Letture sulla religione classica: l'inno omerico a Demeter (Elementi per una tipologia del mito)

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Letture sulla religione classica: l'inno omerico a Demeter (Elementi per una tipologia del mito)

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UNIVERSITÀ DI PADOVA PUBBLICAZIONI DELLA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

========

VOL. LVI========

PAOLO SCARPI

LETTURE SULLA

RELIGIONECLASSICA L'INNO OMERICO A DEMETER (Elementi per una tipologia del mito)

FIRENZE

LEO

S.

OLSCHKI MCMLXXVI

EDITORE

A

Maria Graz.ia

PREMESSA

Il te111a affrontatonella SIIIJ riter,a dal dr. S,arpi appareestreI' Alltore stessoavvertenellaparte introdtlt111a111ente ,0111plesso, e, ,0111e tiva, esso,oinvolgei111t1itabil111ente l'intera proble111ati,a della religione greta. Fer111a restandol'analisi dell'Inno omerico a Demetra &0111e telos e nel ,onte111po arché della ri,er,a, IJIIISlaspaz.iaagil111ente nel vastoIJlll,ldro 111itopoietito offertodalpensieroreligioso greto.Il dr. S,arpi ì stato ,ondottoad ,ma stella 111etod1Jlogka preli111inare, ,he, delineata nellepagineiniz.iali,si awerte l1111go ltltta l'estensionedel SIIO lavoro. Utiliz.z.ando stru111enti offertida distiplinediverse,IJlllllila lingllisti,a e l'antropologiastrulltll'ale,la filologia,la feno111enologia dellereligioni, il dr. S,arpi ì rimtito a delinearela tipologiadelle na"az.ioni111iti,he,pervenendo alf individuaz.ione di tiò ,hesipuò definirela strutttll'aportantef onda111entale del siste111a 111iti,o relativoal/'inno0111eri,o esa111inato. L'analisi del testoe delleStiestrutlllraz.ioni ha ,ondottoI' Alllore al/'enutleaz.ionedi aktmi piani se111antin, o codici - setondola ter111inologia dellast110la levistramsiana - ,hefluttuano,interagendo gli uni suglialtri, da 1111 livello1110,jologi,o ad ll1lO so,io-etono111i,o, ad 11110 giuridi,o,et,. S11 il ri,orsoa protedurealgorit111i,he ea (Jll6Sta base,si ì resoindispensabile logogra111111i atti a favorire,ma sintesiin f 1111z.ione di una synopsis ,0111plessiva. Co111e tuttavia awerte l'Autore, la for111tdaz.ione di IJIIISti IJlll,ldri sinotti,i non rappresentail fine del/'opera:,he ,onsistepiuttosto, da 1111 lato nel/'individuaz.ione del sostratot11lltll'ale del/'inno e delleStie varianti, in ,o"elaz.ione,ol quadroofferto da na"az.ioniparallele, e dal/'altro nelladelineaz.ione dellaposiz.ioneassuntadal/'innonel siste111a 111iti,o, in t11i,unicum tra le diversena"az.ioni,essooffreunaprospettiva 111a,aris111atita in di111ensione es,atologita. L'analisi nonrientrapertantonel IJlll,ldro deglistudi ,ondottida vari autori sul ,0111plesso eleminoçuj l'inno appartiene,benslsi proponedi interpretareil 111ito, senz.a,on tiò perderedi vista la di111ensione t11ltuale ad essopertinente,in 111odlJ da inserirloin un ,ontestotipologjçoatto a gimtifoarnei ,onten11ti. In (Jll6Sla prospettiva,l'episodiodi De111ophoon, e ,on essole varianti -VII-

ed i miti paralleli,è venutovia via connotandosi comeverticee nel contempocome« invariante» del tessutomi/emico.Attorno ad essosi articolal'episodiomitico ojferto dalfJ.nno a Demetra, ed in essotrovano riferimentole altre na"az,ioni esaminate.L'analisi è condottasulla scortadi opposiz.ioni binarie,le IJlllllitutte trovanoriscontro,a liv,llo antropologito,ne//'opposiz.ioneelemmtare «natura/cultura», immanentealfJ.nno comead ognicomplesso« culturale». Per la serietàe la coerenz.a del metodoutiliz.z.ato,perl'originalità dei risultati raggi1111ti, la ricercadel dr. Scarpi appareai sottoscritti pienamentedegnadi 1sserepubblicatanella collez.ione della Facoltà di Letter, e Filosofia. Padova, 25 febbraio 1975 Oddone Longo Aldo Prosdocimi Giuseppe Serra

-

VIII -

ABBREVIAZIONI

Le riviste sono citate nel testo secondo il sistema di abbreviazioni adottato dall' « Ann6e Philologique ». Il titolo dei periodici che non rientrano in tale sistema ~ invece dato per esteso nelle note, in cui ricorrono anche ulteriori riferimenti bibliografici, che non compaiono nella seguente lista, ove sono elencate le abbreviazioni per i testi che ricorrono con maggior frequenza nelle citazioni: BIANCHI,

Saa,«.a oli111Pita = U. BIANCHI, Saa,«.a oli•pi,a , •isli,a ,/asina ,u/l'illllO0111,riço a D,,.,tr., in « SMSR »,

BRBLICH,

Eroi

=

Io., Probl,111i

=

I>Eumma, AF Dmnuca, D,atb

=

Trattalo

=

Eu:ADE,

GEllNBT-BoULANGBll,

GRBJVAS,

MYLONAS,

=

Gllli,

S1111anli,a

E/,IISis

=

xxxv

(1964), pp. 161-93. Gli ,roi gr,d - U11probl,•a slorito-nligioso,Roma 1958. ID., Probl,111i di MitologiaI: 1111 torso llllitltrsitario, in « Religioni e civiltà », I (1972) = « SMSR », XLI (1970-72), N.S., I (1972), pp. 331-525. L. DBumma, Atlis,b, Full, Berlin 1932. B. C. DIBTIUCH, D,atb, Fati llllll IDI Gods Tb, D1111Jop111111t of a R,JigiOIIS ld6a ia Gml: PoplllarB,Ji,j llllll ia Ho1111r, London 1967. M. ELIADE, Traiti d'bistoir, d6s nligiOIIS,Paria 1948, trad. it. di Virginia Vacca, Trattato di storia'6/J, nligini, Torino 1954 (secondo cui si cita). L. GERNBT-A. BoULANGBll, gl,,i, gr,, das la nligio,,, Paria 1932 (1970). A.

BRELICH,

u

= A. J. GRBIMAS,Sl111lllllifl#slrtlthlrak, =

Nn.ssoN, GF

=

ID., GgR, 11 ; II 1

=

Paria

1966, trad. it. di I. Sordi, 1A n•1111li,asfrld111ral,, Milano 1968 (secondo cui si cita).

G. E. MYLONAS, B/,IISis llllll IDI El,,ui,,;1111 M.7stm1s, Princeton, N.J. - London 1961 (1962). M. P. Nn.ssoN, Gri1tbis,b,Full lHJII nligiis,r lllil ÀIISstbltusd,r Atlis,DIII, StuttB1d6Mhlllg gart 1906. ID., G,s,bitbll d,r ,ri1tbis,b,,, R,/igiOII,I, Miinchen 19671; II, Miinchen 19611•

-

IX-

D,111,ter

RicHAB.DSON,

=

The Ho111m,HJ11111 to D,111,hr,cd. by N. RicHAB.DSON,

ROHDE,

Psi,h,

SABBATUCCI,

Saggio

« CAH » I 1-2

=

= =

J.

Oxford 1974.

E. RoHDE, PJ.Jthe.Seelmadt 1111d U,ut,rb/khluilsgW, der Grù,hm, Frciburg in Brcisgau 1890-94, traci. it. di E. Codignola e A. Obcrdorfcr, Psi,he, Bari 1914-16 (1970) (secondo cui si cita). D. SABBATUCCI, Saggio SII/ 111islim1110 gnto, Roma 1965.

The C11111briJg, .Antimt History, voi. I part 1, Prolegomfflll111111 Prehisto,y, Cambridgc-London 1970, trad. it. di P. E. Pecorella e Chiara Pecorella Longo, Uni,,,,.sitàdi Cambridge- S/9ria A,,ti,a, volume I parte prima, Prolego111mi , Preistoria,Milano 1972; voi. I part 2, Bar!, Histo,y of th, MidJ/e Basi, Cambridge-London 1971, trad. it. di P. E. Pecorella e Chiara Pecorella Longo, Volume I parte seconda, Storia 1111/i,a t:kl M,dio Orimu, Milano 1972 (secondo cui si cita).

-X-

TAVOLA Dm SIMBOLI

I II I +

reluione opposizione

diagiuru:ione congiuru:ione - •ixis j positivo - negativo l presenza - 8l'SCO?a direzione - passaggio

I

~

da una condizione ad un'altra verso identità, uguaglianza congruenza - equivalenza confluenza di una condizione in un'altra più complcua.

VS

>

-XI-

ARCHÉ E TELOS *

Affrontare un testo che, come l' /11110omericoa Demeter, appartiene tipologicamente ad una forma di letteratura religiosa,1 e proporne una certa forma di « lettura », equivale ad affrontare ed a proporre la « lettura » di tutto il complesso religioso, culturale e sociale in cui quel testo si inserisce. È questo dunque, essr.nzia)menteil motivo per cui il presente lavoro, dedicato ad un'analisi dell'/11110 omericoa Demeter, è stato intitolato Lttt11re mila religione classica. Con i presenti studi si affrontano tuttavia solamente alcuni dei problemi che, emergendo dalla « lettura » del mito di Demeter e Kore, sono posti dal quadro religioso offerto dal mondo classico e greco in particolare. O auspichiamo di poter analizzare in una successiva opera altri te-miche possano completare il quadro che si è andato delineando in questa trattazione. Quanto è preso in esame nelle pagine successive non è il sistema cultuale-e rituale relativo alle « due Dee », ma essenzialmente il « mito » del ratto di Kore- e della pianedi Demeter. Il mito infatti è, come ha dimostrato il Lévi-Strauss,1 « un linguag* Anwmac.a: Non tutti i termini greci traslitterati sono stati accentati. Delle forme ossitone e parossitone si è conservata l'accentazione originaria; qunta è stata tuttavia mantenuta anche in casi di evidente ambiguità e difficoltà. Per i termini più consueti e la cui accentazione ai suppone nota, essa non è stata riprodotta. 1 Cfr. H. MUNao CHADWICJC & Nou KBllSHAW CHADWICIC, Tb, Gro•tb o/ Lit,ralllrl, I, Cambridge 1932, pp. 241 e sgg.; cfr. anche G. S. KiaJC, Mytb. lls M1411i1,g tl1ldF11Mliotuin Andml tl1ld Otb,r Ctdlllrls, Cambridge-Berkeley and Los Angeles 1970, p. 254. • Anlbropologi,Slrl«hlrah, Paria 1958, trad. it. di P. Caruso, AntropologiaS1r111hlrah, Milano 1966 (secondo cui si cita), p. 236; cfr. ID., La p,,,s,,11110ag,,Paria 1962, trad. it. di P. Caruso, Il Pmsuro 11/,aggio,Milano 1964 (secondo cui si cita), p. 38; anche J. CAZENEuvE,Sotiologu dli rill, Paria 1971, p. 10. Cfr. alcune riserve a questa interpretazione in KiaJC, Mytb, cit., pp. 7, 281; cfr. tuttavia p. 254, ove l' A. ammette il mito come « storia narrata ». -1-

gio che agisce a un livello elevatissimo, e in cui il senso riesce .•. a detol/aredal fondamento linguistico da cui ha preso l'avvio». Il compito che si impone è quindi di riuscire a « leggere », a decifrare il « messaggio » che il mito deve comunicare. E chiaro ora, che i testi scritti rappresentano, come ha giustamente rilevato il Brelich, un ' filtro ' che non lascia passare tutto.• A tale inconveniente si può tuttavia ovviare con l'analisi delle «varianti», cercando di determinare la frequenza con cui ricorre il tema mitico in esame. In questo modo è postulabile l'autenticità e antichità del tema con maggiori garanzie, ed è possibile evitare il sospetto che si tratti di « un'invenzione occasionale », ovvero « una deformazione dettata da motivi culturali più recenti ».' Ciò non toglie che possano sussistere ancora dei ragionevoli dubbi per determinare l'autenticità e antichità di un tema. Il Brelich al riguardo suggerisce un ulteriore criterio, quello della « comparazione», secondo il quale, ritrovando l'elemento fonte di sospetto « in una mitologia preletteraria e ancora strettamente religiosa si può essere praticamente sicuri di poter abbandonare quei sospetti ».6 Il metodo comparativo quindi si impone come in antropologia, anche in Storia delle Religioni, se non altro per fissare i fenomeni, e senza voler giungere a risultati simili a quelli delle scienze naturali, come invece auspicherebbe l'Evans-Pritchard.• Nondimeno è altrettanto vero che un metodo comparativo su scala limitata e circoscritta offre la possibilità di risultati significativi sin dall'inizio, soprattutto nell'ambito di un sistema religioso. Il metodo più efficace in questo caso pare essere quello di limitare l'analisi ad un'area culturale, considerando, nel caso di un mito, le varianti degli elementi costitutivi, e calandoli nel contesto culturale a cui si riferiscono.7 Ciò, anche se è opportuno non perdere di vista le relazioni istituibili con altre culture, sia pure lontane nel tempo e nello spazio. A questo punto si vede come un mito, sia esso espresso per iscritto od in forma orale, attraverso l'analisi dei suoi elementi • Probh•i, p. 347. ' BRBLICH, Eroi, p. 68. ' lbid., pp. 73-74. • Tb, Posilion of WOl#m;,, Pri111iliHSotillil1 tlllll Otb,r E11ay1;,, Sotial A,,Jlm,.. pomgy,London 1965, chap. I, passi•• ' CTr. ÙZBN1ruVE, SotiomgildMriu, cit., p. 21; cfr. anche EvANs-ParrcHAllD, ibid.

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costituti.vi, debba essere calato nel proprio contesto storico, economico, sociale e « morfologico », laddove il « religioso » costituisce l'anello che congiunge la catena delle unità costituti.ve, o meglio ancora, si presenta come lo «spazio» all'interno del quale questi. elementi.offrono un costante processo di interazione. Il mito quindi si rivela come il « linguaggio » attraverso cui vengono comunicati. i «messaggi»,• espressi dalla narrazione ad un livello di latenza. Ora, se, come ha riscontrato il Durkheim,• l'idea di società sta alla base della religione, in quanto « le grandi istituzioni sociali sono quasi tutte nate dalla religione » (infatti egli ha dimostrato che la vita religiosa si costituisce come forma precipua della vita colletti.va),è chiaro che il« messaggio» del mito appare finalizzato in funzione della collettività a cui appartiene. Recentemente lo Havelock, in un volume sulla comunicazione orale e scritta da Omero a Platone, ha riscontrato nei poemi omerici la presenza di un complesso e profondo bagaglio culturale che i rapsodi trasmettevano, tanto da vedere in essi una sorta di « enciclopedia tribale ».10 Il mito in quanto tale, tuttavia, presenta circostanze che esulano dalla narrazione e tradizione epica. Ciò non toglie però che l'epica riproponga modalità proprie alla narrazione miti.ca, come sarà possibile riscontrare in una parte del presente lavoro dedicata all'analisi di alcuni passi omerici. omericoa Demeter,è possibile affermare che Ritornando all'11111D • Per « messaggio » è chiaro che si deve intendere ciò che il mito « comunica »: cfr. C. LtvI-STRAuss, L, m11I h ttdl, Paria 1964, trad. it. di A. Bonomi, Il milio , il tollo, Milano 1966 (secondo cui si cita), p. 265; A. J. GRBIMAS, in L'a,,aly11 11rt«l11rahdli ridi, in « Communications », VIII (1966), trad. it. di L. Del Grosso Dep,r """ /#orla thl/'ml,rpr,taz.ioM thl rattonlo •ilito, in strieri e P. Fabbri, E/#111111/i L'tl1llllisithl ra,tonlo, Milano 1969, pp. 45-95, pp. 52 sgg. CTr. anche gli studi di A. M. Ciresc, per un approccio strutturale e semiologico dei « Proverbi »: Primi annolaz.ionip,r """ a,,aliJi slnlthlra/, thi pnw,rbi, Appunti del corso tenuto dal prof. A. M. Circse, Università di Cagliari, A.A. 1968-69; I Pro111rbi: slnlll11rad,/11thfinit,ioni,in « Centro internazionale di Semiotica e di Linguistica ~ Documenti di Lavoro e Prepubblicazioni », Università di Urbino, XIl (1972), s. D, pp. 1-19, pp. 1-2. • L,s jorm,s illmmlair11d, la ,;, r,ligiou,: I, sysù1111 loll111ÌIJIII III Àllllrali,, Paris 1912, trad. it. di E. Navarra, L, for11111/,111111lari d,lla 11ilanligiosa: il 1i1l1111a loll•ito in Aralralia, Roma 1973 (secondo cui si cità), p. 417. 10 Pr,fat1 lo Plato, Cambridge, Mass. 1963, pp. 173-74; cfr. chap. IV passim; cfr. la mia recensione alla trad. it. in « BIFG », I (1974), pp. 238-43. CTr. anche W. J. ONG, Tb, Pn1111t1 of tb, Word, New Haven 1967, trad. it. di Rosanna Zelocchi, La pr,smz.a d,lla parola, Bologna 1970 (secondo cui si cita), pp. 37-38.

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nel corso della lettura del testo sono stati rilevati degli elementi che in certo modo concorrono a formare la struttura portanti della narrazione mitica. Tale « struttura », riscontrabile nelle varianti e in narrazioni parallele, permette di individuare un « sistema », la cui funzione è di organizzare la comunicazione dei « messaggi ». È evidente, a questo punto, che l'analisi conduce ad uno smembramento del mito, il quale si presenta in una forma « chiusa » ed « assoluta », di per sé esaustiva; ed è altrettanto chiaro che, per quanto si approfondisca l'analisi e si sommino elementi ad elementi, come afferma il Bergson, con essa sarà possibile accostarsi sempre più all'originale, senza tuttavia mai ricostituirlo nella sua «assoluta» totalità. 11 Ciò non toglie che l'analisi sia necessaria ed indispensabile per rendere manifesto il « contenuto », altrimenti incomprensibile, se non per chi « crede ». Infatti, in quanto il mito si offre come hieròslogos,ed essendo il « Problema del significato » il più importante campo d'applicazione per la1 fede,11 è evidente che nel mito, complementare al, e attualizzato nel rito, il credente coglie il « significato ». È però altrettanto vero che il « significato còlto dal credente », equivale morfologicamente al « contenuto manifesto » del sogno còlto dal sognatore. Come quindi il compito dello psirnoaHsta consiste nel far emergere i « contenuti latenti » espressi simbolicamente a livello onirico, compito dell'analisi dei miti è di dare « corpo » ai significati soggiacenti alla « simbologia manifesta » dei miti. Lo stesso Uvi-Strauss, nonostante le riserve e le preoccupazioni che in lui suscita la psicaoaHsi,11 ha riconosciuto in questo senso il merito della tecnica psicaoalitica. 14 Ciò vale se al « sacro » si attribuisce il valore di « nozione sintetica » tendente a risolvere l'opposizione tra la condizione astratta dell'uomo e la sua realtà individuale, sintesi che non può che risolversi simbolicamente, 11 nonostante gli sforzi di ogni professione religiosa per dare concretezza a tale sintesi. In questa prospettiva u I,rtrodM&lion ti '4 mllaphyidtpl,, in La p,,ul, 1I I, m011111111I, Paris, 1934, pp. 1772Z7, trad. it. a cura di V. Mathicu, I,r~ÌO## a/'4 m,tafiriça, Bari 1963, pp. 42-43. 11

Cfr. C. GEBaTZ,La r,ligio,,, '°""sisllma ttdhtra/,, in La nligio,u oggi, Milano

1972, pp. 9-61, p. 40; cfr. LÉVI-STRAuss,Il pmsùro s,/r,aggi4,cit., p. 242. 11 Cfr. LI n,rçiff' 11sa magi,, in « Lea Temps Modemes », XLI (1941), pp. 385-

406, pp. 404-05. u Il pmsùro s,/r,aggi4,cit., pp. Z74-7S. 1 1 e&. ÙZENEUVE, Sodologi,dli rill, cit., pp. 35, 310 e passim.

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analitica, il mito si colloca come « espressione simbolica »,11 il cui sostrato è la « condizione » del contesto sociale a cui il mito appartiene. L'analisi dell'Inno omeri&o a Demeter ha permesso di rilevare come esso si presenti strutturato sulla base di un'opposizione binaria fondamentale, di tipo classematico,17 111ortale/i111111ortale, come è possibile leggere sin dal v. 11 dell'inno: ci&a.vcx-rot1totv µe 8ml 8éacxv·ot&t 3' èccLvn/ w>m xatl ~V WXfft xatfhipci~· / ffll7t(l)V e~ !erro xatffO'n.XOV6pyw 4YJOi:iç/ XYJp6crcr6>V y>.c:>aa71ç 611-µ.«v Mp&>1t(l)V/ ~x.ouaev cp(l)Vljc;, oM' cxy>..0t6x.0tp1tot ~atLOtt ....

Il messaggio, all'interno del codice orale-aurale, è emesso,ma non raçço/to(manca cioè dell'« auralità »): né da un dio né da un uomo e neppure dalle « Elaiai bei frutti », cioè neppure da un « qualcuno » appartenente alla natura vegetale, dominante ed BIANCHI, Saggttt,a o/i111piu,p. 162. A Eleusi ai celebrava la ierogamia del cielo e della terra. CTr. NILSsoN, GgR, l', p. 460. Per il tema di tale ierogamia cfr. HES. Tblog. 45, 106, 126-27; in generale D11mucH, D1alb, p. 159. 1t RlCHAllDSON, D11111tw, p. 146 11 Coal BIANCHI, Saggttta olilllpiu, p. 162. 11

ad""·

-13

-

esclusiva del regime alimentare vigente all'interno dell'inno. Le «presenze» cosmiche sono sostituite da una totale « assenza »,n che però è tale solo per un livello semantico: la presa di coscienza, in chiave orale-aurale, dell'avvenuto rapimento. Infatti i vv. 3235 e 38-39 presentano un capovolgimento della situazione appena analizzata: ora il kosmosnella sua totalità si rivela come« oggetto» e « soggetto passivo » rispettivamente « ottico » e « orale-aurale »: Àe:uaae(v. 34) ed ~XY)G.otòc; ul6c;,/ xoÒp")t;xex).oiuv,ic; poxp~3&:!J.VOc;, / 'Hé>.,6c;-re:!'Yot~'Tm:pCovoc; notttpot Kpov(3"lv• •••

11

BIANCHI. S~t,a

olilllpiea,p. 163.

