Libro delle parabole di Enoc: testo e commento 8839405550, 9788839405555

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Libro delle parabole di Enoc: testo e commento
 8839405550,  9788839405555

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SABINO CHIALA

Libro delle parabole di Enoc Testo e commento

PAIDEIA EDITRICE

Tutti i diritti sono riservati

© Paideia Editrice, Brescia l 997

ISBN

88.394.0555.0

INDICE

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Abbreviazioni e sigle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I

Riscoperta del Libro delle parabole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Versioni .e ~ingua originale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Manoscritti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. Data e contesto culturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a) Lingua originale e datazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . b) Il linguaggio del Libro delle parabole................... e) Esseni, qumraniani e Libro delle parabole . . . . . . . . . . . . . . . d) Il Libro delle parabole nella letteratura posteriore. . . . . . . . . e) Figure superumane nell'antico e medio giudaismo . . . . . . . . f) Il capitolo 56 e una proposta di datazione . . . . . . . . . . . . . . . 5. Struttura del Libro delle parabole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.

9

3 r5 9

22 30

37 39 51 52 54 64 73 75 77

Libro delle parabole di Enoc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 3 Commento ...................................... 139 Excursus r. Condanna e condannati secondo il Libro delle parabole ...................................... 293 Exc:irsus 2. Il «figlio dell'uomo,,: evoluzione di un'espresstone ............................. : ........... 303 Bibliografia ..................................... 341 Indice dei passi citati .............................. 363

PREFAZIONE

Qualche anno fa presi a tema per un corso di storia delle origini cristiane presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Torino il Libro delle parabole. Come testo usai la traduzione di Luigi Fusella da me stesso dotata di note, quale appare nel primo volume degli Apocrifi dell'Antico Testamento da me curato per la UTET e uscito nel I98I. La rilettura attenta del libro durante il corso mi convinse di due cose, che la traduzione non sempre era f elice e che il commento spesso era insufficiente. Il dr. Chialà ha cercato di rimediare a entrambi questi difetti: ha nuovamente tradotto il testo dall'etiopico e ha provveduto a un 'ampia analisi dei problemi che questo libro ha suscitato da quando è stato considerato non più un'opera cristiana posteriore al Nuovo Testamento, ma un'opera giudaica. Questo cambiamento di prospettiva si produsse alla fine del secolo passato, quando si cominciò a ritenere che il fatto che un'opera non fosse giunta a noi per tradizione ebraica non era sufficiente per dichiararla automaticamente di origine cristiana. L'ipotesi recentemente avanzata da Milik che il testo del Libro delle parabole sia opera cristiana della fine del 111 secolo non è tanto un ritorno all'antico, quanto una vera e propria novità, che, comunque, nessuno ha accettato. Se, dunque, l'origine giudaica dell'opera è un fatto ormai assodato, la sua datazione è ancora discussa. La sua importanza storica cambia a seconda che essa venga datata a dopo il 70 d.C., o intorno alla metà del I 9

secolo d.C., o a un'epoca ancora anteriore. Dati i rapporti evidenti fra il Libro delle parabole e i testi neotestamentari, la datazione più alta o più bassa può influire sulla comprensione storica della predicazione e dell'autocoscienza di Gesù, che attribuì a se stesso il titolo di Figlio dell'uomo (titolo principale del protagonista del Libro delle parabole), oppure solo sulla comprensione storica della tradizione anteriore alla cosiddetta redazione finale del Nuovo Testamento. La data proposta da Chialà pone il libro verso la fine del I secolo a. C. o al massimo agli inizi del I secolo d. C. Se si considera la varietà di interpretazioni che sono state date e si danno al titolo di Figlio dell'uomo attribuito a Gesù nei vangeli, titolo letto e interpretato sulla base dei contesti immediati, senza alcuno sfonda storico, se non quello delle attestazioni veterotestamentarie, lontane nel tempo e varie per significato, si comprende come la possibilità di usare un testo giudaico, composto intorno al volgere della nostra era, che ha come figura centrale uno che è detto «Figlio dell'uomo», sia importante per impostare su base storica il discorso sull'autocomprensione di Gesù. L'espressione «Figlio dell'uomo», in quanto non inventata da Gesù, ma derivata da un concetto, se non corrente, certamente noto, fa capire che il modo di presentarsi di Gesù alla gente poteva essere molto più chiaro di quanto non sia stato agli studiosi di almeno diciannove secoli; ché il titolo di Figlio dell'uomo, l'unico che Gesù abbia applicato chiaramente a se stesso, fu messo da parte dalla chiesa fino dai tempi immediatamente successivi alla chiusura del canone. La datazione proposta da Chialà può sembrare un allineamento all'opinione di altri, compreso lo scrivente. In realtà la soluzione di Chialà deriva da un'impostazione metodologica particolare che si fonda soprattutto sulla storia dell'espressione «Figlio dell'uomo». IO

Il commento di Chialà è originale e fa riflettere. Richiamo l'attenzione del lettore soprattutto sulla sua interpretazione di «potenti» non come i potenti della terra, che è l'interpretazione comune, ma come esseri angelici particolarmente peccatori. Confesso i miei dubbi, ma sarà la riflessione di domani che darà un giudizio definitivo su questo punto basilare. Potrebbe anche ripetersi il caso di un'espressione simile di Paolo (r Cor. 2,6: oi èip·x,onEç 'tou cdwvoç 'totrrou) che vede gli studiosi divisi. Auguro al lavoro di questo giovane laureato, che è scientificamente ben costruito e spiritualmente meditato più di quanto l'età lasci pensare, di essere il primo passo verso una sua sempre migliore comprensione del fenomeno delle origini cristiane a vantaggio suo e della scienza. Paolo Sacchì

PREMESSA

È forse temerario per un giovane studente alle prime armi intraprendere una ricerca in un ambito tanto complesso e studiato quale è quello dei rapporti fra tradizione giudaica, Nuovo Testcimento e letteratura cristiana dei primi secoli, pretendendo di porsi in questo crocevia di idee, epoca di fermenti di novità, come scrutatore di legami che vincono gli schemi e infrangono le barriere innalzate da schematizzazioni il cui principale vantaggio sta nell'acquJetare colui che intende concentrarsi sul frammento. E temerario perché una qualsiasi sintesi dev'essere frutto di anni di analisi, quindi frutto di maturità, tuttavia spinto da colui che è stato il mio primo maestro, il prof Paolo Sacchi, mi sono inoltrato in questo lavoro, ricorrendo volta per volta a lui e ad altri che nei singoli campi hanno saputo sopperire alla mia inesperienza e indirizzarmi per uno spedito approfondimento del mondo veterotestamentario, degli apocrifi, della gnosi, del Nuovo Testamento, della letteratura cristiana dei primi secoli e delle lingue semitiche. A tutti loro voglio dunque esprimere un profondo ringraziamento come a maestri. Ricordo innanzitutto il prof. Paolo Sacchi (Univ. di Torino) per l'incoraggiamento, l'insegnamento e la correzione; il prof Ugo Zanetti (Univ. di Louvain-la-Neuve) che mi ha iniziato alla lingua etiopica; e coloro che hanno gen. ti/mente accettato di leggere questo scritto fornendomi ogni volta nuove piste di approfondimento e anche correzioni: il prof Fabrizio Pennacchietti (Univ. di Torino), mons. Vittorio Fusco (Vescovo di Nardò-Gallipo-

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li), il prof Pierre Maurice Bogaert (Univ. di Louvainla-Neuve), p. f acques Dupont(Mon. St. André de Clerlande), il prof Giovanni Filoramo (Univ. di Torino); e un sentito grazie vada anche al prof Fiorentino Garda Martinez (Univ. di Groningen) che ha gentilmente letto un estratto di questa ricerca e illuminato alcuni miei dubbi. Infine vorrei ricordare e ringraziare coloro che, ancor prima di questo particolare lavoro, hanno saputo suscitare in me l'interesse e la passione per lo studio delle fonti cristiane e delle Scritture ìn particolare. Tra di essi desidero ricordare Enzo Bianchi, instancabile sprone alla conoscenza e all'approfondimento, Luciano Manicardi e Valerio Lanzarini, che hanno attentamente letto e corretto lo scritto, e ciascuno dei miei fratelli e delle mie sorelle che in modi diversi mi hanno sorretto durante questi anni. A ciascuno di loro dedico questo lavoro, che sento come frutto di una comune dedizione.

Sabino Chialà (monaco di Bose)

ABBREVIAZIONI E SIGLE

a) Scritti giudaici e cristiani extrabiblici

Ant. Bibl. Antichità Bibliche dello Pseudo Filone Apoc. Abr. Apocalisse di Abramo Apoc. El. Apocalisse di Elia Apoc. Mos. Apocalisse di Mosè Apoc. Soph.Apocalisse di Sofonia Asc. Is. Ascensione di Isaia 2. Bar. Apocalisse siriaca di Baruc 3 Bar. gr. Apocalisse greca di Baruc (versione greca) 3 Bar. slav.. Apocalisse greca di Baruc (versione slava) CD Documento di Damasco r En. Apocalisse etiopica di Enoc (o r Enoc) 2 En. Apocalisse slava di Enoc (o 2 Enoc) 3 En. Apocalisse ebraica di Enoc (o 3 Enoc) 4 Esd. Apocalisse di Esdra Ios. As. Giuseppe e Asenet Iub. Giubilei Od. Sal. Odi dì Salomone Par. Ier. Paralipomeni di Geremia (o 4 Baruc) Ps. Sal. Salmi di Salomone Sib. Oracoli sibillini Test. Abr. Testamento di Abramo Test. Iob Testamento di Giobbe Test. xn Testamenti dei dodici Patriarchi As. Aser Beniamino Ben. Dan Dan Gad Gad Giuseppe Ios. Issacar Iss. Giuda Iud. Lev. Levi Neftali Neph. Ruben Rub.

Sim. Zab.

Simeone Zabulon

b) Riviste, collane, lessici AJSLL ANRW AO ASE AThR AUSS BJRL BN BO BR BS BSOAS BT BThB BTo CBQ CNS DBM DBS DSD EstB ET EThL FO

AmericanJournal ofSemiticLanguages and Literatures Aufstieg und Niedergang der Romischen Welt Acta Orientalia Annali di Storia dell'Esegesi Anglican Theological Review Andrews University Seminar Study Bulletìn of the J ohn Rylands Library Biblische Notizen Bibbia e Oriente Bible Review Bibliotheca Sacra Bulletin of the School of Orientai and African Studies The Bible Translator Biblica! Theology Bulletin The Bible Today The Catholic Biblica! Quarterly Cristianesimo nella Storia f.s:À'!to BL~Àlxwv Mi;;Àncirv

Dictionnaire de la Bible (Supplément) Dead Sea Discoveries Estudios Bfblicos Expository Times Ephemerides Theologicae Lovanienses Folia Orientalìa GLNT Grande Lessièo del Nuovo Testamento HAR Hebrew Annua! Revi.ew HJ Heythrop J o urna! HThR Harvard Theologìcal Review IOS Israel Orienta! Studies ITS Indian Theological Studies ]A Journal Asiatique JAOS Journal of the American Orientai Society JBL Journal of Biblical Literature JETS Journal of che Evangelica! Theological Society JJS Journal of Jewish Studies JNES Journal of the N ear Eastern Studi es JSJ Journal for the Study of Judaism JSJT Jerusalem Studies in Jewish Thought

16

JSP JSQ JSS JStNT JStOT JThS LA MSR NovT NTS NTT OC OLP OS OstKSt QVM RB RBArg RechSR RHPhR RivBib RQum RRéf RSB RSLR RSR SBLSP SBTh SCO SJTh StR StTh TB ThRv ThSt VT ZAW ZDMG ZNW

Journal for the Study of the Pseudepigrapha Jewish Studies Quarterly J ourna] of Semitic Studi es J ournal for the Study of the New T estament Journal for the Study of the Old Testament J ournal of Theological Studi es Liber Annuus (Studìum Biblicum Franciscanum) Mélanges de Science Religieuse Novum Testamentum New Testament Studies Nederlands Theologisch Tijdschrift Oriens Christianus Orientalia Lovaniensia Periodica Orientalia Suecana Ostkirchliche Studien Quaderni di Vita Monastica Revue Biblique Revista Biblica Recherches de Science Religieuse Revue d'Histoire et Philosophie Religieuse Rivista Biblica Revue de Qumriin Revue Réformée Ricerche Storico-Bibliche Rivista di Storia e Letteratura Religiosa Religions Studìes Review Society of Biblica] Literature Seminar Papers Studia Biblica et Theologica Studi Classici e Orientali Scottish J ournal Òf Theology Studies in Religion Studia Theologica Tyndale Bulletin Theologische Revue Theological Studies Vetus Testamentum Zeitschrift fi.ir die Alttestamentliche Wisscnschaft Zeitschrift der Deutschen Morgenlandischen Gesellschaft Zeitschrift ftir dic Neutestamentliche Wissenschaft und die Kunde des Alten Christentums

INTRODUZIONE

Non sono molti i dati riguardanti il Libro delle parabole per i quali si possa contare su un accordo unanime di coloro che si sono occupati di apocrifi o più in particolare di tradizione enochica, ma tale consenso è pieno sulla particolarità del nostro testo rispetto al resto degli scritti tramandati sotto il nome di Enoc. Collocato come secondo tomo del Pentateuco enochico 1 da un redattore che ne colse le affinità profonde con la tradizione alla quale pretendeva rifarsi, il Libro delle parabole ci giunge tuttavia attraverso una genesi e una storia di riletture, interpretazioni e commenti, sia antichi sia moderni, assolutamente particolari, che non solo ci autorizzano a considerarlo come un testo a sé stante, ma incoraggiano tale estrapolazione per una migliore comprensione del proprium del suo discorso. Si tratta di un testo molto studiato, certamente il più dibattuto tra tutti i cosiddetti apocrifi dell' A.T., ma a proposito del quale gli interrogativi restano più conI. ·Per Pentateuco enochico si intendono le cinque parti del primo Libro di · E;n testo critico ancor oggi non del tutto superato, l'inte>· · resse degli studiosi si concentrò sull'interpretazione dei ) testi e sulla loro collocazione cronologica e culturale. ·, .'Uno studio attento permise a Charles e alla sua scuola :·: dirivedere le opinioni espresse dai pionieri del XIX seL/ çolo sull'origine e la datazione del primo libro di Enoc. : _ > stiani la paternità dell'intera opera.23 Charles, invece, r\:L:l'konsiderò radicalmente questa posizione, anticipan'.;f:/ 4{>Ja datazione al I secolo a. C.;'4 tale opinione resterà H;:::tj()mtmemente accettata fino alla metà del secolo, quan:i'L, dp ima scoperta archeologica di primaria importanza ;'~'.\/~tònvolgerà anche lo studio dell'opera enochica: il ri·;·=::::

rt#~?:~r.~r.;::,,Nel 1928, Frey nel suo articolo Apocryphes de l'An'.lilnTestament, nel Supplément al Dictionnaire de la ''.itf,~le, 82 propone di datare l'intero Pentateuco enochi:'bb\al n secolo a.C. ;i}.;,:Q:ùalche decennio più tardi, nel 1946, E. Sjoberg Lf~riS"Se un importante contributo sulla questione del (,F:ig:l~'o dell'uomo nel Libro delle parabole,83 dove ri:;-~e:~èì:n considerazione anche la datazione del testo. ~~fil}rf,è~ltà le conclusioni alle quali giunse non sono di it~~:!t~differenti da quelle proposte in precedenza, tutfS~~~tg\egli attirò l'attenzione su un nuovo elemento di ~;~;a~~~fone che resterà per molti un saldo punto di rife.. , '')o; Al cap. 56 del primo Libro di Enoc, facente . ?elLibro delle parabole, si accennerebbe a un'in-

···,~,La composition littéraire des Paraboles d'Hénoch; Idem, Le mes'ùl.f'iiisipe.: des Paraboles d'Hénoch; Idem, Le messianisme des Paraboles i;;l(lfW~~oé frla Théoiogie juive contemporaine; Idem, Quand furent com'.~,7ei }'araboles d'Hénoch?; Idem, Mystique gnostique (juive et chré.fi)?~f!.finale des Paraboles d'Hénoch . .:LG"ry}Quand jurent composées les Paraboles. '''F:rey, Apocryphes de l'Ancien Testament. ~9berg; Der Menschensohn im iithiopischen Henochbuch.

vasione di Parti: per Sjoberg vi sarebbe qui un chiaro riferimento a quell'invasione partica che la Palestina conobbe nel 40 a.C. Da questo momento il 40 a.C. sarà considerato il terminus a quo per la datazione dell'intero Libro delle parabole. Ben presto un fatto nuovo e rivoluzionario entrerà sulla scena della datazione di questo libro: la scoperta dei manoscritti di Qumran tra i quali però nessuna traccia si rinvenne del nostro testo. Tale silenzio, unito alle conclusioni che Milik ne dedusse, provocò una serie molto varia di reazioni. Quanto a Milik, anche se la sua edizione dei frammenti aramaici vide la luce solo nel 1976, esprimerà ben presto la sua opinione sulla da-· tazione, ritenendo determinante la mancanza di atte~ stazioni a Qumran del Libro delle parabole. Nel r9p . egli pubblicò un articolo sulla questione;84 un altro se- ..· guì nel 1958;85 e nel 1959 tornò sull'argomento in un: libro. 86 La sua proposta di datazione, che difese ance". ' ra nel r976, fu il 270 d.C. · •. Le reazioni alle prime dichiarazioni di Milik non si·. fecero attendere. N ell'Expository Times del I 960-6 L;, un brevissimo articolo di Thompson, 87 ma molto inte;;~ ressante, sollevò due critiche alle dichiarazioni di Mi;o ;~ lik, non tanto sulla datazione in sé, quanto suWambien~j te d'origine che essa presupporrebbe. L'autore espri~:; meva una certa perplessità davanti all'ipotesi che quetfi sto testo fosse frutto del cristianesimo del III secolo d/1[ C., vista la quasi totale assenza di caratteri tipicamentèi~ cristiani; e in secondo luogo gli sembrava difficile imji~ maginare un ambiente giudaico interessato a un testq* ·,,:'~'.~~

84. J.T. Milik, The Dead Sea Scrolls Fragment of the Book of Enoch. ;;;~ 85. J.T. Milik, Hénoch au pays des Aromates (Ch. XXVII à XXXIIJiK~ Fragments araméens de la Grotte 4 de Qumran. ,.,~;!;\ .··!."! 86. J.T. Milik, Ten Years of Discovery in the Wildemess ofJudaea. :)(~ 87. G.H.P. Thompson, The Son of Man: The Evidence of the Dead Se~,~~

Scròlls.

42

·

>'ti . ~·

che msiste su una particolare figura messianica così hiàssicciamente presente negli scritti del N.T., e tutto ciò senza alcuna traccia di polemica anticristiana. :'< Del 1968 è un altro articolo che ritorna sulla questioiqe. della datazione, ad opera di Hindley. 88 Sullo sfon·gò sono sempre presenti le affermazioni di Milik e i ;ti:ia;ricati ritrovamenti di Qumran anche se, apparen'fètnehte, l'autore sembra darvi pochissimo peso. Egli àil:teride il suo contributo come un riesame degli argo'imenti di datazione forniti da Sjoberg, in particolare l'i·:-~entifìcazione dell'invasione partica. Secondo Hind:Jéyil cap. 56 del primo libro di Enoc non alluderebbe -all'.ihvasione della Palestina del 40 a.C., come aveva soi·$t~riuto Sjoberg, ma alla sconfitta che i Parti inflissero 'W{f1taiano tra il I 13 e il 1I7 d.C. Ciò che avrebbe indotét,~':Aquesta nuova datazione non sembra essere tanto il gl;).tO di Qumran, che pure viene brevemente menzio,;fia;tò; quanto un'analisi particolareggiata dell'invasio}ie del 40 a.C. che, secondo la testimonianza di Flavio :?G,ioseppe, sarebbe stata salutata con favore dagli ebrei; }q*thdi, per Hindley, quell'invasione non può essere la '\~~~§sa che il Libro delle parabole dipinge con toni tan:$t~fdtammatici. Infine, circa l'origine del nostro testo, ::l~:~ii~ore propone un ambiente giudaico, e questo per> ·"?il Libro delle parabole sarebbe in polemica con i ttarti in quanto attribuisce ad Enoc il titolo di Fi':!dell'uomo. '.i elr976 Milik pubblicò 89 i frammenti aramaici di :_'éit,itrovati a Qumran e in quell'occasione riprese e - '()quanto aveva già anticipato riguardo alla data:Le argomentazioni offerte da Milik, intorno alle ·si articolerà anche tutta la discussione successiva, q)·,içonducibili a otto punti: -~.Lamancanza di frammenti del Libro delle parabo1

. -.:_ .'I-Ìindley, Towards a Date for the Similìtudes of Enoch. An Histor}fpproach. 89. J.T. Milik, The Books of Enoch. ffit~:~::ole è stato ft:etiopico e in epoca medievale; i più antichi ipc;:t'Venutici sono infatti del xv-xvi secolo! . nche dell'originale greco, che Milik pure ipo:1amo alcuna traccia manoscritta, mentre so'..~tc;:volm~nte rappresentate versioni in greco, :1*co e latino delle altre parti del Pentateuco

· #a

'io8 108.

