La storia di Greta. Non sei troppo piccolo per fare cose grandi. La biografia non ufficiale di Greta Thunberg 9788851173562

La biografia non ufficiale di Greta Thunberg.Per essere una mattina di fine estate a Stoccolma, il 20 agosto 2018 fa inc

623 128 2MB

Italian Pages 59 Year 2019

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

La storia di Greta. Non sei troppo piccolo per fare cose grandi. La biografia non ufficiale di Greta Thunberg
 9788851173562

Table of contents :
Indice......Page 4
Frontespizio......Page 2
Introduzione......Page 5
Capitolo 1......Page 6
Capitolo 2......Page 12
Capitolo 3......Page 22
Capitolo 4......Page 24
Capitolo 5......Page 28
Capitolo 6......Page 31
Capitolo 7......Page 35
Capitolo 8......Page 40
Capitolo 9......Page 44
Il riscaldamento globale spiegato ai bambini......Page 46
Che cosa possiamo fare?......Page 48
Glossario......Page 50
Cronologia......Page 54
Fonti......Page 56

Citation preview

LA STORIA DI GRETA NON SEI TROPPO PICCOLO PER FARE COSE GRANDI

© 2019 DeA Planeta Libri s.r.l. Redazione: Via Inverigo, 2 – 20151 Milano Testi: Valentina Camerini Illustrazioni: Veronica“Veci” Carratello Prima edizione ebook: maggio 2019 ISBN 978-88-511-7356-2 www.deagostini.it www.deaplanetalibri.it @DeAPlanetaLibri @DeAPlanetaLibri @DeAPlanetaLibri @De Agostini - Libri per Ragazzi Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il frutto dell'immaginazione dell'autore o sono usati in chiave fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone realmente esistite, fatti o località reali è puramente casuale. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma o con alcun mezzo elettronico, meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, senza autorizzazione scritta dell’Editore. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org

Indice Introduzione Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Il riscaldamento globale spiegato ai bambini Che cosa possiamo fare? Glossario Cronologia Fonti

GRETA THUNBERG ha quindici anni e un’idea: bisogna cambiare le cose per proteggere l’ambiente. In pochi mesi è riuscita a coinvolgere nell’impresa milioni di persone, portando l’attenzione di tutti – delle persone comuni e dei più potenti – sulla salute del nostro pianeta. Con il suo coraggio e la sua determinazione, Greta ha dimostrato che ciascuno di noi può davvero fare qualcosa di concreto per affrontare anche i problemi più difficili. O, come ha detto lei stessa: «Non si è mai troppo piccoli per fare la differenza».

1 Era una mattina di agosto, a Stoccolma, quando Greta Thunberg decise che non si poteva più ignorare la situazione del pianeta: i cambiamenti climatici erano sempre più preoccupanti, eppure sembrava che nessuno prendesse sul serio il problema. Nei parlamenti di tutto il mondo centinaia di politici sedevano con aria seria per discutere di infinite questioni, senza però mai preoccuparsi della salute della Terra. Era arrivato il momento che qualcuno ricordasse loro quanto fosse urgente intervenire per proteggere l’ambiente – e con esso il futuro dei ragazzi – prima che fosse troppo tardi. Il resto poteva aspettare. Così, quel giorno Greta legò i lunghi capelli in due trecce, indossò una felpa blu, una camicetta a quadretti e uscì dalla casa dove viveva con i genitori; un cartello di legno sottobraccio. Sopra, a mano, c’era scritto SKOLSTREJK FÖR KLIMATET, “sciopero da scuola per il clima”. Aveva preparato anche dei volantini da distribuire, con riportati sopra alcuni fatti molto importanti sul cambiamento climatico che, a suo parere, tutti avrebbero dovuto sapere. Greta, come tutti i ragazzi svedesi della sua età, quel giorno sarebbe dovuta andare a scuola. In Svezia ad agosto le vacanze sono finite e le lezioni ricominciano. Invece, salì sulla sua bicicletta e pedalò fino al Parlamento, in uno dei quartieri più centrali della città. Il Parlamento svedese si trova in un bel palazzo dall’aria severa, grande e imponente, che occupa un’isoletta dal nome complicato, al centro della città: Helgeandsholmen. Che sia su un’isola non deve sorprendere, perché Stoccolma è una citta costruita su migliaia di isole, alcune minuscole e altre così grandi che a passarci sopra uno penserebbe di essere sulla terraferma. Il Riksdag, come lo chiamano gli svedesi, è il luogo dove siedono i parlamentari eletti dal popolo per discutere dei problemi del Paese e promulgare le leggi necessarie per affrontarli e risolverli, ossia coloro che avrebbe potuto davvero fare la differenza. Se non si erano accorti

dell’urgenza di fermare il riscaldamento globale, ci avrebbe pensato Greta a ricordarglielo. Ovviamente ciascuno di noi, nelle scelte quotidiane, può impegnarsi a combattere l’inquinamento e gli sprechi, cercando di ridurre il più possibile il proprio impatto sulla salute del pianeta. Ma questo, purtroppo, non è sufficiente. La buona volontà dei singoli non è abbastanza. Davanti a una questione tanto complessa, era necessario cambiare le regole e pensare nuove leggi per proteggere l’ambiente. Nessuno poteva farlo, se non gli uomini e le donne seduti al Parlamento. Ecco perché Greta quella mattina si era diretta proprio lì. Quel giorno – era il 20 agosto 2018 – Greta cominciò lo sciopero della scuola. Spiegò così le sue ragioni: «I ragazzi non fanno ciò che gli si dice, seguono l’esempio». Poiché agli adulti sembrava non importare nulla del futuro, lei era pronta a darsi da fare. Non sarebbe più andata a scuola. Era in sciopero, come fanno spesso “i grandi” quando protestano per le proprie ragioni: invece di andare al lavoro si danno appuntamento in piazza e per le strade, portando con sé cartelli e striscioni. Solo che Greta era sola e protestava per il bene di tutti quanti. I passanti guardavano la ragazza con il cartello, incuriositi, forse domandandosi chi fosse e che cosa stesse facendo. Restò lì seduta per tutte le ore che normalmente avrebbe passato in classe, dalle 8:30 del mattino alle 3 del pomeriggio. Il primo giorno trascorse tutto quel tempo da sola, e nessun parlamentare fece caso a lei. Ma Greta non si lasciò scoraggiare. La mattina dopo si alzò di buon’ora, si vestì, inforcò la bicicletta e tornò davanti al parlamento, portando ancora con sé il cartello. Lo sciopero continuava. Durante quel secondo giorno di protesta, però, accadde qualcosa di incredibile: alcuni passanti, invece di lanciarle un’occhiata curiosa e tirare dritto, decisero di fermarsi. Greta non era più sola, al suo fianco c’erano altri ragazzi e ragazze. Al terzo giorno si era radunato un bel gruppetto di persone sedute a terra. Per lo più giovani ma anche una mamma con un bimbo piccolo nel

passeggino, una signora con i capelli bianchi, uno studente che aveva portato con sé un libro da leggere. I manifestanti chiacchieravano tra loro, il clima di quella fine estate svedese era ancora assolato.

Al sesto giorno di sciopero, Greta cominciò a suggerire a tutti di parlare della protesta anche sui social network, di condividere foto e informazioni. Così, anche chi proprio non poteva raggiungere i manifestanti avrebbe avuto la possibilità di mostrare il proprio supporto con un messaggio, un like, una condivisione. La notizia di quel che stava accadendo si diffuse. Ovviamente anche Greta faceva la sua parte: scattava quotidianamente foto dello skolstrejk, lo sciopero della scuola, tenendo un diario su Instagram. Amici, compagni di scuola e conoscenti cominciarono a chiedere informazioni: a che ora ti troviamo, possiamo venire anche noi? Per Greta, chiunque era benvenuto. Sempre più persone si sedevano al suo fianco davanti al parlamento, in sciopero, decidendo di arrivare più tardi al lavoro o a scuola, di saltare la colazione al bar o di non fare la spesa. Giorno dopo giorno, accanto a Greta il gruppo di cittadini decisi a seguire il suo esempio e ascoltare le sue parole, convinti che avesse assolutamente ragione, cresceva. Bisognava intervenire per salvare il pianeta, al più presto e senza indugio.

I parlamentari passavano davanti a Greta, diretti verso i loro uffici al Riksdag. Anche se la maggior parte di loro continuava a ignorarla, qualcuno si fermava per complimentarsi e dirle che stava facendo un ottimo lavoro. In città si cominciò a raccontare la storia di Greta, la quindicenne con le trecce. Arrivavano i primi giornalisti, curiosi, persone che desideravano mostrare la propria solidarietà. Vennero sempre più mamme con i loro bambini, nonni e tantissimi ragazzi. Qualcuno portava a Greta qualcosa da mangiare e da bere. Dopo nove giorni la protesta continuava, ma i manifestanti furono costretti a spostarsi a Mynttorget, una bella piazza sull’isola di Gamla Stan, nel centro storico della città. Non era troppo lontana dal parlamento, quindi andava bene. Greta voleva manifestare, non violare la legge. Intanto, il mondo era sempre più incuriosito da quel che stava accadendo a Stoccolma e un importante giornale inglese decise di raccontare la storia di Greta. Lo storico The Guardian aveva pubblicato online un articolo dedicato proprio al skolstrejk för klimatet. Il titolo annunciava: The Swedish 15-yearold who’s cutting class to fight the climate crisis. Furono molti a leggere sui giornali dello sciopero per il clima e a pensare che l’idea fosse buona. Svedesi che vivevano in altre città grandi e piccole, da un capo all’altro della Svezia, ascoltarono l’appello di Greta e organizzarono la stessa manifestazione. A Linköping, una cittadina nel sud del Paese, un gruppo di persone si radunò in centro, sul bordo di una fontana, con un cartello identico a quello di Greta. Da Roma arrivò la fotografia di una bicicletta; appoggiato ai pedali, un cartello diceva: GRAZIE, GRETA! ANCHE NOI SIAMO CON TE. Sin da quella mattina di agosto in cui per la prima volta uscì di casa diretta al Parlamento, Greta aveva in testa un obiettivo chiaro: avrebbe scioperato fino al 7 settembre, giorno in cui si sarebbero svolte le elezioni e i cittadini svedesi avrebbero votato i loro rappresentanti, gli uomini e le donne che si sarebbero seduti nel Parlamento. Poiché in tanti sembravano supportare l’iniziativa, sembrò una buona idea far sapere a più persone possibili dello sciopero per il clima. Vennero

distribuiti volantini per invitare tutti a partecipare all’ultimo giorno della manifestazione. Sopra c’era scritto:

SCIOPERO PER IL CLIMA! DOVE? A MYNTTORGET! QUANDO? VENERDI' 7 SETTEMBRE! DALLE 8:00 ALLE 15:00 PORTA CON TE QUALCOSA DA MANGIARE, DA BERE E UNA STUOIA PER SEDERTI. Il 6 settembre l’estate era ormai finita, il cielo grigio sembrava promettere pioggia. Greta indossò il suo impermeabile giallo e sul suo profilo Instagram scrisse al mondo che il suo era un grido di aiuto. Quello che chiedeva era ragionevole: un futuro sul pianeta Terra. Tutti erano chiamati a partecipare. E il giorno seguente, il 7, decine di persone risposero al suo appello. L’attenzione di giornalisti, politici e cittadini svedesi (e non solo) era finalmente rivolta alla questione. Greta ricordò alla folla accorsa, tra le varie cose, che le emissioni di gas serra devono essere assolutamente limitate, per evitare che il riscaldamento climatico renda impossibile la vita. Perché quindi i politici candidati alle elezioni non hanno dato massima priorità alla soluzione del problema? Perché durante le settimane precedenti l’ambiente non è stato un tema discusso? Sul suo profilo Instagram, Greta diffuse un grafico che indica di quanto bisognerebbe ridurre l’emissione di questi pericolosi gas per evitare che il surriscaldamento diventi irreversibile. Che intendono fare i politici, al riguardo?

