Lettere. Lettere autentiche [Vol. 1]

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Proprietà letteraria riservata © 1997 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 88-17-17190-5

prima edizione: ottobre 1997

San Paolo

Lettere introduzione e traduzione di

GIUSEPPE BARBAGLIO

volume primo: lettere autentiche testo greco a fronte

Biblioteca Universale Rizzoli

ABBREVIAZIONI DEI LIBRI BIBLICI

Giovanni

Ab

Abacuc

Gv

Abd

Abdia

l 2 3 Gv Lettere di Giovanni

Ag

Aggeo

ls

Isaia

Am

Amos

Lam

Lamentazioni

Ap

Apocalisse

Le

Luca

At

Atti degli Apostoli

Lv

Levitico

Bar

Baruc

1 2 Mac Maccabei

Col

Lettera ai Colossesi

Mc

Marco

l 2 Cor Lettere ai Corinzi

Mi

Michea

l 2 Cr

Cronache

Ml

Malachia

Ct

Cantico dei Cantici

Mt

Matteo

Dn

Daniele

Na

Naum

Dt

Deuteronomio

Ne

Neemia

Eb

Lettera agli Ebrei

Nm

Numeri

Ef

Lettera agli Efesini

Os

Osea

Es

Esodo

Pro

Proverbi

Es d

Esdra

l 2 Pt

Lettere di Pietro

Est

Ester

Qo

Qohelet (Ecclesiaste)

Ez

Ezechiele

l 2 Re

Libri dei Re

Fil

Lettera ai Filippesi

Rm

Lettera ai Romani

Fm

Lettera a Filemone

Rt

Rut

Gal

Lettera ai Galati

Sal

Salmi

Gb

Giobbe

1 2 Sam Libri di Samuele

Gc

Lettera di Giacomo

Sap

Sapienza

Gd

Lettera di Giuda

Sir

Siracide (Ecclesiastico)

Gdc

Giudici

Sof

Sofonia

Gdt

Giuditta

Th

Tobia

Ger

Geremia

1 2 Tm

Lettere a Timoteo

Gio

Giona

l 2 Ts

Lettere ai

Gl

Gioele

Gn

Genesi

Tt

Lettera a Tito

Gs

Giosuè

Zc

Zaccaria

Tessalonicesi

PREFAZIONE

L'epistolario di Paolo di Tarso è tutt'altro che uniforme dal punto di vista storico e letterario. La critica moderna vi ha distinto le lettere certamente autentiche, cioè l Ai Tessalonicesi, 1 -2 Ai Corinzi, Ai Galati, Ai Romani, Ai Filippesi, A Filemone, quelle pseudepigrafiche, che portano il suo nome, ma scritte da discepoli o ammiratori, vale a dire 2 Ai Tessalonicesi, Ai Colossesi, Agli Efesini, 1 -2 A Timoteo, A Tito, e infine Agli Ebrei, lettera originariamente anonima, attri­ buita a Paolo dalla tradizione della chiesa, ma di altra matrice. Seguendo tale criterio si sono presentate in due volumi distinti le lettere di Paolo di Tarso, nel primo le sette lettere autentiche, nel secondo le sei pseudepigrafiche e la lettera Agli Ebrei. Di regola, in ogni volume si è seguito l' ordine cronologico, salvo tenere unite, per affinità tematica, le lette­ re Ai Galati e Ai Romani, pur essendo questo l' ultimo scritto autentico di Paolo, posteriore alle lettere Ai Filippesi e A Filemone. Nella traduzione ho scelto il criterio di una versione capa­ ce di seguire da vicino, anche nelle sue asperità, il greco di Paolo, non sempre lineare né privo di toni forti, con la pre­ senza di anacoluti e sospensioni del dettato, certamente povero della brillantezza dei letterati del tempo, eppure effi­ cace nell' esprimere le emozioni di chi scrive e il ritmo incal­ zante delle sue argomentazioni teologiche, non digiuno, in ogni modo, dell' arte retorica del tempo e delle risorse della diatriba stoico-cinica. 5

INTRODUZIONE PAOLO DI TARSO E IL SUO TEMP01

l.

FONTI DI DOCUMENTAZIONE

Paolo è uomo dell' antichità: due millenni circa ci separano da lui, un abisso, che può essere colmato però, almeno in parte, da testimonianze attendibili. Queste formano come un ponte che congiunge il nostro presente a quel passato che lo racchiu­ de. Nel caso siamo fortunati: Paolo è la figura più chiara, o la meno oscura, se si vuole, del panorama delle origini cristiane, non escluso lo stesso Gesù. Di fatto sono nelle nostre mani un ricco epistolario paolina e l' opera di un suo biografo distante solo un ventennio o poco più (mi riferisco agli Atti degli apo­ stoli): sono le più antiche e preziose fonti di documentazione. Certo, le lettere sono la testimonianza principe. Tra queste però bisogna distinguere subito le sette certamente autenti­ che, cioè l Ai Tessalonicesi (sigla l Ts), 1 -2 Ai Corinzi (sigla 1 -2 Cor), Ai Galati (sigla Gal), Ai Filippesi (sigla Fil), A Filemone (sigla Fm), Ai Romani (sigla Rm), e le altre che appartengono alla tradizione paolina, cioè di sicuro le Pastorali, vale a dire 1 -2 A Timoteo (sigla 1 -2 Tm) e A Tito (sigla Tt), con tutta probabilità 2 Ai Tessalonicesi (sigla 2 Ts), Ai Colossesi (sigla Col) e Agli Efesini (sigla Et), mentre la lettera Agli Ebrei (sigla Eb), anonima, nasce da ambienti più indipendenti e distanti. Se queste seconde sono pur sempre

1 Mi sono riferito in gran parte al mio volume Paolo di Tarso e le origini cristiane, facendo però tesoro delle pubblicazioni più recenti.

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voce autorevole di discepoli o di comunità vicine, non c'è dubbio che le sette dettate dalla sua viva voce, testimonianza diretta, sono per noi di assoluto valore. Nessuno meglio di lui può essere informato della sua vicenda e dei suoi orienta­ menti di pensiero. Tuttavia, è necessario riconoscerlo, non ci offrono una documentazione completa. Scritte nell' ultimo decennio della sua vita, riflettono più il punto di vista di arrivo della sua traiettoria che non il punto di partenza e gli stadi intermedi. Non mancano, certo, le retrospettive, ma sono poche e a volo d'uccello. Inoltre, essendo anteriori, non possono dirci alcun­ ché dei fatti drammatici che misero fine alla sua esistenza: arresto a Gerusalemme, prigionia a Cesarea e a Roma, morte tragica nella capitale dell' impero romano. Soprattutto è la natura stessa degli scritti che li rende una documentazione frammentaria e lacunosa; sono lettere, e dunque testi occa­ sionali, non resoconti completi. Una testimonianza parziale dunque, ma anche interessata, propria di chi, parte in causa, non può essere del tutto obiet­ tivo. Soprattutto nel fuoco della polemica che pervade quasi tutte le lettere, egli si rivela persino tendenzioso. La demoli­ zione degli avversari è sempre stata una scure brandita volen­ tieri dai polemisti, Paolo non fa eccezione: invettive, accuse di «eresia», denunce malevole 2 fanno parte del suo arm a­ mentario di scrittore. Anche il rifiuto di chiamarli per nome e cognome è un metodo classico della polemica che li vuole confinare nell'anonimato.3 Per questo il ritratto dei rivali tracciato da Paolo non può essere ritenuto, in sede storica, una fotografia fedele. Limiti che, come è ovvio, non intacca-

2 Cfr. P. Marshall, lnvective: Pau/ and his Enemies in Corinth, in Festschrift F. Andersen, Winona Lake 1 987, pp. 359-373. Ci basti, come esempio, 2 Cor I I, 1 3- 1 5 : «Questi tali sono falsi apostoli,

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operai fraudol enti, trav estiti da apostoli di Cristo. Nessuna meraviglia: Satana stesso si traveste da angelo luminoso; dunque nulla di straordinario se anche i suoi s ervitori si trav estono da s ervitori della giustizia>>.

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no l ' inestimabile valore testimoniale delle sue lettere para­ gonabili ali'autoritratto di un pittore. Accanto a questa fonte primaria si colloca, come docu­ mentazione secondaria, Atti degli apostoli (sigla A t), opera di un paolinista dell ' ultimo ventennio del I secolo, lo stesso che ha scritto il terzo vangelo. Ha inserito Paolo nel quadro della sua visione teologica che divide la storia in tre fasi successi­ ve: i tempi della promessa, occupati dalla vicenda del popo­ lo d'Israele, il centro della storia con Gesù di Nazaret prota­ gonista assoluto, il tempo dell'annuncio del vangelo al mondo mediante la chiesa. Per il suo biografo, Paolo entra con ruolo determinante in questa terza fase, portatore del vangelo sino alle estremità del mondo. Non per nulla tre volte ne narra la chiamata a «evangelista» dei gentili (9,5 ; 22, 1 5 ; 26, 1 7- 1 8). Ma il Paolo degli Atti degli apostoli appare abbastanza diverso dal Paolo delle sue lettere. In particolare è stato rile­ vato uno strano scambio delle parti tra i due protagonisti del­ l' opera a proposito della Legge mosaica e della libertà dei gentili. Pietro vi assume le vesti di un paolinista e Paolo tra­ disce un incondizionato attaccamento alle tradizioni giudai­ che. In realtà, l' autore- Luca, fedele seguace di Paolo (2 Tm 4, 1 1 ), secondo la tradizione, ma forse meglio un anonimo della seconda generazione cristiana- si è curato di presen­ tarlo in perfetta sintonia con gli apostoli di Gerusalemme. Una visione irenica delle origini cristiane contraria alla testi­ monianza diretta di Paolo, il quale non fa mistero dei con­ trasti che lo opposero non solo all' ala oltranzista dei giudeo­ cristiani conservatori, ma anche a Pietro e soprattutto a Giacomo, il fratello di Gesù, capo della chiesa di Gerusalemme (cfr. Gal 2, 1 1 - 1 4 ). Se ne impone dunque un uso critico e la sua testimonianza deve essere sempre confrontata con la fonte primaria. In con­ creto, il libro degli Atti degli apostoli si dimostra storicamente attendibile nel trasmettere tradizioni antiche, per es. nel rac­ conto della conversione dell' apostolo, o quando ha a disposi9

zione fonti proprie come a proposito dei viaggi paolini, e anche nei casi in cui sfrutta alcuni dati minuziosi di carattere topogra­ fico e cronologico, per es. la durata del soggiorno di Paolo a Corinto, valutata un anno e mezzo, e la denuncia dell'apostolo al tribunale del proconsole romano di Acaia Gallione. Si aggiungano altri scritti cristiani dei primi tre secoli che, oltre tutto, ci hanno lasciato testimonianze preziose sulla sua morte violenta. Di lui invece tacciono gli scrittori giudaici e greco-romani dell' epoca: un silentium saeculi provocato dal­ l' estraneità dell 'apostolo ai grandi eventi sociali e politici del tempo. Ma in questo egli condivide, in sostanza, la stessa sorte di Cristo, di cui abbiamo solo due cenni, l ' uno più fuga­ ce dell' altro, da fonte non-cristiana: la testimonianza dell' e­ breo Flavio Giuseppe, il famoso testimonium flavianum, per altro inficiato da evidenti interpolazioni cristiane (Antichità giudaiche 1 8,63-64), e quella en passant di Tacito a proposi­ to dell ' incendio di Roma sotto Nerone (Annali 1 5 ,44,3). 2.

PAOLO PRECRISTIAN04

Quel ritratto può essere compendiato in due caratteristiche: partecipazione zelante alla religiosità giudaica degli antenati e ostilità, non priva di violenza esterna, nei confronti del neo­ nato movimento cristiano. Gli Atti degli apostoli e le lettere paoline in sostanza convergono. Ecco le parole che l' anoni­ mo biografo gli ha messo in bocca: «lo sono un giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città [Geru­ salemme], ammaestrato ai piedi di Gamaliele secondo la rigi­ dità della legge patema, pieno di zelo per Dio, come tutti voi siete oggi» (22,3); «da fariseo sono vissuto in linea con la più rigida setta della nostra religione» (26,5). Lui stesso in Gal l , 1 3- 1 4 può testimoniare: «Avete infatti sentito parlare del mio comportamento giudaico di un tempo: oltre ogni misura

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Cfr. M. Hengel, Il Paolo precristiano, Paideia, Brescia 1 992.

IO

perseguitavo la chiesa di Dio cercando di distruggerla, e pro­ gredivo nel giudaismo più di molti coetanei del mio popolo, più di loro zelante per le tradizioni dei miei padri» . La fie­ rezza delle sue origini è manifesta in 2 Cor 1 1 ,22: «Sono ebrei? Anch' io. Sono israeliti? Anch' io. Sono stirpe di Abramo? Anch' io» e soprattutto in Fil 3,5-6: «circonciso l ' ottavo giorno, del popolo d' Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio di ebrei, fariseo quanto alla legge, persecutore della chiesa in fatto di zelo, diventato irreprensi­ bile secondo la "giustizia" che si ottiene mediante la legge». La nascita a Tarso, attestata ripetutamente dagli Atti degli apostoli (9, 1 1 ; 2 1 ,39; 22,3), non può essere messa in dubbio. È vero che una tradizione, trasmessa da Girolamo, lo fa nascere a Giscala in Giudea con trasferimento da adolescen­ te a Tarso (Gli uomini illustri 5; PL 23,646), ma sembra priva di valore storico. Era questa una città rinomata al tempo. Collegata al Mediterraneo distante 3 1 km dalle acque del fiume Cidno, allora navigabile, protetta alle spalle dall' im­ ponente catena del Tauro, valicabile al passo delle porte cili­ cie, situata a sud-est della penisola anatolica, punto d' incon­ tro del mondo orientale con quello occidentale, metropoli della provincia romana di Cilicia per iniziativa di Pompeo e sede del proconsole romano (nel 5 1 -50 a.C. vi risiedette come proconsole Cicerone),5 la sua fama era dovuta soprat­ tutto alla celebre scuola stoica locale.6 In Anabasi 1 ,2,23 Senofonte la chiama «città grande e felice» e lo stesso Paolo, secondo l' autore degli Atti degli apostoli, non senza una punta di campanilismo, si proclama cittadino di «una città non ingloriosa» (2 1 ,39). 5 Sotto Augusto però la Cilicia fu unita alla Siria. 6

Di ede i natali ai filosofi Crisippo, At enodoro e N estore, e Strabone ha attestato che vi regnava un grande amore p er gli studi: «Tra gli abitanti di Tarso regna un così grande zelo per la filosofia e per ogni altro ramo della formazion e universal e, che la loro città supera sia Atene sia Alessandria e ogni altra città, in cui ci siano scuole e studi di filosofia» (Geografia 14,5, 1 3).

ll

Originario di una metropoli, Paolo era dunque di cultura urbana, diverso in questo da Gesù di Nazaret e dai suoi disce­ poli storici. Un fatto che contribuisce a spiegare la direttrice di marcia della sua futura attività missionaria, quando privi­ legerà, come luoghi di annuncio, le grandi città dell' impero romano: Filippi, Tessalonica, Atene, Corinto, Efeso, Roma. Nelle lettere si chiama sempre Paolo. Oltre che nei pre­ scritti, non escluse le lettere pseudepigrafiche, questo nome ritorna sotto la sua penna in l Cor 1 , 1 2. 1 3 (2x); 3,4.5 .22; 1 6,2 1 ; 2 Cor 10, 1 ; Gal 5,2; l Ts 2, 1 8; Fm 9. 1 9. Nel libro degli Atti degli apostoli invece il passo 1 3,9, giustapponendo i due nomi: «Saulo, alias Paolo», fa da spartiacque nell'ope­ ra: prima è denominato Saulo e poi Paolo. 7 Come era uso costante a quel tempo, s portava due nomi, Saul, il nome ebraico (Shaul grecizzato in l:aùJ..oç, ma trascritto l:aouÀ. in forma vocativa nei racconti di vocazione: At 9,4; 22,7. 1 3; 26, 14 ) , Paolo, quello romano (Paulus grecizzato in TiaùÀ.oç, cognomen tipico soprattutto della famiglia Emilia, che signi­ fica «piccolo»). Secondo gli Atti degli apostoli 22,3 però Gerusalemme sarebbe stata la sua patria di formazione alla scuola del celebre rabbi Gamaliele. Tuttavia si può dubitare dell'esattezza di que­ sta informazione: l'interesse del biografo nel sottolineare l' esi­ stenza di stretti rapporti del suo protagonista con il giudaismo e la città santa e l 'affermazione del neoconvertito in Gal 1 ,22 di essere sconosciuto alle chiese di Giudea spingono a una posizione di scetticismo. In realtà non abbiamo certezze in

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Sempre con il nome Paolo è menzionato in Ef 3,1; Col 1,23; 4,18; 2 Ts 3,17; 2 Pt 3 ,15. 8 Rabbi Gamaliele il Vecchio cosl precisa una norma tradizionale riguar­ dante il libello di ripudio steso dal marito: «ma Rabban Gamliel il vecchio ordinò ch' ei debba scrivere il tal e con tutti i suoi nomi, e la tale con tutti i suoi nomi e ciò per il buon andamento della soci età» (Git. 4,2). Cfr. Strack­ Billerbeck Il, 712. E J. Cambi er dice come certe coppi e di nomi, tra cui Saui-Paolo, erano diventate classiche (Pau/, in Dictionnaire de la Bib/e, S upplément VII, c. 282).

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merito e gli studiosi sono divisi. 9 Sembra comunque di poter teneme ferma l' appartenenza al giudaismo della diaspora greca, e non solo per motivi anagrafici, ma anche per il ricono­ scimento della sua identità storico-culturale. L'attestano la lin­ gua ellenistica da lui usata con disinvoltura e maestria - era dunque bilingue, essendo scontato che da zelante giudeo e ancor prima come ebreo figlio di ebrei parlasse l'ebraico -, l'uso privilegiato delle Scritture ebraiche nella versione greca dei LXX, la sua opposizione anticristiana diretta contro gli elle­ nisti (giudeo-cristiani della diaspora che parlavano in greco), il suo inserimento nel cristianesimo di stampo giudeo-ellenistico di Damasco, Tarso e soprattutto di Antiochia di Siria. Invece il suo biografo ci sembra meritevole di fiducia quando attesta che era cittadino romano dalla nascita (At 22,25-28). Dunque suo padre, o forse anche già suo nonno, aveva acquisito la cittadinanza romana per meriti riconosciu­ ti dai conquistatori romani della Cilicia.IO In breve, Paolo poteva vantare tre specifiche appartenen­ ze: al giudaismo dal punto di vista religioso, per la lingua delle sue lettere ali ' ellenismo, politicamente all ' impero romano. Tre patrie, però, diversamente incisive: determinan­ te la tradizione culturale e religiosa ebraica, importante l' in­ tegrazione culturale nel mondo ellenistico, di aiuto alla sua azione missionaria l' assetto politico-ammi nistrati vo dell' im­ pero romano, di cui era cittadino. Insomma un cosmopolita, come lo definì Deissmann. 1 1 Lui stesso, del resto, ha attesta­ to la sua adattabilità culturale: «Sono debitore ai greci e ai barbari, ai sapienti e agli incolti» (Rm 1 , 14) .

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Per es. Hengel, Il Paolo precristiano, p. 145 fa credito agli Atti degli apo­ stoli: Paolo ha studiato la Legge mosaica in una casa di studio a Ge­ rusalemme. 10 Lo studio recentissimo di W. Stegemann, War der Apostel Paulus ein romischer Biirger?, in «Zeitschrift fiir die neutestamentliche Wissenschaft)) 78 (1987), pp. 200-229 nega la storicità della cittadinanza romana di Paolo; non sembra però convincente. II A. Deissmann, Paulus, Ttibingen 1925, p. 63.

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n suo stato sociale era quello di un artigiano. In Atti degli

apostoli leggiamo che a Corinto entrò come «facitore di tende» (mcTlV01tot6ç) nella bottega di Aquila e Priscilla ( 18,3 ) Dunque un lavoro manuale, come lui stesso attesta: «Ci affatichiamo lavorando con le nostre mani» ( l Cor 4, 12) Un romano di non infima classe, dedito all' otium, l'avrebbe per questo disprezza­ to, mentre la tradizione ebraica conosce rabbini che univano lo studio professionale della Legge mosaica a un lavoro in cui ci si sporcava le mani. Soprattutto è da rilevare come abbia scel­ to di abbinare l'azione missionaria al lavoro, per evitare di farsi mantenere, fiero di proclamare gratuitamente il vangelo (l Cor 9,18; 2 Cor 1 1 ,7). In Fil 4, 1 1 confessa di seguire l'ideale del­ l' autosufficienza o a\m:lpKEta: «Ho imparato a essere autosuf­ ficiente (aù-n:lp Kllç) in qualunque situazione mi trovi». I 2 Nella sua carta d'identità abbiamo però ancora due caselle vuote: stato civile e ritratto fisico. Scrivendo alla chiesa di Corinto nella prima metà degli anni 50 esorta i suoi interlocu­ tori a imitarlo nella libertà dal vincolo matrimoniale (l Cor 7 ,8). Nella stessa lettera rivendica per sé e per Barnaba il dirit­ to di mettere a carico della comunità la moglie (9,5), salvo poi dichiarare di non essersene avvalso. Troppo poco però per rag­ giungere conclusioni certe e univoche. Di fatto, tre sono le ipo­ tesi avanzate: fu celibe, rimase vedovo, abbandonò la moglie o ne fu abbandonato tutto preso dalla vocazione missionaria. Del suo aspetto fisico abbiamo solo una testimonianza tar­ diva, fine IT secolo, degli apocrifi Atti di Paolo e Tecla 3: «Era un uomo di bassa statura, la testa calva, le gambe arcua­ te, il corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto sporgente, pieno di amabilità» . I ritratti iconografi­ ci più antichi a noi giunti risalgono al IV secolo e mostrano due tratti caratterizzanti, calvizie e barba. n suo passato di persecuzione è descritto tre volte in Atti, .

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1 2 Cfr. in proposito la monografia di R. F. Hock, The Social Context Pau/ s Ministry. Tentmaking and Apostelship, Philadelphia 1980.

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of

ai capp. 9, 22, 26, nel quadro del racconto della conversione. Le descrizioni seguono un evidente crescendo: la sua attività persecutoria, ambientata nella città santa del giudaismo con sguardo aperto però alla diaspora di Damasco, è dipinta con colori sempre più carichi e tenebrosi : «ancora fremente di minaccia e di strage contro i discepoli del Signore» (9, l ); «perseguitai questa via fino alla morte, incatenando e conse­ gnando in prigione uomini e donne» (22,4); «e molti dei santi io rinchiusi nelle prigioni . . . , e quando si trattava di condan­ narli a morte diedi il mio voto contro di loro. Per tutte le sina­ goghe spesso cercavo di costringerli con le torture a bestem­ miare e, furioso oltre modo contro di loro, gli davo la caccia persino nelle città straniere» (26, 1 0- 1 1 ). Ma tutto questo fa parte piuttosto della leggenda; per questo secondo E. Haenchen 13 il suo biografo più che un persecutore presenta la persecuziOne m persona. Nelle sue lettere invece Paolo si limita ad affermare di aver perseguitato la chiesa (Gal l, 1 3; l Cor 1 5 ,9; Fil 3,6). Dove, quando, come, per quanto tempo, perché, non lo dice. Non è neppure certo che abbia agito a Gerusalemme, né che la sua formazione sia avvenuta in questo luogo, poiché gli Atti degli apostoli, che affermano l' una e l' altra cosa, hanno interesse a metterlo in rapporto con la città santa del giudai­ smo. Circa il perché tuttavia abbiamo un indizio in Fil 3,6, dove leggiamo che aveva perseguitato la chiesa «per zelo», dunque a difesa della Legge m osai ca sull' esempio di Pinchas e degli eroici Maccabei. 14 E se questo è vero, allora possia­ mo anche congetturare che la sua ostilità si sia volta contro quell' ala del movimento cristiano che per bocca di Stefano e del suo gruppo dichiarava obsoleta l' osservanza delle pre­ scrizioni rituali del codice mosaico, circoncisione compresa. Una parola di chiarificazione merita anche la natura della .

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13 E. Haenchen, Die Apostelgeschichte, Gottingen 1965, p. 249. 1 4 Cfr. in proposito lo studio di Westerholrn.

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sua persecuzione. Si è spinto fino a versar sangue? Gli Atti lo affermano, ma più che a un dato storico siamo di fronte a un'esagerazione retorica. È probabile che si sia limitato ad applicare le misure disciplinari a carico dei devianti previste dal regolamento delle sinagoghe, in cui i cristiani ancora vivevano. Non sappiamo quanto tempo è durata. Invece se ne può precisare, con una certa verosimiglianza, il tenninus ad quem: a metà circa degli anni 30, appunto quando si convertì. 3.

