L’eredità di Annibale. Le conseguenze della guerra annibalica nella vita romana. Roma e l’Italia prima di Annibale [Vol. 1]

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L’eredità di Annibale. Le conseguenze della guerra annibalica nella vita romana. Roma e l’Italia prima di Annibale [Vol. 1]

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L'eredità di Annibale Le conseguenze della guerra annibalica nella vita romana

I

Roma e l'Italia prima di Annibale Il

Roma e il Mediterraneo dopo Annibale

Amold J. Toynbee

L'eredità di Annibale I

Roma e l'Italia prima di Annibale

Giulio Einaudi editore

Traduzione italiana dall'edizione originale Hannibal's Legacy. The Hannibalic War's Elfects on Roman Li/e. 1: Rome and Her Neighbours Be/ore Hannibal's Entry Copyright

©

196' Oxford University Press, London

Copyright © 1981 Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino Edizione italiana, con aggiornamenti bibliografici, a cura di Giorgio Camassa Traduzione di Anna Bassan Levi per le pp. XI-XIII, 3-,9, rivista da Giorgio Camassa e Ugo Fantasia; di Mario Lombardo per le pp. ,60-612; di Ugo Fantasia per le pp. 6r3-6I; di Giorgio Camassa e Mario Lombardo per le pp. 662-760.

Indice

p. XI XIV

xv

Prefazione dell'autore al primo volume Ringraziamenti Avvertenza all'edizione italiana di Giorgio Camassa

Roma e l'Italia prima di Annibale 3

r.

Il quadro storico della seconda guerra romano-cartaginese

11.

Le grandi potenze a occidente dell'India nel266 a. C. r. 2. 3· 4· 5· 6. 7.

26 33

44 55 72 78 87 III.

ro6

I mancati precursori della Federazione romana in Italia L'Impero cartaginese La monarchia tolemaica La monarchia seleucidica Il Regno di Macedonia La Confederazione etolica La Confederazione achea e il principato di Pergamo

La Federazione romana dell'Italia peninsulare nel266 a. C. I. L'ITALIA PENINSULARE NEL MONDO MEDITERRANEO II. LE FASI PRINCIPALI DELL'ESPANSIONE ROMANA FINO AL COMPLETAMENTO DELL'UNIFICAZIONE POLITICA DELL'INTERA PENISOLA

133 153 171

1.

L'espansione di Roma sino al327 (325-324 o 324) a. C. (325-324 o 324) al266 a. C.

(_~.'L'espansione di Roma dal327

III. IL BILANCIO UMANO DELL'UNIFICAZIONE DELL'ITALIA PENINSULARE AD OPERA DI ROMA

181

IV. l DISTRETTI DELLE TRIBU ROMANE

186

LE COLONIAE CIVIUM ROMANORUM

v.

Indice

VIII

VI. IMUNIClPI

p. 197

I.

I «mtmia» romani spettanti ai municipi

215

2.

Le autonomie locali possedute dai municipi

244

VII. LE PREFfTTURE

255

VIII. IL NOMEN LATINUM

263

IX. GLI STAn ITALICI NON LATINI ALLEATI DI ROMA

335

IV. Le cause del successo di Roma nell'unificazione dell'Italia

peninsulare entro la Federazione romana v. Le debolezze della Federazione romana nel266 a. C. I.

353

DEBOLEZZE GEOGRAFICHE

362

DEBOLEZZE ECONOMICHE

II.

III. DEBOLEZZE AMMINISTRATIVE E POLITICHE

x. Le conseguenze amministrative dell'espansione territoriale dello Stato romano Consegueme politiche interne dell'espansione territoriale dello Stato romano 3· L'interesse dell'oligarchia romana a conservare la forma di città-stato propria dell'organismo politico romano 4· La formazione della classe di governo romana e la conseguente vanifica:zione della democrazia 5· Gli Arcana I mperii della classe di governo romana: il metodo di indagine « prosopografico » 6. Gli Arcana Imperii della classe di governo romana: «amicitia» e «hospitium» 7. Gli Arcana I mperii della classe di governo romana: « patronatus »e« clientela» 8. Precarietà dell'equilibrio interno del potere a Roma

379

2.

399

417

Appendici al capitolo terzo 449

@) 479

493 499

Gli Etruschi u. Inattendibilità della versione tradizionale della storia di Roma in campo internazionale nei trent'anni successivi alla catastrofe gallica m. Le tribu Quirina e Velina IV. Lo status di Ostia v. Sulle antiche origini attribuite ad alcune coloniae civium Romanorum non di difesa costiera VI. Municipia foederata I.

Indice

IX

vu. Possibili datazioni del conferimento della piena cittadinanza romana alla serie centrale e settentrionale dei municipi romani sine suffragio

vm. La storia dei rapporti fra Cere e Roma La Formula Togatorum x. L'interpretazione delle cifre dei censimenti romani a noi pervenute XI. Le forze militari della Federazione romana nel22.5 a. C. XII. L'evoluzione della legione romana IX.

Appendice al capitolo quinto 662

I trattati fra Roma e Cartagine

709 719 737

Nota sulla cronologia romana per le date anteriori al Joo a. C. Bibliografia Tavola cronologica (431-264 a. C.) Carte

751

Prefazione dell'autore al primo volume

Questo libro è nato da un corso di lezioni da me tenute presso l'università di Oxford, per la scuola di Literae Humaniores, negli anni I9I3I9I4. Il mio interesse per l'argomento era nato, quando ero ancora studente universitario, dalla lettura di ciò che ci è restato delle Storie di Polibio e di Livio e, fra le opere moderne, soprattutto di quella di Julius Beloch: Der italische Bund unter Roms Hegemonie. Piu tardi, nell'autunno del I 9 I I, avevo trascorso sette settimane percorrendo a piedi e in bicicletta la campagna intorno a Roma, dove frequentavo la British Archaeological School. Sarebbe stata mia intenzione dare un seguito alle lezioni che avevo appena tenuto scrivendo questo libro, ma dall'agosto del I9I4 a quello del 1957 altri impegni me lo hanno impedito. È stata una fortuna che io abbia tardato tanto a scriverlo: se avessi potuto redigere l'opera senza indugio, l'avrei certamente data alle stampe giusto in tempo per vederla del tutto superata dalla Romische Geschichte di Beloch, apparsa nel 1926. È naturale che ogni lavoro scientifico, qualunque sia il momento in cui vede la luce, finisca sempre con l'essere poi superato dall'opera di altri studiosi; il ritardo con cui è stato redatto il mio libro non basterà certo a sottrarlo a un destino cosi consueto e auspicabile. Durante gli ultimi cinquant'anni, d'altronde, hanno visto la luce alcune opere di prim'ordine dedicate allo stesso argomento da me qui affrontato e che ho avuto la fortuna di poter leggere e assimilare. Oltre alla Romische Geschichte di Beloch, altri libri che ho trovato molto utili sono stati Die romische Eroberung Italiens ( 340-264 V. Chr.) di Adam Afzelius, The Voting Districts of the Roman Republic di Lily Ross Taylor e un gran numero di articoli pubblicati su «Athenaeum» e in altre sedi da Plinio Fraccaro e dai piu giovani esponenti della scuola di storia romana da lui fondata presso l'università di Pavia: Aurelio Bernardi, Gianfranco Tibiletti, Giovanni Forni ed Emilio Gabba. Solo di quando in quando si vedrà citato in nota un nome famoso, proprio perché sottinteso in ogni pagina tanto di quest'opera quanto di

XII

Arnold Toynbee

qtlelle di altri studiosi da me consultate: Theodor Mommsen si è occupato, infatti, di tutti i problemi di storia romana che ho qui discusso; qualsiasi tema che egli abbia toccato reca, da allora, l'indelebile impronta della sua magistrale trattazione. Mommsen aveva il dono di stimolare le menti, e la sua opera è stata bahnbrechend *.Per misurare la grandezza cosi dell'uomo come della sua opera basti considerare la rapidità con cui essa è stata continuata, sotto l'impulso che egli trasmise a quanti lavorarono poi nello stesso campo. Su quasi ogni problema di storia romana che si prenda in esame si può essere d'accordo o in disaccordo (a proprio rischio e pericolo) con Mommsen; ma, in ogni caso, la sua opera resta alla base della nostra: quel problema sarà stato avvertito e formulato per la prima volta da lui, e dovremo riconoscere che, se egli non fosse stato il primo a cimentarsi in quel campo, la questione che ci interessa sarebbe forse, ancor oggi, al di là dei nostri orizzonti. Oltre ad approfittare delle ricerche compiute dai continuatori di Mommsen, comprese quelle degli ultimi cinquant'anni, mi è stato anche possibile giungere a conoscere di persona, a parte la regione che circonda la stessa Roma, le altre località italiane che furono teatro di eventi della storia romana. Ai fini della redazione di quest'opera, il piu utile fra i miei soggiorni in I talla si è rivelato un viaggio di cinque settimane nel Mezzogiorno, da me compiuto durante la primavera del 1962. In quell'occasione ho visitato per la prima volta un'area situata a nord-ovest diNapoli, intorno a Cales (Calvi), Teano Sidicino e Suessa Aurunca, la zonachiave della conquista dell'Italia peninsulare da parte di Roma in gara con il Sannio. Ho proseguito, poi, attraverso la Puglia e la Calabria, cosf di ieri come di oggi, fino alla Sicilia. Questo mio viaggio si è svolto in condizioni quanto mai favorevoli grazie alla cortesia e alla liberalità di numerosi amici italiani: il professar Rossi-Doria e il professar Platzer della Facoltà di Agraria dell'Università di Napoli-Portici, il dottor Johannowsky del Museo Nazionale di Napoli, i funzionari dell'Ente Riforma Agraria per la Puglia, la Lucania e il Matese e quelli dell'Opera per la valorizzazione della Sila, il professar Schifani dell'Istituto Agrario dell'Università di Palermo e il professar Tusa, direttore delle ricerche archeologiche nella provincia di Palermo. Valendomi di un cosf autorevole appoggio, ho visitato la regione che, a partire dal2r6 a. C., fu teatro della guerra annibalica e dove si fecero poi piu acutamente sentire le rivoluzionarie conseguenze, sia sul piano economico che su quello sociale, di quel tremendo conflitto. L'odierna storia del Mezzogiorno è altrettanto interessante: oggi si ricominciano di * [Ha, cioè, aperto strade nuove].

Prefazione

XIII

nuovo a popolare e a coltivare le pianure della Magna Grecia, dopo un'eclissi che ha avuto inizio piu di due millenni or sono e che era divenuta quasi totale nel corso degli ultimi mille anni; anche la Sila- un altopiano alpino situato nel cuore del bacino del Mediterraneo- viene resa una terra ospitale per l'uomo, forse per la prima volta nella sua lunga storia. Quest'opera benefica è incoraggiante e, al tempo stesso, istruttiva, non solo per chi voglia comprendere meglio la storia dei nostri giorni. Infatti, la riforma agraria promossa nell'Italia contemporanea getta luce su quella promossa dai Gracchi nel n secolo a. C. Ancora una volta si tenta di cambiare il volto del Mezzogiorno e di migliorare le condizioni di vita della sua popolazione frantumando i latifondi in pie· cole proprietà fondiarie. L'odierna riforma si vale dell'impiego di ingenti mezzi tecnici, ignoti ai suoi precursori di duemila anni fa. L'applicazione dei moderni metodi scientifici accresce la produttività del suolo e l'istituzione di cooperative fa sperare che i vantaggi sociali insiti in un regime di proprietà contadina si possano unire ai benefici economici che derivano da interventi su vasta scala. Ma, se mu'tano le tecniche e le istituzioni, non muta la natura dell'uomo: i problemi umani con cui si devono confrontare le autorità preposte alla riforma agraria nell'Italia dei nostri giorni hanno molti punti in comune con quelli che si presentarono, in passato, ai commissari dei Gracchi. A questo volume, che tratta della Federazione romana in Italia prima che Annibale apparisse all'orizzonte, ne segue un secondo che si spinge, dopo l'uscita di scena del Cartaginese, fino allo scoppio della rivoluzione dei cent'anni (133 a. C.). Il tema dell'opera nel suo insieme è la vittoria postuma di Annibale su Roma, che egli non aveva potuto sconfiggere con le armi. Nemmeno il suo genio militare era riuscito a trionfare sull'enorme potenziale umano che Roma era in grado di mettere in campo e sulle salde strutture della Federazione romana, ma egli riusd ad aprire nell'organismo sociale ed economico della Federazione ferite gravissime, tanto gravi da provocare, quando suppurarono, quella rivoluzione che fu accelerata da Tiberio Gracco e che non ebbe termine sino al momento in cui fu arrestata da Augusto, cento anni piu tardi. A mio parere, quella rivoluzione rappresentò la nemesi del corso, in apparenza trionfale, delle conquiste militari di Roma. Nemesi è una dea potente: in tale circostanza ella trovò in Annibale uno strumento umano docile e della sua stessa statura. ARNOLD TOYNBEE