Cf. sopra, pp. u s.

51

In definitiva, non sembra corretto spiegare la mancanza di attestazioni delle ipotizzate versioni negandone l'esistenza; è invece più verisimile che queste sia-· no scomparse nel corso dei secoli perché, ormai diventate di scarso interesse, non erano più copiate o addirittura, ritenute spurie e «apocrife», come è ben docu-. mentato per la tradizione cristiana, screditate e osteggiate.109 . Quanto alla presunta somiglianza del linguaggio del Libro delle parabole al greco d'imitazione omerica de"'' gli Oracoli sibillini e quanto all'utilizzo della versione dei LXX, mancano assolutamente elementi sufficienti' per affermarlo. b) Il linguaggio del Libro delle parabole

.::··,

Un elemento da non trascurare nella datazione è itl linguaggio del Libro delle parabole, l'uso che esso fil di alcune espressioni, in particolare dei titoli «qiusto»;;{ «Eletto» e «Figlio dell'uomo». Analizzando la ricor~!! renza di queste denominazioni nei testi datati tra il lfi secolo a.C. e il I d.C., se ne nota una distribuzione aM fatto uniforme. Dell'uso che sembra farne il Libro dell~~ parabole non vi sono attestazioni cronologicament~i\ posteriori ai sinottici e agli Atti degli Apostoli. ;&~\ Il titolo di «Giusto», impiegato per designare il Mes~·i sia, si ritrova ancora ilei discorsi di Stefano, Pietro.;~; Paolo, riportati dagli Atti degli Apostoli. Costoro,.~ifi volgendosi agli ebrei di Gerusalemme o a ebrei prov:~$j] nienti dalla diaspora, parlano del Messia chiamandoJ·~{\ «il Giusto». Nella letteratura successiva, soprattut!R1t cristiana, il titolo non conoscerà alcuna fortuna e saf~!. presto dimenticato. " 0 Lo stesso dicasi per il titolo ·~it? «Eletto», anch'esso ampiamente utilizzato dall'autQ'ij~~ del Libro delle parabole. L'evangelista Luca ne fa u$Q.ii ro9. Cf. sotto, pp. 68-70.

52

r ro. Cf. sotto, pp. 149-r p.

>/~~~

)·:i~

(f~l.male, perché per Qumran è Dio che crea _'.,tl;~lfa tenebra, ma quest'ultima posizione è so;~yoluzione del pensiero originario; così anche ··:;a,ngelico, che a Qumran sembra non avere iìhone così centrale che aveva nella tradizio-'~diresta tuttavia un punto di riferimento poip~tdd gruppo continuano a sentire una co- :ç),fànda con il mondo degli angeli, nella vila)iturgia. 129 Il passo successivo che Gar_§~ello di ricercare, dopo quella di Qum-j;ind their History: RB &r (1974) 215-244. ·~rtfrtez-JTrebolle Barrera, Gli uomini di Qumran, r6r. 128. Op. cit., 129. 129. Op. cit., 147-148.

59

ran, l'origine del movimento esseno: esso precedereb-; be la crisi maccabaica e sarebbe da collocare duranteit III secolo a.C., come precisa lo studioso, «nel contestd': della tradizione apocalittica». ' 30 Su quest'ultimo pun\·: to forse la teoria di Garda meriterebbe qualche appro,fondimento; la distinzione da lui operata fra «tradi'c· zione apocalittica» e «movimento esseno» non è chia'-'.\ ramente definita a causa soprattutto dei problemi che ancora avvolgono quel particolare fenomeno chiama{; to «apocalittica». ' 3' Innanzitutto sarebbe forse più cor~'. retto parlare di tradizione enochica, e non di apocalit'-;;' tica, e questa, a nostro avviso, non sarebbe esterna l~;; movimento dell'essenismo, ma ne farebbe parte. Ciòi~ permetterebbe di evitare il rischio di ritrovarsi con utjii essenismo, di cui le fonti parlano, vuoto di attestazion,~j,! letterarie; e di un fenomeno letterario-ideologico com~:f è quello dell'apocalittica, che sembra concordare co#:i; ciò che gli scrittori antichi attribuiscono agli esseni, rrt~); loro ignoto nella denominazione. 'J2 nil

'~;;;Ammettere

che l' essenismo sia un movimento che, ;ì:i_~*solo_si è evoluto al suo interno col passare dei deJ~~b:ni, ma che ha anche conosciuto articolazioni e scis;~rdniper questioni ideologiche, potrebbe illuminare ali~unequestioni riguardanti quello che le fonti antiche rn pftamandano circa gli esseni. Filone, ad esempio, parJ@do di coloro che egli chiama esseni afferma: «DelJ~amore di Dio, essi offrono diversi esempi: ... la con:i\iiriiione che la divinità è causa di tutto ciò che è buochii;,'rna non è causa dì alcun male». 1H 5;V:~uesta affermazione, che si comprenderebbe malatini;:ntequando si restringesse l'essenismo ai qumrania'.~t;tdove invece è Dio ad aver creato «gli angeli della :t,'*ç~e delle tenebre» (1 QS 3, 25),' 35 potrebbe riflette?t~,')Jif ,essenismo rimasto più fedele all'antica matrice :(~#dqhica simile a quello del Libro delle parabole, dove ~iliJ#aleèattribuito agli angeli ribelli. i;fr:Jq'un altro passo Filone descrive gli esseni come cul~:ttjf:J}:liùn pacifismo estremo: «invano si cercherebbero '.$~,~:loro fabbricatori di lame, di giavellotti, di spade, di :~.Ji:ì):i, di corazze, di scudi e qualsiasi costruttore di armacchine e altri strumenti da guerra e anche di ~~ggetti pacifici che potrebbero essere volti al male»;' 36

'.filfo.di ._

tn~; ~-~~::.:

:~~:,ql\1seppe parlano mai esplicitamente. Può essere questo un altro indi-

:'.~i~t~he per essi Khirbet Qumran non era che un frammento di una realtà ''PÌ'~ 'y[ista. ·~f~j)I:;e divergenze notate dagli studiosi tra i dati trasmessi dalle fonti e l'irai~lògra essena che si evince dagli scritti di Qumran, sono spiegate nor:%a!Jiiènte come imprecisioni degli scrittori antichi oppure come dovute a tì'!b#{vaga• evoluzione all'interno del movimento. La tendenza in ogni ca'.S;Q'-~/;!'ìninimizzarle (cf. F. Garda Martinez, Le origini del movimento es'(!fnp/é della setta di Qumran, in F. Garcia Martfnez ~ J. Trebolle Barrera, rifJli'~omini di Qumran, r27). Per una raccolta completa di queste fonti cf. :~4:·Aqàli:t- C. Burchard, Antike Berichte uber die Essener, Berlin r96i.

~:i;}:j'.::::filone, Quod omnis probus liber sit 84.

'\~~'.~/Per una traduzione italiana dei

testi di Qumran cf. F. Garda Mart1-

;p:~~,iiC. fyiartone, Testi di Qumran, Brescia 1996.

i~.f6::Filone; Quod omnis probus liber sit 78.

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anche questo tratto sarebbe difficilmente applicabile ai qumraniani, dei quali ci è stata tramanda~~ una Regola della guerra, mentre verre~be a trovarsi m perfetta sintonia con un passo del Libro delle parabole che condanna la guerra attribuendo a un angelo peccatore la colpa di averne svelato l'arte agli uomini (cf. I En. 69,6-7).

Questa complessità all'interno dell'essenismo potrebbe anche spiegare i paralleli e allo stesso tempo le divergenze tra gli scritti propriamente qumranici, come la Regola della comunità, la Regola della guerra e gli Inni, e il Libro delle parabole, il cui essenismo è garantito dalla profonda fedeltà al pensiero del Libro dei vigilanti. A proposito dell'origine del male, ad esempio, si nota una radicale differenza: accanto al dualismo marcato degli scritti qumranici che, come dice Garcia Martinez, «si ferma solo di fronte al principio fondamentale del monoteismo», 137 evitando unicamente per questo di diventare un dualismo totale, 138 il Libro delle parabole ritiene che il male sia stato causato dagli angeli caduti, ribelli a Dio e non creati peccatori da Dio. Ma ad esempio torna a esservi convergenza tra i due sistemi di pensiero a proposito dell'incapacità dell'uomo di essere giusto. Il Libro delle parabole esprime tale incapacità con l'immagine del Dio che si pente di aver mandato il diluvio sulla terra e di aver distrutto gli uomini, che non sono la causa prima del loro peccato; gli uomini di Qumran esposero que137. F. Garcfa Martinez, Gli uomini del Mar Morto, in F. Garda Martfnez - ]. Trebolle Barrera, Gli uomini di Qumran, 75. 138. Sul dualismo a Qumran e nella letteratura apocalittica si veda J. Duhaime, Le dualisme de Qumran et la littérature de sagesse vétérotestamentaire; M.V. Cerurti, Dualismo apocalittico e dualismo gnostico, in Apocalittica e gnosticismo, 143-158; J.G. Gammie, Spatial and Ethical Dualism in ]ewish Wisdom and Apocalyptic Literature; mentre per una classificazione sintetica dei diversi gradi di dualismo cf. U. Bianchi, Il dualismo come categoria storico-religiosa: RSLR 9 (1973) 3-16.

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;sta medesima idea con uno splendido passo degli Inni: ~~Io so che la giustizia non appartiene all'uomo, né la : .>, quindi ·«discorso santo». Si veda il com~;{;?, mento a r En. 37,2, p. 141. r r. La preposizione qedma il cui significato letterale è «davanti», come a~{~~

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84

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t~ innanzitutto e ai posteri non ostacoleremo l'inizio ~tella sapienza. 4 Fino a ora non era stato concesso dal

Signore degli spiriti ciò che ho ricevuto: una sapienza ciò che ho compreso, secondo ciò che ha vo!1.ItO il Signore degli spiriti, dal quale mi è stata data eo_irie parte (di eredità) la vita per i secoli. 12 : d Ricevetti tre pa,ç.abole e io cominciai ' 3 a dirle a coloro che abitano sulla terra. ~econdo

PRIMA PARABOLA

~a rivelazione del Giusto e il giudizio

js Prima parabola. !'. zando la preposizione qedma nel senso proprio di «davanti» e non nel si\:;/ gnificato da noi proposto alla nota rr, l'autore le premette la preposizio~e:{i ba che indica innanzitutto lo stato in luogo. La necessità di questa aggiun~.:..{, ;

88

risplendono come luce di fuoco e la loro bocca è piena di bene4izione e le loro labbra glorificano il Signore degli spiriti e la giustizia grazie a lui 29 non viene meno e la rettitudine non viene meno grazie 30 a lui. 31 8 Là v.olli abitare e il mio spirito desiderò quella abitazione dove già era stata stabilita la mia parte (di eredità), 32 perché così era statr{) stabilito a mio riguardo: (stare) dàvanti 33 al Signore degli spiriti. 9 In quei giorni glorificai ed esaltai il nome del Signore degli spiriti (con) benedizione 34 e glorificazione, poiché egli mi aveva stabilito nella benedizione 35 e nella glorificazione, secondo la volontà del Signore degli spiriti. ,·

Canto di lode : 10 Per lungo tempo i miei occhi guardarono in quel b1ogo; e lo 36 benedissi e lo glorificai dicendo: «È be#edetto ed è oggetto di benedizione 37 da principio 38 e

·~9. Letteralmente «davanti a lui»; cf. sopra, pp. 84 s. n. )o: V. nota precedente.

11.

:5Y>Alcuni manoscritti omettono l'espressione «la rettitudine non viene me-

•'J:io ·dil.vami a lui», forse a causa di un banale omeoteleuto. È meno proba(pile, invece, che sia stata omessa perché ritenuta un'inutile ripetizione del.l~.~rase precedente. 32· Cf. sopra, p. 85 n. r 2. ;jy)k4-qedma. Cf. sopra, p. 88 n. 28. j4·,:Molto probabilmente, cominciando b4rnk4t (benedizione) con bet, la preposizione b4 (con) che qui ci attenderemmo, è caduta per semplificare la ,sequenza di due labiali; esempi di questo fenomeno, molto raro in etiopi:~p;·si trovano invece con una certa frequenza in ebraico (cf. P.Joiion, Grnm•:"1.i.ire de l'hébreu biblique, Roma 192 3, 380). Un'altra possibile spiegazio.ii~::è che il sostantivo «benedizione» sia trattato come un complemento og:!Wto interno. È diverso invece il caso di sebbat (glorificazione), che segue i,'m.mediatamente, dove non vi è preposizione essendo sebbat coordinato :q\)n. bar4k4t. · 3s1Qui la doppia labiale iniziale, diversamente dal caso appena visto, è sta;~a!n;mtenuta: b4-bernk4t . .}~.Secondo quanto segue, qui deve intendersi: «il Signore degli spiriti» e :~ì:lli il «nome del Signore» come si era affermato nel versetto precedente. $ftratt~ in realtà di espressioni sinonimiche. ,~i Sono difficili da rendere in italiano le due forme verbali qui impiegate

per i secoli u e davanti a lui non c'è fine. Egli conosceva, da prima 39 che fosse creato il mondo, cosa fossç il n:iondo e q:-iello che sarebbe accaduto di generazio" ne m generazione. 12 Ti benedicono quelli che non dormono e stanno davanti alla tua gloria e benedicono e glorificano ed esaltano dicendo: 'Santo, santo, santo il Signore degli spiriti, riempie la terra di spiriti'». · 13 Là i miei occhi videro tutti quelli che non dormo:. no; stanno davanti a lui e benedicono e dicono: «Tu sei benedetto e benedetto è il nome del Signore 40 per.i· secoli dei secoli». ,, 14 Il mio volto si trasformò, così che non potevo più vedere. ..:

I quattro angeli

,: ~

40 Poi vidi migliaia di migliaia e miriadi di miriacf~ (di esseri), innumerevoli e incalcolabili, che stanno d~g vanti alla gloria del Signore degli spiriti. ··;; 2 Guardai, e nelle quattro ali del Signore degli sNfi:B ti vidi quattro esseri;41 diversi da quelli che non dpf~ . .f.~1~ dall'auto1·e. La prima forma (buruk) è un participio passivo che indicajt1~ qualità più che un'azione, cioè il fatto di essere benedetto; la secondf\ii,~ vece (yetbiirak), che può essere sia un imperfetto che un congiuntivo,cn}!ifj la forma riflessivo-passiva, o descrive l'azione che si svolge «nel tenipg~~ in questo caso l'essere benedetto, oppure è un invito a benedire. · · ;F" 38. Letteralmente «da prima»:' emqedma. 39· Letteralmente «senza»: za' enbala. 40. La lode è rivolta unicamente al Signore degli spiriti anche se quì: brache i destinatari siano due: «tu» e il «nome». Probabilmente si tr:{ due acclamazioni distinte che Enoc riport;i in un'unica espression~;· sto potrebbe essere reso così:·«Dicono: 'Tu sei benedetto' e 'benede{ nome del Signore'». Inoltre, è proprio delle lingue semitiche, e in p lare dell'ebraico, fare uso di espressioni quali «nome di Dio» o «glò Dio» per evitare di riferirsi direttamente alla divinità. 4r. Letteralmente «volti». Uno stesso termine etiopico (ga~~) rendej cetro di «persona», come in questo caso, e dì «volto/faccia». Tale dii di significato fa pensare al greco 7tporrc.mov.

,::fiiono,42 e conobbi i loro nomi. Colui che mi fece coi~~~cere i loro nomi è l'angelo che camminava con me ?W::ch.e mi svelava tutti i segreti. 3 Udii la voce di quei t'.:*~attro esseri che danno gloria davanti al Signore di }gi9ria. 4 La prima voce benedice il Signore degli spii/:'( parte dei manoscritti. Ve ne sono alcuni tuttavia, appartenenti al gruppo.:/~ Eth. I, che riportano la variante kalala (ha circondato); quest'ultima 'èì:(l sembra non offrire alcun significato. \'.~~ ,'':.'-t~ 100.

104

tranno sfuggire. 8 Non ci sarà ferro per la guerra né vestito ._per l'armatura della corazza. Non servirà il bronzo, lo stagno 102 non servirà e non sarà calcolato, né il piombo sar~ ricercato. 9 Tutte queste cose saranno rigettate 103 e saranno rimosse dalla faccia della ter. ra, quando l'Eletto si manifesterà davanti al volto del · ·.· Signore degli spiriti».

La valle che divora ·53 Là i miei occhi videro una valle profonda la cui bocca era aperta; tu~ti coloro che abitavano sulla terra, nel mare e sulle isole le portavano omaggi, doni e tributi, ma quella valle profonda non si riempiva. 2 Le loro mani 104 commettono iniquità e tutto ciò che fanno è iniquità. I peccatori sono divorati, 105 da davanti al _·• volto del Signore degli spiriti sono rimossi e dalla fac·,< da dellà sua terra i peccatori sono allontanati, 106 ma i non finiscono per l'eternità. na'k. Cf. sopra, p. Io4 n. IOO. rò3; A proposito di questo verbo (kf1d), già ritenuto da Dillmann poco chia·' ,ro;vari studiosi hanno cercato spiegazioni ricorrendo all'ipotesi della Voru;• tqge ebraica o aramaica (per una ricapitolazione delle varie proposte si ve· _Aa M. Black, The Book of Enoch, 216). Giustamente però Caquot e Geoli:;':i III. Alcuni manoscritti premettono a «Signore degli spiriti» il nome div(@:i no più comune in etiopico, 'egzi' ab per. 'iidi II2. maqiaft (flagello) indica uno strumento di punizione ed è costrU.@!··.:j sulla stessa radice del verbo castigare-punire (qif). Gli angeli del castigo,d~~6,'l quali l'autore ha appena detto, sono i male'ekta maqsaft. ,,',;[:i~;'. I IJ. 'are'esti-homu, letteralmente «le loro teste», può essere inteso O con!~•?{ «i loro capi,. oppure come «se stessi», in quanto il sostantivo re'es (tes~~fo'.J,~' seguito dal pronome personale, serve a indicare il pronome riflessivo {(;fif':t~ sopra, p. 101 n. 92). Tra le due possibili traduzioni, nel nostro caso ci s ' ., ,. bra preferibile la prima. 109. 110.

108

iwne. Li scuoteranno dai loro troni e usciranno come leoni dalle loro dimore e come lupi affamati in mezzo alle loro greggi. 114 6 Saliranno e calpesteranno la terra dei miei 1 ' 5 ele,i:ti e la terra dei miei eletti sarà, davanti a loro, luogo calpestato e sentiero battuto. 7 La città dei miei giusti sarà pietra d'inciampo per i loro cavalli; inizieranno a combattersi gli uni gli altri e la loro destra sarà forte contro loro (stessi). L'uomo non riconoscerà Jt 6 suo fratello, né il figlio suo padre 117 e sua madre, finché ci sarà una (gran) quantità 118 di cadaveri (caus:ni) dalle loro morti e il loro castigo non sia vano. 8 In quei giorni lo_,Sheol aprirà la sua bocca: affonderanno iil essa e la loro rimozione (così) sarà giunta a termine. ~o Sheol divorerà i peccatori da davanti al volto degli eletti. _57 Avvenne, dopo di ciò, che vidi un altro esercito di carri, con a bordo uomini: venivano sui venti dall'est e I i4. Insospettito dalla stranezza dell'espressione «loro greggi», riferito a lupi, Black ha cercato un significato più coerente ricorrendo all'ipotesi della Yorlage. In base al parallelismo con l'affermazione precedente, ci si aspet:.terebbe al posto di «greggi» un sinonimo di «dimore», Partendo da questa i;onstatazione Black ha trovato in ebraico due sostantivi molto simili, e quindi soggetti a confusione, che nella loro forma consonantica si presentfç per maledire, secondo la parola del Signore degli spi}: X1ti. 3 Dopo di ciò mi fu rivelato ogni segreto delle i;;'.:ltici e dei fulmini: splendono per la benedizione e per /:'. l'abbondanza. 119 ,.:

n6. La radice mrw sulla quale è costruito questo verbo significa «dare, consegnare», significato non del tutto soddisfacente per il nostro contesto. An.;; che in questo caso, il ricorso alla radice ebraica corrispondente può ten•, ·. }are una soluzione del problema. Ad esempio la radice ebraica ntn, come '.'fàÌ\.cheJa sua corrispondente aramaicayhb, ha come primo significato quel·:.> lo di «dare», ma molto spesso è utilizzata con il senso di «porre, collocare»; ·., accezione questa che sembra convenire molto bene al nostro contesto.