Grazie allo skolstrejk för klimatet le domande di Greta erano arrivate alle orecchie dei parlamentari svedesi. Adesso bisognava solo attendere le risposte. Ma lo sciopero di Stoccolma era solo l’inizio…

2 Greta non è sempre stata un’eroina coraggiosa, famosa in tutto il mondo per la sua determinazione. Prima di cominciare la sua avventura davanti al parlamento svedese era una ragazza schiva, silenziosa e timida. Quel genere di studentessa che segue le lezioni in silenzio, seduta appartata, in un banco delle ultime file. Nella sua vita non era successo nulla di particolarmente eclatante, niente che lasciasse immaginare che un giorno avrebbe convinto centinaia di migliaia di ragazzi e seguire il suo esempio. La questione ambientalista l’aveva sempre interessata, però. Era ancora bambina, quando ne aveva sentito parlare per la prima volta. A otto anni scoprì che il clima del pianeta stava inesorabilmente cambiando. A scuola gli insegnanti ricordavano spesso quanto fosse importante spegnere le luci ogni volta che si usciva da una stanza per risparmiare elettricità, non sprecare l’acqua né il cibo. Tutte queste raccomandazioni incuriosirono Greta, che fece allora una domanda molto semplice: «Perché?» Le spiegarono che l’essere umano, con i suoi comportamenti, può causare un cambiamento climatico. La faccenda suonò subito molto seria alle sue orecchie: se le cose stanno davvero così, dovremmo essere tutti molto preoccupati. Non serviva certo una laurea per capire che si trattava di una faccenda importantissima; già a lei, piccola bambina, appariva terribile. Eppure, incredibilmente, nessun adulto sembrava pensarci troppo. Questo sì, che era preoccupante! Com’era possibile che nessuno dei “grandi” che conosceva si stava dando da fare per risolvere quel problema che era sotto il naso di tutti? Perché in televisione, sui giornali, su Internet si discuteva di infinite altre questioni irrilevanti, ma non di questa? Come si poteva continuare tranquillamente la propria vita, mentre il mondo rischiava di venire travolto da una catastrofe ambientale? Greta non sapeva trovare risposta a queste domande. Finì per sentirsi molto, molto triste. Forse gli adulti non se ne preoccupavano, ma lei sì.

Greta aveva qualcosa di diverso rispetto a molti altri suoi coetanei, e non si trattava solo del grande interesse per la questione ambientale. All’età di undici anni, i dottori le avevano diagnosticato la sindrome di Asperger. Chi soffre di questa sindrome spesso si interessa a un argomento, ci pensa e ci ripensa senza riuscire a levarselo dalla testa. Era esattamente quello che succedeva a lei. Ogni giorno siamo travolti da tantissime storie, informazioni e notizie; ci impressionano, emozionano, preoccupano, ma dopo poco – quasi sempre – ce ne dimentichiamo, assorbiti da quello che dobbiamo fare. Possiamo essere davvero in ansia per l’inquinamento, ma poi finiamo per relegare quei pensieri in un angolino del cervello, salire in macchina o sul motorino per raggiungere la casa del nostro amico del cuore, senza riflettere sui gas di scarico e il modo in cui avveleneranno l’aria. Per Greta non era così facile. Il suo cervello funziona in modo leggermente diverso dal nostro. Per lei il mondo è bianco o nero, ci sono le situazioni giuste e quelle ingiuste. Non si può pensare che l’inquinamento sia terribile e poi continuare a inquinare nella vita di tutti i giorni. Una volta, a scuola, quando Greta era ancora piccola, l’insegnante aveva mostrato alla classe un documentario sulla plastica che contamina l’oceano. Sullo schermo erano apparsi orsi polari affamati e animali in difficoltà. Come tutti gli altri ragazzi della classe, Greta era rimasta molto colpita e preoccupata da quella storia. Aveva pianto per tutto il tempo. I suoi compagni, però, quando le luci si erano riaccese alla fine del film avevano cominciato a pensare ad altro: c’era l’intervallo, bisognava decidere come passare il pomeriggio, i compiti del giorno dopo. Greta, invece non ci riusciva. Le immagini del pianeta inquinato dalla plastica erano rimaste scolpite nella sua testa e non sembravano andare via. Poiché era tanto interessata all’argomento, Greta aveva partecipato a un concorso indetto da un quotidiano svedese, lo Svenska Dagbladet. Si era documentata e aveva scritto un articolo. Era stata scelta come più meritevole, vincendo la competizione. Il suo articolo era stato pubblicato e diversi attivisti – cioè persone impegnate a difendere la causa ambientalista –

avevano contattato la giovane autrice, incuriositi da quella ragazza tanto preparata. Così, grazie al giornale, Greta aveva avuto l’occasione di conoscere persone che condividevano le sue stesse preoccupazioni. Avevano provato ad attirare l’attenzione dei loro concittadini sul tema, discutendone e cercando soluzioni. Sfortunatamente nessuna delle numerose idee che avevano avuto convinceva davvero tutti, e finì che non se ne fece nulla. Ma Greta non era disposta ad arrendersi. La mente di Greta aveva anche un’altra caratteristica davvero speciale: poteva concentrarsi tantissimo su qualcosa capace di risvegliare la sua curiosità. La sindrome di Asperger rende determinati e capaci di impegnarsi in modo straordinario. Per anni, Greta studiò il cambiamento climatico a fondo, documentandosi in modo atipico per una bambina della sua età. Ne sapeva quanto un esperto: durante una gita scolastica in un museo, si accorse che alcuni dati sui quantitativi di anidride carbonica riportati sui pannelli esplicativi erano sbagliati. Si arrabbiò molto per quella imprecisione, tanto da allontanarsi dai compagni, lasciar perdere la visita e andare a sedersi da sola all’ingresso. Più leggeva, più scopriva dettagli preoccupanti. Si domandava quale sarebbe stato il suo futuro se la temperatura del pianeta avesse continuato ad aumentare. Si trattava di pensieri cupi e terrorizzanti, difficili da affrontare senza lasciarsi travolgere da un gran malumore. Sfortunatamente, Greta non era mai stata una chiacchierona, così tenne quel turbamento tutto per sé, fino a sentirsi tanto triste e depressa da non riuscire più a uscire di casa la mattina per andare a scuola. Finché, a undici anni, tutta quella tristezza divenne una vera malattia. Era come se qualcosa dentro di lei si fosse improvvisamente rotto. I dottori la chiamarono depressione. Smise di parlare, di leggere e smise addirittura di mangiare. In due mesi perse circa dieci chili. Le sembrava che non valesse la pena vivere, perché c’era troppa ingiustizia al mondo. Non poteva spiegare che cosa le stesse accadendo, restava muta e disperata.

I signori Thunberg, Svante e Malena, si domandarono se fosse successo qualcosa a scuola, ma gli insegnanti negarono. Dissero che Greta era troppo tranquilla, che tendeva a isolarsi dagli altri, che parlava poco. La madre faticava a capire: non le sembrava un problema così grave quello. Lei stessa era stata una bambina silenziosa e introversa. Che male c’era? Crescendo, lei aveva trovato sicurezza nella musica. Il canto l’aveva aiutata a essere più sicura di sé, a trovare il suo posto nel mondo. Quello fu un periodo di grande fatica per Malena Thunberg, che si trovò a doversi dividere tra gli impegni di lavoro e le difficoltà della figlia. Era la protagonista di un importante spettacolo a Stoccolma in cui doveva cantare e ballare davanti a migliaia di spettatori. Avrebbe dovuto essere un periodo felice, ma esibirsi sapendo che a casa le tue figlie stanno male è terribile. Infatti, mentre Greta lottava con la depressione, anche sua sorella Beata cominciò a manifestare un certo malessere. Non sopportava la confusione, i rumori le davano fastidio e faceva fatica a frequentare le lezioni, proprio come Greta. Le due sorelle incontrarono numerosi dottori, per capire esattamente quale fosse il loro problema. Non fu semplice, ma finalmente i medici riuscirono a dare un nome a quello che rendeva diverse Greta e Beata: la sindrome di Asperger. Fu allora che i signori Thunberg cominciarono a cercare la soluzione giusta per permettere alle due ragazze di riprendere una vita normale, un passo alla volta. Per i malati di Asperger situazioni che per molti sono assolutamente normali diventano insostenibili. La vita quotidiana può essere davvero complicata: Greta e Beata non potevano più tornare alla routine di prima. I signori Thunberg furono molto comprensivi con le difficoltà delle figlie. La situazione era seria: smisero di lavorare per dedicarsi a loro e aiutarle a superare quel momento difficile.

Greta non ce la faceva a seguire le lezioni con i compagni e nessuno poteva forzarla: per un anno non andò a scuola. Stava seduta sul divano di casa, in silenzio. La prima preoccupazione per i suoi genitori fu però convincerla a riprendere a mangiare. Oltre a incontrare dottori, non c’era molto da fare per passare il tempo. Le giornate scorrevano lente, nella grande casa di legno dei Thunberg in cima a una collina, e la tristezza non se ne andava. Le cose cambiarono il giorno in cui Greta riuscì ad aprirsi. Scoprì che parlare delle sue paure con mamma e papà la faceva sentire un po’ meglio. I signori Thunberg erano molto attenti a quel che accadeva attorno a loro, convinti che ogni essere umano avesse il diritto di vivere un’esistenza pacifica. Greta fece loro notare che avevano ragione a preoccuparsi tanto dell’uomo, ma stavano dimenticando un punto essenziale: l’ambiente in cui l’uomo vive. Mentre rivolgevano i loro pensieri a chi è in fuga dalle guerre, continuavano a viaggiare, a mangiare carne e a guidare grosse auto, condannando il pianeta. All’inizio loro tentavano di rassicurare la figlia, sostenendo che tutto sarebbe andato a posto. Ma Greta, nonostante amasse condividere i suoi pensieri ed essere ascoltata, sapeva perfettamente che i problemi non si risolvono da soli, soprattutto quelli gravi come il cambiamento climatico. Poiché non andava a scuola, Greta aveva più tempo libero di prima. Pensò che fosse una buona idea provare ad argomentare meglio il proprio punto di vista: mamma e papà la ascoltavano ed erano disposti a discutere con lei di problemi ambientali, ma non avevano mai effettivamente realizzato la gravità della questione. Così Greta cominciò a mostrare loro foto, grafici, statistiche, dati. Li fece sedere sul divano, davanti a film e documentari. Portò articoli di giornale e reportage scritti da giornalisti famosi. Davanti a quelle informazioni, i signori Thunberg cominciarono a preoccuparsi non più solo della figlia, ma anche del pianeta. Neppure lui sembrava passarsela troppo bene, in effetti.

