,5 chilogrammi in più rispetto a quelli con genotipo AT. Questi genotipi si possono correlare con il peso, dando a tutti un punteggio ba­ sato sul loro numero di alleli A: O per il genotipo TI, l per il genotipo AT e 2 per il genotipo AA. Taie correlazione nelle popolazioni europee è pari a 0,09, che rende conto di meno dell' l % delle differenze di peso tra le per­ sone.7 L'ereditabilità del peso è del 7 0 % , quindi questa associazione con lo SNP ne spiega solo una piccolissima parte. Come funziona questo SNP? Esso si trova in un gene denominato pro­ teina associata alla massa grassa e all'obesità (/at mass and obesity-assoctél­ ted protein) , pietosamente abbreviato con l'acronimo FTO (senza cedere alla tentazione di chiamarlo FATSO [ciccione] ). Il gene FTO codifica per un tipo di proteina denominata enzima, che accelera le reazioni chimiche e influenza l'espressione genica, il processo fondamentale mediante il qua­ le il DNA viene trascritto nell'RNA. In mezzo ai 90 milioni di pioli sul cro­ mosoma 16, il gene FTO comprende mezzo milione di pioli A, c, T e G. Il 128

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nostro SNP bersaglio si trova a un'altezza di circa centomila pioli dei cin­ quecentomila di questo tratto di FTO del cromosoma 16. Le mutazioni possono cambiare il significato delle parole di tre lettere del DNA. Per esempio, come accennato in precedenza, la sequenza di tre lettere C-A-G codifica per l'aminoacido valina; se la C fosse cambiata in G, il codice di tre lettere sarebbe G-A-G e codificherebbe per l'aminoacido leucina anziché per la valina. Nella catena delle centinaia di aminoacidi che creano una proteina, cambiarne solo uno può alterare drasticamente la funzione di tale proteina. Migliaia di disturbi sono causati da mutazio­ ni nel codice genetico che modificano la sequenza degli aminoacidi delle proteine, e molte di queste mutazioni sono letali. Di recente si è concretizzata l'effettiva possibilità di correggere una mutazione genetica.8 Una tecnica di modificazione genetica chiamata " CRISPR " (pronunciato "crisper" : Clustered Regularly lnterspaced Short Palindromic Repeats) permette di tagliare e sostituire in modo efficien­ te e preciso una mutazione del DNA. Il CRISPR ha portato a molti progres­ si nella comprensione del funzionamento dei geni. La sua caratteristica più entusiasmante, ma controversa, è il fatto che possa essere usato per correggere una mutazione del DNA negli embrioni, la progenie dei quali sarebbe anch'essa libera dal difetto. Le preoccupazioni etiche sulle con­ seguenze non intenzionali che potrebbero derivare dal modificare perma­ nentemente il genoma umano in questo modo limitano l'uso del CRISPR negli embrioni. Per trattare diverse malattie monogeniche, tra cui la di­ strofia muscolare, la fibrosi cistica e alcune malattie del sangue, i ricerca­ tori stanno tentando di utilizzare il CRISPR in cellule somatiche che non vengono trasmesse; ma, diversamente da ciò che accade per un embrione che ha solo poche cellule, o nello spermatozoo o in un ovulo che sono sin­ gole cellule, per modificare il DNA nel sangue, nei muscoli o nei polmoni, per indurre un effetto terapeutico è necessario intervenire su molte cel­ lule. L'influenza genetica sui tratti psicologici, invece, non riguarda una mutazione monogenica innata: l'ereditabilità è il risultato di migliaia di geni dall'effetto debole e per questa ragione sembra improbabile che la modificazione genetica possa essere utilizzata per correggere geni coin­ volti nei tratti psicologici. In realtà, nel gene FTO il nostro SNP si trova in un tratto di DNA che non codifica per le proteine. Si è visto che a svolgere questa funzione è meno del 2 % delle sequenze di DNA del genoma, i ventimila geni classici men­ zionati in precedenza. La maggior parte delle mutazioni si trova nell'altro 98% del DNA, che non codifica per un cambiamento nella sequenza degli aminoacidi e che per questo motivo veniva chiamato " DNA spazzatura". 129

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Anche all'interno di geni come l'Fra, la maggior parte del DNA non assolve questo compito; questi tratti di gene non codificanti, o introni, sono eli­ minati dal codice dell'RNA prima che questo sia tradotto nelle proteine; i rimanenti segmenti di RNA, gli esani, sono rimontati insieme e continuano a essere tradotti in sequenze di aminoacidi. Stiamo ancora imparando i molti modi in cui le mutazioni in queste differenze non codificanti nella sequenza del DNA fanno la differenza. Quello che sappiamo è che fanno la differenza. Alcune ricerche suggeri­ scono che 1'80% del DNA non codificante sia funzionale, in quanto rego­ la la trascrizione di altri geni. Taie distinzione è importante, in quanto la maggior parte delle associazioni di DNA con tratti psicologici coinvolge gli SNP situati in regioni non codificanti del DNA anziché nei geni classici. Generalmente, la risposta alla domanda su come lo SNP dell'FTa in­ fluisca sul peso corrisponde a quella che, in tutta la scienza medica e bio­ logica, riguarda migliaia di tali associazioni di SNP con determinati tratti: è complicato. Non è un fatto superficiale: è una scoperta importante su come le differenze del DNA influenzino tratti psicologici complessi. La se­ lezione naturale non ha armeggiato con il genoma per facilitare le cose agli scienziati. Lo SNP dell'Fra associato al peso corporeo non funziona in modo diretto per influenzare, per esempio, qualche singolo processo metabolico. I percorsi tra geni e tratti complessi sono difficili da traccia­ re poiché, come sopra accennato, ogni SNP ha molti effetti diversi (pleio­ tropia) e ogni tratto è influenzato da molti SNP (poligenicità). Questi due princìpi sono fondamentali per comprendere la rivoluzione genetica in psicologia. Pleiotropia e poligenicità rendono probabile che i tratti psi­ cologici siano influenzati da molte differenze genetiche dall'effetto lieve - cosa che, come vedremo, awiene. La questione di come il DNA influenzi il comportamento può essere af­ frontata a molti livelli: biochimico, fisiologico, neurologico e psicologico, per esempio. Alla domanda " come? " , i biologi amano trovare risposte a livello biochimico, così da tradurre la conoscenza dello SNP dell' FTa, per esempio, in una pillola per perdere peso. Lo SNP dell'Fra altera l'e­ spressione di diversi geni nelle cellule adipose, determinando la quan­ tità di grasso immagazzinata come riserva. Per le persone con genotipo AA, questi geni si attivano più facilmente e dicono alle cellule adipose di fare scorta di grassi. Se si riuscisse a capire come funziona il genotipo AA, ciò potrebbe suggerire come fermare tale processo e ridurre il peso, sebbene, nell'alterare i sistemi altamente poligenici e pleiotropici, con i loro controlli ed equilibri evoluti, ci sia sempre la preoccupazione per le conseguenze involontarie. 130

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L'allele A, probabilmente, si è diffuso in tutta la popolazione perché la mutazione era vantaggiosa all'inizio dell'evoluzione della nostra specie: gli individui con l'allele A accumulavano grasso supplementare e questo grasso in più avrebbe potuto salvarli dalla fame quando, prima del pasto successivo, sarebbe passato qualche giorno. li problema per noi oggi con­ siste nel fatto che abbiamo un cervello da età della pietra in un mondo di fast-food, e facile accesso ad alimenti con alto contenuto energetico. Oggi non abbiamo bisogno dell'allele A che ci aiuti a immagazzinare scorte di grasso; questo allele costituisce ora un rischio. Diversamente dai biologi, che utilizzano un approccio bottom-up, al­ la domanda " come?" gli psicologi adottano un approccio top-down, cer­ cando di trovare risposte a livello comportamentale anziché biochimico. Nel caso dello SNP dell'FTO associato al peso, si è scoperto che l'allele A aumenta la reattività agli stimoli alimentari e riduce il nostro grado di sa­ zietà (la sensazione di pienezza dopo aver mangiato).9 Gli psicologi sono contenti di trovare spiegazioni comportamentali, poiché queste possono suggerire interventi a bassa tecnologia e a buon mercato. Per esempio, l'a­ ver scoperto che questo SNP influisce sulla sazietà indica che per perdere peso potrebbero rivelarsi efficaci interventi comportamentali correlati alla sazietà; vale a dire che, per contrastare l'effetto dell'allele A, si potrebbe imparare a prestare maggiore attenzione al senso di sazietà, specialmente nel caso di persone con genotipo AA. Tro/'are associazioni tra SNP e tratti complessi, come quella tra lo SNP dell' fra e il peso, ha segnato nell'ultimo decennio l'inizio della rivoluzio­ ne genetica. Come vengono genotipizzati gli SNP? Il processo si articola in tre fa­ si: acquisizione delle cellule, estrazione del DNA dalle stesse e genotipiz­ zazione del DNA. 10 (Se volete saperne di più, potete consultare la sezione "Note" alla fine del libro.) Fin qui abbiamo esaminato la genotipizzazione di un singolo SNP, servendoci di quello dell'FTO come esempio. Ognuno di noi possiede milioni di SNP nel proprio genoma. La genotipizzazione, uno a uno, di tutti gli SNP nel genoma di un individuo costerebbe molti milioni di euro. Poiché abbiamo ricevuto due genomi, uno da ciascun genitore, nel no­ stro genoma sono presenti 6 miliardi di basi di nucleotidi. Se conoscessimo la sequenza di questi 6 miliardi di basi per un gran numero di individui, potremmo identificare tutte le differenze genetiche ereditarie, e non solo gli SNP, che fanno la differenza nei tratti psicologici. Adesso questo sta ac­ cadendo: si chiama sequenziamento completo del genoma. Anziché "limi­ tarsi" a genotipizzare milioni di SNP, il sequenziamento completo del ge131

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noma elabora la sequenza di tutti i 6 miliardi di basi nucleotidiche. Come osservato in precedenza, il 99% dei 6 miliardi di pioli nella sequenza del DNA è identico per tutti gli esseri umani, ma questo vuol dire che tra una persona e l'altra ci sono 30 milioni di pioli potenzialmente differenti. Vi ri­ cordo che ci interessiamo a queste differenze genetiche perché sono quelle che ci distinguono; il sequenziamento completo del genoma può identifi­ carle tutte. La sequenza del genoma è tutto, ed è tutto ciò che ereditiamo. La prima sequenza genomica umana fu completata nel 2004 grazie al­ la ricerca decennale di centinaia di scienziati, che costò oltre 2 miliardi di sterline. Attualmente un genoma umano di 6 miliardi di basi nucleotidi­ che può essere sequenziato in un solo giorno per poco più di mille sterline. Ma la rivoluzione genetica ebbe inizio circa dieci anni fa con un pro­ gresso tecnologico diverso, che era divenuto possibile grazie alla cono­ scenza della sequenza completa del genoma. L'osservazione dell'intera sequenza del genoma di molti individui iniziò a rivelare milioni di diffe­ renze genetiche, inclusi gli SNP. Anziché sequenziare faticosamente e co­ stosamente l'intero genoma degli individui, sono stati sviluppati microar­ ray per SNP, focalizzati sulla genotipizzazione degli SNP. I microarray per SNP sono spesso chiamati "chip per SNP" perché sono analoghi ai chip di silicio nel cuore dei computer. Essi utilizzano il pro­ cesso tradizionale per la genotipizzazione degli SNP, ma invece di genoti­ pizzarli uno per volta, i chip, che hanno la dimensione di un francobollo, genotipizzano simultaneamente centinaia di migliaia di sonde per sequen­ ze di DNA in tutto il genoma. Durante la prima fase dello screening del genoma per le associazioni degli SNP, non è necessario genotipizzare ciascuno dei milioni di SNP in tutto il genotipo: molti SNP sono vicinissimi tra loro sul cromosoma e sono ereditati insieme, come pacchetto.11 In altre parole, se si conosce il geno­ tipo di un individuo per uno SNP, lo si conosce anche per l'altro. Per que­ sto motivo, un chip per SNP che genotipizza alcune centinaia di migliaia di SNP, scelti strategicamente, può acquisire informazioni sulla maggior parte degli SNP comuni nel genoma. Gli SNP comuni sono quelli con fre­ quenze alleliche superiori all' l % nella popolazione. Per esempio, lo SNP del nostro FTO ha una frequenza allelica del 40% per l'allele A e del 60 % per l'allele T. li fatto che i chip per SNP genotipizzino solo gli alleli comu­ ni si rivelerà importante nell'evoluzione di questa storia. I chip per SNP adesso sono economici, costano poco più di cinquanta euro e sono stati usati per genotipizzare milioni di persone per centinaia di migliaia di SNP in tutto il genoma. Fino a quando i chip per SNP non di­ vennero disponibili, i tentativi di individuare differenze genetiche asso132

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ciate a tratti psicologici erano limitati alla faticosa genotipizzazione degli SNP in alcuni geni "candidati" ritenuti importanti per un particolare trat­ to. Come vedremo nel prossimo capitolo, l'approccio del gene candida­ to non ripagò gli sforzi e generò molti risultati positivi falsi che non era possibile replicare.12 Al posto dell'osservazione esclusiva di alcuni geni candidati, i chip per SNP hanno reso possibile la scansione dell'intero genoma al fine di identi­ ficare gli SNP associati a tratti complessi e a disturbi comuni. Questo ap­ proccio sistematico è denominato associazione genome-wt"de (GWA). Gli studi sull'associazione genome-wide diedero il via alla rivoluzione geneti­ ca, fornendo il primo strumento efficace per la caccia ai geni responsabili dell'ereditabilità dei tratti psicologici. Ci uniremo alla caccia nel prossi­ mo capitolo. L'obiettivo di questo capitolo è fornire gli elementi essenziali all'alfa­ betizzazione genetica, specialmente in relazione alla rivoluzione genetica in psicologia. Ciò include la struttura e la funzione della doppia elica del DNA, il codice genetico, le mutazioni nel codice genetico, un particolare tipo di mutazione chiamata "SNP" , l'espressione genica, la genotipizza­ zione degli SNP e i chip per SNP. Questi sono gli ingredienti della rivolu­ zione genetica.

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Caccia al gene

Come afferma la prima legge della genetica comportamentale, tutti i trat­ ti psicologici mostrano un'influenza genetica significativa e sostanziale. "Ereditabilità" significa che a causare le differenze tra le persone sono le differenze ereditate nella sequenza del DNA. Il presente capitolo riguarda la ricerca di queste differenze genetiche, ricerca resa possibile per la pri­ ma volta dall'utilizzo dei chip per SNP. Nulla più della scoperta di queste differenze farebbe progredire la genetica dei tratti psicologici, poiché es­ sa permetterebbe di predirli per ogni singolo individuo a partire diretta­ mente dal suo DNA. Come vedremo nel resto di questo libro, la predizione delle differenze genetiche avrà un enorme impatto sulla psicologia, sulla società e su di voi. La caccia ai geni responsabili della pervasiva ereditabilità dei tratti psi­ cologici cominciò circa vent'anni fa. Dopo diverse false partenze e sor­ prese, negli ultimi due anni ci sono state scoperte plateali. Per apprezzare il valore di queste scoperte che segnano l'alba della rivoluzione genetica, riprendiamo il racconto da quando mi stavo cimentando nella caccia in relazione alla mia ricerca sulle capacità e disabilità cognitive. Nonostante le nuove e promettenti tecniche, per due decenni la caccia alle differen­ ze genetiche responsabili dell'ereditabilità di questi tratti non arrivò da nessuna parte. A un certo punto ci avevo quasi rinunciato, ma alla fine la ricerca raggiunse il suo obiettivo; lo shock, però, fu scoprire che non cor­ rispondeva affatto a ciò che pensavamo di dover trovare. Quando la caccia ebbe inizio, venticinque anni fa, tutti pensavano di essere sulle tracce di una grossa preda: pochi geni dall'effetto importante perlopiù responsabili dell' ereditabilità. Per esempio, per un'ereditabilità del 50% circa, sarebbero bastati dieci geni che spiegassero ognuno il 5 % della varianza. Se gli effetti fossero stati così ampi, per poterli rilevare sa­ rebbe bastato un campione di soli duecento individui. Questo era un pio 135

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desiderio poiché, a quei tempi, prima di avere a disposizione i chip per SNP, la genotipizzazione di un individuo doveva essere fatta uno SNP alla volta ed era quindi estremamente lenta e costosa. Di conseguenza veniva­ no genotipizzati solo pochi SNP, in alcuni geni candidati, per poche centi­ naia di individui. Per i tratti psicologici, gli ovvi geni candidati erano quelli che interessavano i neurotrasmettitori del cervello. Durante gli ultimi due decenni, centinaia di geni associati al cervello sono stati al centro degli stu­ di sui geni candidati nei tratti psicologici. L'euforia dell'aver cominciato a individuare geni predittori dei tratti psicologici crollò quando divenne chiaro che nessuna delle associazioni segnalate si replicava. 1 Questo fia­ sco fu il contributo della genetica alla crisi, descritta sopra, legata alla re­ plicazione. (Se siete interessati a un approfondimento sul fiasco del gene candidato, consultate la sezione "No te" . ) Il dolore di questa falsa partenza fu alleviato dal successo di una nuova tecnica messa a punto alla fine del secolo, proprio mentre stava diventan­ do chiaro che gli studi sui geni candidati erano stati un fiasco. Il nuovo metodo consisteva nell'associazione genome-wide, l'approccio opposto a quello cosiddetto del gene candidato. li sogno era esaminare sistematica­ mente tutto il genoma, anziché scegliere in modo piuttosto casuale qual­ che gene candidato.2 Ciò avrebbe richiesto la genotipizzazione di decine di migliaia di SNP per ciascuno delle migliaia di individui. Sebbene i costi per questo procedimento a quel punto fossero scesi, per genotipizzare un marcatore di DNA per una persona ci volevano ancora circa dieci centesi­ mi di sterline. Quindi la genotipizzazione, uno a uno, di "soli" diecimila marcatori del DNA, per mille individui sarebbe costata più di l milione di euro e avrebbe richiesto un bel po' di tempo. Dal momento che per questo studio non avevo a disposizione l milio­ ne di sterline, per intercettare le differenze genetiche associate all'intel­ ligenza, nel 1998 decisi di controllare il genoma genotipizzandole tutte, una a una, con l'utilizzo di qualche trucco per ridurre la spesa e il tempo necessari all'operazione.3 Nonostante queste scorciatoie, per completare la ricerca ci vollero due anni. I risultati, pubblicati nel 2001, furono molto deludenti: una seconda falsa partenza. Sebbene avessimo la possibilità di rilevare associazioni che spiegassero il 2 % della varianza nell'intelligen­ za, non una di esse sopravvisse al nostro rigoroso progetto di replicazio­ ne. Sulla base di questi risultati, le associazioni del DNA con l'intelligenza giustificavano meno del 2 % della varianza. Ma ritenni che fosse più incoraggiante non prenderli per buoni. Ave­ vo molte ragioni tecniche per non fidarmi dei risultati in questo territorio inesplorato, ma il motivo principale per non crederci erano le implicazioni 1 36

CACCIA AL GENE

dirette nel caso fossero stati veri. Sarebbero state necessarie enormi quan­ tità di tempo e di denaro per rilevare ampiezze dell'effetto così piccole e, anche se avessimo dedicato le risorse indispensabili a questa sfida sco­ raggiante, non c'era alcuna garanzia che lo sforzo sarebbe stato ripagato. All'inizio degli anni Duemila incominciò a essere disponibile il chip per SNP, che rese gli studi di associazione genome-wide decisamente più facili e meno costosi, poiché i chip potevano genotipizzare molti SNP per ogni individuo in modo rapido ed economico. I chip per SNP innescarono l'esplosione degli studi di associazione genome-wide.4 Ero entusiasta di questo progresso tecnologico e mi procurai il primo chip, che aveva solo diecimila SNP e costava più di quattrocento sterline a persona, il che equivarrebbe a dieci volte di più degli attuali chip per SNP che ne genotipizzano centinaia di migliaia. Utilizzai questi chip per cer­ care di trovare associazioni di SNP con l'intelligenza nel mio campione di seimila bambini nel Regno Unito del TEDS. Ma ancora una volta i risultati furono o deludenti.' Gli effetti maggiori spiegavano solo lo 0,2% del­ la varianza nell'intelligenza e non si replicavano. Stavo iniziando a pensare che la sorte mi avesse voltato le spalle: dopo un decennio di lavoro, questa era la terza falsa partenza. Questi risultati stavano cercando di dirci, proprio come nel mio prece­ dente studio, che gli effetti più grandi erano molto più piccoli di quanto pensassimo. Sembrava il fumetto di uno scienziato che, con in mano una provetta fumante, chiedeva a un collega: "Qual è il contrario di Eureka? " . Era molto difficile credere che gli effetti genetici fossero così esigui. Di nuovo, era più facile pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato nei miei stu­ di. L'attendibilità di questi risultati avrebbe significato che l' ereditabilità dell'intelligenza - e probabilmente di tutti i tratti psicologici - era causata da migliaia di differenze genetiche, ciascuna dall'effetto minuscolo. Nella giungla del genoma, non dovevamo dare la caccia a qualche bestione, ma cercare creature microscopiche. Ciò significava che il campione non do­ veva essere di dimensioni comprese tra le centinaia o persino le migliaia di soggetti, ma tra le decine di migliaia.6 Anche se sono un incorreggibile ottimista, dieci anni fa queste tre false partenze e le loro implicazioni nei futuri tentativi di trovare le differenze genetiche responsabili dell' ereditabilità dei tratti psicologici mi stavano deprimendo. Considerai la possibilità di andare in pensione e di cambiare vita. Contemplai l'idea di un viaggio transatlantico in barca a vela, pen­ sando che una volta in pensione avrei potuto vivere su una barca per sem­ pre. Attraversando il mare del Nord per un viaggio di "riscaldamento ", ebbi una spaventosa esperienza quando, una notte, andammo a sbattere

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contro un container semi sommerso - delle dimensioni della nostra barca a vela - che era stato perso da una nave mercantile. Decisi di restare nel campo della genetica e tornai alla mia scrivania. Non fui il solo a tormentarsi per queste partenze false, poiché in mol­ ti altri studi di GWA non si riuscì a ottenere risultati replicabili. La notizia lentamente naufragò, in quanto a malapena c'erano associazioni dall' ef­ fetto importante. La via d'uscita era accettare che per trovare le molte mi­ nuscole differenze genetiche responsabili dell'ereditabilità ci sarebbero voluti studi di GWA molto più ampi. Questo, almeno, stava cominciando a sembrare più fattibile, poiché il costo dei chip per SNP continuava a scen­ dere. Ciò nonostante, i fondi per la ricerca con campioni dalle enormi di­ mensioni necessarie per rilevare tali piccoli effetti sarebbero stati messi a disposizione solo per i principali disturbi clinici, non per i tratti psicolo­ gici, specialmente quelli controversi come l'intelligenza. La via fu tracciata da uno studio di GWA pubblicato del 2007, che ri­ portava l'analisi di duemila casi per ciascuna delle sette principali pato­ logie. 7 Queste includevano la coronaropatia, il diabete di tipo 2 e il mor­ bo di Crohn, una malattia infiammatoria intestinale cronica. Era incluso solo un disturbo mentale, il disturbo bipolare, che veniva definito "de­ pressione maniacale" a causa dei gravi sbalzi d'umore dalla mania alla depressione. La maggior parte dei ricercatori poté avvalersi di campioni non supe­ riori a poche centinaia di casi. Per raggiungere la soglia dei duemila casi per ciascuno dei sette disturbi, i ricercatori dovettero condividere i propri preziosi campioni, spesso accuratamente acquisiti nel corso di decenni. Questo studio aprì la strada alla collaborazione, riunendo diversi grup­ pi di ricerca britannici in un articolo del 2007 che contava 258 coautori. Tutti i quattordicimila casi, oltre ai relativi controlli, furono genotipizzati su un nuovo chip con mezzo milione di SNP. Questo visionario studio scientifico di grande portata, finanziato con 10 milioni di sterline dalla Wellcome Trust e da una decina di altre orga­ nizzazioni nel Regno Unito, fu denominato Wellcome Trust Case Con­ trai Consortium. Nell'insieme delle sette patologie, furono individuate ventiquattro associazioni genome-wide di SNP significative, perlopiù per il diabete di tipo 2 e per il morbo di Crohn. Lo studio della Wellcome Trust fu motivo di festeggiamenti perché aveva dimostrato che gli studi di GWA con campioni di grandi dimensioni potevano avere successo anche per i disturbi comuni influenzati da molte differenze genetiche dall'effetto lieve. Un indice dell'importanza di questo articolo è rappresentato dalle moltissime citazioni, più di cinquemila, in 138

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altri lavori scientifici. Inoltre, nel 2007 il GWA vinse il premio Breakthrough o/ the Year [Scoperta dell'anno] conferito da Science. Nonostante il successo del progetto Wellcome Trust, vedere che due­ mila casi permettevano di catturare così poche associazioni di SNP fu de­ ludente, e fu scioccante constatare che l'ampiezza dell'effetto delle asso­ ciazioni era sempre molto piccola. Come psicologo ero molto deluso dal fatto che l'unico disturbo mentale preso in esame, il disturbo bipolare, non mostrasse associazioni di SNP solide.8 La grande spesa affrontata per gli studi di GWA, e gli scarsi risultati, diedero luogo a critiche riguardo al rapporto costi-benefici della ricerca di GWA, in particolare in merito ai disturbi mentali. Nel 201 1 le critiche divennero così pesanti che novantasei tra i principali ricercatori delle GWA ritennero necessario pubblicare una lettera dal titolo "Do not give up on GWAs [Non abbandonate le GWA] " in cui concludevano che i fallimenti erano dovuti alla scarsa possibilità di rilevare associazioni piccole: si sta­ vano quindi assemblando campioni di GWA di dimensioni adeguate che promettessero maggiore successo.9 li filo di speranza consisteva nella prova consistente che l'ereditabilità fosse sostanziale; ciò significa, nel caso dei tratti psicologici, che le diffe­ renze nelle sequenze genetiche ereditarie, nascoste nel genoma, fanno una grande differenza. Quindi dov'erano? La risposta più probabile riguar­ dava l'ipotesi che gli effetti dei singoli SNP fossero ancora più piccoli di quanto ci si aspettasse. Un campione di duemila casi, che all'epoca sem­ brava enorme, offriva la possibilità di rilevare solo associazioni di SNP che ora sembrano irrealisticamente grandi. Riguardo ai disturbi comuni come quello bipolare, con una prevalen­ za dell' l % , uno studio con duemila casi poteva solamente rilevare un'as­ sociazione di SNP che accresce il rischio di sviluppare il disturbo dall' l all' l ,6%, un aumento del 60% . Per poter rilevare SNP che incrementano il rischio del 3 0 % , sarebbero stati necessari campioni di diecimila casi. Per l'individuazione di SNP che aumentano il rischio del lO% ci sarebbe­ ro voluti campioni di ottantamila casi, che sembravano ridicolmente ampi per la ricerca sui disturbi mentali in cui gli studi raramente includevano anche solo un centinaio di casi, figuriamoci migliaia. La nuova soglia degli ottantamila casi motivò un numero maggiore di ricercatori a collaborare, poiché sapevano che con i loro studi individuali, svolti di solito su campioni inferiori al migliaio di casi, non erano in grado di rilevare associazioni delle dimensioni che ora si sapeva di potersi aspet­ tare. Negli anni successivi alla ricerca Wellcome Trust, nelle scienze bio­ logiche e mediche fu riportato oltre un migliaio di studi di GWA. Durante 1 39

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questi anni furono compiuti grandi progressi, passando dalle ventiquat­ tro associazioni significative per i sette tratti dello studio Wellcome Trust a più di duemila associazioni di SNP per più di duecento tratti.10 Dopo al­ tri cinque anni, nel 2017, le associazioni genome-wide di SNP significative erano arrivate a diecimila. 1 1 Nel campo della psicologia si sviluppò una straordinaria collaborazio­ ne, denominata Psychiatric Genomics Consortium (PGC) , che compren­ de ora più di ottocento ricercatori provenienti da oltre quaranta Paesi. 12 Il PGC si concentra sui principali disturbi mentali diversi dalla malattia di Alzheimer: schizofrenia, disturbo bipolare, disturbo depressivo maggio­ re, disturbo dello spettro dell'autismo, iperattività, abuso di sostanze, di­ sturbi alimentari, sindrome di Tourette, disturbo ossessivo-compulsivo e disturbo da stress post-traumatico. Riguardo ai disturbi mentali, trovare decine di migliaia di casi non è così difficile come potrebbe sembrare, poiché sono, sfortunatamente, molto comuni. Per esempio, la schizofrenia ha una diffusione dell' l % , il che significa che nel solo Regno Unito più di mezzo milione di persone ne soffre. Il PGC ha dimostrato che, quando si tratta di campioni per le GWA, maggiori sono le dimensioni, meglio è. Un rapporto del 2014 del PGC per la schizofrenia comprendeva trentamila casi e raccoglieva più di cento associazioni genome-wide significative.13 Nel 2017 il PGC aveva raddop­ piato il numero di casi e portato il totale a 155 associazioni. 14 Per il distur­ bo bipolare, il PGC passò dai duemila casi dello studio Wellcome Trust a ventimila. li numero di successi di genome-wide significativi salì da zero a trenta.15 Il PGC attualmente sta cercando di raggiungere i cinquantami­ la casi. La depressione maggiore aveva avuto un avvio lento, con un solo risultato significativo in un'analisi di GWA di ventimila casi.16 N el 2017 il PGC riportò un'analisi di GWA di oltre centomila casi che aveva identifica­ to quarantaquattro risultati significativi. 17 Gli studi di GWA su altri disturbi mentali, per dimensioni del campione e risultati di GWA significative, stanno cominciando a raggiungere la schi­ zofrenia, il disturbo bipolare e la depressione maggiore. Per esempio, un recente studio di GWA sull'iperattività, con un campione di ventimila casi ha riportato dodici successi.18 Per l'iperattività, l'anoressia e l'autismo, il PGC mira a quarantamila casi ciascuno. Fa parte degli obiettivi degli studi di GWA in corso anche la maggior parte degli altri disturbi mentali, quali la dipendenza da alcol e altri legati all'uso di sostanze, i disturbi d'ansia, il disturbo da stress post-traumatico e il disturbo ossessivo-compulsivo. Ciò significa che, via via che gli studi sui disturbi mentali raggiungono la potenza consentita dall'utilizzo di campioni di decine di migliaia di ca1 40

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si, i successi delle GWA cominciano a farsi vedere. I risultati degli studi di GWA relativamente ai disturbi mentali confermano le previsioni scorag­ gianti delle analisi di significatività statistica. Con diecimila casi non ven­ gono rilevate associazioni significative, che iniziano invece ad apparire a partire dai ventimila casi; raddoppiando questo numero a quarantamila, si quadruplica il numero di successi. Raddoppiando nuovamente la di­ mensione del campione a ottantamila, si ottiene un altro grande aumento di risultati significativi via via che si raggiunge la potenza necessaria a cat­ turare molti degli effetti più piccoli. Al pari delle conclusioni della ricerca Wellcome Trust, quelle ottenute dal PGC sono motivo di festeggiamenti e di cautela: mostrano che il GWA ha successo quando le dimensioni del campione sono sufficientemente grandi. Aver trovato 155 associazioni affidabili per la schizofrenia, 30 per il disturbo bipolare e 44 per la depressione maggiore è un risultato note­ vole: per la prima volta, abbiamo identificato in modo affidabile alcune delle differenze genetiche responsabili dell'ereditabilità dei tratti psicolo­ gici; questo apre la porta al mondo della genomica personalizzata, grazie alla quale possiamo utilizzare le differenze genetiche di tutto il genoma per predire le differenze psicologiche tra gli individui. Come vedremo, il nostro passaporto per questo nuovo mondo era la possibilità di aggregare gli effetti di molte piccolissime associazioni per predire differenze psico­ logiche o punteggi poligenici. Per la schizofrenia, le differenze genetiche raccolte sotto l'etichetta di punteggi poligenici sono ora il miglior predit­ tore dell'insorgenza futura di questa malattia. Il resto di questo libro parla di tali punteggi e del loro impatto sulla psicologia e sulla società. Un'eccezione alla regola secondo la quale non ci sarebbero differenze, nel DNA, che abbiano un grande effetto sui tratti psicologici è l'insorgen­ za tardiva della malattia di Alzheimer. Anche se questa patologia è spes­ so considerata un disturbo clinico o neurologico anziché psicologico, i primi sintomi a essa associati sono puramente psicologici, in particolare la perdita di memoria per quanto riguarda gli eventi recenti. La malattia di Alzheimer affligge in genere persone tra i 70 e gli 80 anni, rappresen­ ta oltre la metà di tutti i casi di demenza e colpisce circa il lO% della po­ polazione. Prima o poi, a volte dopo quindici anni, le persone affette da Alzheimer sono costrette a letto e presentano problemi di ampio rilievo nelle cellule nervose del cervello. Nel 1993 , un decennio prima dell'avvento degli studi di GWA, un gene coinvolto nel trasporto del colesterolo, l'apolipoproteina E (APOE), risultò essere fortemente associato alla malattia di Alzheimer.19 Negli individui 141

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affetti da tale patologia, uno degli alleli APOE, chiamato "allele 4 " , è pre­ sente con una frequenza del 40% , rispetto al l5% nei controlli. Avere due copie dell'allele 4 aumenta il rischio di Alzheimer dal lO% all'SO% ; fortu­ natamente, solo l' l % della popolazione possiede due copie dell'allele 4. Nella metà degli individui affetti da Alzheimer l'allele 4 non è presente, il che significa che esso non è, da solo, la causa della malattia. Un'analisi di GWA sull'Alzheimer svolta nel 2013 su diciassettemila casi, identificò altre associazioni di SNP con ampiezza dell'effetto molto minore, che furono replicate in un campione indipendente di ottomila casi.20 Riguardo ai disturbi mentali furono segnalati più di cento studi di GWA.2 1 Nonostante le vaste dimensioni del campione, i maggiori effetti ri­ scontrati in questi primi studi di GWA sulle malattie, che ebbero successo con la notevole eccezione della malattia di Alzheimer, erano molto inferio­ ri a quanto chiunque si fosse aspettato, portando a un aumento del rischio dall ' l all' l ,2 % soltanto. Si tratta di un aumento del rischio relativo del 20%, ma l'aumento assoluto è solo dello 0,2 % . Effetti di quest'ampiezza sono visibili quando la frequenza allelica per uno SNP differisce legger­ mente tra casi e controlli, per esempio il 45 % contro il 40%. Ma se questi minuscoli effetti sono i più estesi rilevati dagli studi di GWA con decine di migliaia di casi, ciò significa che, per la maggior parte, gli effetti devono essere molto più esigui. Con ottantamila casi possiamo rilevare SNP che aggiungono il lO% al rischio genetico per lo sviluppo di una malattia, ma cosa succede se gli SNP aggiungono solo l' l % di rischio? Per rilevare effetti così minuscoli, invece di ottantamila casi ce ne vorreb­ bero milioni. Nel mondo c'è un numero di persone sufficiente a consen­ tirci di trovare milioni di individui affetti da schizofrenia; la sfida, però, sarà trovare i fondi per finanziare studi di GWA di tale portata. Un modo per aggirare questo ostacolo è studiare le dimensioni al po­ sto delle malattie. Negli studi di GWA le dimensioni forniscono maggiore potenza rispetto alle malattie, poiché ogni individuo conta indipenden­ temente dal fatto che si trovi in un punto basso, medio o alto nella distri­ buzione.22 Al contrario, gli studi di GWA sulle malattie cercano differenze genetiche medie tra due gruppi, casi cui viene diagnosticato il disturbo rispetto ai controlli che non ne sono affetti. Ciò presuppone che i disturbi siano reali, ma questa ipotesi si scontra con una delle grandi scoperte della ricerca genetica: il fatto che l'anormale è normale, vale a dire che non esi­ stono disturbi qualitativi, ma solo dimensioni quantitative. Le molte dif­ ferenze genetiche associate a ciò che chiamiamo "malattia" colpiscono le persone in tutta la distribuzione. Negli studi di GWA basati sul confronto tra casi diagnosticati e controlli sfugge un gran numero di informazioni, 142

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dato che molti dei cosiddetti controlli sono prossimi a diventare casi e questo offusca la differenza tra casi e controlli. Per esempio, gli SNP associati all'obesità non sono SNP per la diagnosi dell'obesità: sono associati all'indice di massa corporea (IMe) in tutta la di­ stribuzione, dalle persone magre a quelle grasse, come abbiamo visto per lo SNP dell'FTO. In altre parole, gli SNP associati all'IMe fanno sì che pesino un po' di più sia un individuo magro sia uno sovrappeso. Tutti noi abbia­ mo molti degli alleli SNP che contribuiscono all'IMe; il sovrappeso dipende dal loro numero. L'obesità non è un disturbo qualitativo; è una questione di maggiore o minore quantità. Questo è ciò che si intende dicendo che i disturbi complessi sono tratti quantitativi, anche nel caso di gravi disturbi mentali come la schizofrenia, il disturbo bipolare e l'autismo. Per questo motivo, i punteggi poligenici incoraggeranno la psicologia ad allontanarsi dalle diagnosi categoriche in favore delle dimensioni continue valutate uti­ lizzando scale di valutazione dimensionali standardizzate: come vedremo, una delle importanti implicazioni della rivoluzione genetica. Un altro enorme vantaggio nello studiare le dimensioni anziché le malattie consiste nel fatto che lo stesso campione può essere utilizzato nell'analisi di molti tratti, mentre i campioni selezionati per un particolare disturbo sono utili solo per quello.2; In molti Paesi sono state create bio­ banche con campioni di centinaia di migliaia di persone, che hanno rac­ colto una vasta gamma di informazioni sia psicologiche sia cliniche. Per esempio, la UK Biobank, nata nel 2006 e finanziata dalle organizzazioni benefiche e dal governo britannici, conta mezzo milione di volontari che hanno fornito il DNA e l'accesso alle loro cartelle cliniche, e che si sono sot­ toposti a molte misurazioni, comprese quelle delle dimensioni psicologi­ che. Progetti simili sono in corso in altri Paesi, tra cui l'Estonia, i Paesi Bas­ si e i Paesi scandinavi. La Finlandia ha recentemente annunciato di aver fondato una biobanca che acquisirà il DNA di oltre l milione di persone. Negli ultimi due anni abbiamo assistito al proliferare di innumerevoli studi di GWA sulle dimensioni psicologiche. La prima scoperta è stata una variabile improbabile: gli anni di istruzione.24 Nei Paesi sviluppati, l'eredi­ tabilità per gli anni di istruzione è del 50%; vi contribuiscono molti tratti psicologici, quali i precedenti risultati scolastici e le capacità cognitive, che mostrano una correlazione di 0,5 con gli anni di istruzione.25 La variabile anni di istruzione è anche influenzata da tratti della personalità quali la perseveranza e la coscienziosità, e dalla salute mentale intesa come assen­ za di una depressione debilitante. La ragione del successo di questa ricerca risiede nell'inclusione di un campione di più di l milione di persone, a oggi il più grande studio di 1 43

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GWA. Questo ampio campione ha consentito di raccogliere minuscole associazioni di SNP, che hanno ripagato lo sforzo con l'identificazione di più di mille associazioni genome-wide significative. Come per tutti gli al­ tri tratti complessi, l'ampiezza dell'effetto per gli anni di istruzione è in­ credibilmente piccola: l'effetto maggiore era pari a allo 0,03 % soltanto e la dimensione media degli SNP più alti era dello 0,02 % , che corrisponde a solo due settimane di istruzione. Tuttavia, come spiegherò in seguito, l' ag­ gregazione di questi SNP può predire oltre il lO% della varianza in questo tratto, rendendo il DNA il predittore più efficace disponibile per gli anni di istruzione di un bambino, persino migliore rispetto all'effetto ambientale dello stato socioeconomico della famiglia. Questo successo segna l'inizio della rivoluzione genetica in psicologia. Via via che le dimensioni dei loro campioni diventavano abbastanza grandi da catturare tutte le piccole associazioni di SNP responsabili dell'e­ reditabilità, iniziavano ad avere successo anche gli studi di GWA su altre dimensioni psicologiche. Per quanto riguarda l'intelligenza, le ricerche di GWA ebbero un successo modesto fino a quando le dimensioni dei cam­ pioni non raggiunsero quasi i trecentomila soggetti e nel 2018 furono se­ gnalate più di duecento associazioni significative.26 Studi precedenti, com­ preso il mio, non erano in grado di rilevare queste piccole associazioni. Furono segnalate decine di studi di GWA per capacità specifiche qua­ li la lettura e la matematica, ma le dimensioni del campione erano trop­ po piccole per poter trovare un gran numero di associazioni affidabili. Questa situazione cambierà presto con la creazione di consorzi di grandi dimensioni, per esempio per la lettura, e alcune delle grandi biobanche comprenderanno misurazioni di capacità specifiche. Grazie all'aumento delle dimensioni dei campioni utilizzati dalle GWA negli studi sulla personalità, sta iniziando ad avere successo anche la cac­ cia al gene. Poiché gli studi sulla personalità si affidano a questionari di autovalutazione, per questi è stato più facile ottenere grandi campioni, ri­ spetto alle capacità cognitive che richiedono la somministrazione di test. I primi successi sono giunti con gli studi di GWA sulle due maggiori dimen­ sioni della personalità, l'estroversione e il nevroticismo, che gli studi sui gemelli indicano come ereditabili per circa il 40% . L'estroversione inclu­ de socievolezza, impulsività e vivacità; il nevroticismo, che si riferisce più all'instabilità emotiva che all'essere nevrotici, comporta lunaticità, ansia e irritabilità. Uno studio di GWA sull'estroversione ha prodotto cinque ri­ sultati con un campione di centomila individui.27 Per il nevroticismo, sono stati riportati oltre cento successi in una ricerca di GWA con un campio­ ne di trecentomila soggetti.28 Nell'ambito della ricerca sulla personalità, 144

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un punto di interesse più nuovo riguarda il senso di benessere, essenzial­ mente la felicità, che negli studi sui gemelli mostra una simile ereditabili­ tà del 40% ; in uno studio di GWA su quasi duecentomila individui, sono stati ottenuti tre risultati.29 Si stanno attuando studi di GWA anche su altri tratti interessanti legati alla personalità.30 Molti di questi provengono dalla UK Biobank, con il suo campione di mezzo milione di soggetti. Sono stati segnalati risultati signi­ ficativi per caratteristiche quali il consumo di caffè e tè, i disturbi cronici del sonno (insonnia), la stanchezza e anche l'essere mattinieri o nottam­ buli. Un altro esempio recente è un tratto chiamato "empatia cognitiva" , che consiste nel rilevare le emozioni, guardando una fotografia, solo in base all'espressione degli occhi. Questo è solo l'inizio della rivoluzione genetica. Mentre starete leggen­ do questo libro ci saranno già decine di altri studi di GWA più vasti e mi­ gliori in merito a questi e molti altri tratti. Un'importante fonte di nuove informazioni arriverà dalla più grande azienda di genomica rivolta diret­ tamente al pubblico, la 23andMe, che conta quasi 2 milioni di clienti pa­ ganti. L'SO% dei suoi clienti ha accettato che i propri genotipi vengano utilizzati nella ricerca e di prendere in considerazione richieste successive allo stesso fine. Il cliente medio contribuisce a più di duecento studi brevi, molti dei quali riguardano la psicologia. La scoperta più sconvolgente di due decenni di caccia al gene riguarda le dimensioni della preda che, anzi­ ché essere grande, è microscopica. L'ampiezza dell'effetto delle differenze genetiche responsabili dell'ereditabilità di tutti i disturbi mentali e delle loro dimensioni è molto più piccola di quanto chiunque avesse previsto. Questo vuol dire che, venticinque anni fa, tutti coloro che partecipavano alla caccia presumevano che una manciata di geni spiegasse la maggior parte dell'ereditabilità osservata negli studi sui gemelli. Come notato in precedenza, solo dieci geni, ciascuno dei quali poteva dare conto del 5 % della varianza, avrebbero spiegato un'ereditabilità del 50%. I risultati prodotti dalle GWA raccontano una storia molto diversa. Per i tratti complessi, non è stato trovato alcun gene che spiegasse il 5 % del­ la varianza, neanche lo 0,5 % . L'ampiezza dell'effetto media è nell'ordine dello 0,01 % , il che significa che per rendere conto delle ereditabilità del 50% ci vogliono migliaia di associazioni di SNP. La strategia della forza bruta di campioni sempre più grandi per rile­ vare effetti sempre più piccoli ha dato i suoi frutti, quindi ora abbiamo migliaia di SNP associati a tratti psicologici complessi. Ulteriori progres­ si nella velocissima scienza della genetica faranno aumentare il bottino e una certa spinta deriverà dalla genotipizzazione di tutte le differenze ge145

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netiche, non solo quelle attualmente presenti sui chip per gli SNP. I chip per gli SNP utilizzati negli studi di GWA si affidano a SNP comuni, quelli con frequenza allelica superiore all' l % nella popolazione, mentre la mag­ gior parte delle differenze del DNA nel genoma è molto meno frequente dell'l % . Molte differenze ereditate con il DNA sono caratteristiche di un solo individuo. Queste differenze genetiche possono essere genotipizzate con il se­ quenziamento completo del genoma, che comprende tutti i 3 miliardi di coppie di basi del DNA. Il sequenziamento dell'intero genoma è l'altra grande novità della genomica.}1 È tutto qui, nel senso che la sequenza di 3 miliardi di coppie di basi del DNA è tutto ciò che ereditiamo. Questo si­ gnifica che le differenze genetiche ereditarie responsabili dell' ereditabilità devono essere lì da qualche parte. La sequenza completa del genoma è già stata ottenuta per centinaia di migliaia di individui ed è stato predetto che nei prossimi anni verrà se­ quenziato l'intero genoma di l miliardo di persone e queste informazioni genetiche saranno collegate alle cartelle cliniche elettroniche.n Sappiamo già che negli individui affetti da schizofrenia, autismo e disabilità intelletti­ va c'è un eccesso di mutazioni rare e che in quelli di intelligenza estrema­ mente elevata il loro numero è minore, il che suggerisce che le mutazioni rare non sono una buona cosa. Senza dubbio, dal sequenziamento dei 3 miliardi di coppie di basi del DNA si imparerà molto. Si può tranquillamente scommettere che, guar­ dandoci indietro di un decennio, ci renderemo conto di quanto poco sa­ pevamo sul modo in cui avremmo potuto captare le differenze nel DNA che fanno la differenza nei tratti psicologici. Questa nuova conoscenza au­ menterà la nostra capacità di individuare molte delle differenze genetiche ereditarie responsabili dell'ereditabilità dei tratti psicologici. Ora che avete letto questa saga a dimostrazione della necessità di studi di GWA sempre più grandi per rilevare associazioni di SNP sempre più pic­ cole, sarebbe lecito chiedere: perché dovremmo occuparcene? Ci sono due ragioni per cercare le differenze genetiche ereditarie che sottendono le differenze individuali nei tratti psicologici: la prima è trovare percorsi che dai geni, attraverso il cervello conducano al comportamento, e l'altra è predire il comportamento. A che servono questi piccoli effetti? Per un biologo molecolare che vo­ glia studiare i percorsi dai geni al cervello e al comportamento, o per chi lavora nell'industria farmaceutica e voglia realizzare un farmaco per ag­ giustare un gene danneggiato, la risposta è "non a molto" . Questi piccoli 1 46

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effetti creano una cascata di minuscoli percorsi che sono difficili da trac­ ciare. Definire i meccanismi sottostanti le associazioni di SNP sarà difficile, poiché i loro effetti sono piccolissimi, in media circa lo 0,01 % . L'ulteriore complicazione dell'approccio bottom-up dei percorsi dal DNA al comportamento è la pleiotropia che, come abbiamo visto, fa sì che qualsiasi differenza genetica influisca su molti tratti. La pleiotropia ga­ rantisce che non esiste un itinerario chiaro dai geni al cervello e al com­ portamento: i percorsi attraversano tutto il cervello. Per esempio, per in­ fluenzare il nostro comportamento alimentare lo SNP dell'FTO non segue un tragitto rettilineo. Sebbene il gene FTO sia meglio conosciuto per i suoi effetti sulle cellule adipose, è altamente espresso in tutto il cervello, spe­ cialmente nella corteccia cerebrale, che è centralmente coinvolta in tutti i processi cognitivi. Questi effetti peripatetici non sono specifici per il ge­ ne FTO: la maggior parte dei geni influenza la maggior parte dei processi cerebrali e comportamentali.33 Se ogni gene influisce su molti comporta­ menti, questo significa che ogni comportamento sarà influenzato da molti geni, il che è esattamente quello che gli studi di GWA hanno evidenziato. Un'altra difficoltà legata all'approccio bottom-up dai geni al compor­ tamento consiste nel fatto che la maggior parte delle associazioni degli SNP con i tratti psicologici non coinvolge i geni nel senso tradizionale. La stragrande maggioranza delle associazioni di SNP è stata rinvenuta in re­ gioni non codificanti del genoma. Poco si sa di questa "materia oscura", quel 98% del DNA che non codifica per le proteine; quello che sappiamo finora è che le regioni non codificanti possono essere coinvolte nella re­ golazione dell'espressione genica.34 Ali' opposto della strategia dei percorsi bottom-up dei biologi, c'è l'a p­ pro ccio top-down degli psicologi. Per i biologi, l'obiettivo finale della genetica è comprendere ogni percorso che collega le differenze geneti­ che ereditarie e le differenze individuali nei tratti comportamentali, un approccio bottom-up. Gli psicologi, invece, si concentrano sul compor­ tamento e si avvalgono della genetica per comprenderlo. La prospetti­ va psicologica top-down inizia con la predizione. Si possono utilizzare le differenze genetiche ereditarie per predire quelle individuali nei tratti psicologici, senza sapere nulla sulla miriade di vie che collegano geni e comportamenti. n problema è rappresentato dal fatto che differenze genetiche dagli effetti così piccoli sembrano inutili per la predizione. Una decina di an­ ni fa, quando mi resi conto che le associazioni più grandi erano estrema­ mente piccole, ebbi un pensiero illuminante: benché gli effetti dei singoli SNP siano minuscoli, essi possono essere sommati per creare un punteg1 47

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gio composito, come si fa con le voci in un questionario. Nel 2005 li ave­ vo denominati SNP sets.35 Attualmente, i nomi per i punteggi compositi sono almeno una decina, ma generalmente si parla di punteggi poligenici. L'essere arrivati all'idea di così tanti SNP con effetti così piccoli fu un grande salto dal punto in cui eravamo partiti venticinque anni fa. Adesso sappiamo per certo che l'ereditabilità è causata da migliaia di associazio­ ni dall'effetto incredibilmente piccolo. Eppure, aggregando queste asso­ ciazioni in punteggi poligenici che combinano gli effetti di decine di mi­ gliaia di SNP, è possibile predire tratti psicologici come la depressione, la schizofrenia e il rendimento scolastico.