Ringraziamenti. Quest'opera è stata letta in dattiloscritto dal dottor A. H. McDonald, cui sono profondamente grato per le sue critiche ed i suoi suggerimenti. Egli, che notoriamente è in materia una delle massime autorità viventi, è stato tanto cortese da venirmi in aiuto, senza risparmio di tempo e di fatica, con tutta la sua dottrina, la sua esperienza, il suo discernimento; in particolare, mi ha dato consigli preziosi per alleggerire il libro - specialmente il primo volume - eliminando dettagli superflui e riportando nel testo e nelle appendici il succo di talune note eccessivamente prolisse. Prima di dare il libro alle stampe, l'ho interamente rielaborato e rivisto, tenendo conto delle osservazioni del dottor McDonald. Grazie a lui sono certo di averlo migliorato; ma se il lettore vi troverà ancora i difetti segnalatimi a suo tempo dal dottor McDonald, dovrò imputare solo a me la colpa di non aver seguito fino in fondo i suoi saggi consigli. La responsabilità del testo publicato resta dunque tutta mia. Sono inoltre molto grato al dottor G. D. B. Jones per avermi gentilmente fornito dati illuminanti circa la sua opera sulle zone centuriate del Tavoliere di Puglia, rivelate dall'aerofotografia. Ancora una volta ho avuto la fortuna di poter contare sull'aiuto della signora Phyllis Gomme, che ha dato una veste specialistica alle note e agli schizzi dilettanteschi che avevo eseguito per le carte geografiche *. Molti sono gli esperti nella tecnica della cartografia, ma non tutti hanno, come la signora Gomme, l'intuito e la fantasia necessari per tradurre in forma visiva il pensiero e la parola di un autore. Ho potuto giovarmi anche del prezioso ausilio della signorina Norah Williams, che ha copiato a macchina il mio tormentato manoscritto. Il suo compito sarebbe stato forse meno faticoso se le correzioni che ho poi apportato al dattiloscritto dietro suggerimento del dottor McDonald fossero state introdotte quando il libro era ancora manoscritto, e dunque prima di consegnarlo alla signorina Williams. Mia moglie, come tante altre volte, ha compilato un indice che non è solo un catalogo di nomi, ma anche una guida agli argomenti. Sono infine molto riconoscente alla Oxford University Press e ai suoi delegati che hanno curato la pubblicazione del libro, per l'interesse personale dimostrato all'opera e per l'aiuto che mi hanno prodigato in prima persona. Non è certo un'esperienza nuova, ma ogni volta che si ripete la mia gratitudine aumenta. A.]. T.

* [Nell'edizione italiana dell'opera, le carte geografiche sono state parzialmente modificate).

Avvertenza all'edizione italiana. Chiunque abbia avuto fra le mani un libro di Arnold Toynbee sa per esperienza come assolutamente personale sia in lui non solo l'argomentare e l'architettura del periodo, ma anche l'uso di espressioni o formule che documentano in modo inequivocabile lo stile di pensiero dell'autore. Per quanto singolari o inconsuete esse possano sembrare, è parso opportuno riprodurle integralmente e fedelmente, poiché sfumare la pregnanza radicale di taluni vocaboli o sfoltire la selva di aggettivi in apparenza ridondanti significherebbe anche alterare il rapporto fra il tutto e le parti, fra l'impianto storiografico e le cellule che ne costituiscono la minuscola ma sensibilissima cassa di risonanza. Persino la scelta di una grafia piuttosto che di un'altra non appare casuale: il lettore si troverà dunque dinanzi ad un numero di maiuscole forse eccessivo rispetto a quello che sarebbe logico attendersi, ma che corrisponde quasi sempre alle scelte di Toynbee; del resto, nel caso delle entità politiche e statuali, il ricorso alle maiuscole può servire a dare un'evidenza piu immediata al problema trattato e alle verso il 150 a. C. e «inviolabile» prima del 138 a. C.; Epifania-Hamath ot· tenne entrambi i titoli nel corso del II secolo a. C. Sidone fu dichiarata «divina» nel 133 a. C. (al piu tardi), «sacra» nel 122-121 a. C., «sacra e inviolabile» durante e dopo il 121-120 a. C.; Tolemaide di Palestina fu proclamata «sacra» durante e dopo il 126-125 a. C.; Laodicea di Fenicia durante e dopo il 122-121 a. C.; Susa durante e dopo il 103-102 a. C. (probabilmente per concessione del governo arsacide); Roso intorno al 100 a. C.; Damasco durante il regno di Demetrio III (95- 88-87 a. C.)". Arado, oltre a diventare praticamente indipendente fra la fine del II e l'inizio del 1 secolo a. C., riacquistò anche per qualche tempo alcuni frammenti del suo antico dominio sul continente m. A differenza del ) o « Aequicoli » significhi il «popolo delle pianure>), a differenza dei loro vicini Ernici che sarebbero il «popolo delle rocce>) e dei loro alleati volsci, il «popolo delle paludi>) (il nome «Volsci» deriva presumibilmente dalla stessa radice da cui provengono i nomi del distretto della Velia nella città di Roma e del lago Velino nell'alta Sabina ed è l'equivalente latino (cfr. infra, cap. III, appendice III, p. 490, nota 24) della radice .fEÀ.che compare nella parola greca E).. oc;). II nome « Aequi >) fu forse dato in origine dai Latini alla parte di questo popolo di montanari che nel v secolo a. C. era riuscita a occupare per qualche tempo un tratto di pianura fra Preneste e i colli Albani. Dopo che i Romani, verso la fine del IV secolo a. C., ebbero schiacciato gli Equi sulle loro montagne, il nome «Aequicoli» venne usato per designare il piu settentrionale dei due tronconi superstiti del popolo equo. Mentre gli Equi, come i Sabini, erano ancora fermi allo stadio anteriore alla città-stato sin dopo la conquista romana, tutti i Volsci, come pure gli Ernici, avevano già fondato per sinecismo città-stato che, a quanto ci consta, erano probabilmente antiche come quelle latine e come la stessa Roma. 10 La storia abbonda di casi del genere. Ad esempio i cristiani ortodossi d'Oriente, sudditi dell'Impero ottomano, cominciarono a giudicarne intollerabile il dominio soltanto negli ultimi decenni del XVII secolo; il mutamento del loro atteggiamento politico fu determinato in quell'epoca da ragioni culturali. Fino a quel momento essi avevano ri-

La Federazione romana dell'Italia peninsulare nel 266 a. C.

spettato la civiltà dei dominatori Osmanli, in quanto superiore alla loro; alla fine del secolo si resero conto che la moderna civiltà occidentale era superiore a quella ottomana e, a mano a mano che essi stessi si occidentalizzavano, cominciarono a considerarsi superiori ai loro padroni ottomani sul piano culturale. Questo nuovo senso di superiorità culturale fece si che da allora in poi essi giudicassero intollerabile la loro soggezione politica. L'insofferenza che i popoli dell'Europa orientale, soggetti all'Unione Sovietica, provavano nel 1964 verso la dominazione russa dipendeva in parte dalla stessa causa. Questi popoli, sia ortodossi orientali che cattolici romani, si sentivano superiori ai Russi per civiltà; nel caso di quelli la cui lingua nazionale apparteneva (come quella russa) alla famiglia slava, l'affinità linguistica non contava affatto rispetto alla differenza culturale. Polacchi, Cechi, Slovacchi e Bulgari si sarebbero volentieri scrollati di dosso il giogo dei Russi, slavi come loro, se ne avessero awto la possibilità. Alla dominazione russa si era sottratto, sempre nell'Europa orientale, un altro popolo di lingua slava, quello jugoslavo. Cfr. GRIMAL, loc. cit. (supra, p. 278, nota 134). AFZELIUS, Die romische Eroberung cit., pp. 137-38, concorda con BELOCH, Riimische Geschichte cit., pp. 368-69, nella valutazione del territorio controllato dai Sanniti al principio del conflitto con Roma. A quell'epoca la Federazione sannitica abbracciava il futuro Ager Picentinus sulla costa tirrenica, a sud-est della penisola sorrentina; i territori dei Frentani e degli Apuli a nord-ovest di Arpi, sulla costa adriatica; Ece, Ascoli Apulo, Lucera e Venosa nell'entroterra dell'Apulia nord-occidentale; Banzia, Forento e Silvio all'estremità settentrionale della Lucania e Cassino e Atina sul margine nord-orientale del bacino del Liri (cfr. supra, p. 272, nota 27). Secondo Afzelius (Die romische Eroberung ci t., p. 138),la superficie complessiva di questi territori era di 21 595 kmq, ossia circa un sesto della superficie totale dell'Italia peninsulare, e la superficie del Sannio propriamente detto era di 12 970 kmq. Afzelius (ibid., p. 140) calcola che nel 346 (343 o 342) a. C. la superficie dell'Ager Romanus misurasse 2005 kmq, che quella della Confederazione latina fosse di pari dimensione e che quella dell'alleanza romano-latino-emica, compresi gli Stati volsci assoggettati, si estendesse per 6095 kmq. Egli ritiene che la popolazione libera fosse di 317 400 anime in tutto (p. 141), in confronto alle 650 ooo della Federazione sannitica (p. 138). A quell'epoca la densità della popolazione dell'Ager Romanus era, secondo i suoi calcoli, di 63 abitanti per kmq (p. 141) di fronte ai 30,1 della Federazione sannitica nel suo complesso (p. 138). Da parte di APZELIUS, ibid., p. 172. Sulla data del passaggio di Nocera dal campo sannitico a quello romano, cfr. ibid., p. 161. Cfr. ibid., pp. 163-66. Il vantaggio politico di cui Roma godeva in quanto rappresentante del sistema di vita della città-stato ebbe il suo rovescio nella storia dei rapporti fra le città-stato greche dell'Italia e della Sicilia e i difensori che esse fecero venire dalla Grecia continentale europea per attenerne l'aiuto durante le lotte contro Cartaginesi, Osci e infine Romani. Cinque di questi sei campioni della grecità occidentale erano sovrani o membri di famiglie reali: Archidamo era re di Sparta, Acrotato e Oeonimo appartenevano ad una delle due famiglie reali spartane, Alessandro e Pirro erano sovrani molassi. Fra i sei, solo Timoleonte era cittadino di una città-stato repubblicana ed egli solo, infatti, compi la sua missione senza entrare in collisione con lo spirito repubblicano dei Greci d'Occidente. Tutti gli altri, prima o poi, entrarono in contrasto con esso e in tutti e cinque i casi fu questo uno dei motivi che determinarono l'insuccesso dei campioni monarchici. La tradizione greca (ad esempio APPIANO, Sam. 8) addossa a Pirro, non a Roma, l'odioso ruolo di affossatore della libertà tarantina (w. HOFFMANN, Der Kampf :r.wischen Rom und Tarent im Urteil der antiken Oherlieferung, in «Hermes», LXXI, XVII

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279

1936, p. 21).

280

Capitolo terzo

Le sei sfortunate spedizioni militari venute in Occidente dalla Grecia continentale europea coprono un periodo che va dal 344 al 272 a. C., cioè dallo sbarco di Timoleonte in Sicilia alla resa di Milone e della cittadella di Taranto ai Romani. La conquista romana dell'Italia peninsulare abbraccia un periodo che va dal 340 o 339 (quale che sia, di questi due, l'anno corrispondente al varroniano 411 A.U.C.) e il 272 a. C. I due periodi coincidono quasi esattamente. Se il movimento che mirava a risollevare le sorti greche in Occidente non fosse stato ostacolato da una frattura ideologica, gli Elleni d'Occidente avrebbero forse potuto opporre una valida resistenza all'espansione romana, attuata a loro spese. 150 Cfr. NISSEN, op. cit., II, p. 20. "' È indubbio che l'ondata del sinecismo avanzava anche indipendentemente da quella della conquista romana e la precedeva senza alcun intervento da parte di Roma. Nel territorio dei Vestini, ad esempio, erano sorte accanto ai pagi di Furfo e di Fificulanus le città-stato di Peltuino e Aveia; nel territorio dei Peligni, Sulmona e Corfinio erano già divenute città-stato (H. RUDOLPH, Stadt und Staat im romischen ltalien, Leipzig 1935, p. 56). Nel Sannio il cantone dei Caudini, lungo la frontiera campana, si stava forse già cristallizzando nelle città-stato di Caudio, Caiazia, Telesia, Compulteria e Treglia (cfr. AFZELIUS, Vie romische Eroberung cit., p. 59). Non è neppure provato che Roma abbia influito in qualche modo sul sinecismo di Ascoli, la prima città-stato indigena (vale a dire né greca né romana) formatasi nel Piceno. Nel territorio dei Sidicini, invece, il sinecismo che diede origine alla città-stato di Teano Sidicino sembra esser avvenuto dopo che i Sidicini furono incorporati nella Federazione romana come alleati di Roma. ISl A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citiz.enship, Oxford 1939, p. 90. 1 " Cfr. infra, p. 295, nota 54, e p. 298, nota 76. "' Cfr. infra, p. 169. 1 " Cfr. supra, p. 272, nota 25, e infra, p. 293, nota 22, e p. 169. 156 Il Sannio settentrionale non imitò gli lrpini e i Caudini quando questi si staccarono dalla Federazione romana nel 216 a. C., dopo la disfatta di Canne, ma lo fece poi nel 90 a. C. per svolgere una parte di primo piano fra i confederati nella seconda guerra di secessione. Una delle prime operazioni militari dei confederati consistette nell'attaccare ed espugnare Isernia; il fatto che essi ne avessero compreso l'importanza attesta l'abilità con cui Roma aveva istituito questa fortezza latina in vista dei suoi interessi strategici. m Cfr. supra, nota 151. 158 Op.cit., Il, p. 461. Cfr. anche supra, p. 272, nota 25. m BELOCH, Romische Geschichte cit., pp. 367-68, e AFZELIUS, Die romische Eroberung cit., p. 86, affermano che Cassino, come Atina, era appartenuta al Sannio. Secondo AFZELIUS, loc. cit., Aquino era invece uno Stato volsco indipendente. 100 Cfr. AFZELIUS, Die romische Eroberung cit., p. 90i BELOCH, Romische Geschichte cit., pp. 472 e 509. BELOCH, locc. citt., avanza l'ipotesi che anche Alfedena possa essere stata una di queste antiche comunità sannitiche annesse da Roma. Non vi sono dubbi per quanto riguarda Venafro, Alife e Atina: le prime due sono indicate come prefetture da Festa e la terza da Cicerone (Pro Planc. 8.21). Nel caso di Cassino e Alfedena ci si deve basare su iscrizioni (CIL X, nn. 5193 e 5194 per Cassino; CIL IX, n. 2802 per Alfedena) che non costituiscono prove decisive. Quanto ad Alfedena, l'opinione di Beloch viene accolta, a titolo di ipotesi, da L. R. TAYLOR, The Voting Districts of the Roman Republic, Roma 1960, p. 92, nota 39· 161 Cfr. SHERWIN-WHITE, op. cit., p. 122. 162 Cfr. infra, in questo capitolo, § 7· "' I Romani, guardando a tale guerra dal loro punto di vista, la definirono «guerra contro gli alleati» (Bellum Sociale), oppure «guerra contro gli Italici» (Belltlm Italicum).

