La storia del denaro. Una storia dell'economia e della società europea di oltre mille anni 883844093X, 9788838440939

Nel corso della storia, il denaro ha cambiato profondamente la sua natura e le sue funzioni: da bene rifugio a fonte di

125 51 22MB

Italian Pages 316 [319] Year 1998

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

La storia del denaro. Una storia dell'economia e della società europea di oltre mille anni
 883844093X, 9788838440939

Citation preview

Scudi, ghinee, ducati, zecchini, banconote e carte di credito: leggere la storia del denaro significa ripercorrere la storia dell'economia e più in generale della cultura materiale di una civiltà.

ISBN 88-384-4093- X

l

9 7

«Qual è la natura di quei piccoli dischi di metallo e di quei foglietti di carta che in sé sembrerebbero non avere alcuna utilizzazione pra­ tica ma che prendendo il soprav­ vento negli scambi su tutti i beni passano da una mano all'altra, quei dischetti che ognuno ha così fretta di ottenere in cambio delle proprie merci?».

Nel corso della storia, il denaro ha cambiato profondamente la sua natura e le sue funzioni: da bene rifugio a fonte di prestigio, da in­ vestimento a mezzo di scambio e unità di conto. Leggere la storia del denaro significa ripercorrere la storia dell'economia e più in ge­ nerale della cultura materiale di una civiltà. Con ricchezza di ·aned­ doti e di particolari curiosi, North racconta questa storia a partire dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente: scopriamo dunque le rivoluzionarie conseguenze del sistema monetario carolingio, gli sconvolgimenti finanziari provo­ cati dalle Crociate, il progressivo affermarsi dei banchieri fiorentini nel XIII e XIV secolo, lo spostamen­ to degli equilibri economici provo­ cati dalla scoperta delle Americhe, l'invenzione delle prime forme di cartamoneta, per arrivare fino al nostro secolo con la formazione di un moderno sistema bancario, la progressiva globalizzazione dell'e­ conomia e la trasformazione vir­ tuale dell'intera finanza mondiale. Michael North è nato nel 1954 a Monaco di Baviera. Dopo gli studi di storia e numismatica in diverse università tedesche, è diventato docente di Storia Medievale e Mo­ derna presso la Christian-Albrecht­ Universitat di Kiel. È autore di nu­ merose pubblicazioni sulla storia economica e sociale europea.

LA STORIA DEL DENARO

MICHAEL NORTH

LA STORIA DEL DENARO Una storia dell'economia e della società europea di oltre mille anni

PIEMME

Titolo originale dell'opera: Das Geld und seine Geschichte © 1994, C.H. Beck'sche Verlagsbuchbandlung (Oscar Beck), Miinchen Traduzione a cura di Ilaria Gozzini Giacosa

Sovraccoperta: Studio Aemme

I Edizione

@ 1998

-

1998 EDIZIONI PIEMME Spa

15033 Casale Monferrato (AL) - Via Tel. 0142/3361 Fax 0142n4223

del Carmine,

-

e-mail: editor@ edizpiemme.it

Stampa: arti grafiche TSG s.r.l., via Mazzini,

4 14100 -

ASTI

5

Abbreviazioni

Annales ESC d DM EHR fl. fr.

HBN kr. kro.

i2 lt. M Ml.

NNA p RM Rtl s.

$ Tlr. VSWG

Annales: Economies - Sociétés - Civilisations Denaro o pfennig Marco tedesco (Deutsche Mark) Economie History Review Fiorino o gulden Franco Hamburger Beitrage zur Numismatik Kreuzer Corona Lira sterlina (Pound Sterling) Lira tornese Marco Marco di Lubecca Nordisk Numismatisk Arsskri/t Penny Reichsmark Reichstaler Scellino (Schilling) Dollaro USA Taltero Vierteljahrschrz/t /ur Sozza!- und Wirtscha/tsgeschichte

ABBREVIAZIONI

5

Introduzione

GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

«Dagli inizi della riflessione sulle diverse manifestazioni sociali fino ad oggi ci si trova davanti a una catena ininterrotta di affer­ mazioni sulla natura del denaro e .stÙ suo carattere rispetto agli altri oggetti di scambio. Qual è la natura di quei piccoli dischi di metallo e di quei certificati che in sé non sembrerebbero avere nessuna utilizzazione pratica, ma che, contraddicendo ogni espe­ rienza e prendendo il sopravvento negli scambi su tutti i beni uti­ li, passano da una mano all'altra, quei dischi che ognuno ha così fretta di ottenere in cambio delle proprie merci?», così si chiede­ va Cari Menger nell909 nel suo saggio sul denaro1• Nel corso della storia il denaro e la sua funzione sono cambiati così come la domanda su quale sia la "natura del denaro" ha avuto, a seconda delle epoche, risposte diverse. Mentre il denaro nelle so­ cietà poco sviluppate è stato utilizzato come "bene-rifugio" e "mo­ neta di ostentazione", quale fonte di prestigio e di investimento a lungo termine, nelle moderne economie esso viene definito in ge­ nere in base alle sue tre funzioni principali: quella di mezzo di scambio, di mezzo di conservazione del valore e di unità di conto2• l C. MENGER, Geld, in: Handworterbuch der Staatswissenschaften, IV, Jena, 190o/, p. 556. Ringrazio il prof. Heinz Rieter di Amburgo per avermi fatto presente questa citazione di Menger. 2 W. GERLOFF, Die Entstehung des Geldes und die An/iinge des Geldwesens, Francoforte, 19432, pp. 31-48; sulle diverse funzioni del denaro dr. W. EHRLICHER, Geldtheorie und Geldpo­ litzk, ill: Geldtheoné, in: Handworterbuch der Wirtscha/tswissenscha/ten, III, Stoccarda 1981, pp. 374-91, e in particolare alla p. 377. Che il denaro sia prima mezzo di scambio e poi mezzo di pagamento è chiarito molto bene in: R Som.CHER, Geldfunktionen und Buchgeldschopfung, Berlino 1958, pp. 49-58.

GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

7

La funzione del denaro come mezzo di scambio è il risultato della discrepanza spaziale e temporale tral'acquisto e la vendita di beni a seguito della crescente divisione del lavoro in una eco­ nomia. Non si scambia più bene contro bene, merce contro mer­ ce, ad esempio grano contro bovini, ma il bene viene trasformato in denaro, il mezzo di scambio comunemente accettato che può essere usato in altri mercati per l'acquisto di altri beni. A causa della differenza temporale tra il momento dell'acquisto e quello della vendita è necessario poter conservare il potere di acquisto ricavato dalla vendita dei beni per un periodo di tempo lungo, fi­ no all'acquisto successivo. E in questo caso il denaro per la sua natura di non deperibilità adempie perfettamente alla sua funzio­ ne. La funzione di unità di conto, infine, permette di esprimere i valori delle merci in unità monetarie fisse e perciò di poterli con­ frontare in luoghi e momenti diversi. Quali funzioni il denaro ri­ coprì e quali materiali furono usati come den�ro è stato di volta in volta determinato dal livello di sviluppo dell'economia finanzia­ ria, vale a dire dal grado di "monetizzazione" di una società. Se l'impero romano era stato caratterizzato da un sistema mo­ netario altamente sviluppato, basato su monete d'oro, di argento e di rame, il suo declino e il periodo delle invasioni barbariche portarono al crollo del commercio e dell'economia monetaria nell'area mediterranea e nell'Europa occidentale. Dovranno pas­ sare dei secoli prima che si possano ritrovare nuovamente i rudi­ menti di una monetazione statale e un traffico di denaro interno regolari. Nel regno franco dei Merovingi, lungo il Reno, la Mosa e la Mosella, fu ripresa nel VI secolo la coniazione di monete d'oro e, agli inizi dell'VIII secolo a Dorestad, città posta all'estremità di un braccio del Reno, si ricominciò una coniazione in argento di vaste proporzioni, dalla quale prese origine la fioritura del commercio frisone: ma in realtà fu solo con la riforma monetaria dei re carolingi Pipino e Carlo Magno che furono poste le basi della storia monetaria europea. Verso il 750 Pipino mise la coniazione delle monete sotto il controllo dello stato ed eliminò i diritti di zecca degli impren­ ditori privati che producevano monete, i cosiddetti monetarii. 8

GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

Denaro di Carlo Magno, zecca di Dorestad (scala 2:1).

A partire dal regno del figlio di Pipino, Carlo, i re franchi avo­ carono a sé il controllo delle monete, dichiarandosi i soli respon­ sabili per la coniazione di monete, per la determinazione dell'u­ nità monetaria e per la creazione di zecche o officine monetarie. Carlo Magno si trovò di fronte alla necessità di creare un sistema monetario, ponderale e di misura unitario per il regno franco che stava crescendo in tutte le direzioni. Questo gli riuscì con la ri­ forma attuata negli anni 793/94, riforma con la quale la libbra romana (libra) fu sostituita dalla libbra carolingia o libbra pesan­ te (pondus Caroli), pari a 408 g, come peso base delle monete. Da una libbra di metallo si ricavavano 240 denari del peso di 1,7 g, 12 denari formavano un soldo (solidus) e 20 soldi erano quindi pari alla libbra o lira3• In questo modo fu definitivamente fissata per l'Europa occidentale una valuta d'argento che sarebbe durata senza rivali per cinquecento anni. Una durata ancora più lunga ebbe nella maggioranza degli sta­ ti europei - in Gran Bretagna addirittura fino al1971 il sistema di conto basato su denaro-soldo-lira (in inglese e in tedesco ri­ spettivamente: pennylpfennig-shilling/schilling-pound/p/und). Poiché per molto tempo la sola moneta ad essere effettiva­ mente coniata fu il denaro, il soldo e la lira rimasero a lungo mo­ nete di conto, esistenti solo sulla carta. In quelle unità di conto si -

J H. WriTHOFT, Mum;!uss, Kleingewichte, pondus Caro/i und die Grundlegung des nordeuro­ piiischen Mass- und Gewichtswesens in /riinkischer Zeit, Ostfildem 1984, pp. 87-94, 165 s.; per una visione d'insieme cfr. P. GRIERSON, Money and Coinage under Charlemagne, in: W. BRAUN­ FELS, H. SCHNITZLER (a cura di), Karl der Grosse, I, Diisseldorf 1965, pp. 501-36.

GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

9

esprimevano i prezzi delle merci, come anche il valore delle mo­ nete coniate e circolanti 4 • La coniazione delle monete fu centralizzata presso la sede im­ periale, cosa che rese più semplice l'unificazione della moneta­ zione. Tutte le monete in corso potevano essere in questo modo ritirate di tanto in tanto e sostituite da nuove. Perciò le zecche carolinge furono inizialmente concentrate nella zona tra la Senna e il Reno; il primo a istituire una zecca a est del Reno, a Ratisbo­ na, fu Ludovico il Pio, probabilmente in relazione alla divisione del regno nell'817. Durante il regno di Ludovico il Pio fu per la prima volta intaccato il privilegio di zecca del re, poiché vesco­ vati e abbazie insieme al diritto di dazio e mercato ottennero spesso il diritto di battere moneta. In seguito, sotto i sovrani franchi e sassoni, il numero delle zecche crebbe notevolmente. Oltre al re coniavano monete i duchi, in forza del loro incarico, vescovi, abati e conti, a causa dei nuovi privilegi e, con le nuove autonomie cittadine, si aggiunsero nuovi aventi diritto di zecca 5 • Se all'inizio del IX secolo nell'Europa Occidentale solo Carlo Ma­ gno e il re anglosassone Offa avevano coniato - ognuno nel pro­ prio territorio - dei denari che erano pressoché equivalenti tra loro in peso e in contenuto intrinseco di metallo - sia che fossero coniati nelle zecche di Carcassonne, Dorestad, Roma o di Can­ terbury - con la frammentazione del diritto di zecca nacque un gran numero di varianti del denaro che si differenziavano le une dalle altre in peso, titolo e tipologia. Mentre in Inghilterra il diritto di zecca rimase privilegio della corona e in Francia nel corso del XIII secolo, con i Capetingi, si ritornò al privilegio reale di zecca e mentre le ex zecche carolinge in Italia finirono nelle mani dei Comuni, nei territori tedeschi l'esercizio del diritto di zecca da parte di un gran numero di autorità rimase caratteristica fino alla fine del vecchio impero germanico ( 1 806) 6 • A causare la cessione del diritto di zecca o la sua usurpazione e 4 R. MErz, Geld,

Wiihrung und Preisentwicklung, Francoforte 1990, pp. 22-25. 5 N. KAMP, Moneta regis, dissertaz., Gottinga 1957; R. KAISER, Munzprivilegien und bischOf liche Munzpriigung in Frankreich, Deutschland und Burgund im 9.-12. ]h. , in: VSWG 63 ( 1976), pp. 289-338. 6 P . SPUFFORD, Money and its Use in Medieval Europe, Cambridge 1988, pp. 99- 1 0 1 .

10

GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

la crescente attività monetaria anche a est del Reno nel tardo IX secolo e soprattutto nel x secolo furono da un lato l'erosione politica dell'impero e dall'altra la scoperta di nuove miniere d' ar­ gento nello Harz e nella Foresta Nera. In particolare l'argento del Rammelsberg presso Goslar fornì le condizioni per una co­ niazione massiccia di denari. Le monete qui battute, i cosiddetti Otto-Adelheid-P/ennig, si diffusero come gli altri denari nel com­ mercio a lunga distanza, verso la Boemia, l'Ungheria, la Polonia e la Russia e, soprattutto, in Scandinavia, dove essi vennero spes­ so tesaurizzati, ma spesso anche usati come mezzo di pagamento. Così i tesori svedesi di epoca vichinga (nascosti tra il x e il XII se­ colo) comprendenti complessivamente circa 80.000 monete orientali, 45 .000 monete inglesi e 85 .000 monete tedesche, forni­ scono la testimonianza di un ingresso regolare di monete in quei territori. Le monete tedesche ritrovate in Svezia forniscono inol­ tre la prova che nel periodo di tempo sopraindicato circa 150 zecche nell'impero coniavano denari, che nella maggioranza ve­ nivano esportati 7 • n fatto che sia relativamente raro che si ritro­ vino ripostigli di queste monete nel territorio tedesco ha fatto sì che esse venissero definite, in base alla loro funzione, «denari per il commercio a lunga distanza» 8 • L'epoca di tali monete terminò quando con le fondazioni di nuove città e la coniazione di mone­ te da parte dei signori comunali la necessità interna di circolante aumentò. I denari divennero più leggeri e non furono più accet­ tati internazionalmente, ma solo localmente, nel posto in cui venivano coniati. n denaro per il commercio a lunga distanza di­ venne un denaro regionale, anche se alcuni denari di particolare valore, come i pfennig di Colonia continuarono a mantenere la loro importanza sovrarregionale come moneta commerciale. Con la regionalizzazione del pfennig e l'estensione del diritto di zecca, il vantaggio fiscale del diritto di zecca da parte del signore 7 G. HArz, Handel und Verkehr :zwischen dem Deutschen Reich und Schweden in der spiiten Wtkingerzeit, Lund 1 974, pp. 20-4 1 ; ID., Der Handel in der spiiten Wzkingerzeit zwischen Nordeu­ ropa (insbesondere Schweden) und dem Deutschen Reich nach numismatischen Quellen, in: K. DOwEL et alli (a cura di), Untersuchungen :zu Handel und Verkehr der vor- und /ruhgeschichtlichen Zeit in Mittel- und Nordeuropa, IV, Gottinga 1987, p. 87 . 8 G. HArz, Die Mun:zen von Alt-Lubeck, in: Offa 2 1 122 (1964/65 ), p. 262. 9 W. HAVERNICK, Der Kolner P/ennig im 12. und 13. Jh., Stoccarda 1 930. G L I INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

11

che lo deteneva passò sempre più in primo piano, visto che il co­ niare moneta, nel medioevo e all 'inizio deTI'età moderna, era un affare per colui che ne deteneva il diritto. Questo fatto richiede di essere spiegato tramite alcuni concetti base della monetazione. Ogni autorità che aveva il diritto di zecca poteva stabilire il piede monetale, vale a dire poteva decidere quante monete dovevano es­ sere prodotte da una determinata quantità di metallo . n piede mo­ netale definisce peso e titolo di una moneta. Mentre il termine pe­ so definisce il peso lordo o complessivo di una moneta, con il termine "titolo" si intende la quantità di "fino", vale a dire la quantità di metallo prezioso puro contenuta nella moneta stessa. Poiché era il signore a stabilire peso e titolo di una coniazione, egli stabiliva anche il contenuto di metallo prezioso delle sue monete. Teoricamente il valore nominale di una moneta avrebbe dovuto essere approssimativamente vicino a quello del suo contenuto in metallo o limitarsi a superarlo di quel tanto èhe serviva a coprire le spese di produzione delle monete stesse (detto "brassaggio") 10 • Ma del diritto di zecca faceva parte anche il diritto di godi­ mento finanziario (detto "signoraggio"). Quanto grande esso fosse, vale a dire quanto grande fosse la differenza tra il valore intrinseco e il valore nominale era competenza del signore emit­ tente. In questo modo egli aveva diverse possibilità per aumen­ tare il guadagno monetario: egli poteva diminuire la bontà o ti­ tolo delle monete, vale a dire con la stessa quantità di metallo prezioso coniare più monete e immetterle ugualmente in circola­ zione con lo stesso valore nominale, oppure con la stessa quan­ tità di contenuto intrinseco alzare il valore nominale delle mone­ te. L'entità del guadagno, o aggio, era legata al volume della coniazione. Perciò i signori emittenti cercavano di coniare il più spesso possibile e di produrre la maggiore quantità possibile di monete e di fare circolare le loro coniazioni in strati il più pos­ sibile ampi della popolazione 11 • Un mezzo per ottenere questo erano le periodiche renovationes monetae, vale a dire il richiamo in zecca di un tipo monetale, che 10 A. LUSCHIN VON EBENGREUTH2 Allgemeine Munzkunde und Geldgeschichte des Mittelalters und der Neueren Zeit, Monaco 1926 pp. 197-206. 11 Ibidem, pp. 254-6L ,

12

GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

veniva dichiarato fuori corso. Inizialmente creati per rifornire pe­ riodicamente un territorio di nuove monete, tali ritiri obbligati servivano alle autorità emittenti nel tardo medioevo per recupera­ re, spesso più volte all'anno, le monete circolanti e sostituirle con nuovo circolante di peso inferiore 1 2 • n ritiro delle monete procu­ rava all'autorità emittente un guadagno e al proprietario dell a mo­ neta una perdita e in tal modo costituiva anche una sorta di tassa­ zione. Se, come in molti casi, 12 denari vecchi venivano restituiti in cambio di 9 denari nuovi, ciò significava - relativamente al va­ lore nominale - una tassa sul capitale del 25 % . Perciò i signori che rinunciavano al diritto di ritirare la vecchia moneta pretendevano al suo posto il cosiddetto monetagium, che veniva richiesto in Spa­ gna, Francia e nei Paesi Bassi nel xn e XIII secolo come imposta su ogni "fuoco" o imposta di consumo sul pane e sul vino 1 3 • In un'epoca nella quale le monete venivano periodicamente ri­ tirate, esse potevano ben difficilmente svolgere la funzione di mez­ zo di conservazione del valore. Ma anche le altre funzioni del de­ naro si trovano effettivamente presenti nei primi secoli del medioevo solo isolatamente e solo in alcune regioni. Perciò alcuni storici hanno potuto vedere nell'impero carolingio una economia monetaria, mentre altri sottolineano in essa il predominio di una economia naturale o di scambio. Resta comunque poco chiaro co­ sa essi intendano per "economia monetaria" ed "economia natura­ le" 14 • Se si analizza il carattere intrinseco delle monete carolinge e ci si chiede se esse rivestivano le normali funzioni di mezzo di scam­ bio, la risposta per la maggior parte dell'impero carolingio è: no! Prescindendo dai grandi empori commerciali della Frisia, co­ me Dorestad o Domburg presso Walcheren o dei mercati citta­ dini di schiavi di Verdun o Magonza, l'Europa carolingia era dominata dal sistema curtense e quindi contrassegnata da una 12 Ibidem, pp. 260-65 ; F. VON SCHROTIER (a cura di), Worterbuch der Munzkunde, Berlino 1930, pp. 440-43 ; W. HAVERNICK, Munzverru/ungen in Westdeutschland im 12. und 13. ]h. , in: VSWG 24 (193 1 ), pp. 129-4 1 . 13 P . SPUFFORD, Munzverschlechterung und In/lation im spi:itmittelalterlichen und /ruhneuzei­ tlichen Europa, in: M. NORTH (a cura di), Geldumlau/, Wi:ihrungssysteme und Zahlungsverkehr in Nordwesteuropa 1300-1 800, Colonia 1989, p. 1 10. 14 A. DOPSCH, Wirtschaft und Gesellscha/t im/rUhen Mittelalter, in: Tijdschrift voor Rechtsge­ schiedenis 1 1 (1932), pp. 359-434; H PIRENNE, Les villes du moyen tige, Bruxelles 1929. GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

13

economia agraria. Intorno alla curtis di un signore o alla tenuta di un concessionario si concentravano diversi -poderi concessi a fa­ miglie di contadini, che dovevano lavorarli e contemporanea­ mente erano tenuti a fornire prestazioni o corvées. Ogni curtis co­ stituiva una unità economica autarchica e perciò era tanto poco presente nei mercati in veste di compratore quanto poco vi com­ parivano i contadini in veste di produttori 15 • Malgrado ciò nei territori-cuore dei Carolingi, nel bacino pa­ rigino o tra la Mosa e il Reno - condizionati da una crescente divisione del lavoro nelle terre in affitto - nell'VIII e soprattutto nel IX secolo abbiamo prove della frequentazione dei mercati da parte dei contadini. Così ad esempio la ricca abbazia di Saint­ Germain-des-Prés, presso Parigi, poteva già nella prima parte del IX secolo pretendere dai suoi contadini due denari per misura di terreno, anche se le rendite in denaro della abbazia non costi­ tuivano più del 3 % delle rendite ottenute dalf abbazia stessa sot­ to forma di prodotti e di corvées o prestazioni d'opera. L' econo­ mia dell'abbazia era ancora legata all'autarchia, poiché il denaro circolante era relativamente scarso 16 • Le monete diventavano ancora più rare se si andava nei terri­ tori al di là del Reno. Qui nessuno aveva mai visto, né posseduto una moneta e perfino la ricca abbazia di Fulda pagò nell'anno 827 del terreno dissodato e bonificato con 8 spade, 5 pezze di panno, 4 capi di bestiame, un cavallo e due paia di orecchini 17 • Ma anche nel cuore delle supersviluppate regioni carolinge nelle quali si erano stabilite tra la popolazione contadina delle fre­ quentazioni dei mercati e si erano stabiliti dei rapporti merce/ de­ naro, le razzie dei Vichinghi provocarono nel tardo IX secolo un regresso della monetizzazione. Assalendo e saccheggiando ogni porto tra Amburgo e Bordeaux i Vichingi distrussero la rete com­ merciale frisone e bloccarono gli scambi tra i mercati. Inoltre il ca­ none in argento chiamato "soldo danese" con il quale le zone con15 Sull'economia curtense, cfr. W. RùSENER, Bauern im Mittelalter, Monaco 19862 , p. 25 s. 16 SPUFFORD, Money, p. 47 . 1 7 R. DOEHAERD, Le haut moyen age occidental: économies et sociétés, Parigi 197 1 , pp. 325 ss.

Doehaerd ritiene peraltro che questo tipo di pagamento riflettesse il desiderio del venditore e che l'abbazia avrebbe avuto monete a sufficienza.

14

GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

quistate o minacciate dai Vichinghi compravano la liberazione da ulteriori saccheggi ridusse le riserve d'argento del regno carolin­ gio, anche se i pagamenti furono fatti in gran parte con il vasellame d'argento delle chiese e dei conventi 18 • La coniazione di monete ebbe un rallentamento. Ovviamente, date le circostanze, non si poteva neppure pensare a un ampliamento della economia mone­ taria. Anche dopo la riattivazione e lo sviluppo della monetazione causata dall'estrazione dell'argento nel x secolo, i denari finivano quasi esclusivamente nel commercio a lunga distanza, che era in fondo quello che più ne aveva bisogno. Così i denari venivano esportati contro pelli, pellicce, schiavi, steatite, miele e cera al nord e all'est. Al contrario il mercato interno - con l'eccezione for­ se della parte di mercato strettamente collegata agli scambi a lunga distanza - rimaneva ampiamente privo di monete, basato cioè sul baratto e sulla compensazione tra debiti e crediti. Del resto per le transazioni quotidiane i denari erano troppo grossi. Di conseguen­ za anche all'interno, in confronto con il nord e l'est europeo, in proporzione si ritrovano molto meno ripostigli di monete. In realtà nel x secolo bisogna fare i conti con differenze re­ gionali nell'utilizzazione del denaro, ad esempio tra le regioni renane e la Baviera, ma malgrado tutte le speculazioni è diffi­ cilmente provabile una circolazione di monete nelle zone a est del Reno fino all'XI secolo 19 • È addirittura verosimile che la diminuzione dell'estrazione d'argento nello Harz dopo il l 040 riducesse non solo l'offerta di argento per il commercio a lunga distanza - l'esportazione di monete verso la Scandina­ via diminuì - ma anche per il mercato interno. Solo nell'ultimo quarto del XII secolo le miniere appena scoperte nell'Europa 18 E. ]ORANSON, The Danegeld in France, Rock Island 1923 ; K. PETRY, Die Geldzinse im Prn­ mer Urbar von 893. Bemerkungen zum spiitkarolingischen Geldumlauf des Rhein-Maas- und Mo­ selraums im 9. Jahrhundert, in: Rheinische Vierteljahrsbliitter 52 (1988), pp. 30-38; ID., Monetiire Entwicklung, Handelsintensitiit und wirtschaftliche Beziehungen des oberlothringischen Raums vom An/ang dei 6. bis zur Mitte des 12. Jhs., Treviri 1992, capp. 3 e 4. 19 I-IATZ, Handel, pp. 1 08-12. Così si è ipotizzato ad esempio che non si siano ritrovate mo­ nete tedesche in ripostigli nel territorio tedesco perché l'epoca era stata così tranquilla, oppure perché il continuo ritiro delle monete avrebbe impedito il loro occultamento nella terra. P. lLISCH, German Viking-Age Coinage and the North, in: M.A.S. Blackbum, D.M. Metcalf (a cura di), Viking-Age Coinage in the Northern ùmds, I, Oxford 1981, pp. 133 s.; W. HEss, Munzstiitten, Geldverkehr und Miirkte am Rhein in ottonischer und salischer Zeit, in: B. DIESTELKAMP (a cura di), Beitriige zum mittelalterlichen Stiidtewesen, Colonia 1982, pp. 1 17-19. GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

15

centrale fornirono nuovo argento e resero possibile una pene­ trazione monetaria nell'economia e nella società. Da quel mo­ mento in poi le monete poterono svolgere su ampia base le funzioni di mezzo di scambio, mezzo di conservazione del va­ lore e di unità di conto, così che, dal punto di vista moderno la storia finanziaria europea, a differenza della storia monetaria europea, comincia solo in quel periodo. Con questa considerazione si indica anche il periodo di osser­ vazione di questo libro. Esso va dalla monetizzazione dell' econo­ mia e della società nel XII e XIII secolo fino all'Unione Monetaria Europea che, alla fine di questo se�olo, dovrebbe diventare real­ tà. Al centro dell'interesse è il mutevole ruolo che nel corso dei secoli ebbe il denaro nell'economia e nella società. Per questo scopo il presente saggio va oltre alla tradizionale storia numisma­ tica e oltre che dell'estrazione dell'oro e dell'argento e delle cor­ renti internazionali di metalli preziosi si occupa anche delle for­ me di pagamenti senza contanti, del sistema creditizio e bancario come pure delle finanze statali. Tale trattazione segue cronologi­ camente e geograficamente lo sviluppo del denaro in Italia, Spa­ gna, Francia, Paesi Bassi, Inghilterra e nei territori tedeschi. In questo modo lo spostamento del centro di gravità dal Mediterra­ neo all'Atlantico agli inizi dell'era moderna nell'utilizzazione del denaro diventa tanto evidente quanto il processo di industrializ­ zazione durante il quale ormai solo l'Inghilterra, la Francia e la Germania hanno determinato il cammino dell'economia e dello sviluppo valutario europeo. Perciò per ogni epoca si analizzeranno gli sviluppi nel settore monetario, economico e politico e i cambiamenti che ne conse­ guirono. Contemporaneamente si cercherà di fornire uno sguar­ do d'insieme della storia monetaria ed economica europea. Que­ sta sintesi si basa su diverse ricerche, svolte nel corso dei due ultimi decenni e tenta per la prima volta di rendere accessibili al grande pubblico i risultati raggiunti in esse.

16

GLI INIZI MEDIOEVALI DELLA STORIA MONETARIA EUROPEA

Capitolo l

LA RIVOLUZIONE COMMERCIALE E LA DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

li periodo tra la seconda metà del

secolo e la metà del XIV secolo fu caratterizzato da una espansione dell'economia mone­ taria sia dal punto di vista geografico sia da quello sociale. Da una parte il commercio internazionale e il traffico di pagamenti si intensificarono attraverso la rivoluzione commerciale nel sud dell'Europa e le fondazioni di città nella zona del Baltico, dall'al­ tra: il denaro raggiunse strati più vasti di popolazione attraverso l'ampliamento della produzione contadina per i mercati all'ovest e all ' est. Furono aperte nuove zecche, furono coniate nuove mo­ nete d'argento e, dopo 500 anni, si ricominciò a coniare monete d'oro e fu sviluppata la lettera di cambio come strumento del traffico di pagamenti senza contanti. XII

l. L'argento nel medioevo e la coniazione dei "grossi"

La scoperta di nuove risorse minerarie costituì la base per l' au­ mento della monetizzazione su un piano orizzontale (geografico) e verticale (sociale) . Nel 1 1 68 furono scoperte per caso le miniere di argento di Freiberg in Sassonia: «Sul fiume Saale si trova Halle, una volta un paese, oggi una grande città, in ogni caso una località nota già dall'epoca dei Romani e famosa per le sue miniere di sale . . . Una volta che, come ancora oggi accade, della gente tra­ sportava su carri del sale attraverso il territorio di Meissen verso l

·

RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

17

la Boemia, dove ancor oggi tale condimento manca, capitò loro di vedere nei solchi lasciati dalle ruote un pezzètto di piombo lucen­ te messo in luce dai rivoli d'acqua. Poiché questo minerale è noto agli abitanti di Goslar, essi lo buttarono sul carro e lo portarono con sé a Goslar. Infatti quegli stessi carrettieri caricavano da quel­ la città anche il piombo. Poiché da questo minerale si ricavò mol­ to più argento che da quello di Goslar una grande quantità di mi­ natori si recò in questa località del territorio di Meissen, dove oggi si trova la fiorente e nota città di Freiberg» 1 • Così racconta nel XVI secolo il medico e mineralogista sassone Georg Bauer, meglio noto col nome latinizzato di Agricola, la leggenda degli inizi dello sfruttamento delle miniere di Freiberg nel XII secolo. Lo sfruttamento dei pozzi di Freiberg si svolgeva secondo il procedimento tipico del medioevo. Esso iniziava con la scoperta casuale di minerali argentiferi di rame o piombo. Un po' di tempo dopo ci si imbatteva nel giacimento vero e proprio e per un periodo relativamente breve si ricavavano grandi quan­ tità di argento. Dopo che un filone ricco era stato esaurito, la produzione calava, anche se lo sfruttamento delle zone di produ­ zione meno ricche continuava, a livello più basso. Perciò lo sfrut­ tamento dell'argento a Freiberg verso la metà del XIV secolo, quando si ricavavano 550 kg di argento all'anno, aveva ormai già superato il suo apice 2 • Sembra che l'argento di Freiberg arrivasse sul mercato soprat­ tutto sotto forma di lingotti. Invece l'argento delle cave di Frie­ sach in Carinzia usciva dalla locale zecca degli arcivescovi di Sali­ sburgo sotto forma dei celebri p/ennig di Friesach. Tali monete, a causa del loro elevato titolo d'argento (940/1 000) , furono molto apprezzate nel commercio durante il primo terzo del XIII secolo. In seguito il calare della loro produzione testimonia l'esaurimento delle miniere di argento di Friesach, che, nel XIV secolo, era ormai nota solo per le sue miniere di rame . Le città di Friesach e di l GEORGIUS AGRICOLA, De veteribus et novis metallis libri II, 1546, in: ID., Vermischte Schrif ten, tradotto da G. Fraustadt, l, Berlino 196 1 , p. 85 s. 2 K. CASTELIN, Grossus Pragensis, Braunschweig, 1967 2 , p. 3. 3 E. BAUMGARTNER, Die Blutezeit der Friesacher P/ennige, in: Numismatische Zeitschrift 73 (1949), pp. 75-106.

18

l · RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

Freiberg furono messe in ombra a partire dal 1 220/1230 dai nuo­ vi giacimenti di argento scoperti nella zona di confine tra la Boe­ mia e la Moravia a Iglauer (Tihlava) , giacimenti la cui produzione annua può essere stimata intorno alle 4 tonnellate4 • Nell'Europa del sud la zona principale di produzione di ar­ gento era, a quest'epoca, quella di Iglesias, in Sardegna, le cui miniere erano sfruttate dai Pisani con l'aiuto di minatori tede­ schi. Secondo le cronache contemporanee ogni anno venivano inviate dalla Sardegna a Pisa quantità di argento fino a 5 tonnel­ late, mentre una parte veniva trasformata in monete direttamen­ te sul posto. L'estrazione dell'argento a Iglesias continuò a livelli elevati fino al 1330 circa, poi cessò gradualmente5 • Comunque tutte le miniere citate furono superate in produ­ zione nel XIV secolo dai giacimenti di Kuttenberg (Kutna Hora), in Boemia, che nella prima metà del secolo fornirono ogni anno oltre 20 tonnellate di argento. Questa ricchezza in argento della Boemia diede al re Venceslao II la possibilità di mettere su un altro piede la sua monetazione. Tutte le zecche attive nella regio­ ne furono trasferite a Kuttenberg dove ora 17 officine monetarie trasformavano in monete ogni anno da 6,5 a 6,8 tonnellate di ar­ gento. Poiché, date queste quantità, sarebbe stato irrazionale continuare come fino a quel momento a coniare denari, si passò a produrre, secondo il modello dell'Europa occidentale e meri­ dionale, un tipo di moneta più grande, il grosso di Praga, del va­ lore di 12 denari, il quale prese il suo nome dalla scritta che si leggeva sulla moneta, grossi pragenses, e non dal luogo in cui ve­ niva coniato, Kuttenberg. La massa di monete coniate in questo modo dalla zecca di Kuttenberg era prodotta soltanto con la par­ te della produzione annuale dei giacimenti di argento delle mi­ niere di Kuttenberg che spettava al re 6 • La parte maggiore del­ l' argento estratto andava ai minatori stessi o ai proprietari stranieri di partecipazioni della miniera stessa. Questi immette­ vano il loro argento sul mercato sotto forma di lingotti di forma 4 SPUFFORD, Money, p. 1 19. 5 Ibidem, pp. 1 19- 12 1 ; nel 1323/24 l'Aragona conquistò la Sardegna e prese possesso delle miniere. 6 CASTELIN, Grossus, pp. 3 -7. l- RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

19

Coniazione di monete nel medioevo, Cronaca illustrata di Spiez, Diebold Schil­ lings (XV sec.).

spesso standardizzata. Le zecche europee che compravano i lin­ gotti come materia prima, inizialmente aumentarono la loro pro­ duzione di denari. Nel corso del xrn e del XIV secolo, adeguando­ si alla domanda, esse passarono alla coniazione di nominali superiori, vale a dire di monete più grandi. La richiesta di mone20

l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

te di questo tipo era più forte in Italia, la regione più progredita dell'Europa dal punto di vista economico. Qui i denari carolingi, pesanti inizialmente 1 ,7 g, erano divenuti col tempo monete leg­ gere, il cui titolo era andato sempre calando (da 0,1 a 0,2 g di argento) . Perciò Venezia iniziò nel 1 1 94 , subito prima della IV crociata, la coniazione di una grossa moneta d'argento, il grosso, del peso di 2 , 1 9 g (fino 2 , 1 g) . Dai 40 mila marchi di argento che i crociati pagarono per il trasporto per mare fino alla Terrasanta, si poterono ricavare più di 4 milioni di grossi. Secondo la crona­ ca di Martino da Canal il doge Enrico Dandolo fece coniare i grossi per pagare i carpentieri che avevano costruito le navi per i crociati. La possibilità di pagamento con una piccola quan­ tità di monete maneggevoli era certo un argomento per l'intro­ duzione di una nuova moneta, ma c'erano anche altri motivi per essa. Ad esempio con quella nuova moneta si potevano com­ prare dalle altre città d'Italia le vettovaglie e le materie prime ne­ cessarie per l'equipaggiamento delle navi. Inoltre il doge pensò probabilmente anche all'introduzione del suo grosso nel com­ mercio veneziano in Levante. li grosso ricordava nella sua tipo­ logia le monete bizantine e poteva senza difficoltà essere usato dai Veneziani, che disponevano di più argento che di oro, per i loro acquisti nell'impero bizantino 7 • Con l'introduzione del grosso Venezia guidava, esattamente 400 anni dopo la riforma monetaria di Carlomagno, la seconda riforma monetaria europea, che doveva portare il grosso in tutta Europa nel corso dei secoli successivi. Genova, la rivale di Vene­ zia nel Mediterraneo, iniziò agli inizi del XIII secolo la produzione di monete analoghe e la produzione di grossi si diffuse rapida­ mente in tutta l'Italia del nord. Da qui i grossi si diffusero verso nord, dove il conte del Tirolo, Mainarda, li fece coniare a partire dal 127 4 prima a Bolzano, poi a Merano. Dalla doppia croce campeggiante al rovescio quelle monete presero il nome di kreu­ zer; per il loro valore, pari a 20 soldi veronesi, esse venivano det­ te anche zwanziger. Ma per la diffusione del grosso più di questi 7 F.C. LANE R.C. MUELLER, Money and Banking in Medieval and Renaissance Venice, I: Coins and Money of Account, Baltimora 1985 , pp. 1 12-22 . -

l- RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

21

"tirolini" fu importante il cosiddetto denaro di T ours o tornese. Infatti il nuovo grosso del valore di 12 denari tornesi, coniato per la prima volta in Francia da Luigi IX, il Santo, fu imitato da tutti gli altri territori. Principi e città nei Paesi Bassi e nei territori re­ nani imitarono i tornesi o cercarono di integrarli nel sistema va­ lutario del loro paese 8 • A lungo termine però furono solo i già citati grossi di Praga ad avere un successo duraturo, poiché a Kuttenberg l'argento scorreva abbondante. L'economia di tutti gli altri territori non era invece ancora matura per la coniazione di grossi. Perciò sia nei Paesi Bassi sia nella Renania e nella Vestfalia erano più che sufficienti a soddisfare la necessità di denaro locale gli sterlini in circolazio­ ne, vale a dire i pennies inglesi e le loro imitazioni localP. An­ che in Inghilterra nel 1 279 l'introduzione del grosso fallì, da una parte perché tali monete erano troppo grandi rispetto alle necessità del commercio e dall'altra perché non c'era penuria di pennies di lega e valore costante. Solo nel 13 5 1 - in un pe­ riodo di rapida crescita dei salari dopo la grande peste - i tem­ pi furono maturi per l'introduzione di un nuovo grosso, il groat (pari a 4 pennies) 10 • Per molto tempo ancora le città del nord della Germania ap­ partenenti alla Lega Anseatica si accontentarono di un piccolo denaro, il cosiddetto hohlp/ennig, pfennig cavo o bratteato, che era pari solo a un quarto dello sterlina. ll tesoretto di Kirial nello Jiitland, messo insieme verso la metà del XIV secolo, dimo­ stra con le sue 81 .422 monete, ritrovate in due paioli di bronzo, che i bratteati erano attivamente utilizzati anche nel commercio 8 Fin dal 1259 ci furono a Merano multipli di denari, i cosiddetti aquilini, H. RizzOLLI, Munz­ geschichte des alttirolischen Raumes im Mittelalter, I: Die Munzstiitten Brixen/Innsbruck, Trient, Lienz und Meran vor 1363; Bolzano 1991, capp. 3 e 4. Per i tomesi vedi: A. DIEUDONNÉ, Essai de classification du gros toumois de Louis IX à Philippe VI, in: Revue Numismatique 1907 , pp. 248-7 1 , come pure la tesi di abilitazione ancora inedita di H.-W. NICKLIS, Frankreich und das Rheinland bis zum Beginn des 14. ]hs. Wirtscha/ts-, wiihrungs- und kulturgeographische Studien zum Banner Munz/und ( 1302). 9 P. BERGHAUS, Die Perioden des Sterlings in Westfalen, dem Rheinland und den Niederlan­ den, in: HBN I (1947), pp. 34-53 ; N.J. MAYHEW, The Circulation and Imitation o/ Sterlings in the Low Countries, in: ID. (a cura di) , Coinage in the Low Countries (880-1500), Oxford 1979, pp. 54-68. IO P. GRIERSON, The Coins o/ Medieval Europe, London 199 1 , p. 1 18 s.; SPUFFO RD, Money, pp. 234-46. 22

l

-

RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

con l' estero 1 1 • Perciò la coniazione mtztata a Lubecca verso il 1 3 65 di un witten (bianco), un pezzo da quattro pfennig, corri­ spondente, dato il suo peso di 1 ,3 g, a uno sterlino, costituiva già un passo verso una moneta più grande. La coniazione di un pez­ zo da dodici pfennig, invece, falli al suo inizio. Solo nel 143 0/32 - quasi 250 anni dopo la creazione del grosso - le città anseati­ che della Germania del nord, unite in una unione monetaria, si allinearono con i loro scellini del valore di 12 pfennig alla conia­ zione europea di grossi 1 2 •