Fenomeni atmosferici

n L'altro angelo che camminava con me e mi svelava i segreti mi parlò di ciò che viene prima e ciò che vie- . ne dopo; nel cielo, in alto, e sotto la terra, nel profondo; ai confini del cielo e alle fondamenta del cielo. r2 (Mi disse) dei contenitori degli spiriti: come si dividono gli spiriti e come si misurano; e come si dividono e si calcolano le fonti e i venti, 137 ciascuno secondo la potenza dello spirito e la potenza della luce della luna. (Mi disse) quale è 138 la potenza della giustizia e le parti delle stelle: ciascuna secondo il suo nome, e ogni parte in cui (ciascuna) si divide. r3 (Mi disse) dei tuo- · ni: quando cadono e tutte le parti in cui si dividono perché splenda il fulmine e si odano veloci le loro schiere. 14 Infatti per il tuono ci sono luoghi di riposo, quan- ,· do è permesso alla sua voce di pazientare, ma il tuono e il fulmine non si separano l'uno dall'altro: ambedue . camminano nello (stesso) spirito e non si separano._/ 1 5 Infatti, quando splende il fulmine, il tuono dà vocè , e lo spirito immediatamente si ferma e li divide equa-_ ' mente, poiché il contenitore dei loro periodi è di sab..: ' bia; ciascuno di essi è imbrigliato e sono ricondotti dal~ , ; la potenza dello spirito e diretti così secondo la moltic- ·.•· · tudine delle regioni della terra. 16 Lo spirito del mare è maschio e vigoroso e, conia potenza della sua saldezza, lo tiene imbrigliato; così il !i mare è diretto e disseminato per tutte le montagne del-;-: .,,

r37. Questa lezione è attestata da tutti i manoscritti del gruppo 1ré~:[: dall'Abbadianus 55. Gli altri manoscritti leggono invece: «Le fonti degli•·:~:~ spiriti». La confusione delle due espressioni si spiega facilmente poichéNfj) grafia della sillaba wa (congiunzione nella prima espressione) è molto si:, ) mile alla sillaba ma (preformante della parola spiriti). Tra le due lezionièi.~'è~ sembra preferibile la prima, sia a motivo del contesto - non sembra infa~f)/ì chiaro cosa possano essere le fonti degli spiriti-, sia per il fatto che la tia;:rkt sformazione della parola «venti" in «spiriti» è facilmente spiegabile in ùi(;;~ versetto dove vi sono altre tre ricorrenze del termine spirito-spiriti. f::f.~i 138. Letteralmente «come»: kama. .--,è~j

Eth.

114

:•:ìa:Jezione potrebbe però essere il risultato di un intervento normalizzan•:;; tè; infatti sono soprattutto i manoscritti della cosiddetta vulgata ad attestar;.; la;L'altra ipotesi, che sembra più convincente perché rispetterebbe la le~-~:i1one dei manoscritti migliori, è che l'anacoluto debba spiegarsi con la ca•'.;;'i4tit:t della frase principale . .0:!j11. La radice m~w alla forma riflessivo-passiva, ed è il nostro caso, signij,:,;:Jiç:à in primo luogo «dare, consegnare», ma anche «accogliere, sollevare», '\:acc:ezione quest'ultima che sembra avere senso nel nostro contesto. Black j(.:ffittavia,. insoddisfatto di questa radice, propone di emendare mrw con ;;•;\~tlt•che significa «misurare» e che èerto si adatta meglio al contesto (The

rx!Jfook of Enoch, 230). ~',:;~.

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'

II 5

I due mostri 24 Mi disse l'angelo di pace che era con me: «Quei due mostri sono pronti per il giorno grande del Signore;142 provvedono ' 43 affinché il castigo del Signore degli spiriti ' 44 si posi su di loro, affinché non venga il castigo del Signore degli spiriti ' 45 invano; e siano uccisi i bambini con le loro madri e i figli con i loro padri, 2 5 quando il castigo del Signore degli spiriti si po- . serà su tutto. 146 Poi ci sarà il giudizio secondo la sua . misericordia e la sua pazienza.

Gli angeli e le funi 61 Vidi in quei giorni (che) furono date a quegli an-. geli lunghe funi: (essi) si presero ali, volarono e anda~ rono in direzione del nord. 2 Interrogai l'angelo dicendo: «Perché hanno preso queste funi e se ne sono art·:··,'.~~.:

Accogliamo la lezione del manoscritto Tana 9, unico ad attestarla con- ....·:;::: tro tutti gli altri manoscritti che dicono invece: «sono pronti sulla grandez~ '",i za del Signore». Il passaggio dall'una all'altra espressione è possibile cdii'::: l'omissione di una semplice sillaba: la' elat 'ebày (per il giorno grande)e Li'~>;~; la 'ebiiy (sulla grandezza). ,'.e:; 143. yesesayu significa letteralmente «nutrono», ma in senso traslato ari.eh{.{(~ «sostengono, provvedono, mantengono». : .}'!;: 144. I manoscritti del gruppo Eth. Il hanno il nome divino 'egzi'abper. 145. Seguiamo qui la lezione del Tana 9 che riporta un testo più lungo;/[1 tutti gli altri manoscritti omettono l'espressione «si posi su di loro... Si': gnore degli spiriti», privando il testo di un senso coerente, a causa pro~é:;.:i;i~ bilmente di un omeoteleuto. Questo tipo di errore è stato evitato nel Ta ·, · 9 in quanto, al posto del primo «Signore degli spiriti», questo manosent .. segue la variante del gruppo Eth. Il (cf. nota precedente). Alcuni man'çi~::,.,, scritti infine, rendendosi conto dell'incongruenza del testo abbreviatò, frio{~,1~ cero precedere alla parola «invano» una semplice negazione. :·)5'.fU? 146. Continuiamo a seguite il manoscritto Tana 9 che qui opera un'impàri,:;';~~ tante omissione. La maggior parte degli altri manoscritti fanno seguire Jl~t)'.j§i parola «padri» il seguente testo: «Quando il castigo del Signore degli, ~P. riti si poserà su di .loro, sì poserà affinché il castigo del Signore degli spi# non venga invano su di loro», quindi riprendono con «Poi ci sarà... ». Qij' st'ultimo ci è sembrato un testo corrotto e in peggiori condizioni di qu; lo del Tana 9, che quindi abbiamo preferito seguire fedelmente. 142.

e la loro traccia nella via del giudizio di giustizia del Signore degli spiriti; e' 53 (quando) parleranno tutti loro a una sola voce e benediranno, glorifìc. cheranno, esalteranno e santificheranno il nome del Signore degli spiriti; 10 e (quando) griderà tutto l'esercito del cielo, tutti i santi dell'alto (dei cieli), l'esercito del Signore, i cherubini, i serafini, gli ofanim, tutte le potenze,' 54 tutte le dominazioni,' 55 l'Eletto e l'altro e~ sercito che è sulla terra e 156 sul mare, r 1 in quel giorno ... alzeranno una voce e benediranno, daranno gloria ed . esalteranno, con spirito di fedeltà, con spirito di sa'" pienza, con spirito' 57 di pazienza, con spirito di mi-·· sericordia, con spirito di giudizio e di pace e co_n spid- .·~ to di bontà e tutti diranno a una sola voce: «E bene- • detto ed è oggetto di benedizione 158 il nome del Signo- ) re degli spiriti per i secoli e fino ai secoli». 12 Lo be~ ,.; nediranno tutti coloro che non dormono, nell'alto dei.:..! cieli; lo benediranno tutti i santi che sono nel cielo, '.:i; tutti gli eletti che abitano nel giardino della vita e ognt?i spirito di luce che può benedire, glorificare, esaltare i.~ santificare il tuo nome benedetto. 159 Ogni carne, ch~~&.l abbonda in potenza, glorificherà e benedirà il tuo no.J:;:i~ me per i secoli dei secoli. . s~t: 13 Infatti grande è la misericordia del Signore de • \1 152. Buona parte dei manoscritti attestano la variante 'egzi' abf,er le'uf (S. gnore-della-terra altissimo). :.. 1 53. Alcuni sopprimono la congiunzione, facendo di ciò che segue la fr · principale. ···• .) 1 54. Letteralmente mala' ekta bayl (angeli di potenza), corrispondènt( greco òuvci1i.&Lç, uno dei cori angelici elencati in Ef 1,2.1. .. , 155. Letteralmente malii'ekta 'agii'ezt (angeli dominatori), corrispondé,, te al greco Kupio-.YJ'te bra la più convincente. Egli emenda il testo sostituendo semplicemente la : : lettera !Jarm con la /?awt, due aspirate correntemente confuse in etiopico; ottenendo così il significato di «colori» (Sulla Vorlagearamaica, 5&6). SuH~< '~: base di quanto detto in r En. 8, I e 98,2, dove è condannato l'uso dei cosme~. · : tici, colori appunto, quest'ultimo significato si inserisce molto bene nel no-- sendo Dio che parla, è perfettamente comprensibile nel contesto come «io ,:·:: '.rion metterò alla prova». Questo significato è anche coerente con il passo ':. ·,genesiaco al quale qui ci si ispira (Notes sur le texte éthiopien des Paraboles · d'Hénoch, 5i). " : 189. Second'O alcuni manoscritti: «e la sua agitazione erano le acque», 190 ..Da intendersi «le acque». ·· r9r. Letteralmente «sono giudicati»: yetk"'enanu.

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,.,_.. :·.·

r27

quelle acque saranno per i re, i dominatori, i sovrani e per coloro che abitano sulla terra, per la guarigione 192 dei corpi e per il giudizio dello spirito. Ma essendo il loro spirito pieno di voluttà, saranno giudicati i loro corpi, poiché hanno rinnegato il Signore degli spiriti e pur vedendo il loro giudizio ogni giorno non credono nel suo nome! 9 Come ha bruciato vigorosamente il loro corpo, così in essi vi sarà un cambiamento nello spirito, per i secoli dei secoli, poiché non c'è davanti al Signore degli spiriti chi dica parola vana. 10 Infatti su di essi verrà il giudizio perché credono nella voluttà dei loro corpi e rinnegano lo spirito del Signore. I I In quei giorni, le stesse acque subiranno un cambiamento poiché, quando saranno stati giudicati quegli angeli per mezzo di quelle acque, sarà cambiato il calore dì quelle fonti di acque e, quando gli angeli saliranno, quelle acque delle fonti saranno mutate e si raffredderanno. 12 Allora udii Michele che rispondeva e diceva: «Questo giudizio, col quale sono giudicati gli angeli, è una testimonianza per i re, i dominatori e coloro che possiedono la terra. 13 Infatti quelle acque di giudi-" ' zio sono per la guarigione dei corpi dei re '? 3 e per la voluttà' 94 dei loro corpi. Ma non vedono e non credono che quelle acque saranno mutate e saranno fuoco che brucia per i secoli».

192. Alcuni manoscritti aggiungono «dell'anima e». r93. Giustamente qui Black propone un emendamento al testo tradito eh(

:-:~;~

riporta la lezione «corpi degli angeli». La correzione si appoggia sul para.J:: '•,:i lelismo con il v. B e sul seguito dì questo v. 13 che si riferisce chiarame11te ' -. ai re. L'errore inoltre è facilmente spiegabile seguendo l'ipotesi dellaVor-'.'.:, lage ebraica dove «re» sarebbe m'liikw e «angeli» mal'aklm, o aramaica'.·::; (cf. M. Black, The Book of Enoch, 243). , .· ,,",.) r94. Alcuni manoscritti attestano la variante «morte» anziché «voluttà». ·· ~;··:'ij . •·:~;~

128

. Il Libro delle parabole 68 Dopo di ciò il mio antenato Enoc mi consegnò la rive~azione di tutti i segreti che erano nel libro e le parabole che erano state date a lui, e le compose per me nel discorso del Libro delle parabole. ' 95

L'intercessione di Michele e Raffaele 2 In quel giorno Michele rispose a Raffaele, dicendo: «La potenza dello spirito mi rapisce e mi irrita a causa della durezza del giudizio dei segreti, 196 del giudizio degli angeli. ' 97 Chi è che può sopportare un giudizio reso così duro e davanti al quale si dissolvono?». 3 Michele rispose di nuovo a Raffaele dicendo: «Il . cuore di chi non si impietosirebbe a motivo di questo ' (giudizio) e le reni di chi non si turberebbero alla voce .. di questo giudizio venuto su di essi da parte di coloro 198 che così li allontanavano?». 4 Avvenne, mentre il Signore degli spiriti era in loro presenza,1 99 che Michele parlò così a Raffaele, ma l'oc:... • chio del Signore non era (rivolto) a loro, poiché il Si. gnore degli spiriti era irritato contro di essi 200 in quan;{ to avevano agito come (se fossero) il Signore. 20 ' 5 Per:fi ciò verrà su di essi 202 tutto ciò che è segreto, per i se-

·:'.:': :'i95. messiile: letteralmente «parabola».

t;2: 196. Da intendersi: «il giudizio causato dallo svelamento dei segreti».

~;:• 197. La specificazione «degli angeli» è omessa da diversi manoscritti del ~:::.gruppo Eth. I.

;;/, i98. Probabilmente si tratta degli angeli del castigo che scacciano i pecca}.:. fori dalla presenza del Signore degli spiriti; cf. 1 En. 4r,2; 63,6. r r. ~.(:r99. Letteralmente: baqedma (davanti). ·~::W.:,Pretazioni, ma quest'ultima ci sembra meno convincente.

1t" ~62. Sui condannati. 129

coli dei secoli. Infatti né angelo né uomo riceverà la sua parte, eccetto loro (che) riceveranno il loro giudizio per i secoli dei secoli. 203

Gli angeli peccatori

69 Dopo questo giudizio (gli angeli del castigo) li terrificheranno e li irriteranno, poiché hanno mostrato questo a coloro che abitano sulla terra. 2 Ecco i nomi di quegli angeli e questi sono i loro nomi: il primo di essi è Semeyaza, il secondo Arestiqifa; il terzo Armen; il quarto Kokabel; il quinto Turel; il sesto Rumyal; il settimo Danyel; l'ottavo Nuqael; il no'no Baraqel; il decimo Azazel; l'undicesimo Armaros; il dodicesimo Bataryal; il tredicesimo Basasael; il quat~ tordicesimo Hananel; il quindicesimo Turel; il sedicesimo Simapisiel; il diciassettesimo Yetarel; il diciottesimo Tumael; il diciannovesimo Turel; il ventesimo Rumael; il ventunesimo Azazel. 3 Questi sono i loro capi-angeli e i rispettivi nomi: guide delle loro centinaia, guide delle loro cinquantine e guide delle loro decine. 4 Il nome del primo è Yeqon, che è colui che indus'204

203. Il manoscritto Tana 9 attesta la variante 'amsala che potrebbe tradur- .. si sia «immagine» che «come, a guisa di». Si tratta dello stesso termine im-'~.· piegato nel versetto precedente e tradotto da Black con «immagini» (cL:.? vincente innanzitutto a giudicare dal significato che la frase così offrireb.~ na-rpl -:;wv r.ve:U[J-a-rwv (al Padre degli spiriti) (Ebr. 12,9). Il senso in questo caso è però radicalmente diverso dai testi visti sopra: data, infatti,J' opposizione che si evince dal contesto tra carne e spirito, è chiaro che qui si sta parlando dello spirito dell'uomo e non degli spiriti celesti; un uso analogo si riscontra anche nel Libro dei giubilei (lub. 10,3). Interessanti sono anche alcuni paralleli dell'Apocalisse di Giovanni dove si parla di 'tà én-rà 7t\IO:Ufl.a't'a. -rou ,9.e;ou (i sette spiriti di Dio) (Apoc. 3, r; 4, F 5,6) e 6 xvpwç, 6 8EÒç 't'W\I 7'\IEU!J.a't'WV (il Signore, il Dio degli spiriti) (Apoc. 22,6). A differenza della Lettera agli Ebrei, lApocalisse si allinea con l' A.T. e Qumran. - In definitiva, la maggior parte dei testi proposti, appartenenti a epoche molto diverse, sembra indirizzare la comprensione dell'espressione verso riferimenti angelologici. «Signore degli spiriti» potrebbe quindi intendersi come sinonimo di «Signore degli angeli». Questo si può affermare con certezza per il testo di 2 Macc. 3,24, visto il parallelo con le potenze che ritroviamo nell'ambito dello stesso testo. 8 Inoltre nel Libro deì giubilei 9 e nello stesso Libro delle parabole ' 0 gli angeli 8. Al riguardo v. F.M. Abel, les Livres des Maccabées, Paris 1949, 324.

9. In Iub.

15,31-32

si legge infatti: «(Il Signore) diede agli spiriti il potere

di far errare (i popoli) da dietro a lui, ma non diede ad alcun angelo o spirito il potere su Israele».

e gli spiriti, sebbene non sembrino identificarsi completamente, sono tuttavia considerati gli uni accanto agli altri. L'autore del Libro delle parabole potrebbe dunque essersi ispirato alle espressioni veterotestamentarie e qurriraniche appena enumerate. Vi è ·però un'altra spiegazione decisa- · mente più convincente, già proposta da Black, u che però per quanto riguarda il significato dell'espressione concorda pienamente con la prima spiegazione. Punto di partenza è la considerazione che il nostro testo è pur sempre un testo di traduzione da altra lingua e che questo titolo potrebbe essere non un e integrati nel mondo celeste, uniscono le loro voci a quelle ::.;:d~gti angeli nell'unica lode al Signore degli spiriti. · Ogni carne. Anche gli esseri terrestri sono uniti alla lode •{G;osinica, secondo la loro capacità: questo significa l'espres·'sione «che abbondano in potenza». È possibile che vi sia >qui uri' allusione alla resurrezione dei corpi, della quale il Li:J#o delle parabole ha appena parlato al v. 5, tuttavia in que/sto contesto l'espressione «ogni carne» potrebbe anche semi ;:plicemente indicare «ogni terrestre», senza alcun esplicito

255

riferimento al corpo, secondo un uso largamente attestato sia nell'A.T. (d. Gen. 9,r5-17) sia nel N.T. (d. Mt. 24,22; Gv. 17,2; Rom. 3,20; ecc.). 13. Grande è la misericordia del Signore. La ragione della lode universale è la misericordia che il Signore ha usato nel fare il giudizio. Il cap. 60, come si è già detto, si era concluso annunciando un radicale mutamento del giudizio rispetto a ciò che era stato il diluvio; e il cap. 61 ha appunto narrato con l'immagine di un giudizio senza condannati la misericordia del Signore degli spiriti e si conclude ribadendola. CAPITOLO

62

Dopo aver parlato del «giudizio» dei santi, l'autore ritorna a descrivere il giudizio dei re, dominatori e sovrani. Al momento della rivelazione ultima dell'Eletto, essi lo riconosceranno, si pentiranno e imploreranno la sua misericordia, ma ormai tutto sarà vano e dovranno allontanarsi dal volto del Signore. Il capitolo poi si conclude con la menzione della beatitudine degli eletti. 1. Alzate i vostri corni. Siamo ormai giunti al confronto decisivo tra l'Eletto e i potenti, e il corno è certamente il simbolo della potenza che i re e i dominatori hanno contrapposto al Signore degli spiriti e al suo Eletto. Una tale simbologia del corno è ben attestata sia nell'Antico Testamento (cf. Dan. 7-8) sia nel Nuovo (d. Le. l,69; Apoc. 5,6; 12,3; I 3,1. Il; 17,3), in particolare in testi dal linguaggio apocalittico molto vicini al nostro, come Dan. 7 e Apoc. 13, dove i corni indicano le potenze ché si oppongono a Dio. La conclusione del brano è in qualche modo analoga a quella di Daniele dove, alla fine della spiegazione della visione, si dice: «tutti i regni lo serviranno e gli obbediranno» (Dan. 7,27). Anche qui i dominatori sono chiamati innanzitutto a riconoscere l'Eletto e nei versetti che seguÒno sarà descritta l'adorazione che gli tributano. 2. Lo ha fatto sedere sul trono della sua gloria. Qu~sto pas-

~~:pone un problema d'interpretazione circa l'identità dicolui che siede sul trono. M. Black ha preferito correggere il t~sto etiopico sostituendo l'Eletto al Signore degli spiriti per.ché nell'economia generale del Libro delle parabole è l'Elet~o che siede a giudicare. Charles, e noi con lui, ha preferito inv:ece trasformare la forma attiva del verbo «sedere» in un ça:usativo. 141 Ricordiamo tuttavia che l'identità di colui cui appartiene il trono, e quindi la funzione di giudizio che ne .de:riva, mostrano alcune oscillazioni, che sarebbero il segno di una nuova concezione del giudizio che si va affermando pt9prio all'epoca del Libro delle parabole, soppiantando f antica credenza, secondo la quale il giudizio spetterebbe a Dio in persona. In ogni caso, al di là dell'identità del soggetto rappresentato, ne è chiara la funzione di giudizio conferniata da una vera e propria investitura, mediante l'effusione ,dello spirito di giustizia, con un linguaggio che ricorda Is. I I, iù e I En. 49,3. · · •· La parola della sua bocca uccide. La spada affilata a dop.p19 taglio che esce dalla bocca di quell'essere «simile a figlio .cii uomo» di cui parla Apoc. 1, r 6 si ispira probabilmente a questo passo, dove la parola che uccide è il giudizio di con~anna inflitto ai peccatori dall'Eletto. ' 0~ 3. Si leveranno tutti ì re. L'Eletto è ormai riconoscibile da t\ltti, anche da coloro che gli sono stati ostili, perché si pre~~ntain quella che è la sua funzione più propria. I re, i dominatori e i sovrani guardandolo lo riconoscono perché siede sul trono, giudica e non lascia passare invano nessuna parnla. Il giudizio è un'apocalisse soprattutto in quanto svelamento delle realtà prima «segrete» e tra queste realtà vi sono i)egreti dei peccatori (cf. I En. 38,3), i segreti delle realtà çe[ftsti e future (cf. 1 En. 40,2.8; 4r,r), ma anche il Figlio delP·uomo eletto e subito nascosto (cf. 1 En. 48,6; 62,7). ···. La giustizia sarà giudicata davanti a lui. L'espressione, tipicamente semitica, vuol dire che giustizia sarà fatta e che effetto dell'atto del giudizio sarà «ciò che è giusto». 1.p. A questo proposito si veda sopra, p. 162 n. I 19.