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Il verbo !r:ev(v. 25), assieme alla successione cli segno opposto ai vv. 22-23, nel contesto dei vv. 20-27, presenta una duplicità funzionale. In primo luogo disgi1111g1 l'insieme « immortale-mortale-natura vegetale », che è a sua volta congi1111to attomo al nucleo espresso da « né ... né ... udl la voce, né » . .. où8é ... où8è..• / ~xouaevcpvrjv liv&p6>7tV

el µ~ ... / !tev ... 'Ex&:ni / 1 HéÀL6~ ff ... (vv. 23-24)

(v. 23)

-Pjxouaev cpvij~, où8' lr(À«6x«pffl>LlÀ«LIXL

La posizione cli Hekate in questa fase dell'inno (vv. 24-59) (e poi al v. 438, in cui partecipa alla gioia delle due dee ritrovatesi) è stata a lungo messa in cliscussione.H Ella 111 in primo luogo 16 Alcuni banno addirittun voluto considerare spuri i veni in cui Hebte compare. ovvero il risultato di una fusione di diverse vcnioni dell'inno: e&. V. PUNTONI,L'UIIIO0111,rùo a Dl1#1lra, Livomo 1896, pp. 5, 8, e paslia; RicHAII.DSON, D,,.,1,r, pp. 156-57.

-16-

« ode dal profondo della sua caverna» (v. 25), l'invocazione di Kore. La precisazione « dal suo antro » connota già Hekate

come entità ctonia.18 La successiva comparsa della dea si attua ai vv. 51-58, nei quali è narrato il suo incontro con Demeter, dieci giorni dopo l'inizio delle plafllJidi quest'ultima per ritrovare la figlia. Dalla lettura di tali passi emerge un'evidente congruenza Demeter = Hekate, delineata nel seguente schema: (v. 25)

... Hekate / ... / dal suo antro udl ...

... l'ucll la madre signora (v. 39)

(vv. 47-48) ... la signora Deò, con nelle mani / ardenti fiaccole ...

Hekate con una face alla mano ... (v. 52)

>< t

(vv. 60-61)

J

... con lei subito corse, nelle mani / stringendo le ardenti fiaccole ... (v. 25) tltev ~ mpou ·Ex&.-ni ..•

(v. 39)

... njç !KÀue:1t6't'VL0t IL~'"lP

>v6pxoç citJ,SlÀLx-rov ~òç Gap / cl&«v0t't'6v xév TOLxtd &nata« TLIJ,1)V' / cly"ipatov~IJ,0t't'0t 1t«VT0t / 1t0ti:80t tplÀov1tol7Ja0txatl ltp<OV vuv 3' oùx la&' &ç xcv 8-«Vat't'OV xatl xljp«ç ci),,uçatL.

A Demophoon sarà però mantenuta la aphthitostimé (v. 263), in quanto era stato sulle ginocchia di Demeter. Questi versi succe• e&. l'edizione dcli' Alleo (Oxford 19461), che accoglie il aupplemeoto di G. H1nu,ANN,Ho1111ri h.,111ni 11 1pigra111111ata, Lcipzig 1806; e&. lùCHAllDSON,D,.,ln', pp. 66. '137 ad I«.

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dono ad una sequenza « gestuale », nel corso della quale Demeter, ii:ata, toglie dal fuoco il fanciullo e lo pone a teo:a.18 La mancata immortalazione di Demophoon, in certo modo, corrisponde ad una morte d, ja&to,"'e del resto in una versione «orfica» del mito, in cui Metaneira è sostituita da Baubo, 116 Demophoon è ucciso dalla dea,1111come conseguenza del fatto che Baubo « ... la sorprende di notte attraverso la porta ... ».117 In Apd. I 5.1-2, Demophoon è « consumato » 'dalfuoco, come conseguenza dell'intervento di Praxithea. La versione di Igino Uab. 147) offre a sua volta un quadro diverso: in essa infatti è il padre, per colpa del quale si interrompe il trattamento, che viene ucciso dalla dea: Ctn11Ctres 111111ml/et in igmm mitttre, pattr expallit. /Ila

irata E/e11Si1111111 exanimallit•..118 Nel suo trattato S11 lsid, e Osiride(15-17 = Mora/. 357 C-E) Plutarco ci narra qualcosa di molto affine: Nel corso della sua peregrinazione alla ricerca di Osiris, Isis giunse a Biblo, ove la regina la volle come nutrice del principino. Lo nutriva mettendogli in bocca la punta del dito invece della mammella, e di notte bruciava la parte mortale del suo corpo. Poi trasformatasi in rondine, volava attorno alla colonna che sosteneva il tetto della casa del re di Biblo (nella colonna era racchiuso il corpo di Osiris), gemendo in continuazione. Ad un tratto fu però interrotta dalla regina che avendo osservato quanto accadeva, lanciò un grido, quando vide il fanciullo che veniva bruciato, e cosi lo privò dell'immortalità. La dea a questo punto si rivelò, e chiese come ricompensa la colonna che soste-

a e&. RxcHAaoSON, D,111,llr,p. 232; B. NYBBllG, Kind ,w/ Ertk, Helsingfors

1931, pp. 117-18 sgg.

ar.

pp. 201 sgg . .. e&. BIANCHI, Sagg,z_taoli111piu,pp. 175-76: se l'immortalazione ai fosse verificata, sarebbe rimasta in un « contesto oli111pùo e non in uno 111ismiço », in Saggio,pp. 164altri termini si sarebbe trattato di un trasferimento: e&. SABBATUCCI, 65; BRBLICH, Eroi, p. 304. " Pare che Baubo anche in Sicilia partecipasse del rituale demctriaco: e&. E. WCBllI, Clllti , 111itiMIia storia tUIJ'anliu Sidlia, Catania 1911, pp. 198-99, • KuN, Orpb. frg. 49. 99-101. " lbidnr. 89-90 sg. 11 Presso una popolazione Zulb si incontra il coetume di sotterrare il fanciullo sino al collo, dopo di che i genitori devono allontanarsi per un certo tratto: in questa circostanza la madre non deve voltarsi a guardare il figlio, altrimenti egli sarebbe perseguitato dalla sfortuna. Qualora si verifichi la condizione per cui la madre si volge a guardare il figlio, l'azione magica non subisce tuttavia alcuna interruzione: NnBaG, Kind ,w/ ErtU, cit., p. 147.

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neva il tetto. Liberatala dalle fronde d'erica, l'avvolse in un velo di lino, e untala, l'affidò alle cure del re. Indi gettatasi sull'urna, cominciò a levare alti gemiti, cosl che il più giovane dei figli del re ne mori. Prese quindi il più anziano con sé, e posta l'urna su di un battello, salpò ... La dea apri la bara e abbracciò Osiris e intanto piangeva. Il fanciullo si fece avanti in silenzio sin dietro le spalle della dea e ne scopri il segreto. Ella accortasene, si voltò, e sotto lo stimolo dell'ira lo guardò in maniera torva e terribile. Il fanciullo non tollerò tale spavento e mori. Altri invece dicono che mori perché cadde in mare ...

Le analogie di questo mito col ciclo demetriaco sono state messe in evidenza a tal punto, a partire dagli stessi antichi,119 che non è il caso di insistervi. Piuttosto, per lo scopo del presente lavoro, all'interno della generale affinità che lega il ciclo isiaco a quello demetriaco, interessa rilevare come, nella narrazione plutarchea, entrambi i casi di morte dei principini siano legati alla violazione di un divieto espresso in codice ottico. Nel primo caso la morte del principino segue un percorso « complesso»; infatti essa avviene in due tempi: a) all'urlo della madre che ha visto segue la sola privazione dell'immortalità; b) all'urlo di Isis segue la morte. 70 Il processo che conduce alla morte del fanciullo nell'episodio mitico narrato da Plutarco, trova totale attinenza nell'episodio di Demophoon, soprattutto se la narrazione dell'inno omerico è integrata con quella del frammento « orfico » già ricordato. La successione seguente (si tratta di un'evidente specializzazione di « B »), permettendo di considerare come integranti le narrazioni, 71 dimostra come la morte del fanciullo sia il risultato di una ttaiettoria circolare tra vita e morte, tra le quali la mediazione spetta al fanciullo: 71

q Vederedi nascosto il figlio nel fuoco > > urlo della madre -+ interruzione del processo di immortalazionc > > humipositio- morte del fanciullo. • Per es. cfr. HoT. Il. S9; cfr. GsRNBT-BoULANGBR, Glnu, pp. 361 agg.; Nn.ssoN, GgR, 11, P· 766; n•, pp. 264 agg., 627; taf. 9.2. " Il tcato plutarchco non è chiaro: potrebbe trattarsi di un terzo figlio del re di Biblo. Il fatto però è irrilevante, in quanto la presenza di un terzo figlio non muterebbe il significato del mito. n CTr. A,n. I S.1-2 e n. 66. t1 ar. pp. 169, 188.

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Infatti il termine medio del rapporto «mortale/immortale», nel presente caso, è il fanciullo, il quale si rivela come passaggio obbligato, un « termine connettivo » nella successione delle tre isotopie, costituite dalle fasi: 1) immortalazione, 2) perdita dell'immortalità, 3) morte; nel corso delle quali egli è costantemente l' « oggetto ». Nel secondo caso proposto dalla narrazione plutarchea, il processo è semplificato: il fanciullo « vede » il segreto della dea e « muore »: subisce cioè direttamente la conseguenza di una propria infrazione, come Eleusinus nella versione di Igino. La traiettoria in questo caso si rivela rettilinea: D) Proibizione (implicita/esplicita)~ infrazione di ordine ottico ~ punizione del « soggetto » (per « soggetto » si deve intendere chi ha commesso l'infrazione).

Psyche, nella/ abe/lanarrata da Apuleio, nel corso della prima fase della vicenda, «perde» l'oggetto amato per averlo visto: in altre parole Amor è l' « oggetto » che subisce la conseguenza dell'infrazione di Psyche, «soggetto». Nella seconda fase Psyche subisce direttamente la conseguenza della propria temerariaan-iositas: cade nel «sopore= morte» per avere infranto il divieto di aprire la pyxis. Teiresias, già cieco nell'Odissea(X 492-95), secondo una versione aveva perduto il dono della vista per essersi trovato nella condizione di « vedere tutta nuda » la dea Athena. Sua madre Chariklò allora, benché non potesse restituirgli la vista, lo rese capace di interpretare le voci degli uccelli.78 Il significato « latente » 74 di questo mito traspare dalla narrazione, ed è velatamente espresso ai vv. 100-02 del quinto inno callimacheo: . . . Kp6vtot 3' &3e Myov-rtv6µ.ot· 6c;:d Ttv' à.&txvcxTCi>V iÀl)Ttxt, 1 6xtx µ.'Ìj&eòc;txÒTÒc; à.&p-fi • .,. A:t>n.m 6.6-7; cfr. CALLIM. Hymn. 5.67-102; per la mantica appresa dagli uccelli cfr. anche SOPH.O,d. R. 398. In rdazione alle altre varianti sull'origine della cecità di Tcircsias, lo stesso Ps.-Apollodoro parla di logoidiapboroi. 71 Si mutua il valore di « latente » dalla terminologia psicanalitica,

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Un'altra tuttavia pare fosse la versione più antica del mito di Teiresias, attribuita dallo stesso Ps.-Apollodoro alla Mela111-

podia: Teiresias vide un giorno, sul monte Cillene, due serpenti intrecciati nell'atto del coito: li colpi col bastone e si trovò mutato in donna. Rivistili dopo un certo tempo li colpi un'altra volta e si ritrovò uomo. Zeus ed Hera si trovarono un giorno a discutere sui piaceri del commercio sessuale: l'uno affermava che nel corso del coito era la donna a provare il maggior piacere; l'altra che era l'uomo. Poiché Teiresias aveva partecipato di entrambe le nature, decisero di rivolgersi a lui. Ma la risposta di Teiresias irritò Hera, in quanto egli aveva confermato l'opinione di Zeus, e cosi la dea lo rese cieco. Zeus allora gli diede il dono della prof czia. 711

Anche in questa variante è possibile rintracciare la presenza della successione « D ». Infatti, se da un lato la disputa « Zeus /Hera » appare occasionale, l'ira di Hera, d'altro canto, rivela la presenza dcll' « antagonista », secondo gli schemi più elementari delle narrazioni mitiche e favolistiche.78 Se in Hera, dunque, è possibile individuare l' « antagonista », resta il problema dell'individuazione della colpadi cui Teiresias si è macchiato: altra non può essere che l'aver visto il coito dei due serpenti (l'averli colpiti è consequenziale). È possibile che i due ofidi rappresentassero la coppia divina, quale risultato della sovrapposizione di narrazioni diverse: infatti Zeus in forma di serpente si unl alla figlia Persephone, secondo un mito «orfico» (Clem. Alex. Protr. II 16.1). Altre narrazioni inoltre, riferiscono l'unione primordiale di Ophion ed Eurynome (Schol. a Lykophr. Alex. 1192; Athen. XIV 45.639-40; Ap. Rh. I 496-505). Appare quindi plausibile considerare del tipo « D » anche questa variante, in quanto Teiresias paga direttamente per una propria colpa ottica. In tale contesto appare carica di significato la figura di Askalaphos, che « coglie » con la vista, uidit dice Ovidio (Met. V 539), 71 APD. III 6-7 = HES.Jrg.275 (MERKELBACH-WBST); cfr. LYKOPHR.Allx. 682 sgg. CTr.BusLEPP,art. T1ir11ill1,in RoscHBR, Llxi&o11,V, coli. 178-207. " Non si entra in merito alla problematica relativa al rapporto «mito/fiaba», sul quale molto si è scritto: di recente cfr. C. Ltv1-STRAuss,La str11ll11ra,la for111a, in PRoPP, La 111orfologill MIiafiaba, cit., pp. 165-99. CTr. anche BRELICH, Eroi, p. 68; In., Probll111i,pp. 336-37.

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l'involontaria intetruzione del digiuno da parte di Kore, la quale si ciba, ovvero è costretta ad ingoiare, secondo le diverse versioni, i chicchi di melagrana. Ma l'infrazione ottica di Askalaphos acquista più intensi valori cromatici nel momento in cui diviene una « delazione » del cibo consumato da Kore, e di questo, più che dell'infrazione ottica, egli deve subire le conseguenze, laddove la « delazione » si rivela conseguente del « vedere ». È evidente a questo punto che la pena che Askalaphos deve subire adombra la sua morte, sia che secondo la variante apollodorca, Demeter, imta con lui, lo schiacci in Hades sotto il peso di un'enorme roccia (I 5.3), sia che secondo la versione ovidiaoa sia trasformato in lurido volatile (Met. V 543-50). Ci si sofferma ora su due versioni di due diversi miti, quello di Oidipus e quello di Pentheus, nella struttura narrativa dei quali la «cecità» di Teiresias, in chiam funzione emblematica, risulta polare alle, e nel contempo connettiva delle vicende." Il mito di Oidipus, cosi come è narrato da Sofocle nel suo Edipo Re e poi nell'Edipo.a Colono,appare strutturato essenzialmente sulla base di un codice ottico, che anche lessicalmente permette di avvertire la presenza dell'opposizione «vista/cecità», costituente una vera e propria « categoria semica ».78 Il prezzo che gli « attori-soggetto » debbono pagare per avere la « conoscenza » è la cecità nel caso di Oidipus e la motte nel caso di Iokaste, 79 che d'altro canto è la « conseguenza della colpa» di Oidipus. Om, il messaggio in virtù del quale Oidipus « conosce » l'origine sua e il motivo della «colpa», è comunicato dal Therapon per via orale-aumle, cioè è espresso in un codice diverso da quello in cui sfocerà l'epilogo della vicenda: vv. 1169-79: THBRAP.Ahimé, è tremendo quello che sto per dire. 0IDIP.

E per mc da lldire; ma devo sap,re. (trad. di S. Quasimodo; il corsivo è mio).

" C&. GREDIAS, Ela,1t11ip,r 1111a llf>NII,cit., pp. 77-78. Cfr. anche Blll!LICH, Eroi, pp. 68, 73, per il « criterio della frequenza •· ,. C&. GUIKAs, S11#t1111ita, pp. 103-04. ,. SoPH, 0,d. R. 1060-61, 1C177, 1141-%, 1235; cfr. però Eua. Pbom. 1455-59, che fa vivere lobate. C&. anche l'autoaccccamcnto di Oidipus, SOPH. O,d. R. 126674 (cfr. 1368). e&. APn. m 5.8-9.

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L'episodio si chiude con le parole di Oidipus, che, confermando la « cecità » come prezzo della « conoscenza », rivelano anche come quest'ultima abbia un sostrato che indubbiamente si connota sociologicamente:

vv. 1182-85: OIDIP.

Ahimé, ahimél Ora tutto è chiaro. O luce, ch'io ti veda per l'ultima volta, io che sono nato da chi non dovevo nascere, io che mi sono unito con chi non dovevo unirmi, io che ho ucciso chi non dovevo uccidere. (trad. di S. Quasimodo).

Da un lato infatti egli ha ottenuto il « potere » attraverso una serie di « prove » (il combattimento con Laios e con la Sphinx), che lo hanno condotto al matrimonio con la principessa; 80 dall'altro si pone il problema dell'incesto e del matrimonio endogamico (qui individuato nel caso particolare dell'unione di madre e figlio), i quali, costituendo la donna un bene circolante, vengono aborriti dalla società, esponendo cosi chi commette l'incesto al vilipendio del gmppo. 81 La seconda antistrofe del quarto stasimo dell'Edipo Re, presenta appunto l'incestuoso in tale condizione di biasimo da parte della compagine sociale:

vv. 1213-20: Ma il tempo che tutto vede, o Edipo che ignoravi, ti scopre e ti condanna come sposo della madre. O figlio di I.aio, non t'avessi mai visto, mai visto I Immenso è il mio dolore, altissimo il mio grido di lamento. (trad. di S. Quasimodo).

" Cfr. Marie DELcoua.T, O,dip, O# la llg,,u/ldMtoflf/llirt111I, Paria 1944, pp. lS. sgg. 11 Sulla proibizione dell'incesto cfr. Dncoua.T, Oldip,, cit., pp. 191 sgg., Sull'origine sociale della proibizione dcll'inc:eato e&. Lm-SnAuss, L, 11r1111,n,,,__ tari dli/a pam,ula, cit., p. 60.

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Dal presente passo è possibile rilevare come la « colpa » cli cui si è macchiato Oidipus si concretizzi nella condanna da parte del Coro, articolata su due diversi livelli, espressi entrambi in codice ottico. Il livello più elevato si concretizza nell'impersonale giustizia del Chronos,il Tempo « che tutto vede». Il livello inferiore invece ha la propria concreta realizzazione nel Coro dei vecchi tebani, emblema del « gruppo » che condanna emotivamente il colpevole Oidipus, attraverso un'espressione sintattica che manifesta l'irrealtà del « non t'avessi mai visto ». Ma se la giustizia del Chronosnon ha bisogno che dell'assunzione ottica dei fatti, l'emotiva condanna del «gruppo» necessita cli un avallo del « non visto » ipotizzato, equivalente ad un « già visto » condannabile, che si esprime in codice orale-aurale con il « lamento».• Nel corso dell'analisi dell'Edipo Re si riscontra come la figura di Teiresias, in questo contesto, appaia polare rispetto a quella cli Oidipus. 88 Teiresias infatti è cieco, ma è Oidipus che non vede in se stesso la cecità, che non vede il male in cui è caduto, mentre l'indovino, nonostante sia typhlos,conosce i contorni della ty,he che si accanisce contro Oidipus. Un semplice schema permette di individuare, nella prima fase del dramma, l'antiteticità delle due figure: E) cecità fisica (Teiresias)

«conoscenza» extrafisica (Teiresias) c

a

[

]

d «cecità» extrafisica (Oidipus)

b capacità ottica (Oidipus)

Alla fine della vicenda però « a » e « c » prevalgono rispettivamente su « b » e « d », tanto è vero che non si incontra più la figura dell'indovino, laddove di Oidipus nella tradizione greca si incontra un oracolo.84 Del resto, già nella profezia di Tei-

• ar. anche R. P. WINNINGTON-lNGRAM, Th, « 01dip111TyrlllllllU» ""' Gnd: Artbait TbOllgbt,in 7.,,,,,;,11,Cmhlry lntwpr,tations o/ « O,dip,u Rlx », ed. by M. J. O' BR.IEN,Bnglewood Cliffs, N. J. 1968, pp. 81-89, p. 82. 11 SoPH. O,d. R. 337-38, 366-67, 370-71, 412-19 .

.. ar.

t2S.

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resias (vv. 4~56) si rileva come la cecità morale di Oidipus si trasformi in fisica, con la conseguente scomparsa dell'indovino dalla scena: vv. 4~56: Quest'uomo sarà cieco e mendicante, cd ora vede cd è ricco, e vagherà, cercando la via col bastone sopra terra straniera. (trad. di S. Quasimodo).

Quanto esposto sino a questo punto ripropone, sotto un articolantesi in diverso profilo, l'opposizione athanatos/tbnetos, questo caso, al livello della « conoscenza ». Il Chronos« che tutto vede », e che nel dramma sofocleo ipostatizza il « divino », presenta una « conoscenza » visiva peculiare della divinità, come Helios nell'inno omerico e nell'Iliade (III 277), laddove la conoscenza mantica di Teiresias nell'Edipo Re e poi di Oidipus ncl1'Edipo a Colono,è chiaramente di tipo oracolare e magico - si pensi al già ricordato oracolo di quest'ultimo - e si manifesta essenzialmente in chiave orale-aurale, come è proprio delle entità oracolari. 81 Una tematica apparentata al modello proposto dal dramma sofocleo, ci è offerta dalle Ba&tantidi Euripide. Nell'ultima parte del dramma il dialogo « Dionysos fPentheus » è tutto articolato sulla base di una progressiva alterazione delle capacità ottiche di Pentheus. 81 Il passaggio avviene per gradi: dalla « volontà di vedere » le Baccanti riunite, nonostante che per il « razionale » Pentheus questo possa essere una sofferenza,87 alla progressiva metamorfosi dello stesso Pentheus, che abbandona gli abiti virili per indossare costumi femminili,88 i quali in precedenza erano stati oggetto di derisione da parte sua nei confronti di Dionysos, 89 sino alla condanna proferita dal dio, esplicita accusa mossa a Pentheus di « voler vedere ciò che non si deve, e fare quel che non s'ha da fare» (vv. 912-13). La «follia» di Pentheus si era 16

R.

18

ar . .MASSENZIO,

Pm-rAZZONI,

L'o,o,iimtt/J di Dio, Torino 1955, pp. 8-10. Ctdhlra I trùi P,,•tJl#IIII, cit., pp. 79 agg.

" BUll. Battb. 810, 814-16, 829. • /1,id., 821-22, 828 e pas1i111, 915 sg. • /1,id., 453-59.

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però già manifi:stata in precedenza, sia nell'incontro con Teircsias (vv. 357-69), ove l'indovino non ha bisogno di divinare, ma si limita a constatare i fatti, sia nel primo «incontro/scontro» con Dionysos (vv. 506 sgg.), alla fine del quale Pentheus ha già perso ogni contatto con la realtà, quando confonde Dionysos con un toro che si trovava alla greppia. 90 La deformazione della percezione ottica, che investe Pentheus, è proporzionale al suo smarrirsi nella sfera del dio, sino al completo annullamento psichico che si esprime in una serie di formulazioni in codice ottico: vv. 918-22: PENTH. Vedo due soli ... o mi pare? - due soli e due città di Tebe con la sua rocca ciascuna e le sue sette porte ... e tu cammini avanti a me in forma di toro ... è quel ch'io aedo di vedere, e sopra il capo è come se ti fossero nate le corna ... Eri già una fiera? Perché ora, è sicuro, sci un toro I (trad. di C. Diano).

