Lavorare nei musei. Il più bel mestiere del mondo

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Lavorare nei musei. Il più bel mestiere del mondo

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I TESTIMONI DELL'ARTE

Alessandra Mattala Molfìno Cristiana Morigi Covi LAVORARE NEI MUSEI

UMBERTO ALLEMANDI & C .

Il mestiere più bello del mondo «Il nostro libro vuole fornire ai giovani e meno giovani colleghi, e agli studenti universitari della materia, alcuni suggerimenti sul m~do e metodo per lavorare in un museo; suggerimenti e analisi frutto della ~ostra . esperienza. Da una parte abbiamo affrontato i problemi e le sfide che più angustiano oggi i direttori e curatori dei musei con atteggiamento critico e anche polemico. Dall'altra abbiamo proposto un modo di lavorare nel museo dando esempi positivi, operativi, creativi, di progetti davvero realizzabili; progetti che rispondono più di altri alle aspettative della società di oggi, dai visitatori ai finanziatori. Ma questo libro avrebbe anche l'ambizione di interessare qualche altro lettore che volesse sapere quale è effettivàmente ih n!!~tiére di direttore e con_servatore · di museo, che per noi resta sempre il mestiere più bello del mondo». AL ESSA NDRA MOTTO LA M O LFINO ,

srorica dell'arte, ha diretto per molci anni il Museo Poldi Pezzoli ed è ora dire11ore del Senore C ultura del Comune di Milano .. Ha pubblicaco Il libro dei 11111sei, Il possesso della bellezza e L'etica dei 11111sei edici da U mberco Allemandi & C. e collabora al «Giornal, .-!Pll' A r rP» C RISTIA NA MORICI

I

è direccore del Museo C

di Bologna, di wi ha n ris1ru11urazione. Ha oq moscre, era le quali «I p È vicepresidence di Ice

ISBN 88-422-1~70-S

ALESSANDRA MOTTO LA MOLFINO CRISTIANA MORICI COVI

LAVORARE NEI MUSEI Il più bel mestiere del mondo

UMBERTO ALLEMANDI & C. TORINO~ LONDRA~ VENEZIA~ NEW YORK

Sommario

7 Lavorare nei musei PRIMA PARTE

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Lavorare nei musei: i problemi ALESSANDRA MOTTO LA MOLFINO

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I. CHI GESTISCE I MUSEH

Quali direttori nei musei? Museologi di professione Formazione (e disoccupazione) dei curatori dei musei Corsi e master Lavoro nei musei: professioni e professionalità

25

2. MARKETING, PROMOZIONE, VALORIZZAZIONE ...

I parvenus del marketing La deriva commerciale: da Ronchey a V eltroni Perché tanti interessi sul museo in Italia? « V alorizzare»1 Musei e spot: ovvero pubblicità e musei Problemi di comunicazione Informazione vs Promozione Il museo comunicante

43 3. IL MUSEO NON È UN'AZIENDA; MA ... I musei possono diventare aziende? Controllo di gestione e costi sostenibili Come si fa un bilancio di museo1 Come valutare la gestione dei musei e quali indicatori di gestione usare1 Contrattare gli obiettivi Standard di qualità per i musei

65 4.

LEGGI, STATUTI, REGOLAMENTI, AUTONOMIA

Le leggi italiane degli anni novanta Privatizzazioni no. Fondazioni sì Autonomia dei musei: la fondazione Olanda e Germania ... e in ltalia1 Garantire l'interesse di tutti Dai «servizi aggiuntivi» alla vendita del patrimonio Vendere non serve SECONDA PARTE

85 Lavorare nei musei: i progetti CRISTIANA MORICI COVI

87

I. CONOSCERE PER CONSERVARE

Tecniche e pratiche per inventariare, fotografare, schedare, restaurare, studiare

97

2. COME SI PROGETTA UNA SEZIONE DEL MUSEO

Premessa Come si progetta una sezione del museo I cinque passi fondamentali 1. Il gruppo di lavoro. Chi ne fa parte1 2. Il progetto e il percorso 3. Un esempio: una vetrina/una sala 4. L'apparato didattico 5. La divulgazione

113 3. EDUCARE Premessa Le forme della didattica Gli strumenti per educare I. La visita guidata per la scuola 2. Laboratori e atelier 3. Pubblicazioni per le scuole 4. Educazione permanente: visite, corsi, conferenze, pubblicazioni 5. Il responsabile della didattica 6. Operatori didattici 7. Una nuova figura: il rappresentante degli utenti 123 4. FARE UNA MOSTRA Premessa Come si fa una mostra in diciassette mosse 1. La scelta del tema 2. La sede 3. La disponibilità finanziaria 4. Chi fa la mostra 5. Il progetto scientifico 6. Il progetto espositivo 7. Il preventivo di spesa 8. I prestiti 9. I trasporti I o. Le assicurazioni I 1. Il catalogo 12. L'ufficio stampa I 3. La promozione 14. L'apparato didattico 1 5. L'allestimento 16. {.,a divulgazione 17. Il consuntivo 139 Bibliografia consultata

Lavorare nei musei ALESSANDRA MOTTO LA MOLFINO E CRISTIANA MORICI COVI

INTRODUZIONE

Lo stato d'animo di chi per la prima volta, dopo aver supera; to un concorso o una selezione, entra a lavorare in un museo è spesso di totale disorientamento e angoscia. Un'ottima prepa; razione specialistica, una buona conoscenza delle collezioni, qualche nozione di management sono tutti requisiti che si pos; sono acquisire con studi e preparazione teorica; quella che so; lo l'esperienza può dare è la pratica di bottega. Il nostro libro vuole fornire ai giovani e meno giovani colleghi, e agli studenti universitari della materia, alcuni suggerimenti sul modo e metodo per lavorare in un museo; suggerimenti e analisi frutto della nostra esperienza. Da una parte (A. Mot; tola Molfino) abbiamo affrontato i problemi e le sfide che più angustiano oggi i direttori e curatori dei musei con atteggia; mento critico e anche polemico. Dall'altra abbiamo proposto un modo di lavorare nel museo ( C. Morigi Covi) dando esem; pi positivi, operativi, creativi, di progetti davvero realizzabili; progetti che rispondono più di altri alle aspettative della società di oggi, dai visitatori ai finanziatori. Ma questo libro avrebbe anche l'ambizione di interessare qual; che altro lettore che volesse sapere quale è effettivamente il me; stiere di direttore e conservatore di museo, che per noi resta sem; pre il mestiere più bello del mondo.

7

CHE COSA NON È QUESTO LIBRO:

• non è un manuale di «addestramento», cioè di istruzioni per l'uso; • non pretende di affrontare tutti i problemi; • non è la lista delle «cose da fare»; • non è la summa delle attuali disposizioni legislative; • non è la discussione sul dilemma pubblico,privato; • non è un cahier de doléances. CHE COSA È QUESTO LIBRO:

• è una serie di riflessioni, commenti critici, discussioni e opinioni personali sui principali problemi che impegnano i musei italiani oggi (professionalità, marketing, valorizzazione, controlli di gestione, bilanci, standard di qualità, statuti, autonomia eccetera); • è una serie di suggerimenti, dettati dalle nostre esperienze, su come organizzare per progetti la vita e le attività principali di un museo ( mostre, allestimenti museali, attività didattica, ricerca e conservazione); • è una difesa contro i grilli parlanti, che non avendo mai lavorato neanche un'ora in un museo ( ma avendo tanto viaggiato) sanno tutto e dettano regole; • è una difesa contro le mode che vorrebbero fare del museo un luogo onnicomprensivo: teatro, bar, nursery, libreria, parco giochi, atelier, negozio di moda eccetera, dimenticando che un museo è il luogo della bellezza, della storia e della nostra identità; • è soprattutto una propGsta di metodo che invita a lavorare per progetti, che è quanto viene richiesto da chi deve o vuole finanziare le nostre istituzioni; senza disperdere le poche risorse, senza farsi dire da altri che cosa fare.

8

Siamo partite dalla E'Eessa che t(~ museqlè fatto di tre com; ~ che sono anche i suoi «capièàJj;;: r. Collezioni Contenitore 3. Pubblico

2.

All'interno di queste strutture portanti di ogni museo che si ri; spetti esistono poi altri patrimoni, elementi preziosi per l'iden; tità e la vita dell'istituzione, che sono: • le persone che vi lavorano e la loro identificazione etica con gli scopi del museo; • la storia stessa del museo, delle sue collezioni e del suo_ • contenitore; • i suoi statuti e regolamenti; • il modello di organizzazione di funzioni, attività, risorse; • la stima degli studiosi; • il consenso del pubblico più fedele; • il rapporto con la città e con il territorio. Abbiamo quindi definitf~Ii obiettivi, le azioni, le «mission» dei musei, che (in relazio~e--;i capitalì dati) s~n~:Per le collezioni: • Conservare ~roteggere • Restaurare • Esporre • Incrementare il patrimonio .: • Promuovere la conoscenza, lo stµ_dio,.J'esame_ sçjentifico -- -·- -• Rì~~~care e studiare anche oltre.le collezioni Per il contenitore: • Mantenere e migliorare gli edifici e le sale Per il pubblico: • Accoglierlo 9

• • • •

Allargarne le tipologie Aumentare gli orari e gli accessi Gestire al meglio i servizi Offrire educazione permanente, con sussidi didattici, visite guidate e pubblicazioni specifiche

Per realizzare queste «mission» ci vogliono: • Personale • Competenze • Mezzi finanziari e beni strumentali • Organizzazione Abbiamo quindi proposto al leccare, nella prima parte, una analisi cri ci ca di argomenti scoccanti come: «formazione (e di, soccupazione) dei curatori dei musei»; «museologi professio, nisci»; «le leggi italiane degli anni novanta»; «privatizzazioni»; «fondazioni»; «autonomia dei musei»; «marketing, comuni, cazione e promozione»; «i "servizi aggiuntivi"»; «il controllo di gestione e i cosci sostenibili»; «come si fa un bilancio di mu, seo»; «come valutare la gestione dei musei e quali indicatori di gestione usare»; «gli standard di qualità». Nella,'.seconda paitè abbiamo proposto un metodo di lavoro che suggerisce di privilegiare sempre il «procedere per progec, ci»; e, poiché non cucce le «mission» di un museo si possono rea, lizzare nello stesso momento, consigliamo di meccere in can, ciere pochi progecci per volta, ma di parcarli fin~-1n fondo, in tempi ragionevoli. · Abbiamo scelto quaccro progetti: Conoscere per conservare, che vuol dire sapere inventariare, schedare, fotografare, restaurare, studiare le opere del proprio museo 2. Esporre in un museo ( ovvero rinnovarne una sezione espositiva) 1.

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3. Educare 4. Fare una mostra

Per noi questi sono tra i progetti pananti dell'attività di un mu, seo oggi; per questi quattro abbiamo preparato un itinerario di lavoro, con molti dettagli. Ne vogliamo comunque suggerire altri fra i più significativi: • Cataloghi scientifici e altre pubblicazioni • Restauri • Promozione di una collezione o di un'opera (a seguito di accurati studi) • Restyling dell'edificio, o dell'ingresso • Nuova segnaletica e nuova linea grafica (immagine coordinata) • Nuovi servizi al pubblico LE «MISSION» DEI MUSEI L'UNESCO ha dichiarato i musei una «istituzione perma, nente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, apena al pubblico, che fa ricerca sulle testimonian, ze materiali dell'uomo e del suo ambiente, le raccoglie, le con, serva, le comunica e soprattutto le espone a fini di studio, di educazione e di svago>>. Gli obiettivi, le azioni, le «mission» dei musei sono dunque quelle di: • Conservare, proteggere, restaurare le collezioni • Esporre e aumentare le collezioni • Promuovere la conoscenza, lo studio, l'esame scientifico delle collezioni • Accogliere il pubblico dei visitatori, aumentarne il numero e le tipologie, migliorare gli orari di apertura

• Offrire educa~ione permanente per mezzo delle opere e degli oggetti esposti, con sussidi didattici, visite guidate e p_ubblicazioni specifiche • Fare ricerche nei campi della storia dell'arte, della storia, dell'archeologia, della storia naturale, della museografia, delle risorse ambientali, eccetera. • Gestire al meglio i servizi al pubblico e aumentarli • Mantenere e migliorare gli edifici, gli allestimenti, i percorsi, la segnaletica, la sicurezza.

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PRIMA PARTE

Lavorare nei musei: i problemi ALESSANDRA MOTTO LA MOLFINO

1.

Chi gestisce i musei?

