L'illusione de la fine o Lo sciopero degli eventi
 9788841770108, 8841770104

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Table of contents :
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JEAN BAUD 11 AID L'ILLUSIONE DELLA FINE o Lo sciopero

degli eventi

~

ANABASI

TITOLO DELL'OPERA ORIGINALE L'ILLUSI ON DE l.A FIN TRADUZIONE DAL FRANCESE DI ALESSANDRO SERRA © 1992 EDITIONS GALILÉE © EDIZIONI ANABASI SPA MILANO

PRIMA EDIZIONE MAGGIO 1993 ISBN 88-417-7010-4

Fotocomposi1..ione: Nuovo Gruppo Grafico S.r.l. - Milano Finito di stampare nel mese di maggio 1993 dalla Tip.Le.Co - Via S. Salotti, 37 - Piacenza Printed in ltaly

Le Cose possono giungere a uno stato di Disfunzione superiore alle cose stesse, cioè a una completezza di alterazione in cui la loro esistenza avrà meno valore di una zero-esistem•.a, e a una sostituzione divenuta tentazione malefica.

Maadonio Femandez.

È nel vuoto assoluto che ha luogo l'evento assoluto. Il vuoto doveva quindi essere solo relativo, giacché la morte è rimasta virtuale.

Patafisica dell'Anno 2000 Un'idea penosa: che al di là di un punlo preciso del tempo, la storia non sia pi" stata reale. Senza rendersene conto, la totalità del genere umano avrebbe d'improwiso abbandonato la realtà. Tuuo ciò che avrebbe avuto luogo dopo non sarebbe più vero, ma noi non potrem· mo rendercene conto. Il nostro compito e il nostro dovere sarebbero oggi quelli di scopri· re tale punto e, finché non l'avessimo raggiun· Lo, dovremmo perseverare nella distruzione auuale. Elias Canetli

Su questo svanire della storia si danno varie ipotesi plausibili. L'espressione di Canetti "la totalità del genere umano avrebbe d'improvviso abbandonato la realtà" evoca irresistibilmente la velocità di libentzione necessaria a un corpo per sottrarsi alla forza cli gravitazione di un astro o di un pianeta. Secondo questa immagine, si può supporre che l'accelerazione della modernità, tecnica, evenemenziale, mediatica, l'accelerazione di tutti gli scambi, economici, politici, sessuali, ci abbia portato a una velocità di liberazione tale da permetterci di uscire dalla sfera referenziale del reale e della storia. Siamo "liberati" in tutti i sensi del termine, tanto liberati che siamo usciti da un certo spazio-tempo, da un certo orizzonte in cui il reale è possibile perché la gravitazione è ancora abbastanza fone da far sì che le cose possano riflettersi, e quindi avere qualche durata e qualche conseguenza. Una certa lentezza (cioè una certa velocità, ma non troppo), una certa distanza, ma non troppo, 9

una certa liberazione ( energia di rottura e di cambiamento), ma non troppo, sono necessarie perché si produca quella sorta di condensazione, di cristallizzazione significativa degli eventi che prende il nome di storia, quella sorta di dispiegamento coerente delle cause e degli effetti che chiamiamo "il reale". Al di là di questo effetto gravitazionale che mantiene i corpi in orbita, tutti gli atomi di senso si perdono nello spazio. Ogni atomo prosegue nella propria traiettoria aWinfinito e si perde nello spazio. È esattamente ciò che viviamo nelle nostre società attuali, che si adoprano ad accelerare tutti i corpi, tutti i messaggi, tutti i processi in tutti i sensi e che, con i media moderni, hanno creato per ogni evento, racconto, immagine, una simulazione di traiettoria all'infinito. Ogni fatto, politico, storico, culturale, è dotato di un'energia cinetica che lo strappa al proprio spazio e lo proietta in un iperspazio in cui perde tutto il suo senso, poiché non tornerà mai indietro. Inutile ricorrere alla fantascienza: abbiamo già da subito, qui e ora, con la nostra informatica, i nostri circuiti e le no.stre reti, quell'acceleratore di particelle che ha definitivamente spezzato l'orbita referenziale delle cose. Quanto alla storia, raccontarla è divenuto impossibile, in quanto il réci.t, il racconto, è per definizione (re-citatum) la ricorrenza possibile di una sequenza di sensi. Ora, ogni evento, attraverso l'impulso di diffusione e di circolazione totale, è liberato per proprio conto - ogni fatto diviene atomistico, nucleare, e prosegue nella sua traiettoria nel vuoto. Per essere diffuso all'infinito, deve essere frammentato come una particella. Per questo può raggiungere una velocità di non-ritorno, che lo allontana definitivamente IO

