L'adolescenza in Samoa
 8809041151, 9788809041158

Table of contents :
L’adolescenza in Samoa
© GIUNTI
Indice
Parole per un nuovo secolo Mary Catherine Bateson
Introduzione all’edizione dei Perennial Classics Mary Pipher
Presentazione di Franz Boas (1928)
Ringraziamenti
Prefazione all’edizione del 1973
Introduzione
Un giorno in Samoa
L’educazione del bambino samoano
La famiglia samoana
La bambina nel gruppo delle coetanee
La ragazza nella comunità
Relazioni sessuali formali
La funzione della danza
L’atteggiamento verso la personalità
Esperienza e personalità della ragazza media
La ragazza in conflitto
Maturità e vecchiaia
I nostri problemi educativi alla luce dei contrasti samoani
L’educazione alla scelta
Appendice I - Note ai capitoli
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
VILLAGGIO 1 - LUMA
VILLAGGIO 2 - SIUFAGA
VILLAGGIO 3 - FALEASAO
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
Appendice II - Metodologia di questo studio
Appendice III - La civiltà samoana com è oggi
Appendice IV - Disturbi e malattie mentali
Appendice V - Materiali su cui si basa l’analisi
PSICOLOGIA

Citation preview

PSICOLOGIA

Margaret Meati

L'adolescenza in Samoa © GIUNTI

Margaret Mead

L’adolescenza in Samoa C o m m e n ti in tro d u ttiv i di M ary C a th e rin e B a te so n , M ary P ip h e r e F ran z B o a s

© GIUNTI

Titolo originale: Corning o f age in Samoa. Copyright © 1928, 1955, 1961 by Margaret Mead. Words for a New Century {Parole per un nuovo secolo) copyright © 2001 by Mary Catherine Bateson. ìntroduction to thè Perennial Classics edition (Introduzione all’edizione dei Perennial Classici) copyright © 2001 by Mary Pipher, Ph. D. Originally published in 1930 by William Morrow and Company. First Quill edition published 1973. First Perennial Classics edition published 2001. Perennial Classics are published by Perennial, an imprint of HarperCollins Publishers

Traduzione di Lisa Sarfatti Traduzione degli aggiornamenti di Gabriele Noferi E vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, se non espressamente autorizzata dall’editore. www.giunti.it © 1954, 2007 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165, 50139 Firenze - Italia Via Dante 4, 20121 Milano - Italia Nuova edizione: aprile 2007 Ristampa

Anno

6 5 4 3 2 10

2011 2010 2009 2008 2007

Stampato presso Giunti Industrie Grafiche S.p.A. - Stabilimento di Prato

Indice

Parole per un nuovo secolo (Mary Catherine Bateson) Introduzione all’edizione dei Perennial Classics, (Mary Pipher) Presentazione di Franz Boas (1928)

vii xi xvii

Ringraziamenti Prefazione all’edizione del 1973

3 5

Introduzione Un giorno in Samoa L’educazione del bambino samoano La famiglia samoana La bambina nel gruppo delle coetanee La ragazza nella comunità Relazioni sessuali formali La funzione della danza L’atteggiamento verso la personalità Esperienza e personalità della ragazza media L a ragazza in conflitto

11 21 27 41 57 69 79 97 107 115 135

XII. XIII. XIV.

Maturità e vecchiaia I nostri problemi educativi alla luce dei contrasti samoani L’educazione alla scelta

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Appendice Appendice Appendice Appendice Appendice

205 211

I. II. III. IV. V.

Note ai capitoli Metodologia di questo studio La civiltà samoana com’è oggi Disturbi e malattie mentali Materiali su cui si basa l’analisi a. Scheda tipo di registrazione b. Tavola 1. Storia mestruale, esperienza sessuale, residenza presso il pastore c. Tavola 2. Struttura familiare d. Test d ’intelligenza utilizzati e. Lista utilizzata per indagare le esperienze delle ragazze

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Parole per un nuovo secolo Mary Catherine Bateson

Quando mia madre, Margaret Mead, si mise in cerca di un editore per il suo primo libro, Corning ofAge in Samoa , trovò William Morrow, che dirigeva una casa editrice appena nata, il quale le dette un suggerimento chiave per tutto il resto della sua carriera: «Aggiungere qualcosa di più sul significato che tutto ciò ha per gli americani». E una linea che avrebbe se­ guito per tutta la vita, istituendo non solo il fascino dell’an­ tropologia come descrizione dell’esotico, ma come fonte di auto-conoscenza per la civiltà occidentale. L’ultimo capitolo del libro poneva un tema per gli anni a venire: “Educazione alla scelta”. Già prima della seconda guerra mondiale, usando ancora la terminologia del suo tempo che oggi suona così superata, e parlando di “primitivi” , o addirittura di “selvaggi”, era con­ vinta che gli americani dovessero non solo imparare a cono­ scere i popoli del Pacifico, ma imparare da loro. E dopo quasi tutte le sue spedizioni ritornava da William Morrow, oggi Harper Collins, che da allora continua a ristampare molti dei suoi titoli, portando nuovi significati a nuove generazioni di americani. Oggi ci vengono ripresentati nel centenario della nascita, all’inizio del nuovo millennio, e hanno ancora molto da dirci su come gli individui maturano nel contesto sociale e su come le comunità umane possono adattarsi al cambia­ mento. Diversi dei suoi studi sul campo erano concentrati sull’in­ fanzia. Da secoli gli autori dicono ai genitori come allevare i figli, ma l’osservazione sistematica dello sviluppo infantile al­ lora era appena agli inizi. Margaret Mead è stata fra i primi a

PAROLE PER UN NUOVO SECOLO

studiarlo in un’ottica multiculturale. Era una di quelle fem­ ministe che combinavano la rivendicazione della piena e pa­ ritaria partecipazione delle donne alla società con una co­ stante sensibilità al fascino dei bambini e ai loro bisogni. Una cultura che ripudiasse i bambini «non potrebbe essere una cultura buona», ne era profondamente convinta (Blackberry Winter: My Earlier Years, New York, William Morrow & Co. 1972, p. 206). D opo avere studiato l’adolescenza a Samoa, ha studiato l’età prepuberale a Manus (Growing Up in New Guinea ) e la cura dell’infanzia a Bali; dovunque andasse, si occupava di donne e bambini, che fino ad allora erano rimasti ampiamente invisibili alla ricerca. Il suo lavoro continua a influenzare il modo in cui genitori, insegnanti e responsabili politici guar­ dano all’infanzia. Per quanto personalmente mi riguarda, sono grata della risonanza che ha avuto nella mia propria esperienza infantile ciò che mia madre aveva assimilato dai modelli raffinati e sensibili di puericultura osservati nelle altre culture. Analogamente, ha avuto per me un effetto liberatorio il suo lavoro sui generi, che prendeva le mosse dall’interesse per le donne e la maternità (Sex and Temperament e Male and Female). Oltre a questa sempre più ricca comprensione delle scelte che si pongono nei ruoli di genere e nell’educazione dei figli, l’altro tema emergente dal suo lavoro sul campo era il cambia­ mento. La prima relazione da lei portata nel dopoguerra al suo editore storico descriveva il ritorno nel 1953 presso i Manus della Nuova Guinea, New Lives fo t Old. Non era un libro sull’erosione e il danno che il cambiamento produce nelle culture tradizionali, ma piuttosto sulla possibilità di sce­ gliere il cambiamento e dare un indirizzo al proprio futuro. A volte si sente attribuire a Margaret Mead l’etichetta di “de­ terminismo culturale” (tale è la nostra fissazione di ridurre ogni pensatore a un singolo denominatore). Il termine non rispecchia la sua convinzione che le differenze di comporta­ mento e di carattere da una società all’altra (per esempio, fra i samoani e i manus) dipendano non dalla genetica quanto

PAROLE PER UN NUOVO SECOLO

dall’apprendimento infantile e dai modelli culturali trasmessi di generazione in generazione, che incanalano il potenziale biologico di ogni singolo individuo. Essendo la cultura non un destino innato, ma un artefatto umano che può essere ri­ modellato, Margaret Mead non era affatto una semplice de­ terminista, e le sue idee sulla politica sociale implicavano sempre la fede nella capacità umana di apprendimento. Dopo gli anni ’50, ha scritto sempre sul cambiamento: come esso av­ viene e come le comunità umane possono operare delle scelte, pur senza troncare il filo che lega una generazione all’altra. In tal senso, la sua era un’antropologia della libertà umana. Alla fine, ha scritto per Morrow la storia dei suoi primi anni, Blackberry Winter, mossa dall’idea che l’educazione ri­ cevuta da genitori intellettuali e progressisti l’avesse posta “in anticipo sui tempi”, cosicché guardare alla sua esperienza sa­ rebbe stato utile anche alle nuove generazioni. Sugli anni della maturità non ha scritto in maniera sistematica, ma ha pubbli­ cato una serie di lettere, indirizzate a familiari, amici e colleghi nel corso di cinquanta anni di lavoro sul campo, che avvici­ nano alle nostre riflessioni l’incontro con culture remote. Letters from thè Field è stato pubblicato da un’altra casa editrice, la Harper & Row, ma una volta tanto le metamorfosi impren­ ditoriali con una svolta felice hanno reso possibile inserire questo testo nel catalogo Harper Collins, sua sede naturale. Margaret Mead ha scritto spesso anche per altri editori, ma questa particolare serie di libri era legata a quell’antico desi­ derio di chiarire il significato che la sua esperienza personale e professionale poteva e doveva avere per gli americani. È l’a­ spirazione che la induceva a scrivere per un rotocalco fem­ minile come Redbook e ad apparire spesso in televisione, par­ lando in tono ottimistico e incalzante della nostra capacità di fare le scelte giuste. A differenza di tanti intellettuali, era con­ vinta dell’intelligenza dei lettori non specializzati, così co­ m’era convinta della fondamentale bontà delle istituzioni de­ mocratiche. Rivolgendosi al pubblico con rispetto e con amore, divenne una presenza familiare nelle famiglie ameri­ cane.

PAROLE PER UN NUOVO SECOLO

Le opere di Margaret M ead hanno avuto molte edizioni, e i dettagli delle sue osservazioni e interpretazioni sono stati og­ getto di critiche e correzioni ripetute, com’è giusto per qua­ lunque lavoro che apra strade nuove alla ricerca. Nonostante occasionali attacchi opportunistici, la sua opera illuminata e pionieristica gode ancora di grande rispetto nel mondo scien­ tifico. Ma nel preparare questa edizione dei suoi lavori, ci è parso importante corredarli di introduzioni al di fuori dell’an­ tropologia in senso stretto, che ne mettessero a fuoco i temi dal punto di vista di chi oggi in America ha a cuore il modo in cui educhiamo i nostri figli, garantiamo a tutti i membri della società la piena partecipazione e progettiamo il nostro futuro. I tempi cambiano, ma il confronto è sempre istruttivo e suggerisce sempre la possibilità d ’una scelta. Le adolescenti samoane degli anni Venti offrirono un riscontro prezioso alle adolescenti americane di allora, sotto l’ombra lunga dell’era vittoriana, e possono fornire un confronto non meno utile per le ragazze di oggi, sottoposte precocemente a forti pressioni sessuali e di genere. I maschi prepuberi di Manus ci permet­ tono di esaminare l’importanza attribuita rispettivamente alla destrezza fisica e all’immaginazione dei ragazzi, alternativa che ci si presenta ancora oggi, dopo cinquant’anni di dibat­ titi su come favorire nei nostri figli entrambi gli aspetti. I ruoli di genere che venivano contestati negli anni di formazione di Margaret Mead sono tornati in auge nel dopoguerra con la rinascita dei valori domestici, per essere poi di nuovo messi in discussione, ma il fatto più importante da ricordare a pro­ posito delle differenze di genere è che si tratta di una costru­ zione culturale e che gli esseri umani possono mettere in gioco nei modi più diversi la biologia dei sessi. Sicché leggendo questi libri vi ritroviamo echi non solo di climi lontani, ma anche di momenti diversi della storia americana, così da im­ parare, dalla varietà dell’umana esperienza, a fare scelte mi­ gliori per il futuro.

Introduzione all’edizione dei Perennial Classics Mary Pipher

L’adolescenza in Samoa è un piccolo libro scritto oltre set­ tantanni fa da una donna di ventitré anni sulle adolescenti di un posto lontano. Ci ha accompagnati in tutto questo tempo, influenzando profondamente molti fra i grandi dibat­ titi del secolo e ispirando tante discussioni e controversie. Mia madre era bambina in una fattoria del Colorando quando il libro fu pubblicato. Lo lesse all’università negli anni Trenta. Io l’ho letto all’università negli anni Sessanta. Ora, con questa nuova edizione, potrà leggerlo mia figlia e magari anche mia nipote. E per me un grande onore presentarlo. Come Margaret Mead, ho sempre avuto un grande interesse per l’influenza che la cultura esercita sulla salute mentale. Anch’io mi sono appassionata allo studio dell’intersezione fra psicologia e an­ tropologia, quel campo che un tempo andava sotto l’etichetta “cultura e personalità”. Come lei, ho creduto che una cultura buona produce persone migliori, e ho sempre pensato che sia nostro dovere e nostra gioia lavorare per un cambiamento cul­ turale positivo. Nei miei interventi ho citato spesso la sua bella frase: «M ai dubitare che un piccolo gruppo di cittadini seria­ mente impegnati possa cambiare il mondo». E naturalmente condivido il suo interesse per le adole­ scenti. In Corning o f Age in Samoa Mead metteva in luce le pressioni cui erano sottoposte le ragazze americane negli anni Venti. In Reviving Ophelia ho fatto più o meno lo stesso negli anni Novanta. Lei criticava l’oppressione esercitata sulle donne all’inizio del secolo perché arrivassero vergini al ma­ trimonio, mentre in Samoa le ragazze erano libere di scegliersi

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE DEI PERENNIAL CLASSICS

i partner e di sperimentare la sessualità secondo i propri de­ sideri. Paradossalmente, alla fine del secolo mi sono trovata a criticare il fatto che le giovani si sentissero obbligate a defi­ nirsi costantemente in termini sessuali: indipendentemente dai loro desideri o bisogni, le ragazze americane quando ar­ rivavano alla scuola superiore erano praticamente costrette a un’attiva vita sessuale. Mead ed io credevamo la stessa cosa: che in una cultura ideale le decisioni circa la sessualità dovreb­ bero essere il risultato di scelte intenzionali. Il suo libro, con la vivace descrizione della vita in un’isola dei Mari del Sud e la critica della cultura americana per le ado­ lescenti, fu subito un bestseller. D a allora in poi, M ead è sempre stata al centro della pubblica attenzione. Franklin Delano Roosevelt una volta ebbe a dire a proposito dell’attivismo di sua moglie: «Signore, ti prego, fa’ che Eleanor si stanchi». Un’osservazione che poteva valere anche per Margaret Mead, che una volta disse a un collaboratore: «Sono esausta - tro­ vami una conferenza da tenere da qualche parte». H a scritto trenta libri, oltre un migliaio di articoli per riviste scientifiche e rotocalchi, ed era curatrice della sezione etnologica dell’American Museum of Naturai History. A un certo punto le fu affibbiato il nomignolo di “nonna del m ondo” . Con le sue scarpe comode e il suo bastone da passeggio, sembra che sia andata a parlare dovunque. Io viaggio molto per conferenze e se la nomino, come spesso mi capita, mi sento dire: «L ’ho sentita parlare. E venuta qui da noi». E tut­ tavia, malgrado il successo di pubblico e l’importanza cultu­ rale, o forse proprio per questo, rimase professore aggregato alla Columbia University, dove insegnò quasi fino alla morte. Quando studiavo antropologia culturale a Berkeley ho letto Margaret Mead. Tutti la leggevano all’università negli anni Sessanta. I suoi scritti e il suo insegnamento alimenta­ rono l’esplosione dell’interesse per l’antropologia. C ’erano in lei un idealismo e un impegno sociale che affascinavano la nostra sensibilità rivoluzionaria. Il suo chiodo fisso del cam­ biamento rispondeva al clima di quegli anni, gli anni di The Times They Are A-Changin di Bob Dylan.

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE DEI PEKENNIAL CLASSICS

Mead è stata l’antesignàna dei figli dei fiori, con la sua pas­ sione per la pace, la giustizia, la libertà sessuale e l’avventura. Instancabile nel promuovere il cambiamento sociale, dapper­ tutto insegnava che si poteva e si doveva costruire una cul­ tura migliore, che producesse individui più felici, meno ag­ gressivi ed emotivamente più solidi. La sua definizione della cultura ideale era: una cultura che trovi lo spazio per ogni ta­ lento umano. Non è mai stata formulata una definizione mi­ gliore. Quando lessi per la prima volta Corning ofA ge in Samoa , mi colpì l’attenzione di Mead per la vita delle ragazze e delle donne e il suo interesse per la routine quotidiana delle fami­ glie. Aveva grande curiosità per le chiacchiere e i giochi delle ragazzine e un profondo interesse per ciò che pensavano e sentivano della propria vita. A quell’epoca non ero certo una femminista. Non mi ero mai davvero fermata a riflettere sui problemi delle donne. Ma quando lessi il suo libro, dedicato alle ragazze di Tau provai orgoglio e piacere all’idea che qual­ cuno finalmente considerasse le ragazze importanti e degne d’interesse. Da quella lettura ho acquisito varie idee che ancora oggi mi sembrano importanti: che le differenze di genere non sono incise nella pietra, che la sessualità è modellata dalla cultura, che l’adolescenza non deve di necessità essere stressante e che la vita delle adolescenti merita attenzione e rispetto. Rileg­ gendo il libro nel 2000, tre quarti di secolo dopo che Mead l’ha scritto e trentacinque anni dopo averlo letto la prima volta, le cose che mi colpiscono di più sono l’acume delle os­ servazioni, il rispetto profondo verso gli isolani e l’entusiasmo per il proprio lavoro. E naturalmente ancora oggi m ’impres­ siona la grande attenzione con cui guardava alle ragazze. Mead era fiera di non essere un’accademica arida e pru­ dente. Scrive nella prefazione del 1961: «Posso sottolineare che questo è stato il primo esempio di lavoro antropologico sul campo scritto senza l’armamentario erudito fatto apposta per disorientare il lettore non specialista e confondere i col­ leghi». Scriveva per il lettore comune, al quale poteva essere

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE DEI PERENNIAL CLASSICS

d ’aiuto, esprimendosi in maniera semplice ed espressiva senza gergo accademico. In effetti, il modello di lettore che aveva in mente quando scriveva era la nonna, un’intelligente mae­ stra di scuola. Si sforzava di scrivere in una maniera che po­ tesse esserle utile. Mead aveva il gusto delle opinioni forti. Il suo atteggia­ mento verso i samoani non era né condiscendente né etnocen­ trico. Una sua foto, scalza, coi capelli crespi e il viso aperto e felice, tenendo per mano un’amica samoana, mostra il calore dei sentimenti che provava verso i suoi “soggetti” . Il lavoro di ricerca in Samoa attingeva a varie discipline. M ead aveva una certa preparazione in psicologia e prestava attenzione alle dinamiche familiari. La biologia, quale si ma­ nifestava nell’aspetto fisico, nelPintelligenza innata e nel tem­ peramento, svolgeva un ruolo importante nella sua defini­ zione dei processi evolutivi. Ma sosteneva anche la fluidità dello sviluppo umano. La cultura aveva una parte enorme nella vita delle ragazze di Samoa, e quello che soprattutto le interessava era « l’interazione fra costituzione e stile cultu­ rale». Corning ofA ge in Samoa influì sul dibattito natura-cultura che infuriava all’inizio del secolo e ancora oggi infuria. Attual­ mente ha preso molte forme, come il dibattito recente sui ge­ neri e sul ruolo dei fattori biologici nella salute mentale. In questo momento il determinismo biologico è forte e si sta raf­ forzando. Ma la corrente può cambiare di nuovo. Se fosse viva, Mead si tufferebbe volentieri nel fitto delle polemiche attuali. Aveva una visione ricca ed elaborata dei fattori mol­ teplici che plasmano gli esseri umani, e a tutti noi impegnati nel sociale farebbero comodo oggi le sue argomentazioni in­ telligenti e appassionate. Le tesi di Corning ofA ge in Samoa sugli effetti distruttivi dell’isolamento e dell’intensa emotività della famiglia nu­ cleare hanno influenzato la nostra prima generazione di tera­ peuti della famiglia. I primi fautori della libertà sessuale, come Havelock Ellis e Bertrand Russell, hanno amato questo libro. E naturalmente le idee di Mead sulle libere esperienze ero­

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE DEI PERENNIAL CLASSICS

tiche delle ragazze samoane hanno avuto un successo travol­ gente durante la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta. Le sue riflessioni sull’adolescenza hanno permeato la nostra cul­ tura. Sono migliaia i libri e gli articoli prò e contro questo libro. Mead è stata la beniamina e lo spauracchio delle fem­ ministe, portabandiera dell’ingegneria sociale, energica soste­ nitrice dei diritti delle popolazioni indigene, anche se quelle stesse popolazioni a volte sono state assai critiche verso la sua opera. Perché leggere oggi Margaret Mead? La Samoa di cui scri­ veva non esiste più. Lei stessa, studiosa del cambiamento so­ ciale, non avrebbe saputo prevedere la rapidità con la quale nel nostro ultimo secolo scompaiono mondi interi. Ma non era andata a Samoa solo per studiare i samoani. Quello che voleva era capire l’intero genere umano. Il lavoro a Samoa le servì per esaminare grosse domande: in che modo la cultura plasma gli individui? Qual è il ruolo della biologia nel com­ portamento umano? Non esistono interrogativi più interes­ santi di questi. In un’era di specializzazione, Mead era incline alle sintesi, tracciava linee di collegamento. Era audace, generosa, tempe­ stiva. Con gli scritti voleva cambiare il mondo. Le sue idee hanno una rilevanza e una risonanza rispetto a questioni an­ cora oggi vivissime. L’analisi dei problemi adolescenziali, per esempio, ha una curiosa modernità. Fondamentalmente, rite­ neva che il guaio degli adolescenti americani fosse un eccesso di scelte, un eccesso di pressioni e un contatto troppo scarso coi fenomeni del mondo reale, come la nascita e la morte. Cre­ deva in un’educazione che insegnasse a pensare, non cosa pensare, e nell’importanza dell’intenzionalità quando si pren­ dono decisioni. La sua conclusione, che l’adolescenza non debba necessariamente essere un periodo di stress e disagio e che la crescita possa essere un processo più libero e più fa­ cile di come l’abbiamo fatto diventare qui in America, è an­ cora tema vivo di discussione all’inizio del nuovo secolo. La scienza più sofisticata, col senno di poi accumulato nel corso di decenni, può anche trovare da ridire sull’opera di

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE DEI PERENNIAL CLASSICS

Mead. Dopo tutto, era un’antropoioga da battello a vapore, salpata per i Mari del Sud quando era presidente Harding. M a le domande cui ha cercato di rispondere e che ha proposto all’indagine degli altri sono le migliori che ci possiamo porre. La sua visione di una società buona, dotata di tolleranza, giu­ stizia, gioia, libertà individuale e piacere comunitario, ri­ splende ai nostri occhi come la visione più bella che abbiamo. La sua fede di poter cambiare la natura umana, sebbene dif­ ficile da sostenere dopo i fatti del ventesimo secolo, è ancor sempre la molla che motiva molti di noi. Quanto a significatività, Corning o f Age in Samoa sta alla pari dei quadri di Georgia O ’Keeffe, dell’attivismo politico di Eleanor Roosevelt, della poesia di Mary Oliver, del Vietnam War Memorial di Maya Ying Lin, del diario di Anna Frank. Questo piccolo libro che parla di ragazzine adolescenti ha colto un momento in un luogo e tempo particolare ed è diven­ tato uno dei nostri più importanti prodotti culturali. L’Ame­ rica del Ventesimo secolo non poteva avere nonna migliore di Margaret Mead.

Presentazione di Franz Boas (1928)

Le descrizioni moderne dei popoli primitivi ci danno un quadro della loro cultura classificata secondo i vari aspetti della vita umana. Veniamo a sapere delle loro invenzioni, eco­ nomia domestica, organizzazione familiare e politica, cre­ denze e pratiche religiose. Attraverso uno studio comparato di questi dati e la documentazione della sua crescita e svi­ luppo, cerchiamo di ricostruire, per quanto possibile, la storia di ogni singola cultura. Alcuni antropologi sperano addirit­ tura che lo studio comparato riveli tendenze evolutive così ri­ correnti da permettere generalizzazioni significative circa i processi della crescita culturale. Per il lettore non specialista questi studi sono interessanti in virtù della stranezza dello scenario, dei peculiari atteggia­ menti caratteristici di culture straniere, che pongono in grande evidenza le nostre conquiste e il nostro comporta­ mento. Tuttavia, una descrizione sistematica delle attività iimane ci dice molto poco sugli atteggiamenti mentali dell’in­ dividuo. I suoi atti e pensieri appaiono pure e semplici espres­ sioni di forme culturali rigidamente definite. Poco veniamo :i sapere del suo pensiero razionale, delle amicizie e dei conllitti fra lui e i suoi simili. Il lato personale della vita indivi­ duale è quasi eliminato nelle presentazioni sistematiche della vita culturale d’un popolo. Il quadro è standardizzato, come una raccolta di leggi che ci dice come dobbiamo comportarci, non come ci comportiamo, come le regole che enunciano uno st ile artistico, ma non il modo in cui l’artista elabora le sue idee di bellezza, come una lista d’invenzioni, e non il modo in cui il singolo supera le difficoltà tecniche che si presentano.

PRESENTAZIONE DI FRANZ BOAS (1 9 2 8 )

Eppure il modo in cui la personalità reagisce alla cultura è questione che ci riguarda profondamente e rende lo studio delle culture straniere un campo di ricerca utile e fruttuoso. Siamo abituati a considerare tutte quelle azioni che sono parte integrante della nostra cultura, le norme che seguiamo auto­ maticamente, come se fossero comuni a tutto il genere umano. Sono profondamente incorporate nel nostro compor­ tamento. Siamo talmente foggiati nelle loro forme che non possiamo fare a meno di ritenere che debbano essere valide dovunque. Cortesia, pudore, buone maniere, conformità a modelli etici sono universali, ma ciò che costituisce la cortesia, il pu­ dore, le buone maniere e i modelli etici non è universale. È istruttivo sapere che i modelli differiscono nei modi più im­ prevedibili. Ancor più importante è sapere come l’individuo reagisce a tali modelli. Nella nostra civiltà l’individuo è assediato da problemi che tendiamo ad attribuire a tratti umani fondamentali. Quando parliamo dei problemi dell’infanzia e dell’adolescenza, le con­ sideriamo periodi inevitabili di adattamento che ciascuno deve superare. L’intera impostazione psicoanalitica si basa in gran parte su questo assunto. L’antropologo dubita dell’esattezza di queste idee, ma fino a oggi quasi nessuno si è dato la briga di identificarsi con una popolazione primitiva, quanto basta per ottenere una chiara visione di tali problemi. Dobbiamo quindi essere grati alla si­ gnorina M ead per essersi sobbarcata l’impegno di identifi­ carsi così completamente con la gioventù samoana, da darci un quadro lucido e chiaro delle gioie e delle difficoltà incon­ trate dal giovane individuo in una cultura così radicalmente diversa dalla nostra. I risultati della sua faticosa indagine con­ fermano il sospetto nutrito da tempo dagli antropologi, che gran parte di quanto attribuiamo alla natura umana altro non sia che una reazione ai vincoli che ci impone la nostra civiltà.

Margaret Mead

L’adolescenza in Samoa

Questo libro è dedicato alle ragazze di Tau ’Ou te avatu lenci tusitala in te ’outou O Teinetiti ma le Aualuma o Tau

Ringraziamenti

Ho un debito di gratitudine verso il comitato del National Research Council per il finanziamento delle ricerche di scienze biologiche, il cui generoso contributo ha reso possi­ bile questo studio. Devo ringraziare mio padre che mi ha re­ galato il viaggio d ’andata e ritorno per le isole Samoa. Al prolessor Franz Boas devo l’ispirazione e la guida nella scelta del problema, la preparazione che mi ha messa in grado d ’intra­ prendere una tale indagine e l’esame critico dei risultati. Per la loro collaborazione, che ha molto facilitato lo svolgi­ mento del mio lavoro nel Pacifico, sono grata al dottor H er­ bert E. Gregory, direttore del B. P. Bishop Museum, e al dottor E. C. S. Handy e alla signorina Stella Jones, che lavo­ rano nella stessa istituzione. All’appoggio ufficiale dell’ammiraglio Stitt e alla cortesia del comandante Owen Mink, della marina USA, devo la col­ laborazione delle autorità sanitarie di Samoa, la cui assistenza ha molto semplificato e snellito la mia indagine. Devo ringra­ ziare la signorina Ellen M. Hodgson, caposala, le infermiere diplomate, le ausiliarie locali e in particolare G. F. Pepe, per i primi contatti e insegnamenti nella lingua samoana. All’ospitalità, generosità e partecipe collaborazione del signor E d ­ ward R. Holt, ufficiale medico in seconda, e a sua moglie, devo i quattro mesi di soggiorno nella loro casa, che mi ha of­ ferto una base essenzialmente neutrale da cui studiare tutti gli individui del villaggio, tenendomi in disparte dalle faide locali e dalle linee di demarcazione del villaggio. La riuscita di questa ricerca è dipesa dalla collaborazione e d all’interesse divarie centinaia di samoani. Ricordarli uno per

RINGRAZIAMENTI

uno sarebbe impossibile. Un particolare ringraziamento va al capo contea Ùfuti di Vaitogi e a tutti i membri della sua casa, e all’oratore Lolo, che mi ha insegnato i rudimenti del­ l’elegante modello di relazioni sociali così caratteristico dei sa­ moani. Devo ringraziare specialmente le loro eccellenze Tufele, governatore di M anu’a, i capi contea Tui Olesega, Misa, Sotoa, Asoao e Leui, i capi Pomele, Nua, Tialigo, Moa, Maualupe, Asi, gli oratori Lapui e Muao; i pastori Solomona e Iakopo; gli insegnanti Sua, Napoleon ed Eti; Toaga, moglie di Sotoa, F a’apua’a, la taupo di Fitiuta, Fofoa, Laula, Leauala e Felofiaina, i capi e il popolo di tutti i villaggi di M anu’a, bam ­ bini compresi. La loro gentilezza, ospitalità e cortesia ha reso felice il mio soggiorno; la collaborazione e l’interesse che hanno dimostrato mi hanno permesso di condurre la ricerca con profitto e con tranquillità. Il fatto che nel libro non com­ paia il vero nome di nessuno serve a proteggere i sentimenti di coloro che non apprezzerebbero tale pubblicità. Per le utili critiche e l’assistenza nella preparazione del ma­ noscritto sono grata alla dottoressa R. F. Benedict, al dottor L. S. Cressman, alla signorina M. E. Eichelberger e alla si­ gnora M. L. Loeb. Margaret Mead The American Museum of Naturai History, New York, marzo 1928

Prefazione all’edizione del 1973

Questo libro è il resoconto della mia prima spedizione sul campo, un lavoro di quando avevo ventitré anni, quasi cinquant'anni fa. Tra quando, nel 1926, sono salpata da Pago I’ago per tornare nel mondo occidentale e cercare di mettere per iscritto ciò che avevo scoperto, e il 1971, quando sono scesa da un aereo sotto i riflettori della televisione, il mondo ha attraversato cambiamenti enormi. I giovani che leggeranno questo libro sono vissuti dall’altra parte della frattura generazionale; le bambine che ho studiato sono grasse matrone t hè ancora danzano agilmente, come fanno le nonne sa­ moane. Le giovani samoane sparse nelle università degli Stati I Initi spesso trovano questo resoconto di come vivevano le loro antenate imbarazzante, come a noi sembrano imbaraz­ zanti gli abiti che portavano le nostre madri quando eravamo piccole. E io, invece di essere la nipote che scriveva dovero­ samente lettere alla nonna perché potesse avere un assaggio i Iella gioia di vivere samoana, oggi sono la nonna felice di una ragazza che danza a sua volta. Questa è la quarta volta che scrivo una prefazione alle varie rdizioni del libro, pubblicato originariamente nel 1928. Ogni prefazione è esattamente datata: 1939, 1949, 1953, 1961. ( )gni volta mi sono soffermata a precisare quanto tempo era passato da quando l’avevo scritto e com’era diverso il mondo dei lettori per i quali veniva ripubblicato. Ma mi accorgo che iìel mondo attuale i lettori prestano poca attenzione alle date, v alcuni addirittura leggono questo resoconto di uno stile di vita scomparso come se raccontasse la vita nella più frenetica e molto più complessa Samoa del giorno d’oggi, senza tener

PREFAZIONE ALL’EDIZIONE DEL 1973

conto delle differenze. Altri leggono le mie critiche al modo in cui crescono gli americani - privati di qualunque cono­ scenza diretta della nascita, dell’amore e della morte, tormen­ tati da una società che non permette agli adolescenti di ma­ turare col loro ritmo personale, imprigionati nella piccola e fragile famiglia nucleare cui non si sfugge e in cui non si trova sicurezza - e pensano che io scriva proprio per il mondo di oggi, tanto poco è cambiato da noi il modo di allevare i figli. Mi sembra più che mai necessario sottolineare, dire forte e chiaro, che qui si parla di Samoa e degli Stati Uniti negli anni 1926-1928. Quando leggete, non dimenticatelo. Non fatevi idee sbagliate su voi stessi e sui samoani, aspettandovi d’in­ contrare nelle isole M anu’a della Samoa americana il genere di vita che ci ho trovato io. Ricordate che è dei vostri nonni e bisnonni che parlo, quando erano giovani e spensierati in Samoa, o tormentati dalle aspettative imposte agli adolescenti negli Stati Uniti. Alcuni giovani critici mi hanno perfino chiesto quando ho intenzione di rivedere il libro e prendono un’aria incredula e arrabbiata quando dico che una revisione sarebbe impossi­ bile. Il libro deve rimanere, come tutti i lavori antropologici, esattamente com’è stato scritto, fedele a ciò che avevo visto in Samoa e a quello che mi riusciva di trasmettere di quanto avevo visto, fedele allo stato delle nozioni sul comportamento umano quali erano a metà degli anni ’20, fedele alle nostre speranze e paure per il futuro del mondo. Posso scrivere nuove prefazioni come sto facendo qui. Posso sottolineare quanto poco sapevamo all’epoca, prima che i ricercatori sul campo avessero a disposizione film, nastri e metodi raffinati di registrazione del comportamento umano. Posso sottoli­ neare che questo è stato il primo esempio di lavoro antropologico sul campo scritto senza l’apparato erudito fatto ap­ posta per disorientare il lettore non specialista e confondere i colleghi. Mi sembrava all’epoca - e mi sembra tuttora - che se i nostri studi sul modo di vivere degli altri popoli vogliono avere un significato per i popoli del mondo industrializzato, devono essere scritti per loro e non avviluppati in un gergo

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tecnico da specialisti. Trattandosi di un libro sull’adolescenza, ho cercato di esprimerlo in una linguaggio capace di comu­ nicare a coloro che più hanno a che fare con adolescenti: in­ segnanti, genitori, futuri genitori. Non l’ho scritto come un libro divulgativo, ma solo con la speranza che risultasse in­ telligibile a coloro che potrebbero fare il miglior uso possi­ bile del suo tema principale, che l’adolescenza non necessa­ riamente dev’essere quel periodo di stress e disagio in cui la società occidentale l’ha trasformata, che diventare grandi po­ trebbe essere un processo più libero, più facile e meno com­ plicato, e anche che ci sono dei prezzi da pagare per quell’as­ senza di complicazioni che ho trovato in Samoa: minore in­ tensità, minore individualismo, minore impegno nella vita. Quando il libro è stato scritto, la stessa idea di cultura era nuova per le società letterate. L’idea che ogni nostro pensiero e movimento fosse il prodotto non della razza o dell’istinto, ma derivato dalla società in cui cresce l’individuo, era nuovo e insolito. Nelle prefazioni alle edizioni precedenti mi pareva necessario spiegare perché ci avessi insistito tanto, come se ormai il concetto di cultura fosse entrato nel senso comune. Ma la rinascita del razzismo in alcuni circoli scientifici e gli ap­ pelli di certi psicologi a un comportamentismo duro, manipolatorio, mi invitano a chiedermi se il mondo moderno dav­ vero capisca il significato della cultura - l’interazione fra co­ stituzione individuale e stile culturale, i limiti posti dalla bio­ logia e i modi in cui l’immaginazione umana riesce a trascen­ derli - più di quanto se ne sapeva nel 1928. Sicché non mi scuso per l’enfasi. Nel 1949 si poteva sperare che fosse super­ flua, ma nell’anno di grazia 1972 è ancora, purtroppo, molto necessaria, quando comportamenti appresi -sono attribuiti alla razza, al colore della pelle o al sesso, e gli psicologi so­ gnano di sostituire la trasmissione culturale con il condizio­ namento, come facevano i più rozzi comportamentisti negli anni ’20, e come gli apostoli della disperazione che, quando sentono dire che il nostro pianeta è in pericolo e bisogna pren­ dere provvedimenti per salvarlo, si rifugiano in assurdità con­ torte e sofisticate, riassumibili nelle parole dei conferenzieri

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itineranti sotto i tendoni di Chautauqua nel 1916, che tuona­ vano: «N on si può cambiare la natura umana». H o scritto questo libro per contribuire alla nostra conoscenza di quanto il carattere umano, le capacità umane e l’umano benessere dei giovani dipendano da quello che imparano e dall’ordina­ mento sociale della società in cui nascono e crescono. Questa è una cosa che abbiamo ancora bisogno di sapere, se vogliamo cambiare le attuali istituzioni sociali in tempo per impedire il disastro. Nel 1928 il disastro che dovevamo fronteggiare era una guerra all’orizzonte, nel 1949 la possibilità di una defla­ grazione nucleare su scala mondiale, oggi c’è la crisi ambien­ tale, tecnica e demografica che minaccia la nostra esistenza. L’utilità di questo breve resoconto di come potrebbe essere la vita, che prende le mosse da un piccolo gruppo in isole re­ mote, è ancora, e forse con maggiore urgenza, rilevante. Ma ci sono due cose a proposito del libro così com’è, che richiedono un commento. Una è la mia previsione che la vita in Samoa dovesse cambiare ancor più di com’è cambiata. Te­ mevo che la grazia, l’entusiasmo, l’allegria dei samoani, i cui soli veicoli erano loro stessi come popolo, senza il supporto di quel genere di arte, letteratura e architettura che a noi ha lasciato qualcosa dei greci e degli egizi quando le loro civiltà erano morte da tempo, sarebbero scomparsi del tutto, resi ir­ riconoscibili dalla diffusione mondiale della cultura euro­ americana. L’altra è il non aver previsto i giovani samoani come possibili lettori e non aver quindi indirizzato il libro anche a loro, oltre che ai lettori occidentali. Questi due er­ rori di calcolo sono collegati fra loro. La popolazione di Samoa nel 1928 era molto letterata - in samoano - ma erano pochissimi quelli che sapevano leggere l’inglese, pochissimi gli anglofoni che conoscevano il samoano. Avevo protetto l’i­ dentità dei miei informatori e delle ragazze e bambine che avevo studiato, cambiando sistematicamente i nomi, a volte attribuendo alla stessa persona due nomi o due identità, in modo che nessuno potesse mai imbarazzarli citando quello che avevo scritto di loro. Questi dispositivi di protezione erano così completi che successivi ricercatori sul campo non

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sono riusciti a decodificarli e, sconcertati, mi hanno perfino accusato di aver falsificato il materiale. Non avevo previsto i e,iovani samoani come possibili lettori per due ragioni: primo, perché le persone di cui parlavo, benché scrivessero lettere in samoano, non leggevano libri, secondo, perché discutevo ( lei la loro vita, la vita che stavano vivendo, e non c’era nessun bisogno di raccontare a loro com’era la vita nei villaggi di Manu’a - lo sapevano benissimo. E io scrivevo per il mondo di allora, non di cinquant’anni dopo. E non sapevo, non potevo sapere, quanto straordinariamente durevole si sarebbe dimoSi l ata la cultura samoana, e che cinquant’anni più tardi quella l'.i azia che avevo cercato di documentare come cosa destinata :i svanire ci sarebbe stata ancora. Non potevo predire che 47 anni più tardi ci sarebbero stati oltre 20.000 samoani amerirani residenti negli Stati Uniti; che una di loro sarebbe stata scelta per il primo esperimento di una nuova TV educativa; che a Tatuila ci sarebbe stato un college, e che tuttavia al mio arrivo sarei stata salutata con dei fiori ancora più belli delle j’hirlande del 1928, e congedata con ghirlande di conchiglie i vegetali sono proibiti in aereo - più un sacchetto di plastica per portarle dopo l’atterraggio. Negli anni trascorsi nel fratIempo ho incontrato molti samoani venuti negli Stati Uniti e ho visto con quanta disinvoltura adottavano e deponevano gli abiti, la lingua e le maniere americane, senza perdere la pro­ pria peculiarità samoana. Ma dovevo tornare a Samoa, una Samoa esuberante e ottimista, piena di speranze, una Samoa che ha trasformato il mio ritorno in una festa, in cui ceri­ monie, che pochi avevano già veduto in vita loro, venivano rispolverate per risolvere un tipico problema samoano: come sistemare le precedenze fra John Haydon, il governatore cui erano devoti, e “Makelita” che tornava dopo tanti anni, per inaugurare il nuovo museo e partecipare all’apertura della prima centrale elettrica di Manu’a. Nel mutato clima di pensiero del mondo uscito dalla II guerra mondiale, in cui migliaia di piccoli popoli fino a poco Iempo addietro esotici e preletterati ricercano e coltivano la propria identità, i samoani occupano orgogliosamente il loro

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posto, con tanto orgoglio e tanta gioia da straripare oltre i li­ miti delle loro piccole isole, e ciò che un tempo era messo a rischio dall’occidentalizzazione ora è minacciato dalla sovrap­ popolazione. Se oggi nascono tanti samoani, può non esserci posto per quelli che nascerebbero domani. Ma per il m o­ mento continuano a danzare con immutata gioia di vivere. Inevitabilmente le giovani samoane che leggono il libro si sentiranno in qualche modo escluse, perché questo resoconto sulle giovani di due generazioni fa parla di loro ma non a loro, come avverrebbe se lo scrivessi oggi. Ma alle studentesse che hanno la strana esperienza di trovare nella bibliografia dei corsi introduttivi alla Cornell o all’Università delle Hawaii un libro che parla di come vivevano le loro nonne, posso dire sol­ tanto che né le nonne né io potevamo immaginare come sa­ remmo stati oggi. L e appendici restano impersonali, secondo il modello di un testo tecnico. Per il lettore specialista c’è una nuova edizione (1969) di The Social Organization o f M anu’a, pubblicata dal Bishop Museum di Honolulu, riveduta alla luce della teoria etnografica contemporanea. Ma in questo libro tutte le per­ sone sono persone vive, come le abbiamo conosciute io e i loro amici e familiari, umane nelle loro vite e nei loro amori, e spero che la generazione dei nipoti vi riconosca una voce au­ tentica. Margaret Mead The American Museum of Naturai History, New York, 26 giugno 1972

I

Introduzione

Durante gli ultimi cento anni genitori e insegnanti hanno cominciato ad occuparsi dei problemi dell’infanzia e dell’a­ dolescenza. Hanno cercato di adattare l’educazione ai bisogni del bambino, anziché costringerlo in una forma educativa ri­ gida. Due realtà li hanno spinti ad affrontare questo nuovo compito: il progresso della psicologia e le difficoltà di adat­ tamento della gioventù. D a un lato la psicologia suggeriva che c’era molto da guadagnare dalla conoscenza del modo in cui i bambini si sviluppano, degli stadi per i quali passano, di ciò che il mondo degli adulti può ragionevolmente aspettarsi dal lattante di due mesi o dal bambino di due anni. Dall’altro le prediche tonanti che venivano dai pulpiti delle chiese, le preoccupazioni dei benpensanti, gli stessi schedari dei tribu­ nali minorili - tutto confermava che qualcosa doveva esser fatto per il periodo della vita che la scienza ha chiamato ado­ lescenza. Lo spettacolo di una giovane generazione che si al­ lontanava sempre più dai principi e dagli ideali correnti, che andava alla deriva, non più ancorata alle tradizioni familiari o ai valori religiosi della comunità, terrificava l’opinione pub­ blica, invogliava a intraprendere crociate missionarie tra la gioventù indifesa e preoccupava seriamente anche i meno fa­ cili ad allarmarsi. Nella civiltà americana, con le sue numerose comunità di immigrati, i suoi tanti tipi di comportamento in conflitto tra loro, le sue centinaia di sette religiose, le sue variegate condi­ zioni economiche, questo stato incerto e turbato della gio­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

ventù appariva più chiaramente che nella più vecchia e stabile civiltà europea. In America le condizioni erano tali da solle­ citare psicologi, educatori e intellettuali ad offrire spiegazioni accettabili del disagio in cui si trovavano i ragazzi. Nella G er­ mania del dopoguerra, dove le giovani generazioni trovavano difficoltà di adattamento anche maggiori che da noi, le li­ brerie erano invase da una gran massa di trattati teorici sul­ l’adolescenza. E così anche gli psicologi americani cercarono di dare una spiegazione dell’irrequietezza della gioventù. Così videro la luce opere come quella di Stanley Hall sull’adole­ scenza, che attribuisce a questo particolare periodo della vita le cause dei conflitti e degli smarrimenti giovanili. L’adole­ scenza viene descritta come un periodo in cui fiorisce l’idea­ lismo ma si rafforza anche la ribellione contro l’autorità, come un periodo durante il quale difficoltà e conflitti sono assolu­ tamente inevitabili. Gli studiosi di psicologia infantile, che basavano sull’espe­ rienza le loro conclusioni, non potevano sottoscrivere queste teorie. «N on abbiamo dati», dicevano. «Sappiam o solo poche cose sui primi mesi di vita del bambino. Stiamo appena im­ parando quando è che gli occhi del lattante seguono la luce per la prima volta. Come potremmo rispondere con sicurezza a chi ci domandasse, per esempio, in qual modo una perso­ nalità sviluppata, della quale non sappiamo nulla, si compor­ terà di fronte alla religione?». Ma la prudenza negativa della scienza non è mai popolare. Se lo sperimentatore non voleva compromettersi, altri intellettuali si sforzarono anche di più per giungere a una risposta per la via più breve. Osservarono il comportamento degli adolescenti nella nostra società, no­ tarono gli ovvi ed onnipresenti sintomi d’inquietudine e li de­ nunziarono come caratteristiche di quella fase di sviluppo. Le madri furono avvertite che le ragazze sotto i vent’anni presen­ tano speciali problemi. Questo è un periodo difficile, dissero. I cambiamenti fisici che si svolgono nel corpo dei vostri ra­ gazzi e delle vostre ragazze sono accompagnati da fatti psico­ logici corrispondenti. N é quelli né questi sono evitabili. Come il corpo di vostra figlia cambia da quello di una bimba in

I - INTRODUZIONE

quello di una donna, così fatalmente cambierà il suo spirito e questo cambiamento sarà tempestoso. Sì, tempestoso, ripe­ terono e ribadirono. Questo modo di vedere, per quanto non sanzionato dallo sperimentatore, si diffuse largamente, influenzò il nostro si­ stema educativo, paralizzò gli sforzi dei genitori. Come la madre deve sopportare i pianti del bambino che mette il primo dente, così essa deve farsi forza per sopportare con il maggior equilibrio di cui è capace anche le turbolente mani­ festazioni dell’“età ingrata”. Come il genitore non poteva far altro che sopportare il piccino quando piangeva, anche all’e­ ducatore non si poteva raccomandare altro che sopporta­ zione. I teorici dell’“età ingrata” continuarono a osservare il comportamento degli adolescenti americani e, anno dopo anno, via via che le difficoltà della gioventù venivano ulte­ riormente documentate dalle scuole e dalle associazioni gio­ vanili, la loro ipotesi sembrava sempre più avvalorata. Ma intanto si faceva strada un altro modo di studiare lo svi­ luppo umano, quello dell’antropologo, di colui che studia l’uomo nei più diversi contesti sociali. L’antropologo, medi­ tando sul vasto materiale raccolto sugli usi dei popoli primi­ tivi, cominciò a rendersi conto dell’enorme importanza che nella vita dell’individuo riveste l’ambiente sociale in cui esso è nato e cresciuto. Ad uno ad uno, molti tratti del comporta­ mento che si era abituati a considerare come attributi immo­ dificabili della natura umana risultarono soltanto come pro­ dotti della civiltà - presenti negli abitanti di un paese, assenti in quelli di un altro, e questo indipendentemente dalla razza. Si capì così che né la natura umana, né la razza, potevano render conto degli svariati e variegati modi in cui si espri­ mono, in condizioni sociali differenti, emozioni basilari come l’amore, la paura o la collera. Da quel che osserva sul comportamento di individui adulti in ambienti di altre civiltà, l’antropologo trae spesso le stesse conclusioni alle quali giunge chi studia il comportamento dei piccoli esseri la cui umanità non è stata ancora plasmata dalla civilizzazione.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Erano queste le prospettive dell’antropologo sulla natura umana mentre ascoltava i discorsi correnti sull’adolescenza. L’antropologo sentiva attribuire a un periodo dello sviluppo fisico atteggiamenti che a lui sembravano piuttosto dipendere dall’ambiente sociale: la ribellione all’autorità, le perplessità esistenziali, i conflitti e le lotte. E ben sapendo quanto siano determinanti la cultura e la plasticità degli esseri umani, fu preso dal dubbio. Queste difficoltà erano dovute al solo fatto di essere adolescenti? O non piuttosto al fatto di essere ado­ lescenti in America? Per il biologo che ha dei dubbi su una vecchia ipotesi, op­ pure desidera verificarne una nuova, c’è il laboratorio. Là, in condizioni sulle quali può esercitare il più rigido controllo, egli può variare la luce, l’aria, il cibo che le sue piante o i suoi animali riceveranno dal momento della loro nascita per tutta la loro vita. Mantenendo costanti tutte le condizioni, salvo una, di quell’una potrà misurare esattamente l’effetto. Questo è il metodo ideale della scienza: il metodo dell’esperimento controllato, mediante il quale le ipotesi vengono sottoposte a una prova strettamente obiettiva. Lo studioso di psicologia infantile può solo parzialmente ri­ produrre le condizioni ideali del laboratorio. Egli non può controllare l’ambiente prenatale del bambino. Tuttavia può controllare ciò che circonda il bambino nei primi giorni della sua esistenza e decidere a quali suoni, a quali impressioni vi­ sive, a quali odori e gusti dovrà reagire. Ma per lo studioso dell’adolescenza le condizioni di lavoro non sono così sem­ plici. Qui si tratta di constatare l’effetto della civilizzazione su di un essere umano al momento della pubertà. Per una prova rigorosa bisognerebbe costruire ambienti di varia ci­ viltà ed immettervi un gran numero di adolescenti. D o ­ vremmo fare un elenco delle influenze che vogliamo studiare. Se volessimo studiare, ad esempio, quale influenza ha una fa­ miglia più o meno numerosa, dovremmo costruire una serie di civilizzazioni eguali in tutto fuorché nell’organizzazione fa­ miliare. Allora, se si trovassero differenze nel comportamento degli adolescenti si potrebbe dire con sicurezza che l’entità

I - INTRODUZIONE

della famiglia è causa di queste differenze, che per esempio il Iiglio unico ha un’adolescenza più difficile del bambino apIritenente a una famiglia numerosa. E si potrebbe continuare così per un certo numero di situazioni possibili: conoscenza precoce o tardiva del sesso, precoce o tardiva esperienza ses­ suale, sviluppo precoce incoraggiato o scoraggiato, segrega­ zione dei sessi o educazione mista fin dall’infanzia, divisione i lei lavoro fra i due sessi o compiti comuni, pressione eserciiala sul giovane per indurlo ad aderire ad una religione o liI>ertà di scelta. Insomma: variando un fattore e lasciando gli ;11tri immutati, si potrebbe vedere se qualche aspetto della nosl ra civiltà, ed eventualmente quale, sia responsabile delle dif­ ficoltà dei nostri adolescenti. Sfortunatamente questi metodi ideali di esperimento ci sono negati quando i nostri materiali di studio sono l'um a­ nità e l’intera struttura di un ordine sociale. La colonia speri­ mentale di Erodoto, nella quale i bimbi piccoli sarebbero stati isolati e si sarebbe preso nota dei risultati ottenuti, non costiII lisce una regola adatta ad affrontare il problema. E neppure il metodo di scegliere gruppi di nostri ragazzi che corrispon­ dano a questo o a quel requisito, per esempio cinquecento adolescenti di piccole famiglie e cinquecento di famiglie nu­ merose, per poi cercar di scoprire quali di essi hanno avuto maggiori difficoltà di adattamento nel periodo dell’adole­ scenza. Non potremmo sapere quali altre influenze hanno agito su questi ragazzi, quale effetto possono avere avuto sul loro sviluppo la conoscenza del sesso o l’ambiente del vici­ nato. Quale metodo allora si offre a chi desideri compiere un esperimento sull’uomo, ma non è in grado di realizzare con­ dizioni sperimentali, né di trovare tali condizioni controllate in qualche parte della sua civilizzazione? Un metodo prati­ cabile è quello dell’antropologo, quello di andarsene a stu­ diare esseri umani che vivono in una civiltà diversa, in qualche altra parte del mondo. Per questo genere di studi l’antropo­ logo sceglie popoli molto semplici, popoli cosiddetti primiIivi, la cui società non abbia mai raggiunto la complessità della

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

nostra. In questa scelta di popoli diversi, come gli Esquimesi, gli Australiani, gli abitanti delle isole dei mari del Sud o gli Indiani Pueblos, l’antropologo è guidato dalla convinzione che l’analisi di una civilizzazione più semplice è di più facile attuazione. Nelle civilizzazioni complesse, come quelle europee o al­ cune orientali, occorrono anni di lavoro prima che lo studioso possa cominciare a capire da quali forze sono animate. Lo studio della famiglia francese comporterebbe un’analisi pre­ liminare della storia di quel paese, della sua legislazione, della posizione cattolica e protestante rispetto al sesso e alle rela­ zioni personali. Un popolo privo di linguaggio scritto, pre­ senta un problema assai meno complicato e uno studioso esperto può rendersi conto in pochi mesi della struttura fon­ damentale della sua società. Non sceglieremo una semplice comunità contadina in E u ­ ropa, né un gruppo isolato di montanari bianchi del Sud America, perché il modo di vivere di questa gente, per quanto semplice, deriva essenzialmente dalla tradizione storica alla quale appartengono le forme più complesse della civilizza­ zione americana o europea. Sceglieremo invece gruppi umani che hanno avuto migliaia di anni di sviluppo storico su di una linea del tutto diversa dalla nostra, la cui lingua è costruita in modo diverso da quelle indo-europee; le cui idee religiose sono di natura differente, la cui organizzazione sociale è non solo più semplice della nostra, ma anche molto diversa. Da questi contrasti, abbastanza forti per impressionare e illumi­ nare chi sia abituato al nostro modo di vivere e, al tempo stesso, abbastanza semplici per essere afferrati rapidamente, si possono imparare molte cose sull’effetto che produce la ci­ vilizzazione sugli individui che ne fanno parte. Così, per investigare il problema particolare che m ’interes­ sava, non sono andata in Germania o in Russia, ma nella Samoa, un’isola dei mari del Sud, a circa tredici gradi dall’Equatore, abitata da una popolazione bruna polinesiana. E ho deciso di concentrare le mie ricerche sulle bambine e adole­ scenti samoane, sia perché, come donna, mi pareva di poter

I - INTRODUZIONE

contare su una maggiore intimità lavorando con delle fem­ mine piuttosto che con dei maschi, sia perché, essendo poche le donne etnologhe, la conoscenza che si ha delle ragazze di civiltà preletterate è minore di quella che si ha dei ragazzi. Ma nell’accingermi a questo feci qualcosa di molto diverso (la ciò che avrei fatto se mi fossi dedicata allo studio della fan­ ciulla adolescente di Kokomo, nell’indiana. In questo caso sarei andata dritta al cuore del problema, non avrei dovuto in­ dugiare sul linguaggio dell’indiana, sulla maniera di dormire 0 di stare a tavola dei miei soggetti, né fare uno studio esau­ riente su come avevano imparato a vestirsi o a usare il telelono, o di ciò che il concetto di coscienza significava da quelle 1>arti. Tutto questo fa parte della struttura generale della vita americana, che è ben conosciuta da me come studiosa e da voi tome lettori. Ma in questo nuovo esperimento la cosa era del tutto di­ versa. Questa adolescente primitiva parlava una lingua di cui gli stessi suoni mi giungevano strani, una lingua nella quale i nomi diventavano verbi e i verbi nomi, come in un gioco di prestigio. Tutto il suo modo di vivere era diverso. Sedeva per lerra con le gambe incrociate, mentre su una sedia diventava rigida e prendeva un’aria infelice. Mangiava con le mani da un piatto di giunchi intrecciati e dormiva sul pavimento. La sua casa era un semplice cerchio di pali che aveva per tetto un cono di canne da zucchero e per tappeto frammenti di co­ rallo corrosi dall’acqua. Tutto il suo ambiente materiale era diverso. Palme di cocco, alberi del pane e di mango ondeggia­ vano sul suo villaggio. Non aveva mai veduto un cavallo, non conosceva altri animali che il maiale, il cane e il topo. Il suo cibo era il taro, frutto dell’albero del pane, e banane, pesce, piccione selvatico, porco mezzo arrostito e gamberi di terra. Diventava per me necessario saper capire questo ambiente fisico, questa organizzazione della vita così differente dalla nostra, il suo ambiente sociale, il modo di considerare i bam ­ bini, la questione sessuale e la personalità, tutti aspetti di un mondo in completo contrasto con l’ambiente sociale della ra­ gazza americana.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Mi dedicai alle ragazze della comunità. Passai con loro la maggior parte del mio tempo. Studiai molto da vicino le fa­ miglie delle ragazze adolescenti e m ’interessai dei giochi dei bambini più che delle riunioni degli adulti. Parlando la loro lingua, mangiando il loro cibo, sedendo scalza e con le gambe incrociate sulle pietruzze del pavimento, feci del mio meglio per ridurre al minimo la differenza tra noi e per imparare a co­ noscere e capire tutte le fanciulle di tre piccoli villaggi sulla costa della piccola isola di Tau, nell’Arcipelago di Manu’a. Nei nove mesi che passai a Samoa, raccolsi molti partico­ lari su queste ragazze, sulle loro famiglie, più o meno nume­ rose, sulla posizione sociale ed economica dei loro genitori, sul numero dei fratelli e delle sorelle, sulle loro esperienze personali. Questa era l’ossatura delle situazioni familiari e delle relazioni sessuali, dei principi di amicizia, lealtà e re­ sponsabilità personale che volevo studiare. Vaghi punti ne­ vralgici, parti difficilmente misurabili della vita di quelle bam ­ bine e adolescenti. Dato che in una civiltà uniforme e non complessa come quella della Samoa, le ragazzine conducono su per giù la stessa vita, mi sento autorizzata a generalizzare, sebbene io abbia studiato solo cinquanta ragazzine in tre pic­ coli villaggi vicini. In questo libro descrivo la vita di queste fanciulle, quella delle loro sorelle minori, che saranno presto adolescenti, quella dei loro fratelli (ai quali un rigoroso tabù proibisce di parlare delle proprie sorelle maggiori) che hanno oltrepassato la pubertà e degli anziani, quelle madri e quei padri il cui at­ teggiamento verso la vita determina quello dei figli. E attra­ verso questa descrizione ho cercato di rispondere alla do­ manda che mi ha fatto andare in Samoa. Le contrarietà che turbano i nostri adolescenti sono dovute all’adolescenza per se stessa o alla civilizzazione? In diverse condizioni, l’adole­ scenza presenta un quadro diverso? Data la natura del problema, ed essendo a noi così poco fa­ miliare questa semplice vita su un’isoletta del Pacifico, ho do­ vuto fare un quadro di tutta la vita sociale della Samoa, sempre però scegliendo i particolari atti a illuminare il prò-

I - INTRODUZIONE

l>lema dell’adolescenza. Questioni di organizzazione politica die non interessano né influenzano le fanciulle sono state la­ sciate fuori. Particolari su sistemi di parentela o culto degli anIcnati, genealogie e mitologia, che interessano solo gli specia­ listi, saranno pubblicati altrove. Qui cerco di presentare al letIore la ragazza della Samoa nel suo ambiente sociale, di de­ scrivere il corso della sua vita dalla nascita alla morte, i proI>lemi che essa dovrà risolvere, i valori che la guideranno nella loro soluzione, le gioie e le pene del suo destino umano, che la sorte ha collocato in un’isola dei mari del Sud. Questa descrizione non vorrebbe soltanto far luce su questo particolare problema, ma anche dare al lettore il concetto di una diversa e opposta civilizzazione, di un altro sistema di vita, che altri membri della nostra specie hanno trovato pia­ cevole e soddisfacente. E noto che le nostre percezioni più sottili e i nostri valori più alti sono basati sul contrasto, che la luce senza l’oscurità, o il bello senza il brutto, perderebbero le qualità che adesso ci sembrano possedere. Egualmente, se vogliamo apprezzare la nostra civiltà, questa elaborata forma di vita che ci siamo creata come popolo e che ci sforziamo tanto di tramandare ai nostri figli, dobbiamo metterla di fronte ad altre molto diverse. Chi ha viaggiato in Europa ri­ torna in America sensibile a certe sfumature riguardanti le proprie abitudini e le proprie idee che prima non aveva os­ servato. Eppure Europa e America fanno parte di una stessa civilizzazione. Uscendo dalla corrente della cultura indo-eu­ ropea potremo fare apprezzamenti più sicuri sulla nostra ci­ vilizzazione. In remote parti del mondo, in condizioni sto­ riche molto diverse da quelle che fecero fiorire e declinare la Grecia e Roma, gruppi di esseri umani hanno elaborato si­ stemi di vita così differenti dal nostro che non sarebbero mai arrivati alle nostre soluzioni. Ogni popolo ha scelto un com­ plesso di doti umane, di umani valori e si è formato un’arte, un’organizzazione sociale, una religione, che sono il suo con­ tributo unico alla storia dello spirito umano. Samoa è solo una di queste forme di esistenza, ma allo stesso modo che il viaggiatore il quale è stato lontano da casa anche

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

una sola volta ne sa più di colui che non si è mai mosso, così anche la conoscenza di una sola civiltà diversa può renderci capaci di osservare più attentamente la nostra e di giudicarla con più amore. Dato il particolare problema che ci siamo proposti di risol­ vere, questo racconto di un altro modo di vita concerne spe­ cialmente l’educazione, quel processo mediante il quale il bambino, giunto digiuno di ogni cultura sulla scena del mondo, diventa un membro adulto della sua società. Si cer­ cherà di far apparire il più chiaramente possibile in che modo l’educazione samoana, nel suo senso più largo, differisce dalla nostra. E questo contrasto, ravvisando la conoscenza di noi stessi e la nostra autocritica, ci darà modo di rivedere i nostri giudizi e forse organizzare diversamente l’educazione che diamo ai nostri bambini.

II

Un giorno in Samoa

La vita comincia all’alba. Ma se il chiaro di luna è durato Iino alla luce del giorno le grida dei giovani possono udirsi anche prima, dalla parte delle colline. Inquieti nella notte po­ polata di spiriti si chiamano l’un l’altro mentre lavorano ala­ cremente. Quando l’alba comincia a rischiarare i morbidi tetti bruni e le palme snelle spiccano sul mare pallido e lucente, gli innamorati tornano dai loro convegni sotto gli alberi o dietro le canoe tratte a riva, così che il giorno trovi ogni dor­ miente al suo posto. I galli cantano svogliatamente e un uc­ cello dal grido acuto si fa sentire dagli alberi del pane. Il rombo incessante della scogliera fa da sottofondo ai rumori del villaggio che si ridesta. Qualche lattante piange, pochi la­ menti brevi prima che la madre, mezza addormentata, gli dia il latte. Bambini vivaci sgusciano fuori dai lenzuoli e vanno in­ sonnoliti alla spiaggia per rinfrescarsi il viso in mare. I ragazzi, impazienti di andare a pescare di buon’ora, cominciano a rac­ cogliere i loro arnesi e vanno a svegliare i compagni più pigri. Dei fuochi vengono accesi qua e là e il fumo bianco è appena visibile contro il pallore dell’alba. La gente del villaggio, scar­ migliata e avvolta nelle lenzuola, si muove, si frega gli occhi e va alla spiaggia incespicando. «Talofa! Talofa!». «Comincerà oggi il viaggio?». «Sua Signoria va alla pesca del bonito?». Alcune ragazze si fermano per ridacchiare di un ragazzaccio sfuggito durante la notte all’inseguimento di un padre incol­ lerito, insinuando che la figlia sapeva di quel giovane assai più di quanto aveva rivelato. Un giovane viene preso in giro

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da un coetaneo, che lo ha sostituito nel cuore della sua bella: il primo vorrebbe azzuffarsi con il rivale, ma il piede gli sci­ vola sulla sabbia umida. Dall’altra parte dell’abitato arriva un lamento lungo e penetrante: è appena arrivato un messaggero con la notizia della morte di un parente in un villaggio vicino. Allora due donne, un po’ svestite e con i bambini al petto o a cavalcioni sui fianchi, smettono di parlare di Losa, andata­ sene arrabbiata dalla casa di suo padre per rifugiarsi presso uno zio, dove spera di essere trattata più gentilmente, e si chie­ dono chi mai sarà morto. Parenti poveri mormorano le loro richieste ai parenti ricchi. Alcuni uomini progettano di met­ tere una trappola per i pesci. Una donna chiede a una parente un pezzo di tinta gialla. Attraverso il villaggio echeggia il rit­ mico suono di un tamburo che chiama i giovani a raccolta. Questi arrivano da ogni parte e, muniti di attrezzi, si accin­ gono ad andare alla piantagione, situata nella parte interna dell’isola. I più vecchi si avviano alle loro solitarie occupazioni e in ogni famiglia, riunita sotto il tetto a punta, comincia a svolgersi il solito ciclo mattutino. Bambini troppo affamati per attendere l’ora della colazione chiedono pezzi di taro freddo, che sgranocchiano avidamente. Le donne portano pile di bucato al mare o alla sorgente, all’estremità del vil­ laggio. Altre vanno nell’interno dell’isola in cerca di materiale per tessere. Le ragazze più grandi vanno a pescare sugli scogli o si mettono a tessere delle nuove stuoie per le finestre. Nelle case, dove i pavimenti di pietruzze sono stati spazzati con una rigida scopa dal lungo manico, le donne incinte e quelle che allattano stanno sedute e parlano tra loro. I vecchi siedono in disparte: torcono fibre di palma sulle loro gambe nude e borbottano a mezza voce vecchie storie. I carpentieri cominciano a lavorare a una nuova casa, mentre il proprie­ tario saltella intorno a loro per tenerli di buon umore. Nelle famiglie in cui è giorno di cucina c’è un gran da fare intorno al taro, alle patate dolci e alle banane, cibi raccolti nell’entroterra. I bambini corrono avanti e indietro portando acqua di mare o cibo per il maiale. Mentre il sole si alza nel cielo, le ombre si fanno più scure sotto i tetti di canne, la sabbia

II - UN GIORNO IN SAMOA

brucia, il fiore di ibisco si ripiega sulle siepi e i bambini più grandicelli ammoniscono i più piccoli: «Via dal sole!». Quelli che si sono allontanati dal villaggio tornano con le loro cose, le donne con filze di meduse vermiglie o cesti di crostacei, gli ilomini con noci di cocco in panieri che portano infilati in un bastone sulla spalla. Donne e bambini mangiano la colazione appena uscita dal forno, se è il giorno in cui si cucina. I gio­ vani si danno da fare nel caldo del mezzogiorno per preparare alla svelta il pasto ai più anziani. E meriggio pieno. La sabbia infuoca i piedi dei bambini, che abbandonano al sole le loro palle di foglie di palma e le gi­ randole di fiori di frangipane per rifugiarsi nella frescura delle case. Le donne che sfaccendano all’aperto portano grandi fo­ glie di banane come parasoli, oppure si mettono panni umidi intorno alla testa. Quelli che non si sono allontanati dal vil­ laggio abbassano le stuoie per ripararsi dai raggi obliqui del sole, si coprono la testa con delle lenzuola e si mettono a dor­ mire. I bambini più avventurosi se ne vanno a nuotare al­ l’ombra degli scogli più alti. Alcune donne tessono. Altre, in gruppo, si chinano ansiose sopra una giovane colta dalle do­ glie. Il villaggio è abbagliante e morto. Ogni suono sembra stranamente forte e fuori posto. Le parole penetrano lenta­ mente attraverso la spessa calura. Poi, a poco a poco, il sole scende di là dal mare. Ecco che i dormienti si scuotono una seconda volta, forse ridestati dal grido «una barca!», che risuona nel villaggio. I pescatori tirano le canoe a riva, stanchi ed esausti per il caldo, malgrado il fango umido che si sono messi sul capo con il doppio scopo di rinfrescarselo e di tingere di rosso i capelli. Pesci coloratissimi sono distesi per terra o ammassati di fronte alle case, finché le donne non li aspergono d’acqua per libe­ rarli dal malocchio. Alcuni giovani pescatori afferrano il “pesce tabù” , che dovranno obbligatoriamente portare al capo. Altri riempiono con un certo orgoglio i piccoli panieri di foglie di palma che porteranno in dono alle loro belle pieni di pesce. Dalla macchia tornano alcuni uomini, carichi e sporchi: arrivano gridando e sono salutati, con tipiche ca­

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denze sonore, dai compagni rimasti al villaggio. Poi si riuni­ scono nella casa degli ospiti per la bevuta serale del kava. In tutto il villaggio si sente il rumore sommesso che fanno bat­ tendo le mani mentre il capo serve il liquore e parla con un’a­ cuta intonazione. Alcune ragazze raccolgono fiori da intrec­ ciare in collane e i bambini, allegri dopo la siesta e senza com­ piti speciali da assolvere, fanno giochi in circolo, nella pe­ nombra del tardo pomeriggio. Finalmente il sole si corica in un fuoco che si stende dalla montagna dietro il villaggio al­ l’orizzonte sul mare. L’ultimo bagnante risale dalla spiaggia, i bambini si trascinano a casa, i lumi vengono accesi e ogni famiglia si riunisce per il pasto serale. Il corteggiatore viene a presentare umilmente la sua offerta. I bambini sono stati ri­ chiamati dai loro giochi rumorosi. C ’è un ospite di riguardo, che deve esser servito per primo, dopo il sommesso canto de­ gl’inni cristiani e la breve e graziosa preghiera della sera. D a­ vanti a una casa, in fondo al villaggio, un padre comunica a gran voce la nascita di un figlio. In qualche gruppo familiare manca un volto, in altri hanno trovato asilo dei piccoli fug­ giaschi. La quiete scende di nuovo sul villaggio, mentre il capo di casa per primo, poi le donne, i bambini e per ultimi i ra­ gazzi iniziano a consumare la cena. D opo il pasto i vecchi e i bambini vengono spediti a letto. Se i giovani hanno degli ospiti vanno ad occupare la parte an­ teriore della casa. Il giorno è destinato alle discussioni dei vecchi e al lavoro dei giovani, ma la notte è riservata a cose più leggere. Due membri della stessa famiglia, o un capo e il suo consigliere, si mettono a parlare degli avvenimenti del giorno e fanno progetti per l’indomani. Fuori una sorta di banditore attraversa il villaggio annunciando che il deposito dei frutti del pane sarà aperto la mattina dopo, o che il vil­ laggio costruirà una grande trappola per pesci. Se è una sera di luna, comitive di giovani donne in gruppi di due o tre si aggirano nel villaggio e turbe di ragazzi vanno in cerca di granchi di terra o si rincorrono fra gli alberi del pane. Può anche capitare che metà del villaggio vada a pescare con delle torce: allora la curva della scogliera risplende di lumi ondeg­

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gianti ed echeggia di urla di trionfo o di delusione, di parole canzonatorie o di grida soffocate. Altre volte un gruppo di giovani balla in onore di qualche fanciulla venuta in visita e molti di coloro che erano andati a dormire, attirati dall’allegra musica, si drappeggiano nei loro lenzuoli ed escono in cerca del luogo dove si danza. Una folla di bianchi fantasmi si riu­ nisce in circolo dal quale ogni tanto qualcuno si staccherà per andarsene in giro tra gli alberi. Talvolta il sonno discende sul villaggio solo molto dopo la mezzanotte. Alla fine non si sen­ tirà più che il molle sciaguattio della scogliera e il sussurrare degli amanti, mentre il villaggio riposerà sino all’alba.

