Letteratura e rivoluzione nell'URSS (1917-62)

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titol"

editore

M. HAYWARD L. LABEDZ LETTERATURA E RIVOLUZIONE IL SAGGIATORE ~

collezione

i gabbiani ---

prezzo

lire 700

.argomento

prima, durante e dopo il realismo socialista

U')

10 ('I)

autore

Fa onore alla cultura britannica il « symposium » indetto dal St. Anthony College di Oxford e pubblicato a cura di Max Hayward e Leopold Labedz. Scrittori e critici (come Struve, Helen Muchnic, Brown, Mathewson, Vickery, de Liencourt, Fourgues, Gibian, Simmons e Friedberg) delle piu varie provenienze hanno contribuito con informazioni dirette, testimonianze e valutazioni il piu possibile oggettive . a delineare una storia a cui nessun lettore, quale che sia la sua tendenza, potrà rimproverare una tendenziosità di destra o di sinistra.

titolo

Un libro che alza la « cortina di ferro » sui fatti letterari dell'U.R.S.S. Anche dopo l'instaurazione dello stalinismo, l'Occidente ha continuato a leggere le opere dei principali scrittori sovietici. Ma sul contesto politico . e culturale donde esse nascevano, credeva a miti sospettosi e crudeli. Qui si legge finalmente la verità, sempre più appassionante dei miti; soprattutto per quanto concerne il I Congresso degli Scrittori Sovietici, con gli illuminati, coraggiosi in-· terventi di Babel', Pasternak, Ehrenburg; la nascita dello zdanovismo; le avvisaglie del « disgelo » che precedettero il XX Congresso del PCUS e il « disgelo » ufficiale.

editore

collezione

I Gabbiani, con le loro novità e ristampe, mettono alla portata di tutti la piu completa raccolta dei libri che bisogna leggere o rileggere per essere alla pari con la cultura e la vita moderna.

prezzo

lire 700

argomento

prima, durante e dopo il realismo socialista

U')

Letteratura e rivoluzione nell'URSS (1917-62) a cura di Max Hayward e Leopold Labedz traduzione di Piero Spalletti

Casa editrice Il Saggiatore

© Oxford University Press 1963 e Casa editrice Il Saggiatore, Milano 1965 Titolo originale: Literature and Revolution in Soviet Russia 1917-62 Copertina di Anita Klinz Prima edizione: maggio 1965

Questo ebook è stato realizzato e condiviso per celebrare il Centenario della Rivoluzione russa 1917-2017

Sommario

Introduzione

9'

di Max Hayward Gleb Struve

Il passaggio dalla letteratura russa a quella sovietica

29

Helen Muchnic

La letteratura durante il periodo della NEP Edward

J.

62

Brown

L'anno dell'acquiescenza

82

Rufus Mathewson

Un ulteriore sguardo al primo congresso degli scrittori Erenst

J.

105

Simmons

Lo scrittore irreggimentato

122

Walter N. Vichery

Lo zdanovismo (1946-53)

158

George Gibian

La letteratura sovietica durante il « disgelo »

195

François de Liencourt

Il repertorio teatrale degli anni cinquanta

220

Pierre Forgues

I giovani poeti

247

Maurice Friedberg

Libri, censori e lettori sovietici

283

Max Hayward

Conflitti e mutamenti nella letteratura sovietica

302

Letteratura e rivoluzione nell'URSS (1917-62)

S ~ i : v uu-i:v Ji,,gr~

Introduzione

In questi ultimi anni la letteratura sov1et1ca si è imposta, spesso in modo drammatico, all'attenzione del mondo come probabilmente nessun'altra letteratura aveva mai fatto prima. Ci auguriamo che i saggi contenuti in questa raccolta possano fornire una prospettiva storica dei recenti avvenimenti e porre in evidenza i particolari problemi degli scrittori sovietici. Uno studio sul tentativo del partito di imporre la propria volontà alla letteratura e alle arti è interessante, in senso generale, per gli studiosi della politica totalitaria. In questo campo, cosi come, notoriamente, in quello dell'agricoltura, si è trattato di un tentativo di imporre una disciplina dottrinale e amministrativa a una forma di attività umana che dipende interamente da capacità altamente individuali. Non è sorprendente constatare che questo tentativo di controllo è quasi sempre fallito a causa dei metodi impiegati. Il risultato, in 9

