Le elezioni e il broglio nella repubblica romana

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Le elezioni e il broglio nella repubblica romana

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STUDIA

HISTÓRICA 84

IGINIO GENTILE

LE ELEZIONI E IL BROGLIO NELLA REPUBBLICA ROMANA

«L'ERMA» di BRETSCHNEIDER - ROMA 1971

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REPUBBUCA ROMANA.

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HISTÓRICA 84

IGINIO GENTILE

LE ELEZIONI E IL BROGLIO NELLA REPUBBLICA ROMANA

BDIZIONE ANASTATICA

"L'ERMA" di BRETSCHNEIDER - ROMA 1971

UBTAMPA

ANASTAIICA

Soc. Multigrafica

DBLL'EDIZIONE

MILANO

1879

Vie Quattro Venti - 52/a • Roma

Alio studio délie antiche costituzioni, considerate nella loro essenza e nelle viœnde del loro svolgimento, oggi più che mai desiosa si rivolge la nostra mente; giacché per le istituzioni che ci reggono e per la prova che íacciamo nelle ulili battaglie délia liberta, sembra questo studio animarsi d'un nuovo palpito di vita. Fra i primi che scrissero délie antiche assemblée popolari romane s'incontra un bel nome italiano, quello di Paolo Manuzio, il cui libro de Comitiis romanorum, rimasto incompiuto, fu poi ritoccato e pubblicato dal figlio

VIII

Aldo.' L'opéra del Manuzio era pero stata preceduta da altra piu estesa ed accurata di Nicola Grucchio, la quale puô dii*sí aver posto il fundamento agli studj successivi.* Ma questa parte della storía s'illuminó di maggior luce e s'innovó per le idee apportatevi da Giofgio Niebuhr, da cui derivó lo spirito e si alimentó il pensiero dei romanisti moderni. Uno studio delle antiche assemblée popolari romane dovrebbe ûbbracciare la tríplice loro funzione: elettorale, legislativa, giüdiziaria. Ma il lavoro che ora si presenta agli Studiosi si restringe a considerare le assemblée soltanto nella prima di quelle funzioni ; e contenendosi neli'àmbito modesto di riassumere ed ordinäre quanto v*ha di meglio accertato ín tale materia, esso intende a questo scopo : esporre i principa del diritto elettorale deli'antica cittadinanza romana, seguirlo nella storia del sue svolgimento, chia1 Pauli Manutii ; líber de Comí tiis romanorum. Bononiae, 1585. * NicolaeQrucchü Rothomagensis; de Comitiis romano* rum libri 10. Lutetiae, 1555.

mrire i modi del suo esercizio, segnare quai sia stQto il periodo del suo fiorire e della decadenza, e quali i suoi eífetti nelle vicende della grande repubblico. Le fonti di questo studio vanno cosi ordinale |^ le storie di Tito Livio, delle quali troppo il tempo ci ha invidiato; le orazioni di Cicerone, singolarmente quelle in difesa di Licinio Murena, di G. Plancio, di G. Silla, che si riferiscono a casi di corruzione elettorale ; le sue lettere, e le opere di polilica; lo serillo di Quinto Cicerone inlilolato de petitione consulatus. Seguono, specialmente per leelezioni neirultimo secólo della repubblica, le opere di Sallustio, di Vellejo Patercolo, di Dione Cassio, di Appiano, di Plutarco ; e per la ricerca degli ordinamenti politici, i libri di Dionigi d'Alicarnasso e i frammenti del libro VI delle storie di Polibio. Fra le opere moderne, lasciando di ricordare le piü insigni storie di Roma, la natura del tema mi richiamava particolarmente ai trattati d*antichità romane, ed agU studii di qualche singóla questione. II lettore trovera a suo luogo gli opportuni riferimenti

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ai lavori di Mommsen, di Becker, di Lange, di Peter, di Zumpt, di Rinkes, di Belot, di Madwig. Per la storia del diritto romano ho seguito Topera d'un egregio scrittore troppo presto rapito agli studj italiani, Guido Padeletti. Che con questi tre capitoli io abbia pórtalo alcun che di nuovo nello studio delle assemblée elettorali romane non osa affermare; mió primo scopo fu di riassumere nel miglior ordine i caratteri e le vicende principali del diritto elettorale, delle candidature e del broglio; e cosí contribuiré pro virili parte alia coltura genérale. Se alcun lettore più di me erudito in quest'argomento trovera ovvie molte delle cose qui esposte, correndo alia fine dei capitoli e aU'ultima conclusione veda se il volume é da gettarsi senza valere un'occhiata di più. Raccomandando questo libro al bel nome che vi é posto in fronte, ho voluto venderé un candido omaggio di antica amicizia. Da te, sempre fedele amico, mi venneró incoraggiamenti alio studio, da te fede ed esempio di virtü. Pregandoti d'accogUere quest'umile la-

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vom,'ben so di contrarre un nuevo debito di riconoscenza con te; ma non m'arretro al pensiero d'accrescer-e i miei obblighí, e perché tu sei buono, e perché Cicerone mi suggerisce: ese animi ingenut, cut multum debeas, ei'dern plurimum velle deberé. Müano, 20 novembre 1878. IGINIO

GENTILE.

INDICE.

CAPITULO I. Le. assemblée elettorali. Pag. SoMMARio. — La monarchia romana elettiva. — L'ûssemblea délie Curie. — Il jus suffragii. — Costituzione délie centurie ; la loro assemblea comincia colla repubblica. — Le tribu di Servio Tullio. — Aduoanze délia plebe. — Prevalenza del patriziato nelle asseniblee. — Questione política e questione sociale. — Costituirsi delPassemblea délie tribu con potere elettorale, e quindi con potere legislativo. — Eslensione del /us Buff'ragii e cause délia sua cresciuta attività. — Riforma democrática deir assemblea délie centurie. — U diritto di voto esteso all'Italia, e suo valore. — Accrescersi délie competenze elettorali deH'assemblea délie tribu. — Le cariche sacerdotali elettive. — Quali gli elettori e quale il valore del voto nel miglior tempo di Roma. — II popólo delle tribu rustiche e quelle delle tribu urbane. — I libertini. — Diminuzione e perdita •del diritto di voto. — Decadenza delle assemblée

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INDICE. popolari per il diminuiré delta classe medía o dei piccoJi possidenti, — Competenze eleltorali delle assemblée delle centurie e delle tribu. — Accen tramen to della vita política in Roma; le assemblée più non sono la sincero espressione della cittodinànzn. — Elezionr miliiari. — Pro cedimenti délia votazione per centurie, per tri bu. — Modo deîrespressione del voto. — Causo d'interruzione o d'fnvalidazione. — Oppressio ne delle assemblée, elettorali per opera di Ce sare. — Riassunto de' principali periodi dello STíluppo del diritto elettorale.

CAPITOLO II. I candidati ... Pag. 135 SoMMABio. — Impulsi alia petizione delle ma gistrature. — Jus honorum — Lotta per il di ritto dell'eleggibilitá. — Costituirsi della nobiltá curule. — Gli homines nooi. — Esclusivismo della nobiltá romana; gli optimates. — Le magistra ture gratuite e l'amministrazione delle provin cie. — Il cursus konorum. — Procedimenti délia candidatura romana. — Condizioni deli' eleggi bilità. — Preparativi e dichiarazione deîla can didatura. — La sollecitazione dei voti. — Le coalizioni dei candidati. — Presidenza delle as semblée elettorali, e particolaritá sui modi del l'elezione. — Prpclamazione degli eletti. — Con siderazîoni sulle magistrature repubblicane. CAPITOLO III. Il broglio elettorale. Pag. 221 SoMMAHio. -r- h" ambitus. — Più antiche leggi súli'ambiíus e loro carattere politico. — Cûgioni del crescere della corruzione elettorale. —'Prin cipio delle leggi suM'ambitus con carattere cri mínale, e crescente attività legislativa contro il broglio dopo i Gracchi. — Esame del valore di una votazione. — Come la maggioranza dei voti potesee consistere in una miñoranza política; e conseguente fundamento per il broglio eletto rale. — I maneggiatori del broglio. — Dell'an

INDICE.

XV

tico diritto romano d'ossociazione e di riunione. — I sodalizj 0 clubs, e loro importonza nelle elezioni. — Riassunto storico delle elezioni negli Ultimi anni dellu regubblicû, e successiva legislazione sul broglio,, — Lo legge Acilia-Colpurnia e processo Oí broglio contro Autronio Peto e C. Silla. — Delia legge Manilia nel c. 23 dell'oraz. pro Murena. — Legge Tullía. — Processo di Licinio Murena. — Lègge Licinia de sodaliciis, 6 processo di C. Plancio. — Di un caso di broglio nel 700 di R. (54 av. C). — Ultime agitazioni nelle elezioni. — Leggi e disposizioni di Pompeo contro il broglio. — Nuove leggi d'Auguato. — Le briglie per gli onori passano dalle assemblée popolari alia corte impériale.

CoNCLUSiONE

Pag. 305

CAPITOLO I, LE

ASSEMBLEE ELETTOKAU. Campus et Forum (T. Liv. IX, 46). Est haee eondido liberorum popur lorum, praeetpueque hujus prin* cipis popitli... posse suffragiie vel dore oel detrakerv quod eelit euigue. (Cic. pro Plancio. IV, 11).

Il diritto di partecipare ail'amministrazione délia cosa pubblica con un voto direttamente esercitato, e primamente il diritto di voto neireleziorie dei reggitori. dello Stato é, fin dalle, prime origini, essenziale, intima^ mente inerente alla cittadinanza romana. ' I paslori délia leggenda, convenuti a popolare la nascente città, riconoscono Romolo per copo supremo; ma pur.conferendogli la somma autorité riguai-dano ancor sempre se * Dionig. Alie, n, 14. cfr. IV, 20. GENTIL E.

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CAPITULO I,

stessi quali depositarj, quasi natural sorgente, della sovraiiità; e quanclo venga a mancare il capo eletto, cioé il re, tutta Tautoritain loro nuovamente ritorna. La potestà regia romana é dunque, giá nel primo suo nascere, nuU'altro se non la maggiore magistratura dello Stato. La monarchia surta da tal principio si mantiene, almeno nel concetto, elettiva fino alia sua dissoluzione ; ed una prima gara nell* elezione non parrebbe assui'do di ruvvisare simboleggiata nella sorte dei due fratelli Römolo e Remo, commessa agli auspicj, quando la turba dei loro seguaci giá trovavasi divisa in due fazioni, dalle quali ciascuna salutava il proprio capo per re.^ Non é adunque la monarchia delle popolazioni orientaíi, e nemmeno quella delle primitiva società greche, stretta d* intimo vincolo colla divinità, dalla quaíe si riguarda coma procedente, trasmettentesi in eredità nei discendenti persangue, e signoreggiante con assoluta potestà sopra il démos, convocato solo ad udire le decision! sovrane e non mai a deliberare. II principio della sovranità popolare ' Liv. 1. I, c. 7. Utrumque regem sua moltitudo consalutaoeraL

LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

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vige nella primitiva société romana, sorge colla prima cerchia délia Roma quadrala ; ed il concetto délia dignità elettiva é da Cicerone attribuito alla primiera popolazione délia leggenda colle parole seguenti: Nostri Uli etiam turn agrestes viderunt virtuiem et sapientiam regalem, non progeniem quaeri oportere.^ Il potere supremo in questa primitiva société non é altro se non immagine délia potestà paterna, cosi come lo Stato che si viene formando è immagine délia famiglia, ossia délia prima società naturale. L'agglomerarsi di più famiglie venne a comporre quei gruppi o nuclei che furono le gentes, sollte a paragonarsi ai clan scozzesi o ogli arabi douar. Il raccogliersi di più di questi gruppi o gentes a vivere in una medesima cerchia, sotto un comune imperio, segna il momento memorabile in cui « dalla costituzione gentilizia si passa alla costituzione política. » " Gli abitatori raccoltisi a formare la nuova comunità, quelli che componeono le gentes < Cíe. de Rep. H, 12. * G. Padeletti, Storïa del diritto romano (Firenze, 1878), p. 15.

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CAPITULO I.

Ordinate nelle trenta curien se riconoscono un capo cUe in sé accoglie le qualité di supremo duce, di sommo sacerdote e di giudice, considerano poi sé stessi come i soli oui spetti la partecipazione alia cosa pubblica, e, come tutte le antiche comunitá, si mantengono gelosi custodi del proprio diritto di fronte a qiielia nuova popoleizione che, o per adúnate clientele o per opera della conquista, viene ad agglomerarsi nello Stato, E se consentono di far parte ad altri della cittadinanza, questo é per effetto di una savia considerazione política ; onde la cittá romulea mostrandosi meno esclusiva e tenace che non fossero le altre comunitá antiche nella comunicazione dei diritti di cittadinanza, poté eziandio meglio di quelle mettere stabile fondamento alia propria potenza e acquistarsi gli elementi di più lunga durata. ' Ma tale ammissione si contenne pero sempre in certi limiti; una gelosia non cieca ma prudente * Secondo la tradizíone, già con Romolo s'incominciô l'ammissione di huovi elementi nella cittadinanza; vedi Gic. pro Balbo c. 13. — La differenza fra la política delle cittá greche verso i vinti e quella di Roma fu già messa in evidenza da Tácito, Ann. XI. 24, Non si coafondano pero le ammissioni fatte nel periodo della monorchia, che precede a Servio Tullio, con quelle £atte posteriormente.

. LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

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animô quella robusta* aristocrazia di sangue che dà il carattere a tanta parle della primitiva storia di Roma, nella quale vediamo i due principî monarchie© ed oligarchico contendere dapprima con non minor vigore di quello che facciadapoi il principio oligarchico col democrático. Morto 11 primo re già si dà l'esempio di una viva gara per Telezione del successore, * nell* agitarsi della quale sorge il pensiero di lasciar cadere l'autoritá regia e mantenere nel Senato, ossia nel corpo dei rappresentanti delle Curie, la potista. A questo tentativo contrastó il popólo, e il pensiero deil'oligarchia non ebbe effetto ; si ritornó alia monarchia, con un primo esempio della tendenza al potere personale più facile nelle moititudini di quello che nelle ristrette aristocrazie. Come vediamo adombrata nei primordí della storia la lotta fra la monarchia e 1* oligarchia, vi vediamo eziandio accennati gli inNel primo caso Tammissione nella cittadinanza implica l'ammissione in una gens^ cíoe nel pátriziato; ma tali ammissioni, di cui si fu liberalí durante il t«mpo della monarchia, si restrinsero, anzi cessarono al tutto coiristitxizione della Repubblica. Cfr. Mommsen, Römische ForschungeOj.L 1. * T. Liv. r, 17. Certamen regni..

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CAPITOLO I.

dizj di contrasto fra successione ereditaria ed elezione. Anco Marzio, il quarto re, si raccomanda per la parentela con Numa. I figliuoli di lui sono allontanati dalla reggia al tempo della convocata assemblea, nella quale Tarquinio ambi ed ottenne il regno. Sono ancora i figli di Anco che con un regicidio cercano la via al trono ; e se tuttavia ii regno pervenne a Servio non fu- già perché, ritornata neí popólo la sovranitá, esso con libera elezione abbiasi riconosciuto un nuovo capo, ma bensi fu per violenta usurpazione, emendata solo piú tardi da una ricognízione popolare, Quando col regicidio la discendenza di Tarquinio gíunge al potere, essa, colla nozze di TuUia, tiene ai re precedenti per doppio légame di parentela ; e in questa discendenza puö dirsi che si compia la successione ereditaria, non discompagnata da quelle tragédie di cui l'ambizione .di dominio suole funestare le reggie, e da cui hanno origine le tirannie. Releghiamo pure nella leggenda la particolaritù di questa narrazione; tre fatti emergono tuttavia evidenti, e sono: la sovranitá popolare originaria con Roma stessa ; la loltâ fra il principio oligarchico ed il monarchico ;

LE ASSEMBLEE ELETTOBALI.

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e una sempre crescente tendenza alla signoria eredilaria. Quests tendenza fu arréstala dalla rivoluzione, che riportö intera nel popólo la sovranità e stabili saldo il principio délie magistrature elettive, richiamando a vitalissima funzione il vecchio ed ormai inerte diritto del suñragio popolare. Ma quai era questo popólo e dentro quali Jimiti stava contenuto il suo diritto elettorale, al tempo in oui a\-venne la rivoluzione da cui sorse la repubbliça? I primi abitatori di Roïna, quelli che la tradizione ci presenta ordinati nelle tre tribu e nelle trenta Curie, formanti le gentes — legate in origine da affinità di sangue, ma in seguito per sola comunitâ.di nome e di religione, per diritli di successione e per reciprocanza di doveri ^ — costituiscono il primiero populus ; cosicclié le denominazioni > Molti scrittori, sulla scorta di Kiebuhr^ non riconoscono nella gens un originario légame di sangue, vsdeudo in essa solo un corpo politico. La deñnizione principale è quella di Cicerone (Top. 6, 29), dove pero la gens è considerata da un punto di vista giuridico anziehe etorico; e resto per molte oUre prove evidente ehe il concetto di gens implica una comune origine di sangue. Vedi il recente scritto di H. Oenz: Das patricische Rom. (Berlino, 1878), c. 1. — Cfr. Padeletti, St. del dr. rom. c.XI e note.

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CAPITULÓ I.

gentilis» patricius e ciois altro non sonó se non tre aspetti d'un medesimo concetto. Gostituitasi la cittadinanza di un dato numéro di tali gentes, queste si stabiliscono come un principio o diritto di non ammettere nella qualitá di cittadini persone che siano fuori della lorocerchia;^ esse sole costituiscono il popólo, solo i membri che ad esse appartengono godono dei pieni diritti della cittadinanza, formando il corpo político, la curia, in cui risiede la sovranità, che coU'attodell'elezione si conferisce al re: " Ma non sonó essi soli a formare la popolazione residente nal Comune ; essi primi occupatori delsuolo, vincitori o discendenti di vincitori, accolgono intorno alie loro case turbe çli primitiviabitatori della regione, sia che questi, vinti ed assoggettati, * Ruggero : « Lo Stato e il diritto di citt&dínanza in Koma;i> negli Atti deU'Accadérnia de^ Lince), 18T6T7. * Curia,corpo dei virioduomini d'arme; membri delle Curie aono i guerrieri, i Quirttes, sta che il vocabolo dica gli 1 astQti 9 oppure « i componenti la curia, queyi che vi hannodiritto di voto. »Cfr Lange, Rom. Alt. I, p. 79. Che le Curie si componessero solo delle gentt patrizie e che solo di patrizt si formasse la prima assemblea romana ô Topinione prima esposta da Niebuhr e seguita dgl più degU scrittori. Ma il principe de' romanistí moderni, Mommsen, combatte quest'idea nelle sue «Römische Forschungeon. Vedi di cía Padeletti, Storia del diritto rqraano p. 36. seg.

LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

ÍÍ

conservassero tuttavia la personale liberta, rimanendo a coltura di quoi campi che ormai più loro non spettavano in possesso, sia che, bisognosi di soccorso per voluntaria soggezione sí accogUessero intorno a grandi cásate, onde nacquero in época lontanissima, anteriore alia storia, le relazioni quasi feudali fra i possessori del sucio e parte dei lavoratori di esso, formandos.i le due classi dei patroni e dei clienti.* In mezzo alle turbe dei clienti, una volta che è surta la cittá e si da principio alio Stato, grandeggiano le' case dei veri cittadini, i quali si aggruppano e si associano per più vincoli costituendo la classe dominante, cui solo spettano i diritti pubbüci e i privati, religione, -possesso, voto nelle Curie, rappresentanza nel Gonsiglio del re. A questo primo núcleo di società viene ben presto ad aggiungersi un nuovo elemento. II Coniune, pre frequenti immigrazioni da paesi vicini, vede aumentare la sua popolazione; mentre insieme, per opera della conquista, il paese * CUens da Ayu, oboedio. La clientela è istituzione non solo romana ma itálica; e i clienti soglionsi ritenere come primitivi abitatori d'Italia assoggettati da popolazíoni immigranti. Ma Torigine non deve star solo nella conquista, bensi ancora, se pur non interamente, in -un spontaneo assoggettamento. Padeletti, p. 2 e 12.

