La Sibilla a Roma. I Libri Sibillini fra religione e politica

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Hierci COLLANA DI STUDI STORICO-RELIGIOSI a cura di Giulia Sfameni Gasparro

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COLLANA DI STUDI STORICO-RELIGIOSI a cura di Giulia Sfameni Gasparro

MICHEL TARDIEU Il manicheismo Traduzione, introduzione critica e bibliografia a cura di Giulia Sfameni Gasparro 1 988 1 996 2 1 998 3 -

GIULIA SFAMENI GASPARRO Misteri e Teologie Per la s toria dei culti m is tici e m is terici nel mondo antico 2003

-

AUTORI VARI Destino e salvezza TRA C U LTI PAGANI E GNOSI C RISTI A N A Itinerari storico religiosi s u lle orme di Ugo Bianchi 1 998

VITTORIA LUISA GUIDETTI L'Islam vicino: i Bektashi 2002

AUTORI VARI Themes and Problems of the History of Religions in Contemporary Europe Proceedings of the International Seminar Messina, March 30-31 2001 Edited by Giulia Sfameni Gasparro 2002

ENNIO SANZI I Culti Orientali nell'Impero Romano Un'antologia di fonti 2003

AUTORI VARI Themes and Problems of the History of Religions in Contemporary Europe 2 Modi di comunicazione t ra il divino e l'umano. T radizioni profetiche, divinazione, astrologia e magia nel mondo mediterraneo antico a cura di Giulia Sfameni Gasparro 2005

AucusTo CosENTINO Il battesimo gnostico Dottrine, s im boli e riti inizia tici nello gnosticismo in preparazione

MARIANGELA MoNACA

LA SIBILLA A ROMA I Libri Sibillini fra religione e politica

EDIZIONI LIONELLO GIORDANO

© 2005 Edizioni Lionello Giordano

Via Isonzo, 25 - 87100 Cosenza e-mail: info@giordanoedi tore .i t www.giordanoeditore.com Il volume è pubblicato con il contributo dell'Università di Messina (Fondi per la Ricerca Scientifica)

A mia nonna

Alla mia Professoressa Giulia Sfameni Gasparro

Cappella sistina, LA SIBILLA CUMANA

Sommario Prefazione di G. Sfameni Gasparro

11

Premessa

17

CAPITOLO PRIMO La divinazione a Roma: peculiarità della rivelazione sibillina

19

1. Peculiarità della facies sibillina romana: uso e funzione dei Libri Sibillini 2. Testimonianze sulla Sibilla romana a. La Sibilla, le Sibille b. La Sibilla di Cuma nella letteratura latina 3. La Sibilla e Tarquinio: la tradizione sui Libri Sibillini 4. L'origine dei Libri Sibillini: uno sguardo alla storia degli studi 5. Antologia delle fonti

CAPITOLO SECONDO I Libri Sibillini ed il Collegio sacerdotale

1. La commissione dei Duumviri sacris faciundis 2. Istituzione del decemvirato sacris faciundis 3. La questione dell' Aqua Marcia, l'opposizione dei decemviri e la vendita dei foca publica 4. L'incendio sul Campidoglio, i Quindecemviri sacris faciundis e la seconda collezione di oracoli 5. I Quindecemviri, i Libri ed il Princeps 6. Dall'incendio sul Palatino alla distruzione della raccolta sibillina: la fine dell'Impero 7. Antologia delle fonti

7

31 35 36 41 49 51 58

69 70 72 75 78 83 87 93

CAPITOLO TERZO I Libri Sibillini e l'espiazione dei prodigi: portenta, monstra et pestilentiae l.

2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.

Il prodigio e l'espiazione: consultazione e prassi rituale L'espiazione rituale delle pestilenze L'espiazione delle pestilenze attraverso il lectisternium La Seconda Guerra Punica ed il proliferare dei prodigi Il seppellimento rituale ed il minime romanum sacrum I monstra : il caso degli androgini L'espiazione dei terremoti I disastri del 79 d.C. e la testimonianza plutarchea Per la salvezza dell'Urbe, oltre il Princeps L'espiazione di prodigi e l'istituzione dei Ludi Antologia delle fonti

CAPITOLO QUARTO I Libri Sibillini e il culto delle Divinità l.

2. 3. 4. 5. 6.

Cerere Marte Asclepio Venere La Gran Madre Idea Antologia delle fonti

l.

112 121 125 130 137 141 150 153 155 158 171

197 200 206 207 210 214 222

CAPITOLO QUINTO Manipolazione politica e personale della raccolta sibillina romana

2. 3. 4. 5.

107

Manlio Vulsone non deve superare il Tauro La sconfitta di Appio Claudio Cinna espulso da Roma L'oracolo del catilinaria Lentulo Cesare e Pompeo a. Pompeo e Tolomeo Aulete 8

229 234 236 237 239 242 242

6. 7. 8. 9. 10. 11. 12.

b. Cesare rex Adriano riceve un oracolo sul suo futuro La devotio di Claudio il Gotico Aureliano L' excellentia di Probo Massenzio sconfitto da Costantino La guerra gotica e le profezie sibilline Antologia delle fonti

248 251 253 256 258 259 263 266

Tavola Cronologica riepilogativa

279

Bibliografia

285

Indice dei nomi

315

9

Prefazione di Giulia Sfameni Gasparro

Mi è particolarmente gradito accogliere in questa Collana e presentare ai lettori il volume di Mariangela Monaca poiché esso segna una tappa importante di un percorso ormai lungo di ricerca sulla tematica profetica nel mondo mediterraneo antico, che mi ha visto impegnata nella mia qualità di studiosa e di docente. Per quanti esercitano il di professore universitario è infatti buona regola stabilire un costante dialogo tra i propri interessi scientifici, con il relativo bagaglio di ana­ lisi della documentazione storica, e l'uditorio di studenti, che talora - in pochi ma preziosi casi fortunati - si tramutano anche in , allorché quegli interessi li coinvolgono in maniera diretta, inducendoli a percorrere i medesimi tracciati tematici. Tale è di fatto il rapporto che lega una ormai ampia sezione della mia attività scientifica, riflessa in varie pubblicazioni 1 e in una serie di Corsi universitari, ai risultati raggiunti in questo volume dall'Autrice che con entusiasmo e impegno ha scelto di misurarsi con quella tematica. Esso infatti si pone a conclusione di un itinerario che, muovendo dalla Tesi di laurea su e dalla Dissertazione di dottorato che ne ha allargato e approfondito la prospettiva, perviene ora 1

Mi sia permesso segnalare la raccolta di saggi Oracoli Profeti Sibille.

Rivelazione e salvezza nel mondo antico, Biblioteca di Scienze religiose 1 71 , LAS, Roma 2002, che riflette larga parte di quel percorso. Un momento significativo di esso è stato rappresentato dall' organizzazione di un Seminario Internazio­ nale sul tema «Modi di comunicazione tra il divino e l'umano. Tradizioni profetiche, divinazione, astrologia e magia nel mondo mediterraneo antico>>, svoltosi a Messina il 21 -22 marzo 2003, e i cui Atti sono pubblicati nella presente Collana di Studi Storico-religiosi, n. 7. Gli interventi di alcuni fra i più qualifi­ cati studiosi di tale problematica, quali i Professori Emilio Smirez de la Torre, Alberto Bernabé, Aurelio Pérez Jiménez, Attilio Mastrocinque e Giovanni Filoramo, hanno costituito contributi decisivi all'approfondimento di nodi tematici fondamentali per la definizione del quadro storico in esame.

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a conclusioni solide, confortate da una ricca base documentaria e dal confronto attento e criticamente attrezzato con un pano­ rama di studi assai vasto e qualificato. Il primo aspetto del quadro che emerge da questa indagine è l'opportuna messa a fuoco della «peculiarità della facies sibil­ lina romana», nella sua strutturale connessione, evidente fin dalle prime testimonianze, con gli interessi della res publica, ossia della compagine statale della città di Roma, sia essa quella delle origini monarchiche - che la tradizione presenta come focus storico della prima acquisizione del deposito oracolare offerto dalla misteriosa anziana donna ad un Tarquinio (il Prisco o il Superbo?) - sia quella repubblicana e poi imperiale. L'ori­ ginaria rivelazione sibillina greca, pur consistente anch'essa in una variegata compagine di scritti di provenienza diversa e oscillante tra un'unica figura di profetessa e la molteplice mani­ festazione di numerose Sibille, è caratterizzata dalla libertà e mobilità di una parola ispirata che circola in ambienti diversi e può essere utilizzata da chiunque acceda al testo oracolare che ne è il depositario. A fronte di essa, invece, la Sibilla romana è la titolare di un corpus di libri che, una volta consegnati ai rappresentanti ufficiali della comunità, il re prima e quindi i funzionari dello Stato, repubblicano e imperiale, non sono né modificabili né accessibili ai singoli individui. Essi infatti possono essere consultati esclusivamente per ordine e per conto dei pubblici poteri, essendo la parola oracolare finalizzata alla > 2 • In tal modo l'autore, nello sforzo di salvaguardare la dimen­ sione religiosa di un fenomeno di vitale importanza per il mantenimento dell'Urbe, sottolinea come la divinazione e gli oracoli abbiano sempre avuto un ruolo peculiare nella vita religiosa, sociale e culturale dei popoli del mondo Mediter­ raneo fin dalle epoche più antiche. Per greci e romani le pratiche divinatorie, ovvero la scienza dell'interpretazione dei messaggi simbolici inviati dagli dèi in linguaggio umano, costituivano «un mezzo normale e sempre disponibile per determinare il volere degli dèi su qualunque problema immaginabile>> 3, quale prodotto di un'idea religiosa «qui a, de tout temps possédé la conscience humaine>> 4: oracoli, rivelazioni e profezie si intrec­ ciano in un unico quadro come mezzo per rivelare l'atteggia­ mento delle popolazioni su ciò che concerne i rapporti tra il mondo degli uomini e quello degli dèi 5. Nel mondo greco, sotto molteplici forme, la divinazione aveva sempre ottenuto molto favore: si pensi al ruolo avuto dagli oracoli nelle relazioni tra le varie città greche, alla celebrità di cui tra essi ha goduto l'oracolo delfico di Apollo, alla popola­ rità delle Sibille e degli indovini itineranti, al valore dato al 2