257

4. Come una donna che è nel travaglio. L'immagine del parto legata al giudizio è un altro elemento che accomuna il nostro testo al profeta Isaia (d. Is. 13,8; 21,3) e ad alcuni brani del N.T., anch'essi in qualche modo legati al giudizio. Tra questi ultimi, sia Matteo che Marco, nei rispettivi discorsi escatologici, riferendosi ad alcuni eventi che precederanno la venuta del Figlio dell'uomo affermano: «Tutto questo non sarà che l'inizio dei dolori» (Mt. 24,8 e Mc. 13,8); l'immagine non è chiara, ma potrebbe esservi qui un'allusione ai dolori del parto. Anche nella prima Lettera di Paolo ai Tessalonicesi, un testo probabilmente più antico dei vangeli, si utilizza la stessa immagine del giorno del Signore che arriva all'improvviso come i dolori del parto per la donna incinta (cf. I Tess. 5,3). 6. Glorificheranno ... Al riconoscimento del Figlio dell'uomo segue l'adorazione da parte dei re e dei dominatori. Il Figlio dell'uomo è detto «dominatore di tutto ciò che è segreto». È evidente qui l'opposizione tra il «dominatore» e i «dominatori», cioè coloro che non hanno riconosciuto colui «dal quale è stato dato loro il regno» (I En. 46,5); essi si sono pretesi dominatori senza riconoscere che il loro potere non era in se stessi. - Nell'Ascensione di Isaia vi è un testo che sembra riecheggiare il nostro: Dio chiede al Messia di restare nascosto finché egli non lo chiamerà per il giudizio, dicendo: «affinché tu giudichi ed elimini i principi, gli angeli e gli dèi di questo mondo e _il mondo che da essi è dominato; poiché essi mi hanno rinnegato ... poi salirai nella gloria e sederai alla mia destra. Allora i principi e le potenze di questo mondo ti adoreranno» (Asc. ls. ro,11-15); e poco più avanti si parla anche dell'adorazione del Messia da parte di tutti gli angeli, compreso Satana che si pente di non averlo riconosciuto prima (cf. Asc. Is. 11,23-24). Sono diversi glielementi comuni ai due testi: il hascondimento del Messia fino al giorno del giudizio; la sua funzione di giudice; i giudicati sono «potenze» - sicuramente angeliche secondo l' Ascensione di Isaia, mentre per il Libro delle parabole questa è so-

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'.~J:P~:PITOLo 63 ~.t''\, Si ritorna sulla richiesta di perdono che i re e i dominato''.;'.fgall' autore lungo il corso della sua opera, ora è posto sulf"Yf;~·~~Jabbra stesse dei condannati, quasi a conferma della sua ~-

~~:,.[{"V'Jdicità.

1. Pregheranno gli angeli. I dominatori e i re pregano gli angeli del castigo ai quali sono stati affidati, come l'autore ha detto in I En. 62,1 l; questo conferma che non sono stati distrutti, ma sono custoditi in un luogo di tormento. Chiedono sollievo per poter confessare i loro peccati davanti al Signore degli spiriti e implorare la sua misericordia. Non sortiscono tuttavia alcun effetto poiché la confessione dei peccati che, prima del giudizio, sarebbe bastata per il perdono, ora non ha più nessuna efficacia (d. 1 En. 38,6). i. Signore dei re... L'intero versetto richiama I En. 46,5 dove i potenti erano minacciati di condanna perché non rendevano omaggio a colui «dal quale è stato dato loro il regno». Ora questa verità è messa in.bocca agli stessi re, dominatori e sovrani, che riconoscono il Signore come loro signore, e sarà ribadita al v. 4 dove il Signore è definito «colui che regna su tutti i re». L'immagine del Signore, o del suo Messia, descritto come re dei re è molto diffusa sia nel!' A.T. sia nel N.T. In Matteo, in particolare, alcune parabole riguardanti il giudizio presentano il giudice escatologico come un re (cf. Mt. 25,3 r-46); e nell'Apocalisse di Giovanni, il personaggio che appare nel cielo su un cavallo bianco e che inaugura la battaglia escatologica, «porta scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori» (Apoc. 19,16). 7-8. La nostra speranza... L'accusa che essi stessi si fanno è di aver posto la speranza nella propria potenza e gloria e non nel Signore; per questo egli non li salverà nel giorno dell'afflizione e del tormento, il giorno del giudizio. Confessiamo dunque che il Signore nostro è fedele. Mentre il giudizio annunciato si realizza sotto gli occhi dei condannati, essi confessano, cioè riconoscono, che il Signore è fedele, che egli mantiene quello che ha detto e non cambia il. suo giudizio, per nessun motivo. 10. La nostra anima è piena di guadagni. Ancora un riferimento alla polemica contro la ricchezza, della quale si sottolinea l'origine illegittima; a questo 1' autore aveva già accennato in 46,7.

L'abisso dello Sheol. Si tratta della valle della punizione, cioè la valle di fuoco descritta al cap. 54, dove i peccatori dopo la sentenza del giudizio sono imprigionati tra le torture. 11-12. La spada resterà davanti al suo volto. Simbolo di separazione che forse intende ricordare la spada di fuoco che, dopo la cacciata dell'uomo dal paradiso, fu posta a custodia dell'albero della vita (cf. Gen. 3,24). CAPITOLO

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Questo breve capitolo, che riprende l'episodio della discesà degli angeli sulla terra e l'accusa loro rivolta di aver fatto .peccare gli uomini rivelando ciò che è segreto, è collocato dalH~utore in una sequenza ben precisa di avvenimenti, la stessa dei capp. 53-54: annuncio della punizione dei re e dominah)ri, menzione del peccato angelico e narrazione del diluvio. Nonostante la s.ua brevità si tratta di un brano molto importante e di non facile interpretazione. Ciò che fa proble·trfa è l'affermazione del secondo versetto «questi sono gli '3,ngeli» che potrebbe riferirsi a quei «volti» di cui si è detto immédiatamente sopra: «Vidi altri volti nascosti», che quin, dì sarebbero compagni di sorte dei re e dominatori; oppure iFversetto r sarebbe una semplice formula di passaggio e l'e~pressione «questi sono» andrebbe riferita ai re e dominato;t·f(che quindi sarebbero identificati con gli angeli caduti. ·Q.iiestà seconda possibilità è la più probabile: infatti più ,yoJte nel testo si è notata l'estrema vicinanza, a rischio an.,~h~ della confusione, dei peccatori agli angeli caduti. Dopo ~~h'e l'autore ha ripetutamente aHuso a questa identifìcazioÙ]~, prima di concludere intende confermarla con questo bre-

Jr~.:~ (1 En. 53,5; 54,2) e «l'esercito di Azazel» (1 En. 54,s). In )que~to v. 4, che molto probabilmente deve considerarsi non ~'.i'.@:ente parte della fonte noachica, l'autore si ricollega vo;·j~~a:mente ai capp. 52-54, menzionando le montagne, l'ovest ;:'e,,isoprattutto mettendo in bocca a Noè l'affermazione che ;t~l;\'dlà valle gli era stata mostrata dal suo antenato Enoc. TutX·:,t'i:Y1a'come prigionieri di quella valle l'autore descrive sola. : .. ·

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mente «gli angeli che mostrawno l'ingiustizia», mentre i re e i dominatori saranno associati più avanti a coloro che abitano sulla terra. Vi è dunque una discrepanza tra i due racconti, che però è solo apparente e che precisa meglio il pensiero dell'autore: i re e i potenti che nella seconda parabola erano associati, se non identificati, all'esercito di Azazel, cioè agli angeli ribelli, ed erano condannati a subire la loro stessa sorte, ora ne sono distinti anche se continuano a restare· in qualche modo legati alla punizione degli angel~ della quale non sanno comprendere la realtà, e a essere dichiarati peccatori: la conclusione del capitolo che si riferisce proprio a loro è infatti negativa. Vi è tuttavia una differenza di situazioni che potrebbe giustificare la discrepanza appena rilevata: in questo cap. 67 l'autore sta descrivendo la realtà prima del giudizio finale, quando gli angeli sono custoditi nella valle mentre i potenti agiscono ancora sulla terra; nei capp. 52-54, invece, la situazione è quella del dopo giudizio, quando or-· mai i potenti sono condannati e ne è rivelata la vera identità. Anche nel nostro capitolo, infatti, che pure sembra distinguere gli angeli caduti dai dominatori, la loro prossimità è sottolineata a più riprese. Con questo l'autore ridice la lettura che egli fa dei potenti a lui contemporanei e del male storico che vede perpetrato: essi non sono altro che emanazione degli angeli peccatori. La corruzione del mondo, per il nostro autore, ha avuto inizio in quell'atto e da lì ancora ai suoi giorni prende forza. 5. Agitazione di acque. Sia «l'agitazione» sia «le acque», nel nostro testo, evocano chiaramente due realtà. Secondo i capitoli precedenti, questi due termini richiamano palesemente il diluvio: di agitazione a proposito del diluvio si parla in I En. 60,1 e 65,4; l'acqua dal canto suo ne è il simbolo più comune (cf. 1 En. 66). Secondo quello che segue invece, in particolare il v. 6, agitazione e acque vanno a formare quello strumento dalla duplice funzione di guarigione e di punizione che sono le acque termali. Sembra quasi che le acque del diluvio non si siano completamente prosciugate, ma

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sussistano nelle acque termali, che restano così un monito per le generazioni postdiluviane. 6. Quando tutto questo fu fatto ... In maniera estremamente confusa l;autore intende spiegare l'origine delle acque ,tèrmali e la loro funzione intrinseca di strumento di ammonimento per coloro che ne fanno uso nella cura del corpo. Anche la menzione dell'odore di zolfo, in composizione con l'acqua, ricorda le acque termali, ma solo la parte visibik di esse. In loro corrispondenza, infatti, sotto la superficie terrestre, brucia la valle di fuoco dove sono puniti gli angeli . ribelli 146 e questa, bruciando, riscalda l'acqua in superficie. 147 . 8. Quelle acque saranno... Le acque termali hanno, secondo l'autore, un duplice scopo: guarire i corpi di coloro che .•visi immergono, e questo è chiaro ed evidente per tutti; e giuèl;icare lo spirito, e questo è meno evidente, tanto che l'autore chiude il versetto rimproverando per questa incapacità a comprendere, Per «giudizio dello spirito» s'intende qui il : discerniment~ del bene e la conversione; discernimento al ····quale le acque termali guidano coloro che ne conoscono in profondità la natura. Se coloro che vi si immergono tengobene a mente che il calore di cui godono i loro corpi prov~ene dalla valle infuocata nella quale sono castigati gli angeli'peccatori, questa memoria purificherà il loro spirito. La j:i:unizione dei corpi degli angeli è monito allo spirito di co-

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. _;q6. A questo brano si rifà certamente il pagano Celso che biasima i cri>·stiani, per i quali le sorgenti calde sarebbero le lacrime degli angeli caduti, . incatenati sotto terra (cf. Origene, Contra Celsum 5,52). 1:47. Il tema dello zolfo unito al fuoco come strumento di punizione è già ··-~~testato in Gen. r9,24; Sai. II,6; Ez. 38,22; quanto invece al N.T. se ne ,··:~rbva un accenno in Luca e in alcuni passi dell'Apocalisse. In Le. 17,29 la : menzione dello zolfo unito al fuoco, che riprende il testo genesiaco citato, è;i11serita nella descrizione del giorno del Figlio dell'uomo e segue immediatamente la menzione del diluvio, contesto molto simile al nostro. Per ·. qùanto riguarda invece l'Apocalisse, di particolare interesse sono i passi .dove si parla dello stagno di fuoco e zolfo nel quale saranno puniti la be.:stia, il falso profeta, il diavolo e una serie di peccatori (cf. Apoc. r 9,20; 20, fo; 21,8). Quest'ultima immagine dello stagno ricorda le acque termali del ·:•r,,ibro delle parabole -vi si ritrovano infatti gli stessi elementi: acqua, fuo'. to: e· zolfo - e una configurazione geofisica analoga.

loro che immergono il loro corpo nelle acque termali. Ma poiché gli spiriti sono pieni di voluttà, e quindi non hanno compreso e hanno rinnegato il Signore degli spiriti, allora saranno giudicati anche i corpi. Infatti, conclude il versetto, avevano davanti agli occhi questo «giudizio» dello spirito, ma non credevano nel nome del Signore degli spiriti. 148 9-10. Come ha bruciato... Il v. 9 allude in modo velato al v. 3 del cap. 62 dove si diceva che i dominatori e i re «riconosceranno colui che sederà sul trono» e giustizia sarà fatta perché non può essere detta «davanti a lui nessuna parola vana». Si dichiarava dunque che i re avrebbero riconosciuto il loro peccato e avrebbero implorato misericordia; è questo il «cambiamento dello spirito» di cui si parla al v. 9 del presente capitolo. In passato, immergendosi nelle acque termali, i re hanno «bruciato» il loro corpo, senza essere capaci di convertire il loro spirito, ma in futuro, nel giorno del giudizio, il loro spirito subirà un mutamento ed essi comprenderanno, anche se allora sarà troppo tardi; infatti, conclude il v. 10, «su di essi verrà il giudizio» perché, pur immergendo i loro corpi nelle acque termali, continuano a rinnegare lo spirito del Signore. - In questo brano merita una particolare attenzione la coscienza che l'autore mostra di avere della stretta interdipendenza tra corpo e spirito e allo stesso tempo della distinzione tra le due parti dell'uomo sulla quale si sofferma; è questo uno dei rari passi del testo a interesse antropologico. 11. Le stesse acque subiranno un cambiamento. Come la possibilità di conversione non sarà eterna, così neppure le acque termali sotto le quali sono custoditi gli angeli in attesa del giudizio definitivo saranno per sempre. Infatti quando gli angeli usciranno da quelle acque per il giudizio eterno, allora le fonti calde sulla terra si raffredderanno, essendo ve148. Leggendo questo brano, viene in mente quella variante di G'U. 5 ,4, attestata da buona parte della tradizione manoscritta, dove si racconta che l'acqua della piscina, agitata da un angelo del cielo, diventa stiumento di guarigione per chi vi si immerge.

nuta meno la loro causa sotterranea. Il giudizio degli angeli •: -per mezzo dell'acqua è dunque temporaneo, mentre sarà : definitivo il fuoco di cui si parla al v. 13. · · .. 1.2-13. Udii Michele ... Si tratta di due versetti ricapitola;tivi nei quali Michele spiega a chiare lettere il significato delJe acque termali: esse sono giudizio e punizione per gli an. geli, e testimonianza, cioè monito, per i re. Ma questi ultimi . non discernono il senso delle acque e come esse siano strumento, oltre che di guarigione e voluttà per i loro corpi, anche di punizione per gli angeli. In conclusione si ribadisce che · ·. quelle acque, destinate a raffreddarsi per l'allontanamento degli angeli (cf. I En. 67,1 r), saranno trasformate in fuoco •eterno, cioè in punizione eterna. Attraverso questa simbo·. ·. lògia, l'autore intende dire che alla custodia temporanea de· .·. gli angeli e alla possibilità data ai potenti di convertirsi, seguirà, inaugurata dal giudizio, una condanna eterna. CAPITOLO . '

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; . · . Dopo un primo versetto alquanto enigmatico, entrano in scena Michele e Raffaele che, impietositi dalla durezza del giudizio che ha colpito gli angeli ribelli, intercedono presso il Signore. La sentenza di condanna è tuttavia confermata al ,V. 5 dove SÌ specifica chiaramente chi sono i condannati. . 1. Jl mio antenato Enoc mi consegnò. Enoc, dopo aver ac. compagnato Noè nella visione del diluvio, gli consegna un ·. lìbro nel quale è contenuta la descrizione dei segreti e delle · ·• parabole. Se questo frammento fosse ancora parte della fon+v311geli che gli Atti degli Apostoli dicono che fu assunto in cielo (cf. Mc. f~i;Lc. 24,5 l; Atti 1,2, I 1). Si veda M. Himmelfarb, Ascent to Heaven in

is,h and Christian Apocalypses. Ysiveda il commento introduttivo al cap. 70 (sopra, pp. 181-185). !~;;::ii:llj/Sial'ipotesi di datazione dell'aggiunta che la sua motivazione ci sono ··· · · tj'itè da una polemica che sembra scatenarsi intorno al titolo «Figlio Ji\i~iJio» durante la seconda metà del primo secolo d.C. A tale proposi'i:ti'Véda l'excursus sul Figlio dell'uomo.

fini del cielo» e gli astri (v. 4), riprende la visione dei giusti e dei peccatori e dei fenomeni atmosferici dir En. 41-43;la de~ scrizione del trono e del Principio dei giorni la cui «testa era come lana bianca» (vv. 5-12) riprende I En. 46-47; l'avvicinamento del Principio dei gidrni a Enoc e la proclamazione che lui è il Figlio dell'uomo e che sarà rifugio degli eletti per sempre (vv. I 3-17) ripercorre le stesse immagini di I En. 48. Al centro di questo capitolo, che pure riprende temi già. enunciati, vi è tuttavia una novità: Enoc è proclamato Figlio dell'uomo; e probabilmente è proprio questa novità, che forse è un 'esplicitazione ' 84 più che una novità assoluta, a giustificare l'aggiunta dell'intero capitolo. 1-8. Vidi i figli degli angeli... Assunto in cielo, Enoc contempla la dimora di Dio e degli angeli descritta con le stesse immagini dir En. 14,9-19; alcune di esse saranno poi riprese negli ultimi capitoli dell'Apocalisse di Giovanni, dove l' autore, a conclusione della descrizione del giudizio, parla della ·. · Gerusalemme celeste e del suo tempio dove Dio dimora con ·· l'Agnello, gli angeli e gli eletti (cf. Apoc. 21,1-22,5). 9-13. Uscirono da quella casa... Dalla dimora escono una serie di personaggi: i quattro arcangeli, le schiere degli angeli e il Principio dei giorni, che fanno parte di un repertorio già ben noto al lettore; un corteo tuttavia al quale manca un elemento molto importante che presto vi sarà reintegrato: il Figlio dell'uomo. Il particolare del Principio dei giorni la cui «testa era come lana bianca» si ispira a r En. 46,1 e Dan. 7,9. 14. Venne presso di me... Al culmine del capitolo Enoc è proclamato Figlio dell'uomo e a lui sono riconosciuti gli attributi propri di quelia figura e in particolare la funzione di giudice. - Questo versetto, pur essendo di facile traduzione, ha posto non pochi problemi ai commentatori,' 85 soprattutto per l'interpretazione dell'espressio_ne «Figlio dell'uomo»: 84. Si veda, sotto, il commento a 71, 14. 85. Tralasciamo qui il problema dell'identità di colui che rivolge la parola a Enoc, se si tratti di un angelo, forse Michele, oppure di Dio stesso, essendo poco rilevante ai fini dell'interpretazione (cf. sopra, p. 137 n. 226). I

I

< da alcuni è ritenuta, secondo il significato più antico, come si. nonimo di «uomo», da altri invece, secondo il senso più ri; corrente nel Libro delle parabole, è riferita al giudice escatologico. 186 I sostenitori della prima soluzione si appoggia.no essenzialmente su una considerazione di carattere ideologico: un personaggio con caratteristiche sovrumane (la sua origine è prima degli astri, ecc.) com'è il Figlio dell'uomo ·- descritto nel Libro delle parabole e che Enoc vede, non può essere identificato con Enoc stesso del quale si conosce lanascita e si sa che era figlio di lared (cf. Gen. p8).' 87 In realtà la contraddizione è solo apparente poiché, mentre nel Libro ·. delle parabole si definisce una funzione, ed è questa a essere ' prima del tempo, nell'ultimo capitolo la si assegna a una per' -sona concreta che ne assume le prerogative. Inoltre, a con, , formare quest'ultima ipotesi, vi è che il nostro non è l'unico caso di una tale investitura nel mondo giudaico. Caquot cita ; come analpgo il sogno di Levi al cap. 8 del suo Testamento, ,. dove il figlio di Giacobbe vede se stesso rivestito delle inse,·, gne messianiche. 188 Di certo, per coloro che ritengono il Li- bro delle parabole un'opera cristiana, la seconda interpreta. zione, che vuole attribuita ad Enoc la funzione di Figlio dell'uomo, pone seri problemi, ma questo non basta per giusti. ficare un'interpretazione minimalista. Vi è infine un proble:. _ ma sollevato da Isaac, che propende per l'interpretazione mi.· nimalista, circa l'esatta espressione etiopica qui utilizzata dal •· , traduttore per indicare il Figlio dell'uomo, cioè walda be' esi anziché il più comune walda sab'e. Avendo il termine etiopico be'esi un significato più generico di «uomo-umanità», > Isaac ne deduce che qui l'autore intende riferirsi a Enoc in 186. Per un'analisi approfondita delle varie posizioni si veda A. Caquot, Remarquessurlesch. 70 et 71 du livre éthiopien d'Hénoch, n5-122. :· ·187. Per la traduzione che risulterebbe seguendo questa interpretazione si v~da sopra, p. 137 n. 227. i 88. Cf. A. Caquot, Remarques sur les eh, 70 et 71 du livre éthiopien d'Hé\noch, 12r. Anche R. Otto, Reich Gottes und Menschensohn e T.W. Man\ sori, The Son of Man in Daniel, Enoch and the Gospels, 171-193 ritengono ' non problematica l'identificazione.