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OiPITOLO I.

d'intorno viene assorbitö nella potenza délia crescente città, alla quäle ormai esso forma di contado. La popolazione abitante e colti-. vante questo suolo non ê perô incorporata plenamente nello State romano; non ha più la indipendente sovranità deî proprio Comune ed ancora non partecipa a quella del Comune nuovo, nel quale é risguardata solo corne mol-, titudine o plebe, ^ Resident! nello Stato romano, liberi proprietarî délie terre che coltivano, questi nuovi venuti non hanno tuttavia parte alcuna nelle Curie, non hanno voto neli'assemblea, non sono rappresentati in un collegio sacerdotale, sono esclusi dal'diritto di maritaggi coi vecchi cittadini, sono infine esclusi dalla città política a quello stesso modo che, residenti nel contado o trasferiti sulle prossime colline, stanno fuori délia città materiale. Di fronte a questa nuova, e per la conquista sempre crescente popolazione, quella antica investita di tutti i diritti rimane in minor proporzione, e con manifesta tendenza asolidificarsi in un corpo privilegiato. I membri délie gentes, costituenti le Curie, gli anziani rappresentanti délie gentes, cnetífiíAnti » Plebs, da pieo, folla, moltitudiùe ; gp. •¡clU'àoi.

LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

H.

il Senato, e sopra questi il Re elello. ecco i poteri che conipongono il più aiitico Stato romano; al disolto o all'infuori di questi stanno, con legami di dipendenza e con reciprocità di doVeri, i clienti; ed indipendenti, libere all'intuito, le -turbe nuovamente sta-bilitè dentro i confini dello Stato, ossia la plebe; ecco l'ordinamento della popolazione "romana innanzi al regno di Serv'io TuUio. L'assemblea elettorale di questo Stato si compone solamente dei membri delle Curie (Comitia curiata), con un diritto^ di voto (jus suffragii) individúale ed indipendente, ma assai limitato nel suo esercizio per Telezione del reggitore dello Stato. Essi non hanno. piena liberta di volgere il favore dei loro suífragi su chi meglio ne par degno, ma solo hanno diritto d'accettare o rifiutare una proposta che emana dal Consiglio degli anziani o Señalo. Non é il popólo chiamato ad eleggersi con libera iniziativa il reggitore, ma é solo la mente del popólo interrógala (rogatio) in rispello ad un reggitore, del quale si traita di conformare la scella ; I'elezione in precedenza-sla tulla intera nel Senato. È ben facile immaginarsi che la conferma della scella dovesse giá essere con ogni cautela pre-

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CAPITOLO I.

parata e assicurata neU'assemblea di quelle gentes, délie quali i membri del Senato erano i rappresentanti. E per vero non troviamo esempio aicuno ciie la proposta del Senato mai sia stata respinta. Solo per questo che la finale conferma era deferita all'assemblea del popólo, valse la formula populas créât, la quale vuol essere cosi intesa, che i rappresentanti del popólo eleggono ed il popólo conferma l'elezione. Cosi quando al tempo di Tarquinio Prisco la popolazione di Roma era, per le felici imprese dei re succeduti a Roraolo, grandemente cresciuta, il diritto elettorale risiedeva solo in una parte di essa» che lo possedeva in ragione délia sua" origine, cioé iiei membri délie Curie formanti il populas nel suo più antico significato; ed anche in questo era limitato ad un semplice diritto di san"zione. Ma una vitalità giovane e vigorosa si espandeva in quella massa di popolazione non- ammessa nella vera cittadinanza ; lo sviluppo di questo" nuovo elemento, sotto 1'impulso di uno spirito democrático, farà cädere la barriera che lo tiene escluso dall'assemblea elettorale; ottenuta questa prima vittoria, il diritto di semplice sanzione sarà in seguito convertito in una vera elezione.

LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

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Sotto il quinto re, una riforma dello Stato per cui fosse procacciato stabile assetto alla nuova popolazione erasi resa inevitobile. A Tarquinio Prisco si attribuisce il pensiero di accogliere la plebe nella cittadinanza, raddoppiando di numero le tribu, e dî conseguenza le Curie o le sezioni politiolie. Lo spirito d'esclusivismo délia vecchia cittadinanza si ribellô a questo disegno, del quale poté efiettuarsi solo una parte coirammettere nejle Curie nuovi membri toltx alla plèbe. f\i un passo alla vera riforma; questa si compie quando al principio dei diritti civili e politici goduti solo in ragione délia nascila, ossia alla genocrazia, si sostituisce il principio del censo, ossia Tordinamento timocratico. Compievasi in Roma, circa due secoli dalla sua fondazione, per opera di Ser\'io TuUio, ciô che a distanza di pochi anni già 'era accadulo in Atene per opera di Solone. La popolazione del Comune romano fu da Servio tutta raocolta a formare una sola cittadinanza, la quale ordinata in ragione del cepso, da un massimo fino ad un minimo" di possesso fondiario, si ripartiva in cinque classi, comprendenti ciascuna un diverso numero di sezioni o centurie, con questo riguardo che la classe

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CAPITULO I.

del maggior censo abbracciasse da sola un numero di centurie superiore a quello di ciascuna délie altre classi rimanenti. Al di fuori di queste classi stanno i nulla-tenenti-, i capocensiti, i proletary * La popolazionee la cicitas, ossia il complesso dei cittadini cbn pienezza di diritti (cives óptimo jure) sono adunque messi in piû equa corrispondenza ; e la riforma serviana puô dirsi si riducesse ad una estensione del diritto di suffragio. Ma non é da questo pensiero essenzialmente inspirata la nuova costituzione ; in essa allô scopo politiiîo va congiunto, anzi prevale, lo scopo militare, giacché a ciascuna classe é attribuita sua propria armature, posto ed ufficio nell* esercito. ' Questo perô resta certo e fermo, che tale riforma pareggia * Quellt compresi nella classi SOTIO gll assidui (domi" ciliati) 0 locupletea (proprietarii fondiarii); quelli che esclusi stanno in/ra classem sono î proletarii o capitecensi che non possede^eno due jugeri di terra, essendo questo probabilmente il mioïmo délia quinta classe. Padeletti, p. 40 e seg. * Il popólo raccolto nelle centurie è perció alcune volte ricordato corne eaercitus. T. Li7. 1,4; XXXIX. 15. — « I Comizj furono la immagine di un esercito, il complesso orgánico di corporazioai militari e politicbe. » Padeletti, p. SE. — L'ordiaamento di Servio suolsi poi indicare come diseriptio centuriarum claasiumque. T. LIT. IV 4. Cic. De Rep. II, 22.

LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

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nell'assemblea il voto del vecchio cittadino deile CuL-ie col nuovo délia plebs, quando essi siano eguali nell'avere. Quelle poi 'che importa d'avcr presente é che tale ordinamento, colla giâ ricordata differenza del numero 'délie centurie nelle diverse classi, riesciva ad assicurare la prevalenza al voto dei cittadini del maggior censo. Se i voli si fossero raccolti per testa, e avessero quindi avuto tutti un medesimo valore, la prevalenza sarebbe rimasta aile classi dei meno abbienti e di conseguenza alla plebe, nuovo elemento che si accoglieva, nello Stato. Ma si sostitui invece il voto per sezíoni, ossia per centurie,* con una gradazione di valore cosi combinata: Le cinque classi comprendevano un totale di 193 (secondo altri 194) centurie, delle quali 98 erano formate dai cittadini del maggior censo (18 centurie di cavalieri e 80 della prima classe). Risulta per sé evidente che raocogliendosi e noverandosi i voti per centurie, la maggioranza, ossia 98 voti sopra 193 (o 194) era assicurata in mano dei piü ricchi; Era cosi stabilito, almeno nel fatto, un limite * T. Lir. I, 43; Non..... mritim auffragium eadem vi eo demque iure promiscué omnibus datum esí, sed gradus /acti, etc.

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CAPITULO I.

di censo aU'efficace esercizio del suffragio, seguendo il principio che nell' amministrazione dallo Stato non prevalesse il nuniero, ma la condizione dei cittadini/ V*era anche un limite-di età nel diritto di voto, pórtate dairordinamento militare delle centurie, nelíe quali si entrava raggiunta Teta idónea alia miiizia. Godevano adunque del diritto di suífragio i cittadini dai 17 ai 60 anni; oltre questa età, cessando l'obbligo della miiizia (vacatio), poteva cessare insieme ancor quelle di partecipare alia votazione in una assemblea militarmente ordinata. Per questo i numeri del censo romano, che altro non é se non la lista delle centurie, si riferiscono senipre solo alia popolazione idónea alie, armi, COSí per condizione d'avere come per età. La" costituzione d'elle centurie ha dunque fuso in un medesimo corpo di cittadinanza la popolazione del Comune; e la nuova assemblea che si forma (Comitia centuriatax é ormai la vera assemblea del popólo ; ' in 1 Cic. De Rep. U, 22 .... Curaoit fquod semper in re pública tenendamest), ne plurimum oaleantpiarimi,etc.; o poco più innanzi: Ita nec prokibebatur quiaquam jure suffragii et is eálebat in sufragio plurimum cujas plur rimum intererat ease in óptimo statu cicitaíem. Cfr. T. Liv. I, 43.

LE ASSEMBLEE ELETTORAU.

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essa consiste la sovranità, nelle eue funzioni •elettorali, legislative e giudiziarie. Clie se si domanda • quale dei due elementi, del patriziato, e deila plebe, prevalessenella nuova assemblea delle centurie, é a rispondersi che numéricamente la plebe. Essa dove va essere certamente in numero d'ossai superiore alla discendenza delle tribu romulee ossia del patriziato; ed é anche probabile che in questa maggior proporzione délia plebe si trovassero tante fortune da darle nelle votazioni una facile preponderanza, quando si consideri che la plebe era la popolüzione delle asso^ettate cittâ de! dintorno colle loro più rieche famiglie, ossia con quelle aristocrazie che avevano perduto considerazione di fronte ai vincitori,, ma non erano spogliate delle loro fortune, e perciô appartenevano aile classi piir rieche. Ma questa prevalenza numérica non importó la prevalenza política. Non é possibile pensare ad un repentino passaggio da condizioni d'inferioritâ àd un intero predominio. Fra patriziato e plebe, ancorchè fusi in una medesima cittadinanza, sta un profondo soleo che li divide, e il negato diritto di maritaggio fra i due ordini sociali toglie ogni modo perché il ÛENTILB.

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CAPITOLO I.

soleo della separazione si chiuda e si cancelli. Le ti-adizioni religiose, il diritto di prendere gli auspicî, senza i quali la convocozione deU'ossemblea o qualäinsi altro atto pubblico non puó esser fatto, stanno esclusivi nei patrizi. Per questa stessa cagione degli auspicî, che fanno del magistrato quasi un intermediario fra la divinita e lo State, la eleggibilità alle cariche resta propria dei patrizî soltanto. Abbiamo adunque un'assemhlea in cui il gran corpo dei nuovi elettori sta di fronte ad un corpo privilegiato di elettori e soli eleggibili. Potrebbero pertanto parère di picciol conto le conseguenze politîche derivate dalla costituzione di Servio alla plebe; e tuttavia è da questa ch'essa prende l'impulso al suo progredire. Gli è che in questo costituzione stava il germe della vera eguaglianza e della piena sovranitô del populas nel suo nuovo ordinamento. Questo germe s'inchiude nel principio dato da Servio all' inscriziose nella cittadinanza. La tribu romulee, cioé gli eîementi Latino, Sabino, e secondo la tradizione, Etrusco,* collegatisi nella nuova città,- sono tribu di * Ramnes, Tities e Luceres.

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stirpeo d'origine^ e l'appartenervi è assoluta condizione délia cittadinanza. Esse perdono il loro primiero valore per la costituzione dalle centurie, aile quaii serve di fundamento una nuova divisions data al Comune romano in Irenta tribu non più di stirpe, ma invece di luogo, rispondenti a tren ta regioni o distretti/ Sono piccoîe comunità con loro propria amministrazione e con loro capi, ma senza valore politico, essendo l'esercizio dei dfritti polilici compreso nelle centurie, e considerándose come solo luogo idóneo all' esercizio di tali diritti la capitale, Roma. Ora la cittadinanza non é più privilegio délia discendenza dalle vecchie tribu di schiatta, ossia del patriziato ; essa spetta di diritto a chiunque sia debilamente inscritto come possessore o abitçinte in uno dei trenta distretti. E se a questi manca ogni valore politico, essi verranno poi conquistándolo, quando nel loro seno si formeranno dalle riunioni, che ristrette dapprima a trattazioni d' interessi locali ed estendehdosi poi a daliberazioni d'ordine genérale ed a * Dionigi {IV, 14) chiama le tribu romulee puJ«t' erüyyevtxoit' e quelle di Servio f. TOTIIXäI. Le tribu di Servio si distinsero io quattro regioni della città e ventisei distretti del contado.

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CAPITÓLO I.

funzioni -elettorali, diverranno assemblée di tutto ii popólo senza distinzione di nascita o di avara, e saranno i veri Gomizj democratici (Comitia tributa), che nello sviluppo dalla sovranità popolare hanno una parte ed un'efficacia assai maggiore dei Gomizj centuriati. Dalla costituzione Serviaiía si espande adunque il sistema delle due grandi assemblée romane, quella delle centurie e quella. delle tribu. Roma coH'essersi aperta a nuovi element! trasse in sé nuove forze di vita e preparó la grandezza avvenire. Si domanda quando Tassemblea delle centurie abbia incominciato a funzíonare. La loro costituzione, seconde la leggenda, é dovuta a Servio Tullio, da cui tiene il nome; e neli* opera di questo re appare tanto evidente lo spirito democrático, che a lui si volle ascrivere il concetto di sostituire la magistratura annuale al regno/ riferendo al pensiero di un individuo ció che si dovette compiere solo per lungo corso d'awenimenti. Certo é, che se la grande riforma é anteriore alia repubblica, essa non. funzionó' come potere elettorale se non eolio steÜDilirsi di • T. Uv. 1/48 e 60.

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questa, L'ordinamento di Servio ajípare anzitutto, se pure non únicamente, militare ; e la riunione deile centurie solo in tempi posteriori verme a mutarsi da militare in assemblea politice, finché per la trasformazione degli ordinamenli della milizia le restó solo il carattere politico, e da ultimo quasi le sole competenze elettorali.. Essa non si raccolse per la nomina dell'ultimo re, e la prima sua elezione fu qu-ella dei consoli Bruto e Collatino (245 di R., 509 av. C). Bevesi dunque conciudere che il periodo délia monarchia é anche quellodei Comizj curiati. "Durante questo periodo essendo assai limitato il diritto di suffragio, perché ridotto alla semplice approvazione di una proposta fatta dal Senato per mezzo deli'interrè, essendo assai scarsa l'attività elettorale perché il potere degli eletti estendevasi a vita, e perché alcuni dei re lo colsero per altro modo che per il suffragio popolare, nulla resta a dire del.valore « delTesercizio di esso. Sotto r ultimo Tarquinio, Roma s* awiava ad essere una forte monarchia alla testa della federazione latina,'' con una popolazione dl • T. Liv. I, 60. » T. Liv. I, 52.

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CAPITULO I.

ben centomila cittadini atti alle armi, con tm fiorente commercio che si estendeva fin sui lidi d'Africa/ con una vasta cerchia dí mura e splendidi edifici/ con una vera corte reale, alla quale meglio conveniva T arbitrio del potere- personale ehe non la inflessibile eguaglianza della legge." Ma a questo punto la lottafra il principio monarchico e l'oligarchico s' avviva e porta alia rivolùzione dell'anno 245, che é tutta opera e in tutto vataggio del patriziato. La plebe non inizia la rivoluzione, ma tratta a parteciparvi," ne* raccoglie la parola anziehe la sostanza della liberta.* La lotta, necessaria condizione di vita di un libero Stato, si rinnova fra l'oligarchia e lademocrazia e matura lo svolgimento della cosiituzione romana. È dopo l'espulsione dei re che si apre il periodo dei Comizj centuriati, dei quali é aumentata l'attività elettorale pel fatto che i magistrat! si rinnovano annualmente, ed a nessuno piu non è dato di mettersi a capo del governo senza che ven- • ga consultata, come che sia, la volonta popo' * ' *

Polib. III, 22. T. Liv. I, 56. T. Liv. II, 3. Cic. de leg. IH, 10.

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lare. È questa la principale caratteristica délia magistratura repubblicana, mentre podestá, diritti e insegne reûli passarono nei consoli, limitati nell'esercizio del potere per il tempo e per la responsabilitù.' L'attività elettorale lia.nel primo anno' délia repubblica uno dei suoi maggiori esempi, giacché cinque consolí, seconde la narrazióne di Livio, s'avvicendano nel 245 di R. Ma tale nttivita non deve farci pensare ad una plena liberta del corpo elettorale. L'eleggibilità era solo dei patrizj : ai consoli uscenti di carica e insieme con loro al Senato, era confidato intero I'ufficio di presentare i candidati alla votazione populare. Quando venissero proposti due soli nomi, ed era forse questo Tuso consueto,' quäle libera elezione 3i aveva? Restava poi ancora alia riunione delle curie patrizie il già ricordato diritto di confermare le fatte elezioni. E infine il pairiziato sottraevasi non raramente alia nécessita deír elezione per mezzo délia dittatura. Per queste ragioni la preponderanza del oa* T. Liv. II, 1. Libertatis originem inde magis guía annuum ¿mperium consulare factum est, quam qiiod-deminutum quicquam sU ex regia potestate, numeres. Cfr. Polib. VI, 15. " Plut. Val. Publ. 1}. Dionig. IV, 84, VUI. 82.

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cApiTOLO r.

triziato é tale, che la plebe spesso diserta i comizj/ dove non ha se non Tapparenza di un diritto, la cui vanitá si fa tanto più vivamente sentita, quanto maggiore é la coscienza che la plebe ha delle sueforze; animata da questa, essa chjede una sua propria eleggibilitá, ossia suoi rappresentanti. Conviene qui aver presente che della lotta che s'inizia, dope cessato il'pericolo del-ritorna dei Tarquinj, dupUce é Taspetto, Tuno politico, Taltro sociale; come duplice é anche la condizione-della plebe, essendo una parte di essa composta di grossi possidenti o ricca borghesia, che appartenendo alie centurie deila prima classe avevaño nei Comizj un voto efficace, ma non libero, perché a loro mancava il diritto di eleggibilitá a quelle canche alie quali appunto, ia virtu del proprio stato, tendevano con oghi sforzo. L'al'tra parte era della plebe inferiore, minuta popolgizione agrícola, piccoli possessori fidotti nelle centurie delle ultime classí, op^Vedina esethpi in T. Lir. Il," 64. Dionig. VIH, 82. IX» 43. X, 17. Non sotio rari gli eaampi di elezioni inviae alia plçbe. T. Uv. II. 42, 43 e 64. Vedi specialmente C. Peter, Epochen der Varfassungsgescfaichte der römischen Rep. Lipsia, 1841, p. 24;

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pure nullatenenti posti fuori délie classi, tendenti ad un aumento dell' avère,. ad una partecipàzione negli utili dello Stato, la quale partecipazione si complicava naturalmente col diritto elettorale, giacché la concessione 0 r accrescimento di possesso avrebbe o ammessi o avanzati nelle classi del censo i cittodini di grado inferiore. È di qui che nasce la questione della divisione del terreno pubblico colle leggi agrarie. II patriziato composto nelia maggior parte di ricchi proprietari aveva innanzi a sé due vie di difesa: o concederé l'adito agli onori alia ricca borghesia e con questa alleanza assicurarsi in comunê il dominio e il godimento dello Stato; o far propria la causa délia plebe povera, portando giusto e generoso soccorso ad un bisogno reale, e privando l'a ricca borghesia del sostegno che trovava nei bisogni e nell'agitazione della classe povera. Ma il patriziato dalle corte vedute dello spirito di casta sostenne un'opposizione assoluta, senza transazioni, e perciô vana. L'una e l'altra questione presero ad agitarsi'intorno ad un medesimo tempo; e la plebe si trovo sulla "via délia vittoria quando ottenne una sua rappresentanza, con suo esclusivo dirilto di eleggi-

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CAPITOLO I.

bilità, cioè il tribunato (261 di R. 493 av. C). La questione sociale parve esser stata intesa nel suo giusto interesse e vivamente sentitíi dair animo generoso di Spurio Gassio console {268 di R., 486 av, C), primo autora delle leggi agrarie, che pagó colla vita la elevatezza delle sue idee contrastanti colla cieca gelosia del patriziato. Per l'istituzione del tribunato, la plebe si costituisce con suoi propri capí quasi uno Stato nel seno dello Stató. Ed una delle maggiori conseguenze di questa istituzione fu appunto il sorgere " e 1' affermarsi di una nuova assemblea elettorale, quella dei^e iribú. Senza entrare nella questione se i tribuni fossero da principio eletti nei Comizj delle curie o in quelli delle centurie, questo risulta per certo che nella loro elezione i patrizj esercitavano un facile predominio. Ma i tribuni erano rappresentanti della plebe, con esclusivo diritto di eieggibilitá della plebe; doveva di conseguenza seguirne che fossero eletti da Comizj schiettamente plebei. Cosi avvenne che, poco piü di vent' anni dopo la loro origine, Publilio-Volerone (282 di R., 472 av. G.) fece proposta la elezione seguisse in quelle riunioni delle tribu che, come si é detto, com-

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prendevano la trattazione d'inleressi locali, senza valore politico (concilia plcbis.) La vitale importanza délia proposta di Yolerone appare manifesta dal fortissimo contrasto che suscitó;^ e quando essa, dopo moite agitazioni, fu accettata segnô un momento importante nelîa storia délia costituzione, iniziando un nuovo periodo del diritto elettorale, con una nuova forma di Comizj, cioè l'assemblea délie tribu, oui fu demandata l'elezione délie magistrature plebee sotto la presidenza di un magistrato pjebeo. L'importanza di questa parte deU'elettorato verra a crescere dopo la caduta del Decemvirato nel 305 di R. (449 av. C), quando per le leggi Valerie-Orazie i Comizj plebei acquistano valore ed ufficio di assemblea legislativa." E poichè in quest'ufficio essi avanzarono sempre più, egli é evidente che dovesse farsi maggiore l'autorità dei magistrati che li presiedevano, cioé dei tribuni, e per conseguenza piû importante l'atto délia costoro elezione. È in questi Comizj che ilsuffragio popolare si esercita nella maggiore estensione 1. T. Liv. II, 56 e seg. » T. Liv. m, 55.