Cic., div. l. 1: Vetus opinio est iam usque ab eroicis ducta temporibus, eaque

et populi Romani et omnium gentium firmata consensu, versari quandam inter homines divinationem, quam Graeci

JlUV"ttKTjv

appellant, id est praesensionem et scientiam

rerum fu t u ra r u m . Magnifica q uaedam res et salu taris, si modo est u l/a, quaque proxime ad deorum vim na tura mortalis possit accedere. Per il testo e la traduzione del De Divinatione si seguono le edizioni di PEASE 1 963 e TIMPANARO 1 988. 3 4 5

AUNE 1 996, p. 52. BoucHÉ-LECLERCQ 1 882, I, pp. 2-8. BLOCH 1 991 , pp. 20-21 .

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prodigio come mezzo per scoprire il futuro non necessariamente legato all' annuncio della collera divina . Raramente infatti, secondo la mentalità greca, gli dèi intervengono in maniera così diretta da interferire violentemente sulle vicende umane: tanto più le loro manifestazioni si moltiplicano nel corso dei racconti mitologici, quanto meno frequenti si fanno nella vita reale 6 • Da presupposti diversi occorre, invece, partire per analiz­ zare le linee di sviluppo ed i successivi stadi della credenza religiosa romana nei confronti della divinazione che occupò un posto particolare all'interno della sfera religiosa pubblica oltre che privata: il cives romanus per assicurarsi l'approvazione degli dèi in ogni azione politica e pubblica che sta per intra­ prendere fa ricorso alle diverse tecniche divinatorie, affinché la pax tra gli uomini e gli dèi non venga in alcun modo inter­ rotta o turbata 7• Ciò premesso, se si tiene presente che il ter­ mine religio assunse il significato di "culto" di quelle entità divine che manifestano la loro potenza e la loro esistenza agendo nelle vicende della Città e grazie alle quali ogni potere pubblico o privato, politico, sociale e culturale può esistere, in una sorta di equilibrato gioco di forze che garantisce la pax deorum, ossia l'accordo tra la comunità e il divino, allora ben si comprende - d'accordo con Troiani 8 - quale fosse l'importanza attribuita, e ben espressa da Cicerone filosofo, a quei messaggi spesso enigmatici e difficili da interpretare che gli dèi man­ dano agli uomini 9. Ancor più se si esamina la particolare 6

Persino la loro lingua ci offre la testimonianza di un' esitazione nella

designazione del prodigio: un certo numero di termini, infatti, come O"TJI-!EÌOV, oiwvoç, > . Cfr. anche BouCHÉ-LECLERCQ 1 882, III, pp. 1 1 6-1 1 7 e 1 75-1 77. 8

TROIANI 1 984, pp. 928-930.

9

Sulla divinazione a Roma si vedano: BoucHÉ-LECLERCQ 1 882, III, pp. 1 1 6

ss.; BAYET 1 949 e 1 971 ; BLOCH 1 956, 1 964, 1 9 8 1 , 1 984, 1 991 ; VERNANT e t a/ii 1 974; BRIQUEL et a/ii 1 985-86; ScHEID 1 987-89; BEARD-NORTH 1 990; POTTER 1 990, 1 994; CHAMPEAUX 1 990a, 1 990b, 1 990c; SFAMENI GASPARRO 1 993; HEINTZ 1 997.

21

posizione dell'autore quale membro - dal 53 a.C. - del collegio degli àuguri, uno di quei collegi di cui tale funzione di interpretes era prerogativa 10• Infatti, proprio perché il messaggio degli dèi è così enigmatico e complesso, esso deve essere demandato all'interpretazione di esperti: «tra le parole e gli avvertimenti degli dèi e tra questi ultimi ed i cittadini stanno sempre magi­ stra ti e sacerdoti>> 1 1 • Ancora Cicerone nel De Legibus 1 2 e nel De divinatione 13, distinguendo i tre ordini di pubblici sacerdozi, ci offre un quadro della tipologia sacerdotale degli interpreti e ci apre la via all'analisi delle diverse prospettive proprie della divinazione romana: i vates, gli augures e gli haruspices etruschi sono i sacerdoti preposti ad interpretare i segni offerti dagli dèi alla collettività. Costoro non sono indovini invasati ma i depo­ sitari di una vera e propria arte che, sebbene possa essere in qualche caso ingannevole, il più delle volte conduce alla verità. Entriamo, così, nella prima sfera della divinazione, quella "arti­ ficiale", poiché duo sunt enim divinandi genera, quorum alterum artis est, alterum naturae 1 4• L'altra tipologia è quella "naturale", una forma di divinazione che si attua attraverso il contatto d iretto con la d ivinità che impossessandosi di un uomo prescelto lo rende come folle e parla per sua bocca 15• Tuttavia, pur sembrando in apparenza distinte, tali due forme di divina­ zione spesso tendono a compenetrarsi reciprocamente 16 ed ad 1°

11

12 13

Cfr. Cic., dom. 33. 5cHEID 1 993, p . 64. Cic., leg. II. 1 9-22. Cic., div. l. 24: A t non numquam ea, quae praedicta sunt, m inus eveniunt.

Quae tandem id a rs non habet? Earum dico artium, quae coniectura continentur et sunt opinabiles . An medicina a rs non pu tanda est? Quam tamen m ulta fallunt . . . omnisque opinabilis divinatio; coniectura enim nititur, ultra quam progredi non potest . E a fallit fortasse non numquam, s e d tamen ad veritatem saepissime dirigit; e s t enim ab amni aetemita te repetita, in qua, cum paene innu merabiliter res eodem modo evenirent isdem signis antegressis, a rs est effecta eadem saepe animadvertendo ac notando. ,. Cic., div. l. 1 1 .

15 16

Cfr. BLOCH 1 99 1 , pp. 35 ss. A questo proposito, se pensiamo alla facies tipica delle Sibille, noteremo

come esse siano contemporaneamente profetesse "furenti" nella tradizione

22

influire in pari tempo sulla vita dell'Urbe essendo, per così dire, coeve alla sua stessa fondazione 17• Gli dèi mandano all'uomo di continuo segnali della loro presenza e della loro volontà ed il mondo è frequentemente il teatro dei loro inter­ venti. Prodigi e presagi «sono segni di divinazione, ma d'un tipo particolare, conforme alla psicologia latina», afferma R. Bloch. Da un lato, i presagi (quali gli omina o gli auspicia) contengono informazioni su un avvenire immediato, possono a diversi livelli modificare la condotta del cittadino romano, e pertanto necessitano di un rituale preciso per garantire un regolare svolgimento della vita pubblica e di quella privata 18• Dall'altro, i prodigi non sono un segno che prefiguri un avve­ nimento futuro, prossimo o lontano, ma piuttosto «un feno­ meno inaspettato, terribile, contro natura, che esprime sulla terra la collera degli dèi>> . Il prodigio, continua Bloch, 1 9• più antica, invasate dispensatrici di sortes nell'immagine virgiliana (Virg., aen. III. 441 ss., VI. 74-75; cfr. PoccETTI 1999), da trici di oracoli custoditi nei Libri e bisognosi di interpreti nella tradizione romana. 17

Cic., div. l. 3-4; l. 95; l. 107-108. Cfr. PEASE 1963, p. 47. La narrazione di

Ennio (Cfr. Enn., ann. 77 ss. Vahlen2; 72 ss. Skutsch) riportata da Cicerone (l. 107-108) sul "primo" auspicio ottenuto per la fondazione della città costituisce un caso sui generis. Si veda a riguardo TIMPANARO 1988, pp. 85-86 e 311 n . 252. 18

BwcH 1981, pp. 74-76; a riguardo si veda anche CATALANO 1960.

19

BLOCH 1981, pp. 76-79.