dalla storia. Ogni insieme, culturale, evenemenziale, deve essere frammentato, disarticolato, per entrare nei circuiti, ogni linguaggio deve risolversi in dispositivo binario per circolare non più nelle nostre memorie ma in quella, elettronica e luminosa, dei computer. Nessun linguaggio umano resiste alla velocità della luce. Nessun evento resiste alla diffusione planetaria. Nessun senso resiste alla sua stessa accelerazione. Nessuna storia resiste alla centrifugazione dei fatti, o al loro cortocircuito in tempo reale - nello stesso ordine di idee: nessuna sessualità resiste alla propria liberazione, nessuna cultura resiste alla propria promozione, nessuna verità resiste alla propria verifica, ecc. Neppure la teoria è più in condizione di "riflettere" qualcosa. La teoria non può far altro che strappare i concetti alla loro zona critica di riferimento, può solo portarli a oltrepassare un punto di non-ritorno - anche la teoria passa nell'iperspazio della simulazione - cosa per la quale perde ogni validità "obiettiva" ma vede accrescere considerevolmente la propria affinità reale con il sistema attuale. La seconda ipotesi, sempre per ciò che riguarda lo svanire della storia, è simmetrica e inversa rispetto alla precedente, e riguarda non più l'accelerazione ma il rallentamento dei processi. Anch'essa deriva direttamente dalla fisica. La materia ritarda il passaggio del tempo. Più precisamente, il tempo alla superficie di un corpo molto denso sembra procedere al rallentatore. Il fenomeno aumenta con l'aumentare della densità. L'effetto di tale rallentamento sarà quello di aumentare la li

lunghezza d'onda della luce emessa da quel corpo, così come sarà ricevuta dall'osservatore. Passato un certo limite, il tempo si ferma, la lunghezza d'onda diviene infinita. L'onda non esiste più. La luce si spegne. L'analogia con il rallentamento della storia quando sfiora il corpo astrale delle "maggioranze silenziose., è evidente. Le nostre società sono dominate da questo processo di massa, non soltanto in senso sociologico e demografico, ma anche nel senso di "massa critica", di superamento di un punto di nonritorno. Ed è appunto questo il loro evento più considerevole: l'avvento, sull'onda stessa della loro mobilitazione, del loro processo rivoluzionario (sono tutte rivoluzionarie rispetto ai secoli passati), di una forza d'inerzia equivalente, di un 'immensa indifferenza, e della potenza silenziosa di tale indifferenza. Questa materia inerte del sociale non risulta da una mancanza di scambi, di informazione o di comunicazione, bensì dalla moltiplicazione e dalla saturazione degli scambi. Nasce dall'iperdensità delle città, delle merci, dei messaggi, dei circuiti. È l'astro gelido del sociale e, nei dintorni di questa massa, la storia si raffredda. Neutralizzate, mitridatizzate dall'informazione, le masse neutralizzano di rimando la storia e fungono da schermo di assorbimento. Quanto a loro, non hanno storia, senso, coscienza, desiderio. Le masse sono il residuo potenziale di ogni storia, di ogni senso, di ogni desiderio. Tutte queste belle cose, dispiegandosi nella nostra modernità, hanno fomentato una controparte misteriosa, il cui mancato riconoscimento sconvolge oggi tutte le strategie politiche e sociali. Questa volta, è il contrario: la storia, il senso, il 12

progresso non riescono più a trovare la velocità di liberazione. Non riescono più a sottrarsi a questo corpo denso che rallenta la loro traiettoria, che rallenta il tempo al punto che già ora la percezione, l'immaginazione del futuro ci sfuggono. Ogni trascendenza sociale, storica, temporale viene assorbita in questa massa nella sua immanenza silenziosa. Già gli eventi politici non hanno più un'energia autonoma tale da commuoverci, quindi si susseguono come un film muto di cui siamo collettivamente irresponsabili. La storia prende fine per mancanza non di attori o di violenza (di violenza, ce ne sarà sempre di più), e neppure di eventi (di eventi, ce ne saranno sempre di più, e di questo dobbiamo ringraziare i media e l'informazione) ma per rallentamento, indifferenza e stupore. La storia non riesce più a superarsi, a considerare la finalità che le è propria, a sognare la propria fine, ma si seppellisce nel suo effetto immediato, si estenua negli effetti speciali, implode nell'attualità. In fondo, non si può neppure parlare di fine della storia, perché la storia non avrà il tempo di arrivare alla propria fine. I suoi effetti vanno accelerando, mentre il suo senso rallenta, inesorabilmente. La storia finirà per fermarsi e spegnersi, come la luce e il tempo in prossimità di una massa infinitamente densa ... L'umanità ha avuto anch'essa il suo Big Bang: una certa densità critica, una certa concentrazione degli uomini e degli scambi comanda quell'esplosione che chiamiamo storia, e che è semplicemente la dispersione di nuclei densi e ieratici delle civiltà precedenti. Oggi, tocca all'effetto reversivo: il superamen13