quanto uomo. ' 89 In realtà il nostro testo, o sarebbe meglio dire il nostro traduttore, non sembra fare distinzione tra i due termini etiopici: infatti in 60, 10 ricorre walda sab 'e ed è chiaro che l'espressione è impiegata come sinonimo di «uomo», mentre in 62,5 e in due ricorrenze del v. 69,29 si impiega walda be'esi per indicare il Figlio dell'uomo. - Anche il seguito del capitolo concorre a confermare che Enoc è realmente proclamato Figlio dell'uomo. Di lui si dice infatti che «è stato generato per la giustizia e la giustizia abita su di lui», utilizzando le stesse espressioni riferite al Figlio del- .. l'uomo del quale si diceva: «a lui appartiene la giustizia e la giustizia abita con lui» (r En. 46,3). E inoltre l'abitazione de~ gli uomini e la loro parte di eredità sarà con Enoc per i secoli dei secoli, prerogativa anche questa del Figlio dell'uomo (cf. ·. r En. 62,14). - In conclusione va anche notato che, sebbene l'autore del cap. 71 proclamando Enoc «Figlio dell'uomo» sembri proporre una novità assoluta, in realtà la sua è solo un'interpretazione che esplicita in maniera univoca un qualcosa di potenzialmente già presente nel Libro delle parabole e ancor prima nel Libro dei giubilei, secondo il quale Enoc fu elevato nel giardino dell'Eden perché «scrivesse il giudizio e la condanna del mondo» (Iub. 4,23) e nel giorno del giudizio dirà «tutte le azioni delle generazioni» (Iub. ro,17). ; Ciò significa che a lui era già riconosciuto un certo legame con l'esecuzione del giudizio, funzione tipica, per il Libro delle parabole, del Figlio dell'uomo. Quindi sebbene il cap .. 71 sia stato aggiunto più tardi, per ragioni polemiche, tuttavia vi era già una tradizione che vedeva la figura di Enoc .i~ ··• relazione al giudizio. - Successivamente al Libro delle para.::);;; bole, ma non molto dopo la redazione del cap. 71, vi è la te-:-:·, stimonianza del secondo Libro di Enoc, dove il Signore dà ,~ ordine a Michele di ungere Enoc di olio benedetto e di rive".''., stirlo dell'abito di gloria (cf. 2 En. 22,8); l'unzione ricorda la) messianicità, altra prerogativa che il Libro delle parabole at-:\ieà

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quella che abbiamo chiamato «tradizione enochica», rap- . presentata innanzitutto dal Libro dei vigilanti del quale il · Libro delle parabole è un fedele continuatore. Il male trova . origine in uno spazio intermedio tra cielo e terra, tra Dio e ' uomo. Nel Libro dei vigilanti gli unici a essere condannati sono gli angeli peccatori e i loro figli, i giganti (cf. 1 En. 10, 9-15; 18,14; 21,3.10); e la loro condanna sarà definitiva (cf. 1 En. 12,4-6; 14,4-7). Di costoro, i primi hanno la propria sede nel cielo, mentre i giganti abitano sulla terra (cf. 1 En. I 5, 6- II). Anche il Libro dei giubilei parla di condanna sia per gli angeli ribelli, sia per i loro figli; gli uni e gli altri sono custoditi nelle profondità della terra in attesa del giudizio (cf, lub. 516-n). E il secondo Libro di Enoc, per il quale i condannati sono gli angeli, parlando di essi, utilizza alcune e.- ·. · spressioni che il Libro delle parabole riferisce ora agli angeli ora ai re potenti: «Quegli uomini mi presero e mi posarono .· nel secondo cielo. Mi mostrarono degli incatenati sorveglia- .• ti, (colpiti) da un giudizio senza misura. Là vidi gli angeli condannati, che piangevano, e dissi agli uomini che erano con .· · me: 'Perché questi sono tormentati?' Gli uomini mi risposero: 'Costoro hanno rinnegato il Signore, non hanno ascol- •.·. tato la voce del Signore, ma si sono fatti consigliare dalla > propria volontà'» (2 En. 7,1-3). Infine vi è l'Ascensione di> Isaia che, come il secondo Libro di Enoc, dipènde dal Libro j delle parabole e per questo può illuminarne l'interpretazio.,. / ne. In due brani l'autore sembra riecheggiare il linguaggio , del Libro delle parabole. Il primo testo si colloca all'inizio/ del libro dove si enumera ciò che fu rivelato ad Isaia: «I giu-, j dizi eterni, i supplizi della Geenna e ciò che concerne il Prin~ confermato nella datazione del Libro delle parabole proposta nell'introduzione. Pretendere di ripercorrere in qualche pagina tutti questi ,'.scritti e per di più analizzando un tema tanto studiato è im' presa ardita. Già la sola discussione particolareggiata della ~: bibliografia relativa richiederebbe ben altro che un semplice •, - excursus. Tuttavia, pur consci del rischio di semplificazione,

ci è sembrato estremamente necessario questo sguardo sintetico su un panorama dì scritti così diversificato, per tentare di individuare continuità ed evoluzione tra opere che, pur nella loro specificità, testimoniano di un tessuto culturale prossimo. Tale accostamento ha disegnato una parabola evolutiva con due articolazioni principali, o livelli di reinterpretazione, che cercheremo di illustrare ripercorrendo i testi stessi. · Dallo studio che a esso dedicò Théodore de Bèze, già nel 1557,' fino a oggi, innumerevoli sono gli articoli e le monografie che si sono succeduti nel dibattito relativo al Figlio dell'uomo; le varie interpretazion{ avanzate, pur nella loro specificità, si sono concentrate fondamentalmente attorno a due poli: da una parte coloro che vedono nel Figlio dell'uomo un titolo cristologico vero e proprio, frutto di una particolare reinterpretazione del libro di Daniele o di qualche altro scritto; dall'altra una serie, non trascurabile, di studiosi che vedono ìn questa espressione un semplice sostituto ridondante di un pronome personale o del sostantivo «uomo». Sono emblematici a questo proposito due articoli degli anni settanta: il primo si schiera per l'ipotesi minimalista, secondo la quale Gesù avrebbe utilizzato l'espressione Figlio dell'uomo per designare la debolezza della sua natura umana;' il secondo invece rimette in discussione questa interpretazione e si intitola, non senza polemica: «Re-enter». 3 Non essendo possibile soffermarsi sulla discussione particolareggiata delle posizioni a causa della loro considerevole mole, rimandiamo, oltre che agli studi ormai classici sull'argomento 4 e 1. Théodore de Bèze, Annotations in vol. 3 of Novum D.N. Iesu Christi Testamentum, Geneva 1557. 2. R. Leiverstad, Exit the Apocalyptic Son of Man. 3. B. Lindars, Re-Enter the Apocalyptic Son of Man. 4. Si veda in particolare C. Colpe, 6 u!òc:, -rov Ò.'11.IJ.pwirou, contributo utile per la gran quantità di materiale che mette a disposizione, anche se superato in alcune conclusiotù. Più aggiornato e interessante è lo studio dì J. Coppens, La relève apocalyptique du messianisme royal, in particolare i voli. 2-J.

ad alcuni tra i contributi più importanti,5 a quattro articoli di recente pubblicazione che fanno il punto del dibattito. 6 5. Cf. R.J. Bauckham, The Son of Man: «À Man in My Position» or «Someone»?; M. Black, The Aramaic«Barnasha» and the Son of Man; Idem, The · Seroant of the Lord and the Son of Man; Idem, The «Son of Man» in the · Old Biblica! Literature; Idem, The Throne-Theophany Prophetic Commission and the «Son of Man»; F.H. Borsch, The Christian and the Gnostic Son of Man; Idem, The Son of Man in Myth and History; ]. Bowman, The Background of the Term «Son of Man»; J.P. Brown, The Son of Man: «This Fellow»; J.Y. Campbell, The Origin'and Meaning of the Term Son of Man; ].H. Charlesworth, The Concept of Messiah in the Pseudepi;· grapha;J. Collins, The Son of Man who has Righteousness; C. Colpe; Neue Untersuchungen zum Menschensohn-Problem; ].B. Cortés - F.M. Gatti, ·. The Son of Man or the Son of Adam; G.S. Duncan,}esus, Son of Man; J.A. · Ernerton, The Origins of Son of Man lmagery; G. Gerleman, Der Men·. schensohn; D.R.A. Hare, The Son of Man Tradition; A.J.B. Higgins,]esus : and. the Son of Man; Idem, Son of Man-Forschung since the Teaching of ' Jesus; W. Horbury, The messianic associations of the Son ofMan; R. Kearns, Die Entchristologisierung des Menschensohnes; Idem, Das Traditionsgefuge um den Menschensohn. Ursprungliche Gestalt und a/teste Veranderung ìm Urchristentum; T.W. Manson, The Son of Man in Daniel, Enoch and .. i:he. Gospels; F.]. Moloney, The Re-lnterpretation of Ps 8 and the Son of Man Debate; R. Otto, Reich Gottes und Menschensohn; A.S. Peake, The Messiah and the Son of Man; N. Schmidt, Recent Studies on the Term Son of Man; Idem, Was bar nash a Mmìanic Title?; E. Sjoberg, Ben 'adam . und Bar 'enos im Hebraischen und Aramiiischen; G. Svendlund, Notes on «Bar nash» and the Detrimental Effects ofIts Transformation into the Title . , ofthe Son of Man; C. Toll, Zur Bedeutung des aramiiischen Ausdruckes • «b4r nash»; G. Vermes, Jesus the Jew. A Historian's Reading of the Gospl:ls; Idem, The Useof barnash f barnasha' injewish Aramaic; W.O. Wal. ker, The Son of Man. Some Recent Developments; F.M. Wilson, The Son . pf Man in]ewish Apocalyptic Literature; A. Yarbro Collins, The Origin of , Dèsignation ofJesus as «Son of Man». . 6. Si tratta degli articoli di J. Collins, The Son of Man in First-Century Ju, •4aism del 1992 e di T.B. Slater, One like a Son of Man in First-Century CE Judaism del 1995, che potremmo considerare come due esponenti del ', primo polo di interpretazione, e di un articolo di F.C. Burkitt, The N ontitu,:· ·ktrSon of Man: A History and Critique del 1994, che ripercorre le tappe .·: f9rtdamentali, negli ultimi 450 anni, di quella che egli chiama «nontitular ·.)!lterpretation». A questi deve infine aggiungersi un articolo di Casey, del : 1995 (Idiom and Translation: Some Aspects of the Son of Man Problem), : cheJa seguito ai suoi numerosi contributi sull'argomento (Aramaic Idiom •.·:·andSon of Man Sayngs; Generai, Generic and Indefinite: The Use of the ,·Term «Son of Man» in AramaicSources and in the Teachings ofJesus; The sro degli scritti veterotesramentari .

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achici riportati dal Libro delle parabole, dove l'angelo si rivolge a Enoc, chiamandolo figlio dell'uomo (cf. I En. 60,10); e ancora nell'Apocalisse di Elia (Apoc. El. l,1),8·dove è il Signore stesso che si rivolge al profeta in questi termini.

Daniele Nel libro di Daniele 9 l'uso è davvero vario: in due ricorrenze (Dan. 2,38 e 5,21) il plurale aramaico bene 'anasa, e in una terza (Dan. 10,16) l'ebraico bene 'adam sono un semplice sinonimo di «uomini», secondo l'uso dei testi più antichi che abbiamo già visto. In un'altra occasione il singolare ebraico ben-'adam ricorda invece il libro di Ezechiele: un inviato di Dio, Gabriele, si rivolge al veggente Daniele chiamandolo figlio dell'uomo (Dan. 8,17). L'ultimo caso, invece, del quale ci occuperemo in particolare, si ritrova nella ben nota visione che influenzerà notevolmente il repertorio figurativo «escatologico» dei testi successivi: Guardavo dei troni furono collocati e un antico di giorni si sedette &. Si tratta di un testo datato ai primi secoli dell'era cristiana (I-IV), composto probabilmente in greco, ma del quale ci sono giunti, oltre ai frammenti greci, frammenti in copto sahidico e akmimico. Per una traduzione inglese si veda O.S. Wintermute, Apocalypse of Elijah, in J.H. Charlesworth (ed.), The Old Testament Pseudepigrapha I, 721-753. 9. Tra i contributi consacrati allo studio del Figlio dell'uomo nel libro di Daniele si vedano in particolare: M. Black, Die Apotheose IsraeL· eine neue lnterpretation des danietischen Menschensohns; M. Casey, Son of Man .. The lnterpretation and Influence of Daniel 7; J. Collins, The Apocalyptic Vision of the Book of Daniel; A.A. Di Lella, The One in Human Likeness and the Holy Ones of the Most High in Dn 7; A. Feuillet, Le Fils de l'homme. de Daniel et la tradition biblique; M. Girard, Le semblant de Fils d'Hom~ me de Dn 7, un personnage du monde d'en haut: approche structurelle; T.F. Glasson, The Son of Man lmagery: Enoch XIV and Daniel VII; P. Grelot, Daniel 7,9-10 et le Livre d'Hénoch; H.S. Kvanvig, An Akkadian Vision as Background for Dn 7?; J. Morgenstern, The «Son of Man» of Daniel 7,13f A New Interpretation; J. Muilenburg, The Son of Man in Daniel and the Ethiopic Apocalypse of Enoch; K. Miiller, Beobachtungen zur Entwicklung der Menschensohnvorstellung in der Bilderreden des Henochs und im Buche Daniel.

il suo vestito: bianco come la neve e i capelli della sua testa: come lana candida il suo trono: fiamme di fuoco le cui ruote (erano) fuoco ardente un fiume di fuoco scorreva e usciva da davanti a esso mille migliaia lo servivano e una miriade di miriadi in piedi davanti a lui; il tribunale sedette e i libri furono aperti. Guardavo nelle visioni della notte ed ecco con le nubi del cielo, come un figlio d'uomo (che) veniva e giunse fino all'Antico di giorni e fu condotto davanti a lui. A lui fu dato dominio, onore e regno e tutti i popoli, le nazioni e le lingue lo servivano il suo dominio è un dominio eterno che non passerà e il suo regno non sarà distrutto (Dan. 7,9-14). Questo testo fornirà la maggior parte del repertorio figurativo alle visioni escatologiche che saranno descritte nei seco·. li successivi. Si ritrovano già qui i due protagonisti principali della scena; il primo, caratterizzato dalla sua età: «antico di giorni», che significa semplicemente «vecchio», vestito di ·bianco e dai capelli bianchi; il secondo, dalla sua apparenza ·•· umana: «figlio d'uomo». ' 0 Appaiono già qui il trono infuoA questo proposito è necessario precisare che la versione dei LXX attesta una lezione diversa rispetto a quella del TM e alla traduzione greca di · Teodozione. Secondo questa variante lAntico di giorni e l'essere «come figlio d'uomo» non sarebbero due entità distinte ma si identificherebbero . ... Contro alcuni studiosi che ritengono tale lezione un errore, si è pronun:· ciato Lust {cf. J. Lust, Daniel 7,IJ and Septuagint: ETL 54 (r978) 62-69) .···.secondo il quale essa testimonierebbe un testo più antico dove la restaura.· zione finale sarebbe operata da Dio stesso, mentre la dissociazione in due figure sarebbe il frutto di una teologia messianica sopravvenuta. Le considerazioni di Lust sono interessanti soprattutto perché nel Libro delle parabole, e in certa misura anche nel!' Apocalisse dì Giovanni, a volte si nota una confusione tra gli attributi e le caratteristiche del!' Antico di giorni e . ·• .di quel!' essere «come figlio d'uomo». Quando viene scritto il Libro delle pa•..· rabole, tale sdoppiamento, ancora in atto, sembra avviarsi a conclusione. Tuttavia, sebbene la lezione dei LXX attesti verosimilmente una tradizione daruelica più antica, il TM, così come. è trasmesso, sembra più coerente con la spiegazione della visione che segue immediatamente, dove si parla ' .· di due entità: ['Altissimo e i santi dell'Altissimo. : . 10.

cato, sul quale siede l'Antico di giorni, le schiere che prestano servizio e i libri del giudizio. La prima delle due figure . svolge un ruolo di preminenza e conferisce al secondo per- \. sonaggio un potere, che è essenzialmente di dominio, onore ..· e regno. I libri alludono chiaramente a un giudizio, così come anche il tribunale, ma a tale giudizio quell'essere detto «come un figlio d'uomo» sembra non partecipare: egli entra in scena a giudizio emanato, quando la corte si è già seduta e i libri sono stati aperti. In forza dell'interpretazione che l'autore stesso dà della visione nei versetti seguenti, si può affermare con certezza · che qui l'espressione bar-'enos, corrispondente aramaico di ben-'adam, significa semplicemente «Uomo», «essere di forma umana», e che si tratta solo di un simbolo che raffigura. il «popolo dei santi dell'Altissimo» (Dan. 7,27). Questa interpretazione è ulteriormente confermata dal fatto che Daniele non vede avvicinarsi «il figlio dell'uomo», ma «uno come un figlio d'uomo». Egli vuol dire semplicemente che la seconda figura che appare ha l'aspetto, è simile, a un qualcosa che i lettori conoscono bene, cioè un uomo. È improbabile che egli spieghi qualcosa di non noto paragonandolo a ciò che sarebbe ancora meno noto. Nella visione, dunque, è introdotto un vecchio, simbolo del!' Altissimo, al quale, una volta avvenuto il giudizio degli oppressori, si avvicina un · uomo, simbolo del popolo dei santi, e a costui viene offerto il dominio, l'onore e il regno, per sempre. Nel libro di Daniele, dunque, non vi è nessuna traccia di una particolare figura, con le funzioni che vedremo a essa attribuite nei testi seguenti; tuttavia vi si trova già l' essenzia- ~ le del repertorio figurativo che sarà ripreso e reinterpretato nei secoli successivi; e l'espressione «figlio d'uomo», che Daniele utilizza in maniera assolutamente neutra, fa parte di questo repertorio. Un altro capitolo, ancora del libro di Daniele, al quale attingeranno il loro immaginario diversi autori successivi, è il decimo, dove si parla di un «uomo», detto anche «dall'aspet-

: ~o d'uomo», al quale più avanti se ne aggiunge un altro det-

~, to a «immagine di figlio d'uomo», espressioni del tutto equi-

valenti, i cui tratti saranno spesso fusi con quelli della figura : rappresentata al cap. 7, oppure saranno ripresi in alternativa. Quest'uomo è vestito di lino, con una fascia d'oro ai fian. chi, con l'aspetto di crisolito, simile al fulmine, dagli occhi di fuoco, dalle gambe come colonne di bronzo purificato e le cui parole assomigliano al rumore della moltitudine; la sua ·.·.funzione è essenzialmente quella di rivelatore di ciò che de. ve accadere (cf. Dan. 10,1-19). Le espressioni «aspetto d'uo1110» e «immagine di figlio d'uomo» non indicano una figura simbolica, come al cap. 7, ma reale; e, dalle reazioni di Daniele, possiamo dedurre che si tratti di figure superiori, ' probabilmente angeliche. Quindi, anche se le due espression.i su riportate vogliono semplicemente sottolineare che questi personaggi si presentano sotto sembianze umane, esse .:designano tuttavia delle figure reali e appartenenti a un ordine sJperiore a quello del profeta. Già nel libro di Daniele si· nota dunque una progressione, o meglio, una differenziazione nell'uso della nostra espressione. Da un uso puramente simbolico, che rimanda a una realtà collettiva, e dove «collie un figlio d'uomo» vuol dire semplicemente «come un · > primo testo del Libro delle parabole, espedienti per sottolì~- ·;-; neare che la figura che si va descrivendo non è in realtà uni uomo, ma un essere superiore. Egli è solo come un uomo; di< umano ha solo l'aspetto, e non del tutto: infatti il suo volto è già angelico. Un altro elemento comune con il cap. 7 di/ Daniele, ma trattato differentemente, è il tema del potere. Nel Libro delle parabole è il Figlio dell'uomo che sottrae il potere ai re, mentre in Daniele è l'Antico di giorrii a conse-' gnarlo a colui che è «come figlio d'uomo». Passiamo ora al secondo testo del Libro delle parabole dove il linguaggio di Daniele è ancora fortemente presente:

J

In quei giorni vidi il Principio dei giorni seduto sul trono dell{ sua gloria: furono aperti davanti a lui i libri dei viventi, e tutto _ il suo esercito dell'alto dei cieli e il suo consiglio stavano da,. vanti a lui ... In quel momento quel Figlio dell'uomo fu chiama,.< to presso il Signore degli spiriti. Il suo nome era davanti al Prin-: _ cipio dei giorni; prima ancora che fossero creati il sole e gli astri ... Egli è un bastone per i giusti ... egli è luce dei popoli ed èsperanza per coloro che soffrono nel loro cuore. Davanti a lui ' si prostreranno e adoreranno tutti coloro che abitano sulla ter,.-ra... Per questo fu eletto e nascosto davanti a lui prima ancora - che fosse creato il mondo e (resterà) per l'eternità __ (r En. ·47,3,.48,6); Il Principio dei giorni è descritto con le stesse immagini di Dan. 7; il nostro autore riprende la sua fonte esattamente là dove l'aveva lasciata nel testo precedente. Siamo al mo men-: to del giudizio, quando i libri vengono aperti davanti al Prin-< cipio dei giorni, mentre il suo consiglio-tribunale è in pied~ davanti a lui, ma a differenza di Daniele, qui non si ha il giu.: dizio: la scena si ferma :finché non vi sarà entrato «quel Fi..: glio dell'uomo» del quale si è già parlato. Rispetto a Danie..: le, l'entrata in scena della seconda figura è anticipata perché, come si dirà in seguito, sarà questi a fare il giudizio. Ma pri- ma di descrivere la funzione del Figlio dell'uomo, l'autore si sofferma sulla sua origine, e anche qui il Libro delle parabo314