Possibile che Greta avesse ragione e che fossero tutti gli altri a commettere un grave errore, non interessandosi abbastanza alla questione ambientale? Svante e Malena capirono che il problema erano loro e il loro stile di vita non ecosostenibile. Fu per loro un’enorme sorpresa. Greta non poteva accettare che la sua famiglia vivesse in maniera così irresponsabile. Improvvisamente, grazie a lei, aprirono gli occhi sul grande problema dell’ambiente. Qualcosa era cambiato: avevano iniziato ad ascoltare per davvero quel che la figlia aveva da dire. Non parlavano più con lei solo per consolarla, ma al contrario erano interessati, preoccupati, attenti alle questioni che le stavano a cuore. Fu quello a smuovere la situazione: Greta, che nel frattempo aveva compiuto quindici anni, comprese che poteva fare la differenza. Come aveva convinto mamma e papà, forse sarebbe riuscita a far ragionare anche altre persone. C’erano moltissime cose da fare e pian piano riuscì a vincere la sua depressione. Malena e Svante, una famosa cantante lirica lei e un attore e autore conosciutissimo in Svezia lui, cambiarono la loro percezione grazie alla figlia. Il lavoro di entrambi li portava spesso in giro per il mondo. Malena, soprattutto, viaggiava in tournée per i suoi concerti. Allora Greta cominciò a farla riflettere sull’impatto ambientale che aveva ogni aereo su cui saliva, diretta in qualche città lontana, magari dall’altro lato del mondo. Il motore, per sollevare in aria centinaia di viaggiatori con i loro bagagli, brucia grandi quantità di carburante e produce anidride carbonica, che si accumula nell’atmosfera facendo salire le temperature. Un giorno Malena andò a Tokyo per un concerto importante, trasmesso alla televisione e seguito da moltissimi spettatori. Era stato un viaggio emozionante, perché le aveva permesso di esibirsi davanti a un pubblico nuovo.

Quando tornò, Greta la invitò a ragionare sulle conseguenze ambientali che quel viaggio aveva avuto. Non aveva senso essere felici per un successo lavorativo, e poi ignorare le conseguenze negative che si ripercuotevano sull’ambiente. Lo stile di vita della famiglia Thunberg era criticabile sotto molti aspetti, non solo per i voli aerei. Greta pazientemente spiegava ogni cosa ai suoi genitori. Era documentata, preparata. Citava scienziati e rispondeva alle loro domande. Malena e Svante sapevano poco di questi temi. Ne avevano un’idea vaga. All’inizio provarono a controbattere, ma restarono presto senza argomenti. Greta aveva ragione su tutto. Diede lei il buon esempio: si impegnò a fare davvero attenzione a ciò che acquistava. Se non era assolutamente necessario, ne faceva a meno. Scelse di non viaggiare più in aereo, e pazienza se non poteva andare in vacanza in Paesi lontani ed esotici. Per Stoccolma si muoveva in bicicletta, pedalando, per nulla preoccupata delle temperature, che in Svezia possono essere particolarmente rigide. Freddo, pioggia e neve diventano un problema solo per chi non si veste a sufficienza. Per i viaggi più lunghi c’era il treno. Non solo i suoi genitori accettarono queste decisioni, ma finirono per farle proprie. La signora Thunberg, durante i suoi frequenti viaggi di lavoro, smise di muoversi in aereo. Per anni Malena si era spostata da un capo all’altro del mondo, portando con sé la famiglia. Quando Greta era neonata, i Thunberg viaggiavano di teatro in teatro. Non potevano certo lasciare la piccola Greta a casa da sola, così Svante aveva smesso di recitare, almeno per un po’ di tempo, per seguire la moglie in tournée e prendersi cura delle figlie. Aveva scelto di sacrificare la carriera per seguire la propria famiglia. Poco dopo Greta era nata anche Beata. Con due neonate non c’era scelta: almeno uno dei due genitori doveva prendere una pausa dal lavoro. A Svante non dispiaceva l’idea di stare lontano dai set per crescere le sue bambine. Inoltre, viaggiare gli piaceva.

Quando Greta e Beata furono ormai cresciute, i Thunberg si stabilirono a Stoccolma, ma Malena continuava ad avere parecchi concerti, anche all’estero, in Paesi raggiungibili solo in aereo. Convinta da Greta, rinunciò alla sua carriera internazionale. Preferiva essere un po’ meno famosa e dare il proprio contributo per proteggere l’ambiente. Il signor Thunberg divenne vegetariano come la figlia. Grazie ai libri di Greta aveva scoperto quanto inquina l’allevamento intensivo degli animali. Cominciarono a coltivare verdure in un piccolo orto appena fuori città, e si dotarono di pannelli solari e di un’auto elettrica, da usare solo in caso di vera necessità. Per gli spostamenti quotidiani, c’erano le biciclette. Poco alla volta, i Thunberg eliminarono tutte le cattive abitudini e i comportamenti che potevano nuocere al pianeta. Greta aveva vinto la sua prima battaglia! Greta era sempre stata attenta alla questione climatica, ma l’estate del 2018 fu decisiva. Il clima era stato incredibilmente caldo, molto più del normale. Gli svedesi si erano ritrovati in canottiera, a cercare un po’ di refrigerio dal sole con i piedi a mollo nell’acqua fredda del mar Baltico. Per molte persone non c’è nulla di strano in questo. È l’estate, giusto? Ma la Svezia si trova in Scandinavia, una porzione di mondo che occupa un angolino piuttosto a nord, nei mappamondi. L’estate scandinava assomiglia a una primavera dei Paesi affacciati sul Mediterraneo. L’aria è tiepida, il sole brilla ma non scotta certo come nel sud dell’Europa. Il 2018, invece, aveva portato anche al nord temperature record. Le più calde mai registrate in 262 anni. Se il caldo può essere piacevole, per chi non conosce il tema del riscaldamento globale, gli incendi sono un vero problema, chiaro per tutti. Una catastrofe. E la stagione appena passata era stata caratterizzata proprio dal fuoco. Aveva colpito il Paese ovunque, persino nel remoto nord. Nella regione della Lapponia era accaduto qualcosa che non si era mai visto: più di sessanta

incendi avevano devastato intere foreste. E, in parte, era colpa delle temperature alte, del clima secco, della pioggia che non era caduta per quasi due lunghissimi mesi. I pochi pompieri al lavoro lassù si erano dati da fare ininterrottamente, chiedendo aiuto e rinforzi per affrontare la situazione. Non erano preparati. Erano accorsi volontari, elicotteri e persino i militari dell’esercito, mentre il fuoco sembrava inarrestabile. Interi villaggi erano stati evacuati, perché era troppo pericoloso stare vicino agli incendi. Il fumo nero si liberava nel cielo terso. Pompieri e gente comune, come per esempio Gunnar Lundström, capo dei vigili del villaggio di Jokkmokk, avevano lavorato per quasi due giorni di seguito, senza mai fermarsi per riposare. Il termometro era arrivato a segnare 30 °C, una temperatura incredibile per la gelida Lapponia, che trascorre la maggior parte dell’anno sotto un manto di neve. Tutti parlavano di quel che accadeva, i giornali arrivavano nelle edicole con titoloni allarmistici, ma nessuno faceva concretamente qualcosa. Nessuno, tranne Greta. In verità, rispetto a molti altri Paesi del mondo, la Svezia si occupa dei problemi dell’ambiente con grande serietà. I politici svedesi sono consapevoli della gravità della situazione e hanno tentato di affrontarla. Sono stati i primi del mondo occidentale a scrivere e promulgare una legge per ridurre le emissioni dei gas serra, con l’ambizioso obiettivo di ridurle a zero nel 2045. Se tutti si comportassero come gli svedesi, sicuramente faremmo un bel favore al nostro pianeta. Per Greta, però, non bastava. Bisogna fare di più, e farlo senza aspettare tutti quegli anni. Lo dicono gli scienziati e lei non aveva ragione di non crederci. Inoltre, ultimamente l’argomento era stato affrontato molto poco. Era preoccupante, perché nei mesi che precedono le elezioni i politici dei diversi partiti raccontano attraverso i giornali, le televisioni e Internet la loro opinione sui temi che considerano più rilevanti. Spiegano che cosa farebbero

se venissero eletti e tentano di convincere gli elettori delle proprie idee. Se c’è un argomento significativo, viene trattato e discusso durante la campagna elettorale. Nonostante gli incendi che avevano devastato il Paese, durante l’estate in pochi avevano menzionato i cambiamenti climatici. Sembrava che i politici non fossero particolarmente interessati alla faccenda. Era necessario che qualcuno avesse il coraggio di attirare la loro l’attenzione e ricordare le vere priorità. Per questa ragione le settimane prima delle elezioni furono così importanti per Greta.

3 La

protesta di Greta richiamò l’attenzione di tutti – parlamentari e cittadini che presto avrebbero votato – sulla questione ambientale e su un impegno preso qualche anno prima dai potenti del mondo, impegno che molti sembravano aver dimenticato. Era successo in Francia, appena tre anni prima. Nel 2015 i politici di 195 Paesi – praticamente tutte le nazioni esistenti! – si erano riuniti a Parigi per discutere dei cambiamenti climatici. Già da tempo, infatti, gli scienziati si erano accorti di un fenomeno molto preoccupante: la temperatura del pianeta stava salendo inesorabilmente. Chi teneva d’occhio i termometri aveva notato con sconcerto che nell’ultimo secolo faceva sempre più caldo. Gli inverni meno rigidi che in passato, le estati più torride. Gli scienziati si sono arrovellati sulla questione, fino a trovare la spiegazione: la colpa è dei gas serra prodotti dall’uomo. Finiscono sopra le nostre teste, si accumulano in cielo, fanno passare i raggi del sole ma poi trattengono il calore e non lo lasciano più andare. Tra i gas serra, quello che più si concentra nel cielo è l’anidride carbonica, che l’essere umano produce in grandi quantità. Per questo i rappresentanti dei 195 Paesi erano arrivati a Parigi con l’obiettivo di trovare un accordo per produrre e disperdere nell’ambiente meno anidride carbonica e, di conseguenza, limitare al massimo il riscaldamento globale. Un grado in più di caldo sembra poco, quasi non è percepibile. Eppure, il danno che può fare è enorme. Se le temperature salgono, i ghiacci si sciolgono. Polo Nord e polo Sud si restringono, mentre sulle cime dei monti nevica sempre meno. Tutto quel ghiaccio finisce nel mare, il cui livello si innalza. Il clima cambia: piove quando non dovrebbe, altre zone diventano aride e i fiumi si seccano. I risultati sono catastrofici.

