Le civiltà del Medioevo [2. ed.] 9788815241535, 8815241531

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Italian Pages 266 [284] Year 2013

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Le civiltà del Medioevo [2. ed.]
 9788815241535, 8815241531

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Claudio Azzara

Le civiltà del Medioevo

ulino Le vie della civiltà

Dopo una premessa che chiarisce il concetto di Medioevo e illustra le fonti per lo studio della materia, il volume offre una sintesi della storia medievale secondo la tradizionale partizione di alto e basso Medioevo, toccandone i principali aspetti politici, sociali, economici, culturali. Particolare attenzione è dedicata ai rapporti che intercorrono fra eventi storici e coeve espressioni della cultura, secondo una prospettiva che tiene conto non solo della scena europea ma anche di quella orientale e del mondo islamico. Claudio Azzara insegna Storia medievale nell'Università di Salerno. Con il Mulino ha pubblicato «L'Italia dei barbari» (2002), «Le invasioni barbariche» (2012�), «Il papato nel Medioevo» (2006), «La Chiesa nel Medioevo» (2009, con A.M. Rapetti).

Seconda edizione aggiornata



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Cover design: \li!(uel Sai & C

Società editrice il Mulino

ISBN 978-88-15-24153-5

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Claudio Azzara

Le civiltà del Medioevo

Società editrice il Mulino

ISBN

978-88-15-24153-5

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Indice

Introduzione

p. 7

PARTE PRIMA: L'ALTO MEDIOEVO

I.

Il tardo impero romano: un'età di trasformazioni

15

II.

La diffusione del cristianesimo

29

III.

I regni dell'Occidente medievale

41

IV.

Lo spazio mediterraneo nell'Alto Medioevo: Bisanzio, l'Islam

57

V.

L'impero carolingio

75

VI.

La dissoluzione dell'ordinamento pubblico

87

VII.

La riforma della Chiesa e lo scontro tra il papato e l'impero

99

VIII.

Economia e cultura in Occidente e le civiltà dell'Asia

109

PARTE SECONDA: IL BASSO MEDIOEVO

IX.

L'evoluzione delle istituzioni in Occidente: i regni e il comune cittadino

135

X.

Apogeo e crisi degli universalismi

157

6

INDICE

XI.

Rinnovamento della cultura e nuove espressioni religiose

XII.

Il Mediterraneo e il mondo orientale

p. 171

189

XIII. Il Trecento, un'epoca di crisi?

203

XIV.

Il consolidamento delle istituzioni politiche

xv.

213

Le sfide della cristianità tardomedievale

227

XVI. Società e cultura alla fine del Medioevo

237

Letture consigliate

247

Indice dei nomi

261

Introduzione

1. L'immagine del Medioevo La cultura umanistica italiana del XV secolo, orgogliosa emula dello splendore dell'ammiratissima civiltà classica, di cui pretendeva di riscoprire i testi e rinnovare i valori, ebbe per prima la consapevolezza di un'epoca di passaggio, un'«età di mezzo» (medium aevum), successiva alla fine dell'impero romano e appena terminata, grazie alla rinascita allora in corso, in cui le tenebre della barbarie avevano offuscato il mondo, lasciando decadere le conquiste del sapere e dell'arte dei greci e dei romani. Questo periodo di tempo corrispondeva, secondo i calcoli degli umanisti, all'arco cronologico che oggi viene adottato per indicare il Medioevo dalla convenzione scolastica, cioè andava dalla deposizione dell'ultimo imperatore romano d'Occidente (nell'anno 476) e dalle invasioni barbariche al loro stesso presente: insomma, un totale di circa mille anni. La connotazione negativa di tale fase di oscura transizione da un passato aureo a un'attualità piena di nuovo vigore non si appuntava, peraltro, su vicende propriamente storiche, bensì sullo stato delle lettere e delle arti, assumendo dunque un'unica prospettiva e un unico metro di giudizio, di carattere culturale ed estetico. Un ampliamento di visuale si ebbe piuttosto, di lì a breve, con i polemisti tedeschi impegnati nella Riforma protestante, per i quali il tratto connotante il periodo storico appena passato era il predominio, nefasto ai loro occhi, della Chiesa cattolica romana, con le sue pessime realizzazioni, nell'esercizio del potere temporale, nella repressione di ogni dissenso, nella pratica di una religiosità che tradiva il messaggio evangelico. Questo bilancio si trova espresso, per esempio, nell'opera dei cosiddetti «Centuriatori di Magdeburgo» (1559-74), e arricchiva