LA CHIAMATA

Nella sua esistenza si verificò una svolta decisiva, che pos­ siamo indicare come l'evento di Damasco. 15 Ne parlano tre volte gli Atti degli apostoli ai capp. 9, 22, 26 per sottolinear­ ne l' importanza. 1 6 I racconti paralleli hanno un'accentuata corposità plastica: Paolo sta recandosi a Damasco; nelle vici­ nanze della città è avvolto da una luce dal cielo e, cadendo a terra, sente la voce: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». La plastica tela del Caravaggio, che si può ammirare nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, con in primo piano il cavaliere sbalzato da cavallo e illuminato da luce accecan­ te, è libera composizione artistica. La chiave di lettura del quadro e del triplice racconto di Atti degli apostoli, che lo ha ispirato - non però nel particolare della cavalcatura -, deve essere cercata nel regno dei simboli. In realtà al centro del­ l'interesse del narratore stanno I' autorivelazione di Gesù e la missione di Paolo al mondo dei lontani. Dal punto di vista 15 Vedi gli studi di J. Dupont, La conversion de Pau[ et son influence sur sa conception du salut par la foi, in Foi et salut selon S. Paul (Epitre aux Romains 1,16), Roma 1970, pp. 67-88; U. Wilckens, Die Bekehrung des Paulus als religionsgeschichtliches Problem, in «Zeitschrift flir Theologie und Kirche» 56 (1959), pp. 273-293; T. L. Donaldson, Zealot and Convert. The Origin of Paul's Christ-Torah Antithesis, in «Catholic Biblica! Quarterly)) 51 (1989), pp. 655-682; G. Pani, Vocazione di Paolo o conver­ sione?, in L. Padovese (ed.), Atti del l Simposio di Tarso su S. Paolo Apostolo, Roma 1993, pp. 47-63. 16 Cfr. G. Lohfink, La conversione di San Paolo, Paideia, Brescia 1969.

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storico sono preziosi alcuni dati circostanziali della tradizio­ ne, come la precisazione topografica, Damasco, e l' interven­ to di un cristiano damasceno di nome Anania che l'introdus­ se nella chiesa della sua città. Le lettere paoline invece ne parlano quasi vent' anni dopo, con una maturità sconosciuta al tempo dell' evento, senza accennare mini mamente ai connotati esterni. L' interesse appare incentrato nell' iniziativa di Dio; la pro­ spettiva è strettamente teologica. In l Cor 9, l dice di aver visto Gesù il Signore e in l Cor 1 5 ,8 afferma che Cristo gli apparve, come era apparso a Cefa e ai dodici. L'evento di Damasco dunque è da lui interpretato in chiave di cristofa­ nia del Risorto, fonte di investitura apostolica e privo per se stesso di aspetti visuali esterni. In Gal 1 , 1 5- 1 6 le categorie teologiche sono anche più pervasive. Anzitutto dichiara di essere stato scelto da Dio per grazia; una scelta di carattere predestinazionistico («fin dal seno di mia madre») che si concretizzò storicamente nella vocazione al compito aposto­ lico. Quindi attesta che Dio gli rivelò (à1t01CaÀ.tm'tEtv) il suo Figlio, affinché ne portasse il lieto annunzio (eùayyeÀ.isE­ cr8at) ai pagani. Si trattò quindi di un' apocalisse, evento appartenente ai tempi finali caratterizzati dal disvelamento e dall' attuazione del progetto salvifico del Padre. In Fil 3 parla invece direttamente della sua esperienza in termini di scelta personale. Nella sua vita si attuò un cambiamento radicale che lo condusse a rinunciare alla propria «giustizia» davanti a Dio, costruita con le scrupolose osservanze della Legge mosaica, per ricevere in dono dali' alto la giustizia divina. In realtà, scoperse la nuova iniziativa salvifica di Dio in Cristo e al confronto reputò di nessun valore la strada giu­ daica battuta zelantemente da lui fino a quel momento. Ma precisa subito che al di là delle sue scelte fu Cristo che gli si impose, essendo stato da lui afferrato (vv. 7- 1 1 ). Dunque se di conversione si vuoi parlare, usando un termi­ ne non ricorrente nelle sue lettere, ci si deve intendere: l' even­ to di Damasco non ha nulla di moralistico, perché Paolo non 17

era né un ateo né un peccatore in senso comune; si converti a Cristo, colto come unica via per gli uomini alla salvezza. 4.

LA MISSIONE

Ancor più che teologo ed epistolarista, Paolo fu un uomo di azione: di azione missionaria in terra ancora vergine e di azio­ ne pastorale a favore delle sue comunità. In lui è legittimo vedere il più grande missionario delle origini cristiane, impe­ gnato perché il vangelo arrivasse al mondo pagano,l7 Non fu però il primo a rompere gli steccati, preceduto in questo dal gruppo di Stefano che, disperso dalla persecuzione scatenata da Erode Agrippa I a Gerusalemme, ad Antiochia di Siria accolse i pagani senza obbligarli alla circoncisione (cfr. At 1 1 , 1 9-21 ). Comunque, al di là della pur notevole azione in campo aperto, il suo merito principale è stato di aver elaborato una teologia capace di giustificare l' apertura universalistica della chiesa. In realtà, nessuno nel neonato movimento di Gesù metteva in questione la possibilità dei pagani di giungere alla salvezza attraverso l ' inserimento nel patto di Dio, stipulato con Israele, e la connessa accettazione della circoncisione e della Legge mosaica. Dunque universalismo sì, ma centripe­ to, di assimilazione cioè degli incirconcisi, obbligati a porta­ re nella propria carne un segno tangibile, un marchio che integra nel mondo giudaico non solo religiosamente ma anche dal punto di vista culturale. Paolo può essere definito il teorico di un universalismo cristiano centrifugo, cioè incondizionato e a parità di condizioni: circoncisi e incircon­ cisi parimenti chiamati ad accogliere Cristo e, in lui, l' ini­ ziativa di grazia di Dio mediante la sola fede. In altre parole: gli ebrei restano ebrei, i gentili non sono tenuti a cambiare il

17 Cfr. gli articoli di M. Hengel, Die Urspriinge der christlichen Mission, in «New Testarnent Studies» 18 ( 1971) pp. 15-38; Zwischen Jesus und Paulus. Die "He/lenisten ", die "Sieben" und Stephanus, in «Zeitschrift filr Theologie und Kirche» 72 (1975), pp. 151-206. ,

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loro stato socio-culturale, ma sulla base della stessa fede gli uni e gli altri formano una nuova «umanità» aggregata da un centro non storico-culturale, bensì trascendente, cioè Cristo morto, risorto e venturo. Gli Atti degli apostoli presentano la missione di Paolo secondo lo schema di tre viaggi: il primo con e sotto Barnaba a Cipro e nelle regioni sud-orientali dell' Anatolia ( capp. 1 31 4); il secondo con Sila e poi con Timoteo, dopo il concilio di Gerusalemme e la rottura con Barnaba, attraverso la Galazia, la regione dell' attuale Ankara, sino all' Europa, con tappe a Filippi, Tessalonica, Berea e Corinto ( 1 5 ,36-1 8 , 17); il terzo con epicentro Efeso ( 1 8, 1 8-20,3). Si tratta però di una presentazione schematica che potrebbe far pensare al missio­ nario Paolo come a un cavaliere errante. Di fatto, i viaggi sono stati solo il trasferimento da una stazione missionaria all' altra, dove egli si fermava anche a lungo, per es. un anno e mezzo a Corinto e più di due anni a Efeso (cfr. At 1 8, 1 1 e 1 9,8 . 1 0), dando vita a vivaci comunità cristiane, costituite in prevalenza da pagani convertiti. L'altro schematismo degli Atti degli apostoli è che egli si rivolgesse prima agli ebrei e poi ai pagani (cfr. per es. 1 3,46). In realtà, ebbe sempre coscienza chiara di essere stato man­ dato agli incirconcisi, lui «apostolo dei pagani», come si definisce in Rm 1 1 , 1 3. Invece il biografo è storicamente attendibile quando riferisce dati circostanziali, come la men­ zione delle città evangelizzate, il tempo di permanenza, i nomi dei suoi numerosi collaboratori. Stando invece alla testimonianza delle sue lettere, dopo l'e­ vento di Damasco andò in Arabia, in concreto nella regione est e sud-est di questa città appartenente al regno dei Nabatei. Nessun ritiro nel deserto a meditare, ma soggiorno missiona­ rio in un territorio dove sorgevano fiorenti città come Pella, Gerasa, Filadelfia e Bostra. E tutto lascia credere che non vi ebbe successo, se questa regione scompare non solo dal suo epistolario, ma anche dagli Atti degli apostoli. Quindi ritornò a Damasco, ma presto dovette lasciare la città per l' ostilità 19

della sinagoga in cui propagandava il vangelo di Cristo. Andò dunque a Gerusalemme, ma non dovette trovarvi molto spazio, perché presto fece ritorno in Siria e Cilicia (Gal 1 , 1 5-24). Sono anni in cui non riesce a trovare il suo posto. Alla fine viene introdotto da Barnaba nella chiesa di Antiochia, con probabilità verso la metà degli anni 40, dove svolge un ruolo importante come dottore e profeta di questa comunità e da missionario sotto la guida del menzionato grande leader (At 9,20-30; 1 1 ,25 sgg.; 1 3, 1 -3). Un' ipotesi abbastanza attendibile ritiene che, parlando di permanenza in Siria e Cilicia (Gal 1 ,2 1 ) per la durata di quat­ tordici anni, periodo intercorso tra la prima e la seconda visi­ ta a Gerusalemme (cfr. Gal 2, l ), si riferisse anche alla mis­ sione in Europa. Questa dunque precederebbe e non segui­ rebbe, come afferma il suo biografo in At 1 5 , il concilio di Gerusalemme (Gal 2, 1 - 1 0), databile con verosimiglianza all' anno 52. In seguito si deve collocare l'attività missiona­ ria incentrata a Efeso negli anni 52/53-55. 1 8 Si ritiene spesso che la missione paolina fosse esclusiva­ mente urbana, ma la regione galatica non era allora del tutto urbanizzata e qui Paolo deve aver evangelizzato anche villaggi. n suo progetto missionario aveva come coordinate geo­ grafiche l' oriente e l' occidente. In Rm 1 5, 1 9 afferma di aver portato a termine la predicazione evangelica in oriente, essendo partito da Gerusalemme e giunto in llliria, pronto a salpare per Roma e di qui raggiungere la Spagna, l'estremo confine occidentale dell'impero romano (Rm 1 5 ,24). Non si prefiggeva di convertire ogni singola persona, bensì di costi­ tuire nei grandi centri urbani comunità come segni viventi J8 Sulla cronologia di Paolo si vedano gli studi di A . Suhl,

Paulus und seine Briefe. Ein Beitrag zur paulinischen Chronologie, Giitersloh 1975; R. Jewett, Dating Paul's Life, London 1979; G. Liidemann, Paulus, der Heidenapostel, 1: Studien zur Chronologie, Gottingen 1980; J. Murphy­ O' Connor, Pauline Missions before the Jerusalem Conference, in «Revue Biblique» 89 (1982), pp. 71-91. Mi permetto anche di rimandare al mio Paolo di Tarso e le origini cristiane alle pp. 22-33.

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della presenza della nuova fede che non conosce confini. Il suo progetto missionario aveva di mira tutti i popoli. Eccezione rilevante l'Egitto; Paolo non si recò mai ad Alessandria, non sappiamo però perché. Operò di regola in terreno vergine, dove Cristo non era ancora stato annunziato (2 Cor 1 0, 1 5 ; Rm 1 5 ,20), avvalen­ dosi di una folta schiera di collaboratori, una ottantina, come risulta sommando i dati di Atti degli apostoli e dell'epistola­ rio paolino.I9 I principali furono Timoteo, il discepolo del cuore, Tito, fidato e abile ambasciatore presso la comunità di Corinto, Sila o Silvano. Significativo comunque l' elenco dei suoi aiutanti in Rm 1 6: Febe, diaconessa della chiesa di Cenere, Aquila e Prisca, suoi «collaboratori in Cristo Gesù», Maria «che si è affaticata assai per voi», Andronico e Giunia «apostoli eminenti», Urbano «nostro collaboratore in Cristo», Trifena e Trifosa «che si affaticano nel Signore», «la carissima Perside che molto ha lavorato nel Signore». Aveva uno stile missionario proprio, si guadagnava da mangiare con le proprie mani rifiutando di farsi mantenere, per non creare sospetti di interesse privato che avrebbero ostacolato l' accettazione dell' annuncio (cfr. l Cor 9).20 Frutto della sua attività sono le comunità paoline alle quali indirizzò le sue lettere; solo Ai Romani fu spedita a una comunità di non sua fondazione; e anche l' unica lettera con destinatario un individuo, quella a Filemone, ha in realtà una destinazione comunitaria, perché indirizzata a Filemone «e alla chiesa che si riunisce a casa tua» (v. 2). Per l' organizzazione concreta della sua missione più di un problema di carattere logistico doveva essere risolto: raggi un1 9 Cfr. E. Ellis,

Pau[ and his Co-workers, in Prophecy and Hermeneutics in Early Christianity, Ttibingen 1978, pp. 3-22 e soprattutto W. H. 01lrog, Paulus und seine Mitarbeiter. Untersuchungen zu Theorie und Praxis der paulinischen Mission, Neukirchen 1979. 2° Cfr. G. Theissen, Legittimazione e sostentamento. Un contributo alla sociologia dei missionari del cristianesimo primitivo, in Sociologia del cri­ stianesimo primitivo, Marietti, Genova 1987, pp. 179-206 .

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gere le località previste dal piano missionario, trovare un tetto ospitale, disporre di mezzi necessari. Paolo percorse diverse migliaia di km: solo nel tragitto con partenza daAntiochia di Siria e arrivo a Corinto, passando attraverso Cilicia, Galazia, Troade, Filippi, Tessalonica, Atene, sono 3.500 km. Le gran­ di strade romane che collegavano i centri urbani delle provin­ ce dell'impero, come la via Egnatia da Durazzo a Bisanzio attraverso Tessalonica e Filippi, per non parlare delle arterie dell'Anatolia potenziate dai romani, di certo gli facilitarono il compito, non risparmiandogli in ogni modo disagi e fatica. Le postazioni militari scaglionate lungo il tragitto gli potevano garantire una relativa sicurezza e nelle soste erano disponibi­ li ostelli più o meno attrezzati.Anche i collegamenti via mare erano ben organizzati: la principale via marittima del bacino del Mediterraneo metteva in comunicazione la penisola ana­ tolica con la Grecia e quindi con l'Italia. D'inverno però il mare era impraticabile: mare clausum, dicevano i latini.21 Giunto a destinazione, Paolo doveva procurarsi un allog­ gio. Spesso trovò case ospitali: a Filippi l'abitazione di Lidia, negoziante di tessuti di porpora e originaria di Tiatira (At 16, 1 4- 1 5 .40), a Tessalonica presso Giasone (At 1 7,5-7), a Corinto prima nella casa di Aquila e Prisca (At 1 8,2-3), poi in quelle di Tizio Giusto (At 1 8,7) e di Gaio (Rm 1 6,23). Ma in casi di emergenza è pensabile che abbia usufruito di ospi­ zi esistenti presso le sinagoghe ebraiche della diaspora. Luoghi del suo annuncio furono senz'altro le sinagoghe delle città visitate, come attesta più volte il suo biografo (At 1 2,5 . 14.43; 14, 1 ; 1 7, 1 -2. 1 0. 1 7 ; 1 8,4. 19; 1 9,8), dove incontrava non solo giudei, ma anche pagani simpatizzanti o proseliti del giudaismo. Si ritiene che proprio tra questi ultimi abbia fatto soprattutto breccia; ma in l Ts l ,9- 1 O e in Gal, nonché in l Cor 1 2,2, appare che suoi interlocutori sono ex-politeisti. Anche le case di amici, simpatizzanti e neofiti si prestavano a essere

21

Cfr. J. L. Vesco, In viaggio con San Paolo, Morcelliana, Brescia 1974.

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ambienti adatti alla sua propaganda missionaria. Né siamo molto lontani dal vero, se ipotizziamo pure una propaganda spicciola, a tu per tu, sul posto di lavoro e con i compagni di viaggio. n libro degli Atti infine ci attesta che a Efeso affittò una sala pubblica che prendeva nome da un certo Tiranno ( 1 9,9). I mezzi economici non dovevano essere molti. Egli lavorava per mantenersi e non gravare sugli altri; così facevano quelli del suo entourage. Accettava però dalle sue comunità, una volta costituite, aiuti finanziari (2 Cor 1 1 ,8-9; Fil 4, 1 5- 16). Chiedeva poi alle chiese da lui visitate o dai suoi aiutanti di prestare tutto l'occorrente per la partenza: scorta, provviste di cibarie, attrez­ zatura, indicazioni e raccomandazioni utili (Rm 15,24; l Cor 16,6.1 1 ; 2 Cor l, 1 6). Si aggiunga l'ospitalità generosa di quanti mettevano a disposizione la loro casa, come si è detto sopra.

5.

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PASTORE D ANIME

Dopo aver costituito una comunità cristiana Paolo non l'ab­ bandonava a se stessa, ma si teneva in costante contatto, preoc­ cupato della continuità del suo lavoro di araldo del vangelo. I rapporti con i neofiti passavano anzitutto attraverso visite per­ sonali- a Corinto l'apostolo si recò più volte- o di suoi col­ laboratori, come Timoteo e Tito, mandati a Corinto in suo nome, e il primo spedito a Tessalonica per rendersi conto della situazione e portare ai credenti della capitale della Macedonia l'assicurazione che non li aveva dimenticati. Ma egli comuni­ cava anche epistolarmente, con lettere che testimoniano la sua cura pastorale. In ogni modo era lui a mantenere la guida spi­ rituale delle sue comunità, che non mancavano di ragguagliar­ lo sulla situazione e di chiedergli autorevoli soluzioni ai loro problemi, come appare nei rapporti con la chiesa di Corinto.22

22 Un' accurata analisi sociologica delle comunità paoline si trova in W. A.

Meeks, The First Urban Christians. The Social World of the Apostle Pau[, New Haven-London 1983 e G. Theissen, Sociologia del cristianesimo pri­ mitivo, Genova 1987, pp. 179-278.

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D'altra parte però non si preoccupò mai, prima di lasciar­ le per un altro campo apostolico, di dotare le sue comunità di capi. Confidava nella creatività dello Spirito, capace di suscitare persone disponibili nel prestare i servizi necessari alla crescita del gruppo; e quando sorgevano leaders natura­ li, egli li approvava, esortando in pari tempo la comunità a riconoscer li. 23 In ogni sua chiesa valeva il duplice criterio della corresponsabilità di tutti i membri e del particolare ruolo di quei credenti che, per capacità e impegno, ottene­ vano una leadership di fatto. Così invita tutti i membri della comunità di Tessalonica a riprendere gli oziosi, incoraggia­ re i pavidi, offrire un sostegno ai deboli, essere pazienti con tutti, vigilare perché nessuno renda male per male ( l Ts 5 , 14- 1 5).Appena prima, però, aveva esortato a stimare colo­ ro che si affaticavano per la comunità, vi esercitavano una funzione di presidenza ed erano deputati ali'ammonizione fraterna (5, 1 2). Nella chiesa di Filippi c'erano diaconi ed «episcopi», eppure scrive in primo luogo a tutta la comunità ( Fil l, l); più avanti fa i nomi di due donne, Evodia e Sintiche, e di Clemente, figure emergenti per impegno missionario e pasto­ rale (4,2-3). La chiesa di Corinto si caratterizzava per la pre­ senza e l'attività di numerosi carismatici che intervenivano con parole ispirate nelle assemblee comunitarie ( l Cor 1 4). Ma in 1 6, 1 5- 1 6 egli esorta a obbedire alla casa di Stefana, i primi convertiti della provincia romana diAcaia, che si erano messi a servizio della comunità. Una certa tendenza all'istituzionalizzazione appare dal fatto che i catechisti nelle chiese galate cominciano a essere pagati ( Gal 6,6). È uno sviluppo che si intensificherà in seguito, dopo la morte dell'apostolo, come testimoniano le lettere pseudepigrafiche a Timoteo e a Tito. 23

Cfr. A. Jaubert, Les épitres de Pau/. Le fait communautaire, in J. Del orme (ed.), Le ministère et les ministères selon le Nouveau Testament, Paris 1974, pp. 16-33.

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Autorità decisiva e quasi onnipresente era Paolo stesso. E stato rilevato che di regola «I'ortativo e non l'imperativo contrassegna la modalità della sua parola esortativa»,24 ma è chiaro che il suo rapporto era fatto di relazioni di potere. 25 «Potevamo imporci quali apostoli di Cristo» ( l Ts 2,7). Chi rifiuta le sue prescrizioni «non un uomo rifiuta, bensì Dio stesso» (ibid. 4,8). Scrive in l Cor 1 4,37 : «Se uno ritiene di essere un profeta o uno "spirituale", riconosca che quanto scrivo è comando del Signore». In 2 Cor 1 3,8 precisa: «Non abbiamo alcun potere contro la verità, l'abbiamo solo a favo­ re della verità». Scrivendo a Filemone chiarisce al suo inter­ locutore di avere tutta l'autorità necessaria per comandargli quanto è suo dovere fare ( v. 8) e confida nella sua obbedien­ za ( v. 2 1 ). Il dilemma autorità carismatica o potere giuridico non rende giustizia della complessità dei dati offerti dalle lettere. Ora si richiama al carisma ricevuto da Dio o da Cristo ( cfr. per es. Rm 1 2,3 1 ), ma altre volte fa appello alle tradizioni delle prime chiese ( l Cor 1 1 ,23; 1 5 , 1 -3) e non disdegna di mettere in campo motivazioni razionali, come l'esigenza di una condotta decorosa agli occhi dei non-credenti ( l Ts 4, 1 2), l'appello a fare ordine nelle assemblee ( l Cor 14,40), il richiamo alla voce della natura ( l Cor 1 1 , 14). In conclu­ sione, non si può definire un leader puramente carismatico, anche se lo è in gran parte; comunque non appare affatto esponente di una struttura istituzionale e giuridica. Le comunità paoline, di dimensioni esigue, alcune decine di membri che la casa di questo o di quel credente poteva accogliere nelle riunioni periodiche, erano composite ed ete­ rogenee. La maggioranza di origine pagana ( cfr. l Cor 1 2,2; Gal 4,8-9; l Ts l ,9), pochi i giudeo-cristiani; già per questo

24 K. Baumann, Mitte und Norm des Christlichen, Mtinster 1968, p. 285 .

25 Cfr. B. Holmberg, Paul and Power, pp. 136 sgg.

25

dato statistico si differenziano da quelle giudeo-cristiane di Palestina e dalle chiese nùste di Siria. Dal punto di vista sociale non è facile farsi un'idea chiara e precisa. 26 Due tendenze opposte e massimalistiche si sono affermate in passato: secondo l'una erano composte da cre­ denti degli strati inferiori della società, secondo l'altra inve­ ce dovevano essere cristiani benestanti, soprattutto di livello culturale medio o anche elevato. Meeks ritiene che il creden­ te medio delle comunità paoline era l'artigiano cittadino. Ma si tratta di generalizzazioni. Il quadro meglio conosciuto, quello della chiesa di Corinto, mostra la presenza di una nùnoranza di persone culturalmente preparate, influenti e di nobile stirpe (l Cor l ,26), mentre la maggioranza appartene­ va a strati più bassi, non esclusi i nullatenenti e gli schiavi (l Cor 1 1 ,22 e 7,2 1 -23).27 Fede, culto e amore ne caratterizzavano la vita interna. L'adesione al messaggio cristiano, incentrato, per i pagani, nel monoteismo (l Ts l ,9) e per tutti nella morte e risurre­ zione di Cristo (l Cor 1 5,3-5), si esprimeva all'esterno nella professione di un credo (Rm l 0,9; l Cor 8,6). Rito di inizia­ zione alla comunità era il battesimo, evento di solidale par­ tecipazione alla morte e risurrezione di Cristo (Rm 6,3-4). L'esperienza cultuale dei neofiti continuava nella celebra­ zione della cena del Signore, memoria viva della fedeltà di Gesù a Dio e del suo amore per gli uonùni ed espressione di fattiva solidarietà tra i credenti chiamati a condividere un pasto comune (l Cor 1 1 , 1 7-34). Canti, preghiere, sermoni e acclamazioni ravvivavano le assemblee. Anche le donne potevano intervenire con preghiere e discorsi ispirati (l Cor 1 1 ,2- 1 6). E segno di affetto, i credenti si scambiavano un bacio rituale, come risulta dal ripetuto invito di Paolo nelle

26 Cfr. G. Barbaglio,

Rassegna di studi di storia sociale e di ricerche sociolo­ giche sulle origini, in «Rivista Biblica» 36 ( 1 988), pp. 377-410; 495-520. 27 Vedi G. Theissen, La stratificazione sociale nella comunità di Corinto, in Sociologia del cristianesimo primitivo, pp. 207-241.

26

sue lettere perché i fratelli si salutino con un bacio santo (l Ts 5,26; l Cor 1 6,20; Rm 1 6, 1 6). 5.

