Le realtà locali nel mondo greco. Ricerche su poleis ed ethne della Grecia occidentale

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Le realtà locali nel mondo greco. Ricerche su poleis ed ethne della Grecia occidentale

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Studi e testi di epigrafia Collana diretta da Giovannella Cresci Marrone ed Enrica Culasso Gastaldi

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Responsabili scientifici / Editors Giovannella Cresci Marrone Enrica Culasso Gastaldi Comitato Scientifico / International Advisory Board Lorenzo Calvelli (Università Ca’ Foscari Venezia) Michele Faraguna (Università degli Studi di Milano) Denis Knoepfler (Collège de France) Stephen Lambert (Cardiff University) Georgia Malouchou (Archaeological Society of Athens) Daniela Marchiandi (Università degli Studi di Torino) Nicoletta Giovè (Università degli Studi di Padova) Silvia Orlandi (Sapienza Università di Roma) Jonathan Prag (Merton College Oxford) Alicia Ruiz Gutiérrez (Universidad de Cantabria) Nicolas Tran (Université de Poitiers).

I volumi pubblicati nella Collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validità scientifica.

Chiara Lasagni

Le realtà locali nel mondo greco Ricerche su poleis ed ethne della Grecia occidentale

Edizioni dell’Orso Alessandria

Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Studi Storici di Torino (Ricerca Locale 2018).

© 2019 Copyright by Edizioni dell’Orso s.r.l. via Rattazzi, 47   15121 Alessandria tel. 0131.252349   fax 0131.257567 e-mail: [email protected] http://www.ediorso.it Redazione informatica e impaginazione a cura di Francesca Cattina ([email protected]) Grafica della copertina a cura di Paolo Ferrero ([email protected]) È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L’illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell’art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.41 ISBN 978-88-6274-962-6

Indice

PrefazioneVII IntroduzioneIX Parte I: Poleis 1. All’ombra di Corinto 1.1. Introduzione 1.2. Corcira 1.3. Ambracia 1.4. Epidamnos 1.5. Apollonia 2. Poleis corinzie e koina locali (post 223 a.C.): il caso dell’area apolloniate 2.1. Introduzione 2.2. Dimalla (koinon dei Dimallitai) 2.3. Il koinon dei Balaieitai

3 3 12 26 41 50 63 63 64 68

Parte II: Ethne 1. Il koinon degli Acarnani 1.1. La nascita dello stato federale degli Acarnani 1.2. Gli Acarnani nel V secolo Gli Acarnani in Tucidide Il ruolo di Stratos e il koinon dikasterion di Olpai Osservazioni conclusive 1.3. La “prima federazione” acarnana 1.4. La “seconda federazione” acarnana

77 77 86 87 93 99 101 113

2. Il koinon degli Etoli 2.1. La nascita dello stato federale degli Etoli 2.2. Il koinon degli Etoli nel IV sec. a.C. 2.3. Il koinon degli Etoli in età ellenistica

123 123 132 137

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INDICE

L’arbitrato etolico tra Melitaia e Pereia 141 Il problema dei distretti territoriali del koinon etolico 147 La r appresentanza politica delle realtà locali e la questione dei boularchoi159 La politeia etolica 164 Conclusioni181 Mappe189 Bibliografia191 Indice delle fonti209 Indice dei nomi217

Prefazione

Nell’introdurre il primo volume della Collana Studi e Testi di Epigrafia, mi è gradito presentare questa circostanza come un importante traguardo raggiunto, dopo un lungo cammino di frequentazione della disciplina epigrafica e di stimolante confronto con colleghi italiani e stranieri, i cui nomi compaiono, in parte, anche nel Comitato Scientifico e che ringrazio qui per la loro proficua collaborazione. Profondamente persuasa del ruolo strutturale che l’epigrafia riveste all’interno degli studi di storia antica e della sua insostituibile capacità documentaria, sia in ambito pubblico sia privato, guardo ora con molte aspettative a questa nuova impresa editoriale. In particolare sono interessata a tutte le declinazioni possibili in cui le iscrizioni possano contribuire a delineare la storia, intendo la grande storia, delle comunità antiche e degli uomini che ne furono interpreti e protagonisti. Il volume di Chiara Lasagni, dedicato alle «realtà locali» della Grecia occidentale, pone al centro dell’attenzione un tema e un’area geografica che l’autrice ha potuto investigare solo affidandosi alla lettura e all’interpretazione dei documenti epigrafici, spesso giunti fino a noi in condizioni frammentarie e bisognosi pertanto di cure specialistiche e di oculata esegesi. Del resto l’autrice ha frequentato il tema già a partire dagli studi universitari, quando sotto la mia guida ha condotto ricerche sull’organizzazione delle tribù epirote, grazie anche alla preziosa collaborazione con la professoressa Vassilia Kontorini dell’Università di Ioannina, dove Chiara Lasagni ha trascorso un lungo periodo come studentessa Erasmus. Molte volte, negli anni successivi, la sua ricerca è tornata a investigare temi simili od omologhi, come quando, nel volume La prassi della democrazia ad Atene, da me edito nel 2004, ha indagato le procedure politiche adottate dai demi attici nelle iniziative onorarie. Molte volte ancora, poi, raffinando la propria preparazione e progredendo in consapevolezza e maturità scientifica, grazie anche ad esperienze sempre nuove e formative, ha dedicato importanti contributi agli stati federali e alle organizzazioni territoriali, approdando a una prima monografia nel 2011, già introduttiva sul confronto tra poleis ed ethne, e infine a questo secondo volume che intende verificare le teorie euristiche grazie al vivo confronto con il campo documentario delle iscrizioni. Vorrei ancora ricordare che tali obiettivi sono stati alla sua portata perché la sua formazione ha sempre incluso l’addestramento epigrafico come profilo irrinuncia-

VIII

PREFAZIONE

bile, che l’ha condotta anche, su un altro versante, a vincere un finanziamento SIR (Scientific Independence of Young Researchers), dedicato a giovani ricercatori, bandito dal MIUR. Il progetto The Epigraphic Landscape of Athens, riconosciuto di elevata qualità scientifica, ha portato alla creazione di un centro di ricerca, che è guidato da Chiara Lasagni nel ruolo di Principal Investigator, e che, con la collaborazione di altri (cosiddetti) giovani ricercatori, ha già prodotto ottimi risultati nello studio del panorama epigrafico e topografico di Atene. Rivolgendomi ora ai nostri attuali e futuri lettori, non mi rimane che dare appuntamento, dopo questo esordio, alle prossime monografie della Collana, in cui altre declinazioni sul tema saranno presentate al giudizio di chi condivide la nostra scelta metodologica e altri angoli d’osservazione potranno stimolare dibattiti nuovi e aprire produttive finestre d’esplorazione sul mondo antico. Enrica Culasso Gastaldi

Introduzione

Gli studi raccolti in questo libro sono concepiti in ideale prosecuzione con la monografia Il concetto di realtà locale nel mondo greco. Uno studio introduttivo nel confronto tra poleis e stati federali (2011). L’intento è quello di illustrare, attraverso l’esame una serie di casi concreti, le prospettive di indagine allora definite nel loro impianto teorico e metodologico. È in particolare proprio prendendo le mossa tali riflessioni che si è qui determinata la scelta di considerare il tema dell’organizzazione locale degli stati greci non già in relazione a singole strutture istituzionali – come ad esempio le phylai o i distretti territoriali – e nemmeno in rapporto a contesti esclusivamente poleici ovvero federali; la scelta, diversamente, è stata quella di affrontare tale tema attraverso l’analisi delle sue varie manifestazioni e declinazioni, tanto nelle poleis quanto negli ethne, su di un lungo arco temporale e nel contesto di una singola macroregione geografica, qui rappresentata dalla Grecia occidentale. I casi di studio qui proposti al lettore, lungi dall’essere esaustivi anche rispetto alla stessa area considerata, sono tuttavia in grado di offrire un ventaglio di esperienze istituzionali e di prassi politiche sufficientemente variegato e dimostrativo. Prima di ritornare su quest’ultimo punto, vorrei tuttavia soffermarmi sulla genesi di questa mia prospettiva di ricerca, tenendo conto della quale si potrà meglio valutare il filo rosso che unisce i casi di studio qui raccolti. Nelle mie ricerche precedenti mi sono infatti trovata a raccogliere la sfida di affrontare il tema delle componenti “locali” degli stati greci, nelle loro differenti manifestazioni e funzioni istituzionali rispetto ai livelli “centrali” del potere politico, unendo nella mia indagine sia le poleis, intese nella loro manifestazione di comunità statuali, sia gli ethne, considerati nella loro evoluzione come stati federali. Il mio punto di partenza era essenzialmente costituito dal libro di Nicholas F. Jones Public Organization in Ancient Greece. A Documentary Study, pubblicato nel 1987, il quale aveva tuttavia confinato l’osservazione delle componenti locali dell’“organizzazione pubblica” all’ambito delle poleis. L’auspicio era quello di ripercorrere tale prospettiva, allargando tuttavia il campo di indagine anche ad altre formazioni statuali, i cosiddetti stati federali appunto, in cui lo sviluppo di forme di organizzazione istituzionale per il raccordo tra componenti locali e governo centrale era altrettanto importante da osservare.

X

INTRODUZIONE

Concentrare le proprie ricerche su un soggetto così generico e indefinito come le “realtà locali” negli stati greci presentava al contempo svantaggi e opportunità. Il principale svantaggio era quello di muoversi all’interno di un campo di indagine non del tutto delimitato e dove il rischio di introdurre categorie e discrimini arbitrari era sempre in agguato. Uno dei maggiori problemi in questo senso è dato dal fatto che molto dello strumentario terminologico moderno di cui giocoforza ci serviamo nella descrizione di questi fenomeni istituzionali – “stato”, “cittadinanza”, “pubblico/privato”, “federalismo”, “sovranità” ecc. – rischia o di essere impiegato senza la giusta consapevolezza circa la sua irriducibilità di contenuto con le realtà istituzionali greche o, al contrario, di catalizzare su di sé ogni sforzo interpretativo, distogliendo la nostra attenzione dall’osservare le prassi politiche antiche nella loro concretezza storica. Stessa cosa si può dire per i termini politici antichi – polis, ethnos, politeia, koinon ecc. – i quali, adombrando realtà estremamente sfaccettate e interconnesse, necessitano di essere sempre calati all’interno dei loro contesti d’uso per essere correttamente interpretati, laddove va invece evitata una loro applicazione come concetti giuridici astratti e atemporali. Altro problema, come si diceva, è rappresentato dal rischio di delimitare il campo di osservazione attraverso classificazioni eccessivamente artificiali. Ad esempio, molti tra i più recenti studi sulla polis e sulla cittadinanza hanno messo in risalto come il corpo dei politai con piene prerogative si trovasse di fatto immerso in un reticolo di molteplici interconnessioni di ordine sociale, religioso, economico che ne travalicavano i confini e come, pertanto, la stessa nozione di cittadinanza nella prassi antica non possa essere compresa appieno riducendola a mero fatto giuridico1. Riflessioni come queste condizionano ovviamente la stessa indagine sui raggruppamenti locali poleici nella loro funzione di raccordo istituzionale tra cittadino e governo della polis; esse, infatti, ci sollecitano a interrogarci sull’opportunità di considerare le suddivisioni civiche, e il loro ruolo rispetto alla definizione e organizzazione del corpo dei politai, in maniera del tutto separata da altri raggruppamenti di natura più propriamente religiosa o privata. Stesso problema di delimitazione del campo di indagine si presenta ovviamente anche nel caso degli ethne sviluppatisi in senso federale. Preliminarmente all’osservazione delle componenti locali degli stati federali, è infatti necessario determinare in base a quali caratteristiche una forma di organizzazione può essere definita come tale. Si tratta quindi ancora una volta di un’operazione di demarcazione non scevra da elementi di artificialità, che si scontra infatti con la realtà di confini assai più sfumati, soprattutto guardando ai complessi rapporti esistenti tra etnogenesi e genesi degli stati federali2.

  Si vedano ad esempio Ismard 2010; Block 2017; Duplouy-Brock (eds.) 2018; e la discussione in Giangiulio 2017, 33-49. 2   Su questo punto, vd. infra, XVI. 1

INTRODUZIONE

XI

L’opportunità data da tale prospettiva di indagine sulle “realtà locali” era invece che essa potesse aiutare a evidenziare meccanismi di funzionamento comuni alle formazioni statuali del mondo greco e della cui evoluzione le strutture locali del potere politico costituiscono infatti significativi marcatori: mutamenti di ordine costituzionale oppure relativi alla composizione e organizzazione territoriale possono essere infatti ben valorizzati proprio a partire dall’osservazione delle componenti locali degli stati greci, nelle trasformazioni che esse eventualmente espressero in termini di cambiamento di struttura, entità numerica o funzioni istituzionali. È risultato evidente fin dalle prime fasi di queste ricerche che sarebbe stato impossibile circoscrivere in maniera convincente l’ambito della mia analisi senza prima affrontare una riflessione teorica, dedicata sostanzialmente a definire il concetto stesso di “realtà locale” e a chiarire i motivi che rendevano opportuna una sua osservazione congiunta nelle poleis e negli ethne. Quali e quanti fenomeni istituzionali degli stati antichi possono essere compresi sotto questa generica classificazione, presentando elementi in comune? Come osservare il fenomeno dell’organizzazione degli stati greci nelle loro componenti locali, evitando tuttavia di introdurre separazioni di principio tra esperienze statuali – le poleis e gli stati federali – che coabitarono nella realtà storica, dando vita a molteplici connessioni e forme di osmosi? Queste erano sostanzialmente le maggiori questioni di metodo che tale ricerca esigeva di affrontare preliminarmente: mi dedicai al problema con la consapevolezza che non si sarebbe trattato semplicemente di fornire un introduttivo status quaestionis basato sulla storia degli studi e con il dubbio di fondo che la visuale proposta, alla prova dei casi di studio, si potesse rivelare poco adatta, o peggio ancora superflua, per descrivere i contesti istituzionali di cui volevo occuparmi. Il frutto di quella riflessione di metodo è in seguito confluito nella monografia del 2011, mentre alcuni aspetti più specifici, inerenti in particolare all’ambito degli ethne e della loro evoluzione come stati federali, sono stati oggetto di ulteriori approfondimenti in alcuni articoli3. L’idea di fondo era sostanzialmente quella che strutture istituzionali di natura assai diversa (dalle phylai delle poleis ai distretti degli stati federali e così via) potessero essere nondimeno tutte identificate come “realtà locali” tout-court e, in quanto tali, potessero quindi essere osservate nel loro insieme, come componenti essenziali al funzionamento degli stati greci. Questa sorta di reductio ad unum, che intendeva esprimersi perlopiù sul piano della metodologia di indagine, era volta a valorizzare l’aspetto sempre composito delle formazioni statuali greche e la costante presenza in esse di una dialettica tra dimensione locale e centrale che informava tutti i maggiori aspetti della prassi politica in senso lato, dalla rappresentazione politica dei cittadini all’organizzazione militare e fiscale, al controllo del territorio.   Cf. Lasagni 2009-2010; 2017; 2018.

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XII

INTRODUZIONE

Come si può comprendere, proprio il fatto di includere nell’osservazione formazioni statuali diverse, dalle poleis classiche agli stati federali di età ellenistica, si rivelava così non solo metodologicamente corretto, ma anche essenziale a che questa prospettiva di indagine sulle “realtà locali” potesse esprimere le proprie potenzialità euristiche. In questa riflessione, peraltro, ero stata fin dai primi momenti confortata dall’osservazione di contesti specifici come ad esempio quello tessalico, nel quale l’esistenza di istituzioni di livello locale si manifesta con reciproche influenze tanto in ambito poleico (in una pluralità di suddivisioni civiche costituite da phylai e da altri raggruppamenti di parentela sociale) quanto in ambito federale (dove le stesse poleis erano anche le comunità locali componenti il koinon dei Tessali, inquadrate nel sistema territoriale costituito da tetrades e kleroi)4. A rafforzare l’idea che un’osservazione sulle realtà locali, per poter mettere in luce i meccanismi di organizzazione degli stati greci, dovesse spaziare congiuntamente dall’ambito poleico a quello degli stati federali, vi erano poi i fondamentali studi sulla polis condotti dal Copenaghen Polis Center tra la metà degli anni Novanta e Duemila, nei quali era emersa l’opportunità di scorporare la nozione di “autonomia” dai parametri attraverso cui gli antichi riconoscevano l’identità di polis a una comunità politica; formulando di conseguenza il concetto di “dependent polis”, il CPC aveva messo dunque in risalto come le poleis potessero rivestire non solo il ruolo di “città-stato” indipendenti, ma anche quello di “realtà locali”, pur continuando a essere pienamente riconosciute come poleis a tutti gli effetti5. Lungi dal depotenziare la nozione di polis, queste osservazioni avrebbero piuttosto fatto emergere chiaramente i limiti del modello giuridico di polis come città-stato e, come conseguenza, anche i limiti stessi dei modelli storiografici imperniati sull’idea di un declino delle poleis greche tra IV secolo ed età ellenistica. Riguardo a questo ultimo aspetto, altri studi – penso qui, inter alios, alle ricerche promosse nell’ambito del progetto Die hellenistische Polis als Lebensform (M. Zimmermann) – avrebbero dato risalto proprio all’ininterrotta vitalità del modello poleico, successivamente alla presunta crisi della città greca. Pur in un contesto ora dominato dai grandi ethne e dalle monarchie territoriali, l’evoluzione storica del mondo greco avrebbe infatti continuato a imperniarsi sulla polis come ingranaggio dominante del suo sviluppo. L’incalzante espansione della cultura urbana al di fuori dei contesti che ne avevano visto l’arcaica genesi e in condizioni geopolitiche profondamente mutate (si pensi ai processi di urbanizzazione che investirono gli ethne della Grecia nordoccidentale) appare strettamente connessa alle capacità adattative del modello poleico, in grado di riplasmare il proprio ruolo all’interno di nuove compagini statuali, al contempo mantenendo intatta la propria riconoscibilità socioculturale.

  Cf. rispettivamente Lasagni 2007, 385-420 e 2008, 377-385.   Su questo concetto, cf. la discussione in Hansen 2015, 863-883.

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INTRODUZIONE

XIII

L’idea che l’indagine sul rapporto tra dimensione locale e centrale del potere politico potesse coinvolgere sia città-stato sia stati federali non come fenomeni giustapposti, ma assimilabili in un’ottica comparativa, fu anche stimolata dalla discussione circa l’ipotesi, a suo tempo formulata da Adalberto Giovannini (Untersuchungen über die Natur und die Anfänge der bundesstaatlichen Sympolitie in ­Griechenland, 1971), di considerare gli ethne greci sviluppatisi in unioni simpolitiche non tanto come “stati federali” – e quindi come organizzazioni di natura in sostanza interpoleica – ma, al contrario, come formazioni statuali unitarie, di fatto completamente assimilabili nelle loro strutture organizzative essenziali alle stesse città-stato6. Le posizioni espresse da Giovannini sugli ethne e sul loro rapporto con le poleis – in realtà non del tutto condivisibili, soprattutto nei loro esiti più radicali – sono rimaste tendenzialmente eccentriche rispetto al panorama degli studi sul federalismo antico. Esse, tuttavia, erano l’espressione di un approccio di ricerca verso lo stato greco in cui lo studioso aveva voluto forgiare le proprie ipotesi ricostruttive guardando direttamente alle prassi politiche antiche e rinunciando a proiettare sui contesti osservati aprioristiche categorie interpretative, frutto di concezioni giuridiche moderne. Si trattava peraltro del genere di approccio che, mutatis mutandis, mi ero io stessa proposta di perseguire e che ancora cerco di perseguire: ossia quello di non indulgere nell’applicazione di rigide classificazioni e di non far uso di una riflessione eccessivamente imperniata sull’analisi del lessico politico, ma di dedicare piuttosto la mia osservazione al concreto ruolo delle realtà locali nell’organizzazione degli stati greci, analizzandone i basilari meccanismi di funzionamento e le ricorrenti linee evolutive, come emergenti dalla documentazione. I casi di studio presentati in questo libro sono organizzati in due sezioni, dedicate all’osservazione delle realtà locali rispettivamente in contesti poleici e in contesti federali. Tale partizione non intende ovviamente mantenere strettamente separati questi due ambiti d’analisi, sottolineandone gli elementi di irriducibilità e finendo col ripresentare le medesime demarcazioni che si vogliono qui invece sottoporre a discussione. Questa partizione, al contrario, è stata inserita allo scopo di evidenziare la compresenza di queste due tipologie di formazione statuale quali oggetto di un’analisi sulle realtà locali che è stata qui condotta sulla base della contiguità geografica degli ambiti osservati, piuttosto che non su di una loro stretta omogeneità istituzionale. Tra i contesti osservati nell’una e nell’altra sezione non mancano ovviamente né interconnessioni storiche né fenomeni istituzionali su cui poter stabilire terreni di confronto. Riguardo alle prime, si pensi alle poleis che, in una fase avanzata della loro storia, persero il loro originario status di città-stato indipendenti per divenire membri locali di stati federali7; riguardo ai secondi, si

  Per una discussione di dettaglio, cf. Lasagni 2011, 197-226, con riferimenti.   Si considerino ad esempio i casi delle apoikiai corinzie di Leukas, che fu integrata nel koinon degli Acarnani dopo la morte di Pirro nel 272 a.C., divenendone addirittura la capitale (Liv. XXXIII 17, 1) o di Ambracia, membro del koinon degli Etoli tra il 230/20 al 189 a.C. 6 7

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può ad esempio richiamare la ricorrenza, tanto in ambito poleico che federale, di partizioni locali di natura territoriale, delle quali si possono in particolare cogliere funzioni ricollegabili all’ambito dell’organizzazione militare. Oltre a questo, si deve anche richiamare l’attenzione su alcuni specifici contesti, che, pur essendo stati qui analizzati ora sotto il titolo Poleis ora sotto il titolo Ethne, fanno tuttavia emergere dinamiche di interazione tra livelli locali e centrali dell’organizzazione che potremmo definire ibride. Per ciò che concerne la sezione dedicata alle Poleis, mi riferisco in particolare al caso delle comunità ellenizzate dei Dimallitai e dei Balaieitai, la cui analisi costituisce una sorta di appendice rispetto all’esame delle realtà locali nelle città corinzie, e in particolare di Apollonia, come peculiare esito di nuovi equilibri regionali prodottisi nel tardo III sec. a.C. Per ciò che riguarda invece la sezione Ethne, mi riferisco qui soprattutto al caso della città acarnana di Stratos, il cui ruolo di polo regionale sembra poter essere messo convincentemente in relazione con le stesse tappe di sviluppo del koinon degli Acarnani. Come ho detto all’inizio, la selezione dei contesti da esaminare in questo libro era volta a riunire studi diversi che potessero comporre un quadro sufficientemente esemplificativo di forme organizzative locali, a partire da una specifica macroarea del mondo greco(*). La scelta di includere formazioni statuali originatesi nell’area occidentale della Grecia si mostrava particolarmente idonea in questo senso. Gli studi qui raccolti comprendono anzitutto le poleis fondate in età arcaica come apoikiai corinzie o corinzio-corciresi, per le quali sussistono evidenze di un’organizzazione locale del corpo civico (phylai, phratrai e altre sotto-partizioni), ossia Corcira, Ambracia, Epidamnos e Apollonia (Poleis: capp. 1.2-1.5), qui presentate in ordine di cronologia di fondazione. Trattandosi di fondazioni coloniarie di origine corinzia, alla cui matrice le nuove poleis dovettero certamente improntare le loro forme di organizzazione locale, si è resa necessaria una preliminare discussione sulle partizioni del corpo civico presenti in madrepatria, nella loro evoluzione dall’epoca bacchiade alle fasi successive alla caduta della tirannide cipselide. Particolarmente importante in tale contesto è la discussione sull’iscrizione SEG 30: 990 (325-275 a.C.), un decreto di cittadinanza di una città dorica per due Ateniesi, rivenuto a Delos; il testo del decreto, che contiene preziosi riferimenti alle partizioni locali del corpo civico in cui i due nuovi politai si sarebbero dovuti iscrivere per implementare la loro naturalizzazione, non fa purtroppo conoscere il nome della polis emanante, nella quale è stato tuttavia possibile riconoscere proprio Corinto. Tale attribuzione, benché ancora del tutto attendibile, non può tuttavia essere comprovata definitivamente e l’esistenza di un’ipotesi alternativa secondo cui il decreto, e quindi le partizioni in esso attestate, fossero piuttosto da ricondurre all’apoikia di Ambracia ha richiesto di essere presa in esame in questo studio. L’inserimento nella sezione Poleis dei casi esaminati nei capitoli 2.2 e 2.3 ha preso sostanzialmente le mossa dalla discussione circa la presenza di un sistema locale di phylai nella polis illirica ellenizzata di Dimalla; l’ipotetico riferimento

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alla figura del phylarchos riconosciuta in un’iscrizione locale di Dimalla, infatti, aveva fatto sì che quest’ultima fosse inclusa tra le poleis attestanti partizioni del corpo civico raccolte da Jones in Public Organization in Ancient Greece. Se la presenza di tribù civiche a Dimalla non può essere confermata, le stesse fonti lasciano ipotizzare per i Dimallitai uno status di comunità subordinata rispetto a un polo regionale, costituito, nella fattispecie, dalla polis di Apollonia; lo stesso rapporto nei confronti di Apollonia sembrerebbe rilevabile anche per il koinon dei Balaieitai, che, pertanto, è stato anch’esso preso in esame. Riguardo a questi ultimi, si noti, il lettore non deve farsi fuorviare dalla presenza di un capitolo dedicato a un “koinon” all’interno della sezione riservata alle realtà locali nei contesti poleici. In questo caso, la definizione di κοινὸν τῶν Βαλαιειτᾶν (SEG 38: 521) non sembra infatti poter essere propriamente rapportata all’esistenza di una ‘microfederazione’, ma piuttosto a quella di una comunità politica probabilmente del tutto analoga a quella dei Dimallitai. Si può ipotizzare che si trattasse di comunità tribali che, attraverso processi di urbanizzazione intervenuti in età tardo-classica o ellenistica, poterono sviluppare istituzioni comuni e una comune organizzazione politica; si tratta di formazioni per le quali è in realtà difficile pervenire a una classificazione certa. Nonostante la loro polarizzazione attorno a un principale centro urbano e nonostante la presenza di istituzioni – in primo luogo il prytanis eponimo – chiaramente ispirate al modello delle poleis corinzie8, queste comunità non si costituirono apparentemente come poleis in senso politico, ma mantennero piuttosto un’identità di ethnos, andando quindi a definirsi come “κοινὸν τῶν…” e, probabilmente, non raggiungendo mai uno status indipendente. La seconda parte, Ethne, raccoglie due studi dedicati al koinon degli Acarnani e al koinon degli Etoli. Non ritengo necessario anticipare qui i singoli aspetti che verranno affrontati in relazione a ciascuna di queste formazioni, ma vorrei piuttosto soffermarmi su una questione più generale, che riguarda entrambi questi studi e che ritengo di grande importanza. Tanto nel caso degli Acarnani quanto in quello degli Etoli è stato necessario riservare una parte della riflessione alla questione della nascita dei rispettivi stati federali; un esame delle strutture dell’organizzazione locale in questi specifici contesti, infatti, non può prescindere dall’esistenza, come contraltare, di un livello centrale del potere politico quale espressione di una formazione statuale ‘sovrana’, dotata di una propria politeia e di organi istituzionali permanenti, oltre che in grado di esercitare l’autorità di controllo sul proprio territorio, le proprie finanze e le proprie forze armate. Sono consapevole del fatto che l’impiego di una tale prospettiva finisca giocoforza col non considerare diversi aspetti del panorama interpretativo prodotto nella più recente riflessione sugli stati federali

  Nella regione apolloniate, il prytanis eponimo è attestato non solo presso i Dimallitai e Balaieitai, ma anche presso gli Amantes (Amantia/Plocë) e i Bylliones (Byllis/Hekal), cf. Crema 2010, 208-209. 8

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greci, in particolare per ciò che attiene al ripensamento della contrapposizione tra Stammesstaat (ethnos come “stato-tribale” primitivo) e Bundesstaat (ethnos come “stato-federale” dotato di una sympoliteia) e all’ampio contributo che i numerosi e recenti studi dedicati alla ethnicity nel mondo greco hanno apportato a tali nuove prospettive9. È infatti più che mai chiaro come ognuno degli stati federali che le fonti storiche ed epigrafiche ci mostrano pienamente funzionanti soprattutto a partire dal IV sec. a.C. siano sempre l’esito di processi evolutivi di lunga durata e di antica origine, basati sul progressivo sviluppo di molteplici forme di cooperazione regionale, operanti sul piano religioso, economico, militare e così via. Come è stato dimostrato dagli studi, e con un grande apporto da parte dell’indagine archeologica, in tali forme di cooperazione la costruzione dell’identità dell’ethnos giocò certo un ruolo di fondamentale importanza, non precedendo, come uno stadio primitivo, ma in certa misura affiancando lo sviluppo dei koina federali. È altrettanto chiaro, tuttavia, come i fenomeni di costruzione dell’identità dell’ethnos e di relative forme di cooperazione regionale non bastino di per sé a fornire tutte le spiegazioni per il successivo emergere dei koina federali o, in altre parole, di ethne riconoscibili come entità statuali10. Se la contrapposizione tra Stammesstaat e Bundesstaat demarcata dalla codifica della sympoliteia appare oggi come eccessivamente meccanicistica (oltre che condizionata da un pregiudizio primitivista e polis-centrico nei confronti delle più antiche unioni etniche), si deve purtuttavia notare come il passaggio da forme di cooperazione regionale fondate sull’identità dell’ethnos alla creazione di veri e propri “stati federali” non possa essere letto semplicemente come uno sviluppo lineare e progressivo. Si deve infatti ricordare come proprio il ‘passaggio’ dalla prima alla seconda forma di unione giaccia in un terreno nebuloso e ancora rappresenti una delle maggiori sfide esegetiche negli studi sul federalismo antico. Quando parlo di “nascita” di uno stato federale, e nel presente caso di nascita dello stato federale acarnano e di quello etolico, la mia intenzione non è pertanto quella di ridurre artificialmente a un unico momento fondativo fenomeni evolutivi ben più complessi e stratificati; il mio intento, piuttosto, è quello di individuare nelle fonti una fase a partire dalla quale i processi di istituzionalizzazione e di formalizzazione delle pratiche politiche appaiono essere giunti a uno stadio tale da permetterci di parlare di un vero e proprio “stato”. Parlare della nascita del koinon Acarnano o del koinon Etolico, in altre parole, vuol dire evidenziare il punto di partenza della nostra osservazione sulle “realtà locali” in seno agli ethne, perché è solo a partire da esso che si rendono percepibili le prassi politiche di un rapporto tra comunità locali e koinon oramai pienamente formalizzato e normato da un nomos federale.

  Cf. Hall 2015, 30-48.   Cf. Mackil 2014a, 270-284.

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Riguardo a quest’ultimo aspetto, si deve però considerare come, nonostante il paradigma della sympoliteia ci abbia molto spesso abituati a ragionare sullo stato federale greco in termini idealtipici, la realtà storica ci ponga di fronte a una grande varietà di strutture organizzative: tale varietà risulta particolarmente apprezzabile proprio se osservata dal punto di vista della morfologia, delle prerogative e trasformazioni delle realtà locali, e dei loro meccanismi di partecipazione e integrazione nel koinon. Lo stato federale degli Acarnani e quello degli Etoli, ad esempio, pur nella loro prossimità geografica, si formarono ognuno secondo linee di sviluppo peculiari (il primo, a partire da una regione precocemente urbanizzata, il secondo da un’originaria unione tribale), avendo dato vita a forme di raccordo diverse tra koinon e comunità locali membri. In generale, proprio la valorizzazione delle peculiarità espresse dai singoli contesti politici e la riflessione sulle possibili concause storiche che ne avrebbero di volta in volta determinato la genesi rappresentano un elemento di centrale importanza nella ricerca sulle strutture locali del potere negli stati greci. Per lavorare in questa direzione, è però più che mai necessario privilegiare alle analisi d’insieme, estensive e sistematizzanti, un’osservazione di dettaglio dei singoli contesti, come mi sono appunto proposta di fare in questo libro, pur considerando i concreti limiti che ciò può aver determinato; sono infatti consapevole che dall’insieme di questi miei studi non può che scaturire una visione parziale del problema, essendo ancora molti i contesti statuali da esaminare sotto questa particolare prospettiva di ricerca sulle “realtà locali”. Sono tuttavia anche altrettanto certa del fatto che ragionare su questo problema in termini non idealtipici, ma attraverso una concreta analisi storica necessariamente di dettaglio – rifuggendo da interpretazioni normalizzanti che finiscano con l’oscurare le varietà e ‘irregolarità’ delle prassi e delle strutture politiche emergenti dalle fonti antiche – significhi poter mettere in ogni caso in risalto le inesauribili capacità adattative dello stato greco, nel suo perennemente «instabile equilibrio tra ordine e anarchia», tra forze aggregative e tendenze centripete, tra poteri centrali e realtà locali11. * Tra i casi presi in esame in relazione alla macro-regione qui considerata, spicca l’assenza dell’Epiro. Il contesto epirota, a wholly non-Aristotelian universe, per usare una felice espressione di J.K. Davies, è costituito da un sostrato locale estremamente sfaccettato e da uno sviluppo istituzionale complesso, che va dai mutevoli equilibri egemonici che interessarono i suoi grandi ethne (Thesprotoi, Chaones, Molossoi), a partire dal loro primo emergere nello scacchiere nordoccidentale, sino all’unificazione epirota sotto la monarchia molossa, alla trasformazione in koinon ‘repubblicano’ dopo il 232 a.C. e, infine, all’emergere di nuovi soggetti politici scaturiti, all’ombra di Roma, dalla disgregazione successiva al disastro di Pidna. Le questioni che un’analisi delle realtà locali epirote richiede di affrontare sono diverse e di ampia portata. Tra di esse, spiccano anzitutto quelle derivanti dalla pluristratificata compagine tribale dell’Epiro, a partire dall’identificazione

  Cf. Gehrke 2009, 409.

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XVIII

INTRODUZIONE

dei numerosissimi gruppi attestati nelle fonti epigrafiche e letterarie sino alla riflessione sulla loro natura di comunità politiche. La centralità della monarchia molossa nello sviluppo dell’esperienza federale epirota, inoltre, rappresenta un altro imprescindibile tema, che ci richiederebbe necessariamente di allargare la riflessione sulle “realtà locali” alla questione del rapporto con un potere statuale di tipo monarchico; d’altro canto, anche il ruolo dell’istituto della symmachia come tappa dell’unificazione epirota (συμμαχία τῶν Ἀπειρωτᾶν) ci pone di fronte a problemi interpretativi di non poco conto, questa volta in termini di interrelazione tra “federalismo interstatale” e “federalismo costituzionale” nello sviluppo degli stati greci. A completare il quadro, vi è anche la necessità di misurarsi con il ricchissimo apporto di nuovi dati provenienti dall’epigrafia e soprattutto dall’indagine archeologica (particolarmente importanti, questi, per comprendere la trasformazione in senso urbano delle comunità locali epirote), oltre che con la tendenza della letteratura più recente di mettere in discussione i tradizionali schemi dello sviluppo storico e istituzionale dell’Epiro antico (cf. Meyer 2013; Pascual 2018). Risulta in conclusione chiaro come un’analisi globale delle strutture locali dell’organizzazione politica nel contesto epirota, che potrebbe trovare migliore collocazione in uno studio monografico a se stante, avrebbe qui richiesto di prendere in esame un campo di indagine eccessivamente ampio (e caratterizzato da alcuni temi del tutto peculiari) rispetto a quelli affrontati nei casi qui raccolti. Per ciò che concerne i nomi antichi di luoghi, persone e istituzioni menzionati nel testo ho scelto di ricorrere nella maniera più ampia possibile al criterio della trascrizione, che trovo preferibile per la sua maggiore chiarezza; tale criterio, tuttavia, non ha potuto essere sempre rigorosamente applicato e, nella fattispecie, è stato evitato nei casi in cui la traslitterazione dei termini in oggetto fosse così largamente invalsa nella lingua italiana da rendere artificiosa alla lettura una loro resa in trascrizione dal greco. Da ultimo desidero ringraziare i Revisori Anonimi per la loro attenta lettura e per le osservazioni che sono risultate preziose nella fase di elaborazione finale del volume.

Parte I

Poleis – Le colonie di Corinto e Corcira

1. All’ombra di Corinto

1.1. Introduzione Una raccolta di ricerche sulle realtà locali della Grecia occidentale non può che prendere le mosse da un’analisi delle poleis greche fondate in questo ampio territorio nel corso dell’età arcaica, e per le quali le fonti epigrafiche o letterarie attestano l’antica esistenza di sistemi di partizione del corpo civico. In tutti i casi presi in esame, ci troviamo di fronte a fondazioni coloniarie di derivazione corinzia (Ambracia, Corcira) o corinzio-corcirese (Apollonia, Epidamnos), alla cui matrice le nuove deduzioni dovettero essersi necessariamente improntate, a partire dalla struttura del corpo civico. Prima di passare dunque, nei capitoli che seguono, all’analisi dei singoli contesti poleici, ritengo sia necessario soffermarsi preliminarmente su Corinto stessa. Le strutture istituzionali di cui si dotò la madrepatria peloponnesiaca nel corso della sua evoluzione storica costituiscono infatti un irrinunciabile terreno di confronto per una migliore comprensione dei casi che andremo a esaminare. L’organizzazione locale del corpo civico di Corinto è nota da un esiguo e problematico nucleo di fonti1. Tra queste, l’unica a fornirne una descrizione complessiva, benché succinta, è il lessico Suda, che alla voce πάντα ὀκτώ (“tutto otto” ovvero “tutto a base otto”) riporta:

  Sull’organizzazione del corpo civico di Corinto, cf. in part. Jones 1980, 161-193; Stroud 1968, 233-242; Salmon 1984, 413-419; 2003, 219-234; Stanton 1986, 139-153; Jones 1987, 97-103; 1998, 49-56; Ruzé 1997, 297-304; Rieger 2007, 204-209; Stickler 2010, 25-34 e part. 26-27; Grote 2016, 145-161. La più convincente tra le ricostruzioni proposte rimane a mio avviso quella di Jones, che sostanzialmente seguo nella presente analisi; non mi trovano infatti d’accordo l’enfasi sul carattere “clistenico” delle suddivisioni civiche corinzie sostenuta da Stroud, Salmon e Stanton (cf. la discussione in Jones 1998, 49-56); l’eccessivo scetticismo, espresso ad es. da Grote 2016, 145-146, sul fatto che l’organizzazione pubblica della polis potesse essersi basata sulla triade dorica degli Hylleis, Dymanes e Pamphylioi nella sua fase più antica; la collocazione della riforma delle otto tribù territoriali nel contesto della caduta della tirannide cipselide, come sostenuto da Ruzé 1997, 301, e Grote 2016, 148, invece che in quello della sua instaurazione; ben poco accettabile mi sembra altresì l’ipotesi, formulata recentemente da Grote, di una natura eminentemente personale e non territoriale delle otto phylai corinzie (vd. infra, nota seguente). 1

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

Suda π-225, s.v. πάντα ὀκτώ: […] Ἀλήτης κατὰ χρησμὸν τοὺς Κορινθίους συνοικίζων ὀκτὼ φυλὰς ἐποίησε τοὺς πολίτας καὶ ὀκτὼ μέρη τὴν πόλιν. «Aletes, avendo unito in sinecismo i Corinzi in base all’oracolo, costituì i cittadini in otto tribù e la città in otto parti».

La presenza di un sistema di otto phylai con base territoriale (può essere così intesa in sostanza la combinazione ὀκτὼ φυλαί / ὀκτὼ μέρη) si connette con la notizia, riportata da Nicola Damasceno, sulla riforma costituzionale che il demos corinzio aveva introdotto dopo la caduta della tirannide cipselide2: Nic. Dam. FGrHist 90 F 60: […] αὐτὸς δὲ παραχρῆμα † ἐστρατεύσατο (scil. ὁ δῆμος) πολιτείαν τοιάνδε· μίαν μὲν ὀκτάδα προβούλων ἐποίησεν, ἐκ δὲ τῶν λοιπῶν βουλὴν κατέλεξεν ἀνδρῶν † θ´. «… e subito dopo (il demos) stabilì (?) questa costituzione: costituì un collegio di otto probouloi, e per il resto elesse un consiglio di nove uomini 〈da ciascuna phyle〉».

Se l’attribuzione delle otto phylai all’ecista Aletes corrisponde a null’altro che a un mito eziologico sulla costituzione corinzia, la testimonianza di Nicola Damasceno sull’introduzione degli otto probuloi e della boule di ottanta membri nel periodo appena successivo la caduta dei Cipselidi non implica d’altro canto che anche la riforma delle tribù territoriali avesse avuto luogo in questa stessa occasione. Nulla vieta infatti di ritenere che le innovazioni istituzionali di epoca oligarchica si fossero conformate alle suddivisioni civiche già in uso nel periodo precedente. Nonostante il silenzio delle fonti al riguardo, è proprio l’instaurazione della tirannide cipselide, più che non il momento della sua caduta, ad apparire come il contesto storico più opportuno per l’introduzione delle otto tribù territoriali, in quanto riconducibili alla necessità di disgregare le basi di potere delle anti-

  Cf. Jones 1980, 177-178. A dare particolare enfasi alla differenziazione tra una divisione dei politai in phylai e della polis in mere, presente in Suda π-225, è invece Grote 2016, 148-153: tale descrizione, secondo l’autore, non sarebbe semplicemente ridondante, ma indicherebbe la presenza di due diversi ordini di raggruppamenti locali, uno, le phylai, a base personale e uno, i mere, a base territoriale; si tratta tuttavia di un’analisi di questa testimonianza che sembrerebbe sovrastimare la portata documentaria della semplice e non significativa struttura sintattica impiegata in Suda π-225 (vd. ibid. 150-151), in mancanza di una più solida disamina dei contesti emergenti dalla documentazione antica. Tuttavia, la ricorrenza del termine meros in riferimento a quella che può forse essere intesa come una realtà locale della polis di Ambracia (Δεξαμεναί: μέρος τῆς Ἀμβρακίας), e a cui dedicherò ampia riflessione nel corrispondente capitolo (infra,  cap. 1.3), può però richiamare la necessità di mantenere distinta  –  e di non considerare quasi alla stregua di un’espressione endiadica – la divisione dei politai in phylai e della polis in mere. 2

1. ALL’OMBRA DI CORINTO

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che aristocrazie eraclidi per mezzo di un’organizzazione del corpo civico fondata su criteri totalmente nuovi3. L’organizzazione locale della Corinto di epoca bacchiade è sostanzialmente ignota. L’ipotesi di una presenza, in questa fase più antica, delle tradizionali phylai doriche degli Hylleis, Dymanes e Pamphylioi troverebbe tuttavia evidenza indiretta a Corcira, in cui l’attestazione di Ὑλλεῖς in epoca ellenistica può essere interpretata quale manifestazione fossile della struttura civica originariamente adottata nell’apoikia bacchiade4. La presenza di un’organizzazione tripartita ricorre anche a Siracusa, altra fondazione corinzia di età pre-cipselide5 di cui le fonti fanno conoscere un’organizzazione militare basata su un sistema tripartito di phylai6, con riscontri anche nelle due subcolonie siracusane di Akrai e Issa7.

  Cf. Jones 1980, 187-193; 1998, 51; Salmon 1984, 205-209.   IG IX 12 4, 798, II sec. a.C. (?). Vd. infra, 14 sgg. 5   Fondata nel 734 o 733 a.C. da Archias (Thuc. VI 3, 2; Strab. VI 2, 4), di stirpe bacchiade (Plut. mor. [amat. narr.], 772e-773b). Sulla fondazione di Siracusa, cf. Graham 1964, 218-223; Hall 2008, 397-398. 6   Vd. Thuc. VI 72, 4 (quindici strateghi); 73, 1 (tre strateghi); sistema di reclutamento κατὰ φυλάς: Plut. Nic. 14, 6, vd. anche Thuc. VI 100, 1. Tra le evidenze presentate a favore di questa ricostruzione, Jones 1987, 174-175, fa anche riferimento a un gruppo di pallottole fittili, recanti nelle loro legende l’indicazione πρώ(τα) / δευτ(έρα) / τρί(τα) φυλά / φυλ(ά) / (φυλά), perlopiù seguita da indicazione della φράτρα; se un primo nucleo (IG XIV 2407.10-20) era stato attribuito da Kaibel alla polis di Siracusa, e datato nel contesto della Seconda Guerra Servile, il riesame complessivo di questa categoria di oggetti, assieme all’apporto di nuovi ritrovamenti concentrati nell’area della Sicilia centrale, ha portato ad alzarne la cronologia alla prima età ellenistica e, soprattutto, a escluderne un’attribuzione ad ambito siracusano: cf. Lazzarini 1995, 420-425, che interpreta queste ghiande fittili come «contrassegni individuali, destinati all’ambito militare», e sottolinea come le phylai e phratrai in oggetto siano qui da intendersi non come suddivisioni civiche, ma come unità dell’esercito; la presenza, tra gli individui registrati, di nomi non-sicelioti riconducibili al reclutamento di soldati mercenari (vd. ad es. il nome etrusco ᾽Υβέννας-Vibenna in IG XIV 2407.18, cf. Manganaro 1999, 30-31) rafforza tale ricostruzione. 7  La polis siceliota di Akrai (cf. Inventory nr. 10) venne fondata da Siracusa nel 664 a.C. (Thuc. VI 5, 2); la presenza di un’originaria organizzazione basata sulle tre phylai doriche, e mutuata dalla madrepatria, può essere forse suggerita in base a flebili tracce della permanenza di un criterio di suddivisione a base tre, deducibile da alcune dediche pubbliche a Era e Afrodite, databili al III o II sec. a.C.: IG XIV 208 (sei prostatai); IG XIV 209, 211, 212 (nove triakadarchoi), cf. Jones 1987, 172-173. L’interpretazione di queste evidenze è però estremamente problematica; l’istituto della triakas, da intendersi come raggruppamento costituito da trenta unità (divisioni militari? famiglie?), è possibilmente presente anche a Corinto, dove appare tuttavia connesso a suddivisioni denominate hemiogdoai e, indirettamente, al sistema delle otto phylai introdotte in epoca cipselide (ma vd. infra, 6 sgg., per la discussione sull’attribuzione di questi raggruppamenti, attestati nell’iscrizione SEG 30: 990 da Delos). L’unico elemento per suggerire l’esistenza ad Akrai di un’organizzazione di matrice bacchiade-siracusana basata sulla triade dorica rimane pertanto il fatto che i collegi magistratuali dei prostatai e dei triakadarchoi fossero composti secondo multipli di tre, mancando peraltro la certezza che tali figure fossero nominate in funzione delle phylai civiche di Akrai, e non in base a diversi criteri. Un’esplicita attestazione delle tre phylai doriche ricorre infine nel decreto di Issa (cf. Inventory nr. 81) per la fondazione di una colonia militare a Kerkyra Melaina Syll. 3 141 = 3 4

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

Bisogna ammettere come, tuttavia, l’attestazione di un collegio di sei probouloi ad Akrai e l’organizzazione della colonia issea di Kerkyra Melaina nelle tre phylai dei Hylleis, Dymanes e Pamphylioi8 costituiscano di per sé indizi più significativi di quelli provenienti dallo stretto ambito siracusano, dove le evidenze in oggetto, essendo strettamente confinate all’ambito militare, potrebbero non avere corrispondenza con la struttura adottata per il corpo civico. Notoriamente, il corpus epigrafico di Corinto è estremamente esiguo e la conoscenza dell’organizzazione civica della polis per tutta l’epoca successiva – dalla tirannide cipselide, all’instaurarsi dell’oligarchia sino alla distruzione del 146 a.C. – si fonda purtroppo su un pugno di iscrizioni, di difficile interpretazione. La testimonianza cardine è costituita da un decreto onorifico, databile alla prima età ellenistica (325-275 a.C.) e proveniente da Delos, in cui due Ateniesi vengono insigniti della politeia da una non altrimenti nota città e vengono iscritti in quattro diversi ordini di raggruppamenti locali, scelti per sorteggio: hemiogdoa, triakas, phyla, phatra. SEG 30: 990, ll. 20-26: 20   τὰν δὲ βουλὰν διακλαρῶσαι εἰς ἡμιόγδοον καὶ τριακάδα καὶ φυλὰν καὶ φάτραν· Διεκλα ρώθην· ἡμιογδόου vv ΑΣ vv Ϝ, 25 [ἀ]ρχαίας vv φυλᾶς vv Ἀορέων, [φ]άτρας vv Ομακχιάδας.

Diversi argomenti supportano l’attribuzione di questo decreto alla polis di Corinto9, primo tra tutti il fatto che l’abbreviazione della hemiogdoa e triakas ΑΣ-F trovi diretto parallelo in altre quattro iscrizioni corinzie di età classica: tre horoi databili alla metà del V secolo (SEG 25: 331a, 331b, 332) e una lista di caduti risalente alla seconda metà del IV secolo (Dow 1942, 90-106 = SEG 11: 60)10.

Staatsver. III, nr. 451 (ca. 300-250 a.C., cf. Lombardo 1993, 161-188; Fraser 1993, 167-174), in cui i nomi dei nuovi coloni, incisi in calce al provvedimento, sono registrati su tre colonne sotto i titoli: ­[Δυμᾶ]­νες – [Ὑλλεῖς] – Πάμφυλοι (l. 18); tale evidenza porta a ritenere che la medesima struttura fosse in vigore anche nella stessa Issa, cf. Jones 1987, 55. 8   Vd. supra, nota precedente. 9   Cf. Jones 1980, 165-172; Louis Robert (1948, 5-15; 1960, 562-569) aveva invece attribuito il decreto alla polis di Phlious, sostanzialmente in base alla derivazione degli Aoreis da un eroe locale Aoris, menzionato da Paus. II 12, 5: su questo punto vd. tuttavia infra, 8. 10   Sull’insieme di queste iscrizioni, cf. Stroud 1968, 233-242, con foto. Appare difficilmente riconducibile a questo insieme il cippo pubblicato da Wiseman in «Hesperia» 41, 1972, 33-38 (cf. inoltre Stanton 1986, 141-142), rinvenuto presso l’epistilio del ginnasio di Corinto e recante sui quattro lati le seguenti iscrizioni: lato A: ΦΙΛΗΣAΙ ̣, ossia φυλὴ Σα(- - -) ϝ(- - -) secondo Stanton 1986, 141; lato B: Θ[ - - -] δυ̣ο; lato C: ΑΦ; lato D: ΦΑ; la paleografia suggerisce di datare l’iscri-

1. ALL’OMBRA DI CORINTO

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A partire dai documenti appena richiamati in discussione, questo risulta dunque essere l’insieme delle abbreviazioni a oggi attestate, che la testimonianza del decreto SEG 30: 990 – sempre se confermata la sua attribuzione a Corinto – ci impone di interpretare come sigle composte dal riferimento a una hemiogdoa in unione con una delle tre triakades11: ΑΣ-F (SEG 30: 990) KY-F (Dow) ΛΕ-Ε (Dow) / ΛΕ-Π (SEG 25: 331a - Dow) ΣΙ-Π (SEG 25: 331b - Dow) ΣY-F (SEG 25: 332)

Le partizioni denominate hemiogdoai dovevano corrispondere alla ‘metà’ di raggruppamenti a base otto; si potrebbe pensare a una bipartizione delle otto phylai territoriali, per un totale di sedici raggruppamenti12. Il rapporto tra hemiogdoai e otto phylai non è tuttavia meglio precisabile; in altre parole, non possiamo essere certi che la hemiogdoa rappresentasse una metà della phyla e sono anzi propensa a ritenere che si trattasse di due insiemi di raggruppamenti indipendenti, benché basati su un comune criterio numerico13. Le hemiogdoai erano a loro volta ripartite in tre sezioni (triakades) rispettivamente abbreviate con le lettere E, F e Π nell’epigrafia corinzia. Non sappiamo a quali termini si riferissero questi tre acronimi, benché l’interpretazione delle triakades (e forse delle stesse hemiogdoai) come suddivisioni caratterizzate da funzioni militari appare l’ipotesi più sensata14. Il decreto onorifico SEG 30: 990 sembra fornirci anche un’altra informazione molto importante, ossia che, a partire da una certa epoca in avanti, l’organiz-

zione tra la fine del II e il III sec. d.C.: di conseguenza, nonostante le innegabili affinità di contenuto con i documenti di cui sopra, rimane arduo giustificare come, in quest’epoca così tarda, si fosse presentata la necessità di eseguire una nuova copia di un’antica iscrizione, relativa a suddivisioni civiche in vigore secoli prima (ante 146 a.C.) e non più esistenti. 11   Cf. in part. Jones 1998, 50. Mentre non vi è dubbio che le tre sub-partizioni di volta in volta indicate attraverso una delle lettere E, F o Π corrispondessero alle triakades, la natura degli altri raggruppamenti presenti in queste abbreviazioni è invece dibattuta. L’interpretazione di questi ultimi come phylai, sostenuta da diversi studiosi (ad es. Salmon, Stanton, Ruzé), è ispirata sostanzialmente dalla possibilità di integrare l’abbreviazione KY della lista di caduti in base a una glossa di Esichio (Lex. 4620, s.v. κυνόφαλοι· Κορίνθιοι φυλή), e, inoltre, dalla lettura φυλὴ Σα(- - -) ϝ(- - -) nell’iscrizione di età romana di cui si è detto alla nota precedente; tale soluzione, tuttavia, complica enormemente un’interpretazione congiunta e lineare dei dati provenienti dalle iscrizioni di età classica in unione con quelli del decreto SEG 30: 990, che, non a caso, Stanton 1986, 143-153, continua ad attribuire a Phlious sulla scorta del primo parere di Robert (vd. supra, n. 9). 12   Come suggerisce Jones 1987, 192-193. 13   In fondo, non è nella semplice presenza di otto phylai con ulteriori partizioni, ma piuttosto nella riproposizione dello schema a base otto in più settori dell’organizzazione della polis che si può meglio comprendere il proverbiale πάντα ὀκτώ di Corinto, ricordato dal lessico Suda, π-225. 14   Cf. Jones 1998, 51.

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

zazione locale di Corinto sarebbe stata caratterizzata dalla compresenza di raggruppamenti introdotti in fasi successive. Sembra infatti potersi così intendere l’inquadramento dei nuovi cittadini corinzi sia nella hemiogdoa ΑΣ(- - -?) e nella triakas F(-  -  -?), sia nella archaia phyla degli Aoreis e nella phratra degli (H)omakchiadai. Benché la mancanza di confronti renda difficile giungere a un’interpretazione definitiva di questo testo, mi sembra preferibile ritenere che gli Aoreis fossero una delle otto phylai territoriali. Se si accetta l’idea che la riforma delle tribù corinzie fosse stata introdotta già in epoca arcaica, col passaggio dall’aristocrazia dei Bacchiadi alla tirannide dei Cipselidi, la definizione di “antica tribù” nel decreto ellenistico parrebbe già abbastanza logica. Non si può però del tutto escludere che la definizione di archaia andasse a designare specificatamente la phyle degli Aoreis e non altre tribù; una tale peculiarità sarebbe stata esplicitata nel testo epigrafico, forse per sottolineare l’ancestrale prestigio della tribù sorteggiata per iscrivere gli onorati. Se infatti l’attributo ufficiale di ‘antichità’ avesse riguardato tutte le phylai indistintamente, ci si sarebbe aspettati di trovarlo piuttosto nella prima parte della formula (τὰν δὲ βουλὰν διακλαρῶσαι κτλ.). A questo proposito, Salmon suggeriva infatti che gli Aoreis corrispondessero a una quarta tribù di origine non-dorica aggiunta alla triade dorica degli Hylleis, Dymanes, Pamphylioi, e che a queste specifiche phylai fosse attribuito l’epiteto di “antiche”15. La natura non-dorica degli Aoreis non può attualmente essere più sostenuta, dopo che Claudia Antonetti ha potuto dimostrare che l’eponimo tribale non deve essere identificato nell’eroe di Phlious Aoris (cf. Hom. Il. II 571; Paus. II 12, 5), ma piuttosto nel licio Aor, suocero del fondatore di Corinto Aletes (cf. SEG 38: 1476, l. 29, Xanthos 206/5 a, C.)16. Ciò non esclude tuttavia la possibilità che gli Aoreis fossero stati introdotti già in epoca antica per motivazioni a noi ignote e che siano stati inglobati e conservati dalle successive riforme, forse mantenendo specifiche prerogative di ordine religioso e sociale17. Come ho detto all’inizio, la presentazione dei dati relativi alle realtà locali della madrepatria corinzia costituiva qui un passaggio obbligato per una disamina delle corrispondenti strutture organizzative all’interno delle sue colonie dell’area nordoccidentale. La testimonianza dell’iscrizione delia SEG 30: 990 ci porta però a dover affrontare un’ulteriore e cruciale questione. Dal momento che si parte qui dall’assunto, più che legittimo, che la matrice di Corinto abbia fortemente conformato le strutture istituzionali delle poleis oggetto della presente analisi, possiamo conseguentemente essere del tutto sicuri che il decreto onorifico di Delos, col suo portato di preziosissime informazioni sulle realtà locali della città dorica emanante, sia da attribuire proprio a Corinto, piuttosto che non a una di queste sue fondazioni nordoccidentali?

  Salmon 1984, 415-416.   Antonetti 1999, 367-369. 17   Cf. Salmon 1984, 416; Ruzé 1997, 288-312. 15 16

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La risposta è no, e per il momento non posso che limitarmi a ridiscutere alcuni punti significativi che, di fatto, non ostano né all’una né all’altra di queste due ipotesi. Nella sua recente monografia Ambracia dai Cipselidi ad Augusto, Ugo Fantasia segnala la possibilità alternativa che il decreto SEG 30: 990 potesse essere stato emanato da Ambracia e non da Corinto. Pur evitando prudenzialmente di prendere una posizione definitiva al riguardo, lo studioso, tuttavia, elenca in sintesi una serie di elementi presenti nell’iscrizione, i quali non solo affievoliscono nettamente la plausibilità di una sua attribuzione a Phlious, ma, nel quadro dell’‘ipotesi corinzia’, sembrano anche suggerire per la polis in oggetto una collocazione nordoccidentale18: il nome della archaia phyle, Aoreis, attestata anche a Corcira (nella forma Ἀϝορεῖς); quello della phratra, (H)omakchiadai, riconducibile a raggruppamenti locali attestati ad Apollonia (Μαχιάδαι), e nella stessa Corcira (Μαχχίδαι); la menzione nel prescritto del mese Γαμίλιος, attestato in area epirotica (l. 3: [Γ]α̣μιλίου). A suggerire specificatamente una possibile provenienza dalla polis di Ambracia ci sarebbe poi la figura del grammatistas eponimo (l. 2: il decreto si apre con [ἐπ]ὶ γραμματιστᾶ Εὐθέα·), menzionato anche nel prescritto del regolamento frontaliero tra Ambracia e Charadros (ca. 160 a.C.)19. Riguardo ai nomi dei raggruppamenti locali, particolarmente indicativo è il caso degli Aoreis: l’attestazione della forma conservativa Ἀϝορεῖς nella fondazione bacchiade di Corcira e la definizione degli Ἀορεῖς come tribù ἀρχαῖα in SEG 30: 990 – considerando anche quanto abbiamo sopra osservato riguardo alla possibile valenza di questo attributo – può far sembrare preferibile un collegamento con il contesto in cui questi raggruppamenti videro la loro originaria genesi, ossia con la madrepatria corinzia, piuttosto che non con la colonia cipselide di Ambracia. Tale osservazione non ha però nulla di dirimente, dal momento che i nomi di questi raggruppamenti potrebbero ben essere appartenuti a un comune patrimonio di riferimenti mitici e istituzionali circolante tra le varie fondazioni corinzie della Grecia nordoccidentale. Il nome del mese citato nel prescritto del decreto delio, Gamilios, è ampiamente attestato in area epirota, in iscrizioni dei koina dei Thesprotoi, degli Epiroti e dei Prasaiboi20. Il Gamilios apparteneva a un calendario di matrice corinzia, la cui intera successione è oggi riconoscibile sulla spirale metonica del cosiddetto meccanismo di Antikythera21. In un brillante articolo pubblicato sul fascicolo di

  Fantasia 2017, 210.   SEG 35: 665. A l. 1: [ἐ]πὶ γραμ[ματιστ]ᾶ̣ Διοφάνεος τοῦ Δαιμάχου, cf. ll. 4-5; τὰ γραφέντα ὑπὸ [Ἀμ|βρ]ακι[ωτᾶν μὲν ἐπὶ] τοῦ τε γραμματιστᾶ Διοφάνεος τοῦ Δαιμάχου). Su questo documento epigrafico, vd. infra, 35 n. 114. 20   Thesprotoi: Cabanes 1976, 576 nr. 49 (Gitana m. IV sec. a.C.); Epiroti: SEG 37: 511 (Dodona ca. 175-170 a.C.); Prasaiboi: in molti atti di affrancamento provenienti da Bouthrotos, vd. ad es. I. Bouthrotos 45 (post 163 a.C.) 21   1. Φοινικαῖος, 2. Κράνειος, 3. Λανοτρόπιος, 4. Μαχανεύς, 5. Δωδεκατεύς, 6. Εὔκλειος, 7. Ἀρτεμίσιος, 8. Ψυδρεύς, 9. Γαμείλιος, 10. Ἀγριάνιος, 11. Πάναμος, 12. Ἀπελλαĩος. Tale lettura è 18 19

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

gennaio-marzo 2017 di Hesperia, Paul A. Iversen ha riesaminato l’insieme dei calendari del ceppo corinzio in relazione con la sequenza adottata nel calcolatore, disamina che lo ha portato, tra le molte altre cose, a escludere precedenti ipotesi di una matrice occidentale della committenza (Tauromenion, Siracusa22) e a ridiscutere convincentemente la ricostruzione del calendario corinzio adottato in area epirota proposta da Pierre Cabanes, evidenziandone alcune incongruenze23. A conclusione di queste osservazioni, Iversen ha messo in evidenza come, differentemente dalle colonie corinzie di Sicilia, appartenenti a un sottogruppo definito da varianti proprie, il calendario adottato nella Grecia nordoccidentale, e attestato sia in città di fondazione corinzia o corcirese (Ambracia, Corcira, Apollonia, Epidamnos) sia in centri epiroti (Charadros, Dodona, Gitana, Byllis, Bouthrotos), presentava una stretta coerenza con quello di Corinto24. Secondo Iversen, è particolarmente probabile che il committente del calcolatore astronomico vivesse in una città dell’area epirota, forse nella stessa Ambracia; questo, tuttavia, non tanto sulla base della sola sequenza dei mesi adottata nel meccanismo (tale sequenza, trasmessa alle colonie della Grecia nordoccidentale e fatta propria anche dalle popolazioni epirote, doveva essere parimenti presente anche nella stessa Corinto), quanto piuttosto a causa della sorprendente presenza, nel quadrante delle festività cicliche, accanto ai maggiori agoni panellenici, delle locali Na(i)a di Dodona/ Ambracia25. Ho voluto riportare qui alcuni dei risultati di questo recente studio per mettere in evidenza come la presenza del mese Gamilios nel prescritto del decreto SEG

stata possibile grazie all’analisi dei frammenti del meccanismo tramite tomografia computerizzata ai raggi-X condotta alla fine del 2005 dall’Antikythera Mechanism Research Project (AMRP), cf. http://www.antikythera-mechanism.gr/. 22   Iversen 2017, 130-148. 23   Cabanes 2003, 83-102; 2011, 249-260; cf. Iversen 2017, 148-159. 24   Iversen 2017, 159-162 (cit. a pagina 160): «The most economical explanation of this remarkable consistency, with a total of at least 125 individual attestations, is that all the colonies of Corinth in northwest Greece retained the calendar of Corinth with very few changes, which was the same or very similar to that on the Antikythera Mechanism». 25   Ibid., 162-164, cf. 141-148; tra le più probabili sedi per la committenza del calcolatore astronomico, Iversen elenca: Corinto, Ambracia, Dodona ed Epidamnos. La seconda e la terza, sono preferite per via della menzione delle feste Naa di Dodona, di cui un’iscrizione del II sec. a.C. (SEG 58: 816, post 182 a.C., ma verosimilmente successiva a Pidna) sembra attestare lo spostamento di sede ad Ambracia (vd. in part. la l. 10 integrata come Νᾶα ἐν Ἀμ[βρακίαι] da Iversen). Quest’ultima città, inoltre, è l’unica in cui sia attestata la grafia Ἀρτεμίσιος (benché nel contesto tardo del trattato con Charadros SEG 35: 665, ca. 160 a.C.), al posto del dorico Ἀρτεμίτιος. Tuttavia, gli unici motivi per preferire queste scartando recisamente Corinto sarebbero, secondo l’autore, i seguenti due: una datazione del meccanismo successiva al 146 a.C. (un’eventualità che lo studioso prende tuttavia in considerazione); la possibilità, in realtà più remota anche da un punto di vista storico, che il calendario in uso a Corcira-Apollonia-Bouthrotos, caratterizzato da alcune varianti peculiari che lo differenziavano da quello adottato nel meccanismo di Antikythera, fosse stato in realtà originato a Corinto stessa e non invece nell’area di influenza corcirese, come le fonti lascerebbero intendere.

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30: 990 non costituisca di per sé un argomento dirimente per preferire un’attribuzione dello stesso a una delle fondazioni corinzie di area nordoccidentale, e per scartare di conseguenza l’ipotesi di una sua provenienza da Corinto. La presenza del grammatistas eponimo nel decreto SEG 30: 990 costituisce un indizio di notevole interesse, dal momento che, come si è detto sopra, l’unica attestazione certa della formula ἐπὶ γραμματιστᾶ ricorre nel regolamento frontaliero con Charadros SEG 35: 665 in riferimento alla parte ambraciota26. Come nel caso del calendario, anche questa particolare denominazione del segretario può probabilmente essere annoverata tra gli elementi di influenza corinzia sulle popolazioni dell’Epiro: la figura del γραμματιστάς appare infatti in due iscrizioni tra le cariche di vertice del koinon dei Molossi27. Non si tratta tuttavia di una peculiarità della Grecia nordoccidentale; nel Peloponneso, in particolare, è attestato come magistratura locale a Dyme28, e la specifica formula del grammatistas eponimo ἐπὶ γραμματιστᾶ potrebbe essere stata presente nel prescritto del decreto onorifico frammentario di età ellenistica Corinth VIII. 1, 8, l. 1, integrato come [ἐπὶ γρ]αμμα[τέος – – (nomen) – –] nell’edizione di Meritt, ma corretto in [ἐπὶ γρ]αμμα[τιστᾶ – – da Louis Robert29. C’è un ulteriore particolare che deve essere notato. La città in questione, anzitutto, possedeva un’ekklesia, come è attestato dalla formula di approvazione del decreto SEG 30: 990 (ἔδοξε τᾶι ἐκκλησίαι, ll. 3-4). Questo dato porterebbe dunque a escludere Corcira, dove i decreti attestano una halia, così come Epidamnos, dove la stessa denominazione dell’assemblea è attestata da Aristotele e dove i decreti registrano piuttosto la formula ἔδοξε τῶι δάμωι30. Stessa cosa, infine, vale forse anche per Leukas, se si accetta l’integrazione della l. 30 del decreto onorifico per Damophon di Messene IG IX 12 4, 1475 (200-190 a.C.) proposta da Thone-

  Vd. supra, n. 19.   Cabanes 1976, 540 nr. 4 = I. Apollonia T 308: questo decreto di isopoliteia, emanato βασ[ι]­ λεύοντος Ἀλεξάνδρου, è generalmente assegnato al regno di Alessandro I figlio di Neottolemo (343331 a.C.), ma fa eccezione Meyer 2013, 22-37 e passim, che preferisce piuttosto un’identificazione del basileus con Alessandro II figlio di Pirro (272-242 a.C.); Cabanes 1976, 539 nr. 3: si tratta del cosiddetto “decreto degli hieromnamones” emanato dal koinon dei Molossoi e datato da Cabanes al 330-328 a.C., ma da Meyer 2013, 79-81, al 300 a.C. ca. 28  Rizakis, Achaïe III 2, l. 2 (190-146 a.C.); ibid. 3, l. 27 (III sec.  a.C.); ibid. 4, ll. 4-5: γραμματιστᾶ δαμοσιοφυλάκων (219/8 a.C.). 29   Robert 1960, 568 n. 3, segnalato anche da Fantasia 2017, 210. Lo stesso può valere anche per il frammento di decreto Corinth VIII. 1, 7, l. 1: [ - - -]ας γρ̣α[μματιστᾶς - - -], integrato come γρ̣α[μματέυς (?) - - -] nell’edizione di Meritt. 30   Corcira: ad es. IG IX 12 4, 789, l. 1: ἔδοξε τᾶι ἁλίαι (III sec. a.C.). Epidamnos: Arist. Pol. 1301b 21-23 (ἡλιαία); e, ad es., I. Epidamnos T 514, l. 2 [ἔ]δ[οξε τῶι δάμωι ἐπ’ ἄρχοντος Φ] αλακρ[ίωνος], cf. l. 23: [ἔ]δ̣οξε τᾶι βουλᾶι καὶ τῶι δάμωι τῶι Ἐπιδαμνίων (Magnesia al Meandro, post 208/7 a.C.). Anche Apollonia rientra forse nella stessa casistica, ma mancano informazioni; tuttavia, vd. il coevo decreto di Apollonia per il riconoscimento degli agoni di Artemide Leukophryene I. Apollonia T 315, ll. 25-26: ἔδο[ξ]ε τῶι δάμωι ̣ τῶν Ἀπολλωνιατᾶν. 26 27

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

mann: ἔδοξε καὶ τᾶι ἀ̣[λίαι31. La formula di approvazione ἔδοξε τᾶι ἐκκλησίαι (vd. ll. 3-4 del decreto di Delos) ricorre invece in due decreti di Corinto della prima metà del II sec. a.C., e vale peraltro la pena notare come la stessa, ancora una volta, fosse stata fatta propria prima dal koinon dei Molossoi (Cabanes 1976, 541 nr. 5, ll. 5-6: ἔδ]οξε τ[ᾶ]ι ἐκλησίαι τῶν [Μολοσσῶν), e, dopo il 163 a.C., da quello dei Prasaiboi (I. Bouthrotos 10, ll. 9-10: ἔδοξε τᾶι ἐκλησίαι τῶν Πρασαιβῶν). L’identificazione della polis dorica del decreto di Delos SEG 30: 990 rimane in conclusione un problema ancora aperto. Nella generale esiguità di evidenze sull’organizzazione locale che affligge tanto Corinto quanto le sue fondazioni in area illiro-epirota, il sistema di raggruppamenti civici testimoniato in SEG 30: 990 può essere al momento attribuito ora alla madrepatria ora a una di queste sue colonie senza timore di azzardo. Tra le ultime, l’ipotesi di Ambracia – nelle cui iscrizioni troviamo attestato sia il mese Gamilios sia la figura del grammatistas eponimo  –  rimane quella di gran lunga più attendibile. Abbiamo qui più volte sottolineato la ricorrenza di elementi di un lessico istituzionale di matrice corinzia – compresa la formula epigrafica ἔδοξε τᾶι ἐκκλησίαι attestata a Corinto – all’interno di formazioni federali dell’area in oggetto (abbiamo sopra menzionato il koinon dei Thesprotoi, dei Molossoi, degli Epiroti e dei Prasaiboi), di cui proprio Ambracia, situata nel cuore della Tesprozia e divenuta per di più capitale del koinon molosso sotto Pirro, deve essere stata un importante vettore32. Ma appunto ‘vettore’, più che origine prima: e si è visto come elementi quali il calendario, il mese Gamilios o la figura del grammatistas eponimo siano del tutto ammissibili anche a Corinto stessa, rendendo l’attribuzione alla madrepatria corinzia del sistema di hemiogdoa-triakades / phylai-phratrai un’ipotesi ancora del tutto attendibile.

1.2. Corcira La colonia corinzia di Corcira venne fondata nell’ultima parte dell’VIII sec.  a.C., sotto la guida dell’ecista bacchiade Chersikrates33. La precisa cronologia dell’impresa coloniale è oggetto di discussione; le fonti antiche registrano infatti diverse datazioni: mentre Eusebio colloca nascita di Corcira nel 708 a.C.,

  Thonemann 2003, 114-116.   Sulle modalità dell’incorporazione di Ambracia nel regno molosso, cf. Fantasia 2017, 136148 e in part. 141-142 n. 78 per il ruolo di ‘capitale’. 33   Su Chersikrates, vd. Timae. FGrHist 566 F 80 (ἀπόγονον τῶν Βακχιαδῶν); Strab. VI 2, 4 (τοῦ τῶν Ἡρακλειδῶν γένους, cf. Malkin 2011, 121-122); schol. in Apoll. Rhod., p. 310, 12-13 (εἷς τῶν Βακχιαδῶν); in Plut. mor. [aet. gr.], 293a 11 è menzionato erroneamente col nome Charikrates. Dal tempio di Artemide di Corcira proviene un’iscrizione che testimonia l’esistenza di un collegio per il culto eroico dell’ecista Chersikrates: Χερσικρατιδᾶν πατρωϊστᾶν (IG IX 12 4, 1140, in. II sec. a.C.). 31 32

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Strabone riporta invece la tradizione di una contemporaneità con la fondazione di Siracusa, nel 734/3 a.C.34. Benché una parte della critica l’abbia rigettata come sospetta, prediligendo una cronologia bassa35, la cronologia alta e una sostanziale sincronia con la fondazione di Siracusa sembrerebbero in realtà preferibili36. Strabone, in particolare, descrive le fondazioni di Siracusa e Corcira come parti di un’unica iniziativa bacchiade: Chersikrates avrebbe fondato Corcira, distaccandosi con un contingente di coloni dal resto della spedizione guidata da Archias sulla rotta per la Sicilia37. L’occupazione corinzia di Corcira, che comportò l’allontanamento degli Eretriesi e dei Liburni precedentemente insediati nell’isola, si era di fatto configurata come atto di conquista contro le due potenze talassocratiche, quella eretriese e quella illirica, che si paravano sulla strada dell’espansione occidentale di Corinto38: la fondazione di Corcira nel quadro della spedizione per la fondazione di Siracusa appare pertanto del tutto sensata39. Un’ulteriore versione è poi conservata da Timeo, che colloca l’insediamento della colonia seicento anni dopo la presa di Troia, ossia nel 594/3 a.C.40. Il riferimento cronologico presente nel frammento di Timeo potrebbe essere semplicemente scorretto41, oppure essere derivato da una tradizione di matrice corinzia, la quale doveva aver valorizzato

34   Euseb. Chron. 85 Schoene; Strab. VI 2, 3. Sulla cronologia della fondazione di Corcira cf. in particolare De Fidio 1995, 90-94; Antonelli 2000, 59-63; 2002, 187-189; Intrieri 2011, 175-202. 35   Cf. ad es. Coldstream 1977, 185, che vi vedrebbe anche una maggiore consonanza coi dati archeologici. 36   La cronologia alta non contrasterebbe peraltro con il quadro emergente dalla successiva indagine archeologica, cf. De Fidio 1995, 92-94; Antonelli 2000, 61; Intrieri 2011, 184. 37   Strab. VI 2, 4: πλέοντα δὲ τὸν Ἀρχίαν εἰς τὴν Σικελίαν καταλιπεῖν μετὰ μέρους τῆς στρατιᾶς τοῦ τῶν Ἡρακλειδῶν γένους Χερσικράτη συνοικιοῦντα τὴν νῦν Κέρκυραν καλουμένην, πρότερον δὲ Σχερίαν. ἐκεῖνον μὲν οὖν ἐκβαλόντα Λιβυρνοὺς κατέχοντας οἰκίσαι τὴν νῆσον. Secondo Intrieri 2011, 186-192, nel passo di Strabone, l’impiego rispettivο dei verbi συνοικίζω e οἰκίζω per descrivere la fondazione di Corcira denoterebbe l’esistenza di più fasi caratterizzanti la nascita dell’apoikia, ossia una prima presa di controllo dell’isola da parte della spedizione di Chersikrates, e ‘unificazione’ sotto l’egida corinzia (συνοικίζω), e, dopo la cacciata dei Liburni, l’organizzazione vera e propria della nuova polis (οἰκίζω). 38   Sulla presenza eretriese a Corcira, testimoniata da Plut. mor. [aet. gr.], 293a 11, cf. Malkin 1998, 75-80; 1998a, 10-13; Antonelli 2000, 15-37; 2002, 187; Walker 2004, 151 e 291 (a Corcira e Orikos); Cabanes 2008, 163-165; una posizione scettica è invece espressa al proposito da Morgan 1998, 281-302. Sui Liburni a Corcira, cf. Wilkes 1992, 181; Malkin 1998, 77-78; Čače 2002, 83100; Šašel-Kos 2015, 6-13; sulla talassocrazia illirica, cf. anche Mano 1983, 229-231. 39   Cf. Antonelli 2000, 134: «L’appartenenza di Archia e Chersicrate alla medesima spedizione chiarisce perciò come tanto Siracusa quanto Corcira, nell’ottica del regime corinzio, siano state concepite ab origine quali parte di un unico, ambizioso progetto coloniale». 40   Timae. FGrHist 566 F 80: Τίμαιος δέ φησι μετὰ ἔτη ἑξακόσια(?) τῶν Τρωικῶν Χερσικράτη, ἀπόγονον τῶν Βακχιαδῶν, κατωικηκέναι τὴν νῆσον. […] ἔστι δὲ ὁ τὴν ἀποικίαν ἀγαγὼν τῶν Βακχιαδῶν Χερσικράτης, ἀποστερούμενος τῶν τιμῶν ὑπὸ Κορινθίων. 41   Come sostiene lo stesso Jacoby; alternativamente, si potrebbe vedere in tale informazione un malriuscito tentativo del testimone (schol. in Apoll. Rhod., p. 311, 1-6) di tradurre l’indicazione di Timeo in un altro sistema cronologico, basandosi sulla data della presa di Troia di Duride (FGrHist

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come momento (ri)fondativo della polis corcirese la sua riconquista da parte di Periandro42: è in questa fase, nel primo quarto del VI sec. a.C., che si colloca d’altro canto l’edificazione di quello che sarebbe stato il fulcro religioso e politico di Corcira, l’Artemision, nel cui complesso programma iconografico possono essere letti i segni di un ritrovato legame della città con la propria madrepatria43. L’insieme delle tradizioni sulla fondazione di Corcira, pertanto, potrebbe evidenziare nella polis arcaica quella doppia matrice, bacchiade e cipselide, che sembra riverberarsi nelle stesse strutture dell’organizzazione locale. Nel paragrafo di Public Organization dedicato a Corcira, Nicholas Jones pone particolare enfasi proprio sulla stratificazione di due strutture di organizzazione civica che avrebbe caratterizzato Corcira, appunto fondata dalla Corinto bacchiade e poi nuovamente riconquistata al controllo corinzio con Periandro, differenziandola così da altre fondazioni di epoca cipselide, come ad esempio Apollonia44. Un sistema di raggruppamenti locali costituito da phylai e da relative sottosezioni numeriche, riconducibile a una matrice cipselide, si sarebbe infatti sovrapposto, senza mai obliterarlo completamente, al tradizionale ordinamento delle tre tribù doriche, risalente all’originaria fondazione bacchiade. L’unica testimonianza riconducibile a una possibile persistenza delle tribù doriche di Hylleis, Dymanes e Pamphylioi è contenuta in un’iscrizione di età ellenistica (IG IX 12 4, 798, attribuibile probabilmente al II sec. a.C.), che ha come tema l’istituzione di una fondazione privata a beneficio della città, finalizzata al pagamento dei technitai di Dioniso e all’organizzazione di spettacoli teatrali45. I due benefattori, che conferiscono alla polis 60 mine d’argento corinzio ciascuno, sono un uomo e una donna, entrambi appartenenti a un medesimo raggruppamento: Ἀριστομένης Ἀριστολαΐδα 〈Ὑλ〉λεὺς (ll. 2-3) e Ψύλλα{ς} Ἀλκίμου Ὑλλίς (l. 5). Nella sua interpretazione dell’organizzazione locale corcirese, Jones non entrava nel merito di questo ampio e complesso documento epigrafico, ma si limitava a registrare l’attestazione dell’aggettivo Ὑλλεύς / Ὑλλίς in esso contenuta, interpretandolo come filetico relativo alla tribù dorica degli Hylleis46. Col supporto della stessa testimonianza, e probabilmente anche sulla scorta delle supposte analogie con la ‘colonia gemella’ Siracusa su cui già si è discusso sopra, egli avanzava inoltre l’ipotesi della compresenza tra un originario sistema locale bacchiade e un seriore sistema riformato cipselide. I termini precisi di tale compre-

76 F 41: 1334/3 a.C.-600 anni = 734/3 a.C.) invece che quella seguita dallo storico siceliota (Timae. FGrHist 566 F 125: 1194/3 a.C.), cf. Antonelli 2000, 60. 42   Così Antonelli 2002, 188. 43   Cf. Antonetti 2006, 55-71. 44   Jones 1987, 173-176. 45   Per le edizioni e i commenti di questo importante testo epigrafico, rimando qui a Migeotte 2010, 65 n. 1. 46   Ed escludendo recisamente la possibilità che potesse riferirsi all’ethnos illirico degli Hylloi, vd. infra, 16 n. 50.

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senza vengono lasciati del tutto sfumati dall’autore («The extent and nature of the Kerkyraian Dorian phylai remain obscure, but the presumption of their existence alongside the innovating organization cannot reasonably called into question»). Una più attenta riflessione su questo documento ellenistico, anche alla luce dei dati emergenti dalle altre testimonianze epigrafiche sui raggruppamenti corciresi, può tuttavia aiutarci a definirli maggiormente. La menzione del raggruppamento degli Ὑλλεῖς può essere meglio compresa solo considerandola assieme al contesto in cui è impiegata, contesto che, come vedremo, presenta alcune particolarità degne di nota. La compresenza delle tribù doriche dell’originaria colonia bacchiade con il sistema di suddivisioni introdotto nella fase del controllo cipselide può essere intesa come un’aggiunta di nuovi raggruppamenti agli originari tre47, ovvero come la sovrapposizione di un nuovo ordinamento del corpo civico, nel quale le ἀρχαίαι φυλαί – richiamandoci per analogia all’esempio del decreto corinzio (?) SEG 30: 990 – si sarebbero mantenute in esistenza, ma con prerogative circoscritte a un ambito sociale e religioso48. La stele della donazione di Aristomenes e Psylla, che è ad oggi l’unica testimonianza riconducibile alla presenza e persistenza di tribù doriche a Corcira, non permette in realtà di prendere una posizione netta a favore di uno o dell’altro scenario. Infatti, se da una parte il contesto generale di questo documento epigrafico non è religioso né privato, ma esclusivamente pubblico e civile, interessando in ultima istanza l’amministrazione finanziaria della polis, dall’altra parte, tuttavia, la dichiarazione del filetico da parte di Aristomenes e Psylla non appartiene al formulario onomastico in uso nei decreti pubblici di Corcira, ma potrebbe anzi essere in qualche modo il frutto di un più o meno latente clima di contrasto tra la coppia e le istituzioni della polis. La presenza di tale tensione è stata acutamente riconosciuta sullo sfondo di IG IX 12 4, 798 da Leopolde Migeotte, già a partire dalla stessa peculiare struttura del documento, il quale contiene non solo lo psephisma dell’halia di Corcira, dove vengono definite nel dettaglio tutte le regole e le procedure per la gestione e la valorizzazione delle 120 mine donate da Aristomenes e Psylla (ll. 39-146), ma addirittura tutto il testo dell’atto di donazione, che è stato fatto interamente incidere sulla prima parte della stele con tanto di registrazione di tre martyres (ll. 1-38), come a ricercare nella visibilità della pubblicazione epigrafica una tutela e riconoscibilità dell’atto che il solo decreto – e la copia d’archivio della δόσις – sembravano non poter garantire a sufficienza. Questa ampia iscrizione dà l’impressione di essere il frutto di una lunga e meticolosa trattativa tra i donatori e la città, dipa-

  Come ad esempio nella colonia samia di Perinthos, cf. Jones 1987, 286-287, o, sul fronte dorico, ad Argo, cf. ibid., 112-113. 48   Cf., per un caso analogo, la persistenza e le prerogrative delle tribù ioniche ad Atene (attraverso i phylobasileis, vd. il calendario sacrificale SEG 52: 48A, 403/2-400/399 a.C.), cf. Carlier 1984, 350, 353-359; Lambert 1998, 257-258. 47

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

natasi in sostanza attorno a una questione centrale, ossia che la quota stanziata da Aristomenes e Psylla era più bassa rispetto a quella richiesta per coprire le spese di svolgimento delle Dionisie (180 mine), cosa che avrebbe costretto la polis a dare a prestito il denaro a tassi di interesse particolarmente alti, e per più anni successivi, prima di raggiungere la cifra utile49. Solo nell’intestazione della δόσις il filetico Ὑλλεύς/-ίς completa l’onomastica di Aristomenes e Psylla, i quali, sia nel prosieguo della donazione sia nel decreto, sono invece sempre nominati attraverso nome proprio e patronimico, o solo nome proprio50. L’indicazione dell’onomastica completa di filetico all’interno di questo specifico contesto presenta elementi di corrispondenza e, al contempo, di peculiarità rispetto ad altre simili testimonianze presenti nell’epigrafia corcirese. L’esistenza di diverse altre tribù di Corcira – quelle, per intenderci, appartenenti a un sistema riformato, introdotto nel periodo del dominio periandreo – è attestata da una serie di documenti di carattere privato51. In pressoché tutti i casi, infatti, ci troviamo sostanzialmente di fronte alla registrazione di prestiti in denaro, nei quali l’indicazione del raggruppamento di appartenenza (composto da nome della phyle al genitivo plurale, accompagnato da un ordinale al genitivo femminile singolare), qualifica unicamente il creditore, mentre il debitore viene menzionato attraverso i soli nome proprio e patronimico. Il dato interessante è che questo stesso uso compare in una serie di otto laminette di piombo databili attorno alla prima metà del V sec. a.C., definite «symbola d’affaires» da Julie Velissaropoulos, ma meglio caratterizzabili come una sorta di ricevute di prestiti (ne riporto qui di seguito due esempi)52: IG IX 12 4, 865: hαγεμονίδαι ΥΝΘΙ ̣-  ανι ϝέκτας Κόνδον

  Migeotte 2010, 63-69.   Un Aristomenes è menzionato nel prescritto e in altre parti dello psephisma come prytanis eponimo; è assai verosimile, benché non totalmente sicuro, che si trattasse dello stesso donatore, Aristomenes figlio di Aristolaidas (oltre che l’Aristomenes il cui nome compare stampigliato su due tegole fittili rinvenute nell’area di Figareto Kanoniou, cf. Kanta-Kitsou in «ΑΔ» 56-59, B5 [20012004] 2012, 273 = SEG 59: 582). Quand’anche questa identificazione non corrispondesse a realtà, con Aristomenes e Psylla ci troviamo in ogni caso di fronte a due cittadini della polis corcirese: la possibilità che Ὑλλεύς/-ίς potesse riferirsi all’ethnos illirico degli Hylloi – pur in presenza di possibili legami tra questa popolazione e l’isola di Corcira, cf. Jones 1987, 177 §5 n. 1 – è senz’altro da scartare a priori. 51   Per un’analisi d’insieme di questi documenti, cf. Del Monaco 2011, 301-311. 52   IG IX 12 4, 865-872, con varie letture differenti rispetto all’edizione di Calligas 1971, 79-94, che datava il materiale attorno al 500 a.C. (ibid. 84, cf. inoltre Nomima II, nr. 73). Cf. Velissaropoulos-­ Karakostas 1982, 71-83. Ricevute di prestiti secondo Wilson 1997-1998, 29-53; Faraguna 2002, 253. L’interpretazione di questi documenti come «symbola d’affaires» è invece ancora preferita da Parise - Del Monaco 2010, 21; Del Monaco 2011, 304. 49 50

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ὀφείλει ∙ ΗΔΔΔΔΔΔΔ· Θράσ-  υλλος ∙ Κρατέας. vacat

«Ad Hagemonidas Hynthi(?)anos della sesta suddivisione (phratra?) Kondon deve 170 (stateri?). (Testimoni): Trasyllos, Krateas». IG IX 12 4, 866: A [ . ]μ[ . ]νθυ[ . . ]ι Ἀϝορõ〈ν〉 πέ-  μπτας Ἀπελλόδορο-  ς ὀφείλει ϝεξέϙον-  τα καὶ ϝεξακατίας· 5 [ἐ]πάϙο Αὐτάγαθος ἈB μφ[ι]νεύ̣ς, Εὔρυλλος Ἀμφινεύς. «A [ . ]m[ . ]nthy[. . .] degli A(w)oreis della quinta suddivisione (phratra?) Apellodoros deve 660 (stateri?). I due testimoni: Autagathos Amphineus, Euryllos Amphineus»53.

Lo stesso ricorre inoltre in un documento attribuibile alla prima metà del II sec. a.C., SEG 53: 503, il quale, impiegando medesimo supporto plumbeo, registra l’avvenuta stipula tra due donne di un contratto di prestito, in cui la creditrice riceveva come garanzia l’uso gratuito di una casa di proprietà della controparte54: SEG 53: 503, ll. 1-4 Θεός · Λαμα̣ίθα, δεκάτας Πολιτᾶν, οἰκίαν ὑποκαττί θεται τὰν ἐν ἄκραι πὰρ Μυρ τίδος - ἀρ(γυρίου) - ΗΗΔΔΠ· κτλ. «Dio. Lamaitha, della decima suddivisione (phratra?) dei Politai, riceve in uso da parte di Myrtis la casa sulla collina in cambio del versamento della somma di 225 (stateri?) d’argento, …»55.