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L’educazione del bambino samoano

A Samoa i compleanni hanno poca importanza. Ma se nasce un bambino di alto rango sociale si dà una gran festa e non si bada a spese. Il primo bambino deve sempre nascere nel vil­ laggio della madre. Se questa si è trasferita nel villaggio del marito dovrà tornare a casa per la circostanza. Per vari mesi prima della nascita i parenti del padre hanno portato in dono alla gestante generi alimentari, mentre la madre e le sorelle di lei hanno lavorato a preparare la candida tela di scorza di gelso, che servirà per le vesti del bambino, e a tessere dozzine di minuscoli stoini, il corredino del nascituro. Quando la fu­ tura madre va a casa dei suoi, porta con sé tutte le cibarie avute in dono. Quando tornerà dal marito la sua famiglia le consegnerà, per ricambiare, l’esatto equivalente in tela e stuoie. Al momento della nascita la nonna o la zia paterna de­ vono essere presenti per occuparsi del neonato, mentre la le­ vatrice e le parenti della giovane madre provvedono a lei. Non c’è nessun riserbo intorno a una nascita: la convenienza vuole che una madre non si contorca, non gridi, non si ribelli contro la presenza in casa di una ventina di persone, capaci di trat­ tenersi tutta la notte, se occorre, a ridere, scherzare e giocare. La levatrice taglia il cordone con un coltello nuovo di bambù e tutti aspettano con impazienza che il cordone cada, cosa che dà il via al banchetto. Se è una bimba il cordone viene sep­ pellito sotto un gelso (albero con la cui scorza si produce una tela), come auspicio che diventi una brava massaia. Se è un maschio viene gettato in mare, nel caso in cui se ne voglia fare

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un bravo pescatore, oppure viene piantato sotto una pianta di taro, nel caso in cui se ne voglia fare un buon contadino. Poi gli ospiti tornano alle loro case, la madre si alza, accudisce alle faccende giornaliere e nessuno si interessa più di tanto del neonato. Giorno e mese della nascita sono dimenticati. I primi passi e le prime parole sono considerati senza commenti esagerati e non danno luogo ad alcuna cerimonia. Il bambino ha ormai perduto ogni importanza ufficiale e non la ritroverà che dopo la pubertà. In molti villaggi della Samoa la ragazza resta esclusa da qualsiasi cerimoniale fino al matrimonio. La stessa madre ricorderà soltanto che Losa è maggiore di Tupu e che il bimbo di sua sorella, Fale, è più piccolo di Vigo, il bimbo di suo fratello. L’età relativa è molto importante, dato che i maggiori possono sempre comandare ai minori (almeno finché, da adulti, le rispettive posizioni non cambino le cose), ma l’età assoluta può anche essere dimenticata. I piccoli sono sempre allattati al seno e nei pochi casi in cui la madre non ha latte si cerca una balia nel parentado. Fin dalla prima settimana si dà anche altro cibo: papaya, latte di cocco, succo di canna da zucchero; questo cibo viene masti­ cato dalla madre e poi messo col dito in bocca al bambino, op­ pure, se si tratta di un liquido, se ne imbeve un pezzo di tela e si fa succhiare, cosi come fanno i pastori per nutrire gli agnelli rimasti orfani. I bambini vengono messi al seno quando piangono e non si pensa nemmeno a un orario rego­ lare. A meno che la mamma non sia nuovamente incinta, il bambino sarà allattato fino a due o tre anni. E il sistema più semplice per calmare i suoi pianti. I piccoli dormono con la madre finché prendono il latte e, una volta svezzati, sono af­ fidati alle cure di qualche bambina della famiglia. Sono lavati spesso col succo di arancio selvatico e strofinati con olio di cocco finché la pelle non diventa lucida. L a bambinaia principale di solito è una bambina di sei o sette anni. Questa non è certo in grado di sollevare un bam ­ bino di più di sei mesi, tuttavia può portarlo sul fianco o dietro, al punto della vita. Un bambino di sei o sette mesi as­ sume spontaneamente questa posizione quando lo si alza da

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terra. Queste bambinaie in miniatura non incoraggiano i pic­ coli a camminare, perché se questi se ne vanno in giro si sor­ vegliano più difficilmente. I bambini camminano prima di parlare, anche se è impossibile stabilire con esattezza l’età in cui cominciano a farlo. Ho visto camminare due bimbi che sa­ pevo di nove mesi, ma ho l’impressione che l’età media in cui i bambini iniziano a camminare sia un anno. Tutta l’attività delle case samoane si svolge per terra e questo incoraggia ad andare carponi, per cui i bambini sotto i tre o quattro anni possono sia camminare che andare a quattro zampe. Dalla nascita ai quattro o cinque anni l’educazione di un bambino è straordinariamente semplice. Il piccolo deve es­ sere piegato agli usi e alle esigenze della casa, cosa che è resa più difficile dall’indifferenza abituale verso le attività dei bam ­ bini molto piccoli. Questi devono imparare a star seduti, o ad andar carponi, quando sono in casa, a non star mai in piedi se non è assolutamente necessario, a non interpellare mai un adulto stando in posizione eretta, a scansare il sole, a non im­ brogliare i fili di chi tesse, a non sparpagliare le noci di cocco tagliate e messe fuori a seccare, a tenersi stretti intorno ai fianchi gli scarsi indumenti, a trattare il fuoco e i coltelli con la dovuta precauzione, a non toccare il vaso o la tazza del kava e, se il padre è un capo, a non arrampicarsi sul suo letto quan­ do lui è presente. Questa serie di cose da evitare viene incul­ cata con qualche scappellotto, molte grida esasperate e altret­ tanti discorsi inutili. In genere le punizioni ricadono sulla bambina immediata­ mente maggiore, che impara a gridare al piccolo «via dal so­ le!» ancor prima di aver capito lei stessa la necessità di farlo. Quando le ragazze della Samoa hanno sedici o diciassette anni, questi ammonimenti continui rivolti ai più piccini sono diventati parte integrante della loro conversazione, un caden­ zare monotono e irritato che punteggia tutti i loro discorsi. Mi è capitato di udirle infarcire le loro frasi con esortazioni come: «state buoni», «state fermi», «state zitti», «basta con quel ru­ more», pronunciate meccanicamente ogni due o tre minuti, anche se tutti i bambini presenti stavano zitti e cheti come

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cuccioli spauriti. In buona sostanza, questo silenzio tanto ri­ chiesto non è mai imposto veramente. Le piccole bambinaie hanno più interesse ad esser lasciate in pace che a formare il carattere dei loro allievi e quando un bambino comincia a ur­ lare lo trascinano semplicemente dove i grandi non possano udirlo. Nessuna madre si affannerà a correggere un figlioletto se vi è un bambino maggiore che ne è responsabile. Se in Samoa prevalessero le famiglie poco numerose, questo sistema avrebbe per risultato che metà della popolazione sa­ rebbe premurosa e piena di abnegazione e l’altra metà tiran­ nica ed egoista. Ma proprio quando un ragazzo è grandicello e i suoi capricci stanno diventando insopportabili, ecco che gli viene affidato un bimbo più piccolo e ricomincia così tutto il processo per il quale ogni bambino viene disciplinato e so­ cializzato facendogli assumere la responsabilità di una crea­ turina più giovane. Il timore delle punizioni conseguenti al pianto dei bambini piccoli è così radicato nella mente dei ragazzi più grandicelli che, anche quando ormai non sarebbe più necessario, fini­ scono per alzare le mani di fronte alla minaccia di una sce­ nata di pianto da parte di qualche piccolo tiranno. Ne deriva che alla fin fine questi ricattatori in erba riescono a prender parte alle attività dei ragazzi più grandi, a intrufolarsi fra le tessitrici per scompigliarne il lavoro, ad entrare nelle cucine per mettere a soqquadro le foglie su cui i cibi vengono cotti e anche impiastricciarsi di fuliggine e carbone. E tutto questo perché i ragazzini che li hanno in custodia sono disposti a ce­ dere su tutta la linea, pur di evitare un malaugurato scoppio di pianto del piccolo che hanno in custodia. Questo sistema di accontentare, accarezzare, sedurre, di­ vertire i piccoli disturbatori è seguito soltanto nella famiglia o nel gruppo del parentado, dove cioè esiste un’autorità co­ stituita che punisce i bambini più grandi che non sanno tener buoni i piccini. Se però si tratta dei figli dei vicini, i ragazzi grandicelli, e anche gli adulti, sfogano tutta la loro irritazione direttamente sul capo dei bambini noiosi. Se un gruppo di bambini si avvicina troppo ai grandi, spinti dalla voglia di

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mettere il naso in qualcosa di proibito, vengono frustati di santa ragione con foglie di palma o scacciati con una gragnuola di sassolini che il terreno fornisce sempre in abbon­ danza. Questo trattamento non migliora la condotta dei bam ­ bini. Piuttosto li spinge a stringersi ancor di più ai loro pic­ coli guardiani. Dal che si potrebbe dedurre che il lapidare i bambini della casa accanto rappresenta uno sfogo necessario per coloro che hanno passato tante lunghe ore cercando di placare i più giovani membri della propria famiglia. C o ­ munque, anche questi scatti di collera sono in gran parte sim­ bolici: nessuno tira pietre con l’intenzione di colpire vera­ mente i bambini, ma questi sanno che se ripeteranno troppe volte le loro incursióni qualche pezzetto di corallo, se non altro per la legge della probabilità, finirà sulle loro teste. Per­ fino i cani della Samoa hanno imparato a divertirsi con la fa­ tidica frase che viene loro continuamente ripetuta: «fuori di casa!». Con dignità e indifferenza escono dall’abitazione, in­ filandosi tra un palo e l’altro, e con altrettanta dignità e in­ differenza rientrano dal pertugio più vicino. All’età di sei o sette anni una bambina ha ormai bene in mente tutte le cose che devono essere evitate e un bimbo più piccolo può essere affidato alle sue cure. Essa ha anche ac­ quistato un certo numero di piccole abilità: ha imparato a in­ tessere delle solide palle con foglie di palma o fiori di frangi­ pane, ad arrampicarsi su un albero di cocco camminando sul tronco manovrando i suoi piedini flessibili, a spaccare una noce di cocco con un solo colpo, ben assestato, di un coltello lungo quanto lei. H a imparato una quantità di giochi collet­ tivi, incluse le relative canzoni. H a imparato a pulire la casa raccogliendo la spazzatura dall’impiantito di pietra, a portare acqua dal mare, a stendere all’aperto la copra per farla seccare e a metterla al coperto se minaccia pioggia. Sa arrotolare le fo­ glie di pandano per la tessitura, andare nella casa vicina a prendere il fuoco per la pipa del capo o per la cucina, chie­ dere con tatto piccoli favori alle parenti. Ma per le ragazzine tutto questo è secondario di fronte al compito principale, che è quello di badare ai bambini. Anche

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i maschietti devono aver cura dei piccoli, ma in genere verso gli otto o nove anni ne sono dispensati. Gli angoli del loro ca­ rattere, che non sono stati smussati mentre erano responsa­ bili dei bambini, spariranno presto al contatto dei ragazzi più grandi, giacché saranno ammessi a interessanti attività impor­ tanti solo se il loro comportamento sarà cauto e servizievole. Dove le bambine sono bruscamente messe da parte, i bam ­ bini sono tollerati. E loro, per questo, si sforzano di rendersi utili. I quattro o cinque ragazzini che desiderano aiutare un giovanotto a prendere con il laccio le anguille di scoglio si or­ ganizzano in una squadra efficiente: uno tiene l’esca, un altro tiene un laccio di riserva, alcuni vanno frugando le cavità dello scoglio in cerca di preda, altri ancora ripongono le anguille catturate nei loro lavalava. Le bambine, col pesante fardello dei bimbi da portarsi dietro, o intralciate dai loro traballamenti, non possono certo avventurarsi sulla scogliera. Scorag­ giate anche dall’ostilità dei ragazzi più piccoli e dal disprezzo di quelli più grandi, hanno ben poche occasioni d ’imparare le forme più avventurose di lavoro e di gioco. E mentre i ma­ schi, dopo aver subito gli effetti sgradevoli della cura dei pic­ cini, hanno poi molte occasioni d ’imparare a rendersi vera­ mente utili sotto la sorveglianza dei ragazzi più grandi, le ra­ gazze rimangono con un’educazione meno completa. Sen­ tono molto la responsabilità individuale, ma la comunità non insegna loro la cooperazione fra compagne. Questa mancanza di fondo traspare specialmente durante le attività dei gruppi giovanili dell’uno e dell’altro sesso: mentre i ragazzi si orga­ nizzano rapidamente, le ragazze perdono ore intere a discu­ tere e non hanno alcun senso di quel che sia una pronta ed efficiente cooperazione. E poiché le donne che vanno a pescare non possono assen­ tarsi che affidando i figlioletti alle bambine di casa, queste non possono mai accompagnare le loro madri e zie e quindi im­ parano anche i semplici sistemi di pesca sugli scogli molto più tardi dei ragazzi. Devono badare ai bimbi e far commis­ sioni finché non sono abbastanza grandi e robuste per lavo­ rare alle piantagioni e portare provviste al villaggio.

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Questi compiti più impegnativi vengono affidati alla ragaz­ zina alla pubertà, ma dipendono più dalla sua statura e dal suo senso di responsabilità che dalla sua maturità fisica. Prima di questo momento essa ha talvolta accompagnato alle pianta­ gioni le donne più anziane della famiglia, quando queste ac­ consentivano di portarsi dietro anche i bambini, ma una volta là, mentre fratelli e cugini raccoglievano noci di cocco e sco­ razzavano felici tra le piante, lei aveva dovuto ancora occu­ parsi di condurre, rincorrere e calmare i piccoli irrequieti. Appena le ragazze sono abbastanza forti da portare carichi pesanti, alla famiglia conviene passare la responsabilità dei bambini a fanciulle più giovani e così le adolescenti sono di­ spensate dalle funzioni di bambinaie. E giusto riconoscere che il periodo peggiore della loro vita è passato: mai più do­ vranno ubbidire così incessantemente ai cenni degli adulti, inai più saranno così tiranneggiate da piccoli prepotenti di due anni. Tutta la serie minuziosa e irritante dei lavori dome­ stici che nella nostra civiltà è accusata di deformare le anime e inasprire i caratteri delle donne adulte, laggiù è affidata a fanciulle sotto i quattordici anni. Un fuoco, una pipa da ac­ cendere, una bibita da preparare, il pianto di un bambino, la commissione per un adulto capriccioso, tutto questo le os­ sessiona dalla mattina alla sera. Attualmente, causa l’obbligo di frequentare le scuole pubbliche per vari mesi dell’anno, questi ragazzi sono trattenuti fuori di casa per la maggior parte del giorno. Questo porta una completa disorganizza­ zione nelle famiglie indigene, non essendovi precedenti di un modo di vita in cui le madri debbano stare a casa per badare ai propri figli e persone adulte debbano sbrigare i piccoli compiti giornalieri e andare in giro per commissioni. Prima di essere esonerate dalla cura dei bambini, le ragazzette sanno molto poco di ciò che esige una tecnica più com­ plicata. Alcune possono fare la parte più semplice del lavoro di cucina, come sbucciare banane, arrostire noci di cocco o grattuggiare il taro. Poche sono quelle che sanno tessere il più semplice dei panieri. Ma ora devono imparare a tessere tutti i loro panieri da provviste, imparare a scegliere foglie di taro

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che siano al punto giusto per essere cotte e a svellere soltanto taro che sia maturo. In cucina imparano a fare il palusani, cioè a grattugiare la polpa della noce di cocco, a darle sapore con pietre calde, a mescolarla con acqua di mare, a passarla e a ver­ sare questo composto lattiginoso in un piccolo recipiente di foglie di taro, il cui gambo aromatico è stato bruciacchiato, a involtare il tutto in una foglia di frutto del pane e a legarne il gambo fortemente per formare un involucro resistente alla cottura. Devono imparare a legare un pesce grosso in una fo­ glia di palma, a scegliere la specie di foglia adatta a nutrire il maiale e a giudicare quando il cibo è ben cotto nel forno fatto di piccole pietre roventi. In teoria, la gran parte del lavoro in cucina spetta ai ragazzi e quando a una ragazza viene affidato un compito pesante, il fatto viene commentato così: «Povera Losa, non ci sono ragazzi in casa sua ed è lei che deve occu­ parsi del forno». Ma le ragazze aiutano sempre e spesso fanno la maggior parte del lavoro. Una volta che sono considerate capaci di dedicarsi per un lungo periodo a un’attività continuata, le ragazze sono mandate a prender parte a lunghe spedizioni di pesca. Imparano allora a intrecciare panieri da pesce, a raccogliere e a legare le fascine usate per la pesca al lume delle torce, a stuzzicare il polpo finché non vien fuori dal suo buco e sale obbediente sull’ap­ posito bastoncino, giustamente chiamato “bastoncino vieni qui”, a infilare la grande medusa rosea detta loie, nome che i bimbi della Samoa danno anche allo zucchero caramellato, in una lunga corda di scorza di ibisco che termina con la costola di una foglia di palma aguzza come un ago, a riconoscere il pesce buono da quello cattivo, il pesce che è nella stagione pro­ pizia da quello che è pericoloso in un dato periodo dell’anno, e a non prender mai due polpi trovati accoppiati su una roccia, perché la cosa potrebbe recar sventura all’incauto pescatore. Fino ad ora le ragazze conoscevano piante ed alberi attra­ verso i loro giochi: il pandano che dà semi adatti per collane, le foglie di palma con le quali si tessono palle, l’albero della banana che dà foglie adatte a fare ombrelli, mentre da una mezza foglia sfilacciata si ottiene una “ cravatta” (lunga e

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stretta). Sapevano pure che tagliando a metà i gusci di noci di cocco e unendoli con cordicelle di giunco si ottengono delle specie di trampoli e che i fiori del pua possono essere cuciti in magnifiche collane. Ora però devono imparare a ri­ conoscere queste piante e questi alberi per scopi più seri: de­ vono sapere quando le lunghe foglie di pandano sono pronte per essere tagliate, come tagliarle con un solo colpo, rapido e sicuro, e come distinguere le tre specie di pandano usate per varie tipologie di stuoie. I graziosi semi color arancione, che formano collane cosi belle e anche commestibili, ora devono esser raccolti come pennelli per decorare la tela fatta con la scorza del gelso. L e foglie di banana sono raccolte per pro­ teggere i vassoi intrecciati, per avvolgere i dolci da mettere in forno, per riempire il forno fumante pieno di cibi. La scorza della banana deve essere tirata via proprio al momento giusto per ottenere quelle strisce nere uniformi e pieghevoli che ser­ vono ad ornare stuoie e panieri. Fra le banane stesse devono essere distinte quelle che sono mature per essere interrate, le belle banane curve e dorate che sono pronte per il consumo e le banane che devono essere seccate al sole per farne focacce di frutta. La scorza dell’ibisco non può più essere strappata a casaccio, come si usa quando si vuole ottenere una specie di spago simile alla raffia e adatto ad infilare conchiglie: ora si devono fare lunghi viaggi nell’interno dell’isola per scegliere la scorza da usare come materia tessile. In casa il principale compito della ragazza è d ’imparare a tessere. Essa deve acquistare varie tecniche diverse. Prima di tutto impara a intrecciare rami di palma nei quali la costola centrale della foglia serve da bordo al paniere o da orlo alla stuoia, mentre le foglie secondarie sono già disposte in modo da essere intessute. Con le foglie di palma impara per prima cosa a fabbricare un paniere fatto di mezza foglia, intrec­ ciando le foglie piccole fra loro e curvando la costola per fare il bordo. Più tardi impara a tessere gli stoini da appendere fra un palo e l’altro della casa, i quali si fanno mettendo una mezza foglia sopra l’altra e intrecciando le foglie secondarie. Più difficili sono i tappeti formati da quattro grandi foglie di

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palma e i vassoi per le vivande con i loro disegni complicati. Deve saper fare anche i ventagli; quelli tessuti semplicemente a due fili, che s’imparano facilmente, e quelli dall’intreccio più elaborato, che sono la prerogativa di tessitrici più vecchie e più capaci. In genere, è qualche donna anziana di casa che istruisce la fanciulla e procura che faccia almeno un esemplare di ogni articolo; tuttavia essa non è tenuta a produrre in quan­ tità che le cose più semplici, come gli stoini. Impara poi a in­ tessere col pandano le stuoie da terra comuni; uno o due tipi di stuoie elaborate per il letto e finalmente, quando ha quat­ tordici o quindici anni, comincia la sua prima stuoia finissima. Questa stuoia rappresenta il colmo del virtuosismo per una tessitrice della Samoa, che impiega due anni a tesserla ed è fatta di pandano della qualità più fine, bagnato, cotto, ra­ schiato, fino a diventare di un bianco dorato e di una sotti­ gliezza simile a carta, con fibre larghe un millimetro, in modo che queste stuoie diventano soffici e pieghevoli come se fos­ sero di lino. Esse rappresentano la valuta del paese e devono sempre essere incluse nella dote di una sposa. È raro che le ragazze finiscano una di tali stuoie prima dei diciannove o venti anni, ma intanto è stata incominciata e, avvolta in un’altra stuoia più grossolana, riposa fra una trave e l’altra, prova dell’attività della ragazza e della sua abilità manuale. Essa comincia anche a imparare a lavorare la tela di scorza, sa scegliere e tagliare i rami adatti, levar via la corteccia e bat­ terla dopo che è stata raschiata da mani più esperte. Quanto a decorare la tela, sia con un modello di cartone, sia a mano libera, questo è lavoro riservato a persone adulte più esperte. Durante tutto questo periodo di educazione più o meno si­ stematica, le ragazze tengono un discreto equilibrio tra la re­ putazione di possedere il minimo necessario di cognizioni e un virtuosismo troppo impegnativo. Le possibilità matrimo­ niali di una ragazza sono molto ridotte se nel villaggio circola la voce che essa è pigra e poco abile nei lavori domestici. Dopo che ha superato questi primi stadi, la nostra ragazza marca il tempo, in quanto ai lavori, per tre o quattro anni. Tesse le cose più comuni: specialmente stoini e panieri per provviste, aiuta

Ili - L’EDUCAZIONE DEL BAMBINO SAMOANO

iiella piantagione e in cucina, lavora pochissimo alla sua bella .moia, ma non vuol saperne di troppa bravura, allo stesso modo come si sottrae ad ogni specie di responsabilità con rin ­ vìi riabile scusa: «L aititia ’u» («Sono ancora giovane»). Tutto il suo interesse è rivolto ad avventure sessuali clandestine ed t‘ssa si accontenta dei soliti lavori giornalieri come, fino ad un certo punto, se ne accontenta anche suo fratello. Ma il ragazzo di diciassette anni non è lasciato passivamente a se stesso. Egli ha imparato i rudimenti della pesca, può con­ durre senza incidenti una canoa fatta di un tronco svuotato al di là dalla scogliera o manovrare il timone di una barca per la pesca del bonito. Può piantare il taro o trapiantare la palma del cocco, spaccare i gusci delle noci di cocco, estrarne la polpa con una mossa abile e svelta del coltello. Ora, a dicias­ sette o diciotto anni, è fatto entrare néH’Aumaga, la società dei giovani e degli uomini più maturi senza titolo, il gruppo che è chiamato, non per eufemismo, ma perché è così di fatto, «la forza del villaggio». Qui il ragazzo è spinto all’efficienza dagli insegnamenti, dall’esempio e dall’emulazione. I capi più vecchi che presiedono alle attività deìVAumaga sono egual­ mente severi per chi resta indietro e per chi è indebitamente precoce. Le Aumaga dei villaggi vicini mettono sempre alla prova il prestigio del suo gruppo. I compagni mettono in ri­ dicolo e perseguitano il ragazzo che rimane assente mentre si svolge qualche attività di gruppo, come lavorare per il vil­ laggio alle piantagioni, pescare, cucinare per i capi; o quando si tratta di un divertimento, come fare una visita di cerimonia a qualche ragazzina straniera. Inoltre il ragazzo è stimolato molto di più a imparare e una varietà più grande di occupa­ zioni si apre davanti a lui. Non ci sono specializzazioni per le donne, salvo la medicina e la professione di levatrice prero­ gative ambedue di donne vecchissime che insegnano la loro arte alle figlie e nipoti di mezza età. L’unica altra carriera è quella di moglie di un oratore ufficiale ma nessuna ragazza si prepara a questo tipo di matrimonio che richiede un’istru­ zione speciale, senza che essa abbia poi alcuna garanzia di sposare un uomo di quella classe.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Per un ragazzo la cosa è diversa. Egli spera di avere un giorno un nome matai, nome che lo farà divenire membro del Fono, l’assemblea dei dirigenti. Questo gli darà il diritto di bere il kava con i capi, di lavorare con i capi invece che con i giovani, di sedersi quando è in casa, sebbene il suo titolo re­ cente sia del rango «fra due pali» e non sia abbastanza im­ portante per dargli il diritto di avere un palo cui appoggiare la schiena. Ma è molto raro che egli abbia la sicurezza di con­ quistare tale nome. Ogni famiglia dispone di alcuni di questi titoli da conferirsi ai giovani più promettenti di tutto il pa­ rentado. Il ragazzo ha molti rivali, che sono pure nella Au­ maga e deve sempre competere con loro nelle attività di gruppo. Deve anche specializzarsi in una delle varie attività e cioè divenire costruttore di case, pescatore, oratore o intaglia­ tore in legno. La sua abilità tecnica deve farlo risaltare sui suoi colleghi mentre le sue prodezze pescatorie gli varranno il van­ taggio immediato di doni di pesce da offrire alla sua bella; senza simili doni le sue dichiarazioni non saranno apprezzate. Abilità nel costruire case significa ricchezza e posizione so­ ciale, poiché un bravo carpentiere deve essere trattato cortesemente come un capo e interpellato col linguaggio del capo cioè con quella serie elaborata di parole onorifiche dovute alle persone di alto rango. E con tutto questo, si pretende dal gio­ vane che non sia troppo precoce; che non dia troppo nell’oc­ chio. Non deve superare i suoi compagni che di poco, non deve attirarsi il loro odio né la disapprovazione degli anziani, i quali sono molto più pronti a incoraggiare e a scusare i pigri che a perdonare la precocità. Allo stesso tempo, il ragazzo di­ vide la riluttanza di sua sorella ad accettare responsabilità; se riuscirà ad emergere garbatamente, in modo non troppo evi­ dente, avrà molte probabilità di divenire un capo. Se egli ha talento sufficiente, il Fono stesso può decidere, cercare un posto vacante da conferirgli ed ammetterlo nel suo seno af­ finché possa sedere con i vecchi e imparare la saggezza. E p ­ pure la riluttanza dei giovani ad accettare questo onore è così conosciuta, che non si manca mai di contemplare il caso: «Se il giovane fugge, non sarà mai fatto capo, ma dovrà stare se­

in -

l ’ e d u c a z i o n e d e l b a m b in o s a m o a n o

duto sempre fuori della casa con altri giovani per preparare e servire il cibo ai matai, con i quali non può sedere nel Fono». Anche maggiori sono le probabilità che il gruppo dei parenti conceda il nome di matai al giovane così ben dotato. Ed egli vuole diventare un matai, ma un giorno, un giorno lontano, quando le sue membra abbiano perduto un poco della loro elasticità e il suo cuore la passione per il divertimento e per il ballo. Un capo di ventisette anni mi diceva: «Sono capo da soli quattro anni e, guardate, i miei capelli sono grigi, sebbene in Samoa i capelli grigi vengano molto tardi, non in gioventù, come succede all’uomo bianco. Ma devo sempre com por­ tarmi come se fossi vecchio: devo camminare gravemente e con passo misurato; non posso danzare altro che in occasioni solenni; né posso prender parte ai giochi degli altri giovani. I miei compagni sono vecchi di sessanta anni e sorvegliano ogni mia parola, pronti a cogliermi in fallo. Ci sono trentun per­ sone nella mia casa; devo pensare al loro avvenire, procurar loro cibo e vesti, conciliare le loro liti, combinare i loro ma­ trimoni. Nessuno, in tutta la mia famiglia, osa rimproverarmi, o anche soltanto chiamarmi per nome. È duro esser così gio­ vane e capo». E i vecchi scuotono la testa e riconoscono che non è bene essere un capo in così giovane età. L’ambizione normale è anche frenata dal fatto che il giovane che diventa un matai non sarà il più importante fra i suoi ex colleghi, ma il più giovane e immaturo membro del Fono. E non potrà più trovarsi familiarmente con i suoi compagni; un matai non deve stare che con i matai, con loro deve lavorare nel bosco e con loro sedersi la sera a parlare quietamente. Così il ragazzo si trova dinanzi a un dilemma anche più dif­ ficile di quello della ragazza. Egli non vuole assumere respon­ sabilità, ma desidera di emergere nel suo gruppo; la sua abi­ lità può affrettare il giorno in cui sarà fatto capo, pure viene criticato e messo in ridicolo se rallenta i suoi sforzi, e sarà rim­ proverato se procede troppo rapidamente. Deve aver pre­ stigio fra i suoi compagni, se vuol conquistare un’innamorata, e al tempo stesso il prestigio sociale è aumentato dalle sue gesta amorose.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Così, mentre la ragazza si contenta di essere soltanto me­ diocre, il ragazzo è spronato a perfezionarsi sempre di più. Egli evita una ragazza che non ha dato prove di capacità e che passa per essere stupida o pigra. Sposare una ragazza incapace sarebbe un passo molto imprudente che porterebbe a lunghe lotte con la sua famiglia. Perciò la ragazza notoriamente inetta deve prendere i suoi amanti fra quelli che le capitano per caso, tra gli uomini già sfioriti o già sposati, che non temono più di esser trascinati dai loro sensi in un matrimonio sbagliato. Ma la ragazza diciassettenne non desidera sposarsi; non an­ cora. È più bello vivere così, senza responsabilità e con una grande varietà di esperienze e di emozioni. Questo è il miglior periodo della sua vita. Ci sono sotto di lei altrettante persone cui comandare quante ce ne sono a lei superiori che possono tiranneggiarla. Guadagna in libertà ciò che perde in prestigio. Si deve occupare molto poco dei bambini; gli occhi non le dolgono per il troppo tessere, né ha la schiena rotta dallo star piegata tutto il giorno sul telaio del tapa. Le lunghe spedizioni in cerca di pesce, di cibo e di materiale da tessere offrono molte occasioni per dolci convegni. Superare il livello medio vorrebbe dire stare rinchiuse, lavorar di più, sposarsi prima. E il matrimonio è l’inevitabile da differire più che si può.

IV

La famiglia samoana

Un villaggio della Samoa è composto di trenta o quaranta nuclei familiari, ognuno dei quali è presieduto da un matai. Questi può avere titoli di capo o di oratore, cioè portavoce e ambasciatore dei capi. In un’assemblea di villaggio ogni matai ha il suo posto: rappresenta tutti i membri della sua famiglia e ne è responsabile. Queste famiglie includono tutti gli indi­ vidui che per un certo tempo vivono sotto l’autorità e la pro­ tezione di un comune matai. La loro composizione varia dalla famiglia biologica, formata dai soli genitori e figli, al gruppo di quindici o venti persone che sono tutte legate al matai o a sua moglie da vincoli di sangue, matrimonio o adozione, ma che spesso non sono nemmeno parenti fra loro. I membri adottivi di una famiglia sono spesso, ma non necessariamente, parenti alla lontana. Vedovi e vedove, specie se senza figli, tornano in genere presso i loro consanguinei; ma una coppia di coniugi può vi­ vere con i parenti dell’uno o dell’altro. Questo nucleo fami­ liare non forma sempre un’unità convivente, ma può essere sparso in tre o quattro case del villaggio. Nessun individuo che viva in permanenza in un altro villaggio è considerato mem­ bro della famiglia, che è un’unità strettamente locale. Anche economicamente la famiglia è un ente unito perché tutti la­ vorano alle piantagioni sotto la sorveglianza del matai, che a sua volta distribuisce a tutti il cibo e le altre cose necessarie. All’interno della famiglia è l’età, più che il grado di paren­ tela, che conferisce autorità disciplinare. Il matai esercita au­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

torità nominale e quasi sempre reale su ogni individuo sotto la sua protezione, compresi suo padre e sua madre. Questa supremazia, naturalmente, può essere modificata da diver­ genze personali, sempre attutite però da un riconoscimento cerimonioso della sua posizione di capo. L’ultimo bambino nato nella famiglia è sottoposto a tutti i membri di essa e la sua situazione non migliora affatto con l’età, finché un bambino più piccolo non appare sulla scena. In molte famiglie, la po­ sizione del più giovane è di breve durata. Nipoti, maschi e femmine, e cugini poveri vengono ad ingrossare i ranghi fa­ miliari e una ragazzina giunta all’adolescenza sta general­ mente in mezzo tra un numero uguale di persone che le de­ vono obbedire e di persone alle quali lei stessa deve obbe­ dienza. In una famiglia organizzata diversamente, forse', via via che divenisse efficiente e più cosciente di sé, essa diver­ rebbe anche irrequieta o ribelle; qui invece trova un ampio sfogo per il suo crescente senso di autorità. Questa evoluzione è perfettamente regolare. Per una ra­ gazza il matrimonio fa pochissima differenza sotto questo aspetto: i suoi bambini vengono ad accrescere, molto oppor­ tunamente, il numero dei docili subordinati. Ma le ragazze che rimangono nubili anche al di là dei venti anni non sono affatto meno considerate, né hanno minori responsabilità delle loro sorelle sposate. Questa tendenza a fare dell’età, e non dello stato matrimoniale, il principio di classificazione è confermata fuori della famiglia dal fatto che le mogli di uo­ mini non titolati e tutte le ragazze che hanno passato la pu­ bertà sono messe allo stesso livello nel cerimoniale del vil­ laggio. Anche parenti che fanno parte di altri gruppi familiari eser­ citano un’influenza sulla vita dei bambini. Qualsiasi con­ giunto più anziano ha il diritto di chiedere servizi personali ai congiunti più giovani, può criticare la loro condotta e im­ mischiarsi nei loro affari. Così può capitare che una ragaz­ zina corra sola alla spiaggia per fare un bagno e vi trovi in­ vece una cugina più vecchia che la mette a lavare o a sorve­ gliare un lattante, oppure la mandi a prendere delle noci di

IV - LA FAMIGLIA SAMOANA

cocco per strusciare i panni. La vita quotidiana è talmente ir­ retita in questa servitù, e le parentele riconosciute in nome i Ielle quali possono essere richiesti dei servizi sono così nume­ rosi, che per i ragazzi un’ora di evasione dalla continua sor­ veglianza è quasi impossibile. Questo elastico ma esigente gruppo familiare offre anche i suoi compensi. Esso permette a una bimbetta di tre anni di Mudare in giro liberamente senza che le capiti alcun male, anzi con la sicurezza di trovare da mangiare, da bere e un lenzuolo in cui avvolgersi per fare un sonnellino, una mano gentile per tergere eventualmente le sue lacrime e fasciare le sue ferite. I bambini che al cader della sera non sono tornati, sono sem­ plicemente cercati “fra i loro parenti” . E d un piccino la cui madre è andata nell’interno per lavorare alla piantagione è passato di mano in mano per tutta la lunghezza del villaggio. All’assegnazione del rango secondo l’età si deroga solo in pochi casi. In ogni villaggio vi sono uno o due capi che hanno il diritto di nominare una ragazza della famiglia taupo della fa­ miglia stessa, cioè principessa. La ragazzina che a quindici o sedici anni è stata eletta taupo, viene strappata al gruppo dei coetanei, e talora alla famiglia, e circondata da un’aureola di prestigio. Le donne più anziane del villaggio le accordano ti­ toli di cortesia, i parenti prossimi spesso sfruttano la sua p o ­ sizione per i loro fini personali e in cambio tengono in grande considerazione i suoi desideri. Tuttavia, dato che ci sono solo due o tre taupo in un villaggio, la loro posizione eccezionale non influisce sulla condizione comune delle adolescenti, ma la mette in maggiore evidenza. A questo esercizio così diffuso dell’autorità va unito un certo timore che il vincolo di parentela non regga alla troppa tensione, timore che si esprime con un maggior rispetto della personalità. Lo stesso numero dei suoi sorveglianti protegge la ragazza poiché, se in una casa viene troppo assillata, non ha che da cambiare residenza e rifugiarsi presso qualche con­ giunto più compiacente. Le case che le sono aperte possono essere classificate come quelle con lavoro più duro o con minor sorveglianza, minori sgridate, numero più grande o più

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

piccolo di coetanei, minor numero di bimbi piccoli, miglior cibo, e così via. I bambini che vivono sempre nella stessa casa sono pochi, perché in genere vogliono provare le altre possi­ bili residenze. E questo si può fare sotto forma di visite, senza dare alcuna impressione di volersela svignare. Ma quando in casa sorge la più piccola difficoltà, la possibilità di una fuga modera la disciplina e attenua nel bambino il senso di costri­ zione. Nessun bambino della Samoa, salvo la taupo o il vero delinquente, ha mai l’impressione di essere prigioniero. Ci sono sempre altri parenti presso i quali rifugiarsi. Questa è la risposta invariabile di fronte a un dilemma familiare: «M a essa andrà presso qualche altro parente». E in teoria la riserva di parenti è inesauribile. A meno che il vagabondo abbia com­ messo qualche reato grave, come l’incesto, può sempre uscire formalmente dalla famiglia. Una ragazzina che la mattina é stata battuta severamente dal padre si troverà la sera sistemata molto dignitosamente in un’altra casa, pochi metri più in là. Questo diritto di asilo presso i consanguinei è così general­ mente riconosciuto che un uomo senza titolo o di rango infe­ riore terrà testa energicamente al parente più nobile che viene a reclamare un giovane fuggiasco. Con grande cortesia e con molte espressioni concilianti, egli pregherà il suo nobile capo di tornare alla sua nobile casa e restarsene là tranquillo, finché sia sbollita la sua nobile collera contro il suo nobile figlio. I rapporti più importanti (cfr. Appendice 1, note al Capi­ tolo IV) fra quelli che influenzano la vita dei giovani in una famiglia della Samoa, sono quelli che intercorrono fra i ra­ gazzi e le ragazze che si chiamano fratelli e sorelle, per sangue, matrimonio o adozione, e i rapporti tra parenti più giovani e più vecchi. L’importanza data alla differenza di sesso tra co­ etanei e alla differenza di età sono ampiamente giustificate dalle condizioni della vita di famiglia. Parenti di sesso opposto devono osservare un codice di etichetta molto rigido in tutti i loro rapporti e giunti all’età della ragione, nove o dieci anni in questo caso, non possono più toccarsi, né sedersi vicino, né mangiare insieme, né parlarsi familiarmente, né toccare alcun argomento scabroso in presenza l’uno dell’altro. Non

IV - LA FAMIGLIA SAMOANA

possono stare insieme in nessuna casa, salvo la loro, a meno die non vi sia riunito mezzo villaggio. Non possono passeg­ giare insieme, scambiarsi oggetti d’uso, ballare nello stesso Itosto, né partecipare insieme ad alcuna delle piccole attività ili gruppo. Questa severa distanza deve essere tenuta con tutti gli individui del sesso opposto che siano entro cinque anni di età inferiori o superiori, o con i quali esista un rapporto di parentela per sangue o matrimonio. Questo tabù tra fratello e sorella comincia a operare quando il minore dei due bam ­ bini “si vergogna” di esser toccato dal maggiore e continua sino alla vecchiaia, quando la coppia, ormai decrepita e sden­ tata, può di nuovo sedersi sulla medesima stuoia senza pro­ vare vergogna. Tei, la parola che indica il parente più giovane, pone l’ac­ cento sull’altro rapporto maggiormente ricco di carica emo­ tiva. Il primo entusiasmo materno di una adolescente non è mai dedicato ai propri figli, ma a qualche parente più giovane. E sono specialmente le fanciulle e le donne che si servono di questo termine e continuano a prediligerlo anche quando loro stesse e i piccini a cui tale nome era rivolto sono ormai cre­ sciuti. Il parente più giovane, a sua volta, riversa il suo entu­ siasmo su di uno più giovane ancora, senza manifestare ec­ cessivo affetto per chi l’ha amorosamente allevato. La parola aiga è usata genericamente per ogni parentela, sia di sangue che per matrimonio o per adozione, e viene pronun­ ciata nell’un caso e nell’altro all’incirca con lo stesso tono e lo stesso sentimento. La parentela per matrimonio conta solo finché un matrimonio unisce realmente due gruppi di fami­ glie. Se il matrimonio è spezzato per qualsiasi motivo, abban­ dono, divorzio o morte, la parentela è disciolta e i membri delle due famiglie possono liberamente sposarsi tra loro. Se dal matrimonio sono rimasti dei figli, un certo legame sus­ siste fra i due gruppi finché questi figli sono vivi, giacché tanto la famiglia della madre quanto la famiglia del padre, ognuna per il genere che le spetta, dovranno contribuire nelle occa­ sioni in cui ha luogo una distribuzione di beni, in nome dei

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Un parente è considerato come qualcuno dal quale pos­ siamo pretendere molto e verso il quale abbiamo degli ob­ blighi infiniti. A un parente si può chiedere cibo, vestiario, alloggio e assistenza in una lite. Chi si rifiuta di aderire a queste richieste viene bollato come avaro, o accusato di man­ care di benevolenza umana, la virtù più stimata nella Samoa. Nessun pagamento viene fatto nel momento in cui vengono resi tali servizi, salvo il caso della distribuzione di cibo a tutti quelli che partecipano a un’impresa familiare. Tuttavia si tiene accuratamente conto del valore dei beni dati e del servizio reso e se ne domanda il corrispondente alla prima occasione. Per gli indigeni, però, i due atti sono distinti in teoria e ognuno a sua volta è considerato un “mendicante” , uno che vive della bontà altrui. Anticamente, il mendicante portava talvolta una speciale cintura che alludeva delicatamente al motivo della sua visita. Un vecchio capo mi descrisse una volta con molta evidenza il contegno di chi viene a domandare un favore a un parente. «Viene la mattina molto presto, entra piano piano e si siede proprio sul dietro della casa, nel posto meno onorifico. Voi gli direte: “E così, eccoti qua, sii il ben­ venuto!” . E lui risponderà: “ Sono venuto davvero, con ri­ spetto della vostra nobile presenza” . Allora gli direte: “Hai sete? Mi dispiace per te, c’è molto poco di buono in casa! ” . E lui: “Grazie, lasciate andare, davvero non ho fame, né vo­ glia di bere” . E così starete seduti tutto il giorno senza che sia fatto alcun cenno allo scopo della sua venuta. Egli rimarrà fino a sera e spazzerà via la cenere dal focolare, mettendo in questo compito servile e sporco la massima cura ed atten­ zione. Se qualcuno deve recarsi nell’entroterra, alla pianta­ gione, per prendere roba da mangiare, è il primo a offrire i suoi servigi. Se qualcuno deve andare a pescare per comple­ tare l’equipaggio di una canoa, è certo entusiasta di questa spedizione anche se il suo viaggio per venire è stato lungo e il sole è cocente. E tutto il giorno state lì seduto e vi chiedete: “Cosa mai è venuto a fare? Vuole forse il maiale più grosso, o ha sentito dire che mia figlia ha finito in questi giorni un grande e magnifico tapa? Forse sarebbe bene mandare questo

IV - LA FAMIGLIA SAMOANA

i;ipa come regalo al mio matai oratore, già pensavo di farlo, ma s;irebbe bene mandarlo subito, per poterlo rifiutare a costui in perfetta buona fede” . Ed egli sta seduto e studia la vostra espressione e si chiede se sarete favorevole a ciò che doman­ derà. Giuoca coi bambini, ma rifiuta la collana di fiori che hanno intrecciato per lui e la dà invece a vostra figlia. Final­ mente viene la notte, è tempo di andare a dormire e ancora non ha parlato. Alla fine gli dite: “Guarda, vorrei dormire. Vuoi dormire anche tu o vuoi tornare donde sei venuto?” . Solo allora parlerà e svelerà il desiderio del suo cuore». Così gli intrighi, i bisogni, gli obblighi della parentela più vasta, che ritrova pazientemente la via di molte case e di molti villaggi, incidono sensibilmente sulla vita del gruppo fami­ liare. Un giorno sono i parenti della moglie che vengono per stare un mese o per prendere in prestito una stuoia fine; l’in­ domani sono i parenti del marito; il terzo giorno può capi­ tare che una nipote, grande lavoratrice molto apprezzata in casa, sia richiamata presso il padre ammalato. È molto raro che tutti i membri della famiglia biologica, compresi i bimbi piccoli, vivano insieme e mentre nell’andamento della vita quotidiana le esigenze della casa vanno avanti a tutto, la ma­ lattia o il bisogno di un parente stretto, che abita in un’altra casa, richiameranno al nido gli assenti. L’obbligo di dare assistenza in genere, o di rendere servizi specifici, dovuti per tradizione, come in occasione di un ma­ trimonio o di una nascita, seguono la linea della parentela e non quella della coabitazione. Ma un matrimonio di lunga data unisce così strettamente i gruppi familiari del marito e della moglie, che secondo tutte le apparenze, è la famiglia nel suo complesso che dà aiuto o accoglie una richiesta presen­ tata da un parente di uno dei coniugi. Solo nelle famiglie di alto rango, nelle quali la parte femminile predomina nelle de­ cisioni e fornisce la taupo, o principessa della casa, e la linea maschile predomina in quanto conserva il titolo, solo in queste famiglie il fatto della consanguineità continua ad avere una grande importanza pratica, importanza che si perde nel più largo gruppo familiare costituito dai tre principi del

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

sangue, del matrimonio e dell’adozione e che è tenuto insieme dai legami comuni della vita quotidiana e della reciproca di­ pendenza economica. Il matai di una casa è esonerato, in teoria, dalle piccole in­ combenze domestiche, ma è raro che lo sia veramente, a meno che non si tratti di un capo di rango elevato. Tuttavia gli è sempre riservata la parte direttiva nei lavori più importanti; prepara il porco per i banchetti e spacca le noci di cocco che le donne e i ragazzi hanno raccolto. La cucina della famiglia è disimpegnata tanto dagli uomini che dalle donne, ma il grosso del lavoro ricade sui ragazzi e sugli uomini giovani. I vecchi filano la fibra di noce di cocco e l’intrecciano per farne quella cordicella indigena, che serve per lenze e reti da pesca, per cucire insieme i vari pezzi delle canoe e per tenere a posto tutte le parti di una casa. Insieme alle donne vecchie, che si sobbarcano la maggior parte della tessitura e della fabbrica­ zione della tela di scorza, essi sorvegliano i bambini più pic­ coli che restano a casa. Il pesante lavoro agricolo normale ri­ cade sulle donne, cui spetta di estirpare le erbacce, trapian­ tare, raccogliere e trasportare i prodotti alimentari; esse de­ vono anche raccogliere i rami del gelso della carta, che sa­ ranno poi sbucciati per farne tapa; la scorza di ibisco e le fo­ glie di pandano per la tessitura delle stuoie. Alle ragazze più grandi e alle donne è affidata pure la pesca sugli scogli di po­ lipi, ricci di mare, meduse, granchi e altra roba minuta. Le ragazze più giovani vanno a prender l’acqua, preparano i lumi (al giorno d’oggi, salvo in tempi di carestia, in cui si ricorre all’olio dell’albero delle candele o dell’olio di cocco, gli indi­ geni usano lampade o lanterne a petrolio) o spazzano la casa e la mettono in ordine. I compiti sono graduati con un giusto riconoscimento di ciò che si addice alle varie età e, salvo nel caso di individui di rango elevatissimo, è più facile che uno si rifiuti di fare un lavoro perché c’è una persona più giovane ca­ pace di eseguirlo, che perché lo ritenga al di sotto della dignità di un adulto. Il rango nel villaggio e in stretta relazione con quello all’in­ terno della famiglia, ma il rango nel villaggio ha poca in-

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Iliicnza sui bambini. Se il padre di una ragazzina è un matai , I I matai della casa in cui vive, essa non potrà appellarsi contro la sua autorità. Ma se qualche altro membro della famiglia è il matai, questi e sua moglie possono proteggerla dalle ecces'.ive esigenze paterne. Nel primo caso, essere in disaccordo con suo padre vorrà dire lasciare la casa e andare a vivere con .ili ri parenti; nel secondo caso ne risulterà forse solo un pic­ colo attrito interno. Nella famiglia di un alto capo, o di un alto rapo oratore, si dà molta più importanza al cerimoniale e alIOspitalità. I bambini sono meglio educati, ma devono anche lavorare molto di più. Ma a parte le qualità generali di una casa, che dipendono dal rango del suo capo, per i bambini non ci sarà gran differenza da una casa all’altra. Per loro, in genere, il temperamento di chi comanda ha più importanza del rango. Nella vita di una bambina, uno zio che sia un altis­ simo capo in un altro villaggio, conta meno di qualche vecchia donna di cattivo carattere nel suo stesso gruppo familiare. Tuttavia il rango che viene non dalla nascita, ma dal titolo, c molto importante in Samoa. L’importanza di un villaggio di­ pende dal rango del suo gran capo; il prestigio di una fami­ glia dipende dal titolo del suo matai. I titoli sono di due gradi: capi e capi oratori; ogni titolo porta con sé molti altri doveri e prerogative, oltre la direzione di una famiglia. E per la gente della Samoa il rango è un’inesauribile fonte d’interesse. Hanno inventato un elaborato linguaggio di cortesia che deve essere usato con le persone di rango e una complicata eti­ chetta circonda ogni rango nella società. Ciò che tocca così da vicino i loro maggiori non può non riflettersi sulla vita di al­ cuni bambini, e specialmente sui rapporti fra i bambini stessi, nelle famiglie che possiedono titoli, ai quali alcuni di essi do­ vranno un giorno pervenire. L’influenza che questi lontani sviluppi della vita adulta hanno sulla vita dei bambini e dei giovani potrà esser meglio capita con l’esempio di qualche caso particolare. Nella casa di un gran capo chiamato Malae vivevano due fanciulle, Meta, di dodici anni, e Timu, di undici anni. Meta era una personcina efficiente e sicura di sé. Malae l’aveva

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

presa dalla casa di sua madre, cugina di lui, perché appunto mostrava intelligenza e precocità fuori del normale. Timu, al contrario, era tardiva e straordinariamente timida e al di sotto della sua età per intelligenza. Ma la madre di Meta era soltanto una cugina lontana di Malae; se non si fosse sposata in un vil­ laggio straniero, dove Malae abitava temporaneamente, forse Meta non sarebbe mai stata notata dal suo nobile parente. E Timu era la figlia unica della sorella morta di Malae. Suo padre era stato un meticcio, ciò che serviva a farla notare ed aumentava il suo imbarazzo. Ballare era per lei una tortura. Fuggiva precipitosamente al solo udire la voce ammonitrice di qualche anziano. Ma Timu sarebbe stata la prossima taupo di Malae, la principessa. Era bella; qualifica, questa, ritenuta la più importante, e discendeva dalla parte femminile della casa, ciò che è preferibile per una taupo. Così Meta, la-più abile in tutto, fu messa nell’ombra e Timu disperata di attirare su di sé tanta attenzione, fu portata alla ribalta. La sola pre­ senza di un’altra bambina più brava e più intraprendente sa­ rebbe bastata ad aumentare il senso d’inferiorità di Timu, ma questa pubblicità l’esasperava penosamente. A ogni occa­ sione le veniva imposto di danzare ed essa si fermava se ap­ pena coglieva lo sguardo di uno spettatore fisso su di lei e re­ stava un momento a torcersi le mani, prima di riprendere il ballo. In un’altra casa, questo medesimo titolo di taupo di Malae produceva effetti diversi. La zia paterna di Malae viveva con suo marito nella casa degli ospiti di Malae, nel suo villaggio natale. La sua figlia maggiore, Pana, aveva il titolo di taupo della casa di Malae, ma aveva ventisei anni, sebbene ancora zitella. Bisognava maritarla presto e poi trovare un’altra ra­ gazza cui assegnare il titolo. Timu sarebbe stata ancora troppo giovane. Pana aveva tre sorelle minori, che per nascita meri­ tavano pienamente di essere elette. Ma Mele, di venti anni, era zoppa e Pepe, di quattordici e cieca da un occhio, era una monellaccia incorreggibile. La meno anziana era anche più gio­ vane di Timu. Così tutte e tre erano praticamente escluse dalla successione. Questo fatto favoriva la posizione di Filita.

IV - LA FAMIGLIA SAMOANA

Questa aveva diciassette anni e suo zio era il padre delle altre lanciulle; non poteva assolutamente aspirare a un titolo nella casa di Malae, ma aveva vissuto con le cugine sino dalla prima infanzia. Filita era bella, e capace; né zoppa come Mele, né sbrigliata come Pepe. Non poteva, è vero, sperare di diven­ tare mai taupo, ma nemmeno le altre potevano sperarlo, no­ nostante la loro nascita superiore, e così pace e amicizia erano assicurate grazie alle insufficienze delle cugine. Un’altra bam ­ bina venne nella zona d ’influenza del titolo. Questa era Pula, una cuginetta di un terzo villaggio. Ma la sua parentela più lontana e i suoi possibili diritti non erano assolutamente da prendere in considerazione per il fatto che essa era l’unica nipotina del massimo capo del suo villaggio, e perciò destinata a diventare taupo laggiù; alla sua vita non si offrivano altre possibilità. Così sei fanciulle, oltre alla taupo del momento, erano influenzate in bene o in male, dall’eventualità di suc­ cedere al titolo. Ma poiché raramente ci sono più di una o due taupo in un villaggio, il fenomeno è abbastanza limitato, soprattutto se lo si paragona alla parte che il rango gioca nella vita dei ragazzi, giacché generalmente ci sono uno o due ti­ toli di matai in ogni gruppo di famiglia. Qui la rivalità ha una ruolo molto più grande. Nella scelta della taupo e del manaia (l’erede presuntivo ufficiale) si dà molta importanza alla consanguineità e inoltre si tende a sce­ gliere la taupo dalla linea femminile e il manaia dalla linea m a­ schile. Questo principio però è stato modificato dalla consi­ derazione di efficienza e i titoli vanno, per la maggior parte, ai giovani più capaci, scelti in tutto il gruppo di parenti e af­ fini. Così era avvenuto in Alofi. Tui, un importante capo del villaggio, aveva un figlio, un giovane abile e intelligente. I fra­ telli di Tui erano inetti e d’intelligenza limitata, indegni di suc­ cedere al titolo. Uno di essi aveva un figlio poco dotato, un ragazzetto stupido e antipatico e non c’erano altri maschi nel gruppo dei parenti stretti. Era inteso che il figlio così promet­ tente sarebbe successo al padre. Ma a vent’anni morì. Il gio­ vane nipote non dava garanzia di svilupparsi in modo soddi­ sfacente e così Tui aveva la possibilità di cercare il suo sue-

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

cessore fuori del villaggio, o fuori della stretta cerchia fami­ liare. Si è molto suscettibili in quel villaggio, e i consanguinei di Tui vivevano molti villaggi più lontano: erano stranieri. Se egli non andava presso di loro in cerca di un giovane promet­ tente da istruire come suo successore, doveva trovare un degno marito per sua figlia, oppure cercare tra i parenti di sua moglie. Tui adottò quest’ultima soluzione e prese in casa con sé il figlio del fratello di sua moglie. Dopo un anno pro­ mise al ragazzo che avrebbe potuto assumere il nome del cu­ gino morto, ove se ne fosse mostrato degno. Nella famiglia del gran capo Fua si presentava un problema del tutto diverso. Il suo titolo era il più alto del villaggio. Fua aveva più di sessant’anni e la questione della successione era molto discussa. I ragazzi della famiglia erano Tata, il figlio maggiore, che era illegittimo; Molo e Nua, figli di una sua so­ rella vedova; Sisi, suo figlio avuto dalla prima moglie legale (ora divorziata e sposata di nuovo in un’altra isola) e Tuai, ma­ rito di sua nipote, sorella di Molo e di Nua. Nella casa del fratello maggiore di Fua, viveva il figlio della figlia di suo fra­ tello, Alo, un ragazzo che prometteva molto bene. C ’erano dunque abbastanza pretendenti per dar luogo a una forte ri­ valità. Tuai era il più vecchio, il più calmo, il più capace, ma non era abbastanza fiducioso di riuscire a modificare la sua condotta e si limitava a vantare i diritti dell’età già matura, di fronte ai fratelli minori di sua moglie, che avevano titoli superiori ai suoi. In ordine di età, lo seguiva Tata, lo scontroso bastardo dalle enormi sopracciglia, le cui probabilità erano minime finché vi erano discendenti legittimi per contestare i suoi diritti morganatici. Ma Tata non abbandonava la spe­ ranza. Cauto, tortuoso, egli vegliava e aspettava. Era inna­ morato di Lotu, la figlia di un capo oratore di rango medio. Per uno dei figli di Fua, Lotu sarebbe stata un buon partito, ma il bastardo di Fua che voleva diventar capo doveva fare un gran matrimonio o niente. I due nipoti, Molo e Nua, pre­ sero vie diverse. Nua, il più giovane, se ne andò a cercar for­ tuna come marinaio indigeno alla base navale. Questo voleva dire uno stipendio fisso, qualche nozione di inglese e un certo

IV - LA FAMIGLIA SAMOANA

prestigio. Molo, il fratello maggiore, rimase a casa e si rese indispensabile: era il tamafafine , il discendente dalla linea femminile, e doveva accettare senz’altro la sua posizione. Il tamafafine della casa di Fua, cosa si poteva chiedere di più come prestigio immediato? Quanto al futuro... i suoi modi erano perfetti. Tutti questi giovani compreso Alo, il bisni­ pote, erano membri dell’Aumaga, erano adulti e pronti ad as­ sumere le relative responsabilità. Sisi, il figlio legittimo di se­ dici anni, era ancora un ragazzo esile, diffidente, molto meno sicuro del cugino della sua posizione di figlio ed erede pre­ suntivo. Era un ragazzo simpatico e intelligente e se suo padre fosse vissuto finché egli avesse avuto venticinque o trent’anni, la sua successione sarebbe sembrata inevitabile. Anche se il padre fosse morto prima, il titolo poteva essergli riservato. Ma in questo caso vi era un pericolo: Samala, il fratello mag­ giore di suo padre, avrebbe influito molto sulla scelta del suc­ cessore al titolo, e Alo era il suo nipote adorato, il figlio della sua figlia preferita, Alo era il vero giovane modello; evitava la compagnia delle donne, stava molto in casa ed educava ri­ gorosamente il suo fratellino e la sua sorellina. Mentre gli altri giovani giocavano al cricket, egli sedeva ai piedi di Samala e imparava a mente le genealogie. Non dimenticava mai che era figlio di Safuà, la casa di Fua. Più capace di Molo, aveva quasi altrettanto diritto al titolo, tuttavia la maggioranza del gruppo familiare avrebbe sempre votato per Molo, proveniente dalla linea femminile. Così Alo era il rivale più pericoloso di Sisi, ove il padre di questi fosse morto presto. E se Fua fosse vis­ suto ancora vent’anni, sarebbe sorto un altro pericolo per la successione. Fua si era risposato recentemente con una donna di alto rango e molto ricca, che aveva un figlio illegit­ timo di cinque anni, Nifo. Con la mente fissa a questo pic­ colo, poiché lei e Fua non avevano figli, essa faceva tutto il possibile per minare la posizione di Sisi come erede presun­ tivo e vi erano molte probabilità che facesse nominare Nifo successore, dato che Fua, con l’andare degli anni era sempre più sotto la sua influenza. La illegittimità di Nifo e la man­ canza di un vincolo di sangue sarebbero state compensate dal

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

fatto che esso discendeva dal ramo femminile di una delle più nobili famiglie dell’isola e avrebbe ereditato grandi ric­ chezze dalla madre. Di carattere diverso era il problema che si presentava a Sila, la figliastra di Ono, un matai di basso rango. Era la maggiore di una famiglia di sette figli. Ono era ormai molto vecchio e apatico. Lefu, la sua seconda moglie e madre di Sila, era esausta, sfinita, per aver partorito undici figli. Gli unici figli maschi adulti in casa erano Laisa, fratello di Ono e vecchio come lui, e il figlio di Laisa di trent’anni, uomo ozioso e dap­ poco, che s’interessava solo di avventure amorose. Era sca­ polo e rifuggiva dalla responsabilità del matrimonio come da tutte le altre. La sorella più giovane, dopo Sila, aveva sedici anni; aveva lasciato la casa e viveva ora qua, ora là, presso pa­ renti. Sila aveva ventidue anni, l’avevano sposata a sedici, e contro la sua volontà, a un uomo molto più vecchio di lei, che la picchiava per il modo di fare infantile. Dopo due anni di matrimonio era fuggita dal marito ed era andata a stare con i suoi genitori portando con sé il suo bimbo di due anni, che ora ne aveva cinque. A vent’anni si era innamorata di un ra­ gazzo del suo villaggio e ne aveva avuto una figlia, che era vis­ suta soltanto pochi mesi. Quando la piccola era morta il suo amante l’aveva abbandonata. Sila era contraria al matrimonio; era coscienziosa, dalla lingua tagliente e laboriosa. Lavorava di continuo per il suo bambino e per le sue sorelle e fratelli minori. Non voleva sposarsi di nuovo, ma in casa c’erano tre vecchi e sei bambini ai quali era lei sola a provvedere, lei e il cugino fannullone. E così, presa dalla disperazione, disse: «Credo che sposerò quel ragazzo». «Q uale ragazzo, Sila», le chiesi. «Il padre della mia bimba morta». «M a mi pareva che tu non lo volessi come marito». «Infatti non lo vorrei, ma devo trovare qualcuno che provveda alla mia famiglia». E vera­ mente non c’erano altre vie. Il titolo del suo patrigno era molto basso, in famiglia non c’era nessun giovane che potesse succedergli. Il suo amante era un uomo attivo e di condizione anche meno elevata, perciò l’esca del titolo avrebbe attirato in casa un lavoratore.

IV - LA FAMIGLIA SAMOANA

E cosi in molte famiglie il culto della nobiltà getta la sua ombra sui bambini, talvolta leggera, talvolta più grave, spesso molto prima che essi possano capire quanto avviene nel mondo degli adulti.

V

La bambina nel gruppo delle coetanee

Finché un bambino non ha almeno sei o sette anni fre­ quenta molto poco i suoi coetanei. Fratelli, sorelle e cuginetti, che vivono nella stessa casa, naturalmente giocano e scher­ zano insieme, ma fuori di casa ogni bambino sta vicino alla sua giovane guardiana e viene in contatto con altri bimbi soltanto se le piccole bambinaie sono amiche fra loro. Verso i sette anni, però, i bambini cominciano a formare gruppi più nume­ rosi, una specie di associazione volontaria che poi non esisterà più in altri periodi della loro vita, gruppi, cioè, reclutati al tempo stesso dalla parentela e dal vicinato. Questi gruppi sono rigorosamente divisi secondo i sessi e una delle loro ca­ ratteristiche principali è l’antagonismo fra ragazzini e ragaz­ zine. Queste stanno appunto cominciando a “vergognarsi” in presenza dei fratelli maggiori e devono anche cominciare ad osservare la norma che vieta a una ragazza di unirsi a gruppi di ragazzi. Il fatto che i maschi sono più liberi e pos­ sono spaziare di più in cerca di avventure, mentre le bambine devono portar con sé i loro piccoli e pesanti allievi, rende anche maggiore la differenza tra i due sessi. I gruppi di bam ­ bini che seguono come spettatori qualche attività degli adulti, sono spesso formati da maschi e da femmine, ma qui il prin­ cipio di associazione va ricercato nella discriminazione che i grandi fanno in base all’età e non è un’associazione volon­ taria da parte dei bambini. Questi gruppi di coetanei si limitano, in genere, ai bambini che vivono in otto o dieci case contigue (cfr. Appendice 1,

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

note al Capitolo V). Sono associazioni casuali molto fluide, i cui membri manifestano una viva ostilità verso i coetanei di altri villaggi e, qualche volta, verso altri gruppi dello stesso loro villaggio. Legami di parentela si intrecciano a queste for­ mazioni di vicinato, così che un bambino può essere in buoni rapporti con membri di due o tre gruppi diversi. Una bam ­ bina appartenente a un altro gruppo, purché venga sola, trova in genere una parente vicino alla quale può rifugiarsi. Ma le bambine di Siufaga guardavano di traverso quelle di Luma, il villaggio più vicino, e tutte insieme guardavano con diffi­ denza anche maggiore le bambine di Faleasao, che vivevano a venti minuti di cammino da lì. Tuttavia le amarezze create da queste divisioni erano di breve durata. Quando il fratello di Tua si ammalò, tutta la sua famiglia si trasferì dall’estre­ mità di Siufaga al centro di Luma. Per alcuni giorni Tua restò piuttosto malinconicamente in casa, ma di lì ad una settimana i bambini del centro di Luma l’accolsero fra loro con grande cordialità. Quando però, dopo qualche settimana, tornò a Siufaga, divenne di nuovo «una ragazza di Siufaga», oggetto di tradizionale scorno e di motteggi da parte dei suoi recenti compagni di gioco. Nessuna profonda amicizia viene stabilita nel corso di questa età. La struttura di parentela e di vicinato del gruppo fa passare in seconda linea le personalità che lo compongono. Si aggiunga che l’affetto più intenso è sempre riservato alle pa­ renti strette e le coppie di sorelline prendono il posto delle coppie di amiche. In Occidente capita di dire: «M aria e Giulia sono buone amiche, oltre che sorelle», invece in Samoa si spiega un’amicizia dicendo: «M a sono parenti!». Le più grandi si prendono cura delle più piccole, dividono tutto con le sorelline, tessono per loro collane di fiori e donano loro le conchiglie più preziose. Questo rapporto di parentela è l’u­ nico elemento permanente del gruppo e anche questo può essere messo in pericolo con un cambiamento di residenza. Lo speciale stato emotivo destato dagli abitanti di un villaggio straniero tende a far sembrare un po ’ estranea anche una ben nota cugina.