DURO CONFRONTO CON LA CHIESA GEROSOL IMITANA

E CON I RIVALI

Paolo tradisce una manifesta indipendenza dalle autorità cri­ stiane gerosolimitane; per questo in Gal l , 1 8 e 2, l accentua il fatto di essersi recato solo due volte a Gerusalemme, la prima per quindici giorni a far visita a Cefa, la seconda in occasione del concilio. Inoltre si mette alla pari di Pietro, ottenendo un' autorevole investitura da parte delle «colonne» della chiesa gerosolimitana, cioè Giacomo, Pietro, Giovanni: se Pietro è capo della missione al mondo dei circoncisi, lui è il leader dell'evangelizzazione ai gentili (Gal 2,7-8). Però accetta di raccogliere nelle sue chiese una colletta per sovve­ nire ai bisogni dei poveri della chiesa di Gemsalemme (Gal 2,9), il cui ruolo di chiesa madre è da lui riconosciuto: il van­ gelo è giunto al mondo pagano partendo appunto da questa città (Rm 1 5 ,27). D' altra parte Giacomo, capo della chiesa gerosolimitana dopo la partenza di Pietro, doveva nutrire più di un dubbio sull'apostolo che proclamava Cristo venuto a mettere fine alla Legge mosaica (Rm 1 0,4). Con probabilità non accettò la colletta portata da Paolo in persona. Lo si può arguire dalla reticenza in proposito dell'autore degli Atti, che invece sot­ tolinea come questi abbia accondisceso, dietro suggerimento di quello, a compiere un gesto esemplare di osservanza della Legge mosaica, per smentire quanti andavano dicendo che fosse un nemico della religione mosaica (2 1 ,20 sgg.). Non mancano studiosi che individuano proprio in Giacomo un avversario importante di Paolo. Un contrasto forte con la chiesa gerosolimitana si ebbe dopo il concilio di Gerusalemme che aveva sancito il princi­ pio della libertà dei gentili dali' obbligo della circoncisione (cfr.A t 1 5 e Gal 2, 1 - 1 0). Ce ne parla lui stesso in Gal 2, 1 1 - 1 4, 27

mentre il suo biografo stende un velo di silenzio su tutta la vicenda. Pietro era giunto ad Antiochia e in un primo tempo si era attenuto alla prassi della comunità locale in cui circon­ cisi e incirconcisi vivevano liberi dalle prescrizioni rituali giudaiche. Poi però, per la pressione di giudeo-cristiani inte­ gralisti venuti da Gerusalemme e forti dell' autorità di Giacomo, cominciò a mettersi da parte non partecipando più alla mensa comune e trascinandosi dietro Barnaba e gli altri giudeo-cristiani della chiesa antiochena. Paolo la considerava una ritrattazione delle decisioni del concilio di Gerusalemme, perché, a suo avviso, si finiva per introdurre surrettiziamente l'obbligo della circoncisione per i cristiani incirconcisi se volevano essere uguali ai giudeo-cristiani e loro commensali. Denunciò dunque pubblicamente Pietro di doppiezza, ma mettendosi così contro non solo il principe degli apostoli, bensì anche la chiesa madre gerosolimitana guidata da Giacomo. Il suo silenzio sull' esito della contesa dice chiara­ mente che ne era uscito perdente. D' ora in poi taglierà i ponti con la chiesa antiochena, «mettendosi in proprio». Una virulenta polemica sostenne soprattutto contro i riva­ li che nelle chiese di Galazia, ma anche nelle comunità di Corinto e di Filippi, tentavano di screditare la sua rivendica­ zione di essere apostolo di Cristo e il suo annuncio della libertà dalla Legge mosaica e dello scandalo della croce. In quasi tutte le lettere infatti fu costretto a difendersi.28 Chi erano i suoi avversari ?29 Sembra riduttivo parlare di un unico fronte. Di fatto il campo di battaglia in Ai Galati e nelle 28

Il tennine apologia, riferito alla sua persona, appare solo in I Cor 9,3. Altrettanto vale del verbo corrispondente «farsi apologia)) (ànoÀ.oyEiaeat) presente solo in 2 Cor 12,19. 29 Cfr. E. Ellis, Pau/ and His Opponents, in Prophecy and Hermeneutics in Early Christianity, Tiibingen 1978, pp. 80-115; F. Beatrice, Gli avversari di Paolo e il problema della Gnosi a Corinto, in «Cristianesimo nella storia)) 6 (1985), pp. 1-25; G. Liidemann, Paulus, der Heidenapostel, II: Antipaulinismus im friihen Christentum, Gi:ittingen 1983; R. Penna, La pre­ senza degli avversari di Paolo in 2 Cor 10-13. Esame letterario, in ((Lateranum)) 56 (1990), pp. 83- 116.

28

lettere Ai Corinzi era diverso, essendo assente in queste il pro­ blema della circoncisione dei neoconvertiti ma al centro di quella. In Ai Romani poi sembra che egli si difenda da quanti interpretavano la sua predicazione della libertà in chiave liber­ tinistica, come appare per es. nei due interrogativi di Rm 6, l e 15: «Dunque cosa diremo? Dobbiamo rimanere nel peccato affinché abbondi la grazia?»; «Che dunque? Dobbiamo pecca­ re perché non siamo sotto la legge, ma sotto la grazia?». Nella chiesa di Corinto l' antipaolinismo ebbe diverse fasi, la più forte è testimoniata in 2 Cor 1 0- 1 3: missionari giudeo-cristia­ ni ostentavano carismi straordinari, esibivano come titoli di legittimità le credenziali di questa o di quella chiesa e si richia­ mavano alla gloriosa tradizione religiosa del giudaismo e alla chiesa gerosolimitana. Non richiedevano però la circoncisione dei neofiti. Gli avversari combattuti in Fil 3 presentano con­ notazioni che li avvicinano agli integralisti della Galazia. La reazione di Paolo fu pari nei toni all' accusa. Anzitutto difese con i denti il suo ruolo di apostolo autentico inviato diret­ tamente da Cristo (cfr. Gal 1 , 1 ; l Cor 9,2; 1 5,8- 1 1 ), ma ancor più il suo vangelo libero dalla circoncisione e avuto per rivela­ zione di Cristo e chiamata di Dio (Gal 1 , 1 1 - 1 2. 1 5-16). Quindi attaccò a fondo i suoi critici, non risparmiando loro neppure i colpi più bassi. Ai Galati dice: «Se qualcuno vi annunzia un vangelo in contrasto con quello che avete ricevuto, sia votato alla maledizione divina!» ( 1 ,9) e poco più avanti: «Volesse il cielo che andassero a farsi castrare quelli che vi sobillano! » (5, 1 2). E mette in guardia i Filippesi: «Guardatevi dai cani ! Guardatevi dai cattivi operai ! Guardatevi dai mutilati !» (3,2). 6. LA FINE DRAMMATICA In Rm 1 5,25 sgg. Paolo si dice pronto ad andare a Roma, ma prima vuole passare da Gerusalemme per portarvi la colletta a favore dei poveri della comunità, pur consapevole di due gravi rischi che corre: gli «increduli della Giudea» pronti a eliminarlo con la violenza, le prevenzioni della chiesa gero29

solimitana che avrebbe potuto rifiutare la colletta, segno tan­ gibile della comunione delle sue chiese con le comunità pale­ stinesi. Supplica dunque i Romani di «lottare» con lui «nelle preghiere», perché sia liberato dai violenti e venga accettata la sua opera missionaria tra i gentili. Ma queste sono anche le ultime informazioni che ci offre. Dai capp. 2 1 -28 degli Atti degli apostoli però sappiamo che, lasciata Corinto dove si era riconciliato con la locale comunità, arrivò a Gerusalemme. Qui ebbe trattative con Giacomo e il presbiterio della chiesa madre. Pro bono pacis accolse il sug­ gerimento di dimostrare pubblicamente il suo attaccamento alle tradizioni mosaiche pagando di tasca propria lo sciogli­ mento di un voto fatto da quattro cristiani della chiesa locale. Ma entrato con questi nell' area del santuario, ci fu un tentati­ vo di linciaggio da parte di un gruppo fanatico di giudei e, per sua buona sorte, intervenne la coorte del tribuno romano strap­ pandolo dalle mani degli avversari e rinchiudendolo in carce­ re. In seguito venne trasferito a Cesarea, sede ufficiale del pre­ fetto romano, e poiché il processo andava per le lunghe, da cit­ tadino romano interpose appello al tribunale di Roma. L' autore degli Atti ci descrive con sfoggio di raffinata arte letteraria il viaggio marittimo e soprattutto l ' avventuroso naufragio subìto nei pressi di Malta. Nella capitale dell' im­ pero Paolo visse per un biennio in domicilio coatto, con la possibilità però di annunziare il vangelo a un pubblico di giu­ dei che venivano da lui per discutere di Gesù. E qui termina il libro avendo raggiunto il suo scopo: con Paolo il vangelo è arrivato nella capitale dell' impero. Resta dunque aperto il problema su come sia andato a fini­ re il processo. Secondo la soluzione tradizionale Paolo fu liberato, ritornò in oriente, e di questa sua attività sono testi­ monianza le lettere pastorali scritte a Timoteo e Tito, ma poi fu arrestato di nuovo e condannato a morte. Sembra più pro­ babile invece che la sentenza processuale sia stata di con­ danna capitale. Infatti, da una parte, si deve rilevare il carat­ tere pseudepigrafico delle lettere a Timoteo e Tito, ma 30

soprattutto in At 20,24-25 si narra che, in viaggio verso Gerusalemme a portare la colletta, diede l' addio ai presbiteri di Efeso. La sua morte di condannato data con probabilità all'anno 57/58, se seguiamo il criterio di una cronologia corta, sostenuta ultimamente da Liidemann e Jewett. In ogni modo gli Atti, anche se non la narrano, conoscono la sua fine drammatica a Roma dove era giunto in catene. Nel discorso di Mileto infatti, come si è accennato, egli si conge­ da per sempre dai presbiteri di Efeso, dicendosi certo che non avrebbero più visto il suo volto (20,25). Anche la 2 A Timoteo, sotto forma di profezia, ne testimonia il martirio: «Quanto a me, il mio sangue già è versato in libagione ed è giunto il tempo di levare l' ancora» (4,6). Nel 96 la lettera di Clemente Romano afferma che, dopo essere giunto «fino agli estremi confini dell ' occidente», cioè verosimilmente in Spagna, «si staccò dal mondo e pervenne al luogo santo» (5,7). Il Documento Muratoriano ritenuto già del 1 80, ma di più recente data, parla esplicitamente di viaggio in Spagna: > 47 ( 1 993), pp. 49-74. Donfried K. P., l Thessalonians, Acts and the Early Pau[, in The Thessalonian Correspondence, pp. 3-26. Manus C. U . Luke 's Account of Pau/ in Thessalonica (Acts 1 7, 1-9), in The Thessalonian Correspondence, pp. 27-38. Pax E., Konvertitenprobleme im ersten Thessalonicherbrief, in «Bibel und Leben» 1 3 ( 1 972), pp. 24-37. Tragan P. R., Un texte ancien sur l 'organisation de l 'Eglise. l Thessaloniciens 5 1 2 13 , in Ministères et célébrations de l 'Eucharistie (Studia Anselmiana 6 1 ), Roma 1 974, pp. 1 49- 1 80. .

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6.5.

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STUDI DI CARATIERE LETIERARIO E TESTUALE

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Hughe s F. W., The Rhetoric of l Thessalonians, in The Thessalonian Correspondence, pp. 94- 1 1 6. Johanson B., To Ali the Brethren. A Text-Linguistic and Rhetorical Approach to l Thessalonians, Stockholm 1 987. Kiimmel W. G., Das literarische und geschichtliche Problem des ersten Thessalonikerbriefes, in Neotestamentica et Patristica (Festschrift fiir O. Cullmann), Leiden 1 962, pp. 2 1 3-227. Lambrecht J., Thanksgivings in l Thessalonians 1 -3, in The Thes­ salonian Correspondence, pp. 1 83-205. Pearson B. A., I Thessalonians 2, 13-16. A Deutero-Pauline lnterpo/ation, in «Harward Theological Revew» 64 ( 1 97 1 ), pp. 79-94. Schmithals W. , Die historische Situation des Thessalonikerbriefes, in «Theologische Forschung» 35 ( 1 965), pp. 89- 1 57. Vanhoye A., La composition de l Thessa/oniciens, in The Thes­ salonian Correspondence, pp. 73-86. Wuellner W., The Argumentative Structure of l Thessalonians as Paradoxical Encomium, in The Thessalonian Correspondence, pp. 1 1 7- 1 36. 6.6.

STUDI SUI BRANI ESCATOLOGICI

Becker J., La resurrezione dei morti nel cristianesimo primitivo, Paideia, Brescia 1 99 1 , pp. 6 1 -7 1 . Collins R. F. , Tradition, Redaction and Exhortation in l Thess 4, 135, 11, in Studies on the First Letter to the Thessalonians, pp. 1 541 72. Dupont J., I'vv Xpuncjj. L'union avec le Christ suivant saint Pau/, I, Louvain-Paris 1 952. Harnisch W., Eschatologische Existenz. Ein exegetische Beitrag zum Sachliegen von l Thess 4, 13-5, 11, Gottingen 1 973. Klijn A. F. J., I Thessalonians 4. 13-18 and its Background in Apocalyptic Literature, in Paul and Paulinism (Fs. C. K. Barrett), London 1 982, pp. 67-73. Marxsen W., A uslegung von I Thess 4, 13-18, in «Zeitschrift fiir Theologie und K.irche» 66 ( 1 969), pp. 22-37.

l TiaOÀ.oç

Kai I:tÀ.ouavòç Kai TtJJ69toç til tlClCÀ.llCJi� 0ECJCJaÀ.OVllCÉCOV tv 9E(i) 1tatpi Kai lCUpicp '111CJ00 XptCJt JJ6vov à)..A.à Kai tv �UVUJ..LEl Kai tv 1tVEUJ..L Qt1 llyicp Kai (tv) 1tÀ11POV oùK t�e nÀ.avnç oùOt tç à�eaOapcriaç oùBt tv OOÀ.Q>, 4 à).M �eaOOOç BtBoKtJ,.lélV. 5 Outt yap notE tv ).6yq> KoÀ.aKtiac; tyt­ VIi9nJ.1tv, �eaOroc; oiBatt, outt tv npoq>acrtt nÀ.tovtçiac;, Otòç J..lélptuc;, 6 m)tt çlltOùvttc; tç àv9pci>nrov B6çav mitE àq>' UJ..lÒ)V 0\JtE àn' aÀ.À.rov, 7 BuVUJ.lEVOl tv f:Japtl dvat chç XptcrtoO ànòcrtoÀ.ot. àÀ.À.à tytvfl911J.1EV vi)nwt tv J..lÉ ÙJ,.lò>V, che; tàv tpOq>Òç 9aÀ.1t1J tà tauti')ç tÉKVQ, 8 OUtroç ÒJ.1ElPÒJ.1EVot UJ.léi>v tùBoKOÙJ.lEV J.lEtaBoOvat ÙJ..liV où J..lÒ­ vov tò tùa"Y"YÉÀ.tov toO OtoO à).M Kaì tàc; tautéi>v 'IIU­ xac;, Btòn àyanntoì 'iJJ..liV tytvi)Ontt. 9 MVllJ..lOVEU­ Et& yap, àB&À.q>oi, tòv Kònov f!J.léi>V Kaì tòv J..lòxOov vu­ Ktòç Kaì fiJ,1tpac; tpyat.;òJ.l&VOl npòc; tò J..llÌ tmf:Japi') crai nva UJ..léi>V tlCTl puçaJ.l&V dc; UJ,.làç tò tùayyÉÀ.tov toO 9&o0 . 10 ÙJ..l⁣ J..laptuptc; Kaì 6 9t6c;, cOç òcriroc; Kaì BtKairoc; Kai ÙJ.1ÉJ.17ttroç ÙJ..liV toiç 1tln napaÀ.af36vttc; À.òyov àKoi')c; nap' f!J..léi>V TOO OtoO totçacrOt où À.6yov àv9pci>nrov à).M �eaOIDç t­ c:mv àÀ.119éi>c; Ai:Jyov OtoO, oc; Kai tvtpy&i'tat tv ÙJ,.liV Toic; mv TOO OtoO Téi>v oùcréi>v tv 't1l 'Iou­ &li� tv Xptcrtep 'InaoO, i>n Tà aùTà tna9&T& Kaì ÙJ.!Eic; Ù1tÒ Téi>V {Ot(J)V CJ'UJ,.lq>UÀ.E'téi>V Ka9ci>ç KQÌ aÙTOÌ Ù1tÒ Téi>V ·

88

2 I Voi stessi sapete, fratelli, che non fu vuota di efficacia la

nostra venuta tra voi. 2 Anzi, benché in precedenza colpiti e insultati a Filippi, come sapete, il nostro Dio ci diede il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio tra molte lotte. 3 Il nostro appello non era dettato da intenti ingannevoli o diso­ nesti, né ricorreva alla frode. 4 Ma come Dio ci esaminò rite­ nendoci degni che ci fosse affidato il vangelo, così noi lo annunciamo: non come chi voglia piacere agli uomini, bensì 5 Mai, come a Dio che mette alla prova i nostri cuori. sapete, siamo ricorsi a parola adulatoria, né, Dio ci è testi­ mone, abbiamo agito con subdola cupidigia. 6 Neppure cer­ cammo gloria dagli uomini, né da voi né da altri . 7 Potevamo imporci quali apostoli di Cristo, invece come una nutrice cir­ conda di cure i propri figli, così noi ci siamo fatti piccoli• in mezzo a voi. 8 Per voi nutrivamo così intenso affetto che avremmo voluto darvi non solo il vangelo ma la nostra stes­ 9 Vi ricordate certo, sa vita, tanto ci eravate diventati cari. fratelli, il nostro faticoso lavoro: vi annunciammo il vangelo di Dio lavorando notte e giorno per non gravare su nessuno di voi. 1 0 Siete testimoni, voi e Dio, come santo, giusto e irre­ prensibile sia stato il nostro comportamento con voi creden­ ti. 1 1 Così sapete che abbiamo trattato ciascuno di voi come un padre i suoi figli, 12 esortandovi, incoraggiandovi e scon­ giurandovi di camminare nella vita in modo degno di quel Dio che vi chiama•• al suo regno e alla sua gloria. 1 3 Ecco perché noi non cessiamo di ringraziare Dio: nel ricevere la parola di Dio che avete ascoltato da noi, l ' acco­ glieste non come parola di uomini, bensì, com'è veramente, da parola di Dio, energia operante in voi che siete creden­ ti. 14 Voi infatti, fratelli, avete imitato le chiese di Dio che nella Giudea vivono in Cristo Gesù . Perché anche voi dai vostri connazionali avete subìto le stesse sofferenze da •

È la lezione meglio attestata, ma non pochi studiosi preferiscono la varian­

te Tl1ttot, «affabili». Una variante importante è «che vi ha chiamato». ••

89

'lou�atoov, 15 téOV KaÌ tÒV KÒplOV d1tOKtElVciVtOOV 'IT)G00V Kai toòç 1tpocpi)taç Kal f!J.ldç ÈK�hcoçavtoov Kal 9Eéi» J.11Ì cìpt01C6vtoov Kai 1tàmv cìv9pclmotç tvavtioov, 16 KOOÀ.uòv­ toov f!J.làç toiç f9vtmv À.aÀ.f')oat iva ooo9é0ow, dc; tò èlva1tÀ.l1 péOoat aùtéOv tàç ltJ,laptiaç ltç naptA.aPttE nap' fJJJ&V tò néòç Set ÙJJdç nepmatdv Kai àpÉc:JlCEtV 9t4>, Ka9eì>ç Kai 1tEpl1tattitE , iva 1tEPlc:Jc:JEU11tE J,1àÀ.À.OV. l ol­ SatE yàp tivaç napayyeA.iaç toooKOJ.lEV ÙJ.liV Stà toO 1CU­ piou 'InaoO. 3 ToOto yap tanv 9ÉÀ.11J.IO toO 9eo0, 6 6.ytaa)Jòç ÙJJéòv, àntxea9at ÙJJàç ànò tf')ç nopvEiaç, 4 Elotvm lKaatov \.>J..Léòv tò tautoO c:JlCEOoç Ktàa9at tv 6.ytaaJ.I4> Kai tlJ.l'ij , 5 J.llÌ tv mi9et tm9uJJiaç Ka9anep Kai tà f9vn tà J.llÌ ElS6ta tÒV 9t6V, 6 tÒ J.llÌ Ù1ttpflaiVE1V Kai 1tÀ.EOVEKtdV tv T4> npayJJan tòv àSeA.cpòv aùtoO, St6n lKStKoç Ki>ptoç nepi navtrov toutrov, Ka9eì>ç Kai npoeinaJJEV ÙJ.liV Kai StE­ J.lOprupa)JE9a. 7 où yàp tKaA.taEv fJJJàç 6 9eòç tni àKa9apai� àA.A.' tv 6.ytaaJ.lcp. 8 totyapoOv 6 à9tt&v oùK dv9pro1tov à9etd àA.A.à tòv 9eòv tòv [Kai] Sto6vta tò 7tVE0J,1a aòtoO tò dy10v Elç l" ÙJ,làç. 9 Titpi ot Tftç cptA.aSeA.cpiaç oò XPEiav �XEtE ypacpElV ÙJ.liv, aòtoi yàp ÙJJEiç 9eoSioaKtoi tatE Elç tò àyanàv Eiç 1tQVtaç TOÙç ÒÀÀ.flÀ.Ouç, 10 Kai yàp 1totEitE aÒtÒ dOtÀ.(I)oùç [toùç] tv 6À.1] til MaKtOovi�. TiapaKaA.oOJ.lEV St UJ.ldç, àStA.ç Kai oi )..omoi ol J..llÌ fxovteç tÀniSa. 14 d yàp 7ttoteuoJJev 6tt "I11ooOç ànt9avev Kai àvtot11, oGtooç Kai 6 9eòç toùç KOlJ..l11 · 9tvtaç Stà tOO '1110'00 al;et O'ÙV aòt(ì>. 15 ToOto yàp UJ..li V Àt"fOJ..lEV tv ÀÒ'YQ> KUpiou, on ilJJeic; o{ ç('l)vteç ol 7ttptÀEt7tÒJ..lEVOt dç tlÌV napouoiav toO Kupiou où J..llÌ q>9aoOOJ..lt V toùç KOlJJ119tvtaç 16 ott aùtòç 6 Kuptaç tv KEÀeuoJ,.latt, tv qxovfl àpxayytÀou Kai tv oétÀ7tt'Y"(t 9eo0, Katal3t;oetat à1t' oòpavoO Kai ol veKpoi tv XptotQ:> àvaoTi)oovTat 1tpOOTOV, 17 f7tttTa ilJJdç o{ ç(Ì)VTEç o{ 7tEptÀEl7tÒJ.18VOl dJJa oùv aùToiç ltp7tU"f110"ÒJJE9a tv veq>ÉÀatç Elç à7tétvt11mv T00 KUpiou dç àtpa ' Kai 00Tooç 7tUVTOTE O'ÙV KUp{Q> to6J,.le9a. 18 ·noTe 7tapaKaÀetTE àÀÀi)Àouç tv Toiç Àòyotç tOUTOtç . llepì St Tlòv xpòvoov Kai tlòv Katplòv, àSEÀq>o{, oò xpeiav �XETE UJ..liV ypaq>eo9at, 2 aÙTOi yàp à1Cptj3lòç oiSaTe 6n ilJJtpa Kupiou cbç KÀÉ7tT11ç tv VUKTÌ oGTooç fPXETat . 3 6Tav Myoootv elpi)v11 Kaì àoq>aÀeta, tÒTE alq>viStoç aùtoiç tq>ioTaTat oÀe9poç &onep il uyoomv. 4 UJJEiç St, àSeÀq>oi, oùJC totÈ tv O'lCÒTEt, iva il ilJJtpa UJ..làç cbç KÀÉ7tT11ç KaTaÀétj31J 5 navTEç yàp UJ..ldç uloi q>ooTòç toTE Kai uloi ilJJtpaç. OòJC toJJÈV VUJCtòç oùSt O'lCÒTOUç . 6 apa o{lv J..llÌ Ka9eu&oJJev cbç o{ Àomoi àÀÀà 'YP11'YOPlòJJev Kai 7 Ol yàp Ka9euSovTeç vuKTòç Ka9euSoumv vtiqxoJJev. Kai ol JJE9U0'1CÒJ..lEVot VUKTòç JJE9uouow 8 ilJJtiç St it JJt­ paç OVTEç vtlpa1Ca 7tlO'TEOOç Kai àyét7t11ç Kai 1tEPlKEq>aÀ.a{av ÈÀn{Sa O'OOT11 piaç 9 lSn OÙK f9ETO ilJ..ldç 6 9eòç Elç ÒP'YlÌV àÀÀà Elç 7tEPl7t0l110'lV 0'(1)­ 'tll Piaç Stà toO KUpiou ilJJtòv "I11ooO XptoToO 10 TOO à7to9av6vtoç U7tÈp ilJJtòV, tva eiTe 'YP11'YOPlòJ..lE V EiTE Ka9Ei>&oJJEv dJJa oùv aùTQ:> çt;oOOJ..lEV . 1 1 Atò 7tapaKaÀetn: àÀ.Ài)À.Ouç Kai O{KOSOJ,.ldTE elç TÒV fva, JCa9eì>ç Kai 7tOldTE. ·