Je è assolutamente indipendente da Daniele. Quello che di .lU.i si sottolinea, per mezzo delle prerogative che gli sono attribuite, è la «messianicità», novità assoluta rispetto a Dai;iiele. Egli è il bastone dei giusti, la luce dei popoli, la spe.ranza di coloro che soffrono, egli è l'Eletto; il linguaggio è chiaramente isaiano e mutuato da testi di particolare portata messianica. La scena del giudizio descritta da Daniele è dunque interrotta dall'irrompere del Figlio dell'uomo, del quale hon si dice ancora che farà il giudizio, ma innanzitutto che porta i segni del Messia. Tuttavia la sua funzione principale .sarà il giudizio ed è così che sarà presentato nelle immagini ~eguenti. Sotto i nomi diversi di Eletto, Figlio dell'uomo o Figlio della madre dei viventi, egli è ormai sempre descritto coine sedente sul trono, quel trono che in Daniele e nei primi due testi che abbiamo visto spettava al Principio dei giorlii; e in procinto di giudicare. Molto importante, per la datazione del testo, è questo passaggio del trono, simbolo del giudizio, dal Principio dei giorni al Figlio dell'uomo. In tutto l' A.T. è infatti Dio in persona che compie il giudizio, e così è ancora nel libro di Daniele, mentre nel N.T. è al Figlio che spetta il giudizio. Qui, invece, la situazione evolve nell'ambito dello stesso testo: colui che siede sul trono all'inizio, lo «cede» poi al Figlio delFuomo: Ù Signore degli spiriti ha posto l'Eletto sul trono della gloria ed (egli) giudicherà tutte le opere dei santi nell'alto dei cieli e çon bilance misurerà le loro azioni (z En. 61,8). · > ·Vi

sono ancora due testi dove il Figlio dell'uomo è sedu'to· sul trono per giudicare:

}.;afflizione li afferrerà, quando vedranno quel Figlio dell'uoìno sedere sul trono della sua gloria (1 En. 62,5);

'e ancora: U Figlio della madre dei viventi si è seduto sul trono della sua gloria e gli è stato dato il principato sul giudizio (I En. 69,27). Infine qualche considerazione sul cap. 71 del Libro delle

parabole dove Enoc è riconosciuto come Figlio dell'uomo, in una visione che ancora una volta si struttura sul modello di Daniele: Uscirono da quella casa Michele, Gabriele, Raffaele e Fanuele e una moltitudine di angeli santi, senza numero. Con essi vi era il Principio dei giorni: la sua testa era come lana bianca e candida e il suo vestito non si può descrivere... Quel Principio dei giorni venne insieme a Michele, Gabriele, Raffaele e Fanuele e migliaia e miriadi di angeli senza numero. Quell'angelo venne presso di me e con la sua voce mi salutò e mi disse: «Tu sei il Figlio dell'uomo, che sei stato generato per la giustizia; la giustizia abita su di te e la giustizia di quel Principio dei giorni non ti abbandonerà» (r En. 71,9-14).

In quest'ultimo testo è narrata una nuova fase dello sviluppo. La scena si apre ancora con le immagini di Daniele: il Principio dei giorni con i suoi tratti caratteristici e accompagnato dalle sue schiere. Nella seconda scena, invece, vi è una ulteriore variazione: non è più il Figlio dell'uomo a essere chiamato presso il Principio dei giorni, ma è Enoc stesso a essere proclamato Figlio dell'uomo, la cui funzione è la giustizia. Qui la metafora, trasformatasi poi in personaggio (primo livello di reinterpretazione), riceve un volto umano (secondo livello di reinterpretazione). Siamo quindi a un nuovo stadio dell'evoluzione ed è questo uno degli elementi che ci spingono a ritenere quest'ultimo capitolo del Libro delle parabole un'aggiunta posteriore. Vi è un'altra serie di scritti risalenti al I secolo d.C. che testimoniano di un simile livello di evoluzione: il Nuovo Testamento, ad esempio, darà al Figlio dell'uomo il nome di Gesù; e il Testamento di Abramo, molto probabilmente, è a questo stesso Figlio dell'uomo che darà il nome di Abele. Vangelo di Marco Con il vangelo di Marco, iniziamo a passare in rassegna quei libri del N.T. dove compare il Figlio dell'uomo, cercando di evidenziarne attributi e funzioni. Ci rendiamo conto

della complessità del N.T. e del rischio di semplificazione che corriamo con la nostra lettura e per questo ci limiteremo a sottolineare solo alcuni elementi. Ma ci sembra estremamente importante considerare questi testi in seno al contesto culturale che li ha generati, perché lo illuminino e ne siano chiarificati. IJ I vangeli sinottici sono, nell'ambito del N.T., gli scritti dove l'espressione Figlio dell'uomo ricorre con maggior frequenza. Dato l'uso che Gesù ne fa-infatti nella maggior parte dei casi l'espressione è posta sulla sua bocca - appare evidente che per i suoi contemporanei tale titolo non risultava oscuro, anzi a esso erano associate una serie di caratteristiche più o meno note, alle quali Gesù ne aggiungerà altre. L'esegesi neotestamentaria distingue convenzionalmente -irt tre gruppi i passi dove si menziona il Figlio dell'uomo: logia escatologici, sulla passione e resurrezione, e sull'attività terrena. 14 Nel vangelo di Marco il gruppo più importante è quello che riguarda l'annuncio della passione, morte e resurrezione del Figlio dell'uomo; a esso si possono riferire 8 delle 14 ricorrenze. Da come Gesù lo presenta, è evidente che questo è un tratto. non molto noto all'uditorio: egli ha sem13; La bibliografia in merito è sterminata, ci limitiamo dunque a rimari.dare agli studi.generali indicati sopra (p. 305 nn. 5-6) e ai seguenti contributi specifici sul N.T.: M. Black, The .rSon of Man» in the Teaching ofJesus; J. Collins, oi.1.oiov uiòv òtv8pron-ou in Rev r.r3 and r4.14; P. Doble, The Son of Man Saying in Stephen's Witnessing: Acts 6.8-8.2; J.R. Donahue, Recent Studies on the Origin of Son of Man in the Gospels; M.D. Hooker, The Son of Man in Mark; J. Jeremias, Teologia del Nuovo Testamento i, 2933I 4; J. Lambrecht (ed.), L 'Apocalypse johannique et l'Apocalyptique dans le Nouveau Testament; S. Légasse,jésus historique et le Fils de l'homme. Aperçu sur les opinions contemporaines; J.H. Marshall, The Synoptic Son of Man Sayings in Recent Discussion; P. de Martin de Vivies,Jésus etle Fils de l'Homme. Emplois et significations de l'expression «Fils de l'Homme» dans /es Évangiles; F.J. Moloney, The Johannine Son of Man; E. Schweizer, The Son of Man; H.E. Todt, Der Menschensohn in der synoptischen Oberlieferung; W.O. Walker, The Origin of the Son of Man Concept as Applied to Jesus; Idem, The Son of Man and the Synoptic Problem. t4. La tripartizione ha un valore puramente convenzionale, tuttavia resta un utile strumento di classificazione.

pre bisogno di spiegarlo, ricorrendo alle Scritture. Non sembra essere noto che il Figlio dell'uomo debba soffrire e che ciò faccia parte della sua funzione. Di questo infatti non vi è . nessuna traccia né nel libro di Daniele, né nel Libro delle parabole.Un tratto di novità sembra essere anche in un altro testo, comune ai tre sinottici, che Marco riporta al cap. 2, cioè l'episodio del paralitico. Operando la guarigione di quest'ultimo, Gesù parla di «remissione dei peccati» e questo suscita scandalo negli scribi che assistono alla scena, per cui Gesù replica: «Affinché vediate che ha il potere, il Figlio dell'uomo, di togliere i peccati, sulla terra» (Mc. 2,10). La precisazione «sulla terra», che Luca accentuerà anticipandola (cf. Le. 5,24), sembra presupporre una credenza nel potere che il Figlio dell'uomo avrebbe di rimettere i peccati - nel linguaggio del Libro delle parabole diremmo «di giustificare» - in cielo. Gli scribi non si scandalizzano della remissione dei pe~cati in quanto tale, ma del fatto che il Figlio dell'uomo possa operare questo anche sulla terra. Un'altra caratteristica del Figlio dell'uomo, secondo Marco, è quella di «dare la vita in riscatto per molti» (Mc. .I0,45). Ha cioè una funzione salvifica che si realizza attraverso il sacrificio della propria vita, tratto tipicamente cristiano, assente sia dal libro di Daniele che dal Libro delle parabole. Infine vanno menzionati i tre passi in cui Marco parla della venuta ultima del Figlio dell'uomo, cioè della sua funzione escatologica, un tratto che abbiamo visto essere predominante nel Libro delle parabole e che tale sarà anche in Luca e Matteo. Il primo testo accenna alla parusia parlando della necessità per l'uomo di · seguire Gesù fino in fondo, senza vergognarsi di lui, altrimenti, dice il testo: «Anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo, con gli an- .· geli santi» (Mc. 8,38). Il linguaggio impiegato, più che Da- ·.· niele, ricorda il Libro delle parabole: la gloria del Figlio del- · l'uomo è quella .del Padre, quella che glì è stata data (cf. r En. 6 I ,8), ed egli giunge accompagnato dagli angeli santi, tema> tipicamente enochico. Il secondo testo viene dal discorso e-.

scatologico, estremamente ridotto in Marco rispetto agli altri sinottici: «Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su nubi con grande potenza e gloria e allora manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti» (Mc. 13,26-27). La prima parte è chiaramente debitrice delle immagini di Da- niele, non altrettanto si può dire invece della seconda, che ricorda piuttosto il Libro delle parabole. Tuttavia, anche nella prima parte, di Daniele resta ben poco: il Figlio dell'uomo non è più certamente una metafora, è sicuramente un personaggio (primo livello di reinterpretazione) e molto probabil-_ mente ha già un nome (secondo livello di reinterpretazione), cioè Gesù stesso, che si propone come il Figlio dell'uomo. -- L'ultimo testo a contenuto escatologico è inserito nell'inter- rogatorio di Gesù da parte del sinedrio: Di nuovo l'interrogava il sommo sacerdote, dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù gli disse: «Io lo sono e vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire cdn le nubi del cielo». Ma il sommo sacerdote, strappatesi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? .Avete sentito la bestemmia: che ve ne pare?» (Mc. 14,61-64). Si tratta di un testo estremamente complesso, dove i titoli cri> stologici si accavallano, impedendo di comprendere esatta__ . mente in che cosa consista la bestemmia pronunciata da Ge- sù, tuttavia dichiararsi Cristo-Messia o Figlio del Benedet: to, cioè Figlio di Dio, non doveva essere in sé una bestem. mia: Israele attendeva il Messia liberatore, sulla terra; e, sei fondo l' A.T., dichiararsi Figlio di Dio non è affatto una be. stemmia. Resta un'altra possibilità: ciò che avrebbe scandaC lizzato il sommo sacerdote è l'affermazione con la quale Ge·,: sù si identifica con il Figlio dell'uomo glorioso, descritto apJ : parentemente secondo l'immaginario di Daniele, ma del qua;>Je in realtà non conserva quasi nulla. In Daniele infatti il Fi'.;1'' glio dell'uomo non siede accanto alla Potenza; quando egli ':° arriva, l'Antico di giorni è già seduto col suo tribunale, men·{:tre nel Libro delle parabole si descrive il Principio dei giorni ~;>«:he colloca l'Eletto sul trono della sua gloria, perché giudi'!,, -~

chi (cf. r En. 61,8). Gesù si identifica con il Figlio dell'uomQ. dicendo: «Io lo sono (riferito a quanto precede) e vedrete:i}/:: Figlio dell'uomo (che dunque è egli stesso)». È da notar~;'.: inoltre l'attribuzione dei titoli messianici al Figlio dell'uomo ''! che Marco opera in modo così disinvolto, come se ciò non. ' costituisse una novità; accostamento che il Libro delle para-• bole articola invece in diversi capitoli. . Infine merita qualche considerazione un versetto di Mar.:: co che ci sembra testimoniare ancora dell'antico significato ..· di figlio dell'uomo, al singolare, e che sarà poi reinterpreta- ) to dagli altri sinottici, e forse anche dallo stesso Marco che : sembra riprenderlo dalla tradizione precedente, in chiave cri:- ..·. stologica: «Diceva loro: 'Il sabato è fatto per l'uomo e non > l'uomo per il sabato, perciò è signore, il figlio dell'uomo, an- .•. che del sabato'» (Mc. 2,27-28). Che l'espressione «figlio dell'uomo», almeno nella fonte che Marco probabilmente utilizza, qui indichi semplicemente l'uomo, è evidente. Innanzitutto ritroviamo il parallelismo uomo - figlio dell'uomo, che abbiamo già rilevato nei testi più antichi; uso al quale Marco mostra di non essere estraneo, se poco oltre, in 3,28, parlerà di «figli degli uom.ini» intendendo gli «uomini», e in un testo non di citazione ma di composizione. Ma l' espressione è resa ancora più chiara dal testo biblico al quale allude, cioè Gen. 1-2, dove, nella creazione del mondo, l'uomo precede il sabato, per cui il sabato è creato «per» l'uomo e l'uomo, come è signore della creazione, è signore «anche» del> sabato (si spiega così anche la sottolineatura introdotta dalla congiunzione xcd). ' 5 Gli altri due sinottici, riprendendo il testo di Marco, ne sopprimeranno la prima parte e int.erpreteranno il resto in chiave chiaramente cristologica. In conclusione, nel vangelo di Marco l'espressione «figlio· . dell'uomo» non è assolutamente univoca. Inoltre, laddove .·• essa designa il personaggio Figlio dell'uomo, questi è innanzitutto colui che deve morire e poi risorgere e che svolge r5. Un'affermazione analoga s'incontra nel Libro dei giubilei dove si dice che «il Signore diede» agli uomini il sabato perché si riposino (Iub. l,I7). 320

• sulla terra un'opera di giustificazione-redenzione; quanto invece alla sua funzione escatologica, sebbene sia già ben deli. neata, tuttavia è quantitativamente meno importante che in Luca e Matteo. Il Figlio dell'uomo è già una figura, un per• sonaggi, con il quale Gesù si identifica, tuttavia non sono del tutto assenti tracce del primitivo significato dell'espres·. s1one.

.Vangelo di Luca ..· Anche nel vangelo di Luca è possibile individuare i tre gn,1ppi di contesti ove ricorre l'espressione Figlio dell'uo- mo, dei quali si è detto a proposito di Marco; tuttavia si no•. . ta uno spostamento di accento, che si farà ancora più marcato in Matteo. Il gruppo dell'annuncio della passione, morte e resurre;. .. zione del figlio dell'uomo, che in Marco era il più importante, passa secondo piano: solo sette casi, su un totale di 2 5, vi possono essere riferiti. Resta poi il brano sulla remissione . dei peccati (Le. 5~24) e anche quello sulla salvezza che il Figlio dell'uomo~ venuto a realizzare (Le. 19,10). Il gruppo in.·· vece che risulta considerevolmente incrementato è quello reJativo alla funzione escatologica del Figlio dell'uomo: I I ca-sì contro i J di Marco. Della venuta ultima del Figlio dell'uomo si parla in tre versetti isolati (Le. 9,26; 12,8; 12,40), in un primo discorso escatologico (Le. 17,20-18,8), in un secondo discorso escatologico (Le. 21,25-36) e infine nell'interroga• · torio di Gesù davanti al sinedrio (Le. 22,69). Nel primo discorso escatologico non si riscontra nessun riferimento a · Qaniele, neppure a livello delle immagini: si parla genericamente di venuta, ma non sì fa nessun accenno neanche alle chiaramente influenzato dai contenuti del Libro delle paraE'bole. Diversi commentatori del N.T., che ritengono il Libro c:Ielle parabole posteriore a Matteo, non potendo negare le so'.-i miglianze, hanno ipotizzato che l'influsso sia avvenuto in i"fs~Ìlso contrario, vale a dire da Matteo verso il Libro delle ;?;parabole. Tuttavia sono diversi gli elementi che inducono a ;{_ ~scludere quest'ultima possibilità, primo fra tutti il rappor;::st~. son Daniele. Nel Libro delle parabole si è visto che Da~:,"323

:f.

linguaggio in determinate scene è predominante; nei vangeli:, invece, e in particolare in Luca e Matteo, Daniele è in realt~ ; un testo remoto. Seguendo dunque l'ipotesi che il Libro del~.' le parabole si ispiri a Matteo, si dovrebbe ipotizzare che egli.··. parallelamente rilegga anche Daniele, poiché quello che Matteo riporta del libro di Daniele è insufficiente a giustifica-, re il Libro delle parabole; nel caso contrario, invece, il Libro delle parabole rileggerebbe Daniele, e Matteo rileggerebbe il• Libro delle parabole. L'unico elemento dell'immaginario di Daniele che ritroviamo in Matteo e non così chiaramente e- . spresso nel Libro delle parabole, e che quindi Matteo avreb- . be dovuto attingere direttamente da Daniele, sono le «nubi» che accompagnano il Figlio dell'uomo. Questo elemento, tut~ · tavia, pur non ricorrendo nel contesto della visione del Fi:: glio dell'uomo, non è del tutto assente dal Libro delle para., bo le. 16 Un altro dato che fa propendere per la dipendenza di Matteo dal Libro delle parabole, e non viceversa, è che l'essenziale delle caratt

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Vidi in mezzo ai candelabri come un figlio d'uomo vestito di una lunga veste e cinto al petto di una cintura d'oro; la sua testa e i suoi capelli erano bianchi come lana bianca, come neve, . e i suoi occhi erano come fiamma di fuoco e i suoi piedi come bronzo purificato nel crogiolo e la sua voce come voce di molte acque (Apoc. 1,r3-r5). E nel secondo brano: Guardai ed ecco una nube bi;nca e sulla nube, seduto, uno come un figlio d'uomo, avente sulla testa una corona d'oro e nella sua mano una falce affilata (Apoc. 14,14).

In ambedue le ricorrenze non si parla chiaramente di Figlio dell'uomo, come nel Libro delle parabole o nei vangeli, ma sembra che l'autore preferisca ritornare decisamente al testo di Daniele. Rispetto ai vangeli, dove di Daniele, come si è visto, era rimasto ben poco, qui invece si assiste a una ripresa letterale, fino a preferire la precisa espressione danielica «come figlio d'uomo» a quella neotestamentaria «Figlio dell'uomo». Ciò può essere dovuto, certamente, all'affinità stilistica dei due scritti, ambedue composizioni dal linguaggio apocalittico. Ma è vero anche che cronologicamente l'Apocalisse di Giovanni si colloca in un momento in cui il titolo stesso di Figlio dell'uomo cade in disuso; questo suo ritorno a Daniele potrebbe dunque essere letto come ulteriore riflesso di tale declino. In definitiva, per l'Apocalisse di Giovanni non si dovrebbe più parlare di titolo cristologico; essa obbedisce semplicemente alle immagini della sua fonte ispiratrice. L'autore dell'Apocalisse non intende affatto descrivere la figura celeste del Figlio dell'uomo per applicarla poi a Gesù, ma si riferisce direttamente a Gesù di Nazaret, anche se nel fare questo impiega un vocabolario che in altri testi era stato utilizzato per descrivere il Figlio dell'uomo. Un elemento a sostegno di questa ipotesi è il fatto che Giovanni mescola gli attributi che Daniele aveva riferito all'Antico di giorni con quelli del Figlio dell'uomo, attribuendoli tutti a uno stesso personaggio. 330

Nell'Apocalisse, dunque, il personaggio «,Figlio dell'uomo» non è più chiaramente evocato, anzi si dovrebbe parlare di recessione a Daniele, non solo da un punto di vista semantico, ma anche concettuale; con una differenza: quell'essere «come figlio d'uomo» non è più simbolo dei santi del1' Altissimo, come voleva Daniele, ma è simbolo di Gesù di Nazaret.