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CAPITOLO I.

e con piena liberta ; in essi i cittadini convengono ad usare del maggiore dei loro diritti non per distinzione di nascita o d'avère, ma solo in quanto sono cittadini romani com© tali riconosciuti daU'essere inscritti, per dimora o possesso, in una delle tribu romane. Ben é vero che i patrizj non convenivano nei concilia plebis, e forse non vi presero subito parte neppur quando per la legge di Volerone, queste adunanze divennero veré assemblée elettorali. Ma Tesclusione non do-. votte durare a lungo ; dal momento, stesso che le deliberazioni dei Comizj tributi obbligavano tutto il popólo, dal momento che i magistrati eletti in questi Comizj venivano ad arrogarsi sempre piü 1' iniziativa della legislazione, ne segue naturalmente che nessuna classe di cittadini ne fosse esclusa; mentre d'altra parte il modo di costituzione di queste assemblée non lasciava al patriziato influenza alcuna, essendo íl voto di un discendente dei Fabii, dei Sergji o dei Claudii pareggiato,nel valore a quello di un modesto campagnuolo o di un umile artiere. La plebe che guidata dai tribuni costituisce uno Stato cosi possente-nello Stato, quella che predomina nei Comizj tributi, crescenti a

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sempre maggiore influenza, non era certo la plebe cittadina che si raccoglieva nelle quattro tribu urbane,* formate di clienti, di liberti, di opérai, di piccoli merciajuoli, di proletarii posti nella continua dipendenza del patriziato a oui dîvenivano non infrequente sussidio ; ma era invece la popolazione de) contado, delle tribu rurali, le quali avéano stabilito la loro assemblea nel Foro in antagonismo all'assemblea delle centurie pel Campo di Marte î era quella popolazione agrícola di cui i tribuni furono i rappresentanti, i plenipotenziarii nel seno délia città patrizia ; ' vigorosa popolazione delle località latine, per cui Roma si allargô da piccolo Gomune a grande Stato ; plebe solo di origine, in rispetto alla nobiltà di sangue, e non di condizione nel senso che noi diamo oggidi alla parola. La plebe bassa, e specialmente quella delle tribu urbane, non si agitó per la eguaglianza dei diritti politici ma bensi per la questione sociale; questione a cui si cercó più volte e con mólti, sforzi una soluzioue, ma invano; mentre la questione política,, quella della paritá dei di* Le tribus urbanae erano l&Suburana, l&EseguiUna, Ja Collina e la Palatina.

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CAPITULO I.

ritti, dopo aver animato la. robusta giovinezza cU Roma, ebbe splendide tríonfo. Quando i Comizj centuriati erano già^da più di un secólo in piena funziorie, quando al loro fíanco erano cresciuti i Comizj tributi, il cittadino romano, inscritto nella tribu, ordinato neile classi secondo I'avere, godente intero il jus civilatis, partecipava direttamente all'amministrazione della cosa pubblica per un doppio diritto di voto: uno nell'assemblea delle centurie, esercitato solo in ragione del censo, l'altro in quella delle tribu, esercitato in ragiorie dell'essere cittadino romano. Questo diritto di voto si estendeva allemaggiori funzioni dello Stato, variamente divise fra le due assemblée, cioé I'elezione dei reggitori della cosa pubblica, la formazione delle leggi, I'esercizio del poter giudiziario; delle quali funzioni noi consideriamo solo la prima. Potrebbe dirsi che una parte della cittadinanza, cioé i discendenti delle tribu romülee, gli antiquissimi cives, come sono talvolta ricordati, possedessero un terzo voto, quelle neirassemblea delle Curie.' Ma queste * Le tre assemblée sono cosí definite presse Gellio, Noct. Att. XV, 27. Cum ex generibus hominum sujfragium /eratur, curiata comitia esse— cum ex censu et aetate^ centuriata — cum ex regioñibus et locis, tributa.

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coiristiluirsi délia rcpubblica avevanoporduto valore neiruffîzio elettorale ; e qiiella parte di attività che loro era rimasta por la sanzione degli atti dcllc allre due assemblée venne pur essa a spegnersi,^ di guisa che iiel quinto secólo di Roma si chiude la storia politica dei Comizj curioti ; e anche l'ufficio che loro restava di confermare il potère ai magistrali elétti, a modo di investitura, si ridusse ad una semplice formalité, senza intervento degh elettori, sostenuta da quel culto ehe, pur in mezzo olle rivoluzioni, la società romana professa va al passato.^ Le altre due nssemblee durarono'fiorenti per tutto il corso délia repubblica. L'attività elettorale neU'assemblea délie centurie va in progresso di tempo semprc più crescendo ed estendendosi per il conduire di più cause, che sono: l'occrescimento del numero délie magistrature, la riconosciuta eleggibilità délia plebe, e il continuo allargarsi délia cittadinanza romana. Dato r impulso al movimento democrático * Questo specialniente per opera della legge di C. Menio del 468 di R. (286 av. C.) ' Ze-c curiata de imperio ; le curie erano rappresentâte da 30 littorí.

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CAPITOLO I.

questo non poteva piii arrestarsi, ma doveva anzitutto assalire quelle prerogative che dividevano la cittadinanza in due ordini, quasi due stati opposti, e preparare la piena eguaglianza política. Questo movimento, che procede di conserva col crescere deile funzioni politiche nel continuo estendersi dello Stato, porta alio scinderei del potere consolare ed al formarsi di nuove magistrature, nelle quali sf raccolgono le parti della polestà staccate dalla magistratura suprema. I consoli erano surti come eredi del potere reale ; in sé ne avevano consérvate le attribuzioni militari, civili e gíudiziarie cosi strettamente unite ed assolute da fare il governo consolare di poco diverso dal regio.* Contro la immoderata potestá insorse la plebe, ed espressione di quest'opposizione fu la proposta del tribuno Terentillo Arsa (292 di R., 462 av. G?), intesa a fare che si regolassero con stabili leggi il potere consolare, i doveri e i diritti del popólo rispetto a questo, in tirevi termini, domandando una costituzione. Dalla domanda di Terentillo, dopo un decennio di lotta, usci una legislazione gene^ ' T. LíT. III, 9: Consulare imperium nimium nec tolerabile líberae cioitati..., re ipsa prope atrocius quam regiam, etc.

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î-ale per tutto il popólo. Ma il Decemvirato, costituito a redigere le nuove îeggi, minacciô di degenerare in tirannide, e se a tanto non riusci non fu tutto nnerito délia democrazia, ma eziandio, se non più, del patriziato stesso ; il quaîe ancora questa volta appare awerso al potere personale, geloso délie prerogative di tutto l'ordine, più di quelle che la plebe e i tribuni fossero délia liberta. Ricordavano i Valerj e gli Orazj essere stati i loro antenati autori deila cacciata dei Tarquinj ; e se in questo momentoyemmmeoya^o aooiva un'altra volta la romano liberta, non è a dimenticarsi che primamente nel Senato si ebbe la protesta del silenzio e poi il più forte grido di riscossa. ' Il patriziato e la plèbe si collegarono quindi a restorare di nuovi spiriti gU ordinamenti liberali, e il maggiore risultato a cui si vennefu il riconosciuto potere legislativo dei Comizj tributi, ossia dei veri Comizj democratici, risultato che vale da sé solo un'in^ tera rivoluzione. Se dalla legislazione data dal Decemvirato colle dodici tavole si portassero •variazioni nel diritto elettorale non é noto; ma tra le sue conseguenze probabilmente vuol « T. Liv. m, 38 seg. GENTILE.

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CAPITULO I.

esserne annoverata ancor una che porto ad una miglior liberta nell'esercizio del voto, svincolandolo da queU'antica forma per oui si aveva un'accettazione piuttostoché una vera elezione. L'awiamento ad un piú sincero diritto si comincia non già col concederé agli olettori riniziativa della scelta, ma bensí col riconoscere a tutti gli eleggibili la facoltá di presentarsi come candidati. Qucsto sarebbe avvenuto per una deile leggi Uberali del console Valerio, che costitui la liberta delle candidature, restando pero sempre fissa la condizione deU'origine patrizia/ Alie importanti innovazioni della caduta del Decemvirato segui breve sosta di calma e di concordia, ma lo slancio che dalle iniziate riforme venne alia plebe la mosse a demandare ridoneitá alie pubbliche funzioni. Vera di mezzo, fino- allora insuperabile barriera, la pretesa differenza di sangue, e coa questa VÈ Plutarco {v. di Val. Publicólo, II) che rioorda questa concessione delle libere candidature, riferendoïa pe r6 a Valerio Publicóla, console del primo anno della repubbllca. Ma i frequenti casi della plebe che disert» i Comizj nei tempi antecedenti al Decemvirato, nonchè ü carattere di tutto questo periodo, lasciano congetturare che erróneamente Plutarco abbia attribulto que Ha concessione a Valerio Publicólo. Cfr, Peter, Epochen, ecc. p. 24.

LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

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l'idoneità solo propria dei patrizj a prendere gli auspicj, ad adempiere quei riti religiosi inseparabili da ogni alto délia vita pubblica. Il consolato era magistratura patrizia; ' dalla riunione délie antiche gentes erasi creato il re; neWe gentes ritornava, per antico diritto, la sovranità; il patriziato aveva fatto la rivo luzione da cui era surta la repubblica, e il potere tolto ai re era tornato, corne a' suoi naturaii depositarj, ai patrizj, i quali e per natura e per consuetudini vantavansi soli reggitori di Roma. Contro questa pretesa del sangue si levó la libera voce di Canuleio, domandando fosse rimossa la negazione, recentemente confermata dalle leggi délie dodici tavole, délie libere nozze fra patrizj e plebei, onde i nati da tali connubj seguissero la condizione del padre. Come naturale complemento di questa proposta segui l'altra dei nove tribuni coUeghi di Canuleio, che fosse data al popólo plena liberta di voto, intera facoltà di designare alia somma magistï'atura quelli che alia volonté popolare poressero più meritevoii, in- altri termini, che la plebe affrancata dall'incapacità po* T. Liv, III, S7: patricius magisiraíus.

3G

CAPITULO í.

litica potessc adire al consolato. * Non è uopo ricoiTere, come il Canuleío deU'orazio,ne liviana, agli esempi di Numa Pompilio, di Tarquinio, di Servio, per dimostrare l'irrefutabile diritto della plebe; converrà piuttosto ricordare che esso si fondava negli aggravi che la plebe sosteneva per pagare il tributo, e nel sangue che versava in guerra per difendere lo Stato. Nessuna causa più giusta di quella di Canuleio e de' suoi colleghi, nessuna forse con piü nobile ardimento difesa. Si venne infine ad una transazione, per oui il patriziato credette di aquetore le domande della plebe senza aprirle l'adito al consolato, al quale si sostitui, come magistratura precaria, il tribunato militare con potestà consolare, restandone l'elezione nei Comizj centuriati e riconoscendosi il diritto di eleggibilità anche per i non patrizj. Pare che la plebe si tenesse contenta- solo di questa ricognizione di massima, senza immediatamente osare o sapera tradurla in atto ; giacché il primo tribuno militare con potestà consolare, d'origine plebea, non si incontra se non nel 354 di R. (400 av. * T. Liv. IV. 1, e 3 : Si populo romano liberum su^ragium datur, u6 quibus oelit consulatum mandet, etc.

LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

S7.

G.), vale a aire quarantaquattro anni dopo ristituzione délia magistratura.* Ma il patriziato, anche in questa sempiice comunicazione di diritto colla plebe, volle serbare in sé illesa una délie maggiori funzioni del consolato, quelia di accertare lo stato délie finanze, di fare le lisfce dei cittadini, i ruoli délie imposte, in una parola il censo, che sempre aveva spettato ai consoli ; e costitui a se per quest! uffici una nuova carica, la censura, la quäle divenne di singolare importanza quando ad essa spettô 1' ufficio di comporre il Senato. Cosi cacciato da un punto, il patriziato si rifugiava in un altro a sostenere la sal-, vezza délie sue prerogative. Ma talo stato precario di governo non poteva a lungo durare; e ben presto si ridomandô la ricostituzione délia regulare magistratura suprema, con riconosciuta idoneità della plebe. Quello che a' colleghi di Canuleio non era riuscito di ottenere, fu conseguito circa ottant'anni dopo, dalle leggi dei tribuni Licinio Stolone e Lucio Sestio, in seguito ad un décennie di lotta accanita, la cui vittoria fu decisa dall'esservi stata impegnata tutta intera la' plebe, * T. Liv. VI, 37.

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CAPITULO I.

la ricca borghesia che faceva sua propina la questione política, come le classi povere che combattevano per la questione sociale, iiella quale implicavasi eziandio una estensione del diritto elettorale. Questo risulta evidente quando si consideri che le leggi Licinie-Sostie comprendono due punti, cioé la partecipazione della plebe al consolato, ed i provvedimenti rispetto alia condizione dei debitori ed ai Hmiti dei possessi ; con questi provvedimenti la plebe ricca attirava nella cerchia della pmpria agitazione la plebe povera. Per quest'unione di forze vinse la plebe e conquistó il diritto, che dei due consoli uno fosse sempre plebeo, e la liberta delle candidature incominciata colla legge Valeria qui ottenne il suo compimento. ^ Ma come giá nelristituzionedel tribunato militare con potestá consolare, cosí ancora in questá, il patriziato volle serbarsi una delle maggiori attribuzioni del consolato, cioé la potestá giudiziaria, che fu trasferita in una nuova carica, la pretura, colla quale fu insieme costituita anche i'ediCOSí

' Tuttavia anche dopo le leggi Licinie-Sestie si trovano non rari esempi di due consoli patrizj ; se ne danno ben sette fra il 355 e il 343 av. G. - Vedi G. Peter, Zeittafeln der römische Geschichte, p. 27, n. i.

LE ASSEMBLEE ELETTOBALI.

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Htà curule. Cosi dal ceppo délia potestà regia e dalla succeduta potestà consolare vengono germogliando altri rami d'autorità, e la serie délie romane magistrature annuali ordinarie resta, intorno al 388 di R. (366 av. C.) anno del primo consoîato plebeo, cosi costituita, nel suo ordine cronológico: il consoîato; la (juestura, surta nel primo anno délia repubblica; il tribunato ; l'edilità plebea, formatasi insieme col tribunato ; la censura ; la pretura, e conquesta l'edilità curule. Queste magistrature, distinte in maggiori e minori, altro non sono se non il prodotto di un gradúale espandersi e frazionarsi délie attribuzioni délia potestà regia, fatla perô eccezione del tribunato, rappresentanza deila plebe che ha origine tutta sua propria. Le attribuzioni del re, quelle da lui personalmente esercitate, pQSsarono nei magistrati maggiori: consoli, pretori, censori ; quelle ehe in\'ece sarebbero state proprie di ufficiali subordinati al re, restarono nei magistrati minori, cioè questori, edili ed altri meno important! ministri. A questo dirompersi e diramarsi dell'autorità suprema contfibuisce anche il fatto dell'estendersi dello Stato, onde non basta che le attribuzioni di un único potere si scindano, ma avviene an-

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CAPITULO I.

cora di nécessita cho nello sviluppo dallo Stato si uccrescano i membri che ne esercitano le- funzioni. Cosi s'aumentó il numero dei questori, dei tribuni, dei pretori; enell'ultimo secólo della repubblica o piü esattamento dappoi la dittatura di Silla, si avevano annualmente da eieggere nei Comizj centurioti due consoli, otto pretori, e ad pgni quiquennio due censori ; nei Comizj tributi annualmente dieci tribuni, due edili plebei e due curuli, "venti questori ; a oui sarebbe da aggiuagersi un numero di magístrati minori, che speltavaao piü propriamente alia parte amministrativa. Per via di tale svolgimento fu raggiunta la piena eguagUanza politicn, tutta la cittadinanza si fuse in un medesimo complcsso di diritti ; e in commemorazione di tanto avvenimentos'innalzó un tempio alia Concordia. La plebe aveva trionfato; Íl patriziato invecchiava; questo vedevasi simboleggiato nei due mirti che sorgevano sul Campidoglio, Tuno verdeggiante e rigoglioso, emblema delle fresche forze della plebe, l'altro vizzo e sfrondato, raffigurante il patriziatg decaduto. ' II * Plin. hist. nat. XV, 3ti.

LE ASSEMBLEE ELETTORALI. .

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felice connubio délia borghesia e del proletariato, dopo aver procacciato il trionfo délia questione política, si disciolse e la questions sociale rimase insoddisfatta. Parve che la democrazia avesse saputo fácilmente promeltere, ma non procacciare un miglioramento ed un'eguaglianza che andasse più in là dei diritti politici. La borghesia quand'ebbe ottenute le cariche e si fu assisa nella sedia curule del magislrato, si tenne per questi onori annobilitata, e si converti in un' aristocrazia prepotente, gelosa, repulsiva più ancora del patriziato; sotto il suo dominio la questione sociale si inaspri all'ultimo segno, agitó la repubblica, e invase con funesta influenza i Gomizj popolari. L'attività elettorale avvivatasi per la maggior liberta del suifragio e per I'ampliata serie delle magistrature, s'accrebbe ancora per un terzo motive, cioé per Testendersi della cittadinanza. Lo Stato per la vigorosa vita interna andava eziandio gradatamente ampliandosi nei confini ; di fronte al pericolo esterno cessava ogni dissensione; la concordia nel campo portava alia vittoria, e difendendo la propria indipendenza contro le vicine popolazioni, Roma vincitrice finiva coU'assorbirle

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CAPITULO I.

in sé. Roma fu gelosa de' suoi diritti di cittadinanza, ma non tanto che ciecamente negasse ogni nuova ammissione. Una serie di caute concessioni fece che la città si ailargasse a Stato, senza che gli elementi nuovamente aggregatisi ne turbassero il fondamentale ordinamento. Il Senato con accorta po= litica sapeva valersi del conferimento dei diritti di cittadinanza per convertiré in utili parti dello Stato i nemici vinti, per stimolare lo zelo o per ricompensare i servigj délie popolazioni alleate. Gosi avveniva spesso che i soggetti diventassero cittadini, e assai rari sono gli esempi di popolazioni che vinte rifiutassero d'incorporarsi nello Stoto vin citore. La popolazione romana nei primo censimento fatto da Servio TuUio intorno alVanno 200 di R. (554 av. G.) era di 80000 uomini atti aile armi;^ nel 435 (319) al tempo délia seconda guerra Sannitica, toccava i 250000, " -e nel 489 (265) al principio délia prima guert T. Liv. I, 44. U censo di 80000 uomini atti aile armi si fa corrispondere ad un totale di popolazione dei due •ses?! di 200000 ab., ai qualt si calcóla siano da aggiungersi un 30000 fra proletarj e schiavi. Vedi Napoléon, Vie de Cesar, p. 12 seg. « T. Liv. IX, 19.