L'espressione di Dionysos, due versi più sotto (v. 924), « ... e quello che tu vedi, è quel che appunto /devi vedere », puntualizza l'articolarsi del codice ottico, che informa questa fase del dramma. L'epilogo della vicenda ha il suo ,limax nella morte di Pentheus, che chiaramente si presenta come supplizio (vv. 1079 sgg.)~ Ma anche Agaue si trova in una condizione parallela: la differenza consiste nel fatto che ella non è colpita direttamente, per aver rifiutato la divinità del concepimento di Dionysos, 111 ma indirettamente attraverso il figlio, da lei stessa ucciso. 111 Anche nel dramma euripideo la figura di Teiresias si trova ad essere morfologicamente opposta a quella di Pentheus. La situazione ioizia1e corrisponde a quella dell'Edipo Re di Sofocle: Tei" lbid., 617 sgg. La presenza del toro è però un elemento di ordine cultuale, in quanto Dionysos aveva una stretta attinenza con il toro: cfr. l'invocazione delle donne d'Elide, tramandata da PLVT. D, li. 11 Os. 35 = Moro/. 364 F; A,1. gr. 36 = Mt1rol.299 B; cfr. NILSSON, GgR, 11, p. 571; JBANMAIRE, Dioni10,cit., pp. 43-44. Per l'antitesi «reale/irreale» cfr. l'analisi dcli' Em euripidca alle pp. 10-12. 11 EUJ\. B«tb. 26 sgg. " lbid., 1114 sgg.

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resias è « cieco », nondimeno è in grado di delineare una teologia dd nuovo dio; 98 Pentheus «vede», ma è« insensato ».94 La fase finale, in cui si perviene prima ad un'alterazione ottica in Pentheus, e poi alla sua morte, nonostante la metamorfosi morfologica subita dal nipote di Kadmos, lascia il sospetto che, nel caso di Pentheus, la valenza « antiteticità/identità », riscontrata in precedenza nelle figure di Teiresias e di Oidipus, non trovi una totale rispondenza, per quanto anche in Euripide Teiresias scompaia dalla scena dopo il v. 369: cioè, applicando anche nd caso delle Battantilo schema « E », si ha il sospetto che non si verifichi il prevalere totale di « c » su « d ». Per quanto concerne invece l' « identità » Oidipus Teiresias, se ne rileva una conferma morfologica nell'Edipo a Colono,in cui Oidipus si trova nelle stesse condizioni dell'indovino. Infatti il vecchio re si rivolge al suo ospite, affermando che egli può aiutare Theseus, in quanto, nonostante la sua cecità, dice: « Ho le parole mie tutte veggenti» (v. 74). La cecità, « l'aberrante cecità» (v. 202), è com/iliosinefJtkZnondi una conoscenza superiore, per mezzo della quale Oidipus sa che la morte gli si appressa (vv. 1472-75). Soprattutto egli è in grado di vaticinare il futuro a Theseus (vv. 1518 sgg.). Con la cecità fisica egli ha ottenuto di «conoscere» i disegni degli dei, come Teiresias: 11

=

vv. 1511-12: Gli stessi dei mi sono araldi, vedi: ché dei disegni prefissi non mi frodano. (ttad. di Giuseppina Lombardo Radice). Nondimeno, come si è già rilevato, questa di Oidipus, quella di Teiresias, si connotano come « conoscenza » oracolare e non lbid., 200-09, 266-327. " Ibid., 358 sgg.; cfr. l'analisi del Brclich, Eroi, p. 2'i5. ll motivo del cieco 11

che «sa», si incontra anche in un mito sudanese: cfr. Pm-rAZZONI, Miti, Llgg,,,t/1, I, cit., p. 278. La c:cciti fisica fnaliuan. alla conoscenza suprema costituisce un motivo alquanto diffuso: cosi per es. presso i mistici islamici: AL-HAu.!G, QtUiM II 11 : d'ml ~ ... , « Cieco, io vedo ... », tratto da L, dJ111tln d' AI-Hal/4j, éd., traci. et annoté par L MAssIGNON, nouv. éd. Paris 1955, pp. 15-18. ar. anche C. DIANo, U,,,, p,r 1111/Jfmo111mo1"gia Mll'ar", Vicenza 19689, p. 59. • Cb. al riguardo l'interprctuione del Kcrényi, E"1uis, cit., pp. 84-85, che cala l'episodio analinato dcli' Edipoa CoJo.o,nel contesto del rituale eleusino.

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rientrano nella sfera della conoscenza divina, esseozia)meo.te visiva. L'oracolo, e con esso l'indovino, si pone come mediatore tra l'uomo e dio, « traducendo » letteralmente, e cioè esprimendo per via orale la peculiare conoscenza ottica delle entità divine. In questa dimensione si colloca pure Theonoe nella Elena di Euripide (vv. 13-14). Nel corso dell'episodio relativo alla mancata immortalazione di Demophoon," l'inno omerico usa nel caso di Metaneira un'espressione, che l'autore aveva già provveduto a rendere metaforica, con una determinazione di carattere limitante: v. 246 « ... fu colta da una profonda cecità morale », Ua-8-rj µ&y. Ma nell'apostrofe successiva di Demeter la metafora non è più cosi evidente: vv. 256-58: Oh, uomini ignoranti e sem:a senno che non riconoscete né del bene né del male la parte che vi viene incontro; e tu, per tua stolidità, un grande danno ti sei procurata. N~t3e:c;&.v8-pc.moL xatl. cicppcx.3µ.ove:c; oG-r' ciy0t8-oi:o/ 0t?a0tvl,;e:px_oµ.évou y«p cicpp0t8(7JCJL -n:jjc;~X&CJ'TOV cicx.a8-r)c;. ,;poyv6>µ.&V0tL oG-n:Xatxoi:o·/ xatl.ero

L'uso di néidese di adsthes,rispettivamente all'inizio ed alla fine dei tre versi considerati, 97 chiude circolarmente il contenuto di detti versi in una dimensione ottica, la cui metafora sfuma nel concreto « non-vedere ».118 Metaoeira si trova quindi, in certo senso, per lo meno momentaneamente e sia pure metaforicamente, nella condizione di« cecità», conseguente all'infrazione di un diCTr.sopra, in calce a « B ». L'espressione « ... che non riconoscete né del bene/ n~ del male la parte che vi viene /incontro .•. » (vv. 256-57), si colloca come «conseguenza» del « nonvedere » e della «stoltezza». Cfr. l'uso di d«6>in //. IX 116 = 119. " vii"= V1J+ yii-: CTr. F1Us1t, Gru,bistbls E1y1110/agis,be1 Worlwb"'b, cit., s.v. vii" « ... eine Univerbierung aus $,n foi&t mit der idg. Satznegation 111 (vgl. V1)-)••• ». ri« (in relazione con all): P. CHANTRAINE,Ditlionnair, lly1110/ogiq,,, de 14langwgr,tlJIII, I, Paria 1968, s.v., intende il termine con il valore di «mancanza», «cecità» di ordine morale. J. Pox:oR.NT,lnd1Jg1r111ani1,b,s ElptlO!Dgis,blsWort1rbt«b, Bem und MOnchen 1959, p. 1108, a.v. 1J4-, •••: « achlagen, verwundcn »; FIUSJt, op. til., s.v.: « achaden, verletzen ». 11

17

37 -

vieto ottico (il fatto che tale cecità sia connotata come metafora, dimostra come essa fosse irrilevante nel contesto dell'inno). Anche nell'Inno omerifoa Demetersi prospetta dunque una duplice situazione conseguente ad un'infrazione in codice ottico: a) punizione « indiretta » attraverso Demophoon che perde l'immortalità (/mmipositio- morte); b) punizione «diretta» nella « cecità» metaforica di Metaneira. In questo sistema però, rispetto alle altre narrazioni già analizzate, si riscontra una variante: infatti le due formulazioni a e b, che condmsa111) .. il contenuto dei vv. 24562, rivelano di possedere lo stesso « causante », rilevabile nell'infrazione di Metaneira. Lo stemma seguente esemplifica il sistema: tallJllllfl

(vv. 243-45)

... se Metaneiraben cinta / una notte spiando clalla stanza / odorosa notata non l'avesse / ...

I

tallJlllo

(V. 246)

+

t

262) (Dcmophoon) ma non può sfuggire adesso la morte / e ile sue hr,s ... tallJalo

(Metancira)

... fu colta da una profonda cecità morale.

( v.

Ora, ad un esame parallelo delle narrazioni considerate, è possibile rilevare come queste si possano raccogliere in due grandi categorie solo sulla base del tema delle « conseguenze all'infrazione », sulla scorta della seguente tabella:

"

GREIMAS,

S1t1111111i,a, p. 89 e sg.

-

38-

F) PuNlzIONB

Mrn

INPRAZIONE

IASON (ipotesi di infraolli,11 zionc) 01lPHEUS

olli,a

(SosoNI)

(ollita-)orllU-llllrak

« diretta ,.

« .indiretta ))

-

+ + +

-

{IzANAGI)

(Giappone)

otli,a

{PAPAllATAWA)

olli,a

+ +

i>sYCHE

f I ollita

-

{LIBICO-BBllBBllA)

otli,a

Mrro I II

ollita (della madtt) (del principino)

ISIACO

+ +

II otlita

-

+ + + + ...

TBIRESIAS

otlita

0mIPUS

« conoec:cnza»

I~

«ottica» « ruiuto del concepimento divino di Dionysos »

-

otlita (Mctanein.)

+ (10)

olli,a (Baubo) otlita (Praxithca) otti,a (Elcusinua)

-

Mrro

DBMBTIUACO

{VARIANTI

«orfica» Apollodoro Igino)

+

+ + +

-

+ +

-

-(+) -

....+ + (20) + + +

L'unico mito che, come abbiamo già fatto notare, presenta un rapporto sincronico dei due tipi di punizione rispetto ad un'unica infrazione (in quanto ,amanti), è appunto quello tramandatoci dall'l11110 omericoa Demeter,con un parallelo nella variante offerta da Igino. Accanto alla negativitàdel « vedere », l'inno omerico, come si -39-

è già rilevato ma non ancora aoaHzzato, presenta anche una positività, che si rivela efficace qualora al « vedere » si associ l' « udire », si che tra i due si attui un processo di interazione. Ai vv. 25, 57 e 67-68 si legge come ad Hekate e Demeter, rispettivamente, manchi una dimensione ottica della « conoscenza ».100 È stato inoltre evidenziato come con Hekate partecipi del verbo «udire» (v. 25) anche Helios. Parallelamente ad Hekate, che «ode» « dal profondo del suo antro» (v. 25), Helios «ode» mentre « egli sedeva lontano in disparte / dagli dei, per ricevere le belle / offerte degli uomini che muoion / in un tempio da supplici frequentato », ... ò 8è v6aq,tv/ ~ udiree del mostrare> vedere,laddove l' « agito » si presenta come connettivo di entrambi. Nella formulazione « beato chi ha visto ciò », in certo modo si sussume tutta l'esperienza che si è accumulata nell'inno: dalla rivelazione di Helios a Demeter, a quella di Demeter a Metaneira. In questo processo si verifica l'alternarsi di « congiunzione/disgiunzione» tra i classemi «mortale/immortale», sulla base di un codice ottico in costante processo di interazione con uno bioi si contrappongono ai « non vedenti », i quali. come dice Sofocle, nel frammento citato, una volta in Hadcs, godono dei panta lulllà. In Aristofane (Rmr. 454 sgg.), al contrario si propone un'antitesi di ordine strettamente sociologico, in quanto gli iniziati si contrappongono agli xn,oi cd agli idi8tai. Se per gli xn,oi non sussistono problemi in questo caso, per gli idi/Jtaisi pone il problema dell'intcrprcta2ione: sono semplicemente gli «ignoranti», ovvero, come traduce il Van Dacie, si debbono intendere i ((cittadini»? e in quest'ultimo caso di quali cittadini si tratta? forse gli Ateniesi? Non credo sia possibile dare una soluzione in queste pagine. u■ CTr. RxcHAllDSON,D11111m-,p. 310; KEllÉNYI, Elnuis, cit., p. 96. 11t RICHAllDSON, D11111t,r,p. 314. 1• KmlÉNYI, Eumis, p. 47; cfr. KERN, Die griubis,hm Myst,rim, p. 12. 111 CTr. MYLONAS, Elauis, p. 239; NILSSON,Dii Elnuinis,hm Gollhlilnl, cit., p. 602. lii NILSSON, GgR, Il, p. 661. 111CTr. PETrAzzoNI, / Mistlri, cit., p. 53; KERN, Dit grie,bis,hm Mysllrml, cit., p. 3. iu HIPPOL. R,f. 5.8.39-43. CTr. GUTHllIE, Lls Gr1ts Il /nrs dullX, cit., p. 319.

-44-

orale-aurale. La compresenza delle due funzioni genera « congiunzione », l'assenza di una delle due genera « disgiunzione », come nel caso dell'infrazione di Metaneira, caso che si colloca nella serie mitemica riassunta nella tabella « F ». Nondimeno, in certi casi, l'infrazione pare produrre comunque una « congiunzione/relazione»« mortale/immortale»: ad esempio Oidipus e Teiresias acquistano un potere oracolare e mantico in genere, che permette loro di « leggere » i disegni degli dei, i soli che possano fruire di una conoscenza essenzialmente visiva.1115 La congiunzione tuttavia, in questo caso, si rivela « indiretta ». In altri termini, mentre nel tipo di congiunzione diretta il myrte,nel caso dei misteri, risulta contemporaneamente « soggetto » e « oggetto », con preminenza del primo membro della relazione attanziale « soggetto/oggetto »,1111 in quanto la rivelazione del divino è stata spontanea (Demeter, come Isis, è stata sorpresa nell'atto di immortalare Demophoon, ma non nella manifestazione della propria divinità, che invece è stata spontanea), nel tipo di congiunzione indiretta il fruitore è passivo, cioè « oggetto » rispetto al «soggetto» divino, che si manifesta attraverso l'oracolo. La spontaneità dell'epifania, nel primo caso considerato, è quindi condizione perché la « vista » del divino non riesca funesta per il mortale. Si è già incontrato il motivo, sancito da un passo callimacheo (Hymn. V 100-02), secondo il quale i nomoi di Kronos stabiliscono un pesante prezzo per chi veda qualche iddio, contro il suo volere. Colluto, nel suo Rapimentodi E/ma (vv. 121-23),lo ribadisce, quando fa fuggire Paris all'apparire di Hermes. In Gen. 32.31, Giacobbe continua a vivere pur avendo visto Dio. Al contrario, in Exod. 19.21, Mosé deve avvertire il popolo di non guardare verso Dio, pena la morte, e cosl pure in Levit. 16.1-2, deve avvertire Aronne, dopo che i due figli di quest'ultimo sono spirati tentando di accostarsi al Signore, di non fare altrettanto. In//. V 127-28, Diomedes può riconoscere gli dei dagli uomini solo grazie all'intervento di Athena. Lo stesso vale anche presso altre popolazioni, come ad esempio i Dinka del Sudan.117 Cfr. NILSSON, GgR, 11, pp. 169, 758. u, Gll.EIMAS, S1111antw,pp. 212-20. in particolarep. 218; ID., Ek111mtip,r tlOria, cit., p. 74. 11T c.&. aopra n. 57. 111

-45-

lllf(l

Dal quadro generale che si è andato delineando, emerge quindi come ovvia la considerazione che attraverso il codice ottico, si esprime la sanzione di una disgiunzione de j«to tra umano e divino, manifestata in, e accompagnata ad un sistema di comunicazione orale-aurale, che ha funzione epidittica, rispetto al predominante sistema ottico. 118 È quanto si può indurre sia dal passo di Callimaco, in cui è Athena che giustifica « oralmente » la conseguente necessaria cecità di Teiresias, per l'infrazione compiuta, sia dai testi biblici ricordati, ove è Dio che « parla » a Mosé, sia dal passo iliadico, in cui è Athena che « parla » a Diomedes. Tale concezione trova la sua più completa teorizzazione, in cui tuttavia a mio avviso, proprio nell'Inno 0111mma D11111ter, l'uomo che partecipa dei misteri, ha la possibilità di conseguire, in una prospettiva telestica ed escatologica, la beatitudine. È nondimeno da rilevare che « chi ha visto » i santi riti, diviene semplicemente 6/biose non 111akar. Anche quindi a livello lessicale si ripropone ulteriormente la disgiunzione effettiva che contras« deorum est segna i rapporti tra dei e uomini, in quanto 111akar 1 epitheton proprium >>11 , laddove « apud Homerum adiectivum 1-1-rix«p saepissime de dis, raro de hominibus, ~À~tot;saepc de hominibus, numquam de dis dictum invenimus ».JJOLa sanzione a livello lessicale incontra una maggiore puntualità in Esiodo si designano gli e negli inni omerici, ove appunto con 111akar1s 181 dei. Con 6/biosdunque si concretizza il tentativo di rapportare la condizione umana, una volta conseguiti i privilegi che l'iniziazione misterica offre, al makar degli dei.111

Non si incontn tuttavia tale rispondenzain tutti i cui aoaliznti. G. LEJEUNE DIIUCHLBT, D, .,,,,.,_ l#flldl'Ul#U,G~ 1914, p. 8. 111 Ibid., p. 7. w Ibid., p. 7 n. 2. 111 Ibid., pp. 8-10. CTr. LÉVI-Snu.uss, Il pnu;,,offlnggit,, cit., p. 246. 111

19

-46-

CULTURA ED ECONOMIA: OPPOSIZIONE E SOLUZIONE

In queste pagine si inizia a trattare forse il problema più concreto proposto dall'Innoomericoa Demeter.Si è voluto qui mettere in rilievo il sistema culturale sotteso alla narrazione mitica dell'inno, raccogliendo in una prima parte le condizioni culturali adombrate in mitemi paralleli, in modo che fosse possibile evidenziare la presenza di un « atto mediatore », mirante a conciliare il più delle volte o due « sistemi culturali » diversi, ovvero due « gruppi culturali » opposti. Se tuttavia questo, come sarà possibile vedere, è il risultato da conseguire attraverso l'analisi delle narrazioni parallele, per quanto concerne l'inno, al contrario, il quadro da esso prospettato non si rivela all'analisi cosi semplice. Nell'inno si è infatti riscontrata la presenza di due forme di mediazione, entrambe espresse, se cosi si può dire, in codice alimentare. Tali mediazioni nondimeno, quella di Kore tra Olimpo e Inferi da un lato, e dall'altro quella di Demeter tra dei e uomini, si sono rivelate all'analisi, per quanto l'interazione sia evidente, non solo ritmicamente contrapposte, ma anche strutturate secondo schemi più complessi che non le mediazioni evidenziate nella prima sezione di questa parte. L'analisi è condotta sulla base del regime « alimentare » riscontrabile nell'inno, in alcune varianti ed in alcuni mitemi paralleli, il che permette di rilevare appunto anche in questo piano semantico la presenza dell'opposizione «umano/divino», evidenziata nelle pagine precedenti. Tale opposizione traduce la più elementare opposizione di « sistemi » e « gruppi » culturali, diversi e opposti.

-47-

I lL FIORE DELL'INGANNO

Iniziando la lettura dell'inno, si rileva come i vv. 5-8 presentino la figlia di Demeter chrysaorosaglaokarpos(v. 4),1 mentre con le figlie di Okeanos è« intenta a cogliere fiori ... nel morbido prato» (vv. 6-7), «giocando», 1t0t(~ouacxv (v. 5): 1 vv. 6-8: ... mentre sul morbido prato coglieva fiori e rose e croco e belle viole e i gigli ed il giacinto ed il narciso ...

clv&&. -r' «lw~v p63« xatl xp6xov ~3' t« x«Àcx/ >.e,11&>v' etµ.~òv x«l iiyilll8~ ~3' MxLV8ov / v.elpL«,8«u11«taéoe«L,/ v~ (Il. VI 315), mentre i Teucri appaiono ora come -réx-rovetas (ibid.862), 76 che è una sottile allusione alla mixis. A questo punto il « pasto di fiori » offerto al toro dalla raccoglitrice si rivelerebbe come emblematico della soluzione simbiotica dell'opposizione « raccolta/allevamento ».1e · I tre gruppi mitemici sin qui analizzati presentano in conclusione la serie seguente di successioni:

D) HELENE

1) Menelaost) ~;klymenos 2) (Menelaos) Achei/Troiani

a

libertà/schiavitù(= Ellade/«barbarie»)

=

agricoltori / cacciatori (cacciatori) ... /(agricoltori) allevatori ..... / allevatori

E) KREOUSA

r-1 acqua r-t

1) terra

2) Kreousa

r-t



Kreousa

I

Naias/cultura (evoluta)

Apollon

Peneios

r-t

Naias

F)

bovaro

l

EUROPE

1) raccolta/allevamento .-------, mixis (solll%ione). 2) raccolta (alimento vegetale) allevamento ,

Un mito mesopotamico ci viene a questo punto in soccorso. Si tratta del mito del corteggiamento di !nanna da parte di EnPreciso rlfcrimcnto alla mixis invece in Ovm. Fasi. V 615-18. Cfr. la tesi, anche se superata, soprattutto per il processo storicizzante, di L'aratro, la """1,a 111/ mondor,/igioso mulil'"IIIIIO, in « RIL », LXXVI U. PurALOZZA, Httbi , ,,.,.; sl1ldi,Milano 1951, (1942-43), pp. 321-30 in /ùligio,fl 1111dilm't111111mulilm'fll#fl, Venezia 1954, pp. 34, 39. pp. 191-98, p. 193; ID., Elmlo /11M111mino 71 71

=

-

'

6.5 -

kimdu e di Dumuzi.77 In questa muazione Enkimdu è il « contadino divino » e Dumuzi è il « pastore divino ». Entrambi desiderano la mano di Inaooa, giovane fanciulla da marito, e il di lei fratello, il dio solare Utu, che la sorveglia, tenta di favorite il pastore Dumuzi. Tuttavia Joaooa vuole il contadino Eokirodu: Mai mi sposerà il pastore, Mai mi vestirà delle sue stoffe pelose, Mai mi toccherà la sua lana più fine. Me, la vergine avrà il contadino, E soltanto lui, in matrimonio Il contadino che sa coltivare i fagioli, Il contadino che sa coltivare il grano. 7•

Il pastore a questa. scelta si sente offeso, e cosi ha inizio il confronto «pastore/contadino», in cui Dumuzi, ad ogni prodotto della terra trova un suo prodotto equivalente. Nondimeno questa. opposizione binaria « allevamento /agricoltura » trova una soluzione in una possibilità di simbiosi offerta. da Joaooa: Le tue pecore sono libere di pascolare (?) fra le mie stoppie Possono mangiare il grano dei campi di Uruk

Puoi ... diventare mio amico ... Ti porterò grano, ti porterò fagioli ...