23

In seguito a un prodigio, pertanto, è indispensabile che i cittadini di Roma si adoperino per ristabilire la pace con la divinità facendo ricorso ad un complesso di riti espiatori che - afferma Cicerone - sono prescritti in primo luogo dagli aruspici, la cui scienza proveniente dall'Etruria rivestiva grande importanza «sia nel cercare di ottenere buoni eventi e nel rice­ vere buoni consigli, sia nell'interpretare i prodigi e nello stornare con espiazioni la loro forza malefica>> 20• Agli aruspici spettava l'osservazione delle viscere degli animali sacrificati e dei segni celesti; essi inoltre si facevano garanti dell'arte divinatoria etrusca, l'Etrusca disciplina 2 1 , le cui prescrizioni erano custodite nei Libri haruspicini, fulgurales e rituales 22, che contenevano indi­ cazioni sull'esame delle viscere, sul valore divinatorio di tuoni e fulmini e sugli ostenta 23• In effetti, «la disciplina etrusca fu largamente utilizzata dalle autorità religiose romane, nel corso di tutta la storia dell'Urbs e i suoi avvertimenti venivano utiliz­ zati contro qualsiasi tentativo che mirasse a sconvolgere l'ordine stabilito>> 24: le dottrine degli aruspici e degli àuguri rappresen­ tavano, se pur in maniera diversa, la concezione tutta romana di una divinazione posta al servizio dello Stato. Ad esse Cice­ rone fa seguire la tipologia divinatoria sibillina, affermando «i nostri antenati, ritenendo che la divinazione manifestantesi nella follia fosse interpretata soprattutto nei versi Sibillini, istituirono un collegio di dieci interpreti di tali libri scelti tra i cittadini>> 25• Con queste parole, pronunciate quasi all'inizio del trattato sulla divinazione, l'Arpinate (primo autore ad analizzare le preroga20

Cic., div. l. 3; l. 92-93. Sulla divinazione etrusca e gli aruspici si vedano

BouCHÉ-LECLERCQ 1 882, III, pp. 1 - 1 1 5; BLOCH 1 965a e 1 9 8 1 ; BRIQUEL 1 990, 1 990a, 1 997, 1 997a; BRIQUEL et alii 1 985-86; MoNTERO 1 991 . 21

22 23

Cfr. Cic., fam . Vl.6.3; har. resp. 1 8-20. Cic., div. I . 72; II. 42-49. Afferma Marco/Cicerone nel II libro al cap. 49: (probl. 954a, 36). L'uso dei termini al plurale sembrerebbe secondo alcuni affermare l'esistenza, per Bachidi e Sibille, di una "categoria" . Si ritiene, infatti, che la figura della Sibilla abbia molti elementi analoghi a quelli dei Bachidi, trattandosi nell'uno e nell'altro caso di profeti invasati, appartenenti ad un passato semi-mitico e autori di oracoli celebri. Sibille e Bachidi sarebbero dunque non nomi personali, ma designazioni di gruppi collettivi di profeti invasati (DI NOLA 1 973) . Ma il Dooos 1 95 1 , e poi anche la PRANDI 1 993 e l' ASHERI 1 993, hanno osservato come almeno per Bachis sia da dubitare si tratti di una denominazione di gruppo e di categoria. E noi riteniamo che tale affermazione valga anche per la Sibilla.

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catore; l'ultimo è attinente ad una Sibilla qui detta Eritrea, perso­ naggio ispirato che vaticina attraverso la concitatio e . Di seguito poi interviene, in un'ampia esemplificazione di vari fenomeni oracolari, di eccezionali responsi dati dagli dèi e di prodigi, una Sibilla liberamente incitata dalla , contrapposta ad una Pizia la cui ispirazione risultava legata alla 28 • Una prospettiva più romanizzata è invece delineata nel II libro, in cui il filosofo intende dimostrare come sia estrema­ mente problematico ammettere questo canale diretto di comu­ nicazione tra gli dèi e gli uomini. A tal fine menziona la Sibilla 29 quale profetessa invasata di origine greca ed in pari tempo ben nota alla tradizione romana: > (PARKE 1 992, P· 1 9 ) . 73

Si tratta della Sibilla Ebraica, c h e viene q u i p e r l a prima volta ricordata.

Come ogni altra Sibilla essa ha un nome personale, Sabbe (o Sambete, in altre tradizioni), ed una sua genealogia. Cfr. CERVELLI 1 993, pp. 935-938; TCHERIKOVER

40

Sibilla, la quarta, che conclude il quadro fin qui delineato e instaura una linea di continuità tra la rivelazione sibillina romana e la sibillistica giudaica 74•

b. La Sibilla di Cuma nella letteratura latina Secondo tale mappa della rivelazione sibillina 75, una profe1 964, pp. 43-87. Sul problema del nome e della possibile interpretazione si vedano anche RosENSTIEHL-HEINTZ 1 972, che propongono l'ipotesi di un pas­ saggio dalla semitica Sibtu alla Sibilla. 74

Questa menzione, infatti, databile nel II d.C., oltre a testimoniarci che

anche all'autore pagano era noto il rapporto fra la rivelazione sibillina pagana e quella giudaica, ci offre un termine a n te quem per la datazione degli Oracoli Sibillini giudaici pervenutici. Di seguito, Pausania introduce due ulteriori localizzazioni: quella babilonese e quella egiziana.

È

da notare il riferimento

alla pa ternità della Sibilla: Beroso è un erudito di origine babilonese, au tore di un'opera sulle antichità religiose del suo popolo. Abbiamo quindi la commi­ stione di una figura mitica, quale è la Sibilla, e di una figura storica, quale è Beroso. Tale associazione è presente anche nella Cohorta tio in cui la Sibilla è appunto menzionata quale figlia di Beroso «che scrisse la storia di Caldea>> ed è detta originaria della Babilonia, ed ancora nel III libro degli Oracula Sibyllina in cui la Sibilla si proclama (Or. Sib. III, 807 ss.; cfr. Lact., div. inst. l . 6). Si veda: PERETTI 1 943, MoMIGLIANO 1 987a e SFAMENI GASPARRO 1 999. 75

Si confrontino i cataloghi di Varrone e Pausania con gli altri cataloghi

sibillini in: Aelian., hist. XII. 35; Clem. Al., s trom . l. 21, 1 32; lsid ., orig. 8 . 8; Malal., chro n . 70. 1 5, 79. 20; Lydus, mens. IV. 47; Or. Sib., 1tpoÀ.oyoç 30- 1 00 (ed . ALEXANDRE 1 869, pp. 1 6-1 8); Photius, bibl. (cod . 1 6 1 Bekker) 1 03b, (cod . 1 66 Bekker), 1 1 1 a; sch . phaedr. 244b; Suda, /ex. B 560, H 541 , l 320, A 49 1 , n 2506, :E 354-362, 643, X 484; teos . tub. 1 2 1 . Un tentativo di classificazione molto interessante è stato operato agli inizi del secolo scorso dal Turchi che, partendo dalle fonti antiche, suddivide le Sibille in tre gruppi, il greco-ionico, il greco­ italico e l'orientale, e ne rileva tal une probabili identificazioni (TURCHI 1 936, pp. 647-64 8 . Un commento a l catalogo del Turchi in GRAMMATICO 1 990, p p . 4 0 ss.). Tuttavia, tentare di dare u n a cronologia e d u n a storia a l l a presenza delle Sibille in Grecia ed a Roma richiede un'abbondante dose di prudenza. L' itinerario che, infatti, se ne può dedurre può essere molto diverso a seconda del significato che si attribuisce a ciascuna delle fonti e delle tradizioni. La questione è a tutt'oggi ampiamente dibattuta dagli studiosi, cfr. ALEXANDRE 1 869; PARKE 1 988, pp. 23 ss.; COLLINS 1 974, 1 983a; SUÀREZ DE LA TORRE 1 994; SFAMENI GASPARRO 1 999, pp. 524-525.

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tessa di nome Sibilla sarebbe giunta a Cuma dove avrebbe continuato ad annunciare oracoli liberamente, in preda alla posses­ sione divina, in una condizione di vera e propria estasi grazie alla quale avrebbe udito la voce del dio. È quanto racconta Virgilio in un brano del VI libro dell' Eneide, testimoniando una tradizione oracolare sibillina legata alla leggenda troiana della fondazione di Roma ed al mitico arrivo di Enea in Italia, ed offrendoci un'immagine particolarissima dello stato di possessione sibillino 76 • Infatti, le nostre fonti (soprattutto Livio) attestano per i primi secoli della Repubblica una tradizione che attribuiva alla Sibilla una raccolta di oracoli indispensabili per la salvezza dell'Urbe, raccolta che sembra essere stata consultata già a partire dal V sec. a.C. (infra). Solo in un secondo momento la profetessa assunse nella tradi­ zione romana le prerogative proprie della Sibilla greca 77, ovvero le prerogative di una profetessa che, alla maniera pitica, subisce la potenza di un dio che attraverso lei offre i suoi responsi all'uomo desideroso di conoscere le strade della salvezza individuale e collettiva. Nel I sec. a.C., Virgilio si fa testimone di questa seconda prospettiva e nel suo poema, composto allo scopo di convalidare ed esaltare la grandezza di Roma e del suo Princeps 78, inserisce il personaggio Sibilla e lo descrive nei 76

La presenza di una tradizione oracolare legata alle leggende relative al

passato più remoto di Roma, alle sue origini troiane ed al mitico arrivo di Enea in Italia, sembra attestabile già a partire dal V sec., secondo la testimo­ nianza di Ellanico, e sicuramente dal III sec. a.C., con l'Alessandra di Licofrone. Dionigi di Alicarnasso inoltre, in l. 55. 4, attribuisce alla Sibilla Eritrea tutte le predizioni che Enea riceve lungo il suo viaggio, anche quelle che in Virgilio sono espresse da altri indovini, infra . Cfr. SuÀREZ DE LA ToRRE 2002, pp. 393 ss. 77

Cfr. Era cl., fr. 92 (Diels), supra; Plato, phaed. 244B: �wvn Kl] XPWilEVot

ì::vSÉw; Paus. X. 1 2 . 2: wxt VOI-!ÉVT] 'tE K> . 86

La notizia offertaci dal trattato potrebbe - secondo gli studiosi - risa­

lire all'epoca dell'assoggettamento dei Lucani (sotto il cui dominio Cuma si trovava) ai Sanniti, ovvero alla successiva epoca di affiliazione a Roma (tra il 420 e il 338 circa) . Cfr. V ANOTII 1 999, p. 269. 87

In Flegonte di Tralles (cfr. BREGLIA PuLCI DORIA 1 983, pp. 1 0-39) troviamo

un oracolo in cui si fa cenno all'arrivo dei coloni euboici a Cuma, all'introdu­ zione del culto di Era ed alla venuta in questi luoghi di Enea.