La Federazione romana dell'Italia peninsulare nel 266 a. C.

28 1

Una piu adeguata descrizione visiva del conflitto forniscono le monete coniate dal governo della Confederazione secessionista italica le quali mostrano il toro italico che colpisce con le coma la lupa romana. La «guerra sociale», usuale traduzione di uno dei due nomi romani di questa guerra, è una denominazione che oggi, nell'età postmarxiana, è particolarmente fuorviante in quanto suggerisce inevitabilmente il concetto improprio di lotta di classe. La prima guerra di secessione dall'alleanza con Roma fu quella combattuta nel34o-338 (337-335 o 336-334) a. C., ossia la «guerra contro i Latini» (Bellum Latinum) come la chlarnarono i Romani. 164 Cfr. BELOCH, Der italische Bund cit., pp. 18, 19, 22 (lrpini, Lucania, Piceno). 165 Ad esempio la Respublica Aequicolorum, il territorio dei Marrucini (trasformato nel municipium Teate) e il territorio dei Vestini (trasformato nel municipium Pinna; ibid., pp. 21 e 166-67). 166 Ad esempio Alba Longa, Boville, Cabo, Castrimenio, l'Ager Latiniensis (già tribu Poi· lia), l'Ager Clustuminus (già tribu Clustumina), Fidene, Ficulea, il municipium Veiens (già tribU Trementina), i Novem Pagi, tutti compresi nel territorio dei piu antichl distretti delle tribu rustiche (ciCERONE, Pro Planc. 9.23; De Harusp. Resp. 10.20; BE· LOCH, Der italische Bund cit., p. 105; TAYLOR, op. cit., p. 106, nota 16); Foroappi e Ulubre nel territorio della tribu Fontina; Urbana e Forum Popilii in quello della Falerna (BELOCH, Der italische Bund eit., p. 106); l'Ager Ernicus (già tribu Publilia) (TAYLOR, loc. cit.). 167 Per le prefetture cfr. in/ra, in questo capitolo,§ 7· 168 Cfr. SHERWIN·WHITE, op.cit., pp. 141-42. Secondo Rudolph (op.cit., passim, ma specialmente alle pp. 216-41), non vi era alcuna organizzazione generale o sistematica e i poteri giudiziari non vennero delegati alle autorità municipali sinché Cesare non fece approvare la lex lulia municipalis, che Rudolph (p. 223) data al47 a. C. basandosi su CICERONE, Ad Fam. XIII u.3. 169 GRIMAL, op. cit., p. 51. "" Ibid., p. 36. § 2.1 (pp. 133•53). 1

Ager Romanus Antiquus, in «Hermes», xc, 1962, pp. 187-213, sostiene che i confini battuti durante la festa degli Ambarvalia non fossero i piu antichl e avanza l'ipotesi che il primitivo Ager Romanus non si estendesse oltre la riva destra del Tevere e che in origine l'Ager Veientanus corresse lungo la sponda sinistra del fiume fino alla costa, fra l'Ager Romanus e l'Ager Caeritis (dr. ibid., pp. 187, 190-93). Sempre secondo Alfoldi (ibid., pp. 193, 206 e 213), la tribu Romilia fu creata non prima del 450 a. C. ca. e l'Ager Romanus si estese fino alla quinta pietra miliare della via Clodia soltanto dopo l'annessione di Fidene (pp. 197-99). 2 Cfr. infra, cap. v,§ 3.1, pp. 369-70. 3 Cfr. PARETI, op. cit., l, p. 306; BELOCH, Der italische Bund cit., p. 181. Tuttavia BE· LOCH, Romische Geschichte cit., p. 170, calcola che la superficie dell' Ager Romanus delimitata da questi confini fosse già piu estesa della media dei territori degli Stati latini coevi. ' l'RANK, An Economie Survey of Ancient Rome, I, Rome and Italy of the Republic, Baltimore 1933, pp. 2-3, data il sinecismo di Roma al 650 a. C. ca., epoca in cui- stando alle testimonianze archeologiche - si cessò di usare come necropoli quello che sarebbe poi divenuto il Foro Romano. LAST, in « CAH », VII, 1928, fa risalire il sinecismo di Roma alla stessa data (p. 359), ma ritiene che ancora per un secolo il Foro fu adoperato per sepolture (p. 354). BLOCH, The Origins of Rome cit., pp. 86 e 90, osserva che nel Foro v'erano già abitazioni e tombe nel67o a. C. e che (p. 88} vasi del Tardo Protocorinzio sono stati rinvenuti in tombe romane della seconda metà del VII secolo a. C. In alcune sepolture del Foro, secondo FELL, op. cit., p. 63, nota 3, sono state trovate ceramiche del VI secolo a. C. PARETI, op. cit., l, p. 230, avanza l'ipotesi che il A. ALFOLDI,

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Capitolo terzo

sinecismo, nel Lazio, abbia rappresentato una reazione alla pressione delle città-stato greche ed etrusche già sorte per sinecismo. HOMO, op. cit., pp. II2 e 137, e FELL, op.cit., pp. 41, 70 e 73, ritengono che esso sia stato una conseguenza della conquista etrusca del Lazio. H. STUART JONES, in «CAH~>, VII, 1928, p. 346, e SHERWIN-WHITE, op. dt., pp. I7·I8, fanno risalire il sinecismo nel Lazio al VI secolo a. C.; SAFLUND, art. cit., p. 21, lo colloca intorno al 575 a. C. Un'analisi esaustiva di tutto il materiale archeologico relativo alle origini di Roma sinora venuto alla luce è fornito da E. GJERSTAD, Early Rome, I, Lund 1953; II, 1956; III, 1960; IV-VI, ancora inediti [vedi ora la bibliografia finale con i relativi aggiornamenti]. Cfr. anche A. MOMIGLIANO, An Interim Report on t be Origins of Rome, in «Journ. Rom. Stud. », LIII, 1963, pp. 95-121. 'Cfr. FRACCARO, L'organizzazione politica cit., p. 196. Secondo BELOCH, Romische Geschichte cit., p. 209, e F. TAMBORINI, La vita economica nella Roma degli ultimi re, in «Athenaeum», XVIII (n.s. VIII) 1930, pp. 476-77, Ardea era, subito dopo Roma, la piu importante fra le città-stato latine. 6 Cfr. BELOCH, Der italische Bund cit., pp. 43-44; EUNDEM, Romische Geschichte cit., pp. q8, 216 e 62o; infra, p. I54· 7 BELOCH, Romische Geschichte cit., p. 178. 1 Cfr. la tavola di BELOCH, loc. cit. Ecco, sempre di Beloch, l'elenco delle città-stato del Lazio dell'epoca e il computo della superficie dei loro territori in chilometri quadrati: Roma 822, Tivoli 351, Preneste 262,5, Ardea(- Rutuli) 198,5, Lavinio (- Laurentini) 164, Lanuvio 84, Labico 72, Nomento 72, Gabii 54, Fidene 50,5, TuscoJo 50, Ariccia 44,5, Pedo 42,5, Crustumerio 39,5, Ficulea 37· 'Cfr. infra, cap. v, § 3, pp. 369-70. 10 La tribu Rornilia, la piu antica tribu rustica, era situata sulla riva destra (nord-occidentale) del Tevere (BELOCH, Der italische Bund cit., p. 29), come la Galeria (TAYLOR, op. cit., p. 39) e probabilmente anche la Fabia (ibid., pp. 40-41). 11 Cfr. BELOCH, Romische Geschichte cit., pp. 179-80; WERNER, op. cit., p. 339 con la nota x. u Cfr. infra, cap. nr, appendice l, § 3· ALFOLDI, art. cit., pp. I87-213, ritiene invece che questi ampliamenti siano posteriori al 450 a. C. u LIVIO, I 49·52. 14 LIVIO, I 53· 15 LIVIO, I 53-55· 16 LIVIO, I 56. 17 LIVIO, I 57· 11 BLOCH, T be Origins of Rome cit., p. 104, fa notare che Roma assunse importanza strategica agli occhi degli Etruschi dopo che essi ebbero occupato la Campania. Egli avama l'ipotesi che sia questo il motivo che spinse in ordine successivo alla conquista di Roma condottieri come Aule e Calle Vipinas e Macstrna di Vulci o Larth Porsenna di Chiusi. Cfr. PELL, op.cit., p. 83, nota I che cita TACITO, Hist. III 72. Cfr. infra, cap. m, appendice I,§ 3· WERNER, op.cit., pp. 381-83, respinge in quanto leggendaria la storia della spedizione di Porsenna contro Roma. 19 WERNER, op. cit., pp. 388-96, ha raccolto testimonianze a conferma dell'uso del rito etrusco nel sinecismo di Roma e di altre città laziali. ZD La tradizione è però accettata da F. MÌiNZER, Romische Adelsparteien und Adelsfamilien, Stuttgart 1920, p. 52; PRACCARO, L'organizzazione politica cit., p. 197; FRANK, An Economie Survey, I cit., p. 3· Cfr. infra, cap. III, appendice l, § 3· 21 Tuttavia, «l'influenza culturale dell'Etruria sul Lazio non costituisce di per sé una prova del dominio etrusco» (FELL, op. cit., p. 68). 22 Lucus Ferentinae: LIVIO, I 50 e 52; VII 25; o fonte di Ferentina (caput Ferentinae: LIVIO II 38; CINCIO, citato da PESTO, s. v. praetor sub monte, p. 241 M.; caput aquae

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Ferentinae: LIVIO, I 51); o Ferentinum (forma in cui il nome compare sempre in Dionigi). 23 In « CAH », Vll, 1928, pp. 487-88. " Op. cit., p. 13. 25 Cfr. BELOCH, Romische Geschichte cit., pp. 182-86, e WERNER, op. cit., p. 405, con la nota 2. "' l 45· n De Ling. Lat. V 43· 2.! WERNER, op.cit., pp. 396-400, ritiene che il santuario di Diana sull'Aventino sia stato fondato sotto il regime etrusco, dopo che i dominatori etruschi di Roma ebbero esteso la propria egemonia a tutto il resto del Lazio. A quell'epoca essi trasferirono da Ariccia a Roma il santuario federale della Confederazione latina. Sempre secondo Wemer (ibid., pp. 408 e 463), che si attiene a DIONIGI, III 34, questa Confederazione era stata fondata (e aveva scelto come proprio santuario federale il boschetto di Diana ad Ariccia) dopo che Roma si era annessa l'Ager Albanus, in cui sorgeva il santuario nazionale latino di Giove Laziare. A parere di Wemer (op.cit., pp. 404-5 e 442), il testo tramandato da Catone costituisce il documento della riconsacrazione del santuario di Ariccia, avvenuta quando la Confederazione latina si fu liberata dall'egemonia romana, dopo la caduta del regime etrusco. " Fr. 58 Peter. 30 Cfr. infra, p. 256. Questa lezione è rifiutata da WERNER, op.cit., p. 403, nota 2. 31 Vl2r. 32

II x8.