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di una valutazione più propriamente storica l'epoca trascorsa, pur mantenendone, anche se per motivi diversi dagli umanisti, una considerazione del tutto negativa. Proprio la polemica religiosa fra protestanti e cattolici ani­ mò, negli anni successivi, la discussione su quello che potremmo chiamare «Medioevo» (anche se le fonti dell'epoca non sempre impiegavano tale termine), colto comunque come il momento di massimo trionfo della Chiesa romana, su cui il giudizio fra le parti in causa risultava evidentemente opposto. Il mondo cattolico, nella battaglia culturale contro i riformati, si sforzò di conoscere meglio le vicende del Medioevo e a tale scopo diede impulso a iniziative di carattere filologico che gettarono le fondamenta per un approccio critico e scientifico al periodo. In breve tempo, fra il 1643 e il 1678, furono pubblicate tre opere cardinali per i futuri studi, gli Acta sanctorum coordinati da Jean Bolland, collana di edizioni critiche delle fonti agio­ grafiche, il De re diplomatica di Jean Mabillon, fondatore degli studi di diplomatica (cioè della disciplina che studia in modo specialistico i documenti medievali), e il primo dizionario di latino medievale, l'ancora oggi imprescindibile Glossarium ad scriptores mediae et in/imae latinitatis di Charles Du Cange. Alla fine del XVII secolo il Medioevo si era ormai affermato come termine sicuro e definito di riferimento storiografico, come periodo percepito in sé, con proprie caratteristiche di­ stintive, separato dall'età antica e da quella moderna. Il secolo successivo, il XVIII, per un verso proseguì nell'azio­ ne di scandaglio critico del lascito medievale, avviando almeno un'ulteriore opera monumentale, i Rerum italicarum scriptores di Ludovico Antonio Muratori, edizione di fonti cronachistiche italiane dal 500 al 1500; e per un altro riprese il giudizio tutto negativo sull'età di mezzo con gli illuministi (basti ricordare Voltaire), per i quali Medioevo significava essenzialmente oscu­ rantismo della Chiesa e momento di nascita degli aborriti istituti feudali che la Rivoluzione francese stava per abbattere. In palese controtendenza con quanto sin qui ripercorso si dispose l'estetica del Romanticismo, che, fra il XVIII e il XIX secolo, inventò invece, in modo inedito, un Medioevo tutto «positivo», apprezzato proprio per i motivi per i quali altri lo avevano respinto, cioè per il suo asserito carattere oscuro, misterioso, spirituale, esaltatore delle passioni dell'anima, in polemica con la razionalità degli illuministi. L'Ottocento non

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si interessò al Medioevo solo per il gusto estetico che animò il Walter Scott autore di Ivanhoe o il James Macpherson dei Canti di Ossian, ma anche perché in quella lontana epoca storica si vollero vedere i prodromi dei nazionalismi che agitarono l'Europa del XIX secolo e che condussero alla disgregazione dell'impero asburgico e alla nascita di molte realtà nazionali, fra cui l'Italia e la Germania. Per la cultura italiana ottocentesca l'età medievale fu per un verso l'epoca della dominazione straniera (trasparente in questo senso il parallelismo proposto nell'Adelchi di Manzoni tra i romani asseriti schiavi dei longobardi e gli italiani suoi contemporanei, forzati sudditi dell'Austria; ma si pensi anche alla retorica intorno alla battaglia di Legnano, vinta dai comuni lombardi contro l'imperatore tedesco Federico Barbarossa); e per un altro quella della creazione di vigorose ed esemplari strut­ ture politico-istituzionali tipicamente «italiane», quali proprio il comune cittadino. I tedeschi, dal canto loro, nel momento della propria unificazione nazionale non poterono non ricercare nel Medioevo le loro antichità e identità, individuando i progenitori negli antichi germani (in realtà, un'invenzione) che avevano travolto l'impero romano e offrivano un peculiare modello di organizzazione sociale e politica «tipicamente» tedesco (fino a giungere, generazioni dopo, ai deliri razzisti del nazismo e ai falsi miti della continuità di «sangue e suolo»). In Germania sorse peraltro uno degli istituti di ricerca sul Medioevo ancora oggi più noti e benemeriti per gli studiosi, i Monumenta Ger­ maniae Historica, all'avanguardia per le sue collane di edizione di testi, non certo solo di interesse germanico. Dalla valutazione degli umanisti fino a quella ottocentesca, l'idea di Medioevo appare essersi sempre contraddistinta per due peculiarità, non particolarmente lusinghiere per il perio­ do: in primo luogo, l'essere stata perennemente gravata (con l'eccezione del Romanticismo) da un'accezione negativa, dallo stereotipo mai morto dei «secoli bui»; in secondo luogo, quella di essersi prestata a ogni tipo di deformazione interpretativa. In ogni caso, non ci si è preoccupati di tentare di ricostruire il Medioevo per ciò che fu, ma si è preferito crearsene un'im­ magine a proprio uso, irriguardosa della verità storica. E an­ cora oggi, se in ambito scientifico la considerazione di questo periodo storico segue ormai le linee della corretta ricerca, al di fuori delle accademie e delle biblioteche si continua a pe-