V - LA BAMBINA NEL GRUPPO DELLE COETANEI'!

Circostanze speciali di residenza avevano fatto sì che il uppo più intensamente sviluppato fosse al centro di Luma, dove nove fanciulle, circa della stessa età, e unite da molti le­ dami di parentela, vivevano molto vicine. Lo sviluppo di un gruppo che giocava sempre insieme e manteneva un’ostilità abbastanza costante verso gli estranei, sembrava essere in fun­ zione della residenza più che della personalità di qualche bambina che avesse speciali attitudini a guidare le altre. Le nove ragazzine di questo gruppo erano meno timide, meno sospettose, più generose l’una con l’altra, più socialmente inIraprendenti di altre della stessa età e in genere si rispecchia­ vano in loro i favorevoli effetti della vita di gruppo. All’infuori di questa piccola banda, le fanciulle di quell’età dovevano contare molto più sul gruppo degli stretti parenti, rinforzato eventualmente da un paio di vicini. Quando una bambina mostrava una personalità spiccata, questo era dovuto a un am­ biente di famiglia eccezionale, più che a rapporti sociali di scambio con fanciulle della sua stessa età. Questi gruppi di bambine non avevano altra attività che il gioco, in completa antitesi con la vita di casa, tutta fatta di la­ voro: cura dei piccoli, esecuzione di molteplici lavori banali e infinite commissioni. Esse si riunivano verso sera, prima della cena, che nella Samoa ha luogo tardi, e talvolta durante l’ora della siesta generale pomeridiana. Nelle sere di luna, sco­ razzavano per i villaggi, talvolta attaccando le bande dei ra­ gazzini talvolta fuggendo davanti ad esse, sbirciando attra­ verso imposte chiuse, andando in cerca di granchi, mole­ stando coppie di amanti o riuscendo ad assistere di nascosto a un parto o ad un aborto in qualche casa lontana. Piene di paura dei capi, dei ragazzini, dei parenti e degli spiriti, non si azzardavano ad uscire in queste escursioni notturne se non in gruppi di almeno quattro o cinque. Sono vere bande di pic­ cole fuorilegge che cercano di evadere dalle occupazioni quo­ tidiane. Considerata l’importanza data alla località e alla pa­ rentela, la difficoltà di rubare il tempo alle faccende dome­ stiche, la necessità di eseguire rapidamente i progetti del gruppo e la punizione che attende i bambini che si allonta­ l’ i

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

nano troppo, la bambina samoana dipende dalla popolosità degli immediati dintorni altrettanto quanto una bimba di una comunità rurale dell’Occidente. Là, è vero, il suo isolamento non supera i duecento metri, ma il sole abbagliante e la sabbia infuocata, in aggiunta al gran numero di parenti da evitare di giorno e al gran numero di spiriti da evitare di notte, molti­ plica questo spazio fino a renderlo equivalente, come barriera alla vita in compagnia, a tre o quattro chilometri nell’Ame­ rica rurale. In un villaggio pieno di ragazzi della sua età, Luna, una ragazzina di dieci anni, viveva in una delle case sparse, ap­ partenenti al gruppo familiare di un capo importante. La casa era situata all’estremità del villaggio ed essa viveva là con la sua nonna, la sorella di sua madre Sami, il marito e il figlio­ letto di Sami e due più giovani zie materne, di diciassette e quindici anni. La madre di Luna era morta. I suoi fratelli e sorelle vivevano in un’altra isola con la famiglia di suo padre. Luna aveva dieci anni, ma era molto bimba per la sua età, una creatura quieta, svogliata, incapace di prendere iniziative, proprio il tipo che avrebbe sempre avuto bisogno di una vita di gruppo organizzata. Le uniche parenti vicine erano due ra­ gazze di quattordici anni che, con le loro gambe lunghe, e sempre assorte com’erano in lavori da semi-adulte, erano, in pratica, compagne troppo vecchie per lei. Qualche altra ra­ gazza di quattordici anni avrebbe accettato di stare con Luna, non così Selu, la più giovane delle cugine, la cui stuoia fine era in lavorazione e misurava già tre piedi. Nella casa vicina, pochi passi più in là, vivevano due bambinette, Pimi e Vana, di otto e dieci anni, ma non erano parenti ed erano bambinaie respon­ sabili di quattro bimbi più piccoli, perciò non avevano tempo per partecipare a lunghe gite. Non vi erano congiunti comuni che potessero riunirle e così Luna viveva una vita solitaria, salvo quando una giovane zia di undici anni veniva a casa di sua madre. Questa zia, Siva, era una compagna affascinante, una ragazzina brillante e precoce, che Luna seguiva come un’ombra ammirandola estaticamente. Ma Siva dava troppo da fare a sua madre, che era vedova, e il matai suo zio l’aveva portata a vivere con sé all’estremità opposta del villaggio, dal­

V - LA BAMBINA NEL GRUPPO DELLE COETANEE

l’altro lato della banda centrale di Luma. Questi compagni erano molto più interessanti e Siva si spingeva di rado fino alla casa di sua madre nei suoi momenti di libertà. Così la povera Luna era costretta a badare al cuginetto, stava dietro alla zia e alla nonna e mostrava quasi sempre un’espressione sconsolata. Del tutto diversa era la sorte di Lusi, che aveva solo sette anni e quindi non sarebbe stata qualificata per partecipare ai giochi dei ragazzi di dieci o dodici. Se avesse vissuto in un luogo isolato, sarebbe stata una bambinuccia come tante altre. Ma la sua casa era in una posizione strategica, proprio accanto a quella delle sue cugine Maliu e Pola, importanti membri della cricca di Luma. Maliu, uno dei membri più an­ ziani del gruppo, teneva moltissimo a tutte le sue giovani pa­ renti e Lusi era sua prima cugina. Perciò la piccola immatura Lusi godeva pienamente della vita di gruppo che a Luna era vietata. All’estremo limite di Siufaga viveva Vina, una graziosa, m o­ desta ragazza di quattordici anni. La casa di suo padre sorgeva solitaria nel centro di un boschetto di palme, nascosta alla vista e fuori della portata di voce del più prossimo vicino. Le sue sole compagne erano la sua prima cugina una brava ra­ gazza di diciotto anni, assai riservata, e due cugine di dicias­ sette e diciannove anni. Nelle vicinanze c’era anche una cuginetta dodicenne, ma era sempre occupata con cinque fra­ tellini e sorelline. Anche Vina aveva vari fratelli e sorelle mi­ nori, ma erano abbastanza grandi per cavarsela da soli e Vina era relativamente libera di seguire le ragazze maggiori di lei nelle spedizioni di pesca. Così era sempre destinata ad essere la bambinetta che corre dietro alle più grandi, deve portare i loro fagotti e fare le loro commissioni. Era una bambina sempre ansiosa e agitata, esageratamente preoccupata di far piacere agli altri, docile nei rari incontri con le sue coetanee perché ormai da tempo avvezza alla docilità. Un rapporto di libero dare e avere con le ragazze della sua età le era stato ne­ gato e ormai le sarebbe stato negato per sempre: più tardi, con ravvicinarsi della pubertà, le cure domestiche l’avrebbero as­ sorbita di nuovo. Doveva badare al forno, doveva andare a

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

lavorare nella piantagione, doveva pescare. Le sue giornate erano piene di lunghe incombenze e di nuove responsabilità. Un esempio è il caso di Fitu. In settembre, essa era uno dei membri principali della sua banda, un poco più alta delle altre, più magra, più rumorosa e fattiva, ma in complesso una ragazzina scapigliata come le altre, con un grosso bimbo sempre sul fianco. In aprile, tuttavia passò il bimbo a una so­ rellina di nove anni, un bimbo ancora più piccolo fu affidato a una sorellina di cinque ed ora Fitu lavorava con la madre nelle piantagioni ò faceva lunghe gite in cerca di corteccia di ibisco o in cerca di pesce. Portava il bucato della famiglia al mare e lavorava al forno nei giorni in cui si cucinava. O cca­ sionalmente la sera se la svignava per andare a giocare sul­ l’erba con le antiche compagne, ma in genere era troppo stanca dopo il pesante lavoro cui non era ancora avvezza ed inoltre si sentiva diventare leggermente estranea. Le pareva che per le sue nuove attività, quasi da adulta, il suo posto non fosse più in mezzo al gruppo che le era stato così familiare durante l’autunno. I tentativi che fece per unirsi alle ragazze più in età del vicinato, non ebbero successo. Sua madre la mandò a dormire nella vicina casa del pastore, ma tornò dai suoi dopo tre giorni. Quelle ragazze erano troppo vecchie, disse: «Laititi a’u». («Io sono ancora giovane»). E tuttavia il suo vecchio gruppo non faceva più per lei. Nei tre villaggi si contavano quattordici di queste ragazze vicine alla pubertà, preoccupate delle nuove mansioni e dalla ripresa di un più stretto contatto con gli adulti della famiglia, non ancora atti­ rate dai ragazzi, perciò non portate a formare nuove amicizie ispirate a interessi sessuali. Esse adempiono quietamente i loro doveri domestici scelgono una maestra fra le donne più anziane della famiglia, si abituano a non esser più chiamate piccine. Ma non si riuniscono più in gruppi liberi e spensie­ rati come usavano quando erano bambine sotto i tredici anni. A sedici e diciassette anni, si appoggiano ancora molto alle pa­ renti e i gruppi sono di due o di tre, mai più numerosi. La so­ lidarietà con il vicinato finisce e delle ragazze di diciassette anni ignoreranno una vicina della loro età e attraverseranno

V - LA BAMBINA NEL GRUPPO DELLE COETANEE

invece tutto il villaggio per andare a far visita a una parente. Adesso la parentela e i comuni interessi di sesso sono il fattore decisivo nelle amicizie. Le ragazze seguono anche passiva­ mente le amicizie più forti che nascono fra ragazzi. Se l’inna­ morato di una ragazza ha un compagno che ha una simpatia per una cugina di lei, le ragazze faranno amicizia tra loro, al­ meno temporaneamente. Talvolta queste amicizie vanno anche al di là del gruppo di famiglia. Sebbene le ragazze non si confidino che con una o due gio­ vani parenti, la loro posizione riguardo al sesso è intuita dalle altre donne del villaggio e su questa base si formano e si m o­ dificano le amicizie a seconda che si tratti della timida adole­ scente che diffida di tutte le ragazze più grandi, o della fan­ ciulla la cui prima o seconda avventura amorosa sembra an­ cora molto importante, o delle ragazze che cominciano a con­ centrare tutta la loro attenzione su di un solo giovane e, pos­ sibilmente, sul matrimonio. Infine la madre non sposata sce­ glie le sue amiche fra quelle che si trovano nel suo stesso caso, o fra donne in situazione coniugale ambigua, giovani mogli abbandonate o screditate. Questi sono i raggruppamenti usuali, le amicizie fra ragazze più giovani e meno giovani sono molto rare dopo la pubertà. Una bimba di dodici anni può avere molto affetto e ammira­ zione per una cugina di sedici (si noti che entusiasmi di questo tipo sono ben poca cosa in confronto a quelli fra compagne di scuola nei nostri paesi), ma quando essa ha quindici anni e la cugina diciannove, la cosa cambia aspetto. Tutto il mondo degli adulti o semi-adulti è ostile, spia con la più meticolosa circospezione gli amori giovanili, è superlativamente infido. Tutti sono infidi, salvo quelli che sono personalmente imbar­ cati nella stessa avventura. Si può dire con sicurezza che, senza le condizioni artificiali prodotte dalla residenza nella casa del pastore indigeno o nella grande scuola-convitto dei missionari, le ragazze non escono mai dal gruppo delle loro congiunte per farsi delle amiche. (Oltre alla grande scuola-convitto per ragazze, che serviva tutta la Samoa americana, il pastore indigeno di ogni

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comunità ne dirigeva una piccola per ragazzi e ragazze. A queste scuole andavano le ragazze i cui padri desideravano mandarle in seguito alla grande scuola-convitto, ed anche ra­ gazze alle quali i genitori desideravano far avere per tre o quattro anni i vantaggi di un’educazione superiore e di una più stretta sorveglianza nella casa del pastore). Qui ragazze non imparentate fra loro vivevano insieme talvolta per anni. Ma dato che uno dei tratti caratteristici di un nucleo dome­ stico è la residenza comune, le amicizie fra queste ragazze che hanno vissuto insieme nella casa del pastore non differiscono molto, psicologicamente, da quelle tra cugine o tra fanciulle semplicemente affini, che vivono nella stessa famiglia. Le uniche amicizie che differiscono da quelle formate in seguito alla residenza comune o all’appartenenza allo stesso gruppo familiare sono i rapporti tradizionali fra le mogli dei capi e le mogli dei capi oratori. Ma queste amicizie possono esser ca­ pite soltanto in rapporto alle amicizie fra ragazzi e nomini. I ragazzini seguono la stessa via delle fanciulle in quanto si riuniscono in gruppi basati sul doppio legame della vicinanza e della parentela, ma l’ascendente dell’età è fra loro sentito molto maggiormente perché i ragazzi più grandi non devono poi tornare in seno alle loro famiglie, come le giovanette. I ragazzi di quindici e sedici anni fanno lega insieme con la stessa libertà di quelli di dodici. Il confine tra ragazzi grandi e piccoli è perciò assai mutevole e quelli che si trovano in una posizione intermedia ora dettano legge ai più piccoli, ora cam­ minano ossequiosamente sulle orme dei più grandi. Vi sono, tra ragazzi, due rapporti tradizionali, che portano lo stesso nome e forse un tempo formavano una cosa sola. Questo è il soa, cioè colui che è stato circonciso insieme all’altro, e l’am­ basciatore nelle questioni d ’amore. I ragazzi vengono circon­ cisi a coppie, essi stessi si occupano dei preparativi e della scelta di un uomo più anziano conosciuto per la sua abilità. Qui sembra esserci un doppio rapporto logico di causa ed ef­ fetto; un ragazzo sceglie un amico che in genere è anche pa­ rente, per essere suo compagno in questa esperienza, che poi unisce i due ancora più strettamente. Vi erano, nel villaggio,

V - LA BAMBINA NEL GRUPPO DELLE COETANEE

varie coppie di ragazzi che erano stati circoncisi insieme ed erano ancora compagni inseparabili e spesso dormivano in­ sieme in casa dell’uno o dell’altro. Qualche pratica acciden­ tale di omosessualità si verificava in queste relazioni; tuttavia, quando le amicizie dei giovani del villaggio vennero analiz­ zate, non si riscontrò alcuna stretta corrispondenza con le amicizie degli adolescenti, e si trovavano gruppi di tre o quattro oppure coppie di amici indifferentemente. Quando un ragazzo ha passato la pubertà da due o tre anni, la scelta di un amico è influenzata dalla convenzione che ob­ bliga un giovane a non dichiarare direttamente il suo amore e a non fare mai di persona proposte di matrimonio. Per con­ seguenza il giovane ha bisogno di un amico della sua età, del quale possa fidarsi che illustri le sue lodi e sostenga la suà causa col necessario fervore e con discrezione. Per questo uf­ ficio ci si serve di un parente o di diversi parenti, se il caso è disperato. Il giovane è guidato, nella sua scelta, dal bisogno di un ambasciatore che sia non solo devoto e fidato, ma anche insinuante e convincente come mediatore. Questa relazione di soa è spesso, ma non necessariamente reciproca. L’esperto in amore finisce con il tempo, per rinunziare all’aiuto di un in­ termediario desiderando di godere in pieno le dolcezze di tutti gli stadi del corteggiamento. Al tempo stesso i suoi ser­ vigi sono richiesti da molti altri, se è lecito sperare che egli agirà onorevolmente verso il suo mandante. Ma non è solo per fare all’amore che i ragazzi devono co­ operare. L’equipaggio di una canoa per la pesca del bonito è formato di tre uomini; per prendere al laccio le anguille sugli scogli si va, di solito in due; il lavoro nelle piantagioni pu b­ bliche di taro reclama le braccia di tutti i giovani del villaggio. E così, mentre anche un ragazzo sceglie i suoi migliori amici tra i parenti, il suo senso di solidarietà sociale è molto più forte di quello di una ragazza. L ’Aualuma, organizzazione di ra­ gazze e mogli di uomini non titolati, è un’associazione molto vaga, che si riunisce raramente, per qualche opera pubblica, e anche più di rado per qualche ricorrenza festiva. Nei villaggi nei quali le vecchie complicazioni dell’organizzazione sociale

l ’a d o l e s c e n z a i n s a m o a

cominciano a cadere in disuso, YAualuma è la prima a scom­ parire, mentre YAumaga, l’organizzazione dei giovani, ha un posto troppo importante nell’economia del villaggio per non essere maggiormente considerata. UAumaga è realmente il fattore sociale più stabile del villaggio. I matai si riuniscono più formalmente e passano molto tempo nelle loro case, ma i giovani lavorano insieme durante il giorno, fanno baldoria prima e dopo le loro fatiche, sono di servizio in gruppo a tutte le riunioni dei matai e, quando il lavoro del giorno è finito, passano la sera insieme danzando e corteggiando le ragazze. Molti di essi dormono in casa di qualche amico, ciò che viene concesso a malincuore alle ragazze, in genere più sorvegliate. Un altro fattore, che determina le relazioni tra uomini, è dato dai reciproci rapporti tra capi e capi oratori. I detentori di queste due classi di titoli non sono necessariamente parenti, sebbene questo sia spesso il caso, giacché è considerata una superiorità di essere imparentati con ambo i ranghi. Ma i capi oratori sono i maggiordomi, gli assistenti, gli ambasciatori, i seguaci e i consiglieri dei loro capi e questi rapporti sono spesso adombrati fra i giovani, eredi presuntivi o aspiranti ai titoli di famiglia. Fra le donne si forma talvolta una stretta alleanza tra la taupo e la figlia del principale capo oratore di suo padre, ma queste amicizie soffrono sempre del loro carattere tempo­ raneo. La taupo si sposerà inevitabilmente in un altro vil­ laggio. E d è piuttosto tra la moglie del capo e la moglie di un capo oratore che si stabilisce la vera amicizia che dura tutta la vita. La moglie del capo oratore funge da assistente, consi­ gliera e portavoce della moglie del capo, e in compenso, conta sul suo appoggio e sul suo aiuto materiale. È un’amicizia ba­ sata su obblighi reciproci derivanti dai rapporti fra i mariti di queste donne ed è la sola amicizia femminile che oltrepassi i confini del gruppo di parentela e affinità. Queste amicizie non possono chiamarsi volontarie, basate come sono sul caso di un matrimonio ed imposte dalla struttura sociale. Entro lo stesso gruppo di famiglia, l’amicizia è così congegnata da per­ dere ogni significato. Chiesi una volta ad una giovane donna

V - LA BAMBINA NEL GRUPPO DELLE COETANEE

maritata se una vicina, con la quale era sempre in rapporti in­ certi e irritati, fosse sua amica. «C om e? Ma certo! Il padre del padre di sua madre e il padre della madre di mio padre erano fratelli». L’amicizia basata su affinità di temperamento è un legame dei più labili, soggetto a mutamenti di interessi e di residenza; e una donna finisce per fare sempre più asse­ gnamento sulle amiche alla simpatia delle quali il suo sangue e il suo matrimonio le danno diritto. Un’associazione basata sul principio dell’età si può dire che cessa, per le ragazze, prima della pubertà, data la qualità molto individuale delle loro mansioni e la necessità di segre­ tezza nelle loro avventure amorose. Per i ragazzi invece, una maggior libertà, le maggiori esigenze della struttura sociale e una continua partecipazione a lavori collettivi, danno luogo ad associazioni basate sull’età che durano tutta la vita. Questo associarsi è influenzato ma non determinato dalla parentela e modificato dal rango, dal rango potenziale nel caso dei gio­ vani e dalla parità di rango, anche in presenza di età diverse, nel caso degli uomini anziani.

VI

La ragazza nella comunità

La comunità non prende in considerazione né i ragazzi né le ragazze, finché questi non hanno raggiunto i quindici o i sedici anni. Bambini al di sotto di questa età non hanno alcuna posizione sociale, non hanno un’attività di gruppo ricono­ sciuta, non hanno parte nella vita sociale, se non quando sono reclutati per i balli non ufficiali. Ma un anno o due dopo la pubertà (l’età varia da villaggio a villaggio, tanto che ragazzi di sedici anni in un luogo verranno ancora classificati come bambini e in un altro come taule’ale’as, o giovanotti), sia i ra­ gazzi che le ragazze sono raggruppati approssimativamente nello stesso modo degli adulti, ricevono un nome per le loro organizzazioni e sono investiti di definiti obblighi e privilegi nella vita della comunità. L’organizzazione dei giovani, YAumaga, quella delle ragazze e delle mogli di uomini non titolati e delle vedove, YAualuma, e quella delle mogli degli uomini titolati, riflettono tutte l’or­ gano politico centrale del villaggio, il Fono, cioè l’organizza­ zione dei matai, uomini che hanno il titolo di capi o capi ora­ tori. Il Fono è sempre concepito come una casa rotonda, nella quale ogni titolo ha la sua speciale posizione, deve essere in­ terpellato con date frasi del cerimoniale e deve avere un posto fisso nell’ordine di precedenza, quando viene servito il kava. Questa casa ideale ha certe divisioni fisse; nel settore di destra siede il gran capo con i suoi speciali capi assistenti; sul davanti della casa siedono i capi oratori, ai quali spetta di fare i di­ scorsi, accettare i doni, dare il benvenuto ai forestieri, presie­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

dere alla distribuzione dei cibi, far progetti e prendere accordi per le attività di gruppo. Contro i pilastri, sul dietro della casa, siedono i matai di basso rango; e fra i pilastri ed al centro, quelli di così poca importanza che nessun posto è loro riser­ vato. Questa gerarchia dei titoli, continua di generazione in generazione, e tiene un posto fisso nella più vasta struttura ideale dei titoli in tutta l’isola, in tutto l’arcipelago, nell’in­ tera Samoa. Ad alcuni di questi titoli, che sono appannaggio di certe famiglie, sono annessi privilegi speciali, come il diritto a un nome per la propria casa, il diritto di conferire un titolo di principessa a una parente fanciulla e un titolo di erede pre­ suntivo, o manaia , a qualche ragazzo di casa. Oltre a queste prerogative degli alti capi, ogni membro delle due classi di matai, capi e capi oratori, ha certi diritti, riguardo al cerimo­ niale. A un capo oratore si deve servire il suo kava con un gesto speciale, gli si deve rivolgere la parola con una partico­ lare serie di verbi e di nomi convenienti al suo rango, e i capi lo devono ricompensare con tapa o stuoie fini per i servizi da lui resi nelle cerimonie. Ai capi si deve parlare con altri verbi e altri nomi; essi devono esser serviti con un gesto diverso e più deferente, durante la cerimonia del kava, devono esser provvisti di cibi dai loro capi oratori e da questi onorati e scor­ tati in ogni occasione importante. Il nome del villaggio, il nome ufficiale della pubblica piazza nella quale si svolgono grandi cerimonie, il nome della casa in cui si riunisce il Fono, i nomi dei principali capi e capi oratori, i nomi della taupo e del manaia, deWAualuma e dell’Aumaga, tutto questo è con­ tenuto in una raccolta di saluti di cerimonia detti F a’alupega, ovvero titoli di cortesia di un villaggio o di un distretto. I vi­ sitatori, al loro ingresso ufficiale in un villaggio, devono reci­ tare i F a’alupega come prima cortesia verso i loro ospiti. L Aumaga rispecchia l’organizzazione degli uomini più vecchi. E qui che i giovani imparano a tener discorsi, a con­ dursi con gravità e decoro, a servire e bere il kava, a proget­ tare e ad eseguire imprese di gruppo. Quando un ragazzo è maturo per entrare nell’Aumaga il capo della sua casa manda un dono di cibarie al gruppo, annunciando che il ragazzo si

VI - LA RAGAZZA NELLA COMUNITÀ

prepara a farne parte, oppure lo conduce in una casa dove gli altri si stanno adunando e vi depone una grande radice di kava come dono. D a quel momento il ragazzo è membro di un gruppo che sta quasi sempre insieme. Su questi giovani ricade tutto il lavoro pesante del villaggio e anche la maggior parte delle relazioni sociali fra i vari villaggi, al centro delle quali stanno i giovani non sposati. Quando un villaggio viene in vi­ sita, YAumaga si reca in massa dalla taupo forestiera, portan­ dole doni e ballando e cantando in suo onore. V,Aualuma è una versione meno formale deWAumaga. Quando una ragazza raggiunge l’età voluta, due o tre anni dopo la pubertà, a seconda degli usi del suo villaggio, il suo matai invia un’offerta di cibarie alla casa della taupo princi­ pale del luogo, esprimendo così il desiderio che la figlia della sua casa sia, da quel momento, annoverata fra le giovani che formano la corte della taupo stessa. Ma mentre YAumaga si basa sul fon o e i giovani, pur riunendosi all’aperto o in una casa diversa, imitano in tutto le forme e le cerimonie dei loro maggiori, YAualuma ha per centro la persona della taupo, at­ torno alla quale forma così quasi un gruppo di damigelle d’o ­ nore. Al contrario d eìYAumaga, non vi è alcuna organizza­ zione nell’Aualuma, né viene eseguito alcun lavoro. Eventual­ mente le ragazze possono essere chiamate a cucire le canne dei tetti o a raccogliere il gelso; più di rado si occupano della coltivazione di queste piante, ma la loro funzione principale tè di aiutare nel cerimoniale durante le riunioni delle mogli dei matai e di fare gli onori di casa nelle visite fra villaggi. In molte parti della Samoa, YAualuma è caduta completamente in disuso ed è ricordata solo nelle parole di saluto pronunziate da uno straniero. Ma se dovesse scomparire YAumaga, tutta la vita del villaggio dovrebbe essere riorganizzata poiché essa poggia completamente sulle tradizioni e sul lavoro effettivo degli uomini giovani e non titolati. Sebbene le mogli dei matai non abbiano un’organizzazione riconosciuta nei F a’alupaga (titoli di cortesia) la loro associa­ zione è più importante di quella dell’Aualuma. Le mogli degli uomini titolati tengono le loro riunioni di prammatica pren­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

dendo il grado dei loro mariti, sedendo al loro posto, bevendo il loro kava. La moglie del capo più alto riceve i missimi onori, la moglie del principale capo oratore fa i discors: più impor­ tanti. Le mogli dipendono completamente dai nariti per la loro posizione gerarchica in questo gruppo. Q uaido un uo­ mo ha ricevuto un titolo, non può più ritornare m]l’Aumaga. Il titolo gli può esser tolto quando è vecchio, o :e si mostra incompetente, ma allora gli verrà dato un titolo minore, che gli permetterà di sedere ugualmente a bere il suo kava coi vecchi colleghi. Ma la vedova, o la moglie divoiziata di un matai, deve tornare neH’Aualuma, sedere fuori della casa con le ragazze, servire il cibo e andare in giro per commissioni; e non potrà più essere ammessa nel fono femminile che come serva o per intrattenere le ospiti. I fono femminili sono di due specie: i fono che precedono o seguono un lavoro comune, come cucire la copertura del tetto per una casa da ospiti, portare i detriti di corallo per il pavimento o tessere le stuoie finissime per la dote della taupo ; e i fono di cerimonia per festeggiare i visitatori di un altro vil­ laggio. Ognuna di queste riunioni è denominata, a seconda del suo scopo, una falelalaga , riunione di tessitricio una ’aiga fiafia tama’ita’i, festa di signore. Le donne sono riconosciute socialmente soltanto dalle donne del villaggio visitatore, ma la taupo e la corte sono il centro dell’attenzione di lutti i com­ ponenti, uomini e donne, del malaga o comitiva viaggiante. E queste mogli di grandi capi devono trattare la propria taupo con molta cortesia e rispetto, darle di «sua altezza», accompagnarla nei suoi viaggi, parlarle con particolari nomi e verbi a lei riservati. Qui vi è dunque un contrasto, in quanto le fanciulle che sono tenute in stato di stretta subordinazione all’interno delle pareti domestiche, superano in rango le madri e le zie nella vita sociale tra villaggi. Questo cerimo­ niale, che viene a scalzare l’autorità delle donne più anziane, potrebbe compromettere seriamente la disciplina della casa, se non fosse per due considerazioni. L a prima è la poca im­ portanza dell’organizzazione delle ragazze; nel villaggio, la loro principale ragion d ’essere è lo stare agli ordini delle

VI - LA RAGAZZA NELLA COMUNITÀ

donne maggiori d ’età, le quali hanno compiti ben definiti da assolvere per il villaggio. La seconda è l’accento che si pone sull’idea di servizio come dovere principale della taupo. La principessa del villaggio ne è anche la serva: è lei che serve gli stranieri, fa il loro letto e il loro kava, balla quando essi desiderano e, appena desta, si mette a disposizione dei visi­ tatori o del proprio capo. Ed è anche costretta a favorire i bi­ sogni sociali degli altri, uomini e donne. Se essi decidono di prendere in prestito da un altro villaggio le canne per coprire i tetti, fanno indossare alla loro taupo le vesti migliori e la con­ ducono con sé per abbellire il malaga. Il suo matrimonio è un affare che riguarda tutto il villaggio e viene progettato e portato a termine dai capi oratori e dalle loro mogli, che sono i consiglieri della taupo e i suoi guardiani. Perciò il rango di taupo finisce con il compromettere ogni giorno di più la li­ bertà individuale della ragazza, mentre la sorveglianza con­ tinua cui è sottoposta e il matrimonio combinato senza tener conto dei suoi desideri, soffocano completamente la sua per­ sonalità. D ’altra parte, il minor prestigio delle sue sorelle non titolate, che hanno per principale attività di gruppo quella di servire le donne più anziane, ha anche minor significato nella vita quotidiana del villaggio. Ad eccezione della taupo, la cui nomina dà occasione a una gran festa e a un’enorme distribuzione di beni da parte del suo capo ai capi oratori che dovranno, in seguito, sostenere e con­ fermare il suo rango, una ragazza samoana di buona famiglia ha due modi per fare il suo debutto. Il primo, l’entrata uffi­ ciale nell’Aualuma, è spesso tralasciato ed è più un tributo pa­ gato alla comunità che un atto di considerazione verso la ra­ gazza stessa. Il secondo consiste nel partecipare a un malaga, una comitiva in viaggio ufficiale. Può esservi ammessa come parente stretta della taupo, nel qual caso sarà presa nel vor­ tice dei divertimenti coi quali i giovani del villaggio ospitante accolgono gli ospiti; o può viaggiare come l’unica ragazza di una piccola comitiva e allora sarà trattata come una taupo. (Tutte le manifestazioni di vita sociale esigono la presenza di una taupo, di un manaia e di un capo oratore; se non sono pre­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

senti individui che portino realmente questi titoli, altre per­ sone devono assumerne il ruolo). Così nei rapporti sociali fra villaggi diversi la ragazza nubile samoana, sia come membro dell’Aualuma che va a visitare il manaia del malaga ospite e a ballare per lui, sia come visitatrice in un villaggio straniero, è onorata e riconosciuta dalla sua comunità. Ma queste sono occasioni eccezionali. Un malaga può ve­ nire solo una volta l’anno specialmente in M anu’a, che conta solo sette villaggi in tutto l’arcipelago. E nella vita normale del villaggio, in occasione di nascite, di morti, di matrimoni o altro, il cerimoniale non assegna nessun ruolo alle ragazze nu­ bili. Queste sono semplicemente incluse nelle “donne della casa” , che hanno il dovere di preparare il corredino per il neo­ nato o portare pietre da spargere sulla nuova tomba. E come se la comunità, avendo dato eccessiva importanza alla fan­ ciulla come taupo o come socia dell’Aualuma, si ritenesse ormai esonerata dal dovere di occuparsi di lei. Questo atteggiamento è favorito dal fatto che ci sono pochi tabù. In molte parti della Polinesia tutte le donne, specialmente nel periodo della mestruazione, sono considerate pe­ ricolose e causa di contaminazione. S ’impone quindi una sor­ veglianza sociale continua e rigorosa perché una società non può permettersi d ’ignorare i suoi membri più pericolosi al modo stesso che non può trascurare i membri più eminenti. Ma in Samoa una ragazza ha mezzi molto limitati per fare del male. Essa non può fare il tafolo, un pasticcio di frutto del pane, che del resto è quasi sempre fatto dai giovanotti, né fare il kava mentre ha le mestruazioni, ma non è obbligata a riti­ rarsi in una casa speciale, né a mangiar sola, né si è contami­ nati dal suo sguardo o dal suo contatto. Simile in questo ai giovani e alle donne più anziane, una ragazza sta alla larga dal luogo dove i capi sono intenti a lavori ufficiali, a meno che essa non abbia qualche incombenza speciale. Non è la pre­ senza di una donna che è proibita, ma l’immischiarsi non ri­ chiesto di persone di qualunque sesso. Nessuna donna può essere ufficialmente presente a una riunione di capi, a meno che non sia una taupo che fa il kava; ma qualunque donna può

VI - LA RAGAZZA NELLA COMUNITÀ

portare la pipa al marito, o recare un messaggio, purché la sua presenza non appaia troppo formale. L’unico caso in cui la femminilità della donna rappresenta in sé stessa un reale pe­ ricolo, è quello delle canoe e degli utensili da pesca, che la donna non deve toccare, perché la pesca ne sarebbe rovinata. Ma l’osservanza di questo divieto è affidata a singoli pesca­ tori, nelle case dei quali sono custoditi tutti gli arnesi da pesca. Le cose vanno del tutto diversamente nel gruppo familiare. Qui alle donne vengono riconosciute posizioni particolari e ben determinate. La più vecchia progenitrice, cioè la sorella dell’ultimo detentore del titolo o del suo predecessore, ha degli speciali diritti sulla distribuzione della dote che entra in casa. Essa ha diritto di veto sulla vendita di terra e altri im­ portanti affari di famiglia. La sua maledizione è la più terri­ bile che possa colpire un uomo perché ha il potere di rompere la linea genealogica e di fare estinguere il nome. Se un uomo si ammala, sua sorella deve giurare per prima di non avergli desiderato del male, perché la sua collera ha un grandissimo potere malefico. Quando un uomo muore, tocca a una zia pa­ tema o a una sorella di preparare il corpo per la sepoltura un­ gendolo con estratto di curcuma e sfregandolo con olio; la stessa parente siede vicino al morto e scaccia le mosche con un ventaglio che resterà di sua proprietà per tutta la vita. N el­ l’ordinaria amministrazione della casa, nelle sistemazioni eco­ nomiche tra parenti, nelle liti sulla proprietà o nelle contese di famiglia, le donne prendono parte altrettanto attiva quanto gli uomini. La fanciulla e la donna ricambiano la scarsa considerazione sociale in cui sono tenute con una corrispondente noncu­ ranza. Esse trattano con suprema indifferenza le tradizioni del villaggio, le genealogie dei titoli, i miti sulle origini e le storie locali, le complicazioni dell’organizzazione sociale. La ra­ gazza che sa dire il nome del suo bisnonno costituisce un’ec­ cezione, com’è un’eccezione il ragazzo che non sa esporre la sua genealogia nella forma tradizionale per diverse genera­ zioni. Mentre il ragazzo di sedici o diciassette anni cerca an­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

siosamente di afferrare il simbolismo esoterico del capo ora­ tore che ammira di più, la ragazza sua coetanea impara ap­ pena un minimo di etichetta. E questo, si badi, non perché le manchi l’abilità. La taupo deve avere una conoscenza meti­ colosa non solo degli usi sociali del suo villaggio, ma anche di quelli dei villaggi vicini. Essa deve servire gli ospiti senza esitazione e in piena regola dopo che il capo oratore ha de­ clamato i loro titoli e i nomi delle loro tazze per il kava. Se sba­ gliasse, sedendosi davanti a un pilastro che è prerogativa di una taupo di rango superiore, le seguaci della sua rivale le ti­ rerebbero i capelli ben bene. Essa impara a conoscere le in­ tricate combinazioni della vita sociale altrettanto bene come un ragazzo. Anche più rilevante è il caso della moglie di un capo oratore. Sia che essa venga scelta per la sua docilità da un uomo già insignito del titolo, sia che, come succede spesso, essa sposi un ragazzo che diviene più tardi un capo oratore, è sempre all’altezza della situazione. Nelle riunioni di donne, deve essere padrona dell’etichetta e della gerarchia indigena, deve infarcire i suoi discorsi con una massa di argomenti tra­ dizionali inintelligibili e con una gran ricchezza di allusioni, deve mantenere lo stesso tono di voce, lo stesso contegno al­ tero di suo marito; infine deve non solo rappresentare bene la sua parte, ma anche sapere insegnare, perché a lei spetta il compito di istruire la taupo. A meno che la comunità non ri­ conosca in questo modo la sua esistenza e richieda in larga mi­ sura il suo tempo e la sua abilità, la donna samoana si occupa pochissimo della comunità. Le donne sono altrettanto trascurate nel codice penale pri­ mitivo. Un uomo che abbia commesso adulterio con la mo­ glie di un capo, viene battuto e bandito, talvolta perfino an­ negato dalla comunità offesa, invece la donna è solo scacciata dal marito. La taupo che si rivela non più vergine, è soltanto battuta dalle sue parenti. Al giorno d’oggi, se al villaggio ca­ pitano dei guai che vengono attribuiti a qualche peccato non confessato da parte di un membro della comunità, il Fono e FAumaga si riuniscono e ingiungono a chi avesse qualche colpa sulla coscienza, di confessarla; ma niente di simile av­

VI - LA RAGAZZA NELLA COMUNITÀ

viene per YAualuma, né per le mogli dei matai. Questo è in perfetto contrasto con la confessione come si svolge nella fa­ miglia, perché allora la sorella vien chiamata per prima. In materia di lavoro, il villaggio ha poche e precise esigenze. E compito della donna coltivare la canna da zucchero, cucire le canne per il tetto della casa degli ospiti, tessere gli stoini di foglie di palma e portare i frammenti di corallo per il pavi­ mento. Quando le ragazze hanno una piantagione di gelso della carta, YAumaga le aiuta talvolta nel lavoro; le ragazze, dal canto loro, preparano un festino per i ragazzi e il tutto prende l’aspetto di un laborioso pic-nic. Ma fra il lavoro pro­ prio degli uomini e quello delle donne, vi è una rigida sepa­ razione. Le donne non compaiono dove si fabbricano case o barche, né prendono parte alla pesca in canoa, così è vietato agli uomini di entrare nella casa dove si tesse ufficialmente, o dove delle donne in gruppo stanno facendo il tapa. Se il la­ voro delle donne le obbliga ad attraversare il villaggio, quando, ad esempio, portano frammenti di corallo dalla spiaggia, gli uomini spariscono completamente, sia riunen­ dosi in una casa lontana, sia andando nel bosco o addirittura in un altro villaggio. Ma questo succede solo in occasioni so­ lenni. Se il marito sta fabbricando una nuova cucina per la famiglia, la moglie può stare a lavorare pochi passi più in là e un capo può sedere tranquillamente e intrecciare giunchi mentre sua moglie tesse una stuoia fine al suo fianco. Così, sebbene la donna, a differenza del marito e dei fra­ telli, passi la maggior parte del suo tempo nel cerchio più ri­ stretto della casa e della famiglia, essa è trattata, quando par­ tecipa alla vita della comunità, con lo stesso formalismo che caratterizza tutta l’attività sociale samoana. La maggior parte della sua attenzione, del suo interesse, è rivolta a un gruppo più limitato, ha un’impronta più personale e per questa ra­ gione è difficile valutare esattamente la differenza fra l’istinto sociale degli uomini e quello delle donne della Samoa. In quelle sfere che danno alle donne la possibilità di farsi va­ lere, esse prendono il loro posto con altrettanta abilità degli uomini. I capi oratori sono scelti appunto per la loro elo­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

quenza e le loro doti intellettuali; ma alla donna, è al m o­ mento del matrimonio che le viene imposto un compito che richiede molta arte oratoria, una fervida immaginazione, molto tatto e molta memoria.

VII

Relazioni sessuali formali

Il primo atteggiamento di una fanciulla verso i ragazzi è di antagonismo, unito al desiderio di evitarli. Essa applica il tabù di fratello e sorella agli altri ragazzi della sua casa e della sua famiglia e insieme alle coetanee del suo gruppo considera tutti gli altri ragazzini come nemici nati. Quando una bambina ha otto o nove anni, ha ormai imparato a non avvicinarsi a un gruppo di ragazzi più grandi. Questo sentimento di antago­ nismo verso i ragazzi più giovani e di putibondo ritegno verso i maggiori, continua fino all’età di tredici o quattordici anni, cioè fino al gruppo di ragazze che stanno raggiungendo la pu­ bertà e di ragazzi che sono stati da poco circoncisi. Questi bambini stanno ormai lasciando dietro di sé la vita e gli anta­ gonismi del gruppo dei coetanei. Essi non sono ancora ses­ sualmente consci, ed è in questo momento che le relazioni fra i due sessi hanno una carica emotiva minore. Infatti la ragazza samoana dovrà aspettare di essere una donna anziana con molti figli prima di poter di nuovo considerare il sesso op­ posto con tanta calma. Quando questi adolescenti si riuni­ scono, si prendono in giro l’un l’altro bonariamente, provano un minimo d’imbarazzo e in genere fanno dello spirito accu­ sando una ragazzina di amare ardentemente un decrepito ot­ tantenne, o accusando un ragazzo di essere il padre dell’ot­ tavo figlio di una formosa matrona. Eventualmente lo scherzo può consistere nel supporre che ci sia affetto tra due coetanei ed è naturalmente respinto con allegria e indignazione da ambo gli interessati. Ragazzi di questa età s’incontrano in balli

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

non ufficiali, ai margini di cerimonie più solenni, in occasione della pesca collettiva sugli scogli (quando una certa estensione di scoglio viene circondata per farne una grande trappola per i pesci) e a partite di pesca al lume delle torce. Piccole zuffe, prese in giro senza malizia, cooperazione nelle comuni atti­ vità, costituiscono la nota dominante in queste occasioni, ma disgraziatamente queste non sono né abbastanza frequenti né abbastanza prolungate per insegnare alle ragazze a collabo­ rare veramente, o per dar modo a maschi e femmine di ap­ prezzare giustamente la personalità di qualche membro del sesso opposto. Due o tre anni più tardi tutto questo sarà mutato. Il fatto che le ragazze non appartengono più al gruppo delle co­ etanee, rende le defezioni individuali meno evidenti. Il ra­ gazzo che comincia a interessarsi attivamente delle ragazze è visto più di rado con la sua banda e più spesso con un amico intimo. Le ragazze hanno perso tutta la loro noncuranza, ri­ dacchiano, arrossiscono, si adombrano, scappano via. I ra­ gazzi diventano timidi, imbarazzati, taciturni ed evitano la compagnia delle ragazze, sia di giorno che nelle sere di chiaro di luna, per le quali essi accusano le loro amiche di avere una preferenza esibizionistica. Le amicizie si formano più esclu­ sivamente entro il gruppo dei congiunti. Il ragazzo sente più della ragazza il bisogno di un confidente sicuro, perché sol­ tanto i più abili e impenitenti dongiovanni fanno la loro corte personalmente. Si capisce che vi sono occasioni in cui due adolescenti, per timore di esser messi in ridicolo dai loro stessi parenti ed amici, riescono ad eclissarsi e se ne vanno nei bo­ schetti. Più spesso capita che il primo amante di una ragazza sia un uomo anziano, un vedovo o un divorziato. E allora non occorre un ambasciatore; l’uomo anziano non è un timido, non ha paura e inoltre non potrebbe fidarsi di alcun interme­ diario: un giovane lo tradirebbe e un uomo maturo non pren­ derebbe seriamente i suoi amori. Ma il primo spontaneo espe­ rimento degli adolescenti e le incursioni amorose degli uo­ mini maturi fra le giovinette del villaggio sono varianti in mar­ gine ai tipi più noti di relazioni. Lo stesso si può dire della

VII - RELAZIONI SESSUALI FORMALI

prima esperienza di un ragazzo con una donna più matura. Sono casi molto frequenti e così il successo di un’avventura amorosa è raramente compromesso da una doppia ignoranza. Tuttavia nessuno di questi casi rientra nelle forme più comuni dei rapporti sessuali. Il ragazzino e la ragazzina sono bollati dai loro compagni come colpevoli di tautala lai titi (compor­ tarsi al di sopra della propria età) e lo stesso avviene per il ra­ gazzo che ama o aspira ad amare una donna più vecchia, mentre l’idea di un uomo maturo che corteggia una giovi­ netta, eccita fortemente il senso del ridicolo, oppure, se la ra­ gazza e molto giovane e ingenua, il senso dell’inopportunità. «E troppo giovane, ancora troppo giovane. Lui è troppo vec­ chio», dicono. E la disapprovazione fu unanime per un matai che si seppe essere il padre del piccino di Lotu, una ragazza di Olesega, sedicenne e debole di mente. Una sconcordanza nell’età o nell’esperienza, colpisce sempre come qualcosa di comico o di patetico, a seconda del grado cui giunge la spro­ porzione stessa. In teoria, la punizione riservata a una ragazza ribelle e fuggitiva, consiste nel maritarla ad un uomo molto vecchio ed io stessa ho sentito una bimbetta di nove anni ri­ dacchiare con disprezzo della simpatia di sua madre per un ragazzo di diciassette anni. La peggiore di queste eccezionali deviazioni è quella dell’uomo che amoreggia con qualche donna giovane e da lui protetta come una sua figlia adottiva o la sorella minore di sua moglie. Allora si grida all’incesto e qualche volta l’indignazione è tale che l’uomo se ne deve an­ dare. Oltre al matrimonio vero e proprio, vi sono solo due tipi di relazioni sessuali riconosciute, in certo modo, dalla comunità: l’amore fra giovani non sposati (compresi i vedovi) di età quasi uguale (che può portare al matrimonio, o può costituire una distrazione passeggera) e l’adulterio. Fra i non sposati, vi sono tre forme di relazione: il ritrovo clandestino “sotto le palm e” ; la fuga resa pubblica, avaga , e il corteggiamento ufficiale, in cui il giovane “siede davanti alla ragazza” . Vi è poi in margine, una curiosa forma di ratto subdolo, detto moetotolo cioè l’insinuarsi nel sonno, al quale

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

ricorrono i giovani che non hanno fortuna presso le ragazze. In questi tipi di relazioni, il giovanotto ha bisogno di un con­ fidente e ambasciatore, il soa. Quando si tratta di amici intimi, il soa può essere lo stesso per molte vicende amorose, altri­ menti può avere una funzione temporanea, limitata a un dato episodio. Il soa si comporta come un capo oratore, il quale reclama dal suo capo ricompense materiali per i servizi ideali che gli rende. Se la sua mediazione porta a un matrimonio, il soa riceve un bellissimo dono dallo sposo. La scelta di un soa presenta molte difficoltà. Se l’amante sceglie un ragazzo leale e fidato, un parente un poco più giovane che prenda a cuore i suoi interessi, un ragazzo che non ha pratica degli affari di cuore, è molto probabile che l’ambasciatore rovini tutto per inesperienza e per mancanza di tatto. Ma se sceglie un cor­ teggiatore bello ed esperto che sa come «parlare dolcemente e camminare con grazia», allora sarà molto facile che la ra­ gazza preferisca l’incaricato al mandante. Questa difficoltà viene superata, qualche volta, scegliendo due o tre soa desti­ nati a spiarsi l’uno con l’altro. Ma una tale mancanza di fiducia può avere una cattiva influenza sugli ambasciatori e un amante troppo prudente mi diceva, triste e deluso: «Avevo cinque soa-, uno era sincero e quattro erano falsi». Fra i soa possibili, due sono quelli da preferire: un fratello o una ragazza. Un fratello è leale per definizione, mentre una ragazza è molto più efficace, perché «un ragazzo può avvici­ nare la bella solo di sera o quando nessuno è presente; mentre una ragazza può stare con lei tutto il giorno, passeggiare con lei, stendersi vicino a lei sulla stuoia, mangiare nello stesso piatto e, fra un boccone e l’altro, mormorare il nome del ra­ gazzo, parlando sempre di lui e dicendo quanto è buono, gen­ tile, sincero, degno di amore. Il soa migliore è la soafafine, la donna ambasciatore». Ma le difficoltà per ottenere una soa­ fafine sono grandissime. Un ragazzo non può scegliere fra le sue congiunte, il tabù gli vieta di parlare di simili cose in loro presenza. Potrà ringraziare la sorte se l’innamorata di suo fra­ tello sarà una parente della fanciulla del suo cuore, o se gli capiterà di imbattersi in una ragazza o in una donna disposta

VII - RELAZIONI SESSUALI FORMALI

a lavorare in suo favore. Gli antagonismi più violenti, nei gruppi giovanili, non scoppiano fra ex amanti, non sono ali­ mentati dal veleno dell’abbandono, né dall’orgoglio ferito del respinto, ma nascono fra un ragazzo e il soa che l’ha tradito, o fra un amante e l’amica della sua bella che ha in qualche modo impedito il suo successo. Nell’amore strettamente clandestino, l’amante non si pre­ senta mai in casa dell’amata. Il suo soa può andarvi in gruppo o col pretesto di una commissione; o può anch’egli evitare la casa e trovar modo di parlare alla ragazza mentre sta pe­ scando, oppure quando va o torna dalla piantagione. Il suo compito è di tessere le lodi del suo amico, controbattere i ti­ mori e le obiezioni della ragazza e finalmente combinare un appuntamento. Questi romanzetti, in genere, durano poco e, tanto il giovane che la ragazza, possono mandarne avanti più di uno alla volta. Una delle cause di litigio più note è il risen­ timento del primo amante verso il suo successore della stessa sera «perché il ragazzo venuto dopo si burlerà di lui». Questi amanti clandestini si danno appuntamento ai margini del vil­ laggio. «Sotto le palm e» è la definizione convenzionale di questo genere di avventure. Molto spesso tre o quattro coppie si trovano nello stesso luogo, se le ragazze o i ragazzi sono al tempo stesso parenti ed amici. Se una ragazza fosse vicina a svenire o fosse presa da vertigine, sta al suo compagno di ar­ rampicarsi sulla palma più vicina e portar giù una noce di cocco per bagnarle la faccia, come si farebbe con l’acqua di colonia. Secondo gli indigeni, la promiscuità è punita con la sterilità e, viceversa, solo una prolungata monogamia è pre­ miata con il concepimento. Quando due amanti clandestini il cui rango è così basso da togliere ogni importanza econo­ mica al loro matrimonio, si affezionano realmente l’uno al­ l’altro e continuano la relazione per qualche mese, può capi­ tare spesso che si arrivi alle nozze. E la raffinatezza indigena distingue tra l’amante provetto, le cui avventure sono nume­ rose e di breve durata e l’uomo meno abile, che per provare la sua virilità deve amoreggiare a lungo e finire con il concepimento.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Spesso le ragazze hanno paura di avventurarsi nella notte infestata di spiriti e diavoli. Spiriti che strangolano, che ven- ■ gono in canoa da lontani villaggi per rapire le ragazze, spiriti che saltano sulla schiena e non ci si possono più scuotere di dosso. Talvolta una ragazza pensa che è più saggio restare a casa e, se necessario, fare in modo che si sappia della sua pre­ senza. In simili circostanze, l’amante sfida la casa; togliendo il lavalava egli si unge tutto il corpo con olio di cocco in modo da poter sgusciare tra le mani di eventuali inseguitori e non lasciar traccia, quindi alza gli stoini ed entra cautamente. Questa pratica, abbastanza comune, dà luogo all’episodio narrato in molte storie popolari polinesiane, a proposito della sorte infelice riservata allo sfortunato eroe che «dorme fino alla mattina, quando il sorgere del sole rivela la sua presenza agli altri abitanti della casa». Dato che nella casa dormono una dozzina o più persone e parecchi cani, osservare il dovuto si­ lenzio sarà precauzione sufficiente. Ma l’uso dei rendez-vous casalinghi si presta alle singolari gesta del moetotolo, o colui che s’insinua nel sonno. Il moetotolo è l’unica attività sessuale che presenta un quadro decisamente anormale. D opo il primo contatto con la civiltà dei bianchi, si sono verificati di quando in quando in Samoa ratti in forma di assalto violento. Questa forma, però, si accorda molto meno col carattere samoano del moe­ totolo, per mezzo del quale un uomo si appropria subdola­ mente dei favori destinati a un altro. La necessità di guardarsi dall’essere scoperti, rende impossibile ogni conversazione e l’intruso conta sul fatto che la ragazza aspetti realmente un amante, oppure crede di poter sperare ch’essa accetterà in­ discriminatamente il primo venuto. Se la ragazza s’insospet­ tisce e non vuol saperne, si mette a gridare e tutta la casa dà la caccia al colpevole. Acchiappare un moetotolo è conside­ rato molto sportivo e le donne, che sentono compromessa la loro sicurezza, sono anche più attive degli uomini in questa caccia. Un disgraziato giovane di Lum a non aveva avuto cura di togliersi il lavalava ; fu scoperto dalla ragazza, la sorella di lei riuscì a portargli via coi denti un pezzetto di lavalava prima

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ch’egli potesse fuggire e il giorno dopo lo mostrò a tutti con grande orgoglio. Dato che il ragazzo era stato così stupido da non distruggere il lavalava, questo fornì una prova irrefuta­ bile contro di lui, che divenne lo zimbello del villaggio. I ra­ gazzi scrissero una ballata sull’argomento e la cantavano ovunque egli andasse. Il problema del moetotolo è complicato dal fatto che un giovane della stessa casa può essere il colpe­ vole e confondersi poi nel parapiglia che segue alla scoperta scabrosa. Al tempo stesso fornisce un eccellente alibi alla ra­ gazza che ha solo da gridare: «Moetotolo», se il suo amante viene scoperto. Per la famiglia e per il villaggio può essere un moetotolo, ma non è così nel cuore della fanciulla e del ra­ gazzo. Due'motivi vengono forniti per quest’attività poco simpa­ tica: collera e insuccesso in amore. La ragazza samoana sa di far la civetta a rischio. «E ssa dirà: “Sì, verrò a incontrarti sta­ sera sotto il vecchio albero di cocco, proprio vicino alla pietra dei polipi, quando la luna sta per tramontare” . E il giovane aspetterà, aspetterà tutta la notte. Si farà molto meno scuro, delle lucertole gli cadranno sulla testa, le barche degli spiriti verranno nel canale; il poveretto avrà una gran paura. Ma aspetterà sino all’alba, finché i suoi capelli saranno molli di rugiada e avrà il cuore pieno d ’ira. E lei non verrà ancora. Dopo di questo, per vendicarsi, tenterà un moetotolo , tanto più se sentirà dire che quella stessa sera lei si è incontrata con un altro». La seconda spiegazione, offerta comunemente, è che un dato giovane non possa, con mezzi legittimi, conqui­ starsi una bella; e in Samoa non vi è alcuna forma di prosti­ tuzione, salvo la prostituzione degli stranieri. Ma questa spie­ gazione è poco ammissibile, dato che alcuni noti moetotolo erano fra i ragazzi più simpatici e più belli del villaggio. È più probabile invece, che respinti in uno o due tentativi di cor­ teggiamento, irritati dai successi vantati dai compagni e dalle beffe per la loro inesperienza, questi giovani buttino a mare tutta la procedura amorosa tradizionale e tentino un moeto­ tolo. E una volta scoperti, una volta bollati, non troveranno più una ragazza che voglia aver a che fare con loro. Devono

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

aspettare l’età matura, quando con una posizione e un titolo da offrire, potranno scegliere fra una donna sfiorita di facili costumi e la figlia giovane e riluttante di genitori egoisti e am­ biziosi. Ma devono passare molti anni e intanto, tagliato fuori dalle imprese amorose nelle quali s’imbarcano i suoi com­ pagni, succede che un ragazzo fa un tentativo dopo l’altro, tal­ volta con successo, talvolta riuscendo solo a esser preso e pic­ chiato; si fa schernire dal villaggio e si scava sempre più pro­ fonda la fossa sotto i piedi. Spesso una soluzione almeno in parte soddisfacente è data da relazioni con uomini. Vi era nel villaggio una coppia di questo genere, un noto moetotolo e un giovane serio, che desiderava di restar libero di cuore per dedicarsi alla politica. Il moetotolo perciò complica e rende più piccante l’amore che viene fatto in casa di nascosto, mentre il pericolo di far notare la propria assenza, il desiderio di evitare incontri, la pioggia e la paura degli spiriti, rendono complicato « l’amore sotto le palme». Tra questi intrighi, strettamente segreti, e una decisa offerta di matrimonio, vi è una forma intermedia di corteggiamento per la quale il giovane si reca a visitare la ragazza. Dato che questa è considerata una mossa in vista del matrimonio, oc­ corre che il parentado delle due parti sia più o meno ben di­ sposto verso una tale unione. Col suo soa al fianco, e munito di un paniere di pesce, di un paio di polpi o di un pollo, l’a­ spirante si presenta in casa della ragazza prima del pasto della sera. Se il dono è accettato, vuol dire che la famiglia della ra­ gazza gli permette di farle la corte. Il matai gli dà formalmente il benvenuto ed egli siede devotamente a capo chino durante la preghiera della sera; dopodiché resta a cena insieme al suo soa. M a il pretendente non si avvicina alla sua bella. Si suol dire: «S e volete sapere chi è il vero innamorato di una fan­ ciulla, non guardate il ragazzo che le siede vicino, la guarda audacemente negli occhi, si gira intorno alle dita i fiori della sua collana o ruba il fiore di ibisco dai suoi capelli per infilar­ selo dietro l’orecchio. Non pensate che sia colui che le sus­ surra dolcemente all’orecchio, e le dice: «Am or mio, aspet­ tami stasera. Dopo il tramonto della luna verrò», o che la pun­

VII - RELAZIONI SESSUALI FORMALI

zecchia, dicendo che ha molti amanti. Guardate invece il gio­ vane che siede lontano, a capo chino, e non prende parte allo scherzo, vedrete che i suoi occhi sono sempre volti dolce­ mente su di lei, che la guarda sempre e non perde un movi­ mento delle sue labbra. Forse alzerà le sopracciglia, forse gli farà un cenno con la mano. Egli deve stare attento e vegliare affinché nulla gli sfugga». Intanto il soa fa alla ragazza una corte ostentata e sapiente, e a mezza voce perora la causa del suo amico. D opo cena, il centro della casa viene lasciato ai gio­ vani per giocare a carte, cantare o sedere in circolo scam­ biando barzellette scollacciate. Questo tipo di corteggia­ mento può consistere in visite una volta ogni tanto o giorna­ liere. Il dono di cibarie non è obbligatorio ad ogni visita, ma la prima volta è indispensabile, come una presentazione in Occidente. La condizione di questi innamorati dichiarati è molto dura. La ragazza non desidera sposarsi né limitare i suoi amori in omaggio a un vero e proprio fidanzamento. Può darsi anche che il pretendente non le piaccia; come lui, a sua volta, può esser vittima di ambizioni di famiglia. Ora che tutto il villaggio lo conosce come suo corteggiatore, la ragazza sfoga la propria vanità evitandolo e tormentandolo. Il giovane ar­ riva la sera e lei è andata in un’altra casa; egli la segue là ed ecco che lei subito ritorna a casa sua. Quando tutto questo si conclude con una proposta di matrimonio accettata, il gio­ vane, di solito, va a dormire in casa della promessa sposa e spesso l’unione è consumata segretamente. Il matrimonio uf­ ficiale è differito in attesa che la famiglia dello sposo abbia piantato o raccolto abbastanza generi alimentari o altri beni e che la famiglia della ragazza abbia messo insieme una dote conveniente di tapa e di stuoie. In questo modo si svolgono le vicende amorose della gio­ ventù media dello stesso villaggio e dei villaggi vicini. Da queste libere e disinvolte sperimentazioni viene esclusa la taupo. La verginità è per lei un requisito legale. Al suo matri­ monio, davanti a tutta la gente, in una casa splendidamente illuminata il capo oratore dello sposo porterà la prova della sua verginità (questo uso è ora proibito dalla legge, ma si sta

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estinguendo solo gradualmente). Nei tempi andati, se risul­ tava che la taupo non fosse vergine, le donne del parentado si gettavano su di lei e la battevano con pietre sfigurandola e, tal­ volta ferendola mortalmente, per vendicare la vergogna in­ flitta alla casa. D opo questa prova pubblica, la sposa restava talvolta prostrata per un’intera settimana, mentre in genere bastano due o tre ore perché le ragazze si rimettano da una prima avventura e le donne raramente rimangono a letto dopo il parto più di poche ore. In teoria, questa cerimonia della prova della verginità faceva parte del rito nuziale della gente di ogni rango, ma veniva semplicemente ignorata se un gio­ vane sapeva che era una vuota formalità e «una ragazza saggia che non è vergine lo dirà senz’altro al capo oratore del suo sposo, così da non essere svergognata dinanzi a tutti». L a posizione dei samoani di fronte alla verginità è assai strana. Il Cristianesimo, come si sa, ha dato un valore morale alla castità, ma i samoani considerano questo principio con reverente ma totale scetticismo e il concetto di celibato non ha alcun significato per loro. La verginità però rende una ra­ gazza decisamente più attraente; godere i favori di una ver­ gine è considerato impresa più gloriosa della conquista di un cuore già esperto, e un dongiovanni degno di tal nome rivolge appunto sulle vergini la sua maggiore attenzione. Un tale che a ventiquattro anni sposò una ragazza ancora vergine fece ri­ dere tutto il villaggio alle sue spalle, giacché con la sua grande trepidazione rivelò che, a ventiquattr’anni e sebbene avesse avuto varie avventure amorose, non aveva ancora mai goduto i favori di una vergine. Lo sposo, la sposa e i relativi parenti, tutti crescono di pre­ stigio se essa risulta vergine; perciò la ragazza di un certo rango che volesse anticipare quella famosa cerimonia pu b­ blica avrebbe contro di sé non soltanto l’ansiosa sorveglianza dei parenti, ma anche la smania di prestigio del promesso sposo. Un giovane di nome Lotario fuggì con una ragazza di alto rango di un altro villaggio e si rifugiò nella casa del pro­ prio padre, tuttavia si rifiutò di vivere con lei perché, disse: «Pensavo che forse l’avrei sposata e ci sarebbe stato un grande

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malaga e una grande cerimonia; e mi conveniva aspettare e po­ termi vantare di sposare una vergine. Ma l’indomani venne suo padre e mi disse che essa non poteva sposarmi e lei pianse molto. Perciò le dissi: Suvvia, ormai non c’è più scopo di aspettare, ora possiamo fuggire nel bosco». E spiegabile che una ragazza voglia talvolta rinunciare al prestigio del m o­ mento pur di sfuggire alla pubblica prova, ma più le inten­ zioni del giovane sono onorevoli, più gli sforzi di lei saranno inutili. Così come il clandestino e casuale amore «sotto le palme» è la tipica trasgressione delle persone di umile nascita, la fuga è caratteristica negli amori della taupo e delle altre figlie di capi. Queste fanciulle della nobiltà sono strettamente sorve­ gliate: per loro, niente segreti compagni notturni né incontri furtivi durante il giorno. Mentre i genitori di classe inferiore ignorano compiacentemente le esperienze delle loro figliole, il gran capo veglia sulla verginità di sua figlia, come veglia sul­ l’onore del proprio nome, sul suo diritto di precedenza nella cerimonia del kava o su qualunque altra prerogativa del suo alto rango. Qualche vecchia donna della famiglia è incaricata di stare continuamente vicino alla ragazza e farle da guar­ diana. La taupo non può far visita in altre case del villaggio, 0 uscire sola di notte. Quando dorme, una donna più anziana le dorme a fianco, e non può mai andare in un altro villaggio senza accompagnatrice. Nel proprio villaggio disimpegna le sue mansioni quietamente, fa i bagni di mare e lavora nella piantagione, protetta com’è dalla gelosa sorveglianza delle donne del villaggio. Corre pochi rischi di moetotolo perché chi osasse offendere la taupo del suo villaggio, se anche non fosse più battuto a morte, come sarebbe accaduto nei tempi passati, dovrebbe pur sempre fuggire dal villaggio stesso. Il prestigio del villaggio è strettamente legato all’alta reputa­ zione della taupo e pochi giovani del villaggio oserebbero es­ sere suoi amanti. Il matrimonio sarebbe comunque escluso e 1 loro amici sarebbero più portati a disprezzarli come tradi­ tori, che ad invidiarli per il loro dubbio privilegio. Eventual­ mente, un giovane di altissimo rango dello stesso villaggio,

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può rischiare la fuga con la taupo , ma è cosa che avviene molto raramente, la tradizione vuole che la taupo si sposi un gran capo o un manaia di un altro villaggio. Un matrimonio di questo genere dà occasione a grandi festeggiamenti e so­ lenni cerimonie. Il capo e tutti i suoi capi oratori devono ve­ nire di persona a chiedere la mano della taupo, portando doni per i capi oratori di lei. Se questi sono convinti che si tratta di un partito ricco e desiderabile, e se i parenti sono soddi­ sfatti del rango e dell’aspetto del candidato, viene deciso il matrimonio. D ell’opinione della ragazza ci si cura molto poco. L’idea che il matrimonio della taupo riguarda i capi ora­ tori è così generalmente ammessa, che gli indigeni europeiz­ zati dell’isola principale rifiutano di far nominare taupo le loro figliole, perché i missionari dicono che una ragazza deve essere libera nella scelta e una volta che sia divenuta una taupo non c’è più niente da fare. Quando il fidanzamento è stabi­ lito, lo sposo ritorna al suo villaggio per raccogliere viveri e beni in vista del matrimonio. Il suo villaggio riserva per l’oc­ casione un pezzo di terra che si chiama “Il luogo della si­ gnora” , che sarà per sempre proprietà sua e dei suoi figli; su questo terreno viene fabbricata una casa per la sposa. Intanto 10 sposo ha lasciato in casa della fidanzata un capo oratore, che corrisponde alla figura più umile del soa. Questa è, per 11 capo oratore, una delle migliori occasioni per diventar ricco. Egli è là come rappresentante del suo capo per vegliare sulla futura sposa; lavora per la famiglia della sposa e ogni set­ timana il matai deve ricompensarlo con uno splendido dono. Come fidanzata di un capo, una condotta sempre più circo­ spetta s’impone alla ragazza. Se prima scherzava con i giovani del villaggio, ora non può più farlo, altrimenti il capo oratore, sempre pronto a notare qualche infrazione all’etichetta, andrà dal suo capo e gli riferirà che la sposa non merita tanto onore. Tale usanza si presta molto a eventuali pentimenti da una parte o dall’altra. Se lo sposo vuol mandare all’aria l’af­ fare, paga il suo capo oratore (che è generalmente un giovane, non uno di quei capi importanti che guadagnerebbero molto dal matrimonio stesso), perché sia molto suscettibile circa il

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contegno della sposa o il trattamento che egli stesso riceve nella famiglia. E questo è anche il momento in cui la sposa fuggirà se le sembrerà di non poter accettare il fidanzato. Perché, mentre nessun giovane del suo villaggio vorrà correre il rischio che comportano i suoi pericolosi favori, un giovane di un altro villaggio guadagnerà enormemente in prestigio se fuggirà con la taupo di una comitiva rivale. Dopo la fuga, la promessa di matrimonio è rotta, naturalmente; tuttavia gli adirati genitori possono rifiutarsi di sanzionare il matrimonio della figlia col suo amante e possono punirla dandola in sposa a un vecchio. E un tale onore, per il villaggio, se uno dei suoi giovani rie­ sce a fuggire con una taupo, che spesso, in un malaga, ogni sforzo è rivolto al rapimento della taupo la cui verginità verrà rispettata in ragione diretta della probabilità che la sua fami­ glia e il suo villaggio ratifichino il matrimonio. Dato che il ra­ pitore è spesso di alto rango, il villaggio accetta il compro­ messo, sebbene a malincuore. Questo sistema della fuga, che ha un certo senso viste le re­ strizioni cui va soggetta la taupo e la rivalità tra villaggi, non ne ha praticamente alcuno quando lo si vede praticato nelle classi inferiori. La sorveglianza esercitata sulle ragazze di una famiglia di media condizione è raramente così severa da fare del ratto l’unico mezzo per soddisfare i desideri amorosi. Ma la fuga è spettacolare: il giovane vuole accrescere la sua repu­ tazione di dongiovanni fortunato e la ragazza vuol proclamare la sua conquista, con la segreta speranza che la fuga finirà in matrimonio. La coppia fuggitiva si rifugia presso i genitori o presso parenti del ragazzo e aspetta là che i parenti della ra­ gazza vengano a cercarla. Un ragazzo raccontava così un’av­ ventura di questo genere: «C e ne fuggimmo sotto la pioggia, nove miglia fino a Leone, sempre sotto il diluvio, a casa di mio padre. L’indomani, la famiglia di lei venne a prenderla e mio padre mi disse: “Come stanno le cose? desideri di sposare questa ragazza, devo chiedere a suo padre di lasciarla qui?” . E io dissi: “Oh no, sono fuggito con lei solo per dare pubbli­ cità alla cosa”». Le fughe sono molto meno frequenti degli

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amori clandestini, perché una ragazza vi corre rischi molto maggiori. Essa rinunzia pubblicamente alla sua fama, spesso nominale, di verginità e si guasta con la sua famiglia, che in passato, ed eventualmente anche oggi, l’avrebbe picchiata ben bene e le avrebbe tagliato i capelli. Nove volte su dieci il suo amante è mosso soltanto da vanità e ostentazione, perché si usa dire: «L e ragazze detestano un moetotolo, ma tutte amano un uomo avaga», cioè un rapitore. La fuga viene adottata anche come mezzo pratico quando una famiglia si oppone a un matrimonio che la giovane coppia ha fermamente deciso. I due si rifugiano presso quei parenti che non sono ostili, ma se la famiglia non cede e non consente a legalizzare il matrimonio con uno scambio ufficiale di pro­ prietà, la coppia non può fare nulla per stabilire la propria po­ sizione. Possono avere avuto vari figli e ancora esser qualifi­ cati come fuggitivi e se finalmente, dopo molto tempo, il ma­ trimonio viene legalizzato, il marchio rèsta ugualmente su di loro e per sempre. Questo è molto più grave di una semplice accusa di infrazione sessuale, perché si accompagna alla pre­ cisa sensazione che tutta la procedura della comunità è stata offesa da una coppia di giovani da poco. Rapporti con scambio di doni fra le due famiglie sono man­ tenuti finché dura il matrimonio, e anche dopo se ci sono figli. La nascita di ogni bambino, la morte di un membro della fa­ miglia, la visita della moglie alla sua famiglia o del marito alla sua, nel caso che egli viva presso i parenti di lei, sono solen­ nizzati con l’offerta di doni. Nelle relazioni prematrimoniali i giovani si attengono stret­ tamente a un corteggiamento convenzionale. E una conven­ zione di parole, più che di fatti. Un giovane è solito dichia­ rare che morirà se una data ragazza gli rifiuta i suoi favori, ma i samoani ridono delle storie di amore romantiche, si burlano della fedeltà a una moglie o a un’amante troppo a lungo lon­ tana e credono fermamente che un nuovo amore guarirà da quello vecchio. La fedeltà che è seguita dalla gravidanza è giu­ dicata una prova positiva di vero attaccamento, sebbene il fatto di avere molte amanti non sia mai incompatibile con le

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dichiarazioni di affetto ad ognuna di esse. Serenate roman­ tiche, lettere d ’amore infuocate, struggenti effusioni verbali alla luna, alle stelle e al mare, tutto questo per l’amante sa­ moano presenta evidenti caratteristiche di superficialità, un p o’ come l’Anatol di Schnitzler. L’amore romantico come si riscontra nella nostra civiltà, strettamente unito all’idea di monogamia, di esclusivismo e di fedeltà assoluta, non esiste in Samoa. La nostra posizione comprende vari elementi, è il risultato finale di più linee convergenti nell’evoluzione della civiltà occidentale, dell’istituzione della monogamia, delle idee della cavalleria, dell’etica cristiana. Perfino un attacca­ mento appassionato per una data persona, che duri a lungo, anche se non corrisposto, e che tuttavia non escluda altre re­ lazioni, è raro fra i samoani. Il matrimonio, d’altra parte, è considerato come una combinazione economico-sociale, in cui la relativa ricchezza, il rango e l’abilità del marito e della moglie vanno debitamente calcolate. Vi sono molti matrimoni nei quali i due coniugi, specialmente se hanno passato la tren­ tina, sono completamente fedeli. Ma questo è da attribuirsi più che all’amore persistente per il coniuge, da un lato al buon adattamento sessuale e dall’altro al prevalere sugli interessi del sesso, di altri interessi come l’organizzazione sociale, per gli uomini, e i bambini per le donne. Dato che i samoani man­ cano delle inibizioni e della complicata sensibilità sessuale che rendono insoddisfacenti i matrimoni combinati, la felicità co­ niugale poggia più sull’infatuazione passeggera o sull’affetto: l’adattabilità e la convenienza divengono i fattori decisivi. L’adulterio non significa necessariamente la rottura del ma­ trimonio. La moglie di un capo che commette adulterio è ac­ cusata di aver disonorato la sua alta posizione e in genere è abbandonata, sebbene il capo mostri poi di offendersi se essa passa a seconde nozze con un individuo di rango inferiore. Se l’amante è giudicato il più colpevole, il villaggio si vendi­ cherà pubblicamente su di lui. In casi meno clamorosi, l’im­ portanza che si dà all’adulterio varia a seconda del rango re­ lativo del colpevole e dell’offeso, o della gelosia personale, che è suscitata solo raramente. Se il marito o la moglie offesi

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sono così irritati da minacciare atti di violenza fisica, il col­ pevole può essere obbligato a ricorrere a un pubblico ifoga , la cerimonia di umiliazione davanti alla persona di cui si chiede il perdono. Il colpevole va alla casa dell’uomo che ha offeso accompagnato da tutti gli uomini della sua famiglia, avvolti ognuno in una stuoia fine, che rappresenta la valuta del paese. I supplicanti si siedono fuori della casa con le stuoie distese sulla testa, le braccia conserte, le teste chine nell’atteggiamento della più profonda umiliazione e dispe­ razione. « E se l’uomo è molto in collera non parlerà; per tutto il giorno baderà ai fatti suoi: intreccerà giunchi con agile mano, parlerà ad alta voce con sua moglie, lancerà saluti a quelli che passano per la strada, ma non degnerà di uno sguardo coloro che siedono sul suo terrazzo e che non osano alzar gli occhi o muoversi per andar via. Nei tempi andati se non si lasciava commuovere, poteva prendere una mazza per andare, con i suoi parenti, a uccidere quelli che sedevano fuori; ma ora li fa soltanto aspettare, aspettare tutto il giorno. Il sole piomba su di loro oppure la pioggia scroscia sulle loro teste, ma lui non dirà una parola. Finalmente, verso sera, dirà: “venite, ora basta. Entrate e bevete il kava. Mangiate il cibo che vi offro e gettiamo in mare i nostri dispiaceri”». Al­ lora le belle stuoie sono accettate come indennizzo dell’of­ fesa, Vifoga entra a far parte della storia del villaggio e i pet­ tegolezzi dicono: «O h, sì, Lua! No, lei non è la figlia di Iona. Suo padre è quel capo nel villaggio vicino. Egli “ifod” Iona prima che lei nascesse». Se il reo è di rango molto inferiore al marito offeso, il suo capo, o suo padre (se si tratta di un ragazzo molto giovane) dovrà umiliarsi in sua vece. Quando la colpevole è una donna, tocca a lei o alle donne sue p a­ renti, di fare ammenda in modo simile. Esse correranno un rischio assai maggiore di essere coperte di insulti e battute ben bene, poiché i mansueti insegnamenti cristiani, forse perché intesi a vietare le uccisioni vere e proprie piuttosto che gli scontri femminili altrettanto fatali, hanno modificato le attività bellicose delle donne in minor misura di quelle degli uomini.