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Il DNA divinatorio

Che l' ereditabilità di dimensioni e disturbi mentali sia causata da un cer­ to numero di differenze genetiche e non solo da uno o due geni dal forte impatto, è noto da decenni; ma è stato scioccante accorgersi, grazie agli studi di associazione genome-wide, di ciò che significava "un certo nume­ ro" : non poche decine, ma decine di migliaia di differenze genetiche. Gli studi di GWA hanno mostrato che non ci sono associazioni che spieghino più dell' l % delle differenze tra individui e che l'ampiezza media dell' ef­ fetto è inferiore allo 0,01 % . Ciò significa che all'ereditabilità dei tratti psi­ cologici contribuiscono migliaia di differenze genetiche e che per rilevare queste minuscole associazioni sono necessari studi di GWA su campioni di dimensioni enormi. Dopo la falsa partenza degli studi sui geni candidati che non si era riusciti a replicare, la ricerca sulle GWA stabili un criterio rigoroso per la segnalazio­ ne di "colpi a segno" statisticamente significativi, rettificando le associazioni per l milione di test nell'intero genoma.1 Questo criterio tralascia le molte associazioni che non raggiungono, né potrebbero farlo, significatività sta­ tistica a causa degli effetti troppo lievi; per quanto essi siano piccolissimi, possono tuttavia essere combinati per creare un punteggio composito, o punteggio poligenico. Sebbene i minimi effetti dei singoli SNP siano inutili per la predizione, i punteggi poligenici che li aggregano, per quanto picco­ li, possono predire potentemente le predisposizioni genetiche. n "poli" di "poligenico" è ciò che rende tali punteggi capaci di predire le differenze individuali in psicologia. In altre parole, il criterio chiave per uno studio di GWA non è il nwnero di associazioni che raggiungono la signifìcatività sta­ tistica: per predire le differenze individuali, è molto più importante la po­ tenza di un punteggio poligenico derivato dai risultati di uno studio di GWA. I punteggi poligenici, rivelati dal DNA invece che da una sfera di cristal­ lo, hanno potere divinatorio. Come vedremo, la predizione è fondamen149

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

tale, poiché è la chiave per la prevenzione dei problemi psicologici e per la promozione della speranza. Questo è il nuovo mondo della genomica personalizzata, che ha inizio con la possibilità di utilizzare le differenze genetiche ereditarie di tutto il genoma per predire le differenze psicologi­ che. Per dimensioni e disturbi mentali, alcuni punteggi poligenici hanno già raggiunto livelli di potere predittivo impressionanti. Questo capito­ lo mostra che cosa sia un punteggio poligenico e descrive la potenza dei punteggi poligenici creati negli ultimi due anni; rivela inoltre alcuni dei miei personali punteggi poligenici per gettare uno sguardo sul futuro del­ la genomica psicologica personalizzata. Poiché i punteggi poligenici rappresentano le basi della rivoluzione ge­ netica in psicologia, è essenziale capire che cosa siano. Un punteggio po­ ligenico è come un qualsiasi punteggio composito che gli psicologi utiliz­ zano abitualmente per creare una scala di valori a partire dalle voci di un questionario, come quello sulla personalità. L'obiettivo di un punteggio poligenico è fornire un singolo indice genetico per predire un tratto, sia esso la schizofrenia, il benessere o l'intelligenza. Per una comprensione concreta di cosa sia un punteggio poligenico, considerate un tratto della personalità come la timidezza. Un questionario per valutare la timidezza include più voci al fine di attingere ai suoi diversi aspetti. Per esempio, un tipico questionario sulla timidezza comprenderà voci che riguardano il livello di ansia nelle situazioni sociali e di evitamento delle stesse, per esempio andare a una festa, incontrare estranei e prendere la parola du­ rante una riunione. Potrebbe essere richiesto di rispondere utilizzando una scala di tre punti (O = per niente, l = a volte, 2 = molto). Sommando i valori associati alle domande, si crea un punteggio rela­ tivo alla timidezza, avendo cura di "invertire" le voci secondo necessità, in modo che a un punteggio alto equivalga un elevato grado di timidezza. Se in questa misurazione ci fossero dieci domande contrassegnate con O, l e 2 , i punteggi totali potrebbero variare da O a 20. La semplice addizio­ ne delle voci le rende tutte ugualmente utili, ma non è così; per questo motivo, vengono spesso aggiunte dopo essere state ponderate secondo un criterio che valuta la loro efficacia nel fissare il concetto di timidezza. Questo è esattamente il modo in cui vengono creati i punteggi poli­ genici, tranne per il fatto che a essere sommati sono i genotipi degli SNP, anziché le voci di un questionario. Come nella scala di tre punti utilizza­ ta per valutare la timidezza, i genotipi degli SNP possono valere O, l o 2, a seconda del numero di alleli aggiuntivi, come nell'esempio dello SNP del­ l'FT0.2 Allo stesso modo in cui si possono aggiungere alleli perché uno SNP crei un punteggio genotipico, lo si può fare anche perché molti SNP creino 1 50

IL DNA DIVINATORIO

un punteggio poligenico, così come si aggiungono le voci al questionario per creare un punteggio della timidezza. I risultati degli studi di associa­ zione genome-wide sono utilizzati per selezionare gli SNP e per assegnare un valore a ciascuno di essi. Per esempio, nell'analisi di GWA per il peso corporeo, lo SNP dell'FIO spiega una varianza molto maggiore rispetto ad altri SNP, quindi, in un punteggio poligenico per il peso, dovrebbe con­ tare molto di più. La tabella 12.1 mostra come, sulla base di dieci SNP, venga creato il punteggio poligenico di un individuo. Per il primo SNP, il genotipo di que­ sta persona è AT. Per questo SNP, l'allele T sembra essere l'allele aggiunti­ vo che è positivamente associato al tratto, quindi il punteggio genotipico dell'individuo per questo SNP è = l , dal momento che il genotipo ha so­ lo un allele T aggiuntivo. Tra i dieci SNP, su un possibile punteggio di 20, l'individuo ha un totale di nove alleli aggiuntivi per quel tratto, perciò il suo punteggio poligenico è appena inferiore al punteggio medio della po­ polazione, che è = 10. Per ottenere questo punteggio poligenico non si fa altro che sommare il numero di alleli aggiuntivi, il che funziona abbastanza bene, ma pos­ siamo aumentarne la precisione ponderando il punteggio genotipico per ogni SNP, in relazione a quanto lo SNP è correlato con il tratto. La corre­ lazione tra ogni SNP e il tratto proviene dall'analisi di GWA. Se uno SNP è correlato con il tratto cinque volte in più rispetto a un altro - come lo Tabella 12.1 Punteggio poligenico per un individuo, basato su dieci SNP.

Allele 1 Allele aggiuntivo

Allele 2

Punteggio genotipico

Correlazione Punteggio con il tratto genotipico ponderato

SNP 1

T

A

T

1

0,005

0,005

SNP 2

c

G

G

o

0,004

0,000

SNP 3

A

A

A

2

0,003

0,006

SNP 4

G

c

G

1

0,003

0,003

o

0,003

0,000

0,002

0,002

ANP 5

G

c

c

SNP 6

T

A

T

SNP 7

c

c

G

1

0,002

0,002

SNP 8

A

A

A

2

0,002

0, 004

SN P 9

A

T

T

o

0,001

0,000

SNP 10

c

c

G

1

0,001

0,001

9

Punteggio

poligenico

151

0,023

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

SNP = l rispetto allo SNP = 10 nel punteggio poligenico esso dovrebbe valere cinque volte di più. I punteggi genotipici ponderati, riportati nell'ultima colonna della ta­ bella, sono il prodotto del punteggio genotipico per ogni SNP e la correla­ zione con il tratto. La somma dei punteggi genotipici ponderati per i dieci SNP è 0,023 . Questo numero non è così interpretabile come il punteggio genotipico non ponderato = 9, che è solo la somma degli alleli aggiuntivi. Tuttavia, sia il punteggio poligenico non ponderato = 9 sia quello ponde­ rato di 0,023 possono essere espressi semplicemente come un percentile della popolazione. Per questo individuo, entrambi indicano un punteggio poligenico appena al di sotto della media. Quanti SNP dovrebbero esserci in un punteggio poligenico?3 Inizial­ mente i punteggi poligenici venivano creati utilizzando solo le associazio­ ni genome-wide significative da uno studio di GWA; in relazione al peso raggiungevano la significatività genome-wide novantasette SNP indipen­ denti. La creazione di un punteggio poligenico che utilizzi i novantasette SNP migliori, spiega 1' 1 ,2 % della varianza nel peso in campioni indipen­ denti; ciò migliora solo leggermente la predizione del solo SNP dell'FTO, che spiega lo 0,7 % della varianza. Il voler utilizzare solo associazioni genome-wide significative è come esigere che ogni voce nella scala della timidezza fornisca, da sola, una pre­ dizione significativa. Per altri punteggi psicologici non seguiamo questo procedimento, poiché non è realistico aspettarsi che ciascuna voce stia in piedi da sola; l'obiettivo è avere una scala composita che sia utile il più possibile. Un'idea migliore è attenerci a ciò che facciamo quando creiamo altri punteggi psicologici: continuare a inserire voci finché queste non miglio­ rano affidabilità e validità del composito in campioni indipendenti. Per i punteggi poligenici, il criterio chiave è la predizione. Il nuovo approc­ cio ai punteggi poligenici consiste nel continuare a inserire SNP fino a che questi non aumentano il potere predittivo del punteggio poligenico in campioni indipendenti. Questa è la strategia che negli ultimi due anni ha dato i suoi frutti nella produzione di potenti punteggi poligenici per i trat­ ti psicologici. Tali punteggi includeranno alcuni falsi positivi, ma questo è accettabile finché il segnale aumenta in proporzione al rumore, ovvero finché il punteggio poligenico predice una maggiore varianza. Se pren­ diamo il caso dell'IMe, per esempio, un punteggio poligenico basato sui novantasette genome-wide significativi di SNP predice l' l % della varianza, ma uno che ne includa duemila predirà il 4 % della varianza. Inserire un numero ancora maggiore di SNP nel punteggio poligenico aumenta la pre-

152

IL DNA DIVINATORIO

dizione al 6% della varianza. In questo punteggio poligenico si insinuano molti SNP falsi positivi, ma non danneggiano la predizione: semplicemen­ te, non la migliorano. Aumentando la potenza predittiva per il punteggio poligenico dall' l % al 6% s! ottiene un compromesso molto accettabile tra segnale e rumore. Per i tratti complessi e i disturbi comuni, questo nuovo approccio ai punteggi poligenici comprende non solo dieci o un centinaio, o addirittu­ ra un migliaio di SNP; in genere, tali punteggi ne comprendono decine di migliaia, a volte centinaia di migliaia. È un metodo empirico: si continua ad aggiungere SNP, a patto che questi aumentino il potere di predizione in campioni indipendenti. Attualmente sono disponibili le statistiche riepilogative degli studi di GWA, necessarie per creare punteggi poligenici per centinaia di tratti in biologia e medicina, oltre che in psicologia; dopo aver pubblicato uno stu­ dio sulle GWA, molti ricercatori rendono pubblici tali dati, in modo che chiunque possa utilizzarli per la creazione di punteggi poligenici. Per da­ re un'idea dell'esplosione della ricerca sulle GWA negli ultimi dieci anni, si pensi che il principale deposito di questi risultati include le statistiche riepilogative delle GWA per 17 3 tratti, basate su l ,5 milioni di individui e l ,4 miliardi di associazioni tratto-SNP. 4 Fanno parte di tali dati statistici anche quelli relativi a venti tratti e disturbi psicologici, e variabili rilevan­ ti per la psicologia, come la deprivazione sociale, il fumo, la durata del sonno, l'età del menarca e della menopausa, l'età in cui è morto il padre; sono inclusi anche tratti fisiologici rilevanti per la psicologia, come i bio­ marcatori immunologici e metabolici. Non sottolineerò mai abbastanza come questo non sia che l'inizio dell'era dei punteggi poligenici. Oltre a essere pubblicamente disponibili le statistiche riepilogative della ricerca sulle GWA per oltre duecento tratti, sono state segnalate simili analisi per centinaia di altri tratti che alla fine verranno aggiunti all'elenco dei possibili punteggi poligenici, via via che saranno rese disponibili le relative statistiche riepilogative. Inoltre, studi sulle GWA più ampi e migliori produrranno continuamente punteggi po­ ligenici più potenti per tutti i tratti. Nelle pagine che seguono condividerò i miei personali punteggi po­ ligenici per statura e peso, al fine di esplorare alcune questioni generali sollevate da tali indicatorU Questi forniscono esempi concreti di come i punteggi poligenici annuncino l'era della genomica personalizzata in psi­ cologia. Per la creazione dei miei punteggi poligenici abbiamo utilizzato gli studi di GWA pubblicati più di recente e descritti nel capitolo prece­ dente, anche se, in ciascun caso, sono in corso analisi di GWA di campio1 53

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

ni molto più grandi. Quando lo leggerete, il seguente resoconto sarà una stima prudente della potenza dei punteggi poligenici. I punteggi poligenici richiedono DNA, genotipizzazione genome-wide e molte analisi. Per poco più di cento sterline, le aziende dirette al con­ sumatore estraggono il vostro DNA dalla saliva e conducono la genoti­ pizzazione genome-wide usando chip per SNP. Queste aziende si sono concentrate sulle malattie monogeniche, ma la stessa genotipizzazione genome-wide può essere utilizzata per creare i punteggi poligenici, e stan­ no quindi iniziando a riesaminare i genotipi degli SNP per fornire al pub­ blico anche questo servizio; gli stessi genotipi degli SNP possono essere utilizzati a questo scopo per qualsiasi tratto per il quale siano disponibili i risultati delle GWA. Per illustrare la predizione poligenica utilizzando il mio DNA, c'è biso­ gno di un ampio campione di confronto con punteggi poligenici costrui­ to in modo simile per ciascun individuo; quindi possiamo vedere dove si trovano i miei risultati nella distribuzione di una qualsiasi delle centinaia di punteggi poligenici attualmente disponibili. Non sono necessari dati fenotipici, solo il DNA: senza sapere nulla dei miei sintomi depressivi, dun­ que, posso confrontare il mio punteggio poligenico per la depressione con i punteggi poligenici del campione di confronto. Insieme al mio team ho creato punteggi poligenici per una vasta gam­ ma di tratti, utilizzando i miei genotipi degli SNP ottenuti da un chip per SNP nel nostro laboratorio sulla base dei risultati degli studi di GWA descritti nel capitolo precedente. Abbiamo confrontato i miei punteg­ gi poligenici con quelli di un campione di seimila individui estranei che avevano partecipato al mio Twins Early Development Study, condotto nel Regno Unito. Il fatto che questo gruppo di confronto comprendesse giovani adulti non è importante, dato che il DNA non cambia il grup­ po di confronto sarebbe potuto essere costituito anche da b ambini. A oggi il punteggio poligenico più predittivo concerne la statu ra , spiegan­ done il 17 % della varianza negli adulti. 6 Sebbene essa non sia un tratto psicologico, è utile come esempio obiettivo per capire come funzionano i punteggi poligenici, e come interpretarli. Per creare i punteggi polige­ nici per me, come per ogni individuo nel campione del TEDS, abbiamo utilizzato i risultati delle GWA per la statura; nei giovani a du lti del TEDS il punteggio poligenico prodotto dalle GWA per la statura n egli adulti pre­ dice il 15 % della varianza. Per interpretare i punteggi poligenici, è importante tenere p resente che sono sempre distribuiti secondo l'andamento di una curva a campa­ na, il che corrisponde a una distribuzione normale. La curva a campana -

154

IL DNA DIVINATORlO

è determinata dalla legge fondamentale della probabilità, o teorema del limite centrale, che è alla base di tutte le statistiche. Si parla di distribu­ zione normale quando alla produzione di un fenomeno contribuiscono molti eventi casuali, come nel caso del lancio di una moneta e il conteggio del numero di volte in cui esce "testa". Se si lancia la moneta dieci volte, può non uscire mai testa oppure uscire dieci volte di fila, ma il più delle volte il numero totale di testa sarà tra quattro e sette. Se si ripete questa operazione molte volte, si ottiene una distribuzione a forma di campana perfettamente normale, con un picco di cinque, che sarà il numero medio di testa. Lanciare monete e contare le volte in cui esce testa è esattamente analogo a contare il numero di alleli "aggiuntivi" tra gli SNP per costruire i punteggi poligenici di molti individui. Descriverò, in termini di percentili, tutti i miei punteggi poligenici si­ tuati nella distribuzione normale; in altre parole: in che misura il mio pun­ teggio poligenico è superiore o inferiore a quello medio nel campione di confronto, il 50° percentile? Si scopre che, per la statura, mi trovo al 90° percentile (figura 12 . 1 ) . Quindi, solo in base al mio DNA, non sapendo al­ tro su di me, si potrebbe predire che sono alto e infatti sono alto 186,5cm; certo, guardandomi, appare evidente che sono alto, ma con il DNA lo si può affermare senza neanche vedermi. Soprattutto, che sarei stato alto si sarebbe potuto predire già alla na­ scita. A differenza di qualsiasi altro predittore, i punteggi poligenici sono tanto attendibili alla nascita quanto a qualsiasi altra età, poiché nel corso della vita la sequenza ereditaria del DNA non cambia. La statura alla nasci­ ta, invece, non predice quella da adulti. Il potere predittivo dei punteggi

Il mio punteggio poligenico per la statura 90° percentile =

Punteggi poi igenici per la statura nel TEDS

Figura 12.1 Il mio punteggio poligenico per la statura.

155

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

poligenici è maggiore di qualsiasi altro predittore, anche della statura dei genitori dell'individuo in oggetto. Un altro vantaggio dei punteggi polige­ nici, rispetto alla somiglianza familiare, è dato dal fatto che la statura dei genitori fornisce solo una predizione a livello familiare, che è la medesi­ ma per ogni bambino nato da quei genitori; i punteggi poligenici, invece, forniscono una predizione specifica per ogni singolo individuo. In altre parole, i miei punteggi poligenici alla nascita avrebbero predetto che sa­ rei stato più alto di quanto ci si sarebbe aspettati sulla base della statura media dei miei genitori. Prima di guardare gli altri miei punteggi, dev'essere messo in evidenza un altro punto generale sulle predizioni individuali. La mia statura attua­ le è al 99° percentile, ma il mio punteggio poligenico è al 90°; i punteggi poligenici sono sufficientemente accurati nella predizione? Per esempio, nel TEDS il punteggio poligenico predice il 15 % della va­ danza nella statura effettiva di questi giovani adulti, ma il 15 % è molto lontano dal l OO % . Di fatto, i punteggi poligenici non possono mai pre­ dire il lOO% della varianza di qualsivoglia tratto, poiché il limite per la predizione è dato dal coefficiente di ereditabilità. Per quanto riguarda la statura, questo è dell'BO%, ma per i tratti psicologici è del 50% , il che si­ gnifica che la previsione del punteggio poligenico sarà sempre molto al di sotto della perfezione. La questione importante riguarda la misura in cui i punteggi poligenici saranno in grado di predire tutta la varianza eredi­ tabile dei tratti. Questa lacuna è definita assenza di ereditabilità ed è de­ scritta nella sezione "Note" , alla fine di questo libro.7 Per gli individui nel campione di controllo, la correlazione tra punteg­ gio poligenico e statura è di 0,3 9. Il quadrato della correlazione ci dice quanta varianza, per la statura, è spiegata dal punteggio poligenico, da cui proviene la stima del 15 % . La figura 12.2 mostra come appare la correla­ zione di 0,39 quando si traccia il punteggio poligenico di ogni individuo relativamente alla sua statura nel campione di controllo. Se la correlazione fosse = O, il grafico a dispersione sarebbe tondeg­ giante anziché ovale, a indicare che non vi è alcuna associazione tra pun­ teggi poligenici e statura; se fosse = l , il grafico a dispersione sarebbe una linea retta. La predizione per la statura a partire dal punteggio poligenico varia tra l'assenza di predizione e una predizione perfetta, come indicato dalla correlazione di 0,39. Dal grafico a dispersione di forma ovale è possibile vedere che punteggi poligenici più elevati sono correlati con una maggiore statura, ma c'è va­ riabilità; per esempio, la mia statura attuale è al 99° percentile, ma il mio punteggio poligenico al 90°. Forse questa discrepanza è dovuta ad alcuni 1 56

IL DNA DNINATORIO

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Punteggi poligenici per la statura

Figura 1 2.2 Il grafico a dispersione evidenzia la correlazione di 0,39 tra il punteggio polige­ nico di ogni individuo per la statura e la statura effettiva, con il mio punto dati indicato (Me). Nota: a causa della grande differenza fra i sessi per la statura, questo tratto è stato corretto per il genere e i risultati sono stati standardizzati; per questo motivo, vengono presentati come percentili anziché in centimetri.

fattori ambientali, come una buona alimentazione o l'assenza di malattie, ma più probabilmente è solo una fluttuazione casuale, dato il limitato po­ tere predittivo del punteggio poligenico. Esistono valori anomali molto più estremi dei miei. li punteggio polige­ nico più alto per la statura, all'estremità destra nella figura, corrisponde a un individuo la cui statura effettiva è leggermente inferiore alla media. All 'altra estremità della distribuzione, il punteggio poligenico più basso si riferisce a un individuo la cui statura effettiva è vicina alla media della popolazione. Alcuni scienziati hanno usato questa inesattezza per sostenere che i punteggi poligenici non possono essere utilizzati per la predizione indi­ viduale. La correlazione tra punteggi poligenici e statura non è = l , e non può essere = l , poiché il coefficiente di ereditabilità è inferiore al lOO% ed esso rappresenta il limite massimo per la predizione mediante punteggio poligenico. Tuttavia, la correlazione di 0,39, che spiega il l5 % della va­ danza, offre un potere predittivo maggiore rispetto a quello che abbiamo grazie ad altri predittori, per esempio la statura dei genitori. Per qualsiasi punteggio poligenico le predizioni particolarmente po­ tenti possono essere trovate agli estremi. Per esempio, guardate il grafico a dispersione per la statura nella figura 12.2. Potete vedere che la statura 1 57

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

media degli individui con bassi punteggi poligenici è molto inferiore alla statura media degli individui con punteggi poligenici alti. La figura 12.3 lo rende esplicito dividendo il campione in dieci gruppi di dimensioni ugua­ li (i decili, ognuno dei quali rappresenta il l O % del campione) sulla base dei loro punteggi poligenici per la statura e quindi calcolando la statura media di ciascun gruppo. Esiste una forte relazione tra punteggio poligenico medio e statura media. Per esempio, la statura media degli individui nel decile più basso dei punteggi poligenici è al 28° percentile, mentre la statura media degli individui nel più alto decile dei punteggi poligenici è al 7r percentile. La linea che attraversa ogni punto di rilevamento è il cosiddetto er­ rore standard. La lunghezza della linea indica la gamma di stime che ci si aspetterebbe nel 95 % dei casi. Si noti che l'errore standard si riferisce alla media di ciascun gruppo, non all'errore di stima del punteggio di un individuo. In altre parole, l'errore standard circostante il decile superiore indica che nel 95 % dei casi la statura media degli individui in quel deci­ le sarà tra il 72° e 1'82° percentile. Ciò non significa che la statura effetti­ va del 95 % degli individui nel decile superiore dei punteggi poligenici si troverà in questo intervallo.

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Decili per il punteggio poli genico relativo alla statura

Figura 12.3 La statura media degli individui dal 10% più basso al 10% più alto dei pun­ teggi poli genici per questo tratto.

1 58

IL DNA DIVINATORIO

Il modo più chiaro per esprimere questa fondamentale distinzione tra differenze di gruppo e differenze individuali è confrontare la distribuzio­ ne dei punteggi per gli individui nei gruppi con i punteggi poligenici più bassi e con quelli più alti. La figura 12.3 mostra una grande differenza nella statura media tra i decili più bassi e quelli più alti dei punteggi poli­ genici. La figura 12.4 mostra le stesse differenze medie nella statura, ma in aggiunta fa vedere la distribuzione delle differenze individuali intorno a queste medie di gruppo. Nonostante la differenza media evidenziata dalle linee tratteggiate, la sta­ tura degli individui all'interno dei due gruppi varia ampiamente. La sovrap­ posizione tra i due gruppi è del 52% e ciò significa che il gruppo con i pun­ teggi poligenici più alti comprende individui più bassi della maggior parte delle persone nel gruppo con i punteggi poligenici più bassi, e viceversa. Quindi, se tutto ciò che si conosce di una persona è il suo DNA, è possi­ bile prevederne la statura. Per gruppi di persone con punteggi poligenici bassi o alti, è possibile prevedere con precisione che sono mediamente di statura diversa; ma quando si tratta di prevedere la statura di un singolo individuo, per esempio la vostra, la predizione è meno precisa. I punteggi poligenici sono utili per la predizione individuale solo se si tiene presente che la predizione è probabilistica, e non una certezza. La capacità dei punteggi poligenici di predire la statura fin dalla na­ scita potrebbe soddisfare la curiosità dei genitori e aiutare i selezionatori dei giocatori di pallacanestro, ma questo tratto non è molto significativo

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1 O % più alto tra i punteggi poligenici per la statura

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Stature nel TEDS

Figura 1 2.4 La distribuzione delta statura per gli individui nei decili più bassi e in quelli più alti dei punteggi poligenici per la statura.

1 59

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

a livello medico o sociale, rispetto ad altri. Il peso, invece, è correlato con molti esiti che riguardano la salute ed è una variabile chiave nella psico­ logia della salute. A causa della forte correlazione tra statura e peso, di 0,6 circa, viene utilizzata una misura del peso più pura, l'indice di massa corporea (IMC), che corregge il peso sulla base della statura. Per esempio, il mio peso - commisurato alla statura, al genere e all'età - è di 1 14 chilo­ grammi; il mio indice di massa corporea è 30, che corrisponde al 70° per­ centile per i maschi del Regno Unito della stessa età, mentre la mia statura reale corrisponde al 99° percentile. Sono rimasto scioccato dal fatto che il mio punteggio poligenico per l'IMC fosse al 94° percentile (figura 12.5 ) .8 Il mio primo pensiero fu che questo fosse un esempio della mancanza di precisione dei punteggi po­ ligenici, poiché il mio peso reale è al 70° percentile. Dopotutto, il pun­ teggio poligenico per l'IMC predice solo il 6 % della varianza, che è molto meno del 15 % della varianza nella statura predetta dal punteggio polige­ nico per questo tratto. Ma dopo averci riflettuto, sembra improbabile che il mio punteggio, così alto, sia una coincidenza statistica. Mi sono anche reso conto che il mio albero genealogico ha rami molto pesanti. Inoltre, a dire la verità, mi sforzo costantemente di non ingrassare. Mi sono rassegnato a credere che il mio alto punteggio poligenico per l'IMC abbia un senso. A ogni modo, accettare il mio punteggio poligeni­ co per l'IMC ha avuto un effetto positivo sui tentativi di perseverare nella mia interminabile battaglia contro la pancia, il che è un esempio di come i punteggi poligenici possano essere illuminanti nella comprensione di se stessi. Il mio elevato punteggio poligenico non dev'essere una giustificazio-

Il mio punteggio poligenico per l'1M C 94° percentile =

Punteggi poligenici per I'IMC nel TEDS

Figura 12.5 Il mio punteggio poligenico per l'ind ice di massa corporea (IMC).

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IL DNA DIVINATORIO

ne del sovrappeso, e questo è importante: è vero che sono geneticamente predisposto a guadagnare peso e che mi è più difficile perderlo ma, come si usa dire, uomo avvisato, mezzo salvato. Questa predisposizione genetica comprende meccanismi sia psicolo­ gici sia fisiologici, quali la sensibilità agli stimoli alimentari e il senso di sazietà. Conoscere il mio punteggio poligenico per l'IMC mi aiuta a capire che non posso abbassare la guardia perché è nei momenti di debolezza - per esempio, quando sono stanco dopo una lunga giornata - che, a volte, cedo a quegli snack che mi chiamano dalla dispensa come sirene. So che sarebbe molto meglio se non avessi a disposizione spuntini che mi indu­ cano in tentazione. So anche di soffrire della mancanza del senso di sazie­ tà, cioè che faccio fatica a smettere anche quando so di avere mangiato a sufficienza; anche se so di essere sazio, ho difficoltà a resistere a tutto ciò che c'è di commestibile sulla tavola. Il semplice fatto di essere consape­ vole della mia mancanza del senso di sazietà mi aiuta a frenare gli eccessi. L' autoconsapevolezza può anche essere migliorata considerando le di­ screpanze tra i punteggi poligenici e i punteggi effettivi. Anche se il mio punteggio poligenico per l'IMC è al 94° percentile, il mio vero IMC è "so­ lo" al 70° e questa discrepanza tra punteggio poligenico e IMC effettivo mi motiva a non arrendermi. Un messaggio generale che dovremmo recepire dalla genetica è la tol­ leranza nei confronti degli altri e di noi stessi. Anziché incolpare chi è sovrappeso, dovremmo riconoscere e rispettare l'enorme impatto della genetica sulle differenze individuali: la genetica, non la mancanza di vo­ lontà, è la ragione principale per cui l'IMC è differente tra una persona e l'altra. Il successo e il fallimento - i meriti e le colpe - nel superare i pro­ blemi dovrebbero essere calibrati in relazione ai punti di forza e alle de­ bolezze genetiche. Ora che abbiamo esaminato il modo in cui i punteggi poligenici per la statura e per il peso possono predire il nostro futuro, passiamo a ciò che essi possono dirci sui tratti psicologici. Se siete interessati ai punteggi po­ ligenici relativi alle malattie più comuni, consultate la sezione "Note" .9

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Predire chi siamo

Dato che questo libro tratta di psicologia, la questione fondamentale, na­ turalmente, riguarda ciò che i punteggi poligenici possono rivelare sui tratti psicologici. Dopo vent'anni di tentativi infruttuosi di individuare alcune delle sequenze genetiche ereditarie responsabili della sostanziale ereditabilità dei tratti psicologici, gli ultimi due sono stati tremendamen­ te euforizzanti. La creazione di punteggi poligenici mediante l'utilizzo di decine di migliaia di SNP ha invertito la tendenza in termini di predizio­ ne dei tratti psicologici; ogni mese viene prodotta una massa di punteggi poligenici più potenti. In questo capitolo esamineremo alcuni dei migliori punteggi polige­ nici nell'ambito della psicologia e vedremo i miei punteggi personali per i medesimi tratti. Cominciamo con l'osservare tali punteggi per quanto riguarda i seguenti disturbi mentali: schizofrenia, disturbo depressivo e disturbo bipolare. Per la schizofrenia, i punteggi poligenici possono attualmente preve­ dere il 7 % della varianza del rischio di avere una tale diagnosi. 1 (Per ulte­ riori informazioni sul significato di "varianza del rischio" , si rimanda alla sezione " Note".) Questo 7 % è molto lontano dall'ereditabilità del 50% relativa alla schizofrenia, ma predice già una maggiore varianza del rischio rispetto alle variabili tradizionalmente utilizzate per predire il rischio di sviluppare questa patologia, quali lo svantaggio sociale, l'uso di cannabis e traumi infantili come il bullismo.2 Inoltre, queste correlazioni "ambien­ tali" non sono state depurate da quelle genetiche e sono in qualche mi­ sura esagerate. n punteggio poligenico è predittivo addirittura quanto la storia familiare, ovvero il sapere che a un genitore o a un fratello è stata diagnosticata la schizofrenia, il che ovviamente include anche l'influenza genetica. Avere un parente di primo grado che ha sofferto di schizofrenia aumenta il rischio al 9% rispetto a quello dell' l % del resto della popola163

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

zione. Viceversa, ciò significa che più del 90% delle volte, agli individui che hanno parenti di primo grado schizofrenici non verrà fatta la stessa diagnosi. Le persone che appartengono al lO% più alto nel punteggio po­ ligenico per la schizofrenia, invece, hanno una probabilità quindici volte maggiore di avere una diagnosi di schizofrenia rispetto a quelle apparte­ nenti al lO% più basso. Inoltre, per le attuali analisi di GWA la dimensione del campione è stata raddoppiata, cosa che produrrà un salto sostanziale nella potenza predittiva del punteggio poligenico. Rispetto alla schizofrenia, gli attuali punteggi poligenici per il distur­ bo depressivo maggiore e per il disturbo bipolare predicono una varianza del rischio minore: l' l % per il disturbo depressivo maggiore e il 3 % per il disturbo bipolare.3 Comunque, questi punteggi poligenici erano basati su circa diecimila casi ciascuno. Gli studi di GWA in corso incrementano notevolmente queste dimensioni del campione, il che aumenterà sostan­ zialmente il potere predittivo dei punteggi poligenici. Per il disturbo de­ pressivo maggiore, la dimensione del campione è stata accresciuta di otto volte e, anche se queste analisi sono ancora in corso, è stato riportato un aumento del potere predittivo del punteggio poligenico dall' l % al 4 % . n 4 % è un potere predittivo maggiore rispetto a quello offerto dalle variabili tradizionali utilizzate per predire questo disturbo, in particolare quella re­ lativa alla depressione nei genitori. Nelle analisi preliminari per il disturbo bipolare, raddoppiare la dimensione del campione ha aumentato il potere predittivo del punteggio poligenico dal 3 % al l O % , e questo è ancora il predittore più potente a disposizione per tale disturbo. Attualmente sono disponibili i punteggi poligenici per disturbi dello sviluppo quali l'anoressia nervosa, il disturbo dello spettro dell'autismo e il disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Ma per il momento que­ sti punteggi poligenici rappresentano meno dell' l % della varianza del ri­ schio, la qual cosa non stupisce poiché ciascuno degli studi di GWA da cui derivano includeva solo circa tremila casi; il loro potere predittivo aumen­ terà drasticamente con la progressiva realizzazione delle analisi di GWA in programma per ciascuno dei disturbi, in cui si utilizzeranno campioni di quarantamila casi, più di dieci volte maggiori rispetto a quelli attualmen­ te usati negli studi di GWA. Dunque, dove si situano i miei punteggi poligenici per questi distur­ bi mentali? Ero rimasto molto sorpreso dal mio punteggio poligenico per la schi­ zofrenia, all'85° percentile. Non mi sento affatto schizofrenico, nel senso di avere pensieri disorganizzati, allucinazioni, visioni o paranoia; inoltre, non sono a conoscenza di alcun caso di schizofrenia nascosto tra i rami 1 64

PREDIRE CHI SIAMO

del mio albero genealogico, incluso mio figlio, che ha 40 anni e quindi ha superato la tipica età di esordio del disturbo. Se il mio punteggio poligenico superiore alla media non è una coinci­ denza statistica e sono di fatto geneticamente predisposto alla schizofre­ nia, posso ritenermi soddisfatto di non aver avuto la peggio. Comunque mi chiedo se il bisogno di una vita lavorativa altamente strutturata e program­ mata possa essere un tentativo di salvaguardare il mio equilibrio. Quel che è certo è che questa informazione mi rende ancora meno desideroso di quanto normalmente sarei di provare i nuovi tipi di cannabis ad alto contenuto di THC, che sono stati collegati all'insorgere della schizofrenia.4 D'altra parte, ho superato l'età di esordio per questo disturbo, quindi non perderò il sonno pensando al mio punteggio poligenico. Questo è un esempio del più grande dilemma sul da farsi nel caso sco­ prissimo di essere a forte rischio genetico per un disturbo per cui non c'è rimedio. Rispetto ad alcuni problemi, è utile sapere se si è ad alto rischio, perché ci sono cose che è possibile fare per ridurlo. Un buon esempio è dato dalla consapevolezza di essere ad alto rischio genetico per il sovrap­ peso. Ovviamente, le cose che si possono fare ci sono. Tuttavia, ci sono alcuni problemi psicologici per cui non si può fare molto al momento, come per esempio se si scopre di avere un alto rischio genetico per la schizofrenia. Peggio ancora: se fosse il proprio figlio a es­ sere ad alto rischio genetico per la schizofrenia? Per ora si può fare po­ co per prevenire questi problemi, a parte ciò che ci detta il buon senso, come evitare le droghe che alterano la mente. Di fronte al dilemma sulla scoperta dei rischi genetici quando non c'è molto da fare, la gente rea­ gisce in modo diverso. Sapere o non sapere, questo è il problema. Molti preferiscono non sapere. Alcuni, come me, preferiscono sapere cosa può esserci in serbo per loro, anche se non ci potranno fare molto. Si è scritto tanto sulla questione del sapere o non sapere, anche se ci si riferisce quasi sempre alle malattie monogeniche con verdetti irrevocabili sul rischio. I punteggi poligenici saranno sempre probabilistici, non deterministici, da­ to che il loro limite è stabilito dal coefficiente di ereditabilità, che di solito è del 50% circa. Per quanto riguarda i tratti psicologici, il rischio genetico che potrebbe destare preoccupazione al pari di una malattia monogenica è quello relativo alla malattia di Alzheimer, che prenderò in considerazio­ ne tra breve. Data l'assenza di una storia di comportamento di tipo schi­ zofrenico in qualsivoglia parte della mia famiglia, molto probabilmente io sono un caso unico, con una combinazione del tutto casuale di SNP che predispongono a questa malattia. In altre parole, dato che il rischio gene­ tico comprende migliaia di minuscole differenze genetiche, il mio punteg165