A questa serie di documenti ne va aggiunto un altro di età ellenistica, IG IX 12 4, 799, inciso anch’esso su una placchetta metallica (forse di bronzo: l’iscrizione, il cui preciso luogo di rinvenimento è ignoto, è conosciuta solo grazie

  Sulla monetazione in vigore a Corinto, cf. Psoma 2015, 153-158.   Ed. princ. Velissaropoulos-Karakostas et al. 2003, 115-138. La debitrice, Myrtis, era proprietaria di una casa soggetta a ipoteca; la creditrice, Lamaitha, otteneva l’uso della casa, di cui Myrtis continuava a pagare le spese di conduzione, prendendosi in cambio carico del pagamento del prestito che Myrtis aveva ricevuto da una terza parte, cf. Velissaropoulos-Karakostas 2003, 285-292, con Harter-Uibopuu 2003, 293-298. 55   Sul significato del passivo ὑποκατ(α)τίθημαι nel contesto della transazione tra Lamaitha e Myrtis, cf. Velissaropoulos-Karakostas 2003, 286-289. 53 54

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a una trascrizione di Bernand de Montfaucon) e contenente un lascito testa­ mentario56. IG IX 12 4, 799 θεός, τύχαν· Ἀριστοδάμ〈α〉ς δε κάτας Μαχχιδᾶν δίδωτι Πολυτίμωι, [εἰ δέ] 〈τ〉ί κα πάσχῃ, τὰν γᾶν ἐπάκο[οι]· Ἀριστοδάμαν[τι] 5 Δαμουχίδας Ε[ὐ]κλείδα, Πολυτίμωι [Φι]λωνίδας Ἀσχύλου. τὰν ἐν Κνισι– –· «Dio. Alla buona sorte! Aristodamas della decima suddivisione (phratra?) dei Machchidai, nel caso gli succeda qualcosa, lascia a Polytimos il terreno* testimoni: per Aristodamas, Damouchidas figlio di Eukleidas; per Polytimos, Philonidas figlio di Askylos. *quello situato a Knisi[ - - -]».

Benché si tratti di un atto privato di diversa natura, la struttura del testo può tuttavia considerarsi del tutto parallela a quella degli altri documenti: l’atto, espresso in maniera estremamente sintetica e privo di riferimenti temporali, riporta i nomi del testatore, del beneficiario e di due testimoni (ἐπάκοοι), uno per ciascuna delle due parti, indicando con nome proprio, suddivisione numerica e phyle solo il testatore. Per completare il quadro offerto da tale insieme di testimonianze, bisogna infine notare come, tra le laminette di piombo risalenti alla prima metà del V secolo, ve ne sia una che sembra in parte derogare al modello qui sopra rilevato. Si tratta dell’iscrizione IG IX 12 4, 866 (riportata qui sopra), di cui i primi editori (Callipolitis e Calligas) avevano pubblicato la sola faccia anteriore; nel lato posteriore Catherine Hadzis ha potuto successivamente rilevare il prosieguo del testo, evidenziando la presenza di un secondo testimone, Euryllos, e soprattutto la doppia menzione del filetico Ἀμφινεύς, che accompagnava rispettivamente i nomi di entrambi gli epakooi57. Le tavolette di V secolo sono state rinvenute tutte in un punto specifico della città (Paleopolis), in parte al di sotto e in parte in prossimità di un edificio pubblico ellenistico, nell’area dei balaneia di età imperiale, presso uno dei porti di Corcira, denominato Alkinoos e situato non lontano dall’agora58. Nella sua edizione delle

  Cf. Del Monaco 2011, 304-306.   Hadzis 1993, 201-203. 58   Per il luogo di ritrovamento, cf. Calligas 1971, 91-93; Velissaropoulos-Karakostas 1982, 9697. Sul porto di Alkinoos (per cui vd. Thuc. III 72, 3; Eust. Comm. ad Dionys. Per. 492, 42), cf. Baika 2013, 319-332, part. 323-325. Secondo Thuc. III 72, 3 la polis di Corcira si trovava tra due porti che si aprivano ai due lati della penisola su cui sorgeva la città (vd. anche Callim. phil. Aetia fr. 15, 1: ἀμφίδυμος Φαίαξ): uno situato «verso il continente», ossia l’Alkinoos, e quello che si apriva 56 57

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otto laminette, Calligas aveva avanzato l’ipotesi che contenessero registrazioni di prestiti marittimi e che, trovandosi raccolte assieme, dovessero appartenere all’archivio di un raggruppamento locale corcirese: i debitori, in particolare, sarebbero stati menzionati senza filetico in quanto avrebbero fatto parte tutti della stessa suddivisione civica59. Molte delle proposte interpretative di Calligas sono state messe successivamente in discussione da Julie Velissaropoulos, la quale, in particolare, ha ritenuto che tali documenti costituissero oggetti investiti da un valore simbolico, intesi come una «matérialisation de la dette» e di conseguenza depositati come beni di valore in un santuario o in un edificio pubblico60. Le considerazioni della studiosa hanno il principale merito di evidenziare come questi testi non fossero precisamente le registrazioni di un prestito, quanto piuttosto la prova concreta di un contratto stipulato verbalmente di fronte ad ‘ascoltatori’ (epakooi). Il suo quadro interpretativo, tuttavia, ha il difetto di non offrire alcuna spiegazione riguardo all’indicazione del raggruppamento locale nella sola onomastica del creditore (o del creditore e dei testimoni nel caso di IG IX 12 4, 866), un elemento che finisce col rendere questi documenti assai più ufficiali e giuridicamente rilevanti di quanto inteso dalla studiosa, e col trarre necessariamente in causa un ruolo delle istituzioni della polis e, soprattutto, dei suoi raggruppamenti locali all’interno delle transazioni private a cui le laminette plumbee fanno riferimento61. Anche l’interpretazione di Calligas, tuttavia, non mi sembra parimenti soddisfacente. Questi documenti, dei quali è in realtà difficile negare il valore giuridico di ricevute del prestito erogato, servivano da garanzia per i creditori: la formulazione dei testi, ossia ὁ δεῖνος + ὀφειλεί + τῷ δείνῳ + ammontare del debito, è di fatto una dichiarazione offerta dal debitore a chi gli aveva erogato il prestito62. Di conseguenza, non mi sembra abbia molto senso pensare che questi documenti fossero custoditi dal raggruppamento di appartenenza del debitore; dato il loro contenuto e formulazione, infatti, ci si aspetterebbe piuttosto il contrario. Il fatto che un numero piccolo ma significativo di ricevute relative a debitori di diverse tribù si trovasse raggruppato assieme può solo far pensare, a mio avviso, di trovarsi di fronte alla «raccolta e consacrazione di materiale non più valido»63 – in questo caso, ovviamente, per estinzione del debito – similmente al caso delle tessere di Styra, in Eubea, o a quelle di Kamarina, più volte evocate nel confronto con la documentazione corcirese64. Non «symbola d’affaires», dunque, né regi-

a sud-ovest, denominato Hyllaikos (Hyllikos in Apoll. Rhod. Arg. IV 1125; “di Hyllos” in schol. in Dion. Perieg. 493, 5-6: Καὶ δύο λιμένας ἔχει ἡ Φαιακὶς, τὸν μὲν Ἀλκινόου, τὸν δὲ Ὕλλου). 59   Calligas 1971, 86 e 90-91. 60   Velissaropoulos-Karakostas 1982, part. 102-103 (cit. a pagina 103). 61   Così Faraguna 2002, 253. 62   Velissaropoulos-Karakostas 1982, 102, paragona infatti il valore di questi documenti, mutatis mutandis, agli horoi ipotecari. 63   Boffo 2003, 31. 64   Cf. Faraguna 2002, 254; Del Monaco 2011, 310-311.

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strazioni di contratti poste in un archivio locale, ma piuttosto ‘ex-ricevute’ offerte alla custodia di un luogo sacro una volta estinto il debito (e, questa volta, a tutela del debitore, con un meccanismo per certi versi simile a quello della manomissione per consacrazione o vendita alla divinità). Ipotizzando un tale scenario, la menzione della suddivisione civica del creditore viene allora ad assumere un significato opposto a quello suggerito da Calligas: in questi documenti il creditore non appare, per così dire, come un semplice privato, bensì come un soggetto in qualche misura tutelato dal raggruppamento di appartenenza, che conservava peraltro la memoria o la documentazione fisica della transazione e che, forse, si incaricava di assistere il proprio consociato in caso di controversie. Queste ultime considerazioni, ovviamente, valgono anche per gli altri due documenti privati di età ellenistica sopra menzionati, ossia il prestito ipotecario SEG 53: 503 e il testamento IG IX 12 4, 799. Rimane però ancora da capire come si giustifichi precisamente la mancanza di filetico nella menzione dei debitori (o del beneficiario del lascito in IG IX 12 4, 799) e dei testimoni (con eccezione della laminetta IG IX 12 4, 866, vd. infra). La prima e più semplice spiegazione sarebbe quella di ritenere che tale informazione fosse del tutto ininfluente nell’economia del documento, qualunque fosse l’affiliazione del debitore e dei testimoni. La laminetta IG IX 12 4, 866, che si distingue dalle altre sia per la presenza del filetico Amphineus nell’onomastica degli epakooi sia per un debito dall’ammontare particolarmente elevato (la compresenza delle due eccezioni non è forse casuale), getta tuttavia qualche dubbio su questa ipotesi. Per motivare questa ulteriore variante si potrebbe allora suggerire – benché con estrema prudenza – che il filetico di debitori e testimoni non fosse indicato per il fatto di essere normalmente il medesimo del creditore. Prestiti, lasciti testamentari e altre simili transazioni private, in altre parole, si sarebbero svolte in via preferenziale tra membri di uno stesso raggruppamento, nel quadro della salvaguardia di una sorta di ‘omeostasi timocratica’ che, quando non poteva essere mantenuta entro i confini dell’oikos, lo era perlomeno all’interno della famiglia allargata della suddivisione civica di appartenenza. In IG IX 12 4, 866 (A l. 5 – B ll. 1-2), Archagathos ed Euryllos non sono qualificati attraverso la coppia filetico + numerale, ma attraverso il solo filetico Amphineus65: un’indicazione più generica, quindi, che potrebbe aver avuto il solo scopo di segnalare la non-appartenenza dei due testimoni alla quinta suddivisione (phratra?) degli A(w)oreis, di cui erano membri il creditore e forse, secondo quanto ipotizzato in seconda battuta, il debitore66. Questa lettura, pur inserendosi con coerenza nel generale quadro interpretativo qui proposto, presenta tuttavia il rischio di attribuire a

65   Anche gli Amphineis, come le altre tribù corciresi riformate, erano infatti composti da ulteriori partizioni, vd. IG IX 12 4, 871 ll. 1-2 (Ἀμφ̣[ινεῖ]: Strauch). 66   È certo difficile ipotizzare il motivo per cui la transazione testimoniata da IG IX 12 4, 866 dovesse aver richiesto l’intervento di Archagathos ed Euryllos; si deve tuttavia osservare come il

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queste formule un’eccessiva razionalità giuridica, la quale, per essere confermata, avrebbe bisogno di trovare nell’epigrafia corcirese variationes parallele a quella presente in IG IX 12 4, 866. Al di là dei molti punti ancora ipotetici, l’analisi condotta in questi ultimi paragrafi ci ha portato a mettere in evidenza un ruolo istituzionalizzato e duraturo dei raggruppamenti locali di Corcira nella vita economica dei propri membri. In particolare, abbiamo visto come l’indicazione della suddivisione civica all’interno della formula onomastica ricorresse nell’epigrafia corcirese unicamente in documenti di carattere privato (tra cui possiamo includere anche l’atto di donazione di Aristomenes e Psylla su cui ritornerò qui di seguito), che si riferiscono ad operazioni di varia natura coinvolgenti le sostanze o le proprietà immobiliari dei consociati. A questo peculiare aspetto fa da contraltare l’assenza di riferimenti alle suddivisioni civiche di Corcira nell’epigrafia pubblica e in contesti politico-istituzionali. Tale contemporanea assenza  –  che rimane purtroppo null’altro che un argumentum ex silentio  –  può tuttavia adombrare la netta prevalenza di criteri basati sui timemata personali rispetto quelli di equa rappresentatività delle suddivisioni civiche per l’accesso alle cariche pubbliche della polis67. In tale prospettiva, l’ipotesi che all’interno dei raggruppamenti locali di Corcira esistessero dei meccanismi codificati per il mantenimento, come abbiamo detto sopra, di una sorta di ‘omeostasi timocratica’ o di equilibrio interno al gruppo assume un maggiore significato. Tali meccanismi, infatti, avrebbero avuto l’ulteriore funzione di tutelare, assieme al generale status economico del raggruppamento, anche la sua conseguente partecipazione al governo della polis. Alla luce del contesto qui sopra delineato, come si deve allora interpretare la menzione degli Hylleis nell’iscrizione IG IX 12 4, 798? Il testo della δόσις (ll. 1-38) presenta diverse caratteristiche in comune con le testimonianze sopra analizzate: si tratta infatti di un’operazione con cui due privati alienano una quota delle proprie sostanze, dichiarando a propria tutela di appartenere alla phyle degli Hylleis e di aver convalidato tale atto alla presenza di tre testimoni. In altre parole, i due donatori, Aristomenes e Psylla, appaiono rapportarsi nei confronti della polis secondo modalità e procedure del tutto analoghe a quelle con cui i creditori delle laminette plumbee si rapportavano ai propri debitori. Essendo qui passati dal piano delle iscrizioni private a quello dell’epigrafia pubblica, possiamo dire, idealmente, che la scelta di far incidere sulla stele del decreto l’intero testo della donazione filetico dei testimoni non sia l’unica peculiarità del testo conservato in questa laminetta, la quale registra infatti anche un ammontare del debito eccezionalmente alto (660 unità). 67   Vd. ad es. IG IX 12 4, 798, ll. 9-10 e 44-45: ἑλέσθαι δὲ τὰν βουλὰν… ἄνδρας τρεῖς εἰς ἐνιαυτὸν τοὺς δυνατωτάτους χρήμασι. Sullo sviluppo di un ordinamento timocratico a Corcira e sulla contapposizione tra dynatoi e demos nelle staseis di V secolo, cf. Intrieri 2016, 241-270, part. 251-257. Per una panoramica sulle fonti letterarie ed epigrafiche riguardanti l’impiego di criteri di censo per l’accesso alle cariche, cf., inter alios, Johnstone 2011, 84-88.

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(nella quale si prevede peraltro che la somma stanziata venisse data indietro ai donatori o ai loro eredi in caso di inottemperanza della polis alle clausole indicate nell’atto) corrispondesse in un certo qual modo a quella produzione di ricevute su laminetta di piombo che abbiamo visto sopra. Benché, quindi, con l’iscrizione IG IX 12 4, 798 ci si trovi di fronte a una tipologia documentaria differente, le affinità con questi documenti sono tuttavia così significative da permetterci di considerare l’impiego del filetico Ὑλλεύς/-ίς come un elemento caratterizzato da un preciso valore giuridico. Questo vuole dire che le originarie tribù doriche di Corcira non solo perpetuarono la loro esistenza ancora in età ellenistica, ma conservarono funzioni e prerogative che, almeno a giudicare dai dati epigrafici, appaiono analoghe a quelle detenute nello stesso periodo dai raggruppamenti locali riformati di matrice periandrea. Nel preciso contesto di IG IX 12 4, 798, anche la mancanza di un aggettivo ordinale a completamento del filetico Ὑλλεύς/-ίς potrebbe costituire un elemento altrettanto indicativo; esso può infatti indicare l’effettiva mancanza di ulteriori partizioni nelle tribù doriche di Corcira, le quali avrebbero perciò mantenuto inalterata una propria originaria conformazione. Come ho detto in precedenza, la testimonianza di IG IX 12 4, 798, anche illuminata da un proficuo confronto con le altre attestazioni epigrafiche delle tribù corciresi, non è tuttavia sufficiente a farci comprendere se la compresenza a Corcira di due sistemi di suddivisioni si fosse manifestata come un affiancamento di associazioni di diversa origine, ma dall’analoga funzione sociale e politica, oppure come la sovrapposizione di un sistema riformato su uno persistente, ma obsoleto. Se dovessi tuttavia propendere per una di queste due soluzioni, direi, con la dovuta prudenza, che la prima sembra adattarsi maggiormente sia a quanto abbiamo osservato nella documentazione epigrafica, sia, più in generale, al quadro di una compagine poleica che sembra aver fatto della stasis e delle tensioni intestine la cifra peculiare della propria storia68. Nella Tab. 1 è riportato l’insieme delle partizioni del corpo civico corcirese note o inferibili dalla documentazione. L’insieme dei dati qui presentato per agio del lettore perlopiù non si discosta dall’elenco dei raggruppamenti corciresi presentato da Lavinio Del Monaco nel contributo Da Corcira a Siracusa: criteri di registrazione anagrafica di matrice corinzia69, in cui l’autore recepiva le letture dell’editio minor delle IG – ossia ΥΝΘΙ̣ανι (IG IX 12 4, 865, ll. 1-2), al posto dell’incerto Α̣νθε̣[ι]α̣ς, e Φιλοϝ[– – –] (IG IX 12 4, 868, l. 1) in luogo 70 di Φιλόξ̣ε̣[νον] ̣  – e includeva, inoltre, la recente testimonianza del prestito ipotecario ellenistico SEG 53: 503. L’unica differenza tra questo schema e quello proposto dall’autore sta nella parallela menzione delle tribù doriche, che, come ho

68   La bibliografia sull’argomento è assai vasta, e mi limito qui a segnalare come testo di riferimento lo studio monografico di Intrieri (2002). 69   Del Monaco 2011, 306. 70   Presenti rispettivamente nell’edizione Calligas 1971, 80 nr. 2 e nr. 1

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avuto modo di dimostrare in precedenza, non devono essere considerate come il fossile di una più antica organizzazione, privato delle proprie originarie funzioni politiche e relegato a un ambito puramente religioso. La documentazione epigrafica, infatti, sembrerebbe suggerire al contrario una coesistenza parallela (benché forse conflittuale) delle due tipologie di raggruppamento con funzioni analoghe. Tale analogia di funzioni, tuttavia, nulla ci comunica sulle precise funzioni istituzionali delle realtà locali di Corcira e il rapporto tra gli Hylleis, da una parte, e gli altri raggruppamenti identificati da sotto-partizioni, dall’altra, rimane ancora al di là da essere definito con precisione. phylai

sotto partizioni (phratrai?)

iscrizione

datazione

Δυμᾶνες (?)

no (?)

-

-

Πάμφυλοι (?)

no (?)

-

Ὑλλεῖς

no (?)

IG IX 1 4, 798

II sec. a.C. (?)

Ἀϝορεῖς

δεύτερα πέμπτα “ hεβδέμα

IG IX 12 4, 867 IG IX 12 4, 866 A IG IX 12 4, 869 IG IX 12 4, 872

V sec. a.C.

Ἀμφινεῖς

[ . . . ] –  – 

IG IX 12 4, 871 IG IX 12 4, 866 Β IG IX 12 4, 866 Β

V sec. a.C.

ΥΝΘΙᾶνες

ϝέκτα

IG IX 12 4, 865

V sec. a.C.

Φιλοϝ[– – – ]

πέμπτα

IG IX 12 4, 868

V sec. a.C.

Μαχχίδαι

δεκάτα

IG IX 12 4, 799

età ellenistica

Πολῖται

δεκάτα

SEG 53: 503

prima m. II sec. a.C.

2

“ “ “ “ “

Tab. 1. Suddivisioni civiche di Corcira.

Riguardo alla natura di queste suddivisioni, risulta difficile prendere una posizione sufficientemente solida. L’unica definizione abbastanza certa sembrerebbe infatti essere quella degli Hylleis come phyle, mentre non vi è alcun elemento interno alle fonti corciresi – a differenza, ad esempio, del caso di Apollonia – che possa ragguagliarci sulla tipologia degli altri raggruppamenti, la cui classificazione come tribù civiche appare tuttavia molto ragionevole. Il numero delle nuove phylai non è noto; possiamo dire, in base ai dati a oggi a nostra disposizione, che esse fossero almeno sei, con la concreta possibilità, tuttavia, che il sistema locale corcirese ne comprendesse un numero maggiore: in particolare, le otto della madrepatria corinzia. Riguardo alle sotto-sezioni delle tribù, sulla cui natura Jones non ha preso sostanzialmente posizione, vi è l’ipotesi

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formulata da Del Monaco sulla base del confronto con le tessere di Kamarina (in cui, come noto, raggruppamenti civici denominati φάτρα / φατρία / φρατρία sono identificati da numerali ordinali71) che si trattasse di fratrie72. Il confronto con il contesto della subcolonia siracusana di Kamarina è certo meglio assestato da un punto di vista storico rispetto a quello con Mileto, richiamato a suo tempo da Jones73. Ma i due contesti, quello di Corcira e quello di Kamarina, credo non possano essere tuttavia messi così facilmente in connessione, dal momento che i sistemi di organizzazione emergenti rispettivamente dalle tessere di Kamarina e dalle iscrizioni di Corcira qui analizzate sono il frutto non semplicemente di una comune matrice etnica e sociale – come si possono appunto considerare le tre phylai doriche degli Hylleis, Dymanes e Pamphylioi – ma piuttosto di evoluzioni istituzionali peculiari ai due contesti, e perciò non meccanicamente assimilabili l’una all’altra. Nel caso di Corcira, il quadro emergente dalle fonti può essere considerato il frutto di almeno tre successive fasi. È anzitutto naturale pensare che primi i coloni guidati dal bacchiade Chersikrates fossero strutturati nelle tre tribù doriche; di questa più antica fase, e di questa originaria spartizione e organizzazione del territorio poleico, rimangono tracce persistenti non solo nella formula onomastica di Aristomenes e Psylla nell’iscrizione di età ellenistica IG IX 12 4, 798, ma probabilmente anche nella toponomastica del porto sudoccidentale di Corcira, denominato Hyllaikos, “di Hyllos”74. In questo stesso contesto, un problema al momento impossibile da risolvere è connesso con la tribù degli A(w)oreis. Come abbiamo osservato nel paragrafo introduttivo, la definizione dell’omonima phyle degli Aoreis come ἀρχαῖα all’interno dell’iscrizione delia SEG 30: 990 può essere intesa in due diverse maniere: l’antichità degli Aoreis potrebbe qui infatti derivare dal loro essere parte di un’organizzazione locale introdotta in epoca cipselide, e quindi più antica rispetto al sistema delle hemiogdoai e triakades; oppure, in alternativa, gli Aoreis avrebbero potuto distinguersi come ‘antichi’ già all’interno delle otto tribù cipselidi, essendo stati aggiunti all’originaria triade dorica già in una fase precedente alla rivoluzione tirannica. Queste due interpretazioni alterna-

  Cf. Cordano 1992; inoltre: Murray 1997, 493-504; Cecchet 2017, 69-73.   Del Monaco 2011, 308. 73   Cf. Jones 1987, 150-160. L’epigrafia milesia attesta infatti un tipo di indicazione dei locali raggruppamenti (phylai e chiliastyes) affatto parallela a quella presente a Corcira: vd. i due horoi McCabe, Miletos nr. 419 (inizi V sec. a.C.): Ἀργαδέω|ν πρώτη vacat; e ibid. 420 (IV sec. a. C): Ὀπλήθων δεοτέρης. 74   Vd. supra, 18 n.  58. Questo non meglio precisabile collegamento tra le phylai della colonia bacchiade e parti della chora corcirese può essere probabilmente meglio compreso nell’ottica dell’occupazione del territorio coloniario (cf. supra, 13 n. 37) e delle connesse funzioni militari delle tribù. Cf. Hadzis 1993, 208, che, oltre alla connessione tra Hylleis e porto Hyllaikos, suggerisce anche la possibile connessione tra gli Amphineis e l’antico sito di Aphionas, sulla costa occidentale dell’isola, su cui cf. Malkin 1998, 78 n. 65; Morgan 1998, 377. 71 72

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tive (ma entrambe basate, si rammenti, sull’ipotesi di attribuzione di SEG 30: 990 a Corinto e non ad Ambracia) hanno ricadute sulla stessa ricostruzione complessiva della struttura locale nella polis corcirese. Se infatti gli A(w)oreis di Corcira fossero stati già stati presenti tra le originarie phylai della colonia bacchiade, una distinzione di origine, funzioni e struttura interna tra gli A(w)oreis e gli Hylleis, come rappresentato nella Tab. 1, non avrebbe senso; e ciò, inoltre, richiederebbe di supporre una partizione in unità numeriche anche per gli Hylleis, oltre che un numero complessivo di phylai maggiore di otto, almeno per l’età ellenistica75. Lasciando adesso da parte la questione degli A(w)oreis, bisogna in ogni caso ritenere che l’ordinamento in phylai e sottogruppi numerici di cui facevano parte anche gli Amphineis, gli YNTHI(?)anes e i Philow[…] (se non anche già i Politai e i Machchidai, attestati però solo per l’età ellenistica) fosse stato introdotto in un’epoca precedente alla loro comparsa sulle tavolette IG IX 12 4, 867-872, genericamente databili al V secolo a.C. Un nuovo sistema di phylai potrebbe essere stato introdotto nella polis corcirese già agli inizi del VI secolo, durante l’ultima parte del regno di Periandro, quanto questi aveva riacquisito il controllo su Corcira, ponendovi al governo Psammetico, il figlio del tiranno di Ambracia Gorgo76. I sottogruppi attestati in questi stessi documenti – la cui denominazione attraverso semplici numerali ordinali sembra denotare un intento razionalizzante e in rottura con le istituzioni passate77 – potrebbero essere stati introdotti in una fase storica successiva, in risposta a nuove esigenze organizzative determinatesi nella polis corcirese dopo la caduta della tirannide arcaica. Non è chiaro di quale tipo di regime Corcira si fosse dotata in questo momento78; nella seconda metà del V secolo – di sicuro all’epoca della guerra civile del 427 a.C., ma verosimilmente

  Un quadro analogo sembra del resto presente ad Apollonia, dove si registrano nomi e/o abbreviazioni di almeno tredici raggruppamenti. 76   Hdt. III 52, 6; Nic. Dam. FGrHist 90 F 59, 4. Cf. Salmon 1984, 221-223; Piccirilli 1995, 146147; De Libero 1996, 161-162; Antonelli 2000, 118-122. 77   Così, per i numerali usati per i raggruppamenti locali nelle tessere di Kamarina, Murray 1997, 493-504. 78   Estremamente problematica e dibattuta è in tale contesto la testimonianza del noto epigramma funerario di Menekrates, IG IX 12 4, 882 (su cui cf. Tribulato 2017, 45-51), in cui il defunto, originario della città di Oiantheia nella Locride Ozolia, viene definito πρόξενϝος e δάμου φίλος (l. 3, ma altri riferimenti al δᾶμος promotore del monumento ricorrono anche alle ll. 2 e 6). L’epigramma sembra qui enfatizzare particolarmente il ruolo del damos come corpo politico dotato di capacità decisionali; per tale motivo, vi è chi, come Wallace (1970, 191-193), sostiene una datazione successiva alla fine della tirannide cipselide del 582 a.C., attorno al 550 a.C. («the Korkyrean damos is itself apparently the final authority, and itself conducts comparatively advanced international diplomatic activity», ibid. 193). Il problema della cronologia dell’epigramma rimane tuttavia ancora aperto (considerazioni di ordine prettamente archeologico porterebbero a risalire al periodo 630-600 a.C.; mentre una datazione agli «inizi del VI sec. a.C.» è indicata nell’editio altera di IG IX, 4° vol.), così come quello della precisa portata e contenuto dei termini πρόξενϝος e δᾶμος in questo contesto cronologico ed epigrafico. 75

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già precedentemente ai fatti del 435 a.C.79 – era in vigore una costituzione democratica. E, per quanto non sia possibile stabilire in qual misura il quadro attestato dalle fonti per questa fase possa essere fatto risalire indietro nel tempo, l’uscita della polis dal controllo dei tiranni cipselidi deve aver ad ogni modo comportato un allargamento della base di potere e una qualche connessa riforma nell’organizzazione del corpo civico corcirese. Un’ultima considerazione riguarda infine le due iscrizioni di età ellenistica IG IX 12 4, 799 e SEG 53: 503, che testimoniano la lunga persistenza della formula onomastica composta da nome della phyle (?) e numero ordinale della phratria (?), ma che, al contempo, attestano raggruppamenti (i Machchidai, i Politai e la δεκάτα) non presenti nelle laminette di V secolo; rimane pertanto aperta la possibilità, soprattutto in relazione alla “decima” partizione, che un ulteriore innalzamento nel numero dei raggruppamenti locali corciresi si fosse verificato in una fase più tarda80.

1.3. Ambracia La città di Ambracia, fondata dall’ecista Gorgo, figlio del tiranno corinzio Cipselo tra il 657/6 e il 627/6 a.C., non è annoverata tra le poleis nordoccidentali esaminate da Jones in Public Organization in Ancient Greece. Le fonti antiche, infatti, non restituiscono pressoché alcuna informazione certa sulla struttura del suo corpo civico, che rimane quindi sostanzialmente sconosciuta. Come si è avuto modo di discutere nell’Introduzione, la polis di Ambracia rimane inoltre una delle possibili candidate cui riconoscere la paternità del decreto SEG 30: 990, anche se al momento non esiste alcun elemento dirimente che ci porti a scartare l’ipotesi di un’attribuzione a Corinto, la quale continua perciò a essere l’opzione principale. Il riferimento a quella che potrebbe essere una partizione locale di Ambracia ricorre tuttavia in un frammento dell’aristotelica Costituzione degli Ambrakiotai,

  Thuc. III 81, 4; Diod. XII 57, 3 (427 a.C.). Cf. Robinson 2011, 122-125.   Se la partizione (phratra?) δεκάτα potrebbe infatti essere stata aggiunta successivamente, corrispondendo infatti all’ordinale più alto tra quelli sino a ora attestati nelle iscrizioni corciresi, una maggiore omogeneità con le phylai più antiche sembra poter essere invece ravvisata nei Machchidai e nei Politai. Per quanto riguarda i primi, non si hanno riscontri precedenti all’epoca ellenistica, benché la ricorrenza di suddivisioni locali con denominazioni simili sia ad Apollonia (Μαχιάδαι, I. Apollonia 190, II sec. d.C.) sia, come sembra preferibile, nella madrepatria corinzia (Ομακχιάδαι, SEG 30: 990, 325-275 a.C.) può deporre a favore di una genesi antica dei Machchidai corciresi. La denominazione Πολῖται, che verosimilmente ricorre anche tra i raggruppamenti locali di Apollonia (abbreviazione ΠΟ, I. Apollonia 7) rimanda all’eroe troiano Polites, figlio di Priamo, così come ugualmente ‘troiana’ è l’ascendenza degli Ἀμφινεῖς attestati in due laminette di V secolo (oltre che, nuovamente, ad Apollonia: I. Apollonia 190 e Apollonia d’Illyrie 275), connessi a un eroe Amphineus, nothos di Ettore, cf. Hadzis 1993, 208; sulle tradizioni troiane presenti anche nel contesto di Apollonia, e ben radicate nell’area dell’Epiro e Illiria meridionale, cf. Cabanes 2002, 61-66; Castiglioni 2003, 877-880. 79 80

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tramandato da Stefano di Bisanzio. L’informazione riportata, benché esigua e di difficile interpretazione, non è tuttavia del tutto priva di confronti nel più ampio contesto corinzio, e vale perciò la pena analizzarla più approfonditamente in questa sede. St. Byz. Ethn.  δ-51, s.v. Δεξαμεναί: μέρος τῆς Ἀμβρακίας, ἀπὸ Δεξαμενοῦ τοῦ Μεσόλου παιδὸς καὶ Ἀμβρακίας τῆς θυγατρὸς Φόρβαντος τοῦ Ἡλίου. τὸ ἐθνικὸν Δεξαμεναῖος, ὡς Ἀριστοτέλης [Arist. fr. 477 Rose] φησὶν ἐν τῇ Ἀμβρακιωτῶν πολιτείᾳ. «Dexamenai: meros di Ambracia, da Dexamenos figlio di Mesolos e di Ambrakia, la figlia di Phorbas, figlio di Helios. L’etnico è Dexamenaios, come Aristotele dice nella Costituzione degli Ambrakiotai».

Il punto focale del passo sta nell’impiego del termine meros nella descrizione del toponimo Dexamenai come μέρος τῆς Ἀμβρακίας. Questa parola può essere infatti qui intesa in senso generico, andando a indicare semplicemente una regione facente parte della chora ambraciota; oppure in un senso più specifico, andando a designare una partizione locale della polis di Ambracia81. Lo stesso toponimo Ἀμβρακία, come risulta da alcune fonti letterarie, denotava peraltro sia la polis sia il suo stesso territorio, ed è in quest’ultima accezione che potrebbe essere stato qui usato da Stefano di Bisanzio82. A quanto mi consta, a oggi l’unica attestazione epigrafica di μέρος nel più probabile senso di suddivisione locale ricorre in un horos di Rodi, di incerta datazione, in cui questo termine denota un distretto territoriale83. Guardando invece alle fonti letterarie, si possono citare vari esempi nei quali il termine μέρος (insieme al suo più specifico sinonimo μοῖρα) viene impiegato nel descrivere l’organizzazione locale di uno stato antico, e con lo specifico significato di distretto territoriale. Nella buona parte dei casi, il termine è impiegato in riferimento a ethne84. Possiamo citare ad esempio l’Achaia, che Erodoto dice divisa in dodici mere all’epoca

81   Cf. Billerbeck - Zubler 2011, 27 n. 55: «Es ist unklar, ob es sich um einen Stadtteil handelt oder einen Bezirk des Umlandes». Segnalano la ricorrenza del termine meros come possibile attestazione di partizioni del corpo civico Gehrke - Wirbelauer in Inventory nr. 113; Fantasia 2017, 210. 82   Questo, già in epoca classica, vd. Archestratos (IV sec.  a.C.), Suppl. Hell. 146, v. 1: ἐς Ἀμβρακίην ἐλθὼν εὐδαίμονα χώρην; vd. inoltre: Ps.-Scyl. 33: Παράπλους δὲ τῆς Ἀμβρακίας σταδίων ρκ´; Etym. Magn. 81, 3, s.v. Ἀμβρακία πόλις Ἠπείρου˙ ἀφ᾽ἧς ἐκλήθη ἡ χώρα Ἀμβρακία. Sul territorio di Ambracia e la sua estensione, cf. Fantasia 2017, 10-12. 83   IG XII 1, 128: μέρος Λιμήν, | κώμα Ἄφεσις, | κωμάρχας Ἀρι|στόβιος γʹ Δρυΐτας. Sulle realtà locali di della polis di Rodi, cf. Papachristodoulou 1999, 27-44 e in part. 36, su questo horos (il “distretto del Porto” sarebbe una delle due grandi suddivisioni territoriali dell’asty rodiese). 84   Sui distretti territoriali negli stati federali greci, cf. Corsten 1999, e part. 186-197.

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delle guerre persiane85; il koinon dei Beoti, organizzato in undici mere secondo l’anonimo di Ossirinco86; la Tessaglia, composta da quattro mere (Hellan. FGrHist 4 F 52), o moirai (Arist. fr. 498 Rose), ossia le cosiddette tetrades87. In ambito poleico, possiamo ricordare quali esempi significativi l’aristotelica Athenaion Politeia, dove il termine meros è impiegato nella descrizione delle trittyes clisteniche88; o anche il già citato lemma πάντα ὀκτώ del lessico Suda (π-225), che descrive l’organizzazione locale di Corinto menzionandone sia le otto phylai in cui sarebbero stati distribuiti i politai, sia gli otto mere in cui sarebbe stata suddivisa la polis (da intendersi verosimilmente in questo contesto, vista la contrapposizione con il corpo dei politai, come insieme fisico di centro urbano e territorio)89. In tutte le attestazioni qui menzionate, è possibile riconoscere una dimensione territoriale ed è per questo che io mi sono sopra riferita al termine μέρος anzitutto nell’accezione di ‘distretto’. Bisogna tuttavia ricordare come l’uso di meros in relazione a realtà locali non implichi di per sé l’esistenza di tale condizione. Mέρος, infatti, connesso al verbo μείρομαι (med. “ho in parte”, pass. “sono diviso”), e verosimilmente caratterizzato dalla stessa radice del latino mereō, è in primo luogo l’esito della divisione e spartizione di un insieme90: non necessariamente in riferimento a un distretto territoriale, quindi, ma a ogni tipo di partizione locale91. Per ciò che riguarda il lemma di Stefano di Bisanzio, si può essere certi che, qualora il termine meros fosse stato qui impiegato per indicare una struttura locale della polis di Ambracia, si sarebbe trattato in ogni

85   Hdt. I 145: su questo passo, cf. in part. Morgan - Hall 1996, 168-169 (meros come sinonimo di chora anche dopo lo sviluppo di centri urbani); Rizakis 2015, 120-121 e n. 14 con ulteriori riferimenti. Questa descrizione dei distretti è ripresa anche da Strab. VIII 7, 4 (dodici μέρη o μερίδες, a loro volta divise in sette/otto δῆμοι, ibid. 5), cf. Morgan - Hall 1996, 170. 86   Hell. Oxy. XI (XVI), 2-4; sui distretti beotici, cf. Beck - Ganter 2015, part. 141-146. 87   Cf. Lasagni 2008, 377-385. 88   [Arist.] Ath. Pol. XXI 1: διένειμε δὲ καὶ τὴν χώραν κατὰ δήμους τριάκοντα μέρη, δέκα μὲν τῶν περὶ τὸ ἄστυ, δέκα δὲ τῆς παραλίας, δέκα δὲ τῆς μεσογείου, καὶ ταύτας ἐπονομάσας τριττῦς. Con il termine moira inoltre Hdt. IV 161, 3 indica la tripartizione del corpo civico di Cirene (τρίσφυλοι), operata dal riformatore Demonatte di Mantinea (ca. 550 a.C.), nella moira dei Theraioi e perieci libici, in quella dei Peloponnesiaci e Cretesi e in quella degli isolani. 89   Vd. supra, 4. 90   Cf. Chantraine 1967, 678-679 s.v. μείρομαι, μέρος. 91   Come è possibile ad esempio riscontrare in questo passo del Lessico dei Dieci Oratori, Harpokrat. s.v. Γεννῆται· οἱ τοῦ αὐτοῦ γένους κοινωνοῦντες. διῃρημένων γὰρ ἁπάντων τῶν πολιτῶν κατὰ μέρη, τὰ μὲν πρῶτα καὶ μέγιστα μέρη ἐκαλοῦντο φυλαί, ἑκάστη δὲ φυλὴ τριχῇ διῄρητο, καὶ ἐκαλεῖτο ἕκαστον μέρος τούτων τριττὺς καὶ φρατρία. πάλιν δὲ τῶν φρατριῶν ἑκάστη διῄρητο εἰς γένη λʹ, ἐξ ὧν αἱ ἱερωσύναι αἱ ἑκάστοις προσήκουσαι ἐκληροῦντο. «Coloro che condividono lo stesso genos. Infatti, l’insieme dei cittadini è suddiviso in parti (μέρη), le prime e più grandi parti (μέρη) sono chiamate phylai; ciascuna phyle è divisa in tre, e ciascuna parte (μέρος) di queste è detta trittys e phratria. A sua volta ciascuna delle phratriai è suddivisa in trenta gene, a partire dai quali vengono sorteggiati i sacerdozi appartenenti a ciascuno di essi». Cf. Suda γ-146, s.v. γεννηταί e γ-147, s.v. γεννῆται.

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caso di un’entità a base territoriale, come il toponimo Dexamenai porterebbe a ritenere. Ma può essere ancora utile confrontare questa notizia con alcuni altri lemmi degli Ethnica nei quale una regione o una località viene anzitutto descritta da lessicografo come “meros di…”. St. Byz. Ethn. α-71, s.v. Ἀζανία· μέρος τῆς Ἀρκαδίας, ἀπὸ Ἀζᾶνος τοῦ Ἀρκάδος. οἱ οἰκήτορες Ἀζῆνες. […] ἔστι δὲ μοῖρα τῆς Ἀρκαδίας ἡ Ἀζανία. διῇρηται δὲ εἰς τρία, Παρρασίους Ἀζάνας Τραπεζούντιους. καὶ ἔχει ἡ Ἀζανία πόλεις ι̅ζ̅. «Azania, meros dell’Arcadia, da Azan figlio di Arkas. Gli abitanti si chiamano Azenes. […] L’Azania è anche una moira dell’Arcadia. È divisa in tre: Parrhasioi, Azanes, Trapezountioi. L’Azania ha diciassette poleis». ibid. μ-46, s.v. Μανδαραί· μέρος τῆς Μακεδονιῆς Κύρρου. οἱ οἰκέτορες Μανδαραῖοι. «Mandarai: meros della città macedone di Kyrrhos. Gli abitanti si chiamano Mandaraioi». ibid. σ-71, s.v. Σισύρβα· μέρος Ἐφέσου, ἀπὸ Σισύρβης Άμαζόνος. τὸ ἐθνικόν Σισυρβίτης. «Sisyrba: meros di Efeso, dall’Amazzone Sisyrbe. L’etnico è Sisyrbites».

I passi qui citati sono dimostrativi di come questa parola ricorra negli Ethnika in riferimento a contesti differenti e con significati non del tutto sovrapponibili. Il primo dei tre lemmi, Ἀζανία, presenta una formulazione bizzarra, legata verosimilmente alla pluralità di fonti collazionate per questa voce; l’Azania è ora definita “meros dell’Arcadia”, e legata all’eroe Azan figlio di Arkas; ora, nella seconda parte del lemma, “moira dell’Arcadia” e collegata a un insieme di tre sub-ethne, dei quali quello degli Azanes, in Azania, comprendente diciassette poleis. Benché soprattutto questa seconda parte sembri in apparenza riferirsi a un qualche tipo di struttura ‘federale’, non esiste in realtà alcun indizio che l’antichissimo ethnos arcade degli Azanes abbia mai ricoperto un ruolo politico nell’Arcadia pre-370 a.C. e, questo, a differenza dei Parrhasioi citati nello stesso lemma, che in età classica costituivano uno dei quattro cosiddetti stati-tribali componenti l’ethnos arcade, assieme a Euthresioi, Kynourioi e Mainaliοi92. Pertanto, sia μέρος sia anche μοῖρα non sono qui interpretabili nel senso politicamente connotato di “distretto”; ma

92   Cf. Nielsen 1999, 51-59 e part. 54 sg. Gli Azanes permasero nelle tradizioni sull’ethnos arcade (l’eroe Azanos è presente nel donario degli Arcadi a Delfi, Paus. X 9, 4-6, cf. FD III. 1, 9), tanto da andare a designare gli Arcadi nel loro insieme. Ciò nonostante, con il V secolo l’ethnos degli Azanes era sostanzialmente scomparso e una buona porzione del territorio dell’Azania sarebbe stata riconosciuta irreversibilmente come parte dell’Achaia, cf. Roy - Nielsen 1998, 5-44; Morgan 1999, 416-424 e passim.

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vanno a designare genericamente, come in diversi altri passi degli Ethnika, una subregione facente parte di un territorio più ampio. Nei successivi due lemmi portati sopra ad esempio, il termine meros è riferito a un ambito poleico. Μανδαραί era una località chora di Kyrrhos in Macedonia. Secondo Fanoula Papazoglou, il toponimo Mandarai avrebbe qui designato un territorio, piuttosto che un centro urbano93; tuttavia, dal momento che un decreto di recente pubblicazione, emanato dalla polis di Kyrrhos nel III sec. a.C. e contenente un regolamento per l’esecuzione di lavori pubblici, testimonia l’esistenza di un insediamento locale di Kyrrhos, Genderrhos, definito κώμη nel testo epigrafico, ciò potrebbe suggerire che il medesimo status avesse caratterizzato anche Mandarai94. Sia che il toponimo Mandarai designasse, quindi, un territorio sia che indicasse un insediamento locale (kome) facente parte della chora di Kyrrhos, è tuttavia chiaro come anche in questo caso non esistano elementi per attribuire al termine meros una precisa connotazione istituzionale. Analoghe considerazioni possono essere applicate al caso di Σισύρβα meros di Efeso, benché questa volta potrebbe non trattarsi dell’unica spiegazione possibile. A differenza di Mandarai, Sisyrba è qui ricollegata a un eponimo mitico, l’amazzone Sisyrbe, menzionata anche in un passo di Strabone, in cui si precisa che Σισυρβῖται fosse il nome con cui erano denominati alcuni degli Efesii95. Il sistema di organizzazione locale della polis di Efeso è noto soprattutto dalle fonti epigrafiche, che attestano l’esistenza di una struttura in phylai e chiliastyes, e forniscono le denominazioni e affiliazioni tribali di una cinquantina di queste seconde suddivisioni96. Il sistema originario comprendeva un insieme di cinque tribù (Ephesioi, Teioi, Karneaioi, Euonymoi, Bembinaioi), a cui se ne aggiunsero poi altre nel corso dell’età imperiale (tribù Sebaste, Hadriane, Antoniniane). Stefano accenna al sistema di organizzazione locale di Efeso alla voce Βέννα (μία φυλὴ τῶν ἐν Ἐφέσῳ ε´), in cui cita un passo di Eforo (FGrHist 70 F 126) relativo alle cinque phylai territoriali efesine97 (tra queste, quella degli Ἐφέσιοι designava in particolare il gruppo di coloro che abitavano Efeso sin dalle origini: οὓς δ᾽ἐξ ἀρχῆς ἐν Ἐφέσῳ κατέλαβον)98. In Strab. XIV 1, 4, Sisyrbe epo  Cf. Papazoglou 1988, 154, 446.   Ed. princ. Hatzopoulos - Gounaropoulou 2013, 1378-1396 (= EKM II. 2 nr. 401, cf. le dediche ad Atena Kyrrhestis ibid. 402 e 405, da parte di individui recanti nell’onomastica l’etnico – o demotico – Γενδέρριος). Vd. sulla chora di Kyrrhos e sullo statuto della kome di Genderrhos, Hatzopoulos - Gounaropoulou 2013, 1389-1390 (e Hatzopoulos in EKM II. 2, 521-523 e part. 522). 95   Strab. XIV 1, 4: Σμύρνα δ᾽ἦν Ἀμαζὼν ἡ κατασχοῦσα τὴν Ἔφεσον· ἀφ᾽ἧς τοὔνομα καὶ τοῖς ἀνθρώποις καὶ τῇ πόλει, ὡς καὶ ἀπὸ Σισύρβης Σισυρβῖταί τινες τῶν Ἐφεσίων ἐλέγοντο. Cf. St. Byz. Ethn. σ-238 s.v. Σμύρνα· (…) ἀπὸ Σμύρνης Ἀμάζονος κατασκούσης τὴν Ἔφεσον. 96   Cf. Jones 1987, 312; si tratta di un insieme di iscrizioni (molti sono decreti di cittadinanza) che vanno dal V sec. a.C. sino ad età antoniniana. 97   I Βενναῖοι menzionato da Stefano sulla scorta di Eforo corrispondono certamente ai Βεμβιναῖοι (phyle Βεμβίνη) attestati nell’epigrafia efesia, cf. ibid. 98   St. Byz. Ethn. β-68, s.v. Βέννα. 93 94

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nima dei Sisyrbitai era ricordata assieme a un’altra amazzone, Smyrna, ἀφ᾽ἧς τοὔνομα καὶ τοῖς ἀνθρώποις καὶ τῇ πόλει99. Ma Σμύρνα era però καὶ τόπος δὲ τις τῆς Ἐφέσου (ibid.), trattandosi, nella fattispecie, di un suburbio che sorgeva alle spalle della città100. Una lista di kouretes efesii risalente ad età imperiale attesta una chiliastys di Σμυρναῖοι101, la quale, soprattutto se introdotta in epoca tarda, deve aver verosimilmente derivato la propria denominazione non tanto dall’insediamento menzionato da Ipponatte, ma piuttosto dalla figura mitica di Smyrna, attraverso cui l’antico nome degli Efesii veniva evocato. Sembra difficile che l’etnico Σισυρβίται menzionato da Strabone e da Stefano possa aver designato con questa forma i componenti di una delle chiliastyes di Efeso (se non altro per il suffisso -ίτης privo di paralleli nei nomi delle altre chiliastyes ad oggi conosciute). E, benché non vi siano prove per sostenere l’ipotesi che l’amazzone Sisyrbe potesse aver dato il nome a una chiliastys di Efeso, tuttavia il certo rilievo dato ai Sisyrbitai nelle fonti, i parallelismi con Smyrna, e il fatto che ἀπὸ Σισύρβης Σισυρβῖταί τινες τῶν Ἐφεσίων ἐλέγοντο ci inducono a osservare come la descrizione di Sisyrba102 come μέρος Ἐφέσου potrebbe aver fatto riferimento non a una realtà meramente geografico-territoriale, ma a una ‘componente’ della comunità poleica di Efeso in senso più ampio, anche istituzionale. Come sappiamo, la maggiore o minore attendibilità e coerenza interna delle notizie contenute nelle Ethnika dipende molto dalle fonti di volta in volta usate da Stefano, e da come egli le combini e talvolta le pieghi agli interessi eminentemente grammaticali della sua opera, intervenendo con personali congetture o introducendo classificazioni non esplicitamente presenti negli autori consultati103. Dietro all’uso del termine meros non appare però alcun intento di connotare in maniera specifica l’oggetto descritto; al contrario, esso è usato come una parola passe-partout, applicabile a contesti vari e talvolta di non univoca classificazione (si veda appunto il caso dell’Azania) a causa delle fonti consultate. Le voci Μανδαραί e Σισύρβα sono, assieme a Δεξαμεναί, le uniche tre degli Ethnika in cui l’oggetto del lemma sia designato come “meros di” una polis, ma l’analisi delle prime due occorrenze ci ha purtuttavia dimostrato come, anche in questo specifico contesto, meros non possa che essere prudenzialmente tradotto come “parte di…”. Tali confronti suggeriscono pertanto che Dexamenai

99   Poco prima Strabone ricordava che gli Efesii erano denominati anche Smyrnaioi nei tempi antichi, citando al riguardo due versi di Callino (frr. 2 e 44 Bergk). 100   Hippon. fr. 50 West; cf. Pritchett 1982, 275-276; Rubinstein in Inventory, 1062. 101  McCabe, Ephesos nr. 499, ll. 5-6; l’affiliazione tribale di questa chiliastys è ignota. Sui kouretes a Efeso, cf. MacLean Rogers 2012, 122-204 e passim. 102   Il toponimo citato nelle Ethnica è peraltro un assoluto hapax. 103   Se le vere e proprie inaccuratezze si riducono a una percentuale abbastanza bassa di occorrenze, le ‘alterazioni’ cui ho fatto sopra riferimento riguardano circa un terzo dei casi, cf. Whitehead 1994, 99-124.

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potesse essere stata designata da Stefano come μέρος τῆς Ἀμβρακίας in quanto territorio o insediamento locale (kome) della chora ambraciota, ma lasciano al contempo aperta la possibilità alternativa (in analogia col caso di Sisyrba) che i Dexamenaioi fossero componenti dell’organizzazione locale di Ambracia in senso istituzionale. Come si è visto, Stefano di Bisanzio trae l’informazione su Dexamenai dall’aristotelica Costituzione degli Ambrakiotai, di cui il lemma degli Ethnika costituisce peraltro l’unica testimonianza. Si tratta di un elemento rilevante. Il fatto che i Dexamenaioi siano stati menzionati da Aristotele nella descrizione della forma costituzionale di Ambracia rende la definizione di Dexamenai come μέρος τῆς Ἀμβρακίας più significativa. Ma in quale contesto Aristotele avrebbe potuto citare i Dexamenaioi all’interno della Costituzione degli Ambrakiotai, e per quale motivo Stefano l’avrebbe conseguentemente definita μέρος τῆς Ἀμβρακίας? Gli ethne dell’area etolo-acarnana e alcune delle poleis greche ivi fondate furono oggetto di alcune Politeiai oggi perdute. Oltre alla Costituzione degli Ambrakiotai menzionata da Stefano di Bisanzio, in un passo del libro VII della Geografia, inerente all’antica presenza dei Leleges in questa parte della Grecia, Strabone riporta notizie tratte rispettivamente dalla Costituzione degli Acarnani, da quella degli Etoli e, infine, da una Costituzione dei Leukadioi. Strab. VII 7, 2: ὅτι μὲν οὖν βάρβαροι ἦσαν οὗτοι (scil. οἱ Λελέγες), καὶ αὐτὸ τὸ κοινωνῆσαι τοῖς Καρσὶ νομίζοιτ᾽ ἂν σημεῖον· ὅτι δὲ πλάνητες καὶ μετ’ ἐκείνων καὶ χωρὶς καὶ ἐκ παλαιοῦ, καὶ αἱ Ἀριστοτέλους πολιτεῖαι δηλοῦσιν. ἐν μὲν γὰρ τῇ Ἀκαρνάνων [= Arist. fr. 474 Rose] φησὶ τὸ μὲν ἔχειν αὐτῆς Κουρῆτας, τὸ δὲ προσεσπέριον Λέλεγας, εἶτα Τηλεβόας· Αἰτωλῶν [= Arist. fr. 473 Rose] τοὺς νῦν Λοκροὺς Λέλεγας καλεῖ, κατασχεῖν δὲ καὶ τὴν Βοιωτίαν αὐτούς φησιν· ὁμοίως δὲ καὶ ἐν τῇ Ὀπουντίων καὶ Μεγαρέων· ἐν δὲ τῇ Λευκαδίων [= Arist. fr. 546 Rose] καὶ αὐτόχθονά τινα Λέλεγα ὀνομάζει, τούτου δὲ θυγατριδοῦν Τηλεβόαν, τοῦ δὲ παῖδας δύο καὶ εἴκοσι Τηλεβόας, ὧν τινὰς οἰκῆσαι τὴν Λευκάδα. «Che questi (scil. i Leleges) fossero barbari ne può essere considerato un indizio anche la loro comunanza con i Carii; e che avessero condotto un’esistenza nomade, sia assieme ai Carii sia indipendentemente da quelli, e fin dall’antichità, lo dimostra Aristotele nelle costituzioni. Nella Costituzione degli Acarnani, dice che i Kouretes possedevano una parte del paese, mentre i Leleges, e in seguito i Teleboi, occupavano la regione occidentale. Nella Costituzione degli Etoli, chiama Leleges gli attuali Locresi, e dice che questi presero anche possesso della Beozia; ugualmente anche nella Costituzione degli Opountioi e dei Megaresi. Nella Costituzione dei Leukadioi menziona anche un certo indigeno Lelex, e Teleboas, figlio di una figlia di Lelex, e i ventidue figli di Teleboas, alcuni dei quali, egli dice, si insediarono a Leukas».

Il passo evidenzia come Aristotele avesse trattato di questioni inerenti alla preistoria mitica di queste aree; e, questo, non solo in relazione agli ethne acarnani

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ed etolici, ma anche nella Costituzione dell’apoikia cipselide di Leukas104. L’antico popolamento delle aree interessate dai relativi trattati sembrerebbe essere stato il contesto per la menzione dei mitici Leleges in tutti e tre i casi; tuttavia, la natura dell’informazione presente nella Λευκαδίων Πολιτεία appare discostarsi da quelle fornite in relazione all’Acarnania e all’Etolia; l’interesse appare qui vertere infatti sulle genealogie eroiche presenti nelle tradizioni locali della polis, piuttosto che non sulla definizione del quadro etnico-geografico del suo territorio. Come nel caso di Lelex e Teleboas, anche la tradizione sull’eroe Dexamenos menzionata da Stefano di Bisanzio – e probabilmente presente nella perduta Costituzione degli Ambrakiotai proprio in considerazione dei paralleli sopra proposti105 – evoca fasi di popolamento precedenti alla fondazione della colonia cipselide. Se nel caso di Leukas si trattava di elementi di una preistoria mitica non meglio contestualizzabili, con Dexamenai il quadro che fa da sfondo è invece in ultima istanza storico, e probabilmente legato a una più antica fase insediativa corinzia, in età bacchiade, conservata in labili tracce nella tradizione mitica e nella toponomastica106. Su di un Dexamenos connesso alle origini di Ambracia esistono sostanzialmente due filoni107: quello riportato da Stefano di Bisanzio, che lo indica come figlio di Mesolos e Ambrakia – quest’ultima a sua volta figlia del re Phorbas e nipote del dio Helios –, e quello tramandato da Dionigi di Alicarnasso, in cui Dexamenos è indicato come padre di Ambrakos e figlio di Eracle. Mentre la genealogia attestata negli Ethnika non possiede paralleli, quella di Dionigi, con l’esplicito richiamo al ruolo di Eracle nelle origini di Ambracia, si pone nel solco di una tradizione le cui manifestazioni letterarie mostrano in filigrana l’intenzione di sostenere o contrastare, attraverso la valorizzazione di aitia mitici, le rivendicazioni territoriali via via avanzate da Macedoni, Epiroti, Etoli sulla polis ambraciota nel corso della

104   Quello del sostrato barbarico costituisce peraltro un tema ricorrente nei riferimenti alle fondazioni coloniarie nella Grecia nordoccidentale presenti nella Politica, sull’insieme dei quali cf. Reggiani 2016, 373-385. 105   Il riferimento alla Costituzione degli Ambrakiotai nel lemma di Stefano potrebbe infatti essersi limitato alla sola menzione dell’etnico Δεξαμεναῖος; tuttavia, l’affinità di contenuti con il frammento della Costituzione dei Leukadioi tramandato da Strabone rende tutt’altro che inverosimile che anche la notizia su Dexamenos fosse stata presente nel trattato aristotelico. 106   Il nome proprio Δεξάμενος/-ης presenta rarissime attestazioni (vd. LGPN I, s.v. Δεξάμενος, Chios V sec. a.C., e IIIA, s.v. Δεξαμένης, Messene I sec. d.C.). Molto significativamente, un antroponimo Δεξαμεναῖος, costruito sulla stessa forma dell’etnico presente nella Costituzione degli Ambrakiotai, è attestato in un’unica ricorrenza in area epirota, e nella fattispecie in un atto di affrancamento proveniente dal teatro di Bouthrotos e siglato nel 163 a.C. da membri del koinon dei Prasaiboi, I. Bouthrotos 53, ll. 5-7 (vd. LGPN IIIA s.v.): μάρτυρες Νίκαιος Νικά|δα Θάριος, Ἀσ[- - - -] Δεξαμεναίου Φονιδατός, | Βοΐσ〈κ〉ος Κλεομάχου Κράτεος; su questo nome, «témoigne de l’influence corinthienne sur Bouthrôtos, par l’intermédiaire d’Ambracie et de Corcyre», cf. Cabanes 1986, 142; sugli antroponimi derivanti da etnici, cf. Fraser 2000, 149-157. 107   Cf. Rossbach in PW-RE IX s.v. Dexamenos, col. 284.

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storia tardo-classica ed ellenistica108. Al di là di queste successive rielaborazioni, tuttavia, la figura di Eracle eroe ktistes del territorio ambraciota vanta una solida e antica presenza, che può essere letta come traccia di una fase pre-cipselide di frequentazione dell’area attorno ad Arta109. La connessione con Eracle potrebbe peraltro non essere stata assente nemmeno nella tradizione su Dexamenos riportata negli Ethnika; l’elemento interessante è il nome del padre di Ambrakia, Phorbas, che ritroviamo come fluvonimo in un mito eziologico sulle origini del fiume Acheloos. “Phorbas” sarebbe stata infatti la sua più antica denominazione, assumendo poi il nome dall’eroe Acheloios dopo che questi, colpito da Eracle con cui era entrato in lotta per Deianira, vi era caduto affogando tra i flutti110. Si deve peraltro notare come nel lemma Δεξαμεναί degli Ethnica il re Phorbas fosse detto essere figlio di Helios, che una parte della tradizione, riportata già da Ecateo di Mileto, indicava come genitore, insieme a Gea, dello stesso Acheloios111. La natura estremamente sfuggente di queste notizie, e la qualità delle fonti a testimonianza, non ci autorizza a passare a ulteriori considerazioni, soprattutto per l’impossibilità di tradurre in un qualsivoglia termine concreto (e geografico) il rapporto, così stabilito dal racconto mitico, tra Ambracia / Dexamenai e la lontana valle dell’Acheloos. Certo rimangono tuttavia storici gli interessi di Ambracia per aree più interne dell’Epiro che appaiono adombrati, in particolare, dallo scontro di Ambrakiotai e Corinzi con Πυραιβοί-Perrhaiboi alla metà del VI secolo, testi-

108   Vd. in particolare il caso della lettera di Speusippo a Filippo II (Speusipp. Socr. Ep. 28, 7 [= Antipatr. Magn. FGrHist 69 F 1, 7]), analizzato da Fantasia 2017, 105-109; e quello della contesa tra Apollo, Artemide ed Eracle per Ambracia, narrato dallo storico ambraciota di III sec. a.C. Athanadas (vd. Athanadas FGrHist - BNJ 303 F1 e Nic. F 38 Schn, ap. Ant. Lib. Met. 4.), su cui cf. TzouvaraSouli 1992, 197-200; Fantasia 2017, 109-121, probabilmente connesso con l’espansionismo etolico: cf. Rzepka 2016 ad Athanadas FGrHist - BNJ 303 F1. 109   Cf. Tzouvara-Souli 2000, 109-118; Fantasia 2017, 112-113; sugli aspetti archeologici, cf. Vokotopoulou 1984, 77-78 e 97; Fantasia 2017, 16-17. 110  Kephalion FGrHist - BNJ 93 F 7 (apud Johann. Malalas Chron. VI 20, 165): […] καὶ ἐν τῶι καταδιώκειν αὐτὸν τὸν Πολύφημον ῾Ηρακλέα στραφεὶς τοξεύει αὐτὸν ὁ ᾽Αχελώιος κατὰ τοῦ μαστοῦ· καὶ εὐθέως ὁ ῾Ηρακλῆς ἀντετόξευσε τὸν ᾽Αχελῶιον, ὡς περᾶι τὸν ποταμὸν ὀνόματι Φορβάν· καὶ φιβλωθεὶς ὁ ᾽Αχελῶιος κατηνέχθη ἀπὸ τοῦ ἵππου εἰς τὰ ῥεῖθρα τοῦ ποταμοῦ καὶ ἀπώλετο. καὶ μετεκλήθη ἔκτοτε ὁ αὐτὸς ποταμὸς ἀπὸ τῶν τῆς Αἰτωλίας χώρας ᾽Αχελῶιος ἕως τῆς νῦν, καθὰ Κεφαλίων ὁ σοφὸς ἐξέθετο. «E mentre Polifemo-Eracle lo inseguiva, Acheloios si girò verso di lui e lo colpì con una freccia al petto; e subito Eracle colpì a sua volta Acheloios, mentre era vicino al fiume denominato Phorbas; venendo colpito, Acheloios cadde da cavallo nelle correnti del fiume e morì. E da quel momento quel fiume venne rinominato Acheloos da quelli dell’Etolia, e così è chiamato ancora ora, come il saggio Kephalion ha affermato». Su Phorbas-Acheloos, e la contesa di Acheloios con Eracle, cf. Fontenrose 1959, 88-89; Gantz 1993, 432-433. 111   Hecat. fr. 378 Müller (apud Nat. Com. VII, 2): Acheloum Alcaeus Oceani et Terrae filium esse sensit, ac Hecataeus Solis et Terrae.

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moniato dai noti distici del polyandrion di Ambracia112; e ancora, dopo la metà del II sec. a.C., nella disputa frontaliera con il koinon degli Athamanes, arbitrata da Corcira per deliberazione del senato romano, e riguardante anche territori su cui precedentemente avevano insistito i confini tra la chora ambraciota e il koinon dei Molossi113. Ma se, come si è detto sopra, il nesso di Dexamenos con Eracle sembrerebbe collocare Dexamenai in un orizzonte insediativo di età pre-cipselide, una possibile localizzazione e finanche la natura stessa di questo μέρος Ἀμβρακίας rimangono invece oscure. Dexamenai non è l’unico toponimo ‘eraclide’ connesso con l’area di Arta, dal momento che un sito denominato Herakleia, comprendente un phrourion e un santuario dell’eroe peloponnesiaco compare attestato nel regolamento frontaliero siglato tra Ambracia e la polis epirota di Charadros attorno al 160 a.C.114. I dati topografici emergenti da questo importante documento ci portano questa volta nel territorio che si estendeva a ovest di Ambracia, tra il corso dell’Arachthos e quello del Louros. Herakleia, la cui afferenza alla chora ambraciota viene confermata dal trattato, è stata localizzata da Karatzeni presso le sorgenti calde di Loutra Chanopoulou, o poco più a nord, secondo la proposta di Andreou, presso la collina di Profitis Ilias115. È con questa Herakleia che sembra possa essere più probabilmente identificata l’omonima città menzionata nella phiale aurea dedicata dai Cipselidi allo Zeus di Olimpia tra l’ultimo quarto del VII sec. a.C. e l’inizio del successivo: Ϙυψελίδαι ἀνέθεν ἐξ Ἑρακλείας116. La formula con ἐκ + gen.  del toponimo suggerisce di

112   SEG 41: 540, con Bousquet 1992, 585-606; questo importante documento, pur di relativamente recente pubblicazione, vanta già un’assai nutrita serie di studi, su cui rimando qui a in part. a Cassio 1994, 101-117; D’Alessio 1995, 22-26; inoltre a Randone 2013, 33-52, e Fantasia 2017, 32-39, con riferimenti e discussione degli studi precedenti. 113   IG IX 12 4, 796 (= ISE 91; Ager 1996, nr. 131). Cf. Hadzis 1997, 168-198; Camia 2009, nr. 4, 44-50 e in part. 49 sg. per la datazione agli anni precedenti al 140 a.C., invece che appena successivi alla battaglia di Pidna, periodo in cui si collocano invece il regolamento frontaliero tra Ambracia e Charadros SEG 35: 665 (vd. infra, n. seg.) e l’arbitrato di Atene per una disputa (non è chiaro se di natura nuovamente territoriale) con il koinon degli Acarnani, IG II² 951, add. + corrig. p. 669 (SEG 35: 101). Sui confini della chora di Ambracia emergenti da questo trattato (vd. in part. l. 19 per il riferimento alla Molossia), cf. Andreou 2000, 141-154 (in part. 151 sg. per la localizzazione del confine sulla catena collinare da Markiniada a Koboti, a est del corso dell’Arachthos); in questa area, tracce di fortificazioni isodomiche attribuibili alla fine del IV secolo, e verosimilmente pertinenti a questo confine, sono state identificate nel sito di Kastri presso Anemorrachi (“Bouga”), cf. Papadimitriou 2012, 181-189: la pertinenza al territorio degli Athamanes ovvero a quello degli Ambrakiotai è dibattuta, Papadrimitriou propende tuttavia per questa seconda ipotesi (ibid. 7), anche sulla scorta di Hadzis 1997, 186. 114   Cabanes  -  Andreou 1985, 499-544 e 753-757 (Cabanes) (= SEG 35: 665), con Charneux - Tréheux 1988, 359-373 (= SEG 35: 1845); per le ll. 16-30, Andreou 2000, 141-172 (= SEG 46: 635). Cf. Habicht 1986, 190-192; Musti 1994, 375-390. 115   Karatzeni 1997, 236; Andreou 2000, 151-153; cf. Fantasia 2017, 187-188. 116   SEG 1: 94 (= Jeffery, LSAG 131 nr. 13, tav. 19; Löhr, Familienweihungen 3).

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interpretare questa phiale come dekate da un bottino di guerra117, indicando così che il centro di Herakleia fosse stato oggetto di un atto di conquista da parte di esponenti della casata cipselide118. Tra le ipotesi ricostruttive, questa rimane certo la meglio argomentata, anche se, in ultima analisi, manca la certezza definitiva che dietro ai Ϙυψελίδαι dedicanti si adombrasse il ramo cadetto di Ambracia e che, di conseguenza, l’Herakleia menzionata nella phiale corrispondesse preferibilmente a quella, confinante col territorio molosso, citata nel regolamento frontaliero con Charadros119. Questa è in effetti l’unica Herakleia dell’area per cui sia possibile avanzare un’ipotesi di localizzazione convincente, ma si deve richiamare l’attenzione sul fatto che altri omonimi siti compaiono nelle fonti in riferimento a regioni confinanti con la chora ambraciota (e interessate peraltro dagli arbitrati di II secolo120): una Herakleia in Acarnania – definita πόλις da Stefano di Bisanzio, ma più credibilmente oppidum da Plinio il Vecchio121 – e una (ancor più sfuggente) Herakleia, che Livio segnala all’interno del territorio degli Athamanes nel 189 a.C.122.   Cf. Lazzarini 1976, nr. 992.   Sostiene particolarmente l’identificazione tra la Herakleia citata in SEG 35: 665 e quella attestata dalla phiale dei Cipselidi Fantasia 2017, 119-121, sulla scorta della proposta di localizzazione avanzata da Karatzeni (vd. supra, 35 n. 115), che valorizzava la corrispondenza tra la località di Loutra Chanopoulou, con le sue sorgenti di acqua calda, e τὰ λουτρὰ τὰ Ἡερακλέους, presso cui secondo la tradizione avrebbe avuto luogo la disputa tra Apollo, Eracle e Artemide; nella sua rivendicazione, Eracle ricordava di essere stato il primo ad avere assoggettato la regione e che solo successivamente un gruppo di coloni da Corinto avrebbe fondato Ambracia, avendo scacciato i precedenti occupanti: «visto che la phiale documenta non un atto ecistico, ma la conquista ad opera di membri della dinastia di Cipselo di un sito preesistente che nel nome denuncia la sua origine greca e il suo legame con l’eroe, la notizia trasmessa da Athanadas […] finisce per assumere le caratteristiche di una corposa e ben radicata memoria locale» (Fantasia 2017, 121). 119   Ad esempio Pritchett 1992, 100-101, identificava invece questa città con una Herakleia ­acarnana. 120   Vd. supra, 35 n. 113. 121   Plin. NH IV 1, 5: Acarnaniae, quae antea Curetis vocabatur, oppida Heraclia, Echinus et in ore ipso colonia Augusti Actium cum templo Apollinis nobili ac civitate libera Nicopolitana; St. Byz. Ethn. η-20, s.v. Ἡράκλεια: κα´ Ἀκαρνανίας πόλις; su questo sito, cf. Gehrke - Wirbelauer in Inventory nr. 120; per l’identificazione della Ἑράκλεια menzionata nella phiale di Olimpia con l’Herakleia acarnana, e la possibile localizzazione di questa presso Vonitza sulla costa meridionale del golfo di Ambracia, vd. Pritchett 1992, 100-101; benché l’identificazione della Herakleia citata in SEG 1: 94 con quella del regolamento tra Ambracia e Charadros SEG 35: 665 presenti validi argomenti a favore, anche l’ipotesi ‘acarnana’ rimane nondimeno plausibile e non può ancora essere del tutto accantonata. 122   Liv. XXXVIII 1, 7-8: Ita duo et quinquaginta facti (scil. coniurati adversus Macedonum praesidium) quadrifariam se diviserunt; pars una Heracleam, altera Tetraphyliam petit, ubi custodia regiae pecuniae esse solita erat, tertia Theudoriam, quarta Argitheam. All’inizio del trentottesimo libro, Livio descrive il recupero dell’Athamania da parte del re Amynandros, nel 189 a.C., con l’aiuto degli Etoli; nel 191 a.C. l’Athamania era stata infatti occupata da Filippo V e Amynandros era andato in esilio ad Ambracia, allora membro del koinon etolico, cf. Baslez 1987, 167-173; Whaterfield 2014, 118-120, 139. Su Argithea, attuale Hellenika di Argithea (Knisovo, nomos di Karditsa), sul 117 118

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Dopo questa circumnavigazione nelle fonti, possiamo ora far ritorno alla questione di partenza, ossia se il lemma di Stefano di Bisanzio su Δεξαμεναί possa essere considerato una testimonianza ascrivibile alla struttura di organizzazione locale di Ambracia. Una risposta positiva al riguardo non sembra possibile, ma l’insieme dei dati esaminati permette tuttavia alcune osservazioni. Anzitutto, la definizione di Dexamenai come μέρος τῆς Ἀμβρακίας non può essere pacificamente interpretata in senso istituzionale, come suddivisione civica123. Meros, infatti, potrebbe aver individuato anzitutto una componente territoriale della polis di Ambracia, tuttavia descritta in maniera diversa da altri due insediamenti minori della chora ambraciota, che Stefano di Bisanzio cita parimenti negli Ethnika: ossia Ambrakos, forte situato sull’estuario dell’Arachthos, che egli definisce πολύχνιον124, e una “Koroneia”, φρούριον Ἀμβρακίας, verosimilmente da identificarsi con la stessa Kraneia χωρίον Ἀμβρακιωτῶν, citata anche da Teopompo125. Dalla disamina dei pochi e sfuggenti dati che è stato possibile raccogliere su Dexamenai sono emersi, mi sembra, due elementi: da un lato, la possibile appartenenza di Dexamenai a un orizzonte di occupazione corinzia dell’area precedente alla colonizzazione cipselide, dato dalla sua confluenza nei miti eraclidi attraverso la figura dell’eponimo Dexamenos; dall’altro, l’impressione che potesse corrispondere a un’area di frontiera del territorio ambraciota, sia considerando il parallelo con la Herakleia posta sul confine con il centro di Orrhaon-Ammotopos e la polis di Charadros (più probabile candidata per l’identificazione con l’omonima città menzionata nella phiale dei Cipselidi), sia considerando la (seppur elusiva) relazione con l’Epiro interno e il corso dell’Acheloos, evocata dalla tradizione mitica su Phorbas. Da questi elementi si ricavano due possibili prospettive: la prima è che Dexamenai corrispondesse a un’antica località del territorio di Arta, presente nella memoria mitica della regione, ma destituita di una precisa identità e funzione nel contesto dello stato ambraciota, tanto da essere definita genericamente meros in

versante orientale del Pindos, cf. Decourt et al. in Inventory nr. 470; su Theudoria, da identificarsi con l’attuale Theodoriana, sull’alto corso dell’Acheloos (Aspropotamo), cf. Philippson 1956, 156; Herakleia e Tetraphylia non sono invece identificabili, cf. Briscoe 2008, 29-32. 123   Allo stesso modo, non è possibile qui interpretare l’uso di meros come indicatore di una “ripartizione matematica” di un corpo civico, come nei casi considerati da Helly 1997, 215-220. 124   St. Byz. Ethn. α-266, s.v. Ἄμβρακος· πολίχνιον τῆς Ἠπείρου, παρὰ τὴν Ἀμβρακίαν ἰδιάζον. ὁ οἰκήτωρ Ἀμβράκιος. Vd. anche Ps.-Scyl. 33; Polyb. IV 61, 4-8; su Ambrakos, localizzata presso l’attuale Phidokastro, cf. Hammond 1967, 138; Tzouvara-Souli 1992, 208-209; Fantasia 2017, 1215 e passim. 125   St. Byz. Ethn. κ-180, s.v. Κορώνεια·… ἔστι δὲ καὶ φρούριον τῆς Ἀμβρακίας. cf. ibid. κ-204, s.v. Κράνεια, χωρίον Ἀμβρακιωτῶν. Θεόπομπος πεντηκοστῷ πρώτῳ (Theop. FGrHist 115 F 229). Vd. Plin. NH IV 2, 6: Montes clari in Dodone Tomarus, in Ambracia Crania, in Acarnania Aracyntus, in Aetolia Achaton, Panaetolium, Macynium: per l’identificazione del monte Crania con l’attuale Valaora, altura a sud di Arta, e dell’antico insediamento alle pendici meridionali dello stesso (presso l’attuale Sikies) con la Kraneia citata da Stefano, cf. Hammond 1967, 140 e Map 5, 136.

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analogia con il caso dell’Azania in Arcadia126. La seconda è che costituisse una componente locale della chora di Ambracia in quanto avamposto di antica occupazione corinzia, e meros della polis e del suo sistema di controllo territoriale. Entrambe queste prospettive presentano una loro coerenza con quanto sappiamo di Ambracia. La prima appare plausibile considerando i mutamenti del quadro insediativo del territorio di Arta, prima popolato da tribù autoctone, poi, dalla fine del IX secolo, oggetto di una penetrazione commerciale e difensiva corinzia, infine teatro, nella seconda metà del VII secolo, della fondazione della colonia di Ambracia127. La seconda è invece coerente con l’immagine di una ferrea organizzazione della nuova polis e della sua chora, indice di uno stringente controllo territoriale stabilito fin dal momento deduzione coloniaria. I maggiori indizi di tale organizzazione sono costituiti dall’esistenza di un circuito di cittadelle fortificate, come Ambrakos o Herakleia128, e dalla presenza di tracce di suddivisioni catastali della chora, non semplicemente ascrivibili a centuriazioni di età romana, ma risalenti già al momento della fondazione cipselide129. È solo in questa seconda prospettiva, come è facile capire, che la Δεξαμεναί μέρος τῆς Ἀμβρακίας può costituire una testimonianza relativa all’organizzazione locale di Ambracia. È logico pensare che, all’atto della fondazione della colonia di Ambracia, sotto la guida del cipselide Gorgo, il nuovo corpo civico avesse ricevuto una struttura basata su quella allora in vigore nella madrepatria. Purtroppo, come si è visto nel paragrafo precedente, la conoscenza dell’organizzazione locale della stessa Corinto presenta tuttavia notevoli lacune e numerosi punti controversi, soprattutto per l’età arcaica, dove l’introduzione delle otto phylai territoriali a opera dei Cipselidi non è ugualmente accolta da tutti gli studiosi. Per quanti ragionamenti si possano fare sui motivi che avrebbero portato all’introduzione di questo nuovo sistema di tribù all’epoca della tirannide – ora richiamando l’integrazione della componente non-dorica, ora riflettendo sulla composizione del consiglio o sulla rappresentazione politica della parte sociale che aveva appoggiato l’ascesa di Cipselo130  –  l’unico argomento che si possa plausibilmente richiamare è, mi sembra, quello dell’esigenza di una solida e rinnovata organizzazione militare131.   Vd. supra, 29-30.   Cf. Fantasia 2017, 1-42. 128   Vd. inoltre, sull’avamposto fortificato di Anemorrachi, alla frontiera con gli Athamanes, Papadimitriou 2012, 181-189 (supra, 35 n.  113) e part. 185 su questi phrouria. In generale, sul significato del termine φρούριον in relazione al controllo dei confini territoriali (da προ-hόριον), cf. Musti 1994, 391-392. 129   Andreou 1999, 344. 130   Cf. ad es. Salmon 1984, 205-209. 131   Questo aspetto si lega ovviamente alla discussione sul ruolo della classe oplitica nelle rivoluzioni tiranniche di età arcaica. I termini con cui l’identità e l’impatto politico degli opliti in questi passaggi costituzionali, e nella stessa “nascita della polis”, erano stati definiti dagli esponenti della cosiddetta “ortodossia oplitica” (Grote, Nilsson, Lorimer, Andrewes) sono oggetto come è noto di annosi dibattiti, rinnovatisi anche in tempi recenti (rimando qui agli studi 126 127

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Nella sua cruda concretezza è infatti l’esigenza che meglio si può riconoscere alla base di una riforma in cui, parafrasando la Suda, i cittadini furono suddivisi in otto tribù e la città di otto distretti132. Ora, vista la stringente organizzazione territoriale rilevabile ad Ambracia, e vista l’innegabile necessità di difendere la nuova chora poleica in territorio epirota, tali considerazioni possono ben essere estese anche alla colonia cipselide, contesto in cui Dexamenai avrebbe potuto costituire un μέρος τῆς Ἀμβρακίας con un’accezione di μέρος analoga a quella presente nel lemma πάντα ὀκτώ del lessico Suda. Mi sembra a questo punto significativo richiamare l’attenzione su un’ulteriore voce degli Ethnika dedicata ad Ambracia, che potrebbe forse adombrare una realtà analoga a quella riferita nel lemma Δεξαμεναί: St. Byz. Ethn. ε-99, s.v. Ἐπουία· πόλις, ἡ νῦν Ἀμβρακία, ἡ πρότερον Παραλία. καὶ οἱ οἰκοῦντες Παράλιοι. «Epouia, polis, l’odierna Ambracia, in precedenza Paralia. E gli abitanti si chiamano Paralioi».

Non intendo qui soffermarmi sul toponimo, e hapax legomenon, Epouia (forse riconducibile al nome della tribù epirota degli Opouioi, e qui riferito come denominazione che precedeva quella di Ambracia133), ma piuttosto sul nome Παραλία, ricondotto da Stefano a una fase ancor più risalente dell’insediamento di Arta (ἡ πρότερον). L’informazione fornita in questo lemma risulta nel complesso ab-

presenti in Kagan - Viggiano 2013, e in part. a 2013a e 2013b per una disamina della cosiddetta ortodossia oplitica e dell’ampio dibattito da essa suscitato nella letteratura successiva). Che la classe oplitica di Corinto possa aver costituito la base di supporto per l’ascesa di Cipselo non può essere onestamente affermato con solidi argomenti; certo è, però, che l’affermazione di Nicola Damasceno spesso invocata per questo aspetto, ossia che Cipselo avrebbe governato senza possedere una guardia personale (Nic. Dam. FGrHist 90 F 57, cf. ad es. Andrewes 1956, 36-37) depone a favore dell’esistenza alternativa di una solida base militare nelle mani del tiranno. Il problema del ruolo degli opliti sembrerebbe soprattutto quello di conciliare una base di consenso costituita da un’ampia middle class, come in genere è considerata la classe oplitica, con una città che, una volta abbattuti i tiranni, si sarebbe ‘accontentata’ di una ristrettissima boule di soli ottanta membri (cf. Salmon 1977, 99; 1984, 191-192); su questa apparente impasse, credo siano tuttavia dirimenti le posizioni di Van Wees 2013, 222-255, part. 236 sgg., che oppone al modello usualmente invalso (oplita come «yeoman farmer» e «middling landowner») quello di una classe oplitica estremamente più elitaria, composta da «gentlemen farmers» e relativa a non più del 1015% della popolazione della polis arcaica. 132   Vd. supra, 4. 133   L’etnico della tribù epirota degli Opouioi è attestato unicamente in un atto di affrancamento di Dodona, databile al primo terzo del II sec. a.C., SGDI II 1349, ll. 11-12, cf. Cabanes 1976, 364-365 per la datazione; su Ἐπουία e altre tradizioni toponomastiche epirote risalenti alle fasi di popolamento dell’età del Bronzo, cf. Hammond 1967, 393-395. Sull’ipotetica connessione tra gli Opuioi e il lemma di Stefano di Bisanzio, cf. Cabanes 1976, 126; giudicata poco probabile invece da Dakaris 1957, 112 n. 1.

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bastanza oscura. Stefano indica qui l’etnico Παράλιοι, ma non quello relativo a Epouia; alla voce Παραλία (π-503) si elencano peraltro una polis di Paralos nella Malis, in Tessaglia (in realtà i Paralioi erano uno dei tre mere della Malis, insieme a Hiereis e Trachinioi, vd. Thuc. III 93, 2), e il distretto dell’Attica, ma non viene menzionata invece questa Paralia134. Accanto a queste minori incongruenze – legate perlopiù alla composizione dell’opera e alla sua successiva epitomazione da parte di Ermolao – vi è però soprattutto la constatazione che il toponimo ‘parlante’ Παραλία appare inadatto a definire il sito di una città non costiera come Ambracia135. Tralasciando il dato secondo cui Παραλία sarebbe stato un antichissimo nome di Ambracia (l’informazione è sufficientemente sospetta da poterla ignorare nella sua interpretazione letterale), si può però osservare come tale toponimo possa naturalmente aver caratterizzato un distretto costiero (probabilmente definito in ottica difensiva) della chora di Ambracia, e nella fattispecie quello in cui sorgeva l’ἐπὶ θαλάττης τεῖχος καὶ λιμὴν κλειστός di Ambrakos136. L’attestazione in connessione con Ambracia del toponimo Παραλία – difficilmente riportabile ad altra entità che non a un distretto costiero – sembrerebbe in conclusione rafforzare l’idea che questa polis fosse organizzata localmente in mere; e, questo, in analogia con la stessa madrepatria corinzia, il cui territorio poleico era diviso in ὀκτὼ μέρη, secondo la testimonianza del lessico Suda.

134   St. Byz. Ethn. π-503, s.v. Πάραλος, ἐν Θετταλίᾳ πόλις τῶν Μηλιέων, ἧς οἱ πολῖται Παράλιοι. ἔστι δὲ καὶ Παραλία τῆς Ἀττικῆς. οἱ οἰκήτορες λέγονται καὶ Πάραλοι. Cf. ibid. α-176, s.v. Ἀκτή, dove Παραλία designa una delle quattro tribù dell’Attica ai tempi di Kekrops, come in Apoll. Gramm. fr. 158 Müller. 135   Scilace indica Ambracia a una distanza di ottanta stadi dalla costa: Ps.-Scyl. 33: Μετὰ δὲ Μολοττίαν Ἀμβρακία πόλις Ἑλληνίς· ἀπέχει δὲ αὕτη ἀπὸ θαλάττης στάδια πʹ. Sulla natura continentale di Ambracia, cf. Fantasia 2017, 2-3; Ambracia è classicamente evocata nelle fonti antiche come la prima città de mondo greco alla frontiera con quello barbarico; il fatto che Eforo (FGrHist 70 F 143 ap. Strab. VIII 1, 3) appaia discostarsi da tale communis opinio individuando l’inizio del mondo greco nell’Acarnania, confinante con l’Epiro, è dovuto al criterio squisitamente costiero su cui basa la sua descrizione, come lo stesso Strabone nota diffusamente nel citarlo (ἀλλ’ ὥσπερ οὗτος τῇ παραλίᾳ μέτρῳ χρώμενος ἐντεῦθεν ποιεῖται τὴν ἀρχήν, ἡγεμονικόν τι τὴν θάλατταν κρίνων πρὸς τὰς τοπογραφία): «quindi non possiamo escludere che Ambracia rientrasse in una sorta di grande entroterra continentale della regione» (Fantasia 2017, 3). Entrambi gli aggettivi παράλιος, -α, -ον e πάραλος, -ον sono menzionati da Giulio Polluce nell’elenco delle possibili classificazioni delle città sulla base della loro posizione costiera, continentale o insulare, Poll. Onom. IX 17, 7: Πόλιν δ’ ἂν εἴποις ἠπειρῶτιν, νησιῶτιν, χερσαίαν, ἀπὸ θαλάττης, μεσόγειον, ἔφαλον, πάραλον, παράλιον, παραθαλαττίδιον, ἐπιθαλαττίδιον, ἀγχιθάλαττον· ἡ γὰρ ἀγχίαλος ποιητῶν. 136   Ps.-Scyl. 33, con Shipley 2011, 115. Su Ambrakos, vd. supra, n. 124.

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1.4. Epidamnos Tra le poleis hellenides dell’area di cui le fonti attestano l’esistenza di partizioni del corpo civico dobbiamo annoverare anche la colonia corinzio-corcirese di Epidamnos, sulla cui organizzazione interna offre qualche scarna informazione un passo della Politica aristotelica, che riferisce, tra le altre cose, dell’esistenza un locale collegio di phylarchoi137. Arist. Pol. 1301b, 21-26: καὶ ἐν Ἐπιδάμνῳ δὲ μετέβαλεν ἡ πολιτεία κατὰ μόριον (ἀντὶ γὰρ τῶν φυλάρχων βουλὴν ἐποίησαν, εἰς δὲ τὴν ἡλιαίαν ἐπάναγκές ἐστιν ἔτι τῶν ἐν τῷ πολιτεύματι βαδίζειν τὰς ἀρχάς, ὅταν ἐπιψηφίζηται ἀρχή τις, ὀλιγαρχικὸν δὲ καὶ ὁ ἄρχων ὁ εἷς ἦν ἐν τῇ πολιτείᾳ ταύτῃ) «Anche a Epidamno la costituzione mutò in parte, in quanto al posto dei filarchi si costituì un consiglio, ma è ancora obbligatorio che i magistrati, tra quanti formano il corpo politico, si rechino in assemblea quando si mette ai voti una carica; anche la presenza di un solo arconte costituiva, in questa costituzione, un elemento oligarchico»138.

Il paragrafo in questione è inserito in una sezione del libro V riguardante i mutamenti costituzionali connessi a staseis scaturite dall’esistenza di opposte concezioni sull’esercizio dell’uguaglianza in seno alla polis139. Il passo, riferito in particolare alle metabolai miranti a modifiche solo parziali della politeia, ci dà conferma che la polis di Epidamnos possedesse un’organizzazione del corpo civico per phylai; e inoltre che queste ultime, fino a un certo periodo della storia cittadina, avessero espresso un collegio ristretto di magistrati, denominati phylarchoi (o indicati come tali da Aristotele), e apparentemente dotati di funzioni consiliari140. A differenza dell’omonima carica militare ateniese, i phylarchoi di Epidamnos erano infatti verosimilmente una magistratura con competenze anche politiche, come si evincerebbe dal fatto che il loro collegio fosse stato a un certo punto sostituito da una boule, ciò che implica ovviamente una continuità di prerogative tra i due organi, pur nel quadro di un’operazione di ampliamento della base di governo141.