linea generale, è stato un insuccesso: in contrasto con altri settori, come l'industria, in cui le tecniche di produzione possono perfino trarre vantaggio da un alto grado di controllo e di coordinazione da parte di un partito politico accentratore. Si dimentica talvolta che, nel primo decennio di potere, il partito bolscevico in Russia fu estremamente moderato nelle sue pretese di controllare tutti gli aspetti dell'attività sociale e fu ugualmente cosciente della propria incapacità di attuare un tale programma. Inoltre vi fu una certa graduatoria di priorità. Il controllo politico ed economico precedette ovviamente gli altri, ma persino questo venne parzialmente abbandonato con l'instaurazione della NEP (Nuova politica economica). Le questioni culturali furono quelle di cui il partito si occupò meno, in un periodo in cui esso era ancora numericamente debole e tendeva soprattutto a mantenere la sua egemonia, in quanto « avanguardia del proletariato ». A quel tempo il partito infatti si accontentò soltanto di assicurarsi in tutti i settori quelle che venivano definite le « posizioni di potere ». Non disponeva ancora di quadri sufficientemente forti, sicuri e bene organizzati per infiltrarsi e imporre la propria leadership in tutti i settori della vita sociale. Nel campo dell'economia, dell'amministrazione e particolarmente in quello della cultura, era costretto ad affidarsi a cosiddetti « specialisti borghesi », ereditati dal passato. Ciò fece si che all'incirca fino al 1928 esistettero numerose associazioni letterarie e artistiche autonome, che non erano sotto il diretto controllo del partito. Durante la NEP vi fu inoltre un certo numero di case editrici quasi indipendenti, spesso organizzate in cooperative, che erano relativamente libere da un controllo statale diretto. Nel primo decennio del regime sovietico, le associazioni let10

terarie comprendevano piccoli gruppi che si dichiaravano proletari, diverse conventicole di avanguardia, quali i futuristi e i costruttivisti, e la corrente numericamente predominante dei « compagni di strada ». Questi ultimi erano specialisti borghesi nel campo della letteratura; intellettuali la cui formazione aveva avuto luogo durante il periodo zarista e scrittori già affermati al tempo della Rivoluzione. La loro opinione politica oscillava fra la simpatia, l'accettazione indifferente e il rifiuto categorico del nuovo regime. L'instabilità dei loro atteggiamenti, il loro individualismo, ancor piu della loro origine intellettuale borghese, li rendeva sospetti ed essi erano tollerati soprattutto in considerazione di una insostituibile abilità professionale. La linea di condotta, manifestata apertamente dal partito nei loro confronti, era quella di riuscire ad accattivarseli e di fonderli con i cosiddetti scrittori proletari, quando costoro avrebbero acquistato una sufficiente competenza tecnica. Nel frattempo, paradossalmente, la principale sollecitudine del partito era quella di proteggere i « compagni di strada » da prematuri tentativi da parte dei « proletari » e dei gruppi di avanguardia per assimilarli politicamente con metodi coercitivi, provocando in tal modo la loro ostilità e rendendo piu difficile lo scopo finale di avvicinarli al nuovo regime. In questo periodo il partito si trovò cosi nella strana situazione di dover frenare i suoi alleati piu rumorosi nel campo della cultura e di rifiutare di pronunciarsi in loro favore. La prima e piu importante dichiarazione del partito a proposito della letteratura venne fatta nel 1925 e si trattò essenzialmente di una dichiarazione di neutralità nei confronti dei gruppi rivali. Questa deliberazione, intitolata La politica del partito nel campo della letteratura artistica, rivelò l'esistenza di una Il