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

gio poligenico può essere la casualità al concepimento. Questo è il motivo per cui la maggior parte delle persone con diagnosi di schizofrenia non ha parenti schizofrenici, anche se questa patologia è sostanzialmente ere­ ditabile. Questo è anche il motivo per cui i punteggi poligenici sono così importanti: essi vanno al di là del rischio familiare medio per predire il rischio genetico per ogni individuo. Un modo più carino di pensare al mio punteggio di rischio poligenico superiore alla media per questo disturbo è contemplare i possibili aspetti positivi di ciò il cui estremo è chiamato "schizofrenia". li miglior esem­ pio è un possibile collegamento tra la schizofrenia e il pensiero creativo. Aristotele disse: "Non esiste grande genio senza una dose di follia". Mol­ ti artisti ne hanno sofferto, notoriamente il pittore Vincent van Gogh, il romanziere J ack Kerouac e i musicisti Syd Barrett dei Pink Floyd e Brian Wilson dei Beach Boys. La schizofrenia è stata diagnosticata ad alcuni scienziati particolarmente creativi, come il matematico John Nash, la cui vita è stata sceneggiata nel film di Hollywood A Beautt/ul Mind. Recentemente, uno studio familiare su oltre l milione di pazienti psi­ chiatrici in Svezia ha fornito prove a sostegno di questi aneddoti, sco­ prendo che i parenti di primo grado, non diagnosticati, degli schizofre­ nici avevano maggiori probabilità di intraprendere professioni creative quali quella dell'attore, del musicista e dello scrittore.5 Un buon esempio del futuro utilizzo dei punteggi poligenici è un recente studio che inda­ gava la possibilità che il punteggio poligenico per la schizofrenia potesse predire la creatività nelle persone sane. In un certo numero di popolazio­ ni diverse, i ricercatori hanno riscontrato che le persone con alti punteg­ gi poligenici per la schizofrenia avevano maggiori probabilità di svolgere professioni creative. 6 Questo pensiero non sarà di grande conforto per un genitore che sco­ prisse di avere un bambino con un punteggio poligenico molto alto per tale patologia, ma vale la pena ribadire che i punteggi poligenici sono in­ trinsecamente probabilistici, non deterministici. Inoltre, la capacità dei punteggi poligenici di predire i problemi consente alla ricerca di con­ centrarsi su interventi che potrebbero in seguito prevenirli o almeno mi­ gliorarli. Torneremo su questi temi fra poco. Per il disturbo depressivo maggiore e il disturbo bipolare i miei punteggi poligenici erano, rispet­ tivamente, al 33° e al 22° percentile, indicando un basso rischio. Inizial­ mente ero contento dei miei punteggi poligenici inferiori alla media per questi principali disturbi mentali. Comunque, non sappiamo veramente quale significato abbiano i punteggi poligenici bassi, dato che gli psico­ logi si sono concentrati su casi diagnosticati nella parte alta della distri166

PREDIRE CHI SIAMO

buzione. Per esempio, il mio basso punteggio poligenico per il disturbo bipolare potrebbe fare ben più che abbassare il rischio di sperimentare gli sbalzi d'umore di questa malattia: potrebbe farmi ingrassare, non far­ mi sentire il profumo delle rose; il non riuscire a sperimentare gli alti e i bassi della vita potrebbe anche farmi sembrare meno empatico, potrebbe persino farmi sembrare autistico. Abbiamo molto da imparare sull'altro estremo della distribuzione dei punteggi poligenici. Torneremo su questa importante implicazione dei punteggi poligenici nel prossimo capitolo. Poiché ho superato la tipica età di esordio di questi disturbi, mentre aspettavo i risultati non ero preoccupato. La malattia di Alzheimer a esor­ dio tardivo, però, è tutt'altra faccenda. La cosa migliore che si possa dire di questo orribile morbo, descritto in precedenza, è che prima di morir­ ne bisogna aver vissuto la maggior parte di una lunga vita. Un punteggio poligenico per la malattia di Alzheimer può prevedere il 5 % del rischio. A differenza di altri disturbi mentali, la maggior parte di questo rischio genetico è dovuta a un singolo gene chiamato APOE. Sebbene solo l' l % della popolazione abbia due copie dell'allele di rischio recessivo, per que­ sti sfortunati esso salta dal rischio del lO% della popolazione in generale all'SO%, motivo per cui questo allele spiega la maggior parte del potere predittivo del punteggio poligenico. L'effetto del gene APOE è abbastanza forte e la malattia di Alzheimer è sufficientemente spaventosa da far sì che molte persone scelgano di non conoscere lo stato del loro APOE quando si fanno genotipizzare il genoma; è stata questa la scelta della prima persona che si fece sequenziare l'intero genoma, James Watson, che a 90 anni non mostra segni della patologia. Se fosse possibile fare qualcosa per prevenire la spirale discendente di que­ sta malattia degenerativa, la gente farebbe di tutto per sapere il proprio punteggio poligenico per la malattia di Alzheimer. Il dilemma riguarda lo scoprire i rischi genetici quando ancora non ci sono cure disponibili. Mi sono dovuto chiedere che cosa avrei fatto se avessi scoperto di avere due copie dell'allele APOE 4. Sarebbe stato meglio non saperlo, dato che in ogni caso al momento non esiste un modo per scongiurare questa ter­ ribile patologia? Decisi che, a conti fatti, avrei preferito sapere, in base al ragionamento secondo cui sapere è potere. Se avessi scoperto di avere un rischio genetico sostanziale per la malattia di Alzheimer, avrei sicuramen­ te pianificato la mia vita diversamente. Dal punto di vista pratico, mi sarei organizzato per assicurarmi l'assistenza in età avanzata. Avrei tenuto d' oc­ chio gli studi clinici e incrociato le dita. Oppure, avrei seguito il sempre utile consiglio di tenere sotto controllo la pressione sanguigna, mangiare in modo sano e mantenersi attivi fisicamente, mentalmente e socialmen1 67

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

te. Quanto meno, queste cose male non fanno. L'unico consiglio specifi­ co sarebbe stato di evitare un trauma cranico - decisamente niente boxe e probabilmente niente colpi di testa giocando a calcio - perché le lesio­ ni alla testa sono l'unico fattore ambientale che notoriamente aumenta il rischio di Alzheimer.7 Sapere di essere ad alto rischio per la malattia di Alzheimer avrebbe potuto anche avere dei lati positivi, come per esempio il sentirmi incoraggiato a vivere di più nel presente. Quindi strinsi i denti e guardai i risultati del mio APOE. Con grande sol­ lievo, scoprii che nessuno dei miei due alleli per APOE era l'allele 4. Que­ sto non era un segno di particolare fortuna, dato che solo l' l % della po­ polazione ha due copie dell'allele APOE 4. Anche se più di un quarto della popolazione possiede una copia dell'allele 4, una singola copia porta con sé un rischio genetico per la malattia di Alzheimer molto minore. Poiché l'APOE è responsabile della maggior parte del peso sul punteggio polige­ nico per la malattia di Alzheimer, il mio punteggio poligenico è anche in­ feriore alla media, al 39° percentile. 8 Il più grande studio di GWA finora riportato dalla ricerca scientifica, svolto su un campione di oltre l milione di individui, riguarda gli anni di istruzione. L'enorme dimensione del campione ha permesso di scoprire oltre un migliaio di associazioni di SNP significative. Un punteggio polige­ nico basato su questo studio predice oltre il lO% della varianza negli anni di istruzione, indicati come livello di istruzione.9 Sebbene questo nuovo punteggio poligenico per l'istruzione non sia ancora disponibile, un si­ mile punteggio basato su uno studio di GWA con 330.000 individui, pub­ blicato nel 2016, pur con una predizione solo del 3 % della varianza negli anni di istruzione, ha preso d'assalto la psicologia, come vedremo, con la pubblicazione di decine di articoli.10 Qual è il mio punteggio poligenico del 2016 per il livello di istruzione? Scoprii che questo è il mio punteggio poligenico più alto, al 94 o percentile. Questa, owiamente, era una buona notizia, ma mi portò a un'autoriflessione. Sono cresciuto in un bilocale nel centro di Chicago, senza libri; nessuno nella mia famiglia ha frequentato l'università, compresi i miei genitori, mia sorella e una decina di cugini che vivevano nei dintorni. Tuttavia, sono stato un avido lettore fin dalla tenera età, e portavo a casa borse di libri dalla biblioteca pubblica locale. Mi domandavo spesso da dove venisse il mio interesse per i libri e per la scuola, dato che la mia famiglia mostrava scarsa attrattiva per queste cose; per un po', da adolescente, mi chiesi se fossi stato adottato. Allora non sa­ pevo che, sebbene la prima legge della genetica sia: simile genera simile, la seconda è: simile non genera simile. La genetica rende i parenti di primo grado simili tra di loro per il 50% e diversi per l'altro 50% . 168

PREDIRE CHI SIAMO

Anche se a scuola sono sempre andato bene, non pensavo di essere particolarmente intelligente; lavoravo sodo, ero scrupoloso, perseveran­ te. Mi chiedo se il mio alto punteggio poligenico per l'istruzione derivi dal fatto che il tratto bersaglio del GWA per gli anni di istruzione attinge a un insieme di tratti necessari per avere successo nell'istruzione superiore, compresi l'interesse per la lettura e tratti della personalità quali la scru­ polosità e la determinazione, oltre all'intelligenza. Le ricerche descritte in seguito supportano questa ipotesi. Che cosa succede se scoprite che uno dei vostri figli ha un punteggio basso per il livello di istruzione, il che è del tutto possibile a prescindere da quanto è alto il vostro punteggio poligenico per lo stesso tratto? An­ che sapendo che questa è solo una predizione probabilistica, è una realtà difficile da accettare, specialmente per genitori molto istruiti. Da un lato, come ripetutamente sottolineato in questo libro, i geni non corrispondo­ no al destino e l' ereditabilità descrive ciò che è, non ciò che potrebbe es­ sere. I genitori possono fare la differenza. È importante che i genitori non siano fatalisti riguardo ai figli, poiché i punteggi poligenici sono probabi­ listici e non deterministici. D'altra parte, come già detto, è anche importante che i genitori si ren­ dano conto che i bambini non sono blocchi di argilla da modellare secon­ do i propri desideri. li messaggio p rincipale di L 'impronta genetica è il seguente: nello sviluppo dei bambini, i geni sono la forza sistematica più importante. I genitori, naturalmente, desiderano che i figli sviluppino al massimo il loro potenziale, ma è importante che distinguano queste ca­ pacità da quelli che sono i propri desideri personali. I punteggi poligenici potrebbero aiutare i genitori a capire che la mancanza di interesse di un bambino per l'istruzione superiore non è necessariamente un segno di ri­ trosia o pigrizia. Per alcuni bambini l'apprendimento è più difficile e me­ no piacevole che per altri. In particolare, i punteggi poligenici potrebbero aiutare i genitori che hanno più di un bambino a capire perché un figlio accetta l'istruzione e un altro no. L'impatto del punteggio poligenico sul livello di istruzione schizzerà alle stelle quando sarà disponibile quello basato su oltre l milione di indi­ vidui. Sebbene quella relativa agli anni di istruzione sia una misura gros­ solana, è la migliore variabile disponibile per la predizione di importanti esiti a livello sociale, in particolare la condizione lavorativa e il reddito. Gran parte del suo potere predittivo deriva dalla correlazione di 0,5 con l'intelligenza. Un risultato sorprendente della ricerca che utilizza i punteg­ gi poligenici del 2016 per il livello di istruzione riguarda il fatto che questi predicono l'intelligenza meglio (4 % ) di quanto faccia il tratto bersaglio 169

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

delle GWA per gli anni di istruzione (3 % ) . 11 La ragione di questi risultati è che l'intelligenza è valutata in modo più sofisticato. Un'altra curiosa scoperta correlata riguarda la predizione dell' intelli­ genza, che è pure migliore (4 % ) rispetto ai punteggi poligenici derivati dagli studi di GWA specifici per questo tratto (3 %).12 li motivo di ciò ri­ siede nella dimensione del campione, che è maggiore e quindi più poten­ te. L'imminente punteggio poligenico sul livello di istruzione, basato su un campione di GWA di l milione di individui, predirà oltre il lO% della varianza nell'intelligenza. Sarà difficile che gli studi di GWA specifici per l'intelligenza raggiungano dimensioni del campione di questa portata, poiché l'intelligenza deve essere testata, mentre gli anni di istruzione pos­ sono essere valutati con l' autosegnalazione relativa a una singola voce di un questionario. Fino a quando gli studi di GWA per l'intelligenza non sa­ ranno molto più ampi, questo punteggio poligenico continuerà a essere il miglior predittore per l'intelligenza. Visto il mio interesse per il rendimento scolastico, volevo vedere quanto il punteggio poligenico relativo all'istruzione predicesse il rendimento sco­ lastico effettivo valutato dai punteggi dei test, e non solo il totale degli anni d'istruzione. Nessuno studio di GWA si è ancora concentrato sul rendimento scolastico, quindi non sono disponibili punteggi poligenici che lo predica­ no. Nel mio studio TEDS sui gemelli nel Regno Unito, il punteggio poligeni­ co relativo al livello di istruzione era stato correlato con i punteggi nei test dell'esame nazionale del Regno Unito sostenuto all'età di 16 anni, la GCSE. Abbiamo visto che il punteggio poligenico creato in base ai risultati dello studio del 2016 delle GWA sugli anni totali di scolarizzazione negli adulti predice il 9% della varianza dei punteggi della GCSE all'età di 16 anni. n Ciò significa che l'analisi delle GWA in merito agli anni di istruzione ha inavvertitamente svolto un lavoro migliore nel catturare la variazione genetica del rendimento scolastico effettivo (9%), rispetto alla variabile bersaglio degli anni di istruzione (3 % ) . Inoltre, utilizzando un approccio denominato dei punteggi multipoligenici, si è stati in grado di incremen­ tare questo risultato per predire l'l l % della varianza nei punteggi della GCSE includendo, oltre al punteggio poligenico per il livello di istruzione, quello per l'intelligenza. 14 La predizione dell' 1 1 % della varianza la rende la più forte predizione mediante punteggio poligenico per qualsiasi tratto psicologico segnalato a partire dal 2017, anche se questo record sarà pre­ sto battuto, via via che i risultati continueranno ad arrivare. Poche variabili possono predire altrettanto bene il rendimento scolasti­ co. Si è visto che le impegnative e costose valutazioni in loco sulla qualità della scuola nel Regno Unito predicono meno del 2 % della varianza nei 170

PREDIRE CHI SIAMO

punteggi della GCSE dei ragazzi all' età di 16 anni. Uno dei migliori predit­ tori a lungo termine per il rendimento scolastico dei bambini è il livello di istruzione dei genitori. Nel TEDS il livello di istruzione dei genitori predi­ ceva il 20% della varianza nei punteggi della GCSE dei figli. Comunque è stato dimostrato che la metà di questa correlazione tra livello di istruzione dei genitori e punteggio della GCSE dei bambini dipende dalla genetica, un altro esempio del fenomeno "genetica dell'ambiente" . In altre parole, il livello di istruzione dei genitori, dopo aver escluso la genetica, predice il 10% della varianza nei punteggi della GCSE. Quindi, predire 1' 1 1 % della varianza grazie al solo DNA è formidabile. Come abbiamo visto per la statura, si possono ottenere predizioni par­ ticolarmente potenti a livello di gruppo grazie al punteggio poligenico per il livello di istruzione. La figura 13 . l mostra la forte relazione tra questi e i punteggi della GCSE, quando i punteggi poligenici del campione TEDS so­ no suddivisi in dieci decili. La figura mostra che il punteggio medio della GCSE aumenta costantemente di pari passo con il punteggio poligenico 1 ,0

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Decili dei punteggi poligenici per I'EA

Figura 1 3.1 l punteggi medi della GCSE per gli individui con punteggi poligenici crescenti per il rendimento scolastico (EA). Nota: i punti indicano il punteggio medio della GCSE per gli individui in ciascuno dei dieci de­ ciii, dai punteggi poligenici EA bassi a quelli alti. La linea che attraversa ogni punto è l'errore standard della media, che indica l'intervallo di stime che ci si aspetterebbe nel 95% dei casi.

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LA RIVOLUZIONE DEL DNA

per il livello di istruzione. L'impatto reale dei punteggi poligenici può es­ sere osservato agli estremi. I bambini il cui rendimento scolastico si trova nel decile più basso e in quello più alto differiscono in media di un intero grado della GCSE. Solo il 32% degli studenti del decile più basso frequen­ ta l'università, contro il 70% del decile più alto. Nonostante la forte predizione delle differenze di gruppo per il livello di istruzione, quando si tratta delle differenze individuali essa non è pre­ cisa. Sebbene si sia già analizzato questo problema in relazione alla sta­ tura, la distinzione fra la predizione delle differenze di gruppo rispetto alle differenze individuali è così importante che vale la pena ribadire il concetto in relazione al rendimento scolastico. La figura 1 3 .2 mostra la differenza media nei punteggi della GCSE tra i decili inferiori e quelli su­ periori, ma aggiunge la distribuzione delle differenze individuali intorno a queste medie di gruppo. I due gruppi differiscono sostanzialmente per i rispettivi punteggi medi della GCSE, come mostrato dalle linee tratteggiate che ribadiscono la diffe­ renza vista nella figura 13 . l . Tuttavia, gli individui all'interno dei due gru p­ pi variano ampiamente nei loro punteggi della GCSE. La sovrapposizione fra i due gruppi è del 57 % . Si può vedere che molti individui del gruppo con punteggi poligenici più bassi hanno punteggi della GCSE più alti rispetto alle persone del gruppo con i punteggi poligenici più alti. E viceversa. Que-

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PREDIRE CHI SIAMO

sto risultato aiuta a ricordare che i punteggi poligenici sono solo predittori probabilistici, come nel caso di tutti i predittori usati in psicologia. Ciò si­ gnifica semplicemente che le correlazioni sono inferiori a l . I punteggi po­ ligenici predicono piuttosto bene l'esito medio per i gruppi, come i gruppi con punteggi poligenici bassi rispetto a quelli con punteggi alti, ma all'in­ terno di ciascun gruppo esiste un'ampia gamma di differenze individuali. Quindi, se tutto ciò che si conosce di una persona è il suo DNA, si può senz'altro predire il suo rendimento scolastico. n punteggio poligenico per il livello di istruzione è già tra i più potenti predittori in psicologia. D'al­ tra parte, tutti i punteggi poligenici sono solo predittori probabilistici e si deve ricordare che sono innumerevoli le differenze individuali nel tratto bersaglio per ciascun livello di punteggi poligenici. Non solo questo punteggio poligenico predice l'intelligenza e il ren­ dimento scolastico testata, ma predice molti altri tratti psicologici, tra cui la personalità e la salute mentale. Ciò accade perché nel rendimento scolastico sono coinvolti molti tratti psicologici, non solo l'intelligenza e i risultati scolastici pregressi. Per esempio, la scrupolosità rende più pro­ babile che uno studente perseveri, nonostante lo stress e gli alti e bassi dell'istruzione post-scolastica. Come diceva Thomas Edison, il genio è composto per l' l % di ispirazione e per il 99%di sudore. Anche la stabili­ tà emotiva aiuta. Poiché il rendimento scolastico dipende da diversi tratti psicologici, non sorprende che il livello di istruzione predica molti tratti psicologici, un'altra ragione per la quale questo punteggio poligenico sta conquistando la psicologia. Abbiamo esaminato cinque degli attuali migliori punteggi poligenici in psicologia: schizofrenia, disturbo bipolare, disturbo depressivo maggiore, malattia di Alzheimer e rendimento scolastico. I profili poligenici di tutti i tratti psicologici forniranno un quadro delle debolezze e dei punti di for­ za genetici di un individuo. Questo non è stato ancora fatto, quindi i miei risultati riassunti nella figura 1 3 .3 sono il primo profilo di punteggio po­ ligenico al mondo per i tratti psicologici. Esso mostra i miei alti punteggi poligenici per la schizofrenia e il rendimento scolastico e i miei punteggi inferiori alla media per il disturbo bipolare, il disturbo depressivo mag­ giore e la malattia di Alzheimer. Alcuni degli altri miei punteggi polige­ nici psicologici sono medi, per esempio il nevroticismo al 66° percentile e l'iperattività al 70° percentile, ma non ho considerato questi punteggi abbastanza forti, al momento, per in eluderli nel mio profilo. I profili poligenici possono includere molti tratti psicologici in più, ol­ tre a questi apripista. Presto sarà possibile estendere i profili a un'altra 173

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

D isturbo Malattia di bipolare Alzheimer

(22%)

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(39%)

l

Punteggi poligenici nel TEDS

Figura 13.3 Il mio profilo di punteggio poligenico psicologico.

decina di tratti psicologici, tra cui disturbi dello sviluppo quali l'anores­ sia, l'autismo e il disturbo da deficit di attenzione/iperattività, le abilità cognitive specifiche come quelle verbali e di memoria, tratti di personalità quali l'estroversione e il benessere, e altri tratti quali la qualità del sonno e l'essere o meno mattinieri. Tuttavia, i punteggi poligenici inclusi nella figura 1 3 .3 sono quelli più probabilmente riscontrabili in psicologia nei prossimi anni, poiché questi tratti hanno beneficiato dei più ampi studi di GWA. Nel mio profilo non è stato incluso un punteggio poligenico per l'intelligenza, poiché questo tratto è attualmente meglio predetto dal pun­ teggio poligenico relativo al livello di istruzione. I punteggi poligenici per i tratti della personalità non sono stati inclusi perché, per ora, non spie­ gano molto più dell' l % della varianza. 15 Come accennato in precedenza, per tutti questi tratti potremmo aumentare il potere predittivo dei pun­ teggi poligenici utilizzando un approccio multipoligenico, ma per sempli­ cità ho scelto di concentrarmi sui punteggi poligenici singoli. Nonostante queste riserve, i cinque apripista della rivoluzione genetica in psicologia serviranno come esempi di punteggi poligenici. Per loro stessa natura, i punteggi poligenici non possono ancora essere usati per diagnosticare i disturbi mentali, sebbene siano già i migliori predittori disponibili per la schizofrenia. I punteggi poligenici sono anche i migliori predittori del rendimento scolastico. È importante ricordare che siamo appena agli inizi della ricerca sui punteggi poligenici. Che il potere predittivo della maggior parte dei pun­ teggi poligenici raddoppierà nei prossimi anni, è una certezza. Poiché l'e174

PREDIRE CHI SIAMO

reditabilità è del 50% circa, il potere predittivo dei punteggi poligenici ha ancora un notevole margine di miglioramento. La ragione della mia osses­ sione per il potere predittivo è semplice: maggiore è il potere predittivo dei punteggi poligenici, più questi saranno preziosi per la psicologia e per la società, e questo è l'argomento che stiamo per introdurre.

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Il nostro futuro è il DNA

L'impronta genetica è iniziato con lo slogan di un nuovo dispositivo per la predizione che promette di trasformare la comprensione di noi stessi e delle nostre traiettorie di vita. Predice tratti importanti come la schizofrenia e il rendimento scolastico meglio di ogni altra cosa, compresi i contesti fami­ liari, la genitorialità e l'imaging neurologico. È affidabile e stabile al lOO%, immutabile giorno dopo giorno, anno dopo anno, dalla nascita alla morte, il che significa che predice tratti dell'età adulta fin dal concepimento o dalla nascita, allo stesso modo in cui lo fa nell'età adulta. li dispositivo è anche imparziale, non influenzato dalla preparazione o dall'ansia, e non soggetto a falsificazione. E il costo totale una tantum per questo nuovo dispositivo è di cento sterline circa. Spero che a questo punto quanto appena detto non assomigli all'ennesima pretesa di psicologia spicciola, priva di prove a sostegno: il dispositivo consiste, naturalmente, nei punteggi poligenici, supportati dalla migliore ricerca scientifica dei nostri tempi. I punteggi poligenici sono il sommo test psicologico poiché, per la pri­ ma volta, possono informarci sulle nostre sorti genetiche; anche se riguar­ dano solo le predisposizioni genetiche e non gli effetti ambientali, si è visto che le differenze genetiche ereditarie sono la principale causa sistemati­ ca della nostra specificità. Le differenze genetiche spiegano la metà della varianza dei tratti psicologici che per il resto dipende dall'ambiente, ma quella parte è in grande misura casuale, il che vuoi dire che non possiamo prevederla o intervenire in alcun modo. Anche se i punteggi poligenici sono entrati in scena solo negli ultimi anni, stanno già iniziando a trasformare la psicologia clinica e la ricerca psicologica. In seguito, con l'entrata nell'era della genomica personaliz­ zata, finiranno con il riguardarci tutti. Il potere trasformativo dei punteggi poligenici deriva da tre qualità uniche. La prima consiste nel fatto che le previsioni generate dai punteg177

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

gi poligenici per i tratti psicologici sono causali, vale a dire che le diffe­ renze genetiche causano differenze nei tratti psicologici: le previsioni dei punteggi poligenici rappresentano un'eccezione alla regola secondo cui le correlazioni non implicano causazione. In precedenza avevamo preso in considerazione esempi in cui si presumeva che le misure "ambientali" fossero la causa delle correlazioni con i tratti psicologici - per esempio, la correlazione tra genitori che leggono ai bambini e l'abilità di questi ulti­ mi nella lettura, tra le cattive compagnie e le cattive abitudini, e tra stress e depressione. In psicologia è sempre possibile che X e Y siano correlati perché X causa Y o Y causa X, o che un terzo fattore causi la correlazione tra X e Y. L'essenza del fenomeno "genetica dell'ambiente" risiede nell'i­ dea che la genetica sia un terzo fattore che causa correlazioni tra misure "ambientali" e tratti psicologici. Invece, le correlazioni tra un punteggio poligenico e un tratto possono essere interpretate solo in modo causale e unidirezionale: dal punteggio poligenico verso il tratto. Per esempio, è stato dimostrato che il punteg­ gio poligenico per il rendimento scolastico è correlato con l'abilità nel­ la lettura dei bambini. Questa correlazione indica che le differenze tra i bambini nei risultati scolastici sono causate dalle differenze genetiche ere­ ditarie catturate dal punteggio poligenico, nel senso che nulla nel nostro cervello, nel comportamento o nell'ambiente può cambiare le differenze ereditate con la sequenza del DNA. In questo modo, le correlazioni dei punteggi poligenici eliminano la solita incertezza sulla causa e l'effetto nella correlazione tra due variabi­ li. Ma la correlazione tra un punteggio poligenico e un tratto psicologico non ci parla dei percorsi cerebrali, comportamentali o ambientali con cui il primo influenza il secondo. Sarà necessario faticare a lungo su questi percorsi per comprendere i processi intermedi, soprattutto perché sono coinvolte decine di migliaia di differenze genetiche, ciascuna con effet­ ti molto piccoli e altamente pleiotropici. È interessante osservare come i punteggi poligenici possano predire tratti psicologici senza che si sappia nulla dei processi intermedi. Il secondo eccezionale vantaggio offerto dai punteggi poligenici è dato dal fatto che la predizione è altrettanto efficace sia alla nascita sia successi­ vamente nel corso della vita. Poiché le differenze genetiche ereditarie non cambiano dalla culla alla tomba, il punteggio poligenico di una persona non cambia nel corso dell'esistenza. In altre parole, se si analizzasse il nostro DNA da bambini e di nuovo da adulti, i genotipi degli SNP sarebbero identici e così pure i punteggi poligenici.1 Per questo motivo, i punteggi poligenici possono predire i tratti degli adulti sia durante l'infanzia sia nell'età adulta. 178

IL NOSTRO FUTIJRO È IL DNA

Diversamente, non c'è nient'altro che possa dirci se nel futuro di un bambino ci sarà un dottorato o una psicosi. Le caratteristiche psicologiche dei bambini, quali il loro temperamento e lo sviluppo cognitivo, ci annun­ ciano poco su come saranno da adulti. Persino per l'intelligenza, che è il tratto psicologico più predittivo, nessun tratto nel neonato ne predice lo sviluppo futuro. Se effettuati all'età di 2 anni, i test di intelligenza predi­ cono meno del 5 % della varianza nei punteggi che saranno riscontrati per quegli individui a 18 annU I punteggi poligenici, invece, possono predire la varianza nell'intelligenza degli adulti così come dei bambini di 2 anni e addirittura dei neonati. La terza caratteristica eccezionale relativa ai punteggi poligenici consi­ ste nel poter predire le differenze tra i membri della famiglia. Prima della rivoluzione del DNA, le previsioni genetiche erano limitate a stime riguar­ danti le somiglianze tra familiari. Per esempio, se si ha un parente di pri­ mo grado cui è stata diagnosticata la schizofrenia, il rischio di sviluppare questa patologia è del 9 % , nove volte superiore rispetto a quello della po­ polazione in generale, che è dell'l % . Questa predizione è la medesima per tutti i bambini appartenenti alla stessa famiglia, ma non è così per quanto riguarda il rischio genetico, poiché i fratelli sono geneticamente diversi per il 50% (a meno che non siano gemelli identici). Le predizioni che risultano dal punteggio poligenico sono specifiche per un individuo, non generali per una famiglia. Ciò significa che un pun­ teggio poligenico per la schizofrenia può mostrare che un fratello ha una vulnerabilità maggiore rispetto a un altro; oppure che un fratello ha un punteggio poligenico più alto per il rendimento scolastico, cosa che po­ trebbe aiutare i genitori a capire perché quel figlio trova molto più facile studiare. I punteggi poligenici portano alla luce l'ampia gamma di diffe­ renze genetiche tra fratelli. Le differenze nel punteggio poligenico sono altrettanto grandi tra genitori e prole quanto lo sono tra fratelli. I bambini sono tali e quali i genitori solo per il 50%. Queste caratteristiche uniche dei punteggi poligenici trasformeranno la psicologia clinica cambiando il modo in cui identifichiamo, trattiamo e pensiamo i problemi psicologici. In particolare, i punteggi poligenici faranno la differenza in cinque modi. Per la prima volta in psicologia, i punteggi poligenici permetteranno di individuare i problemi sulla base delle cause anziché dei sintomi; fino a oggi, essi sono identificati esclu­ sivamente sulla base dei sintomi, dopo che iniziano a manifestarsi. Per esempio, la depressione viene diagnosticata indagando su sintomi qua­ li la tristezza, la disperazione, l'assenza di piacere. Le difficoltà di ap 1 79

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

prendimento sono diagnosticate sulla base delle scarse prestazioni nei test cognitivi. Non un singolo problema psicologico viene identificato sulla base del­ le cause anziché dei sintomi. Ovviamente, la depressione può dipendere da molti motivi, ma i punteggi poligenici possono predire la misura in cui la causa è di origine genetica. Un secondo modo in cui i punteggi poligenici trasformeranno la psi­ cologia clinica consisterà 'nell'allontanarsi dalle diagnosi, in favore delle dimensioni. Una delle grandi scoperte riportate in questo libro riguarda il fatto che l'anormale è normale, il che significa che, dal punto di vista genetico, non ci sono disturbi qualitativi, ma solo dimensioni quantita­ tive. Questo risultato è il frutto di ricerche che dimostrano come il ri­ schio genetico per i problemi psicologici sia vario in modo continuo, da minore a maggiore; non c'è alcun punto in cui tale rischio scivoli nella patologia. Tutto dipende dalla quantità: è una questione di maggiore o minore quantità. I punteggi poligenici forniscono prove inequivocabili della continuità dell'influenza genetica. Poiché i punteggi poligenici aggregano migliaia di differenze genetiche, esse sono distribuite in modo perfettamente nor­ male su una curva a campana. Anche nel caso di studi di GWA basati sulle differenze tra casi diagnosticati e controlli, i punteggi poligenici che ne ri­ sultano sono distribuiti normalmente. Ciò significa che la predizione non è limitata alla presenza di rischio per il disturbo, ma comprende la varia­ zione in tutta la distribuzione - dalle persone che sono frequentemente o gravemente depresse a quelle che lo sono raramente. Gli individui i cui punteggi poligenici sono al 20° percentile saranno mediamente meno de­ pressi rispetto a quelli al 40° percentile che, a loro volta, saranno media­ mente meno depressi rispetto a quelli al 60° percentile. L'anormalità è normale, nel senso che noi tutti abbiamo molte delle migliaia di differenze nel DNA che contribuiscono all'ereditabilità di qual­ sivoglia problema psicologico. Il nostro rischio dipende dalla quantità di queste differenze genetiche. I punteggi poligenici contribuiranno alla scomparsa delle diagnosi, giacché essi chiariscono che il rischio genetico è continuo, non dicotomico. Vaie la pena ripeter!o ancora: non esistono malattie da diagnosticare e non ci sono malattie da curare. I punteggi po­ ligenici saranno utilizzati per indicizzare i problemi quantitativamente anziché per decretare che qualcuno "ha" una malattia. Un terzo impatto trasformativo stimolato dai punteggi poligenici con­ sisterà nell'indirizzare la psicologia clinica verso terapie personalizzate al posto di quelle standardizzate. I punteggi poligenici decolleranno davvero 180

IL NOSTRO FUTIJRO È IL DNA

nella psicologia clinica non appena scopriremo trattamenti che interagi­ scano con i genotipi, nel senso che il loro successo dipenderà dai punteggi poligenici. I trattamenti potranno quindi essere adattati alle persone sulla base dei loro punteggi poligenici. Per esempio, i profili dei punteggi po­ ligenici potrebbero essere utilizzati per predire se una persona depressa risponderà meglio alla psicoterapia o ai farmaci, o a un certo tipo di psi­ coterapia o a un determinato farmaco. I trattamenti personalizzati hanno ricevuto la massima attenzione nella ricerca medica nota come/armacogenomica , che utilizza il genotipo di un individuo per selezionare farmaci appropriati. Più in generale, la "medi­ cina di precisione" o "medicina personalizzata" è un modello per la per­ sonalizzazione dell'assistenza sanitaria, sulla base di informazioni biolo­ giche genetiche o di altro tipo. L'obiettivo è identificare i trattamenti più efficaci per i singoli individui riducendo le spese, gli effetti collaterali e il tempo sprecato per coloro che non ne trarrebbero beneficio. Il quarto modo in cui i punteggi poligenici cambieranno la psicologia clinica sarà spostando l'attenzione dal trattamento alla prevenzione. Come disse Benjamin Franklin, un'oncia di prevenzione vale una libbra di cura. In psicologia e in medicina, abbiamo dovuto aspettare che i problemi si verificassero per provare a risolverli. Molti problemi psicologici, come la dipendenza dall'alcol e i disturbi alimentari, sono difficili da curare una volta conclamati, anche perché causano danni collaterali difficili da ripa­ rare. La prevenzione è molto più conveniente a livello economico, oltre che psicologico e sociale. La predizione è la conditio sine qua non per la prevenzione e i punteggi poligenici sono il perfetto sistema di allerta precoce. La predizione è altret­ tanto buona alla nascita quanto lo è più avanti nel corso della vita. Inol­ tre, i punteggi poligenici non sono solo biomarcatori - la loro previsione è causale. Anche se sappiamo incredibilmente poco sugli interventi spe­ cifici per poter prevenire l'insorgenza di problemi psicologici, i punteggi poligenici faciliteranno la ricerca sulla prevenzione poiché, per la prima volta, essi consentono di identificare le persone a rischio. Per esempio, per la depressione alcuni trattamenti sembrano essere utili alla preven­ zione; la terapia cognitivo-comportamentale e l'allenamento al benessere sembrano candidati owi al fine di prevenire questo disturbo, come pure di alleviarne i sintomi. Tuttavia, gli effetti dei programmi di prevenzione su larga scala somministrati nelle scuole, nella comunità o su Internet so­ no scarsi e temporanei.l Non possiamo permetterei interventi preventivi intensivi e costosi per tutti, ma se potessimo individuare le persone ad al­ to rischio genetico, sarebbe economicamente conveniente intervenire a 181

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livello personale, per esempio fornendo una terapia cognitivo-comporta­ mentale prolungata e individuale. Grazie ai punteggi poligenici, la possi­ bilità di una prevenzione mirata diviene realtà. Un altro esempio è il disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Ci sono stati tentativi di prevenire l'iperattività istruendo i genitori e crean­ do programmi educativi e prescolari basati sul gioco, ma il successo fino­ ra è stato modesto. Di nuovo, sembra probabile che si ottiene ciò per cui si paga. Gli interventi più intensivi e quindi più costosi hanno maggiori possibilità di successo, ma potrebbero essere messi in atto solo se fossi­ mo in grado di individuare i bambini ad alto rischio. E ora possiamo farlo usando i punteggi poligenici. La quinta caratteristica trasformativa dei punteggi poligenici è che pro­ muoveranno la genomica positiva. Come abbiamo visto, i punteggi polige­ nici sono sempre distribuiti in modo perfettamente normale, il che signifi­ ca che entrambi gli estremi della distribuzione hanno le stesse dimensioni. La psicologia clinica si concentra sulla parte negativa - i problemi, le disa­ bilità e le vulnerabilità. I punteggi poligenici, invece, ispireranno uno spo­ stamento dell'attenzione verso l'altro estremo della distribuzione, quel­ lo positivo: i punti di forza al posto dei problemi, le potenzialità al posto delle disabilità e la resilienza al posto della vulnerabilità. 4 L'estremo positivo della distribuzione del punte&gio poligenico non dovrebbe essere definito solo come "basso rischio" . E possibile che que­ sto "altro estremo" della distribuzione dei punteggi poligenici per la psi­ copatologia presenti anch'esso qualche problema. La parola " rischio " dovrebbe essere evitata in relazione ai punteggi poligenici, perché omette questo significato più profondo implicito nella loro normale distribuzio­ ne. Per esempio, il mio basso punteggio poligenico per il disturbo bipo­ lare potrebbe significare qualcosa di diverso dall'essere "a basso rischio " : potrebbe voler dire che io sono apatico, che non riesco a sperimentare gli alti e bassi della vita. Se prendiamo come esempio l'iperattività, anche se attualmente non è disponibile alcun punteggio poligenico in merito, se questo fosse alto predirebbe impulsività e disattenzione. Ma un punteg­ gio basso implica solo un basso rischio di impulsività e disattenzione o predice problemi opposti quali la compulsività e l' ossessività? Allo stesso modo, l'estremo basso del punteggio poligenico per l'IMC potrebbe non solo prevedere un basso rischio di obesità, ma segnalare schifìltosità ri­ guardo al cibo, cosa che conduce a disturbi alimentari come l'anoressia. Come suggeriscono questi esempi, è possibile che quando si tratta di punteggi poligenici relativi alle malattie i punteggi intermedi siano migliori rispetto a quelli estremamente bassi. Tutto con moderazione, come soleva 182

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ammonirmi mia madre, senza che le dessi ascolto. (Le madri contano, ma non fanno la differenza) . Ho sempre preferito l'interpretazione di Oscar Wilde: "Tutto con moderazione, compresa la moderazione" . Poiché i punteggi poligenici sono così nuovi, quasi nulla si sa sull'"altro estremo" della normale distribuzione dei punteggi poligenici relativi al­ le malattie. I punteggi poligenici stimoleranno la ricerca sulla genomica positiva e promuoveranno, oltre alla prevenzione della malattia, anche la promozione della salute. Per quanto riguarda i tratti cognitivi, essi spo­ steranno la ricerca dalle disabilità alle capacità, anche con l'incentivazio­ ne delle capacità elevate. La psicologia clinica sarà irriconoscibile grazie ai punteggi poligenici, che si concentrano sulle cause invece che sui sintomi, sulle dimensioni in­ vece che sulle diagnosi, sui trattamenti personalizzati invece che su quelli generalizzati e sulla prevenzione invece che sulla cura, con un'enfasi po­ sitiva sulla salute anziché sulla malattia. I punteggi poligenici rivoluzioneranno anche la ricerca psicologica. Per quarant'anni ho cercato di capire cosa fa sì che le persone siano tanto di­ verse a livello psicologico, a cominciare dalla questione fondamentale dell'importanza relativa della natura e della cultura. La ricerca ha rego­ larmente dimostrato che le differenze genetiche ereditarie danno conto della maggior parte delle differenze psicologiche tra gli individui, in par­ ticolare di quelle sistematiche. Negli ultimi vent'anni ho sperato di passare dai metodi genetici indi­ retti degli studi sui gemelli e sulle adozioni a metodi che valutassero le differenze genetiche ereditarie direttamente per gli individui. Questo è finalmente accaduto, e mi dà la sensazione di aver vinto una lotteria cu­ mulativa ventennale. È emozionante vedere quanto velocemente la rivo­ luzione genetica sta trasformando la ricerca psicologica. I punteggi po­ ligenici consentono ai ricercatori di indagare su questioni che superano la contrapposizione tra natura e cultura con precisione e raffinatezza ben maggiori. Inoltre, essi renderanno la ricerca genetica in psicologia più de­ mocratica, permettendo a qualsiasi ricercatore, purché raccolga il DNA, di incorporare la genetica nei propri studi su qualsiasi argomento e con qualsiasi campione; non saranno più indispensabili campioni speciali co­ me i gemelli e i figli adottivi. Una serie di questioni riguarda lo sviluppo. Un punteggio poligenico prodotto da uno studio di GWA sugli adulti - per la schizofrenia o il ren­ dimento scolastico, per esempio - può predire, tanto alla nascita quanto nell'età adulta, la schizofrenia nell'adulto o il rendimento scolastico. Ma 183

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quanto precocemente, nello sviluppo, un punteggio poligenico può pre­ dire le differenze nel comportamento dei bambini? Gli studi sui bambi­ ni a rischio genetico per il fatto che a uno dei loro genitori era stata dia­ gnosticata la schizofrenia non hanno riscontrato alcun segno fisiologico o psicologico del suddetto disturbo nella preadolescenza. Ma i punteggi poligenici forniranno una risoluzione maggiore rispetto ai rischi familiari per rilevare precocemente, durante lo sviluppo, problemi che potrebbero essere oggetto di intervento e prevenzione. In merito al livello di istruzione, si è visto che il punteggio poligenico prodotto da uno studio di GWA per gli anni di istruzione negli adulti può predire il 9% della varianza nei test di rendimento scolastico all'età di 16 anni. Quanto precocemente questo punteggio poligenico può predire il rendimento scolastico dei bambini? Si è scoperto nel TEDS che il punteg­ gio poligenico per il rendimento scolastico predice il 5 % della varianza di questo tratto nella scuola secondaria, all'età di 12 anni, e addirittura il 3 % nella scuola elementare, all'età di 7 anni.5 Trovo incredibile che un punteggio poligenico prodotto da uno stu­ dio di GWA che ha analizzato la variabile grossolana del numero di anni di istruzione per gli adulti sia in grado di predire il rendimento dei bambini anche nei primi anni di scuola. Sebbene tali studi non siano stati ancora riportati, questi risultati implicano che uno studio di GWA incentrato sul rendimento scolastico dei bambini potrebbe produrre punteggi polige­ nici che predicano una varianza di parecchie volte maggiore.6 Alla grande scoperta dei geni generalisti segue una seconda serie di questioni: anziché esserci gruppi distinti di geni correlati alla schizofrenia e alla depressione bipolare, gli studi sui gemelli indicano che molti degli stessi geni influen­ zano entrambe; lo stesso fenomeno relativo ai geni generalisti è stato ri­ levato per capacità cognitive apparentemente diverse, quali le capacità espressive e la memoria. I punteggi poligenici promuoveranno la ricerca multivariata poiché, una volta disponibili i genotipi degli SNP, sarà facile creare decine di punteggi poligenici. Gli studi di GWA hanno rilevato, nel PGC, correlazioni genetiche mag­ giori di 0,5 tra la schizofrenia, il disturbo depressivo maggiore e il distur­ bo bipolare, correlazioni che sono state replicate nel TEDS. 7 Una nuova stimolante sfida per la ricerca consiste nel capire cosa sia questo fattore genetico generale della psicopatologia, come si sviluppi e quali siano le sue implicazioni per le cure e la prevenzione. Il punteggio poligenico per il rendimento scolastico ha già mostrato i suoi effetti generali su diversi tratti psicologici. Come abbiamo visto, esso predice il 4 % della varianza nel tratto bersaglio per gli anni di istruzione 1 84