  Sulle realtà locali di Epidamnos, cf. Jones 1987, 156-157.   Cf. trad. M.E. De Luna  -  C. Zizza 2016, che tuttavia non seguo per la resa di εἰς δὲ τὴν ἡλιαίαν; dietro all’uso del termine ἡλιαία da parte di Aristotele (di cui questa è l’unica ricorrenza in relazione a un contesto non ateniese) va in realtà inteso un riferimento all’assemblea primaria di Epidamnos, ossia all’halia, stessa denominazione presente anche nella madrepatria corcirese, vd. supra, 11 e n. 30. 139   Cf. Gehrke 2001, 137-150. 140   Cf. Giuffrida 2002, 85 n. 10, che richiama la possibili analogia con i probouloi di Corinto (Nic. Dam. FGrHist 90 F 60, 2), la cui natura e funzioni sono tuttavia parimenti poco sconosciute, cf. Salmon 1984, 231-239. 141   Per un raffronto, si veda il caso di Kyzikos, su cui cf. Jones 1987, 287-290, e in part. l’iscrizione contenente il capitolato per la costruzione di una torre: Maier GMBI nr. 59 (m. IV sec. a.C.); 137 138

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Il principale problema della testimonianza di Arist. Pol. 1301b, 21-26, è rappresentato dalla mancanza di coordinate cronologiche esplicite per la metabole in questione, che rimane perciò difficile da collocare142. Aristotele avrebbe potuto infatti qui riferirsi a una situazione determinatasi in avanzato IV secolo così come più indietro nel tempo, in connessione con la stasis del 435 a.C.143 o in una fase ancora anteriore (vd. infra). Quello che sembra potersi intendere chiaramente è che il passaggio era avvenuto a partire da un regime di stampo aristocratico, o da una ristrettissima oligarchia144; e che, in seconda battuta, parziali modifiche costituzionali avevano dato vita a un regime ancora nettamente oligarchico, benché dotato di una rappresentazione istituzionale meno esclusiva del precedente. Tucidide apre la sezione del primo libro dedicata al conflitto corinzio-corcirese con alcune stringate indicazioni su Epidamnos, l’origine della sua fondazione e il suo successivo sviluppo: Thuc. I 24, 1-5: Ἐπίδαμνός ἐστι πόλις ἐν δεξιᾷ ἐσπλέοντι ἐς τὸν Ἰόνιον κόλπον: προσοικοῦσι δ᾽ αὐτὴν Ταυλάντιοι βάρβαροι, Ἰλλυρικὸν ἔθνος. ταύτην ἀπῴκισαν μὲν Κερκυραῖοι, οἰκιστὴς δ᾽ ἐγένετο Φαλίος Ἐρατοκλείδου Κορίνθιος γένος τῶν ἀφ᾽ Ἡρακλέους, κατὰ δὴ τὸν παλαιὸν νόμον ἐκ τῆς μητροπόλεως κατακληθείς. ξυνῴκισαν δὲ καὶ Κορινθίων τινὲς καὶ τοῦ ἄλλου Δωρικοῦ γένους. προελθόντος δὲ τοῦ χρόνου ἐγένετο ἡ τῶν Ἐπιδαμνίων δύναμις μεγάλη καὶ πολυάνθρωπος: στασιάσαντες δὲ ἐν ἀλλήλοις ἔτη πολλά, ὡς λέγεται, ἀπὸ πολέμου τινὸς τῶν προσοίκων βαρβάρων ἐφθάρησαν καὶ τῆς δυνάμεως τῆς πολλῆς ἐστερήθησαν. τὰ

qui un collegio di phylarchoi, rappresentanti delle sei tribù ioniche, affianca quello degli strategoi e dei teichopoioi. 142   Lo sviluppo politico-istituzionale di Epidamnos è ben difficile da ricostruire. A parte alcune esigue informazioni presenti nelle fonti letterarie, in particolare in Aristotele, e perlopiù prive di riferimenti cronologici, ciò che manca è soprattutto l’apporto delle fonti epigrafiche. Il corpus di iscrizioni della colonia corcirese consta per la quasi totalità di iscrizioni funerarie (fanno eccezione un paio di dediche votive e alcuni stampi fittili, cf. I. Epidamnos, part. 50-52). L’unica testimonianza riferita alle istituzioni poleiche è costituita dalla copia incisa nell’agorà di Magnesia al Meandros del decreto emanato παρὰ τῶν Ἐπιδαμνίων per il riconoscimento degli agoni stefaniti e dell’asylia al santuario di Artemide Leukophryene: I. Epidamnos T 514 (= Syll. 3 560 = Rigsby 1996, nr. 96). Lo psephisma si apre con la formula di approvazione da parte del damos epidamnio e con quella di datazione composta da prytanis (archon) eponimo e mese locale (l. 1: ([ἔ]δ[οξε τῶι δάμωι ἐπ᾽ἄρχοντος Φ]αλακρ[ίωνος τοῦ . . . .]φόντος); ma una boula è parimenti ricordata nel testo (ll. 6-7: ποτελθόντες (scil. οἱ πρεσβευταὶ καὶ οἱ θιαροὶ) ποτὶ τὰν βουλὰν καὶ [τὸν] δᾶμ̣[ον ἁμῶν]); l. 23: [ἔ]δ̣οξε τᾶι βουλᾶι καὶ τῶι δᾶμωι τῶι Ἐπιδαμνίων), assieme al bouleuterion, all’interno del quale il decreto avrebbe dovuto essere collocato (l. 46: [ἀ]ναγράψαι δὲ καὶ τὸ ψάφισμα ἐν τῶι βουλευτερίωι). 143   Per il IV secolo avanzato, cf. Giuffrida 2002, 85 e n. 11; per la stasis del 435 a.C., Gehrke 1985, 60-62. 144   Qui il collegio dei phylarchoi di Epidamnos appare molto meglio evocare le figure degli antichi phylobasileis ateniesi, che non quelle dei phylarchoi attestati perlopiù nell’epigrafia di età ellenistica, soprattutto in poleis di area egea e microasiatica, cf. supra, n. prec., e Jones 1987, 157 per altri esempi. Su phylobasileis, vd. inoltre supra, 15 n. 48.

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δὲ τελευταῖα πρὸ τοῦδε τοῦ πολέμου ὁ δῆμος αὐτῶν ἐξεδίωξε τοὺς δυνατούς, οἱ δὲ ἐπελθόντες μετὰ τῶν βαρβάρων ἐλῄζοντο τοὺς ἐν τῇ πόλει κατά τε γῆν καὶ κατὰ θάλασσαν. «Epidamno è una città alla destra di chi entra con la nave nel golfo Ionio; abitano accanto a essa i barbari Taulanti, di stirpe illirica. Epidamno fu fondata dai Corciresi, ma fondatore ne fu Falio di Eratocleide, corinzio di stirpe, discendente di Eracle, chiamato dai Corciresi dalla madrepatria secondo l’antica abitudine quando si fondava una colonia. Colonizzarono la città anche alcuni Corinzi, insieme ai Corciresi, e altri della stirpe dorica. Col passar del tempo grande divenne la potenza degli Epidamni e popolosa la città, ma a causa di lotte intestine durate molti anni, a quanto si dice, gli abitanti furono distrutti da una guerra combattuta coi barbari confinanti e la città fu spogliata di gran parte della sua potenza. Infine, poco prima di questa guerra, il popolo cacciò gli oligarchi: questi, assalita la città con l’aiuto dei barbari, ne sottoposero a scorrerie per terra e per mare gli abitanti»145.

Due sono i tratti caratteristici di Epidamnos emergenti sin da subito: la stretta interconnessione con le popolazioni illiriche insediate vicino alla polis e la composizione mista del contingente coloniario. Riguardo al primo punto, una notizia contenuta nel Bellum Civile di Appiano pone anzi in relazione la stessa fondazione di Epidamnos con un intervento di Corcira, in alleanza con la tribù illirica dei Taulanti, e contro i Liburni (già cacciati da Corcira alla fondazione della colonia bacchiade), i quali, occupando la località portuale di Dyrrhachion prima occupata dai Taulanti, minavano la talassocrazia corcirese; i Corciresi, dice Appiano, avrebbero aiutato i Taulanti a recuperare la posizione, in seguito inviando propri coloni che, mischiandosi con i locali illiri, avrebbero dato vita a un nuovo insediamento, pienamente greco, denominato Ἐπίδαμνος146. Il dato di Appiano è importante perché permette di inquadrare meglio, da un punto di vista della storia istituzionale di Epidamnos, altre due notizie sul rapporto con le tribù illiriche locali contenute nel passo di Tucidide. Nella stasis del 435 a.C. i dynatoi avevano potuto contare su una consolidata alleanza con la componente illirica, un’alleanza che, come Appiano esplicita, doveva aver caratterizzato l’élite dei primi coloni fin dalla fondazione di Epidamnos. In base a questo, si comprende anche meglio come le lotte intestine, a cui Tucidide fa cursoriamente riferimento nel passo, dovevano aver determinato una guerra con i vicini barbari (ossia i Taulanti προσοικοῦσι δ᾽ αὐτὴν βάρβαροι) non semplicemente per

  Trad. di C. Moreschini 2008.   App.  BC II 6, 39: οἱ δ᾽ ἐκ τῶν Λιβυρνῶν ἐξελαθέντες ἀπὸ τοῦ Δυρραχίου Κερκυραίους ἐπαγόμενοι θαλασσοκρατοῦντας ἐξέβαλον τοὺς Λιβυρνούς: καὶ αὐτοῖς οἱ Κερκυραῖοι σφετέρους ἐγκατέμιξαν οἰκήτορας, ὄθεν Ἑλληνικὸν εἶναι δοκεῖ τὸ ἐπίνειον. τὴν δ᾽ ἐπίκλησιν ὡς οὐκ αἶσιον ἐναλλάξαντες οἱ Κερκυραῖοι καὶ τήνδε ἀπὸ τῆς ἄνω πόλεως Ἐπίδαμνον ἐκάλουν, καὶ Θουκυδίδης οὕτως ὠνόμαζεν. Cf. Intrieri 2002, 44; Santoro 2012, 10. 145 146

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il fatto che questi avrebbero approfittato del ‘vuoto’ determinato dai disordini interni, ma molto più probabilmente su premesse del tutto analoghe a quelle che si sarebbero poi riproposte alla vigilia della guerra del Peloponneso: sulla base cioè del fatto che la stasis era stata scatenata dalla classe esclusa dal governo della polis contro l’élite dei dynatoi, discendenti dei primi coloni, e di conseguenza contro i loro alleati illirici. La polis di Epidamnos era stata caratterizzata sin dall’inizio da una formazione molto composita147, che non aveva riguardato solamente lo stretto intreccio con la componente illirica148, ma lo stesso contingente coloniario, formato da Corciresi, Corinzi e “altri Dori”, guidato dall’ecista corinzio, Phalios149. Non solo: la città si era accresciuta nel tempo, divenendo δύναμις μεγάλη καὶ πολυάνθρωπος. Già nel 575 a.C., assieme alla vicina Apollonia, aveva ricevuto altra popolazione proveniente dal Peloponneso, dalla polis periecica di Dyspontion150. Ma a differenza di Apollonia, in cui vigeva la xenelasia sul modello spartano, Epidamnos praticava invece una politica di apertura verso gli stranieri residenti151. Questa città “di grande potenza e popolosa”, e disposta ad accogliere una notevole componente metecica, era ricca di forza lavoro, ma non altrettanto aperta ad ammettere più ampie fasce di popolazione cittadina all’interno del politeuma. In Pol. 1267b 1419, Aristotele menziona il caso di Epidamnos proprio in relazione all’esistenza di demosioi per l’esecuzione di opere pubbliche, un termine dietro al quale molto probabilmente il testo aristotelico intende non tanto individui di condizione servile, quanto tutta una fascia di lavoratori salariati (demiourgoi, banausioi, mistharnai), di condizione libera ma evidentemente esclusi dalla piena cittadinanza. È probabilmente in relazione a queste peculiarità che va peraltro vista l’importanza a Epidamnos del kyrios epi dioikeseos, una magistratura suprema con competenze amministrative, che Aristotele inserisce tra le cariche, come la strategia, assimilabili alla βασιλεία κατὰ νόμον152.

  Cf. Intrieri 2002, 44-45; Santoro 2012, 11.   Per la presenza della componente illirica nell’onomastica di Epidamnos (e Apollonia), cf. i contributi raccolti in Cabanes 1993a. 149   La fondazione è fatta risalire dalle fonti al 627 o 625 a.C., vd. Euseb. Chron. 88-89 Schoene; sulla composizione del contingente coloniario, oltre a Thuc. I 24, 1-2, vd. anche Ps.-Skymn. 435436 che attribuisce invece l’apoikia alla sola Corcira. Sulla fondazione di Epidamnos, cf. Salmon 1984 211 e n. 101; Cabanes in I. Epidamnos, 23-24; Antonelli 2000, 81-84. 150   Strab. VIII 3, 32. 151   Ael. VH XIII 16: Ἐπιδάμνιοι δὲ ἐπιδημεῖν καὶ μετοικεῖν παρεῖχον τῷ βουλομένῳ. 152   Altra carica con competenze economiche menzionata dalle fonti è quella del poletes, un magistrato incaricato di gestire i rapporti commerciali con gli Illiri, Plut. mor. [quaest. gr.], 297f. Secondo alcuni studiosi, il poletes fu introdotto col fine di regolamentare, riportandoli nell’alveo del governo poleico, i legami di natura economica con le popolazioni illiriche, sottraendoli al monopolio di una ristretta parte della compagine civica e mitigando così i rischi di tensioni interne, cf. Giuffrida 2002, 85-86; Santoro 2012, 11-12. 147 148

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In un altro passo della Politica, e con la stessa mancanza di coordinate cronologiche, Aristotele porta nuovamente come esempio Epidamnos, di cui riferisce l’insorgere di una stasis cittadina scaturita da dissidi personali: Arist. Pol. 1304a 13-17: μετέβαλε δὲ καὶ ἐν Ἐπιδάμνῳ ἡ πολιτεία ἐκ γαμικῶν· ὑπομνηστευσάμενος γάρ τις, ὡς ἐζημίωσεν αὐτὸν ὁ τοῦ ὑπομνηστευθέντος πατήρ, γενόμενος τῶν ἀρχόντων, ἅτερος συμπαρέλαβε τοὺς ἐκτὸς τῆς πολιτείας ὡς ἐπηρεασθείς. «La costituzione si trasformò anche a Epidamno per questioni matrimoniali: avendo un tale promesso sua figlia in sposa, poiché il padre del promesso sposo, divenuto magistrato, ebbe a multarlo, l’altro, ritenutosi insultato, si alleò con coloro che erano esclusi dal corpo politico»153.

Non è chiaro se la vicenda qui riportata sia da mettere o meno in connessione con quanto riferito in 1301b 21-26, anche se diversi elementi sembrano poter collegare i due passi a un unico contesto. Entrambi menzionano una metabole avvenuta a Epidamnos, senza alcunché a suggerire che Aristotele potesse essersi qui riferito a due diverse fasi storiche. Le due notizie, peraltro, finiscono con l’integrarsi a vicenda dal momento che una (1301b) riporta i contenuti generali della metabole, l’altra (1304a) la sua causa scatenante. Degno di nota è poi il parallelo riferimento a οἱ ἐν τῷ πολιτεύματι, in un caso, e a οἱ ἐκτὸς τῆς πολιτείας, nell’altro. Data la sostanziale identità tra politeuma e politeia che Aristotele dichiara esplicitamente Politica154, possiamo dire che in entrambi i casi il contrasto tra gli Epidamnioi che godevano di pieni diritti politici – e del più ampio accesso alle cariche – e quelli che, pur di condizione libera, ne erano esclusi, sia ugualmente richiamato come tratto caratterizzante dell’evoluzione costituzionale di questa polis. Un altro possibile collegamento riguarda l’identità degli archontes menzionati nel participio γενόμενος τῶν ἀρχόντων: l’espressione potrebbe infatti riferirsi genericamente all’assunzione di una carica pubblica cittadina non specificata, ma potrebbe anche indicare che l’individuo in questione fosse diventato uno dei magistrati supremi di Epidamnos. Ma un’ulteriore questione precede. Per quale motivo costui avrebbe multato il consuocero, innescando così la rivolta? Ovviamente non è dato saperlo dal momento che Aristotele non lo specifica; se si ammette una abbastanza stretta connessione tra i due exempla epidamnii riportati nella Politica, tuttavia, il pensiero corre subito a uno dei due permanenti tratti oligarchici individuati da Aristotele in 1301b 21-26, ossia all’obbligo di presenza in assemblea, in occasione di procedure elettive, che ricadeva su οἱ ἐν τῷ πολιτεύματι e che doveva conseguentemente comportare l’applicazione di ammende in caso di inottemperanza. Il tema delle

153 154

  Trad. M.E. De Luna - C. Zizza 2016.   Arist. Pol. 1278b 10-11, cf. Hansen 1994, 91-98.

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multe per mancata partecipazione ad assemblee e tribunali come fattore di modellamento della forma costituzionale ricorre altrove nella Politica, dove viene presentato come una peculiarità specifica dei regimi oligarchici. Tali pratiche rientrano qui infatti tra quegli stratagemmi adottati dalle oligarchie (ὀλιγαρκιχὰ σοφίσματα) contro il demos, che Aristotele descrive in Pol. 1297a 17-35: in alcuni contesti, la partecipazione era aperta a tutti, ma solo i ricchi (o i ricchi in maniera decisamente maggiore dei poveri) venivano multati per le loro assenze; in altri, la partecipazione era permessa solo a coloro che erano iscritti nei registri dei cittadini, ma l’entità delle multe comminate era tale da scoraggiare il mantenimento di tale iscrizione, di fatto provocando la fuoriuscita dal politeuma delle fasce meno abbienti della cittadinanza155. Non sappiamo in quale di questi due scenari si potesse inserire il caso di Epidamnos, anche se la vicenda dell’alleanza tra il cittadino multato dal consuocero e οἱ ἐκτὸς τῆς πολιτείας sembra meglio adattarsi al secondo dei due. Quel che è certo è che Aristotele sta qui descrivendo una prassi di stampo nettamente oligarchico, la quale potrebbe essere stata già in vigore nelle più antiche fasi della storia politica di Epidamnos156. Ritornando alla questione degli archontes menzionati in 1304a, credo si possa ammettere la possibilità che potesse trattarsi degli stessi phylarchoi menzionati in 1301b, in quanto collegio di magistrati supremi della polis di Epidamnos (infatti, in 1301b Aristotele cita anche l’arconte unico di Epidamnos, figura che non può però essere adombrata dall’espressione γενόμενος τῶν ἀρχόντων). Poiché i capi delle phylai di Epidamnos costituivano un organo ristretto con funzioni consiliari – come si evince dalla loro sostituzione con una boule –, la gestione delle sanzioni pecuniarie di cui si è detto sopra poteva facilmente rientrare nelle loro prerogative. Per concludere, ritengo che i due riferimenti ai cambiamenti costituzionali di Epidamnos riportati nella Politica possano essere ricollegati a un’unica vicenda. I dissidi tra un ristretto gruppo di membri a pieno titolo del politeuma di Epidamnos – o, in altri termini, di dynatoi discendenti dai primi coloni, rappresentati dai capi delle originarie phylai – e la fascia degli esclusi dalla cittadinanza, condussero a una modifica costituzionale “da oligarchia a oligarchia”, che vide la sostituzione dei phylarchoi con una boule, cosa che dovette comportare solo un minimo allargamento della base di partecipazione. Il meccanismo di questo cambiamento costituzionale rievoca in maniera stringente quello descritto da Nicola Damasceno (FGrHist 90 F 60) in relazione alla

  Vd. anche Arist. Pol. 1298b 16-18; sulla trattazione di questo specifico aspetto nella Politica, cf. Liddell 2007, 329-331. 156   Si noti che l’unico riferimento concreto che Aristotele fornisce qui in merito alle ammende ‘oligarchiche’ è in relazione alla legislazione di Caronda (Pol. 1297a 23-24: ὥσπερ ἐν τοῖς Χαρώνδου νόμοι) e quindi a un contesto arcaico. 155

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caduta della tirannide cipselide, già analizzato nell’Introduzione (§1.1)157. Come ho già detto, la creazione da parte del demos corinzio di otto probouloi e di una boule composta sulla base delle phylai non implicava anche la contemporaneità dell’adozione del nuovo sistema di otto tribù civiche. È infatti del tutto preferibile ritenere che queste ultime fossero state introdotte a Corinto all’epoca della rivoluzione cipselide e che avessero già dato vita a un sistema organizzativo su base tribale, poi riformato dal demos corinzio dopo la caduta dei Cipselidi nel 584-583 a.C. (ovviamente accettandone la cronologia alta). Per ciò che concerne Epidamnos  –  fondata nel 627 o 625 a.C. da Corcira, sotto la guida di un ecista corinzio e con l’apporto di Corinzi e altri Dori – non è possibile stabilire quali fossero le caratteristiche del sistema di phylai in cui erano stati organizzati i primi coloni; l’impianto originario potrebbe essersi basato sulla stessa matrice cipselide dell’epoca della fondazione; ovvero semplicemente sulle tribù doriche, nella quale si sarebbero facilmente inquadrati anche gli altri Dori aggiuntisi all’impresa coloniaria. Ma al di là di tale questione al momento non risolvibile, la sola presenza di phylarchoi  –  o comunque di magistrati supremi rappresentanti delle phylai, quale che fosse la loro effettiva denominazione a Epidamnos – basta di per sé a riproporre la preesistenza di un’organizzazione politica per phylai, in seguito riformata dall’introduzione di una boule, come nel caso di Corinto. Il parallelo con Corinto vale però anche per un altro importante aspetto, ossia la cronologia della metabole descritta da Aristotele, una riforma di fatto estremamente limitata, che non avrebbe intaccato l’impianto decisamente oligarchico della costituzione di Epidamnos e che avrebbe ancora lasciato ampi spazi di prevalenza all’élite dei οἱ ἐν τῷ πολιτεύματι. In base a tutte queste considerazioni, la stasis descritta da Tucidide, intervenuta verosimilmente già nel corso del VI secolo, sembra costituire il più probabile sostrato per la sostituzione di un ristretto consiglio di phylarchoi – un organo dal sapore indubbiamente arcaico, evocante gli antichi phylobasileis ateniesi – con una più ‘moderna’ boule, probabilmente composta anch’essa su base tribale e rispondente alle istanze di un allargamento della partecipazione politica. È assai probabile che tale riforma fosse il diretto esito della necessità di un ampiamento della base censitaria per l’accesso alle cariche pubbliche. Come è risultato particolarmente chiaro soprattutto dal caso di Corcira, l’organizzazione dei corpi civici delle colonie corinzio-corciresi della Grecia nordoccidentale non può essere compreso appieno limitando l’analisi alle sole suddivisioni locali (phylai, phratrai ecc.), senza integrare in tale discorso il fondamentale ruolo delle classi censitarie e della loro modifica  /  autoconservazione nella polis. Diversi aspetti relativi al contesto di Epidamnos – in particolare per ciò che concerne lo status di coloro che componevano l’originario politeuma dell’apoikia illirica – possono   Vd. supra, 4 sgg.

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essere maggiormente chiariti grazie al confronto con il contesto emergente dalla vicina Apollonia, dove soprattutto l’episodio dell’indovino apolloniate Euenios, narrato da Erodoto nel libro IX, detiene al proposito un valore paradigmatico158. Per altri aspetti, ci si può però avvalere del confronto con due ulteriori testimonianze aristoteliche. Il rapporto tra timemata e partecipazione al politeuma ricorre significativamente nella Politica in relazione ad altre due apoikiai corinzie dell’area, Ambracia e Leukas, poleis che, come si è già visto, erano state entrambe oggetto di specifica analisi in una Ἀμβρακιοτῶν πολιτεία (Arist. fr. 477 Rose) e in una Λευκαδίων πολιτεία (fr. 546 Rose) rispettivamente. In tutti e due i casi, si tratta dell’introduzione di nuove leggi censitarie che determinarono decisivi e inaspettati mutamenti di regime costituzionale. Arist. Pol. 1266b 17-24: καὶ παρ’ ἄλλοις ἔστι νόμος ὃς κωλύει κτᾶσθαι γῆν ὁπόσην ἂν βούληταί τις, ὁμοίως δὲ καὶ τὴν οὐσίαν πωλεῖν οἱ νόμοι κωλύουσιν, ὥσπερ ἐν Λοκροῖς νόμος ἐστὶ μὴ πωλεῖν ἐὰν μὴ φανερὰν ἀτυχίαν δείξῃ συμβεβηκυῖαν, ἔτι δὲ τοὺς παλαιοὺς κλήρους διασῴζειν (τοῦτο δὲ λυθὲν καὶ περὶ Λευκάδα δημοτικὴν ἐποίησε λίαν τὴν πολιτείαν αὐτῶν· οὐ γὰρ ἔτι συνέβαινεν ἀπὸ τῶν ὡρισμένων τιμημάτων εἰς τὰς ἀρχὰς βαδίζειν)· «Allo stesso modo le leggi vietano di vendere la proprietà̀ , per esempio presso i Locresi, dove una disposizione legislativa stabilisce di non vendere a meno che si dimostri di essere incorsi in una sventura evidente, e impongono, inoltre, di conservare i lotti attribuiti in antico. A Leucade l’abrogazione di questa norma ha reso la costituzione della città troppo democratica, perché́ non accadeva più̀ che accedessero alle cariche persone dei censi prestabiliti.» Arist. Pol. 1303a 20-25: ἔτι διὰ τὸ παρὰ μικρόν (scil. γίνονται μεταβολαί). λέγω δὲ παρὰ μικρόν, ὅτι πολλάκις λανθάνει μεγάλη γινομένη μετάβασις τῶν νομίμων, ὅταν παρορῶσι τὸ μικρόν, ὥσπερ ἐν Ἀμβρακίᾳ μικρὸν ἦν τὸ τίμημα, τέλος δ᾽ ἀπ᾽ οὐθενὸς ἦρχον, ὡς ἔγγιον ἢ μηθὲν διαφέρον τοῦ μηθὲν τὸ μικρόν. «I mutamenti avvengono anche per piccoli elementi. Con ‘piccoli’ voglio dire che spesso un cambiamento considerevole di procedure legali si realizza inavvertitamente quando si trascura ciò che pare di poca importanza, come ad Ambracia: il censo era basso, ma alla fine si divenne magistrati con nulla, poiché il piccolo è vicino al niente o non è affatto diverso»159.

Il passo relativo ad Ambracia illustra lo slittamento impercettibile da un regime, verosimilmente, di oligarchia moderata, a una democrazia di fatto, a causa di un intervento di così forte riduzione delle soglie censitarie per l’accesso alle archai

  Vd. infra, 53 sg.   Trad. M.E. De Luna - C. Zizza 2016.

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da consentire la partecipazione anche ai nullatenenti. Aristotele non fornisce appigli cronologici, ma quello che sembra di dover intendere, data l’originaria matrice oligarchica che caratterizzava queste poleis, è che la successiva trasformazione in senso democratico doveva aver preso le mossa da una già precedente riforma censitaria (infatti μικρὸν ἦν τὸ τίμημα). Un momento in cui la sostanziale sparizione delle soglie di censo potrebbe molto verosimilmente aver avuto luogo potrebbe essere stato, come sostiene Ugo Fantasia, il periodo successivo alla disfatta di Ambracia nelle campagne contro Acarnani e Amphilochoi (429 e 426 a.C.)160. La drammatica oligantropia e la conseguente crisi istituzionale generatesi dopo la fine del conflitto sembrano infatti il più probabile contesto per l’attuazione di una riforma di emergenza così radicale da generare come una sorta di ‘effetto collaterale’, attraverso un accesso a maglie larghe alle cariche pubbliche, l’introduzione di fatto di una piena democrazia. Una crisi della proprietà, e quindi delle istituzioni poleiche, determinata da una condizione di oligantropia deve essere stata alla base anche dei cambiamenti costituzionali della polis di Leukas. Il passo aristotelico in questione fa emergere più chiaramente la connessione tra questi fenomeni e l’iniziale status del corpo civico della colonia. L’inalienabilità delle proprietà, evidentemente presente nel nomos originario di Leukas, era infatti finalizzata al mantenimento di uno status quo sociale e istituzionale ottenuto attraverso la conservazione dei παλαιοὶ κλῆροι coloniari. Il venir meno di tale vincolo di legge determinò una segmentazione o una perdita dei lotti originari, impedendo che l’accesso alle cariche pubbliche di Leukas continuasse ad avere luogo ἀπὸ τῶν ὡρισμένων τιμημάτων. Tornando dunque al caso di Epidamnos, Tucidide sottolinea come qui la più antica stasis avesse determinato la rovina di una città in precedenza fiorente e πολυάνθρωπος; è possibile perciò pensare al determinarsi di una crisi agraria ed economica e a una situazione di oligantropia che avrebbero compromesso la prosperità della polis e che avrebbero irrimediabilmente assottigliato le fila dei politai con pieni poteri politici, discendenti dai primi coloni, nell’impossibilità per molti di essi di mantenere il timema richiesto dall’originaria costituzione oligarchica161. L’introduzione di una boule in luogo dei phylarchoi – riforma che io ritengo intervenuta in epoca alta (e quindi non dopo la stasis del 426 a.C. né durante il IV secolo) – può essere dunque interpretata in tale più ampio contesto. Che questa operazione abbia comportato una qualche riorganizzazione delle partizioni del corpo civico non è dato saperlo, anche se si deve notare come negli altri ambiti analizzati in questa prima sezione, compreso quello della madrepatria corinzia (o di Ambracia?), ricorrano casi di successive stratificazioni di vecchi e nuovi sistemi di raggruppamenti locali, sviluppati in risposta a istanze di ampiamento della base di governo.

160   Cf. Fantasia 2017, 75-78, con discussione delle varie interpretazioni inerenti l’evoluzione costituzionale di Ambracia in ibid. 78 e n. 10. 161   Mi chiedo peraltro se anche l’integrazione dei profughi di Dyspontion (Strab. VIII 3, 32, vd. infra, 53), avvenuta attorno al 575 a.C., non sia da inserire in questo medesimo contesto.

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1.5. Apollonia La fondazione di Apollonia è descritta da una serie di fonti letterarie con particolari divergenti162. Mentre alcuni autori (Thuc. I 24, 1-2; St. Byz. Ethn. α-361, s.v. Ἀπολλωνία) la attribuiscono a un’iniziativa di fondazione prettamente corinzia, altri la riconducono a una missione congiunta di Corinzi e Corciresi (Ps.-Skymn.  439-440; Strab. VII 5, 8)163. Inoltre, l’insediamento della colonia, le cui origini mitiche erano connesse al dio eponimo Apollo164, è attribuito al corinzio Gylax (da cui Apollonia avrebbe tratto l’originario nome di Gylakeia) da parte di Stefano di Bisanzio165, e al tiranno Periandro, invece, da parte di

162   Cf. in part. Van Compernolle 1953, 50-64; Cabanes in I. Epidamnos, 28-30; 2008, 169. In generale, sulla storia e istituzioni di Apollonia, cf. Salmon 1984, 211-217, 224, 270, 274-80; Jones 1987, 157-158; Wilkes 1992, 96-97, 112-113; Cabanes 1993, 145-153; Cabanes in I. Epidamnos, 28-47; Wilkes e Fischer-Hansen in Inventory nr. 77; Cabanes 2008, 169-173, 179-183; De Vido 2010, 257-171 passim; Stickler 2010, 75, 84, 126-130; Del Monaco 2011, 307. 163   Non è chiaro invece, dato il testo corrotto, se Paus. V 22, 4 attribuisca la fondazione di Apollonia ai soli Corciresi o anch’egli a Corciresi e Corinzi. Altrettanto ambigua la testimonianza di Dio. Cass. XLI 45 che, nel definire Apollonia ἡ Κορινθία, esprime il suo coté corinzio che tuttavia non esclude di per sé un coinvolgimento di Corcira nella fondazione. Analoghe considerazioni possono essere fatte infine per la testimonianza della base onorifica I. Apollonia T 322 (II sec. d.C.) dedicata all’oratore apolloniate Peducaeus Cestianus da Κόρινθος ἡ̣ μητρόπολις (ll. 5-6). 164   La discendenza dal dio Apollo è valorizzata dagli stessi Apolloniatai attraverso il monumento da essi dedicato allo Zeus di Olimpia a seguito della conquista di Thronion (prima del 460 a.C.), città degli Abantes, la cui iscrizione votiva (I. Apollonia 303) è riportata anche da Paus. V 22, 3. Il monumento degli Apolloniatai contrappone idealmente la “città di Apollo”, protettore dei Troiani, ai Locresi di Thronion e agli Abantes euboici (cf. IG XII 9, 946, ll. 3-4: Chalkis, età imp.), discendenti dei Greci vittoriosi qui giunti sulla via del nostos, cf. Cabanes 1993, 145-151; su questa iscrizione e sul donario degli Apolloniatai, cf. anche Antonelli 2000, 39-57 e in part. 51-52; Castiglioni 2003, 867-880; Zizza 2006, nr. 20; Cabanes 2008, 171-172; Antonetti 2010, 433-450; Stickler 2010, 126-128. Il centro di Thronion (definito πόλισμα da Pausania) non è stato localizzato con certezza; recentemente, tuttavia, si è proposto di identificarlo con il sito antico portato alla luce da scavi condotti a Triport di Valona, cf. Bereti et al. 2011, 7-46, discostandosi dall’identificazione con Kaninë, situata nell’interno a sud-est di Valona, precedentemente proposta da Hammond 1967, 523. Secondo Ceka 1990, 217, è in risposta alla conquista di Thronion da parte di Apollonia che venne fondata la polis principale degli Abantes/Amantes, Amantia (Ἀβάντια nella “grande iscrizione” dei theorodokoi di Delfi, «BCH» 45, 1921, 1 col. IV. 1 l. 56), situata più nell’interno presso l’odierna Plocë; su Amantia, cf. Inventory nr. 86, con ulteriori riferimenti. Sugli Abantes dell’Eubea, a cui una tradizione riportata dallo pseudo Apollodoro (epit. 6, 15b) attribuiva il primo popolamento del sito di Apollonia, cf. Antonelli 2000, 39-57; Walker 2004, 43-46. 165   St. Byz. Ethn.  α-361, s.v. Ἀπολλωνία: Ἀπολλωνία· πόλις Ἰλλυρίας, ἣν ᾤκουν Ἰλλυριοί, κατ’ Ἐπίδαμνον. ὕστερον διακοσίων Κορινθίων ἀποικία εἰς αὐτὴν ἐστάλη, ἧς ἡγεῖτο Γύλαξ, ὃς Γυλάκειαν ὠνόμασε. τὸ ἐθνικὸν Ἀπολλωνιάτης καὶ θηλυκὸν Ἀπολλωνιᾶτις. Vd. anche Id. γ-117, s.v. Γυλάκεια· οὕτως ἐκαλεῖτο ἡ τῆς Ἰλλυρίας Ἀπολλωνία, ἀπὸ Γύλακος Κορινθίου. τὸ ἐθνικὸν Γυλακεύς. Un riferimento al toponimo Gylakeia ricorre in un epigramma funerario di età imperiale, I. Apollonia 213, ll. 4-5: Γυλάκιον πεδίον. Sul toponimo alternativo di Gylakeia, cf. Malkin 1985, 123-125, secondo lo studioso, legato a una presunta ‘rifondazione’ della polis dopo la caduta dei

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Plutarco166. Quest’ultima testimonianza, si noti, non contrasta sostanzialmente con quella di Stefano, dal momento che colloca la fondazione di Apollonia nel periodo e sotto l’egida dell’ultimo tiranno cipselide, senza implicarne ovviamente una partecipazione diretta. Il fatto che Gylax, in vita, avesse dato il proprio nome alla nuova polis colloca il suo ruolo al di là di quello di un semplice ecista167. Benché inoltre non si possiedano elementi per sostenere un’appartenenza di Gylax alla famiglia cipselide, è tuttavia plausibile ritenere che, similmente a Gorgo di Ambracia, egli avesse assunto su Gylakeia-Apollonia un potere di tipo tirannico, interconnesso con la politica di espansione promossa dai Cipselidi lungo la costa dello Ionio e del basso Adriatico168. Apollonia sarebbe stata fondata attorno al 610-600 a.C., ipotesi confortata anche dalla mancanza di ceramica protocorinzia evidenziata dalla ricerca archeologica nel sito169. L’iniziativa coloniaria si colloca dunque nell’orizzonte di espansione corinzia sotto Periandro; la riacquisizione del controllo su Corcira avvenuta durante la sua tirannide chiarisce meglio quale fosse stato il contesto della partecipazione corcirese alla colonizzazione, spiegando anche l’incertezza mostrata dalle fonti tra un’attribuzione della fondazione di Apollonia alla sola Corinto oppure a un’azione congiunta delle poleis di Corinto e Corcira. Dal punto di vista dell’organizzazione locale del corpo civico, la matrice periandrea – presente a Corcira in una fase secondaria della sua storia, e ad Apollonia all’epoca della sua stessa fondazione – è verosimilmente alla base di alcune ricorrenze e analogie riscontrabili nei due contesti. Le notizie sul regime politico di Apollonia sono esigue e cronologicamente incerte. La costituzione, sulla carta, democratica in vigore ad Apollonia si distingueva in realtà per uno spiccato conservatorismo, che faceva di essa un’oligarchia di fatto170. Le cariche pubbliche, come testimonia Aristotele nella Politica, erano tiranni cipselidi nella madrepatria; contro questa ipotesi, Antonetti 2007, 100-102; Reggiani 2011, 117-118. 166   Plut. mor. [de sera num. vind.], 552e. 167   Cf. Malkin 1987, 87. 168   Cf. Will 1955, 535-536, sull’appropriazione delle miniere argentifere illiriche come principale motivazione alla base della fondazione delle colonie di Apollonia ed Epidamnos; Cabanes 2008, 169-170, su una scelta di questi due siti legata fondamentalmente alla volontà di controllare la via di comunicazione per eccellenza tra l’Adriatico e l’interno, sul cui tracciato si sarebbe sviluppata in età romana la via Egnatia. Su questi aspetti, cf. inoltre Salmon 1984, 222-225; Stickler 2010, 7283; sul territorio di Apollonia, in generale, e la sua posizione rispetto alle rotte marittime e terrestri, cf. Apollonia d’Illyrie, 3-23. 169   Cf. Wilkes e Fischer-Hansen in Inventory nr. 77, con ulteriori riferimenti; Apollonia d’Illyrie, 129. Per la cronologia della fondazione di Apollonia attorno al 600 a.C., cf. Van Compernolle 1953, 60-4; così: Salmon 1984, 211 («late seventh or early sixth century»); Mano 1983, 232-234; Tsetskhladze 2006, lxvii; Cabanes 2008, 169. Per un’analisi del problema della cronologia cipselide, cf. Ducat 1961, 418-425; inoltre, Antonelli 2000, 62 n. 10 per una disamina delle fonti e della bibliografia di riferimento. 170   Sulle istituzioni di Apollonia, cf. Cabanes in I. Epidamnos, 30; Crema 2010, 207-208 (prytaneis); Matijašić 2010, 225-230 (toxarchos); De Vido 2010, 257-271 passim.

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infatti unicamente appannaggio di una porzione minima del corpo civico, identificata con i discendenti degli originari coloni. Arist. Pol. 1290b, 8-14: ἀλλ’ ἐπεὶ πλείονα μόρια καὶ τοῦ δήμου καὶ τῆς ὀλιγαρχίας εἰσίν, ἔτι διαληπτέον ὡς οὔτ’ ἂν οἱ ἐλεύθεροι ὀλίγοι ὄντες πλειόνων καὶ μὴ ἐλευθέρων ἄρχωσι, δῆμος, οἷον ἐν Ἀπολλωνίᾳ τῇ ἐν τῷ Ἰονίῳ καὶ ἐν Θήρᾳ (ἐν τούτων γὰρ ἑκατέρᾳ τῶν πόλεων ἐν ταῖς τιμαῖς ἦσαν οἱ διαφέροντες κατ’ εὐγένειαν καὶ πρῶτοι κατασχόντες τὰς ἀποικίας, ὀλίγοι ὄντες, πολλῶν). «Ma, poiché vi sono più parti sia nella democrazia sia nell’oligarchia, si deve ancora considerare che là dove i liberi, pochi di numero, governano su una maggioranza di non liberi, non si ha una democrazia, come ad Apollonia sullo Ionio e a Tera: infatti in entrambe queste città ricoprivano le cariche coloro che si distinguevano per nascita e discendevano dai primi fondatori delle colonie, pochi fra molti»171.

La peculiare tendenza alla preservazione di un corpo civico privilegiato e ristretto si riflette d’altro canto nella pratica della xenelasia, sul modello legislativo spartano, attribuita agli Apolloniatai da Eliano172. Anche questo secondo ordine di elementi deve essere considerato come particolarmente significativo nell’analisi delle realtà locali di Apollonia. Date le caratteristiche del regime politico in vigore nella città, ci si può aspettare infatti che le suddivisioni create per organizzare in un nuovo corpo civico l’originario contingente degli apoikoi fossero state preservate con immutate prerogative politico-istituzionali per lungo tempo. Si tratta quindi di un contesto differente se messo in rapporto alle ‘stratificazioni’ di suddivisioni civiche che abbiamo potuto osservare in precedenza, sia nella testimonianza di SEG 30: 990, e quindi verosimilmente a Corinto, sia nel quadro emergente dalla documentazione corcirese. La lunga durata dell’ordinamento di Apollonia può essere peraltro letta in controluce nei giudizi positivi espressi sulla città da fonti tarde (πόλις εὐνομώτατε, Strab. VII 5, 8; urbs gravis, Cic. XI Phil. 11), in linea con un quadro costituzionale improntato a un austero conservatorismo. La tutela dei privilegi politici acquisiti dai primi coloni – un contingente di appena duecento unità, secondo la testimonianza di Stefano di Bisanzio173 – dovette entrare in gioco molto presto nella storia di Apollonia, la quale, insieme ad Epidamnos, aveva ricevuto la popolazione di Dyspontion, polis periecica della Pisatide situata nei pressi di Olimpia, che aveva subito distruzioni attorno al 575 a.C.174.

  Trad. B. Guagliumi 2014.   Ael. VH XIII 16: Ὅτι Ἀπολλωνιᾶται ξενηλασίας ἐποίουν κατὰ τὸν Λακεδαιμόνιον νόμον, Ἐπιδάμνιοι δὲ ἐπιδημεῖν καὶ μετοικεῖν παρεῖχον τῷ βουλομένῳ. 173   Vd. supra, 50 n. 165. 174   Strab. VIII 3, 32: αὐτοῦ δ᾽ ἔστι καὶ τὸ Κικύσιον τῶν ὀκτὼ καὶ τὸ Δυσπόντιον κατὰ τὴν ὁδὸν τὴν ἐξ Ἤλιδος εἰς Ὀλυμπίαν ἐν πεδίῳ κείμενον: ἐξελείφθη δέ, καὶ ἀπῆραν οἱ πλείους εἰς Ἐπίδαμνον καὶ Ἀπολλωνίαν. Le distruzioni subite dalla città vanno connesse alla sua partecipazione alla guerra 171 172

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Il noto episodio dell’apolloniate Euenios e dei buoi sacri, narrato da Erodoto all’interno delle vicende dello scontro di Capo Mykale, esprime le caratteristiche di questa élite cittadina con particolare efficacia esemplificativa175. A differenza della città portuale e commerciale di Epidamnos, l’antica Apollonia era assai più proiettata verso l’entroterra che verso i traffici del mar Ionio176. L’agricoltura e l’allevamento improntavano fortemente la sua vocazione economica, mentre il nerbo dei suoi cittadini era costituito da una ricca aristocrazia terriera, οἱ πλούτῳ τε καὶ γένεϊ δοκιμώτατοι τῶν ἀστῶν (Hdt. IX 93, 1), che sola deteneva le piene prerogative sulla proprietà e sulle cariche, in altre parole sulle τιμαί cui si riferiva Aristotele nella Politica. Questo racconto, che Erodoto aveva inserito avendolo verosimilmente appreso da una tradizione locale, è significativo anche perché al centro della storia vi è la questione della politeia o, se vogliamo, di un dissidio legislativo che aveva al suo centro il diritto di cittadinanza. Quando Euenios richiede casa e terreni come risarcimento per l’ingiusto accecamento inflittogli dagli Apolloniatai, egli, di fatto, chiede di venire reintegrato in quell’élite cittadina di cui era membro e dalla quale era stato evidentemente radiato con la condanna: nel testo erodoteo si dice esplicitamente che Euenios avrebbe indicato due kleroi della chora apolloniate e un oikos della polis, che sapeva essere molto belli scelti tra quelli τῶν ἀστῶν ossia di proprietà dei cittadini di Apollonia177. Che la valenza politica della tradizione su Euenios possa essere enfatizzata tanto da riconoscervi la memoria di un mutamento costituzionale sembra molto improbabile178. Una querelle riguardo a una possibile ridefinizione del corpo civico potrebbe essere sorta ad Apollonia con l’arrivo dei subcoloni di Dyspontion. Il racconto di Erodoto, però, non ci parla esattamente di questo, dal momento che Euenios era già un membro di quei πλούτῳ τε καὶ γένεϊ δοκιμώτατοι τῶν ἀστῶν cui era affidata di tradizione la custodia degli armenti sacri. Mi sembra che la questione storica individuabile nel racconto di Euenios non fosse tanto l’estensione della politeia apolloniate, quanto piuttosto, forse, una riforma delle regole costituzionali alla base del rapporto tra status di cittadino e regime della proprietà. Con l’incapacità di ottemperare al suo tur-

dei Pisatai contro gli Eleioi, Paus. VI 22, 4; su questa vicenda e sulla relativa cronologia, cf. in part. Ruggeri 2004, 192-193; e Bourke 2017, 80, 121. 175   Hdt. IX 92-95. La digressione di Erodoto prende le mosse dalla presenza tra le file dell’esercito corinzio come indovino dell’apolloniate Deiphonos, sedicente figlio di Euenios (vd. ibid. 95, e infra, 59). L’orizzonte cronologico a cui riferire la figura di Euenios è perciò l’Apollonia di VI secolo avanzato. 176   Cabanes in I. Epidamnos, 30-31; 2008, 170. 177   Sull’interpretazione della vicenda di Euenios e sulle sue implicazioni politico-istituzionali, rimando a Reggiani 2011, 113-120, vd. in part. ibid. 114-115 per un’analisi comparata tra questo racconto e quello parallelo dell’ateniese Sopatros, anch’esso caratterizzato da una valenza politicoistituzionale e incentrato sul tema della politeia. 178   Cf. ancora Reggiani 2011, 115-116.

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no di custodia dei buoi sacri, Euenios era di fatto divenuto un hypomeion, per dirla alla spartana; e il suo reintegro tra gli astoi era avvenuto solo attraverso la riacquisizione di casa e terra che, dice Erodoto, erano state fatte scegliere a Euenios dopo averle acquistate dai rispettivi proprietari179. Il mantenimento di un corpus inalterato di cittadini unito all’inalienabilità e indivisibilità della proprietà acquisita per diritto ancestrale è ben presente nella più antica legislazione corinzia: nella Politica, Aristotele menziona a tale proposito il corinzio Phidon, che aveva stabilito «che le proprietà famigliari e il numero dei cittadini restassero costanti»180, e Philolaos, legislatore di Tebe di stirpe bacchiade, che aveva legiferato col fine specifico di «mantenere costante il numero dei kleroi»181. È possibile che il particolare, apparentemente secondario e ‘tecnico’, dell’acquisto delle proprietà da donare ad Euenios fosse l’eco di mutate condizioni attuata nell’antica Apollonia. La documentazione epigrafica di Apollonia ci fa conoscere una serie di raggruppamenti locali, la cui interpretazione come tribù civiche è molto probabile, nonostante la mancanza di attestazioni dell’istituto della phyle per il periodo che a noi interessa, e nonostante che la varietà delle suddivisioni locali in uso nella madrepatria e nelle colonie e subcolonie corinzie (phratriai, hemiogdoa, triakadai ecc.) richieda di usare prudenza nell’etichettare senz’altro come tribù territoriali quelle attestate nell’epigrafia di Apollonia182. L’unica testimonianza in tale senso è infatti molto tarda e di non certissima lettura; si tratta di un decreto onorifico di età imperiale (I. Apollonia 193, ca. 160180 d.C., regno di Marco Aurelio), emanato dagli Apolloniatai in favore del retore Peducaeus Cestianus, che si era reso protagonista di una serie di atti evergetici, tra cui la donazione di fondi a sostegno delle attività dei prytaneis eponimi183. Un riferimento a phylai di Apollonia sembra ricorrere due volte nel decreto, alla linea 7 del fr. a ([– – –] τὰς φυλα[– – –]), e alla linea 15 del fr. d184, secondo la lettura proposta da Chaniotis (ap. SEG 57: 553): τῆς εἰς ὑστάτην δι᾽ ἔτους ὅλου φυλ̣[ὰς – – –], «if the honored man offered banquets to the tribes throughout the year»185. Benché la forte lacunosità dell’epigrafe renda incerte tali attestazioni, bisogna pur tuttavia notare come il riferimento a feste poliadi in questa parte del decreto

  Hdt. IX 94, 3: οἳ δὲ πριάμενοι (scil. Ἀπολλωνιῆται sic) παρὰ τῶν ἐκτημένων διδοῦσί οἱ τὰ εἵλετο. 180   Arist. Pol. 1265b 12-16: Φείδων μὲν οὖν ὁ Κορίνθιος, ὢν νομοθέτης τῶν ἀρχαιοτάτων, τοὺς οἴκους ἴσους ᾠήθη δεῖν διαμένειν καὶ τὸ πλῆθος τῶν πολιτῶν. 181   Arist. Pol. 1274a 3-5: καὶ τοῦτ᾽ ἐστὶν ἰδίως ὑπ᾽ ἐκείνου (scil. Φιλολάου) νενομοθετημένον, ὅπως ὁ ἀριθμὸς σῴζηται τῶν κλήρων. 182   Cf. Del Monaco 2011, 301-313. 183   Vd. anche I. Apollonia T 322. 184   I. Bouthrotos 406. 185   In luogo di τῆς εἰς ὑστάτην διετοῦς ὁλουφυλ̣[– – –], proposto da Cabanes e Drini nell’editio princeps. 179

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renda del tutto accettabile la menzione nello stesso contesto delle tribù civiche di Apollonia186. La conoscenza delle suddivisioni locali di Apollonia è certamente migliorata dai tempi della pubblicazione di Public Organization in Ancient Greece, grazie all’apporto di nuovi ritrovamenti e all’avanzamento della ricerca epigrafica. L’analisi a suo tempo proposta da Jones era basata solo sulla dedica degli hieromnamones ad Afrodite I. Apollonia 7, contenente una serie di sei abbreviazioni (ΑΡ, ΙΠ, ΛΕ, ΛΙ, ΠΟ, ΠΟΛΟ), e sull’iscrizione di età imperiale I. Apollonia 190, dove l’onorato, Andrion figlio di Podas, appare qualificato dall’aggettivo Μαχιάδας187: I. Apollonia 7 (III-II sec. a.C.) 1    Ἀφροδίται,    πρυτανεύοντος Ψύλλου τοῦ Ἀριστῆνος,    ἱερομνάμονες 5 Σωτε̣ακλῆς {sic} Εὐδάμου Λι(—), Σώστρατος Ἀγαθίωνος Πο(—), Νουμήνιος Σωσικράτεος Αρ(—),    γραμματεὺς Παρμὴν Σωστράτου Πολο(—), 10 Ζωΐλος Δίωνος Ἱπ(—), Φιλόστρατος Φίλωνος Λε(—). I. Apollonia 190 (II sec. d.C.) Ἀνδρίωνα Ποδᾶ    Μαχιάδαν Γοργίας καὶ Ἵππαρχος   οἱ ἀδελφοί.

Jones era partito dal seguente assunto: «Since the foundation of Apollonia about 600 by Kerkyraian colonists under Corinthian leadership falls in the region of Periander, the colony’s constitution might be expected to reflect the major reform by the tyrants of the organization of the mother city»; ossia, in buona sostanza, la struttura locale che emerge principalmente dalle testimonianze di Suda π-225 (s.v. πάντα ὀκτώ) e del decreto SEG 30: 990. La matrice corinzia, e più in particolare periandrea, delle suddivisioni civiche di Apollonia era quindi sottolineata nettamente da Jones,

  I. Apollonia 193, fr. d, l. 8: ταῖς πανηγύρεσιν πάσαις; l. 25: ἑορτῶν.   Jones 1987, 157-8; riguardo a I. Apollonia 190, ll. 1-2, sulla scorta di Calligas 1971, 87 n. 3, Jones (vd. anche 1980, 169 n. 9) corregge in Ἀνδρίωνα Ποδᾶ Μαχιάδαν (nome-patronimico‘filetico’) la lettura precedentemente proposta da Louis Robert (Hellenica XI-XII 1960, 563 n. 1), ossia Ἀνδρίωνα Ποδαμαχιάδαν (nome-filetico, quest’ultimo connesso da Robert alla sigla ΠΟ di I. Apollonia 7, l. 6); il filetico Μαχιάδας trova però oggi riscontro anche nell’abbreviazione ΜΑ dal koilon del teatro di Apollonia (vd. infra). 186 187

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il quale, tuttavia, non poteva spingere tale analogia al di là dell’uso epigrafico delle abbreviazioni e della presenza dei Machiadai, affini ai Machchidai / (H)omakchiadai di Corcira e Corinto188. Le ulteriori partizioni delle tribù note per queste città, infatti, non trovano attestazioni ad Apollonia, mentre, d’altro canto, le sei sigle attestate in I. Apollonia 7 non danno di per sé garanzia né di corrispondere a phylai né di rappresentare nel loro numero l’insieme totale delle suddivisioni in oggetto. Una più stringente affinità con il modello corinzio veniva invece delineata da Pierre Cabanes, il quale, sulla base di ulteriori testimonianze epigrafiche, individuava ad Apollonia un totale di otto suddivisioni, apparentemente affine con il sistema di otto tribù in uso nella madrepatria corinzia189. Infatti, oltre alle sei suddivisioni della dedica degli hieromnamones ad Afrodite – dove lo studioso riconosceva nella sigla ΙΠ l’abbreviazione dell’aggettivo Ἱπποθοϊεύς, attestato in due iscrizioni dedicatorie da Apollonia190 – Cabanes menzionava anche i Machiadai di I. Apollonia 190 e, inoltre, gli Amphineis, attestati nell’iscrizione dell’Ashmolean Museum SEG 15: 412, che contiene anche il filetico Λίτας, corrispondente alla sigla ΛΙ di I. Apollonia 7191. Anche Cabanes non prendeva posizione definitiva sulla natura di queste suddivisioni, indicandole come tribù oppure fratrie192; egli, in ogni caso, tendeva a considerarle tutte, anche quelle non attestate in forma abbreviata (ossia gli Amphineis e i Machiadai), come parti di una medesima tipologia di raggruppamento. Una ripartizione del corpo civico di Apollonia su base otto sembrava di primo acchito suggestiva dal momento che poteva confermare lo schema attestato dalle fonti per la madrepatria corinzia. I dati oggi a nostra disposizione, che attestano in età ellenistica l’esistenza di almeno tredici suddivisioni di questo genere, non permettono di considerare universalmente valido lo schema delle otto phylai corinzie, che può essere al limite congetturato per la fase più antica della polis, data la matrice periandrea della sua fondazione. Al di là di questo, mi sembra che tale schema numerico si dimostrasse già problematico proprio in relazione alla dedica degli hieromnamones ad Afrodite, dove la rappresentazione di sei raggruppamenti su otto, con l’esclusione quindi di soli due di essi, poteva essere difficilmente spiegata in base a meccanismi di rotazione; d’altro canto, non possiamo credere che la presenza dei rappresentanti di queste sei tribù e l’assenza di quelli degli Amphineis e Machiadai fosse casuale o arbitraria, dal momento che si trattava di

 Corcira: IG IX 12 4, 799, l. 2; Corinto (?): SEG 30: 990, l. 26 (phatra).   Cf. Cabanes nel commento a I. Apollonia 7 (vd. anche apud ibid. 191). 190   I. Apollonia 191 (II sec. d.C.), ll. 1-2: Νεικάνορα Γενθίου Ἱπποθοϊέα; I. Apollonia 371 (datazione incerta): [– – –]ος Ἱπποθ[οϊεύς]. 191  Robert Hellenica X, 283-291 (= SEG 15: 412; Cabanes 1976, 563 nr. 40): ἐπὶ πρυτάνιος | Μαίσωνος τοῦ | Φιλωνίδα Ἀμφινέος, | Διονύσωι | Ἀπελλέας Ἀλκαίου | Λίτας περιπολαρχήσας | καὶ ὁ γραμματεὺς καὶ οἱ | συμπερίπολοι | σκανὰν καὶ τὸ ἄγαλμα | 10 ἀνέθηκαν. Ἡρακλειόδωρος | ἐπόησε. Su questa iscrizione, cf. Cabanes 1991, 207-208 e 219 nr. 4; Hadzis 1993, 203-204. 192   Cabanes 1991, 207 parla invece di «noms de tribus ou de dèmes». 188 189

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un collegio dei magistrati supremi della polis193. Anche la lettura di I. Apollonia 7 appare oggi maggiormente chiarita grazie all’apporto dell’indagine archeologica nel teatro ellenistico-romano della polis, dove sono state individuate una serie di abbreviazioni, che in parte riconducono a suddivisioni già in precedenza attestate, in parte ne fanno conoscere di nuove, portando il numero totale di questi raggruppamenti a tredici194. Questa cifra, se da un lato si discosta dall’oktada corinzia, dall’altro può più facilmente farci spiegare la presenza di sei sigle (tre hieromnamones e tre grammateis, opp. cinque hieromnamones e un grammateus195) nella dedica degli hieromnamones quale il segno di un meccanismo di rotazione nelle cariche, trattandosi ora non più di tre quarti del totale, ma di meno della metà dei raggruppamenti del corpo civico di Apollonia ad oggi conosciute. Il numero di tredici raggruppamenti, che pure non manca di attestazioni nei sistemi locali delle poleis greche di età ellenistica, non può essere considerato ancora definitivo: altre suddivisioni in un numero imprecisato (e un totale di sedici ci riporterebbe al sistema delle hemiogdoa di matrice corinzia) potrebbero rimanere ignote o venire eventualmente alla luce nella futura indagine sul teatro, o sui reimpieghi della vicina chiesa di Maria Vergine, dove venne utilizzata una notevole quantità di materiali prelevati dall’edificio teatrale196. Nello schema seguente, ho raccolto tutte le attestazioni al momento note.

193   La dichiarazione del raggruppamento di appartenenza nell’onomastica di queste cariche implica infatti di per sé che il collegio degli hieromnamones e dei grammateis di Apollonia fosse nominato in base alle suddivisioni indicate in abbreviazione. Il prytanis eponimo Phyllos f. di Ariston è infatti registrato con il solo patronimico. Il testo della dedica contiene peraltro un qualche errore, che rende difficile stabilire il numero esatto degli hieromnamones componenti il collegio; non è infatti chiaro se l’indicazione γραμματεύς alla l. 8 si riferisse al solo Parmen f. di Sostratos Polo– (in questo caso i due nomi alle ll. 11 e 12 sarebbero il quarto e quinto hieromnamon aggiunti dopo) oppure a tutti e tre i nomi che seguono alle ll. 10-12 (in quest’altro caso si avrebbero tre hieromnamones e tre grammateis, e la linea 8 porterebbe dunque erroneamente un singolare, al posto del plurale γραμματείς). 194   Cf. Dimo, Lenhardt, Mano, Quantin in Apollonia d’Illyrie, 268-270 e 265; von Hesberg e Quantin in Fiedler et al. 2011, 178-180; Franz - Hinz 2014, 93-100. Il teatro di Apollonia, tutt’oggi oggetto di indagine da parte di una missione archeologica tedesco-albanese (cf. von Hesberg 2014, 26-29), fu fondato nel III secolo a.C., inserendosi nel cuore della polis come una sorta di cerniera tra la griglia stradale della città alta e di quella bassa, e fu attivo sino ad età tardo-imperiale; gli archeologi albanesi e francesi che precedentemente l’avevano indagato avevano rinvenuto una serie di sigle incise su blocchi di costruzione: una parte si trovava su lastre che coprono un passaggio situato ai piedi del koilon, lungo il canale refluo dell’orchestra (sigle Α, Ε, ΙΠ); un’altra parte (Α, ΕΥ, ΙΠ, ΜΑ, ΑΥ, ΑΜ) a sud, su tredici blocchi che si trovano presso il collettore delle acque del canale; tali sigle sono state messe da subito in connessione con le suddivisioni locali di Apollonia: la loro posizione in vista sui blocchi faceva infatti escludere che si trattasse di indicazioni per il montaggio, mentre la corrispondenza con abbreviazioni o con filetici già in precedenza attestati (Ἀμφινεύς, ΙΠ / Ἱπποθοϊεύς, Μαχιάδας) forniva l’argomento decisivo. Tale corrispondenze hanno poi avuto ulteriori conferme, con il successivo rinvenimento delle abbreviazioni ΑΝ, ΑΡ, ΛΙ (cf. von Hesberg in Fiedler et al. 2011, 178). 195   Vd. supra, n. 193. 196   Dalla medesima chiesa significativamente proviene anche la stessa dedica degli hieromnamones I. Apollonia 7.

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

sigla

nome esteso iscrizione

datazione

- teatro (Apollonia d’Illyrie, 275)

III a.C.

- teatro (Apollonia d’Illyrie, 275) - dedica peripolarchos (SEG 15: 412)

III a.C. III a.C.

ΑΝ

- teatro (Fiedler et al. 2011, 178)

III a.C.

ΑP

- dedica hieromnamones (I. Apollonia 7) - teatro (Fiedler et al. 2011, 178)

III-II a.C. III a.C.

ΑΥ

- teatro (Apollonia d’Illyrie, 275)

III a.C.

E

- teatro (Apollonia d’Illyrie, 275)

III a.C.

(*Εὐενιεύς?) - teatro (Apollonia d’Illyrie, 275)

III a.C.

Α ΑM

Ἀμφινεύς

ΕY ΙΠ

Ἱπποθοϊεύς

- teatro (Apollonia d’Illyrie, 275) III a.C. - dedica hieromnamones (I. Apollonia 7) III-II a.C. II d.C. - dedica (I. Apollonia 191) - framm di dedica o iscrizione onorifica (I. Apollonia 371) incerta

ΛΕ

- dedica hieromnamones (I. Apollonia 7)

III-II a.C.

ΛΙ Λίτας

- dedica hieromnamones (I. Apollonia 7) - teatro (Fiedler et al. 2011, 178) - dedica peripolarchos (SEG 15: 412)

III-II a.C. III a.C. III a.C.

Μαχιάδας

- teatro (Apollonia d’Illyrie, 275) - dedica (I. Apollonia 190)

III a.C.

(Πολίτας?)

- dedica hieromnamones (I. Apollonia 7)

III-II a.C.

- dedica hieromnamones (I. Apollonia 7)

III-II a.C.

ΜA ΠΟ ΠΟΛO

ΙΙ d.C.

Tab. 2. Suddivisioni locali di Apollonia.

Come si può notare, le abbreviazioni del teatro di Apollonia sono riferibili in diversi casi a raggruppamenti che in precedenza non erano attestati in forma abbreviata e non erano quindi interpretabili con certezza assoluta come raggruppamenti della medesima tipologia; mi riferisco in particolare alla sigla ΜΑ, da connettere sicuramente con i Machiadai, e alle sigle ΑΜ e ΛΙ che sono riconducibili rispettivamente agli Amphineis e ai Litai, e che confermano l’attribuzione ad Apollonia della placca bronzea dell’Ashmolean Museum SEG 15: 412. Le due sigle ΠΟ e ΠΟΛΟ sono certo impiegate per distinguere due nomi che iniziavano entrambi per Πολ-; sulla base della presenza del filetico Πολίτας in un contratto di prestito ipotecario proveniente da Corcira, di pubblicazione recente (SEG 53: 503), Lavinio del Monaco ha credibilmente proposto che lo stesso nome fosse alla base dell’abbreviazione ΠΟ di Apollonia197. Un caso notevole è

  Del Monaco 2011, 303.

197

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poi rappresentato dal raggruppamento degli Hippothoieis, che sono presenti con ben quattro attestazioni sia in forma abbreviata, in contesti politico-istituzionali – nella dedica degli hieromnamones (in riferimento a un grammateus o forse a uno hieromnamon) e nel teatro di Apollonia –, sia in forma estesa, nell’onomastica di individui dedicanti o dedicatari di monumenti. Infine, il recente ritrovamento nel koilon del teatro della sigla ΑΡ, nota finora solo da I. Apollonia 7, esclude sicuramente una possibile equivalenza di questa con l’abbreviazione Α, precedentemente ipotizzata dagli studiosi198. Una spiegazione a parte deve essere dedicata alla sigla ΕΥ, che nella tabella appare infatti ricondotta a un filetico Εὐενιεύς, non altrimenti attestato e qui ricostruito in maniera del tutto congetturale. Un possibile collegamento della sigla EY con la figura del mantis apolloniate Euenios è stato proposto da François Quantin199. L’ipotesi che uno dei raggruppamenti di Apollonia avesse in Euenios il suo eponimo – ipotesi priva di riscontri, ma tuttavia credibile – può portarci a rileggere in maniera inedita la notizia di Erodoto su Deiphonos, indovino di Apollonia al servizio dei Corinzi e sedicente figlio di Euenios. In IX 95, Erodoto riporta la voce secondo cui Deiphonos sarebbe stato un impostore e avrebbe preso incarichi come mantis in tutta la Grecia ἐπιβατεύων τοῦ Εὐηνίου οὐνόματος, pur non essendone veramente il figlio: mi chiedo allora (considerando anche l’assoluta rarità del nome proprio Euenios) se il nome di cui Deiphonos si faceva forte non fosse in realtà quello della suddivisione civica di appartenenza, una discendenza ideale millantata come filiazione diretta. Benché la città di Apollonia non manchi certo di testimonianze inerenti al suo sistema di organizzazione locale, molte questioni rimangono ancora senza una soluzione definitiva. Una prima riguarda le origini dei raggruppamenti locali attestati nell’epigrafia. La fondazione corinzio-corcirese, la matrice periandrea dell’iniziativa e il forte conservatorismo che caratterizzava la costituzione apolloniate – dove le piene prerogative politiche, secondo la testimonianza di Aristotele, erano appannaggio esclusivo dei discendenti dai primi coloni – sono tutti elementi che concorrono nel farci presupporre che il modello di organizzazione locale istituito nella colonia fosse affine a quello in uso nella madrepatria in epoca cipselide e che parte di questo si fosse conservato anche in epoca successiva. L’uso delle abbreviazioni nella dedica del collegio degli hieromnamones e grammateis, e sulle lastre del koilon del teatro (sede, evidentemente, anche di assemblee politiche) ci fanno capire come anche in epoca ellenistica questi raggruppamenti continuassero a detenere funzioni politico istituzionali. La presenza di filetici come Machiadas e Amphineus (e forse anche Politas),

  Cf. Apollonia d’Illyrie, 275.   In Fiedler et al. 2011, 178.

198 199

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comuni al più antico patrimonio di Corinto e Corcira, suggeriscono d’altro canto che almeno un nucleo originario di tali suddivisioni fosse lo stesso istituito ad Apollonia nella sua fondazione. Una seconda, riguarda il numero delle tribù o affini. Come si è visto, la significativa cifra di otto raggruppamenti ricostruita in precedenza da Cabanes, è stata necessariamente abbandonata a seguito del rinvenimento di nuove sigle nel koilon del teatro di Apollonia. È assai probabile, come ho detto sopra, che il numero di tredici suddivisioni a oggi noto non sia quello definitivo. L’impossibilità di attribuire a un unico gruppo coppie analoghe di abbreviazioni esclude un più usuale sistema di dodici tribù, mentre le possibili interpretazioni delle abbreviazioni ancora non sciolte, unite alla storia stessa della città, precocemente entrata sotto la sfera di influneza di Roma, al termine della prima guerra illirica, rendono implausibile la seriore aggiunta di una tribù dinastica200. Se la ricerca epigrafica dovesse mai portare a conoscenza altri tre raggruppamenti, ecco che il numero totale di sedici potrebbe ricondurci all’istituto corinzio della hemiogdoa. Per ora, tuttavia, l’antica matrice corinzio-corcirese – e periandrea in particolare – delle suddivisioni note dalle iscrizioni ellenistico-imperiali non può essere confermata da altro che da un paio di filetici e da criteri di verosimiglianza storica. Un’ultima questione, attiene infine alla natura di queste suddivisioni. Le più recenti pubblicazioni, che rendono conto dei nuovi ritrovamenti nel koilon del teatro di Apollonia201, tendono a parlare decisamente di phylai, senza che nessun nuovo argomento sia però sopraggiunto a convalidare questa presa di posizione. Che le suddivisioni civiche testimoniate dall’epigrafia di Apollonia corrispondessero a phylai è un’ipotesi del tutto plausibile, benché da prendere ancora con la dovuta cautela. La menzione di tribù civiche nel decreto onorifico per Peducaeus Cestianus I. Apollonia 193 (160-180 d.C.) non costituisce infatti un argomento di per sé decisivo, anche se si deve pur ricordare come due dei tredici raggruppamenti apolloniati, i Machiadai e gli Hippothoieis, fossero ancora attestati in iscrizioni del II secolo d.C. È ben difficile poter pensare che il sistema dei raggruppamenti locali di Apollonia si fosse mantenuto intatto ancora nel II secolo d.C. (vd. I. Apollonia 190 e 191). È tuttavia significativo vedere come l’élite della città, in un’epoca in cui

  Sulla storia di Apollonia in età ellenistica cf. Cabanes ap. I. Epidamnos, 33-40; sul “protettorato” di Roma su Apollonia (e su Epidamnos, Corcira, Parthini e Atintanes) cf. inoltre Gruen 1984, 365-7; Ferrary 1988, 24-33, 40-3; contesta invece l’idea di un vero e proprio “protettorato” romano in favore di rapporti di amicitia e di un più generico ingresso nella “sfera d’influenza” di Roma, Eckstein 2008, 52-54. 201   Mi riferisco in particolare a von Hesberg e Quantin in Fiedler et al. 2011, 178-80; Franz - Hinz 2014, 93-100. 200

1. ALL’OMBRA DI CORINTO

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queste antiche tribù sussistevano probabilmente svuotate delle loro originarie prerogative, ancora amasse identificarsi in un lignaggio che li riconduceva sino agli originari coloni. La menzione delle phylai nel decreto per Peducaeus Cestianus, come si è visto, sembra rientrare in un abito prettamente religioso; ma all’interno di questo usuale contesto di reductio ad sacra delle istituzioni poleiche, un intatto ‘orgoglio corinzio’ nelle origini dell’oratore apolloniate emerge nella dedica onorifica indirizzatagli da Κόρινθος ἡ μητρόπολις.

2. Poleis corinzie e koina locali (post 223 a.C.): il caso dell’area apolloniate

2.1. Introduzione Ho scelto di dedicare gli ultimi capitoli di questa prima parte all’analisi di due casi che, pur marcati da un’innegabile distanza cronologica e istituzionale dai contesti sinora trattati, rappresentano tuttavia rispetto a essi un importante complemento. Tali casi di studio, infatti, non solo ci permettono di estendere l’osservazione del rapporto tra livelli centrali e locali del potere nelle poleis della Grecia nordoccidentale a dinamiche determinatesi in avanzata età ellenistica, ma anche di sconfinare al di fuori del contesto della polis classica e al di fuori di un discorso incentrato soprattutto sulle realtà locali come suddivisioni del corpo civico della polis. Lo spunto per un approfondimento su questi due specifici contesti – quello di Dimalla e quello del koinon dei Balaieitai, entrambi qui connessi con la polis di Apollonia – mi è derivato anzitutto dalla necessità riesaminare l’ipotesi circa la presenza di un’organizzazione per phylai nella città di origine illirica di Dimalla. La possibile attestazione di un locale collegio di phylarchoi, frutto di un’integrazione epigrafica originariamente proposta da Louis Robert, aveva infatti portato N.F. Jones, in Public Organization in Ancient Greece, ad annoverare anche Dimalla tra le città nordoccidentali recanti evidenze di partizioni del corpo civico. Se confermata, la presenza di phylai a Dimalla avrebbe rappresentato un elemento di eccezionale interesse, dal momento che avrebbe testimoniato l’acquisizione di strutture istituzionali squisitamente poleiche, derivate dall’antica matrice delle apoikiai corinzie, da parte di una comunità di origine non-greca, incentrata attorno a un insediamento urbano monumentalizzato tra IV e III sec. a.C. e caratterizzata da uno status politico di incerta classificazione come polis o koinon ‘federale’, similmente ad altre comunità politiche emerse nell’area nel periodo successivo alla disgregazione della monarchia epirota e alla prima guerra illirica1. Come si vedrà qui di seguito, la presenza di un collegio di phylarchoi a Dimalla risulta però priva di fondamento, così sollevandoci dalla difficoltà di spiegare l’anomala   Oltre ai casi qui di seguito analizzati di Dimalla e dei Balaieitai, si ricordino anche Amantia e Byllis, su cui cf. anzitutto Cabanes 1999, 373-382 (che riflette in particolare sulle difficoltà di classificazione di alcune di queste comunità); inoltre, Crema 2010, 208-210. 1

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adozione di un sistema di phylai nella comunità ellenizzata dei Dimallitai. La stessa iscrizione, di cui si fornisce qui una lettura alternativa e certo più normalizzante attraverso la menzione del peripolarchos in luogo del phylarchos, ci porta tuttavia a considerare la possibilità che i Dimallitai non fossero del tutto indipendenti, ma agissero come una comunità locale semi-indipendente, all’interno di un sistema territoriale polarizzato attorno alla polis di Apollonia. Lo schema che il contesto di Dimalla lascia appena intravedere sembra tuttavia nuovamente proporsi nel caso del koinon dei Balaieitai; anche questo piccolo koinon, a cui dedicherò infatti un breve capitolo nell’ottica di raffronto con il caso di Dimalla, sembra essersi costituito come comunità locale subordinata al controllo di Apollonia, come l’analisi del decreto onorifico dei Balaieitai per il peripolarchos Aristen sembrerebbe evidenziare.

2.2. Dimalla (koinon dei Dimallitai) La città illirica di Dimalla (o Dimale), identificata nell’odierna Krotinë/Berat, a nordovest di Apollonia, ha restituito un insieme di documenti epigrafici costituito per la stragrande maggioranza di bolli su tegole databili tra III e II sec. a.C., e da alcune iscrizioni su pietra2. Tra i primi, si segnalano in particolare una serie di bolli relativi ad ateliers pubblici, alcuni recanti il nome della polis, ancora nella forma dorica-nordoccidentale Διμάλλας3, altri recante l’etnico al genitivo plurale Διμαλλίταν4, indicazioni che l’editore, B. Dautaj, suggeriva di interpretare come afferenti rispettivamente alla sola polis di Dimalla, da una parte, e al koinon dei Dimallitai, dall’altra. Tra le poche iscrizioni su pietra conservate, si segnala il frammento di un orologio solare, recante l’indicazione frammentaria di una carica locale (–  ]ΛΑΡΧΗΣΑ[  –), integrata da Louis Robert nel participio aoristo φυλαρχήσας, «avendo ricoperto la carica di phylarchos», in riferimento al nome del dedicante5. SEG 45: 685 [— — — — — — — — — — — — — —] 1 [— — — — — — — — —] | Φιλ[— —]

2   Cf. Muka - Heinzelmann 2012, 387-391. Sulle iscrizioni su laterizio e su pietra da Dimalla, cf. Dautaj 1994, 105-150. 3   Cf. Dautaj 1994, 121, nrr. 16-19. La forma Διμάλη, attestato da Polibio (III 18, 1; VII 9, 14; cf. Liv. XXIX 12, 3 e 13: Dimallum) trova corrispondenza nel toponimo Διμάλλης attestato in una base con dedica ad Apollo da Krotinë (III sec. a.C.), cf. Dautaj 1994, 131-132 nr. 7 (= SEG 45: 683). 4   Dautaj 1994, 121-122 nrr. 20-27. 5   Ed. princ. B. Dautaj, Â Zbulimi I qytetit ilir Dimal, «Studime Historike», 2. 1965, 70 e tav. F [non vidi], cf. L. Robert in BÉ 1967, nr. 346; Dautaj 1986, 102 nr. 1; 1994, 130 nr. 6; Donderer 1998, 177, nr. A5 (foto).

2. POLEIS CORINZIE E KOINA LOCALI

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[— — — — — — — — —]|ΠΟΛΟΘΕ[—] [— — — — — — — φυ]|λαρχήσα[ς] [— — — — — — —] | vacat [— — — — —] | Ταραντῖνος ἐποίησ[ε] [— — —]ΑΛΟΝΗ μιμήσεται.

L’indicazione della carica del phylarchos, che abbiamo visto essere attestata a Epidamnos, implicherebbe che la città illirica di Dimalla avesse adottato in età ellenistica un sistema di phylai – quali che fossero le loro precise funzioni e composizione – sul modello delle vicine poleis corinzie6. L’influenza economica e culturale delle poleis hellenides dell’area, e in particolare di Apollonia, sembra emergere dalla stessa indagine archeologica7; ma, sul piano istituzionale, sembra difficile credere che la figura del phylarchos possa essere esistita a Dimalla provenendo da tale matrice8. Ad Apollonia non se ne possiedono evidenze, mentre la carica del phylarchos di Epidamnos, peraltro a oggi attestata con tale denominazione solo per via letteraria nella testimonianza di Aristotele, non apparteneva a un orizzonte cronologico ellenistico o classico, ma piuttosto arcaico, essendo stata sostituita da una boule probabilmente già nel corso del VI sec. a.C. Si tratta quindi di contesti non facilmente collegabili. Le righe del testo inciso sul fronte dell’orologio solare correvano per tutta la sua larghezza, interrompendosi in corrispondenza del bacino centrale; pertanto, alla sinistra del quadrante, alla linea 3, ci doveva essere lo spazio per circa otto caratteri9; inoltre, è possibile che le sei lettere conservate alla linea 2, –]|ΠΟΛΟΘΕ[–, non ben comprensibili, potessero appartenere alla parte finale dell’onomastica del dedicante. In conclusione, non vedo motivi per escludere un’integrazione alternativa della linea 3 assai più usuale per l’epigrafia ellenistica di quest’area, ossia: 3 [ .ca. 2. περιπο]|λαρχήσα[ς]

6   Per questomotivo appare tra le poleis della Grecia nordoccidentale recanti suddivisioni locali censite da Jones 1987, 157. 7   Cf. Muka  -  Heinzelmann 2012, 387-391: l’insediamento illirico venne fortificato nel IV sec. a.C.; nel periodo III-II sec. a.C. la città conobbe il suo floruit, accompagnato da un’intensa attività urbanistica: a questa fase risale, tra le altre cose, l’edificazione di una nuova cinta muraria e del teatro; lavorazioni e materiali sembrano testimoniare un intenso scambio con la vicina Apollonia. 8   È da considerarsi del tutto superata l’ipotesi, avanzata da Hammond 1968, 14-15, che Dimalla fosse una polis di origine greca, fondata sotto Pirro con un contingente di coloni da Apollonia; cf. infatti Hatzopoulos 1997, 145, che indica piuttosto questa città come centro dell’ethnos illirico dei Parthini, senza alcuna origine greca, ma tardivamente ellenizzato grazie all’influenza di Apollonia e del koinon degli Epiroti. 9   Benché non sia possibile stabilire con precisione il numero dei caratteri su ogni linea, bisognerà tuttavia considerare come il quadrante dovesse occupare il centro dello specchio epigrafico e che, pertanto, il testo fosse distribuito specularmente ai due lati dello stesso.

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

Questa più semplice soluzione, che aggiungerebbe un nuovo documento al dossier in continua crescita delle attestazioni epigrafiche dei peripolarchoi in queste aree10, ci solleva dalla difficoltà di giustificare l’esistenza di phylai civiche di matrice corinzia nella polis illirica di Dimalla. Peraltro, considerate le caratteristiche e le funzioni dei peripolarchoi emergenti dalla locale epigrafia, il dono di questa meridiana da parte di un singolo individuo ex detentore di una carica pubblica si adatta molto meglio alla figura del peripolarchos unico, che non a quella di un ipotetico phylarchos, di cui risulterebbe infatti più difficile comprendere la dedica di questo oggetto (verosimilmente un dono alla comunità di Dimallitai) come singolo, invece che come collegio magistratuale11. Se il dedicante della meridiana era un ex-peripolarchos, come sembra più probabile, ciò significa che non necessariamente ci troviamo qui di fronte a una carica locale della polis di Dimalla; date le caratteristiche di questa figura, che emergono dalle sue varie testimonianze nell’epigrafia nordoccidentale, è anzi più plausibile ritenere che il peripolarchos non fosse un dimallita, ma provenisse ad esempio dalla vicina Apollonia. In base a qualche sorta di accordo di cui ci sfuggono totalmente i termini, il piccolo koinon dei Dimallitai – similmente a quanto si registra con quello dei Balaieitai (vd. infra) – si sarebbe affidato ad Apollonia per la protezione di parti del suo territorio. La presenza della firma di un artigiano di Taranto (vd. l. 4 dell’iscrizione), si noti, colloca la meridiana di Krotinë nel contesto dell’intenso interscambio tra le due sponde dello Ionio, di cui la polis di Apollonia rappresentava certo per Dimalla la più vicina testa di ponte12. Ma al di là di questo aspetto, un ulteriore particolare del testo epigrafico può richiamare la nostra attenzione, portandoci nuovamente a collegare l’origine del dedicante alla vicina colonia greca. Come ho detto sopra, è plausibile ritenere che l’indicazione [  .ca. 2. περιπο]|λαρχήσα[ς], della linea 3, fosse preceduta dalla formula onomastica del dedicante, di cui potevano far parte tanto le lettere | Φιλ[— —], iniziali di moltissimi antroponimi greci, quanto le successive –]|ΠΟΛΟΘΕ[–. A proposito di queste ultime, Louis Robert aveva tentato di individuare un qualche collegamento con la parola πόλος, indicante appunto la   Al gruppo di iscrizioni analizzato nel suo insieme da Cabanes 1991, 197-216 (e attestanti l’esistenza di peripolarchoi, tra gli altri, ad Apollonia, Byllis, e nel koinon dei Balaieitai), si aggiunge la recente pubblicazione di una dedica funeraria da parte di un peripolarchos, databile al periodo 232-168 a.C. e proveniente dal castrum Matohasanaj, ai confini del territorio di Amantia, cf. Cabanes et al. 2016, 405-408 nr. 2. Sui peripolarchoi, i peripoloi e il pattugliamento dei confini nel mondo greco, cf. anche Robert 1955, 283-292; Chaniotis 2008, 103-145, part. 132 sgg.; Antonetti 2010, 317-318. 11   Vd. ad es. la dedica dell’agoranomon Aristomenes f. di Aristippo, τῶι δήμωι, SEG 41: 511, cf. Donderer 1998, 173-174 A1. 12   A questo proposito, cf. in particolare Zancani 1926, 173-198, per l’influenza delle maestranze artistiche tarantine sulle stele di Apollonia. Sull’economia di Dimalla, e i suoi privilegiati rapporti commerciali con Apollonia (anche nel ruolo di mediatrice coi mercati dell’Italia meridionale), testimoniati dalle fonti ceramiche e numismatiche, cf. Dautaj 1976, 149-163, part. 157 e 159. 10

2. POLEIS CORINZIE E KOINA LOCALI

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meridiana della tipologia a conca, come quella oggetto della dedica; se tale lettura, come ammise lo stesso Robert, non portava di fatto ad alcun risultato13, più significativa è invece la connessione di queste lettere con l’abbreviazione ΠΟΛΟ, attestata nella dedica degli hieromnamones I. Apollonia 7 (III-II sec. a.C.) dove accompagnava l’onomastica di un grammateus apolloniate. Così interpretato, il testo di Dimalla, pur nella sua frammentarietà, può trovare diretto riscontro in un’altra iscrizione dedicatoria di III sec.  a.C. di produzione apolloniate, il cosiddetto bronzo dell’Ashmolean Museum SEG 15: 412 di cui si è già detto in precedenza14. Qui, un ex-peripolarchos di Apollonia, congiuntamente al grammateus e ai symperipoloi, dedicava a Dioniso un ἄγαλμα e una σκανά15. La formula onomastica con cui l’ex-peripolarchos viene indicato nell’iscrizione, ossia nome – patronimico-filetico (nella forma estesa) – participio περιπολαρχήσας è del tutto parallela a quella ipotizzabile per il testo frammentario della meridiana di Dimalla16: [ . . .ca. 7. . . . ] | quadrante | Φιλ[ . . ca. 4. . ] [ . . . .ca. 8. . . . ] | quadrante | Πολοθε[ .ca. 2.] [ .ca. 2. περιπο]| quadrante | λαρχήσα[ς]

Non si può escludere che anche la dedica dell’ex-peripolarchos Apelleas e dei suoi colleghi si fosse originata in un contesto analogo a quello che abbiamo

13   Robert in BÉ 1967 nr. 346: «dans -πολοθε- on voudrait chercher un composé de πόλος, ma ce ne semble mener à rien». 14   Vd. supra, 56 n. 191. 15   Soprattutto la dedica di una σκανά, una struttura effimera dalla funzione non facilmente precisabile, ha suscitato un notevole dibattitto tra gli studiosi, per i cui riferimenti rimando qui in particolare ad Antonetti 2010, 319; personalmente, ritengo che l’ipotesi di attribuire questa dedica a un culto dionisiaco connesso a un edificio teatrale – originariamente esclusa da Robert 1955, 283-292, ma riproposta da Ducat 2007, 113-123, con valide argomentazioni – mantenga una notevole credibilità. Non priva di interessanti riscontri (anzitutto IG IX 12 1, 117: dedica di ventidue σύσκανοι, “compagni di tenda”, a Dionisio, da Trichonion in Etolia, seconda m. del III sec. a.C.) è l’ipotesi di Antonetti 2010, 319-320, che vede nella skana una struttura temporanea dedicata a Dioniso dopo il suo utilizzo in una cerimonia iniziatica; guardando a quanto emerge nella presente analisi, mi sembra tuttavia che questa lettura abbia il solo limite di essere eccessivamente declinata in senso religioso («è infatti la memoria della comunione rituale […] l’unica motivazione della dedica, la sola rilevante di un testo altrimenti privo di qualsiasi altro indicatore sacro o sociale», cit. a p. 320), soprattutto qualora si consideri come tale atto di pietas avesse potuto de facto adombrare un’iniziativa evergetica nei confronti di una comunità esterna, in linea con quanto ipotizzabile nei casi della meridiana di Dimalla e del decreto di Balaieitai (vd. infra) e all’interno, quindi, di una dimensione non solo religiosa, ma anche ufficiale e politica (la datazione attraverso il prytanis eponimo, l’indicazione delle magistrature, l’onomastica accompagnata dai filetici nel bronzo dell’Ashmolean Museum ci portano lontano, a mio parere, da una dimensione squisitamente religiosa e iniziatica). 16   SEG 15: 412, ll. 5-6: Ἀπελλέας Ἀλκαίου | Λίτας περιπολαρχήσας. Si noti come anche qui l’iscrizione dedicatoria si chiuda con una firma d’artista: Ἡρακλειόδωρος ἐπόησε (ll. 10-11).

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

ipotizzato per la dedica della meridiana di Dimalla; nel contesto, cioè, di rapporti intercorrenti tra il ‘polo’ di Apollonia e comunità satelliti dell’area, veicolati dalla figura del peripolarchos apolloniate, e meglio chiaribili nella loro natura dal decreto del koinon dei Balaieitai di cui mi occuperò poco oltre. Se infatti l’attribuzione al contesto apolloniate di SEG 15: 412, grazie alla presenza degli etnici Amphineus e Litas, appare assodata, bisogna però rammentare come rimanga tuttavia sconosciuta la precisa provenienza dell’iscrizione (acquistata sul mercato antiquario di Smirne e originariamente reputata di provenienza ateniese) e pertanto, in ultima istanza, la localizzazione del culto di Dioniso a cui l’ἄγαλμα e la σκανά erano state destinate17. In altre parole, credo non possa essere dato per certo che l’atto evergetico del peripolarchos Apelleas e dei suoi subalterni fosse stato rivolto agli Apolloniatai; e appare anzi più in linea con altre testimonianze che tale iniziativa fosse maturata nel contesto di rapporti tra il peripolarchos apolloniate e altre comunità dell’area, come quella dei Dimallitai o dei Balaieitai.

2.3. Il koinon dei Balaieitai Un’iscrizione di buona fattura databile preferibilmente alla prima metà del II sec. a.C., incisa su un’elegante stele bronzea a edicola, e originariamente detenuta da una famiglia di Fier, nell’area dell’antica Byllis18, reca l’unica attestazione ad oggi nota di una comunità politica locale che si definisce nel testo in oggetto κοινὸν τῶν Βαλαιειτᾶν. La stele, nella fattispecie, reca inciso un decreto onorifico emanato dai Balaieitai per il peripolarchos Aristen19, figlio di Parmen, della cui onomastica già il primo editore N. Ceka aveva sottolineato l’origine greca e i riscontri con il contesto di Apollonia ed Epidamnos20. 1

{corona} πρυτανεύοντος Βίωνος τοῦ Κλειγένεος, Ψυδρέος ιηʹ, τοῦ ταμία Ἀριστῆνος τοῦ Ἐξακίου ἀπολογιξαμένου τοῖς πρεσβυτέροις καὶ τᾶι ἐκ-

  Teatri di piccole e medie dimensioni edificati in età ellenistica sono peraltro presenti in centri su cui insisteva l’influenza apolloniate, come Byllis (cf. Ceka 2009, 48-53) o la stessa Dimalla, dove il teatro litico, recentemente venuto alla luce, sembra essere stato edificato nel II sec. a.C. (cf. Muka - Heinzelmann 2012, 388-389). 18   Odierna Gradisht, cf. Ceka 1987, 135-136; su Byllis, cf. Funke, Moustakis, e Hochschultz in Inventory nr. 92. 19   Ed. princ. Ceka 1987a, 92-93 nr. 42 (foto) = SEG 38: 521. Cf. Cabanes 1991, 202-203, 209210 e 220-221 nr. 7 (foto); Hadzis 1993, 205 e 204 fig. 3; Chankowski 2004, 66-67 n. 33; Chaniotis 2008, 132-134; Crema 2010, 208-208 e nn. 40 e 44; De Vido 2010, 270. 20   Ceka 1987a, 72: in questo articolo lo studioso attribuisce il decreto dei Balaieitai al corpus di iscrizioni del koinon dei Bylliones, vd. infra. 17

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5 κλησίαι ὅτι εἴη ὁ περιπόλαρχος Ἀρι στῆν ὁ Παρμῆνος πεποιηκὼς τοῖς Βαλαιιταῖς φιλάνθρωπα καὶ πλήω, ἔδοξε τοῖς Βαλαιειταῖς στεφανωθῆ μεν τὸν περιπόλαρχον Ἀριστῆνα τὸν 10 Παρμῆνος στεφάνωι χρυσέωι ἀπὸ χρυσῶν πέντε ἀρετᾶς ἕνεκα καὶ εὐ νοίας· v τοῦ δὲ περιπολάρχου Ἀρισ τῆνος τοῦ Παρμῆνος ἐυχαριστήσαν τος τοῖς Βαλαιιταῖς ἐπὶ τῶι δοθέντι αὐ15 τῶι φιλανθρώπωι καὶ ἀντιστεφα νώσαντος τὸ κοινὸν τῶν Βαλαιει τᾶν τῶι αὐτῶι στεφάνωι, ἔδοξε τοῖς Βαλαιειταῖς ψάφισμα ἀ ναγραφῆμεν εἰς χάλκωμα καὶ κα20 τασταθῆμεν εἰς ἐπιφανῆ τόπον διὰ τὰ προγεγονότα ὑπ’ αὐτοῦ φιλάν θρωπα, μετέχειν δὲ καὶ τῶν κοινῶν αὐτὸν καὶ ἐκγόνους, μετέχειν δὲ τῶν κοινῶν καὶ τοὺς γραμματεῖς αὐ25 τοῦ Παρμῆνα Τεισάρχου καὶ Βοῦ λον τὸν Ἀβαίου. «Sotto la pritania di Bion figlio di Kleigenes, nel 17° giorno del mese Psydreus: dal momento che il tamias Aristen, figlio di Exakios, ha riferito al Consiglio degli Anziani e all’Assemblea che il peripolarchos Aristen, figlio di Parmen, avrebbe compiuto in più occasioni azioni magnanime nei confronti di Balaiitai, parve bene ai Balaieitai incoronare il peripolarchos Aristen figlio di Parmen con una corona d’oro del valore di cinque monete auree per la virtù e benevolenza dimostrate. Poiché il peripolarchos Aristen figlio di Parmen ha ringraziato i Balaiitai per il dono magnanimamente concesso e ha incoronato a sua volta il koinon dei Balaieitai con una corona di pari valore, parve bene ai Balaieitai di far incidere il decreto su una stele bronzea e di collocarla in un luogo ben visibile a motivo delle azioni magnanime da lui compiute in passato; inoltre, che lui e i suoi discendenti prendano parte ai koina, e che prendano parte ai koina anche i suoi segretari Parmen figlio di Teisarchos, e Boulon figlio di Abaios».