2. Le correnti dei metalli preziosi

e la coniazione dell'oro

Nel 1252 Genova e Firenze posero fine con la introduzione delle rispettive monete d'oro, il genovina e il fiorino, a una sorta di scisma monetario, che aveva diviso il mondo di allora tra una valuta cristiana d'argento e una islamica d'oro. Le cause di questo fatto sono da ricercare nel commercio internazionale e nelle con­ seguenti correnti di metalli preziosi, che esamineremo a fondo 13 • L'argento, estratto in grandi quantità, non rimaneva natural­ mente nelle città minerarie. Prescindendo per un momento dalla coniazione di monete, i minatori usavano il loro argento per comprare il cibo e i beni di lusso provenienti da lontano. Sulle strade che prendeva l'argento dalle zone minerarie forniscono in­ formazioni non solo i ripostigli di monete, ma anche le citazioni dei tipi monetali e dei lingotti nella corrispondenza commerciale. Così ad esempio sappiamo che grandi quantità di denari di Frie­ sach venivano utilizzati per l'acquisto di buoi e di vino in Unghe­ ria. Ma la zona principale di esportazione dell'argento delle zone alpine era l'Italia del nord e in particolare Venezia. In questa cit11 ]. S . ]ENSEN, MrJnt/undet /ra Kirial pa Djursland. 81422 mrJnter deponeret o. 1365, in NNÀ 1970, pp. 37-168. 12 P. BERGHAUS, Phiinomene der deutschen Miinzgeschichte des 14./15. Jhs. im Ostseegebiet, in: Kultur und Politzk im Ostseeraum und im Norden 1350-1450, Visby 1973 , p. 89; W. JESSE, Der Wendische Miinzverelfz, Braunschweig, 19682 , pp. 1 05 -7 . 13 U n po' d'oro veniva coniato anche nell'Europa cristiana, in Sicilia e nella Castiglia copian­ do modelli arabi, e naturalmente anche a Bisanzio.

l- RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

23

tà i mercanti tedeschi che alloggiavano nell'edificio dei commer­ cianti provenienti dalla Germania, il Fondaco dei Tedeschi pres­ so il ponte di Rialto, dovevano dichiarare l'argento che avevano portato con sé, come le altre merci. Diverse fonti veneziane par­ lano di argento "tedesco", ma comprendono in quello anche l'argento della Boemia. L'argento di Freiberg, invece, prese nel XII e XIII secolo un'altra via. Lo ritroviamo a Colonia,· nelle Fian­ dre e, soprattutto in forma di lingotti, nelle fiere della Champa­ gne. Così il mercante e banchiere italiano Andrea de Tolomei in­ forma i suoi soci a Siena sulle oscillazioni dei cambi delle fiere della Champagne e contemporaneamente nota il prezzo per un marco di argento non monetato di Freiberg. Le fiere della Champagne, che avevano luogo a sei date fisse nelle città di Lagny, Bar-sur-Aube, Provins e Troyes, erano dive­ nute nel XII secolo la cerniera del commercio �ra sud, ovest ed est europeo. Qui si commerciavano i panni di Fiandra e del Braban­ te, le pelli, soprattutto pelli di capra provenienti dall'Europa me­ ridionale, le pellicce provenienti dall'est e le spezie (zafferano, noce moscata, pepe, zenzero, cannella, anice, zucchero) dal Me­ diterraneo e dall'Asia che venivano vendute dai mercanti italiani. Poiché i commercianti fiamminghi compravano da quelli italiani per importi superiori al valore delle loro merci (panni) , essi do­ vevano compensare la differenza con argento, che spesso aveva­ no ricevuto dai mercanti anseatici, che da parte loro compravano panno per un valore superiore a quello delle loro mercanzie pro­ venienti dall'est. La stessa cosa accadeva con gli inglesi. In que­ sto modo era anche il surplus del commercio italiano con il nord ad attirare in Italia l'argento dalle fiere della Champagne. L' ar­ gento veniva riportato in Italia sotto forma di lingotti o di mone­ te. Tra queste un posto particolare avevano, oltre agli sterlini in­ glesi, i denari della zecca di Provins, detti provisz'nz' 14 • Una parte del surplus del denaro italiano veniva anche dato in prestito. Per14 R-H. BAUTIER, Les /oires de Champagne, in: La Foire, Bruxelles 1953 , pp. 97-147, H. THOMAS, Beitriige zur Geschichte der Champagne-Messen im 14. ]h., in: VSWG 65 ( 1977), pp. 433-67; ID., Die Champagnemessen, in: H. POHL (a cura di), Frank/urt im Messenetz Europas, Francoforte 199 1 , pp. 13-36. La presenza dell'argento di Freiberg alle fiere della Champagne è segnalata da SPUFFORD, Money, p. 1 13 . 24

l -RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

ciò un mercante italiano, anche se non vendeva niente, non aveva bisogno di portare del contante a una fiera, e poteva sempre pro­ curarsi il denaro con una lettera di cambio, detta instrumentum ex causa cambii. Ad esempio si faceva prestare i mezzi necessari per comprare un panno da un altro commerciante italiano nella Champagne e prometteva in un contratto di pagare al suo credi­ tore il denaro corrispondente a Genova. Un simile accordo era vantaggioso anche per il creditore, che in questo modo poteva trasferire il suo credito a casa, senza contanti e senza dover teme­ re la perdita di una spedizione di metallo prezioso 15 • In Sicilia e nell'Italia meridionale, invece, i Genovesi e i Pisani dovevano pagare in argento e anche il commercio con il Levante di Genova e Venezia, in continua espansione, assorbiva una cor­ rente crescente di argento. Mentre nel xrr e XIII secolo i Genovesi e i Veneziani avevano comprato in Siria soprattutto tessuti di co­ tone e di lino, zucchero raffinato e vetro e si erano procurati le spezie indiane che le carovaniere attraversavano il Levante, l'in­ teresse degli Italiani verso la fine del XIII secolo e nel XIV secolo si rivolse sempre più alle materie prime provenienti dalla Siria. Ora si importava su larga scala cotone grezzo siriano, che veniva la­ vorato in Lombardia, si raffinava lo zucchero greggio a Venezia e si impiantò a Murano un'industria veneziana del vetro che ri­ forniva il mercato europeo. In particolare attraverso una nuova via settentrionale lungo le rive del Mar Nero si portarono in Asia Minore, a partire dalla metà del XIII secolo, via Costantinopoli, Caffa, in Crimea, e Tana, sul Mar d'Azov, sempre più lingotti d'argento, che andavano ad aumentare le riserve locali, ma che in parte finivano anche in India e in Cina. Dopo l'esaurimento delle miniere d'argento dell'Asia centrale nel x secolo, nel mon­ do islamico del Vicino e Medio Oriente regnava una acuta penu­ ria di argento. Quando ancora vi si coniava denaro, si battevano monete d'oro. Per questo l'afflusso dell'argento europeo permise fin dal 1 17 4/75 la ripresa della coniazione di argento a Damasco. 1 5 Più spesso accadeva che un mercante prendesse un credito a Genova con l'instrumen­ tum e che lo ripagasse nella Champagne dopo la vendita delle merci. Vedi anche in seguito, pp. 35 ss. 1- RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

25

Il sultano Saladino aprì nuove e vecchie zecche che rimisero di

attualità il dirham. Oltre all'afflusso dell'argento europeo questa coniazione subì certo anche l'influsso delle zecche crociate nel Mediterraneo orientale (tra le altre Beirut, Tripoli, Sidone, San Giovanni d'Acri, Giaffa, Cipro) 16 • Ma oltre al commercio nel medioevo furono spesso anche fat­ tori religiosi e politici a far sì che i metalli preziosi scorressero in una direzione o in un'altra. Abbiamo già citato i crociati come fornitori di argento per le monete veneziane e le zecche crociate come modello per la ripresa della coniazione dell'argento nella zona del Mediterraneo orientale. Analoga funzione svolgevano i pellegrini che si recavano a Roma e in Terrasanta e trasferivano solo per le proprie necessità del denaro nel sud e nel sudest. Più importante era il finanziamento della curia prima a Roma e poi ad Avignone da parte dei vescovati di tutta l'Europa. Sussidi per le crociate, donazioni alla Santa Sede (l'obolo di san Pietro) e in particolare le annate e gli altri tributi, che i chierici pagavano per i benefici avuti dal papa, mettevano in moto in tutto il continente una corrente di denaro che dalla fine del XIII secolo in poi fu reso più semplice dal trasferimento di denaro senza contanti reso pos­ sibile dalle imprese commerciali italiane 17 • Non sono neppure da dimenticare la politica italiana degli Hohenstaufen o le successi­ ve awenture italiane di imperatori della casa del Lussemburgo, che come le imprese militari degli Angiò contro gli ultimi Stau­ fen, Manfredi e Corradino, fecero approdare in Sicilia enormi somme di argento dell'Europa centrale. Possiamo farci un'idea di quali somme si trattasse se pensiamo, ad esempio, che per il suo intervento a favore dell'erede normanno di sua moglie Co­ stanza in Sicilia, il re Enrico VI attinse in gran parte al riscatto di Riccardo Cuor di Leone. Il re inglese Riccardo Cuor di Leone 16 A.M. WATSON, Back to Gold- and Silver, in: EHR, II serie 20 (1967 ), pp. 1 -34; E. AsHT OR, A Social and Economie History o/ the Near East in the Middle Ages, London 1976, pp. 234-48; SPUFFORD, Money, pp. 145-56 (con buone cartine).

17 A proposito delle monete perdute dai pellegrini a Roma vedi gli scavi nella Basilica di San Pietro: C. SERAFINI, Appendice Numismatica, in A. GHETTI e altri, Esplorazioni sotto la confessione di San Pietro in Vaticano, l, Città del Vaticano 195 1 , pp. 239-244. Per i pagamenti in denaro alla curia, vedi lo studio di M.A. DENZEL, Kurialer Zahlungsverkehr im 13. und 14. ]h. Servitien- und Annatenzahlungen aus dem Bistum Bamberg, Stoccarda 199 1 . 26

l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

era stato preso prigioniero da Leopoldo d'Austria nel11 92 , du­ rante il suo ritorno dalla terza crociata, e consegnato poi all'im­ peratore Enrico VI, che lo lasciò libero solo nel11 94 dopo il pa­ gamento di un riscatto di1 00.000 marchi di argento. n re investì questa somma, pari a 23 tonnellate di argento, nella sua campa­ gna d'Italia e, al suo arrivo in Sicilia, dove circolavano solo mo­ nete d'oro e di rame, fece coniare per la prima volta denari d'ar­ gento 1 8 . Mentre l'Europa cristiana estraeva in quantità crescenti argen­ to, lo trasformava in moneta e lo esportava, nel mondo islamico fino all'arrivo dell'argento dell'Europa centrale, dominava l'oro come metallo monetato. Da dove veniva questo oro? A quell'e­ poca l'oro veniva estratto nel Sudan occidentale, presso il corso superiore del Senegal e del Niger e da lì arrivava lungo diverse rotte attraverso il Sahara a nord e a est. A differenza delle mone­ te d'argento centroeuropee, le riserve d'oro africane erano ine­ sauribili e solo i cambiamenti del commercio e delle rotte com­ merciali influenzavano le quantità d'oro che arrivavano ai diversi empori commerciali nordafricani del Magreb . n fatto che l'oro, o più precisamente la polvere d'oro, scorresse verso il nord del­ l' Africa, era dovuto al non equilibrato commercio tra i territori a nord e a sud del Sahara. n nord forniva beni di valore maggiore del sud, come i tessuti dall'Egitto e dall'Europa, vetro, rame e soprattutto sale, che in Sudan veniva altamente apprezzato e pa­ gato il suo peso in oro. n centro del commercio transahariano era Timbuctu, sul medio corso del Niger, da dove una carovaniera verso nordovest, attra­ verso Sidjilmasa, Fez, Ceuta, giungeva alla Spagna moresca e un'al­ tra carovaniera orientale, via Wargala, verso Tunisi e Mahdia, giungeva all'odierna Tunisia. Una terza via diretta verso l'Egitto aveva ormai perso nel pieno XIII secolo la sua importanza 19 . I guadagni degli empori magrebini nel commercio sahariano furono un incitamento per i Pisani e i Genovesi a prendere parte attivamente al commercio africano. Da una parte essi avevano bi1 8 SPUFFORD, Money, pp. 160 s., 390 s. 19 E.W. BOVILL, The Golden Trade o/ the Moors, London 19682 . l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFF USIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

27

Wargala •/ l

--

Argento

,.

l

-------Oro

sogno delle pellicce di pecora e delle pelli di capra per la loro in­ dustria dei pellami e inoltre acquistavano cotone, zucchero, miele e cera. D'altro canto il potere del loro denaro era qui particolar­ mente elevato, poiché l'argento, data la ricchezza d'oro del Ma­ greb, aveva li più valore che in Italia. Con l'argento introdotto dagli Italiani la dinastia Almohade fece coniare in Mrica setten­ trionale e nella Spagna del sud un mezzo dinar d'argento di forma quadrata e ridiede vita così alla coniazione dell'argento. In Europa queste monete divennero note con il nome di millarès e nelle zec­ che lungo le coste settentrionali del Mediterraneo esse furono imi­ tate in grandi quantità nel corso del XIII secolo. Perfino dei vescovi cristiani non rifuggirono dal far coniare nelle loro zecche millarès con leggende del genere "Non c'è altro Dio al di fuori di Allah", visto che la loro produzione e la loro massiccia introduzione nel­ l'Mrica settentrionale prometteva guadagnF0 • Malgrado l'importazione dell'argento nell'Mrica del nord, l'o­ ro rimase in questa regione il metallo dominante. La moneta d'o­ ro tradizionale era il dinar, che era stato creato nel VII secolo su imitazione del solido d'oro bizantino e che da quel tempo era stato coniato senza interruzione. I sovrani della Castiglia vennero 20 WATSON, Gold, p. 28

l

·

12. I millarès non sono da confondere con i miliarensi bizantini.

RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFF USIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

a contatto con il dinar d'oro durante la "Reconquista", la ricon­ quista dei territori spagnoli dai Mori, e come loro vennero a con­ tatto con quella moneta anche i sovrani normanni della Sicilia che ricevevano tributi dal Nordafrica e vendevano in quelle zone i cereali. Perciò non stupisce che i re cristiani di Castiglia nel 1240 iniziassero la coniazione della cosiddetta dobla, un doppio dinar, visto che i sudditi che avevano riconquistato erano abitua­ ti a una moneta d'oro. Già dieci anni prima l'imperatore Fede­ rico II, come re di Sicilia aveva coniato ( 123 1 ) nelle zecche di Messina e di Brindisi un doppio dinar con l'oro del canone dell'emiro di Tunisi; tale doppio dinar a causa della sua raffi­ gurazione classicheggiante e della sua leggenda (Fridert"cus Im­ perator Romanorum Caesar Augustus) fu ben presto chiamato "augustale" 2 1 • Ma più importanti per gli sviluppi successivi della coniazione dell'oro furono i cosiddetti tarì, coniati in Sicilia, a Salerno e ad Amalfi a partire dall'XI secolo. Questi quarti di dinar recavano leggende dapprima solo arabe, poi bilingui (arabe su una faccia della moneta, greche o latine sull ' altra) e nell'Italia del sud ormai si facevano con essi i grandi pagamenti: per la terra, le case, gli schiavi. Nel loro commercio con l'Italia meridionale anche i Ge­ novesi e i Pisani impararono a conoscere e ad apprezzare queste monete. Ma i tarì avevano, come il dinar e il doppio dinar, lo svantaggio che non si adattavano al sistema monetario e di calco­ lo dell'Italia settentrionale e che non avevano un titolo d'oro co­ mune. Ma poiché ormai non poteva prescindere dalle monete d'oro per il suo commercio con l'Italia del sud, la Spagna e la Sicilia e inoltre visto che il commercio di transito genovese tra il Magreb e il Levante portava sempre più oro, Genova decise nel 1252 di coniare la sua prima moneta d'oro, il genovt"no. n genovino, pesante 3 ,53 g, era di oro puro (24 carati) e cor­ rispondeva a 8 soldi genovesF2 • Firenze, che aveva anche lei bi2 1 H. KoWALSKI, Die Augustalen Kaiser Friedrich II, in: Schweizerische Numismatische Rund­ schau 55 ( 1 976), pp. 77-150. 22 RS. LOPEZ, Back to Gold, in: EHR, II serie 9 (1956), pp. 219-40; ID., Prima del ritorno all'oro nell'occidente ducentesco: I primi denari grossi d'argento, in: Rivista storica italiana 79 (1967), pp. 174-8 1 . l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

29

sogno di monete d'oro per i suoi acquisti di cereali in Sicilia, se­ guì nello stesso anno l'esempio di Genova coniando una propria moneta, il fiorino, che con il nome di /loren e di gulden doveva entrare nella storia monetaria europea. n fiorino, pesante 3 ,54 g, corrispondeva a 20 soldi fiorentini, pisani o lucchesi - tali mo­ nete, infatti, avevano, a differenza dei soldi genovesi, già perso peso o a una lira del sistema di conto in vigore. In questo modo Genova e Firenze avevano portato a termine la terza riforma mo­ netaria europea, dopo la riforma carolingia e l'introduzione del grosso. n genovina e il fiorino non si limitarono però ad essere un mezzo di pagamento riconosciuto in Sicilia e in Italia, ma conquistarono anche le fiere della Champagne, la Francia, i Paesi Bassi, l'Inghilterra e il Levante. Ad esempio quando i Mamaluc­ chi nel 1291 conquistando San Giovanni d'Acri presero l'ultima roccaforte dei crociati, nel loro bottino vi furono anche 63 0 mo­ nete d'oro, 600 delle quali erano fiorini 23 • A causa del suo orientamento commerciale verso est, Venezia era meno rifornita di oro africano di Firenze e Genova. Di con­ seguenza la città della Laguna dovette attendere a coniare oro fi­ no a quando i mercanti tedeschi oltre all'argento boemo comin­ ciarono a portare a Venezia anche l'oro ungherese. Poiché le quantità che arrivavano in città verso il 1280 promettevano la possibilità di una regolare coniazione d'oro, la zecca iniziò nel 1284 la produzione di una moneta d'oro, del peso di 3 ,54 g. (24 carati) , che dalla sua leggenda (Sit tibi Christe datus quem tu regis iste ducatus) prese il nome di ducato a partire dal 1520 circa fu poi chiamato zecchino, dal nome della zecca24 • Attraverso la coniazione dell'oro Venezia si riprometteva di abbassare il corso dell'oro che era in ascesa e così di poter man­ tenere stabile la sua monetazione d'argento. Ma questo rimase solo un pio desiderio, visto che il corso dell'oro, condizionato dal massiccio flusso dell'argento, continuò a salire fino a che l' au­ mentato sfruttamento delle miniere d'oro in Ungheria negli anni intorno al 1320 normalizzò la situazione del mercato. Dal 1330 -

23 LANE, MUELLER, Money, p. 276 s. 24 Ibidem, p. 283 s. 30

l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

in poi Venezia diede la priorità alla coniazione del ducato e alla esportazione dell'oro nel Levante al posto della tradizionale esportazione di argento 2� . Di conseguenza il ducato veneziano di­ venne nella seconda metà del XIV secolo la moneta dominante nel mercato nel Vicino e Medio Oriente. Pressappoco contempora­ neamente i Fiorentini producevano con l'oro africano circa 200.000 fiorini all'anno che fluivano soprattutto nelle zone del Mediterraneo occidentale e nell'Europa occidentale e in quelle zone funsero da modelli per le monetazioni autonome 26 •

Fiorino del 1324 (scala 2:1).

I primi gulden a nord delle Alpi furono coniati in Ungheria, che, a partire dal 1325 , non fornì più il suo oro esclusivamente all'Italia del nord, ma lo coniò in fiorini che imitavano quelli di Firenze. Anche se il santo patrono di Firenze, san Giovanni, fu sostituito da san Ladislao, l'Ungheria si ispirò per il peso e il titolo al fiorino e li conservò fino al XVI secolo 27 • Nell'Europa occidentale i tentativi di una monetazione d'oro nella seconda metà del XIII secolo erano falliti per mancanza di materia prima. Né il penny d'oro di Enrico III del 1257, né lo scudo di Luigi IX del 1270 avevano avuto un seguito. Solo dopo che la zecca francese sotto il regno di Filippo IV aveva alzato il 2� Ibidem, pp. 373-79. 26 M. BE..�OCCHI, Le monete della repubblica fiorentina, III , Firenze 1976, pp. 66-7 1 (tab. 2). 27 L. HuszAR, Der ungarische Goldgulden im mittelalterlichen Munzverkehr, in: HBN 24/26

( 1 970n2), p. 7 1 s. Nel XVI secolo i gulden ungheresi venivano chiamati ducati a causa del loro alto titolo d'oro: il titolo del gulden renano era calato nel corso del secolo. 1 - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

31

prezzo dell'oro cominciò ad affluire in Francia dal sud una quan­ tità d'oro tale da rendere possibile verso il 1303 la coniazione della chaise d'or (così chiamata per la raffigurazione del re seduto in trono). Nell'anno 133 7 , alla vigilia della Guerra dei Cent'An­ ni, c'era in Francia abbastanza oro disponibile da permettere la coniazione in grandi quantità di un nuovo ecu à la chaise. Con il milione e mezzo di écus (scudi) coniati tra il 1337 e il 1339 si vo­ levano acquisire degli alleati politici per gli scontri con l'Inghil­ terra, tra gli altri il conte delle Fiandre, il vescovo di Liittich e Giovanni del Lussemburgo 28 • ll re inglese Edoardo III, invece, pagò i suoi potenziali alleati, come l'imperatore, il duca di Bra­ bante, il conte di Geldern e quello di Hennegau e l'Olanda in fiorini, di cui si era fatto prestare un milione e mezzo di pezzi dai banchieri fiorentini Peruzzi e Bardi. L'Inghilterra cominciò a coniare monete d'oro proprie in grandi quantità solo a partire dal 1350/1360, quando i guadagni derivanti dalla fortunata ge­ stione della guerra e le entrate derivanti dalla vendita della lana cominciarono a portare oro sufficiente per la coniazione dei pe­ santi nobles (8,97 g). Ad esempio dal riscatto pagato per la libe­ razione del re francese Giovanni Il, preso prigioniero alla batta­ glia di Maupertuis, furono battuti oltre 600.000 nobles 29 • Gli scudi francesi affluirono in Olanda, tanto quanto i fiorini presi in prestito dagli Inglesi; non stupisce quindi che anche le zecche del Brabante, Hennegau, Cambrai e Geldern iniziassero a quest'epoca a coniare monete. Partigiano degli Inglesi era an­ che il re Ludovico di Baviera, che, per un servizio di due mesi con 2 .000 uomini al fianco di Edoardo, ricevette 300.000 fio­ rini, che egli probabilmente fece fondere e riconiare in scudi schilden) ad Anversa, su modello fiammingo 30 • Nel giro dei suc­ cessivi 20 anni anche i principi elettori renani intrapresero la co­ niazione di monete d'oro, i cosiddetti gulden renani, alla base dei quali erano i privilegi di zecca che l'imperatore Carlo IV aveva 28 SPUFFORD, Money, p. 277 s. 29 GRIERSON, Coins, p. 156 s.; SPUFFORD, Money, p. 282. Per i crediti dei Bardi vedi infra, p. 72 s. 30 A. SUHLE, Deutsche Munz- und Geldgeschichte von den An/iingen bis zum 15. Jh. , Monaco 1 964, p. 160 s.

32

l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

concesso agli arcivescovi di Treviri ( 1346) , Colonia ( 1346) e Magonza ( 1354 ) , come anche agli altri principi elettori tedeschi, nella Bolla d'Oro ( 1356). Le zecche tedesche, infatti, avevano so­ lo il diritto di coniare pfennig in argento, mentre il diritto di co­ niare l'oro rimase sempre dell'imperatore che lo concedeva solo occasionalmente. Gli elettori renani ricavarono dai loro dazi di transito sul Reno e sui suoi affluenti navigabili un vantaggio su tutte le altre auto­ rità emittenti tedesche. Poiché tramite i loro punti di dogana sul Reno contemporaneamente raccoglievano anche l'oro che vi si trovava, l'approvvigionamento della materia prima per le zecche era garantito in modo duraturo. li gulden renano, emesso come coniazione comunitaria dai principi elettori a partire dal 1386, divenne così nel tardo medioevo la moneta leader dell'impero e dell'Europa occidentale, utilizzato come riferimento per il si­ stema monetario e di conto 3 1 • Al di fuori del territorio monetario renano durante il XIV seco­ lo nell'impero germanico si coniò moneta solo a Lubecca. Prima tra le città tedesche, Lubecca aveva ricevuto nel 1340 dall'impe­ ratore Ludovico di Baviera il diritto di battere monete d'oro e, dopo aver comprato oro a Bruges e avere importato maestranze italiane, aveva iniziato la coniazione di gulden imitanti i fiorini di Firenze. Ma pur con una produzione di oltre 3 0.000 fl. all'anno Lubecca rimase però chiaramente indietro, se si paragonano le sue emissioni con il volume di monete d'oro coniato a Gent ( 1 00.000 negli anni 1336/3 8) e Firenze (oltre 200.000 negli anni 1344/5 1 ) , pur raggiungendo nella Germania del nord un livello che rimase ineguagliato per due decennP 2 • Altri diritti di conia­ zione dell'oro furono concessi ai signori tedeschi solo nel xv se­ colo, cosicché la maggior parte dell'impero, come pure del nord dell'Europa, rimase interamente una zona di circolazione di ar­ gento. 31 W. DIEPENBACH, Der Rheinische Munzverein, in: Kultur und Wirtscha/t im rheinischen Raum (Festschri/t C. Eckert), Magonza 1 949, pp. 89- 100; W. HESS, Das rheinische Munzwesen im 14. ]h. und die Entstehung des Kurrheinischen Munzvereins, in: H. PATZE (a cura di), Der deut­ sche Territorialstaat im 14. ]h. , Sigmaringen 1970, I, pp. 257-323 . 32 H.C. DITTMER, Geschichte der ersten Gold-Ausmunzungen zu Lubeck im 14. ]h. , in: Zeit­ schrift des Vereins fur Liibeckische Geschichte und Altertumskunde I ( 1 855) , pp. 22-78. 1 RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA .

33

3. La rivoluzione commerciale e la nuova società "monetizzata"

L'espressione "rivoluzione commerciale" è stata introdotta da Raymond de Roover come parallelo alla rivoluzione industriale della fine del XVIII e dell'inizio del XIX secolo. Egli intendeva con questo termine i sostanziali cambiamenti dei sistemi di affari e di organizzazione del commercio dei mercanti italiani del XIII secolo. I mercanti italiani non si limitarono più a comprare pan­ no fiammingo nelle fiere della Champagne, ma si stabilirono nei territori di produzione del panno fiammingo, soprattutto a Bru­ ges . All a base di questo modo di agire vi era una crescita nell'Eu­ ropa meridionale del mercato dei beni di lusso che rendeva ne­ cessaria una divisione del lavoro nel commercio e la rendeva più redditizia. TI mercante che comprava beni in terre lontane non accompa­ gnava più le sue merci con le carovane o per nave alle fiere, ma dirigeva dal suo ufficio a Genova, Firenze o Pisa gli affari com­ merciali della sua ditta. Nelle zone di produzione e nei mercati del mondo commerciale di allora avevano sede degli agenti, che compravano e vendevano sul posto, mentre carrettieri e bar­ caioli avviavano le merci, che ora potevano essere assicurate an­ che per mare, dalle zone di produzione ai mercati 33 • A questa lo­ ro presenza stabile in diversi luoghi contemporaneamente era collegato un maggiore fabbisogno di capitale che non il mercante viaggiante da fiera in fiera; infatti attraverso l'espansione del commercio sia in senso geografico sia in senso quantitativo pas­ sava ora più tempo prima che il capitale investito garantisse un ritorno. Nuove forme di società, di contabilità e di servizio di pa­ gamenti divennero necessarie. Se prima i mercanti si erano associati solo per un affare comu­ ne e dopo l'attuazione di esso erano andati ognuno per la pro­ pria strada, ora, nell'epoca della rivoluzione commerciale, i soci d'affari rimanevano legati in modo duraturo, spesso fino alla 3 3 R. DE RooVER, The Commercia! Revolution o/ the 13th Century, in: Bulletin of the Business Historical Society 16 ( 1 942 ) , pp. 34-39, ristampa in: F.C. LANE, J.C. RIEMERSMA (a cura di) , En­ terprise and Secular Change, London 1953 , pp. 80-85 .

34

l · RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFU SIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

morte di uno dei due partner. In questo modo la ditta poteva la­ vorare a lungo termine e in modo affidabile con il capitale dei due soci. Contemporaneamente, soprattutto da parte delle com­ pagnie di commercio toscane, tramite l'accettazione di investi­ menti esterni e di impiegati della ditta in qualità di soci, la base di capitale veniva notevolmente ampliata 34 • Per una ditta di que­ sto tipo con diversi soci e filiali ramificate, come era ad esempio il caso dei Bardi, da Cipro alle Fiandre e in Inghilterra, era asso­ lutamente indispensabile una contabilità precisa. A differenza del mercante delle fiere, che aveva in testa la maggior parte dei suoi affari e segnava solo gli affari straordinari, la società di commercio, come le sue filiali, doveva essere in ogni momento aggiornata sui debiti e crediti con i diversi soci. Ciò fu raggiunto dalle case commerciali toscane verso il 1 3 00 con lo sviluppo della cosiddetta "partita doppia", che con la registrazione parallela del dare e dell'avere rendeva possibile alle ditte di sfruttare il pro­ prio credito fino alle ultime riserve di liquidità 35 • Altrettanto importante per la rivoluzione commerciale della compilazione dei libri contabili, fu lo sviluppo della lettera di cambio dall ' instrumentum ex causa cambii, un contratto di cam­ bio stipulato di fronte a un notaio con il quale il debitore si im­ pegnava a restituire il prestito al suo creditore o a un suo rappre­ sentante in un altro luogo e in un'altra valuta. Documenti di questo genere ci sono giunti tramandati nell'archivio notarile di Genova, poiché i Genovesi attraverso questo strumento tra­ sferivano denaro alle fiere della Champagne e poi di nuovo in patria 36 • Proprio per il commercio di viaggio l'instrumentum ex causa cambii aveva grandi vantaggi, del genere di quelli dei biglietti di credito al portatore. Ci si poteva procurare il denaro nella valuta necessaria senza contanti, comprare la propria merce e ripagare il prestito dopo la vendita delle merci alla fiera succes­ siva o nella propria patria di origine. 34 R. DE ROOVER, Money, Banking and Credit in Medieval Bruges, Cambridge, Mass., 1 948, parte I, cap. 3 . 35 R. DE RooVER, New Perspectives on the History o/ Accounting, in : Accounting Review 30 ( 1955) , pp. 405-20; B. S. YAMEY, Bookkeeping and Accounts, 1200- 1 800, in: S. CAVACIOCCHI (a cura di), L'impresa industria commercio banca secoli XIII-XVIII, Firenze 1 99 1 , pp. 163-7. 36 R. DE RoOVER, L'évolution de la lettre de change, XIV-XVIII' siècles, Parigi 1953 , pp. 23 -42. 1 - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

35

Lettera di cambio di Francesco Datini del febbraio 1395.

Ma mentre l'instrumentum ex causa cambii, come anche il bi­ glietto di credito, richiedeva due persone, al massimo tre, il cre­ ditore, il debitore ed eventualmente una terza persona che dove­ va ricevere il pagamento della somma 3 7 , la lettera di cambio nata dall' instrumentum era basata su un sistema di pagamento molto più complicato. Essa era pensata per le necessità delle società commerciali con filiali che avevano all'estero dei rappresentanti e interessava nella sua forma classica quattro parti: colui che emetteva la lettera di cambio (emittente o traente), chi la pagava (remittente), la persona o banca a cui veniva inviata (trattario) e chi incassava il pagamento (beneficiario) . Per spiegare come funzionava questa lettera di cambio, o cam­ biale propria, ci serviremo dell'esempio seguente sulla lettera di cambio utilizzata per il finanziamento di un'esportazione di pan­ no da Bruges a Barcellona. A Bruges la persona che accettava di rimettere la lettera di cambio, concedeva al traente, cioè a colui che la sottoscriveva, un prestito in valuta fiamminga per l'acquisto di panno di lana e riceveva da lui la lettera di cambio sottoscritta. Colui che aveva sottoscritto tale "lettera di cambio", "traeva la cambiale" a un socio d'affari o banchiere a Barcellona, vale a dire gli dava l'or3 7 Secondo la terminologia attuale !'instrumentum è un vaglia cambiario, con il quale il debi­ tore si impegna a pagare nd prossimo futuro una somma di denaro nel luogo stabilito e nella va­ luta del posto.

36

l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

dine di pagare nella valuta locale la somma del prestito al bene­ ficiario indicato nel contratto, che era a sua volta un socio d' af­ fari o un rappresentante del remittente. Il remittente, da parte sua, inviava al beneficiario la cambiale e diverse copie di essa, in modo che almeno una di esse arrivasse. Il beneficiario presen­ tava al trattario la cambiale e riceveva da lui, se il trattario accet­ tava la cambiale, il suo denaro alla scadenza della cambiale. Nel frattempo i panni comprati a Bruges erano già stati venduti a Barcellona e quindi il denaro necessario per riscattare la cambia­ le era disponibile 3 8• Tramite la cambiale i mercanti avevano a disposizione nei luoghi con i quali erano regolarmente in contatto commerciale, denaro per gli acquisti senza doverlo esportare. Di conseguenza il sistema di pagamento senza contanti si diffuse nel corso del XIV secolo nel commercio degli Italiani con il Mediterraneo oc­ cidentale e l'Europa occidentale e solo quando risultavano grossi deficit nella bilancia dei pagamenti essi erano colmati con metallo prezioso. La cambiale aveva inoltre un 'altra funzio­ ne: essa permetteva di aggirare il divieto dell'usura. Poiché il diritto canonico vietava il prestito di denaro con interesse e mi­ nacciava gli usurai con l'inferno, il tasso d'interesse non poteva essere dichiarato apertamente, né fissato in anticipo. Ma na­ scondendo l'interesse dietro al corso del cambio, che sui mer­ cati europei oscillava a seconda della domanda e dell'offerta, chi prestava il denaro riceveva un "beneficio" per il suo presti­ to 3 9 . Altrimenti le imprese commerciali italiane non avrebbero certamente innalzato gli affari di cambio a uno dei loro princi­ pali rami di attività. Se si conoscevano i cambi sulle diverse piazze di cambio - e su questo si veniva informati dai rappresentanti delle diverse filiali si poteva con il trasferimento di denaro da una piazza all'altra ot­ tenere notevoli guadagni sul corso, sfruttando le fluttuazioni sta3 8 DE ROOVER, Money, p. 5 3 . L'esempio è ricavato dall'opera citata a p. 56 s. Ora vedi anche R.C. MUELLER, The Venetian Money Market. Banks Panics and the Public Debt, 1200-1 500, Bal­ timora 1 997, cap. 8. 3 9 DE ROOVER, Money, p. 52 s.; ID., The Scholastic Attitude toward Trade and Entrepreneur­ ship, in: J. KIRSHNER (a cura di), Business, Banking and Economie Thought in Late Medieval and Early Modern Europe. Selected Studies o/ Raymond de Roover, Chicago 1 974, pp. 336-45 . 1 - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

37

gionali del mercato del denaro 40 • Ad esempio in giugno e in di­ cembre, quando a Bruges vi era strettezza,"'vale a dire il contante e il credito erano scarsi, le ditte trasferivano in quella città dena­ ro, che procurava loro guadagni sul cambio e interessi elevati; al contrario, nei periodi di larghezza, in agosto e in settembre, quando i mercanti arrivavano a Bruges con molti soldi, facevano lavorare il loro denaro su altre piazze con alti guadagni 41 • n predominio dei mercanti-banchieri italiani nel traffico com­ merciale e fmanziario europeo era basato su questa precisa cono­ scenza dei mercati del denaro e delle merci. n movimento delle merci sul mercato internazionale era lento, e il bisogno di capitale era, di conseguenza, grande, e perciò il mercante italiano, attivo sia nel commercio delle merci sia in quello del denaro, poteva a secon­ da della situazione contingente del mercato dei beni e del denaro investire in uno dei due mercati, o in entrambi. A fianco delle innovazioni del traffico internazionale dei capi­ tali, si svilupparono nelle città italiane anche i primi rudimenti del pagamento senza contanti. Un ruolo chiave ebbero in ciò i cambiavalute locali e il loro tavolo di cambio, o banco, che diede il nome alla banca e al banchiere. I cambiavalute erano esperti nel riconoscere le diverse monete locali e straniere; essi conosce­ vano i corsi di cambio e le leghe ed erano in grado di distinguere tra monete autentiche e monete false. Perciò essi accettavano pa­ gamenti - a Genova già dalla fine del XII secolo - su un conto corrente, che privati e imprese commerciali aprivano presso di lo­ ro. Da questo conto corrente il cambiavalute, dietro ordine ora­ le, effettuava pagamenti su un altro conto o su conti presso altri cambiavalute. Nella misura in cui i clienti utilizzavano per i loro pagamenti la "moneta di banco" o "moneta scritturale" vale a dire non prelevavano i loro depositi in contanti, il capitale a di­ sposizione del cambiavalute aumentava. In questo modo egli po­ teva offrire ai suoi clienti crediti allo scoperto e anche piccoli cre­ diti a mercanti, artigiani e allo stato. 40 R. C. MUELLER, «Chome l'ucciello di passagio»: ta demande saisonnière des espèces et le mar­ ché des changes à Venise au moyen age, in: JOHN DAY (a cura di), Etudes d'histoire monétaire, Lille 1984, pp. 1 95-239. 4 1 DE ROOVER, Money, p. 66 s.

38

l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

Banco di un cambiavalute genovese (Ms. XIV sec.).

Particolare importanza rivestivano i conti del cambiavalute per le compensazioni e quindi per l'intensificarsi del traffico del­ le cambiali. L'emittente di una cambiale, ad esempio, la traeva su un cambiavalute, il quale, alla scadenza della cambiale stessa, la pagava dal conto dell'emittente accreditando l'importo sul conto del beneficiario 42 • La grande importanza della moneta di banco nel sistema dei pagamenti, che rese possibile un rapporto razio­ nale con il metallo prezioso disponibile, era però nei secoli XIII e XIV ristretto all'Italia settentrionale, nella quale una provvista di denaro superiore alla media e un alto grado di monetizzazione della società garantivano in qualunque momento la copertura della moneta di banco con moneta metallica. Di conseguenza il sistema di pagamento senza effettivi entrò solo molto lenta­ mente in uso nei paesi dell'Europa occidentale e centrale nei quali la monetizzazione procedeva più lentamente. In tali paesi erano ovviamente attivi anche nei secoli XII e xni dei cambiavalu­ te, che cambiavano in valuta locale le monete straniere, che com42 Seguo qui un testo ancora inedito che devo alla cortesia del professor Reinhold Mueller (Venezia). TI testo è stato utilizzato come base per la produzione televisiva: "La Repubblica del denaro" (Die Geldrepublik) (diffusa dalla WDR/ARTE) e pubblicato in versione abbreviata in M. NORTH (a cura di), Von Aktie bis Zoll. Ein historisches Lexikon des Geldes, Monaco 1 995, pp. 32-35. Ora vedi MUELLER, Money Market, parte I. l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFU SIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

39

merciavano in metallo prezioso e, a volte, coniavano anche mo­ nete, ma una vera funzione bancaria da parte di cambiavalute privati è provata a Bruges, come anche nelle città renane o nella Germania del nord, solo a partire dal XIV e xv secolo 43 • Ancora più arretrato era il commercio anseatico che, fino al xv secolo, non raggiunse il volume di affari che aveva reso possibile il pas­ saggio alla creazione di imprese commerciali con filiali all'estero o l'uso delle cambiali e della partita doppia. Per i loro acquisti nel nord e nell'est i mercanti anseatici do­ vevano pagare in contanti, con argento, aringhe, cereali, lino e canapa, come pure pellicce, pelli, cera e talco. Per il commercio stagionale con le Fiandre e l'Inghilterra certificati e obbligazioni di credito dalle due parti facevano durare a lungo le riserve di contante, fino a che non risultavano deficit commerciali troppo grandi. Contemporaneamente gli esportatori di lana anseatici li­ mitavano i rischi del trasferimento di contante oltremare in In­ ghilterra verso la fine del XIII secolo e l'inizio del xrv prestando al re d'Inghilterra denaro sul continente e facendoselo ripagare in Inghilterra, per comprare lì la celebre lana inglese. TI mondo anseatico non era compreso nel sistema italiano delle piazze di cambio, anche se Bruges dalla metà del XIV secolo svolgeva una funzione di cerniera tra il mondo economico anseatico e quello dell'Europa meridionale 44 • Le cause delle differenze tra la zona mediterranea e l'Europa occidentale e centrale nelle tecniche di commercio e di credito, nel metallo della valuta circolante e nella funzione dei tipi mone­ tali sono da ricercare nel diverso grado di monetizzazione delle società, vale a dire nella diffusione dell'economia monetaria. In generale si considera un fatto certo che il dissolversi nel XII e XIII secolo del sistema di economia curtense risalente all'età carolin43 W. VON STROMER, Funktionen und Rechtsnatur der Wechselstuben als Banken im intema­ tionalen Vergleich, in: A. VANNINI MARx (a cura di), Credito, banche, e investimenti, Firenze 1985 , pp. 229-54 ; DE ROOVER, Money, parte III. 44 A. ATTMAN, The Bullion Flow between Europe and the East, 1 000-1 750, Giiteborg 1 98 1 , pp. 61 -67; I.-M. �TERS, Hansekaufleute als Gliiubiger der englischen Krone (1294-1 350), Colonia 1 978; V. HENN, Uber die An/iinge des Brngger Hansekontors, in: Hansische GeschichtsbHitter 107 ( 1 989), pp. 43 -66; R SPRANDEL, Das mittelalterliche Zahlungssystem nach hansisch-nordischen Quellen des 13.- 15, Jhs. , Stoccarda 1 975 , pp. 46-50.