considerevole varietà di tendenze letterarie, le quali, come giustamente si indicava, corrispondevano alla complessità sociale, economica e di classe del periodo della NEP. La sua politica di non intervento venne formulata nel modo seguente: ... Il partito non può assolutamente impegnarsi a favore di alcuna tendenza nell'ambito della forma letteraria. Pur controllando in via generale la letteratura, il partito non può appoggiare alcuna corrente [Le correnti erano state classificate in base alle differenze di opinioni sullo «stile» e la« forma». (Nota di Max Hayward.)], cosf come non può decidere con una apposita deliberazione questioni di vita familiare ... Vi sono tutte le premesse per ritenere che sorgerà uno stile adeguato alla nuova era, ma esso sorgerà in base a metodi diversi, e finora non v'è alcun indizio di una soluzione di questo problema. Qualsiasi tentativo di vincolare il partito a questo riguardo, nel momento attuale dello sviluppo culturale, deve essere respinto. '[Il corsivo è di Max Hayward.J Il partito deve quindi dichiararsi a favore di una libera competizione in questo campo fra i vari gruppi e correnti. Qualsiasi altra soluzione del problema rappresenterebbe una pseudosoluzione burocratica. Esattamente allo stesso modo sarebbe inammissibile stabilire, mediante un decreto del partito, il monopolio legalizzato della letteratura e dell'editoria da parte di un qualsiasi gruppo o associazione letteraria ...

Parlando di « controllo in via generale », questa deliberazione si riferiva indubbiamente al controllo puramente negativo esercitato per mezzo dell'organizzazione della censura istituita da un decreto del 1922. Questa organizzazione era nota come Glavlit (Amministrazione centrale per le questioni letterarie) e la sua funzione principale era quella di impedire la pubblicazione di opere apertamente controrivoluzionarie; come nella censura zarista, le sue funzioni erano preventive piuttosto che prescrittive, e non ostacolavano la fondamentale libertà letteraria in questioni di forma e di contenuto purché non venissero compwmessi gli interessi del nuovo regime. Occorre menzionare un'importante componente della relativa I 2.

libertà concessa agli scrittori durante il periodo della NEP: molti dei vecchi bolscevichi allora al potere erano essi stessi uomini di vasta cultura, intellettuali nel vero senso della parola, i quali capivano assai bene che gli sviluppi culturali non potevano essere artificialmente accelerati da interferenze dottrinarie, e che un qualsiasi tentativo di forzare il passo, come veniva richiesto da parte dei fanatici di sinistra, avrebbe prodotto soltanto un effetto disastroso. Durante l'intero periodo della NEP, la responsabilità diretta della politica culturaìe era nelle mani di Lunacarskij, il quale era uno scrittore colto, che ben comprendeva la necessità di usare molto tatto nel trattare l'intelligencija postrivoluzionaria. Questo periodo relativamente mite, che analizzato oggi appare quasi idilliaco, cessò bruscamente nel 1929 (giustamente definito da Stalin « l'anno della grande svolta » ), con la fine della NEP e la decisione di Stalin di fare del partito, ora sotto il suo incontrastato controllo personale, uno strumento per la trasformazione rivoluzionaria della società e un organismo atto a regolare minuziosamente ogni aspetto della vita sovietica. Da quel momento, come le campagne dovevano essere collettivizzate, cosf gli scrittori e gli intellettuali in generale dovevano essere « bolscevizzati ». La politica della lotta di classe, artificiosamente stimolata nelle regioni rurali, fu adottata anche per quanto riguardava il mondo della cultura. È inutile dire che le principali vittime di tale lotta furono i « compagni di strada », ai quali venne tolta ogni protezione. L'amministrazione relativamente mite di Lunacarskij finf, e i cosiddetti « scrittori proletari » furono con deliberato proposito sciolti dal guinzaglio che li aveva tenuti legati per un certo numero di anni. Nel 1929 v'erano due principali associaz_ioni letterarie: l'Unio13