Questo episodio mitico, calato nd particolare ambiente mesopotamico, evidenzia la necessità di una coesistenza delle due culture, le quali costituirono le principali risorse dd paese,71 sicuramente " Nella mitopoicei mesopotamica ceiatooo, oltre a quella esposta nel testo, atte due namwoni relative ad una «disputa» « agricoltun/putorizia », in cui la soluzione è ecmprc a vantaggio del primo membro dell'opposizione: cfr. Th. JACOBsmìl',La M,sopolalia, cap. V del volume miscellaneo a cura di H. & H. A. FRANX:FORT,J. A. WILSON, Th. JACOBSEN,W. A. laWIN, Tb, Int,/1,,hllll AJ,,,,,1111'1o/ AMiffll Mt111 . .AJr Essay on Sp,ttdatfH Tbo#gbtin .AMilnl N,ar Bui, Chicago 1947, trad. it. di E. Zolla, La filosofiaprima dli Gr,ti, Torino 19631 (secondo cui si cita), p. 197. " JAcoBsEN, La Muopolalia, cit., pp. 198 sgg.; S.N. KJt.uma.L, riu riag, satrl D1111111ti-lllll1IIII.I, in « RHR », CLXXXI (1972), pp. 121-46; ID., Tbl Satrlll Marriag, Rit,, Indiana University Prcss 1969, pp. 59 agg.; J. B. ParrcHAJU>, Antimt N1ar Eastm, T1xl1, Princeton, N. J. 1969', pp. 41-42. " JACOBSEN,La M1sopota111ia, cit., pp. 197, 200.

a••

-

66-

a partire dal IV millennio,•0 tanto che su di esse i Sumeri fondarono la loro « potenza ».11 L'opposizione delle due culture è rilevabile anche in Gen. 4.2-5, in cui il pastore prototipico Abele è ucciso dall'agricoltore prototipico Caino: in questa vicenda biblica tuttavia, si riscontra un'inversione rispetto all'episodio di Joaooa. La successione seguente può essere di esempio: G)

I

lNANNA

contadino pastore

,-sposa-, J I Joaooa contadino _ Jnaona contadino L.riiiuta//pastore // pastore

ma sulla base dell'equivalenza pastore

= contadino

si ha J

Joaooa

I

> confluiscono verso il pastore

contadino

H)

ABELE-C.uNo Caino (frutti della terra)

I

Jahvc

=

Abele (agnelli) ah :-J v,__

Il Caino ~ Abclc

~

Caino//(uccidc)//Abclc = = Jahvc//(coodaooa)//Caino.

Infatti come si vede nell'esempio «H», la poteozia)e identità delle due culture, si frange contro l' « arbitraria » scelta di Jahve, alla quale il contadino reagisce cercando di prevalere con la violenza H. FRANJCPOB.T, L'NilÌlllo p,,iotJopr,di,,allita ;,, Babill,,ria, in « CAH », I. 31, c:ap. XII, p. 89. 11 Sia dell'attività agricola che dall'allevamento del bestiame l'incombenza spettava al tempio, come informano le tavolette del tempio di &ba a Lagasb: cfr. C. S. GADD, LA dlù i.O. Babilllllia, in « CAH », I, 3', cap. XIII, pp. 151-53. 11

-67-

sul pastore. 81 Al contrario il mito di Toaooa permette di assistere al confluire delle due culture. In altri passi del Genesipare dovetsi rilevare la presenza di una repulsione nei confronti dell'agricoltu.ra, sintomo di una conflittualità latente, 88 finché dopo Isacco, si riscontra la coesistenza di agricoltura e pastorizia, 84 come poi trasparirà da un passo dell' Eçç/e.ria.rti,o:

38.25-26: Guida e mette e

i giovenchi e mena attorno i buoi, passa le sue ore con gli armenti; ogni suo pensiero in erpicare i solchi le sue veglie in tener fornite le greppie.

Da quanto sin qui si è esposto traspare come sussista una dualità, un'antinomia tra l'« io sociale» di un determinato gruppo, e l' « altro », il « divetso »,86 opposizione che si manifesta a diversi livelli, ed ove i tentativi di soluzione si possono attuare solo ·ed esclusivamente per intervento di un Wa> è sintomatico, e la fuori discussione: cfr. F1Us1t, Grilthisthls Etysua affinità etimologica con JgludnJ cit., 1. v. •o/ogis,b,s 'Wiirl#rlntçh,

-79-

visto il Richardson, 184 nell'offerta del kyle.eon, una semplice manifestazione di ospitalità, valida anche nel caso dell'inno omerico, ove Metaneira offre il vino (ma la dea lo rifiuta, richiedendo il kyle.eon). In soccorso di tale tesi viene la versione «orfica» riportata da Gemente d'Alessandria, in cui si legge che « Baubo, accogliendo ospitalmente, xenlsasa,Deo, le offre il kykeon», bevuto dalla dea solo dopo l' anasyrmadella stessa Baubo. 181 Il verbo ~ev(~w, usato da Gemente, indica chiaramente in questo contesto l' « accoglienza ospitale » che viene offerta a Demeter, ma solo dopo che il kykeon è stato accettato la dea può « solidarizzare » e diventare la nutrice di Demophoon.m nella sua forma più semplice si presenta come una Il kyle.eon mistura di un liquido e di un elemento solido: il nome stesso deriva dal fatto che, prima di essere bevuta, tale bedel kyle.eon vanda dev'essere rimescolata, per evitare che l'elemento solido si colloca in una posisi depositi. 187 Secondo il Delatte il kyle.eon zione che è intermedia tta la « cultura dell'orzo» e quella più recente « de l'art de la boulangerie ».118 Si viene cosi a creare una struttura in cui agiscono due grandezze, per cosi dire, vettoriali, di direzione opposta: la « tensione » all'umano della dea, e la « tensione » al divino degli uomini, laddove il kykeon da un lato, e l'ambrosia (con negazione di ogni alimento umano) dall'altro, costituiscono l'asse di transizione, in altte parole una condizione perché si 1"eaHzziil «passaggio» nell'uno e nell'altto senso:

e,-,,.

lit D,111,tw,pp. 205 ad I«. 180 agg., 344; cfr. anche Dm.ATTB,L, cit., p. 24. 1H Prolr. Il 20.3-21.1; cfr. ARNOB. Ad.. gml. V 25; cfr. KBRN, Orpb.frg. 52. Cfr. pp. 151-53. 1H M. MAuss, Essai wr u dm,, in Sodo/ogi,1I A,,tbropologi,,Paria 1950, trad. it. di F. Zannino, TIOriagm,ral, tklla 111agia , altri saggi, Torino 1965 {secondo cui si cita), pp. 153-202, pp. 173-74: « Rifiutarsi di donare, traacurare di invitare, c:osl come rifiutare di accettare equivalgono ad una dichiarazione di guerra; è come rifiutare l'alleanza e la comunione». Cfr. iJJid.,p. 174 n. 2: un capo leggendario dei Maori rifiutava di accettare il cibo, « salvo quando era stato visto e ricevuto dal villaggio straniero». ia1 Dm.ATTB.L, Cytlon, cit., p. 23. 111 1/Jid.

-80-

B) Demeter

condizione divina

I

(negazione degli alimenti

l!vini)

91

I

condizione umana L'OPPOSIZIONE ALIMENTI.

i

ambrosia (negazione degli alimenti umani) Demophoon

«NATURA/CULTURA»

COME

NEGAZIONE

DEGLI

L'infrazione di Metaneira,u• che « nega » a Demophoon l'immortalità, costringe Demeter a dissolidarizure anche dagli uomini, ricollocando cosl la dea in una posizione che si può ancora definire « intermedia » tra la condizione dell'immortale e del mortale,140per quanto connotata negativamente nei due sensi, come è possibile rilevare dalla successione seguente:

q

I

~lu6n,___/

dei/ fDemeter 111 uomini -+ Demeter uolllllll -+ uoDUru - ambrosia - Demophoon) divino -+ infrazione di Metancu:a -+ dei/ fDemeter/ /uomini.

111 (Demeter

Tale posizione viene ribadita dalla stessa dea nel corso della rivelazione fatta a Metaneira, che per la sua « curiosità » aveva impedito l'immortalazione di Demòphoon:

vv. 268-69: Demeter sono di venerazione degna, per immortali e per mortali il più grande vantaggio e diletto. • Cfr. p. 26 e agg. "" Cfr. la aucceaaione « A » a p. 76. La posizione « intermedia» ~ tale solo rispetto all'opposizione « mortale/immortale », e non bttrinscca di Demctcr, la quale pumpa del divino tanto quanto Zeus. Cfr. anche i precedenti esempi di mediazione, nella prima sezione di questo capitolo.

-816

1" Per gli immortali come per i mortali ella è lSvmp e :x,cipµ.ot, indicando con ciò, tuttavia, la sua peculiare connotazione positiva (ma già aveva «condannato» Demophoonl). Appena il tempio ch'ella aveva ordinato fosse costruito in suo onore,1• è pronto, vi si ritira « lontano da tutti i beati» (v. 303), riprendendo il motivo dei vv. 91-92, in cui si allontana dall'Olimpo per dirigersi verso le città degli uomini. Il tempio nondimeno, anche rispetto alla condizione degli uomini che l'hanno edificato, ha una funzione disgiuntiva. I vv. 305-07 riflettono ulteriormente la posizione negativa della dea nei confronti dell'ambiente umano:

vv. 305-07: Quell'anno estremamente terribile e cane rese per gli uomini sul suolo fecondo, né la terra un qualche frutto produsse: infatti la ben coronata Demeter li nascose... otlv6Tot-rov 8' ÌVLotUTÒv l1tl x_86vot1t0uÀu~6ffLpotV / 1t0l11a'[email protected]; xotl XOV't'ot"C'OV, où8é 't'Lyoti:ot/ mpµ.'

p.

Si tratta di una carestia che però coinvolge con gli uomini anche gli dei: una carestia che avrebbe distrutto tutto il genere umano « e dell'Olimpo gli abitanti privato / avrebbe del glorioso onor d'offerte » (vv. 311-12). Il concetto viene ripreso nella rhens di Hermes ad Hades: vv. 351-54: ... ché le tribù vacillanti degli uomini dalla terra nati, di sterminare l'atto grave medita, sotto il suolo nascondendo i semi, per gli immortali l'onoranze facendo scomparire ... . •• lnel ~ot µ.ij8eTotL lpyov / qi8i:aotL qiuÀ'ci1J,C"'11v« :x,ot1J,otLyevév clv8p@1tv / ampµ.' U7tÒrijt; xp07t't'OUaot, XCl't'otql8LVo8ouaot 8è 't'L(J,«ç/ ci8otV«'t'(t)V ... m Cbdrtt,aè in alcuni passi dcli' 1/illlilriferito a Dionysos, la controparte di Demctcr: cfr. RicHARDSON, D,1111/lr, p. 249 ad lo,. 269. 6,,,. è legato alb atcaaa radice di 6v(V7JfLL, la quale compare in Lineare B in o-na-to, che, per l'età micenea, indicherebbe l'usufrutto ricavato dalla cessione di un appezzamento di terra, riferendoai cosi ad un preciso istituto giuridico miceneo: cfr. M. R. ÙTAUDELLA, KA-MA Shltli ndla so,illà agraria 111i,nNa,Catania 1971, pp. 29 sgg., 33, 37.

iu Vv. 270 sgg.

-82-

in cui ancora una volta si presenta la disgiunzione « Dcmeter/ Olimpo » attraverso il suo ritirarsi nel tempio: vv. 354-56: ... un'ira profonda ella in sé tiene né s'unisce agli dei, ma nel suo tempio profumato, lontana se ne sta ... ... i) 3' cdvòv q&L 1.6')..ov,oùaè 8&oi:m/ µ.Layrr«L,«il' clnlivcu8c6uC:,3&oc; lvao8L Yr)OU / ~3eoc;Qò')..oµ.noLO / ,rp(v y' fflL~1Ja&a6«L, oò nplv yiji; x«pnòv clvljm:Lv, / nplv (3oLi>cp8cv.µ.oi:mv Hjv e:MnL3«XOOp1jV.

Infatti l'infrazione di Metaneira, che ha impedito l'immortalazione di Demophoon, non lo ha tuttavia privato dell'aphthitostimi, mentre il ratto di Kore, che aveva portato Dcmeter a dissolidarizzare dagli dei ed a solidarizzare cogli uomini, è la vera ,ondilio sine quanon delle planai della dea. L'intervento di Metaneira ha solo portato Demeter a dissolidarizzare anche dagli uomini. La versione euripidea del mito di Demeter e Kore dà inizio alla carestia quando « La Madre degli dei, la Dea del Monte »,144 dopo aver a lungo cercato la figlia, « •.• sulle rocce / e gli sterpi 111

1w

Ripresi poi nella rb,m di Hcrmcaad Hades: vv. 347-56. Eua. H,J. 1301-02.

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gelati / s'abbatté dolorante »: 1 u allora e solo allora la dea dà inizio all'azione disttuggitrice, che tuttavia pare piuttosto la conseguenza del suo abbattimento che non della sua ira:

Eur. Hel. 1327-36: e ai mortali seccò d'ogni verzura la semenza nei campi e tolto all'aratura il suo frutto di biade distruggeva le genti. Né più floridi i pascoli alle greggi fece d'erbe e di crespe foglie e di steli. Le città mancavano d'ogni mezzo di vita, sugli altari dei numi non si ardevano offerte, né di vittime si allegravano feste al sacrificio. Nel duolo che non ha sosta né oblio l'onda arresta alle fonti, l'acqua non corre più né risplende di stille e di rugiada. (trad. di C. Diano).

Zeus nella versione euripidea interviene « per addolcire » (Hel. 1339) la dea, « quando agli dei e agli uomini ebbe tolto ogni festino» (ibid., 1337-38), riprendendo in tal modo il motivo dell'inno omerico: vv. 310-13: E con una terribile carestia ora annientato avrebbe le tribù degli uomini mortali e del glorioso onor dell'offerte e dei sacrifici dell'Olimpo gli abitanti privato avrebbe, se pensato e riflettuto nell'animo suo Zeus non avesse.

In Euripide l'intervento di Zeus, che si manifesta attraverso le semnal Chtirites e le Mo.i.fai(Hel. 1341, 1345), corrisponde all'intervento sempre di Zeus nell'io.no omerico, in cui viene m lbid.. 132S-26.

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inviata dapprima Iris, e poi, a turno sono inviati gli altri dei, per convincere Demeter a placare la propria ira (vv. 314-30). L'intromissione di Kypris, che fa «ridere» l'orela mater (Hel. 1349), equivalente all'intervento di Iambe nell'inno (vv. 195-205), la quale spinse la potnia hagné« a sorridere e a ridere e ad avere l'animo lieto» (v. 204), avverte nondimeno come tutto il dramma della « Dea del Monte » si svolga nella dimensione del divino, coinvolgendo l'umano esclusivamente per la qualità di tellus 11111/er della dea, laddove gli uomini, nel complesso « teologico » 14 • ellenico, si qualificano per lo più come chamaigenels. In un frammento di un poeta alessandrino, come nell' « inno » di Euripide, la sterilità che colpisce la terra è anteriore all'intervento di Iambe, che qui viene presentata come una contadina attica.147 • Ovidio dà una versione simile della carestia che colpisce gli uomini in seguito all'ira di Demeter, conseguente al rapimento della figlia: ua Ho:w. H.,,.11i,, C,r., II, 352; cfr. anche HoM. HJIIIII. i11Vm., V, 108 e • ar. 109-10, ove si precisa «dio/uomo» ricorrente nell'inno: vv. 2-3, 31-32, 34-35 e passilll, Cfr. PINo. P.11b.4.98; anche HES. Tb. 879; anche ibid., 535 ag., in cui dei e uomini si presentano in confiltto. Però in Op. 11 D. 108 è prospettata una stessa origine per dei e uomini. Questo verso tuttavia viene espunto nell'edizione curata dal Solmsen (Oxford 1970), sulla scorta del Lchrs. Un ulteriore cacmpio è dato da un passo molto discusso di Pindaro (N,111.6.1 sgg.), in cui il poeta affermerebbe che sia « gli uomini che gli dei appartengono ad un'unica stirpe; entrambi abbiamo ottenuto il dono del respiro da un'unica madre. Però siamo separati da loro a causa della d.Jlllllllis che ci viene attribuita, pcrchi- l'umanità è nulla, mentre il ciclo di bronzo, la sede degli dei, è immutabile. Tuttavia abbiamo delle relazioni con gli immortali, grazie al nostro intelletto, che è in grado di sublimare ed alla nostra pbysis•.• » (il testo è parafrasato): cfr. al riguardo H. FRAENK.EI., Di,bhlllg 111111 Pbilompbil tùs friibm Gru,bmlN111s,Miinchen 19621, pp. 539-40; J. PÉPIN, /dl,s gr1t1J111s 1111'l'bo1111111 11 lllf' du11,Paris 1971, pp. 36-39; G. Puc.LIBSE ÙRRATELLI, ••• 1111 IIII0110 usto orfi,o, in Stlldi 111/laCalabria fllllita, in « PP », CLIV-CLV (voi. XXIX, 1974), pp. 108-26, p. 121. Anche nell'antropogonia « orfica » si parla di doppia natura dell'uomo: cfr. KERN, Orpb. Frg. 143; NILSSON,GgR, P, pp. 698-99. H7 PHILIKOS, frg. 5 col. II, 53-59. ar. GALLAVOffI, l""" a D,111,lradi Filito, cit., p. 48; K6RTE, D,r D11111llr-Hp#IIOS tùs Pbililtos, eit., pp. 446-47; cfr. ibid., pp. 44849. Cfr. anche G. MÉAUTis,L,s dullx tù la Grìt1 ,1 /,s M.1slb11d' Élnuis, Paris 1959, pp. 72-73. A Figalia, in Arcadia, Demeter provoca la carestia semplicemente ritirandosi in una spelonca: PAus. VIII 42.2. Il motivo della ricerca della figlia da parte di Demcter, nei miti e culti arcadici, è, tuttavia, con molte probabilità, una sovrapposizione del culto eleusino sul tema della ierogamia equina tra la Melaina, Erinys e Poscidon: cfr .. DIETRICH,D,aJb, pp. 118-25; il mio U11IIOlli1110111i,m,o, cit. 149 Un semplice accenno in Fasi. IV 617; cfr. CLAUD. D, rapi. Pros. I 27-31; Ili 238-41. 11

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Met. V 474-86: Ncscit ad.bue, uhi sit; terras tamen increpat omnes ingratasque uocat nec frugum munere dignas, Trinacriam ante alias, in qua ucstigia darnoi repperit. Ergo illic saeua uertentia glaebas fregit aratra manu parilique irata colonos ruricolasque boues leto dedit aruaque iussit fallere depositum uitiataque semina fecit. Fertilitas terrae latum uulgata per orbem falsa iacet: primis segetcs moriuntur in herbis, et modo sol nimius, nimius modo corripit imber, sideraque uentique nocent, auidaque uolucrcs semina iacta legunt; lolium tribulique fatigant triticeas mcsses et incxpugnabile gramen.

L'episodio narrato ai vv. 444-61 dello stesso libro delle Mefll111orfosi ovidiane, in cui la dea assetata chiede da bere ad una vecchia, e qui, derisa da un fanciullo, lo trasforma in un essere mostruoso, pare d'altro canto ricollegarsi al tema proposto dall'inno omerico, in cui la dea dissolidarizza dagli uomini per una loro « infrazione », la cui conseguenza diretta sarebbe la carestia, collocata però nel motivo più ampio dell' harpagldi Kore.u• Nell'episodio ovidiano l'infrazione commessa dal fanciullo, tuttavia, gli si ritorce contro, lasciando aperta la strada al tema della carestia come conseguenza dell'ira della dea, incapace di trovare la figlia. Questa narrazione infatti, non lascia intendere che il tema della carestia abbia avuto il suo altion nell' « infrazione » del fanciullo. Ot11imaco,nel suo inno a Demeter (Hymn. VI 24-115), narra un episodio che si colloca nel mitico tempo in cui i Pelasgi abitavano la terra di Dorio, ove si trovava un bosco sacro a Demeter: Un giorno un giovane, Erysichthon, con venti compagni andò nel bosco per abbattere gli alberi. Demeter, come udi che « il suo sacro bosco veniva maltrattato» (v. 40), si irritò. Prese le sembianze di Nikippe, sua sacerdotessa, e, tenendo nelle mani ghirlande e papaveri, cercò di placare l'animo di chi voleva danneggiarle il bosco. Ma il giovane le rispose empiamente, minacciando di ucciderla. Questo provocò "' Per l'analisi completa dcli episodio cfr. il capitolo « Da !ambe a Dcmophoon ».

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l'ira della dea, che riprese le sue divine scmbiamc: « i suoi piedi toccavano la terra e il suo capo l'Olimpo» (vv. 57-58). Dcmetcr quindi, manifestandosi in tutta la sua « statura », generò un mortale spavento in quanti la videro (v. 59), che cosi se ne fuggirono via. La dea si rivolse allora al giovane Erysichthon, che aveva violato il bosco sacro con l'intenzione di fare coi tronchi delle mense, e gli lanciò la sua condanna., oonsistentc in un « perenne festino» (v. 64). Ella infatti mise in lui una fame crudele, per cui egli mangiava sempre più, senza riuscire mai a placarla (vv. 66-68). Il giovane quindi fu costretto a rimanere nascosto nella casa patema, finché ne divorò tutte le sostanze (vv. 87-90). Quando tutte le riserve della casa furono esaurite, Erysichthon si trovò costretto ad andare a mendicare gli avanzi di cucina presso le case degli altri.

La fame divoratrice ed insaziabile di Erysichthon è in posizione polare rispetto all'annientamento degli alimenti da parte di Demeter, sennonché nel caso presente la distruzione degli alimenti è conseguenza diretta dell'infrazione compiuta da Erysichthon, che è vera asébeia: D) aslbeia di Erysichthon - ira di Dcmctcr = fame di Erysichthon - « carestia ».

=

Le ultime battute dell'inno calimacheo sono esplicite: l'uomo che si oppone in qualche modo alla dea diventa un pericolo per sé e per i propri simili (vv. 116-17). È possibile ora costruire un quadro generale sulla base di alcune varianti relative al tema della carestia: uo Il tema della carestia come conseguenza della scomparsa di un dio è un motivo assai diffuso. Nel mondo cteo è il dio Telipinu che, per una oon chiara collera, abbandona il mondo, rendendo la terra sterile: cfr. ParrcHAllD, ÀMimt N,ar Easllm T,xti, cit., pp. 126 sgg.; Th. H. GASTBll, Tb, Old,11 Slori11 ;,, tb, World, trad. it. di Nicoletta Coppini, LI pili 1111/içb, ttorù d#I1110lldo, n. ed. Verona 1971, pp. 107 sgg. In Australia sud-orientale il motivo che spinge il dio ad abbandonare gli uomini è ancora più imprecisato: semplicemente « Baiame lasciò la terra e se ne andò a vivere a Bullimah », il cielo, che per gli aborigeni costituisce il soggiorno dei morti: cfr. PETrAZZoNI,Mili, Llgg1111h, I, cit., pp. 416-18. In Giappone la Dea-Sole, portatrice di prosperità, in seguito ad un'offesa ricevuta dal Dio-Tuono, si ritira in una grotta, lasciando cosl il mondo in preda alla distruzione: ANEsAK.I, Tb, Mylbology (jaj,dllln), cit., pp. 226-27. Nella mitologia ugaritica la morte di Baal, causata però dall'ingerimento del « cibo dei morti », produce sulla terra una dura careatia: cfr. GASTER,op. ,il., p. 209; cfr. anche C. H. GollDON, Ugaril and Mi11oanCnl,, New York 1966, pp. 51-52; cfr. M. Asroua, H,1/mom,,iti,a, Leideo 1965, p. 198. Anche un altro testo ugaritico, il pom,adi Aqht, presenta la terra ste1..