40

l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

gia diede un notevole impulso alla economia monetaria dello strato contadino. Le curtes di proprietari terrieri coltivate da ser­ vi della gleba furono sciolte, o creando in esse piccoli poderi o affittando ai contadini liberati parcelle agrarie più grandi. Le corvées agricole furono sostituite da tributi in denaro o in pro­ dotti della terra, cosa che diede alle imprese contadine una mag­ giore autonomia4 5 • La loro produzione per il nascente mercato cittadino aumentò e diede loro la possibilità di ricavare del denaro. Ma anche i pro­ prietari terrieri, che ora ricevevano rendite in denaro dai loro contadini, potevano rifornirsi del necessario presso i mercati cit­ tadini, visto che gli artigiani cittadini facevano dei prodotti mi­ gliori e più a buon mercato di quanto avevano fatto fino a quel momento i sudditi dei loro fondi. Perciò anche le vecchie presta­ zioni di servizio sulla pars dominica del fondo diventarono super­ flue e furono sostituite da tributi in denaro. n dissolvimento del sistema agricolo basato su affitti e corvées e lo sviluppo che ne derivò delle rendite in denaro si svolse nella Europa rurale in modo non unitario, come risulterà chiaramente dall'esempio seguente: in Italia, nella quale il sistema di rapporti fondiari non era comunque mai stato così diffuso come nell'Eu­ ropa occidentale e centrale, il suo dissolvimento si svolse paral­ lelamente allo sviluppo delle città nei secoli XI-xrn. I contadini si inurbarono, i paesi divennero cittadine, la commercializzazio­ ne della produzione agricola, vale a dire il suo orientamento sul mercato era fin dal xn secolo in pieno sviluppo. Così ad esempio un proprietario terriero di Arquà poteva vantarsi nel 1 1 96 di avere il miglior contadino del paese, perché quello gli aveva pre­ stato del denaro 46 • Canoni che, come nella Toscana della metà del xrn secolo, erano costituiti da cereali, denaro e pepe, sono la prova di stretti contatti dei contadini con i mercati, visto che dovevano comprare il pepe. Inoltre fin dal XII secolo si stabilì un sistema di patti agrari a 45 RòSENER, Bauern, r· 37. 46 P. JONES, Medieva Agrarian Society in its Prime: Italy, in: M. M.

PosTAN (a cura di), The Cambridge Economie History of Europe, I: The Agrarian Life of the Middle Ages, Cambridge 19662, p. 402. l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

41

tempo determinato che a poco a poco soppiantò l'usofrutto a lungo termine contro canoni fissi. Infatti i proprietari terrieri ita­ liani per primi avevano ormai capito che canoni a lungo termine pagabili in denaro diminuivano il loro reddito a causa della sva­ lutazione del denaro che in queste zone era più rapida che nel resto dell'Europa. I proprietari terrieri favorivano perciò il siste­ ma già da tempo in uso di gestione del podere a mezzadria, con­ tratto secondo il quale i redditi agricoli, sia che si trattasse di ce­ reali, sia di olive o bestiame, venivano divisi a metà tra il contadino e il proprietario del fondo. Si può vedere questo siste­ ma come un ritorno in pratica a un'economia naturale, ma esso era in realtà il tentativo riuscito da parte dei proprietari di par­ tecipare direttamente all'aumento dei prezzi per i prodotti agri­ coli in un periodo di rapida svalutazione del denaro. Nel resto dell'Europa solo nelle Fiandre, che, dopo l'Italia, era la regione economicamente e monetariamente più sviluppata d'Europa, aveva ancora importanza la mezzadria nella ammini­ strazione dei latifondi. In Francia e in Germania la maggioranza dei contadini sfruttava la propria terra con un contratto enfiteu­ tico , pagando un canone in natura e in denaro. Generalizzazioni dal punto di vista dei tipi di rendite non sono possibili, anche se si possono però ricon oscere, su base regionale, certe tendenze. Co­ sì, per esempio, nel Rossiglione durante il XII secolo i tributi dei contadini erano in prevalenza costituiti da prodotti della terra, mentre a partire dalla fine del XII secolo e durante il XIII secolo essi furono sostituiti dal denaro come nella Picardia, nella Norman­ dia, nella Linguadoca, nel Poitou o nella Borgogna47 • Nei paesi tedeschi si sostituirono le corvées con canoni in de­ naro e in natura nel XII e XIII secolo e si diedero le terre anche in enfiteusi. Canoni in derrate o in denaro avevano spesso un egual valore come è ad esempio il caso nei rescritti della abbazia di Werden nella Ruhr. Una sostituzione a lungo termine del canone in natura con rendite in denaro non è quindi dimostrabile con 47 F. GANSHOF, A. VERHULST, Medieval Agrarian Society in its Prime: France, The Low Coun­ tries and Western Germany, in: M.M. POSTAN (a cura di) , The Cambrzdge Economie History o/ Europe, I, p. 329; R. FoSSIER, La terre et les hommes en Picardie jusqu'à la /in du XIII' siècle, Parigi 1968, pp. 320-24 , e 576-93 . 42

l - RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

sicurezza. Anche se nei rescritti e nei patti agrari si stabilivano prestazioni in denaro, sembra che poi i proprietari del fondo ab­ biano accettato anche pagamenti in derrate, nel caso che i con­ tadini mancassero di denaro. Questa tematica è stata approfondita per la sola Baviera da Philippe Dollinger. Egli poté provare un regresso nella coltiva­ zione diretta da parte dei proprietari terrieri, l'eliminazione delle corvées e un aumento di pagamenti in denaro a partire dal XII se­ colo in poi. L'iniziativa partì dai contadini che vedevano nelle corvées un ostacolo alla loro attività economica. Al posto di esse il padrone delle terre stabilì una rendita in natura - non più in manufatti contadini - in denaro. Malgrado ciò il processo di mo­ netizzazione nei rapporti tra padrone del fondo e contadino fu molto lungo. A parte il caso di paesi lontani, per i quali era dif­ ficile effettuare dei controlli sulle consegne di derrate alimentari e dove, al posto di quelle, si pagava in denaro, in genere i canoni in natura superavano i pagamenti in denaro. Questo era partico­ larmente evidente presso i proprietari terrieri laici. Così ad esem­ pio nel XIII secolo nel distretto di Dachau 60 fattorie pagarono canoni in derrate e solo 5 in denaro 48 • Anche se le entrate in de­ naro del distretto vanno aumentando fino alla fine del secolo, es­ se rimangono limitate in confronto al valore delle derrate. Que­ sto valore più basso dei canoni in denaro, come anche il fatto che non tutti i contadini pagavano in denaro, è la prova di differenze nelle riserve di contante e nella produzione di beni da vendere tra le diverse fattorie. Nei territori del nord, centro e sud della Germania possiamo allo stesso modo parlare solo di un lento progredire della econo­ mia monetaria nel XIII e XIV secolo. Un primo contributo alla mo­ netizzazione fu fornito qui dall'ampliamento delle terre sfruttabi­ li e dalla colonizzazione nelle zone orientali. I contadini che prendevano parte all a conquista di terre con il dissodamento e la bonifica, ricevevano i loro poderi in uso ereditario e dovevano, dopo la fine di un certo numero di "anni liberi", pagare un ca­ none fisso di denaro e una quantità fissa di derrate. Rispetto que48

PH. DoLLINGER, Derbayerische Bauernstand vom 9. bis zum

13. ]h. , Monaco 1982, pp. 140-46.

l . RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

43

ste prestazioni, di . cui il colono conosceva in anticipo l'entità, la proprietà di un fondo più grande, il diritto ereditario di sfrutta­ mento e l'autonomia giuridica erano ciò che rendeva attraente il partecipare all'impresa di colonizzazione nelle zone del basso e del medio corso dell'Elba e nelle marche da lì inizianti di Branden­ burgo, Meclenburgo, Pomerania, Prussia, Pomerelia, come anche nello Schleswig-Holstein. I principi e i proprietari terrieri tedeschi e slavi nelle nuove zone di colonizzazione che con l'aiuto di impre­ se di colonizzazione, i cosiddetti locatari, attraevano i coloni, non avevano dalla colonizzazione solo il vantaggio dell'ampliamento delle terre, ma per la prima volta avevano un reddito calcolabile in denaro invece dell'approvvigionamento dei beni di necessità quotidiani attraverso le prestazioni agrarie e artigianali della popo­ lazione slava, che era stato in vigore fino a quel momento 49 • Per la monetizzazione del nord e dell'est della Germania furo­ no di importanza quanto meno pari alla colonizzazione agricola delle zone orientali anche le fondazioni di nuove città, ad esem­ pio gli insediamenti urbani sul Baltico fondati nel XIII secolo sul­ l' esempio di Lubecca. Attraverso la concentrazione di artigiani nelle città nacquero per la prima volta delle relazioni merce/ de­ naro tra la città e la campagna circostante, visto che la città era dipendente dalla campagna per l' approwigionamento di derrate alimentari e materie prime e a lungo andare per i contadini era vantaggioso comprare in città dei manufatti migliori piuttosto che farseli da soli. Indizi per una penetrazione del denaro nelle regioni rurali sulla via dei rapporti città-campagna, ci vengono dai ripostigli di mone­ te che per il XII secolo si trovano in Germania in discrete quantità, ma solo a partire dal XIII secolo crescono in quantità e estensione, mentre le monete tedesche nei secoli precedenti erano in circola­ zione in prevalenza all'estero e non nel territorio tedesco50 • Nell'insieme si può riscontrare un chiaro calo nell'uso del de49 Su questo tema in generale vedi: W. SCHLESINGER (a cura di), Die deutsche Ostsiedlung des Mittelalters als Problem der europiiischen Geschichte, Sigmaringen 1 975 ; per le prestazioni fomite dalla popolazione slava vedi K. MODZELEWSKI, Chlopi w monarchii wa.esnopiastowskiej, Wroclaw 1987. 50 W. illVERNICK, Epochen der deutschen Geldgeschichte im /ruhen Mzttelalter, in: HBN 9/10 (1955/56), pp. 7-9.

44

l

-

RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

naro nelle campagne, sempre più marcato se si estese dall'Italia attraverso le Fiandre, la Francia, la Germania dell'ovest e del sud verso la Germania del nord e dell'est, che trovò la sua espressio­ ne nel commercio, nel credito e nei tipi di monete utilizzate. Le riserve di metallo prezioso aumentate a causa dell'estrazione di argento in tutta l'Europa furono la condizione per la monetizza­ zione come anche per la rivoluzione commerciale. La distribu­ zione del metallo prezioso e con essa l'approvvigionamento mo­ netario di una regione furono però effettuati dal commercio e così il metallo prezioso affluì nelle regioni del sud dell'Europa, da dove provenivano le merci più preziose e in maggiore quan­ tità, e solo in minima parte nel nord. Allo stesso modo erano ripartite le riserve di denaro contante disponibile per il processo di monetizzazione. Tuttavia esse rag­ giunsero per la prima volta nella storia monetaria del medioevo per il traffico del denaro strati più vasti della popolazione. Da quel momento in poi le case dei principi e dei proprietari terrieri si adeguarono progressivamente all'uso della moneta, che a sua volta stimolò il commercio europeo di beni di lusso.

1- RIVOLUZIONE COMMERCIALE E DIFFUSIONE DELL'ECONOMIA MONETARIA

45

Capitolo 2

LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

li tardo medioevo fu caratterizzato dalla seconda metà del

XIV

secolo fino al xv secolo avanzato dalla penuria di metalli preziosi e dalla contrazione monetaria. L'estrazione di metalli preziosi in Europa si esaurì e le zecche calarono la loro produzione, se pure non la sospesero del tutto. L'offerta di denaro diminuì. Durante questo periodo l'Europa soffrì per una depressione economica, la peste e le numerose guerre decimarono la popolazione europea, l'economia agricola languì, il commercio subì una stagnazione.

l . La penuria di metalli preziosi

e la produzione monetaria

Nel corso del XIV secolo la produzione di argento delle miniere che erano state così ricche nel corso dei secoli XII e XIII era in gran parte venuta a mancare. li metallo ricavato dallo sfruttamento di Kuttenberg e Iglesias riuscì fino alla metà del XIV secolo a com­ pensare l'esaurimento di Freiberg o di Iglau, ma quando, nella seconda metà del secolo, la produzione di Kuttenberg diminuì e poi, durante la guerra contro gli Hussiti, finì, e quando Iglesias cessò del tutto di produrre argento, sul mercato giungeva ormai pochissimo argento nuovo 1 • l

CASTELIN, Grossus, pp. 9, 3 1 -38. 2 - L A PENURIA D I METALLI PREZIOSI E L A CONTRAZIONE MONETARIA

47

Questo fu ancora poco evidente nel XIV secolo, poiché la pro­ duzione dell'oro ungherese crebbe fino al 13 80 circa, e solo do­ po questa data cadde a un livello più basso 2 • A partire dal tardo XIV secolo anche l'oro del Sudan affluì sempre meno, poiché le invasioni dei Tuareg danneggiavano il commercio transahariano. Questo significò per Genova, come per Firenze, Marsiglia o Bar­ cellona una limitazione nel commercio con il Levante, poiché venne a mancare l'oro necessario su quel mercato per l'acquisto delle spezie. I Genovesi si concentrarono invece sull'importazio­ ne di allume, damasco, cotone e altre merci da Chio e dall'Asia Minore 3 • Nella crisi generale di liquidità solo Venezia disponeva ancora dell'oro ungherese e dell'argento dall'Europa centrale e dai Bal­ cani e poté così accaparrarsi il commercio delle spezie. Ogni an­ no Venezia mandava oltre 300.000 ducati per l'acquisto di merci nel Vicino Oriente, cosa che riduceva ulteriormente la disponibi­ lità europea di metallo prezioso 4 • Nel tardo xv secolo l'Europa occidentale acquistò beni dalla Siria e dall'Egitto per un valore di 660.000 ducati, 260.000 dei quali furono pagati con l'esporta­ zione di manufatti europei e i rimanenti 400.000 con forniture di metalli preziosi; 400.000 ducati corrispondevano in valore a un flusso di metallo prezioso di 1 .420 kg d'oro o 16.500 kg di argen­ to e superavano di un terzo la produzione monetaria annua dei Paesi Bassi borgognoni e dell'Inghilterra'. L'Europa occidentale non aveva comunque una bilancia dei pagamenti in passivo solo con il Vicino Oriente: anche la zona baltica e il mercato russo erano infatti territori nei quali l'argento europeo occidentale affluiva, poiché panno, sale, pesce e le for­ niture di prodotti finiti dall'occidente avevano un valore molto 2 O. PAULINYI, The Crown Monopoly o/ the Re/ining Metallurgy o/ Precious Metals and the Technology o/ the Camera! Re/ineries in Hungary and Transylvania in the Period of Advanced and Late Feudalism (1325- 1 700) with Data and Output, in: H. KELLENBENZ (a cura di), Precious Metals in the Age o/ Expansion, Stoccarda 1 98 1 , p. 37. 3 J. DAY, The Great Bullion Famine o/ the Fi/teenth Century, in: Past and Present 79 ( 1 978), p. 3 9 s. 4 DAY, Bullion Famine, p. 1 1 . 5 E. AsHTOR, Les métaux précieux et la balance des payements du Proche-Orient à la basse épo­ que, Parigi 1 97 1 , pp. 65-96; ASHTOR, Social History, pp. 3 19-3 1 ; J. MUNRO , Bullion Flows and Monetary Contraction in Late-Medieval England and the Low Countries, in: J.F. RICHARDS (a cura di), Precious Metals in the Later Medieval and Early Modern Worlds, Durharn, N.C., 1 983 , p. 1 0 1 . 48

2 - L A PENURIA D I METALLI PREZIOSI E L A CONTRAZIONE MONETARIA

inferiore a quello delle importazioni di cereali o di legna dalla Prussia e dalla Polonia o delle spedizioni di pellicce e di cera dal­ la Livonia e dalla Russia 6 • Oltre alle monete che venivano esportate in altre zone com­ merciali, molte altre monete andavano perse per la circolazione europea, perché venivano rifuse, perdute o tesaurizzate. Le per­ dite di questo tipo furono diverse da paese a paese e da epoca a epoca e non sono perciò valutabili con precisione. n solo dato che è possibile constatare è che in tutta l'Europa si registra un aumento della tesaurizzazione del denaro da parte della popola­ zione. Una simile accumulazione di denaro sottraeva dalla circo­ lazione a breve o lungo termine del contante, se pure tale denaro non era sottratto per sempre, perché fuso e riutilizzato per og­ getti d'oro o d'argento, stoffe preziose, decorazione di interni ecc. Naturalmente in caso di necessità parte di questo metallo poteva essere rimesso in circolazione portandolo alla fusione e alla riconiazione o prestandolo. n tardo medioevo fu un'epoca di intensa tesaurizzazione mo­ netaria: per i secoli XIV e xv si registrano più ripostigli di monete che per il secolo precedente e per il successivo. L'occultamento, che andava ben oltre alla normale tesaurizzazione quotidiana, può essere spiegato per il tardo XIV e per l'inizio del xv secolo come una naturale reazione della popolazione alle pestilenze, guerre e faide che regnavano a quest'epoca nell'Europa occiden­ tale. D'altra parte l'occultamento di denaro può anche essere vi­ sto come una risposta razionale alla caduta dei prezzi e alla de­ pressione economica generalizzata. n metallo prezioso monetato si riduceva d'altra parte anche attraverso l'usura delle monete durante la circolazione e attra­ verso la manipolazione truffaldina delle monete stesse (tosatu­ ra) . Da ricerche sull'Inghilterra, i Paesi Bassi borgognoni e la Germania del nord nel XIV e xv secolo, si ricava che queste per­ dite di peso interessavano annualmente lo 0,2 % ; e ciò significò per l'Inghilterra tardomedioevale che su una massa monetaria 6 ATIMAN, Bullion Flow, pp. 61-67 . 7 MUNRO, Bullion Flows, p. 107; M. NORTH,

Geldumlau/ und Wirtscha/tskonjunktur im sudli­ chen Ostseeraum an der Wende zur Neuzeit (1440- 1570), Sigmaringen 1 990, p. 127 s. 2 . LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

49

Seppellimento notturno di monete in un vaso di terracotta (Ms. Boethius,

XV sec.).

di f, l milione «nel corso eli ogni decennio 7 tonnellate eli argen­ to si volatilizzarono» 8 • Quali conseguenze ebbe la crescente penuria di metalli prezio­ si sulla produzione monetaria europea? Secondo le stime di John Day nei periodi 133 1 -40 e 149 1 - 1500 la produzione monetaria europea globale si ridusse eli circa 1'80 % (diagramma della pagi­ na seguente). Tale calo non awenne però in modo regolare, poi­ ché vi furono fasi di maggiore penuria di metalli come tra il 1395 - 14 15 e il 1440-60 e periodi di ripresa della produzione mo­ netaria ( 1420-3 0) e inoltre vi furono anche differenze regionali. In Italia Firenze limitò drasticamente la coniazione dell' argen­ to e soprattutto la produzione del fiorino, così che l'emissione d'oro verso la fine del xv secolo ammontava a meno di un deci­ mo della produzione monetaria dell'anno 1338. Anche la conia­ zione d'oro di Genova si ridusse notevolmente, pur essendo compensata in parte da una maggiore monetizzazione dell' argen­ to 9 • Solo Venezia poté avere ancora, grazie all'argento estratto dalle miniere bosniache e serbe di Srebmica e Novo Brdo, una 8 N.]. MAYHEW, Numismatic Evidence and Falling Prices in the 14th Century, in: EHR, II serie

27 (1977), p. 3 . 9 DAY, Bullion Famine, p . 126 s.

50

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

Diagramma della produzione monetaria europea nel tardo medioevo (in kg). 4000

2000

o

1 401 - 1 0

1 49 1 - 1 500

1 40 1 - 1 0

1 49 1 - 1 500

600

400

200

o

1 33 1 -40

Fonte: Day. Monetary Contraction. p. 20.

notevole produzione di grossi d'argento per l'esportazione, an­ che se essi divennero sempre più leggeri. Ma dopo che i Turchi negli anni 1450-60 ebbero occupato la Serbia e la Bosnia, si fer­ mò anche l'approvvigionamento di Venezia, motivo per cui le massicce esportazioni di metallo prezioso in Oriente provocaro­ no gravi strettezze di mezzi di pagamento 10 • Per la maggior parte degli stati e dei paesi europei un fenome­ no di questo genere non era nuovo, poiché essi lottavano con il I O SPUFFO RD, Money, p. 359 s . ; R. C. MuELLER, La crisi economico-monetaria veneziana di metà quattrocento nel èontesto generale, in Aspetti della vita economica medievale,· Firenze 1 985 , pp. 545-56.

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

51

problema della penuria del denaro da più tempo dei Veneziani. Quando nel 145 1 una nave piena di merci del mercante francese Jacques Cceur entrò nel porto spagnolo di Valenza, gli abitanti non avevano denaro con cui comprare le merci 11 • Analoga era la situazione di Barcellona, dove la zecca non aveva argento da monetare e il capitano Jacques Cceur fu accusato di esportazione illegale di metalli preziosi. Anche in Francia, dove le zecche reali furono utilizzate, all'inizio della Guerra dei Cent'Anni e ancora una volta alla fine di tale guerra, per finanziare la guerra con l'e­ missione di monete cattive per le parti in lotta, la maggioranza delle zecche rimase chiusa durante gli anni critici tra il 1440 e il 1460 e solo Parigi, T olosa e Montpellier continuarono la pro­ duzione. Jacques Cceur tentò in realtà, attraverso lo sfruttamento di minerali di piombo argentifero nella regione di Lione di ricava­ re argento per le zecche e per il suo commercio mediterraneo, ma il ricavo delle miniere rimase notevolmente inferiore alle enormi somme che si erano dovute investire per la perforazione, l' aerazio­ ne e il prosciugamento dei pozzi 1 2 • La produzione sulla quale siamo meglio informati è quella dei Paesi Bassi borgognoni di quest'epoca, poiché i conti degli zec­ chieri delle zecche ducali, fino al 1420 per le Fiandre e poi per l'intero stato, ci sono pervenuti quasi integralmente. Essi mostra­ no nel xv secolo un regresso nella produzione monetaria annua a un terzo rispetto alla produzione del XIV secolo 13 • Nel 1458 la co­ niazione dell'argento fu sospesa del tutto per alcuni anni e nel 1462 tutte le zecche chiusero per 4 anni, poiché i maestri zec­ chieri a causa dell'enorme aumento del prezzo dei metalli prezio­ si non potevano più garantire l'approvvigionamento di oro e ar­ gento per le zecche. A prima vista la produzione monetaria inglese ebbe un anda11 M. MOLLAT, Der konigliche Kau/mann Jacques Ca!ur oder der Geist des Unternehmertums, Monaco 1 99 1 , p. 1 18. 1 2 DAY, Bullion Famine, p. 42; MOLLAT, Jacques Ca!ur, pp. 185-97. 13 MUNRO, Bullion Flows, p. 1 19: 1355-64 100 1390-99 29,1 1425-35 58,9 1470-79 32 1480-99 23,5. =

=

=

= =

52

2 - L A PENURIA D I METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

mento paragonabile a quello dei Paesi Bassi borgognoni, visto che a partire dagli anni 143 0 essa cadde drasticamente. Nel 1442 la zecca inglese di Calais, che viveva dei ricavi della vendita della lana, venne chiusa 14 • A un'osservazione più precisa l'Inghil­ terra si rivela però come un'eccezione nella generale penuria di metallo prezioso. Perfino nei terribili anni Quaranta e Cinquanta la zecca che aveva sede nella Torre di Londra restò in attività, poiché le esportazioni di lana inglese procuravano ancora argen­ to, portato soprattutto dai mercanti italiani 1 5 • Abbastanza favore­ vole era anche la situazione della Castiglia, al secondo posto in Europa nell'esportazione della lana, poiché la lana spagnola me­ rino era ancora molto richiesta. Poiché inoltre i contatti commer­ ciali e i rifornimenti d'oro dall' Mrica rimanevano intatti, l' ap­ provvigionamento di metallo prezioso delle zecche castigliane era assicurato 16 • Questo non si può dire invece per i territori tedeschi, che, so­ prattutto all'inizio del xv secolo, sperimentarono il declino del­ l' estrazione di metalli preziosi. Da un lato, in verità, nel xv secolo la coniazione di monete d'oro si diffuse oltre il bacino renano con l'inizio della produzione di gulden nelle zecche imperiali di Fran­ coforte, Nordlingen, Basilea, Norimberga e Dortmund come pure nelle città anseatiche di Liineburg e di Amburgo 1 7 , dall'altro, però, a lungo termine, la produzione di gulden nelle zecche tedesthe di­ minuì. Il rifornimento di oro dall'Ungheria fu bloccato, come pure il commercio ungherese, dalla guerra degli Hussiti ( 14 1 9-3 6), mo­ tivo per cui i principi elettori renani cessarono uno dopo l'altro la produzione nelle loro zecche 18 • Gli arcivescovi di Colonia concen­ trarono la coniazione dei loro gulden nella zecca di Deutz; Bonn e 14 Tale zecca aveva già interrotto la sua produzione nel corso del 1436 e in seguito aveva co­ niato solo una volta, nel 1439, una piccola quantità di argento. J. MuNRO, Wool, Cloth and Gold. The Struggle /or Bullion in Anglo-Burgundian Trade 1340-1478, Bruxelles 1973 , p. 95 (tab. 1 ) . 1 5 S. }ENKS, Hartgeld und Wechsel im hansisch-englischen Handel des 15. Jhs. , in: M. NoRrn (a cura di), Geldumlauf, Wiihrungssysteme und Zahlungsverkehr in Nordwesteuropa 1300- 1 800, Co­ lonia 1989, pp. 127-66; SPUFFORD, Money, p. 357. 1 6 A. MAcKAY, Money, Prices and Policies in 15th Century Castille, Londra 198 1 , pp . 23-4 1 . 17 J . WESCHKE, Die Reichsgoldpriigung Deutschlands im Spiitmittelalter bis 1450, dissertaz., Berlino 1955. 18 J. ScHDTIENHELM, Geldversorgung und Edelmetallknappheit: Zur landesherrlichen Munzpo­ litik in Wurttemberg und Baden im Frnhmerkantilismus, in: H.-P. BECHT (a cura di), P/orzheim im Mittelalter, Sigmaringen 1983 , p. 203 . 2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

53

Riehl furono chiuse. Bacharach, che in certi periodi fu la zec­ � ca principale del Palatinato, venne chiusa nel 1465 , dopo che Oppenheim aveva già chiuso i battenti nel 143 6. Sia Oppenheim sia Bacharach erano punti di dogana, presso i quali i doganieri non riuscivano ormai più a raccogliere abbastanza oro. Gli arcivescovi di Magonza abbandonarono le loro zecche a Bingen ( 1442 ) e a Hochst ( 1461/63 ) . Solo Heidelberg e Magonza rimasero attive, ri­ spettivamente come zecca palatina e zecca cittadina, mentre i ve­ scovi di Treviri, dopo aver abbandonato Offenbach ( 14 1 8) e Tre­ viri ( 142 9) mantenevano la coniazione dell'oro ormai solo a Coblenza. ll cosiddetto "Rheinische Miinzverein", vale a dire l'u­ nione monetaria dei principi elettori renani, decadde: il titolo del gulden d'oro precipitò del 20% ( 13 86-1454) e il peso d'argento della principale moneta argentea, il p/ennig bianco o albus, del 27 % 1 9 , poiché il metallo per la coniazione era sempre più scarso e aumentava di prezzo in continuazione. Le zecche del sud della Germania restrinsero anch'esse il flusso della loro produzione monetaria. La contea del Wiirttemberg, ad esempio, nel secondo terzo del xv secolo per oltre 30 anni non co­ niò del tutto e riprese la produzione di heller e pfennig a Stoccarda solo nel 1469 20 • Anche nelle città anseatiche del nord della Germania, legate tra loro nella alleanza monetaria chiamata Unione Monetaria Vendica (Wendischer Miinzverein) la produzione delle zecche diminuì. Per questa zona i rapporti sono stati approfonditi in modo parti­ colare per la città di Lubecca, malgrado la frammentarietà delle fonti. La tabella l mette in evidenza che, dopo una fase di produzione monetaria intensiva negli anni 1367 -72 , nei quali Lubecca coniava il witten per le esportazioni in Scandinavia, la coniazione della cit­ tà anseatica diminuì notevolmente nell'ultimo quarto del XN seco­ lo. Anche la quota di coniazione affidata negli anni successivi ( 1 3 92 - 1492) alla zecca di Lubecca nell'ambito dell'Unione Mone­ taria Vendica diminuì notevolmente. Durante questo periodo Lu19 METZ, Geld, p. 96. 20 ScHDTTENHELM, Geldversorgung, pp. 54

199-202.

2 - L A PENURIA D I METALLI PREZIOSI E L A CONTRAZIONE MONETARIA

Tabella l . Coniazioni della città di Lubecca (in marche di argento greggioY1 Anni

Pezzi coniati

Nominale

1 367

1 1 .41 9 , 5

Witte n , bratteati

1 368

1 1 .800

Witten

1 369

1 1 .302

Witten

1 370 - 72

45.008

Witten

1 373

4 . 549

Witte n , quarti di witten

1 3 75

5 . 487

Witte n , quarti di witten

1 376

5 . 1 20

Witten

1 392

1 . 867

Sesti di witten (sechsling), b ratteati

1 422

600

1 439

2 . 800

Scel l i n i

1 467

985

Sce l l i n i

1 492

853

Doppi scellini b ratteati

B ratteati

becca ebbe sempre difficoltà a procurare alla zecca argento da coniare, cosicché tra le diverse emissioni vi sono spesso intervalli nella coniazione. Anche gli specialisti finanziari che la città an­ seatica fece venire da fuori per risolvere il problema della penu­ ria di denaro contante, non furono in grado di procurare l' argen­ to 22 . Anche la produzione dei gulden d'oro sembra aver risentito della penuria di metallo a Lubecca, che, nel xv secolo, non rag­ giunse più le cifre di produzione del secolo precedente 23 . 2. La moneta "cattiva" e il "bullionismo"

La penuria di metalli preziosi in Europa non si rispecchiò solo nel calo della produzione monetaria e nella chiusura di numerose zecche. In tutta l'Europa si assisté a una svalutazione delle mo­ nete prodotte. Bisogna però qui distinguere tra un naturale calo 21 Raccolto e calcolato da ]ESSE, Munzverein, p. 22 NORTH, Geldumlauf, p. 12 1 . 23 Ibidem, p . 1 1 1 .

166 s.

2 . LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

55

a lungo termine del titolo dell'argento e il brutale rapido peggio­ ramento delle monete per motivi fiscali. Di fronte al continuo rincaro dell'argento da coniazione dalla fine del xrv secolo in poi, le autorità emittenti dovettero di tanto in tanto nel corso degli anni adattarsi alla situazione mutata, di­ minuendo il titolo dell'argento nelle loro monete e lasciando im­ mutato il valore nominale. In caso contrario la coniazione di mo­ nete avrebbe avuto come conseguenza una grave perdita finanziaria 24 • Normalmente però la coniazione di monete era col­ legata a un guadagno, che aumentava quanto più le autorità emittenti peggioravano le loro monete. Quando un signore ridu­ ceva il titolo di una moneta, vale a dire la quantità di metallo pre­ zioso puro contenuto in essa, egli faceva coniare dall ' unità di pe­ so in argento un numero di monete maggiore che in passato e poteva così nominalmente pagare un prezzo più alto per il me­ tallo prezioso portato alla zecca. Alla popolazione, che aveva me­ talli preziosi in forma di lingotti o monete, sembrava particolar­ mente vantaggioso consegnarli alla zecca e tornarsene a casa con un numero maggiore di monete nuove. Dopo periodi di svaluta­ zione o peggioramento della moneta i signori emittenti tornaro­ no spesso con una rivalutazione a una moneta stabile, alzando nuovamente il contenuto di fino. Le vecchie monete venivano al­ lora richiamate in zecca e ritirate contro una frazione del loro va­ lore originario.Tutti coloro che avevano quelle monete nelle ma­ ni perdevano. I più danneggiati erano i proprietari terrieri che vivevano delle rendite fisse in denaro dei contadini2 5 • Le svalutazioni più gravi ebbero luogo in Francia durante la Guerra dei Cent'Anni. Già nella fase iniziale della guerra i re fran­ cesi Filippo VI e Giovanni II cercarono di ridurre i costi della guerra attraverso la svalutazione delle monete, cosa che portò a violente proteste da parte dei proprietari terrieri laici e religiosi26 • Fu in queste circostanze che Nicole Oresme scrisse il primo trattato teorico di storia del denaro, intitolato De moneta. In esso egli scriveva: «A causa di questo peggioramento delle monete le 24 LANE, MUELLER, Money, pp. 24-32. 25 MUNRO, Go/d, p. 13 s. 26 SPUFFORD, Mi.inzverschlechterung, pp. 56

109- 1 3 , 12 1

s.

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

buone merci o le ricchezze naturali non vengono più portate nel regno, poiché la moneta viene così alterata che i mercanti si re­ cano di preferenza in altri luoghi dove ricevono monete solide e buone. Inoltre queste alterazioni della moneta disturbano e dan­ neggiano il mercato interno nel regno, poiché a causa di esse le rendite in denaro, i pagamenti annuali, gli appalti, gli interessi e simili cose non possono essere portati a termine o determinati in modo buono e giusto. Non si può neppure prendere o prestare il denaro con sicurezza. In effetti molti rifiutano un simile aiuto be­ nefico a causa di tale peggioramento della moneta. Eppure il me­ tallo prezioso, i mercanti e tutte le altre cose ad essi connesse so­ no necessari per l'umanità o quanto meno straordinariamente utili, mentre la loro mancanza è dannosa e svantaggiosa per l'in­ tera società»27 • Con queste parole Oresme metteva in discussione per la prima volta il diritto esclusivo del signore di coniare monete e di alte­ rame il piede monetale. Per lui la zecca e la valuta erano interes­ se della collettività e perciò questa o i suoi rappresentanti (gli "stati") dovevano essere interpellati in caso di peggioramento della moneta. Oresme era divenuto così non solo il fondatore della teoria monetaria medioevale, ma, quale cassa di risonanza dei rappresentanti dello stato dei nobili, fece sì che il re di Fran­ cia tornasse a una politica monetaria stabile e trovasse un nuovo sistema di tassazione per finanziare la guerra. Ma il flagello del­ l' alterazione della moneta ritornò in una fase successiva della guerra ( 14 17 -22 ), quando la Francia fu divisa in tre parti e gover­ nata da Enrico V d'Inghilterra, da Giovanni Senza Paura di Bor­ gogna (in nome del re Carlo VI) e dal Delfino. Nel disperato ten­ tativo di ridurre gli incommen s urabili costi della guerra, a partire dal 1 4 1 7 tutte le amministrazioni peggiorarono le loro monete e nel 1420 il grosso conteneva ormai solo il 20% di argento. Le en­ trate reali dal signoraggio salirono a 547 .247 lt. e costituirono 1'80 % delle entrate della corona. Dopo che il trattato di Troyes ebbe nominato Enrico reggente 27 C. JOHNSON ( a London 1956, p. 33.

cura

di), The De Moneta o/ Nicolas Oresme and English Mint Documents,

2 - L A PENURIA D I METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

57

per il re malato di mente ed erede della co rona francese, il nord , della Francia tornò a un sistema monetario regolare e a un grosso con un fino d'argento del 92 % . Solo il Delfino, il futuro Car­ lo VII, continuò la lotta nel sud del paese e continuò a peggio­ rare la moneta fino a che il grosso nel 1422 contenne solo il 3 % di argento. Nell'estate del 1422 il governo del Delfino coniò da un marco d'argento 46 volte più monete che nell'anno 1416, an­ che se il prezzo di acquisto dell'argento in zecca era aumentato solo di 12 volte. Per i proprietari terrieri questa tragica situazione monetaria si­ gnificava la rovina, poiché i contadini pagavano i loro canoni con sempre meno argento. In questo senso il cavaliere del Quadrilo­ gue invecti/ ( 1422 ) di Alain Chartier si lamentava del fatto che «La scarsella di un contadino raccoglieva la ricchezza del paese come una cisterna» 28 • Le assemblee degli statj facevano pressione per ottenere una tassazione diretta per il finanziamento della guerra, da cui la nobiltà fosse esentata. Così il Delfino, dopo la morte improvvisa del suo peggior rivale, Enrico V, ripristinò la stabilità monetaria e finanziò la riconquista della Francia set­ tentrionale con il gettito della taille (o taglia) , una tassa sui "fuo­ chi" che veniva riscossa da ogni nucleo familiare di città o di campagna 29 • Numerose svalutazioni, interrotte a volte da brutali rivaluta­ zioni, furono vissute dal ducato di Borgogna, che dalla metà del XIV secolo aveva avuto un'espansione economica e militare. La Borgogna è un buon esempio del fatto che già nell'Europa tardo medioevale uno stato non poteva svolgere una politica va­ lutaria isolata se non voleva cadere vittima indifesa di una guerra valutaria. Anche il duca Filippo l'Ardito dovette rendersi conto di ciò quando nel 1384 - influenzato dall'ideale di Oresme - ten­ tò di introdurre nelle Fiandre una valuta forte tramite una riva­ lutazione della moneta pari al 5 % . A meno di ottenere analoga politica da parte dei vicini la moneta "cattiva" dei territori con28 P.S. LEWIS, Later Medieval France, Londra 1968, p. 56. 29 SPUFFORD, Munzverschlechterung, p. 121 s.; N. SUSSMAN, Debasement, Royal Revenues and

In/lation in France during the Hundred Years' War, 1415- 1422, in: Joumal of Economie History 53 (1993) , pp. 44-70.