IL NOSTRO FUTURO È IL DNA

negli adulti, ma prevede una varianza anche maggiore in altri tratti, quali il rendimento scolastico testata (9% ) , l'intelligenza (5 % ) , e la compren­ sione e l'efficienza nella lettura (5 % ) . La potenza del punteggio poligenico relativo al livello di istruzione deriva dall'ampia dimensione del campio­ ne di GWA. La sua capacità di predire l'intelligenza e la capacità di lettura proviene dai geni generalisti. La combinazione di questi due fattori è il motivo per cui predice una maggiore varianza per l'intelligenza rispetto agli studi di GWA specificamente mirati a questo tratto. Sebbene sia stato sorprendente vedere come siano generali gli effetti genetici sull a malattia mentale e sulle facoltà mentali, ci sono naturalmen­ te effetti genetici specifici del tratto, per esempio gli SNP specifici per la schizofrenia o per la lettura. Un orientamento importante per la ricerca è la creazione di punteggi poligenici tratto-specifici come contrappunto alla ricerca sui geni generalisti. I punteggi poligenici tratto-specifici potreb­ bero essere più favorevoli all'intervento e alla predizione tratto-specifici. Una terza serie di quesiti riguarda l'interazione tra natura e cultura. La grande rivelazione emersa dagli studi sui gemelli può essere riassunta co­ me la "genetica dell'ambiente", che si riferisce alla scoperta dell'influenza genetica su misure ambientali quali gli eventi di vita, la genitorialità e i coe­ tanei. Poiché la genetica influenza sia le misure ambientali sia quelle psi­ cologiche, essa è anche in parte responsabile per le correlazioni tra queste. I punteggi poligenici possono essere utilizzati per definire con precisio­ ne l'influenza genetica sulla varianza delle misure ambientali e sulla loro covarianza con quelle psicologiche; possono anche tener conto dell'in­ fluenza genetica per studiare i puri effetti ambientali. Per esempio, nelle ricerche che correlano l'ambiente familiare con lo sviluppo cognitivo dei bambini, tali correlazioni possono essere corrette sul punteggio poligenico per il livello di istruzione come parziale controllo dell'influenza genetica. I punteggi poligenici consentono inoltre di studiare l'interazione fra natura e cultura tra le diverse famiglie, anziché al loro interno: gli studi sui gemelli possono analizzare solo le esperienze che sono diverse per i bambini di una famiglia, per esempio se i genitori siano più affettuosi con l'uno rispetto all'altro. La focalizzazione sulle differenze all 'interno delle famiglie non tiene conto di quanto i genitori siano affettuosi rispetto ad altri genitori, vale a dire delle differenze tra le famiglie anziché all'inter­ no di esse. In altre parole, anche se un genitore è più affettuoso verso un figlio che verso l'altro, se confrontato con altri genitori potrebbe non es­ serlo molto verso nessuno dei due. A differenza delle analisi sui gemelli, il punteggio poligenico per un bambino può essere utilizzato per indagare la genetica dell'ambiente tra 185

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le famiglie e al loro interno. Per esempio, uno dei migliori predittori " am­ bientali" per il rendimento scolastico dei bambini è lo status socioecono­ mico, che è intrinsecamente una misura tra famiglie: i bambini all'interno di una famiglia hanno ovviamente lo stesso status socioeconomico. Uno studio sui gemelli non avrebbe senso in questo caso, dato che i gemelli in una famiglia hanno lo stesso status socioeconomico. Le correlazioni tra gemelli identici e fraterni sarebbero entrambe = l perché non ci sono dif­ ferenze all'interno delle famiglie, quindi l' ereditabilità sarebbe = O e le in­ fluenze ambientali condivise sarebbero del lOO % . Sebbene lo status socioeconomico sia spesso considerato una misura puramente ambientale, la scoperta della genetica dell'ambiente suggerisce che dovremmo aspettarci influenza genetica su qualsiasi misura dell'am­ biente. Inoltre, la componente principale dello stato socioeconomico dei genitori riguarda il loro livello di istruzione. Quindi, non dovrebbe stupi­ re l'aver riscontrato che il punteggio poligenico per il livello d'istruzione è in correlazione con lo stato socioeconomico dei genitori. 8 Un'altra svolta concerne il punteggio poligenico relativo ai risultati scolastici dei bambini, che è quasi altrettanto correlato al livello socioe­ conomico dei genitori. Per di più, spiega anche la metà della correlazione tra stato socioeconomico familiare e rendimento scolastico dei bambini, il che significa che la correlazione è mediata geneticamente. 9 Questi risulta­ ti sono sorprendenti solo se si pensa che lo stato socioeconomico sia una variabile puramente ambientale. Il punteggio poligenico per il livello di istruzione media anche le cor­ relazioni fra altri predittori " ambientali" e i risultati scolastici. Per esem­ pio, l'allattamento al seno si correla positivamente con i risultati scolasti­ ci dei bambini, mentre il tempo trascorso a guardare la televisione è una correlazione negativa. È stato dimostrato che il punteggio poligenico per i risultati scolastici spiega una parte significativa del rapporto fra queste due misure " ambientali" e il rendimento scolastico, il che significa anco­ ra una volta che questa correlazione è in parte mediata geneticamente. 1 0 Questi sono tutti esempi genetici di genetica dell'ambiente, i primi studi di questo tipo che utilizzano i punteggi poligenici.11 Le prove offer­ te dagli studi sui gemelli suggeriscono che la genetica spiega circa un ter­ zo della varianza delle misure ambientali. Questo fenomeno è chiamato "correlazione genotipo-ambiente" perché significa letteralmente che esi­ ste una correlazione tra genotipo - in questo caso uno specifico punteg­ gio poligenico - e ambiente. La correlazione genotipo-ambiente sugge­ risce un nuovo modo di pensare alle esperienze personali, cioè a come i geni utilizzino l'ambiente per ottenere ciò che vogliono. La correlazione 1 86

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genotipo-ambiente fornisce un modello generale di come i genotipi diven­ tano fenotipi, cioè come selezioniamo, modifichiamo e creiamo ambienti correlati alle nostre propensioni genetiche. C'è un altro tipo di interazione tra geni e ambiente che sembra simile ma in realtà è molto diverso. L'interazione genotipo-ambiente non riguar­ da la correlazione tra geni e ambienti ma, appunto, la loro interazione.12 Vuoi dire che l'effetto dell'ambiente dipende dal genotipo di un indivi­ duo? Per esempio, l'effetto dell'essere vittima di bullismo dipende dal genotipo di un bambino? L'interazione tra genotipo e ambiente riguarda tratti differenti per le diverse persone. È l'essenza della psicologia di pre­ cisione, che mira a personalizzare i trattamenti per i singoli individui non affidandosi ad approcci generalizzati. Nell'istruzione, è alla base dell' ap­ prendimento personalizzato. L'interesse per le interazioni genotipo-ambiente ha portato ai primi tentativi di identificazione delle interazioni tra geni candidati e ambienti per il modo in cui queste influiscono sui tratti psicologici. n primo e più famoso rapporto di interazione genotipo-ambiente riguardava un'inte­ razione in cui l'associazione di un gene candidato con il comportamen­ to antisociale si manifestava solo per individui che avevano subìto gravi maltrattamenti nell'infanzia.13 Sono state segnalate molte altre interazioni tra geni candidati e tratti psicologici, ma la maggior parte non è stata re­ plicata; i punteggi poligenici daranno nuova energia alla ricerca di queste interazioni.14 Sebbene la ricerca sull'interazione genotipo-ambiente con l'utilizzo dei punteggi poligenici possa studiare la reciproca influenza tra qualsiasi mi­ sura ambientale e qualsiasi tratto psicologico, un punto focale di questi studi sarà costituito dai trattamenti personalizzati per i disturbi mentali.15 Non c'è ancora un punteggio poligenico che anticipi risposte differenziate al trattamento psicologico, ma se fosse sviluppato un efficace punteggio poligenico, esso sarebbe richiesto. I punteggi poligenici saranno preziosi per occuparsi di queste tradizio­ nali domande sullo sviluppo, i collegamenti fra tratti e l'interazione gene­ ambiente, ma il loro aspetto più stimolante è il potenziale che offrono per orientamenti della ricerca completamente nuovi e inaspettati. Citerò tre esempi tratti dalla ricerca attuale del mio gruppo. Nessuno di questi la­ vori si sarebbe potuto realizzare senza il punteggio poligenico relativo al livello di istruzione. Il primo esempio appare scioccante: i bambini che frequentano la scuo­ la privata e quella pubblica nel Regno Unito hanno punteggi poligenici 1 87

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sostanzialmente più alti, per il livello di istruzione, rispetto agli studenti della scuola superiore unificata.16 Nel Regno Unito, le scuole private so­ no finanziate privatamente e quelle pubbliche sono finanziati dallo Sta­ to, ma ciò che hanno in comune è che entrambi selezionano gli studenti; le scuole unificate sono finanziate dallo Stato ma non sono autorizzate a operare una selezione. Com'è possibile che chi frequenta le scuole private e pubbliche dif­ ferisca nel DNA da chi frequenta le scuole unificate? La risposta non vi dovrebbe sorprendere, se ricordate i risultati dello studio TEDS secondo i quali gli studenti delle scuole secondarie selettive ottengono punteggi nella GCSE migliori rispetto agli studenti delle scuole secondarie non se­ lettive, semplicemente perché le prime selezionano fin dall'inizio gli stu­ denti che hanno maggiori probabilità di ottenere punteggi migliori, e non a causa del valore aggiunto di tali scuole. Le scuole selettive selezionano gli allievi sulla base dei loro risultati scolastici alla scuola elementare e ai test di intelligenza standardizzati, quindi, che facciano meglio nella scuo­ la secondaria è una profezia autoavverantesi. Se si escludono questi fattori di selezione, non vi è alcuna differenza nel rendimento. I fattori in base ai quali sono selezionati gli studenti in primis gli esiti pregressi e l'intelligenza - sono sostanzialmente ereditabili. Pertanto non sorprende che la differenza nella GCSE tra le scuole selettive e non selettive sia ereditabile, e questo è quanto riflette la nostra scoperta secondo la quale il punteggio poligenico medio per il livello di istruzio­ ne è più alto per gli studenti delle scuole selettive di quello ottenuto dagli studenti delle scuole non selettive. Questo è un altro esempio di una delle grandi scoperte della ricerca genetica, la "genetica dell'ambiente". Si presume che la scuola, quella privata rispetto alla pubblica, sia un fattore ambientale, ma le differen­ ze nel rendimento scolastico sono in realtà di origine genetica: i bambini fanno richiesta di ammissione, e sono accettati dalle scuole selettive, per ragioni genetiche. Quanto appena detto implica che, se i genitori scelgono di far frequen­ tare ai figli una scuola privata perché pensano che questa migliorerà il loro rendimento scolastico, non sarà l'enorme quantità di denaro necessaria a far sì che ciò avvenga. Anche se accettate il fatto che le scuole private non facciano la differenza in termini di preparazione culturale, potreste pensa­ re che esse migliorino le possibilità dei bambini in altri modi, quali il po­ ter accedere a una buona università, operare scelte professionali migliori e guadagnare uno stipendio più alto. Queste differenze negli esiti esisto­ no, ma sono anche in gran parte dovute a caratteristiche preesistenti negli -

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studenti, perciò questi ragazzi avrebbero fatto altrettanto bene se avessero frequentato le scuole pubbliche. 17 Anche se forse non è facile accogliere queste conclusioni, esse derivano dalla scoperta generale di questo libro, fondata sul fatto che le differenze genetiche ereditarie sono la principale forza sistematica che ci rende quelli che siamo. n secondo esempio relativo ai nuovi orientamenti della ricerca riguar­ da la cosiddetta mobilità educativa intergenerazionale, in particolare se i bambini abbiano pari opportunità di accedere all'istruzione superiore, indipendentemente da ciò che hanno fatto i genitori. Il miglior preditto­ re di una futura istruzione universitaria è se l'abbiano avuta i genitori, un collegamento che è ampiamente considerato di origine ambientale e che si ritiene quindi sia un segno di immobilità e mancanza di uguaglianza. In altre parole, si pensa che genitori che abbiano fatto studi universitari tra­ sferiscano privilegi ambientali ai propri figli, creando disuguaglianze nelle opportunità educative e soffocando la mobilità educativa intergenerazio­ nale. Nel confronto tra Paesi, l'intensità di questo collegamento fra tra­ guardi genitoriali e traguardi della progenie viene utilizzata come indice di disuguaglianza educativa e mancanza di mobilità sociale. Tuttavia, ciò di cui stiamo parlando qui è la somiglianza tra genitori e figli in merito al livello di istruzione. Spero che a questo punto troviate strano che la gente abbia pensato che la somiglianza tra genitori e figli di­ pendesse dall'ambiente e che la possibile influenza genetica non sia stata presa in considerazione. Usando i dati del TEDS si è scoperto che le diffe­ renze genetiche sono alla base di questa somiglianza genitore-prole: i pun­ teggi poligenici per il livello di istruzione dei bambini erano più alti quan­ do entrambi i genitori avevano frequentato l'università e più bassi quando né genitori né figli l'avevano fatto. Non sorprende che ci sia influenza genetica sulla somiglianza tra genitori e figli per questo tratto; un ampio numero di studi ha dimostrato che il livello di istruzione è ereditabile e, in effetti, gli anni di istruzione sono stati il tratto bersaglio dello studio di GWA che ha generato il punteggio poligenico per il livello di istruzione. 18 L'aspetto nuovo di queste scoperte è rappresentato dal fatto che la ge­ netica motiva le differenze, e non solo le somiglianze, nei risultati educativi tra genitori e figli, e questo è un indice chiave della mobilità. Esaminando i punteggi poligenici dei ragazzi "in ascesa" , quelli che, a differenza dei genitori, avevano frequentato l'università, si scoprì che avevano punteggi per il livello di istruzione più alti rispetto ai ragazzi che, come i genitori, non l'avevano frequentata. In altre parole, la genetica offre ad alcuni bam­ bini nati in famiglie socialmente svantaggiate la possibilità di superare i limiti posti dal loro ambiente, purché vi sia mobilità. Indipendentemente 189

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da dove i punteggi dei genitori si trovino nella distribuzione, i figli presen­ teranno una vasta gamma di punteggi per il livello di istruzione. Mobilità sociale significa che i bambini con la predisposizione genetica a riuscire bene negli studi avranno l'opportunità di dare il massimo delle loro capa­ cità, indipendentemente dal loro background ambientale. Anche la mobilità verso il basso è governata dalla genetica. Se hanno punteggi poligenici più bassi in relazione al livello di istruzione, i figli di genitori che sono andati all'università hanno minori probabilità di fre­ quentarla a loro volta. Individuare l'influenza genetica sulla mobilità ver­ so il basso o verso l'alto è importante perché questo è il primo passo da fare se si vuole prevenire la creazione di caste genetiche. Le nostre analisi sui gemelli supportavano le scoperte riguardanti il punteggio poligenico, mostrando l'influenza genetica sia sulla mobilità ascendente sia su quella discendente: era più probabile che i gemelli iden­ tici fossero simili tra loro in relazione alla mobilità ascendente o discen­ dente, rispetto ai gemelli fraterni. Queste analisi suggerirono che la ge­ netica rappresenta circa la metà delle differenze individuali in merito alla mobilità, ascendente e discendente. Complessivamente, queste scoperte sovvertono la riflessione attuale sulla mobilità sociale e le opportunità educative. La somiglianza tra ge­ nitori e prole per il livello di istruzione riflette principalmente l'influenza genetica, non la disuguaglianza ambientale.19 Questo è un altro esempio della conclusione secondo la quale, come già visto nel capitolo 9, l'eredi­ tabilità, in questo caso la somiglianza genitore-prole, è un indice di ugua­ glianza nelle opportunità. Una maggiore riduzione delle disuguaglianze ambientali riguardanti i privilegi, la ricchezza e la discriminazione si tra­ durrà in una maggiore ereditabilità degli esiti educativi. È probabile che la mobilità ascendente sia una piacevole sorpresa per i genitori che non hanno un'istruzione universitaria e che vedono il figlio sbocciare intellettualmente. Questo è senz' altro il caso dei miei genitori, che non erano andati all'università ed erano contenti e orgogliosi che io lo facessi. Al contrario, per i genitori che hanno fatto studi universitari, la mobilità discendente è difficile da accettare; i punteggi poligenici po­ trebbero aiutarli, però, a capire che la mancanza di interesse di un ragaz­ zo per l'istruzione superiore non è necessariamente un segno di ritrosia o di pigrizia: invece, il ragazzo potrebbe non avere attitudine per lo stu­ dio o desiderio di dedicarsi all'istruzione superiore per ragioni genetiche. Vale la pena ripetere che la genetica dovrebbe favorire il riconosci­ mento e il rispetto delle differenze individuali. L'influenza genetica non implica una programmazione congenita che non è possibile modificare, 190

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ma quando possibile ha più senso assecondare la genetica anziché con­ trastarla. Se prendiamo come esempio l'istruzione universitaria, i genito­ ri potrebbero far leva su tutte le risorse disponibili per mandare un figlio all'università contro le sue predisposizioni genetiche, ma ciò potrebbe an­ dare a suo scapito se l'istruzione superiore non fosse adatta a lui. Il terzo e ultimo esempio relativo ai nuovi orientamenti della ricerca comporta modificazioni nell'ereditabilità a seguito di importanti cambia­ menti sociali. Ricordiamo che l'ereditabilità descrive l'influenza relativa delle differenze genetiche e delle differenze ambientali in una particolare popolazione, in un particolare momento. Come tutte le statistiche descrit­ tive, quali le medie, le varianze e le correlazioni, l' ereditabilità cambia con il variare della popolazione. Un tipo di cambiamento era implicito nella precedente discussione sulla meritocrazia. L' ereditabilità può essere vista come un indice di suc­ cesso nel raggiungimento dei valori meritocratici dell'uguaglianza del­ le opportunità, premiando il talento e lo sforzo, anziché i privilegi legati all'ambiente. Il talento e lo sforzo sono influenzati in modo sostanziale da fattori genetici. Ciò suggerisce che lo status socioeconomico dovrebbe essere più ereditabile via via che un Paese diventa più meritocratico. Con il declino delle differenze legate all'ambiente, quelle genetiche rendono maggiormente conto delle restanti differenze nello status socioeconomico. L'Estonia ha offerto l'opportunità di verificare l'ipotesi che l'eredita­ bilità del livello di istruzione e dello stato occupazionale aumenti con una maggiore meritocrazia. Nel 1991, quando l'Unione Sovietica si disgregò, l'Estonia divenne indipendente e rapidamente prese le distanze dal siste­ ma di ricompensa centralizzato e politicizzato dell'Unione Sovietica, in favore di una selezione più meritocratica degli individui in merito all'i­ struzione e all'occupazione. Se è vero che una maggiore meritocrazia por­ ta a una maggiore ereditabilità dello status socioeconomico, si potrebbe predire che dopo l'indipendenza il punteggio poligenico per il livello di istruzione si rapporti più fortemente allo status socioeconomico. Come spesso accade nella ricerca, mettere alla prova questa ipotesi fu possibile grazie a eventi fortuiti. In primo luogo, l'Estonia era stata all'a­ vanguardia nella rivoluzione genetica, così come in altri progressi tecno­ logici. L'Estonian Genome Center dell'Università di Tartu aveva creato una banca dati che include DNA, genotipi di chip per SNP e dati estesi su oltre cinquantamila estoni, ovvero il 5 % della popolazione adulta, ai quali ora stanno aggiungendo altri centomila partecipanti.20 Un secondo fattore fortuito fu che uno dei miei specializzandi proveniva dall'Estonia e faci­ litò una collaborazione che ci permise di convalidare l'ipotesi. La confer191

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ma all'ipotesi fu impressionante. n punteggio poligenico per il livello di istruzione nell'era post -sovietica prediceva il doppio della varianza del li­ vello di istruzione e dello stato occupazionale.21 L'aumento dell'influenza genetica per lo status professionale era particolarmente importante per le donne, il che aveva un senso, poiché erano coloro che avevano più da guadagnare dalla meritocrazia. Questo lavoro è un altro esempio di come l' ereditabilità possa essere vista come un indice di uguaglianza delle opportunità e di meritocrazia. In psicologia, l'esordio dei punteggi poligenici, che divennero subito i no­ stri migliori predittori per la schizofrenia e per il rendimento scolastico, fu impressionante, ma perché raggiungano il loro pieno potenziale di previ­ sione di tutta la varianza ereditabile del 50% nei tratti psicologici, la stra­ da è ancora lunga. Data la rapidità della ricerca in questo campo, si può tranquillamente predire che alla fine saranno disponibili punteggi polige­ nici per gran parte della varianza di tutti i tratti psicologici: salute menta­ le e malattia mentale, capacità mentali e disabilità, personalità e punteggi per altri tratti quali atteggiamenti e interessi. I punteggi poligenici saran­ no i migliori predittori di questi tratti perché le differenze genetiche ere­ ditarie sono la principale forza sistematica nel renderei quelli che siamo. Nonostante la loro novità, i punteggi poligenici stanno già trasforman­ do la psicologia clinica e la ricerca psicologica in generale. In conclusione, guardando avanti di qualche anno, a un periodo in cui avremo per i tratti psicologici un maggior numero di punteggi poligenici, anche più potenti, vorrei fare qualche ipotesi su come questi ci influenzeranno tutti quando entreremo nell'era della genomica personalizzata. Devo riconoscere in an­ ticipo che alcune di queste speculazioni saranno molto controverse. Sto ipotizzando su cosa penso possa accadere e perché, non sto auspicando che queste cose succedano, ma le sollevo come questioni che dovrebbe­ ro essere discusse. La fonte pubblica dei punteggi poligenici sarà rappresentata dalle azien­ de dirette al consumatore, che presto aggiungeranno profili di punteggi poligenici ai dati di genotipizzazione monogenica e di ascendenza, che attualmente forniscono a milioni di persone.22 I miei punteggi poligenici psicologici forniscono un'idea di come queste informazioni possano essere utili per la comprensione di sé, così come uno sguardo ai limiti della previ­ sione a livello individuale. L' autocomprensione è relativamente benigna, anche se ciò solleva alcune preoccupazioni, considerate in precedenza. Tuttavia, essa si limita a graffiare la superficie delle applicazioni dei punteggi poligenici psicologici. Altre applicazioni sono più irritanti, sia 192

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da un punto di vista psicologico sia etico. Per esempio, sembra probabile che i genitori saranno presto in grado di ottenere punteggi poligenici per i propri figli, forse alla nascita, per conoscere la loro sorte genetica. Penso che molti genitori saranno motivati a farlo semplicemente per curiosità, un'estensione dell'autocomprensione, nonostante le preoccupazioni che sono state sollevate riguardo alle violazioni della privacy dei bambini e alle possibili profezie autoavverantesi causate dall'etichettatura. Sebbene la curiosità dei genitori sul futuro dei figli possa sembrare frivola o persi­ no pericolosa, può essere un bene che diano uno sguardo all'individuali­ tà dei bambini da un punto di vista genetico - ai loro punti di forza e al­ le debolezze, alla loro personalità e ai loro interessi; queste informazioni potrebbero aiutarli a cercare di massimizzare i punti di forza dei figli e a minimizzare le loro debolezze. Anne Wojcicki, non una commentatrice imparziale, in quanto fonda­ trice di 23andMe, sostiene che è dovere dei genitori dotarsi del modello genetico dei propri figli, e la sua azienda rende loro facile ottenere infor­ mazioni genomiche sia per se stessi sia per i loro bambini. Ci sono molti esempi di come le informazioni sul punteggio poligenico potrebbero essere utili a intervenire per la prevenzione dei problemi o almeno per acquisir­ ne consapevolezza. Per esempio, i punteggi poligenici saranno in grado di predire la disabilità nella lettura. Anziché aspettare che un bambino vada a scuola per accorgersi che non riesce a imparare a leggere, essere in grado di predire il problema dà ai genitori l'opportunità di intervenire con anticipo per scongiurar!o; quanto meno, un alto punteggio poligenico associato alle difficoltà nella lettura li avvertirà che il figlio potrebbe aver bisogno di ul­ teriore aiuto per imparare a leggere. Inoltre, la maggior parte dei bambini che hanno difficoltà nella lettura ha già avuto problemi con il linguaggio, per cui i genitori potrebbero intervenire per stimolare l'apprendimento di quest'ultimo prima che i figli inizino a leggere. Vengono in mente molti altri esempi sull'uso dei punteggi poligeni­ ci finalizzato a rendere la vita più facile ai bambini. Si possono aiutare i bambini i cui punteggi poligenici suggeriscono che sono inclini alla de­ pressione, insegnando loro a utilizzare le strategie della terapia cognitivo­ comportamentale, come evitare di ruminare sui problemi e affrontare le difficoltà in modo più positivo scomponendole in parti più piccole. Per quanto riguarda la personalità, ci sono strategie dettate dal buon senso che un genitore può adottare: il sapere che un bambino ha un alto livello di energia può aiutare a capire che il proprio figlio ha la necessità di sca­ ricare parte di quell'energia; un bambino timido potrebbe essere aiutato facilitandogli l'interazione con gli estranei. 1 93

LA RIVOLUZIONE DEL DNA

La prospettiva più allarmante per molte persone sarà il potenziale uso dei punteggi poligenici da parte dei genitori per scegliere un embrione con il "migliore" profilo di punteggio poligenico. Ci sono da tempo preoccu­ pazioni riguardo alla possibilità che nascano "bambini progettati geneti­ camente" . n bisogno di questa decisione può emergere quando, duran­ te il processo di fecondazione in vitro, uno dei molti tipi di riproduzione assistita, si vengono a creare diversi embrioni vitali. Sembra improbabile che una coppia possa sottoporsi allo spiacevole processo di fecondazione in vitro al solo scopo di selezionare un embrione sulla base del suo pro­ filo di punteggio poligenico psicologico. È più probabile che una coppia ricorra alla fecondazione in vitro per ragioni mediche, per esempio, per lo screening di disturbi monogenici recessivi quando vi è un portatore, o perché non riescono a concepire. Un classico dilemma etico è quello che concerne la disponibilità di diversi embrioni ugualmente validi, ma la pos­ sibilità di impiantarne solo uno. Se dovessimo fare una scelta del genere, sembrerebbe ovvio evitare di selezionare un embrione con una grave ma­ lattia monogenica. Ma se fosse possibile un'ulteriore scelta, guardereste i profili poligenici fisici, fisiologici e psicologici? I profili di punteggio poligenico potrebbero avere un impatto, nel ci­ clo della vita, anche prima della riproduzione, nella selezione di un com­ pagno. La selezione genetica sta già avvenendo a livello monogenico per consentire alle coppie di valutare se sono entrambi portatori di una qual­ siasi delle migliaia di malattie monogeniche recessive. Se fossero entrambi portatori, questo significherebbe che i loro figli avrebbero una probabilità del 25 % di sviluppare la malattia. Lo screening del portatore è degno di considerazione per le potenziali coppie poiché, sebbene queste malattie monogeniche siano rare, i portatori sono comuni. Per esempio, la fenil­ chetonuria (PKU), una malattia monogenica recessiva che, se non tratta­ ta, è causa di una grave disabilità intellettiva, si verifica in una persona su diecimila, ma un individuo su cinquanta ne è portatore. Quindi c'è una significativa possibilità che in una coppia si sia entrambi portatori di una delle migliaia di malattie monogeniche. Si potrebbe decidere di non ave­ re figli per evitare questo rischio o di essere avvisati dei problemi che si dovrebbero affrontare con un figlio malato. Si potrebbero anche prende­ re in considerazione altre opzioni, come il sottoporsi alla fecondazione in vitro per poter poi escludere, delle quattro possibilità, quella infausta. Anche se può sembrare inverosimile e forse distopico, i siti di incontri potrebbero ampliare i loro dati, includendo i punteggi poligenici. Man mano che la ricerca sui punteggi poligenici progredisce, potrebbe divenire possibile includere i punteggi poligenici per i tratti psicologici tipicamente 194

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inseriti nei siti di incontri, quali la salute mentale, l'intelligenza, il poten­ ziale di guadagno, l'ambizione, il benessere fìsico, tratti della personalità e qualità relazionali, e persino un buon senso dell'umorismo. Diversamente da quanto accade con la pubblicità dei siti di incontri, le informazioni sul punteggio poligenico potrebbero essere verifìcabili tramite collegamen­ ti protetti da password a una società diretta al consumatore che fornisca punteggi poligenici dettagliati. Resta da vedere, comunque, se un mag­ giore controllo sulla selezione di un compagno migliori le prospettive a lungo termine della coppia. Queste potenziali applicazioni riguardano l'uso personale dei nostri da­ ti genomici. E l'uso dei nostri dati genomici da parte di altri? In medicina questo è accettabile; infatti, è l'obiettivo della medicina di precisione. Ma che cosa succederebbe se i punteggi poligenici psicologici diventassero parte del processo di selezione per l'istruzione e l'occupazione? Questo è per molta gente uno scenario da incubo; il fìlm del 1997 Gattaca - La porta dell'universo riecheggia nella coscienza pubblica come una visione disto­ piea di un mondo geneticamente diviso tra i "validi" , con genomi ideali, che comandano, e i " non-validi" che servono, come sottoclasse genetica. La visione di Gattaca di un mondo diviso dicotomicamente dal DNA in validi e non-validi trascura il fatto che i punteggi poligenici sono sempre distribuiti in modo perfettamente normale: sono dimensionali, non dico­ tomici. La maggior parte di noi è situata nel mezzo. Gattaca aveva toccato un punto nevralgico, mettendo in guardia sui pe­ ricoli delle informazioni genetiche nelle mani di uno Stato totalitario, ma c'è un altro modo di vederla, all'interno di una società democratica, spe­ cialmente se questa favorisce la meritocrazia: si stanno già somministran­ do test psicologici per selezionare le persone per l'istruzione e, in misu­ ra minore, per l'occupazione. Se si selezioneranno gli individui, il potere predittivo dei punteggi poligenici potrebbe integrare le informazioni che già si ottengono con i test. Al di là del loro potere predittivo, i punteggi poligenici sono più obiettivi e scevri da errori come i falsi e la preparazio­ ne, paragonati ai test che attualmente si utilizzano per la selezione. Non si può fingere o preparare il proprio DNA. L'utilità dei punteggi poligenici nel contesto della selezione è una que­ stione empirica, anche se essa non interessa le preoccupazioni etiche, che prenderò in considerazione in seguito. Si è visto, anche in questa prima fase della ricerca, che i punteggi poligenici possono utilmente integrare i punteggi dei test per predire i risultati alla scuola secondaria e all'univer­ sità. I punteggi poligenici potrebbero essere particolarmente utili per in­ dividuare i bambini i cui background svantaggiati potrebbero altrimenti 195

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ridurre le loro opportunità di istruzione superiore. Un altro esempio del potenziale positivo dei punteggi poligenici è dato dal prendere in consi­ derazione il rendimento inferiore e superiore alle aspettative in termini di discrepanze tra potenziale prestazione prevista dai punteggi poligenici e prestazione effettiva. Più in generale, i punteggi poligenici sono fonda­ mentali per l'apprendimento personalizzato, in quanto predicono i pro­ fili degli alunni per i punti di forza e quelli di debolezza, cosa che offre la possibilità di intervenire precocemente per prevenire i problemi e pro­ muovere la speranza. Per quanto riguarda la selezione a scopo di impiego, in quale misura i punteggi poligenici possano agevolare la previsione del successo lavorati­ vo è ancora una questione empirica. Sembra probabile che i punteggi po­ ligenici possano essere d'aiuto poiché, nel predire il successo nel lavoro, i test e i colloqui sono notoriamente scarsi, dal momento che interessano solo una piccola percentuale della varianza. I profili poligenici psicologici potrebbero essere particolarmente utili nel valutare l'andamento dei p un­ ti di forza e dei punti di debolezza che predicono il successo in occupa­ zioni particolari. Analogamente all'esempio dei siti di appuntamenti, un link protetto da password a un'azienda diretta al consumatore potrebbe rendere disponibile una serie di punteggi poligenici certificati, relativi alla selezione professionale in generale, e diversi insiemi di punteggi poligeni­ ci rilevanti per lavori specifici. Per quanto spaventose possano sembrare alcune di queste eventualità, prevedo che prima o poi si verificheranno. Date le preoccupazioni di tipo Gattaca, consideriamo più dettagliatamente la bestia nera dello screening genetico dei neonati. Anche se i neonati non sono in grado di fornire il consenso informato, vengono tuttavia sottoposti a screening genetico da decenni, obbligatorio nella maggior parte dei Paesi. In origine, la ragione per lo screening dei neonati era la fenilchetonuria (PKU), un disturbo mo­ nogenico che causa grave disabilità intellettiva in circa uno su diecimila bambini e dà conto dell' l % della popolazione con problemi intellettivi ricoverato nelle case di cura. La PKU comporta la mutazione in un gene che scompone la fenilalani­ na, un mattone aminoacidico, essenziale per la costruzione delle protei­ ne. Il nostro organismo non produce fenilalanina: la riceviamo da molti alimenti ricchi di proteine, prima dal latte materno e poi dalla carne e dal formaggio. Per utilizzare la fenilalanina, dobbiamo metabolizzarla. Gli individui con la PKU hanno un enzima malfunzionante che causa l' accu­ mulo di fenilalanina non metabolizzata, cosa che danneggia il cervello in fase di sviluppo. Non trasformata, la mutazione PKU causa grave indeboli1 96

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mento cognitivo. Oltre 1'80% delle persone con la PKU non metabolizzata richiede assistenza costante e il 70% di esse non è in grado di esprimersi oltre le parole singole.2> Per quarant'anni, ai neonati di tutto il mondo è stato punto il tallone per prelevare una goccia di sangue che serviva a testare la PKU. Questo test rapido ed economico, chiamato "test di Guthrie ", analizza il prodot­ to proteico del gene alla ricerca dei segni rivelatori di PKU. Il motivo per cui i neonati sono stati sottoposti a screening per questa rara malattia ge­ netica è il fatto che i peggiori effetti della PKU possono essere prevenuti con un intervento a bassa tecnologia e a basso costo. Ma il pericolo può essere evitato solo se si interviene tempestivamente. Poiché i bambini con la PKU non possono metabolizzare la fenilalanina, che quindi si accumula e danneggia il cervello in fase di sviluppo, una soluzione semplice e sen­ sata è limitare l'assunzione di fenilalanina con una dieta che la contenga solo in minima parte. La scelta di effettuare o meno il test dipende dal rapporto tra costi e benefici. Il rapporto costi-benefici per la PKU è così grande che sembra inimmaginabile non eseguire un controllo. Il costo dello screening è tra­ scurabile rispetto al prezzo psicologico per i genitori, e al costo economico per la società, di un'assistenza a vita. In netto contrasto, l'intervento die­ tetico per la PKU a bassa tecnologia e a basso costo modifica questa triste prognosi in favore di una vita pressoché normale. Ancora non ci sono altre storie genetiche a lieto fine come quella della PKU. Comunque i neonati vengono ora sottoposti a screening simultanei per decine di altre malattie monogeniche, tra cui la fibrosi cistica e l'ipo­ tiroidismo congenito; gli screening per le malattie genetiche sono eseguiti da molto tempo, perciò il punto, qui, non è farlo o non farlo, ma piuttosto quanto lo si dovrebbe fare. Perché effettuare i controlli solo per alcune mutazioni genetiche, anziché per migliaia di note malattie monogeniche? Perché non procurarsi i punteggi poligenici per predire i problemi comu­ ni, inclusi quelli psicologici? Utilizzando i chip per SNP, o meglio ancora, il sequenziamento dell'intero genoma, il costo sarebbe circa lo stesso di uno screening separato per alcune mutazioni genetiche. Anche l'uso e l'abuso dei punteggi poligenici psicologici si riduce all'a­ nalisi costi-benefici, dove i costi e i benefici sono tanto psicologici quanto medici ed economici. La complessità di queste analisi consta nel fatto che esse producono risultati diversi a seconda che la prospettiva sia quella del bambino, del genitore o della società. Inoltre, nell'analisi costi-benefici ci sono differenze individuali, dato che le persone differiscono nella perce­ zione del costo e del beneficio del conoscere rispetto al non conoscere il 1 97

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proprio futuro genetico. I costi della genomica personalizzata sono stati ampiamente discussi, in particolare in relazione alle malattie monogeni­ che. Questi includono preoccupazioni relative a privacy, discriminazione, stigmatizzazione e bambini progettati geneticamente. Un altro problema è l'impatto emotivo della conoscenza genomica, non solo per chi ha ac­ consentito a indagare i propri punteggi poligenici, ma anche per i familiari per i quali l'informazione è rilevante, ma non richiesta. Una mossa saggia, fin dall'inizio dello Human Genome Project che ha sequenziato il genoma umano, consisteva nell'utilizzare una parte del budget per finanziare la ricerca sulle implicazioni etiche, legali e sociali (ELSI) del progetto.24 li programma ELSI affrontava molte di queste pro­ blematiche a livello delle cause monogeniche delle malattie, quali la pri­ vacy e la correttezza nell'uso delle informazioni genetiche, così come l'in­ tegrazione di test genetici in contesti clinici, questioni etiche associate alla progettazione e alla conduzione della ricerca genetica, e la comprensione professionale e pubblica delle complesse questioni che derivano dalla ri­ cerca genomica. Spero che, a livello delle malattie monogeniche, questi fastidiosi pro­ blemi legati ai costi della genomica personalizzata saranno risoltU' Questi problemi non sono così gravi quando si tratta di punteggi poligenici per comuni dimensioni e disturbi mentali dato che i punteggi poligenici sono intrinsecamente probabilistici anziché deterministici. Il mio punto di vista generale è che i punteggi poligenici rappresenta­ no un importante progresso scientifico e, come tutti i progressi scientifici, possono essere utilizzati sia per il bene sia per il male. Ho messo in evi­ denza il loro potenziale positivo per la psicologia e per la società, come antidoto ai distopici pronostici avversi che spesso permeano le discussioni sulla genomica personalizzata. Si devono discutere i pro e i contro in mo­ do da poter massimizzare i benefici e minimizzare i costi, perché la rivo­ luzione genetica è inarrestabile. Sebbene ci siano molte questioni psicolo­ giche ed etiche da prendere in considerazione, milioni di persone hanno già votato con la carta di credito anche prima che i punteggi poligenici fossero disponibili, pagando per avere una predizione della loro sorte ge­ nomica. La genomica è ormai una realtà. Internet ha democratizzato le informazioni al punto che la gente non tollera regolamenti paternalistici che impediscano loro di conoscere il proprio genoma. Il genio del geno­ ma è uscito dalla lampada e, anche se ci provassimo, non riusciremmo a ricacciarvelo dentro.

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Epilogo

A più di sessant'anni dalla scoperta della sua struttura, e a quindici anni dal sequenziamento del genoma umano, il DNA è arrivato alla psicologia. In questo libro è stato tracciato il percorso dalla genetica alla genomica in psicologia. La prima tappa del percorso è stata capire che il DNA è il fattore più importante nel processo per cui diventiamo quelli che siamo. Le dif­ ferenze genetiche ereditarie sono l'essenza dell'individualità umana. Nel secolo scorso la ricerca relativa agli studi sui gemelli e sull'adozione ave­ va costruito una montagna di prove che documentano l'importanza delle differenze ereditarie del DNA, che spiegano la metà delle differenze tra gli esseri umani non solo a livello fisico, ma anche psicologico: per la salute e la malattia mentale, la personalità e le capacità e disabilità cognitive. Spie­ gare la metà della varianza in questi tratti complessi è fuori scala rispetto a qualsiasi altra dimensione dell'effetto in psicologia, che raramente rende conto del 5 % della varianza, figuriamoci del 5 0 % . I ricercatori in genetica sono andati oltre la dimostrazione dell'eredita­ bilità per porsi domande più interessanti: come si realizza l'influenza ge­ netica durante lo sviluppo? Esistono collegamenti genetici tra sviluppo normale e anormale? Geni diversi influenzano dimensioni e malattie dif­ ferenti? Due delle domande più affascinanti non riguardavano la natura, ma la cultura. Progetti geneticamente sensibili come gli studi sui gemelli e sull'adozione potrebbero, per la prima volta, studiare l'ambiente isolan­ do la componente genetica. Queste ricerche hanno portato a cinque delle più grandi scoperte in psicologia. Lo studio delle misure ambientali in progetti geneticamente sensibili ha dato luogo alla prima: la maggior parte delle misure dell'am­ biente utilizzate in psicologia rivela una notevole influenza genetica. Quelli che sembrano effetti ambientali in correlazione tra le misure "ambientali" e i tratti psicologici sono, in realtà, effetti genetici. 199

EPILOGO

La seconda riguarda lo sviluppo: l'ereditabilità aumenta per tutta la vita, specialmente per quanto riguarda l'intelligenza. La terza scoperta ri­ guarda i sostanziali collegamenti genetici tra comportamento normale e anormale: sono così robusti che questa ricerca potrebbe essere sintetizzata nello slogan "l'anormalità è normale" . La quarta scoperta riguarda i forti collegamenti genetici fra tratti apparentemente diversi, a indicare che gli effetti genetici sono generali fra i tratti anziché specifici per ciascuno di es­ si. Infine, studiando l'ambiente e controllando in parallelo la componente genetica, è emerso che le influenze ambientali rendono i bambini allevati nella stessa famiglia differenti quanto quelli allevati in famiglie diverse. Queste scoperte hanno portato a una nuova visione di ciò che ci ren­ de quelli che siamo. La genetica spiega la maggior parte delle differenze sistematiche tra le persone: il DNA è il modello che fa di noi quelli che sia­ mo. Anche gli effetti ambientali sono importanti, ma non sono sistema­ tici e sono instabili, quindi non ci si può fare granché. Inoltre, quelli che sembrano effetti ambientali sistematici sono spesso dovuti alla scelta per­ sonale di ambienti correlati alle nostre propensioni genetiche. Insieme, queste conclusioni suggeriscono che genitorialità, istruzione ed esperien­ ze di vita, pur contando moltissimo non fanno la differenza nei tratti psi­ cologici. Tali conclusioni implicano pure un nuovo modo di pensare alle pari opportunità e alla meritocrazia, in cui la maggiore ereditabilità per il rendimento scolastico, lo status professionale e il reddito è un indice di maggiore uguaglianza di opportunità e di meritocrazia. Proprio mentre il ritmo delle scoperte come queste stava iniziando a rallentare, ebbe luogo la rivoluzione genetica. L'identificazione di tutti i 3 miliardi di basi nella doppia elica del DNA nel genoma umano rivelò milio­ ni di differenze genetiche ereditarie. Centinaia di migliaia di polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) poterono essere genotipizzati per un individuo in modo rapido ed economico con un chip per SNP. La messa a punto di un tale chip con SNP selezionati in tutto il genoma ha reso possibili gli studi di associazione genome-wide (GWA). Gli studi di GWA hanno rappresentato un punto di svolta per le scienze biologiche e mediche, oltre che per la psicologia. Dopo alcune esitazioni e qualche inciampo, i ricercatori delle GWA fecero la loro prima grande scoperta sulle differenze genetiche ereditarie. Per aspetti complessi e disturbi co­ muni, compresi tutti i tratti psicologici studiati finora, i più grandi effetti degli SNP sono incredibilmente piccoli. Questo è il motivo per cui è sta­ to così difficile negli studi delle GWA approfondire associazioni tra SNP e tratti com plessi. Effetti piccoli come questi possono essere osservati solo quando i campioni degli studi di GWA raggiungono dimensioni di decine 200

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di migliaia di casi per disturbi come la schizofrenia, o di centinaia di mi­ gliaia di individui non selezionati per tratti come il livello di istruzione. Mentre gli studi di GWA stavano raggiungendo queste ardue richieste di importanza statistica, si trovò l'oro. Ma quello che gli studi di GWA avevano trovato era polvere d'oro, non pepite. Ogni singola particella non valeva molto, ma raccogliere manciate di polvere d'oro rese possibile prevedere le predisposizioni genetiche de­ gli individui. È venuta su anche un po' di semplice terra, ma questo non ha importanza, a patto che si continui a trovare oro. I punteggi poligeni­ ci segnano l'inizio della genomica personalizzata in psicologia, grazie alla quale può essere predetto il nostro futuro genetico. La prima ondata di punteggi poligenici, che comprende decine di mi­ gliaia di associazioni di SNP derivanti dagli studi di GWA, può prevedere il 17% della varianza nella statura, il 6% nel peso, l' 1 1 % nei risultati scola­ stici, il 7 % nell'intelligenza e il 7 % della varianza nel rischio per la schi­ zofrenia. I punteggi poligenici sono già i migliori predittori che abbiamo per la schizofrenia e il rendimento scolastico. Cosa più importante, a dif­ ferenza di qualsiasi altro predittore, essi prevedono altrettanto bene fin dalla nascita, e la loro anticipazione è causale, nel senso che nulla cambia le differenze genetiche ereditate. Le ricerche sui punteggi poligenici arrivano a ondate e ognuna di esse ci awicina al livello dell'alta marea che identificherà tutte le varianti gene­ tiche responsabili dell'ereditarietà. In questo momento, la marea è ben al di sotto della soglia di ereditabilità, anche perché le particelle di polvere d'oro sono così piccole che trovarle è difficile. Nondimeno, quando leg­ gerete questo libro, il potere predittivo di tutti questi punteggi poligenici sarà di gran lunga maggiore rispetto a quello dei punteggi descritti qui. Si può solo progredire. Prima che comparissero i punteggi poligenici, la ricerca genetica ci ave­ va mostrato che, per i tratti psicologici, l'ereditabilità è sostanziale e anni­ presente, ma questa era solo un'asserzione generale che non poteva essere tradotta in previsioni genetiche personalizzate. Ora i punteggi poligenici stanno trasformando la psicologia clinica e la ricerca psicologica, poiché le differenze genetiche nel genoma possono essere utilizzate per predire i tratti psicologici per ognuno di noi. Senza dubbio, alcuni di questi risultati e la loro interpretazione saran­ no controversi; i cambiamenti destano preoccupazione nelle persone e i punteggi poligenici porteranno alcuni dei più grandi cambiamenti di tut­ ti i tempi, dal momento che la rivoluzione genetica investe la psicologia con ondate di punteggi poligenici. Anche se abbiamo accennato ad alcu201

EPILOGO

ne delle preoccupazioni riguardanti le applicazioni e le implicazioni di questa nuova frontiera, questi cambiamenti mi entusiasmano perché so­ no pieni di potenziale positivo e, se ne siamo consapevoli, i pericoli pos­ sono essere evitati. Ora è il momento di stimolare un confronto pubblico più ampio sulle applicazioni e sulle implicazioni della rivoluzione genetica in psicologia, perché interesserà tutti. n motivo principale per cui ho scritto questo libro è promuovere questa discussione e fornire l'alfabetizzazione genetica di cui c'è bisogno per affrontare queste complesse questioni in modo informato. La genetica è troppo importante per !asciarla ai soli genetisti.