44

Ambos grupos de colonizadores proceden de ciudades en las que la tradicion épica arraig6 muy pronto y, casualmente en ambos casos encontramos una relaci6n con la tradici6n sibilina. En efecto, colonia eubea sera Pitecusa, en cuya poblaci6n primera hay también un componente de la Cime eolia y, desde sus comienzos, un notable porcentaje de poblaci6n semitica. De Pitecusa partira la fundaci6n de Cumas, encabezada segun Estrab6n por Megastes de Calcis e Hipocles de Cime. Cumas sera la sede de la principal sibila italica, algo que no considero un hecho fortuito>> 88• Questa Sibilla, vivente a Cuma in un antro in cui convergono cento "bocche", invasata 89, viene chiamata da Virgilio Deifobe, figlia di Glauco, sacerdotessa di Apollo e di Trivia 90 , e descritta quale guida di Enea nel suo viaggio negli inferi alla ricerca del padre Anchise ed alla scoperta dei destini di Roma. È infatti lei a spronare l'eroe affinché pronunci le preghiere di rito e chieda l'oracolo al dio. Allora Enea, obbe­ dendo al comando, innalza la sua preghiera a Febo, promette sacrifici ed altari, l'istituzione dei Ludi Apollinares, e la fonda­ zione di un oracolo "romano" della Sibilla, a patto che essa non offra alle foglie i suoi responsi 91 • Seguono quindi le profezie sibilline per Enea: l'oracolo sulle "mense" 92 , l'arrivo nel Lazio, il sacrificio della scrofa e la visita agli Inferi. Ci troviamo di fronte ad un unicum nella rivelazione sibillina: per la prima volta Sibilla risponde ad un oracolo poiché interrogata, abban­ donando la facies di libera e autonoma dispensatrice di oracoli ed assumendo in parte una caratteristica tipica della rivelazione romana istituzionalizzata nei Libri, la consultazione. Questa tradizione che collega con un unico filo la Sibilla ed Enea diverrà "" SuÀREZ DE

LA

ToRRE 2002, pp. 376 ss. Nelle pagine successive, lo studioso

cita convincentemente le testimonianze a conferma della sua interpretazione circa l' origine e l'antichità del centro cumana. "9

90

90-97.

Serv., ad aen . VI. 46 (in A n tologia, § 5.b). Cfr. Serv., ad aen . VI. 1 1 8 ss. (in An tologia, § 5.b). Cfr. EnREM 1 945, pp.

È nella sua

qualità di sacerdotessa di Ecate che la Sibilla ordina ad Enea

i sacrifici in grado di aprire le porte degli inferi (vv. 243-254). 91

92

Virg., aen . VI. 56-76 (in A n tologia, § 5.b). Cfr. PoccETTI 1 999. Cfr. Virg., aen . III. 251 ss.

45

simbolo dell'ideologia agustea e verrà poi inquadrata nel contesto dei fata Romae, posto a fondamento delle origini di Roma 93• Anche nelle prime pagine della ' Pffi!.HUKlÌ àpxatoÀoyia di Dionigi di Alicarnasso, pagine che contengono la preistoria del popolo romano ed il racconto della fondazione di Roma, la tradizione che ricongiunge in un unico quadro la Sibilla e le origini della città viene riproposta seppur inserita in un diffe­ rente quadro mitico. Infatti, al capitolo 34 in cui si parla di una spedizione greca in Italia, sotto la guida di Eracle, è introdotta una particolare versione del mito attraverso l'affermazione che il colle sul quale stava sorgendo la nuova fondazione era chiamato Saturnia già prima dell'arrivo di Eracle, che esso era sacro per gli abitanti del territorio e che «persino tutto quanto il resto della penisola che ora si chiama Italia era dedicato a questo dio e derivava il suo nome Saturnia dagli abitanti, come si può trovare detto in certi responsi sibillini ed in altri responsi oracolari dati dagli dèi». Tale affermazione ha un suo notevole valore se inquadrata nel contesto di una pretesa antichità attri­ buita dall'autore stesso ai responsi della profetessa, responsi che hanno un valore fondante, come appare evidente in un altro passo dello stesso libro, in cui si ritorna al mito degli Eneadi: > . Si veda sull'argomento WASZINK 1 984. 94

Dion. Hai. l. 49. 3 (in A n tologia, § 5.b).

46

responsi sibillini indispensabile per convalidare le sue ipotesi e la sua versione del mito, l'autore opera una connessione tra gli oracoli della Pizia e quelli della Sibilla. In entrambi i casi siamo in presenza di una profetessa, tramite del dio, la cui parola divina è rivolta direttamente all'uomo: si tratta della stessa tipologia divinatoria, quella della divinazione diretta in preda alla mania. Non è quindi un caso che l'autore citi nello stesso contesto gli oracoli delle due profetesse, le cui figure vengono spesso intersecandosi e sovrapponendosi. Nei capitoli successivi, Dionigi continua a narrare l'arrivo di Enea in Italia 95• Racconta che, secondo quanto era stato predetto dagli oracoli, la flotta troiana gettò le ancore presso Lamento e ivi decise di fermarsi. Quindi, montate le tende presso la riva e celebrati i sacrifici, gli uomini seduti in terra consumarono il loro pasto, disposto su foglie di sedano. Ma . Enea, quindi, obbe­ diente alla profezia, edificò in quel luogo una città, eresse 95 96

Dion. Hai. I . 55. 2-5 (in A n tologia, § 5.b). Cfr. Virg., aen . III. 251 ss., in cui Enea riceve dall' arpia Celeno un ora­

colo di Apollo secondo il quale non avrebbe fondato una città in Italia finché la fame non avesse costretto gli esuli troiani a "mangiare le loro mense" . La profezia è compiuta in aen . VII. 1 09, quando Enea ed i suoi compagni raggiun­ gono il Tevere e portano il loro pasto sulle rive del fiume, usando focacce di frumento per deporvi le altre vivande. Quando tutti i cibi vengono consumati, la fame li porta a mangiare anche le focacce di grano. A questo punto Iulo esclama: Heus! etiam mensas cons umimus. 97

Secondo Varrone, Enea ricevette la profezia a Dodona: cfr. Serv., ad

aen . III 256.

47

basamenti e altari e vi celebrò sacrifici. Da questo contesto possiamo ricavare due elementi significativi: in primo luogo, Dionigi mette in evidenza una certa incertezza nell'attribuzione dell'oracolo. Infatti, egli non sa con precisione quale sia la fonte della profezia, ma pur ipotizzandone una matrice dodonea o sibillina, secondo le varie tradizioni, sembra propendere per la seconda; in secondo luogo, l'autore incorre in una confusione tra le varie Sibille greche: abbiamo più volte mostrato che con il nome di Sibilla venivano identificate molte profetesse e che tra queste particolare credito godeva quella di Eritre, in Lidia. Dionigi però afferma: «Eritre piccola località dell' Ida>>. Ora la specificazione del monte Ida, a meno che lo storico qui non alluda ad una collocazione diversa di tale Sibilla in tempi remoti, ci fa supporre una confusione, una sovrapposizione di questa Sibilla con quella di Marpesso, nella Troade. Sicura­ mente tuttavia appare esclusa dal contesto la Sibilla di Cuma, virgiliana. L'autore, quindi, dopo questa precisazione, descrive il personaggio Sibilla come una ninfa dotata di capacità profe­ tiche e le attribuisce l'oracolo rivolto ad Enea in cui ella dava indicazione della rotta da seguire per giungere nel luogo prede­ stinato alla fondazione della città. L'importanza di questo passo sta non solo nella menzione dell'oracolo come appartenente alla Sibilla, ma soprattutto nella citazione, in forma indiretta, del contenuto dell'oracolo stesso. È molto più frequente, infatti, ritrovare nelle fonti relative ai Libri Sibillin i riferimenti circa i tempi ed i modi della consultazione: qui invece è presente un'esplicita allusione a ciò che l'oracolo predice. Ancora nel III libro, nel contesto in cui l'autore descrive l'opera di amministrazione dello Stato di Tarquinia e le sue riforme in campo religioso, si afferma che le punizioni inflitte dai Pontefici alle Vestali che non preservavano la castità erano state ideate da Tarquinia, o in base ad una sua scelta personale o indotto da un sogno, 98• 9"

Dion. Ha!. III. 67 (in A n tologia, § S.b).