Greta lo sapeva bene, per questo decise di agire. Era convinta che uno sciopero della scuola organizzato dai ragazzi potesse essere una bella idea. A ispirarla fu un gruppo di coraggiosi ragazzi americani che, dall’altra parte dell’oceano, pensarono di non entrare a scuola per protesta. Qualche mese prima che Greta manifestasse con il suo cartello davanti al parlamento svedese, un gruppo di studenti aveva scioperato dalla scuola per far sapere a tutti quanto fossero arrabbiati e preoccupati per le leggi che nel loro Paese permettono di comprare armi con grande facilità. Pistole, fucili di ogni tipo sono alla portata di tutti e possono finire facilmente nelle mani di malintenzionati, con epiloghi tragici. Era successo, l’ultima volta, alla scuola Marjory Stoneman Douglas, in Florida, dove un ragazzo era entrato nei corridoi dell’istituto e aveva cominciato a sparare. Gli studenti americani non si sentivano sicuri nelle aule dove studiavano ogni giorno e volevano farlo sapere ai politici che governano il Paese. Greta venne a sapere di questa storia e si incuriosì. Rifiutarsi di entrare in classe, scendere per strada e comunicare a tutti la propria opinione sembrava davvero un’idea intelligente. Per i ragazzi non è sempre facile farsi ascoltare dagli adulti che conoscono, figurarsi dai politici. Se la notizia delle manifestazioni contro le armi era arrivata fino in Svezia, evidentemente i giovani studenti americani dovevano aver trovato il modo.

4 I

signori Thunberg capivano le ragioni della figlia, ma non erano d’accordo sul saltare la scuola. Le dissero chiaramente che il loro compito era assicurarsi che frequentasse le lezioni. Le chiesero se davvero non c’era un altro modo per far sentire la sua voce, e lei rispose di no. A quindici anni non si può neppure votare, quindi non c’era alternativa per far valere le proprie ragioni. Nonostante Malena e Svante condividessero le angoscie della figlia, lo studio restava la priorità. Ma si ricordavano ancora di quando Greta era così triste da non uscire nemmeno di casa per andare a scuola e dovevano riconoscere che manifestare davanti al parlamento per difendere le sue idee la faceva stare meglio. Sembrava avere ritrovato un po’ di quella voglia di vivere che aveva perso con la depressione. Anche molti dei suoi insegnanti ritenevano sbagliato non frequentare le lezioni e glielo fecero sapere. Greta non dava retta a nessuno, convinta di essere nel giusto. Forse sarebbe finita nei guai, a saltare la scuola, ma era pronta ad affrontare le conseguenze delle sue scelte. «Lo faccio perché nessun altro se ne sta preoccupando» aveva spiegato. I fatti le diedero ragione. O, almeno, dimostrarono che erano in molti a pensarla come lei. Il 7 settembre, giorno delle elezioni e del grande sciopero per il clima, furono in parecchi a sedere a terra davanti al parlamento. La determinazione di Greta aveva smosso l’indifferenza generale e qualcosa stava cambiando. L’attenzione degli svedesi, e non solo, era stata attirata sulla salute del pianeta e sulla ragazza con le trecce e il cartello in mano.

Felice del risultato ottenuto, Greta era disposta ad affrontare nuove sfide e situazioni che, fino a quel momento, l’avrebbero messa in difficoltà. Il giorno dopo le elezioni, era pronta a parlare alla People’s Climate March, una grande manifestazione che si tenne contemporaneamente in diverse città del mondo nello stesso giorno. Migliaia di persone marciarono per chiedere ai potenti serie misure per fermare il disastro climatico e anche a Stoccolma un corteo di manifestanti aveva attraversato la città ritrovandosi nella piazza Mynttorget, dove su un palcoscenico salirono diversi attivisti coinvolti nelle lotte contro i cambiamenti climatici. Gli organizzatori avevano chiesto anche a Greta di tenere un discorso. Si trattava esattamente del tipo di situazione capace di metterla in difficoltà. I signori Thunberg erano preoccupati. Chi ha la sindrome di Asperger spesso si spaventa molto, più di quanto accada agli altri; viene così assalito da un’ansia incontrollabile che impedisce di parlare e blocca le parole. Succede soprattutto quando ci si rivolge a una persona che non si è mai vista prima o – peggio ancora! – a un gruppo di persone. Non si tratta di semplice timidezza, come può capitare a chiunque. Parlare diventa davvero impossibile e nessuno potrà mai convincerti ad aprire la bocca, per quanto insista con gentilezza. I dottori gli hanno dato un nome altisonante: mutismo selettivo. Malena e Svante provarono a mettere in guardia la figlia. Se la sentiva davvero di farlo? Era pronta ad affrontare una situazione simile? Ma Greta, come tutti gli adolescenti, e forse persino di più, poteva essere irremovibile

nelle sue scelte. Sulle questioni che le stavano a cuore non era disposta a scendere a compromessi. Avrebbe parlato ai manifestanti. Sotto un cielo grigio, Greta prese in mano il microfono e si rivolse a decine di persone, stringendo in mano il foglio su cui aveva preso appunti. Arrivata all’ultima riga, il pubblico applaudì, commosso dalle parole dell’adolescente con le treccine. Lo stesso giorno della People’s Climate March, Greta annunciò la sua decisione: avrebbe continuato lo sciopero della scuola, sedendo ogni venerdì fuori dal parlamento. Era intenzionata ad andare avanti finché la Svezia non avesse raggiunto tutti gli obiettivi dichiarati dai suoi politici alla conferenza di Parigi. In fondo, l’avevano promesso. Bisognava diminuire il riscaldamento globale, tenendolo sotto ai 2°C e puntando a limitarlo a 1,5°C. Quello di Parigi è un accordo che i politici hanno firmato, e quindi perché non impegnarsi per metterlo in pratica subito? Sul suo profilo Instagram, Greta invitò tutti a partecipare, raggiungendola ogni venerdì davanti al Riksdag. Il suo invito era chiaro. C’è molto meno tempo di quanto pensiamo. Fallire porterà al disastro. Decisa la strategia, il lunedì successivo Greta ricominciò a frequentare la scuola, con grande sollievo dei suoi genitori e degli insegnanti. La battaglia, però, continuava. La folla accorsa nel giorno delle elezioni per partecipare allo skolstrejk för klimatet e l’interesse delle persone durante la marcia per il clima incoraggiarono Greta. Ora aveva la certezza che là fuori, a Stoccolma e non solo, c’era molta gente disposta ad appoggiare la sua battaglia. Bisognava coinvolgerla, convincerla a darsi da fare! Registrò il suo messaggio in un breve video che poi postò su Instagram, spiegando le ragioni del suo sciopero, in inglese. Voleva essere certa che tutti potessero capire, anche fuori dalla Svezia.

I suoi concittadini dimostrarono presto il loro interesse: l’ultimo venerdì di settembre c’erano già manifestazioni organizzate a Malmö, a Göteborg e in numerose altre città svedesi. Tutti chiedevano interventi immediati e decisi per fermare il riscaldamento globale. Ad aiutare Greta c’erano anche i giornalisti, sempre più interessati alla storia della quindicenne che non andava a scuola come forma di protesta. Erano in tanti a volerla intervistare, arrivavano da tutto il mondo e avevano tantissime domande: come le era venuta l’idea dello sciopero, che ne pensavano i suoi genitori e gli insegnanti, che cosa spinge una quindicenne a interessarsi così tanto ai problemi ambientali? Greta rispondeva alle domande, benché non avesse molta voglia di parlare di sé. La salute della Terra sembrava un argomento ben più interessante e importante. Accettò l’invito a partecipare anche a una trasmissione televisiva e tenne incontri in diverse città della Svezia. Avere a che fare con tante persone sconosciute poteva essere una fatica, ma Greta conosceva a fondo l’argomento e poteva spiegare con chiarezza il problema dei cambiamenti climatici. Negli anni era diventata una vera esperta. Quando il celebre giornale americano New Yorker la intervistò e la giornalista scrisse nel suo articolo che le emissioni di gas serra erano diminuite, Greta non si fece alcun problema a rispondere che quanto affermato era inesatto. Per lei non aveva nessuna importanza che a scrivere l’articolo fosse l’inviato di uno storico giornale; bisogna essere onesti e dire la verità. Per descrivere un problema complesso come il surriscaldamento globale si possono usare tante statistiche diverse. I politici spesso scelgono quelle più favorevoli, mettendo in evidenza i progressi fatti per evitare di pensare a quanto ancora la situazione sia grave. Era giusto però che le persone sapessero la verità. Illudersi che un problema non ci sia è un atteggiamento infantile. Ironicamente, è una quindicenne a ricordarlo ai politici del suo Paese.

5 L’impegno di Greta dava i suoi frutti e cominciava a spingersi molto oltre il marciapiede davanti al Riksdag svedese. Muovendosi in treno raggiunse il Parlamento Europeo a Bruxelles, per partecipare a una manifestazione e continuare la sua battaglia ai problemi ambientali. Lì, Greta tenne un discorso in francese, raccontando del suo sciopero della scuola e ricordando che in Svezia le persone vivono come se avessero a disposizione le risorse di 4,2 pianeti, cosa che ovviamente non è possibile. Si diresse poi a Helsinki, in Finlandia, per parlare a una piazza gremita di persone e ricordare i milioni di barili di petrolio che vengono consumati ogni giorno per permetterci di mantenere il nostro stile di vita. E poi via, verso Londra. Per viaggiare in giro per l’Europa era necessario il supporto e il permesso di mamma e papà. I signori Thunberg scelsero di aiutare Greta, incoraggiandola a proseguire la sua battaglia. Erano schierati dalla sua parte. Ed erano anche disposti a viaggiare secondo le regole della figlia. Muoversi senza volare diventa lento e impegnativo. Ci sono treni da prendere, coincidenze da non perdere, stazioni in cui aspettare. L’alternativa sono lunghi viaggi sull’auto elettrica di famiglia, che va però ricaricata spesso. La fatica non spaventava Greta. Anzi, quando si parlava di ambiente c’era ben poco che la intimoriva. In generale, era sempre stata una ragazza rispettosa delle regole, ma era ormai arrivata alla conclusione che non si potesse risolvere il problema senza ribellarsi. Le leggi non stavano facendo quel che avrebbero dovuto e il pianeta era in pericolo. Questa era esattamente la filosofia dei manifestanti che, come Greta, si ritrovarono a Londra alla fine di ottobre, riuniti davanti al parlamento inglese.