VII - RELAZIONI SESSUALI FORMALI

Se, d ’altra parte, una moglie ne ha proprio abbastanza del marito, o un marito della moglie, il divorzio è una cosa molto semplice e senza formalità: il coniuge che non è in casa pro­ pria torna presso la sua famiglia e la relazione “cessa di esi­ stere” . Si tratta di una monogamia molto fragile, spesso in­ crinata, più spesso ancora rotta del tutto. Ma esistono molti adulteri come tra uno scapolo impenitente e una donna m a­ ritata o tra un giovane momentaneamente vedovo e una ra­ gazza, che non minacciano seriamente la continuità di rela­ zioni già stabilite. La donna ha dei diritti sulla terra della sua famiglia, e ciò la rende indipendente quanto suo marito; così non esistono matrimoni di una certa durata se uno dei co­ niugi è veramente infelice. Una piccola lite e la donna se ne va a casa della sua famiglia; se il marito non ci tiene a ricon­ ciliarsi, ognuno dei due cerca un altro compagno. All’interno della famiglia, la moglie obbedisce e serve il m a­ rito, in teoria; mentre naturalmente, il marito tiranneggiato è fenomeno assai comune. Nelle famiglie di alto rango, il ser­ vizio personale che la moglie deve fare al marito viene pas­ sato alla taupo e al capo oratore, ma la moglie conserva sempre il diritto di rendere a un gran capo i sacri servizi per­ sonali, come il taglio dei capelli. Il rango di una moglie non può mai sorpassare quello del marito, perché dipende sempre strettamente da questo. La sua famiglia può essere più illustre e più ricca di quella del marito, l’influenza da lei esercitata sugli affari del villaggio può essere maggiore in virtù dei suoi consanguinei; ma per quanto riguarda la vita della casa o del villaggio, essa è una tausi, moglie di un capo oratore, o una faletua, moglie di un capo. Questo, talvolta, dà luogo ad un conflitto, come nel caso di Pusa, che era la so­ rella dell’ultimo detentore del più alto titolo dell’isola. Questo titolo era momentaneamente estinto. Essa era anche la moglie del più alto capo del villaggio. Se suo fratello, l’e­ rede, avesse ripreso il più alto titolo, il rango di suo marito e di lei stessa come moglie, ne avrebbe sofferto. Perciò aiutare suo fratello equivaleva a diminuire il prestigio di suo marito. Ma Pusa, che era di quelle donne che preferiscono l’in­

L’ ADOLESCENZA IN SAMOA

fluenza segreta ai pubblici omaggi, si mise senz’altro dalla parte del fratello. Tali conflitti non sono rari, ma mettono di fronte a una scelta che in genere, è suggerita da considera­ zioni di residenza. Se una donna vive nella casa del marito, e per di più in un altro villaggio, è suo interesse sostenere la causa del marito, ma se essa vive presso la propria famiglia e nel suo proprio villaggio, molto probabilmente resterà ligia a suoi consanguinei che le conferiscono lustro e privilegi, anche se non le danno una posizione ufficiale.

Vili

La funzione della danza

La danza è la sola attività alla quale partecipano ambo i sessi e quasi tutte le età, perciò offre un’occasione unica per una analisi dell’educazione. Nella danza vi sono dei virtuosi, ma non dei veri maestri. E un’attività altamente individuale, che si svolge in una cornice sociale. Questa cornice varia da un modesto ballo, cui assi­ stono da dieci a venti persone, ai grandi festeggiamenti di un malaga (viaggio in comitiva), o di un matrimonio, quando la casa per ospiti più grande del villaggio è affollata interna­ mente e circondata all’esterno di spettatori. Secondo la gran­ dezza e l’importanza della festa, cambia anche l’etichetta dei preparativi. In genere, anche un piccolo siva (ballo) prende occasione dalla presenza di due o tre giovani stranieri prove­ nienti da un altro villaggio; e il trattenimento ha luogo divi­ dendo i partecipanti in due gruppi: gli ospiti e i visitatori, che a turno provvedono alla musica e alle danze. Questo schema è seguito anche se il malaga è composto di due sole persone, nel qual caso alcuni ospiti vanno a ingrossare le file dei visi­ tatori. A questi piccoli balli alla buona imparano a ballare i bam ­ bini. Nella parte anteriore della casa siedono i giovani che, data l’occasione, rappresentano il centro dell’interesse e la maggiore autorità. Il matai e sua moglie, ed eventualmente un matai parente e gli altri anziani della famiglia siedono nella parte posteriore della casa, luogo comunemente riservato ai giovani. Alle estremità si assiepano donne e bambini, mentre

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

i giovani e le ragazze che non fanno parte della festa, ma pos­ sono esservi chiamati ad ogni momento, stanno a spiare dal di fuori. In simili occasioni sono generalmente i bambini che aprono le danze, possibilmente bambini di sette o otto anni. La moglie del capo, o uno dei giovani, chiama per nome i bambini che si dispongono in gruppi di tre, talvolta tutti ra­ gazzi o tutte fanciulle, talvolta con una fanciulla tra due ra­ gazzi secondo il raggruppamento convenzionale della taupo coi suoi due capi oratori. I giovani che siedono in gruppo al centro della casa, provvedono alla musica; uno di essi si alza in piedi e dirige il canto coll’accompagnamento di uno stru­ mento a corda importato, che ha preso il posto del primitivo tamburo di bambù dei tempi antichi. Il capo dà l’intonazione e tutta la compagnia si unisce al canto, oppure batte le mani, o batte con le nocche sul pavimento. I ballerini stessi sono giu­ dici della musica e non è considerata un’impertinenza quella del ballerino che si ferma sul più bello e reclama una musica migliore per continuare a ballare. Le canzoni che vengono cantate sono poche; la gioventù di un villaggio conosce di rado la musica di più di una dozzina di canzoni e forse il doppio di parole da cantarsi ora su di un’aria ora su di un’altra. La costruzione dei versi è basata unicamente sul nu­ mero delle sillabe, i cambiamenti di accento sono permessi e la rima non è obbligatoria, perciò ogni nuovo avvenimento s ’inserisce facilmente nel vecchio schema e nomi di villaggi e di individui vengono introdotti con la massima libertà. Il con­ tenuto delle canzoni prende facilmente un carattere estremamente personale con molti tratti satirici, dei quali i vari indi­ vidui e i loro villaggi fanno le spese. L a partecipazione del pubblico allo spettacolo cambia se­ condo l’età dei ballerini. Nel caso di bambini più piccoli, si ode un continuo benevolo commento: «Più presto! Piegati più giù! Più giù! Ripetilo! Lega il tuo lavalavaì». Se invece è la volta di fanciulle e ragazzi più esperti, il pubblico li inco­ raggia con un costante mormorio di «Grazie, grazie! Grazie per il vostro ballo. Bellissimo! Splendido! Affascinante! Bravo!» che è molto simile all’effetto degli “amen” delle pre­

V ili - LA FUNZIONE DELLA DANZA

ghiere. Queste espressioni di cortesia divengono quasi liriche quando chi balla è una persona di rango, che fa una conces­ sione solo per il fatto di ballare. I bambini piccoli vengono fatti esibire così in pubblico dopo un minimo di istruzione preliminare. Come lattanti in braccio alla madre, proprio durante riunioni di questo genere, hanno imparato a batter le mani prima che a camminare ed il ritmo è fissato per sempre nella loro mente. All’età di due o tre anni, a casa loro, in piedi su una stuoia, hanno battuto le mani a tempo col canto degli adulti. Ora devono danzare da­ vanti a un gruppo numeroso di persone. Si vedono dei po­ veri bimbi terrorizzati, con gli occhi sbarrati, tenersi vicino a dei bimbi appena un poco più grandi, battere le mani dispe­ ratamente e cercare di eseguire nuovi passi copiati lì per lì dai loro compagni. Ogni progresso è salutato con grandi ap­ plausi. Il bambino che si è distinto all’ultima riunione, viene chiamato per primo, giacché il pubblico si preoccupa del pro­ prio divertimento e non di fare esercitare ugualmente tutti i bambini. Perciò alcuni di essi sopravanzano rapidamente gli altri non solo per essere maggiormente dotati, ma per aver de­ stato maggiore interesse ed aver avuto più numerose occa­ sioni. Questa tendenza a far sempre provare e riprovare il bambino di maggior talento è contrastata in certo modo dalla rivalità tra i parenti, che cercano di mettere avanti i loro pic­ cini. Mentre i bimbi danzano, i ragazzi e le ragazze più grandi ab­ belliscono le loro vesti con fiori, collane di conchiglie, brac­ cialetti e cerchi alle caviglie fatti di foglie. Qualcuna di loro probabilmente scapperà a casa e tornerà indossando un’ela­ borata gonna di scorza. Dalle provviste di casa si prende una bottiglia di olio di cocco per frizionare il corpo dei ballerini non giovanissimi. Se fra i presenti c’è una persona di rango ed essa consente a danzare, la famiglia ospitante tirerà fuori le stuoie e i tapa più belli, perché servano da costumi. Tal­ volta questo cambiamento di vestiario improvvisato assume una tale importanza che si ricorre a una casa attigua da usare come spogliatoio. Altre volte invece è fatto così alla buona che

L’ ADOLESCENZA IN SAMOA

può capitare a spettatori, che stavano riuniti all’esterno, av­ volti solo in lenzuoli, di dover prendere in prestito un vestito o un lavalava da qualche altro spettatore per poter presentarsi dove si balla. La forma della danza in sé stessa è spiccatamente individua­ listica. Nessuna figura è prescritta, salvo poche battute di mano di prammatica che aprono il ballo, e l’uso di uno dei pochi finali stabili. Vi sono venticinque o trenta figure, due o tre specie di passaggi e almeno tre forme distinte: la danza della taupo, la danza dei giovani e la danza dei buffoni. Queste tre forme sono relative alla specie della danza e non alla con­ dizione di chi la esegue. La danza della taupo è grave, distante, bellissima. La ragazza deve mantenere un’espressione fissa, sognante, distaccata, piena di nobiltà. L’unica alternativa per­ messa a questa espressione è una serie di smorfie di natura più insolente che comica, le quali raggiungono il loro effetto più che altro per il forte contrasto che oppongono alla consueta gravità. Anche il manaia, è obbligato a comportarsi nello stesso modo decoroso e ispirato a dignità. La maggior parte delle ragazzine e alcuni ragazzini compongono le loro danze secondo questa convenzione. I capi, nelle rare occasioni in cui acconsentono a danzare, e le donne più anziane di alto rango, possono attenersi a questo stile, oppure adottare la parte di un commediante. Il ballo dei ragazzi è molto più allegro di quello delle ragazze; vi è una libertà di movimento assai mag­ giore e molta forza di espressione nel suono prodotto dai colpi rapidi e ritmici dati sulle parti nude del corpo, ciò che pro­ duce un crepitio come di tamburo. Questa forma non è la­ sciva né languida, sebbene la danza della taupo presenti am­ bedue questi caratteri; è atletica, rude, esuberante e la sua at­ trattiva è costituita in gran parte dalla destrezza con cui i bal­ lerini si colpiscono in rapida e difficile successione. La danza dei buffoni è propria di coloro che danzano al lato della taupo o del manaia e li onorano burlandosi di loro. E più che altro la prerogativa dei capi oratori e dei vecchi e delle vecchie in generale. La sua vera ragione d’essere è il contrasto: il buf­ fone, con la sua comicità, è un contrapposto alla danza so­

V ili - LA FUNZIONE DELLA DANZA

lenne della taupo, e più elevato è il rango della taupo , più ele­ vato sarà il rango delle donne e degli uomini che si degne­ ranno, con le loro pagliacciate di far risaltare la sua abilità. Il ballo di questi buffoni è caratterizzato da mosse comiche, da giochi grossolani dall’esagerazione delle figure più comuni, da un gran rumore fatto battendosi con la palma distesa sulla bocca aperta e un gran saltare in giro e pestare sul pavimento. Il clown è talvolta così abile che si pone al centro del ballo in queste solenni occasioni. La bambina che impara a ballare, può scegliere fra queste tre forme, può disporre di venticinque o trenta figure per combinare le tre danze e, ciò che è più importante, può os­ servare i singoli ballerini. L a prima idea che mi feci dell’abi­ lità dei ragazzi più piccoli, fu che ognuno di essi prendesse a modello una ragazza o un ragazzo più grande, per poi diligen­ temente e servilmente copiare la danza. Ma non trovai mai un solo bambino che volesse ammettere di aver copiato, né che avesse coscienza della cosa. Né trovai poi, conoscendo meglio il gruppo, che il modo di ballare di un dato ragazzo potesse essere attribuito decisamente all’imitazione di un altro ballerino. Lo stile di ogni danzatore di qualche merito è conosciuto in tutto il villaggio e quando lo si copia, ciò avviene apertamente. Così di Vaitogi, la fanciulla che tiene le braccia parallele alla testa con la palma della mano in giù, che avanza un poco piegata ed emettendo dei suoni sibilanti, si dirà che balla alla Sina. Tale imitazione non è un difetto; chi la esegue non se ne vergogna né se ne gloria in modo particolare. Il pub­ blico non la disapprova, tuttavia il desiderio d’individualità è tale che un ballerino raramente farà una di queste imita­ zioni più di una volta in una serata, e se due ragazze ballano in modo simile, ciò avverrà a dispetto degli sforzi di ambedue e non perché esse cerchino di imitarsi. Naturalmente le danze dei vari bambini sono molto più simili fra loro di quelle delle ragazze e dei giovani che hanno avuto tempo e occasione di farsi uno stile proprio. L’atteggiamento degli adulti verso la precocità nel canto, nel dirigere il canto o la danza, è in assoluto contrasto col loro

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

atteggiamento verso qualunque altra forma di precocità. Quando si tratta di ballo, non si sente mai risuonare la temuta accusa: «T i stai comportando al di sopra della tua età!». Dei ragazzini che in altre occasioni sarebbero rimproverati e forse anche frustati per un comportamento analogo, possono pa­ voneggiarsi, fare smargiassate e mettersi in vista senza incor­ rere in una parola di disapprovazione. I parenti si crogiolano allo spettacolo di una precocità che in qualsiasi altro campo li farebbe morire di vergogna. In queste occasioni semi-ufficiali la danza agisce realmente come fattore educativo. Nella danza solenne della taupo o del manaia e dei loro capi oratori, a un matrimonio o a un malaga, con grande sfoggio di costumi, con obbligatoria distribuzione di doni e con la continua preoccupazione di precedenze e pre­ rogative, non vi è posto per dilettanti o per bambini; essi pos­ sono solo pigiarsi fuori della casa e stare à’ guardare. Questo tipo di cerimonia così elaborata e stilizzata ha anche la fun­ zione di offrire un modello e dare animazione alle feste non uf­ ficiali che parzialmente ne imitano la grandiosità. L’influenza della danza sull’educazione e sociabilità dei bambini samoani è duplice, In primo luogo serve a controbi­ lanciare efficacemente lo stato di sottomissione rigorosa in cui sono tenuti generalmente i bambini. Qui non si dice più: «S e ­ dete e state ferm i!», bensì: «Alzatevi e ballate!». I bambini formano effettivamente il centro del gruppo, invece di esserne le appendici appena tollerate. I genitori e gli altri parenti sono larghi di elogi, allo scopo di far notare la superiorità dqi loro bambini su quelli dei vicini o dei visitatori. La grande impor­ tanza che in genere si dà all’età, cede un poco davanti all’im­ portanza di una maggiore abilità. Ogni bambino è una per­ sona che ha un compito particolare, senza distinzione di sesso o di età. L’accento che si pone sull’individualità arriva a tal punto da nuocere alla danza come rappresentazione estetica. Il ballo formale degli adulti, con le sue file di danzatori, la taupo al centro con ai lati un egual numero di ballerini che hanno lo sguardo fisso su lei e con ogni movimento cercano di far risaltare la sua danza, perde sia di simmetria che di unità

Vili - LA FUNZIONE DELLA DANZA

nell’esecuzione dei giovanetti ambiziosi. Ogni ballerino si muove facendo completamente astrazione dagli altri, con uno splendido individualismo; non vi è alcuna pretesa di coordi­ nazione, né si pensa di subordinare le ali al centro della linea. Spesso non si fa attenzione ai compagni neppure quanto basta per non urtarsi continuamente. E una vera orgia di esibizio­ nismo individualistico e aggressivo. Questa tendenza, che si palesa così chiaramente nelle occasioni non ufficiali, non al­ tera la perfezione della danza convenzionale allorché la solen­ nità della circostanza tiene in scacco l’aggressività degli ese­ cutori. La danza formale interessa personalmente solo le per­ sone di rango o il virtuoso, al quale dà occasione di mostrare la sua bravura. L’altro effetto del ballo è la riduzione della timidezza. In ma­ teria di timidezza e di coscienza esagerata di sé stessi, vi è tra un bambino samoano e l’altro, la medesima differenza che possiamo notare tra i nostri bambini, ma mentre i nostri bam ­ bini più timidi non vorranno mai mostrarsi in pubblico, il bambino samoano appare triste e agitato, ma balla lo stesso. Prender parte allo spettacolo è considerato inevitabile e il bambino fa comunque un minimo di sforzo per eseguire ciò che si richiede da lui, levandosi in piedi e facendo un certo nu­ mero di movimenti. Gli effetti benefici di questo precoce as­ suefarsi agli sguardi del pubblico e il controllo del corpo che ne risulta, si notano più nei ragazzi che nelle ragazze. Ragazzi di quindici o sedici anni ballano con una grazia e un com­ pleto abbandono che sono una vera gioia per gli spettatori. La giovinetta adolescente che può avere un’andatura terribil­ mente goffa e sgraziata e mancare del tutto di coordinazione nei movimenti, diventa, quando balla, una persona graziosa e sicura di sé. Ma questa disinvoltura e questo equilibrio pare che non siano trasferiti nella vita quotidiana delle fanciulle così facilmente come si verifica per i ragazzi. Questi balli senza etichetta hanno un lato per il quale si av­ vicinano ai nostri sistemi educativi più di qualunque altro aspetto dell’educazione samoana; perché in questo caso il bambino precoce è applaudito, esaltato, messo in condizione

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

di dar sempre nuove prove della sua abilità, mentre il bam ­ bino stupido viene rimproverato, trascurato, messo da parte. Questa differenza nella facoltà di esercitarsi produce distin­ zioni sempre maggiori nell’abilità dei ragazzi man mano che crescono. Il complesso di inferiorità del tipo classico, così fre­ quente nella nostra società, è raro in Samoa, dove il senso di inferiorità sembra derivare da due fonti: la goffaggine nei rap­ porti sessuali, che è propria dei giovani già formati e produce il moetotolo, e la goffaggine nel ballo. H o già citato la storia della fanciulla timida oltre ogni dire, che le sue prospettive di alto rango avevano obbligata a mettersi in vista rendendola terribilmente diffidente e imbarazzata. E la più infelice delle ragazze più grandi era Masina, che aveva passato da tre anni la pubertà. Masina non sapeva bal­ lare; tutti, nel villaggio, erano a conoscenza di questo fatto e i suoi coetanei la compiangevano, i ragazzi più giovani la pren­ devano in giro. Aveva poco fascino, era umile, goffa, timida e sempre a disagio. I suoi cinque innamorati erano stati tutti casuali, temporanei, senza importanza. Masina frequentava ragazze molto più giovani di lei, non aveva fiducia in sé stessa; nessuno la chiedeva in sposa e non si sarebbe maritata finché la sua famiglia non avesse avuto bisogno di quella specie di proprietà che forma il prezzo di una sposa. E interessante notare che questa unica circostanza in cui gli adulti si mettono decisamente contro i bambini meno pro­ mettenti, sembra sia anche, per i bambini ciò che dà loro il più grave senso di inferiorità. La grande importanza che si dà al ballo, non va a danno dei ragazzi che hanno dei difetti fisici. Ogni difetto invece è messo a profitto nella forma della danza, o compensato dalla perfe­ zione della danza stessa. H o visto un ragazzo terribilmente gobbo, che aveva studiato un’imitazione ingegnosissima di una tartaruga e anche un ballo in collaborazione con un altro ragazzo che lo portava sulle spalle. Ipu, il piccolo albino, dan­ zava con deliziosa facilità riscuotendo molti applausi, mentre Laki, il pazzo, che aveva la fissazione di essere il gran capo del­ l’isola, era felice di ballare per chiunque gli parlasse con le eia-

V ili - LA FUNZIONE DELLA DANZA

borate frasi di cortesia dovute al suo rango. Il fratello muto del gran capo del villaggio, utilizzava i suoni gutturali da sordo-muto, come accompagnamento per il suo ballo; e i fra­ telli di un povero scemo di quattordici anni gli coprivano il capo con dei rami, ispirandogli un’attività ritmica frenetica che faceva pensare a un cervo preso con le corna in un cespu­ glio. La più precoce ballerina in Tau era quasi cieca. Così ogni difetto, ogni manchevolezza erano inclusi in questo comune sfruttamento della personalità. Una fanciulla, quando balla, è quasi sempre del tutto di­ versa da com’è nella vita di tutti i giorni; tuttavia se si è cono­ sciuta per lungo tempo, si potrà anche indovinare il tipo di ballo in cui essa si produrrà. Ciò è particolarmente facile nel caso di ragazze di tipo mascolino, ma si resta spesso sorpresi della profonda raffinatezza espressa nella danza di una fan­ ciulla quieta e silenziosa o dai gesti lenti e aggraziati di una rumorosa chiassona. Spettacoli formali di danza sono un trattenimento sociale riconosciuto e la più grande cortesia che un capo possa usare verso un ospite è quella di far danzare la sua taupo per lui. Così i ragazzi ballano dopo esser stati tatuati; il manaia balla quando va a chiedere la mano della sposa e questa balla alle proprie nozze. Nei festini notturni di un manaia , la danza di­ viene spesso palesemente oscena e di carattere provocante, ma questi particolari episodi hanno meno importanza della funzione che la danza non formale esercita sullo sviluppo della individualità, giusto compenso al principio di repres­ sione della personalità che domina negli altri campi deliavita.

L’atteggiamento verso la personalità

La facoltà con la quale le divergenze di carattere possono essere sanate da un cambiamento di residenza fa sì che i sa­ moani non si opprimano troppo reciprocamente. I loro giu­ dizi sulle persone sono un curioso miscuglio di prudenza e di fatalismo. Vi è un termine: musu , il quale esprime contrarietà e intrattabilità sia nell’amante che non vuol più saperne di un innamorato fino allora ben accetto, sia nel capo che non vuol prestare ad altri la sua coppa del kava, sia nel bimbo che non vuol andare a letto, o nel capo oratore che non vuol parteci­ pare a un malaga. La comparsa di un atteggiamento musu è trattata con rispetto quasi superstizioso. Gli amanti danno ri­ cette per la cura delle am ate «affinché non divengano musu», e chi chiede un favore si studia ugualmente di non suscitare tale misteriosa fatalità. Sembra che l’idea sia non tanto quella di trattare un individuo a seconda di ciò che lo interessa par­ ticolarmente, allo scopo di stabilire con lui una relazione per­ sonale favorevole, facendo appello ora alla vanità, ora alla paura, ora al desiderio di potere, ma piuttosto quella di sce­ gliere e usare qualche mezzo potente per evitare l’insorgere di un fenomeno psicologico diffuso e misterioso. Una volta com­ parso l’atteggiamento tanto temuto, il samoano, in genere, ab­ bandona la lotta senza chiedere particolari e con un minimo di recriminazioni. Da questa accettazione fatalistica di un at­ teggiamento inesplicabile proviene una mancanza di curiosità per i motivi. I samoani non sono affatto insensibili ai contrasti fra le persone, ma nel loro giudizio su tali contrasti predomina

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

sempre il concetto di un’istintiva ostinazione, una tendenza ad adombrarsi, un’irascibilità, una contro-suggestionabilità e altre tendenze particolari, tutte destinate a sfociare in un at­ teggiamento musu. Questa particolare mancanza di curiosità è favorita dalla consuetudine di accettare una risposta completamente am­ bigua per qualunque domanda personale. La risposta più ca­ ratteristica a ogni domanda sui motivi che uno ha avuto per agire in un dato modo è: Ta ilo («vattelappesca»), talvolta reso più specifico dall’aggiunta di: «N on lo so» (cfr. Appendice I, note al Capitolo IX). Questa è considerata una risposta ade­ guata e accettabile nella conversazione comune, sebbene sia troppo recisa per venire usata in occasioni di cerimonia. Così radicato è l’uso di questa frase evasiva che fui costretta a di­ chiararla tabù per le bambine, altrimenti non avrei ottenuto una risposta diretta nemmeno alla domanda più semplice. Quando questa risposta ambigua è combinata con la dichia­ razione che uno è musu, ne risulta come conclusione un’altra frase per niente rivelatrice: «Vattelappesca; ebbene non vo­ glio e basta». Si darà il caso di progetti abbandonati di figli che rifiutano di vivere in casa, di matrimoni che vanno all’aria; se ne parlerà nel villaggio, ma quanto alle cause di tutto questo, la gente si stringerà nelle spalle e non chiederà di più. Vi è una curiosa eccezione a questo atteggiamento. Se una persona si ammala, se ne cerca la spiegazione prima di tutto nei rapporti coi parenti. La collera nel cuore di un parente, specialmente di una sorella, ha un enorme potere malefico, perciò tutta la famiglia viene riunita, si distribuisce il kava e ad ognuno viene solennemente ingiunto di confessare quale astio c’è nel suo cuore contro la persona malata. Questa in­ giunzione è seguita da solenni proteste, oppure da confessioni dettagliate. «L a settimana scorsa mio fratello venne in casa e mangiò tutto il cibo e io fui adirata tutto il giorno»; oppure: «M io fratello ed io avemmo una lite e mio padre prese le parti di mio fratello ed io m ’irritai contro di lui per il suo favori­ tismo verso mio fratello». Ma questa cerimonia speciale fa ri­ saltare anche maggiormente la generale mancanza d’interesse

IX - L’ ATTEGGIAMENTO VERSO LA PERSONALITÀ

per la ricerca dei moventi. Vidi una volta una ragazza lasciare una partita di pesca appena arrivata a destinazione, e insistere per rifarsi le sei miglia fino al villaggio nelle ore più calde del giorno; ma i suoi compagni non azzardarono alcuna ipotesi: la ragazza era semplicemente musu verso quella partita di pesca. Questo atteggiamento rappresenta una grande protezione per l’individuo; ciò si capirà facilmente quando si rifletta che la vera intimità della vita è per questa gente ridotta al minimo. Sia il capo che il bambino vivono generalmente nella stessa casa con almeno un’altra mezza dozzina di persone. Le loro cose sono semplicemente avvolte in una stuoia, posate sulle travi o ammonticchiate alla rinfusa in un paniere o in una cassa. La proprietà personale di un capo sarà probabilmente rispettata, per lo meno dalle donne di casa; ma nessuno può esser sicuro da un’ora all’altra di ciò che nominalmente gli ap­ partiene. Il tapa, per il quale sono occorse ad una donna tre settimane di lavoro, può esser regalato a un visitatore mentre essa è temporaneamente assente. Gli anelli che porta al dito, possono esserle richiesti in ogni momento. La proprietà per­ sonale è virtualmente impossibile. Nello stesso modo tutti gli atti di un individuo appartengono al pubblico. Eventual­ mente un intrigo amoroso può sfuggire al pettegolezzo e un moetotolo può farla franca, ma in generale tutto il villaggio è al corrente delle attività di ogni singolo abitante. Non dimen­ ticherò mai l’espressione furibonda di un informatore quando mi disse che nessuno, proprio nessuno, sapeva chi era il padre del piccino di F a ’amoana. Vi è tutt’intorno l’atmosfera op­ primente della piccola città; nel giro di un’ora i ragazzi avranno composto una canzone da ballo sulle azioni ritenute più segrete. Questa sfacciata pubblicità ha per contropartita una violenta e cupa segretezza. Quando una occidentale di­ rebbe: «Sì lo amo, ma non saprete mai fino a che punto», una samoana dirà: «Sì, certamente, ho vissuto con lui, ma non sa­ prete mai se lo amo o se lo detesto». Il linguaggio samoano non ha un comparativo regolare. Ci sono vari modi, più o meno goffi, per esprimere un confronto,

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

mediante la contrapposizione: «Q uesto è buono e quello è cattivo». O con la locuzione: «E dopo di lui viene ecc.». Non vi è l’abitudine dei confronti sebbene nella rigida struttura della comunità le gradazioni del rango siano molto sentite. Ma il relativo, nella bontà, nella bellezza, nella saggezza non è un concetto familiare. H o provato più e più volte a ottenere dei giudizi circa l’uomo più saggio o più abile della comunità, ma il primo impulso del mio interlocutore era sempre quello di rispondere: «O h, sono tutti buoni», oppure: «C e ne sono tanti, di saggi». Strano a dirsi, sembrava meno difficile fare una distinzione fra i viziosi che fra i virtuosi. Questo è dovuto, probabilmente, all’influenza dei missionari che, se non è riu­ scita a dare agli indigeni la coscienza del Peccato, ha per lo meno fornito loro una lista di peccati. Sebbene ricevessi spesso la risposta preliminare: «C i sono tanti cattivi ragazzi», essa era generalmente seguita spontaneamente da: «M a il tal dei tali è il peggiore, perché ecc.». La bruttezza e il vizio erano attributi più spiccati e singolari della personalità; la bellezza, la saggezza e la cortesia erano considerate cose naturali. Nella descrizione di una persona, la serie delle qualità elen­ cate seguiva un ordine prestabilito: sesso, età, rango, paren­ tela, difetti, attività. Un commento spontaneo sul carattere o sulla personalità era cosa rara. Ecco come una ragazza de­ scrive la propria nonna: «Lauuli? Oh, è vecchia, molto vec­ chia; è la madre di mio padre. È una vedova con un occhio solo. È troppo vecchia per andare nell’interno dell’isola, ma se ne sta in casa tutto il giorno. Fa il tapa» (cfr. Appendice I, note al Capitolo IX). Una tale descrizione, tutt’altro che ana­ litica, viene modificata solo nel caso di adulti eccezionalmente intelligenti, ai quali si chieda di formulare dei giudizi. Nella classificazione indigena i tratti personali vengono qualificati con quattro termini appaiati fra loro: buono e cat­ tivo, facile e difficile. Si dirà di un bambino buono che ascolta facilmente o agisce bene, di uno cattivo che ascolta con diffi­ coltà o agisce male. “Facile” e “ con difficoltà” sono giudizi sul carattere; “buono” e “ cattivo” sono giudizi sul compor­ tamento. Per tal modo un comportamento buono o cattivo

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l ’a t t e g g i a m e n t o v e r s o l a p e r s o n a l i t à

espresso in termini di facilità o di difficoltà, finisce con Tesser considerato come una questione di capacità inerente all’individuo. Come noi diremmo che una persona canta facil­ mente o nuota senza sforzo, i samoani diranno che un tale obbedisce facilmente, è rispettoso «facilmente» e riserve­ ranno i termini «buono» e «bene» per un’approvazione obiet­ tiva. Così un capo, che stava commentando la cattiva condotta della figlia di suo fratello, osservava: «M a i figli di Tui hanno sempre ascoltato i miei consigli con difficoltà». E con questo pareva constatare un difetto irrimediabile, come se avesse detto: «M a Gianni ha sempre avuto una vista cattiva». Questo atteggiamento verso il modo di comportarsi, trova riscontro nell’atteggiamento, altrettanto fuori del comune, verso le manifestazioni delle emozioni. Esse sono divise in “causate” e “non causate” . Di una persona di umore variabile, facilmente turbata, si dice che ride senza ragione, piange senza ragione, mostra collera o litigiosità senza ragione. L’e­ spressione «essere molto in collera senza una causa» non porta con sé il significato di carattere focoso, per il quale ci si serve dell’espressione «arrabbiarsi facilmente»; né implica una reazione esagerata a uno stimolo effettivo, ma significa alla lettera essere in collera senza una causa, a vuoto, uno stato emotivo senza alcuno stimolo apparente. Il samoano non va più in là di simili giudizi nel definire il temperamento come contrapposto al carattere. L’individuo ben sviluppato, che non si allontana dalla linea seguita dagli altri del suo sesso e della sua età, non viene mai accusato di ridere, di piangere o di adirarsi senza un motivo. Si ammette senz’altro ch’egli abbia le sue buone ragioni per tenere un contegno che da­ rebbe luogo a inchieste e disapprovazioni nel caso di un in­ dividuo dal temperamento troppo emotivo. Le emozioni ec­ cessive, le preferenze spiccate, le strette alleanze, sono sempre disapprovate. Il samoano è sempre per la via di mezzo, per un sentimento moderato, per la manifestazione discreta di un atteggiamento ragionevole ed equilibrato. Di quelli che se la prendono troppo, si dice sempre che se la prendono senza ragione.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Il difetto che dà più noia in un coetaneo, è espresso dal ter­ mine fiasili, letteralmente: «che desidera essere più in alto», o, con frase idiomatica, «che si dà delle arie». Questa è la cri­ tica di un coetaneo, mentre una persona maggiore d ’età espri­ merebbe la sua disapprovazione con la frase di prammatica tautala laititi, «si comporta al di sopra della sua età». Il ter­ mine fienili è, in sostanza, il commento astioso fatto da coloro che sono ignorati, trascurati, lasciati indietro su quelli che emergono o che li disprezzano, e li sorpassano. Come rimpro­ vero è meno temuto del tautala laititi, e ferisce meno, perché si sente che è dettato in gran parte dall’invidia. Nella conversazione corrente, il posto delle oziose ipotesi sui moventi è preso da spiegazioni relative a difetti fisici o cir­ costanze sfortunate. Così: «Sila è laggiù in casa che piange. Ebbene Sila è sorda». «Tulipa è in collera con suo fratello. La madre di Tulipa andò a Tutola la scorsa settimana». Sebbene queste frasi abbiano tutto l’aspetto di tentativi di spiegazione, pure sono soltanto dei modi di conversare. Il difetto fisico o l’incidente non sono addotti specificatamente come motivi, ma solo ricordati, con tono appena un poco più vibrato e con una certa aria di deplorazione. Tutta l’attenzione è rivolta alle azioni dell’individuo e i moventi propri della sua psicologia rimangono un mistero infondato. I giudizi sono sempre stabiliti in base ai gruppi, per età, a seconda del gruppo cui appartiene colui che parla e dell’età della persona da giudicare. Un ragazzino non sarà conside­ rato come una persona intelligente o stupida, attraente o an­ tipatica, maldestra o capace. E un vispo ragazzino di nove anni, che fa bene le commissioni ed è abbastanza intelligente per tacere in presenza dei più vecchi di lui; oppure è un pro­ mettente diciottenne, che fa dei discorsi bellissimi aVCAumaga, sa dirigere con senno una partita di pesca e tratta i capi col rispetto loro dovuto; o un saggio matai che parla con poche parole, ma molto scelte ed è bravissimo per tendere trappole alle anguille. Le virtù del bambino non sono le stesse virtù dell’adulto. Colui che giudica è pure influenzato dalla propria età, perciò gli apprezzamenti sulle persone sono re­

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lutivi e variabili. Ragazzi e ragazze non ancora adolescenti cri­ ticheranno al massimo i compagni che sono più litigiosi, ira­ scibili, rumorosi e battaglieri. I giovani tra i sedici e i venti anni passano la loro disapprovazione dai rozzi e dai prepotenti ai licenziosi: il moetotolo, fra i ragazzi; e, fra le ragazze, quelle notoriamente più facili. G li adulti, a loro volta, danno poca importanza ai trasgressori in materia sessuale, ma sono seve­ rissimi con gli inetti, gl’impertinenti e gl’insubordinati fra i giovani; e con gli stupidi, i litigiosi e i malfidi tra gli adulti. Quando è un adulto che parla, la condotta ideale viene espressa secondo questa gradazione: i bambini piccoli do­ vrebbero star buoni, svegliarsi presto, obbedire, lavorare molto e allegramente, giocare con coetanei del loro sesso; i giovani dovrebbero lavorare con diligenza e abilità, non es­ sere presuntuosi, sposarsi con giudizio, esser ligi ai parenti, non portare in giro pettegolezzi, né far nascere guai; gli adulti poi dovrebbero essere saggi, pacifici, sereni, generosi, gelosi del prestigio del loro villaggio e scrupolosi nell’informare la loro vita alle buone usanze e al decoro. Nessun rilievo viene dato ai tratti più sottili dell’intelligenza e del temperamento. Nei rapporti fra i due sessi, la preferenza non è data ai ragazzi arroganti, spiritosi o coraggiosi, ma a quelli quieti e riservati, che «parlano piano e camminano leggermente».

Esperienza e personalità della ragazza media

Abbiamo dunque visto gli usi samoani, il modo in cui i bam ­ bini vengono educati, ciò che la comunità richiede dai bam ­ bini e dai giovani, la maniera di considerare i problemi del sesso e della personalità. Possiamo ora passare alla storia del gruppo di ragazze con le quali trascorsi molti mesi, il gruppo di ragazze tra i dieci e i vent’anni che vivevano in tre piccoli villaggi sul lato sottovento dell’isola di Tau. Nella loro vita come gruppo, nelle loro reazioni come individui, cercherò di spiegare come si diventa maggiorenni in Samoa. Il lettore ricorderà che la principale attività delle ragazzine era quella di badare ai bambini. Esse potevano anche pescare sugli scogli, fare una palla di foglie intessute o una girandola di fiori, arrampicarsi su un albero di cocco, tenersi a galla in un piccolo specchio d ’acqua, che ad ogni ondata cambia il li­ vello di quindici piedi, raschiar via la buccia del frutto del pane o del taro, spazzare il recinto sabbioso intorno alla casa, portare l’acqua dal mare, fare il bucato e ballare una siva di stile alquanto personale. La loro conoscenza biologica della vita e della morte era molto più sviluppata di quanto non lo fosse la conoscenza dell’organizzazione sociale samoana o la raffinatezza di modi prescritta agli adulti. La loro posizione si potrebbe paragonare, nella nostra civiltà, a quella di una bambina che avesse visto nascere e morire prima di avere im­ parato che non si dà un coltello porgendone la lama o prima di saper spicciolare un foglio da mille. Nessuna di queste bambine sapeva servirsi delle frasi di cortesia, nemmeno delle

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

più elementari, e il loro vocabolario si limitava a quattro o cinque parole d ’invito o di accettazione. Questa ignoranza le escludeva completamente dalle conversazioni degli adulti in qualsiasi occasione di cerimonia. Se fossero riuscite a spiare una riunione di capi, non avrebbero appreso molto: non sa­ pevano nulla dell’organizzazione sociale del villaggio, sape­ vano solo quali, degli adulti, erano capi di famiglia e quali, sia uomini che donne, erano sposati. Usavano i termini di pa­ rentela vagamente e senza capirli bene; dicendo, per esempio: «un parente del mio sesso», quando si trattava di qualcuno del sesso opposto, e quando chiamavano fratello un giovane zio, lo facevano senza rendersene conto, mentre gli adulti, usando quel termine come più corrispondente all’età sape­ vano perfettamente che si trattava di un fratello del proprio padre o della propria madre. Nel loro modo di parlare, la loro immaturità era posta in evidenza soprattutto dalla mancanza di familiarità col linguaggio di cortesia e da una gran confu­ sione nell’uso del plurale e dei pronomi. Questi nella loro lingua, presentano circa la stessa difficoltà dell’uso di un no­ minativo dopo il verbo essere in inglese. Non erano nemmeno padrone del processo mediante il quale si arricchisce il voca­ bolario con libere aggiunte di prefissi e suffissi. Una bimba userà il termine f a ’a Samoa , «all’usanza della Samoa»; o quello di fa a ta m a , «ragazzaccio», ma non saprà usare questo co­ modo f a ’a per esprimere un paragone più nuovo e meno ste­ reotipato, e si servirà invece di qualche circonlocuzione molto meno opportuna (cfr. Appendice I, note al Capitolo X). Tutte queste bambine avevano visto come si nasce e come si muore; avevano visto molti morti, avevano assistito ad aborti e ficcato il loro musino sotto le braccia delle vecchie che stavano lavandosi e facendo commenti sul feto non svi­ luppato. Non c’era l’abitudine di mandar via i bambini della famiglia in quelle circostanze, sebbene le schiere dei vicini venissero disperse sotto una grandine di sassi, appena una donna trovava il tempo di lanciarglieli, mentre si svolgevano avvenimenti tanto più gravi. Ma questo perché i bambini sono rumorosi e seccanti, non perché si provasse il desiderio di prò-

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teggerli da impressioni troppo forti, o di tenerli nell’igno­ ranza. Circa la metà delle bambine avevano visto un feto svi­ luppato parzialmente venir tagliato fuori dal cadavere di una donna già stesa nella tomba, che altrimenti avrebbe potuto rinascere come spirito vendicatore. Se le esperienze precoci dei fatti della nascita, della morte e del sesso sono causa di choc, certo questo non avrebbe dovuto mancare alla vista di un taglio cesareo post mortem, in cui tutto contribuisce a ren­ dere l’esperienza indimenticabile: il dolore per la defunta, la paura della morte, il senso di orrore e lo spavento della con­ taminazione per il contatto con un cadavere, l’operazione fatta così alla vista di tutti e l’aspetto difforme e repulsivo del feto. Un’esperienza appena un poco più blanda, come carica emotiva, era l’operazione, spesso praticata in pubblico, di se­ zionare un cadavere per cercare la causa della morte. Queste operazioni, eseguite nella tomba poco profonda, sotto il sole abbagliante del meriggio, davanti a una folla spaventata ed ec­ citata che sta a guardare affascinata dallo stesso orrore dello spettacolo, non possono dirsi davvero iniziazioni normali e senza scosse ai dettagli della biologia e della morte, tuttavia sembra che non abbiano cattivi effetti sulla formazione emo­ tiva dei bambini. E possibile che ciò sia giustificato dal fatto che gli adulti mostrano di considerare questi avvenimenti come orribili, ma perfettamente naturali e non eccezionali, e come parte legittima dell’esperienza del bambino. I bambini s’interessano intensamente della vita e della morte e, in pro­ porzione, vi fissano il pensiero molto più degli adulti, i quali provano lo stesso sentimento di orrore per la morte di parto di una giovane vicina e per il fatto che un gran capo è stato offeso da uno strappo dell’etichetta in un villaggio poco di­ stante. Le complicazioni della vita sociale sono un libro chiuso per il bambino e, per conseguenza, un meraviglioso campo di esplorazione in età più matura, mentre i fatti della vita e della morte perdono sino dai primi anni tutto il loro mistero. Anche in materia di sesso i piccoli samoani di dieci anni sono già abbastanza edotti, sebbene assistano solo di nascosto ad attività sessuali, dato che ogni espressione di affetto è ri­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

gorosamente proibita in pubblico. Una coppia, che può aver passato la notte nuziale in una stanza con altre dieci persone, si vergognerebbe anche solo di toccarsi le mani davanti alla gente. Gli individui che hanno avuto tra loro rapporti sessuali, «stanno in soggezione uno dell’altro» e dimostrano questa ti­ midezza in modo diverso, ma quasi con lo stesso scrupolo col quale osservano il tabù un fratello e una sorella. Mariti e mogli non traversano mai il villaggio camminandosi al fianco, perché il marito specialmente se ne «vergognerebbe». Perciò nessun bambino samoano è abituato a vedere il padre e la madre scambiarsi la più semplice delle carezze. Il saluto di prammatica, che consiste nello sfregare i nasi, è naturalmente divenuto convenzionale e impersonale, come la nostra stretta di mano. L’unica manifestazione che ha luogo in pubblico è uno scherzo grossolano fra giovani i cui sentimenti non sono veramente in gioco. Questi modi chiassosi prevalgono spe­ cialmente nei gruppi di donne e prendono spesso la forma dell’acchiapparsi scherzosamente gli organi del sesso. M a l’impossibilità di appartarsi dentro le case, dove le reti contro le zanzare segnano i contorni di pareti puramente for­ mali intorno alle coppie di sposi, e l’abitudine dei giovani amanti di usare i boschetti di palme per i loro rendez-vous, tutto questo rende inevitabile che i bambini vedano l’atto amoroso, spesso e fra molte persone diverse. In molti casi non hanno visto primi incontri, che in genere sono accompagnati da maggior riserbo e maggiori cautele. Ora che si va perdendo l’uso della cerimonia pubblica, la deflorazione forma uno dei pochi misteri nella conoscenza che ha della vita una giovane samoana. Ma frugare fra i palmeti del villaggio in cerca di amanti è una delle forme riconosciute di divertimento per le bimbe di dieci anni. I bambini samoani conoscono pienamente il corpo umano e le sue funzioni grazie alla consuetudine che i bambini hanno di andare nudi e gli adulti poco vestiti; grazie all’abitudine dei bagni di mare, alla spiaggia che serve da gabinetto e alla man­ canza di riservatezza nella vita sessuale. Conoscono perfetta­ mente anche la natura del sesso. La masturbazione è un’abi­

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tudine quasi universale e comincia all’età di sei o sette anni. Nel mio gruppo solo tre ragazzine ne andavano esenti. Teori­ camente viene tralasciata coll’inizio dell’attività eterosessuale e ripresa soltanto in periodi di continenza forzata. Fra ragazzi e ragazze più grandi, eventuali pratiche omosessuali valgono pure talvolta a sostituirla. I ragazzi si masturbano in gruppi, ma per le ragazzine è una pratica più individuale e segreta. Questa abitudine sembra non esser mai frutto di una scoperta personale e ogni bambino l’impara sempre da un altro. La proibizione da parte degli adulti ha il solo scopo di masche­ rare un’aperta indulgenza, che sarebbe sconveniente. La posizione degli adulti in rapporto a tutti i dettagli del sesso ha appunto, per caratteristica, questo punto di vista, che sono cioè sconvenienti, ma non da condannare. Per esempio, un giovane non ci penserà due volte a gridare in modo che tutto il villaggio lo senta: «O h, ragazza, aspettami a letto sta­ sera»; ma parlare in pubblico del sesso e della evacuazione è considerato di cattivo gusto. Tutte le parole che vengono così bandite dalla conversazione della gente educata, sono molto apprezzate dai bambini che assaporano con piacere quei boc­ concini salaci. I bambini di sette o otto anni ritraggono altret­ tanta soddisfazione dalle altre funzioni del corpo quanto dal sesso. Ciò è interessante dato il particolare atteggiamento dei samoani verso i normali processi di evacuazione, rispetto ai quali non esiste riservatezza né senso di vergogna. Tuttavia ciò che è bollato come di cattivo gusto pare susciti l’interesse dei ragazzi, come succede da noi per ciò che è bollato come in­ decente. E anche strano che, sia in teoria che nei fatti, i gio­ vani e gli uomini mostrino un interesse maggiore per i parti­ colari scabrosi delle ragazze e delle donne. E difficile trovare una spiegazione a questa tendenza alla sa­ lacità da parte di un popolo che nella sua vita ha così poco di misterioso e di proibito. Può darsi che i precetti dei missio­ nari abbiano modificato il modo di pensare degli indigeni, più che il loro modo di comportarsi. E l’atteggiamento degli adulti verso i bambini può essere un altro fattore importante giacché questo sembra il modo più giusto di considerare tutte

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

le proibizioni che vengono imposte ai bambini. Si scorge ra­ ramente il desiderio di tutelare l’innocenza di un bambino o di proteggerlo dallo spettacolo di un comportamento che, se fosse da lui imitato, lo renderebbe colpevole dell’odioso reato tautala laititi («comportarsi al di sopra della propria età»). Perché mentre una coppia di amanti non si abbandonerebbe ad alcuna manifestazione in presenza di chi, adulto o bam ­ bino, fosse semplice spettatore, tre o quattro coppie, com­ poste di parenti o di amici, scelgono spesso un luogo di ri­ trovo comune. (Questo, naturalmente, esclude parenti di sesso opposto inclusi nel tabù di fratello e sorella, sebbene fra­ telli e sorelle possano vivere nella stessa casa dopo il matri­ monio). Nei balli serali, (sotto l’influenza dei missionari), che finivano generalmente in un’orgia di aperta promiscuità, i bambini e i vecchi erano esclusi perché non-partecipanti; la loro presenza, come semplici spettatori passivi, sarebbe stata indecente. Questo atteggiamento verso i non-partecipanti ca­ ratterizzava tutti gli avvenimenti a forte carica emotiva: in una riunione formale di donne tessitrici, nella costruzione di una casa e in altre attività di questo genere, la presenza di uno spettatore era considerata sconveniente. Questa precoce iniziazione dei bambini non porta a espe­ rienze eterosessuali nella pre-adolescenza e solo molto limi­ tatamente ad attività omosessuali che sono considerate nell’o ­ pinione degl’indigeni come imitazioni e sostituti delle pra­ tiche eterosessuali. La mancanza di esperienze sessuali pre­ coci è probabilmente dovuta meno alla proibizione dei geni­ tori che al forte o radicato antagonismo fra giovinetti e giovanette, e al tabù contro ogni amichevole rapporto fra loro. Questa rigida separazione dei sessi può essere anche una de­ terminante nella mancanza di discriminazione sessuale negli adulti. Dato che le ragazze sono profondamente convinte di dover evitare fratelli e cugini, e dato che esse tendono a con­ siderare il resto dei ragazzi come il nemico da cui è destinato a uscire l’amante, non vi è alcuno, nel gruppo dei maschi co­ etanei, che esse considerino semplicemente come individuo senza rapporto al sesso.

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Tale era dunque l’esperienza delle ventotto ragazzine nei tre villaggi. In temperamento e in carattere variavano enorme­ mente tra loro. Vi era Tita, che a nove anni si comportava come se ne avesse sette, si preoccupava ancora soprattutto del mangiare, completamente incapace di fare commissioni o tra­ smettere messaggi, fiera di puntare un dito grassoccio verso il padre, che era il banditore del villaggio. Pele era maggiore di lei di un anno; Pele, la precoce sorellina della donna più libera del villaggio. Pele passava quasi tutto il suo tempo oc­ cupandosi del bambino della sorella, il quale, com’essa diceva volentieri, era di paternità molto discussa. Il suo modo di bal­ lare, imitato dalla sorella, era sfrontato e osceno. Tuttavia, nonostante il fardello del piccino pesante e malaticcio che portava sempre sul fianco, e nonostante l’ambiente sordido della sua casa, dove la madre cinquantenne riceveva ancora degli amanti, e il padre, poco solido in gambe e insignificante, conduceva una ignominiosa esistenza, tartassato dalla moglie, nonostante tutto questo, Pele concepiva la vita in modo as­ solutamente gaio e ragionevole. Alla danza suggestiva, prefe­ riva la ricerca di rare conchiglie samoane lungo la spiaggia, oppure tuffarsi in piedi nel piccolo specchio d ’acqua, o an­ dare a caccia di gamberi di terra al chiaro di luna. Fortunata­ mente per lei, viveva al centro della combriccola di Luma. In un luogo più isolato, l’ambiente malsano della sua casa e la sua naturale precocità avrebbero potuto avere conseguenze molto diverse. Sta di fatto che essa differiva dalle altre bam ­ bine del suo gruppo molto meno di quanto la sua famiglia, la più nota del villaggio, differisse dalle famiglie delle sue com­ pagne. Nel villaggio samoano, l’influenza dell’ambiente do­ mestico è sempre compensata, nella nuova generazione, dalle attività di gruppo, attraverso le quali si affermano i normali principi del gruppo stesso. Questo era sempre il caso dei ra­ gazzi, per i quali i molti anni di tirocinio nelYAumaga rappre­ sentavano una scuola eccellente per disciplinare le peculiarità individuali. Nel caso delle ragazze, quest’ufficio era prima svolto in parte dalYAualuma; ma, come ho fatto notare nel capitolo sulla ragazza e i suoi coetanei la giovinetta dipende

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

molto più del ragazzo dall’ambiente del vicinato. Divenuta adulta, essa dipende pure in grado maggiore dal gruppo dei parenti. Tuna, che viveva nella casa accanto a quella di Pele, si tro­ vava in altre difficoltà, piccola vittima involontaria del gran peccato samoano del tautala laititi. La sua sorella Lila era fug­ gita a quindici anni con un ragazzo di diciassette. I fuggiaschi erano due teste calde, e non si erano mai veramente riconci­ liati con la comunità, sebbene le loro famiglie avessero ceduto e avessero solennizzato il matrimonio con un congruo scambio di proprietà. Lila soffriva ancora della pubblica di­ sapprovazione per la sua precocità e riversava un affetto quasi eccessivo sul suo turbolento bambino, il cui pianto incessante era la disperazione dei vicini. Quando a furia di capricci era divenuto insopportabile, lo passava a Tuna. Tuna, una ragazzotta tarchiata con una gran testa e due occhi enormi e teneri, guardava la vita da un angolo leggermente obliquo. Era più calcolatrice degli altri bambini; meno pronta a rendere servigi gratuiti; più attenta a ricevere il corrispettivo. La troppa in­ dulgenza di sua sorella per il piccolo, rendeva il suo compito molto più gravoso di quello delle amiche, ma ne era compen­ sata dal modo gentile con cui esse la trattavano, ed ecco che anche in questo caso, il gruppo impediva che il suo tempera­ mento risentisse in modo troppo pronunciato delle influenze della vita di casa. Un poco più lontano vivevano Fitu e Ula, Maliu e Pola, due coppie di sorelle. Fitu e Maliu, di circa tredici anni, stavano appunto ritirandosi dalla banda delle compagne, avevano passato fratellini e sorelline a Ula e a Pola e cominciavano a prender parte più attiva negli affari di casa. Ula era sveglia, graziosa, ben curata. La sua famiglia poteva, a buon diritto, essere paragonata a una delle nostre; consisteva della madre, del padre, di due sorelle e due fratellini. È vero che un suo zio, che abitava nella casa vicina, era il matai della famiglia, ma questo piccolo gruppo biologico aveva una solida esistenza sua propria ed i figli ne dimostravano il risultato. Lalala, la madre, era una donna intelligente e ancora bellissima dopo

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aver messo al mondo sei bambini in un breve periodo di tempo. Veniva da una famiglia di alto rango e, poiché non aveva avuto fratelli, suo padre le aveva dato molte nozioni di genealogia, che generalmente vengono date al figlio preferito. La sua conoscenza della struttura sociale della comunità e dei minimi particolari delle cerimonie che in passato circonda­ vano la corte del re di M anu’a non era in nulla inferiore a quella di qualsiasi uomo maturo della comunità. Era abilis­ sima nei lavori manuali, conosceva alcuni potenti farmaci e aveva molti pazienti. Lalala si era sposata a quindici anni es­ sendo tuttora vergine e la sua vita di sposa, che era comin­ ciata con la crudele cerimonia pubblica della deflorazione, era stata la sua sola esperienza sessuale. Essa adorava suo marito, la cui povertà dipendeva dal fatto che era venuto da un’altra isola, e non dall’essere egli pigro o incapace. Quando Lalala si trovava a dover scegliere nella vita, era perfettamente con­ scia delle condizioni della sua esistenza. C ’era troppo lavoro per lei; non aveva sorelle minori sulle quali riservare l’ingrato compito di badare ai bambini; non vi erano giovani per aiu­ tare il marito nelle piantagioni. Ebbene, non avrebbe lottato contro l’inevitabile. E così la sua casa era tenuta male; i suoi bambini erano sporchi e trascurati. Ma il suo buon umore na­ turale non veniva meno quando, in una giornata ardente, cer­ cava di tessere una stuoia fine, mentre il bambino più piccolo giocava con i fragili fili del pandano, raddoppiando così il suo lavoro. Di tutto questo ne risentiva Fitu, povera spilungona sgraziata e laboriosa, che univa un affetto appassionato per la madre a una premura che rasentava l’ossessione per i fra­ tellini e le sorelle minori. Soltanto verso Ula il suo atteggia­ mento non era così semplice. Ula, minore di quindici mesi, era graziosa, agile, flessibile e indolente. Mentre Fitu era spesso punzecchiata dalla madre e criticata dalle compagne per esser troppo simile a un ragazzo, Ula era eccessivamente femminile. Essa lavorava sodo come ogni altra sua coetanea, ma Fitu sentiva che la loro mamma e la loro casa erano fuori del comune ed esigevano quindi un lavoro e un’abnegazione eccezionali. Fitu e sua madre erano come una coppia di carne­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

rati e Fitu spadroneggiava e scherzava con sua madre in una maniera che scandalizzava tutti i samoani presenti. Se Fitu era fuori la sera, la mamma andava di persona a cercarla, invece di mandare un altro ragazzo. Fitu era la figlia maggiore con una precocità che era frutto delle responsabilità che le incom­ bevano e con una capacità pratica che derivava direttamente dal materno laissez-faire. Ula mostrava altrettanto chiara­ mente l’effetto di essere la sorella più giovane e più bellina, speculando sul suo fascino maggiore e su un più scarso senso del dovere. Queste ragazze, come quelle di tutt’e tre le fami­ glie biologiche nelle tre isole, mostravano di avere più carat­ tere, una personalità più nettamente definita, una maggiore precocità e un atteggiamento più personale e più intenso verso i genitori. Bisogna evitare, naturalmente, di dare troppa importanza alle differenze tra bambini di famiglie molto numerose e bam ­ bini di famiglie più piccole, poiché non vi erano abbastanza casi per arrivare a conclusioni definitive. Sta di fatto che la famiglia poco numerosa in Samoa, richiede dal bambino pro­ prio quelle qualità che sono malviste nella società samoana, basata com’è sull’ideale dei grandi gruppi familiari, in cui i piccoli lavoratori sanno stare al loro posto. Nelle piccole fa­ miglie, dove responsabilità e iniziativa sono necessarie, i bam ­ bini sembrano acquistarle molto più presto che nell’ambiente domestico più comune, in cui dette qualità sono disappro­ vate. Questo era il caso di Malui e Meta, Ipu e Vi, Mata, Timo e Lama, ragazzine prossime alla pubertà, che vivevano in grandi famiglie eterogenee. Stavano lasciando la cura dei bambini per darsi a un lavoro più produttivo e imparavano a malin­ cuore i rudimenti dell’etichetta, mentre a poco a poco si al­ lontanavano dai compagni di giochi infantili. Ma tutto questo era un cambiamento di abitudini imposto, più che un cambia­ mento di mentalità. Esse erano consce della loro nuova posi­ zione di ragazze quasi fatte, che potevano essere mandate a pescare o a lavorare nelle piantagioni. Sotto le vesti corte por­ tavano di nuovo il lavalava, ma non rammentavano quasi più

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come si teneva fermo al suo posto; perciò scendeva lungo le gambe, impediva i movimenti e cadeva addirittura se si met­ tevano a correre. Più di tutto rimpiangevano la vita con la loro banda e guardavano con occhio un poco triste le attività delle parenti più giovani. Le loro grandi famiglie impersonali non favorivano gli slanci individuali, non davano loro alcuna re­ sponsabilità nei piani comuni; erano semplicemente delle giovanette abbastanza robuste per il lavoro pesante, abbastanza grandi per imparare un lavoro specializzato, e perciò avevano meno tempo per giocare. In complesso esse non differivano affatto da Tolo, Tulipa, Lua e Lata, che avevano avuto da pochi mesi la loro prima mestruazione. Nessuna cerimonia aveva sottolineato il di­ stacco tra i due gruppi, nessuna manifestazione sociale atte­ stava che vi fosse stata una crisi. Fu loro detto di non fare il kava durante le ricorrenze mensili, ma avevano sempre sa­ puto di questa restrizione, perciò non erano affatto impres­ sionate di dovervisi uniformare. Alcune di loro avevano fatto il kava prima della pubertà, altre no; dipendeva esclusivamente dall’esserci o no una ragazza o un ragazzo disponibili quando un capo desiderava che il kava venisse fatto. In tempi più rigorosi, una ragazza non poteva fare il kava né sposarsi prima di avere avuto le mestruazioni. Ma la prima di queste restrizioni aveva ceduto a esigenze di ordine pra­ tico. Le ragazze soffrivano molto poco durante le mestrua­ zioni. Tutte accusavano dolori alla schiena o all’addome, ma così leggeri che non impedivano quasi mai le loro occupa­ zioni abituali. Nella tabella da me compilata, ho calcolato dolori eccezionali quelli che rendevano una ragazza incapace di lavorare, ma questi casi non sono nemmeno paragonabili ai casi di crampi mestruali nella nostra società. Non erano accompagnati da vertigini, né da svenimenti, né da soffe­ renze così forti da provocare lamenti o contorsioni. L’idea di dolori di quel genere sembrava strana e piuttosto comica alle donne samoane, quando ne udivano la descrizione. N es­ suna speciale precauzione veniva presa per la salute, sia men­ tale che fisica, delle ragazze durante il periodo critico. D a