ne panrussa degli scrittori e la cosiddetta RAPP (Associazione degli scrittori proletari). L'Unione era l'associazione dei « compagni di strada » e comprendeva la maggior parte degli scrittori di ogni livello, fra cui molti dei piu celebri della vecchia generazione, come Leonov, Kaverin e Fedin. Era una associazione apolitica, non dissimile, nella sua struttura generale e nelle sue funzioni, per esempio dal Pen Club. Si occupava principalmente del benessere dei suoi membri, non della loro ideologia o del loro atteggiamento nei confronti del regime, né richiedeva adesioni a una particolare poetica. La RAPP era invece una associazione militante di scrittori che affermavano la loro origine proletaria (o almeno una affinità spirituale con gli operai e i contadini) e rivendicavano « l'egemonia del proletariato » nella letteratura. Si consideravano l'avanguardia politicamente consapevole, la cui missione era di creare una cultura autenticamente nuova e rivoluzionaria. Fino al 19 29, i « compagni di strada » erano stati da essi soltanto tollerati: li prendevano in considerazione in base al grado della loro buona volontà di rieducare se stessi o come specialisti borghesi nel campo della letteratura da cui si sarebbe potuto imparare qualcosa in fatto di tecnica, oppure, nel migliore dei casi, quali potenziali reclute per le schiere « proletarie ». Questo auspicato stato di cose avrebbe potuto essere raggiunto, affermava la RAPP, solo mediante una sincera, interiore sottomissione alla volontà del proletariato e all'avanguardia che questo si era scelto, il partito comunista. Bisogna notare che i dirigenti della RAPP puntavano molto su un sentimento abbastanza diffuso in quel periodo, e cioè che un'unione di tipo addirittura mistico con il proletariato avrebbe potuto condurre l'intellettuale isolato e angosciato alla felice liberazione dalle sue miserie, eliminando in un colpo

l'intollerabile peso della responsabilità individuale da cui si sarebbe miracolosamente alleggerito con una totale sottomissione alla collettività. Il fervore quasi religioso della RAPP fu indubbiamente efficace nel caso di alcuni « compagni di strada », ma, con la solita impazienza dei fanatici, i suoi dirigenti fecero sempre piu assegnamento sulla minaccia e la coercizione. In verità essi furono incoraggiati a ciò dal partito stesso, che gli permise di scatenare nel 1929 una campagna di terrore diretta a piegare la volontà dei « compagni di strada», costringendoli a scegliere fra la sottomissione totale e l'eliminazione dalla scena letteraria. Il metodo che la RAPP impiegò per costringere a una chiarificazione l'Unione panrussa degli scrittori, costituf un precedente per quanto riguarda la tecnica che in seguito, nei decenni staliniani, si fece regola fissa: scelti alcuni capri espiatori, si organizzò contro di loro una campagna diffamatoria per terrorizzare e poi costringere un intero gruppo alla sottomissione. In questo caso, il primo del genere nel campo della cultura, le vittime furono il presidente della Unione panrussa degli scrittori e il capo della sua sezione di Leningrado: Boris Pil'njak ed Evgenij Zamjatin. V'è uno stretto parallelismo fra questa campagna e quella di Zdanov nel 1945, che ebbe inizio con la denuncia di Zoscenko e della Achmatova. In entrambi i casi, la persecuzione del capro espiatorio prescelto fu il segnale di un netto cambiamento nella politica letteraria e di una generale epurazione, istigati dal comitato centrale del partito, ma voluti in realtà da Stalin in persona. Le colpe rimproverate alle vittime avevano relativamente poca importanza agli occhi di coloro che le denunziavano in confronto agli e!Ietti terroristici per cui esse offrivano un pretesto idoneo; la sola singolare differenza fra il I