48

Questo riferimento a Tarquinia ed agli oracoli sibillini quali garanti della religione e dei costumi romani si ricollega eviden­ temente all'altro interessante riferimento presente nel IV libro dell'opera al capitolo 62, in cui si narra l'origine e la storia dei Libri Sibillini a Roma venduti, secondo la tradizione, dalla Sibilla Cumana a un Tarquinia 99•

3. La Sibilla e Tarquinia: la tradizione sui Libri Sibillini Racconta Dionigi che, durante il dominio etrusco, una vecchia donna straniera e misteriosa, chiamata Sibilla, si presentò ad uno dei Tarquini, re di Roma (Tarquinia il Superbo o Tarquinia Prisco? 1 00 ) , offrendogli la cessione di nove Libri di profezie. Avendo Tarquinia rifiutato di acquistarli per due volte ed aven­ done la donna ogni volta bruciati tre, alla fine il re intimorito decise di acquistare i restanti tre alla stessa cifra propostagli dalla Sibilla per i nove e di collocarli nei sotterranei del tempio di Zeus Capitolino, affidando la loro custodia ed interpretazione ad un collegio sacerdotale, una commissione inizialmente di due membri, i duumviri sacris faciundis 1 0 1 • Nell'83 però la raccolta bruciò in occasione dell'incendio 99

Non è possibile definire l'antichità di questa tradizione. La prima versione

del mito è tramandata da Varrone, la cui opera è utilizzata come fonte dagli altri autori. Le notizie pervenuteci sono infatti tutte di epoca tarda ma concordi nel tramandare il mito. Per quanto concerne, invece, la prima consultazione della raccolta romana, gli autori ricordano episodi databili tra gli ultimi anni del VI ed il V sec. a.C. (infra, cap. 3). Per le fonti, vedasi l'An tologia, § S.e. Sull' argomento si confrontino: HOFFMANN 1 895, 1 933; GAGÉ 1 955, cap. I; BLOCH 1 940, 1 962, 1 963 ( 1 98 1 ), 1 965; LE BONIEC 1 965b; BEARD-NORTH 1 998, 1 .8. 1 00

Secondo BwcH 1 956 la dinastia dei Tarquini introdusse a Roma l'inte­

resse per la divinazione. Partendo da questi presupposti e dal confronto della rivelazione sibillina con la divinazione etrusca, lo studioso ritiene di poter accertare un' origine etrusca per i Libri Sibillin i. Tale ipotesi - vedremo - non può essere accettata in loto, essendo confluito nei Libri un amalgama d i tradi­ zioni, etrusche ma anche greche di madre patria e italiche. 101

I duumviri divennero poi dieci, i decemviri, circa nel 365 a.C. ed il collegio

in quella occasione fu aperto anche ai plebei (Liv. 6. 37. 1 2, 42. 1 -3). Silla portò infine il numero effettivo a quindici, i quindecemviri sacris faciu ndis (infra) .

49

del Campidoglio ed allora una commissione di tre persone, quali inviati romani 1 02, si recò in diverse città italiche, greche e dell'Asia minore, ovunque esistessero ancora profezie sibilline, al fine di ricostruire la raccolta. Costoro riuscirono a raccogliere un gran numero di oracoli, circa 1000 versi, e costituirono la nuova collezione che Augusto 1 03, nel 12 a.C., fece collocare nel tempio di Apollo sul Palatino, disponendo che si riesaminassero tutti gli oracoli conservati, per liberarli da interpolazioni e falsificazioni 1 04 •

1 05

102 1 03

Cfr. Tac., a n n . VI. 1 2 . Cfr. Svet., Aug. 3 1 : >.

73

Se si scorroro le pagine dell'opera liviana è, infatti, possibile rintracciare per il III-II sec. a.C. un elenco di personaggi patrizi e plebei che hanno fatto parte del collegio decemvirale29• Si noterà da un lato una successione che mantiene inalterato il criterio dell'alternanza tra gli ordini e del mantenimento di una successione familiare, dall'altro si avvertirà l'esigenza di entrar a far parte del collegio come strumento per ottenere un maggiore potere personale. È la circostanza che coinvolgerà nel 212 a.C. il decemvir P. Cornelius Rufus Sulla 30, al cui intervento determi­ nante si deve l'istituzione dei Ludi Apollinares celebrati per la prima volta - secondo Macrobio 31 - ex libris Sibyllinis suadente Cornelio Rufo decemviro (infra). Il decemvir appare qui in via eccezionale come figura individuale rispetto agli altri membri del collegio e la fonte non ci parla di un responso collegiale ma

29 Successione decemvirale dal 213 al 169 a.C.: 213 a.C.: morte del decemvir Caio Papirio Masone e sua sostituzione con Lucio Cornelio Lentulo, patrizio (Liv. 25. 2. 1-2); 211 a.C.: morte del decemvir Manio Emilio Numida sostituito da Marco Emilio Lepido (Liv. 26. 23. 6-7); 210 a.C.: morte del decemvir plebeo Tiberio Sempronio Longo sostituito dal figlio omonimo, che rimarrà in carica fino al 174 (Liv. 25.12, 26.23, 27.6. 15-16); 213-2 (GAGÉ 1955, p. 698) / 209 a.C. (CAEROLS 1991, Il. 30): morte del decemvir Quinto Muzio Scevola sostituito da Caio Letorio (Liv. 26.23, 27.8.4); 205-204 a.C.: morte del decemvir Marco Pomponio Matone (cooptato nel 214) e sua sostituzione con Marco Aurelio Cotta, plebeo, e cooptazione del decemvir Manio Acilio Glabrio, anche se secondo il CAEROLS (1991, III.2) Marco Acilio Glabrio sostituì nel 199 M.A. Cotta (Liv. 29. 38. 6-7); 200-199 a.C.: morte del decemvir Marco Aurelio Cotta cooptato nel 204 (Liv. 31. 50); 180 a.C.: morte del decemvir Caio Servilio Gemino, sosti­ tuito dal patrizio M. Marcio Philippus (Liv. 40. 42. 11-12); 174 a.C.: morte del decemvir plebeo Tiberio Sempronio Longo (cooptato nel 210) il cui posto è occupato dal figlio Caio Sempronio Longo, si noti il mantenimento della successione familiare (Liv. 41.21. 5-11); 173/171 a.C.: morte del decemvir Lucio Cornelio Lentulo sostituito da Postumio Albinio, patrizi (Liv. 42. 10.6); 172/171 a.C.: morte del decemvir Lucio Emilio Papo (cooptato nel 180) e sua sostitu­ zione con Marco Valeria Messala, plebei (Liv. 42.28. 10-13); 169 a.C.: morte del

decemvir Marco Claudio Marcello, sostituito da Cneo Ottavio, entrambi patrizi (Liv. 44. 18.7). 30 Il personaggio, capostipite della gens Sullae, fu nel 212 pretore urbano (Liv. 22.9; 27.33) ed insieme Xvir s.f. (Macr., sat. 1.17) e flamen dialis (Geli., n.a. 1.12). Cfr. WILLEMS 1968, I, p. 320. 31 Macr., sat. l. 17.

74

di una volontà personale. A lui, in qualità di pretore urbano, spetterà inoltre il compito di vagliare i libri di profezie seque­ strati l'anno precedente, tra cui i Carmina Marciana (infra) che avevano presagito la disfatta di Canne. In questo personaggio sembra quindi farsi evidente la "carismaticità"32 di un decemvir, il cui cognomen Sulla vuole implicitamente richiamare il nome di Sibulla33: il figlio del decemvir, infatti, riterrà opportuno cele­ brare la tradizione familiare facendo coniare delle monete con la raffigurazione della testa della Sibilla. A tale tradizione si rifarà L. Cornelius Sulla Felix, il dictator, console per la prima volta nell'88, riformatore della tradizione sibillina romana (infra). 3.

La questione dell'A qua Marcia, l'opposizione dei decemviri e la vendita dei loca publica.

Negli anni che vanno dal 144 al 140 a.C., la costruzione di un nuovo acquedotto interpella il Collegio dei decemviri e la Sibilla. Nel 144, infatti, il Senato affida al pretore urbano Q. Marcius Rex il compito della costruzione di un nuovo acque­ dotto (l' Aqua Marcia ) che giungesse sul Campidoglio da aggiungere ai due già esistenti34• Tale costruzione, che si protrae nell'anno successivo, scatena l'opposizione degli interpreti della Sibilla che rintracciano un divieto nei Libri (consultati per altra ragione): è necessario, contrariamente a quanto fatto da Ma rcius, che le ac que condotte sul Campidoglio attra­ versino l' Aniene. La situazione, narra Frontino, fu portata in Senato da due decemviri, Marco Emilio Lepido e Lucio Cornelio Lentulo, in due riprese, nel 143 e nel 140, ma nono­ stante le prescrizioni decemvirali l' Aqua Marcia fu in Capitolium contra Sibyllae carmina perducta35. L'autore riporta le condizioni 3 2 SANTI 1985, P· 46. 33 Macr., sal. l. 17: propterea Sibylla cognominatus est, et postea correpto nomine

primus coepit Sylla vocitari. " Front., de aquis 7. 1-3 (in Antologia, § 7.a). Cfr. MoRGAN 1978, p. 27; RoocERS 1982. 35 Front., de aquis 7. 4-5 (in Antologia,§ 7.a). Cfr. MoRGAN 1978, p. 55. Cfr. Liv., ox. 668, 54. 188.