Il decreto, che a vantaggio del lettore ho qui sopra riprodotto nella sua interezza, presenta diversi problemi stimolanti, che sembrano condurci in un’autentica ‘zona grigia’ del rapporto tra locale e centrale nelle comunità statuali del mondo greco, oltre che in una zona grigia dello stesso rapporto tra polis e ethnos come modelli di organizzazione politica. La questione di partenza riguarda lo status degli onorati (mi riferisco non solo al peripolarchos Aristen ma anche ai due grammateis Parmen e Boulon) rispetto ai Balaieitai. Infatti, la concessione del diritto a μετέχειν τῶν κοινῶν, quale che fosse nel concreto il preciso significato

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

di questa formula, indica chiaramente che gli onorati erano ‘esterni’ alla comunità onorante e che, di conseguenza, né il peripolarchos né i due grammateis al suo servizio erano cariche appartenenti alla comunità dei Balaieitai. Ho qui usato volutamente una definizione generica – “esterni” – per il fatto che non esistono in realtà motivi dirimenti per ritenere che i Balaieitai fossero una comunità politica nettamente indipendente da quella cui appartenevano Aristen, Parmen e Boulon, e che a questi ultimi, conseguentemente, si debba attribuire lo status di veri e propri xenoi rispetto ai Balaieitai. Una questione centrale è l’interpretazione della formula μετέχειν τῶν κοινῶν, che, secondo alcuni studiosi, corrisponderebbe di fatto al conferimento della politeia dei Balaieitai agli onorati, con la necessaria conseguenza di dover considerare il koinon dei Balaieitai come una comunità politica del tutto autonoma, dotata di un proprio esclusivo diritto di cittadinanza21. Qual era l’origine del peripolarchos e dei suoi due grammateis? Il testo del decreto non ne fa riferimento, limitandosi a indicare ogni individuo, anche il principale onorato, con i soli nome e patronimico. Benché non esistano argomenti decisivi per sostenere la loro provenienza dalla vicina Apollonia (la figura del peripolarchos e del relativo segretario è attestata parimenti anche nel koinon dei Bylliones22), la stessa appare tuttavia molto plausibile, soprattutto in base a considerazioni onomastiche. Soprattutto gli antroponimi Ἀριστήν (che caratterizza il peripolarchos ma anche il tamias) e Παρμήν (il padre del peripolarchos e uno dei grammateis) risultano essere assai diffusi proprio ad Apollonia23, dove appaiono associati a individui di rango elevato, appartenenti alla classe con pieni poteri politici. In particolare, i nomi Aristen e Parmen compaiono nella dedica degli hieromnamones di Apollonia ad Afrodite, dove caratterizzano rispettivamente il padre del prytanis Phyllos e il nome proprio di un grammateus24; tra IV e III sec. a.C. un apolloniate, [- - -?] figlio di Parmen, dedica un gruppo statuario a Teti e Achille, dopo averne ricoperto il ruolo di attendente sacro (ἀμφιπολεύσας)25; questi due nomi compaiono anche su una serie di timbri su tegole, nella probabile funzione di prytaneis eponimi o di altra magistratura cittadina preposta a opere pubbliche26; parimenti, individui recanti questi   Cf. Cabanes 1991, 221; Chankowski 2004, 66-67 n. 33, il quale rafforza con questa la sua visione del peripolarchos come straniero mercenario; sulla scia di Cabanes, anche De Vido 2010, 270 n. 57. 22   SEG 38: 520, Byllis (Rabie), III sec. a.C. 23   LGPN III. A, s.v. Ἀριστήν, nrr. 7-15; s.v. Παρμήν, nrr. 1-11. 24   I. Apollonia 7, III/II sec. a.C.: πρυτανεύοντος Ψύλλου τοῦ Ἀριστῆνος; γραμματεὺς Παρμὴν Σωστράτου Πολο(–). 25   I. Bouthrotos 408, metà IV / inizi III sec. a.C. 26   I. Apollonia 347 (Ἀριστήν); 359 (Ἱέρων Ἀριστ[ῆ]ν[ος]); 363 (Παρμήν); 364 (Παρμῆνος cinque esemplari). Cabanes in I. Apollonia colloca questi documenti nel gruppo di timbri di ‘privati’ (Estampilles de particuliers, 92-93 nrr. 343-367), ma rimane tuttavia molto plausibile che fossero anche questi prytaneis eponimi: si consideri il confronto con il corpus di timbri su tegole di Corcira, cf. Kindt 1997, 27-112 (e in Grecia 55-58) dove l’indicazione del prytanis viene data sia con ἐπί 21

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nomi sono ampiamente presenti nella numismatica apolloniate, dove appaiono nel ruolo di prytaneis eponimi e di magistrati monetali27. Queste considerazioni sulla possibile origine del peripolarchos e dei suoi due segretari avrebbero poca importanza in questa analisi se si ritenesse, come fa A. Chankowski, che Aristen avesse qui rivestito il ruolo di mercenario al soldo dei Balaieitai; tale assunto (che porta lo studioso a inferire che i peripoloi e i loro comandanti fossero, in questo contesto nordoccidentale, regolarmente dei mercenari) si basa fondamentalmente sull’interpretazione di μετέχειν τῶν κοινῶν come formula di conferimento della cittadinanza e sul conseguente status di Aristen e degli altri come xenoi naturalizzati. A ragione Chaniotis ha contestato questa interpretazione, in parte derivante da posizioni già a suo tempo espresse da Cabanes, sulla base del fatto che «the formula μετέχειν δὲ καὶ τῶν κοινῶν only makes Aristen member of the koinon; it cannot be equated with the award of citizenship, and as a matter of fact we do not even know if the Balaiitai had a legal status of citizenship. It is possible that they were not a citizen community but a subdivision, a local district, of Apollonia, on the fringes of its territory»28. Lasciando per un attimo da parte l’ulteriore aspetto sollevato da Chaniotis, di fondamentale importanza in questa nostra analisi, vorrei ritornare ancora sul conferimento della prerogativa di μετέχειν τῶν κοινῶν. Non credo che questa concessione facesse di Aristen un membro del koinon dei Balaieitai, ma che, molto più semplicemente e concretamente, accordasse al peripolarchos, ai suoi discendenti e ai due grammateis la possibilità di partecipare a “cose comuni”, a momenti collettivi da cui i non-Balaieitai erano normalmente esclusi; con τὰ κοινά, nella fattispecie, mi sembra si debbano intendere anzitutto (se non esclusivamente) le festività religiose e i sacrifici tenuti localmente in seno ai Balaieitai, oltre che, forse, le loro assemblee comuni (l’ekklesia richiamata nel decreto)29.

+ gen. sia anche al solo nominativo; ad Apollonia, l’unica tegola recante la formula ἐπί + gen., e perciò classificata da Cabanes come relativa a un prytanis eponimo, è la I. Apollonia 342: essa si discosta tuttavia dalle altre per il fatto di recare il nome di due individui (ἐπὶ Νικαγάθου / Καλλὴν Παυσῆνος), con la conseguente necessità di distinguere graficamente il prytanis Nikagathos da Kallen f. di Pausen.  27   Cf. Ceka 1997, 113-124. 28   Chaniotis 2008, 133-134. 29   Cf. ad es. IG XII 9, 234 (Eretria, 100 a.C.), ll. 23-28: ἔν τε τῆι πανηγύρει τῶν Ἀρτε|μεισίων συνετέλει (scil. Elpinikos f. di Nikomachos, onorato nel decreto) τὸ ἄλειμμα ἐκκ τοῦ ἰδίου, τὴν | δαπάνην ἐπιδεχόμενος οὐ μόνον εἰς τοὺς πο|λίτας ἀλλὰ καὶ εἰς τοὺς λοιποὺς τοὺς εἰς τὴν πα|νήγυριν παραγενομένους καὶ μετέχοντας τῶν | κοινῶν ξένους; gli xenoi partecipanti alle feste Artemisia sono indicati come μετέχοντες τῶν κοινῶν e contrapposti ai politai. Similmente, l’onorato del decreto IK Sestos 1 (Sesto, 133-120 a.C.) Menas, f. di Menes, ἐκάλεσεν ἐπὶ τὰ̣ | ἱερὰ τοὺς ἀλειφομένους πάντας καὶ τοὺς ξένους τοὺς μετέχοντας τῶν κοινῶν (in questo caso gli xenoi sono contrapposti agli aleiphomenoi, coloro che “avevano ricevuto l’olio”, ossia i giovani efebi che frequentavano il ginnasio di Sestos in quanto politai). La partecipazione a τὰ κοινά, pertanto, può essere un privilegio accordato a prescindere dal conferimento della cittadinanza, oppure come logica implicazione della

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

Venendo all’altra questione: è possibile ritenere che il koinon dei Balaieitai fosse in quest’epoca una comunità locale di Apollonia? Il testo del decreto contiene riferimenti a molte diverse istituzioni. Sicuramente non locali sono la figura del peripolarchos e dei due grammateis affiliati. Sicuramente relativi alla comunità politica dei Balaieitai sono invece il consiglio degli anziani (presbyteroi) e l’assemblea primaria (ekklesia); la presenza di questi organi decisionali locali, ovviamente, non crea alcun ostacolo nel considerare i Balaieitai come una comunità dipendente da Apollonia. Rimangono il tamias e il prytanis. Chaniotis sottolinea come, nel testo epigrafico, nulla obblighi a considerare quest’ultimo come il magistrato supremo del koinon; la presenza di ben tre individui recanti il nome Βίων tra i pritani apolloniati attestati dalle fonti numismatiche porterebbe anzi a ritenere che il decreto dei Balaieitai facesse qui riferimento all’eponimo di Apollonia (così come al calendario corinzio in uso ad Apollonia, attraverso il mese Psydreus30). A mio avviso, anche il tamias Aristen, f. di Exakios, potrebbe non aver rappresentato una carica locale dei Balaieitai, ma piuttosto apolloniate. Sul nome Aristen abbiamo già detto sopra; il raro Ἐξάκιος non trova attestazioni nella polis greca, ma le forme Ἐξάκιος / Ἔξακις / Ἐξάκων sono tuttavia significativamente presenti in contesto dorico (e non nordoccidentale: come a Rodi, Cirene e Kamarina)31. Peraltro, nel decreto per il riconoscimento degli agoni Leukophryeneia e dell’asylia all’Artemision di Magnesia al Meandro emanato da Apollonia (I. Apollonia T 315, post 208/7 a.C.), è testimoniata l’esistenza di un collegio di tamiai tra le cariche della polis d’Illiria. Il formulario del decreto lascia intendere che Aristen figlio di Exakios avesse presentato la propria relazione di fronte agli anziani e all’assemblea dei Balaieitai proprio in quanto ricoprente la carica finanziaria di tamias. Se ammettiamo che i Balaieitai si fossero più o meno spontaneamente messi sotto la protezione di Apollonia, e si fossero affidati al peripolarchos apolloniate per il pattugliamento del proprio territorio, non pare strano pensare che tale prestazione avesse richiesto ai Balaieitai di versare un contributo economico, e che proprio il tamias Aristen fosse il meglio informato sulla correttezza e generosità personale del peripolarchos Parmen. 

naturalizzazione, come viene ad esempio esplicitato in questo decreto onorifico di Telmessos in Licia, TAM II, 2, ll. 4-11: δεδόσθαι | [α]ὐτῶι τε Ἑρμογένει Ζωίλου | [Ἐ]φεσίωι καὶ τῶι υἱῶι αὐτοῦ | Ζωίλωι, αὐτοῖς τε καὶ ἐκγόνοις, | πολιτείαν καὶ ἔγκτησιν καὶ με|τέχειν αὐτοὺς πάντων τῶν | κοινῶν, ὧν καὶ οἱ λοιποὶ Τελμησ|σεῖς μετέχουσιν. Una formulazione, questa, che ricorda quelle in uso nei decreti del koinon etolico conferenti la politeia ἐ̣ν̣ Αἰτωλίαι ἴσα̣ν̣ κ̣α̣ὶ̣ ὁ̣μ̣[οί|α]ν̣ μ̣ε̣τ̣εχ̣ό̣ντ̣οις πάντων, ὧν̣ κ̣αὶ οἱ ἄλλοι Αἰτωλοί̣ (IG IX1² 1, 7, ll. 3-4, Thermos 263/2 a.C.). 30   Cf. i prescritti delle manomissioni di Apollonia I. Apollonia 387 (fine IV / inizi III sec. a.C.) e I. Bouthrotos 394 (III sec. a.C.). 31   Per la presenza di questo antroponimo nella colonia siracusana di Kamarina, vd. LGPN III. A s.v. Ἔξακις (vd. Tessere Pubbliche, nr. 83, 450 a.C. ca.); e s.v. Ἐξάκων, nrr. 2-3.

2. POLEIS CORINZIE E KOINA LOCALI

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Lo status politico della comunità dei Balaieitai rimane sostanzialmente sfuggente. Mi sembra tuttavia che gli argomenti qui presentati possano mettere in discussione tutte le principali interpretazioni formulate dagli studiosi riguardo a tale problema. L’ipotesi di N. Ceka secondo cui i Balaieitai sarebbero stati parte del koinon dei Bylliones, oltre probabilmente a sovrastimare la natura di ‘stato federale’ di questi ultimi, si fonda solo su una malcerta prossimità geografica con Byllis32. L’idea che i Balaieitai fossero, al contrario, una comunità politica del tutto indipendente, come sostenuto da Cabanes, si scontra d’altro canto con la concreta possibilità che non solo il peripolarchos onorato nel decreto, ma anche il prytanis e forse persino il tamias fossero quelli di Apollonia33. All’estremo opposto vi è infine l’ipotesi di Chaniotis, il quale sostiene che i Balaieitai fossero una comunità locale inglobata nella chora di Apollonia e che la mancanza di etnico caratterizzante tutti i nomi degli onorati  –  che la concessione di μετέχειν τῶν κοινῶν ci assicura essere esterni alla comunità dei Balaieitai – debba essere considerata indice di un’interrelazione tra una polis (Apollonia) e una sua comunità locale (i Balaieitai)34. La lettura di Chaniotis mi sembra la più convincente, benché credo si debba usare, nel seguirla, un certo grado di prudenza. Si deve infatti sottolineare come del possibile rapporto di subordinazione tra la piccola comunità dei Balaieitai e la polis di Apollonia sfuggano del tutto i concreti termini istituzionali; la possibilità che i primi fossero stati integrati per sinecismo nello stato apolloniate e nella sua politeia trova nella mancanza di etnici nei nomi degli onorati un argomento troppo flebile. Rimane tuttavia interessante mettere in connessione quanto emerso sul possibile ruolo di Apollonia nei confronti di comunità locali come i Balaieitai con la geopolitica dei rapporti stabiliti da Roma con gli stati dell’Illiria meridionale all’indomani del 229 a.C. A questo proposito, contro l’idea, sostenuta da una buona parte della critica, che Roma avesse stabilito nell’area un vero e proprio protettorato, c’è chi sottolinea la forte discontinuità territoriale (inadatta a definire un vero protettorato) dei soggetti coinvolti nell’amicitia con Roma (Corcira, Epidamnos, Apollonia, i Parthini e gli Atintanes), e l’assenza di rapporti con altre comunità politiche, pur estremamente strategiche, come ad esempio le poleis illiriche ellenizzate di Byllis o Amantia35. Tale discontinuità potrebbe però essere solo apparente, dal momento che potrebbe in realtà celare la capacità di questi soggetti (mi riferisco quantomeno al caso di Apollonia qui analizzato) di

32   Vd. discussione in Cabanes 1999, 379-381. Malcerta in quanto l’esatto luogo di ritrovamento della stele bronzea, in possesso dia una famiglia di Fier prima di giungere al museo di Tirana, è infatti sconosciuto. 33   Cabanes 1999, 381. 34   Vd. supra, 71. 35   Eckstein 2008, 52-54 (cit. a pagina 53): «Whereas Apollonia was a Roman amicus, no links were established with the Hellenized Illyrian city-states of Byllis and Amantia, 25 miles up the Aous River from Apollonia; yet these towns dominated their sector of the crucial overland route from the Adriatic southeast through the Pindus mountains into central Greece».

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PARTE I: POLEIS – LE COLONIE DI CORINTO E CORCIRA

esercitare un controllo politico e territoriale su un ampio hinterland popolato da koina locali dipendenti, attraverso rapporti come quelli che appaiono emergere dal decreto dei Balaieitai. Chiudo il paragrafo con un’ultima considerazione riguardante la natura della comunità politica dei Balaieitai. Il testo del decreto porta due diverse forme di etnico, Βαλαιειταί e Βαλαιιταί. Le due grafie, è bene premetterlo, potrebbero essere il frutto di un semplice fenomeno di itacismo; l’uso dell’una o dell’altra forma sembrerebbe tuttavia rispondere a uno schema coerente e l’impressione è che tale alternanza non sia casuale. Infatti, mentre i Βαλαιιταί sono indicati come i destinatari delle azioni filantropiche di Aristen (l. 7) e, in seguito, dei ringraziamenti del peripolarchos (l. 14), i Βαλαιειταί (o τὸ κοινὸν τῶν Βαλαιειτᾶν) sono invece indicati come il soggetto politico emanante i decreti (vd. le formule d’approvazione alle ll. 8 e 18), e come la comunità politica destinataria ufficiale della corona vicendevolmente conferita da Aristen (τὸ κοινὸν τῶν Βαλαιειτᾶν, ll. 16-17). Il termine koinon + etnico al gen. pl. non sottende qui l’esistenza di uno stato federale (nemmeno se inteso nei termini di una sorta di micro-federalismo locale36), ma piuttosto la semplice costituzione di comuni organi decisionali insediati presso un centro urbano, capitale dell’ethnos. La differenza che intercorre tra questi due piani – l’ethnos con il suo territorio da una parte, la polis ‘tribale’37 capitale dell’ethnos dall’altra – sembra poter essere osservata nell’epigrafia e numismatica di queste aree38: si vedano, quali esempi significativi, la compresenza delle scritte ΔΙΜΑΛΛΙΤΑΝ e ΔΙΜΑΛΛΑ negli stampi su tegola da Dimalla39, o delle legende ΒΥΛΛΙΟΝΩΝ e ΒΥΛΛΙΣ nelle emissioni monetali del koinon dei Bylliones40. In questo senso, perciò, l’uso alternato delle forme Βαλαιιταί / Βαλαιειταί potrebbe aver rispettivamente distinto l’ethnos insediato in una Βαλαιίς γῆ (?), dall’autorità politica presente nel suo centro urbano di riferimento, rappresentata dagli organi decisionali del κοινὸν τῶν Βαλαιειτᾶν.

36   In questo senso, sono in generale d’accordo con l’interpretazione proposta da Cabanes 1999, 378-382, in riferimento ai koina dei Prasaiboi, Bylliones, Amantes e Balaieitai. 37   Sul concetto di polis-‘tribale’, rimando qui a Lasagni 2018, 159-188. 38   Per altri casi simili nel contesto della federazione etolica, cf. infra, 176 sgg. 39   Vd. supra, 64 sg. 40   Cf. Cabanes 1999, 380 e n. 55 con riferimenti.

Parte II

Ethne – Stati federali della Grecia occidentale

1. Il koinon degli Acarnani

1.1. La nascita dello stato federale degli Acarnani Un’indagine sulle realtà locali nell’area considerata da questo studio vede nell’Acarnania e nel suo stato federale un caso ricco di interesse e, al contempo, di difficoltà. Per ovvie ragioni, l’analisi del rapporto tra livelli locali e centrali dell’organizzazione politica all’interno dello stato acarnano richiede di affrontare preliminarmente il problema della genesi e dell’evoluzione del suo koinon federale, per il quale, tuttavia, ci si scontra con due principali ordini di problemi. Da un lato, vi sono le questioni legate alle intricate vicende storiche che videro coinvolta l’Acarnania, prima, nelle rivalità tra Corinto e Atene per il controllo delle direttrici nordoccidentali e, poi, nella politica espansionistica di Epiro, Etolia e Macedonia, che culminò attorno al 258-250 a.C. nella spartizione del territorio acarnano tra koinon degli Etoli e Alessandro II re d’Epiro1. Dall’altro lato, vi sono gli ostacoli presentati dall’esiguità delle testimonianze antiche – e in primo luogo epigrafiche  –  riguardanti lo sviluppo e l’assetto organizzativo delle strutture federali del koinon acarnano. Da tutto ciò ne consegue che, in relazione al problema della storia e delle istituzioni dell’Acarnania, si abbia una visione, da una parte, di forte instabilità e mutevolezza per ciò che concerne la composizione delle realtà locali costituenti il territorio federale nelle varie epoche, dall’altra parte, un’immagine profondamente frammentata, in una prospettiva sia diacronica che sincronica, dell’organizzazione federale nei rapporti tra i vari livelli del potere.

1   Sulla storia dell’Acarnania cf. Larsen 1968, 89-95 e 264-273 e passim; i contributi raccolti in Berktold - Schmidt - Wacker 1996, 17-153; Freitag 2015, 69-78; inoltre, sul rapporto tra Corinto e l’ethnos acarnano, cf. Stickler 2010, 115-158; sull’Acarnania d’età classica, e particolarmente per il periodo dell pentekontaetia e della guerra del Peloponneso, cf. inoltre Consolo Langher 1968, 250-276; 1996, 245-326; Gehrke 1994-1995, 41-48; Fantasia 2010, 141-161; Pascual 2016, 53-77; riguardo al IV sec. a.C. e ai rapporti con Atene e la Seconda Lega Navale, cf. anche Marcotte 1985, 254-258; per la storia acarnana dall’età di Filippo II alla terza guerra macedonica, cf. Dany 1999, 21230; per l’Acarnania tra Macedonia, Epiro ed Etolia, cf. anche Sordi 1994, 18-19; per la cronologia della spartizione del territorio acarnano, cf. in part. Schoch - Wacker 1996, 125-128; Pascual 2017, 40 (253-252 a.C.).

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PARTE II: ETHNE – STATI FEDERALI DELLA GRECIA OCCIDENTALE

Il momento di inizio dell’unione federale acarnana costituisce un tema assai dibattuto tra gli studiosi, in parte a causa della generale esistenza di visioni divergenti sulla stessa natura dello “stato federale” greco e sugli indicatori atti a riconoscerne l’esistenza, in parte a causa della peculiare situazione presentata dal caso acarnano, che rende molto ardua ogni ipotesi di periodizzazione. La sensazione che si ricava dalle fonti, infatti, è quella di trovarsi di fronte una sorta di continuum, che da forme parziali di coesione politica condusse sino allo sviluppo di un’organizzazione statuale unitaria, dotata di una comune politeia e caratterizzata da un assetto per noi concretamente ricostruibile solo a partire dall’inizio del III sec. a.C.2. Certo, l’evoluzione dello stato federale acarnano potrebbe presentarsi così solo a causa della drammatica scarsità della documentazione antica a nostra disposizione; le fonti storiche trattano dell’Acarnania e delle comunità che la componevano quasi esclusivamente in relazione a questioni di politica estera e assai scarni sono di conseguenza i dati istituzionali interni leggibili in filigrana a partire da questa tipologia di narrazioni. Le fonti epigrafiche di contenuto istituzionale, come decreti o trattati, sono d’altro canto tra le più esigue annoverabili tra le formazioni statuali della Grecia continentale a livello sia locale sia federale3. Benché l’ethnos acarnano e le sue città avessero fatto il loro ingresso nella grande storia di Atene, Corinto e Sparta già in piena età classica, lo sviluppo istituzionale dell’Acarnania durante tutto il corso del V e del IV secolo rimane sostanzialmente nella nebbia. Al di là di questo aspetto, si deve nondimeno notare come anche in altri casi – e in particolare nel contesto della Grecia nordoccidentale, caratterizzato com’era da un originario impianto tribale e da uno sviluppo relativamente tardivo di strutture istituzionali unitarie – la nascita dello “stato federale” paia corrispondere in realtà a un graduale processo di istituzionalizzazione dell’ethnos, spesso protratto ancora lungo tutto il IV sec. a.C., che, a partire da un coordinamento comune di stampo militare, giungeva a un sempre più ampio sviluppo degli apparati politici federali (organi deliberativi, magistrature, corti di giustizia) e a un sempre più razionale ed efficiente inquadramento delle realtà locali nel koinon (partecipazione a consiglio e magistrature in quote proporzionali, introduzione di distretti territoriali), sino alla codifica e applicazione di un diritto di cittadinanza comune. La gradualità che siamo tenuti a riconoscere a tali processi di istituzionalizzazione fa ovviamente sì che l’individuazione, da parte dello storico, di un momento di passaggio da

  Attraverso la menzione di magistrature federali nel trattato di isopoliteia con il koinon degli Etoli IG IX 12 1, 3A (ca. 262 a.C.), ll. 22 sgg. 3   Dai tempi della pubblicazione del volume IG IX 12 (1957), il corpus delle iscrizioni acarnane si è arrichito di molti nuovi ritrovamenti, tanto da richiedere la pianificazione di un nuovo volume di Addenda et Corrigenda a quello di Klaffenbach, cf. Summa 2013, 272-275; tuttavia, tra le circa 400 iscrizioni non precedentemente pubblicate in IG IX 12, si annoverano solo tre decreti e un trattato. Per ciò che concerne invece le evidenze provenienti dalla numismatica, di interpretazione in ogni caso assai controversa sino al III sec. a.C., cf. Freitag 2015, 83-85. 2

1. IL KOINON DEGLI ACARNANI

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una fase per così dire ‘pre-federale’ a una ‘pienamente federale’ corrisponda a un’operazione piuttosto soggettiva, che non tiene peraltro conto della sostanziale continuità con cui erano percepiti i grandi ethne come quello degli Acarnani, pur a fronte di palesi e profonde trasformazioni occorse nel tempo nella loro organizzazione politica. Al di là di questo aspetto, credo si debba riconoscere il fatto che sia possibile individuare nelle testimonianze antiche alcuni specifici indicatori, in grado di comprovare la presenza di una formazione statuale pienamente federale, distinguendola pertanto da altri tipi di unione a base etnica, caratterizzati da finalità e prerogative ristrette, come la gestione di operazioni militari comuni. Tali indicatori, è bene tenerlo presente, non andranno identificati in elementi di carattere esterno rispetto alla comunità politica presa in esame (come il riconoscimento della sua esistenza sul piano delle relazioni interstatali), bensì in quelli di carattere interno, costituiti, nella fattispecie, dalla creazione di un quadro istituzionale di raccordo tra le realtà locali e gli organismi federali, nel mantenimento di un doppio livello di politeia4. Fatte queste premesse, possiamo tornare alla questione dell’origine del koinon acarnano notando anzitutto come la più antica testimonianza certa di un raggiunto assetto federale sia rappresentata dal trattato di isopoliteia tra l’Etolia e l’Acarnania del 263 a.C. ca., sulla base del quale è infatti possibile rilevare la presenza di archai (strateghi, ipparco, segretario) e di un synedrion centrali, composti a partire dalle comunità membri, in ragione di un ordinamento per distretti territoriali5. Questa testimonianza epigrafica rappresenterebbe in altre parole l’unico incontrovertibile terminus ante quem per la nascita dello stato federale acarnano, il quale, come avrò modo di spiegare meglio oltre, corrisponde a fenomeno istituzionale sviluppatosi pienamente a partire dalla metà del IV sec.  a.C., se diamo credito alla testimonianza del decreto frammentario IG II2 208, se non addirittura successivamente. Un’altra testimonianza, ricavabile da un luogo di Diodoro Siculo relativo alla terza guerra dei Diadochi, viene sovente interpretata quale indicatore dell’avvenuta formazione di uno stato federale acarnano alla fine del IV sec. a.C. Nel 314 a.C. Cassandro aveva convinto gli Acarnani a concentrare in poche poleis la popolazione, in modo da poter far meglio fronte a un attacco militare degli Etoli alleati di Antigono6. Diod. XIX 67, 4: συναγαγὼν δὲ τοὺς Ἀκαρνᾶνας εἰς κοινὴν ἐκκλησίαν καὶ διελθὼν ὅτι πόλεμον ἔχουσιν ὅμορον ἐκ παλαιῶν χρόνων, συνεβούλευεν ἐκ τῶν 〈ἀν〉 οχύρων καὶ μικρῶν χωρίων εἰς ὀλίγας πόλεις μετοικῆσαι, ὅπως μὴ διεσπαρμένης τῆς οἰκήσεως ἀδυνατῶσιν ἀλλήλοις βοηθεῖν καὶ πρὸς τὰς ἀπροσδοκήτους τῶν

  Sulla “doppia politeia” negli stati federali, cf. Lasagni 2017, 78-109.   Più antica del documento menzionato, 283 a.C. (?), risulterebbe l’iscrizione perduta IG IX 12 2, 207, vd. infra, n. 7. 6   Cf. Berktold 1996, 117-123 e in part. 118 n. 4 per ulteriori riferimenti bibliografici. 4 5

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PARTE II: ETHNE – STATI FEDERALI DELLA GRECIA OCCIDENTALE

πολεμίων ἐπιθέσεις δυσχερῶς ἀθροίζωνται. πεισθέντων δὲ τῶν Ἀκαρνάνων οἱ πλεῖστοι μὲν εἰς Στράτον πόλιν συνῴκησαν, ὀχυρωτάτην οὖσαν καὶ μεγίστην, Οἰνιάδαι δὲ καί τινες ἄλλοι συνῆλθον ἐπὶ Σαυρίαν, Δεριεῖς δὲ μεθ’ ἑτέρων εἰς Ἀγρίνιον. «Avendo radunato gli Acarnani in un’assemblea comune e spiegando come sin dai tempi antichi fossero impegnati in guerre di frontiera, (Cassandro) li consigliò di lasciare i villaggi, che erano piccoli e non fortificati, per insediarsi in poche città, affinché non fossero più incapaci, per il fatto di vivere in insediamenti sparsi, di venirsi in soccorso gli uni gli altri, e non trovassero più difficoltà a raccogliersi per far fronte agli attacchi improvvisi dei nemici. Gli Acarnani ne furono persuasi e la maggioranza riunì i propri insediamenti a Stratos, che era la città più grande e meglio fortificata, mentre gli Oiniadai e alcuni altri si concentrarono a Sauria, e i Derieis con altri ad Agrinion».

La proposta, dice Diodoro, venne dunque avanzata da Cassandro συναγαγὼν δὲ τοὺς Ἀκαρνᾶνας εἰς κοινὴν ἐκκλησίαν. Ciò potrebbe lasciar supporre l’esistenza di un’assemblea primaria dell’ethnos similare a quelle riscontrabili in altri stati federali di età ellenistica, come il koinon degli Etoli o il koinon dei Beoti tra 338 e 167 a.C. Si tratta tuttavia di una testimonianza di non univoca interpretazione7; la mancanza di testimonianze certe, letterarie e soprattutto epigrafiche, su una koine ekklesia degli Acarnani in questo periodo non ci permette infatti di poter stabilire con la dovuta sicurezza quali fossero la natura e i presupposti di tale adunanza: se essa, cioè, radunasse una notevole massa di popolazione ovvero una più ristretta élite proveniente dalle varie città e se, soprattutto, corrispondesse a un organo deliberativo ufficiale del koinon ovvero a un’iniziativa di carattere straordinario, messa in atto su impulso di Cassadro, come l’interpretazione letterale del testo diodoreo porterebbe a intendere («avendo radunato gli Acarnani in un’assemblea comune…» e non “avendo convocato l’ekklesia degli Acarnani”). All’inizio del IV sec. a.C. è invece riferito un passo delle Elleniche di Senofonte, nel quale si dice che Agesilao, giunto in Acarnania con l’esercito per porre fine alle continue aggressioni da questa perpetrate ai danni degli Achei, avrebbe inviato alcuni ambasciatori εἰς Στράτον πρὸς τὸ κοινὸν τῶν Ἀκαρνάνων.

  Così Berktold 1996, 122. Mentre questi illustra tutte le difficoltà di interpretazione relativamente alla testimonianza di Diodoro, evitando di prendere al riguardo una posizione definitiva, ad esempio Freitag 2015, 81, annovera senz’altro questo passo tra le sicure testimonianze sull’esistenza di un’assemblea primaria quale organo istituzionale della federazione acarnana. Contro questa posizione, bisogna tuttavia ricordare come ad oggi non esistano attestazioni indiscutibili per il IV sec. a.C.; il più antico decreto federale acarnano approvato da un organo assembleare, denominato οἱ χίλιοι, è infatti l’iscrizione IG IX 12 2, 207 risalente agli anni ’80 del III secolo (o attorno al 294 a.C.?, vd. Staatsver. III, nr. 459); si tratta tuttavia di una testimonianza epigrafica assai malcerta: infatti, del testo originale del decreto, mai pubblicato e oggi perduto, si tramanda solo la menzione di οἱ χίλιοι e la presenza di misure per la pubblicazione ed esposizione presso Aktion di un accordo tra il koinon acarnano e il re Pirro. 7

1. IL KOINON DEGLI ACARNANI

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Xen.  Hell. IV 6, 4: ἐπεὶ δὲ διέβη ὁ Ἀγησίλαος, πάντες μὲν οἱ ἐκ τῶν ἀγρῶν Ἀκαρνᾶνες ἔφυγον εἰς τὰ ἄστη, πάντα δὲ τὰ βοσκήματα ἀπεχώρησε πόρρω, ὅπως μὴ ἁλίσκηται ὑπὸ τοῦ στρατεύματος. ὁ δ’ Ἀγησίλαος ἐπειδὴ ἐγένετο ἐν τοῖς ὁρίοις τῆς πολεμίας, πέμψας εἰς Στράτον πρὸς τὸ κοινὸν τῶν Ἀκαρνάνων εἶπεν ὡς, εἰ μὴ παυσάμενοι τῆς πρὸς Βοιωτοὺς καὶ Ἀθηναίους συμμαχίας ἑαυτοὺς καὶ τοὺς συμμάχους αἱρήσονται, δῃώσει πᾶσαν τὴν γῆν αὐτῶν ἐφεξῆς καὶ παραλείψει οὐδέν. «Dopo che Agesilao ebbe compiuta la traversata, tutti gli Acarnani dalle campagne fuggirono verso le città fortificate, e tutto bestiame venne mandato lontano per non finire in mano alle truppe. Una volta giunto ai confini del territorio nemico, Agesilao mandò un’ambasceria a Stratos, presso il koinon degli Acarnani, dicendo che se essi non avessero posto fine all’alleanza con Beoti e Ateniesi, e non avessero scelto loro e i loro alleati, avrebbe interamente devastato tutta la loro terra senza lasciare nulla».

Rispetto alla testimonianza di Diodoro, quella di Senofonte, relativa all’anno 389 a.C., risulta certo più significativa rispetto alla questione della nascita di uno stato federale acarnano, dal momento che attesta la presenza istituzioni comuni degli Acarnani presso la polis di Stratos, la quale avrebbe continuato a rappresentare la sede degli organi centrali anche nelle testimonianze relative alla “prima federazione” acarnana8. Il dato ricavabile dal testo senofonteo, tuttavia, rimane ancora una volta abbastanza isolato. Quello che sembra di dover escludere è che il termine κοινόν dovesse necessariamente riferirsi alla presenza di un’ekklesia degli Acarnani riunita a Stratos9. Confrontando altre analoghe ricorrenze di τὸ κοινόν all’interno delle Elleniche, si può infatti notare come il termine koinon potesse essere stato qui impiegato con una valenza generica, ossia non appartenente in maniera esclusiva al contesto degli stati federali. Questa parola, che potremmo sovente tradurre con il moderno temine di “stato” (respublica), è qui usata per indicare l’insieme degli organi di governo o, in altre parole, l’autorità politica, tanto all’interno di ethne (ad es. τὸ κοινὸν τῶν Ἀρκάδων, Xen. Hell. VII 4-5) quanto in ambito poleico (ad es. τὸ κοινὸν τῶν Λακεδαιμονίων, ibid. VI 1, 2), similmente a quanto è possibile già riscontrare anche nel narrato erodoteo e tucidideo10. Per

  IG IX 12 2, 393, su cui vd. infra, 112.   Per koinon nel significato di assemblea primaria, si veda Rzepka 2002, 225-235, e part. 227228, ma con discussione critica in Lasagni 2009-2010, 223-234. La più antica testimonianza epigrafica che attesti la presenza di un κοινὸν τῶν Ἀκαρνάνων in veste di organismo deliberativo – verosimilmente un’assemblea primaria vera e propria – risale infatti solo alla fine del III sec. a.C., al periodo della “seconda federazione” acarnana (IG IX 12 2, 583); sui chilioi in IG IX 12 2, 207, vd. supra, 80 n. 7; sull’intercambiabilità di τὸ κοινόν e di οἱ χίλιοι nel formulario dei decreti federali acarnani, cf. Funke - Gehrke - Kolonas 1993, 139-141. 10   Vd. ad es. Hdt. IX 117, 5 e Thuc. I 89, 4 (lo “stato” ateniese); Hdt. VI 58, 2 (comunità politica degli Spartiati); Thuc. I 90, 5 e II 12, 2 (autorità pubblica). Su questi passi, cf. Lasagni 2011, 85-86 n. 35. 8

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PARTE II: ETHNE – STATI FEDERALI DELLA GRECIA OCCIDENTALE

concludere, la testimonianza di Senofonte, pur indicativa, non fornisce indicazioni certe riguardo a un’organizzazione istituzionale stabile dell’ethnos acarnano agli inizi del IV sec. a.C., perché definisce di per sé di che natura fosse l’autorità politica (koinon) presso cui erano stati inviati gli ambasciatori peloponnesiaci nel 389 a.C. Questa mia prudenza nei confronti della testimonianza di Senofonte, qui all’apparenza eccessiva, credo sarà meglio chiarita al lettore quanto analizzerò più approfonditamente il peculiare ruolo ricoperto dalla polis di Stratos nella graduale formazione dello stato federale acarnano. Un documento assai più significativo, benché di non univoca interpretazione data la forte frammentarietà del relativo testo epigrafico, è rappresentato da un accordo tra Atene e la polis acarnana di Echinos, risalente al 349/8 a.C.11. Come si legge alle linee 11 sgg., a seguito di richieste avanzate da ambasciatori di Echinos (ll. 6 sg.), gli Ateniesi deliberano il conferimento della lode a [- - -? Ἀκαρ]νάνων. Il decreto ha a che fare con una convenzione giudiziaria (τὰ σύμβολα, l. 14). Nell’edizione di Kirchner, la lacuna alla l. 12 veniva integrata con un esplicito riferimento al «koinon degli Acarnani»: [γ]νώμ[η]ν [δ]ὲ ξυ[μβάλλεσθαι τῆς βουλῆς εἰς τὸ]|ν δῆμ[ο]ν ὅτι δ[οκεῖ τῆι βουλῆι τὸ κοινὸν τῶν Ἀκ|αρ]νάνων ἐπ[αινέσαι - -  - - - - - - - - - - - - - - ] (ll. 11-13). La presenza nel decreto dell’espressione τὸ κοινὸν τῶν Ἀκαρνάνων, di cui pure si conservano sulla pietra le sole lettere – ]ΝΑΝΩΝ, rimane a mio avviso altamente attendibile. Nell’editio tertia, tale integrazione è stata eliminata e sostituita da una lacuna imprecisata di dieci lettere12. L’impaginato epigrafico presenta infatti uno stoichedon di 35 lettere, e dall’inserimento di τὸ κοινὸν τῶν ne risulterebbe una linea di 36. Lo stesso testo, tuttavia, registra alcune deroghe al numero di stoichoi (36 lettere alla l. 8, 34 alla l. 11), senza contare il fatto che nessun’altra plausibile integrazione di 8~11 lettere sembra poter essere qui proposta. Trattandosi di uno psephisma emanato dalla polis ateniese, l’attestazione (o assai plausibile attestazione) di un κοινὸν τῶν Ἀκαρνάνων quale oggetto del conferimento della lode ufficiale di Atene assume qui ben altra pregnanza rispetto all’impiego letterario della medesima espressione in Senofonte. Si può ammettere che il decreto IG II2 208 e Xen. Hell. IV 6, 4 facessero di fatto riferimento alla medesima entità politica, ma un terminus ante quem per l’avvenuta formazione di uno stato federale acarnano può essere con più sicurezza riconosciuta nello psephisma ateniese del 349/8 a.C., che non nella testimonianza senofontea relativa a vicende del 389 a.C., dove il riferimento a un κοινὸν τῶν Ἀκαρνάνων 11   IG II2 208 (= Staatsv. II, nr. 325). Su Echinos cf. Inventory nr. 118; essa compare tra le poleis acarnane nelle liste di Epidauro e di Nemea (vd. infra, Tabb. 3 e 5); non si conoscono attestazioni di rappresentanti di Echinos all’interno della “prima” federazione acarnana e, in particolare, nel trattato di isopoliteia con l’Etolia; Ἀκαρνᾶν… ἀπ’ Ἐχίνου è menzionato in un epigramma funerario da Kos, databile al III sec. a.C. (IG IX 12 2, 579). 12   IG II3 1, 296, ll. 12-13: ὅτι δ[οκεῖ τῆι βουλῆι . . . . . 10. . . . . τῶν Ἀκ|αρ]νάνων ἐπ[αινέσαι - -  - - - - - - - - - - - - - - ].

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presente a Stratos esprime al confronto una minore riconoscibilità istituzionale. Seppure il testo superstite del decreto per gli Echinaioi (a differenza ad esempio del trattato di isopoliteia con l’Etolia IG IX 12 1, 3A sopra evocato) non conservi alcuna ulteriore informazione sulle possibili magistrature e istituzioni comuni del presunto koinon, e seppure permanga il problema non secondario di valorizzare come testimonianza probante un documento fortemente integrato, ciononostante questo documento epigrafico testimonia l’esistenza di un rapporto politico-istituzionale oramai codificato tra realtà locali e potere centrale in seno alla regione acarnana, rafforzando in questo l’idea dell’avvenuta formazione di una stabile unione federale degli Acarnani. La menzione – questa sicura – degli Ἀκαρνάνες nel decreto per gli Echinaioi può infatti suggerire che l’iniziativa degli Echinaioi fosse passata attraverso il coinvolgimento e la mediazione degli organismi federali del koinon. L’invio di delegati ad Atene da parte di Echinos, si noti, non deve far supporre che questa avesse la facoltà di condurre autonomamente iniziative di politica “estera” pur in presenza di un’organizzazione federale acarnana13. Non mancano infatti esempi di relazioni interstatali condotte da poleis membri di federazioni con la mediazione o il semplice consenso del koinon di appartenenza. Un esempio significativo al proposito è quello dell’invio di ambasciatori ad Antigono Dosone da parte di Megalopolis, città membro della federazione achea, narrato da Polyb. II 48 (227 a.C.): i legati da Megalopolis erano stati inviati prima presso gli organi federali, per chiedere il consenso del koinon all’iniziativa, e solo in seguito, a fronte di un nulla osta della federazione, presso Antigono14. Non è improbabile ritenere che uno schema similare possa essersi verificato anche nel caso dei rapporti tra Echinos e Atene, e che, pertanto, i presbeis della città acarnana abbiano effettuato la loro missione diplomatica solo dietro ufficiale autorizzazione del koinon, il quale sarebbe stato di conseguenza raggiunto dal provvedimento onorifico di Atene per il ruolo ricoperto. Un’ultima testimonianza epigrafica deve essere qui infine richiamata, per il fatto di essere stata interpretata come un decreto federale acarnano e, in particolare, come un decreto di conferimento della politeia acarnana. Dirò sin da subito che non solo lo scarno testo superstite rende tale lettura troppo congetturale per poter essere presa in seria considerazione, ma anche che credo esista la concreta possibilità che questo decreto su placca bronzea, noto da collezione e di cui si ignora del tutto l’originaria provenienza, fosse stato addirittura emesso al di fuori del contesto acarnano. Un’ulteriore incertezza riguarda peraltro la cronologia del decreto, dal momento che l’iscrizione è stata collocata nel III sec. a.C. da Louis Robert anche se in seguito fu attribuita alla fine del IV sec.  a.C. nell’edizione

  Come sostiene invece Corsten 1999, 196-197.   Polyb. II 48, 6-7: οἱ μὲν οὖν Μεγαλοπολῖται κατέστησαν αὐτοὺς τοὺς περὶ τὸν Νικοφάνη καὶ τὸν Κερκιδᾶν πρεσβευτὰς πρός τε τοὺς Ἀχαιοὺς κἀκεῖθεν εὐθέως πρὸς τὸν Ἀντίγονον, ἂν αὐτοῖς συγκατάθηται τὸ ἔθνος. οἱ δ’ Ἀχαιοὶ συνεχώρησαν πρεσβεύειν τοῖς Μεγαλοπολίταις. 13 14

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berlinese, sempre in base a criteri paleografici15. Nonostante questo, l’eventualità, seppure assai remota, di trovarci di fronte a un decreto federale di fine IV sec. a.C. ci richiede di per sé di prendere brevemente in considerazione anche questo documento, di cui riporto qui di seguito il testo come pubblicato nelle Inscriptiones Graecae per comodità del lettore16: IG IX 12 2, 573 ........c. 20........ΙΑΚΑΡΝΕΣΙ̣.. .......c. 19........ων Ἀκαρνᾶνας [......c. 17....... τ]ᾶς Ἀκαρνίας(!) πολι [......c. 17....... Ἀ]ντίμαχον ἐκ τᾶς 5 [Ἀκ]α̣ρνανί̣α̣[ς, τὸν ἐπιτ]υ̣γχάνοντα συλᾶ [ν] κ̣αὶ τὰν π̣[όλιν, ἐ]ξ ἇς [κ]α ἄγηται· εἰ δὲ μὴ σ υ̣λῶι, ἁ μὲ[ν πό]λ̣ις ἀποτεισάτω ἑκατὸν μν ᾶς ἱερὰς τῶι Ἀπόλλωνι̣ τῶι Μετθαπίωι καὶ ὁ [ἔ]τ̣α̣ς ὁ ἐπιτυχών, εἰ μὴ συλῶι, δέκα μν[ᾶς ἱερ]10 [ὰς κ]ὰτ ταὐτά· τὸν δὲ συλάσαντα κα̣[ὶ ἔταν κ] [αὶ π]όλιμ μὴ ὑ̣πέχειν δίκαν̣ ...c. 10... .3-4.Α̣ΝΛ̣ΕΟΝΤ̣ ... ΟΙΟΙΝ.ΛΤΟΣΑ...c. 11.... – – – – – – – – – ΟΝΕΙΜ̣...c. 11....

Nel commento all’iscrizione, Klaffenbach formulò un’ampia proposta di integrazione delle linee 1-4 ([Ἀντιμάχωι τοῦ δεῖνος ethn.]ι Ἀκαρ〈νά〉νες π̣[ολ|ιτείαν ἔδωκαν ἀντὶ] ὧν Ἀκαρνᾶνας | [εὖ πεποίηκεν, ἐν ἇι κα τᾶν τ]ᾶς Ἀκαρ〈να〉νίας πολί|[ων θέληι . . . . .c. 10 . . . . Ἀ]ντίμαχον ἐκ τᾶς κτλ.), sulla scia della lettura che Louis Robert aveva suggerito per la sola l. 3 ([εἶναι αὐτὸν πόλεως ἇς κα βούληται τ]ᾶς Ἀκαρ〈να〉νίας πολί|[ταν). Al di là del fatto che, viste la natura e stato di conservazione del documento epigrafico in oggetto, ogni ulteriore giudizio andrebbe sospeso fino a un nuovo e attento riesame autoptico della placca bronzea, si deve comunque ammettere come nessuna di queste proposte può essere senz’altro accolta. Entrambe scaturiscono dalla compresenza, nelle prime linee del testo superstite, di riferimenti all’Acarnania e agli Acarnani, e delle lettere ΠΟΛΙ[–, che ov-

  Robert 1936, 39-41 nr. 35 (39 per la datazione).   A quanto mi consta, questa iscrizione ha ricevuto a oggi scarsissima attenzione negli studi; diversi aspetti giuridici sollevati dal testo, riguardanti i rapporti tra privati e tra stati in relazione al diritto di rappresaglia (συλεῖν), ma non strettamente attinenti ai fini del presente studio, varrebbero la pena di essere ulteriormente approfonditi, ed è con queste riserve che propongo qui in nota una traduzione del testo edito nelle IG: «. . . . . Acarnani (?). . . . . Acarnani (?) . . . . . (città?) dell’Acarnania . . . . . Antimachos dall’Acarnania, colui che ottiene il diritto di sequestro per rappresaglia e la città, dalla quale ha sottratto per sé; se non esercita il sequestro per rappresaglia, la polis venga sottoposta a un’ammenda di cento mine da consacrarsi ad Apollo Metthapios e il privato cittadino, se non esercita il sequestro per rappresaglia, versi dieci mine consacrate allo stesso modo. Al soggetto che esercita il sequestro per rappresaglia, sia un privato cittadino sia una polis, non sia applicata nessuna pena . . . . .». 15 16

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viamente si prestavano ad essere suggestivamente connesse a termini chiave come πολιτεία o πολίτης. Per quanto è dato di sapere, queste quattro lettere potrebbero però semplicemente far parte della parola πόλις, senza portarci necessariamente a desumere che si trattasse di un decreto di conferimento della cittadinanza acarnana17. Oltre a questo, si deve altresì notare che non solo le integrazioni suggerite per queste linee non possiedono riscontri formulari nella documentazione epigrafica dell’area (quella di Robert si rivela per di più inadatta alla lacuna della linea 3), ma anche che un così repentino passaggio, nel testo del decreto, tra il presunto conferimento della politeia acarnana (ll. 1-4) e una serie di clausole (ll. 5 sgg.) regolamentanti specifici aspetti relativi al diritto di rappresaglia non sembra a mio avviso aver senso. A queste incertezze si aggiungono quelle relative alla provenienza dell’iscrizione e, di conseguenza, alla comunità politica emanante. Ci si può chiedere infatti se Acarnania e gli Acarnani potessero essere qui menzionati in veste di controparte di un accordo a carattere giuridico e non come comunità politica emanante; la menzione di un individuo di nome Antimachos induce facilmente a pensare a un provvedimento onorifico (senza tuttavia pensare necessariamente al conferimento della politeia acarnana); ma non si può nemmeno escludere che Antimachos fosse qui citato per il fatto di rivestire un qualche specifico ruolo operativo, e non come onorando. Particolarmente enigmatico è infine il riferimento al tempio di Apollo Metthapios, presso cui la polis o il privato avrebbero dovuto consacrare un deposito di cento o dieci mine rispettivamente, in caso di mancato esercizio della rappresaglia. Non solo, infatti, l’Apollo Metthapios è sconosciuto nella madrepatria greca, ma gli indizi emergenti dalle fonti dalle fonti per una sua attribuzione ci portano anzi fuori dall’Acarnania, ad esempio nell’area della Locride Occidentale, sulla quale sembrerebbero convergere altri elementi di questo problematico documento18. Nel racconto della campagna di Eurylochos (426 a.C.), su cui tornerò poco oltre, Tucidide elenca le comunità locresi che in tale frangente avevano inviato propri ostaggi ai Peloponnesiaci; tra di esse, verosimilmente collegati a una polis il cui toponimo non trova tuttavia attestazioni, vi erano anche i Μεσσάπιοι19. Lo stesso etnico ricompare anche nella

  Ad es.: gen. πόλιος o πολίων (come nell’integrazione di Klaffenbach), o acc. πόλιας.   Vd. infra, n. 20. Ma vd. anche il toponimo Μετάπα, riferibile a un centro localizzato in Etolia a ovest di Thermos (Analipsis): Polyb. V 7, 8, con Pritchett 1989, 130-132; CID IV 95, ll. 7-8 (209203 a.C.): hieromnemon etolico Μετάπιος. Cf. Robert 1936, 40 per altri riferimenti. 19   Thuc. III 101, 2: καὶ αὐτοὶ πρῶτοι (scil. i Locresi di Amphissa) δόντες ὁμήρους καὶ τοὺς ἄλλους ἔπεισαν δοῦναι φοβουμένους τὸν ἐπιόντα στρατόν, πρῶτον μὲν οὖν τοὺς ὁμόρους αὐτοῖς Μυονέας (ταύτῃ γὰρ δυσεσβολώτατος ἡ Λοκρίς), ἔπειτα Ἰπνέας καὶ Μεσσαπίους καὶ Τριταιέας καὶ Χαλαίους καὶ Τολοφωνίους καὶ Ἡσσίους καὶ Οἰανθέας. οὗτοι καὶ ξυνεστράτευον πάντες. Ὀλπαῖοι δὲ ὁμήρους μὲν ἔδοσαν, ἠκολούθουν δὲ οὔ. Come si legge nel passo, a fornire ostaggi senza tuttavia partecipare alla spedizione vi erano stati anche gli abitanti di Olpai, sede del koinon dikasterion per le contese tra Acarnani e Amphilochoi, su cui vd. infra, 93 e sgg. Sui Messapioi come comunità poleica locrese, cf. Inventory nr. 163. 17 18

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lista dei tesorieri delfici del 337/6 a.C., a qualificare un tesoriere locrese: Λοκρῶν Χαιρέας Ὀρθαγόρ[α Μ]εσ[σ]άπιος (CID II 74, ll. 51-52). Questo collegamento, forse nulla più di una suggestione, sembra tuttavia offuscare ulteriormente l’idea di potersi trovare di fronte a un decreto di cittadinanza emanato dal koinon acarnano, suggerendoci che l’ipotesi di un’origine non acarnana del documento valga la pena di essere approfondita20.

1.2. Gli Acarnani nel V secolo La presenza dell’Acarnania quale entità statuale riconosciuta sul piano delle relazioni interstatali è certo già presente nelle fonti per tutto il corso dell’età classica: gli Ἀκαρνᾶνες appaiono in più punti del racconto tucidideo in relazione alle vicende della pentekontaetia e della guerra del Peloponneso, mentre nella prima metà del IV sec. a.C. gli stessi sono registrati nell’epigrafia ateniese tra gli alleati della seconda Lega navale (Rhodes-Osborne, GHI 22, l. 106, e ibid. 24, 375 a.C.). Queste più antiche testimonianze, che analizzerò meglio qui di seguito, non costituiscono di per sé prova della formazione di un assetto federale unitario, ma solo di un coordinamento dell’ethnos degli Acarnani di fronte a questioni di politica estera e a iniziative di carattere militare (spedizioni, alleanze ecc.): un coordinamento che, pertanto, poteva corrispondere a un fenomeno contingente o, in ogni caso, limitato a specifiche finalità. In altre parole, la sola presenza degli Acarnani nelle fonti di età classica come entità politica unitaria non deve portare a dedurre necessariamente la costituzione di uno stato federale acarnano già pienamente sviluppato nel V sec. a.C.21. In mancanza di dati su magistrature e istituzioni per-

20   Congeniali all’ipotesi di un’origine locrese sono peraltro non solo l’uso del supporto bronzeo – invero diffuso in area occidentale, ma di cui proprio la Locride Occidentale ci fornisce una serie di notevoli esempi – ma anche lo stesso tema della regolamentazione / divieto del diritto di rappresaglia, che ricorre in epoca alta in vari documenti pubblici provenienti da quest’area, primo tra tutti il noto trattato tra Oiantheia e Chaleion della prima metà del V sec. a.C. Le iscrizioni locresi su chalkomata sono: la legge sulla proprietà agricola, cd. bronzo Pappadakis, IG IX 12 3, 609 (525500 a.C.); il symbolon tra Oiantheia e Chaleion IG IX 12 3, 717 (secondo quarto del V sec. a.C.); la legge coloniaria di Naupaktos IG IX 12 3, 718 (460-450 a.C.). Sull’uso di incidere i documenti pubblici su tabelle bronzee in area nordoccidentale e dorica, cf. Crema 2005, 248-254 e part. 249 per la Locride occidentale. Sul symbolon tra Oiantheia e Chaleion, cf. part. Zunino 2017, 125-144 con ampi riferimenti alla letteratura. 21   Così, ad esempio, Dany 1999, 240-275, il quale sostiene che l’Acarnania di fine V sec. a.C. fosse già configurata come un vero e proprio stato federale (Bundesstaat) e non come un’unione a base etnica (Stammesverband); una confederazione acarnana già formata in V secolo è anche riconosciuta, recentemente, da Pascual 2016, 53-77; maggiore prudenza è invece espressa da Beck 1997, 31-43; Freitag 2015, 71 e 79, afferma che la precisa natura della più antica federazione acarnana di V secolo rimane controversa, ritenendone tuttavia innegabile l’esistenza già in V secolo sulla base delle testimonianze di Tucidide e Senofonte.

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manenti comuni, e senza poter rilevare altri elementi che ci portino perlomeno a intravedere un coordinamento politico e non solo finalizzato a specifici aspetti militari o religiosi, tale sola presenza, io credo, non ci autorizza a parlare di un’avvenuta formazione di uno “stato federale” acarnano22. Soprattutto a causa dell’effetto frenante esercitato dal dominio delle poleis corinzie nell’area, la genesi dello stato federale degli Acarnani si configurò come il risultato di una lunga e graduale evoluzione istituzionale. Per tale motivo, prima di affrontare le questioni inerenti all’assetto del koinon ellenistico – e, nella fattispecie, della “prima federazione”, probabilmente disciolta attorno al 258-250 a.C., e della “seconda federazione”, ricostituita attorno al 230 a.C. – penso sia utile tornare ad analizzare le fonti di età classica, per meglio definire le basi e le modalità di tale evoluzione.

Gli Acarnani in Tucidide Nel testo di Tucidide, la menzione dell’ethnos acarnano ricorre in più punti della narrazione e soprattutto in relazione alle varie vicende che, durante la pentekontaetia e la successiva guerra del Peloponneso, videro opposte Corinto e Atene per il controllo strategico della Grecia nordoccidentale23. All’interno del testo tucidideo, gli Acarnani appaiono in più punti quali entità unitaria riconosciuta sul piano delle relazioni interstatali. Già in occasione della prima spedizione di Phormion contro gli Ambrakiotai nel 435 a.C.24, gli Ateniesi avevano ad esempio siglato la prima alleanza con “gli Acarnani” (Thuc. II 68, 8: μετὰ δὲ τοῦτο ἡ ξυμμαχία πρῶτον ἐγένετο Ἀθηναίοις καὶ Ἀκαρνᾶσιν), cosa che porta a riconoscere a questi ultimi la capacità, quantomeno occasionale, di perseguire un comune agire politico. Non sono tuttavia né l’esistenza di un’identità dell’ethnos né la capacità di questo di assumere decisioni condivise a rappresentare condizioni sufficienti a identificare l’avvenuta formazione di uno stato federale (a meno che non ci si rifaccia a un concetto lasco e minimale di federalismo dalla discutibile efficacia euristica). Ritengo che solo quando tali decisioni condivise siano il prodotto di apparati politici stabili, frutto di un rapporto istituzionalizzato tra

  Questo a differenza di quanto sembra invece poter essere dedotto dal decreto per gli Echinaioi IG II3 1, 296 (=IG II2 208), il quale, pur essendo una testimonianza non priva di incertezze per le ragioni sopra spiegate, fa tuttavia emergere l’esistenza di un codificato rapporto gerarchico tra le competenze politiche del koinon e quelle delle sue poleis membri. 23   I due riferimenti alla Ἀκαρνανία presenti nelle Storie di Erodoto (II 10, 3 e VII 126) corrispondono invece ad annotazioni di carattere puramente geografico, in rapporto con la menzione del fiume Acheloos che attraversava la regione. 24   Per questa datazione cf. Fantasia 2006, 63-83. Per quanto riguarda il periodo della pentekontaetia Tucidide (II 7, 2-3) ricorda anche l’episodio del fallimentare assedio a Oiniadai τῆς Ἀκαρνανίας condotto da Pericle nel 454 a.C. (cf. Fantasia 2006, 72 e n. 48), su cui vd. anche Diod. XI 85, 2: εἰς δὲ τὴν Ἀκαρνανίαν διαβὰς (scil. Pericle) πλὴν Οἰνιαδῶν ἁπάσας τὰς πόλεις προσηγάγετο. 22

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governo centrale e stati membri, e solo quando l’ethnos sia in grado di integrare vecchie e nuove comunità locali all’interno di un’unitaria politeia, si possa allora proficuamente applicare a tale realtà statuale la categoria (moderna) di “stato federale”. Va dunque chiarito sin da subito come né in Tucidide, né in altre fonti riferite all’Acarnania di V secolo, esistano indizi sufficienti a farci ritenere che un koinon degli Acarnani potesse essersi già costituito in questa fase sulla base dei parametri che ho sopra esposto. Tucidide non descrive infatti alcuna istituzione che possiamo dire chiaramente federale secondo questi criteri. Sulla questione del koinon dikasterion di Olpai mi soffermerò più diffusamente nel prossimo paragrafo; sulla presenza di strateghi τῶν Ἀκαρνάνων, che Tucidide menziona sempre in relazione al conflitto tra Ambracia e Argos Amphilochikon occorso nel sesto anno di guerra (III 105114), e che parte degli studiosi ha letto come prova di un coordinamento federale dell’ethnos acarnano, bisogna anzitutto notare come nessun elemento ci autorizzi a sovrapporli con il collegio di sette strateghi, verosimilmente nominati in base a distretti territoriali, che troviamo attestati in età ellenistica nel trattato di isopoliteia con l’Etolia IG IX 13 1, 3A25. Non solo di questi στρατηγοί acarnani di V secolo non si sa nulla, ma anzi lo stesso narrato tucidideo suggerisce l’assenza, all’epoca, di un’autorità centrale istituzionalizzata. In questa occasione, gli Acarnani e alcuni degli Amphilochoi avevano nominato l’ateniese Demosthenes come hegemon dell’esercito alleato, assieme ai propri strateghi: καὶ ἡγεμόνα τοῦ παντὸς ξυμμαχικοῦ αἱροῦνται Δημοσθένη μετὰ τῶν σφετέρων στρατηγῶν (Thuc. III 107, 2); questi ultimi, poco oltre (III 109, 2), sono definiti συστράτηγοι di Demosthenes. Dopo lo scontro a Olpai, la proposta di tregua avanzata da Peloponnesiaci e Ambrakiotai venne poi presentata Δημοσθένει καὶ τοῖς Ἀκαρνάνων στρατηγοῖς (III 109, 1); ed è sostanzialmente al gruppo dei capi militari acarnani che va perciò riferita anche la menzione degli Ἀκαρνᾶνες, presente poche righe dopo26. Le informazioni sugli Acarnani presenti nelle Storie sono dunque ben poco eloquenti, se paragonate, ad esempio, con il caso della Beozia che nella seconda metà del V sec. a.C. possedeva già una chiara connotazione come “stato federale”27. Si può infatti osservare come Tucidide, pur non offrendo sulle istituzioni beotiche dati paragonabili a quelli delle Elleniche di Ossirinco28, fornisca tuttavia alcuni

25   Così Fantasia 2010, 149: «sarebbe sicuramente imprudente istituire una precisa continuità tra gli strateghi che vediamo esercitare il comando militare nella guerra archidamica, scelti non sappiamo in quale numero, per quanto tempo e con quale criterio, e il collegio dei sette strateghi di carica annuale, provenienti da sette differenti città (secondo alcuni a rappresentanza di altrettanti distretti), menzionati nella formula di datazione del già ricordato trattato etolo-acarnano del 263 ca.». 26   Thuc. III 110, 1: τῷ δὲ Δημοσθένει καὶ τοῖς Ἀκαρνᾶσιν ἀγγέλλεται τοὺς Ἀμπρακιώτας τοὺς ἐκ τῆς πόλεως πανδημεὶ κατὰ τὴν πρώτην ἐκ τῶν Ὀλπῶν ἀγγελίαν ἐπιβοηθεῖν διὰ τῶν Ἀμφιλόχων. 27   Sullo stato federale beotico, cf., come pubblicazioni più recenti, Mackil 2013, part. 30-46 sul “primo” koinon; 2014, 45-67 e part. 51-59; Beck - Ganter 2015, 132-157 e part. 140-146. 28   Hell. Oxy. XI (XVI), 2-4, con Bruce 1976, 157-164.

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elementi di notevole precisione riguardo all’assetto della prima federazione dei Beoti (447-386 a.C.), come la distribuzione dei contingenti dell’esercito federale nella battaglia di Delion (IV 93, 4, 424 a.C.) o il rapporto di synteleia che univa all’epoca Chaironeia con Orchomenos (IV 76, 3). Non lo stesso si può dire degli Acarnani, che anzi Tucidide, in un passo molte volte evocato negli studi, colloca assieme a Locresi Ozoli ed Etoli tra gli ethne più arretrati del mondo greco (Thuc. I 5, 3)29. La sua è una considerazione di carattere, potremmo dire, antropologico, che non contiene giudizi di ‘barbarie’ per questa popolazione alleata di Atene, e che non entra in reale contrasto con l’esistenza nella regione di un tessuto poleico già sviluppato30. Il passo è incentrato sul perdurare della lesteia come pratica economica e sull’abitudine di girare armati, caratteristiche che però, comunque le si voglia vedere, pongono queste popolazioni al di fuori del kosmos politicoistituzionale degli stati greci dell’epoca. Questo stato di cose ben corrisponde, in effetti, all’impressione di un ethnos acarnano privo non solo di un orientamento unitario nell’ambito delle relazioni interstatali, ma anche di un assetto organizzativo stabile31. Ritornando alla questione dell’alleanza Ateniesi e Acarnani, colpisce infatti il carattere più propriamente interpersonale, che non interstatale, di tali relazioni, le quali paiono essersi svolte, per parte degli Acarnani, nell’ambito di una ristretta élite sociale e politica, piuttosto che nell’ambito di comuni organi deliberativi. A quanto emerge dalle fonti, i rapporti tra Atene e l’Acarnania, sia in quest’epoca, ma a quanto pare ancora durante il secolo successivo, appaiono rientrare in uno speciale appannaggio dello stratego Phormion e della sua famiglia. Dopo lo scoppio della guerra del Peloponneso, nel corso del quarto anno di conflitto, gli Ateniesi avevano inviato attorno al Peloponneso con trenta navi il figlio di Phormion, Asopios, il quale aveva compiuto una spedizione contro la recalcitrante Oiniadai, allora alleata dei Lacedemoni, alla testa di tutte le forze acarnane: erano stati gli Acarnani stessi, spiega Tucidide, a volere che gli Ateniesi inviassero loro come stratego «o un figlio o un parente di Phormion»32. Tale vicenda non solo sembra poter essere interpretata come indice del fatto che l’ethnos acarnano non possedesse all’epoca una comune organizzazione militare abbastanza coesa ed efficiente – un elemento che pare emergere anche in altri luoghi della narrazione tucididea che analizzerò tra breve – ma conforta

  Cf. Antonetti 1990, 71-76.   Sull’urbanizzazione dell’Acarnania, vd. in part. i riferimenti raccolti in Pascual 2016, 54 e

29 30

n. 3.

31   Si consideri ad esempio il caso di Oiniadai, che solo nel 424 a.C. era entrata nell’alleanza ateniese assieme agli altri Acarnani. Sul mancato allineamento di tutte le poleis acarnane alla parte filo-ateniese, cf. Fantasia 2010, 145. 32   Thuc. III 7, 1: κατὰ δὲ τὸν αὐτὸν χρόνον τοῦ θέρους τούτου Ἀθηναῖοι καὶ περὶ Πελοπόννησον ναῦς ἀπέστειλαν τριάκοντα καὶ Ἀσώπιον τὸν Φορμίωνος στρατηγόν, κελευσάντων Ἀκαρνάνων τῶν Φορμίωνός τινα σφίσι πέμψαι ἢ υἱὸν ἢ ξυγγενῆ ἄρχοντα.

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anche l’idea che le relazioni di politica estera condotte dagli Ἀκαρνάνες in questo periodo venissero gestite sostanzialmente attraverso l’intermediazione delle élites locali, e non attraverso quella di una partecipazione delle comunità membri dell’ethnos a comuni organi decisionali. Una relazione di analoga natura può̀ essere del resto ravvisata anche nel caso di Demosthenes sopra ricordato33; nel settimo libro, Tucidide ricorda che alcuni soldati mercenari acarnani (gli Acarnani erano noti nel mondo greco come abili arcieri e lanciatori di giavellotto) avevano seguito Demosthenes nella spedizione in Sicilia, non solo perché́ rimunerati, ma soprattutto per i legami di philia con Demosthenes, e per la eunoia nei confronti di Atene34. Che Atene, attraverso la persona di Phormion, si fosse rivolta non a veri e propri magistrati federali, ma piuttosto a capi locali sembra poter essere inferito da un decreto onorifico ateniese di IV sec. a.C., che parrebbe denunciare la presenza di legami di xenia (deducibili dall’onomastica) tra le famiglie degli onorati e quella di Phormion: legami che certo dovevano risalire a due generazioni addietro, all’epoca dell’intervento in Grecia nordoccidentale. Nel decreto IG II3 1, 316 (= Rhodes-Osborne, GHI 77), risalente al 337 a.C., Atene conferisce una serie di onorificenze, tra cui la politeia, a due individui acarnani, Phormion e Karphinas, a loro volta nipoti di un Phormion, il quale si era altrettanto distinto per sentimenti di benevolenza e lealtà nei confronti degli Ateniesi, ricevendo da questi la cittadinanza ereditaria. Nel decreto vengono anche lodati καὶ τοὺς | [ἄλλ]ο[υς Ἀ]καρ[νᾶνας τ]οὺς βο 〚.〛ηθήσαντας μετὰ Φορμίω|[νος κ]α[ὶ Κα]ρφ[ίνα], conferendo loro prerogative quali l’enktesis o l’ateleia nel caso di un trasferimento in Attica (ll. 22-31). Si tratta certo del contingente di Acarnani che, alla guida di Phormion e Karphinas, aveva combattuto a fianco degli Ateniesi e della coalizione antimacedone nella battaglia di Chaironeia. Come si deduce dalle linee 34-35, questo contingente era composto da individui provenienti da varie città acarnane (ἀναγ[ράψ]αι δὲ κ[α]ὶ τὰ ὀνόματα τῶν Ἀκαρ|[νάν]ων εἰς τὴν αὐτὴ[ν στή]λην ὑπογράψαντα τὰς πόλει|[ς τ]ῆ̣ς Ἀκαρναν[ίας, ὧν εἷς ἕ]κ[ασ]τός ἐστιν, ll. 33-35); ma nessun ulteriore elemento permette di scorgere la regia di un’organizzazione federale dietro l’iniziativa acarnana. Ad attardare e minare il processo di unificazione politico-istituzionale dell’ethnos acarnano concorsero due principali fattori: da una parte, vi era il preponderante controllo esercitato sul territorio acarnano dalla potenza corinzia, attraverso le fondazioni coloniarie di Ambracia, Leukas, Anaktorion e Corcira; dall’altra, io credo, poteva anche esservi la stessa conformazione territoriale della regione acarnana, che nel racconto tucidideo appare chiaramente separata in due, tra l’area della mesogaia, estesa lungo il corso dell’Acheloos (ἡ μεσόγεια τῆς

  Vd. supra, 88.   Thuc. VII 57, 10: καὶ Ἀκαρνάνων τινὲς ἅμα μὲν κέρδει, τὸ δὲ πλέον Δημοσθένους φιλίᾳ καὶ Ἀθηναίων εὐνοίᾳ ξύμμαχοι ὄντες ἐπεκούρησαν. 33 34

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Ἀκαρνανίας, Thuc. II 102, 1) e “l’altra Acarnania”, localizzata lungo la costa ionica (ἡ ἄλλη Ἀκαρνανία ἡ περὶ θάλασσαν, Thuc. II 33, 2, cf. II 80, 1 e 83, 1). È infatti possibile che tale separazione abbia avuto ricadute sullo stesso assetto organizzativo dell’ethnos acarnano, a partire già dagli aspetti militari dello stesso. Si noti infatti come, nel descrivere le vicende dell’attacco perpetrato contro l’Acarnania da Corinzi e Chaones con l’appoggio dei Lacedemoni nell’estate nel 429 a.C., Tucidide sottolinei l’incapacità degli Acarnani di organizzare un’efficace difesa comune, tanto che gli Stratioi dovettero far fronte ai nemici con le sole proprie forze: Thuc. II 80, 1: τοῦ δ᾽ αὐτοῦ θέρους, οὐ πολλῷ ὕστερον τούτων, Ἀμπρακιῶται καὶ Χάονες βουλόμενοι Ἀκαρνανίαν τὴν πᾶσαν καταστρέψασθαι καὶ Ἀθηναίων ἀποστῆσαι πείθουσι Λακεδαιμονίους ναυτικόν τε παρασκευάσασθαι ἐκ τῆς ξυμμαχίδος καὶ ὁπλίτας χιλίους πέμψαι ἐπ᾽ Ἀκαρνανίαν, λέγοντες ὅτι, ἢν ναυσὶ καὶ πεζῷ ἅμα μετὰ σφῶν ἔλθωσιν, ἀδυνάτων ὄντων ξυμβοηθεῖν τῶν ἀπὸ θαλάσσης Ἀκαρνάνων ῥᾳδίως Ἀκαρνανίαν σχόντες καὶ τῆς Ζακύνθου καὶ Κεφαλληνίας κρατήσουσι, καὶ ὁ περίπλους οὐκέτι ἔσοιτο Ἀθηναίοις ὁμοίως περὶ Πελοπόννησον. «Nella stessa estate, non molto dopo questi fatti, gli Ambracioti e i Caoni, che volevano sottomettere tutta l’Acarnania e staccarla da Atene, convincono i Lacedemoni ad allestire una flotta con le forze degli alleati e a mandare mille opliti in Acarnania. Dicevano che se i Lacedemoni fossero andati insieme a loro con forze di terra e di mare, allora, poiché era impossibile per gli Acarnani della costa soccorrere quelli dell’interno, facilmente, una volta che si fossero impadroniti dell’Acarnania, avrebbero conquistato anche Zacinto e Cefallenia, e gli Ateniesi non avrebbero più potuto avere come prima in loro mano il periplo del Peloponneso. Si poteva sperare anche di conquistare Naupatto»35.

Ci troviamo di fronte, probabilmente, a un elemento strutturale e non contingente dell’assetto acarnano. Questa stessa suddivisione – e un’idea di indipendenza militare della regione attorno a Stratos rispetto al resto dell’Acarnania – ricorre nuovamente nel testo tucidideo, nella descrizione della marcia di Eurylochos e degli alleati peloponnesiaci attraverso l’Acarnania (426 a.C.)36: Thuc. III 106, 1: καὶ διαβάντες τὸν Ἀχελῷον ἐχώρουν δι’ Ἀκαρνανίας οὔσης ἐρήμου διὰ τὴν ἐς Ἄργος βοήθειαν, ἐν δεξιᾷ μὲν ἔχοντες τὴν Στρατίων πόλιν καὶ τὴν φρουρὰν αὐτῶν, ἐν ἀριστερᾷ δὲ τὴν ἄλλην Ἀκαρνανίαν. «Passato l’Acheloo, procedettero (scil. i Peloponnesiaci ed Eurylochos) attraverso l’Acarnania abbandonata, perché tutti erano andati in soccorso di Argo: a destra avevano la città di Strato e la sua guarnigione, a sinistra il resto dell’Acarnania.»

  Trad. C. Moreschini 2008 (come tutti i successivi passi tucididei presenti in questo capitolo).   Cf. Pritchett 1992, 6-13.

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Anche recentemente, vi è chi, tra gli studiosi, ha preso le distanze da quanti avevano suggerito di vedere nelle informazioni delle Storie, e specialmente Thuc. II 80, 1, una prova del carattere ancora debole e precario dell’unione acarnana dell’epoca37. Certo si tratta di indizi che non si prestano a interpretazioni univoche, ma che concorrono tuttavia assieme ad altri a delineare un’ipotesi sullo sviluppo del koinon degli Acarnani. Tra le ricostruzioni avanzate dagli studiosi al proposito mi trova maggiormente favorevole quella di W.M. Murray, secondo cui un koinon acarnano si sarebbe formato solo in avanzato IV secolo, dopo il perdurare di un’unione di carattere squisitamente militare in cui la costituzione di uno stato federale sarebbe stata minata e rallentata dalle forze centripete del particolarismo poleico38. La debolezza dei legami che univano l’ethnos acarnano in quest’epoca non è però il punto più importante, e neppure il fatto che in questa prima fase tale unione persistesse nella forma di una symmachia. Il punto importante, stando a quanto le fonti lasciano intravedere, è che l’evoluzione in senso federale dell’ethnos acarnano sembra essersi prodotta a partire dallo sviluppo sul territorio dell’Acarnania di fenomeni aggregativi “policentrici” – il più importante dei quali condensato attorno Stratos, la πόλις μεγίστη τῆς Ἀκαρνανίας (Thuc. II 80, 8) situata nel cuore della mesogaia acarnana39 – che ne avrebbero costituito il sostrato istituzionale. A supporto di tale ricostruzione, di cui si chiariranno meglio i contorni nei due paragrafi che seguono, voglio richiamare qui come significativo elemento di confronto il peculiare sviluppo dei culti “federali” che caratterizzò l’Acarnania, differenziandola da ambiti pur affini, come il vicino koinon degli Etoli. È oggi ampiamente noto il fondamentale ruolo giocato dai santuari “pan-etnici”, come ad esempio quello di Thyrrheion in Etolia, quali veicolo per lo sviluppo di forme di aggregazione militare, fiscale e politica, sfocianti nella formazione di veri e propri stati federali. Tale ruolo, si noti, non si limitava ad aspetti simbolici, come la costruzione e conservazione di una coesa identità dell’ethnos, ma investiva certamente aspetti concreti; erano infatti tali santuari, specialmente in società pastorali prive di poli urbani, a costituire l’originaria infrastruttura logistica per una prassi politica federale, ospitando le assemblee dell’ethnos o costituendo le sedi in cui venivano esposti i documenti ufficiali del koinon o custodite le sue finanze40. Significativamente, nel caso dell’Acarnania nessun indizio sull’esistenza di un santuario “pan-etnico” o di un culto federale è presente nelle fonti41; in altre parole, a differenza di altri ethne evolutisi in stati federali, l’Acarnania di età classica non registra l’esistenza di un luogo di culto comune, il quale, al di fuori e al 37   Cf. Fantasia 2010, 145 e n. 27; Pascual 2016, 66; a sostenere la fragilità dell’unione acarnana in questa fase, ad es., Murray 1982, 295-296; Corsten 1999, 125. 38   Murray 1982, 291-318. 39   Cf. Siewert 2005, 22. 40   Cf. Funke 2013, 9-12. Su questi aspetti nella letteratura recente, si vedano gli studi raccolti in Freitag - Funke - Haake 2006 e Funke - Haake 2016. 41   Tali peculiarità del contesto acarnano sono analizzate da Freitag 2013, 65-83.

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di sopra delle poleis acarnane, avesse ricoperto la funzione di polo ideologico ma anche organizzativo per l’ethnos degli Acarnani. Altrettanto significativamente, si dovrà (ancora una volta) arrivare all’età ellenistica e a una fase in cui l’esistenza di uno stato federale acarnano rappresenta una realtà oramai consolidata, benché in questa fase storica territorialmente dimezzata, per trovare anche in Acarnania una struttura di questo genere, rappresentata dal santuario di Apollo Aktios presso Anaktorion42.

Il ruolo di Stratos e il koinon dikasterion di Olpai I fenomeni aggregativi ‘pre-federali’ a cui ho accennato sopra possono essere anzitutto rilevati in un decreto di prossenia databile alla fine del V sec. a.C., che costituisce ad oggi la più antica testimonianza epigrafica del suo genere. IG IX 12 2, 390 ἔδοξε τᾶι πόλι τῶν Στρατί ων· Λυσίαι τῶι Καλλία τῶι Με γαρεῖ καὶ Ἀριστίωνι τῶι Λυσί α καὶ Καλλίπωι(!) τῶι Λυσία πρ5 οξενίαν δόμεν καὶ προνο μίαν καὶ προπραξίαν αὐτοῖ ς καὶ γενεᾶι. προένγυοι· Γρότ τος, Βρ̣[ύ]σων, Τείσανδρος. καὶ ἀτέλειαν. βόλαρχος ε«ς Σπί10 νθαρος Σιτύλο ℎυιὸς Φοιτιάς. «Parve bene alla polis degli Stratioi. A Lysias, figlio di Kallias, di Megara, ad Aristion, figlio di Lysias, e a Kallip(p)os, figlio di Lysias, siano conferite la proxenia, la pronomia, la propraxia, a loro e ai discendenti; garanti: Grotos, Bryson, Teisandros. E (sia conferita) l’ateleia. Era boularchos Spintharos figlio di Sitylos, di Phoitiai».

Il decreto è emanato dalla polis di Stratos, come si legge nella formula di approvazione che apre il prescritto. Si tratta di un provvedimento onorifico in cui tre individui di Megara, un padre e i suoi due figli, vengono insigniti, loro e i loro

42   Cf. Corsten 2006, 157-167. Su Anaktorion, cf. Inventory nr. 114; polis di fondazione corinzia, Anaktorion era stata occupata nel 425 a.C. da una spedizione congiunta di Ateniesi e Acarnani: in tale occasione, gli Acarnani avevano ripopolato Anaktorion, inviando coloni da ogni località (Thuc. IV 49); nel trattato di isopoliteia con l’Etolia IG IX 12 1, 3A un membro del collegio degli strateghi proviene da Anaktorion. Si conosce un decreto della polis di Anaktorion, databile tra IV e III sec. a.C., che testimonia la persistenza di istituzioni di matrice corinzia (l’halia e il prytanis eponimo, vd. IG IX 12 2, 212, ll. 1 e 3).

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discendenti, del ruolo di proxenoi, ma anche di una serie di altri privilegi, che implicavano la loro presenza nel territorio di Stratos: ossia il diritto di pascolo (pronomia), il diritto di precedenza nelle transazioni (propraxia) e l’esenzione da ogni onere (ateleia); di questi privilegi sono garanti (proenguoi) tre individui indicati col solo nome proprio. Il testo termina con un poscritto recante menzione del boularchos, con onomastica completa. Il suo etnico, Φοιτιάς, lo dice proveniente dalla polis di Phoitiai, e ciò porta necessariamente a ritenere che all’epoca Phoitiai (Phytia in Thuc. III 106, 2), localizzata a nord-ovest di Stratos, facesse in qualche modo parte della Stratike chora e che quindi, in altre parole, rappresentasse una comunità di livello locale, subordinata a un potere politico centrale rappresentato appunto dalla polis di Stratos43. Senza dubbio, tale rapporto era regolamentato da un preciso assetto istituzionale, di cui ci sfuggono quasi totalmente le caratteristiche e le modalità, ma di cui, al contempo, questo decreto di prossenia offre alcuni elementi indiziari. I privilegi conferiti ai tre onorati, dei quali i diritti di pascolo, la propraxia e l’ateleia risultano molto significativi nel loro insieme, erano giocoforza riconosciuti a Stratos come a Phoitiai; ciò implica per converso che le due poleis condividessero regolamenti sul pascolo e sulle transazioni commerciali, oltre che l’imposizione degli oneri pubblici (synteleia). La presenza di un boularchos di Phoitiai indica inoltre che la polis di Stratos era all’epoca dotata di una boule composta da rappresentanti di tutta la popolazione della Stratike chora; inoltre, lo stesso dato sembra indicare anche che, probabilmente, le varie comunità locali subordinate a Stratos si alternassero alla presidenza della boule attraverso la nomina di un proprio boularchos. Sulla base della testimonianza tucididea, sembra plausibile ritenere che Phoitiai non fosse l’unica realtà locale all’epoca inglobata nel territorio di Stratos. È infatti possibile che anche altri centri partecipassero a questa comune organizzazione politica, come ad esempio Koronta, Medion o Limnaia. Bisogna tuttavia ammettere che il testo di Tucidide non ci fornisce alcun elemento diretto per comprovare tale ipotesi, se non l’idea di una netta preminenza di Stratos rispetto alle altre poleis (II 80, 8) e, inoltre, di una suddivisione del territorio acarnano tra la regione che faceva capo a Stratos e «l’altra Acarnania» (vd. supra). Nella descrizione del percorso di Eurylochos da Proschion a Olpai (III 106), Tucidide menziona in successione la Στρατίων γῆ, la Φυτίας γῆ, la Μεδεῶνος γῆ, e infine la Λυμναίας γῆ: un’indicazione, questa, che potrebbe possedere un valore puramente geografico, ma che, a ben vedere, potrebbe anche sottendere l’assenza, per l’epoca (426 a.C.), di un’organizzazione politica comune tra queste poleis, quale quella deducibile invece da IG IX 12 2, 390, della fine V sec. a.C., in relazione a Stratos e Phoitiai. Qualunque fosse l’estensione dell’associazione politica facente capo a Stratos all’epoca in cui il decreto di prossenia fu emanato, bisogna nondimeno notare come tale aggregazione possa essere interpretata come il nucleo embrionale di una   Sulla localizzazione di Phoitiai, cf. Pritchett 1991, 84.

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più ampia unione federale. Esiste il dubbio se incasellare le relazioni intercorrenti tra Stratos e le realtà locali ad essa afferenti – Phoitiai e forse altri centri della mesogaia – in un ambito più propriamente poleico o piuttosto in uno federale; Gehrke e Wirbelauer (Inventory, nr. 134) parlano di Phoitiai come di «civic subdivision of Stratos» oppure «dependent polis». Il centro di Phoitiai non costituiva un insediamento minore, come ad esempio Krenai (χωρίον in Thuc. III 105, 2) od Olpai (τεῖχος in Thuc. III 105, 1) e la sua sympoliteia con Stratos, qualora ci si possa esprimere in questi termini, non sarebbe stato in ogni caso irreversibile44. Già a partire dagli anni ’60 del IV sec. a.C., Phoitiai compare infatti come polis a se stante nella documentazione di Delfi (CID II, 1 col. II, ll. 16, 363/2 a.C.), Epidauro (IG IV2 1, 95, linea 11, 356/5 a.C.) e Nemea (SEG 36: 331 A, linee 47-48, 331/0-313 a.C.), mentre, nel trattato di isopoliteia con l’Etolia del secolo successivo (IG IX 12 1, 3A), il collegio dei sette strateghi del koinon registra un rappresentante di Stratos e uno di Phoitiai (l. 23). Si noti però anche come il più antico dei documenti qui menzionati, che elenca una lista di contributori per la ricostruzione del tempio di Delfi, registri la quota ricevuta «da Phoitieis e Stratioi», in ciò probabilmente adombrando la persistenza dei pregressi legami (anche inerenti i τέλη comuni) tra Stratos e Phoitiai45. Nella difficile determinazione delle più antiche fasi di sviluppo dell’unione federale degli Acarnani, altra evidenza molto significativa, benché ancora una volta di problematica interpretazione, deriva dalla testimonianza tucididea sulla costituzione del koinon dikasterion degli Acarnani a Olpai46. Il passo in questione si inserisce nella descrizione delle vicende belliche che, nel 426 a.C., avevano opposto gli Ambrakiotai, insieme agli alleati peloponnesiaci, e gli Amphilochoi, insieme agli Acarnani e agli alleati ateniesi47: Thuc. III 105, 1-2: Τοῦ δ’ αὐτοῦ χειμῶνος Ἀμπρακιῶται, ὥσπερ ὑποσχόμενοι Εὐρυλόχῳ τὴν στρατιὰν κατέσχον, ἐκστρατεύονται ἐπὶ Ἄργος τὸ Ἀμφιλοχικὸν τρισχιλίοις ὁπλίταις, καὶ ἐσβαλόντες ἐς τὴν Ἀργείαν καταλαμβάνουσιν Ὄλπας, τεῖχος ἐπὶ λόφου ἰσχυρὸν πρὸς τῇ θαλάσσῃ, ὅ ποτε Ἀκαρνᾶνες τειχισάμενοι κοινῷ δικαστηρίῳ ἐχρῶντο· ἀπέχει δὲ ἀπὸ τῆς Ἀργείων πόλεως ἐπιθαλασσίας οὔσης πέντε καὶ εἴκοσι σταδίους μάλιστα. οἱ δὲ Ἀκαρνᾶνες οἱ μὲν ἐς Ἄργος ξυνεβοήθουν, οἱ δὲ τῆς Ἀμφιλοχίας ἐν τούτῳ τῷ χωρίῳ ὃ Κρῆναι καλεῖται, φυλάσσοντες τοὺς μετὰ Εὐρυλόχου Πελοποννησίους μὴ λάθωσι πρὸς τοὺς Ἀμπρακιώτας διελθόντες, ἐστρατοπεδεύσαντο.