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caso di Pil'njak e Zamjatin e quello di Zoscenko e della Achmatova è che il primo rivelava non pochi difetti di orchestrazione, di cui non v'è forse da stupirsi data la relativa inesperienza degli istigatori e per via del fatto che la tragicommedia venne recitata in una società non ancora del tutto succube, alla quale sarebbe stata insegnata piu tardi l'inutilità di una resistenza. In confronto a esempi successivi, la campagna diffamatoria fu condotta con poca abilità, e come tentativo di compromettere moralmente Pil'njak e Zamjatin fu un insuccesso. L'accusa originaria rivolta contro costoro era di aver preso accordi per pubblicare all'estero opere non approvate dalla censura sovietica: alcuni mesi prima era stato pubblicato a Berlino un racconto di Pil'njak intitolato Il mogano, e qualche anno prima (nel 1924 ), su una rivista di emigrati russi a Praga, era apparso il romanzo antiutopista Noi di Zamjatin. Entrambi gli scrittori furono in grado di dimostrare con ogni evidenza che erano del tutto irreprensibili per il fatto di avere pubblicato quelle opere all'estero: Zamjatin aveva in effetti fatto del suo meglio per impedire la pubblicazione di Noi a Praga, e il manoscritto de Il mogano di Pil'njak era stato inviato dall'agente letterario di Leningrado di costui a un editore russo di Berlino, secondo una procedura che era a quell'epoca perfettamente legale e in base alla quale le opere degli scrittori sovietici erano protette dalle leggi internazionali sui diritti d'autore. Nel caso del manoscritto di Pil'njak era avvenuto che la casa editrice di Berlino, che prestava questa assistenza agli scrittori sovietici, aveva pubblicato Il mogano prematuramente, senza attendere che la pubblicazione fosse stata approvata a Mosca. Quando i due scrittori dimostrarono di non essere colpevoli di 16

avere eluso il controllo della censura sovietica, i membri della RAPP che avevano organizzato la campagna diffamatoria cambiarono del tutto linea di condotta e concentrarono il loro tiro, senza alcuna connessione con il contenuto delle accuse originali, su un preteso carattere « antisovietico » de Il mogano e Noi, che venne definito sintomatico dell'opera di molti « compagni di strada», ai quali veniva chiaramente detto che dovevano manifestare la loro « solidarietà con il proletariato » altrimenti avrebbero perduto il diritto di chiamarsi scrittori sovietici. Dopo una serie di disordinate riunioni delle varie associazioni di scrittori, furono prese decisioni in base alle quali Pil'njak e Zamjatin furono destituiti dalle loro cariche, insieme con tutta la vecchia direzione della Unione panrussa degli scrittori. Al tempo stesso tutti i membri dovettero essere « nuovamente iscritti» e una buona metà di essi fu epurata; e per segnare il radicale cambiamento della situazione letteraria, l'Unione· panrussa degli scrittori fu allora ribattezzata col nome di Unione panrussa degli scrittori sovietici. Pil'njak costitui un funesto precedente per gli anni a venire, facendo una ritrattazione servile, mentre Zamjatin scrisse una coraggiosa lettera a Stalin, chiedendo il permesso di emigrare (permesso che gli fu, alquanto eccezionalmente, concesso). Nonostante una o due mute proteste, questo clamoroso complotto segnò la fine della libertà creativa in Russia sia per i « compagni di strada » che per i « proletari ». I due decenni successivi videro un regime di crescente terrore inteso a piegare gli intellettuali a un vile conformismo, e una decadenza del gusto letterario e artistico, secondo una tendenza oggi identificata con un capriccio personale di Stalin. Per due anni (fino al 1932) la RAPP ebbe il controllo quasi completo della vita letteraria e 1 suoi dirigenti, cosi come la 2 - 20

maggioranza degli osservatori, credettero che la sua politica fosse quella del comitato centrale del partito e che un tale assestamento sarebbe stato definitivo. Nel 1932, tuttavia, la RAPP fu improvvisamente e senza alcun ~viso sciolta: in un breve e sbrigativo decreto, il comitato centrale annunciò che, considerato il grande progresso nella costruzione del socialismo e il conseguente, incommensurabile rafforzamento dei quadri proletari, ormai non c'era piu bisogno di una pluralità di associazioni letterarie e che da allora in poi vi sarebbe stata una sola associazione unitaria il cui nome sarebbe stato Associazione degli. sq;ittpri sovie!ici, ed era indispensabile che chi~que volesse svolgere una attività professionale entrasse a farne parte. Il decreto affermava in modo significativo che nell'Associazione avrebbe dovuto esservi una sezione comunista; nello stesso tempo organismi unitari dello stesso tipo vennero istituiti per i musicisti e gli artisti. L'improvvisa liquidazione della RAPP, pur essendo sembrata strana al momento, è del tutto comprensibile dato il temperamento impulsivo di Stalin. La RAPP era quasi interamente composta da veri e propri fanatici, i quali realmente si credevano i prescelti portavoce del proletariato. Era tipico da parte di Stalin, durante gli anni trenta, di diffidare e dubitare di coloro che nutrivano una fede sincera in qualcosa che non fosse la sua infallibilità, e diffidava in particolare di coloro per i quali il marxismo, anche se in una forma primitiva, rappresentava una sincera professione di fede. Non v'è perciò da stupirsi che, essendosi servito della RAPP come di uno strumento per costringere gli intellettuali al conformismo, egli se ne sia poi bruscamente sbarazzato. È inutile dire che un certo numero di « rappisti », tra cui il leader dell'associazione, Averbakh, furono in un secondo tempo accusati di trozkismo 18