QUALI DIRETTORI NEI MUSEH MUSEOLOGI DI PROFESSIONE

Spesso gli amici archeologi e storici dell'arte (free lance o del, l'università) ci domandano con ironia perché abbiamo messo in secondo piano gli studi e la ricerca di queste discipline in fa, vore della museologia. Qiesta diffidenza e questo agnostici, smo denotano bene quanto da sempre (o meglio da dopo Adolfo Venturi) la professionalità di chi lavora nei musei con alto grado di responsabilità, come direttore e conservatore, cioè come «consegnatario delle raccolte», sia stata ignorata dalla sto, ria dell'arte accademica. Questo atteggiamento ha purtroppo coinciso con la perdita totale di uno statuto autonomo dei mu, sei all'interno delle soprintendenze e il loro conseguente asser, vimento, anche nelle amministrazioni locali, alle politiche «as, sessorili». Gestire i musei significa imparare a essere dei politici cultura, li e dei manager della cultura, a fare i museologi, a progettare gli allestimenti, a leggere i bilanci e a fare divulgazione intelli, gente; insomma a essere interpreti delle esigenze culturali del, la comunità in cui il museo vive. Ricordiamoci che un museo è un'opera multipla, fatta di almeno tre parti indistricabili tra loro: le collezioni, il contenitore, il pubblico. Il direttore e il conservatore di museo che non sapranno essere degli organiz, zatori di occasioni culturali e dialogare di continuo con i mass, media e con il pubblico sono perduti. Se non sapremo rinno, vare e modernizzare la nostra professionalità ci schiacceranno. I direttori di una istituzione culturale (come hanno scritto nel 2001 C. Landry e M. Pachter in Culture at the Crossroads, p.

75) non devono essere solo degli strateghi, ma soprattutto dei visionari, anticipatori delle tendenze culturali della società. J-;hn Tusa, un grande manager culturale, afferma che a capo di un museo non si deve mai mettere un executive manager, ma una persona con grandi idee creative, come sono a livello in✓ ternazionale Nei! MacGregor e Nicholas Serata. Il direttore e presidente Louvre è per tradizione uno stari✓ co dell'arte, ma al suo fianco lavorano un amministratore ge✓ nerale e un capo del personale. Le collezioni sono organizzate i!]._Sett~ 9.ipartimenti, ognuno c~ molti curatori- e un curatore capo; ma parallelamente funzionano sedici diversi servizi: at✓ tività culturali, comunicazione e promozione, raccolta fondi e sponsor, reception, auditorium, museografia e servizi logistici e di gestione degli immobili, computer, sicurezza e prevenzio✓ ne, funzioni finanziarie e di contabilità, affari legali, risorse umane, educazione, guardiania, attività comw._erciali eccetera. I musei censiti ~_TAT in Italia nel 1992isarebbero stati 3. 5 54, di cui 462 statali (quindi gestiti dalle soprintendenze), 1.53 8 comunà'i;, 545 privati, 497 ecclesiastici. Nel 2002 il cen✓ simento promosso da Federculture (Federazione nazionale de✓ gli Enti e delle Aziende che gestiscono i servizi pubblici di cui✓ tura, turismo, sport e tempo libero) ne ha segnati 4. 120, di cui 1.788 (il 43,4%) di proprietà comunale, 651 (il 15,8%) eccb siastici, 601 (il 14,6%) statali, 5 36 (il 13 % ) privati. La nostra previsione è che in futuro il personale di ruolo potrà ridursi nei musei medio✓piccoli a 5 ✓6 responsabili di altissima qualità: un direttore✓museologo (preparato con un curriculum alla tedesca, cioè con una laurea specifica seguita da un trien✓ nio di scuola di specializzazione universitaria e da 2✓4 anni di tirocinio✓formazione lavoro in un museo); due conservatori (con la stessa preparazione); un amministratore (con compiti e capacità specifiche di gestione fi!_l_anziaria e contabile di una isti✓ tuzione non profit); un segretario di altissimo livello (con~co✓ ~~scenza delfe1ingue, cultura universitaria, capacità organiv

~d

zative e di pubbliche relazioni); un (eventual~) restauratore,spe, cialista di conservazione delle opere; un responsabile,capo del, la sicurezza di opere e visitatori ( quasi un ufficio tecnico pluri, valente). Il resto potrà essere fatto con il concorso di esterni. È essenziale però che direttore e conservatori siano inseriti sta: bilmente negli organici e nei ruoli, essendo essi i conseg~aiari deÌle collezioni. Il direttore di un museo di qualsivoglia latitu, dine e proprietà (stato, comuni, chiese, privati, università) es, sendo il consegnatario delle raccolte ne è responsabile verso I' amminÌstrazione proprietaria; a lui sono-;ffidati la cura e il governo del museo, è colui che rappresenta ufficialmente l'i, stituto; deve quindi avere tutti i_poteri necessari allo svolgi, mento di queste funzioni; al direttore e al suo staff devono far capo tutti i problemi relativi aff'e-dificio, alle collezioni, al per, sanale, alla tutela, alla promozione e valorizzazione; solo così si può garantire al museo efficienza funzionale. Ogni museo che meriti questo nome in Italia deve avere il pro, prio direttore,conservatore specialista! E questi professionisti dovranno avere la possibilità di passare da un museo ali' altro (come avviene in Germania tra diverse città e Lander) nella mobilità di un libero mercato del lavoro e per evitare le figure fossili dei direttori a vita di un singolo museo. Prima di tutto, dunque, queste figure professionali dovranno essere competenti nello specifico del museo (storici dell'arte in un museo d'arte, naturalisti e scienziati in un museo di storia naturale o di scienza e così via) e trovare sempre il tempo per studiare le opere delle raccolte e per aggiornarsi nella propria professionalità; ma dovranno sopra ogni cosa saper essere de, gli organizzatori e dei comunicatori. Poi, dovranno saper fare di tutto ... Cari amici direttori e ispettori delle soprintendenze e colleghi dei musei civici, direttori «a vita» che continuate ad accumu, lare titoli e articoli, dimenticatevi delle torri di avorio degli stu, diosi, delle pubblicazioni, delle attribuzioni: lasciate queste co,

se ai ricercatori universitari con i quali finora siete stati in ste, rile concorrenza. Ma i ricercatori e i professori dell'università non pretendano, a loro volta, di fare a metà tempo i direttori di museo; lo storico dell'arte all\miversità è un mestiere tutto diyerso da quello di uno storico dell'arte in un museo. Pensia, mo piuttosto a utili scambi: gli storici deU'. arte delle università a studiare le opere dei musei e fornir~I;1oro consulenza ai cu, ratori; i museologi a insegnare museologia nelle scuole di spe, cializzazione ( come avviene nelle facoltà di Medicina). Negli anni novanta la figura professionale del direttore del mu, seo si è evoluta ancora più drasticamente e su almeno quattro funzioni determinanti: • rappresentare il museo e la sua identità ali' esterno, in ogni occasione; • sostenerne-i compiti, le cause ideali che al proprio museo appartengono; • suscitare l'adesione e l'entusiasmo della propria squadra e con essa dell'intera società, locale o internazionale; • E-J>~r lavorare con un consiglio di amministrazione anche per la raccolta dei fondi.

La competenza, la passione e l'entusiasmo sono qualità im, prescindibili. I direttori dei musei del futuro dovranno essere studiosi e specialisti nel campo delle discipline del proprio mu, seo; dovranno essere dei comunicatori, degli organizzatori, de, gli educatori, degli esperti nelle relazioni pubbliche e politiche, locali e internazionali (cfr. S. Suchy, An International Study on the Director's Role in Art Museum Leadership, tesi di dottorato nel, la University ofWestern Sydney Nepean, Australia, 1998; e della stessa autrice l'articolo Former !es directeurs de musée du nou, veau millénaire, in «Museum lnternational», UNESCO, n. 206 [ voi. 52, n. 2. ], Parigi 2000, pp. 59,63 ). Non ci devono però essere musei di serie A e B; musei di pri, ma e di seconda scelta; musei «minori» gestiti da direttori,con, servatori con curricula di qualità inferiore a quelli dei musei «maggton».

FORMAZIONE (E DISOCCUPAZIONE) DEI CURA TORI DEI MUSEI

Nell'interesse di tutti i cittadini, e a livello nazionale, vogliamo quindi che venga tutelata la qualità e la specificità della prepa, razione pro(essionale richiesta al personale che occupa e occu, perà i ruoli direttivi dei musei di ogni tipo e pertinenza: perciò è più che mai necessaria, nella complessità sempre crescente di questa nostra professione, una formazione unitaria a livello na, zionale che implichi non meno di sette anni di formazione d9, po il diploma della scuola secondaria. Qiindi: cinque anni di università con corso di laurea specifica per gli ultimi due, se, guita da scuola di specializzazione con indirizzo di Museolo, gia, e staie ali' interno delle istituzioni di tutela e conservazione. Ma stage non possono che essere svolti dopo la laurea ( da, to l'altissimo numero degli studenti dei corsi di laurea); e cioè all'interno della scuola di specializzazione; pianificati con la partecipazione dei musei a livello regionale e interregionale; e con finanziamenti diretti ai musei dalle Regioni. In questi ultimi anni l'autonomia e la riforma delle università ha prodotto una tale diversificazione di lauree specialistiche che per assumere un direttore o un conservatore di museo bisogne, rebbe riempire pagine intere dei bandi di concorso con i tipi di laurea considerati «equipollenti» (e si rischierebbe di dimenti, carne sempre qualcuno). Il nostro suggerimento alle amministrazioni proprietarie dei musei è allora quello di descrivere con la maggior cura possi, bile il profilo ideale del direttore,conservatore che si va cercan, do, precisare l'area di studi ( umanistica, storica, scientifica o altra), chiedere la specializzazione nella materia specifica del museo (storia dell'arte, archeologia, museologia, scienze natu, rali eccetera), chiedere esperienza di lavoro (anche volontario) iÌÌ: un museo. Infine prevedere per i conservatori esami scritti e orali, e per i direttori presentazione di titoli e pubblicazioni ç colloquio/discussione su progetti specifici.

gli

In ripetute occasioni tra il 1997 e il 1998 il «Coordinamento dei direttori, curatori e tecnici dei musei italiani», da noi crea, to nel 1996 ( come si legge in La gestione dei musei civici. Pubblico oprivato?, a cura di C. Morigi Covi e A. Mottola Molfino, Al, lemandi, Torino 1996, atti del convegno di Bologna del 2 5 no, vembre 1995), ha inviato documenti al Parlamento e al Mini, stero (prima alla Commissione Cheli, poi anche alla com, missione MuRST sulla formazione e la ricerca universitaria nel settore dei beni culturali, e ai ministri V eltroni e Berlinguer) per chiedere attenzione al problema della formazione dei mu, seologi. La formazione di chi opererà nelle istituzioni culturali di tu, tela e di conservazione deve essere collocata nell'università al, l'interno dei corsi di laurea e delle specifiche scuole di specia, lizzazione. Ha detto Pietro Petraroia in un'intervista ad Anna Detherid, ge (in «Il Sole,24 Ore», 29 giugno 1997) intitolata «Salvare vuol dire governare»: La formazione universitaria non può scandalosamente continuare a operare in astratto, allo scopo di perpetuare se stessa e senza pro, grammare un rappono tra foqnazione e occupazione; da troppi an, ni lo sperimentalismo senza obiettivi e le chimere della presunta li, bertà di insegnamento lasciano allo sbando intere generazioni di studenti.