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E) Innoomtriçoa Dtmtrapimento

ltr

EUR. Htl.

I

1301-52

rapimento

mortalità

infrazione nmaoa

I

I

I

carestia

I

carestia

I l

dd .. uomuu dd .. UOmJD.1

00 00

PHILIKOS frg. 5 col. II

I

rapimento

(Dcmcter Mclaina: PAUS. VIII 42.2.; cfr. n. 147)

Ovm.

Mtl.

V

341-486 CALLIM. Jvmn. VI 24-115

(rapimento)

I

rapimento

I (infrazione divina: Poscidon violenta Demeter)

I

I

I carestia

I

I

1

infrazione umana

J

infrazione urnaoa

mostruosità

ecarestia> carestia fame divoratrice = carestia per gli uomini

IL SISTEMA CULTURALE NELLE VARIANTI

Il quadro generale indotto dalle varianti analizzate permette di collocare l' « umanità » vittima dell'ira della dea, in una dimensione culturale nettamente delineata. Nell'Inno omeri,oa Demeteril rapimento viene inquadrato in un sistema culturale delineato come dedito alla raccolta. La dea, dopo l'affronto del ratto della figlia, si reca presso i thnetoJanthropoi,alle case di Keleos, il « picchio », il cui nome parrebbe rivelare uno stadio culturale arretrato e limitato esso pure alla raccolta.151 Tuttavia quando l'ira di Demeter si rivolge anche contro gli uomini, colpendoli con la carestia: « ••• né la terra un qualche frutto / produsse: infatti la ben coronata / Demeter li nascose ... » (vv. 306-07), lo stadio che si presenta all'attenzione è senz'ombra di dubbio più evoluto rispetto alla semplice raccolta.111 Si tratta di una cultura agricola che conosce l'aratura a mezzo di buoi: vv. 308-09: Più volte gli aratri ricurvi i buoi pei campi trassero, più volte il bianco orzo entrò nella terra inutilmente. noU« 3è xotµ.m>À'!po-rpot IA4'"l" ~et; eD.xov &poupotr.t;, / 1r0Uòv 3è xpi: MUXÒVÌ-r6>aLOV fµ.ne:a&:yot(71.

Il quadro culturale offerto dal secondo stasimo dell'Elena di Euripide 118 non è differente, anzi appare complicato dalla presenza della pastorizia. rile in quanto conseguenza dell'assassinio di Aqht: GASTBR, op. di., pp. 173-74. PC1'l'interpretazione in chiave dicmisiaca del mito di Aqht cfr. AsTOUll,op. til., pp. 169-73; 178-81. Una breve rassegna del tema nei miti del Vicino Oriente in RicHAmsoN, D,111,ur,pp. 258-59. m Cosi in una versione ovidiana, Fasi. IV 507-10. e&. SABBArocc1,Saggio, p. 163; BRELICH, Eroi, p. 238. 111 RicHARDSON, D1111111r, pp. 259 sgg., il quale mostra come la prcscma dell'agricoltura contrasti con il motivo tradizionale dell'agricoltura «donata» agli uomini da DcmctC1'.L' A., inoltre. vedrebbe nell'inno la combinazione di due racconti separati: la visita della dea ad Eleusi (col dono dei mistCl'i), e il motivo della carestia. Il Puntoni L'inno ,0111trit0 a D,111,tra,cit., pp. 2-3, considerava l'inno come il risultato del riBuirc di due « versioni/varianti », in una « versione/variante » più antica. 1u CTr. il testo a p. 84.

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Per quanto concerne invece l'inno di Filico, la delineazione dello stadio culturale in esso rappresentato si rivela alquanto problematica. Da alcuni versi soltanto è desumibile un certo tipo di Dcmcter. 1" di attività agricola, comunque precedente alla pla111 La versione arcadica tramandata da Pausania fornisce notizie ancora meno precise: tutto ciò che la terra nutre era stato annientato dalla dea.u1 Il testo di Ovidio, al contrario, 16 • presenta un livello non dissimile da quello proposto dall'inno omerico e dal secondo stasimo dell' E/ma di Euripide. In tutte e tre queste versioni l'agricoltura conosce già l'aratura a mezzo dei buoi. Ma la versione oyjdiaoa mostra Demeter anche come introduttrice dell'agricoltura e delle norme civili:

M,t. V 341-43: Prima .oLç«80tv«-roLmv.

Nondimeno tale ritmo si rivela, nell'inno, conseguenza del fatto che Aidoneus aveva fatto ingerire a Kore un chicco cli melagrana, con lo scopo cli non farla restare sempre presso la madre. Ciò si verifica quando Hermes porta ad Hades l'ordine cli Zeus di lasciar tornare la fanciulla presso Demeter, affinché quest'ultima non annientasse con lo spettro della fame uomini e divinità: 117 vv. 372-74: Le diè di melagrana un dolce chiccho da mangiar, di nascosto, circuendola, CTr. p. 81 e sg. e il quadro delle «mediazioni», « L », p. 72. iN Le stagioni eran ammesse nell'inno già prona del rapimento: cfr. BIANCHI, Sagg,z.z.ao/i111pi,a,p. 184 n. 19. 111 CoRNUT. 28, p. 54 {LANG). m CTr. vv. 398-400. HYGIN. Fab. 146, invece, divide l'anno io due metà: QIIOd posua C1r11ab lot11i111p,lrallil,11Idi111idiapa,11 a1111i apud 11,di111idiaapudP"'1ot,n, 1111I. Un mito australiano già ricordato (cfr. n. 150), narra come Baiamc, alla 6oc della vicenda, faccia alternare ad ogni periodo di siccità, un altro meno arido: PBTrAZzoNI, Miti , uggmde, I. cit., pp. 416-18. 117 CTr. la versione di Korc a Dcmcter ai vv. 411-13. Il « chicco di rnclagnna » si carica di una prcgoaotc valenza sessuale, considerando il quadro io cui ai inserisce: /rdlu:osinfatti si diceva anche per un « testicolo »: CARNoY, Dkli«wdn lt,1110/ogiqll, tks IUJIIIS gr1ts tks plan111,cit., pp. 87-88. 111

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perché presso Demeter venerabile, oscuro peplo, per sempre non stesse, ~oL-ijc;x6xxov lac.>xe cp«yc!v µeÀL1)3éa. M8pn / &µ.cptl vc.>µ.1Ja«c;, [v« µ.~ µévoL~IJ,(X't'(X 7t'/XV't'(X / «mL 7t«p' «l3o(n à1j!J,1JffPL XU(XV01mtÀv,6i; T' !µ.µ.opot;, oG 1ro8' 6µ.o(vmtepµci-t6>V imxotpmcxxct( -li 7tGMmapl,l,lat. Non individuabile l'oggetto adombrato da apJ,,,,os in //. I 171 e XXIlI 299, in Od. XIV 99 sgg., l' apbmos di Odysseus è invece chiaramente identificabile, nel discorso di Eumaios, in un evoluto sistema di allevamento. Cfr. altri esempi in H.BS.Th. 112; Op. el D. 24. Di particolare rilievo Op. 1I D. 637, ove, anche se riferita ad altro sistema economico, si riscontra la ltc88a associazione rilevabile per l'inno. 111

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dei misteri, 11• contrariamente al non jnjziato, il cui destino viene presentato dall'espressione« quando/ morto egli è sotto le oscure tenebre », sotto una luce sinistra.• La condizione privilegiata degli iniziati è rilevabile in alcuni inni « orfici », ove, ad esempio, l'invocazione a Plouton, « vieni, ti prego, gioioso ed agli iniziati benigno », ha nei « riti » la mediazione.181Alcune laminette d'oro, normalmente definite come « orfiche », puntualizzano il « diritto » al privilegio, del « morto iniziato»:

èx x«&«pwvx«&«pix,:x,&ov(ù>v ~«alÀe:r.«, 1) .,Ep:x,oµ.«r. a-b 2) Ei,me:ç Eù~ouì..e:u-i-e:x«l. &.&ixv«-i-01. &e:ol.~or.· 3) K«l. yocpèywv uµ.wv yévoç ~À~I.OV e;i,:x,oµ.«r. e:lv«r.· b 4) Nuv 8' txéTij 1tcxp'&.y«u~ve:pae:cp6ve:r.cxv (b 5) "Qç µ.e 1tp6V 'Jtéµ.~«I.( e.g. e:tçe:ÙCX"(É.ù>V Àe:l.(J.WV«) ] 231 •• Cfr. E. GOBLET D'ALvtELLA,L'i11ilialion- i,uJiJ#lion,oçia/4, 111agi(JIII 11 r,/iin « RHR », LXXXI (1920), pp. 1-25, p. 17; cfr. BRELICH, Paùlls, Partb,.,,;, cit., p. 460. • Cfr. P. BoYANCÉ, S11rus 111yslìr1s d' .Slauis,in « REG », LXXXV (1962), pp. 460-82, p. 475. m 0RPH. Hy11111. 18.18-19 (QuANDT). In ibid., 29.11, Pcrsephone, « venerata sposa di Plouton », è l'unica amica dei mortali, e pur csscndo datrice di vita e di morte (ibid., 15), a lei si rivolge l'invocazione perché il blos 1111Jlbos trascorra nella vecchiaia « verso il regno di Pcrscphone » (vv. 19-20). Dcmctcr è invece colei che ai mortali ha dato il blospolyolbos(ibid., 40.9), che ncll'invocazione conclusiva porta pltndospolyolbos(v. 20). - Il testo riprodotto corrisponde alla struttura compositiva delle laminctte ricostruita dallo Zuntz, P1rs1pboM,cit., pp. 335-40. :8 stato escluso il gruppo « a 4-6 », perché non necessario ai fini del presente lavoro. I testi delle lamincttc sono riprodotti commentati e ricostruiti dallo Zuntz, ibid, pp. 300-27, 333-35: A 1 = KERN,Orpb. frg. 32 e; A 2 = ibid., 32 d; A 3 = ibid., 32 e; A 4 = ibid., 32 f; A 5 = ibid., 32 g. Una laminctta « orfica » scoperta di recente ad Ipponio, che muta in certo senso il rapporto esistente tra quelle di Pctelia e Farsalo (cfr. nn. sgg.), grazie alla datazione alta, per cui viene collocata tra la fine del scc. V e l'inizio del scc. IV, conferma il valore che si è dato ai testi delle lamelle: su questa lamella cfr. G. PuGLIBSB UllllATBLLI, ... ""1llltJI/O l11l0orjito, cit., pp. 108-26, in cui l'edizione del testo si accompagna ad un'accurata indagine sulle altre lamelle. La lamella di Ipponio inoltre, per quanto in essa il miste e baubos (è questa la novità proposta dalla laminetta, che dà nuova luce ad un annoso problema: si veda al riguardo G. PuGLIESB URllATBLLI, OPIKA, in Shldi 1111/a Calabria nlita, in « PP », CLIVCLV (voi. XXIX, 1974), pp. 135-44) sia collocato in una posizione di privilegio rispetto ai non iniziati, tuttavia conferma quanto si era rilevato relativamente all'insuperabile « distinzione tra gli Immortali e i mortali»: PuGLIBSE URRATBLLI, ... 1111fl#fltlO 1,110orfoo, cit., pp. 120-21.

p,u,,

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In altre due laminette « orfiche », rispettivamente da Petelia e da Farsalo, il « morto » invoca l'acqua fredda Tijc;MV1Jµ.OauV1)c; 188 , e la laminetta da Farsalo conclude: 114 cbtò ÀLµ."')c;

xcxih[o]( aouar.1tr.ei:v&e(llc;ci1t[ò xpi)]"'lc;, XCXL't'6't'' mr.'t'' ~[ÀÀor.ar. µ.e&'] ~p6>e:amvcivti;e:r.[ e; In altri termini il « morto iniziato » entra in contatto con gli Inferi senz'esserc annientato: con l'iniziazione ha acquisito il «diritto» di partecipare anche alla mensa di Hades. La sfera culturale individuabile in Kore - « raccolta, cultura precerealicola » - si oppone, in codice alimentare, alla sfera culturale degli uomini dediti all'agricoltura (Hom., Hymn. in Ctr. II, 303-04). Con l'intervento di Demeter, che « istituisce » i riti sacri, proponendosi come mediatrice, l' « iniziato » può abbracciare in;ipunemente anche i prodotti di altre sfere culturali, ché il « dono » di Demeter gli permette di entrare in contatto anche con l' « altro ». Solamente le fave, che la dea non diede ai Feneati, mentre donò tutti gli altri prodotti, 1811 escluse anche dall'alimentazione dei pitagorici,• sembrano opporsi inconciliabilmente alla sfera demetriaca. Delle fave, che secondo alcuni autori avevano costituito uno dei primi alimenti dell'umanità, 187 e dalle quali si rica118 era interdetto l'uso alimentare agli iniziati vava il panis uenalis, eleusini.189 Il loro heuretésera l'eroe Kyamites, associato, come indica il suo trasparente nome, alla loro cultura, quale uno degli spirits of nahlre.1 • Kyamites, il quale aveva un tempietto lungo la Via Sacra, - ZUNTZ, op. tit., pp. 358-61. B 1 = KBllN, Orph, frg. 32 a; B 2 = pubblicata dal Vcrdclis nel 1951: ZUNTZ, op. ,il., p. 356 n. 5. B 1.9; B 2.4. 111 B 1.10-11. CTr. n. 232. 116 PAus. VIII 15.3-4: « c'era uno hitròt logot che spiegava la repulsione dalle fave ». Secondo Eustazio, ad Il. 948-25-26, il motivo per cui alcuni sacerdoti non mangiavano le fave era il seguente: « mangiare le fave equivaleva a mangiare le teste dei genitori ». 111 D100. LAERT. Vita Pyth. VIII 19; Luc. Gal. rin So11111. 4 = 708; EusTAT. ad li. 948-23 sgg.; PLUT. D, lib ,d. 17 = Mora/. 12 F. Cfr. Addltula, p. 229. 11' CTr. EusTAT. I. cit. 111 PLIN. N. H. XVIII 117-18. 111 DIOG. LAERT. Vita Pytb. VIII 33. 148 GERNBT-BoULANGER, Ginit, p. 214; DIETRICH, D,atb, pp. 43, 50, 52.

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tra Atene e Eleusi,141 appartiene ad una categoria da cui non

vanno disgiunti eroi come Oineus, che accoglie Dionysos, ed al quale il dio fa dono della vite, 141 o come Phytalos, il quale, in Attica, accolse nelle sue case Demeter, che in cambio dell'ospitalità gli donò « la pianta del fico ».141 Pausania si era già posto il problema dell'attribuzione delle fave a Kyamites: se fu il primo a seminarle, ovvero se gli fu dato tale nome, perché non era possibile attribuire a Demeter l'hi11resisdelle fave.144 La questione appare insolubile. Tuttavia si può ritenere, per il momento, e rimanendo ad un livello generico, che le fave, quale prodotto dell'orticoltura, vengano respinte, in quanto « elemento importante » di una cultura diversa e degradata, rispetto ai prodotti della civiltà cerealicola,1411 giustificando la sfera di competenza di K yamites. Nondimeno questo prodotto si presenta in qualche modo legato al mondo infero, tp10nia111 morlllOrlll'II anima sinl in ea,•• mentre nel mondo romano si presenta anche come il « cibo dei morti ».147 Nell'Inno omtrito a De1111/eresse però sono totalmente assenti. Ma nell'inno è assente anche ogni forma alimentare di tipo animale. Ora, le fave, nelle formule esprimenti il divieto di cibarsene, sono per lo più accostate al divieto di mangiare carne: « astenersi dal t110rt e dalle fave»; 148 « non assaggiare la carne e non mangiare le fave ».14 • Inoltre appaiono spesso associate all'organismo umano, in particolare ai genitali.1110 Si ricorda anche un processo magico di generazione dalle fave: il kjamos sepolto nel letame, dopo quaNl

PAUS.

111

HYGIN.

I 37.4. Fab. 129;

APD.

I 8.1. Per Oincus cfr.

MASSENZIO,

C11/hlra, trisi

pp. 18 sgg. CTr. D1:BTRICH, D1a1b, p. 43. Per una rassegna degli .atti di xmill rivolti a Dcmetcr, cfr. RICHARDSON, D,11111,r,p. 178. '" PAUS. I 37.4. NI BRELICH, Eroi, p. 161 n. 239; CHIRAss1, E/e111mlidi ad111r1,cit., pp. 44--45. '"PI.IN. N.H. XVIII 118. N 7 CHIRASSI, Eln,,mli di tul111r,,cit., pp. 43-44, 54 n. 42. Hl D10G. LAERT, Vila P,11b.VIII 19. La semplice astensione dalla carne presso gli orfici è rilevabile in Eua. Hipp. 952-54; ARISTOPH, &m. 1032. Nt Luc. Gal/. m, So111n. 4 = 708. .. CTr. CHIRASSI, Eln,,1111idi tulhlrl, cit., p. 41; BRELICH, Eroi, p. 161, n. 239, per una rassegna e discussione delle fonti. CTr. Addnda p. 229.

,,,,.,.111111111, cit., 111

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ranta giorni riappare trasformato in un uomo in carne ed ossa.tu È solo attraverso la loro connotazione carnea, quindi, che si può giustificare l'esclusione delle fave dalla sfera demetriaca (nonostante il tempietto di K yamites lungo la Via Sacra): del resto le Pianopsie, la festa della bollitura delle fave, erano dedicate ad Apollon,H1 divinità che poco o nulla aveva a che vedere con Demeter. Se infatti Demeter poteva accogliere nella propria sfera d'influenza piante prodotte da un antico dema,come Minthe, un tempo fertile e poi resa infruttuosa dalla stessa Demeter,151 epperò accolta nella sfera della dea,1114 nell'ambito demetriaco non poteva inserirsi una pianta che nella sua natura vegetale presentava un'essenza carnea: 1116 in altri termini, la fava non era il prodotto della trasformazione di un dema,ma era essa stessa « ca.me ». L'opposizione disgiuntiva «cereali/fave» adombra dunque la più intrinseca e generalizzata opposizione alimentare « vegetali/ animali », laddove il punto di vista di una civiltà cerealicola proietta in una dimensione aliena e negativa una civiltà ad alimentazione « animale », la quale si presenta come « non-agricola ».1141 La melagrana, frutto e cibo dei morti, resta nella sfera demetriaca, ed anzi è strumento di mediazione; le fave, esse pure cibo dei morti, epperò « carne » e veicolo delle anime dei morti, in esse contenute, si presentano con accezione negativa, e conseguentemente sono escluse dalla i:fera delle due dee.

ui HERA1tLEID. PoNT. in loH. LYDus, D, 1111ns. IV 29 (p. 181, ROETHBR) = F.H.G, II, p. 197 b (MOLI.sa) • ... NILSSON,GgR, JI, p. 530. ua KBB.N,Orpb.frg. 44. 1 " CHIRASSI, Elt111mli di ttd111n,cit., p. 100. Cfr. anche art. Minlbt in RE XV, coli. 1934-35. 111 CmaAssx, Ek111mli di ttdhlrl, cit., p. 41. '" La carne, in Grecia, anche in età classica, non era un nutrimento quotidiano, e neppure diffuso: cfr. M. P. NILssoN, Gr,11, Popu/ar Rtligion, trad. par. F. Durif, La r,/igion popu/airtdtJtula Grit1 fllllifJIII, Paris 1954 (secondo cui si cita), p. 34. CTr. SABBATUCCI, Saggio, p. 75.

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IL RAPIMENTO DI KORE ALLA LUCE DEL DIRITTO MATRIMONIALE ATTICO In questa fase dell'analisi, che si è condotta sui problemi presentati dall'Innoomericoa Demeter,in base ad una serie di letture dei diversi piani semantici in cui l'inno si articola, affronteremo alquanto succintamente e senza pretesa di dare una risposta esaustiva, un tema che da molti studiosi è stato appena sfiorato. Leggendo infatti l'inno, ci è stato possibile riscontrare come il motivo del « :ratto di Persephone » 1 presenti, in quanto « atto matrimoniale », una sua connotazione giuridica, per quanto sfumata nei contorni dal quadro mitico in cui si inserisce. Ciò in certo modo, può avere una rispondenza nel diritto attico arcaico, benché le fonti relative al diritto matrimoniale attico non abbiano trasmesso uno specifico testo legislativo, che permetta di configurare l'istituto del matrimonio all'interno del diritto positivo dell'Attica.• Il Nilsson si era limitato a vedere nel rapimento un'antica costumanza, attraverso la quale l'uomo si procurava la « promessa sposa ».8 Secondo il Gernet e il Boulanger, 4 il rapimento di Kore, all'inizio dell'inno e poi nella rhesisdella stessa Kore a Il tema del rapimento si incontra anche in narrazioni parallc, per cui si rimanda alle pagine succcasive del presente capitolo. Cfr. anche p. 52 sgg. • ar. F. BRINDISI, LA jflllliglia alti&a.Il matrimonio , l'adlJt,ùml, Firenze 1961, p. 3. Per una giustificazione della relazione istituita con il diritto attico, cfr. pp. 116 sgg.; 123 sgg. Tale interpretazione si rende plausibile anche in considerazione del fatto che il tipo cli attività « economica », chiaramente agricola, offerto dall'inno, era sentito, sia pure da autori relativamente tardi, strettamente legato all'istituto del matrimonio: PuJT., Pra,, ""'· 42 = MoaAL. 144 B. Inoltre nel lC11icogiuridico attico il verbo clp66>si incontra in connessione con il contratto cli nozze: cfr. NYBERG, Kind 1111d Ertk, cit., pp. 43-45. La stessa Dcmcter è presentata anche come istitutrice del matrimonio, oltre che introduttrice dell'agricoltura: SERV. ad Am. IV 58; cfr. PLUT.Pra1,. t1111. = Mora/. 138 B. • GF, p. 354. Cfr. ibid., p. 355 e GgR, P, p. 23: si tratta secondo l'A. del lllltbodose dell'anat#s della dea della «natura». ' Gin#, p. 41. 1

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6 fa alluDcmeter, inserito come è nel quadro di una antho/ogùz sione a certe usanze prematrimoniali, consuete nella Grecia arcaica, qual era appunto quella. della raccolta dei fiori nei culti campagnoli preludenti al matrimonio. Sulla base di miti e leggende, alcuni studiosi hanno rilevato come le unioni sui campi arati dovevano essere diffuse nella Grecia agraria arcaica,• non solo, ma addirittura che doveva esistere un rapporto persistente di queste ierogamie campestri con la nozione della morte, 7 rapporto equivalente a quello offerto dall'inno omerico, relativamente alla vicenda di Kore, sposata ad Hades, il dio degli Inferi. Tale relazione « matrimonio-motte», indubbiamente presente nell'inno omerico, doveva essere, secondo il Neumaoo, presente anche nel culto eleusino.8 Non solo, ma un tale rapporto si giustifica col fatto che spesso matrimonio e morte sono accompagnati dai medesimi riti.• Presso i Ceramesi, addirittura, il matrimonio si rivela come conseguenza della motte archetipica della fanciulla divina Hainuvele. 10 L' E/ma di Euripide offre un curioso esempio di tale rapporto. Infatti Theoklymenos fa preparare la cerimonia per le sue nozze con Helene contemporaneamente alla celebrazione del rito funebre per Menelaos (vv. 1431-35), benché tanto il rito funebre sia una finzione, quanto le nozze rimangano una vana aspirazione di Theoklymenos. 11 Nondimeno, tutto il colloquio che precede la celebrazione del « rito funebre - nozze » si articola in una serie di allusioni progressive, che associano il tema della « motte » a quello delle « nozze ». Cosl infatti si rileva sin dalle prime parole che Helene rivolge a Theoklymenos (v. 1193-94); l'allusione

1

Vv. 1-18; 417-30. CTr. p. 48 e sgg. Gini,, p. 41; NILSSON, GgR, l', pp. 57, 121. Cfr. la • ar. GERNET-BoULANGER, icrogamia di Zeus cd Hcm su di un letto di croco e giacinto in / /. XIV 348, e quella di Dcmctcr e Iasion sul campo tre volte arato: HES. Th. 969-71; Od. V 125-27. ' GERNET-BollLANGER, Gini,,p. 43. CTr. SEPPILLI, Po,tia I 111ogia, cit., p. 426. • Gr1111Motblr, cit., p. 318. • CTr. SEPPILLI, op. di., pp. 419, 551 n. 152. Presso i Luo del Kenya ai incontra una consuetudine per cui le sorelle dclJa sposa, dopo che ne è avvenuta la deflorazione, accusano il marito di aver ucciso la donna: cfr. EvANs-PRITCHARD, Th, Positiot,of Wo111m, cit., chap. XII. 10 JENsEN, Dos r,/igio11 W1/1hild,iMr Jriihm K1"111r, eit., p. 39. 11 Cfr. EuR. H,I. 1049 sgg., ove Hclcnc e McncJaos ideano il loro piano di fuga, basato sulla «morte» di McncJaos; ibid., 1622, in cui Thcoklymcnos vede allontanarsi ogni spcrama di nozze; cfr. v. 1646.