to della soglia della massa critica, in termini di popolazioni, eventi, informazione, comanda il processo inverso di inerzia della storia e del politico. Nell'ordine cosmico, non sappiamo se abbiamo raggiunto una velocità di liberazione tale da farci entrare ormai in un'espansione definitiva - la cosa resterà probabilmente per sempre incerta. Nell'ordine umano, le cui prospettive sono più limitate, è possibile che la stessa energia di liberazione della specie (l'accelerazione delle nascite, delle tecniche e degli scambi col passar dei secoli) crei un sovrappiù di massa e di resistenza tale da prevalere sull'energia iniziale, coinvolgendoci in un movimento inesorabile di contrazione e di inerzia. Che runiverso sia in espansione infinita o retrattile verso un nucleo infinitamente denso e infinitamente piccolo dipende dalla sua massa critica- sulla quale la stessa speculazione è infinita, in funzione dell'invenzione di particelle nuove. Analogicamente, che la nostra storia umana sia evolutiva o involutiva dipende forse dalla massa critica dell'umanità. La storia, il movimento della specie ha raggiunto la velocità di liberazione necessaria a trionfare dell'inerzia della massa? Siamo forse presi, come le galassie, in un movimento definitivo che ci allontana gli uni dagli altri a una velocità prodigiosa? Oppure questa dispersione all'infinito è destinata ad aver fine, e le molecole umane a ravvicinarsi le une alle altre secondo un movimento inverso di gravitazione? La massa umana, che va crescendo giorno dopo giorno, può comandare una pulsazione di questo genere? Terza ipotesi, terza analogia. Ma si tratta sempre del punto di sparizione, del punto di evanescenza, 14

del vanishing point, questa volta sul versante della musica. È quello che chiamerò l "'effetto stereofonico". Siamo tutti ossessionati dall'alta fedeltà, dalla qualità della "resa" musicale. Sulla console del nostro stereo, armati dei nostri tuners, dei nostri amplificatori e delle nostre casse, mixiamo, regoliamo, moltiplichiamo le piste, alla ricerca di una musica infallibile. Questa è ancora musica? Dove si situa la soglia di alta fedeltà al di là della quale la musica scompare in quanto tale? E non scompare per mancanza di musica, bensì per aver superato questo punto limite, scompare nella perfezione della sua stessa materialità, nel suo stesso effetto speciale. Al di là di questo punto, non c'è più giudizio né piacere estetico - è l'estasi della musicalità, e la sua fine. La scomparsa della storia è del medesimo ordine: anche qui, abbiamo superato il limite in cui, a forza "di sofisticazione evenemenziale e informazionale, la storia cessa di esistere in quanto tale. Diffusione immediata ad alti dosaggi, effetti speciali, effetti secondari, fading- e quel famoso effetto Larsen, prodotto in acustica dall'eccessiva prossimità di una fonte rispetto al ricevitore, in storia dall'eccessiva prossimità, e quindi dall'interferenza disastrosa, di un evento e della sua diffusione- cortocircuito di causa e effetto, come dell'oggetto e del soggetto della sperimentazione in microfisica (e nelle scienze umane!). Tutte cose che comportano un 'incertezza radicale sull'evento, come la fedeltà troppo alta comporta un'incertezza radicale sulla musica. Elias Canetti l'ha detto benissimo: al di là, non c'è più niente di vero. Per questo oggi la petite musique della storia ci sfugge anch'essa, svanisce nella microscopia, o nella stereofonia dell'informazione. 15