  Cf. Inventory, nr. 353.   CID II, 1, col. II ll. 16-23: Φοιτιεῖς καὶ | Στράτιοι | δραχμὰς τριακο|σίας πεντήκοντα, | ἤνικαν δὲ τὸ | ἀργύριον | Πυρροίτας Στράτιος, | Δράκων Φοιτιεύς. 46   Sul sito di Olpai e il suo koinon dikasterion, cf. Schoch 1996, 87-90 (che mette soprattutto in evidenza gli aspetti strategici della fortificazione); Fantasia 2010, 152-155; Freitag 2015, 73; sulla localizzazione di Olpai, presso Agrilovouni, cf. Pritchett 1992, 22-25. 47   Thuc. III 105-114. 44 45

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«Nello stesso inverno gli Ambracioti, come avevano promesso ad Euriloco quando avevano trattenuto il suo esercito, fanno una spedizione contro Argo Anfilochia con tremila opliti. Invasa la terra di Argo, occupano Olpe, una forte rocca su un colle presso il mare, che una volta era stata fortificata dagli Acarnani, i quali se ne servivano come tribunale comune. Essa dista circa venticinque stadi da Argo, che è città marinara. Degli Acarnani, gli uni accorsero in aiuto ad Argo, gli altri si accamparono in quel luogo dell’Anfilochia che è chiamato Crene, stando a guardia per evitare che i Peloponnesi di Euriloco vi passassero di nascosto per dirigersi verso gli Ambracioti».

In base alle informazioni qui fornite da Tucidide, il sito di Olpai assolveva a una doppia funzione: da una parte, quella di cittadella fortificata, situata su un’altura sul mare in posizione strategica contro Ambracia; dall’altra, quella di tribunale comune. Se nella testimonianza di Tucidide tale dikasterion è messo in relazione ai soli Acarnani, Stefano di Bisanzio specifica invece alla voce Ὄλπαι, citando Tucidide stesso, che si trattava di un tribunale comune ad Acarnani e Amphilochoi48. È verosimile ritenere che la fortificazione del sito possa essere avvenuta in concomitanza con il primo conflitto tra gli Ambrakiotai e Argos Amphilochikon, evento che aveva condotto, con l’intervento di Phormion e degli Acarnani, alla prima alleanza tra Atene e l’Acarnania49. In questa occasione, dice Tucidide, gli Ambrakiotai residenti ad Argos Amphilochikon erano stati cacciati e sostituiti con popolazione acarnana, che, successivamente al 437 a.C., abitò la città di Argos insieme agli Amphilochoi. Alla funzione di Olpai come baluardo contro la filospartana Ambracia si dovette quindi aggiungere anche quella di «tribunale comune» (koinon dikasterion) che, stando alla notizia di Stefano, non andrà quindi inteso propriamente come un tribunale “federale”, ma piuttosto come una corte per la regolamentazione delle contese tra gli Acarnani e gli Amphilochoi. Il problema principale nell’interpretazione del koinon dikasterion testimoniato da Tucidide risiede nella questione dello status assunto all’epoca da Argos Amphilochikon rispetto agli Acarnani. Non esiste accordo tra gli studiosi sull’appartenenza o meno di Argos all’unione acarnana del periodo50; i dati in nostro possesso appartengono infatti ad epoca successiva: Argos dovette essere assorbita dall’Epi-

48   St. Byz. Ethn. o-54, s.v. Ὄλπαι· φρούριον, κοινὸν Ἀκαρνάνων καὶ Ἀμφιλόχων δικαστήριον. Θουκυδίδης γ´. Vd. anche schol. in Thuc. III 107, 2: καὶ αἱ μὲν νῆες ἐκ θαλάσσης ἐφώρμουν περὶ τὸν λόφον τὰς Ὄλπας. ὁ γὰρ λόφος Ὄλπαι ἐκαλεῖτο. Non ci sono motivi sufficienti per considerare Olpai come un centro di culti comuni, cf. Freitag 2013, 72-73. Sulla discrepanza tra Tucidide e Stefano, cf. Fantasia 2010, 152. 49   Cf. Gehrke 1985, 34. 50   Sulla questione del rapporto tra Argos Amphilochikon e l’Acarnania cf. Corsten 1999, 215221, il quale parla di vera e propria “annessione” e individua nell’inglobamento di comunità esterne all’ethnos – come erano appunto gli Amphilochoi rispetto agli Acarnani – uno dei meccanismi di passaggio da forme di unione etnica e pre-federale a veri e propri stati federali; diversamente Fan-

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ro in occasione della spartizione dell’Acarnania del 258-250 a.C. (cf. Polyb. II 45, 1 e IX 34, 7), distaccandosi tuttavia dal koinon degli Epiroti poco dopo la caduta della monarchia (232 a.C.), per unirsi alla federazione etolica51; nessun documento acarnano, invece, reca indizi di un’appartenenza di Argos all’Acarnania per il V e il IV sec. a.C. Ritornando a considerare il racconto tucidideo, bisogna tuttavia notare come il ruolo degli Amphilochoi rispetto agli Acarnani paia denunciare non solo l’instaurarsi di un solido legame tra le due popolazioni in concomitanza con le vicende della stasis e del ripopolamento di Argos, ma forse anche l’acquisizione di un ruolo politicamente subordinato dei primi rispetto ai secondi. Significativa è, a tal proposito, l’espressione impiegata dallo storico in relazione alla decisione degli Amphilochoi di passare dalla parte degli Acarnani: οἱ δ’ Ἀμφίλοχοι γενομένου τούτου διδόασιν ἑαυτοὺς Ἀκαρνᾶσι (Thuc. II 68, 7), una formulazione che non indica il semplice stabilirsi di un’alleanza militare tra Amphilochoi e Acarnani, ma un vero e proprio ingresso dei primi nella sfera di controllo (non diremmo, a quest’epoca, “nella federazione”) degli Acarnani52, un’iniziativa politica che si tradusse sia nella realizzazione di un unitario coordinamento militare, sia nella ricerca di un’integrazione “legislativa” tra i due ethne, ottenuta attraverso l’istituzione del tribunale comune. Quest’ultima iniziativa fu resa anzitutto necessaria a seguito del ripopolamento di Argos Amphilochikon da parte di genti provenienti sia dall’Acarnania che dall’Amphilochia (Thuc. II 68, 7: κοινῇ τε ᾤκισαν αὐτὸ Ἀμφίλοχοι καὶ Ἀκαρνᾶνες), benché la scelta di Olpai come sede del tribunale comune indichi un coinvolgimento di tutte le popolazioni stanziate nel territorio dell’Amphilochia, e non solo dei coloni di Argos, nell’unione con gli Acarnani. La campagna del 426/5 a.C. mostra chiaramente come Amphilochoi e Acarnani avessero dato vita a un coordinamento militare sotto l’egida di Atene; non solo gli Acarnani intervennero subito in difesa di Argos contro gli Ambrakiotai, lasciando pressoché sguarnito di difese il proprio territorio (Thuc. III 105), ma organizzarono un esercito comune con gli Amphilochoi, di cui elessero Demosthenes stratego supremo (Thuc. III 107, 2: καὶ ἡγεμόνα τοῦ παντὸς ξυμμαχικοῦ αἱροῦνται Δημοσθένη μετὰ τῶν σφετέρων στρατηγῶν). Dall’altra parte, bisogna notare come, nelle strategie di politica estera, e in primo luogo nei rapporti con

tasia 2010, 154-155, che preferisce piuttosto rilevare l’esistenza di una sorta di «deditio ante litteram», un patto sbilanciato tra gli egemoni Acarnani e gli Amphilochoi. 51   Strab. VII 7, 1 inserisce infatti gli Amphilochoi tra le tribù epirote (Θεσπρωτοὶ καὶ Κασσωπαῖοι καὶ Ἀμφίλοχοι καὶ Μολοττοὶ καὶ Ἀθαμᾶνες, Ἠπειρωτικὰ ἔθνη); vd. anche VII 7, 8: Ἠπειρῶται δ’ εἰσὶ καὶ Ἀμφίλοχοι. Tuttavia, si noti come Ps.-Scyl. 34 (μετὰ δὲ Ἀμβρακίαν Ἀκαρνανία ἔθνος ἐστὶ, καὶ πρώτη πόλις αὐτόθι Ἄργος τὸ Ἀμφιλοχικὸν) e St. Byz. Ethn. α-294 s.v. Ἀμφίλοχοι (πόλις Ἀκαρνανίας) inseriscano Argos in Acarnania. Argos Amphilochikon compare annoverata tra le città etoliche nel decreto federale IG IX 12 1, 186, linea 16 (206 o 205 a.C., cf. Rigsby 1996, nr. 77) 52   Cf. Hornblower 1991, 353 con ulteriori riferimenti; Fantasia 2010, 154-155 (vd. supra, n. 50).

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l’alleata Atene, il ruolo degli Amphilochoi appaia sostanzialmente adombrato dagli Acarnani: dopo il primo scontro con gli Ambrakiotai nel 430 a.C., dice Tucidide, «venne stipulata per la prima volta un’alleanza tra Acarnani e Ateniesi» (II 68, 8): è chiaro come nella stessa symmachia dovessero essere state coinvolte anche Argos e le altre popolazioni dell’Amphilochia, benché, nella notizia tucididea, gli unici contraenti del patto con Atene paiano essere stati gli Acarnani. Una situazione analoga si ripropose anche in seguito, in occasione delle vicende del 426/5 a.C.; furono infatti gli Acarnani a richiedere l’aiuto di Demosthenes e a esprimere il desiderio che il comandante ateniese si mettesse a capo delle loro forze armate (Thuc. III 105, 3): l’esercito alleato di cui fa menzione Tucidide nel seguito della narrazione (Thuc. III 107, 2, vd. supra) appare quindi essere un organismo degli Acarnani, cui gli Amphilochoi partecipavano su di un piano di subordinazione politica. La conclusione delle ostilità con gli Ambrakiotai, infine, venne sancita attraverso la stipula di un patto di alleanza perpetua, in relazione a cui il testo tucidideo evidenzia ancora una volta il particolare rapporto degli Amphilochoi con gli altri Acarnani e, nello specifico, il ruolo politicamente e militarmente egemone di questi nei confronti dei primi53. Se quanto emerge dalla narrazione tucididea ci porta giocoforza a cogliere soprattutto gli aspetti più prettamente militari dell’unione tra Acarnani e Amphilochoi, non bisogna tuttavia dimenticare il ruolo di Olpai – che non era una polis, ma una località fortificata – come tribunale comune. Ho già in precedenza avuto modo di sfiorare, attraverso l’iscrizione frammentaria IG IX 12 2, 573, il tema del diritto di rappresaglia e della sua regolamentazione54. In questa parte della Grecia in cui si viveva “alla maniera antica”, girando armati e praticando la lesteia come attività legittima, se vi è una tappa del processo di istituzionalizzazione da considerare importante questa è proprio il disciplinamento del diritto di rappresaglia e la sottrazione di ambiti del suo esercizio al dominio del privato: di questo aspetto proprio la vicina Locride Occidentale ci offre significativamente un precocissimo ed eccezionale esempio nel symbolon tra Oiantheia e Chaleion (IG IX 12 3, 717). Tra tutti i motivi che potrebbero aver indotto gli Acarnani a stabilire koinon dikasterion con gli Amphilochoi vi potrebbe essere stata proprio l’esistenza di accordi giudiziari tra le due popolazioni. La scelta di una sede costiera ed eccentrica come

53   Thuc. III 114, 3: «E per il futuro gli Acarnani e gli Anfilochi strinsero un patto di alleanza centennale con gli Ambracioti alle seguenti condizioni: che gli Ambracioti non facessero spedizioni contro i Peloponnesiaci insieme agli Acarnani e gli Acarnani contro gli Ateniesi insieme agli Ambracioti, ma che si portassero aiuto gli uni gli altri; che gli Ambracioti, inoltre, restituissero i territori e gli ostaggi dell’Anfilochia che erano in loro possesso e che non aiutassero Anaktorion, la quale era ostile agli Acarnani»; mentre il patto venne sancito da Acarnani e Amphilochoi, nelle clausole del trattato sintetizzate da Tucidide, solo gli Acarnani paiono costituire un’entità in grado di condurre un’autonoma e unitaria politica militare, mentre gli Amphilochoi sono menzionati sono in relazione agli ostaggi e alle località occupate dagli Ambrakiotai. 54   Vd. supra, 84 sgg.

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Olpai non parla certo a favore dell’esistenza un tribunale comune dell’ethnos acarnano55, ma piuttosto dell’individuazione di un luogo deputato all’amministrazione giudiziarie in specifiche materie di interesse comune per gli Acarnani e gli Anfilochi, a seguito di un accordo tra le due popolazioni: proprio la gestione delle contese in materia di rappresaglia o di altri aspetti inerenti il diritto commerciale, considerato il contesto in cui ci muoviamo, sembrerebbe essere un’ipotesi molto ragionevole. Il particolare rapporto instaurato tra l’Acarnania e l’Amphilochia e gli specifici interessi che possiamo presumere essere stati alla base della costituzione del koinon dikasterion nel sito costiero di Olpai appaiono riverberati con particolare cogenza in un documento epigrafico di fine IV secolo, di recentissima pubblicazione56. Si tratta di tre frammenti di una stele, conservati al museo di Thyrrheion, recanti i testi estremamente mutili di due giuramenti, i quali possono essere rispettivamente datati su base paleografica alla fine V / inizi IV sec. a.C., il primo, e alla fine del IV sec. a.C., il secondo. Quest’ultimo è connesso alla conclusione di un accordo tra Acarnani e Amphilochoi, da una parte, e Ambrakiotai, dall’altro, e ripropone pertanto la stessa combinazione degli accordi testimoniati da Tucidide per il V sec. a.C. (III, 114, 3, vd. supra). Particolarmente significativo in relazione a quanto sopra osservato sul possibile ruolo del tribunale comune di Olpai è il fatto che il testo superstite lasci intravedere una pluralità di clausole, tese a regolamentare pacifici rapporti tra queste tre comunità affacciate sul Golfo di Ambracia e il loro uso di tale “mare comune” (vd. ll. 8-9 del secondo frammento: [ - - - τᾶι δὲ θαλά]σσαι κοινᾶι χρήσθω ἕκασ̣[τος αὐτῶν κτλ.)57.

Osservazioni conclusive La natura e l’esiguità delle evidenze a nostra disposizione aprono solo alcuni parziali scorci sull’organizzazione politica degli Acarnani nella prima età classica. Ciò che essi ci lasciano intravedere è la mancanza di un centro politico comune a tutto l’ethnos acarnano, con la conseguente mancanza di una visibile dialettica tra questo e le comunità locali membri, all’interno di una struttura che possa dirsi anche solo inizialmente federale. Non si tratta qui di indulgere su un argumentum ex silentio (della cui esistenza si dovrà comunque tenere conto), dal momento che diversi elementi sembrano convergere a formare questa immagine, pur nella loro portata indiziaria. Un’idea di strutturale ‘mancanza di comunicazione’ tra

  Un tribunale come quello che Locresi Opunzi avevano invece stabilito nella polis capitale di Opous, attestato nella legge per la fondazione della colonia a Naupaktos, IG IX 12 3, 718, ll. 31-33 (Chaleion, 500-450 a.C.). 56   Funke - Hallof 2013, 55-64. 57   Ibid. 60. 55

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l’Acarnania interna e quella costiera o l’inesistenza, per questa fase più antica, di un santuario comune dell’ethnos sono alcuni di questi elementi. E anche le evidenze di carattere più strettamente istituzionale – che per questa fase si restringono fondamentalmente al decreto di Stratos IG IX 12 2, 390, alla notizia sul koinon dikasterion di Olpai e, inoltre, alla fonte numismatica su cui ritornerò qui sotto – sembrano parlare a favore di questa stessa visione. La natura del rapporto tra Acarnani e Amphilochoi, come abbiamo visto, è difficile da classificare. Esso non aveva contemplato alcuna vera e propria annessione, ma neppure si era limitato all’instaurazione di un’alleanza ineguale sotto l’egida degli Acarnani, avendo molto probabilmente contemplato anche la stipula di comuni convenzioni giudiziarie, verosimilmente legate alle attività nel golfo di Ambracia, come l’istituzione del dikasterion comune con sede permanente nel teichisma costiero di Olpai ci porta a dedurre. Il decreto di Stratos IG IX 12 2, 390 ci ha mostrato invece l’esistenza di una forma di aggregazione simpolitica con una città, Phoitiai, che in questa fase più antica appare connessa a Stratos in qualità di comunità politica di livello locale, ma che in seguito, in presenza di uno stato federale oramai strutturato, sarebbe tornata a essere una polis a se stante e membro del koinon degli Acarnani alla stregua di Stratos. Come abbiamo visto, la natura dell’unione tra Stratos e Phoitiai, e la dinamica centrale/locale da essa rappresentato, appare difficile da classificare secondo le usuali categorie dell’organizzazione poleica ovvero di quella federale. Tale quadro può tuttavia risultare meno oscuro se si considera il ruolo di eccezionale preminenza rivestito in Acarnania dalla sua πόλις μεγίστη: un ruolo rilevabile in continuità nel corso del IV secolo e della prima età ellenistica, fino all’annessione di Stratos da parte del koinon degli Etoli, e il suo inquadramento nello Stratikon telos58. In considerazione di questo più ampio quadro diacronico, le informazioni di carattere istituzionale emergenti da IG IX 12 2, 390 ci suggeriscono allora di considerare la Stratos di V secolo non tanto come la capitale di un koinon degli Acarnani, ma quantomeno come polo di una iniziale ‘sperimentazione federale’ attraverso iniziali e parziali forme di aggregazione politica, che avrebbe poi condotto, per fasi successive, alla formazione di uno stato federale acarnano. Il ruolo ricoperto da Stratos appare del tutto in linea con la sua stessa posizione geografica all’interno dell’area acarnana; le sue potenzialità come polo di aggregazione politica erano infatti proporzionali alla sua capacità di controllare ampi territori e importanti vie di comunicazione: prima tra tutte quella fluviale segnata dal corso dell’Acheloos59. Proprio il ruolo dell’Acheloos

  Per un parallelo, cf. Corsten 1999, 118-120, che mette in connessione il ruolo di Stratos rispetto all’Acarnania con quello di Olynthos nella Calcidica. 59   Cf. Antonetti 1987, 101: «era Strato che dominava le grandi vie di comunicazione, quella terrestre e quella fluviale (l’Acheloos era navigabile sino a suoi bastioni) ed entro le sue mura, dal perimetro amplissimo, potevano trovare rifugio numerosissime greggi, principale ricchezza del 58

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ci introduce a un’ultima considerazione riguardante la monetazione acarnana di età classica, in cui il dio fluviale appare ugualmente raffigurato sia in due serie monetali da alcuni interpretate come emissioni ‘federali’ (Tipo I: Acheloios / Kallirhoe; Tipo II: ­Acheloios / sigla: Ϝ), sia in una serie coeva relativa alla sola Stratos (Acheloios / Kallirhoe e sigla ΣΤΡΑ)60. Si tratta di evidenze problematiche sotto diversi aspetti, dalla determinazione più precisa della loro cronologia all’interpretazione della sigla F sul verso del Tipo II (la cui proposta di scioglimento come Ϝακαρνάνες è tuttavia insostenibile da un punto di vista linguistico). Al di là di questo, si può però osservare come tali più antiche serie monetali non possiedano caratteristiche tali da farcele riconoscere come emissioni propriamente “federali” (cosa che si determinerà invece in Acarnania solo a partire dal III sec. a.C., con alcune sostanziali innovazioni incorse alla metà del IV sec. a.C.), e come, al contempo, Stratos confermi ancora una volta il suo ruolo trainante. È in questa città che si presume dovesse avere avuto sede la produzione non solo del tipo locale con Acheloios / Kallirhoe e la sigla ΣΤΡΑ, ma anche delle emissioni non-locali almeno del Tipo I. In mancanza di un santuario comune dell’ethnos, come ha fatto notare K. Freitag, la figura del dio fluviale Acheloios pare peraltro essere stata il contesto mitico attorno a cui maggiormente si forgiò l’unità ideologica degli Acarnani nel corso dell’età arcaica e classica, e di cui la polis megiste dell’Acarnania, porto sul fiume Acheloos, dovette costituire il centro di irradiazione61.

1.3. La “prima federazione” acarnana Come ho già avuto modo di accennare, l’Acarnania appare differenziarsi da altri contesti della Grecia nordoccidentale per aver conosciuto processi di urbanizzazione relativamente più precoci e per aver quindi di conseguenza individuato nell’infrastruttura poleica piuttosto che in quella etnica la base della sua successiva evoluzione in senso federale. Coerentemente con tale quadro, la “prima” federazione degli Acarnani appare essersi costituita unicamente a partire da realtà locali poleiche, laddove invece l’emergenza di ethne in veste di comunità politiche membri del koinon rappresenta un fenomeno verificatosi piuttosto nel secondo periodo federale, dopo gli anni ’30 del III sec. a.C.

popolo pastore. Strato, πόλις μεγίστη τῆς Ἀκαρνανίας, è una delle poche città classiche costruite a immagine di un popolo transumante». Per il porto fluviale di Stratos sull’Acheloos, vd. Ps.-Scyl. 34; Polyb. IV 63, 10-11; Strab. X 2, 2. 60   Rimando per questo aspetto all’analisi e alle conclusioni di Freitag 2015, 85-85, con riferimenti al dibatitto, e suprattutto alla discussione dei Tipi I e II (V-IV sec. a.C.) in Freitag 2013, 69-72. 61   Il culto di Acheloios a Stratos è testimoniato unicamente dalle emissioni monetali di cui sopra. Una testimonianza di agoni degli Acarnani per Acheloios (non sappiamo in quale epoca) è presente in schol. in Hom. Il. XXIV 606b: Ἀκαρνᾶνες δὲ καὶ ἀγῶνα αὐτῷ (scil. Ἀχελῴῳ) ἐπιτελοῦσιν.

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PARTE II: ETHNE – STATI FEDERALI DELLA GRECIA OCCIDENTALE

Anche le liste dei theorodokoi di Epidauro, Argo e Nemea (Tabb. 3, 4, 5), databili tra gli anni ’50 del IV sec. a.C. e il 313 a.C., riportano solo indicazioni di poleis; e ciò vale anche nel caso dei Derieis, che ricorrono nell’iscrizione di Nemea sotto il titolo Ἐν Δηρίωι (col. A l. 41) e vengono menzionati da Diodoro (XIX 67, 4: Δεριεῖς), che ne riferisce il trasferimento presso l’etolica Agrinion nel 314 a.C.62. Secondo Cabanes, l’espressione Ἐν Δηρίωι presente nella lista dei theorodokoi di Nemea sarebbe da ricondurre a un ethnos, piuttosto che non a una polis, e la composizione dello stato federale acarnano in poleis ed ethne, riscontrabile nel decreto di fine III sec. a.C. IG IX 12 3, 583, costituirebbe una situazione già leggibile nei documenti relativi al primo koinon63. In realtà, tutti i toponimi presenti nell’iscrizione di Nemea sono indicati come complementi di luogo con ἐν e dativo; d’altro canto, i Derieis vengono menzionati da Diodoro a fianco degli Oiniadai, senza poter dubitare che questi ultimi fossero i politai di Oiniadai e non invece un ethnos64. La menzione di Derion nella lista di Nemea, databile a un periodo compreso tra il 331/0 e il 313 a.C., è stata inoltre messa in connessione con l’apparente scomparsa di tre poleis menzionate invece nelle più antiche liste di Epidauro e Argo, ossia Alyzeia, Torybeia/Tyrbeion e Hyporeiai. Come fa notare Cabanes, nessuna delle iscrizioni acarnane reca una contemporanea menzione di una di queste tre poleis insieme ai Derieis65; di conseguenza, «on pourrait donc présenter l’hypothèse d’un remplacement de ces différentes localités par la seule mention du groupe ethnique des Derieis, en Acarnanie centrale, qui aurait constitué l’un des districts de l’Acarnanie dans la première moitié du IIIe siècle»66. Tra le tre città sopra menzionate, solo Hyporeiai non compare più in documenti successivi alla fine del IV sec. a.C., mentre Torybeia/Tyrbeion è ancora attestata in un decreto di Delfi risalente al 273/2 a.C. (FD III. 3, 203, l. 5) e

62   Individui caratterizzati dall’etnico Derieus ricorrono anche in nell’iscrizione IG IV2 1, 96 (ll. 61 e 65), proveniente da Nemea. 63   Cabanes 1981, 101; 1985, 346; cf. anche Antonetti 1987, 101; diversamente, Pritchett 1992, 81-85, sostiene che Derion fosse una polis, localizzata presso il sito odierno di Skortou, nell’Acarnania centro-settentrionale, vicino a Phoitiai; cf. anche Inventory, nr. 117. 64   Non è possibile neppure presumere che i Derieis appartenessero a quella parte della popolazione acarnana insediata per villaggi privi di mura; in Diod. XIX 67, 4 è scritto che Cassandro, convocati gli Acarnani in un’assemblea comune, συνεβούλευεν ἐκ τῶν 〈ἀν〉οχύρων καὶ μικρῶν χωρίων εἰς ὀλίγας πόλεις μετοικῆσαι; l’emendamento 〈ἀν〉οχύρων (Reiske - Dindorf) è del tutto congetturale, benché paia in effetti più logico un trasferimento a partire da centri non fortificati verso città dotate di mura; bisogna tuttavia notare come sia Oiniadai (cf. Pritchett 1992, 115-119 e 128) sia il sito di Skortou, identificato con Derion (ibid. 81-85, cf. Inventory, nr. 117), fossero caratterizzati da cinte murarie; inoltre, come Diodoro sottolinei non tanto la migrazione verso luoghi muniti, quanto piuttosto la concentrazione della popolazione acarnana in «poche città» lungo i confini orientali, con l’intento di respingere gli Etoli. Per l’etnico Οἰνιάδας cf. anche Thuc. II 82 e III 94, 1; IG IX 12 1, 3A ll. 22 e 24-25. 65   Cf. anche Corsten 1999, 81 per un prospetto delle fonti. 66   Cabanes 1985, 346-347 (347 per il passo citato).

1. IL KOINON DEGLI ACARNANI

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IG IV2 1, 95, col I, ll. 8-22, 33-37; col. II, ll. 56-59 Oiniadai Stratos Phoitiai Koronta Medion Astakos Euripos Thyrrheion Echinos Torybeia (=Tyrbeion) Alyzeia Leukas Palairos Anaktorion Argos Akripos Hyporeiai Therminea Phyleia Limnaia

col. I 15 20 35 col. II

Ἀκαρνανία· Οἰνιάδαι· Λάϊππος. Στράτος· Θεοπροπίδας. Φοιτίαι· Σ̣ίσυρνος Κορόνται· Ἀξίοχος, Πίμφις Μεδίων· Ἀριστίων Ἀστακοί· Ε̣ὔ̣ριπος· Κοιρόμαχος Θύρρειον· Ταυρίσκος Ἐχίνεος· Κόσων Τορύβεια· Ἄντανδρος πρόξενος Ἀλυζέα· Λευκάς· Τιμοφράδης Πάλαιρος· Λεόντιος Ἀνακτόριον· - - Ἄργει· Λεοντεύς Ἀκρίπωι· Μύστρων Ὑπωρείαις· Τείσανδρος Θερμινέαι· Ἐχεμένης Φυλείαι· Φιλοίτιος - - 〚ἐν Λιμναίαι· Θωπίνας Ἀρι[σ]〛τολάου Λυκόφρων Φίλλος

Tab. 3. Lista dei theorodokoi di Epidauro (356/5 a.C.).

Alyzeia ricorre tra le poleis membro della “seconda federazione” acarnana (IG IX 12 2, 208 a e c, 209 b, 582 e 583, vd. Tab. 6). Credο che la polis di Hyporeiai, collocabile nell’Acarnania orientale a causa della sua posizione all’interno della lista di Epidauro, potesse essere stata inglobata dagli Etoli già dopo il 314 a.C., insieme ad Agrinion. Per quanto riguarda invece Torybeia / Tyrbeion e Alyzeia, penso non esistano prove sufficientemente convincenti per collocarle nel distretto di Derion. Anzitutto, non mi pare accettabile ritenere, come fa Cabanes, che l’espressione ἐν Δηρίωι presente nella lista di Nemea potesse indicare un ethnos, comprendente nel proprio territorio Torybeia / Tyrbeion, Alyzeia e Hyporeiai, e corrispondente al distretto di Derion rappresentato da uno stratego in IG IX 12 1, 3A. In secondo luogo, anche partendo dal presupposto che Derion fosse una polis al pari di Torybeia / Tyrbeion e Alyzeia (è probabile che Hyporeiai, invece, non facesse più parte del territorio acarnano dopo il 314 a.C.), riteniamo che il solo confronto tra le liste dei theorodokoi di Epidauro e di Nemea non possa costituire una prova sicura del fatto che le tre poleis fossero comprese in un medesimo distretto nell’organizzazione territoriale della “prima federazione” acar-

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PARTE II: ETHNE – STATI FEDERALI DELLA GRECIA OCCIDENTALE

SEG 23: 189, col. 1, ll. 2-9 Medion Anaktorion Thyrrheion Palairos Alyzeia Tyrbeion (=Torybeia) Leukas Argos

col. I 5

[Μεδί]ων· Ἀρ̣ισ̣[τ]ίων [Ἀνακ]τ̣όριον· Περίανδρος [Θύρρειο]ν̣· Φύσκος [Πάλαιρ]ος· Διοκλῆς [Ἀλυζέ]α̣· Ἱπποκράτης [Τύρ]βειον· Ἀριστώνυμος [Λευ]κ̣άς· Δαϊμένης, Πειθέας Πειθωνίδα [Ἄργο]ς· Λάδικος

Tab. 4. Lista dei theorodokoi di Argo (330 a.C. ca.).

nana67. Tale considerazione deriva dalla natura stessa della tipologia documentaria presa in analisi68. Le liste dei theorodokoi presentano spesso ‘vuoti’ per i quali è difficile trovare giustificazione, se non considerando, in via generale, che il contenuto di queste iscrizioni assommava valenze di tipo politico a valenze di contenuto più generalmente pratico (e geografico), connesse con gli itinerari dei theoroi all’interno delle varie regioni. Pertanto, mentre la presenza all’interno di queste liste di determinate comunità (in genere si tratta di poleis) costituisce un dato significativo, in quanto permette di riconoscere in quelle vere e proprie entità politiche e non semplici insediamenti, un’eventuale assenza non fornisce invece alcun elemento certo e non può essere interpretata come un’effettiva obliterazione politica o fisica delle comunità che non si trovano registrate nelle liste69. In secondo luogo, bisogna anche notare come l’elezione di theorodokoi da parte di una comunità non appaia connessa con il grado di indipendenza politica della stessa; ad esempio, tra le città beotiche registrate nella lista di Epidauro del 359 a.C. viene menzionata anche Orchomenos, i cui distretti erano stati all’epoca soppressi e la quale si trovava allora in una posizione di chiara subordinazione rispetto all’egemone Tebe70. Non possiamo quindi essere certi sul

  Cf. invece la ricostruzione di Corsten 1999, 83-85.   Simili riserve sull’uso delle liste dei theorodokoi come fonte per la storia istituzionale sono espresse da Freitag 2015, 79. 69   Per una sintesi dei problemi interpretativi sollevati dall’analisi delle liste dei theorodokoi, cf. anche Inventory, 102-106. 70   IG IV2 1, 94, fr. A, col. I, ll. 4-9: Θῆβαι· Χαρικ[λῆς] | Θε[— —] | Θεσπιαί· Δα[— — | Κορ]­ ώνεια· Πυθ̣[— — | Ὀρχο]μενός· [— — | Λεβάδ]ε̣ι[α· — —]. Nel 395 a.C., Orchomenos aveva defezionato dal koinon dei Beoti, passando dalla parte degli alleati di Sparta e permanendo nell’orbita lacedemone sino almeno al 375 a.C. (Xen. Hell. IV 3, 15; V 1, 29; Diod. XV 37, 1). In seguito, Orchomenos continuò a rimanere in uno stato di conflitto con Tebe, ma nel 370 a.C. fu costretta a rientrare nuovamente come membro della federazione; nemmeno dopo questo episodio, i due distretti di Orchomenos sarebbero stati tuttavia ripristinati (troviamo in effetti sette beotarchoi ancora nel 365 a.C., vd. SEG 34: 355); si è peraltro ipotizzato, al proposito, che gli Orchomenioi non detenessero 67 68

1. IL KOINON DEGLI ACARNANI

SEG 36: 331, col. A ll. 15-53, col. B ll. 9-12, 38-40 Palairos Anaktorion Echinos Thyrrheion Euripos Limnaia Oiniadai Stratos Derion Medion Phoitiai Koronta Astakos Leukas

col. A, 15 Ἐν Ἀκαρνανίαι Ἐμ Παλαίρωι Διόφαντος Λυκοφρονίδα Διοκλῆς Θερσιλόχου Εὔφρων Ἐπίφρονος 20 Ἐ̣ν Ἀνακτορίωι Ἀ〈λ〉εξίων Ἀνδρομάχου Δαμότιμος Ἀνδρομάχου Ἀνδρόλαος Ἀνδρομάχου Ἐν Ἐχίνωι 25 Στίλπων Ὀλυμπίχου Ἐν Θυρρείωι Ἀλκέτας Ἀντιμάχου Ἐν Εὐρίπωι Πολυάλκης Χαιριμένεος 30 Εὔαλκος Χαιριμένεος Ἐν Λίμναις Φίλιστος Ἀριστομάχου Δρώξιας Ἀριστομάχου Ἐν Οἰνιάδαις 35 Φείδων Πορφυρίων Δαμοθάρσεος Φίλων Τιμοσθένεος Ἐν Στράτωι Αἰσχρίων Ἀδμάτο〈υ〉 40 Ἐφέσιος Ἐχεκράτεος Ἐν Δηρίωι Τελένικος Ἁγησάνδρου Βραχυμῆλος Ἀρχεδάμου Ἐμ Μεδιῶνι 45 Φρικίνας Νικηράτου Νικόλαος Σωτήριος Σωσάνδρου Ἐμ Φοιτίαις Μενεσθ〈ε〉ὺς Μιλτιάδα Ἐγ Κορόνταις 50 Παυσανίας Θ〈ε〉οπροπίδα Σαμιάδας Σαμία Ἐν Ἀστακοῖς Ἡρακλείδας Ὀφρυάδα col. B Ἐν Λευκάδι 10 Δαϊμένης Κλέας 〈Θ〉ράσων Θρασυλόχου Καλλικλῆς Θεόδωρος Καλλία 40

Ἐν Στράτωι Μεννέας Καρφίνα

Tab. 5. Lista dei theorodokoi di Nemea (331/0-313 a.C.).

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preciso status che caratterizzava, rispettivamente, Torybeia / Tyrbeion, Alyzeia e Derion, e non possiamo d’altro canto escludere che le differenze riscontrabili tra le liste di Epidauro e di Nemea (quella di Argo risulta meno significativa per la frammentarietà) potessero corrispondere a variazioni negli itinerari dei theoroi non direttamente funzionali a valenze politiche. Per finire, si noti ancora come le sezioni dedicate all’Acarnania nelle tre liste summenzionate riportino sempre la menzione di Leukas, che non entrò a far parte del koinon degli Acarnani prima del 280-263 a.C., confermando la non validità di una lettura prettamente politica di tali documenti epigrafici71. In conclusione, l’unico documento a nostra disposizione per comprendere l’organizzazione delle realtà locali all’interno del “primo” koinon degli Acarnani è costituito dal trattato di isopoliteia con l’Etolia, databile attorno al 263 a.C. Nel testo, vengono menzionati, attraverso nome proprio, patronimico ed etnico, i magistrati supremi dei koinon degli Acarnani: IG IX 12 1, 3A, ll. 22-25:       ἐν δὲ Ἀκαρνανίαι στραταγῶν Βυνθάρου Οἰνιάδα, Ἐπιλ άου Δηριέος, Ἁγήσωνος Στρατίου, Ἀλκέτα Φοιτιᾶνος, Ἀλκίνου      Θυρρείου, Θέων ος Ἀνακτοριέος, Πολυκλέος Λευκαδίου, ἱππαρχέοντος Ἱππολάου   Οἰνιάδα, 25 γραμματεύοντος Περικλέος Οἰνιάδα, ταμία Ἀγε〈λ〉άου Στρατικοῦ.

La presenza di un collegio composto da sette strateghi, ognuno proveniente da una diversa polis, ci suggerisce che il territorio federale fosse organizzato in altrettanti distretti territoriali, con finalità militari, finanziarie e istituzionali. Si deve inoltre notare come, similmente al modello beotico descritto nelle Elleniche di Ossirinco, i distretti acarnani non corrispondessero in alcun modo a comprensori tribali, ma raggruppassero in maniera sostanzialmente artificiale le diverse poleis membri, ottenendo un’equiparazione di tutti gli Acarnani nella politeia comune. Poiché le liste dei theorodokoi – e la lista di Nemea in particolare – riportano un numero di città maggiore rispetto alle sette da cui provenivano gli strateghi del 263 a.C. ca., bisognerà infatti pensare che ogni distretto radunasse più poleis e che queste ultime, inoltre, inviassero i magistrati rappresentanti del distretto di appartenenza secondo un sistema di alternanza. Gli etnici degli strateghi acarnani in IG IX 12 1, 3A ci possono suggerire in

nel koinon pieni diritti politici come gli altri Beoti e che non partecipassero quindi all’assemblea comune; in questo senso sarebbe infatti da intendersi la notizia, riportata da Diod. XV 57, 1, secondo cui Epaminonda, dopo la capitolazione della città nel 370 a.C., avrebbe assegnato gli Orchomenioi «al territorio degli alleati», cf. Buck 1994, 158 n. 16. 71   Cf. Funke - Gehrke - Kolonas 1993, 134.

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maniera generica quali fossero le collocazioni dei vari distretti sul territorio federale; tuttavia, poiché non possediamo alcun’ altra fonte utile a stabilire con la dovuta precisione l’organizzazione territoriale dell’Acarnania, ogni possibile ricostruzione non può che risultare altamente ipotetica e passibile di sostanziali variazioni a fronte dell’auspicabile apporto di nuovi documenti. Bisogna inoltre aggiungere che, a fronte di quanto sopra rilevato riguardo alle liste dei theorodokoi e alle loro peculiarità, rimangono su di un piano congetturale non solo i raggruppamenti delle varie poleis nei sette distretti, ma anche gli eventuali rapporti di parità ovvero di subordinazione di queste all’interno dei vari distretti. Infatti, è possibile che alcuni distretti fossero formati da un’unica polis, rispetto a cui altri insediamenti costituivano realtà locali subordinate, prive della facoltà di esprimere direttamente propri rappresentanti e prive di una propria politeia; sarebbe questo, probabilmente, il caso del distretto di Stratos, che si doveva estendere dal medio corso dell’Acheloos sino ai rilievi della Prantis, ai confini con l’ethnos etolico degli Agraioi72. Altri distretti, invece, annoveravano più di una polis e, poiché l’invio di rappresentanti istituzionali – così come di forze armate o di contributi – doveva a grandi linee rispettare la diversa ampiezza delle varie città componenti un singolo raggruppamento, è possibile ritenere che il koinon acarnano avesse attuato meccanismi di rotazione annuale, con un avvicendamento paritario dei vari membri – similmente al distretto composto da Akraiphiai, Kopai e Chaironeia per l’invio dei beotarchi nel koinon dei Beoti73 – oppure diseguale – come nella coppia di distretti composti da Orchomenos e Hyettos74. Fatte queste necessarie premesse, si può pertanto suggerire la seguente distribuzione75:

  Cf. IG IX 12 1, 3A, ll. 9-13.   Sulla rotazione tra Akraiphiai, Kopai e Chaironeia all’interno del meros XI, vd. Hell. Oxy. XI (XVI), 3. 74   Come testimoniato in Hell. Oxy. XI (XVI), 3, la polis di Orchomenos rappresentava due mere insieme a quella di “Hysiai” (ossia Hyettos, sul lago Kopais): δύο δὲ παρείχοντο βοιοτάρχας Ὀρχομένιοι καὶ Ὑσιαῖοι. Le due città erano tra loro unite da stretti legami, benché all’epoca Hyettos non costituisse un centro dipendente da Orchomenos, come proposto da diversi studiosi (cf. Feyel in Feyel - Platon 1938, 165 n. 5), ma una delle poleis membro dotate di una propria politeia e di propri organi deliberativi; tuttavia, Hyettos doveva comunque essere caratterizzata da una posizione politica in certa misura secondaria rispetto alla ben più estesa Orchomenos: è infatti proprio in virtù della sua scarsa estensione che Hyettos esprimeva un beotarca ogni tre anni, mentre gli Orchomenioi fornivano tutti gli altri (cf. Knoepfler - Étienne 1976, 229-233). 75   Cf. Corsten 1999, 83, il quale ricostruisce la seguente distribuzione: 1. Palairos, Anaktorion; 2. Echinos, Thyrrheion, Euripos, Limnaia; 3. Oinadai; 4. Stratos; 5. Derion / Torybeia, Alyzeia; 6. Medion, Phoitiai, Koronta, Astakos; 7. Leukas. Credo che la soluzione proposta dall’autore, basata su un uso da me non condiviso dell’evidenza delle liste dei theorodokoi, in particolare per ciò che attiene l’ipotetica connessione tra i Derieis e Torybeia-Alyzeia, non risulti soddisfacente, soprattutto in quanto non tiene conto della collocazione di Derion presso Skortou e in quanto individua un distretto del tutto sproporzionato rispetto agli altri, comprendente le poleis di Medion, Phoitiai, Koronta e Astakos. 72 73

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I - distretto di Oiniadai: esteso nella piana della Paracheloitis, forse sino al centro fortificato di Sauria (cf. Diod. XIX 67, 4); II - distretto di Derion: verosimilmente esteso nell’area a ovest-sudovest del lago Ozeros, comprendente anche le poleis di Koronta e Astakos; III - distretto di Stratos: esteso dal medio corso dell’Acheloos sino ai rilievi della Prantis (cf. IG IX 12 1, 3A, linee 9-13). IV - distretto di Phoitiai: situato nella regione dell’Acarnania centro-settentrionale, attorno al lago Anvrakia, probabilmente inclusivo delle poleis di Medion e Limnaia; V - distretto di Thyrrheion: comprendente il massiccio montuoso dell’Akarnanika, nell’Acarnania centro-occidentale, forse con le città di Torybeia / Tyrbeion, Alyzeia ed Euripos; VI - distretto di Anaktorion: esteso nell’area nord-occidentale dell’Acarnania, intorno al lago Myrtountion, e comprendente anche le poleis di Echinos e Palairos; VII - distretto di Leukas: relativo all’omonima penisola, fu verosimilmente aggiunto in un secondo momento, dopo l’ingresso della polis di Leukas nel koinon acarnano, nel secondo ventennio del III sec. a.C.

L’ipotesi di una rotazione delle poleis all’interno dei singoli raggruppamenti territoriali è connessa anche al fatto che non si conoscono assemblee “distrettuali” e che, di conseguenza, le elezioni degli strateghi – insieme all’ipparco e al segretario – dovevano probabilmente avere luogo in seno agli organi deliberativi cittadini. Oltre a questo avvicendamento tra poleis all’interno dei distretti, ve ne doveva essere anche uno dei distretti stessi al vertice delle istituzioni del koinon; come si nota alle ll. 24-25 del trattato (vd. supra per il testo), sia l’ipparco che il segretario portavano l’etnico Oiniadas, come il primo degli strateghi elencati. È allora possibile ritenere che in questo periodo uno dei sette strateghi facesse le funzioni di comandante supremo, coadiuvato dall’ipparco e dal segretario76. Per quanto riguarda il tamias, che nel trattato etolo-acarnano è menzionato attraverso il nome proprio e la determinazione Στρατικός (l. 25), risulta invece più difficile proporre un’ipotesi interpretativa sufficientemente attendibile, nella totale mancanza di altri riscontri. L’indicazione ταμία Ἀγε〈λ〉άου Στρατικοῦ deve essere intesa come «quando era tesoriere Agelaos del distretto di Stratos»77. Il confronto con il decreto federale del “secondo” koinon IG IX 12 2, 582 (207 a.C.) fa rilevare la presenza di un unico tesoriere di nomina federale, indicato con il solo nome proprio (Hipparchos, vd. ll. 34 e 39). Diversamente, si dovrebbe invece ritenere che, nella “prima” federazione, il tamias fosse nominato in funzione dei

  È possibile ipotizzare, in mancanza di altre indicazioni, che si trattasse o del grammateus del synedrion, menzionato nell’iscrizione IG IX 12 1, 3A, alla l. 34, oppure del grammateus dello stratego supremo; entrambe le cariche appaiono infatti documentate nel decreto federale IG IX 12 2, 582 (vd. Tab. 6), relativa al periodo del “secondo” koinon degli Acarnani. 77   Cf. IG IX 12 1, 3B (235-232 a.C.), l. 2: κρῆμα γαϊκὸν Στρατικοῦ τέλεος. 76

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distretti: pertanto, non si potrebbe del tutto scartare l’ipotesi che i tesorieri componessero un collegio di sette membri, così come gli strateghi. Infine, poiché il territorio di Stratos, come si legge alle prime righe del trattato con l’Etolia (linee 7-11), era direttamente coinvolto nella risoluzione di una disputa confinaria con l’ethnos etolico degli Agraioi, è possibile ipotizzare che la presenza del tamias del relativo distretto tra le magistrature chiamate a ratificare l’accordo fosse connesso proprio con tale aspetto e non fosse invece da mettere in rapporto con meccanismi di rotazione ai vertici del koinon, come quelli riguardanti lo stratego, l’ipparco e il segretario. Come ho già avuto modo di sottolineare altrove, il trattato di isopoliteia con l’Etolia mette in evidenza alcune caratteristiche della prassi politica degli stati federali, nel rapporto tra realtà locali e potere centrale78. Mentre riguardo alle iniziative connesse con il culto e le festività panelleniche le poleis membri tendevano a mantenere prerogative autonome anche nella gestione di relazioni di portata interstatale79, i rapporti con comunità esterne alla federazione riguardanti materie di ordine politico erano invece necessariamente gestite attraverso la mediazione degli organi centrali. In IG IX 12 1, 3A, il tema della composizione di una disputa frontaliera tra la città di Stratos e l’ethnos etolico degli Agraioi si trova inserito nel più ampio contesto del trattato di isopoliteia tra le due federazioni; come si legge alle linee 8 e seguenti, il compito di comporre la contesa appare affidato dai due koina ai loro rispettivi membri locali, con la riserva, tuttavia, di rimettere la risoluzione finale nelle mani degli organi federali, in caso di mancato accordo tra i primi: IG IX 12 1, 3A, ll. 8-11 ὑπὲρ δὲ τῶν τερμόνων τοῦ Πραντός, εἰ μέγ κα Στράτιοι καὶ Ἀγραῖ οι συγχωρέωντι αὐτοὶ ποτ’ αὐτούς, τοῦτο κύριον ἔστω· εἰ δὲ μή,     Ἀκαρνᾶνες καὶ Αἰτωλοὶ 10 τερμαξάντω τὰμ Πραντίδα χώραν, αἱρεθέντας(!) ἑκατέρων δέκα   πλὰν Στρατίων καὶ Ἀγρα〈ί〉 ων· κτλ. «Per ciò che concerne i confini della Prantis, se gli Stratioi e gli Agraioi giungono a un accordo, questo sia in vigore; se no, gli Acarnani e gli Etoli si occupino di traccare i confini della regione di Pras, eleggendo ciascuno dieci (incaricati), al di fuori degli Stratioi e degli Agraioi».

  Lasagni 2011, 218.   Si vedano, riguardo al periodo della “prima” federazione, le poleis acarnane menzionate nelle liste dei theorodokoi di Epidauro, Nemea e Argo (vd. Tabb. 3, 4, 5), riguardo al periodo della “seconda”, oltre al decreto federale per l’asylia al santuario di Artemide Leukophryene a Magnesia (IG IX 12 2, 582, ll. 45-49, vd. Tab. 6), si veda anche il decreto locale IG IX 12 2, 388 (f. III sec. a.C.), in cui la polis di Medion accoglie ambasciatori e theoroi da Kyzikos (cf. Rigsby 1996, nr. 168) e accorda l’asylia al locale santuario di Artemide. 78 79

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Tali elementi emergono dalla documentazione epigrafica acarnana, ma sono ravvisabili in maniera analoga in tutti gli stati federali della Grecia antica. Il ruolo di mediazione del koinon acarnano, rilevabile con chiarezza nel trattato di isopoliteia con l’Etolia, appare già presente, come si è visto, nel decreto ateniese IG II2 208, dove l’invio di ambasciatori da parte della polis acarnana di Echinos ad Atene era stato verosimilmente attuato dietro deliberata autorizzazione del koinon.  Riguardo al ruolo delle realtà locali in funzione degli organi deliberativi federali, le notizie ricavabili dai dati a nostra disposizione sono ancora una volta estremamente esigue. I decreti federali di questo periodo ci mostrano la presenza di un consiglio, denominato synedrion (IG IX 12 1, 3A, l. 34) o boule (vd. infra), e di un’assemblea, designata con il termine οἱ χίλιοι (IG IX 12 2, 207). Il confronto con altre realtà federali, come ad esempio la Beozia qui più volte evocata, induce a ritenere che il consiglio degli Acarnani fosse composto a partire dalle città, attraverso l’interfaccia di distretti. Per quanto riguarda invece l’assemblea primaria, è necessario ritenere che il numero di “mille” fosse una cifra fittizia, che andava verosimilmente a designare un numero ristretto di cittadini con pieni diritti, in presenza di un regime di oligarchia censitaria, in cui è possibile intravedere l’innegabile influenza del modello corinzio80. Anche i decreti federali del “secondo” koinon continuarono a impiegare la denominazione οἱ χίλιοι, a fianco delle corrispondenti formulazioni Ἀκαρνᾶνες e τὸ κοινὸν τῶν Ἀκαρνάνων (vd. Tab. 9) e, questo, benché il territorio federale fosse all’epoca decisamente ridimensionato, a seguito della perdita dell’area orientale, inglobata dagli Etoli. Di conseguenza, è del tutto inverosimile ritenere che il numero di mille potesse rispecchiare la reale entità dell’assemblea, in connessione a una struttura locale composta da dieci partizioni (poleis o distretti)81. Scarsissime sono inoltre le notizie riguardanti le istituzioni locali delle poleis membri. I dati a nostra disposizione ci permettono solamente di capire che le città del territorio acarnano possedessero istituzioni locali tra di loro non omogenee. Un’iscrizione frammentaria proveniente da Anaktorion (IG IX 12 2, 212, databile tra IV e III sec. a.C.) ci attesta la presenza di un’assemblea denominata halia, un organismo certo connesso con l’origine corinzia dell’insediamento e

  Cf. Funke - Gehrke - Kolonas 1993, 140-141.   Cf. Mazzoni 1996, 94-98: nel delineare una tale ricostruzione l’autrice non solo si basa su una non corretta interpretazione del decreto federale IG IX 12 2, 583 (con particolare riferimento al poscritto con l’elenco di otto poleis/ethne acarnani, per cui vd. la Tab. 6), ma non prende in considerazione sia l’iscrizione IG IX 12 2, 207 (281 a.C.?), relativa al primo koinon e contenente la menzione dei chilioi (su cui vd. supra, 80 n. 7), sia, soprattutto, il fatto che i “mille”, a differenza della boule, dovessero corrispondere a un’assemblea primaria costituita in maniera indifferenziata da tutti i politai federali con pieni diritti e non invece a un organo rappresentativo, eletto a partire dalle realtà locali. 80 81

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attestata, come si è visto, anche a Corcira ed Epidamnos82, mentre due decreti di prossenia e cittadinanza provenienti da Stratos (IG IX 12 2, 391-392, prima m. III sec. a.C.) fanno menzione di una boule, di un grammateus del consiglio e di uno mnamon. Riguardo ai regimi costituzionali, non possiamo essere certi che le stesse restrizioni censitarie ipotizzabili per la partecipazione agli organi federali valessero anche per il godimento dei pieni diritti a livello locale, all’interno delle varie poleis. Un’epigrafe proveniente da Thyrrheion (IG IX 12 2, 244, III sec. a.C.) parrebbe contenere in lacuna la menzione di un’ekklesia, potendo pertanto suggerire la presenza di un regime locale di stampo democratico83. Come abbiamo avuto modo di vedere nella prima parte di questo saggio, presenza nella polis di Leukas di un regime pienamente democratico è inoltre ricordata da Aristotele quale esito ultimo di modifiche al regime della proprietà, e alle connesse soglie censitarie per l’esercizio politico, già intervenute in un periodo molto precedente all’ingresso di Leukas nel koinon acarnano84. I due decreti di Stratos qui sopra menzionati (IG IX 12 2, 391-392) offrono infine lo spunto per un’ultima riflessione inerente al rapporto tra poleis membri e koinon, in relazione al conferimento della cittadinanza acarnana. Rispetto a tale questione, questi documenti sollevano infatti alcune difficoltà interpretative. Ragionando in via del tutto teorica, ci si può infatti aspettare che, in tale materia, le comunità locali e il governo centrale agissero negli stati federali secondo sfere di competenza distinte. Dal momento che l’acquisizione della cittadinanza in una polis membro avrebbe implicato anche la parallela acquisizione della cittadinanza federale e dal momento che, inoltre, quest’ultima veniva conferita nella forma di uno status isopolitico, da implementarsi con la residenza sul territorio e con la naturalizzazione all’interno di una polis locale, si può ragionevolmente ritenere che i membri locali non potessero normalmente conferire la politeia a individui esterni al koinon; e che, allo stesso modo, quest’ultimo non potesse attribuire per converso la cittadinanza di una polis membro, senza lederne di fatto l’autonomia. Il principio qui esposto può essere validamente applicato a molti contesti federali, anche se non manca di incorrere in alcune, seppur rare, eccezioni rilevabili a partire dalla documentazione epigrafica85. Lungi dall’essere indici di incoerenza giuridica, tali eccezioni rappresentano piuttosto il frutto della multiforme adattabilità istituzionale degli stati greci e possono essere spiegate come esito di peculiari circostanze storiche. Tra tali eccezioni, sembrerebbero appunto rientrare i decreti di cittadinanza IG IX 12 2, 391-392. I due documenti possono essere messi proficua  Vd. supra, 11 n. 30.   IG IX 12 2, 244 (III sec. a.C.): [ἀγαθᾷ τ]ύχᾳ. | [– – –c. 13– – –Φ]α̣νία, γρα[μματεύον|τος – – –c. 11 – – –]ς, μηνὸς . . . .c.8. . . . | [ἐκκλησίας(?) προστα]τ̣έοντος Τ. . . .c.7. . . | 5 [ἔδοξε τᾶι πόλει τῶν Θ]υρρείων· . . . .c.7. . . | [– – – – – – – – Θ]υρρε[ι– – –]. Cf. Cabanes 1985, 350. 84   Vd. supra, 48 sg. 85   Su tutti questi aspetti, rimando a Lasagni 2017, 78-109 e part. 101-103 per la politeia acarnana. 82 83

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mente in relazione con un altro psephysma di III secolo, anch’esso proveniente da Stratos e conferente la politeia federale acarnana, enunciata dalla normale formula καὶ πολιτείαν εἶ[ναι | αὐτῶι τῆς Ἀ]καρνανίας ἐν ὁποία[ι ἂν | βούληται π]όλει (IG IX 12 2, 393, ll. 2-4). I due decreti IG IX 12 2, 391-392 conferiscono ai rispettivi onorati concessioni analoghe a quelle del decreto federale IG IX 12 2, 393, come la prossenia, l’immunità e difesa della persona e dei beni per terra e per mare, il diritto di acquistare terre, l’esenzione da oneri ecc.; oltre che, ovviamente, la politeia (da intendersi verosimilmente in questo caso come politeia locale). Ciò che rende questi due documenti degni nota è, in particolare, il fatto che tali prerogative fossero state accordate a livello locale dalla polis membro di Stratos (ἔδοξε τῆι πόλει τῶν Στρατίων), ma per onorare due individui esterni al koinon acarnano e provenienti, rispettivamente, da Phaistos a Creta e da Karystos in Eubea. Per spiegare tale situazione, è possibile avanzare diverse ipotesi interpretative, nessuna nelle quali, purtroppo, definitivamente confermabile. Ritenere che il conferimento della politeia locale non avesse in realtà effetti a livello federale, ossia che non rendesse l’individuo onorato un Acarnano a tutti gli effetti come Ἀκαρνάν ἐξ Στράτου, mi sembra la spiegazione più fragile. Maggiormente valida sembra invece l’ipotesi che i provvedimenti di Stratos fossero stati emanati in conseguenza della previa attribuzione ai medesimi individui della politeia potenziale “nella polis che volessero” da parte del koinon; tuttavia, la totale mancanza nei documenti in questione di riferimenti ad organi o deliberazioni della federazione acarnana rende difficile confermare questa spiegazione. Passando da un piano più astrattamente giuridico a quello del contesto geopolitico in cui tali provvedimenti vennero emanati, si deve però ancora una volta ricordare le specificità di Stratos e il ruolo preminente che questa polis aveva in età classica e all’interno della prima federazione acarnana, prima del suo assorbimento da parte del koinon etolico. È possibile infatti che l’anomalia emergente da queste iscrizioni fosse l’esito di una prassi della politeia generatasi nello specifico contesto della polis megiste dell’Acarnania oltre che, più in generale, nel contesto sociale e politico caratterizzante gli ethne di questa parte del mondo greco. Come ha ben messo in evidenza Pierre Cabanes prendendo in esame una serie di documenti epigrafici da Acarnania, Epiro ed Etolia (compresi i decreti da Stratos IG IX 12 2, 391-393), tali ambienti furono infatti caratterizzati da istituzioni e prassi politiche nelle quali i terreni di sovrapposizione tra attività di stampo pubblico e attività di stampo privato erano assai più ampi, generando di conseguenza anche una divisione talvolta molto meno definita tra livelli centrali e locali del potere politico86.

  Cf. Cabanes 1998, 441-449.

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1.4. La “seconda federazione” acarnana Attorno al 230 a.C. ca., dopo un periodo di probabile scioglimento dell’unione federale, a seguito della spartizione del paese tra Etolia ed Epiro, il koinon degli Acarnani venne ricostituito su nuove basi87. La “seconda” federazione acarnana presentava infatti un’estensione territoriale decisamente ridimensionata, venendo a corrispondere, in buona sostanza, alla parte della regione affrancata dal controllo epirota a seguito della caduta della monarchia molossa (232 a.C.). Il nuovo koinon – considerandone la massima espansione – annoverava una quindicina di comunità locali, che si trovano menzionate nelle fonti epigrafiche (vd. Tab. 6): Alyzeia, Anaktorion, Astakos, Koronta, Leukas, Limnaia, Matropolis, Medion, Oiniadai, Palairos, Phoitiai, Phokreis/Phokreanes, Thyrrheion88. Il territorio di

87   Cf., inter alios, Larsen 1968, 264-273; Funke  -  Gehrke  -  Kolonas 1993, 142-143; Schoch 1996, 129-131; Dany 1999, 270-275 (che data la ricostituzione del koinon degli Acarnani al 232 a.C.). L’ipotesi secondo cui la spartizione dell’Acarnania tra Etoli ed Epiroti avrebbe determinato un’iniziale disgregazione del koinon acarnano e secondo cui, inoltre, le poleis dell’Acarnania occidentale avrebbero rifondato un’unione federale attorno al 230 a.C. venne formulata inizialmente da Oberhummer 1887, part. 157-158, 163, per poi essere seguita e riconfermata nei suoi fondamenti storici e documentari dalla quasi totalità degli studiosi. Recentemente, Pascual 2017, 33-54 (e part. 33-34 per lo status quaestionis sul problema della spartizione dell’Acarnania, con ampi riferimenti alla letteratura) ha rimesso in discussione la “vulgata” della dissoluzione e ricostituzione del koinon acarnano, sostenendo invece che le poleis acarnane occidentali, quelle per intenderci finite sotto la sfera di influenza epirota e non assorbite nella sympoliteia etolica, avrebbero continuato a essere organizzate in un koinon; le differenze rilevabili nella documentazione tra le cosiddette “prima” e “seconda” federazione acarnana sarebbero pertanto semplicemente da intendersi come l’esito di un adattamento istituzionale e non di una vera e propria rifondazione dello stato federale acarnano. L’analisi proposta dallo studioso ha certo il pregio di evidenziare i molti punti controversi di una ricostruzione che, seppure largamente acquisita dalla critica, si basa purtuttavia su argomenti indiziari e manca del conforto di un qualsivoglia riferimento nelle fonti a tale presunto scioglimento; le argomentazioni presentate, tuttavia, non sono purtroppo risolutive, soprattutto in quanto sembrano sovrastimare il valore probante di alcune fonti rispetto alla specifica questione della persistenza del koinon acarnano nel periodo 250-230 a.C. ca. (ad esempio, la presenza di pregressi legami di subordinazione con la monarchia epirota inferiti dall’iscrizione perduta IG IX 12 2, 207, vd. supra, 80 n. 7, e da Plut. Pyrrh. 5, 2-6, di interpretazione dibattuta; o la richiesta di aiuto presentata al senato di Roma da ambasciatori inviati dagli “Acarnanes” negli anni ’40 del III sec. a.C., testimoniata da Iust. XXXVIII 1, 5-6). La questione, pertanto, rimane sostanzialmente aperta; tuttavia, se anche l’ipotesi di una ricostituzione del koinon attorno al 230 a.C. (che ancora mi sembra molto convincente) si rivelasse errata a fronte di nuove più solide evidenze, la distinzione storiografica tra una “prima” e una “seconda” federazione acarnana, visto l’innegabile ridimensionamento della sua composizione locale e la conseguente modifica delle sue istituzioni, manterrebbe in ogni caso una sua validità euristica. 88   L’etnico Φοκρεύς e la forma alternativa Φοκρεᾶν compaiono attestati rispettivamente nei due decreti federali IG IX 12 2, 582, l. 48 (dove i Phokreis sono annoverati tra le comunità locali acarnane che deliberarono l’asylia per l’Artemision di Magnesia al Meandro), e 583, ll. 4 e 64 (Simon f. di Euarchos Phokrean ricopre la carica di segretario della boule), risalenti alla seconda fase del koinon acarnano. Queste due iscrizioni costituiscono le uniche evidenze relative ai Phokreis a oggi conosciute; non è possibile stabilire se l’etnico Phokreus/Phokrean fosse relativo a un centro urbano

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Stratos, e del corrispondente distretto, era invece entrato stabilmente a far parte della federazione etolica. Di conseguenza, il secondo koinon degli Acarnani vide lo spostamento della capitale federale da Stratos, ricordata già da Tucidide come la polis maggiore dell’Acarnania, ad altri siti dell’area orientale. La localizzazione della nuova capitale federale è difficile da stabilire con certezza: il centro degli organi e delle riunioni federali, infatti, dovette variare nel corso del tempo, seguendo le stesse evoluzioni territoriali e istituzionali del secondo koinon (vd. infra). I documenti relativi al III sec. a.C. provengono da aree esterne all’Acarnania, rispettivamente da Magnesia al Meandro e da Olimpia, e non forniscono alcun elemento sulla localizzazione delle istituzioni centrali in questo periodo. Il decreto IG IX 12 2, 583 (216 a.C.) mostra come gli Acarnani, dopo i rivolgimenti connessi con la guerra sociale, abbiano riconosciuto nel santuario di Apollo Aktios presso Anaktorion un sito comune a tutto l’ethnos acarnano: τοῦ κ̣ο[ινὸν] εἶμεν τὸ ἱερὸν πάντων τῶν Ἀκαρνάνων, ll. 23-24)89. Una serie di decreti federali di prossenia, databili attorno alla metà del II sec. a.C. e provenienti dal sito del santuario, recano menzione dello hieropolos di Apollo Aktios quale magistrato eponimo; la presenza di uno hieropolos proveniente da Oiniadai (IG IX 12 2, 209b) conferma peraltro che si trattasse di una carica federale e non locale, con rappresentanti scelti a turno da tutte le città acarnane e non dalla sola Anaktorion. Di conseguenza, è possibile ipotizzare che, in seguito agli accordi del 216 a.C., il santuario di Apollo Aktios avesse potuto rappresentare una delle sedi in cui avevano luogo le assemblee dell’ethnos acarnano, forse in concomitanza con le stesse feste Aktia, similmente a quanto avveniva in Etolia, ove le due adunanze annuali dell’ekklesia si riunivano rispettivamente in autunno presso Thermos, in occasione delle, e in primavera presso un altro sito a rotazione, in occasione delle Panaitolika90. Altre testimonianze riguardanti la sede centrale degli organi federali risalgono alla prima metà del II sec. a.C. Nel 197 a.C., come testimoniato da Liv. XXXIII 17, 1, il koinon si radunava a Leukas, ma dopo la perdita di questo territorio in occasione della terza guerra macedonica, la capitale federale si spostò a Thyrrhe(ossia a una polis denominata Phokrea / Phokra / Phokros?) o, come mi sembra più probabile, a un raggruppamento non-poleico, in altre parole: a uno degli ethne che la stessa iscrizione IG IX 12 2, 583, l. 40 indica quali comunità costituenti il koinon a fianco delle poleis (αἱ… πόλεις καὶ τὰ ἔθνη). È possibile ipotizzare che, nel periodo precedente, i Phokreis avessero costituito una realtà locale di secondaria importanza, insediata per villaggi e, forse, subordinata rispetto a una delle poleis membri di maggiore entità; spartizione dell’Acarnania tra Epiro ed Etolia dovette portare a un rinnovamento degli assetti locali, da cui emersero comunità politiche fino a quel momento rimaste nell’ombra; tale quadro, altamente ipotetico, potrebbe spiegare la totale assenza dei Phokreis nella documentazione tra V e prima metà del III sec. a.C. e, parimenti, la loro comparsa nel quadro della federazione rinnovata dopo il 230 a.C. 89   Cf. Thuc. I 29, 3 e 30, 3; IG IX 12 1, 3A, ll. 13-14: ἀναγραψάν|τω δὲ ταῦτα ἐν στάλαις χαλκέαις ἐπ’ Ἀκτίωι μὲν οἱ ἄρχοντες τῶν Ἀκαρνάνων. 90   Cf. Larsen 1952, 1-33; Grainger 1999, 171-172; Funke 2013, 49-64.

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ion: questo dato, ricavabile da un passo di Polibio (XXVIII 5, 1) relativo al 170/69 a.C., e rafforzato dall’analisi delle emissioni monetali dell’epoca, ha trovato ulteriore conferma nella recente pubblicazione di un decreto federale di prossenia databile al 167 a.C. e rinvenuto, appunto, a Thyrrheion91. La composizione territoriale del “secondo” koinon acarnano non fu dunque sempre la stessa: la linea di confine con la vicina Etolia continuava infatti a rimanere assai fluida. Nel 239 a.C. (Iust. XXVIII 1, 1) gli Etoli avevano attaccato Thyrrheion, la quale, per un periodo non precisabile – ma sicuramente anteriore al 221 a. C – era venuta a far parte del loro koinon92. Le poleis di Phoitiai, Oiniadai e Matropolis – queste due facenti parte dello Stratikon telos della federazione etolica secondo l’arbitrato IG IX 12 1, 3B – erano ritornate all’Acarnania solo dopo il 219 a.C., grazie all’intervento di Filippo V (Polyb. IV 63-65). Medion, invece, era stata attaccata dagli Etoli nel 231 a.C., prima della ricostituzione del koinon, ma il suo lungo assedio (Polyb. II 2-3) si era tuttavia risolto in un nulla di fatto. Fu verosimilmente un insuccesso anche la nuova aggressione a Thyrrheion nel 221 a.C. (Polyb. IV 6, 2). In questo anno la polis era pertanto ritornata a far parte della federazione acarnana, di cui era membro ancora nel 216 a.C., come testimoniato dal decreto IG IX 12 2, 583. Thyrrheion, tuttavia, appare nuovamente inglobata nell’orbita etolica in occasione del trattato tra Roma e gli Etoli, che venne sancito proprio in questa città, mentre il decreto del koinon Acarnano IG IX 12 2, 582 annovera ancora una volta Thyrrheion tra le poleis membri. Le vicende che videro coinvolta l’Acarnania lungo il corso di questo periodo portarono non solo a una variazione nella composizione locale del koinon, ma anche a successive modifiche e aggiustamenti nel quadro istituzionale dello stesso. Tale processo evolutivo, che certo dovette avere nei due episodi della guerra sociale e, successivamente, della terza guerra macedonica due momenti focali, non può essere ricostruito in maniera soddisfacente, a causa delle grandi lacune lasciate scoperte dalla scarsa documentazione epigrafica a nostra disposizione. La prima e più importante caratteristica rilevabile nel “secondo” koinon sia in confronto alla “prima federazione” sia nell’ottica di un’evoluzione politico-istituzionale tra fine III e II sec. a.C., consiste nella concentrazione delle funzioni di governo dal piano locale agli organi centrali, con un’apparente espansione del numero dei funzionari federali (koinoi archontes, synarchontes, promnamon e sympromnamones). Il più rilevante indice di tale fenomeno è dato dalla sostituzione del collegio di sette strateghi con la figura di uno στρατηγὸς τῶν Ἀκαρνάνων, coadiuvato dal coman-

  Funke - Gehrke - Kolonas, «Klio» 75, 1993, 132, cf. Schoch 1996, 129-130; sulla monetazione federale di Thyrrheion, cf. Freitag 2015, 85. 92   Benché Giustino non parli di una conquista di Thyrrheion, essa è deducibile dall’arbitrato formulato dai gaodikai di Thyrrheion per le poleis di Oiniadai e Matropolis, allora facenti parte dello stratikon telos della federazione etolica, cf. IG IX 12 1, 3B, cf. Larsen 1968, 267. 91

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dante della cavalleria in veste di vice e, almeno alla fine del III sec. a.C., da un segretario personale (vd. infra, Tab. 6)93. Rimane insoluta la questione della sopravvivenza di un sistema per distretti anche nella nuova federazione. In ogni caso, anche supponendo una risposta positiva, si dovrà pensare a un’organizzazione riformata, a causa del ridimensionamento subito dal territorio acarnano nel corso del III sec. a.C. L’unico documento che potrebbe portarci a sostenere una tale ipotesi è il decreto federale sul santuario di Apollo Aktios IG IX 12 2, 583, (del 216 a.C., vd. Tab. 6), il quale mostra la presenza di un collegio di koinoi archontes composto da undici membri provenienti da quattro diverse poleis acarnane. L’analisi di questo elenco, anche in connessione con la lista di hoi hairethentes menzionati alle ll. 62 e seguenti, non permette tuttavia di rilevare alcun criterio riconducibile a un sistema distrettuale. Stessa considerazione va fatta inoltre per le magistrature menzionate nelle altre iscrizioni federali del periodo; tra queste, solo il decreto di prossenia da Thyrrheion del 167 a.C. mostrerebbe la riproposizione di un criterio di nomina già presente nel trattato etolo-acarnano IG IX 12 1, 3A; la provenienza di stratego, ipparco e segretario dalla stessa polis potrebbe tuttavia corrispondere a un fatto casuale: Thyrrheion costituiva una delle maggiori poleis dell’Acarnania ed era allora sede degli organi federali. Chiaramente, l’assenza di un sistema distrettuale non può essere sostenuta da un argumentum ex silentio che scaturisce da così scarsa documentazione. La non riproposizione o fors’anche il collasso di fatto di un sistema di rappresentanza isonomico basato su un’organizzazione per distretti potrebbe tuttavia ben adattarsi a un fenomeno di concentrazione del potere di governo negli organi centrali dell’ethnos acarnano e, in primo luogo, nelle mani di un’élite sociale e politica in buona sostanza svincolata da criteri di rappresentatività delle realtà locali rispetto alle istituzioni federali. Un tale quadro, leggibile in controluce nei decreti federali, ma anche nel racconto liviano inerente al progetto di alleanza con Roma nel 197 a.C., non contrasta con la temperie dell’epoca e trova ad esempio un parallelo nella coeva situazione del koinon dei Beoti, come descritta da Polibio94. In particolare, la narrazione di Livio dell’assemblea acarnana tenutasi a Leukas nel 197 a.C. ha sollevato il problema della modalità di votazione in seno al koinon, che parrebbe dovesse svolgersi per città o – volendo sostenere l’ipotesi della conservazione di un sistema distrettuale – per distretti95. Bisogna premettere che il “secondo” koinon degli Acarnani pare non aver dato vita a organi deliberativi sostanzialmente diversi da quelli presenti nella “prima” federazione; i decreti, infatti, recano sia menzione del consiglio, denominato boule, sia di un’assemblea dell’ethnos, la quale compare nelle iscrizioni tanto attraverso l’indicazione di Ἀκαρνάνες / τὸ κοινὸν τῶν Ἀκαρνάνων quanto attraverso quella, più specifica,

  Queste figure sono da identificare nei synarchontes menzionati IG IX 12 2, 583, linea 7.   Polyb. XX 4-6; cf. Knoepfler 2003, 85-106. 95   Cf. Larsen 1968, 270 n. 5. 93 94

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di οἱ χίλιοι. L’ipotesi che l’assemblea dei Mille fosse composta da delegati delle poleis membro e che le poleis, di conseguenza, votassero in maniera separata le une dalle altre, è essenzialmente basata su una non corretta interpretazione dell’iscrizione di Magnesia al Meandro IG IX 12 1, 583, in cui l’elenco delle comunità presente nel poscritto è connesso a modalità di pubblicazione epigrafica che non hanno attinenza alcuna con eventuali procedure di voto nell’assemblea acarnana96. Letto alla luce di tale interpretazione – che qui tuttavia non viene accolta – il passo di Liv. XXXIII 16, 3 (cf. 17, 1), il quale fa menzione di populi Acarnanum in relazione all’assemblea tenutasi a Leukas nel 197 a.C., parrebbe confermare l’ipotesi di una procedura di votazione in cui le comunità membri ratificavano singolarmente i provvedimenti. In questo episodio, in particolare, Livio narra che non tutti i populi acarnani erano convenuti a Leukas e che, inoltre, non tutti quelli presenti si erano trovati d’accordo nel sancire l’alleanza con Roma: Liv. XXXIII 16, 3: Concilium Leucaden indictum est. Eo neque cuncti conuere Acarnanum populi, nec [in] iis qui conuerant idem placuit; sed et principes et magistratus peruicerunt ut priuatum decretum Romanae societatis fieret97.

Se l’iscrizione di Magnesia al Meandro non può essere assunta a testimonianza di una ratifica “per città” (o “per distretti”) dei decreti federali, il luogo liviano lascerebbe invece aperta tale possibilità, benché lo stesso, credo, non ne costituisca di per sé una prova incontrovertibile. Nel passo di Livio viene descritta un’assemblea straordinaria, che si svolse in maniera in qualche modo irregolare, sostanzialmente a causa della mancata partecipazione di diverse comunità membri. L’accordo con Roma, a cui parte dei presenti era contraria, venne perciò ratificato nella forma, dice lo storico, di un priuatum decretum. Non pare che questa espressione, di non chiara esegesi, potesse corrispondere a un termine tecnico98; è invece più probabile ritenere che i principes e i magistratus acarnani della fazione filo-romana abbiano proceduto alla ratifica dell’accordo senza una regolare delibera del koinon.  In questo stesso passo, inoltre, emerge con chiarezza la presenza di un’élite politica alla guida della federazione acarnana: vi si sottolinea il ruolo di primo piano dei principes (o principes gentis nel paragrafo seguente, Liv. XXXIII 16,

96   Cf. invece Larsen 1966, 100-101; Cabanes 1981, 110-111; Id. 1985, 354-355; Mazzoni 1996, 93-98. Peraltro, i decreti delle comunità locali acarnane menzionate in IG IX 12 2, 583, i quali riguardavano il riconoscimento dell’asylia all’Artemision di Magnesia al Meandro e la nomina locale di theorodokoi, si prestano alle stesse considerazioni fatte sopra riguardo alle poleis menzionate nelle liste di Epidauro, Argo e Nemea e non possono essere considerate prova di una particolare procedura deliberativa. 97   Cf. Liv. XXXIII 17, 1: Leucade haec sunt decreta. Id caput Acarnaniae erat, eoque in concilium omnes populi conueniebant. 98   Cf. Briscoe 1973, 278.

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4), i quali appaiono giustapposti e distinti dai magistratus99. Bisogna anche notare come, mentre il termine gens viene chiaramente a tradurre il greco ethnos – l’espressione principes gentis potrebbe forse tradurre un greco προστάται το ἔθνου (cf. Polyb. II 43)  –, indicando lo stato federale acarnano nel suo complesso, il vocabolo populus risulti invece di più problematica interpretazione; senza dubbio, Livio indica con populus una componente di rango inferiore rispetto alla gens100. I populi che componevano il koinon degli Acarnani corrispondevano in buona sostanza alle realtà locali membri della federazione, così come i duodecim populi che costituivano la Lega Etrusca corrispondevano nel racconto liviano alle città della dodecapoli federata101. Non è necessario pensare, pertanto, che i populi acarnani convenuti all’assemblea di Leukas del 197 a.C. fossero qualcosa di sostanzialmente diverso dalle πόλεις καὶ ἔθνη che compaiono nel decreto federale IG IX 12 1, 583 per definire tutte le comunità membri del koinon acarnano102. Detto ciò, rimane aperta la questione della procedura di scrutinio in seno all’assemblea degli Acarnani, che la testimonianza di Liv. XXXIII 16, 3 (… neque cuncti conuere Acarnanum populi nec [in] iis qui conuerant idem placuit) suggerirebbe di ritenere basata su una votazione per città/ethne membri. Bisogna al proposito notare come, nella continuazione del racconto liviano, non vi siano altri indizi in tal senso103. A una prima assemblea, ove era presente solo una par-

99   Si noti, peraltro, che due dei principes menzionati da Livio ricorrono probabilmente nel decreto federale IG IX 12 2, 583, ove un Echedemos di Leukas compare menzionato nella carica di hipparchos (linea 2) e all’interno di hoi hairethentes per la pubblicazione del provvedimento (linea 63), mentre un Bianor di Leukas è registrato tra i koinon archontes inviati ad Anaktorion per le trattative sul santuario di Apollo Aktios. Non è forse un caso che i due personaggi menzionati in questo decreto e ancora dotati di un ruolo di primo piano nelle vicende del 197 a.C. facessero parte dell’élite locale di Leukas. 100   Cf. Mazzoni 1996, 97, in riferimento a Verg. Aen. X 202 e a Liv. I 8, 9; IV 23, 5; V 1, 5, ove l’alternanza dei termini gens/populus ricorre nella definizione di fenomeni federativi, quali, rispettivamente, la composizione di Mutina (tre gentes e quattro populi per ogni gens) e della Lega Etrusca. 101   Liv. I 8, 9; IV 23, 5; V 1, 5. 102   In altre parole, non è necessario pensare che si trattasse di distretti territoriali; del tutto fantasiosa pare poi l’ipotesi che il termine populi impiegato da Livio potesse corrispondere a un greco δῆμοι (cf. Mazzoni 1996, 98), un termine estraneo al lessico federale, ove i distretti territoriali (τέλη, συντέλειαι, μέρη, μοῖραι) rappresentano un’entità del tutto differente rispetto ai demi delle poleis. 103   Liv. XXXIII 16, 4-11: Id omnes qui afuerant aegre passi; et in hoc fremitus gentis a Philippo missi duo principes Acarnanum, Androcles et Echedemus, non ad tollendum modo decretum Romanae societatis valuerunt, sed etiam ut Archelaus et Bianor, principes gentis ambo, quid auctores eius sententiae fuissent, proditionis in concilio damnarentur, et Zeuxidae praetori, quod de ea re rettulisset, imperium abrogaretur. Rem temerariam sed euentu prosperam damnati fecerunt. Suadentibus nam amicis cederent tempori et Corcyram ad Romanos abient, statuerunt offerre se multitudini et aut eo ipso lenire iras aut pati quod casus tulisset. Cum se frequenti concilio intulissent primo murmura ac fremitus admirantium, silentium mox a verecondia simul pristinae dignitatis ac misericordia preventis fortunae hortum est. Potestate quoque dicendi facta principio suppliciter, procedente autem oratione, ubi ad crimina diluenda ventum est, cum tanta fiducia quantum innocentia dabat disseruerunt; postremo ultro aliquid etiam queri et castigare iniquitatem simul in se

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ziale rappresentanza degli Acaranani, ne seguirono altre due: nella prima, vennero condannati per tradimento di fronte all’assemblea i due notabili, Archelaos e Bianor, proponenti del decreto di alleanza con Roma e venne inoltre destituito dalla carica il praetor che aveva messo ai voti la proposta; nella seconda, i condannati decisero di rimettersi al giudizio del concilium, il quale li assolse, senza tuttavia rivedere l’alleanza con i Macedoni. Riguardo a queste ulteriori vicende, Livio non fa più menzione di populi (o di civitates): dice solo che il concilium procedette contro gli accusati e che, nel secondo momento, votò in gran numero l’abrogazione dei precedenti provvedimenti, confermando tuttavia l’alleanza con Filippo V. In conclusione, quindi, Livio fa esplicita menzione dei populi dell’Acarnania solo in relazione al raduno dell’assemblea federale (neque cuncti conuere Acarnanum populi, XXXIII 16, 3; eoque in concilium omnes populi conueniebant, ibid. 17, 1), mentre i riferimenti all’approvazione delle varie delibere attorno al progetto di alleanza con Roma non appaiono di altrettanto univoca interpretazione104. Tali osservazioni si prestano a una diversa esegesi della testimonianza di Livio riguardo alle procedure di scrutinio nel koinon acarnano. L’assemblea degli Acarnani rappresentava, in quanto assemblea federale, un’adunanza di tutto l’ethnos acarnano: è perciò chiaro che essa fosse concepita come un organo in cui si potessero riunire regolarmente tutti i populi membri del koinon (cf. Liv. XXXIII 17, 1). Tale dato non verrebbe a contrastare con due altri ordini di considerazioni: anzitutto, che l’assemblea non fosse composta da un numero predefinito di sezioni e che, pertanto, si potessero verificare casi di adunanze non costituite da tutte le comunità del koinon, soprattutto nel caso di convocazioni d’urgenza105; in secondo luogo, che le votazioni avessero luogo a partire dall’insieme di cittadini riuniti in assemblea e non in virtù di un voto per membro federato. Il problema delle modalità di voto delle comunità membri del koinon in seno all’assemblea federale acarnana rimane in definitiva insoluto. Abbiamo tuttavia osservato come sia il decreto IG IX 12 2, 583 sia lo stesso testo di Livio non si prestino così facilmente ad essere interpretati quali testimonianze di procedure di voto “per città” e come, inoltre, sussista la possibilità che l’assemblea acarnana, pur concepita come un’adunanza dell’ethnos – e pertanto di tutte le componenti locali di questo – deliberasse tuttavia in maniera unitaria, tanto più se si tiene conto delle probabili restrizioni censitarie sottese alla definizione di οἱ χίλιοι.

crudelitatemque ausi ita adfecerunt animos ut omnia quae in eos decreta erant frequentes tollerent neque eo minus redeundum in societatem Philippi abnuendamque Romanorum amicitiam censerent. 104   Cf. invece Liv. XXXII 20, 10, sull’assemblea della federazione achea (omnibus fere populis haud dubie approbantibus relationem…) e XXXIII 2, 6, su quella del koinon dei Beoti (omnium Boeotiae civitatum suffragiis accipitur iubeturque). 105   Ad esempio, nella vicina Etolia, la collocazione di almeno una delle due assemblee annuali in un luogo diverso da Thermos – a seguito dell’espansione del koinon – fu la risposta alle lamentele insorte dai nuovi membri, i quali non riuscivano a prendere agevolmente parte all’ekklesia comune, cf. Grainger 1999, 171.

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Certo non si tratta per noi di una questione di secondaria importanza: le modalità di rappresentazione e le procedure di votazione delle realtà locali all’interno degli organi legislativi federali costituiscono infatti un fondamentale indice del grado di coesione tra membri nell’unione federale. A tale proposito, possiamo in conclusione osservare come la rianalisi delle testimonianze epigrafiche e storiche inerenti al koinon degli Acarnani abbia messo in evidenza una notevole compattezza dello stesso sia per il periodo della “prima” federazione sia, ancor più, per il periodo della “seconda”, ridimensionando perciò in maniera notevole l’impressione espressa dalla critica di una sostanziale indipendenza delle realtà locali acarnane nei confronti del potere federale106. IG IX 12 2, 583: decreto federale del 216 a.C. inerente al santuario e alle feste di Apollo Aktios presso Anaktorion; l’iscrizione rappresenta la copia esposta a Olimpia. formula di mozione/approvazione: ἔδοξε τᾶι βουλᾶι καὶ τῶι κοινῶι τῶν Ἀκαρνάνων (ll. 52-53) cariche magistratuali e loro composizione: stratego degli Acarnani: ipparco: navarco: segretario della boule: segretario degli archontes: promnamon:

(senza etnico) (senza etnico) Leukas Phokreanes (=Phokreis) Leukas Koronta

11 koinoi archontes:

5 da Thyrrheion 2 da Leukas 3 da Medion 1 da Alyzeia

10 αἱρεθέντες παρὰ μὲν τῶν Ἀκαρνάνων:

5 da Leukas 1 dai Phokreanes (=Phokreis) 3 da Thyrrheion 1 da Alyzeia

5 αἱρεθέντες παρὰ δὲ τᾶς πόλιος τῶν Ἀνακτοριέων:

5 da Anaktorion

IG IX 1 2, 582 decreto federale del 207 a.C., riguardante l’asylia per l’Artemision di Magnesia al Meandro e le feste di Artemide Leukophryene; l’iscrizione rappresenta la copia conservata a Magnesia. 2

  Cf. Cabanes 1985, 356: «On doit noter, enfin, que si chaque communauté a sa vie propre, avec ses institutions (magistrats, assemblée, conseil), ses compétences sont plus réduites en Épire et en Étoile, c’est-à-dire dans les États à structures locales ethniques, qu’en Acarnanie où la cité paraît une structure locale qui aspire à étendre son autonomie et donc laisse des compétences très réduites au pouvoir fédéral». 106

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formula di mozione/approvazione: δεδόχθαι τᾶι βουλᾶι τῶν Ἀκαρνάνων καὶ τοῖς χιλίοις (ll. 26-27) cariche magistratuali e loro composizione: stratego degli Acarnani: ipparco: navarco: segretario dello stratego: segretario dei synedroi: promnamon: tamias: poleis ed ethne federati che κατὰ τὰ αὐτὰ ἐψηφίσαντο:

Koronta [ - - -] Leukas Medion Anaktorion Thyrrheion (senza etnico) 1. Thyrrheion 2. Leukas 3. Anaktorion 4. Alyzeia 5. Medion 6. Palairos 7. Phokreis (=Phokreanes) 8. ...λε[ῖς(?)]

IG IX 12 2, 208 a, b, c Dossier epigrafico contenente tre decreti federali di prossenia, provenienti dal santuario di Apollo Aktios e databili attorno alla metà del II sec. a.C. formula di mozione/approvazione: ἔδοξε τᾶι βουλᾶι καὶ τῶι κοινῶι τῶν Ἀκαρνάνων (ll. 6-7) cariche magistratuali e loro composizione: decreto a)

decreto b)

hieropolos di Apollo Aktios: promnamon: 2 synpromnamones: segretario della boule:

(senza etnico) Alyzeia Phoitiai Matropolis

stratego: [- - -] decreto c) hieropolos di Apollo Aktios: promnamon: 2 synpromnamones: segretario della boule:

(senza etnico) Oiniadai (senza etnico) Alyzeia Phoitiai Matropolis

IG IX 12 2, 209 a, b Decreti federali di prossenia, provenienti dal santuario di Apollo Aktios e databili attorno alla metà del II sec. a.C. formula di mozione/approvazione: decreto a) ἔδοξε τᾶι βουλᾶι καὶ τῶι κοινῶι τῶν Ἀκαρνάνων (ll. 10-11) decreto b) ἔδοξε τῶι κοινῶι τῶν Ἀκαρνάνων (l. 19)

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cariche magistratuali e loro composizione: decreto a) promnamon: 3 synpromnamones:

decreto b)

segretario della boule: [- - -] (proponente?) hieropolos di Apollo Aktios: promnamon: segretario della boule:

Astakos Anaktorion Meidion [- - -] Matropolis Meidion Oiniadai Alyzeia Koronta

IG IX 12 2, 588 Decreti federali di prossenia, databili attorno alla metà del II sec. a.C., copia conservata a Sparta (prosseni spartani). formula di mozione/approvazione: ἔδοξε τᾶι βουλᾶι καὶ τῶι κοινῶι τῶν Ἀκαρνάνων (ll. 12-13) cariche magistratuali e loro composizione: hieropolos di Apollo Aktios: segretario della boule: 3 sympromnamones:

Anaktorion Anaktorion Thyrrheion Limnaia Matropolis

«Klio» 75, 1993, 132 decreto federale di prossenia proveniente da Thyrrheion e attribuibile al 167 a.C. formula di mozione/approvazione: ἔδοξε τᾶι βουλᾶι καὶ τοῖς χιλίοις (ll. 8-9) cariche magistratuali e loro composizione: stratego degli Acarnani: ipparco: segretario della boule: promnamon:

Thyrrheion Thyrrheion Thyrrheion Astakos

Tab. 6. Prospetto dei decreti emanati dalla “seconda federazione” acarnana.