Per formare gli operatori dei musei, le scuole di specializza, zione devono diventare quasi delle «Écoles du Patrimoine», con l'inserimento di sostanziosi insegnamenti di museologia e gestione museale. Va ricordato che l'Italia è rimasto l'unico paese europeo privo di scuole universitarie di museologia. Un punto di riferimento internazionale imprescindibile è sempre il Comitato per la formazione del personale dei musei, l'Ic, TOP, International Committee for the Training of Personnel, dell'IcoM (i relativi Curricula Guidelines for Museum Pro,

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fessional Development in tre lingue sono leggibili sul sito www.icom.org/ictop ). Altro luogo di formazione e discus, sione cui fare il più possibile riferimento è il Department of Arts Policy and Management della City U niversity di Lon, dra con il corso di master «Museum and Gallery Manage, ment», riconosciuto dall'associazione dei musei britannici, di, retto da uno specialista ispirato e determinato assertore dei va, lori dei musei, Patrick Boylan. CORSI E MASTER

Nel frattempo nella formazione dei museologi italiani impera il caos. Nel 2004 sono già 169 i corsi di laurea in Beni Cultu, rali, nelle università pubbliche e private, e 69 i master post, universitari (cfr. R. Grossi [ a cura di], Politiche, strategie e stru,

menti per la cultura. Secondo rapporto annuale Federculture 2004, p. 305). Infatti, se alcuni dei nostri colleghi storici dell'arte acca, demici guardano con ironia a una disciplina che si chiama mu, seologia, altri di loro hanno deciso invece di sfruttare la forte domanda di modernizzazione e gestione efficiente che si leva dall'opinione pubblica e dai musei stessi. E hanno creato fuo, ri dall'università, ma con gli stessi docenti, usando contributi di regioni, sponsor privati e fondi europei, c~rsi post,laurea per formare tecnici, conservatori e direttori di museo; alcuni di es, sis~~o pomposamente detti «master». Qieiti cor~i·;o~~ ;ff~l, lati di giovani laureati disoccupati che sono disposti anche a pagare le forti quote di iscrizione pur di avere un pezzo di car, ta in più. Nessun controllo circa la qualità di tutti questi cor, si; nessuna garanzia per gli allievi; nessuna selezione dei do, cenu. Una delle furbizie più riuscite di questi corsi è quella di chia, mare (sempre a costo zero, o con solo rimborso delle spese di viaggio) illustri «testimonial» del settore. Mi sono trovata spes, so invitata, insieme a personalità della tutela e della professio, ne museale come Andrea Emiliani, Pietro Petraroia, Sandra

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Pinta, a tenere una conferenza durante tali corsi. Qielle poche volte che abbiamo accettato di essere presenti ci siamo trovati attorniati da giovani famelici che poi ci sommergevano la seri, vania con i loro curricula. Una capillare opera di formazione e di aggiornamento, rigo, r~sa e massiccia deve essere obiettivo prioritario della collabo, razione Stato, Regioni. Infatti la Regione Lombardia ormai organizza sistematicamente formazione museologica a cura del settore specifico della propria Direzione generale Culture. Nei musei milanesi si fanno convenzioni con le scuole di specia, lizzazione dei due istituti universitari di Storia dell'arte di Mi, !ano e con altre università per ospitare stage, in tirocinio di al, meno un anno. Che fare ancora? Due cose soprattutto: porre freno a questa cao, tica proliferazione di corsi privati facendo fare alle università il loro dovere formativo. E, contemporaneamente, chiedere che vengano immesse nei ruoli dei musei di tutti i tipi nuove forze giovani e preparate; che vengano individuate, in questi ruoli, nuove professionalità museali intermedie (oltre le più cradizio, nali figure del conservatore e del restauratore): cioè funzionari amministrativi di alto profilo, addetti alle pubbliche relazioni, tecnici delle comunicazioni, progettisti degli allestimenti, tee, nici impiantistici, assistenti di galleria, esperti di museografia eccetera. LAVORO NEI MUSEI: PROFESSIONI E PROFESSIONALITÀ Una ricerca, svolta tra 2001 e 2002, dalla Direzione Generale Culture della Regione Lombardia e dall'IREF (Istituto Lom, bardo di Formazione per l'Amministrazione), e curata da SA, TEF SRL, ha individuato nei musei almeno venticinque diverse figure professionali, tra le quali sono state indicate alcune fi, gure indispensabili che nel dicembre 2002 la Giunta Regio, nale della Lombardia h~ «raccomandato» ai musei come ne, cessari standard di quaf~ Queste figure indispensabili sono:

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il Direttore, il Conservatore, il Responsabile dei servizi edu, cativi, il Responsabile della sicurezza, il Custode. Nei musei del futuro, intorno al team direttivo di responsabili di alto livello culturale e pluridisciplinare, si aprirà la parteci, pazione sociale alla vita del museo: si potranno chiamare a rac, colta per compiti diversi (scientifici, promozionali e ammini, strativi; per catalogare, inventariare, esporre, trovare nuove se, di, educare e divulgare eccetera) gruppi, imprese e individui che vanno dalle associazioni di volontari e amici dei musei, al, le cooperative di giovani (anche laureati e storici dell'arte o ar, cheologi come quelli che già ricevono incarichi per servizi cui, turali nei musei toscani) con contratti individuali o di coope, rative, o anche come volontari, stagisti e collaboratori esterni; agli insegnanti; alle imprese e agli enti che si sentono vocati al, lo sviluppo di servizi specifici (pubblicazioni, librerie, eventi culturali, mostre, rapporti con il pubblico, progetti di coope, razione europea, turismo, educazione). Tutti però sempre coordinati, controllati e orientati dal grup, po direttivo stabile del museo, che dovrà saper organizzare tut, to questo lavoro, e garantirne la trasparenza e correttezza. La loro presenza sarà comunque per i musei uno stimolo, un nuo, vo humus. Direttori e conservatori dei musei devono invece essere inseriti in ruoli riconosciuti della pubblica amministrazione; per il semplice fatto che essi sono i consegnatari delle raccolte e quin, di non possono essere consulenti esterni.

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2.

Marketing, promozione, valorizzazione ...

I PARVENUS DEL MARKETING Diceva Pierre Bourdieu che «riportare sotto il dominio.del ~ommercio quegli universi che a poco a t>OCo erano stati co, scruici contro o fuori da esso, vuol dire mettere in perico,lo le opere più alce dell'umanità, l'arte, la letteratura e perfinq la scienza» (in «Le Monde», 14 ottobre 1999). Lo stesso vale , dice sempre il sociologo francese , per cacego, rie come la velocità e il profitto che riunite allo scopo di otte, nere il massimo profitto in breve termine distruggono le con, dizioni ecologiche di sopravvivenza della cultura e dell'arte. Questi sono i pensieri che ci turbano quando leggiamo le 524 pagine di un libro molto interessante (Marketing dei musei. Obiet, tivi, traguardi, risorse, Edizioni di Comunità, Torino !999) serie, co da un mitico esperto di marketing come Philip Kocler; un libro che vale assolutamente la pena di leggere, chiosare e ri, leggere («se lo conosci lo eviti ... »), che fornisce infiniti spumi utili; e che, soprattutto, ci spinge a riflettere su questioni e fra, s1 come queste: I nomi e le immagini di marca sono le maggiori fonti di identità, e il marchio è utile ai musei come lo è alle società commerciali e ai loro prodotti [ ... ] I musei competono con altre organizzazioni in termini di qualità, accessibilità e prezzo, e quindi devono continuamente accrescere il valore delle proprie offerte. I membri e i visitatori più attivi si aspet, tano nuovi programmi e nu;ve esposizioni, che rappresentino un incentivo a tornare più volte. I visitatori si aspettano l'istituzione periodica di nuove strutture e di nuovi servizi, come aree di riposo per il relax, un nuovo tipo di illuminazione, i parcheggi o addirit, tura inservienti che posteggino l'automobile al posto loro.

Se non si regge questo ritmo (il ritmo della società del consu; mo) i visitatori calano. Lentezza, resistenza alle trasformazio; ni e bilanci in perdita potrebbero diventare per i musei l'unica garanzia di sopravvivenza1 LA DERIVA COMMERCIALE: DA RONCHEY A VEL TRONI

Il mondo dei musei e dei beni culturali in Italia sul finire del XX secolo ha messo in gioco e aspramente discusso molte an; tiche certezze. Per volontà di rinnovamento e di modernizza; zione; ma rischiando spesso di buttare via il passato e con esso compromettere anche il futuro. Più realisti del re, i musei italiani ( a partire dal Ministero per i Beni culturali, dai grandi Comuni come Roma e Venezia, fÌ; no ai comuni periferici) hanno voluto dimostrare negli anni novanta che volevano entrare nel mercato e che sapevano do; tarsi di servizi commerciali: i cosiddetti (in ministerialese) «ser; VIZI aggmnuvI». Per disciplinare le concessioni a terzi di servizi che in tutto il mondo i musei gestiscono a proprio piacimento in Italia c'è vo; Iuta una legge, entrata in vigore nel 1993: la «legge Ronchey», dal nome del ministro dei Beni culturali che per primo ha osa; to legiferare su un modo di gestire i servizi al pubblico dei mu; sei che poteva essere benissimo reintrodotto ( molti anni prima era normale che ogni museo avesse il suo banco vendita) dan; do a ogni museo la propria autonomia e indipendenza di ge; stione. Da quel momento le soprintendenze italiane ( che ge; stivano i grandi musei di Stato) sono state prese d'assalto da or; ganizzazioni private costituite ad hoc per gestire i servizi pro; fit (oche tali si credevano) dei musei e dei monument.i più vi; sitati. Rosanna Cappelli, archeologa e oggi direttore del settore Mu; sei e Beni Culturali di Electa, ha recentemente ripercorso con acuta eleganza tutta la storia di questi servizi e delle leggi che li hanno creati nei musei statali (cfr. R. Cappelli, Politiche epoie;

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tiche per l'arte, Electa, Milano 2002, in particolare da p. 42; e l'eccellente scelta bibliç~fica). I risultati resi noti n e ~ a una ricerca N omisma sono sta/ ti deludenti: in tre anni ( dal 1997 al 2001) sono stati attivati nei musei statali 127 servizi aggiuntivi (88 librerie, 22 tra bar eri/ storanti, 17 servizi bibliotecari; per la stragrande maggioranza a Roma, poi in minor numero a Napoli e Firenze); 42 milio/ ni di euro incassati dal Ministero (per diritti di riproduzione e concessione degli spazi); 82 biglietterie in concessione ( dati rac/ colti da «Il Sob24 Ore», 8 aprile 2002 ). Il Ministero dalla metà degli anni novanta ha un proprio di/ partimento dedicato ai «servizi aggiuntivi» (cfr. la relazione, ricca di dati e informazioni, della responsabile Vincenza Gril/ lo, Dai servizi aggiuntivi a quelli di assistenza culturale e di ospitalità, in P. A. Valentino e G. Mossetto [a cura di], Museo contro Mu/ seo. Le strategie,gli strumenti, i risultati, Giunti, Firenze 2001, pp. 205/229 ). Questo Ufficio ha pubblicato nel 2002 i risultati di una ricca indagine sui «servizi di accoglienza nei musei stata/ li italiani» (cfr. A. Bollo e L. Solima, I musei e le imprese. Inda/ gin esui servizi di accoglienza nei musei statali italiani, Electa, Napoli 2002, un quaderno di studi indispensabile di cui si segnalano in particolare i capp. 3, 6 e 8) da cui risulta che nel triennio 1998/2000 solo il 22,5% dei musei statali ha attivato servizi ag/ giuntivi; con un forte incremento nel fatidico anno 2000 che ha portato il numero totale dei musei così dotati a 82. Qyeste dotazioni hanno riguardato soprattutto musei con affiuenza annuale di visitatori superiore alle 100.000 unità; conferman/ do ancora una volta come la collaborazione e l'appalto al «pri/ vato» non sia conveniente al di sotto di un congruo numero di visitatori. La maggior parte di questi servizi si riferiscono a bi/ glietteria e prenotazione visite (31,9%) sui quali i concessio/ nari trattengono mediamente il 13d 5%; e solo il 27,8% dei ser/ vizi aggiuntivi sono negozi/libreria, che però hanno prodotto il 60% del fatturato.

Nel 2000 il totale del fatturato di tutti i servizi aggiuntivi dei musei statali è stato di poco meno di 50 miliardi di lire ( di cui 30 miliardi per i negozi,libreria). Nessuna indagine indica però il guadagno netto delle imprese ... Sette aziende (Arethusa, Electa, Giunti, Réunion des Musées Nationaux:, Novamusa, Elemond, Ingegneria per la Cultu, ra), che gestiscono i punti vendita e le biglietterie di alcuni grandìcomplessi museali e moriumehtaij (tra.Ì qua.li Uffizi e Capodimonte) e che danno lavoro a circa 670 persone, hanno fatturato negli ultimi quattro anni 214 milioni di euro di bi, glietti e 52 milioni dai negozi, e nel 2002 si sono unite in una federazione, Confcultura. Mediaset, Banche, Editori d'Arte, Civita (l'associazione pre, sieduta da Antonio Maccanico più nota per aver fatto nel 1997 una squalificante pubblicità televisiva sui musei italiani visi, tati solo da ragni, topi e tarli), l'Archivio fotografico Alinari ( che, come tutti gli storici dell'arte e i musei sanno, fa i propri affari in modo non proprio generoso verso le istanze culturali e ha ottenuto l'esclusiva per la riproduzione delle opere d'arte conservate nei musei del Ministero in cambio di royalties per un misero rn%); e, ancora, Confindustria, Touring Club e Le, ga Coop, fino a Ingegneria per la Cultura, a Electa, a Skira, Artificio, ad Allemandi; tutti si sono messi in gara. Ma dopo il calo di visitatori del 2001 molte gare per questi ser, vizi sono andate deserte. Forse solo ora si sta capendo che que, sti servizi non sono profit; ma che sono semplicemente dei ser, vizi al pubblico che finiscono per rimanere in gran parte a ca, rico delle amministrazioni proprietarie dei musei; e che non si può strozzare il privato con affitti e balzelli eccessivi. PERCHÉ TANTI INTERESSI SUL MUSEO IN ITALIA?