58

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

finanti cacciava dalla circolazione la buona moneta fiamminga, se­ condo la ben nota legge che ha preso il nome da Thomas Gresham. Di conseguenza Filippo l'Ardito condusse una guerra quinquen­ nale di svalutazione contro la granduchessa Giovanna di Braban­ te, inondando lo stato vicino con monete sempre peggiori, finché alla fine il Granducato si dichiarò pronto a un accordo valutario. A quel punto Filippo alzò, nel 1389, il contenuto di fino delle sue monete d'argento del 3 0 % e quello delle sue monete d'oro addirittura del 40% e, malgrado le sanguinose rivolte dei salaria­ ti e dei contribuenti, mantenne questa politica deflazionistica a vantaggio dei latifondisti nobili e religiosi fino alla sua morte avvenuta nel 1404 30 • Suo figlio Giovanni Senza Paura, in quanto alleato degli Ingle­ si nella Guerra dei Cent'Anni, effettuò anch'egli nei suoi territo­ ri francesi le svalutazioni monetarie degli anni 1416- 1 8 e quin­ tuplicò in questo modo le sue entrate. Dal 1416 al 1433 la Borgogna dovette assistere a 12 svalutazioni nell'oro e a 7 nel­ l' argento. In particolare il duca Filippo il Buono, al potere dal 1 4 1 9 , condusse negli anni 143 0 la cosiddetta "guerra del noble" contro l'Inghilterra, producendone delle imitazioni e abbassan­ do il corso sia di queste monete d'oro che delle proprie. Questa fase terminò nel 1433 con la creazione di una valuta unica in tut­ ti i territori borgognoni, fatto che introdusse 3 3 anni di stabilità valutario-politica3 1 • Solo nel suo ultimo anno di regno il duca cercò di aumentare il circolante attraverso una lieve diminuzione del contenuto di argento; ma la svalutazione era così minima che Carlo il Teme­ rado, suo figlio e successore, si vide costretto nello stesso anno a una svalutazione più drastica di quasi un sesto 3 2 • Carlo si rifiutò comunque di usare la coniazione di monete come mezzo di fi­ nanziamento delle sue vaste imprese militari. Dopo la morte del duca, avvenuta nel 1477 durante la battaglia di Nancy, Ma­ ria, sua figlia ed erede, con il sostegno dei consiglieri nobili del padre, mantenne una politica monetaria stabile. Fu suo marito, 30 MUNRO, Gold, cap. Il. 3 1 Ibidem, capp. III e IV. 3 2 Vedi infra p. 65 . 2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

59

il granduca Massimiliano, che per primo, ,in qualità di reggente del loro comune figlio Filippo il Bello, spezzò questa tradizione, quando si vide costretto a fronteggiare due gravi rivolte. Con gli enormi guadagni provenienti dalle svalutazioni degli anni 1485 e 1487-89 egli pagò i soldati svizzeri e tedeschi ingaggiati contro i ribelli. I nobili pretesero però da Massimiliano che mantenesse la politica di svalutazione monetaria per il tempo più breve possi­ bile e perciò Massimiliano alla fine del 1489 ritornò a una mone­ ta stabile 3 • Guerre e ribellioni furono dunque le cause più frequenti per le forti svalutazioni dei secoli XIV e xv e anche nel Sacro Romano Impero le violente lotte ereditarie della casa d'Asburgo interrup­ pero la relativa stabilità delle monete. Nel 1457 era morto di pe­ ste all'età di 17 anni Ladislao Postumo, re di Boemia e di Unghe­ ria e duca d'Austria, e la sua eredità era coQtesa dall 'imperatore Federico III, da suo fratello Alberto VI e da suo nipote Sigi­ smondo del Tirolo. Mentre con quest'ultimo si giunse a un ac­ cordo finanziario, Alberto VI scatenò una guerra fratricida senza pietà, al culmine della quale, nel 146 1 , egli assediò l'imperatore nella Hofburg, il palazzo imperiale di Vienna, con l'aiuto di ri­ voltosi viennesi. Entrambe le parti avevano bisogno di truppe e denaro; perciò Federico III concesse ai suoi condottieri e ai borghesi che gli avevano prestato denaro dei privilegi di zecca, di cui essi fecero ampio uso: «Essi coniarono kreuzer e pfennig nei quali non c'era argento, ma solo rame, e in questo modo si arricchirono. Questi pfennig furono detti hebrenko e poi schin­ derling, nome che mantennero fino alla fine» 34 • n duca Alberto fece coniare nelle zecche appositamente aperte di Linz e di Enns pfennig ad alto contenuto di rame. Anche i principi dei territori confinanti, come i duchi di Baviera, l'arcivescovo di Salisburgo o 33 SPUFFORD, Munzverschlechterung, p. 123 s. Massimiliano ricavò dalle svalutazioni nell'anno 1488 entrate per 14.000 lire di grote (grossi) dalle zecche del Brabante, Geldern, Hennegau e Olanda (egli non disponeva della zecca di Fiandra), mentre suo suocero Carlo il Temerario aveva ricevuto dalle zecche solo 500 lire di grote. 34 «Si slugen kreutzer und pfennig, dabei kein silber was, nur kupfer, und wurden dadurch gereicht. Dieselben pfennig wurden gehaissenhebrenko und darnach schinderling, den namen si behielten unz an das end>>, Schrotter, Worterbuch, p. 603 . A proposito degli schinderlingen vedi anche C. SCHALK, Der Mun7/uss der Wiener Pfennige in den Jahren. 1424 bis 1480, in: Nurnisma­ tische Zeitschrift 12 ( 1 880), pp. 186-282 . 60

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

il vescovo di Passau, sfruttarono l'occasione per ottenere ampi profitti dalla produzione di monete di bassa qualità. Se così non avessero fatto, del resto, i loro territori sarebbero stati som­ mersi, come dimostra il caso della Boemia, da monetaglia di bas­ so valore. La Baviera invece esportò pfennig di bassa lega verso l'Austria. Nel 1460, con una riforma monetaria secondo la quale 4 schinderling equivalevano a un nuovo pfennig, si ritornò a del­ le relazioni monetarie regolate, anche se il corso del nuovo pfen­ nig salì rapidamente a causa della relativa scarsità di argento da comaz1one. Un'isola di stabilità nel mare delle svalutazioni fu nel tardo me­ dioevo l'Inghilterra. Qui il penny non aveva subito mutamenti nei 65 anni intercorsi tra il 1279 e il 1344, poi però il suo peso fu ri­ dotto di un quinto. Dopo altri 61 anni di stabilità si giunse nel 14 12 a una nuova diminuzione di peso di un sesto, a cui seguiro­ no altri 55 anni di stabilità monetaria, finché il penny nel 1464 fu un'altra volta ridotto di peso di un quinto. Da questo momento in poi il penny rimase immutato per i successivi 62 anni' 5 • n proprie­ tario terriero inglese, perciò, non soffriva per la svalutazione mo­ netaria, «le sue rendite erano ancora dello stesso livello di quelle dell'epoca di suo padre e di suo nonno. Se le sue entrate diminui­ vano ciò accadeva solo perché egli stesso riduceva i canoni per trattenere i suoi contadini in un'epoca di spopolamento o per at­ tirare nuovi coloni» 36 • Perfino durante la Guerra dei Cent'Anni i re inglesi non dovettero far ricorso alla coniazione di monete co­ me fonte di finanziamento, poiché le tasse deliberate dalle camere dei rappresentanti diedero per lungo tempo all'Inghilterra, insie­ me alle entrate derivanti dal commercio della lana, una suprema­ zia finanziaria e militare nei confronti del rivale francese. Insieme a questa stabilità monetaria ebbe un ruolo anche la politica monetaria restrittiva che prende il nome di "bullioni­ smo" (derivato dalla parola inglese "bullion", che significa me­ talli preziosi monetizzabili) . Anche se la teoria del "saldo attivo della bilancia commerciale" come garante dell'afflusso di metalli 35 36

SPUFFORD, Money, p. 3 17 s. SPUFFORD, Miinzverschlechterung,

p.

1 16.

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

61

preziosi è un'invenzione della teoria mercantilista e quindi dell'e­ ra moderna, già il bullionismo medioevalè aveva cercato di con­ trollare l'approvvigionamento di metalli preziosi dei paesi e di impedire in tutti i modi il loro esodo 37 • I re inglesi e il parlamento erano fervidi sostenitori del bullionismo e vietarono in modo pri­ vo di paragone l'esportazione di monete nazionali o straniere e di qualunque metallo prezioso. n divieto di esportazione per i me­ talli preziosi e per le monete straniere rimase in vigore fino al 1663 , quello per l'esportazione di monete inglesi addirittura fino al 1 8 1 9 . I commercianti dovevano usare con parsimonia le mo­ nete a disposizione e facevano ricorso a strumenti creditizi quali la lettera di cambio o i certificati di credito al portatore per poter trasferire i ricavi delle vendite di un luogo per fare acquisti in un altro. Per questo la vendita di lana a credito fu resa sempre più difficile da parte dello stato. Affinché il ricavato dalla vendita della· lana sul continente giungesse direttamente sotto forma di lingotti di metallo prezio­ so per la coniazione di monete, furono fatti a Calais nel 1 3 64 un fondaco per la lana e una zecca e nello stesso anno si vietarono sia la vendita di lana a credito, sia l'esportazione di qualunque metallo prezioso. Nel 1429, poi, il parlamento inglese pretese dai mercanti di lana inglesi che si facessero pagare la loro lana per un terzo in metallo prezioso e per il rimanente in denaro contante e per di più in monete d'oro inglesi. Quest'ultima im­ posizione stimolò la produzione di monete a Calais, ma danneg­ giò irreparabilmente il commercio inglese della lana. I tradizio­ nali acquirenti di lana inglese compravano dove trovavano credito e perciò si spostarono nel lungo periodo sulla lana meri­ no spagnola. Quando la corona inglese allentò per questo motivo negli anni 1470 la sua politica di credito restrittiva, una notevole fetta del mercato internazionale della lana era andata persa 38 • Per quanto riguarda il divieto di esportazione di metallo pre3 7 MUNRO, Gold, pp. 1 1- 14. J. MUNRO, Bullionism and the Bill o/Exchange in England, 12721663 , in: The Dawn o/ Modern Banking, New Haven 1979, pp. 187-92. 38 Ibidem, pp. 192-208; MUNRO, Gold, pp. 17 -4 1 ; J. MUNRO, Die An/iinge der Ubertragbarkezt: Einige Kreditinnovationen im englisch-/liimischen Hande! des Spiitmittelalters (13 60- 1540), in: M. NORTH (a cura di) , Kredit im spiitmittelalterlichen und /rnhneuzeitlichen Europa, Colonia 199 1 , pp. 43 s . , e 53 -57 . 62

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

zioso l'Inghilterra era solo uno degli esempi, forse il più estremo. All ' altro estremo vi era Venezia che, come centro del commercio dei beni di lusso e del commercio con il Levante, era legata alla domanda di metall o prezioso nel Vicino Oriente. Venezia perciò, a differenza dell'Inghilterra, tollerò sempre la circolazione di mo­ nete straniere insieme al proprio circolante 9 • La maggioranza delle autorità emittenti oscillò nei secoli XIV e xv tra questi due estremi: il rigido controllo del metallo da coniazione e il liberali­ smo veneziano. Divieti di esportazione di metalli preziosi e di monete erano ovunque all'ordine del giorno, ma essi venivano interpretati con severità variabile e avevano alla lunga un succes­ so limitato.

3. n rapporto oro/argento e la politica monetaria

Un altro strumento di politica monetaria "bullionista" era il cambiamento del rapporto tra l'oro e l'argento. n rapporto oro/argento serviva a stabilire quante unità di argento occorreva­ no per avere in cambio una unità d'oro. Mutando tale rapporto a vantaggio dell'oro o dell'argento si favoriva l'afflusso del metallo più quotato. Per ottenere questo scopo l'autorità emittente met­ teva più o meno fino nelle sue monete di argento rispetto alle monete d'oro. Allo stesso modo l'autorità emittente poteva con­ dizionare il corso delle diverse monete, in particolare delle mo­ nete d'oro straniere, alzandolo o abbassandolo artificialmente, ad esempio valutando il gulden renano 2 1 scellini di Lubecca, mentre in un altro territorio esso valeva già 23 scellini. In questo modo nel primo caso (2 1 scellini) l'argento era maggiormente valutato rispetto all'oro che nel secondo caso (23 scellini) . . Ma quale influsso aveva il rapporto oro/argento nella circola­ zione quotidiana del denaro? Certamente esso non agiva nel modo che noi oggi conosciamo dal moderno commercio delle divise. Nessun mercante anseatico o della Germania settentrionale al­ l' epoca di Carlo il Temerario avrebbe portato le proprie riserve 39

LANE, MUELLER, Money,

pp.

142- 152,

e

257-268.

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

63

d'oro in Borgogna e le avrebbe cambiate in una zecca locale con­ tro doppi stuver del Brabante per un guadagno da arbitrage. Già solo i costi del cambio e del trasporto, senza calcolare l'alto ri­ schio, avrebbero ridotto considerevolmente il guadagno del cam­ bio. A maggior ragione però i mercanti cercavano di approfittare nel commercio internazionale anche delle più piccole variazioni del corso dell'oro e dell'argento privilegiando nei loro pagamenti la moneta aurea o quella argentea, se disponevano dei due metalli. Di conseguenza i guadagni sui corsi venivano realizzati non solo dallo scambio dei metalli, ma anche da beni contro metallo nello scambio commerciale. In questo modo il commercio internaziona­ le prese in mano la distribuzione del metallo prezioso 40 • Un'occhiata alla tabella 2 mostra che il rapporto oro/argento era generalmente più basso nel sud dell'Europa che all'ovest o nel nord. La sola eccezione è costituita dall'Inghilterra, il cui bi­ sogno d'oro cominciò ad aumentare fortemente solo a partire dalla seconda metà del xv secolo con l'intensificarsi della conia­ zione di monete d'oro. A questo punto il rapporto oro/argento, che fino a quel momento aveva stimolato l'afflusso dell'argento, fu alzato a vantaggio dell'oro. n basso rapporto nell'area medi­ terranea è indicativo dell'approvvigionamento relativamente mi­ gliore dell'oro, che in quell'area costava meno. Bisogna però dire che anche le regioni mediterranee si differenziavano tra di loro nella valutazione dell'oro e dell'argento, fatto che diventa chiaro se si confronta tale rapporto in Egitto e a Venezia. Così ad esem­ pio l'oro era all'inizio del xv secolo più caro in Egitto che a Ve­ nezia, motivo per cui per i Veneziani era più vantaggioso pagare in oro i loro acquisti. Nel corso successivo del xv secolo sembra che la scarsità di ar­ gento sia stata superiore in Egitto che a Venezia, che otteneva perciò le condizioni migliori se esportava argento. Solo negli ul­ timi due decenni di quel secolo l'alto rapporto oro/argento indi­ ca nuovamente un rialzo del prezzo dell'oro lungo il Nilo 41 • Se poi guardiamo all'Europa del nord possiamo notare che l'oro 40 J. MUNRO, Mint Policies, Ratios and Outputs in England and the Low Countries, 1335- 1420, in: Numismatic Chronicle 1 4 1 (1981), pp. 95-99. 4 1 BACHARACH, Movements, pp. 168-72. 64

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

Tabella 2 . Rapporto oro/argento tra il 1401 e il 1500 42 Anni

Valenza

lnghil-

Lu-

Genova

Venezia

Egitto

Francia

Fiandre 9,7

1 1 ,2

1 0.4

1 1 '1

1 40 1 - 1 4 1 0

8,9

1 0 ,6

1 1 ,3

1 3 ,8

1 0,2

terra

Basilea

becca

1 4 1 1 - 1 420

8,6

1 0,0

1 0,8

1 0,2

9.4

9.4

1 0,3

1 0.4

1 0,6

1 42 1 - 1 430

9,1

1 0,6

1 0,9

9,9

9,2

1 2, 1

1 0,3

1 0,8

1 0,9

1 43 1 - 1 440

9,9

1 1 ,8

1 0,7

1 0,8

1 0,5

1 1 ,6

1 0,3

1 1 ,5

1 2 .0

1 44 1 - 1 450

9,9

1 0.9

1 0, 7

1 0, 1

1 1 ,O

1 1 ,3

1 0,3

1 1 ,5

1 1 ,8

1 45 1 - 1 460

1 0, 0

1 1 ,6

1 1 ,8

1 0, 1

1 1 ,O

1 2 ,0

1 0 ,3

1 1 ,8

1 2,5

1 46 1 - 1 470

1 0, 0

1 0,5

1 1 ,6

1 0,2

1 1 ,O

1 1 ,4

1 1 ,O

1 0,6

1 0. 7

1 47 1 - 1 480

1 1 ,O

1 0. 7

1 0,8

1 0 ,3

1 1 '1

1 1 ,4

1 1 ,2

1 0, 5

1 1 '1

1 48 1 - 1 490

1 1 ,9

1 0. 7

1 0,8

1 1 '1

1 1 ,2

1 0,8

1 1 ,2

1 0,6

1 1 ,5

1 49 1 - 1 500

1 2,0

1 0,9

1 0,8

1 2,9

1 1 ,2

1 0, 5

1 1 ,6

1 0 ,9

1 1 ,8

era particolarmente scarso e caro nelle città anseatiche del nord della Germania, mentre la Germania del sud e le Fiandre ebbero dei periodi di marcata diminuzione del prezzo dell'oro. Questo indica anche da un lato una sufficiente riserva d'oro e dall'altro il privilegiare in certi periodi l'argento nella politica valutaria. In particolare i duchi di Borgogna avevano un'esperienza plu­ riennale nell'utilizzo del rapporto oro/argento come strumento di politica monetaria. Nel 1425/26 Filippo il Buono aveva muta­ to il rapporto oro/argento fondamentalmente per finanziare la guerra e aveva mantenuto tale rapporto fino a poco prima della sua morte, per attrarre l'oro renano nelle zecche borgognone. Nella riforma monetaria del 1466, però, il duca si volse improv­ visamente a una politica pro-argento, abbassando il rapporto oro/argento e alzando così notevolmente il corso dell'argento. 42 La tabella mostra quante unità d'argento erano necessarie per il cambio contro una unità d'oro: calcol�to e raccolto da J. DAY, The Questzon o/Monetary Contraction in Late Medieval Eu­ rape, in NNA 198 1 , pp. 2 1 -24 (tab. l ) ; R C. MUELLER, Monete coniate e monete di conto nel Tre­ vigiano, in: D. GASPARINI (a cura di), Due vzllaggi della collina trevigiana, Vidor e Co/berta/do, Vi­ dor 1 989, pp. 333-35 (tabb. l e 2); J.L. BACHARACH, Monetary Movements in Medieval Egypt, 1 1 71-151 7, in: J.F. RrcHARDs (a cura di), Precious Metals in the Later Medieval and Early Modern Worlds, Durham, N.C. 1983 , pp. 179 s. (tab. 3 ) ; MUNRO, Bullion Flows, pp. 148-53 (tab. 10); VAN DER WEE, Growth, l, L'Aia 1963 , pp. 126-29 (tab. 15); J. RosEN, Relatzon Gold: Si/ber und Gulden: P/und in Base/ 1360 bis 1535, in: H KELLENBENZ (a cura di), Weltwirtschaftliche und wahrungspolitische Probleme seit dem Ausgang des Mittelalters, Stoccarda 198 1 , pp. 10- 13 (tab. 5); ]ESSE, Munzverein, pp. 2 14-19 (tab. 7). .

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

65

Questa supervalutazione dell'argento fu uno dei fattori principali per rivitalizzare le fiere del Brabante e di conseguenza per l'asce­ sa di Anversa a massimo emporio del XVI secolo. Infatti la richie­ sta olandese di argento attirò sulla Schelda il commercio in espansione dei mercanti del nord della Germania con argento, rame, fustagno e spezie, come pure tutto il sistema creditizio 43 • L'esempio della Borgogna mostra chiaramente come i muta­ menti del rapporto oro/argento potessero stimolare il commercio e di conseguenza l'afflusso di metallo prezioso. Condizione di ciò era, però, da un lato che i commercianti disponessero del metallo privilegiato in quantità sufficiente e, dall'altro, che il centro com­ merciale o il territorio che favorivano un determinato metallo di­ sponesse di una abbondante gamma di merci da offrire. Se però la bilancia commerciale tra due partner era in pari, cadeva il van­ taggio di pagare con una moneta privilegiata. n rapporto oro/argento non determinava solo l'importanza della moneta aurea e di quella argentea nell'uso quotidiano del denaro, ma anche la struttura valutaria dei singoli paesi. Fonda­ mentalmente l'oro era il mezzo di pagamento del commercio in­ ternazionale, della finanza, della diplomazia e della guerra. Con l'oro si pagavano le merci nel Vicino Oriente; in fiorini o ducati venivano concessi i prestiti richiesti ai signori europei da parte dei banchieri italiani; con l'oro le parti coinvolte nella Guerra dei Cent'Anni tenevano legati i loro alleati e pagavano i loro mer­ cenari; con l'oro infine venivano pagati i riscatti, come ad esem­ pio quello per il re di Francia Giovanni II, preso prigioniero nel 1356 alla battaglia di Maupertuis. Sul piano internazionale l'oro dominava nel commercio all'in­ grosso e aveva un ruolo preponderante come mezzo di conserva­ zione del valore. Di ciò sono ampia testimonianza i ripostigli di monete, nei quali in genere le monete d'oro sono presenti in quantità non corrispondente alla loro circolazione quotidiana. Si tesaurizzavano e si occultavano le monete più grandi, di mag­ gior valore e che conservavano nel tempo il loro valore, piuttosto 43

1963 ,

66

H. VAN DER WEE, The Growth o/ the Antwerp Market and the European Economy, IT, L'Aia pp. 80-83 , 104 s. , 124-30. 2

-

LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

che le monete piccole e di poco valore, di cui si cercava di libe­ rarsi al più presto 44 • Lo storico ritrova perciò queste piccole mo­ nete di argento quotidiane citate nei conti delle tasse e delle col­ lette. L'uso quotidiano del denaro negli strati più vasti della popolazione era infatti contrassegnato dall'argento, anche se nel xv secolo le monete d'oro cominciarono a entrare nella circolazio­ ne monetaria quotidiana in alcuni paesi e quindi anche ad essere di tanto in tanto perdute 45 • Per le transazioni del commercio al dettaglio e nei lavori arti­ gianali, come pure per la maggioranza dei salariati i pezzi d'oro erano troppo grossi e non pratici. I dati relativi ai salari ce lo mo­ strano chiaramente: ad esempio nel Brabante un maestro murato­ re finito o un carpentiere negli anni intorno il 14 3 O doveva lavo­ rare da 9 a 1 6 giorni per guadagnare il controvalore di un ri;der d'oro (3 ,63 g) . Alla stessa epoca gli artigiani inglesi del settore edi­ lizio dovevano lavorare da 7 a l O giorni per un mezzo noble (3 ,91 g) , vale a dire per guadagnare all'incirca la stessa somma. Anche nelle città anseatiche tedesche il gulden corrispondeva grosso modo al salario di un muratore per 1 1 o più giorni 46 • I sa­ lari venivano pagati in monete d'argento e per le necessità dei sa­ lariati si coniavano nell'Europa occidentale e meridionale monete d'argento pesanti circa 3 -3 ,5 g: il pegione a Milano, il blanc in Francia, lo stuver o patard in Olanda e il pfennig bianco o albus nella regione renana. Tutti questi nuovi nominali si prestavano particolarmente ai pagamenti dei salariati giornalieri. Forse si po­ trebbe spiegare in questo contesto anche la ripresa a partire dagli anni Trenta, della coniazione di scellini nelle città anseatiche del nord della Germania. TI blanc o l'albus - il loro nome lo indica erano considerati, come lo stiiver e il pegione, "denaro bianco", perché contenevano almeno il 50% di argento. Essi si distingue­ vano perciò dalla cosiddetta "moneta nera" o di mistura diffusa 44 H.-H EICHHORN , Der Strukturwandel im Geldumlau/ Frankens zwischen 1 437 und 1 610, Wiesbaden 1973 , pp. 287-94. In regioni nelle quali, come nel nord della Germania, l'oro scarseg­ giava, la popolazione era legata all'uso di nominali piccoli d'argento anche per la tesaurizzazione, NORTH, Geldumlau/, pp. 85-93 . 45 EICHHORN, Strukturwandel, pp. 3 00-05; A. DERVILLE, Les pièces d'or dans la vie quotidien­ ne (Flandres-Artois, XIV• siècle) , in: L'or au moyen age, pp. 123-34. 46 SPUFFORD, Money, pp. 322 s.; NORTH, Geldumlau/, pp. 195-97 . 2 - L A PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

67

Il pagamento dei salari in una città italiana, Siena (xrv sec.).

soprattutto nei centri urbani dell'Europa occidentale e meridio­ nale, moneta di rame con una bassa percentuale d'argento che co­ stituiva l'ultimo strato più basso del circolante. Con lo "zwart geld" (così veniva chiamata nel tedesco del tem­ po la "moneta nera"), in un'epoca di penuria di argento, l'abitan­ te della città pagava i suoi acquisti giornalieri. Così sappiamo ad esempio che a Parigi o nelle città toscane il prezzo di una pagnot­ ta era rispettivamente di 2 denari neri o di un quattrino (moneta da 4 denari) . Sembra che in Italia verso la metà del xv secolo la moneta di mistura fosse sempre più usata per i pagamenti dei sa­ lari. Già il cronista fiorentino Giovanni Villani aveva spiegato l'in­ troduzione dei quattrini di rame nel XIV secolo con l'avidità di profitto degli imprenditori tessili, che vendevano i loro panni 68

2 . LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

contro fiorini d'oro e pagavano i loro operai in argento o rame. Con la penuria dell'argento crebbe anche di conseguenza l'im­ portanza della moneta di rame per i pagamenti dei salari, cosa che comportò per i salariati, data la crescita dei prezzi dell'oro e dell'argento, una perdita di potere d'acquisto 47 • Ulteriori documenti per l'utilizzazione delle monete di mistura, di cui ignoriamo le quantità coniate48 , ci vengono forniti dal com­ mercio internazionale. Così più di una volta nel xv secolo trovia­ mo dei mercanti che, malgrado i divieti di esportazione di metallo prezioso dalla Francia, avevano portato tonnellate di monete di mistura alle fiere di Ginevra. Se quel denaro dovesse servire per gli acquisti alle fiere o se esso dovessere essere impiegato in quella sede per ricavarne un guadagno, o se si collegassero i due commerci, non è noto 49 • Ma non tutti i paesi europei coniavano gli spiccioli ad alto con­ tenuto di rame. Anche in questo caso l'Inghilterra costituisce un'eccezione, cosa che sarebbe la prova di un migliore approvvi­ gionamento di argento rispetto al resto d'Europa, se nelle petizio­ ni parlamentari non si parlasse di scarsità di circolante minuto, quanto meno nei centri urbani, di modo che la moneta spicciola doveva essere affiancata da gettoni, marche monetiformi di piom­ bo emesse da privati. Nei territori tedeschi, con l'eccezione del periodo di coniazio­ ne dello schinderling, che conteneva molto rame, si rinunciò alla coniazione di monete di mistura. Questo non significa che in que­ ste aree l'argento fosse disponibile in quantità superiore al sud o 47 C. CIPOLLA, The Monetary Policy o/ 1 4th Century Florence, Berkeley 1 982, p. 4 1 , nota 25 e l'intero cap . 4. Cfr. anche l'edizione italiana (riveduta e ampliata dall'autore) di tale saggio, edito nel volume: Il governo della moneta a Firenze e a Milano nei secoli XN-XVI, Bologna 1990, in particolare i capp. 3 e 4 . La citazione del Villani che segue è tratta da tale testo del Cipolla. « . . . i lanajuoli . . . pagavano i loro ovraggi a piccoli e vendeano i loro panni a fiomii . . . », G. VILLANI, Cronaca, XII , p. 57, in generale sull 'erosione del potere d'acquisto vedi MUELLER, Crisi, pp. 548 ss., 556. 48 Per le Fiandre conosciamo le cifre delle monete coniate: secondo tali cifre i mites neri o doppi mites (24 mites corrispondeva a un groot) rappresentavano raramente più dell' l % , in ge­ nere addirittura meno dell' l % dell'intera produzione monetaria fiamminga. J. MUNRO, Deflation and the Petty Coinage in the Late Medieval Economy: The Case o/Flanders, 1334- 1484, in: Explo­ rations in Economie History 25 ( 1 988), p. 402 . 49 H . DuBOIS, Commerce internationa� métaux précieux et /lux monétaires aux con/ins orien­ taux du Royaume de France (Xllr-XV siècles), in: V. BARBAGLI BAGNOLI (a cura di) , La moneta nell'economia europea, secoli XIII-XVIII, Prato 198 1 , p. 696; SPUFFORD, Money, p. 3 60. 2 - LA PENURIA D I METALLI PREZIOSI E L A CONTRAZIONE MONETARIA

69

all'ovest europeo. Semplicemente qui a causa della limitata urba­ nizzazione la monetizzazione della società, e di conseguenza la ri­ chiesta di denaro da parte dei diversi strati sociali, non era ancora avanzata quanto in Italia o nelle Fiandre. I nominali più piccoli circolanti nella Germania meridionale, heller e pfennig, erano an­ cora d'argento e non dovettero essere sostituiti con monete di ra­ me. Anche dopo la creazione di monete d'argento di media gros­ sezza come il kreuzer, sappiamo, in base ai riscontri fornitici dai ripostigli di monete, che la circolazione monetaria nel xv secolo era formata in massima parte da heller, pfennig e zweier mescolati e anche i conti fiscali che ci sono pervenuti ( 1 444 -45 ) e il conte­ nuto della cassa erariale di Costanza mostrano una percentuale di monetine d'argento pari al 3 0-50 % . Anche se pensiamo che nei conti fiscali le monete piccole siano sovrarappresentate - infatti si preferiva dar via le monete piccole e cattive - si tratta di un va­ lore notevole, che corrisponde all'incirca al i5 -3 0 % dei ripostigli. Se dobbiamo giudicare dai ripostigli e dal crescere delle proteste, il circolante minuto cominciò a scarseggiare effettivamente nella Germania del sud solo a partire dal XVI secolo, quando le autorità emittenti coniarono sempre più raramente questi pezzi 50 • Anche la circolazione monetaria della Germania del nord nel xv secolo fu caratterizzata da monete piccole d'argento e non di rame. Benché in queste zone lo schilling si diffondesse ampia­ mente, costituendo quasi la metà del circolante argenteo, i brat­ teati da uno o due pfennig · erano fortemente rappresentati nella circolazione, con una quota del 3 0-60 % . Solo la coniazione inten­ siva di nominali più grandi, quale ad esempio il doppio scellino, insieme allo stimolo generale dei prezzi resero nel XVI secolo gli pfennig una quantité négligeable, cosicché le lamentele per la scarsità di moneta spicciola si fecero sempre più forti 5 1 • Nell'insieme nell'Europa sofferente per la penuria d'argento si consolidò un sistema valutario tripartito, basato su oro, monete medie d'argento (bianche) e monete spicciole, e queste ultime erano o d'argento o di mistura. 5 0 J. ScHùTTENHELM, Der Geldumlauf im sudwestdeutschen Raum vom Riedlinger Munzver­ trag 1423 bis zur ersten Kipperzeit 1 61 8, Stoccarda 1 987, pp. 429-3 1 . 5 1 NORTH, Geldumlauf, pp. 82-84.

70

2 - LA PENURIA D I METALLI PREZIOSI E L A CONTRAZIONE MONETARIA

4. Credito e depressione

Com'è il caso per il circolante, anche nel. sistema creditizio si possono distinguere tre livelli: - i prestiti dei banchieri a mercanti, principi, città; - i medi crediti regionali e locali al commercio, alla produzione e all'agricoltura; - i piccoli crediti per le spese quotidiane del consumatore. Per quel che riguarda i crediti per il commercio e l'alta finanza dei governi, le banche e i mercanti toscani nel tardo XIV secolo e soprattutto nel xv secolo migliorarono ulteriormente la loro po­ sizione nell'Europa occidentale e centrale. ll loro commercio con l'estero e la loro produzione tessile rivolta ai mercati stranieri ri­ chiedevano un notevole capitale che doveva essere spostato in fretta e trasferito da un mercato all'altro 52 • Contemporaneamente la crescente insicurezza in molti paesi dell'Europa occidentale (Guerra dei Cent'Anni) da un lato e il restringimento delle risor­ se di metalli preziosi dall'altro portarono dalla fine del XIV secolo a un_ rifiorire delle fiere di commercio internazionali. Con la pro­ tezione delle fiere il commercio internazionale all'ingrosso pote­ va di nuovo essere praticato e la necessità di contante poteva es­ sere ridotta al minimo attraverso reciproche compensazioni e crediti da fiera a fiera 53 • Teatro di questa fioritura erano le fiere di Ginevra, che costi­ tuivano la porta per il commercio italiano verso l'Europa occi­ dentale e centrale e si erano specializzate nel xv secolo nel com­ mercio di merci di lusso, quali la setà, le spezie, lo zucchero, lo zafferano, le armi e le pellicce. Dai giorni di scadenza dei paga­ menti di queste fiere delle merci derivarono le prime fiere inter­ nazionali di cambio, che avevano luogo alla fine delle fiere delle 5 2 G. FELLONI, Kredit und Banken in Italien, 15-1 7. ]h. , in: M. NORTH (a cura di), Kredit im spiitmittelalterlichen und frnhneuzeitlichen Europa, Colonia 199 1 , pp. 14 s.; DE ROOVER, Money, parte I, cap. 3 . H . VAN DER WEE, Monetary, Credit, and Banking System, in : E.E. RrcH, C . WILSON ( a cura 53 di) , The Cambridge Economzc History o/ Europe, V: The Economie Organization o/ Early Modern Europe, Cambridge 1 977, p. 3 15 .

2 - LA PENURIA D I METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

71

merci. I mercanti pagavano i loro acquisti ..di merci alle fiere con cambiali e stabilivano la loro scadenza alla successiva fiera. In questo modo essi ottenevano un credito che potevano pagare con il ricavato della vendita delle merci. Durante le fiere di cam­ bio le cambiali in scadenza venivano "riscontrate", vale a dire es­ se venivano compensate con altri titoli di credito. A questo sco­ po si utilizzava a Ginevra come unità stabile di conto il marco d'oro di 28 once-troy, al quale venivano riferiti tutti i corsi di cambio. Per i banchieri delle fiere di Ginevra il "riscontro" era un buon affare, a cui si aggiutÌgevano anche le rimesse di de­ naro alla curia e le concessioni di credito locali. Tutte le impor­ tanti banche italiane avevano prospere filiali a Ginevra. Questo non impedì loro però di ascoltare il richiamo del re francese Lui­ gi XI, quando questi nel 1463 favorì generosamente le fiere di Lione come concorrenti di quelle di Ginevra, concedendo la li­ beralizzazione del traffico di capitali e dei corsi di cambio, cosa che in epoca di penuria di metalli preziosi e delle conseguenti normative bullioniste costituiva un vantaggio da non sottovaluta­ re. Chiunque poteva trasferire denaro o metallo prezioso all'este­ ro o, con l'aiuto del cosiddetto deposito, concedeva in prestito denaro da fiera a fiera. Tutte le monete, comprese quelle france­ si, circolavano secondo il corso del mercato, vale a dire le ordi­ nanze monetarie venivano sospese per la durata della fiera. I mercanti stabilivano il corso a loro discrezione e rendevano in questo modo l' écu de mare, la valuta di fiera, indipendente da im­ provvisi cambiamenti di politica monetaria. Le /oires de change di Lione si svilupparono perciò sul finire del xv secolo in poi co­ me centro del rifiorente traffico internazionale di capitali 54 • I banchieri italiani avevano impegnato una parte del loro capi­ tale in prestiti a signori stranieri e a governi del proprio paese e in cambio avevano ottenuto privilegi commerciali, come ad esempio in Inghilterra il diritto di acquistare lana o esportarla 54 ].-F. BERGIER, Les /aires de Genève et l'économie internationale de la Renaissance, Parigi 1963 , pp. 224-3 3 ; 269-78; R. DE RooVER, The Rise and Decline o/ the Medici Bank, 1397-1494, Cambridge, Mass., 1963 , pp. 279-89. Sulla ascesa delle fiere di Lione, v. M.-T. BoYER-XAMBIEU, G. DELEPLACE, L. GILLARD, Mannaie privée et pouvoir de princes. L'économie des relations mo­ nétaires à la Renaissance, Parigi 1986, pp. 145-50. 72

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

a tariffa doganale ridotta. Operazioni creditizie o finanziarie di questo tipo, che i governi spesso garantivano impegnando a co­ pertura le entrate fiscali o doganali, da un lato permettevano grandi profitti, dall'altro portavano con sé il rischio che i potenti debitori si rivelassero insolventi. Vittime di un fallimento di que­ sto genere furono verso la metà del XIV secolo le case dei Bardi e dei Peruzzi a Firenze. T ali case avevano dato credito in eccesso alla città di Firenze e prestato somme enormi alla corona inglese. Nella fase iniziale della Guerra dei Cent'Anni si compì il loro de­ stino. Mentre il re di Francia faceva mettere in carcere i rappre­ sentanti delle case mercantili-bancarie e li faceva liberare solo dietro promessa di nuovi prestiti, il re inglese Edoardo III sospe­ se le rimesse in denaro: nel ripagamento del prestito di l ,5 milio­ ni di fiorini non c'era più da sperare 55 . Ma la rovina dei Bardi e dei Peruzzi non trattenne altre ban­ che fiorentine, i Medici, i Pazzi, i Pitti e gli Strozzi, dal concedere prestiti simili, quando, dalla fine del XIV secolo in poi essi costrui­ rono la loro posizione nel mercato europeo dei capitali. In questa loro attività le banche, consapevoli del rischio, non conducevano le loro imprese come una società, bensì come una holding di so­ cietà indipendenti. Anche se la casa madre conservava la parte­ cipazione maggiore di queste filiali, non interveniva nella loro quotidiana conduzione degli affari. In caso di fallimento, perciò, una filiale non trascinava necessariamente con sé alla rovina la casa madre. Probabilmente per questo il banco Medici soprav­ visse alla crisi del 1464, caratterizzata da una grande penuria di metalli preziosi e da bancarotte spettacolari a Firenze, mentre fallì un banco Strozzi, che era con quello dei Medici il più impor­ tante56 . Nei territori a est del Reno le banche toscane non riuscirono a mettere piede. Qui, fino alla metà del XIV secolo, avevano domi­ nato i finanzieri ebrei nel ruolo di prestatori a principi e nobili. 55 E. RuSSELL, The Societies of the Bardi and the Peruzzi and their Dealings with Edward III, 1327-1345, in: G. UNWIN (a cura di), Finance and Trade under Edward III, Manchester 1918, ri­ stampa Londra 1962, pp. 93 - 135; M. PRESTWICH, Italian Merchants in Late 13th and Early 1 4th Century England, in: The Dawn o/ Modern Banking, New Haven 1 979, pp. 77-104. 56 DE ROOVER, Money, pp. 3 1-4 1 ; DE ROOVER, Rise, pp. 358-60, 481 s . 2 . L A PENURIA DI METALLI PREZIOSI E L A CONTRAZIONE MONETARIA

73

Una banca italiana (da un manoscritto del xrv sec.).

74

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

Da quel momento in poi, però, gli Ebrei furono scalzati dalle posizioni chiave da società commerciali della Germania del nord. I pogrom di Ebrei durante la peste del 1348/50 ebbero ovviamente un ruolo in questa guerra di concorrenza, come pu­ re la cancellazione dei debiti con gli Ebrei da parte del re Ven­ ceslao nel 1 3 85 : con essa tutti i contratti di prestito concessi da Ebrei furono trasferiti a città tedesche del nord e queste furono autorizzate a incassare le cifre diminuite di un quarto presso i nobili e i principi debitori 57 • In questo modo i grandi finanzieri ebrei di queste zone subirono una sorte analoga a quella dei loro correligionari francesi e soprattutto inglesi, che, dopo l'arrivo dei banchieri toscani, superiori dal punto di vista della tecnica finanziaria, non erano più necessari e perciò erano stati cacciati nel 1290 dall'Inghilterra e nel 1 3 06 dalla Francia. Al piccolo prestatore di denaro ebreo restò solo la possibilità di esistere al margine come gestore di un banco dei pegni, destino che di­ vise con i LombardP8 • n livello medio del credito era costituito dai cambiavalute, di cui già abbiamo parlato, che, dopo una fase di sviluppo nella se­ conda metà del XIV secolo, dovettero lottare con due tipi di pro­ blemi nel xv secolo. Come prima cosa essi venivano sospettati dalle autorità emittenti di violare la loro politica monetaria bul­ lionista, in quanto non si attenevano alle ordinanze ufficiali di corso e commerciavano perfino in metalli preziosi, invece di la­ sciare tale attività alla zecca. D'altro lato essi si trovavano di fron­ te alla crescente sfiducia dei loro clienti che, in momenti di pa­ nico finanziario, svuotavano di colpo i loro conti. Bastavano false voci sulla minaccia di una guerra, la bancarotta di un mer­ cante o il naufragio di una nave per provocare una corsa a pre­ levare i depositi dalle banche 5 9 • Per i cambiavalute però i depositi dei clienti erano la base del­ la loro esistenza ed essi difendevano questi depositi con forza a 57 S. JENKS, Judenverschuldung und Ver/olgung von Juden im 14. ]h. : Franken bis 1349, in: VSWG 65 (1968), pp. 309-56; W. VON STROMER, Oberdeutsche Hoch/inanz 1350-1450, I, Wies­ baden 1970, pp. 155-77. 58 Vedi infra, pp. 79 ss. 59 DE ROOVER, Money, p . 29 s. 2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

75

fronte del circolante metallico sempre calante. A Genova nel 1398 si poteva ritirare denaro in un giorno per un importo mas­ simo di 50 fl. e questo solo contro un aggio del 4 % . Altrimenti i cambiavalute trovavano scuse sufficienti per allontanare un cliente che chiedeva contante o per tenerlo a bada con belle pa­ role: lo si mandava da un'altra banca, gli si diceva che si avevano solo monete di mistura, oppure si accorciavano le ore di apertu­ ra. Questo provocò naturalmente la sfiducia della clientela delle banche, cosa che a Venezia nel xv secolo portò ripetutamente a crisi delle banche stesse. Così nel settembre 1453 - nel giugno era stata data la notizia della presa di Costantinopoli da parte dei Turchi - fallì la banca di Benedetto Soranzo e dei suoi fratel­ li, che aveva sede a Rialto. La causa era la fuga del cassiere, che senza autorizzazione aveva concesso grandi crediti al mercante di granaglie Donato Barisano, anch'egli in fuga davanti ai suoi cre­ ditori. Poiché i conti dei clienti venivano congelati seguì imme­ diatamente una forte ristrettezza di liquidità. In realtà il banchie­ re riuscì a fondare un nuovo banco Soranzo, ma anche questo fallì due anni più tardi, nel settembre 1455 . La fuga di Soranzo e della sua famiglia gli procurò l'accusa di bancarotta fraudolen­ ta e come punizione straordinaria la perdita del titolo nobiliaré0 • TI governo della città della Laguna reagì alla bancarotta richie­ dendo in seguito a chiunque volesse avere una banca guaranti per un valore minimo di 20.000 ducati. Già nel 142 1 la città ave­ va tentato di limitare i pagamenti senza contanti per gli acquisti di metallo prezioso, per i diritti doganali e per il cambio e di con­ trastare in questo modo l'eccessivo gonfiarsi del credito 61 • Quan­ to queste norme di legge venissero poi tradotte nella prassi quo­ tidiana non è facile ricostruire. La scarsità di denaro contante e con essa anche del credito è però evidente. Perfino la Casa di San Giorgio a Genova, la più antica banca italiana, nella quale si erano uniti insieme nel 1408 i sottoscrittori dei prestiti pubbli­ ci, fu già nel 1445 vittima della contrazione monetaria e dovette 601 MUELLER, Crisi, p. 542 s. e MUELLER, Money Market, cap. 5/iv.

6 RC. MUELLER, Bank Money in Venice, to the Mid- 15th Century, in: V. BARBAGLI BAGNOLI (a cura di), La moneta nell'economia europea, secoli XIII-XVIII, Prato 198 1 , pp. 91 s., 89- 1 03 e MUELLER, Money Market, cap. 2.