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ritorna in un'espressione di Theoklymenos (v. 1197), e si reaHzza ai vv. 1230-31, dove, all'accusa del figlio di Proteus, di essere sempre fedele al marito, anche dopo la sua morte, Hclene gli dà ordine di preparare le nozze. La fa bella di Amor e Psyche offre un ulteriore esempio del rapporto « morte-nozze », nella profezia di Apollon al re, padre della fanciulla: Apul. Met. IV 33: montis in excelsi scopulo, rex, siste puellam ornatam mundo funerei thalami. nec speres generum mortali stirpe creatum, scd saeuum atque fcrum uipcrcumque malum, 11

Ritornando ora all'Inno omeri,oa Demeter, si rileva come il rapimento di Persephone si sviluppi sulla base di due condizioni contrapposte, le quali accompagnano la vicenda nel suo evolversi: si tratta della « volontà » di Zeus da un lato, in conformità con lo « spirito, 'olimpico ' della religione greca »,u e dall'altro del1'«assenza» decisionale di Demeter. Infatti è Zeus che concede - 8C>xevdice l'inno al v. 3 - la figlia laflj!phyrosdi Demeter 14 ad Aidoneus, all'insaputa della dea (v. 4). E ancora per la « volontà » di Zeus, dtÒ (vv. 172-73). I tre passaggi « proposta di Demeter > proposta di Kallidike > invito di Metaneira » risolvono la situazione preliminare che separa la« vecchia» dall'abitato. Il collocarsi di Demeter in aspetto di vecchia presso il pozzo ombreggiato dall'olivo, costituisce una posizione intermedia nell'opposizione athanalos/ thnttos,6 ma è anche una posizione esterna rispetto alla polis di Keleos. « Perché te ne stai lontano dalla città, ed alle case non t'avvicini?» T(7tff 3è v6mpr. 1t6À1joc; ci.1téa't'1.x_ec; oùaè 36µ.or.cnv / 1tlÀvocaocr.;(vv. 114-15), è la seconda domanda che le figlie ' L'interlocutrice i, con molte probabilità, sempre la stessa, la Kallidikc del v. 145, anche se al v. 112 le fanciulle intervengono collettivamente, in forma corale: in questa prospettiva Kallidikc ai presenterebbe come coreuta. • Cfr. pp. 75-76.

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di Kelcos rivolgono alla dea, precisando con essa l'opposizione « abitato/non abitato». Tale opposizione può risolversi all'unica condizione che Demeter si avvicini alle « case » (il che è implicito nella domanda), ove delle donne della sua età (vv. 11516), « completerebbero » la congiunzione, o meglio l' « adozione » della dea ali'« abitato », attraverso una « modalità della comunicazione » articolantesi in un sistema isotopico: v. 117: 1Xtxt

O'E

cplÀc.>V't"IXL 'Ì)µh free:L'Ì)8È XOtt fpyep.

Infatti cplÀc.>v-rtXL, che indica l' « accogliere con benevolenza », è il termine connettivo di free:,ed !pyep: cpl>..Ci>V't'atL

t

ffl&:L

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lpyvoòx &.v •rlt; m: Xat'C'IX 1tp6>'C'LO't'OV i>1tC1>mJV / &:?3oc;iTL!',~O'atO'at 36!',Cl>V

y«p8eoe(xe>..6c;iaaL.

«1tovoacp(am:L&:V, / «i.M m: 3~oVTatL• 3¾i

• Cir. GREDIAS, S1111a11ti,a, pp. 58-61: 112-14. ' Si può considerare la scena dell'incontro di Dcmctcr con le figlie di Kelcos sotto molti aspetti tradizionale. Sennonché, rispetto aJ ruolo normaJc, in cui è l'uomo che ai rivolge alla divinità (coal Odysscus con Nausikaa, scambiata per una dea, Od. VI 149 sgg., o ancora Odysscus con Athcna al suo arrivo in Itaca, Od. XIlI 211 sgg., ovvero Anchiscs con Aphroditc, HoK. H.,,,,,,. i11Vm., V, 92 sgg., ovvero i Cretesi con Apollon, How. H.,,,,,, in Apol., III. 464 sgg.), nella scena dell'inno a Dcmctcr il ruolo è invertito, in quanto è la dea che si rivolge ai mortali: cfr. RxcHAllDSON, D111111tr, pp. 179-80; 339-43, ove si incontra una dettagliata analisi delle'""" of 111111i11g nell'epica in relazione con l'inno a Dcmcter. Alle pp. 34243 si incontrano i paralleli con Od. xm 96 sgg. 1 Le 4/«boi che collettivamente accoglierebbero Dcmcter, nelle parole di Kallidikc, ti collocano in una posizione 11CCODdaria rispetto ai tb,111ùtop4/oi basi/6'1:i

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La « volontà » di Metaneira in tale contesto si manifesta quale ,onditiosine f/114 non per l' « adozione » di Demeter dal « non-abitato » all' « abitato », e cioè, in termini generali, dal « margine » al « centro », ovvero dalla « natura » alla « cultura ». La posi-

zione «culturale» di Metaneira, rispetto a quella «naturale» di Demeter, a questo punto, pare potersi individuare anche nell'opposizione dei due epiteti « etlz.onos/eiistlphanos », connotanti qualitativamente le rispettive posizioni appunto di Metaneira, ellz.onos,e della dea, eiistlphanos.• Il processo di «adozione» culmina nell'incontro della dea con Metaneira e nella preparazione del kykeon. Questa fase, che comprende i vv. 190-211, è manifestamente mimica. L'epifania di Demeter (vv. 188-89)... ~ 3' !p' bt' où3òv l~1) 1toal xcx(pcx µe:À&.-9-pou / xup&x&.p1),1tÀ71acv3è -9-upcxç aÉÀcxocxc; (vv. 195-96). Normalmente si attribuisce a questa fase il valore di altion della purificazione preliminare a cui dovevano sottostare gli iniziandi ai Misteri Eleusini. 10 Tuttavia riteniamo che il rifiuto del klismòs phaeinos,e l'accettazione del pektòn hedos, su cui Iambe ha gettato l'argjpheonk.Aas,riproponga un'opposizione di tipo « culturale ». Infatti, se si considera che in Omero pekton è usato 11 e che hidos normalesclusivamente come attributo di arotron, mente indica un « luogo »,11 si rileva che Demcter avrebbe accettato di sedere su di un « luogo arabile» (siti), su cui è stata gettata una «pelle». A questo punto ci soccorrono tre passi dell'Odissea. In Od. XIV 48-51 si legge come Eumaios accolga Odysseus nella sua capanna e, per farlo sedere, « ... ammucchiò folte frasche, / e sopra stese la pelle vellosa d'una capra selvatica » (ttad. di Rosa Calzecchi Onesti), laddove in questo passo la « pelle » è individuata in derma. In Od. XIX 97-98, Penelopeia dà ordine alla « dispensiera » Eurynome di preparare un « seggio », dlphros,per Odysseus: 11 Eurinòmc, porta un seggio e vi sian sopra velli, perché seduto mi parli parole e m'ascolti (trad. di Rosa Calzccchi Onesti), RicHAl\DSON,D,111,llr,pp. 211-12. Su alcuni monumenti da Eleusi compaiono i misti seduti su di una pelle di capra, con la testa velata: Nn.ssoN, GgR, I', p. 112. Inoltre nella proc:c:u.ione elcusina il "1Jo4.bolera adornato del diòs l:4ditm,la pelle del capro saaificato in onore di Zeus Mcilichios o Ktcsios: ibid., p. 111. Ancora, su alcuni monumenti eleusini compare Hcrakles purificato con il diòs l:dditm:MrLONAS,E/,usis, pp. 205-06. Nondimeno, sia pure accettando l'identificazione del ""1sdell'inno omerico con il diòs J:ddion,a causa della mancanza di fonti esaustive, è alquanto difficile dire « ob ca eia Reinigunga- odcr Abwehrritus ist » (NILSSON, GgR, P, p. 110), e inoltre, per quanto concerne il diòs J:ddùmnei Misteri Blcusini, il Nilsson insiste: « Es ist abcr schwicrig, dies in die Ritcn, die unzulinglich bcbnnt sind, cinzuordnen und mit ihrer Hilfe zu deutcn ». (ibid., p. 112). Secondo il DB MAR.TINO, I G1pb.,rim,i, in « SMSR », X (1934), pp. 64-79, p. 66, l'offerta del seggio è « ambage » della tbrd,,osis. u Cfr. per es. //, X 353; XIIl 703; Od. XIII 32. li Cosi RICHARDSON, D1111,11r, p. 218 od 14,. 196; cita però per Soç le cccczioni di//. XI 605 e XXIIl 205, ove tuttavia è difficile, soprattutto per il secondo esempio, dire se si tratta veramente di un « seggio », o non piuttosto di un « posto per sedere». li Ripreso in Od. XIX 101. 1•

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in cui il « vello » è jndicato da leAa.r. Ancora più significativo è Od. I 130-31, ove Telemachos offre ad Athcna un throfllJs, su cui stende un « panno di lino ». Questi passi sono testimoni della consuetudine di porre una « pelle », il dlrma di una capra selvanel caso di Penelopeia, ovvero un tica nel caso di Eumaios, leAa.r «panno» nel caso di Telemachos, sui «seggi» che si offrivano agli ospiti, il che permette quindi di individuare questo fatto come un atto di xenia. Nell'episodio dell'incontro del sybotesEumaios con Odysseus, la « pelle di capra » è gettata sulle « frasche ammucchiate », pé:>1ta.c; 3'U1téxeue: 3cxm:la.c; - rMpospiù tardi avrà il valore di « merce minuta, di poco valore » I -. Al contrario in Od. VII 169, Alkinoos fa sedere Odysseus su di un throfllJs phaeinos,come fa Telemachos con Athcna. A questo punto è possibile rilevare come questi passi presentino un'opposizione di «culture», che si esprime a livello da un lato, e nel « codico » e i cui sèmi si individuano nel throfllJs dermae k.Aasdall'altro. Infatti, il mondo dei Feaci, in particolare, rappresenta quasi una « terra di sogno », un mondo ideale che si contrappone, senza alcuna violenza, al mondo rappresentato da Itaca.14 Ora, considerando il klis111òs phaeinoscome un « prodotto di cultura », e cosi pure il pektòn hedos,il rapporto che si istituisce tra i due è di « gradazione ». L'uso di dlphrossuccessivamente (Horn. Hymn. in Cer., II, 198), ove la dea siede « a lungo senza parlare, immersa nel suo dolore », precisa un ulteriore « pro16 Il silenzio di Demeter, tiphthongresso » verso il klismòsphaeinos. gos, che continua la disgiunzione apertasi con il « rifiuto » del klismòsphaeinos,si articola in una serie di progressive disgiunzioni che precisano e reaUzzano l'opposizione « Demeter/Metaneira »: vv. 199-201: e non mostrò di gradire èon parole né con atti alcuno, ma senza riso " ROHDB, Psi,b,, pp. 86-87; 109 D. 1; cfr. GUTHam, Lu Gru, ,, #111'I IUIIIX, cit., p. 140. 11 3(fPO!i è anche il seggio che Pcnelopcia & preparare per Odyaseua: Otl. XIX 97. tllpl,,o, comunque in Omero indica speuo la parte del cocchio su cui sta l'auriga.

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{sulle labbra) e senza ptcnder né cibo né bevanda, seduta se ne stava ... o6M -nv' olh' mt 1tpomn-6aan-o ~oç ~Bè1tonj-roç I ~a-ro •••

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In altri termini, Demeter, accettando prima il « seggio » offertale da Iambe, ed aprendosi poi al riso, sino ad « aver cara » la donna che l'ha rasserenata, interrompendo quindi la propria « non-disponibilità », si rende « disponibile » alla comunicazione. Successivamente, quando rifiuta il vino offertale da Metaneita (vv. 206-07) - altro atto di xenia84 -, la dea dà una « giustificazione » del proprio rifiuto, un rifiuto che è stato un semplice (v. 207), chiudendo con questo cenno del capo, ~ 8' tlvéve:uae: cenno, in certo senso, quello che si potrebbe definire un « dialogo gestuale ». L'uso di lcp«axe:(v. 207), rivela l'inizio di una comunicazione orale-aurale, che mira a giustificare, come detto, il «rifiuto» di « bere il rosso vino» (v. 208), in quanto « non 86 L'espressione 011thi111is ricorre le era permesso», où yap &e:µ.t-r6v. ai propri membri adulti ». Tuttavia, come giustamente l' A. rileva (lbid., p. 459), J'ioiziazione elcuaioa « non portava ad alcun cambiamento nello slahu aodale dell'individuo, ciò che del reato sarebbe stato impossibile in un rito panellenico », quale appunto etano i misteri di Eleusi. Ora, se, come si è visto in precedenza (e&. pp. 98 sgg.), la conclusione dell'inno mira a sancire un ordine cosmico, e una delle prerogative di Dcmctcr è quella di dare le « norme » che regolano la vita degli uomini (cfr. p. 93), il rito eleusino ripropone periodicamente il graduale passaggio dall'a.to.mriaal .to.mros. 18 Cfr. Od. I 428, ove è riferito ad Euryklcia, che accompagna Telcmachoe nelle sue stanze. Per la 101tituzione di la- del ms., con clB-,regolare, dr. RJCHAaoSON, D,,,,,llr, p. 218 ad /«. 195. 1& Cfr. RJcHAllDSON, D,,,,,,,,., pp. 205, 211; MAuss, Saggi4nd dot,o, cit., p. 174 o. 2. • Discussione in RJcHAllDSON, D,-,11r. p. 224.

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in Omero sempre riferita a sa.J,l.Zioni divine,• e nel caso pr~e, con molte probabilità, indica l'estraneità e l'incompatibilità del vino con la sfera d'influenza demettiaca,17 tant'è che la dea fa a base cereale.18 L'accettare il k;Jluon preparare per sé il k;Jhon, da parte di Demeter, comporta un'accettazione del « nuovo » universo in cui si è venuta a trovare, e quindi un'aggregazione." A questo punto è possibile proporre un quadro d'insieme, da cui sia rilevabile il procedere della « gradazione »: Dmmrsa

METANBillA

IAVllB

offre il Jdu,ns phtm,,6.1 rifiuta

il

J:.pb. silenziosa con gli occhi a tena

offre il p,luò11

b,Jos,su cui pone il k&u si siede copre il viso - non parla non gradisce~ persone n~ cose - non sorride non gusta cibo ~ bevanda con facezie e motteggi allieta la dea e la fa sorridere sorride cd ha cara Iambc 11

lbid. Il vino appartiene alla sfera d'inftucm.a dionisiaca, legata ali'« umido». mentre la sfcn d'inftucm.a dcmctriac:a ~ legata al «secco»: cosi Teiresias in Eua, B«,b. 274-85. ar. EuRJPmBS,Ba"btu, cd. by E.R. DODDS, Onord 19608,pp. 104-05. .. C&. p. 80. 11 In //. XXIV 100-02, Thctis si reca sull'Olimpo, con sul capo un velo ~d(v. 94): qui si siede accanto a Zeus, mentre Hcn le porge una coppa e cerca d'allietarla « con parole»: la struttura di quest'episodio non~ tipologicamente dissimile da quella dell'inno omerico. 17

"'°'

-149

-

DEMETBll

~ANEillA

WfBE

offre un boecale di vino

t

rifiuta

il

vino

lpha.th: « parla », spiega che non le ~ permesso bere il vino. Ordina che le aia preparato il

/ghot1.

Dal presente quadro traspare come Iambe si inserisca quale « mediatrice » tra Demeter e Metaneira, per aggregare la prima alla sfera dell'umano. La scelta di Iambe quale mediatrice, viene, forse, giustiticata dall'inno di Filico, un alessandrino, il cui testo ci è. stato (rnitoda un papiro della fine del sec. m a. C.,• ove Iambc, appunto, è presentata con gli stessi tratti dell'inno omerico: è infatti connotata come una rustica contadina dell'Attica, À«Ào2, p. 87. 0 PHILIK:OS, frg. 5 col. II 58-59. ar. M!AUTIS, L,1 dinx I# 14 Gritt Il #I M,rllns d'Émuit, cit., p. 73. • C&. RICHAR.DSON, D11111llr, p. 216; NILSSON, GF, pp. 322, 327; per le Aloe cfr. DEUBNEa, AF, p. 63. ar. GaB.NBT-BoULANGBR, Git,i,, pp. 52-53.

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Nella versione euripidea ·del mito di Kore la · mediazione spetta ad Aphrodite: Eur. H,I. 1346-49: E fu allora che Opride la bella delle bcllc tra gli esseri beati

fece la prima volta col suo fiato risuonare la voce sottcuanca del bronzo e le tese membrane dei timpani percosse con le dita.

(trad. di C. Diano)

Anche in questo caso il fine è di muovere al sorriso la dea (v. 1349), quale primo passo verso il ritomo alla « norma ». Ed a nostro avviso, come si vedrà più avanti, non è senza significato la presenza di K ypris in questo contesto, soprattutto dopo il testo apollodoreo e qualora si tenga presente la versione « orfica » tramandata da Qcmente d'Alessandria. Quest'ultima costituisce, con molte probabilità, il tlimax del quadro che si è prospettato. In tale versione la dea è accolta ospitalmente, çev(aotaot,da Baubo, la quale « le offre il kyhon ».41 L'offerta immediata del kyhon, che segue all'uso di ;ev(~Ci>,si connota come un manifesto atto di xmia. '' Il rifiuto di esso equivale a rifiutare anche la persona che lo offre ed a creare un'evidente frattura tra i due possibili « contraenti ».41 Ne consegue, a buon diritto, il dispiacere e la rabbia di Baubo. Questa, ora, « come se si sentisse disprezzata, scopre gli aidoia e li mostra alla dea ». Tale anasyrma,a questo punto, parrebbe avere piuttosto il valore di un gesto di disprezzo, che non di conciliazione." Sennonché il fatto che la dea sia mossa al riso: « Sorrise per ciò la dea, sorrise entro il suo cuore », come risulta anche dal testo « orfico » riportato da Oemente, 47 permette di vedere in tale atto un riferimento « ironi" CLEK. AI.Bx. Prolr. Il 20.3; in

C\LLIM.

Hy11111. VI, 8-9, è Hespcros che riesce

a far bere Demetcr.

" Cfr. p. 80. " Cfr. p. 80 n. 136. u Cfr. ÀllTBMID. 0.ir. " Prolr. Il 21.11 4.

IV 44, p. 22.1.

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co », il quale sembra accompagnare certe forme « rituali » oscene con valore apotropaico.48 Questa connotazione « ironica » dell'ana.ryrma porterebbe dunque a collocare Baubo nella stessa dimensione di !ambe e dell'allegra e ignorante « contadinotta » attica dell'inno di Filico.

Che l' ana.ryrmadi Baubo sia intenzionalmente rivolto a produrre una disponibilità della dea alla comunicazione, viene confermato da un passo di Amobio, 49 che è opportuno riportare integralmente: • Un po' come il volgare gesto di toccani i tc:1tlcoli per cacciarela «iettatura•· Un gesto aimtle con valore apotropaico è in Uruguai qucllo di ,/ « tirar11,Il/ p.. ta/4n /,açi4 abajo»: e&. ME.o-Z1uo, El Ullfllllfa,Il los g.stos, cit., p. 157 e n. 88. Anche Plinio (N.H. XXVIlI 77) sottolinea il valore apotropaico dcll'aidoiot,fem11 111 r,pri1111lal#llu, minile. Cfr. anche J. .ANm!QUIN,R,çb,nb,st n, /'açliol, 111agilJIII Paria 1973, p. 24. Si è conupevoli che pS110no C88Crsollevate molte obiezioni a questa interpretazione, la quale tuttavia non vuole C88Crc né definitiva né esaustiva. Le molte statuine e raffigurazioni di figure femminili nude o appena velate, ovvero raffigurate nc-ll'atto dell'~a, ritrovate ncll'arca mediterranea, normalmente interpretate come Nahlrfjillml# intc:8Ca favorire la fertilità (cfr. GLOTZ, La dtlilisatiot, lg""'11, cit., p. 282; NILSSON, GgR, P, p. 520; B. C. DIETRICH, So•1 LigJ,t .fro,,, Basi on Cr1ta11Ctdt Pra,tiu, in « Hiatoria », XVI (1967), pp. 384-413; il mio Daido/os, il Labyrit,tbos,cit., p. 199 ag.), parrebbero infatti contraddire quanto esposto: cfr. l'interpretazione di Cb. PicAao, Lls r,/ioonsprihlllhÌIJllls (Criu ,1 M.1m,u), Paria 1948, pp. 76-77; GLOTZ,lbid., sul valore della nudità. ar. però NEUKANN, Gnal Mothlr, cit., pp. 74, 79, il quale nella sua analisi psicologica dell'archetipo, considera la nudità come simbolo dcUa « fona disintegrante ». Tuttavia non ci sembra sia da rilevare un'dfettlva contraddizione. Anzitutto il tema « orfico » dcli'~"• per essere significante deve CISCrecalato nel suo preciso contelto mitcmico. Inoltre il duplice valore semantico « apotropai~nciliantc » dcll'alldsyrt11a non contraddice affatto l'interpretazione della « nudità ,. rituale intesa a favorire la fertilità; anzi, la conferma: conciliarsi la divinità, nel caso specifico Dcmctcr, equivale a favorire la sfera di competenza della stessa, segnatamente la fertilità. Un esempio di bivalenza semantica può casere costituito dal rituale in onore di Dcmeter Kidaria, a Fenco, in cui il sacerdote, la notte, postasi sul viso la maschera tolta dal P,1ro111a, batteva il suolo con delle verghe, per cacciare gli ,pkblbtJtdai(secondo la lezione dei mss.) ovvero gli b,ypoçbtMnioi (secondo l'emendamento dclle le7.ioni moderne): PAus. VIlI 15.2-3. Cfr. N1tssoN, GgR, I•, p. 478 n. 1, che accoglie l'emendamento; K. KER.ÉNYI, Miti, 111ùtlri,a cura di A. Brclich, Torino 1950, p. 464, n. 20, che lo respinge. ar. .Addmda, pp. 229-30. • Ad11. Nat •• V 25. Altri esempi di flllar.,r,,ta, eseguito da Baubo, in KDN, Orpb. frg. 52, pp. 128-29; cfr. PsELL. D, Ddllllon. 3 (MIGNE, Palr. gr. t. 122, col. CMOUprro,riferito da Nonno, 888). L'episodio di Dcmctcr, che wùç icwrijc; IL'1JPOÙc; ne' suo commento mitologico a Gregorio Naziaou:no (Oral. 4, Cod. Mare. gr. 70, c. 479 ,. 2), è chiaramente una sovrapposizione tarda dcll'cpisodio di Baubo aulla pla,u di Demetcr. Per il valore « conciliante » degli « scherzi », cfr. BIANCHI.S,wHtz.a o/impi,a, p. 173 n. 10.