«C’è una tremenda emergenza che nessuno tratta come una crisi, mentre chi guida i Paesi si comporta in modo immaturo. Bisogna svegliarsi e cambiare le cose» disse Greta, parlando alla folla. Nei loro manifesti, i Ribelli – così si facevano chiamare molti di quelli che si erano riuniti in Parliament Square a Londra quel giorno – ricordavano che l’umanità sta affrontando una delle sue ore più cupe. La scienza dice chiaramente che ci si troverà a fronteggiare la catastrofe, se non si agisce in fretta. Viaggiando in giro per l’Europa nelle settimane dopo le elezioni svedesi, Greta aveva scoperto che nel mondo c’erano molte altre persone impegnate in lotte simili alla sua. Non fu l’unica scoperta che fece. Comprese anche che parlare in pubblico degli argomenti che conosceva meglio non la rendeva affatto nervosa. Non era una ragazza abituata a perdersi in chiacchiere, ma i discorsi seri, fatti con un microfono in mano, le riuscivano bene. Sentirla discutere davanti a centinaia, migliaia di sconosciuti, spesso in inglese, fu commovente per Malena e Svante. Quello che stava accadendo era forse anche un po’ sorprendente: in pochi mesi videro la figlia trasformarsi da una ragazza molto triste a una rispettata paladina delle lotte per l’ambiente. Il coraggio e le idee di Greta si diffusero velocemente in tutto il mondo. Perfino nella lontanissima Australia, letteralmente dall’altra parte del mondo, molti ragazzi avevano deciso di saltare la scuola come forma di protesta. Se questo poteva essere stupefacente, ancora più incredibile fu quello che accadde dopo: il primo Ministro australiano – addirittura lui, il politico più importante del Paese! – aveva chiesto ufficialmente ai ragazzi di tornare in classe. Attraverso Instagram, Greta rispose: «Mi spiace, signor primo Ministro Scott Morrison, non possiamo ubbidire». La fama che Greta stava pian piano conquistando aveva dell’incredibile. In poche settimane i più celebri e rinomati giornali parlavano di lei e dopo pochi mesi dal primo sciopero della scuola, era invitata a parlare al

prestigioso TED. TED sta per Technology Entertainment Design, e si tratta di un ente che si occupa di organizzare conferenze dedicate a temi estremamente importanti. Persone esperte in campi diversi salgono sul palcoscenico e raccontano di argomenti che conoscono alla perfezione. Sul palcoscenico del TED sono passati i personaggi più celebri degli ultimi decenni e i loro discorsi sono stati ascoltati da milioni di persone. Era un invito prestigioso e importante. Lì Greta parlò di giustizia: non sarebbe corretto se gli Stati con le economie più sviluppate riducessero il loro impatto sull’ambiente, per permettere agli altri di continuare a costruire strade, ospedali e tutto quello che serve alle persone per vivere meglio? Ha ricordato inoltre che nessun politico si è mai impegnato a perseguire soluzioni per il futuro: i più arditi immaginano azioni per il 2050, che sembra una data davvero remota, ma non poi così tanto... Nel 2050 i ragazzi di oggi saranno adulti e avranno ancora parecchi anni davanti a sé. Che sarà di loro dopo, se non si ferma il cambiamento climatico? Che intendono fare gli adulti del presente, per il futuro dei loro figli? Alla fine di ogni intervento, solitamente chi parla al TED lancia un messaggio di speranza. Ma non era il caso di Greta. «Più che speranza, serve azione» disse.

6 I

leader politici mondiali si stavano comportando in maniera terribilmente infantile, ignorando i problemi ambientali perché spaventati dalla loro complessità. Erano stati proprio i ragazzi, preoccupati per il loro futuro, a decidere di protestare per convincerli a fare qualcosa. E lo sciopero della scuola che Greta Thunberg aveva cominciato, sola davanti al parlamento, nell’agosto 2018 era stato il primo passo. In pochi mesi il numero delle città in cui le persone, spesso proprio gli studenti, avevano deciso di protestare era salito a 270. Più di 20.000 studenti in ogni angolo del mondo si erano rifiutati di andare a scuola, seguendo l’esempio dello skolstrejk för klimatet. Dopo aver mobilitato così tanti ragazzi, Greta era pronta ad affrontare un nuovo obiettivo. Convincere i potenti del mondo ad agire sul serio, non solo a parole. Per farlo, a dicembre era andata a Katowice, una cittadina in Polonia, per partecipare a una riunione dal nome strano: COP24. Ci era andata con un’auto elettrica, impiegandoci due giorni, ma ne valeva la pena. Il COP24 è un incontro dove i rappresentanti di quasi tutti i Paesi del mondo si riuniscono per discutere dei cambiamenti climatici. È organizzato dalle Nazioni Unite, un’organizzazione mondiale fondata per incoraggiare i politici a trovare accordi sui temi più rilevanti. A Katowice sarebbero arrivati in serissime auto nere persone responsabili di fermare la catastrofe ambientale. Sarebbero stati in grado di prendere le decisioni giuste e poi di metterle in pratica rapidamente? Erano in molti a dubitarne. Quindi Greta preparò la valigia e si mise in viaggio. Doveva incontrare il segretario delle Nazioni Unite António Guterres, un uomo che fa un lavoro estremamente importante: solitamente si occupa di evitare guerre e affronta i grandi disastri del pianeta.

Greta si ritrovò in una sala dalle pareti bianche, con un grande tavolo rettangolare, anch’esso bianco. Un ambiente dall’aria ufficiale e un po’ anonima. Lì sedevano rappresentanti di diversi Paesi, ciascuno davanti a un microfono e a un cartello con il proprio nome scritto sopra. Davanti a tutti i partecipanti dell’assemblea seduti in platea salì sul palcoscenico. Indossava la stessa camicia a quadretti che portava il primo giorno del suo skolstrejk för klimatet. Non era assolutamente prioritario scegliere vestiti formali, con tutte le questioni davvero urgenti di cui discutere. Alle sue spalle un enorme cartellone ricordava dove si trovava, con l’inconfondibile bandiera celeste delle Nazioni Unite. Una voce seria annunciò il suo intervento. Davanti ai delegati delle nazioni, Greta non si lasciò intimidire. «Per 25 anni innumerevoli persone sono venute alle conferenze sul clima delle Nazioni Unite per implorare i nostri leader di fermare le emissioni, e questo evidentemente non ha funzionato. Quindi non vi implorerò di prendervi cura del nostro futuro, ci hanno ignorato in passato e ci ignoreranno ancora in futuro. Sono qui per dire che il cambiamento arriverà, che vi piaccia o no» disse. Su quel palcoscenico Greta ricordò la necessità impellente di affrontare la realtà, per quanto inquietante, e incoraggiò a immaginare che cosa si potrebbe fare se tutti ci impegnassimo. Non ci sono obiettivi irraggiungibili, se dei ragazzi possono finire sulle prime pagine dei giornali per uno sciopero della scuola. Trovò il coraggio di accusare i politici di comportarsi come se fossero bambini, spaventati all’idea di diventare impopolari, benché ad ascoltarla ci fossero persone potenti, abituate a comandare. Ricordò loro i danni ormai causati all’ambiente, spiegando che sono le nuove generazioni a prendersi la responsabilità di cambiare, se nessun’altro è disposto a farlo. Spronò tutti a pensare al destino dei propri figli, condannati a vivere in un mondo sempre più devastato. Non si può risolvere una crisi, senza trattarla come tale.

Una cosa del genere non era mai successa prima: mai era accaduto che una adolescente ricordasse ai grandi della Terra i loro errori, rimproverandoli e incoraggiandoli a cambiare. In molti la applaudirono, nonostante le sue severe parole. Gli incontri delle Nazioni Unite sono lunghi e faticosi. I delegati trascorrono intere giornate a discutere i problemi e a contrattare soluzioni. Tutto viene scritto in documenti ufficiali, eppure quell’impegno spesso corrisponde solo a un modesto cambiamento nella realtà. Era quello che stava accadendo in Polonia, proprio sotto gli occhi di Greta: le sembrava che nessuna vera decisione fosse stata presa. Alla seconda settimana di incontri accese il suo cellulare e registrò un messaggio. In una sala del centro congressi in cui il COP24 stava avendo luogo, si presentò e spiegò che i politici ancora una volta non stavano trovando soluzioni, benché gli scienziati fossero sempre più sicuri della gravità assoluta della situazione.

CHIUNQUE TU SIA, OVUNQUE TU SIA, C’E BISOGNO DI TE! PARTECIPA ALLO SCIOPERO GENERALE PER IL CLIMA DI VENERDI. PER PIACERE, SCIOPERA CON NOI! CONDIVIDETE IL VIDEO, FATELO SAPERE AL MONDO.

Fuori, intanto, per le strade di Katowice si era radunata una folla di manifestanti. Volevano farsi sentire e dimostrare ai politici venuti in Polonia per il COP24 che molta gente è davvero preoccupata per la situazione ambientale. La franchezza e l’onestà con cui la piccola Thunberg aveva parlato ai potenti era stata notevole. Altrettanto incredibile era il modo in cui aveva convinto le persone ad agire. Il prestigioso Time, storico settimanale americano, aveva inserito Greta nella lista degli adolescenti più influenti al mondo nel 2018. Un grande onore, assolutamente meritato. Greta però non era il tipo da crogiolarsi nei buoni risultati ottenuti. Così, alla fine del COP24 delle Nazioni Unite, si mise subito in viaggio per lasciare la Polonia e tornare verso casa, a bordo dell'auto elettrica di famiglia. C’era un appuntamento a cui non voleva mancare: lo sciopero per il clima a Malmö. Greta non aveva alcuna intenzione di fermarsi, non prima di avere raggiunto il suo obiettivo: salvare il pianeta.

7 Al

mondo ci sono molte persone che hanno fatto della difesa dell’ambiente un lavoro, dedicandosi con tutto il cuore. Greta non poteva farlo, però, perché a quindici anni ci sono obblighi e impegni che non si possono trascurare. Proprio come i più impegnati attivisti, Greta viaggiava in giro per l’Europa, organizzava scioperi per l’ambiente, aveva discorsi da scrivere e interventi da preparare. Per parlare davanti a migliaia di persone, magari in una lingua straniera, bisogna studiare bene, conoscere a memoria i dati e tutte le informazioni. Non solo la causa per cui lottava richiedeva impegno, ma era lei stessa diventata una celebrità. Giornalisti di ogni nazionalità chiedevano la sua disponibilità per intervistarla e reporter celebri volevano sapere tutto di lei e delle sue idee. Benché non amasse particolarmente parlare di sé, Greta accettava comunque, perché significava portare i problemi dell’ambiente sulle prime pagine dei giornali, dare visibilità alla sua causa. A questo si aggiungevano gli impegni che gli attivisti professionisti non avevano, quelli di qualunque ragazza di quindici anni. C’erano i compiti da fare e le lezioni da recuperare per non restare indietro rispetto ai compagni di classe. Greta aveva ricominciato ad andare a scuola, saltando le lezioni solo di venerdì, per lo skolstrejk för klimatet. Continuava infatti a raggiungere il centro della città, nei fine settimana, per protestare. Lo faceva con la pioggia o con la neve, anche nei più freddi e bui giorni dell’inverno svedese. Erano davvero tanti gli impegni che la occupavano da mattina fino a tarda sera. Di tempo da trascorrere con la sorella Beata, il resto della famiglia o i suoi due cani non ce n’era molto. Non ne restava quasi neanche per riposare: alle sei di mattina si alzava, pronta ad affrontare una nuova giornata. Nei momenti di stanchezza ricordava a se stessa le ragioni che l’avevano spinta a diventare la famosa ragazza con le treccine, si faceva forza e andava avanti.