Nel cuore stesso dell'informazione, è la storia a essere ossessionata dalla propria sparizione. Nel cuore dell'hi-fi, è la musica a essere ossessionata dalla propria sparizione. Nel cuore della sperimentazione, è la scienza a essere ossessionata dalla sparizione del proprio oggetto. Nel cuore della pornografia, è la sessualità a essere ossessionata dalla propria sparizione. Dappertutto lo stesso effetto stereofonico, di prossimità assoluta del reale: lo stesso effetto di simulazione. Per definizione, questo vanishing point, questo punto al di qua del quale c'era storia, c'era musica, è irreperibile. Dove deve fermarsi la perfezione stereo? I limiti di essa si spostano continuamente, perché sono quelli dell'ossessione tecnica. Dove deve fermarsi l'informazione? A questa fascinazione del "tempo reale", equivalente dell'alta fedeltà, si può muovere solo un, obiezione morale, che non ha un gran senso. Il superamento di questo punto è quindi irreversibile, contrariamente a quanto sembra sperare Canetti. Non ritroveremo più la musica pre-stereofonica (se non grazie a un effetto di simulazione tecnica supplementare), non ritroveremo più la storia di prima dell'informazione e dei media. L'essenza originale della musica, il concetto originale della storia sono scomparsi, perché non potremo più isolarle dal loro modello di perfezione, che è contemporaneamente il loro modello di simulazione, dalla loro assunzione forzata in un'iperrealtà che le cancella. Non sapremo mai più cosa fossero il sociale o la musica prima di esasperarsi nella perfezione inutile dei giorni nostri. Non sapremo mai più cosa fosse la storia prima di esasperarsi nella perfezione tecnica del16

l'informazione - non sapremo mai più cosa fossero tutte le cose prima di svanire nel compimento del loro modello. Con questo, la situazione ridiviene originale. Che usciamo dalla storia per entrare nella simulazione, è solo la conseguenza del fatto che la storia stessa non era in fondo altro che un immenso modello di simulazione. Non nel senso che non abbia avuto altra esistenza se non quella del racconto che ne facciamo o dell'interpretazione che ne diamo, ma rispetto al tempo in cui essa si svolge, quel tempo lineare che è insieme il tempo della fine e di una suspense illimitata della fine - il solo tempo in cui una storia possa prender posto, cioè una successione di fatti non insensati, e generantisi in un rapporto di causa-effetto, ma senza necessità assoluta e tutti in squilibrio sull'awenire. Un tempo tanto diverso da quello delle società rituali, in cui tutte le cose sono compiute nell'origine e la cerimonia ripete la perfezione di questo evento originale. In opposizione a tale ordine del tempo compiuto, la liberazione del tempo reale della storia, la produzione di un tempo lineare e differito può apparire come un processo puramente artificiale. Da dove viene questa suspense, da dove viene che quanto ha da compiersi (Giudizio ultimo, salvezza o catastrofe) debba farlo alla fine dei tempi, e mirare a non si sa quale scadenza incalcolabile? Questo modello di linearità è dovuto sembrare perfettamente fittizio, perfettamente assurdo e immateriale, a culture che non avevano alcun senso di una scadenza differita, di un concatenamento seriale e di una finalità. Un copione che peraltro non riuscirà a imporsi tanto facilmente. I primi tempi del cristianesimo so17

no caratterizzati da una resistenza accanita a veder rinviato l'avvento del Regno di Dio. L'accettazione di questa prospettiva "storica" di salvezza, cioè il suo in-compimento nell'immediato, non avviene in modo indolore, e tutte le eresie riprenderanno questo leitmotiv del compimento immediato della promessa. Qualcosa come una sfida al tempo. Collettività intere sono arrivate al punto di darsi la morte per affrettare l'avvento del Regno. Se tale avvento era promesso alla fine dei tempi, non restava che por fine al tempo, subito. Tutta la storia si è accompagnata a una sfida millenaria (millenarista) alla temporalità della storia. Alla prospettiva storica, che muove continuamente le poste in gioco su una fine ipotetica, si è sempre opposta un'esigenza fatale, una strategia fatale del tempo, che vuole bruciare le tappe e passare al di là della fine. Non si può dire che una di queste tendenze abbia veramente prevalso sull'altra, e nel corso stesso della storia ha continuato a porsi in modo lancinante la domanda: attendere o non attendere? Dalla convulsione messianica dei primi cristiani, al di là delle eresie e delle rivolte, non è mai venuto meno questo desiderio di anticipazione della fine, eventualmente attraverso la morte, attraverso una sorta di suicidio seduttore mirante a distogliere Dio dalla storia, e a metterlo di fronte alle sue responsabilità, quelle dell'aldilà della fine, quelle del compimento. Cos'altro fa del resto il terrorismo se non tramare a suo modo la fine della storia? Il terrorismo tenta di intrappolare il potere con un atto immediato e totale. Senza attendere la scadenza finale, si mette nella posizione estatica della fine, sperando di introdurre le condizioni del Giudizio ultimo. Sfida illusoria na18