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ra púnica era salita a più di 282000.' Cosi si veniva a poco apoco compiendo l'acceiitramento délie forze italiche in Roma. — Il sistema délie tribus divenne collo stabilïrsi délia Repubblica, e reslô poi sempre, il fondamento délia cittadinanza; la popolazione nuova si comprese in nuove tribu, che a guisa di varj e successivi strati si raccoglievano intorno al germe, al núcleo primo, al cuore, in cui tutta stava la vita dello Stato, alla sede in cui solo avea luogo l'esercizio dei diritti di cittadinanza, a Roma. I distretti dalle trenta tribu che si attribuiscono a Servio furono scemati e ridotti a sole venti tribu dopo la guer-ra con Porsenna. Apocoapoco, risoUevatosi da quella oppressione, lo Stato aveva aggrandito il suo territorio, largendo la cittadinanza a nuove popolazioni, e nel 396 di R. (358 av. C), cioé breve tempo dopo la ottenuta paritá di diritti, le tribu erano cresciute a ventisette, e nel 513 di R. (241 av. G.) si completarono nel numero di trentacinque, rimasto poi invaria to. L'elemento dell'antica cittadinanza restava certo numéricamente inferiore a quello délia nuova ognora crescente; e tuttavia • T. Liv. epit. XVL

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CAPITULO I.

quello teneva pur sempre la preponderanza, come si conveniva a Stato che ad altri faceva parte de' suoi diritti. Questo si otteneva mercé il sistema delle sezioni, che forma il costante carattere di tutto l'ordinamento della popolazione romana e delle sue assemblée ; il valore degli individui va assorbito nelle sezioni, e la maggioranza dei voti non corrisponde sempre alia maggioranza dei votanti ; l'antica cittadinanza era rappresentata da venti tribu sulla totalità di trentacinque. Le nuove tribu, mandando ai Gomizj di Roma nuovi elettori e nuovi candidati, apporta vano al corpo dello Stato come il flusso di un nuovo e piu vigoroso sangue. II vecchio patriziato romano sconfitto dalla ricca borghesia campagnuola, cedeva il luogo alie aristocrazie delle prossime città latine, erniche e volsche. La miglior parte della política di Roma fu che alia conquista seguisse la preparazione di una popolazione romana. Fra, lo straniero e il cittadino non v'era una súbita 6 netta separazione, ma bensi gradi di transizione ; v*erano i cittadini forníti dei soli diritti civili senza i politici; ' v'era la classe del Cioea aine sujfr/igio.

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diritto latino, per cui chi si fosse trasferilo in Roma lasciando nella patria proie mascolina, oppure chi nella città natale avesse sostenuto magistrature, otteneva la cittadinanza col diritto di suffragio; e aH'occasione délie assemblée era destinata una tribu in cui esercitassero il suñragio i cittadini di tale diritto che fossero in Roma. ^ Aqueste mezze concessioni seguiva poi la cittadinanza intera, assoluta; e per tal via Roma assorbiva quanto di ricco, di nobile, di generosamente ambizioso vi fosse nelle prossime città, nelle quali spesso s'iniziava Topera dei Comizj romani; di là veïiivano poi a presentarsi ne! Campo di Marte quei cittadini che, quando fossero eletti, riverberavano onore sulla patria nativa, toccando le magistrature délia gran patria romana. Nel tempo in cui fu compita la conquista itálica e iniziata la conquista del mondo, Tantico ordinamento delle centurie più non poteva sussistere illeso. I mutati ordinamenti della milizia più non ammettevano le forme militan in un Comizio che ormai rimaneva * Jus Lata, Latinitas. Vedi negli Studia romana di Zumpt (Berlino 1859) T articulo De propagatione cioitatia romanae*

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CAPITULO I.

solo politico: lo stretto carattere tímocratíca di tale assemblea si trovava in troppo aspra opposizione coi progress! continui dello spirito democrático; e infíne l'aumento delle fortune ogglomerantisi in una classe ristretta, e il mutar dei valori e dei possess! facevano che quel vecchio ordinamento piii non rispondesse alie condizioni della cittadinanza. Una riforma dei Comizj centuriati presentavasi quindi inevitable, ed essa doveva esser tale che il carattere aristocrático e timocratico delle centurie venisse subordínalo ai principio democrático delle tribu. Né solo risulta evidente la fiecessita di una similef trasformazione, ma eziandio é certo il suo avveramento ; benché del lempo e del rnodo con cui essa si compi, c delle particolari forme che i Comizj centuriati assunsero, ci manchino le precise notizie. Due soli passi d'autore, Tuno di Livio, di Dionigi l'altro, confermano che I'ordinamento delle centurie al loro tempo non rispondeva piü a quello istituito da Servio ; ma parlando di cosa a tutti nota, di istituzione che ancora funzionava, omraettono naturalmente di esporre il procedimento di un'assémblea delle centurie dei loro giorni. Dionigi accenna essersi trovato più

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volte presente ai Comizj elettorali e ]i caratterizza come più democratici di quello che erano stati anticamente. * La difficoitâ di queslo punto, che é dei più importanti nello studio délie antichità politiche romane, é risoluta per via di una congettura, fondata negli indeterminati accenni dei due autori ricordati; la congettura ingegnoso e generalmente accellata é la seguente: ^ Le 5 classi furono messe in corrispondenza colle 35 tribu, di guisa che le'centurie sommassero a 350; aggiuntevi le centurie equestri (18), e le centurie che al disotto del mínimo censo erano escluse dalle classi (5,s si ha un totale di 373 centurie. Ogni classe ha un egual numero di centurie; raccogliendosi i voti per centurie, ogni classe viene dunque ad avère un egual numero di voti. È quindi tolta la prevalenza délia classe più ricca che, neU'antecedente ordinamento, colle sue centurie (80) congiunte con quelle dei cavalieri (18) teneva in se la maggioranza dei voti (cioé 98 sopra • I due passi sono in T. Livio, I, 43 e in Dionigi IV, 21. * La congettura è di Pantagathus, raccolta da FI. Or&ini (ad Lie. 1, 43), e fu, ne! euo concetto genérale, accettata dal più dei romanisti, quali Becker, Hdb. II, 3, p. 1?, seg.; Lange, R. Alt. II, 475; Ihne,Rom. Gesch, IV, p. Ö ; C. Peter, Zeîttaf. d. röm, Qescb. p. 42, n. d.

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CAPITOLO' I.

193 centurie). ^ E v'ha di piü; é noto di quanta inaportanza fosse il dar per primo il voto nell'assemblea ; a cagione deïle superstizioni religiose lo si riguardava corne unaugurio, una manifestazione celeste, e perciô spesso esso traevasi dietro il voto délie centurie seguenti. Il privilegio di primo voto era sempre spettato, per tutto il tempo antecedente alia riforma, alie centurie equestri del patriziato, a cui ora veniva .tolto per trasferirlo negli elettori che avevano il maggior censó, designandosi a sorte quale delle centurie della prima classe dovesse aprire la votazione. Questa riforma puó dirsi abbia coronato il trionfo della plebe, attribuendo sempre maggior valore alie tribu, facendo di esse il vero fondamento ai quadri della cittadinanza, la quale solo nel seno delle tribu trova le ulteriori distinzioni e ripartizioni di censo e d'età. . Quando avvenne questa riforma democra* E più partico lärmen te : 5 classi, 35 tribu ; in ogni tribu 2 centurie di ciascuna classe, cioè una centuria d¡ giovani (dai 1^ ai 45 anni), ed una di veccbi (45 ai 60). Quindi 35 X 2 = 70, e 10 X 5 = 350 cent. + 18 cent, di cavalieri, + 5 cent, á^infra claasem; totale 373. La moggio-. ranza è dunque di 187 cent., e la classe prima, o dei piü ricchi, al parí d'ogni altra ne areva sole 70, od ancbe 88 se vi si aggiungono le centurie equestri.

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tica? È ignoto ; ma con ogni verosimiglianza la si pone fra il 462 e il 536 di E. (293-218 av, C.)' E in vero cade in questo tempo la conquista d'Italia, délia Sicilia e délia Gallia Cisalpina. Si amplia il territorio dello Stato, si aumentano insiçme colle pubblichè anche le private fortune, e- tali avvenimenli dovettero portare necessariamente uña riforma nelle basi del censo enella distinzione délie classi. La ineluttabile tendenza democrática fece poi che' alla riforma del censo si accoppiasse anche una riforma politico, per la quale noi vediamo i voti délia plebe* anche délie classi più povere, prepotere talora contro quelli délie classi più rieche e deiraristocrazia/ Piuesattamente si potrebbe dire che la riforma sia avA'enuta dopo il 513 di R. (241 av. C.) cioé * LQ riforma è occennata anche nei libri di Livio, XXIV, 7-9; XXVI, 22; XXVII, 6; Forse era dallo storico esposta nello seconda decade, che ando per noi interamente perduta? Tale riforma non poté esaersi compita senza gravi contrast!^ ed è etrano che nella storia non ne resti memoria. C. Peter, nelFopera Epochen der Verfass, (p. 43 e seg.l, dà délia ritorma una spieçazione in parte diversa dalla esposta, e vorrebbe supporla compita al tempo, del.-decemvirato. Ma nelle Zeittafeln der rom. Gescb. (1. c.) si accosta alla eongettura comune, e potifi ravveniraento sul finira délia prima guerra púnica. IH .questa riforma vedi specialmente E. Belot, Histoire des. chevaliers romains (Paris 1869), vol. L p. 351 e seg. G EX TILE.

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CAPITOI.O I.

in quel tempo in cui il numero délie tribùr" colla formazione di due nuove (Quirina e VeUna) fu portato a trentacinque, e stabilito corne completo ; e la stabilità corrispondenza fra le tribu e le centurie sarebbe forse a ritenersi corne la cagione per cui la cittadinanza che si accoglie di poi non viene a formare nuove tribu, ma bensi va dispersa nelle trentacinque esistenti, per non iscomporre un ordinamento già costituito. Ma colla compiuta classazione délia cittadinanza, coirallargamento del diritto di libero suffragio e coil'estensione dell'eleggibilità non si chiude ancora la storia dello svolgimento de! diritto elettorale. Un nuovo contrasto ira - privilegiati ed escîusi si combatte in piû vasto campo. Quella condizione in cui s'era trovata la plebe rispetto ai corpo privilegiato dei patrizj, nei quali in principio sí restrinâe ogni diritto di elettore e ancora piû a lungo di eleggibile, ora si rinnova per le popolazioni italiche rispetto alla cittadinanza romana. Roma ha il patriottismo ristrettö e materiale proprio délie città antiche ; aldi là délia città e del territorio onde é cinta cessa ogni opera della legge e comincia il diritto délia conquista; il quale perô

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non si'estende intero ed eguale su tutte le parti deir impero, ma bensi é applicato con variissimo e complicato sistema di gradazioni a seconda délie genti, o delle circostanze délia loro sommissione. Questo sistema s'inauguró dopo la guerra latina (414 di R. 340 av. C), e costituisce uno dei caratteri più spiccati dell'accorta politica del Senáto romano. Delle popolazioni sottomesse aîcune poche, le mène ostili o le più utili, erano accolte nella ciltadinanza con pieni diritti;* ad altre era concassa solo una cittadinanza limitata, e precisamente senza i diritti di elettore e di eleggibile; ^ le più erano tenute in una servitù di diversissimi gradi, onde i divisi interessi togliessero la possibilitá di una comuna rivolta contro la comune sventura. Spesso poi, impediti fracittà ecittà gli scambj, il commercio e i legami'di parentela, venivano esse soffocate nell' isolamento ; e -colonie disseminate, a guisa di presidj, nei punti più minacciati e più vitali tenevano le vinte regioni nella dipendenza romana. Questo sistOTaa, dopo lá conquista del Lazia * Cioitas cum su¡ffragÍo. ' CioitoB Bine sufragio.

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CAPITOLO I.

esteso a poco a poco ali'Umbria, all'Etruria, al Sannio, legó Tltalia, dal Rubicone e dalla Magra fino al.mar Ionio, in un complicato ordinamento di diversissime relazioni di diritto con Roma, distinte in colonie, in municipj, in città federate a condizioni pari cd inferiori; in prefetture, ed anche in città munite di quel diritto latino che abbiam ricordato costituire come un grado interiïiedio fra stranieri e cittadini romani. Le città alleate italiche avevano salvato Roma nelle gravi minaccie della guerra annibalica, e I'avevano accompagnata nelle lontane conquiste. Ma compagne nelle sanguinose vittorie, piu non lo erano aei premj che aile vittorie conseguono. Portavano il nome di alleate, ma nel fatto erano soggette, e qual che si fosse la gradazione del loro stato lutte si trovavaho rispetto a Roma in un'assoluta nuilità civile e politica. II dominio suUe popolazioni. itaiiche si faceva tanto più grave quanto piu cresceva la potenza romana, ed era sentito tanto più oppugnante ed odioso quanto più di forze e di sangue gli italici avevano speise in pro dello Stato signoreggiante^e quanto più stretta era l'affînità loro per lingua e p^r costumi cox dominaiori. I soggetti staano

LE ASSlîMBLEE ELETTOTîALl.

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inermi, senza schermo di alcun diriUo di fronte al magistrnto romano. La giustizia e la sicurezza personale erano solo per chi potasse dire con örgoglio: Civisr^omanus sum.^ L'ausiiio dei tribuni e, più importante ancora, Tappello al popólo," erano garanzie concasse solo al cwis- Gli Italici non tardarono a domandare la partecipazione ai diritti di quello Stato cui essi servivano, e continuamente cercavano d'insinuarsi nella cittadiaanza romana. Le città italiche spesso si ]amentavano di- vedersi disertate da parte di popolazione che passava alla capitale; di tratto in tratlo i Censori e il Senato decretavano lo sfratto agli stranieri intrusi, e facevan leggi per impediré l'usurpazione del negato diritto/ Il bisogno di entrare a parte di quel popólo sovrano, di ottenere quel jus cwitatis, • Cic. in Verr. V. 62. Voas illa et imploraiio « civis romanus siiTny> quae saepe multis in ullimis terris speni inter barbaros et salutem tulit. ^ Prococatio. ' Cic. de Off. Ill, 11; ad esempio Ju legge di Giunio Penno del 628 (126); la legge consolare Licinia Mucia del 659 (95), la quale istituiva process! per usurpazione délia cittuilinunza, Quaestío de cioitate. Cfr. A.scon. in Cic. Cornel, ed Or. p. 6". — Delle demande degli Itolici, dice Vcllejo, II, 15 : Petebant earn ciuitateni cujus imperium armls tuebantury etc.

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CAPITOLO I.

che garantiva la liberta personale col diritto di appello, e conferiva il diritto di suffragio; gli stimoli di una legittima ambizione di uscire dairoscurita di un Gomune sabino, o di un piccolo Senato marso o peligno per entrare nel gran Senato romano, per essere parte del popolo-re, condusse ad aperti ed insistenti reclami. Era surta I'idea di una patria comune ; il concetto di una nazione itálica già si schiudeva sopra quello di una ristretta cittadin'anza romana. A queste liberali idee rispondevano nella città alcuni pochi spiriti illuminati, a capo del partito popolare contro il cieco esclusivismo deiraristocrazia. Il diritto di conferiré la cittadinanza spettava essenzialmente al popólo, e in questo rispetto cercavasi di dare una spéciale attività legislativa ai Gomizj tributi. ' Ma la pertinace gelosia ed opposizione dell' aristocrazia si era sempre e fieramente opposta; Cajo Gracco e Livio Druso erano stati campioni e vittime della causa itálica ; le domande e le speranze ripetutamente deluse fecero scoppiare la guerra marsia o sociale, nella quale 300,000 Italici ' VeM. Pat. n. 15. — Delle varie leggi de cioitate sociis ¿landa, vedi Lange; Rom. Alt. II. p. 635 e seg.

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perirono. Ma alla perfine la loro causa trionfö colla lex Julia del 664 di R. (90 av. C), cha diede la cittadinanza ai Latini, agli Umbri, agli Etruschi, ossia ai popoli dell'Italia settentrionale fino al Po; e colla lox Plautia Papiria dell'anno seguente, per la quale ottennero la cittadinanza i cittadini dei Comuni alleati con Roma, che al tempo della promulgazione della legge avessero domicilio in Italia, purché dentro lo spazio di sessanta giorni ne facessero domanda al pretore urbano in Roma. — COSí il popólo romano si era formato come per una continua sovrapposizione di strati ; prima il patriziato aveva costituito il populas ; poi vi sí era oggiuntá la plebe, popolazione •del contado, e le aggiunzioni di nuovi elementí plebei si eran falte sempre maggiori, estendendosi a popolazioni di più in più lontaaie dalla sede del governo ; e finalmente aveva compreso, di diritto almeno, tutta Italia. In questi varj strati si mantennero pero evidenli le diñerenze di successions ; le classi dei vecchi cittadini vi tenevano gélose il predominio, e una più antica data di cittadinanza costituiva quasi un litólo a maggior considerazione. La sede, il centro della vita política, il solo campo all' esercizic degli

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CAPITULO I.

aquisiti difitti é sempre Roma^ Ora, dalla cittadinaiiza largita all'Italia, per quel che risguarda l'esercizio del sufíragio, non poté venirne queli'incremento che sí attenderebbe; la distanza che separava le città, donate del jus suffragii, dalla capitale, rendeva illusorio e quasi nullo un diritto che solo nella capitale poteva essere chiesto ed esei*citato. E si ridusse anche questo quasi in un privilegio dei ricchi, che, sia per conferiré sia per chiedere gli onori, soli potevano sostenere un soggiorno fuori della patria. Oltre dei ricchi, puó dirsi ne approfittasse anche I'oziosa poveraglia, che afíiuiva in Roma a godere delle distribuzioni di grano stabilité dalle leggi frumentarie, o chiamatavi daU'avidità di lucro, quando i voti nelle elezioni mettevansi a prezzo e il diritto di suffragio costituiva un mezzo di sostentamento. Ma i piccoli proprietari delle pianure del Volturno o delle colline del Piceno, Ja parte laboriosa e sana della popolazione, che dalia miseria non era spinta al tuq^e mercato dé' suoi diritti, e dalla cura del piccolo avere era legata all'assiduo lavoro del suoio, rimase al certo indifferente alla concessione delyws cioitatis. II quále poi scemava di valore anche per al-

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tre limitazioni, escogitale nell'interesse délia vecchia cittadinanza, e specialmenle deU'aristocrazia a compenso délia strappala concessione. ï nuovi cittadini non vennero sparsi -in tutte le già esistenti tribu, in cui avrebbero forse pórtate una decisiva preponderanza dei nuovi element!; ma bensi vennero confinati solo in otto délie trentacinque tribu;'oppure, secondo altra notizia, si composero di loro altre dieci separate tribu, le quali dovevano essere chiamate ultime alla votazione/ Cosi nell'uno corne neU'allro caso si vede di leggieri- che, raccogliendosi i voti sia per tribûj sia per centurie nel seiio délie tribu, quelli délia nuova cittadinanza dovevano trovarsi in una disperante minorità rispetto aile vec* Veil. Pût. II, 20 ... cum ita cîeitas Italiae data esset ut in ocio tribus contribuerentur noei cives; ne poten tia eorurn et multitudo veterum citium dignitatem fran geret, plusgue passent recepti in beneßcium quam aac tores benejicii... — L'altra notizia di dieci nuove tribu formateeî è di Appiano, g. c. I, 49 e 53. Una provo che la popolazione itálica non partecipasse con vivo calore ad una cittadinanza i cui diritti riesçivuno cosl ristretti nel l'esercizio, puö trovarsi nelle cifre del censo romono. Ne! 629 di R. (125 av. C.) abbiamo un totale di 390,736 citta dini atti aile armi iLiv. epit. LX.); nel 6Ô7 (37), cioè due anni dopo le legy;i Julia e Plautia, il censo è auméntalo a 463000 (Euseb. Olymp. 173, 4.), ossia poco più di 72000 cittadini, numero non corrispondentâ &U'estensÍone che lo Stato aveva conseguito.

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CAPITOLO I.