5

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94

abbiamo già ordinato, 1 2 allo scopo di vivere in modo deco­ roso agli occhi di quelli di fuori e non avere bisogno di nes­ suno. 13 Non vogliamo poi, fratelli, !asciarvi nell' ignoranza circa i morti, perché non restiate tristi come gli altri che non hanno speranza. 1 4 Se infatti crediamo che Gesù morì e risor­ se, così Dio per mezzo di Gesù condurrà assieme con lui anche quelli che si sono assopiti nella morte. 15 Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi, i vivi, i superstiti fino alla venuta del Signore, non saremo avvantaggiati rispetto a quelli assopiti nella morte. 16 Perché lui stesso, il Signore, a un ordine dato, alla voce dell' arcangelo e allo squillo della tromba di Dio, discenderà dal cielo; allora prima risorgeran­ no i morti in Cristo, 1 7 poi noi, i vivi, i superstiti, insieme con loro saremo rapiti sulle nubi incontro a Cristo nell' aria. E così saremo sempre con il Signore. 1 8 Perciò confortatevi l'un l' altro con queste parole. 5 1 Circa la data, fratelli, non avete bisogno che vi scriva. 2 Voi stessi lo sapete perfettamente: il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. 3 Quando diranno «pace e sicu­ rezza», proprio allora improvvisa sopraggiungerà su di loro la rovina, come le doglie sulla donna incinta, e non potranno sfuggirvi. 4 Ma voi, fratelli, non siete nella tenebra, perché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. 5 Sì, voi siete figli della luce e figli del giorno. Non siamo della notte né della tenebra. 6 Non donniamo dunque come gli altri, ma 7 Quelli che dormono, è di notte stiamo svegli e sobri . che dormono; e gli ubriachi, di notte si ubriacano. 8 Noi inve­ ce che siamo del giorno dobbiamo essere sobri, indossando la corazza della fede e dell' amore e avendo come elmo la speranza della salvezza. 9 Perché Dio non ci destinò all ' ira condannatrice, bensì al possesso della salvezza mediante il Signore nostro Gesù Cristo. 1 0 Egli morì per noi, affinché o ancora vivi o già morti viviamo in comunione con lui. 11 Perciò confortatevi a vicenda ed edificatevi l ' un l' altro, come del resto state facendo. 95

'EprotébJ,lEV at i>J,léiç, à.aEA.q>o{, datvat tOÙç 1C01tlébV­ taç tv i>J,liV Kai 1tpoicrtaJ,lévouç i>J,lébV tv x:upicp x:ai vou­ OuoOvtaç i>J,làç 13 Kai 1'tydcr9at aùtoùç i>1tEPEK1tEptcr­ croO tv ò.ya1t1J atà tò fpyov aùtébv . EiP11VEUEtE tv tau­ toiç. 14 llapax:aA.oOJ,lEV at i>J,làç, à.aEA.q>o{, vou9E­ tEttE toùç ò.taKtouç, 1tapaJ,lu9Eicr0E toùç òA.tyo'lf\)xouç, Ò.VtÉXEcr0E tébV Ò.0"9EVébV, J,laKp09UJ,1E{tE 1tpÒç 1t«lVtaç. 15 6pàtE J.lll ne; x:ax:òv à.vti x:ax:oo nvt à.1toa(i), à.A.Mì 1tQvtOtE tÒ à.ya9òv aui>KEtE [KaÌ] dç Ò.AAllAOUç Kai dc; 1tavtac;. 16 TiavtotE xaipuE, 17 à.ataAEi1ttroç 1tPOO"EUXEcr0E, 18 tv 1tavti EùxaptcrtEitE · toOto yàp OtA.11J.1a 9Eo0 tv XptcrtéP 'l11croO dc; i>J,làç . 19 tò 1tVEOJ.1a J.llÌ crj3tvvutE, 20 1tPOJ,léiç, oç x:ai 1t01ll0"El. 12

lS 'ASEA.q>oi, 1tpOO"EUXE0"9E [Kai] 1tEpi ttJ.lébV. 26 'Acr1tacracrOE -roùç ò.SEA.q>oùç 1tcivtaç tv q>tA.i!J.lan

ltyiQ>. 27 'EvopKiçro i>J,ldç tòv Ki>ptov à.vayvrocrOf')vat tlÌV t1ttO"tOA'JÌV 1tÙO"lV toiç à.aEA.q>oiç. 28 .H xaptç tOO Kupiou l'IJ.lébV '1110"00 XptcrtoO J,Lt9' i>J,l(Ì)V.

1 2 Ora vi preghiamo, fratelli, di riconoscere quelli che tra voi si affaticano, vi presiedono nel Signore e vi ammoniscono. 13 Stimateli oltremodo con amore per il loro lavoro. Vivete 1 4 Vi esortiamo, poi, fratelli: ammonite gli sre­ in pace. golati, incoraggiate i timidi, sostenete i deboli, siate magna­ nimi con tutti . 15 Badate che nessuno renda ali ' altro male per male, ma perseguite sempre il bene tra voi e verso tutti. 16 Siate sempre lieti, 17 pregate senza sosta, 1 8 rendete grazie in ogni circostanza: è questa in Cristo Gesù la volontà di Dio per voi. 19 Non spegnete lo Spirito, 20 non disprezzate le profezie, 21 tutto vagliate, prendete il buono, 22 astenetevi da ogni forma di male. 23 Lui stesso, il Dio della pace, vi santifichi totalmente; e il vostro spirito e l' anima e il corpo siano custoditi integri, irreprensibili alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo. 24 Chi vi chiama è fedele e lo farà. 25 Fratelli, pregate anche• per noi. 26 Salutate tutti i fratelli con un bacio santo. 27 Per il Signore vi scongiuro che la lettera sia letta a tutti i fratelli. 28 La grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con voi .

• Aggiunta dubbia, mancando in importanti codici come il Sinaitico e l' Alessandrino.

PRIMA LETTERA AI CORINZI IIPOL KOPIN8IOU: A

INTRODUZIONEt

l.

LA CITTÀ DELL' ISTMO

Quando Paolo vi arrivò a metà del I secolo, Corinto era una colonia romana, fondata da Giulio Cesare nel 44 a.C. sulle rovine dell' antica città dell' Istmo. 2 Questa era stata distrutta poco più di cent' anni prima da Lucio Mummio, appunto nel 146.3 Si distinguono dunque due fasi della sua storia: come città greca prima, la cui origine dorica risale al 900 a.C. e diventata grande centro commerciale, poi come metropoli romana, chiamata ufficialmente Colonia Laus lulia Corinthiensis. Tra le due però esisteva un' indiscussa conti­ nuità, perché il luogo non rimase disabitato, come attestano il materiale archeologico riscoperto e l'affermazione di Cicerone che visitò Corinto negli anni 79-77 a.C. (Tusculanae 3,53). Al tempo di Paolo la lingua ufficiale era il latino, come appare dalla maggioranza delle iscrizioni dell'epoca anterio­ ri ad Adriano; ma il greco doveva essere la lingua parlata, se Paolo stesso poté scrivere alla comunità locale in questa lin­ gua. La popolazione era varia: ai liberti romani fatti affluire da Giulio Cesare si devono aggiungere quanti erano rimasti in loco e soprattutto, con lo sviluppo della nuova città, i molti 1 Ho qui ripreso, in sintesi, quanto ho scritto in La prima lettera

ai Corinzi,

EDB, Bologna 1 996. 2 Strab>) non pare essere un detto dei Corinzi, anche se probabilmente corrisponde ali' a­ scetismo di un settore della chiesa corinzia. Le altre tematiche probabili della lettera ai Corinzi (7,25 ; 8, 1 ; 1 2, 1 . 1 2) indicano solo l'argomento trattato senza entrare in merito. 1 12

Gli studiosi però non si sono arresi davanti a questa diffi­ coltà obiettiva, lanciandosi in ricostruzioni a volte poco attendibili o addirittura arbitrarie. Non per nulla Ph. Vielhauer ha potuto dire: «Una ricostruzione completa della "teologia corinzia" o della "gnosi a Corinto" non si può fare sulla base delle fonti, bensì soltanto con l ' aiuto della fanta­ sia» . I 2 Soprattutto ultimamente si è contestato il presupposto che tutti i problemi della chiesa di Corinto fossero di pretta marca teologica, per cui alla teologia della lettera paolina deve corrispondere a Corinto una teologia corinzia altrettan­ to elaborata, anche se di segno opposto. La storia della ricerca moderna, in realtà, registra una grande varietà di opinioni e di ipotesi, a partire dal famoso studio di F. Ch. Baur che nel 1 83 1 ha individuato la presen­ za di due fronti contrapposti: il partito di Cefa (e di Cristo}, d' indirizzo giudaistico, e quello di Paolo e Apollo, caratte­ rizzato dalla libertà dalla legge e dalla circoncisione. Ma in l Cor non c'è alcun passo che possa essere letto nella chiave della nota antitesi: osservanza della legge, in particolare del precetto della circoncisione, e libertà paolina. Decenni più tardi W. Ltitgert ha impresso alla ricerca sto­ rica una direttrice nuova e feconda: Paolo ha a che fare con il partito di Cristo, opposto al suo e caratterizzato da forme di entusiasmo libertario in campo pratico e di esaltazione di segno gnostico. Erede principe di questa ipotesi può essere considerato W. Schmithals, che ha approfondito l' ipotesi, a lungo prevalente in ambito tedesco, del fronte gnostico con­ tro cui Paolo si sarebbe battuto in tutto l' epistolario con i Corinzi. Oggi si è assai critici in proposito: come sistema filosofico-teologico lo gnosticismo è del II secolo. In parti­ colare, la «conoscenza» (yvciknç) rivendicata dai Corinzi in 8, 1 .4 è semplicemente un sapere oggettivo e una ferma con­ vinzione soggettiva di carattere monoteistico, non la cono-

12

Geschichte der urchristlichen Literatur, Berlin-New York 1 985, p. 1 39.

1 13

scenza esoterica ed elitaria delle profondità di Dio che s' in­ contrerà nella letteratura gnostica successiva. Altri studiosi hanno qualificato gli entusiasti di Corinto come carismatici o credenti persuasi di essere ormai degli arrivati, spiritualmente risorti, o anche quali sacramentalisti persuasi di avere nel battesimo e nell' eucaristia la garanzia della salvezza. Nell' ultimo ventennio, infine, si è proposto come marchio della teologia corinzia un orientamento sapienziale-spiritualistico di segno giudeo-ellenistico, in per­ fetta sintonia con il libro della Sapienza e soprattutto con Filone. I Corinzi erano, cioè, degli spiritualisti per i quali, sotto l' influsso della concezione dualistica giudeo-ellenisti­ ca, la piena realizzazione della persona consisteva nel distac­ co dalla materialità, nella dedizione alla sapienza e nell' esse­ re animati dallo spirito divino. In realtà, si deve rinunciare al sogno utopistico di rico­ struire una teologia corinzia unitaria non solo per mancanza di documentazione, ma anche perché inesistente. Nella chie­ sa della città dell'Istmo c 'erano senz' altro impulsi spirituali molto forti, tendenze, sensibilità, ma non un sistema dottri­ nale preciso. Così, si sovrastimava la cro assoluto è l' amore (cap. 1 3); sollecita la comunità a intervenire contro l' incestuoso ( 5, 1 - 1 3 ) e a stare in guardia dai negatori della risurrezione (cap. 1 5). Ma non ci sembra 1 18

esaustivo parlare di una lettera tout court esortativa, né di una lettera amichevole di sollecitazione e preghiera. Agli orientamenti dottrinali e allo spessore pratico si deve aggiungere un versante apologetico tutt' altro che marginale. Si veda il cap. 9 (cfr. il termine à1toA.oyia al v. 3 ), anche se preponderante è la sua natura di exemplum; ma soprattutto fa testo la sezione dei capp. 1 -4, apologia, a nostro avviso, del­ l' apostolo intento a giustificare, davanti a critici e detrattori, il suo annuncio evangelico facente perno non sulle risorse del forbito eloquio umano, bensì sulla potenza di Dio disvelata nella croce di Cristo e nella proclamazione del crocifisso (cfr. l , 1 7 - 1 8).13 L'esistenza della nostra lettera è attestata con chiarezza già alla fine del I secolo e all' inizio del Il. L' autore della Prima Lettera di Clemente, databile all' anno 96, alle prese con lo stesso problema trattato da Paolo in l Cor 1 -4, scrive ai Corinzi ricordando questo antecedente storico: «Riprendete la lettera del beato apostolo Paolo. Che cosa vi scrisse egli per primo, all'inizio della sua predicazione evangelica? Fu certa­ mente per ispirazione dello Spirito, che egli vi inviò una lette­ ra a proposito di sé e di Cefa e di Apollo, poiché già allora voi avevate formato dei partiti» (47, 1 -3). Nelle lettere di Ignazio di Antiochia, databili al 1 1 O, più volte ci si riferisce a l Cor. I 4 Nella lettera di Policarpo ai Filippesi, anno 1 35, abbiamo una citazione esplicita di 6,2: «Oppure ignoriamo che i santi giu­ dicheranno il mondo, come insegna Paolo?» ( 1 1 ,2). La chiesa di Corinto, non diversamente dalle altre destina­ tarie di altre lettere paoline, dovette aver conservato gelosa­ mente lo scritto, come attesta Tertulliano nel 200 (De prae-

13

Della ricerca attuale che fa riferimento ai modelli della retorica classica per comprendere la lettera si è detto nell'introduzione generale. 1 4 Nella Lettera agli Efesini 1 8, l il riferimento a l , 1 8.20.23 appare eviden­ te: «Il mio spirito è la vittima espiatoria (1tEpt'lfTIJ.1a) della croce, la quale è s�andalo per gli increduli, per noi invece salvezza e vita eterna. Dov'è il sag­ g:to, dove l' investigatore? Dov'è il vanto dei cosiddetti sapienti?)).

1 19

scriptione haereticorum 36, 1 -2). Nel canone di Marcione, sti­ lato a metà del II secolo e comprendente l O lettere, la l Cor occupa il secondo posto dopo Ai Galati, come attesta Epifanio (Panarion 42,9,3-4: PG 4 1 ,707). Il frammento muratoriano, scritto in latino volgare, risalente probabilmente alla fine del II secolo, nella catalogazione di 1 3 lettere paoline (manca solo Agli Ebrei) colloca la nostra lettera al primo posto. Il pap. 46, del 200, la colloca al terzo posto, dopo Rm ed Eb. n testo della lettera, composto da 6.807 parole e 870 stichi (uno stico è una linea di circa 1 6 sillabe), 15 perduto l'originale, ci è giunto in copia, attestato da 7 papiri, da numerosi codici in maiuscola e in minuscola e lezionari. Dei sette papiri due sono molto antichi e di grandissimo valore: il pap. 46, che presenta praticamente tutta la lettera ( l , 1 - 16,22), e il pap. 15 del m seco­ lo, ma frammentario (offre solo 7, 1 8-8,4). Tra i manoscritti in maiuscola, di primaria importanza sono i codici Sinaitico (sigla Alef) e Vaticano (B) del IV secolo e Alessandrino (A) del V. I manoscritti l'hanno sottoscritta in vari modi, il più sem­ plice è anche il più antico e autorevole: «Ai Corinzi prima» (Alef, A, B*, C, 33); B 1 e P vi aggiungono il luogo di prove­ nienza: «scritta da Efeso»; in seguito si arricchisce ulterior­ mente con l' indicazione degli amanuensi: «scritta... per mezzo di Stefana, Fortunato, Acaico e Timoteo». L'antico prologo delle lettere ai Corinzi così le presenta: «l Corinzi sono Achei, e anch'essi hanno ascoltato dagli apo­ stoli la parola di verità e in vario modo sono stati sconvolti dai falsi apostoli, alcuni dall' eloquenza verbosa della filoso­ fia, altri sono stati indotti a seguire la setta della legge giu­ daica; l'apostolo li richiama alla vera ed evangelica sapien­ za, scrivendo loro da Efeso». I 6

IS Lo ha rilevato Aune a p. 205.

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Corinthii sunt Achaei, et hi similiter ab apostolis audierunt verbum ve­ ritatis, et subversi multifarie a falsis apostolis, quidam a philosophiae ver­ bosa eloquentia, a/ii a(d) secta(m) legis Judaicae inducti; hos revocar apo­ stolus ad veram et evangelicam sapientiam, scribens eis ab Epheso.

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La critica testuale allo stato attuale fa riferimento alla 27a edizione di E. Nestle del 1 993, Novum Testamentum Graece, aggiornata da K. Aland e riconosciuta universalmente quale testo standard. È il testo qui stampato a fronte e seguito nella traduzione. Come per l' unità della lettera, così si discute di una serie di possibili glosse entrate assai presto nel testo. Sono state ipotizzate le seguenti interpolazioni: l ,2c; l , 1 2; 2,6- 1 6; 4,6; 6, 14; 1 1 ,3- 1 6; cap. 1 3; 1 4,33b-36; 1 5,3 1 sg. ; 1 5 ,44b-48; 15,46; 1 5,56. La maggior parte di esse però ha poche possi­ bilità di esserlo davvero. Da parte nostra, abbiamo difeso come interpolazione solo il passo 1 4,33b-36, mentre ci sem­ bra di dover escludere che «l' inno all' agape» del cap. 1 3 sia una glossa, essendo ben inserito nel complesso letterario dei capp. 1 2- 1 4, come sarà evidenziato. 5. ORIENTAMENTI TEOLOGICI Di fronte alla pluralità e molteplicità delle questioni affron­ tate, la maggior parte di carattere pratico e comportamentale, Paolo non si è limitato a dare consigli, offrire raccomanda­ zioni, o anche imporre prescrizioni o divieti, contrapporre affermazioni a negazioni. Si è impegnato a motivare teologi­ camente le sue prese di posizione, presentando orizzonti teo­ logici capaci di evidenziare l'insostenibilità di posizioni pra­ tiche o teoriche da lui escluse. Per questo, al di là delle solu­ zioni concrete che possono risentire del clima culturale del tempo e della sua sensibilità, la l Cor resta nel tempo impor­ tante documento di un vivace e stimolante pensiero cristiano. Non si pensi però a uno schema teologico unitario; l' aposto­ lo mette in atto più di una prospettiva. La pluralità dei moti­ vi teologici corrisponde alla pluralità dei problemi affrontati . In concreto, nella prima sezione abbiamo un abbozzo di teologia della parola, o anche una theologia crucis applicata ali' annuncio evangelico, che dalla croce trae la sua configu­ razione di parola debole e insensata, ma anche forte e sapien121

te della forza e sapienza di Dio ( 1 , 1 7-2,5). Nello stesso tempo Paolo svil uppa coerentemente una riflessione sul ruolo del portatore della parola, semplice «servitore» incari­ cato da Cristo (3,5), collaboratore di Dio (3,9), nùnistro di Cristo e ammi nistratore dei nùsteri di Dio (4, l ) . Nella seconda sezione i brani 5, 1 - 1 3 e 6, 1 - 1 1 tradiscono un chiaro orientamento ecclesiologico. Alcuni comporta­ menti pratici dei Corinzi mettono a repentaglio l'identità della chiesa, comunità di «santi» e di «giusti», separata dun­ que dallo spazio umano di immoralità e ingiustizia, aggrega­ zione di fratelli capaci di comporre pacificamente all' interno i loro inevitabili contrasti d' interessi materiali. La separatez­ za della chiesa dal mondo non è però solo esistenziale, ma anche di tipo amministrativo e istituzionale: il fratello debo­ sciato deve essere espulso a salvaguardia del corpo ecclesia­ le ed è escluso il ricorso a un tribunale civile cittadino. Si aggiunga la prospettiva del giudizio: la chiesa è comunità di santi e di giusti cui compete la partecipazione attiva nel giu­ dizio finale del mondo. Invece la pericope 6, 1 2-20 presenta un' accentuata rifles­ sione antropologica. Per rispondere circa le manifestazioni di licenziosità sessuale praticata da credenti a Corinto Paolo presenta i chiari lineamenti di una antropologia di segno somatico: l 'uomo è «corpo», campo cioè di comunicazione personale e interpersonale, identità intaccata da rapporti ses­ suali cosistici e da appartenenze alternative a quella esclusi­ va del credente con Cristo e con lo Spirito di Dio.1 7 Nella sezione terza del cap. 7 il primo riferimento teologi­ co delle prese di posizione del nùttente è la vocazione divina a credere (cfr. 7 , 1 7-24), nello stesso tempo chiamata a vivere questo o quello stato di vita consono alla soggettività dei

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Cfr. 6, 1 3 : «il corpo invece non è per l'immoralità, bensl per il Signore, e il Signore per il corpo» e 6, I 9: «0 non sapete che il vostro corpo è tempio

dello Spirito Santo presente in voi e proveniente da Dio, e che non apparte­ nete a voi stessi?».