E. T. SALMON, Roma and the Latins, I, in cThe Phoenix>l>, vu, 1953, p. 98; WERNER, op. cit., pp. 413-14. ,. PRJSCIANO, IV 21, p. 129 Hertz. 3 ' WERNER, op.cit., pp. 420-21, avanza l'ipotesi secondo cui le comunità che finirono per partecipare alla Confederazione latina dopo il dominio dei Tarquini sarebbero quelle comprese nell'elenco fornito da DIONIGI, V 6r.3. 3 ' Cfr. PRACCARO, L'organizzazione politica cit., p. 196. " Cfr. ibid., p. 197, e WERNER, op. cit., p. 462, che cita LIVIO, II 22 e 24, nonché DioNIGI, VI 25 e 27. DE SANCTIS, op. cit., II, p. 100, ipotizza che la distruzione di Pomezia ad opera dei Volsci sia stato l'episodio che indusse la Confederazione latina a venire a patti con Roma. 38 È anche possibile che la zona paludosa compresa fra i monti Lepini e la costa, da Velletri e Anzio a Terracina e Circei incluse, fosse abitata in origine da una popolazione latina e che i Volsci siano calati dai contrafforti appenninici a occupare la regione pontina soltanto dopo il crollo della monarchia a Roma e la conseguente disgregazione del minuscolo impero di Tarquinia Il. Questa tesi è sostenuta da Werner (dr. op. cit., p. 333, con la nota 3, p. 368 e pp. 396-97). '' Cfr. supra, p. 278, con la nota 141. 4 ° Cfr. SHERWIN-WIDTE, op. cit., p. 20. 41 WERNER, op. cit., pp. 455-56, sostiene che il testo del trattato tramandato fino ai tempi di Cicerone (CICERONE, Pro Balbo 23.53) non recava data e designava il negoziatore romano col solo nome di Cassio. Werner identifica inoltre (op. cit., p. 455) il trattato citato da CICERONE, loc. cit., con quello menzionato da DIONIGI, VI 95, e da PESTO, p. 166 M. " WERNER, op. cit., p. 454, sostiene l'autenticità del trattato ma (p. 462) lo fa risalire al 465-460 ca. a. C. Cfr. ibid., p. 358, nota r e p. 370. o DIONIGI, IV 49· 33

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VIII 69; LIVIO, II 41. Secondo Dionigi, gli Emici furono ammessi nell'alleanza su un piano di parità. DE SANCTIS, op. cit., II, p. 98, nota 2 e pp. 103-4, e SALMON, Rome and the Latins, II, in «The Phoenix», vn, 1953, p. 125, sostengono che tale tradizione è autentica, mentre BELOCH, Romische Geschichte cit., p. 198, e WERNER, op. cit., pp. 128 e 468-69, la rifiutano, giudicandola l'anticipazione spuria di un trattato concluso durante o dopo il 358 (355 o 354) a. C. " La svolta decisiva del conflitto fu probabilmente segnata dalla battaglia del monte Algido, combattuta nel 432 o 431 (429-424 o 428-423 ca.) a. C. (LIVIO, IV 26-29; DIODORO, XII 64).. DE SANCTIS, op. cit., Il, pp. 134 e I40. " DIONIGI, VI 95· Sempre secondo Dionigi (VIII 69, 71 e 77) gli Emici ricevettero un terzo del territorio conquistato e una parte del bottino. "Cfr. FRANK, On Rome's Conquest of Sabinum, Picenum and Etruria, in «Klio», XI, 19II 1 p. 369. " Cfr. SALMON, Rome and the Latins, II cit., pp. 125 e 126; SPAETH, op. cit., p. 30. 50 Cfr. SALMON, Rome and the Latins, II cit., p. 130. 51 Cfr. infra, cap. m, appendice V, pp. 501-2. 52 J.IVIO, IV 51, che riporta la data tradizionale: 413 (410-405 ca.) a. C. (cfr. SALMON, Rome and the Latins, II cit., p. 126). 53 I Latini e gli Emici prestarono man forte ai Romani nella conquista di Fidene (LIVIO, II 19; IV 17 e 21; DIONIGI, V 43, 52, 58 e 6o) e di Veio (LIVIO, V 19). Cfr. SALMON, Rome and the Latins, II cit., p. 123, e, infra, l'appendice V a questo capitolo, p. 501. 54 Cfr. in/ra, p. 189 e l'appendice V a questo capitolo . .., Cfr. SALMON, Rome and the Latins, II cit., p. 127. 56 L'anno 396 (393-388 ca.) a. C. è la data tradizionale della caduta di Veio e l'anno 386 (383-378 ca.) a. C. è quella del riordinamento dell'antico Ager Veientanus in quattro distretti di tribu supplementari (uvw, VI 5). S7 Le date tradizionali di fondazione di queste quattro colonie latine non rientrano tutte nel periodo compreso fra la data tradizionale della stipulazione del Foedus Cassianum e quella della disfatta gallica. Secondo la tradizione, il Foedus Cassianum fu concluso nel 493 (490-485 ca.) a. C. e i Galli si abbatterono su Roma nel 390 (387382 ca.) a. C. Le date tradizionali di fondazione delle colonie latine in questione sono: Segni, 495 (492-487 ca.) a. C.; Norma, 492 (489-484 ca.) a. C.; Circei, 393 (390-385 ca.) a. C.; Sezze, 382 (379-374 ca.) a. C., secondo VELLEIO, I 14. WERNER, op. cit., p. 471, rifiuta le date tradizionali di fondazione di Segni e Norma. Sembra inoltre improbabile, in contrasto con alcune date tradizionali, che la Confederazione latina sia stata tanto forte da conquistare e colonizzare i territori volsci in questione senza l'aiuto di Roma ed è quindi lecito supporre che nessuna delle quattro colonie di cui sopra, già in territorio volsco, sia stata fondata prima della stipulazione del Foedus Cassianum o nel corso dei trent'anni successivi alla disfatta gallica, quando l'alleanza romano-latina non era piu in vigore (cfr. POLIBIO, II r8; LIVIO, VI 2). Varie considerazioni di indole geografica fanno inoltre ritenere assai improbabile che la colonia latina di Circei sia stata fondata undici anni prima di quella di Sezze. Attaccando i Volsci, la Confederazione latina mirava evidentemente a tagliare fuori i loro avamposti pontini (Anzio, Satrico, Velletri e Terracina) dal grosso del popolo volsco, insediato piu ad est (Priverno, Fabrateria, Fondi, Formia, Aquino, Fregelle, Frosinone, Arpino e Sora). La strategia dei Latini consisteva nel prolungare la propria catena di colonie verso sud-est, lungo le alture facilmente difendibili dei monti Lepini, e la saggezza di quella strategia venne confermata dal successivo corso degli eventi: la colonia di pianura, Pomezia, venne spazzata via, mentre le quattro colonie costruite sulle alture resistettero tutte, come la loro sorella maggiore Cori. I Latini dovettero però attraversare l'insidiosa pianura pontina per creare l'ul" DIONIGI,

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timo anello della loro catena di colonie collinari, Circei. Sembra poco probabile che essi siano riusciti a portarsi con un balzo solo da Circei a Norma, senza aver prima fondato un caposaldo intermedio a Sezze. Sarebbe perciò difficile accettare l'affermazione di Velleio secondo cui Sezze fu fondata nel 382 (379-374 ca.) a. C. Egli o la sua fonte debbono aver confuso la fondazione di Sezze col suo successivo rafforzamento che LIVIO, VI 30, fa risalire all'anno 380 (377-372 ca.) a. C. 58 Per Sutri e Nepi dr. infra, p. 299, nota 106, p. 190 e l'appendice II a questo capitolo, pp. 474-75. 59 Nel cruciale anno 340 (337 o 336) a. C., i due principali magistrati della Confederazione latina erano entrambi cittadini di colonie facenti parte della Confederazione: uno di essi era di Sezze e l'altro di Circei. Secondo la tradizione romana, furono questi due magistrati latini provenienti dalle colonie ad istigare le genti latine spingendole a scendere in lotta contro Roma e ad incitare i Volsci Pontini a unirsi a loro (LIVIO, VIII 3-6) . .. LIVIO, VII 9· 61 La fondazione di una colonia latina a Circei nel 393 (390-385 ca.) a. C. presuppone che in precedenza fosse stata soggiogata Anxur (ovvero Terracina). Secondo la tradizione romana, quest'ultima fu espugnata dai Romani (cioè dalla triplice alleanza) nel 406 (403-398 ca.) a. C. (LIVIO, IV 59; DIODORO, XIV 16); riconquistò l'indipendenza nel 402 (399-394 ca.) a. C. (LIVIO, V 8 e 10) e venne riassoggettata nel 400 (397-392 ca.) a. C. (LIVIO, V 12-13). Anche Anzio dovette essere temooraneamente sottomessa intorno alla stessa data, perché la tradizione narra (LIVIO, VI 6) che essa insorse nel 386 (383-378 ca.) a. C., vale a dire dopo la catastrofe gallica. La tradizione riferisce inoltre (LIVIO, V 45) che nel390 (387-382 ca.) a. C. gli Anziati combatterono a fianco dei Romani contro un'orda di Galli, il che fa pensare che Anzio fosse stata costretta ad allearsi con la Lega romano-latino-ernica prima di tale data. "' LIVIO, VI 2. Cfr. anche VI 21-24. 63 Cfr. in fra, l'appendice II a questo capitolo. "' LIVIO, VII 6-9 e 15. 65 « Pax Latinis petentibus data et magna vis militum ab iis ex foedere vetusto, quod multis intermiserant annis, accepta» [«Dietro loro richiesta fu concessa la pace ai Latini, ed essi fornirono un gran numero di soldati secondo l'antico trattato di alleanza, che da molti anni non era stato piu osservato»] (LIVIO, VII 12). Malgrado questa chiara affermazione liviana, WERNER, op. cit., pp. 357-58 e 369-70, sostiene che nel 358 (355-354) a. C. Roma impose ai Latini un nuovo trattato, le cui condizioni erano diverse e meno favorevoli di quelle del Foedus Cassianum. SALMON, Rome and the Latins, II cit., pp. 131-32, osserva che in tale occasione il Foedus Cassianum fu ripristinato per iniziativa dei Latini. Egli ipotizza che i Latini vi furono indotti dalla paura dei Sanniti e che con questi ultimi Roma concluse il trattato dd 354 (351 o 350) a. C. per placare le apprensioni suscitate in loro dal rinnovo del Foedus Cassianum. Egli fa notare che ciò nonostante i Latini riuscirono a trascinare Roma nella guerra contro il Sannio del343 (340 o 339) a. C., ma che i Romani conclusero poi con i Sanniti una pace separata nel341 (338 o 337) a. C . .. LIVIO, VII 2567 LIVIO, VII 38. 68 I territori della Confederazione latina dominavano i percorsi delle due strade - la via Appia e la via Latina - che il governo romano costruf in seguito per collegare Roma a Capua. 69 SALMON, Rome and the Latins, II cit., p. 131, osserva che nel 358 (355 o 354) a. C. il Foedus Cassianum venne ancora rinnovato come foedus aequum. 70 Secondo i calcoli di Mzelius, l'Ager Romanus aveva nel 343 (340 o 339) a. C. una superficie di 2005 kmq e una popolazione di 126 400 anime, contro la superficie com-

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plessiva eli 6940 kmq e la popolazione eli 375 ooo anime degli alleati eli Roma (AFZE· LWS, Die romische Eroberung cit., pp. 144 e 147). 71 Questa osservazione è formulata da SALMON, Rome and the Latins, II cit., p. 129. 12 Il numero dipende dalla data in cui Tuscolo fu accolta nell'organismo politico romano (dr. in/ra, p. 141). 73 AFZELIUS, Die romische Eroberung cit., p. 150, calcola che, durante tale guerra, Roma e gli alleati a lei rimasti fedeli dominavano una superficie complessiva eli soli 3530 kmq, con una popolazione eli 193 500 anime, contro una superficie complessiva di 5315 k.mq, con una popolazione eli 304 300 anime, controllata dai secessionisti. 74 Cfr. supra, p. 138. 73 Cfr. infra, l'appendice II a questo capitolo, p. 476. 76 Cfr. infra, l'appendice Il a questo capitolo, p. 475· 77 Per Gabii, dr. DIONIGI, IV 58; per Lavinio, dr. LIVIO, I 14. 71 La data tradizionale del trattato fra Roma e Ardea è il 444 (441-436 ca.) a. C. (DioNIGI, XI 62; LIVIO, IV 7, che cita Licinio Macro- il quale, secondo WERNER, op. cit., pp. III e 465, nota I, inventò tale trattato); la data tradizionale della stipulazione del Foedus Cassianum fra Roma e la già costituita Confederazione latina è il 493 (49o-485 ca.) a. C. Ma lo stesso Livio sottintende, in questo capitolo, che nel 444 (44I-436 ca.) a. C. il trattato fra Roma e Ardea venne soltanto rinnovato. Se ciò risponde al vero, la data in cui il trattato fu concluso per la prima volta è forse anteriore a quella della creazione della Confederazione latina. Cfr. WERNER, op. cit., p. 465, nota x. 79 Cfr. LIVIO, VIII 14 e, per Tivoli in particolare, VII u, oltre ai Fasti Triumphales sub anno 360 (357 o 356) a. C. • Cfr. LIVIO, VII I9; i Fasti Triumphales sub anno 354 (351 o 350) a. C.; la Cronaca eli Ossirinco sub. 01. xo6,3- 354·353 a. C. 11 Cfr. DIODORO, XVI 45· Questa è forse la data esatta della vittoria decisiva di Roma su Preneste, vittoria che DIODORO, XV 47, fa risalire al 382 (379-374 ca.) a. C. e che LI· VIO, VI 27-29, situa nel 380 (377-372 ca.) a. C. a LIVIO, VI 25-26. DE SANCTIS, op. cit., Il, pp. 152-53, fa osservare che, a seguito della vittoria riportata a monte Algido dalla Lega romano-latino-ernica, Roma si era annessa Labico nel 4I8 (4I5·4IO ca.) a. C., stando a LIVIO, IV 45·47· Da allora in poi Tuscolo dovette essere quasi completamente circondata dall'Ager Romanus se la colonia che - come afferma Livio in questo passo - fu fondata a Labico, quando quest'ultima venne strappata agli Equi era davvero romana, come la definisce lo storico, e non latina. Se si trattava invece, come appare piu probabile, di una colonia latina (dr. infra, cap: m, appendice V, pp. 50I·2), l'anno esatto dell'annessione di Labico all'Ager Romanus non dovette essere il 418 (4I5·4IO ca.) a. C., ma il 338 (335 o 334) a. C. Il LIVIO, VI 33· 14 LIVIO, VI 36. 115 LIVIO, VI 25-26, 33 e 36 li fa risalire al 38I (378-373 ca.), al 377 (374-369) e al 376 (373·368) a. C. Se è vero che, dopo la disfatta gallica, la Confederazione latina aveva denunciato il Foedus Cassianum o che, pur non denunciandolo, essa aveva smesso eli rispettarne i patti, può darsi che Roma si sia sentita moralmente libera, dal canto suo, di annettersi uno degli Stati membri della Confederazione quando se ne fosse presentata l'occasione. D'altra parte è forse improbabile che Roma abbia avuto la forza di staccare Tuscolo dalla Confederazione latina e che Tuscolo abbia deciso di cambiare partito, proprio quando Roma era ancora prostrata dalla disfatta gallica. Nel caso in cui abbia ragione Beloch (dr. Romische Geschichte cit., pp. x82-86) quando colloca nel territorio toscolano il bosco e la fonte di Ferentina, dove si tenevano le assemblee della Confederazione latina, Tuscolo ne dovette uscire dopo il 349 (346