«hie tribu. Si dovettero attraversa re ancora •niolte agitazioni prima che i nuovi cittadini fossero ammessi nel seno dalle trentacinque tribu, cioè nella vera paritá di diritto di suffragio coi cittadini vecchi ; e ció forse avvenne ai tempi di Ginna. * La riforma dei Comizij, centuriati, e insieme la seguita estensione del voto a tutti gli Itaiici, stabilisce il momento della piena costituzione, della compita esplicazione della maggiore assemblea elettorale romana. II suo riformato ordinamento dura per tutto il tempo della repubblica; é quelle che vedevano funzionare Dionigi e Livio. Se vi furono teiitativi di nuovi mutamenti quesli non si riferiscono alia genérale composizione del Gomizio, ma piuttosto a particolari modi di votazione, con sempre maggior tendenza democrati^ia ; e qui va ricordata la legge attribuita a Cajo Gracco (631 di R. 123 av. G.), intesa ad impediré che nella votazione si seguisse Tordine delle classi, colla precedenza di quelle dei pié abbienti, facendo invece che l'ordine in :ui le centurie dovevano portare il suííragio fosse rimesso alia sorte. La legge di Gracco, * Valí. Pat. II, 20.

LE

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quando avesse avuto vigore, avrebbe interamente cancellato l'originario carattere dei Co mizj centuriati ; a restituiré il quale, nella primiera sua forma deU'ordinaménto serviano, credesi che intendesse Silla, nel primo suo consolato (666 di R. 88 av. G.); non pare perô che nemmeno al tempo délia sua dittatura egli traducesse in atto rattribuitogli disegno. Ghecché ne sia di questi due opposti tentativi, si ha per certo che i'ordinamento dei Comizj centuriati dell'ultimo tempo délia repubblica fosse queïlo uscito dalla riform'a descritta. * I Comizj tributi, che dopo il Decemvirato avevan ricevuto vigoroso impulso, non tanto variarono in progresse di tempo nella loro costituzione, quanto invece sempre piii estesero la cerchia délie loro competenze, in rapporte alla legislazione ed anche all'elezione. Nel primo rispetto puô dirsi, che mercè l'attivissima e ardita iniziativa dei tribuni, su* Di questi due tentativi di Gracco e di Silla sono troppo scarse e poco attendibili le notizie. Di quello di Gracco è solo uri cenno nello scritto attrJbuito a Sallgstio, de ordinanda República, II, 8. Cfr. Lange, Rom. Alt. Il, 482 e 490. Peter, Epoch, d. Verfass, p. 15^1. — Di quello di Silla la sola notizia che abbiarno è di Appiano, g, c. I, 59. Cfr. Lange, L c. e m, 124.

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cAPiTOLo:i.,

^perasaepo i Comizj centuriati ; nel seconda invece, del quale solo qui si fa discorso, ri. masero inferiori, spettando sempre alle centurie I'elezione dei raagistrati maggiori. Tuttavia i Comizj tributi avanzarono anche neue competenzeelettorali,,onde, oitrealla nomina delle due magistrature plebee, tribunato ed edilita, attrassero in sé quelle dei questori, degli edili curulij di parte dei tribuni delle legioni, e infine delle molte cariche o commissioni inferiori amministrative; restando Telezione di tutti questi magistrati sotto la direzione di un console, o per i piû bassi/ di un pretore, per cui, in quanto potevano le faculta délia presidenza, era temperato il loro indirizzo sempre e schiettamente democrático. Un importante progresso nelle comf)etenze elettorali fece Tassem^blea delle tribu quando le cariche sacerdotali vennero messe nella-dipendenza del suffragio popolare. Roma non ebbe un ceto sacerdotale, un clero' giusta il nostro concetto, essa che doveva essere una nuova forza del mondo come sede di una possente ierocrazia ; non v'aveva-d'uopo d'interprète fra Tantico uomo romano e la divinità, la quale, secondo la credenza comune ai Greci ed agli Italici, si rivela per

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mezzo di segni che appaiono nel cielo, lampi, tuoni, canti e voli d'augelli. Ma nel provocare dalla divinità la rivelazioiïe per mezzo degli indizj celesti (i quali possono riferirsi ^;ösi al privato come alio Stato intiero), * e nelrinterpretazione puô esser facile errare; di qui la nécessita di una scienza divinatoria e Porigine dei coUegi auguraîi, al cui awiso il cittadino ricorre solo come a depositar)' délia dottrina e délia tradizione dei riti. î^ il collegio in cui'si consen^a la scienza degli augurj e degli auspicj non si coslituisce appartato dalla società, segregato dagli altri ufficj dello Stato; esso é aperto ad ogni cittadino, le sue funzioni e la sua dignità non sono incompatibili cogli ufficj politic! o militari, anzi hanno,con questi uno strettissimo e continuo légame. Stato e religione in Roma si confondono ; valore guerresco, abilità amministrativa e religiosité sono i più spiccati " caratteri délia società romana. Nessun atto délia vita, privata o pubblica, si sottrae alla dipendenza délia religione. In ogni n>enömo accidente pu6 vedersi la manifestazione della * Onde la distinzione di auspicia prioata ed auspicia publica, owero A. papuli romani.

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CAPITOLO 1.

volontà dei numi: un lampo, un tuono, il canto o il volo di un augello, il muggita délia vittima, gli estremi palpiti délie sue viscère, un accesso d'epiletlico, una voce fortuita sono tutti motivi di presagio. Mentre non valevano le ragionî e l'autorità di Camillo a trattenere il popólo che da Roma» diroccata dai Galli, non migrasse a Vej, valse queíl'inopinata e ben augurante voce di un centurione : Signtfer, statue signum ; htc ma'' nebimus opétme. ^ La scienza divinatoria, che da quests credenze consegue, facendosi complessa e difficile rendeva necessaria Ja cooperazione del collegio degli auguri, e quindi maggiore la sua influenza nello Stato, iu grazia specíalmente di quel tenace spirito di ,;sprvanza delle esteriorità, ossia di quel 'formalismo, che fu proprio dei Romani in tutte le istituzioni cosi politiche come religiose. Per tale osservanza delle forme, anche quando il sentimento religioso erasi affievolito, e poi al tutto spento, perdurarono tuttavia rigide e impreteribili le formalità di tali riti che gíá per tutti erano evidente menzogna. * • < T. Li7. V. 55. • Cíe. de divinat. II, 33, 70 e se^.

LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

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L'augurio aveva preceduto la fondazione di Roma ; nessuna impresa di pace o di guerra puó essere incominciata, nessuna assemblea di popólo convócala, nessuna deliberazione sancita senza la precedenza di un favorevole auspicio. ^ È facile vedere quale smodata preponderanza política avrebbe per ció Bequista to il coUegio augúrale se fosse stato un corpo al tutto indipendente e libero nelle sué funzioni. Ma gil auguri non hanno libera iniziativa, bensi stanno nella dipendenza del magistralo a oui servono come assistenti. II diritto di osser\-are gli auspicj e di interpretarli, fu primamente del re, rivestito del poter religioso; ma come parte della sovranità conférita al re, tale diritto risiedeva veramente nelle gentes, cioé nei patrizj, considerantisi quasi classe privilegiata rispetto agli Dei, quali mediatori naturali fra la divinitá e lo Stato. Da questo derivó in prima che il re e dopo lui i consoli assumessero gli auguri solo come periti interpreti degli auspicj, e poi che- aU'augurato, e insieme anche alie altre cariche s'acerdotali, avessero avuto adita solo i patrizj. E siccome qualsiasi funzione 1 Cic. 1. c. e T. Liv. I, 36,

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CA'PITOLÓ^'I.

dello Stato non poteva esser iniziata e condotta se non da chi avesse T idoneïtà e lafacoltá di prendere gli auspicj, il potriziato si era poggiato su questo fondamento .per negare ai plebei l'accesso aile magistrature. Di magistrato in magifetrato patrizio trasferivasi adunque il diritto degli auspicj, finché il mo-" vimento democrático che portó la plebe al consolato stabili il rtuovo concetto, che depositario di quel sacro diritto fosse tutto il popólo delle centurie, il quäle per mezzo delTelezione lo conferiva al magistrato. * Le adunánze délia plebe, finché turono considerate non come assemblée del popólo, ma parziali riunioni di esso, e quíndi incapaci a decidere in cose d'intéressé genérale dello Stato, si raccoglievano senza gli auspicj. Mauna volta che la plebe convoca tada' suoi capí ebbe veré funzioni legislative ed elettorali, più non sí poteva, senza offendere il carattere di tutte le istituzioni poUtiche romane, chiamarla all'esercizio del suffragio, senza il rito degli auspicj. Ebbero- allora anche i tribunv questo religioso diritto dell'osservazione del cielo col ' Cic. dé divin. II, 36: A populo auspi-Ua accepta Açc bemtía.

LE ASSEMBLEE ELETTOBALI,

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sussidio dell'augure, * e fu questo il suggelio di legaiità posto alle assemblée schiettamente democratiche. Con questo e quindi coirammissione délia plebe al consolato, il diritto di prendere gli auspicj fu nella plebe riconosciuto. Ma non le fu in pari tempo concessa l'ammissione al Collegio degîi auguri, aperto solo ai patrizj.' Le tradizioiii e Tesperienza per rinterpretszione degli auspicj formavano una disciplina che coll'aumentarsi délie magistrature e il crescere deU'attivilâ dei Comizj «cquistava una sempre maggiore influenza nella vita pubblica. « Quando Giove tuona e folgora non si possono tenere Comizj ; gli flugelli sono nunzj di Giove;'» su questi principj si fonda il costume dell'ossen^azione del cielo e degli auspicj da parte del magistrato.. L'apporizione di un segno infausto pu6 impediré la convocazione del popólo o •discioglierlo se già raccolto. Ma v'ha di più; il diritto dell'osservazione del cielo continua i suoi effetti anche dopo awenuto il Comizio, :giacché la dichiarazione d'un magistrate, col, * Spectio. s Cic. de divin. H, 18, 42: Ime tonante fulgurante Comitia populi habere nefas; id. 34, 72: Aoes intemunciae Jooia. . GENTILE.

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06.

CAPITULO I.

la conferma degli auguri, d'aver fatto nel momento délia racpolta assemblea l'osservazione e d'avervi notato segni infausti, doveva valere in diritto, ed anche in pratica se y' era forza sufficiente a dar vera efficacia aL diritto, corne un motivo per annuUare le decisioni dei Gomizj, e quindi, per stare al caso nostro, infirmare le elezioni, le quali dichiaravansi difettose-, viziate, e i magistrati. eletti dovevano abdicare la carica/ Gome tutto questo si risolvesse in una significantissima limitazione del libero voto del cittadino, e quale grave ostacolo potesse essere all'eleggibilifcà finché tutto l'augurato fu privilegio de' patrízi, é da per sé stesso evidente. Giá da oltre mezzó secólo la borghesia aveva ottenuta la piena eleggibilità ; consolati, dittature, trionfi, avevano portato in mólte case plebee un tit,oIo di nobiltá, e tuttavia contro le loro generóse ambizioni restava sempre in mano del patrízíato un* arma efficace, potendo, col pretesto degU auspicj, impediré, ritardare, od annullare le elezioni. Una lotta * II magiatrato dicevasi allora eitio creaítíSt vittoaus,. e ñcorrono fraquentissimi í casi di simili elezioni annullafee; p. e, T. liv. ViU, 15, 17, 23; IX, 7; XXI, 63; XXIL 9^;

33í XXni, 31; XXVn, 2S, ecc. Qc, Phil- IL 32-

LE ASSEMBLEE ELETTOBÂLI.

67

per il diritto d'ammissione nei collêgi sacerdotali e specialmenle in quelio degli auguri non poteva più evitarsi. Essa si accese seesantasei anni dopo il primo consolato plebeo, cioé nel 454 di R. (300 av, C), quando i tribuni Q. e Cn. Ogulnii prbposero lëgge che nel collegio degli auguri e dei pontefici fossero «unmessi anche i plebei.* Il contrasto non fu del patrizialo contro la gran massa délia plebè, ma solo contro i maggiorenti di questa, i ricchi, quelli che aspiravano agli onori o che già coU'averli cons^uiti si erano annobilitati. Ê questo, nella stessa narra* zione di Lfvio, una chiara prova délia distinzione già accennata fra la questione política e la sociale; per la legge Oguînia la plebe inferiore non si commosse punto. " La difesa di un diritto ormai irrefutabile é da Livio con splendore d'eloquenza. messa nelle labbra d'uno de* più insigni plebèi, fîglio àï quel Decio Mure che nella guerra latina eràsî aagrifícato per la salvezza délia patria, alla bat» T. Liv. X, 5. * T. Liv. X, 5; Certeunßn injeetum. inter prinwrea eiei' íatÍ8, patricios pl^ejosqite, etc (TribuniJ earn actionem suseeperunt^ qua non injimasn plebem àccenderent^ sedjpsa cetpUa plebze, cçmsuZorËS triumphedesque piebeioSj etc.

68

CAPITULO I.

taglia del Vesuvio (414 di R. 340 av, G.)' II patriziato contrastó, ma con poca energía, sñacchito e sfiduciato dopo le tante vittorie dalla plebe; la legge Ogulnia passó; i plebei furono ammessi nel coUegio degli auguri, ed in'quelle dei pontefici, che pure avevano influenza non piccpla nei Comizj, giacché loro spettando la cura del calendario, dipendevá da questa attribuzione anche la determinazione dei giorni idonei alia convocazione del popólo. ^ Cost il controllo dei Comizj non fu più. uñ privilegio dei patrizj ; accomunato coi plebei puó dirsi interamente conseguita Teguaglianza dei ceti in'rispetto al diritto di eleggibilità. Ma qui non s'arresta lo svolgimento dei diritti popolari in rispetto aile canche sacerdotalí; in aperta opposizione al crescere délie tendenze democratiche restava il modo della nomina a tali cariche, che facevasi per cooptatio, ossia per decisione del collegio stesso, il quale, verificandosi una vacanza nel suo seno, aveva assoluta facoltà di designare chi dovesse esser chiamato a quel posto. Ne se^uiva che gli ufficj deiraugurato e del pontificate si andassero restrini Dies covUtialea..

LE ASSEMBLEE ELETTORALI.

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gendo nella breve cerchia di poche öasnte, e Vacc^so aile cariche fosse sottoposto a tutte le influenze délie consorterie. Il concelto che ogni iiffîcio dello State sia ñconosciuto dal suÊfragio popolare pi-evalse anche per gli onori sacri; ma daU'ammissione della plebe nei sacerdozj a qjiesto ancor più liberale concetto dell'elezione, passarono quasi due secoli. Fu nel 650 di R. (104 av. C.) che la legge di un tribuno Cn. Domizio conferí la nomina degli au^uri e dei ponlefici ai Comizj tributi. * Si stabil! per tal guisa una nuova attribuzione delle assemblée demooratiche, o, anzi dii*emo, una nuova forma di Comizj, i Comida sacerdotum, i quali differivano dai Comizj tributi prima in questo, che non tutte le tribu erano chiamate all' elezione ma solo una minoranza di esse, cioé diciasset^ te, designate dalla sorte ; ' quindi perché la presidenza di tali Comizi era tenula da auguri o da pontefici ; ed infine perché, essendo glí eletti investit! del loro ufficio a vita, la convocazione non ritomava a determinoti periodi. • Veil. Pat. n, 12: Cn. Domitiua tríbunua plébia legem tulit, ut sacerdotes, guos antea collegáe sufftci^ant, popnlus crearet. * Ge. de leg. agr. II, 7.

70

CAPITULO I.

Il diritto di suffragio nelle elezioni aile car riche* sacerdotali, limitato perô sempre ia una minopanza. fu sosp^o al tempo délia dittatura di Silla, quaiido abolita la legge Domizia si ritornà alla vecchia forma deila cooptatio collégiale. ' Ma quando la costituzione sillana per nécessita dei tempi cadeva sfasciata,, anche questa parte del potere ritornô ai suffragi popolari, per una iegge del tribuno. Azio Labieno, intesa a favorire mano si voleva impediré che i candidati andassero ad accattare i suifragj deí cittadini dimoranti lungi da Roma ; puó dirsi che essa stEtbilísse propriamente ilsigniñcato dell'ámbire, essendo intesa a reprimere le gírate eieltorali, non per la considerazione che in queste" veramente fosse occasione e mezzo di corruzione, ma bensi per una semplice considera* * T. Uv. Vn, 15.

IL BROGLIO ELETTORALE.

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zione polilica: erano gli urbani, i patrizj e le loro clientele, ossia (possiam dirlo?) i Romani de Roma, che tendevano ad impediré ai plebei, ai cittadini del contado, agli homines nooif l'adito agli onori. La legge é appunto di quel tempo in cui le gare délie elezioni fra i due ceti ardevano più vive, dacché recentemente i plebei avevano trionfato nel loro diritto coir elezionedi h. Sestio. Si direbbe che le severe pene délie dodici tavole trovassero applicazione, in reati riferentisi aile elezioni, nel 440 di R, (314), al tempo délia seconda guerra sannitica, quando, ira gravi turbolenze surte in Campania, si formarono coalizioni e congiure per ottenere le cariche. A reprimerle intese con sévérité C. Menio dittatore, e in for^ za di un suo editto, * seguirono molte accuse e condanne. Ma qui non si tratta ancora di brighe di candidatí, ma bensi di veré congiure contro lo Stato, di trame per irrompere nella repubblica e per forza usurpare il potere; di questi tentativi la nobiltá e gli uomini nuovi si palleggiayano a vicenda le accuse. ' T. LIT. IX. 26: Coitiones konomm adipUcendoruw; causa esse facías contra rempublUam.

228

CAPITULO ni.

La storia délie elezioni romane, con ispeciale riguardo aile brighe elettoralî, ci é nota massimamente per gli scritti di Cicerone. Nei libri che ci rimangono di Livio non sono scarsi gli accenni olV ambitus, ma, corne si disse, esso rimane nel suo senso primiero, o se implica idea di reato non è in rispetto ad un sistema,organizzato di raggiri elettorali, ma piuttosto di delitti mossi dall'ambizione. È narrato in Livio, che nelle elezioni alla censura del 563 di R. (191 av. C), sopra sette candidati le maggiori probabilità erano per Acilio Glabrione, cittadino plebeo, a- cagione di largizioni di viveri da lui fatte al popólo, * non con immediato scopo alla sua candidatura, ma bensî di moîto antecedent! con genérale intento di conseguiré il favor popolare ; né la nobiltà, che per abbaltere tale candidato lo fece citare a giudizio innanzi al popólo, lo accusó di corruzione elettorale, ma bensi d'altro» reato. E se vuolsi esempio d'uno dei maggiori delitti a cui possa spingere i'ambizione lo troviamo, ancora in Livio-, * nel caso della morte di C. » T. Liv. XXXVII. 57. Congiaña. ' T. Liv. XL, 37.

IL BROQLIO ELETTORALE.

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Caipurnio Pisone, console deil'anno 574 di R. (180 av. C.) awelenato da sua moglie Quarta.Ostilia per preparare relezione di console suiTogato a Q. Fulvio Flacco, suo figlio di primo letto, che concorrendo col patrigno era stato respinto. Il broglio largamente diffuso e ordinato a sistema é proprio dell* ultimo secólo di Roma, ed é negli autori ehe vissero in questo periodo, o che scrivendo vi si riferirono, che dobbiamo cércame la storia. Ma i più tardi narratori, quali Appiano, Dione e Plutarco, oltreché non sono romani, non si volgono a ricercare profundamente le condizioni interne délia repubblica, e fácilmente risentono 1'influenza dei tempi in cui vivevano, infiacchiti in un*età servile, o troppp inclini a'moralizzare. Ció che non troviamo intero e genuino in questi scrittori lo ahbiamo invece riprodotto dalla realtà délia vita, animato d'un riflesso del vero, in Cicerone, le cui îettere e le orazioni in difesa di accusati di broglio offrono abbondanti' notizie, per le quali si dichiara il segreto maneggio délie gäre nelle elezioni e si mostra come la corruzione elettorale dovesse giustamente richie" dere i tocchi più vigorosi del quadro in cui

230

CAPITOLO III.