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

medici stranieri avevano imparato che è nocivo fare bagni durante la mestruazione e qualche madre talvolta, metteva in guardia la figlia contro quel pericolo. Non vi era nessun senso di vergogna circa la pubertà, né alcun bisogno di se­ gretezza. Bambini pre-adolescenti accoglievano qualunque notizia: che una ragazza aveva raggiunto la pubertà, che una donna aveva avuto un bambino, che un battello era arrivato da Ofu, o che un maiale era stato ucciso dalla caduta di una pietra, con la massima spensieratezza; per loro erano tutte chiacchiere divertenti e ogni ragazza avrebbe potuto dare dettagli minuti sullo sviluppo di tutte le altre ragazze del vi­ cinato. N é la pubertà precedeva immediatamente l’espe­ rienza sessuale. Poteva passare un anno, due, e anche tre, prima che la timidezza della ragazza si rilasciasse o che la sua immagine attirasse gli sguardi di qualche giovane con­ quistatore maggiore a lei per età. Essere il primo amante di una vergine era considerato il culmine del piacere e dell’arte amorosa, perciò il primo amante di una fanciulla non era quasi mai un suo coetaneo, timido e inesperto come lei. Le ragazze in questo gruppo erano divise tra bambinette come Lua e la sgraziata Tolo, cresciuta troppo in fretta, che dichia­ ravano francamente di non voler andare in giro con ragazzi, e ragazzine come Pala che, ancora vergini, cominciavano ad essere stanche del loro stato e sognavano l’esperienza amo­ rosa. Il fatto che avessero per tanto tempo conservato la pro­ pria verginità era dovuto più che altro alle convenzioni vi­ genti intorno al modo di fare all’amore, poiché se pure pia­ ceva a un giovane di corteggiare una vergine, egli temeva al tempo stesso di rendersi ridicolo come saccheggiatore di culle, mentre le ragazze temevano la famosa accusa di tautala laititi («comportarsi al di sopra della propria età»). Le scor­ rerie di predoni più stagionati fra queste giovanissime erano malviste e così le adolescenti godevano di un prezioso inter­ vallo di tempo per assuefarsi al nuovo lavoro, al maggiore isolamento e alla nuova fase del loro sviluppo fisico. Le ragazze subito maggiori a queste si potevano classificare a seconda se abitavano o no in casa del pastore. Dalle mie sta­

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tistiche si vede chiaramente come, fra le ragazze che avevano passato la pubertà da un paio di anni, vi fosse una chiara pro­ porzione inversa tra la residenza nella propria casa e la castità; con una sola eccezione: Eia, che era stata perdonata e presa di nuovo in casa di un pastore, dove c’era scarsezza di braccia. La migliore amica di Eia era sua cugina Talo, la sola ragazza del gruppo che avesse avuto esperienze sessuali prima che co­ minciasse la mestruazione. Ma Talo era un caso chiarissimo di ritardo della mestruazione poiché tutti gli altri segni della pu­ bertà erano presenti. Sua zia alzava le spalle nel vedere Talo così ovviamente esperta e piena di fascino e non cercava af­ fatto di frenarla. L’amicizia tra le due cugine era una delle ami­ cizie veramente importanti in tutto il gruppo. Esse proclama­ vano senz’altro la loro reciproca predilezione e le loro pra­ tiche omosessuali erano certamente servite a produrre la pre­ cocità di Talo e a compensare Eia del regime più stretto vi­ gente in casa del pastore. Queste fortuite relazioni omosessuali fra ragazze non erano mai di lunga durata. Le ragazze in fase di sviluppo e le donne che lavoravano insieme le consideravano come una diversione piacevole e naturale, appena leggermente scabrosa. Dove i rapporti eterosessuali erano così casuali, così poco profondi, non vi era posto per rapporti omosessuali. Il vocabolario e la teoria indigeni distinguono il vero pervertito, incapace di una normale reazione eterosessuale; ma simili tipi sono rari, come è logico in una popolazione così poco numerosa. Io ne vidi uno solo, Sasi un giovane di venti anni che studiava per diven­ tare ministro del culto. Era di apparenza leggermente fem­ minile, abile nei lavori da donna e la sua tendenza omoses­ suale era abbastanza forte dà indurlo a tentare sempre degli approcci con gli altri ragazzi. Passava il suo tempo in compa­ gnia delle ragazze e manteneva con loro rapporti di semplice amicizia, più di qualunque altro giovane dell’isola. Sasi aveva chiesto in matrimonio una ragazza della casa di un pastore, in un lontano villaggio ed era stato rifiutato; ma dato che vi è una regola, la quale dispone che gli studenti di religione de­ vono sposarsi prima di ricevere gli ordini, questo non aveva

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

gran significato. Non ho potuto raccogliere alcuna prova che egli avesse mai avuto rapporti eterosessuali e il contegno di­ sinvolto delle ragazze verso di lui era sintomatico. Esse lo con­ sideravano un divertente scherzo di natura, mentre gli uomini che aveva tentato di avvicinare provavano di fronte a lui un senso d’imbarazzo misto a disprezzo. Non vi era alcuna ra­ gazza che presentasse un quadro così ben chiaro, sebbene tre delle ragazze, di cui si parla nel prossimo capitolo, fossero decisamente tipi misti, senza tuttavia dar prove di vera per­ versione. La preoccupazione generale per le cose del sesso, il prin­ cipio secondo il quale le minori attività sessuali come la danza suggestiva, la conversazione salace ed eccitante, le canzoni la­ scive e le zuffe chiaramente motivate, sono tutte diversioni ac­ cettabili e attraenti, tutto ciò è in massima parte responsabile dell’atteggiamento degli indigeni verso le pratiche omoses­ suali. Esse sono un semplice gioco, che non è disapprovato e al quale non si dà molta importanza. Dato che nelle relazioni eterosessuali ciò che conta non è l’amore e una forte fissazione su di un individuo (le sole forze che possano rendere una re­ lazione omosessuale duratura e importante), ma i bambini e la funzione del matrimonio nella struttura sociale ed econo­ mica del villaggio, si capisce facilmente perché pratiche omo­ sessuali molto prevalenti non abbiano risultati più seri o più vistosi. Il riconoscere e usare nelle relazione normali tutte le variazioni secondarie dell’attività sessuale che appaiono come principali nelle relazioni omosessuali, ottiene anche lo scopo di minimizzare la loro importanza. G li effetti di una perver­ sione infantile dovuta al caso, la fissazione dell’attenzione su zone erogene non usuali, con il conseguente trasferimento di sensibilità da centri più normali, l’assenza di una definita e compiuta specializzazione di zone erogene, tutte le anomalie dello sviluppo emotivo che, in una civiltà la quale ammette solo una forma ristretta di attività sessuale, sfociano in matri­ moni infelici, nell’omosessualità casuale e nella prostituzione, qui invece diventano innocue. I samoani fanno sopportare al­ l’uomo tutto il peso del successo amatorio e pensano che alle

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donne occorra più tempo per essere iniziate e perché maturi in loro il sentimento del sesso. Un uomo che non riesce a sod­ disfare una donna è considerato goffo e maldestro, degno delle beffe e del disprezzo di tutto il villaggio. Le donne, dal canto loro, sentono che i loro amanti usano una tecnica ben definita che esse considerano con una specie di fatalismo, come se tutti gli uomini si servissero di arti quasi magiche del tutto irresistibili. Ma la scienza amatoria viene trasmessa da un uomo all’altro e viene considerata più analiticamente e più coscientemente che dalle donne. I genitori non osano oltre­ passare i limiti di una comune conversazione (naturalmente molto più vasti che nella nostra società) discutendo di sesso coi loro figli, perciò la vera istruzione passa dall’uomo di ven­ ticinque anni al ragazzo di diciotto, più spesso che dal padre al figlio. Le ragazze imparano dai ragazzi e si confidano molto poco l’una con l’altra. Un uomo racconterà agli amici tutti i particolari di un’esperienza sessuale fuori del comune, mentre la ragazza in questione non ne avrà forse svelato ad alcuno nemmeno i contorni più vaghi. La mancanza di con­ fidenti, salvo delle parenti verso le quali vi è sempre una certa barriera di riserbo (ho visto una ragazza rifiutarsi tremando di fare da ambasciatrice presso una sorella) può forse dar ra­ gione di quanto sopra. Se educando minutamente un sesso e fornendo all’altro ap­ pena le nozioni necessarie per evitare uno choc, si arriva ad aggiustamenti sessuali normali, ciò è dovuto al fatto che solo raramente gli amanti sono ambedue alle prime armi. H o sa­ puto solo di un caso di questo genere: quello di una fanciulla di quindici anni e di un ragazzo di sedici, tutti e due alunni di un collegio, in un’altra isola, che fuggirono insieme. La loro inesperienza li fece rovinare tutto; furono ambedue espulsi dalla scuola e il giovane, che ora ha ventiquattro anni pur essendo molto intelligente e veramente simpatico, è un notorio moetotolo, esecrato da tutte le ragazze del suo vil­ laggio. La familiarità col sesso e il riconoscere la necessità di una tecnica per le cose del sesso come un’arte, hanno formato uno schema di relazioni personali in cui non si trovano neu-

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

rotici, non esiste frigidità né impotenza, salvo come risultato temporaneo di una grave malattia, e la possibilità di aver rap­ porti soltanto una volta per notte è considerata senilità. Delle venticinque ragazze che avevano passata la pubertà, undici avevano avuto esperienze eterosessuali. Fala, Tolu e Namu erano tre cugine, che erano popolari fra i giovani del loro villaggio e anche con i visitatori della lontana Fitiuta. Le donne della famiglia di Fala erano di facili costumi; il padre di Tolu era morto ed essa viveva con la madre cieca in casa dei genitori di Namu che, oppressi da sei figli sotto i dodici anni non volevano certo rischiare di perdere due lavoratrici capaci guardando troppo per il sottile. Le tre ragazze tene­ vano rendez-vous comuni con i loro amanti e le loro avven­ ture erano frequenti e gaie. Tolu, la maggiore, era ormai stufa, di romanzetti fortuiti e si dichiarava pronta per il ma­ trimonio. Più tardi andò ad abitare presso un capo im por­ tante per aumentare le possibilità di incontrarsi con giovani stranieri che avessero intenzioni matrimoniali. Namu era sin­ ceramente innamorata di un ragazzo di Fitiuta che incon­ trava in segreto, mentre uno del suo villaggio, approvato dai suoi genitori, la corteggiava apertamente. Eventuali appun­ tamenti con altri ragazzi del suo villaggio rompevano la m o­ notonia della sua vita negli intervalli fra le visite dell’amante preferito. Fala, la più giovane, lasciava andar le cose per la loro china. I suoi amanti erano amici e parenti degli amanti delle sue cugine ed essa era ancora abbastanza bambina e su­ perficiale per godere delle avventure amorose delle cugine quasi altrettanto quanto delle proprie. Tutte e tre queste ra­ gazze lavoravano sodo, assolutamente come un adulto. Tutto il giorno pescavano, lavoravano nelle piantagioni, tessevano stuoie e stoini. Tolu era di un’abilità eccezionale per tessere; tutte e tre rappresentavano dei reali valori economici per le loro famiglie e sarebbero state egualmente preziose per i ma­ riti, che però le loro famiglie non avevano alcuna fretta di tro­ vare. Nel villaggio vicino viveva Luna, una ragazza pigra e bonac­ ciona, che da tre anni aveva passato la pubertà. Sua madre era

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morta; suo padre si era risposato, ma la seconda moglie era tornata presso la propria famiglia. Luna aveva vissuto vari anni presso il pastore ed era tornata a casa quando la matrigna aveva lasciato suo padre. Questi era un capo molto vecchio, terribil­ mente preoccupato del suo prestigio e della sua reputazione nel villaggio. Era detentore di un vecchio titolo e un abilissimo artigiano, era l’uomo più versato del villaggio nelle vecchie tra­ dizioni e nei particolari della procedura cerimoniale. Sua fi­ glia era un’aiutante esperta e devota e questo bastava. Luna si stancò delle ragazze che erano state sue compagne in casa del pastore e si cercò invece due giovani donne sposate fra la sua parentela. Una di queste, una giovane che aveva abbandonato il marito e viveva con un temporaneo successore, venne a stare nella casa di Luna. Esse erano divenute compagne indivisibili e Luna, come era inevitabile, si fece un amante, poi un se­ condo, poi un terzo, tutte avventure casuali. Ella si vestiva come fosse stata più giovane di quanto non era veramente e cercava di mettere in evidenza che era ancora ragazza. Un giorno si sarebbe maritata e sarebbe entrata a fare parte della comunità religiosa, ma ora Lattiti a u («Sono ancora giovane»). E perché avrebbe dovuto rinunciare a danzare? Sua cugina Lotu era nella chiesa e aveva frequentato il pen­ sionato dei missionari. Essa aveva avuto un solo amante cor­ risposto, il figlio illegittimo di un capo, che non osava met­ tere a rischio le probabilità, invero molto scarse, di succedere al titolo paterno, sposando lei. Lotu era la maggiore di nove figli e apparteneva alla terza famiglia strettamente biologica del villaggio. Essa mostrava gli effetti di una maggior respon­ sabilità in casa, con un modo di fare maturo e deciso, e gli ef­ fetti dell’educazione ricevuta a scuola con una maggiore ac­ curatezza nella persona e maggior precisione in tutto. Seb­ bene la sua condotta lasciasse a desiderare, i membri della chiesa più anziani chiudevano un occhio benevolmente e mo­ stravano comprensione di fronte al dilemma familiare del suo amante. L’altra esperienza sessuale che aveva avuto, l’unica, era stata con un moetotolo suo parente. Se la lunga fedeltà al suo amante l’avesse condotta alla gravidanza, avrebbe prò-

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

babilmente portato avanti il bambino. (Quando una donna samoana vuol evitare di far nascere il bimbo, ricorre a un mas­ saggio terribilmente violento e alla masticazione del kava, ma questo succede solo in casi eccezionali, giacché i figli, anche illegittimi sono accolti con entusiasmo). Gli atteggiamenti di Lotu erano più studiati, più raffinati di quelli delle sue co­ etanee e se la posizione sociale del suo amante non fosse stata così precaria, essa, probabilmente, sarebbe stata già maritata. Sta di fatto che Lotu si occupava assiduamente dei suoi fra­ tellini e delle sue sorelline ed assolveva anche gli altri doveri propri di una ragazza che faceva parte della famiglia più nu­ merosa dell’isola. Essa metteva d ’accordo la sua qualità di membro della chiesa e la sua rinuncia alla castità riflettendo semplicemente che si sarebbe sposata, se fosse stato possibile e così il peccato non le pesava troppo. Nella famiglia di un alto capo viveva una versione samoana delle nostre buone zie nubili, una ragazza docile, laboriosa, fi­ data, messa completamente nell’ombra da varie ragazze più attraenti. A lei venivano affidati i neonati e le missioni diplo­ matiche più difficili. Tutto il suo tempo e la sua energia erano presi da un lavoro durissimo, ma non se ne lagnava. Quando era invitata a ballare, lo faceva con negligenza: perché affati­ carsi quando altre ballavano tanto più brillantemente? Era ca­ pace di stare in adorazione davanti alla bellezza di Tolu, alle conquiste di Fala o al nuovo piccino di Alofi. Suonava l’uku­ lele per far ballare gli altri, cuciva collane di fiori per le amiche e combinava appuntamenti per la gioia altrui; tutto questo senza sentirsi umiliata e senza assumere l’aria di martire. Am ­ metteva di avere avuto un solo amante; era venuto da molto lontano, non sapeva nemmeno da quale villaggio, e non era più tornato. Un malaga in un altro villaggio avrebbe potuto cambiare la sua vita, perché i ragazzi samoani prediligono le ragazze straniere proprio in quanto tali, ma c’era sempre qual­ cuno che aveva bisogno di lei in casa, e le ragazze più giovani viaggiavano al posto suo. La storia forse più drammatica era quella di Moana, l’ultima del gruppo di ragazze che non viveva presso pastori, una fi­

X - ESPERIENZA E PERSONALITÀ DELLA RAGAZZA MEDIA

gliola vanitosa, difficile, guastata dall’avere per anni sfruttato l’affetto della sua sorellastra, a lei maggiore. I suoi amori erano cominciati a quindici anni e dopo circa un anno e mezzo i ge­ nitori temendo che la sua condotta divenisse così sfacciata da compromettere seriamente le possibilità di un buon matri­ monio, pregarono suo zio di adottarla e di cercare di curarla dai suoi capricci. Questo zio, che era vedovo e un perfetto dis­ soluto, si rese conto ben presto della vasta esperienza della nipote e volle profittare egli stesso della sua compiacenza. L’incidente, non comune in Samoa, per la difficoltà di isolarsi e di nascondersi, sarebbe questa volta passato inosservato se Sila, la sorella maggiore di Moana, non fosse stata pure inna­ morata dello zio. Questo è stato il solo esempio di passione intensa e prolungata ch’io abbia trovato nei tre villaggi. I sa­ moani contano la durata della fedeltà in amore, a giorni, o tutt’al più a settimane, e sono propensi ad accogliere con sar­ casmi i racconti di amori che durano tutta la vita. (La storia di Romeo e Giulietta destò in loro disprezzo e incredulità). Ma Sila era innamorata di Mutu, il fratello minore del suo pa­ trigno a un punto che rasentava la frenesia. Era stata la sua amante e viveva ancora nella sua casa, ma la superficialità di lui l’aveva fatto allontanare dalla indecorosa passionalità della ragazza. Quando scoprì che Mutu viveva con sua sorella, il suo furore non conobbe limiti. Sotto il pretesto di una viva sollecitudine per la ragazza più giovane, che proclamava di es­ sere una fanciulla innocente e pura, denunziò la colpa di Mutu per tutti e tre villaggi. I genitori di Moana la riportarono a casa infuriati e ne risultò una guerra in famiglia. Il villaggio era molto eccitato, ma le opinioni erano divise sulla colpevo­ lezza di Mutu, sulla possibilità che Moana mentisse per na­ scondere altre marachelle, o che Sila avesse creato questo pet­ tegolezzo per sfogare il suo dispetto. Questo incidente era una palese violazione del tabù tra fratello e sorella, giacché Mutu era abbastanza giovane perché Moana parlasse di lui come tuagane (fratello). Ma quando, due mesi dopo, un’altra sorella maggiore morì durante la gravidanza si dovette trovare qual­ cuno che avesse il fegato di fare il necessario taglio cesareo

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

post-mortem. D opo una violenta discussione familiare, fu preso il partito più conveniente e Mutu, il più abile chirurgo indigeno, fu chiamato a operare sul cadavere della sorella della ragazza che aveva violato. Quando in seguito annunciò il suo progetto di sposare una ragazza di un’altra isola, Sila manifestò di nuovo la più violenta disperazione, sebbene ella stessa avesse in quel momento una relazione. La vita delle ragazze che abitavano nella casa del pastore dif­ feriva da quella delle sorelle e cugine più libere solo nel fatto che non avevano avventure amorose e conducevano una esi­ stenza più regolare e ordinata. All’eccitamento dei convegni al chiaro di luna sostituivano le attività di gruppo e riempi­ vano le ore di libertà, che erano più limitate, con la piacevole intimità di un gruppo di ragazze. Il loro interesse per i discorsi salaci era leggermente più forte di quello delle ragazze che erano libere di fare delle esperienze. Si facevano delle vere amiche al di fuori del gruppo dei parenti, avevano maggior fiducia nelle altre ragazze, lavoravano meglio in gruppo, erano più a loro agio, l’una con l’altra, però si sentivano meno sicure del loro posto nella propria famiglia. Ad eccezione dei pochi casi di cui tratteremo nel prossimo capitolo, l’adolescenza non rappresentava un periodo di crisi o di tensione, ma era invece lo sviluppo regolare di un ordine d’interessi e di attività che andava lentamente maturando. Le menti delle ragazze non erano tormentate da conflitti o per­ plessità, non erano turbate da problemi filosofici, né domi­ nate da remote ambizioni. Vivere da ragazze, con molti amanti, il più lungamente possibile e poi sposarsi nel proprio villaggio, vicino ai propri parenti ed avere molti figli, queste erano le ambizioni comuni, delle quali erano paghe.

XI

La ragazza in conflitto

Nessun conflitto? Nessuna personalità così marcatamente deviante dalla norma da rendere inevitabile lo scontro? L’af­ fetto e l’autorità familiare, la possibilità di passare da un nu­ cleo all’altro, la conoscenza della sessualità e la libertà di spe­ rimentare, tutto questo garantiva a sufficienza l’adattamento delle ragazze samoane? Sì, nella maggior parte dei casi. In questo capitolo, però, affronterò le storie di quelle poche ra­ gazze che avevano deviato psicologicamente o comportamen­ talmente, anche se poi in molti casi queste deviazioni rima­ nevano solo potenzialmente conflittuali e di fatto senza con­ seguenze dolorose. La ragazza fra i quattordici e i venti anni sta al centro della pressione domestica e può sfogare la sua irritazione contro i grandi riversandola su coloro che sono soggetti alla sua auto­ rità. La possibilità di un’evasione sembra moderare la sua ca­ parbietà e rende anche gli adulti più indulgenti verso di lei. Quando al timore di perdere una buona lavoratrice si ag­ giunge quello di vedere diminuire il valore matrimoniale di una figlia che si è fatta rapire pubblicamente, l’esercizio del­ l’autorità paterna assume necessariamente forme più miti. Possono esserci, è vero, violenti scoppi di collera e castighi sommari, ma non esistono misure disciplinari serie e prolun­ gate, e gli scatti troppo vivaci sono spesso seguiti rapidamente da gesti concilianti. Questo, naturalmente, si applica solo alle relazioni fra una ragazza e i suoi maggiori. Spesso i conflitti di carattere tra giovani della stessa età nella stessa famiglia non

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

sono altrettanto moderati, ma anche in questo caso l’elimi­ nazione di una delle parti, quella che ha minor diritto di re­ stare in casa, è la soluzione. Il fatto che la banda dei coetanei si scioglie prima dell’adolescenza e non si ricostituisce che in modo del tutto formale, in aggiunta alla decisa preferenza data alla solidarietà familiare più che a quella di gruppo, spiega perché siano così rari i conflitti entro la banda stessa. La bambina che evita le compagne della sua età ha più tempo disponibile per il lavoro di casa e non viene mai tormentata chiedendole perché non corre a giocare con le altre bambine. D ’altro canto, la tolleranza con la quale i bambini accettano i difetti fisici o le leggere anomalie di temperamento, fa sì che nessun bambino ha da soffrire per un ingiusto ostracismo. L’unico vero esiliato è il bambino che abita in una località sfavorevole del villaggio. Se il gruppo dei ragazzi durasse al di là degli otto o dieci anni, questi esiliati soffrirebbero cer­ tamente; oppure, divenuti più audaci, si allontanerebbero. Ma la banda si scioglie proprio quando i ragazzi sono abba­ stanza liberi e coraggiosi per spingersi dieci case più in là della propria, e così non accade né l’una cosa né l’altra. L’assenza di un rapporto ufficialmente stabilito con la co­ munità è forse, in questo caso, la principale causa della man­ canza di conflitto. La comunità non richiede nulla dalle gio­ vinette, se non i servizi prescritti dal cerimoniale in occasione dei convegni fra le donne più anziane. Se mancassero a questi doveri, ciò riguarderebbe, prima di tutto, le loro famiglie, che ne soffrirebbero nel loro prestigio. Un ragazzo che si rifiuta di assistere alle adunanze deìl’Aumaga o di partecipare ai la­ vori di pubblica utilità, va incontro alla severa disapprova­ zione e ostilità del gruppo, ma una fanciulla deve così poco alla comunità, che questa non si preoccupa di esigere il suo credito. La possibilità di libere esperienze, la completa familiarità con il sesso e la mancanza di passioni molto violente, fanno sì che le sue esperienze sessuali hanno in sé minori possibi­ lità di conflitto che in una società dalle leggi più rigide e più convenzionali. Si danno bensì casi di folle gelosia, ma sono

XI - LA RAGAZZA IN CONFLITTO

oggetto di infiniti commenti e destano grande stupore. Nei nove mesi che passai nelle isole, venni a sapere soltanto di quattro casi: quello di una ragazza che denunciò un amante infedele accusandolo di incesto; quello di una ragazza che portò via con un morso un pezzo di orecchio di una rivale; quello di una donna abbandonata dal marito che aggredì e ferì gravemente colei che aveva preso il suo posto e quello di una ragazza che accusò falsamente di furto una rivale. Ma la ge­ losia non è prevista come da noi ed è considerata con minor comprensione, perciò l’individuo non ha da conformarsi a de­ terminati schemi nelle sue reazioni. Può anche darsi che le cose siano semplificate per il fatto che la denigrazione per vendetta e le recriminazioni contro un rivale sono ammesse e tollerate. Non vi è nessun principio di correttezza che pre­ scriva una rassegnazione non sincera alla sconfitta, che con­ sigli la reticenza o imponga di stare al gioco. In tal modo gran parte di un’irritazione superficiale può essere subito dissipata. Le amicizie sono così fortuite e mutevoli che non danno luogo né a gelosie né a conflitti. Il risentimento si manifesta con brontolii soffocati e, se è molto forte, fa sì che l’individuo ir­ ritato lasci la casa e talvolta anche il villaggio. Nella vita religiosa delle ragazze, l’influenza dei missionari era decisiva. I missionari esigono la castità per chi vuol far parte della chiesa e sconsigliano di entrare nella chiesa prima del matrimonio, salvo nel caso di giovani delle scuole-convitto missionarie, che possono essere costantemente sorvegliati. Questa ammissione passiva, da parte delle stesse autorità re­ ligiose, delle irregolarità prematrimoniali, riduceva di molto il senso di colpa delle ragazze. La continenza, invece di es­ sere un passaporto per il cielo, diventava un passaporto per le scuole missionarie che, a loro volta, erano considerate un’avventura sociale più che un’avventura religiosa. Una ra­ gazza che indulgesse in esperienze sessuali sarebbe espulsa dalla scuola del pastore locale. Tuttavia potei osservare che quasi tutte le sei ragazze meno giovani della comunità, com­ prese quelle di condotta troppo libera, avevano vissuto a un dato momento, presso qualche pastore. Il risultato più co­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

mune della sorveglianza più stretta esercitata in queste scuole, sembrava quello di ritardare di due o tre anni la prima espe­ rienza sessuale. Le sette ragazze che abitavano nella casa di uno dei pastori indigeni e le tre che abitavano presso l’altro, conducevano vita casta, sebbene avessero passato la pubertà, e in questo si distinguevano dal resto delle loro coetanee. Avrebbero dovuto esserci molte ragioni di conflitto tra ge­ nitori che volevano mandare le loro figlie nella casa del p a­ store e le figlie che non volevano andarci o viceversa (cfr. A p­ pendice I, note al Capitolo XI). Tale conflitto era molto ri­ dotto dal fatto che la residenza in casa del pastore cambiava molto poco la condizione della ragazza nella propria casa. Essa non aveva che da portare il suo rotolo di stuoia, il guan­ ciale e la zanzariera dalla sua casa a quella del pastore, il cibo che avrebbe consumato stando a casa, veniva aggiunto al con­ tributo fornito al pastore dalla famiglia. La fanciulla consu­ mava il pasto serale e dormiva dal pastore e dedicava un giorno o due la settimana a lavorare per la famiglia di lui la­ vando, tessendo, strappando le erbacce e spazzando le stanze. Il resto del tempo lo passava a casa propria, assolvendo i com­ piti usuali delle ragazze della sua età; perciò era difficile che dei genitori fossero nettamente contrari a mandare la propria figlia dal pastore. Ciò non comportava nessun aumento di spesa e poteva ridurre il pericolo che la condotta della ragazza divenisse imbarazzante. Per di più, ella poteva perfezionarsi in alcune tecniche straniere: cucito, stiro e ricamo, sotto la guida della moglie del pastore, e aumentare così il proprio valore economico. Se, d’altra parte, i genitori volevano che le loro figlie restas­ sero presso il pastore ed esse non lo desideravano, il rimedio era semplice: non avevano che da contravvenire alle regole stabilite e sarebbero state espulse; se non osavano ritornare dai genitori, vi erano sempre altri parenti che le avrebbero accolte. Così la posizione della chiesa verso la castità portava solo il germe di un conflitto che si realizzava raramente, grazie alla flessibilità con la quale la chiesa stessa si adattava al quasi ine­

XI - LA RAGAZZA IN CONFLITTO

vitabile. Frequentare il principale convitto per ragazze era una prospettiva molto lusinghiera; l’attrattiva di vivere in un folto gruppo di giovanette, dove la vita era più facile e più pia­ cevole che a casa, era in genere sufficiente incentivo alla buona condotta, o per lo meno a una certa discrezione. La confessione del peccato è un fenomeno raro in Samoa. I mis­ sionari avevano stabilito che un ragazzo, il quale avesse tra­ sgredito la regola di castità, sarebbe stato escluso dalla pro­ mozione nella scuola preparatoria e nel seminario per due anni, dopo che il reato era stato commesso. Ebbene, dovet­ tero modificare tale disposizione e far decorrere i due anni da quando il reato era stato scoperto, perché molto spesso l’infra­ zione veniva scoperta quando lo studente era stato più di due anni nel seminario e, con la vecchia legge, non sarebbe stato affatto punito. Se i giovani si fossero ispirati a un senso di re­ sponsabilità nei confronti di una legge divina piuttosto che terrena e il ragazzo o la ragazza avessero dovuto rispondere delle loro azioni ad un giudizio divino piuttosto che a un vi­ cino delatore, la religione avrebbe creato seri motivi di con­ flitto. Se ad un simile atteggiamento si fossero aggiunte l’en­ fasi sull’appartenenza alla chiesa e l’aspettativa di esperienze religiose nella vita dei giovani, si sarebbero molto probabil­ mente verificate crisi fra i giovani stessi. Allo stato presente delle cose, tutta l’organizzazione religiosa è ispirata al forma­ lismo e al compromesso e non rifugge dalle mezze misure. Il gran numero di pastori indigeni con la loro speciale interpre­ tazione dell’insegnamento cristiano, ha reso impossibile che si instaurasse il rigore del protestantesimo occidentale, asso­ ciato necessariamente alla nozione dei reati sessuali e alla co­ scienza individuale del peccato. Le ragazze dalle quali l’am­ biente religioso non esige nulla, non richiedono nulla, a loro volta, e si adattano volentieri a seguire il consiglio degli adulti di aspettare di far parte della chiesa in età più matura. Laititi a ’u. Fia siva («Perché sono giovane e mi piace danzare»), A chi fa parte della chiesa è proibito danzare e anche assistere a un gran ballo. Uno dei tre villaggi non poteva vantare alcuna ragazza che appartenesse alla chiesa. Il secondo ne aveva una,

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

che però da molto tempo era venuta meno ai suoi voti, ma poiché il suo amante aveva una posizione equivoca in famiglia e non poteva sposarsi, i vicini simpatizzavano con lei e non fecero pettegolezzi, così Lotu rimase tacitamente nella chiesa. Nel terzo villaggio vi erano due ragazze non maritate, che erano membri della chiesa: Lita e Ana. Lita aveva vissuto per anni nella casa del pastore e con un’altra ragazza mostrava molto chiaramente gli effetti di un ambiente leggermente straniero. Era intelligente e lavora­ trice, preferiva la compagnia delle ragazze a quella dei ra­ gazzi, aveva profittato molto delle occasioni che le erano ca­ pitate d ’imparare l’inglese, lavorava sodo a scuola e si pro­ poneva di andare a Tutuila e diventare un’infermiera o un’in­ segnante. I suoi ideali erano perciò quelli che si potrebbero trovare facilmente in un gruppo di matricole scelte a caso in uno dei nostri collegi. Essa accoppiava queste aspirazioni in­ dividuali a un entusiasmo fuori del comune per un padre molto religioso e acconsentiva volentieri al desiderio da lui espresso ch’essa divenisse un membro della chiesa. Lasciata la casa del pastore, continuò ad andare a scuola e a dedicarsi attivamente agli studi che costituivano il suo solo interesse, salvo un’amicizia con una cugina maggiore di lei, che parlava un poco l’inglese e che, in un’altra isola, aveva potuto avere un’istruzione migliore. Sebbene questa amicizia avesse i ca­ ratteri di “una cotta” e fosse accompagnata da pratiche omo­ sessuali, che non mancano quasi mai quando si stabilisce una certa intimità tra giovani dello stesso sesso, il movente di Lita era decisamente l’ambizione, il desiderio di approfondire in ogni possibile particolare quella civiltà straniera in cui desi­ derava farsi strada. Sona, che era di due anni più giovane ed aveva pure vissuto vari anni presso il pastore presentava un quadro molto simile. Era di modi altezzosi, prepotente e tirannica verso i più gio­ vani, sfacciatamente deferente verso i suoi maggiori. Non era eccezionalmente intelligente ma aveva una costanza davvero eccezionale ed era arrivata ad essere tra le prime della scuola a furia di tenace applicazione. Lita più intelligente e più sen­

XI - LA RAGAZZA IN CONFLITTO

sibile aveva lasciato la scuola per un anno perché l’insegnante la batteva, e Sona l’aveva superata, sebbene in definitiva fosse meno dotata. Sona veniva da un’altra isola; i suoi genitori erano morti ed essa viveva in una grande famiglia eterogenea, agli ordini di tutta una sequela di parenti. L a mente fissa ai propri scopi essa lavorava senza entusiasmo ed era anche poco entusiasta di molte delle sue congiunte. Ma vi era una cugina più grande di lei, e bellissima, che aveva colpito la sua immaginazione. Questa cugina, Manita, aveva ventisette anni e non era ancora maritata. Aveva avuto molti corteggiatori e quasi altrettanti amanti, ma era di una natura altera ed aggres­ siva e gli uomini che avrebbe trovato degni della sua mano dif­ fidavano dei suoi modi ricercati e autoritari. Per parere una­ nime era la più bella ragazza del villaggio. I suoi magnifici ca­ pelli biondi avevano figurato più volte nell’acconciatura di ce­ rimonia. La sua posizione in famiglia era avvantaggiata dal fatto che suo zio, il quale non aveva alcun diritto ereditario di nominare una taupo, aveva dichiarato che Manita era la sua taupo. Non vi era un’altra taupo nel villaggio che potesse op­ porsi alla sua nomina. Così i mormorii andavano esaurendosi. I ragazzi più giovani parlavano di lei come di una taupo senza sospettare di nulla e in tale qualità veniva presentata ai visita­ tori, data la sua bellezza e la sua abilità di danzatrice. La fa­ miglia non la spingeva al matrimonio, perché più tardava a sposarsi e più profondamente si radicava quella leggenda. Il suo ultimo amante era stato un vedovo, un capo oratore in­ telligente e simpatico. Egli aveva amato Manita, ma non aveva voluto sposarla, perché mancava della docilità che egli desi­ derava in una moglie. Quando lasciò Manita, cercò in altri vil­ laggi una ragazza molto giovane, ben educata, ma dal carat­ tere non ancora formato. Tutto questo faceva un’impressione profonda su Sona, la brutta piccola straniera dagli occhi smorti sui quali andavano già formandosi le cateratte. A “sua sorella” non conveniva il matrimonio e neanche a lei, Sona. Di aspetto decisamente non femminile, dominata dall’ambizione, giustificava la sua pre­ ferenza per la compagnia delle ragazze e per una vita diversa

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

dall’esistenza in famiglia citando l’esempio della sua bella e ostinata cugina. Senza un simile incoraggiamento avrebbe po­ tuto esitare nelle sue ambizioni, che erano già ostacolate dalla sua vista sempre più debole. Sta di fatto che andava avanti per la sua strada, proclamando apertamente i fini che perseguiva, diversi da quelli comunemente approvati. Sona e Lita non erano amiche; erano giudicate in modo troppo diverso; il loro profitto a scuola e un’intensa rivalità le divideva. Sona non ap­ parteneva alla chiesa. Ciò non avrebbe modificato il suo com­ portamento, ma faceva parte del suo piano di vita: andare a scuola il più a lungo possibile per evitare altre responsabilità. Così poteva continuare a rispondere: Laititi a ’u («Sono an­ cora giovane»). Mentre Lita si legava alla cugina e cercava di imparare da lei ogni particolare di una vita diversa, Sona se­ guiva appassionatamente le orme della famiglia del pastore, leggermente più europeizzata, dichiarando di essere in rela­ zione sempre più stretta con la nuova civiltà, chiamando la moglie di Ioane Mrs. Johns, costruendo una pietosa piatta­ forma di atteggiamenti papalagi (forestieri) come un trampo­ lino per le sue future attività. Vi era un’altra ragazza, nella chiesa di Siufaga, Ana, di di­ ciannove anni. I suoi moventi erano del tutto diversi. Era di una natura mite e quieta, molto intelligente e abilissima. Era figlia illegittima di un capo; sua madre, più tardi, si era spo­ sata, poi era fuggita, si era sposata di nuovo, aveva divorziato e finalmente se ne era andata in un’altra isola. Non era affatto legata ad Ana. Il padre era un vedovo che viveva in casa di un fratello ed Ana era stata allevata in casa di un altro fra­ tello. Questa famiglia era quasi del tipo biologico; vi erano due figlie maritate, maggiori di Ana, un figlio circa della sua età, una figlia di quattordici anni ed una massa di bambini. Il padre era un uomo mite e riservato, che si era fabbricato la casa fuori del villaggio «per sfuggire al rumore», disse. Le due figlie maggiori sposarono presto e andarono a stare presso la famiglia del marito. Ana e il suo giovane cugino vivevano nella casa del pastore e la figlia che veniva subito dopo Ana dor­ miva in casa. La madre non si fidava punto degli uomini, spe­

XI - LA RAGAZZA IN CONFLITTO

cialmente di quelli del villaggio. Ana doveva essere tirata su in modo da sposare un pastore; essa non era abbastanza forte per il pesante lavoro della donna comune samoana. Sua zia in­ sisteva sempre su questo ritornello, spinta in massima parte dalla sua antipatia per la madre di Ana e dal timore che la ra­ gazza lasciasse la casa per seguire le orme materne; perciò Ana si convinse di essere troppo delicata per condurre un’esi­ stenza normale. Questa teoria fu confermata dal medico il quale, visitando le candidate alla scuola per infermiere, re­ spinse Ana per un soffio al cuore. Ana, influenzata dai cupi presagi di sua zia, era ora convinta di essere troppo delicata per avere bambini, o che tutt’al più avrebbe potuto averne uno in un giorno molto lontano. Essa entrò nella chiesa, ri­ nunciò alla danza, si attaccò sempre maggiormente al gruppo delle ragazzine più giovani, nella scuola del pastore e alla sua casa adottiva; e fu così il prodotto nevrastenico di un difetto fisico, di un gruppo familiare piccolo e isolato e della scuola del pastore. Tutte queste ragazze deviavano dall’indirizzo comune, nella stessa direzione; erano quelle che richiedevano un ambiente diverso o migliore, che non si contentavano delle aspirazioni tradizionali. Ad ogni momento, come tutti i ribelli, avrebbero potuto venire in conflitto col gruppo, e se questo non succe­ deva era dovuto a speciali condizioni dell’ambiente. Per il mo­ mento, le fanciulle più giovani nel gruppo del pastore mostra­ vano di essere meno influenzate dall’atmosfera leggermente artificiale che le circondava. Erano caste, avevano amici all’infuori del gruppo familiare, che, in altre circostanze avrebbero guardato con sospetto; prestavano attenzione molto maggiore alle lezioni. Non sentivano ancora il desiderio di sostituire un’altra carriera a quella tradizionale del matrimonio. Ciò era dovuto, naturalmente, anche al fatto che l’influenza della casa del pastore non era sola ad agire sulla loro vita, dato che esse passavano ancora la maggior parte della giornata a casa loro, nell’ambiente convenzionale. Senza l’aggiunta di uno stimolo particolare (ad esempio condizioni domestiche fuori del co­ mune) ò a meno che la ragazza possedesse un particolare tem­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

peramento, era probabile che essa passasse attraverso il pe­ riodo scolastico mantenendo immutato il suo punto di vista fondamentale sulla vita. Forse avrebbe acquistato un maggior rispetto per la chiesa, il desiderio di un modo di vivere leg­ germente più raffinato, una maggior fiducia nelle compagne. Al tempo stesso la casa del pastore presentava un sufficiente contrasto con la vita tradizionale samoana per offrire un ter­ reno favorevole alla deviazione. Le ragazze che lasciavano il villaggio e passavano vari anni nel convitto sotto la guida d’in­ segnanti bianchi, ne risentivano fortemente l’influenza. Molte di esse divenivano infermiere; la maggioranza sposava dei pa­ stori, indice questo, di un atteggiamento deviato in quanto implica la scelta di uno stile di vita diverso. Così, mentre la religione, in sé stessa, offriva scarso motivo di conflitto, le istituzioni promosse dalla religione potevano agire come stimoli verso nuovi indirizzi e, se sufficientemente rafforzate da altre condizioni, potevano produrre un tipo di ragazza che si allontanava marcatamente dal tipo delle sue compagne. Se la maggioranza delle ragazze samoane non ri­ sente di queste influenze e continua tranquillamente a vivere nel modo tradizionale, ciò attesta semplicemente la forza di resistenza della civiltà indigena che, nel suo stato attuale di leggera europeizzazione, offre in abbondanza soluzioni facili per ogni conflitto; e dimostra altresì che le adolescenti sa­ moane non creano spontaneamente i loro conflitti, ma hanno bisogno di un forte stimolo per produrli. I conflitti dei quali abbiamo parlato finora sono quelli di ragazze che deviano verso l’alto, che desiderano una libertà di scelta maggiore di quella generalmente permessa e che, ot­ tenutala, arrivano a soluzioni bizzarre e originali. Le aspira­ zioni non tradizionali che vengono incoraggiate dal sistema di educazione instaurato dai missionari consistono nell’istruzione, nella scelta di una carriera, nel matrimonio all’infuori del gruppo locale (nel caso di pastori indigeni, insegnanti e in­ fermiere), nella preferenza da darsi a individui del proprio sesso grazie a lunghe ed intime amicizie fatte a scuola, nel dare un valore alla vita dopo aver preso coscienza di sé stessi e per

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conseguenza, nello scegliere con maggiore consapevolezza il proprio destino. Tutto questo porta a una maggiore specia­ lizzazione, a un maggiore scrupolo, a una più grande impor­ tanza data all’individualità, quando si tratta di fare una scelta consapevole tra linee di condotta diverse, se non addirittura opposte. Nel caso di questo gruppo di ragazze è evidente che, per far sorgere il vero conflitto, non bastava semplicemente presentare scelte contrastanti fra loro, ma occorreva la neces­ sità di una scelta e un ambiente favorevole in cui potesse agire. Ora dovremo trattare di un altro tipo di deviazione, della deviazione verso il basso, in altre parole, della delinquente. Mi servo di questo termine per indicare la persona che si adatta male alle esigenze della propria civiltà e che alla fine viene in conflitto col suo gruppo non perché essa aderisca a principi diversi, ma perché viola i principi del gruppo, che sono anche i suoi p ro p ri1. Una famiglia o una comunità samoana poteva facilmente considerare la condotta e gli ideali di Sona e di Lita come an­ tisociali e indesiderabili; l’una e l’altra seguivano una via che 1U n a d is t in z io n e d i q u e s to g e n e re p o t r e b b e essere fa tta r ig u a r d o a lla p o ­ s iz io n e d e lla n o s tr a stessa c iv iltà d i f r o n te a lla d e lin q u e n z a . L a d e lin q u e n z a , a n c h e n e l l’a m b it o d i u n a c iv iltà , n o n p u ò essere d e f in it a i n b a s e a i s o li atti; g li a tte g g ia m e n ti d e ll ’i n d i v i d u o d e v o n o p u r e essere c o n s id e r a ti. C o s ì, u n a b a m b i n a c h e s a c c h e g g ia il p o r t a f o g lio m a te r n o p e r c o m p r a r e v iv e r i p e r u n a g ita i n c o m it iv a o v e s titi p e r a n d a r e a u n b a llo , c h e sa c h e r u b a r e è m a le , m a n o n v u o le o n o n p u ò re siste re a lla t e n ta z io n e , è u n a d e lin q u e n t e , se q u e s ta q u a lif ic a le v ie n e p o i le g a lm e n te c o n f e r m a ta d a lle a u t o r it à g i u d i ­ z ia r ie d a v a n t i a lle q u a li la s u a c o n d o t t a fin is c e p e r tr a s c in a r la . L a g io v a n e c o m u n is t a c r is tia n a , c h e re g a la le s u e v e sti e q u e lle d e lle s o re lle e d e i f r a ­ te lli, p u ò essere u n p e r ic o lo p e r la f a m ig lia e p e r u n a s o c ie tà f o n d a t a s u lla p r o p r i e t à p r iv a ta , m a n o n è u n a d e lin q u e n t e d e llo stesso r a n g o d e lla p r im a . H a s o lta n to sc e lto d e i p r in c ip i d iv e rs i. L a ra g a z z a c h e c o m m e t t e tra s g re s ­ s io n i s e s s u a li c o n t u t t e le c o n s e g u e n z e d i v e r g o g n a , s e n s o d i c o lp a e i m ­ p o s s ib i li t à d i tr a tte n e r s i d a l l ’essere s e m p r e p i ù im p l i c a t a i n u n a serie d i a z io n i c h e r ic o n o s c e b ia s im e v o li, f i n c h é d iv e n ta u n p r o b le m a so c ia le c o m e r a g a z z a - m a d r e o p r o s titu ta , q u e s ta ra g a z z a è n a t u r a lm e n t e u n a d e lin q u e n te . L a g io v a n e a d e p ta d e l lib e r o a m o r e , a r m a ta d i id e a li e d i d o t t r in e p e r g i u ­ s tific a re la s u a c o n d o t t a , p u ò essere u n a in d e s id e r a b ile , m a , d a l p u n t o d i v is ta d i q u e s ta a r g o m e n ta z io n e , n o n è d e lin q u e n te .

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

non portava al matrimonio ed ai figli. È probabile che in ogni comunità umana, una scelta simile, da parte di una donna, sia sempre disapprovata e anche in futuro le ragazze che, ub­ bidendo agli stessi stimoli, seguiranno l’esempio di Sona e di Lita si esporranno allo stesso rischio. M a vi erano realmente delle ragazze delinquenti in quel pic­ colo villaggio primitivo, ragazze incapaci di sviluppare nuovi sistemi di vita e incapaci, al tempo stesso, di adattarsi a quelli vecchi? Il mio gruppo comprendeva due ragazze di questo tipo; una era sull’orlo della pubertà, l’altra l’aveva oltrepas­ sata da due anni. La loro delinquenza non era un fatto nuovo, ma in ambo i casi risaliva a vari anni addietro. I membri dei loro rispettivi gruppi parlavano di loro chiaramente come di ragazze «poco di buono», le loro coetanee le evitavano e i loro parenti le deploravano. Dato che il villaggio samoano non ha un apparato legale che si occupi di questi casi, il parallelo con la nostra «ragazza delinquente» si limita a questo e sostituisce il conflitto con la disapprovazione non organizzata del gruppo al contrasto con la legge, contrasto che, per definizione, co­ stituisce la delinquenza nella nostra società. Lola aveva diciassette anni, era una ragazzona alta, intelli­ gente, splendidamente sviluppata. Era eccezionalmente ca­ pace di forti sentimenti, di entusiasmi, di violente reazioni verso i singoli individui. Suo padre era morto quando era bambina, e perciò Lola era stata allevata in una casa che man­ cava del capo. Il fratello di suo padre, che era il matai, pos­ sedeva varie case ed aveva sparso il numeroso gruppo dei suoi familiari in varie parti del villaggio, quindi Lola, due sorelle maggiori, due minori e un fratello maggiore di lei di un anno, furono educati dalla madre, una buona donna, ma inconclu­ dente. La sorella maggiore si sposò e lasciò il villaggio quando Lola aveva otto anni. La seconda sorella, Sami, di cinque anni maggiore di Lola, somigliava alla madre, mite e dolce, con un fondo di debole risentimento contro la vita che traspariva dalle sue tranquille parole. E ssa disapprovava e criticava la sorella minore, ma non riusciva a tenerle testa. Nito, suo fra­ tello, era un giovanotto vivace e intelligente che avrebbe po­

XI - LA RAGAZZA IN CONFLITTO

tuto aiutare la sorella a metter giudizio, senonché il tabù tra fratello e sorella li costringeva a rapporti rigorosamente for­ mali. Aso, di due anni più giovane, somigliava a Sami senza l’ostilità sorniona di questa, e aveva adottato il programma di evitare Lola completamente. La più giovane, Siva, somi­ gliava a Lola, era intelligente, appassionata, facile a scattare, ma aveva solo undici anni e non poteva che seguire il cattivo esempio che le dava sua sorella. Lola era litigiosa, insubordi­ nata, impertinente. Discuteva su ogni punto, si opponeva a ogni richiesta, scansava il lavoro, si picchiava con le sorelle, si faceva beffe della madre, andava in giro per il villaggio con un bastoncino sulla spalla. Quando ebbe quattordici anni di­ venne così intrattabile in casa che suo zio la mandò a stare presso il pastore. Vi rimase un anno facendo delle scene ter­ ribili e finalmente fu espulsa dopo una lite con Mala, l’altra delinquente. Non fu espulsa prima per deferenza al suo rango come nipote di un capo importante. Suo zio si rese conto che sarebbe stata una pazzia rimandarla presso sua madre; aveva ormai quasi sedici anni ed era ben sviluppata fisicamente, perciò poteva da un momento all’altro aggiungere trasgres­ sioni sessuali alla lista delle altre sue irregolarità. La prese dunque in casa sua e la mise sotto la sorveglianza di sua mo­ glie, Pusa, una donna energica, dotata di molta forza di vo­ lontà. Lola vi rimase quasi un anno: non aveva mai vissuto in un ambiente così interessante. Il rango di suo zio esigeva da lei sempre nuove attività. Imparò a far bene il kava, a dan­ zare con più disinvoltura e con più maestria. Una gita a Tutuila interruppe la monotonia della vita di ogni giorno; due cugine vennero in visita da un’altra isola e ci fu grande alle­ gria in casa. Quando la sua coscienza del sesso divenne più acuta Lola si mostrò più sottomessa e meno sicura di sé. Pusa era una dura sorvegliante e per un certo tempo parve che Lola apprezzasse il fatto nuovo di una volontà ferrea accompa­ gnata da una reale autorità. Ma la novità venne meno col tempo, le cugine prolungarono la loro visita un mese dopo l’altro e continuavano a trattare Lola come una bambina. Questa prese un’aria annoiata, divenne musona e gelosa e finì

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

col fuggire presso altri parenti, in una famiglia di un capo molto eminente, nel villaggio vicino. Qui in quel momento si trovava un altro gruppo domestico tutto femminile, poiché il capo di casa era a Tutuila e sua moglie, sua madre e i suoi due figli occupavano da soli la grande casa degli ospiti. L’aiuto di Lola fu il benvenuto ed essa si mise subito a ricer­ care il favore dell’alto capo della famiglia. Da principio questo fu molto facile, poiché essa era fuggita dalla casa di un capo rivale e questa sua pubblica defezione venne molto apprezzata. Nella casa non vi erano che ragazze molto più giovani o molto maggiori e Lola fu il centro dell’attenzione, come tanto desiderava. Le bambinette ce l’avevano con lei, ma ammiravano segretamente i suoi modi audaci e disinvolti. Era stata là appena un mese, quando un altro capo, con una giovane e bellissima taupo al suo seguito, venne in visita e tutta la comitiva fu alloggiata proprio nella casa dove dormiva Lola. Allora cominciò tutto il ciclo dei doveri dell’ospitalità e, ciò che vi era di peggio, Lola doveva servire la bella stra­ niera, che aveva un anno meno di lei, ma che, per il suo rango di taupo visitatrice, aveva su di lei la precedenza. Lola divenne nuovamente difficile; si bisticciava con le bambine, era im­ pertinente con le ragazze più grandi, trascurava il suo lavoro, parlava con rabbia della forestiera. Tutto questo poteva es­ sere una cosa momentanea e avere il solo risultato di far per­ dere a Lola la benevolenza della famiglia presso la quale vi­ veva; senonché sopraggiunse un avvenimento anche più sfor­ tunato. Il dongiovanni del villaggio era un individuo astuto, riservato, un vedovo di circa quarant’anni, un matai dai modi circospetti, ed avvincenti. Stava cercando una seconda mo­ glie e la sua attenzione si rivolse verso la visitatrice alloggiata nella casa degli ospiti del vicino villaggio. Ma Fuativa era un amante prudente e calcolatore, voleva osservare attenta­ mente la sua futura sposa e perciò andava a trovarla casual­ mente, senza accennare alle sue intenzioni. Egli notò che Lola era divenuta una florida ragazza e volle cogliere questo frutto maturo strada facendo, mentre era ancora indeciso sull’affare più serio del matrimonio.

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Lola che era capace di tanta veemenza, poteva provare anche forti affetti. Fuativa era un amante esperto e pieno di riguardi. Poche ragazze furono così felici col primo amante e poche così desolate quando la prima avventura amorosa fu troncata. Fuativa la conquistò facilmente e dopo tre setti­ mane, che furono cosa da poco per lui e molto importanti per lei, chiese la mano della visitatrice. Ciò forse non avrebbe fatto andare tanto in collera Lola, sebbene il suo orgoglio fosse dolosamente ferito; ella pensava che il progetto di pren­ dere una sposa di luoghi così lontani poteva anche fallire. Ma la fidanzata cercava in modo così evidente di differire le nozze che i capi oratori cominciarono a spaventarsi. Fuativa era ricco e la cerimonia del matrimonio avrebbe portato lauti guadagni al capo oratore; se si permetteva alla ragazza di an­ dare a casa a discutere con i genitori, o se la si lasciava libera di fuggire con altri, addio nozze e addio ricompense. La ce­ rimonia della pubblica deflorazione è proibita dalla legge e il fatto che lo sposo fosse un impiegato governativo rendeva ancora più difficile la sua posizione in caso di violazione della legge stessa. Perciò l’ansioso capo oratore fece i suoi piani di concerto con l’ansioso pretendente e questi ebbe libero ac­ cesso presso la fidanzata. La rabbia di Lola non conobbe più limiti; essa si vendicò immediatamente accusando in pu b­ blico la sua rivale di essere una ladra e mettendo sottosopra tutto il villaggio. Le donne della casa che l’ospitava la caccia­ rono via coprendola d’imprecazioni ed essa si rifugiò presso sua madre, concludendo così le sue peregrinazioni comin­ ciate quattro anni prima. Era adesso nella situazione della de­ linquente nella nostra società: aveva continuamente violato i principi del gruppo ed aveva esaurito le soluzioni che pote­ vano esserle offerte. Nessuna famiglia avrebbe più aperto le porte a una ragazza bollata come una bugiarda, una semina­ trice di zizzania, una violenta e una ladra, giacché fra le sue malefatte vi erano anche continui furterelli. Se fosse stata in rotta col proprio padre o un cognato l’avesse offesa, avrebbe facilmente trovato un rifugio; ma il suo carattere era per lei una continua fonte di disgrazie. In casa di sua madre, rendeva

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infelici le sue sorelle, ma non si imponeva come aveva fatto prima. Era tetra, amara, insolente. La gioventù del villaggio l’accusava di avere un lotu le aga («un cattivo cuore») e non aveva amiche. La sua giovane rivale lasciò l’isola per fare i pre­ parativi nuziali, altrimenti Lola avrebbe forse finito col tra­ scendere ad atti di violenza fisica. Quando io sono partita, essa viveva oziosa, cupa, invisa a tutti, sopportata a stento in casa di sua madre. I difetti di Mala erano leggermente diversi. Tanto Lola era violenta ed aggressiva, quanto Mala era infida e insinuante. Mala era più giovane, poiché aveva raggiunto la pubertà ap­ pena in gennaio, circa alla metà del mio soggiorno nell’isola. Era una ragazzina sgraziata, con le vesti sempre in disordine. I suoi genitori erano morti ed essa viveva con uno zio, un uomo amareggiato e deluso, di meschina posizione. Sua mo­ glie veniva da un altro villaggio e la sua casa attuale non era di suo gusto. Non avevano figli e con loro non viveva che un’altra nipote divorziata dal marito, senza figli anch’essa. Mala non aveva nessuno che le dimostrasse affetto e per di più la facevano lavorare senza misericordia. E molto raro che in una casa samoana vi sia una sola bambina, o bambino, ma quando capita, quest’unico bimbo ha una vita molto difficile. Nel caso di Mala lo era doppiamente. Normalmente, altri pa­ renti abitanti nel vicinato, le avrebbero affidato i loro piccoli, includendola così nelle attività di famiglie più felici e più nu­ merose. Ma fino dalla prima infanzia essa aveva avuto fama di ladra, accusa molto grave in paese in cui non ci sono né porte né chiavistelli e le case restano talvolta vuote per l’intera giornata. Il suo primo furto era stato quello di un giocattolo forestiero, che apparteneva al bambino del capo e la madre furibonda l’aveva rimproverata aspramente un giorno in cui arrivava il battello e la spiaggia era piena di gente. Quando si faceva il suo nome, l’epiteto di ladra e di bugiarda seguiva su­ bito e veniva pronunciato con altrettanta semplicità, come in altri casi si diceva che un tale era strabico o sordo. Gli altri bambini la evitavano. Nella casa accanto viveva Tino, un bam ­ bino molto quieto, più giovane di Mala di pochi mesi; normal­

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mente questi due sarebbero stati compagni di giochi e infatti Mala dichiarava sempre che Tino era suo amico, ma Tino smentiva con indignazione ogni specie di amicizia con lei. Come se non fosse bastata questa reputazione di ladra, Mala si faceva criticare per un’altra mancanza: essa giocava con i ra­ gazzi, preferiva i giochi dei ragazzi, legava il suo lavalava come un ragazzo, e tutto questo sotto gli occhi dell’intero villaggio che la condannava a gran voce: « E proprio una cattiva ra­ gazza, ruba, mentisce e gioca con i ragazzi». Come succede in altre parti del mondo, tutto il biasimo ricadeva su di lei, perciò i ragazzi non l’evitavano, ma la punzecchiavano, la ti­ ranneggiavano, se ne servivano come di un galoppino e di una serva. Alcuni suoi coetanei più precoci cominciavano già a considerare la possibilità di trovare in lei un’altra forma di di­ vertimento. Probabilmente finirà per accordare i suoi favori a chiunque li chieda e così cadrà sempre più in basso nella stima del villaggio e specialmente nell’opinione del suo pro­ prio sesso, da cui essa desidera appassionatamente essere ap­ prezzata ed amata. Lola e Mala sembravano esser vittime ambedue di man­ canza di affetto, ambedue erano eccezionalmente capaci di un vero attaccamento ed avevano una disposizione fuori del nor­ male per la gelosia. Tanto l’una che l’altra reagivano con com­ movente prontezza alla più piccola manifestazione di bene­ volenza. Purtroppo il loro bisogno di affetto era pari solo alla difficoltà che avevano di trovarne. Lola era in condizioni dop­ piamente sfavorevoli, sia per il suo temperamento disgraziato, sia per le maggiori doti delle sue tre sorelle. I suoi difetti di carattere erano aggravati dal fatto che non vi era qualcuno di veramente autorevole, nella sua casa. A Sami, la sua docile so­ rella, era stato affidato il compito di badare ai bambini; a Lola, che si lasciava dirigere più difficilmente, venne risparmiata tale responsabilità, che sarebbe stata la salvezza per lei. Tutte queste erano condizioni eccezionali, come eccezionali erano il suo desiderio e la sua capacità di affetto. Allo stesso modo si può dire che poche bambine erano desolate come Mala, finita miseramente in una casa di adulti, chela trattavano senza coni

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prensione. Perciò sembrerebbe che la delinquenza di queste due ragazze dipendesse dalla combinazione di due ordini di fattori: bisogni emotivi eccezionali e condizioni familiari inu­ suali. Bambine meno affettuose, nello stesso ambiente, o le stesse bambine in un ambiente più favorevole, non sarebbero mai divenute delle povere derelitte come queste due. Solo un’altra ragazza, nei tre villaggi, merita di essere con­ siderata sotto questo aspetto della delinquenza, sebbene fosse condannata in modo meno unanime delle altre. Essa era Sala, che abitava nel terzo villaggio. Viveva in una famiglia di sette persone, cioè sua madre vedova, suo fratello minore di dieci anni, la nonna e uno zio con la moglie e il loro figlio di due anni. Questo rappresentava un gruppo familiare abbastanza bene equilibrato e vi erano poi molti altri parenti nel vicinato. Sala era stata mandata a vivere nella casa del pastore, ma era presto incorsa in trasgressioni sessuali ed era stata espulsa. Il suo atteggiamento verso questo pastore era ancora di palese ostilità. Sala era stupida, subdola, falsa, e non aveva alcuna attitudine per i lavori meccanici più semplici. Per la sua man­ canza di abilità veniva presa in giro da tutto il villaggio; i suoi amanti erano molti e casuali, padri di figli illegittimi, mariti di donne temporaneamente assenti, ragazzi sciocchi che vo­ levano soddisfare un capriccio. Le ragazze del villaggio an­ davano dicendo che Sala era esperta solo in un’arte: il sesso, che, dato che non sapeva nemmeno cucire le canne del tetto, né tessere stoini, non avrebbe trovato marito. L’atteggiamento sociale verso di lei era di disprezzo più che di antagonismo e Sala era stata ferita così profondamente da cadere molto in basso ai suoi propri occhi. Essa aveva dei modi sornioni e fur­ tivi, mentiva impudentemente vantando il proprio sapere e la propria capacità e stava sempre in guardia contro possibili offese o insinuazioni. Non arrivò a un serio conflitto con la co­ munità. Suo padre la picchiava talvolta, ma senza convin­ zione; ciò che la salvava era la sua stupidità, perché i samoani hanno più indulgenza per la debolezza che per la forza male adoperata. Presto o tardi, le indiscriminate esperienze sessuali condurranno probabilmente Sala alla gravidanza, col risul­

XI - LA RAGAZZA IN CONFLITTO

tato di una temporanea restrizione delle sue attività e una di­ pendenza molto maggiore dalla sua famiglia. Questa dipen­ denza economica, aggravata, nel suo caso, dalla mancanza di abilità manuale, sarà abbastanza forte da dare alla sua fami­ glia il sopprawento su di lei, che si vedrà così forzata per lo meno a moderare le sue avventure. Può darsi che per molti anni non le capiti di sposarsi, e forse sarà sempre considerata troppo al di sotto di una simile responsabilità. L’unica delinquente in erba, cioè l’unica bimba che m o­ strava una marcata possibilità di condotta sempre peggiore, era Siva, la sorellina undicenne di Lola. Aveva la stessa na­ tura turbolenta e faceva sempre a pugni cogli altri bambini o lanciava insulti alle spalle degli adulti. Aveva lo stesso violento desiderio di affetto, ma suo zio, vista la cattiva piega presa dalla sorella, l’aveva presa a dieci anni nel suo stretto gruppo familiare e perciò Siva stava passando gli anni della preado­ lescenza sotto un regime molto più severo. Inoltre differiva da sua sorella per un altro aspetto; questo forse sarebbe stata la sua salvezza: mentre a Lola mancava il senso del comico e la leggerezza di tocco, Siva era dotata di queste due qualità. Aveva il dono della mimica, era una danzatrice divertentis­ sima, una commediante nata e la gente le perdonava la sua violenza e la sua litigiosità in grazia delPallegria che metteva con le sue buffonate propiziatorie. Se quest’arte continuerà a cattivarle l’affetto di zie e cugine, che già sopportano tutte le sue birichinate e i suoi capricci, può darsi che non segua le orme di sua sorella. Una parola affettuosa vale a richiamare la sua attenzione ed essa ha veramente il dono di voler bene. Una volta, durante un ballo, avevo chiesto con insistenza alle bambine di esser buone e di non perder tempo negli eterni litigi e nelle eterne gelosie. Scelsi tre bimbette, il numero tra­ dizionale per danzare ed una di esse, Meta, pretese di aver male a un piede. Mi voltai subito verso Siva, la pregai di com­ pletare la figura ed essa si accingeva a farlo, un poco di mala voglia, non essendo stata scelta prima, quando Meta, che vo­ leva soltanto farsi pregare, scattò in piedi e prese il posto vuoto. Siva stava già preparando i pugni per scagliarsi su

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Meta, quando colse il mio sguardo; allora inghiottì furiosa­ mente, si strappò dal collo la collana di fiori e la gettò sulla testa di Meta. Se avrà più fortuna di sua sorella, eviterà un conflitto con la sua società. E qui finisce la storia dei conflitti gravi o delle gravi devia­ zioni dai principi di gruppo. Le altre ragazze si differenzia­ vano nel comportamento a seconda che fossero o meno sog­ gette alla supervisione della famiglia del pastore, provenis­ sero da case di rango o da famiglie di scarso prestigio, e so­ prattutto vivessero in una famiglia biologica o in una grande famiglia eterogenea. Con differenze di temperamento uguali a quelle che si trovano fra noi, sebbene forse con un campo più ristretto di capacità intellettuale, le ragazze samoane mo­ strano una sorprendente uniformità di cognizioni, di abilità, di atteggiamenti, e presentano il quadro di uno sviluppo or­ dinario e regolare in un ambiente flessibile, ma dai limiti esat­ tamente tracciati.