75

della costruzione e la discussione del Senato intorno al problema . Se si analizza la circostanza all'interno del contesto storico­ politico degli anni quaranta del II sec . a .C ., anni che vedevano da un lato tre gruppi fronteggiantisi al governo della città (riuniti intorno a Scipione l'Emiliano, a Quinto Cecilia Metello Mace­ donico e ad Appio Claudio Pulcher) e dall'altro una particolare situazione di prosperità dovuta alle molteplici conquiste che avevano permesso che nuovi capitali fossero impiegati per l'incrementum urbis (sono di questi anni, oltre l' Aqua Marcia, il Ponte Emilio, la fortificazione del Gianicolo, la costruzione o la restaurazione di molti edifici sacri 36 ) , allora si comprenderà come la polemica decemvirale intorno alla costruzione dell'acque­ dotto non sia da sottovalutare nelle sue valenze politiche e sia legata al prestigio delle diverse gens. Non si può trascurare afferma il Gagé37 - che > 96• Segue il «secon­ do l'oracolo del Gran Dio>> che ordina a Sibilla di 97: (SFAMENI GASPARRO 2002a): in tale storia dell'uomo entra in una prospettiva apocalittica ed escatologica il Divino, con l'annuncio per bocca della profetessa dell'imminenza di un giudizio finale e la promessa delle pene eterne per i malvagi e del "paradiso" per i buoni. Il sibillista, infatti, rende incessante all'interno della reale sequenza cronologica degli eventi l'annuncio dell'eschaton e della grazia divina, resi ormai imminenti dall'iniquità e dalla malvagità dei personaggi susseguitisi sul trono di Roma, causa essi stessi della collera di Dio, della conseguente distruzione della città e della salvezza del popolo eletto. Cfr. MONACA 2003. 95 Il nucleo centrale è il più antico ed è databile tra il 163 ed il 140 a.C. I vv. 350-488 potrebbero risalire all'epoca della battaglia di Azio, mentre i vv. 1-96 al I sec. d.C. Si veda SuÀREZ DE LA TORRE 2002, p. 353. 96 Or. Sib. III. 158-161 (in Antologia,§ 7.d). La successione dei regni sembra seguire lo schema delle dieci generazioni: la generazione di Crono e dei Titani; gli otto imperi; il regno messianico. 97 Or. Sib. III. 167-195 (in Antologia, § 7.d) , trad. it. Rosso UBIGLI 1999, p. 423. 9' Secondo alcuni studiosi il sibillista farebbe riferimento alla situazione

90

regno, quando regnerà un re d'Egitto 99 che sarà greco di stirpe. Ed allora il popolo del Gran Dio sarà di nuovo forte: per tutti i mortali guide essi saranno (v. 195) . . . >> . Quindi la profezia ricomincia enumerando nuovamente le sventure che si abbat­ teranno sui Titani, poi sui greci vittime delle tirannidi, su persiani e assiri, su tutto l'Egitto e la Libia e gli etiopi, per trasferirsi su tutti i mortali. Non appena avranno fine le prime sventure, subito piomberanno sugli uomini le seconde: esse colpiranno anche gli uomini pii, il popolo del Gran Dio 1 00 • Poi verrà la liberazione, ci sarà un nuovo Tempio, e Babilonia, l'Egitto, i paesi dell'Africa soffriranno nuove pene; la terra sarà deserta, piena di morti, di fame, di peste invasa dal popolo barbaro (�ap�apo8U!-U:OV); ci sarà una moltitudine di prodigi e verrà la rovina della stirpe funesta dell'Egitto e la fine di Roma, ultima di una serie di Imperii. Come "quinto impero" 1 0 1 Roma è descritta anche nel IV libro degli Oracula, composto dopo 1' 80 d.C. L'oracolo costi­ tuisce una rivisitazione della storia dell'umanità, divisa in dieci generazioni e in cinque Imperii e si conclude con una profezia escatologica: « ( 86) Ma quando l'umana stirpe sarà giunta alla decima, (119) allora dall'Italia un gran re scapperà (= Nerone redivivo) come schiavo fuggiasco, in segreto, senza farsi vedere, attraverso il guado dell'Eufrate, quando oserà compiere un orrendo sacrilego delitto sulla madre e molti altri atti, delibe­ rati e perpetrati con mano malvagia. Il sangue di molti bagnerà il terreno intorno al trono di Roma, quando costui sarà riparato politica dopo Pidna (168 a.C.) o comunque posteriore alla conquista romana della Macedonia. 99 Secondo gli studiosi, Tolomeo VI Filometore ovvero Tolomeo VIII Evergete: cfr. MOMIGLIANO 1975, Rosso UBIGLI 1999, p. 425, nt. 3. 100

101

Or. Sib. III. 196-294, trad. it. Rosso UsiGLI 1999, pp. 425-430. Or. Sib. IV. 49-192 (in Antologia, § 7.d). Diverse sono le ipotesi degli

studiosi su questo "quinto impero": - esso potrebbe essere costituito dalla "decima generazione" formata dalla Grecia e da Roma, come da un confronto con la statua di Nabucodonosor (NIKIPROWETZKY 1972, p. 54); - esso potrebbe essere stato aggiunto ai "canonici" quattro, forse ad opera di un redattore ebreo (FLUSSER 1972, pp. 148-153; COLLINS 1974a, pp. 373-376); - esso potrebbe costituire l'eschaton stesso (FLUSSER 1972, p. 157).

91

nella terra dei parti 1 02 • Un principe di Roma ( Tito) giungerà nella Siria e dopo aver dato alle fiamme il tempio di Gerusa­ lemme 1 03 ed aver compiuto grande sterminio, devasterà degli ebrei il grande paese dalle ampie strade. Il terremoto inonderà Cipro nel suolo d'Italia si leverà un fuoco 1 04 • Allora sarà dato conoscere l'ira del Dio dei cieli. Allora giungeranno a occidente la contesa della guerra destata ed il fuggiasco di Roma con una grande lancia, dopo aver varcato l'Eufrate con molte migliaia di uomini » 1 05 • Un ulteriore riferimento a questa teoria della successione degli Imperii è presente nell'VIII libro (v. 1-216), databile all'epoca di Marco Aurelio, in cui si condannano i costumi sociali, le tradizioni politeiste, le capacità belliche della città e se ne preannuncia la fine imminente per mano del "figlio santo" che aprirà una nuova era di felicità. È l'annuncio della "fine" della città un tempo fiorente: essa avverrà secondo il sibillista 948 anni dopo la sua fondazione, come espresso dal valore nume­ rico del suo stesso nome (PQMH): «Su te un dì piomberà, Roma dal collo elevato, un colpo pari dal cielo e tu, prima, la cervice piegherai. Rasa al suolo, il fuoco interamente ti consu­ merà, mentre giaci sulla tua terra rannicchiata. La ricchezza scompare e le tue fondamenta da lupi e volpi saranno abitate. Allora verrai completamente abbandonata, come se non fossi esistita. ... O altera signora, o prole di Roma latina: non più la tua arroganza fama ti procurerà, non più, infelice, ti riprenderai ma rimarrai prostrata. La gloria delle legioni, che l'a quila =

102 Sembra alludere alle lotte del 68-69 d.C., all'annus w 1 us et longus in cui si successero Gaiba, Otone e Vitellio. Troviamo nel testo la prima menzione di

Nerone redivivo, presente nella raccolta oracolare. Questa immagine della morte "apparente" del principe e del suo ritorno, testimoniata anche da autori pagani (Tac., hist. 2. 8; Svet., Nero 47. 57; Commod., carm. apol. 864), sfocierà in una ricca tradizione nel mondo giudaico e cristiano e verrà assimilata all'idea di un Anticristo, nemico del Bene (cfr. FlRPO 1993). 1 03

Cfr. Or. Sib. V. 153 ss.

"" Si riferisce al terremoto/maremoto che distrusse Cipro nel 77 e all'eru­ zione del Vesuvio del 79 d.C. 1 05

Or. Sib. IV. 86-158; trad. it., CArELu 1999, pp. 477 ss. Cfr. AwNso NuNEZ

1999, p. 438, nt. 22.

92

portano, cadrà . Dov'è dunque la tua forza? Qual paese è il tuo alleato, che tu alle tue vanità hai asservito, senza diritto né legge? Confusione allora tra gli abitanti dell'orbe ci sarà, quando lui stesso sul trono compare, l'Onnipotente, per giudi­ care ciò che nel mondo esiste, dei morti e dei vivi le anime. . .. Di Roma l'impero un tempo fiorente ora è tramontato: Roma, l'antica signora delle città che le stavano d'intorno. Non più il paese di Roma fiorente sarà vincitore, . . . Tre volte trecento e ancor quarantotto anni tu compirai e infelice destino su te si 1 riversa, il tuo nome con violenza completando>> 06 • Ma allora, se tante profezie attribuite alla Sibilla annuncia­ vano un'imminente fine dei tempi ed il crollo dell'impero di Roma, se Girolamo aveva nel III libro (397-400) del suo Daniele fatto allusione ai Libri Fatales, quale soluzione Stilicone avrebbe potuto trovare? Il reggente doveva attuare una politica comune di distruzione di profezie pagane e cristiane . Verso il 407/8, alle prese con invasioni dei barbari e tensioni escatologiche, si trovò probabilmente costretto ad ordinare la distruzione della raccolta sibillina romana, suscitando il dissenso degli ambienti 1 7 colti: tra i pagani, Rutilio Namanziano 0 lo chiama - come Girolamo - proditor e lo accusa di questa empietà: .

7.

Antologia delle fonti

a . La questione dell' Aqua Marcia, l'opposizione dei decemviri e la vendita dei foca publica Front ., de aquis 7. 1 -3, 4-5 Ser. Su lpicio Gaiba Lucio A u relio Cotta consulibus cum Appiae Anionisque

1 06

Or. Sib. VIII. 37-150 (in Antologia, § 7. d); trad. it. ERBETTA 1969, pp.

512- 514. 1 07

Rut. Nam., de red. suo II. 51-52.