La Réunion des Musées Nationaux francese ha già da tempo chiarito che non ci sono profitti nella gestione dei servizi ag, giuntivi dei musei e, nel 2003, si è ritirata dai servizi della Gal,

leria Nazionale di Ane Moderna di Roma. E allora perché tan/ to interesse per servizi al pubblico che ogni altro museo al mon/ do gestisce per conto proprio, senza tanto clamore mediatico! Il prestigio internazionale dei nostri musei e le aspettative per il Giubileo del 2000 e i suoi turisti erano in gioco. Ma ciò non basta a spiegare perché le «cordate» per i servizi aggiuntivi nei primi anni dopo la legge Ronchey si siano battute con tanto accanimento anche a colpi di ricorsi al T AR. I perché sono for/ se più psicologici che profittevoli. «VALORIZZARE»:

Il risultato che quella prima legge intitolata al ministro/gior/ nalista Ronchey e le successive hanno ottenuto è stato un ere/ scente rinforzo della tendenza a fare entrare i privati (intesi co/ me società di servizi) nella gestione dei beni culturali e dei mu/ sei. Per far questo tali leggi (legge 85/1995; decreto ministeria/ le 139/1997; decreto legge 112/1998; leggi finanziarie 1999 e 2000; legge 448/1998; riforma del titolo V della Costituzione in senso regionalista nel 2001) sono arrivate con la complicità delle Regioni (che volevano comunque contare in materia) a separare le attività di conservazione e tutela da quelle di gestio/ ne e (cosiddetta) valorizzazione: in modo che la tutela potesse restare allo Stato e la valorizzazione potesse essere privatizzata. Capovolgendo così quello che Salvatore Settis nel suo fortu/ nato libro (Italia SPA. L'assalto al patrimonio culturale, Einaudi, Torino 2002) ha definito un «patto di cittadinanza» che gli ita/ liani hanno stipulato con i propri governi ( dal tempo degli edit/ ti papali del XVIII secolo) dando origine così aLloro avanza/ tissimo e ormai secolare modello di conservazione e tutela del patrimonio culturale e artistico in cui tutte le attività relativ'e a,l patrimonio artistico pubblico e privato erano concepite unita/ namente. Le maggiori esperienze di esternalizzazione di servizi aggiun/ tivi (compreso quello di custodia) sono però state quelle dei

Musei Civici dei Comuni di Venezia (1999,2003) e di Ro, ma (2000,2005) che hanno attivato per cucci i loro numerosi musei un vero e pr~prio «global service». Nell'interessante analisi di Rosanna Cappelli ( Politiche epoietiche per l'arte, Elec, ca, Milano 2002, pp. 131,i 39) il successo del caso dei musei di Venezia (forse la più grande e completa esperienza di col, laborazione tra pubblico e privato per i musei) appare co, struito su una decennale opera di ristrutturazione non solo fi, sica degli edifici e delle collezioni, ma soprattutto gestionale (intelligenti politiche tariffarie, attività promozionali e crea, zione di un sistema solidale tra musei grandi e piccoli anche in materia di orari di apertura) compiuta dall'amministrazio, ne comunale e governata dal direttore, Giandomenico Ro, manelli. La società consortile «Venezia Musei» ha aumenta, to l'organico fino a 124 persone, il Comune ha limitato il pro, prio a 14 persone, tra conservatori e altri specialisti (molti dei quali al termine della propria carriera e quindi senza possibi, licà di ricambio per il futuro). Sul caso dei Musei Civici di Venezia ha pubblicato una acu, ca analisi Luca Zan ( Perché i musei veneziani sono in attivo, in «Il Giornale dell'Arte», n. 201, luglio,agosto 2001, pp. 8,9 e, in modo più ampio e documentato, nel suo libro Economia dei mu, sei e retorica del management, al cap. 5, pp. 144,193, Mondado, ri,Electa, Milano 2003) notando che è difficile anche in que, sci bilanci ( come in tutti quelli dei musei comunali) eviden, ziare i «costi nascosti», cioè i costi di cucci gli innumerevoli ser, vizi che l'intera macchina comunale fornisce ai propri musei ( dal telefono, all'informatica, alla posta eccetera); notando an, che che molti musei sono chiusi e che quelli aperti, sopratcuc, tb Palazzo Ducalt;, sono gestiti solo per quanto riguarda la front,line, cioè i p_~rcorsi, l'accoglienza e la manutenzione or, dinaria, non mettendo in campo cucco il continuo e costoso la, voro di back,office che ogni museo comporta. Ciò che carat, terizza l'esempio veneziano è una drastica riduzione dei costi

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(soprattutto di personale) abilmente riportati nel 2000 ai li, velli del I 996. Il gestore esterno che trattiene il 27% dei big!i~~ti incassati è incentivato ad aumentare gli ingressi e a ridurre i com. Il notevole avanzo di bilancio è per Zan un indizio a lungo ter, mine non positivo: esso doveva essere immediatamente reinve, stico in miglioramenti del servizio. La.conseguenza di questo supposto attivo è stata, infatti, che nel 2003 il Comune di Ve, nezia ha tagliato del 23 % la spesa corrente della cultura. A Roma il Comune ripiana i disavanzi del gestore (che si è assunto anche un certo numero di «lavoratori socialmente uti, li») co~J_!lliliardi di lire all'anno. Problema rimasto irrisolto in entrambi i casi, e materia di fre, quenti conflitti, è il ~ico dello stato diconse~vazione di cute~ il patrimonio. • È importante il controllo dell'ambiente (con termoigrografi e altre apparecchiature). Certe volte basta tenere ben chiuse le finestre e le tende antisole! • La polvere deve essere tolta solo da chi lo sa fare (i più bravi spesso sono i custodi assistiti dai conservatori). • La movimentazione delle opere è una delle operazioni più pericolose; va quindi eseguita da personale esperto, interno e esterno, che conosca bene le condizioni delle singole opere. • Il restauro è un'operazione delicata: ricorrere a specialisti qualificati. • Restaurare deve essere un'operazione necessaria e sufficiente ·a:rra sopravvivenza dell'opera. • È necessario documentare accuratamente ogni intervento con immagini grafiche e fotografiche e con relazioni dettagliate (anche per quanto riguarda le sostanze usate!) • Non insistere a restaurare solo i capolavori perché danno çloria. • E utile un piccolo laboratorio interno, soprattutto per i musei archeologici che devono lavorare le migliaia di cocci che provengono dagli scavi.

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5. RICERCA E STUDIO

Inventariare

I

Fotografare

Schedare

J

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/

J

Restaura re

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RICERCA E STUDIO

• L'attività scientifica è la spina dorsale del museo • Le buone attività del museo possono nascere solo dall'attività scientifica

Le best practices (buone pratiche) possono nascere solo da un.r, s;ria attività scientifica che è, dunque, la spina dorsale del mu/ seo: a essa vanno destinate risorse umane e finanziarie adegua/ te. Tutte le operazioni sopra descritte sono quindi le necessarie premesse all'attività di ricerca e studio. Comunicare, valorizzare, educare sono tutte azioni che poi di/ scendono da uno studio approfondito e rigoroso delle colb zioni condotto da specialisti interni ed esterni al museo. Lo studio e la ricerca devono ovviamente partire dal patrimo/ nio del museo, producendo contributi originali e innovativi per lo sviluppo generale delle conoscenze e della cultura. La ricerca che si svolge all'interno del museo non può rincor/ rere quella dell'università perché deve essere finalizzata alle at/ tività istituzionali, quali restauri, mostre, allestimenti, catalo/ ghi delle raccolte, pubblicazioni didattiche. Nell'ambito della ricerca e dello studio va inserita l'assistenza agli studiosi e ai laureandi da gestire con grande disponibilità e generosità intellettuale. Ecco alcuni esempi: • assistenza a tesi di laurea anche in qualità di relatore; • assistenza agli studiosi esterni; • rispondere agli studiosi (è una vera e propria attività scientifica perché spesso richiede ricerche lunghe e sapienti); • garantire (a chi ne farà buon uso ... ) la piena accessibilità del materiale e mettere a disposizione la documentazione d'archivio, grafica e fotografica.

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2.

Come si progetta una sezione del museo

PREMESSA

Il museo è un_ oEganismo composto da diverse parti/sezioni. C~~Ìci-Jel muse~ principio che-va tenuto presente sem✓ pre perché costituisce la sua identità e lo rende unico, diverso dagli altri. Rinnovare anche solo una parte dei percorsi espositivi può co✓ stituire un motivo di nuova attrazione per il pubblico e per le amministrazioni e gli sponsor. Il museo è un organismo vivente e gµindi non è possibile, ed è ;~z~ dannoso, pensare che debba rimanere sempre uguale a se stesso. Ne sanno qualcosa i curatori di quei musei che per sta✓ tuta non possono modificare nulla rispetto ali' assetto origina✓ rio voluto dal fondatore✓collezionista ( si pensi, ad esempio, al✓ l'Isabella Stuart Gardner Museum di Boston). È,però indispensabile rispettare l'allestimento storico di un mu✓ s~o e comprenderne le motivazioni e le ragioni priina cfrpor~e mano a cambiamenti che non dovrebbero essere dettati da mo✓ de vetrinistiche, ma da esigenze legate a nuovi risultati della ri✓ cerca, a una maggiore chiarezza e migliore comprensione per il pubblico. Siamo convinte che in casi speciali sia opportuno non toccare esposizioni storiche perché alcuni musei mantengono il loro si✓ gnificato e la loro aura solo se si conservano intatti. Così è sta✓ to per il Museo di Castelvecchio a Verona dove Paola Marini ha restaurato l'allestimento di Carlo Scarpa. L'esempio della sezione egizia del Kunsthistorisches Museum di Vienna inse✓ gna che il restauro conservativo dell'antico allestimento otto✓ centesco può essere esaltato da una diversa illuminazione, dai

èu~

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rivestimenti in tessuti nuovi che riprendono i colori di quelli originali e da una rinnovata grafica didattica. COME SI PROGETTA UNA SEZIONE DEL MUSEO

Se si deve progettare o riallestire il percorso di una singola se, zione è indispensabile aver già elaborato un progetto generale dell'intero percorso; intervenire su una parte è come scrivere il capitolo di un libro (di cui si conosce già l'indice) e non può essere quindi affrontato come un'azione a sé stante. Qyasi sempre le disponibilità finanziarie non consentono di realizzare in toto l'allestimento o il riallestimento di un museo: proprio per questo è impanante avere un progetto generale, mu, seologico e museografico, elaborato insieme da direttore,cura, tore e architetto, che tenga conto della storia del museo, delle sequenze dei temi, dei nessi storici e artistici e del percorso ge, nerale. Solo con queste premesse le nuove realizzazioni posso, no avvenire per fasi successive con risultati non casuali, che sa, ranno validi nel tempo. Nel nostro mestiere è indispensabile vedere cosa hanno fatto gli altri, e perciò mentre si elaborano nuovi progetti, è necessario avere conoscenza diretta delle nuove realizzazioni museografi, che: la diretta osservazione vale più di mille letture. ~te; visite ad altri musei diventano molto fruttuose se com, plute assieme ali' architetto,progettista cui sarà affidato il pro, getto dell'allestimento perché dai commenti «a caldo» nasco, no nuove idee. Un colloquio con i colleghi che hanno realiv zato le nuove esposizioni renderà la visita più stimolante per, ché si potrà capire meglio il metodo seguito, conoscere i pro, blemi incontrati per non dovere affrontare daccapo le stesse difficoltà e, quindi, per operare le scelte migliori senza com, mettere gli stessi errori, per sfruttare insomma l'esperienza già fatta. Anche il pubblico può fornire ottimi suggerimenti: passeg, giando per le sale si possono cogliere commenti e reazioni spon,

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canee, informazioni preziose che neppure un questionario ben fatto è in grado di registrare. Infine un'avvercenza;.._n~_n sarà mai possibile riallescire una se, zione di museo se non si possiede il catalogo scientifico di cuc, te le opere e, comunque, un dossier specifico per ciascuna ope, ra con cucci gli aggiornamenti attributivi.