e fucilati insieme con molti altri intellettuali comunisti degli anni venti. Durante gli anni trenta, Stalin manifestò una netta preferenza per intellettuali avviliti e servili (con un passato borghese e di « compagni di strada ») sui quali poteva contare per raggiungere compromessi di ogni genere, senza riferimento a principi o ideali politici, di fronte alle sue sempre crescenti e piu sfacciate deviazioni dal marxismo. Gli esempi piu notevoli si ebbero nel campo degli studi storici: dopo la condanna del vecchio storico marxista Pokrovskij, gli storici borghesi Tarle e Vipper furono riabilitati e rivalutati allo scopo di glorificare i despoti russi del passato. Dopo aver raggruppato gli scrittori in una sola associazione, saldamente controllata da una sezione comunista asservita a Stalin, il logico passo successivo fu quello di dar loro una dottrina unitaria. Il reaHsmo socialista, che rappresentò una condizione per poter es·s-~re me~b~f" della Associazione degli scrittori, fu promulgato nel 1_~3i, _nel corso del primo congresso di questo organismo, d.~ Zdanov che, per la prima volta in quella occasione, si rivelò quale luogotenente di Stalin nelle questioni culturali. Poiché si voleva sfruttare la letteratura per uno scopo che le era del tutto estraneo e in un modo che contraddiceva pressoché tutto quanto era stato detto in proposito da Marx e da Engels, i quali non avevano mai patrocinato un intervento esterno nel processo creativo, :Zdanov giustificò la nuova situazione invocando l'autorità di un articolo fino allora poco noto di Lenin, intitolato Ors,gnizzazione di partito e letteratura di partito. Tale articolo era stato scritto da Lenin nel 1905, e a nessuno era venuto in mente prima che esso riguardasse in modo particolare il problema della letteratura nel senso non strettamente politico e 19

partitico del termine; usando questo documento come la fonte piu autorevole della nuova politica del partito per stabilire un controllo assoluto sugli scrittori e per dettare legge in questioni di contenuto e di forma, Zdanov era certo ricorso coscientemente a una frode. Come dimostrano le note che Lenin aveva posto in calce a quell'articolo, egli intendeva riferirsi alla letteratura in un senso piu generale e non pensava a scrittori di invenzione, ma, come disse in una di quelle note, a «" littérateurs" del tipo di Aksel'rod, Martov, Parvus, Trockij, Potresov e Plechanov ». Lenin scriveva dopo la rivoluzione del 1905, quando v'erano piu partiti che ave" vano un'esistenza legale, e sosteneva che chiunque scrivesse per i giornali socialdemocratici avrebbe dovuto mantenersi fedele alla linea del partito; egli era preoccupato della mancanza di disciplina di partito dimostrata da coloro che chiamava i « superuomini intellettuali », e chiedeva che divenissero « rotelle » dell'ingranaggio della socialdemocrazia. Zdanov ignorò intenzionalmente un altro brano dell'articolo di Lenin che diceva: « ognuno è libero di scrivere e di dire ciò che vuole, senza la minima restrizione di sorta, ma ogni libera associazione (e anche un partito) è anche libera di espellere quei membri che usano la tribuna del partito per predicare dottrine contrarie a quella del partito. La libertà di parola e la libertà di stampa devono essere assolute, ma la libertà di associazione deve essere parimente assoluta. » L'articolo di Lenin venne usato come la fonte del concetto fondamentale del realismo socialista, vale a dire dello « spirito di partito » in letteratura, principio in base al quale il partito può usare la letteratura per un qualsiasi scopo che ritiene opportuno in un dato momento, e che è dovere di ogni vero scrittore sovietico accettare la guida del partito 2.0