Lucano ha dipinto la caduta deila repubblica/ - Dopo la legge Petelia,.che é del 396 di R. (358 av. C.) v'ha una grande lacuna in fatto di provvedimenti contro le agitazioni elettorali, ¿he si estende fi-no al 573 di R. (181 ÖV. C); nel qual anno é menzionata una legge del consoli P. Cgrnelio Cetego e M. Bebió Tamfilo.' E qui deve osservarsi che la legge Petelia e ¡e altre disposizioni antecedenti hanno lutte esclusivamente un caratlere politico, mentre quelle che verranno nei tempi posteriori si presentano veramente con un carattere criniinale. II tempo che mtercede fra questi due periodi é quello in cui si compie la trasformazione della società romana, in rispetto alia possidenza e in rispetto ai costumi. Roma s'avviava ad essere la cioitas ex naiionum conventu istituta, o, come fti denominata più tardi e piu volgarmente, la locanda dell'universo. La popolazione povera e rivestitâ del diritti di cittadinanza, quando con C. Gracco e più ancora con Glodio le distribuzioni di grana furono un suo diritto, • Lucano, Phars. I, dal v. 160 al 182; cfr. IV, 817 seg. ' T. Liv. XL, 19. Vedi Rinkes « de crimine ambitus et de • sodaliciis, etc. » p. S6 seg.

IL BnOGHO ELECTORALE.

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offriva Taura del suo farvore ai ciltadini che le fosserö più liberali. La popoiazione straniera, priva délie prerogative délia cittadinanza, o cercava usurparle o restava in ogni caso materia e fomite di quante agitazioni turbassero la città. Le leggi agrarie, che prima avevano inteso a ricostituire la popoiazione agricola, dovettero ora,deviare dal loro glusto scopo, e diventarono un mezzo di vuotare del soverchio délia popoiazione povera e inquieta la capitale, e più tardi poî anche un modo di ricompensa aile milizie, e quindi un sostegno ai capitani più fortunati ed un pencólo alla liberta. Che al popólo, i cui votí erano respressione della volonté sovrana, fossero procacciati modi di sussistenza, quasi ricompensa dell*esercizip de' suoi diritti e del favore concesso ai cittadini che ambivano di reggere la cosa pubblica, era principio' generalmenle riconosciuto» era la preoccupazioné di quelli che annualmente salí vano al govemo. È in mezzo a tali condizioni che il broglîo elettorale si muove attivissimo ; e se di esso per il lungo tratto di tempo sopra ricordato non resta trácela nelle leggi, ve n*há vestigia chiarissime in altre espressioni della vita romana, specialmente nelle comme-

232 •

CAPITOLO m.

die. Un personaggio del Trtnummo di Plautodice: « Ormai Tamblzione é sancita.dal costume Diventa costume chiedere gli onori in premio di ribalderie, diventa costume respingare gli uomini volorosi. »' Cade appunto neU'eta di Plauto quella che suol riguardarsi come prima dalle leggi criminali sul broglio^ cioé la giá acceñnata legge Cornelia-Bebia. In qual parte e in qual misura le consuetudini delle candidature avessero trasmodato e come questa legge vi rimediasse, é ignoto; al breve cenno che ne abbiamo in Livio altro non si puo aggiungere fuorché Catone censore sí oppose a chi voleva derogare a tal legge. ' Né maggior luce suHo sviluppo del broglio possiamo avere dalla legge seguíta parecchi anni dopo, e che suolsi riferire al .595 di R. (159 av. C), e dai consoli di tal anno vien denominata legge Cornelia Fulvía; • ne abbiamo appena un leggiero cenno in Livio. ^ Le traccie piü certe ed abbondanti del reato di broglio, che in questo tempo, cioé sul principio del 600 di R., puô dirsi in sempre^ * Plauto, Trinummus, Act. IV, se. 3; v. 25 seg. Vedi anche Amphitruo, prolog-, v. 72 seg. * Vedi E. Meyer, Fragment» oratorum romanorum. Zurigo, 1842. «.T. liv. 6ßit. XLVir.

IL BROGLIO' ELETTORALE.

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più vivo sviluppo, sarebbero da aspettarsi dalle leggi che ressero i tribunali permanent!, o più propriamente « le commissioni permanenti d'inchiesta, »* la cui istituzione spetlo al 605 di R. (149 av. G.)- È noto che la giurisdizione criminale risiedeva anticamente parte'ne'magistrati, parte nel popólo, specialmente in virtù del diritto d'appello aJl'as-' semblea popolare concesso ad ogni cittadino romano. Ma per i rivolgimenti che si compievano nella società, per i frequenti-ostacoii alla convocazione. delle assemblée popolari, e più ancora per la stessa Itfro degenerazione, si rendeva ormai impossibiJe una regolare e sincera amministrazione délia giustizia. Fu allora che s'iniziô una nuova legislazione criminale e si istituirono le corti giudicanti permanent!, formate di giurati scelti neirordine senatorio e raccolti sotto la presidenza di un pretore. Da questi tribunali speravasi assicurato un miglior corèo alla giustizia. La prima corte permanente fu istituita nel 605 di R. per idelitti di concussione {de repetundis); quando ne fosse ' Quaestiones perpetuae, G. Padelelti, St. del dir, rom. c. XXXIV.

234

CAPITULO ni.

istituita una anche per il reato di broglio non sappiamo. Pero gíá nel 637 di R. (117 av. C.) sappiamo, se v'ha scrupolo di esattezza in una notizia di Plutarco/ di un processo di broglio inténtalo a. G. Mario, in occasione dalia sua elezione a pretore ; e la narrazione di Plutarco, che dice esser stato Mario assolto per un numero di voti pari dalla parte deiraccusa e da quella della difesa, fa pensare che il processo siasi tenuto appunto innanzi ad una corte di giurati, presieduta dal pretore. Si trovano, intorno a questo tempo, accenni di altre cause di broglio; onde ai conclude che probabilmente al tempo del tribunato di C. Gracco (631 di R., 123 av. C), quando per una delle sue leggi Tautoritá giudíziaria fu tolta ai senaton e trasferita neU'ordine de' cavalieri, si instituisse una permanente comroissione d'inchiesta anche per il reato de ambitu.* - Dopo la yegge Comelia-Fulvia troviamo ancora un lungo tratto di tempo in cui è péndulo ogíii ricordb delle leggi contro il broglio; le quali certo dovettero essere promul* Plut. V. Mario c. 5. , • Zumpt, introd. all'orat.'pro Mur. p. XIX.—Cfr. BinJces o; c. p. 56 seg.

IL BROGLIO ELETTORALE.

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gale, giacchè è questo, fra le civili lurbolehze di Roma, un momento di vivissima agitazione eleltorale, di corruzioFii e di violenza. C. Gracco tentó ogni via per essere eletlo tribuno una terza volta. II popólo tantq or-, mai si compiaceva degli spettacolie nefaceva condizione al suo favore che C. Gracco credette opportune, fra gli altri mezzi d'assicurarsi i suffragj, di far abbattere le tribune e gli steccati dei posti riser\-ati ai magistrati nei ludi gladiatorj,.procacciando un più largo e più libero spazio al popólo. I voti che raccolse nei Gomizj furono molti ; ma i tribuni presidenti e sor\'eglianti le elezioni^ per nirhicizia personale contro di lui, o per aderenze al partito contrario, usarono frodi nella numerazione délie tessere e nella proclamazione del risultato délia votazione, e tolsero a Cajo l'elezione, afîrettandogli per tal via la misera fine.-^ — G. Mario -respinto nella candidatura dell'edilita plebea e deU'ediiita curule, riesci a grande stento nélla pretura, e dopo l'elezione ebbe l'accusa di broglio, che già iibbiamo menzionata. Ma dall'assoluzione 4X gran stento ottenuta, trasvoló con rapidis.* Plulorco. C. Orocc. c 12.

236

CAPITULO m.

simo impeto per la serie di cinque consolati, quasi minacciando ruina alta liberta della costituzione. II sesto consolato tuUavia non poté ottenere se non per mezzo d'una memorabile coalizione, con vidienze e con broglio. Nel 654 di R, (TOO av. C.) si avevano le candidature di Saturnino al tríbunato, di Glaucia alia pretura, di Mario al consolato, tutti e tre congiunti in un medesimo scopo, di maturare il tríonfo del partito popolare. II Senato opponeva a Mario la candidatura di Q. Metello, contrastava vivamente Telezione di Saturnino, ma foree meno quella di Glaucia. Nelle ^ezioni dei tribuni la vittoña spa^vasi intera pdi Senato; Saturnino fu recinto; ma Tassemblea fu invasa da bande ármate^; Minnio ultimo dei tribuni eletti fu ücciso, 6 ^tumino nomínalo in sua vece. Nelle eJezioni consolarí Metello fu sconfitto; Mario» che con aperte distribuzioni di denaro aveva comperato i voti, riusd elelto, ed ebbe a collega L. Vaierio Flaœo, piuttosto suo strumento che non.wio moderatore.* — Fu solo per mezzo del broglio che Silla ottenne la pretura ; egji aveva ommesso Tedi* T. lÁv. epit. LXnC ; Plut.-v. Mar- c 29. i App. g. c. L 28.

IL BROGLIO ELETTORALE.

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litâ, forse con maggiore offesa del popólo, perché IG sue relazioni col re di Numidia gli avrebbero dato modo di offrire straordinarj spettacoli di belve africane; respinto nella prima petizione délia pretura riesci nella'seconda, l'aniio 661 di R. (93 av. C), ajutatosi con larghe distribuzioni di denaro;* con grandi spettacoli dati come presidente ai ludí ApoUinari, con nuovi mezzi raccolti neiramministrazione délia provincia di Cilicia, e colla popolarità acquistatasi nella guerra itálica, ottenne poi il consolato alla prima petizione, nel 666 di R. (88 av. C.)" Le sole traccie che nella legislazione romana si trovano contro le frodi e le pressionî elettoraii, per lungo spazio di tempo dopo la legge Coxnelia-Fulvia, consistono nelle disposizioni che sostituirono la scheda scritta e segreta al voto orale palese, mediante la legge Gabinia; alla quale ben presto si dovette aggiungere in riconferma una nuova ordinazioiie, che proibiva" di guardare le schède quando si deponevano nelle ceste.^ Né questo ^ bastó, e presto si ebbe altra legge * Veil. Pat. II, 15; Plut. v. Sill. c. 5. -' T. Liv. epit. LXXV; Veil. Pat. II, 17; Plut. SilL c. 6. ' Cic. de leg, III^ 17. Ne quia tahellam ikapiciaU

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tiAPiTOLo m.

di G. Mario tribuno (635 diR.; 119 av. C.) ad impediré che si agglomerassero troppe persone sui ponti per dove passavano gli elettori a votare, e presso le cesté che raccoglievano i suffragi. Quali frodi potessero essere commesse per opera deí dirigenti e sovrintendenti alie elezioni, erasi veduto due anni prima neila candidatura di G, Gracco al terzo tribunato. Dopo tanti tumulti e tante violenze nei Comizj elettorali, questi momenféneamente s'acquetarono oppressi dalla dominazione di Silla. Quali limiti fossero da lui posti alia liberta elettorale ed air eleggibilità già sí é ricopdato; se poi egli, come le condizioni ele nécessita dei tempi farebbero credere, prpmulgasse particolar legge sul brogÜQj é ignoto ; ma é a ritenersi per certo che nei nuovi suoi ordinamenti intorno alie magistrature avesse proweduto alia répressions della corruzione eleltorale, e fo^e stabilita ai reí di- broglio quella pena dell' esclusione dalle candidature -per lo spazio di'^díeci anni^ che solo dopo Silla si trova menzionata.* Una continuata * Dallo Scbol. bob. (ed. OreUi« p. 361), gaesta pana è attribttita ad uoa ieg^ Cornelia; ma resta dubbio se si tratti della legga Cornelia Bebía, o della Coraeliar

IL BROGLIO ELETTORAI.E.

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serie di disposizioni, sempre più severe e luttavia sempre più vane, contre le frodi e le violenze nelle assemblée elettorali segue dalla morte di Silla fino "ál principio délia guerra di Cesare e di Pompeo; e qui ben'accade di demandare, quid leges vanae sine moribus prosunt? Nel corpo elettorale romano la parte che per Ja continua presepza "o per la vicinanza alia capitale poteva fácilmente esercitare il suo diritto, era quella appunto che di esso diritto faceva mezzo di sussistenza. Al di sopra di questa turba avvilita dalla povertá, oziosa ed ávida di godimenti, e superba delle sue prerogative e del sapersi dominatrice del mondo, grandeggiava quella classe che per nobiltà, per ricchezze e per ambizione*aspirando ai maggiori gradi dello Stato s' awantaggiava dei bisogni e della corruzione della massa dei votanti.'Fra queste due classi stava mediatore un altro ordine di persone, alle quali era professione, occasions di favori e mezzo di vita V uso © T esperienza del raggiro elettorale; persone praFulvia, oppure di una particolar legge di Cornelio Silla. Mommeen (de coll. et sod. Rom. p. 44), e^con lui Rinkes (de crim. amb-, ecc, p.,53), la piconosooDO per una legge Sillana.

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CÄ.PITOLO in.

tiche ed abili dei più sottili congegni della macchina elettorale e delle più segrete risorse di quel gran mercato della sovranità popolare. Giacché, e qui vuol ^ssere ben chiarito, non si trattáva semplicemente di ottenere la mag-gioranza nel complesso dei cittadini votanti, ma bisognava conseguiré la maggioranza in un dato numero di sezioni, che costituiscono poi la maggioranza dell' assemblea. Occorre qui di provare quello che già addietro'fu affermato, la maggioranza dei votanti poter essere una minoranza politica. Prendiamo ad esempio una votazione per tribu : esse sono in tutto 35, ciascuna delle quali rappresenta uh voto; la maggioranza dei voti sta adunqüe in 18. Mettasi, per ipotesi, ehe in ogni tribu si abbiano 100 vptanti; l'unanimité di 17 tribu importerebbe la somma di ITOO voti ; la semplice maggioranza di 18 tribu (ammeasa çielïe proporzioni, p. e., di 60 contro 40 votanti) darebbe 1080, e tuttavia essa costituisce 1% maggioranza prevalente, cioè Tespressione délia volonté di 18 sezioni sopra 17, Il candidato che avesse raccolto r unanimità in 17 tribu, e di più anche la minoranza (nel caso supposto, 40 voti) in ciascuna délie altre 18, cioé in totale 2420

n. BROGLIO ELETTORALE.

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voti, resterebbe soccombente contro 1080. Non si vuol dire che questo dovesse es'sere il caso più fréquente; esso é solo possibile, ed è scelto corne il tipo più semplice sul quale si possono fare varie altre -combinazioni.' In breve, la maggioranza degli individui si scompone e si- perde nella maggioranza délie sezioni. Si domanderà corne mai un taie sistema si possa accordare coi senne politico romano. Si risponde, che era espressamente voluto. Il sistema del voto peícenturie erasi stabilito a conservare ia prevalenza nell'elemento più ricco ; il sistema del voto per tribu, stabilitosi quando la riunione di queste rton ancora composta in assemblée política, altro scopo non aveva- fuorché di provvedere'ad interessi locali e forse di singóle tribu, si continuó anche quando esse divonnero vero corpo elettorale e legislativo. A mantenere questo modo di voto iiíterven-ne. un particolare intéresse, e fu anzi il pre1 Per lo stesso principio si banno le Bteese coneeguenze ancbe nelle votazioni per centurie, pure net caso da noi ammesso che esee votaBsero di seguito, secondo l'ordine delta cinque classi. 11 numero deÜe centurie era di 373, quindi la maggioranza sta in 187 ; ora la semplice maggioranza riportata in ciascuna delle 187, vince l'.unanimità ottenuta in ciascuna delle rimanenti 186. BBNTILE.

16

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CAPiTOLO m.

cipuo, quello cioé di assicurare. alie piú antíche tribu romane la prevalenza sopra la nuova cittadinanza che si veniva accogliendo nello Stato, disposta in nuove tribu inferiori di numero alie vecchie, che. "vuol dire con ün minor numero di voti neU'assemblea. Ed io sárei per affermare che Tespressione della volonté individúale,- ossia il.libero voto delTelettore, fosse punto o poco considéralo presse i-Romani, e che perciô la differenza di vQlontá e di sufragio nel seno delle centurie è delle tribu foss© o nulla, o sempre assai léguera ; e questo puó aver conforto di prova in qualche esempio in cui appare che gli elettori di una centuria o di una Iribú prima di procederé, alia vötazione delíberavano fra loro, sotto la diï^ezione di un loro capo, specíalm^te a determinare se seguiré o no il voto e^esso e fatto noto della prerogativa * ; onde si avrei^ a pensare, nel piü dei casi, ád un voto eollettivo, posto a fondamento di tutto il sistema. • A questo voto coilettivo K era naturalmente portáti dallo pirita di corpo, dai moltTfflrmi vincolí d'affînità} diluogo, di relazio* •

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' T. Liv. XXVI, SSÍ'

IL BROGLIO ELETTOiïALE.

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ne religiosa o politice, di comuiianza d'interessi, che s'intrecciavano nelle sezioni in cui ripartivasi la cittadinanza romana.' Questo, a mío avviso, è il fondamento che si deve porre nel considerare il valore dell'elezione romana e specialmenle íl sistema del broglio; 11 quale, senza talí iegarai di sezioni, in un cosi vasto corpo come qaello della cittadinanza romana non avrebbe altrimenti potutoesercitarsi. Ora suppongasi il caso che queslo ordinamento di voto per sezioni si fosse disciolto, sarebbesi con fjuesto distrutta la prevalenza delle classi più abbienti e quella deH'antica cittadinanza, e nello stesso tempo ancora l'agevole maneggio delle operazioni elettorali, per cui si'conservava il potere nelle mani della nobiltá delle antiche tribu. Questo principio spiega perché le largizioni sempre si facessero per tribu, perché i cittadini che godevano della tessera nelle distribuzioni del grano fossei'o ordinati per tribu, e perché iníine Tessenza del broglio e delle associa', I membri di unn stessa iribú {tributes) sonó ricordali nllalo degli amici, dei vicini. Cic. pro Mur. c. 34. Vedi, ad esempio, la costante denegozione dei voti della tribu Papirio ai candidati della tribu Pollia, per antica nimicizia. T. Liv. VIH, 37.

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CAPITOLO III.

zioni o dei sodalizj elettorali consjslesse sempre in un sistema di circoscrizione e suddivisione dalle tribu/ E, se non sonoindotto in errore, a questo principio io vorrei ricondurre la proposta di una confusiong dei voti, os-' sia di una votazione libera, individúale, svincolata da legami di sezione, raccolta solo sui numero dei cittadini; proposta di oui, come si dirá più innanzi, non manca 1' esempio. Questo principio infine porta a stabilire che il reato d'ambitus non comprendesse il caso di corruzione di singoli individui, ma sempre e-solamente il caso di una provata corruzione di una medesima tribu; giacché se gli elettori illegalmente guadagnati fossero stati di diverse tribu non avrebbe ciö por^ tato effetto alcuno. II broglio elettorale nella vasta estensione deila cittadinanza romana, dal compiesso dei cui voti doveva risultare la maggioranza, sarebbe stato imppssibile senza Topera e la efficacia deile ricordate suddivisioni ; per mezzo di queste tornava invece agevole. II candidato si rivolgeva ai singoli capi di sezione, o a quegli agenti che. ' Q. Cic. de pefc. cons. c. 11, § 44. Coneíoia tributim zoncelebrata. Clc. pro Mtlr. c. 33 e 34 ; Specíacula tributi.m data — Frondia eulgo dati, «fe.

IL BROGLIO ELETTORALE.

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si erano costituiti come intermediarii fra gli elettori e i candidati. Essi furono indispensabili quando ad ottenere l'elezione più iion bastarono, dopo i meriti e l'autorilà del nome, le liberali largizioni di viveri e la muniñcenza degli spettacoli, ma vi si sostitui un vero mércalo dei voti per denaro. E indispensabili si resero per due cagioni, cioé la salvezza del candidato, che non doveva direttamente compromettersi nel broglio, e la facilitazione dei maneggi per mezzo di agenti che conoscessero gl'intimi bisogni e le più segrete risorse con cui guadagnare il voto di certe sezioni. Quando il candidato intendeva di sostenersi per mezzo del broglio, appronlate grosse somme di denaro, il più délie voile tolte a larga usura e quasi con ipoteca sulla futura amministrazione, le faceva prometiere'agli elellori, per singóle tribu" o per centurie, da esperti mediálori. Per garanzia, il denaro veniva deposilalo presso idonee persone,' oppure nelia stessa casa del candidato, a cui un agente serviva poi come di mallevadore. Aliri mediatori si assumevano distabilire le-condizioni, i negoziati ; ' ed altri ' Séquestre?. * Interpretes.