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quod cum saepius 6.eret neque ullis quiret obsequils ineluctabile propo&itµm fatigari, vertit Baubo artes et quam serio non quibat allicere ludibriorum statuit exhilarare miraculis: partem illam corporis, ~ quam secus femineum. et subolem prodere et nomen solet adquirere generi, tum longiore ab incuria liberat, facit sumere habitum puriorem et in speciem levigari nondum duri atque hystriculi pusionis. redit ad deam tristem et inter illa communia quibus moris est frangere ac temperare maerores retegit se ipsam atque omnia illa pudoris loca revelatis monstrat inguinibus. atque pubi ad6.git oculos diva et inauditi specie solaminis pascitur: tum diffusior facta per risum aspematam sumit atque ebibit:potionem, et quod diu nequivit verccundia Baubonis exprimcre propudiosi facinoris extorsit obscenitas.

Prescindendo ora da questi documenti, che in parte si commentano da soli, e che si richiamano piuttosto ad uno hieròs Jogos,è opportuno rilevare che in Grecia ed in Asia Minore non si incontrano testimooiao1-P.che facciano riferimento ad un tale costume rituale.60 Il solo Erodoto, credo, narra di un anasyrma compiuto, sul delta del Nilo, da donne in onore di Artemis, nel corso di una processione fluviale.61 Qualcuno ha voluto vedere nell'atto di Baubo una « danza del ventre ».11 Ma, nonostante che in Grecia siano rintracciabili esempi di danze accompagnate da atti osceni e dalla nudità dei danzatori,68 tuttavia non ci sembra che l'episodio di Baubo, cosi circoscritto, si~ da far rientrare nel contesto di una « danza sacra». L'uso di skopto, nell'inno omerico, ripreso dalla Bibliote,a dello Ps.-Apollodoro, ora, piuttosto che all'ana.ryrma, parrebbe riferirsi agli skommata,che uomini e donne a Pellene si scambiavano il quarto giomo delle feste in onore di Demeter Mysia.64 Questo scambio di oscenità, o più precisamente di « scherzi, .. MnoNAs, Euusis, pp. 293-94. 11

Il 59-60.

11 Cosl Ch. PicAllD, L'lpisotu d, Ballhodmu hs •.Jslìns ti' Éuusis, in « RHR », XCV (1927), pp. 220-55, p. 232. Contro questa tesi cfr. MÉAtmS, us din« d, la Grit1 11 ks MJsln-11ti' Éuusis, cit., pp. 68- 71. Tuttavia Macrobio (Cn,. ;,, Stip. I 2.19) prcacnta il rito eleusino come dedito ad oscenità e turpitudini. 11 Cfr. Lillian B. LAWLEll, Th, D1111t1;,, Àllmtll Grwa, London 1964, pp. 90, 118. L'autrice ricorda che a Sparta era praticata una danza osc:cna, la br:,dalilha,in cui gli uomini si mascheravano da donne: lbid, p. 112. 11 PAus. vn 21.10.

s.,,,,,.

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motteggi », avveniva dopo il terzo giomo, nel corso del quale le donne si erano ritirate nel tempio, e durante la notte avevano compiuto i riti che il 11fJ11JOJfissava per loro. Ad Epidauro ed Egina i ,boro/ in onore di Da.mia ed Auxesia « lanciavano in-· vettive contro le donne del paese ».11 · ' L'analisi di skopto e cosi degli shfmmala, rivela ch'essi sono « gufo, civetta », « l'ucetimologicamente legati al termine axw~, cello che motteggia ». Secondo Eliano (Nat. llfl. XV 28) il termine shfps indica la danza eseguita ad imitazione della « dann dei gufi » presso la grotta di Kalypso.11 Il termine skopt,in, nel senso di « motteggiare, beffeggiare », trarrebbe quindi origine dalla111/111,sis caricaturale di questi uccelli, compiuta dai danzatori. 67 Ateneo invece parla anzitutto di una voç. si inserisce in un sistema magico facente capo ad un panthton gerarchizzato,118 come accadrà alcuni secoli più tardi per i testi di contenuto magico, in particolare nel sec. I e II d. C., segnatamente all'ambiente romano,114 e come è possibile riscontrare dalla lettura dei papiri magici greci.1111 Il quadro «magico» offerto dall'inno omerico è, senz'ombra di dubbio, di tipo « popolare »,111 proteso ad una prassi profilattica. Demeter inoltre, proprio per il suo intento di « proteggere » il fanciullo, si preil che però senta come « maga benefica », del tipo 111edecim-111an, non esclude da lei gli stessi poteri che connotano chi è in grado di inviare influssi malefici,m in virtù della legge di « similarità » e contrario,che agisce per simpatia.111 Demeter, ancora, fa il suo ingresso nella dimensione dell'umano sotto le mentite spoglie di una vecchia (v. 101), e cosi la vedono prima le figlie di Keleos (v. 113) e poi Metaneira (v. 275). Ora, le donne, considerate più o meno ovunque i più adeguati veicoli della magia,111 godono della massima intensità delle 111

Bibl. Nat. suppi. gr. 574, c. 4 •·• 244-45 (PREISENDANZ IV). Un altro papiro magico presenta lo stesso rifiuto dall'« ignoranza»: P. gr. CXXI Brit. Mus. col. VII 245 {PllEISENDANZ 111 ar. MAUSS, Tlflria g,,,,rau tk/'4 magia, cit., p. 84. IN ar. .ANNEQUIN,R,çb,rçb,s 111r I' a,tiwtb,s 11tr I' açliot, •agÌIJIII, clt., p. 83. Cfr. p. 20. 171 NILSSON, Dii lùligio,, in tk,, gri,tbistbm ZIIIIIHrj,appi, cit., pp. 72-73. Bibl. Nat. suppi. gr. 574, c. 30 r •• 2710-11 {PUISBNDANZ IV), 1"

TRICH,

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sopra tutti gli altri dei da Medeia(vv. 395-98), e nelle fantasie popolari era accusata di insidiare con gli incubi notturni gli uomini. 177 Apollonio Rodio (Ili 1035 sgg.) presenta Hekate in tutta la sua potenza tenebrosa, 178 ma solo più tardi, con molte probabilità, Hekate si troverà al centro di un pantheonmagico. 179 Prescindendo dall'aspetto selenico, già visto in precedenza, 180 che la pone in relazione con le potenze demoniache, 181 ella, in un poema alessandrino, che presenta un processo sincretico oramai avanzato, 181 trasformando in cagna Hekabe, 181 compie uno degli atti più consueti alle strighe,quello di trasformare gli esseri umani in animali. 184 In un inno « orfico » Hekate è invocata, tra l'altro, come « la Signora che ha le chiavi di tutto il cosmo »,181 e questa connota1• la rivela quale p a s zione, associata all'altra di prothyraia, saggi o o b b 1 i gato dall'« umano» al «non-umano» e viceversa. 187 E se la magia vuole ottenere un tale risultato, al di fuori di ogni culto organizzato, 188 si giustifica l'invocazione di Hekate fatta da Canidia in una satini di Orazio (I 8.33). Ancora 17

(PREISENDANZ IV), pa11i111. lbid., 2985-86. m Cfr. p. 15. m HlPPOCa. D, 111m,o 1am, 4. In APo. I 6.2, uccide con la fiaccola Kytion. ar. NoNN. ad GaBG. NAT. Oral. 39, Cod. Mm:. gr. 70, c. 457 •. 1. 171 Il paaao ~ già stato discusso: cfr. p. 21. 171 Cfr. NILSSON, GgR, Il 1 , pp. 446, 455, 539. Negli inni di Proclo ricorrono Helios cd Hekatc connotati come infallibili: lbid., pp. 460-61. 1• Cfr. pp. 19-20. 111 PI.UT. D, tllf. or. 13 = MORAL. 416 E. lii In generale cfr. NILSSON, GgR, Il 1, pp. 246-48; GBllNBT-BoULANGBR, Gltù,, pp. 353 sg., 387 sg. iu Ln:oPHa. Ahx. 1174-84. 1" Come ad esempio Kirke ncll'Odiss,a (X 212-13; 733-43), ovvero Pamhile di Apulcio (II 5). ar. LoWE, Magi, in Grnl,. & Lalin Lillrahtrl, nelle M1lo111orfosi cit., pp. 43-44. 1110RPH. 1.7 (QuANDT). In P. Bibl. Nat. suppi. gr. 574 c. 17 r., 1403 {PREISBNDANZ IV), tale attribuzione spetta a Pcncphone. Alla relazione con le «chiavi» corrisponde quella con la «porta»: cfr. Pl!sTALOZZA, Si"- H,àtt, cit., p. so.Cfr. p. 19. 111 Cfr. n. prcc:cdcnte• .., ar. pp. 19-20• .. ar. MAuss, Tlflria g,,,wail dli/a 111agill,cit., pp. 18-19. ar. p. 191. '

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H,,,,,,.

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meglio la Medeia di Ovidio rispecchia tale funzione di Hekatc, quando la maga si reca agli altari della dea, ovvero quando avverte Iason che Hekate mai avrebbe « permesso » (ne, sinat ho, Hetale) ch'egli cedesse al padre parte della sua vita.18• Identica funzione è attribuita ad Hekate dalla Kirke ovidiana.1 110 Nel papiro magico di Parigi Hekate è invocata come mediatrice dcli' azione magica : 8eup', •Ex«'"] •.• -rixv•Ex&.-ra.v ae xoù..6°> / aùv 191 cx.1toq>-lhµévotc; CÌ6>potc;,secondo un formulario che corrisponde a quello degli tioroi.Tale formulario si incontra nello stesso papiro 1911 e compare nelle tabulaedeftxionis,ove si invoca espressa198 mente un tioros. Quanto sin qui è stato esposto concorre, a nostro avviso, a confermare l'esistenza di una connotazione« magica» nella figura di Demeter. Hekate stessa inoltre, si trova spesso associata alle due dee, già a partire dall'inno omerico, in cui partecipa anche alla gioia del ricongiungimento della madre con la figlia e in cui si sancisce appunto la sua partecipazione alla sfera demettiaca (cfr. v. 440). Tale congruenza di Hekate con le due dee, ed in particolare con Demeter, trova anche una rispondenza nell'iconografia, come è possibile notare, ad esempio, su alcuni vasi attici,194 o su di una stele di marmo da Eleusi.196 Altrove, in alcuni testi seriori, ella viene identificata con Persephone,1" precisando ulteriormente la sua affinità con le due dee, anche se nell'inno omerico la sua posizione è ancora subordinata e umile, e solo in seguito, attraverso una serie di « mutazioni » successive, diviene la potente Zaubergottindei testi magici.197

111

M,t. VII 74, 164-75, cfr. v. 194.

M,1. XIV 403-05 sgg. Bibl. Nat. 11uppl.gr. 574 c. 30 r., 2726-31 e passi111 {PllEISBNDANZ IV). IU lbid., c. 5 ,., 332-35, 343-43, 2215. 1• lbid., 2220-24; TAcIT. A1111. II 69. CTr. LowE, Magiç ÌII Gr11J,C' Llllill Lil#rallll"I, cit., pp. 33-34; ANNJ!QUIN,Jùçb,rçb,s ntr l'atliv yovÉ.ca>v •••; (Plut. axe 1tUpÒt;µ.éve1.~IJ't'e3otÀÒV De Js. et Os. 16 = Mora/. 357 q: vuxTca>p3è 1tep1.x«le1.v Tµ.ot't'Ot;. ' .., Y,,'t'ot

Per quanto queste narrazioni mitiche, come si vedrà, manifestino un processo di socializzazione, e più precisamente culturalizzante, le modalità da esse espresse presentano un trattamento di netto carattere « magico », che completa il quadro profilattico individuato nella « formula magica» dei vv. 228-30. Il testo e i miti paralleli rivelano all'analisi un complesso quadro di componenti interagenti, le quali, prendendo le mosse da una funzione profilattica e terapeutica del trattamento, attraverso livelli successivi, apparentemente circoscritti, sfociano inevitabilmente nella « culturalizzazione » e « socializzazione » del soggetto sottoposto al trattamento. In alcuni casi il trattamento appare limitato ad una semplice profilassi, o meglio paidofilassia, ma, come è possibile rilevare, si tratta di forme degradate, e il più delle volte recenti, addirittura odierne, in cui la funzione .ecultu.ralizzatrice» si è designificata, soprattutto per effetto delD, Is. ,t 01. 16 = Mora/. 357 B-C. ui Fare passare un fanciullo attraverso il fuoco era un costume alquanto diffuso nell'arca mediterranea antica. Un esempio classico i: quello biblico dd re Achaz, che fece passare il figlio attraverso il fuoco (II R, 16.3; cfr. THEOooa., in MIGNJ!., Palr. gr. t. 80 col. 780); ovvero, sempre nell'Antico Testamento, il costume di far passare attraverso il fuoco il figlio o la figlia in onore di Moloc (II R, 23.10). CTr. Fa.AZBB.,Admis Allis Osiris, I, cit., pp. 180 scg. Nd mondo latino esistcn una festa campestre, nel corso della quale si saltavano a pie' pari i fuochi accesi nei campi, la festa dei Parilia: cfr. Smcr. Pa.OPBB.T.,IV 4.73-78; cfr. TIBULL. Il 2.49 sgg., M. DBLcouaT, Pyrrb.•1 Il Pyrrha, Rt,IHr,INs 1111'us •allllrs dM(111datu us /J,,,,_ dls IN/llniqws, Paris 1965, pp. 63-64. Nel corso di tali feste venivano anche purificate col fuoco le greggi: cfr. J. G. FRAZPB., TINMagu Art, II, London 19111, pp. 3'1:1agg. 111

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l'acculturazione, fenomeno quest'ultimo riscontrabile ancora oggi presso alcuni semicivilizzati.• Il trattamento a cui è sottoposto Demophoon, prima del passaggio attraverso il fuoco, e cioè l'unzione con l'ambrosia e l'alitare della dea, nel quadro di un'interpretazione « magica » dell'episodio, si presenta indubbiamente come preliminare rispetto al trattamento più importante, come è consuetudine di ogni azione magica, che il più delle volte appare preceduta da una « purificazione preliminare ».m Lo stesso motivo si incontra nella penisola malese, ove il bimbo appena nato viene lavato in un vicino ruscello, prima di essere fatto passare attraverso il fuoco all'interno della casa.nePresso gli Zulù Kafir del Sudafrica il neonato, prima di essere fatto passare attraverso un pungente fumo, subiva un particolare trattamento, che iniziava con la preparazione di una « medicina », composta con le sozzure raschiate dall'avambraccio del padre e da un'altra parte del corpo, mischiate con altri elementi, quali pelo di leopardo, pelle di salamandra, artigli di leone. Nello stesso giorno pare avesse luogo il primo trattamento con l'acqua: solo successivamente si aveva cura di sottoporlo al trattamento del fumo.119 In Haiti la terapia magica per guarire un malato, prevede un trattamento preliminare che culmina in bagni e frizioni.• Tra gli aforismi di Apastamba sulle Leggi sacredegliAri, ne 11• Cosi ad e11empip in Haiti: cfr. MÉTRAUX, Il Hdll baitùmo, cit., p. 305. CTr. A. 0UPB.ONT, D, l'amJhlralion, in Xli• Congrìs intm,alional tks 1,imt11 bisloriq,#s, Hom-Wicn 1965, pp. 7-36. Cfr. C. LÉVI-STRAuss, · Rat1 11 Histoin, Paria 1952, trad. it. di P. Caruso, Raz.z_a, storia , altri shldi di fllllropologia,Torino 19671 (secondo cui si cita), pp. 97-144, pp. 123-24 sgg.; SEPPILLI,Po,sia , magia, cit., p. 350, la quale accoata l'acculturuione al sincretismo. Cosi si possono considerare frutto Nucr, sotto l'influsso Dinka: cfr. EvANs-PIUTCHAllD, di acculturuione i 1111,111 N111rR.lligion,cit., p. 82. Lo stesso fenomeno degradante è stato rilevato dal Malinowski presso i Trobriandesi, frutto della pressione culturale dei bianchi e dei missionari: LA •ila 1111'1/lU tki 11l•aggi,cit., pp. 362-63; In., ùs Argont111l11 fUIpadfttpu otddmlal, cit., p. 75. 117 CTr. MAuss, T,oria g,Mra/, tklla magia, cit., p. 44; ANNEQUIN, R1tb,r,b11 111r I' a,lion magitp#, cit., p. 55. In generale per il « rito », cfr. RunHAllDT, Noliotu fonda111mll1/,1 tk la p,,,,i, 11 a,111'11llllillllijsfUI t11ll1dam la Gr:t1 ,lauitp#, cit., p. 299. na J. G. FRAZER, P11llingChildr,n on IIH Fin, in APoLLODOllUS, TIH Librar.,, with an English Translation by Sir J. G .... , Il, London 1921, pp. 311-17, p. 315. 111 NYBEllG,Kmd ,wJ Ertk, cit., pp. 108-09. Episodio ricordato parzialmente anche dal Frazcr, ibid., p. 316. - Mtn-uux, Il ,adii haitiano,cit., pp. 278-80.

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compare uno in cui è detto: « Egli non collocherà combustibile al fuoco, senza averlo asperso con l'acqua ».111 In un altro aforisma viene detto: « Ora egli diviene puro dopo aver lavato quella parte del suo corpo ed averla toccata col fuoco ed averla di nuovo lavata ... ».181 Questi due aforismi, ed il primo in particolare, confermano in certo qual modo quanto esposto, se si rammenta che nell'inno omerico Demophoon è tenuto sul fuoco « come un tizzone» (v. 239). Isis, come si è rilevato, prima di passare attraverso il fuoco il figlio del re di Biblo, gli dà un dito da poppare.• Medeia, prima di compiere il sortilegio - e si serve di un caldierone in cui sono fatti bollire diversi ingredienti - per poter ringiovanire Aeson, il padre di Iason, compie sul corpo del vecchio un rituale preliminare, girandovi attorno tre volte con fuoco, acqua e zolfo.184 Ancora Ceres, in Ovidio (Fasi. IV 547-54), a mezzanotte, dopo aver dato da bere a Triptolemos papaveri con latte tiepido, lo accarezza tre volte con la mano e pronunzia tria ,armina, ,armina mortalinon referendasono.La. versione apollodorea (III 13.6) dell'immortalazione di Achilleus inverte i termini del mi tema: Thetis di notte fa passare il fanciullo nel fuoco, mentre di giorno lo unge d'ambrosia. Apollonio Rodio (IV 869-72) offre per l'immortalazione di Achilleus lo stesso motivo. Il trattamento riservato a questi personaggi mitici si presenta • 1 APAsTAMBA's Apborintts"" tb, Satnd Law, in Tb, Satnd La,,s o/ ti,, Ar.,t,s, transi. by G. Btthlcr, in Tb, Saçr1d Boolu of tb, Bari, Il, cd. by F. MAX MOLI.Ell, Oxford 18961, p. 55, I 5.15:12. • lbid., p. 56, I 5.15:17 • .. ar. p. 182. ... Ovm. M,t. VIl 261. Per quanto concerne i «figli» di Mcdcia ai hanno « oscuri ricordi » sulla loro sorte. Secondo alcune fonti la maga non ha ucciso i figli, ma li ha soltanto « nascosti ». Il Brclich istituisce un paralldo tra la J:,ypma dcli' agog, spartana e il « naacondimcnto » dei figli di Mcdcia, giungendo ad inserire la morte dei figli della maga in un complcaao rituale iniziatico: I figli di M1dlia, in « SMSR », XXX (1959), pp. 213-54, pp. 221-22, 226, e passim.In tale interpretazione trova ora una sua giustificazione l'uso del verbo ltrypto (v. 239) ndl'inno omerico, per quanto conccrnc l'episodio di Dcmophoon, nonostante tutte le riserve che si possono formulare: cfr. pp. 203-04. CTr. Ch. PlcARD, L'Hlrl#OII d, Plra,bora ti l,s mfants d, Midi,, in «RA», XXXV (1932), pp. 218-29, il quale cerca di locali:uuc il santuario di Hcra Akraia a Corinto, sulla base dd testo euripideo e di recenti scavi della scuola inglese di Atene; cfr. lbid. p. 222, relativamente al rituale che imponeva a sette fanciulli e sette fanciulle di passare un anno nel santuario di Hcra Akraia. In generale sull'episodio di Mcdcia cfr. L. PRELLD C. ROBEllT, Grit,his,b, Mytholngi,, Il 3.1, Dublin-Zttrich 1921•, pp. 870 sgg. C&. LowE, Magi, in Gr11J, & Latin Lit1ral11r1,cit., p. 76.