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Note

l . Separare natura e cultura l . S . Pinker, Tabula rasa. Perché non è vero che gli uomini nascono tutti uguali, tr. it. Mondadori, Milano 2005. 2. E. Smith-Woolley, R. Plomin, "Perceptions of heritability" , manoscritto in

preparazione. n riferimento principale per questi risultati è il mio manuale di genetica com­ portarnentale: R. Plomin, J. DeFries, V.S. Knopik et al., Behavioral Genetics, Worth 2017, VII ed. [in italiano è disponibile la VI edizione (20 1 3 ) , Geneti­ ca del comportamento, Raffaello Cortina, Milano 2014]. Seguono riferimenti per alcuni dei nuovi dati statistici. Ricordare i volti: N. Shakeshaft, R. Plo­ min, " Genetic specificity of face perception" , in Proceedings o/ the National Academy o/Sciences USA , 1 12, 2015, pp. 12 .887 - 12 .892. Abilità spaziali: K. Rimfeld, N.G. Shakeshaft, M. Malanchini et al., "Phenotypic and genetic evi­ dence for a unifactorial structure of spatial abilities", in Proceedings o/the Na­ tionalAcademy o/Sciences USA, 1 14, 2017, pp. 2777-2782. Per disturbi come la schizofrenia, le stime pubblicate sull'ereditabilità nei gemelli sono spesso di molto superiori a quelle riportate nella tabella 1 .2 . Le prime utilizzano un approccio che converte i dati sui gemelli in un ipotetico continuum di affida­ bilità, al posto del metodo più conservativo basato sull'effettiva concordanza per le diagnosi sui gemelli, come nella tabella 1 .2. 4. Questo punto è stato evidenziato dal genetista e biologo evolutivo Theodo­ sius Dobzhansky, primo presidente della Behavior Genetics Association: "ll problema natura-cultura è tuttavia lungi dall'essere privo di significato. Nella scienza, porre la domanda giusta è spesso un grande passo avanti per ottenere una risposta appropriata. La domanda sui ruoli del genotipo e dell'ambiente nello sviluppo umano deve essere posta così: fino a che punto le differenze osservate tra un individuo e l'altro sono condizionate dalle differenze dei lo­ ro genotipi e da quelle tra gli ambienti in cui queste persone sono nate, sono cresciute e sono state allevate? " (T. Dobzhansky, Heredity and the Nature o/ Man, Harcourt, Brace & World, 1964, p. 55) . 5 . Di seguito, cinque comuni equivoci sull'ereditabilità nei quali m i sono im­ battuto. Un libro interessante sull'ereditabilità, scritto da un filosofo della 3.

203

NOTE

scienza, è N. Sesardic, Making Sense o/Heritability, Cambridge University Press, 2005. Equivoco l : se il coefficiente di ereditabilità del peso è del 70% , ciò signi­ fica che il 70% del peso dipende dai geni e l'altro 30% dall'ambiente. L'ereditabilità non riguarda il singolo individuo, bensì le differenze indi­ viduali in una popolazione e la misura in cui le differenze genetiche eredita­ rie spiegano le disuguaglianze di peso in quella popolazione. Anche con un tasso di ereditabilità del 70%, l'obesità di W1a particolare persona potrebbe dipendere interamente da circostanze ambientali. Equivoco 2: nel caso del peso, non è possibile slegare gli effetti della na­ tura da quelli della cultura poiché sono entrambe essenziali. Ho l'abitudine di collezionare metafore che suggeriscono come non sia possibile scindere gli effetti dei geni da quelli dell'ambiente; la più comune riguarda l'area di un rettangolo e una delle molte citazioni che la utilizzano è del neuropsico­ logo D.O. Hebb, A Textbook o/ Psychology, W.B. Saunders, 1958, p. 129: "Chiedere fino a che punto l'ereditarietà contribuisca all'intelligenza equiva­ le a chiedere quanto la larghezza di un campo contribuisca alla sua area" . In altre parole, non è possibile separare il contributo della larghezza da quello della lunghezza nel calcolo dell'area di un rettangolo, poiché l'area è il pro­ dotto della base per l'altezza, owero non la si può ottenere se non utilizzan­ do entrambe le misure. Ciò implica che per i geni e l'ambiente sia lo stesso, il che significherebbe che non è possibile disgiungere i loro effetti. Però, in una popolazione di rettangoli, la variazione delle aree potrebbe dipendere interamente dali' altezza:

3

3

o interamente dalla base:

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3

3

3

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2

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NOTE

o da entrambe, base e altezza:

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2

3

Come per il peso, gli effetti di natura e cultura sul singolo individuo non possono essere separati; per questo tratto, geni e ambiente sono determi­ nanti: senza geni non ci sarebbe alcun individuo da pesare e i geni, senza un ambiente, non possono fare alcunché. n punto è che l'ereditabilità non si ri­ ferisce a un singolo individuo, ma a una popolazione di individui. Le diffe­ renze di peso tra le persone possono dipendere interamente dall'ambiente, interamente dalla genetica o da una combinazione dei due. L'ereditabilità è la quota della variazione di peso che può essere attribuita alle differenze ge­ netiche ereditarie. Se è vero che gli effetti di natura e cultura non possono essere separati, quest'argomentazione potrebbe essere usata tanto contro gli studi sull'in­ fluenza ambientale quanto contro quelli che riguardano l'influenza genetica, ma il fatto che tale ragionamento si applichi solo allo studio di quest'ultima è un segno della riluttanza ad accettarne l'importanza. Le metafore come quella sull'area del rettangolo danno luogo a un equi­ voco dello stesso tipo, nel caso del termine "interazione" . Per avere l'area si moltiplica la base per l'altezza, il che significa che l'effetto dell'altezza sull 'a­ rea dipende dalla base. Questa metafora è utilizzata per suggerire che gli ef­ fetti di natura e cultura interagiscono nel senso che la natura dipende dalla cultura; di nuovo, ciò implica che gli effetti dell'una e dell'altra sul peso non possono essere scomposti. In genetica, "interazione" significa che, in ambienti diversi, le stime de­ gli effetti genetici possono differire, non che gli effetti di natura e cultura so­ no inseparabili. Un esempio utilizzato nel testo riguarda il maggiore tasso di ereditabilità del peso nei Paesi più ricchi, dove il cibo spazzatura è sempre a portata di mano, rispetto a quel valore nei Paesi più poveri. L'equivoco viene a crearsi quando si utilizza il termine "interazione" per intendere che gli effetti di natura e cultura sono inscindibili in quanto i primi dipendono dai secondi. Una ragione di questo malinteso è il fatto che eredi­ tiamo il DNA, ma l'espressione del nostro DNA dipende in parte dall'ambien­ te. Il DNA non è sempre attivo: viene espresso quando è necessario, come descritto nel capitolo 1 1 . In sistemi diversi quali il cervello, il cuore e il fega­ to, l'espressione genica è differente, anche se ogni cellula dell'organismo di cui fanno parte ha ereditato esattamente lo stesso patrimonio genetico. Nei singoli organi il DNA viene attivato e disattivato in risposta all'ambiente, dal 205

NOTE

microambiente all 'interno della cellula all'ambiente esterno al nostro corpo. Mentre leggete questa frase, state modificando l'espressione di molti geni as­ sociati ai neurotrasmettitori nel cervello. Per esempio, nelle cellule adipose si attivano alcuni geni associati al peso che controllano la quantità di grasso che dev'essere immagazzinata come ri­ serva. Quando la dieta è povera di grassi, viene espresso un particolare gene, l'FTO - di cui si parla nel capitolo 1 1 - che ordina alle cellule adipose di fare scorta di grassi. Una mutazione ha fatto sì che il gene FTO si attivi più facil­ mente e immagazzini una maggiore quantità di grassi. Questa differenza ge­ netica ereditaria è il più importante fattore genetico in relazione al peso, in quanto determina una differenza di circa 3 chilogrammi tra le persone che possiedono e quelle che non possiedono questa mutazione. L'FTO viene atti­ vato in risposta a ciò che mangiamo e, nel nostro mondo di fast-food in cui abbiamo facile accesso ai cibi grassi, questa differenza genetica ereditaria è quasi sempre al lavoro. La quantità di grassi che consumiamo certamente in­ fluisce sul nostro peso e conta quale effetto ambientale, ma la differenza ge­ netica nell'FTO provocherebbe una differenza di peso tra gli individui anche se seguissero la stessa dieta; per avere un effetto significativo, le differenze genetiche devono essere espresse, ma tutto ciò che ereditiamo e tutto ciò che conta per l' ereditabilità è il DNA. Un equivoco simile è generato da una variante del motto "l'uomo pro­ pone, Dio dispone" ; in questo caso, l'idea sarebbe che "la natura propone, la cultura dispone" : si dice, cioè, che il DNA stabilisce i limiti o il potenziale per lo sviluppo, ma l'ambiente determina fino a che punto, entro quei li­ miti, l'individuo possa arrivare. Questo concetto, chiamato "intervallo di reazione ", implica che gli effetti dei geni dipendono dall'ambiente. Come illustrato nella figura con i rettangoli, questo non è vero quando si tratta di ciò che d à origine alle differenze individuali. Gli effetti genetici possono manifestarsi indipendentemente dagli effetti ambientali e viceversa. Potreb­ be sembrare una pignoleria, ma questo è un punto importante quando si tratta di ereditabilità. L'idea secondo la quale "la natura propone e la cul­ tura dispone" implica che, sebbene esistano potenziali limiti teorici stabili­ ti dal DNA individuale, il loro effettivo manifestarsi dipende dall'ambiente. L'ereditabilità non riguarda il potenziale, quello che sarebbe potuto esse­ re; descrive invece la misura in cui le differenze genetiche ereditarie crea­ no effettivamente le differenze tra i componenti di una popolazione, dato l'ambiente in cui vivono. Equivoco 3 : per il peso la genetica non può essere importante, poiché se non si mangia si dimagrisce. La ricerca genetica si occupa di " ciò che è " , non di "ciò che potrebbe essere" . Se ci guardiamo intorno, vediamo una gran va­ rietà di peso nelle persone ma, se smettessero di mangiare per parecchi giorni, dimagrirebbero tutte. Nonostante il calo ponderale medio, questi individui non perderebbero la stessa quantità di peso alla stessa velocità. Nelle popo­ lazioni che soffrono la farne, il peso potrebbe essere influenzato da fattori ge­ netici diversi e l'ereditabilità potrebbe differire da quella delle popolazioni che hanno facile accesso al cibo. 206

NOTE

L'ereditabilità riguarda ciò che determina le differenze che osserviamo in una particolare popolazione; sono molti gli interventi ambientali da cui esse potrebbero dipendere ma ciò non significa che questi siano i fattori responsabili della variazione di peso presente in quel dato gruppo di persone. Per esempio, un bendaggio gastrico intorno alla parte superiore dello stomaco limita la quan­ tità di cibo che può essere ingerita senza problemi. n bendaggio gastrico può ridurre drasticamente il peso corporeo di un individuo patologicamente obe­ so ma, ovviamente, non ha nulla a che fare con la causa della sua obesità, dato che il dispositivo viene inserito chirurgicamente. Cause e cure non sono neces­ sariamente correlate. Con il bendaggio gastrico un individuo obeso perdereb­ be comunque peso anche se l'ereditabilità per questo tratto fosse del lOO%. Nondimeno, conoscere "ciò che è" dovrebbe essere d'aiuto nel prevedere "ciò che potrebbe essere". Per esempio, sapere che il peso è un tratto fami­ liare dovuto alla natura, non alla cultura, indica che le influenze ambientali condivise dai membri di una famiglia, come la dieta e lo stile di vita, non in­ fluiscono sul peso. Questa informazione suggerisce che la ricerca di possibili sistemi per la riduzione del peso dovrebbe orientarsi su fattori ambientali di­ versi, poiché quelli già esaminati non si sono rivelati determinanti. Equivoco 4: le influenze genetiche non possono essere importanti, visto che il peso medio è in aumento. Questo valore, costantemente cresciuto negli ultimi cinquant'anni, si riferisce alle differenze medie tra i gruppi: pesiamo di più, in media, di quanto pesassimo cinquant'anni fa. Tale variazione ha avuto luogo troppo rapidamente perché la si possa attribuire a cambiamen­ ti genetici, il che ha fatto erroneamente concludere che i fattori genetici non potessero essere importanti. Un fenomeno degno di nota riguarda il fatto che, nonostante il considere­ vole aumento del peso medio, nel corso dei decenni il relativo coefficiente di ereditabilità non abbia subìto cambiamenti. L'ereditabilità interessa le dif­ ferenze tra gli individui, non quelle medie tra i gruppi. Il principio in base al quale le cause di queste ultime non sono necessariamente correlate alle cau­ se delle differenze individuali all'interno dei gruppi è importante. Nel caso del peso, le differenze individuali sono ereditabili ora quanto lo erano cin­ quant'anni fa, ma l'aumento ponderale medio potrebbe essere interamente di origine ambientale. Per esempio, l'accrescimento medio del peso potreb­ be dipendere dal maggiore accesso a cibi ricchi di energia quali le bevande zuccherate e gli snack ad alto contenuto calorico. Questo principio si applica anche alle differenze politicamente più sensi­ bili tra i gruppi, quali le dissomiglianze medie tra uomini e donne, tra clas­ si sociali o gruppi etnici, le cui cause non sono necessariamente correlate a quelle delle differenze individuali. Per esempio, alcune delle maggiori diffe­ renze tra i sessi si rilevano nell'ambito della psicopatologia infantile: è molto più probabile che i maschi siano iperattivi o manifestino sintomi di autismo rispetto alle femmine. Eppure, questi sintomi sono altamente ereditabili sia per i maschi sia per le femmine e gli studi genetici mostrano che gli stessi geni influenzano entrambi i sessi. Sebbene nel caso di questi sintomi le differenze genetiche siano sostanzialmente responsabili delle differenze individuali, es207

NOTE

se non sembrano giustificare le differenze medie tra maschi e femmine. Che cosa spiega la differenza media? Ancora non lo sappiamo. Equivoco 5: se quello che conta è la genetica, non ci si può fare nulla. Sulla maggior parte delle migliaia di disturbi monogenici non si può agire in modo efficace: sono disturbi causati da una singola differenza genetica necessaria e sufficiente perché si sviluppi la patologia; per esempio, se si eredita la mu­ tazione genetica per la Còrea di Huntington, in età adulta questa disfunzio­ ne neurodegenerativa porterà alla morte, indipendentemente dall'ambiente in cui si vive. Su alcune patologie monogeniche si può intervenire; uno dei rari esempi è la fenilchetonuria (PKU), una malattia monogenica che, se non trattata, pro­ voca gravi disabilità intellettive. Questa differenza genetica ereditaria produ­ ce un enzima disfunzionale che non è in grado di scomporre la fenilalanina, uno degli aminoacidi essenziali contenuti in alcuni alimenti. Se non si riesce a metabolizzare la fenilalanina, questa si accumula e danneggia il cervello in fase di sviluppo. La comprensione di questo disturbo metabolico ereditario ha permesso una soluzione dietetica a bassa tecnologia: limitare l'assunzione dei cibi ricchi di fenilalanina quali il latte materno, le uova e la maggior par­ te delle carni e dei formaggi. La possibilità di correggere effettivamente una mutazione genetica si è concretizzata in tempi recenti: grazie a una tecnica di correzione genetica chiamata CRISPR, si può eliminare e sostituire in modo efficace e preciso un gene mutato, come descritto nel capitolo 1 1 . Diversamente, l'influenza genetica sul peso e su tutti i tratti psicologici non riguarda la mutazione ereditaria di un singolo gene. Per questa ragione, sem­ bra improbabile che la correzione genetica possa essere utilizzata per modi­ ficare i geni coinvolti in questi tratti. L'ereditabilità è il risultato di migliaia di geni dall'effetto limitato, o poligenicità. La natura altamente poligenica dell'influenza genetica è anche il motivo per cui ereditabilità non significa immutabilità. Nel caso del peso, l'elevato coefficiente di ereditabilità indica che gli effetti poligenici sono responsabili delle differenze ponderali e che le differenze ambientali esistenti non contano molto. L'alta ereditabilità del peso indica che in una popolazione, in media, diffe­ renze ambientali come quelle che riguardano la dieta non contribuiscono in modo importante a fornire una risposta sulla differenza di peso tra le perso­ ne. Ciò nonostante, chi vuole perdere peso può riuscirei; per qualcuno, però, a causa delle sue propensioni genetiche, sarà molto più difficile che per altri. Questo è un altro esempio del fatto che l'ereditabilità riguarda "ciò che è" e non "ciò che potrebbe essere " . 6. P. Lichtenstein, N.V. Holm, P.K. Verkasalo et al., "Environmental and he­ ritable factors in the causation of cancer - Analysis of cohorts of twins from Sweden, Denmark, and Finland", in New England ]ournal o/Medicine, 343 , 2000, pp. 78-85. 7. Nella nostra indagine del 2017, su cinquemila giovani adulti nel Regno Uni­ to, abbiamo riscontrato che la correlazione media tra le stime di ereditabilità relativamente a tutti i quattordici tratti era solo dello 0,27: E. Smith-Woolley, R. Plomin, "Perceptions of heritability", cit. 208

NOTE

8. Z. Ayorech, S. Selzam, E. Smith-Woolley et al., "Publication trends over 55 years of behavioral genetics research " , in Behavioral Genetics, 46, 2016, pp. 603 -607. 9. R. Plomin, J.C. DeFries, V.S. Knopik et al. , "Top lO replicated findings from behavioral genetics" , in Perspectives on Psychological Science, 1 1 , 2016, pp. 3 -2 3 .

2 . Come sappiamo che il DNA ci rende quelli che siamo? l.

2. 3. 4. 5.

6.

7. 8.

Dovetti elaborare le questioni etiche e logistiche con le agenzie di adozione. Per esempio, perché i genitori adottivi non si sentissero sottoposti ad alcuna pressione, concordammo che le agenzie di adozione li avrebbero contattati e avrebbero chiesto loro di partecipare allo studio solo dopo che l'adozione fosse stata approvata. Poi dovetti ottenere l'approvazione del comitato di re­ visione etica dell'università: tutte le ricerche svolte presso l'università devono essere approvate e monitorate da un comitato etico formalmente designato per proteggere i diritti e il benessere delle persone che partecipano alla ricer­ ca. Mi fu relativamente facile ottenere l'approvazione del comitato di revisio­ ne etica, poiché le principali questioni di confidenzialità e anonimato erano già state risolte con le agenzie di adozione. S.-A. Rhea, J.B. Bricker, S.J. Wadsworth et al., "The Colorado Adoption Project", in Twin Research and Human Genetics, 16, 20 13, pp. 358-365. I risultati descritti in questa sezione sono disponibili in S . Petrill, R . Plomin, ].C. DeFries et al. , Nature, Nurture and Transition to Early Adolescence, Ox­ ford University Press, 2003 . P. McGuffin, R. Plomin, "A decade of the Social, Genetic and Developmen­ tal Psychiatry Centre at the Institute of Psychiatry", in British Journal o/Psy­ chiatry, 185, 2004, pp. 280-282. R. Plomin,J. Campos, R . Corley e t al. , "Individuai differences during the se­ cond year of life: The MacArthur longitudinal twin study'', in J. Colombo, J.W. Fagen (a cura di), Individuai Di/lerences in In/ancy. Reliability, Stability, and Predictability, Lawrence Erlbaum Associates, Inc., 1990, pp. 43 1 -455. C.M.A. Haworth, O.S.P. Davis, R. Plomin, "Twins Early Development Study (TEDS) : A genetically sensitive investigation of cognitive and behavioral deve­ lopment from childhood to young adulthood" , in Twin Research and Human Genetics, 16, 20 13, pp. 1 17- 125 . I collegamenti a questi articoli sono disponibili sul sito web del TEDS, clic­ cando su "Research " e poi su "Scientific Publications" , . Anziché concentrarsi sulle medie, le statistiche relative alle differenze indivi­ duali si focalizzano sulla variabilità. Nello studio TEDS sui gemelli, fu valutato il peso all'età di 16 anni di duemila coppie di gemelli. li loro peso medio era di 59 chili circa, ma oscillava tra i 34 e i 1 13 chili, come mostrato nella figu209

NOTE

ra seguente. La figura mostra la cosiddetta distribuzione normale, la curva a campana, con la maggior parte dei punteggi vicini alla media e un minor nu­ mero di punteggi se si guarda verso gli estremi bassi o alti. La distribuzione per il peso non è del tutto normale perché l'epidemia di obesità è responsa­ bile di un numero sproporzionato di individui più pesanti: c'è una coda più lunga sul lato destro della distribuzione. La

distribuzione del peso (espresso in libbre) nei sedicenni

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300

Peso nei gemelli

La varianza è un dato statistico che descrive questa variabilità, cioè la mi­ sura in cui il peso del singolo individuo si distanzia dalla media del gruppo. Un soggetto che pesa 130 libbre (circa 59 chili) non aggiunge nulla alla va­ rianza, mentre uno che ne pesa 200 (circa 100 chili) vi aggiunge molto. Una persona del peso di 200 libbre supera di 70 libbre (circa 32 chili) la media di 130 libbre. Questo individuo aggiunge molto alla varianza, poiché il quadra­ to di 70 è 4900 (l'equivalente di 2222,60 chilogrammi). La covarianza è fondamentale perché è un indice della forza dell'associa­ zione tra due variabili. Si chiama "covarianza" perché indica fino a che punto la varianza cavaria tra due variabili. Come appena osservato, essa viene cal­ colata elevando al quadrato la differenza tra il peso di ciascun individuo e il peso medio. Per calcolare la covarianza, la deviazione di ciascun individuo dalla media, per una variabile, viene moltiplicata per la deviazione dalla media del soggetto per l'altra variabile. La covarianza è la media di questi prodotti 210

NOTE

tra gli individui. Quindi, la covarianza sarà sostanziale se le persone che sono ben al di sopra della media per una variabile sono anche ben al di sopra della media per l'altra variabile. La correlazione è la quota di varianza che cavaria; essa divide la covarianza per la varianza, il che converte perfettamente la covarianza per renderla più interpretabile su una scala da zero a uno. Se le due variabili sono completa­ mente covarianti, la covarianza è uguale alla varianza e la correlazione è l . Una correlazione può essere visualizzata su un grafico a dispersione. Senza dubbio avrete notato che le persone più alte pesano di più. La seguente figu­ ra mostra la correlazione tra peso e statura dei sedicenni partecipanti al mio studio TEDS sui gemelli. La correlazione tra peso e statura (espressa in pollici: 1 pollice = 2,54 cm) nei sedicenni 260 t

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80

Decili per il pu nteggio poligenico relativo alla statura

La correlazione è di 0,6, il che significa che il 60% della varianza di peso e statura cavaria. Se la correlazione fosse O, il grafico a dispersione avrebbe forma tondeggiante anziché ovale, a indicare l'assenza di associazione tra le due variabili; se la correlazione fosse l , il grafico a dispersione sarebbe una linea retta. I punteggi sul peso potrebbero prevedere perfettamente la sta­ tura e viceversa. La correlazione di 0,6 si trova nel mezzo di questi due estremi. La figura mostra chiaramente che le persone più pesanti sono più alte, ma vi sono ec­ cezioni. Per esempio, il punto in alto, al centro, corrisponde a uno dei sedi­ cenni più pesanti (circa 1 13 chili), che è solo di media statura. Poiché il peso è correlato in modo così sostanziale con la statura, viene spesso rettificato su di 211

NOTE

essa per ottenere una misura più pura, indipendentemente dall'altra variabi­ le. Una correzione ampiamente utilizzata è chiamata indice di massa corporea. 9. I dati sul peso provengono da T.J. Bouchard, M. McGue, "Familial studies of intelligence: A review", in Sàence, 2 12, 198 1 , pp. 1055 -1059. È disponi­ bile anche una panoramica dello studio: N .L. Segal, Born Together - Reared Apart, Harvard University Press, 2012. 10. N.L. Pedersen, G.E. McClean, R. Plomin et al., "The Swedish Adoption l Twin Study of Aging: An update" , in Acta Geneticae Medicae et Gemellolo­ giae, 40, 199 1 , pp. 7-20. 1 1 . Questa co"elazione MZ è solo lievemente maggiore rispetto alla correlazione per i gemelli MZ allevati separatamente (0,75 ) ; ciò suggerisce che i gemelli che trascorrono tutta la vita insieme, nella stessa casa, siano solo leggermen­ te più simili tra loro rispetto a quelli cresciuti in case diverse. Mi soffermerò sulla questione più tardi, dopo aver esaminato gli studi sull'adozione. 12. K. Silventoinen, A. Jelenkovic, R. Sund et al., "Genetic and environmental ef­ fects on body mass index from infancy to the onset of adulthood: An individual­ based pooled analysis of 45 twin cohorts participating in the COllaborative project ofDevelopment of Anthropometrical measures in Twins (CODATwins) study", in American ]ournal o/Clinica! Nutrition, 104, 2016, pp. 37 1-379. 13. R. Plomin, J.C. DeFries, D.W. Fulker, Nature and Nurture during Infancy and Early Childhood, Cambridge University Press, 1 988, DOI: 10.10 17/ CB097805 1 1527654. 14. Il "model-fitting" , che raggruppa tutti i dati, è uno degli importanti passi avanti nella ricerca sui gemelli e sulle adozioni. Il model-fitting può analizzare simultaneamente tutti i dati provenienti dagli studi sulla famiglia, sui gemelli e sull'adozione e fornire una singola stima dell'influenza ereditabile; chiarisce anche le ipotesi - per esempio, quelle sulla variazione genetica non additiva e sui cambiamenti di età negli effetti genetici - e verifica questi presupposti. Le stime di ereditabilità basate sul model-fitting per il peso degli adulti sono pari al 70%. Che cosa si può dire riguardo ad altre misure relative al peso, come l'indice di massa corporea (peso corretto in base all'altezza), la circonferenza della vita e lo spessore della plica? La ricerca genetica produce, per queste misure, stime di ereditabilità altrettanto elevate. Gli studi che utilizzano una tecnica chiamata "analisi genetica multivariata" rivelano pure che gli stessi geni in­ fluenzano in gran parte (circa per 1'80 % ) queste diverse misure del peso. 15. L'aver riscontrato che gli studi sui gemelli producono la stima di ereditabilità più alta, 1'80%, suggerisce l'importanza di un particolare tipo di influenza ge­ netica rilevata solo nei gemelli MZ. I gemelli MZ sono come cloni, in quanto la loro sequenza di DNA ereditaria è identica. Diversamente, i parenti di primo grado - i fratelli, compresi i gemelli DZ, così come i genitori e i loro figli - non sono realmente simili al 50%: lo sono solo per quelli che vengono chiamati effetti genetici additivi, effetti che "si sommano" individualmente. Poiché il DNA dei gemelli MZ è identico, questi sono i soli a essere soggetti agli effetti genetici non additivi, che rappresentano circa il 10% dell'ereditabilità per il peso. Questo è il motivo principale per cui l'ereditabilità, negli studi sui ge­ melli, è maggiore rispetto alle stime rilevate per fratelli e genitori. 212

NOTE

16. K. Silventoinen, A. Jelenkovic, R. Sund et al., "Genetic and environmental effects on body mass index from infancy to the onset of adulthood: An indi­ vidual-based pooled analysis of 45 twin cohorts participating in the COlla­ borative project of Development of Anthropometrical measures in Twins (CODATwins) study", cit. 17. J. Min, D.T. Chiu, Y. Wang, "Variation in the heritability of body mass index based on diverse twin studies: A systematic review" , in Obesity Research, 14, 2013 , pp. 87 1-882. 18. Un'eccezione potrebbe essere rappresentata dai dati di autovalutazione re­ lativi alla personalità. Abbiamo riscontrato che i dati sull'adozione produ­ cono stime di ereditabilità molto più basse rispetto a quelli relativi agli studi sui gemelli, fatto che abbiamo attribuito all'influenza genetica non additiva sulla personalità. R. Plomin, A. Caspi, D.W. Fulker et al., "Adoption results for self-reported personality: Evidence for non-additive genetic effects? ", in Journal o/Personality and Social Psychology, 75 , 1998, pp. 2 1 1-2 18. 19. T.]. Polderman, B. Benyamin, C.A. de Leeuw et al., "Meta-analysis of the he­ ritability of human traits based on fifty years of twin studies", in Nature Ge­ netics, 47, 2015, pp. 702-709. 20. ].S. Hyde, "Gender similarities and differences", in Annua! Review o/ Psy­ chology, 65, 2014, pp. 373 -398.

3. La genetica dell'ambiente Infatti, insieme ai miei colleghi ho descritto dieci tra le più importanti sco­ perte degli ultimi decenni: R. Plomin, J.C. DeFries, V.S. Knopik et al., "Top 10 replicated findings from behavioral genetics ", cit. 2. J.P.A. Ioannidis, "Why most published research findings are false", in PLoS Medicine, 2 , 2005 , 001: 10.137 1/journal.pmed.0020124. 3. In medicina: C.G. Begley, L.M. Ellis, " Raise standards for preclinical cancer research" , in Nature, 483 , 2012, pp. 53 1-533. In farmacologia: F. Prinz, T. Schlange, K. Asadulah, "Believe it or not: How much can we rely on published data on potential drug targets?", in Nature Reviews Drug Discovery, 10, 201 1 , p. 7 12. Nelle neuroscienze: W. Boekel, E.J. Wagenmakers, L. Belay et al., "A pu­ rely confirmatory replication study of structural brain-behavior correlations", in Cortex, 66, 2015, pp. 1 15 - 133 ; A. Eklund, T.E. Nichols, H. Knutsson, "Cluster failure: Why fMRI inferences for spatial extent bave inflated false­ positive rates", in Proceedings o/ the National Academy o/Sciences USA, 1 13 , 2016, pp. 7900-7905 . 4. A.A. Aarts, J.E. Anderson, C.J. Anderson et al., "Estimating the reproducibi­ lity of psychological science", in Science, 349, 2015, pp. 843-950. Una recen­ sione di questo autorevole articolo conclude che la situazione nelle scienze comportamentali non era così disperata: D.T. Gilbert, G. King, S. Pettigrew et al., "Comment on 'Estimating the reproducibility of psychological scien­ ce"', in Science, 35 1 , 2016, 001: 10.1 126/science.aad7243 . Tuttavia, una real.

213

NOTE

zione a questa recensione indica che il giudizio sulla gravità del problema è ancora sospeso: C.J. Anderson, S. Bahnik, M. Barnett-Cowan et al., "Respon­ se to comment on 'Estimating the reproducibility of psychological science' ", in Science, 3 5 1 , 2016, DOI: 10. 1 126/science.aad9 163 . 5 . R. Feynman, Sta scherzando, Mr Feynman! Vita e avventure di uno scienziato curioso, tr. it. Zanichelli, Bologna 2007 (p. 343 ed. or. Surely You're ]oking, Mr Feynman, Vintage, 1992). 6. Allontanandoci dalle questioni statistiche, credo che la cosa più necessaria sia superare la disconnessione tra ciò che è vantaggioso per gli scienziati e ciò che lo è per la scienza. Il vantaggio, per gli scienziati, è rappresentato dalla pubblicazione su riviste importanti; per la scienza è importante che lo studio sia condotto in modo corretto, il che è molto più facile a dirsi che a farsi. Co­ munque, a rischio di sembrare ipocriti, il vero piacere della scienza è ottene­ re risultati nuovi e veri, che sia possibile replicare. B.A. Nosek, J.R. Spies, M. Motyl, "Scientific utopia. II: Restructuring incentives and practices to pro­ mote truth over publishability" , in Perspectives on Psychological Science, 7, 2012, pp. 615-63 l ; J .P.A. Ioannidis, "How to make more published research true", in PLoS Medicine, 1 1 , 2014, DOI: 10. 137 1/journal.pmed. 100 1747 . 7. R. Plomin, J.C. DeFries, V.S. Knopik et al., "Top lO replicated findings from behavioral genetics" , cit. 8. S. Pinker, Tabula rasa. Perché non è vero che gli uomini nascono tutti uguali, cit. 9. R. Plomin, C.S. Bergeman, "The nature of nurture: Genetic influence on 'en­ vironmental' measures (with open peer commentary and response) " , in Be­ havioral and Brain Sciences, 14, 199 1 , pp. 373-428. 10. H.J. Eysenck, Declino e caduta dell'impero freudiano, tr. it. A.C.I., Torino 1987; R. Webster, M. Macmillan, Freud Evaluated. The Completed Are, MIT Press, 1 997 ; R. Webster, Why Freud was Wrong. Sin, Science and Psychoa­ nalysis, The Orwell Press, 2005. 1 1 . K. Popper, Congetture e re/utazioni, tr. it. il Mulino, Bologna 1969. 12. R. Plomin, P. Lichtenstein, N.L. Pedersen et al., "Genetic influence on life events during the last half of the life span", in Psychology andAging, 5 , 1990, pp. 25-30. 13 . T.H. Holmes, R. H. Rahe, "The social readjustment rating scale", in ]ournal o/Psychosomatic Research, 1 1 , 1967, pp. 2 1 3 -2 1 8. 14. V. Jocklin, M. McGue, D. T. Lykken, "Personality and divorce: A gene­ tic analysis " , in Journal o/Personality and Social Psychology, 7 1 , 1996, pp. 288-299. 15. J.E. Salvatore, L. Larsson, ]. Sundquist et al., "Genetics, the rearing envi­ ronment, and the intergenerational transmission of divorce: A Swedish na­ tional adoption study", in Psychological Science, 29, 2018, pp. 370-378. 16. D. Pearl, L. Brouthilet, J.B. Lazar, Television and Behaviour. Ten Years o/ Scientific Progress and Implications /or the Eighties, us Government Printing Office, 1 982, vol. l . 1 7 . R . Plomin, R. Corley, J.C. DeFries et al., " Individuai differences in television viewing in early childhood: Nature as well as nurture", in Psychological Scien­ ce, l , 1 990, pp. 3 7 1 -377. 214

NOTE

18. Rubrica "News & Comment" . " TV attachment inherited? " , in Science, 250, 1990, p. 1335. 1 9. R.J. Rose, "Genes and human behavior", in Annua! Review o/Psychology, 46, 1995, pp. 625-654. 20. R. Plornin, C.S. Bergeman, "The nature of nurture: Genetic influence on 'en­ vironrnental' measures (with open peer commentary and response) " , cit. 2 1 . B. Manke, S. McGuire, D. Reiss et al., "Genetic contributions to adolescents' extrafamilial social interactions: T eachers, best friends, and peers ", in Social Development, 4, 1995, pp. 238-256. 22 . C. S. Bergeman, R. Plomin, N .L. Pedersen et al., "Genetic and environmen­ tal influences on social support: The Swedish Adoption l Twin Study of Aging (SATSA) " , in ]ournal o/ Gerontology. Psychological Sciences, 45, 1990, pp. 1 0 1 - 1 06. 23 . Z. Ayorech, S. von Stumm, C.M. Haworth et al., " Personalized media: A ge­ netically sensitive investigation of individuai differences in online media use", in PLoS One, 12, 2017, 001: 10.137lljournal.pone.0168895. 24. K. Philipps, A.P. Matheny, "Quantitative genetic analysis of injury liability in infants and toddlers" , in American ]ournal o/ Medica! Genetics, Part B, in Neuropsychiatric Genetics, 60, 1 995, pp. 64-7 1 . 25 . R. Plomin, ].C. Loehlin, J.C. DeFries, "Genetic and environmental compo­ nents of 'environmental' influences" , in Developmental Psychology, 2 1 , 1985, pp. 391 -402. 26. C.S. Bergeman, R. Plomin, N.L. Pedersen et al., "Genetic mediation of the relationship between social support and psychological well-being " , in Psy­ chology an d Aging, 6, 199 1 , pp. 640-646. 27. R. Avinun, A. Knafo, "Parenting as a reaction evoked by children's genotype: A meta-analysis of children-as-twins studies" , in Personality and Social Psycho­ logy, 18, 2014, pp. 87 - 102; K.S. Kendler, J.H. Baker, "Genetic infuences on measures of the environment: A systematic review", in Psychological Medici­ ne, 37, 2007, pp. 615-626; A.M. Klahr, S.A. Burt, "Elucidating the etiology of individuai differences in parenting. A meta-analysis of behavioral genetic research" , in Psychological Bulletin, 140, 2014, pp. 544-586. 28. E. Krapohl, L.]. Hannigan, J.-B. Pingault et al., "Widespread covariation of early environmental exposures and trait-associated polygenic variation ", in Proceedings o/ the National Academy o/Sciences USA, 1 14, 2017 , pp. 1 1 .727 1 1 .732; R. Plomin, "Genotype-environment correlation in the era of DNA " , in Behavior Genetics, 44, 2014, pp. 629-638.

4. L'importanza del DNA aumenta con il passare del tempo l . Originariamente definito d a C . Spearman, "Generai intelligence, objecti­ vely deterrnined and measured", in American Journal o/Psychology, 15, 1904, pp. 201 -292. Tra le decine di libri sull'intelligenza, uno recente particolarmente leggibile è S. Ritchie, Intelligence. Al! That Matters, Hodder & Stoughton, 2015. 215

NOTE

2. L.S. Gottfredson, "Mainstream science on intelligence: An editoria! with 52 signatories, history, and bibliography", in Intelligence, 24, 1994, pp. 13-23. 3 . I.J. Deary, L. Penke, W. Johnson, "The neuroscience of human intelligence differences ", in Nature Reviews Neuroscience, 1 1 , 2010, pp. 20 1 -2 1 1 . 4. L.S. Gottfredson, "Why g matters: The complexity of everyday life" , in Intel­ ligence, 24, 1 997, pp. 79- 13 1 ; F.L. Schmidt, J.E. Hunter, "The validity and utility of selection methods in personnel psychology: Practical and theoreti­ cal irnplications of 85 years of research fìndings", in Psychological Bulletin, 124, 1 998, pp. 262-274. 5 . Editoriale, "Intelligence research should not b e held back by its past " , in Na­ ture, 545, 2017, pp. 3 85-386. 6. R. Plomin, "Foreword" , in Y. Kovas, S. Malykh, D. Gaysina (a cura di) , Behavioural Genetics /or Education, Palgrave Macmillan UK, 2016, DOI: 10.1057/9781 137437327. 7. R. S. Wilson, "The Louisville Twin Study: Developmental synchronies in be­ havior" , in Chi/d Development, 54, 1 983 , pp. 298-3 16. 8. R. Plomin, D.W. Fulker, R. Corley et al., " Nature, nurture, and cognitive de­ velopment from l to 16 years. A parent-offspring adoption study" , in Psycho­ logical Science, 8, 1997, pp. 442-447. 9. C.M.A. Haworth, M.J. Wright, M. Luciano et al., "The heritability of gene­ rai cognitive ability increases linearly from childhood to young adulthood" , in Molecular Psychiatry, 15, 2010, pp. 1 1 12- 1 120. 10. D.A. Briley, E.M. Tucker, "Explaining the increasing heritability of cognitive ability across development: A meta-analysis of longitudinal twin and adop­ tion studies" , in Psychological Science, 24, 2013, pp. 1704-1713 . 1 1 . M. McGue, K. Christensen, "Growing old but not growing apart: Twin sirnila­ rity in the latter half of the lifespan " , in Behavior Genetics, 43 , 201 3 , pp. 1 - 12. 12. E. Turkheirner, E. Pettersson, E.E. Horn, "A phenotypic null hypothesis for the genetics of personality", in Annua! Review of Psychology, 65, 2014, pp. 5 14-540; Y. Kovas, I. Voronin, A. Kaydalov et al., "Literacy and nume­ racy are more heritable than intelligence in primary school" , in Psychological Science, 24, 2013, pp. 2048-2056. 13. Y. Kovas, I. Voronin, A. Kaydalov et al., "Literacy and numeracy are more heritable than intelligence in prirnary school" , cit. 14. S.P. Hagenaars, W.D. Hill, S.E. Harris et al., "Genetic prediction of ma­ le pattern baldness" , in PLoS Genetics, 1 3 , 2017, DOI: 10. 137 1 /journal. pgen. l 006594. 15. Y. Kovas, C.M. Haworth, P.S. Dale et al., "The genetic and environmental origins oflearning abilities and disabilities in the early school years" , in Mono­ graphs o/ the Society /or Research in Chi/d Development, 72, 2007, pp. 1 - 144. 16. D.A. Briley, E.M. Tucker, "Explaining the increasing heritability of cognitive ability across development: A meta-analysis of longitudinal twin and adop­ tion studies" , in Psychologica! Science, 24, 2013, pp. 1704-1713. 17. S. Sniekers, "Genome-wide association meta-analysis of 78.308 individuals identifies new loci and genes influencing human intelligence", in Nature Ge­ netics, 49, 2017, pp. 1 107 - 1 1 12. 216

NOTE

18. R. Plomin, J.C. DeFries, "A parent-offspring adoption study of cognitive abi­ lities in early childhood", in Intelligence, 9, 1985, pp. 341 -356. Recenti meta­ analisi di model-fitting hanno confermato l'amplificazione genetica: D.A. Bri­ ley, E.M. Tucker-Drob, "Explaining the increasing heritability of cognitive ability across development: A meta-analysis of longitudinal twin and adoption studies " , in Psychological Science, 24, 2013 , pp. 1704- 1713.

5. L'anormalità è normale l . Z. Steel, C . Marnane, C . lranpour et al., "The global prevalence o f common

2.

3. 4. 5. 6. 7.

mental disorders: A systematic review and meta-analysis 1980-20 13 ", in In­ ternational ]ournal o/Epidemiology, 43, 2014, pp. 476-493. R. Plomin, Y. Kovas, "Generalist genes and learning disabilities" , in Psycho­ logical Bulletin, 1 3 1 , 2005 , pp. 592-617. Risultati simili sono stati ottenuti per gli estremi alti e bassi di altri tratti psicologici, per esempio per l'intelligen­ za scarsa ed elevata; questi sono geneticamente diversi a livello quantitati­ vo, non qualitativo, dal resto della distribuzione dell'intelligenza: R. Plomin, C.M. Haworth, O.S. Davis, "Common disorders are quantitative traits", in Nature Reviews Genetics, 10, 2009, pp. 872-878. Un'eccezione è la grave di­ sabilità intellettiva, che è geneticamente distinta dal resto della distribuzione dell'intelligenza e affetta da rare mutazioni dagli effetti considerevoli: A. Rei­ chenberg, M. Cederléif, A. McMillan et al., "Discontinuity in the genetic and environmental causes of the intellectual disability spectrum", in Proceedings o/ the National Academy o/Sciences USA, 1 13 , 2016, pp. 1098- 1 1 03 . S . Selzam, P.S. Dale, R.K. Wagner et al . , "Genome-wide polygenic scores predict reading performance throughout the school years", in Scientific Stu­ dies o/Reading, 2 1 , 2017, pp. 334-33 9. R. Plomin, M.J. Owen, P. McGuffin, "The genetic basis of complex human behaviors" , in Science, 264, 1994, pp. 1733- 1739. R. Plomin, C.M. Haworth, O.S. Davis, "Common disorders are quantitative traits", ci t. T. lnsel, B. Cuthbert, M. Riegarvey et al. , " Research Domain Criteria (RDoC): Toward a new classification framework for research on mental disorders", in American ]ournal o/Psychiatry, 167 , 2010, pp. 748-75 1 . L .C. Johns, J . van Os, "The continuity of psychotic experiences i n the gene­ rai population" , in Clinica! Psychology Review, 2 1 , 2001, pp. 1 125 - 1 14 1 .