93

c. I Libri ed il Princeps

Svet., Aug. 31

Postquam vero pontificatum maximum, quem numquam vivo Lepido auferre sustinuerat, mortuo demum suscepit, quidquid fatidicorum librorum Graeci Latinique generis nullis vel parum idoneis auctoribus vulgo ferebatur, supra duo milia contracta undique cremavit ac solos retinuit Sibyllinos, bos quoque dilectu habito; condiditque duobus forulis auratis sub Palatini Apollinis basi. Annum a Divo lulio ordinatum, sed postea neglegentia conturbatum atque confusum, rursus ad pristinam rationem redegit; in cuius ordinatione Sextilem mensem e suo cognomine nuncupavit magis quam Septembrem quo erat natus, quod hoc sibi et primus consulatus et in signes victoriae optigissent. Sacerdotum et numerum et dignitatem sed et commoda auxit, praecipue Vestalium virginum. Cumque in demortuae locum aliam capi oporteret ambirentque multi ne filias in sortem darent, adiuravit, si cuiusquam neptium suarum competeret aetas, oblaturum se fuisse eam. Nonnulla etiam ex antiquis caerimoniis paulatim abolita restituit, ut Salutis augurium, Dia/e flamonium, sacrum Lupercale, ludos Saeculares et Compitalicios. Lupercalibus vetuit currere inberbes, item Saecularibus ludis iuvenes utriusque sexus prohibuit ullum nocturnum spectaculum frequentare nisi cum aliquo maiore natu propinquorum. Compita/es Lares ornari bis anno instituit vernis floribus et aestivis. Proximum a dis immortalibus honorem memoriae ducum praestitit, qui imperium p. R. ex minimo maximum reddidissent. Itaque et opera cuiusque manentibus titulis restituit et statuas omnium triumphali effigie inutraque fori sui porticu dedicavit, professus et edicto: commentum id se, ut ad illorum vitam velut ad exemplar et ipse, dum viveret, et insequentium aetatium principes exigerentur a civibus. Pompei quoque statuam contra theatri eius regiam marmoreo Iano superposuit translatam e curia, in qua C. Caesar fuerat occisus.

Tac., ann. VI. 12

Relatum inde ad patres a Quintiliano tribuna plebei de libro Sibullae, quem Caninius Gallus quindecimvirum recipi inter ceteros eiusdem vatis et ea de re senatus consultum postulaverat. quo per discessionem facto misit litteras Caesar, modice tribunum increpans ignarum antiqui moris ob iuventam. Gallo exprobrabat quod scientiae caerimoniarumque vetus incerto auctore ante sententiam collegii, non, ut adsolet, lecto per magistros aestimatoque 97

eiusdem animi est Poppaeam divam non credere, cuius in acta divi Augusti et divi Iuli non iurare. spernit religiones, abrogat leges. diurna populi Romani per provincias, per exercitus curatius leguntur, ut noscatur quid Thrasea non fecerit. aut transeamus ad il/a instituta, si potiora sunt, aut nova cupientibus auferatur dux et auctor. ista secta Tuberones et Favonios, veteri quoque rei publicae ingrata nomina, genuit. ut imperium evertant /ibertatem praeferunt: si perverterint, libertatem ipsam adgredientur. frustra Cassium amovisti, si gliscere et vigere Brutorum aemulos passurus es. denique nihil ipse de Thrasea scripseris: disceptatorem senatum nobis relinque.' extollit ira promptum Cossutiani animum Nero adicitque Marcel/um Eprium acri eloquentia.

d. La fine dell'Impero

Or. Sib. III. 158-195 ... > 103• Lo Scheid 104 ricorda come le continue sconfitte subite da

Roma durante la Seconda Guerra Punica simboleggino per ogni

cives romanus la

pax con gli dèi: era status qua attraverso ceri­

"rottura" permanente della

pertanto indispensabile ripristinare lo

monie espiatorie di vario genere e tra esse quella che dal 399

lectister­ pantheon, cui

a . C . era divenuta simbolo stesso della concordia, il

nium,

dedicato questa volta a tutte le divinità del

è affidata la salvezza della città e del popolo.

4.

La Seconda Guerra Punica ed il proliferare dei prodigi Le vicende connesse alla Seconda Guerra Punica costituì-

10 1 Liv. 21. 60. 102 WARDE FOWLER 1971, pp. 31 6-3 1 7; GAGÉ 1 955, pp. 366-367. 103 GAGÉ 1 955, pp. 262-263. "" 5CHEID 1 985, pp. 1 01 55.

130

scono nella storia della raccolta sibillina romana un importante momento di passaggio: esse, infatti, produssero grande preoc­ cupazione e fecero di conseguenza nascere un nuovo interesse per la divinazione 105• In questo contesto il Senato percepì il beneficio che avrebbe guadagnato mettendo in atto una, potremmo dire, "manipolazione" in senso utilitaristico della raccolta, servendosene come forma di propaganda religiosa e politica 106• Così, il carattere stesso della collezione fu modificato e se ne accentuarono le valenze profetiche 107, in una fusione tra prassi italico-etrusca e prerogative greche, amalgama che subì la sua più completa realizzazione nel I sec. in seguito alla ricostitu­ zione della perduta raccolta romana a partire dalle altre raccolte oracolari sicuramente circolanti nel Mediterraneo sotto il nome della Sibilla.

È

pertanto fondamentale per comprendere gli stadi d i

questa trasformazione analizzare quanto è testimoniato p e r gli anni 2 1 8- 1 5, anni in cui al proliferare di

prodigia et portenta si

accompagnò l' istituzione di nuove prassi espiatorie. Seguiamo il racconto di Livio per l'anno 2 1 7, nel momento

in cui, giunta la primavera, Annibale 108 si apprestava a lasciare il quartiere d'inverno: Iam uer appetebat; itaque Han n ibal ex hibern is mouit, ... Per idem tempus

Cn . Seruilius cons u l Romae idibus Martiis magis tratum in iit. Ibi cum de re publica rettulisset, redintegrata in

C. Flaminium inuidia

est: duos se consu les

creasse, u n u m habere; quod enim illi iustum imperiu m , quod auspicium esse? .. . Augeban t metum

Sicilia

prodigia

ex plu ribus simul locis n u n tia ta: in

m ilitibus aliquot spicula, in Sardin ia a u tem in m u ro circumeu nti

u igilias equ iti Scipionem quem manu tenuerit arsisse et li tora crebris ign ibus fu lsisse et scu ta duo sanguine sudasse, et m ilites quosdam ictos fu lmin ibus et solis orbem minui u is u m , et

Arpis

Praeneste arden tes

lapides caelo cecidisse, et

parmas in caelo u isas pugnan temque cum luna solem , et

Capenae

duas in terdiu Iu nas ortas, et aquas Caeretes sanguine m ixtas fluxisse

105 106 107 10"

Cfr. BLOCH 1 940 e 1 965. pARKE 1 992, pp. 229 S S. . HoFFMANN 1 933, pp. 18 ss . . Sul "ruolo" di Annibale nella religione romana cfr. BLOCH 1 975 .

13 1

Antiati Faleriis cae/u m findi uelut lumen effu lsisse; sortes sua

fon temque ipsum Herculis cruen tis manasse respers um maculis, et in metentibus cruen tas in corbem spicas cecidisse, et magno hiatu u isum quaque pa tuerit ingens

sponte attenuatas u namque excidisse ita scriptam: "Ma uors telum s u u m concu tit", et per idem tempus Romae sign um luporum sudasse, et

Capuae

Martis Appia uia ac simulacra

speciem cae/i arden tis fuisse lu naeque in ter

imbrem caden tis. Inde m inoribus etiam dictu prodigiis fides habita: capras /a natas qu ibusdam factas, et gallinam in marem , gallum in fem inam sese uertisse. His, s ic u t era n t

nuntiata,

expos itis a u c toribusque in cu riam

in troductis consul de religione pa tres consulu it.

Decretum

ut ea prodigia

supplicatio cum decemuiri libros

partim maioribus hostiis, partim /acten tibus procurarentur et uti per triduum ad omnia pulu inaria haberetur; cetera,

inspexissent,

ut ita fieren t quemadmodum cordi esse [di s ibi] diuinis

Ioui primum lunoni Mineruaeque

carminibus praefaren tur. Decem u irorum monitu decretum est

donum

fu lmen aureum pondo q u inquaginta fieret,

ex argento

dona darentur et Iu noni reginae in Auentino Iunonique Sospitae hostiis sacrificaretur, matronaeque pecunia coniata

La n u u i maioribus

q u a n t u m co nferre c u iq u e commodum esset don u m Iu n o n i reginae in Auentinum ferrent

Feroniae

lectisterniumque

fieret, et u t libertinae et ipsae unde

don u m daretur pecuniam pro facu ltatibus s u is conferren t. Haec

ubi [acta, decem u iri Ardeae in foro maioribus hostiis sacrificaru n t. Pos tremo Decembri iam mense ad aedem

Saturni

Romae immola t u m es t, lectis ter­

n iumque imperatum - et eum /ectum sena tores straueru n t - et con uiuium pu blicu m , ac per urbem

Saturnalia

diem ac noctem e/amata, populusque

eum diem fes tum habere ac seruare in perpetuum iussus 109•

Vita di Fabio § 4, riporta proprio uno degli oracoli sibillini in nel 2 1 7 dopo la sconfitta sul Trasimeno: «Fabio fu

Analoga testimonianza è offerta dalla plutarchea

Massimo che, circolazione

al

eletto dittatore . . . Dopo queste innovazioni iniziò la dittatura con il migliore degli inizi: cominciando dagli dèi. Spiegò al popolo che la sconfitta non era dovuta alla codardia dei soldati ma al disprezzo generale verso la religione . . . Per l' occasione si consultarono molti oracoli dei cosiddetti

Libri Sibillini che conten­

gono avvertimenti segreti utili ai Romani; si dice anche che parecchie profezie là trovate coincisero con i casi e gli avverti­ menti di quei giorni, benché non fosse permesso rendere di

109

Liv. 22. l; cfr. Lael. Fel. 4 in Macr., sat. 1 . 1 6 . 1 2-14.