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o 345) a. C. perché allora, stando a LIVIO, VII 25,1'assemblea si riunf proprio in quel luogo. Altrimenti sembra piu probabile che Tuscolo abbia lasciato la Confederazione latina per unirsi a Roma fra il 358 (355 o 354) e il 349 (346 o 345) a. C. e che sia stato questo a provocare la decisione latina di rompere nuovamente con Roma nel 349 (346 o 345) a. C. " Su questo punto, di importanza cruciale per la storia della Federazione romana, dr. in/ra, cap. v, § 3.1, pp. 368-71. 87 Secondo l'ipotesi avanzata da SALMON, Rome and the Latins, II cit., p. 132, 1 Latini pensavano forse che i Sanniti sarebbero stati preoccupati e paralizzati dal timore loro ispirato da Archidamo e che Roma, da sola, non avrebbe potuto tener testa agli eserciti riuniti dei Latini, dei Volsci, degli Aurunci e dei Campani. .. LIVIO, VII 15. "LIVIO, VII x6. L'espressione liviana «in deditionem urbem acceperunt» [· Per Tarquinia e Vulci il prezzo della 42

LIVIO, LIVIO,

Capitolo terzo pace conclusa con Roma nel 280 a. C. fu forse la cessione di quei territori che in origine appartenevano a loro e che in seguito troviamo inclusi nell'Ager Romanus (ibid., pp. 69 e 183-84). Una colonia latina fu fondata a Cosa, sul territorio tolto a Vulci, nel 273 a. C. HEURGON, L'état étrusque, in «Historia »,VI, 1957, p. 73, nota 3, sostiene però che nel 280 a. C. Roma confiscò soltanto territori appartenenti a Vulci e non a Tarquinia. Secondo lo studioso, nulla prova che vi siano stati conflitti fra Roma e Tarquinia dopo il rinnovo, per altri quarant'anni, nel 308 (308-307 o 307) a. C. della precedente tregua di quarant'anni. Egli osserva inoltre che il nome di Tarquinia non figura fra quelli degli Stati etruschi che fecero pace con Roma nel 280 a. C. Le annessioni compiute da Roma in date diverse a spese di Tarquinia erano cospicue. ! possibile che, per effettuarle, Roma abbia atteso fino al 267 o 266 a. C. (anno in cui scadeva la seconda tregua di quarant'anni), come suppone FRANK, On Rome's Conquest cit., p. 379? Questa data non sarebbe in contrasto con una osserva2ione incidentale di Livio il quale rileva che l'annessione del tratto di costa già appartenuto a Tarquinia non era piu un avvenimento recente (il termine da lui usato è quondam) nel 181 a. C., anno in cui venne fondata a Gravisca una colonia di tipo latino i cui abitanti erano cittadini romani (LIVIO, XL 29). BELOCH, Romische Geschicbte cit., p. 565, osserva che nel territorio già appartenuto a Tarquinia venne fondata, oltre a Gravisca, anche Forum Cassii; ma questo non ci aiuta a datare con esattezza l'annessione di tale territorio all'Ager Romanus, dal momento che ignoriamo l'epoca di costruzione della via Cassia (dr. infra, vol. Il, note alla tavola V, 8). 56 APPIANO, Sam. 10.3; PLUTARCO, Pyrrh. 17. Secondo Plutarco (loc. cit.), Pirro avanzò fino a meno di trecento stadi da Roma. Stando a FLORO, I 13(18).24, ed EUTROPIO, Il 12.1, egli giunse fino a Preneste. 57 Cfr. supra, p. 295, nota 52. 51 DE SANCTIS, op. cit., Il, p. 351, ritiene che l'attacco congiunto degli Etruschi e dei Galli contro Roma nel 299 a. C. (dr. supra, p. 16o) segni l'inizio di un'azione concertata contto Roma da parte degli Stati italici ancora indipendenti. 5 ° Cfr. BERNARDI, I cives sine suffragio cit., p. 271. 60 LIVIO, VII 38. Cfr. supra, p. 139. 61 Cfr. supra, p. 157. AFZELIUS, Die romiscbe Eroberung cit., p. 161, e BURGER, op. cit., p. 45, affermano entrambi che questo accerchiamento strategico del Sannio fu la mossa che diede a Roma la vittoria finale. 61 L'importanza strategica di tale via per Roma viene messa in rilievo da BELOCH, Der italische Bund cit., p. 52. Il punto-chiave era la gola situata al confine fra i territori dei Peligni e dei Marrucini attraverso la quale il fiume Aterno scorre verso nord-est, in direzione dell'Adriatico, dopo aver descritto una curva ad angolo retto nei pressi della città peligna di Corfinio (dr. NISSEN, op. cit., l, p. 340). 6J Cfr. AFZELIUS, Die romische Eroberung cit., p. 164; BELOCH, Romische Geschichte cit., pp. 403-4. DIODORO, XX 44, narra che nel3o8 (308-307 o 307) a. C. i Romani vennero in aiuto dei Marsi che erano stati attaccati dai Sanniti. LIVIO, IX 41 riferisce che in quello stesso anno i Marsi e i Peligni si batterono a fianco dei Sanniti ~ontro Roma. Beloch rifiuta il racconto liviano ed accetta quello di Diodoro. Era prevedibile che i Sanniti attaccassero i cantoni montani per tagliare agli eserciti romani la strada dell'Apulia dove questi avevano condotto le loro operazioni cosi efficacemente contro il Sannio. Ci è inoltre documentato (APPIANO, Bell. Civ. I 46) che Roma non aveva celebrato alcun trionfo sui Marsi prima della guerra di secessione del 90-89 a. C. DE SANCTIS, op. cit., Il, p. 333, nota 2, e p. 341, accetta invece con qualche riserva la versione liviana e in questo è seguito da F. E. ADCOCK in «CAH)), vn, 1928, pp. 6o6-7. De Sanctis ritiene che nel 308 (308-307 o 307) a. C. tutte le popola2ioni delle zone montuose dell'Italia centrale (Marsi, Peligni, Marrucini, Frentani, Equi e Anagnini) si sollevarono contemporaneamente e che gli ultimi focolai della rivolta furono domati dai Romani soltanto nel3o2 (302-301 o 301) a. C. Gli abitanti di Anagni furono assoggettati nel 306 (306-305 o 305) a. C. (LIVIO, IX 43); i Peligni furono forse riassogget-

La Federazione romana dell'Italia peninsulare nel 266 a. C.

297

tati nel 305 (305-304 o 304) a. C. (DIODORO, XX 90); gli Equi, i Marsi e forse anche i Peligni furono nuovamente assoggettati nel 304 (304-303 o 303) a. C. (LIVIO, IX 45; DIODORO, XX ror); i Marrucini e i Frentani in quello stesso anno (DIODORo,loc. cit.); i Vestini nel 302 (302-301 o 301) a. C. (LIVIO, X 3). In quello stesso anno, i Marsi sarebbero insorti di nuovo e di nuovo sarebbero stati ridotti all'obbedienza (LIVIO, loc. cit.); ma, dato che la causa occasionale di tale ribellione sembra esser stata la fondazione di una colonia latina a Carsoli, e dato che questa località non si trovava in territorio marsico ma in territorio equo, è piu probabile che il popolo ribelle fosse quello degli Equi. Viene riferito che questi ultimi insorsero nuovamente nel 302 (302-301 o 301) a. C. e nel 300 a. C. (dr. AFZELIUS, Die romische Eroberung cit., p. 174, e BELOCH, Romische Geschichte cit., p. 422; Beloch (loc. cit.) sostiene che la notizia di questa seconda ribellione non è autentica). 64 Cfr. supra, p. 296, nota 63. 65 InDie romische Eroberung cit., pp. I7D-7I. 66 Afzelius accetta la ricostruzione proposta da Beloch (e non quella di De Sanctis) per questo capitolo della storia dell'Italia peninsulare. Cfr. supra, p. 296, nota 63. 67 Cfr. supra, p. 296, nota 63. 68 LIVIO, X 9· 69 Cfr. LIVIO, X 1.3 e 13; VELLEIO, loc. cit.; BELOCH, Der italische Bund cit., p. 144; Romische Geschichte cit., p. 422. 70 Forse gli Equi superstiti della valle dell'Aniene vennero subito parzialmente incorporati nell'organismo politico romano (ibid., p. 422), mentre gli Equicoli della valle dell'lmelle lo furono soltanto nel 290 a. C. (ibid., p. 427). 71 LIVIO, X r, riferisce che nel 303 (303-302 o 302) a. C. venne attribuita la cittadinanza romana a Trebula e ad Arpino. BELOCH, Romische Geschicbte cit., p. 425, asserisce che questa Trebula fosse la Trebula Mutuesca sabina, basandosi sul fatto che la Trebuia Suffenas equa e la Trebula Balliensis sannitica non sembrano aver ricevuto la cittadinanza romana prima della guerra di secessione del 90-89 a. C. Se si accetta il ragionamento di Beloch ne consegue che Trebula Mutuesca deve essere stata conquistata da Roma prima del 303 (303-302 o 302) a. C. DE SANCTIS, op. cit., Il, p. 338, nota 4, ritiene invece che la Trebula cui venne allora concessa la cittadinanza romana fosse la Trebula Balliensis sannitica. Egli emenda Ila.À.w(ou~ in Ba.À.w(ou~ in DioDORO, XX 90. Piu logico sarebbe invece l'emendamento Ila.tÀ.(yvou~. ADCOCK, in «CAH)), vn, 1928, p. 6o8, afferma che la Trebula in questione era la Trebula Suffenas ed è seguito dalla TAYLOR, op. cit., p. 56, nota 35· 72 LIVIO, X ro. TAYLOR, op. cit., p. 62, concorda con BELOCH, La conquista romana cit., p. 270, nel ritenere che Curi dovette essere stata conquistata al piu tardi prima del 290 a. C., anno in cui M'. Curio Dentato sottomise l'alta Sabina. FRACCARO, L'organizzazione politica cit., p. 201, fa risalire tale conquista a prima del 300 a. C. e BELOCH, Romische Geschichte cit., pp. 424-26, la fa risalire piu precisamente al 304-303 (304-303- 303-302 o 303-302) a. C. 73 Cfr. BELOCH, Romische Geschichte cit., pp. 443 e 604. " Le comunità vestine sud-occidentali di Aveia e Peltuino, che confinavano con l'alta Sabina nella valle dell'Aterno, furono forse annesse nel 303 (303-302 o 302) a. C., dopo l'annientamento degli Equi avvenuto nel 304 (304-303 o 303) a. C. (cfr. infra, p. r8o) e l'annessione della comunità peligna di Superequo (dr. BERNARDI, I cives sine suffragio cit., pp. 26o-63). Ma LIVIO, X 3, riferisce soltanto che in quell'anno venne concluso un trattato con i Vestini, senza dire se in tale occasione essi furono dichiarati da Roma municipes sine suffragio. 75 FRACCARO, L'organizzazione politica cit., p. 202, avanza l'ipotesi che la conquista e l'annessione di questa parte settentrionale del compartimento stagno transpeninsulare creato da Roma non rientrasse nei piani del governo senatoriale romano. Secondo