X II

Maturità e vecchiaia

Poiché la comunità non fa distinzione tra ciò che richiede dalle ragazze non sposate, o dalle mogli di uomini senza ti­ tolo, e al tempo stesso non vi è quasi mai differenza di espe­ rienza sessuale tra i due gruppi, la linea di demarcazione non cade tra sposate e non sposate, ma fra donne adulte e adole­ scenti, per ciò che riguarda il lavoro, e fra le mogli dei matai e le altre donne, per ciò che riguarda il cerimoniale. La donna di ventidue o ventitré anni non ancora maritata, perde la sua aria spensierata e indifferente; è la famiglia che esercitando una certa pressione su di lei dà luogo a questo cambiamento. Adesso è una persona adulta, di pari forza con le sorelle spo­ sate e con le giovani mogli dei fratelli; perciò si attende da lei che contribuisca altrettanto attivamente alle imprese fami­ liari. Essa vive in un gruppo di coetanee, alle quali le respon­ sabilità del matrimonio impongono sempre nuovi doveri. La rivalità e l’emulazione entrano in gioco e si deve anche con­ siderare che la ragazza stessa comincia a diventare un poco ansiosa circa le possibilità del proprio matrimonio. Il primo interesse per la sperimentazione sessuale si è esaurito ed essa cerca ora di aumentare il proprio valore come moglie. Se­ condo la teoria indigena, una ragazza sa cucire le canne per la coperta del tetto, ma non si dedica veramente a questo la­ voro finché non è maritata. In pratica però la ragazza adulta che non è sposata ha gli stessi compiti, sia agricoli che dome­ stici, della donna sposata, con la differenza che, mentre le gio­ vani donne sono trattenute in casa dalle gravidanze e dai pe­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

riodi di allattamento, le ragazze possono assentarsi per lunghe spedizioni di pesca o per cercare nell’interno dell’i­ sola materiali per la tessitura. Una coppia di sposi può vivere nella casa di lei o in quella di lui; la scelta viene fatta in base al rango ed alle esigenze di lavoro delle due famiglie. Il cambiamento di residenza è molto meno importante per la sposa che per lo sposo. La vita di una donna maritata si svolge in una sfera così ristretta che le sue sole compagne sono le donne della casa; e d ’altro lato la residenza nel villaggio del marito, invece che nel proprio, non influisce sulla sua vita poiché la sua partecipazione agli affari del villaggio sarà sempre superficiale e poco importante finché il marito non assumerà un titolo la cui dignità ricadrà anche su di lei. Se la famiglia del marito è nel suo stesso vil­ laggio, le sue responsabilità aumenteranno perché sarà esposta alle continue richieste tanto dei suoi parenti quanto di quelli del marito. Non è previsto alcun conflitto tra suocera e nuora. La suo­ cera deve esser rispettata come donna anziana della famiglia e una nuora insolente non è tollerata, alla stessa stregua di una figlia disobbediente o di una nipote insubordinata. Ma i rac­ conti sulla tradizionale discordia che esiste nei nostri paesi vennero accolti dai samoani con sprezzante ilarità; dato che presso di loro i legami sentimentali fra i genitori e figli sono tanto deboli, era impossibile spiegar loro questi contrasti fra la madre di un individuo e la moglie di lui, contrasti nei quali ha tanta parte la gelosia. Essi non vedevano in tutto questo che la mancanza del dovuto rispetto per parte di una persona giovane e senza importanza verso una persona anziana, pur ammettendo naturalmente che ci sono dei vecchi irascibili, dai quali conviene star lontani. Lo stesso vale per il giovane che va ad abitare presso il suocero. Se questi è il matai avrà completa autorità sul genero; se è soltanto un vecchio senza titolo, dovrà ugualmente essere rispettato. Ma il cambiamento di villaggio per un giovane è molto im­ portante, perché dovrà prender posto in un nuovo Aumaga e dovrà lavorare insieme ad estranei invece che con i com­

XII - MATURITÀ E VECCHIAIA

pagni con i quali ha lavorato e giocato fin dall’infanzia. Molto spesso non riesce a trovare col nuovo gruppo il completo af­ fiatamento dell’antico forse perché è più attaccato alla pro­ pria dignità, perché lavora con i nuovi compagni, ma non gioca con loro. La vita sociale dell’Aumaga si manifesta prin­ cipalmente nelle cortesie che il gruppo deve usare alle ragazze che vengono in visita. Nel proprio villaggio, un uomo ammo­ gliato continua ad accompagnare, in queste occasioni, i ra­ gazzi più giovani per molti anni dopo il matrimonio, ma nel villaggio della moglie questo contegno diventa subito meno appropriato. Anche le avventure amorose casuali rappresen­ tano un rischio maggiore per un marito che viva presso la fa­ miglia della moglie. Il suo passaggio dalla posizione di gio­ vane uomo a quella di matai è più facile, ma invecchia anche più presto, e per quanto possa ottenere molto rispetto nel vil­ laggio adottivo, l’affetto che lo circonda sarà minore. Nella maggior parte dei matrimoni non vi è l’idea di metter su qualcosa di nuovo e di separato. Il cambiamento è sentito nel cambiamento di residenza di uno dei due coniugi e nelle reciproche relazioni che s’intrecciano fra le due famiglie, ma la giovane coppia vive nella sua casa principale e riceve sem­ plicemente un cuscino di bambù, una zanzariera e un muc­ chio di stuoie per il letto. Solo per il capo o per suo figlio si costruisce una nuova casa. L a moglie lavora con tutte le donne della famiglia e serve tutti gli uomini; il marito parte­ cipa ai lavori degli altri uomini e ragazzi: i due non sono con­ siderati come un’unità né nei servizi personali che rendono, né in quelli che ricevono. L e leggi del tabù non vengono mo­ dificate dal matrimonio del fratello o della sorella; vi è solo un individuo di più, il nuovo cognato o la nuova cognata, da evitare accuratamente secondo le stesse norme. Soltanto nel rapporto sessuale i due sono trattati come se fossero uno. Perché anche nella cura dei bambini e nelle decisioni circa il loro futuro gli zii, le zie e i nonni hanno altrettanta parte quanto i genitori. Soltanto quando uno è matai , oltreché padre, ha il controllo dei propri figli e in questo caso vi è un abuso nel senso opposto, perché il matai ha lo stesso con­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

trollo su molti giovani che, come parentela, gli sono meno vi­ cini. La donna incinta è circondata da una quantità di tabù, con­ sistenti per la massima parte in divieti contro attività solitarie, essa non deve passeggiare né sedere, né raccogliere cibarie, né mangiare sola o in presenza del solo marito. Tutti questi tabù sono spiegati con la graziosa dottrina che le azioni che si com­ mettono in solitudine sono sempre cattive e che ogni cattiva azione commessa dalla futura madre avrà tristi conseguenze per il bambino. Sembra che si trovi più semplice proibire azioni solitarie che non azioni biasimevoli. Vi sono anche degli spiriti speciali nefasti ad una donna incinta, perciò a questa viene raccomandato di evitare i luoghi frequentati da spiriti, di non fare lavori troppo pesanti, di non prendere troppo freddo né troppo caldo. La gravidanza non è trattata con nessuno di quei riguardi che si usano fra noi, tuttavia la donna che è incinta per la prima volta acquista una certa im­ portanza sociale. Questa importanza è in proporzione diretta col suo rango e la giovane donna il cui figlio sarà l’erede pre­ suntivo di un alto titolo è sorvegliata con grandissima solle­ citudine. I parenti vengono da grandi distanze per la festa del puerperio e della nascita, festa della madre, come viene chia­ mata, piuttosto che in onore del padre o del bambino. D opo la nascita del primo bambino, gli altri figli arrivano di frequente e non ci si fa molto caso. Le vecchie pettegole li contano e fanno il calcolo di quanti sono vivi, quanti morti e di quanti aborti ci sono stati. Per la festa della nascita si ar­ rostisce il maiale, ma al festino sono invitati solamente i pa­ renti prossimi. La madre di molti figli, più che lodata è con­ siderata come una che fa il suo dovere; la donna sterile è odiata blandamente e la sua disgrazia è attribuita a vita licen­ ziosa. Vi erano tre donne anziane sterili in Tau; tutte e tre erano levatrici e reputate molto sagge; adesso avevano pas­ sato da tempo l’età di avere figli e stavano raccogliendo il frutto dello zelo messo nello studio della loro complicata pro­ fessione, nella quale avevano cercato un compenso alla loro sterilità.

XII - MATURITÀ E VECCHIAIA

Le giovani spose fra i venti e trenta anni formano un gruppo allegro e laborioso. Esse entrano a far parte della chiesa e vanno in chiesa con il cappello. Quando non hanno un bam ­ bino al petto, lavorano duramente alle piantagioni, o pe­ scando, o facendo tapa. Non si aspettano nessun altro avve­ nimento importante nella loro vita; se i mariti muoiono, è pro­ babile che ne prenderanno dei nuovi, questa volta di rango inferiore. Se i mariti divengono matai, esse acquistano un posto nel fono delle donne, ma soltanto la donna che ha atti­ tudine a tirare i fili della politica e che ha la fortuna di avere dei parenti importanti o un marito importante potrà ricavare qualche soddisfazione positiva dall’organizzazione sociale del villaggio. G li uomini non esauriscono così presto la loro carriera. Ciò che il primo bambino è per la donna, per l’uomo è il titolo; e mentre ogni nuovo bambino rappresenta qualcosa di sempre meno importante nella vita di una donna, un nuovo titolo è sempre più alto e rappresenta un avvenimento sempre più notevole nella vita dell’uomo. Un uomo ottiene raramente il suo primo titolo prima dei trent’anni; spesso non prima dei quaranta. Tutti gli anni che passano tra il suo ingresso nelXAumaga e il suo ingresso nel Fono sono anni di lotta. Non può acquistare una certa reputazione e dichiararsi soddi­ sfatto, perché un altro pretendente allo stesso titolo profit­ terebbe della sua indolenza e vincerebbe la gara. Una sola pesca fortunata non lo rende un pescatore provetto, né potrà dirsi un carpentiere per un solo trave ben tagliato: occorre una continua dimostrazione di una abilità sempre crescente per conferirgli la necessaria superiorità sui suoi compagni. Soltanto i pigri, gl’incapaci, i non ambiziosi si rifiutano a questa competizione. Si fa eccezione solamente per il figlio o un erede del gran capo, il quale può essere nominato manaia a vent’anni. Ma nel suo caso bisogna dire che è già stato sottoposto a una disciplina più rigorosa ed ha ricevuto un’e­ ducazione più accurata in confronto agli altri giovani, e che, come manaia è il capo titolare deR’Aumaga e deve dirigerlo bene o altrimenti perderà il suo prestigio.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Una volta ottenuto un titolo di matai e dopo l’ammissione nel Fono prevalgono le diversità di temperamento. Il nome di matai, che gli viene accordato, può essere molto basso, tale da non dargli diritto a un posto nella casa del consiglio, né da concedergli altre prerogative; può essere così da poco che il giovine non si provi nemmeno a dirigere una famiglia, ma viva all’ombra di qualche parente più importante. Tuttavia sarà membro del Fono, nella stessa categoria degli anziani del villaggio e tolto per sempre alle allegre attività del gruppo dei giovani. Se rimanesse vedovo e volesse corteggiare una nuova moglie, potrebbe farlo solo mettendo da parte il suo nome di matai e andando in casa di lei fingendosi ancora gio­ vanotto. La sua preoccupazione principale è per gli affari del villaggio; la principale distrazione, consiste nel passare delle ore discutendo in qualche pubblica adunanza. Egli porta sempre con sé il suo fascio di fibre di cocco e, mentre parla, non cessa di arrotolarle sulle sue cosce nude. I meno ambiziosi si contentano di questa posizione, i più ambiziosi continuano la lotta per titoli più alti, per un m ag­ gior prestigio come oratori o come artigiani, per un miglior controllo delle fila del gioco politico. Ma la preferenza che a dispetto delle leggi di primogenitura o di discendenza diretta, aveva fatto sì che un dato individuo ricevesse un titolo, alla fine glielo toglie; poiché se egli vive oltre la maturità, cioè oltre i cinquantacinque o i sessant’anni, il suo titolo gli viene tolto e dato a un altro. A lui si dà un «piccolo nome di matai», perché possa sedersi cogli altri matai a bere il suo kava. Questi vecchi stanno in casa, fanno la guardia mentre gli altri vanno a lavorare nelle piantagioni, sorvegliando i bambini, intrecciando i giunchi, danno consigli, oppure non li danno, manifestando così, in modo maligno, fino all’ultimo la loro autorità. Un giovane capo, che aveva ricevuto il titolo del padre mentre questi era sempre in vita, si lamentava con me dicendo: «N on avevo un vecchio che mi aiutasse; mio padre era adirato perché mi avevano dato il suo titolo e non voleva dirmi niente. Mia madre era una brava donna, ma veniva da un’altra isola e non conosceva bene i vecchi usi del nostro

XII - MATURITÀ E VECCHIAIA

villaggio. Non c’era una persona vecchia in casa che sedesse con me la sera e m ’istruisse sulle cose dei tempi antichi. Un giovane matai dovrebbe sempre avere al fianco un uomo an­ ziano che, anche se sordo e nell’impossibilità di udire tutto ciò che gli viene chiesto, può sempre insegnargli una quan­ tità di cose». La vita delle donne segue una linea più uniforme. Le m o­ gli dei capi e dei capi oratori devono dedicare un certo tempo allo studio del cerimoniale. Le vecchie che divengono leva­ trici o medichesse raramente continuano a lungo la loro pro­ fessione, comunque lo fanno privatamente e di nascosto. La menopausa si annuncia con una leggera instabilità di carat­ tere, con irritabilità, meticolosità per il cibo, una tendenza a capricci improvvisi e voglie inesplicabili. Passata la meno­ pausa e passato il tempo di mettere al mondo dei figli, la donna ritorna al pesante lavoro delle piantagioni. Il lavoro più duro del villaggio è fatto da donne tra i quarantacinque e i cinquantacinque anni. Più tardi, all’avvicinarsi della vec­ chiaia, la donna si dedica in casa ai lavori che richiedono spe­ ciale abilità, come tessere e fare tapa. Quando un uomo deve rinunziare al lavoro per reumatismi, elefantiasi o debolezza generale, anche la sua funzione di maestro viene a perdere di valore; può insegnare al giovane aspirante pescatore la scienza della pesca, ma non la tecnica. L a donna vecchia, invece, è padrona delle industrie casa­ linghe e la ragazza che vuol diventare un’abile tessitrice, deve per forza ricorrere a lei. Essa fa raccogliere ad altri le erbe che le occorrono per le sue medicine, ma tiene il segreto della loro composizione gelosamente custodito. Il cerimoniale con cui si brucia la noce-candela per ottenere la tinta nera è nelle mani di vecchissime donne, le quali in definitiva sono spesso più potenti degli uomini vecchi, nell’ambiente domestico. Gli uomini, in parte, si impongono grazie all’autorità conferita loro dai titoli, ma le donne, possono disporre di una più forte personalità e della conoscenza della natura umana. Aver la­ vorato tutta la vita entro quel gruppo ristretto le rende onniscenti e tiranniche, e non ammettono una diminuzione di pre­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

stigio se non in seguito alla perdita completa delle loro fa­ coltà. Il sentimento per la propria generazione è conservato fino alla morte e le persone molto vecchie siedono al sole e par­ lano sommessamente, senza più preoccuparsi del tabù o del sesso.

XIII

I nostri problemi educativi alla luce dei contrasti samoani

Per tutti questi capitoli abbiamo seguito la vita delle adole­ scenti samoane, le abbiamo seguite nella trasformazione che faceva di bambine delle bambinaie; in seguito le abbiamo viste imparare a preparare il forno e a tessere stuoie fini per abbandonare poi la vita della banda e divenire membri attivi della propria famiglia; abbiamo esaminato come esse tengano a differire il matrimonio il più a lungo possibile per darsi spen­ sieratamente ad amori casuali e come finalmente si sposino e mettano al mondo bambini destinati a ripetere il medesimo ciclo. Per quanto il materiale a disposizione lo ha permesso, è stato fatto un esperimento per scoprire in che cosa consista il processo dello sviluppo in una società tanto diversa dalla nostra. La lunghezza della vita umana e la complessità della nostra società non ci permettevano di fare nel nostro paese questo esperimento, scegliere cioè un gruppo d ’infanti e di condurli alla maturità in condizioni create per l’esperimento stesso, perciò siamo dovuti andare in un altro paese, dove era possibile compiere i nostri studi. Là abbiamo trovato bam ­ bine che passano attraverso lo stesso processo di sviluppo fi­ sico delle nostre, mettendo i primi denti e perdendoli, met­ tendo i secondi, diventando alte e sgraziate, raggiungendo la pubertà con la prima mestruazione, poi gradualmente, la ma­ turità fisica per esser finalmente in grado di produrre la nuova generazione. Si è potuto concludere: ecco le condizioni ideali per un esperimento; la ragazza nel suo sviluppo è un fattore costante in America e in Samoa; le civiltà di questi due paesi

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

sono diverse. Nel corso dello sviluppo (cioè del processo di crescita, per il quale la bambina lattante diventa donna), gli improvvisi ed evidenti cambiamenti della pubertà sono ac­ compagnati da fenomeni spasmodici e a forte carica emotiva, ai quali si aggiunge il risveglio del senso religioso, il fiorire della fantasia, il gran desiderio di affermare il proprio io contro ogni autorità? E inevitabile che l’adolescenza sia un periodo di tensione mentale e nervosa per la fanciulla, così come è inevitabile che la dentizione sia un periodo di soffe­ renza per il bambino? Possiamo pensare all’adolescenza come ad un’epoca nella vita di ogni bambina che porti con sé fatalmente, sintomi di conflitto e di tensione, come fatal­ mente produce cambiamenti nel corpo della bambina stessa? Seguendo le ragazze samoane in ogni aspetto della loro vita, abbiamo cercato di rispondere a questa domanda ed abbiamo concluso che la nostra risposta deve essere negativa. La gio­ vane samoana differisce da sua sorella che non ha ancora rag­ giunto la pubertà sotto un solo aspetto importante, cioè per i cambiamenti avvenuti nel corpo della fanciulla di età mag­ giore di lei. Non vi erano altre differenze notevoli che distin­ guessero il gruppo che stava traversando la soglia dell’adole­ scenza dal gruppo che vi si sarebbe trovato dopo due anni e da quello che l’aveva passata due anni prima. E se una ragazza che ha passato la pubertà è di piccola sta­ tura, mentre sua cugina è alta e capace di eseguire lavori pe­ santi, vi sarà tra queste due una differenza dovuta alle loro qualità fisiche diverse, molto più grande della differenza do­ vuta alla pubertà. La ragazza alta e robusta verrà isolata dalle sue compagne, dovrà compiere lavori prolungati, da adulta, si troverà a disagio in un tipo di vesti nuovo per lei, mentre sua cugina, che tarda a crescere, sarà ancora trattata come una bimba e dovrà risolvere soltanto i minori problemi dell’in­ fanzia. I consigli dei nostri educatori, che raccomandano una tattica speciale, caso per caso, nel modo di trattare le adole­ scenti, tradotti in samoano suonerebbero così: Le ragazze alte sono differenti dalle ragazze piccole della stessa età; dob­ biamo adottare un metodo diverso per la loro educazione.

XIII - I NOSTRI PROBLEMI EDUCATIVI ALLA LUCE DEI CONTRASTI SAMOANI

Ma, una volta risposto alla domanda che ci eravamo rivolti, il problema non è per questo esaurito; ché una nuova do­ manda si pone. Se può dirsi provato che l’adolescenza non è necessariamente un periodo particolarmente difficile della vita di una ragazza (ed è provato, dal momento che troviamo una società in cui si verifica questo fatto) allora, a cosa è do­ vuta l’inquietudine e tutta la tensione delle adolescenti ame­ ricane? Intanto si può dire semplicemente che vi deve essere, nelle due civiltà, qualcosa che giustifica tale differenza. Se lo stesso processo prende una forma differente in due ambienti diversi, non possiamo cercare una spiegazione che si riferisca al processo, che è lo stesso in ambo i casi. Ma l’ambiente so­ ciale è molto diverso, ed è là che dobbiamo cercare una spie­ gazione. Cosa vi è nella Samoa che manca in America, e vice­ versa, cosa c’è in America che manca nella Samoa e che può essere la causa della differenza? Questa domanda è straordinariamente complessa. Ogni tentativo di risposta è soggetto a molte possibilità di errore. Ma se limitiamo il campo di questa domanda, e ci chiediamo in che cosa gli aspetti della vita samoana, che agiscono irri­ mediabilmente sulla vita della ragazza adolescente, differi­ scono dalle forze che esercitano la loro influenza sulle nostre ragazze, sarà possibile, allora, trovare una risposta. Alla base di queste differenze stanno due elementi impor­ tanti, dovuti l’uno a caratteristiche samoane, l’altro alle ca­ ratteristiche di una società primitiva. L’elemento samoano che rende il periodo dello sviluppo così semplice e facile è un modo di concepire la vita piuttosto leggero e superficiale comune a tutta la società di quelle isole. E un paese dove nessuno gioca per poste molto grosse; nes­ suno paga mai un prezzo molto alto, nessuno soffre per le sue convinzioni o lotta fino alla morte per uno scopo speciale. Per regolare il disaccordo fra un genitore e un figlio basta che il figlio vada ad abitare dall’altro lato della strada; il disaccordo tra un uomo e il suo villaggio viene sistemato col trasferimento dell’uomo al villaggio vicino; quello tra un marito e il sedut­ tore di sua moglie, col passaggio di proprietà di un certo nu­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

mero di stuoie fini. Né povertà né grandi disastri minacciano quelle popolazioni, in modo che debbano stare aggrappate alla vita, o tremare per la loro esistenza; non vi sono divinità implacabili, pronte all’ira e tremende nei castighi, che pos­ sano turbare il corso uguale dei loro giorni. La guerra e il can­ nibalismo sono finiti da molto tempo e adesso la più forte ra­ gione di lacrime, all’infuori della morte, è il viaggio di un pa­ rente in un’altra isola. Nessuno nella vita è spinto avanti a forza né è punito severamente se è tardo nel suo sviluppo. Al con­ trario, i precoci, quelli che sono molto dotati, sono tenuti in­ dietro per dar tempo ai più lenti di marciare con loro. Anche nelle relazioni personali tutto è preso leggermente; amore e odio, gelosia e vendetta, dolore e lutto sono un affare di setti­ mane. A partire dai primi mesi di vita, quando un bambino è passato indifferentemente dalle mani di una donna a quelle di un’altra, i samoani imparano a non attaccarsi mai ad una sola persona, a non riporre le proprie speranze in amici e parenti. E come possiamo osservare che l’Occidente punisce gli sventurati che sono nati in una civiltà occidentale con il gusto della meditazione e una ripugnanza completa per l’attività, così possiamo dire che nella Samoa si è benevoli verso coloro che hanno imparato a non prendersela troppo, e severi verso quei pochi che non hanno imparato questa lezione. Lola e Mala, e la piccola Siva sorella di Lola, erano tutte ragazze con una capacità emotiva maggiore di quella delle loro compagne. E Lola e Mala, che avevano un ardente desiderio di affetto e, non trovandolo, sfogavano troppo violentemente sulla comu­ nità la loro delusione, erano entrambe delinquenti, due infe­ lici spostate in una società che riserva le sue ricompense a co­ loro che prendono la sconfitta alla leggera e si volgono con un sorriso verso una nuova meta. In questo atteggiamento casuale verso la vita, in questo de­ siderio di evitare i conflitti e le situazioni drammatiche, la Samoa contrasta non solo con l’America, ma anche con la maggior parte delle civiltà primitive. E per quanto si possa de­ plorare questo atteggiamento, riconoscendo che le forti per­ sonalità e la grande arte non nascono in una società così su­

XIII - I NOSTRI PROBLEMI EDUCATIVI ALLA LUCE DEI CONTRASTI SAMOANI

perficiale, dobbiamo ammettere che esso è un fattore molto importante nel placido sviluppo dalla bambina alla donna. Perché dove nessuno sente molto fortemente, l’adolescente non subirà la tortura di certe situazioni penose. Non vi sono scelte disastrose da fare, come quelle che i giovani dovevano affrontare nel Medio Evo, sapendo che il servizio a Dio esi­ geva una completa rinunzia al mondo; o come presso gli In­ diani della pianura, i quali devono tagliarsi un dito per offrirlo alla divinità. Per conseguenza, in cima alla nostra lista di spie­ gazioni dobbiamo mettere la mancanza di un sentimento pro­ fondo, divenuta così tradizionale per i samoani da riflettersi in tutti i loro atteggiamenti verso la vita. Vi è poi un aspetto in cui la differenza tra le civiltà primi­ tive isolate, e la nostra, è enorme: tale differenza riguarda il numero delle vie che si aprono davanti ad ogni individuo. I nostri bambini, crescendo, si trovano di fronte a un’infinità di casi in cui possono scegliere varie soluzioni e i loro giovani occhi ne sono abbagliati. Come religione, possono essere cat­ tolici, protestanti, iscritti alla “scienza cristiana” , spiritualisti, agnostici, atei, e possono pure non occuparsi affatto di reli­ gione. Una tale situazione è inconcepibile in una società pri­ mitiva non sottoposta a influenza straniera. Vi è un solo or­ dine di divinità, una sola pratica religiosa ammessa; e per chi non crede, l’unica risorsa è credere meno dei suoi compagni: può farsi beffe di quella pratica, ma non può rivolgersi ad al­ cuna altra fede. M anu’a, attualmente, si avvicina a questa con­ dizione, poiché tutti sono cristiani della stessa setta. Non vi sono conflitti in materia di fede, sebbene vi sia una differenza nel modo di praticare fra i membri della chiesa e quelli che non lo sono. Abbiamo notato che nel caso di varie ragazze più grandi, la necessità di scegliere tra queste due forme di pratica religiosa può un giorno portare a un conflitto, ma per il momento la chiesa fa troppo poco per attirare le giovani non sposate e così le adolescenti non sono forzate a prendere una decisione. Allo stesso modo i nostri ragazzi si trovano di fronte a una mezza dozzina di concetti di moralità uno diverso dall’altro.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Vi è una doppia morale sessuale per gli uomini e per le donne; una morale unica per gli uomini e per le donne; alcuni gruppi sostengono che questa morale unica dovrebbe avere per base la libertà, altri predicano l’assoluta monogamia. Matrimonio in prova, unione libera, matrimonio per contratto; tutte queste possibili soluzioni di un problema sociale critico ven­ gono ostentate davanti ai giovanetti, mentre le condizioni reali degli ambienti in cui vivono, libri, cinema e giornali fanno loro conoscere una quantità di violazioni di ogni co­ dice; violazioni che non militano sotto la bandiera di alcuna riforma sociale. La bambina samoana non si trova davanti a un simile di­ lemma. Il sesso è una cosa naturale e piacevole; la libertà con cui può abbandonarvisi è limitata da una sola condizione: la posizione sociale. Le figlie e le mogli dei capi non dovreb­ bero lasciarsi andare a esperimenti extra-coniugali. Adulti che hanno delle responsabilità, capi di casa e madri di famiglia, dovrebbero avere troppe cose importanti da fare per immi­ schiarsi in casuali avventure amorose. Nella comunità tutti sono d ’accordo su questo argomento, gli unici a dissentire sono i missionari ma con risultato molto scarso e le loro pro­ teste contano poco. Tuttavia, quando un certo consenso si sarà raccolto intorno all’atteggiamento dei missionari e al loro ideale europeo di comportamento sessuale, il bisogno di sce­ gliere farà il suo ingresso nella società samoana. I nostri giovani si trovano in presenza di vari gruppi, che credono cose diverse e sostengono pratiche differenti; può sempre capitare che qualche fido amico o parente appartenga all’uno o all’altro gruppo. Così il padre di una ragazza può essere un presbiteriano, un imperialista, un vegetariano, un astemio, una persona con una decisa preferenza letteraria per Edm und Burke, che predilige il libero scambio e le tariffe do­ ganali elevate, che crede che il posto della donna sia in casa, che le ragazze debbano portare il busto e le calze di cotone, e non andare in macchina coi giovanotti la sera. Ma il padre di sua madre può appartenere alla chiesa episcopale bassa, es­ sere fautore di un tenore di vita elevato, un forte sostenitore

XIII - I NOSTRI PROBLEMI EDUCATIVI ALLA LUCE DEI CONTRASTI SAMOANI

dei diritti dello stato, essere un lettore di Rabelais, un frequen­ tatore di spettacoli musicali e di corse. Sua zia è un’agnostica, un’ardente fautrice dei diritti della donna, un’internazionalista che ha riposto tutte le sue speranze nell’esperanto, un’ammiratrice di Bernard Shaw, una donna che dedica tutto il suo tempo libero alla protezione degli animali. Suo fratello mag­ giore che ella ammira immensamente, ha passato due anni a Oxford, è un anglo-cattolico, un entusiasta di tutte le cose me­ dioevali, scrive poesie mistiche, legge Chesterton e pensa di de­ dicare la sua vita alla ricerca del perduto segreto delle vetrate medioevali. Il fratello minore di sua madre è un ingegnere, un puro materialista che non è mai guarito dalla lettura di Haeckel fatta in gioventù. Egli disprezza l’arte, crede che la scienza sal­ verà il mondo, si fa beffe di tutto quanto è stato detto e pen­ sato prima del diciannovesimo secolo e si rovina la salute con esperimenti sull’eliminazione scientifica del sonno. Sua madre è di una mentalità tranquilla, s’interessa molto di filosofia in­ diana, è una pacifista, una donna che resta fuori dalla vita e che, nonostante l’affetto che sua figlia ha per lei, non muove nep­ pure un dito per risvegliare i suoi entusiasmi. Tutto questo può capitare nella famiglia della ragazza, se vi si aggiungono i gruppi rappresentati, difesi, patrocinati dai suoi amici e dai suoi insegnanti e i libri letti per caso, si vedrà che la lista degli entusiasmi possibili e delle adesioni richieste tutti incompati­ bili tra loro, diventa veramente tremenda. I problemi della ragazza samoana sono del tutto diversi: suo padre è un membro della chiesa e suo zio lo è pure. Suo padre vive in un villaggio dove si fa buona pesca e suo zio in un vil­ laggio dove vi è grande abbondanza di gamberi. Suo padre è un buon pescatore e in casa c’è molto da mangiare; suo zio è un capo oratore i suoi frequenti doni di corteccia tessuta sono molto utili per fare vestiti da ballo. La sua nonna paterna, che vive con suo zio, può insegnarle molti segreti per guarire le malattie; la nonna materna, che vive con sua madre, è una brava tessitrice di ventagli. I ragazzi, nel villaggio di suo zio, sono ammessi da giovani nell’Aumaga e non sono molto di­ vertenti quando vengono in visita; ma nel suo proprio vii-

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laggio ci sono tre ragazzi che le piacciono assai. E il suo gran dilemma è se abitare con suo padre o con suo zio, un pro­ blema franco e sincero che non comporta perplessità etiche né questioni di logica impersonale. E non si farà della sua scelta una questione personale come potrebbe accadere in America. I samoani terranno per certo che, se ella sceglie una residenza piuttosto che l’altra, avrà le sue ottime ragioni: perché il vitto è migliore, perché ha un innamorato in un vil­ laggio o si è bisticciata con un innamorato in un altro. In ogni caso si tratta di scelte concrete, entro un tipo di comporta­ mento riconosciuto. Non deve mai, con la sua scelta, ripu­ diare in modo assoluto gli ideali del suo gruppo sociale, come deve fare, nella nostra società, la figlia di genitori puritani che si lasci accarezzare liberamente. E non soltanto i nostri ragazzi in via di sviluppo vengono sollecitati da una serie di gruppi che sostengono principi dif­ ferenti e che si escludono reciprocamente; essi si trovano di fronte ad un problema anche più arduo. La nostra civiltà è intessuta di molti elementi diversi e questo fa sì che le idee accettate dai singoli gruppi contengano numerose contrad­ dizioni. Perciò, se una ragazza ha aderito sinceramente ad un dato gruppo ed ha accettato in buona fede ciò che si asserisce nel gruppo stesso, vale a dire che essi soli sono nel giusto e tutte le altre filosofie della vita sono l’anticristo e meritano l’a­ natema, ecco che i suoi guai non saranno ancora finiti. Mentre perla ragazza più spensierata i colpi più gravi consistono nello scoprire come ciò che il padre considera buono è conside­ rato cattivo dal nonno; che le cose permesse a casa sono proi­ bite a scuola, la fanciulla più riflessiva dovrà fronteggiare dif­ ficoltà più sottili. Posto che abbia filosoficamente accettato il fatto che vi sono diversi sistemi tra i quali deve scegliere, può darsi ch’essa conservi ancora una puerile fiducia nella co­ erenza della filosofia prescelta. Una volta presa una decisione così imbarazzante e difficile, che forse implicava di offendere i genitori o di alienarsi gli amici, essa crede di aver diritto alla pace; ma non ha tenuto conto del fatto che ogni filosofia che le è stata proposta è, in sé stessa, solo il frutto parzialmente

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maturo di un compromesso. Se essa accetta il cristianesimo, è subito disorientata fra gli insegnamenti del Vangelo sulla pace ed il valore della vita umana e la completa accettazione della guerra da parte della Chiesa. Il compromesso attuato di­ ciassette secoli fa fra la filosofia romana di guerra e di con­ quista e la prima dottrina della Chiesa di pace e umiltà di­ sorienta ancora il bambino moderno. Se accetta le premesse filosofiche che costituiscono il fondamento della Dichiara­ zione d’indipendenza degli Sati Uniti, dovrà affrontare l’esi­ genza di riconciliare la fede nell’uguaglianza dell’uomo e le nostre promesse istituzionali di uguali opportunità con il trat­ tamento che riserviamo ai negri e agli orientali. La diversità dei principi nella società dei nostri tempi è tale che anche la persona meno sveglia, meno vicina a simili questioni, deve accorgersene per forza. Questa diversità è talmente vecchia ormai, e talmente entrata a far parte di mezze soluzioni, di quei compromessi tra varie filosofie che chiamiamo cristia­ nesimo, o democrazia, o umanitarismo, da trionfare delle menti più sveglie, più intelligenti e più analitiche. Abbiamo visto che l’assenza di drammaticità nelle decisioni delle adolescenti samoane è da attribuirsi al carattere di quella civiltà che scoraggia i forti sentimenti; ma la spiegazione della mancanza di conflitti va cercata principalmente nella diffe­ renza fra una civiltà primitiva semplice e omogenea, che cambia così lentamente da apparire immobile ad ogni gene­ razione, e una civiltà moderna variopinta, mutevole, etero­ genea. Nel confronto che stiamo facendo vi è una terza considera­ zione: l’assenza di nevrosi tra i samoani e i molti casi di nevrosi in mezzo a noi. Occorre esaminare quali sono i fattori nella prima educazione dei bambini samoani, che li hanno prepa­ rati a uno sviluppo normale e non nevropatico. Gli studiosi del comportamento e gli psicoanalisti danno una enorme im­ portanza all’influenza esercitata dall’ambiente durante i primi anni di vita; a loro avviso, i bambini che hanno avuto un inizio difficile spesso ne risentono più tardi quando devono fare una scelta importante. E sappiamo che più grave è la scelta, più

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grave sarà il conflitto; più l’individuo è angosciato da ciò che si richiede da lui, più facilmente ne risulteranno delle nevrosi. La storia, come mostra l’ultima guerra, ha fornito un esempio incredibile di tanti individui menomati o handicappati i cui difetti si sono evidenziati soltanto in condizioni di partico­ lare e grave tensione. Non c’è ragione di dubitare che molti di questi individui, se non fossero stati traumatizzati dalla guerra, avrebbero trascorso l’esistenza passando inosservati; l’inizio difficile, le paure, i complessi, i condizionamenti ne­ gativi della prima infanzia, non avrebbero mai prodotto ri­ sultati tali da attirare l’attenzione della società. Questa osservazione ci porta a due considerazioni. L’as­ senza, nella Samoa, di situazioni difficili, di scelte contra­ stanti, di situazioni nelle quali la paura, il dolore o l’ansietà si fanno sentire acutamente come la lama di un coltello, spiega in gran parte l’assenza di un cattivo adattamento psicologico. Un individuo leggermente idiota non sarebbe in posizione di grave svantaggio nella Samoa, mentre sarebbe a carico della comunità in una grande città americana o europea. Così pure, individui affetti da una leggera instabilità nervosa possono ca­ varsela più facilmente nella Samoa che in America e in E u ­ ropa. Inoltre le differenze individuali e la variabilità sono molto inferiori in Samoa. All’estremo delle nostre fasce di de­ viazione ci sono inevitabilmente temperamenti deboli e non resistenti. E come la nostra società mostra maggiore sviluppo della personalità, essa mostra anche un maggior numero di in­ dividui che hanno ceduto di fronte alle complesse richieste della vita moderna. Tuttavia è possibile che nell’ambiente che circonda il pic­ colo samoano vi siano fattori particolarmente favorevoli allo stabilirsi dell’equilibrio nervoso. Come ci si può aspettare che un bambino della nostra società, nato in migliori condizioni ambientali, abbia maggiori possibilità in ogni circostanza della vita, così si può anche supporre che il bambino samoano cresca in una forma di civiltà in cui non solo è trattato con maggior dolcezza, ma è anche meglio armato contro le diffi­ coltà che dovrà incontrare.

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Questa supposizione è confermata dal fatto che i piccoli sa­ moani passano senza soffrirne attraverso esperienze che spesso hanno gravi effetti sullo sviluppo dell’individuo nella nostra civiltà. I nostri cenni biografici sono pieni di casi nei quali a un certo momento della vita si rivelano delle difficoltà che possono esser fatte risalire a una forte esperienza ante­ riore in relazione al sesso, alla nascita o alla morte. Tuttavia i bambini samoani si familiarizzano con tutti questi fenomeni in ancor tenera età e senza alcun effetto disastroso. Perciò si può pensare che vi siano degli aspetti della vita infantile samoana che mettono il bambino in condizioni particolarmente favorevoli per passare attraverso le vicende della vita senza soffrire di instabilità nervosa. Tenendo presente questa ipotesi, vale la pena di considerare più particolarmente in quale delle sue parti l’ambiente sociale del bambino è più marcatamente diverso dal nostro e ve­ dremo così che questa diversità più evidente si riferisce prin­ cipalmente alla situazione familiare, cioè all’ambiente imme­ diato che agisce sino dall’inizio e con grande intensità sulla coscienza del bambino. L’organizzazione di una famiglia samoana elimina immediatamente molte di quelle particolari si­ tuazioni che si ritiene producano tendenze emotive indeside­ rabili. Il caso del figlio minore, maggiore o unico, si può dire che non esista, dato il gran numero di bambini che si trovano in ogni casa, tutti trattati allo stesso modo. Pochi bambini sono oppressi da responsabilità, o resi prepotenti e arroganti come capita spesso ai figli maggiori. E pochi sono anche quelli isolati, condannati alla compagnia degli adulti, privati del be­ nefico effetto del contatto con altri bimbi, che li renderebbe socievoli, come spesso avviene ai figli unici. Nessun bambino è coccolato e viziato tanto da farsi un’idea irrimediabilmente falsa dei propri meriti come il figlio minore. Ma nei pochi casi nei quali la famiglia samoana somiglia alla nostra, quei parti­ colari atteggiamenti inerenti all’ordine di nascita o ai legami affettuosi coi genitori tendono a svilupparsi. Lo stretto rapporto fra genitore e figlio, che spesso ha una influenza così decisiva nella nostra civiltà, tanto che la sotto­

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missione al genitore, o la ribellione contro di lui può divenire il tema dominante di un’intera vita, non esiste in Samoa. I bambini allevati in una casa dove vi è una mezza dozzina di donne adulte che si occupano di loro, e una mezza dozzina di uomini adulti, ognuno dei quali rappresenta una autorità costituita, non distinguono così nettamente i propri genitori come fanno i bambini da noi. L’immagine della madre nutrice affettuosa e del padre ammirevole, che più tardi nella vita può determinare decisioni ispirate dall’affetto, è un insieme com­ plesso formato da varie zie, cugine, sorelle maggiori e nonne; dal capo, dal padre, da zii, fratelli e cugini. Invece di impa­ rare per prima cosa che vi è una buona mamma, la cui speciale principale cura è per il suo benessere, ed un padre, alla cui au­ torità bisogna sottomettersi, il piccolo samoano impara che il mondo è composto di una gerarchia di adulti maschi e fem­ mine, su ognuno dei quali si può contare e a ognuno dei quali si deve obbedienza. La mancanza di un affetto particolare che risulta da questo sentimento diffuso in tutto il gruppo domestico, viene ancora accentuata dalla separazione delle femmine dai maschi, la quale fa sì che un bambino consideri i bambini del sesso op­ posto come dei parenti tabù, senza tener conto dell’individuo; o come attuali nemici e futuri amanti, ma anche in questo caso, senza tener conto dell’individuo. La sostituzione della parentela alla preferenza, nella formazione delle amicizie, co­ rona l’opera. Quando arriva alla pubertà, la ragazza samoana ha già imparato a subordinare il proprio gusto, nella scelta degli amici o degli amanti, all’osservanza di certe categorie: gli amici devono essere parenti del proprio sesso; gli amanti non-parenti. Sarebbe considerato ridicolo appellarsi ai diritti dell’attrattiva personale o dell’affinità di temperamento fra parenti di sesso opposto. Tutto questo significa che le casuali relazioni sessuali non implicano un forte attaccamento, che il matrimonio di convenienza, dettato da considerazioni eco­ nomiche e sociali, è sopportato facilmente e sciolto, eventual­ mente, senza grande emozione. Niente potrebbe presentare un contrasto più netto con il

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normale tipo di famiglia americana, col suo piccolo numero di bambini, l’intimo e, in teoria, permanente legame tra i ge­ nitori, il dramma all’arrivo sulla scena di ogni nuovo figlio che viene a detronizzare l’ultimo bebé. Qui la bambina, cre­ scendo, impara a dipendere da pochi individui, impara ad at­ tendersi i beni della vita da alcune date personalità. Portata ad essere guidata dalla preferenza, nelle relazioni personali, essa cresce giocando con i ragazzi come con le bambine, im­ parando a conoscere bene fratelli, cugini e compagni di scuola. Essa non pensa ai ragazzi come a una classe, ma come a individui; individui simpatici, come il fratello, al quale vuole molto bene, o antipatici e prepotenti, come l’altro fratello, col quale si bisticcia continuamente. La preferenza, ispirata dalla costituzione fisica, dal temperamento, dal carattere, si svi­ luppa e forma la base di un atteggiamento del tutto diverso in età adulta; atteggiamento nel quale la scelta ha una parte notevolissima. La ragazza samoana invece non gusta mai le gioie dell’amore romantico che noi conosciamo, e non soffre le pene della zittella che non ha saputo attirare nessun uomo e che non ha trovato alcun uomo attraente; né quelle della mo­ glie delusa perché il matrimonio non ha corrisposto alle sue alte aspirazioni. Avendo imparato, almeno fino a un certo punto, l’arte di disciplinare il sesso e incanalarlo in direzioni approvate dal complesso della personalità, siamo portati a renderci conto delle nostre soluzioni meglio dei samoani. Per raggiungere un livello secondo noi più dignitoso, nelle relazioni personali, siamo disposti a subirne le conseguenze; cioè la frigidità nel matrimonio e un gran numero di donne nubili e sterili, che passano in triste corteo sulla scena europea e americana. Ma, pure ammettendo che questa maggiore sensibilità e capacità di discriminazione sia desiderabile come base migliore per la dignità della vita umana, molto più che le soluzioni samoane, potremo sempre pensare che i nostri metodi sono eccessiva­ mente costosi. L a stretta separazione fra ragazzi e bambine parenti fra loro, l’ostilità stabilmente istituita in Samoa fra i pre-adolescenti

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

degli opposti sessi, sono tratti di quella civiltà con i quali non ci è possibile simpatizzare. Tracce di questi atteggiamenti le ritroviamo nelle nostre scuole, laddove ancora esistono classi maschili e femminili. Distinzione che dovremmo deciderci ad abolire, istituendo classi miste in cui i maschi si abituino alla compagnia delle femmine e in cui le differenze legate al ge­ nere perdano valore a favore delle ben più importanti diffe­ renze individuali e di personalità. Non possiamo riconoscere alcun vantaggio nel sistema samoano dei tabù e della separa­ zione, della risposta a un gruppo piuttosto che a un individuo. Ma per l’altro fattore che ci differenzia da loro le conclusioni non sono così certe. Quali vantaggi ci sono nella microscopica e incancrenita famiglia biologica che oppone il suo chiuso cer­ chio affettivo al minaccioso mondo esterno. Quali vantaggi nei lacci e lacciuoli che legano i figli ai genitori dalla nascita alla morte? Trionfo dei sentimenti, certo, ma a caro prezzo, quello di figli eternamente dipendenti dai genitori, incapaci di adattamenti nuovi e di scelte necessarie. Costi pesanti per uno sviluppo affettivo che potrebbe essere perseguito in altro modo, ad esempio attraverso una educazione reciproca, una co-educazione. Intanto, mentre noi cerchiamo risposte, nelle comunità formate da famiglie allargate, composte da molti adulti, uomini e donne, i bambini sembrano al riparo da quegli esiti disabilitanti che noi etichettiamo in vario modo: complesso di Edipo, complesso di Elettra o quant’altro. Il quadro samoano mostra che non è necessario incanalare così in profondità l’affetto di un bambino per i suoi genitori e suggerisce che pur rifiutando quella parte dello schema sa­ moano che non avvantaggia, la separazione dei sessi prima della pubertà, abbiamo tuttavia da imparare da una struttura domestica che non domina e non distorce la vita del bambino. La presenza di molti punti di vista contraddittori tenace­ mente mantenuti e l’enorme influenza degli individui nella vita dei loro figli nel nostro paese congiura a produrre situa­ zioni piene di commozione e di dolore. In Samoa il fatto che il padre di una ragazza sia autoritario e dogmatico, il padre di sua cugina gentile e ragionevole e il padre di un’altra cu­

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gina vivace, brillante ed eccentrico, influenzerà le tre ragazze soltanto per una cosa: la scelta della residenza, se uno di questi tre padri è il capo di casa. Ma la posizione delle tre ragazze rispetto al sesso e alla religione non risentirà affatto dei vari temperamenti dei tre padri, perché questi hanno una parte troppo poco importante nella loro vita. Esse sono state edu­ cate non da un individuo, ma da un esercito di parenti, a un conformismo generale, sul quale la personalità dei loro geni­ tori ha pochissimo effetto. Attraverso un’infinita catena di cause ed effetti, le differenze di principi personali non sono perpetuate dall’adesione dei figli alla posizione paterna; né i figli sono-spinti verso atteggiamenti bizzarri e originali, che potrebbero essere alla base di un cambiamento e di un allon­ tanamento. Si può pensare che, data la nostra civiltà così ricca di scelte, sarebbe forse bene ridurre, sia pure di poco, la forte influenza che i genitori esercitano sulla vita dei figli ed elimi­ nare così uno dei più potenti fattori accidentali nelle scelte di ogni vita individuale. Un genitore samoano respingerebbe come sconveniente e odiosa un’ingiunzione morale fatta a un bambino in termini di affetto personale. «Sii buono per far piacere alla mamma». «Vai in chiesa, per amore del babbo». «N on essere cattivo con tua sorella, ciò dispiace tanto a tuo padre». Dove è stabilito un noto tipo di condotta, questa confusione poco dignitosa di morale e sentimento è felicemente eliminata. Ma dove i tipi di condotta sono molti e tutti gli adulti lottano disperatamente per legare i propri figli al particolare indirizzo da loro scelto, ecco che si ricorre a mezzi obliqui e non onorevoli. Credenze, abitudini, linee di azione, sono imposte al bambino in nome della lealtà filiale. Nel quadro ideale che ci siamo for­ mati della libertà dell’individuo e della dignità dei rapporti umani, è triste constatare che abbiamo sviluppato una forma di organizzazione della famiglia che spesso deforma la vita emotiva e limita, paralizza in molti individui la facoltà di vi­ vere consciamente la propria vita. Il terzo elemento del sistema samoano, insieme alla man­ canza di relazioni personali e alla mancanza di affetti accen­

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trati, è il caso dell’amicizia. Qui più che mai gli individui sono distribuiti in categorie e la reazione è in base alla categoria: «parente», oppure «moglie del capo oratore di mio marito», oppure «figlio, o figlia, del capo oratore di mio padre». Con­ siderazioni di simpatia, di affinità mentale, tutto deve cedere in favore delle associazioni regolamentari. Naturalmente, questo punto di vista, per noi sarebbe da rifiutare compietamente. Tirando le somme di questo particolare argomento, po­ tremo dire che la differenza più notevole, tra la società samoana e la nostra, risiede nella mancanza di discriminazione nei sentimenti e specialmente in quelli sessuali fra i samoani. A questa differenza è dovuta senza dubbio, almeno in parte, la mancanza di difficoltà nell’adattamento coniugale nei ma­ trimoni di convenienza ed è anche dovuta la mancanza di casi di frigidità e di impotenza psichica. Questa genericità degli affetti deve essere attribuita alla vasta, eterogenea comunità familiare, alla separazione dei sessi prima dell’adolescenza e alle amicizie comandate quasi esclusivamente nel quadro della parentela. Tuttavia, sebbene si deplori il prezzo che dob­ biamo pagare in esistenze rovinate, per questa puntualizza­ zione dei sentimenti sessuali nella nostra società, riteniamo che lo sviluppo di una affettività accentrata costituisca un pro­ gresso al quale non vorremmo mai rinunciare. L’esame di quei tre fattori causali, però, ci fa pensare che potremmo raggiun­ gere il fine desiderato, la formazione di una coscienza della personalità, attraverso la coeducazione e le amicizie libere e non prestabilite e che potremmo anche liberarci dagli incon­ venienti di una troppo intima organizzazione familiare, riu­ scendo così a eliminare molte difficoltà di adattamento senza sacrificare alcuno dei vantaggi tanto faticosamente guada­ gnati. L’altra grande differenza tra la civiltà della Samoa e la no­ stra, alla quale si può attribuire il minor numero di individui maladattati, è quella che si riscontra nell’atteggiamento verso il sesso e nella educazione dei bambini in ciò che è inerente alla nascita e alla morte. Nessun fatto relativo al sesso o alla

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nascita è considerato sconveniente per i bambini; questi non devono tenerne segreta la conoscenza per timore di esser pu­ niti, né devono rimuginare penosamente circostanze rimaste oscure. La segretezza, l’ignoranza, la conoscenza illecita, i ra­ gionamenti sbagliati che portano a concezioni grottesche, le quali a loro volta, hanno vaste conseguenze, una conoscenza dei puri fatti fisici del sesso senza quella dell’eccitamento che l’accompagna, della nascita senza il travaglio del parto, della morte senza la corruzione, tutti i principali difetti della no­ stra filosofia che vuole evitare ai bambini terribili verità, man­ cano in Samoa. Per di più il bambino samoano, partecipando intimamente alla vita di tutta una schiera di congiunti, ha molte e varie esperienze, sulle quali può basare i suoi atteg­ giamenti emotivi. I nostri bambini, costretti entro la cerchia familiare (e questa limitazione diviene sempre più frequente con l’ingrandirsi delle città e la sostituzione di case composte di appartamenti con una popolazione transitoria al posto di rioni abitati da proprietari di case), spesso devono la loro sola esperienza in materia di nascita e di morte, alla nascita di un fratellino o di una sorellina e alla morte di un genitore o di un nonno. La loro conoscenza del sesso, a parte le chiacchiere degli altri bambini, è dovuta a casuali scoperte dell’attività dei genitori. Tutto questo ha degli svantaggi evidenti. In primo luogo, affinché il bambino sia informato, occorre che nascita e morte entrino nella sua casa; il figlio minore di una famiglia in cui non ci sono stati lutti, può arrivare ad essere adulto senza aver visto da vicino una gravidanza, senza avere avuto esperienza di bambini piccoli, né contatto con la morte. Una massa di concetti frammentari e mal digeriti, intorno alla vita e alla morte ristagneranno nella mente ignorante e inesperta e prepareranno un fertile campo per la formazione di tendenze sfavorevoli nel futuro. In secondo luogo, questi bambini traggono le loro esperienze da un terreno troppo ca­ rico emotivamente: una nascita può essere la sola con cui ven­ gono in contatto durante i primi venti anni della loro vita e sugli aspetti accidentali di questa particolare nascita si baserà tutto il loro atteggiamento. Se la nascita è quella di un figlio

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minore che usurpa il posto del maggiore, se la madre muore di parto o se il neonato è deforme, la nascita sembrerà una cosa orrenda, apportatrice soltanto di tristi conseguenze. Se la sola morte a cui si è assistito è quella della propria madre, il fatto stesso della morte può essere investito di tutta la com­ mozione suscitata da quel grave lutto, può produrre per sempre nel bambino un effetto sproporzionato ai particolari casi di morte, di fronte ai quali gli avverrà di trovarsi più tardi nella vita. E dei rapporti sessuali, veduti solo una o due volte tra congiunti coi quali il bambino ha relazioni sentimentali complicate, possono esser causa di una quantità di supposi­ zioni sbagliate. I nostri schedari di bambini “ difficili” sono pieni di casi nei quali i bambini hanno capito male la natura dell’atto sessuale, l’hanno interpretato come una lotta accom­ pagnata da collera, o come una forma di castigo e sono rifug­ giti pieni di terrore da una così impressionante esperienza. Così i nostri bambini devono rimettersi ad avvenimenti acci­ dentali, per le loro esperienze sulla vita e sulla morte, e tali esperienze si svolgono sempre nella stretta cerchia familiare, ciò che costituisce il peggior modo d’imparare dei fatti gene­ rali, intorno ai quali sarebbe importante non acquisire dei punti di vista speciali e non corrispondenti alla realtà. Una morte, due nascite, un’esperienza sessuale, è un bel totale per il bambino cresciuto in condizioni di vita che noi reputiamo corrispondenti al livello di vita americano. Se consideriamo il numero di esempi che crediamo necessario per insegnare a calcolare la quantità di carta occorrente per tappezzare una stanza di otto piedi per dodici e per quattordici, oppure per insegnare l’analisi di una frase inglese, dovremo dire che è un numero di esempi molto basso. Si può ribattere, è vero, che tali esperienze producono impressioni così forti che la ripe­ tizione non è necessaria, ma allora, allo stesso modo, si p o ­ trebbe dire che se un bambino venisse picchiato ben bene prima di cominciare la lezione sul calcolo della carta neces­ saria a tappezzare una stanza, e se dopo la lezione vedesse suo padre colpire la mamma con l’attizzatoio, questo bambino ri­ corderebbe per sempre quella lezione di aritmetica. Ma

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quello che saprebbe intorno alla vera natura dei calcoli ine­ renti al tappezzare le stanze è molto dubbio. Con una espe­ rienza o due soltanto, il bambino manca di prospettiva, non ha la possibilità di relegare al loro giusto posto i dettagli fi­ sici, grotteschi e strani, dei processi vitali. False impressioni, impressioni parziali, repulsione, nausea, orrore, s’intrecciano intorno a un fatto di cui il bambino ha avuto un’unica espe­ rienza in un’atmosfera di grande tensione emotiva, che gli rende difficilissimo giungere a una reale comprensione. Un sistema di reticenze, che vieta al bambino ogni sorta di commento sulle sue esperienze, porta al perdurare di quelle false impressioni, di quegli atteggiamenti emotivi che produ­ cono turbamento. A una domanda come: «Perché le labbra della nonna erano così b lu ?» s ’impone subito silenzio. In Samoa, dove il processo della decomposizione comincia quasi subito, la sincera, ingenua ripugnanza agli odori che l’accompagnano da parte di tutti coloro che partecipano a un funerale toglie ogni speciale significato all’aspetto fisico della morte. D a noi, per il modo in cui stanno le cose, le espe­ rienze di un bambino non possono ripetersi, né a lui è per­ messo di discutere quelle che ha avuto e di correggere i suoi errori. Per il bambino samoano le cose vanno molto diversamente. Accoppiamenti, gravidanze, parti, morti, sono tutti avveni­ menti familiari e il bambino samoano non ne fa esperienza in quella maniera ordinata che a noi sembrerebbe essenziale posto che decidessimo di allargare il campo sperimentale in­ fantile. In una popolazione che rifugge dall’intimità, i bimbi dei vicini saranno accidentali e indifferenti spettatori della morte del capo di casa o di un aborto di sua moglie. Questi bambini conoscono tanto la patologia dei processi vitali come il loro svolgimento normale. Ogni impressione corregge la precedente, finché essi, giunti all’adolescenza, possono pen­ sare alla vita, alla morte e alle varie esperienze senza troppo preoccuparsi dei particolari puramente fisici. Non bisogna credere però che il solo assistere dei bambini a scene di nascita o di morte sarebbe garanzia sufficiente

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

contro l’insorgere di tendenze non desiderabili. Probabil­ mente, più dei fatti, presentati loro in Cosi gran quantità, in­ fluisce sui bambini la mentalità con la quale gli adulti consi­ derano questi awenimenti. La nascita, il sesso, la morte, sono per loro il naturale, inevitabile sostrato dell’esistenza, di un’e­ sistenza alla quale anche i giovanissimi devono partecipare. La nostra asserzione, così spesso ripetuta, che «non è natu­ rale» permettere ai bambini di trovarsi in presenza della morte sembrerebbe ai samoani altrettanto incongrua che una frase con la quale si dichiarasse non esser naturale, per i bam ­ bini, vedere gente che mangia o gente che dorme. E questa ac­ cettazione calma e positiva della presenza dei bambini, av­ volge i bambini stessi in un’atmosfera protettiva, li salva da choc e li unisce più intimamente al sentimento comune che è loro permesso condividere con tanta dignità. Come sempre, anche in questo caso è impossibile separare la teoria dalla pratica e dire quale è più importante. Tale di­ stinzione è fatta solo a nostro uso in un’altra civiltà. I singoli genitori americani, che hanno fiducia in pratiche simili a quelle dei samoani e permettono ai loro bambini di vedere corpi di adulti e di acquistare un’esperienza delle funzioni del corpo umano più vasta di quella generalmente concessa nella nostra società, costruiscono sulla sabbia, perché il bam ­ bino, appena lasciata la protezione delle mura domestiche, si sentirà perduto in un ambiente che considera una tale espe­ rienza nei bambini come brutta e contro natura. E molto pro­ babile che questo tentativo isolato dei genitori avrà fatto al bambino più male che bene, dato che non ha trovato il so­ stegno della solidarietà sociale. Questo è un altro esempio delle possibilità di maladattamento inerenti ad una società nella quale ogni famiglia è diversa dall’altra. Perché la ten­ sione sta nel fatto che esiste una differenza, piuttosto che nella natura della differenza stessa. Sulla base di questa tranquilla accettazione dei fatti fisici della vita, il samoano costruisce, crescendo, l’accettazione del sesso. Anche qui è necessario distinguere fra i loro costumi quelli che sembrano dare risultati che noi non approviamo,

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da quelli che producono risultati ritenuti da noi favorevoli. Si può analizzare la pratica sessuale samoana dal doppio punto di vista della formazione di relazioni personali da un lato e del modo di ovviare a difficoltà specifiche dall’altro. Abbiamo visto che la facoltà di apprezzare le differenze di personalità è poco sviluppata nei samoani, e che il loro con­ cetto delle relazioni personali è meschino. A questo atteggia­ mento contribuisce certo il fatto che essi ammettono la pro­ miscuità. La contemporaneità di varie esperienze, la breve du­ rata di esse, l’evitare decisamente di formare legami affettivi, la beata accettazione di ciò che è imposto da un’occasione fa­ vorevole, come l’infedeltà di qualunque moglie, il cui marito sia lungamente lontano da casa, tutto serve a fare del sesso un fine, piuttosto che un mezzo, qualcosa che è apprezzato in sé e deprecato in quanto tende a legare un individuo a un altro. Se questo disprezzo delle relazioni personali dipenda completamente dalle abitudini sessuali di quelle popolazioni, è dubbio. E probabile, invece, che esso rifletta un atteggia­ mento più generale della civiltà samoana che non dà impor­ tanza alla personalità. Ma vi è un punto in cui queste stesse pratiche rendono possibile un riconoscimento della persona­ lità spesso negato a molti, nella nostra civiltà, perché i sa­ moani, data la loro completa conoscenza del sesso, delle sue possibilità e dei piaceri che offre, sono in condizione di attri­ buirgli il suo giusto valore. E se non desiderano riservare l’at­ tività sessuale a relazioni importanti, si rifiutano al tempo stesso di considerare importanti delle relazioni solamente perché producono soddisfazione sessuale. L a ragazza sa­ moana, è più vicina a riconoscere nel sesso una forza imper­ sonale senza alcuna intrinseca validità, che non la ragazza americana o europea maggiormente protetta, la quale si in­ namora del primo uomo che le dà un bacio. Dalla familiarità di queste ragazze con le manifestazioni che accompagnano l’eccitamento sessuale, deriva l’impersonalità dell’attrazione sessuale, che può essere da noi sinceramente invidiato. Dai rapporti troppo casuali e troppo superficiali nasce invece il disprezzo della personalità, che non possiamo approvare.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Abbiamo già detto come le loro pratiche sessuali riducano le possibilità di nevrosi. Rinunciando ad applicare alla pra­ tica il concetto di pervertimento e riservandolo per il perver­ tito psichico occasionale, i samoani aboliscono legalmente tutto un campo di possibilità neuropatiche. L’onanismo, l’o­ mosessualità, le forme di attività eterosessuale statisticamente non comuni non sono né messe al bando né ufficialmente ri­ conosciute. L a gamma più ampia offerta da tali pratiche im­ pedisce il formarsi del senso di colpa che nella nostra società è una causa frequente di difficoltà di adattamento. Il maggior numero di pratiche eterosessuali permesse fa sì che l’indi­ viduo non venga punito per speciali modalità. Questo consi­ derare come “normale” un campo molto più vasto, produce un clima nel quale la frigidità e l’impotenza psichica non esi­ stono, e un aggiustamento sessuale soddisfacente nel matri­ monio può essere sempre stabilito. Se accettassimo questo punto di vista, senza però accettare affatto la promiscuità, si farebbe un gran passo avanti verso la soluzione di molte crisi coniugali, le panchine dei nostri parchi sarebbero meno po­ polate e così le case di prostituzione. Tra i fattori del sistema di vita samoano che contribuiscono a produrre individui equilibrati, robusti e in armonia con l’ambiente, i più importanti sono sicuramente l’organizza­ zione della famiglia e l’atteggiamento verso il sesso. Tuttavia si deve anche notare il generale concetto educativo che di­ sapprova la precocità ed indulge al lento, al pigro, all’inetto. In una società, nella quale il ritmo della vita fosse più veloce, i profitti maggiori e più grande la somma di energia spesa, i ragazzi di intelligenza vivace potrebbero provare della noia. Ma il ritmo più lento imposto dal clima, la società compia­ cente e pacifica e il compenso della danza, che nel suo inso­ lente e precoce sfoggio di individualità elimina in parte l’even­ tuale malcontento dei ragazzi, impediscono a questi di an­ noiarsi eccessivamente. Al tempo stesso, il ragazzo poco in­ telligente non è spinto a trascinarsi al di là della sua capacità tanto da non resistere più al vano sforzo e rinunciarvi comple­ tamente. Questo sistema di educazione tende anche a dimi­

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nuire le differenze individuali, riducendo così al minimo la ge­ losia, la rivalità, l’emulazione, atteggiamenti sociali che hanno origine dalla disuguaglianza delle doti naturali e hanno così vaste ripercussioni sulla personalità dell’adulto. E questo un modo di risolvere il problema delle differenze fra individui ed è una soluzione che si confà straordinaria­ mente ad un ambiente adulto molto rigido; poiché quanto più a lungo il bambino sarà tenuto sottoposto e senza iniziativa, tanto più assorbirà le tendenze generali della civiltà in cui vive e tanto meno facilmente diverrà un elemento di disordine. Inoltre, i tardivi, se verrà dato loro il tempo, potranno impa­ rare quanto basta per formare un forte nucleo di conservatori, sulle spalle dei quali la civiltà poggerà saldamente. Nel con­ cedere titoli ai giovani, si mostra di dar valore a ciò che è ec­ cezionale; concedendoli a uomini di quarant’anni, che son fi­ nalmente arrivati ad essere in grado di meritarli, si assicura la continuazione di ciò che è normale. Questo scoraggia gli in­ dividui brillanti e fa sì che il loro contributo sociale sia meno importante di quanto avrebbe potuto essere. Stiamo lentamente cercando una strada verso la soluzione di questo problema, almeno per quanto riguarda l’istruzione formale. Fino a poco tempo fa il nostro sistema di istruzione offriva soltanto due soluzioni molto parziali delle difficoltà derivanti dalla grande disparità fra bambini diversamente do­ tati e con diverso ritmo di sviluppo. Una soluzione era di fer­ marsi abbastanza a lungo su ogni gradino scolastico, tanto da dar modo a tutti di apprendere, ad eccezione dei veri defi­ cienti mentali; questo metodo è simile a quello samoano, senza però, il compenso della danza. Il ragazzo sveglio, tenuto indietro e costretto a far compiti terribilmente noiosi, se non aveva la fortuna di trovare un altro sfogo alla sua energia esu­ berante, se ne serviva facilmente per marinare la scuola o anche per atti di delinquenza comune. La sola alternativa era di far fare dei salti di classe all’alunno, contando sulla sua in­ telligenza superiore per colmare le lacune. Questo metodo si addiceva molto all’entusiasmo americano per le carriere ful­ minee, dalla misera capanna di legno alla Casa Bianca. I suoi

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

svantaggi, come quello di dare al ragazzo una base discon­ tinua e abbozzata, e quello di allontanarlo dai suoi coetanei, sono stati ripetuti tante volte che è inutile parlarne qui; ma merita di esser notato che, con una valutazione della capacità individuale molto diversa da quella dei samoani, abbiamo usato per anni una soluzione simile alla loro, ma meno sod­ disfacente, nei nostri tentativi di istruzione formale. Educatori sperimentali stanno sostituendo a queste solu­ zioni insoddisfacenti nuovi metodi, come il piano Dalton, o il metodo delle classi rapide, nelle quali un gruppo di bam ­ bini può andare avanti rapidamente e costantemente senza danno per loro stessi né per i compagni meno dotati. E un esempio singolare di ciò che si può ottenere applicando il ra­ gionamento alle istituzioni della nostra società. Il vecchio edi­ ficio scolastico rosso era un fenomeno quasi altrettanto for­ tuito e accidentale quanto la pista da ballo in Samoa; era una istituzione venuta su in rapporto a un bisogno sentito vaga­ mente e non analizzato. I suoi metodi erano analoghi a quelli dei popoli primitivi; soluzioni non ragionate di problemi ur­ genti. Ma l’organizzazione di metodi di istruzione differenti per bambini di capacità diverse e di sviluppo più o meno ra­ pido è qualcosa che non ha nulla di corrispondente in Samoa, né in altre società primitive. E l’indirizzo consapevole e in­ telligente dato alle umane istituzioni per il soddisfacimento di bisogni umani riconosciuti. Un altro fattore dell’educazione samoana che risulta in at­ teggiamenti diversi, è il posto occupato dal lavoro e dal gioco nella vita dei bambini. I piccoli samoani non imparano a la­ vorare imparando a giocare, come succede presso altri po­ poli primitivi; e nemmeno è loro concesso un periodo del tutto libero da responsabilità, come ai nostri bambini. A par­ tire da quattro o cinque anni, essi devono assolvere dati com­ piti, proporzionati, è vero, alla loro intelligenza e alla loro forza, ma tuttavia compiti che hanno un significato nella strut­ tura dell’intera società. Ciò non vuol dire che abbiano meno tempo di giocare dei nostri bambini i quali, stanno chiusi nella scuola ogni giorno dalle nove alle tre. Prima che venissero le

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scuole a complicare l’ordinato program m a della loro gior­ nata, il tempo dedicato dalle fanciulle samoane a far commis­ sioni, spazzare la casa, portare acqua e occuparsi compietamente di un piccino, era forse minore di quello che le nostre scolare consacrano ai loro studi. La differenza sta non tanto nella proporzione di tempo fra attività dirette e attività libere, quanto in una differenza di mentalità. Con l’istruzione divenuta professionale e la spe­ cializzazione dei prodotti industriali, che hanno tolto alla casa tante delle sue attività primitive, i nostri bambini non hanno la sensazione che il tempo che dedicano a un lavoro control­ lato sia funzionalmente in rapporto col mondo dell’attività degli adulti. Sebbene quest’assenza di rapporto sia più appa­ rente che reale, è sempre abbastanza sensibile da determinare l’atteggiamento del bambino. La ragazza samoana che bada ai bambini, porta l’acqua e spazza il pavimento, o il ragazzino che scava in cerca di esca o raccoglie noci di cocco, non hanno difficoltà di questo genere. I loro compiti hanno un carattere di necessità evidente e il principio di affidare a un bambino un lavoro che può eseguire bene e di non permettergli di trastul­ larsi infantilmente e senza nessuna utilità con gli oggetti dei grandi (come facciamo noi quando lasciamo che i bambini maltrattino senza costrutto la macchina da scrivere paterna) ha per risultato un atteggiamento del tutto diverso di fronte al lavoro. I bambini americani passano delle ore a scuola, stu­ diando lezioni che apparentemente non hanno alcun rapporto con le attività dei loro genitori. La parte che essi prendono alle attività degli adulti si limita, in genere, ai balocchi: servizi da tè, bambole, piccole automobili, o altrimenti a uno stupido e pericoloso armeggio con l’impianto elettrico di casa. (È sot­ tinteso che qui, come sempre, con Americano non intendo quegli Americani giunti di recente dall’Europa, che presen­ tano tuttora una tradizione educativa diversa. A questo gruppo apparterrebbero gli Italiani del Sud, i quali si aspet­ tano ancora che i figli svolgano un lavoro produttivo). Così i nostri bambini stabiliscono una serie sbagliata di ca­ tegorie: lavoro, gioco, scuola. Il lavoro per gli adulti e il gioco

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

per il piacere dei bambini; quanto alla scuola, è una secca­ tura inesplicabile, che ha però qualche compenso. Queste false distinzioni possono produrre facilmente ogni sorta di strani atteggiamenti, un contegno apatico verso la scuola, di cui non si vede il rapporto con la vita; una falsa dicotomia tra lavoro e gioco, la quale può portare al terrore del lavoro, in quanto implica una noiosa responsabilità o, più tardi, al di­ sprezzo del gioco, reputato infantile. La dicotomia del bambino samoano è differente. Il lavoro consiste in quelle mansioni che fanno funzionare la vita so­ ciale: piantare, raccogliere e preparare il cibo; pescare, co­ struire case, tessere stuoie, occuparsi dei bambini, mettere insieme i beni occorrenti per i matrimoni, per le nascite, per la successione ai titoli e per ospitare gli stranieri. Queste sono le attività necessarie per la vita, attività nelle quali ogni membro della comunità, fino al bimbo più piccolo, ha la sua parte. Il lavoro non è un modo di acquistare degli agi. Dove ogni famiglia produce il proprio cibo, le proprie vesti, il pro­ prio mobilio; dove non esiste ricchezza di capitale fisso e le case di alto rango sono caratterizzate soltanto da una mag­ giore attività per assolvere obblighi maggiori, il nostro con­ cetto di risparmio, di investimento, di godimento differito, è del tutto assente. (Manca perfino una stagione del raccolto ben definita; che risulterebbe in una certa abbondanza di vi­ veri e relative imbandigioni. Il vitto è sempre abbondante, salvo in qualche villaggio particolare, dove poche settimane di carestia possono succedere a un periodo di feste e di pro­ digalità). Si può dire piuttosto che il lavoro è qualcosa che continua sempre per tutti, nessuno esente. Pochi sono quelli che lavorano troppo. L’uomo attivo e laborioso è ricompen­ sato dalla società, colui che fa appena il necessario è tollerato. E ci si riposa anche molto; non come risultato di un duro la­ voro o di un capitale accumulato, ma semplicemente come ef­ fetto di un clima mite, di una popolazione poco numerosa, di un sistema sociale ben combinato, di nessuna richiesta, da parte della società, di uno sforzo di energia spettacolare. Il gioco serve a impiegare il tempo rimasto libero dal lavoro, a

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riempire larghi spazi nella trama di un lavoro poco faticoso. Il gioco include la danza, il canto, vari giochi, il tessere col­ lane di fiori, i corteggiamenti, i dialoghi frizzanti, ogni forma di attività sessuale. Vi sono istituzioni sociali, come la visita di cerimonia tra villaggi, che partecipano sia del gioco sia del lavoro; ma non esistono le distinzioni fra il lavoro inteso come qualcosa che si deve fare ma non piace, e il gioco, che è una cosa che si desidera fare; tra il lavoro come principale occu­ pazione degli adulti e il gioco come principale attività dei bambini. Il gioco dei bambini è simile al gioco degli adulti come qualità, interesse e proporzione rispetto al lavoro e il piccolo samoano non desidera affatto valersi delle attività degli adulti come di un gioco, trasferire una sfera nell’altra. Mi ero fatta mandare una scatola di pipe bianche, di gesso, per fare delle bolle di sapone. Le bambine conoscevano bene le bolle di sapone, ma il metodo indigeno di produrle era molto inferiore a quello delle pipe di gesso. Tuttavia, dopo qualche minuto di entusiasmo per le eccezionali dimensioni e la bellezza delle bolle di sapone, tutte le bambine, una dopo l’altra, mi chiesero di poter portare la loro pipa a casa della mamma, perché le pipe erano fatte per fumare e non per ba­ loccarsi. Le bambole forestiere non le interessano e non ne hanno delle loro, sebbene le bimbe di altre isole tessano bam ­ bole con le foglie di palma, di cui i piccoli samoani si servono per fare delle palle. Non fanno mai i balocchi in forma di casa, né giocano alla casa, né fanno veleggiare piccole barche. I ra­ gazzini si arrampicano talvolta su di una vera canoa e si eser­ citano a remare nella parte protetta della laguna. Tutto questo dà alla vita dei bambini una coerenza maggiore di quella che le si dà nella nostra società. D a noi, la vita di un bambino è sempre giudicata in rapporto al comportamento degli altri bambini. Se tutti i bimbi vanno a scuola, quello che non ci va si sente strano in mezzo a loro. Se la bambina della casa accanto prende lezioni di musica, perché non potrà farlo anche Maria? E perché Maria deve prendere lezioni di musica se l’altra bambina non le prende? Ma abbiamo un senso così vivo della differenza fra ciò che

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

concerne i bambini e ciò che concerne i grandi, che un bam­ bino non impara a giudicare il proprio comportamento in rapporto alla vita da adulto. Così i bambini spesso imparano a considerare il gioco come qualcosa di poco dignitoso in sé e da adulti rovinano pietosamente i loro pochi momenti di li­ bertà. Ma la bambina samoana misura ogni suo atto, sia nel lavoro, sia nel gioco, alla stregua dell’intera comunità; ogni particolare della sua condotta acquista dignità in quanto si adegua al solo modello ch’essa conosce: la vita di un villaggio samoano. In una società complessa e stratificata come la no­ stra, non si può sperare che si sviluppi spontaneamente un sistema così semplice di educazione. Anche in questo caso sarà molto difficile, per noi, trovare il modo di rendere par­ tecipi i nostri bambini, di articolare la vita della scuola col resto della vita, in modo che anch’essi possano sentire la stessa dignità concessa ai bambini samoani. Viene infine, tra le differenze della civiltà, che possono in­ fluenzare la stabilità emotiva del bambino, la mancanza di pressione nel fare scelte importanti. I bambini sono spinti a imparare, a condursi bene, a lavorare, ma non sono spinti ad affrettarsi nelle decisioni che devono prendere. La prima volta in cui questo si fa sentire, è nella questione del tabù tra fratello e sorella, un punto cardinale della decenza e del pu­ dore. Eppure la scelta del momento preciso per osservare il tabù è sempre lasciata al bambino più piccolo. Quando avrà raggiunto un certo grado di giudizio, d’intelligenza, “si ver­ gognerà” spontaneamente e stabilirà la barriera formale de­ stinata a durare fino alla vecchiaia. Analogamente non si spin­ gono mai i giovani verso l’attività sessuale; né si sforzano a sposarsi in tenera età. Dove le possibilità di deviazione dalle norme stabilite sono così poche, qualche anno perduto non rappresenta una minaccia per la società. Il bambino che si rende conto con ritardo del tabù di fratello e sorella non è davvero pericoloso. Questo atteggiamento di attesa indulgente è stato trasmesso alla chiesa cristiana in Samoa. I samoani non vedevano per quale ragione ragazze giovani non sposate dovevano essere

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sollecitate a prendere decisioni importanti che le avrebbero in parte private della loro gioia di vivere. Per queste cose tanto serie c’era tempo dopo il matrimonio e anche più tardi, quando fossero state meglio a cognizione del passo che face­ vano e non corressero il rischio di cader di grazia ogni mese o giù di lì. Le autorità missionarie, convinte dell’opportunità di andare adagio e in gran pena per conciliare l’etica sessuale samoana con un codice dell’Europa occidentale, vedevano i grandi svantaggi di ragazze entrate nella chiesa non sposate e non rinchiuse nelle loro scuole. Per conseguenza il pastore in­ digeno, lungi dal predicare alla ragazza adolescente di pen­ sare alla sua anima, le consiglia di aspettare di esser più ma­ tura, ciò che essa fa con molto piacere. Ma, specialmente nel caso delle nostre chiese protestanti, vi è da noi una forte tendenza a fare appello ai giovani. La Ri­ forma, ponendo l’accento sulla scelta individuale, era con­ traria ad accettare la consueta tacita adesione alla chiesa se­ condo il sistema cattolico, un’adesione contrassegnata da doni sacramentali, ma che non richiedeva un’improvvisa con­ versione né un rinnovamento del sentimento religioso. La so­ luzione protestante consiste nel differire la scelta solo quel tanto che è necessario e appena il giovanetto raggiunge la co­ siddetta “età della ragione” , lo chiama a sé con forza e con autorità. Questo appello è reso più efficace dalla pressione esercitata dai genitori e dall’ambiente. Il bambino è ammo­ nito a scegliere subito e saggiamente. Mentre questa posi­ zione, delle chiese riformate, in cui è data tanta importanza alla scelta individuale, era storicamente inevitabile, è da de­ plorare che questi sistemi siano durati così a lungo. Sono stati anche adottati da gruppi riformisti non-settari, i quali tutti considerano il bambino adolescente come il più legittimo campo di attività. Di tutti questi confronti fra la civiltà samoana e quella ame­ ricana ve ne sono molti che servono solamente a mettere in luce le nostre soluzioni, mentre altri possono suggerire dei cambiamenti. Che le soluzioni di altri popoli ci appaiano o no degne di invidia, le nostre vedute sulle nostre proprie so

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

luzioni non possono che divenire più vaste e più profonde conoscendo come altri popoli hanno affrontato gli stessi pro­ blemi. Se ci renderemo conto che i nostri sistemi non sono né umanamente inevitabili, né preordinati da Dio, ma sono il frutto di una storia lunga e travagliata, potremo esaminare una ad una le nostre istituzioni paragonandole a quelle di altre civiltà e, mettendole sulla bilancia, non avremo paura di tro­ varle inferiori.