6. Geni generalisti l . R. Plomin, Y . Kovas, "Generalist genes and learning disabilities", in Psycho­

logical Bulletin, 13 1 , 2005 , pp. 592-617. 2. K.A. McLaughlin, A.M. Gadermann, I. Hwang et al., "Parent psychopatho­ logy and offspring mental disorders: Results from the Who World Mental Health Surveys" , in British Journal o/Psychiatry, 200, 2012, pp. 290-299. 217

NOTE

3 . K.S. Kendler, M.C. Neale, R.C. Kessler et al., "Major depression and gene­ ralized anxiety disorder - same genes, (partly) different environments" , in Archives o/ Genera! Psychiatry, 49, 1992, pp. 7 1 6-722. 4. C.M. Middeldorp, D. Cath, R. van Dyck et al., "The co-morbidity of anxiety an d depression in the perspective of genetic epidemiology: A review of twin and family studies" , in Psychological Medicine, 35, 2005, pp. 61 1-624. 5. Un'interessante eccezione alla regola dei geni generalisti è l'autismo. La dia­ gnosi di ciò che ora è ufficialmente chiamato disturbo dello spettro dell'au­ tismo è basata su tre gruppi di sintomi: isolamento sociale, difficoltà di co­ municazione e comportamenti rigidi e ripetitivi; perché ci sia una diagnosi di autismo devono esserci menomazioni in ciascuna di queste aree. Sul perché sia così, non c'è altra risposta se non la casualità storica. La ricerca genetica mostra che i geni che interessano una di queste aree sono per la maggior parte diversi da quelli associati alle altre. È probabile che il fatto di mettere insieme tre fattori geneticamente non correlati sia la ragione per cui la ricerca mirata a identificare i geni associati all'autismo ha avuto meno successo rispetto a quella che si occupa di altri disturbi. Da un punto di vista genetico, l'autismo diagnosticato come una triade di sintomi non esiste; ognuna delle tre aree presenta un problema reale, ma devono essere analizzate separatamente poi­ ché sono geneticamente diverse: F. Happé, A. Ronald, R. Plomin, "Time to give up on a single explanation for autism" , in Nature Neuroscience, 9, 2006, pp. 1218- 1220. 6. A. Caspi, T. Moffitt, "Ali for one and one for ali: Mental disorders in one di­ mension", in American Journal o/Psychiatry, 175, 2018, DOI: 10. 1 176/appi. ajp.2018. 17 121383. 7. D.H. Kavanagh, K.E. Tansey, M.C. O'Donovan et al., "Schizophrenia gene­ tics: Emerging themes for a complex disorder" , in Molecular Psychiatry, 20, 2015, pp. 72-76; H. Lee, S. Ripke, B.M. Neale et al., "Genetic relationship between five psychiatric disorders estimated from genome-wide SNPs", in Na­ ture Genetics, 45 , 20 13, pp. 984-994 . 8. R. Plomin, Y. Kovas, "Generalist genes and learning disabilities", cit. 9. Y. Kovas, C.M. Haworth, P.S. Dale et al., "The genetic and environmental origins of learning abilities and disabilities in the early school years", in Mono­ graphs o/ the Society /or Research in Chi/d Development, 72, 2007, pp. 1 - 144. 10. N. Harlaar, P.S. Dale, R. Plomin, "Correspondence between telephone testing an d teacher assessments of reading skills in a sample of 7 -year-old twins. II: Strong genetic overlap " , in Reading and Writing. An Interdiscipli­ nary ]ournal, 18, 2005 , pp. 401 -423 . 1 1 . K. Rimfeld, N.G. Shakeshaft, M. Malanchini et al., "Phenotypic and genetic evidence for a unifactorial structure of spatial abilities" , in Proceedings ofthe National Academy o/Sciences USA, 1 14, 2017, pp. 2777 -2782; N. Shakeshaft, K. Rimfeld, K.L. Schofield et al., "Rotation is visualisation, 3 D is 2D: Using a novel measure to investigate the genetics of spatial ability", in Scientific Re­ ports, 6, 2016, 001: 10. 1038/srep3 0545 . 12. Y. Kovas, R. Plomin, "Generalist genes: Implications for the cognitive scien­ ces", in Trends in Cognitive Science, 10, 2006, pp. 198-203. 218

NOTE

13. I.J. Deary, L. Penke, W. Johnson, "The neuroscience of human intelligence differences" , cit.

7. Perché bambini di una stessa famiglia sono così diversi l . Nel primo studio genetico sull'amabilità sono state riscontrate prove dell'in­

fluenza dell'ambiente condiviso: C.S. Bergeman, H.M. Chlpuer, R. Plomin et al., "Genetic and environmental effects on openness to experience, agreeable­ ness, and conscientiousness: An adoption/twin study'' , in ]ournal o/Persona­ lity, 6 1 , 1 993 , pp. 159- 179. Ma le ricerche successive non hanno confermato questi risultati: V.S. Knopik, M. Neiderhiser, J.C. DeFries et al., Behavioral Genetics, cit. 2. K. Rimfeld, Y. Kovas, P.S. Dale et al., "True grit and genetics: Predicting academic achievement from personality", in ]ournal o/Personality and Social Psychology, 1 1 1 , 2016, pp. 780-789. 3. V.S. Knopik, M. Neiderhiser,J.C. DeFries et al., Behavioral Genetics, cit.; T.J. Polderman, B. Benyamin, C.A. de Leeuw et al., "Meta-analysis ofheritability of human traits based on fifty years of twin studies " , cit. 4. D.C. Rowe, R. Plomin, "The importance of non-shared environmental in­ fluences in behavioral development " , in Developmental Psychology, 17, 198 1 , pp. 517-53 1 . 5 . La scoperta fu ignorata quando emerse, nel 1976, in relazione alla personali­ tà: J.C. Loehlin, R. C. Nichols, Heredity, Environment and Personality, Uni­ versity of Texas, 197 6; suscitò un acceso dibattito nel 1987 , quando esaminai per la prima volta la ricerca genetica che indicava questo fenomeno: R. Plo­ min, D. Daniels, "Why are children in the same family so different from each other?", in Behavioral and Brain Sciences, 10, 1987, pp. 1 - 1 6. La polemica si rinnovò poi nel 1998, quando il tema fu affrontato in un famoso libro: J.R. Harris, The Nurture Assumption. Why Chtldren Turn Out the Way They Do, The Free Press, 1988. 6. R. Plomin , "Commentary: Why are children in the same family so different? Non-shared environment three decades later" , in International]ournal o/Epi­ demiology, 40, 1 99 1 , pp. 582-592. 7. V.S. Knopik, M. Neiderhiser, J.C. DeFries et al., Behavioral Genetics, cit. 8. S. Scarr, R. Weinberg, "The influence of 'family background' on intellectual attainment " , in American Sociological Review, 43, 1978, pp. 674-692. 9. M. McGue, T.J. Bouchard Jr., W. G. lacono et al., "Behavioral genetics of cognitive ability: A life-span perspective ", in R. Plomin, G.E. McClearn (a cura di), Nature, Nurture and Psychology, American Psychological Associa­ tion, 1 993 , pp. 59-76. 10. J.C. Loehlin, J.M. Horn, L. Willerman, "Modeling IQ change: Evidence from the Texas Adoption Project" , in Chi/d Development, 60, 1989, pp. 993 - 1004. 1 1 . C.M.A. Haworth, M.J. Wright, M. Luciano et al., "The heritability of generai cognitive ability increases linearly from childhood to young adulthood", cit. 219

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12. Y. Kovas, I. Voronin, A. Kaydalov et al., "Literacy and nurneracy are more heritable than intelligence in primary school" , cit. 13. K. Rimfeld, Z. Ayorech, P.S. Dale et al., "Genetics affects choice of academic subjects as well as achievement", in Scientific Reports, 6, 2016, DOI: 10. 1 038/ srep26373 . 14. P.K. Hatemi, S.E. Medland, R. Klemmensen et al., "Genetic influences on political ideologies: Twin analyses of 19 measures of political ideologies from five democracies and genome-wide findings from three populations" , in Be­ havior Genetics, 44, 2014, pp. 282-294. 15. ]. Dunn, R. Plomin, Vite separate. Perché i fratelli sono così diversi?, tr. it. Giunti, Firenze 1997. 16. D. Reiss,J.M. Neiderhiser, E.M. Hetherington et al., The Relationship Code. Deciphering Genetic and Social Patterns in Adolescent Development, Harvard University Press, 2000. 17. A. Pike, S. McGuire, E. M. Hetherington et al., "Family environment and ado­ lescent depressive symptoms and antisocial behaviour: A multivariate genetic analysis", in Developmental Psychology, 32, 1996, pp. 590-603 . 18. B.R. Oliver, M. Trzaskowsk.i, R. Plomin, "Genetics of parenting: The power of the dark side" , in Developmental Psychology, 50, 2014, pp. 1233-1240. 1 9. K. Asbury, N. Moran, R. Plomin, "Non-shared environmental influences on academic achievement at age 16: A qualitative hypothesis-generating mo­ nozygotic-twin differences study", in AERA Open, 2, 2016, pp. 1 - 12 . 20. ] . Dunn, R . Plomin, Vite separate. Perché ifratelli sono così diversi?, cit. 2 1 . C. Darwin, Autobiografia (1809-1882), tr. it. Einaudi, Torino 2016 ( traduzio­ ne nostra). 22 . F. Galton, Natura! Inheritance, Macmillan, 1889. 23 . A. Burt, K.L. Klump, "Do non-shared environmental influences persist over time? An examination of days and minutes" , in Behavior Genetics, 45, 2015, pp. 24-34; E.M. Tucker-Drob, D.A. Briley, "Continuity of genetic and en­ vironmental infuences on cognition across the life span: A meta-analysis of longitudinal twin and adoption studies" , in Psychological Bulletin, 140, 2014, pp. 949-979. 24. R. Plomin, D. Daniels, "Why are children in the same family so different from each other? " , in Behavioral and Brain Sciences, 10, 1 987 , pp. 1 - 16.

8. Il modello del DNA l . N . Harlaar, F.M. Spinath, P.S. Dale et al., "Genetic influences on early word

recognition abilities and disabilities: A study of 7 -year-old twins", in Journal ofChild Psychology and Psychiatry, 46, 2005 , pp. 373 -384. 2 . K . Asbury, R . Plomin, G come geni. L'impatto della genetica sull'apprendi­ mento, tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2015. 3 . La psicologa dello sviluppo Alison Gopnik giunge alla simile conclusione se­ condo la quale i genitori non sono falegnami che costruiscono un bambino: anche se prendersi cura dei bambini è fondamentale, fare i genitori non vuoi dire modellarli in modo particolare. Gopnik suggerisce che i genitori sono 220

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piuttosto come giardinieri, in quanto forniscono le condizioni in cui i figli pos­ sano crescere sani. Personalmente, ritengo che i genitori non siano nemmeno giardinieri, se ciò significa coltivare e potare una pianta al fine di ottenere un determinato risultato; la ricerca genetica esaminata nei capitoli precedenti mi porta a concludere che, al di là del modello fornito dai propri geni, i genitori hanno scarso effetto sistematico sullo sviluppo dei figli; inoltre, non sono fa­ legnami, né giardinieri, nel senso che la genitorialità non è il mezzo per rag­ giungere un fine: è una relazione e, come quello con i nostri partner e amici, il rapporto con i figli dovrebbe essere basato sullo stare con loro, senza cercare di cambiarli. Vedi A. Gopnik, Essere genitori non è un mestiere. Cosa dice la scienza sulle relazioni tra genitori efigli, tr. it. Bollati Boringhieri, Torino 2017. 4. Gli antropologi Robert e Sarah LeVine traggono conclusioni simili dai loro studi sulle pratiche genitoriali in tutto il mondo. Nonostante le grandi diffe­ renze nella genitorialità, i bambini diventano adulti equilibrati: R. LeVine, S. LeVine, Do Parents Matter? Why ]apanese Babies Sleep Soundly, Mexican Siblings Don't Fight, and Parents Should]ust Relax, Souvenir Press, 2016. 5 . E . Smith-Woolley et al., " OFSTED secondary school quality i s poor predictor of student academic achievement an d well-being", 2018, in corso di stampa. 6. È la parafrasi di un'idea descritta da John Dewey in Il mio credo pedagogico, tr. it. La Nuova Italia, Firenze 2004.

9. Pari opportunità e meritocrazia l.

Questa domanda è stata legata al tema della meritocrazia a partire dal libro del sociologo Michael Young The Rise and Fa!! o/Meritocracy del 1958 (Tran­ saction Publishers) . li saggio rappresenta un ammonimento sui pericoli della meritocrazia. L'ascesa della meritocrazia si basa sulla sostituzione dell' aristo­ crazia e della ricchezza ereditata con il talento. La caduta della meritocrazia è una rivolta, sinistramente simile a quella populista odierna contro gli esperti e le élite, dei non abbienti contro le classi privilegiate. La questione esplose nel 1994, con The Bel! Curve, dello psicologo Richard J. Herrnstein e dello scienziato politico Charles Murray, i quali mettevano in guardia contro lo stra­ tificarsi della società in un'élite ereditaria e una sottoclasse: R.J. Herrnstein, C. Murray, The Bel! Curve. Intelligence and Class Structure in American Lz/e, The Free Press, 1994. Vent'anni dopo, le preoccupazioni sulla meritocrazia sono di nuovo in aumento. 2 . A.C. Heath, K . Berg, L.J. Eaves et al., "Education policy and the heritability of educational attainment" , in Nature, 3 14, 1985, pp. 734-736; D. Conley, J. Fletcher, The Genome Factor, Princeton University Press, 2017. 3. F. Nielsen, J.M. Roos, "Genetics of educational attainment and the persisten­ ce of privilege at the turn of the 2 1st century", in Social Forces, 94, 2015, pp. 535-56 1. 4. E. Smith-Woolley,J.-B. Pingault, S. Selzam et al., "Differences in exam perfor­ mance between pupils attending selective and non-selective schools mirror the genetic differences between them" , in NPJ Science o/Learning, 3 , 2018, p. 3 . 221

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5 . E . Smith-Woolley, R. Plomin, " In the school o r i n the genes? The genetics of academic progress", in preparazione. 6. È difficile trovare prove solide in merito, ma è ampiamente riconosciuto che gli studenti provenienti dalle scuole private dominano le professioni più pre­ stigiose, . 7. E. Smith-Woolley, R. Plomin, "In the school or in the genes? The genetics of academic progress", cit. 8. A.R. Branigan, K.J. McCallum, J. Freese, "Variation in the heritability of educational attainment: An international meta-analysis" , in Social Forces, 92, 20 13, pp. 109-140; D. Conley, J. Fletcher, The Genome Factor, cit. 9. A. Basu, N. Sarkan-Roy, P.P. Majumder, "Genomic reconstruction of the hi­ story of extant populations oflndia reveals five distinct ancestral components and a complex structure", in Proceedings o/the National Academy o/Sciences o/ the United States o/America, 1 13 , 2016, pp. 1594-1599. l O. Sebbene io concluda che le caste genetiche non sono inevitabili, molti studiosi non sarebbero d'accordo, in particolare Charles Murray e Richard Herrnstein (The Bel! Curve, cit.). L'economista Gregory Clark (The San Also Rises. Sur­ names and the History o/ Social Mobility, Princeton University Press, 2014) concorda sul fatto che la mobilità sociale, nel corso dei secoli e tra i vari Pae­ si, è stata molto più bassa di quanto si pensi. Ma la ricerca di Clark si basa sull'analisi dei cognomi e dimostra che lo status sociale delle famiglie persi­ ste per molte generazioni. Penso che le sue conclusioni si basino sul successo medio delle famiglie, il che mostra una maggiore persistenza nelle generazio­ ni rispetto agli individui all'interno delle famiglie. Infine, i sociologi Dalton Conley e}ason Fletcher (The Genome Factor, cit.) sostengono che ci stiamo muovendo verso una "genetocrazia". Questa tendenza è accelerata da un ac­ coppiamento assortito: la propensione a mettersi in coppia con persone che la pensano allo stesso modo. 1 1 . Questo è il tema di un libro del 2016, The Myth o/Meritocracy diJames Blo­ odworth (Biteback Publishing, 2016). Nell'ultima pagina, Bloodworth scrive: "Coloro che hanno ereditato scarse capacità dovrebbero essere condannati a una vita squallida e miserabile sulla base di quella che è, in sostanza, la pura lotteria della genetica? Una società più egualitaria farebbe sì che tutti potes­ sero vivere bene, mentre una società meritocratica ricorderebbe all'infinito, a chi svolge lavori umili, la propria mancanza di valore. Una società giusta non è quindi meritocratica" . 1 2 . Questi sono i dati statistici citati in Il capitale nel XXI secolo (tr. it. Bompiani, Milano 2018) di Thomas Piketty.

l O. DNA: le basi l . J.D. Watson, F.H.C. Crick, "Genetical implications of the structure of deoxy­

ribonucleic acid", in Nature, 1 7 1 , 1953 , pp. 964 -967. La citazione "lt has not escaped our notice that the specific pairing we have postulated immediately 222

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suggests a possible copying mechanism far the genetic material [Non è sfug­ gito alla nostra attenzione che l'abbinamento specifico da noi postulato sug­ gerisce immediatamente un possibile meccanismo di copia per il materiale genetico] " si trova a p. 965 . Questa stima s i riferisce solo alle nostre cellule. Sorprendentemente, nel no­ stro organismo vive un numero di cellule non umane pari a quello delle cellule umane: è il microbiota dei batteri, dei funghi, degli archeobatteri e dei virus. In realtà, i fratelli non ereditano mai esattamente lo stesso cromosoma: quan­ do si formano gli ovuli o gli spermatozoi, i membri di ciascuna coppia cro­ mosomica entrano in contatto e si scambiano pezzi di DNA; questo processo di mescolamento crea cromosomi ibridi, un processo chiamato ricombinazio­ ne. Per questo motivo, ogni ovulo e ogni spermatozoo hanno cromosomi ri­ combinati differenti, il che significa che i fratelli non possono ereditare esat­ tamente lo stesso cromosoma; fanno eccezione i gemelli identici, che hanno esattamente gli stessi cromosomi perché provengono dallo stesso ovulo fe­ condato. In media, nonostante la ricombinazione, i fratelli sono ancora simili · per il 50% circa per ogni particolare tratto di DNA, sia esso ricombinato oppure no. Questo è il motivo per cui i fratelli sono simili, ma anche diversi per i tratti psicologici, e per cui i gemelli identici sono più simili tra loro rispetti agli altri fratelli. 1000 Genomes Project Consortium, G.R. Abecasis, A . Auton et al., " An inte­ grated map of genetic variation from 1 ,092 human genomes", in Nature, 491, 2012, pp. 56-65; 1000 Genomes Project Consortium, A. Auton, L.D. Brooks et al., " A global reference far human genetic variation " , in Nature, 526, 2015, pp. 68-74. Pensavamo che il messaggio dell'RNA fosse sempre tradotto in sequenze di aminoacidi, che sono i mattoni di tutte le proteine. Ma il DNA trascritto nel­ l'RNA e tradotto in sequenze di aminoacidi è solo il 2 % del totale: i 20.000 geni classici sopra menzionati; il restante 98% del DNA, allora, è spazzatura? Ora sappiamo che almeno la metà dell'intero DNA non può essere spazzatura, poiché è trascritta, anche se non tradotta, nell'RNA e poiché a qualcosa serve, anche se non codifica per sequenze di aminoacidi; anziché DNA spazzatura, è stato chiamato DNA non codificante. Una ragione per cui si ritiene che debba essere importante è il fatto che almeno il lO% di questo DNA è lo stesso per tutte le specie affini e ciò suggerisce qualche funzione adattiva, dal momen­ to che è stato conservato nel corso dell'evoluzione. Altre ricerche più dirette indicano che 1'80% del DNA non codificante è funzionale, in quanto regola la trascrizione di altri geni. Questo nuovo modo di pensare ai "geni" è im­ portante perché molte associazioni genetiche con tratti complessi si trovano nelle regioni non codificanti del DNA. T.M. Frayling, N.J. Timpson, M.N. Weedon et al., " A common variant in the FTO gene is associated with body mass index and predisposes to childhood and adult obesity" , in Science, 3 16, 2007, pp. 889-894. Per quantificare la varianza spiegata dalla correlazione, si può elevare quest'ul­ tima al quadrato; una correlazione di 0,09 tra uno SNP e un tratto indica che lo SNP può spiegare lo 0,8% della varianza di quel tratto. 223

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8. Su questa nuova ed entusiasmante tecnica è stato scritto molto: J .A. Doudna, E. Charpentier, "The new frontier of genome engineering with CRISPR-Cas9" , in Science, 346, 2014, DOI: 10.1 126/science. 1258098. 9. ]. Wardle, S. Carnell, C.N. Haworth et al., "Obesity associated genetic varia­ tion in FTO is associated with diminished satiety", in ]ournal o/Clinica! Endo­ crinology and Metabolism, 93, 2008, pp. 3640-3643 . 10. Nella prima fase, quella di acquisizione del materiale, può essere utilizzata qualsiasi cellula, poiché il DNA presente in ciascuna di esse è identico per tut­ te. La scelta delle cellule è una questione di comodità; il sangue è un buon tessuto per la raccolta di grandi quantità di DNA, ma molto spesso si preferi­ sce la saliva perché è facile da acquisire, anche per corrispondenza. n secondo passo è l'estrazione del DNA dalle cellule. Anche se per più del 99% la saliva è acqua, essa contiene alcune cellule che si staccano dalla boc­ ca; queste si rinnovano regolarmente ed è per questo che le ferite nella bocca guariscono così in fretta. Centrifugando la saliva, il DNA viene separato fisi­ camente dalle altre sostanze in essa contenute. Il terzo passo è la genotipizzazione del DNA. Nelle poche cellule di un cam­ pione di saliva non c'è abbastanza DNA per la genotipizzazione; per questo motivo, prima della genotipizzazione, si inganna il DNA dirottandone il mec­ canismo di duplicazione e facendogli produrre milioni di copie di se stesso. n processo inizia con la divisione del DNA a doppio @amento, cosa che av­ viene semplicemente riscaldando il DNA; i singoli @amenti vengono quindi sminuzzati in piccoli frammenti, usando enzimi che tagliano il DNA ogni volta che ne incontrano una particolare sequenza. Come avviene naturalmente nella duplicazione di tutte le cellule del no­ stro organismo, ogni frammento di DNA a singolo @amento cerca il suo com­ plemento; nella cellula, il suo ambiente domestico, ci sono molti nucleotidi A, c, G e T, quindi ogni DNA a singolo @amento può completare questa ope­ razione. Per la genotipizzazione degli SNP, i frammenti di DNA non possono combinarsi con i singoli nucleotidi: possono essere combinati solo con brevi sequenze di DNA create a tale scopo. I frammenti che costruiamo sono chia­ mati "sonde" perché cercano uno SNP specifico. Consideriamo lo SNP dell'Ho sul cromosoma 1 6. Come già detto, il 15% degli individui possiede genotipi AA, il 50% AT e il 35% TI. Possiamo sonda­ re questo SNP utilizzando la sequenza non variabile adiacente: A-A-T-T-T vie­ ne prima dello SNP AlT e G-T-G-A-T lo segue. Creiamo due sonde a @amento singolo, una con l'allele A nella sequenza del DNA (A-A-T-T-T-A-G-T-G-A-T) e l'altra con l'allele T (A-A-T-T-T-T-G-T-G-A-T). Quindi liberiamo i frammenti di DNA a @amento singolo per combinarli con le sonde a @amento singolo per gli alleli A e T. I frammenti di DNA a @a­ mento singolo sono tutti evidenziati con etichette fluorescenti che si illumina­ no. Le copie del frammento del cromosoma 16 che contengono lo SNP dell'FTO si collegano con le sonde A o T. Dopo aver lavato via il resto del DNA che non ha trovato un compagno, si può vedere con quali sonde si sono combinati i frammenti di DNA; se diventano fluorescenti per la sonda A, ciò significa che l'individuo ha solo l'allele A, il genotipo AA; se i frammenti di DNA si illumina224

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no per la sonda T, la persona possiede il genotipo TI. Se i frammenti di DNA sono fotosensibili per entrambe le sonde A e T, ciò significa che i frammenti di DNA dell'individuo contengono sia gli alleli A sia quelli T e il genotipo è AT, a indicare che hanno ereditato un allele A da un genitore e un allele T dall'altro. 1 1 . Vale a dire che molto raramente sono separati dalla ricombinazione - pro­ cesso descritto nella nota precedente - in cui, durante la produzione di ovuli e spermatozoi, c'è uno scambio di parti tra i cromosomi. 12. C.F. Chabris, B.M. Hebert, D.]. Benjamin et al., "Most reported genetic as­ sociations with generai intelligence are probably false positives", in Psycho­ logical Science, 23 , 2012, pp. 13 14-1323 .

1 1 . Caccia al gene l.

Durante gli ultimi tre decenni, centinaia di geni associati al cervello sono sta­ ti al centro di migliaia di studi sui geni candidati relativi ai tratti psicologici. Per esempio, un gene utilizzato in molti studi di associazione di geni candi­ dati è il COMT (Catecol-0-MetilTransferasi), che detossifica gli ormoni del­ lo stress. Un comune allele SNP nel COMT riduce la capacità di abbattere gli ormoni dello stress nel cervello, il che fa sì che questi restino in circolo più a lungo. Che questo allele SNP aumentasse lo stress e conducesse all'ansia e al­ la depressione aveva senso. li COMT fu utilizzato anche come gene candidato per la cognizione; sembrava ragionevole supporre che, oltre ad aumentare lo stress in un ambiente stressante, in uno meno stressante esso potesse miglio­ rare la funzione cognitiva stimolando il cervello. Un problema legato all'approccio del gene candidato è rappresentato dal­ le storie troppo semplicistiche sulla funzione dei geni utilizzati, atte a giusti­ ficare la selezione di un particolare gene come "candidato" . Ogni gene ha molte funzioni diverse, quindi è facile raccontare una storia sul perché un gene come il COMT sia un buon candidato, ma queste motivazioni sono spes­ so sbagliate. Quasi tutti i geni potrebbero essere validi come candidati per i tratti psicologici, dato che i tre quarti di tutti i geni sono espressi nel cervello. Un altro problema è dato dal fatto che gli studi sui geni candidati considera­ no solo i geni tradizionali, quel 2 % del genoma che codifica per le proteine. Come indicato in precedenza, le differenze genetiche determinanti nei tratti psicologici solitamente non si trovano nei "geni" tradizionali; quindi, gli studi sui geni candidati avevano trascurato la maggior parte dell'azione genetica. Lo SNP del COMT fu incluso in centinaia di studi sulle capacità cognitive e in un numero anche maggiore di studi sull'ansia. In una delle prime ricer­ che sui geni candidati, venticinque anni fa, decisi di confrontare cento geni, compreso il COMT, in soggetti a basso QI e in soggetti con QI elevato, in due studi indipendenti. Sebbene nel primo studio fossero emersi alcuni risulta­ ti significativi, solo uno di questi fu replicato in quello successivo, proprio come ci si poteva aspettare accadesse casualmente con un valore P di 0,05. Quindi, sembrava che gli unici risultati significativi fossero falsi positivi e io restai a mani vuote: R. Plomin, G.E. McClearn, D.L. Smith et al., "Allelic as225

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sociations between 1 00 DNA markers and high versus low IQ " , in Intelligence, 2 1 , 1995, pp. 3 1 -48. n modello che stavo utilizzando poteva rilevare associazioni che spiegava­ no più del 2 % della varianza per l'intelligenza. C'era qualcosa di sbagliato: forse non stavamo guardando i geni candidati giusti. Poiché eravamo in gra­ do di rilevare solo le associazioni che spiegavano più del 2 % della varianza, un'altra possibilità sgradita era che gli effetti fossero inferiori al 2 % ; entram­ be le ipotesi risultarono vere. Nonostante questo precoce allarme, dato dai risultati negativi per i geni candidati, più di duecento studi successivi riportarono associazioni tra geni candidati e intelligenza, ma la maggior parte di essi riguardava piccoli cam­ pioni e non era stato effettuato alcun tentativo di replicazione dei risultati. Nel 2012, in uno sforzo sistematico di replicare i migliori SNP di dodici geni candidati in tre campioni di grandi dimensioni, non se ne replicò neanche uno: C.P. Chabris, B.M. Hebert, D.]. Benjamin et al., "Most reported gene­ tic associations with generai intelligence are probably false positives" , cit. Il fallimento della replicazione di quanto riportato dai geni candidati non era un problema che riguardava solo la ricerca sull'intelligenza: l'approccio falli ovunque. Per esempio, per la schizofrenia, oltre mille articoli riportarono l'in­ dividuazione di geni candidati per oltre settecento geni, ma una meta-analisi del 20 15 sui principali ventiquattro geni candidati rilevò che nessuno era stato replicato: M.S. Farrell, T. Werge, P. Sklar et al., "Evaluating historical candi­ date genes for schizophrenia", in Molecular Psychiatry, 20, 2015, pp. 555-562. Com'era possibile che in tante pubblicazioni ci si fosse sbagliati a tal punto? Precedentemente, avevamo esaminato la crisi della fiducia nella scienza relati­ vamente ai fallimenti nella replicazione. Gli studi sui geni candidati erano ca­ duti in tutte le trappole sopra descritte. Due tra le principali insidie risiedeva­ no nel fatto che questi studi erano sottodimensionati e rincorrevano i valori P. In relazione al problema della potenza, la dimensione media del campio­ ne utilizzato negli studi sui geni candidati era di duecento individui; se le as­ sociazioni avessero spiegato il 5 % della varianza, tale dimensione avrebbe avuto una potenza adeguata per rilevarle. Ma ora sappiamo che non esistono ampiezze dell'effetto che si awicinino anche lontanamente al 5 % : gli effet­ ti maggiori sono inferiori all' l % . Per rilevare effetti così piccoli, ci vogliono campioni di dimensione superiore a mille soggetti. Per questa ragione, i primi studi sui geni candidati rischiavano di riportare risultati statisticamente significativi non veri, o falsi positivi. Le riviste scien­ tifiche non amano pubblicare risultati negativi, quindi gli unici che potevano essere pubblicati erano quelli positivi, che si rivelarono essere falsi positivi. La seconda insidia era la ricerca di valori P, cosa che aumenta notevolmen­ te il rischio di falsi positivi. Ci sono diversi modi in cui gli scienziati, di solito involontariamente, cercano i valori P: prendono in considerazione geni diver­ si, tratti psicologici diversi o modi differenti di analizzare i dati, ma riporta­ no solo i risultati migliori. È facile cadere vittime di questo tipo di imbrogli, perché dare buone notizie piace a tutti; perciò si è tentati di nascondere le complicazioni sotto il tappeto. Perché una notizia meriti di essere pubblica226

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ta, i risultati devono soddisfare il valore convenzionale P del 5 % , ma rincor­ rere questo valore significa infrangere le leggi di P (della probabilità), poiché nell'inseguimento si finisce per catturare solo falsi positivi. Non c'è niente di sbagliato nel voler dare una buona notizia, purché cor­ risponda a verità. n problema, con le centinaia di informazioni sui geni can­ didati, consisteva nel fatto che non erano vere, eppure generarono centinaia di resoconti dei media sul "gene per l'intelligenza" o "il gene per la schizo­ frenia". Sebbene gli studi sui geni candidati continuino a essere pubblicati, la maggior parte delle riviste scientifiche ora richiede, prima della divulgazione, che gli articoli che riportano associazioni di geni candidati includano prove di replicazione in campioni indipendenti. I falsi positivi non possono essere replicati. Le centinaia di associazioni di geni candidati con l'intelligenza e con la schizofrenia che erano state segnalate non si replicarono. L'amarezza per questa falsa partenza degli studi sui geni candidati fu al­ leviata dal successo di un nuovo approccio che fu messo a punto dopo la svolta del secolo, proprio mentre stava diventando chiaro che gli studi sui geni candidati erano un fiasco. Il nuovo metodo consisteva nell'associazione genome-wide (GWA), l'approccio opposto a quello relativo ai geni candidati. 2 . N. Risch, K. Merikangas, "The future o f genetic studies o f complex human diseases" , in Science, 273 , 1996, pp. 15 16- 1 5 17. Non ho descritto un approc­ cio alla caccia al gene sull'intero genoma, denominato analisi di linkage, che si utilizzava in precedenza. Come l'associazione genome-wide, il linkage è una strategia sistematica per la ricerca del gene su tutto il genoma. Questo metodo utilizza, sull'intero genoma, solo poche centinaia di marcatori del DNA per identificare la posizione cromosomica dei principali effetti genetici, esaminando la co-suddivisione all'interno della genealogia familiare tra un dato marcatore e una malattia. Ma il linkage non è in grado di rilevare effetti genetici più piccoli; può puntare ai dintorni del cromosoma, ma non può in­ dividuarne la posizione esatta. Avevo deciso di non parlare del linkage, dato che attualmente si utilizza di rado, poiché può rilevare gli effetti genetici più forti, quando la maggior parte di essi è minuscola. 3 . R. Plomin, L . Hill, l .W. Craig et al., "A genome-wide scan of 1 ,842 DNA mar­ kers for allelic associations with generai cognitive ability: A five-stage design using DNA pooling and extreme selected groups" , in Behavior Genetics, 3 1 , 200 1 , pp. 497-509. Anziché genotipizzare ogni individuo separatamente, ri­ dussi il tempo e il denaro necessari, riunendo il DNA per gruppi di persone: questo è il DNA pooling. La genotipizzazione di cento soggetti non costa più di quella di un individuo singolo, poiché si raggruppa il DNA per i cento indivi­ dui e lo si genotipizza: L.M. Butcher, E. Meaburn, L. Liu et al., " Genotyping pooled DNA on microarrays: A systematic genome screen of thousands of SNPs in large samples to detect QTI.s for complex traits", in Behavior Genetics, 34, 2004, pp. 549-555. Confrontai gruppi di cento individui di intelligenza elevata e di cento indi­ vidui di intelligenza media; quelli molto intelligenti provenivano da due fonti: una metà fu selezionata da un campione più grande a Cleveland, Ohio, con punteggi di QI superiori a 130; l'altra giungeva da una ricerca statunitense in 227

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cui erano stati selezionati adolescenti con punteggi di QI superiori a 160. n campione di controllo degli individui con QI medio derivava dallo stesso cam­ pione di Cleveland, dove erano stati selezionati bambini con QI compreso tra 90 e 1 1 O. La seconda scorciatoia constò nell'utilizzare un tipo di marcatore del DNA con molti alleli, poiché tali marcatori sono molto più informativi rispet­ to agli SNP che hanno solo due alleli. I microsatelliti (o semplici ripetizioni di sequenza, SSR) hanno molti alleli che comprendono una sequenza di coppie di basi da due a cinque che, per ragioni sconosciute, si ripetono da cinque a cinquanta volte. n numero di ripetizioni è ereditario. Nel genoma umano vi sono decine di migliaia di SSR, situati principalmente nelle regioni non codi­ ficanti. Gli SSR sono utilizzati nell'identificazione tramite il DNAjingerprinting [impronta digitale] che ha rivoluzionato il lavoro forense rendendo possibi­ le la creazione di profili genetici unici per gli individui, un"'impronta" del DNA. Eliminammo i falsi positivi con l'utilizzo di un modello di replicazione in cinque stadi, genotipizzando duemila SSR distribuiti in modo uniforme su tutto il genoma; anche se quegli SSR non potevano coprire ogni pezzettino del genoma, riuscirono a setacciarne un bel po'. ]. Hirschhorn, M.J. Daley, "Genome-wide association studies for common diseases and complex traits", in Nature Reviews Genetics, 6, 2005, pp. 95-108. L.M. Butcher, E. Meaburn, J. Knight et al., "SNPs, microarrays and poo­ led DNA: Identification of four loci associated with mild mental impairment in a sample of 6,000 children " , in Human Molecular Genetics, 14, 2005, pp. 13 15-1325. In un altro studio di GWA, utilizzammo un nuovo chip per SNP con 500.000 SNP, ma i risultati furono ugualmente deludenti: L.M. Butcher, O.S.P. Davis, I.W. Craig et al., "Genome-wide quantitative trait locus asso­ ciation scan of generai cognitive ability using pooled DNA and 500k SNP (sin­ gle nucleotide polymorphism) microarrays" , in Genes, Brain and Behavior, 7, 2008, pp. 435-446. Le migliori associazioni di SNP originate da questi studi non si replicarono: M. Luciano, P.A. Lind, I.J. Deary et al., "Testing replica­ tion of a 5 -SNP set for generai cognitive ability in six population samples" , in European Journal o/Human Genetics, 16, 2008, pp. 13 88- 1395 . Il problema era anche peggiore, in quanto gli studi di associazione genome­ wide controllano centinaia di migliaia di SNP su tutto il genoma. Negli studi di associazione genome-wide, come correzione estremamente prudente per i controlli multipli, fu adottato il convenzionale aggiustamento a l milione di controlli. Ciò significava usare un valore P non del 5 % , né dello 0,5 % , ma del­ lo 0,00000005 . In queste condizioni, per avere una potenza adeguata a rileva­ re le associazioni per un tratto quantitativo come l'intelligenza, era necessario un campione di 50.000 individui che, per la ricerca psicologica, sembrava im­ possibile da ottenere. Peggio ancora, questa era la dimensione del campione necessaria a scremare la superficie per rilevare solo gli effetti più grandi; per catturare un numero maggiore di differenze genetiche responsabili dell'eredi­ tabilità sarebbero stati necessari campioni di centinaia di migliaia di soggetti. The Wellcome Trust Case Contro! Consortium, " Genome-wide association study of 14,000 cases of seven common diseases and 3 ,000 shared controls", in Nature, 447, 2007, pp. 661 -678. 228

NOTE

8. Un'associazione di SNP non era significativa se testata utilizzando l'usuale modello "additivo" in cui il rischio è incrementato quando gli individui pos­ siedono uno o due alleli di rischio. era significativa solo quando si testava un modello non additivo (recessivo) in cui un singolo allele di rischio non ha ef­ fetto - effetto che si materializza solo quando un individuo ne possiede due. Testare modelli alternativi è ragionevole, ma rischia di " dare la caccia a va­ lori P " che possono correre il rischio, come in questo caso, di non riuscire a replicarsi. 9. P. Sullivan, "Don't give up on GWAs" , in Molecular Psychiatry, 17, 201 1 , pp. 2-3 . 10. P.M. Visscher, M.A. Brown, M.I. McCarthy et al., "Five years of GWAs disco­ very" , in American Journal ofHuman Genetics, 90, 2012, pp. 7-24. 1 1 . P.M. Visscher, " 1 0 years of GWAs discovery: Biology, function, and transla­ tion" , in American ]ournal o/Human Genetics, 101, 2017, pp. 5-22. 12. G. Breen, Q. Li, B.L. Roth et al., "Translating genome-wide association fin­ dings into new therapeutics for psychiatry", in Nature Neuroscience, 19, 2016, pp. 1392-1396. Le ereditabilità del rischio risultate dagli studi sugli SNP e da quelli sui gemelli sono rispettivamente del 30% e dell'SO% per la schizofre­ nia, del 25 % e del 90% per il disturbo bipolare, del 20% e del 40% per il di­ sturbo depressivo maggiore, del 25 % e del 75% per l'iperattività e del 20% e del 90% per l'autismo. Per gli SNP, questi dati sono tratti da: Cross-disor­ der Group of the Psychiatric Genomics Consortium, " Genetic relationship between five psychiatric disorders estimated from genome-wide SNPs ", in Nature Genetics, 45, 2013 , pp. 984-994. Per quanto riguarda i gemelli, i dati sono tratti da: P.F. Sullivan, K.S. Kendler, M.C. Neale, " Schizophrenia as a complex trait - evidence from a meta-analysis of twin studies" , in Archives o/ Generai Psychiatry, 60, 2003 , pp. 1 187 - 1 1 92 (schizofrenia); N. Craddock, P. Sklar, " Genetics of bipolar disorder: Successful start to a long journey", Trends in Genetics, 25, 2009, pp. 99- 105 (disturbo bipolare); P.F. Sullivan, M.C. Neale and K.S. Kendler, "Genetic epidemiology of major depression: Review and meta-analysis" , in American Journal of Psychiatry, 157, 2000, pp. 1552- 1562 (disturbo depressivo maggiore); S. V. Faraone, E. Mick, "Mole­ cular genetics of attention deficit hyperactivity disorder" , in Psychiatric Clinics o/North America, 33, 2010, pp. 159- 180 (iperattività) ; C.M. Freitag, "The ge­ netics of autistic disorders and its clinica! relevance: A review of the literatu­ re" , in Molecular Psychiatry, 12, 2007, pp. 2-22 (autismo). 13. Schizophrenia Working Group of the Psychiatric Genomics Consortium, "Biologica! insights from 108 schizophrenia-associated genetic loci" , in Na­ ture, 5 1 1 , 2014, pp. 42 1-427. 14. P.F. Sullivan. A. Agraval, C.M. Bulik et al., "Psychiatric genomics. An update and an agenda", in The American Journal o/Psychiatry, 175, 2018, pp. 15-27. 15. E. Stahl, A. Forstner, A. McQuillin et al., "Genome-wide association study identifies 3 0 loci associated with bipolar disorder", in bioRxiv, 2017, DOI: 10. 1 10 11173062. 16. R.A. Power, K.E. Tansey, H.N. Buttensch0n et al., "Genome-wide associa­ tion for major depression through age at onset stratification: Major Depres­ sive Disorder Working Group of the Psychiatry Genomics Consortium" , in Biologica! Psychiatry, 8 1 , 2018, pp. 3 25-335. 229

NOTE

17. Major Depressive Disorder Working Group of the PGC, "Genome-wide as­ sociation analyses identify 44 risk variants and refine the genetic architecture of major depression" , in bioRxiv, 2017, DOI: 10. 1 101/167577. Nel 2016, inve­ ce, un'analisi di 75 .000 casi individuò quindici associazioni significative: C.L. Hyde, M.W. Nagle, C. Tian et al., "Identification of 15 genetic loci associated with risk of major depression in individuals of European descent", in Nature Genetics, 48, 2016, pp. 103 1 -1 036. Un altro studio di GWA su 320.000 indi­ vidui aggiunse soggetti che semplicemente avevano riferito di aver cercato aiuto per la depressione e trovò diciassette associazioni: D.M. Howard, M.]. Adams, M. Shirali et al., "Genome-wide association study of depression phe­ notypes in UK Biobank identifies variants in excitatory synaptic pathways", in Nature Communications, 9, 2018, art. n. 1470. 18. D. Demontis, K.R. Walters, ]. Martin et al., "Discovery of the first genome­ wide signifìcant risk loci for attention deficit/hyperactivity disorder", in Na­ ture Genetics, 5 1 , 2019, pp. 63 -75 . 19. E.H. Corder, A.M. Saunders, W.]. Strittmatter et al., "Gene dose of apoli­ poprotein E Type 4 allele and the risk of Alzheimer's disease in late onset fa­ milies" , in Science, 261, 1993 , pp. 92 1 -923 . 20. ]. -C. Lambert, C.A. Ibrahim-Verbaas, D. Harold et al., "Meta-analysis of 74,046 individuals identifies 1 1 new susceptibility loci for Alzheimer's disea­ se" , in Nature Genetics, 45, 2013, pp. 1452- 1458. 2 1 . J. MacArthur, E. Bowler, M. Cerezo et al. , "The new NHGRI-EBI catalog of published Genome-Wide Association Studies (GWAS Catalog) " , in Nucleic Acids Research, 45 , 2017, 001: 10.1093/nar/gkw 1 133. 22. Uno studio di GWA su cinquantamila individui non selezionati può permet­ tere di rilevare un'associazione di SNP con un tratto che spiega lo 0, 1 % del­ la varianza di quel tratto. Per esempio, spiegare lo 0, 1 % della varianza vale mezzo punto di QI nella metrica familiare per l'intelligenza dei punteggi di QI, che sono standardizzati per avere una media di 100 e un intervallo da 55 a 145, per il 99% della popolazione. Ma neanche questo minuscolo effetto dello 0, 1 % è sufficiente. L'ostacolo successivo da superare sarà l'ampiezza dell'effetto dello 0,0 1 % (per esempio, meno di .05 di un punto di QI) che ri­ chiederà campioni di cinquecentomila soggetti. Campioni di queste dimen­ sioni sono in fase di preparazione. Raggiungere la vetta dei cinquecentomila individui, che sembra assurdamente grande per la ricerca psicologica, rivelerà solo un altro vertice, ancora più alto; per rilevare effetti sempre più piccoli, saranno necessari campioni dell'ordine di milioni. 23. Per esempio, la maggior parte degli studi di GWA su campioni non seleziona­ ti include statura e peso come variabili di ancoraggio, il che ha reso possibile assemblare campioni di dimensioni enormi. Statura e peso sono archetipi di tratti quantitativi; entrambi sono altamente ereditabili: la statura per 1'80% e il peso per il 70%. Per la statura, uno studio di GWA su oltre 250.000 in­ dividui ha identificato 679 SNP associati in modo significativo alle differenze individuali nella statura. Per il peso, uno studio di GWA su oltre trecentomila individui ha individuato novantasette associazioni. L'ampiezza dell'effetto di queste associazioni di SNP è minima, con un'eccezione. Per il peso, uno SNP 230