Rassicurati dai buoni voti scolastici e dalla scelta di tornare a scuola, i signori Thunberg avevano deciso di appoggiare la figlia. Greta aveva davvero bisogno del sostegno dei genitori: a quindici anni una ragazza non può girare da sola per il mondo. Era Svante ad accompagnarla, viaggiando con lei attraverso l’Europa per lunghi tragitti in treno o alla guida dell’auto elettrica. Con il suo sorriso aperto e i lunghi capelli castani raccolti in una treccia, Svante era l’alleato giusto. Sapeva parlare alle persone e si trovava a proprio agio accanto a Greta, anche sui palcoscenici delle più grandi conferenze del mondo. Era pronto ad aiutare la figlia nell’ambizioso obiettivo che si era prefissata: proteggere il pianeta. Qualche volta i giornalisti intervistavano anche lui, e non c’era domanda a cui non sapesse rispondere. Greta aveva bisogno dell’aiuto del papà, perché i suoi impegni stavano diventando sempre più numerosi e importanti. Era stata invitata a Panama, New York, San Francisco, in Canada. Non poteva accettare quegli inviti, perché avrebbe significato viaggiare in aereo. Poteva però impegnarsi a raggiungere luoghi più vicini. Alcuni erano molto, molto importanti. A fine gennaio, le avevano chiesto di intervenire a Davos. Davos è un tranquillo paese in Svizzera. Case e graziosi palazzi di legno si stendono in una valle incastonata tra le montagne, tra foreste rigogliose e piste da sci. Ogni anno, sin dagli anni Settanta, a fine gennaio si riuniscono i più importanti politici, illustri esponenti dell’economia, intellettuali, giornalisti e scienziati per discutere delle più urgenti questioni che il mondo deve affrontare. Il World Economic Forum è un evento unico. I potenti della Terra si incontrano nella cittadina montana, che in ogni altro periodo dell’anno è una tranquilla località sciistica tra le Alpi, per partecipare a convegni e conferenze, conoscersi e trovare insieme soluzioni. Solo i partecipanti sanno quello che viene detto a Davos, perché gli incontri avvengono “a porte chiuse”. Questa riservatezza, insieme all’importanza dei partecipanti, rende il Forum di Davos un evento esclusivo.

Per intervenire bisogna essere invitati. E solo le persone che davvero contano sono sulla lista. Tra loro, c’era anche Greta. Sciarpa, cappello, giacca pesante, valigia rossa e immancabile cartello dello skolstrejk för klimatet: in una fredda mattina di fine gennaio, Greta si mise in viaggio. Prima dell’alba era già in stazione, diretta verso sud. Attraversò la Scania, una regione nel sud della Svezia, e poi la Danimarca. Infine, una volta arrivata in Germania, salì su un treno notturno diretto a Zurigo. Dopo più di trenta ore di viaggio per arrivare a Davos, Greta fu accolta in stazione da un gruppo di giornalisti con telecamere e microfoni. Sulla banchina, con il suo cartello in mano, rispose alle domande, spiegando il suo desiderio di guardarsi indietro, un giorno, e sapere di aver fatto la scelta giusta. Non si sistemò in uno dei tanti alberghi, ma nell’Artic Basecamp, una grossa tenda simile a quelle usate dagli esploratori dell’Artico, montata proprio accanto al leggendario hotel Schatzalp. Quell’insolita sistemazione era stata pensata da un’organizzazione no profit impegnata a ricordare le conseguenze delle temperature sempre più alte sui ghiacci perenni del polo Nord e del polo Sud. Nonostante le rigide temperature dell’inverno svizzero, che di notte scendono anche parecchi gradi sotto lo zero, Greta si addormentò nel suo sacco a pelo giallo. Il giorno dopo, intervenne a un incontro per ricordare che siamo tutti responsabili dei cambiamenti climatici. Ad ascoltare le sue parole c’erano i famosi cantanti Will.i.am e Bono, oltre a diplomatici e scienziati. C’era anche Jane Goodall, la coraggiosa scienziata inglese che aveva vissuto per anni con gli scimpanzé, dimostrando quanto fossero simili all’essere umano. Con lei Greta scelse di scattarsi una foto ricordo.

Greta non si lasciò intimorire dai volti noti, dalla celebrità delle persone che aveva davanti, dai nomi altisonanti e dalle cariche. Ripeté il suo messaggio, come sempre. Che parli a un piccolo gruppo di studenti o ai grandi della terra, non fa differenza. Vestita come qualunque altra ragazza della sua età, circondata da uomini in completi neri e sguardi seri, salì sul palcoscenico e parlò.

«Gli adulti continuano a dire di dover dare ai giovani speranza. Non voglio la speranza, voglio che siate presi dal panico, che agiate. Voglio che vi comportiate come se foste nel mezzo di una crisi, perché è così che stanno le cose.» «Our house is on fire»: la nostra casa, il pianeta terra, va a fuoco. E gli adulti, i potenti devono agire responsabilmente e fare qualcosa per il futuro dei giovani. Poi partecipò allo sciopero per il clima organizzato per le strade di Davos, insieme ad altri ragazzi della sua età altrettanto preoccupati della situazione. Il giorno dopo era già di ritorno, pronta ad affrontare il lungo viaggio verso la Svezia, treno dopo treno, diretta a nord. Le parole dure rivolte ai potenti della Terra da una quindicenne hanno colpito l’attenzione di molti. Greta è riuscita in un’impresa che sembrava disperata: riportare l’attenzione del mondo sulla crisi del clima. Ha ricordato l’urgenza di agire al presidente francese, ai più importanti rappresentanti dell’Unione Europea, ai politici di Davos. Ai giornalisti che le domandano se si sente ottimista nel vedere il mondo interessarsi alla questione, risponde di no. L’unica cosa che conta davvero sono le emissioni di gas serra nell’atmosfera, che ancora non stanno diminuendo. Che persone famose ascoltino le sue parole e annuiscano non conta, se poi alle decisioni non seguono i fatti.

8 In soli sette mesi dal giorno in cui Greta aveva deciso di non andare a scuola per scioperare moltissime cose erano cambiate. Una fra tutte era particolarmente importante: il mondo, finalmente, cominciava a rendersi conto della gravità della situazione. Gli scioperi e le manifestazioni erano sempre più frequenti, davanti ai Parlamenti e per le strade dei Paesi del mondo. Erano soprattutto bambini e ragazzi a scendere in piazza, decisi a costringere i “grandi” ad assumersi le loro responsabilità. Ormai c’era un nome per chiamare le migliaia di giovani che ogni venerdì si mobilitavano: Fridays For Future, che in inglese significa “venerdì per il futuro”. L’obiettivo era comune a tutti i giovani che protestavano: ricordare ai politici l’importanza di agire, subito. C’era un politico in particolare, che avrebbe potuto fare la differenza. Sedeva a capo della Commissione Europea, a Bruxelles, la capitale del Belgio. Lì si diresse Greta, a febbraio di quest’anno. Bruxelles era il prossimo obiettivo di Greta per una serie di circostanze ed eventi cominciati molto tempo prima, quando nessuno parlava ancora di riscaldamento globale. Era il 1957 e nella memoria di chi viveva in Europa erano ancora vivi i ricordi della Seconda guerra mondiale e di tutte le sofferenze e le atrocità che si era portata con sé. I politici di sei stati – Francia, Germania Federale, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo – decisero di creare una comunità economica, un nome complicato per dire che da quel momento si impegnavano a collaborare perché le proprie economie potessero crescere insieme, piuttosto che l’una contro l’altra. L’Europa che conosciamo oggi, quella in cui possiamo viaggiare e muoverci liberamente senza frontiere a fermarci, è l’evoluzione di quel primo accordo. Gli europei si sono presto accorti che a unire le forze si

faceva tutto molto meglio, e altri Paesi hanno deciso di seguire l’esempio dei primi sei. Oggi moltissime decisioni importanti sono prese non nei parlamenti, ma dai rappresentanti di ciascun Paese che siedono nelle istituzioni dell’Unione Europea. Appena fuori dal centro di Bruxelles, c’è un intero quartiere dedicato alle istituzioni europee. Sono grandi palazzi con finestre di vetro, dalle forme moderne e severe, con tante bandiere che sventolano. Greta era diretta lì. Con parole dure e severe, disse che non si può semplicemente sperare che i problemi si risolvano da soli. Se gli uomini e le donne di potere avessero fatto i compiti, saprebbero quanto è grave la situazione e quanto è urgente agire. Nella grande sala in cui erano riuniti, i politici europei ascoltarono in silenzio, mentre i giornalisti di tutto il mondo puntavano le loro telecamere verso Greta. «Stiamo sistemando il caos che avete creato voi, e non ci fermeremo finché non avremo finito» ha dichiarato con voce decisa. E bisogna farlo ora, non c’è tempo di aspettare che le nuove generazioni crescano e diventino a loro volta politici. Alcuni politici importanti, come il primo Ministro del Regno Unito Theresa May, nelle settimane precedenti avevano criticato gli studenti che manifestavano per le strade invece che andare a scuola. Greta approfittò del discorso a Bruxelles per rispondere anche a loro. «A chi dice che stiamo sprecando tempo prezioso non andando a scuola vorrei ricordare che i nostri politici hanno sprecato decenni a negare il problema, non facendo nulla per risolverlo.» Suggerì poi a quelle stesse persone preoccupate dei giorni di scuola persi di mettersi a scioperare al loro posto, di non andare al lavoro. O, ancora meglio, di unirsi ai ragazzi e protestare insieme, per ottenere i risultati più velocemente e poi poter tornare tutti ai propri compiti. Il 15 marzo 2019 non era più solo Greta a far sentire la sua voce. Migliaia di persone in tutto il mondo protestarono, durante il grande sciopero mondiale per il futuro. Se nell’agosto dell’anno prima era solo Greta a sedere

davanti al Riksdag, ora erano coinvolti 123 Paesi, più di 2000 città. Solo in Italia si parla di un milione di ragazzi coinvolti. In quel neppure troppo lontano giorno di fine estate sarebbe stato difficilissimo immaginare che pochi mesi dopo sarebbero accorse a Stoccolma migliaia di persone, richiamate dalla ragazza con le trecce e tanto coraggio. C’era chi arrivava da lontano, persino dagli Stati Uniti, per manifestare. In molti volevano scattarsi una foto con lei. Volevano stringerle la mano, ringraziarla. Quando salì sul palcoscenico, tutti la acclamarono. Qualcuno ha ricordato Rosa Parks, la donna afroamericana che nel 1955 rifiutò di alzarsi e lasciare il suo posto a un uomo “bianco” su un autobus di Montgomery, in Alabama. Con quel semplice gesto diede inizio a una serie di proteste e manifestazioni che portarono alla storica decisione della Corte Suprema: i più importanti giudici americani decisero che separare in quel modo le persone solo per il colore della loro pelle era sbagliato. Rifiutandosi di cedere il posto, Rosa Parks non disse nulla di nuovo, nulla che gli afroamericani in Alabama non sapessero già. Però riuscì a ispirarli, a convincerli ad agire, finché le cose cambiarono. Proprio Rosa Parks era una delle donne che avevano sempre affascinato e ispirato Greta. I ragazzi e i bambini scesi nelle piazze il 15 marzo 2019 furono numerosissimi. Erano loro la vera anima della manifestazione, preoccupati per problemi causati dalle generazioni venute prima di loro. I giornalisti li intervistavano facendo domande complesse e chiedendo quale potrebbe essere la soluzione. Qualcuno ha parlato addirittura della «rivolta dei giovani». Dal palco, una ragazza ha detto che gli studenti scendono in piazza pretendendo soluzioni, ma non sono loro ad avere la “ricetta magica” per fermare il riscaldamento globale. Bisogna ascoltare gli scienziati, studiare,

documentarsi. Non ci sono risposte facili per evitare che le temperature continuino a salire. Greta e tutti quelli che protestano con lei non si fermeranno finché i “grandi”, i politici e i potenti, non faranno qualcosa. Che cosa, è loro responsabilità scoprirlo e decidere.