2. Il koinon degli Etoli

2.1. La nascita dello stato federale degli Etoli Il koinon degli Etoli, il cui sviluppo può essere tracciato con qualche maggiore chiarezza a partire dal IV sec. a.C., costituisce uno degli esempi di maggiore interesse nel panorama delle formazioni federali greche1. Benché i dati derivabili dalle fonti antiche, sia epigrafiche sia letterarie, costituiscano tutto sommato tessere isolate nel complesso puzzle delle istituzioni etoliche, la visione generale che da questi dati è possibile ricavare conduce in maniera univoca a un quadro caratterizzato da grande dinamismo: in altre parole, all’individuazione di una spiccata capacità di adattamento a sempre nuove condizioni geopolitiche quale tratto saliente dell’assetto organizzativo etolico. Tale capacità di adattamento e innovazione, che fece dell’Etolia una delle maggiori potenze della Grecia di III sec. a.C., seguì in buona sostanza le linee dell’espansione territoriale etolica: dal recupero dell’area costiera (Aiolis) e delle sue poleis aperte sul golfo di Corinto, sino all’acquisizione della strategica area locrese attorno a Naupaktos, dopo il 338 a.C.; e poi ancora, con gli ulteriori ampliamenti territoriali della prima metà del III sec. a.C., sino al

  Sulla storia e le istituzioni della federazione etolica, cf. Larsen 1967, 78-80 e 195-215; Beck 1997, 43-54; Grainger 1999; Funke 2015, 86-117; sul problema dello sviluppo dello stato federale, cf. anche Sordi 2002 (=1953), 31-55; Mackil 2013, con attenzione agli aspetti religiosi, politici, ed economici dell’integrazione federale, passim; sugli Etoli nell’età classica, cf. anche Antonetti 2010a, 163-180 (sui processi culturali di integrazione degli Etoli nel mondo ellenico); Rossi 1970, 81-102, sulla spedizione del 426 a.C.; sugli sviluppi politico-istituzionali di IV secolo in particolare, cf. Bosworth 1976, 164-181; Merker 1989, 303-311; Landucci 2004, 105-130; sulla storia etolica di età ellenistica, Scholten 2000; riguardo ad argomenti di natura istituzionale, cf. anche Schwahn 1930, 141-149 (sugli apokletoi); Larsen 1952, 1-33 (sulle assemblee federali); Cabanes 1985, 343-357; Corsten 1999, 133-159 (sui distretti territoriali); Scholten 2003, 65-80; Buraselis 2003, 39-50, e Lasagni 2017, 103-105 e passim (aspetti della politeia federale); Lasagni 2012, 171-204 (sui boularchoi etolici); sui culti federali, Antonetti 1990; Funke 2013 (Thermika e Panaitolika). Per una rassegna sullo stato delle acquisizioni in campo archeologico ed epigrafico in Etolia, cf. Antonetti - Baldassarra 2004, 9-35; Antonetti - Funke 2018 (iscrizioni del Museo di Agrinion); inoltre Stavropoulou-Gatsi 2010, 79-84 (ricerche archeologiche a Kalydon). 1

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PARTE II: ETHNE – STATI FEDERALI DELLA GRECIA OCCIDENTALE

controllo di Delfi, della Locride Orientale, di ampie aree della periokis tessalica e della regione acarnana2. A tale aggressivo movimento di espansione sono infatti strettamente connesse le principali tappe dell’evoluzione istituzionale dello stato etolico, le quali possono essere sintetizzate nei seguenti punti: 1) il passaggio da un impianto insediativo e socio-politico a base tribale a uno polarizzato attorno a comunità poleiche3; 2) il correlato sviluppo di uno stato federale stabile, a partire da un’unione di carattere etnico; 3) infine, l’evoluzione delle istituzioni interne al koinon, la quale vide, da una parte, il rafforzamento dei vertici di governo (magistrature federali) e degli organi rappresentativi delle realtà locali (boule o synedrion) a discapito della partecipazione assembleare diretta; dall’altra, la messa a punto di meccanismi di integrazione politica nello stato etolico, attraverso la codifica e l’applicazione di istituti connessi con la cittadinanza federale (politeia / isopoliteia). La nascita di uno stato federale Etolico può essere fatta risalire almeno al primo trentennio del IV sec. a.C., precedentemente al 367 a.C.: a questo anno risale infatti un decreto ateniese contenente la più antica menzione epigrafica di un κοινὸν τῶν Αἰτωλῶν (Rhodes-Osborne, GHI 35 = Agora XVI 48). Θ[ε]οί. Δημόφιλος Θεώρο Κεφαλῆ θεν ἐ̣γραμμάτ[ε]υε. ἔ̣δοξεν τῆ̣ι βουλῆι καὶ τῶ[ι] δῆμωι· Οἰνηὶς 5 ἐ̣πρυτάνε̣[υ]ε, Δημόφι̣λ̣ος Θεώρο Κεφαλῆθε ν̣ ἐγραμμά̣τ̣ευεν, Φί[λι]ππος Σημαχίδης ἐπ εστάτει, [Π]ολύζηλος̣ [ἦρχ]ε, Κηφισόδοτος ε [ἶ]πεν· ἐπε[ι]δ̣ὴ Αἰτωλ̣ῶν̣ [τ]ο̣ῦ̣ κ[ο]ι̣νοῦ δεξαμέ [ν]ων τὰς μ[υ]στηριώ̣τ̣ιδ[α]ς [σ]π[ο]νδὰς τῆς Δήμ10 [η]τ̣ρος τῆς [Ἐ]λευσινίας καὶ τῆς Κόρης τοὺ [ς] ἐπαγγείλαντας τὰς σπονδ̣ὰς Εὐμολπιδ ῶ̣ν καὶ Κη̣ρύκων δεδέκασι Τ[ρ]ιχονειῆς Πρ [ό]μαχον κ̣αὶ Ἐπιγένην παρὰ τοὺς νόμους τ [ο]ὺς κοι[ν]οὺς τῶν Ἑλλήνων, ἑλέσθαι τὴμ βο15 [υ]λὴν αὐ[τ]ίκα μάλα κήρυκα ἐξ Ἀθηναίων ἁπ ά̣ντων ὅσ̣[τ]ις ἀφικόμενος πρὸς τὸ κοινὸν [τὸ Αἰ]τ̣ω̣[λῶν] ἀ̣[παιτήσει τοὺς] ἄ̣νδ̣ρ̣ας ἀφεῖ-

  Riguardo all’espansione territoriale dell’Etolia, cf. Grainger 1995, 313-343, e soprattutto Scholten 2000; sul recupero della regione costiera dell’Aiolis, cf. Bommeljé 1988, 297-316; sull’acquisizione dell’area locrese, cf. anche Lerat 1952, II, 61-94; Landucci 2004, 110-121; su Delfi e le tappe delle conquiste etoliche ricostruibili in base ai documenti anfizionici, cf. Flacelière 1937, part. 366-369, e Scholten 2000, App. A. 3   Su questi aspetti, cf. in part. Funke 1997, 145-188; in generale, sul popolamento dell’Etolia, cf. Antonetti 1987, 93-113; 1987a, 199-236; Bommeljé - Doorn 1987; Antonetti 1988, 11-38; 1994, 119-136; Houby Nielsen 2001, 257-276; Lasagni 2018, 159-188. 2

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[ναι] καὶ [........18........ δικ]ά̣ζειν [ὅ]πως ἂν μ̣[..........22..........]ς κα20 ὶ Αἰτωλο[...........24...........]ρ̣ οι εἰς το[...........25............] αν οἳ ἂν τ[.........21.......... Εὐμολ] πίδας κ[αὶ Κήρυκας .......17........] ας βου̣λ̣[............26............] 25 ήσοντ[αι ...........25............] ους δώσ[ουσι(?) ..........22..........] ἐς ἐφόδ[ια τὸν ταμίαν τοῦ δήμου ΔΔΔ δραχ] μὰς ἐκ τ[ῶν κατὰ ψηφίσματα ἀναλισκομέν] ω̣ν̣ τ̣ῶ̣ι̣ [δήμωι. vacat(?)] 30 [ vacat(?)] «Dèi. Demophilos figlio di Theoros di Kephale era segretario. Parve bene alla Boule e al Demos. La tribù Oineis era alla pritania, Philippos del demo di Semachidai era epistates, Polyzelos era arconte; Kephisodotos propose: dal momento che, pur avendo gli Etoli del koinon accettato la tregua sacra per i Misteri di Demetra Eleusina e Kore, i Trichoneis, sovvertendo le leggi comuni dei Greci, hanno fatto prigionieri quelli degli Eumolpidai e dei Kerykes che l’annunciavano, Promachos ed Epigenes, la Boule nomini immediatamente tra tutti gli Ateniesi un araldo che, recatosi presso il koinon degli Etoli richieda di rilasciare gli uomini e [. . .] giudicare affinché [. . .] e gli Etoli [. . .] Eumolpidai e Kerykes [. . .] Boule [. . .] daranno? [. . .] per le spese di viaggio il tesoriere del Demos 30 dracme dai fondi destinati al Demos per i decreti».

Nel provvedimento, gli Ateniesi deliberano di inviare un’ambasceria presso gli organi centrali degli Etoli, per protestare contro la polis membro di Trichonion, rea di aver imprigionato gli spondofori di Eleusi in aperta violazione delle leggi comuni dei Greci. L’iscrizione mette in evidenza il fatto che l’Etolia si presentava all’epoca come un organismo politico unitario (vd. ll. 8-9), nel quale le prerogative e le competenze politiche erano chiaramente suddivise tra potere centrale (koinon) e realtà locali (Trichonion) secondo uno schema gerarchico: per ottenere la liberazione dei propri spondofori, infatti, gli Ateniesi si rivolsero non alla polis di Trichonion, bensì al koinon degli Etoli, il quale, pertanto, appariva agire come unico referente politico nei rapporti interstatali e appariva inoltre possedere giurisdizione e capacità coercitive nei confronti dei propri membri4. Questo è un elemento centrale per una corretta interpretazione del documento. Oltre a ciò, la menzione del koinon degli Etoli, da una parte, e della polis di Trichonion, dall’altra, evidenziano l’evoluzione dell’Etolia sia verso una struttura

  Cf. Giovannini 1971, 62. Prima ancora che la sola menzione di un κοινὸν τῶν Αἰτωλῶν, sono infatti queste le caratteristiche che fanno soprattutto del decreto ateniese un terminus ante quem per la formazione dello stato federale etolico, cf. Funke 1997, 161; 2015, 99. 4

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unitaria di carattere federale sia verso un assetto locale polarizzato attorno a comunità poleiche. Per il secolo precedente, l’immagine degli Etoli emergente dalla testimonianza di Tucidide relativa ai fatti del 426 a.C. era stata invece quella di un ethnos strutturato per gruppi e sottogruppi tribali, oltre che caratterizzato da un modello insediativo sparso. Thuc. III 94, 4-5: τὸ γὰρ ἔθνος μέγα μὲν εἶναι τὸ τῶν Αἰτωλῶν καὶ μάχιμον, οἰκοῦν δὲ κατὰ κώμας ἀτειχίστους, καὶ ταύτας διὰ πολλοῦ, καὶ σκευῇ ψιλῇ χρώμενον οὐ χαλεπὸν ἀπέφαινον, πρὶν ξυμβοηθῆσαι, καταστραφῆναι. ἐπιχειρεῖν δ᾽ ἐκέλευον πρῶτον μὲν Ἀποδωτοῖς, ἔπειτα δὲ Ὀφιονεῦσι καὶ μετὰ τούτους Εὐρυτᾶσιν, ὅπερ μέγιστον μέρος ἐστὶ τῶν Αἰτωλῶν, ἀγνωστότατοι δὲ γλῶσσαν καὶ ὠμοφάγοι εἰσίν, ὡς λέγονται: τούτων γὰρ ληφθέντων ῥᾳδίως καὶ τἆλλα προσχωρήσειν. «In effetti, gli Etoli costituivano un popolo importante e bellicoso, ma poiché vivevano dispersi in villaggi privi di fortificazioni – situati inoltre a grande distanza l’uno dall’altro – e usavano un armamento leggero, i Messeni erano in grado di dimostrare che egli (scil. Demosthenes, n.d.A.) li avrebbe sottomessi senza difficoltà prima che potessero unirsi per la comune difesa. Lo esortavano ad attaccare in primo luogo gli Apodoti, poi gli Ofionei e dopo di loro gli Euritani, che costituiscono la parte più consistente degli Etoli, ma parlano una lingua inintelleggibile e si cibano – a quanto si dice – di carni crude; una volta che questi fossero stati presi, anche gli altri sarebbero facilmente scesi a patti»5. Thuc. III 96, 3: τοὺς δὲ Αἰτωλοὺς οὐκ ἐλάνθανεν αὕτη ἡ παρασκευὴ οὔτε ὅτε τὸ πρῶτον ἐπεβουλεύετο, ἐπειδή τε ὁ στρατὸς ἐσεβεβλήκει, πολλῇ χειρὶ ἐπεβοήθουν πάντες, ὥστε καὶ οἱ ἔσχατοι Ὀφιονέων οἱ πρὸς τὸν Μηλιακὸν κόλπον καθήκοντες Βωμιῆς καὶ Καλλιῆς ἐβοήθησαν. «Ma questi preparativi non sfuggirono agli Etoli, né all’inizio, quando il piano veniva progettato, né in seguito; infatti, dopo che le truppe avevano dato inizio all’invasione, si raccolsero tutti con forze rilevanti, fino al punto che accorsero in aiuto anche i più lontani degli Ofionei, i Bomiei e i Calliei, che si estendono fino al golfo Maliaco».

Questo impianto tribale, che con la sua struttura ‘a scatole cinesi’ richiama senza dubbio il modello caratterizzante anche le tribù del vicino Epiro, costituiva la struttura di riferimento della politica comune dell’Etolia in questa fase più antica e oscura della sua storia6. Le fonti, e Tucidide in primis, non ci danno alcuna notizia sulle istituzioni dell’ethnos etolico in questo periodo. Sappiamo solamente che gli ambasciatori inviati dagli Etoli a Corinto e Sparta alla fine del 426 a.C. erano stati scelti in rappresentanza di ognuno dei tre grandi raggruppamenti tribali

  Traduzione di M. Moggi 1984, per questo e i successivi passi di Tucidide nel capitolo.   Cf. Cabanes 1985, 347-348 per le analogie con la realtà epirota.

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degli Ophioneis, Apodotes ed Eurytanes, dal momento che Tucidide ne cita i rispettivi nome ed etnico: Thuc. III 100, 1: Τοῦ δ’ αὐτοῦ θέρους Αἰτωλοὶ προπέμψαντες πρότερον ἔς τε Κόρινθον καὶ ἐς Λακεδαίμονα πρέσβεις, Τόλοφόν τε τὸν Ὀφιονέα καὶ Βοριάδην τὸν Εὐρυτᾶνα καὶ Τείσανδρον τὸν Ἀποδωτόν, πείθουσιν ὥστε σφίσι πέμψαι στρατιὰν ἐπὶ Ναύπακτον διὰ τὴν τῶν Ἀθηναίων ἐπαγωγήν. «La stessa estate (scil. del 426 a.C., n.d.A.) gli Etoli, che già prima avevano inviato a Corinto e a Lacedemone degli ambasciatori  –  si trattava dell’ofioneo Tolofo, dell’euritano Boriade e dell’apodoto Tisandro – fecero pressioni perché inviassero una spedizione contro Naupatto, poiché questa città aveva provocato l’intervento ateniese».

Non vi sono invece notizie sulla presenza di un comandante supremo: la più antica menzione di uno stratego etolico, Alexandros, risale infatti alla guerra lamiaca e all’invasione dell’Etolia da parte di Antipatro e Cratero7. D’altro canto, la narrazione tucididea dei fatti del 426 a.C. restituisce l’impressione che la difesa etolica contro Demosthenes fosse stata in un certo qual modo improvvisata, denunciando la mancanza in quest’epoca di un’organizzazione militare dell’ethnos dotata di istituzioni permanenti come lo stratego. Al di là di queste considerazioni, le quali fanno rilevare l’assenza di un’unità politica federale stabilmente organizzata nell’Etolia di V sec. a.C., si dovrà pur tuttavia notare come, nelle vicende narrate da Tucidide, gli Etoli, οἱ Αἰτωλοί, fossero stati in grado di assumere decisioni comuni e di organizzare una difesa del paese. Benché non vi siano testimonianze al riguardo, sembra probabile che già in quest’epoca gli Etoli fossero dotati di un’assemblea comune dell’ethnos, e che tale assemblea primaria, forse configurata come un’adunanza del popolo in armi, si riunisse presso Thermos, centro religioso dell’ethnos etolico. In età ellenistica, il koinon degli Etoli possedeva due assemblee ordinarie che si tenevano l’una in autunno a Thermos, in occasione delle feste Thermika, l’altra in primavera in una sede non nota, in occasione delle Panaitolika; mentre l’assemblea delle Panaitolika, creata per far fronte alle esigenze poste dall’espansione territoriale di III sec. a.C., presuppone già nella stessa denominazione l’esistenza di un’unione federale, l’assemblea autunnale di Thermos appare invece connessa agli antichi retaggi dell’ethnos, ai ritmi e ai percorsi di un popolo di pastori transumanti8. Mentre la presenza di un’adunanza periodica dell’ethnos etolico può essere perciò postulata già per il V sec. a.C. nelle forme che abbiamo descritto, è invece del tut  Diod. XVII 24, 1-2, cf. Grainger 1999, 173, il quale fa notare come in questa occasione gli Etoli appaiano possedere invece un’organizzazione militare unitaria e coordinata, differentemente da quanto si poteva rilevare nel racconto di Tucidide. 8   Cf. Larsen 1952, 1-33; Grainger 1999, 171-172; e soprattutto Funke 2013, 49-64; sul santuario di Thermos, cf. soprattutto Antonetti 1990, 151-210 e part. 197 sgg. 7

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to inverosimile ipotizzare per questa fase l’esistenza di un consiglio9. L’esistenza di una boule potrebbe essere ammessa per l’ultima parte del IV sec. a.C.; il terminus ante quem per la sua costituzione sarebbe infatti rapprentato da un decreto onorifico emanato dagli Ateniesi nel 307/6 a.C. a favore di un boularchos etolico. La sola presenza di un magistrato così denominato, tuttavia, non costituisce un argomento sufficiente per sostenere l’esistenza in questa fase di un consiglio come quello che caratterizzerà la federazione etolica di avanzata età ellenistica: ragioni ancora minori, pertanto, sussistono per far risalire la presenza di una boule all’organizzazione pre-federale dell’ethnos10. In generale, le evidenze da cui inferire dati di carattere politico-istituzionale sull’Etolia sono scarsissime nel V così come anche nel IV secolo. È solo con l’età ellenistica che possiamo infatti iniziare a tracciare con un po’ più di sicurezza la morfologia e il funzionamento dello stato federale etolico e, in particolare, del rapporto tra governo centrale e stati membri in seno ad esso. La natura e l’esiguità delle fonti a disposizione per l’età classica, tuttavia, non sono che un aspetto (se vogliamo accidentale) del problema; aspetto a cui si correla naturalmente la formulazione di diverse proposte cronologiche sulla nascita del koinon etolico (sulle quali tornerò poco oltre). Vi è però anche un’altra questione sulla quale è ancor oggi bene prendere posizione, ossia quella dell’opportunità stessa di postulare l’esistenza di un preciso momento fondativo in cui lo stato federale degli Etoli avrebbe visto la luce. Come è ben noto a chi si occupi di questi argomenti, proprio la discussione sulle “origini del koinon etolico”, elaborata in un articolo del 1953 a partire dalla testimonianza del decreto ateniese Rhodes-Osborne, GHI 35, fu per Marta Sordi l’occasione per scardinare la teoria allora classica sulla genesi degli stati federali greci – come passaggio da “stato cantonale”, Stammesstaat, a “stato federale”, Bundesstaat, segnato dalla codifica di una sympoliteia (Busolt - Swoboda, Schwan) – a favore piuttosto del riconoscimento di lenti e graduali processi evolutivi, che avrebbero sostanzialmente impedito di individuare una soluzione di continuità, anche giuridica, tra le due presunte forme di stato11. Nel caso degli Etoli, questa prospettiva portava dunque la studiosa a criticare l’opportunità di individuare un atto di fondazione per lo stato federale, prima o dopo il 367 a.C. che fosse; e, dall’altra parte, a valorizzare i caratteri già pienamente ‘simpolitici’

9   È questa, invece, l’ipotesi di Larsen 1968, 80, il quale prospetta l’esistenza di un consiglio nell’Etolia di V sec. a.C. sulla base della testimonianza di SEG 14: 375, che menziona la presenza di una boule nel primo koinon acheo. 10   IG II2 358, vd. in part. le ll. 13-14; la datazione al 307/6 a.C. qui accolta (arconte Anaxikrates) gode di un certo consenso, anche se proposte alternative (333/2 o 327/6 a.C.) sono state in precedenza avanzate in letteratura; su questo decreto, cf. Lasagni 2012, 173-175 e part. 173 n. 6, con riferimenti al dibattito sulle varie ipotesi di datazione. Per la discussione sul ruolo dei boularchoi e sul problema del sinedrio in Etolia, vd. infra, 159 sgg. 11   Sordi 2002 (=1953), 31-55.

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dell’unione etolica emergenti dalle evidenze di V secolo, fondandosi peraltro su una concezione non giuridica di politeia oggi assai diffusa12. Come ho già avuto modo di sottolineare nel capitolo dedicato al caso acarnano, se la consapevolezza circa la gradualità e complessità che investono i processi di istituzionalizzazione non può essere mai trascurata, altrettanto irrinunciabile per il suo valore euristico è tuttavia anche l’individuazione da parte dello storico di fasi e momenti di svolta; operazione che, per quanto artificiale e spesso frustrata dal silenzio delle fonti, è probabilmente la più capace di mettere in evidenza i meccanismi di funzionamento degli “stati” antichi nella loro evoluzione nel tempo. È anzitutto su queste basi che, io credo, sia legittimo ragionare sulla nascita di uno stato federale degli Etoli, postulando quindi l’esistenza di un concreto momento di svolta istituzionale dei legami dell’ethnos etolico, di cui purtroppo le fonti non conservano memoria. A questo proposito, alcune diverse soluzioni emergono negli studi. Un’ipotesi formulata da Schweigert in occasione della pubblicazione del decreto ateniese su Trichonion nel 1939 era quella di collocare la riorganizzazione degli Etoli attorno al 370 a.C. sotto l’impulso del koinon dei Beoti, con cui l’Etolia si era infatti alleata all’indomani della battaglia di Leuttra (Diod. XV 57, 1)13. Se l’idea di un Epaminonda ‘federalizzatore’ ci deve oramai apparire tutto sommato naïve (venendo respinta già da Marta Sordi), e se, d’altra parte, anche l’ipotesi di una generica influenza del modello beotico non può essere in alcun modo comprovata, rimane tuttavia probabile che uno stato federale etolico potesse essersi sviluppato a partire dalla prima metà del IV secolo, in un periodo anteriore, non sappiamo di quanto, al 367 a.C. È infatti in questa fase che l’Etolia iniziò a registrare in maniera decisiva un processo di urbanizzazione, in cui uno stabile e codificato rapporto tra comunità membri e governo federale avrebbe potuto trovare la sua concreta infrastruttura istituzionale. Larsen preferiva invece collegare la nascita del koinon etolico a un’epoca più alta, individuandone un terminus ante quem nel 389 a.C., anno della spedizione di Agesilao contro gli Acarnani14. In questa occasione, gli Etoli avrebbero infatti

12   Vd. part. Sordi 2002 (=1953), 43: «Ma la politia, prima di essere un concetto giuridicamente definito, fu una realtà di fatto, un principio concreto di organizzazione politica, e se, come principio giuridico esso trova la sua formulazione più chiara e la sua attuazione più perfetta nella polis dalla quale derivò anche il nome, come realtà di fatto, come forma di organizzazione, essa è immanente a ogni società umana, anche la più primitiva, sorge e si sviluppa con essa ed è da essa inscindibile». La questione dei modelli interpretativi applicati allo studio della cittadinanza negli stati greci apre a un panorama bibliografico non affrontabile in una breve nota e mi limito qui a menzionare, come recente e utilissima sintesi, Giangiulio 2017, 33-49 e part. 36 sgg. 13   E. Schweigert, «Hesperia» 7, 1939, 5-12 nr. 3, part. 11-13. L’ipotesi è ripresa anche nel commento a Tod 137 (= Rhodes-Osborne, GHI 35) e, più recentemente, da Corsten 1999, 133, e Scholten 2000, 13-16. 14   Larsen 1968, 197.

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mostrato di possedere già un governo sufficientemente unitario, con cui Agesilao aveva potuto negoziare un passaggio pacifico all’interno dei confini: credo tuttavia che la menzione degli Αἰτωλοί nell’episodio narrato da Senofonte poco si discosti, nel suo valore di evidenza, da quella presente nel testo tucidideo (III, 94-102)15. Come già sottolineato in relazione alla genesi dello stato federale acarnano, credo infatti che le testimonianze circa un coordinamento dell’ethnos in materia sostanzialmente militare non costituiscono un argomento sufficiente per parlare dell’esistenza di un’organizzazione statuale federale. Meno puntuali, ma sicuramente assai più significative per collocare le origini del koinon degli Etoli agli inizi del IV sec. a.C. sono invece le considerazioni al proposito offerte da Emily Mackil, che individua il principale, e anzi unico, impulso per la costituzione di un koinon etolico nella necessità di rispondere con una solida struttura istituzionale comune alle molte aggressioni territoriali consumatesi ai danni delle comunità locali etoliche in questi decenni16. Diversamente, Franca Landucci ha suggerito invece di individuare, rispettivamente, nel noto trattato di amicizia tra Sparta e gli “Etoli” (Osborne-Rhodes, GHI II 128) e nel frammento di Eforo FGrHist 70 F 122a altrettante evidenze a favore di una decisa antichità della federazione etolica17. La testimonianza epigrafica può difficilmente essere presa in considerazione, dal momento che – come messo in luce da Gschnitzer e definitivamente da Antonetti contestualizzando il testo al 420-418 a.C.18 – assai verosimilmente questo accordo ineguale avrebbe coinvolto non già l’ethnos Etolico, ma una comunità locale (gli Aitoloi Erxadieis appunto19) che da quello derivava le sue origini, stanziatasi al di qua del golfo di Corinto, nel Peloponneso occidentale, ed entrata seriormente a far parte del territorio periecico di Sparta20. Nonostante l’avanzamento degli studi,

15   Xen. Hell. IV 6, 4: ταῦτα δ᾽ εἰπὼν (scil. Agesilao) ἀπῄει πεζῇ δι᾽ Αἰτωλίας τοιαύτας ὁδοὺς ἃς οὔτε πολλοὶ οὔτε ὀλίγοι δύναιντ᾽ ἂν ἀκόντων Αἰτωλῶν πορεύεσθαι˙ ἐκεῖνον μέντοι εἴασαν διελθεῖν˙ ἤλπιζον γὰρ Ναύπακτον αὐτοῖς συμπράξειν ὥστ᾽ ἀπολαβεῖν. 16   Mackil 2013, 343-345 (cit. a pagina 345): «The emergence of federal institutions in Aitolia can be seen only as a response to the region’s experience of significant territorial losses and invasions by predatory neighbors. The communities of Aitolia, probably a mixture of poleis and villages organized in large population groups that had clearly demarcated territories, needed to defend themselves and could do so only by cooperation. Behind their willingness to cooperate in order to achieve an effective defense of their territory, and to do so by creating federal institutions rather than a much simpler multilateral military alliance, lay a long history of ritual interactions at shared sanctuaries, above all Thermon, and a highly interconnected regional economy». 17   Landucci 2004, 109-110. 18   L’iscrizione è stata variamente datata tra la fine del VI secolo al 388 a.C., cf. Landucci 2004, 109 n. 22, per la discussione sulla cronologia del documento e i riferimenti alla bibliografia. Osborne-Rhodes, GHI II 128 mantengono una datazione ipotetica attorno al 450 a.C., senza tuttavia escludere l’ultimo quarto del V secolo. 19   Vd. l. 1 nell’edizione di Gschnitzer 1978, 41 (= SEG 28: 408): [Συνθε͂κ]αι Αἰτολοῖς Ἐ̣[ρξαδιεῦhει] (cf. l. 17). 20   Gschnitzer 1978, 22-26; Antonetti 2012, 193-208 e part. 200-201, e 2017, 43-53. Si veda in particolare il frammento del VI libro dell’Atthis di Androzione (riportato da St. Byz. α-146, s.v.

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l’identità degli Erxadieis continua certo a mantenere molti tratti oscuri; ma rimane tuttavia chiaro come, data l’assoluta mancanza di legami politico-istituzionali tra questi “Etoli” e l’Etolia vera e propria, questo trattato non possa essere richiamato quale argomento né contrario né tantomento favorevole all’esistenza di uno stato federale etolico in V secolo. Abbastanza fragile, a mio parere, è poi l’apporto del frammento eforeo, in cui si indica come costume “patrio” degli Etoli lo svolgimento delle elezioni delle cariche pubbliche (archairesiai) presso Thermos21. Landucci faceva al proposito notare come l’impiego dell’aggettivo πάτριον nel testo eforeo, risalente al 350-330 a.C. ca., difficilmente si sarebbe potuto riferire a istituzioni create solo pochi decenni addietro, individuando nella notizia un elemento a favore dell’esistenza di una strutturata unione politica etolica già in piena età classica. Nel passo, riportato da Strab. X 3, 2, Eforo presenta le prove dei legami tra Etoli ed Elei (dell’antica migrazione degli Etoli in Elide e viceversa), riportando come fonti due iscrizioni: l’epigramma dedicatorio che accompagnava la statua di Aitolos eretta a Thermos e quello relativo al ritratto di Oxylos, posto nell’agora di Elis. Nessuna delle due iscrizioni era ovviamente contemporanea agli eventi che Eforo intendeva avvalorare con la prova epigrafica; inoltre, entrambi gli epigrammi, che presentano l’inedita figura di un eroe Aitolos figlio del re eleo Endymion, risentivano di una tradizione mitica seriore, la cui genesi viene normalmente ricollegata al supporto etolico nella guerra tra Sparta e l’Elide del 402-400 a.C.22 In tale contesto, sottolineare che il monumento di Aitolos si trovasse proprio là dove era uso avito che gli Etoli conducessero le loro archairesiai poteva dunque rafforzare il valore probante delle evidenze citate, riportando il tutto alla più alta antichità delle istituzioni etoliche. Ma questo stesso contesto, tuttavia, ci induce anche a una certa prudenza nel valutare come stringente la coerenza cronologica della notizia eforea sulle archairesiai etoliche. Ad essere πάτριος era

Αἰτωλία), FGrHist 324 F 52: Ἔστι καὶ πόλις Πελοποννήσου, ἣν συγκαταλέγει ταῖς Λακωνικαῖς πόλεσιν Ἀνδροτίων ς´ Ἀτθίδος. Nell’edizione del 2018 Osborne e Rhodes riprendono sostanzialmente la lettura dell’editio princeps di Peek (vd. l. 1: [Συνθε͂κ]αι Αἰτολοῖς. κ̣[αττάδε κτλ.) e si dicono d’accordo con un’identificazione con gli Aitoloi della Grecia nordoccidentale, pur scontrandosi con le enormi incertezze che l’inquadramento storico di un trattato così costituito comporta (vd. ibid. 160-161); lo status della controparte spartana è definito in maniera a mio avviso abbastanza contorta: «What begins as a treaty made by Sparta with the Aetolians becomes later a treaty with one particular subdivision or dependency of them. (…) Presumably the treaty was in fact made with this subdivision, which established a relationship with the Spartans when the other Aetolians did not, but referring to it as the ‘Aetolians’ at the beginning makes the treaty and the subdivision seem more important» (ibid. 158-159: anche si trattasse degli Etoli della Grecia nordoccidentale, non sarebbero comunque da intendersi nella loro totalità e come unitaria formazione statuale). 21   Ephor. FGrHist 70 F 122a (=BNJ 70 F 122a): ἐν Θέρμοις τῆς Αἰτωλίας, ὅπου τὰς ἀρχαιρεσίας ποιεῖσθαι πάτριον αὐτοῖς ἐστιν. 22   Cf. Funke 2013, 51; Roy 2014, 248-249; Funke 2015, 91-92; Bourke 2018, 153-154. Sulla figura di Aitolos figlio di Endymion e sui ritratti di Aitolos e Oxylos a Thermos ed Elis, cf. Antonetti 2012a, 188-191.

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anzitutto lo stesso santuario di Thermos, antico centro di aggregazione degli ethne etolici, le cui funzioni di sede stabile per assemblee e altri organismi istituzionali fanno tuttavia la loro comparsa archeologica solo a partire dal IV secolo: è in questo momento, coerentemente con la prima attestazione di un κοινὸν τῶν Αἰτωλῶν nelle fonti epigrafiche, che si registra infatti l’edificazione di un grande peribolo di cinta, le cui primaria interpretazione è quella di avere servito da infrastruttura per le attività istituzionali del koinon23. Le fonti a nostra disposizione, Eforo compreso, ci permettono solo di affermare che nel IV secolo le elezioni delle cariche del koinon si svolgevano a Thermos24.

2.2. Il koinon degli Etoli nel IV sec. a.C. Pur ritenendo che la nascita di uno stato federale etolico non possa essere fatta risalire troppo indietro nel tempo, si deve in ogni caso ribadire – contro chi, anche in epoche recenti, ha optato invece per una datazione decisamente più bassa, negli anni ’30 del IV secolo25 – come l’iscrizione ateniese Rhodes-Osborne, GHI 35 ne costituisca un indubbio terminus ante quem26, nonostante il fatto che l’emergere sulla scena politica della nuova formazione statuale compaia nelle fonti antiche solamente a partire dagli ultimi decenni del IV sec. a.C. e il fatto che, inoltre, le istituzioni centrali e l’organizzazione locale del koinon dovessero aver comunque subito importanti evoluzioni tra età classica ed ellenistica27. Seppure il decreto ateniese su Trichonion mostri l’esistenza in Etolia di una codificata divisione di competenze politiche tra governo centrale e realtà locali, lo stesso lascia intravedere tuttavia anche la riluttanza della polis membro a sottomettersi all’autorità «degli

23   Cf. Antonetti 1990, 197-199. Sulla cronologia proposta da Funke 1997, 145-188, che data l’inizio della federazione tra fine V e inizi IV sec. a.C. in connessione con il primo sviluppo delle komai in centri urbani, vd. infra, 134 sgg. 24   Cf. Polyb. V 8, 5 (in merito all’invasione dell’Etolia da parte di Filippo V, 218 a.C.): καθ᾽ ἕκαστον γὰρ ἔτος ἀγοράς τε καὶ πανηγύρεις ἐπιφανεστάτας, ἔτι δὲ καὶ τὰς τῶν ἀρχαιρεσίων καταστάσεις ἐν τούτῳ τῷ τόπῳ (scil. a Thermos) συντελούντων. 25   Cf. Grainger 1999, 34-37, il quale colloca la nascita di una federazione etolica tra 338 e 330 a.C. 26   Cf. Funke 2015, 98-99, ma vd. anche ibid. 89, dove Rhodes-Osborne, GHI 35 è indicato come un «terminus ante quem for the existence of a centralized governamental organization of this kind», ossia di una forma di unione stabile di cui egli individua le tracce già alla fine del V secolo. 27   Diod. XIX 66, 2 (314 a.C.): ἐπὶ δὲ τούτων Ἀριστόδημος μὲν ὁ κατασταθεὶς ὑπ’ Ἀντιγόνου στρατηγὸς ὡς ἐπύθετο τὴν Ἀλεξάνδρου τοῦ Πολυπέρχοντος ἀπόστασιν, ἐπὶ τοῦ κοινοῦ τῶν Αἰτωλῶν δικαιολογησάμενος προετρέψατο τὰ πλήθη βοηθεῖν τοῖς Ἀντιγόνου πράγμασιν. Aristodemos, eletto stratego da Antigono, rivolge il suo appello a sposare la causa antigonide di fronte al sinedrio degli Etoli (ἐπὶ τοῦ κοινοῦ τῶν Αἰτωλῶν), riuscendo a ottenere il parere favorevole della maggioranza (προετρέψατο τὰ πλήθη: in ciò adombrando una procedura di votazione organizzata e non una semplice acclamazione).

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Etoli del koinon» (Αἰτωλ̣ῶν̣ [τ]ο̣ῦ̣ κ[ο]ι̣νοῦ, l. 8: l’espressione è significativa), segno di un’integrazione federale ancora labile, ben diversa da quella che vedremo in atto nell’Etolia di III secolo28. Le differenti posizioni espresse dagli studiosi sulla natura ed evoluzione dell’unione etolica nel corso del IV secolo non sono dovute solamente alle difficoltà interpretative presentate da un quadro documentario molto esiguo, ma anche al fatto, io credo, che la struttura organizzativa del koinon etolico dovette verosimilmente configurarsi in questa fase come una sorta di ‘tappa intermedia’ tra le più antiche modalità di coordinamento dell’ethnos e le forme istituzionali dello stato federale di età ellenistica, caratterizzata appunto da una sovrapposizione tra la conservazione di funzioni politiche delle prime e i primi sviluppi delle seconde. Ciò ha fatto sì che le medesime evidenze abbiano portato gli studiosi a ritenere ora che un’unione sostanzialmente pre-federale, basata su una labile unione dei grandi ethne, si fosse protratta ancora negli anni ’30 del IV secolo29, ora a vedere nello stesso fenomeno di urbanizzazione dell’Etolia il segno della precoce disgregazione del tradizionale sistema tribale e di una parallela emancipazione politica dei sotto-gruppi locali all’interno di un koinon già ampiamente formato30. Di assoluta centralità in tale dibattito è un passo dell’Anabasi di Arriano, in cui si dice che, nel 335 a.C., gli Etoli avrebbero inviato ad Alessandro Magno un’ambasceria composta da delegati prescelti, dice l’autore, κατὰ ἔθνη. Arr. Anab. I 10, 2: Αἰτωλοὶ δὲ πρεσβείας σφῶν κατὰ ἔθνη πέμψαντες ξυγγνώμης τυχεῖν ἐδέοντο, ὅτι καὶ αὐτοί τι πρὸς τὰ παρὰ τῶν Θηβαίων ἀπαγγελθέντα ἐνεωτέρισαν. «Gli Etoli per parte loro inviarono ambascerie tribù per tribù e chiesero di ottenere il perdono, sostenendo di essersi rivoltati solo in base alle notizie giunte da Tebe».

Quale realtà istituzionale e quali soggetti locali erano sottesi a tale espressione? Il suo impiego assieme al plurale πρεσβεῖαι ha fatto sì che alcuni studiosi abbiano ritenuto in quel momento disciolto il koinon etolico31, o che l’Etolia dell’epoca si configurasse ancora come una lasca unione di stampo etnico, priva delle caratteristiche di una vera e propria unione federale. La notizia di Arriano non porta però necessariamente a tali conclusioni. Per quanto il testo parli di una pluralità

  Come osservato in particolare da Scholten 2000, 15.   Cf. Grainger 1999, 29-53. 30   Cf. Funke 2015, 101: «Therefore, the accelerate pace of urbanization in the fourth century BCE did not provide the conditions for the genesis of the federal state, but was rather a (partial) consequence of the political emancipation of the sub-tribes’ sub-groups. In other words, it was an expansion of the political significance gained by these sub-groups as member-states of the newly constituted Aitolian League». 31   Cf. ad es., nel commento all’Anabasi, Bosworth 1980, 92. 28 29

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di ambascerie, non si tratta di delegazioni genericamente provenienti dall’Etolia, bensì inviate dagli Etoli (Αἰτωλοὶ… πέμψαντες) come unico soggetto emanante. Il fatto, poi, che esse fossero state organizzate kata ethne non sembra entrare in contraddizione con l’idea di uno stato federale etolico all’epoca già formato e funzionante. Quello che più semplicemente si può inferire da questa notizia è che, ancora alla metà degli anni ’30 del IV secolo, negli aspetti dell’organizzazione istituzionale e della prassi politica (in questo caso si trattava della nomina di ambasciatori) il quadro di raccordo tra realtà locali (come la polis di Trichionion) e potere centrale della federazione fosse rappresentato dai grandi raggruppamenti tribali (mere) dell’Etolia, come Eurytanes, Apodotes, Ophioneis, ma forse anche Aperantes e Agraioi32. Un’interpretazione diversa da quella qui formulata, e con importanti ricadute proprio sulla valutazione dell’assetto politico locale nell’Etolia dell’epoca, è invece quella di Funke, il quale, respingendo l’idea che le grandi tribù etoliche potessero aver avuto un ruolo politico-istituzionale nel koinon di avanzato IV secolo e individuando nei fenomeni di urbanizzazione il meccanismo cardine dello sviluppo dell’Etolia come stato federale, suggerisce che l’ambasceria di cui dà notizia l’Anabasi fosse stata di natura molto diversa da quella testimoniata da Tucidide per il 426 a.C.33. Lo studioso sostiene infatti che, con l’espressione kata ethne, Arriano avrebbe qui indicato l’invio di delegati da ogni comunità locale dell’Etolia («i sottogruppi delle sotto-tribù»): in altre parole, non si parlerebbe qui dei grandi ethne etolici, bensì dei singoli membri del koinon, che erano costituiti tanto da ethne quanto da poleis. Al proposito, Funke suggerisce anche che la locuzione impiegata da Arriano fosse una sorta di ellissi rispetto a una formula πόλεις καὶ ἕθνη, come quella attestata nel decreto della “seconda” federazione acarnana IG IX 12 2, 583, l. 40. Benché l’interpretazione che lo studioso dà dell’espressione kata ethne risulti per alcuni versi artificiosa, non esistono tuttavia elementi per respingere decisamente la sua ricostruzione. Tale ricostruzione, nella fattispecie, contempla una transizione da un’unione etnica a uno stato federale avvenuta in tempi relativamente brevi e segnata dall’emancipazione politica delle comunità locali, che avrebbe deteminato una precoce scomparsa dei grandi ethne etolici come soggetti istituzionali e avrebbe dato vita a una dinamica tra koinon e realtà locali (ossia poleis e piccoli ethne) sostanzialmente analoga a quella risultante dalla documentazione etolica di età ellenistica. L’emergere delle comunità locali e dei processi di polarizzazione urbana da cui molte di esse furono interessate

32   Cf. Merker 1989, 308-309, contro l’ipotesi di una dissoluzione del koinon etolico dopo il 338 a.C. e a favore della permanenza di un ruolo politico dei raggruppamenti tribali ancora in questa fase: «since the Aitolians seems to have created their sympolity out of the old tribal organization, and not from scratch, they may have retained older elements, embassies κατὰ ἔθνη for example». 33   Funke 1997, 161-162; anche 2015, 96-98, dove ritorna nuovamente sul paragone con IG IX 12 2, 583.

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ebbe certo un peso innegabile nella conformazione dello stato federale etolico; d’altra parte, il possibile status dei grandi ethne etolici nel IV secolo giace nel totale silenzio delle fonti. Ma, nonostante ciò, ci si deve tuttavia domandare quali cause e quale decisiva svolta storica potessero aver indotto Etoli di IV secolo ad adottare per il proprio koinon un sistema organizzativo già così innovato: l’emancipazione politica (io direi, l’istituzionalizzazione) delle comunità locali etoliche può essere considerata un motivo sufficiente a giustificare, per il koinon etolico di pieno IV secolo, una totale dismissione di quella struttura tribale che aveva improntato l’organizzazione unitaria dell’ethnos appena pochi decenni prima? Che motivi avrebbero avuto gli Etoli, sostanzialmente ancora confinati nei loro originari territori, per adottare già in questa fase una struttura di raccordo tra koinon e realtà locali che molto più logicamente avrebbe potuto essere introdotta in un momento successivo, con l’aggressiva espansione territoriale di età ellenistica e con le nuove esigenze di organizzazione istituzionale dell’“Etolia maggiore”? I dubbi qui sollevati non risolvono certo la questione, ma evidenziano tuttavia la forte plausibilità che la fase del IV secolo avesse rappresentato appunto una sorta di tappa evolutiva intermedia nel graduale sviluppo dello stato federale degli Etoli, da un lato, lasciando flebili tracce (visibili nella querelle con Trichonion) di un’integrazione istituzionale delle comunità locali urbanizzate ancora non perfettamente consolidata, dall’altra lato (come parrebbe poter leggere in Arr. An. I 10, 2), denunciando la persistenza dell’antico sistema per ethne come quadro di riferimento in relazione a specifici aspetti organizzativi del koinon34. Se questa ricostruzione si avvicina al vero, quando è possibile ritenere che il koinon etolico abbia affrontato la necessità di nuove e più radicali riforme istituzionali? Come ho già avuto modo di sottolineare nell’apertura di questo capitolo, un tratto saliente della federazione etolica – ciò che rende questo caso di studio particolarmente interessante – pare essere stata proprio la capacità di adattare progressivamente il proprio quadro istituzionale, per far fronte alle esigenze di controllo politico, fiscale e militare che la successiva integrazione di nuove comunità locali esterne all’ethnos le metteva di fronte. Benché l’ipotesi che un koinon degli Etoli fosse già esistente nella prima parte del IV secolo non sembra poter essere respinta, è tuttavia vero che a rivelarsi particolarmente nevralgici per l’avanzamento istituzionale dello stato federale furono però gli anni tra il 338 e il 300 a.C. ca., quando l’integrazione nella politeia etolica di Naupaktos e di una serie di altre poleis e comunità minori (tutte parte di un’area occidentale della Locride Ozolia che ancora Strabone denominava Αἰτωλία ἐπίκτητος, “acquisita”, distinguendola dalla ἀρχαῖα) pose certo gli Etoli di fronte alla necessità di una ridefinizione dei rapporti istituzionali tra koinon e membri35. L’acquisizione

  A sostenere la tesi di uno sviluppo graduale è in part. Scholten 2000, 15.   Strab. X 1, 2: καὶ δὴ καὶ διῃρῆσθαι συνέβαινε δίχα τὴν Αἰτωλίαν, καὶ τὴν μὲν ἀρχαίαν λέγεσθαι τὴν δ᾽ ἐπίκτητον. 34 35

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di un centro così altamente strategico come Naupaktos, si noti, non era stata in realtà merito del koinon, bensì dei Macedoni, che, in un momento successivo al 338 a.C., avevano sottratto la città agli Achei e l’avevano consegnata agli Etoli per decreto di Filippo II36, allo stesso modo in cui l’etolica Kalydon, attorno al 367 a.C., era stata liberata dalla guarnigione achea che l’occupava solo grazie all’iniziativa di Epiminonda37. Si tratta di una fase, come si diceva, tanto nevralgica quanto difficile da ricostruire nei suoi precisi sviluppi. Questi sono gli anni dell’invio delle ambascerie kata ethne, ma è anche il momento in cui gli Etoli, probabilmente approfittando della lontananza di Alessandro per la campagna asiatica, intraprendono (questa volta autonomamente) la conquista di un altro strategico sbocco al mare, sulla foce dell’Acheloos, con l’assedio della polis di Oiniadai. L’aggressione della città acarnana, e il massacro e la deportazione dei suoi abitanti, che avrebbero attirato sugli Etoli le minacce di vendetta del Macedone38, fu un’azione a ben vedere di breve respiro, oltre che del tutto priva dei tratti di un’integrazione federale: già non molto tempo dopo, Oiniadai appare esterna dalla sfera etolica39, emergendo in seguito quale uno dei membri prominenti del primo koinon degli Acarnani, da cui si sarebbe distaccata solamente con la spartizione del 258-250 a.C. e il conseguente l’inglobamento nel koinon degli Etoli, assieme al distretto di Stratos40. La condotta degli Etoli nei confronti di Oiniadai, da una parte, e di Naupaktos e delle altre comunità dell’Etolia epiktetos, dall’altra, appaiono radicalmente diverse. Dalle fonti sembra emergere che meccanismi di integrazione nella politeia etolica siano stati messi in atto in questo secondo caso. Una testimonianza significativa in tale senso parrebbe provenire da un decreto di prossenia di Delfi, datato al 329/8 a.C., in cui un individuo proveniente dalla città di Makynea, situata a ovest di Naupaktos sul confine etolo-locrese, viene definito Αἰτωλός ἐκ Μακυνέας, con una formula onomastica che esprimeva quindi l’integrazione di questa comunità nella politeia comune degli Etoli41. Il valore di questa fonte, è bene sottolinearlo, dipende molto dall’effettivo status di Makynea in rapporto con l’Etolia. L’ipotesi più probabile è che si trattasse di una città della Locride Occidentale entrata a far parte del koinon etolico solo successivamente al 338 a.C., insieme a Naupaktos e ad altri centri locresi ubicati tra questa e il confine con l’Etolia. Infatti, Makynea

  Strab. X 4, 7: ἔστι (scil. Naupaktos) δὲ νῦν Αἰτωλῶν Φιλίππου προσκρίναντος. Come testimonia Dem. IX (Philipp. III), 34 (341 a.C.), Filippo II aveva in precedenza promesso agli Etoli di consegnare loro Naupaktos (Ναύπακτον ὀμώμοκεν Αἰτωλοῖς παραδώσειν). Contro la presunta mancata consegna di Naupaktos agli Etoli da parte di Filippo II, basata su una notizia di Teopompo poco attendibilmente riportata dalla Suda: Theop. FGrHist 115 F 235a = Suda, φ-742, s.v. φρουρήσεις ἐν Ναυπάκτωι, cf. discussione in Merker 1989, 309-310, ma soprattutto in Landucci 2004, 119-121. 37   Diod. XV 75, 2, cf. Merker 1989, 305-306. 38   Plut. Alex. 49, 15. 39   Diod. XIX 67, 4. 40   Cf. IG IX 12 3A, ll. 22-25 e ibid. B. 41   Bourguet, «BCH» 23, 1889, 356-357, ll. 6-7 (arconte Bathyllos). 36

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viene definita da alcune fonti come πόλις Αἰτωλίας e fece in effetti stabilmente parte dello stato Etolico almeno dal 329/8 a.C., come dimostrato dalla presenza di Makyneis nelle iscrizioni del koinon; ma un passo di Plutarco, che ne confermerebbe l’antica origine locrese, assieme alla sua presenza tra le città dell’Aitolia epiktetos nella testimonianza di Strabone, depongono tuttavia a favore di questa ricostruzione42, senza tuttavia permetterci di escludere completamente che l’assorbimento da parte dell’Etolia di questo piccolo centro di confine non fosse avvenuto già in tempi antichi43. In quest’ultimo caso, l’attestazione di un Αἰτωλός ἐκ Μακυνέας nei primi anni ’20 del IV secolo sarebbe per noi un po’ meno significativa, differentemente da ciò che risulterebbe se essa fosse invece l’esito dell’integrazione all’interno della politeia federale etolica delle comunità locresi acquisite dopo il 338 a.C. Non siamo a conoscenza di come gli Etoli avessero inglobato i centri che sorgevano a ovest di Naupaktos, se con un’autonoma iniziativa di espansione, ovvero ereditando, assieme a Naupaktos, anche gli equilibri geopolitici della regione e ottenendo quindi la naturale adesione di quelle comunità secondarie, una volta che la città principale dell’area era entrata oramai a far parte dello stato etolico. Al di là di questi aspetti, si deve comunque notare come l’annessione al koinon di comunità locali non solo estranee all’ethnos, ma potenzialmente ostili agli Etoli, come erano quelle della cosiddetta Etolia epiktetos, dovesse aver costituito un fondamentale banco di prova nell’evoluzione delle istituzioni federali: su comunità non-Etoliche come queste, infatti, solo l’ufficiale riconoscimento di diritti comuni all’interno della politeia federale e la partecipazione agli organismi dei koinon secondo definiti criteri di rappresentatività avrebbero potuto costituire una forza attrattiva durevole nel tempo.

2.3. Il koinon degli Etoli in età ellenistica Nelle iscrizioni relative al koinon etolico di età ellenistica, i cittadini federali vengono qualificati attraverso etnici afferenti alle comunità locali di base. Le uniche attestazioni di etnici composti ricorrono nella documentazione epigrafica di aree esterne all’Etolia, dove si presentano attraverso la formula tipica della sympoliteia federale, come ad esempio il sopra menzionato Αἰτωλὸς ἐκ Μακυνέας. Diversamente, non vi è invece traccia di etnici multipli, quali quelli che si riscontrano nelle iscrizioni epirote44, benché anche l’Etolia, come si è ricordato sopra,

  Strab. X 2, 4 e 21 (Μακυνία); St. Byz. Ethn. μ-34, s.v. Μακύνεια·   Cf. Lerat 1952, II 66. 44   Vd. ad es. l’etnico composto Μολοσσὸς Ὄμφαλος Χιμώλιος attestato nell’atto di manomissione Cabanes 1976, 578-579 nr. 51, ll. 6 e 14-15 (232-168 a.C.). Su questo aspetto, vd. inoltre la discussione in infra, s.v. Eit(e)aios. 42 43

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fosse stata caratterizzata da una struttura per gruppi e sottogruppi tribali, analoga a quella esistente in Epiro45. In particolare, gli etnici presenti nelle iscrizioni del koinon etolico di età ellenistica appaiono riferirsi a comunità di natura non omogenea, dalle poleis – alcune anche di una certa estensione – come Naupaktos o Trichonion, a piccoli ethne insediati per villaggi. L’impressione ricavabile dalle fonti, e in primo luogo dall’impiego degli etnici della documentazione epigrafica, è quella di un’avvenuta equiparazione tra “realtà locali-ethne” e “realtà locali-poleis” e, soprattutto, tra comunità appartenenti originariamente al territorio dell’ethnos etolico e comunità assorbite dal territorio federale. Per quanto ne sappiamo, i grandi raggruppamenti tribali presenti nella testimonianza di Tucidide e, ancora all’epoca di Alessandro, in quella di Arriano, avevano invece cessato di costituire una struttura di riferimento nell’organizzazione del koinon etolico. Le attività connesse con l’amministrazione politica si concentravano, a livello locale, principalmente attorno ai centri urbani, spesso di nuova fondazione; mentre, a livello centrale, si assistette a uno sviluppo degli organi di governo permanenti – le magistrature federali e il consiglio rappresentativo – rispetto all’assemblea degli Etoli. Indici di queste evoluzioni istituzionali possono essere letti a partire da alcuni dati offerti dalla documentazione antica. Un esempio è quello dell’hipparchos, il quale, da carica militare nominata verosimilmente al bisogno, e citata solo molto saltuariamente nelle iscrizioni della federazione a partire dalla fine degli anni ’7046, negli ultimi anni del decennio successivo sembra essersi costituita come una magistratura permanente ai vertici del koinon, comparendo pressoché regolarmente nei decreti federali assieme allo stratego eponimo (o in alcuni casi al boularchos) e al grammateus. Ma si può pensare anche all’aumento del numero dei grammateis (uno per l’assemblea e un secondo per il sinedrio attestati verso la fine del III sec. a.C.)47, o anche a quello del collegio dei boularchoi, su cui tornerò poco oltre. Si tratta certo di fenomeni inscindibilmente connessi con l’espansione della federazione Etolica, con l’aumentata mole delle incombenze amministrative e l’ampliamento delle forze armate disponibili48. Osservazioni analoghe possono essere fatte in relazione al consiglio (βουλά o συνέδριον) del koinon degli Etoli. Per il IV secolo, l’unica evidenza a favore dell’esistenza di una boule federale è costituita da un decreto onorifico frammen-

  Vd. supra, 126 n. 6.   Questo, benché l’esistenza di un corpo di cavalleria etolico sia noto dall’epoca della spedizione contro la Tessaglia del 322/1 a.C., Diod. XVIII 38, 1 «(Gli Etoli) avevano duemila fanti e quattrocento cavalieri e il loro stratego era Alexandros, un Etolo». 47   Vd. il decreto per l’accettazione degli agoni di Artemide Leukophryene di Magnesia al Meandro (copia di Delfi, 207 a.C.), Van Effenterre «BCH» 77, 1953, 168-176, nr. 4 + SEG 38: 412 (Bousquet), ll. 6-8: στραταγέοντος Μα – –, ἱππαρχέοντος δὲ – – – – – – – –] | Φυσκέος, γραμματεύοντος δὲ [τῶν Αἰτωλῶν – –c. 17-19– – |.]ιέος, τῶν δὲ συνέδρων Μαρσ[ύα, Θερμικοῖς· ἔδοξε τοῖς Αἰτωλοῖς· κτλ. 48   Su questi aspetti cf. in particolare Grainger 1999, 169-171. 45 46

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tario emanato dagli Ateniesi per due benefattori etolici, padre e figlio, uno dei quali aveva elargito i suoi favori alla polis attica quando era in carica come boularchos49. Benché la denomininazione di βουλά ricorra in qualche decreto federale etolico in alternanza e come sinonimo del più diffuso συνέδριον (suggerendo così un meccanico collegamento tra presenza di boularchoi e presenza di una boule-synedrion), l’analisi delle competenze di questi magistrati federali quali emergono dalla documentazione epigrafica, come ho avuto modo di dimostrare in passato, rendono tale collegamento assai meno assodato di quanto appaia50. Rimane pertanto la possibilità che i boularchoi di IV sec. a.C. agissero come un collegio consiliare ristretto, posto a presiedere l’assemblea degli Etoli e già dotato di quelle competenze esecutive rilevabili nei documenti di età successiva; e che, di conseguenza, un sinedrio federale (che la documentazione epigrafica ci dice infatti presieduto non da boularchoi, ma da προσστάται τοῦ συνεδρίου) fosse stato costituito solo in una fase successiva, con il progressivo sviluppo delle istituzioni federali51. Esplicite menzioni del ruolo di quest’organo all’interno delle deliberazioni federali ricorrono per la prima volta in un decreto databile fine degli anni ’60 del III sec. a.C. (IG IX 12 1, 15), e poi con maggiore frequenza solo dagli anni ’20 dello stesso secolo. Infatti, benché l’organismo supremo della federazione dovesse continuare a essere rappresentato dall’assemblea degli Etoli, soprattutto per le decisioni concernenti la pace e la guerra, l’amministrazione politica ordinaria, dal conferimento di onori alle funzioni giudiziarie (vd. ad es. IG IX 12 1, 169) fu sempre più ad appannaggio del consiglio, il quale costituiva infatti un organismo permanente, a fronte delle sole due adunanze annuali (Thermika e Panaitolika) previste per l’ekklesia. Oltre a ciò, si deve credere che non solo l’importanza politica, ma anche la stessa consistenza numerica del consiglio fosse aumentata con l’espandersi del koinon etolico52. In questo caso, l’incremento numero non si lega genericamente a un’espansione dell’apparato statuale, ma è precisamente connesso al rapporto con le componenti locali del koinon. Ognuna delle comunità membri della federazione inviava infatti al consiglio un numero fisso di rappresentanti, stabilito in proporzione all’entità demografica53. Secondo una testimonianza di Livio, nel 167 a.C. i generali etolici Lykiskos e Tisippos avevano lasciato che soldati romani, al comando di A. Baebius, accerchiassero il senatus della federazione etolica (con senatus è da intendersi il

  IG II2 358, vd. supra, 128 n. 10.   Per i dettagli di questa analisi, cf. Lasagni 2012, 173-175. 51   Il riferimento ai prostatai del sinedrio ricorre nel trattato tra Melitaia e Pereia IG IX 12 1, 188 (213/2 a.C.), l. 33, su cui vd. infra, 141 sgg.; l’iscrizione registra i nomi di due prostatai; tale carica non può però essere considerata equivalente ai boularchoi, che in questa fase componevano infatti un collegio costituito da almeno quattro membri. 52   Cf. Grainger 1999, 173-178. 53   Vale a dire, in base agli uomini mobilitabili per l’esercito, cf. ibid. 174-175. 49 50

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synedrion) trucidando ben cinquecentocinquanta consiglieri, evidentemente appartenenti alla fazione favorevole a Perseo54. Questa indicazione porterebbe a calcolare per l’epoca un consiglio sicuramente maggiore di cinquecentocinquanta rappresentanti, verosimilmente attorno al migliaio: un numero ingente, che certo non doveva corrispondere a quello dell’originario ordinamento federale, ma che, invece, si era via via accresciuto seguendo l’espansione del territorio etolico e l’immissione di nuove comunità nella politeia federale; la cifra di circa mille buleuti ricostruibile nel 167 a.C. potrebbe essere stata ancora più alta nei periodi di maggiore espansione etolica, ossia durante gli anni ’30 e ’20 del III sec. a.C. e nel primo decennio del successivo, prima della fallimentare conclusione della guerra a fianco di Antioco III (189 a.C.), che comportò una nuova contrazione territoriale55. Le uniche informazioni a nostra disposizione sui criteri di composizione del sinedrio etolico ci derivano dall’arbitrato degli Etoli per Melitaia e Pereia, due città allora federate al koinon, e appartenenti geograficamente alla regione tessalica dell’Achaia Phtiotis56. Questa iscrizione, databile al 213/2 a.C., rappresenta un documento di grande rilievo, soprattutto per il fatto di testimoniare in maniera esplicita che la partecipazione delle comunità locali al koinon degli Etoli avveniva, tanto per gli aspetti politici (invio di consiglieri al sinedrio) quanto per quelli fiscali e militari, secondo quote proporzionali e prestabilite dalle leggi etoliche. Le informazioni che tale iscrizione è in grado di restituirci sulle complesse dinamiche caratterizzanti i rapporti tra comunità locali e stato federale in questa fase avanzata della storia etolica travalicano tuttavia gli aspetti qui sopra richiamati, rendendo pertanto opportuna una più approfondita analisi del contesto emergente da questa testimonianza epigrafica.

  Liv. XLV 28, 7: Defertur (un gruppo di Etoli riportava la notizia Emilio Paolo) quingentos quinquaginta principes ab Lycisco et Tisippo, circumsesso senatu per milites Romanos, missos ab A. Baebio, praefecto praesidii, interfectos, alios in exilium actos esse, bonaque eorum qui interfecti essent et exulum possideri. 55   Sul numero dei consiglieri etolici in base alla testimonianza di Livio, cf. Larsen 1968, 199200; Funke 2015, 112. 56   IG IX 12 1, 188; cf. Ager 1996, 153-157 nr. 56; Magnetto 1997, 339-348 no. 55; in relazione alle ll. 16-23, Migeotte 1984, 111-113 n. 31. Sulla base dell’analisi dei delegati etolici nelle liste anfizioniche è possibile ritenere che la porzione occidentale dell’Achaia Phthiotis fosse stata annessa alla federazione etolica almeno dalla fine degli anni ’20 del III sec. a.C. (Grainger), con la possibilità, inferibile dalla stessa documentazione, che tale annessione fosse avvenuta già precedentemente, dalla metà degli anni ’50, cf. su questo Scholten 2000, 154-155 e soprattutto, per una discussione sulle varie ipotesi cronologiche proposte in letteratura, 250-252 e part. n. 38. 54

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L’arbitrato etolico tra Melitaia e Pereia Nella seconda metà del III sec. a.C., le due comunità di Melitaia e Pereia si trovavano associate in una forma di unione, che potremmo definire di sympoliteia. Tale unione era infatti sicuramente già in essere all’epoca dell’iscrizione che stiamo per esaminare, la quale non contiene propriamente un accordo di sympoliteia tra le due città57, ma unicamente una sentenza arbitrale, emessa da dikastai nominati dalla federazione Etolica. IG IX 12 1, 188, ll. 1-3: Μελιταιέοις καὶ Πηρέοις ἔκριναν οἱ ὑπὸ τῶν Αἰτωλῶν αἱρεθέντες δικασταὶ Δωρίμαχος, Πολεμαῖος, Ἀργεῖος Καλυδώνιοι αὐτῶν ἐπιχωρησάντων ἐξ ὁμολόγων· «Tra gli abitanti di Melitea e di Perea hanno giudicato gli arbitri scelti dagli Etoli, Dorimaco, Polemeo, Argeo provenienti da Calidonia, su autorizzazione delle parti in base agli accordi»58.

Al centro delle questioni affrontate dagli arbitri etolici vi è sostanzialmente la possibilità data ai Pereis di recedere dall’accordo e di uscire dall’unione con Melitaia (εἰ δέ κα ἀποπολιτεύωντι Πηρεῖς ἀπὸ Μελιταέων, ll. 16-17). Ciò determinava la necessità, da una parte, di stabilire i rispettivi confini territoriali (ll. 3-12), dall’altra di regolamentare una serie di materie, principalmente di ordine economico e giuridico, che attenevano sia ai rapporti tra i cittadini di Melitaia e quelli di Pereia, sia ai diritti e oneri di quest’ultima nei confronti del koinon, in quanto autonoma comunità federata. I punti controversi sollevati da questo documento sono numerosi e la clausola che definisce i rapporti di Pereia con gli Etoli in caso di scioglimento dell’accordo sembra essere fortunatamente uno dei passaggi più chiari: IG IX 12 1, 188, ll. 16-21:          εἰ δέ κα ἀποπολιτεύωντι Πηρεῖς ἀπὸ Μελ[ι] ταέων, περὶ μὲν τᾶς χώρας ὅροις χρήσθων τοῖς γεγραμμένοις καὶ ἔ χοντες ἀποπορευέσθων βουλευτὰν ἕνα καὶ τὰ δάνεια συναπο τινόντω, ὅσα κα ἁ πόλις ὀφείλῃ, κατὰ τὸ ἐπιβάλλον μέρος 20 τοῦ βουλευτᾶ καὶ ἐμφερόντω τὰ ἐ[ν] τοὺς Αἰτωλοὺς γινόμε να κατὰ τὸν βουλευτάν. «Se gli abitanti di Perea decidono di porre fine alla sympoliteia con Melitea, per quanto riguarda il loro territorio valgano i confini che sono stati scritti e, una volta

  Come sostiene invece, ad es., Ager 1996, 155 («this document… contains a sympolity agreement between the two small states of Melitaia and Pereia»). 58   Trad. Magnetto 1997, 341, come per le successive linee dell’iscrizione. 57

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rescisso l’accordo, abbiano un consigliere solo e contribuiscano a saldare i debiti eventualmente contratti dalla città secondo la parte spettante a un consigliere e versino le contribuzioni agli Etoli in proporzione a un consigliere».

Da questa clausola emerge il dato interessante che la quota buleutica assegnata a ogni singolo stato membro determinava in proporzione anche gli oneri fiscali nei confronti delle casse federali. La polis di Melitaia in sympoliteia con Pereia doveva pertanto esprimere più di due buleuti: gli arbitri etolici stabiliscono infatti qui che, una volta indipendente, la piccola comunità dei Pereis sarebbe stata rappresentata nel sinedrio da un singolo consigliere. Le clausole che seguono, alle ll. 21-31, riguardanti una serie di questioni relative a rapporti intercorrenti tra le due comunità locali, presentano alcune ambiguità interpretative: per le materie trattate, esse si sono infatti prestate da una parte ad essere considerate come termini dell’accordo di sympoliteia stesso59, in parte ad essere viste come sentenze arbitrali che disciplinavano i rapporti tra le due comunità per la durata dell’unione simpolitica60. Al contempo, tuttavia, non si può del tutto escludere che anche questa parte dell’arbitrato regolamentasse lo statuto dei Pereis in caso di rescissione. L’unico esplicito riferimento a un’unione in vigore si trova infatti alle ll. 12-16, in cui si impone ai Melitaieis, fino a che i Pereis fossero rimasti politicamente uniti a loro (πολιτευόντων Πηρέων μετὰ Μελιταιέων, ll. 14-15), di non vendere le terre comuni (δαμοσία) ubicate a Karandai e a Phyliadon, ma di continuare come prima a metterle in affitto con successive aste. Lo statuto di queste terre pubbliche è dibattuto, non è infatti chiaro a quale delle due città appartenessero prima della sympoliteia e a quale, di conseguenza, sarebbero dovute tornare in caso di scioglimento della stessa61. Che le terre definite damosia presso Phyliadon fossero di pertinenza di Pereia sembrerebbe plausibile (benchè tutt’altro che certo), sulla base di una testimonianza epigrafica62.

  Vd. ad es. Ager, supra, n. 57.   Così Migeotte 1984, 112 (in riferimento alle sole ll. 21-23); Magnetto 1997, 345. 61   Cf. Magnetto 1997, 363. 62   Attorno al 260-250 a.C. Phyliadon appariva unita a Pereia in una disputa territoriale, arbitrata da giudici di Kassandreia, contro Peuma, a sfavore della quale già pendeva un verdetto negativo in precedenza emanato dalla stessa Melitaia, vd. FD III. 4, 351 ll. 16-38 (vd. ll. 16-20: περὶ δὲ τῆς χώρας ἧς ἔκρι|[ναν οἱ] Μελιταιεῖς πρὸς Πευματίους ὑπὲρ Πηρέ|[ων κα]ὶ Φυλλαδονίων· ἐκρίναμεν εἶναι τὴν χώρα | [Πηρέ]ων καὶ Φυλλαδονίων ἣν περιήγαγον ἡμᾶς Με|[λιτα]ιεῖς καὶ Πηρεῖς), cf. Ager 1996, 99-101 nr. 31; Magnetto 1997, 187-191 nr. 30. La possibilità che le terre comuni nelle due località di Karandai e Phyliadon appartenessero in origine alle due rispettive comunità, e che fossero state riunite in un unico complesso di terreni definiti damosia dopo l’accordo, appare del tutto plausibile; si richiami a questo proposito l’esempio della sympoliteia tra le poleis focidesi di Medeon e Stiris IG IX 1, 32 (poco prima del 170 a.C.), ll. 47-51: καὶ τὰν χ[ώ|ραν] τὰν Μεδεωνίαν εἶμεν | [π]ᾶσαν Στιρίαν καὶ τὰν Στι|ρίαν Μεδεωνίαν κοινὰν π[ᾶ|σα]ν. Nell’unione tra Melitaia e Pereia, la messa in comune di terre pubbliche doveva aver al contempo implicato anche la messa in comune dei proventi da quelle derivanti, con particolare riferimento alla riscossione dei canoni 59 60

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Chiaramente, il divieto di vendere tali lotti pubblici aveva lo scopo di permettere alla città che li occupava in origine – quale che essa fosse – di rientrarne in possesso in caso di divisione; il fatto che il divieto menzionasse la sola Melitaia può mostrare non tanto che i terreni fossero di sua pertinenza, ma piuttosto, io credo, che l’autorità politica per la messa in vendita (o l’affitto) delle terre pubbliche fosse ad appannaggio della polis di Melitaia, a cui i Pereis si rapportavano come comunità subordinata (πολιτευόντων μετὰ Μελιταιέων). In questo stesso senso è da intendere l’espressione τὰ δάνεια ὅσα κα ἁ πόλις ὀφείλῃ nella clausola delle linee 16-20: i debiti contratti con le casse federali dalla polis ‘sinecizzata’ di Melitaia, avrebbero dovuto essere in seguito estinti dalle rispettive comunità ‘diecizzate’ secondo quote proporzionali alla loro rappresentanza politica nel sinedrio federale (κατὰ τὸ ἐπιβάλλον μέρος τοῦ βουλευτᾶ). Tra tali debiti non dovevano invece rientrare quelli di cui l’arbitrato riferisce nella clausola seguente, debiti che i Pereis non avrebbero avuto diritto di spartire con i Melitaiei, avendoli contratti autonomamente da privati: IG IX 12 1, 188, ll. 21-23:          ἀποδόντων δὲ οἱ Πηρεῖς τὰς δεκάτας τὰς γινομένας τοῖς δανεισταῖς, ἃς ὀφείλοντι ἐτέων τριῶν, ἀναβολὰν λαβόντες ἔτη τρία. «Gli abitanti di Perea paghino ai creditori gli interessi del 10% che devono per il corrispettivo di tre anni63, avendo ottenuto una dilazione di tre anni».

di locazione; un simile riferimento è ad esempio presente nel decreto di Herakleia sul Latmos per l’inclusione simpolitica di Pidasa SEG 47: 1563 (323-313 a.C.), ll. 13-17: τὰς δὲ προσόδους | [τὰ]ς ὑπαρχούσας Πιδασεῦσιν καὶ Λατμίοις | [τῶ]ν ἱερῶν καὶ τῶν ἄλλων ἁπάντων εἶναι κοι|[ν]άς, ἴδιον δὲ μηθὲν εἶναι μηδετέραι τῶν πό|λεων. 63   Ho preferito modificare in questo punto la traduzione di Magnetto 1997, «da tre anni», rendendo più letteramente quello che mi sembra piuttosto da intendere come un genitivo di prezzo: «per il corrispettivo di tre anni». La richiesta di estinzione del debito, infatti, non si deve riferire necessariamente al triennio precedente la sentenza arbitrale, come la prima traduzione porterebbe a intendere, bensì a un blocco di tre anni, durante cui i Pereis potevano godere di agevolazioni economiche nella contrazione di prestiti; data la peculiarità di questo periodo di tre anni, è logico pensare che tale agevolazione fosse entrata in vigore a decorrere dall’inizio ufficiale dell’unione simpolitica con Melitaia e che si trattasse di una misura stabilita contestualmente alla definizione dell’homologia; è infatti proprio all’istituzione del nuovo politeuma (un evento di cui ignoriamo la cronologia, ma che poteva aver avuto luogo anche molti anni prima dell’arbitrato etolico) che è più logico mettere in relazione la concessione di pagamenti dilazionati a favore dei Pereis, una misura evidentemente volta a incoraggiare la loro integrazione e l’eventuale impegno economico che tale cambiamento avrebbe potuto comportare. A tale proposito, possiamo richiamare qui l’esempio dell’accordo di sympoliteia tra Teos e Lebedos del 303 a.C. ca., McCabe, Teos nr. 59 (Syll. 3 344; RC 3/4), che, secondo il dettato di Antigono Monoftalmo, prevedeva l’esenzione da liturgie per i primi tre anni per gli individui di Lebedos che si fossero trasferiti a Teos e viceversa (vd. ll. 67-72); su questa iscrizione, cf. in part. Magnetto 1997, nr. 10; Bencivenni 2003, nr. 7; Mack 2013, 100-104.

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Secondo Migeotte, l’obbligo descritto in quest’ultima clausola (così come, implicitamente, tutte le disposizioni presenti nel testo a seguire) non avrebbe più avuto a che fare con l’eventualità di una secessione di Pereia dall’unione con Melitaia. Tuttavia, la struttura sintattica che lega le varie parti dell’arbitrato nel suo insieme sembrerebbe di per sé comunicare il contrario, e il problema maggiore appare piuttosto quello di spiegare i contenuti delle clausole presenti alle linee 23 e seguenti, non tanto alla luce della persistenza di un un’unione simpolitica, ma, al contrario, alla luce di un suo eventuale scioglimento. L’esame di questi aspetti è rilevante per una migliore comprensione dei rapporti tra le due città ftiotiche e l’organizzazione federale in cui erano state assorbite. Considerando dunque la struttura generale del testo, l’arbitrato sembra poter essere diviso in due sezioni: la prima (ll. 3 sgg.: μέν…) inerente alla definizione dei confini tra Melitaia e Pereia (ὅρια μὲν εἶμεν τᾶς χώρας Μελιταιέοις καὶ Πηρέοις…); la seconda (ll. 16 sgg.: δέ…) comprendente le disposizioni a cui attenersi in caso di rescissione dell’accordo di sympoliteia (εἰ δέ κα ἀποπολιτεύωντι Πηρεῖς ἀπὸ Μελ[ι]ταέων). La definizione dei confini è correlata dalla clausola di divieto di affitto delle terre comuni (l. 12 sgg.: τὰν δὲ δαμοσίαν χώραν…). Le disposizioni in caso di separazione appaiono invece divise, a loro volta, in due sotto-sezioni: un primo paragrafo (ll. 17 sgg.: περὶ μὲν τᾶς χώρας ὅροις κτλ. …) riguarda i nuovi rapporti che si sarebbero determinati tra i Pereis, in quando polis indipendente, e il koinon degli Etoli, con riferimento ai confini della chora, all’espressione di un consigliere nel sinedrio federale, al conseguente pagamento proporzionale di quote di debiti e di tasse. Un secondo (ll. 21 sgg.: δέ…) raccoglie invece una serie di disposizioni varie e relative ai rapporti tra le due comunità poleiche: il pagamento degli interessi su debiti contratti dalla sola Pereia (ἀποδόντων δὲ οἱ Πηρεῖς τὰς δεκάτας…); la riconferma dell’attribuzione a Pereia di fondi annuali per i magistrati, l’araldo, l’olio per gli efebi e i sacrifici delle feste Soteria etoliche (ὅσα δὲ καὶ πρότερον ἐλάμβανον ο[ἱ] Πηρεῖς πὰρ τᾶς πόλιος κατ’ ἐνιαυτόν, …), e a Melitaia della sovrintendenza su ta koina con i Pereis. Inoltre, l’uso delle stesse leggi dei Melitaeis (νόμοις δέ…), e l’affidamento ad agoranomi di Melitaia dei processi tra Pereis, da tenersi a Pereia ogni quattro mesi (τὰς δὲ ἐν ἀγορανόμοις δίκας γινομέ̣νας Πηρέοις ποτὶ Πηρεῖς…). Questa serie di disposizioni non appare subordinata alla permanenza in vigore dell’accordo di sympoliteia, ma sembra piuttosto inserirsi nel contesto di un allentamento dei rapporti con Melitaia, a cominciare proprio dall’ingiunzione di pagamento degli interessi arretrati, per i quali i Pereis avevano ottenuto una dilazione di tre anni, evidentemente non più valevole. Ho qui parlato di ‘allentamento’, piuttosto che di netta rottura, perché dalle clausole della sentenza arbitrale risulta evidente sia l’esistenza di specifici ambiti di interesse comune con i Pereis (τὰ κοινὰ ἐμ Περέοις) amministrati dai Melitaieis, sia il fatto che ciò corrispondeva a una pratica già in vigore in passato e ora riconfermata per il futuro (τὰ λοιπὰ… καθῶς καὶ τὸ πρότερον). L’eventuale nuovo statuto dei Pereis

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come comunità membro del koinon, ufficialmente distaccata dalla polis di Melitaia (ἀποπολιτεύωντι), e perciò dotata di un proprio delegato al sinedrio federale, non avrebbe infatti dovuto mettere in crisi i pregressi legami e interscambi che univano gli abitanti dei due centri e che l’iscrizione, con i suoi riferimenti ad affitti di terre comuni e a processi in materia commerciale, suggerisce essere di tipo soprattutto economico. La clausola richiamante l’uso del nomoi locali di Melitaia da parte dei Pereis suonerebbe pleonastica in questo arbitrato se intesa come norma da seguire solo per il tempo in cui la sympoliteia fosse rimasta in vigore. La stessa diviene maggiormente significativa, invece, in considerazione dell’ottenimento di uno statuto (semi)indipendente da parte di Pereia, la quale, si noti, non appare attestata in alcuna fonte precedente come una polis autonoma64. Infatti, l’unica altra attestazione dei Pereis ad oggi nota ricorre nell’arbitrato FD III. 4 351 già in precedenza menzionato65, nel quale emerge l’esistenza di pregressi legami con Melitaia, purtroppo sfuggenti nei loro precisi contorni, ma sicuramente basati su una forma di subordinazione di Pereia nei confronti di quest’ultima. Pur essendo una polis piccola e di secondaria importanza nel panorama dell’epoca, Melitaia deteneva un ruolo egemonico, benché di portata strettamente locale, sulle altre comunità dell’Achaia Phthiotis. Tale dato non solo emerge dal fatto che Melitaia, dotata di un ragguardevole sistema difensivo, sorgesse in una posizione altamente strategica, da cui poteva dominare la grande piana coltivabile a settentrione dell’Onthyris e controllare inoltre le vie di comunicazione tra Lamia e il golfo Maliaco66, ma si manifesta anche nell’inconsueta serie di dispute territoriali che videro impegnata Melitaia dal IV al II sec. a.C., con diverse sentenze favorevoli a essa o a comunità ad essa affiliate, come Chalai o la stessa Pereia67. Tale peculiare ricorso sistematico all’arbitrato come mezzo di espansione territoriale, ha portato Sheila Ager a descrivere quello di Melitaia come un vero e proprio caso di “imperialismo giudiziario”68. Il koinon degli Etoli appare coinvolto in ben due di queste dispute, svoltesi nell’arco di un breve spazio temporale; l’arbitrato riguardante Pereia, infatti, era stato verosimilmente concluso non più di un anno dopo la composizione da parte degli Etoli di un altro contenzioso territoriale di Melitaia   Cf. Inventory, 688.   Vd. supra, 142 n. 62. 66   Sul sito di Melitaia e le caratteristiche del suo sistema difensivo, cf. Cantarelli 2015, 65-75. 67   Oltre a IG IX 12 1, 188, vd. anche: 1) IG IX 2, 89: Melitaia vs. Narthakion (ca. 140 a.C.); oltre al pronunciamento del senato romano a favore di Narthakion (vd. anche il precedente arbitrato condotto da giudici di Kolophon «ArchEph» 1927/28, 119-127, del 142-140 a.C., cf. Ager 1996, nr. 154), il testo dell’arbitrato contiene riferimenti a due precedenti sentenze emesse a favore di Melitaia da giudici macedoni e tessali rispettivamente: vd. IG IX 2, 89, ll. 25-30 (270-260 a.C. ca.), cf. Ager 1996, nr. 32, e ll. 48-65 (196 a.C. ca.), cf. Ager 1996, nr. 79; su IG IX 2, 89, cf. Sherk 1969, nr. 89; Ager 1996, nr. 156; Magnetto 1997, 31; 2) FD III. 4 351: Melitaia, in unione con Chalai e Pereia, vs. Peuma (270-260 a.C.), con arbitrato di dikastai macedoni; 3) IG IX 12 1, 177: Melitaia vs. Xyniai (214/3 a.C.), con arbitri nominati in seno al koinon degli Etoli. 68   Ager 1989, 107-114. 64 65

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con il centro di Xyniai (IG IX 12 1, 177, 214/3 a.C.)69. Mentre la sentenza arbitrale su Peraia toccava un articolato insieme di materie, da cui emergeva l’esistenza pregressa di rapporti strutturati tra le due comunità coinvolte, quella inerente a Xyniai si limita invece alla definizione ufficiale del tracciato di frontiera con la chora di Melitaia. Inoltre, pur considerando che l’iniziativa possa essere partita in entrambi i casi dai Melitaieis – alla luce di quanto sopra osservato, la cosa non stupirebbe – una posizione di forza di questi ultimi nei confronti della controparte emerge solo nel caso dell’arbitrato con Xyniai, dove i Melitaieis appaiono infatti i soli ad accompagnare i dikastai designati per l’ispezione dei confini70. Un maggiore equilibrio tra le parti appare invece nell’arbitrato con Pereia, dove entrambe le comunità coinvolte ottengono motivi di soddisfazione dai giudici di Kalydon.  È interessante riflettere su quali potessero essere gli interessi della federazione etolica nel raggiungimento di questo accordo. Eliminare motivi di tensione tra le comunità locali, soprattutto nelle regioni di seriore annessione come l’Achaia Phthiotis, era certamente un obiettivo primario, così come far sì che i particolarismi dei singoli stati membri non fossero di ostacolo a una prospera mobilità economica e a un efficiente sfruttamento delle risorse territoriali71. Queste sono considerazioni di ordine generale, ma ulteriori fattori devono aver pesato nel caso di Melitaia e delle altre comunità confinanti. Non si può infatti non tenere conto del più ampio contesto storico che aveva visto impegnati gli Etoli in tali questioni locali: gli arbitrati richiesti da Melitaia si collocano infatti nel periodo successivo alla conclusione della guerra sociale (220-217 a.C.) contro Filippo V e la Lega Ellenica, una fase che inaugurò, con la pace di Naupaktos, l’inizio della parabola discendente del koinon etolico72. Gli interventi di mediazione arbitrale in Achaia Phthiotis testimoniati dall’epigrafia (214-212 a.C. ca.) si collocano pertanto in un momento critico per lo stato federale, poco prima dell’ufficiale riapertura delle ostilità con Filippo V, sotto l’egida di un inedito patto di alleanza con Roma, concluso, dopo elaborate trattative, nell’estate nel 211 a.C.73 Nel conflitto mai sopito e subito rinfocolato con la Macedonia, la solidità e lealtà delle comunità membri

69  L’iscrizione IG IX 12 1, 177 corrisponde alla copia dell’arbitrato esposta a Delfi; sulla stessa stele (l. 20) si conserva l’incipit dello stesso arbitrato per Melitaia e Pereia, di cui IG IX 12 1, 188 rappresenta la copia epigrafica conservata a Melitaia. 70   IG IX 12 1, 177, ll. 9-10: ὅρια εἶμε]ν Ξυνια̣[ίοι]ς̣ [κ]α̣ὶ Μελιταιεῦσι τᾶς χώ|[ρας, ἇς περιαγή]­ σαντο οἱ Μελιταιεῖς. 71   Su questo aspetto, che ho avuto modo di evidenziare proprio in relazione all’arbitrato per Melitaia e Pereia, si sofferma in particolare Mackil 2013, 313-320. 72   Per la narrazione della guerra sociale del 220-217 (su cui cf., inter alios, Walbank 1940, 24-67; Grainger 1999, 269-296), vd. Polyb. IV 3-37, 57-87; V 1-30, 91-105, con Meadows 2013, 91-116 passim, e McGing 2013, 181-199. Sulla pace di Naupaktos come snodo storico per l’Etolia, e sulle difficoltà dello stato etolico nel periodo successivo alla conclusione della guerra sociale, cf. Scholten 2000, 230-234. 73   Del trattato tra Roma e gli Etoli, precedentemente noto dalla sola testimonianza di Livio e da alcuni riferimenti retrospettivi presenti in Polibio, si conserva un ampio stralcio nella stele IG

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dell’Achaia Phthiotis doveva essere particolarmente importante. Proprio questa regione era stata teatro, nella primavera del 217 a.C., di un tentativo di annessione da parte di Filippo, il quale, dopo aver raccolto un sonoro insuccesso proprio a Melitaia – difesa da mura troppo alte e imponenti per essere scalate coi mezzi poliorcetici a disposizione dei Macedoni –, aveva poi ripiegato su Thebai Phthiotis, che aveva rinominato Philippoi, dopo averne venduto come schiavi gli abitanti e avervi insediato un contingente di coloni macedoni74. Sotto questa luce, le motivazioni dell’elaborata sentenza arbitrale che definiva i rapporti tra Melitaia e Pereia, e tra quest’ultima e il koinon etolico, sembra assumere ben maggiore profondità storica. Proprio Pereia, per la sua posizione, doveva risultare particolarmente esposta alla minaccia macedone: preservare la sua lealtà nei confronti del koinon era importante tanto quanto preservare quella di Melitaia. Al di là degli aspetti generali di una prassi federale in cui l’intervento del koinon in caso di dispute tra gli stati membri “in base ai trattati” (ἐξ ὁμολόγων, IG IX 12 1, 188, l. 3) era normalmente previsto, la particolare situazione dell’Achaia Phthiotis in questo frangente deve aver giocato un ruolo non trascurabile nella formulazione della sentenza arbitrale per Melitaia e Pereia; essa infatti finì col tutelare la continuità della supremazia di Melitaia sulle comunità dell’area, al contempo ponendo un qualche argine – forse più formale che sostanziale – alle sue tendenze accentratrici nei confronti della strategica Pereia, a cui gli Etolici riconobbero il diritto di partecipare allo stato federale come membro dotato di una propria identità e autonomia.

Il problema dei distretti territoriali del koinon etolico L’esistenza di distretti territoriali all’interno della federazione etolica è testimoniata da un esiguo numero di fonti epigrafiche, valutate dagli studiosi con diversi esiti interpretativi rispetto all’organizzazione generale dello stato federale degli Etoli. Le uniche attestazioni esplicite di questo genere di strutture locali si collocano nel periodo di massima espansione del koinon e fanno riferimento a circoscrizioni con funzioni fiscali/militari, come la loro denominazione di τέλη lascia intendere. La prima di esse, relativa a uno Stratikon telos, è contenuta in una sentenza arbitrale del koinon etolico risalente al 235-232 a.C. ca., e incisa sulla stele del trattato siglato trent’anni prima tra Etoli e Acarnani (IG IX 12 1, 3B):

IX 12 2, 241, rinvenuta a Thyrrheion negli anni ’50 del secolo scorso; per un dettagliato commento dell’iscrizione e con ampi riferimenti alla letteratura, cf. Zanin 2017, 181-203. 74   Polyb. V 97, 5-6,  -  98, 1-11, cf. IX 18, 5-9; V 99-100. L’occupazione di Thebai risultava particolarmente strategica, dal momento che la città era per gli Etoli un punto di partenza privilegato per i loro raid contro Demetrias, Pharsalos e Larissa (ibid. 99, 4 e 100, 7).

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PARTE II: ETHNE – STATI FEDERALI DELLA GRECIA OCCIDENTALE

IG IX 12 1, 3B στραταγέοντος Χαριξένου τὸ τέταρτον. κρῖμα γαϊκὸν Στρατικοῦ τέλεος. τάδε ἔκριναν Θυρρείων οἱ γαοδίκαι· ὅρια τᾶς χώ ρας Οἰνιά〈δ〉αις ποτὶ Ματροπολίταις τὸ δια̣5 τίχισμα καὶ ἀπὸ τοῦ διατειχίσματος εὐθυωρίαι διὰ τοῦ ἕλεος εἰς θάλασ〈σ〉αν. ἀναγραψάτω δὲ τὸ κρῖμα v πόλις τῶν Ο[ἰ] νιαδᾶν, πόλις τῶν Ματροπολιτᾶν ἐν Θέρμωι ἐν τῶι ἱερῶι τοῦ Ἀπόλ〈λ〉ωνος. 10      {vac.} «Sotto la quarta strategia di Charixenos. Risoluzione della disputa territoriale del distretto di Stratos. Questo sentenziarono i giudici per le dispute territoriali di Thyrrheion: i confini territoriali tra gli Oiniadai e i Matropolitai siano le mura di fortificazione e dalle mura di fortificazione sino al mare in linea retta attraverso il bassopiano paludoso. Facciano incidere la risoluzione, la polis degli Oiniadai, la polis dei Matropolitai, a Thermos nel santuario di Apollo».