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chiamati, gli uni abilitati dal carisma a vivere celibi e gli altri, che ne sono privi, impegnati a «rifuggire dall' immoralità» sperimentando nel matrimonio rapporti sessuali non alterna­ tivi ali' unione con Cri sto. Il secondo registro della riflessio­ ne teologica è la prospettiva di un futuro qualitativamente nuovo rispetto al presente, per cui celibato e matrimonio, stati di vita di questo mondo, partecipano della sua essenziale caducità: «il tempo si è contratto, dunque quelli che hanno mogli siano come se non le avessero . . . quelli che usufruisco­ no del mondo come se non lo usassero appieno; perché sta passando la figura di questo mondo» (7 ,29-3 1 ) L' assoluto dell ' esperienza cristiana è invece i l rapporto di appartenenza a Cristo: «Siete stati acquistati in moneta sonante» (7 ,23 ) E qui emerge il terzo orientamento, di carattere cristologico. Il problema degli idolotiti è affrontato da due distinti punti di vista. Anzitutto come espressione di libertà interna o cono­ scenza (yvromç) e di conseguente agibilità esterna (ÈI;ouòç 2 tt'l tiC'ICÀ.TJ­ cri� tou 9eo0 til oucru tv Kopi v9Q>, flytacrJ,J.tvotç tv Xpt­ crtc1» 'IncroO , KÀ.T)toiç étyiotç, crùv mimv totç t1ttJCaÀ.ou­ J,J.tvotç tò lSvoJ,J.a toO Kupiou flJJ.éìlv 'IncroO XptcrtoO tv 1tavti tÒ1tQ>, aÙtéìiV Kai flJ,J.éìiV . 3 Xclptç ÙJ,J.iV Kai dpftVTJ à1tò 9eo0 1tatpòç flJJ.éìiV Kaì Kupiou 'IncroO XptcrtoO. 4 Eùxaptcrtéìl téP 9etp JJ.Ou 1tptov toO XptcrtoO tPePatm9T) tv ÙJ,J.iV, 7 OOO't€ ÙJ,J.dç J.llÌ ÙO't€pttcr9at tv JJ.T)litvi xa�i­ O'J,J.an cl1t€1CliEXOJJ.tvouç t'JÌV cl1tOKclÀ.U'\IflV tOO Kupiou flJ,J.éìiV 'Incro() XptcrtoO . 8 oc; Kai PtPauhcrtt ÙJ,J.dç froç ttÀ.ouç àvtYKÀ.ittouç tv tfl f!JJ.tp� toO Kupiou f!JJ.li>V 'IncroO (Xpt­ crtoO]. 9 1ttcrtòç 6 9e6ç, St' où tdft9T)tE dç Kotvroviav toO uioO aùtoO 'IncroO XptcrtoO toO KUpiou 'fiJ,J.li>v. llapax:aÀ.éìl St ÙJ,J.dç, àlitÀ.q>oi, Stà toO òv6J,J.atoç toO KUpiou flJJ.éìiV 'IT)croO XptcrtoO, lva tò aùtò Àt'YT)tt 1tclVttç Kai J.llÌ ti tv ÙJ,J.iV crxicrJ,J.ata, ftte St KatT) ptlO'J,J.tVot tv t@ aùt@ vot x:ai tv til aùt'fl yviDJJ.lJ. 1 1 tonMhOn yap JJ.ot 1tepi ùJ,Jiì>v, àSd.q>oi JJ.Ou, ù1tò téìlv XÀ.ÒT)ç 6n fptSeç tv ÙJJ.iV dcnv. 12 ')..,tyro St toOto 6tt fKacrtoç ùJ,J.li>v Atyet tycll J,J.tv dJ,J.t llauÀ.Ou, tycll St i\1toÀ.À.O>, tycll ot KTJ>, tralasciato dal papiro 46 e dal codice B , appare lezione dubbia 131

O"tOO. 13 J..LEJ..LÉpta"tat 6 Xptcrt6ç ; J..LTÌ naOÀoç tcrtaup0>911 Ù1tÈp ÙJ..LéìiV, iì Eiç tÒ �VOJ..La nauÀOU tJ3a1ttf0'91ltE; 14 Eù­ x aptO"téìl [tep 9EQ)] 6n oùatva ÙJ..Léìlv tJ3a1tncra d J..LlÌ Kpi0'1tOV Kai ratov, 15 {va J..ltl ttç d1tl] 6tt dç tÒ tJ..LÒV 6VOJ,La tf3a7tti0'91ltE . 16 tJ3a1tttO'a �t Kai tÒV I:tEq>avd o{KOV, À.ot1tòv oùK ol�a d nva ID..Àov tf3a1tncra. 17 oò yàp . EÒayyEÀfçe­ à1tÉO"tEtA.tv J..LE XptO"tòç Pa1ttfçetv à)..).à creat, OÙK tv O'O(J){CJ ÀÒyou, {va J.LTÌ 1CEV009'fl Ò O'taupòç toO XptO"tOO. J..LÈV à1tOÀ.ÀU­ 18 ·o )..6yoç yàp 6 toO O"taupoO totç fiJ..LtV �uvaJ,Ltç J..Ltv�Jtç J..LOOpia tO"tiv, totç �t crQ>l;oJ..Ltvotç OeoO tO"ttv. 19 ytypa7ttat yap · a1to...Ìw -r;,v GOqJiav TWV GO(/JWV Kai -r;,v avvea1v -rwv avve-rcòv MJenjaro. lO 1toO cro(J)6ç; 1toO ypaJ..LJ.« .L tEi>ç; 1toO cruçlltllttìç toO aléb­

voç toi>tou ; oòxi tJ..Lropavev 6 9Eòç ttìv cro(J)iav toO K60'J..LOU ; 21 t7tEt�lÌ yàp tv tfl croq>iCJ toO OeoO oòK fyvro 6 KÒO'J..LOç �tà ti')ç croq>iaç tòv 9E6v, eùa6K110'EV 6 Oeòç �là tflç J..LOOpiaç tOO Kll PUyJ..Latoç créì>crat toùç 7tlO"tEUOVtaç ' 22 t7tEl�lÌ Kai 'IouMtot O'll J.d .L a altoOmv Kai "EÀÀllVEç cro(J)iav çlltOOmv, 23 ftJ..LEtç �t Kll PUO'O'OJ.lEV Xptcrtòv t­ O"tauproJJ,tvov, 'Iou�aiotç J..Lt v O"Kav�aÀov, f9vemv �è J.Lro­ p{av, 24 aòtotç �t totç KAlltotç, 'Iou�a{otç tE Kai "EÀÀll­ mv, XptO"tòv 9Eo0 �uvaJ..LlV Kai 9Eo0 croq>iav 25 6n tò J..LOO PÒV toO 9Eo0 O'Oq>OOtEpOV téìiV àv9p007tOOV tarlv Kai tÒ àcr6evèç toO 9Eo0 laxup6tEpov téì>v àv9pro7trov. 26 BU7tetE yàp ttìv df'tmv ÙJ,Léìlv, à�EÀq>o{, 6n oò 7tOÀÀOi O'O(J)Oi Katà crapKa, OÒ 7tOÀÀOi �UVQtOi, OÒ 7tOÀÀOi EÙyEVdç 27 àÀÀà tà J.LOOpà tOO lCÒO'J..LOU tl;Elll;ato 6 9e6ç, iva Katalc::JXUV'IJ toi>ç cro(J)oi>ç, Kai tà àcr9evf't toO KÒO'J..LO U tçwl;ato 6 9e6ç, tva Katataxi>vlJ tà laxupa, 28 Kai tà ·

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ce di Apollo», «E io di Cefa», «Ma io di Cristo». 1 3 E stato diviso Cristo? Forse Paolo è stato crocifisso per voi? O è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? 14 Ringrazio Dio* di non aver battezzato nessuno di voi se non Crispo e Gaio, 15 perché nessuno possa dire di essere stato battezzato nel mio nome. 1 6 In realtà ho battezzato anche la casa di Stefana. Per il resto non so se ho battezzato qualcun altro. 1 7 In effet­ ti Cristo mi ha mandato non a battezzare, bensì ad annuncia­ re il vangelo, e questo non con sapienza di parola, perché non venga svuotata la croce di Cristo. 18 Infatti la parola della croce è insensatezza per quelli che vanno alla rovina, per quelli invece che sono sulla via della salvezza, per noi, è potenza di Dio. 19 È scritto: Distruggerò la sapienza dei sapienti e l 'intelligenza degli intelligenti abolirò [ls 29, 1 4] . 20 Dov'è il sapiente? Dove lo scriba? Dove l ' indagatore di questo mondo? Dio non ha forse reso insensata la sapien­ za del mondo? 2 1 Poiché il mondo per mezzo della sapien­ za non seppe conoscere Dio nella sua sapienza, piacque a Dio di salvare quelli che credono con l ' insensatezza del­ l'annuncio. 22 I giudei chiedono segni e i greci cercano sapienza. 23 Noi invece proclamiamo Cristo crocifisso, per i giudei pietra d'inciampo e per i gentili insensatezza, 24 ma per i chiamati, giudei e greci , Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. 25 Perché l ' insensatezza di Dio è più sapiente degli uomini e la debolezza di Dio più forte degli UOmlDl. 26 Guardate alla vostra vocazione, fratelli : non ci sono molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. 27 Eppure proprio ciò che del mondo è insen­ sato Dio scelse, per svergognare i sapienti, ciò che del mondo è debole, per svergognare quello che è forte, 28 ciò • Il fatto che importanti codici, il Sinaitico e il Vaticano, abbiano omesso il

complemento e il sospetto che si tratti di un' aggiunta dei copisti rendono dubbia la lezione scelta.

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àyEvft "tOO KÒO'J.lOU Kai "tà tl;,ou9EV11 J.lÉVa tl;,EÀ.Él;,a"tO 6 9E6t;, "tà J.ltl OV"ta, lva "tà 0Vta Ka"tapyi)O"Q, 29 61tcoç J.lft Kauxit­ Cf11"tat 7tdnou tò tv aùt@; outroç Kai tà toO OtoO oòS­ dç fyvro�etv d J..LTt tò nvEOJ..La toO OtoO. 12 "'J..LEiç St où tò 1tVE0J..La tOO KÒcrJ..LOU tì..af30J..LEV QÀÀà tÒ 1tVE0J..La tÒ tiC toO 9to0, iva dOIDJ..LEV tà Ù1tÒ toO 9to0 xaptcr9Évta "'J..LtV 13 d �eaì ÀaÀOÙJ..LEV oùK tv OtOaKtoiç àv8proniv11ç crocpiaç ì..òymç àì..ì..' tv StOaJCtoiç 1tVEUJ..Latoç , 1tVEUJ..L«ttKoiç 1tVEUJ..L«ttKà O'U'YKPLVOvtEç. 14 'I'UXtKÒç OÈ av9pronoç OÒ OÉXEtat tà toO nvti>J..Latoç too 9to0 · J..Lropia yàp aùtcp tcrnv Kai OÙ OUVatat yv{ì)vat, 6tt 1tVEUJ..LattK&ç CÌVa­ KpiVEtat. 15 6 0t 1tVEUJ..L«ttKÒç CÌVaKpiVE\ [tà) 1tQVta , aùtòç OÈ ùn' oùOEVÒç QVaKpiVEtat. 16 -riç yàp éyvm VOVV Kvpiov, oç uvpp,pa.uet aim1v; "'J..L Eiç St voOv XptcrtoO ÉXOJ..LEV. Kàyci>, QOEÀcpoi, OÙK nouvti911V ÀaÀftcrat ÙJ..LiV Ot E't\ vOv ouvacr9E, 3 fn yàp crapKtKoi tcrtE. 6nou yàp tv ÙJ..Liv Cftì..oç Kai fptç , oùxi crapKtKoi tcrtE �eaì Katà liv9proxov ntpmattttt; 4 6tav yàp ÀÉYT:'I ttç tycò JJ.ÉV dJ..Lt nauÀOu, ÉtEpoç St . tycò i\.noÀÀ.éO, OÙK liv­ Opronoi tcrtE ; 5 Ti oùv tcrnv 'Axoì..ì..&ç; ti St tcrnv naoì..oç ; SuìKOVO\ St' mv tmcrttucratE, Kai tK:acrtq> ptoç foro�etv. 6 tycò tcputtucra, i\.xoì..ì.{ì) . ç txò­ ncrtv, àÀ.À.à 6 Otòç 11m;avtv · 7 &crtE outE 6 cputti>rov tcrtiv n OU'tE 6 1tOtiCrov àì..ì..' 6 aù!;avrov Otòç. 8 6 cputEU(J)V ot Kaì 6 1tOtiCrov fv dcnv, EKacrtoç ot tÒV iOlOV J.Ucr9òv À.TtJ..L'I'Etat Katà 'tÒV iOtOV KÒ1tOV . 9 9to0 yap tcrJ..L EV O'UV­ 10 Katà Epyo{, OtoO ytropytov, OtoO olKoSoJ..Lit tcrtt. tflV xaptv toO 9to0 tftV So9Etcrav J..LO\ avtpòv ytvflcrt'tat , l't yàp itJJtpa onÀ.nmç nav'ta yàp ù­ JJ&v ÈO"tlV, n EitE TiaOÀ.oç EitE 'AnoÀ.À.éOç EitE Knq>àç, dtt KòcrJ,.loç titt 'm'lÌ dn: Oava'toç, dtt tvtcr't&ta dn: J,lt).).ovta · naV'ta UJ..l&V, 23 ÙJ,.ltiç ot Xptcr'toO, Xptcr'tòç ot OtoO. Outroç ftJJdç À.oytçtcrOro livOpronoç roç ùnnpt'taç Xpt­ O"toO Kai olKOVÒJ..louç J..lUO'tll Pimv OtoO. 2 cl>Ot À.ot· nòv çll'ttt'tat tv 'totç olKovòJ,.lotç, tva ntcr'tòç 'ttç tùptOfl. 3 tJ,loi ot Elç tÀ.ciXtptòç tcrnv. 5 &O"tt: J.llÌ xpò Kat­ poO 'tl KpiVE'tE fcoç lìv ÉÀ.91J 6 Ki>ptoç, oç Kai avspci>crt:t 'tàç j3ouÀ.àç 't&V Kap­ Ot&V Kai 'tÒ'tE 6 fnaLVoç yt:vflcrt:'tat tKacr'tQl ànò 'tOO Ot:oO. 6 TaO'ta ot, àot:À.cpoi, J..lttEucrtoOcrOt: Ka'tà 'tOO ·

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suno può gettare diverso da quello esistente, cioè Gesù Cristo. 12 Se poi si costruisce sopra il fondamento indicato usando oro, argento, pietre preziose, legni, fieno, paglia, 1 3 sarà mani­ festata l ' opera di ognuno, perché quel giorno, disvelandosi col fuoco, la farà conoscere, e il fuoco passerà al vaglio l ' o­ pera di ciascuno mostrando qual è. 1 4 Se l'opera di chi ha costruito sopra resisterà, egli riceverà la ricompensa. 1 5 Se l ' o­ pera di qualcuno brucerà, egli patirà un danno, ma si salverà, 16 Non sapete che siete però così come attraverso il fuoco. tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? 1 7 Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui, perché il tem­ pio di Dio è sacro, quel tempio che proprio voi siete. 1 8 Nessuno s' inganni: chi crede di essere sapiente tra voi in questo mondo si faccia insensato, per poter diventare un vero sapiente. 19 Perché la sapienza di questo mondo è insen­ satezza presso Dio, come sta scritto: Colui che cattura i sapienti nella loro astuzia [Gb 5, 1 3] ; 20 e di nuovo: Il Signore conosce i disegni dei sapienti e sa che sono vuoti [Sal 94, 1 1 ]. 2 1 Pertanto nessuno si vanti di questo o di quell' uomo, per­ ché tutto è vostro: 22 Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro; tutto è vostro, 23 ma voi siete di Cristo e Cristo di Dio. 4 1 Così ci si consideri quali servitori di Cristo e ammini­ stratori dei misteri di Dio. 2 In questo stato di cose, or dun­ que, si richiede negli amministratori che siano trovati fedeli. 3 A me però poco importa di essere inquisito da voi o da un tribunale umano. Anzi neppure di me stesso mi erigo a inqui­ sitore. 4 Di nulla, certo, mi rimprovera la mia coscienza, eppure non per questo risulto assolto. Chi invece mi può giu­ dicare è il Signore. 5 Pertanto desistete dal giudicare alcun­ ché prima del tempo, finché venga il Signore, che porterà alla luce le cose nascoste nella tenebra e manifesterà le delibera­ zioni delle menti; e allora Dio darà la lode a ciascuno. 6 Fratelli, questo per voi ho raffigurato in me e in Apollo, perché impariate per mezzo nostro a non andare oltre ciò che sta scritto e non vi gonfiate d' orgoglio schierandovi a favore 1 39

tttpou. 7 tiç yétp m: �hmcpivtt; ti lit fxttç l> oòK fi..af3tç; El lit Kai fi..af3tç, ti Kauxaom d>ç J.lTJ i..al3rov; 8 fllin KtKo­ ptcrJ,ltvm tcrtÉ, 'filiT) t1tÀ.OUtitcratt, xcopiç llJ.léì»V tJ}acnÀ.E:U• cratt Kai 6cpti..6v yt tl3ami..tucratt, iva Kal 'flJ.ltlç ÙJ,ltv m>J.113ami..tucrcoJ.ltV. 9 lioK& yap, 6 9tòç ilJ.ldç toùç à.1to­ crt6i..ouç tcrxatouç Ò.1tÉOttl;tv d>ç tm9avatiouç, 6n 9ta­ tpov tytvit8T)J.lE:V ttil KÒO'J.lQ> Kal à.yyti..mç Kal à.v8p0>1tmç. 10 ilJ.ltlç J.lCOpoì lità Xptcrt6v, UJ.lttç lit cpp6vtJ.10l tv Xpt­ crt(i) . llJ.lE:tç à.cretvdç, ÙJ.lE:tç ot icrxupoi . ÙJ,ltiç fvliol;ot, f!J.ltiç ot U'tlJ.lOl. 1 1 axpt tflç apn ropaç KaÌ 1tE:lV&J.1E:V Kal 01\jléòJ,lE:V KaÌ 'YUJ.lVltE:UOJ.lE:V KaÌ KOÀ.acptç6J,lt9a Kai Ò.crtatoO­ J.lE:V 12 KaÌ IC01tléiJJ.lE:V tpyaçÒJ.lE:VOl tatç ioiatç 'XE:pcr{v À.Ol· oopOUJ.lE:VOl E:ÙÀ.OyOOJ.lE:V OlCOICÒJ.lE:VO\ CÌVE:XÒJ.1E:8a, 13 oucr­ ' q>T)J.lOUJ.lE:VO\ 1tapaKaÀ00J.lE:V d>ç 1tE:PlKa8apJ,lata tOO KÒ­ O'J.lOU tytvft9T)J,1E:V, 1tclVtCOV 1ttpi\jiT)J.lQ Écoç lipn. 14 OùK tvtpÉ1tcov ùJ,ldç ypacpco taOta à.i..i..' d>ç tÉKVa J.lOU à.ya1tT)tà vou8u&[v]. 15 tàv yàp J.lUpiouç 1tatoaycoyoùç ÈXT)tt tv Xptcrttil à.i..i..' où 1toi..i.o . ùç 1tattpaç · tv yàp Xptcrté;) 'IncroO otà toO tùayyti..iou tycò i>J,ldç tytvvncra. 16 TiapaKai..éò oùv ÙJ.ldç, J.llJ.lT)tai J.lOU yivtcr8t 17 Atà touto È1tEJ.l\jla UJ.ltV TtJ,168tov, 6ç tcrtiv J.lOU tÉKvov à.ya1tT)tòv Kai mcrtòv tv KupiQ>, l>ç UJ.ldç à.vaJ.lvilcrEl tàç 6oouç J.lOU tàç tv Xptcrt{i) ('IncroO] , Ka9còç 1tavtaxoo tv 1tcl0'1J 18 ·nç J.llÌ tpxoJ.ltvou ot J.lOU 1tpòç tKKÀ.T)cri� otoaO'Kco. UJ,ldç tcpucrtro8ncrav nvtç . 19 ti..E:ucrOJ.lQ\ ot taxtcoç 1tpòç i>J,ldç tàv 6 KUplOç 9Ei..ilcr1J, Kai yvrocrOJ.lat où tòv i..6yov téòv 1tEcpucncoJ.1ÉVCOV cìi..i.à . tflv ouvaJ,ltV 20 où yàp tv i..6y(() ..; l3acni..E:ia tou 9Eo0 à.i..i..' tv ouvaJ.1E:1. 21 ti 9ti..ut; tv paJ}oQ> fi..Oco 1tpòç i>J.laç iì tv à.ya1t1] 1tvtuJ.lati tt 1tpaOtntoç; ·



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di uno e contro l' altro. 7 Chi infatti ti distingue? E che cosa hai che tu non abbia ricevuto? Ma se l ' hai ricevuto, perché ti vanti come se non l' avessi ricevuto? 8 Già siete sazi, già siete diventati ricchi; senza di noi siete giunti a regnare, e volesse il cielo che foste giunti a regnare, perché anche noi potessi­ mo regnare insieme con voi ! 9 Ritengo infatti che Dio ha messo noi, gli apostoli, all' ultimo posto quasi dei condanna­ ti a morte, diventati uno spettacolo per il mondo, gli angeli e gli uomini. 10 Noi insensati per amore di Cristo, voi invece sapienti in Cristo; noi deboli, voi invece forti; voi onorati, noi invece disonorati. 1 1 Fino ad ora patiamo la fame e la sete, siamo nudi, veniamo schiaffeggiati, vaghiamo senza fissa dimora, 1 2 ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati benediciamo, perseguitati perseveriamo, 1 3 schemi­ ti rispondiamo con dolcezza; finora siamo diventati come spazzatura del mondo, i mmondizia di tutti. 1 4 Non è per coprirvi di vergogna che vi scrivo questo, ma per ammonirvi* quali miei figli carissimi. 15 Sì, potreste anche avere diecimila pedagoghi in Cristo, ma non molti padri, perché sono io che vi ho generati i n Cristo Gesù 16 Vi esorto dunque: siate miei imi­ mediante il vangelo. tatori. 17 Per questo vi mandai Timoteo, mio figlio amatissi­ mo e fedele nel S ignore; egli vi ricorderà le mie vie in Cristo Gesù,** così come le insegno ovunque in ogni chie­ 1 8 E quasi io evitassi di venire da voi, alcuni si sono sa. gonfiati d' orgoglio. 1 9 Ma io verrò presto da voi, se il Signore lo vorrà; e verrò a conoscere non la parola di quelli che si sono gonfiati d' orgoglio, bensì la loro forza. 20 Perché non di parole è fatto il regno di Dio, bensì di potenza. 21 Che cosa volete? Che venga da voi col bastone, oppure con amore e spirito di dolcezza?

La variante del presente indicativo («ammonisco») potrebbe essere anche l' originale, essendo molto ben attestata; il testo è dubbio. L'omissione di «Gesù» da parte di molti manoscritti rende dubbio il testo. •

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veia i;nç oùOt tv Toiç f9vecnv , &cr'TE yuvaiKa nva 'TOO 7ta'Tpòç fxetv. 2 Kai i>J.LEiç 7tEq>ucrtroJ.Ltvm tcr'Tt Kai oùxi J.LàÀÀov t7tev9r,cra'TE, iva àp9fl tK J.LÉcrou UJ.Léi>V 6 'TÒ �pyov 'TOO'To 7tpétçaç ; 3 tyw J.LÈV yap, àmòv 'Tep crroJ.Lan 1tapcòv at 'Tti) 7tVEUJ,1Q'Tl, fta11 KÉKplKQ chç napCÌ>V 'TÒV 0\1'Troç 'T00'TO KQ'TEpyacrétJ.LEVOV ' 4 tv 'Tti) ÒVÒJ.LQ'Tl 'TOO KUpiou [fiJ.Léi>V) 'l11000 cruvax9tV'TroV i:lJ,1éi>V KaÌ 'TOO tJ,100 7tVEUJ.lU'TOç OÙV 'tfl auvétJ.LEl 'TOO KUpiou flJléi>V '111000 , 5 1tapaao0va1 'TÒV 'TOtOO'Tov 'Tti) cra'Tav� Elç 6Àe9pov 'Tftç crapKòç, lva 'TÒ 6 Où KaÀòv 7tVE0J.La crro9ij tv 'TU flJ.LÉP� 'TOO Kupiou 'Tò Kaux11J.La i>J.Lrov. oùK oiaa'Te l>n J.LlKpà çuJ.Lll oÀov 'Tò q>upaJ.La çuJ.Loi; 7 tKKa9étpa'TE 'TlÌV naÀatàv çuJ.LllV, (va ft'TE VÉOV q>UpUJ.LU, Ka9ffiç tcr"TE dçUJ.101. ' Kai yàp 'TÒ 1tclOXQ ilJ.Léi>v t'Ti>911 Xptcr'Tòç. 8 &cr'Te top'TétçroJ.LEV J.LlÌ tv çuJ.LlJ naÀatc} J.Lllat tv çuJ.LlJ KaKiaç Kai 7tOV11Piaç àÀÀ' tv àçu­ 9 ·Eypawa ÒJ.Liv tv J.LOtç dÀtKptvEiaç Kai àÀ119Eiaç. 'T'il tmcrtOÀU J.LlÌ cruvavaJ.Liyvucr9at nòpvmç, 10 où nav­ 'TO>ç 'TOiç 7tÒpV01ç 'TOO KÒOJ.LOU 'TOU'TOU fl 'TOiç 7tÀEOVÉK'Talç Kai ap7taç1V fj elaroÀOÀa'Tpatç, tnd èbq>ELÀE'TE dpa tK 'TOO KÒOJ.LOU tçeÀ9Eiv. 1 1 vOv at fypawa UJ.LiV J.llÌ cruvava­ J.Liyvucr9at tav nç àaeÀq>òç òvoJ.LaçòJ.Levoç tJ nòpvoç fl 1tÀEOVÉK'T11ç fl etaroÀoÀa'Tpllç fl Àoiaopoç fl J,1É9ucroç fl ap­ naç, Tep 'TotOU'TQl J.Lllat cruvecr9ietv. 12 'Ti yap J.LOl Toùç fçro KptVEtV; OÙXi 'TOÙç foro i:lJ,1Eiç KpLVE'TE ; 13 'TOÙç at fçro Ò 9eòç KPlVEi. èl;apa-re TÒV 1COV'1PÒV è?; vp.{jjv avTWV. ToÀJ.Lc'j nç i>J.Lrov npàyJ.La fxrov 7tpòç 'TÒV f'Tepov Kp{­ vecr9at t7ti 'Téi>V àaiKroV Kai OÙXi t7ti 'Téi>V ay{rov; 2 fl OÒK otaa'TE On o{ ay101 'TÒV KÒOJ.LOV Kp1V00crtv; Kai d tv •

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5 t In generale si sente dire di un'immoralità tra voi, e di tale

immoralità che non si trova neppure tra i gentili, al punto che uno ha la moglie del padre. 2 E voi siete tronfi di orgoglio e non avete fatto piuttosto lamento, per togliere via di mezzo a voi chi ha perpetrato tale misfatto. 3 lo di certo, assente nel corpo, ma presente nello spirito, da persona presente ho già emesso la sentenza contro chi ha fatto questo 4 nel nome del Signore nostro* Gesù; radunati in assemblea voi e il mio spi­ rito, con il potere del Signore nostro Gesù 5 che tale individuo sia consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spi­ 6 Non è bello il rito sia salvato nel giorno del Signore. vostro vantarvi. Non sapete che poco lievito fa fermentare tutta la pasta? 7 Epurate il vecchio lievito per essere impasto nuovo, poiché siete pani azzimi. Di fatto il nostro agnello pasquale, Cristo, è stato immolato. 8 Di conseguenza faccia­ mo festa non con vecchio lievito, né con lievito di cattive­ ria e malvagità, bensì con pani azzimi di sincerità e verità. 9 Vi scrissi nella mia lettera di non mescolarvi con i debosciati, 10 ma non intendevo in ogni caso riferirmi ai debosciati di questo mondo o agli avari, ladri, idolatri. Altrimenti dovreste uscire dal mondo. 1 1 Vi scrissi invece di non mescolarvi con chi portando il nome di fratello è debo­ sciato o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro: non mangiate neppure insieme con tale persona. 12 Che m'impor­ ta di giudicare quelli di fuori ? Non sono forse quelli di dentro che voi giudicate? . 13 Quelli di fuori invece li giudicherà* .. Dio. Togliete via il malvagio di mezzo a voi [Dt 1 7,7] . 6 1 In causa con un altro, uno di voi ha l' ardire di appel­ larsi al tribunale degli ingiusti anziché dei santi? 2 O non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se è per mezzo .