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CAPiTOLO m.

infine ûvevano Tufficiodella distpíbuzione del deñaPO a suo giusto tempo/ cioé dopo l'aVr: venuta elezione. Di tali negoziatori si formavaûo numeróse e ben costituite societä; e per r ultimo ordine, quello dei distributor! del denaro, vuoisi considerare che erano spesso già costituitl in propria classe anche per particolari ufFici del governo, cioé per quelle Jargizioni che dallo Stato erano concesse. Per il loro proprio ufflciot per la loro particolare esperienza si convertivano naturalmente in facile ed .efficace strumento dei candidati. Nella negoziazione dei voti, le maggiori promesse erano per il voto délia centuria o della tribu prerogativa, in ragione della sua mag-giore importanza.* L'opera di tutti g!Í agenti consísteva infine in un mutuo ajuto per la preparazione del voto della sezione," e questo costituiva essenzialmeute il reato di broglio. L'organizzazione del broglio non si limitava solo alie relazioni del candidato cogii agenti, ' Dioisores. ' UQ esetnpio di tali negoziazîonî vedi in Cicerone tn Verr, I, c. 8; cfr. act. lí, libr. 3, c. 69. Delle promesse per il voto della prerogativa vedi un caso in Cíe. ad Quint, ir. II, 15. •• Tribum^ centuriam conßcere.

IL BROGLIO ELETTORALE.

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ma si estendeva a vaste associazioni, ad interi sodalizj, veri clubs di agitazione elettorale, numerosi e attivissimi in Roma neJl'ultimo secólo, della repubblica.' Il principio dalla pluralità o coUegialilà é proprio della repubblica e si estende a tutte le rappresentanze del governo, cominciando dai consoli e dai pontefici, scendendo giù fino ai più bassi uffîcîali costituiti-in colJegj o commissioni. Cosi anche il diritto di associazione vi é anticjjissimo ; i coUegj, ossia le riunioni di più persone congiunte per Tattuazione di uno scopo monaentarieo o continuo, si ^richiamano ai tempi della leggenda. A Romolo si attribuiscono le associazioni a scopo di un comune culto della divinité, a Numa le corporazioni di artigiani a scopo di professione. Ma altra cosa daU'assoclazione é il diritto di libera riunione in pubblico, ' quale noi lo intendiamo quondo si parla degli odierni Comîzj popolari o meetings. Libero diritto di pubblica riunione non si aveva ; * Oltre alla citatQ opera di Mommeen, de collegiis, etc., ed ai CQpitoli del Criminalrecbb di Zumpt (speciatmente il cap. XI del Vol II, parte II), vuol essere qui ricordata Topera di Max Cohn, Zum römische Vereinsrecht (Berlin, 1873) nella quale Tantico diritto di-riunlooe è studiato .Specialmente aotto Taspetto giuridieo.

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CAPITOLO m.

jubbiiche. adunanze di popoio a scopo pojitico non potevansi tenere se non per convocazione fatta da un magistrato cui spéttava I'ufficio di presiedere Tadunanza.* 11 dtritto di associazione (jus coeundi) era invece pill libero, e le corporazioni, illimitate di numero, erano talora riconosciute e autorizzate come enti morali o giuridici, tal'aitra semplicemente tollerate. Ma questo diritto trovava sempre un limite nella superiore autorità; dello Stato, al quale restava riserbato, a difesa della.comune salute, TufRcio di sorveglianza e la facoltà di provocare, o per decreto del Senato o per leggé sancita dal popólo, la dissoluzione di quelle société che si credessero minacciose all'ordine pubblico. Nelle antiche associazioni romane pu6 stabilirsi una genérale distinzione, onde soglionsí considerare come coUegi {collegia) quelle società composte d' iadividui di medesima professione, grado od istituto di vita, congiunti in 1 II luogo priticipafe intorno al diritto di riunione is pubblico è íQ T. Liv. XXXrX, c 15 ; dove è ricordato come antico questo principio : vhicumque moUUudo esset, ibi et legitimum rectorem muUitudinis censebant (majores) deberé esse; cioè non si poteva avère adunanza a scopo politico se non sotto la direzion^ e la resposabilità di un magistrato.

IL BROGUO ELETTOaALi..

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un comune scopo dell* inct-emento 4ei loï'o uftícj edelraggiungimento dei loro fini; soglionsi invece intendere per sodalizj {sodalüates} le associazioni composte di membri df différente grado od istituto di vita, congiunte in un comune scopo religioso, del servizio di un tempio, del culto di una divinitâ, a-mo^ do di veré confraternité. I membri di queste associazioni (sodales) erano fra Joro legati da molteplici vincoH di scambievole ajuto, e la pertinenza ad un medesimo sodalizio si considerava come légame prossimo ' alia parentela. E, ad esempio, non solo il cdstume, ma forse eziandio la legge proibiva che i sociales si facessero accusatori l'un delPalti-o, o fossero 1' un contro all' altro testimonj e oppositori in giudizio. In Roma associazioni essenzialmenle politichenell'origine e nello scopo non si trovano antrcamente costituite; ma quando la vita pubblica si fece più agita ta, la societá trovavasi giá per sé stessa preparata, per molteplici modi di aggruppamenti e di vincoli, a favorire lo svüuppó di politiche corporazioni, bastando che aH'originario scopo religioso p professionale'se ne aggiungesse altro nuovó, bastando vhe nel loro seno si commovesse un principio o un

250 GAPiTOLO m.. intéresse, p che dai loro capi fosse assunta una causa, perchó que'sta diveníasse comune a tutto il corpo. I capi e i raembrí piu influentt delle associazioni avevano quindi in mano un potentissimo mezzo di agitazione; né presso'alcun.altro popólo, a mió credere, si ebbe un più largo uso dello spirito d'associazione in ogni rapporto della vita sociale 6 política. I clubs moderni Jion bastano al paragone; converrebbe aggiungervi tutti i coilegi professionali, le associazioni arttgia-ne, le confraternité religiose. Quelli che forse più s'accostano al nostro concetto di clubs politic! erano i collegia sodalicia, o semplicemènte sodalicia, che modellati suUe antiche sodaliéaces, o forse nascondendosi sotto le apparenze di queste, eransi formati appunto coll' intento di un mutuo ajüto fra i membri ascrittivi, e divennero specialmenteattivi nei tribunali e- nelle assemblée elettorali, come potentissimo mezzo cii. corruzione;' e perció ' Sonó quindi rícordati come CoeCus /acttoaorum Aom¿niifn[ (Aseen, ed. Or., p. 75). Quinto Cicerone (de pet. cons. c. 5} menziona quattro societa QSSQí ínfluenti nelle elezioni : Quaítaor aodalítates kominum ad ambitionem gratioatssimorâm... M. Fandanti, Q. Gallii^ C. Comeliij C OrchioU.

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contro questeassociazioni ritenutépericolpse, dovette volgersi l'allenzione e l'opéra dei magistrati. Tutti questi collegi, corporazioni e sodalizj, illimitnti nôl numero, avevano loro proprj statuti, un capo o presidente {magister collegii)y e ministri subalterni, con un indefinito numero di affigliati,'ripartiti e disciplincfti per sezioni e schiere.- Col sistema delJe suddivisioni si otteneva una maggiofe aUività, un più agile esercizio délie forze délia corporazione; l'opéra disgregata degli individui si raccoglieva e si moltiplicava nelle funzioni di un organisme. Gli appartenenti ad.un medesimo sodalizio nelle agitazioni elettorali si riportivano fra loro gli ufficj di roccogiiere persone d'una stessa tribu, di ordinarle perché votassero. compatte o influissero sul voto altrui. Raccogliendosi poi e discîplinandosi anche le turbe dell'infima plebe, queste a decurie o drappelli si armavano, ¿i spargevano per la città, e diventavano bande di tumuHi sanguinosi, per cui neî sodalizj si avverava non solo il reato di broglio, ma talopa onche quelio di violenza. Le leggi,-che, per quanto a noi è noto,- nei tempi più antichi non avevano avuto a prevenire i pericoli délie associazioni religiose

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CAPiTOLü m.

od artigiane, dovettero all' ultimo invigilarle quando furono tratte nella sfera deli'azione política, e si tentó, con varia fortuna, di discioglierle, finché esse si spensero sottoposte al principio che nessuna associazione potesse essere costituita senza previo acconseptimento dell'aiUoritá, Dalla morte di Silla in poi, le annualí elezioni si riassumono in una &toria non mai interrotta di brogli e di processi. L' agitazione elettorale si conclude in grandi usure per comperare i voti nelle elezioni, e in grandi rapine per pagare le usure; ai processi di broglio seguono, corne nalurale conseguenza, i processi di concussione e di malvessazione délie provincie. Al momento délie elezioni, le richieste dei mutai di denaro era^ no straordinarie, e la misara dell' interesse cresceva, si raddoppiava, da una normale del quáttro- per cento fino all'otto.' I depositar], i mallevadori, i divisori del denaro dei'candidati si costituivano in una propria classe di special professione. La corruzione nelle assemblée- el«ttûrali facevasi tanto maggiore quanto meno saldi, certi echiari erano » Cic. od Quint..fr. II, 13.

IL BROGLIO ELETTORALE.

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i principj di uña giusta lotta délie forzê nèlrinterno. Dopo gli ultimi timori délia guerra di Sartorio e délia rivölta di Spartaco, era cessato ogni pericolo esterno; le facîli guerre asiatiche più che una minaccia all' impero erano occasione di trionfo, che facevano più ambite le cariche civili corne sola via al poter militare. La demócrata aveva avuto un ultima giusta causa da combattere, l'abolizione della costituzione dl Silla, la reintegrazione dei poteri dej capi popolari, cioè dei tribuni. Ottenuta quesia viltoria, abbattuti i privilegi poîitici dell'oligarchia degli ottimati, si apriva nuovamente il campo della rivoluzione sociale; ma in questo ia democrazia divenne un partito d'agitazione e nulla più; fu la democrazia di Vatinio, di Glodio, di Dolabella. La confusione délie idee e dei par-, titi, gli interessi di persone gonfiati a pretese di grandi principj, ingeneravano in tutti stanchezza, indifferenza, pessimismo, dispregio délie vecchie istituzioni non più idonee a'nuovi tempi, senza un chiaro concetto delr avvenire. Un rápido sguardo alla storia délie elezioni negli ultimi anni della repubblica chiarirà con maggior evidenza quanto s'é ao-

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CAPiTOLO in.

cennato in modo genérale, e dará occasione di esporre, nella successione di tempo, le nueve leggi contro il broglio, sempre piii gravi e sempre più vane; veramente si doveva venire alia sconfortata conclusione di Li\'io: net ottia nostra nee remedia pati possumus.^ II principio di una più viva agitazione elettorale e insiemedi unamaggior energía nella repressione del broglio rinasce e va di conserva col cessare délia riforma Sillana, per effetto délia quale, sia direttan^ente con disposizioni di legge, sia indirettamente per la rinvigorita poten/.a dell'oligarchia, moUissimi erano rimasti esclusi dalle candidature. Cn. Pompeo nel suo primo consolato (684 di R., 70 av. C.)> oltre ad aver ricostituito nella sua pienezza di poteri il tribunato/ intese col censori eletti in queiî'anno ad una purgazione del Senato da quel dannosi elementi che la vittoria di un partito vi aveva insinúalo. Colla formazione délia nuova lista furono- esclusi ben sessantaquattro senator!, non pochi dei quali creduti rei di corruzione. " Ne conseguí che, non essendo la nota ' T. Liv. praef. 9. «-T. Liv, ep. XCVIir. Cic, pro Cluent. 42.

IL BROGLIO ELETTOBALE.

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censoria un ostacolo all'eleggibilita, i sessantaquattFo cassati dalla lista senatoria, per ricuperare il loro'grado, ripresentandosi come candidati awivarono le agitàzioni elettorali degli anni seguenti, e di conseguenza il broglio ; a combatter il quele cooperó la rinata attività del tribunato. Fra i tribuni che ripresero con nuovo vigore la lotla contre rdigarchia, mérita particolare menzione'C. Oqrnelio, del 687 di R. (67 av. C.)» la cui opera igpirata non a partigianeria, ma bensi a ser reni concetti di gíustizia e di liberta contro il sovarchiare deirarislocrazia suscitó l'opposizione di alcuni meno gener-osi e liberali suoi colleghi nel tribunato.* Móssa da un sentimento di giustizia fu per certo la sua proposta d' impediré il fréquente abuso di otteñere, quasi per sorpresa, dal Senato la dispensa dairosservazione di date leggi per dati iiídividui ; ed ancor l'altra intesa a dare uñ più stabile concetto nell*amministrazione délia giustizia commessa ai pretori, diminuendo i loro arbitrj e quelle parzialità di cui valevansi ad accattar favori ; ' e con queste ^ Ascon. ed OTQIL p. 56. a Asc. p. 57 e 58.

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CAPiTOLO iir.

una terza proposta di nuova legge sul broglio. Nello stesso anno del tribunato-di Gornelio erano stati eletti consoíí Acilio Glabrione e G. Galpurnio Pisone, con manifesta opera di corruzione, specialmente per Galpurnio / è da questo fopsé moveva la nuova proposta, la quale introduceva nella legishazione sulle brighe elettorali un concetto non primo considéralo. Le leggi'anteceden ti pore avessero inteso a puniré i mezzi illegal! dell'ambizíone solo nell'opera e nella persona dei candídati ; fu quindi assai facile eluderle facendo esercitare il broglio da amici, da partigiani, da agenti. Gontro questi si rivolse l'azione del tribuno Gornelio,- che propose pene, gravissime per quanti fossero convinti d'aver avuto mano nel mercanteggiar i voti, e d'aver distribuito denaro alie tribu in favors d'una-candidatura. Miravasi con questo 'áireiiamente .Sil -dioisores. Lo state in cui, per rispettó alie agitazioni elettorali, tróvavasi Roma, e la nessuna efficacia delle leggi si rivelanó- chiaramente dal contrasto suscitato da questa proposta. Essa trovó' primamente opposizíone fortíssima in Senato» sia Dio •

Caas. XXXVÍ, 21.

IL BROGLIO ELETTORALE.

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perché vi fossero molli, compromessi neîl'elezione di Galpurnio Pisone, sia. perché altri dei futuri candidati si yedessero tponcato uno de' più valid! mezzi di riuscita, o forse ancora perché il Senate non voleva cederé al tribuno l'iniziativa di una legge, avocandone a se il diritto di proposta. L*opposizione non fu poi minore nel popólo, iíi oui la classe degli agenti elettorali. vedevasi spogliata di un mezzo di lucro. L'opposizione nel Senato si appoggiô su questo pretesto, che per esser troppo severe le pene divísate da Gornelio mai non sarebbesi tróvalo accusatore per Gui s'iniziasse un processo, e neppure giudici che applicassero quelle disposizioni. ' Da laie contesa risultô questa strana conseguenza, indizio anch'essa dei tempi, che respinta la proposta di Cornelio, il Senato affidô incarico ai consoli Pisone e Glabrione di preparare un nuovo disegno di legge, délia quale era ben confessala la nécessita ; cosi la legge del broglio doveva uscire dalla proposta di taii che solo momentáneamente, mercé l'inviolabilità délia loro caHca, trovavansi al co•perto di un processo appunto di questo reato. < Bio. Cass. XXZVI, 38. OBNTILE.

XI

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cAPiTOLû in.

Quali fossero le disposizioni del disegno di Cornelio. é ignoto, né quindi è dato determinare gli emendamenti che trovó neU'altro disegno elaborato.dai consoli. Ma se questo fu taie da appagare la maggioranza del Senate, non acqueto tuttavia il malcontento degli agenti eiettorali. S'ebbe perciô al finiré di quest'anno una doppia coincidenza di agitazioni: da una parte il sólito fermento per le elezioni, accalorato per il rifiuto opposto alia candidatura dell'ex-tribuno Loilio Palicano e da vivissime brighe dei candidati di mandare in lungo i Comizj ; daU'altra da turbolenze per impediré la votazione della nuova legge. Una prima riunione dell'assemblea legislativa fu dispersa a violenza, con oñese alio stesso console Pisone; riconvocata, poté compiersi la votazione coll'approvazione della proposta, mercé un caldo appello fatto dal console a tutti gli aderenti del partito degli ottimati e di un buon presidio d'armâti centro gii agitatori. * Cosi si ebbe ia legge consolare sul broglio dell'anno 687 di R. (67 av. C), che prende particolarmente nome da Calpurnio* e puô * AscoD. p. 75; Dio. CíBS. XXXVI, 29. ' Lea} AciUa Calpumia de ambitu, o più spesso Lex Calpumia, giacchè il console Acilio Olàbrione, già par-

IL BROGLIO ELETTORALE

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dirsi fondamentale aile leggi seguenti. Essa importava contro il candidato, avesse egli o no conseguita l'elezione, un aumento délie pene precedenti, cioé: multa pecuniaria, perdita del diritto di eleggibilità, non più per un solo decennio ma bensi a vita; esclusione dal Senato, e conseguente privazione délie insegne esteriori, e forse anche de! titolo di nobiltàj-ossia del yí¿s imaginum. Erano comminate pene, forse solamente • pecuniarie, agliintraprenditori del broglio, singolarmente ai divisores.^ Ma non bastavano le pene proposte al reato. Il processo romano deriva sempre da una libera accusa, lasciata all'iniziativa del cittadino; il magistrato non procede per ufficio suo alla ricerca del reo; ma 1*accusa deve essere tutelata e anche incoraggiala, e se sono comminate pene aU'accusatore convinto di falso, sono anche proposti premj a colui che per seguita condan•na prova la sincérité deiraccusa. Questi premj dovevano già per il caso del broglio, non diversamente da qualsiasi altro reato, essere tito per la provincia di Bitinia, ebbe meno viva parte nella redazione di questa legge. ' Asc. p. 68 e 75. Schol. bob. p. 361 ; Cic. pro Sulla c. 31, S 88. Dio. Cass. 36, 21.

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CAPITULO III.

stabiliti nelle leggi antecedent!; la ieggo Cö\purnia forse li accrebbe, CMI questa particolare determinazípne, clxe QQO gîà condannato di broglio fosse reintegrato ne* ^loi diritti e nel suo grado se procurasse la condaona di altro candidalo.' Era coa provveduto ad una attiva sorveglianza sui conoo^r^iti alie magistrature. I] nuovo principio che ^a nella legge Calpuraia é che per easa fossero rei anche i mediatori deUa corruzione. Parmi pero esser vana la domanda se fosse considerata anche la colpabthtâ de^i elettori che vendessero ü voto.' Nel suffî:tigio segreto e neir invit^biUtá dalla coscienza trovava la legge il suo conñne. Be! resto, per tale supposizione, a lasciare di ogni altra considerázione, non si tratterebbe piü di candidatura îllecîtamente so&tenuta, ma si entrerel^ in altro campo di reato^ di tal esten^one e natura da r^idere impos^ile ogoi previ-, sione di Iflgge. Negli anni che „^eguono si dispiega sempre piii viva Tattività á^ procesa criminalí, con quel doppio movimeato di accuse di bro* Cic. pro. Closot. c 36v 9 98. * Zúmpt, aanzi. CMmiiialreoht, H, Z; p. 226.

IL BROGUO ELETTORALE.

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glio e di concussione, e con quel fatale travolgersi délie azioni criminaii in agitazioni e manovre politiche, che già si é ricordato, La querela di malvessazione preséntala dai provinciali d'Africa contro L. Sergio Catiljna, statovi pretore, e la preparazione di una regolare accusa, provocarono una deliberazione del Senato, per cui Gatilina fu escluso dalla lista dei candidati consolari dell' anno 688 di R. iß6 av. G.)/ nel quale le agitazioni elettorali sembrano già avessero reso necessario, in aggiunta alla légge recente, un nuovo provvedinaento, togliendo ogni possibilità d'attenuare quelle disposizioni che già a moiti parevano troppo severe.' Il provvedimento fti probabilmente inteso a reprimere l'uso di un soverchio numero d'accompagnatori del candidato {sectatores), per mezzo di una le^e Fabia;^ onde fu eccitato il malcontento del popólo, che nel corteggiare i candidati e nell'eterna a sua volta corteggiato, cercava un sussidio, una ricompensa delle grazíe sperate.— È nelle ele* Ascon. p. 89. 8 Cic. pro Sulla, c. ¿2. Ase. p. 68. DioCass. XXXVII, 25. —' ieaj Fábia de numero Bectaíorum; è ricordata in un sol luogo di Cicerone, pro Mur. o. 34 g 71, ed è incerta la fiua data.