senza discutere. Come teoria estetica, il realismo socialista è confuso, contraddittorio ed eclettico, e deriva assai piu dai pensatori democratici russi del diciannovesimo secolo (come Belinskij e Cernysevskij), che dai classici del marxismo. Si dice che sia stato elaborato da Gor'kij d'accordo con Stalin. La principale intenzione di Gor'kij era indubbiamente quella di far si che la letteratura sovietica si attenesse alla migliore tradizione del realismo classico, di cui egli stesso era l'ultimo grande rappresentante, ma per Stalin, oltre a essere in armonia con i suoi gusti poco aggiornati, deve avere rappresentato un modo attraente per assoggettare la letteratura e le arti ai suoi scopi extraletterari. La piu grande difficoltà per gli scrittori nei confronti del realismo socialista era costituita dal fatto che si pretendeva che usassero lo stile realistico dei classici del diciannovesimo secolo con uno spirito del tutto estraneo a coloro che lo avevano creato. La nuova dottrina tracciò una netta distinzione fra il realismo « socialista » e il realismo « critico » dei classici; questi ultimi, si disse, avevano impiegato il metodo realistico per « rinnegare » la società in cui vivevano, mentre allo scrittore sovietico si richiedeva, servendosi dello stesso metodo, di « sostenere » il nuovo ordine socialista che era il piu benefico ed il piu vicino alla perfezione che fosse mai stato realizzato sulla terra. Il dovere dello scrittore era quindi non solo quello di descrivere tale ordine « realisticamente nel suo sviluppo rivoluzionario » (la frase è di Zdanov), ma anche quello di aiutare il partito nel suo compito di completare la trasformazione sociale in atto, di consolidare i vantaggi già raggiunti e di educare il popolo a essere virtuoso. Poiché, secondo la teoria marxista, la coscienza è sempre in ritardo rispetto al cambiamento sociale ed economico, si ammetteva 21

che v'erano ancora molti cittadini ostinati che tardavano a riconoscere i benefici del nuovo ordine, essendo la loro mentalità affetta da « residui di capitalismo »: uno dei principali doveri dello scrittore era quello di smascherare ed esporre al disprezzo tali « residui » e affrettare così'. il giorno in cui tutti avrebbero preso a modello l' « uomo nuovo ». Stalin riassunse tutto ciò affermando che gli scrittori avrebbero dovuto essere « ingegneri delle anime umane»; si conosce un altro e solo contributo staliniano alla teoria letteraria, ossia il suggerimento sul metodo migliore per essere un buon realista socialista: « scrivere la verità ». La seconda metà degli anni trenta, fino alla guerra, è caratterizzata -dà-uri costante peggioramento del livello letterario e dalla graduale scomparsa della maggior parte degli scrittori di una qualche importanza (molti scelsero il silenzio e molti furono uccisi, o imprigionati, durante il terrore del 1937). Paradossalmente, lo scoppio della guerra portò un senso di sollievo, persino di liberazione, agli intellettuali sovietici; questo stato d'animo è stato descritto bene da Pasternak nel romanzo Il dottor Zivago, nel famoso brano in cui uno dei personaggi dice che lo scoppio della guerra « ruppe l'incantesimo del punto morto ». In retrospettiva ciò è naturalmente assai comprensibile: con lo scoppio della guerra si era creata una atmosfera autentica di unanimità nazionale di fronte a un nemico esterno, reale e davvero terribile, invece della falsa unanimità artificialmente creata da Stalin di fronte a un nemico interno in gran parte immaginario. Un vero sentimento di cameratismo da tempo di guerra, spesso formatosi e collaudatosi al fronte, sostitui l'odioso clima di reciproco sospetto, creato e deliberatamente favorito dal terrore