Pronome omesso, testo dubbio. Variante interessante del papiro 46 che omette «non forse)) e ha il verbo all'imperativo: oO KPiVEtal Kal tOOto bri àrricrtoov; 7 ·Hon JJÈV [o{>v] 6À.mç fittllJ.la i>JJiV t KU· 18 �EU'YEtE t'JÌV 1topvEiav. 1tàv piQ> fv 7tvE0J.la tcrnv. dJ.lclPTTlJ.la o tàv 1totTt01J civ9pm1toç tKtòç ToO crci>J.lat6ç t àvSpi. 4 fl yuvn "tOO lSiou òç ' yuvaiKa fXEl d1ttVIÌ fl ibncrtoç tv 't{i) àSEÀQ>Cil · tnd cipa 'tà 'tÉKva i>J..Léì)v àKa9ap'ta tanv, vOv St ayui tonv. 15 d St 6 Q1tlO'tOç xmpiçE'tal, xmptçta9m . où OEOOUÀ.CO'tat 6 àSEÀ.lÌ tv 'totç 'tOtou'totç tv St Elpiwu KÉKÀllKEv i>J..Làç 6 9E6ç. 16 'ti yàp otoac;, y(>vat, El 'tòv civSpa aO>aEtç ; iì d otoaç, livEp, d titv yu­ vaiKa aci>aEtç; 1CUptoç, fKaatOV 17 El �lll ÉKclOLQl cbç tJ..LÉPlOEV 6 cbç 1CÉ1CÀ.111CEV 6 9E6ç, Ofi'tC.oç 1tEPl1tatEitm. Kai OUt(J)nétpXElV Stà t'l'\v tvE•

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13 e se una donna ha un marito non credente che acconsente ad abitare con lei, non divorzi dal marito. 14 Il marito non cre­ dente è santificato per mezzo della moglie e la moglie non credente è santificata per mezzo del «fratello». Altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, e invece sono santi. 15 Ma se il non credente vuole divorziare, divorzi pure; in tali frangenti il «fratello» o la «sorella» non sono asserviti. A vivere in pace vi• ha chiamati Dio. 16 Che sai tu, moglie, se arriverai a salvare tuo marito? Oppure che sai tu, marito, se arriverai a salvare tua moglie? 17 Senonché, ciascuno si comporti come il Signore gli ha assegnato in sorte, come Dio lo ha chiamato, appunto quello che prescrivo in tutte le chiese. 18 Uno fu chiamato da cir­ conciso? Non si faccia sopra il prepuzio. Uno è chiamato in stato d' incirconcisione? Non si faccia circoncidere. 19 La circoncisione non conta nulla, e nulla conta l ' incirconcisio­ ne; conta invece l' osservanza dei comandamenti di Dio. 2° Ciascuno rimanga nella vocazione in cui fu chiamato. 21 Fosti chiamato da schiavo? Non curartene. Ma se invece puoi diventare libero, fanne comunque uso:• 22 Infatti lo schiavo chiamato a essere nel Signore è un liberto del Signore. Parimenti la persona libera che ha ricevuto la voca­ zione a credere è schiava di Cristo. 23 Siete stati acquistati in moneta sonante; non diventate schiavi di uomini. 24 Ciascuno nella condizione in cui fu chiamato, fratelli, in questa riman­ ga davanti a Dio. 25 Quanto poi alle fidanzate che anelano a restare vergini, non ho alcun comando del Signore da dare; do un parere come uno a cui il Signore ha fatto misericordia per essere degno di fiducia. 26 Ritengo dunque che a causa della pre-

Il papiro 46, il codice Vaticano e non pochi altri hanno ((ci»; ma sembra essere il frutto della tendenza dei copisti di applicare ai lettori successivi quanto ha detto l' apostolo. Altra traduzione: ((Ma anche se puoi diventare libero, piuttosto fa' uso della condizione di schiavo>>. •

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c:nloouv àvciyKllV, c5n Ka�òv àv9proncp TÒ oihcoç dvat. 27 Btò�:: crat "f\lVatld, J.l.ll çtlTEt �umv · ��ucrat à1tò yuvat­ Kòç, J.l.ll ,..,TE\ "f\)VaiKa. 28 tàv Bt 1Cai raJJ.t101Jç, oòx fl­ J.I.UPtEç, Kai tàv 'YllJ.I.lJ il nap9tvoç, oòx f!JJ.aptEV · O�i­ 'lf\V Bt til crapKi �çoucrtv o{ TO\OOTO\, tycl> ot UJ.I.&V q>Eioo­ 6 Katpòç cruvt­ J.I.Ql. 29 ToOto Bt (J)llJ.I.t, àot�ptoc; 'l11croOç Xptcrtòç �1' oò tà naVta Kai ilJJEic; �.· aòtoO 7 'AÀÀ.' OÙK tv 7tQO'lV il yvc'òmç tlVÈç �È tfl JJE9a, ofitE tàv cpciyroJJEV 7ttptcrcrsi>OJJEV . 9 PU7tEtE �È J.lti 7t(J)7ttOVtEç aòtc'òV tlÌV . Bt ti>1t01 ftJ.LtòV tyEviJ9ncrav, Eiç tò J.L'IÌ dvat ftJ.Làç tm9u­ J.L11tàç KaKtòv, Ka9eì>ç KàKElVOl è1tE9UJ.L11CJQV. 7 J.1110È Ellioo­ À.OÀ.atpat yivEcr9E Ka9c0ç ttvEç aùtéòv, 6lcr1tEp ytypa1ttat •

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tKri.OuTev o ÀaÒç (/)ayeiv Kai n:eiv Kai àviuT1Juav n:aiCe1v.

J.LllliÈ 1tOPVEUCilJ.LEV, Ka9c0ç 'tlVEç aÙtOOV t1t6pVEUCJQV Kai f1tEcrav J.Llc} ftJ.LÉPn ot 1tpòç vou9Ecriav ftJ.Ltòv, Elç ouç tà tt'A.n ttòv airovCilv KatfJvtllKEv. 12 ·ncrtE 6 BoKtòv écrta8

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legge ; 2 I per i senza legge come un senza legge, io che non sono un fuori-legge rispetto alla legge di Dio, ma uno dentro la legge di Cristo, per poter guadagnare i senza legge. 22 Mi sono fatto per i deboli un debole, per poter guadagnare i deboli. Insomma mi sono fatto tutto a tutti, per poter salvare a ogni costo qualcuno. 23 E tutto faccio per amore del vange­ lo, affinché ne possa diventare compartecipe. 24 Non sapete che quelli che corrono nello stadio tutti certo corrono, ma uno solo prende il premio? Così voi corre­ te per prenderlo. 25 Chiunque però lotta nell' agone sportivo si disciplina in tutto: essi in verità per ricevere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile. 26 Or dunque io corro non come uno senza meta, faccio pugilato non come uno che batte l ' aria; 27 al contrario colpisco duramente il mio corpo e lo schiavizzo, perché non avvenga che, proclamata la parola agli altri, non finisca io stesso per essere squalificato. 10 1 Non voglio in effetti che voi ignoriate, o fratelli, che i nostri padri tutti erano sotto la nube, tutti attraversarono il mare, 2 tutti furono battezzati in Mosè nella nube e nel mare, 3 tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, 4 tutti bevvero la stessa bevanda spirituale. Bevevano infatti da una roccia spi­ rituale che seguiva e la roccia era il Cristo. 5 Ma Dio non s i compiacque nella maggior parte di loro, se è vero che l i ha 6 Ora questi even�i capitarono come abbattuti nel deserto. esempi ammonitori per noi, affinché non siamo cupidi di cose cattive, come essi furono cupidi, 7 né diventiate idolatri, come alcuni di loro, secondo che sta scritto: Il popolo si sedette a mangiare e a bere, poi si alzarono a divertirsi [Es 32,6], 8 né diamoci all'immoralità sessuale, come alcuni di loro vi si diedero, e ne caddero in un solo giorno ventitremi­ la, 9 né mettiamo alla prova il Cristo, come fecero alcuni di loro perendo per morso dei serpenti, 1 0 né mormorate, a quel modo che si comportarono alcuni di loro colpiti a morte dallo sterminatore. 1 1 Ora questi eventi accadevano loro in manie­ ra esemplare e furono messi per iscritto a nostro ammoni­ mento, a noi cui sopraggiunse la fine dei mondi. 12 Di conse157

VQl j3ÀE1tÉtiD J.llÌ 1tÉQ11 . 13 1tEtpaCJJ,1Òç ÙJ,10.ç OÒlC EiÀll· euyue ò.nò ti;ç domÀoÀa­ tpiaç. 15 chç xapttl JlUÉXID, t{ ·

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guenza chi ritiene di stare saldo veda di non cadere. 1 3 Nessuna tentazione vi ha raggiunto se non a dimensione umana. Dio è fedele, non permetterà che voi siate tentati al di sopra delle vostre possibilità, ma con la tentazione farà sì che ci sia anche la via d' uscita in modo da poterla sop­ portare. 14 Perciò, miei cari, fuggite dall'idolatria. 1 5 Vi parlo come a persone sapienti: giudicate voi quello che dico. 16 Il calice della benedizione che benediciamo non è forse partecipazio­ ne al sangue di Cristo? Il pane che spezziamo non è forse partecipazione al corpo di Cristo? 17 Essendoci un solo pane, noi, molti, siamo un solo corpo, condividendo tutti l ' unico pane. 1 8 Guardate all' Israele storico: quelli che mangiano le 19 Che vittime sacrificati non sono associati all ' altare? cosa dunque voglio dire? Che la carne immolata all ' idolo è qualche cosa, oppure che un idolo è qualche cosa? 20 No, voglio dire che quello che sacrificano è ai demoni e non a Dio che lo sacrificano. Non voglio che voi diventiate asso­ ciati ai demoni. 2 1 Non potete bere al calice del Signore e al calice dei demoni. Non potete condividere la tavola del Signore e la tavola dei demoni. 22 Oppure vogliamo provo­ care la gelosia del Signore? Siamo forse più forti di lui? 23 «Tutto è lecito», ma non tutto è vantaggioso. «Tutto è lecito», ma non tutto è costruttivo. 24 Nessuno cerchi l ' utile 25 Tutto quello che si proprio, bensì quello dell' altro. vende al mercato mangiatelo pure, senza alcun bisogno d'in­ vestigare a motivo della coscienza. 26 Infatti del Signore è la terra e ciò che la riempie [Sal 24, 1 ] . 27 Se uno dei non cre­ denti vi invita e volete andarci, tutto quello che vi sarà messo davanti mangiatelo pure, senza alcun bisogno d' investigare a motivo della coscienza. 28 Ma se uno vi dicesse: «Questa è carne sacrificata agli dèi», non dovete mangiarla per amore di colui che vi ha avvi sato e a motivo di coscienza: 29 la co­ scienza, però dico, non tua propria bensì dell' altro. Per quale ragione mai la mia libertà dovrebbe essere sottoposta al giu­ dizio di un' altra coscienza? 30 Se io partecipo alla tavola con 1 59

PÀ.acrqHlJ.lOOJJat ù1ttp oò tycò eùxaptcrt&; 31 EltE OÒV tcr9iEtE EitE 1tlVEtE EltE t\ 1t01EltE, 1t(lVta Eiç �ò!;av 9eo0 1tOtEitE. 32 à1tp6eJKo1tot x:ai 'lou�aiotç yivecr9E x:aì ·EÀ.À.Tl of: Kaì t@ voi. 16 t1ttì tàv tù­ Àoyijç [tv] 7tVEUjJ.att, 6 àva7tÀ11 PlòV tÒV tÒ7tOV toO lotro­ tOU 1tlòç tptt tò CÌIJ.'JÌV è7ti t'Il crfj tùxaptcrtiQ.; t7tst01Ì ti ÀÉYElç OÙK o{OEV · 17 OÙ IJ.ÈV yàp KaÀlòç tùxaptcrttiç CÌÀÀ' 6 Éttpoç oùK olKoOOJ..Ltttat. 18 Eùxaptcrtffi t@ 9t@ , 7tclvtiDV UIJ.lòV J..LliÀÀov yMI>crcratç ÀaAéò · 19 àU.cì tv SK­ KÀllC"iQ. 9tÀro 7tÉVtE Àòyouç t@ voi IJ.OU ÀaÀftcrat, iva Kai ID..Àouç Katllxftcrro, ii IJ.Upiouç Àòyouç tv yÀrocrcn:J . 20 'AotÀ1tOU àvavaj..llV. 25 aet yàp aùtòv PacnÀ.eUElV axpt ou Où 1tCIVtaç TOÌJç txOpoÌJç VTCÒ TOÌJç not5aç aùtoO. 26 fcrxatoç tx9pòç Katapydtat 6 9avatoç 27 naVTa yàp rmiraeev VTCÒ TOÌJç not5aç avtov. Otav at El1t1J On 1t(lVtQ U1tOtÉta1Cta\, af'IÀ.ov On tKtòç tOO U1to­ tét!;avtoç aùt@ tà 1tQVta. 28 Otav at U1tOtay'fl aùt{i) tà 7tétvta, tòtE [Kaì] aùtòç 6 ulòç u7totaylicrEta\ t@ U1to­ ta!;aVtt aùt(l) tà 7taVta, iva ù 6 9eòç [tà] 7taVta tv 1tàcnv. 29 'E1td ti 1t0lllCJOUCJlV ol Pa7tnç6j..LEVOl u1tèp téìlv VE­ Kp{ì)v; El OA.coç VEKpoi oùK tyeipoVtat, ti Kaì Pa7ttiçoVtat u1tÈp aùtéìlv; 30 Ti Kai 'ftj..Ldç KtvauvtUOj..LEV 1tàcrav (b. pav; 31 Ka9' 'ftllÉpav à7to9VI]CJKID, VÌ\ tÌ\V Uj..LEtÉpav Kai>­ XT)cnv, [àae1..qJoi], fìv fXID tv Xptcrt@ 'IT)croO t@ KupiQl 'ftj..LCÒV 32 d Katà dv9piD7tOV t9T)plOJ.lQXT)CJQ tv 'EqlÉCJQl, ti j..LOl tÒ 6qlEÀ.oç; El VEICPOÌ OÙIC tyE{povtat, rpaywp.ev KaÌ niwp.ev, avp1ov yàp O.noOvduKop.ev. 33 llÌ\ 7tÀ.avàcr9e q>9eipoucnv fi91l XPT'lCJtà 6j..LtÀ.iat KaKai. J4 tKV'Ii\lfatE atKaiiDç ICQÌ J.LÌ\ clj..LaptétVEtE, àyviDcriaV yàp 9to0 ttveç fxoucnv, 1tpòç tvtp07tÌ\V uJ.Ltv À.O.À.lìl. J5 J\llà tpd nç ' 1t{ì)ç tyEipOVta\ o{ VEKpoi; 1tO(cp at CJWj..lan fPXOVtat; 36 ciq>piDV, CJÙ a CJ1tEipetç, o(> çcpo1t0l· dtat tàv llÌ\ Ù7to9étVI] 37 Kai a CJ1tElPElç, OÙ tò CJCÒJ,lQ tÒ yEVT)CJÒj..LEvov cr7tEipetç à1..1.à . yuj..lvòv Kòaov El tuxot critOU f) nvoç 'tCÒV À.Ol1tlòV ' 38 6 at 9eòç aiarocnv aùtéli crlòj..la Ka9eì>ç 1')9t1..T)crev, Kai tKaV t1toupav{OOV aòl;,a, t'ftpa at l't tli'>v t1ttyEirov. 41 aÀÀll aòl;,a l'tMou, Kai aÀÀll aòl;,a GEÀTtVllç, 'ICQÌ dÀÀll aòl;,a àatÉpOOV ' àatfl p yàp àatÉpOç ata­ (j)ÉpEt tv aòl;TJ. 42 Outroç Kai li àvciatamç tli'>V VE­ Kpli'>v. J,la 1tVEUJ.1QttK6v. El fanv ali'>J,la \lf\)X,\KÒV, fattV KQÌ 1tVEUJ.1Q'tlKÒV. 45 OUt(J)ç KQÌ ytypa1ttQl ' tyive-ro o 1tpli'>toç li.v8pcmcoç i\aàJ.l eiç '1/VxiJv Cwuav, 6 faxatoç i\aàJ.l dç 1tVE0J.la çQlo1totoOv. 46 à)..).. ' oò 1tpiD­ tov 'tÒ 1tVEUJ.lU'tl1CÒV clÀÀà 'tÒ 'lfUX,\KÒV, f1tEl'tQ tÒ 1tVEUJ.1U'tl1CÒV. 47 6 1tpli'>toç av8pro1toç tK yflç X,OlKÒç, 6 aeotEpoç av8p001toç tl; oòpavo() . 48 oloç 6 X,OiKÒç, totOOtot Kai o{ X,Ol'ICOl, 'ICUÌ o{oç 6 t1tOUpcivlOç, 'tOtOOtot KQÌ o( t1tOU­ pcivtOl 49 Kai Ka9eì>ç tq�optaaJ,lEv ti}v ElKòva toO x.ot­ KOO, q>OpÉGOJ.lEV KQÌ 'tfJV dKÒVa tOO t1toupaviou. so ToOto at v 'I,ao() Xptmo() . •

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ancora la carne degli uccelli e altra quella dei pesci. 40 Vi sono poi corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendo­ re di quelli celesti e altro quello dei terrestri. 41 Altro lo splen­ dore del sole e altro lo splendore della luna, altro ancora lo splendore delle stelle. In effetti, stella differisce da stella 42 Così anche la risurrezione dei morti: nello splendore. senùnato nella corruttibilità, viene risuscitato nell'incorrutti­ bilità; 43 senùnato nel disonore, viene risuscitato nell 'onore; seminato nella debolezza, viene risuscitato nella forza; 44 senùnato un corpo psichico, viene risuscitato un corpo spi­ rituale. Se c'è un corpo psichico, c'è anche un corpo spi­ rituale. 45 Così anche sta scritto: il primo uomo Adamo diven­ ne un vivente di vita psichica [Gn 2,7], l' ultimo Adamo spi­ rito vivificante. 46 Ma per primo non viene l'essere spiritua­ le, bensì quello psichico, poi l 'essere spirituale. 47 Il primo uomo essendo dalla terra è terreno, il secondo uomo viene dal cielo. 48 Quale il terreno tali i terreni; quale il celeste tali anche i celesti; 49 e come abbiamo portato l' immagine del terreno, così porteremo anche quella del celeste. 50 Questo dico, fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né la corruttibilità può ereditare l' incorruttibilità. 5 1 Ecco vi svelo un mistero: Non tutti mor­ remo, tutti però saremo trasformati 52 in un istante, in un bat­ ter d'occhio, al suono dell' ultima tromba: suonerà infatti la tromba, e i morti verranno risuscitati incorruttibili e noi sare­ mo trasformati. 53 È necessario infatti che questo essere cor­ ruttibile sia rivestito d'incorruttibilità e questo essere morta­ le d' immortalità. 54 Ma quando questo essere corruttibile sarà rivestito d'incorruttibilità e questo essere mortale d' immor­ talità, allora si farà evento la parola scritta: La morte fu ingoiata nella vittoria [ls 25,8]. 55 Dov 'è, o morte, la tua vittoria ? Dov 'è, o morte, il tuo pungiglione ? [Os 1 3 , 1 4] . 56 I l pungiglione della morte è i l peccato, e l a forza del pec­ cato è la legge. 57 Siano però grazie a Dio che ci dà la vit­ toria per mezzo del S ignore nostro Gesù Cristo. 1 79

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1 80

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Pertanto, frateJli miei cari, siate fermi, irremovibili, eccel­ lendo sempre neli' opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore. 16 1 Quanto alla colletta per i santi, come ho comandato alle

chiese della Galazia così fate anche voi. 2 Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi deponga presso di sé ciò che gli riesce di mettere insieme, perché non si facciano le col­ lette proprio quando verrò io. 3 Alla mia venuta poi, manderò con lettera di accompagnamento quelli che avrete ritenuto idonei per portare il vostro dono di riconoscenza a Gerusalemme. 4 E se sarà opportuno che vada anch' io, viag­ geranno con me. 5 Verrò quindi da voi dopo aver attraversato la Macedonia; dalla Macedonia ci voglio solo passare. 6 Da voi però forse mi fermerò o anche passerò l' inverno, perché siate voi a provvedere al mio viaggio ovunque io deciderò di andare. 7 Non voglio ora vedervi di passaggio, perché spero di resta­ re da voi qualche tempo, il Signore permettendo. 8 Nondimeno mi tratterrò a Efeso fino a pentecoste, 9 perché mi si è aperta una porta grande e propizia ali' azione, pur essendo numerosi gli avversari . 10 Quando poi verrà Timoteo, fate che si trovi senza timo­ re presso di voi ; egli compie l' opera del Signore come anch' io la compio. 1 1 Dunque nessuno lo disprezzi, ma acco­ miatatelo in pace fornendogli il necessario perché possa tor­ 1 2 Quanto ad nare da me; io l' aspetto con i fratelli. Apollo, il fratello, l'ho pregato spesso perché venisse da voi con i fratelli, ma non era affatto volere che venisse ora; verrà invece a tempo opportuno. 1 3 Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi virilmente, siate forti. 14 Tutte le vostre azioni si facciano neli' amore. 1 5 Vi esorto poi, fratelli : sapete della famiglia di Stefana; è primizia dell'Ac aia e si sono dedicati al servizio per i santi. 16 Sottomettetevi anche a tali persone e a chiunque collabora e si affatica con loro. 17 Mi rallegro dell' arrivo di Stefana, 181

optouvcitou Kaì 'AxaiKoO, 6tt tò OJ..Ltn:pov òcrtÉPTIJ..l« oùtot ò.venÀ.i)procrav 18 ò.vtnaucrav yàp tò tJ..LòV 1tVEf>J..La KaÌ tÒ ÙJ,16:1V. tntylVWç. 19 'Acrnaçovtat ÒJ..Là.ç al tiCl(À.Tlcriat tflç 'Acriaç. ò.crnaçetat ÙJ,.là.ç tv KUpiQ> 1tOÀÀ.à i\KuÀ.aç Kai llpimca c:ri>v tfl Kat' o(Kov aùt6:lv tKKÀ.TlcriQ. 20 ò.crnaçovtat ÒJ..Là.ç ol ò.oeÀ.q»oì nciVteç. i\crncicracr9e àÀ.À.i)À.Ouç tv cptÀ.i)­ J..L«tt éty{Q>. 21 'Q ò.crnacrJ,.lÒç tt'\ tJ..Lfl XElpi llauÀ.ou. 22 d ttç OÙ cptM:t tÒV Ki>ptov, fltro ò.vci9EJ,.la. J..Lapava 9a 23 'ft xaptç tOO Kl>piou 'l11cr00 J,.l€9' ÒJ,16:1V. 24 'ft àyci1t11 J..lOl> J,.lEtà nav­ t(J)V ÙJ..L&V tv Xptcrttp 'I11croO. ·

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Fortunato e Acaico, che hanno supplito alla vostra deficien­ za, 18 avendo dato riposo al mio e al vostro spirito. Dunque a tali persone vada il vostro riconoscimento. 19 Vi salutano le chiese dell' Asia. Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca insieme con la chiesa che si riunisce a casa loro. 20 Vi salutano tutti i fratelli. Salutatevi gli uni gli altri con un bacio santo. 21 Il saluto è di mia mano, di Paolo. 22 Se qualcuno non ama il Signore, sia maledetto da Dio. Marana thar 23 La gra­ zia del Signore Gesù sia con voi ! 24 Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù ! ••

Formula aramaica: «Signore, vieni». Si registrano nei manoscritti diverse aggiunte: l ) à1.u'lv. la più accreditata; 2) YEVE9�tw yEvE9fttw (((Sia sia»). Sono formule liturgiche che dipendono appunto dalla lettura pubblica. • •

SECONDA LETTERA AI CORINZI ' TIP01: KOPIN8IOY1: B

INTRODUZIONE

Jtilicher l'ha qualificata «la più enigmatica tra tutte le lettere di Paolo», 1 e uno studio più recente di Collange s'intitola: «Enigmi della seconda lettera ai Corinzi». In effetti gli inter­ rogativi si moltiplicano: dopo l' invio della l Cor la situazione della comunità di Corinto è cambiata e, se sì, in che modo? Quale l' identikit degli avversari attaccati con durezza nella nostra lettera, soprattutto nei capp. l 0- 1 3? Dal punto di vista letterario, è una lettera unitaria, oppure la raccolta redazionale di due o più scritti indirizzati in tempi diversi alla chiesa corin­ zia? Sono interrogativi a cui la ricerca non ha saputo offrire finora risposte certe. Tuttavia la resa incondizionata alle diffi­ coltà sarebbe la scelta peggiore; resta sempre legittimo e pro­ ficuo il tentativo di cercare e proporre soluzioni plausibili. l.