9 Greta

non ha soluzioni semplici per risolvere il problema, il suo obiettivo è attirare l’attenzione dei politici sui cambiamenti climatici di cui gli scienziati parlano. Lo dice spesso: non sono i ragazzi che possono decidere che cosa fare. Non agire è molto pericoloso: i cambiamenti climatici rendono sempre più difficile e pericolosa la vita sulla Terra. I disastri ambientali rischiano di far scoppiare guerre e conflitti. L’impegno dei ragazzi del Fridays for Future è quindi anche un impegno per la pace. Grazie agli incredibili risultati ottenuti, Greta è stata candidata al Nobel per la Pace. Non sarebbe la prima giovanissima a vincerlo. Nel 2014 era stata la diciassettenne Malala Yousafzai, per il coraggio con cui aveva lottato per i diritti di bambini e ragazzi nel suo Paese, il Pakistan, dove gli spietati Talebani avevano deciso di vietare alle bambine di andare a scuola. «È fonte di grande ispirazione vedere dei giovani, guidati da giovani donne, far sentire la loro voce» ha detto Anne Hidalgo, il sindaco di Parigi. A chi la critica, Greta risponde di informarsi e ascoltare gli scienziati e gli studiosi che si occupano dei cambiamenti climatici, di non discutere di lei in particolare e dei giorni di scuola persi. Non è quello il punto. Grazie alla notorietà raggiunta, Greta è impegnata anche a far conoscere meglio la sindrome di Asperger. Chi come lei ce l’ha è meno portato a farsi nuovi amici, conoscere persone, chiacchierare di argomenti futili, ma ha grandi talenti. E Greta l’ha dimostrato. Ora sta a tutti noi dimostrare di non essere da meno.

IL RISCALDAMENTO GLOBALE SPIEGATO AI BAMBINI La vita dell’uomo moderno è diversissima da quella dei nostri antenati. Anche solo poche generazioni fa, i nonni dei nostri nonni vivevano in un mondo che noi faticheremmo a riconoscere: automobili, caloriferi che riscaldano le nostre case quando arriva l’inverno, elettrodomestici che lavorano al posto nostro, aerei con cui viaggiare velocemente fino a Paesi lontani sono “novità” di tempi recenti. Sono stati in particolare gli ultimi duecento anni a vedere rapidissimi cambiamenti nel modo di vivere. Tecnologie sempre più nuove hanno completamente rivoluzionato l’esistenza umana. Molte delle abitudini della vita moderna, però, sono possibili perché bruciamo combustibili fossili: per esempio, la benzina che fa funzionare i motori dell’auto su cui ci spostiamo ogni giorno, o il carbone che viene bruciato nelle centrali e trasformato nell’elettricità che fa funzionare la lavatrice e tutti i nostri elettrodomestici, o i gas naturali estratti da sottoterra e utilizzati per riscaldare le case. Per vivere come viviamo oggi, si brucia moltissimo combustibile, anche se non ce ne accorgiamo perché avviene nei motori delle auto, chiusi nel cofano, o in centrali elettriche lontano dalle città e da dove viviamo. Bruciare i combustibili, però, ha un effetto collaterale: si rilasciano nell’atmosfera quelli che gli studiosi chiamano gas serra. Il più “famoso” gas serra è l’anidride carbonica. Questi gas finiscono nell’aria, sopra le nostre teste, salgono in cielo e lì si fermano, accumulandosi. Lasciano passare i raggi del sole, ma poi ne trattengono il calore. L’atmosfera terrestre crea naturalmente quello che gli scienziati hanno chiamato “effetto serra”: trattiene parte del calore del sole, fondamentale

perché possa esserci vita sul nostro pianeta. Il problema è quando i gas inquinanti si accumulano e l’effetto serra viene alterato. Lentamente, anno dopo anno, le temperature salgono. Fa sempre più caldo, anche se è difficile accorgersene nella vita di tutti i giorni, perché è un aumento lento e graduale. Gli studiosi registrano le temperature in giro per il mondo con grande precisione. Sono proprio loro a metterci in guardia: le conseguenze di questi cambiamenti possono essere molto serie. Alcune avvisaglie di questo disastro già si possono percepire: i ghiacci perenni si sciolgono, il livello degli oceani sale, il clima diventa più imprevedibile. Ci sono zone in cui smette di piovere e altre in cui tempeste e uragani si scatenano con maggiore frequenza. Si tratta di un fenomeno molto complesso. È davvero difficile prevedere che cosa accadrà con sicurezza, nonostante gli scienziati monitorino la situazione costantemente. Di sicuro sono in moltissimi a sostenere l’importanza di ridurre le emissioni di gas serra e limitare al massimo il surriscaldamento del pianeta.

CHE COSA POSSIAMO FARE? Il riscaldamento globale è un fenomeno molto complesso, difficile da capire completamente anche per gli esperti. La maggior parte degli studiosi, però, è d’accordo nel ritenere che limitare le emissioni di anidride carbonica e gas serra nell’atmosfera è la soluzione giusta per rallentare il riscaldamento del pianeta. Per fermare le emissioni servono decisioni e cambiamenti radicali, ed è per questo che Greta Thunberg manifestava davanti al parlamento del suo Paese. Ciascuno di noi, però, può scegliere ogni giorno di limitare quelle abitudini che minacciano maggiormente la salute della Terra.

1 Limita quanto è possibile l’utilizzo dell’automobile. La scelta più ecologica è andare a piedi o prendere i mezzi di trasporto pubblici. Un autobus che porta cinquanta passeggeri inquina meno di un’auto su cui ne viaggiano solo due.

2 Se devi prendere l’automobile, meglio organizzarsi per viaggiare in gruppo, soprattutto se hai amici che devono andare dove vuoi andare tu!

3

Ricorda di spegnere sempre la luce quando esci da una stanza. L’elettricità che permette alle lampadine di casa tua di brillare deriva molto probabilmente dalla combustione di combustibili fossili.

4 Riscaldare acqua inquina: usa l’acqua calda solo quando è davvero necessario, facendo molta attenzione a non sprecarla.

5 Meglio la doccia al bagno: è un modo semplice per risparmiare l’elettricità necessaria a scaldare l’acqua.

6

Gli imballaggi, le scatole, le confezioni richiedono energia per venire prodotti e inquinano. Qualunque cosa tu debba comprare, presta

attenzione: se la scatola è piccola, meglio!

7 Scegli verdure e frutta di stagione. Le fragole che potresti trovare nei negozi fuori stagione sono probabilmente cresciute in Paesi lontani, più caldi, e poi trasportate fino a te.

8 Prima di comprare qualcosa di nuovo, domandati se ne hai davvero bisogno.

9 In inverno, non esagerare con il riscaldamento: potresti abbassarlo di qualche grado e indossare una felpa in più per stare in casa.

10

D’estate limita quanto possibile il condizionatore: raffreddare l'aria consuma elettricità.

11

Ricorda che l’elettricità che consumi è prodotta bruciando combustibile e immettendo anidride carbonica nell’atmosfera: limita gli sprechi!

Glossario Ambientalismo movimento di persone che si impegnano a difendere l’ambiente in cui viviamo.

Atmosfera tutto intorno al nostro pianeta, sopra le nostre teste, c’è uno strato di gas. Circonda completamente la Terra ed è spesso circa 1000 chilometri. È nella parte dell’atmosfera più vicina al suolo che si trova l’aria che respiriamo, piove, nevica, si addensano le nubi e avvengono tutti i fenomeni atmosferici che conosciamo. Se l’atmosfera fosse diversa da quello che è – o se non ci fosse proprio – non sarebbe possibile la vita sul pianeta.

Attivisti per l'ambiente persone che si impegnano per la causa ambientale, organizzando manifestazioni, protestando o cercando di diffondere informazioni.

Carbon footprint letteralmente significa impronta di carbonio e serve a misurare le emissioni di gas serra prodotte da persone, paesi, aerei in volo, fabbriche…

CO2 è il nome che i chimici hanno dato all’anidride carbonica, un gas presente nella nostra atmosfera.

COP24 Conferenza sul clima organizzata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. I rappresentanti di quasi tutti i Paesi del mondo hanno discusso per due settimane su come mettere in pratica le decisioni prese qualche anno prima a Parigi, per limitare le emissioni di anidride carbonica.

Combustibili i combustibili sono sostanze capaci di bruciare.

Combustibili fossili sono un particolare tipo di combustibile, formati nel corso di milioni di anni, quando sostanze organiche animali e vegetali che vivevano sulla Terra

nella preistoria si accumularono finendo poi seppelliti. Nel corso di molti, moltissimi anni quelle sostanze si decomposero, trasformandosi in petrolio, gas naturale, carbone.

Deforestazione l’abbattimento di ampie porzioni di foreste a opera dell’uomo. L’effetto del taglio degli alberi è grave, perché le piante contribuiscono a tenere sotto controllo i livelli di anidride carbonica dispersa nell’ambiente, contribuendo a rallentare il riscaldamento globale.

Effetto serra è il fenomeno attraverso cui la nostra atmosfera trattiene parte del calore che arriva dal Sole, creando il clima che conosciamo. L’uomo cominciò a comprendere che cosa accadeva sopra la sua testa solo all’inizio dell’ottocento, quando i primi scienziati intuirono che c'era “qualcosa” nel cielo capace di filtrare i raggi del Sole.

Elettricità è quello che fa funzionare quasi tutto nelle nostre case: con l’elettricità accendiamo le luci e azioniamo gli elettrodomestici. È grazie all’elettricità che le fabbriche sfornano ogni giorno le decine di oggetti che ci circondano. Il problema è che spesso l’elettricità è prodotta bruciando combustibile e immettendo gas serra nell’ambiente.

FridaysForFuture sono i venerdì in cui gli studenti di tutto il mondo scelgono di non andare a scuola per manifestare. Chiedono che il pianeta Terra venga protetto e che sia loro assicurato un futuro dignitoso.

Gas serra sono i gas presenti nell’atmosfera terrestre, capaci di far passare i raggi del Sole trattenendone poi parte del calore.

Ghiacci perenni sono quegli accumuli di ghiaccio che resistono anche alla primavera e all’estate. La maggior parte dei ghiacci perenni del pianeta sono in Groenlandia e nella regione dell’Antartide.

Innalzamento del livello del mare

conseguenza dello scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello del mare ha conseguenze gravi. Gli scienziati ritengono che ampie zone oggi abitate potrebbero trovarsi un giorno sommerse.

Marcia per il clima è una grande manifestazione in cui milioni di persone protestano domandando che si intervenga a difesa dell’ambiente.