I cinque passi fondamentali I. IL GRUPPO DI LAVORO. CHI NE FA PARTE1

• Conservatori di museo • Specialisti esterni

IL'apparaio dida,àco l

ILa divulgazione

• Responsabile della didattica • Architetto progettista • Altri esperti: realizzatori di audiovisivi, editori, ufficio stampa eccetera

Il direttore e i conservatori del museo affiancaci da specialisti dell'argommto._[archicecco progettista e il ~n"s"abile dei pr9_getti educ~ciyi_dèl museo sono le figure ind.i.s.p~osabili del gruppo di lavoro, che avendo un compito creativo deve esse, re, almeno nelle prime fasi, molco ristretto. Solo quando si co, minceranno ad avere le idee più chiare ci si potrà avvalere del, l'apporto di altri esperti; ad esempio: realizzatori degli audio, visivi, editore del catalogo, ufficio di promozione e, dalla par, te del pubblico, un custode con esperienza e il rappresentan, te dei visitatori. All'inizio le riunioni potranno svolgersi a ruota libera perché tutti i componenti dovranno entrare nell'argomento e meta, bolizzarlo. Successivamente si dovrà seguire un ordine del giorno molco preciso per giungere in tempi ragionevoli a un primo progetto generale, senza perdersi in discussioni eterne,

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faticose e inutili. Una riunione lunga più di due ore, diceva lo storico Dennis Mack Smith, può riguardare solo calamità naturali. Anche l'archeologo Sabatino Moscati insegnava che una riunione non può durare più di due ore; se entro quel tem, po non si può arrivare a nessun risultato è meglio rimandare l'incontro. Chi coordina il gruppo deve saper governare con molta atten, zione e fermezza le varie competenze. Inoltre è utile verbaliz, zare i nodi principali delle discussioni perché spesso si abban, donano o si dimenticano soluzioni oppure semplici intuizio, ni che in un momento successivo possono essere recuperate. Spesso accade che la figura dell'architetto venga recepita dai conservatori come un «nemico» perché si teme, non sempre a torto, una sua invadenza eccessiva; integrarlo nell' équipe del museo costituisce sempre un ottimo antidoto perché quanto più questo professionista, peraltro indispensabile, sarà interno a tutte le discussioni del gruppo di lavoro, tanto più ne com, prenderà le motivazioni. L'architetto è una figura importante perché possiede gli strumenti professionali per dare forma alle idee dei curatori, per organizzare gli spazi con soluzioni at, traenti, che tengono viva l'attenzione del visitatore attraverso un percorso ben congegnato con vedute prospettiche, sottoli, neature dei momenti salienti, esaltazione dei capolavori, ordi, namento gradevole dei reperti seriali. Il responsabile ultimo dell'allestimento è comunque il diretto, re,conservatore che, generalmente, ha anche la responsabilità finanziaria e pertanto deve gestire il budget a disposizione.

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2. IL PROGETTO E IL PERCORSO

• IIl gruppo di lavoro

mm&+

ILa verrina

• Studio scientifico del nucleo di materiali oggetto dell'esposizione

ILa divulgazione

• Scelta delle opere destinate ali' esposizione e creazione di un dossier

IL'apparato didattico I

• Progetto generale dell'allestimento (progetto architettonico, prove, percorsi del pubblico, preventivo)

La conoscenza scientifica della collezione è ovviamente la ba; se di partenza di ogni progetto; ogni oggetto o contesto deve es; sere conosciuto in tutti i suoi aspetti e i dati devono confluire muna Scheda che contempli: • Definizione dell'oggetto • Inventario • Attribuzione e datazione • Misure • Materiali • Provenienza • Stato di conservazione ( necessità di restauro) • Inventario dell'archivio fotografico • Approfondita e completa disamina storico,artistica • Riferimenti ad altri oggetti presenti nella collezione • Riferimenti ad altri oggetti non presenti in museo • Bibliografia specifica dell'opera.

A questo punto si impone la scelta degli oggetti dal momento che non tutto potrà essere esposto, con buona pace di chi con; sidera i depositi dei musei la dimostrazione di una cattiva ge; stione (ah, le famose cantine piene di tesori!) a tal punto da pro; porre per questi materiali la vendita o la messa a disposizione per fantomatiche mostre itineranti affidate a giovani di buona volontà. 101

I materiali da esporre dovranno essere tutti sottoposti a manu, tenzione o a restauro, secondo la necessità. Una avvertenza: la scelta deve tenere conto della qualità e del, la significanza dell'oggetto o del complesso di oggetti, e cioè del significato storico, collezionistico. 2.1. fL DOSSIER

Con questo bagaglio di conoscenze si deve procedere alla co, struzione materiale di un dossier, d'ora in poi il «testo sacro» per tutto il gruppo, che comprenderà: Planimetrie efotografie dei locali con una prima indicazione dei possibili percorsi Se si tratta di locali all'interno di un edificio storico con particola, rità decorative e architettoniche, si dovranno studiare soluzioni ri, spettose dell'ambiente; compito non facile, ma che non si può ri, sol vere con una comoda pannellatura che obliteri tutto: tipico esem, pio sono le finestre tamponate che escludono ogni sguardo sul pae, sagg10 esterno.

Fotografia di ogni oggetto con dati identificativi • Definizione del!' oggetto • Inventario • Attribuzione e datazione • Misure • Materiali • Provenienza • Stato di conservazione (necessità di restauro) • Necessità di supporto • Collocazione: fuori o dentro vetrina.

Un album a buste trasparenti mobili L'album serve per inserire le schede degli oggetti corredate da fo, tografie secondo l'ordine del percorso con l'indicazione di possibi, li raggruppamenti e per ordinare e modificare agevolmente la se, quenza degli oggetti. Esso risulterà utilissimo in tutte le fasi di la, voro e costituirà la base del progetto; anche nel momento dell'alle, stimento sarà una guida indispensabile.

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E

Pinacoteca del Castello Sforzesco, Milano. Visualizzazione prospeccica dell'allestimento del 2004 (architecco Valcer Palmieri); i numeri si riferiscono alle opere prescelce per l'esposizione.

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2.2. ]L PROGETTO ARCHITETTONICO

Siamo a buon punto. Con questa documentazione l'architet; to, che ha già panecipato alle discussioni di lavoro, è in grado di elaborare un primo progetto dove verranno indicati: • Impianti: riscaldamento, condizionamento, impianti antifurto e antincendio, telefono, cablaggio • Illuminazione: artificiale/naturale • Percorso di visita, entrate e uscite di sicurezza • Progetto delle vetrine • Collocazione degli oggetti dentro e fuori vetrina • Tipologia e collocazione dei pannelli e dei cartellini.

Per concludere, l'architetto presenterà una completa docu; mentazione dell'allestimento in computer grafica. 2.J. LE PROVE GENERALI

L'architetto del gruppo saprà offrire una prima visione vinu_ale con una documentazione in computer grafica del percorso e dell'allestimento, e delle opere collocate in scala. Durante l'accrochage dovrà essere però sempre possibile cam; biare il posto e il raggruppamento. Per questo sarebbero indi; spensabili prove generali in loco e usando le opere stesse ( ma; novra pericolosa ma utile), come si fa anche per le mostre. Alle prove devono essere presenti tutto il gruppo e altri invita; ti;cavie; ma soprattutto i rappresentanti dei custodi ( che da; ranno indispensabili suggerimenti per la sicurezza degli og; getti), i rappresentanti dello staff educativo e degli Amici del Museo (quali rappresentanti del pubblico). Può succedere di tutto, perché ognuno vorrà dire la sua. I commenti saranno i più vari, utili e inutili. Il direttore del museo deve mediare per; ché tutti si sentano protagonisti di questo importante evento, ma, alla fine, è suo compito prendere la decisione finale, dopo aver vagliato, anche con un po' di umiltà, i suggerimenti pro; posu.

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2.4. COME SI MUOVERÀ IL PUBBLICO?

Per verificare il progetto il gruppo di lavoro dovrà al contem, po prevedere, intuire e immaginare i comportamenti del futu, ro pubblico all'interno delle sale e di fronte alle vetrine. I visitatori non si comportano mai come uno vorrebbe. Chi ne sa di più sui comportamenti dei visitatori sono i custodi. Spesso il pubblico «tiene la destra». Non manca però chi tira diritto (a questi si devono creare degli ostacoli per indurli a en, trare nelle sale e ammirare tutti gli oggetti). Evitare quindi i via, li dri~tj_C_()_!!_~e_porte allineate'. Attirare gli sguardi (e i passi) met, tendo in evidenza le opere più spettacolari. Di conseguenza, fatta questa verifica, si potranno adeguare le posizioni delle opere, la segnaletica e la collocazione delle di, dascalie. 2.5. PREVENTIVO E PIANO DI GESTIONE

Se il budget non fosse già stabilito, sarà bene che il gruppo di lavoro, con la competenza tecnica dell'architetto, acquisisca gli elementi per formulare un preventivo di spesa onnicom, prensivo, privilegiando la realizzazione di quegli elementi, mi riferisco soprattutto all'impiantistica generale e all'illumina, zione, che;·se progettati male o in modo inadeguato, costitui, ranno una eterna spina nel fianco di chi_deve gestire il museo. Un impianto mal progettato funzionerà sempre male eco, munque sarà veramente improbo trovare i finanziamenti per porvi qualche rimedio. Preparare un accurato elenco delle voci di spesa. Non di, menticate le spese di promozione e di informazione che a noi conservatori non ~-embrano mai così necessarie. È indispensa, bile poi prevedere la voce «imprevisti». Inoltre va redatto un realistico piano di gestione che comprenda i consumi, le ma, nutenzioni ordinarie, i materiali di ricambio e il personale. In, fine, bisogna fare attenzione ai consumi energetici (e relative bollette) che, a seconda delle scelte iniziali (lampade alogene

e a incandescenza e condizionamento estremo), possono sali✓ re veniginosamente. 3. UN ESEMPIO: UNA VETRINA/UNA SALA

• IL'apparato didattico ! ILa divulgazione I

• Sicurezza della vetrina • Illuminazione, aerazione e altri dispositivi per il controllo climatico • Criteri di disposizione delle opere

L'architetto progetta la vetrina, attento alla migliore conserva✓ zione ( ad esempio escludere luci calde interne) e insieme al con✓ servatore la allestisce. La vetrina non è uno spazio anonimo/indifferenziato; deve es✓ sere uno spazio intelligente dove gli oggetti parlano a chi li guarda. Bisogna trovare un ordine secondo uno schema idea✓ le che rispecchi la gerarchia degli oggetti. Assolutamente da evitare le composizioni fantasiose nelle quali gli oggetti / so✓ prattutto quelli di serie/ sono disposti a formare stelle, spirali, girandole o altre più svariate forme come i tovaglioli di alcuni . . . nstoranu pretenz10s1. Da evitare sono gli allestimenti troppo seriali che ripetono gli stessi schemi senza nessun momento di risalto e di emozione con il risultato di una monotonia respingente. È necessario sa✓ per rinnovare l'attenzione e suscitare interesse che facilita l 'ap✓ prendimento e la memorizzazione.

4 . L'APPARATO DIDATTICO

[li gruppo di lavoro [ rI progccto

ILa vetrina

I

iil@fiii@ttfrhUY11[La divulgazione

• Progettare l'apparato didattico contestualmente al percorso espositivo • Pannelli: importanza dell'uso di un linguaggio rivolto al visitatore comune e non allo specialista • Cartellini: visibilità e facile consultazione

Scrivere un pannello o una didascalia è uno dei banchi di pro,, va di chi lavora in museo, perché richiede: • Conoscenza molto approfondita dell'argomento e dei materiali esposti • Scelta delle informazioni essenziali • Capacità di sintesi • Chiarezza di linguaggio • Conoscenza delle curiosità e delle aspettative del visitatore • Traduzione in inglese da affidare a chi sappia interpretare bene il testo e non si limiti a una traduzione letterale.

4-1. fL PANNELLO Il pannello generale non può essere C.~!1_:epito. con:ie un tratta,, to sull'argomento o uno sfoggio di citazioni bibliografiche; de,, in-ve invece dare al visitatore le inform;~}~~{ essenziali quadrare quello che si appresta a vedere. Il linguaggio tecnico, quella specie di gergo che contraddi,, stingue gli addetti ai lavori, va assolutamente bandito. Se si usano termini tecnici (e alle volte non se ne può fare a meno), è indispensabile darne una spiegazione. Si deve partire dalla consapevolezza che chi entra in un museo è autorizzato a non sapere assolutamente nulla sull'argomento

per

e quindi è dovere di chi scrive i testi didattici fornire chiare e sintetiche informazioni. Non si deve dare niente per scontato e le notizie devono essere comprensibili, altrimenti è inutile darle; non si deve al contra, rio cadere nella ovvietà. Anche la lunghezza del pannello deve essere contenuta al mas, simo entro una cartella ( duemila battute, ma è meglio se è più corto). Va usato un corpo grande con interlinea larga perché il testo deve potere essere letto da non meno di due metri e da più di una persona. Ricordare che i pannelli non possono es, sere delle pagine di libro: leggere un libro in piedi, magari pres, sati da altri visitatori, è molto irritante e scomodo.

Riti di Passaggio SOFFICI

BOCCIONI

CARRÀ

FONTANA

SOLDATI

MORANDI

SIRONI

In attesa del Museo del Novecento, le sale viscontee del Castello Sforzesco ospitano un'importante selezione di opere di sette grandi maestri della prima metà del xx secolo provenienti dalla Civiche Raccolte d'Arte. L'allestimento esplora i «Riti di Passaggio», ovvero l'esigenza di cambiamento quale territorio comune delle esperienze artistiche d'inizio Novecento. La spinta di rinnovamento ha portato a un'accelerazione di percorso anche all'interno delle esperienze dei singoli artisti. Nell'arco di pochi anni diventa usuale cambiare linguaggio radicalmente, la cifra stilistica dell'artista viene sovvertita e rinnovata più volte, l'unicità della figura dell'autore diviene quasi una molteplicità individuale.