UNA LElTERA O UNA RACCOLTA DI LE1TERE?2

In 2, 1 2- 1 3 Paolo racconta di essere giunto a Troade, prove­ niente da Efeso, «per annunciare il vangelo di Cristo». Le condizioni ambientali erano favorevoli alla missione, ma il suo animo non aveva pace, non avendovi trovato Tito manda­ to a Corinto. Partì dunque per la Macedonia. A questo punto t

Einleitung in das Neue Testament, Tiibingen 1 93 1 , p. 85. 2 Cfr. la panoramica di R. Bieringer, Teilungshypothesen zum 2. Ko­ rintherbrief Ein Forschunguberblick, in R. Bieringer-J. Lambrecht, Studies on 2 Corinthians, Leuven 1 994, pp. 67- 1 05.

1 86

il filo narrativo si spezza e l' apostolo ringrazia Dio di averlo scelto come araldo della sua conoscenza nel mondo {2, 1 4- 1 7). Di fatto introduce in questo modo una sviluppata apologia del suo «servizio» apostolico (3, 1 -7,4 ). Quindi in 7,5- 1 6 riprende la narrazione, raccontando dell'incontro con Tito latore di buone notizie da Corinto: la comunità è di nuovo fedele al suo apostolo, che ora può gioire e dar voce alla sua ritrovata fidu­ cia: «Mi rallegro di poter contare totalmente su di voi» (7, 1 6). Per diversi studiosi, per es. Bomkamm , 2, 1 3 e 7,5 sono due parti di un anello spezzato che, avvicinate, combaciano: «par­ tii per la Macedonia>> l «E giunti in Macedonia ... >>. Ritengono dunque che 2, 1 4-7,4 sia un'altra lettera dell'apostolo, distinta da l , 1 -2, 13 + 7,5- 1 6, introdotta dal solito ringraziamento a Dio (2, 14- 1 7) e qui inserita quando, dopo la sua morte, si fece la raccolta della sua comunicazione epistolare con la chiesa di Corinto. Ma c'è chi ritiene che il materiale intermedio, 2, 1 47,4, sia un' intenzionale digressione dell'epistolarista interessa­ to a presentare un'apologia di sé e della sua azione missiona­ ria, salvo poi riprendere i l filo del discorso per completare il racconto lasciato volutamente a metà. Paolo inoltre menziona una sua lettera ai Corinzi scritta «in grande afflizione e con cuore angustiato, tra molte lacri­ me» (2,3-4). Una lettera che avrebbe causato tristezza ai destinatari, ma era il prezzo necessario da pagare perché si ravvedessero (7 ,8-9). C' era infatti da sanare una dolorosa rottura: durante una sua visita a Corinto, il secondo soggior­ no paolino nella città dell' Istmo, un non meglio precisato oppositore l' aveva gravemente offeso (2,5-6; 7 , 1 2). La lette­ ra «delle lacrime» sortì l 'effetto desiderato: «Vi siete dimo­ strati del tutto innocenti riguardo all ' accaduto» (7 ,l l b). Ma è andata perduta, oppure è stata inserita nella nostra 2 Cor e, se sì, dove? Per quanti ritengono 2 Cor una lettera unitaria s'im­ pone la prima ipotesi. Per i negatori dell' unitarietà le conget­ ture sono diverse. Alcuni pensano che vi siano presenti due distinte lettere, appunto nei capp. 1 -9 e 1 0- 1 3, salvo diverge­ re nel valutare la loro successione: prima la lettera dei quat1 87

tro capitoli, come ha sostenuto un secolo fa Hausrath, e poi quella dei capp. 1-9; oppure nell' ordine attuale, 1 0- 1 3 che segue 1 -9 (così i commentari di Barrett e Fumish). Nella prima ipotesi si pensa che la lettera delle lacrime ci sia stata conservata, almeno per la maggior parte, appunto nei capp. 1 0- 1 3. Ma in questi non c'è cenno alcuno ali' offensore di Paolo, di cui invece si è occupata la lettera delle lacrime (cfr. 7,8- 1 3). Tale separazione è motivata soprattutto dalla grande diversità di toni usati da Paolo in 1 -9 e 1 0- 1 3 . In questi infat­ ti si riscontra una sua polemica violenta contro gli avversari e non mancano forti critiche alla comunità (cfr. 1 1 , 1 3 ; 12 ,20). Di ben altra tonalità è invece il dettato dei capp. 1 -9, dove egli parla dei credenti di Corinto con dolcezza e men­ ziona sì gli avversari ma senza attaccarli con durezza; parla invece dell' offensore che gli aveva fatto torto e per questo era stato punito. I difensori della successione delle due lettere secondo l ' ordine attuale, prima la lettera di 1 -9 e poi quella di l 0- 1 3, pensano che la crisi dei rapporti abbia registrato nel frattem­ po sviluppi importanti raggiungendo l'acme. Da parte loro i sostenitori dell' unità di 2 Cor spiegano variamente la sud­ detta diversità tra i due blocchi epistolari: Paolo ha passato una notte in bianco che gli ha fatto mutare umore (Lietzmann); dopo la stesura dei capp. 1 -9 ha ricevuto nuove notizie da Corinto e nella prima parte si rivolge alla comu­ nità, mentre nella seconda agli avversari (Ktimmel); dappri­ ma gioisce perché la comunità, punendo l' offensore, gli aveva dimostrato fedeltà, mentre in seguito attacca duramen­ te gli avversari, gli stessi già criticati nella prima e già minac­ ciosi, sperando che la comunità ne prenda le distanze, come ha già fatto per l' offensore (Bieringer). Ma non sono ragioni costringenti. Anche i capp. 8 e 9, che si occupano della colletta a favo­ re della chiesa gerosolimitana, hanno dato luogo a diverse congetture. Il cap. 9, invece di continuare il dettato del cap. 1 88

8, sembra una nuova trattazione dello stesso tema, introdotta da 9, l : «In effetti riguardo alla prestazione di servizio per i santi è superfluo che ve ne scriva». Nel cap. 8 poi Paolo invi­ ta i Corinzi a prendere esempio dalla generosità delle chiese macedoni (vv. 1 -5), mentre in 9,2 è la premura dei Corinzi ad aver stimolato molte altre comunità e a spingere l' apostolo a vantarsene con i credenti della Macedonia. Per questo c'è chi ipotizza che fanno parte di due lettere distinte (Pesch); per altri, come Bomkamm e Betz, costituiscono due biglietti epi­ stolari a parte. Ma oggi, a un'analisi letteraria più attenta, molti negano che si tratti di un doppione, ritenendola una trattazione sostanzialmente unitaria, attraversata da identici motivi tematici e finalizzata a un identico scopo: difesa, da parte di Paolo, del proprio operato in fatto di denaro e collet­ te, presentazione di Tito e compagni preposti all' impresa, soprattutto sol lecitazione, debitamente motivata, a dare con generosità e libertà.3 Infine particolarmente dibattuto è il problema del brano 6, 14-7, l , ritenuto spesso non paolino o, se paolino, facente parte di un' altra lettera, di regola si pensa a quella menzio­ nata in l Cor 5,9- 1 1 . Oggi invece non pochi studiosi ne affer­ mano l' autenticità paolina e, insieme, la sua piena integra­ zione nella nostra 2 Cor. In conclusione, è difficile optare per l' unità o meno dello scritto. Sembra però eccessivo ritenere che 2 Cor sia la rac­ colta di 5 o 6 lettere come fanno rispettivamente Bomkamm e Schrnithals. La scelta, credo, si restringe in pratica a due possibilità: collezione di due lettere, appunto A nei capp. 1 -9 e B nei capp. 10- 1 3, e lettera unitaria. La prima ha il suo punto di forza nella indubbia diversità di toni con cui Paolo in 1 -9 e 1 0- 1 3 si rivolge alla comunità e critica gli avversari; la seconda spiega bene la continuità sostanziale deli' apologia 3 Il passaggio da 7, 1 6 a 8,1 non è così brusco, come attesta la fonnula di notificazione che opera uno stacco all' interno di una stessa lettera, e altret­ tanto dicasi di quello da 8,24 a 9, 1 che è una preterizione.

1 89

e della polemica di Paolo, che si difende agli occhi della chiesa corinzia degli addebiti di questa e degli avversari, che egli attacca prima in modo soft e poi con virulenza. 2.

ORIGINE DELLA 2 COR4

Le scelte menzionate di critica letteraria condizionano, alme­ no in parte, la contestualizzazione storica dello scritto. Primo dato certo è una visita di Paolo alla comunità corinzia, avve­ nuta dopo l' invio della l Cor e in cui l' apostolo, contestato da un non meglio precisato offensore, dovette lasciare la città per fare ritorno a Efeso, venendo meno al suo progetto originario di passare in Macedonia per poi ritornare a Corinto e riceven­ do per questo critiche severe da parte dei Corinzi ( 1 , 1 5-2,2). Giunto a Efeso, scrisse alla chiesa greca la lettera delle lacri­ me. Se la l Cor è dell'anno 53, questa potrebbe risalire al 54. Secondo dato sicuro: nella capitale della provincia romana di Asia Paolo fu protagonista di una drammatica vicenda che per poco non lo condusse a morte violenta ( 1 ,8- 1 0). Purtroppo non specifica: si può congetturare che sia stato imprigionato e processato o abbia subìto un linciaggio (cfr. At 1 9,23-20, 1 ). Con probabilità per questo abbandonò Efeso e venne a Troade a proclamarvi il vangelo (2, 1 2). Ma qui si fermò poco, nono­ stante che le prospettive missionarie fossero favorevoli. Ansioso di sapere come i Corinzi avrebbero reagito alla lettera delle lacrime, atteso invano il ritorno di Tito, si spinse in Macedonia dove, alla fine, incrociò il suo collaboratore (2, 1 3 e 7,5), da lui inviato nella capitale dell' Acaia a difendervi la pro­ pria causa e come probabile latore della lettera delle lacrime. Terzo tassello del complesso mosaico dei rapporti di Paolo con la chiesa di Corinto successivi all' invio della l Cor: in 2 Cor 1 2,20- 1 3,2 annuncia, con toni minacciosi, una terza visi-

4 Cfr. L. Aejmelaeus, Streit und Versohnung. Das Problem der Zusam­ mensetzung des 2. Korintherbriefes, Helsinki 1 987.

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ta a Corinto, dopo la prima, feconda, al tempo dell' evangeliz­ zazione e la seconda, amarissima, della contestazione dell' a­ nonimo offensore. Compirà questa terza visita, come ci atte­ sta il libro degli Atti degli apostoli che ne precisa anche la durata, tre mesi (20, 1 -3). Verosimilmente siamo nel 55. Soprattutto ali ' origine della 2 C or sta la crisi dei rapporti tra lui e la comunità corinzia, al centro della lettera. Una crisi complessa e sfaccettata, provocata da diversi fattori. Anzitutto la contestazione della sua persona da parte del non meglio precisato «offensore» (ò àotKiJcraç: 7, 1 2), non sap­ piamo bene se un missionario venuto da fuori oppure un membro della comunità corinzia. L' apostolo aveva subìto un torto (ò àotKTJ8Eiç: 7, 1 2), causa di personale tristezza (2,5). Si può supporre che sia stata una sfida davanti alla comunità corinzia, in qualche modo connivente. Il cambiamento di programma del viaggio a Corinto aveva poi sollevato nei Corinzi critiche ingenerose, rintuzzate effi­ cacemente dalla lettera delle lacrime, che aveva sortito effet­ to positivo: la comunità punendo l 'offensore se ne è dissocia­ ta mostrando fedeltà ali' apostolo, che per questo gioisce oltre dire (7,7b.9. 1 3b). Ma il quadro non doveva essere così roseo, perché da 2,6 risulta che l' offensore è stato punito dalla mag­ gioranza dei credenti di Corinto, dunque persisteva una sacca di resistenza; d' altra parte Paolo spera che lo comprenderan­ no perfettamente ( l , 1 3 ), al presente lo hanno compreso solo in parte ( 1 , 1 4). Gli addebitavano di autoraccomandarsi (3 , l b; 5 , 1 2) e di essere privo di credenziali scritte (3, 1 ) . Con proba­ bilità rilevavano criticamente che il suo annuncio evangelico non otteneva grandi adesioni (4,3). L' esortazione a lasciarsi riconciliare con Dio (5 ,20) e a evitare di rendere inefficace la grazia divina ricevuta (6, 1 ) si abbina a quella di una piena riconciliazione con l' apostolo (6, 1 1 - 1 3) . La frattura appare più marcata nei capp. 1 0- 1 3 . Anche per l' influsso di «alcuni», lo si riteneva dimesso nel confronto diretto e fiero da lontano con la penna in mano ( l O, l ), i spi­ rato nella sua condotta a standards mondani ( 1 0,2). Non gli 191

erano in tutto obbedienti ( l 0,6). Il suo timore è che siano sedotti ( l l ,3 ), accoglienti com' erano nei confronti del «primo venuto» portatore di un altro vangelo ( 1 1 ,4). Lo si sottostimava come un profano (ìòtyia a Dio consolatore nelle tribolazioni . Sostituisce l' abituale ringraziamento, o per­ ché la comunità destinataria non offriva all' apostolo motivi validi per ringraziare Dio, oppure perché Paolo intende evi­ denziare ciò che in lui è motivo di benedizione e far parteci­ pare i Corinzi alla sua sorte di uomo non solo liberato e con­ solato da Dio ma anche consolatore dei suoi interlocutori. In ogni modo, egli «benedice» Dio consolatore degli afflitti (vv. 3-7), in particolare per essere provvidenzialmente sfuggito a un non meglio precisato pericolo di morte ( vv. 8- 1 1 ). 1 95

Il corpo epistolare copre l , 1 2- 1 3, l O, un materiale com­ plesso, non sempre omogeneo, in cui non è difficile indicare diverse parti : 1 , 1 2-2, 1 3 + 7 ,5- 1 6 con una digressio in 2, 1 47,4 sulla Otmcovia di Paolo; i capp. 8 e 9 dedicati alla collet­ ta, che pure costituiva un motivo di attrito tra l' apostolo e la sua comunità; i c app. l 0- 1 3 che si collegano a 2, 1 4-7,4 ma con toni polemici assai forti e con un' aspra critica alla comu­ nità. Lo schema concentrico di ABA' ( l -7 l 8-9 l 1 0- 1 3) sem­ bra generico, tanto più che nei capp. 1 -7 si devono distin­ guere le due sezioni 1 , 1 2-2, 1 3 + 7,5- 1 6 e 2, 1 4-7,4. In realtà, Paolo passa da un problema all'altro: autodifesa del suo com­ portamento ( l , 1 2-2, 1 3 + 7 ,5- 1 6), autoraccomandazione per la sua Otmcovia (2, 1 4-7,4 ), sollecitazione alla colletta (8-9), mentre 1 0- 1 3, che si ricollega per più motivi a 2, 1 4-7 ,4, è autodifesa e polemica, con gli stessi avversari sullo sfondo. In particolare in 1 , 1 2-2, 1 3 + 7,5- 1 6 Paolo difende il suo operato, l ' aver cambiato il progranuna di viaggio per Corinto sostituendo la visita con una lettera ( 1 , 1 5-2, 1 3). Non lo si ritenga una banderuola che cambia direzione a ogni vento; ha agito mosso da smisurato amore per i Corinzi. E riprendendo il discorso in 7,5- 1 6, sottolinea come tutto si sia svolto per il meglio: la lettera è stata efficace causandogli gioia e conforto. In 2, 1 4 comincia la difesa della sua otmcovia (2, 1 4-7,4), affidatagli da Dio, cui rende grazie. Paolo s ' introduce affer­ mando di essere, per iniziativa di Dio, mediatore della sua conoscenza nel mondo e diffusore del vangelo di Cristo a sal­ vezza e perdizione (2, 1 4- 1 6a). Ma subito s ' interroga sulla competenza o capacità (l.Kav6ç) richiesta a chi vi svolge un ruolo atti vo: «E chi ne è all' altezza?» (2, 1 6b ). Comincia il confronto con gli oppositori che si protrarrà per tutta la sezio­ ne e sarà ripreso nei capp. 1 0- 1 3 : «In effetti noi non siamo come quei molti che mercanteggiano la parola di Dio, ma è con purezza d' intenti e come inviati da Dio che parliamo davanti a lui in Cristo» (2, 1 7). Lo sviluppo (3, 1 -4,6) mette in campo, anzitutto, il proble­ ma delle credenziali: lettere di raccomandazione per gli avver1 96

sari, la stessa comunità di Corinto per Paolo (3, 1 -3). La com­ petenza (lxav6t1lc;) garantita è ben diversa (3,4-6) e Paolo può sottolineare la superiorità della sua OtaKovia, servizio della nuova alleanza, prendendo come punto di riferimento quella mosaica dell' alleanza sinaitica. Il confronto si svolge su due direttrici, di paragone prima e poi di contrapposizione: se il servizio mosaico è stato glorioso, di più, molto di più lo è quello impersonato da Paolo (3, 7- 1 1 ) ; il servitore della vec­ chia alleanza si nascondeva (Mosè col volto velato), mentre aperto e franco (1tapp11cri.a: 3, 1 2) è il comportamento di Paolo e soci, servitori della nuova alleanza («noi» a viso scoperto) (3, 1 2- 1 8). La conseguenza è che egli, investito dall'alto di tale OtaKovia superiore, si comporta da annunciatore coraggioso e limpido del vangelo di Gesù Cristo, illuminato dalla luce fatta brillare da Dio nel suo cuore (4, 1 -6). Gli interlocutori però non pensino che stia esaltando se stesso: il glorioso servizio del vangelo è stato affidato a una persona fragile e di poco conto: «Ma questo tesoro l ' abbia­ mo in vasi d' argilla, perché tale potenza straordinaria sia di Dio e non venga da noi» (4,7). E il secondo sviluppo dell'apologia (4,7-5, 1 0) che si caratterizza per una costante antite­ si: pregio-poco conto, potenza-debolezza, morte-vita/risurre­ zione; antitesi illustrata dapprima con un elenco di traversie (4,8- 1 2), da Paolo sostenute con spirito di fede (4, 1 3- 1 5), e poi mostrata nella sua personale esperienza di distruzione progressiva della sua vita terrena e di manifestazione della vita del Risorto già ora in lui e, per mezzo suo, nei Corinzi, ma soprattutto nel futuro superamento della morte (4, 1 65 , 1 0). Per questo, pur confrontato con il distruttivo cotidie morimur, non viene meno (4, 1 6), anzi è colmo di coraggio (5,6.7), in ogni modo appare impegnato a vivere gradito a Dio, dovendo, come ognuno, rispondeme davanti al suo tri­ bunale (5 ,9- 1 0). In terza istanza (5, 1 1 -6, 1 0) si rivolge di nuovo diretta­ mente ai Corinzi, offrendo la sua persona come motivo di cui essi possono e devono vantarsi, risparmiandogli così di auto'

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raccomandarsi, lui che è sospinto dall' amore ablativo di Cristo, fonte di salvezza per tutti gli uomini e di esistenza altrui stica per i credenti, che hanno mutato il loro modo di «Conoscere» gli altri e sono il segno della nuova creazione iniziata nel mondo (5, 1 1 - 1 7). Un rinnovamento radicale risa­ lente ali' iniziativa di Dio, che ha riconciliato il mondo umano con sé in Cristo, affidando a Paolo il servizio della riconciliazione (5, 1 8-6,2), servizio compiuto con alto senso di responsabilità morale in mezzo a mille traversie, di cui fa un secondo impressionante elenco ( 6,3 - 1 0). 6, 1 1 -7,4 costituisce una perorazione conclusiva. Ha parla­ to chiaro e con cuore aperto e chiede il contraccambio (6, 1 1 1 3 + 7,2-4). In 6, 1 4-7 , 1 invece, un intermezzo diversamente valutato dai critici, come si è visto sopra, l ' esortazione ha carattere morale e religioso: separatezza dali' esterno e purità personale. La sezione dei capp. 8-97 è introdotta da un'usuale formu­ la di notificazione e dal vocativo «O fratelli»: «Vì vogliamo poi far conoscere, fratelli» (8, l ). Paolo richiama l'esempio di generosità dei Macedoni (8, l b-6) ed esorta i Corinzi a dare, doppiando l ' exemplum dei credenti di Macedonia con quello, ben più efficace, del Signore Gesù che da ricco si è fatto pove­ ro (8,7 - 1 5). Quindi raccomanda Tito e due fratelli che lo accompagnano, inviati a Corinto per la raccolta (8, 1 6-24). L'inizio del cap. 9 è una preterizione: «In effetti riguardo alla prestazione di servizio per i santi è superfluo che ve ne scri­ va)) (v. l ) . Paolo può così dire, capovolgendo l 'argomento dell ' esempio dei Macedoni dell'inizio del cap. 8, che conta sulla loro generosità, che ha spinto altre chiese ali' emulazio­ ne (v. 2), e riprende il tema dei fratelli mandati a Corinto come delegati dell ' impresa (vv. 3-5). Segue un brano di sol­ lecitazione debitamente motivata (vv. 6- 1 5). Motivo tematico

7

Cfr. H. D. Betz, 2

Corinthians 8 and 9. A Commentary on Two Admini­ strative Leners of the Apostle Pau/, Philadelphia 1 985.

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unitario e unificante è quello della «grazia»: grazia di Dio fatta ai generosi Macedoni (8, l ) e ai Corinzi (9, 1 4 ), grazia di Cristo fattosi povero (8,9), grazia della colletta (8,4.6. 7 . 1 9; 9,8); per non dire del «grazie» (xapu; 'tql 9EV Kai KUpiou 'l11aoO XptO"toO. � EùAO'YTI'tòç 6 Oeòç tcai Tta't'IÌp 'toO KUpiou ilJJ.éi'>V '111aoù XplO''toO, 6 Tta'ti) p 'téi'>v oltcnpJJ.éi'>V Kai Oeòç 1tCÌv dç 'tò SuvaO'Oat 'f!JJ.àç Ttapatcauiv 'toùç tv 1tCÌO'lJ 9Ài\lfEt Stà 'tftç Ttapadf)aeroç {Jç TtapatcaÀOUJJ.t9a aù'toi ù1tò 'toO OeoO. 5 6n Ka9còç 1ttptaaei>et 'tà Tta9f)JJ.a'ta 'tOO XptcrtoO dç ilJJ.àç, oihcoç otà 'tOO Xpta'toO 1tEptaaei>et Kai il 1tapciKÀ11cnç ilJJ.éi'>V. 6 Eht St 9A.ti36JJ.t9a, ù1ttp 'tftç ÙJJ.éi'>V TtapalCÀi)O"troç Kai a(J)'[l')piaç · d'tE 1tapaKaAOUJ.1E9a, 01tÈp �ç OJJ.éi'>V TtapatcÀf)aecoç 'tftç tvepyOUJ.1ÉV11ç tv Ù1tOJ.10vQ 'téi'>V aù'téi')v Tta911JJ.ci'trov cbv tcai ilJJ.Eiç 1tCÌO"XOJ.1EV. 7 tcai il tA.mç ilJJ.CòV l3eJ3aia \mtp OJJ.CòV do6'teç 6'tt rl>ç Kotvrovoi tcrtE 'téi')v Tta011JJ.ci'trov, ou'tcoç Kai 'ti'jç TtapaKÀi)atcoc;. 8 Où yàp 9ÉÀOJ.1EV OJJ.àç ciyvoeiv, ciStÀq>o{, Ù1tÈP �ç 9Ài'lfEcoç ilJ.l(Ì)V 'tftç 'YEVOJJ.ÉVIlç tv 'til J\aiq, 6n Ka9' Ù1tEp13oA.i)v 01tÈP Si>vaJJ.tV tl3api)911JJ.EV OOO''tE tça1tOP119ftvat 'f!JJ.àç tcai 'toO çftv · 9 ciÀA.à aù'toi tv éau'toiç 'tÒ CÌ1t6KptJJ.a 'toO Oavci'tou tcrxi)tcaJJ.Ev, tva J.11Ì 1tE1tot96'ttç IDJJ.EV tq>' éau­ 'toiç òJ..J..' t1ti 't� OtQ:» 'tep tyEipovn 'toùç vttcpouç · 10 l>c; be 'tT'IÀtKoi>'tou Oavci'tou tppooa'to ilJJ.àç tcai pi>at'tat , [6n] tcai fn puauat, 1 1 O"UVUTtoup­ dç l>v fJÀJtiKaJJ.Ev yoi>vtrov tcai ÙJ.l(Ì)V ùTttp ilJ.l(Ì)v 't1l Stf)O"Et, tva tK: 1tOÀÀ.éi'>v 210