X IV

L’educazione alla scelta

Siamo andati comparando, punto per punto, la nostra ci­ viltà a quella più semplice di Samoa allo scopo di chiarire i no­ stri metodi di educazione. Se ora distogliamo lo sguardo dal quadro samoano e consideriamo soltanto la lezione principale che ne abbiamo tratta, cioè che l’adolescenza non è necessa­ riamente un periodo di tensione e di turbamento, ma che di­ viene tale in conseguenza delle condizioni della civiltà, pos­ siamo dedurre delle conclusioni feconde di bene per l’edu­ cazione dei nostri adolescenti? La risposta sembra semplice a prima vista. Se gli adolescenti devono affrontare difficoltà e sofferenze a causa delle condi­ zioni dell’ambiente sociale, affrettiamoci dunque a modifi­ care questo ambiente in maniera da ridurre la tensione, ed eli­ minare le difficoltà e le angosce dell’adattamento. Ma disgra­ ziatamente le condizioni che affliggono i nostri adolescenti sono la vera essenza della nostra società e non si prestano ad una diretta manipolazione da parte nostra, come non vi si pre­ sterebbe la lingua che parliamo. Possiamo cambiare una sil­ laba qua, una costruzione là, ma i cambiamenti importanti e duraturi nella struttura linguistica (come in ogni elemento della civiltà) sono opera del tempo; opera alla quale ogni in­ dividuo partecipa inconsciamente in piccolissima misura. Le principali cause delle difficoltà dei nostri adolescenti sono la presenza di principi in conflitto e la convinzione che ogni individuo dovrebbe fare la propria scelta, unita alla sensa­ zione che questa scelta è cosa molto importante. Dati questi

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

atteggiamenti della nostra civiltà, l’adolescenza, non più considerata come periodo di cambiamento fisiologico (poiché sappiamo che la pubertà fisiologica non deve neces­ sariamente produrre conflitti) ma come il principio di una maturità mentale ed emotiva, è destinata senz’altro ad es­ sere piena di conflitti e di difficoltà. Una società che incita alla scelta, nella quale pullulano i gruppi vociferanti, ognuno dei quali vuole imporre la sua maniera di salvazione, la sua speciale politica economica, non lascerà pace a ogni nuova generazione, finché tutti non avranno scelto o soccom be­ ranno, incapaci di sopportare le condizioni stesse della scelta. La tensione è nella nostra civiltà, non nei cambiamenti fisici attraverso ai quali passano i nostri ragazzi, ma non per questo è meno reale e meno inevitabile, nell’America del ventesimo secolo. Se guardiamo alle forme particolari con le quali questa ne­ cessità di scelta si manifesta, raccoglieremo ulteriori prove delle difficoltà in cui si trova l’adolescente. Poiché ci siamo occupati specialmente di ragazze, tratterò questo problema dal punto di vista della ragazza, ma sotto molti aspetti, la si­ tuazione del ragazzo adolescente è del tutto simile. Fra i quat­ tordici e i diciotto anni in genere, i giovani americani, maschio e femmina, finiscono la scuola, sono pronti per andare a la­ vorare e devono scegliere qual genere di lavoro desiderano fare. Qui si potrà osservare che spesso hanno molto poca scelta; la loro istruzione, la parte del paese in cui vivono, la loro abilità manuale faranno sì che la scelta si alternerà tra l’uf­ ficio di cassiera in un grande magazzino e quello di telefonista, tra un posto di commesso o di minatore. Ma pur con un nu­ mero in realtà così piccolo di strade aperte davanti a loro, la ristrettezza di questo campo di scelta è offuscata dalla nostra teoria delle infinite possibilità per ognuno. Il cinema, le ri­ viste, i giornali, tutti ripetono, in una forma o nell’altra, la fiaba di Cenerentola e spesso l’interesse risiede sia nel modo in cui la giovane cassiera diviene direttore dell’ufficio acquisti, sia nelle successive nozze con il proprietario del negozio. Le nostre categorie professionali sono ancora fluide. Molti figli

XIV - L’EDUCAZIONE ALLA SCELTA

sono più istruiti e occupano posizioni più specializzate dei loro genitori e questo è così vero che anche l’eterno divario tra le occasioni che si presentano a un uomo e quelle che si presentano a una donna esiste nella competizione di una donna col proprio fratello, ma spesso non esiste affatto quando la ragazza è in gara col proprio padre, meno qualifi­ cato di lei. E inutile osservare che tutto questo è il risultato di condizioni che non esistono più, particolarmente la pre­ senza di una frontiera e una grande quantità di terreno libero che forniva una perpetua alternativa di scelta nell’occupa­ zione. Una questione che dava da pensare ai tempi dei pio­ nieri si riaffaccia ora in altri termini. Finché avremo immigrati da paesi non di lingua inglese, il distacco fra le possibilità dei genitori che non parlano l’inglese e i figli che lo parlano sarà forte e drammatico. Finché il livello della nostra istruzione non diverrà molto più stabile di quanto sia adesso, il continuo elevarsi dell’età e delle classi scolastiche obbligatorie renderà inevitabile una grande differenza d’istruzione fra molti geni­ tori e i loro figli. Gli spostamenti di lavoratori, come l’attuale movimento di agricoltori e lavoratori della campagna verso occupazioni cittadine, presentano lo stesso quadro. Dato che l’agricoltore considera di salire un gradino nella scala sociale lavorando in città, e dato che il sistema moderno di coltiva­ zione riduce così fortemente il numero delle braccia neces­ sarie alla campagna, il movimento dei giovani dalla fattoria ai lavori di città troverà molti seguaci nei nostri stati agrari, almeno per la prossima generazione. La sostituzione di mac­ chine a operai non specializzati e l’assorbimento di molti operai e dei loro figli in lavori nei quali maneggiano macchi­ nari, è un altro esempio del cambiamento storico che man­ tiene in vita il nostro mito delle infinite possibilità. A questo vanno aggiunte delle circostanze speciali, come le conse­ guenze, per i ragazzi negri, del terribile esodo dai campi di grano del Sud, o per i figli degli addetti ai mulini della Nuova Inghilterra, del fatto che si è tolta loro la possibilità di cam­ minare semplicemente nelle orme paterne e devono cercare nuovi campi di attività, se anche non migliori.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

Studiosi attenti di questi problemi possono dirci che i li­ miti fra le classi si stanno stabilendo; che i figli degli immigrati si elevano sopra i genitori, è vero, ma gradualmente; che fra di loro vi sono adesso meno successi spettacolari di una volta; che è divenuto molto più facile indovinare dalla condizione del padre la futura condizione del figlio. Ma queste conclu­ sioni statistiche non sono passate nella nostra letteratura, nel nostro cinema né hanno servito a far apparire meno vistoso il miglioramento delle condizioni dei figli in paragone alle condizioni dei genitori. Specialmente nella città, non vi è una ovvia dimostrazione del fatto che il miglioramento sia la re­ gola per i giovani di una certa classe o di un certo quartiere, e che si tratti non soltanto del caso di Tizio che prende venti dollari la settimana come guardiano di un passaggio a livello mentre sua figlia Maria, che è andata alla scuola di com­ mercio, ne prende venticinque con meno ore di lavoro. Le seduzioni della pubblicità delle scuole per corrispondenza, la fioritura delle dottrine che insegnano a giungere alla fama attraverso scorciatoie, tutto contribuisce a rendere la scelta di un lavoro per il ragazzo e la ragazza americani molto di­ versa da ciò che è per i giovani inglesi, nati in una società dove la stratificazione è così vecchia, così solidamente stabilita che anche i meno intelligenti non possono avere dubbi. Tuttavia, le condizioni economiche obbligano i nostri giovani ad an­ dare a lavorare e tutto cospira a rendere la scelta difficile, sia nel senso che si tratta di abbandonare un’esistenza spensie­ rata per una vita meno libera e poco gradevole, sia nel senso di un’amara ribellione per essere costretti a fare una scelta che contrasta con quanto si ripete di continuo sulle infinite pos­ sibilità offerte a tutti gli Americani. Prendere un impiego introduce altri fattori di difficoltà nella situazione domestica della ragazza adolescente. Finora dipendeva dai genitori e questo si manifestava nei limiti e nei freni ch’essi mettevano a ogni sua spontanea attività in qua­ lunque campo, dallo spendere denari al modo di vestirsi e di comportarsi. La natura venale della nostra società fa sì che la limitazione degli assegni di denaro e la limitazione del com­

XIV - L’EDUCAZIONE ALLA SCELTA

portamento siano in rapporti molto stretti. Nei tempi andati, se una madre non approvava un genere di vestiario troppo az­ zardato, non aveva che da fare alla figlia abiti accollati e con maniche lunghe; ora cercherà di ottenere lo stesso risultato at­ traverso il denaro. Se Maria non la smette di comprare calze velate, non avrà più soldi per comprarsi le calze. Analoga­ mente, anche la passione per le sigarette e per gli aperitivi non può essere appagata che con denaro; andare al cinema, com­ prare libri e giornali non approvati dai genitori, per tutto questo bisogna che la ragazza abbia i mezzi, oltre alla possi­ bilità di eludere forme più dirette di controllo. E l’importanza di essere in grado di soddisfare tutti i desideri di una figlia, per quanto riguarda i vestiti e i divertimenti, fa sì che il denaro sia il mezzo migliore per esercitare l’autorità paterna. Questo è tanto vero che la minaccia di togliere un mensile, di negare il denaro per il cinema settimanale o per il cappello sognato, ha preso il posto delle frustate e della reclusione a pane e acqua, che erano i metodi preferiti di disciplina del secolo passato. I genitori finiscono per contare su questo genere di controllo. Le figlie finiscono per considerare qualunque cri­ tica del loro comportamento, sia morale che religioso o so­ ciale, il codice etico e le più semplici misure suntuarie, tutto in funzione di una minaccia economica. E d ecco che a sedici o diciassette anni la figlia ottiene un posto. Se anche contri­ buisce coscienziosamente per la sua parte alle spese di casa, probabilmente soltanto nelle famiglie dove persiste una tra­ dizione europea la ragazza che guadagna darà tutto il suo sa­ lario ai genitori. (Questo, naturalmente, esclude i casi nei quali è la figlia che mantiene i genitori. La responsabilità eco­ nomica passa allora nelle sue mani e il controllo da parte dei genitori subisce un cambiamento di altra specie). Per la prima volta nella vita ha una rendita proprio sua, da usare libera­ mente, senza freni di morale o di belle maniere. Quanto ai genitori, il loro strumento principale di disciplina è andato in pezzi in un sol colpo; non così il loro desiderio di dirigere la vita della figliuola. Essi non si erano resi conto che, col loro controllo, esercitavano un diritto su chi dipendeva da loro per

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

il proprio sostentamento; avevano interpretato tutto in un modo molto più tradizionale, come il diritto dei genitori al­ l’autorità sui figli, concetto radicato in loro che per anni ave­ vano esercitato quella autorità. Ma la figlia è nella posizione di chi ha ceduto contro voglia a qualcuno che aveva una frusta in mano e ora vede che la frusta si è rotta. La sua ripugnanza a ubbidire, la sua irrita­ zione per date restrizioni imposte dai genitori, che in civiltà più semplici i figli accettano come inevitabili, sono altri tratti caratteristici della nostra civiltà a grandi agglomerati. Quando tutte le bimbe della comunità vanno a letto all’ora del copri­ fuoco, è difficile che una bambina si ribelli contro i genitori che vogliono farle osservare quella regola; ma quando la bimba della casa accanto sta alzata fino alle undici, perché dovrà andare a letto alle otto? Se tutte le compagne di scuola fumano, perché non può fumare anche lei? E ancora, perché è questione della mancanza di un indirizzo comune molto più che della natura dei vari indirizzi, se a tutte le altre bambine si concedono bei vestiti guarniti e cappelli con fiori e nastri, perché lei sola dovrà portare vestiti di cotone pratici e dritti e semplici cappelli rotondi? Salvo il caso di uno straordinario affetto eccessivo dei figli per i genitori, affetto che porta con sé difficoltà molto più gravi, i ragazzi di una civiltà eterogenea non accettano il parere dei genitori senza discuterlo ed i più obbedienti si consoleranno di doversi sottomettere al m o­ mento, con la speranza di una futura emancipazione. In una comunità primitiva e omogenea, le misure discipli­ nari dei genitori sono rivolte a ottenere dai figli piccole con­ cessioni, a correggere leggere deviazioni nell’ambito di un unico tipo di comportamento, invece nella nostra società la disciplina domestica serve a stabilire dati principi in opposi­ zione a principi diversi. Ogni gruppo familiare combatte una specie di battaglia, sopportando il peso di quelli che si ten­ gono neutrali, difendendo coraggiosamente una causa già persa nella più larga comunità, o tentando arditamente di far trionfare un nuovo ideale molto più avanzato di quello dei vicini. Questo lato propagandistico aumenta molto l’impor­

XIV - L’EDUCAZIONE ALLA SCELTA

tanza della disciplina domestica nello sviluppo della perso­ nalità di una ragazza. Abbiamo dunque il quadro di genitori, privati ormai della loro autorità economica, che cercano di obbligare una figlia ancora convivente sotto il loro stesso tetto, ad accettare dei principi contro i quali si ribella. In questo tentativo si trovano spesso impotenti ed ecco che la loro autorità crolla improvvisamente proprio nel punto in cui la ragazza, dovendo prendere altre decisioni importanti, avrebbe bisogno che l’ambiente domestico la sostenesse. E circa in questo periodo che il sesso comincia a far parte della vita della ragazza e anche in questo caso le alternative che le si offrono sono in contrasto fra loro. Se sceglie i prin­ cipi più liberi della sua generazione, si troverà in conflitto con i genitori e, ciò che forse è più importante, con gli ideali che i genitori le hanno istillato. L’attuale problema della speri­ mentazione sessuale dei giovani sarebbe molto semplificato, se fosse inteso come una sperimentazione e non come una ri­ bellione, se autoaccuse puritane non tormentassero le loro co­ scienze. Procedere a una sperimentazione tanto più vasta e più pericolosa presenta già molti problemi, dato che non esi­ stono norme sociali per un simile comportamento. Poiché un nuovo indirizzo nel campo delle relazioni personali porta sempre con sé la rovina di coloro che non sono abbastanza forti per fronteggiare una situazione che esce dagli schemi abituali. Le leggi dell’onore, dei doveri personali, dei limiti delle responsabilità si formano lentamente e, nei primi espe­ rimenti, molti sono quelli che periscono nei mari ancora sco­ nosciuti. Ma quando ai trabocchetti dell’esperimento si deve aggiungere il sospetto che l’esperimento stesso sia sbagliato e la necessità della segretezza, la necessità di mentire e d ’aver paura, allora la tensione è così grande che le frequenti cadute sono inevitabili. E se la ragazza sceglie l’altra via e decide di rimanere fedele alle tradizioni della generazione precedente, guadagli crìi, è vero, la simpatia e l’appoggio dei suoi genitori, ma a del ri mento dell’amicizia coi suoi coetanei. Comunque latria, la scelta sarà accompagnata da angoscia mentale. Sololalimr la

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

gazze evitano tutto questo grazie a fortunate combinazioni di vario genere. Per esempio, gruppi abbastanza numerosi di ra­ gazze hanno le stesse idee e perciò si sentono appoggiate sia contro i genitori, sia contro la maggioranza delle loro com­ pagne; o ragazze che si lasciano prendere completamente da altri interessi. Ma eccettuato il caso delle studentesse, per le quali il problema delle relazioni è talvolta provvidenzialmente differito e viene risolto più tardi, molte di quelle che si di­ chiarano così soddisfatte degli scopi che perseguono da non occuparsi affatto dell’altro sesso, si trovano spesso vecchie zit­ telle senza possibilità di rimediare. La paura di rimanere zit­ tella non turba l’animo di nessuna donna primitiva; è una altra forma di cattivo adattamento prodotta dalla nostra civiltà. Al problema della condotta attuale vengono ad aggiungersi tutte le perplessità derivanti dai vari concetti circa il matri­ monio: si deve, cioè, rimettere il matrimonio a quando il m a­ rito guadagnerà abbastanza, o sposarsi subito e contribuire alle spese di casa, con un giovane marito che deve ancora farsi strada? Il principio del controllo delle nascite, che rende più degna la vita umana in quanto introduce l’elemento scelta dove finora gli esseri umani erano stati schiavi della natura nel modo più abietto, è fonte anch’esso di altre perplessità. Viene a complicare l’alternativa tra il piano formato da matrimonio, casa e figli e la vita indipendente della donna nubile, in quanto rende possibili i matrimoni senza figli, matrimoni in età più giovane, matrimonio e carriera, relazioni sessuali senza matri­ monio e senza responsabilità di una casa. Dato che in maggio­ ranza le ragazze desiderano ancora sposarsi e considerano le loro occupazioni come dei surrogati, questi problemi non solo influenzano il loro atteggiamento di fronte agli uomini, ma anche il loro atteggiamento di fronte al lavoro, al quale attendono senza un vero interesse e perché vi sono forzate. Oltre le difficoltà inerenti a una nuova condizione econo­ mica e la necessità di adottare una linea di condotta nei rap­ porti sessuali, vi sono poi problemi etici e religiosi da risol­ vere. Anche in questo caso la famiglia è un potente fattore; i genitori usano il loro ascendente fino all’ultimo limite perché

XIV - L’EDUCAZIONE ALLA SCELTA

i figli si arruolino in uno dei tanti eserciti della salute. L’ecci­ tamento delle riunioni di proselitismo, le preghiere in co­ mune, l’insistenza del pastore e dei genitori non dànno tregua e le difficoltà fondamentali che incontrano, volendo conci­ liare gli insegnamenti delle persone autorevoli con le pratiche della società e con le scoperte della scienza, finiscono di tur­ bare e confondere i ragazzi e le ragazze già tormentati al di là della sopportazione. Ammesso che la società presenti troppi problemi agli ado­ lescenti, richieda troppe decisioni importanti in un breve spazio di tempo come possiamo rimediare? Una delle pa­ nacee che si suggeriscono sarebbe di differire almeno alcune decisioni; mantenere la ragazza economicamente dipendente o segregarla da qualunque contatto con l’altro sesso; farle co­ noscere solo un sistema di idee religiose finché non sia più ma­ tura, più equilibrata, meglio in grado di esercitare una critica sui vari problemi. In forma meno precisa, questa idea è quella che ispira molti piani per il prolungamento della gioventù, ottenuto con l’elevare l’età in cui comincia il lavoro, col pro­ lungare l’età scolastica e con l’escludere gli scolari dalla co­ noscenza di controversie come quella fra gli evoluzionisti e gli antievoluzionisti e da qualunque nozione di igiene sessuale o di controllo delle nascite. Anche se queste misure delibera­ tamente e legislativamente imposte raggiungessero lo scopo che si prefiggono allontanando il periodo della scelta, è dubbio se ciò sarebbe desiderabile. Non è giusto che ragazzi molto giovani siano scelti come campo di battaglia di prin­ cipi contrastanti, che il loro sviluppo sia ostacolato dagli sforzi del propagandista per attirarli e obbligarli troppo presto a prender posizione. Ma è altrettanto ingiusto che la civiltà si intrometta per ritardare eccessivamente le decisioni; la per­ dita della fede religiosa è uno strappo più crudele a trent’anni che a quindici, semplicemente per il numero degli anni che è durata in noi tale convinzione. Un’improvvisa conoscenza di aspetti del sesso prima insospettati o un improvviso abban­ dono delle vecchie convenzioni sulla condotta sessuale, sono più difficili appunto in rapporto alla forza dei vecchi atteggia­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

menti. Per di più, in pratica, questi sistemi sarebbero, come succede sempre, puramente locali: uno stato farebbe leggi contro l’evoluzione, un altro contro il controllo delle nascite; altrove un gruppo religioso terrebbe separate le ragazze nu­ bili. E questi movimenti locali particolari non riuscirebbero che a rendere gruppi di giovani incapaci di competere con altri, ai quali fosse stato concesso di scegliere prima. Un simile piano educativo, di esecuzione quasi impossibile, sarebbe un passo indietro e non farebbe che spostare il problema. Dobbiamo invece rivolgere tutti i nostri sforzi a preparare i ragazzi per le scelte che dovranno affrontare. L’educazione in casa, anche più che nella scuola, invece di essere la difesa di un sistema, il tentativo disperato di formare una partico­ lare mentalità che resista a tutte le influenze dal di fuori, deve appunto essere una preparazione proprio per quelle in­ fluenze. Una tale educazione deve preoccuparsi dell’igiene fisica e mentale più di quanto non abbia fatto finora, poiché il ragazzo, per scegliere saggiamente, deve essere sano nella mente e nel corpo, alla pari con gli altri per quanto è possi­ bile. E, ciò che è più importante, questo ragazzo dell’awenire deve avere una mente aperta. La famiglia deve rinunciare a predicare una causa morale o una credenza religiosa con sor­ risi o cipigli, con carezze o minaccie. Ai bambini si deve in­ segnare a saper pensare e non ciò che devono pensare. E poiché i vecchi errori ci mettono molto a morire, si deve in­ segnare loro la tolleranza, proprio come adesso s’insegna l’in­ tolleranza. Devono sapere che molte vie sono aperte davanti a loro, nessuna reputata migliore dell’altra, e che su loro e su loro soltanto ricade la responsabilità della scelta. Così, senza l’ostacolo di pregiudizi, senza essere stati turbati dall’obbligo di abbracciare troppo presto dati principi, arriveranno con occhio sereno a decidere del loro avvenire. Qualunque studioso di questi problemi deve rendersi conto dell’alto prezzo che paghiamo per la nostra eterogenea e ra­ pidamente mutevole civilizzazione; paghiamo con alte per­ centuali di delitti e di criminalità, coi conflitti della gioventù, con il numero sempre crescente delle nevrosi, paghiamo con

XIV - L’EDUCAZIONE ALLA SCELTA

la mancanza di una tradizione coerente, senza la quale lo svi­ luppo dell’arte non può che soffrire. Ma ciò che paghiamo non deve farci dimenticare i nostri profitti; anzi dobbiamo va­ lutarli accuratamente per non sentirci scoraggiati. Il princi­ pale di essi consiste nella possibilità di scelta, nel riconoscere molte possibili forme di vita laddove altre civiltà non ne am­ mettono che una. Altre civiltà offrono uno sfogo soddisfa­ cente a un solo tipo di temperamento, sia esso il mistico o il guerriero, l’uomo d’affari o l’artista; una civiltà che si ispiri a principi più vari e numerosi dà la possibilità di un adatta­ mento soddisfacente a individui di molti tipi di tempera­ mento, diversamente dotati e con interessi diversi. In questo momento viviamo in un periodo di transizione. Seguiamo molti ideali, ma crediamo ancora che uno solo possa esser quello giusto. Il quadro che stiamo presentando ai nostri figli è quello di un campo di battaglia in cui ogni gruppo è convinto che la propria causa sia degna della vit­ toria. E ognuno di questi gruppi fa delle razzìe nella nuova ge­ nerazione. Ma non è pensabile che il riconoscimento finale del gran numero di modi nei quali l’uomo sta risolvendo i pro­ blemi della vita, durante il corso della storia e ai nostri giorni, non porti con sé a sua volta il crollo della nostra fede in un solo ideale. E quando nessun gruppo pretenderà la sanzione della morale per i suoi costumi, e ogni gruppo accoglierà nel suo seno solo quelli che per temperamento sono adatti ad ap­ partenergli, allora avremo realizzato l’alto livello di scelta in­ dividuale e di tolleranza universale che una civiltà eterogenea, può raggiungere. Samoa conosce un solo modo di vivere e lo insegna ai suoi bambini. Noi che conosciamo molti modi di vivere perché non dovremmo permettere ai nostri bambini di scegliere liberamente?

Appendice I - Note ai capitoli

CA PITO LO IV Nella classificazione samoana della parentela due principi sono d’impor­ tanza fondamentale, il sesso e l’età. I termini di parentela non sono mai usati per rivolgersi alle persone, che vengono sempre chiamate per nome o so­ prannome, compresi il padre e la madre. I familiari coetanei o di età da un anno o due in meno fino a cinque-dieci in più sono classificati nella stessa generazione di chi parla e distinti a seconda del sesso. Così una ragazza chia­ merà uso una sorella, zia, nipote o cugina che abbiano più o meno la sua età, e lo stesso termine userà un ragazzo per i fratelli, zii, nipoti o cugini. Per le relazioni tra familiari di sesso opposto ci sono due termini, tuafafine e tuagane, rispettivamente per le coetanee d’un maschio e per i coetanei d’una femmina (il termine uso invece vale per entrambi i sessi). Il secondo termine importante si applica ai familiari più giovani, sia ma­ schi che femmine: tei. Che un bambino venga chiamato così da un fami­ liare più grande dipende non dal numero di anni che intercorrono fra loro, ma da quanto l’altro si è occupato di lui. Così una bambina chiamerà tei un cugino più piccolo di appena due anni se è vissuto con lei, mentre se è cresciuto in un villaggio lontano lo chiamerà uso. E notevole che non esi­ stono termini per indicare i familiari maggiori d’età. I termini uso, tuafa­ fine e tuagane implicano tutti una relazione fra coetanei, e se si deve speci­ ficare chi è più grande si deve usare un aggettivo qualificativo. Tama, il termine per “padre”, si usa anche per il matai di una casa, uno zio o cugino più grande con la cui autorità si viene spesso a contatto e anche per un fratello molto più grande che è sentito come appartenente alla ge­ nerazione dei genitori. T,'ina, “madre”, è usato solo un po’ meno generica­ mente per le zie che risiedono in casa, la moglie del matai e solo molto di rado per una sorella maggiore. C ’è una distinzione anche nella terminologia usata da maschi e femmine per i figli. Una donna dirà tama (modificato dall’aggiunta dei suffissi tane e fafine, maschio e femmina), un uomo atalii per il figlio e afafine per la fi­ glia. Così una donna dirà «Losa è mio tama», specificandone il sesso solo se è necessario, mentre il padre di Losa la chiamerà afafine. Lo stesso uso è seguito quando si parla di un figlio o d’una figlia a un uomo o a una donna. Tutti questi termini sono inoltre modificati dall’aggiunta della parola moni, “vero”, quando si intendono i genitori biologici o una sorella consanguinea. Gli anziani di casa sono chiamati genericamente matua, e i nonni di solito toa’ina (“vecchio”) o olamatua (“vecchia”), aggiungendo una clausola espli­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

cativa se necessario. Tutti gli altri familiari sono indicati mediante frasi re­ lative, «la sorella del marito della sorella di mia madre», «il fratello della moglie di mio fratello», ecc. Non esistono termini speciali per il gruppo dei parenti acquisiti. CA PITO LO V Mappe di vicinato. Il numero indica la famiglia: per comodità le fami­ glie sono state numerate in sequenza da un’estremità all’altra del villaggio. Le case non erano allineate in fila lungo la spiaggia, ma erano situate irre­ golarmente, cosicché a volte si trovavano una dietro l’altra, ma una rap­ presentazione lineare schematica basterà a mostrare gli effetti della collo­ cazione ai fini della formazione dei gruppi di vicinato. Sotto il numero sono riportati i nomi delle bambine e ragazze. Per le ado­ lescenti si usa il maiuscolo (ad esempio: LlTA). Per le bambine appena pu­ beri si usa il minuscolo (ad esempio: Maliu). Per le bambine prepuberi si usa il corsivo (ad esempio: Vaia). V ILLA G G IO 1 - LUMA 1

2

3

4 LlTA

5 Maliu Pola

6 Lusi

7 Fitu Via

8 Lia

9 Viva L una

15 Pala Vi Vele

16

17 Tuna

18

Vaia

10

11

12

13

14 LOTA

19

20

21 LOSA

22

23

28 TlTA Sina Elisa

29 A so Sana

30 Selu Tolo

31

32

24 26 25 T ulipa M asina Mina S ona

27 T ina

33

V ILLA G G IO 2 - SIUFAGA La famiglia 38 di Siufaga è adiacente alla famiglia 1 di Luma. I due vil­ laggi sono geograficamente continui ma socialmente costituiscono due unità separate. Con un asterisco (*) sono indicate le ragazze per le quali un

APPENDICE I - NOTE AI CAPITOLI

cambio di residenza ha avuto conseguenze importanti (cfr. Capitolo XI: “La ragazza in conflitto”). 1 Vina T olo

z

4

3 L ita*

12 Tatala

13

14

21 Pulona

22 Ipu

30 Timu Meta

L ua

N amu T olu

b

/ Tulima

8

Lusina 10

19

11

20

L ola *

28

37

29

31

23

15

16

17

Lilina

Tino

M ala

24

25

32 Simina

26 Tua

Tasi

33

34

35

38 F ala

Solata V ILLA G G IO 3 - FALEASAO Faleasao è separata da Luma da un’alta scogliera a strapiombo sul mare, che obbliga a seguire un sentiero interno per andare da un villaggio all’altro. Sono circa venti minuti di cammino. Le bambine prepuberi di Faleasao non erano chiamate per nome e nello schema sono indicate con una x. 2 X

10

11 x

3 X

4 X

X

X

12 x

13

21 x

22

5

6

7

Talo

E la

L eta

14

15

M ina

16

17

M oana

S ala

25

26 x

18

X

19 x x

20 Mata x

LuiNA 28

29 x

23

24

27

L’ADOLESCENZA

in

SAMOA

CA PITO LO IX L a p r im a p e r s o n a s in g o la r e d e l v e r b o “ s a p e r e ” , u s a ta a l n e g a tiv o , h a d u e fo rm e :

Ta ilo , c o n t r a z io n e

d i:

Ta io

Ua

e d anche:

participio presente

te

le

negazione

sapere

le

iloa

au

particella eufonica negazione

sapere

iloa

io

L a p r i m a e s p r e s s io n e h a u n s ig n if ic a to m o lt o d iv e r s o d a lla s e c o n d a , a n c h e se d a l p u n t o d i v is ta lin g u is t ic o r a p p r e s e n t a n o f o r m e s in ta ttic h e a l­ te r n a tiv e . L a s e c o n d a s ig n ific a le tte r a lm e n te : « N o n l o s o » , m e n t r e la p r im a si r e n d e m e g lio c o n le e s p r e s s io n i f a m ilia r i: « I n d o v i n a u n p o ’» , « C h is s à » . Q u e s t o “ C h is s à ” n o n i m p lic a a ff a tto ig n o r a n z a c irc a l ’a r g o m e n t o i n q u e ­ s tio n e , m a in d ic a s e m p lic e m e n te scars o in te re s se o p o c a v o g lia d i sp ie g a re . C h e i s a m o a n i a v v e r ta n o la d is t in z io n e è d im o s t r a t o d a l l ’u s o f r e q u e n te d i e n t r a m b e le f o r m e n e lla stessa frase:

«Ta ilo ua le iloa a ’u», o v v e ro :

« C h is s à ,

n o n lo s o » .

E sem pi

d i c a r a t t e r iz z a z io n i d i m e m b r i d e l l a fa m ig l ia

DA PARTE DELLE ADOLESCENTI

(traduzioni letterali dei testi dettati oralmente) I . E u n u o m o se n z a tito li. L a v o r a s o d o n e lla p ia n t a g io n e . E a lto , m a g r o e s c u r o d i p e lle . N o n si a r r a b b ia f a c ilm e n te . V a a la v o r a r e e t o r n a la sera t a r d i. F a il p o liz io t t o . F a u n la v o r o p e r i l g o v e r n o . N o n è p ie n o d i s v o g lia ­ te z z a . H a u n b e l l ’a s p e tto . N o n è s p o s a to . I I . E u n a d o n n a a n z ia n a . E m o lt o v e c c h ia . E d e b o le . N o n p u ò la v o ra r e . P u ò s o lo sta re a casa. H a i c a p e lli n e r i. È grassa. H a e le fa n tia s i a u n a g a m b a . E s e n z a d e n t i. N o n è ir r it a b ile . N o n o d ia n e s s u n o . E b r a v a a in tr e c c ia r e s tu o ie , c e s ti p e r la p e s c a e v a s s o i p e r i l c ib o . I I I . È f o r te e b r a v a n e l la v o r o . V a n e l l ’in t e r n o . S t r a p p a le e r b a c c e e p r e ­ p a r a i l f o r n o e c o g lie i f r u t t i d e ll’a lb e r o d e l p a n e e r a c c o g lie la c o r te c c ia d e l g e ls o d a c a r ta . E g e n tile . E d i b u o n a c o n d o t t a . E b r a v a a in tr e c c ia r e c e s ti e s tu o ie e s tu o ie f i n i e v a s s o i p e r i l c ib o , e a d ip in g e r e la s to ffa d i t a p a e a g r a ttu g ia r e p e s ta re e in c o lla r e la c o r te c c ia d e l g e ls o d a ca rta . È b a s s a d i s ta ­ tu r a , h a i c a p e lli n e r i e la p e lle sc u ra . E grassa. E b u o n a . Se u n o p a s s a d a ­ v a n t i a lla s u a c a p a n n a le i è b e n d is p o s t a e g li d ic e « P o ’o fe a ’e te m a l i u i a i ? » ( f o r m u la d i c o rte s ia p e r c h ie d e r e « D o v e v a i? » ) . IV . E grassa. H a i c a p e lli lu n g h i . È s c u r a d i p e lle . E c ie c a d a u n o c c h io .

APPENDICE I - NOTE Al CAPITOLI S i c o m p o r t a b e n e . È b r a v a a s a r c h ia r e il ta r o e in tr e c c ia r e s tu o ie d a p a v i­ m e n t o e s to ie f in i. E b a s sa d i s ta tu ra . H a a v u to d e i fig li. H a u n b a m b in o p i c ­ c o lo . C e r t i g io r n i r im a n e i n casa e a ltr i g io r n i v a n e l l’e n tr o te r r a . S a a n c h e in tr e c c ia r e cesti. V. E u n ra g a z z o . H a la p e lle s c u r a . A n c h e i c a p e lli. V a n e lla m a c c h ia a l a ­ v o ra r e . L a v o r a n e lla p ia n t a g io n e d i ta r o . G l i p ia c c io n o t u t t i. È b r a v o a i n ­ tr e c c ia r e cesti. C a n t a n e l c o r o d e i g io v a n i la d o m e n ic a . G l i p ia c e m o lt is s im o f r e q u e n ta r e le r a g a zze . È s ta to e s p u ls o d a lla casa d e l p a s to r e . V I.

Autoritratto.

S o n o u n a r a g a z z a . S o n o b a s s a d i s ta tu r a . H o i c a p e lli

lu n g h i. A m o le m ie so re lle e tu t t a la g e n te . S o in tr e c c ia r e c e s tin i e cesti p e r la p e s c a e p r e p a r a r e la c o r te c c ia d e l g e ls o d a ca rta . V iv o n e lla casa d e l p a ­ sto re. V I I . È u n u o m o . È fo r te . V a n e lP in t e r n o e la v o r a n e lla p ia n t a g io n e d e i s u o i p a r e n ti. V a a pe sc a re . V a a r a c c o g lie r e n o c i d i c o c c o e f r u t t i d e ll’a lb e r o d e l p a n e e fo g lie p e r c u c in a r e e p r e p a r a il f o r n o . È a lto . H a la p e lle scu ra. E p iu t t o s t o g rasso . H a i c a p e lli c o r ti. E b r a v o a in tr e c c ia r e cesti. In tr e c c ia le s tu o ie d i f o g lia d i p a l m a p e r c o p r ir e il te tto d e lla casa. È a n c h e b r a v o a c o s tr u ir e le case. È d i b u o n a c o n d o t t a e h a u n ’e s p re s s io n e a ffe ttu o s a . V I I I . E u n a d o n n a . N o n p u ò la v o r a r e a b b a s ta n z a (d a a c c o n te n ta r s i). E a n c h e b r a v a a in tr e c c ia r e ce s ti e s tu o ie f i n i e a tessere la c o r te c c ia . P r e p a r a a n c h e il f o r n o e fa le p u li z ie i n casa. T ie n e la casa i n o r d in e . A c c e n d e il f u o c o . F u m a . V a a p e s c a re e p r e n d e p o l p i e

tu’itu’i (u o v a

d i p e sc e ) e t o r n a

a ca sa e l i m a n g ia c r u d i. È d i b u o n c u o r e e h a u n ’e s p r e s s io n e a ffe ttu o s a . N o n si a r r a b b ia m a i. E p o i a m a i s u o i fig li. I X . _È u n a d o n n a . H a u n f ig lio m a s c h io c h e si c h ia m a ____________. È p ig ra . E a lta . E m a g r a . H a i c a p e lli lu n g h i . È b r a v a a in tr e c c ia r e c e sti, a tessere la c o r te c c ia e a in tr e c c ia r e s tu o ie f in i. S u o m a r it o è m o r t o . N o n r id e spesso. C e r t i g io r n i sta in casa e a ltr i g io r n i v a n e lP in te r n o . T ie n e t u t t o p u lit o . V iv e d i b a n a n e . H a u n a fa c c ia a ffe ttu o s a . N o n p e r d e f a c ilm e n t e la c a lm a . P r e ­ p a r a i l fo r n o . X . _È la fig lia d i ___________ È u n a b a m b i n a c h e h a c irc a la m i a e tà . E a n c h e b r a v a a in tr e c c ia r e c e s ti e s tu o ie e s tu o ie f i n i e t e n d i n e e s tu o ie d a p a v i ­ m e n t o . E b r a v a a s c u o la . V a a n c h e a r a c c o g lie re f o g lie e i f r u t t i d e ll ’a lb e r o d e l p a n e . V a a n c h e a p e s c a re q u a n d o c ’è la b a s sa m a r e a . P r e n d e g r a n c h i e m e d u s e . E m o lt o a ffe ttu o s a . N o n m a n g ia t u t t o i l s u o c ib o se g li a ltr i g lie lo c h ie d o n o . M o s t r a u n v is o a ff e ttu o s o a t u t t i q u e lli c h e v a n n o in casa su a. E p o i o f f r e c ib o a t u t t i g li o s p iti. X I.

Autoritratto.

S o n o b r a v a a in tr e c c ia r e s tu o ie e s tu o ie f i n i e cesti e t e n ­

d in e e s tu o ie d a p a v im e n t o . V a d o a p r e n d e r e l ’a c q u a p o t a b i l e p e r t u t ta la , m i a f a m ig lia e a n c h e p e r g li a ltr i. V a d o a ra c c o g lie re b a n a n e e f r u t t i d e ll’a l­ b e r o d e l p a n e e f o g lie e p r e p a r o i l f o r n o c o n le m ie so re lle . P o i a n d ia m o a p e s c a re in s ie m e e d o p o v ie n e la n o tte .

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

CA PITO LO X I

b a m b i n i d i q u e s ta e tà p r e s e n ta n o g ià u n e s e m p io m o l t o c u r io s o d i a u t o ­

c o n s a p e v o le z z a f o n e tic a , i n c u i si m o s t r a n o a c u t i e d is c r i m i n a n t i q u a s i q u a n t o g li a d u lt i. Q u a n d o i m is s io n a r i in tr o d u s s e r o la s c r ittu r a , n e lla lin g u a n o n e sis te v a i l s u o n o

k\

la p o s iz io n e d e lla

e ra o c c u p a t a in s a m o a n o d a lla

to

k

n e g li a ltr i d ia le t t i p o lin e s ia n i

d a u n ’o c c lu s iv a g lo tta le . B e n p r e s to , d o p o

la s t a m p a d e lla B i b b i a e la s ta n d a r d iz z a z io n e d e l l ’o r t o g r a f ia s a m o a n a , i

k n e lla l i n g u a p a r la t a d i Sat m a n o n d e l l’o c c lu s iv a g lo tta le .

m a g g io r i c o n t a t t i c o n T o n g a in t r o d u s s e r o la v a i’i e d i U p o l u , p r e n d e n d o il p o s t o d e lla

L e n t a m e n t e l ’in t r u s io n e si d if fu s e v e rs o est in v a d e n d o t u t t a S a m o a , n o n o s ta n te la b a t t a g lia o s tin a ta e p e r d e n t e d e i m is s io n a r i c o n t r o la m e n o m u ­ sicale

k.

O g g i la / è u s a ta in c h ie s a e n e l lin g u a g g io d e lle p e r s o n e is tr u ite ,

c o n s e r v a ta p e r c o n v e n z io n e n e l l ’o r to g r a fia e u s a ta n e lla li n g u a p a r la t a i n o c c a s io n i u ff ic ia li. I b a m b i n i d i M a n u ’a c h e n o n a v e v a n o m a i f r e q u e n ta to i c o lle g i m is s io n a r i u s a v a n o e s c lu s iv a m e n te la

k.

M a a v e v a n o u d i t o la

t in

c h ie s a e a s c u o la e d e r a n o t a n t o c o n s a p e v o li d e lla d if fe r e n z a d a c o r re g g e rm i i m m e d ia t a m e n t e se s c iv o la v o n e lla

k

c o llo q u ia le , c h e p u r e e ra il lo r o u s o

c o r r e n te , p r o n u n c i a n d o c o r r e tta m e n te il s u o n o

t fo r s e

p e r la p r im a v o lta

i n v ita lo r o p e r illu s t r a r m i la p r o n u n c i a c o r re tta d a lla q u a le io , c h e m a n if e ­ s ta m e n te s ta v o i m p a r a n d o a p a r la r e , n o n m i d o v e v o d is c o s ta re . U n a ta le c a ­ p a c it à d i d is s o c ia r e il s u o n o u s a to d a q u e llo u d i t o è n o t e v o le i n b a m b in i co sì p ic c o li, a n z i in q u a l u n q u e p e r s o n a c h e n o n sia lin g u is t ic a m e n t e so fis tic a ta .

CA PITO LO X I N e l c o r s o d i sei m e s i h o v is to sei ra g a z z e la s c ia re la c asa d e l p a s to r e p e r v a rie r a g io n i: T asi p e r c h é la m a d r e e ra m a la t a e le i, q u e s ta ra r a c r e a tu r a c h e era la p i ù g r a n d e n e lla f a m ig lia b io lo g ic a , e ra n e c e s s a r ia in casa; T u a p e r c h é e ra r is u lta ta la p e g g io r e n e ll’e s a m e a n n u a le d e i m is s io n a r i, c o s a c h e la m a d r e a t t r ib u iv a a l fa v o r itis m o d e l p a s to r e ; L u n a p e r c h é la m a t r ig n a , c h e n o n le p ia c e v a , av e v a la s c ia to s u o p a d r e , r e n d e n d o le m o lt o p i ù a ttr a e n te la casa, e p e r c h é s o tto l ’in f lu s s o d i u n a c u g in a p i ù g r a n d e e s p r e g iu d ic a t a c o ­ m in c ia v a a s ta n c a r s i d e lla c o m p a g n ia d i b a m b in e p ic c o le e a d a vere i n t e ­ resse p e r i ra g a z z i; L it a p e r c h é r ic h ia m a t a d a l p a d r e d o p o c h e , c o l p e r m e s s o d e l p a s to r e m a s e n z a c o n s u lta r e la f a m ig lia , e ra s ta ta p e r tr e s e ttim a n e s u u n ’a ltr a is o la . I l r it o r n o a casa p e r L it a v o lle d ir e a n d a r e a d a b ita r e a ll’e ­ s tr e m ità o p p o s t a d e l l ’a ltr o v illa g g io , c o s tr in g e n d o la a c a m b ia r e t o t a lm e n te a m ic iz ie : la n o v i t à d e l g r u p p o e d e g li in te r e s s i le i m p e d ì d i r is e n tir e q u a ­ lu n q u e d is a g io p e r il c a m b ia m e n t o . S a la , u n a b a m b i n a p ig r a e p o c o i n t e l­ lig e n te , e ra s e m p lic e m e n te s c a p p a ta d a lla casa d e l p a s to r e .

Appendice II - Metodologia di questo studio

È im p o s s ib ile p r e s e n ta r e u n q u a d r o s in g o lo e u n if ic a t o d e lle a d o le s c e n ti i n S a m o a e a l t e m p o stesso r is p o n d e r e n e l m o d o p i ù a d e g u a to a i v a r i t i p i d i d o m a n d e c h e u n o s t u d io d e l g e n e re d o v r e b b e a ffr o n ta r e . P e r l ’e tn o lo g o i n c e rc a d i d a t i s u r iti e i c o s t u m i le g a ti a ll’a d o le s c e n z a è n e c e s s a rio in s e ­ r ir e d e s c r iz io n i d i u s a n z e c a d u t e in p a r z ia le o b li o s o tt o l ’i m p a t t o d e lla p r o ­ p a g a n d a o c c id e n t a le e d e l l ’e s e m p io s tr a n ie r o . L e p r a t ic h e e g li a tte g g ia ­ m e n t i t r a d iz io n a li s o n o i m p o r t a n t i n e llo s t u d io d e lle a d o le s c e n ti n e lla S a m o a d i o g g i a n c h e p e r c h é c o s titu is c o n o t u t t o r a g r a n p a r te d e i m o d e ll i d i p e n s ie r o d e i g e n ito r i, b e n c h é n o n t r o v in o p i ù e s p r e s s io n e c o n c r e ta n e lla v ita c u ltu r a le d e lle r a g a z z e . M a q u e s ta d u p lic e n e c e s s ità d i d e s c riv e re n o n s o lo l ’a m b ie n t e a ttu a le e la r e a z io n e d e lle r a g a z z e a d esso, m a a n c h e d i i n ­ t e r p o la r e o c c a s io n a lm e n te d e s c r iz io n i d e l m i li e u c u lt u r a le p i ù r ig id o in c u i e r a n o c re s c iu te le m a d r i, r o v in a i n p a r te l ’u n i t à d e l la v o o . L e o s s e r v a z io n i d e tt a g lia te s o n o sta te c o n d o t t e tu t t e su u n g r u p p o d i r a ­ g a z z e c h e v iv o n o i n tr e v illa g g i p r a t ic a m e n t e c o n t ig u i s u u n a c o sta d e ll ’i ­ s o la d i T a u . I d a ti s u g li u s i c e r im o n ia li a ttin e n ti a n a s c ita , p u b e r t à e m a t r i ­ m o n i o s o n o s ta ti r a c c o lti d a t u t t i i sette v illa g g i d e ll ’a r c ip e la g o d i M a n u ’a. L ’a p p r o c c io a d o tta t o si b a s a s u ll’a s s u n to c h e u n ’i n d a g in e d e tt a g lia ta in p r o f o n d i t à sia d i m a g g io r v a lo r e r is p e tto a u n o s t u d io d if f u s o e g e n e ra le b a s a to s u lla c o n o s c e n z a s u p e r f ic ia le d i u n n u m e r o p i ù v a s to d i in d i v id u i . L o s t u d io d e l d o t t o r V a n W a t e r s s u

Peoples h a

The Adolescent Girl Among Primitive

e s a u r ito le p o s s ib ilit à d i u n a ric e rc a f o n d a t a s u o s s e r v a z io n i p u ­

r a m e n te e s te rn e d e ll ’e t n o lo g o c h e fo r n is c e u n a d e s c r iz io n e s ta n d a r d iz z a ta d ’u n a c u lt u r a p r im it iv a . A b b i a m o u n a m a s s a e n o r m e d i m a te r ia le d e s c r it­ tiv o g e n e ra le se n za le o s s e r v a z io n i d e tta g lia te e i c a si i n d i v id u a l i a lla c u i lu c e s a r e b b e p o s s ib ile in te r p r e ta r lo . C h i scriv e d e c ise q u i n d i d i la v o r a r e i n u n a p ic c o la lo c a lit à , i n u n g r u p p o c h e c o n t a v a a p p e n a s e ic e n to p e r s o n e , e d i p a s s a re sei m e s i a d a c c u m u la r e u n a c o n o s c e n z a i n t i m a e p a r tic o la r e g g ia ta d i t u t t e le a d o le s c e n ti d i q u e s ta c o m u n it à . E s s e n d o c i a p p e n a 6 8 b a m b in e e ra g a z z e fr a i n o v e e i v e n t i a n n i, g li e n u n c ia t i q u a n t it a t iv i s o n o p r a t ic a m e n t e p r iv i d i v a lo r e p e r o v v ie r a ­ g io n i: l ’e r r o re p r o b a b ile d e l g r u p p o è t r o p p o a m p io , le classi d ’e tà t r o p p o p ic c o le , ecc. L ’u n i c o p u n t o s u l q u a le a f f e r m a z io n i q u a n t it a t iv e p o s s o n o av e re u n a q u a lc h e r ile v a n z a è la v a r ia b ilit à a ll’in t e r n o d e l g r u p p o , p o ic h é q u a n t o p i ù è p ic c o la , t a n t o m a g g io r e sarà la v a lid it à g e n e ra le d e i r is u lta ti. In o lt r e , i l t i p o d i d a t i d i c u i a v e v a m o b is o g n o n o n è d i q u e lli c h e si p r e ­ s ta n o a g e v o lm e n te a u n ’e la b o r a z io n e q u a n t it a t iv a . L a r e a z io n e d e lla r a ­ g a z z a a lla m a t r ig n a , ai f a m ilia r i c h e f u n g o n o d a g e n ito r i a d o t t iv i, a lla s o r e lla

l ’a d o l e s c e n z a in s a m o a m i n o r e o a l f r a te llo m a g g io r e , t u t t o c iò è i n c o m m e n s u r a b i l e i n t e r m in i q u a n t it a t iv i. C o m e il m e d ic o e lo p s ic h ia tr a h a n n o t r o v a t o n e c e s s a rio d e ­ scrive re s e p a r a ta m e n t e o g n i s in g o lo caso e u s a r e la lo r o c a s is tic a c o m e i l ­ lu s tr a z io n e d i u n a tesi, a n z ic h é c o m e u n a p r o v a ir r e f u ta b ile c o m e q u e lle c h e è p o s s ib ile p o r ta r e n e lle s c ie n z e fis ic h e , c o s ì l o s t u d io s o d e g li a s p e tti p i ù in t a n g ib ili e p s ic o lo g ic i d e l c o m p o r t a m e n t o u m a n o è c o s tr e tt o a illu s tr a r e p i ù c h e a d im o s tr a r e u n a tesi. L a c o m p o s iz io n e d e llo s f o n d o s u c u i agisce la r a g a z z a p u ò essere d e s c r itta i n t e r m i n i e s a tti e g e n e r a li, m a le s u e r e a ­ z io n i s o n o in f u n z i o n e d e lla p e r s o n a lit à e n o n si p o s s o n o d e s c riv e re se n z a f a r v i r if e r im e n to . L e g e n e r a liz z a z io n i si b a s a n o s u ll’o s s e r v a z io n e a tte n ta e p a r tic o la r e g g ia ta d i u n p ic c o lo g r u p p o d i so g g e tti. Q u e s t i r is u lta ti p o s s o n o essere illu s tr a ti e c h ia r iti d a lle s to r ie d e i casi s in g o li. L e c o n c l u s io n i s o n o in o ltr e t u t t e s o g g e tte a i l i m i t i p o s t i d a l l ’e q u a z io n e p e r s o n a le . S o n o i g i u d iz i d i u n a s o la p e r s o n a u n a m a s s a d i d a ti, m o l t i d e i c u i a s p e tti p i ù s ig n if ic a tiv i p o s s o n o , p e r lo r o stessa n a t u r a , essere n o t i s o l­ t a n t o a le i. C i ò e ra in e v ita b ile e si p u ò a p a r z ia le r im e d io d ir e s o lt a n t o c h e , e s s e n d o c o s ta n te l ’e q u a z io n e p e r s o n a le , le d iv e rs e p a r t i d e l m a te r ia le s o n o r ig o r o s a m e n t e c o m m e n s u r a b ili - i l g i u d iz i o s u lla r e a z io n e d i L o l a a llo z io e d i S o n a a l c u g in o s o n o f o r m u la t i s u lla stessa id e n t ic a b ase. U n a ltr o d is p o s itiv o m e t o d o lo g ic o c h e r ic h ie d e fo rs e u n a s p ie g a z io n e è a v e r s o s tit u ito l ’im p o s t a z io n e trasv e rsale a q u e lla lo n g it u d in a le . S i s o n o s t u ­ d ia te d e t t a g lia t a m e n t e 2 8 b a m b i n e c h e n o n p r e s e n t a v a n o a n c o r a n e s s u n s e g n o d i p u b e r t à , 14 c h e s a r e b b e r o p r o b a b i lm e n t e m a t u r a t e e n tr o u n annou n a n n o e m e z z o , e 25 ra g a z z e c h e a v e v a n o g ià s u p e r a to la p u b e r t à m a n o n e r a n o a n c o r a c la s s ific a te c o m e a d u lt e d a lla c o m u n it à . O s s e r v a z io n i m e n o in te n s iv e s o n o sta te c o n d o t t e a n c h e s u i b a m b i n i p ic c o li e le g io v a n i d o n n e s p o s a te . Q u e s t o m e t o d o tra sv e rsa le , d i p r e n d e r e c a m p i o n i d ’i n d i v id u i i n p e r io d i d iv e rs i d e llo s v ilu p p o fis ic o , p r e s u m e n d o c h e u n g r u p p o i n u n a fase p r e c e d e n te a s s u m e r à p i ù ta r d i i c a r a tte r i c h e e m e r g o n o i n u n a ltr o g r u p p o a u n o s ta d io su c c e s s iv o , è n a t u r a lm e n t e in f e r io r e r is p e tt o a u n a ric e rc a l o n ­ g it u d in a le c h e s e g u a lo stesso g r u p p o n e l l ’a r c o d i v a r i a n n i. D i s o lito l ’u ­ n ic a d ife s a a c c e tt a b ile d i ta le p r o c e d u r a è u n n u m e r o d i casi m o l t o g r a n d e . L a ca sistic a c o p e r ta d a q u e s ta ric e rc a , s e b b e n e p ic c o lis s im a i n c o n f r o n t o a i n u m e r i r e c lu ta ti d a q u a l u n q u e s tu d io s o d e ll’in f a n z i a e a d o le s c e n z a i n A m e r ic a , r a p p r e s e n t a t u tta v ia u n c a m p io n e d i d is c r e te d im e n s i o n i t e n e n d o c o n t o d e lla sc a rs is s im a p o p o la z i o n e d i S a m o a (c ir c a 8 .0 0 0 a b it a n t i i n tu tte le q u a t t r o is o le d e lla S a m o a a m e r ic a n a ) , e d e l f a t t o c h e l ’u n i c a s e le z io n e o p e r a ta è s u b a s e g e o g r a fic a . S i p u ò in o lt r e s o s te n e re c h e i l c a ra tte r e q u a s i d r a s tic o d e lle c o n c lu s io n i, c o n e c c e z io n i r id o t t e a l m i n im o , è u n ’u lte r io r e v a lid a z io n e d e l l’a d e g u a te z z a d e l c a m p io n e . L a sc e lta d e l m e t o d o tra s v e r­ sale era d e tt a ta o v v ia m e n te d a lla p r a t ic it à , m a i r is u lta ti, q u a n d o s o n o tr a tti c o n c u r a d a u n c a m p io n e c o n g r u o , s o n o c o n f r o n t a b ili c o n q u e lli o t t e n ib ili c o l m e t o d o lo n g i t u d i n a l e , d o v e g li stessi s o g g e tti s o n o t e n u t i s o tto o ss e r­ v a z io n e p e r d iv e r s i a n n i. C i ò v a le q u a n d o le c o n c l u s io n i c h e si v o g lio n o ri-

APPENDICE II - METODOLOGIA DI QUESTO STUDIO c a v a re s o n o g e n e r a li e n o n i n d i v id u a l i. A i f i n i d e lla te o r ia p s ic o lo g ic a , è s u ffic ie n te s a p e re c h e i b a m b i n i i n u n a c e rta s o c ie tà c o m in c ia n o a c a m m i ­ n a r e , i n m e d ia , a d o d i c i m e s i e a p a r la r e , i n m e d ia , a q u i n d i c i . M a a s c o p i d ia g n o s tic i è n e c e s s a r io sa p e re c h e J o h n h a c o m in c ia t o a c a m m in a r e a d i ­ c io tto m e s i e a p a r la r e a v e n ti. C o s ì, i n v is ta d i s c o p i te o r ic i d i o r d in e g e n e ­ r a le è s u ffic ie n te a ffe r m a r e c h e le b a m b in e d o p o la p u b e r t à d iv e n t a n o t i ­ m i d e e in q u ie t e i n p r e s e n z a d i r a g a z z i, m a se v o g lia m o c a p ir e la c o n d o t t a irr e g o la r e d i M a l a è n e c e s s a rio s a p e r e c h e p re fe ris c e la c o m p a g n ia d e i r a ­ g a z z i a q u e lla d e lle ra g a z z e e c h e q u e s ta p r e f e r e n z a ris a le a v a r i a n n i a d ­ d ie tr o .