76

2

-

LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

chiudere per un certo tempo le sue porte. Segno della mancanza di liquidità era anche la crescita degli interessi dei prestiti. Men­ tre all'inizio del XIV secolo gli interessi oscillavano in Italia tra il 4 7/s% e 1'8 \% , cent'anni dopo essi oscillavano tra il 6 e il 10% 62 • Le bancarotte dei cambiavalute erano però all'ordine del gior­ no anche in altri paesi europei. Nell'anno 142 1 , anno nel quale i cambiavalute veneziani subirono le conseguenze della crisi mo­ netaria, anche il cambiavalute di Lubecca Rolf Einhar scappò da­ vanti ai suoi creditori, e questo fu solo uno dei fallimenti di cam­ biavalute di Lubecca. A Bruges, Francoforte e Norimberga si verificò una ecatombe di banche di cambiavalute. Se nelle città citate nella seconda metà del XIV secolo 12 - 1 6 persone sceglieva­ no il mestiere di cambiavalute, essi erano nell'anno 1400 solo 4. La penuria di argento aveva ridotto le prestazioni del cambio co­ me pure i depositi bancari 63 • All a fine furono i duchi di Borgogna a dare il colpo finale ai cambiavalute. Poiché il governo borgognone li sospettava di esportare metallo prezioso e di mettere in circolazione al suo po­ sto monete di minor valore, nel corso delle riforme monetarie del 1433 fu proibito ai cambiavalute di accettare depositi e di con­ seguenza di svolgere attività bancaria. Nel 1467 , 1480 e 1489 tali divieti furono rinnovati. Inoltre furono limitati i prestiti su pe­ gno. Città come Anversa o Lier promulgarono simili divieti, nei quali si arrivava a proibire agli osti di vendere a credito. An­ che se divieti di questo tipo non erano facili da far osservare, la mancanza di credito è confermata dagli alti interessi: ad esempio i prestiti pubblici a breve termine in Fiandra avevano interessi fino al 2 0 % , mentre gli interessi per prestiti contro pegno anda­ vano fino al 43 ,4 % 64 . La limitazione del traffico monetario senza contanti dei cambiavalute portò certamente al rapido declino del centro commerciale di Bruges e avvantaggiò a lungo termine il commercio delle fiere del Brabante ad Anversa e a Bergen op 62

SPUFFORD, Money, p. 347. M. NORTH, Banking and Credit in Northern Germany in the 1 5th and 1 6th Centuries, in: Banchi pubblici, banchi privati e monti di pietà nell'Europa preindustriale, II, Genova 199 1 , p. 814; VON STROMER, Funktionen, p. 24 1 ; D E ROOVER, Money, pp. 174-76. 64 DE ROOVER, Money, pp. 338-42; MUNRO, De/lation, p . 4 15 .

63

2 - L A PENURIA D I METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

77

Zoom, nelle quali cambiali e titoli di credito al portatore trova­ vano un grande utilizzo come strumenti di èredito. Non dobbia­ mo comunque sopravvalutare gli ordinamenti borgognoni o i fal­ limenti nel sistema bancario veneziano per quanto riguarda la grande maggioranza della popolazione. Secondo Roberto Lopez e Frederic Lane un abitante di Bruges su 40 e un abitante di Ve­ nezia su 30, vale a dire non più del l O % della popolazione ma­ schile, aveva un conto presso un cambiavalute 65• La massa paga­ va con monete e trovava credito nel livello medio e inferiore, presso Ebrei, Lombardi, Caorsini e, a partire dal xv secolo, an­ che presso i banchi di pegno pubblici. La forma principale di credito al livello inferiore era il credito su pegno, che aiutava a superare le ristrettezze di liquido e di ci­ bo durante il ciclo annuale della produzione agraria. I poveri avevano bisogno di credito per la semplice sppravvivenza e im­ pegnavano una coperta, i benestanti davano in pegno dei gioielli per permettersi dei beni di lusso. n credito su pegno si otteneva dagli Ebrei, ai quali, in quanto infedeli, era negata la partecipa­ zione alle corporazioni artigiane come pure la proprietà di im­ mobili, cosa per cui essi investivano il loro capitale nel commer­ cio dei crediti. Sia la stagionale penuria di denaro e di granaglie sia la difficol­ tà di trasformare i cereali seminati in denaro contante in tempo per il pagamento dei canoni, costituivano un settore scoperto di mercato interessante per gli usurai ebrei 66 • In Italia le città e i paesi invitarono addirittura gli Ebrei ad aprire banchi di pegno. In cambio di una riduzione dell'interesse ( 15 -20 % ) le autorità garantivano ad alcune famiglie un monopolio del prestito come pure il libero esercizio della loro religione oltre alla macellazione kosher. Con simili privilegi città e paesi cercarono di spezzare il predominio degli usurai cristiani nel locale mercato del denaro. 65 F.C.

LANE, Venetian Bankers 1496-1533 , in: Journal of Politica! Economy 45 ( 1 937), 1 87 -206; R.S. LOPEZ, Une histoire à trois niveaux: la circulation monétaire, in: Mélanges en l'honneur de Fernand Braudel, II, Tolosa 1973 , pp. 335-4 1 , qui citato da P. SPUFFORD, Handbook o/ Medieval Exchange, Londra 1986, p. XXX . 66 M. TOCH, Geld und Kredit in einer spiitmittelalterlichen Landscha/t. Zu einem unbeachteten hebriiischen Schuldenregister aus Niederbayern (1329-1332), in: Deutsches Archiv 38 ( 1 982), p p . 524-26. pp.

78

2 - LA PENURIA DI METALLI PREZIOSI E LA CONTRAZIONE MONETARIA

Così ad esempio nel 1 3 66 il rettore veneziano a Mestre trattò le condizioni per la residenza in città con un gruppo di prestatori ebrei che offrivano credito al 20% di interesse, poiché gli usurai del posto opprimevano la popolazione locale con interessi del 25 % e vendevano i pegni dei poveri 67 • Gli usurai cristiani erano in massima parte i cosiddetti "Lom­ bardi" (in realtà dei piemontesi di Asti e Chieri) e anche i cosid­ detti Caorsini, che prendevano il loro nome dalla cittadina di Ca­ hors nel sudovest della Francia. Le fonti non distinguono con precisione i gruppi, così che la definizione "Lombardi" prevale. I Lombardi erano penetrati già dalla metà del XIII secolo nell'Eu­ ropa occidentale dove si erano resi ben presto indispensabili con le loro nuove pratiche finanziarie. A differenza dei mercanti to­ scani essi si limitavano al prestito di denaro piccolo e medio; solo nelle regioni tra la Mosa e il Reno riuscì loro il salto alla finanza politica 68 • Mentre i teologi stavano ancora discutendo se nel caso dei mercanti-banchieri toscani e dei cambiavalute locali si trattasse di usura o di guadagno illecito (turpe lucrum) , la questione del prestito su pegno era chiara a tutti. Esso andava contro al cosid­ detto divieto canonico di interesse fondato sull'etica aristotelica («li denaro non può rendere denaro») e sull'evangelico discorso della montagna ( >. Untersuchungen zur Hamburgischen Wdh­ rung im 1 7. und 18. ]h. , Coblenza 1986. 4

-

LA "KIPPERKRISE" E I TITOLI DI CREDITO

15 1

più risentire del peggioramento del denaro circolante. n traffico dei pagamenti senza effettivi fu così incentivato �he nel XVIII secolo esso era molto superiore al circolante monetario di Amburgo 58 • La Banca di Amburgo, malgrado alcune crisi - nel 1672 essa dovette, ad esempio, sospendere i suoi pagamenti come la Coro­ na inglese - continuò ad esistere fino al 1875 , quando il suo ban­ cogiro fu rilevato dalla Reichsbank. Meno successo a lungo ter­ mine ebbe il Banco Publico fondato a Norimberga nel 1 62 1 più o meno alle stesse condizioni. Le grandi richieste finanziarie (con­ tributi) alla città di Norimberga durante la Guerra dei Trent'An­ ni non si fermavano neppure davanti al tesoro del Banco Publi­ co, che fu per così dire saccheggiato dalla città. Anche quando il consiglio cittadino restituì alla banca le somme prese in prestito, la base finanziaria delle operazioni rimase troppo limitata per so­ stenere in modo duraturo una valuta bancaria basata su monete . di grande modulo. Nel 1685 anche il denaro corrente fu accetta­ to come valuta bancaria e quindi fu implicitamente accettato il rischio di pregiudicamento della stabilità valutaria 59 • Nelle città in cui non c'erano banche di cambio la fiera aveva ancora nel XVII secolo un ruolo importante come centro del traf­ fico dei pagamenti. Infatti, come in Italia, anche nel Sacro Roma­ no Impero la girata rimase vietata fino alla seconda metà del XVII secolo. In Francia nel 1654 per la prima volta fu permesso il tra­ sferimento straordinario (una sola volta) tramite girata e solo su pressione dei mercanti, che nella pratica passavano ad altri le cambiali, i magistrati di Amburgo ( 1 665 ) , di Francoforte ( 1 666) e di Lipsia ( 1 682 ) consentirono un numero libero di gira­ te, «visto che qui come in altri luoghi sono usate sempre di più . . . »60 • I mercanti divennero i banchieri di se stessi e lasciarono 58 SIEVEKING, Bank, p. 141 s. 59 E. KLEIN, Von den An/iingen bis zum Ende des alten Reiches (1 806), in: Deutsche Banken­

geschichte, I, Francoforte 1 982, pp. 1 82-87; L. PETERS, Der Handel Nurnbergs am An/ang des Dreissigjiihrigen Krieges, Stoccarda 1994. 60 « . weilen sie allhier wie an anderen Orten bereits so stark in Gebrauch kornrnen», J. SCHNEIDER, Messen, Banken und Borsen (15. -18. ]h.), in: Banchi pubblicz; banchi privati e monti di pietà nell'Europa preindustriale, I, Genova 199 1 , p. 15 1 . ; Io., Hat das Indossament zum Nieder­ gang der Wechselmessen im 1 7. und 1 8. Jahrhundert beigetragen ? in: M. NoRrn (a cura di), Gel­ dumlauf, Wiihrungssysteme und Zahlungsverkehr in Nordwesteuropa 1300-1 800, Colonia 1 989, pp. 183-93 . ..

152

4 · LA "KIPPERKRISE" E I TITOLI D I CREDITO

Ordine di accredito della Banca di Amburgo (1 659).

senza lavoro i banchieri delle fiere. Se ancora si facevano opera­ zioni di carico e scarico o di riscontro, vale a dire il pareggiamen­ to di crediti e di debiti di cambio, tramite i banchieri delle fiere, ciò aweniva regolarmente nei giorni delle scadenze dei paga­ menti settimanali stabiliti dall'amministrazione statale o dai si­ gnori feudali. Al più tardi però con l'avanzata della cambiale­ tratta nel commercio internazionale, il riscontro divenne senza importanza, poiché a quel punto le banche private pareggiavano i debiti di cambio dei mercanti 61 • Su scala europea la diffusione nel corso del XVII secolo della girata, dello sconto di cambiali e titoli di stato come pure l' emis­ sione di cartamoneta da parte di orefici e di banche e la fonda­ zione di banche di cambio e di società per azioni provocarono un ampliamento discontinuo e con esso un duraturo calo del co­ sto del credito commerciale. Se anche i mercanti dovevano invia­ re più metallo prezioso nei settori deficitari del Baltico e dell'A­ sia, gli strumenti e le istituzioni di credito consentivano loro in molti settori del commercio interno ed estero di utilizzare in mo­ do razionale il metallo prezioso disponibile o di sostituirlo il più spesso possibile con la carta. La disponibilità di credito a buon mercato che ne risultò diede il suo contributo all'espansione del 61 Vedi infra p. 180 s. 4 - LA "KIPPERKRISE" E I TITOLI DI CREDITO

153

commercio internazionale, insieme alle innovazioni della pratica commerciale come del "commercio su commissione" e della . " partecipaziOne a termme " . Con il "commercio su commissione" un agente o un mercante agiva per incarico e a spese di un altro mercante, per il quale comprava o vendeva le merci. L'agente, con il capitale del suo incaricante, commerciava con l'estero e ne riceveva in cambio una commissione di alcuni punti percentuali. Una ulteriore inno­ vazione del commercio internazionale fu la "partecipazione a ter­ mine": dei mercanti prendevano parte con una partecipazione tra il 2 e il l O % al capitale a un viaggio commerciale, ad esempio in Spagna o alle Azzorre. Dopo la vendita delle merci esportate in Spagna e dopo la vendita in Olanda dei prodotti coloniali ac­ quistati sul mercato spagnolo, guadagni e perdite venivano sud­ divisi secondo la partecipazione finanziaria delle parti. Sia il commercio in commissione che la partecipazione a imprese com­ merciali portavano al piccolo mercante il massimo guadagno possibile per la sua quota di capitale e promuovevano così signi­ ficativamente la "democratizzazione" del commercio a lunga di­ stanza 62 . L'ampliamento del credito nel XVII secolo non fu positivo solo per il commercio, ma anche per l'agricoltura. Le corrispondenti ricerche sul credito agrario agli inizi dell'età moderna sono anco­ ra troppo frammentarie perché si possa ricostruire per l'Europa intera o almeno per alcuni paesi il credito agrario, o quanto me­ no quantificarlo, ma là dove esistono simili lavori essi rivelano il grande volume del credito assunto dai contadini nel XVII secolo. Così ad esempio Peter Spufford ha valutato 344 inventari di ere­ dità del Kent per gli anni 167 1 -75 . Da essi risulta che quasi tutti i contadini avevano crediti per pagamenti di interessi, decime e tasse, o che dovevano ai loro servi ancora una parte del salario. Almeno altrettanto interessante è il fatto che su 344 persone, 22 1 avevano contratto prestiti e perciò sottoscritto un titolo di credi­ to. Non si trattava in genere di debiti fatti per l'acquisto di merci, .

.

62 H. VAN DER WEE, Die Niederlande 1350- 1 650, in: W. FISCHER et alii (a cura di) , Handbuch der Europi.iischen Wirtscha/ts- und Sozialgeschichte, III , Stoccarda 1986, p. 604 . 154

4

-

L A "KIPPERKRISE" E I TITOLI D I CREDITO

ma assunti nella maggioranza dei casi per l'acquisto di bestiame, attrezzi o per l'acquisto o l'appalto di terra. Come creditori si tro­ vano familiari e proprietari terrieri. Nella maggioranza dei casi, però, non si riescono a provare rapporti personali tra chi conce­ deva il prestito e chi lo chiedeva, cosa che fa ipotizzare l'esistenza di un mercato del denaro anonimo nella campagna, probabilmen­ te attraverso l'intermediazione di un notaio o un sensale 6'. Anche l'agricoltura olandese aveva bisogno nel xvn secolo di grandi investimenti, da un lato per la conquista di nuova terra, dal­ l' altra per migliorare la produzione del latte e la produzione spe­ cializzata di lino, robbia, colza, tabacco e rape. Infatti questi set­ tori produssero durante la crisi agraria del xvn secolo guadagni superiori a quelli della produzione intensiva di cereali. Se la con­ quista di nuova terra, quanto meno agli inizi del XVII secolo, era spesso finanziata con capitale commerciale proveniente dalle città, gli investimenti agrari per la specializzazione e l'incremento della produttività venivano da capitale proveniente dalla campagna. Contadini più ricchi prestavano agli altri contro impegni scritti o lettere di rendita il capitale necessario. Ma il capitale dei conta­ dini non veniva tutto assorbito dai prestiti agrari, di modo che essi investivano il loro denaro anche in obbligazioni delle Province, in partecipazioni marittime o perfino in azioni di compagnie com­ merciali. In ciò l'agricoltura olandese altamente specializzata co­ stituisce un'eccezione nella storia agraria del XVII secolo, poiché es­ sa subì in ritardo la crisi agraria di quel secolo 64• Al contrario, nell'agricoltura francese e tedesca colpite dalla crisi, mancarono sia lo stimolo sia il capitale per investimenti de­ stinati a migliorare la produttività 65 . Condizionato dalle perdite di popolazione e dal calo demografico il mercato dei prodotti agricoli crollò, la situazione dei guadagni peggiorò e aumentò l'indebitamento dei produttori. I contadini non solo dovevano prendere a prestito il denaro, ma spesso anche le sementi, gli ani6> P. SPUFFORD, Credit in Rural England be/ore the Advent o/the Company Banks, in: Banchipub­ blicz; banchi privati e monti di pietà nell'Europa preindustriale, Il, Genova 1991, pp. 893-91 1 . 64 ]. DE VRIES, The Dutch Rural Economy in the Golden Age, 1500- 1 700, New Haven 1974, pp. 222-24. 65 VAN DER WEE, Credit Systems, p. 377. 4

-

L A "KIPPERKRISE" E I TITOLI D I CREDITO

15 5

mali e gli attrezzi necessari per mantenere in attività la produzio­ ne. Inoltre essi restavano spesso in debito perché la vendita dei loro prodotti rendeva sempre meno. TI mercato del credito in contanti si ridusse. I contadini che avevano capitali, le persone più importanti nella concessione dei crediti agrari, erano sempre meno disposti o sempre meno in condizione di prestare denaro e le Chiese dei paesi, che tradizionalmente aiutavano e prestavano denaro nelle necessità, non potevano compensare da sole questo stato di necessità. Sembra però che la situazione creditizia delle campagne sia migliorata nell'ultimo terzo del xvn secolo, come farebbe pensare uno studio regionale sulla Baviera e anche la di­ sponibilità da parte degli abitanti delle città di concedere prestiti al settore agricolo. La congiuntura agraria che si era messa in moto può aver agito a poco a poco da stimolo agli investimenti 66 • 66 R SCHLOGL, Bauern, Krieg und Staat. Oberbayerische Bauernwirtscha/t und /rUhmoderner Staat im 1 7. ]h. , Gottinga 1988, pp. 326-42; W.A. BòLCKE, Der Agrarkredit in deutschen Territo­ rialstaaten vom Mittelalter bis An/ang des 1 8. ]ahrhunderts, in: M. NoRrn (a cura di), Kredit im spi:itmittelalterlichen und /rnhneuzeitlichen Europa, Colonia 199 1 , pp. 204-10.

156

4 - L A "KIPPERKRISE" E I TITOLI D I CREDITO

·capitolo 5

LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

n XVIII secolo fu un secolo di riforme monetarie. In questo perio­

do si proseguì il consolidamento delle valute e delle finanze pubbli­ che iniziato nel secolo precedente. Le circostanze esterne erano fa­ vorevoli in quanto la congiuntura economica mondiale era vivace e le riserve di metalli preziosi crescevano. Un ostacolo però si rivela­ rono i numerosi conflitti internazionali che dalla Guerra di Succes­ sione Spagnola fino alla Rivoluzione, alle coalizioni e alle guerre napoleoniche, non solo stremarono le finanze pubbliche, ma trasci­ narono nelle difficoltà anche le valute degli stati europei.

l. L'oro del Brasile e

il gold standard

Negli anni tra il 1 693 e il 1695 nei territori del Brasile che oggi vengono chiamati Minas Gerais era stato trovato un giacimento aurifero molto esteso. La notizia di tale scoperta provocò la pri­ ma "febbre dell'oro" della storia e attirò cercatori d'oro dalle zo­ ne costiere brasiliane come anche dal Portogallo stesso nella città dei cercatori d'oro, Vila Rica de Ouro Preto. La Corona porto­ ghese approfittò di ogni grammo d'oro che fu trovato nelle mi­ niere Gerais come anche nelle altre miniere d'oro a Goias e nel Mato Grosso. In questo modo e attraverso il commercio, nel cor­ so del XVIII secolo ogni anno giungevano dal Brasile in Portogallo e nel resto d'Europa 10-15 tonnellate d'oro. L'esaurimento delle miniere e il forte rialzo dei prezzi in Brasile negli anni 1780 5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

157

ridussero l'afflusso di oro in Europa a 10 tonnellate e infine nel­ l'ultimo decennio del secolo a meno di 5' tonnellate 1 • Nella seconda metà del XVIII secolo, dopo un lungo intervallo, riprese anche la produzione di argento americano, che ora veniva in gran parte alimentata dalle miniere messicane. Negli anni tra il 1 7 1 7 e il 173 8 si importarono in media 88 tonnellate di argento in Spagna e nel periodo successivo tra il 1747 e il 1778, con 1 68 tonnellate, quasi il doppio. Gli ultimi decenni del XVIII secolo vi­ dero un enorme aumento della produzione con una importazio­ ne annuale di 734 tonnellate 2 • Questo risultato fu raggiunto principalmente grazie alla dimi­ nuzione del prezzo del mercurio, necessario per la produzione dell'argento con il procedimento di amalgama e ai miglioramenti tecnici nel sistema di drenaggio dei pozzi minerari. Inoltre si ini­ ziò lo sfruttamento di nuove miniere in Per6. 3 • Alla crescente im­ portazione di metallo prezioso del XVIII secolo si contrapponeva però una crescente esportazione di metallo prezioso verso l'est, che serviva soprattutto a finanziare l'espansione del commercio europeo con l'Asia (tabella 6). Tabella 6. Esportazioni europee di metalli preziosz; 1 700-1 780 (in ton­ nellate all'anno)4

1 700

1 750

Area baltica

52

52

Levante

52

65

65

117

200 , 2

21 3,2

22 1

3 1 7, 2

382, 2

Area geografica

Asia orie ntale Totale

1 780

1 04

Infatti le esportazioni annuali di metalli preziosi aumentarono da 22 1 tonnellate (verso il 1700) a oltre 3 17 (verso il 1750) , fino ad arrivare a oltre 3 82 tonnellate (verso il 1780). Se si pensa che l V. MAGALHÀES-GODINHO, Le Portuga� !es /lottes du sucre et !es /lottes de l'or (1 670- 1 770) ' in: Annales, ESC 5 ( 1 950), p . 192 s.; MORINEAU, Gazettes, p. 135 s. (tab. 15). R. PlEPER, Die spanischen Kron/inanzen in der zweiten Hdlfte des 1 8. ]hs. (1 753-1 788), Stoc­ 2 carda 1988, p . 39. 3 lo., lnn ovacùmes tecnol6gicas y problemas del medio ambiente en la mineria novohispana (siglos . XVI al XVIII), m: IX Congreso Internacional de Historia de América, Siviglia 1992 , pp. 353 -68. 4 ATIMANN, American Bullion, p . 77 (tab. 4:2).

158

5 - L E RIFORME MONETARIE E L A CA RTAMONETA

solo le importazioni annuali d'oro di 10- 15.000 kg corrisponde­ vano a una massa di argento di 150-225 tonnellate, è evidente che le importazioni superavano le esportazioni di gran lunga e che per la prima volta dal tardo XVI secolo si poterono nuova­ mente accumulare in Europa grosse quantità di metallo prezioso, tanto più che anche la produzione europea di argento era ripre­ sa 5 . L'approvvigionamento di metallo prezioso per l'Europa era così impiantato su una nuova solida base. L'oro divenne più a buon mercato e il rapporto oro/argento cadde, anche se l'estra­ zione americana di argento verso la metà del secolo riportò al vecchio rapporto l : 15. In quale proporzione gli stati europei ap­ profittarono della corrente di oro e argento dipese dall'intensità dei loro rapporti con la Spagna e il Portogallo. Quanto strettamente in ciò interagissero politica ed economia è mostrato dallo sviluppo valutario della Francia e dell'Inghilterra. Nel 1700 era morto il re di Spagna Carlo II, lasciando il trono al pretendente francese Filippo d'Angiò, un nipote di Luigi XIV. Poiché le altre potenze europee, e primi fra tutti l'imperatore e l'Inghilterra non erano disposti ad accettare questa pregiudiziale all'equilibrio europeo, si giunse alla cosiddetta Guerra di Succes­ sione Spagnola, la prima "guerra mondiale" della storia. La Fran­ cia, grazie al suo legame con la Spagna, aveva accesso all'argento del Nuovo Mondo, mentre l'Inghilterra aveva trovato nel Porto­ gallo, madrepatria dell'oro brasiliano, un alleato dipendente. Nel 1703 l'Inghilterra strinse con il Portagallo il famoso trat­ tato Methuen (così chiamato dall'ambasciatore a Lisbona John Methuen), che in cambio di una diminuzione delle tariffe doga­ nali per i vini portoghesi in Inghilterra, apriva all'industria della lana inglese il mercato portoghese�brasiliano. Ma poiché gli In­ glesi non potevano bere tanto Porto quanti erano i prodotti che fornivano al Portogallo e al Brasile, il trattato di Methuen rafforzò l'afflusso dell'oro nelle isole britanniche. Negli anni 17 10-13 la zecca di Londra riconiò 3 ,5 milioni di 3/4 di cruzado portoghesi. In alcune cittadine inglesi le monete d'oro portoghe5 Dagli anni 1770 anche l'estrazione di Freiberg raggiunse i livelli del XVI secolo; P. ARNOLD W. QUELLMALZ, Siichsisch-thuringische Bergbaugepriige, Lipsia 1978, p. 26. 5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

159

si avevano addirittura corso legale 6 • L'importanza dell'oro brasi­ liano per la coniazione di monete inglesi nel XVIII secolo è eviden­ ziata da un confronto di cifre. Mentre dal 155 8 (anno della salita al trono di Elisabetta I) al 1694 (anno della fondazione della Banca d'Inghilterra) non furono coniati più di f. 15 milioni in oro, la coniazione in oro inglese nei 45 anni tra il 1695 e il 17 40 fu superiore ai f. 17 milionF. Le monete d'oro cacciarono quelle d'argento, la cui coniazione nel XVIII secolo fu per un lun­ go periodo interrotta. Complessivamente in tutto il secolo furo­ no coniati f. l ,25 milioni di monete d'argento. L'Inghilterra era così passata silenziosamente alla valuta aurea 8 • In Francia, tagliata fuori dal flusso dell'oro portoghese negli anni iniziali della Guerra di Successione Spagnola, la politica mo­ netaria prese un altro corso. La coniazione dell'argento era larga­ mente dominante e l'alto prezzo dell'oro fece scendere fino al 1708 il titolo dell'oro nelle monete al 7 ,3 %·. Nel periodo succes­ sivo esso oscillò tra il 20 e il 3 0 % 9 • Dopo la conclusione della Guerra di Successione Spagnola e la fine delle cosiddette "rifor­ me", con le quali per finanziare la guerra il valore nominale delle monete in circolazione veniva artificiosamente alzato con delle contromarche, si ritornò a poco a poco verso il 1720 alla stabilità monetaria. Nella riforma monetaria degli anni Venti si creò un nuovo luigi d'oro, il louis d'or aux lunettes, e uno scudo d'argento (écu aux lauriers) e si fissò il rapporto oro/argento, che nel frat­ tempo era salito a 1 : 15 , prima a 1 : 14 ,47 e poi a 1 : 14 ,63 10 • In que­ sto modo veniva stabilita una doppia valuta d'oro e d'argento che doveva rimanere caratteristica per la Francia del tardo XVIII e del XIX secolo. Le riserve di metalli preziosi crebbero sia in assoluto che pro capite e influirono in modo positivo sul progresso econo­ mico e sulla crescente monetizzazione della società 1 1 • 6 SPOONER, Economy, pp. 198-202. 7 FEAVEARYEAR, Pound, p. 158. 8 Nel 1774 l'obbligo di accettazione per la moneta d'argento fu limitato a f. 25; ibidem, p. 172. 9 SPOONER, Economy, p. 340 s. (App. C). IO Ibzdem, p. 206. I l ] .] . McCUSKER - }.C. RILEY, Money Supply, Economie Growth, and the Quantity Theory o/ Money: France 1 650- 1 788, in: E. VAN CAUWENBERGHE - F. lRsiGLER (a cura di), Munzpriigung, Geldumlauf und Wechselkurse, Treviri 1984, pp. 265-7 1 . 160

5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

Anche gli stati italiani, che uno dopo l'altro nel XVIII secolo riformarono i loro sistemi, avevano un sistema di doppia valu­ ta: Venezia nel 1722 e 173 3 ; Genova nel 1745 , 1759 e 1792 ; la Savoia nel 1755 ; Milano nel 1778. Il punto centrale di tutte le riforme era la limitazione della moneta spicciola di rame e l'a­ dattamento della monetazione al rapporto oro/ argento. Per ottenere questo si limitò la proporzione di oro nel circolante attraverso la rivalutazione dell'argento. Inoltre gli stati sempli­ ficarono la circolazione monetaria riducendo il numero di no­ minali coniati e passando a nominali basati sull e stesse unità nei diversi territori 12 • I primi passi di una unificazione valutaria dell'Italia si delinearono così - molto prima del Risorgimento già nel XVIII secolo. Di tutt'altro genere era la doppia valuta con la quale la Spagna di Filippo V, pochi anni dopo la .Guerra di Successione Spagno­ la, ritornò a rapporti valutari stabili ( 1 7 16). Fu creato un sistema di circolazione separata, nel quale si distingueva tra il "denaro na­ zionale" delle colonie e quello "regionale" o "provinciale" della madrepatria. Mentre il reale nazionale, di alto valore, circolava nell'America spagnola, il reale provinciale, più leggero e con un titolo più basso, veniva fatto per la "provincia spagnola" . In questo modo si cercava di far restare in patria le monete d'ar­ gento piccole che dovevano essere usate per le transazioni inter­ ne. Con la riforma del 17 16 fu risolto anche il problema dei di­ versi tipi di monete che le singole parti del paese, come la Catalogna, coniavano. Il fatto che simili coniazioni da quel mo­ mento venissero soppresse significava una unificazione del siste­ ma monetario spagnolo. Espressione della valuta unificata fu la peseta (un doppio reale provinciale) , che nel XIX secolo sostituì il maravedi come unità di conto 1 3 • Complessivamente la stabiliz­ zazione della valuta si inserisce nel quadro della ripresa economi­ ca della Spagna nel XVIII secolo, contrassegnata sia da una rivita­ lizzazione della richiesta interna sia da una crescita delle riserve 12 C.M. CIPOLLA, Le avventure della lira, Milano 1958, pp. 73 -75; U. Tucci, Monete e riforme monetarie nell'Italia del settecento, in: Rivista storica italiana 98 (1986), pp. 78-1 19; G. FELLONI, Il mercato monetario in Piemonte nel secolo XVIII, Milano 1968, pp. 139-67, 233 -46. 13 E.] . HAMILTON, War and Prices in Spain, 165 1 - 1 800, Cambridge, Mass., 1947 , p. 56 s. 5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

161

di metalli preziosi (nella seconda metà del XVIII secolo circa il 3 0 % del metallo prezioso dell'America spagnola restò nel paese 1 4 ) . Gli stati del Sacro Romano Impero intrapresero anch'essi nel XVIII secolo diverse riforme monetarie e valutarie, ma la politica monetaria era caratterizzata sempre dal secolare dualismo tra l'Austria e la Prussia. La Guerra di Successione Austriaca, come anche la Guerra dei Sette Anni, richiesero da parte delle finanze pubbliche degli sforzi che non erano in grado di fare. Però l' Au­ stria e la Prussia trovarono soluzioni molto diverse per i proble­ mi pendenti nel campo monetario e finanziario. Già dalla fine della Guerra di Successione Austriaca l'Austria si era allontanata dalla coniazione secondo il piede di Lipsia (pari a 1 8 fl. per marco) e aveva introdotto ufficialmente un piede di 20 gulden, in base al quale da un marco di Colonia si dovevano coniare 20 gulden ( = 10 Tlr. ) . Attraverso una convenzione mo­ netaria con la Baviera, nel 1753 , si cercò di diffondere questo nuo­ vo piede monetario anche nel sud della Germania. Risultato di questo accordo furono i konventionsgulden e i konventionstaler (da 2 fl. ). Ma il peggioramento della moneta spicciola, che nella Germania del sud, a differenza che in Austria, non era stata ade­ guata al nuovo piede monetario, fece sì che la nuova moneta non avesse lunga durata. Anche se la Baviera per questo motivo uscì dal trattato, essa conservò per le monete grandi il piede della convenzione, ma lo rivalutò di un quinto. A questo punto il pie­ de della convenzione corrispondeva in Baviera a un sistema a ba­ se di 24 gulden e dagli anni Sessanta questo rapporto fu preso come base per la loro monetazione dagli stati tedeschi del sud e dell'ovest 1 5 • Nel frattempo l'Austria si doveva confrontare con gli alti costi (260 milioni fl.) della Guerra dei Sette Anni. A differenza della Prussia gli Asburgo rinunciarono a sostenere questi costi con la coniazione di monete. Da un lato le esperienze della Kipperzeit erano ancora vive, dall'altra gli imperatori della casa d'Austria al momento della loro elezione si erano impegnati nelle capitolazio14 PlEPER, Kron/(IJam:.en, p . 40. 1 5 G. PRoBSZT, Osterreichische Munz- und Geldgeschichte, Vienna 1973 , p . 496 s. 162

5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

./>:'4/

l

(

Coniazione di monete con il bilanciere, Diderot, d'Alembert, "Encyclopédie"

(1 751-72).

5 . LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

1 63

ni a conservare e far osservare le ordinanze monetarie imperiali 16 • Perciò ben 165 milioni fl. furono raccolti tramite crediti, prima­ riamente tramite investimenti volontari e obbligati nei domini ereditari, in Ungheria, Boemia e nei Paesi Bassi asburgici. Ad es­ si si aggiunsero 18 milioni fl. di obbligazioni che potevano essere usate per pagamenti allo stato, e inoltre nel 17 62 , per la prima volta, banconote per un valore di 12 milioni fl. 1 7 Inoltre la Banca della Città di Vienna ( Wt'ener Stadtbank) dava sempre all'impe­ ratrice un aiuto con crediti straordinari. Dopo il trattato di Hubertusburg ( 1763 ) , si rendeva assoluta­ mente necessario lo smantellamento sia dei debiti dello stato sia quelli delle banche, smantellamento che però riuscì su vasta scala solo per i debiti bancari. Ciononostante l'Austria lasciò ancora intatta la valuta. Lo stabile konventt'onstaler rimase insieme con lo scudo francese (écu aux laurt'ers) e il luigi d'oro il mezzo di pa­ gamento dominante in Austria e nella Germania occidentale e meridionale fino a che esso fu sostituito dopo il 1790 dal kronen­ taler coniato nei possedimenti asburgici olandesi. A parte alcuni tentativi temporanei di stabilizzazione della va­ luta, la politica monetaria prussiana mostra un volto completa­ mente diverso. Dove si poteva si cercò di controbattere le misure austriache per opporsi a qualunque influsso politico-economico austriaco. In questo la politica valutaria prussiana si era posta delle mete ambiziose. Non solo bisognava stabilire una doppia valuta d'oro e d'argento che potesse essere concorrenziale sul piano internazionale e in questo modo promuovere la struttura economica prussiana, ma veniva anche fissato come obiettivo un grosso guadagno di 100-200 mila Tlr. per le casse statali 1 8 • Berlino pensò di aver trovato l'uomo giusto per la pianificazio­ ne e la realizzazione di una simile riforma in Johann Philipp Graurnann. Graumann era il capo della amministrazione com­ merciale, finanziaria e monetaria del granducato del Braun­ schweig e fu portato via da li. Egli si mise subito al lavoro e in­ tradusse nel 1750, con la riforma che da lui prese nome, un nuo16 Ibidem, p . 504. 1 7 Vedi infra, p. 179. 1 8 PROBSZT, Miinzgeschichte,

164

p.

501 s.; SCHROTTER, Munzwesen, II,

5 · LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

pp.

74-90.

vo reichstaler, chiamato kuranttaler (tallero corrente) con un con­ tenuto di argento di 16,7 g. Da un marco di Colonia si dovevano ricavare 14 di questi nuovi talleri, che erano quindi più leggeri del konventionstaler. n circolante d'argento fu completato dal fe­ derico d'oro, imitante il luigi d'oro, e dalle sue frazioni. Ma le speranze connesse con l'introduzione del tallero di Graumann non si realizzarono. li nuovo tallero non assolse alla sua funzione di moneta internazionale nel commercio con i ter­ ritori prussiani, né la sua coniazione portò alla Camera Reale il guadagno atteso. Soprattutto le zecche prussiane continuavano a soffrire per le strette dell'approvvigionamento di argento, a tal punto che nel 1754 molte zecche dovettero essere chiuse per mancanza di metallo da coniare; in queste condizioni non era pensabile di ottenere un miglioramento delle finanze statali attraverso le entrate della zecca e questo alla fine, nel 1755 , costò a Graumann il suo incarico 19 • Furono le manipolazioni della moneta che per prime portaro­ no alla Prussia grandi guadagni durante la Guerra dei Sette An­ ni. Questi guadagni coprirono, come i contributi della Sassonia occupata, ognuno un terzo dei costi bellici valutati a 125 - 140 mi­ lioni Rtl., mentre l'ultimo terzo fu raccolto soprattutto con i sus­ sidi, vale a dire con gli aiuti degli alleati inglesF0 • Nella fase ini­ ziale della guerra fu soprattutto la Sassonia, occupata nel 1756, le cui miniere producevano nuovamente più argento, a sembrare l'oggetto più indicato per un peggioramento della moneta che portasse profitto. A questo scopo Federico II diede l'appalto della zecca di Lipsia all'imprenditore ebreo Veitel Ephraim, che coniò in quella zecca terzi di tallero della Sassonia svalutati e tympf polacchi (una moneta da 1 8 groschen). I terzi di tallero furono ridotti da un fino di 5 ,4 g a 1 -2 g, i tympf da 3 g a 1 ,5 g e immessi nella circolazione con valore nominale immutato in Sassonia e nel regno di Polonia, legato alla Sassonia dalla co­ siddetta Unione Personale. I guadagni che ne derivarono non fu­ rono però sufficienti per il finanziamento della guerra, di modo 1 9 ScHROTTER, Munzwesen, II, pp. 91-109;

1 14-44. L. BEUTIN, Die Wirkungen des Siebenjiihrigen Krieges auf die Volkswirtschaft in Preussen, in: VSWG 26 (1933 ), p. 2 1 1 . 20

5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

165

che nel 1758 tutte le zecche sassoni e prussiane furono date in ap­ palto a un consorzio monetario costituito da Veitel Ephraim, Moses Isaak e Daniel Itzig, dopo che già nel 1755 erano già state date in appalto le zecche prussiane. Gli appaltatori non esitarono a peggiorare anche il terzo di tallero prussiano e coniarono oltre a ciò un sesto di tallero (il cosiddetto kriegssechstel, letteralmente "sesto di guerra") , il cui fino non corrispondeva più a una base di 14 talleri per marco, bensì prima a una di 20 e più tardi addi­ rittura di 30 talleri per marco. Inoltre le monete d'oro, ifederichi e soprattutto gli augusti d'oro della Sassonia furono peggiorati dra­ sticamente 21 . Tutte le monete di guerra venivano chiamate dal po­ polo "Efraimite" e, poiché avevano lo stesso peso degli "origi­ nali", non potevano essere distinte da quelle. «Fuori buone, dentro cattive; fuori Federico, dentro ephraim», era il detto popo­ lare. A causa del successo per le casse dello stato del kriegssechstel anche altri stati, come i due Mecklenburg, là Pomerania svedese, l'Anhalt, il Brandenburgo Ansbach, il Wiirttemberg, Treviri ecc. si diedero alla coniazione di questi tipi 22 . Con il peggioramento delle monete crebbero le difficoltà eco­ nomiche. I prezzi salirono notevolmente, poiché si dimostrò dif­ ficile affibbiare la moneta cattiva solo all'estero e ai territori oc­ cupati. Dopo il trattato di Hubertusburg la popolazione prussiana sentì «meno la benedizione di Federico che le conse­ guenze della guerra» 23 . Gli abitanti di Berlino, come lamentava nella sua cronaca il mastro panettiere Heyde, soffrivano ancora nel maggio 17 63 per «la moneta cattiva che ci è stata distribuita, per colpa della quale i prodotti alimentari aumentano continua­ mente di prezzo» 24 . Era necessaria una correzione valutaria che fu intrapresa dal re energicamente con l'aiuto di consiglieri stra­ nieri e di esperti della finanza. Nel 1764 si tornò a un piede di 14 talleri per marco, si ritirarono le monete di guerra, cambian­ dole in moneta nuova in base al loro contenuto intrinseco. I pro21 SCI-!ROTTER, Miinzwesen, III , pp. 25-77. 22 BEUTIN, Wirkungen, p. 213; SCHROTTER, Munzwesen, III, pp. 78-97. 2J R. VIERHAUS, Staaten und Stiinde, Berlino 1 984, p . 3 4 1 . 24 O L'uso del termine "moneta-velo" ricorre in realtà solo nella saggistica economica degli inizi del xx secolo: D. PATINKIN - O. STEIGER, In Search of the l A. SMITH, Eine Untersuchung uber das Wesen und die Ursachen des Reichtums der Natio­ nen, tradotto (in ted.) da P. Thal, II, Berlino, p. 61 s.