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t

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volere di Dio, e il fra­ tello Timoteo alla chiesa di Dio che è a Corinto, con tutti i santi dell' intera Acaia. 2 Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo. 3 Lodato sia il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni conforto: 4 è lui che ci conforta in ogni nostra afflizione, perché possiamo confor­ tare, con quel conforto con cui noi stessi siamo da lui confortati, coloro che versano in ogni genere di afflizione. 5 Perché come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, così abbonda, mediante Cristo, anche il nostro conforto. 6 Siamo afflitti? Lo siamo per il vostro conforto e salvezza. Siamo confortati? Lo siamo per il vostro conforto, che vi fa sop­ portare con costanza le stesse sofferenze da noi pure patite. 7 E ferma è la nostra speranza a vostro riguardo; lo sappia­ mo bene, come siete partecipi delle sofferenze, così lo sare­ te anche del conforto. 8 Non vogliamo, certo, fratelli, che ignoriate l' avversità capitataci in Asia: siamo stati grandemente oppressi, al di sopra delle forze, da disperare persino della nostra vita. 9 Ma è perché confidassimo non in noi stessi, bensì in Dio risusci­ tatore dei morti, che la sentenza di morte è stata pronunciata su di noi. 10 Da così grande pericolo di morte egli ci ha libe­ rato e ci libererà; in lui abbiamo riposto la nostra speranza: ci libererà ancora, 1 1 anche grazie al vostro apporto di preghiera 21 1

npoocimoov tò tlç 'ftJ.Làç xaptoJ.la �·hà noÀ.À.ébv tòxaptotTt91l ùntp flJ.lCilV. yàp Kaux11o1ç 'ftJ.Llì)V autTt totiv, tò J,lapti>ptov tflç ouvttanotooç 'ftJ.LcilV, 6n tv étnÀi>tTtn Kai tlÀ.tKptvtf� toO 9to0, [Kai] oùK tv oocpi� oapKtKij ò.)..)..' tv xaptn 9to0, àVEO'tpclq>TtJ.lEV tv tep KÒO'Jlq>, 1tEP10'0'0tÉpooç at npòç ÙJ,làç. 13 OÙ yàp aÀ.À.a ypclq>OJ..LEV ÙJ,liV Ò.À.À.' fl d Ò.vayt­ Vcix:rKEtE iì Kai t1t1Y1VIDO'KEtE . tÀ.niçoo at Otl Éooç tÉ­ À.ouç t1t1yvrootcret, 14 Ka9c.òç Kai tntyvoott f!J.Làç ò.nò JJÉ­ pouç, on Kal>xTtJ.La ÙJ.llì)v toJ.LEV Ka9antp Kai UJ.Ltiç 'ftJ.Llì)V tv tt'l 'ftJ.Ltp� toO Kupiou [f!J.Llì)v] 'ITtooO. 15 Kai tai>"tlJ tt'l ntnot9fJott L�ouÀ.ÒJ.lllV npòttpov 1tpÒç ÙJ,làç tÀ.9EiV , tva atutÉpav XclPLV O'XfltE, 16 Kai at' UJ.lOOV attÀ.9Eiv Elç MaKtaoviav Kai 1tclÀ.1V Ò.1tÒ MaKE­ aoviaç tÀ9EiV npòç UJ,làç Kai ucp' UJ.lOOV 1tP01tEJ.lq>9i'jvat Eiç tf)v 'Iouaaiav. 17 toOto o�v PouÀ.ÒJ.1Evoç JlTJtl cipa tt'l t)..a cppi� txPTtO'clJ.lTtV; iì d PouÀ.EUOJ.1Q1 Katà oapKa Pou­ À.EUOJ.1Q1, tva ù nap' tJ.Loi tò vai vai Kai tò ou ou ; 6 npòç UJ,làç 18 1t10'tòç at 6 9tòç 6n 6 À.òyoç 'ftJ.llÌ)V oùK eonv vai Kai ou. 19 6 toO 9to0 yàp utòç 'ITtooOç Xptotòç 6 tv UJ.liV at• 'ftJ.LlÌ)V KTtPUx9Eiç, at• tJ.LOO Kai ItÀ.ouavoO Kai TtJ.1o9tou, oòK tytvtto vai Kai ou Ò.À.À.à vai tv aùtcp ytyovtv. 10 6oa1 yàp tnayytÀ.iat 9to0, tv aòtcp tÒ vai ' a1ò Kai a1• c;IÒtOO tÒ Ò.Jll'ÌV tep 9tcp npòç o6l;av at' 'ftJ.LOOV. 21 6 at PtPatrov 'ftJ.Làç O'ÙV UJ.liV tlç Xptotòv Kai xpioaç 'ftJ.Làç 9tòç, 22 6 Kai ocppaytoa­ J..LEVoç 'ftJ.Làç Kai aoùç tÒV àppaprova tOO 1tVEUJlatoç tv taiç Kapaimç 'ftJ.Llì)v: 23 'Eyc.ò at Jlclptupa tÒV 9tòv tntKaÀ.OOJ,lal tni tl'ÌV tJ.LlÌV 'lfUXTJV, 6n cpttaò,u:voç uJ.LlÌ)v oùKtn ft)..9ov Eiç Kò12 "H

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per noi, affinché, per il dono a noi fatto, molte persone possa­ no innalzare un canto polifonico di ringraziamento per noi.

12 Questo è il nostro vanto: la coscienza ci testimonia che ci siamo comportati nel mondo, ma ancor più verso di voi, con quella semplicità e purezza che Dio vuole, non con sapienza mondana, bensì con la grazia divina. 1 3 Non vi scri­ viamo, infatti, nient' altro se non quello che leggete o anche comprendete. E spero che comprenderete perfettamente, 14 come del resto ci avete compreso in parte, e cioè che siamo noi il vostro motivo di vanto, come voi il nostro, nel giorno del Signore nostro Gesù. • 15 Con questa sicurezza volevo venire dapprima da voi, perché voi poteste avere una seconda manifestazione di gra­ zia, 16 e poi passando da voi andare in Macedonia e quindi, di ritorno dalla Macedonia, venire di nuovo da voi per esse­ re assistito nel viaggio in Giudea. 17 Pertanto, prendendo questa decisione, mi sono forse comportato con leggerezza? Oppure nelle mie decisioni seguo un criterio di valutazione puramente umano, così da essere obbligato a giurare con for­ mula «SÌ sì, no no»? 18 Come è vero che Dio è fedele, la nostra parola a voi indirizzata non è sì e no. 19 Perché il figlio di Dio, Gesù Cristo, che noi annunciammo in mezzo a voi, io Silvano e Timoteo, non è stato sì e no, al contrario in lui si è verificato il sì . 20 Tutte le promesse di Dio infatti hanno tro­ vato in lui il loro sì ed è anche per mezzo suo che noi rispon­ diamo a Dio con l ' amen a sua gloria. 21 È Dio che ci rende saldi in Cristo, noi e voi, e ci consacrò con l' unzione, 22 lui che anche ci impresse il suo sigillo e ci donò a caparra lo Spirito, effondendolo nei nostri cuori . 23 Ora io chiamo Dio a testimone sulla mia vita: è solo per risparmiarvi che non sono più venuto a Corinto. 24 Non che

• ((Nostro»

è dubbio, essendo omesso nel pap. 46, sembra, e nei codici

Alessandrino e altri.

213

ptv9ov. l4 OÒX 6n 1CUPlEUOJ.lEV ÒJ,l{i)V "tftç n{an:roç d)..Mì c:ruvEpyoi èGJ,lEV "tftç X,apàç ÙJ,l(ì)V . "t{l yàp 7tlG"tEl l:a"tfl· l •EKptva yàp èJ,laUt(ì) tO\JtO tÒ J.llÌ 7tclÀ.lV KQtE. tv À.U7t1J npòç ÒJ,làç t)..9ttv . l d yàp tyc.ò À.un(ì) ÒJ,làç , 6 EÙq>paivrov JJE d J.llÌ 6 À.U7tOUJ.lEVOç ti; èJ,lol'>; Kai t{ç 3 Kai. fypawa tol'>to aùt6 , tva J.llÌ tJ..9c.òv À.unnv GX,(ì) dq>' IDV lBEt JJE xaipElV, 7tE7tOl9c.òç tni. 7tclVtaç OJ,làç Otl n tJJlÌ X,apà 7tclvt(J)V ÙJ,l(ì)V tanv. 4 tK yàp 7tOÀ.À.ftç 9J..iwtroç Kaì c:ruvoxftç KapBiaç fypawa ùJJtv Btà noJ..).v .(ì) BaKpi>rov, oùx tva J..unn9fttE dJ..J.à . tlÌV dyannv tva yv{i)tE ftv fxro ntptaaottproç dç uJJàç. 5 El ot nç À.EÀ.U7t111CEV, oùK tJJè À.EÀ.U7t111CEV, dJ..Mì dnò JJÉpouç, iva J.llÌ t7ttJ3ap{i), navtaç UJ,làç. 6 {Kavòv t@ tOl­ outQ> n tntnJ,lia uihn n U7tÒ t(ì)v 7tÀ.Et6vrov, 7 &atE "tOò­ vavtiov JJàÀ.À.ov ÙJ,làç xapiaaa9at Kai napaKaÀ.Éaat, J.lli nroç t'il 7tEptaaotÉPCJ À.U7t1J Katano9{1 6 totol'>toç. 8 Btò napaKa)..(ì) UJJàç 1rupéì>o'a1 Elç aùtòv dyrmnv 9 dç tol'>to yàp Kaì fypawa , tva yva, ttìv BoKtJ.llÌV ÙJJ{ì)v, El dç 7tclvta ùni)Kooi tatE. lO ci> Bt t1 xapiçEa9E, Kdyro . Kai yàp tyc.ò o KtX,aptaJ,lat, d n KEX,ciptaJ,lat, Bt' i>J,làç tv npoa Xptatol'>, 1 1 iva J.llÌ 7tÀ.EOVEKt119{ì)JJEV unò toO aatavà · où yàp aùtol'> tà voflJJata dyvool'>JJEV. 12 'EJ..9ò>v Bè dç tf)v TpQ>aBa dç -rò tùayytJ..tov toO XptG"toO Kaì 9Upaç J.lOl dvEQl'YJJÉVllç tv 1rupiQ>, 13 oùK f­ GX11 Ka civtcnv t@ 1tVEUJJa-ri JJOU t@ J.llÌ Eupdv JJE Titov tòv dBtÀ.q>òv JJOU, dJ..J.à . dnotal;aJJEvoç aùtotç tl;ftÀ.9ov dç MaKEBoviav. 14 Tq, oè 9EQ) xaptç tQ) 7tclvtOtE 9ptaJJJ3EUOVtl nJJàç tv tQ) XptatQ) Kaì ttìv ÒGJ.llÌV ti')ç yvroatroç aùtoO q>avtpouvtt Bt' f!JJcì>V tv navtì tònQ> · 15 on Xptatol'> tùroBia taJJÈV t@ 9E{l) tv totç aQX;oJ,ltvmç Kai tv totç dnoÀ.À.uJ,ltvmç, 16 olç JJÈV ÒGJ.llÌ tK 9avatou dç 9avatov, olç Bè ÒGJ.llÌ tK ç(J)ftç dç çroi)v. Kaì npòç tal'>ta tiç {Kavòç; 17 oò ycip taJ,lEV dlç o{ 7tOÀ.À.oi 1CQ7tllÀ.EUOvtEç tÒV À.Òyov toO 9to0, itll' dlç tç dJ..ucptvdaç, òll' d>ç tK 9Eo0 Kattvavn 9Eo0 tv XptG"tq, À.CÙ..Ol'>J,U:V.

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214

vogliamo spadroneggiare sulla vostra fede; collaboriamo invece alla vostra gioia, essendo voi già saldi nella fede. 2 l Questo mi sono proposto, di non venire di nuovo da voi portatore di tristezza. 2 Se io rattristo voi, � hi potrebbe ralle­ grarmi se non chi sarà da me rattristato? 3 E il motivo per cui vi scrissi, per non essere rattristato alla mia venuta da quelli che dovrebbero rallegrarmi, fiducioso in voi tutti che la mia gioia è la vostra, di voi tutti. 4 Vi scrissi in grande afflizione e con cuore angustiato, tra molte lacrime, non per rattristar­ vi, bensì per farvi conoscere il mio smisurato amore per voi. 5 Se poi qualcuno è stato causa di tristezza, non me ha rattristato, bensì in parte, senza voler esagerare, tutti voi . 6 A questo tale basta il castigo inflitto gli dalla maggioranza. 7 Di conseguenza dovreste ora piuttosto fargli grazia e confortarlo, perché non sia divorato da una tristezza troppo grande. 8 Perciò v i esorto a decidervi di trattarlo con amore. 9 Per questo anche scrissi: per mettervi alla prova e sapere se siete obbedienti in tutto. 10 A chi però perdonate, perdo­ no anch ' io; in effetti ciò che io ho perdonato, se mai ebbi qualcosa da perdonare, l ' ho fatto per voi al cospetto di Cristo, 1 1 affinché, conoscendone i progetti, non siamo rag­ girati da Satana. 12 Ma quando giunsi a Troade per annunciare il vangelo di Cristo, pur avendomi il Signore concesso favorevoli oppor­ tunità, 1 3 non ebbi pace dentro di me, non avendovi trovato il fratello Tito; mi congedai invece da loro e partii per la Macedonia. 14 Sia ringraziato Dio che sempre ci conduce nel suo trionfo in Cristo manifestando ovunque per mezzo nostro l' odore della sua conoscenza. 15 Perché noi siamo per Dio il buon odore di Cristo tra quelli che camminano verso la salvezza e quanti vanno alla perdizione: 16 per gli uni odore di morte per la morte, per gli altri odore di vita per la vita. E chi ne è all' al­ tezza? 1 7 In effetti noi non siamo come quei molti che mer­ canteggiano la parola di Dio, ma è con purezza d ' intenti e come inviati da Dio che parliamo davanti a lui in Cristo. 215

3 i\px6JJ.t:9a JtciÀtv tatrtoùç auvtmavt:tv;

f\ JJ.tt xpuço­ JJ.t:v &ç nvt:ç aucrtanKlòv tmcrtoÀ.éÒv 1tpòç ÙJ..Làç f\ t!; ÙJJ.lòV ; 2 li ÈJttcrtoÀtJ liJJ.iòV ÙJJ.t:tç tcrtt:, tyyt:ypaJ..LJ.É.L Vll tv taiç KapOiatç liJJ.éòV, YlVIDcrKOJ..LÉVl'\ KUÌ àvaytVIDcrKOJ..LÉVll Ù1tÒ Jtclvt(J)V àv9pci>1tiDV, 3 (j)UVt:pOUJ..LEVO\ iSn Ècrtè tmcrtoÀtJ tyyt:ypaJJ.JJ.ÉVll où J..LÉ­ Xptmoù OtaKOV119t:Icra ù1tou aùtoO tnv KatapyouJ.I.ÉVllV, 8 1tlòç oùxi JJ.àÀÀ.OV il OtaKovia toO JtVEUJJ.Utoç fcrtat tv oò!;TJ ; 9 El yàp � OtaKOVi� ti'jç KataKpicrt:IDç oò!;a, JtOÀÀ.éi) J..LàÀÀOV JtEptcrcrEUEl li OtaKOVia ti'jç 0\KatOcrUVllç oò!;TJ. 10 Kai yàp où ot:oò!;acrtat tò ot:oo!;acrJJ.tvov tv toutcp t@ JJ.ÉpEt EiVEKEV tf)ç Ù1tEpJlaÀÀOUcrllç Oò!;11ç. 1 1 d yàp tÒ Katap­ yOUJ.I.EVOV otà o6!;11ç, 1tOÀÀ4» JJ.àÀÀov tò JJ.tvov tv oò!;TJ. 12 "EXOvtEç OtJV tO\UUtllV tÀJtiOa 1tOÀÀfl 1tapp11cri� XPWJJ.E9a 13 Kaì où Ka9ci1tEP MIDOcri'jç tti9Et KciÀUJJ.J.I.U tJti tò Jt pòcr(J)JtOV aùtoO 1tpòç tò J..Ltt àtt:vicrat toùç uloùç 'lcrpatJ). dç tò tÉÀoç toO KatapyouJ..Ltvou. 1 4 àÀÀ.à tJtiD­ Pavepro9ij. 1 1 àd yàp fiJ.1Eiç ol �&vt&ç dç OQvatov 1tapaoto6J,1E9a Otà 'Inaoùv, tva Kai fl �rolÌ toù 'Inaoù q>avepct>Oij tv tij 9Vlltil aapKi fiJ.l&V. 11 &atE 6 Oavatoç tv fiJ.liV tvepyeitat, f) �t �rof) tv U­ 13 "'EXOVtEç OÈ tÒ aÙtÒ 1tvEÙj.la t"'ç 1tlO'tECJlç Katà J.liV. tò y&ypaJJJ,Jtvov · hricnevua, o1ò èMiA.17ua, Kai fiJ.1Eiç 1tl­ CJ't&UOJ.1EV, �lÒ Kai ÀaÀ.oÙJ.lEV, 14 do6t&ç on 6 tye{paç tòv Ki>ptov 'Inaoùv Kai fiJ.liiç aùv 'Inaoù tyepd Kai 1tapaCJtilatt aùv UJ.liV. 15 tà yàp m1vta ot' UJJdç, (va fl xaptç 1tÀ.f:OVclCJaCJa Olà t&v 1tÀElÒVCJlV tlÌV tùxaptCJtiav 1U:PtO'v Ka8' Ò7ttpPo'J..l)v dc; Ò7ttpPo'J..l)v alrovtov J3apoç a6!;nç KQ'ttpyaçuat 'fiJ.llV, 18 J.lll 0"1C01tOUV'tOOV 'fi­ J.lÙIV 'tà P'J..t1tÒJ.l&VQ à'J..M 'tà J.lll P'J..t7tÒJ.lt:VQ . 'tà yàp P'J..t1tÒJ.l&VQ 7tpÒO"Katpa, 'tà at J.lll P'J..t1tÒJ.l&Va alrovta. OtaaJ.l&V yàp 6'tl tàv 'fl t7tiyttoç 'fiJ.llì)V o{Kia 'tOO O"KTt· vouç Ka'ta'J..u8�. olKoaoJ.lflV tK 8to0 fx.oJ.lt:V, olKiav àx_ttpo7toinTov atrovtov tv Totç oòpavotç. l Kai yàp tv 'tOU'tQ> O"'ttvaçOJ.l&V 'tÒ olKll'tTtPlOV 'fiJ.lÙIV 'tÒ t!; oùpavoO t7ttvauaa0"8at È7tl1to8oC>v'ttç, 3 d yt Kai tKaucraJ.lt:VOt OÒ 'YUJ.lVOÌ t:Òp&81lO"ÒJ.1&8a. 4 Kai yàp O{ lSV'ttJ.ltvot, tq�' 4> où 8t'J..oJ.1tv tKaU­ cracr8at à'J..'J..' t7ttvauaa0"8at, lva Ka'ta7to8fj Tò 8vn'tòv 61tò 'tf'l1ttp 1tclV­ 'trov à1tt8av.:v, dpa ol n.iv'ttç à1tt8avov · 15 x:ai i:>1ttp 7tav­ 'trov à1tt8av.:v, (va ol 'Gwttç J..LllKÉn tau'totç '{ì)mv àì..M 16 ·na'tt t� i>1ttp ai>tlbv à1to8av6vn x:ai tytp9tvn. 'fiJ..Ltiç Ù1tÒ toO vOv oòlitva oiliaJ..Lt V Ka'tà crapx:a ' d Kai tyvrox:aJ..LtV Ka'tà crapx:a XptG'tÒV, ÙÀ.À.à vov OÒKÉ'tt ytvd>­ GKOJ..LEV. 17 &ertE El 'ttç tv Xptcrt�, x:atvr) Ktimç 'tà àp­ xata 1tapf)À.9EV, tlioò YÉYOVEV KatVcl. 18 'tà lit 1tclVta tx: 'tOO 9to0 'tOO x:ataÀ.À.al';aV'toç 'f!J..Làç taut{ll lità Xptcr'toO x:ai liòV'toç l'IJ..LtV 'tflV litax:oviav ti')ç x:a'taÀ.À.ayf)ç, 19 d>ç 6n 9tòç ftv tv XptG't4) KÒGJ..LOV x:a'taÀ.�acrcrrov taut{ll, J.nì ì..oyt­ ç6J..Ltvoç aò'totç 'tà 7tapa7ttOOJ..La'ta aòtlbv x:ai 9tJ..LEvoç tv 20 •y1tèp Xpt­ 'f!J..Liv 'tÒV ì..6yov ti')ç x:ataì..ì.a . yftç G'toO o{>v 7tptcrPtòoJ..LEV rl>ç 'tOO 9to0 7tapax:aì..o0vtoç lit' 'fiJ..LlbV · lit6J..Lt9a i:>1ttp XptcrtoO, x:ataÀ.À.cl'YTl'tE 't� 9t{ll. 21 tòv J..Lfl yv6V'ta liJ..Lap'tiav i>1ttp 'f!J..Llbv aJ..Laptiav t7toin­ crtv, (va 'fiJ..LEiç YEVOOJ..LE9a litx:atocruv11 9to0 tv aò't{ll . !.UVEpyoOV'tEç lit KaÌ 1tapax:aÀ.00J..LEV J..Lfl dç KEVÒV t'JÌV xaptv 'tOO 9eo0 litl';acr9at UJ..Ldç . l ÀÉYEl ycip . Kalp{j) deKT{j) brriKovaa aov Kai tv qpipq. aro7:1fpiar; tPori91faa ao1. {lioò v0V Katpòç EÒ1tp6crliEKtOç, {l)oò v0V 'fiJ..LÉpa G(J)tll· 3 MllliEJ..Liav tv J..Lll liEvi litliòv'tEç 7tPOGK01tTJV, piaç. (va J..L'IÌ J..LroJ..L119fl 'fl litax:ovia , 4 àì..ì.'. tv 1taV'ti auvtcr'tciv­ ttç tau'toòç ci>ç 9eo0 litcix:ovot, tv U1tOJ..LOVfl 1tOÀ.À.fl, tv OM­ '1/Ecnv, tv àvayx:atç, tv crttvoxropiatç, 5 tv 1tÀ1l'Yaiç, tv q>uì..ax:aiç, tv àx:atacrtacriatç, tv KÒ7totç, tv àypu7tviatç, tv VllG'tEiatç, 6 tv ayvÒtll'tt, tv yYOOGEt, tv J,1aKp09UJ..L{�, tv XPTIGTÒ'tll 'tt, tv 1tVEUJ..Lan ay{q>, tv àycl1t1J ÙV\J1tOKp{'t(p, 7 tv À.Òyq> CÌÀ119Eiaç, tv liuvclJ..LE t 9eo0 · lità 'tlbv 61tÀrov 'ti')ç liucatOaUVllç tlbv liel';tlbv x:ai àptcr'ttplbv, 8 lità li6l';11ç Kai Ù'ttJ..L {aç, lità liUGQ>llJ..LlQç Kai EÒQ>llJ..Liaç ' d>ç 1tÀ.clVOl KaÌ ÙÀ.ll• 9dç, 9 «bç àyvOOUJ..Lt:Vot Kai tmytV(J)GlCÒJ..Lt:Vot, d>ç Ù1t09v()·

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pieno uso della ragione? Lo è per voi. 14 Perché l' amore di Cristo ci costringe, noi che valutiamo questo fatto: uno solo è morto per tutti, dunque tutti sono morti. 15 E mori per tutti, affinché i viventi non vivessero più per se stessi, ma per colui 1 6 Dunque noi d' ora in poi che mori e risorse per loro. non conosciamo più nessuno in modo carnale. Se anche in passato abbiamo conosciuto Cristo in modo carnale, ora però non lo conosciamo più così. 1 7 Ne segue che chi vive nella sfera di Cristo è una nuova creatura; il vecchio se ne è anda­ to, ecco sorto il nuovo. 1 8 Tutto però viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ser­ vizio della riconciliazione, 19 come è vero che era Dio a riconciliare a sé il mondo mediante Cristo, non mettendo in conto agli uomini le loro colpe e istituendo tra noi il messag­ 20 Siamo dunque ambasciatori gio della riconciliazione. per conto di Cristo, è come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo per Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. 21 Colui che non conobbe peccato, per noi egli lo fece peccato, perché in lui diventassimo giustizia di Dio. 6 1 Ed essendo suoi collaboratori, vi esortiamo a non ren­ dere inefficace la grazia di Dio da voi ricevuta. 2 Dice infat­ ti Dio: Nel tempo del mio favore ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho aiutato [Is 49,8] . Eccolo adesso il tempo del suo favore ! Eccolo ora il giorno 3 A nessuno diamo motivo di scandalo, della salvezza ! perché non sia screditato il nostro servizio. 4 Ma in tutto ci raccomandiamo quali servitori di Dio: con grande costanza, nelle tribolazioni, nelle avversità, nelle angustie, 5 nelle per­ cosse, in prigione, nelle sommosse, nelle fatiche, nelle ve­ glie, nei digiuni; 6 con purezza, conoscenza, magnanimità, benevolenza, spirito di santità, amore sincero; 7 con la paro­ la della verità, con la potenza di Dio, con le armi della giu­ stizia a destra e a sinistra; 8 nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; ritenuti impostori , siamo invece veritieri; 9 sconosciuti, eppure siamo conosciutissimi; mori223

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