Pablo Picasso, «Femme nue». Pannello introduttivo alla sala dell'arte del Novecenco al Castello Sforzesco di Milano (2003).

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4-2. CARTELLINI

I_ cartellini. o didascalie, devon_o_ essC::e leggibili da non meno di due mefrìneITe-1oro111f~azioni principalì: Le informa, zioni principali (autore, definizione dèff'~ggetto, epoca) de, vono quindi essere composte in corpo tipografico non inferio, re al corpo 18 e in colore scuro su sfondo chiaro (mai l'inver, so, cioè ad esempio bianco su nero). Le altre informazioni necessarie , titolo dell'opera, tecniche e materiali, numero di inventario, nome del donatore, collezio, ne, provenienza (scavo) , possono essere com poste anche in corpi molto più piccoli. I cartellini più apprezzati ( come ad esempio quelli della Na, tional Gallery di Londra) contengono anche una brevissima interpretazione storico,artistica, che non è una descrizione, ma che racconta l'uso originale, il significato del soggetto, i dati sui personaggi rappresentati eccetera. La__p~()ne 1ei carteHini deve.esser~ st1fiìcientemente a,lta per, éhé gli adulti non debbano chinarsi per leggerli, ma non tmp, po alta, perché i bambini e i portatori di handicap riescano a leggerli. I cartellini possono essere applicaci anche su sostegni spostabili. I cartellini possono essere raggruppati ma in modo che leggendoli si colga immediatamente il riferimento alle ope, re relative. La progettazione e composizione dei cartellini de, ve essere affidata a professionisti di provata esperienza ( meglio i grafici che gli architetti). Esempi di canellini.

• Esempio inutile: Figura maschile seduca. • Esempio incomprensibile: Torso loricato di marmo lunense. • Esempio internazionale: Se si citano gli Etruschi, senza nessuna spe, cificazione, è prevedibile che un pubblico italiano sappia chi so, no; non è detto che sia così per µn pubblico inglese, per il quale è opportuno aggiungere «la più importante civiltà italiana prima dei Romani». Altrettanto si dica per i Sassoni, noti al pubblico ingle, se, non altrettanto agli italiani.

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Esempio ben riuscito: Mummia di Usai. Tebe, XXVI dinastia (664, 525 a.C.) La mummia di Usai conserva ancora il bendaggio ori, ginale. La mummificazione era indispensabile per la sopravviven, za dell'anima: prevedeva normalmente l'asportazione del cervello e dei visceri, il lavaggio del corpo, la sua disidratazione tramite sa, li di natron, l'unzione e infine la fasciatura con bende di lino. Col, lezione Palagi (Nizzoli), KS 1975.

5.

LA DIVULGAZIONE

III gruppo di lavoro J!Iprogecto !La vetrina IL' apparato didattico I

IRMM!HdiUM -

,, epliant • · egnaletica ;,.rçuida e servizi per il visitatore

Un museo deve avere una capillare attività di comunicazione interna ed esterna. Tutti i visitatori devono poter acquisire, anche prima della vi, sita, le informazioni essenziali sul museo, sulle collezioni, sul, le attività, sulle modalità di ingresso e sui servizi. Vediamo quali sono i più efficaci strumenti di informazione. 5.1. PRIMA DELLA VISITA. IL SITO WEB

I siti Web, di cui ormai sono fornici praticamente cucci i mu, sei, e che sono facilmente raggiungibili attraverso veloci moto, ridi ricerca, sono strumenti immediati e di grande efficacia per dare al visitatore potenziale cucci i dati utili. Qiindi è bene che ogni museo sia presente nella rete anche al, l'interno dei portali degli enti di appartenenza o di sistemi cer, ritoriali e museali. 110

Nel concepire il sito, la cui realizzazione è generalmente affi; data a professionisti esterni, il conservatore deve immedesimarsi nel navigatore e perciò il menu delle informazioni deve essere redatto in modo chiaro e immediato. I siti dei grandi musei danno suggerimenti utili perché la loro struttura è largamente sperimentata ed è perciò sicuramente efficace e rispondente al concetto di usability. 5.2. ÀL MOMENTO DELLA VISITA. ]L DEPLIANT

Strumento particolarmente efficace è il depliant, in varie !in; gue (ma è comunque sufficiente in italiano e in inglese), in cui siano incluse tutte le informazioni di base, da distribuire gra; tuitamente insieme al biglietto di ingresso. Al banco di ricevimento, l'accoglienza di personale prepara; to (anche con la frequentazione di appositi corsi difront,,ojfice) e disponibile resta comunque il miglior biglietto da visita di un museo. Che cosa mettere in un depliant • • • • • •

Logo con denominazione del museo Indirizzo, telefono, e,mail, sito Web Orari Come si raggiunge il museo Accesso ai disabili Pianta del museo dove va indicato il percorso con segnalazione delle entrate e delle uscite e dei servizi • Le sale contraddistinte dall'indicazione dei temi e degli argomenti • Illustrazione dei capolavori del museo con breve didascalia.

53- DURANTE LA

VISITA

a) Segnaletica La segnaletica nelle sale è di grande aiuto per orientare il visita, core facilitando quindi anche l'uso della pianta del depliant per, ché, è utile ricordare, non tutti i visitatori hanno dimestichezza nella lettura delle piante; ancora una volta il personale delle sale deve essere in grado di fornire indicazioni e suggerimenti. 111

b) Guida cartacea Ricordiamoci che una guida non è né un libro né un catalogo scientifico; non può riportare tutte le immagini; ma almeno quelle delle opere più importanti. Il linguaggio deve essere sem/ plice e attraente (anche con qualche notizia storica curiosa). c) Guida acustica Iri astratto i visitatori giudicano il servizio di audioguide più utile di qualsiasi altro servizio di accoglienza. Tuttavia, fra quanti le utilizzano, le percentuali di soddisfazione sono sen/ sibilmente inferiori di quelle registrate per gli altri servizi; un utente su quattro ha considerato inadeguato il rapporto prez/ zo/servizio (cfr. A. Bollo e L. Soli ma, J musei e le imprese. Jn,. dagine sui servizi di accoglienza nei musei statali italiani, Electa, Na/ poli 2002, p. 177). Alcune raccomandazioni: • Fare attenzione ai testi delle audioguide che andrebbero in ogni caso diversificati per categoria di utenti, tipologia di visita eccetera • Curare il miglioramento delle tecnologie e l'arricchimento di fun/ zionalità dei dispositivi (sistemi creati ad hoc in cui si possano inse/ rire immagini e testi) • Selezionare i capolavori • Verificare l'autonomia delle singole descrizioni • Impostare un cambio frequente di voce.

d) Schede di sala Sono usate da molti musei ma in modo sempre diverso. Nelle case/museo sono molto utili per evitare di riempire i muri di cartellini. Nei grandi musei si possono estrarre da contenitori appositi (attenzione al design di questi ... ), per poi riporli seri/ gidi e plastificati; o collezionarli se sono stampati su fogli di carta (da sempre a Berlino il visitatore si può portar via pacchi di carta, in cambio di un piccolo obolo). e) Servizi per categorie speciali, come i non vedenti.

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3- Educare

PREMESSA

L'azione educativa, nel senso più ampio del termine, è la mis, sione fondante delle istituzioni museali perché è un'azione in, sieme culturale, civile e sociale; il museo è un'istituzione de, mocratica e come tale deve essere un luogo di crescita intellet, male per tutti. È un concetto che sta alla base della nascita del museo pubblico. La didattica, la sua «testa», deve restare al museo e nel museo, in un rapporto dialettico con la scuola e con il pubblico, e non può essere considerata un semplice servizio aggiuntivo, come un bar o un negozio. Il controllo di qualità deve essere sempre svolto dal museo, dai curatori stessi e dal direttore. Emblematico è l'episodio richiamato più volte da Antonio Paolucci. Q!iando nel 1737 Anna Maria Ludovica de' Me, dici, l'ultima discendente dell'illustre casata, passò la mano ai Lorena, che subentravano nel regno di Toscana, stipulò con i nuovi sovrani un «Patto di famiglia», nel quale si dichiarava che tre erano le ragioni della donazione dell'immenso patri, monio artistico: l'onore dello Stato, l'educazione dei cittadini e l'utilità dei forestieri. L'educazione d~I~iuadini ha un posto centrale e, significativamente, precede l'interesse per i forestie, ri; a che cosa servirebbero, infatti, i musei se non fossero un luo, go di diffusione e quindi di formazione culturale, in primo luo, go, per i cittadini~ La produttività di un museo si misura in termini di promo, zione e di diffusione culturali, intese nel senso più ampio del termine; non è un paradosso affermare che i bookshop dei mu, 113

sei sono soprattutto un servizio importante di valorizzazione, anche se esiste un aspetto economico. Il fine educativo è dunque un impegno prioritari?_del museo. TUtto Jovrebbe essere rivolto a quest~-scopo: dall'esposizione, aÌ testi delle didascalie, di cui ciascun oggetto deve essere for, nito, ai pannelli generali, alle guide, cartacee e acustiche, ai gadget, ai Cd, Rom con le visite virtuali dei percorsi museali, ai siti Web che, se ben concepiti (e ormai in rete se ne trovano di ottimi, tra cui quelli del British Museum, Londra; del Lou, vre, Parigi; del Metropolitan Museum, New York), devono dare un'informazione accattivante e ben documentata delle col, lezioni. Anche i risultati dcli' attività scientifica, che è il motore primo di ogni museo, devono avere una sollecita visibilità; è dovero, so quindi trovare i modi per rendere note anche a un pubbli, co di non specialisti le scoperte di uno studio o di un restauro. Generalmente per didattica intendiamo l'azione frontale che il museo intrattiene con il pubblico scolastico e adulto; non è qui il caso di ripercorrerne la storia, già ben delineata, da Maria Li, sa Guarducci (Musei e didattica, Firenze 1988), ma è bene ri, cordare che il percorso è stato lungo e molto travagliato, diver, samente da quanto è accaduto soprattutto nel mondo anglo, sassone; basti pensare che a New York nel 1 899 è stato fonda, to il Brooklyn Children's Museum, il primo museo per bam, bini del mondo, con lo scopo di aiutare il giovane pubblico a ca ire se stesso insieme al mondo in cui vive. In lta ia invece, solo trenta anni fa, la didattica era considera, ta una bella aspirazione, un lusso che si potevano permettere poche grandi istituzioni italiane quali la Galleria Borghese e la Galleria d'Arte Moderna di Roma, gli Uffizi di Firenze, la Pinacoteca di Brera e il Museo Poldi Pezzoli di Milano, la Gal, leria Nazionale di Parma, e, anche se in forma più artigiana, le, il Museo Civico Archeologico di Bologna che nel 1973 ha iniziato i primi incontri con la scuola. Era la risposta a unari,

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chiesta sociale, nata a partire dagli anni settanta, ma era anche il risultato dell'attività pionieristica e coraggiosa di pochi mu., seologi, quali Fernanda Wittgens, Palma Bucarelli, Paola del., la Pergola, Maria Fossi Todorow, Lucia Fornari Schianchi, Alessandra Mottola Molfino e Cristiana Morigi Covi, con il sostegno di illustri studiosi, da Pietro Romanelli a Giulio Car., lo Argan, da Ranuccio Bianchi Bandinelli a Massimo Pal., lottino, a Guglielmo De Angelis d'Ossat ad Anna Maria Bri., zio e Marisa Dalai Emiliani. La situazione è per fortuna cambiata e oggi molti nostri mu., sei, anche piccoli o piccolissimi, hanno un programma appo., sitamente predisposto per le scuole, e per il pubblico adulto. Nel 1999 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha crea., to il Centro dei Servizi Educativi, con un giornale on line, «S'ed», dove compaiono le esperienze svolte soprattutto dai ":_~sei statali, ma con apercure.vers~-- -

Le forme della didattica Le forme della didattica sono pressoché infinite ( visite guida., te; atelier; stampati; audiovisivi; multimedia; sito Web; con., ferenze; incontri a tema; corsi specialistici; attività ludiche; performance e tante altre ancora), ed è difficile, ma anche sba., gliato, volerle ingabbiare in schemi, perché qualità e caratteri., stica dell'approccio dipendono da molti fattori: il tipo di col., lezioni del museo, il contesto territoriale, le richieste della scuo., la e della società, che è importante sapere cogliere per non tor., nare a esercitazioni puramente accademiche; senza dimentica., re la professionalità e la creatività dell'operatore. Il museo e quindi i suoi operatori/educatori devono saper «rac., comare storie». Storie che c ~ h i e d a n o ai visitatori di partecipare. La narrazione epica è il migliore strumento per comunicare e raccogliere attenzione.

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Le prime domande che il museo si deve porre sono: • A quale pubblico mi rivolgo! • ~ali sono le nozioni che possiede un visitatore comune? • E quindi, quale scopo mi prefiggo! • E ancora, quali sono le informazioni stimolanti e sollecitanti per invogliare un visitatore a ritornare, per conoscere meglio un'opera d' ane o solo per il piacere di guardarla con più attenzione?