Quarto Libro di Esdra Il cap. I 3 del quarto Libro di Esdra costituisce una nuova . elaborazione dei concetti e delle immagini già considerati nei . testi precedenti. 19 Si tratta ancora della visione descritta da Daniele, arricchita però di nuovi elementi. Anche lo schema del capitolo ricorda la struttura di Daniele: racconto del sogno, richiesta di spiegazioni ed esplicazione: Guardai ed ecco che il vento fece salire dal profondo del mare qualc'osa di simile a un uomo; guardai ed ecco che quell'uomo yolava insieme alle nubi del cielo. Ovunque il suo viso si volgesse per guardare, tutto tremava al suo sguardo; e laddove usciva la voce della sua bocca, si fondevanò tutti coloro che la udivano, come fonde la cera quando sente il fuoco ... Questa è l'interpretazione della visione: poiché hai visto un uomo che saliva dal profondo del mare, egli è colui che l' Altissimo ~iserva da tanto tempo, attraverso il quale egli darà la libertà a ciò che ha creato, mentre sarà lui stesso a dare nuovo ordine a coloro che sono rimasti ... Il mio servo (o figlio) accuserà delle loro empietà i popoli che si sono radunati ... Nessuno sulla terra potrà vedere il mio servo, o coloro che sono con lui, se non quando verrà questo giorno (4 Esd. 13). Si tratta di un testo estremamente rielaborato, nel quale le eventuali fonti sono difficilmente isolabili, tuttavia le allusioni al libro di Daniele e al Libro delle parabole sono abbastanza chiare. Da Daniele viene l'espressione «simile a un uomo», r9. Sui rapporti tra il quarto Libro di Esdra e le apocalissi a esso contemporanee si veda il contributo di P.M. Bogaert, Les Apocalypses contemporaines de Baruch, d 'Esdras et de ]ean.

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che ricorda il «come un figlio d'uomo», e le nubi che lo accompagnano che, come si è detto, sono uno dei pochi elementi del libro di Daniele ripreso in quasi tutti i testi che in qualche modo si riferiscono all'immaginario del Figlio dell'uomo. Un interrogativo, che è di capitale importanza, sqrge tuttavia circa il perché del passaggio da «figlio d'uomo» a «uomo». Una prima spiegazione può essere ricercata nel fenomeno delle versioni: non sappiamo infatti quale sia la lingua in cui fu composto il quarto Libro di Esdra, si suppone una lingua semitica; e non ne abbiamo che traduzioni, tra le quali le più importanti sembrano essere quella latina e quella siriaca. La prima parla chiaramente di «uomo», dunque il traduttore latino aveva a disposizione un testo che non parlava di figlio dell'uomo, ma semplicemente di uomo. Per la traduzione siriaca, invece, la questione è più complessa, poiché il termine qui impiegato è barnasa che letteralmente significa figlio dell'uomo, ma che nella letteratura siriaca cristiana è utilizzato per indicare l'uomo. Partendo dalla versione siriaca, alcuni commentatori del quarto Libro di Esdra hanno ipotizzato che nell'originale semitico dovesse esserci l'espressione «figlio dell'uomo»; in tal caso però risulta difficile spiegare la traduzione latina. Partendo invece da un originale «uomo» è possibile spiegare sia la versione siriaca che quella latina. È necessario dunque cercare un'altra soluzione al problema. Potrebbe trattarsi di una variazione del testo volutamente introdotta dall'autore che in tal modo intendeva evitare la menzione di un'espressione ormai entrata in crisi. Il quarto Libro di Esdra si colloca infatti cronologicamente tra la fine del I secolo d.C. e gli inizi del II, quando ogni speculazione intorno al «Figlio dell'uomo» è ormai rigettata; di ciò testimoniano l'Apocalisse di Giovanni e tutta la tradizione giudaica e cristiana che non utilizza più tale espressione. Sembra che ben presto, sia il mondo giudaico, sia quello cristiano, abbandonino questo immaginario, optando per una messianicità di altro tipo, e sebbene conservino alcuni elementi delle antiche tradizioni, essi sono ormai completa-

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mente riletti e ricontestualizzati. Nel quarto Libro di Esdra è possibile individuare anche alcuni paralleli con il Libro delle parabole: il «fondere come cera» davanti a questo personaggio, tema già presente nell'Antico Testamento dove è applicato alla venuta del giorno del Signore, ma che nel Libro delle parabole, come nel quarto Libro di Esdra, si riferisce alla venuta del Messia; oppure l'espressione «i' Altissimo lo riserva da tanto tempo» che ricorda il nascondimento presso il Signore degli spiriti del Figlio dell'uomo; il giudizio che spetta a questo personaggio che, anche se timidamente annunciato, è ancora presente nel quarto Libro di Esdra; e .infine l'impossibilità di vedere questo «servo» prima del suo g10rno. Sia Daniele che il Libro delle parabole sembrano dunque echeggiati nel quarto Libro di Esdra, ma questo non significa che i tre autori abbiano la stessa concezione di ciò che descrivono. Si è già avuto modo di notare lo scarto tra Daniele e il tibro delle parabole, che pure si riprendono, e ora siamo a un nuovo livello. In questo testo non c'è più il Figlio dell'uomo, c'è invece una figura messianica: questa viene insieme alle nubi, secondo il linguaggio di Daniele; libera il popolo ed è chiamata «mio servo» dall'Altissimo, secondo una terminologia ripresa da Isaia; attuerà un giudizio e si rivelerà solo nel suo giorno, secondo le espressioni del Libro delle . parabole. Anche laddove, dato il contesto, ci si aspetterebbe la menzione del Figlio dell'uomo, l'autore preferisce evitare l'espressione e parlare semplicemente di una figura umana.

Testamento di Abramo Un ultimo testo di cui proponiamo l'analisi è il Testamento di Abramo, dove sembra esservi un'interessante rilettura, forse polemica, del tema del Figlio dell'uomo. Si tratta di un testo molto particolare che per primo, tra gli scritti noti, attribuisce ad Abele la funzione di giudice; e fa questo riprendendo un insieme di elementi che ricordano

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il Figlio dell'uomo, in particolare quello del Libro delle parabole e di Matteo. Ciò che più colpisce sono le espressioni che accompagnano il nome di Abele, del quale si dice che è «il figlio di Adamo, la prima creatura» (Test. Abr. [A] 13,2). Ecco i versetti salienti di questa lunga scena: (Vidi) due angeli fiammeggianti dall'aspetto spietato e duri nello sguardo guidare miriadi di anime, percuotendole senza pietà con fruste di fuoco ... Tra le due porte si ergeva un trono straordinario, dall'aspetto cristallino, scintillante come fuoco. Su di esso sedeva un uomo meraviglioso, radioso come il sole, simile a un figlio di Dio. Davanti a lui c'era un tavolo simile a cristallo, tutto d'oro e bisso. Stil tavolo era posato un libro ... A destra e a sinistra vi erano due angeli che portavano un rotolo, dell'inchiostro e un calamo. Davanti al tavolo sedeva un angelo luminoso con in mano una bilancia ... L'uomo meraviglioso, che sedeva sul trono, giudicava le anime e pronunciava la sentenza ... Abramo disse allora: «Mio Signore, arcistratega, chi è questo giudice tanto meraviglioso? ... ». L' arcistratega rispose: «V edi, santo e giusto Abramo, quest'uomo meraviglioso che siede . sul trono? Egli è il figlio di Adamo, la prima creatura. Il suo nome è Abele e fu ucciso da Caino il malvagio. Egli siede qui per giudicare tutta la creazione ed esaminare i giusti e i peccatori, poiché Dio ha detto: io non vi giudico, ma ogni uomo sarà giudicato dall'uomo» (Test. Abr. [A] r2,r-13,3).

Le affinità lessicali con il giudizio descritto dal Libro delle parabole sono evidenti: gli angeli che conducono le anime, il libro, la bilancia, il trono del giudizio, l'uomo che vi siede, detto «uomo meraviglioso» e «simile a un figlio di Dio». Ma al di là di questi elementi, che possono essere considerati come facenti parte della scenografia tipica di un giudizio, anche se non sempre li abbiamo incontrati nei testi paralleli, ciò che colpisce è la persona del giudice, il quale, mentre nella visione si presenta con le caratteristiche proprie del Figlio dell'uomo, nella spiegazione che segue la visione è interpretato in tutt'altro modo. Egli è presentato seduto sul trono del giudizio, con una bilancia davanti a sé, con degli angeli che conducono alla sua presenza le anime da giudicare e nell'atto di giudicare. Circa il suo aspetto, egli è detto asso334

migliare a un «uomo meraviglioso», espressione nella quale l'accento è posto non tanto sulla bellezza, quanto sulla straordinarietà dell'immagine; e in seguito si dice che è «simile a un figlio di Dio», cioè a un angelo. Quest'ultima espressione sembra riecheggiare il Libro delle parabole che del Figlio dell'uomo dice: «Il suo volto era pieno di grazia come uno degli angeli santi» (1 En. 46,1). Tuttavia, ancora una volta, come già si è rilevato a proposito del quarto Libro di Esdra, si evita l'espressione figlio dell'uomo, pur riproducendone il contesto: il quarto Libro di Esdra parla di uno «simile a un uomo», il Testamento di Abramo parla di uno «simile a un figlio di Dio», mentre Daniele lo aveva definito uno «come un figlio d'uomo» al cap. 7 e «a immagine di figlio d'uomo» al cap. 10. Sembra quasi che si faccia attenzione a evitare l'espressione figlio dell'uomo. Questa impressione continua a sussistere proseguendo nella lettura fino alla spiegazione che la guida fornisce ad Abramo. La funzione di giudice, attribuita ad Abele, che avrà una certa fortuna in seguito,2° non sembra conoscere alcuna attestazione prima del nostro testo, e l'unico appoggio che è stato trovato a questa tradizione è Gen. 4,10 dove Dio dice a Caino: «Ascolta, il sangue di tuo fratello grida a me dal suolo». In realtà si tratta di un'affermazione che non implica assolutamente una funzione di giudizio per Abele; costui (o il suo sangue) chiede solo che giustizia sia fatta. Ma Abele, secondo il nostro testo, è «il figlio di Adamo», in ebraico ben-'adam, proprio come Figlio dell'uomo. Sorge a questo punto un interrogativo sulla lingua originale del Testamento di Abramo, se sia stato scritto in ebraico o aramaico, come alcuni hanno sostenuto, oppure in greco!' In realtà per la nostra indagine il problema è 20. Si veda· a questo proposito la nota di F. Schmìdt, Testament _d'Abraham, in A. Dupont-Sommer - M. Philonenko {edd.), La Bible. Ecrits intertestamentaires, Paris r987, r676. 21. Per questa soluzione si è pronunciato Sanders che ritiene il greco la lingua originale di ambedue le recensioni (Testament of Abraham, in J.H. Charlesworth, The Old Testament Pseudepigrapha r, 873-874).

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marginale, poiché comunque il testo giunto a noi ha conosciuto una reinterpretazione al livello del greco, sia esso di traduzione o di composizione, che ha reso univocamente un'espressione semitica nota e oggetto di dibattito. Leprecisazioni che seguono l'espressione «figlio di Adamo» sembrano confermare il clima di polemica: l'autore insiste sul fatto che il giudice - figlio di Adamo (o dell'uomo) non è altri che «Abele», quello «che Caino uccise» e che l'Adamo di cui è figlio è «il primo creato». Un'altra traccia di polemica si scorge al cap. I I della recensione B, dove non solo si ribadisce che il giudice è Abele, ma si descrive accanto a lui Enoc ridotto a semplice «scriba della giustizia» (Test. Abr. [B] II,3); e quando Abramo chiede all'angelo Michele, che lo accompagna, se Enoc possa emettere sentenze o istruire il processo, si sente rispondere: «Il suo ufficio è solo quello di scrivere» (Test. Abr. [B] II,7). Secondo il seguito del racconto Enoc avrebbe chiesto al Signore di non giudicare le anime per non condannarle e il Signore glielo avrebbe concesso, conservandolo tuttavia nella funzione di scriba. Si ha dunque in questo testo un'altra rilet,tura, in contesto polemico, di una tradizione più antica riguardante la :figura del Figlio dell'uomo - giudice, tradizione che si appog~ gia sul Libro delle parabole. La rilettura del nostro autore potrebbe considerarsi dunque, secondo la terminologia già impiegata, come rilettura di secondo livello, dove cioè alla figura-funzione si dà un volto umano: Abele. Riletture di questo tipo sono, come si è già visto, quella dell'ultimo capitolo del Libro delle parabole, dove il Figlio dell'uomo è Enoc, e quella dei vangeli, dove si tratta di Gesù di Nazaret. Questi testi, tutti databili alla seconda metà del I secolo d.C., sono espressioni di correnti culturali che probabilmente polemiz~ zano a proposito dell'interpretazione del Figlio dell'uomo giudice escatologico, e ciascuno attribuisce questa funzione a un diverso personaggio storico.

Epilogo Con questo breve excursus abbiamo cercato di ripercorrere, evidentemente senza poter entrare nella complessa problematica del N.T. ma limitandoci a una lettura di superficie, le tappe più importanti dell'evoluzione di un'espressione che ha conosciuto, nel giro di pochi secoli, cambiamenti considerevoli. Dai libri più antichi, che possiamo datare intorno all'esilio, all'ultimo testo analizzato, della fine del I secolo d.C., l'espressione «figlio dell'uomo» è stata impiegata secondo gli usi più diversi e soprattutto è stata spesso oggetto di reinterpretazioni e riletture. Nel primo paragrafo dell'excursus abbiamo preso in considerazione una serie di testi nei quali il sintagma «figlio dell'uomo» è solo una circonlocuzione per dire «uomo», ed è spesso utilizzato in coppia con quest'ultimo termine. Tale uso perdurerà attraverso i secoli, soprattutto nella forma plurale '-di «figli degli uomini», anche quando in alcuni testi si comincerà a parlare del «Figlio dell'uomo» come di un personaggio con determinate caratteristiche, e infine sopravvivrà a quest'ultimo uso. Accanto a questa accezione, ma con una certa differenziac zione, va considerato l'uso di Ezechiele, dove figlio dell'uomo è l'espressione con la quale la divinità, o un suo inviato, ~i rivolge al profeta; di questo uso testimoniano ancora Daniele, un passo del Libro delle parabole e l'Apocalisse di Elia. Con il libro di Daniele si apre invece una nuova fase, non tanto per l'uso che egli farà dell'espressione, quanto per le riletture della sua opera alle quali assistiamo nei secoli successivi. Al cap. 7 l'autore introduce un'espressione, che qui ha solo valore di simbolo, ma che sarà ripresa e riletta, insieme a tutto il resto del corredo iconografico; e la stessa sorte toccherà al cap. 10. Il significato che Daniele dà a queste espressioni è chiaro: nel primo caso si tratta, come si è già detto, di un simbolo; al cap. 10, invece, sembra essere indicato un personaggio di natura non umana, ed è per questo che vie337

ne presentato come uno «a immagine» dì un figlio d'uomo. Tuttavia, sebbene l'insieme di questa espressione voglia designare una figura non umana, il sintagma figlio d'uomo è ancora chiaramente un esatto corrispondente dì uomo; è piuttosto la precisazione a immagine a insinuare che si tratti di un personaggio le cui sembianze celano una realtà altra. Del Figlio dell'uomo come giudice escatologico, cioè come un personaggio contraddistinto da una funzione, si può iniziare a parlare solo con il Libro delle parabole e successivamente con il N.T., in particolare con i vangeli. Assistiamo in questi testi alla prima rilettura del vocabolario di Daniele; passaggio che chiamiamo «reinterpretazione di primo livello»: dal significato generico di uomo l'espressione Figlio dell'uomo, impiegata in maniera puramente simbolica da Daniele, passa a indicare una funzione. Daniele dice «figlio di uomo» per dire «uomo», e questo è solo simbolo di un'altra realtà, cioè i santi dell'Altissimo, ma tale espressione sarà ripresa dal Libro delle parabole e riempita di significato. Nell'ultimo capitolo del Libro delle parabole, nel N.T. e nel Testamento di Abramo, assistiamo al «secondo livello di reinterpretazione», quando cioè alla funzione si dà il nome di un individuo appartenuto alla storia, sia essa passata o presente: Enoc, Gesù, Abele. Accanto a questa evoluzione dev'essere considerato un movimento di reazione, contemporaneo o di poco posteriore al primo, rappresentato dall' Apocalisse dì Giovanni e dal quarto Libro di Esdra, che, pur riprendendo in buona parte l'immaginario «apocalittico» precedente, evita attentamente ogni riferimento al Figlio dell'uomo. In tutta questa polemica c'è una voce che non compare mai, che resta assolutamente estranea, ed è quella di Paolo. Il silenzio di un corpus tanto importante come le lettere paoline, a proposito del Figlio d~ll'uomo, è certamente un silenzio eloquente che merita di essere considerato. Paolo, che pu:re conosce la tradizione enochica come testimoniano i suoi riferimenti all'angelologia, non parla mai di Figlio dell'uomo, né polemizza con coloro che ne fanno uso; eppure la sua

opera si colloca in un'epoca nella quale questo titolo non è ancora entrato in crisi. Già al volgere del I secolo d.C., tutto il linguaggio inerente al Figlio dell'uomo.sembra attentamente evitato e questo elemento dev'essere considerato con molta attenzione nella datazione del Libro delle parabole. Di Figlio dell'uomo non si parlerà più nel giudaismo di epoca cristiana,22 neanche in :; quel particolare gruppo giudaico che scrisse il secondo Libro di Enoc e più tardi il terzo Libro di Enoc. Anche la let.teratura cristiana abbandonerà questo titolo e la cristologia si svilupperà piuttosto attorno a quello di Messia e di Figlio · di Dio. L'espressione Figlio dell'uomo resterà solo nelle citazioni che gli autori cristiani fanno del N.T., per una questione di fedeltà alla fonte, e in una particolare apologetica che oppone Figlio dell'uomo a Figlio di Dio per dimostrare la doppia natura del Cristo. In quest'ultimo caso, il titolo è in·. terpretato in maniera assolutamente diversa sia dal Libro delle parabole che dal N.T.2 3 L'unica area culturale che farà an.· cara un certo uso del titolo cristologico Figlio dell'uomo, in un senso affine al N.T., è la gnosi. Già nel Vangelo di Tommaso e ancor più in quello di Filippo è attestato un uso considerevole dell'espressione Figlio dell'uomo forse perché, nella sua enigmaticità, offre largo spazio alle speculazioni .... gnostiche. Di questa predilezione degli gnostici per il Figlio • .. · dell'uomo testimonia anche Ireneo nell'Adversus H aereses. 24 lJnica eccezione è un testo del Talmud palestinese quanto mai enigmatico. «R. Abbahu ha detto: Se un uomo ti dice: 'Io sono Dio', mente; (se ti dice:) 'Io sono il F.iglio dell'uomo', alla fine se ne pentirà; (se ti dice:) 'Salgo in cielo'.• lo dice ma non lo fa,. (Talmud di Gerusalemme, Ta'anit u,1, "( 65b). Il testo sembra rivelare una polemica con coloro che in qualche mo. < do ancora si riferivano al Figlio dell'uomo, ma non si comprende bene né ·• ·• • chi fossero, né che cosa precisamente affermassero. Su questo argomento e -• sii qualche altro testo rabbinico inerente al «figlio dell'uomo» di Daniele, d. J. Coppens, La relè'lle apocalyptique du messianisme royal II, I7f-r83. 23. Anche Ireneo di Lione che utilizz.a ancora l'espressione con una certa . frequenza, forse a motivo della polemica da lui condotta contro gli gnostici, la ritiene prova dell'umanità di Cristo (d. C. Colpe, b u!òc; -çou à'l~pw.· lt"ou, 468-472). 24. Cf. C. Colpe, op. cit., 46;-468.

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. 22.