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spiegava l' l % della varianza, la più grande dimensione dell'effetto trovata per un qualsivoglia tratto quantitativo. Si tratta dello SNP presente nel gene FTO descritto nel capitolo precedente. Gli altri migliori SNP danno conto in media dello 0,03 % delle differenze di peso tra le persone, che si traduce in un effetto di 1 00 grammi. Per la statura si sono visti effetti leggermente più forti, anche se il maggior effetto degli SNP era solo dello 0,28 % . In media, gli SNP migliori spiegavano lo 0,07 % , che si traduce, per la statura, in un effetto pari a 0,05 centimetri: A.W. Wood, T. Esko, J. Yang et al., "Defining the role of common variation in the genomic and biologica! architecture of adult human height " , in Nature Genetics, 46, 2014, pp. 1 173 - 1 1 86; A.E. Locke, B. Kahali, S.I. Berndt et al., " Genetic studies of body mass index yield new insights for obesity biology" , in Nature, 5 18, 2015, pp. 197-206. 24. Il primo studio di GWA per gli anni di istruzione fu pubblicato nel 2013 : C.A. Rietveld, S.A. Medland, J. Derringer et al., " GWAS of 126,559 indivi­ duals identifìes genetic variants associated with educational attainment", in Science, 340, 2013, pp. 1467- 147 1 . Lo studio di GWA fu aggiornato nel 2016: A. Okbay, J.P. Beauchamp, M.A. Fontana et al., "Genome-wide association study identifìes 7 4 loci associated with educational attainment ", in Nature, 533, 2016, pp. 53 9-542. L'aggiornamento successivo includerà un campione di dimensioni supe­ riori a l milione di individui, che identificherà più di un migliaio di associa­ zioni significative: ].] . Lee, R. Wedow, A. Okbay et al., "Gene discovery and polygenic prediction from a genome-wide association study of educational attainment in 1 . 1 million individuals", in Nature Genetics, 2018, DOI: 10.1038/ s4 1588-018-0147 -3 . 25. E. Krapohl, K. Rimfeld, G. Shakeshaft et al., "The high heritability of educa­ tional achievement reflects many genetically influenced traits, not just intel­ ligence", in Proceedings o/ the National Academy o/Sciences USA, 1 1 1 , 2014, pp. 15273- 15278. 26. Gli infruttuosi studi precedenti con campioni più piccoli sono stati descritti in: R. Plomin, S. von Stumm, "From twins to genome-wide polygenic sco­ res. The new genetics of intelligence " , in Nature Reviews Genetics, 19, 2018, pp. 148-159. Lo studio di GWA più recente, con un campione di circa tre­ centomila individui, è in corso di pubblicazione: J.E. Savage, P.R. Jansen, S. Stringer et al., "Genome-wide association meta-analysis in 269,867 indi­ viduals identifìes new genetic and functional links to intelligence", in Nature Genetics, 50, 2018, pp. 912-919. 27. M.-T. Lo, D.A. Hinds, J.Y. Tung et al., "Genome-wide analyses for perso­ nality traits identify six genomic loci and show correlations with psychiatric disorders" , in Nature Genetics, 49, 2017, pp. 152- 156. 28. M. Luciano, S.P. Hagenaars, G. Davies et al., "Association analysis in over 329,000 individuals identifìes 1 16 independent variants influencing neuroti­ cism", in Nature Genetics, 50, 2018, pp. 6- 16. 29. A. Okbay, B.M.L. Baselmans,J.-E. de Neve et al., "Genetic variants associated with subjective well-being, depressive symptoms, and neuroticism identifìed through genome-wide analyses", in Nature Genetics, 48, 2016, pp. 624-633 . 231

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30. V. Warrier, K. Grasby, F. Uzefovsky et al., " Genome-wide meta-analysis of cognitive empathy: Heritability, and correlates with sex, neuropsychia­ tric conditions and brain anatomy" , in bioRxiv, 2017, DOI: 10. 1 10 1/08 1 844; A.E. Taylor, M.R. Munafo, "Associations of coffee genetic risk scores with coffee, tea and other beverages in the UK biobank', in bioRxiv, 2017, DOI: 10. 1 10 110962 14; J.M. Lane,}. Liang, I. Vlasac et al., "Genome-wide associa­ tion analyses of sleep disturbance traits identify new loci and highlight shared genetics with neuropsychiatric and metabolic traits" , in Nature Genetics, 49, 2016, pp. 274-281; V. Deary, S.P. Hagenaars, S.E. Harris et al., "Genetic con­ tributions to self-reported tiredness" , in Molecular Psychiatry, 23 , 2018, pp. 609-620; S.E. Jones, J. Tyrrell, A.R. Wood et al., "Genome-wide association analyses in 128,266 individuals identifies new morningness and sleep dura­ tion loci", in PLoS Genetics, 12, 2016, 001: 1 0. 137 lljournal.pgen. l 006 125. 3 1 . E.D. Green, E. M. Rubin, M.V. Olson, "The future of DNA sequencing" , in Nature, 550, 2017, pp. 179-1 8 1 . 3 2 . A.L. Price, C.C. Spencer, P . Donnelly, "Progress and promise in understan­ ding the genetic basis of common diseases" , in Proceedings o/ the Royal So­ ciety B - Biologica! Sciences, 282, 2015, 001: 1098/rspb.2015. 1 684. 33. Un recente articolo indica che gli effetti genetici non sono solo altamente po­ ligenici: sono "onnigenici", nel senso che la maggior parte dei geni influenza la maggior parte dei tratti: E.A. Boyle, Y .I. Li, J .K. Pritchard, "An expanded view of complex traits: From polygenic to omnigenic", in Ce!!, 169, 2017, pp. 1 177-1 1 86. 34. Lo studio dell'espressione genica è molto più difficile rispetto a quello del­ le differenze genetiche ereditarie. L'espressione genica, che inizia con la tra­ scrizione del DNA in RNA, deve essere studiata nelle cellule in tessuti specifici (per esempio, il cervello), in età specifiche (per esempio, lo sviluppo prena­ tale) , in risposta a specifici ambienti (per esempio i farmaci). Diversamente, la sequenza del DNA ereditario è la stessa in tutte le cellule, a tutte le età e in tutti gli ambienti. È importante ricordare che tutto ciò che ereditiamo è la sequenza del DNA. Queste differenze ereditarie nella sequenza del DNA sono responsabili dell'ereditabilità. 35. L.M. Butcher, E. Meaburn, J. Knight et al., "SNPs, microarrays and pooled DNA. Identification of four loci associated with mild mental impairment in a sample of 6,000 children", cit.

1 2. Il DNA divinatorio In altre parole, anziché usare il criterio P standard del 5 % , l'aggiustamento a l milione di test significa che il valore P utilizzato negli studi di GWA è pari a 0,00000005 . 2 . Per esempio, lo SNP dell'Ho sul cromosoma 1 6 è costituito da due alleli , T e A. L'allele A è associato a un aumento di peso di circa l ,5 chilogrammi. Ognuno di noi ha due alleli per uno SNP, uno su ciascuno dei nostri due cromosomi. Il nostro genotipo per lo SNP dell'Ho può essere TI, TA o AA. Possiamo contare l.

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il numero di alleli A nel genotipo in modo che un individuo abbia un punteg­ gio genotipico di O, l o 2, a seconda che il suo genotipo sia TI, TA o AA, rispet­ tivamente. Un punteggio più alto per questo SNP prevede un peso corporeo maggiore. Poiché ogni allele A aggiunge in media circa l ,5 chilogrammi, le persone con genotipo TI pesano in media 1 ,5 chili in meno rispetto alle per­ sone con genotipo TA, che sono più leggere di 1 ,5 chili rispetto alle persone con genotipo AA. Questo è ciò che si intende con effetti genotipici additivi: ogni allele A aggiunge 1,5 chilogrammi. Inoltre, come nel caso di qualsiasi sca­ la psicologica, ogni SNP deve essere sommato nella giusta direzione in modo che il punteggio poligenico complessivo predica un peso maggiore. L'allele A dello SNP dell'FTO è casualmente associato a un peso maggiore. Per gli altri SNP nell'analisi di GWA del peso, qualsiasi allele associato a un peso maggiore viene conteggiato come l . n punteggio poligenico di ogni individuo si basa sul fatto che l'individuo abbia O, l o 2 copie di quell'allele. Segnato in questo modo, un punteggio poligenico più alto predice un peso corporeo maggiore. 3 . Negli studi di GWA, l'ampiezza media dell'effetto delle principali associazio­ ni degli SNP è circa dello 0,01 %; in questo caso, ciò suggerisce che i punteggi poligenici necessitano di almeno cinquemila SNP per dare conto delle eredi­ tabilità del 50%. Ci vorranno in realtà molto più di cinquemila SNP, poiché le dimensioni dell'effetto delle associazioni GWA includono errori. In genere, i punteggi poligenici comprendono decine di migliaia di SNP. Un approccio è quello di continuare ad aggiungere SNP fino a quando la capacità di predi­ zione in campioni indipendenti non aumenta: J. Euesden, C.M. Lewis, P.F. O'Reilly, "PRSice: Polygenic Risk Score software", in Bioin/ormatics, 3 1 , 2015, pp. 146- 148. I punteggi poligenici, a volte, includono tutti gli SNP: C.A. Rietveld, S.A. Medland, J. Derringer et al., " GWAS of 126,559 individuals identifies genetic variants associateci with educational attainment" , cit. Per creare i miei punteggi poligenici, è stato utilizzato un approccio più recente, chiamato LDpred, che regola la correlazione (/z'nkage disequilibrium) tra gli SNP per evitare il "doppio conteggio" degli SNP correlati. n metodo LDpred ottimizza le informazioni fomite da tutti gli SNP, non solo da quelli altamente associati al tratto: B.]. Vilhjalmsson, ]. Yang, H.K. Finucane et al., "Mode­ ling linkage disequilibrium increases accuracy of polygenic risk scores" , in American Journal o/Human Genetics, 97, 2015, pp. 576-592. 4. J. Zheng, A.M. Erzurumluoglu, B.L. Elsworth et al., "LD hub: A centralized database and web interface to perform LD score regression that maximizes the potential of summary level GWAS data for SNP heritability and genetic cor­ relation analysis" , in Bioin/ormatics, 33, 2017, pp. 272-279. 5. Insieme al mio gruppo ho raccolto il DNA dalla mia saliva e l'ho estratto come descritto sopra; quindi lo abbiamo genotipizzato per centinaia di migliaia di SNP su un chip per SNP. n chip per SNP utilizzato era l'Infìnium OmniExpress di Illwnina, che genotipizza seicentomila SNP sull'intero genoma. Dopo il con­ trollo di qualità, gli SNP genotipizzati erano 562.199. Come d'uso, questi SNP ponderati furono utilizzati per desumere gli SNP nelle vicinanze, basandoci su pannelli di riferimento con dati di sequenziamento dell'intero genoma su un gran numero di individui. L'attribuzione comporta l'inferenza degli SNP 233

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dai pannelli di riferimento, che sono altamente correlati con (cioè, in linkage disequilibrium con) i nostri SNP ponderati. Abbiamo aggiunto 7.323 .859 SNP desunti, che sono stati usati insieme agli SNP ponderati per costruire i miei punteggi poligenici derivanti dai risultati degli studi di GWA. Per dare un senso ai dati grossolani degli SNP, dopo aver genotipizzato il DNA su un chip per SNP, è necessario molto lavoro. Si inizia con una serie di analisi di controllo della qualità che eliminano gli SNP sbagliati. li prodotto finale è la creazione di centinaia di migliaia di genotipi di SNP per ciascun in­ dividuo. Queste analisi sono noiose ma, dopo un decennio di lavoro con i chip per SNP, sono ormai di routine. Non ancora routinaria è la creazione di punteggi poligenici, che sono entrati ampiamente in uso solo negli ultimi due anni. Per fornire i valori necessari a generare punteggi poligenici per un de­ terminato tratto, sono necessarie le statistiche riepilogative per ciascuna del­ le centinaia di migliaia di SNP derivanti da un ampio studio di GWA per quel tratto. Per migliorare i punteggi poligenici sono state architettate molte mo­ difiche, per esempio tenendo conto del fatto che gli SNP vicini l'uno all'altro su un cromosoma sono correlati. 6. Dalle statistiche riepilogative di A. W. Wood, T. Esko, J. Yang et al., "Defining the role of common variation in the genomic and biologica! architecture of adult human height", cit. Le principali associazioni di SNP per la statura spie­ gavano lo 0,07 % della varianza, che si traduce in un effetto pari a 0,05 cm. 7. B. Maher, "Personal genomes: The case of the missing heritability", in Na­ ture, 456, 2008, pp. 18-2 1 . Nelle scienze della vita, l'assenza di ereditabilità è un problema chiave per tutti i tratti complessi; si parla di "materia oscura" dell'associazione genome-wide poiché, sebbene certamente esista, non pos­ siamo vederla. La lacuna dovuta a quest'assenza di ereditabilità verrà ridotta con l'aumento e il miglioramento delle GWA. Con l'utilizzo dell'attuale tecno­ logia, dovremmo essere in grado di raddoppiare il potere predittivo dei pun­ teggi poligenici con campioni di GWA più grandi. Un'altra ragione di ottimi­ smo risiede nel fatto che i chip per SNP utilizzati negli studi di GWA includono principalmente SNP comuni, ma la maggior parte delle differenze di DNA non lo sono. È stato stimato che gli attuali chip per SNP spiegano solo circa la me­ tà di tutta la varianza genetica del genoma. Vedi T.A. Manolio, F.S. Collins, N.]. Cox et al., "Finding the missing heritability of complex disease ", in Na­ ture, 46 1 , 2009, pp. 747-753 ; F. Dudbridge, "Power and predictive accura­ cy of polygenic risk scores " , in PLoS Genetics, 9, 2013, DOI: 10. 137 1/journal. pgen. 1 003 348. Poiché il sequenziamento dell'intero genoma cattura tutte le differenze ereditarie del DNA, non solo gli SNP comuni, il potere predittivo dei punteg­ gi poligenici potrebbe raddoppiare. Questa conclusione è supportata da un nuovo metodo per la stima dell' ereditabilità denominato ereditabilità degli SNP, in quanto basato sulla misurazione diretta del DNA degli SNP. L'eredita­ bilità degli SNP stima la correlazione tra gli SNP e la somiglianza dei tratti per individui non imparentati, sulle centinaia di migliaia di SNP presenti su un chip per SNP. Anche se attualmente esistono diversi modi per stimare l'ere­ ditabilità degli SNP, il primo metodo è stato la Genome-wide Complex Trait 234

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Analysis (GCTA): J. Yang, B. Benyamin, B.P. McEvoy et al., "Common SNPs explain a large proportion of the heritability for human height", in Nature Genetics, 42 , 2010, pp. 565-569; ]. Y ang, T.A. Manolio, L.R. Pasquale et al., "Genome partitioning of genetic variation for complex traits using common SNPs ", in Nature Genetics, 43, 201 1 , pp. 5 19-525. Per i tratti complessi, l' ereditabilità degli SNP ha in genere la metà della ri­ levanza dell'ereditabilità nei gemelli, il che può dipendere dal fatto che gli at­ tuali chip per SNP stimano solo gli SNP comuni, mentre la maggior parte delle differenze nel DNA del genoma non lo è. È stato stimato che gli attuali chip per SNP marcano solo la metà circa della varianza genetica: P.M. Visscher, M.E. Goddard, E.M. Derks et al., "Evidence-based psychiatric genetics, aka the false dichotomy between common and rare variant hypotheses" , in Mo­ lecular Psychiatry, 17, 2012, pp. 474-485. Vi sono prove del fatto che le differenze del DNA non-SNP, le rare diffe­ renze genetiche e gli effetti genetici non additivi, contribuiscono alla perdita dell'ereditabilità. In relazione alle differenze genetiche non-SNP, le varianti del numero di copie sono state proposte come una delle principali fonti dell' as­ senza di ereditabilità: E.R. Gamazon, N.J. Cox, L.K. Davis, " Structural ar­ chitecture of SNP effects on complex traits" , in American Journal o/ Human Genetics, 95, 2014, pp. 477-489. In relazione alle varianti rare, quelle con frequenze alleliche inferiori al 5 % aggiungono il 2% all'ereditabilità degli SNP per la statura: E. Marouli, M. Graff, C. Medina-Gomez et al., "Rare and low-frequency coding variants al­ ter human adult height", in Nature, 542, 2016, pp. 186- 190. Tra le principali fonti dell'assenza di ereditabilità è stata proposta anche la varianza genetica non additiva: O. Zuk, E. Hechter, S.R. Sunyaev et al., "The mystery of mis­ sing heritability. Genetic interactions create phantom heritability" , in Pro­ ceedings o/ the National Academy o/Sciences USA, 109, 2012, pp. 1 193 - 1 1 98. È stato dimostrato che le differenze genetiche rare contribuiscono al ri­ schio di schizofrenia, autismo e disabilità intellettiva: F. Torres, M. Barbosa, P. Maciel, "Recurrent copy number variations as risk factors for neurodeve­ lopmental disorders: Criticai overview and analysis of clinical implications", in ]ournal o/Medica! Genetics, 53 , 20 16, pp. 73-90. Schizofrenia: D.H. Kavanagh, K.E. Tansey, M.C. O'Donovan et al., "Schi­ zophrenia genetics: Emerging themes for a complex disorder" , in Molecular Psychiatry, 20, 2015, pp. 72-76. Autismo: M. Ronemus, I. Iossifov, D. Levy et al., "The role of de nova mutations in the genetics of autism spectrum di­ sorders" , in Nature Reviews Genetics, 15, 2014, pp. 133-141. Disabilità intel­ lettiva: L.E.L.M. Vissers, C. Gilissen, J.A. Veltman et al., " Genetic studies in intellectual disability and related disorders" , in Nature Reviews Genetics, 17, 2016, pp. 9- 18;}. de Ligt, M.H, Willensen, B.W. van Bon et al., "Diagnostic exome sequencing in persons with severe intellectual disability" , in New En­ gland]ournal o/Medicine, 367, 2012, pp. 192 1 - 1929. Un'altra tessera del puzzle relativo all'assenza di ereditabilità degli SNP potrebbe essere la sovrastima dell'influenza genetica negli studi sui gemelli: ]. Yang, A. Bakshi, Z. Zhu et al., "Genetic variance estimation with imputed 235

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variants finds negligible missing heritability for human height and body mass index" , in Nature Genetics, 47, 2015 , pp. 1 1 14-1 120. Inoltre, metodi statisti­ ci più sofisticati potrebbero essere in grado di ridurre la lacuna riguardante l'assenza di ereditabilità degli SNP: F. Dudbridge, "Polygenic epidemiology" , in Genetic Epidemiology, 40, 2016, pp. 268-27 1 ; H. Shi, G. Kichaev, B. Pa­ saniuc, " Contrasting the genetic architecture of 3 0 complex traits from sum­ mary association data", in American ]ournal o/ Human Genetics, 99, 2016, pp. 1 3 9-153 ; D. Speed, N. Cai, the UCLEB Consortium et al. , "Re-evalua­ tion of SNP heritability in complex human traits " , in bioRxiv, 2016, DOI: 10. 1 10110743 10. È importante sottolineare che l'ereditabilità degli SNP, non l'ereditabili­ tà nei gemelli, rappresenta il limite massimo per gli studi di GWA, così come per i punteggi poligenici da essi derivati, poiché entrambi sono limitati da­ gli SNP comuni valutati sugli attuali chip per SNP: R. Plomin, C.M. Haworth, E.L. Meaburn et al., "Common DNA markers can account for more than half of the genetic influence on cognitive abilities" , in Psychological Science, 24, 2013 , pp. 562-568. 8. Dalle statistiche riepilogative di A.E. Locke, B. Kahali, S.I. Berndt et al., "Ge­ netic studies of body mass index yield new insights for obesity biology", cit. TI punteggio poligenico per l'indice di massa corporea (IMC) predice il 6% del­ la varianza, mentre i migliori SNP per l'IMC ne spiegavano in media lo 0,03 % , che si traduce in un effetto di 100 grammi. 9. Accennerò ad alcuni dei miei punteggi poligenici per i tratti clinici, poiché questi tratti hanno avuto a disposizione i campioni più grandi per l'identifi­ cazione delle GWA. Con i dati sulle GWA disponibili al momento è possibile creare profili poligenici per i punteggi delle principali malattie, quali la coro­ naropatia, il diabete di tipo 2, l'emicrania, l' osteoporosi, l'artrite reumatoide, il cancro del polmone e le malattie infiammatorie intestinali. Sono pure di­ sponibili i punteggi poligenici per molti tratti fisiologici, quali il colesterolo, i trigliceridi, la sensibilità all'insulina, la frequenza cardiaca a riposo, la pressio­ ne sanguigna e i tratti neurologici. Rispetto a molte delle patologie citate non c'è bisogno del DNA per scoprire se al momento se ne è affetti. Per esempio, potreste già sapere se avete il diabete di tipo 2, il colesterolo alto o problemi cardiovascolari; la grande differenza sta nel fatto che i punteggi poligenici possono predire il rischio genetico per questi disturbi, non solo valutarne lo stato attuale. Se si è sovrappeso e inattivi, si corre un certo rischio di svilup­ pare il diabete di tipo 2, ma se si è sovrappeso e inattivi ed è presente un al­ to rischio genetico, le probabilità di sviluppare la malattia sono decisamente maggiori. Inoltre, il diabete di tipo 2 , di norma, non viene diagnosticato fino alla mezza età e, a quel punto, gran parte del danno dovuto al sovrappeso e all'inattività è stato fatto. Conoscere in anticipo il proprio punteggio polige­ nico dà migliori possibilità di battere le probabilità genetiche mantenendo basso il peso, mangiando meglio ed essendo più attivi. Certo, perdere peso, mangiare meglio ed essere più attivi farebbe bene a tutti, ma è probabile che la consapevolezza di essere ad alto rischio per il diabete di tipo 2 motivi davvero ad agire in questo senso. Si possono anche 236

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monitorare i livelli di zucchero nel sangue. Se la dieta e l'esercizio fisico non sono sufficienti, i farmaci possono essere d'aiuto. Rispetto al rischio di dia­ bete di tipo 2, che può portare alla cecità, alla dialisi renale e persino alle am­ putazioni, questi sono piccoli passi che si possono fare e che, quanto meno, non nuocciono. Fortunatamente, rispetto al diabete di tipo 2 presento soltanto un rischio poligenico medio, prossimo al 50° percentile; per questa patologia, il mio punteggio poligenico è stato creato sulla base di uno studio di GWA su 25.000 casi che aveva riscontrato più di cento associazioni significative: R.A. Scott, L.J. Scott, R. Magi et al., "An expanded genome-wide association study of Type 2 diabetes in Europeans", in Diabetes, 66, 2017, pp. 2888-2902. I miei punteggi poligenici per altri disturbi clinici erano solo lievemente sopra la media. Per esempio, per le malattie infiammatorie intestinali, il mio punteggio era al 62° percentile; in questo caso, abbiamo creato punteggi po­ ligenici avvalendoci di uno studio di GWA su 86.000 casi che avevano ripor­ tato 3 8 associazioni significative: J.Z. Liu, S. van Sommeren, H. Huang et al., "Association analyses identify 3 8 susceptibility loci for inflammatory bowel disease and highlight shared genetic risk across populations", in Nature Ge­ netics, 47, 2015, pp. 979-986. Per il cancro del polmone, il mio punteggio poligenico era al 67° percenti­ le; per questa malattia, abbiamo utilizzato uno studio di GWA svolto su 13 .500 casi che avevano riportato diverse associazioni significative: Y.M. Patel, S.L. Park, Y. Han et al., "Novel association of genetic markers affecting CYP2A6 activity an d lung cancer risk", in Cancer Research, 7 6, 2016, pp. 57 68-577 6. I miei punteggi poligenici erano medi anche per variabili fisiologiche correlate alla malattia, come la frequenza cardiaca a riposo (52° percentile); per questa, per creare i punteggi poligenici è stato utilizzato uno studio di GWA svolto su un campione di 265.000 individui che riportava 64 associazioni significative: R.N. Eppinga, Y. Hagemeijer, S. Burgess et al., "Identification of genomic loci associated with resting heart rate and shared genetic predictors with ali­ cause mortality" , in Nature Genetics, 48, 2016, pp. 1557- 1563 . Il più delle volte, la maggior parte di noi avrà punteggi vicini alla media della popolazione. I punteggi medi possono sembrare deludenti, nel senso che sono ambigui, né carne né pesce, ma potrebbero essere il risultato miglio­ re. Un punteggio poligenico basso per una data malattia potrebbe significare semplicemente un basso rischio, il che apparentemente è una buona cosa, ma i punteggi poligenici sono sempre distribuiti in modo normale e non sappiamo che cosa un punteggio estremamente basso possa comportare. Per esempio, l'artrite reumatoide è una malattia autoimmune che potrebbe indicare un si­ stema immunitario iperattivo che vede le proprie cellule come estranee. Un punteggio poligenico molto basso, suggerendo un sistema immunitario con meno probabilità di diventare iperattivo, potrebbe essere un buon segno, ma è anche possibile che indichi altri problemi come, per esempio, il fatto che tale sistema è meno sensibile e potenzialmente più vulnerabile alle infezioni. Mi ha affascinato apprendere che per l'artrite reumatoide il mio punteg­ gio poligenico è al 96° percentile; nella mia famiglia c'è familiarità per que237

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sta malattia e sto iniziando a mostrarne i segni, specialmente alle ginocchia. La migliore azione preventiva per ritardame l'esordio è smettere di fumare, ma io non ho mai fumato; l'altra cosa consigliabile è perdere peso e questo è un motivo in più per sforzarmi di vincere la mia battaglia contro la pancia. Anche se non c'è molto che possa fare al riguardo, preferisco comunque sa­ pere che cosa aspettarmi. Se avessi saputo prima che stavo correndo questo rischio, avrei giocato meno a squash, a pallacanestro e a pallavolo, tutti sport che danneggiano le ginocchia? Se solide prove scientifiche mi avessero confer­ mato che questo avrebbe fatto la differenza, probabilmente avrei scelto sport più lievi sulle ginocchia, ma prove del genere ancora non esistono. Ora che possiamo predire il rischio genetico fin dai primi anni di vita, la scienza avrà maggiori possibilità di capire come prevenire questi problemi. La prevenzio­ ne è una scommessa migliore rispetto allo sforzo di curare questi complessi disturbi una volta che si siano manifestati. n mio punteggio poligenico per l'artrite reumatoide si basava sui risultati di un'analisi di GWA che includeva 3 0.000 casi di questa patologia e riportava 101 associazioni significative: Y. Okada, D. Wu, G. Trynka et al., "Genetics of rheumatoid arthritis contribu­ tes to biology and drug discovery", in Nature, 506, 2014, pp. 376-3 8 1 . Il mio punteggio poligenico era alto (87° percentile) anche per la sensibilità all'in­ sulina, ma questa è una cosa buona perché si pensa che ciò protegga contro il diabete, benché possa anche rendere più difficile perdere peso; questo pun­ teggio si basava sui risultati di un'analisi di GWA condotta su 17.000 indivi­ dui che riportava 23 associazioni significative: G.A. Walford, S. Gustafsson, D. Rybin et al., "Genome-wide association study of the modifìed Stumvoll insulin sensitivity index identifies BCL2 and FAM1 9A2 as novel insulin sensiti­ vity loci " , in Diabetes, 65, 2016, pp. 3200-32 1 1 . Un altro punteggio clinico poligenico per me interessante riguardava l'e­ micrania; il mio punteggio poligenico è all '83 o percentile. Ho sofferto di emi­ cranie con aura, sintomi visivi che compaiono appena prima che l'emicrania abbia inizio; per fortuna, mi capitava solo un paio di volte l'anno da adole­ scente e da giovane e ora mi accade raramente, anche se posso rischiare che mi succeda se fisso lo schermo del mio computer troppo a lungo: la comparsa dell'aura mi segnala utilmente che è il momento di smettere di lavorare. Per l'emicrania, i punteggi poligenici sono stati creati a partire da uno studio di GWA svolto su 375.000 casi che aveva riportato 3 8 associazioni significative: P. Gormley, V. Anttila, B.S. Winsvold et al., "Meta-analysis of 375 ,000 indi­ viduals identifies 38 susceptibility loci for migraine " , in Nature Genetics, 48, 2016, pp. 856-866.

13. Predire chi siamo l.

S . Ripke, B.M. Neale, A . Corvin et al., "Biologica! insights from 1 08 schizo­ phrenia-associated genetic loci" , in Nature, 5 1 1 , 2014, pp. 42 1 -427. C'è un tranello nella frase "varianza del rischio" . Le analisi di GWA relative alle ma­ lattie diagnosticate si basano sul confronto tra individui con diagnosi per il 238

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disturbo (chiamati casi) e controlli che non hanno ricevuto tale diagnosi. Que­ sto rende difficile parlare della varianza predetta dal punteggio poligenico, poiché tutto ciò che viene analizzato è la differenza media della frequenza di SNP tra casi e controlli. È possibile aggirare il problema statisticamente, sup­ ponendo che alla base della dicotomia tra casi e controlli esista un continu­ um di rischio; il modello presuppone che un individuo sia riconosciuto come caso quando attraversa una certa soglia di gravità nel continuum del rischio; questo è il cosiddetto modello della soglia di rischio. Con questo modello, il problema consiste nel fatto che una delle "grandi scoperte" della genetica comportamentale è il considerare i disturbi semplicemente come gli estremi degli stessi fattori genetici presenti nella normale distribuzione: non ci sono malattie, ma solo dimensioni. In questa prospettiva, sembra irrazionale valu­ tare un disturbo come fosse dicotomico (casi contro controlli) e poi presu­ mere che si tratti di una dimensione continua. Ma se pensiamo alle malattie come agli estremi quantitativi della norma­ le distribuzione, il modello della soglia di rischio è ragionevole. Continuan­ do con l'esempio estremo del "gigantismo" , usato in precedenza, è come se prendessimo un tratto continuo come la statura e ci concentrassimo sulla "diagnosi" degli individui che si trovano nell' l % estremo di quel tratto. Sup­ poniamo di condurre uno studio di GWA casi-controlli sui giganti paragonati alle altre persone, eliminando tutte le informazioni sulle differenze di statu­ ra individuali nel resto della popolazione. Sulla base del fatto che le malattie sono solo gli estremi delle dimensioni, i risultati di uno studio di GWA sui gi­ ganti e i controlli dovrebbero essere simili a quelli prodotti da uno studio di GWA sulle differenze individuali di statura nell'intera popolazione. Ma perché si dovrebbero paragonare i giganti con il resto della popolazione, quando la statura è così chiaramente un tratto continuo? Non ha alcun senso. Questo è il modo in cui penso a tutte le malattie: sono semplicemente l'estremo quan­ titativo dei tratti continui. Per patologie come il disturbo depressivo maggiore e dimensioni come la statura, i punteggi poligenici sono perfettamente distribuiti in modo normale su una curva a campana. Predìco che i punteggi poligenici daranno il colpo di grazia alle dicotomie diagnostiche. Se i contributi genetici alle malattie sono distribuiti normalmente, significa che, in una prospettiva genetica, non ci so­ no malattie, ma solo dimensioni. Questo è un concetto che vale la pena riba­ dire: le differenze genetiche tra le persone cui viene diagnosticato un disturbo e il resto della popolazione riguardano la quantità, non la qualità. Non esiste una soglia oltrepassata la quale il rischio genetico si trasforma in un disturbo diagnosticabile. Per le dimensioni continue non è irragionevole concentrarsi sugli estremi, poiché è qui che i problemi sono più gravi. Non esiste un distur­ bo eziologicamente distinto; esiste semplicemente una dimensione continua. 2. E. Vassos, M. Di Forti, }. Coleman et al., "An examination of polygenic sco­ re risk prediction in individuals with first-episode psychosis" , in Biologica! Psychiatry, 8 1 , 2017, pp. 470-477. 3 . N.R. Wray, S . Ripke, M. Mattheisen et al., "Genome-wide association analyses identify 44 risk variants and refìne the genetic architecture of major depres­ sion" , in Nature Genetics, 50, 2018, pp. 668-68 1 . 239

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4. L. Arseneault, M. Cannon, R. Poulton, "Cannabis use in adolescence and risk for adult psychosis: Longitudinal prospective study", in British Medica! ]ournal, 325, 2002 , pp. 1212-1213. 5 . S. Kyaga, M . Landén, M . Boman et al., "Menta! illness, suicide and creativi­ ty: 40-year prospective total population study", in ]ournal o/ Psychiatric Re­ search, 47, 2013, pp. 83-90. 6. A. Power, S. Steinberg, G. Bjornsdottir et al., "Polygenic risk scores for schi­ zophrenia and bipolar disorder predict creativity", in Nature Neuroscience, 18, 2015, pp. 953 -955. 7. P.B. Verghese, J.M. Castellano, D.M. Holtzman, "Apolipoprotein E in Alzheimer's disease and other neurologica! disorders", in Lancet Neurology, 10, 201 1 , pp. 241 -252. 8. V. Escott-Price, M. Shoai, R. Pither et al., "Polygenic score prediction captu­ res nearly all common genetic risk for Alzheimer's disease" , in Neurobiology o/Aging, 49, 2017, pp. 2 14-237 . 9 . ].]. Lee, R. Wedow, A . Okbay et al., "Gene discovery and polygenic predic­ tion from a genome-wide association study of educational attainment in 1 . 1 million individuai" , cit. 10. A. Okbay, J.P. Beauchamp, M.A. Fontana et al., "Genome-wide association study identifies 74 loci associated with educational attainment", cit. 1 1 . R. Plomin, S. von Stumm, "From twins to genome-wide polygenic scores: The new genetics of intelligence", in Nature Reviews Genetics, 19, 2018, pp. 148- 159. 12. Un'analisi, attualmente in corso, delle GWA per l'intelligenza ha raggiunto una dimensione del campione di 280.000 individui; il suo punteggio polige­ nico predice il 4% della varianza per questo tratto: J .E. Savage, P .R. J ansen, S. Stringer et al., "Genome-wide association meta-analysis in 269,867 indivi­ duals identifies new genetic and functional links to intelligence" , cit. Lo stu­ dio di GWA pubblicato in precedenza, con 78 .000 individui, compresa la UK Biobank, aveva prodotto un punteggio poligenico che prediceva il 3 % della varianza nel TEDS: S. Sniekers, S. Stringer, K. Watanabe et al., "Genome-wide association meta-analysis of 78,308 individuals identifies new loci and genes influencing human intelligence", in Nature Genetics, 49, 2017, pp. 1 107- 1 1 12. I precedenti studi di GWA per l'intelligenza predicevano solo l' l % circa del­ la varianza; per esempio, G. Davies, N. Armstrong, ].C. Bis et al. , " Genetic contributions to variation in generai cognitive function: A meta-analysis of genome-wide association studies in the CHARGE consortium (n=53 ,949)", in Molecular Psychiatry, 20, 2015, pp. 1 83 - 192. Abbiamo condotto uno studio di GWA per l'intelligenza estremamente elevata, che ha prodotto un punteg­ gio poligenico che predice il 2% della varianza per il tratto: D. Zabaneh, E. Krapohl, H. A. Gaspar et al., "A genome-wide association study for extremely high intelligence", in Molecular Psychiatry, 23 , 2018, pp. 1226- 1232. 13. S. Selzam, E. Krapohl, S. von Stumm et al., "Predicting educational achieve­ ment from DNA " , in Molecular Psychiatry, 22, 2017, pp. 267-272. 14. Un nuovo sviluppo relativo ai punteggi poligenici riguarda la combinazione del potere predittivo di detti punteggi derivati da diversi studi di GWA, deno240

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minati punteggi multipoligenici. La logica alla base dei punteggi poligenici consiste nel continuare ad aggiungere SNP da uno studio di GWA fino a quando gli SNP aggiunti non smettono di aumentare la predizione del tratto bersaglio in un campione indipendente. I punteggi multipoligenici estendono questa logica a tutti gli studi di GWA. Per esempio, l'insieme dei vari punteggi poli­ genici per l'intelligenza predicono una maggiore varianza in un campione in­ dipendente? Anche se i relativi studi di GWA mirano a diverse capacità cogni­ tive - ragionamento, intelligenza generale, intelligenza estremamente elevata e anni di istruzione -, i loro risultati possono essere utilizzati in un'analisi di punteggi multipoligenici. Impiegando l'approccio del punteggio multipolige­ nico, siamo stati in grado di aumentare la predizione dei punteggi della GCSE dal 9% all' l l % : E. Krapohl, H. Patel, S. Newhouse et al., "Multi-polygenic score prediction approach to trait prediction", in Molecular Psychiatry, 23 , 2018, pp. 1368- 1374. Abbiamo anche utilizzato punteggi poligenici, prodot­ ti dai principali studi di GWA, sui relativi tratti cognitivi in un'analisi di pun­ teggio multipoligenico per cercare di capire quanta varianza nell'intelligenza si potesse predire nel TEDS. li punteggio poligenico per gli anni di istruzione predice da solo il 4% della varianza; gli altri punteggi poligenici portano que­ sto valore solo al 5 % . Ma ogni piccola parte conta in vista dell'obiettivo di predire il maggior numero possibile di varianze: E. Krapohl, H. Patel, S. New­ house et al., "Multi-polygenic score prediction approach to trait prediction ", cit. Un altro studio che ha utilizzato un numero ancora maggiore di punteggi poligenici in un punteggio multifenotipico ha predetto il 7 % della varianza nell'intelligenza in un campione indipendente: W.D. Hill, R.E. Marioni, O. Maghzian et al., "A combined analysis of genetically correlated traits identi­ fies 1 87 loci and a role for neurogenesis an d myelination in intelligence", in Molecular Psychiatry, 24, 2019, pp. 1 69- 1 8 1 . È stato usato un approccio GWAS multivariato chiamato Multi-Trait Analysis o/ GWAS (MTAG): P. Turley, R.K. Walters, O. Maghzian et al., "Multi-trait analysis of genome-wide association summary statistics using MTAG " , in Nature Genetics, 50, 2018, pp. 229-237. 15. A. Okbay, B.M.L. Basehnans,J.-E. de Neve et al., "Genetic variants associa­ ted with subjective well-being, depressive symptoms, and neuroticism iden­ tifìed through genome-wide analyses" , cit.

14. Il nostro futuro è il DNA l.

Con il passare del tempo, nel nostro DNA si verificano alcune mutazioni ca­ suali, ma le migliaia di SNP che vengono utilizzati per creare punteggi poli­ genici non cambiano in modo significativo. Il DNA può essere danneggiato dall'invecchiamento, particolarmente aggravato dal fumo, ma anche questo è improbabile che influisca sui punteggi poligenici: J.P. Soares, A. Cortinhas, T. Bento et al., "Aging and DNA damage in humans: A meta-analysis study'', in Aging, 6, 2014, pp. 432-439. 2 . M . Honzik, J.W. Macfarlane, L . Allen, "The stability o f mental test perfor­ mance between two and eighteen years ", in The ]ournal o/Experimental Edu­ cation, 17, 1948, pp. 3 09-324. 241

NOTE

3 . S.P.A. Rasing, D.H.M. Creemers, ].M.A.M. Janssens et al., "Depression and anxiety prevention based on cognitive behavioral therapy for at-risk adole­ scents: A meta-analytic review", in Frontiers in Psychology, 8, 201 7 , p. 1066. 4. R. Plomin, C.M. Haworth, O.S. Davis, "Common disorders are quantitative traits" , cit. 5 . S . Selzam, E . Krapohl, S . von Stumm et al., "Predicting educational achieve­ ment from DNA" , cit. 6. Per esempio, abbiamo scoperto che il punteggio poligenico per l'EA (Educatio­ nal Attainment) prediceva il 5 % della varianza delle prestazioni nella lettura. Abbiamo evidenziato la probabilità che uno studio di GWA sulla lettura pro­ duca da solo un punteggio poligenico che potrebbe spiegare il 20% della va­ rianza delle prestazioni per questo tratto: S. Selzam, P.S. Dale, R.K. Wagner et al., "Genome-wide polygenic scores predict reading performance throughout the school years", in Scientific Studies o/Reading, 2 1 , 2017, pp. 334-339. 7. Cross-disorder Group of the Psychiatric Genomics Consortium, " Identi­ fication of risk loci with shared effects on five major psychiatric disorders: A genome-wide analysis" , Lancet, 3 8 1 , 2013 , pp. 13 7 1 - 1379; E. Krapohl, J. Euesden, D. Zabaneh et al. , "Phenome-wide analysis of genome-wide polygenic scores" , in Molecular Psychiatry, 2 1 , 2015, pp. 1 1 88- 1 1 93 . 8. D.W. Belsky, T.E. Moffitt, D.L. Corcoran et al., "The genetics of success: How single-nucleotide polymorphisms associateci with educational at­ tainment relate to lifecourse development", in Psychological Science, 27, 2016, pp. 957-972. Economisti e sociologi si sono interessati alla genomica concen­ trandosi su esiti socioeconomici come il reddito, anziché sui tratti psicologici. Un utile riassunto del loro lavoro può essere trovato in un libro dei sociologi Dalton Conley eJason Fletcher, The Genome Factor, cit. 9. S. Selzam, E. Krapohl, S. von Stumm et al., "Predicting educational achieve­ ment from DNA " , cit.; E. Krapohl, R. Plomin, "Genetic link between family socioeconomic status and children's educational achievement estimateci from genome-wide SNPs", in Molecular Psychiatry, 45 , 2015, pp. 2 1 7 1 -2 179. 10. E. Krapohl, L.J. Hannigan,J.-B. Pingault et al., "Widespread covariation of early environmental exposures and trait-associateci polygenic variation " , in Procee­ dings o/the Nationa!Academy o/Sciences, USA, 1 14, 20 17, pp. 1 1 .727-1 1 .732. 1 1 . La presenza dell'influenza genetica sulle misure ambientali suggerisce che gli studi di GWA su di esse possano produrre punteggi poligenici che predico­ no l'esperienza. Tuttavia, il primo studio di GWA su una variabile ambientale non ebbe successo, poiché la dimensione del campione non era abbastanza grande, visto quello che ora sappiamo sulle piccole associazioni di SNP: L.M. Butcher, R. Plomin, "The nature of nurture: A genome-wide association scan for family chaos" , in Behavior Genetics, 38, 2008, pp. 361-37 1 . 12. V.S. Knopik, M . Neiderhiser, J.C. DeFries et al, Behavioral Genetics, cit. 13. A. Caspi, J. McClay, T.E. Moffitt et al., "Role of genotype in the cycle of vio­ lence in maltreated children" , in Science, 297, 2002, pp. 85 1 -854. 14. L. E. Duncan, M.C. Keller, "A criticai review of the first 10 years of candidate gene-by-environment interaction research in psychiatry", in American ]ournal o/Psychiatry, 168, 20 1 1 , pp. 104 1 - 1049. 242

NOTE

15. Oltre a utilizzare i punteggi poligenici esistenti relativi ai disturbi mentali per investigare se interagiscano con le cure, i ricercatori stanno tentando di con­ durre uno studio di GWA, soprannominato GE- Whiz, specificamente mirato sulle interazioni tra SNP e cure: anziché cercare le associazioni degli SNP con il disturbo stesso, un'analisi di GWA GE-Whiz cerca SNP che predicano quan­ te persone rispondono al trattamento: D.C. Thomas, J.P. Lewinger, C.E. Murcray et al., "GE-Whiz ! Ratcheting gene-environment studies up to the whole genome and the whole exposome", in American Journal of Epidemio­ logy, 175, 2012, pp. 203-207. li primo studio di GWA di questo tipo in psico­ logia ebbe come bersaglio le differenze nelle risposte dei bambini ansiosi al­ la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia più efficace contro l'ansia. Ma il campione per questo studio pionieristico di "psicologia di precisione" era troppo piccolo per fornire un punteggio poligenico affidabile per l'inte­ razione genotipo-ambiente: J.R. Coleman, K.J. Lester, R. Keers et al., "Ge­ nome-wide association study of response to cognitive-behavioural therapy in children with anxiety disorders" , in British ]ournal o/Psychiatry, 209, 2016, pp. 236-243 . 16. E. Smith-Woolley, J.-B. Pingault, S. Selzam et al., "Differences in exam per­ formance between pupils attending selective and non-selective schools mir­ ror the genetic differences between them", cit. Un altro tipo di approccio consiste nel confrontare l'impatto relativo sul­ le differenze individuali nel rendimento scolastico del punteggio poligenico per l'EA e verificare se gli studenti frequentano scuole selettive o non selettive. Come abbiamo visto, nei punteggi della GCSE il punteggio poligenico per l'EA predice il 9% della varianza, mentre il tipo di scuola ne spiega il 7 % . Ma do­ po aver controllato i fattori di selezione, la varianza spiegata dal tipo di scuola scende a un semplice l % . In altre parole, nella predizione dei punteggi della GCSE, il punteggio poligenico per l'EA è nove volte più potente rispetto al tipo di scuola. Inoltre, tenete presente che questo è il punteggio poligenico per l'EA del 2016, non quello successivo, che dovrebbe essere potente più del doppio. 17. N. Broughton, O. Ezeyi, C. Hupkau et al., Open Access. An Independent Eva­ luation, The Social Market Foundation, London 2014, . 18. D. Conley, W.B. Domingue, D. Cesarini et al., "Is the effect of parental education on offspring biased or moderated by genotype? ", in Sociological Science, 2 , 2015, pp. 82- 1 05 ; B.W. Domingue, D.W. Belsky, D. Conley et al., "Polygenic influence on educational attainment: New evidence from the national longitudinal study of adolescent to adult health" , in AERA Open, l , 2015, pp. 1 - 13 . 19. Z. Ayorech, E. Krapohl, R. Plomin et al., "Genetic influence on intergenera­ tional educational attainment", in Psychological Science, 28, 2017, pp. 13021 3 1 0. 20. L. Leitsalu, " Cohort profile: Estonian biobank of the Estonian Genome Cen­ ter, University of Tartu" , in lnternationalfournal o/Epidemiology , 44, 2015, pp. 1 13 7 - 1 147. 243

NOTE

2 1 . K. Rirnfeld, E. Krapohl, M. Trzaskowski et al., "Genetic influence on social outcomes during and after the Soviet era in Estonia" , Nature Human Beha­ viour, 2018, 2, pp. 269-275. 22 . Questo sta iniziando a verificarsi, . 23 . G.H. Murphy, S.M. Johnson, A. Amos et al., "Adults with untreated phe­ nylketonuria. 'Out of sight, out of mind' ", in British Journal o/ Psychiatry, .193 , 2008, pp. 501 -502. 24. Pagina web per il programma ELSI del National Human Genome Research Institute, . Inoltre, un recente libro tratta specificamente questioni etiche sulla genomica in relazione all'istruzio­ ne: S. Bouregy, E.L. Grigorenko, M. Tan et al. (a cura di), Genetics, Ethics and Education, Cambridge University Press, 2017. 25 . Un'utile discussione su queste fastidiose questioni può essere trovata in un recente libro: B. Rochman, The Gene Machine. How Genetic Technologies are Changing the Way We Have Kids - and the Kids We Have, Farrar, Straus and Giroux, 2017.