Una seconda circoscrizione etolica, il Lokrikon telos, è menzionata nel prescritto di un atto di affrancamento di Delfi, risalente al 189/8 a.C.75. SGDI II, 2070, ll. 1-3 βουλαρχέοντος τοῦ Λοκρικοῦ τέλεος Δαμοτέλεος Φυσκέος μηνὸς Ἀγυείου, ἐν Δελφοῖς δὲ ἄρχοντος Ξένωνος τοῦ Ἀτεισίδα μηνὸς Ἡρακλείου, κτλ. «Quando era boularchos del distretto della Locride Damoteles Physkeus, nel mese di Agyeos, e a Delfi era arconte Xenon figlio di Ateisidas, nel mese di Herakleios, …»

A questa iscrizione si possono aggiungere altri due atti di affrancamento provenienti da Naupaktos, in cui la datazione attraverso il boularchos del Lokrikon telos è credibilmente integrata in lacuna nel prescritto. IG IX 12 3, 618 (200-180 a.C.) [βουλαρ]χέοντος τ[οῦ Λο][κρικοῦ τ]έλεος Λ̣.4-5.[νος Ἀγρ]ινιέος, [μηνὸς Ε]ὐ[θυ]αίου

75   Cf. anche SGDI II, 2139, ll. 1-2: ἄρχοντος Ξένωνος τοῦ Ἀτεισίδα μηνὸς Ποιτροπί[ου], | βουλαρχέοντος Δαμοτέλεος Φυσκέος μηνὸς Δ[ιονυσίου], κτλ.

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Cf. IG IX 1² 3, 625a βουλ[α]ρχέοντος [τοῦ Λοκρικοῦ] τέλεος [Λ̣.4-5.]νος Ἀγλινιέος (sic), μηνὸς Παν[άμου

Queste testimonianze ci restituiscono gli unici punti fermi sull’organizzazione per distretti dello stato etolico: 1) la designazione attraverso il termine τέλος, in unione con una determinazione geografica (Στρατικόν, Λοκρικόν), ne denuncia la natura di unità organizzative con finalità militari e fiscali; 2) i tele attestati nelle iscrizioni etoliche a oggi note insistono solo su aree annesse allo stato federale alla fine del IV sec. a.C. (Etolia epiktetos) e nel corso del III sec. a.C. e non appartenenti, quindi, né agli originari territori dell’ethnos né alle aree di più antica integrazione (Aiolis); 3) questi distretti appaiono specificatamente connessi a una figura magistratuale denominata boularchos e investita dell’eponimia; 4) la gestione del regolamento di confine tra Oiniadai e Matropolis è affidata a una terza polis sempre interna all’area acarnana annessa all’Etolia, Thyrrheion, cosa che suggerisce l’esistenza di ambiti di gestione autonoma riconosciuti all’enclave acarnana76. Il primo problema che queste scarse informazioni sollevano riguarda l’esistenza, o meno, di un sistema di tele diffuso sull’intero territorio della federazione etolica. Diveresi studiosi si esprimono positivamente al proposito, anche se in realtà l’esistenza di tele al di fuori delle aree di seriore annessione (e finanche al di fuori delle regioni delle regioni locrese e acarnana) non può affatto essere data per certa, dato che mancano testimonianze univoche sulla presenza di strutture di questo tipo nell’Etolia propria77. L’unico documento apparentemente in grado suggerire che l’intero stato etolico fosse organizzato per distretti territoriali è il trattato tra Etolia e Acarnania IG IX 12 1, 3A (ca. 262 a.C.), già evocato a questo proposito in relazione al caso dell’Acarnania. A rappresentanza della controparte etolica figurano infatti, oltre alle magistrature supreme del koinon (stratego, ipparco, grammateus), anche sette epilektarchoi e sette tamiai.

  Diversamente da quanto si verificò invece nell’arbitrato etolico tra Melitaia e Pereia (IG IX 1 1, 188), affidato a dikastai di Kalydon, esterna alla regione dell’Achaia Phthiotis e appartenente all’Etolia propria. 77   Tra questi si deve menzionare soprattutto Corsten 1999, 133-159, il quale parte tuttavia dall’assunto che proprio la costituzione di distretti territoriali costituisse l’elemento chiave nel passaggio dallo Stammstaat al Bundesstaat, divenendo fondamento irrinunciabile nella definizione stessa dello stato federale greco (vd. ibid. 241-247). Cf. inoltre Sordi 2002 (= 1953), 53-55, con qualche prudenza; Larsen 1968, 197-198; Mackil 2013: 380-384. Cf. la discussione in Funke 2015, 95-96: è possibile che i tele fossero integrati in un’organizzazione per distretti estesa su tutto il territorio federale, ma la loro attestazione, legata unicamente ai territori dell’Acarnania attorno a Stratos e della Locride occidentale, non autorizza a presupporre l’esistenza di tele come sistema organizzativo di tutto il koinon etolico. Scettico rispetto all’esistenza di tele in tutto il territorio federale è anche Grainger 1999, 180-181. 76

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IG IX 12 1, 3A, ll. 16-22 ἐπὶ ἀρχόντων ἐμ μὲν Αἰτωλίαι στραταγέοντος Πολυκρίτου Καλλιέος                       τὸ δεύτε ρον, ἱππαρχέοντος Φίλωνος Πλευρωνίου, γραμματεύοντος                   Νεοπτολέμου Ναυπακτίου, ἐπιλεκταρχεόντων Λαμέδωνος Καλυδωνίου, Ἀριστάρχου Ἐρταίου,                       Λέωνος Κα φρέος, Καλλία Καλλιέος, Τιμολόχου Ποτειδανιέος, Παμφαΐδα                      Φυσκέος, Σίμου 20 Φυταιέος, ταμιευόντων Κυδρίωνος Λυσιμαχέος, Δωριμάχου                      Τριχονίου, Ἀρίστ ωνος Δαιᾶνος, Ἀριστέα Ἰστωρίου, Ἁγήσωνος Δεξιέος, Τιμάνδρου                        Ἐριναῖος(!), Ἀγρίου Σωσθενέος, κτλ.

I dati che è possibile inferire da questa iscrizione sull’organizzazione del koinon etolico dell’epoca fanno emergere notevoli differenze con l’Acarnania. Nel caso di quest’ultima, la presenza di sette strateghi (ognuno dei quali definito da un etnico facilmente ricollegabile ad altrettante diverse aree del territorio acarnano), la provenienza congiunta da Oiniadai del primo stratego, dell’ipparco e del segretario (interpretabile come esito di meccanismi di rotazione tra i distretti) e infine la presenza di un tesoriere Στρατικός (non “di Stratos”, ma “relativo al distretto di Stratos”) erano tutti elementi in grado di comprovare non solo l’esistenza di un sistema di partizioni territoriali, ma anche il fatto che, tramite tale sistema, venisse applicato un principio di rappresentanza delle comunità locali negli organi del koinon federale. Nel caso dell’Etolia, invece, gli etnici che caratterizzano i componenti del collegio degli epilektarchoi e dei tamiai rispettivamente non consentono di ricostruire un plausibile sistema di distretti territoriali78. Se da una parte si può notare come le provenienze (molte delle quali incerte) degli individui ricoprenti queste cariche comprendessero comunità membri tanto dell’Etolia propria quanto delle aree non-etoliche all’epoca annesse alla federazione, dall’altra parte non sembra possibile ravvisare qui criteri di rappresentatività, rotazione e proporzionalità, veicolate da un unitario sistema di distretti, alla base della composizione dei due collegi. Epilektarchoi 1. Kalydonios (Etolia, Aiolis) 2. Ertaios (?) 3. Kaphreus (Locride) 4. Kallieus (Etolia, Ophioneis)

  Cf. la discussione di Mackil 2013, 498-499: pur riconoscendo, contra Scholten, la possibilità di individuare criteri latamente geografici nella composizione di questi collegi, mette tuttavia in evidenza le molte debolezze dell’ipotetico sistema di distretti ricostruito da Corsten.  78

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5. Poteidanieus (Etolia, Apodotes) 6. Physkeus (Locride) 7. Phytaieus (Etolia, sud Lago Trichonis) Tamiai 1. Lysimacheos (Etolia, sud Lago Trichonis) 2. Trichonios (Etolia, sud Lago Trichonis) 3. Daian (Etolia meridionale? / Locride?) 4. Istorios (Locride?) 5. Dexieus (Locride?) 6. Erinaios (Doride) 7. Sostheneus (Oitaia, Tessaglia)

L’accordo tra l’Etolia e l’Acarnania trattava anche dell’invio di aiuti militari alla controparte alleata in caso di attacco esterno (vd. IG IX 12 1, 3A, ll. 2641), regolamentandone nello specifico diversi aspetti, dall’entità e composizione dei contingenti, al numero di giorni per la loro raccolta e spedizione, agli organi competenti per l’invio degli aiuti (gli strateghi e il sinedrio per la parte acarnana, οἱ ἄρχοντες τῶν Αἰτωλῶν per quella etolica), sino ai pagamenti delle truppe79. Questo aspetto ‘tecnico’ appare di per sé sufficiente a giustificare la menzione dei comandanti delle truppe d’élite e del connesso collegio dei tesorieri. Tali figure, tuttavia, ricorrono anche sulla base frammentaria del monumento votivo di vittoria che gli Etoli eressero a Delfi pochi anni dopo, verosimilmente a seguito della spartizione dell’Acarnania con Alessandro II d’Epiro80. Benché si tratti di un contesto nuovamente militare, la presenza sulla base di queste figure non può essere certo considerata strumentale a specifiche operazione come in IG IX 12 1, 3A, mostrando invece come, in questa fase, gli epilektarchoi e i tesorieri (qui rappresentati dal tamias capo del collegio) componessero le cariche di vertice del koinon assieme a stratego, ipparco e segretario; il monumento, si noti, menziona tutte queste figure attraverso il solo nome proprio, senza alcun richiamo, nemmeno nel collegio degli epilektarchoi, alla provenienza territoriale dei singoli. FD III. 4, 178 [τὸ κοινὸν τῶν Αἰτωλῶν ἀπὸ Ἀκαρν]άνων τῶι Ἀ[πό]λ̣λ̣[ωνι ἀ]νέθηκ[ε,              στραταγέοντος τοῦ δεῖνος, ἱππαρχέοντος]

 Sugli epilektoi etolici, cf. Rzepka 2009, 18-34.   Il testo si discosta dalla lettura di Klaffenbach, IG IX 12 1, 180, in cui si presupponeva uno spazio più ampio a destra con indicazione di più tamiai (l. 3: τα[μι]ευόν[των] Καλλισ[τράτου, - - - ]; l’edizione di Colin, che presuppone l’indicazione di un unico tesoriere, in quanto tamias capo del collegio, appare così preferibile, anche in relazione alla ricostruzione della base, su cui cf. F. Courby ap. FD II (La terrace du temple), 312. Il monumento può essere identificato con quello per la vittoria sugli Acarnani visto da Paus. X 16, 6, e recante le statue di Apollo, Artemide e dei comandanti etolici: στρατηγῶν δὲ εἰκόνας καὶ Ἀπόλλωνά τε καὶ Ἄρτεμιν τὸ ἔθνος τὸ Αἰτωλικὸν ἀπέστειλαν καταστρεψάμενοι τοὺς ὁμόρους σφίσιν Ἀκαρνᾶνας. 79 80

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[τοῦ δεῖνος, ἐπιλεκταρχεό]ντων Ἀγελάου, Πολε̣μ̣[ά]ρχου,         [Ἀλεξ]άνδρου, Σ[— — — —, τοῦ δεῖνος, τοῦ δεῖνος], [τοῦ δεῖνος, γραμματεύον]τος Πο[λ]εμάρχου, τα[μι]εύον[το]ς̣                       Κ[α]λλισ[τράτου].

Queste evidenze non si prestano a essere messe in connessione al generale riordinamento costituzionale dello stato etolico, con la definizione di distretti territoriali creati artificialmente e dotati di funzioni di raccordo militare, fiscale e politico tra realtà locali e governo centrale. Ciò che emerge da tale conformazione dei vertici del koinon è piuttosto l’esistenza, in quest’epoca, di un sistema di reclutamento unificato per tutto il territorio allargato dell’Etolia e di un connesso sistema di gestione delle risorse finanziarie comuni. Spingersi oltre questa descrizione per ricostruire su queste basi la coeva struttura istituzionale della federazione etolica non credo sia corretto. Come altrettanto non corretto è mettere in connessione questo quadro organizzativo – probabilmente posto in essere con l’allargamento del territorio etolico nell’ultima parte del IV sec. a.C. e successivamente riformato – con i tele Stratikon e Lokrikon, verosimili esiti di seriori sviluppi istituzionali. In altre parole, se è normale ipotizzare che, all’epoca del trattato con l’Acarnania, il reclutamento delle forze armate etoliche fosse organizzato sulla base di (sette) zone, di cui sfugge però la conformazione, ciò non vuole dire che l’istituto dei tele testimoniato per l’epoca più tarda facesse già parte di questo ordinamento. In generale, l’impianto tribale (Eurytanes, Apodotes, Ophioneis) che aveva caratterizzato in origine il cuore dell’ethnos etolico e le vicende di continua espansione (e contrazione) territoriale che contraddistinsero la storia dell’Etolia ellenistica rendono abbastanza macchinosa l’idea di un unitario e ‘geometrico’ ordinamento territoriale dello stato etolico basato sui tele. La possibilità che la struttura del telos fosse stata concepita solo per la gestione di specifiche aree – in questo potendo ricordare come caso analogo la synteleia Patrike (Polyb. V 94, 1) nella federazione achea – appare anzi abbastanza concreta81. Peraltro, anche volendo per forza vedere in questi tele delle costruzioni artificiali non rispondenti a generici criteri di comunanza etnica (Acarnani, Locresi ecc.), è tuttavia innegabile che essi potessero costituire, usando un’espressione di Emily Mackil che trovo particolarmente convincente da applicare qui, «formalizations of long standing intercommunal relationships driven by economic need»82. Questo aspetto, a ben vedere, salta particolarmente all’occhio nel caso dello Stratikon telos: l’esistenza 81  Sulla synteleia Patrike, rimando qui in part. a Kralli 2017, 302, n. 19; secondo Larsen 1971, 85, la synteleia riunita attorno a Patrai avrebbe rappresentato un caso unico nella federazione etolica; diversamente, Corsten 1999, 170-172, la considera parte di un sistema di cinque distretti (che egli ricava con qualche artificiosità dall’analisi della lista dei nomographoi etolici nella lex sacra IG IV2 1, 73, 229/8 a.C.). 82   Mackil 2013, 384. Cf. ad es. Funke 2015, 96: criteri ‘politici’, piuttosto che etnico-geografici, deteminarono la formazione dei tele.

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di un distretto denominato “di Stratos”, piuttosto che non genericamente “acarnano”, ci riporta direttamente allo storico ruolo di centro polarizzatore detenuto da Stratos già a partire dalla piena età classica, su cui abbiamo avuto modo di riflettere approfonditamente nel capitolo dedicato all’Acarnania. Sulla base di questi pregressi equilibri, non stupirebbe il fatto che per i loro contributi militari e finanziari al koinon Etolico le poleis acarnane avessero continuato ad agglutinarsi attorno a Stratos anche dopo il loro inglobamento da parte degli Etoli, con la presenza di una serie di città e comunità minori consociate alla polis maggiore Stratos in qualità di syntelountes. In tale contesto, mi sembra interessante il richiamo di Scholten alla presenza nel territorio federale allargato di sistemi regionali preesistenti all’annessione delle relative comunità da parte degli Etoli (come ad esempio il koinon che univa le città orientali della Locride Ozolia nella tarda età classica)83. A queste aree, connesse da legami politici, economici e cultuali di lunga data, la federazione etolica avrebbe fatto concessioni in termini di autonomia e di riconoscimento identitario, e i tele Stratikon e Lokrikon (che Scholten vede appunto come un aggiustamento successivo rispetto al quadro istituzionale presente all’epoca del trattato IG IX 12 1, 3A) sarebbero stati parte di questo approccio84. Il mantenimento di pregressi equilibri regionali negli interessi della politica espansiva della federazione costituiscono del resto i medesimi meccanismi che abbiamo potuto rilevare nel caso dell’enclave di Melitaia e che costituivano una fondamentale chiave interpretativa per la comprensione dell’intervento etolico nei rapporti con Xyniai e soprattutto Pereia. La federazione etolica aveva costituito altri tele oltre a quello di Stratos e a quello locrese? È probabile che questo modello potesse essere stato applicato anche ad altri contesti regionali inglobati dall’espansione etolica. Come fa notare Funke, proprio il mantenimento, attraverso la struttura del telos, di una coesione interna e di un certo grado di indipendenza da parte di queste componenti locali avrebbe infatti determinato l’estrema rapidità e facilità della loro riorganizzazione come koina autonomi all’indomani del loro distacco dalla federazione etolica, dopo il 168 a.C.85. La mancanza di testimonianze sull’esistenza di altri tele oltre a quello di Stratos e della Locride richiede di usare prudenza nel considerarli un modello di struttura locale sistematicamente applicato a tutti i territori annessi. Considerando ad esempio il caso delle comunità dell’Achaia Phtiotis, si può notare non solo come l’arbitrato tra Melitaia e Pereia non contenesse alcun esplicito riferimento a un distretto o a una qualche forma di unione regionale (pur trattando di questioni fiscali e pur regolamentando i rapporti istituzionali tra poleis membri

  Scholten 2000, 64.   Cf. Mackil 2013, 383: «the Aitolians’ motivation may have been as much the economic one of facilitating the incorporation of flourishing subregional economies into their koinon as it was a concession to feelings of ethnic unity». 85   Cf. Funke 2015, 96 e 115. 83 84

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e koinon), ma anche che la risoluzione della disputa era stata qui affidata a giudici inviati dal cuore della federazione, invece che da una terza polis della stessa area, come invece si era verificato nel caso della disputa tra Oiniadai e Matropolis, arbitrata internamente allo Stratikon telos da giudici di una terza polis acarnana (Thyrrheion)86. Secondo Funke, almeno uno di questi ulteriori tele sarebbe tuttavia ricostruibile sulla base della documentazione87: si tratterebbe del telos della Doride, di cui lo studioso suggerisce la possibile esistenza a partire dalla testimonianza dell’iscrizione concernente la syngeneia tra la città “della Metropolis” Kytinion e la dorica Xanthos (206/5 a.C.)88. Si tratta di un ampio e articolato dossier epigrafico contenente quattro documenti: A) il decreto della polis di Xanthos che riporta le richieste degli ambasciatori di Kythinion, comprese le argomentazioni addotte a prova della syngeneia (ll. 1-73); B) un decreto degli Etoli conferente ai Dori la facoltà di inviare ambascerie a poleis “consanguinee” e ai sovrani argeadi Tolemeo e Antioco, al fine di richiedere loro, in base a tali legami di syngeneia, contributi finanziari per una veloce ricostruzione delle mura cittadine (ll. 73-79)89; C) il salvacondotto per gli ambasciatori di Kytinion, indirizzato dagli strateghi e dai synedroi degli Etoli alla boule e al demos di Xanthos (ll. 79-88); D) la lettera con la richiesta di supporto indirizzata dai Kytinioi agli Xanthioi (ll. 88-110). Devo sottolineare sin da subito che la ricostruzione di un telos Dorikon sulla base dei dati offerti da questa specifica iscrizione mi trova abbastanza scettica90, anche se questo straordinario documento vale la pena di essere analizzato qui più nel dettaglio per il fatto di contenere in ogni caso interessanti informazioni sul rapporto tra governo federale e comunità membri. Passerò quindi in rassegna il testo epigrafico per sezioni, soffermandomi soprattutto su aspetti istituzionali e lessicali. A. Decreto di Xanthos: 1. gli ambasciatori sono definiti «Dori della Metropoli da Kytinion» e giungono «da parte del koinon degli Etoli» (ἐπειδὴ ἀπὸ τοῦ κοινοῦ τῶν Αἰτωλῶν | παραγεγόνασιν πρεσβευταὶ Δωριεῖς ἀπὸ Μητροπόλιος | ἐκ Κυτενίου Λαμπρίας, Αἴνετος, Φηγεύς, ll. 7-9);

86   IG IX 12 1, 3B, vd. supra, 148. Kalydon è la città etolica ad aver espresso il maggior numero di esponenti nelle cariche di vertice del koinon dopo la vicina Trichinion, O’Neil 1984-86, 46-48. 87   Funke 1997, 180-181 n. 53; con più prudenza, 2015, 96 n. 25. 88   Su questa iscrizione, cf. soprattutto Bousquet 1988, 12-53 (ed. pr.) = SEG 38: 1476; Curty 1995, 183-191 nr. 75. 89   Come viene spiegato nella lettera dei Kythinioi alle ll. 88-110, le mura di Kythinion erano state gravemente danneggiate da un terremoto e poi definitivamente distrutte da Antigono Dosone, verosimilmente nell’ambito della spedizione militare contro gli Etoli del 228 a.C. ca., cf. Ph. Gauthier in BÉ 1989, nr. 275. 90   Cf. già Lasagni 2012, 191 n. 34.

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2. gli ambasciatori recavano con sé il decreto degli Etoli (a cui dobbiamo pensare fosse allegato il salvacondotto riportato alle ll. 79-88) e la lettera “dei Dori” (ψήφισμά | τε παρ’ Αἰτωλῶν φέροντες καὶ ἐπιστολὴν παρὰ Δωριέ|ων, ll. 9-11); 3. gli Xanthioi, probabilmente stendendo un imbarazzato velo di retorica sulla loro impossibilità di poter supportare finanziariamente la ricostruzione delle mura di Kytinion (se non con un piccolo prestito di 500 dracme!), dichiarano di voler comunque dare dimostrazione della loro buona volontà πρός τε τὸ κοινὸν τῶν Δωριέων καὶ τὴν Κ[υτε]|νίων (sic) πόλιν (ll. 36-37), venendo incontro in qualche modo ai Kythenioi, nella convinzione di fare cosa gradita non solo a quelli, ma anche agli Etoli e a tutti i Dori e, soprattutto, all’eraclide Tolemeo (οὐ μόνον αὐτοῖς ἀλλὰ καὶ Αἰτωλοῖς καὶ | τοῖς ἄλλοις Δωριεῦσι πᾶσιν, καὶ μάλιστα τῶι βασιλεῖ Πτ[ο]|λεμαίωι ὄντι συγγενεῖ Δωριέων κατὰ τοὺς βασιλεῖς | τοὺς ἀφ’ Ἡρακλέους Ἀργεάδας, ll. 39-41); 4. la clausola di pubblicazione è introdotta da una “formula di divulgazione” (formula of disclosure) che esprime l’intento di fare dell’erigendo monumento epigrafico un memoriale per le generazioni a venire dei legami di oikeiotes degli Xanthioi con i Dori e della buona volontà da loro dimostrata nei confronti di Kytinioi in virtù della loro syngeneia (ἵνα δ’ ἦι καὶ τοῖς ἐπιγινομένοις ὑπόμνημα τῆς πρὸς | Δωριεῖς ὑπαρχούσης οἰκειότητος καὶ τῆς ἡμετέρας | εἰς ἐκείνους διὰ τὴν συγγένειαν ἐκτενείας, ll. 65-67); 5. la clausola di pubblicazione elenca tutti i documenti da incidere sulla pietra: ἀναγρά|ψαι τοὺς ἄρχοντας εἰς στήλην λιθίνην καὶ ἀναθεῖναι εἰς | τὸ ἱερὸν τῆς Λητοῦς τό τε δόγμα τῶν Αἰτωλῶν καὶ τὴν ἐπι|στολὴν τὴν γραφεῖσαν ὑπὸ τῶν στρατηγῶν καὶ τῶν συνέ|δρων, ὁμοίως δὲ καὶ τὴν ὑπὸ τῶν Δωριέων ἀποσταλεῖσαν τῆι πόλει | καὶ τὸ ψήφισμα τόδε (ll. 67-72). B. Decreto del koinon degli Etoli 1. gli Etoli conferiscono «ai Dori» la facoltà di inviare ambascerie per la ricerca di contributi alla ricostruzione delle mura della polis dei Kytinioi (πρεσβείας δόμεν τοῖς Δωριέοις, l. 74); 2. i legami di syngeneia che gli ambasciatori dovranno richiamare a tale fine riguardano sia i Dori sia gli Etoli (διὰ τὰν ποτὶ Δωριεῖς συγγένειαν καὶ διὰ τὰν ποτʹ Αἰτω|λοὺς, ll. 77-78). C. Lettera (lasciapassare) redatta dagli strateghi e synedroi etolici 1. il lasciapassare, indirizzato agli Xanthioi dai tre strateghi (cf. ibid. l. 70) Agelaos, Pantaleon e Molossos e dai synedroi degli Etoli, presenta gli ambasciatori come Δωριεῖς ἐκ Κυτενίου (ll. 82-83); 2. nonostante la concessione formulata nel corrispondente psephisma, Lamprias, Ainetos e Phegeus vengono inviati ufficialmente a Xanthos come ambasciatori degli Etoli e per una precisa materia definita nel lasciapassare stesso (πρεσβεύοντες παρὰ | τῶν Αἰτωλῶν περὶ τειχισμοῦ τᾶς τῶν Κ̣υ̣τενιέων πόλιoς, ll. 83-84).

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D. Lettera dei Kythinioi agli Xanthioi 1. i mittenti dell’epistola si definiscono «Dori della Metropoli che abitano a Kytinion» (Δωρ[ι]έων τῶν ἀπὸ | Ματροπόλιος οἱ πόλιν Κυτένιον οἰκέοντες, ll. 88-89); 2. Kytinion, a sua volta, viene qui definita «la polis maggiore della Metropoli» (τὰμ μεγίσταν τᾶν ἐν τᾶι Ματροπόλ[ι πό]|λιν Κυτένιον, ll. 101-102); 3. nella lettera si auspica di ricevere l’aiuto richiesto, sottolineando che ciò renderebbe manifesta a tutti i Greci la benevolenza degli Xanthioi nei confronti dell’ethnos dorico e della polis di Kytinion (καὶ φανερὰν ποιῆσαι τοῖς Ἑλλάνοις τὰμ παρ’ ὑμῶν εὔνοια[ν] | ποτί τε τὸ ἔθνο〈ς〉 ἁμῶν καὶ τὰμ πόλιν, ll. 104-105). Da un punto di vista generale, il documento può mostrare lo scarso grado di indipendenza di Kytinion rispetto allo stato federale etolico. Per effettuare un’operazione che sembrerebbe rientrare piuttosto nella dimensione dei ‘rapporti sociali’ tra poleis che non propriamente nella sfera della politica estera, i Kytinioi dovettero mandare propri inviati presso il koinon degli Etoli per richiedere un nulla osta. Quest’ultimo gli venne accordato nella forma di uno psephisma, corredato ulteriormente da un lasciapassare redatto dagli strateghi e dal sinedrio federale. Nel decreto viene sottolineato che il motivo della syngeneia alla base della richiesta di aiuto dovesse essere declinato sia rispetto ai Dori in generale, sia rispetto agli Etoli stessi; quest’ultimo particolare mette molto bene in evidenza il coinvolgimento degli Etoli nella questione e le ricadute sul piano di una propaganda internazionale anti-antigonide che il tour degli ambasciatori di Kytinion poteva comportare: sullo sfondo della consanguineità tra Kytinion e altri Dori, il decreto finisce col sottolineare – quasi fosse un mandato della federazione agli ambasciatori della polis membro – l’esistenza di una consanguineità tra gli Etoli e i re eraclidi-argeadi dei regni tolemaico e seleucide (ll. 75-78). Queste osservazioni sono necessarie per mettere sotto la giusta luce il rapporto tra federazione e comunità locali. Il koinon esercita qui piena autorità nei confronti di una ben poco indipendente Kytinion, i cui ambasciatori vennero ufficialmente inviati παρὰ τῶν Αἰτωλῶν. Tuttavia, le ricadute dell’operazione sul piano della politica internazionale che abbiamo osservato sembrano rendere tutta questa vicenda meno paradigmatica dei normali rapporti amministrativi tra comunità locali e governo centrale di quanto si possa ritenere. Riguardo a quest’ultimo punto, le limitazioni all’autonomia di Kytinion non sono peraltro l’unico argomento: si deve infatti altresì osservare come i Kytinioi poterono in questo frangente rimediare alla loro irrilevanza geopolitica e alla loro scarsa forza contrattuale facendosi forza proprio della loro appartenenza al potente koinon etolico: la soggezione mostrata in risposta dagli Xanthioi, pur nella loro impossibilità di contribuire concretamente alla raccolta fondi in maniera adeguata, è a tale proposito molto significativa. Passando più in particolare alla questione dell’ipotetico telos Dorikon, bisogna anzitutto osservare come, dal punto di vista del lessico istituzionale, lo statuto dei «Dori (della Metropoli)» menzionati nei vari documenti del dossier non sia poi

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così limpido. Sicuramente esisteva un’aggregazione locale, polarizzata attorno alla polis megiste di Kytinion e fortemente unita attorno all’identità dell’ethnos dorico. Al momento, questo stato di cose non ci autorizza ad aggiungere al ragionamento un passaggio successivo, ipotizzando cioè che tutta la Doride fosse stata organizzata dagli Etoli in un distretto fiscale dotato di un qualche grado di autonomia amministrativa. Un termine chiave è rappresentato dal riferimento a un κοινὸν τῶν Δωριέων presente alla l. 37 del decreto di Xanthos: se scartiamo l’idea che questa espressione adombrasse l’esistenza di un telos della Doride, possiamo perlomeno ipotizzare che si trattasse di una “micro-federazione” a tutti gli effetti?91 Con ciò entriamo però in un terreno estremamente scivoloso, trovandoci infatti di fronte a una delle regioni più piccole e poco documentate dell’area. I pochi dati a nostra disposizione provenienti dall’epigrafia ci fanno desumere che l’esistenza di un vero e proprio κοινὸν τῶν Δωριέων, inteso come entità statuale indipendente dotata di proprie istituzioni, si fosse determinata solo dopo l’uscita di queste comunità dalla federazione etolica, dopo il 168 a.C.92 Nella stele di Xanthos, la definizione κοινὸν τῶν Δωριέων deve essere considerata non da sola, ma nel contesto più generale del documento; e tale contesto, più che confermarci nell’idea di un micro-stato federale dorico all’interno di quello etolico, ci porta a rilevare piuttosto una sorta di sovrapposizione, o stretto collegamento, tra «i Dori» e «la polis dei Kytinioi». Tale stato di cose non deve stupire: da una parte, a causa dell’antica e persistente preminenza di Κυτίνιον τὸ Δωρικόν (Thuc. III 95, 1 e 102, 1) sulla regione93; dall’altra parte, anche per il fatto che verrebbe qui a riproporsi un modello geopolitico ricorrentemente osservabile in queste aree e che ho recentemente tentato di delineare nei suoi contorni attraverso la definizione di “polis tribale”94. Particolarmente significativo in questo senso è il

91   Cf. ad esempio Scholten 2000, 64: «Later inscriptions attest to the existence of separate districts (telē) as well as smaller koina within the larger League». 92  Sul koinon dei Dori come esempio di “micro-federalismo”, cf. Rousset 2015, 222-225 con ulteriori riferimenti; l’esistenza di un koinon dei Dori è attestata nella documentazione epigrafica solo dal 166 a.C. e fino al 146/5 a.C. e poi nuovamente a partire dal 40-30 a.C., con la concreta possibilità di un’obliterazione di questa struttura nel periodo 145 a.C. per volontà di Roma (Paus. VI 16, 6). Sulla Doride e i suoi siti, con analisi delle fonti storiche e archeologiche, fondamentale Rousset 1989, 199-239 (vd. anche lo stesso in Inventory, 674-675). 93   Preminenza che avrebbe portato la polis a poter difendere a suo solo nome il voto anfizionico dei Dori, in una disputa con i Lacedemoni arbitrata da giudici di Lamia (Syll.3 668, ca. 160 a.C.). Cf. Daux 1936, 329-335, 679-681; Ager 1995, 385-386 nr. 139; l’iscrizione presenta ampie lacune nella parte destra, ma il superscritto a grandi lettere Κυτινιέων (l. 1) assicura che la disputa fosse stata gestita (e vinta) da Kytinion per conto di tutti i Dori della Madrepatria. Sul rapporto tra il ruolo di Kytinion nell’arbitrato ellenistico e la sua storica posizione di preminenza nella Doride, cf. Rousset 1989, 222. 94   Lasagni 2018, 159-188: il termine vuole descrivere quei centri urbani, come Stratos, Kallipolis o Phoinike in cui è presente una sovrapposizione tra identità etnica e poleica, tra territorio dell’ethnos e agglomerazione urbana della polis.

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fatto che, se da una parte lo psephisma etolico concedeva il nulla osta a compiere la missione diplomatica τοῖς Δωριέοις, dall’altra questi ultimi, nel redigere la loro lettera ufficiale agli Xanthioi, definivano se stessi Δωριεῖς οἱ ἀπὸ Ματροπόλιος οἱ πόλιν Κυτένιον οἰκέοντες. Si tratta di un’enunciazione in cui la polis viene presentata come l’infrastruttura urbana posta al centro di un’unione fondata sulla comunanza dell’ethnos e in cui, inoltre, viene adombrata la sostanziale coincidenza sul piano politico e identitario tra Dorieis e Kytinioi, rammentandoci così da vicino i fenomeni di polarizzazione avvenuti attorno a un’altra importante “polis tribale”, Stratos, alla quale ci fa subito pensare la definizione di Kytinion come ἁ μεγίστα ἁ ἐν τᾶι Ματροπόλι πόλις95. In definitiva, non è facile stabilire a quale genere di organizzazione o entità politica si fossero concretamente riferiti gli Xanthioi con l’espressione κοινὸν τῶν Δωριέων96. Se consideriamo peraltro come il decreto della polis licia avesse richiamato in più punti il dettato dei documenti ricevuti dalla controparte, salta all’occhio il fatto che l’intenzione espressa dai Kytinioi nella loro epistola come φανερὰν ποιῆσαι τοῖς Ἑλλάνοις τὰμ παρ’ ὑμῶν εὔνοια[ν] ποτί τε τὸ ἔθνο〈ς〉 ἁμῶν καὶ τὰμ πόλιν (ll. 104-105), sarebbe stato ‘tradotta’ nello psephisma di Xanthos come καὶ φανερὰν ποιῆσαι τοῖς Ἕλλησι τὴν εὔν[οιαν] ἣν ἔχομεν πρός τε τὸ κοινὸν τῶν Δωριέων καὶ τὴν Κ[υτε]νίων (sic) πόλιν (ll. 35-37), in ciò rendendo ancora più incerta l’interpretazione della formula κοινὸν τῶν Δωριέων in questo contesto. Volendo ora fare il punto sui dati sino a qui presi in esame, possiamo anzitutto osservare come la documentazione etolica non permetta di ricostruire un quadro unitario e razionale di distretti, dotati della funzione di interfaccia militare, fiscale e politica tra membri locali e koinon, che sia paragonabile, ad esempio, a quello della Beozia di IV e III sec. a.C. L’attestazione, negli anni ’60 del IV sec. a.C. (IG IX 12 1, 3A), di un collegio di sette epilektarchoi e di sette tamiai (con funzioni evidentemente correlate a quelle dei primi) rimanda anzitutto alla messa a punto di un sistema di reclutamento efficiente e unificato per tutto lo stato etolico, che, evidentemente, doveva svolgersi su una qualche base territoriale, benché non sappiamo con quali specifiche strutture organizzative. I sei giorni prospettati nel trattato con l’Acarnania per la raccolta di mille fanti e cento cavalieri da parte degli Etoli (ma lo stesso numero di giorni è stabilito anche per la controparte acarnana) potrebbe far pensare alla necessità di raccogliere uomini da più aree diverse97. Ma in ogni caso, tuttavia, la figura dell’epilektarches non ci mette di fronte a un siste  Vd. supra, 80; su Stratos come polis “tribale”, cf. Lasagni 2018, 165-171.   È un’espressione che ritengo sia meglio tradurre con un prudenziale e generico «koinon dei Dorieis», qualunque cosa il termine koinon indicasse qui in concreto, piuttosto che non con un «la ligue de Doride», come proponevano sia Bousquet sia Curty, vd. supra, 154 n. 88. 97   IG IX 12 1, 3A, ll. 29-31: καὶ εἴ τις ἐν Ἀκαρνανίαν ἐμβάλλοι ἐπὶ πολέμωι, | βοαθοεῖν Αἰτωλοὺς πεζοῖς μὲν χιλίοις, ἱππέοις δὲ ἑκατὸν ἐν ἁμέραις ἕξ, οὕς | κα τοὶ ἄρχοντες πέμπωντι. Cf. Rzepka 2009, 28. 95 96

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ma per il reclutamento πανδημεί di tutti i soldati-cittadini, come quello ateniese98, ma piuttosto per il coordinamento di truppe d’élite, più simili ai corpi degli eparitoi nel koinon degli Arcadi99. Questo, io credo, deve renderci del tutto prudenti nel collegare i sette epilektarchoi e i sette tamiai all’esistenza di un sistema di sette distretti, creati artificialmente su tutto il territorio etolico, e conformati in maniera da equilibrare il peso demografico di ogni distretto e da equiparare così, per ogni distretto, il numero dei cittadini reclutabili. In secondo luogo, il rapporto tra koinon e aree locali emergente dai casi di Melitaia e Pereia in Achaia Phthiotis, da quello di Kytinion in Doride e dall’esistenza dei due tele di Stratos e della Locride mettono in evidenza la capacità dello stato federale di preservare e valorizzare a proprio vantaggio le preesistenti reti di vincoli e gerarchie che univano, tramite antichi legami di natura etnica, politica o economica, le comunità membri via via inglobate dagli Etoli.

La rappresentanza politica delle realtà locali e la questione dei boularchoi Un’ultima questione riguarda il problema della rappresentanza politica delle realtà locali nelle istituzioni centrali. In altri contesti – come nei già evocati casi del koinon beotico o dell’ordinamento clistenico dell’Attica – un sistema razionale di distretti territoriali rappresentò l’infrastruttura unitaria di raccordo tra cittadini/comunità locali e istituzioni centrali sul piano tanto militare e fiscale quanto anche politico. Per ciò che concerne invece il contesto etolico, il silenzio delle fonti in questo senso non è solo imputabile al caso: strutture organizzative basate su simili criteri mal si adattano di per sé a rappresentare la prassi politica del koinon etolico e la continua e aggressiva espansione del suo territorio federale. Per le sue stesse caratteristiche, lo stato etolico non aveva alcun interesse a sviluppare una rappresentazione “isonomica” delle comunità locali nel governo centrale; la coesione del corpo civico federale sembra essersi fondata sui vantaggi che l’appartenenza alla sympoliteia etolica poteva dare in termini di difesa e di ‘libera circolazione’, piuttosto che sulla valorizzazione della partecipazione politica. Il regime in vigore nello stato etolico, pur nominalmente democratico, si basava nei fatti su una gestione fortemente verticistica ed elitaria del potere, come è soprattutto dimostrato dal monopolio di un ristretto numero di poleis e di gruppi fami-

98   Cf. Burckhardt 1996: dedicando la sua analisi all’Atene di IV sec. a.C., un’epoca dominata negli studi da prospettive sullo sviluppo dalla professionalizzazione militare e sulla connessa crisi delle istituzioni poleiche, lo studioso mette qui in luce la persistente prevalenza della figura del cittadino-soldato, alternativo al mercenario, nel contesto ateniese dell’epoca. 99  Sugli eparitoi, cf. Pritchett 1974, 223; Roy 2000, 316-321. La presenza dei sette tamiai fa pensare che, similmente al caso degli eparitoi, gli Etoli avessero messo a punto un regolare e stabile sistema per il pagamento dei corpi d’élite ufficiali del koinon. 

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gliari sulle maggiori cariche federali evidenziato dall’analisi prosopografica100; anche il ruolo detenuto all’interno del sinedrio federale dai cosiddetti apokletoi, un ristretto gruppo di consiglieri scelti (consilium delectorum, quos apocletos vocant, Liv. XXVI 28, 8) che sembra aver acquisito un ruolo vieppiù preminente nell’indirizzare la politica della federazione tra fine III e inizi II sec.  a.C., può essere richiamato in questo senso101. L’arbitrato tra Melitaia e Pereia (IG IX 12 1, 188, 213/2 a.C.) testimoniava il fatto che ogni singola città membro nel koinon Etolico esprimesse propri consiglieri nel sinedrio secondo quote prefissate; e questa, ad oggi, rimane l’unica evidenza relativa a un principio di rappresentanza politica delle comunità locali nel koinon: l’esercizio di tale principio, quindi, appare essere messo qui in connessione solo a unità poleiche, senza ulteriori strutture di raccordo. Oltre a ciò, la documentazione epigrafica non ci permette di rilevare alcun meccanismo di rotazione alle cariche federali e, d’altra parte, la schiacciante prevalenza in esse di individui provenienti da un ristretto numero di città non può essere spiegato solo in base al maggior peso demografico di alcune su altre. Infatti, a dominare la scena politica etolica con la più larga parte di strateghi e di altre cariche di vertice vi erano significativamente le città dell’area a sud del Lago Trichonis (Trichonion e Kalydon in Aiolis in primis), nel cuore antico del territorio etolico e in stretto collegamento con Thermos, ancestrale fulcro religioso e politico dell’ethnos102. L’ipotesi sull’esistenza di una rappresentanza politica dei distretti in seno al koinon Etolico era stata avanzata da Marta Sordi nel suo articolo sulle origini del koinon etolico e sulla scia di analoghe posizioni presenti nella letteratura precedente103. Il collegamento tra l’istituto del telos e la carica magistratuale del boularchos, che appare menzionato in qualità di eponimo del Lokrikon telos nelle iscrizioni SGDI II 2070 e IG IX 12 3, 618 e 625a104, ha portato troppo facilmente a desumere che i boularchoi potessero essere i rappresentanti dei distretti in seno al sinedrio federale, dove avrebbero costituito un collegio ristretto con compiti di presidenza. Qualche anno fa pubblicai un articolo in cui analizzavo nel dettaglio tutte le informazioni emergenti dalla documentazione epigrafica sui boularchoi etolici e cercavo di ricostruirne le caratteristiche e funzioni istituzionali nella maniera più completa che la scarsità dei dati a disposizione potesse permettere. Per questo motivo, posso ora limitarmi a richiamare i risultati più salienti di quello studio rispetto alle questioni qui affrontate, senza riprenderne nel dettaglio le argomen  Cf. O’Neil 1984-86, 44-54 e 57-61.  Sugli apokletoi etolici come istituzione permanente cf. Funke 1985, 115-119; meno credibilmente, Grainger 1999, 178, la ritiene invece creata una tantum per gestire i rapporti con Antioco attorno al 192 a.C. 102   Cf. O’Neil 1984-86, 43-48. 103   Cf. Sordi 2002 (=1953), 53-54 e n. 55 con riferimenti. 104   Vd. supra, 148 sg. 100 101

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tazioni e i riferimenti alle fonti e alla letteratura, per le quali rimando alla lettura dell’articolo suddetto105. Una figura magistratuale denominata boularchos sembra essere stata presente in Etolia su due diversi livelli. Da una parte, infatti, vi erano i boularchoi operanti nel governo centrale del koinon, dove erano presenti attraverso un collegio la cui consistenza numerica crebbe nel tempo; dall’altra parte, vi erano i boularchoi “dei tele”, che, a oggi, si riducono sostanzialmente a quello del Lokrikon telos, attestato grazie all’epigrafia, e a quello dello Stratikon telos, la cui esistenza è solo ipotizzabile per analogia, benché con buona verosimiglianza. Il riferimento alla carica del boularchos federale sembrerebbe comparire per la prima volta, attraverso il participio lacunoso βουλαρχησα[- - -, nel decreto onorifico ateniese IG II² 358, databile agli ultimi anni del IV sec. a.C.106 Benché le attestazioni di questa carica si concentrino perlopiù nel corso del III sec. a.C., è probabile che si trattasse di una figura introdotta in occasione delle riforme istituzionali che avevano interessato il koinon degli Etoli a partire dall’ultimo trentennio del IV secolo. Si trattava sicuramente di una carica di vertice della federazione; si può infatti osservare come il boularchos (unico o capo del collegio) o il collegio dei boularchoi appaiano menzionati in prima posizione nei documenti pubblici sempre in alternativa allo stratego eponimo: non esiste alcun decreto federale o altro atto pubblico il cui prescritto menzioni sia lo stratego sia il boularchos. È difficile spiegare la ragione di questa alternanza, che non pare tuttavia dipendere dalle materie in oggetto, ma che potrebbe essere invece legata a differenze procedurali nella pubblicazione, archiviazione ed esecuzione dei provvedimenti, di cui però ci sfuggono del tutto i contorni. L’impressione che emerge è che i boularchoi coadiuvassero strettamente e, all’occorrenza, sostituissero con la medesima autorità esecutiva, gli strateghi. Un grande problema tutt’ora aperto, e che ha ricadute sulla stessa interpretazione dei boularchoi presenti a livello locale, è quello del rapporto con il sinedrio etolico. Anche volendo ammettere che i boularchoi costituissero un collegio interno al sinedrio – ma allora non è chiara la loro compresenza nella documentazione coeva con i prostatai tou synedriou così anche con la figura degli apokletoi – le loro competenze non paiono comunque essersi limitate a funzioni ‘probuleumatiche’ e di presidenza del consiglio etolico, e rimane a mio avviso preferibile vederli come una carica di vertice che operava in stretto contatto con lo stratego107. Si noti, tra l’altro, che l’anno di carica del sinedrio era identificato dal grammateus, escludendo quindi la stessa valenza per il boularchos eponimo108.

  Cf. Lasagni 2012, 171-204.   Vd. supra, 128 n. 10. 107   Vd. il trattato con Demetrio SEG 48: 588, infra, 165 sg. 108   Melitaia e Pereia: vd. supra, 139 n. 51. 105 106

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Come ho accennato sopra, il numero dei boularchoi componenti il collegio federale sembra essere variato, in crescere, nel corso del tempo109. Iscrizioni attribuibili alla prima metà del III sec. a.C. fanno menzione di due (IG IX 12 1, 11, 12 e 16), di tre (IG IX 12 1, 6) o di quattro (IG IX 12 1, 9) boularchoi; quest’ultimo numero pare essersi assestato anche dopo la metà del secolo (IG IX 12 1, 22 e 23), sino a salire a sei in un decreto federale, databile a dopo il 206 a.C., il quale, attraverso il mutuo riconoscimento tra gli Etoli e la polis tessala di Trikka della politeia e di connessi diritti di asylia, ateleia e asphaleia su persone e beni, decretava l’ingresso dei Trikkaioi nella federazione110. L’aumento del numero dei boularchoi è significativo e trova certo giustificazione, almeno in linea generale, nella crescente complessità amministrativa del governo federale e nell’aumentata mole di incombenze che l’espansione territoriale degli Etoli aveva richiesto. La connessione dei boularchoi con un sistema di distretti territoriali, e con un principio di rappresentanza delle componenti locali nel koinon federale, costituisce invece un’illegittima forzatura dei dati provenienti dall’epigrafia; si consideri peraltro anche come i boularchoi vengano indifferentemente indicati nei documenti ufficiali sia con l’etnico sia attraverso il solo nome proprio, e come nel primo caso non esista alcun margine per collegare le città di provenienza dei magistrati a un preciso sistema rappresentativo per distretti. In conclusione, il rapporto tra la figura del boularchos e l’istituto dei tele esisteva in Etolia, ma riguardava solamente una seconda tipologia di magistrati, identificati attraverso la medesima denominazione, e probabilmente investiti di simili competenze, ma esplicitamente associati a un distretto locale: βουλαρχέοντος τοῦ Λοκρικοῦ τέλεος Δαμοτέλεος Φυσκέος (SGDI II 2070, ll. 1-2). Dal momento che sembra più prudente e preferibile ritenere che unioni di citta membri, denominate tele, fossero state istituite solo per il comparto di Stratos e per quello locrese, senza per questo precludere che l’esistenza di ulteriori tele possa in futuro emergere dai progressi dell’epigrafia, si dovrà di conseguenza pensare all’istituzione di un boularchos o di un collegio solo per il Lokrikon e per lo Stratikon telos ­rispettivamente. Un grande problema che l’esistenza di questa figura magistratuale reca con sé è se da essa sia o meno legittimo inferire l’esistenza di un sinedrio locale del telos. Benché non credo si possa dare una risposta definitiva su questo punto, nel

109   Faccio qui riferimento alle iscrizioni nelle quali è registrato più di un boularchos; il boularchos unico, infatti, deve essere inteso come l’eponimo del collegio e la sua ricorrenza nelle iscrizioni non è dunque significativa in relazione all’entità numerica del collegio. Questa valenza del boularchos unico è esplicita nel decreto di cittadinanza IG IX 12 1, 7 (263/2 a.C.), ll. 4-7: ἐ̣δ̣ό̣θ̣[η] | ἁ̣ π̣ο̣λ̣ι̣τ̣εία ἐπὶ τῶν περὶ Φύσ̣κον βουλαρχούν̣τ̣ω̣ν̣, [γραμ|μα]τ̣ε̣ύ̣ο̣ν̣τ̣ος̣ Μ̣να[σιμάχου Οἰ]ναίου, ἱππαρχοῦν̣τ̣ο̣ς . c. 3 . [ . c. 5 . Τρι]χ̣ονίου. Meno perspicua, ma probabilmente analoga, è l’indicazione attraverso il genitivo assoluto βουλαρχοῦντος (IG IX 12 1, 8 e 31). 110   Sulle rivendicazioni etoliche dell’appartenenza di Trikka al proprio koinon, vd. Liv. XXXIX 25, 3-5; sull’espansione etolica in Tessaglia, cf. Scholten 2000, 165-170.

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delineare una tale ipotesi si viene fortemente scoraggiati dalla difficoltà stessa, che abbiamo ricordato sopra, di connettere chiaramente al sinedrio degli Etoli le funzioni dei boularchoi federali. A queste generiche riserve si aggiunge un altro punto molto importante, ossia che i dati provenienti dall’epigrafia ci portano a pensare che questi boularchoi ‘locali’ agissero come intermediari e rappresentanti del koinon Etolico all’interno del telos, piuttosto che non il contrario; si deve peraltro considerare anche che tale seconda funzione veniva già svolta dai consiglieri delle singole città federate all’interno del sinedrio degli Etoli. Se ciò fosse vero, la sola presenza locale (magari nelle poleis maggiori dei distretti, come Stratos e Naupaktos) di un collegio di boularchoi, intesi come sorte di ‘governatori’ di regioni che erano state annesse sotto lo specifico statuto del telos, apparirebbe già di per sé plausibile su un piano pratico, senza dover ipotizzare la presenza di un consiglio del telos per il quale non si possiedono evidenze. Ciò che mi ha portata a suggerire questa possibile soluzione è stata la testimonianza delle iscrizioni IG IX 12 3, 618 e 625a, rinvenute nell’area di Naupaktos e databili al primo ventennio del II sec. a.C.111. La lacunosità delle linee in oggetto rende ovviamente malcerta ogni interpretazione; i problemi sollevati da questi prescritti sono infatti due: da una parte, l’integrazione di Λοκρικοῦ come determinazione del telos e, dall’altra, l’etnico del boularchos, proveniente da Agrinion, ossia da una polis che sorgeva lungo il confine tra l’Acarnania e l’Etolia, in una posizione decisamente decentrata dal un punto di vista geografico e certamente del tutto estranea alle comunità locresi112. Proprio per ovviare a tale aporia, Corsten ha suggerito di considerare spurio il riferimento al telos “della Locride” integrato in lacuna, ipotizzando l’esistenza di un Südwest-Distrikt, che avrebbe compreso sia la città di Agrinion, ai suoi confini occidentali, sia la locrese Naupaktos, alle sue estremità sudorientali113. Lo studioso parte in questo dall’assunto che i boularchoi fossero rappresentanti dei distretti e che questi ultimi, inoltre, corrispondessero a entità territoriali del tutto artificiali, le quali, con l’espandersi del koinon etolico, avrebbero visto accrescere non il loro numero complessivo, ma i loro individuali territori114. Se si ritiene – come ho tentato di argomentare in questo capitolo – che i tele non fossero le unità territoriali in cui si divideva tutto lo stato etolico e che i boularchoi non fossero i rappresentanti dei tele in seno al governo centrale, la presenza di un boularchos di Agrinion come responsabile del Lokrikon telos non deve essere necessariamente emendata. Ipotizzando che il boularchos del Lokrikon telos po-

  Per il testo, vd. supra, 148 sg.  La polis di Agrinion (cf. Inventory nr. 142) era localizzata presso il sito di Megali Chora (Zapandi), in cui sono ravvisabili i resti di alcune strutture risalenti al IV sec. a.C.; sulle vicende storiche che coinvolsero Agrinion attorno al 314 a.C., quando la polis, originariamente etolica, venne temporaneamente inglobata nel territorio acarnano e accolse popolazione da Derion (Diod. XIX 67, 4 e 68, 1), vd. supra, 102 n. 64. 113   Cf. Corsten 1999, 133-159. 114   Ibid. 153-157. 111

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tesse essere stato nominato a livello federale, queste iscrizioni possono ragionevolmente essere poste all’attenzione quale possibile testimonianza di una forma di controllo politico esercitato dalla federazione etolica su specifiche aree annesse e caratterizzate dallo statuto di telos.

La politeia etolica Le soluzioni politico-istituzionali messe in atto dallo stato federale etolico in concomitanza con la sua espansione territoriale non riguardano solamente le modalità del controllo esercitato dal koinon sulle aree annesse, ma anche i meccanismi giuridici di integrazione delle comunità via via inglobate. Tali meccanismi, che fanno dell’Etolia uno degli esempi più interessanti nel panorama delle formazioni federali ellenistiche, sono connessi in particolare con la questione della politeia. Si deve infatti in primo luogo rammentare come, nella fase più avanzata dello sviluppo etolico, i cittadini delle comunità inglobate nel territorio del koinon divenissero “Etoli” a tutti gli effetti, come appare chiaro considerando gli etnici degli individui investiti da incarichi istituzionali, i quali provenivano da comunità tanto etoliche quanto originariamente esterne all’Etolia. Il conferimento della politeia etolica trova numerosissime attestazioni nei documenti epigrafici prodotti dal koinon. I provvedimenti onorifici della federazione, soprattutto, contengono un numero particolarmente elevato di riferimenti a un conferimento della cittadinanza (oppure della prossenia) kata ton nomon. Questa caratteristica peculiare alla documentazione epigrafica dell’Etolia denuncia lo sforzo legislativo compiuto dallo stato federale nella codificazione dei diritti ed effetti giuridici della politeia comune, nel rapporto tra comunità membri e federazione: un dato, questo, che si pone peraltro in stretta relazione con la presenza di nomographoi attestati nelle iscrizioni etoliche115. Il processo di espansione politica attuato dal koinon etolico fu dunque realizzato, con notevole raffinatezza giuridica, attraverso l’impiego di differenti istituti, a loro volta corrispondenti a diversi gradi di integrazione nella compagine federale. Gli Etoli, in particolare, fecero in questo senso largo uso dell’isopoliteia, definita da Buraselis «a fine method of preparation in this integrative process as practised by the Aetolians»116. L’integrazione delle aree esterne all’ethnos nella federazione etolica dovette avvenire secondo un’evoluzione graduale, connessa anche con il progressivo perfezionamento degli aspetti giuridici e normativi della politeia comune. Tale processo fu particolarmente accelerato e ‘forzato’ dopo il trauma dell’invasione gallica del 279/8 a.C. e fu posto in essere proprio per raggiungere

  Cf. Funke 1997, 166. Sui nomographoi: IG IX 12 1, 176, 186 e 192.   Buraselis 2003, 45.

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quel rafforzamento dell’unione federale che gli oramai sorpassati schemi della simmachia egemoniale non erano più in grado di ottenere117. Rispetto a tali movimenti evolutivi, si può ad esempio osservare come, nel trattato siglato tra gli Etoli e Demetrio Poliorcete alla fine del 289 a.C., la formula con cui viene indicata la controparte etolica, che oramai aveva espanso la sua influenza al di là dei confini dell’ethnos, venga resa dall’espressione οἱ Αἰτωλοὶ καὶ οἱ συμπολιτευόμενοι μετ᾽Αἰτωλῶν (o anche οἱ Αἰτωλοὶ καὶ οἱ μετ᾽Αἰτωλῶν (?) πολιτεύοντας)118. A differenza di questo, infatti, i documenti di epoca successiva fanno riferimento ai soli Αἰτωλοί, includendovi in maniera indifferenziata tutto il territorio federale, con un chiaro e significativo slittamento di questo termine da un contesto di unione dell’ethnos a uno eminentemente politico-statuale. SEG 48: 588, II ll. 15-16: [Συνθῆκαι βασιλεῖ Δημητρίωι καὶ Αἰτωλοῖς · κυρίαν εἶναι τὴν εἰρήνη]ν̣                         v κα[ὶ] τὴν φιλίαν v βασιλεῖ Δημητρίω[ι] [καὶ τοῖς συμμάχοις αὐτοῦ καὶ Αἰτωλοῖς καὶ τοῖς συμπολιτευομένοις                                         με]τ’ Αἰτωλῶν κτλ. cf. ibid. ll. 23-25:      vvv μὴ ἐξεῖναι δὲ μήτ’ Αἰτωλοῖς μήτε τοῖς σ]υμπολιτευομένοις                                             μετ’ αὐτῶν [ἐν? τοῖς πέντε ἔτεσιν? μηθενὶ τρόπωι μήτε συμμαχίαν μήτε φιλίαν μή]τ̣’                               εἰρήνην ποιήσασθαι πρός μηθένα [τῶν πολεμίων τοῦ βασιλέως Δημητρίου. κτλ. ibid., ll. 36-37 (Lefèvre): [βασιλέως Δημητρίου · v ὀμνύω Δία, v Γῆν, v Ἥλιον, v Ἄρη?, v           Ἀθηνᾶν Ἀρείαν?, v θεο]ὺ̣ς πάντας καὶ πάσας · v ἐμμεν[ῶ] [ἐν τῆι εἰρήνηι ἣμ πεποίημαι πρός τε Αἰτωλοὺς καὶ τοὺς ἐν                                   Αίτωλίαι π]ολιτεύοντας κτλ. cf. ibid. l. 37 (Buraselis)119:    [πρός τε Αἰτωλοὺς καὶ τοὺς μετ´Αἰτωλῶν π]ολιτεύοντας κτλ.

Lo status di συμπολιτευόμενοι implicava sicuramente una posizione subordinata delle comunità coinvolte rispetto a una politeia egemone a cui si associavano per trattato120. Tale valenza della sympoliteia, inferibile anche da altre fonti e in 117   Cf. Scholten 2000, 52-56, 94-95 e 188-191; sul rapporto tra il modello della symmachia egemoniale e quello dello stato federale, cf. Buraselis 2003, 43-50. 118   Il trattato tra Demetrio e gli Etoli, che il primo editore Lefèvre 1998, 109-141, riteneva siglato a seguito della pace tra Pirro e Demetrio del 289 a.C. (Plut. Pyrrh. 10, 2-5), è contenuto all’interno di un dossier epigrafico inciso a Delfi attorno al 171 a.C. e finalizzato a documentare e celebrare i rapporti di lungo corso tra gli Antigonidi e l’Anfizionia delfica, attraverso la raccolta ed esposizione su monumento epigrafico di una serie di testi ‘storici’. 119   Buraselis 2003, 44 n. 18. 120   Ἐξ ὁμολόγων, nell’arbitrato etolico tra Melitaia e Pereia IG IX 12 1, 188, l. 3.

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primis dal suo uso nel narrato polibiano, ricorre in questa iscrizione, nella quale la natura di patto interstatale della sympoliteia, e non di mero sinonimo di “stato federale”, emerge con una certa chiarezza121. Se infatti il trattato di pace quinquennale sembra per un verso introdurre un parallelismo tra «Demetrio e gli alleati» e «gli Etoli e coloro che si erano associati alla loro politeia», per l’altro verso si deve altresì notare come nel seguito del testo il divieto di stringere qualunque tipo di patto con soggetti avversi alla controparte fosse indirizzato da un lato al solo Demetrio (nella sua facoltà di concludere accordi a titolo personale o per tutti gli alleati: κοινῆι / ἰδίαι, ll. 24-25), dall’altro, separatamente, agli Etoli e ai sympoliteuomenoi (μήτ’ Αἰτωλοῖς μήτε τοῖς συμπολιτευομένοις μετ’ αὐτῶν, ll. 23-24). Ciò conferma ulteriormente come questi ultimi non fossero considerati come componenti locali oramai assorbite dallo stato etolico, ma come soggetti potenzialmente in grado di condurre più o meno autonome azioni di politica interstatale. Per queste ragioni, all’integrazione proposta dal primo editore Lefèvre per la l. 37 del giuramento (da cui risulta: «rimarrò fedele alla pace che ho siglato con gli Etoli e con coloro che godono della cittadinanza in Etolia»), mi sembra decisamente da preferire quella avanzata da Buraselis, nella quale la formula impiegata nelle linee precedenti (συμπολιτευομένοι μετά…) viene richiamata con una minima variatio (πολιτεύοντες μετά…) e, soprattutto, senza perdere il suo significato di riferimento a un patto di isopoliteia siglato tra gli Etoli e queste altre comunità associate. Per dare un’idea dell’evoluzione a cui ho fatto sopra riferimento, si può proficuamente mettere a confronto lo status delle comunità acarnane, a seguito della loro definitiva annessione da parte della federazione degli Etoli, con quello emergente dal trattato tra Etolia e Acarnania IG IX 12 1, 3A, siglato in una fase più antica, alla fine degli anni ’60 del III sec. a.C. Senza ritornare sulla questione dello Stratikon telos a cui si è dedicata sufficiente attenzione, possiamo qui limitarci a notare come, nel primo caso, ci si trovi di fronte a poleis oramai pienamente integrate nello stato federale degli Etoli e i cui cittadini, proprio in base a tale condizione della città di appartenenza, risultavano al contempo anche cittadini etolici a pieno titolo. A questo proposito, si possono ad esempio rammentare le diverse attestazioni di individui originari di Stratos ricoprenti la carica di stratego eponimo del koinon122. Nel secondo caso, il trattato con l’Acarnania IG IX 12 1, 3A ci mostra invece una tipologia di relazione diversa, che, pur essendosi costituita su di un piano di (teorica) parità tra le parti e non avendo travalicato i confini delle   Cf. Lasagni 2017, 81-84, con ulteriore analisi delle fonti.   IG IX 12 1, 31 (fine III sec. a.C.): stratego Philleas, f. di Epinikos; SGDI II 2051, 2135 (178177 a.C.) e Liv. XLII 38, 2: stratego Lykis(s)kos; IG IX 12 1, 69 (II sec. a.C.): stratego Agelochos, f. di Trichas (vd. ibid., l. 4, prostates dei synedroi Alexandros, f. Polemaios); IG IX 12 1, 100 (post 170 a.C.): stratego Trichas; IG IX 12 1, 109 (metà II sec. a.C.): stratego (2° mandato?) Trichas. Date le spinte indipendentiste dell’area, non stupisce registrare strateghi di origine acarnana solo a partire dalla fine del III sec. a.C., cf. O’Neil, 50 e 53. 121 122

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reciproche autonomie, può tuttavia essere letta in analogia con la relazione tra gli Etoli e i loro sympoliteuomenoi nella pace con Demetrio. Nel trattato con l’Acarnania della fine degli anni ’60, gli Etoli siglavano un patto perpetuo di amicizia e alleanza con gli Acarnani, al contempo stabilendo con la controparte un accordo di isopoliteia, con mutuo riconoscimento dei diritti di epigamia ed enktesis nei rispettivi territori123; il trattato, va ricordato, definiva anche i confini territoriali tra Acarnani ed Etoli, rivendicando a questi ultimi i territori di Pras e Demphis124; e stabiliva con dovizia di particolari l’organizzazione degli aiuti militari da inviare all’alleato in caso di attacco. Il legame che il trattato veniva così a costruire – e che fu nella realtà storica molto effimero – non si limitò dunque a un accordo di pace con l’Acarnaia, ma intese regolamentare con essa in maniera perpetua relazioni di ordine militare, territoriale e politico, costruendo le basi di una futura integrazione tra gli ethne sulle due sponde dell’Acheloos, attraverso misure che, investendo la politeia e altri diritti connessi, favorivano la mobilità economica e sociale dei propri cittadini. Un’espressione apparentemente parallela alle formule usate nella pace con Demetrio ricorre all’interno della symmachia tra Etoli e Beoti, di cui sono noti i frammenti della copia delfica125. Nel fr. a, contenente parte del giuramento, si legge: συμμα|[χήσ]ω κατὰ τοὺς ὅρκους καὶ τὰς συνθήκας τὰς γεγενημένας | ­[Βοιωτ]­ο̣ῖς καὶ Αἰτωλοῖς̣ καὶ Φωκεῦσιν τοῖς μετ’ Αἰτωλῶν (ll. 8-10), con un riferimento, da un lato, alla controparte beotica, dall’altro, a un insieme composto da Etoli e Focidesi μετ’ Αἰτωλῶν. Questa è purtroppo l’unica parte del testo superstite in cui ricorre la menzione di Focidesi, i quali appaiono tuttavia chiaramente associati agli Etoli in una posizione di subordinazione. La cronologia di questa iscrizione è estremamente controversa ed è stata diversamente datata dagli studiosi in vari momenti, perlopiù del periodo che va da Isso a Curupedio (e in particolare attorno al 301-298 a.C. e al 292 a.C.)126. Recentemente si è invece espresso a favore di una datazione decisamente più bassa Denis Knoepfler, il quale, sulla base della sua

123   IG IX 12 1, 3A, ll. 3-5: συνθήκα Αἰτωλοῖς καὶ Ἀκαρνάνοις ὁμόλογος· εἰρήναν | εἶμεν καὶ φιλίαν ποτ’ ἀλλάλους, φίλους ἐόντας καὶ συμμάχους ἄμα|τα τὸμ πάντα χρόνον; ll. 11-13: εἶμεν δὲ καὶ ἐπιγαμίαν ποτ’ ἀλλάλους καὶ γ|ᾶς ἔγκτησιν τῶι τε Αἰτωλῶι ἐν Ἀκαρνανίαι καὶ τῶι Ἀκαρνᾶνι ἐν Αἰτωλίαι καὶ πολίταν εἶμε|ν τὸν Αἰτωλὸν ἐν Ἀκαρνανίαι καὶ τὸν Ἀκαρνᾶνα ἐν 〈Α〉ἰτωλίαι ἴσογ καὶ ὅμοιον. 124   Sul popolamento delle aree coinvolte negli accordi tra Etolia e Acarnania, cf. Antonetti 1987a, 199-236. 125   IG IX 12 1, 170 = Staatsv. III, nr. 463; il trattato venne fatto esporre in sei copie: due in Etolia, tre in Beozia e una comune a Delfi. 126   Datazione 301-298 a.C. ca., inter alios: Flacelière 1937, 57-68; a favore della datazione al 301-298 a.C., anche Walbank in Hammond - Walbank 1988, 202-203; sul contesto storico del trattato con la Beozia, se collocato nel periodo 301-298 a.C., cf. anche Mackil 2013, 95-97; datazione nel 292 a.C., dopo l’ascesa al trono di Demetrio, inter alios: Schmitt in Staatsv. III, nr. 463 (part. a pagina 99 per una discussione sulle datazioni); una cronologia più alta, al 313 a.C. (invio di un’ambasceria etolo-beotica ad Antigono) è stata proposta da Mendels 1984, 171-174, e accolta con

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proposta di lettura e integrazione ἐν Θέρμωι [παρὰ τῆι Α]ἰτωλίαι alle ll. 3-4 del fr. a all’interno nelle clausole di esposizione delle copie del trattato, ha individuato nel 278 a.C., anno dell’erezione nel santuario di Thermos di una statua personificazione di Aitolia assisa su una pila di scudi galati e macedoni, il terminus post quem per la conclusione del trattato, da lui collocato attorno al 274-272 a.C.127. La proposta di Knoepfler sembra da preferirsi per la sua solida fondatezza epigrafica, pur finendo purtroppo con l’invalidare le motivazioni storiche di un’alleanza etolo-beotica, che la precedente letteratura aveva potuto connettere a epoche più alte in riferimento a snodi storici noti dalle fonti. Certo, questa soluzione ha però il pregio di ‘normalizzare’ proprio il riferimento a οἱ Φωκεῖς οἱ μετ’ Αἰτωλῶν – da alcuni pressoché ignorato nelle proprie analisi, da altri considerato la prova sostanziale dell’antichità delle mire etoliche su Delfi – facendolo molto più coerentemente rientrare nel periodo successivo a quel ‘giro di boa’ che fu l’invasione galata del 278 a.C., con l’ingresso a pieno titolo degli Etoli nell’Anfizionia e un più concreto controllo dell’area focidese. È a partire da questo momento, infatti, che l’espansione etolica nella Grecia centrale non solo subì una decisa accelerazione, ma fu anche accompagnata, come si è ricordato sopra, dalla ricerca di soluzioni diplomatiche e giuridiche volte a integrare le comunità annesse in una compagine statuale compatta e stabile. Non bisogna infatti dimenticare che la formula οἱ Φωκεῖς οἱ μετ’ Αἰτωλῶν, prima ancora di essere letta in relazione ai rapporti tra gli Etoli e il santuario delfico, è un’espressione tecnica, esito di uno specifico accordo tra il koinon degli Etoli e le comunità locali focidesi, a loro associatesi come syntelountes o forse come i sympoliteuomenoi del trattato con Demetrio. Da un passo della Vita di Demetrio di Plutarco, sappiamo che nel 290/89 a.C. il Poliorcete aveva fatto celebrare eccezionalmente le feste Pythia ad Atene ἐπεὶ γὰρ Αἰτωλοὶ τὰ περὶ Δελφοὺς στενὰ κατεῖχον (Plut. Dem. 40, 4); l’occupazione esercitata all’epoca dagli Etoli sulle vie d’accesso a Delfi poteva aver implicato anche un controllo delle comunità montanare dell’area. Non conoscendo molti dei contenuti specifici del trattato con i Beoti, non siamo in grado di determinare con esattezza il motivo della menzione di questi Focidesi nel giuramento; non sfugge tuttavia il fatto che si trattasse di comunità poste in ogni caso in direzione dei confini beotici, e perciò coinvolte strettamente dal koinon nell’impegno di reciproco aiuto militare con i Beoti128. Altro esempio interessante ci è fornito dal caso della polis di Herakleia Trachis, fondata dagli Spartani nel 426 a.C. e situata in posizione altamente strategica

ulteriori argomentazioni da Landucci 2004, 124-130, cui rimando anche per i ricchi riferimenti alla discussione storiografica sulla cronologia del trattato. 127   Knoepfler 2007, 1215-1253, part. 1223 per l’integrazione, e 1249-1253 sulla datazione del trattato; vd. inoltre 1241 e segg. per la statua di Aitolia eretta a Thermos (vd. Paus. X 18, 7 per l’Aitolia a Delfi), con analisi delle relative evidenze archeologiche. 128   Vd. IG IX 12 1, 170, fr. a, ll. 11 sgg.

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a nord-overst delle Termopoli, che sappiamo essere entrata nell’orbita etolica nel 280 a.C.129 L’informazione ci deriva da Pausania, che fa riferimento a una forzata sottomissione degli Herakleotai agli Etoli, intervenuta poco prima dell’invasione celtica della Macedonia e della Grecia Centrale. Paus. X 20, 9 ὁ δὲ ὡς κατὰ τὰς γεφύρας διεβίβασε τὴν στρατιάν, ἐχώρει πρὸς τὴν Ἡράκλειαν: καὶ διήρπασαν μὲν τὰ ἐκ τῆς χώρας οἱ Γαλάται καὶ ἀνθρώπους τοὺς ἐπὶ τῶν ἀγρῶν ἐγκαταληφθέντας ἐφόνευσαν, τὴν πόλιν δὲ οὐχ εἷλον. ἔτει γὰρ πρότερον τούτων οἱ Αἰτωλοὶ συντελεῖν τοὺς Ἡρακλεώτας ἠνάγκασαν ἐς τὸ Αἰτωλικόν: τότε οὖν ἠμύνοντο ὡς περὶ πόλεως οὐδέν τι Ἡρακλεώταις μᾶλλον ἢ καὶ αὑτοῖς προσηκούσης. «Brenno, dunque, dopo aver fatto passare l’esercito sui ponti, avanzò verso Eraclea, e i Galati fecero razzie nella campagna e uccisero le persone sorprese nei campi, ma la città, quella non la presero. Infatti l’anno precedente gli Etoli avevano costretto Eraclea ad aderire alla loro lega; allora dunque soccorsero la città di Eraclea esattamente come se fosse appartenente a loro più che agli Eracleoti»130.

Un riferimento a esuli ἐξ Ἡρακλείας, da intendersi sicuramente come la polis dell’Oitaia, era presente nel trattato tra Demetrio e gli Etoli, purtroppo all’interno di un contesto estremamente lacunoso e non meglio ricostruibile (vd. in part. le ll. 26-27: vvv τοὺς δὲ φυ]γάδας τοὺς ἐξ Ἡρακλείας καρπεύ[ειν - - - - - - - - ca. 50 - - -  - - - - - - - - - - - - - - - - - -]ΗΙ διατρίβοντας ὅπου ἂν θέλωσιν)131. Herakleia, che, essendo una città tessalica e quindi direttamente sottoposta al controllo macedone, si era tuttavia schierata dalla parte degli alleati di Atene nella guerra lamiaca, appare tra le città che, duramente colpite da Antipatro, vennero in seguito escluse dalle misure sul rientro degli esuli nel decreto di Poliperconte (319 a.C.)132. È forse possibile, anche se tutt’altro che sicuro, che i φυγάδες ἐξ Ἡρακλείας citati nell’iscrizione siano ancora da riferirsi a questo nucleo di esuli, fonte di possibile controversia in questa breve pace tra Etoli e Macedoni che le parti in causa erano perciò interessate a regolamentare. Sembra inoltre che le clausole in oggetto si esprimessero in favore di questi Herakleotai, concedendo loro lotti per il sostenta-

  Cf. Inventory nr. 430.   Trad. di U. Bultrighini 2017. 131   Data l’impossibilità di ricostruire il contesto, non è chiaro se la clausola inerente agli esuli di Herakleia si estendesse anche alle linee successive, riguardanti la chora della locrese Oiantheia e forse dedicate a definire un qualche statuto speciale della stessa rispetto alla questione degli esuli o rispetto ai rapporti tra i due alleati, cf. commento in Lefèvre 1998, 126-127. 132   Megalopolis, Amphissa, Trikka, Pharkadon e Herakleia, vd. Diod. XVIII 56, 5: μὴ κατιέναι δὲ μηδὲ Μεγαλοπολιτῶν τοὺς μετὰ Πολυαινέτου ἐπὶ προδοσίᾳ φεύγοντας μηδ᾽ Ἀμφισσεῖς μηδὲ Τρικκαίους μηδὲ Φαρκαδωνίους μηδὲ Ἡρακλεώτας: τοὺς δ᾽ ἄλλους καταδεχέσθωσαν πρὸ τῆς τριακάδος τοῦ Ξανθικοῦ μηνός. Sul decreto di Poliperconte e il suo programma di pacificazione nelle fonti epigrafiche coeve, cf. Poddighe 1998, 15-59. 129 130

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mento (καρπεύειν133) e possibilità di residenza, o forse pianificando un loro ritorno in patria. Sicuramente gli Etoli si erano distinti per l’accoglienza dei fuoriusciti antimacedoni, reduci della guerra lamiaca, che una volta tornati in patria avrebbero potuto favorire la costruzione di legami solidali con la loro federazione: «Nessuno, infatti, è così fuori dalla realtà da non sapere come Antipatro, vinti i Greci nella battaglia di Lamia, trattò malissimo i miseri Ateniesi, e allo stesso modo anche gli altri, e giunse a un tal punto di prepotenza e di disprezzo delle leggi che, nominati dei cacciatori di esuli, li mandò nelle città per colpire coloro che si erano opposti o, in generale, avevano creato qualche fastidio alla casa reale macedone. Ora, condotti con la forza fuori dai santuari, ora trascinati via dagli altari, costoro morivano tra le torture, mentre quelli che erano fuggiti venivano banditi da tutta la Grecia: per loro non c’era alcun rifugio tranne uno, la lega degli Etoli» (Polyb. IX 29, 2-4)134. Nel 280 a.C., dunque, gli Herakleiotai avevano aderito al koinon divenendone tributari (συντελεῖν ἐς τὸ Αἰτωλικόν è l’espressione usata da Pausania), e non sappiamo, visto quanto osservato qui sopra, sulla base di quali concrete spinte essi fossero stati “forzati” dagli Etoli (οἱ Αἰτωλοὶ ἠνάγκασαν…) a farlo135. Sicuramente, però, è grazie agli Etoli, i quali difesero Herakleia “come se appartenesse a loro”, che la polis poté salvarsi dalle armate di Brenno e godere dei vantaggi della sua appartenenza a to Aitolikon. Non è affatto detto che l’associazione di Herakleia e delle altre comunità dell’Oitaia al koinon etolico in qualità di syntelountes avesse avuto immediati effetti in termini di integrazione politica dei cittadini locali136. Sembra anzi più probabile che questa fosse intervenuta solo in un secondo momento, con un più netto affinamento degli strumenti giuridici della politeia come mezzo di rafforzamento dello stato federale etolico137. È solo alla fine degli anni ’70, infatti, che le iscrizioni cominciano a registrare la presenza di Herakleiotai tra le magistrature federali, anche se in questo primissimo momento non siamo in grado di stabilire se ciò debba essere interpretato come il segno dell’integrazione completa dei suoi cittadini nella politeia etolica o di una volontà

133   Cf. IG IX 1, 693 (Corcira, III sec. a.C.): τάδε ἐμπρίατο ἁ πόλις τοῖς προξένοις καρπεύειν ἇς κα ἐπιτάδειοι ὦντι, segue l’elenco dei prosseni, con indicazione degli appezzamenti coltivati a vigneto e dell’abitazione assegnati. Per altri possibili paralleli cf. Lefèvre 1998, 126. 134   Trad. di M. Mari 2002. Si tratta del discorso, tenuto dall’etolo Chlaineias, in cui gli Etoli, nel 210 a.C., cercarono di convincere Spartani, Elei e Messeni ad entrare nell’alleanza romano-etolica contro Filippo V, cf. Walbank 1967, 162-163. 135   Sui motivi strategici dell’acquisizione di Herakleia e delle comunità dell’Oitaia, cf. Scholten 2000, 24. 136   Come sostiene invece Grainger 1999, 98. 137   Cf. Scholten 2000, 44-45: in questa fase «the epigraphic evidence indicates the evolution of an Aitolian nomos that could place non-Aitolias residents within the League jurisdiction into a variety of categories of privilege and responsibility» (cit. 45 n. 52).

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di coinvolgimento di suoi rappresentanti di spicco nella politica federale e anfizionica del koinon138. Le osservazioni sino a qui proposte hanno inteso mettere in luce la dimensione ‘espansionistica’ della politeia in Etolia, in grado di trasformare relazioni interstatali egemoniche (oἱ Αἰτωλοὶ καὶ οἱ συμπολιτευόμενοι μετ´Αἰτωλῶν) in dinamiche tra livelli centrali e locali del potere politico all’interno di una compagine statuale unitaria (oἱ Αἰτωλοί  – Αἰτωλὸς ἐξ Ἡρακλείας139). In quest’ultima parte, vorrei soffermarmi ancora su alcuni aspetti inerenti allo status dei cittadini in Etolia e al ruolo delle comunità locali nella sua definizione. Il godimento dello status di cittadino in una polis membro del koinon doveva implicare anche il godimento della stessa politeia etolica nel territorio federale. Come è del tutto normale, nelle iscrizioni esterne alla federazione, gli individui erano definiti genericamente “Etoli”, con o senza ulteriore indicazione della comunità locale di appartenenza (ad es. Αἰτωλός opp. Αἰτωλὸς ἐγ Ναυπάκτου); nei documenti pubblici del koinon, invece, gli etnici locali accompagnavano diffusamente i nomi degli individui, in una buona parte dei casi, soggetti ricoprenti cariche pubbliche, i quali venivano normalmente menzionati attraverso nome proprio ed etnico, e senza patronimico. Possiamo affermare che lo stato federale etolico riconoscesse come componenti base del suo koinon le unità poleiche. Mentre un esplicito riferimento a una composizione in poleis ed ethne ricorreva, come si è visto, in relazione al koinon Acarnano (vd. IG IX 12 3, 583, f. III sec. a.C.)140, l’Etolia ellenistica si presenta invece come una federazione di poleis. Come esempio significativo tra tutti, possiamo menzionare un passo del decreto con cui gli Etoli onorarono Eumene II, riconoscendo gli agoni stefaniti isolimpici dei Nikephoria di Pergamo istituiti nel 182 a.C.; nel provvedimento, gli Etoli stabiliscono che “ciascuna polis”, dotata di proprie archai, eleggesse un theorodokos scegliendolo tra i propri politai: IG IX, 1² 1, 179, ll. 23-25:     τοῖς δὲ θεωροῖς τοῖς ἐπαγγελλόντοις τοὺς ἀγ[ῶνας] [τῶν Ν]ικαφορίων καταστᾶσαι τὰς πόλεις ἑκάστας θεωροδόκους                τῶν ἰδίων πολιτᾶν καὶ ἀνενε-

  Cf. Scholten 2000, 52; Mackil 2013, 360. Le attestazioni si concentrano attorno alla figura di Polycharmos, attestato come grammateus federale, assieme ad altri due esponenti dei territori acquisiti, lo stratego Dorkinas e l’ipparco Antochos, locresi di Naupaktos, vd. IG IX 12 1, 10a-b, 11a-e, 12a; è possibile che questo Polycharmos fosse da identificare con l’omonimo hieromnenon etolico dell’anno 272 a.C., e che un altro suo collega, Trichas, provenisse anch’esso da Herakleia, cf. Scholten 2000, 66-67 con riferimenti. 139   Vd. SGDI II 2702: Κλεοσθένης Ἀνδρονίκου Αἰτωλὸς ἐξ Ἡρακλείας. 140   Vd. supra, 102. 138

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25 [γκεῖ]ν τοὺς ἄρχοντας τοὺς ἀπὸ τᾶν πολίων τῶι στραταγ̣[ῶ]ι                  Προξένωι ἐν τὰ Πύθια· «E per accogliere i theoroi che annunciano gli agoni Nikephoria ciascuna polis elegga un theorodokos tra i propri cittadini e i magistrati da ciascuna polis ne facciano rapporto allo stratego Proxenos in occasione dei giochi pitici»141.

Un contesto analogo concerne l’istituzione delle feste Leukophryeneia di Magnesia al Meandro142. Tra i provvedimenti di ambito etolico riportati nell’archivio epigrafico dell’agorà di Magnesia, IG IX 12 1, 186 (= Rigsby 1996, nr. 77) conserva le ultime linee di un decreto locale, attribuibile alla polis di Kalydon grazie alla clausola di esposizione, seguite da un elenco delle altre poleis allora federate al koinon etolico che avevano deliberato nei medesimi termini (κατὰ τὰ αὐτὰ δὲ ἐψηφίσαντο… ll. 9-26). Il testo superstite del decreto fa riferimento all’esistenza di un corpus cittadino di leggi e di un locale collegio di nomographoi, che avrebbero dovuto incaricarsi degli opportuni aggiornamenti affinché quanto deliberato rimanesse in vigore in maniera permanente: ὅπ[ως οὖν τὰ δεδ]ο̣γμέν[α κύρια ἦι ἐν] | τὸμ πάντα χρόνον, τοὺς νομο[γράφο]υ̣ς τᾶς πόλ[ιος καταχωρίξαι] | τόδε τὸ ψάφισμα ἐν τοὺς νόμους (IG IX 12 1, 186, ll. 3-5). Ovviamente, tutte le altre comunità che l’archivio magnete menziona nel seguito erano allo stesso modo caratterizzate non solo da un centro urbano, ma da un’autonoma capacità deliberativa, da un insieme di nomoi locali, da un proprio definito corpus di politai143. Ci si deve a questo punto domandare se tutti gli etnici presenti nell’onomastica degli individui presenti nei documenti etolici andassero sempre a designare l’appartenenza a una comunità locale dotata delle caratteristiche ‘giuridiche’ che abbiamo sopra definito. La notevole quantità di etnici non identificabili, oppure ricollegabili a insediamenti minori o la cui natura di polis (come comunità politica dotata di una propria politeia) non è altrimenti accertabile, rende infatti lecita la domanda. A questo proposito, possiamo mettere ad esempio a confronto gli etnici raccolti da Freitag, Funke e Moustakis in appendice al capitolo dedicato all’Etolia (Unidentified Ethnics Attested in Hellenistic Sources, in Inventory, 386-387) e quelli degli strateghi federali elencati nella Tabula Praetorum Aetolorum da Klaffenbach (IG IX 12 1, Prolegomena xlix-xl): mentre i primi aggettivi etnici, noti esclusivamente per via epigrafica e come forme individuali e non collettive, concentrano molte delle loro uniche attestazioni nell’onomastica di privati (molto spesso si tratta di individui menzionati in qualità di affrancatori, garanti,

141   Sull’istituto della theorodokia come fattore concorrente a formare l’identità di polis, cf. Hansen in Inventory, 103-106. 142   Cf. Rigsby 1996, nrr. 77 e 78, cf. 67 (= IG IX 12 1, 4, Thermos) 143   Vd. anche SEG 23: 398 a ll. 14-16 καθὼς ὁ πο[λι]τικὸς νόμος τᾶς πόλιος τῶν Θεστιέων [κελεύει] (Thestiai, II sec. a.C.). Un’altra testimonianza viene ovviamente dall’arbitrato tra Melitaia e Pereia IG IX 12 1, 188, che faceva obbligo ai Pereis di rifarsi ai nomoi di Melitaia.

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testimoni, custodi degli atti d’archivio), gli etnici caratterizzanti gli strateghi – ma lo stesso si potrebbe dire per le altre cariche di vertice della federazione – si condensano con rare eccezioni su un piccolo numero di ben note poleis144. Questo può essere in buona parte interpretato quale esito della gestione élitaria del potere politico in Etolia cui abbiamo già fatto cenno sopra; la presenza di questi etnici, in altre parole, mostrerebbe come fossero le classi dirigenti delle poleis federate (e particolarmente di alcune di esse, come Thronion, Kalydon o Naupaktos) a esprimere anche le cariche di vertice della federazione. Dall’altra parte, tuttavia, non possiamo essere del tutto sicuri che le indicazioni di provenienza nell’onomastica degli Etoli siano sempre da intendere come “etnici” (ossia denotanti l’appartenenza a un polis membro dotata di una specifica politeia e di un grado di autonomia nella gestione degli affari politici interni); specialmente in alcuni contesti, rimane infatti il dubbio che potesse trattarsi piuttosto di “sub-etnici” (ossia indicanti l’appartenenza a comunità dipendenti, politicamente polarizzate attorno alle poleis maggiori)145. La ‘geografia’ delle affiliazioni a comunità locali degli individui ricordati dalla documentazione epigrafica potrebbe pertanto essere influenzata non solo dalla preminenza di determinate élites cittadine, ma anche da differenze nella prassi onomastica in dipendenza dai contesti documentari. Poiché è impossibile motivare quanto osservato se non prendendo in considerazione singoli casi esemplificativi, rimando per questo all’Appendice in calce a questo capitolo. Il diritto di cittadinanza negli stati federali viene classicamente considerato nella sua natura di “doppia-politeia”, ossia come la sovrapposizione di uno statuto di polites detenuto a livello locale, all’interno delle rispettive comunità membri, con il godimento di un diritto di cittadinanza riconosciuto su tutto il territorio federale146. In questo senso, si può pertanto dire che οἱ Αἰτωλοί, nel senso ovviamente politico e non meramente etnico del termine, fossero l’insieme degli individui detentori della cittadinanza nelle poleis aderenti al koinon degli Etoli. La documentazione etolica ci fa tuttavia conoscere l’esistenza di uno strato di popolazione che risiedeva all’interno del territorio federale, godendo di alcuni diritti basilari, a partire da enktesis ed epigamia, e detenendo uno speciale status isopolitico: una sorta di politeia di secondo livello, per certi versi assimilabile a una condizione metecica147. In questo caso, dunque, non sussisteva la “doppiacittadinanza” di cui s’è detto sopra, dal momento che, a quanto è possibile in-

144   Ad es. l’etnico Ἀνάψιος ricorre nella sua unica attestazione nel decreto etolico IG IX 12 1, 16, l. 4, ove accompagna il nome dello stratego federale del 266/5 a.C.; è forse corrispondente alla forma Οἰνάψιος, attestata in un atto di affrancamento da Delfi (SGDI 2041, l. 17). 145 Pe   r una riflessione di sintesi sull’uso degli aggettivi etnici nell’onomastica, cf. Hansen in Inventory, 58-69, cui rimando anche per la differenza tra “etnici” e “sub-etnici”. 146   Cf. Beck - Funke 2015, 6-7; Lasagni 2017, 78-88. 147   Sull’esistenza di questo particolare status giuridico in part. Freitag 2012, 92-94: «Für den Aitolischen Bund lässt sich demnach mit einiger Sicherheit festhalten, dass dort ein Metoiken-Status bzw. ein Sonderstatus der Isopolitie-Aitoler existierte».