Capitolo terzo

298

l'autore tale operazione fu attuata da M'. Curio Dentato contro il volere del Senato, con l'apPoggio del popolo. Della stessa opinione è G. FORNI, Manio Curio Dentato, in «Athenaeum» XLI {n.s. XXXI), 1953, pp. I99-203. Fraccaro e Forni mettono in rilievo che la n'otev~le espansione dell'Ager Romanus rese praticamente impossibile il mantenimento della struttura della città-stato nell'organismo politico romano. Essi ritengono che il Senato ne fosse ben consapevole e che questo fosse il motivo della sua opposizione alla politica di M'. Curio Dentato. Cfr. infra, cap. v, pp. 384-85 e l'appendice III a questo capitolo, pp. 484-85. 76 DE SANCTIS, op.cit., II, p. 358, nota I, e p. 366, afferma che Roma si annetté Senigallia subito dopo la battaglia di Sentina e che la fondazione della locale colonia di cittadini romani può risalire {come si evince da LIVIO, Epit. Xl) al 289 a. C. FORNI, art. cit., pp. 213-I4, data la fondazione di Senigallia al 284 a. C. e Salmon al 283 a. C. (cfr. supra, p. 295, nota 54). 77 I Picenti si erano alleati con Roma nel 299 a. C. (LIVIO, X Io), anno in cui i Senoni, loro vicini e nemici, avevano attaccato l'Ager Romanus. Nel 269 a. C. i Picenti avevano tentato di liberarsi dalla dominazione romana e ciò forn{ a Roma l'occasione propizia per conquistare ed annettersi nel 268 a. C. l'intero Piceno, eccetto un'en· clave intorno ad Ascoli che continuò ad essere sua alleata {LIVIO, Epit. XV; OROSIO, IV 4; EUTROPIO, II I6; FLORO, I I4 {I9); Fasti Triumphales). 78 Cfr. supra, nota 76. 79 Cfr. supra, p. 108, in fra, pp. 174 e I77 e vol. II, cap. VI,§ 5· 80 Vedi i rimandi alle fonti citate supra a p. 277, nota 128, e inoltre l'appendice III al cap. III. Secondo la tradizione romana, queste assegnazioni venivano fatte ai singoli (viritim). Come già era avvenuto in passato, gli appezzamenti di terreno tolti ai Sabini e ai Prctuzt furono poi raggruppati in modo da formare tribu supplementari; ma questa volta le due nuove tribu, la Quirina e la Velina, vennero istituite soltanto nel 241 a. C. con un ritardo eccezionalmente lungo di quasi mezzo secolo. Cfr. in/ra, cap. m, appendice III, pp. 48o-8x. FRACCARO, L'organizzazione politica cit., pp. 202-3, ipotizza che la politica di assegnare terre a cittadini romani in zone relativamente lon· tane da Roma fosse stata attuata da M'. Curio Dentato malgrado l'opposizione della classe di governo senatoriale. 81 Cfr. infra, l'appendice III al cap. m, pp. 48I-82. 82 Cfr. infra, p. 481 per l'interpretazione di VELLEIO, loc. cit. 11 Cfr. ZONARA, VIII 18. 14 Art. cit., pp. 234-35. 85 Sulle trattative dei Romani con Pirro, in «Athenaeum», XXXI (n. s. XXI), 1943, p. uo . .. Cfr. infra, cap. v, pp. 407-Io. 87 PASSERINI, art. cit., pp. 106-7. 11 Secondo PASSERINI, ibid., p. I09 . .. Cfr. infra, cap. v, appendice, p. 705, nota I37· 90 Op.cit., pp. 155-66, I59-67, 211,218 e alibi. •• Ibid., p. 270. n Ibid., pp. 156-57 e 218. 1 ' Cfr. infra, p. 705, nota 137· .. Op. cit., p. 2I8. •s Ibid., pp. 259•75· •• Ibid., p. 268. 97

LIVIO,

XXXII

2.

" Cfr. supra, pp. 149-51. " Cfr. DE SANCTIS, op. cit., IJ, p. 327.

La Federazione romana dell'Italia peninsulare nel 266 a. C. 100

299

«Nec qui nomina darent facile inveniebantur, quia in stationem se prope perpetuam infestae regionis, non in agros, mitti rebantur» (LIVIO X 21). La funzione militare 14

La Federazione romana dell'Italia peninsulare nel 266 a. C. assolta dalle coloniae civium Romanorum di contro a quella agricola delle assegnazioni strutturate come tribu romane supplementari è messa in rilievo da RUDOLPH, op. cit., p. 129. 36 Cfr. infra, p. 603, nota 55· " « Sacrosantam vacationem dicebantur habere » [«si diceva che avessero un'esenzione che non poteva esser messa in discussione») (LIVIO, XXVII 38). Questa esenzione venne temporaneamente sospesa per i cittadini di tutte le colonie di difesa costiera (tranne Anzio e Ostia) nel 207 a. C., quando Asdrubale invase la penisola. I cittadini di Anzio e Ostia erano tenuti per giuramento a non trascorrere piu di trenta giorni fuori dalle mura delle loro piazzeforti finché il nemico fosse rimasto in Italia (LIVIO, loc. cit.). Nel 191 a. C. i cittadini di tutte le colonie di difesa costiera videro aumentare in modo permanente gli oneri loro imposti: atterrito dalla minaccia di un attacco che, secondo quanto si paventava, Antioco III avrebbe portato contro l'Italia dal mare, il Senato respinse la richiesta avanzata da otto di queste colonie, le quali chiedevano l'esenzione dal servizio militare navale e sulla terraferma (LIVIO, XXXVI 3; cfr. supra, p. 70). La minaccia si rivelò poi immaginaria, ma a quanto ci consta il Senato non ritornò sulla propria decisione. " RUDOLPH, op. cit., p. 130, sostiene che nessuna colonia civium Romanorum venne mai fondata in un sito che non facesse parte o non confinasse immediatamente con la superficie occupata senza soluzione di continuità dall'Ager Romanus. ·" LIVIO, VIII 21; cfr. supra, p. 291, nota 139. •• Terracina è l'unica colonia di difesa costiera d'età anteriore ad Annibale per la quale ci venga indicata l'estensione dei lotti. Ci consta che a Potenza Picena e a Pesaro, nel 184 a. C., vennero assegnati sei iugeri di terreno a testa; è quindi possibile che questa fosse l'assegnazione normale nelle colonie di difesa costiera d'età posteriore ad Annibale. 1 ' Cfr. c. E. GOODFELLOW, Roman Citizenship. A Study of its Territorial and Numerical Expansion from the Earliest Times to the Death of Augustus, Lancaster (Pa.) 1935, p. 13. (p. ror). Alla luce della Tabula Bantina e di altri documenti osci «appare del tutto chiaro che ci troviamo di fronte ad un graduale processo di sviluppo» (p. 105). Secondo Rosenberg 1

3r 8

Capitolo terzo

(p. 109), anche gli Stati latini non incorporati prima del 9o-89 a. C. avevano nel frattempo romanizzato le proprie costituzioni. 1 ° Cfr. ibid., pp. 46-48 e 67. 11 CIL XI, n. 3614. u Cfr. RUDOLPH, op. cit., pp. 221-23. " Cfr. op. cit., p. 83. l. Ibid., p 82. 15 Ibid., pp. 77•79· 16 Ibid., p. 83. 17 RUDOLPH, op. cit., p. 6. 18 Ibid., p. 34, nota x. 19 ROSENBERG, op. cit., pp. 77-79; RUDOLPH, op. cit., pp. 8-II, 14-15 e 20-30. 20 A differenza del consolato romano, questa carica non era collegiale. Vi era un unico magistrato supremo, il meddix tuticus (equivalente osco dello «iudex publicun latino: in osco «tuvta-» corrisponde al latino «populus»). Sembra che il meddix tuticus capuano tenne la magistratura suprema nella sola Capua per tutto il periodo in cui questa città fu un municipio romano (meddikk tuvtik Kapv. - R. s. CONWAY, The Italic Dialects, l, Cambridge 1897 [rist. Hildesheim 1967], p. 120, n. 117); soltanto prima del 338 (335 o 334) a. C. e durante la rivolta del 216-2n a. C. egli fu anche a capo di una confederazione campana soggetta all'egemonia di Capua (cfr. ROSENBERG, op. cit., pp. 231·36). " HEURGON, Capoue préromaine cit., p. 232. 22 BERNARDI, I cives sine suffragio cit., p. 246.

XXIII 4· I Capuani e gli altri Campani erano regolarmente registrati nei censimenti romani. ~questa la fonte delle cifre- 30 ooo fanti e 4000 cavalieri- che LIVIO, XXIII 5, fa

u LIVIO,

u

elencare al console romano Varrone: queste sarebbero state le forze che la Campania era in grado di mobilitare nel 216 a. C. (cfr. HEURGON, Capoue préromaine cit., pp. 194-95). 25 Ciò sembra si possa dedurre dal fatto che, anche dopo che Capua fu privata della sua personalità giuridica, nel2n a. C., il Senato romano attese fino al 189 a. C. prima di emanare l'ordinanza con cui si imponeva ai Campani di recarsi a Roma per il censimento (LIVIO, XXXVIII 36). "' Ciò è quanto BELOCH, Der italische Bund cit., p. 129, e BERNARDI, I cives sine suffragio cit., p. 248, desumono da LIVIO, XXXII 7, relativamente all'anno 199 a. C. I censori di quell'anno «portoria venalium Capuae Puteolisque, item Castrorum portorium, quo in loco nunc oppidum est, fruendum locarunt» [ [«Da solo [L. Valerio] Fiacco [diede in appalto la costruzione di] una diga aperta al transito pubblico verso le Acque Nettunie e [di] una strada che attraversasse i monti di Formia»]. Ciò avvenne nel 184 a. C., vale a dire nel primo anno di censura romana dopo la concessione della piena cittadinanza a Formia, decretata nel 188 a. C. Anzio, il cui territorio comprendeva le Neptuniae Aquae, era stata suddivisa nel 338 (335 o 334) a. C. in un municipio indigeno e in una colonia di difesa costiera popolata da coloni romani misti a nativi del luogo. Nel 184 a. C., il municipio doveva essersi amalgamato con la colonia già da molti anni. Nel 174 a. C. i due censori concordarono di appaltare la costruzione delle cinte murarie di Calazia (che era a quell'epoca un centro urbano privo di personalità giuridica) nonché di Osimo e di far edificare delle botteghe intorno alla piazza del mercato di queste due città, con fondi ricavati dalla vendita di terreni locali di proprietà pubblica. Ma Aulo Posrumio Albino dissenti dal suo collega Q. Fulvio Fiacco quando questi passò a costruire dei templi a Pesaro e a Fondi, ad assicurare l'approvvigionamento d'acqua a Potenza Picena, a lastricare una via di Pesaro e a far eseguire un certo numero di lavori a Sinuessa. Stando a Livio, le popolazioni locali si compiacquero del fatto che almeno uno dei censori romani si preoccupasse del loro benessere. 152 Quest'opinione è espressa da BELOCH, Der italische Bund cit., p. 129. 153 Cfr. supra, p. 221. 154 Cfr. infra, p. 248. "' Cfr. supra, pp. 211-12. 156 Op. cit., pp. 6I e 86. 157 Cfr. ibid., pp. 231-32. '-'' Cfr. ibid., pp. 146-49. "' Cfr. ibid., pp. I 51 e 238. 160 Cfr. ibid., pp. I51 e 239. 161 Cfr. ibid., pp. 148, 2I3 e 232-35. 162 Ibid., pp. 151-.52. 101 Chi scrive si è imbattuto in un esempio della difficoltà di cambiare un ordinamento giuridico preesistente in occasione di una visita in Lituania negli anni fra la prima e la seconda guerra mondiale in cui essa era uno Stato indipendente. La Lituania di allora aveva ereditato due diversi ordinamenti giuridici: quello russo, sulla riva destra del Niemen, dove era stato introdotto dopo la terza sparti2ione della Polonia-Lituania ( 1795), e quello napoleonico, sulla riva sinistra, dove era stato introdotto a seguito della creazione del Granducato di Varsavia nei territori che la Francia aveva tolto alla Prussia nel 1807 e all'Austria nel 1809. Era naturale che i Lituani desiderassero celebrare la conquista dell'indipendenza creando un ordinamento giuridico uniforme e rendendolo operante in tutto il paese, invece di lasciare la Lituania divisa in due zone sottoposte a due diversi sistemi giuridici, entrambi di origine straniera. Il governo 144