turalmente, ma sfida che affascina sempre, perché profondamente né il tempo né la storia sono mai stati accettaù. Ognuno rimane cosciente del carattere arbitrario, artificiale del tempo e della storia. E noi non cadiamo mai nella rete di quelli che ci chiedono di sperare. Anche al di fuori del terrorismo, non si ha forse un barlume di questa esigenza parusìaca nel fantasma globale di catastrofe che aleggia sul mondo contemporaneo? Esigenza di risoluzione violenta della realtà quando quest'ulùma ci sfugge in un 'iperrealtà senza fine? Perché l'iperrealtà pone fine alla scadenza stessa del Giudizio ultimo, o dell'Apocalisse, o della Rivoluzione. Tutte le fini intraviste ci sfuggono, e la storia non ha la minima probabilità di realizzarle, perché nel frattempo avrà fine ( è sempre la storia del Messia di Kafka: arriva troppo tardi, il giorno dopo, e questo divario è insopportabile). Allora, tanto vale cortocircuitare il Messia, tanto vale anticipare la fine. È sempre stata questa la tentazione demoniaca: falsificare le fini e i calcoli sulle fini, falsificare il tempo e l'occorrenza delle cose, precipitarne il corso, nell'impazienza del compimento, o con la segreta intuizione che la promessa del compimento sia in ogni .caso, anch'essa, falsa e diabolica. Persino la nostra ossessione del tempo reale, del1'istantaneità dell'informazione, corrisponde a un millenarismo segreto: annullare la durata, il tempo differito, annullare l'altrove dell'evento, precorrer-. ne la fine eludendo il tempo lineare, cogliere le cose quasi prima che abbiano avuto luogo. In questo senso, il tempo reale è un artificio ancora maggiore del tempo differito, e contemporaneamente ne rappresenta la denegazione - se vogliamo raggiungere il 19

godimento immediato dell'evento, se vogliamo vivere nell'istante, come se ci fossimo, lo facciamo solo perché non abbiamo più alcuna fiducia nel senso o nella finalità dell'evento. La stessa denegazione si riscontra in comportamenù apparentemente inversistoricizzare tutto, archiviare tutto, memorizzare tutto nel passato nostro e in quello di tutte le civiltà. Non è forse questo il sintomo di un presenùmento colletùvo della fine, del fatto che l'evento e il tempo vivo della storia sono finiù, e che bisogna armarsi di tutta la memoria arùficiale, di tutti i segni del passato, per affrontare l'assenza di futuro e i tempi glaciali che ci attendono? Le strutture mentali e intellettuali non stanno forse sotterrandosi, seppellendosi nelle memorie, negli archivi, alla ricerca di un 'improbabile resurrezione? Tutti i pensieri si sotterrano con la prudenza dell'Anno 2000. Fiutano già il terrore dell'Anno 2000. Adottano d'isùnto la soluzione di quei criogenizzati che si immergono nell'azoto liquido in attesa che qualcuno scopra il mezzo per farli sopravvivere. Queste società che non si aspettano più nuHa da un awento futuro e hanno sempre meno fiducia nella storia, che si trincerano dietro le loro tecnologie di prospezione, dietro i loro stock di informazione e nelle reù alveolate della comunicazione, in cui il tempo viene infine annientato dalla circolazione pura - queste generazioni non si risveglieranno forse mai, ma non lo sanno. L'Anno 2000 non avrà forse luogo, ma loro non ne sanno nulla.

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La reversione della storia

In un momento imprecisato degli anni Ottanta del xx secolo, la storia ha fatto un 'inversione di rotta. Una volta superato l'apogeo del tempo, il vertice della curva dell'evoluzione, il solstizio della storia, comincia la fase discendente degli eventi, il percorso in senso inverso. Come per lo spazio cosmico, ci sarebbe una curva dello spazio-tempo storico. Per lo stesso effetto caotico nel tempo e nello spazio, le cose vanno sempre più veloci quando si avvicinano alla scadenza, proprio come l'acqua accelera misteriosamente il suo corso all'approssimarsi della cascata. Nello spazio eudidco della storia, il percorso più rapido da un punto all'altro è la linea retta, quella del Progresso e della Democr