Metodi particolari utilizzati L a d e s c r iz io n e d e l c o n te s to c u lt u r a le è s ta ta o t t e n u t a i n m a n ie r a o r t o ­ d o ss a , d a p p r im a m e d ia n t e c o llo q u i c o n in f o r m a t o r i sc e lti a c c u r a ta m e n te , s e g u iti d a u n a v e r ific a c o n a ltr i in f o r m a t o r i e d a ll’u s o d i m o lt i e s e m p i e casi s in g o li. S a lv o q u a lc h e e c c e z io n e s e c o n d a r ia , i l m a te r ia le è s ta to o t t e n u t o in s a m o a n o e n o n a ttra v e rs o in te r p r e ti. T u tto i l la v o r o i n d i v id u a l e è sta to c o n d o t t o n e lla li n g u a lo c a le , e s s e n d o p o c h is s im i i g io v a n i c h e p a r la n o i n ­ glese s u ll’is o la . B e n c h é la c o n o s c e n z a d e ll’in te r a c u lt u r a fo sse e ss e n zia le p e r v a lu ta r e c o r ­ r e tta m e n te il c o m p o r t a m e n t o d e i s in g o li in d i v id u i , u n a d e s c r iz io n e d e t t a ­ g lia ta si lim it e r à a q u e g li a s p e tti d e lla c u lt u r a c h e h a n n o u n a r ile v a n z a i m ­ m e d ia t a r is p e tto a l p r o b le m a d e lle a d o le s c e n ti. P e r e s e m p io , se o sservo P e le r ifiu ta r e d i p u n t o i n b ia n c o d i p o r ta r e u n m e s s a g g io a ca sa d i u n f a m ilia r e , è i m p o r t a n t e s a p e re se ag isce p e r r ib e llio n e , a n t ip a t ia v e rso q u e l p a r e n te , p a u r a d e l b u i o o t im o r e d e l f a n t a s m a c h e a b it a n e i d i n t o r n i e h a l ’a b i t u ­ d in e d i a ss a ltare la g e n te a lle s p a lle . M a p e r il le tto r e u n ’e s p o s iz io n e d e tt a ­ g lia ta d i n o m i e a b i t u d i n i d e ll’in te r a p o p o la z i o n e lo c a le d i f a n t a s m i s a r e b b e d i scars o a iu t o p e r c o g lie r e il p r o b le m a p r in c ip a le . C o s ì t u t t e le d e s c r iz io n i d e lla c u lt u r a lo c a le c h e n o n h a n n o u n a r ile v a n z a im m e d ia t a s o n o e lim in a te d a l l ’e s p o s iz io n e , m a n o n s o n o sta te tr a s c u r a te i n se d e d i ric e rc a . L a lo r o ir r ile v a n z a è s ta ta q u i n d i a c c e r ta ta i n v ia d i fa tto . L a c o n o s c e n z a d e l m o d e llo g e n e r a le d i c u lt u r a è s ta ta in t e g r a ta d a llo s t u d io d e tt a g lia to d e lla s tr u ttu r a s o c ia le d e i tr e v illa g g i i n e s a m e . O g n i f a ­ m ig lia è s ta ta a n a liz z a ta d a l p u n t o d i v is ta d e l r a n g o , d e lla r ic c h e z z a , d e lla c o llo c a z io n e , d e lla c o n t ig u it à e d e i r a p p o r t i c o n le a ltre fa m ig lie , o ltr e c h e d e ll’e tà, sesso, r a p p o r t i d i p a r e n te la , s ta to c iv ile , n u m e r o d i f ig li, r e s id e n z a p r e c e d e n te , ecc. d e i s in g o li m e m b r i. Q u e s t o m a te r ia le h a o f f e r t o u n a ba s e d e s c rittiv a g e n e ra le p e r l ’u lte r io r e p i ù a c c u r a ta a n a lis i d e lle f a m ig lie d e i s o g ­ g e tti, o ltr e a p e r m e tte r e d i v e r ific a r e l ’o r ig in e d e lle f a id e o a lle a n z e fr a g li i n d i v id u i , l ’u s o d e i t e r m in i d i p a r e n te la , ecc. O g n i r a g a z z a q u i n d i è sta ta s tu d ia ta s u llo s f o n d o d i u n c o n te s to c o n o s c iu t o d e t t a g lia ta m e n te .

l ’a d o l e s c e n z a in s a m o a U n ’a ltr a m a s s a d ’i n f o r m a z i o n i d e tt a g lia te è q u e lla o t t e n u t a c irc a i s o g ­ g e tti: e tà a p p r o s s im a t iv a (l’e tà e sa tta n o n si p u ò m a i a c c e r ta r e i n S a m o a ), o r d in e d i n a s c ita , n u m e r o d i f r a te lli e s o re lle , m a g g io r i e m i n o r i , n u m e r o d e i m a t r i m o n i d i c ia s c u n g e n ito r e , re s id e n z a p a tr ilo c a le o m a tr ilo c a le , a n n i d i s c o la r iz z a z io n e p re s s o la s c u o la m is s io n a r ia o q u e lla g o v e r n a tiv a , p r o f it t o s c o la s tic o , e s p e r ie n z e a l d i f u o r i d e l v illa g g io o d e l l’is o la , e s p e r ie n z e ses­ s u a li, ecc. L e ra g a z z e s o n o sta te a n c h e s o tto p o s te a u n test d ’in te llig e n z a p i ù o m e n o im p r o v v is a t o - d e n o m i n a z i o n e d i c o lo r i, m e m o r ia d i c ifre , o p p o s t i, c ifr a r io , p a lla n e l c a m p o e in t e r p r e t a z io n e d i i m m a g in i. I test s o n o s ta ti t u t t i s o m m in is t r a t i i n s a m o a n o ; la s ta n d a r d iz z a z io n e o v v ia m e n te era im p o s s ib ile e le e tà e r a n o a p p r o s s im a t iv e , e l ’u t i li t à m a g g io r e è s ta ta d i a iu t a r m i a c o l­ lo c a r e o g n i r a g a z z a n e l s u o g r u p p o , m e n t r e i r is u lta ti n o n h a n n o a lc u n v a ­ lo r e a f i n i c o m p a r a t iv i. I r is u lt a t i i n d i c a n o tu t t a v ia u n a v a r ia b ilit à m o lt o scarsa n e l g r u p p o . I te s t s o n o s ta ti in te g r a ti d a u n q u e s tio n a r io , n o n somm in is t r a t o i n m a n ie r a f o r m a le m a c o m p i la t o i n b a s e a d o m a n d e p o s te i n o r d in e s p a r s o d i q u a n d o i n q u a n d o . I l q u e s tio n a r io f o r n iv a in d i c a z i o n i c irc a le c o m p e t e n z e la v o r a t iv e , la p a r t e c ip a z io n e a i c o s t u m i d e lla c o lle tt iv ità e l ’a s s o r b im e n to d e g li in s e g n a m e n t i o c c id e n t a li i n q u e s t io n i c o m e c o n o s c e re l ’o r o lo g io o le g g e re il c a le n d a r io , e in o lt r e p e r m e t t e v a d i s a p e r e i n c h e m i ­ s u r a av e ss e ro a s s is tito a s ce n e d i m o r t e , n a s c ita , a b o r t o , ecc. M a t u t t i q u e s ti d a t i q u a n t it a t iv i r a p p r e s e n t a n o s o lo la n u d a o s s a tu r a d e l m a te r ia le r a c c o lto i n m e s i d i o s s e r v a z io n e d e g li i n d i v i d u i e d e i g r u p p i , d e lle r a g a z z e d a so le , i n f a m ig lia e n e l g io c o . I l g ro s s o d e lle c o n c lu s io n i tr a tte d a t a li o s s e r v a z io n i r ig u a r d a g li a tte g g ia m e n ti d e lle ra g a z z e v e rs o la f a m ig lia e v e rso le c o e ta n e e , l ’in te re s se (o dis in te re s s e ) p e r la r e lig io n e e i d e t t a g li d e lla lo r o v ita se ssua le . E u n ’in f o r m a z i o n e c h e n o n si p u ò r id u r r e a ta b e lle o e n u n c ia t i s ta tis tic i. N a t u r a lm e n t e i n m o l t i casi e ra m e n o e s a u r ie n te c h e i n a ltri. I n q u a lc h e c a s o è s ta to n e c e s s a r io a p p r o f o n d ir e l ’in d a g in e p e r c a p ire c e r ti a s p e tti s c o n c e r ta n ti d e l c o m p o r t a m e n t o d e lla r a g a z z a . I n t u t t i c o ­ m u n q u e l ’h o p o r t a t a a v a n ti f in c h é n o n s e n tiv o d i a v e r c a p it o le m o t iv a ­ z io n i d e lla r a g a z z a e q u a n t o i s u o i a tte g g ia m e n ti si p o te s s e r o s p ie g a r e c o n la s itu a z io n e i n f a m ig lia e n e l g r u p p o d e i c o e ta n e i. L ’e s is te n z a d e lla sc u o la - c o n v itto m is s io n a r ia p e r le ra g a z z e p u b e r i m i h a m e s s o a d is p o s iz io n e u n a s o rta d i r o z z o g r u p p o d i c o n t r o llo . Q u e s t e ra g a z z e e r a n o so r v e g lia te c o n ta le se v e rità c h e le e s p e rie n z e e te ro s e s s u a li e r a n o i m ­ p o s s ib ili: r a g g r u p p a te c o n altre ra g a z z e d e lla stessa e tà , in d ip e n d e n t e m e n t e d a lle r e la z io n i, c o n d u c e v a n o u n a v ita p i ù o r d in a t a e r e g o la r e d e lle c o e ta n e e r im a s te i n f a m ig lia . L a l o r o d if fe r e n z a d a lle c o e ta n e e e la m a g g io r e s o m i­ g lia n z a c o n le ra g a z z e e u r o p e e c o r r is p o n d o n o c o n p r e c is io n e s o r p r e n d e n te a lle lin e e s u g g e r ite d a lle s p e c ific h e d if fe r e n z e a m b ie n t a li. T u tta v ia , v iv e n d o p a r te d e l t e m p o i n casa, la r o t t u r a a m b ie n t a le n o n e ra c o m p le t a e i l lo r o v a lo r e c o m e g r u p p o d i c o n t r o llo è assai lim it a t o .

Appendice III - La civiltà samoana com è oggi

L a s c e n a d i q u e s to s t u d io è la p ic c o la is o la d i T au . L u n g o u n a c o sta d e l­ l ’is o la , c h e sale r a p id a m e n t e a u n a lto p ic c o n e l c e n tr o , si r a g g r u p p a n o tre p ic c o li v illa g g i: L u m a e S in fa g a , v ic in i tr a lo r o , e F a le a s a o , m e z z o m ig lio p i ù lo n t a n o . A l l ’a ltr a e s tr e m ità d e ll’is o la è i l v illa g g io is o la to d i F it iu t a , s e p a ­ r a to d a g li a ltr i tr e d a u n l u n g o e d if f ic ile c a m m in o . M o l t a g e n te d e i tr e v il ­ la g g i n o n è sta ta m a i a F it iu t a , c h e d is ta o t t o m ig lia . A d o d i c i m i g l i a d i m a r e a p e r to s o n o le d u e is o le d i O f u e O le s e g a c h e , c o n T a u , f o r m a n o l ’a r c ip e ­ la g o d i M a n u ’a, la p a r te p i ù p r im i t iv a d e lla S a m o a . L e g ite i n a g ili c a n o e d a u n ’is o la a ll’a ltr a , s o n o fr e q u e n t i, e g li a b it a n t i d i M a n u ’a si c o n s id e r a n o u n a u n i t à d i f r o n t e a g li a b it a n t i d i T u tu ila , la g r a n d e is o la s u lla q u a le è si­ t u a ta la S ta z io n e M a r it t im a . L e tr e is o le h a n n o u n a p o p o la z io n e d i p o c o p i ù d i d u e m ila p e r s o n e , c o n u n c o n t in u o in tr e c c ia r s i d i v is ite , d i m a t r i m o n i e a d o z i o n i fr a i sette v illa g g i d e ll’A r c ip e la g o . I

n a t iv i v iv o n o a n c o r a n e lle lo r o case c o s tr u ite a f o g g ia d i alv e a re , c o n i

p a v im e n t i f a t t i d i f r a m m e n t i d i c o r a llo s e n z a p a r e ti, f u o r c h é d e g li s to in i te s­ s u ti, f a c ilm e n t e d e p e r ib ili, c h e si a b b a s s a n o i n c aso d i c a tt iv o t e m p o , e d u n te tt o f a tto c o n c a n n e d a z u c c h e r o , s u l q u a le si d e v o n o le g a r e r a m i d i p a lm a a d o g n i te m p o r a le . H a n n o s o s tit u ito s to ffe d i c o to n e a lla s to ffa l a ­ b o r io s a m e n te f a b b r ic a t a c o n c o r te c c ia d ’a lb e r o , p e r le v e s ti d i o g n i g io r n o ; il c o s tu m e i n d ig e n o è ris e rv a to a lle c e r im o n ie . G l i u o m i n i si c o n t e n t a n o d i c in g e r s i i f ia n c h i c o n u n a m p io p e z z o d i s to ffa d i c o to n e , i l la v a la v a , f e r m a to a lla v ita c o n u n a r ip ie g a tu r a s a p ie n te d e lla s to ffa stessa. Q u e s t o c o s tu m e p e r m e t te a p a r te d e l t a tu a g g io c h e c o p r e i lo r o c o r p i d a lle g in o c c h ia a lla v ita , d i c o m p a r ir e a l d i s o p r a e a l d i s o tt o d e lle p ie g h e d e l

lavalava.

I l ta ­

tu a g g io è t a b ù a M a n u ’a d a d u e g e n e r a z io n i, p e r c iò s o lo u n a p a r te d e lla p o p o la z i o n e h a fa tto il n e c e s s a r io v ia g g io i n u n ’a ltr a is o la i n ce rc a d i u n o s p e c ia lis ta d i q u e s t’o p e r a z io n e . L e d o n n e p o r t a n o u n

lavalava p i ù

lu n g o e

u n v e s tito d i c o t o n e c o r to c h e a r r iv a lo r o f i n o a lle g in o c c h ia . A m b o i sessi v a n n o s c a lz i e i l c a p p e llo è p o r t a t o s o lta n to i n ch ie sa. I n ta le o c c a s io n e g li u o m i n i s f o g g ia n o c a m ic ie b ia n c h e e g ia c c h e b ia n c h e , fa tte p a z ie n te m e n t e d a lle d o n n e i n d ig e n e a im it a z io n e d i q u a lc h e g ia c c a d i P a l m B e a c h c a p i ­ ta ta lo r o fr a le m a n i. I l ta tu a g g io d e lle d o n n e è m o lt o p i ù s e m p lic e d i q u e llo d e g li u o m i n i; si tr a tta s o lo d i p u n t i e d i c r o c i su lle b r a c c ia , s u lle m a n i e su lle cosce. G h i r l a n d e d i fio r i, f io r i n e i c a p e lli e in t o r n o a lle c a v ig lie s e r v o n o a ra v v iv a re la m o n o t o n i a d e i v e s titi d i c o to n e s b ia d it o ; e n e i g i o r n i d i g a la , s to ffa d i c o r te c c ia a m a g n if ic i d is e g n i, s tu o ie f i n i c o n b o r d a t u r e v iv a c i d i p e n n e rosse d i p a p p a g a llo , a c c o n c ia tu r e d i c a p e lli u m a n i d e c o r a te d i p i u m e e d i p e n n e , r ic o r d a n o il c o s tu m e p i ù p itto r e s c o d e i t e m p i p re - c ris tia n i.

L’ADOLESCENZA IN SAMOA L e m a c c h in e d a c u c ir e s o n o i n u s o d a m o l t i a n n i, s e b b e n e g li in d ig e n i d e b b a n o a n c o r a r ic o r r e r e a q u a lc h e a b ile m a r i n a i o p e r le r ip a r a z io n i. A n c h e le f o r b ic i s o n o sta te a g g iu n te a g li u t e n s ili d o m e s tic i; m a q u a n d o è p o s s ib ile , la d o n n a s a m o a n a a d o p e r a a n c o r a i p r o p r i d e n t i o u n p e z z o d i b a m b ù . A lle s c u o le - c o n v itto d e i m is s io n a r i, q u a lc h e d o n n a h a i m p a r a t o a la v o r a r e a ll’u n c in e t t o e a r ic a m a r e e u s a la s u a a b ilit à s p e c ia lm e n te p e r a b ­ b e llir e i c u s c in i m a s s ic c i e d u r i c h e v a n n o r a p id a m e n t e s o s t it u e n d o i p i c ­ c o li a p p o g g ia - te s ta d i b a m b ù . I l e n z u o li d i c o t o n e b i a n c o h a n n o p r e s o il p o s to d e i le n z u o li d i s tu o ia m o lt o f it t a o d i te la d i c o r te c c ia . L e z a n z a rie r e d i c o t o n e d e v o n o r e n d e r e u n a ca sa in d i g e n a m o l t o p i ù s o p p o r t a b ile d i q u a n t o n o n fo sse q u a n d o le t e n d e d i c o r te c c ia te s s u ta e r a n o la s o la d ife s a c o n t r o g li in s e tti. L e z a n z a r ie r e s o n o so sp ese la sera a s o lid e c o r d e tra v e rs o la casa. G l i o r li s o n o t e n u t i g i ù c o n p ie tr e , i n m o d o c h e c a n i v a g a n t i, m a ia li e p o lli p o s s o n o a g g ira rs i p e r la casa a lo r o p ia c im e n t o se n z a d is tu r b a r e i d o r ­ m ie n ti. S e c c h i d i a g a ta e g u s c i s v u o ta ti d i n o c i d i c o c c o s e r v o n o a p o r t a r e a c q u a d a lla f o n t a n a o d a l m a r e , e q u a lc h e ta z z a d i p o r c e lla n a e q u a lc h e b ic c h ie r e si u n is c o n o a lle ta z z e d i n o c i d i c o c c o . M o lt e f a m ig lie p o s s ie d o n o u n r e c i­ p ie n t e d i fe r r o , n e l q u a le p o s s o n o b o llir e li q u i d i m e g lio c h e c o l v e c c h io si­ s te m a d i f a r c a d e r e p ie tr e r o v e n ti i n u n r e c ip ie n te d i le g n o c h e c o n t ie n e il l i q u i d o d a ris c a ld a r e . L e la m p a d e e le la n te r n e a p e t r o lio s o n o d i u s o c o ­ m u n e ; le v e c c h ie c a n d e le d i n o c e o le la m p a d e a o lio d i n o c e d i c o c c o s o n o rim e ss e i n f u n z i o n e s o lo i n p e r io d i d i g r a n d e c a r e s tia q u a n d o n o n c i s o n o m e z z i p e r c o m p r a r e il p e tr o lio . I l t a b a c c o è u n g e n e re d i lu s s o m o l t o a p ­ p r e z z a to ; i s a m o a n i h a n n o im p a r a t o a c o ltiv a r lo , m a le v a r ie t à im p o r t a t e s o n o m o lt o p r e fe r ite a l t a b a c c o lo c a le . F u o r i d e lla casa i c a m b ia m e n t i p r o d o t t i d a lla in t r o d u z i o n e d i o g g e tti e u ­ r o p e i s o n o p o c o i m p o r t a n t i. G l i in d i g e n i si s e r v o n o d i u n c o lte llo d i fe r ro p e r ta g lia r e la lo r o c o p r a e d i u n ’a z z a d a lla la m a d i fe r r o in v e c e d e lla v e c ­ c h ia la m a d i p ie tr a , m a le g a n o a n c o r a l ’u n a a ll’a ltr a le tr a v i d e lla casa c o n g iu n c h i e c u c io n o in s ie m e le v a rie p a r t i d e lle c a n o e d a p e sc a . L a c o s tr u z io n e d i g r a n d i c a n o e è s ta ta a b b a n d o n a t a . O r a si c o s tr u is c o n o s o lo p ic c o le c a n o e d a p e s c a o , p e r il tr a s p o r t o d i p r o v v is te a l d i l à d e lla s c o g lie r a , b a r c h e a r e m i c o lla c h ig lia . S o lt a n t o le g ite b r e v i s o n o fa tte i n c a n o a o i n b a r c a a r e m i, e g li in d ig e n i a s p e t ta n o c h e a r r iv i il p ir o s c a f o d e lla M a r i n a p e r i lo r o v ia g g i. I l g o v e r n o c o m p r a la c o p r a e, c o l d e n a r o o t t e n u t o , i s a m o a n i c o m p r a n o s to ffa , f ilo , p e t r o lio , s a p o n e , f ia m m if e r i, c o lte lli, c in t u r e e ta b a c c o ; p a g a n o le tasse (c h e v e n g o n o im p o s t e a o g n i u o m o a l d i s o p r a d i u n a c e r ta a lte z z a , p o i c h é l ’e tà è c o sa in d e f in it a ) e m a n t e n g o n o la ch ie sa. T u tta v ia m e n t r e i s a m o a n i si s e r v o n o d i q u e s ti p r o d o t t i d i u n a c iv iltà p i ù c o m p le s s a s o n o r im a s ti i n d i p e n d e n t i d a essa. S a lv o i l f a b b r ic a r e e u s a re u te n s ili d i p ie tr a , si p u ò d ir e c h e n e s s u n a d e lle a r ti i n d ig e n e è a n d a t a p e r ­ d u t a . T u tte le d o n n e f a n n o la te la d i c o r te c c ia d ’a lb e r o e te s s o n o s tu o ie f in i. I l p a r t o si s v o lg e a n c o r a s u d i u n p e z z o d i te la d i c o r te c c ia ; il c o r d o n e o m ­

APPENDICE III - LA CIVILTÀ SAMOANA COM’È OGGI b e lic a le v ie n e t a g lia to c o n u n p e z z o d i b a m b ù e il n e o n a t o v ie n e a v v o lto in u n p e z z o a p p o s it a m e n t e p r e p a r a to d i te la d i c o rte c c ia . Se n o n si p u ò a vere d e l s a p o n e , l ’a r a n c io s e lv a tic o lo s o s titu is c e c o n la s u a s p u m a . G l i u o m i n i f a b b r ic a n o a n c o r a le lo r o re ti, f a n n o i lo r o a m i e te s s o n o le t r a p p o le p e r le a n g u ille . E s e b b e n e u s in o f ia m m if e r i, q u a n d o n e p o s s o n o av ere, n o n h a n n o d im e n t ic a t o l ’a rte d i fa r f u o c o c o l b a s t o n e c h e serve a p o r ta r e i l c a r ic o i n s p a lla . F o r s e il f a tto p i ù im p o r t a n t e è c h e i s a m o a n i d ip e n d o n o a n c o r a c o m p le ­ ta m e n te d a i p r o d o t t i a lim e n t a r i lo c a li, p i a n t a t i c o n u n p a lo a p p u n t i t o n e lle lo r o p ia n t a g io n i. F r u t t i d e l p a n e , b a n a n e , ta r o , p a t a t e d o lc i e n o c i d i c o c c o f o r m a n o u n s o s ta n z io s o e m o n o t o n o c o n t o r n o a l p e s c e , a i c r o s ta c e i, a i g r a n c h i d i te r r a e, o c c a s io n a lm e n te , a p o l l i e m a ia li. L e p r o v v is te s o n o p o r ­ ta te a l v illa g g io i n p a n ie r i in tr e c c ia ti d i fr e s c o c o n fo g lie d i p a lm a . L e n o c i d i c o c c o s o n o g r a tta te s fr e g a n d o le s u u n “ c a v a llo ” d i le g n o c o n p u n t e d i c o n c h ig lia o d i fe r ro ; i f r u t t i d e l p a n e e i l t a r o s o n o in f i la t i i n u n b a s t o n ­ c in o f a s c ia to c o l r iv e s tim e n t o d e lle n o c i d i c o c c o , e la lo r o s c o r z a v ie n e g r a tta ta v ia c o n u n p e z z o d i g u s c io d e lla n o c e stessa. L e b a n a n e v e r d i s o n o s b u c c ia te c o n u n c o lte llo d i b a m b ù . T u tto il v it t o p e r u n a f a m ig lia d i q u i n ­ d ic i o v e n t i p e r s o n e , p e r d u e o tr e g io r n i, v ie n e c o tto i n u n a s o la v o lta , in u n a g r a n d e c a v ità c irc o la re fa tta d i p ie tr e . Q u e s t e v e n g o n o p r i m a s c a ld a te a l c a lo r b ia n c o , p o i le c e n e ri s o n o t u t t e to lte e il c ib o c o llo c a t o s u lle p ie tr e e c o p e r to c o n fo g lie v e r d i, s o tt o le q u a li la c o t t u r a si c o m p i e c o m p ie ta m e n te . Q u a n d o il c ib o è c o tto , v ie n e s e r b a to i n p a n ie r i c h e si a p p e n d o n o n e lla casa p r in c ip a le . L o si serve s u p i a t t i d i f o g lie d i p a lm a g u a r n i t i c o n u n a fo g lia fre s c a d i b a n a n o . L e d it a s e r v o n o d a c o lte lli e d a fo r c h e tte e u n a c o p p a d i le g n o p e r la v a r s i le d it a v ie n e p a s s a ta i n g ir o c e r im o n io s a m e n te a lla f in e d e l p a s to . I l m o b i l i o n o n h a in v a s o la c asa, a d e c c e z io n e d i q u a lc h e c o f a n o e d i q u a lc h e a r m a d io . T u tta la v ita si s v o lg e s u l p a v im e n t o . P a r la r e in p ie d i, d e n tr o la casa, è a n c o r a u n a m a n c a n z a i m p e r d o n a b il e c o n t r o la e tic h e tta e il v is ita to r e d e v e i m p a r a r e a sta r s e d u t o p e r d e lle o r e s u lle g a m b e in c r o ­ c ia te s e n z a la m e n ta r s i. I

s a m o a n i s o n o c r is tia n i d a q u a s i c e n to a n n i. A d e c c e z io n e d i u n p ic c o lo

n u m e r o d i c a tto lic i e d i m o r m o n i , t u t t i g li i n d ig e n i d e lla S a m o a a m e r ic a n a s o n o m e m b r i d e lla S o c ie tà m is s io n a r ia d i L o n d r a , c o n o s c iu t a i n S a m o a c o m e la “ C h ie s a d i T a h it i” d a l l u o g o d i o r ig in e . I m is s io n a r i c o n g re g a z io n a lis ti s o n o r iu s c it i m o l t o b e n e a d a d a tta r e la severa d o t t r in a e l ’e tic a , a n c h e p i ù severa, d i u n a se tta p r o te s ta n te b r it a n n ic a , a lle te n d e n z e m o l t o d iv e rs e d i u n g r u p p o d i is o la n i d e i m a r i d e l S u d . N e lle s c u o le - c o n v itto d e lla m i s ­ s io n e m o lt i r a g a z z i s o n o s ta ti m e s s i i n g r a d o d i d iv e n ta r e p a s t o r i in d ig e n i e m is s io n a r i i n a ltr e is o le , e m o lt e ra g a z z e , d i d iv e n t a r e m o g l i d i p a s to r i. L a casa d e l p a s to r e è il c e n tr o r e lig io s o d e l v illa g g io , i n essa i f a n c iu lli i m ­ p a r a n o a le g g e r e e a sc riv e re la p r o p r i a lin g u a , a lla q u a le i p r i m i m is s io n a r i a d a t t a r o n o la n o s tr a s c r ittu r a , a fa r e s e m p lic i s o m m e e a c a n ta r e g li i n n i. I

L’ ADOLESCENZA

in

SAMOA

m is s io n a r i s o n o sta ti c o n t r a r i a in s e g n a r e l ’in g le s e a g li in d i g e n i e, in g e n e re , a fa r lo r o a b b a n d o n a r e la s e m p lic it à d e lla lo r o e s is te n z a p r im it iv a , a lm e n o n e i p a r t ic o l a r i n o n r it e n u t i d a n n o s i. P e r c o n s e g u e n z a , s e b b e n e i p i ù a n z ia n i d e lla c h ie s a fa c c ia n o p r e d ic h e e c c e lle n ti e s p e s so a b b i a n o u n ’a m p ia c o n o ­ s c e n z a d e lla B i b b i a (c h e è s ta ta t r a d o t t a i n s a m o a n o ) s e b b e n e te n g a n o la c o n t a b ili t à e s v o lg a n o c o m p lic a t i r a p p o r t i d i a ffa ri, n o n p a r la n o a ffa tto l ’i n ­ g lese o lo p a r la n o p o c h is s im o . I n T a u n o n v i e r a n o m a i c o n t e m p o r a n e a ­ m e n t e p i ù d i u n a m e z z a d o z z in a d ’i n d i v i d u i c h e av essero q u a lc h e n o z io n e d ’in g le s e . 11

G o v e r n o d e lla M a r i n a h a a d o t t a t o la m ig lio r e p o lit ic a , c h e è q u e lla d i

u n b e n e v o l o n o n - in te r v e n to n e g li a ffa r i d e g li in d ig e n i. H a is t it u it o d is p e n ­ sari e f a f u n z io n a r e u n o s p e d a le , d o v e si a d d e s tr a n o in f e r m ie r e d e l p aese . Q u e s t e in f e r m ie r e s o n o m a n d a t e n e i v illa g g i d o v e h a n n o u n o s tr a o r d in a r io s u cce sso c o n i s e m p lic i r im e d i d i c u i d is p o n g o n o : o lio d i r ic in o , i o d in a , arg ir o lo , a lc o l p e r f r iz i o n i ecc. I n s e g u ito a s o m m in is t r a z io n i p e r io d ic h e d i s a lv a r s a n , i s in t o m i p i ù g r a v i d i f r a m b o e s ia s t a n n o r a p id a m e n t e s c o m p a ­ r e n d o e g li in d i g e n i h a n n o im p a r a t o a r ic o r r e r e a lle m e d ic in e d e i d is p e n ­ sari p iu t t o s t o c h e fa r d e g e n e r a re la c o n g iu n t iv it e i n c e c ità a p p l i c a n d o c a ­ ta p la s m i s u g li o c c h i i n f ia m m a t i. I n q u a s i t u t t i i v illa g g i s o n o sta te c o s tr u ite c is te r n e c h e f o r n is c o n o a c q u a p u r a a u n a f o n te c e n tra le , c h e serve p e r la v a r e t u t t o e p e r i b a g n i d i t u t t i. I n o g n i v illa g g io e s is to n o te tt o ie p e r i l c o p r a , c h e v i resta d e p o s it a t o f in o a ll’a r r iv o d e l p ir o s c a f o d e l g o v e r n o , c h e v ie n e a p r e n d e r lo . I l la v o r o , i n t o r n o a q u e s ti c a p a n n o n i, s u lle b a r c h e d e l v illa g g io u s a te p e r tr a s p o r ta r e il c o p r a , s u lle s tr a d e fr a i v illa g g i e p e r le r ip a r a z io n i d e ll’i m p i a n t o id r a u lic o è ese­ g u it o a ttra v e rs o u n a le v a s u ll’in t e r o v illa g g io , c h e si a d a tta p e r f e tt a m e n t e a l s is te m a in d ig e n o d e l la v o r o c o lle ttiv o . L ’a z io n e d e l g o v e r n o si s v o lg e a t­ tr a v e rs o g o v e r n a to r i d i d is tr e tto e c a p i d i r e g io n e , d i n o m i n a g o v e r n a tiv a e “ s in d a c i ” e le tti i n o g n i v illa g g io . L e a m m i n is t r a z io n i d i q u e s ti f u n z i o n a r i s o n o p i ù o m e n o e ffic a c i e p a c if ic h e i n p r o p o r z i o n e a l r a n g o d a essi o c c u ­ p a t o n e lla o r g a n iz z a z io n e s o c ia le in d ig e n a . O g n i v illa g g io h a a n c h e d u e a g e n ti d i p o liz ia , c h e f u n g o n o d a b a n d it o r i , d a c o r r ie r i i n o c c a s io n e d i is p e ­ z io n i g o v e r n a tiv e e d a p o r t a t o r i d e l b a g a g lio d e lle in f e r m ie r e d a u n v illa g g io a ll’a ltr o . V i s o n o a n c h e d e i g i u d ic i d i c o n te a . L a c o r te p r in c ip a le è p r e s ie ­ d u t a d a u n g iu d ic e c iv ile a m e r ic a n o e d a u n g iu d ic e in d ig e n o . I l c o d ic e p e ­ n a le è u n a c c o z z o a lq u a n t o c a o tic o d i e d itti g o v e r n a tiv i, n o t e v o li p e r la lo r o to lle r a n z a d e g li u s i lo c a li. Q u a n d o n o n si p u ò p r e n d e r e le g a lm e n te u n a d e ­ c is io n e in b a s e a q u e s to c o d ic e , si r ic o r r e alle le g g i d e llo S ta to d i C a lif o r n ia , lib e r a lm e n t e in te r p r e ta te e r iv e d u te . Q u e s t e c o r ti h a n n o a s s u n to il c o m ­ p i t o d i s is te m a r e le v e r te n z e i n t o r n o a t i t o li i m p o r t a n t i e a d i r it t i d i p r o ­ p r ie t à ; i p r in c ip a l i m o t iv i d i c o n tr o v e r s ie n e lla “ S a la d i G i u s t i z i a ” d i P a g o P a g o s o n o g li stessi c h e t u r b a v a n o i

Fono u n

c e n t in a io d i a n n i fa.

I n m o l t i v illa g g i e s is to n o o r a s c u o le d o v e i b a m b i n i , s e d u t i p e r te r r a a g a m b e in c r o c ia te , i n u n a g r a n d e casa in d ig e n a , i m p a r a n o u n in g le s e m o lt o

APPENDICE III - LA CIVILTÀ SAMOANA COM’È OGGI v a g o d a r a g a z z i c h e n e s a n n o p o c o p i ù d i lo r o . I m p a r a n o a n c h e a c a n ta re a p i ù v o c i, e v i rie s c o n o m o lt o b e n e ; a g io c a re a c r ic k e t e a m o lt i a ltr i g iu o c h i. L e s c u o le s o n o u t i l i i n q u a n t o d i f f o n d o n o e le m e n t a r i p r in c ip i d i ig ie n e e a b b a t t o n o le b a r r ie r e fr a i g r u p p i f o r m a t i s e c o n d o l ’e tà e s e c o n d o il sesso o d e t e r m in a t i d a l lu o g o d i r e s id e n z a . F r a g li a llie v i d e lle s c u o le n e i d i n ­ t o r n i, v e n g o n o s c e lti i p i ù p r o m e t t e n t i, p e r fa r n e in f e r m ie r i, in s e g n a n t i e c a n d id a t i p e r il c o r p o d i m a r in a in d ig e n o , il

Fitafitas,

c h e fo r n is c e g li a g e n ti

d i p o liz ia , g li a d d e t t i a ll’o s p e d a le e g li in te r p r e ti p e r l ’a m m in is t r a z io n e n a ­ v a le . I s a m o a n i te n g o n o m o lt o a c iò c h e d is t in g u e s o c ia lm e n te e p e r c o n ­ s e g u e n z a c o lla b o r a n o v o le n t ie r i c o n u n g o v e r n o n e l q u a le v i è tu t t a u n a g e ­ r a r c h ia d i u f f ic ia li; le ste lle e le r ig h e d e lle s p a llin e si a d a tt a n o b e n e a l lo r o s is te m a d e l r a n g o e n o n c r e a n o a lc u n a c o n f u s io n e . Q u a n d o i l G o v e r n a t o r e v ie n e i n v is ita c o n u n g r u p p o d i u f f ic ia li, il c a p o o r a to r e in d ig e n o serve il k a v a p r im a a l G o v e r n a t o r e , p o i a l c a p o p i ù a lto tr a g li o s p ita n ti, p o i a l c o ­ m a n d a n t e d e ll’A r s e n a le m a r i t t i m o , p o i a l c a p o s e c o n d o p e r im p o r t a n z a , e c o s ì v ia , se n za d if f ic o lt à d i so rta. I n t u t t e le d e s c r iz io n i d e lla v ita s a m o a n a , u n o d e i la t i c h e a v r à c o lp it o p i ù f o r te m e n te il le tto r e sa rà l ’e s tre m a a d a t t a b ilit à d i q u e lla p o p o la z io n e , c o m e la tr o v ia m o a d e s s o . Q u e s t o è il r is u lta to d e lla fu s io n e d e lle v a rie id e e e c r e d e n z e , d e i r it r o v a ti m e c c a n ic i e u r o p e i c o n la v e c c h ia p r im it iv a c iv iltà . E im p o s s ib ile d ir e se si d e v e a u n g e n io in s it o n e lla c u ltu r a s a m o a n a stessa, o a u n a c c id e n te f o r t u n a t o , c h e q u e s ti e le m e n t i s tr a n ie r i si s ia n o a c c lim a ­ t a t i co s ì p r o f o n d a m e n t e e c o s ì a r m o n ic a m e n t e . I n m o lt e p a r ti d e i M a r i d e l S u d , il c o n t a tto c o n la c iv iltà b ia n c a h a p o r t a t o a lla c o m p le ta d e g e n e r a z io n e d e lla v ita in d ig e n a , a lla p e r d it a d e lle in d u s t r ie e d e lle t r a d iz io n i lo c a li, a l­ l ’a n n u lla m e n t o d e l p a s s a to . I n S a m o a n o n è c o sì. I l f a n c iu llo , n e l p e r io d o d e l s u o s v ilu p p o , d e v e a f f r o n ta r e u n d i le m m a m o l t o m e n o g ra v e d i q u e llo c h e si p r e s e n ta a l f a n c i u llo n a t o i n A m e r ic a d a g e n it o r i e u r o p e i. I l s a lto tr a g e n ito r i e fig li n o n è m o lt o se n s ib ile e n o n è p e n o s o ; p r e s e n ta p o c h i d i q u e g li a s p e tti d is g r a z ia ti c h e n o n m a n c a n o m a i i n u n p e r io d o d i tr a n s iz io n e . L a n u o v a c iv iltà , o f f r e n d o n u o v e c a rrie re a i g io v a n i, h a a lq u a n t o a lle g g e r ito il g io g o p a te r n o ; m a in m a s s im a , i f a n c iu lli c r e s c o n o a n c o r a in u n a c o m u n i t à o m o g e n e a c o n u n t i p o u n i f o r m e d i id e a li e d i a s p ir a z io n i. L a t r a n q u illa a d o ­ le s c e n z a a ttu a le d e lle ra g a z z e s a m o a n e , c h e a b b i a m o d e s c ritta , n o n p u ò es­ sere a t t r ib u it a a l p a r t ic o la r e p e r io d o d i t r a n s iz io n e . I l fa tto c h e l ’a d o le ­ s c e n z a p u ò essere u n p e r io d o d i s v ilu p p o c a lm o e n o r m a le c o n s e r v a t u t t o il s u o s ig n ific a to . I n m a n c a n z a d i n u o v i s t im o li e s te rn i, o d i te n ta tiv i p e r m o ­ d if ic a r e le a tt u a li c o n d iz i o n i , la c iv ilt à s a m o a n a p o t r e b b e re sta re c irc a la stessa p e r a ltr i d u e c e n t o a n n i. M a è g iu s to n o t a r e c h e la c iv iltà s a m o a n a , p r im a d e ll’i n f lu e n z a d e i b i a n c h i , e ra m e n o fle s s ib ile e tr a tta v a p i ù d u r a m e n t e g li i n d i v id u i d e v ia ti. L ’a n t ic a S a m o a era p i ù severa c o n la ra g a z z a d e lin q u e n t e d i q u e llo c h e n o n sia la S a m o a d i o g g i. I l le tto r e n o n d e v e p r e n d e r e le c o n d iz io n i c h e a b b i a m o d e s c r itto p e r q u e lle a b o r ig in a li, e n e m m e n o p e r c o n d iz io n i tip ic a m e n t e p r i ­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA m itiv e . L a c iv ilt à s a m o a n a d i o g g i è s e m p lic e m e n te il r is u lta to d e lla f o r t u it a e, i n f o n d o , f o r t u n a t a i r r u z io n e d i u n a c iv ilt à c o m p le s s a e p r e p o t e n t e in u n a c iv iltà in d ig e n a p i ù s e m p lic e e m o lt o o s p ita le . N e i t e m p i a n t ic h i, i l c a p o d i casa av e v a p o t e r i d i v it a e d i m o r te s u o g n i i n d i v i d u o s o tto il s u o te tto . I l s is te m a le g a le a m e r ic a n o e g li in s e g n a m e n t i d e i m is s io n a r i si s o n o u n i t i p e r b a n d ir e e m e tte r e f u o r i le g g e t a li d ir itt i. L ’i n ­ d i v id u o b e n e f ic ia a n c o r a d e lla p r o p r ie t à c o m u n e , d e i d i r it t i c h e h a su tu t t a la te r r a p o s s e d u ta d a lla f a m ig lia , m a n o n s o ffr e p i ù d i u n ’o d io s a tir a n n ia , c h e p o te v a im p o r s i c o n la v io le n z a e a n c h e c o n la m o r t e . L e m a n c a n z e d e lle r a g a z z e c o n t r o la c a s tità e r a n o p u n i t e , u n a v o lta , c o n severe b a t t it u r e e c o l­ l ’u m i li a n t e ta g lio d e i c a p e lli. I m is s io n a r i h a n n o d is s u a s o d a lle p e rc o s s e e d a lla t o n d it u r a , m a n o n h a n n o t r o v a to u n m e z z o a lt r e t t a n t o e ffic a c e p e r i n d u r r e a u n a c o n d o t t a p r u d e n t e . L a ra g a z z a , le c u i a ttiv ità se ssu a li s o n o d e p lo r a t e d a lla fa m ig lia , è i n u n a p o s iz io n e m o lt o m ig lio r e d i q u e lla n e lla q u a le si s a r e b b e tr o v a ta la s u a b is n o n n a . L a m a r i n a h a p r o ib i t o e la c h ie s a h a in t e r d e t t o la c e r im o n ia d e lla d e f lo r a z io n e , c h e c o s titu iv a u n a p a r t e i n ­ s e p a r a b ile d e l m a t r i m o n i o d i u n a r a g a z z a d i r a n g o ; c o s i il p i ù p o te n te i n ­ c e n tiv o a lla v e r g in ità è s ta to a b o lit o . Se a q u e s ti m e t o d i c r u d e li e p r im it iv i, r iv o lti a im p o r r e c o s t u m i p i ù r ig id i, si fo sse s o s tit u ito u n s is te m a r e lig io s o c h e avesse c o n d a n n a t o s e v e r a m e n te la c o lp e v o le d ’i n f r a z io n i sessuali, o u n s is te m a le g a le c h e le avesse f a t t o s u b ir e u n p r o c e s s o e u n a p u n i z i o n e , a l­ lo r a la n u o v a , i b r id a c iv ilt à a v r e b b e p o t u t o c o n t e n e r e serie p o s s ib ilit à d i c o n f lit t o , c o m e c e r ta m e n te v e n e e r a n o n e lla v e c c h ia c iv iltà . Q u e s t o è v a lid o a n c h e p e r la f a c ilità c o n la q u a le i g io v a n i c a m b ia n o d i re s id e n z a . U n a v o lt a p o te v a essere n e c e s s a rio f u g g ir e l o n t a n o p e r e v ita re d i essere b a t t u t i a m o r te ; o r a le g r a v i p e rc o s s e n o n s o n o p i ù a m m e s s e , m a l ’a b i t u d i n e d i s c a p p a r e c o n t in u a a n c o r a . I l v e c c h io s is te m a d o v e v a d a r e m o l t i d is p ia c e r i a i fig li c h e n o n o tte n e v a n o i t i t o li m ig lio r i; o g g i d u e n u o v e p r o fe s s io n i s o n o a p e r te a g li a m b iz io s i, i l m in is t e r o r e lig io s o e il

Fitafitas.

Il

s is te m a d e l t a b ù , s e b b e n e n o n sia s ta to m a i c o s ì r ig o r o s o i n S a m o a c o m e i n a ltre p a r t i d e lla P o lin e s ia , c e r ta m e n te o b b lig a v a la g e n te a c o n d u r r e u n a v ita p i ù r ig u a r d o s a e s o tt o lin e a v a p i ù f o r te m e n te le d if fe r e n z e d i r a n g o . I p o c h i c a m b ia m e n t i e c o n o m ic i c h e s o n o s ta ti i n t r o d o t t i , s o n b a s ta ti a s c o n ­ v o lg e r e le g g e r m e n te i l s is te m a d e l p r e s tig io , c h e e ra b a s a to s u llo s fo g g io e s u lla la r g a d i s t r ib u z io n e d i p r o p r ie t à . O r a è p i ù fa c ile d iv e n t a r r ic c h i, c o l­ t iv a n d o c o p r a , p r e n d e n d o u n i m p ie g o g o v e r n a tiv o , o f a b b r i c a n d o o g g e tti c a r a tte r is tic i d a v e n d e r e a i t u r is ti d e l p ir o s c a f o c h e a p p r o d a n e l l’is o la p r i n ­ c ip a le . M o l t i c a p i t r o v a n o c h e n o n v a i la p e n a d i m a n t e n e r e i l g r a d o c u i h a n n o d ir it t o , q u a n d o t a n t i n u o v i v e n u t i h a n n o la p o s s ib ilit à d i a c q u is ta r e u n p r e s tig io c h e è l o r o n e g a to d a l m e t o d o p i ù le n t o d i a c c u m u la r e la r ic ­ c h e z z a . L ’in t e n s it à d e l l ’a t t a c c a m e n t o a i l u o g h i , c o i r e la tiv i a n t a g o n is m i, g u e r r e , g e lo s ie e c o n f lit t i (n e l c aso d i m a t r i m o n i f r a a b it a n t i d i v illa g g i d i ­ v e rsi) v a d i m i n u e n d o c o l p r o g r e s s o d e i m e z z i d i t r a s p o r to e la c o o p e r a z io n e tr a v illa g g i i n q u e s t io n i s c o la s tic h e e re lig io s e .

APPENDICE III - LA CIVILTÀ SAMOANA COM’È OGGI G l i s t r u m e n t i p e r f e z io n a t i h a n n o p a r z ia lm e n te e lim in a t o la t ir a n n ia d e l m a e s tr o a r tig ia n o . L ’u o m o p o v e r o , m a a m b iz io s o , p u ò a c q u is ta r e u n a casa p e r o s p it i p i ù fa c ilm e n te d i q u a n d o il l u n g o la v o r o s p e c ia liz z a to d o v e v a es­ sere e s e g u ito c o n u te n s ili d i p ie tr a . L ’u s o d i u n p o c o d i d e n a r o e d i s to ffa , c o m p r a t a d a m e r c a n ti, h a lib e r a t o le d o n n e d i u n a p a r t e d e ll’im m e n s a f a ­ tic a d i f a b b r ic a r e s tu o ie e t a p a c o m e v a lu t a d i s c a m b io e u s o d i v e s tia r io . D a l l ’a ltr o la to , l ’is t it u z io n e d e lle s c u o le h a p r iv a t o la ca sa d i u n e s e rc ito d i p ic c o le la v o r a tr ic i, s p e c ia lm e n te d e lle b i m b e c h e t e n e v a n o i p ic c in i, e c o sì le d o n n e a d u lt e s o n o rim a s te le g a te m a g g io r m e n t e a i la v o r i d o m e s t ic i q u o ­ tid ia n i. A l l a p u b e r t à si d a v a a n t ic a m e n t e m o lt a p i ù i m p o r t a n z a d i q u a n t o n o n si fa c c ia o g g i. I t a b ù m e s tr u a li c o n t r o la p a r te c ip a z io n e a lla c e r im o n ia d e l k a v a e a c e r ti la v o r i d i c u c in a , e r a n o s e n titi e im p o s t i. L ’in g r e s s o d i u n a ra g a z z a n e l l ’Aualuma era s e m p r e , e n o n s o lo c a s u a lm e n te s o le n n iz z a t o c o n u n a festa. L e ra g a z z e n o n s p o s a te e le v e d o v e d o r m iv a n o , a lm e n o u n a p a r t e d e l t e m p o , i n casa d e lla

taupo-, e

la

taupo stessa

av e v a u n a v ita m o l t o p i ù d i f f i ­

c ile . O g g i d e v e p e s ta re la r a d i c i d e l k a v a , m a a i t e m p i d i s u a m a d r e , b i s o ­ g n a v a m a s tic a r la f in c h é le m a s c e lle d o le v a n o d a l l ’in t e r m in a b i le la v o r io . U n a v o lta , se a l m o m e n t o d e l m a t r i m o n i o si s c o p r iv a c h e aveva t r a d it o la c a s tità , c o r re v a i l r is c h io d i esser b a t t u t a a m o r t e . I l r a g a z z o a d o le s c e n te d o v e v a a ffr o n ta r e il ta tu a g g io , u n ’o p e r a z io n e n o io s a e d o lo r o s a , a g g r a v a ta d a c e r im o n ie d i g r u p p o e t a b ù . A t t u a lm e n t e , a p p e n a la m e t à d e i g io v a n i s o n o ta tu a ti; il ta tu a g g io v ie n e e s e g u ito a d u n ’e tà m o lt o p i ù a v a n z a ta e n o n h a n e s s u n r a p p o r t o c o lla p u b e r t à ; le c e r im o n ie n o n e s is to n o p i ù e t u t t o si r id u c e a p a g a r e l ’a rtista . L e v e n d e tte d i s a n g u e e le v io le n z e p e r s o n a li s o n o sta te p r o ib it e e q u e s to è s ta to c o m e il lie v ito d i u n a p i ù g r a n d e lib e r t à p e r s o n a le . D a t o c h e m o l t i d e i r e a ti c h e v e n iv a n o p u n i t i i n q u e l m o d o n o n s o n o p i ù c o n s id e r a ti re a ti d a lle n u o v e a u to r ità , n e s s u n a n u o v a p u n i z i o n e è s ta ta e s c o g ita ta p e r l ’u o m o c h e s p o s a la m o g lie d iv o r z ia ta d i u n u o m o d i r a n g o p i ù e le v a to ; p e r il m i ­ s e r a b ile c h e fa p e tte g o le z z i f u o r i d e l s u o v illa g g io e n e d a n n e g g ia c o s ì la r e ­ p u t a z io n e ; p e r l ’in s o le n te d e tr a tto r e c h e d e c la m a la g e n e a lo g ia d i u n a ltr o , o p e r i l r a g a z z a c c io c h e to g lie le p a g lie d a lle n o c i d i c o c c o b u c a t e e d e s p o n e c o s ì i v is it a to r i a d u n in s u lt o m o r ta le . I l s a m o a n o n o n è p o r t a t o a c o m m e t ­ te re m o l t i d e i r e a ti e le n c a ti d a l n o s t r o c o d ic e . Se r u b a , è m u lt a t o d a l g o ­ v e r n o c o m e p r im a era m u lt a t o d a l v illa g g io ; m a è m o l t o r a r o c h e v e n g a in c o n f lit t o c o n le a u t o r it à c e n tr a li. E t r o p p o a v v e z z o a i t a b ù p e r p r e o c c u ­ p a r s i d i u n a q u a r a n t in a d i d iv ie ti c h e si p r e s e n ta n o s o tto la stessa f o r m a ; è t r o p p o a v v e z z o a lle p re te s e d e i s u o i p a r e n t i p e r r is e n tir s i d e lle m o d e s te tasse c h e i l g o v e r n o g li c h ie d e . A n c h e la se v e rità c h e i n p a s s a to g li a d u lt i m o s tr a v a n o ve rso la p r e c o c ità , si è a n d a ta a t t e n u a n d o , p o ic h é c iò c h e è u n p e c c a to i n casa, è u n a v ir t ù a s c u o la . L e n u o v e in f lu e n z e h a n n o t o lt o le a r m i p i ù c r u d e li a lla v e c c h ia c iv iltà . I l c a n n ib a lis m o , la g u e r r a , la v e n d e tta d i s a n g u e , il p o te r e d i v ita e d i m o r t e

L’ADOLESCENZA IN SAMOA del

mataì,

la p u n i z i o n e d i u n u o m o c h e avesse tr a s g r e d ito a u n e d itt o d e l

v illa g g io , in f lit t a c o l b r u c ia r e la s u a casa, ta g lia r e i s u o i a lb e r i, u c c id e r e i s u o i m a ia li e b a n d ir e la s u a f a m ig lia , la c r u d e le c e r im o n ia d e lla d e f lo r a z io n e , l ’u s o d i d e v a s ta re le p ia n t a g i o n i r e c a n d o s i a u n fu n e r a le , le p e r d it e e n o r m i d i v ite c a u s a te d a i l u n g h i v ia g g i i n p ic c o le c a n o e , lo s c o n t e n t o p r o d o t t o d a m a la t t ie m o l t o d if fu s e , s o n o t u t t e c o se c h e n o n e s is to n o p iù . E p e r il m o ­ m e n t o n o n s o n o a p p a r s e n u o v e c a u s e d i s o ffe r e n z e a s o s titu ir le . L a i n s t a b il it à e c o n o m ic a , la p o v e r t à , i l s is te m a d e i s a la ri, i l la v o r a t o r e c h e n o n è p a d r o n e d e lla s u a te r r a e d e i s u o i u te n s ili, la g u e r r a m o d e r n a , le m a la t t ie i n d u s t r ia li, l ’a b o li z i o n e d e l r ip o s o , i f a s t id i d i u n g o v e r n o b u r o ­ c r a tic o n o n h a n n o a n c o r a in v a s o u n ’is o la c h e n o n h a ris o rs e m e r ite v o li d i essere s fr u tta te . E d a n c h e d a i m a li p i ù s o tt ili c h e a c c o m p a g n a n o la c iv iltà s o n o i m m u n i g li in d i g e n i s a m o a n i, c io è d a lle n e u r o s i, d a lle p e r p le s s ità f i ­ lo s o f ic h e , d a lle tr a g e d ie d e l l ’i n d i v id u o , d o v u t e a u n a m a g g io r e c o s c ie n z a d e lla p e r s o n a lit à e a u n m a g g io r e a c c e n tr a m e n to d e l s e n tim e n to d e l sesso. I s a m o a n i h a n n o p r e s o d a lla n o s tr a c iv iltà s o lo q u e lle p a r t i c h e h a n n o reso la lo r o v ita p i ù c o n f o r te v o le , la lo r o c iv iltà p i ù fle s s ib ile ; il c o n c e t to d e lla m is e r ic o r d ia d iv in a se n z a la d o t t r in a d e l p e c c a to o r ig in a le .

Appendice IV - Disturbi e malattie mentali

P r i m a d i q u a ls ia s i p r e p a r a z io n e p e r la d ia g n o s i d e i m a la t i d i m e n te e d i q u a ls ia s i a p p a r a t o p e r u n a d ia g n o s i esa tta d e i d e f ic ie n t i m e n t a li, p o s s o so lo re g is tra re u n c e r to n u m e r o d i o s s e r v a z io n i fa tte a lla b u o n a , c h e p o s s o n o in te re s s a re lo s p e c ia lis ta , il q u a le v o lesse c o n o s c e r e le p o s s ib ilit à d i s tu d ia r e la p a t o lo g ia d e i p o p o l i p r im it iv i. N e l l ’A r c ip e la g o d i M a n u ’a c o n u n a p o ­ p o la z io n e d i p o c o p i ù c h e d u e m ila p e r s o n e , h o v e d u t o u n c a so c h e si p o ­ te v a c la ss ific a re c o m e i d io z ia , u n im b e c ille , u n r a g a z z o d i q u a t t o r d ic i a n n i c h e a p p a r iv a d e b o le d i m e n t e e fo lle a l t e m p o stesso, u n u o m o tr e n t e n n e c h e m o s tr a v a p a le s e m e n te d i essere a ffe tto d a m e g a lo m a n ia e u n in v e r tit o sessuale, c h e si a v v ic in a v a a i c a r a tte r i d e l sesso o p p o s t o n e llo s v ilu p p o esa­ g e r a to d e lle m a m m e lle , n e lla a ffe tta z io n e e n e i m o d i f e m m i n i l i e n e lla p r e ­ fe r e n z a p e r le a ttiv ità d e lle d o n n e . I l b a m b in o i d i o t a e ra u n o d i sette f r a ­ te lli; av e v a u n f r a te llo m i n p r e c h e c a m m in a v a g ià d a p i ù d i u n a n n o e la m a d r e d ic e v a c h e tr a i d u e c ó r r e v a n o d u e a n n i. L e su e g a m b e e r a n o r a t t r a p ­ p ite e a v v iz z ite , a v ev a u n v e n tr e e n o r m e e u n a g r a n te s ta s p r o f o n d a ta tr a le sp a lle . N o n p o te v a n é c a m m in a r e n é p a r la r e , s b a v a v a c o n t in u a m e n t e e n o n c o n t r o lla v a a ffa tto le s u e e s c re z io n i. L a r a g a z z a i m b e c ille a b ita v a u n ’a ltra is o la e n o n e b b i o c c a s io n e d i o ss e rv a rla a lu n g o . A v e v a p a s s a ta la p u b e r t à d a u n o o d u e a n n i e d era i n c i n t a q u a n d o la v id i. S a p e v a p a r la r e e d e s e g u ire i s e m p lic i la v o r i c h e si a f f id a n o a b a m b in i d i c in q u e o sei a n n i. N o n si r e n ­ d e v a b e n c o n t o d e lle su e c o n d iz i o n i e r id a c c h ia v a o fissa v a lo s g u a r d o n e l v u o t o q u a n d o se n e p a r la v a . I l r a g a z z o d i q u a t t o r d i c i a n n i e ra c o m p ie ta m e n t e f o lle q u a n d o l o v id i e p r e s e n ta v a t u t t i i s in t o m i d e lla d e m e n z a p r e ­ c o c e c a ta to n ic a . S o lo a tr a t t i p r e n d e v a q u e g li a tte g g ia m e n ti in e r e n ti a l s u o m a le e d iv e n iv a v io le n t o e in tr a tta b ile . I p a r e n t i c o n t in u a v a n o a d ir e c h e e ra s e m p r e s ta to s t u p i d o e s o lt a n t o i n u l t i m o e r a d i v e n u t o d e m e n te , m a p e r q u e s to d e v o r im e t t e r m i a lla lo r o p a r o la g ia c c h é n o n o ss e rv a i il r a g a z z o c h e p e r p o c h i g io r n i. I n n e s s u n o d i q u e s ti tr e casi d i d e f in ita d e fic ie n z a m e n ­ ta le v i e ra q u a lc o s a c h e , n e lla sto r ia d e lla fa m ig lia , p o te s s e fo r n ir e u n a s p ie ­ g a z io n e . F r a le ra g a z z e d a m e s tu d ia te , s o lta n to S a la , d i c u i si p a r la n e l C a ­ p i t o l o X I , era a b b a s ta n z a in f e r io r e a lla m e d ia n o r m a le d i in te llig e n z a p e r p o te r la r ite n e r e d e fic ie n te . L ’u o m o c o n la m e g a lo m a n ia s is te m a tiz z a ta av e v a , d ic e v a n o , c irc a trent ’a n n i. A lt o , m a g r o , n e d im o s tr a v a m o lt i d i p i ù . E g li c re d e v a d i essere Tufe le , l ’a lto c a p o d i u n ’a ltr a is o la e g o v e r n a to r e d e ll’in t e r o a r c ip e la g o . G l ’i n ­ d ig e n i c o s p ir a v a n o c o n t r o d i l u i p e r p r iv a r lo d e l s u o r a n g o e m e tte r e a l s u o p o s t o u n u s u r p a to r e . E r a u n m e m b r o d e lla f a m ig lia d i T u fe le , m a m o l t o a lla lo n t a n a , c o s ì la s u a illu s io n e era d e l t u t t o f u o r i d e lla r e a ltà , p o ic h é n o n p o ­

L’ADOLESCENZA IN SAMOA te v a m a i sp e ra re d i s u c c e d e r e a l t ito lo . G l i in d ig e n i, e g li d ic e v a , g li r if iu t a ­ v a n o il c ib o , lo s c h e r n iv a n o , n o n r ic o n o s c e v a n o i s u o i d ir itt i, fa c e v a n o d i t u t t o p e r r o v in a r lo , m e n t r e v i era q u a lc h e b ia n c o a b b a s ta n z a s a g g io p e r r i­ c o n o s c e r e il s u o r a n g o . ( G l i in d i g e n i a v v e r tiv a n o i v is it a to r i d i p a r la r g li n e l lin g u a g g io d e l c a p o , p e r c h é s o lta n to r ic h ie s to i n ta l m o d o c o n s e n tiv a a d a n ­ zare ; u n a s tr a n a , p a t e t ic a v e r s io n e d e llo s tile c o n v e n z io n a le ) . N o n a v ev a s c o p p i d i v io le n z a ; era triste , c h iu s o , c a p a c e d i la v o r a r e s o lo i n d a ti m o m e n t i e m a i d i c o m p ie r e u n la v o r o p e s a n te o d i c o n s e g u ir e f i n o i n f o n d o q u a l ­ c o sa d i c o m p lic a t o . E r a tr a tta to c o n g e n e ra le b o n t à e to lle r a n z a d a p a r e n t i e d a m ic i. D a i n f o r m a t o r i s e p p i d i q u a t t r o casi i n T u t u ila c h e m i p a r v e d i p o t e r i n ­ te r p r e ta r e c o m e l o s ta d io m a n ia c a le d i u n a d e p r e s s io n e . T u tti e q u a t t r o q u e s ti i n d i v i d u i e r a n o s ta ti v io le n te m e n te d is t r u t t iv i e d in c o n t r o l l a b ili p e r u n c e r to p e r io d o d i te m p o , m a d o p o a v e v a n o r ip r e s o , a d e tta d e g li in d ig e n i, le lo r o f u n z i o n i n o r m a li. D i u n a v e c c h ia , c h e era m o r t a d ie c i a n n i p r im a , si d ic e v a c h e si s e n tiv a c o s tr e tta a u b b i d i r e a t u t t o c iò c h e le v e n iv a c o m a n ­ d a to . A T a u v i era u n r a g a z z o e p ile ttic o c h e fa c e v a p a r te d i u n a f a m ig lia n o r ­ m a le d i o t t o fig li. C a d d e d a u n a lb e r o d u r a n t e u n a c ris i e m o r i p e r fr a t tu r a c r a n ic a p o c o d o p o i l m i o a r r iv o a M a n u ’a. U n a b a m b i n a d i d ie c i a n n i, p a r a ­ liz z a t a d a lla v ita i n g iù , si d ic e v a c h e fosse s ta ta v it t im a d i u n a d o s e ec ces­ siv a d i s a lv a rs a n e c h e fo sse sta ta n o r m a le f in o a i c in q u e o sei a n n i. S o lo d u e in d i v id u i , u n a d o n n a m a r ita ta d i c irc a t r e n t ’a n n i e u n a ra g a z z a d i d ic ia n n o v e , d e lle q u a li si è p a r la t o n e l C a p i t o lo X I , m o s tr a v a n o u n a p r e ­ c isa c o s titu z io n e n e v r a s te n ic a . L a d o n n a era ste rile e p a s s a v a m o l t o d e l s u o t e m p o a s p ie g a r e c h e la s u a s te r ilità d ip e n d e v a d a l n o n essere s ta ta s o t t o ­ p o s t a a u n a c e rta o p e r a z io n e . D a d u e a n n i v i e ra u n e c c e lle n te c h ir u r g o n e l l ’o s p e d a le s a m o a n o , e q u e s to av e v a m o lt o a u m e n t a t o i l p r e s tig io d e lle o p e r a z io n i. A T u tu ila , v ic in o a lla S ta z io n e M a r it t im a , in c o n t r a i m o lt e d o n n e d i m e z z a e tà o s s e s s io n a te d a o p e r a z io n i c h e a v e v a n o s u b it o o d o v e v a n o s u b ir e . E im p o s s ib ile d ir e se q u e s to e n tu s ia s m o p e r la c h ir u r g ia m o d e r n a a b b i a a u m e n t a t o il n u m e r o d e lle a p p a r e n t i n e v r a s te n ie , d a n d o l o r o u n m o ­ t iv o p r e c is o , o p p u r e n o . Q u a n t o a m a n if e s t a z io n i is te r ic h e , n e in c o n t r a i u n a s o la , i n u n a ra g a z z a d i q u a t t o r d ic i o q u i n d i c i a n n i, c o n u n b r u t t o tic a l la t o d e s tro d e l v is o . L a v id i p e r p o c h i m i n u t i, d u r a n t e u n v ia g g io e n o n p o t e i fa r e a lc u n a in d a g in e i n p r o p o s it o . N o n v id i, n é s e n tii p a r la r e d i a lc u n ca so d i c e c ità o s o r d it à is te ­ r ic a , n é d i a lc u n a a n e ste s ia o p a r a lis i. N o n v id i a lc u n c aso d i c r e tin is m o . V i e r a n o a lc u n i b i m b i c ie c h i d a lla n a ­ scita. L a c e c ità , d o v u t a a i m e t o d i e s t r e m a m e n te v io le n t i d e g li in d ig e n i p e r la c u r a d e lla “ c o n g iu n t iv it e s a m o a n a ” , è c o m u n e . L a p a t o lo g ia c h e v ie n e im m e d ia t a m e n t e n o t a t a d a c h i si r e c h i i n u n v il ­ la g g io s a m o a n o , è d o v u t a p e r m a s s im a p a r te a m a la t t ie d e g li o c c h i, e le f a n ­ tia s i, ascessi e p ia g h e d i v a r io g e n e re ; m a le s tig m a te d e lla d e g e n e r a z io n e m a n c a n o q u a s i c o m p le ta m e n te .

APPENDICE IV - DISTURBI E MALATTIE MENTALI V i e ra u n a a lb in a , u n a f a n c iu lla d i d ie c i a n n i. N e s s u n c aso d i a lb in is m o si r ic o r d a v a n e lla s to r ia d e lla f a m ig lia , m a u n o d e i s u o i g e n ito r i, o r a d e f u n t o , v e n iv a d a u n ’a ltr a is o la e p e r c iò n o n si a v e v a n o e le m e n t i c o n c lu s iv i.

Appendice V - Materiali su cui si basa l’analisi

L o s t u d io h a c o in v o lt o 6 8 b a m b in e e r a g a zze fr a g li o tto - n o v e a n n i e i d ic ia n n o v e - v e n ti a n n i, t u t t e q u e lle d i q u e s ta fa sc ia d ’e tà n e i tr e v illa g g i d i F a le a s a o , L u m a e S iu fa g a , i tr e v illa g g i p o s ti s u lla c o s ta o c c id e n t a le d e l l’i ­ s o la d i T a u , n e l l’a r c ip e la g o d i M a n u ’a d e lle is o le S a m o a . D a t a l ’i m p o s s ib ilit à d i o tte n e r e d a te d i n a s c ita p r e c is e , sa lv o p o c h is s im i casi, le e tà si d e v o n o c o n s id e r a r e a p p r o s s im a te s u lla b a s e d e lle p o c h e e tà n o t e e d e lla te s t im o n ia n z a d e i f a m ilia r i c irc a le e tà re la tiv e . A i f i n i d e lla d e ­ s c r iz io n e e a n a lis i h o s u d d iv is o g r o s s o la n a m e n te i s o g g e tti i n tre g r u p p i: 1) le b a m b in e c h e n o n p r e s e n ta v a n o a lc u n s e g n o m a m m a r i o d i p u b e r t à , 2 8 i n t u t t o , d i e tà c o m p r e s a fr a 8-9 a n n i e 12-13; 2 ) q u e lle c h e a v r e b b e r o r a g g iu n t o la p u b e r t à e n tr o u n a n n o - u n a n n o e m e z z o , 14 i n t u t t o , d i e tà c o m p r e s a fr a i 12-13 e i 14-15 a n n i; 3 ) le ra g a z z e g ià p u b e r i m a n o n a n c o r a c o n s id e r a te a d u lt e d a lla c o m u ­ n i t à , 2 5 i n t u t t o , f r a i 14-15 e i 19-20 a n n i. Q u e s t i d u e u l t i m i g r u p p i , p i ù 11 tr a le p i ù p ic c o le , s o n o s ta ti s t u d ia t i in d e t t a g lio , p e r u n to ta le d i 5 0 . L e r e s ta n ti 14 b a m b i n e d e l p r im o g r u p p o n o n s o n o state e s a m in a te in d iv id u a lm e n t e , m a h a n n o f o r m a t o u n g r u p p o d i r if e r im e n to p i ù v a s to p e r s tu d ia r e i l g io c o , la v it a d i b a n d a , l ’in s o r g e r e d e lla s e p a r a z io n e tr a fr a te lli e s o re lle , l ’a tte g g ia m e n to fr a i sessi, la d i f f e ­ r e n z a d i in te r e s s i e a t t iv it à r is p e tto a lle b a m b in e p r o s s im e a lla p u b e r t à . H a n n o o f fe r to in o lt r e a b b o n d a n t e m a te r ia le p e r lo s t u d io d e ll’e d u c a z io n e e d e lla d is c ip lin a i n casa. L e d u e ta v o le s e g u e n ti p r e s e n ta n o i n f o r m a s o m m a r ia i p r in c ip a l i d a t i s ta tis tic i r a c c o lti c irc a le ra g a z z e s tu d ia te p i ù d a v ic in o : o r d in e d i n a s c ita , n u m e r o d i f r a te lli e s o re lle , m o r t e , d iv o r z io o s e c o n d o m a t r i m o n i o d e i g e ­ n i t o r i , r e s id e n z a d e lla ra g a z z a , t i p o d i f a m ig lia in c u i v iv e , se è fig lia d e l c a ­ p o f a m ig lia o n o . L a s e c o n d a ta v o la r ig u a r d a s o lo le 2 5 ra g a z z e g ià p u b e r i: te m p o tr a s c o r s o d a lla - p r im a m e s t r u a z io n e , in t e n s it à e lo c a liz z a z io n e d e i d o lo r i m e s tr u a li, p r e s e n z a o ass e n za d i m a s t u r b a z io n e , e s p e rie n z e o m o s e s s u a li e d e te ro se s­ s u a li, i n f in e i l d a t o m o l t o p e r tin e n te d e lla r e s id e n z a o m e n o p r e s s o la casa d e l p a s to r e . U n e s a m e d e lle a n a lis i s o m m a r ie a b b in a t e a q u e s te ta v o le m o s tr a c h e le 5 0 ra g a z z e p r e s e n ta n o u n v e n ta g lio p iu t t o s t o a m p i o d i o r g a n iz z a z io n e f a ­ m ilia r e , o r d in e d i n a s c ita e r e la z io n e c o i g e n ito r i. I l g r u p p o si p u ò a b u o n d ir it t o r ite n e r e r a p p r e s e n t a tiv o d e i v a r i t i p i d i a m b ie n te , p e r s o n a le e so cia le , c h e si i n c o n t r a n o n e lla c iv iltà s a m o a n a .

L’ADOLESCENZA IN SAMOA

D is t r i b u z i o n e d e l g r u p p o d i a d o l e s c e n t i RISPETTO ALLA PRIMA MESTRUAZIONE M e n o d i sei m e s i

6

M eno d i un anno

3

M eno di due anni

5

M e n o d i tr e a n n i

7

M e n o d i q u a ttro a n n i

3

M e n o d i c in q u e a n n i T o ta le

S c h e d a -tip o

1 25

d i r e g ist r a z io n e

N u m e r o d e lla f a m ig lia - N u m e r o d e lla r a g a z z a - N o m e - E t à (s tim a ta ) M a t a i - R a n g o - P a d r e - R a n g o - R e s id e n z a d e l p a d r e - M a d r e - R e s i­ d e n z a d e lla m a d r e - U n o d e i g e n ito r i è g ià s ta to s p o s a to ? - S ta tu s e c o n o ­ m i c o d e lla f a m ig lia - A p p a r t e n e n z a a lla c h ie s a d i p a d r e , m a d r e , tu to r e M e s t r u a t a ? - D a t a d e l m e n a r c a - D o l o r i - R e g o la r it à - S v il u p p o fis ic o sti­ m a t o - C la s s e sc o la s tic a : s c u o la p u b b l i c a ? S c u o la d e l p a s to r e ? - C o n o ­ s c e n z a d e l l ’in g le s e ? - E s p e r ie n z a f u o r i d a l l ’is o la - D i f e t t i fis ic i - O r d i n e d i n a s c ita - M i g l i o r i a m ic h e ( n e ll’o r d in e )

Punteggio nei test

A t t e g g ia m e n t i r e lig io s i

D e n o m i n a z i o n e d i c o lo r i M e m o r ia d i c ifre C if r a r io O p p o s ti In te r p r e t a z io n e d i i m m a g in i P a lla n e l c a m p o

Giudizi sulle persone del villaggio

P e r s o n a lit à

L a r a g a z z a p i ù b e lla I l r a g a z z o p i ù b e llo L ’u o m o p i ù s a g g io L a d o n n a p iù brav a

A t t e g g ia m e n t o v e rso la f a m ig lia

I l r a g a z z o p e g g io r e L a r a g a z z a p e g g io r e I l r a g a z z o m ig lio r e L a r a g a z z a m ig lio r e

A t t e g g ia m e n t o v e rs o i c o e ta n e i

APPENDICE V - MATERIALI SU CUI SI BASA L’ANALISI

Tavola I

- L a ta v o la r ip o r ta : t e m p o tr a s c o r s o d a l m e n a r c a , p e r io d ic it à e

d o lo r o s it à d e lle m e s t r u a z io n i, m a s t u r b a z io n e , e s p e r ie n z e o m o s e s s u a li e d e te ro s e s s u a li, e v e n tu a le r e s id e n z a p re s s o il p a s to r e . liz z a t i s o lo in q u e lla sed e.

lo c a ­

For­

c o s ì d e f in it i d a lla ra g a z z a , m a i c o s ì g r a v i d a im p e d ir le d i la v o ra re .

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