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ferire dalla documentazione epigrafica, questo particolare status non richiedeva l’integrazione all’interno di una politeia locale per essere esercitato. In questo caso, inoltre, gli individui non erano considerati Αἰτωλοί a tutti gli effetti, ma andavano piuttosto a comporre le fila di οἱ ἐν Αἰτωλίαι πολιτεύοντες, ossia di uno strato di popolazione che i documenti etolici usano contrapporre a οἱ Αἰτωλοί e in riferimento a cui la definizione alternativa di οἱ ἐν Αἰτωλίαι κατοικέοντες era verosimilmente usata con lo stesso significato148. Una testimonianza a questo proposito assai significativa è offerta da un’iscrizione etolica, conservata a Delfi e attribuibile agli inizi del II sec. a.C., nella quale si trovano incisi un’epistola ufficiale indirizzata agli Etoli dai kosmoi della polis cretese di Oaxos e lo psephisma emanato in risposta dal koinon federale. Lo scambio tra gli Oaxioi e gli Etoli si fondava sull’esistenza di un pregresso accordo di isopoliteia, di cui conserviamo il frammento della copia cretese149. Al centro della richiesta dei kosmoi, e del relativo provvedimento etolico, vi era un cittadino di Oaxos, tale Epikles, che all’epoca risiedeva in Etolia nella polis di Amphissa non come semplice xenos, bensì, potremmo dire, godendo di quello status descritto come ὁ ἐν Αἰτωλίαι πολιτεύων, che il trattato tra gli Etoli e gli Oaxioi gli ­garantiva. Syll. 3 622 A. [στραταγέοντος τῶν Αἰτωλῶν τοῦ δεῖνος ethnicum, γραμμα] [τεύοντος δ]ὲ βουλᾶς .α.δ[.c. 6.., τῶν δὲ Αἰτωλῶν γραμ] [μ]ατεύοντος Φίλωνος τοῦ Ἀπ̣[—c. 7— ethnicum ...· ἔδοξε] [τ]οῖς Αἰτωλοῖς· τ[ὰ]ν ἐ[πισ]τολ[ὰν παρὰ τῶν κόσμων καὶ τᾶς] 5 [π]όλιος τῶν Ὀαξίων ποτὶ τὸ κοινὸν [τῶν Αἰτωλῶν, περὶ Ἐπικλέ] ο̣ς̣, ὃς ἔστι μὲν Ὀάξιος, κατ[ο]ικεῖ δὲ [ἐν Ἀμφίσσαι, ἀναθέμεν] ἔν τε Δελφοῖς καὶ ἐν Θέρμωι τ̣ὸ̣ν̣ [γρ]α[μματέα Φίλωνα, καὶ] τὰν ἀναγραφὰν δόμεν Ἐπικλεῖ· [τὰν δὲ ἐπιμέλειαν τ]ὰ̣ν περὶ τᾶς ἀναγραφᾶς ποιήσασθαι ἐν νο[μίμωι ἐκκλησί]α̣ι̣. «Quando era stratego degli Etoli (nome - etnico), era segretario del Consiglio…, era segretario dell’Assemblea degli Etoli Philon figlio di Ap[- - - ] (etnico). Parve bene agli Etoli: l’epistola indirizzata al koinon degli Etoli da parte dei kosmoi e della polis di Oaxos, riguardante Epikles, il quale è cittadino di Oaxos e risiede ad Amphissa, il segretario Philon la faccia (incidere ed) esporre a Delfi e a Thermos, e ne dia una copia a Epikles. La cura relativa alla redazione delle copie si faccia nell’Assemblea in seduta regolare».

148   Ad es. nel trattato di amicizia e asylia con Mitilene IG IX 12 1, 189 (193 a.C. ca), ll. 1-4: ποτὶ τοὺς Μυτιληναίους | [τ]ὰν φιλίαν τὰν ὑπάρχουσαν διαφυλάσσειν καὶ μηθ[έ]|να ἄγειν Αἰτωλῶν μηδὲ τῶν ἐν Αἰτωλίαι πολιτευόν|των πρὸς Μυτιληναίοις (sic); in quello analogo con Teos IG IX 12 1, 189 (205-201 a.C.), ll. 9-11: καὶ μηθένα Αἰτωλῶν μηδὲ | τῶν ἐν Αἰτωλίαι κατοικεόντων ἄγειν τοὺς Τηΐους μηδὲ τοὺς ἐν Τέωι κατοικέοντας μηδαμόθεν | ὁρμωμένους. 149   IG IX 12 1, 193 (= Staatsv. III, nr. 585); cf. Funke 2008, 265-266.

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B. Ϝ̣αξίων οἱ κόσμοι καὶ ἁ πόλις Αἰτωλῶ[ν συνέδροις] καὶ τῶι στρα ταγῶι καὶ τῶι ἱππάρχαι χαίρειν. γινώ[σκε]τε Ἐράτωνα πολί ταν ἁμὸν ἰόντα, ἐκπλεύσαντα δὲ ἐπὶ στ[ρ]ατ[ε]ίαν εἰς Κύπρον καὶ λαβόντα γυναῖκα τεκνοποιήσασθαι υ[ἱ]οὺς δύο, Ἐπικλῆν 5 καὶ Εὐαγόραν. συνέβα δὲ ἀποθανόντος τῶ̣ Ἐράτωνος ἐν τ̣ᾶι Κύπρωι, αἰχμαλώτως γενέσθαι τὸνς πε[ρ]ὶ τὸν Ἐπικλῆν καὶ τὰμ ματέρα αὐτῶν καὶ πραθῆμεν τὸν Ἐπικλῆν εἰς Ἄμφισσαν· καταβαλὼν δὲ τὰ λύτρα ὁ Ἐπικλῆς οἰκε[ῖ π]αρ’ ὑμὲ ἐν Ἀμφίσσαι, πολίτας ἰὼν ἁμὸς αὐτός τε κα[ὶ τ]ὰ τέκ[να αὐ]τῶ Ἐρασ[ιφῶ]ν [καὶ] 10 Τιμῶναξ καὶ θυγάτηρ Μελίτα. [καλῶς οὖν π]οιη〈σ〉εῖτε φροντίδ δοντες ὅπαι εἴ τίς κα ἀδικῇ α[ὐτώς, κω]λύηται ὑφ’ ὑμίων [καὶ κοι] νᾶι καὶ ἰδίαι, ἁ δὲ κοινοπολι[τείας] ἀϊδ̣ία ὑπάρχῃ ἀν[αγραφά]. «I kosmoi e la polis degli Oaxioi porgono i saluti ai synedroi degli Etoli, allo stratego e all’ipparco. Dovete sapere che Eraton, nostro cittadino, essendo partito ed essendosi imbarcato verso Cipro per servire come mercenario, e avendo preso moglie, ha generato due figli, Epikles ed Euagoras. Avvenne che, morto Eraton a Cipro, quelli con Epikles e la madre vennero fatti prigionieri ed Epikles venne venduto ad Amphissa. Avendo pagato il riscatto, Epikles vive presso di voi ad Amphissa, essendo nostro cittadino, egli e i suoi figli maschi Erasiphon e Timonax, e la sua figlia femmina Melita. Fareste dunque cosa giusta a preoccuparvi di contrastare sia pubblicamente sia privatamente chiunque eventualmente commetta ingiustizia nei loro confronti; inoltre, che siano apprestate copie della koinopoliteia che siano durevoli».

Questi due testi, e soprattutto la lettera dei kosmoi di Oaxos, sono ricchi di interessanti informazioni sullo status giuridico di Epikles in Etolia. Le istanze in sua tutela che la sua polis di origine dovette presentare all’attenzione del koinon etolico erano molto probabilmente dovute alle particolari circostanze con cui Epikles era pervenuto in territorio etolico, essendo giunto ad Amphissa come ostaggio e avendo in seguito continuato a risiedervi da libero, con i diritti che il trattato di isopoliteia di Oaxos con l’Etolia gli aveva potuto garantire. Il riconoscimento e la tutela dei diritti di Epikles in terra etolica era solo una parte della questione; l’altro elemento chiave della richiesta era la facoltà di trasmetterli per via ereditaria, cosa che i kosmoi di Oaxios incoraggiarono per mezzo della loro epistola, sia menzionando la legittima ascendenza e discendenza di Epikles – nelle figure di Eraton, da una parte, e di Erasiphon, Timonax e Melita, dall’altra – sia anche sollecitando la produzione di copie durevoli (ἀϊδία ἀναγραφά) dei documenti utili ad attestare lo status giuridico di Epikles in Etolia. Per definire quest’ultimo, i magistrati cretesi dovettero esprimersi ricorrendo a quello che fu forse un vero e proprio neologismo, e che in ogni caso rimane ad oggi un hapax legomenon: ossia κοινοπολιτεία. L’uso, o forse il conio, di questa particolare parola da parte di soggetti non-etolici è quantomai significativo, dal momento che sembrerebbe denunciare lo sforzo della controparte cretese di definire la detenzione di un particolare diritto isopolitico del tutto peculiare alla realtà etolica. Se da una parte la mancanza di altre

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attestazioni fa apparire difficile stabilire la precisa valenza della “κοινοπολιτεία”, dall’altra parte si deve tuttavia sottolineare come i due testi definiscano la condizione giuridica di Epikles senza dar adito a dubbi; egli, infatti rimaneva un polites di Oaxos (ἔστι μὲν Ὀάξιος; πολίτας ἰὼν ἁμὸς) e non era integrato nella politeia locale di una polis membro della federazione etolica, dal momento che si trovava ad Amphissa solo come residente e non come cittadino naturalizzato (οἰκεῖ παρ’ ὑμὲ ἐν Ἀμφίσσαι), ma godeva evidentemente di diritti sul suolo etolico, derivatigli dal pregresso accordo tra gli Etoli e la polis cretese. Si noti che, in tutto ciò, la città di Amphissa non risulta possedere alcuna voce in capitolo, almeno stando a quanto venne riportato sulla copia epigrafica. Non solo, infatti, la richiesta dei kosmoi di Oaxos venne indirizzata al solo koinon, e da questo solo soddisfatta tramite decreto federale, ma nemmeno la produzione delle copie epigrafiche o di archivio sembra aver in alcun modo coinvolto Amphissa, dal momento che le prime vennero esposte a Thermos e Delfi, mentre un esemplare delle seconde venne prodotto per essere conferito ad Epikles stesso. Se pertanto le poleis membri del koinon etolico contribuivano con i loro corpi civici locali a formare il più grande corpo civico federale degli Αἰτωλοί, rispetto a quella componente di popolazione dello stato etolico che le iscrizioni definiscono οἱ ἐν Αἰτωλίαι πολιτεύοντες, o κατοικέοντες, le stesse appaiono nient’altro che nel ruolo di una ‘determinazione geografica’, come sedi di residenza degli individui che detenevano questa cittadinanza di secondo livello. Ancora una volta, il koinon etolico mostra quindi di non prestarsi a descrizioni che si limitino a interpretarne la natura di stato federale alla luce di temi come la rappresentanza politica delle poleis membri, la generica ‘spartizione di sovranità’ tra membri e koinon, o la semplice presenza di una sympoliteia come ‘doppia cittadinanza’. Anche rispetto alla questione della politeia, come in altre affrontate in questo capitolo, il koinon etolico si rivela infatti come un organismo statuale complesso e innovativo, in grado di sfruttare e integrare a proprio vantaggio le peculiarità locali delle aree annesse, al contempo imprimendo, soprattutto attraverso gli strumenti giuridici della cittadinanza, una decisa spinta unificante alla propria compagine statuale.

Appendice: Esempi di possibili “sub-etnici” attestati nella documentazione epigrafica etolica [1]. Ἀνδρεάτας: individui qualificati con questo (sub)-etnico sono menzionati unicamente come garanti e testimoni in un atto di affrancamento dal santuario di Afrodite Syria a Kryonero (presso Phistyon, cf. Inventory, 388): IG IX 12 1, 101 (II sec. a. C); è possibile che si trattasse di una comunità della Focide, dal momento che una località denominata Ἀνδρέα compare nella lista dei terreni confiscati a proprietari etolici e restituiti al santuario apollineo nel 191 a.C. da M. Acilio Glabrione (Syll. 3 610 l. 38: ἐν Ἀνδρέαι, cf. Ager 1996, nr. 88 per l’insieme dei documenti

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epigrafici delfici inerenti alle varie dispute territoriali di Delfi sovrintese da Roma); se l’attribuzione fosse valida, non ci sarebbero tuttavia elementi per ricollegare l’etnico Andreatas a una polis150. [2]. Ἀπέραντος: etnico (o sub etnico?) Aperantos è attestato in un documento epigrafico di Delfi ove un individuo così qualificato ricopre la carica di hieromnemon degli Etoli (CID IV, 95, l. 9, 209-203 a.C.); un [. . .]s figlio di Theodotos A[perantos?] può forse essere riconosciuto tra i dikastai prescelti dagli Etoli per l’arbitrato tra Melitaia e Xyniai (IG IX 12 1, 177, 214/13 a.C. ca., per l’integrazione della l. 8 come [Φιλώτ]α̣ς̣ Θεοδότου Ἀ[πε|ραντός] vd. Syll. 3 546A). L’antroponimo Θεόδοτος ricorre anche nell’iscrizione funeraria IG IX 12 1, 166, la quale appartiene a un gruppo omogeneo di epigrafi di analoga natura (vd. IG IX 12 1, 162-165 e Antonetti 1987, 106-113 nrr. 1-5), riconducibili al territorio degli Aperantes, ossia a un’area dell’Etolia settentrionale, estesa tra il monte Panaitolikon, il fiume Zervas e il corso dell’Acheloos; l’unica attestazione di un possibile insediamento urbano riconducibile agli Aperantes è rappresentata da St. Byz. Ethn. π-103, s.v. Περαντία· πόλις Αἰτωλίας, cf. ibid. α-355, s.v. Ἀπεράντεια (πόλις Θεσσαλίας. Πολύβιος κ̅ . τὸ ἐθνικὸν Ἀπεραντοί, da ricondurre al medesimo sito in Etolia, cf. Woodhouse 1973 [=1897], 292); Stefano richiama come propria fonte Polibio, ma né quest’ultimo né Livio lasciano in realtà intendere l’esistenza di una polis denominata Aperantia/Perantia, riferendosi solo all’ethnos (Aperantes) e al suo territorio (Aperantia)151. [3] Ἀτταλέυς: Klaffenbach (ap.  IG IX 12 1) proponeva di ricondurre questo (sub-)etnico alla piazzaforte Elaos nella chora di Kalydon, che, secondo la testimonianza di Polyb. IV 65, 6-7 (χωρίον ὀχυρὸν τῆς Καλυδονίας), era stata fortificata e munita di mura da Attalo I negli anni ’20 del III sec. a.C. (cf. Scholten 2000, 143, 193 e n. 102, 209; Kotsidou 2000, KNr. 107[L]; sulla localizzazione di Elaos presso il kastro di Ag. Georgios, odierna Sideroporta, sulla foce dell’Acheloos, cf. Pritchett 1991, 18-37 passim). L’identificazione appare molto verosimile, anche se purtroppo non del tutto sicura, dal momento che le uniche attestazioni di individui recanti l’etnico Attaleus provengono da fuori l’area di Elaos (dagli affrancamenti di Kryonero: IG IX 12 1, 95, e 107), e dal momento, inoltre, che il testo polibiano non lascia intendere nulla riguardo a una possibile rifondazione e ridenominazione del sito; un [Ἐ]λαιεύς è anzi menzionato come hieromnemon degli Etoli in FD III. a1, 351.1, l.3, 217-212 a.C. La genesi degli “Attaleis”, potrebbe essere anche

150   Tra gli altri toponimi menzionati nella lista di confische di Acilio Glabrione, uno, Nateia, ricorre anche nel documento delfico Syll. 3 826E (cf. Ager 1996, nr. 88. III, 245 sgg.), dove è menzionato nei seguenti termini: ἐντὸς το[ύτων ὁρίω]ν χώρα [ἐστὶν ἣ] καλεῖται Νάτεια γ̣εωργουμένη, ἣν Μάνιος Ἀκίλιος τῶι θεῶι δέδωκε. 151   Le testimonianze sono relative alle vicende della guerra etolica del 191-189 a.C. (cf. Grainger 1999, 463-498); vd. in part. Polyb. XXI 25, 3 e 5 (πρὸς τὴν Ἀπεραντίαν); Liv. XXXVI 33, 7 (inde Dolopiam et Aperantiam et Perrhaebiae quasdam civitates recipit, scil. Filippo V); ibid. 34, 9 (non solum urbes sed tot iam gentes, Athamaniam Perrhaebiam Aperantiam Dolopiam, sibi adiunxisse?).

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successiva e connessa alle vicende della prima guerra macedonica (nel 208 a.C. gli Etoli avrebbero nominato Attalo I come loro stratego supremo, Liv. XXVII 29, 10). [4]. Βουταιέυς - cf. Βο(ύ)τ(τ)ιος: l’etnico Βο(ύ)τ(τ)ιος fa riferimento a una delle varie comunità locali insediate nell’area a nord della polis di Naupaktos (come i Dastiadai, gli Istorioi, i Kaphreis ecc., cf. Lerat 1952, I, 65-70; Inventory, 391 e nr. 165); mentre per molte di queste l’originaria attribuzione al territorio dell’Etolia ovvero a quello della Locride Ozolia rimane questione aperta (cf. Lerat 1952, I, 7 sulla frontiera tra Etolia e Locride Occidentale, e ibid. 59 per le comunità di incerta collocazione), pare invece assodato che i Bo(u)ttioi fossero un raggruppamento locrese. Il toponimo Bo(u)ttos e l’etnico Bouttios si trovano attestati in due iscrizioni provenienti da Delfi, dove qualificano degli hieromnemones etolici: Αἰτωλὸς ἐγ Βοττοῦ (CID IV 23, l. 6, 273/2 o 272/1 a.C.), Βούττιος (CID IV 101, l. 3, 193/2 a. C); inoltre, un Βούτιος è menzionato come prosseno etolico in IG IX 12 1, 31, l. 40 (Thermos, fine III sec. a.C.); come grammateus etolico (?) nella dedica IG IX 12 1, 55 (Thermos, m. III sec. a.C.). La presenza di un centro denominato Bo(u)ttos nell’area a nord di Naupaktos venne confermato dal ritrovamento, presso il sito del santuario di Asclepio en Krounoi in località Longa, di una serie di affrancamenti, molti dei quali datati attraverso la menzione di magistrati di Bouttos (sull’insieme delle iscrizioni, cf. Nachmanson in «MDAI(A)» 1907, 1-70, e vd. in part. IG IX 12 3, 632, 634, 638, 639, 640152), e uno dei quali riferentesi alla divinità locale come ὁ Ἀσκλαπιὸς ὁ ἐν Κρουνοῖς ὁ ἐν Βουττο͂ι (IG IX 12 3, 634); se in alcuni documenti gli archontes di Bouttos appaiono chiaramente subordinati a quelli di Naupaktos e al koinon degli Etoli rispettivamente, la totale mancanza dell’indicazione degli archontes di Bouttos nelle manomissioni di epoca più recente ha fatto ritenere che questo piccolo centro fosse stato inglobato da Naupaktos, pur continuando a mantenere una propria identità, come testimoniato dal permanere dell’etnico Bouttios nella documentazione epigrafica (cf. Lerat 1952, I, 20-24 e II, 183; sull’assorbimento di Bouttos da parte di Naupaktos, cf. Grainger 1999, 184). Bisogna domandarsi se l’etnico Βουταιεύς, che compare attestato in alcune iscrizioni etoliche di III-II sec. a.C. (IG IX 12 1, 13, l. 34; 30, l. 8; 102, l. 10), costituisse o meno una versione alternativa rispetto alla forma Bouttios; si deve notare come, in ogni caso, anche i Boutaieis fossero da considerarsi come una comunità della Locride Ozolia legata a Naupaktos (nel decreto federale IG IX 12 1, 30 gli Etoli concedono la politeia a due individui, un Boutaieus e un Naupaktios: è evidente che in questa fase le due comunità non facessero entrambe parte del koinon, cosa che si verificò per Naupaktos, così come evidentemente per i Boutaieis, tra il 206 e il 200 a.C.). Un’iscrizione proveniente dall’Asklepieion di Krounoi registra il concomitante uso entrambi gli etnici (IG IX 12 3, 639.11, prima m. del III sec. a.C.), confermando quindi l’impressione che le due varianti si riferissero a comunità contigue e tra loro

  Vd. ad es. IG IX 12 3, 632, ll. 10-12: τὰν ὠνὰν φυλάσσοντι οἱ ἄρχοντες τῶν Βουττί|ων Λάμιος Ἀλεξομενοῦ Βούττιος, τῶν Ναυπακτίων Τείσαρχος Λύκου Ναυπάκτιος; IG IX 12 3, 634: [σ]τρα­ταγέον[τος τῶ]ν Αἰτωλῶ[ν] Ἀντιόχου [Ἀν̣..c. 8...]ου, ἐν δὲ [Ναυ]πάκτοι γραμ|ματεύοντος θ[ε]α­[ροῖς] Λύκου τοῦ Λύκου, ἐν δὲ Βουττοῖ ἀρχόντων Ἑλλανίκου τοῦ Λαμ[ίου], | Λυκίου τοῦ Λαμίου. 152

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connesse, e non fossero invece impiegate in maniera intercambiabile: cf. a questo proposito Daux 1932, 327, il quale ha sottolineato come si riveli assai più spesso corretto distinguere gli etnici paronimi piuttosto che identificarli: in questo caso, in particolare, la diversa terminazione avrebbe potuto distinguere gli abitanti del centro urbano (Bouttioi) da quelli del corrispondente territorio/ethnos (Boutaieis), analogamente a quanto si riscontra nell’impiego degli etnici Kallipolitas/Kallieus, su cui cf. Lasagni 2018, 178-179; Daux, ibid., nota inoltre come le forme Bouttios/ Boutaieus paiano per di più derivare da diverse radici, giacché il (sub-)etnico Boutaieus pare presupporre un toponimo *Bouta/Boutai che male si adatterebbe alla denominazione di Bouttos. [5]. Εἰτεαῖος  /  coll. Εἰτεαῖοι: l’etnico Εἰτεαῖος qualifica uno hieromnemon degli Etoli nel decreto anfizionico CID IV 97, l. 7, 204/3 - 203/2 a.C. Di questo etnico si conosce anche la forma collettiva; dalla località di Phournos tis Grias, a nord del sito fortificato di Thestiai, proviene infatti un’iscrizione su pietra calcalcarea, oggi perduta, recante un regolamento di confine relativo alle comunità etoliche degli Eiteaioi e degli Eoitanes (IG IX 12 1, 116: τέρμων | Εἰτεαίων | Ἐοιτάνω[ν]); secondo il primo editore, Rhomaios, gli Eiteaioi sarebbero stati un sottogruppo tribale degli Eoitanes, mentre secondo Woodhouse e altri sia gli Eiteaioi che gli Eoitanes avrebbero fatto parte del più ampio raggruppamento dei Thestieis, il cui territorio, esteso secondo l’autore sino al corso dello Zervas, avrebbe compreso anche la località di rinvenimento dell’epigrafe (cf. Antonetti 1987, 96-97 e n. 16 per riferimenti bibliografici); la seconda ipotesi sembra preferibile, l’iscrizione è infatti l’esito di un regolamento territoriale tra due comunità distinte153, similmente alle comunità locali degli Arysaioi e Nomenaioi, per i quali si conosce un analogo cippo di confine154. È possibile in tutti i casi qui menzionati, si trattasse di comunità locali dipendenti dalla polis di Thestiai (e dal suo politikos nomos, vd. SEG 28: 398). La polis, menzionata nella lista dei theorodokoi di Delfi (Plassart in «BCH» 45, 1921, 1-85, col. IV l. 75), è localizzata presso le rovine di Ano Volochos, a nord del Lago Trichonis; cf. Bommeljé - Doorn 1987, 112, sulla possibile appartenenza di altre comunità minori alla chora di Thestiai e sull’estensione della stessa; cf. inoltre Sordi 2002 (=1953), 52, in riferimento alla struttura di Thestiai, costituita da un insieme di komai e da un’acropoli fortificata. [6]. Φιλοταιεύς: l’etnico, che annovera diverse attestazioni negli atti di affrancamento del santuario di Afrodite Syria a Kryonero (IG IX 12 1, 96, 97, 100, 105, 107, 108; in ibid. 105, ll. 5-6, affrancatrice Νικασὼ Φιλωταΐς), sarebbe da mettere in relazione, secondo Stergiopoulou 1939, 123, con l’antroponimo macedone

153   Sull’uso di τέρμων, tipico della Grecia nordoccidentale, cf. IG IX 12 1, 3A, ll. 9-11: Ἀκαρνᾶνες καὶ Αἰτωλοὶ | τερμαξάντω τὰμ Πραντίδα χώραν, … καθὼς δέ κα τερμάξωντι, τέλειον ἔστω); cf. Gschnitzer 1990, 21-33. 154   Mastrokostas, «ArchDelt» 22, 1967, Χρον., nr. 322: τέρμων  -  -  | Ἀρυσαίων | Νωμεναίων (iscrizione proveniente da Kastro Malevros, a nord del Lago Trichonis, oggi perduta); ai Νωμεναῖοι qui menzionati Antonetti 1987, 97 e 106 (App.) nr. 1, riconduce un’iscrizione graffita, conservata nel museo di Thyrrheion e proveniente da Paleros, in cui è registrato il nome Στο͂μας Νουμενι〈ε〉ύς.

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PARTE II: ETHNE – STATI FEDERALI DELLA GRECIA OCCIDENTALE

Φιλώτας: i Philotaieis, in altre parole, potrebbero essere connessi a un insediamento fondato o fortificato dai Macedoni (cf. il caso degli Attaleis, supra, nr. 3). La notizia di un accampamento macedone stanziatosi in territorio Etolico, presso il fiume Kampylos (odierno Megdova, cf. Woodhouse 1973 [=1897] 302), è riportata da Diod. XIX 67, 3, in riferimento alla spedizione di Cassandro nel 314 a.C.: l’area interessata sarebbe in effetti quella degli Aperantes, anche se rimane difficile mettere in connessione questo specifico episodio con il permanere di un sub-etnico di origine macedone in area etolica. Nell’iscrizione funeraria sopra menzionata in riferimento agli Aperantes, IG IX 12 1, 166, ricorre anche il nome Φιλώτας. Su un ipotetico Philotas figlio di Theodotos Aperantos tra gli hieromnemones etolici, vd. supra, nr. 2.

Conclusioni

In un passo del primo libro delle Storie, relativo all’assoggettamento persiano della Ionia, Erodoto riferisce di due consigli che Biante di Priene e Talete di Mileto avrebbero portato all’attenzione degli Ioni, riuniti al Panionion di Capo Mykale, per la salvezza delle loro città: Hdt. I 170 «Mentre gli Ioni, sebbene battuti, si riunivano nel Panionio, Biante di Priene, a quanto ho sentito dire, fece una proposta assai vantaggiosa, che, se l’avessero ascoltata, avrebbe permesso loro di essere i più fortunati di tutti i Greci. Propose che con una flotta comune gli Ioni salpassero e navigassero verso la Sardegna e poi fondassero una sola città di tutti gli Ioni (πόλιν μίαν κτίζειν πάντων Ἰώνων) e così, liberatisi dalla schiavitù, avrebbero avuto una vita felice, abitando la più grande di tutte le isole e comandando ad altri uomini. Se invece fossero rimasti nella Ionia diceva che non vedeva affatto che ci sarebbe ancora stata libertà. Questo il consiglio dato da Biante quando gli Ioni erano già andati in rovina. Un altro consiglio utile, anche prima che la Ionia fosse sottomessa, era stato dato da Talete di Mileto, che era di origine fenicia; egli aveva esortato gli Ioni ad avere un solo consiglio (ἓν βουλευτήριον Ἴωνας ἐκτῆσθαι) e che questo fosse a Teo – poiché Teo si trova al centro della Ionia – e che le altre città, pur rimanendo ugualmente abitate, venissero considerate come se fossero demi (τὰς δὲ ἄλλας πόλιας οἰκεομένας μηδὲν ἧσσον νομίζεσθαι, κατά περ εἰ δῆμοι εἶεν)1».

Si tratta di un luogo noto, presente nel dibattito storiografico in relazione a diversi temi, dalla questione del rapporto delle comunità degli Ioni d’Asia con la Sardegna, alla genesi delle tradizioni sui Sette Sapienti, alla cronologia e attendibilità stessa del consiglio impartito al Panionion da Talete, sino alla discussione sulla sua origine “fenicia”2. Al di là della stretta autenticità degli eventi riportati, tutto il passo erodoteo – e in special modo proprio la parte relativa al consiglio del filosofo Talete e alla possibilità di trasformare poleis in demi per il raggiungimento di un bene comune – risulta in ogni caso paradigmatico, nel suo essere

  Trad. A. Izzo D’Accinni 2008.   Su quest’ultimo aspetto, cf. Biondi 2013, 181-184 con riferimenti al dibattito precedente.

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espressione di una forma mentis politica, delle capacità generative e adattative dello stato greco, e del ruolo che in queste ebbero le dinamiche tra dimensione locale e centrale dell’organizzazione politica. Per tale motivo, il passo erodoteo sembra offrire uno spunto molto stimolante su cui tracciare le conclusioni di questo lavoro. Le prescrizioni di Biante e di Talete erano state portate alle città ioniche in due momenti differenti: mentre la prima era contemporanea ai fatti narrati, e quindi successiva al definitivo assoggettamento delle poleis ioniche, quella di Talete era stata formulata tempo addietro, in un momento in cui gli Ioni dovevano aver preso coscienza dell’incombente pericolo per loro rappresentato dall’espansione di Ciro il Grande, e nel quale la conquista della Ionia non era ancora stata portata a termine. Mentre, quindi, la proposta di Biante era stata formulata per far sì che gli Ioni potessero sfuggire a un destino di sudditanza, abbandonando le proprie poleis patrie per rifondarne assieme una nuova, quella di Talete era invece evidentemente volta a creare le premesse istituzionali per l’organizzazione di una comune difesa dalla minaccia persiana. Il consiglio attribuito al filosofo milesio, col suo riferimento ai demi, è espresso da Erodoto attraverso un lessico eminentemente poleico. Ciononostante, non sfugge il fatto che tale progetto di unificazione non si presti a essere interpretato in maniera univoca e che esistano validi motivi per leggerlo tanto come un processo di sinecimo poleico vero e proprio, con Teos come asty di uno stato unitario degli Ioni, quanto anche come la creazione di un’unione di tipo federale, dove le città avrebbero rinunciato a una parte della propria ‘sovranità’ a favore di un coordinamento politico centrale3. A ben vedere, la dimensione in certa misura intellettualistica di questo progetto, così come la sua mancata realizzazione sul piano storico, rendono un esercizio tutto sommato superfluo l’argomentare a favore dell’una o dell’altra interpretazione: sono infatti altri i temi che rileva qui sottolineare. Entrambi i consigli, quello di Biante e quello di Talete – rispettivamente definiti da Erodoto γνώμη χρησιμωτάτη e γνώμη χρηστή – sono caratterizzati dall’idea che le comunità politiche potessero essere ricreate e ridisegnate per il raggiungimento di un comune vantaggio pratico. In un caso e nell’altro, l’obliterazione o riduzione dei particolarismi locali, sorgenti di potenziale conflitto e intrinseca fragilità, viene espressa in un movimento di aggregazione, che favorisce la prosperità interna delle comunità associate così come l’indipendenza e la supremazia verso l’esterno. Il raggiungimento della capacità di difesa e di dominio può essere sempre riconosciuto come l’obiettivo primario per queste trasfomazioni. Nel consiglio di Biante, le comunità della Ionia si sarebbero dovute associare in un’unica spedizione coloniaria e, una volta fondata una nuova polis “di tutti gli Ioni”, avrebbero avuto la ἀρχή su altre popolazioni; in quello di Talete, le poleis della Ionia avrebbero dovuto fondersi come membri locali di una nuova formazione politica, dando così vita alla struttura organizza  Cf. Moggi 1976, 96-97 con riferimenti alle varie posizioni espresse al riguardo.

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tiva comune che avrebbe permesso loro di far fronte alla pressione delle potenze asiatiche. L’aggregazione politica si accompagna quindi anzitutto alla definizione di un nuovo territorio e del suo fulcro: ovviamente, la chora e l’asty, nel caso del progetto coloniario di Biante; il territorio dell’ethnos ionico della dodecapoli e il suo centro ‘geometrico’ rappresentato da Teos, nella prospettiva di Talete. Lo stesso movimento di aggregazione si traduce anche nella determinazione di un nuovo livello centrale del potere politico e nella rifunzionalizzazione delle comunità aggregate come comunità locali. Se ciò può essere solo immaginato in relazione al progetto di Biante – dove i vari corpi civici delle poleis ioniche si sarebbero dovuti fondere e riorganizzare nelle loro partizioni in una nuova politeia – lo stesso fenomeno viene invece descritto esplicitamente nel piano di Talete: a livello centrale, vi sarebbe stata la creazione di una struttura unica, il bouleuterion, sede di un comune organo decisionale; a livello locale, si sarebbe operata la trasformazione di status delle poleis da comunità indipendenti a comunità locali di una formazione statuale maggiore. Tale cambiamento di status, in mancanza di una specifica definizione, viene descritto nel testo erodoteo in maniera perifrastica. Il passo non riporta infatti letteralmente che le città ioniche avrebbero dovuto essere trasformate in altrettanti demi di una nuova polis, ma, piuttosto, che le si sarebbe dovute considerare per legge (νομίζεσθαι) «come se fossero demi» (κατά περ εἰ δῆμοι εἶεν), ossia, più genericamente, come comunità locali non autonome, integrate in una formazione statuale più grande. Il passo erodoteo, come si diceva, può essere letto per il suo valore emblematico. I due disegni politici in esso riportati possono infatti essere interpretati come una rappresentazione di essenziali movimenti evolutivi degli stati greci; e, peraltro, il fatto che essi siano associati a figure fondative del pensiero politico e speculativo greco, quali Biante e Talete, non fa che accentuarne la valenza archetipica, al di là delle contingenze storiche cui Erodoto lega la genesi di tali progetti. Queste caratteristiche, quindi, fanno sì che il passo Hdt. I 170 possa essere assunto come un paradigma di comportamento politico, in grado di offrirci una chiave di lettura applicabile a contesti ben più ampi nello spazio e nel tempo rispetto alla sola Ionia arcaica. Possiamo allora rilevare come i contesti statuali analizzati negli studi qui raccolti trovino un’essenziale correlazione nei due antichi progetti politici riferiti da Erodoto. Proprio la creazione di nuove città-stato in territori distanti, da una parte, e l’aggregazione politica di più comunità nella formazione di un koinon, dall’altra, costituiscono il motore primo dei fenomeni rispettivamente trattati nelle sezioni Poleis ed Ethne. Preme allora rammentare nuovamente in questo contesto un aspetto osservato in precedenza: pur mirando all’attuazione di progetti istituzionali diversi, i consigli di Biante e Talete rispondevano in sostanza ai medesimi bisogni. Pur essendo rimasti irrealizzati, la logica che li animava era in ogni caso anzitutto pratica: difendere la propria autodeterminazione, assicurare un predominio territoriale, favorire la prosperità sociale ed economica limitando i margini di conflitto interno. La stessa logica universale ricorre ovviamente sullo

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sfondo dei vari contesti qui analizzati, dall’espansione coloniaria della Corinto bacchiade e cipselide nella Grecia nordoccidentale allo sviluppo delle istituzioni federali dell’Etolia ellenistica, che catalizzò e consolidò la politica di potenza dello stato etolico. Non sfugge il fatto che nel perseguimento dei fini sopra descritti gli aspetti della difesa, del controllo territoriale e, quindi, dell’organizzazione delle forze militari giocassero un ruolo di primaria importanza. Il raggiungimento di un’efficiente capacità di mobilitazione sembra costituire una delle più ricorrenti chiavi di lettura delle diverse strutture di organizzazione locale analizzate negli studi qui raccolti. Il potenziamento del controllo territoriale implica infatti per una comunità statuale il parallelo sviluppo di strutture istituzionali volte a disinnescare i conflitti interni e a creare le basi logistiche adatte ad affrontare, eventualmente, le minacce esterne. Si tratta di fenomeni nei quali è fondamentale il ruolo esercitato dai meccanismi di raccordo tra organismi centrali e realtà locali connesse alle componenti territoriali dello stato. Nel riflettere sulla genesi e lo sviluppo di tali strutture, sia che si tratti di suddivisioni interne alle poleis sia che si tratti del coordinamento tra membri di uno stato federale, si è molto frequentemente portati a ragionare quasi esclusivamente in termini di partecipazione politica in senso stretto o, in altre parole, in termini di rappresentanza delle componenti locali dello stato nei suoi organi legislativi centrali. Ciò ci fa perdere di vista il fatto che a dare vita a movimenti di aggregazione politica e a plasmare in origine le relative strutture di organizzazione locale possano esservi state opportunità di ordine militare o meglio, in termini più generali, la stringente necessità di gestire i conflitti interni ed esterni, per preservare l’integrità territoriale e l’autarkeia economica delle comunità coinvolte. Si noti come lo stesso Aristotele, nella Politica, indichi a più riprese tali elementi quali parti essenziali dell’architettura dello stato; la mancata attenzione all’importanza degli aspetti militari, infatti, appare tra i motivi di contestazione che Aristotele oppone ai progetti costituzionali di Platone (Pol. 1265a 18-28, vd. anche 1291a 6-22) e di Phaleas di Chalkedon: ἀναγκαῖον ἄρα τὴν πολιτείαν συντετάχθαι πρὸς τὴν πολεμικὴν ἰσχύν, «è infatti necessario che la costituzione sia conformata in rapporto alla forza militare» (1267a 17-24), sempre che non si voglia perseguire un progetto politico del tutto utopistico e inapplicabile (1265a 17-18). Se si guarda ai vari contesti analizzati in questo libro, si può notare come il tema della difesa comune e del controllo territoriale sia emerso quale argomento ricorrente nell’interpretare le diverse strutture dell’organizzazione locale testimoniateci dalle fonti. Ciò risulta particolarmente visibile nell’adozione di suddivisioni territoriali, come i mere di cui si trova traccia nel contesto delle poleis corinzie, o i distretti che possiamo ipotizzare alla base dell’organizzazione unitaria del koinon acarnano oppure i tele, attraverso cui la federazione etolica gestiva regioni annesse al proprio stato. L’analisi delle componenti locali dell’organizzazione pubblica in questi ambiti ha più volte mostrato il collega-

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mento con figure magistratuali che, seppur presumibilmente investite anche di più ampie prerogative politiche, mostrano una matrice militare, come i phylarchoi di Epidamnos o il collegio dei sette strateghi del koinon acarnano; il rapporto di subordinazione alla polis di Apollonia che abbiamo potuto osservare in relazione ai Dimallitai e ai Balaieitai emerge nella documentazione attraverso la figura militare del peripolarchos. Come il lettore avrà avuto modo di vedere, la dinamica tra livelli locali e centrali dell’organizzazione politica non è stata qui indagata solo in relazione a strutture presenti nell’ordinamento costituzionale, quali le phylai e phratrai delle poleis corinzie o i sistemi di distretti presenti in Acarnania ed Etolia; questa dinamica, infatti, può essere proficuamente osservata anche in relazione a particolari fenomeni di aggregazione, i quali determinarono l’instaurarsi di rapporti gerarchici tra le comunità afferenti attraverso forme di collaborazione politica, talvolta difficili da classificare. È questo il caso dei già citati koina della regione apolloniate, ma anche, ad esempio, quello delle unioni cui gli Acarnani diedero vita con gli Amphilochoi o gli Etoli con i Focidesi οἱ μετ’ Αἰτωλῶν. La mobilitazione comune di uomini e mezzi, la difesa dei confini, la soppressione dei motivi di conflitto (si pensi alle considerazioni fatte sulla presenza del koinon dikasterion di Olpai) rappresentano chiavi di lettura primarie per tutti questi fenomeni. Il risalto qui dato alla questione della πολεμικὴ ἰσχύς (con il controllo del conflitto come suo contraltare) quale motore di architettura politica non intende certo suggerire che questo tema possa costituire la prevalente chiave di lettura per fenomeni ben più compositi. L’intento delle considerazioni che ho qui presentato prendendo il via dall’emblematica testimonianza erodotea sui consigli di Biante e Talete agli Ioni – e particolarmente dalla proposta di trasformazione delle poleis in comunità subordinate avanzata da quest’ultimo – è piuttosto quello di prendere le distanze da un’interpretazione delle strutture organizzative locali degli stati greci eccessivamente sbilanciata sul piano della partecipazione politica in senso stretto, come partecipazione dei cittadini alle cariche pubbliche e agli organi assembleari centrali. Infatti, che si parli di contesti poleici oppure federali, le prerogative delle componenti locali degli stati greci e i motivi alla base della loro creazione o definizione di status non possono essere interpretate correttamente se ci limitiamo a concentrare il nostro sguardo sulle loro funzioni come strutture di rappresentanza politica. Il caso dei distretti etolici e dei boularchoi ad essi associati ci ha offerto al riguardo un chiaro esempio. L’ipotesi di un’organizzazione in tele di tutto il territorio etolico parte sostanzialmente dall’idea preconcetta che una cornice politica omogenea dovesse essere stata necessariamente applicata a tutta la compagine statuale dell’Etolia per la rappresentazione politica delle comunità locali attraverso i boularchoi; un’analisi dei soli elementi fornitici dalle fonti, tuttavia, ci porta a ritenere che i tele fossero stati costituiti solo per la gestione (anzitutto in materia militare e fiscale) di specifiche regioni annesse al koinon, quella di Stratos e quella locrese, e non fossero invece l’espressione di un razionale ordinamento unitario dello stato etolico.

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In generale, se consideriamo il ruolo delle realtà locali nelle loro funzioni di raccordo tra cittadino e stato in tema di partecipazione politica, possiamo rilevare come i casi analizzati in questo libro ci restituiscano in realtà scarne evidenze. L’unico esplicito riferimento a un meccanismo di rappresentanza delle componenti locali ci è stato offerto dalle clausole dell’arbitrato etolico tra Melitaia e Pereia, nelle disposizioni inerenti al numero prefissato di consiglieri che ciascuna città avrebbe potuto esprimere all’interno del sinedrio federale. Simili meccanismi possono essere sottesi anche in relazione ad alcune altre evidenze, come ad esempio la presenza di abbreviazioni delle suddivisioni civiche di Apollonia incise nel koilon del locale teatro ellenistico (inteso nelle funzioni di sede assembleare); oppure la composizione del collegio dei sette strateghi del primo koinon acarnano, verosimilmente nominati in ragione di un sistema di distretti che raggruppava in un’organizzazione unitaria le poleis membri. Come si è visto, tuttavia, tali strutture istituzionali non appaiono come i principali elementi in grado di configurare le forme della partecipazione politica nei contesti analizzati. Nel caso delle poleis corinzie è emersa l’importanza di intrecciare il ruolo delle suddivisioni locali con la questione del timema, del rapporto tra dynatoi e demos, della relazione tra regime della proprietà e cambiamenti costituzionali. Nel caso dei contesti acarnano ed etolico, abbiamo ad esempio rilevato come una gestione del potere politico dai tratti personalistici ed elitari si fosse sovrapposta, travalicandone le funzioni, a sistemi teoricamente volti a una rappresentazione egualitaria delle componenti locali (come i distretti acarnani o le quote per città dei consiglieri etolici), determinando di fatto la netta preminenza di alcune poleis, come Stratos o Trichonion, nella politica federale. Come si è potuto rilevare in diversi punti di questo lavoro, è proprio la conservazione delle strutture economiche operanti a livello locale a emergere spesso nelle fonti quale più rilevante fattore di modellamento delle istituzioni, anche in relazione alla partecipazione politica. Per questi ed altri simili elementi, i casi di studio qui analizzati contribuiscono nel loro complesso ad attenuare un’immagine dell’organizzazione pubblica degli stati greci, e del ruolo in essa rivestito dalle realtà locali, come di una costruzione razionale e intrinsecamente coerente, volta a ricondurre nei ranghi di un struttura politico-istituzionale omogenea e unitaria le diverse componenti della compagine statuale. Quest’ultima costituisce una visione valida sotto molti aspetti, anche se certo ben più adatta a rappresentare le logiche sottese, ad esempio, all’ordinamento clistenico dell’Attica o all’organizzazione per distretti del primo koinon beotico, che non a descrivere molte delle dinamiche osservabili nei contesti poleici e federali qui esaminati. Tra tali dinamiche, possiamo considerare i fenomeni di sovrapposizione tra vecchi e nuovi sistemi di raggruppamento, incontrati nel caso delle tribù corciresi o in merito alla questione del ruolo politico dei grandi ethne etolici nel koinon di avanzato IV sec. a.C.; oppure l’esistenza di apparenti anomalie nella divisione delle competenze tra livelli locali e centrali del potere politico, come quella osservata in merito al

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conferimento della politeia acarnana nei decreti emanati dalla polis di Stratos; o, infine, la creazione di strutture politico-istituzionali locali non riconducibili a una cornice organizzativa applicata uniformemente a tutto il territorio statuale, ma interpretabili piuttosto quali esiti di peculiari sviluppi regionali, come nel caso, ad esempio, della creazione dei tele stratikon e lokrikon, o delle reciproche relazioni instaurate tra Melitaia e Pereia, in Achaia Phthiotis, e il koinon etolico. L’individuazione in questi ambiti di peculiarità locali, apparenti irregolarità o stratificazioni incoerenti di strutture ci aiuta a illuminare i movimenti evolutivi e le grandi capacità adattative degli stati greci e delle loro componenti locali talvolta ancor più di quanto non faccia lo stesso riconoscimento di architetture politico-istituzionali unitarie e razionali.

Mappe Elaborazione grafica di Chiara Lasagni

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208

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Indice delle fonti

1. Indice delle fonti letterarie Ael. VH XIII 16: 44 n. 151, 52 n. 172 Androt. FGrHist 324 F 52: 130 n. 20 Ant. Lib. Met. 4: 34 n. 108

Arist. Pol. 1298b 16-18: 46 n. 155 Arist. Pol. 1301b 21-26: 41-42, 45 Arist. Pol. 1303a 20-25: 48 Arist. Pol. 1304a 13-17: 45-46 Arr. An. I 10, 2: 133-135, 138

Apoll. Gramm. fr. 158 Müller: 40 n. 134

Athanadas FGrHist 303 F1: 34 n. 108, 36 n. 118

Apoll. Rhod. Arg. IV 1125: 19 n. 58

Callim. phil. Aetia fr. 15, 1: 18 n. 58

App. BC II 6, 39: 43

Callin. fr. 2 Bergk: 31 n. 99 Callin. fr. 44 Bergk: 31 n. 99

Archestr. Suppl. Hell. 146: 27 n. 82 [Arist.] Ath. Pol. XXI 1: 28 Arist. fr. 473 Rose: 32 Arist. fr. 474 Rose: 32 Arist. fr. 477 Rose: 27, 48 Arist. fr. 498 Rose: 28 Arist. fr. 546 Rose: 32, 48 Arist. Pol. 1265a 17-18: 184 Arist. Pol. 1265a 18-28: 184 Arist. Pol. 1265b 12-16: 54 Arist. Pol. 1266b 17-24: 48-49 Arist. Pol. 1267a 17-24: 184 Arist. Pol. 1267b 14-19: 44 Arist. Pol. 1274a 3-5: 54 Arist. Pol. 1278b 10-11: 45 n. 154 Arist. Pol. 1290b 8-14: 52 Arist. Pol. 1291a 6-22: 184 Arist. Pol. 1297a 17-35: 46 Arist. Pol. 1297a 23-24: 46 n. 156

Cic. XI Phil. 11: 52 Dem. IX (Philipp. III), 34: 136 n. 36 Dio. Cass. XLI 45: 50 n. 163 Diod. XI 85, 2: 87 n. 24 Diod. XII 57, 3: 26 n. 79 Diod. XV 37, 1: 104 n. 70 Diod. XV 57, 1: 106 n. 70, 129 Diod. XV 75, 2: 136 n. 37 Diod. XVII 24, 1-2: 127 n. 7 Diod. XVIII 38, 1: 138 n. 46 Diod. XVIII 56, 5: 169 n. 132 Diod. XIX 66, 2: 132 n. 27 Diod. XIX 67, 3: 180 Diod. XIX 67, 4: 79-80, 102 e n. 64, 108, 136 n. 39, 163 n. 112 Diod. XIX 68, 1: 163 n. 112

210

INDICE DELLE FONTI

Dur. FGrHist 76 F 4: 14 n. 41

Kephal. FGrHist 93 F 7: 34 n. 110

Ephor. FGrHist 70 F 122a: 130-132 Ephor. FGrHist 70 F 126: 30 Ephor. FGrHist 70 F 143: 40 n. 135

Liv. I 8, 9: 118 nn. 100-101 Liv. IV 23, 5: 118 nn. 100-101 Liv. V 1, 5: 118 nn. 100-101 Liv. XXIX 12, 3 e 13: 64 n. 3 Liv. XXVI 28, 8: 160 Liv. XXXII 20, 10: 119 n. 04 Liv. XXVII 29, 10: 178 Liv. XXXIII 2, 6: 119 n. 104 Liv. XXXIII 16, 3: 117, 119 Liv. XXXIII 16, 4-11: 118-119 n. 103 Liv. XXXIII 17, 1: 117, 119 Liv. XXXVI 33, 7: 177 n. 151 Liv. XXXVIII 1, 7-8: 36 Liv. XXXIX 25, 3-5: 162 n. 110 Liv. XLII 38, 2: 166 n. 122 Liv. XLV 28, 7: 140 n. 54

Etym. Magn.  81, 3, s.v. Ἀμβρακία: 27 n. 82 Euseb. Chron. 85 Schoene: 12-13 Euseb. Chron. 88-89 Schoene: 44 n. 149 Eust. Comm. ad Dionys. Per. 492, 42: 18 n. 58 Harpokrat. s.v. Γεννῆται: 28 n. 91 Hdt. I 145: 27-28 Hdt. I 170: 181-184 Hdt. II 10, 3: 87 n. 23 Hdt. III 52, 6: 25 n. 76 Hdt. IV 161, 3: 28 n. 88 Hdt. VI 58, 2: 81 n. 10 Hdt. VII 126: 87 n. 23 Hdt. IX 92-95: 53-54 Hdt. IX 93, 1: 53 Hdt. IX 94, 3: 54 Hdt. IX 95: 59 Hdt. IX 117, 5: 81 n. 10 Hecat. fr. 378 Müller: 34 Hell. Oxy. XI (XVI), 2-4: 28 Hell. Oxy. XI (XVI), 3: 107 nn. 73-74 Hellan. FGrHist 4 F 52: 28 Hippon. fr. 50 West: 31 n. 100 Hom. Il. II 571: 8 Iust. XXVIII 1, 1: 115 Iust. XXXVIII 1, 5-6: 113 n. 87

Nic. Dam. FGrHist 90 F 57: 39 n. 131 Nic. Dam. FGrHist 90 F 59: 25 n. 76 Nic. Dam. FGrHist 90 F 60: 4, 46-47 Paus. II 12, 5: 6 n. 9, 8 Paus. V 22, 3: 50 n. 164 Paus. V 22, 4: 50 n. 163 Paus. VI 16, 6: 157 n. 92 Paus. VI 22, 4: 53 n. 174 Paus. X 18, 7: 168 n. 127 Paus. X 9, 4-6: 29 n. 92 Paus. X 20, 9: 169 Plin. NH IV 1, 5: 36 Plin. NH IV 2, 6: 37 n. 125 Plut. Alex. 49, 15: 136 n. 38 Plut. Dem. 40, 4: 168 Plut. Nic. 14, 6: 5 n. 6 Plut. Pyrrh. 5, 2-6: 113 n. 87 Plut. Pyrrh. 10, 2-5: 165 n. 118 Plut. mor. [aet. gr.], 293a: 12 n. 33 Plut. mor. [quaest. gr.], 297f: 44 n. 152 Plut. mor. [de sera num. vind.], 552e: 51 Plut. mor. [amat. narr.], 772e-773b: 5 n. 5

INDICE DELLE FONTI

211

Poll. Onom. IX 17, 7: 40 n. 135

schol. in Dion. Perieg. 493, 5-6: 19 n. 58

Polyb. II 2-3: 115 Polyb. II 43: 118 Polyb. II 45, 1: 97 Polyb. II 48, 6-7: 83 Polyb. III 18, 1: 64 n. 3 Polyb. IV 3-37, 57-87: 146 n. 72 Polyb. IV 6, 2: 115 Polyb. IV 61, 4-8: 37 n. 124 Polyb. IV 63-65: 115 Polyb. IV 63, 10-11: 101 n. 59 Polyb. IV 65, 6-7: 177 Polyb. V 1-30, 91-105: 146 n. 72 Polyb. V 7, 8: 85 n. 18 Polyb. V 8, 5: 132 n. 24 Polyb. V 94, 1: 152 Polyb. V 97, 5-6: 147 n. 74 Polyb. V 98, 1-11: 147 n. 74 Polyb. V 99-100: 147 n. 74 Polyb. V 99, 4: 147 n. 74 Polyb. V 100, 7: 147 n. 74 Polyb. VII 9, 14: 64 n. 3 Polyb. IX 18, 5-9: 147 n. 74 Polyb. IX 29, 2-4: 170 Polyb. IX 34, 7: 97 Polyb. XX 4-6: 116 Polyb. XXI 25, 3 e 5: 177 n. 151 Polyb. XXVIII 5, 1: 115

schol. in Hom. Il. XXIV 606b: 101-102 n. 61

Ps.-Apoll. epit. 6, 15b: 50 n. 164 Ps.-Scyl. 33: 27 n.  82, 37 n.  124, 40 nn. 135-136 Ps.-Scyl. 34: 97 n. 51, 101 n. 59 Ps.-Skymn. 435-436: 44 n. 149 Ps.-Skymn. 439-440: 50 schol. in Apoll. Rhod., p. 310, 12-13: 12 n. 33 schol. in Apoll. Rhod., p.  311, 1-6: 13 n. 41

schol. in Thuc. III 107, 2: 96 n. 48 Speusipp. Socr. Ep. 28, 7: 34 n. 108 St. Byz. Ethn. α-71, s.v. Ἀζανία: 29 St. Byz. Ethn. α-176, s.v. Ἀκτή: 40 n. 134 St. Byz. Ethn. α-266, s.v. Ἄμβρακος: 37 St. Byz. Ethn.  α-294 s.v. Ἀμφίλοχοι: 97 n. 51 St. Byz. Ethn. α-361, s.v. Ἀπολλωνία: 50 St. Byz. Ethn. β-68, s.v. Βέννα: 30 St. Byz. Ethn. δ-51, s.v. Δεξαμεναί: 27-29 St. Byz. Ethn. ε-99, s.v. Ἐπουία: 39-40 St. Byz. Ethn.  η-20, s.v. Ἡράκλεια: 36 n. 121 St. Byz. Ethn. κ-180, s.v. Κορώνεια: 37 St. Byz. Ethn. κ-204, s.v. Κράνεια: 37 St. Byz. Ethn.  μ-34, s.v. Μακύνεια: 137 n. 42 St. Byz. Ethn. μ-46, s.v. Μανδαραί: 29-30 St. Byz. Ethn. o-54, s.v. Ὄλπαι: 96 St. Byz. Ethn. π-103, s.v. Περαντία: 177 St. Byz. Ethn. π-503, s.v. Πάραλος: 40 St. Byz. Ethn. σ-71, s.v. Σισύρβα: 29-31 St. Byz. Ethn.  σ-238, s.v. Σμύρνα: 30 n. 95 Strab. VI 2, 3: 13 n. 34 Strab. VI 2, 4: 5 n. 5, 12 n. 33 Strab. VII 5, 8: 50, 52 Strab. VII 7, 1: 97 n. 51 Strab. VII 7, 2: 32-33 Strab. VII 7, 8: 97 n. 51 Strab. VIII 3, 32: 44 n. 150, 49 n. 161, 52 n. 174 Strab. VIII 7, 4: 28 n. 85 Strab. X 1, 2: 135 n. 35 Strabo X 2, 2: 101 n. 59

212

INDICE DELLE FONTI

Strab. X 2, 4: 137 n. 42 Strab. X 2, 21: 137 n. 42 Strab. X 3, 2: 131 Strab. X 4, 7: 136 n. 36 Strab. XIV 1, 4: 30-31 Suda γ-146, s.v. γεννηταί: 28 n. 91 Suda γ-147, s.v. γεννῆται: 28 n. 91 Suda π-225, s.v. πάντα ὀκτώ: 3-4, 7 n. 13, 28, 55 Suda, φ-742, s.v. φρουρήσεις ἐν Ναυπάκτωι: 136 n. 36 Theop. FGrHist 115 F 235a: 136 n. 36 Theop. FGrHist 115 F 229: 37 n. 125 Thuc. I 5, 3: 89 Thuc. I 24, 1-2: 44 n. 149 Thuc. I 24, 1-5: 42-44 Thuc. I 29, 3 e 30, 3: 114 n. 89 Thuc. I 89, 4: 81 n. 10 Thuc. I 90, 5: 81 n. 10 Thuc. II 7, 2-3: 87 n. 24 Thuc. II 12, 2: 81 n. 10 Thuc. II 33, 2: 91 Thuc. II 68, 7: 97 Thuc. II 68, 8: 87 Thuc. II 80, 1: 91-92 Thuc. II 80, 8: 92, 94 Thuc. II 82: 102 n. 64 Thuc. II 83, 1: 91 Thuc. III 7, 1: 89 Thuc. III 72, 3: 18 n. 58 Thuc. III 81, 4: 26 n. 79 Thuc. III 93, 2: 40 Thuc. III 94-102: 130 Thuc. III 94, 1: 102 n. 64 Thuc. III 94, 4-5: 126 Thuc. III 95, 1: 157 Thuc. III 96, 3: 126 Thuc. III 100, 1: 127 Thuc. III 101, 2: 85

Thuc. III 102, 1: 157 Thuc. III 105-114: 95 Thuc. III 105, 1: 95 Thuc. III 105, 1-2: 95-96 Thuc. III 105, 2: 95 Thuc. III 105, 3: 98 Thuc. III 106, 1: 91-92 Thuc. III 106, 2: 94 Thuc. III 107, 2: 96 n. 48 Thuc. III 109, 1: 88 Thuc. III 109, 2: 88 Thuc. III 110, 1: 88 n. 26 Thuc. III 114, 3: 98-99 Thuc. IV 76, 3: 89 Thuc. IV 93, 4: 89 Thuc. VI 3, 2: 5 n. 5 Thuc. VI 5, 2: 5 n. 7 Thuc. VI 72, 4: 5 n. 6 Thuc. VI 73, 1: 5 n. 6 Thuc. VI 100, 1: 5 n. 6 Thuc. VII 57, 10: 90 Timae. FGrHist 566 F 80: 12 n.  33, 13 n. 40 Timae. FGrHist 566 F 125: 14 n. 41 Verg. Aen. X 202: 118 n. 100 Xen. Hell. IV 3, 15: 104 n. 70 Xen. Hell. IV 6, 4: 81-82, 130 n. 15 Xen. Hell. V, 1, 29: 104 n. 70 Xen. Hell. VI 1, 2: 81 Xen. Hell. VII, 4-5: 81 2. Indice delle fonti epigrafiche «ArchDelt» 22, 1967, Χρον., nr. 322: 179 «ArchEph» 1927/28, 119-127: 145 N. 67 «BCH» 23, 1889, 356-357: 136 «BCH» 45, 1921, 1-85: 159 n. 164, 79

INDICE DELLE FONTI

«BCH» 77, 1953, 168-176, nr. 4 + SEG 38: 412: 138 n. 47 «Hesperia» 41, 1972, 33-38: 6 n. 10 Funke  -  Gehrke  -  Kolonas 1993, 132: 115, 122-123 Apollonia d’Illyrie 275: 26 n. 80 Cabanes 1976, 539 nr. 3: 11 n. 27 Cabanes 1976, 541 nr. 5: 12 Cabanes 1976, 578-579 nr. 51: 137 n. 44 Cabanes et al. 2016, 405-408 nr. 2: 66 n. 10 CID II 1: 95 CID II 74: 86 CID IV 23: 178 CID IV 95: 85, n. 18, 177 CID IV 97: 179 CID IV 101: 178

213

I. Apollonia 213: 50 n. 165 I. Apollonia 303: 50 n. 164 I. Apollonia 342: 71 n. 26 I. Apollonia 347: 70 n. 26 I. Apollonia 359: 70 n. 26 I. Apollonia 363: 70 n. 26 I. Apollonia 364: 70 n. 26 I. Apollonia 387: 72 n. 30 I. Apollonia T 308: 11n. 27 I. Apollonia T 315: 11 n. 30 I. Apollonia T 322: 50 n. 163, 54 n. 183 I. Bouthrotos 10: 12 I. Bouthrotos 53: 33 n. 106 I. Bouthrotos 394: 72 n. 30 I. Bouthrotos 406: 54-55 I. Bouthrotos 408: 70 n. 25 I. Epidamnos T 514: 11 n. 30 IG II2 208: 79, 82, 87 n. 22, 110 IG II2 358: 128 n. 10, 139 n. 49 IG II² 951, add. + corrig. p. 669: 35 n. 113

Corinth VIII. 1, 7: 11 n. 29 Corinth VIII. 1, 8: 11

IG II3 1, 296 (vd. IG II2 208): 82 n. 12 IG II3 1, 316: 90

Dautaj 1994, 121, nrr. 16-19: 64 Dautaj 1994, 131-132 nr. 7: 64 n. 3

IG IV2 1, 73: 152 n. 81 IG IV2 1, 94: 104 IG IV2 1, 95: 95, 103-104, 106, 109 n. 79, 117 n. 96 IG IV2 1, 96: 102 n. 62

EKM II. 2 nr. 401: 30 n. 94 FD III. 1, 9: 29 n. 92 FD III. 3, 203: 102 FD III. 4, 351: 142 n. 62 FD III. 4, 178: 151-152 I. Apollonia 7: 26 n.  80, 55-59, 67, 70 n. 24 I. Apollonia 190: 26 n. 80, 55-56, 58, 6061 I. Apollonia 191: 56, 58 I. Apollonia 193: 54-55

IG IX 1, 32: 142 n. 62 IG IX 1, 693: 170 n. 133 IG IX 2, 89: 145 n. 67 IG IX 12 1, 3A: 78 n. 2, 83, 93 n. 42, 95, 102 n. 64, 103, 106-110, 114 n. 89, 116, 149-153, 158, 166-167, 179 n. 153 IG IX 12 1, 3B: 108 n. 77, 115, 147-148, 154

214

INDICE DELLE FONTI

IG IX 12 1, 6: 162 IG IX 12 1, 7: 162 n. 109 IG IX 12 1, 8: 162 n. 109 IG IX 12 1, 9: 162 IG IX 12 1, 10 a-b: 171 n138 IG IX 12 1, 11: 162 IG IX 12 1, 12: 162 IG IX 12 1, 12a: 171 n. 138 IG IX 12 1, 13: 178 IG IX 12 1, 15: 139 IG IX 12 1, 16: 162 IG IX 12 1, 22: 162 IG IX 12 1, 23: 162 IG IX 12 1, 30: 178 IG IX 12 1, 31: 178 IG IX 12 1, 55: 178 IG IX 12 1, 69: 166 n. 122 IG IX 12 1, 95: 177 IG IX 12 1, 96: 179 IG IX 12 1, 97: 179 IG IX 12 1, 100: 166 n. 122, 179 IG IX 12 1, 102: 178 IG IX 12 1, 105: 179 IG IX 12 1, 107: 177, 179 IG IX 12 1, 108: 179 IG IX 12 1, 109: 166 n. 122 IG IX 12 1, 116: 179 IG IX 12 1, 117: 67 n. 15 IG IX 12 1, 162-165: 177 IG IX 12 1, 166: 177, 180 IG IX 12 1, 169: 139 IG IX 12 1, 170: 167-168 IG IX 12 1, 176: 164 n. 115 IG IX 12 1, 177: 177, 145-146 IG IX 1² 1, 179: 171-172 IG IX 12 1, 186: 164 n. 115 IG IX 12 1, 188: 139 n. 51, 140-147, 172 n. 143, 1 IG IX 12 1, 189: 174 n. 148 IG IX 12 1, 192: 164 n. 115 IG IX 12 1, 193: 174 IG IX 12 2, 207: 79 n. 5, 80 n. 7, 81 n. 9, 110, 113

IG IX 12 2, 208 a, c: 103 IG IX 12 2, 209 b: 103 IG IX 12 2, 212: 93 n. 42, 110 IG IX 12 2, 241: 147 n. 73 IG IX 12 2, 244: 111 IG IX 12 2, 388: 109 n. 79 IG IX 12 2, 390: 93-94, 100 IG IX 12 2, 391-392: 111-112 IG IX 12 2, 391-393: 112 IG IX 12 2, 393: 81 n. 8, 112 IG IX 12 2, 573: 84-86, 98 IG IX 12 2, 579: 82 n. 11 IG IX 12 2, 582: 103 IG IX 12 2, 583: 103 IG IX 12 2, 588: 122, 165-166 IG IX 12 3, 609: 86 n. 20 IG IX 12 3, 618: 148-149, 160, 163 IG IX 1² 3, 625 a: 149, 163 IG IX 12 3, 632: 178 e n. 152 IG IX 12 3, 634: 178 IG IX 12 3, 638: 178 IG IX 12 3, 639: 178 IG IX 12 3, 640: 178 IG IX 12 3, 717: 86 n. 20 IG IX 12 3, 718: 86 n. 20 IG IX 12 4, 789: 11 n. 30 IG IX 12 4, 796: 35 IG IX 12 4, 798: 5 n. 4, 14-15, 21-24 IG IX 12 4, 799: 17-18, 20, 23, 26, 56 n. 188 IG IX 12 4, 865: 16-17, 22-23 IG IX 12 4, 865-872: 16 n. 52 IG IX 12 4, 866: 17-21, 23 IG IX 12 4, 867-872: 25 IG IX 12 4, 868: 22-23 IG IX 12 4, 871: 20 n. 65, 23 IG IX 12 4, 882: 25 n. 78 IG IX 12 4, 1140: 12-13 n. 33 IG IX 12 4, 1475: 11-12 IG XII 1, 128: 27 IG XII 9, 234: 71 n. 29

INDICE DELLE FONTI

IG XIV 208: 5 n. 7 IG XIV 209: 5 n. 7 IG XIV 211: 5 n. 7 IG XIV 212: 5 n. 7 IK Sestos 1: 71 n. 29 Maier GMBI nr. 59: 41-42 n. 141 McCabe, Ephesos nr. 499: 101 McCabe, Miletos nr. 419: 24 n. 73 McCabe, Miletos nr. 420: 24 n. 73 McCabe, Teos nr. 59: 143 n. 63 Osborne-Rhodes, GHI II 128: 130 Rhodes-Osborne, GHI 22: 86 Rhodes-Osborne, GHI 24: 86 Rhodes-Osborne, GHI 35: 124, 128, 129 n. 13, 132-133 Rigsby 1996, nr. 67: 172 n. 142 Rigsby 1996, nr. 77: 172 Rigsby 1996, nr. 78: 172 Rigsby 1996, nr. 168: 109 n. 79 SEG 1: 94: 35-36 SEG 11: 60: 6-7 SEG 14: 375: 128 n. 9 SEG 15: 412: 56, 58, 67-68 SEG 23: 189: 102, 104, 109 n. 79 SEG 23: 398: 172 n. 143 SEG 25: 331a: 6-7 SEG 25: 331b: 6-7 SEG 25: 332: 6-7 SEG 28: 398: 179

215

SEG 28: 408: 130 SEG 30: 990: XIV, 5 n. 7, 6-12 SEG 34: 355: 104 n. 70 SEG 35: 665: 9, 10 n. 25, 11, 35 nn. 113114, 36 nn. 118 e 121 SEG 36: 331 A: 82 n. 11, 95, 103, 105106, 109 n. 79, 117 n. 96 SEG 38: 1476: 8, 154 n. 88 SEG 38: 521: XV, 68-74 SEG 41: 511: 66 n. 11 SEG 41: 540: 35 SEG 45: 685: 64-68 SEG 47: 1563: 143 n. 62 SEG 48: 588: 161 n. 107, 165-166 SEG 52: 48A: 15 n. 48 SEG 53: 503: 17-18, 20, 22-23, 26, 58 SEG 58: 816: 10 n. 25 SEG 59: 582: 16 n. 50 SGDI II 1349: 39 n. 133 SGDI II 2051: 166 n. 122 SGDI II 2070: 148, 160, 162 SGDI II 2135: 166 n. 122 SGDI II 2139: 148 n. 75 SGDI II 2702: 171 n. 139 Syll.3 141: 5-6 n. 7 Syll.3 546A: 177 Syll.3 610: 176-177 Syll.3 622: 174-176 Syll.3 668: 157 n. 93 Syll.3 826E: 177 n. 150 TAM II, 2: 71-72 n. 29 Tessere Pubbliche, nr. 83: 72 n. 31

Indice dei nomi

1. Nomi geografici, politici, etnici e di suddivisioni locali Abantes: 50 n. 164 Acarnania, Acarnani, koinon degli A.: XIII-XVII, 32-33, 35 n.  113, 36, 37 n.  125, 40 n.  135, 49, 77-122, 124, 129-130, 134, 136, 147, 149-154, 158, 163, 166-167, 171, 184-187 Achei, koinon degli A.: 80-81, 83, 119 n. 104, 136, 152 Achaia Phthiotis: 140 n.  56, 145-147, 149 n. 76, 159, 187 Acheloos, fiume: 34, 87 n. 23, 101 Agraioi: 107, 109, 134 Agrinion: 80, 102-103, 163 Aiolis: 123, 149-150, 160 Akrai: 5-6 e n. 7 Akraiphiai: 107 Akripos: 103 Aktion: 80 n. 7 Alkinoos, porto di Corcira: 18-19. Alyzeia: 102-104, 106-108, 113, 120-122 Amantia, Amantes: XV n.  8, 50 n.  164, 63 n. 1, 66 n. 10, 73, 74 n. 36 Ambracia, Ambrakiotai: XIII n.  7, XIV, 3, 4 n. 2, 9-10, 12, 25, 26-40, 48-51, 88, 90, 96, 99-100, Ambracia, golfo di: 36 n. 121, 99, 100 Ambrakos: 27, 37 n. 124, 38, 40 Amphilochia, Amphilochoi, vd. Argos Amphilochikon Amphineis, suddivisione loc. – Apollonia: 56, 58-59, 68 – Corcira: 17, 20, 25

Amphissa: 85 n. 19, 169 n. 32, 174-176 Anaktorion: 90, 93, 98 n.  53, 103-105, 107 n.  75, 108, 110, 113-114, 118 n. 99, 120-122 Anapsioi: 173 n. 144 Andreatai: 176-177 Antikythera: 9-10 Antoniniane, phyle (Efeso): 30 Aoreis / A(w)oreis, suddivisione loc. – Corcira: 9, 17, 20, 23-25 – Corinto: 6, 8, 9, 24 Aperantes, Aperantia/Perantia: 134, 177, 180 Aphionas: 24 n. 74 Apodotes: 126-127, 134, 151-152 Apollonia, Apollonatai: XIV-XV, 3, 9-10, 11 n. 30, 23, 25 n. 75, 26 n. 80, 44, 48, 50-61, 63-73, 185-186 Arachthos, fiume: 35, 37 Arcadia, Arcadi, koinon degli A.: 29, 38, 81, 159 Argithea: 36-37 n. 122 Argo (Peloponneso): 15 n. 47, 102, 104, 106, 109 n. 79, 117 n. 96 Argos Amphilochikon, Amphilochoi: 49, 85 n. 19, 88, 95-100, 103-104, 185 Arysaioi: 179 Astakos: 103, 105, 107 n.  75, 108, 113, 122 Atene, Ateniesi, Attica: 6 n. 14, 15 n. 48, 35 n. 113, 42 n. 144, 47, 77-78, 81-83, 87-91, 93 n. 42, 95 n. 1, 96-98, 103, 105, 107 n.  75, 108, 110, 113, 122, 124-125, 128, 139, 168-170

218

INDICE DEI NOMI

Athamania, Athamanes, koinon degli A.: 35-36, 38 n. 128, 97 ν. 51, 177 n. 151 Atintanes: 73, 60 n. 200 Attaleis, sub-ethnos (Etolia): 177-178 Azania, Azanes: 29 Balaieitai, koinon dei B: XIV-XV, 63-64, 66, 68-74, 185 Bembinaioi, Bembine phyle (Efeso): 30 Bennaioi, Benna, vd. Bembinaioi Beozia, Beoti, koinon dei B.: 28, 32, 8081, 88, 104-106 n. 70, 110, 116, 119 n. 104, 129, 158-159, 167-168, 186 Bo(u)ttos, Bo(u)t(t)ioi: 178-179 Bomieis: 126 Boutaieis: 178-179 Bouthrotos: 9 n. 20, 10, 30 n. 106 Byllis, Bylliones, koinon dei B.: XV n. 8, 10, 63 n. 1, 66 n. 10, 68 nn. 17-18, 70, 73, 74 n. 36 Calcidica, penisola: 100 n. 58 Capo Mykale: 53, 181 Caria: 32 Chaironeia: 89, 90, 107 Chalai: 145 Chaleion: 86 n. 20, 98, 99 n. 55 Chalkis (Eubea): 50 Chaones, koinon dei C.: XVII, 91 Charadros: 9-11, 35-37 Cirene: 28 n. 88, 72 Corcira, Corciresi: XIV, 3, 5, 9-11, 12-26, 41 n. 138, 43, 44 n. 149, 47, 50 n. 163, 51, 56, 58, 60, 70 n. 26, 73, 90 Corinto, Corinzi: 3-12, 13, 23, 26 n. 80, 33-34, 37-40, 41 n. 140, 43-44, 47-48, 50-56, 59, 60, 77-78, 87, 91 Corinto, golfo di: 123 Creta, Cretesi: 28 n. 88, 112, 174-176 Daian: 150-151 Dastiadai: 178 Delfi: 29 n.  92, 50 n.  164, 86, 95, 102, 124, 136, 138 n.  47, 146 n.  69, 148, 151, 165 n. 118, 167 n. 125, 168, 173 n. 144, 174, 176, 177-179

Delos: XIV, 5 n. 7, 6, 8, 12 Demetrias: 147 n. 74 Demphis: 167 Derion, Derieis: 80, 102-108, 163 n. 112, Dexamenai, meros (Ambracia): 27-39 Dexamenaioi: 27, 32 Dexieis: 150 Dimale, vd. Dimalla Dimalla, Dimallitai, koinon dei D.: XIVXV, 63-68, 185 Dodecapoli Etrusca: 118 Dodona: 9 n. 20, 10, 37 n. 125, 39 n. 133 Dolopia: 177 n. 151 Dori: 44, 47, 155-156 Dori della Metropoli: 154, 156 Doride: 151, 157, 159 Dori, koinon dei D.: 158 n. 96 Dorikon telos (?): 154-157 Dymanes, phyle – tripartizione dorica: 3 n. 1, 5, 8, 14, 24 – Corcira (?): 23 – Kerkyra Melaina: 5 n. 7, 6 Dyme: 28 Dyrrhachion (Epidamnos): 43 Dyspontion: 44, 49 n. 161, 52-53 Echinos, Echinaioi: 36 n. 121, 82-83, 87 n. 22, 103, 105, 107 n. 75, 108, 110, Efeso, Efesii: 29-31 Egnatia, via: 51 n. 168 Eiteaioi: 179 Elaos: 177 Elide: 131 Elis: 131 Eoitanes: 179 Ephesioi, phyle (Efeso) Epidamnos, Epidamnioi: XIV, 3, 10-11, 41-49, 51 n. 168, 52-53, 60 n. 200, 65, 73, 185 Epidauro: 82 n. 11, 95 Epiro, Epiroti: XVII-XVII, 9-10, 33 n. 106, 35, 39, 63, 112, 113, 114 n. 88, 126

INDICE DEI NOMI

Epouia, vd. Paralia, antiche denom. di Ambracia Eretria, Eretriesi: 13, 71 n. 29 Erinaios: 151 Ertaios: 150 Erxadieis, Aitoloi Erxadieis: 1301-31 Etolia epiktetos: 136-137, 149 Etolia, Etoli, koinon degli E.: 67 n. 15, 72 n. 29, 77, 85 n. 18, 92, 109-110, 112115, 123-180, 185, Eubea, Euboici: 19, 112, 50 n. 164 Euenieis(?), suddivisione loc. (Apollonia): 58 Eumolpidai, genos (Atene): 125 Euonymoi, phyle (Efeso): 30 Euripos: 103, 105, 107 n. 75, 108 Eurytanes: 126-127, 134, 152 Euthresioi: 29 Focide, Focidesi: 167-168, 176, 185 Galati: 164, 169 Genderrhos: 30 Gitana: 9 n. 20, 10 Gylakeia, antica denom. di Apollonia: 50-51 Hadriane, phyle (Efeso): 30 Herakleia (Acarnania): 36 Herakleia (Athamania): 36 Herakleia (tra Louros e Arachthos): 35, 37-38 Herakleia sul Latmos: 143 n. 62 Herakleia Trachis: 168-170, 171 n. 138 Hiereis (Malis): 40 Hippothoieis, suddivisione loc. (Apollonia): 59-60 Hyettos Hyllaikos, porto di Corcira: 18-19 n. 58, 24 Hylleis, phyle – tripartizione dorica: 3 n. 1, 5, 8, 14, 24 – Corcira: 5, 14-16, 21-23, 24 n. 74, 25 Hylloi, ethnos illirico: 14 n. 46, 16 n. 50

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Hyporeiai: 102, 103 Hysiai, vd. Hyettos Ionia, Ioni: 181-185 Ionio, mare: 43, 51-52, 66 Issa: 5-6 n. 7 Istorioi: 178, 151 Kallipolis, Kallipolitai: 157 n. 94, 179 Kalydon: 123 n. 1, 136, 146, 149 n. 76, 154 n. 86, 160, 172-173, 177 Kamarina: 19, 24, 25 n. 77, 72 Kampylos, fiume: 180 Kaphreis: 178 Karandai: 142 Karneaioi, phyle (Efeso): 30 Karystos: 112, Kassandreia: 142 n. 62 Kephallenia: 91 Kerkyra Melaina: 5-6 Kerykes, genos (Atene): 125 Kyrrhos: 29-30 Kolophon: 145 n. 67 Kopai: 107 Kopais, lago: 107 n. 74 Koroneia, vd. Kraneia. Koronta: 94, 103, 105, 107 n.  75, 108, 113, 120-122, Kouretes: 32 Kraneia: 37 Krenai: 95 Kynourioi: 29 Kytinion: 154-159 Kyzikos: 41 n. 141, 109 n. 79 Lacedemoni, vd. Sparta Lamia: 145, 157 n. 93, Larissa: 147 n. 74 Leleges: 32-33 Leukas: XIII n.  7, 11 32-33, 48-49, 90, 103-106, 107 n.  75, 108, 111, 113114, 116-118, 120-121 Liburni: 13, 43 Limnaia:94, 103, 105, 107 n.  75, 108, 113, 122 Litai, suddivisione loc. (Apollonia): 58

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INDICE DEI NOMI

Locresi Opunzi, vd. Opous Locride Occidentale, Locresi: 25 n. 7, 32, 48, 85-86, 89, 98, 123-124, 135-137, 149, 150-153, 178 Locride Ozolia, vd. Locride Occidentale Lokrikon telos: 148, 160-163 Louros, fiume: 35 Lysimacheis: 150-151 Macedonia, Macedoni: 29-30, 33, 77, 119, 136, 145 n.  67, 146-147, 169170, 179-180 Machchidai / Machiadai / (H)omakchiadai – Corcira: 9, 18, 23, 25-26 – Corinto: 6, 8-9, 26 n. 80 – Apollonia: 9, 55-58, 60 Magnesia al Meandro: 11 n.  30, 42 n. 142, 72, 133 n. 88, 114, 117, 120, 138 n. 47, 172, Mainaliοi: 29 Makynea: 136-137 Maliaco, golfo: 126 Mandarai, Mandaraioi: 29-30 Medeon: 142 n. 62, Medion: 103-105, 107 n.  75, 108, 109 n. 79, 113, 115, 120-121 Megalopolis: 83, 169 n. 132 Megara, Megaresi: 32, 93 Melitaia, Melitaieis: 139 n. 51, 140-147, 149 n. 76, 153, 159-160, 172 n. 143, 177, 186-187 Messapioi (Locr.): 85-86 Messene: 11, 33 n. 106 Messeni: 126, 170 n. 134 Metapa, Metapioi: 85 n. 18 Mileto: 24, 181 Mitilene: 174 n. 148 Molossia, Molossoi, koinon dei M.:XVIIXVIII, 11 n. 27, 12, 35 n. 113, 36, 113, Mutina: 118 n. 100 Narthakion: 145 n. 67 Nateia: 177 n. 150

Nemea: 82 n. 11, 95, 102-103, 105-106, 109 n. 79, 117 n. 96 Nomenaioi: 179 Naupaktos: 86 n. 20, 99 n. 55, 123, 135138, 146, 148, 163, 171 n. 138, 173, 178 Oaxos, Oaxioi: 174-176 Oiantheia: 25 n. 78, 86 n. 20 Oinapsioi, vd. Anapsioi Oiniadai: 80, 87 n. 24, 89, 91, 102-103, 105, 108, 113-115, 121-122, 127, 136, 148-150, 154 Oitaia: 151 Olimpia: 35-36, 52, 114, 120 Olpai: 85 n. 19, 88, 93-100, 185 Olynthos: 100 n. 58 Ophioneis: 126-127, 134, 150, 152 Opouioi, vd. Epouia Opous: 99 n. 55 Orchomenos (Beozia): 89, 104, 107 Orikos: 13 n. 38 Orrhaon: 37 Palairos: 103-105, 107 n.  75, 108, 113, 121 Pamphylioi, phyle – tripartizione dorica: 3 n. 1, 5, 8, 14, 24 – Corcira (?): 23 Panionion (Capo Mykale): 181 Paralia, Paralioi – Ambracia: 39-40 – Attica: 40 n. 134 Paralos, Paralioi (Malis): 40 n. 134 Parrhasioi: 29 Parthini, ethnos illirico: 60 n. 200, 65 n. 8 Patrike synteleia, 152 n. 81 Perantia, vd. Aperantia Pereia, Pereis: 139 n.  51, 140-147, 149 n. 76, 153, 159-161, 165 n. 120, 172 n. 143, 186-187 Perinthos: 15 n. 47 Perrhaibia, Perrhaiboi: 134, 77 n. 151 Peuma: 142 n. 62, 145 n. 67

INDICE DEI NOMI

Phaistos: 112 Pharkadon: 169 n. 132 Pharsalos: 147 n. 74 Philippoi: 147 Philotaieis: 179-180 Philow[- - -], phyle corcirese: 22, 23, 25 Phistyon: 176 Phlious: 6 n. 9, 7 n. 11, 8-9 Phoinike: 157 n. 94 Phoitiai: 93-95, 100, 102 n. 63, 103, 105, 107 n. 75, 108, 113, 115, 121 Phokrea / Phokra / Phokros?, vd. Phokreis Phokreis / Phokreanes: 113-114, 120-121 Phyleia: 103 Phyliadon: 142 Physkeis: 148, 151 Phytaieis: 150 Phytia, vd. Phoitiai Pidasa: 143 n. 62 Pindos, monte: 37 n. 122 Pisatide, Pisatai: 52-53 n. 154 Politai, suddivisione locale – Apollonia: 26 n. 80, 58 – Corcira: 17, 23, 25-26 Poteidanieis: 150-151 Prantis ge: 167, 107-109 Pras, vd. Prantis ge Prasaiboi, koinon dei P.: 9 n. 20, 12, 33 n. 106, 74 n. 36 Pyraiboi, vd. Perrhaiboi Rodi: 27, 72 Roma: XVII, 60, 73, 146, 157 n. 92, 177 Sardegna: 181 Sauria: 80, 108 Sebaste, phyle (Efeso): 30 Sicilia: 5 n. 6, 10, 13, 90 Siracusa: 5-6, 13-14, 22 Sisyrba, Sisyrbitai, meros (Efeso) Smirne: 68 Smyrnaioi – (Efesii): 31 n. 99 – chiliastys (Efeso): 31

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Sparta: 44, 78, 89, 91, 104 n.  70, 122, 126-127, 130-131, 157 n.  93, 168, 170 n. 134 Stiris: 142 n. 62 Stratikon telos: 115, 136, 147-148, 150, 152-154, 161-162, 166 Stratos, Stratioi: XIV, 80-83, 91-95, 100101, 103, 105, 107-109, 111-114, 148, 149 n.  77, 150, 153, 157 n.  94, 158, 163, 166, 185-187 Styra: 19 Taranto: 66 Taulanti: 43 Tauromenio: 10 Tebe (Beozia): 54, 104, 133 Teioi, phyle (Efeso): 30 Teleboi: 32 Telmessos: 72 n. 29 Teos: 143 n. 63, 174 n. 148, 182-183 Tera: 52 Tesprozia, Thesprotoi, koinon dei Th.: XVII, 9, 12 Tessaglia, Tessali, koinon dei T.: XII, 28, 40, 124, 138 n. 46, 145 n. 67, 151, 162 n. 110 Tetraphylia: 36-37 n. 122 Thebai Phthiotis: 147 Therminea: 103 Thermos: 72 n.  29, 85 n.  18, 114, 119 n. 105, 127, 130 n. 16, 131-132, 148, 160, 168, 172 n. 142, 174, 176, 178, Thestiai: 172 n. 143, 179 Thronion: 50 n. 164, 173 Thyrrheion: 92, 103-105, 107 n.  75, 108, 111, 113, 115-116, 120-122, 147 n. 73, 148-149, 154 Torybeia: 102-104, 106, 107 n. 75, 108 Trachinioi, meros (Malis): 40 Trapezountioi: 29 Trichonion, Trichonioi: 67 n.  15, 125, 129, 132, 135, 138, 160, 186 Trichonis, lago : 151, 160, 179 Trikka: 162, 169 n. 132

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INDICE DEI NOMI

Troia, Troiani: 13, 26 n. 80, 50 n. 164, Tyrbeion, vd. Torybeia. Xanthos, Xanthioi: 8, 154-158 Xyniai: 145 n. 67, 146, 153, 177 YNTHI(?)anes, phyle corcirese: 23, 25 Zakynthos: 91. 2. Personalità, divinità, eroi Acheloios: – eroe: 34 – dio fluviale: 101 Afrodite: 5 n. 7, 55, 56 – Syria: 176, 179 Agesilao II, re di Sparta: 80-81, 129-130 Aitolia, personificazione: 168 Aitolos, Aitoloso f. di Endymion, eroe: 131 Alessandro I il Molosso: 11 n. 27 Alessandro II re d’Epiro: 11 n. 27, 77 Alessandro III Magno: 133, 136-138 Aletes, ecista: 4, 8 Ambrakia, f. di Phorbas: 27, 33-34 Amphineus, nothos di Ettore: 26 n. 80 Amynandros, re degli Athamanes: 36 n.  122 Antigono I Monoftalmo: 132 n. 27, 143 n. 63 Antigono III Dosone: 83, 154 n. 89 Antioco III il Grande: 140, 154 Antipatro, generale macedone: 127, 169170 Aor, suocero di Aletes: 8 Aoris, eroe: 6 n. 9 Apollo: 34 n. 108, 36 n. 118, 50 n. 164, 64 n. 3, 151 n. 80 – Aktios: 93, 114, 116, 118 n. 99, 120121 – Metthapios: 84 n. 16, 85 Archelaos, politico acarnano: 118 n. 103, 119 Arkas, eroe: 29

Artemide: 12 n. 33, 34 n. 108, 36 n. 118, 151 n. 80 – Leukophryene: 11 n. 30, 42 n. 142, 109 n. 79, 120, 138 n. 47 Asclepio: 178 Asopios f. di Phormion, generale ateniese: 89 Atena Kyrrhestis: 30 n. 94 Attalo I Soter: 177-178 Azan, eroe figlio di Arkas: 29 Baebius A., comandante romano: 139 Bianor, politico acarnano: 118 n. 103 Biante di Priene: 181-183, 185 Brenno, comandante dei Galati: 169 Cassandro di Macedonia: 79-80, 102 n. 64, 180 Charikrates, vd. Chersikrates Chersikrates, ecista bacchiade: 12-13, 24 Cipselo, tiranno di Corinto: 26, 36 n. 118, 39 n. 131 Ciro il Grande: 182 Cratero, generale macedone: 127 Deianira: 34 Deiphonos, f. di Euenios: 53 n. 175, 59, Demetra Eleusina e Kore: 125 Demetrio Poliorcete: 161 n. 107, 165-169 Demonatte di Mantinea: 28 n. 88 Demosthenes, generale ateniese: 88, 90, 97-98, 126-127 Dexamenos, eroe: 27, 33-37, Dioniso:14, 67-68 Endymion, re eleo: 131 Epaminonda: 129, 106 n. 70 Epikles di Oaxos: 174-176 Eracle: 33-35, 36 n. 118, 43 Euenios, mantis: 48, 53-54, 59 Eumene II re di Pergamo: 171 Eurylochos, generale spartano: 85, 91, 94, 96 Filippo II re di Macedonia: 34 n. 108, 77 n. 1, 136

INDICE DEI NOMI

Filippo V re di Macedonia: 36 n.  122, 115, 119, 132 n. 24, 146, 170 n. 134, 177 n. 151 Gea: 34 Gorgo, ecista cipselide: 26, 38, 51 Gylax, ecista corinzio (cipselide?): 50-51 Helios: 27, 33-34 Kallirhoe, ninfa: 101 Karphinas, generale acarnano: 90 Lelex: 32-33 Lykiskos, generale etolico: 139 Mesolos, padre di Dexamenos: 27, 33 Oxylos, eroe: 131 Peducaeus Cestianus, retore: 50 n.  163, 54 Periandro, tiranno di Corinto: 14, 25, 5051 Pericle: 87 n. 24 Perseo re di Macedonia: 140 Phaleas di Chalkedon: 184 Phalios, ecista f. di Heratokleides: 42, 44

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Philolaos, legislatore bacchiade: 54 Phorbas, figlio di Helios: 27, 33-34 – Phorbas-Acheloos: 34 n. 110, 37 Phormion – generale acarnano: 90 – generale ateniese: 87, 89-90, 96 – acarnano, naturalizzato ateniese: 90 Pirro re d’Epiro: XIII n. 7, 11 n. 27, 65 n. 8, 80 n. 7, 165 n. 118 Platone: 184 Poliperconte, ufficiale macedone 169 Polites, figlio di Priamo: 26 n. 80 Psammetico, f. di Gorgo di Ambracia: 25 Sette Sapienti: 181 Sisyrbe, amazzone: 29-31 Smyrna, amazzone: 30 n. 95, 31 Talete di Mileto: 181-183, 185 Teleboas, nipote di Lelex: 32 Tisippos, generale etolico: 139, 140 n. 54 Tolemeo IV Philopator: 154 Zeus di Olimpia: 35, 50 n. 164

Finito di stampare nel luglio 2019 da Litogì S.r.l. in Milano per conto delle Edizioni dell’Orso