5 . LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

169

no anche i dibattiti successivi nell'ambito delle teorie economiche furono provocati e condizionati prevalentemente dai problemi contemporanei di politica monetaria. La politica valutaria del XVIII secolo fu segnata ampiamente da esperimenti sulle teorie di Law, anche se il suo sistema (il cosid­ detto Système Law) era stato pensato per la situazione francese dell'inizio del XVIII secolo. Davanti alla massa monetaria gonfia­ tasi a causa delle guerre di Luigi XIV fu necessario un tempo sempre maggiore perché a scadenze regolari le vecchie monete potessero essere sostituite dalle nuove. Per superare questi perio­ di gli appaltatori della zecca davano delle ricevute per le vecchie monete ritirate, i cosiddetti billets de mannaie, il cui valore entro un mese doveva essere restituito con nuove monete. Quando nei disordini della Guerra di Successione Spagnola l'emissione di nuove monete fu continuamente rimandata, i billets furono emessi, come se fossero stati titoli di stato, 'prima con il 4 % di interesse, in seguito con 1'8 % . Nell'anno 1703 erano in circola­ zione biglietti per un valore di 6,7 milioni lt., ed entro l'ottobre 1706 il valore dei biglietti emessi salì a 1 80 milioni lt. Conseguen­ ze di ciò furono una rapida caduta del corso e una svalutazione dei biglietti. n governo di conseguenza ritirò dalla circolazione i biglietti per un valore di 72 milioni lt. e li sostituì con nuove mo­ nete e titoli dello stato, senza con questo riuscire ad abbattere la montagna di debiti dello stato francese32 • Alla morte di Luigi XIV, avvenuta nel 1 7 1 5 , la Francia era indebitata per 3 milioni lt. e malgrado una consistente cancellazione dei debiti non era in condizione di pagare gli interessi in scadenza. Data la situazione ogni suggerimento degli specialisti monetari trovò ascolto. Filippo d'Orléans, reggente del re minorenne Lui­ gi XV, si decise per John Law che nel suo saggio "Moneta e commercio" (Money and Trade Considered) aveva indicato diver­ se possibili soluzionP 3 • Nel 1 7 1 6 Law fondò la Banque Générale 32 SPOONER, Economy, p. 202 s. 33 J. LAW, Money and Trade Considered with a Proposal/or Supplying the Nation with Money,

Edimburgo 1705, ristampa New York 1 966; v. anche supra, p. 167 s. Sullo sfondo politico v. E.J. HAMn.TON, The Politica! Economy o/ France at the Time oflohn Law, in: History of Political Economy, I ( 1 969), pp. 123 -49.

170

5 · LE RIFORME MONETARIE E L A CARTAMONETA

"Arlequyn Actionist", caricatura del 1 720.

con un capitale azionario di 6 milioni lt. , che poteva essere garan­ tito per due terzi con titoli dello stato e per un terzo con denaro contante. La banca accettò depositi, scontò cambiali ed emise già nel primo semestre della sua esistenza banconote per un valore di 6 1 milioni lt. (con una riserva di metallo prezioso di 3 1 milioni lt.) . Nel 17 17 Law fondò la Compagnia d'Occidente come compagnia commerciale per lo sviluppo delle colonie francesi del Nuovo Mondo. In cambio del monopolio del commercio e dei diritti di 5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

17 1

proprietà sulla colonia francese della Luisiana la compagnia si as­ sumeva una parte del debito dello stato francese. I proprietari di titoli di stato potevano cambiarli con azioni della compagnia di commercio e, davanti alle ricchezze del Mississippi suggerite da Law, fecero uso ampiamente di questo diritto. Nel 17 1 8 la Banque Générale fu trasformata in Banque Royale che emetteva biglietti al portatore garantiti dallo stato ed emise banconote per un valore di 950 milioni lt. La Compagnia d'Occidente assorbì le compagnie commerciali francesi concorrenti. Nel 1 7 19 fu fondata la Compa­ gnia delle Indie come compagnia �ommerciale unica, che imme­ diatamente emise 5 0.000 nuove azioni e inoltre assunse l'appalto delle tasse indirette in Francia. Nello stesso anno John Law diede inizio a una nuova opera­ zione gigantesca. La Compagnia delle Indie concesse all o stato un nuovo prestito di oltre 1 .500 milioni lt. ed emise perciò 3 00.000 nuove azioni con un valore nominale di 500 lt. l'una che potevano essere pagate in rate mensili e frazionate, per es­ sere interessanti anche per il piccolo investitore. La speranza in un dividendo e soprattutto la crescita del corso delle nuove azio­ ni mise in moto una febbre speculativa, così che le azioni che ave­ vano all'emissione un valore di 500 lt. superarono in breve tem­ po la soglia delle 1 0.000 lt. Il 1720 vide un massiccio afflusso di capitale straniero e lo scopo di John Law di provocare una disce­ sa degli interessi per lo stato francese e per l'economia francese sembrò a portata di mano 34 • Ma per gli investitori stranieri l'ab­ bassamento dei dividendi al 2 % fu un segnale di avvertimento. Essi uscirono dalla Compagnia delle Indie e investirono i guada­ gni delle loro speculazioni a Londra e ad Amsterdam. Davanti agli insuccessi della compagnia nel commercio oltremare si sus­ seguirono le prese di beneficio; Law riuscì a conservare il corso solo facendo acquisti in proprio, ma quando nell'agosto del 1720 l'afflusso di capitali finì, iniziò il grande crash. Il corso delle azio­ ni cadde a 200 lt. Il Système Law crollò come un castello di carte e il suo inventore fuggì all'estero. N el dicembre 1720 fu costitui­ ta una commissione d'inchiesta alla quale furono presentate al34 E. FAURE, La Banqueroute de Law, Parigi 172

1977,

pp.

225-42.

5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

l'incasso banconote e titoli di stato per un valore di 2 .450 milioni h. Di esse fu riconosciuto come debito dello stato 1 .640 milioni lt., a un interesse del 2 -2 e mezzo per cento e si ritornò a una valuta metallica 35 • Le banconote e i titoli di stato erano completamente screditati; gli investitori ebbero paura per tutto il XVIII secolo a investire denaro nel debito statale francese; infatti il panico dei Francesi, che avevano contagiato uno dopo l'altro tutti i mercati finanziari, aveva provocato il primo crash di borsa della storia europea. Quanto strettamente fossero integrati già allora i mercati fi­ nanziari è stato da poco dimostrato da Larry Neal nella sua rico­ struzione dei movimenti di capitale dall'estero nella Francia di Law e più tardi con gli spostarnenti di capitali in Inghilterra e da lì in Olanda 36 • La massima parte del debito pubblico inglese era a quell'epoca b asato su rendite a lungo termine al 6-7 % . Alla luce degli sbalzi nei corsi in Francia, però, anche lo stato inglese offrì ai suoi creditori di cambiare le loro rendite in azioni della South Sea Company ed essi fecero ampio uso della proposta. Nel giro di breve tempo un buon 80% delle rendite e degli altri titoli dello stato erano stati trasformati in azioni, così che lo stock azionario della South Sea Company tra il 1 7 1 9 (f. 1 1 ,7 milioni) e il 1720 (f. 26 milioni) aumentò di più del doppio. La speculazione fiorì e nuove società per azioni spuntarono dal terreno come fun­ ghi. A questo punto furono sufficienti le prese di beneficio in Francia e il Bubble Act in Inghilterra, con il quale il governo cer­ cava di calmare il commercio speculativo delle azioni, per far crollare anche il corso della South Sea Company. Quella compa­ gnia, però, sopravvisse allo scoppio della bolla speculativa grazie al sostegno del governo inglese e della Banca d'Inghilterra, che rilevò una parte delle sue azioni 37 • A perdere furono gli specula­ tori che erano entrati nella South Sea Company solo al momento del boom. Meno, tra il 25 % e il 50% del reddito annuo del ca35 Ibidem, pp. 553 -67, 595-609. 36 L. NEAL, The Rise o/ Financial Capitalism: International Capita! Markets in the Age o/ Rea­ son, Cambridge 1990, pp. 62- 1 17 . 37 DICKSON, Financial Revolution, capp. 5 - 8 ; CLAPHAM, Bank, l , p p . 8 1 -91 . Una buona de­

scrizione del "South Sea Bubble" è fornita da C. MAcKAY, Zeichen und Wunder. Aus den Anna­ len des Wahns, Francoforte 1 992. 5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

173

pitale, persero i creditori dello stato se avevano cambiato i loro titoli contro azioni. A guadagnare fu solo lo stato, il cui debito era notevolmente diminuito a danno dei suoi creditori. Malgrado ciò la fiducia nelle finanze statali inglesi fu ricostitui­ ta in breve tempo grazie al consolidamento del debito pubblico in obbligazioni a interesse fisso e al regime di tagli della spesa pubblica del governo Walpole. Le obbligazioni di stato inglesi erano considerate sicure e rimasero interessanti per gli investito­ ri stranieri. Se lo stato emise nuove obbligazioni, esse furono sottoscritte da banchieri privati olandesi ed ebrei-portoghesi. I mercanti-banchieri piazzarono poi queste obbligazioni ad Am­ sterdam, dove gli investitori privati e istituzionali cercavano an­ siosamente nuovi possibili investimenti 38 • Ad un rapido superamento delle conseguenze del crash con­ tribuì certamente la politica valutaria della Banca d'Inghilterra che non aveva allargato la circolazione delle banconote in misura paragonabile a quella della Banca Reale. Le banconote non era­ no perciò screditate e presero un posto sempre più importante nella circolazione del denaro. Nel 1708 la Banca d'Inghilterra aveva ricevuto un "quasi-monopolio" nell'emissione di cartamo­ neta, visto che da quel momento in poi in Inghilterra e nel Galles oltre alla Banca d'Inghilterra nessuna banca con più di sei soci poteva emettere banconote (Six Partners' Rule)39• Per questa ra­ gione la maggioranza delle banche private emittenti cartamoneta in Inghilterra - in Scozia la legge non valeva - non uscirono dallo status di imprese personali o di piccole imprese commerciali. Perciò esse non poterono costituire nella capitale una concorren­ za per la Banca d'Inghilterra, ma svolsero un ruolo importante nel traffico di denaro e di capitali come Country Banks nelle campagne, dove le banconote della Banca d'Inghilterra non cir­ colavano. Le Country Banks o Bankers ricevevano i depositi della popolazione rurale e in cambio emettevano ricevute, tra­ sformabili in qualunque momento in denaro contante o cartamo38 ].C. RrLEY, International Government Finance and the Amsterdam Capital Market, 1 7401815, pp. 3 - 1 3 ; NEAL, Rise, capp. VII e VIII. 39 K.E. BORN, Geld und Banken im 19. und 20. Jh. , Stoccarda 1976, p. 18; CLAPHAM, Bank, I, pp. 145-50. 174

5 - L E RIFORME MONETARIE E L A CARTAMONETA

neta, ricevute che erano negoziabili e circolarono ben presto li­ beramente. Le Country Banks diedero in questo modo mobilità ai risparmi delle campagne e, trasferendoli sul mercato del dena­ ro londinese, li resero utilizzabili per scopi produttivi. Infatti con tale denaro lavoravano gli agenti di cambio di Londra, i Bill Brokers, che scontavano le cambiali delle nascenti regioni indu­ striali e così procuravano credito agli imprenditori della rivolu­ zione industriale inglese 40 • Bisogna dire però che l'ondata di fondazioni di Country Banks nella seconda metà del XVIII secolo ebbe anche i suoi lati oscuri. Poiché la legge del 1708 limitava le Country Banks dal punto di vista dei loro partecipanti e di conseguenza limitava anche la loro forza finanziaria, molte banche emisero banconote in un volume che superava di molto le loro riserve di metallo prezioso. Quan­ do poi si verificò una corsa alle banche, come nell'anno 1793 , quando la Francia dichiarò improwisamente guerra all'Inghilter­ ra, molte banche fecero bancarotta e le conseguenze si awerti­ rono anche sulla piazza finanziaria di Londra 4 1 • La Banca d'In­ ghilterra fece il possibile per rendere meno grave la situazione aumentando la conversione della cartamoneta e le operazioni di sconto delle cambiali. Quando però la paura per la minaccia di invasione francese nel febbraio 1797 provocò una nuova corsa alle banche, anche la Banca d'Inghilterra dovette cessare i suoi pagamenti, perché anche le sue riserve erano esaurite per i pre­ stiti alla Corona inglese. La banca si fece liberare dall'obbligo di riscattare le banconote in contante, ma rimise in moto l' econo­ mia sofferente per la scarsità di moneta dovuta al panico - molti infatti si affrettarono a sotterrare il loro denaro - attraverso l'e­ missione di banconote di piccolo taglio del valore di meno di f. 5 42 • Malgrado l'inflazione dovuta alla guerra e all'aumento del­ la circolazione di cartamoneta non si arrivò a un crollo delle fi­ nanze statali, poiché il parlamento continuò a garantire il credito dello stato. 40 Fondamentale in proposito L.S. PRESNELL, Country Banking in the Industria! Revolution, Oxford 1956. 41 FEAVEARYEAR, Pound, p. 178. 42 Ibidem, p. 1 84. 5

.

L E RIFORME MONETARIE E L A CARTAMONETA

175

.

. . . � . . . . . . . . . . . . . . . - .. . . . . . . . . . . . . . . .

10 sterline emessa dalla Banca d'Inghilte"a (1 780).

Banconota da

In Francia l'Ancien Régime aveva lasciatò in eredità ai rivolu­ zionari 5 miliardi lt. di debito e gli impegni politici del primo an­ no della Rivoluzione portarono nuovi debiti. Bisognava perciò raccogliere nuovo denaro senza per questo «salassare la base so­ ciale del nuovo ordinamento, la borghesia e la sua clientela» 43 • Vennero in aiuto la nazionalizzazione e la vendita dei beni della Chiesa. Con questa vendita bisognava coprire i buchi del bilan­ cio e diminuire considerevolmente la montagna di debiti. Affin ­ ché lo stato disponesse di mezzi finanziari già prima della vendita finale furono emessi dei buoni del tesoro al tasso del 5 % , i co­ siddetti assegnati, in tagli di 1 .000 lt., i cui possessori dovevano essere ripagati con il ricavo della vendita dei beni. I creditori del­ lo stato dovevano accettare gli assegnati al posto del denaro con­ tante. Imponendo nel 1790 un corso fisso e riducendone dappri­ ma il tasso e poi eliminandolo del tutto, gli assegnati furono fatti diventare cartamoneta. Invece di ritirare gli assegnati contro mo­ neta, come promesso, lo stato ne mise in circolazione sempre di più - nel 1790 e 1791 furono fatte emissioni per 1 ,2 miliardi lt. e 900 milioni lt. - e ne ridusse il valore nominale progressivamente

43 F. fuRET D. RrCHET, Die Franzosische Revolution, Francoforte 1 968, p. 1 67 R. AFrALION, L'économie de la Révolution /rançaise, Parigi 1987 , cfr. cap. IV. -

17 6

5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

e

p.

168;

da 200 a 50 e poi a 5 lt. Con il crescere delle emissioni gli asse­ gnati persero drammaticamente valore. Nel 1792 questo "denaro per i gonzi" valeva solo la metà circa (57 % ) dell'importo nominale e la caduta del valore continuò. Con un aumento del volume degli assegnati da 8 miliardi lt. ( 1794) a 1 1 miliardi lt. ( 1795 ) il corso cadde dal 3 1 % (luglio 1794) all'8 % (marzo 1795 ) , e nel 1796 gli assegnati non valevano più niente44 • I prezzi andarono alle stel­ le; i conflitti sociali si acuirono. Grossisti, proprietari di manifattu­ re, speculatori e la borsa nera approfittarono di questa situazione, come anche i contadini che con gli assegnati compravano fondi e terreno e pagavano le tasse, ma vendevano i loro prodotti solo contro valuta metallica. «La grande massa della popolazione cad­ de nella miseria più profonda e non come prima solo i salariati e i piccoli bottegai, ma anche i possessori di piccoli patrimoni in ren­ dite fisse, i pensionati, gli impiegati statali, che sono sempre i primi ad essere colpiti dall'inflazione» 45 • n passo dal clima inflazionano surriscaldato degli anni 1795 e 1796 al salto deflazionano del 1797 fu breve. Dopo la catastrofe de­ gli assegnati i risparmiatori tenevano strette le loro monete e al mas­ simo investivano i loro risparmi in immobili. La struttura bancaria carente o la mancanza di fiducia nelle banche bloccava l' approvvi­ gionamento di credito e bloccava lo sviluppo dell'economia. I prez­ zi caddero, i tassi dei crediti salirono al l O % , il gettito fiscale era in calo. Non stupisce perciò che il colpo di stato di Napoleone Bona­ parte il 1 8 brumaio (9 novembre) 1799 facesse nascere tante spe­ ranze di un miglioramento economico. Una delle prime iniziative di Napoleone fu la fondazione della Banque de France, una banca centrale a base azionaria che da un lato doveva concedere i crediti alla stagnante economia francese, dall'altra doveva procurare allo stato dei prestiti. Come mezzo di credito la banca emise banconote secondo il nuovo sistema decimale del franco, che però non erano destinate alla circolazione generale. A causa del loro alto valore no­ minale dai 5 00 fr. in su, esse trovarono però utilizzo come mezzo di pagamento del commercio all'ingrosso 46 • 44 F'uRET - R:!CHET, Revolution, p. 45 Ibidem, p . 3 8 1 . 46 BoRN, Geld, p . 26.

1 93 .

5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

177

' '

A S S I G N AT D E

' J; flra pnyf , TRO I S

J

/'orJrc Ju jirur

C E N T S J.. t Y .r u.:s , .1 /a

L-j,'/1 �'";J Caitrt""de I'E.x1ru.ord i n :1ire ,

, In fommt Jt ltmfo�mimcn.t uu.y difiJt;./ùion.J

I N 'r .t:. n t ·r par jtlur , SIX D 6.NIERS',

Assegnato da 300 lire.

Nella seconda metà del XVIII secolo un gran numero di stati europei iniziò l'emissione di cartamoneta. In realtà già una volta negli anni 1660, vale a dire prima della Banca d'Inghilterra, la Banca Reale svedese (Riksbank) aveva emesso banconote a breve termine ed aveva ripreso questa tradizione nel 1 7 1 8, ma nel caso delle emissioni di cartamoneta nella maggioranza dei paesi euro­ pei si trattava di cartamoneta statale la cui emissiqne era in stret­ to rapporto con il peggioramento delle finanze statali dovuto a guerre. Così ad esempio la Corona spagnola emise a partire dal 1780 delle obbligazioni al 4 % , i cosiddetti Vales Reales, per i quali esisteva l'obbligo di accettazione da parte delle casse statali e del commercio. A causa della loro emissione massiccia il loro corso cadde rapidamente sotto al valore nominale. Ma dopo che il Banco de San Carlos, fondato per la redenzione dei Vales Reales, ebbe iniziato i lavori nel 1782 e la guerra fu finita i bi­ glietti venivano trattati addirittura con un aggio47 • Questo � vero fino a che il re di Spagna non utilizzò le riserve in metallo pre47 E.]. HAM!LTON, El Banco Nacional de San Carlos (1 782-1829), in: El Banco de Espaiia, Ma­ drid 1970, pp. 197-23 1 ; I'IEPER, Kronfinanzen, p . 37. 178

5 - LE RIFORME MONETARIE E L A CARTAMONETA

zioso della banca per finanziare la guerra contro la Francia, ren­ dendo così impossibile il riscatto su larga scala dei Vales emessi. I Vales persero quasi la metà (47 % ) del loro valore. Nel 1799 essi furono perciò introdotti nella circolazione monetaria privata come mezzo di pagamento legale con un disagio del 6% sul loro valore nominale 48 . Solo nel 1 8 15 riuscì alla Spagna, come ad altri paesi europei, di riprendere a poco a poco il controllo del flusso di cartamoneta. L'Austria sofferse per analoghi problemi, perché - come ab­ biamo visto - nel finanziamento bellico aveva sempre privilegia­ to l'assunzione di credito rispetto al peggioramento della mone­ ta 49 . Del finanziamento del credito faceva parte l'emissione di obbligazioni dello stato, da cui si svilupparono le banconote, i cosiddetti "biglietti di banca" o Bancozettel della Banca della Città di Vienna. Nel 17 62 la Wiener Stadtbank emise banconote per 12 milioni fl. in tagli dai 5 ai 1 00 fl. Tutte le casse pubbliche dovevano accettare i "biglietti" al posto di contante per un im­ porto pari alla metà del pagamento, ma non i privati 5 0 • Il succes­ so di queste banconote fu relativo. Solo nel 177 1 si arrivò a una seconda emissione di banconote per altri 12 milioni di fiorini, nella quale i biglietti venivano ora pagati in contanti e non pote­ vano più, come nella prima emissione, essere anche cambiati con obbligazioni dello stato. Essi continuavano comunque a non ave­ re un corso forzoso o un obbligo di accettazione nella circolazio­ ne privata del denaro e venivano cambiati in moneta senza pro­ blemi dalle casse dello stato. Le difficoltà di cambio nacquero solo con la crescita illimitata della massa della cartamoneta circo­ lante dopo il 1796 (da 46 milioni fl. nel 1796 a 450 milioni fl. nel 1 806) ; la conseguenza fu una continua perdita di valore della cartamoneta, che alla fine portò alla bancarotta dello stato nel 1 8 1 1 51 • In confronto con l'Austria l'emissione di banconote in Prussia rimase limitata. Qui nel 17 65 fu fondato il Koniglicher Giro un d 48 HAMILTON, War, pp. 79-85 . 49 Vedi supra, p p . 162 ss. 50 0. BACHMAYER, Die Geschichte der osterreichischen Wiihrungspolitzk, Vienna 1960, p. 87 s. 5 1 Ibidem, pp. 88-94; PROBSZT, Miinzgeschichte, p. 526. 5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

179

Lehnbanco (Banca reale di giro e di prestito) , che doveva adem­ piere alle funzioni di una banca di cambio e di emissione, vale a dire doveva anche emettere cartamoneta. Tra il 17 66 e il 177 1 la banca emise banconote per un valore di 800.000 Rtl. : in seguito l'emissio­ ne cessò per 20 anni fino al 1793 , quando vennero immesse nella circolazione banconote per 525 .000 Rtl. 52 • Poiché vi era abbon­ danza di circolante metallico, la richiesta di banconote, come pu­ re la loro accettazione in Prussia, restarono più limitate che nella maggioranza degli stati tedeschi. In seguito il Banco passò da Banca di giro e di emissione a Banca di deposito, la cui attività principale era la concessione di crediti ipotecari per l'acquisto di terreni 53 • 3. I banchieri privati e le casse di risparmio

Una delle innovazioni creditizie che nel corso del XVIII secolo da Amsterdam si diffuse maggiormente nell'Europa nordoccidentale fu la cambiale tratta o accettata. Con questo strumento finanziario le banche autorizzavano i loro clienti a trarre cambiali su di loro. n cliente doveva preoccuparsi solo che alla scadenza ci fosse abba­ stanza denaro sul suo conto 54 • n mercante p oteva utilizzare la cam­ biale - fornita della firma della banca accettante - come mezzo di pagamento o addirittura consegnarla a un'altra banca per lo scon­ to. Se però una banca sopravvalutando le proprie prestazioni ave­ va emesso troppe cambiali tratte, questo portava non raramente a insolvenza. Nella crisi del 1763 , quando la pace di Hubertusburg mise fine alla congiuntura bellica, molte cambiali andarono a vuo­ to e molte imprese commerciali e bancarie di Amburgo e di Am­ sterdam fallirono: è un buon esempio di quanto si è detto 55 • Con il fiorire dei banchieri privati verso la fine del XVIII secolo e l'aumento del loro capitale di copertura la cambiale tratta come 52 BoRN, Entwicklung, p. 15. 53 KLEIN, Von den An/iingen, p . 2 1 3 . 54 A . HOUWINK, Acceptcrediet. Economische en bankpolitieke beschouwingen over den in het bankaccept belichaamden credietvorm, Amsterdam 1929. 55 W.O. HENDERSON, The Berlin Commercia! Crisis o/ 1 763, in: EHR, 2 serie 15 (1962), pp.

89-102.

1 80

5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

pure il credito commerciale acquistarono una nuova base solida. n profilo specifico delle prestazioni del banchiere privato si svi­ luppò dal tradizionale misto di attività commerciale e bancaria del Merchant Banker. Se un Merchant Banker aveva una forza di capitale sufficiente per concentrarsi solo sull'attività bancaria, dall'impresa commerciale con attività bancarie nasceva una ban­ ca privata. Ad esempio il numero delle banche private a Lon­ dra passò da 30 verso la metà del .XVIrr secolo a 70 negli anni 1 803 - 1 804 56 • Essi finanziavano con crediti il commercio estero e i suoi rappresentanti più eminenti, come i Baring, e più tardi gli Hope, trasferitisi da Amsterdam a Londra, emisero obbliga­ zioni di stato internazionali. Quando uno stato per finanziare una guerra "emetteva" un'obbligazione, si rivolgeva a una banca per avere un intermediario. La banca si addossava il prestito a un determinato corso e anticipava allo stato la somma per poi pro­ porre a livello internazionale l'obbligazione al pubblico a un cor­ so più elevato. n guadagno del banchiere consisteva nel guada­ gno sul corso e nella prowigione per il disbrigo tecnico della emissione del prestito. Le banche private mettevano a disposizio­ ne in questo modo i risparmi europei agli stati che facevano le guerre. Essi non esitavano a mettersi al servizio contemporanea­ mente all'una e all'altra delle diverse parti in guerra. Così ad esempio Henry Hope & Co. emise l'obbligazione spagnola du­ rante la guerra franco-spagnola del 1792/93 e anche quella del 1 807 quando la Spagna era alleata con la Francia 57 • Le obbligazioni dello stato e il commercio all'ingrosso interna­ zionale erano al centro anche degli affari delle banche private francesi. Esse erano dirette soprattutto da protestanti di origine svizzera o francese e sono passate alla storia come Banque Prote­ stante 58 . Anche le banche private tedesche erano in mano a una minoranza religiosa, e precisamente agli Ebrei, poiché qui l'atti­ vità come agente di corte accanto al commercio e alla spedizione

56 S. CHAPMAN, The Rise o/ Merchant Banking, Londra

64 s.

1984, p. 1 -38; BoRN, Geld, pp. 50,

57 NEAL, Rise, p p. 1 86-88. Protestante en France de la Révo­ 58 Fondamentale a questo proposito: H. LOTHY, La Banque 1959-61 .

cation de l'Edit de Nantes à la Révolution, 2 voll., Parigi 5 .

L E RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

181

era la fonte principale degli affari per le banche private. Gli agenti di corte o "Ebrei di corte" (Hofjuden) fornivano alle corti dei sovrani assoluti generi alimentari, gioielli e oggetti di orefice­ ria, provvedevano le forniture militari, procuravano il credito e si occupavano della coniazione delle monete 59 • L'esempio più fa­ moso di ascesa sociale di un agente di corte a banchiere privato e poi più su ancora all'alta finanza europea è dato dai Rothschild. La base per l'attività internazionale della sua casa fu posto da Meyer Amschel Rothschild, quando, durante la Guerra di Indi­ pendenza americana come agente di corte del langravio dell'Assia­ Casse! trasferì sul continente il denaro ricavato dalla "vendita" di soldati all'Inghilterra e li investì con guadagno in obbligazioni interne ed estere 60 • I grandi e piccoli produttori agrari e gli artigiani nelle città non usavano le prestazioni dei banchieri privati. Però anche nel settore agrario vi fu in tutta Europa un ·ampliamento e una riduzione del costo del credito, che insieme al boom della con­ giuntura agraria contribuì alla modernizzazione e all 'intensifica­ zione dell'agricoltura. In Francia il tasso di interesse sui crediti del 3 -3 ,5 % era nettamente al di sotto del livello dei tassi del XVII secolo, benché la richiesta di crediti durante quel periodo di depressione fosse stato nettamente inferiore 61 • Nei territori te­ deschi si otteneva credito al 4 e al 5 % , anche se la Guerra dei Sette Anni aveva provocato una grave crisi creditizia 62 • Di conseguenza dopo la guerra si fecero molte proposte su co­ me si potesse migliorare la situazione del credito agrario. Da una proposta del mercante berlinese Biihring di creare un istituto di cre­ dito generale per le province prussiane nacquero le Preussischen Landscha/ten {letteralmente "Province prussiane" ) , la prima delle quali fu costituita nel 1770 nella Slesia, particolarmente depressa a causa della guerra. Seguirono poi altre fondazioni per la Marca 59 H. SCHNEE, Die Hoffinanz und der moderne Staat. Geschichte und System der Hoffaktoren an deutschen Furstenho/en im Zeita!ter des Absolutismus, 5 voli., Berlino 1953 -65. 60 E. CORTI, Die Rothschilds, Francofone 1962; B. GILLE, Histoire de la maison de Rothschild, 2 voli., Ginevra 1965-67 . 61 W. MAGER, Frankreich vom Ancien Régime zur Moderne, Stoccarda 1980, p. 1 9 1 . 62 W . ABEL} Geschichte der deutschen Landwirtscha/t von frnhen Mittelalter bis zum 1 9 . ]h. , Stoccarda 1978 , p . 3 3 9 , nota l ; KLEIN, Von den An/iingen, p . 295. 1 82

5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

Elettorale e la Marca Nuova ( 1 777 ) , la Pomerania ( 1 7 8 1 ) , la Prussia orientale ( 1787) e la Prussia occidentale ( 1 788). La rico­ struzione dell'agricoltura in corso in Slesia, ma anche nelle altre province, poteva essere realizzata solo con l'aiuto di crediti a buon mercato e a lungo termine. Molti potenziali creditori non erano però disposti a fare un prestito su un fondo danneggiato dalla guerra. Perciò attraverso questa istituzione bisognava fare rinascere la fiducia andata persa. Le Landschaften erano coope­ rative di credito forzoso, nelle quali tutti i feudi di una provincia insieme garantivano per il credito concesso su un fondo 63 • Le Landschaften però non concedevano ai loro membri che lo chie­ devano un credito in contanti, bensì sotto forma di "lettera di pegno", che colui che riceveva il credito doveva trasformare in denaro presso persone fornite di capitali. I crediti venivano così mediati tra i proprietari terrieri che li chiedevano, nelle campa­ gne, e i possessori di capitali cittadini che cercavano un investi­ mento. L'offerta di credito per i fondi nobiliari aumentò come pure la dimensione dell'indebitamento: la speculazione fondiaria si mise in moto. n tasso per lettere di pegno cadde successiva­ mente: in Slesia dal 5 % ( 1770) , al 4 �% ( 1777 ), al 4 % ( 1788) . A causa della sicurezza - garantita della Provincia - del capitale investito e dal pronto pagamento degli interessi le lettere di pe­ gno divennero la forma di investimento preferita del capitale pri­ vato e non persero popolarità nemmeno nella fase della prima industrializzazione 64 • Beneficiari di questa crescente offerta di credito erano però di rado i contadini della Germania orientale, poiché la loro assun­ zione di crediti fu fino al XIX secolo limitata dal diritto di consen­ so signorile (i proprietari del fondo dovevano essere richiesti del loro consenso) e dalla mancanza del diritto sulla terra. «Oltre a ciò si moltiplicarono fino a quel momento le voci che rifiutavano decisamente di dare credito ai contadini» 65 • I contadini continua63 F. HAGEOORN, Die Landschaften. Eine rechtsgeschichtliche Darstellung der preussischen Agrarkreditinstitute, Freiburg 1 978, pp. 39-56, 63 -70; BORN, Geld, p. 63 s. Nella Marca Elet­ torale garantivano solo i fondi prestati, poiché i feudatari della Marca rifiutarono la garanzia solidale. 64 KLEIN, Von den An/iingen, p. 295 . 65 BùLCKE, Agrarkredit, p. 2 1 3 . 5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

1 83

vano perciò a essere legati ai prestiti in denaro e in natura come sostegno da parte del signore in caso di bisogno, oppure doveva­ no ricorrere all'aiuto dei comuni o dei vicini. Quanto meno però in diverse parti della Germania iniziarono nel 1774 la loro attività delle Hil/skassen (Casse di aiuto) signorili, che, come la Cassa di Depositi a Hohenlohe o la Gra/lich-Castell­ Remlingensche Land-Credit-Casse, accettavano depositi della fa­ miglia principesca o comitale, dei suoi servitori e della popolazio­ ne e pagavano interessi tra il 4 e il 5 % . In cambio le casse davano poi crediti per investimenti e consumi al 5 -5 ,5 % di tasso a piccoli lavoratori, artigiani e contadini 66 • Allo stesso modo crediti di con­ sumo su pegno venivano concessi dalle banche di pegno cittadi­ ne, che si ricollegavano alla tradizione tardo medioevale e del­ l'inizio dell'era moderna dei Monti di Pietà e miravano a impedire che i poveri nel bisogno finissero nelle mani degli strozzini. Con lo stesso spirito, ma con uno scopo leggermente diverso, nacquero verso la fine del xvnr secolo le Casse di Risparmio. Vi era­ no stati già · in passato progetti come il Mont de Piété di Hugues Delestre ( 1 6 1 1 ) o il progetto del Pension 0//ice di Daniel Defoe ( 1 697 ), che possono essere considerati come precursori delle Casse di Risparmio 67 , ma fu solo nell'ultimo quarto del XVIII secolo che si poté assistere a una vera e propria ondata di fondazioni di Casse di Risparmio, che iniziò nel 177 8 con la Cassa di Risparmio di Ambur­ go e finì nel 1 808 con la Cassa di Risparmio di Darmstadt. Tra que­ ste vi furono la fondazione a Oldenburg ( 1786), Kiel ( 1796), Altona ( 1 80 1 ) e Gottingen ( 1 80 1 ) 68 • Tutte le fondazioni avevano in comu­ ne il compito sociopolitico di migliorare le condizioni di vita degli strati più bassi della società. Questo impegno era guidato in alcuni casi dai programmi sociali e pedagogici delle Società Patriotti­ che nate nello spirito dell'Illuminismo, in altri dall'esperienza quo­ tidiana dell'aiuto ai poveri. Così si legge negli statuti della Cassa di Risparmio fondata nel 1778 dalla Società Patriottica Ambur·

66 Ibidem, p. 197; G. AsHANEV, Von der Esparungscasse zur Sparkassen/inanzgruppe, Staccar­ da 199 1 , pp. 47-50. 67 Ibidem, pp. 3 1 -34; questo sembra però molto dubbio, visto che il Mont de Piété di Delestre non costituiva nessuna innovazione rispetto ai Monti di Pietà italiani o fiamminghi. 68 ]. WYSOCKI, Untersuchungen zur Wirtschafts- und Sozialgeschichte der deutschen Sparkassen im 1 9. ]h. , Stoccarda 1980, p. 17.

1 84

5 - LE RIFORME MONETARIE E LA CARTAMONETA

ghese: «La Cassa di Risparmio di questo istituto di sostegno è costi­ tuita per il vantaggio di poche persone di buona volontà di entrambi i sessi, come domestici, giornalieri, lavoratori manuali, marinai ecc., per dare loro la possibilità, anche su piccole cifre di risparmiare, qualcosa .. . » 69 • Su tutti i depositi c'era un interesse del 3 % , ma la somma minima di deposito di 15 marchi bancari era pur sem­ pre piuttosto alta, se si pensa che un lavoratore a giornata in un cantiere se lavorava tutto il giorno prendeva 17 ,5 marchi al mese e un carpentiere guadagnava 39 marchi 70 • Cionondimeno i legami tra le fondazioni di Casse di Risparmio e la situazione economica della fine del secolo xvrn non sono da tra­ scurare.Tale situazione era contrassegnata da una crescita dei ge­ neri alimentari e da una generale crescita demografica, che molti­ plicava soprattutto gli strati bassi della popolazione urbana e rurale. Disoccupazione e sottoccupazione aumentarono e perciò così era importante mettere da parte del denaro nel periodo di oc­ cupazione per i tempi della disoccupazione, vecchiaia o invalidità. In questo modo si poteva «riportare all'autonomia gli attuali com­ pagni della carità pubblica e facilitare i mezzi e le vie per un sosten­ tamento autonomo e indipendente a coloro che più spesso sono esposti alla miseria . . . » 71 • Neppure la cifra minima di deposito, al­ l' apparenza alta, contrasta in realtà con lo scopo della fondazione. Infatti Josef Wysocki ha dimostrato attraverso le fonti disponibili per la metà del secolo XIX che domestici, artigiani e lavoratori gior­ nalieri portavano alla cassa se mai cifre più elevate, spesso addirit­ tura l'intero salario annuale 72 • Le casse di risparmio rendevano così inutile il seppellire sotto terra somme di denaro, anche se c'era an­ cora bisogno provvisoriamente di qualche nascondiglio fino al mo­ mento in cui una o due volte l'anno si portavano i soldi alla Cassa di Risparmio. A conseguenza di ciò i tesoretti di monete dell'epoca postnapoleonica diventano s empre più rari e perdono sempre più importanza come fonte per la storia del denaro. 69 Ibzdem, p. 198. 70 M. LIPPIK, Die Entstehung der Sparkassenwesens in Schleswig-Holstein 1 790 bis 1864, Neu­

miinster 1987 , p. 18. 71 Ibidem, p . 122 s. 72 WYSOCKI, Untersuchungen,

p.

86 s.

5 - LE RIFORME MONETARIE E L A CARTAMONETA

185

Capitolo 6 IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE E LA NASCITA DEL MODERNO SISTEMA BANCARIO

Dopo le guerre napoleoniche l'economia europea entrò nell'e­ ra dell'industrializzazione e dell'integrazione economica interna­ zionale. Quest'epoca portò nel settore della storia del denaro tramite l'introduzione dello standard dell'oro una sorta di unifi­ cazione valutaria, l'introduzione definitiva della cartamoneta co­ me pure, attraverso la formazione del sistema bancario moderno, una gigantesca espansione del credito. n ruolo di guida della economia mondiale fu assunto dalla Gran Bretagna. Grazie al suo assortimento unico di merci provenienti dall a sua produzio­ ne industriale interna e dai prodotti coloniali e grazie alla supre­ mazia della sua flotta commerciale, infatti, la Gran Bretagna fu la nazione commerciale dominante nel XIX secolo. In stretto colle­ gamento con ciò stava l'estensione delle prestazioni finanziarie. Mercanti locali o stranieri potevano in qualunque momento uti­ lizzare il mercato del denaro e dei capitali di Londra per ottenere credito a breve o lungo termine, fare trasferimenti di denaro, in­ vestimenti di capitale e assicurazioni. Libera dalle restrizioni del­ la circolazione monetaria e dei capitali, la lira sterlina divenne la valuta più importante per le transazioni internazionali, la valuta nella quale alla fine del xrx secolo si svolgevano i due terzi del commercio internazionale 1 • È quindi naturale che la Gran Breta­ gna attraverso la sterlina, valuta guida internazionale, influenzas­ se lo sviluppo valutario europeo. l MICHAEL COLLINS, Money and Banking in the UK, Londra 1 988, 6

-

p.

124.

IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

1 87

l . L'armonizzazione delle valute e

il gold standard

L'Inghilterra possedeva de facto già dal XVIII secolo una valuta aurea, visto che già dal 177 4 le monete d'oro avevano corso le­ gale illimitato come mezzo di pagamento, mentre le monete d' ar­ gento erano accettate nei pagamenti solo fino a un valore di (. 25 . Questa situazione fece un altro passo avanti in collegamento con il consolidamento della valuta, dopo la legge, approvata il 22 giu­ gno 1816, alla fine delle guerre napoleoniche, secondo la quale solo l'oro aveva corso legale e l'obbligo di accettazione delle mo­ nete divisionali di argento era J.i.rllitato a (. 2 . Nel 1 82 1 infine fu rimesso in vigore l'obbligo di cambio delle banconote della Ban­ ca d'Inghilterra in oro, sospeso nel 1797 , poiché le riserve auree della banca erano ora di nuovo sufficienti a garantire la conver­ tibilità. Si traevano così le conseguenze del cosiddetto dibattito dei bullionisti, svoltosi durante la guerra, .dibattito nel quale i bullionisti avevano discusso con i loro avversari se la non conver­ tibilità della cartamoneta e con essa la sfrenata emissione di ban­ conote mettessero a repentaglio il valore del denaro 2 • Con la sua valuta aurea la Gran Bretagna si trovò in posizione isolata in Europa fino agli anni 1 870 3 • La maggioranza degli stati europei aveva infatti una valuta argentea e alcuni, come la Fran­ cia, avevano una doppia valuta aurea e argentea. La doppia va­ luta francese derivava dalle riforme monetarie di Napoleone del 1803 e si ricollegava al sistema decimale, introdotto nel 1795 , con franco e centesimo. A un franco corrispondevano 0,29 g di oro fino o 4,5 g. di argento fino. Con ciò si confermava il vec­ chio rapporto oro/argento 1 : 15 ,5 , che ebbe validità in Francia fino al 1928 4 • Si coniarono monete d'argento da 5 franchi, 2 fran­ chi, l franco, mezzo franco e un quarto di franco, come pure monete d'oro da 20 franchi (il cosiddetto napoleone) e da 2 TI dibattito prende nome dal Report /rom the Select Committee o/ the House o/ Commons on the High Price o/ Gold Bullion (1 810); su quel dibattito v. H. RIETER, Die gegenwiirtige In­ /lationstheorie und ihre Ansiitze im Werk von Thomas Tooke, Berlino 1 97 1 , pp. 125-27 . Per la ripresa della convertibilità e per lo stabilimento di una valuta aurea, v. COLLINS, Money, p. 125 s. e RS. SAYERS, The Question of the Standard 1815-44, in: Economie History 3 ( 1 935), pp. 79-102. 3 Sul continente solo Brema aveva una valuta aurea. 4 R. SEDILLOT, Hzstoire du Frane, 1979, p. 7 1 s. 188

6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

40 franchi. In questo modo erano state poste le basi per il siste­ ma valutario bimetallico francese che fu ripreso negli anni suc­ cessivi da Belgio, Svizzera e Italia e che doveva trovare più tardi nella Unione Monetaria Latina la sua massima espansione. Negli stati della Confederazione Germanica regnava la valuta argentea, che però era sottoposta alle coniazioni regionali tipiche del frammentario sistema valutario del Sacro Romano Impero 5 • Attraverso la Deliberazione della commissione parlamentare del­ l'Impero (il Reichsdeputationshauptschluss) e il disfacimento del Vecchio Impero, il numero delle autorità emittenti tedesche si era ridotto nella Confederazione Germanica da oltre l 00 emit­ tenti a 34 stati e 4 città libere. Ciononostante si continuò attiva­ mente a coniare monete secondo piedi monetari diversi, nella Germania del nord secondo il piede di 14 talleri/marco (Prus­ sia) e di 34 tallerilmarco (Amburgo, Lubecca, Schleswig-Hol­ stein, Meclemburgo-Schwerin) , nella Germania del sud per lo più secondo il piede di 24 ,5 gulden. Inoltre correvano in gran numero monete straniere, kronentaler, napoleoni d'oro e d' ar­ gento (5 fr. ) ecc. Un impulso all'unificazione di questo sistema monetario fu dato dallo Zollverein , l'unificazione doganale che, in base a un accordo del 1 83 3 , impegnava i suoi membri a in­ trodurre un sistema uguale di monete, misure e pesi. In seguito i membri dello Zollverein si accordarono, nel cosiddetto Patto monetario di Dresda del 1 83 8, sulla creazione di due zone va­ lutarie, e precisamente una zona tedesco-settentrionale con un piede di 14 talleri/marco e una zona meridionale con un piede di 24,5 gulden, come pure sull'emissione di una moneta di unità doganale 6 • Questa moneta, chiamata ironicamente Champagner­ taler, corrispondente a 2 talleri o a 3 ,5 gulden (il valore di una bottiglia di Champagne), ebbe poca diffusione, poiché i vari stati diedero la precedenza alla produzione di monete del paese. Un ulteriore passo verso l'armonizzazione della valuta in Ger5 B. SPRENGER, Wahrungswesen und Wahrungspolitik in Deutschland von 1834 bis 1875, Co­ lonia 1 98 1 , pp. 37-4 1 . 6 Già nell'agosto 1837 gli stati tedeschi meridionali della Baviera, Wi.irttemberg, Baden, As­ sia-Darmstadt, Nassau insieme a Francoforte si erano accordati nella cosiddetta Convenzione di Monaco sul piede di 24,5 gulden. 6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

1 89

mania fu portato a termine con un accordo commerciale tra l'Austria e lo Zollverein tedesco. Con questo accordo l'Austria e i membri dello Zollverein si accordavano sul cosiddetto zollp/und (libbra doganale), il peso base delle merci dello Zollve­ rein, come base del nuovo piede monetario. Da questa nuova lib­ bra di 500 g, che sostituiva le vecchie misure tradizionali del marco di Colonia e di quello di Vienna, dovevano essere mone­ tati 30 talleri prussiani o 52,5 gulden della Germania del sud o 45 gulden austriacF. Oltre alla ratifica dei principi della conven­ zione monetaria di Dresda, secondo i quali ogni stato doveva ritirare le sue monete usura te al valore nominale 8 , il trattato di Vienna del 1857 portò come innovazione degna di nota il vereinstaler, vale a dire una unità monetaria e di conto unica per l'intero territorio dello Zollverein e dell'Austria, anche se i sistemi monetari e le monete divisionali restavano differenziati regionalmente. L'Austria non riuscì a far approvare il suo deside­ rio di introdurre una valuta aurea, poiché la Prussia pretese la conservazione della valuta argentea 9 • Eppure l'introduzione di una valuta aurea sarebbe stata a portata di mano, visto che l'oro a causa dei nuovi ritrovamenti in California e in Australia era di­ ventato a buon mercato in tutto il mondo. n 24 gennaio del 1848 nei banchi di sabbia del fiume Sacra­ mento si era trovato dell'oro, e questa scoperta scatenò in tutto il mondo la "febbre dell'oro". n numero di abitanti della Califor­ nia aumentò in tali proporzioni che la zona di ricerca si estende­ va su una superficie di 1 .200 km di lunghezza e 1 15 km di lar­ ghezza attraverso la Sierra Nevada 1 0 • Negli anni tra il 1 85 1 e il 1853 i cercatori d'oro ebbero fortuna anche in Australia, dappri­ ma al nord e poi al sud. Anche se l'estrazione dell'oro richiedeva qui investimenti superiori che in California, il ricavato fu solo di poco inferiore a quello americano e lo superò addirittura negli 7

BACHMAYER, Geschichte, pp. 40-42 .

8 I membri del trattato di Dresda si impegnarono anche a cambiare le monete divisionali (a partire da 100 talleri o 100 fiorini) in moneta corrente. 9 F. ZELLFELDER, Die Wahrungsprobleme der Donaumonarchie, in: J. SCHNEIDER et al. (a cura

di), Wiihrungen der Welt, I: Europaische und nordamerzkanische Devisenkurse 1 777- 1 9 14, Stoc­ carda 1 99 1 , p. 129 s. 10 V!LAR, Gold, p. 300.

190

6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

Accampamento di cercatori d'oro in Calz/ornia, litografia di Currier e Yves.

anni 1 855 -63 . L'enorme sviluppo della produzione dell'oro ver­ so la metà del XIX secolo è reso evidente dalla tabella 7 . Nei de­ cenni successivi l'estrazione dell'oro in tutto il mondo, con 161 tonnellate di media all'anno, si abbassò, per poi aumentare di nuovo notevolmente a partire dagli anni Novanta con l'inizio dello sfruttamento in Canada e soprattutto in Sudafrica. Tabella 7 . Estrazione mondiale annua dell'oro, 1800-1910 (z"n t) 1 1 Anni

Quantità

1 80 1 - 1 0

1 5 ,3

1 8 1 1 -20

1 0,3

1 82 1 -30

14

1 83 1 -40

20

1 84 1 -50

76,7

1 85 1 -60

1 89 , 7

1 86 1 -70

1 67

1 87 1 -80

1 57 , 9

1 88 1 -90

1 58 , 2

1 89 1 - 1 900

3 1 4,3

1 90 1 - 1 9 1 0

567 , 8

1 1 C.J. ScHMITZ, World Non-Ferrous Meta! Production and Prices, Londra I 979, (tab. 5).

6

-

pp.

ll.. GOLD S TANDARD INTERNAZIONALE

79-84

191

Con il gigantesco aumento di produzione delle miniere d'oro il rapporto oro/argento, che era a lungo rimasto stabile, cominciò a oscillare. L'argento rincarò, rispetto all'oro, e questo a sua volta in­ fluenzò l'utilizzazione dei due metalli nelle valute nazionali e nel commercio internazionale 12 • A causa della nuova situazione dei prezzi si trovarono sotto pressione i paesi nei quali, come la Francia, era sempre valido il vecchio corso legale in base al rapporto oro/ar­ gento 1 : 15,5. Ma poiché in questo rapporto si sopravvalutava l'oro, questo metallo prezioso fu esportato massicciamente in Francia, qui cambiato in modo conveniente contro argento, che poi veniva por­ tato sui mercati asiatici, soprattutto in India. Infatti la richiesta di merci indiane come la seta, il tè, l'indaco o lo zucchero aumentava più in fretta dell'esportazioni di manufatti europei in India. Negli anni Sessanta la scarsità di cotone provocata dalla Guerra di Seces­ sione americana fece salire la domanda di cotone egiziano e indiano. Non era comunque necessario arrivare fino in India per fare ac­ quisti vantaggiosi con l'argento o per guadagnare sul corso nel com­ mercio dei metalli preziosi. Altrettanto vantaggioso era, a causa del crescente corso dell'argento, importare monete d'argento francesi usurate e di poco valore in Belgio e con esse comprare monete bel­ ghe di valore e riesportare queste ultime. In questo modo 1'85 % delle emissioni belghe in argento finì esportata. Le monete francesi venivano esportate anche in Svizzera, mentre la Francia stessa era minacciata dalle monete italiane ancora peggiori delle sue 13 • TI continuo esodo di argento dai quattro paesi dei franchi, Fran­ cia, Belgio, Svizzera e Italia 14 fece pensare a una lotta coordinata contro i comuni problemi valutari. Quando i quattro partner si riu­ nirono nel 1 865 per la cosiddetta Convenzione Monetaria Latina, tutti, tranne la Francia, avevano in mente l'introduzione della valuta aurea. L'argento, relativamente scarso, doveva essere sostituito dal­ l' oro, largamente disponibile, come metallo della valuta, visto che 12 P.L. COTTRELL, Silver, Gold and the International Monetary Order, 1851 -96, in: S.N. BROADBERRY - N.F.R. CRAFrS (a cura di) , Britain in the International Economy (Festschn/t Ford), Cambridge 1992, pp. 223-25; ID., London, Pan's and Silver, 1 848- 1867, in: A. SLAVEN ­ D. ALDCROFT (a cura di), Business, Banking and Urban Hz'story (Festschn/t Checkland), Edimbur­ go 1982 , pp. 130-32. 13 M. DE CECCO, The International Gold Standard, New York 1984, pp. 43-47. 14 In Italia era stata introdotta nel 1861 la lira italiana (di 1 00 centesimi), la cui monetizzazio­ ne veniva effettuata in oro e in argento seguendo il modello del franco francese. 192

6

·

IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

comunque a causa dell'esodo di argento che durava da anni il circo­ lante era in gran parte costituito da monete d'oro. La Francia però si impose e rese impegnativa la sua doppia valuta per gli stati membri dell'Unione Monetaria Latina uscita dalla Convenzione. Fu concor­ dato anche il rapporto oro/argento di l : 15 ,5 come pure un piede monetario comune che, insieme al contingentamento dell'obbligo di accettazione di moneta divisionale, doveva impedire l'inonda­ mento di un paese con le monete di uno dei suoi partner 1 5 • Con la doppia valuta la Francia voleva avere un ruolo di intermediaria tra i paesi a parità aurea e quelli a parità argentea. Perciò essa cercò di convincere dei vantaggi della doppia valuta dopo i partner del­ l'Unione Monetaria Latina anche altri paesi. A questo scopo servi la conferenza valutaria internazionale convocata in occasione del­ l'esposizione mondiale di Parigi del 1867 . Essa ebbe però uno svi­ luppo diverso da quello voluto dalla Francia, poiché in essa furono riconosciute possibilità maggiori per una armonizzazione valutaria mondiale alla valuta aurea che non alla doppia valuta. L'ultima spinta all'introduzione della valuta aurea nei diversi stati europei fu dato dalla drastica caduta del prezzo dell'argento che co­ minciò a farsi sentire all'inizio degli anni Settanta. A causa dell' au­ mento della produzione di argento, infatti, il prezzo di quel metallo cadde sul mercato dei metalli preziosi di Londra per ogni oncia da 60 p (1870) a 52 p (1880), 47 p (1890), 28 p (1900) fino a24 p (1910) 16 • Mentre si cercava l'oro nelle Montagne Rocciose, infatti, si erano scoperti nuovi ricchi filoni di argento e in breve tempo fu estratto più argento che oro (tabella 8). I giacimenti del Neva­ da, come ad esempio il celebre Comstock-Gang, erano più ricchi dei giacimenti sfruttati fino a quel momento. Inoltre grazie al mi­ glioramento del processo di separazione e l'inserimento delle Montagne Rocciose nel tracciato della ferrovia i costi di produzio­ ne e di trasporto dell'argento caddero 17 • A ciò si aggiunse un calo della domanda di argento in tutto il mondo, dovuta da un lato a 1 5 N.W.J. BAAs, Die Doppelwiihrungspolitik Frankreichs 1850- 1 885, dissertaz., Firenze 1984, 120-23 . 1 6 Tra il 1850 e il 1 866 il prezzo dell'argento era stato di 61 p. DE CECCO, Gold Standard, p. 239 (Tab. 2). 17 ]. VAN KLAVEREN, Die Goldwiihrung des 19. ]hs. , Il: Die Zeit der Bedriingnis, ca. 1875pp.

ca. 1 900, in: Bankhistorisches Archiv 3 (1977), I, p. 6, n. 18. 6

-

I L GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

193

Tabella

8. Estrazione mondiale annuale di argento, 1 800- 1 9 1 0 (in ton­

nellatel8

Quantità

Anno

1 80 1 - 1 0

888

1 8 1 1 -20

535

1 82 1 -30

455

1 83 1 -40

590

1 84 1 -50

772

1 85 1 -60

1 760

1 86 1 -70

2544

1 87 1 -80

2069

1 88 1 -90

3 1 05

1 891 - 1 900

504 1

1 90 1 - 1 9 1 0

5681

una diminuzione delle esportazioni di argento in India, dall'altro al fatto che gli stati che erano passati a una valuta su base aurea volevano liberarsi a ogni costo del loro stock di argento. n primo paese che introdusse ufficialmente la valuta aurea fu la Germania. La fondazione dell'impero, la bilancia dei pagamenti attiva da anni e le riparazioni di guerra francesi determinarono condizioni favorevoli al cambiamento della valuta. Soprattutto le "auree" riparazioni belliche francesi vengono sempre più spesso messe in collegamento con l'introduzione della valuta aurea. In realtà però la Francia pagò le indennità di 5 miliardi fr. fissate nella pace di Francoforte solo per un valore di 273 milioni fr. in monete d'oro, 23 9,2 milioni fr. in monete d'argento e la parte principale (4,248 miliardi fr. ) in cambiali, calcolate in sterline e incassate a Londra in oro. Nel 1 87 1 l'impero decise di coniare una moneta d'oro da 20 marchi, sul modello del sovereign inglese. Essa diven­ tò la moneta principale in Germania quando nel 1 873 l'Impero introdusse la valuta aurea imperiale e dichiarò le vecchie valu­ te regionali fuori corso a partire dal l o gennaio 1 87 6 1 9 • Poiché 1 8 SCHM!TZ, Meta! Production, pp. 143-52 (tab. 12). 1 9 K. BORCHARDT, Wahrung und Wirtscha/t, in: DEUTSCHE BUNDESBANK (a cura di), Wahrung und Wirtschaft in Deutschland 1 876-1975, Francoforte 1 976, pp. 5 9. -

194

6 · IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

le monete d'argento che si trovavano in circolazione fino a quel momento non potevano essere cambiate tutte, esse conservarono il loro valore. Per questo la valuta aurea tedesca "zoppicò" fino a che tutte le rimanenti monete furono messe fuori corso nel 1907 . Quasi contemporaneamente alla Germania anche l'Olanda e i paesi scandinavi passarono a una valuta aurea. Nel 1873 la Dani­ marca e la Svezia si accordarono sulla corona d'oro (di 100 Oere) come unità valutaria e fondarono così l'Unione Monetaria Scan­ dinava, a cui aderì due anni più tardi anche la Norvegia 20 • A cau­ sa della diffusione della valuta aurea in Germania e nell'Europa nordoccidentale i paesi della Unione Monetaria Latina si trova­ vano ancor più sotto pressione a causa del rapporto oro/argento stabilito di 1 : 15,5 . Come in passato con il prezzo dell'oro in calo era stato vantaggioso pagare in Francia in oro, così ora il rappor­ to relativamente basso oro/argento (sul mercato mondiale esso era infatti tra 1 : 17 e 1 : 18) favoriva un'importazione massiccia di argento nei paesi latini. Ogni anno i membri dell'accordo sta­ bilivano nuovamente i loro contingenti di argento da coniare, senza però ottenere l'effetto deflazionistico necessario. Alla fine, nel 1 878, si concordò di sospendere del tutto la coniazione del­ l' argento 21 • Ma poiché anche questo provvedimento non servì, la Francia intraprese con la conferenza valutaria di Parigi un ultimo tentativo di grande impegno per stabilire la doppia valuta e con la collaborazione di tutto il mondo frenare l'esodo delle sue ri­ serve d'oro. Questo tentativo di salvataggio però non trovò la so­ lidarietà attiva delle altre grandi potenze europee, e perciò la va­ luta francese negli anni Ottanta si trasformò di fatto in una valuta aurea zoppicante2 , mentre solo l'Italia, il partner più de­ bole dell'Unione Monetaria Latina, mantenne nella pratica la sua doppia valuta 23 • Quanto meno altrettanto interessante della contrapposizione 20 T. THEURL, Eine gemeinsame Wiihrung /ur Europa, Innsbruck 1992, pp. 214-4 1 . 21 BAAS, Doppelwiihrungspolitzk, pp. 23 1 -3 3 ; 261 . 22 Ibidem, pp. 267-88. 23 «ltaly was not on the gold standard except for brief periods of time, and for the most part

the lira was inconvertible in either gold or silver »; M. FRATIANNI F. SP!NELLI, Italy in the Gold Standard Period, 1 86 1 - 1914, in: M.A. BoRDO - A.J. SCHWARTZ (a cura di), A Retrospective on the Classica! Gold Standard 1821-193 1 , Chicago 1984, p. 43 1 . ...

·

6 . IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

195

tra i paesi dell'Unione Monetaria Latina e i paesi della valuta au­ rea furono le dispute all'interno di ogni paese sulla politica valu­ taria più giusta. Infatti nella maggior parte dei paesi, che avesse­ ro la valuta aurea o che avessero una doppia valuta, i sostenitori e gli avversari della valuta aurea si fronteggiavano inconciliabili. Ogni gruppo rappresentava interessi diversi, che potremmo de­ scrivere come industriali e agrari. I rappresentanti dell'industria volevano rendere stabile la valuta nazionale con la moneta su ba­ se aurea, e in questo modo stimolare l'arrivo di capitale straniero; al contrario gli "agraristi" temevano, con una valuta solida, di per­ dere sul mercato mondiale dell'offerta il vantaggio di prezzi bassi, che sarebbe stato procurato invece da una valuta debole (argen­ tea) 24 . Con la definitiva introduzione della valuta aurea, per la quale si decisero negli anni Novanta anche l'impero austroungarico25 e la Russia, prevalsero a livello nazionale e internazionale gli industriali e i creditori che erano interessati a un interesse stabile per i loro ca­ pitali contro agrari e debitori che speravano in un'inflazione. I ricchi paesi industriali avevano la moneta su base aurea, i meno sviluppati paesi dell'Asia e dell'America Latina la moneta su base argentea, cosa che peraltro costituiva un vantaggio per le loro esportazioni, poiché rendeva più convenienti le merci esportate nei paesi con valuta aurea. In Europa l'introduzione della valuta su base aurea portò alla creazione dello standard internazionale dell'oro, che secondo la definizione di Barry Eichengreen poteva esistere solo se un grup­ po di stati si atteneva alle seguenti regole: - libera convertibilità del denaro in oro e viceversa, - libera esportazione e importazione dell'oro, - regole fisse che legavano la massa monetaria di un paese alle sue riserve auree26 . 24 DE CECCO, Go/d Standard, pp. 5 1 -53. 25 E. MARz - K. SocHER, Wiihrung und Banken in Cisleithanien, in: A. BRUSATI! (a cura di):

Die wirtschaftliche Entwicklung, Vienna 1 973 , pp. 343-45 , 3 5 1 -54; J. WYSOCKI, Die asterrei chischlungarische Krone im Goldwiihrungsmechanismus, in: E. SCHREMMER (a cura di), Geld und Wiihrung vom 1 6. ]h. bis zur Gegenwart, Stoccarda 1993 , pp. 147-56. 26 B. EICHENGREEN, Introduzione del curatore, in: ID. (a cura di), The Gold Standard in Theo­ ry and History, New York 1 985 , p. 3 s. il miglior sguardo d'insieme su questo argomento in te­ desco è dato da: O. SCHWARZER, Goldwiihrungssysteme und internationaler Zahlungsverkehr zwi­ schen 1870 und 1914, in: E. SCHREMMER (a cura di), Geld und Wiihrung vom 1 6. ]h. bis zur Ge­ genwart, Stoccarda 1993 , pp. 191-22 1.

196

6 · lL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

Nella maggioranza dei paesi europei il gold standard assunse la forma di una valuta con al centro l'oro, nella quale - in caso di perdurante "assenza di circolazione aurea" - le banconote cir­ colanti erano coperte dalla riserva aurea della banca centrale 27 • A ciò era collegato l'obbligo di convertibilità, che però non doveva essere effettuata necessariamente in oro. Solo pochi paesi, come l'impero tedesco o la Francia, che avevano una grande riserva aurea o che la costituirono a questo scopo, si potevano permet­ tere il lusso di una circolazione aurea, vale a dire di un circolante costituito da monete d'oro e una parte di banconote 28 • Quali erano i vantaggi del gold standard? Secondo la teoria classica formulata per la prima volta da Hume e poi da Ricardo, il vantaggio del gold standard consisteva nel cosiddetto "automa­ tismo dell'oro" che manteneva stabile il corso internazionale dei cambF9 • Non appena il corso di una valuta saliva in confronto a un'altra sopra ai costi legati alla spedizione dell'oro (trasporto e assicurazione) , l'oro rifluiva dal paese della valuta più debole in quello della valuta più forte. L'esodo dell'oro, vale a dire la ridu­ zione delle riserve aureo portava alla limitazione delle banconote in circolazione, alla salita degli interessi e infine a un calo dei prez­ zi in un paese, mentre l'afflusso nell'altro paese aumentava il cir­ colante cartaceo, mandava giù i tassi e favoriva in questo modo il rialzo dei prezzi. Quando si raggiungeva questo punto la corrente dell'oro si invertiva, l'oro affluiva nel paese con gli interessi più alti e con la domanda d'oro più grande. La bilancia dei pagamenti ve­ niva compensata, i tassi di cambio stabilizzatP 0 • Nella realtà questo automatismo dell'oro funzionava solo parzial­ mente, poiché a differenza di quanto fu a lungo sostenuto le banche centrali non si attenevano alle famose "regole del gioco" 3 1 • Infatti es27 F. MACHLUP, Die Goldkernwiihrung, Halberstadt 1 925, p. 7. 28 DE CECCO, Go/d Standard, p. 56 s. 29 Cfr. KOPF, Hume, pp. 150-7 1 ; DE CECCO, Gold Standard, pp. 6- 13. 30 G. SCHMÒLDERS, Geldpolitzk, Tubinga 1962, p . 1 1 8 s. 31 A. BLOOMFIELD, Rules o/ the Game o/ International Adjustment, in:

C.R. WHITTLESEY J.S.G . WILSON (a cura di), Essay in Money and Banking (Festschri/t Sayers), Oxford 1 968, pp. 26-46; A.G. FoRD, The Gold Standard, 1880-19 14: Britain and Argentina, Oxford 1 962, pp. 2 1 -24; ]. DmTON, The Bank o/ England and the Rules o/ the Game under the International Gold Standard, in: M. B. BORDO - A.]. SCHWARTZ (a cura di), A Retrospective on the Classica! Gold Standard, 1 82 1 - 1 93 1 , Chicago 1984, pp. 173 -95. 6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

197

se non limitavano il denaro nei periodi di bilancia dei pagamenti deficitaria e di esodo dell'oro, né aumentavano l'emissione di banconote nel caso contrario. Inoltre le banche centrali cercava­ no attraverso l'accumulazione di riserve in divise e diritti su cre­ diti stranieri (ad esempio cambiali con scadenza a tre mesi) , di ridurre al minimo possibile l'esodo dell'oro, di modo che di re­ gola l'oro non aveva molto movimento 32 • Solo alla Banca d'In­ ghilterra bastavano minime riserve d'oro, poiché a causa del su­ periore sistema bancario inglese essa poteva essere sicura di poter in qualunque momento, grazie all'innalzamento del tasso di sconto, mobilizzare la corrente di denaro o di capitale neces­ saria per stabilizzare il cambio della sterlina. Se però si può attribuire al gold standard un successo nella stabilità della valuta e dei cambi all'epoca della Prima Guerra Mondiale, ciò era basato soprattutto sul fatto che la fiducia nella convertibilità del denaro in oro non fu mai- seriamente messa in dubbio. Solo quando nel 1 9 14 la corsa generale all'oro superò di gran lunga le riserve auree e le pretese sui crediti esteri non po­ terono più essere realizzate, il sistema internazionale del gold standard crollò 33 • 2. La banconota come mezzo di pagamento legale

Accanto alla armonizzazione mondiale delle valute trovò la sua conclusione prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale anche lo sviluppo della banconota come mezzo di pagamento le­ gale. L'inizio fu fatto come sempre dall'Inghilterra. Qui durante le guerre napoleoniche la circolazione delle banconote si era am­ pliata in modo tale che gli anni 1 8 16/17 avevano visto la rovina di diverse banche di emissione private 34 • Ciononostante la Banca d'Inghilterra ristabilì nel 1 82 1 la convertibilità delle banconote in oro, che era stata sospesa per vent'anni e durante la crisi com32 DE CECCO, Gold Standard, p. 57. 33 W. FISCHER, Die Ordnung der Weltwirtscha/t vor dem Ersten Weltkrieg. Die Funktion von

europaischem Recht, zwischenstaatlichen Vertragen und Goldstandard beim Ausbau des internatio­ nalen Wirtscha/tsverkehrs, in: Zeitschrift fur Wirtschafts- und Sozialwissenschaften 95 ( 1 975), p. 299; DE CECCO, Gold Standard, p. 127-70. 34 FEAVEARYEAR, Pound Sterling, pp. 227-29, 23 1 -4 1 (per quanto segue) .

198

6 - 1L GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

merciale e bancaria degli anni 1 825/26 convertì, con pesanti per­ dite per le proprie riserve d'oro, perfino le banconote in scaden­ za delle banche di emissione private divenute insolventi. La ban­ conota aveva tuttavia superato il suo banco di prova. Malgrado ciò due fatti erano ormai divenuti chiari: da un lato si era visto che la marea di banconote da f. l emesse dalle Country Banks e utilizzate per p�gare i salari non poteva essere controllata, né si poteva ipotizzare di convertirla. Inoltre si era potuto constata­ re che la regola, stabilita originariamente a protezione della Ban­ ca d'Inghilterra, secondo la quale un istituto di emissione non poteva avere più di sei membri, era dannosa per una emissione di banconote solida. Per rafforzare il capitale di copertura la nuova legge del 1 826 permetteva perciò la fondazione di banche di emissione su base azionaria, che però dovevano avere la loro sede al di fuori di un raggio di 65 miglia intorno a Londra per non mettere in pericolo la supremazia della Banca d'Inghilterra. Inoltre il problema delle banconote di piccolo taglio fu risolto stabilendo che in Inghilterra e nel Galles in futuro non potevano essere emesse banconote di valore inferiore a f. 5 . Nel 1 833 , infine, in occasione del rinnovo dei Bank Charter, le banconote della Banca d'Inghilterra furono dichiarate moneta

Banconota da 5 ghinee di una Country Bank, la Gloucester Old Bank (1 813). 6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

1 99

ufficiale in Inghilterra e Galles (in Scozia nel 1 845 ) ; le banconote dovevano di conseguenza essere accettate per importi superiori a f, 5 e all'occorrenza essere convertite in oro dalla banca 3 5 • L'effetto di questa legge fu però limitato dal fatto che i responsabili per molto tempo non riuscirono a mettersi d'accordo su un rapporto tra la ri­ serva di metallo prezioso e l'emissione di banconote. Sugli effetti politico-economici, soprattutto inflazionistici, del­ la copertura delle banconote si sviluppò un vivace dibattito, pas­ sato alla storia come la disputa tra la Currency-School e la Ban­ king-Schoo/36 . I seguaci della Currency-School (Samuel Jones Lloyd, George Ward Norman, Robert Torrens) si appellavano con Ricardo al classico meccanismo della valuta aurea, che avrebbe potuto funzionare solo se i movimenti del metallo pre­ zioso non fossero stati contrastati da una emissione di banconote indipendente da essa. Altrimenti l'emissione di banconote avreb­ be aumentato la massa monetaria e acceso Ì 'inflazione. I teorici della Currency-School, perciò, si dichiaravano in linea di princi­ pio a favore di una copertura del 100% del circolante cartaceo con metallo prezioso, nella pratica, però, per evitare i pericoli de­ flazionistici, appoggiavano la creazione di un "contingente fidu­ ciario" scoperto. I loro oppositori, la Banking-School (Thomas Tooke, John Fullarton, James Wilson) , consideravano sbagliato un simile grado di copertura, poiché le banconote non erano de­ naro, bensì strumenti di credito come cambiali e assegni. Perciò era sufficiente una copertura dell'emissione di banconote di un terzo in metallo prezioso e di due terzi in cambiali commercia­ li, tramite le quali l'emissione di banconote poteva essere adat­ tata in qualunque momento in modo elastico alle necessità del­ l' economia. Secondo il parere di questi studiosi non esisteva il pericolo di emissione eccessiva di banconote, poiché con l'in35

CLAPHAM, Bank, n, pp. 99- 130; COLLINS, Money, p. 172. Con la legge del 1 833 decaddero anche le leggi sull'usura (Usury Laws), che prescrivevano un tasso del 5 % per cambiali e titoli di credito, di modo che ora la possibilità di manovra della politica dei tassi della Banca d'Inghilterra diventava maggiore. Fondamentale in proposito F.W. FEITER, The Development o/British Monetary Orthodoxy, 1 797-1 875, Cambridge, Mass., 1965, pp. 1 65 -97 ; sempre importante J. VINER, Studies in the Theory o/ International Trade, New York 1937, ristampa New York 1 965 , pp. 220-89; i punti principali delle due teorie sono riassunti in RlETER, Tooke, pp. 126-3 9.

36

200

6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

casso delle cambiali dopo tre mesi le banconote tornavano alla banca. Confermata all'apparenza dalla crisi bancaria del 183 9 , nella quale la Banca d'Inghilterra poté soddisfare la domanda di conversione solo grazie ai crediti presi all'estero, la corrente va­ lutaria ebbe la meglio e si espresse nella riforma bancaria del 1 844, mettendo il suo sigillo sul successivo sviluppo della ban­ conota in Inghilterra. Infatti nella riforma del primo ministro Robert Peel, il cosiddetto Bank Charter Act (o Peel's Act) , non solo si separò il dipartimento di emissione della Banca d'Inghilterra dal dipartimento commerciale, ma fu deciso l' ob­ bligo di copertura. Al dipartimento emittente furono trasferite le quantità d'oro disponibili della Banca d'Inghilterra del valo­ re di circa f. 3 8 milioni come riserva a copertura dell'emissione di banconote. A ciò si aggiunse un contingente fiduciario di f. 14 milioni in vecchi titoli di credito dello stato (f. 1 1 milioni) e in altri titoli di stato (f. 3 milioni) , per il quale l'emissione allo scoperto di banconote poteva superare le riserve auree. Di fatto si aveva una copertura in oro di 2/3 delle banconote e bisognava adattare secondo la "teoria pura" del gold standard la circolazione delle banconote ai movimenti delle riserve auree 37 • Con le rigide nonne di copertura del Peel's Act (il contingente fiduciario crebbe tra il 1 844 e il 1 9 14 solo di f. 4 ,5 milioni) si programmava in anticipo una mancanza di mezzi di pagamento. n fatto che questo nella pras­ si non avesse effetti così drammatici fu dovuto all'efficiente sistema dei crediti. In questo modo l'emissione di banconote, genericamen­ te restrittiva, stimolò il traffico di pagamenti senza contanti con l'aiuto della cambiale e soprattutto dell'assegno 38 • La riforma della Banca d'Inghilterra, awenuta nel 1 844, costi­ tuì anche un passo importante verso la costituzione di una banca centrale con monopolio dell'emissione delle banconote. Contin­ gentando il circolante cartaceo emesso da banche private e in seguito non concedendo più simili emissioni si privilegiava il cir­ colante della Banca d'Inghilterra. Con il tempo la Banca d'In37 CLAPHAM, Bank, II, pp. 179- 190; D. ZIEGLER, Das Korsett der «Alten Dame>>. Die Geschii/ts­ polittk der Bank o/ England 1 844- 1913, Francoforte 1 990, p. 22 s.; BoRN, Geld, p. 23 s. 38 Vedi infra, p. 212

s ..

6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

201

ghilterra ereditò il contingente di emissione delle banche, che re­ stituirono le loro concessioni o cessarono le emissioni, cosicché verso la metà del XIX secolo già il 75 % del circolante cartaceo in­ glese era costituito da banconote della Banca d'Inghilterra. Ci volle però ancora un po' di tempo fino a che l'ultimo istituto pri­ vato di emissione cessasse nel 192 1 le emissioni, quando fu in­ ghiottito dalla Banca Lloyds 39 • In Francia la realizzazione del monopolio di emissione della Banca di Francia ebbe un altro decorso. Qui il banchiere privato e direttore della Banque de France, Jacques Lafitte, durante la riorganizzazione delle finanze pubbliche francesi dopo il periodo napoleonico, aveva rinunciato al monopolio dell'emissione di banconote, perché voleva trasformare la Banque de France in banca d'affari. n governò francese diede perciò la concessione a istituti di emissione locali nelle città portuali di Rouen, Nantes e Bordeaux, alle quali si aggiunsero poi, negli anni Trenta, Lio­ ne, Marsiglia, Tolosa. La maggioranza di queste banche, però, finì vittima della crisi economica e politica degli anni tra il 1846 e il 1848, durante la quale la Banque de France sostituì le banche emittenti, divenute ormai insolvibili, con propri Comp­ toirs d'escompte (Banche di Sconto). Si trattava di uffici di sconto senza emissione di banconote, che servivano solo allo sconto di cambiali dalla provincia a Parigi 40 • In questo modo la Banque de France riceveva un diritto di emissione per tutta la Francia anche se la penetrazione nella provincia delle sue banconote negli anni Sessanta era ancora molto limitata. Fino al 1 847 il valore nomi­ nale della banconota di taglio inferiore della Banque de France era di 500 franchi, ed era quindi molto al di sopra del reddito annuo pro capite dei Francesi. Perciò le banconote circolavano solo tra banchieri e mercanti. «Perfino a Parigi la maggioranza degli abitanti non aveva mai visto una banconota, né l'aveva ov­ viamente posseduta; nella maggioranza dei dipartimenti le ban­ conote erano completamente sconosciute» 41 • Anche l'emissione di un biglietto di banca da 200 franchi ( 1 857) e di uno da 50 ne39 BoRN, p. 9 s. 40 Sullo sconto delle cambiali cfr. infra, p. 213 s. 41 R. CAMERON et al., Banking in the Early Stages o/ Industrialization, Oxford 1967 , p. 202

6 - ll.. GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

1 17 s.

"Trans/er Day" (pagamento di interessi e dividendz) presso la Banca d'Inghilter­ ra, caricatura di George Cruikshank (1 83 6).

gli anni Sessanta non cambiò null a a questo fatto. Nel 1 867 la prevalenza delle banconote circolanti era composta da pezzi da 1 000 franchi e perciò esse non venivano accettate nelle piccole città 42 • Solo la promozione ufficiale della banconota a mezzo di pa­ gamento legale, awenuta nel 1 870, e la reintegrazione della con­ vertibilità obbligatoria in oro dopo la fine della guerra franco­ prussiana ( 1 873 ) , convertibilità che era stata sospesa in relazione alla guerra, sembrano aver alzato il livello di accettazione delle banconote negli ultimi trent'anni del secolo XIX. Nessun obbligo di copertura impediva l'ampliamento del circolante cartaceo da parte della Banca di Francia. Malgrado ciò la banca centrale fran­ cese, celebre per il suo accantonamento di riserve auree, ebbe il grado più alto di copertura aurea di tutte le banche centrali euro­ pee con una oscillazione tra il 7 5 % e il 90 % 43 • Nell'ambito della Confederazione Germanica l'Austria fu la prima a fondare una propria banca centrale di emissione 44 • DuHistory o/ Western Europe, Boston 1984, p. 42 C.P. KINDLEBERGER, A Finanàal . 43 BoRN, Geld, p. 27. 44 BACHMAYER, Geschichte, pp. 92- 1 0 1 .

105, 108.

6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

203

rante le guerre napoleoniche anche l'Austria aveva cercato di co­ prire il proprio bisogno di denaro con l'emissione di cartamone­ ta statale; malgrado ciò nel 1 8 1 1 aveva dovuto dichiarare banca­ rotta. Era necessario un taglio valutario. I biglietti di banca per un valore di 1 .06 1 milioni di fiorini che si trovavano in circola­ zione furono svalutati a un quinto e cambiati in "certificati rim­ borsabili", cosa che ridusse il circolante di cartamoneta a circa 2 12 milioni fl. di "valuta viennese". Tuttavia lo stato in seguito emise nuove banconote statali, i cosiddetti "certificati di antici­ po", per un valore di 470 milioni fl. Dopo la conclusione della pace, perciò, la Banca Nazionale Austriaca Privilegiata (Privile­ gierte Osterreichische Nationalbank) ricevette l'incarico di ritirare gradualmente la cartamoneta statale e sostituirla con banconote, che erano nuovamente convertibili in argento 45 • Le banconote dell'istituto di emissione privilegiato erano un mezzo di pagamento legale, ma non erano, a differenza di oggi, soggette all'obbligo di accettazione nel traffico privato dei paga­ menti. L'ambito delle conquiste austriache nel 1 8 15 , come pure le riparazioni di guerra pagate dalla Francia crearono le condi­ zioni favorevoli al risanamento della valuta e delle finanze au­ striache, di modo che il ritiro della cartamoneta procedette spe­ ditamente e il suo corso salì. Alla fine del 1847 , degli originari 682 milioni di fiorini di valuta viennese restavano in circolazione solo 7 ,5 milioni fl. Gli eventi bellici successivi, però, la rivolta un­ gherese ( 1848/4 9), la Seconda Guerra di Indipendenza italiana ( 1 859) e la guerra austro-prussiana ( 1 866) portarono a dei con­ traccolpi negli sforzi di consolidamento 46 • Lo stato fu di nuovo costretto ad emettere cartamoneta statale per finanziare la guerra e la convertibilità per il circolante cartaceo in espansione fu abo­ lita. Solo nel 1 862 in collegamento con il nuovo privilegio della Banca N azionale si promulgarono nuove leggi più severe per la co­ pertura delle emissioni di banconote, sul modello del Peel's Act. A seguito di esse la banca doveva mantenere un rapporto tra emis­ sione di banconote e riserve di metallo prezioso tale che la conver45 Ibidem, p. 37; in questa operazione furono convertiti in banconote solo i 2n dei certificati 46 BACHMAYER, Geschichte, pp. 1 02- 1 1 1 .

di anticipo e i rimanenti 5n in mandati su titoli di stato.

204

6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

tibilità fosse garantita in qualunque momento. Qualunque circola­ zione cartacea che superasse la somma di 200 milioni di fiorini do­ veva avere una copertura in metallo prezioso 47 • Con il crescere del­ le emissioni, crebbe dunque anche la quota di copertura delle banconote, che dopo il passaggio al gold standard ( 1 892 ) oscillò inizialmente tra il 60% e il 70% e in seguito perfino tra il 70% e 1'80 % . L'introduzione della nuova moneta su base aurea, la coro­ na ( l fl. = 2 kro.), significò anche il definitivo consolidamento delle finanze e della valuta. Una parte della cartamoneta statale fu ritira­ ta, un'altra parte convertita entro il l 907 con l'emissione di pezzi da 5 kro. e di banconote da l O kro. Le banconote divennero il mez­ zo di pagamento preferito anche per le transazioni quotidiane, mentre le corone d'oro messe in circolazione dalla banca centrale venivano in genere rifiutate e rifluirono alla cassa della banca. In questo modo l'impero austroungarico fu la prima nazione euro­ pea nella quale prima della prima guerra del 1 9 1 4 - 1 8 le banco­ note prevalevano di gran lunga sul circolante d'oro 48 • Negli altri stati membri della Confederazione Germanica lo sviluppo delle banconote ebbe luogo più lentamente. Nacquero istituti privati e pubblici di emissione, le cosiddette Zettelbanken (o "Banche dei biglietti" ) . Questi istituti si occupavano dell'e­ missione di banconote oltre che del commercio del metallo pre­ zioso, dei prestiti su pegno e dei depositi e in questo modo ren­ devano disponibili come credito per l'economia i depositi dei loro clienti. Inoltre gli stati emettevano titoli di stato per coprire i loro debiti. Ad esempio la Prussia dopo la sconfitta militare del 1806 emise Buoni del Tesoro per 4 milioni di Tlr. , che furono sostituiti nel 1 824 da obbligazioni di cassa. Anche negli anni Venti la banca reale di Prussia emise obbligazioni di cassa e le prime banche private di emissione, come la Ritterschaftliche Privatbank di Stettino mise in circolazione banconote. Lo svilup­ po dell'emissione privata di banconote fu però interrotto brusca­ mente dal governo prussiano quando le banconote si rivelarono 47 Ibidem, p. 44,

48

109.

..