Il museo deve educare, ma anche dare il piacere nell'accostar, si alla propria storia in un colloquio intimo e personale con le opere d'arte, con le cose belle che ingentiliscono la nostra vita. Nei! MacGregor, per molti anni straordinario direttore della N ational Gallery di Londra e ora direttore del British Mu, seum, difendeva la gratuità del museo per garantire, soprattut, to ai cittadini londinesi, la possibilità di frequentare libera, mente i «luoghi della bellezza». Il museo deve agire come polo creativo e attrattivo, ma anche conflittuale; deve sapersi mettere in gioco dialetticamente, te, nendo sempre ferma la barra della qualità; deve porre il pro, prio ruolo educativo tra tradizione e rivoluzione. Deve saper rompere antichi tabù, provocare reazioni, evitare le nostalgie. Mantenere gli antichi valori; ma anche innovare e inventare continuamente nuovi modi di comunicare, in armonia con i linguaggi contemporanei. Il museo deve diventare un punto di riferimento anche per i nuovi cittadini, gli immigrati con culture e tradizioni lontanissime. Un esempio straordinario è il J. Paul Getty Museum di Los Angeles che, con i suoi cor, si, conferenze, attività educative, rivolti alle comunità più di, verse e alle etnie che compongono il variegato mondo della me, galopoli angelena, è riuscito a far capire perfino le iconografie cristiane di santi e madonne ai nuovi cittadini asiatici.

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Gli strumenti per educare Pur nella varietà degli approcci che i musei propongono al lo, ro pubblico, si possono individuare alcune tipologie ricorren, ci di didaccica: la visita guidata, I' accivicà di laboratorio, le pub, blicazioni e le conferenze. A queste si deve ormai aggiungere la possibilità di un concacco con il curatore, lo specialista, an, che il direccore, che diventa per gli utenti un momento indi, mencicabile, la vicinanza, la simbiosi con il mago, con lo sere, gone che sa, l'introduzione al cerchio magico degli addecci ai lavori. I. LA VJSJT A GUIDATA PER LA SCUOLA

La visita guidata è la forma ancora più diffusa; più volte con, dannata a morte, perché ritenuta una forma passiva di ap, prendimenco, ma, sopraccucco per la scuola, continua a essere la forma più diffusa. Negli anni seccanca cucci abbiamo credu, co che il museo si dovesse preoccupare di fornire gli strumenti culturali e materiali perché ogni insegnante potesse gestire in prima persona il museo, in relazione al programma che incen, deva svolgere in classe. Ma nonostante le energie profuse (nu, merosissimi sono stati i corsi di aggiornamento organizzaci da cucci noi per i docenti), ci siamo accorti che ciò avviene molto raramente. Gli insegnanti, con lodevoli eccezioni, non si sen, tono generalmente in grado di affrontare argomenti che conci, nuano a ritenere troppo specialistici; perciò la scuola continua a chiedere visite guidate; e il museo non può sottrarsi a questa richiesta: una guida preparata e capace è utile sia agli alunni, sia agli insegnanti che in classe dovrebbero continuare poi ad approfondire l'argomento perché la visita abbia qualche eflì, cacia didaccica e non si esaurisca in una uscita da scuola, più o meno noiosa. Chi dirige i servizi educativi di un museo deve servire da trait d'union con la scuola per capirne le esigenze e le necessità. Per

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ora non sono molti gli insegnanti che vengono a proporci te/ mi e argomenti, collaborando alla loro realizzazione e moni/ tarando poi i risultati ottenuti; d'altra parte gli insegnanti so/ no oberati da adempimenti di ogni genere ed è difficile che tro/ vino il tempo per tutto. Avere a disposizione una guida intel/ ligente costituisce anche per gli insegnanti un momento di for/ mazione, soprattutto se la guida è anche uno specialista che stu/ dia e fa ricerca. 2. LABORATORI E ATELIER

Sono un elemento di qualità per un museo perché consentono di proporre un rapporto più diretto e attivo con la classe. Nei musei archeologici viene riprodotta, ad esempio, la tecni/ ca dello scavo, in genere attraverso la simulazione di un sedi/ mento archeologico o i procedimenti di un restauro, mentre tra archeologia ed etnografia possiamo collocare le ricostruzioni di ambienti e di monumenti antichi (largamente diffusi so/ pi:a'ctutto nell'Europa del nord, ma cominciano a diffondersi anche in Italia) dove il pubblico viene direttamente in contat/ to con il modo di vivere di antiche comunità. 3. PUBBLICAZIONI PER LE SCUOLE

Altro veicolo importante per un uso didattico del museo sono le pubblicazioni, studiate appositamente per la scuola sui temi più validi per integrare l'insegnamento in classe (itinerari, tee/ niche, civiltà e altro ancora), perché offrono uno strumento uci/ le ai giovani, ma anche agli insegnanti che vogliono gestire in autonomia la visita, e, infine, al pubblico adulto se, come sem/ bra, il livello culturale medio è rimasto quasi per tutti quello della scuola dell'obbligo.

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4. EDUCAZIONE PERMANENTE: VISITE, CORSI, CONFERENZ-E.JUBBLICAZIONI

Ricerche appena pubblicate confermano che il servizio più gradito al pubblico adulto sono le visite guidate con l' acco✓ glienza di una guida intelligente che sa come e cosa mostrare cogliendo il livello culturale di chi l'ascolta (gruppi, associa✓ zioni culturali, cittadini stranieri). Nei gruppi dove ci sono bambini si impongono visite più brevi e animate. Altri strumenti per l'educazione permanente del pubblico adulto sono i corsi e le conferenze. Per diffondere le notizie del museo presso il pubblico adulto di ogni tipologia possono essere utili pubblicazioni: rivista di stu ✓ di, quaderni tematici o newsletter. Molti grandi musei di tradizione hanno una loro rivista an✓ nuale in cui sono pubblicati articoli scientifici su materiali del museo e rubriche che rendono conto delle attività dell'istituto. Sono sicuramente strumenti preziosi, ma anche molto impe✓ gnativi sul piano delle risorse umane e finanziarie. È logico che non si possa interrompere a cuor leggero una pubblicazione, ma i benefici sono molto spesso inferiori ai costi; spesso infac✓ ti la rivista costituisce un doppione rispetto ad altre numero✓ sissime riviste pubblicate, magari nella stessa città da altre isti ✓ cuzioni culturali e comunque è rivolta a un pubblico molto se✓ lezionato di studiosi che devono essere raggiunti con costose spedizioni postali. Oggi il museo deve comunicare con un pubblico più vasto e deve perciò proporre strumenti agili, ti✓ po newsletter, prevedendone una diffusione molto ampia, an✓ che in Internet. Strumenti attraverso i quali il museo può co✓ municare i risultati di una ricerca, di un restauro, di uno stu ✓ dio di marketing sui visitatori e altro ancora. Gli articoli più impegnaci vi (con le immagini e i regesti di documenti di ar✓ chivio che prendono sempre tanto spazio) si potrebbero pub✓ blicare sul proprio sito Web, a beneficio dei pochi (o canti) in✓ ceressati.

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5. IL RESPONSABILE DELLA DIDATTICA Fondamentale è il ruolo del responsabile della didattica; tale fìgura dovrebbe fare pane integrante dell'organico di un mu, seo, ma poiché per ora non è così, i musei hanno cercato di por, re rimedio alle carenze degli organici facendo spesso ricorso a personale esterno. Credo che questa figura non debba limitarsi a trasferire le co, noscenze acquisite da altri. Lo storico dell'ane Thomas Lea, vitt, citato da Walter Santagata (Il prezzo ègiusto, in Per una nuova museologia. L'immateriale valore economico dei musei. La fun-zione educativa del Museo, IcoM,Regione Lombardia, Milano 2000, p. 127), afferma, forse con eccessiva severità che «realiv zare dipanimenti educativi dei musei è stato, a mio parere, uno dei più seri errori che i trustees e gli staff dei musei hanno fatto in questo secolo. Ciò ha permesso ai conservatori di abbando, nare le loro responsabilità di insegnamento e ha esposto i visi, tatori a quei membri dello staff che sono i meno preparati per interpretare e spiegare le loro collezioni». Tesi sostenuta dallo stesso Santagata, che aggiunge: «Q!Jando il museo fa ricorso ad associazioni e a cooperative per l'esecuzione dell'attività di.. dattiche sorge un nuovo pericolo: la incontrollabilità della qua, lità dell'informazione». Q!ieste affermazioni mettono in luce un problema di fondo. Da una pane è impensabile che i conservatori possano dedi, carsi a tempo pieno alla didattica; dall'altra non per questo si deve creare una frattura tra chi fa prevalentemente ricerca e chi prevalentemente la divulga. Il responsabile della didattica deve far pane a pieno titolo del, lo staff scientifico di un museo; uno dei conservatori deve esse, re anche il referente per le attività educative: soprattutto in ca, so di affidamento a organizzazioni esterne (compresa la scuo, la stessa). Il rischio è che una figura professionale apposita pos, sa essere considerata di serie B rispetto ai curatori.

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6. OPERA TORI DIDATTICI

L'operatore educativo non è una guida turistica. Non è sem, plice definire i requ1s1ti di chi conduce servizi educativi; una preparazione universitaria nella disciplina prevalente nel mu, seo (archeologia, storia dell'ane, scienze eccetera) è indispen, sa bile. L'attività educativa in un museo è un'ottima palestra sia per la carriera universitaria sia per la carriera di conservatore. Nuove prospettive per la formazione degli operatori didattici vengono ora offene dalla riforma universitaria che contempla lauree specifiche (laurea in Scienze della Formazione, laurea in Beni Culturali) e nuovi master in Museologia, cui si af, fiancano agenzie di formazione, corsi regionali eccetera. Le università nella programmazione didattica spesso però non attivano alcun rappono con i musei, preferendo, come è sue, cesso per le lauree in beni culturali, elaborare modelli e prassi autonomi. I musei ricevono molte richieste di stage e di tirocini per i qua, li, quasi sempre, manca un coordinamento e una condivisione dei programmi educativi; l'ente formativo sembra avere solo bi, sogno di trovare ospitalità per i suoi studenti, ma nel momento dell'elaborazione dei progetti, il museo viene pensato semplice, mente come un luogo e non come un «laboratorio» di cultura con idee e sperimentazioni proprie, maturate attraverso anni di esperienza. È una tendenza che va ovviamente invenita. 7. UNA NUOVA FIGURA: IL RAPPRESENTANTE DEGLI UTENTI

Nei rapporti del museo con il proprio pubblico ci sarebbe bi, sogno di una figura a mezzo tra l'esperto di marketing, il cu, stode interessato e il socio degli Amici del Museo. ~alcuno che spieghi ai conservatori cosa vuole il pubblico. · Basta leggere le osservazioni scritte dai visitatori nel registro dei commenti per capire che, per quanto ci sforziamo, siamo sem, pre dall'altra pane.

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4. Fare una mostra

PREMESSA

«Il sonno della Regione provoca mostre ... » Negli anni ottan, ta girava questa battuta che descriveva bene il moltiplicarsi di mostre di ogni genere e grado, spesso finanziate dalle Regioni che avevano individuato nelle esposizioni temporanee il mo, do più veloce e più politicamente redditizio di occuparsi dei beni culturali. Organizzare una mostra sembrava il modo più facile per attirare nuovi visitatori e per acquietare i sensi di col, pa e di impotenza nei riguardi delle istituzioni museali_biso, gnose di ben altre attenzioni. Senza volerne ripercorrere la storia «dall'antichità ai giorni no, stri» è però senz'altro vero che le esposizioni temporanee han, no una nobile storia e che anche ai nostri giorni continuano ad avere una funzione importante per attirare il pubblico e per in, vagliarlo a frequentare i musei. Per i musei, le mostre possono essere occasioni di sperimentazioni espositive e nuove ricerche. Oggi i direttori sono giudicati meno per le acquisizioni o per l'allestimento delle sale permanenti che per il loro successo nel montare molte mostre. Una mostra deve rispondere a esigenze culturali vere e non può essere semplicemente una sfilata di opere raccolte qua e là, me, glio se sono capolavori ( che il buon senso comune, o meglio il senso di responsabilità, non dovrebbe pensare di spostare dal, la loro sede naturale). Gli spostamenti sono pericolosi per i ma, teriali e trasformano i conservatori in «scenografi» di esposi, zioni che raramente hanno una reale giustificazione scientifi, ca, morale o economica. Bisogna infine dire quanto è importante pianificare le mostre 123

molto in anticipo: il Victoria and Albert Museum di Londra non accetta richieste di prestiti a meno di due anni prima del/ la mostra; tutti i maggiori musei del mondo sanno almeno quattro anni in anticipo quali mostre faranno. L'Italia opera tuttora con tempi molto più brevi.