Capitolo terzo elaborò quindi un nuovo codice nazionale lituano, stabilendo che da allora in poi quello avrebbe dovuto essere il diritto studiato nelle scuole di giurisprudenza locali. Tali provvedimenti, per quanto logici e semplici, ebbero conseguenze sconcertanti. Nei primi anni del decennio 1930-40 gli avvocati e i giudici lituani che avevano passato la vita nell'esercizio e nell'applicazione rispettivamente del sistema giuridico napoleonico e di quello russo cominciarono ad andare in pensione, lasciandosi dietro un cumulo di cause pendenti da esaminare in base all'uno o all'altro dei due antichi sistemi in vigore al momento in cui esse erano state intentate. Frattanto intraprendeva la professione legale una nuova generazione, priva della preparazione necessaria per dirimere le controversie irrisolte. Per esercitare ed applicare il codice imperiale russo sulla riva destra del Niemen era necessario non solo conoscere la lingua russa, ma anche sapersi destreggiare fra gli innumerevoli volumi di giurisprudenza in cui erano registrate le decisioni del Senato imperiale russo in materia legale. Il funzionamento della giustizia in Lituania rischiava di restare paralizzata, mentre la agognata riforma giuridica era ancora lontana. 164 Non si sa per quanto tempo le leggi locali rimanessero in vigore, dopo la concessione della piena cittadinanza, nei municipi che l'avevano ottenuta. Secondo CATONE, fr. 61 (Peter), il diritto ereditario di Arpino era diverso dal corrispondente diritto romano (cfr. BERNARDI, I cives sine suffragio cit., p. 258). Può darsi tuttavia che Catone siriferisca in questo passo al periodo precedente il x88 a. C., anno in cui Arpino ricevette la piena cittadinanza romana. 165 Cfr. CICERONE, Pro Planc. 8.21. '" BERNARDI, I cives sine suffragio cit., p. 259, mette in rilievo che a Fondi, Formia e Arpino esisteva un collegio di tre edili e non di due, come ci si dovrebbe attendere per analogia con i collegi degli edili romani e come effettivamente accadeva a Peltuino. Bernardi fa inoltre osservare che in ognuno dei tre municipi volsci, durante l'anno del censimento, uno dei tre edili deteneva l'autorità suprema come aedilis quinquennalis e avanza l'ipotesi che anche negli anni normali uno dei tre occupasse una posizione superiore rispetto agli altri due. Se questa supposizione di Bernardi risponde al vero, è lecito supporre anche che, quando il governo di Roma diede la costituzione a questi tre municipi volsci e a quello peligna di Superequo, abbia affiancato alla coppia tradizionale un terzo edile per sbrigare gli affari pubblici del municipio che non rientravano nelle competenze della coppia di edili romani. Sembra probabile che tale attività, piu vasta di quella generalmente svolta dagli edili municipali, consistesse almeno in parte, se non interamente, nella amministrazione locale della giustizia. 167 L'osservazione è di SACHERS, Praefectus iure dicundo cit., col. 2379. Sachers (ibid., col. 2385) ha indubbiamente ragione quando sostiene che le cause importanti venivano rimesse a Roma dai prefetti, come in epoca piu tarda facevano i quattuorviri e i duumviri iure dicundo dei municipi. § 7 (pp. 244-55). 1

Cfr. SACHERS, Praefectus iure dicundo cit., col. 2383. Secondo SACHERS, ibid., coli. 2383 e 2384, i prefetti erano delegati del praetor peregrinus come pure del praetor urbanus. 3 s. v. praefecturae, p. 233M. ' Festo conclude il suo elenco con le parole «aliaque complura» [«e molte altre»]. 2

5 IX 20. • XXVI x6. 7 1

II 44·4· Cfr.l'elenco di BELOCH, Der italische Bund cit., p. 134· L'autore vi include in via ipotetica anche Tarquinia, Vulci e Falerii, ma nella successiva Romische Geschichte cit., pp. 456 e 609, riconosce che le parti restanti di questi tre Stati continuarono ad essere civitates sociae fin dopo la guerra di secessione del 9o-89 a. C. VELLEIO,

La Federazione romana dell'Italia peninsulare nel 266 a. C. • Cfr. supra, pp. 69 e 195· 2 BELOCH, Campanien cit., pp. 314 e 316; PESTO, p. 233M. 11 PESTO, loc. cit. 12 PESTO,loc. cit. 13 PESTO,loc. cit. 14 CICERONE, Pro Planc. S.19. r.• CIL X, nn. 5I93 e 5I94· 16 PESTO, loc. cit. 10

17

PESTO,

LIVIO,

IX 20; XXIII 20; XXVI 33 e 34;

loc. cit.

" CIL IX, n. 2So2. 19 PESTO, loc. cit. "' PESTO, loc. cit. 21 CIL IX, nn. 41S2 e 4201. 22 CIL IX, nn. 3613 e 3627. 23 CIL IX, n. 3429. " CICERONE, ProVar. fr. 4 [Schoell]. 25 CIL XI, p. Su, sulla base di CIL XI, n. 5621. 2 ' FESTO,loc. cit. " PLINIO, Nat. Hist. III 5.52. " VITRUVIO, De Arch. Il 7.3; PLINIO, Nat. Hist. XXXVI 22(49).16S. ,. PESTO,loc. cit.; PLINIO, Nat. Hist. III 5(8).52. 3 ° CESARE, Bell. Civ. I I 5. 3 ' Circa l'ubicazione del nucleo originario della tribU Velina, cfr. infra, l'appendice III a questo capitolo, pp. 4S5-S6. " Secondo BELOCH, Romische Geschichte cit., p. 577, testimonianze indipendenti dimostrerebbero che le ventidue prefetture menzionate da Festo, ad eccezione di quattro, erano già state incluse nell'Ager Romanus prima della guerra di secessione del9o89 a. C. Le quattro in questione sono Cassino, Venafro, Alife e Frosinone. Nulla prova però che queste quattro prefetture non fossero state incluse nell'Ager Romanus prima della guerra di secessione. Nessuna delle prefetture comprese nell'elenco di Festo o a noi note da altre fonti era situata nei territori che Roma si era annessa dopo la guerra annibalica togliendoli ad Arpi, a Taranto, agli Irpini, ai Picentini, ai Lucani e ai Bru2t (cfr. infra, vol. II, cap. IV, S 2.2). L'unico ampliamento conosciuto dell'Ager Romanus prima della fine della guerra annibalica e dopo l'annessione di parte del Piceno (avvenuta nel 268 a. C.), fu l'annessione di parte o forse di tutto il territorio di Falerii nel 241 a. C. (dr. supra, p. ISo); non vi sono prove del fatto che il territorio falisco sia divenuto una prefettura. È quindi lecito concludere che le uniche zone dell'Ager Romanus in cui vennero poi istituite delle prefetture furono i territori (ma non tutti) che erano stati annessi e trasformati in municipi sine suffragio fra il 33S (335 o 334) e il268 a. C. " Cfr. supra, p. 1S1, con la nota 54· " Cfr. supra, p. 149. "Per il caso di Anzio, dr. supra, pp. 229-30 e infra, p. 251 e l'appendice V, pp. 499-500 e 502. 36 Cfr. supra, p. 241. 37 Questa è la tesi di BERNARDI, I cives sine suffragio cit., p. 275· Essa è diametralmente opposta a quella di Beloch, secondo il quale «ad eccezione delle trentuno tribu rustiche, dei municipio foederata e della maggioranza delle colonie di cittadini romani,

Capitolo terzo tutto l'Ager Romanus in Italia fu suddiviso in prefetture• (Der italische Bund cit., p. 132). SACHERS, Praefectus iure dicundo eit., giunge ancora oltre e sostiene che le uniche parti dell'Ager Romanus che non vennero suddivise in prefetture furono i distretti che formavano il nucleo delle tribu e i municipi latini i quali, secondo la sua opinione senza dubbio corretta, erano sotto la diretta giurisdizione del pretore urbano. Fra le prefetture figuravano «tutte le comunità non autonome, i municipi sia optimo iure che sine suffragio (die romische Voll- und Halbburgergemeinden) e inoltre le colonie [di cittadini romani]» (col. 2380). «L'organizzazione delle prefetture abbracciava quindi l'intero territorio dello Stato romano» (col. 2381). MANNI, op. dt., pp. 71-72, afferma che la tesi di Beloch e di Sachers non è suffragata dai documenti. Effettivamente, le uniche comunità di munidpes che erano in origine sine suffragio e che, a quanto ci consta, vennero incluse in una prefettura quando possedevano ancora tale status sono Cuma, Acerra e Suessula; ciò non era previsto dal regime originariamente imposto a questi Stati campani col trattato di pace successivo alla guerra del 34o-338 (337-335 o 336-334) a. C. La praefectura Capuam Cumas, in cui le tre comunità furono associate con altre, fu istituita soltanto nel2n a. C., con lo scopo principale di colmare il vuoto amministrativo creato dall'annullamento della personalità giuridica di quattro municipi campani vicini - Capua, Casilino, Calazia e Atella - che si erano staccati da Roma nel2r6 a. C. Cuma, Acerra e Suessula, rimaste fedeli a Roma, avevano conservato l'antica costituzione ed il loro precedente status. Il governo romano, includendo anch'esse nella praefectura Capuam Cumas, non intendeva certamente punirle, ma giudicava forse, alla luce dell'esperienza fatta in Campania dopo la disastrosa sconfitta di Canne, che la zona campana dell'Ager Romanus fosse divenuta tanto importante per la sicurezza di Roma da imporle di tenere da allora in poi tutto il territorio sotto la sua stretta vigilanza. A questo proposito, è significativo il fatto che le tre coloniae civium Romanorum fondate nel 194 a. C. a guardia della costa della Campania romana siano state parimenti incluse nella prefettura campana. .111 Di questi collegi di octoviri si è parlato supra alle pp. 231-32. 39 Cfr. infra, l'appendice III a questo capitolo. 40 Cfr. infra, l'appendice VII a questo capitolo, p. 516. 41 In quella che si propone di essere una descrizione delle prefetture in generale, Pesto espone in realtà le loro caratteristiche particolari nelle regioni piu arretrate, come fa osservare MANNI, op. cit., pp. 69-70. Esse erano, afferma Festo, centri «in cui si amministrava la giustizia e si tenevano i mercati. Erano dotate di rudimentali costituzioni civiche, ma non fino al punto di avere magistrati propri. Ogni anno vi venivano inviati dei prefetti, istruiti [dal pretore urbano], per amministrare la giustizia». « Praefecturae eae appellabantur in Italia in quibus et ius dicebatur et nundinae agebantur; et erat quaedam earum res publica, neque tamen magistratus suos habebant; in quas legibus praefecti mittebantur quotannis qui ius dicerent» (FESTO, p. 233M.). Tale descrizione dà un'idea esatta di quello che erano le prefetture nelle arretrate zone montuose dell'Ager Romanus prima che vi venissero introdotti i collegi di octoviri (ammesso che le prefetture vi fossero già state istituite prima di allora). Essa non si adatta invece alle prefetture create in città-stato antiche ed evolute come Cere, né alla praefectura Capuam Cumas, come venne costituita durante o dopo il 2u a. C. Tre delle dieci comunità che ne facevano parte (Cuma, Acerra e Suessula) erano cittàstato antiche ed evolute; altre tre (Volturno, Literno e Pozzuoli) erano colonie autonome di cittadini romani di recente fondazione e a quattro (Capua, Casilino, Calazia e Atella) non erano state lasciate nemmeno «rudimentali costituzioni civiche». 42 De Leg. Agr. II 32.88. Cfr. ibid. I 6.19. 43 XXVI 16. 44 XXVI 34· " Cfr. HEURGON, Capoue préromaine cit., p. n5, e in fra, vol. Il, cap. IV,§ 2.3 . .. XXVI 16.

La Federazione romana dell'Italia peninsulare nel 266 a. C. "FESTO,p. 233M. "BELOCH, Campaniefil, p. 316, che segue MOMMSEN, Staatsrecht, IP, Leipzig 1887 [rist. Graz 1952], p. 6o9, afferma che il collegio divenne elettivo soltanto dopo il 124 a. C. SACHERS, Praefectus iure dicundo cit., coll. 2382-83, avanza l'ipotesi che ciò sia avvenuto soltanto nel 123 a. C. "Essa venne abolita soltanto nel 13 a. C., secondo HEURGON, Capoue préromaine cit., pp. 240-41, o intorno al 20 a. C., secondo MOMMSEN, Staatsrecht, II' cit., pp. 609·10, seguito da BELOCH, Campaniefil cit., p. 446, e KORNEMANN, Municipium cit., col. 581. '' Cfr. supra, p. 321, nota 96. "p. 233M. " Cfr. LIVIO, IX 20. " Cfr. LIVIO, XXI 16. 54 VELLEIO, loc. cit. 55 LIVIO, IX 20. " Sull'intesa fra la nobiltà capuana e quella romana, dr. infra, pp. 407·9. 11 Cfr. infra, p. 334, nota 53, per alcuni esempi relativi. " Questa è l'opinione di SACHERS, Praefectus iure dicundo cit., coli. 2380 e 2382; BER· NARDI, I cives sine suffragio cit., p. 248; RUDOLPH, op.cit., p. 156. " Op. cit., p. 41. 60 AFZELIUS, Die romische Eroberung cit., p. 30, concorda su questo punto con SherwinWhite. " Cfr. BERNARDI, I cives sine suffragio cit., p. 247. 62 Cfr. i riferimenti a Satrico in LIVIO, XXVI 33, come possibili precedenti del trattamento che Roma avrebbe potuto riservare a Capua nel 210 a. C. " Cfr. in/ra, l'appendice VII a questo capitolo, pp. 518-19 e 520. " Ipotesi avanzata da MANNI, op. cit., p. 69. ,., Cfr. supra, p. 315, nota 91, e pp. 229 e 250. ,,; Cfr. infra, l'appendice VII a questo capitolo, p. 517. " Ipotesi avanzata da MANNI, op. cit., p. 72. ,., FRACCARO, citato supra a p. 225. " Cfr. LIVIO, Epit. XV; GIOVANNI uno, De Magistr. I 27; BELOCH, Der italische Bund cit., p. 16, e infra l'appendice IV a questo capitolo, p. 493· "' Cfr. supra, p. 245. 71 FRACCARO, citato supra a p. 245 . ., FRACCARO, citato supra a p. 225. 73 Nel I8o a. C. i Cumani presentarono al governo centrale di Roma una petizione che va forse interpretata come una loro manovra per mettere Cuma sulla via dell'acquisizione della piena cittadinanza. In tale petizione si chiedeva il permesso di sostituire il latino all'osco come linguaggio amministrativo e commerciale {«Cumanis eo anno petentibus permissum ut publice Latine loquerentur et praeconibus vendendi Latine ius esset» {LIVIO, XL 42, citato supra a p. 123, con nota 130)). :E: significativo il fatto che l'iniziativa di questo campo sia partita non dal governo centrale di Roma, ma dai Cumani. La richiesta fu esaudita, ma non sappiamo in che epoca Capua abbia acquisito, dopo tale privilegio, anche la piena cittadinanza, ottenuta già otto anni prima da Formia, Fondi e Arpino. A quanto ci consta, Cuma dovette attendere fino al momento in cui, in seguito allo scoppio della guerra di secessione dd 90 a. C., Roma fu costretta ad accordare la piena cittadinanza a tutte le comunità dell'Italia cispadana che ne erano prive.