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scare nel calderone medievale per trarne i peggiori stereotipi e le più pericolose forzature, sia che si impieghi l'aggettivo medievale come peggiorativo, per descrivere un istituto, un contesto, un comportamento che si vuole dipingere come oppressivo, irrazionale, barbaro o superstizioso, sia che si presuma di scovare nell'età di mezzo la radice di drammi del mondo contemporaneo, a cominciare da una contrapposizione fra l'Occidente cristiano e l'Islam che alcuni vorrebbero far risalire alle crociate, ma che invece nelle sue degenerazioni attuali è un prodotto di epoche assai più recenti. 2. Lo studio del Medioevo La definizione e il concetto di Medioevo negli studi storici sono sostanzialmente convenzionali, proponendo all'attenzione dello studioso sotto un'etichetta unitaria mille anni di storia, quanto mai disomogenei fra loro. In realtà gli specialisti sono portati a suddividere tale periodo in partizioni più circoscritte e specifiche, per quanto anch'esse convenzionali. L'uso sto­ riografico italiano separa un Alto Medioevo, che va all'incirca dal V all'XI-XII secolo, da un Basso Medioevo, che prosegue fino al XV. Altre tradizioni usano criteri differenti, per esem­ pio introducendo (è il caso dei tedeschi) un Pieno Medioevo, o Medioevo centrale, fra i due estremi Alto e Basso, ovvero facendo «sfumare» le teste del Medioevo nelle epoche limi­ trofe (per cui si può assegnare al periodo tardoantico secoli abitualmente considerati «altomedievali» - come il VI/VII -, oppure usare la locuzione protomoderno, early modern, per il XV). L'impressione è che l'importante sia capirsi, soprattutto allorquando aumentano i confronti internazionali e si entra in contatto più frequente con tradizioni di studio diverse. Va tenuto presente, inoltre, che il Medioevo che si è abituati a studiare e di conserva gli usi cronologici che a esso si applicano sono essenzialmente assunti in una prospettiva tutta occidentale, lasciando biasimevolmente un po' troppo a margine il mondo bizantino-slavo, che pure è parte integrante anche della nostra «storia medievale». Se il punto di partenza convenzionale del Medioevo è in genere assunto nel menzionato 476, qualche oscillazione mag­ giore conosce il termine d'arrivo, che può essere, di volta in

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volta, il 1453 della conquista turca di Costantinopoli ovvero il notissimo 1492 della scoperta dell'America. Naturalmente si tratta di questioni al fondo poco rilevanti. La partizione fra Alto e Basso Medioevo, che risponde a un uso degli studi italiani e non solo, ha un suo senso, oltre che per alcune divergenze strutturali fra i due ambiti cro­ nologici che distingue (nel campo delle istituzioni politiche, degli assetti della società e dell'economia, della cultura), anche per una radicale differenza nella disponibilità quantitativa e nella qualità delle fonti, cioè delle testimonianze del tempo sulla cui scorta lo storico cerca di ricostruire l'epoca oggetto della sua indagine. In generale, per tutto l'Occidente i secoli altomedievali tramandano pochissime fonti scritte, a causa di un analfabetismo di massa e di una cultura consuetudinaria e orale che rendevano difficoltoso e non sempre indispensabile il ricorso al mezzo scritto. Si producevano pochi documenti e non si aveva gran cura di conservarli. Le opere di carattere let­ terario figurano più numerose, ma sono pressoché interamente