339

Come mai gli autori cristiani dei primi secoli abbiano messo da parte questo titolo cristologico, che sembra quello ~iù utilizzato da Gesù nell'autodefinirsi, resta non ancora spiegato, tuttavia una delle cause può essere proprio l'uso che ne fecero gli gnostici. Un'altra causa può essere ricercata nel- .. l'affievolirsi della tensione escatologica che si registra tra i .· · cristiani già verso la fine del I secolo d.C. Figlio dell'uomo è certamente un titolo messianico, ma fortemente caratterizzato dalla sua funzione escatologica; e il particolare legame tra la funzione e il titolo ha fatto sì che, con la crisi della prima, anche il secondo sia venuto meno. Infine non bisogna dimenticare che, sebbene il titolo di Figlio dell'uomo abbia conosciuto nel I secolo d.C. un'espansione considerevole, resta strettamente legato alla tradizione che lo produsse, cioè l' essenismo «endchico». Il mondo farisaico restò estraneo a queste speculazioni, come testimonia anche, in ambito cri:stiano, il disinteresse per il Figlio dell'uomo che si nota in Paolo, fariseo di formazione. Al cristianesimo nascente, dunque, a poco sarebbe servito ricorrere a tale titolo cristologico, sia nella polemica con il resto del giudaismo, diventato ormai a predominanza farisaica, sia nella predicazione al mondo ellenistico, dove un' espress'ione come «Figlio dell'uomo» non avrebbe evocato nessuna idea di soprannaturalità.2 5 2

5. Sulla cristologia più antica v. M. Hengel, Studies in Early Cbristology.

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Zaccaria 2,5-9: 252 3,1-2: 183 6,13: 197 9,9: 203 12-14: 241

Malachi.a Giona 4,2: 185

3,20: 244 3,23-24: 74

TESTAMENTO

Matteo -:322-325 3,7-9: qr-172 3, 17: 175 5,43-44: 216 6,24: 216 8,II: 172 9,6: j22 l 1;19: 219 12,14: 261 I 3,3-43: 147 13,41-42: 322 16,13-16: 203 16,27: 323 17,5: 175 19,16: 243 19,28: 323 19,29: 24> 20,28: }22 22,2 3-33: 22 3, 227 24,8:258 24,22: 153, 256 24,23-44: 323

24,30: 167 24,31: 153 24,J7-39: 237 25,31-46: 262 25,31-32:·323 25,33: 153 25,4 l: z 35 26,24: 156 26,64: 167, 323 27,42: 174

13,8: 258 13,12: 241 13,20; 153 13,26-27: 319 13,27: 153 14,21: 156 14,61-64: 319 l S,32: 174 16,19: 287

Marco

-:321-322 1,19: 187 1,26: 187 1,52: I 57 1,69:256 r,78: 244 2,32: 214 2,34-3 5: l 57 2,36: 188 3,7-8: 171 3,22: 175 3,37-38: 141

Luca -:316-321 1,1 I: 175 2,10: }!8 z,27-28: 320 3,28: 307, po 8,38: 318 9,7: 175 9,II-l}: 74 10,45: 318 12, 18-27: 223, 227 12,25: 278

365

5,24: 318, 321 6,24: :i.07 6,27: 216 7,34-3 5: 219 8,29:235 9,26: 321 9·H= 175 10,18: 184 12,8: 321 12,13-21: 207 12,40: p.l 14,14: l 54 14,26: 216 15,7: 173 15,10: 172 16,13: 216 16,14-15: 207 16, 19-3 l: 162, 172, 207 17,20-18,8: 32 I 17,26-27: 237 17,29: 269 18,7:153,210 18,24-25: :i.07 19,9: 172 19,10: 320 20,27-40: 223, 227 21,25-36: 321 22,31: 184 22,69: 321, 32-5 23,35: 174 24,51; 287

5, 27: 327 6,27: 327 6,53: 327 6,62: 327 8: 172 8,12: 214 8,28: 327 9,35: 327, p8 12,·23; 327 12,25: 216 12,34: 215, 303, 327. p8 l3,3 1: 327 14,2: 199 17,2: 256

Giovanni

3,20: 256 8,33-39: 72, 184 8,33: 153 8,35-39: 193 11,7:153,154

-: 327-329 1,4: 160 r,5: 160 1,7: 160 1,8: 160 1,9: 160 1,14: 194, 201 1,34: 175 1,p: 327 3,13: 327 3,14: 327 3,19: 16o 3,21: 160 5,4: 270

366

Atti degli Apostoli -: 325-326, 328 1,2: 287 1,11: 287 3,14: l so 4,12:216 6,15: 201 7,49: 199 7,52: 150 MS-56: 325 8,39: 167 22,14: I SI 22,17: 167 23"8: 223, 227

Romani

r Corinti 2,6: I X 2,7-8: 214 2,8: 181 6,3: 206 l 5,54: 261

Galati 4,4: 120

Efesini 1,21: u8 3,10:215 6,12: l 58

Filippesi 4,3: 2ll

Colossesi 1,16: u8 I

Tessalonicesi

h3: 258 I

Timoteo

3,16: 215 h21: l 53, l 54 2

Timoteo

2, 10: 153

Tito 1,1: 153

Ebrei -: 206,213,326-327 2,6-9: 326 3,II: 199 3,18: 199 4,3: 199 4,n: 199 7,3: 75 u,5: 7+. 85, 285-286 12,9: 143

Gùicomo 1,11: 207 2,1: 181 4,4: 216 5,1-6: 207

Corinti

r Pietro

u,14: 184 12,2: 167

1,1: 153 1,12: 215

2

2,25: 217 3,20: 247 2

Pietro

-:70 2,4: 234 2,10-11: 72, 206 2, 10: 179 3,9: 162

r Giovanni 2,1: 152 2,15-17: 216

Giuda -:69,70,71 r,: 15 3 6:2}4 8- IO; 72, 206 8: 179 9: 184, 185 13: t89 14:67,216,249

Apocalisse -: 80, 309, p9-332, 3J8 l,13-15: 330 1,14: 201 1,16: 257 1,20: 189 2,6: 216 3,1: 14} 3, 5: 2ll 4-5: 2 l I 4,2: 167, 201 4,5: 143 4,8: 178 5,6: 143, 256 5,7-14: 165 6,9-10: 210 6, l I'. 2.12 9,II: 184, 225 II,l: 252 12,3: 256 12,7: I 85

12,9: 277 13,1: 256 13,8: 2ll 13,11: 256 14,14: 330 17,3: 256 17,8: 2II 17,14: 153 19,16: 26:>. 19,20: 269 20: 233 20,10: 269 20,12: 21 l 20,13:225-226,254 20,l 5= 236 21,1-22,5: 288 21,8: 269 21,15: 252 21,27: ZII 22,5: 244 22,6: 143

LETTERATURA GIUDAICA ANTICA

Antichità Bibliche

Apocalisse di Mosè

Ascensione di Isaia

-:44,47,72,307 3,4-5: 267 3,10: 224 p,7: 191 ·33,5: 162, 170, 227

10:225 16-18: 276 28:225 32-33: 287 33-37: 169 40: 187 41:225 43: 179, 225

-: 157

Apqcaliss~ di Abramo -: 50 13-14: 235 13,14: 261 15-31: 167 20-21: 189 21,6: 199 23:276 31,1: 175

Apocalisse di Elia

Apocalisse di Sofonia (akmimico) 3,7-8: 2Il 6,8: 276 6,17: 183 7,1-10: 2Il 9,3: 2Il n: 169

-:337 I,I:

308

1,2: 216

Apocalisse di Sofonia (Jr. sah i dico) 6-7: 162

l,J-5: 234 1,3: 300 6-10: 167 8,7: 175 8,15: 227 9,9: 227, 261 9,22: 2II 10,11-15: 258, 301 10,12-13: 72, 156, 158 II,23-24: 259 2

Baruc

-: 47, 50, 72, 230 2-16: 167 21,23-24: 224 29,4: 248, 2 50 30,1-5: 224 39,3-5: 228 39,7: 229 42,8: 224

50,51: 224 51,10: 227 85,12: 162 85,12-IJ: 171 J Baruc (greco)

-: 157 2,5: 188

3 Baruc (slavo) titolo: 188 2,5: 188

Enoc Libro dei vigilanti

1

-: 24, 55, 62, 64, 71, 139-141, 164 s.,235, 247,250,307 1,1: 140, 147· 149 1,2: 150 1,6: 2z9 1,8: 160 2-4: 147, 191 5,5: 147 5,7: 147 5,8-9: 147 6-11,81 6,3-6: 280 6,7: 274 7-8: 264 7,1-z: 274 8,1: 124 9,1: 187 9,6: 189 9,8-9: 274 10,4-6: 233 10,4: I 86 10,5: I 59, 235 ro,6: 236 10,9-15: 300 10,9: 187 10,10: 243 10,12: 241 12,4-6: 300 12,2: 177 14,4-7: 300 14,4: 168

368

14,7: 168 14,8: 168 14,9-19: 288 14,22: 181 15>2: 150 I 5,6-rr: 300 18,14: 300 20: 180 20,3: 187 20,7: 187 21,3-6: 189 21,J: 300 21,5: 181 21,10: 300 22,1-4: 230 22,3: 186 22,6: 186 22,9: 163 22,14: 181 24,6: 186 25,3: 181 25,7: 181 27,3: 181 27,5: 181 32,6: 186

Libro delle parabole 37:283 37,z: 84, 135, 178 37,4: 243, 283 38:205,295,296 38,1-5: 294 38,1: 79 38,2-5: 174 38,2-3: 79 38,2: 155· 191, 197, r99,243 38,3: 257 38,4: 35, 243 38,5: 149, 217 38,6: I 55, 168, 219, 222, 223, 262 39-44: 79 39: 198, 287, 295, 296 39,1: 79 39,3-7: 284 39,3: 286, 324 39,4-5: I 80

39,5; 79, 155, 180, 183, 212,260 39,6-7: 176, 283 39,7: 180, 181 39,8: 286, 287 39,12: 144, l 59, 182 39,14: 164, 1Bo 40,2: 257 40,7: 23 5 40,8: 181, 257 40,9: )4, 248 41-43: 288 41: 195 41,1: 154, 257 41,2: 129, 197, 295 41,4: 33, 324 41,5-9: 213 41,5: 196 41,6: 197 41,8: 19;7,222,243, 245 41,9: 72 42: 213, 219-z20 44:94 45,1-46,3: 79 45,1: 80, 213, 252, 295 4p-6: 295 45'2: 155 45,3: 210 45,4: 243 4s,5: 219 45,6: 199 46-47: z88 46,1-4: 312 46,1: 288, 335 46,z: 200, 283 46,3: 137, 290 46,4-8: 79, 296 46,5: 258, 262 46,7: 72, 197, 262 46,8: 197, 231 47,1-48,1: 79 47,1-4: 44, 76 47,2: 220, 260, 284 47,3-48,6: 3 14 47,3: u9, 166,202,213 48:288 48,1: 219

'48,2-p,9: 79 48,2-7: 259, 283 48,2: r97 48,3: r97 48,4: 222 48,5: 33 48,6: 257, 259 48,7: 259, 28r 48,8-ro: 296 48,8:158 48;10: l 55, 22 l 48,26: 329 49,1: 219 49,2: 223 49,3: 2 57 50,r: 243 50,J: 244 p,1: 252, 253 p,3: 33, l 19, 197, 281 p,4: 232, 278 51,5: 1 99 52-54: 267-268 52:,232 52,1-2: 284, 286 52,1:.283 p,4: 219 52,5: 181 53-54: 163,233,252, 263,265 53:239,298 53,1-2: i42 53,1: 240 . 53, 2: 297 53,3-5: 253 53,3: 160 53,4-5: 240 53,4: 181, 234 53,5-7: 297 53,5: 267 53,6: 149 54,7-55,2: 81, 245-246 54:263,298 54,2: 267 54,4-5: 240, 2 53 54,4: 181 54,5-6: 297 54,5: 231, 267, 274

54,7: 87 5F2p,267 55,r: 237, 283 55,4: u9, r97, 202, 233,297 56: 4r, 43-45, 48-49, 75-77, 190 56,r-3: 253, 298 56,r: r6o 56,r 181 56,3: 163 56,4: 105, I 87 56,7: 250 56,8: 105 57,1: 283 57,3: 28i 58-59: 79 58,1: 80, 196, 252 58,3-6: l 59 58,5: 283, 284 58,6: 204 59,3: 2 83 60: 79, 8 l, 256;265 60,1: 181, 268 60 1 2: n9 60,4: l 85 60,5:185 60,10: 135· 290, 308 60,17: 144 60,24-25= 249 60,24: 181 60,25: 250 61: 79, 287 61,r-2: 283 61,6: :z84 61,8: II9, I 54, 190, 197, 284, 315, JIS, po 61,ro: 284 61,12: 284 61,13: 185 62-69:79 62:298 62,1: 122 62,3: 122, 158, 197 62,5: rr9, 197, 290,J 15 62,6: l 58

62,7: 2 57, 2 59-260 62,9: r22, r 58, 2r4 62·, r r: 44, 76, 262 62,i.4: 290, 29r 63: 298 63,1-8: 248 63,r: r 58, r6o 63,6: 129 63,10: 207 63,1 l: 129, 283 63 1 12; 122 1 l 58 64: 265, 298 6 5,1-69,2 5: 8 l 65>1-3: 269 65,4: 247, 268 66:i68 66,1: 160, 239 66,2: 2 39, 267 67: 73, 163, 298 67,1: 204 67,4: 229 67,8: 122, 155 67,1 l: 272 67,13: 34 68,5: 169, 299 69: 97, 192, 263, 282 69,6-7: 62 69,7: rr9 69,14-15: 186 69,27: JI5 69,z9: z90 70:287 70,3: 283 71: 48, 8J, I67, 176 71,1: 284 71,2: 247 71,3: 185 71,8: lBI, 187 71,9-14: 316 71,9: l 87 71,1 r: 247 71,13: 187 71,14: l 35 • 166, 249, 284,285 71, 17: 204 Libro dell'astronomia -: 55-56, 191-192, 250

369

75,3: 181 82,2: 141

Libro dei sogni -:55,307 86, 1-3: 189

Epistola di Enoc -: 55, 247, 307 91,10: 209 91 112: 2 I 8 91,15: 176 92,3-4: 209 92,5: I 59 94,S: 207 95'3= 218 97,8-10: 207 98,2: 124 98,3: 236 98,12: 218 99,)= .uo

99,7: 207 99,10: 141 100,1; 241 100,6: 207 103,8: I 59 104,1-2: 170 104,3: 210 104,4: 226 104.10-13: 278 106-107:81 108,y 2Il 2

Enoc

-: 23, 58,65-66, 150 6: 191 7,i-3: 234, 300 7,2-3: 156 7.4-5= 168 11-16: 192 18: 177 22,8: 290 p: 276 40: 191 41,2: 156 49: 190 53,2: 2Il 67: 286 71: 75

370

J Enoc

Flavio Giuseppe

-: 23, 53, 66 1,12: 179 10: 290-291 20,2: 179 38-40: 179

-: 43, 61, 65

Bellum Iudaicum 2,8,4; 57

Contra Apionem i,202: 279

J Enoc (appendice)

Giuseppe e Asenet

22B,7: 179

-:247 15,4:211

4 Esdra -: 44, 471 50, 72, J:}I333' m, 338 4, I-IJ; 146 4>35= 210 4,41-42: 224 4,47-50: 146 5137: 191 6,49-52: 248 6,p.: 250 7,J2-34: 224 7,J6-38: 163 7,102-II 5: 171 8,2-3: 146 9,11-IZ: 162 12: 228 12,31-34: 220 u,32-33: 215 13: 176, 331 13,4: 230 13,26: 214 13,52; .215 14,48: 287

Eupolemo in Eusebio, Praep. ev. 9,25,4: .z77 Filone

-: 6o, 65 Quod omnis probus liber sit 75: 57 78: 61, 275 84:61

Libro dei giganti -: 26, 27, 55-56

Libro dei giubilei -:3o7 2,17: }20 2,20: 173 4,17: 277 4,19; 142 4,22: 64 4,23: 2ll, 286, 290 4. 24= 237 5,6-u: 300 5,6-10: 234 5,9-10: 241 5,10: 233 5,21-22: 267 7,21-23: 276 s,·1- 3 : 265 10,3: 143 10,13: 81 10,17: 290 12,17: 265 15,31-32: 143 21,10:81 30,22; 211 36,10; 211

Libro di Noè -: 78-79, 81-82, 236, 245' 250, 264, 266, 271, 281

De specialibus legibus

Odi di Salomone

3,108: 279 3,uo-u9: 279

4,7-8: 153 6,8-u: 213

8,18-19: l 53 9,12: 2II 15,8-II: 225 22,8-10: 225 29,4: 225 4z,2: l 5l

Oracoli sibillini -: 31,44,47,51-52,228 3,227-228: 265 3,765: 279 Paralipomeni di Geremia (4 Baruc) l,I: 175 1',5: 175 1,8: 175 3,5: 175 7,16: 175 9,3-6: 179

Pseudo Eupolemo in Eusebio, Praep. ev. 9,17,8: 65

Pseudo Focilide 184-185= 279

Salmi di Salomone :-:-: 49, 5'8, 307 3,ll-12: 225 3,12: i.43 17;26: 203

Storia dei Recabiti 12,6-9: 170 Testamenti dei XII Patriarchi -: i.47,3o7 Aser 6,6: 181 Beniamino 6,1: 181 9,1: 65> l 50 II,•j.: 174 Dan 5,6: 65' 150, 236 6,2: 169 6,s: 181 Giuda 18,I: 65 2.5>3= 2 36 Levi 3,5: l69 8:289 10,5: 65, 150 18,2 (agg. ar. 57): 81 Neftali 4,1: 65 Ruben 5,6: 177 Simeone 5,4: 65 6,6: 218 Zabulon 9,7-8: 239

Testamento di Abramo (ree. A) -: 36-37, 48, 72, 157, 186, 247, 307, 316, 333-336 10,14: 162 u,1-13,3: 334 12,5: 202 12,7: 211 13:203 13,2-3: 36 13,14: 190 14: 170 14,14: 243 18,9-1 l: 225 20:287 Testamento di Abramo (ree. B) l 1,3: 336 n,7:336 Testamento

di Giobbe 4,9: 225 52: 287

Testamento di Mosè -: 58 Testamento di Salomone -: 3o7

SCRITTI DI QUMRAN Doc. di Damasco (CD) 2,6:231 2,18: 177 3,14- 1 5: 56 4,4-10: 142 6,18-19: 56 8,16-18: 142

I QH (Inni) -:62 9,9-13: l 89 II,19: 226 11,21-22: 226 12,30-p: 6 3 16,10-11: 2 59 l 8,7-9: 176

r QGenApoc

l

2,1: 177 2,4: 181

8,8: 143

1QM (Regola della guerra) -:62 9,15-16: 185-187 u,r: 153 12,5: 15} 12,7: 148 12,7-8: 157 12,9: 143 12,10-13: 260 13,16: 260

37 1

14,10-ll: 157 17,6-7: 185-186 1

QpAb

1,12: 150 5,3-6: 174 5,u: 155 9,12: 174 10,13: 153

4,1:2: 231 5,2.0: 148 9, 14: 153 xo: 192 u,5: 212. ll,6: 212 I 1,7-8: 226 II,16: 153 II,20-21: 3o6

I QS 3 Q8 (Regola della comunità) -: 181

-: 6z, 163, 193 3,15-25: 192 3,25: 61

4 QMessar 1,7-10: 174 2,16-18: 177 4 Qpls

54,n-12: 148 4 QpSal 37,2,5: 148 37, 316: 174 11

QMelk

-=n 4 QDibHam 6,14: 211

LETTERATURA RABBINICA

25,1: 66

Tabnud ger~solimitano Berakot IX>4a: 237 Ta'anit n,1,65b: 339

Talmud di Babilonia Baba Batra 75a: 250

Targum Onqelos a Gen. 5,24: 66

Midrash Beresbit Rabbah

Targum Pseudo-Gionata -:66

aGen.

1,.:1.I

LETTERATURA CRISTIANA ANTICA Adsone di Moutier-en-Der

Apocalisse di Pietro (versione etiopica)

Cassi odoro

De ortu et tempore Antichristi

-:72 8:279

103,275: 67

Apponio

Catecheses

In Cant. expositio

2,8: 247

Cirillo di Gerus.

l5J: 67 Agostino -:70

De civitate Dei 15,23,4: 69 18,38: 69-70

Anaf diAddai e Mari -: 178

Expositio Psa/morum

12.,60F 67

Clemente di Aless. Atanasio di Aless. -:70

Epp: festales, ep. 39, in coll. canonum: 69

Eclogt,1e propheticae 2: 68, 216

Clemente di Roma -:277

Atenagora

Legatio pro christianis

CodexMani

24: 68, 216

-: 23

Oratio in Lazarum quatriduanum

Atti di Giovanni

Didachè

4:67

-: 178

2,2: 279

Anfilochio di !conio

37 2

Didimo il Cieco In Genesim 5,21-24: 67 7,6: 247

In Zachariam 1,342: 67

Efrem Carmina Nisibena 43,27: 67 Epistula Barnabae 16,4: 68, 216 r9,5: 279

Evagrio Pontico Practicus · 12: 279 Francesco di Assisi Regula non bullata 23,14: 67 Giorgio il Sincello -:22

Girolamo -:70 De viris ill. 4: 69

Pastor H ermae Giustino Dialogus cum Tryphone 6,F73 Iudaeo Policarpo di Smirne 79,2: 66, 68 -:277 Gregorio Magno Hom. in Hiezechihelem Quodvultdeus Li ber promissionum prophetam et predictorum Dei l,12,106: 67 l,!2,l l 3: 67 l,6,34: 67

Ignazio di Antiochia -: 277

Ireneo di Lione Dem. praed. apost. r6:277 Adversus haereses -: 339 Origenè -:68,70 Contra Celsum 5,52: 73, 269 5,55:73 In Numeros homilia 28,2: 68

Tertulliano De cultu f eminarum l,3,r-3: 68, 216 l,3,3: 68, 73 De idololatria 15:68,216 Testamentum Domini -: r79 Vangelo di Filippo -:339 Vangelo di Tommaso -: 339

C1 llALÀ, monaco della Comunità di Bose, laureato in ebraico all'Università di Torino è dottorando in Filologia e storia orientali presso l'Università Cattolica di Lovanio. I suoi ~tudi vertono sulla letteratura iriaca, della quale ha tradotto nun1erosi scritti. Attual1nente sta lavorando all'edizione del testo siriaco della prima raccolta di 01nelie di I acco il iro. SABINO

li lavoro di abino Chialà si compone di una nuova traduzione - con introduzione e commento - del Libro delle parabole c/1 E11uc (parre del Prtnzo libro cli Enoc o E11oc et1op1co). Tra gli apocrifi dell'Antico Testan1ento, il Libro delle Parabole è senza dubbio quello che più ha fatto discutere sia per i proble1ni intrinseci al testo stesso sia per la sua collocazione all'interno di quella che si suole chiamare letteratura apocalittica. Se l'introduzione è in gran parte dedicata alla questione prin1aria della datazione del testo, il co1n1nento per parte sua tc::nta di leggere il testo all'interno del quanto n1ai con1plesso alveo culturale nel quale esso si colloca: Qu1nran, gli esseni, la cosiddetta ap