Capitolo terzo

328 14

Questa tesi è opposta a quella di Sachers, il quale afferma che, per le comunità dotate di piena cittadinanza, la presenza di un prefetto era un residuo della loro antica condizione di municipi sine suffragio (Praefectus iure dicundo cit., col. 2388). § 8 (pp. 255·6J).

1

Cfr. supra, pp. 146-47.

3

Cfr.

op. cit., p. 91. Der italische Bund cit., p. I35, afferma che tutti gli Stati latini che non rientravano nel novero delle colonie, che erano membri sovrani della Confederazione latina prima della conclusione del Foedus Cassianum e che non erano stati annessi da Roma nel 338 (335 o 334) a. C. avevano il rango di alleati comuni (vale a dire italici non latini) di Roma. Ne costituirebbero esempi Tivoli, Preneste e Cori. E vero che gli Stati di questa categoria non rientravano nel novero delle colonie latine: essi non figurano nell'elenco liviano (XXVII 9 e Io) delle colonie latine esistenti nel 209 a. C. e apparentemente non condividevano il privilegio, ottenuto poi da tali colonie, del conferimento ex olficio della cittadinanza romana ai magistrati eletti annualmente e ai loro figli (cfr. supra, pp. 200-1, con le note relative). Ciò non significa però che essi non fossero inclusi nel Nomen Latinum. Secondo la tesi di SALMON, Roman Expansion cit., p. 74, · 33 PAUSANIA, VII IO.II. Cfr. in fra, vol. Il, cap. XIV. !4 LIVIO, XXXII 26. " Cfr. supra, pp. 208-xo. 36 I soldati fomiti dagli alleati di Roma ricevevano in genere la stessa somma di denaro, ricavata dal bottino di guerra, che veniva assegnata ai loro commilitoni romani (LI· vro, XLI I3). Essi ricevevano inoltre una gratifica dal governo di Roma e razioni gratuite di cereali a spese dell'erario romano. Per i soldati romani il costo di tali razioni veniva invece detratto dalla paga (POLIBIO, VI 39). Non sappiamo se i governi degli Stati alleati trattenessero quella gratifica riducendo in proporzione le paghe dei propri soldati. 37 DE SANCTIS, op. cit., Il, p. 453, nota I, cita il titolo completo desumendolo dalla Lex Agraria del III a. C. (CIL I' 2, n. 585 (2oo) ll. XXI (p. 459) e L (p. 46I); c. G. BRUNS, Fontes Iuris Romani. Leges et Negotia 7, Tiibingen 1909, pp. 77 e 82). '' Cfr. infra, cap. III, appendice IX. 39 Cfr. infra, cap. m, appendice IX, pp. 55o-51, appendice X, p. 574· 40 Die romische Eroberung cit., p. 192. " Cfr. supra, p. 155, e infra, l'appendice IX, pp. 543·44, con la nota 4· " Loc. cit. " Cfr. supra, p. 206, con la nota 6o, per il possesso di tali diritti da parte dei municipes sine suffragio; dr. DE SANCTIS, op. cit., Il, p. 459, e SHERWIN·WHITE, op. cit., pp. 32 e I04, per il possesso degli stessi diritti da parte dei Latini. 44 DIONIGI, VIII 72. Ci è documentato che questo diritto fu esercitato per la prima volta a Roma da alcuni Latini di passaggio nel 2I2 a. C., durante un'assemblea del conci· lium plebis che doveva giudicare un appaltatore disonesto, M. Postumio Pirgense (dr. infra, vol. II, cap. XI). In quell'occasione fu estratta a sorte la tribu romana in cui avrebbero votato i Latini che soggiornavano nell'Urbe (LIVIO, XXV 3). 45 Il testo è citato da DIONIGI, VI 95· .. LIVIO, VIII 14. Sebbene Livio non dica esplicitamente in questo passo che Tivoli e Preneste furono fra le comunità colpite dalla sanzione, dal contesto si evince che ciò è proprio quanto egli intende. 47 Probabilmente ciò implica connubia con altre comunità emiche, e forse anche latine. .. LIVIO, IX 43· 49 LIVIO, loc. cit. 50 LIVIO, loc. cit. Alatri, Veroli e Ferentino furono le uniche comunità emiche che conservarono il diritto reciproco di connubium, ma soltanto «aliquamdiu)). Ciò significa probabilmente che col tempo anche agli Anagnini fu restituito tale diritto. 51 Le testimonianze sono state raccolte da BELOCH, Der italische Bund cit., p. 153 (dr. SHERWIN·WHITE, op. cit., pp. 107-8; BADIAN, op. cit., p. 25, nota 1). A quanto ci è stato tramandato, le prime due colonie latine sorte nella valle padana, vale a dire Pia· cenza e Cremona, fondate entrambe nel 218 a. C., godevano del diritto di connubium con le vicine comunità non latine (per quanto riguarda Piacenza cfr. i frammenti della

La Federazione romana dell'Italia peninsulare nel 266 a. C.

331

In Pisonem di CICERONE riportati da ASCONIO, 2-4 (Clark); per quanto riguarda Cremona dr. TACITO, Hist. III 34). La madre del poeta Pacuvio, cittadina della colonia latina di Brindisi (fondata nel 244 a. C.), era sorella del poeta Ennio, a sua volta cittadino del vicino Stato sallentino di Rudie, uno degli alleati non latini di Roma. Nulla prova che questo caso fosse eccezionale; esso ci è stato tramandato per la semplice ragione che i due poeti cosi imparentati erano entrambi personaggi illustri. Nel 177 a. C. i governi del Sannio e dei Peligni si lagnarono con il Senato romano perché le richieste di truppe loro rivolte non erano state ridotte in considerazione del fatto che 4000 famiglie erano emigrate (transisse) dai loro territori per stabilirsi nella colonia latina di Fregelle (uvro, XLI 8). Ciò significa forse, ma non necessariamente, che l'isopoliteia fra il Sannio e i Peligni da una parte e Fregelle dall'altra non includeva soltanto il diritto reciproco di commercium e connubium, ma anche il diritto reciproco di acquisire la cittadinanza dell'altro Stato per gli emigrati che vi si stabilivano definitivamente. " Cfr. supra, § 2, alle pp. x68-7o. § 9 (pp. 263·70). 1

Secondo i calcoli di BELOCH, Der italiscbe Bund cit., p. 176, essi erano centotrentacinque; DE SANCTIS, op. cit., Il, p. 463, ritiene che il loro numero fosse compreso fra 120 e 150; AFZELIUS, Die romische Eroberung cit., p. 62, calcola che nel225 a. C. tale cifra oscillava fra 153 e 174. L'incognita è costituita dal numero delle minuscole cittàstato umbre (ibid., p. 47). Cfr. supra, p. 278, nota 139. 2 Esclusivamente con Roma e non anche fra di loro: la Federazione romana non era una confederazione (BADIAN, op. cit., pp. 142-43). ' Vale a dire 90 595 kmq su 125 455, secondo Mzelius (loc. cit. e pp. 133-35). Cfr. anche supra, p. r:;:;. • Cfr. supra, pp. 156-57. ' Cfr. supra, pp. 158-59. • «Si a Samnitium armis defensi essen t, se sub imperio [sic] Populi Romani fideliter atque obedienter futuros » [«Se fossero stati difesi dagli attacchi dei Sanniti, si sarebbero mantenuti leali ed ossequienti sotto l'autorità del popolo romano»] (uvro, VIII 19). ' Non conosciamo né la data né le circostanze in cui Frosinone strinse alleanza con Roma; sappiamo soltanto che nel 307 (307-306 o 306) a. C. essa si ribellò (DIODORO, XX Bo), d'accordo con Anagni, e che nel 303 (303-302 o 302) a. C. un terzo del suo territorio fu dichiarato ager publicus Populi Romani. È certo che la stessa Frosinone, dopo esser stata nuovamente ridotta all'obbedienza, fu parzialmente incorporata nello Stato romano, dal momento che il suo nome figura nell'elenco delle prefetture riportato da Pesto (p. 233M.). • LIVIO, VIII 22 . • LIVIO, VIII 23. 1 ° Cfr. BELOCH, Romische Geschichte cit., pp. 501 e :;86; Cicerone (Ad Fam. XIII 76) si rivolge ai quattuorviri di un municipio che egli non nomina, ma che Beloch identifica per eliminazione con Aquino. " Cfr. supra, pp. 159-62. Roma prese la cinica decisione dì annettere Cere pochissimo tempo dopo la partenza definitiva di Pirro dall'Italia nel 275 a. C. (dr. supra, pp. r78-8r). Prima di allora, le uniche iniquità commesse dai Romani in Etruria a partire dal 343 (340 o 339) a. C. erano state le annessioni di territori effettuate ai danni di Vulci e forse anche di Tarquinia; esse vanno collocate probabilmente nel 28o a. C., cioè alla fine, o subito dopo la fine, della tregua che precedette la quinta ed ultima fase della grande guerra romano-sannitica, scatenata dallo sbarco di Pirro a Taranto (cfr. BELOCH, Romiscbe Geschichte cit., pp. 4.55·:;6, e supra, p. 295, nota 55).

332

Capitolo terzo

12

uvro, XXV 15. DE SANCTIS, op. cit., II, p. 455, afferma che soltanto la guarnigione di Taranto era permanente. u Cfr. BELOCH, Romische Geschichte cit., p. 46x. 14 LIVIO, XXIII 14 e x5. 1.5 LIVIO, XXIV I; I 5. 16 Cfr. supra, pp. r2o-21 e 209, infra, p. 362.

xxv

11

LIVIO,

Il

LIVIO,

XXIV I. XXVII 24.

19

Der italische Bund cit., p. 198. I 20. 21 Cfr. LIVIO, XXII 32; XXIII I. 22 CICERONE, Pro Balbo 8.21. 13 Prima della loro secessione, tutti gli Stati membri del Nomen Latinum esistenti all'epoca della pace del 338 (335 o 334) a. C.- o almeno alcuni di essi- dovevano essere vincolati a Roma da trattati, o individualmente o nella loro qualità di ex membri della Confederazione latina. Tutti gli accordi di questo tipo - o alcuni di essi - vennero probabilmente rimessi in vigore col consenso di Roma nel 338 (335 o 334) a. C., ma forse non come foedera aequa sul modello del Foedus Cassianum (cfr. supra, p. 137). Le colonie latine fondate in seguito da Roma dovevano avere nei suoi confronti (e forse ciò era esplicitamente detto nei loro statuti di fondazione) gli stessi obblighi dei piu antichi membri del Nomen Latinum, ma è improbabile che queste colonie fossero vincolate da trattati allo Stato che le aveva create. " Gli Stati membri della Confederazione di Corinto presieduta da Filippo II di Macedonia erano vincolati, in virtU degli impegni presi nei suoi confronti, a fare altrettanto per il sovrano macedone qualora egli lo avesse chiesto. l rapporti di Filippo e di Roma coi rispettivi alleati avevano inoltre in comune una caratteristica negativa: in entrambi i casi la potenza egemone limitava le proprie richieste agli aiuti militari e si asteneva dall'esigere tributi in denaro o in natura (NIESE, op. cit., parte I, p. 39). " Cfr. supra, p. 26I. 20 Cfr. BADIAN, op.cit., p. 26. 21 Cfr. ibid., pp. 25-28. 21 BELOCH, Der italische Bund cit., pp. I99-20o, avanza l'ipotesi che i cosiddetti «foedera iniqua» cominciassero sempre con una clausola, fissa e invariabile, in cui veniva definita, fin dall'inizio, la situazione di ineguaglianza creata dal trattato fra i due contraenti. Tale formula, che ci è stata effettivamente tramandata da Cicerone (Pro Balbo r6.35) nel testo originale latino, impegna il contraente non romano