244

Ringraziamenti

Poiché L'impronta genetica rappresenta per me il culmine di quaranta­ cinque anni di lavoro, sono tentato di approfittare di quest'occasione per ringraziare i colleghi, gli studenti e gli amici che mi hanno aiutato a mo­ dellare la mia carriera e la mia ricerca; ma queste persone sono letteral­ mente centinaia, perciò posso solo sperare che sappiano chi sono e quan­ to hanno significato per me. Tuttavia, desidero citarne due in particolare che hanno avuto un ruolo determinante nella realizzazione di questo li­ bro. Laura Stickney, redattrice presso la Penguin, ha operato un editing importante del manoscritto originale e ne ha poi messo a punto la versio­ ne definitiva, in quello che è sembrato un corso di perfezionamento sulla transizione dalla stesura di un testo accademico a quella di un libro che potesse raggiungere un pubblico più vasto. Sophie von Stumm è stata la prima a suggerirmi di scrivere L'impronta genetica e a incoraggiarmi co­ stantemente, garantendomi i migliori consigli possibili e il suo sostegno nella redazione delle molte bozze preliminari. I miei ringraziamenti vanno anche a tre istituzioni che hanno supportato le mie ricerche negli ultimi venticinque anni. li Medicai Research Council ha costantemente e generosamente finanziato i miei progetti di ricerca (MR/ M02 1475/1, precedentemente G0901245) da quando, nel 1994, dagli Sta­ ti Uniti mi trasferii nel Regno Unito, provvedendo alla maggior parte del mio stipendio di Research Professor presso l'MRC (G 19/2 ) ; dal 2013 , a fi­ nanziare le mie ricerche e il mio stipendio ha contribuito anche uno Eu­ ropean Research Council Advanced Investigator Award (2953 66) . Infine, sono estremamente grato per l'opportunità che mi è stata data durante i venticinque anni di carriera nel Regno Unito, di lavorare in uno splendi­ do ambiente interdisciplinare e collegiale presso l'Institute for Psychiatry, Psychology and Neuroscience del King's College di Londra. 245

Indice analitico*

Abilità spaziali, 18, 32, 37, 67, 83-84 Aborto, 29 Acido deossiribonucleico (DNA),

e somiglianza familiare, 7, 9- 10; vedi anche Famiglie, e genetica fingerprinting, 228 genomica, vedi Genomica importanza crescente nel tempo,

123- 133 alleli, vedi Alleli approccio bottom-up dal DNA al comportamento, 146-148 approccio top-down, 13 1 , 147 caccia al gene, vedi Genetica, caccia al gene per le differenze genetiche codifica per gli aminoacidi, 124-126 come più importante fattore dell'identità, 8-13, 17- 19, 27-45,

67-72, 107 introni, 130 mutazioni, vedi Mutazioni nucleotidi, vedi Nucleotidi pleiotropia, 85, 130, 147, 178 pooling, 227 predittorilpredizione dei tratti psicologici, vedi Predizione di tratti e disturbi psicologici punteggi poligenici, 149-161 rivoluzione genetica, 7, 10-12, 50,

65, 96, 98- 107, 177, 188-189, 192

78-79, 199-202

come principale forza sistematica nella vita, 13, 45, 107, 169, 188- 189, 192 199-200; vedi anche Genetica, influenza genetica cromosomi, vedi Cromosomi danni dovuti all'invecchiamento,

analisi di GWA, vedi Studi, di associazione genome-wide (GWA) geni generalisti, vedi Geni generalisti genomica personalizzata, vedi Genomica, personalizzata normalità dei problemi psicologici "anormali" , 73, 74-77, 202; vedi anche "Anormalità" e normalità dei problemi psicologici predizione di tratti e disturbi psicologici, vedi Predizione di tratti e disturbi

24 1 differenze ereditarie nella sequenza, vedi Ereditabilità (differenze genetiche ereditarie) "DNA spazzatura", 129, 223 doppia elica, 9-10, 123-127, 124,

200 e biobanche, 143- 145 e genetica, vedi Genetica

* I numeri di pagina in corsivo si riferiscono a figure e tabelle.

247

INDICE ANALITICO

punteggi poligenici, vedi Punteggi poligenici SNP, vedi Polimorfismi a singolo nucleotide rotture del codice genetico, 12 sequenziamento del genoma umano, vedi Sequenziamento del genoma umano SNP, vedi Polimorfismi a singolo nucleotide Acido ribonucleico (RNA), 127- 128, 130, 223 Addestramento al benessere, 181 Adenina, 123- 124, 124 ADHD, vedi Disturbo, da deficit di attenzione/iperattività Agenzie per l'adozione, 30-3 1 , 209 Allattamento al seno, 186 Alleli, 128, 232-233 allele 4 ( del gene APOE), 141- 142, 167 - 1 68 e deposito di grasso, 130-13 1 , 206 e punteggi poligenici, 149- 152 , 1 5 1 , 153- 154; vedi anche Punteggi poligenici e SNP nel gene COMT, 225 e SNP nel gene FTO, 128- 130, 143 , 147, 206, 223-224, 232-233 vedi anche Genotipi Allucinazioni, 7 1 , 78, 81- 82, 164 Alzheimer, malattia di, 140-142 analisi di GWA, 142 e gene APOE, 142, 167-168 punteggi poligenici, 167 - 168, 1 74 Amabilità, 90 Ambientalismo, 7 , 20, 87-88, 98 Ambiente, 20-22, 87-88 familiare, 87-89, 1 85- 186 non condiviso, 90-96, 103 , 105, 1 10- 1 12 vedi anche Cultura e ambiente Amici, caratteristiche del gruppo di, 59-60 Aminoacidi, 124- 125, 127, 129- 130, 208, 223 Ampiezza dell'effetto, 44-45

Analisi di GWA, vedi Studi, di associazione genome-wide (GWA) genetica multivariata, 64, 7 1 , 74, 2 12 Anoressia, 140, 164, 174, 1 82 "Anormalità" e normalità dei problemi psicologici, 3 7 , 73-79, 142, 180-18 1 , 200, 2 1 7 APOE, vedi Apolipoproteina E (APOE) Apolipoproteina E (APOE), 141- 142 , 167 - 168 Artrite reumatoide, 236-238 Autismo, 19, 77-78, 140, 143 , 146, 174, 207, 2 1 8 come disturbo dello spettro dell', 77-78 punteggi poligenici, 17 4 Autoselezione, 1 16, 1 1 9 Bambini "firmati" , 193 - 194, 198 Barber, gemelli Ronde e Tiki, 32 Barrett, Syd, 166 Biobanche, 143 - 144 Bloodworth, James (The Myth o/ Meritocracy), 222 Brenner, Sydney, 124 Calvizie, 70-7 1 Cancro della mammella, 18-19, 18, 19, 2 1 -22, 208 della pelle, 6 del polmone, 236-237 innescato da mutazioni genetiche, 20-2 1 Cannabis, 163 , 165 , 240 CAP, vedi Colorado Adoption Project Capacità mentali, 7, 8, l O, 17, 19, 192 abilità nella lettura, vedi Lettura, abilità/difficoltà nella cognitive, 32, 36, 63-65, 67 , 72, 79, 95, 98-99, 105, 1 1 1 , 143 , 174, 184, 199, 225 e geni generalisti, 8 1 -82 vedi anche Intelligenza 248

INDICE ANALITICO

Caso, 94-95, 101 mutazioni, 22; vedi anche Mutazioni genetiche Catecol-0-metiltransferasi (COMT), 225 Cervello, 27, 7 1 , 13 1 danno da fenilalanina, 196-197 e gene FTO, 146-147 e geni generalisti, 84-85 e intelligenza, 68 e ormoni dello stress, 225 e pleiotropia, 85, 147 neuroscienze, 84-85 neurotrasmettitori, 127, 136 Citosina, 123, 124 Clark, Gregory, 221 , 222, 242, 243 Clima, 60-62 Clinton, Bill , 88 Clinton, Roger Jr, 88 Clustered Regularly lnterspaced Short Palindromic Repeats (CRISPR),

varianza statistica, vedi Varianza, dati statistici della Covarianza, dati statistici della, 38-39,

4 1 -42, 1 85, 2 10-2 1 1 ; vedi anche Correlazione dei tratti Crick, Francis, 123 - 125 , 222 CRISPR, vedi Clustered Regularly lnterspaced Short Palindromic Repeats Crohn, morbo di, 138 Cromosomi SNP nel cromosoma, 16, 127- 128,

224 vedi anche Fat mass and obesity­ associated protein (FTO) Cultura e ambiente ambiente non condiviso, 90-95, 103 ,

105, 1 10- 1 12 ampia definizione di " ambiente",

22 Home Observation for Measurement of Environment (HOME), 63-64 intersezione della natura con, 7-9,

129, 208 Coetanei, caratteristiche del gruppo di, 59 Colorado Adoption Project (CAP),

3 1 -32, 42-43 , 55-58, 63-64, 69

12, 17-25, 98, 185- 187

COMT, vedi Catecol-0-metiltransferasi Condizioni meteorologiche, 61 -62 Conley, Dalton, 222 Controllo delle nascite, 29 Correlazione dei tratti, 38-4 1 , 40, 45,

correlazione geni-ambiente, 1 12,

1 14 correlazione genotipo-ambiente,

70, 186-187 dibattito su natura e cultura, 68 e clima/condizioni atmosferiche,

84, 2 1 1 covarianza statistica, vedi Covarianza, dati statistici della dovuta alla genetica dell'ambiente,

61-62 e differenze/somiglianze tra fratelli, 87-96, 200 e incidenti, 62 e punteggi poligenici, 1 85- 1 87 e sostegno sociale, 8-9, 59-60, 64,

5 1 -65, 99, 178, 199-200 e correlazione geni-ambiente, 1 12,

1 14 e differenze/somiglianze tra fratelli,

105 e studi sui gemelli, 32-44, 52-53 , 59, 1 85-186; vedi anche Studi, sui gemelli e studi sull'adozione, 28-32, 37,

87-96, 200 ed ereditabilità dell'intelligenza,

69-72 , 9 1 , 1 17 - 1 1 8 e punteggi poligenici, vedi Punteggi poligenici e studi di GWA, vedi Studi di associazione genome-wide (GWA)

42-44, 54-57, 59, 62-65; vedi anche Studi, sull'adozione e visione televisiva da parte dei bambini, 55-58, 186 249

INDICE ANALillCO

dell'umore, 19 disturbo bipolare, vedi Disturbo, bipolare monogenici, 75, 194, 196- 198, 208 "Disturbi" mentali, vedi Salute mentale e " disturbi" psicologici Disturbo antisociale di personalità, 19 bipolare, 8 1 , 138- 140, 143 analisi di GWA, 140- 141 e geni generalisti, 82-83 , 140 ereditabilità del rischio risultante dagli studi sugli SNP e sui gemelli, 229 punteggi poligenici, 1 64, 166,

importanza relativa nei tratti psicologici, 8-9, 17-25, 87-96, 99-102 interazione genotipo-ambiente, 187, 243 ricerca genetica e genetica dell'ambiente, 50-65, 93 , 103 - 1 04, 1 1 1 - 1 12 , 1 16, 178, 185 - 1 87 ' 199 misure " ambientali" e tratti psicologici, 8-9, 17-20, 92-93 , 105, 177, 184-187 , 199 Darwin, Charles, 94-95 Depressione, 7, 17, 76-78, 93 , 105-106 analisi di GWA, 140 diagnosi, 179 disturbo bipolare, vedi Disturbo, bipolare e ansia, 82 e geni generalisti, 82-83 e stress, 5 1 , 62 maggiore, 82, 140, 164, 166, 1 74, 239 punteggi poligenici, 148, 164, 166, 1 74, 193 - 1 94 , 239 Determinazione, 90, 107 , 169 Determinismo biologico, 68 Dewey, John, 104 Diabete di tipo 2, 138, 236-237 Differenze tra fratelli, 87 -96; vedi anche Studi, sui gemelli Dipendenza da alcol, 76, 140 Disturbi alimentari, 140, 181- 182 anoressia, 140, 164, 174, 182 punteggi poligenici, 1 64 da consumo di sostanze, 82, 140; vedi anche Dipendenza da alcol da deficit di attenzione, 19 disturbo da deficit di attenzione/ iperattività (ADHD), 37, 74,8 1 , 164, 174, 182 , 207 , 229 punteggi poligenici, 164, 182 d'ansia, 1 9, 140 e depressione, 82

1 74

da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), 37, 74, 8 1 , 1 64, 174, 182 , 207 , 229 ossessivo-compulsivo di personalità, 19, 140 da stress post-traumatico, 140 Disuguaglianza, 1 1 1 , 1 13 - 1 14, 1 1 9-120, 189- 190; vedi anche Pari opportunità Divorzio, 53-54, 92, 105 DNA, vedi Acido deossiribonucleico Dobzhansky, Theodosius, 203 Edison, Thomas, 173 ELSI, vedi Ethical, Legai, and Social lmplications Emicrania, 236-238 Empatia cognitiva, 145 Ereditabilità (differenze genetiche ereditarie), 8-10, 18-25 , 39, 98-99, 107, 129, 135 assenza di, 156, 234 aumento dell', 67-72, 200 caccia al gene per le differenze genetiche responsabili dei tratti psicologici, 135- 148, 227 come descrizione di ciò che è, non come predizione di ciò che potrebbe essere, 20-2 1 , 23 , 100, 107, 1 1 8-1 19, 169, 207-208 250

INDICE ANALITICO

Eventi di vita, 8-9, 5 1 assenza di effetti sull'identità, 104-106 stressanti, 5 1 -54, 62, 105 divorzio, 53-54, 92, 105 Eugenetica, 68

come prima legge della genetica comportamentale, 24, 3 2, 3 7 , 44, 1 3 5 , 168 del clima, 61 -62 del divorzio, 53-54, 105 della visione televisiva, 55-59, 1 86 delle caratteristiche del gruppo di coetanei, 59-60 dell'intelligenza, vedi Intelligenza, ereditabilità dell' dell'istruzione, vedi Istruzione, ereditabilità dell' del peso, vedi Peso corporeo, ereditabilità del del reddito, 1 16- 1 17 dello status professionale, 1 15 - 1 17 e cambiamenti sociali e demografici, 191- 192 e differenze di gruppo, 43 e gemelli, vedi Studi, sui gemelli e meritocrazia, 109, 1 13 - 120, 191- 192 e pari opportunità, 1 10-1 1 3 , 189-190 equivoci comuni, 203-208 "l'anormalità è normale" , 76; vedi anche "Anormalità" e normalità dei problemi psicologici lacuna, 156, 234 nel rendimento scolastico, vedi Rendimento scolastico, ereditabilità del per il tratto insensibile-anaffettivo, 37 punteggi poligenici, vedi Punteggi poligenici SNP, vedi Polimorfismi a singolo nucleotide (SNP), ereditabilità dei Eschimesi, 61 Estonia, 1 9 1 - 192 Estroversione, 144 Ethical, Legai, and Social lmplications (ELSI), programma di ricerca, 198

Facebook, 60 Falsi positivi, 48-49, 133 , 152- 153 , 226-228 Famiglie e ambientalismo, 87-88 e differenze tra fratelli, 87-96, 200 e genetica, 9, 17, 59 differenze/somiglianze tra fratelli, . 87-96, 200 divorzio, 53-54, 105 DNA e somiglianza familiare, 7 , 111 gemelli, vedi Studi, sui gemelli genetica dell'ambiente tra le famiglie, 185 visione televisiva da parte dei bambini, 55-59, 186 e peso, vedi Peso corporeo familiarità dei tratti psicologici, 7 , 17 genitori, vedi Genitori/genitorialità status socioeconomico, 1 1 1 , 169, 186 studi sull'adozione, vedi Studi, sull'adozione studi sui gemelli, vedi Studi, sui gemelli sviluppo cognitivo e ambiente familiare, 185 Farmacogenomica, 181 Fat mass and obesity-associated protein (FTO), 75, 128- 1 3 1 , 143 , 147 , 1 5 1 - 152, 206, 224-225, 232-233 Fenilalanina, 125, 196-197, 208 Fenilchetonuria (PKU), 194, 196-197, 208 Feynman, Richard, 48 Fields, W.C., 107 FitzRoy, Robert, 95 251

INDICE ANALITICO

Fletcher, Jason, 222 Fonetica, 83 -84, 97 Franklin, Benjamin, 181 Freud, Sigmund, 7 , 17, 50 FTO, vedi Fat mass and obesityassociated protein

DNA, vedi Acido deossiribonucleico e determinismo biologico, 68 ed eventi di vita, vedi Eventi di vita e famiglie, vedi Famiglie, e genetica e fatalismo, 1 18, 164 e genitorialità, 7-1 0, 17, 69, 98- 1 02 , 193 e meritocrazia, 109, 1 13 - 120, 191- 192, 200 e normalità dei problemi psicologici " anormali", 37, 73-79, 142, 180 e pari opportunità, 109- 1 13 , 189-190 e psicologia, vedi Psicologia, e genetica e studi sull'adozione, vedi Studi, sull'adozione e studi sui gemelli, vedi Studi, sui gemelli e tratti fisici/clinici, 18, 20-24, 236-238; vedi anche Cancro; Peso corporeo e tratti psicologici, vedi Tratti psicologici, e genetica espressione genica, 8, 127-128, 13 3 , 147 , 232 gene FTO, vedi Fat mass and obesity­ associated protein geni generalisti, vedi Geni generalisti gruppi genetici, 82 influenza genetica, 8-9, 17-25, 5 8 come principale forza sistematica nella vita, 13, 45, 107 , 169, 189, 192 come " terzo fattore" , 52, 63-64, 178 e clima/condizioni atmosferiche, 61-62 ed ereditabilità, vedi Ereditabilità (differenze genetiche ereditarie) sul divorzio, 53-54, 105 sul sostegno sociale, 8-9, 59-60, 64, 105 sulla mobilità sociale, 1 17- 120, 189-190

Galton, Francis, 95 Gattaca, 1 95 Gemelli identici (MZ), 2 1 , 32-3 3 , 35, 38-42, 40, 53 , 69, 94-95, 2 12 Genetica amplificazione genetica, 72, 217 analisi genetica multivariata, 64, 7 1 , 74, 2 12 architettura genetica della psicopatologia, 7 6 caccia al gene per le differenze genetiche, 135-148 con analisi di linkage, 227 come descrizione di ciò che è, non come predizione di ciò che potrebbe essere, 20-2 1 , 23, 100, 107 , 1 1 8- 1 1 9, 169, 207-208 come fattore più importante dell'identità, 8-13, 1 9, 2 1 , 65, 96, 98- 107 , 177, 188- 189, 192 , 199-200 comportamentale controversie e problemi della replicazione, falsi positivi e frodi, 47, 50; vedi anche Falsi positivi e ambiente non condiviso, 9 1 , 93-96 e differenze/somiglianze tra fratelli, 88-89 e genetica dell'ambiente, 50-65 e importanza del DNA in psicologia, 44 e peso, 28-43 ereditabilità come prima legge della, 24, 32, 37, 44, 135, 168 correlazione geni-ambiente, 1 1 1- 1 12, 1 14 correzione genetica, 129, 208 252

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e Home Observation for Measurement of Environment, 63-64 e psicologia dello sviluppo, 5 1 e punteggi poligenici della progenie, 193 - 1 94 adottivi/ambientali, 28-32, 56; vedi anche Studi, sull'adozione genetico-ambientali, 29, 3 1 influenza limitata sui bambini, 98- 102, 200, 220-221 psicopatologia dei, 81 risposta alle differenze genetiche nei bambini, 9 somiglianza genetica tra bambini e, 7 , 1 1 , 17 status socioeconomico, 1 1 1 , 169, 186 studi di scienze comportamentali, 50-5 1 Genitorialità libri sulla, 99- 100, 102 negativa, 94 vedi anche Genitori Genomica analisi di GWA, vedi Studi di associazione genome-wide (GWA) correlazione genotipo-ambiente, 70,186-187 e peso, 128, 130-13 1 interazione genotipo-ambiente, 187, 243 personalizzata, 7 , 50, 14 1 , 150, 153 -161, 155, 157, 1 60, 192-198, 20 1 , 233, 236-239 costi, 197 - 198 etica, profilazione e selezione genetica, 194- 196, 198 e punteggi poligenici, vedi Punteggi poligenici e studi di GWA, vedi Studi di associazione genome-wide (GWA) sequenziamento completo del genoma, 146, 198, 234

sulla visione televisiva da parte dei bambini, 55-58, 186 sulle caratteristiche del gruppo dei coetanei, 59 sugli incidenti, 62 intersezione della cultura con la, vedi Cultura e ambiente, intersezione della natura con ipotesi OGOD (one gene, one disorder), 75 mutazioni genetiche, vedi Mutazioni genetiche pleiotropia, 85, 130, 147, 178 profilazione e selezione genetica, 194 - 1 96 punteggi poligenici, vedi Punteggi poligenici screening genetico dei neonati, 196- 1 98 significato nel contesto genetico, 8 stabilità genetica, 7 1 studi sui geni candidati, 136, 187 , 225-227 Geni generalisti, 81 -85, 200 e cervello, 84-85 ed effetti genetici sulle capacità cognitive, 83-84 e predizione dei disturbi mentali, 8 1-83 , 185 e punteggi poligenici, 185 Genitori di gemelli, 34 e correlazione con lo sviluppo del bambino, 62-64 tra la lettura dei genitori ai bambini e l'abilità di lettura dei bambini, 5 1 , 178 tra la visione televisiva da parte dei bambini dati in adozione e delle loro madri naturali, 56 e correlazioni per l'intelligenza tra figli e, 69 e divorzio, 53-54, 105 e genetica, 7-10, 17, 69, 98- 102, 193-194 253

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positiva, 182-183 sequenziamento completo del genoma, vedi Sequenziamento, del genoma umano Genotipi correlazione genotipo-ambiente, 70, 186- 1 87 e peso, 128, 130-13 1 interazione genotipo-ambiente, 187, 243 processo di genotipizzazione degli SNP, 13 1 - 132, 224-225, 233-234 Glutammina, 125 Gopnik, Alison, 220-22 1 Gove, Michael, 97 Guanina, 123 , 124

e studi sui gemelli, 68-70, 72, 9 1 , 137 ereditabilità dell', 136-137 crescente, 67-72, 200 e ambiente condiviso, 9 1 e differenze/somiglianze tra fratelli, 91 e mobilità sociale, 1 18 quoziente di (QI), 67 , 88, 1 17 - 1 18, 227-228, 230 test, 67, 179 Iperattività, problemi di, 78, 1 0 1 , 140, 173 analisi di GWA, 140 ADHD, 37, 74, 8 1 , 164, 173, 182, 207, 229 e punteggi poligenici, 1 64 , 1 82 Istruzione, 9, 102-104, 200 apprendimento personalizzato, 187, 196 classifiche, 102 di base, 102 - 1 03 disinteresse per i risultati delle ricerche genetiche, 98 e status socioeconomico, 1 1 1 , 169, 186 e studi di GWA, 143 - 144, 168- 173, 184, 189, 23 1 ereditabilità dell', 200 e anni di scuola, 143 - 1 44 e punteggi poligenici, 148, 168-173 , 1 71, 1 72, 1 74 , 184-189, 195- 196, 24 1 , 243 e somiglianza genitori-prole, 45 , 189-190 studio estone, 191 meritocrazia e selettività, 1 13-1 16, 187- 189 mobilità didattica intergenerazionale, 1 1 1 , 189 sociale e conseguimenti formativi, 189-190 Phonics Screening Check, 97-98 primo ciclo universale di, 70

Hermstein, Richard J., 221 -222 Hetherington, Mavis, 93 HOME, vedi Home Observation for Measurement of Environment

Home Observation /or Measurement o/Environment (HOME), 63 -64 Huntington, Còrea di, 75 IMC, vedi Indice di massa corporea Incidenti, 62 Indice di massa corporea (IMC), 143 , 152 punteggi poligenici, 159- 161, 1 60, 182 Insulina, sensibilità all ' , 236, 238 Intelligenza capacità cognitive, 67-68 capacità generale di apprendimento, 17 e cervello, 68 e differenze tra fratelli, 91 e geni generalisti, 83 , 184- 185 e pooling di DNA, 227-228 e punteggi poligenici per l'istruzione, 169- 170, 184- 1 85 , 241 e studi sull'adozione, 69-70, 90-92 254

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Mutazioni genetiche, 126, 129- 130, 146, 241 cancro innescato da, 20, 22 correzione con CRISPR, 129, 208

punteggi poligenici e conseguimenti formativi, 148, 168- 173, 1 71, 1 72, 1 74, 184- 189, 195- 196, 24 1 , 243 e intelligenza, 169-170, 240-241 risultati scolastici, vedi Rendimento scolastico superiore e universitaria, 45, 91 -92, 1 15 - 1 16, 168- 170, 187191, 195-196

Nash, John, 166 Natura, vedi Genetica NEAD, vedi Non-shared Environment in Adolescent Development Neuroscienze, 27, 48, 84-85; vedi anche Cervello Neurotrasmettitori, 127, 136 Nevroticismo, 144 Non-shared Environment in Adolescent Development (NEAD), 93 Nucleotidi, 123 - 128, 224 SNP, vedi Polimorfismi a singolo nucleotide

James, Henry, 88 James, William, 88 Kerouac, Jack, 166 Kray, gemelli Ronnie e Reggie, 32 LDpred, 233 Lee, Harper, 59 Lettura, abilità/difficoltà nella, 20-2 1 , 32, 5 1-52, 74-76, 78-79 e geni generalisti, 83 -84 e punteggi poligenici, 178, 193 test per la, 78 Linkage, analisi di, 227 Louisville Twin Study, 68-69

Obesità, 27 gene FTO, vedi Fat mass and obesity­ associated protein Occupazione, selezione per autoselezione, 1 19 e occupazioni di alto livello, 1 19 e punteggi poligenici, 195 - 1 96 status occupazionale, 1 16 , 169, 200 Office for Standards in Education (OFSTED) , UK, 103 OFSTED, vedi Office for Standards in Education, UK Olsen, gemelle Ashley e Mary-Kate, 32, 36

Mammella, cancro della, 18, 2 1 -22 Melanoma, 20 Mendel, Gregor, 123, 126, 128 Meritocrazia, 109, 1 1 3 - 120, 191- 192, 200 Minnesota Study o/Twins Reared Apart, 39-40 Mobilità sociale, 1 1 1 , 1 1 7-120, 189 ascendente, 1 18, 189- 190 discendente, 1 18, 190 e livello di istruzione, 189-190 mobilità della didattica intergenerazionale, 189 Model-fitting, 43 , 90, 2 12 , 2 1 7 Modello della soglia di rischio, 238-239 Modularità, 84 Murray, Charles, 22 1 , 222

Palmer, Thomas, 107 Pari opportunità, 109- 1 13, 120, 189- 190, 200 Personalità aiuto ai bambini con disturbi di, 193 dati autoriportati, 2 13 studi di GWA, 144 tratti di, 28, 54, 90, 99, 169, 174, 195; vedi anche Scrupolosità; Estroversione; Determinazione; Timidezza 255

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Peso corporeo, 27-44, 230-23 1 , 234 analisi di GWA, 1 5 1 , 230, 233 correlazione dei genotipi per il, 128, 130 distribuzione nei sedicenni del, 209-2 10, 210 e famiglie, 28-44 studi sull'adozione, 28-32, 38, 42-43 studi sui gemelli, 32-43 , 35, 40, 89 e statura, 38 correlazione nei sedicenni, 21 1-2 12, 212 !MC, vedi Indice di massa corporea ereditabilità del, 20-23 , 27-44, 89, 107 , 128, 208 stime di model-fitting, 43 , 90, 2 12, 2 17 gene FTO e aumento del, 75, 128, 143 , 150- 151 possibilità di perdere peso con una pillola, 130 vedi anche Obesità Phonics Screening Check, 83 Pillola anticoncezionale, 29 Pleiotropia, 85, 130, 147, 178 Poligenicità, 85, 130 Polimorfismi a singolo nucleotide (SNP), 126- 133, 200-201 , 224 del cromosoma 16, 128- 130 nel gene FTO, vedi Fat mass and obesity-associated protein ereditabilità del rischio per la schizofrenia e per il disturbo bipolare risultante dagli studi sui, e sui gemelli, 229 ereditabilità dei, 234-236 e punteggi poligenici, vedi Punteggi poligenici e tratti psicologici, 130, 135-148 microarrays (chips) per, 132, 137, 197, 200, 234 Infinium OmniExpress Illumina, 233 estoni, 191

caccia alle differenze genetiche, 135- 148 studi di GWA, 146, 154, 200-201 processo di genotipizzazione, 13 1 , 224-225 , 233-234 genotipizzazione del singolo, 136 progetto Wellcome Trust Case Contro! Consortium, 138-139 serie di, vedi Punteggi poligenici Polmone, cancro del, 236-237 Popper, Karl, 50, 106 Predizione di tratti e disturbi psicologici, 7, l 0-12 caccia ai geni responsabili delle differenze genetiche, 81-83 , 185 con punteggi poligenici, vedi Punteggi poligenici e geni generalisti, 81-83 , 184 e genomica personalizzata, vedi Genomica, personalizzata e prevenzione, 10, 83 , 149- 150, 166, 181- 182 , 184 Prevenzione dei problemi psicologici, 10, 83 , 149-150, 166, 181- 182 , 184 Probabilità (P), a caccia dei valori di, 48-49, 225-229 valori di, 48-49, 225-229 Proteine, 125, 127, 129- 130 aminoacidi, vedi Aminoacidi FTO, vedi Fat mass and obesity­ associated protein Psicologia ampiezza dell'effetto, 44-45 clinica, vedi Psicologia clinica cognitiva, 27 dello sviluppo, 51, 220-22 1 ; vedi anche Psicologia, evolutiva di precisione, 187 e ambientalismo, 7, 19, 87-88, 98 e genetica, 7-13 predizione di tratti e disturbi, vedi Predizione di tratti e disturbi psicologici 256

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e interazione genotipo-ambiente, 186- 187 e interazione natura-cultura, 185 - 1 87 e profilazione genetica, 194- 196 e screening del portatore, 194 e selezione del partner, 194 e selezione degli embrioni, 194 falsi positivi, 152- 153 fonti pubbliche future, 192, 195 interesse dei genitori per i punteggi dei figli, 193 -194 nel TEDS, 170-172, 184, 188- 189 per la depressione maggiore, 1 64, 166, 1 74, 239 per l'ADHD, 164, 182 per l'Alzheimer, 167- 168, 1 74 per la schizofrenia, 148, 1 63- 166, 1 74, 183 , 192 per la statura, 153-160, 155, 157, 158, 159 per l'IMC, 159- 161, 160, 1 82 per i disturbi dello sviluppo, 164, 182-183 per il disturbo bipolare, 1 64, 166-167, 1 74 per il rendimento scolastico, 148, 168-174, 1 71, 1 72, 1 74, 183- 188, 195-196, 242, 243 punteggi multipoligenici, 240-241 e rivoluzione della ricerca psicologica, 183-192, 201-222 trasformazione della psicologia clinica tramite i, vedi Psicologia clinica, punteggi poligenici e trasformazione della

punteggi poligenici e rivoluzione della ricerca psicologica, 183 - 1 92, 20 1-202 rivoluzione genetica, vedi Acido deossiribonucleico, rivoluzione genetica e genomica personalizzata, vedi Genomica, personalizzata e Psychiatric Genomics Consortium, 140- 141 evolutiva, 27 rivoluzione genetica in, vedi Acido deossiribonucleico, rivoluzione genetica tratti e loro predizione, vedi Predizione di tratti e disturbi psicologici; Tratti psicologici Psicologia clinica e "l'anormalità è normale" , 3 7, 73-75, 79 punteggi poligenici e trasformazione della, 79, 177-183, 192, 201-202 con la genomica positiva, 182-183 con trattamenti personalizzati, 180- 181 dalle diagnosi alle dimensioni, 180 identificazione dei problemi sulla base delle cause, 179 verso la prevenzione, 181- 182, 184 vedi anche Punteggi poligenici Psychiatric Genomics Consortium (PGC), 140- 141 Punteggi poligenici, 76, 148, 149- 161, 151, 163 - 1 98, 1 74, 201-202, 233 analisi costi-benefici relativa all'uso dei, 197 approccio LDpred, 233 caratteristiche uniche dei, 177-179 clinici/fisiologici, 236-238 creazione di punteggi tratto-specifici, 185 e correlazione genotipo-ambiente, 186 ed etica, 194-196 e intelligenza, 169-170

Razzismo, 68 Reddito, 1 16- 1 1 7, 200 disuguaglianza, 1 19- 120 Reiss, David, 93 Rendimento scolastico e ambiente condiviso, 1 12 differenze/somiglianze tra fratelli, 91 -92 257

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e differenze di genere, 45 e dimensioni della classe, 45 effetti limitati delle differenze tra le scuole, 102- 104, 1 13 - 1 16, 187-189 e meritocrazia e selettività, 1 13 - 1 16, 187- 189 e mobilità sociale, 1 89-190 e pari opportunità, 1 10-1 1 3 , 188- 189 e predittori genetici, 7-8, lO punteggi poligenici, 168- 174, 1 71, 1 72, 1 74, 184- 189, 195-196, 24 1 , 242 ereditabilità del, 20-2 1 , 23-24, 70, 1 10- 1 13 anni di istruzione, 143-144 test fonetici, 97-98 e status socioeconomico, 1 1 1 , 169, 186 RNA, vedi Acido ribonucleico

disturbo da stress post-traumatico, vedi Disturbo, da stress post-traumatico predittori genetici, vedi Predizione di tratti e disturbi psicologici Psychiatric Genomics Consortium, 140 punteggi poligenici, vedi Punteggi poligenici geni generalisti e predizione dei disturbi, 8 1 -83 , 184 - 1 85 normalità dei problemi psicologici " anormali", 37, 73 -79, 142 , 180, 200, 2 17 prevenzione dei problemi, 10, 83 , 149, 166-167, 1 8 1 - 182, 184 psicopatologia dei genitori, 81 -82 schizofrenia, vedi Schizofrenia SATSA, vedi Swedish Adoption/Twin Study of Aging (SATSA) Schizofrenia, 7, 10, 17- 19, 7 1 , 77-78, 81-83 , 140- 143 , 146 come disturbo dello spettro della, 77 e consumo di cannabis, 1 63 - 1 64 e geni generalisti, 82-83 , 184 ereditabilità del rischio di, nei gemelli, 229 punteggi poligenici, 148, 163- 167, 1 74, 184, 192, Science, 57 Screening del portatore, 194 Scrupolosità, 99, 143 , 169, 173 Sequenziamento completo del genoma, 146, 198, 234 del genoma umano, 7, 8, l O, 50, 123 - 13 3 , 196, 197-198 , 200 e gemelli identici, 35-36 e microarrays per SNP, 132-133 programma ELSI, 198 Short-sequence repeats (SSR), 228 SNP, vedi Polimorfismi a singolo nucleotide Social Readjustment Rating Scale, 52 Sostegno sociale, 8-9, 59-60, 64, 105 SSR, vedi Short-sequence repeats

Salute mentale e " disturbi" psicologici, 140- 141 analisi di GWA, 138- 142, 144- 146 ansia, vedi Disturbi, d'ansia architettura genetica della psicopatologia, 82 autismo, 19, 77-78, 140, 143 , 146, 174, 207, 218, vedi anche Autismo con iperattività, vedi lperattività, problemi di depressione, vedi Depressione disturbi alimentari, vedi Disturbi, alimentari dell'umore, vedi Disturbi, dell ' umore disturbo bipolare, vedi Disturbo, bipolare disturbo ossessivo-compulsivo di personalità, vedi Disturbo, ossessivo-compulsivo di personalità 258

INDICE ANALITICO

sui gemelli, 8, 10, 32-4 1 , 35, 40, 43 , 50, 52-53 , 60-61 e differenze/somiglianze tra fratelli, 88-89, 93-95 ed eventi di vita stressanti, 52-53 e geni generalisti, 81 -82, 185 e intelligenza, 69-70, 72 , 90-92 , 137 e interazione tra natura e cultura, 32-41, 35, 40, 43, 52-53, 60-6 1 , 184-186 e peso, 32-4 1 , 35, 40, 43 , 89 ereditabilità del rischio per la schizofrenia e per il disturbo bipolare risultante dagli studi sugli SNP e sui gemelli, 226-227, 229 gemelli fraterni (oz), 3 3 , 3 7-4 1 , 35, 40, 5 3 , 89 gemelli identici (MZ), 2 1 , 3 3 , 37-4 1 , 35, 40, 53 , 88-89, 94-96 Louisville Twin Study, 68-69 Minnesota Study of Twins Reared Apart, 59 model-fitting, 43 , 2 1 3 , 2 17 SATSA, 4 1 TEDS, vedi Twins Early Development Study sui geni candidati, 136, 187 , 225-227 Sviluppo del bambino, 50-5 1 correlazione con la genitorialità, 62-64, 98- 102 e gravi problemi genetici/ ambientali, 100- 102 geni come principale forza sistematica nello, 169; vedi anche Acido deossiribonucleico, come principale forza sistematica nella vita punteggi poligenici, 178-179; vedi anche Punteggi poligenici sviluppo cognitivo e ambiente familiare, 179- 180 Swedish Adoption/Twin Study of Aging (SATSA), 4 1 , 52-53, 59- 60, 65

Statura e peso, vedi Peso corporeo, e statura punteggi poligenici, 153-161, 155, 157, 158, 159 Status socioeconomico, 1 1 1 , 169, 186 Stress, 23 disturbo da stress post-traumatico, 140 e depressione, 5 1 , 62 eventi di vita stressanti, 52-54, 62 divorzio, 53-54, 92, 101, 105 ormoni dello, 225 Studi di associazione genome-wide (GWA), 133, 138-147, 149, 200-20 1, 228, 230 analisi del peso, 150-152, 151 , 230-23 1 , 233 analisi GE Whiz , 243 e chip per SNP, 146, 154, 200-201 e dimensioni, 142-144, 180, 238-239 e disturbi clinici, 138 e disturbi mentali, 138-143 , 145 e intervallo nell'ereditabilità, 234 e istruzione, 143 , 168-174, 184, 189, 23 1 e personalità, 144-145 ereditabilità degli SNP come limite per gli, 236 e tratti clinici/fisiologici, 235-239 punteggi poligenici, vedi Punteggi poligenici sull'adozione, 8, 10, 28-32, 37, 42-44, 50, 57, 63 -65 che mostrano influenza genetica sul divorzio, 54 Colorado Adoption Project, 3 1 -32, 42-43 , 55-56, 63 -64, 69 e differenze/somiglianze tra fratelli, 89, 92-93 e Home Observation for Measurements of Environment, 63 -64 e intelligenza, 69-70, 90-92, 137 model-fitting, 43 , 2 12, 2 17 -

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INDICE ANALITICO

importanza relativa di natura e cultura nei, 8-9, 17-25, 18, 87-96, 99- 102 patologici, vedi Salute mentale e "disturbi" psicologici predizione tramite il DNA!la genetica, vedi Predizione di tratti e disturbi psicologici punteggi poligenici, 150-153 , 173 -174, 177-181 Twain, Mark, 61, 88 Twins Early Development Study (TEDS), 34-39, 41, 42, 70, 7 1 , 97-98, 137, 154-156, 2 1 1 -2 12 punteggi poligenici, 170- 1 7 1 , 1 74, 184, 188-189

TEDS, vedi Twins Early Development Study Terapia cognitivo-comportamentale, 181- 182, 193 Timina, 124 Timidezza, 150- 15 1 , 193 Tossicodipendenza, 19 Tratti clinici, 18-20, 18, 19, 2 1 -24; vedi anche Cancro Tratti cognitivi, 27, 36-37 e capacità, vedi Capacità mentali e fonetica, 83-84, 97-98 geni generalisti e capacità cognitive, 83-84 sviluppo cognitivo e ambiente familiare, 185-186 Tratti di personalità insensibile­ anaffettiva, 36-37 fisici, 18-24, 1 8; vedi anche Statura, peso corporeo psicologici di personalità, vedi Personalità, tratti difficoltà di misurazione, 28 e differenze tra fratelli, 87-96, 200 e genetica, 7 - 1 1 , 17- 18, 24-25, 28, 32, 36-37, 44-45 e geni candidati, 136, 187, 225-227 predittori genetici, vedi Predizione di tratti e disturbi psicologici e SNP, 130, 135- 148; vedi anche Polimorfismi a singolo nucleotide e misure "ambientali" , 8-9, 17- 18, 92-93 , 105, 178, 184- 187, 199-200 familiarità, 7, 17 geni generalisti e collegamenti fra tratti, vedi Geni generalisti

Ulcera gastrica, 18, 19, 22, 23 Unione Sovietica, 68 USA Today, 53 Valina, 125, 129 Van Gogh, Vincent, 166 Varianza dati statistici della, 38-39, 4 1 , 44-45, 49, 53, 58, 145, 185, 1 99, 210, 230 del rischio, 163-164, 238-239 vedi anche Correlazione dei tratti Visione televisiva da parte dei bambini, 54-58, 186 Watson, James, 123, 124, 125, 167 Wellcome Trust Case Contro! Consortium, progetto, 138-139 Wilde, Oscar, 183 Wilson, Brian, 166 Winklevoss, gemelli Cameron e Tyler, 32 Wojcicki, Anne, 193 Young, Michael (The Rise and Fa!! o/ the Meritocracy), 221

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