Come sifa una mostra in diciassette mosse I. LA SCELTA DEL TEMA

A tutti piacerebbe organizzare una mostra su Leonardo o su Fidia, ma dal momento che, con ogni evidenza, ciò è possibi/ le solo a pochissimi, è bene scegliere altri temi. Alcuni esempi: • Una collezione del museo • Risultati inediti di uno studio, di un restauro, di una scopena • Un periodo storico o una corrente anistica • Storia di un popolo (gli Etruschi, i Celti, i Longobardi eccetera) • Monografia su un artista • Argomento trasversale tematico e cronologico • Confronto di opere del museo con altre conservate in altri musei (dette anche «mostre dossier») • Coproduzione con altri musei • lmponazione di mostre già fatte.

Un museo ha una sua storia e una molteplicità di percorsi; la mostra nasce invece per illustrare un tema e quindi deve offri/ re tutti i dati perché l'argomento sia comprensibile in sé.

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2. LA SEDE

Per un museo la sede migliore è interna. Senza che però si deb, bano smontare le collezioni. Lo spazio è un elemento intellet, tuale decisivo dell'intero progetto. Bisogna saper commisura, re spazi e quantità delle opere da esporre. Predisporre la scheda tecnica della sede (caratteristiche dell'e, dificio, impiantistica, guardiania, tipo delle vetrine) è indi, spensabile, perché questo è il primo documento che viene ri, chiesto dai prestatori. 3. LA DISPONIBILITÀ FINANZIARIA

Chi organizza la mostra ( museo, amministrazione comunale, università, soprintendenza che sia ... ) deve poter disporre in par, tenza di un bilancio che copra almeno la metà delle spese pre, vedibili. Da qui in poi si potranno fare i conti con le possibili entrate e con le sponsorizzazioni, i partner di coproduzione e i contributi specifici. Si stima, solitamente, che una mostra possa costare in media (tutto compreso) almeno 500 euro al metro quadrato. 4. CHI FA LA MOSTRA • Direttore della mostra • Comitato scientifico • Segreteria scientifica • Segreteria organizzativa • Architetto.

5- IL PROGETTO SCIENTIFICO • Stru11ura della mostra, con suddivisione in sezioni tematiche • Individuazione degli oggetti da esporre • Schedatura preliminare degli ogge11i • Piano espositivo.

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Principi Etruschi

tra Mf

definizione delloggetto

statua di figura maschile seduta n. inv. Ca 62 Attribuzione e Datazione Metà del VII secolo a.e. prov. Cerveteri, tomba delle cinque sedie luogo di cons . Roma, Musei Capitolini Meta del VII secolo

a.e.

mate ria le terra cotta dimensioni h. cm47 Stato di conservazione Buono

Collocazione

181 Entro vetrina O Fuori vetrina O A muro O Altro: spe

Restauro

O SI O NO

valore assicurativo

Necessità di supporto

O SI ON

1.000.000.000 lire italiane

Bibl. Romische Mitteilungen "G . Q Giglio li, Le tre statuine fittili del VII sec. X.Xli, 1952-53, pp.319-328.2 .2 , 1975 note Chiedere al British Museum le altre due statue (almeno una).

Esempio di scheda preliminare.

126

a.e. trov

titerraneo ed .Europa

Ile

Caere, in "Studi Etruschi'

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6. IL PROGETTO ESPOSITIVO • Individuazione dell'architetto cui affidare il progetto • Partecipazione dell'architetto alle riunioni del comitato scientifico • Consegna ali' architetto del piano scientifico e del percorso • L'architetto presenta un primo progetto di allestimento, anche con ricostruzioni virtuali • Incontri con il comitato scientifico per l'approvazione del progetto • Costi complessivi e definizione del capitolato • Individuazione delle ditte per la realizzazione dell'allestimento • Affidamento dei lavori alla ditta prescelta e definizione dei tempi di consegna. 7. IL PREVENTIVO DI SPESA • Assicurazioni • Trasporti dei materiali, viaggi e accompagnatori • Progetto scientifico (studiosi) • Progetto espositivo (architetto) • Allestimento • Segreteria scientifica e operativa • Manifesti e inviti • Spese postali • Affissione dei manifesti • Striscioni e stendardi • Servizio di cassa e di prenotazione • Sorveglianza • Didattica • Catalogo, guide brevi e depliant Compensi per gli autori Fotografie e diriui di riproduzione Acquisto di copie per omaggi

• Ufficio stampa e promozione • V arie e imprevisti.

8. I PRESTITI • Contatti preliminari telefonici con i colleghi dei musei prestatori e invio di breve presentazione della mostra indicazione del comitato scientifico

• Richiesta ufficiale dei prestiti, almeno un anno prima dell'inaugurazione, con progeuo della mostra schede di prestito scheda tecnica della sede (caratteristiche sicurezza, imp1antistica, valori climatici eccetera)

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Monitoraggio della concessione dei prestiti Se il prestito di oggetti particolarmente importanti per l' espo/ sizione viene negato, si può tentare di convincere il prestatore, senza ricorrere a interventi prepotenti che sono sempre molco sgraditi e spesso provocano reazioni di totale chiusura.

Richiesta al Ministero per i Beni e le Attività Culturali Non appena saranno arrivate le risposte dei prestatori, anche in forma ufficiosa, è necessario inviare con la massima solleci/ tudine e almeno quattro mesi prima della data dell'inaugura/ zione della mostra la richiesta al Ministero per i Beni e le Atti/ vità Culturali tramite la locale Soprintendenza competente ( e alla Regione, se richiesto) per ottenere le autorizzazioni alla mostra, ai prestiti italiani ed esteri. La pratica ministeriale, secondo le attuali indicazioni, deve contenere i seguenti documenti: , . Titolo, sede e data di programmazione della mostra Piano scientifico e organizzativo e indicazione dei responsabili della custodia delle opere 3. Elenco completo definitivo delle opere richieste 4. Parere del soprintendente competente 5. Valori assicurativi 6. Condizioni ambientali e di sicurezza delle sedi espositive 7. Modalità di imballaggio e trasporto 2.

A vvercenze: senza l'autorizzazione ministeriale e regionale la mostra non potrà essere realizzata. 9-

I TRASPORTI

• Scelta della dina di trasporti fra aziende specializzate e preventivo di spesa • La ditta di trasporti prende i contatti con i musei prestatori per soddisfare tutte le richieste relative agli imballi, ai mezzi di trasporto e alla regolarità dei contratti di assicurazione e delle autorizzazioni al prestito del Ministero. Stabilisce in accordo con gli organizzatori il calendario degli arrivi e delle partenze delle opere e degli accompagnatori. Prende contatto con la ditta eventualmente imposta dai prestatori.

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Il museo e gli en" organizzatori

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Esempio di scheda di prestito.

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Durata del prestito

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Dina di trasponi proposta dall'ente organizza core

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IO. LE ASSICURAZIONI

• Scelta della compagnia assicurativa fra quelle specializzate e preventivo • V erifìca accurata del contratto di assicurazione ( di solico è serino in corpo minuscolo!) che deve prevedere la copercura di tutci i rischi e il deprezzamento delle opere in caso di danneggiamc1110.

131

11. IL CATALOGO • Piano del catalogo • Individuazione degli autori dei saggi Incarico agli autori Numero di cartelle Norme redazionali Indicazione delle immagini di corredo Norme bibliografiche Termini di consegna Compenso economico

• Schede delle opere esposte (a cura dei prestatori o degli organizzatori) • Scelta dell'editore e contratto • Redazione del volume a cura del comitato scientifico e della segreteria scientifica in collaborazione con l'editore.

12. L'UFFICIO STAMPA

• Scelta di un'agenzia specializzata in collaborazione con un adde110 stampa interno al comitato organizzatore Redazione del comunicato scampa Invio dei comunicati scampa

• Contatti con i giornalisti Riviste specializzate Testate locali Testate nazionali Testate internazionali Abbonamento ali' «Eco della Scampa» per la raccolta degli articoli pubblicaci sui g1ornah.

LA STAMPA

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il Resto del

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Carlino

1 3.

LA PROMOZIONE

• Scelta del logo in collaborazione con l'ufficio stampa e con l'editore per Caralogo, guide brevi, depliant, manifesri, locandine, inviri, biglietti •Affissioni Permessi per le affissioni nel proprio comune (almeno rre mesi prima dell'inaugurazione) Permessi per le affissioni in altre città • Sito Web dedicato • Contatti Con le associazioni culrurali, i circoli aziendali eccerera Con le scuole attivarsi prima dell'inizio dell'anno scolasrico perché il collegio degli insegnanti possa organizzare il calendario delle uscite • Inserzioni sui giornali.

14. L'APPARATO DIDATTICO • Pannelli generali Individuazione dei temi Numero dei pannelli Tipologia dei pannelli (con immagini o senza) • Didascalie degli oggetti Identirà dell'oggetto, datazione, materiale, luogo di provenienza e di conservazione, brevissimo commento

• Caratteristiche di pannelli e didascalie Chiarezza espositiva Semplicità di linguaggio Leggibilità (corpo grande, in nero).

15. L'ALLESTIMENTO

L'allestimento della mostra è un'operazione molto delicata e decisiva ed è il momento della verifica del lavoro fatto. Ades-so arrivano gli oggetti richiesti in prestito. La ditta di trasporti organizza il calendario degli arrivi, in modo che gli organiz-zatori siano pronti a ricevere gli accompagnatori che normai-mente richiedono di assistere al posizionamento delle opere. Dopo lo sballaggio, si compila la scheda sanitaria dell' ogget-to con la descrizione accurata dello stato di conservazione, fir,, mata da chi riceve il pezzo e dall'accompagnatore. È buona prassi scattare anche qualche fotografia. Per quanto la progettazione e la collocazione delle opere sia--

133

no state eseguite con la massima attenzione, quando si di, spongono i materiali in vetrina è possibile che sia necessario apportare qualche modifica per rendere più efficace, oppure più gradevole, l'esposizione. Gli eventuali spostamenti non possono però sconvolgere il percorso perché è molto irritante per il visitatore essere costretto a inseguire i numeri progressi, vi delle opere. Una volta terminato l'allestimento eseguire fotografie di lavo, ro di tutto il percorso; facilita i successivi controlli. Durante tutto il periodo di apertura della mostra è indispensabile mo, nitorare regolarmente le condizioni ambientali e lo stato delle opere. Nella malaugurata ipotesi che insorgano problemi a un og, getto, mettersi in contatto con l'assicurazione e avvertire subi, to il museo prestatore per decidere insieme il comportamento da seguire. 16. LA DIVULGAZIONE LA DIDATTICA PER IL PUBBLICO

• Le visite guidate Selezione del personale Gestione del serviz10 di prenotazione

• Le conferenze LA DIDATTICA PER LA SCUOLA

• Le visite guidate • I laboratori • Le ricostruzioni.

17. lL CONSUNTIVO • Spese • Entrate • Numero visitatori • Vendita cataloghi e merchandising • Risultati del gradimento del pubblico (inchieste e focus group) • Rassegna stampa • La ricaduta di valore sulla città ( Value chain).

34

1

In occasione della mostra «Principi etruschi era Mediterraneo ed Europa» è stata allestita una sala dedicata ai ragazzi delle scuole elementari e medie.

Il percorso didattico, intitolato «Vita da pnncipc», illustra, attraverso copte di oggetti e ricostruzione di ambienti, la vita che s1 svolgeva nella reggia del principe.

Il quaderno didattico «Vita da principe. Nella reggia di un principe etrusco», pubblicato in occasione della mostra, arricchito da illustrazioni e giochi.

135

1998

48

REALIZZAZIONE CATALOGO

49

Definizione schema del catalogo

50

Affidamento dell'esecuzione dei saggi

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Consegna dei saggi

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Redazione dell'apparato illustrativo

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Affidamento a un editore del catalogo e allri materiali (manifesli, inviti, guide, striscioni) gara unica - Marsilio

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Redazione scientifica del catalogo e consegna dei testi

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Esecuzione lavori di editoria e correzione bozze

56

PROGETTO DIDATTICO

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Progettazione preliminare dell'attività didattica

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Elaborazione e pubblicazione dei testi didattici

----

59

Produzione videocassetta o co-rom o audioguida

60

Organizzazione visite guidate

61

Realizzazione visite guidate

2000

1999

2001

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Il diagramma di Gantt della mostra «Principi etruschi tra Mediterraneo ed Europa» (Bologna, Museo Civico Archeologico, 1° ottobre 2000, 26 aprile 2001) serve a definire fasi, tempi e responsabilità nella preparazione dell'evento. A scopo esemplificativo sono state scelte solo due attività: catalogo e progetto didattico.

1

37

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Nota Alcuni articoli di Alessandra Motcola Molfino pubblicaci negli anni passaci nella rubrica M11seomania del «Giornale dell'Arte» sono stari in parte riucilizza, ci in quesco libro, aggiornandoli.