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all'analisi non dissimile da quello praticato sul corpo degli «eroi» morti, prima che fossero posti sul rogo. 1111 Un esempio saliente è il trattamento che subisce il corpo di Patroklos ncll' Iliade. Infatti, per ordine di Achilleus, gli hltaroi pongono sul fuoco un loetro,hoo.r trlpom e, quando l'acqua è bollente, lavano Patroklos e lo « ungono con grasso olio ». Dopo ciò riempiono le piaghe con unguento e l'avvolgono in un lino. 1841 Ma l'operazione più importante, quella di istillare l'ambrosia e il nektar erythronnelle nari del morto, affinché il corpo resti intatto, è compiuta da Thetis, la quale, quando sali all'Olimpo per ricevere da Zeus l'ordine di far smettere lo scempio del cadavere di Hektor, 187 subi un « cerimoniale » simile a quello con cui è accolta Demeter nelle case di Keleos. Anche il corpo di Sarpedon è unto d'ambrosia da Apollon per ordine di. Zeus, prima del suo trasferimento in Licia.118 Lo stesso Hektor subisce un trattamento non diverso, anche se viene lavato e unto d'olio dalle ancelle d' Achilleus, mentre il rogo si fa in Ilio: 11• non si parla tuttavia di ambrosia nel suo caso. L'episodio di Patroklos, in questo contesto, pone un problema che in certo senso evade dalla presente trattazione. Si rende ad ogni modo necessario un rapido accenno. In //. XXill 65 e sgg., ad Achilleus compare l'anima del defunto, che lo supplica di dargli la debita sepoltura, altrimenti egli sarà costretto a vagare in eterno dioao 7j alle porte di Hades. Una volta invece che il suo corpo fosse stato consumato dal fuoco, egli non sarebbe più tornato dall'Hades, a tormentare i vivi (aggiungiamo noi).140 Patroklos si colloca, in tale contesto, nella triste condizione degli 116

Per il trattamento con ambrosia in funzione immortalante. cfr. RicHAaosoN,

D,-,1,r, pp. 238-39. Cfr. anche le discutibili critiche in EosMAN, Ig,,is Dm11111, cit., p. 228• .. Il. XVIII 346-53. 11, Il. XIX 38-39. CTr. p. 149 n. 39 • .. Il. XVI 66p (De ls. et Os. 16 = Mora/. 357 q. Anche nel mito isiaco il fine del trattamento è di annientare « la parte mortale del corpo ». Ad ogni modo, il testo più completo è forse quello di Apollonio Rodio (IV 869-72), in cui Thetis procede all'imrnortalazione di Achilleus. Di notte, vux-rci,« brucia la carne mortale del fanciullo con la fiamma del fuoco », di giorno, ~µci-rei,invece « ne unge il corpo con ambrosia», avendo per fine, l> di Estbilo, in « Atti dell'lst. Ven. di S.L. ed A.», CXX (1961-62), pp. 243-73, pp. 248-49, 248, n. 1. 171 Per quanto nel contrapporsi al nettare, bevanda degli dei, l'ambrosia svolga la funzione di « cibo solido •• tuttavia easa.secondo il Levin, presenta le caratteristiche di un elemento liquido, piuttosto che solido, cfr. n. 119, p. 77. "' ar. Uvi-STRAUSS, Dal 111uha/li ,,,,,,,;, cit., pp. 259, 261; Kiaic, Mylb, cit., pp. 66, 72. Cfr. anche l'importanza data da Plutarco all'umido, al secco ed all'aereo: D, ls. 1I Os. 36 = Mora/. 365 C. 171 OvID. M11 XIV 70-75. C&. APo. I 9.25. In AP. RH. IV 828-29, è figlia di Phorkya ed Hekate. In Ovlo. M,1 .. XIII 900 sgg., si incontra una variante del mito, in cui, per quanto non ardiaca entrare nell'onde, Skylle è corteggiata da Glaukos, divinità marina. n, Has. Tb. 233-39; APn. I 2.6; c:Ir. PIND. l'ylb. 12.13 . ... APD. m 15.8; OvID. M,1. vm 6-151. La Delcourt, Pyrrbos,, Pyrrbo, cit., p. 74, considera questa variante legata al tema dell'ordalia a mezzo dell'acqua.

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Essa viene attinta al Parthénionphrear,con « brocche di bronzo » per essere portata alle « grandi case del padre » dalle figlie di Kcleos: 181 in questo contesto l' « attingere » l'acqua si precisa come atto « culturalizzante ». Ma anche il « fuoco », nell'inno, è decisamente il portato di un processo di « cultura ». Esso infatti è già « culturalizzat:o », trattandosi del fuoco domestico che ardeva sul focolare, al centro del domos,la parte centrale del 1st mlgaron,tra il prodomosdomoue il thalamos. Si rileva a questo punto la presenza nell'inno omerico di una contrapposizione tra ambrosia, che non è un « prodotto culturale», e fuoco, portato «culturale». L'acqua, di cui si servono le figlie di Keleos per lavare il fanciullo, dopo che Demeter lo ha deposto a terra (vv. 289-90), si rivela quale corrispondente « culturalizzato » dell'ambrosia. Il fuoco in questo caso funge da mediatore tra i due contrapposti sistemi « liquidi ». Ora, il fatto, che Demeter utilizzi il fuoco « domestico » o « culturalizzato », si giustifica in virtù della sua aggregazione all'umano. Lo stesso vale per Thetis, che era stata aggregata all'umano grazie al suo matrimonio con Peleus.181 Lo stesso dicasi per Isis, accolta dalla regim. di Biblo secondo una modalità dell'aggregazione che richiama quella dell'inno omerico. Una versione ovidiana del mito di Demeter fa collocare Triptolemos da Cercs proprio in foco.18 ' Il fuoco « domestico » quindi favorisce la congiunzione, in quanto si manifesta come « creatore », contrariamente a quello «celeste», essenzialmente « distruttore ».886 Per quanto concerne Heraklcs, si tratta evidentemente di fuoco « celeste », se è nel vero l'Edsman, quando analizza il Filottete e le Trachini,di Sofocle.aaeAnche Dido si toglie la vita sulla pira, compiendo un vero atto sacrificale, per quanto, stranamente, non intervenga il fuoco. Quanto precede il suicidio della regina di 111

Vv. 106-07, 169-70. Cfr. p. 76.

MnoNAS, Tb, H.,,,,,, lo D,-,nr, cit., pp. 16-18. Cfr. B. C. DmTllICH, A R,/igi,nu F11mtumof 1b, M,garo,,,in e RSA », m (1973), pp. 1-12• ... e&. Pnm. P.,1h. 3.88-92; ARa. m 13.5. _. Fasi. IV 553. Lo stesso ~ poatulabilc per le altre varianti del mito, in cui non ai parla capreaaamcntc del focolare domestico. 111 Cfr. Uvx-STJI.AUSS, // mulo , il tolto, cit., p. 281; Kia.11t,M.11h.cit., P• 196. Cfr . .At/dmi/a,p. 230. 11• lg,,is Dmt1111, cit., p. 234. 811

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c.artagine è in realtà un atto «magico-rituale». Ella infatti fa preparare una pira, su cui getta quanto le ricordava Aineias. Fa preparare gli altari intorno, e con i capelli sciolti, quale sacerdos invoca tte volte cento divinità infemali, tta cui, dopo Erebos e Chaos, compaiono la trigeminaHekate e Diana dai tte volti. Versa dell'acqua laticis simtdatosJontis A111111i, ed aggiunge delle erbe velenose colte al chiaro di luna, con falci di bronzo. Sparge presso gli altari il farro ed il sale, con un piede privo di cal2are e le vesti sciolte.881 Il «sacrificio» finale, l'olocausto, però non si compie a mezzo del fuoco, ma con la spada di Aineias. Tuttavia sarà Iris che reciderà il «capello», in modo da permettere all'animo della tegina di scendere nell' Avemo. 888 La recisione del capello, se presa isolatamente, non riveste, in questo caso, alcuna precisa significazione. Ma se viene rapportata al tema di Skylle, che uccide il padre Nisos recidendogli il « capello rosso », laddove il « tosso » presenta una connotazione ignea,88 • mentre in Skylle si individua una valenza umida, allora la morte per recisione del capello si manifesta come simbolo dell' « usenza » della vita per eccesso dell'umido, che prevale sul « secco-caldo ».890 Nell'intenzione di Dido, nondimeno, il sacrificio allo Juppiter Stygius,811 doveva essere igneo. Tutto ciò dunque, proietta la figura di Dido, attraverso un processo irreversibile, nella dimensione dell'al di là: 8" sic, sic i1111at ire mb 11111bras. Ad ogni modo, la vera apoteosi, come conseguenza della divina folgorazione, si realizza con Semele, annientata dal fuoco « celeste ».8111 Il fuoco « celeste », quindi, favorisce la disgiunzione tta l' « umano » e il « non-umano ». Esso è presso molti popoli identificato con il fulmine, e costituisce la « negazione » di ogni rapporto tta l'umano e il divino. 814 Am. IV 504-16, 607-12.

1"

VERG,

111

/biti., 700-0S.

... ar. - ar.

Dm.COURT,

Prbos ,, Pyrrba, cit., p. 18 e passim.

pp. 211-12. Am. IV 638-40. ar. Atldmda, p. 231. 111 /biti., 642-60 e sgg. - CTr. Eua. Batth. 8-9, 88-91, S96-99; APn. li 4.3; NoNN. DiMr. VIII 407 agg.; cfr. Hl!S. Th. 940-42. - Cosi prcsao i Nucr, in Africa: cfr. EvANs-PlllTcHARD, N.,. &ligio,,, cit., pp. S2 agg., e prcsao i Dinka: cfr. LIENHARDT, Dwillity llllli Exp,rimu, cit •• p. 28. CTr. anche FRAZER,Tb, Magi, Ari. 11, cit., p. 2S6; lo., Afurt11alh, cit., p. 179. CTr. 111 VERG.

14

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A questo punto, innegabilmente, l'associazione del fuoco « culturaHzzato » con l'elemento liquido (= acqua), sfocia in un sistema culturale, il cui lerminm ad (Jllt111è costituito dai prodotti di «cucina». Da un lato si incontra la «cucina» essenzialmente magica, individuabile nel AOI: e terminiaffininellapoesiagre,a (introdllz.ione a 111111 feno111enologiadella l"'e), Firenze 1974, p. 9. n. 27, p. 18.

Gottinen,Strassburg 1901, pp. 40-41; M. Ruhland, Die eleN.rinis,hen per quanto concerne Hekate, cfr. Th. Kraus, Heleate.Studienz.11 Wesen Grie,henland,Heidelberg 1960, 1111d Bild der Gottin in Kleinasien1111d pp. 100 sg. e passim. n. 36, p. 19. Nell'Inno di Proclo Hekate non a caso è associata a Janus. Tra le varie etimologie proposte per quest'ultimo teonimo, pare oggi avere acquisito maggiore credibilità quella che lo vedrebbe formato su una base ""'.}ti-< -.tNlli, 186-87. insulti rituali, 155. iridi, 48. irrealtà, 12. iterativa, formula - 179.

Kalli,horon, v. danza. Kalligm,ia, 147. lur11, 26, 38, 78, 190.

251 -

lmpsigfllllia, 154-55 n. 61. ldiS111ds, seggio, 142, 144, 149. lollltos, croco, 48, 51, 53-54, 101, 110 n. 6. "4a.r, 143-44, 149. - diòs J:odiot,, 143 n. 10. x6xxoç, chicco, 98, 100. - testicolo, 98 n. 197. kdlpos, 157, 162-63, 181. lto111101, 14-15, 73, 95, 98, 147-48 n. 32. ltolll'Olrdpbos, 18, 162-63, 176. Krypuia, 184 n. 234. lunlata, 131-32, 134. /uda, 96 n. 188, 165 n. 102, 196. /;Jfllllos,v. fave. kydimos, di Hcrmcs, 173. J;,.aoit, 78-81, 96, 102-03, 142, 149-51, 158-59, 173, 193. - a bue cercale, 149. ky111balon, 19. J,,yrios,113, 116.

lamincttc d'oro, v. « orfiche », laminctte. latte, 78, 181, 184, 213. lavaai, 21. hgd111ma,44. /,/ria, gigli, 48. lettura, 1, 4. libagione funebre, 213. libertà, 58, 65. liliifiore, 51. linguaggio, 1-3. lino, 52, 144, 185. lira, 173. luce, 40, 227. lupo, 22. madre, 64-65, 78, 85 n. 146, 94, 98. - arborea, 163-64 n. 90. - degli dei, 83, 230. magia, 10, 27, 159 agg. 165, 168, 170, 175, 177-78, 180, 182-83, 187-89, 19394, 197 n. 314, 198-99, 222-25; bacchetta magica, verga, rbabtlos, 173; concentrazione dell'operatore nei riti magici, 189-91; conoscenza del mago, 34, 165-66, n. 104, 169; distinzione tra « magico » e « religioso », 187, 195-98, 222-24; donne, veicolo di magia, 170-71 ; fanciullo e magia, v. fanciullo; farmacopea magica, 174; filtri magici, 199 n. 335; formula, formulario magico, 165, 169, 174, 176,

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179 agg., 182, 191.; identità di sopl,la e magia, 194. - credo collettivo, v. credo, credenza; maga, -o, 169-71, 179, 181, 192-94; metaforismo magico, v. metamorfosi; nudità rituale della maga, 164; paido6Iassia, 159 sgg., 160, 163, 182; pan1hlonmagico, 170, 173, 177; parole magiche, 169 n. 120; pbtl1'111alla, 79, 166 n. 107, 173, 194, 205; pb.Jsis magica, 174, (194); potere magico, 165, 181; proccaao di generazione dalle fave, v. fave; profilassi, 161, 170, 173, 180, 182, 191; raccolta magica, 164-65, n. 96, 174, 212; religiosità magica, non ufficiale, 175, 187, 191, 218; rito magico, 6, 165, 176, 188, 190, 208, 218; definizione di r. m., come atto isolato, (171), 177, 187, 191, 19596, 218, 224; sistema magico, 170, 180; lou111individuale del mago, animale, 171; trattamento magico, v. psicanalisi. 111dllar,detto degli dei 1, 43-46, 137, 218,

220. 111aJuzriJ111ds, beatitudine, 43 n. 117, 44, 46, 97, 217-19. mantica, 187; poesia - 165, 179, 189. Maro, danza, 102 n. 221. 111aurdolorosa,11, 127. matrilinearità, 118, 125. matrimonio, 32, 58, 64-67, 109, 111, 115-17; 121, 125-26, 129 n. 104, 132, 136-38, 208. - come acquisto della moglie, 119 n. 56, 130; apal/agal, 119 n. 56; apbair,sis, 116, 119, 126; carro nuziale, 114-15; consuetudini prematrimoniali, 110; contratto matrimoniale, 113, 116, 118; corteo nuziale, 114; culti e cerimonie preludenti al matrimonio, 110; diritto matrimoniale attico, 109 sgg., 116-19 n. 56, 122 n. 75, 123, 126, 137; divorzio, 116, 118-19 n. 56, 126; dote, 116; /""'4, 122, n. 75; mgy,, 113, 116-19, 122 o. 75; icrogamia, 13 n. 18, 30, 52-53 o. 27, 64, on. 70, 73, 85 n. 147, 92, 110 n. 6; 118, 229; icrogamia campestre, - e morte, 52 o. 25, 110-11; legalità, dell'atto matrimoniale, 112; 120, 123 125, 133, 137; lessico matrimoniale, 109 n. 2, 112, 114-15, 120, 132-33.

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e cittia.dinanza, 117-18. per ratto, v. rapimento. - con stranieri, 117-19, n. 56; 1'1Ditbtigria, 122 o. 75; nozze matrilocari, 125, 128; nozze patrilocali, 128; ripudio, 116 n. 40, 119 n. 56; synoilut,,, coabitazione, 116-17, 119; traduzione della moglie, 114-15, 129 n. 104; unioni sui campi arati, 110, 118. 111,J,mu-111t111, 110. Medeia, figli di M., 184 n. 234, 188. mediatore, mediazione, 5, 12 n. 17, 29, 47, 68-72, 74, 77, 97-98, 100, 106, 108, 113, 136, 150, 178, 204, 214-16, 219. melagrana, melograno, 74, 98 sgg., 100-03, 108, 214, 218; astensione dai chicchi di - 101; esclusione di da riti e culti, 101; Sida, siM, 101. mensa, rovesciamento della ___.:.210 n. 398, 217. menta, 78. meraviglia, 12, 196. messaggio, 2-4, 7, 9, 13, 121, 162 n. 86; defuuzione del - 3 n. 8; recezione del - 7, 12-13, 42. metalinguaggio, 123, 167. metamorfosi, 30, 34, 36, 86, 172, 190, 192. - magica, 171, 177, 190. - oroitomorfa, 27, 31, 171-72. - zoomorfa, 64, 171-73, 177, 190. metodo, problemi di - 2, 219. miele, 52, 54, 73 n. 97, 79, 213. IIIUIIIIIIO, 11. 111l1111ri1, 154. missione di Triptolemos, v. agricoltura, diffusione dell'a. Misteri, 40, 43, 94, 95, 105, 136-37, 147 n. 29, 155. - di Attis, 79 n. 131. - di Eleusi, 43-44, 79 n. 131, 91-92, n. 167, 95, 101 n. 214, 129 n. 103, 136, 143 n. 10, 147-48 n. 32, 157; Piccoli - di Eleusi, 220. - di Samotracia, 17 n. 26. segretezza dei - 43. mito, 1-6, 22-24, 65, 68, 72-74, 101, 113 n. 23, 123, 125-26, 129, 172, 184, 204, 220. 111ixi1(v. matrimonio, ierogamia), 30, 56, 64 n. 73, 65, 92, 115, 118, 172. modalità, 9, 12, 22, 24, 112, 141, 146, 157, 160, 182. -

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moglie, 22, 109 agg., passim; acquisto della m., v. matrimonio. - polydoros, 134; traduzione della -, v. matrimonio. l#Oira, 175. 1110!,, erba 111.,indicata ad Odysseus da Hermes, 173-74. - = allilllllnigr,1111,174. Monte, Dea del - 83, 85. morfemico, formante - 167. mortalità umana, 26, 40, 88, 95, 139, 190, 202, 218. - infantile, 160. morte, 11, 26-27, 31, 35, 38, 78, 104, 110, 112. - v. matrimonio. morti, spirito dei - 99, 100, 187, 214; lllbaran, ltdana1"111'alu1, 99-100; anima del morto, 99, 185; anime dei -, irruzione delle anime dei - 186; primo morto, 216-17. - v. sete dei morti. motteggi, facezie (v. aiscrologia), 14850, 153-54, 157; insulti, v. i. rituali; oaceo.ità, v. oscco.ità; g,pbyrinnol, 155; 153scherzo, -i, 48, 153-54; 1JuJ11111111lll, 54, 156, 158; 1. nelle Tesmoforie, 150, 156-57; 1. espressioni segrete, 154 n. 61; 1JuJp1,;,,,11:tJp~,150, 153-56. IIIOIIIIOg,n/1, 176. mutamento di stato, 178, 189, 196-97, 199-200, 204, 210 o. 398. Mysia, feste in onore di Demeter -153. 111y1u,44-45, 91 m. 161, 105 n. 232, 155, 159. Mylb tllld Rihllll, scuola, 203.

narciso, 13, 48-53, 101. nascita, 202. natura/cultura, 5-6, 52 sgg., 61, 69-72, 75-76, 81, 103, 142, 158-59 n. 77, 194, 197, 199, 206-07, 211, 219-20. - extra-umana, 55, 192, 216, 218. oecromaozia, negromanzia, 186-87; neJgo,nanula, 187. neofiti, elcusioi 21. nettare, 77-78, 146, 185, 210. nome, imposizione del - 201-02. IIIJIIIOI, 119 O. 56, 127, 154; IIIJIIIOl/pbysir, 6; Krdnioinomoi, 29, 42, 45. non-umaoo/umano, 73, 95, 215. norma, 73, 91, 98, 124, 147 n. 32, 151, 164 n. 96, 176; norme civili, introdu-

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zione delle n.c. (v. agricoltura), 90, 93, 147-48 n. 32. nom:ni, poemi - 186 n. 242. notte, azione notturna, 164-65, o. 96, 182, 184, 188-89, 204. nozione sintetica, v. sacro. nudità, 152 n. 48. - v. magia, nudità rituale ddla maga, numinoso, 180-81, 192-93, 197-98. - negativo, 180. - positivo, 180. nutrice, 27, 80, 140, 160, 162-63, n. 90, 181-82, 205; condizione della - 16061, 163; funzione della - 161, 163; 1111/uJphradh della - 161, 164, 169; modalità della - 140, 161-63; pagamento ddla - (thnptlria), 160.

olbios,43-46, 95, 97, 104, 137, 218, 220. Olimpo, 42, 76-77, 82-83, 87, 103, 123, 137, 215-18; Olimpo/Inferi, 47, 100, 102, 113, 136, 216. olio, 103, 185. olivo, tra natura (v.) e cultura (v.), (73 n. 97), 75-76, 103. omeopatia, 174 n. 151, 223. 0111p/Jal4s, 76 n. 116. dt,,ar, 82, n. 141, 97. oppositore, 71, 76. opposizione, 5-6, 31, 34, 40, 47 agg. 5758, 64, 66, 68, 70, 72, 75-78, 81, 102, 106, 108, 136, 144, 167, 169, 174 n. 150, 189, 198, 207, 212-13, 217; legge di - 180; superamento dcli' - 6, 47 sgg., 64-66, 68, 70, 94 sgg., 102, 13637, 217-18. opsis, 11. oracolo, 33-34, 36-37, 45, 187. oralità-auralità, v. codice orale-aurale. orchidacee, 49. ordalia, 131-32, 207. «orfismo», 157 n. 73, passifll; antropogonia «orfica», 85 n. 146; lamincttc d'oro «orfiche», 105-06. orgia,41, 94-95, 97, 104, 218. ornitofania, v. epifania. ortaggi, orticultura, 51, 71, 103, 107. orzo, 63 n. 68, 78-80, 89. - abbrustolito, otdal, 93, 213. oscenità (v. motteggi), 151-53 n. 52, 156-57, 159. - atto pericoloso, 156-57, 159. - forma di gratificazione (v.) dello slrlss iniziatico, 156-59.

- nei riti iniziatici, 156. ospitalità, v. xmla. ottica, v. codice ottico. ""'41, v. orzo abbrustolito.

paido61assia, v. magia. palude, 212. papavero, 52, 86, 91, 184. Papiri magici, 169-170, 174-75-76, 17879, 188 n. 257. parentela, formula di - 124-26. - classificatoria, 125 n. 79. Parilia, 182 n. 225. passaggio, 19-20, 29, 72, 80, 177. - tra Olimpo e Inferi e Inferi e Olimpo, 19-20, (80); rito di - v. iniziazione. past.o sacro, 210. pastorizia, pastore, 57-59, 62, 66, n. 77, 67-68, 70, 73 n. 97, 89, 91. patriarcale, sistema p. 116, 122, 126. patrimonio, 118-19, 126. pifllfllala, v. focacce cotte. pipsis, v. agricoltura. P,tro,,,a, pietra da cui si toglieva la maschera di Dcmctcr Kidaria, 152 n. 48. phar,,,allll,v. magia. pbospbdros,176. p/,Jsis, v. magia, 11tJ111os. Pianopsic, 108. piante, 50, 54, 102, 108, 164, 173, 212. - commestibili, non-commestibili, acmi-commestibili, 50-53, 73, 74. - magiche, v. alle singole denominazioni; nomi di - formati con v. ""'""; raccolta di -, v. raccolta. picchio, 89. pira, 205, 208, 209. platu, 1, 17, 22-23, 74, 83, 90. platano, 54. polarità, 9, 15, 31, 33, 44, 162, 174. politica rdigiosa di Atene, 219. po/.JP,fllOII,168, 179. posizione giuridica della donna, 121. - passiva della donna, 115-16, 118, 120. - subordinata della donna, 120, 141 n. 8. pomia, 85. pozzo, 75-76, 140; par1bi11Ìl»Ipbrlar, 75, 171, 208. prax,is, praxis, azione magica (v. magia) 187-88, n. 257. processione, da Atene ad Eleusi, 143 n. 10, 155-56. - fluviale, 153.

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profezia, 30, 33-34, 118 n. 54, 193. profilassi, V. magia. Pro•1lbau, pianta raccolta da MC