G. OrRUBA, Die Einfohrung des Goldstandards in Osterreich-Ungarn und seine Auswirkun­ gen au/ die Preis· und Lohnentwicklung, in: H KELLENBENZ (a cura di), Weltwirtschaftliche und wiihrungspolitische Probleme seit dem Ausgang des Mittelalters, Stoccarda 198 1 , p. 146. 6 . IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

205

un ostacolo per i titoli dello stato 49 • Solo quando, negli anni Qua­ ranta, la richiesta del denaro, in crescita per la costruzione delle ferrovie, superò di gran lunga l'offerta, il governo prussiano ripre­ se l'emissione di banconote. Per rafforzare il capitale di copertura della banca centrale, si trasformò allora la Banca Reale Prussiana (Konigliche Bank) in società per azioni, con il nome di Banca Prus­ siana (Preussische Bank) . Essa ricevette l'incarico di «stimolare la circolazione del denaro della banca, fare rendere il capitale, soste­ nere il commercio e la produzione e impedire un eccessivo rialzo dei tassi» 5°. A questo scopo la banca ,emise banconote per un valore di 15 milioni Tlr. Altri 6 milioni Tlr. furono messi in circolazione come contingente fiduciario per le obbligazioni di cassa ritirate. Per quanto riguardava le norme di copertura, senza farsi influenza­ re dalla disputa teorica tra Banking e Currency, si procedette in mo­ do pragmatico e si impose una copertura pari solo a un terzo in con­ tanti o in lingotti d'argento. Per i rimanenti dueterzi dell'emissione la copertura era garantita da cambiali o crediti lombardi (vale a dire crediti su cambiali impegnate o titoli di stato). Nella fase di decollo dell'industrializzazione prussiana l'emis­ sione di banconote della Banca Prussiana non valeva più della fa­ mosa goccia che cade sulla pietra rovente. Poiché la copertura del­ le banconote - contrariamente alle norme di copertura delle teorie liberali - corrispondeva in realtà al lOO% o più, la massa moneta­ ria non era aumentata, il denaro di metallo era solo stato sostituito con carta. Inoltre la Prussia trattava l'emissione di banconote in modo altrettanto restrittivo delle concessioni di banche di emissio­ ne private. I mercanti prussiani si aiutavano con banconote di altri istituti di emissione della Germania del nord e del centro, che si moltiplicarono negli anni Cinquanta 5 1 • Solo quando il governo prussiano nel 1856 abolì il contingentamento dell'emissione di banconote prussiane, fu messa in circolazione una banconota del taglio di 10 Tlr. e infine, nel 1 858, si vietò la circolazione di 49 H. PoHL, Das deutsche Bankwesen (1 806-1 858), in: Deutsche Bankengeschichte, II, Franco­ forte 1 982 . p. 82 . 50 D. ZIEGLER, Zentralbankpolitische "Steinzeit" ? Preussische Bank und Bank of England in Vergleich, in: Geschichte und Gesellschaft 19 ( 1993 ), p . 473 . 5 1 Ibidem, p. 475 s. 206

6 . IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

banconote straniere, «fu concessa al commercio prussiano la faci­ litazione della circolazione del denaro a lungo bramata» 52 e con­ temporaneamente fu tolta la base di esistenza alle banche di emis­ sione dei piccoli stati. n circolante cartaceo salì da 60 milioni di Tlr. ( 1 857) a 163 milioni Tlr. ( 1 870), cosa che provocò una note­ vole scomparsa dell'argento dalla circolazione monetaria. Negli anni dei pionieri nei quali tutti gli istituti di emissione, per procurarsi condizioni vantaggiose in vista dell'attesa riforma unitaria imperiale, fecero lavorare ancora una volta a pieno ritmo le presse, si assistette a una vera e propria esplosione della circo­ lazione delle banconote a 290 milioni Tlr. Infatti nel 1875 l'im­ pero possedeva 33 banche di emissione, ma i due terzi delle ban­ conote circolanti erano emesse dalla Banca Prussiana 53 • Doveva passare però ancora un po' di tempo prima che la unificazione politica sotto l'egida prussiana si traducesse anche in unificazio­ ne della circolazione cartacea. Qui la riforma era più difficile del­ la introduzione awenuta in precedenza di una moneta d'oro im­ periale, poiché sia i singoli stati sia le varie banche private di emissione si opponevano all'introduzione di una banca centrale. Mentre gli istituti di emissione temevano per i loro affari, gli stati vedevano sfumare con l'emissione dei titoli di stato una possibi­ lità a buon mercato di finanziare il loro bilancio . Prima che la Ca­ mera dei Deputati (Reichstag) e il Consiglio Federale (Bundesrat) votassero il 14 marzo 1 875 con la legge sulle banche la fondazio­ ne della Reichsbank, fu perciò necessario trovare un compromes­ so. Tale compromesso consistette nel sostituire i titoli di stato in circolazione con obbligazioni imperiali di cassa unitarie e i diritti di emissione esistenti delle banche di emissione furono conside­ rati ancora validi. La Reichsbank (Banca Imperiale) che era l'ere­ de legale della Banca Prussiana, raggiunse il monopolio di emis­ sione di banconote solo indirettamente, rilevando, come la Banca d'Inghilterra, i contingenti ritirati o scaduti delle banche di emissione. Oltre a ciò la Banca Imperiale fu privilegiata da 52 Ibidem, p. 477 . 53 R. TILLY, Verkehrs- und Nachrichtenwesen, Handel, Geld-, Kredit- und Versicherungswesen

1 850- 1 9 14, in: H. AUBIN - W. ZoRN (a cura di), Handbuch der deutschen Wirtscha/ts- und Sozial­ geschichte, II, Stoccarda 1976, p. 593 s. 6

.

il.. GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

207

molti punti di vista rispetto alle altre banche di emissione. Essa poteva aprire filiali in tutto il territorio dell'impero e le furono assegnati i due terzi del contingente fiduciario allo scoperto (250 milioni M). Per questo importo essa poteva emettere ban­ conote oltre all'emissione coperta senza che scattassero le abitua­ li tasse sulla cartamoneta. I 3 3 istituti di emissione rimanenti dovettero dividersi il restante terzo del contingente fiduciario ( 135 milioni M) 54 • Con il tempo la maggioranza delle banche di emissione rinunciò alla concessione, di modo che nel 1 9 14 a fian­ co della Banca Imperiale solo la Banca della Sassonia (Sachsische Bank), la Banca del Baden (Badiiche Bank) , la Banca del Wiirt­ temberg ( Wurttembergische Bank) e la Banca della Baviera (Baye­ rische Bank) emettevano banconote. Per quanto riguarda gli obblighi di copertura, la Reichsbank seguì i principi della Banking School e stabili una copertura di un terzo in oro e monete correnti. I rimanenti due terzi doveva­ no essere coperti da cambiali scontate, con scadenza a due o tre mesi. A ciò si aggiungeva il contingente fiduciario già citato. Se l'emissione superava tale contingente, scattava una tassa del 5 % . Attraverso la minaccia di una perdita simile la banca doveva es­ sere tenuta lontana dall'aumentare il circolante. La tassa però non costituì una barriera insuperabile all'adeguamento dell' emis­ sione delle banconote alla domanda di mezzi di pagamento: e di ciò la Reichsbank fece un uso sempre più frequente 55 • Comples­ sivamente la circolazione di banconote era sempre più adattata alle relazioni d'affari. Per non mettere in pericolo l'accettazione delle nuove monete d'oro da 20 marchi da parte della popolazio­ ne, furono emesse fino al 1 906 solo banconote di valore superio­ re ai 100 marchi, che trovavano piuttosto in fretta la via della banca. Esse assolvevano perciò nel commercio a una funzione analoga a quella di una cambiale propria o di una cambiale trat­ ta, che però «nei singoli casi passavano per ben più mani di una banconota da 1 000 marchi» 56 • n volume della massa monetaria cartacea (banconote e titoli di stato) dell'Impero Germanico au54 BoRN, Entwicklung, p . 19 s. 55 BORCHARDT, Wi:ihrung, p. 19 s. 56 Ibidem, p. 26. 208

6

· il.

GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

Pressa per banconote della Reichsdruckerei (seconda metà del XIX secolo).

mentò da. l .027 milioni M. ( 1 875 ) a 1 .640 milioni M ( 1 9 10), ma nella stessa quantità aumentò anche la massa del circolante me­ tallico ( da 1 .9 1 3 milioni M a 3 . 1 1 8 milioni M), così che il rappor­ to di 2 : 1 fu comunque mantenuto 57 • All 'inizio del xx secolo la Reichsbank fece notevoli sforzi per 57 B. SPRENGER, Geldmengeniinderungen in Deutschland im Zeitalter der Industrialisierung (1835-1 9 1 3), Colonia 1 982, p. 122 s. (Tab. 1 ) . 6 - TI.. GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

209

accrescere l'accettazione della cartamoneta presso la popolazio­ ne. Questi tentativi sono da vedere nel quadro del crescente in­ debitamento tedesco con l'estero e del calo delle riserve auree della banca centrale stessa. Poiché l'afflusso d'oro verso la Ger­ mania poteva essere stimolato solo limitatamente, si cercò di svuotare d'oro il paese a vantaggio delle riserve della banca. Del­ le misure prese fanno parte l'introduzione di banconote imperia­ li da 20 e 50 marchi nell'anno 1906, la diffusione dell'uso del pa­ gamento dei salari in banconote di piccolo taglio e la coniazione di nuove monete d'argento nel 1 908 5 8 • ll successo fu limitato, al punto che il direttore della banca Moritz von Stroell dovette constatare con rassegnazione nel 1907 : «Bisognerà imporre con dolce violenza al cittadino tedesco, abituato all ' oro, l'assegno e il biglietto di banca di piccolo taglio» 59 • Perfino l'innalzamento delle banconote a mezzo di pagamento legale nel 1909 non riuscì a cambiare nulla di tutto questo. ·

3. La nascita del sistema bancario moderno

Per l'approvvigionamento di denaro nell'era dell'industrializ­ zazione fu di importanza fondamentale l'ampliamento del traffi­ co dei pagamenti senza effettivi e del credito. Nessuna compo­ nente della massa monetaria crebbe più in fretta dei depositi bancari 60 • Sia su base istituzionale sia strumentale si imposero in­ novazioni che improntano ancora oggi la struttura del sistema bancario. L'innovazione istituzionale più importante fu certa­ mente lo sviluppo delle banche azionarie. Nel 1 826 decadde in Inghilterra e nel Galles la legge discriminante che, a vantaggio della Banca d'Inghilterra, limitava a sei il numero dei proprietari di una banca privata. In questo modo il campo era libero per la fondazione di società di capitali secondo il modello scozzese. In 58 G. HARDACH, Der lange Abschied vom Gold: Geldtheorie und Geldpolitik in Deutschland 1905- 1933, in: B. SCHEFOLD (a cura di), Studien zur Entwicklung der okonomischen- Theorie, VIII, Berlino 1989, p . 144. 59 SPRENGER, Geldmengeniinderungen, p. 34. 60 Vedi infra, p . 22 1 , tab. 3. 210

6 · IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

Scozia, dove le leggi inglesi non valevano, si erano formate grosse società bancarie che avevano fino a 200 soci, che ressero meglio delle loro cugine inglesi alle tempeste della difficile congiuntura economica degli inizi del XIX secolo 61 • Quando una società di banca emetteva partecipazioni o azioni poteva ampliare notevolmente il suo capitale mobile e con esso la base finanziaria per l'emissione di banconote e il traffico delle cambiali. Questo aumentava la fiducia nella clientela della banca rispetto alle piccole banche private, nelle quali la morte o la cat­ tiva amministrazione di un socio portava in fretta all'insolvibilità. n futuro apparteneva perciò alle banche azionarie, che a partire dagli anni 1 83 0 in poi eliminarono dagli affari a poco a poco le banche private. Le Merchant Banks di Londra, specializzate nel commercio estero, si poterono in realtà conservare a lungo, come anche le Country Banks private, i cui servizi personalizzati nelle campagne erano sempre molto richiesti, ma già nel 1 850 le 99 società di banca avevano 576 uffici a Londra e nelle province inglesi, mentre le 327 banche private ne avevano solo 5 1 8. Ancora più smaccata era la situazione nel 1 9 13 , quando le 4 1 banche azionarie inglesi avevano 6.426 uffici e le 29 banche private solo 147 62 • Questo era una conseguenza del processo di espansione e concentrazione che aveva subito il sistema bancario inglese nella seconda metà del XIX secolo. Per facilitare l' acquisi­ zione di depositi e il traffico dei trasferimenti in tutto il paese le banche di Londra costituirono una rete di filiali (Branches) nella provincia, mentre le banche provinciali aprirono filiali sia nelle campagne sia a Londra per poter offrire ai loro clienti possibilità analoghe a quelle delle City Banks. Quanto meno altrettanto importante della estensione delle fi­ liali furono però l'assorbimento e la fusione di banche. In questo modo non solo banche azionarie più grosse inghiottivano banche private più piccole, ma anche banche medie e grosse banche si fusero insieme. n numero delle banche inglesi in questo modo si era ridotto da oltre 600 nel 1 825 a sole 7 O nel 1 9 13 e alla fine 61 Per la Scozia cfr. S.G. CHECKLAND, Scottish Banking, Glasgow 1975; C.W. MUNN, The Scottish Provincia! Banking Companies, 1747-1864, Edimburgo 198 1 . 62 COLLINS, Money, pp. 70-74. 6

-

IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

211

della Prima Guerra Mondiale le cinque grandi londinesi, «Big Five» (Barclays, Lloyds, Midland, National Provincia! e West­ minster) controllavano i 4/5 dei depositi bancari inglesi e di con­ seguenza gli affari bancari inglesi 63 • In confronto a loro le casse di risparmio inglesi e le casse di risparmio edile (Building Societies) erano un'entità trascurabile. A causa della loro pubblica utilità, esse rinunciarono senza problemi a una partecipazione attiva al mercato del denaro e preferirono investire i risparmi dei loro piccoli risparmiatori nei sicuri titoli di stato. Con lo sviluppo delle banche azionarie inglesi cambiò anche il profilo delle loro prestazioni nel mercato del denaro e del credi­ to. Se durante la prima ondata di fondazioni degli anni Trenta l'emissione di banconote aveva ancora avuto un ruolo importan­ te, questa branca di affari non aveva più futuro dopo la preferen­ za data dalla Bank Charter Act di Peel alla Banca d'Inghilterra. Al suo posto si pose in primo piano la concessione di crediti a breve termine tramite cambiali e più tardi tramite assegni e cre­ diti di contocorrente. Base per queste attività era l'acquisizione in grande stile di nuovi depositi, che riuscì alle banche azionarie tra l'altro perché esse, a differenza dei banchieri privati di Lon­ dra, pagavano ai loro clienti un interesse sui depositi 64 • Le ban­ che facevano lavorare i depositi comprando cambiali prima della scadenza, cioè scontandole, e concedendo così ad altri clienti dei crediti. Per tale operazione, chiamata sconto, esse chiedevano una tassa, il cosiddetto tasso di sconto; una banca comunque con le operazioni di sconto non correva un gran rischio perché, se la cambiale andava a vuoto, doveva soltanto onoraria. Inoltre la banca se aveva bisogno a sua volta di liquido poteva farsi scon­ tare la cambiale dall a Banca d'Inghilterra. Le operazioni di negoziazione delle cambiali persero importan­ za però verso gli anni Settanta, quando l'assegno e il credito sul conto corrente sostituirono la cambiale come mezzo di pagamento per il commercio interno e l'industria, anche se la cambiale e la cambiale tratta delle Merchant Banks londinesi continuarono ad 63 Ibidem, p. 79. 64 Ibidem, p. 95 . 2 12

6 · IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

essere importanti nel traffico internazionale dei capitali 65 • Attra­ verso la combinazione del mandato di pagamento dell'assegno con il credito sul conto corrente si arrivò a una notevole semplifi­ cazione del traffico dei pagamenti, tanto più che le banche pote­ vano compensare una con l'altra i loro mandati di pagamento at­ traverso il servizio di compensazione centrale del Clearing House dei banchieri londinesi, come avveniva una volta alle fiere di cam­ bio. Molto rapidamente si fece uso del traffico di giro: alla fine del XIX secolo il 99% circa del volume del commercio interno veniva pagato con assegni 66 • Così in ultima analisi i crescenti depositi ban­ cari compensavano le strette finanziarie che potevano risultare eventualmente dal calo dell'emissione di banconote. Anche in Francia sotto l'influsso delle banche azionarie si mo­ dificò la struttura istituzionale del mercato del denaro e dei ca­ pitali. Come modello per la fondazione delle banche azionarie francesi servirono da un lato le società per azioni inglesi, dall'al­ tro, in notevole misura, la Société Générale belga. Essa era stata fondata nel 1 822 (quando Belgio e Olanda erano unite), dal re d'Olanda Guglielmo I e fornita di un capitale azionario di 50 mi­ lioni di fiorini: 3 0 milioni in azioni, 20 milioni dai domini reali. Essa doveva in prima linea servire al finanziamento della nuova industria e univa per la prima volta tutte le caratteristiche di una banca mista o banca universale: operazioni di deposito, sconto, conto corrente, prestito ed emissione di banconote 67 • Malgrado il modello belga in Francia si giunse solo negli anni Cinquanta alla fondazione di banche azionarie, la più importante delle quali, quanto meno dal punto di vista della sua irradiazione in Europa, era il Crédit Mobilier ( 1 852) dei fratelli Péreire. Emile e Isaac Péreire, che venivano dall'ambiente degli Ebrei porto­ ghesi di Bordeaux ed erano influenzati delle idee sociali dei sain65 ZIEGLER, Korsett, p. 1 7 , 23 ; fondamentale S. NISHIMURA, The Decline o/ Inland Bills o/Ex­ change in the London Money Market, 1 855-1913, Cambridge 197 1 . 66 SPRENGER, Geldmengenanderungen, p . 64 . 67 CAMERON, Banking, pp. 129-50; ]. LAUREYSSENS, The «Société Générale» and the Origin o/ Industria! Investment Banking, in: Revue beige d'histoire contemporaine 6 ( 1 975), pp. 93 - 1 15; H. HouTMAN-DE SMEDT, «Wie es wuchs». Industria! Banking in Belgien. Die Rolle belgischer Ban­ ken als Finanzier der belgischen und internationalen Industrialisierung im 18. und 19. ]h. , in: M. NORTH (a cura di), Nordwesteuropa in der Weltwirtscha/t 1 750-1 950, Stoccarda 1993 , pp. 1 63 -75 . H. VAN DER WEE - M. VERBREYT, The Generale Bank 1 822- 1997, Tielt 1 997 . 6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

2 13

simoniani, diedero il primo abbozzo di un nuovo sistema econo­ mico e creditizio. Al centro di esso doveva esservi una banca azionaria, che finanziava e orientava lo sviluppo industriale attra­ verso l'acquisizione di depositi, crediti a breve termine e emissio­ ne di azioni. n programma era molto promettente e le 120.000 azioni della banca (a 500 franchi l'una) andarono a ruba, ma a distanza di soli quattordici anni, durante la crisi degli anni 1866/67 , il Crédit Mobzlier divenne insolvibile. Non solo la ban­ ca aveva trascurato i guadagni con i depositi, ma aveva anche investito il suo capitale in azioni . e obbligazioni, e perciò era impegnata a lungo termine. Quando, nella crisi, si cercò di mo­ bilizzare tale capitale, una parte era molto caduta di valore nei corsi e l'altra era irrimediabilmente perduta a causa di fallimenti di imprese 68 • Gli affari del Crédit Mobilier furono rilevati da altre banche azionarie come il Comptoir National d'Escomfite, la Soàété Géné­ rale francese o il Crédit Lyonnat's, che nel corso degli anni este­ sero il loro giro di filiali in tutta la Francia. Ognuna di queste tre banche possedeva più depositi e concedeva più crediti a breve termine e sullo scoperto delle diciassette banche azionarie fran­ cesi che le seguivano per importanza messe tutte insieme 69 • Ana­ logamente a quelle inglesi, anche le casse di risparmio francesi diedero un contributo molto limitato allo sviluppo del mercato del denaro in Francia. Da un lato esse investivano i loro depositi in titoli dello stato, dall'altro raramente le casse di risparmio scendevano al livello della maggioranza della popolazione. Que­ sto valeva perfino per il Crédit Fonder (Credito Fondiario) , la prima grande banca ipotecaria fondata nel 1 852 . Essa finanziava di preferenza, come anche la sua società affiliata Crédit Agricole, la costruzione di appartamenti cittadini a Parigi piuttosto che migliorare l'approvvigionamento di credito agrario. Malgrado le nuove istituzioni di credito il traffico di credito e di pagamenti rimase in Francia sottosviluppato. Questo era do­ vuto in massima parte alla Banca di Francia, che trattava in mo68 BoRN, Geld, pp. 135-42 ; KINDLEBERGER, Financial History, p . 69 BoRN, Geld, p . 3 17. 2 14

6

-

IL GOLD ST ANDARD INTERNAZIONALE

108 s.

do restrittivo lo sconto delle cambiali. Un banchiere o un mer­ cante, prima di poter far scontare una cambiale, doveva aprire un conto corrente presso la banca e veniva a questo scopo con­ trollato con cura nella sua solvibilità. Ma ciò non bastava: ogni cambiale consegnata allo sconto doveva avere le firme di tre mer­ canti solventi ed essere pagabile a Parigi; e anche se tutte queste condizioni erano assolte, questo non garantiva automaticamente lo sconto 70 • Va da sé che solo un piccolo gruppo di mercanti e di banchieri faceva uso di questo mezzo così laborioso per procu­ rarsi credito e il valore della cambiale scontata raramente scende­ va sotto i 1000 franchi. Nella crisi degli anni della rivoluzione del 1 848, quando il livello della produzione industriale stagnava, la mancanza di credito su cambiali si fece sentire notevolmente. Per questo il ministro francese delle finanze istituì nelle province dei banchi di sconto che concedevano crediti ai commercianti e ai produttori o che garantivano lo sconto della cambiale con una terza firma. Dopo il superamento della crisi la domanda di credito su cam­ biali o sconto diminuì in provincia. I monti di credito vennero chiusi o trasformati in società per azioni (come il Comptoir d'Escompte di Parigi) e il pagamento in contanti riprese terreno nelle campagne 1 • Le monete circolavano in numero sufficiente, così che la domanda di circolante cartaceo o di titoli di credito rimase limitata. A fianco del numerario sufficiente c'era anche un'altra causa responsabile del fatto che in Francia solo lenta­ mente si costruisse un traffico dei pagamenti senza contanti, e precisamente la insufficiente mobilizzazione dei depositi bancari in città e campagna. Poiché la grande massa della popolazione cittadina affidava i suoi risparmi - se pure li affidava - a casse di risparmio o li investiva in titoli di stato, mentre i contadini continuavano a tesaurizzare l'oro, spesso monetato, per molto tempo mancò la base di depositi per una rete di pagamenti con assegni o cambiali in tutto il paese. 70 CAMERON, Banking, p . 1 2 1 . 7 1 M . LÉVY-LEBOYER, Le crédit et la mannaie, in: P . LÉON - M . LÉVY-LEBOYER ( a cura di),

Histoire Economique et Sociale de la France, III, 1 : L'avènement de l'ère industrielle (1 789-années 1880), Parigi 1976, pp. 405-2 1 . 6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

2 15

Negli stati tedeschi il traffico dei crediti e quello dei paga­ menti furono gestiti da banchieri privati �fino alla fondazione dell'impero. Essi accettavano depositi, concedevano crediti commerciali, finanziavano su base regionale l'industria nascente e piazzavano obbligazioni di stato. Fino agli anni Trenta del XIX secolo i banchieri privati tedeschi cercavano in prima istan­ za possibilità di investimento per il surplus dei mercanti e delle persone che avevano rendite 72 • Al più tardi dunque, all'inizio della costruzione della ferrovia, negli anni Quaranta, i mezzi dei banchieri privati non furono _più sufficienti per finanziare la rivoluzione dei trasporti e la produzione industriale ad essa connessa. Di conseguenza fu necessario percorrere nuove vie per l'attivazione di capitali. Tra queste vi erano le società per azioni in generale e le banche azionarie in particolare. La prima banca per azioni fu il cosiddetto Schaaffhausenscher Bankverein di Colonia, fondato, con l'autorizzazione dèl governo prussia­ no, per non perdere i loro crediti, dai creditori della Banca Schaaffhausen dopo la sua chiusura avvenuta nella crisi del 1848. Del capitale azionario del Schaa/fhausenscher Bankverein, del valore di 5 . 1 87 milioni Tlr. i creditori ricevettero 4 ,3 mi­ lioni Tir. , suddivisi in una metà di azioni A e una metà di azio­ ni B. Per le azioni A lo stato garantiva ogni anno un dividen­ do del 4,5 % , come pure la convertibilità di un decimo delle azioni. Le azioni B avevano un interesse più basso (al massimo del 4 % ) 73 • li Schaa/lhausenscher Bankverein fu però un caso isolato in Prussia, poiché il governo, per non mettere in pericolo il credito per lo stato e per i proprietari terrieri appartenenti alla nobiltà, non diede concessioni ad altre banche azionarie fino al 1870. Chi era interessato a società di capitali di questo tipo doveva, come David Hansemann nel 185 1 , al momento della fondazione di Disconto-Gesellscha/t (società di sconto) , scegliere la via di una 72 RH. TILLY, Finanzielle Institutionen, Staat und Industrialisierung: Rheinland und Preussen im internationalen Vergleich, in: ID., Kapital, Staat und sozialer Protest in der deutschen Industria­ lisierung, Gottinga 1980, p. 2 L 73 M. PoHL, Die Entwicklung des deutschen Bankwesens zwischen 1 848 und 1870, in: Deut­ sche Bankengeschichte, II, Francoforte 1982, pp. 173-78. 2 16

6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

società commerciale. Ma al di fuori della Prussia nacquero altre banche azionarie, come ad esempio, su iniziativa dei Rothschild, la Creditanstalt fondata nel 1 856 a Vienna74 • La più importante di queste banche era la Bank /ur Handel und Industrie (banca per il commercio e l'industria) di Darmstadt, aperta nel 1 853 con una partecipazione del Crédit Mobilier. Essa emetteva azioni delle ferrovie e investiva in titoli di stato. Le banche azionarie erano, per citare le parole di Gustav Mevissen, simili a «banchie­ ri privati, elevati a potenza». Malgrado ciò le operazioni di cre­ dito in Germania si spostarono dai banchieri privati alle banche azionarie solo nei cosiddetti anni dei pionieri, quando con la li­ beralizzazione della legge prussiana sulle azioni ( 1 870) le banche azionarie e le società per azioni industriali spuntarono come fun­ ghi dal terreno 75 • Base fondamentale di ciò fu lo sviluppo delle banche azionarie a banche universali, che in Germania ebbe luogo negli anni Set­ tanta e Ottanta, in Austria solo nella cosiddetta "seconda età dei pionieri", all'inizio del xx secolo. Le banche universali - a parte l'emissione di banconote - si occupavano di tutte le branche del commercio bancario: credito a breve termine per il commer­ cio, credito a medio e lungo termine per l'industria, credito sullo scoperto e sconto; esse emettevano azioni e obbligazioni interne ed estere e prendevano per la prima volta depositi in grande quantità come la Deutsche Bank 7 6• Tramite l'attività di emissione, il diritto di voto sul deposito e diversi mandati di supervisione si svilupparono le fitte relazioni tra le banche universali e l'industria che non avevano uguali in Europa. Su questo sfondo si può capire anche la definizione di Rudolf Hilferding della «supremazia delle banche sull'industria» 77 • Dicendo ciò Hilferding aveva in mente la concentrazione bancaria tedesca prima della Prima Guerra 74 MARz - SocHER, Wiihrung, pp. 329-35. 75 BORN, Geld, pp. 328-30. 76 Ibidem, pp. 161-72; RH. TILLY, Zur Entwicklung der deustchen

Universalbanken im 1 9. und 20. ]h. Wachstumsmotor oder Machtkartell?, in: S. POLLARD D ZIEGLER (a cura di), Markt, Staat, Planung, St. Katharinen 1992, pp. 128-56; lD., An Overview on the Role of the Large Ger­ man Banks up to 1 914, in: Y. CASSIS (a cura di), Finance and Financiers in European History, C am­ bridge 199 1 , pp. 93- 1 12 . 77 R HILFERDING, Das Finanzkapital, Berlino 1910, ristampa Francoforte 1968, p. 7 5 ; dr. in proposito V. WELLHOHNER, Grossbanken und Grossindustrie im Kaiserreich, Gottinga 1989. -

.

6 . IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

2 17

Mondiale del 1914-18, marcata dai gruppi bancari guidati dalle tre grandi banche, la Deutsche Bank, la DisGOnto-Gesellscha/t e la Dresdner Bank. Egli non si accorse però che le grandi banche rap­ presentavano «viste nell'insieme dell'economia . . . solo una piccola parte, probabilmente addirittura tendenzialmente in calo nel setto­ re dei finanziamenti della economia tedesca» 78 o, per essere più pre­ cisi, che esse si dividevano quel settore con le casse di risparmio, le banche di ipoteche e le cooperative di credito 79 • In particolare, le casse di risparmio e le banche di ipoteche - che nascevano in Germania su modello francese - finanziava­ no la costruzione di immobili nelle città con crediti ipotecari, che venivano assicurati con l'iscrizione di un'ipoteca su un registro fondiario. Su queste cadde nel secolo della crescita della popola­ zione e dell'urbanizzazione una fetta notevole dell'intera attività investitiva dell'economia. All ' agricoltura invece arrivava solo una percentuale minima del credito ipotecario ( 11 % nel 1 900, 6,6% nel 1912) 80 • Malgrado ciò il rifornimento del credito della popo­ lazione rurale nella seconda metà del XIX secolo andò miglioran­ do, cosa che diminuì la dipendenza della popolazione rurale dagli strozzini 8 1 • Questo fu dovuto alle casse di risparmio distret­ tuali, che scoprirono i contadini come clienti potenziali, ma fu anche la conseguenza dell'estendersi del movimento cooperativo che si diffondeva nelle campagne. Così, fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, furono fondate 17.000 cooperative di credito agrario, chiamate dal nome del loro fondatore Banche Raiffeisen. A fianco di queste esistevano ancora quasi 1 .500 del­ le "Banche popolari" (o cooperative di credito) di Schulze­ Delitzsch, che servivano come istituti di deposito e di finanziamen­ to per gli artigiani e le piccole industrie 82 • Una vera e propria attività bancaria che rendesse anche la popolazione rurale partecipe delle 78 RH. TILLY, Vom Zollverein zum Industriestaat. Die wirtscha/tlich-soziale Entwicklung Deutschlands 1834 bis 1 914, Monaco 1990, p. 94. 79 W. G. HOFFMANN, Das Wachstum der deutschen Wirtschaft seit der Mitte des 1 9. ]hs. , Ber­ lino 1 965 , p. 759 s. (T ab. 214). 80 BoRN, Geld, p . 197. 8 1 M. BLòMER, Die Entwicklung des Agrarkredits in der preussischen Provinz Westfalen im 1 9. ]h. , Francoforte 1900, pp. 2-43 . 82 BoRN, Geld, p. 228. 218

6

-

IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

innovazioni del traffico del credito e dei pagamenti fu intrapresa dagli istituti citati solo dopo la Prima Guerra Mondiale. Fino ad allora i benefici effetti del traffico di pagamenti senza contanti avevano favorito soprattutto i mercanti e, verso la fine del XIX secolo, anche gli abitanti delle città più grandi. Per lungo tempo il traffico dei crediti e dei pagamenti passò per le banche private, che, con l'aiuto di cambiali, di cambiali tratte e con cre­ diti di sottoscrizione compensavano la mancanza di banconote 83 • Nessuna importanza aveva invece lo sconto delle cambiali, per­ ché mancavano le possibilità di rinegoziazione delle cambiali. La Konigliche Bank pretendeva per lo sconto come la Banca di Francia tre "buone" firme, così che esso si poteva applicare solo a pochi clienti grossi come creditori 84 • Con la fondazione della Reichsbank, che fece dello sconto del­ le cambiali un importante settore di attività, la situazione cambiò completamente. Attraverso le sue filiali la Reichsbank comprava direttamente cambiali del commercio e dell'industria con solo due firme e rifinanziava attraverso il credito su cambiali e il cre­ dito lombardo gli altri istituti di credito. Così facendo le banche assumevano dalla Reichsbank crediti a breve termine per potere a loro volta concedere crediti, impegnando carta valore (credito lombardo) o scontando cambiali. In un anno la Reichsbank scon­ tava in questo modo il 30-40% delle cambiali in circolazione, che poi poteva utilizzare per la copertura delle emissioni di ban­ conote e con essa guidare la massa monetaria 85 • A partire dagli anni Ottanta anche le banche universali concessero uno spazio sempre maggiore allo sconto delle cambiali come pure all'acqui­ sizione di depositi, allargando, come conseguenza della crisi dei pionieri, il settore creditizio invece dell'emissione di azioni. La costituzione di una rete tedesca di trasferimenti o di giro tramite la Reichsbank negli ultimi due decenni del XIX secolo si­ gnificò un'ulteriore spinta per il traffico dei pagamenti senza ef­ fettivi. Poiché il traffico di giro della Reichsbank era centralizza83 TILLY, Finanzielle Institutionen, p. 22.

84 ZIEGLER, Steinzeit, p . 469; inoltre la cambiale doveva essere pagabile sul posto e la sua sca­ denza non doveva superare i tre mesi. 85 M. PoHL, Entwicklung, p. 254 s.

6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

2 19

to, il trasferimento funzionava più in fretta e più facilmente del traffico con assegni, che in prima istanza si sviluppava sulla base dei depositi presso le banche azionarie 86 • Malgrado ciò all'inizio del xx secolo l'uso di assegni secondo un parere dell'epoca era «quasi del tutto limitato alla grande impresa» 87 • Allo stesso mo­ do, negli anni che precedettero la Prima Guerra Mondiale non si notarono effetti sul traffico di pagamenti della grande massa del­ la popolazione della legge sugli assegni promulgata nel 1 908, con la conseguente introduzione presso le casse di risparmio del traf­ fico di giro e di assegni, e neppure dell'introduzione del traffico di assegni postali nel 1909. 4. Massa monetaria e industrializzazione

Per il XIX secolo, in particolare per l'epoca a partire dal 1 870, " disponiamo per la prima volta di valutazioni più precise che per­ mettono una analisi quantitativa della massa del denaro divisa nelle sue componenti. Malgrado ciò i dati disponibili non posso­ no nascondere il fatto che nel XIX secolo le affermazioni sulla massa monetaria hanno ancora basi incerte e non possono in nessun modo soddisfare le pretese odierne dei calcoli scientifici sulla massa del circolante. Da un lato, infatti, nel XIX secolo i de­ positi a vista, a termine e a risparmio non sono ancora registrabili separatamente, come richiesto dalla moderna definizione di mas­ sa monetaria secondo M1, M2 e M/8 , dall'altro non sempre ci viene fornita la comparazione dei dati raccolti per la Gran Bre­ tagna, la Francia e la Germania. Malgrado queste riserve la tabel­ la 9 dà un quadro chiaro della crescita della massa monetaria e delle sue componenti dalla metà del XIX secolo fino alla Prima Guerra Mondiale. In tutti e tre i paesi la massa monetaria au­ mentò notevolmente, in Gran Bretagna e Francia si quintuplicò quasi, in Germania, un paese con grande necessità di recupero, 86

Ibidem, p. 255 s.; BoRCHARDT, Wiihrung, p. 42.

87 SPRENGER, Geldmengeniinderungen, p. 64. 88 L a Deutsche Bundesbank utilizza le seguenti definiziorù: M1

circolante in contanti + de· positi a vista interrù non presso banche; M2 M1 + depositi a termine interrù non presso banche (con legami Hno a 4 anni); M3 M2 + depositi a risparmio. =

=

220

6 · IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

=

Tabella 9. Sviluppo e composizione della massa del denaro z'n Gran Bre­ tagna, Francia e Germania (1 850-1913?9 G R A N

B R ETAG N A

E

Monete

Bànconote

Depositi

1 850

255,4

23,9%

1 2 ,9%

63,2%

1 87 5

638 , 7

1 6, 5%

6 , 8%

7 6 , 70/o

1 900

1 .002 , 5

1 2 ,0%

4 , 4%

83,6%

1913

1 1 .303 , 6

1 2 ,0%

3 , 8%

84,2%

Anno

Milioni di Fr.

Anno

Milioni di

F R A N C I A

1 850/54

4 , 58

Monete

Banconote

Depositi

7 7 , 2%

1 2 ,6%

1 0,2%

53, 1 %

28,8%

1 8, 1 %

1 900

1 5, 4

40,0%

2 7 , 0%

33,0%

1913

23,4

33,0%

23,0%

44,0%

Monete

Banconote

Depositi

-

-

1 875/79

8 , 02

G E R M A N I A Anno

Milioni di M

1 850

1 ,379

-

1 875

4,481

42,4%

23,4%

34,2%

1 900

9,1 1 4

25,4%

1 6, 5%

58, 1 %

1913

1 8 ,308

1 8 ,3%

1 3 , 5%

68,2%

probabilmente si decuplicò addirittura. Questa crescita però è dovuta, in Gran Bretagna, Francia e Germania, alla somma di componenti diverse. In ogni paese, infatti, la massa di circolante metallico e quella di circolante cartaceo aumentarono 90 , ma le più alte percentuali di aumento furono segnate dal circolante cartaceo in Francia e dalla massa di banconote in Germania solo all'inizio del xx secolo, mentre in Gran Bretagna l'emissione e la circolazione di banconote furono a lungo stagnanti. 89 Raccolto e calcolato in percentuale da M. COLLINS, Long-Term Growth o/ the English Ban­ king Sector and Money Stock, 1 844-80, in: EHR, II serie 36 (1983 ), p. 384 (tab. 3); ID., Money, p. 40 (Tab. 2 . 1 ) ; LÉVY-LEBOYER, Crédit, p. 408 (Tab. 3); CAMERON, Banking, p. 42 (Tab. 2.2); RH. TILLY, Zeitreihen zum Geldumlau/ in Deutschland 1870-1913, in: Jahrbi.icher fi.ir National­ okonomie und Statistik 1 87 ( 1 973), p. 346 (Tab. 5), 359 (App. l ) ; SPRENGER, Geldmengenande­ rungen, p. 164 (Tab. 9). 90 La massa del circolante cartaceo era costituita in Gran Bretagna e in Francia da banconote, in Germania da banconote e titoli di stato. 6 - IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

22 1

Una analoga tendenza mostrano i depositi bancari, il settore complessivamente più dinamico della 111:a ssa monetaria. A causa dello sviluppo delle banche azionarie, e della creazione da parte loro di filiali, tali depositi raggiunsero in Gran Bretagna già nel 1875 un livello così alto che negli anni successivi esso poté essere ampliato solo limitatamente. Questo è un fatto unico nell'Euro­ pa di quel periodo. Perfino nell'impero germanico, dove i depo­ siti bancari crebbero tra il 1875 e il 1913 di otto volte (da 1 ,533 miliardi di M a 12 ,486 miliardi di M), la percentuale dei depositi sulla massa monetaria del 1 9 13 raggiunse solo il livello percen­ tuale inglese del 1 860, mentre il volume dei depositi francesi nel 1910 corrispondeva solo al valore che i depositi inglesi ave­ vano verso il 183 0. Malgrado ciò sia la Germania sia la Francia erano piuttosto avanzate sulla strada di una struttura moderna della massa monetaria, caratterizzata dai depositi bancari. A questo proposito bisogna anche chiedersi quale sia stato l'influsso della massa monetaria crescente sui prezzi e sulla con­ giuntura. n sottostante diagramma mostra che lo sviluppo dei prezzi nei principali paesi industrializzati europei e negli Stati Uniti coincideva: dal 1830 al 1 873 si può constatare una tenden­ za all'aumento, sia pure con oscillazioni, dei prezzi all'ingrosso, Diagramma dei prezzi all'ingrosso in Gran Bretagna, Francia, impero germani­ co (poi Germania Federale) e Stati Uniti d'America, 1750- 1 977 (scala semilog. ) .

Gran Bretagna

Stati Uniti Germania

Francia

Fonte: Poh l , Aufbruch der Weltwirtschalt, p. 343.

222

6

-

IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

tendenza che fu interrotta _ dalla caduta dei prezzi durante la Grande Depressione e nel periodo di ristagno economico che le succedette. Verso la metà degli anni Novanta vi fu un'inversio­ ne di tendenza e si stabilì nuovamente un movimento al rialzo dei prezzi continuato. Come ci si può aspettare a seconda della scuola economica si indicano cause diverse per questo sviluppo dei prez­ zi. Così, ad esempio, alcuni economisti tedeschi, come Adolph Wagner e Etwin Nasse, verso il 1850, e alcuni teorici americani, come ]. Laurence Laughlin e Harold G. Moulton, nel periodo in­ tomo alla Prima Guerra Mondiale, hanno valutato la situazione dal punto di vista delle merci e indicato i costi di produzione co­ me un fattore di inflazione. Di conseguenza Laughlin spiega il rialzo dei prezzi avvenuto tra il 1 895 e il 1 9 15 con il fatto che il rincaro delle materie prime, l'aumento dei salari e il rialzo dei dazi e delle tariffe doganali presero proporzioni tali da superare di molto la diminuzione dei prezzi provocata dalle invenzioni e dal miglioramento della gestione 91 • Al contrario gli studiosi della teoria quantitativa pura dichia­ rano che l'aumento della produzione dell'oro verso la fine del XIX secolo è il responsabile del balzo in avanti dei prezzi avvenu­ to a partire dal 1895 , e spiegano il calo dei prezzi degli anni Set­ tanta e Ottanta con una offerta di denaro più ridotta, rimandan­ do in proposito al calo dell'estrazione dell'oro californiano. Uno sguardo più preciso sui mutamenti nella massa monetaria nel­ l'impero germanico mostra però che si può parlare di una ridu­ zione della massa monetaria dopo il 1873 solo in termini relativi, vale a dire in confronto con l'esplosione del volume del denaro negli anni 1 87 1 - 1 873 . Per il resto la massa monetaria rimase chiaramente al di sopra del livello del 1 87 1 , così che nel periodo tra il 1 870- 1 895 dobbiamo calcolare un aumento lento della massa monetaria, accompagnato però da un calo dei prezzi 92 • Anche analizzando le variazioni a breve termine nella massa mo­ netaria in confronto alla crescita economica e allo sviluppo dei 91 J.L. LAUGHLIN, Money and Prices, New York 1919, pp. 106-08, citato da RlETER, Tooke, p. 106, che presenta anche gli altri approcci dell'epoca a una determinazione del denaro non mo­ netaria (pp. 101 -07). 92 TILLY, Zeitreihen, p. 349. 6

-

IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE

223

prezzi, si può notare, per il periodo tra il 1 870 e il 1913 , che le variazioni della massa monetaria seguirono sempre le