Nazioni Unite è un’organizzazione a cui aderiscono 193 stati del mondo (quasi tutti!) che si impegnano a incontrarsi per mantenere la pace e risolvere qualsiasi possibile controversia senza ricorrere alla violenza, sviluppare e mantenere relazioni amichevoli tra Paesi e promuovere i diritti umani e le libertà fondamentali di noi tutti.

Nobel è il prestigioso premio che ogni anno viene assegnato a un individuo o a un gruppo di persone meritevoli. Greta è stata nominata per il Nobel per la Pace, riconoscendo che il riscaldamento globale, se non fermato, potrebbe portare a cambiamenti tragici per tutta l’umanità.

Parlamento è dove si trovano i parlamentari, cioè le persone elette dai cittadini tramite il voto, per guidare il Paese. Le decisioni più importanti su ogni tema, quelle che riguardano il bene di tutti, vengono prese proprio in Parlamento.

Riscaldamento globale è il lento innalzamento delle temperature misurate sul nostro pianeta negli ultimi cento anni. Si parla di riscaldamento “globale” perché il fenomeno è stato registrato in tutto il pianeta, benché con gravità diverse da regione a regione. Gli scienziati calcolano che in un secolo la temperatura media si è alzata di circa 0,75 °C.

Riksdag è il Parlamento Svedese con sede a Stoccolma; è dove Greta ha deciso di manifestare per chiedere misure contro il riscaldamento globale.

Sciopero per il clima

si tratta dell’iniziativa di Greta Thunberg per protestare contro l’indifferenza generale di tutti quelli che sembravano non preoccuparsi affatto dei cambiamenti globali. Ha cominciato da sola un giorno di agosto, scegliendo di sedersi davanti al parlamento svedese invece che andare a scuola, e presto è stata seguita da moltissime persone. Ancora adesso, ogni venerdì Greta sciopera dalla scuola per spingere i politici a prendere serie iniziative per affrontare il problema.

TED Technology Entertainment Design – politici, scienziati, persone brillanti che eccellono in varie discipline salgono ogni anno sul palco del TED per tenere un discorso sulla materia che più conoscono. Le conferenze TED seguono una filosofia ben spiegata nella frase “idee che meritano di essere diffuse”.

Cronologia Una storia dell’inquinamento umano e del problema del surriscaldamento globale in poche date storiche…

1765 L’ingegnere scozzese James Watt perfezionò la macchina a vapore sviluppata da Thomas Newcomen nel 1705, trovando il modo di trasformare il vapore acqueo in movimento. Fu una delle invenzioni che resero possibile la Rivoluzione Industriale, una delle più radicali trasformazioni del modo di vivere degli uomini: le macchine cominciarono a lavorare al posto nostro, più veloci ed efficienti. Improvvisamente era possibile produrre tantissime cose con poco sforzo. Il problema era che le macchine funzionavano bruciando carbone. Insieme alla Rivoluzione Industriale cominciavano così i problemi di inquinamento ambientale.

1824 Il fisico Jean-Baptiste-Joseph Fourier intuisce che sopra di noi c’è uno strato di gas capaci di trattenere il calore del sole

1883 In diversi Paesi europei vengono fondate le prime fabbriche di automobili. Erano grandi, inaffidabili e andavano estremamente piano, superando di poco i 50 chilometri orari. Ai tempi era difficile immaginare quante automobili avrebbero circolato sulle strade di ogni Paese appena un secolo dopo, disperdendo nell’atmosfera anidride carbonica.

1952 Nel dicembre di quest’anno Londra sperimentò i catastrofici risultati dell’inquinamento fuori controllo. L’aria divenne pesante, grigia, maleodorante e lo smog impestava la città. La situazione era così grave che non si vedeva che per qualche metro davanti a sé: divenne impossibile muoversi in macchina, i mezzi pubblici si fermarono, le scuole furono chiuse. Le conseguenze sulla salute furono gravissime e per la prima volta gli inglesi rifletterono seriamente sulle conseguenze dell’inquinamento atmosferico.

1972 Nasce in Tasmania (Australia) il primo partito politico che fa della protezione dell’ambiente la sua priorità.

1973 L’idea di un partito politico “verde” piace: in Inghilterra copiano gli australiani e nasce il PEOPLE Party

1979 I rappresentanti di numerosi Paesi si ritrovano a Kyoto, in Giappone, per discutere dei problemi ambientali. Alla fine viene firmato un accordo con cui si impegnano a ridurre le sostanze inquinanti rilasciate nell’atmosfera. Molti altri incontri avvennero prima e dopo quello di Kyoto, e più passa il tempo più aumenta l’urgenza di impegnarsi in misure concrete.

1997 l’abbattimento di ampie porzioni di foreste a opera dell’uomo. L’effetto del taglio degli alberi è grave, perché le piante contribuiscono a tenere sotto controllo i livelli di anidride carbonica dispersa nell’ambiente, contribuendo a rallentare il riscaldamento globale.

2015 Dopo molti anni di discussioni sui problemi climatici, i rappresentanti di molti Paesi si trovano a Parigi per decidere come affrontare l’emergenza climatica. Si impegnano a limitare l’aumento delle temperature ben al di sotto dei 2°C.

2018 Il 20 agosto Greta Thunberg decide di non andare a scuola per protestare davanti al parlamento svedese.

Ti interessa l'argomento? Leggi anche:

1) Tonia Mastrobuoni, A Davos l’appello di Greta, la 16enne ecologista: “Sul clima dovete entrare nel panico”, «Repubblica.it», 25 gennaio 2019. https://www.repubblica.it/ambiente/2019/01/25/news/a_davos_l_appello_della_16enne 2) Gaia Scorza Barcellona, Clima, Greta scuote l'Ue. “I vostri impegni non bastano per rimediare agli errori”, «Repubblica.it», 21 febbraio 2019. https://www.repubblica.it/ambiente/2019/02/21/news/clima_greta_all_unione_europea 3) Clima, Greta Thunberg: “Noi abbiamo fatto i compiti, i politici no”, «ANSA.it», 1 marzo 2019. http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2019/03/01/ambientestudenti-in-corteo-ad-amburgo-ce-anche-greta-thunberg_6006d176-c0394f1c-b9de-52f38af50f3d.html 4) Clima, manifestazioni in tutto il mondo. Gli studenti invadono le piazze: “Solo in Italia un milione”, «Repubblica.it», 15 marzo 2019. https://www.repubblica.it/ambiente/2019/03/15/news/clima_manifestazioni_in_tutto_i 5) Giacomo Talignani, Greta, 15 anni, come il ministro francese: “Niente scuola / sciopero contro il riscaldamento globale”, «Repubblica.it», 1 settembre 2018. https://www.repubblica.it/ambiente/2018/09/01/news/greta_15_anni_come_il_ministro 6) Monica Coviello, «Non c’è nessuno “dietro” di me». Greta Thunberg risponde agli haters, «Vanityfair.com», 18 marzo 2019. https://www.vanityfair.it/news/approfondimenti/2019/03/18/non-cenessuno-dietro-di-greta-thunberg-risponde-agli-haters 7) Francesco Cancellato, Questa ragazza si chiama Greta Thunberg e sarà lei a cambiare il mondo, non i gilet gialli, «Linkiesta.it», 8 dicembre 2018. https://www.linkiesta.it/it/article/2018/12/08/questa-ragazza-si-chiamagreta-thunberg-e-sara-lei-a-cambiare-il-mondo/40381/

8) Gloria Remenyi, Sciopero Clima, quei giovani che insegnano agli adulti la coscienza ambientale, «ilsole24ore.com», 15 marzo 2019. https://alleyoop.ilsole24ore.com/2019/03/15/sciopero-clima/? refresh_ce=1 9) Gianluca Dotti, Tutte le bufale su Greta Thunberg, «wired.it», 19 marzo 2019. https://www.wired.it/attualita/media/2019/03/19/bufale-greta-thunberg/

Conosci l’inglese? Allora puoi dare un occhio anche qui: 10) Jonathan Watts, Greta Thunberg, schoolgirl climate change warrior: “Some people can let things go. I can’t”, «Theguardian.com», 11 marzo 2019. https://www.theguardian.com/world/2019/mar/11/greta-thunbergschoolgirl-climate-change-warrior-some-people-can-let-things-go-i-cant 11) Damian Carrington, “Our leaders are like children,” school strike founder tells climate summit, «Theguardian.com», 4 dicembre 2018. https://www.theguardian.com/environment/2018/dec/04/leaders-likechildren-school-strike-founder-greta-thunberg-tells-un-climate-summit 12) Masha Gessen, The fifteen-years old climate activist who is demanding a new kind of politics, «Newyorker.com», 2 ottobre 2018. https://www.newyorker.com/news/our-columnists/the-fifteen-year-oldclimate-activist-who-is-demanding-a-new-kind-of-politic 13) David Crouch, The Swedish 15-year-old who’s cutting class to fight the climate crisis, «Theguardian.com», 1 settembre 2018. https://www.theguardian.com/science/2018/sep/01/swedish-15-year-oldcutting-class-to-fight-the-climate-crisis 14) Jonathan Watts, A Teen Started a Global Climate Protest. What Are You Doing?, «wired.com», 12 marzo 2019. https://www.wired.com/story/a-teen-started-a-global-climate-protestwhat-are-you-doing/ 15) Bard Wilkinson, Climate change: Australian school children stage strike in protest, «edition.CNN.com», 30 novembre 2018. https://edition.cnn.com/2018/11/30/australia/australia-school-climatestrike-scli-intl/index.html 16) Climate crusading schoolgirl Greta Thunberg pleads next generation's case, a c. della Redazione, pubblicato online nella sezione

Europe News & Top Stories di «The Straits Times», 5 dicembre 2018. https://www.straitstimes.com/world/europe/climate-crusading-schoolgirlgreta-thunberg-pleads-next-generations-case 17) Greta Thunberg nominated for Nobel peace prize, a c. della Redazione, «Theguardian.com», 14 marzo 2019. https://www.theguardian.com/world/2019/mar/14/greta-thunbergnominated-nobel-peace-prize 18) Greta Thunberg: “Why I began the climate protests that are going global”, a c. della Redazione, «newscientist.com», 13 marzo 2019. https://www.newscientist.com/article/mg24132213-400-greta-thunbergwhy-i-began-the-climate-protests-that-are-going-global/ 19) I'm striking from school to protest inaction on climate change – you should too | Greta Thunberg, «Theguardian.com», 26 novembre 2018. https://www.theguardian.com/commentisfree/2018/nov/26/im-strikingfrom-school-for-climate-change-too-save-the-world-australians-studentsshould-too 20) Andrea Germanos, This Is Our Darkest Hour. With Declaration of Rebellion, New Group Vows Mass Civil Disobedience to Save Planet, «commondreams.org», 31 ottobre 2018. https://www.commondreams.org/news/2018/10/31/our-darkest-hourdeclaration-rebellion-new-group-vows-mass-civil-disobedience-save 21) You Are Stealing Our Future. Greta Thunberg, 15, Condemns the World’s Inaction on Climate Change, «democracynow.org», 13 dicembre 2018. https://www.democracynow.org/2018/12/13/you_are_stealing_our_future_greta