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CAPITOLÖ III.

zioni deU'anno 688 (66) che abbiamo uno de' più notevoli procesal fatti colla legge Galpurnia. Erano stati eletti P. Autrouio Peto e P. CorneÎio Silla, ma fûrono súbitamente accusati di broglio da due loro competiiori rimasti soccombenti, cioé L. Aurelio Cotta e L. Manlio Torquato. La preparazione délia accusa e il conseguente processo si dovevano condurre colla massima alacrità, giacché nel caso che i due eletti fossero condannati non accadeva che loro succedessero i competitori cui fossero toccati i maggiori voti, ma bensi dovevasi venire ad una nuova convocazione dell' assemblea e ad una nuova elezione. Indarnô gli accusati cercarono dilazionare il processo, indarno Autronio tentó di sperdere 1'adúnalo tribunale colla violenza, armando schiere di gladiator! e di schiavi. Il processo fu tenuto e^ i due consoli eletti vennero riconosciuti rei e condannati. Si procedette quindi e subito ad una nuova asseïnblea, per cui in loro luogo furono eletti gli stessi due accusatori P. Manlio Torquato e L. Aurelio Gotta. ^ La strettezza * Cic. pro Suila, pasaim. Asc. p. 74. Dio. Cass. XXXVl, M. — Üei Fasti consulares (edizione di Baiter) : P. Come-

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del tempo alle operazioni giudiziarie e alia nuova elezione, per cui tutto fu compiuto fra il finiré d* agosto e il novembre, e insieme anche la nécessita d' impediré un" nuovo caso di broglio, fa pensare a qualche straordinario ^provvedimento. E qui forse si puó coUocare quell'innovazione che è attribuita a Manilio, tribunodel 688 di R. (66 av. G.), per la quale, almeno giusta gli scarsissimî accenni che ne abbiamo,^ sarebbesi avuta una confusione ed eguaglianza dei suffragj, e che mi pare possa essere addotta in conferma di quanto si é detto prima intorno alla natura del broglio, cioè che tolta, in rispetto alla votazione, la divisione per centurie, il voto per sezioni, e il primo sufîragio délia prerogativa, si avesse la dissoluzione di tutti quel legami, di tutta quella compagine che era il fondamento deW ambitus ; la quai dissoluzione sola avrebbe ormai potuto impediré, meglio di qualsiasi legge, la corruzione. Ma, per le già addotte ragioni, taie innovaUti8 Sulla., P. AutronitiB cone, designati damnati amhitus non inierunt magiètratum. In eorum loco Jacti Bunî L. Aurelias Cotia, P. Manlius Torguatus. * Il solo laogo ÎQ coi questa lea Manüia è rîcordata è• di Cicerone, pro Murena, c. 23, % 47.

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CAPITULO III.

zione, la più ardita, la più radicale di quante se ne potessero.pensare in fatto di ordinamenti elettorali, non era espi'essamente voluta. Solo l'urgenza délie eccezionali circostanze di quest' anno poté lasciarla momentan^mente esperimentata; ma fu subito abolita, e contrastando essa a tutto il 'concetto fondamentale dell* esercizio dei diritti politici romani, repugnando a tutte le consuetudini, a tutta Tessenza del sistema délie elezioni, non fu più rinnovata, quantunque poco più tardi nel 6^1 di R. (63 av. G.) venire in Senato riproposta ed invocata.^ • Silla ,ed Autronio, con altri símilmente già condannati di broglio, entrarono allora a parte di quella che si dice prima congiura di Gatiliná, tramata allô scopo di uccidere i due consoli eletti, che ando fallita per duevani tentativi nel gennajo e febbrajo dell'an. * Da 3. Sulpicio Rufo ; vedi Gic. pro Mur. 1. c. È appunto solo per questa proposta di Sulpicio 'che noi sappiamo quaicbe cosa délia legge Manilla. La quale è collocata nell'anno 683 (66) pure^'dallo Zumpt, lascïando perô eg-li' sospeso ogni giudizio sulla sua natura e suir interpretazione di questo passo aaeai manchevole e oscuro ; accenna .tuttavia chê potesse' essere una radicale riforma intesa a toglieve V ambUus. W. Zumpt., prefazione aU'or. pro Murena, p. XXXI, e aeg.

IL BROGLIO ELETTORÁLE.

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no 689 di R. (65 av. C). Catilina non poté presentarsi aile elezioni di quest'anno perché ancora troVavasi sotte processo, dal quäle usci assolto, per frode e prevaricazione dello stesso accusatore P. Clodio, forse solo nel principio dell' anno seguente, essendo consoli L. G. Cesare e C. M. Figulo, onde in quest* anno poté finalmente aver luogo la sua candidatura al consolato. Goncorrevano con lui P. Sulpicio Galba, patrizio, G. Antonio, L. Gassio Longino, Q. Gornificio e C. Licinio di famiglie plebee, ma già annobilitate, e M. T. Cicerone, homo novus. Dei sette candidati, quattro per-poca attività dispiegata ben presto si videro fuori di campo; la gara si restrinse fra i tre rimanenti, Cicerone, Catilina e Antonio; quest'ultimo espulso di Senato intendeva alia nuova elezione piu vivamente per ricuperare il grado perduto. Cicerone aveva contro di sé la no• billa, per essere homo novus, per avere nel processo di Verre denúdate coraggiosamente molte piaghe dell'aristocrazia,. e per l'ajuto dato a Pompeo a conseguiré il comando nella guerra Mitridatica, mostrandosi con tale contegno incline al partito popolare. Ma i sem-. pre crescenti sospetti verso Catilina e- le.

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CAPITOEO m.

preoccupazioni per la legge agraria prepárala dal tribuno Servilio RuUo diedero modo a Cicerone di presenfearsi al partito degli ottim^ti come candidato favorevole ai loro interessi, e quindi di scemarne íe antipatie e 1* opposizione. Ad abbattere il conapetitore, Antonio e Catilina eransi congiunti in una coitio\ e insistevano con -vivissime brighe, sostenuti da due possenti favoreggiatori, Ce-, sare e Crasso, nelle coi case tenevansi convegni degli agenti mallevadori e. distributori del denaro per i voü. Fra tanta agitazione, il Senato decretó che fosse raffbrzata con nuovo rigore la recente legge sul numero degli accompagnatori dei candidati/ e volle con una deliberazione impegnare i consoli futuri a proporre una nuova legge sul broglio, che complétasse o sostituisse la gi'à insufñciente legge Calpurnia. A questa deliberazione si oppose col veto il tribuno Muelo Orestino. Cicerone, cui giovava confermare la sua inclinazione al partito senatorio, si fece difensore coñtro il tribuno della proposta deliberazione ; e tenne in quest'occasione in Senato quel discorso che trattando della •* Ascon. p. 83.

IL BROOLIO ELETTORALE.

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sua candidatura e di quelle degli awersarj ebbe per ti tolo in toga candida;^ non senza pericolo di perderé con tale contegno molti dei voti in quelle tribu in oui erano i cittadini che, più bisognosi, facevano conto delle largizioni dei candidati e di tutti quei sussidj del broglio cui la legge tendeva a diminuiré.' Convocati i Comizj, Cicerone riusci eletto a grande maggioranza; Antonio superó dei voti di poche centurie Catilina, il quäle rimase soccombente." L'anno del consolato di Cicerone e di Antonio (691 di R. 63 av. C.) é quello in cui GatiJina affrettó i suoÍ disegni di rivoluzione, fra i quali egli non cesso tuttavia dall'attendere ad una nuova candidatura, chiedendo il consolato per Tanno 692 (62), e avendo a competitori Licinio Murena, D. Giunio Silano e S. Sulpicio Rufo. La deliberazione fatta I'anno antecedente ed ora confermata con nuovo decreto, e le già attivissime brighe per le prossime elezioni affrettarono il disegno deila nuova legge sul broglio, parte a cbiarire e completare la legge ' Ne abbiamo solo pochi ñ-ammeoti conservati col commento d'Asconio; vfidi Orell. p. 82. » Cic. pro Mur. c. 34. % 71. * CicTde lege agr. II, c. 2; in Pis. cl. Aseen, p. 95.

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CAPITOLO III.

antecedente, parte a stabilire nuove norme. I fondamenteili principe del nuovo disegno eranö stati nella discussione fattane in Senato accennatî da un valante giurîsta S. Sulpicio, quello appunto che era fra i candidatí consolari. Ma le nonne da lui segnate parvero, come già quelle di Cornelio, eccessivamente rigorose; furono quindi, giusta l'avviso délia maggioranza, attenuate e in questa nuova forma riassunte in quel disegno che Cicerone presentó per la yoteizione aU'assemblea legislativa del popólo, e che approvato costitui la le^e che prese nome da lui.' Le principali sue disposizioni furono qu'este: menU*e la legge Gaipumia intendeva alla repressîone deir immediata corruzione elettorale per distribuzione di denaro, questa nuova estendevasi eziandio ai modi indiretti; era quindi per essa proibito dare pubblicí spettacoli di gladiatori per due anni innanzï alla candidatui*a, salvo' casi eccezionali dalla legge consider^ti;* era parimenti proibito che si preparassero prezzolati acccHnpagnamenti e corteggi dei candidati, che si d^' Z.eeo Tullía de ambitu. * Cic. pro Sest. c. 14 ; in Vatin. a 15.

IL BB06U0 ELETTOHÀLE.

sero banchetti per tribu, che si facessero, egualmente per tribu, conœssioni dî postî nei pubblici spettacolL* Rieonfermava la colpabilità dei divisores^ Alla perdita ddl' eleggibilità stabilita dalla legge Caipumia aggiungeva, a maggior pena, Te^Uo per UB decennio.^ Prowedeva infine che cosi l'aocusato conie i testimonj e i giurati chiamati nei processi di broglio non potessero con pretosti, ad esempio, di malattia, esimem dal comparire in giudizio e dal compiervi il loro dovere;*-con questa disposizione si impedivano le frequenti dilazioni dei procesâi. C^tre che dalle brighe dei candidati alie magistrature, e speoialmente délia consolare, l'anno del consolato di Cicerone fu agitato anche per la gara alla mag^iore délie canche sacerdotal!, la cui ^ezione in questo anno stesso era stata restituita al popólo. " Per la morte di Q. Cecilio Metello Pio awenuta sol finiré dell'anno 690 di R. (64 av, C), era ri~ * Cic. pro Mar. c. 32. 'Cic. pro Mur. c. 28. * Cic pro Mur. c. 27,^ e 4}, pro Plane, c. 34. Schol. bob. p. 362. ' Cic. pro Mur. c. £3. - ' POT la Lew Atia de sacerdotiia, delLa quale vedi a pagina 10.

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CAPITULO iir.

masto vacante Tufficio di pontefice massimo. Ambiva questa carica Giulio Cesare, che apparteneva al collegio de' pontefici fino dal 681 di R. (73 av, C), avendo a competitori Q. Lutazio Catulo e P. Servilio Vatia Isaurico. Tutu e tre i candidat! intendevano alia riuscita coUe maggiori brighe. Catulo offri a Cesare gran somma di denaro se si fosse ritiratodalla candidatura; Cesare, che ne aveva fatto una questione capitale per la sua carriera politico, rifiutô; e coi più vivi sforzi, riesci ad essere eletto,* vincendo, eglî giovan.e di trentanove anni, Lutazio Gatulo, uno dei maggiorenti deiraristocrazia, vecchio, e insigne per moite cariche sostenute. La elezione di Cesare avvenne prima dei Comizj consolari ; i quali, per le agitazioni dei Gatilinarj ed anche per le occupazioni della votazione della nuova legge sul broglio e per la convenienza che questa fosse sancita prima delle elezioni, furono ritardati,^ e probabilmente non si tennero se non sul finiré di ottobre, sotto la presidenza di Cicerone, che a dimostrazione dei pericoli te* Plut. V. Ces. c. 7. • Cic in Cat. I, c. 5. pro Mûr. c. 26. Plut. v. De. c. 14.

IL BROGLIO ELETTORALE.

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muti da parte di Catilina candidato e de' suoi fautori si presentó' cinto di corazza sotto la toga 6 circondato di amici armati. Riescirono eletti Silano e Licinio Murena ; Catilina rimase soccombente un'altra volta. S. Sulpicio, che nelle discussioni in Senato era state sostenitore délia nécessité di una legge rigorosissima contre il broglio, aveva per tutto il corso della candidatura inteso a raccogliere gli elementi e le prove della colpabilità dei competitori, e subito che Murena fu" console designato, gli intentó, sostenuto da M. P. Catone, un processo, precisamente sul fondamento della nuova legge di Cicerone. L'accusa si voile con tro Murena soltanto, d'origine plebeo, dei cui maggiori nessuno aveva oltrepassato l'onore della pretura, e che perció appunto si studiava con tanto maggior ardore di portare nella sua famiglia la gloria del consoiato. Silano ando salvo dall'accusa forse per aver usato meno apertamente del broglio, essendogli valsi i yoti che in-altra candidatura consolare aveva raccolti, ma più ancora per la parentela eolio stesso accusatore Gatone, di cui aveva sposato una figliuola.* Già si era nel novembre. Catilina > Plut. T. Cat. min. c. 21.

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CAPITULO III.

aveva lasciato Roma, e da Fiesole minaccíava coiresercito in "armi ; nella città ferveva 1' opera degli.altri congiurati. Importava assai d'evitare il periôolo di una nuova convocazione dei Comizj, nel caso della condanna di Murena, alia cui salvezza lo stesso console Cicerone, col piii degli ottimati, intendeva, affinché non si avessero nuovi motivi al turbamento dell' ordine pubblico. II processo contro Murena tenutosi sul finir di novembre, e frettolosamente per l'imminenza del nuovo anno, era basato sulla legge di Cicerone; la composízione del tribunale era fatta secondo la leggeMi Aurelio Gotta, cíoé i giudici erano tratti a sorte dalï'albo già al principio dell'anno formato dal pretore, ira. i tre ordini dei Senator!, dei cavalieri e dei tribuni erarj. Accusatore principale era Sulpicio' Rufo, candidato competitore di Murena; quando fosse riuscíto a vincere nella sua accusa aveva tutte le probabilità d'essere eletto in luogo del condannato, come era già riescito ai consoli dell'anno antecedente. So-stenevano l'accusa con Sulpicio, Gatone, tribuno desígnato, Postumo cavalière, e un giovane Sergio Sulpicio. La difesa era assunta da Cicerone console in carica, da Q. Oi-tensio

IL BROGLIO ELETTORALE.

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c da Licinio Crasso consolari. A Sulpicio, chö come iníziatore del processo espose il complesso deiraccusa, rispóse Ortensio. Alle nuove ragioni e alle singóle prove addotte dagli altri due sosteiiitori dell'accusa, ribattè Crasso. Dope I'esibizione delle testimonianze, conclusero il processo Catone per l'accusa, per la difesa Cicerone; il quale, com'è noto, amava riserbarsi quest'ultima parte che svincolandosi dalla stretta trattazione dei punti legali poteva dar più libero campo al seatimento; assunto importantissimo, quando si ricordi che il processo romano tenevasí all'aperto, nel Fofo, al cospetto della moltitudine, che col suo conlegno influirá grandemente suU'animo dei giudici.* 'E invero, se dall'orazione in favor di Murena si cercasse una piena cognizione dei punti deíraccusa, e quindi per questa via una minuta contezza della legge Tullía sul broglio, s'andrebbe deiusi. Questo si spiega per le ragioni seguenti: prima che la parte strettamente legale fu, per la difesa, sostenuta da * Mi sia qui permesso in ^-ispeUo ai processi criminali romani rifertrmi a qaanto è detto in altro mio studio a Ciodio e Cicerone » [Milano, Hoeplij 1878) e specialmente al cap. m, che traita del processo di Ciodio. GENTILE.

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CAPITULO m.

Ortensio e da Crasso ; quindi perché Cicerone trattó la parte genérale, con spéciale intenzione alia commozione degli añetti ; e infine perché Cicerone nel pubblicare le or^tzioni sue sopprimeva tutte le parti singularmente giuridiche, e amava ínvece allargare e ritoccare la parte retorica.* Gli é per questo che le orazioni tulliane non danno sempre fedel specchio delle veré condizioni interne di Roma; molti dei giudizj, raolte delle considerazioni che in esse ammiriamo non sgorgano nette e vive dalla vera condizione delle cose, ma sono effetto di nuovi awenimenti, d'altre preoccupazioni' o (f altri intenti che Toratore aveva nel redigere i discorsi suoi, a mente riposata e a non poca distanza di tempo da quando li aveva pronunciati. L'opera dej tachigrafi presenil ai processi antichi, riesciva inefficace alla verità délia storia, non meno dell^opera degli stenografi d'oggidi, quEindo gli oratori nostri ritoccano, abbelliscono, e contliscono del senno di poi i frutti délia loro improwisazione. —La difesa di Cicerone si * Nell*oraz. pro Murena'sono tolte le parti che rispondono singolarmôQte aile accuse e aile prove di Postumo e del giovaoe Sulpicio, indícate'solo col titolo de Poatumi orirminibus, de. Serai adoleacentia. c. 37, S ^- Gfr. PUn. epist. I, 2, 7. — Vedi Rinkes, op. oit. p. 110.

IL BROGLIO ELETTORALE.

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compendia in qùesti punti principali : la giustificazione délia difesa da lui assunta in un processo fondato sulla legge da lui stesso promúlgala ; il confronlo del valore del due candidati, l'eletto ed ora accusato, il respinto ed accusatore; e qui l'oratore si distende nel paragone fra V uomo di guerra, Murena, e l'uomo délia legge, Sulpicio. Con questo si rispondeva singoîarmente a Sulpicio. La confutnzione délie asserzioni di Postumo e di Sul]iicio adolescente sono omesse. Segue la replica alle añermazioni di Catone. Qui si vedorío aile prese due ben distinti caratteri : da una parte lo stoico dalla'pura virtù, sdegnoso deírawilimentodei candidati, il rígido dottrinario, chiuso adogni senso d'indulgenza, che fra la feccia di Romolo almana^ccava teoría come vjvBsse nella repubblica di Plalone; dall'altra Tuomo pieghevole a tutte le nécessita, che poneva la saviezza nel saper obbedire all* impero delle circostanze, facile air entusiasmo del jsentimento, e per troppa vivacitá del pensiero incapace di soffermarsi alia considerazione di un sol lato delle cose, ondeggiante, e pur sincero, fra opposti motivi. In bocea di tal uomo il.rigore dalla dottrina stoica é esposto con felicissimo umorísmo,^ ' Cic. pro Mur. c. 29-36.

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CAPITOLO III.

e Toppositore è richiamato dai sogni delle .teorie £ille nécessita della pratica. La fine urbanité deU'ironia e la brillante esposizione non valgono tuttavia a far dimenticare che rispetto alia giustîzîa era a xniglior condizione lo stoico tribuno che non il console opportunistaT^il quede^ autore egli stesso della legge, ora pubblicamente ne sperimentava tulte le scappaloje. E non a torto Catone potè esclamare : Cittadini, abbiamo un console faceto e ridicolo.VMa Cicerone obbediva appunto aIl*opportunità; la preoccupazione del presente domina tutta l'orazione e signoF^gia il concetto della giustizia ; importava evitare il caso di una nuova elezione ; importava stomarè il pericolo che la repubblica restasse sproweduta d*uno de'suoi maggiori magistrati, all'aprirsi del nuovo anno, mentre Catiljna coll'^ercito già movéva dall'Etruria. Per ^mo Tappello fatto da Ciœrone air giudjci, percha consideraesero Turgenza del pericolo àeMa. patria/ valse jsopra ogni altra r^gione a procurare I'assoluzione- di 1 V'ha eerto on doppio senso nel ysitcTe^ del motto di Gatonfi riferito da Plutarco, v. Cat. min. SI ; ú âv&pti, ât yti^ov SiroTOT Sj^fttv,

* Cb. pro ^r. c 37-41.'

li, BROGLIO ELETTORÄLK.

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Murena. Questo proo&sso si converti quindi áSi un âibattinïeQtâ di giusüda in una causa esseazi&Imeiate política, e le ragioni dell'oppOtTtaiîità dettarono la s^itenza.* Coi pFoJuï^ti poteri, cogli straordinarj comandi, coir aumentare della potenza di cittadini Bon rive&titi di legale potestà.ina appoggiati, ancoïx^faé di condizione privata, sulla forza di un partîto politico o délie legioni cui avevano cotnandato, incomincia la perniciosa ingerenza nelieelezioni. Pompeo, reduce dalla guerra Mitridatica, impose nel 693 di R. (61 av. C.) r-elezione di Pupío Pieonesuo ufflciale, vivamente contrastando il Senate. ' Cosi nelr anno seguente