132

pubblico dominio i segreti, di cui si è venuti a conoscenza» 110• In tal modo Livio e Plutarco narrano l a serie di

taetra prodigia

che nel 21 8-1 7 sconvolsero Roma e preannunciarono la disfatta del Trasimeno e pongono l'accento sulla del console Caio Flaminio, accusato di aver ottenuto

l'imperium

senza chiedere gli auspici 1 1 1 • Nel 2 1 7, infatti, divenne a Roma

console Cn. Servilio che, all'inizio del mandato, informò il Senato sui terribili p r o d i g i avvenuti nel corso d e l l ' a nno i n diversi luoghi dell' Italia . Il Senato ordinò allora che venissero praticate le cerimonie di espiazione, dopo aver "aperto" i

Libri e

consul­

tati i decemviri, che rintracciarono un errore nel voto offerto a Marte all' inizio della guerra . Essi ad espiazione prescrissero una ricca serie di cerimonie, tra cui doni e sacrifici a Giove,

Feronia, una supplicatio di tre giorni, lectisternium e l' istituzione dei Saturnalia

Giunone e Minerva ed a offerte matronali, un

per il mese di dicembre, istituiti come festa permanente. Ricor­

rere a Giunone ed a Saturno -ha detto il Bloch 1 1 2 -potrebbe

forse aver voluto significare tentare una connessione con quel mondo cartaginese che era divenuto ostile, combattere il nemico con le sue stesse armi, chiedere aiuto a quelle divintà le cui prerogative potevano essere considerate affini . Non si può, inoltre, trascurare l' elemento propagandistico aristocratico connesso con un evento di tal genere: imporre attraverso le

1 10

Plut., Fab. 4. 4-7 (in An tologia, § 1 l .d). Cfr. SCHEID 1981, p. 1 4 3 . 112 II BwcH (1 976, pp. 35-36; 1 976a) richiama l'attenzione sulle divinità oggetto delle cerimonie espiatorie, Juno e Saturno, divinità il cui corrispettivo cartaginese era noto ai Romani. Nei Satu rnalia egli afferma è possibile rintracciare la "preghiera travagliata" di un popolo che chiede al dio la salva­ guardia della città. ABAECHERLI BoYCE ( 1 938, pp. 1 64 ss.) individua nella cele­ brazione di questa festa l'intento di rompere il monopolio aristocratico in campo religioso. GAGÉ (1 955, pp. 366 ss) insiste, invece, sulle problematiche inerenti la crisi prodotta dalla Seconda Guerra Punica (da porre in connessione con la serie di prodigi/ espiazioni celebrate nel periodo, tra cui illectisternium del 2 1 8, quelle ordinate in seguito alla disfatta del Trasimeno, l'edificazione di un tempio a Ven us Ericinae) e nel contempo sull'attenzione posta dai decemviri nella celebrazione dei riti matronali e del culto di Juno Regina (pp. 1 85 ss.) considerati come cerimonie finalizzate al perpetuarsi della razza romana. 111

-

133

-

prescrizioni dei

Libri la

propria visione politica e la strategia da

utilizzare nel conflitto. Inoltre, il testo liviano, propone tra le cerimonie che i decemviri prescrivono la celebrazione, per la prima ed unica

ver sacrum, accogliendo forse una tendenza innova­ sacra peregrina: et uer sacrum uouendum si bellatum prospere esset resque publica in eodem qua ante bellum fuisset statu permansisset11 3• > . Cfr. BEARD-NORTH 1 998, Il. pp. 1 56-1 60. 1 33 fRASCHETTI 1 9 8 1 , pp. 68-69, paria di tÒV of3ov. 1" CORNELL 1 9 8 1 , P· 28. 1 35 Interessante l'interpretazione storica proposta da S. MAZZARINO ( 1 966, II, pp. 213 ss.), secondo cui il rito va inquadrato nell'intuizione del concetto d' Italia come "strutturata" dall' Appennino al tempo della seconda guerra punica, e in quello immediatamente precedente. Lo studioso cita un passo di Appiano (Ann ibalica 8.34), il racconto della battaglia del Trasimeno, secondo cui vera e propria Italia è tutta l' Italia al di qua dell'Appennino, mentre il resto - l'Italia adriatico-ionica - non è Italia, ma è terra straniera di Galli e Greci: > . 1 36

Cfr. CORNELL 1 9 8 1 ; PORTE 1 984, pp. 232

139

SS.

necessaria dalla crisi militare, pressante nel

228,

nel

216

e nel

1 1 4 137• Particolare attenzione per comprendere l'istituzione del rito deve essere a nostro avviso rivolta alla prima vicenda

(228 ),

per la quale le fonti non sembrano apparentemente concordare nel ricordare, da un lato, un

chresmos

greco che avrebbe

preannunciato la caduta di Roma in mano ai nemici (Diane),

p ortentum e l' oppor­ Libri (Plutarco). In realtà le due

dall' altro la pressante minaccia gallica, il tuna espiazione prescritta dai

versioni proposte dalle fonti sono non solo ben conciliabili considerando che l' oracolo "greco" di cui parla Diane potrebbe essere anch'esso di matrice sibillina (interpretazione confermata dal riferimento plutarcheo ad un

chresmos sibillino

per il

1 14),

ma anche utili al fine di convalidare l' ipotesi di un'interferenza

greca nella costituzione della raccolta sibillina romana 1 38• L'ora­

colo rintracciato nella raccolta romana, consultata in seguito ai prodigi negli anni

228-2 1 6-1 14,

avrebbe pertanto dapprima

predetto un pericolo per la città e poi proposto il

remedium da

applicare. Inoltre, la scelta di offrire agli dei del mondo degli inferi due coppie vive appartenenti a due particolari etnie, i Greci ed i Galli, potrebbe far interpretare il rito come una sorta di "sterminio simbolico" 1 39 , un tentativo di annientamento di due stirpi considerate pericolose per l' incolumità dello stato romano. In ogni caso, nelle tre circostanze analizzate, la cerimonia dovette essere proposta come rito espiatorio "straordinario" 137 BRIQUEL ( 1 976, pp. 79 ss.) pone in relazione questi tre sacrifici con l'episodio dell"' oracolo di Brindisi" che annunciava la supremazia sulla città ai Diomenidi, i quali furono per tal motivo sotterrati vivi. Questo sacrificio costituirebbe l'archetipo del rito, giunto a Roma attraverso Taranto. Tuttavia, da una analisi attenta dei testi, il rito ci sembra ben radicato nel contesto romano, non tanto nel significato di acquisire il possesso di un territorio come a Brindisi, ma piuttosto inteso con particolari valenze religiose come atto di offerta dei vivi al regno dei morti. Si veda a riguardo l'interpretazione di FRASCHETTI 1981, P· 88. 13" Contrariamente BLOCH 1 940 utilizza questa tipologia di sacrificio umano per dimostrare la sua tesi di un' origine esclusivamente etrusca dei Libri. 139 fRASCHETTI 1 9 8 1 , pp. 1 09 SS.

140

prescritto tra i

sacrificia in

seguito ad un

portentum,

utilizzato in

circostanze di emergenza bellica . Tale cerimonia, interpretata dalle fonti come "esterna" ed addirittura barbarica 140 , ma in realtà non senza legame con il sistema religioso romano, assunse un carattere consuetudinario (come sembra testimoniare il passo pliniano 141 ) e la sua introduzione costituì una delle circo­ stanze in cui la raccolta sibillina si propose come strumento di innovazione all' interno del quadro politico-religioso romano.

6.

I monstra: il caso degli androgini Uno strano prodigio si verificò ripetutamente tra il III ed il

I sec. a . C . , la nascita di esseri mostruosi, androgini: >

1 77



Stessa prassi per l' espiazione del terremoto accompagnato

Historia Augusta per il Libri ordina­ sacrificio a Juppiter Salutaris:

da prodigi e pestilenze ricordato dalla

262,

durante il regno di Galliena. In questo caso i

rono di ripristinare la

pax con

un

> 183•

Segue nuovamente la risposta di Boeto, che dapprima contro­ batte affermando che non si tratta di un predire ma di un dire favorito dalla fortuna e dal caso, e poi definisce in maniera negativa la facies divinatoria propria di Sibille e Bachidi: questi falsi indovini non fanno altro che gettare al vento vuote parole che preannunziano eventi e pericoli e che poi si realizzano solo in virtù del caso: > 56• Lo Scheid pone l' accento sulla evidente "rottura " della pax deo r u m chiaramente es pressa dai disastri avvenuti nel corso de lla Seconda Guerra Punica, rottura alla quale era necessario porre rimedio . L'introduzione del culto della Venere di Erice (come la celebra ­ zione del lettisternio e degli altri riti es piatori previsti per il 217 /216) ris ponderebbe così ad una volontà di "restaurazione ": si intende placare le ansie della po polazione, rinforzare l'unità dello stato pre parando la via alla federazione con le città i taliche 57• In un momento in cui Annibale offende Roma è dalla reli­ gione che deve partire la resistenza della città (come avverrà un decennio do po per l'introduzione del culto della Madre Idea, infra) e Fabio Massimo si pone a ca po di questa ri presa promossa e guidata dall'aristocrazia conservatrice . La dedica dei tem pli a Ven us Ericina e a Mens al di là del gesto politico di chi vuole volgere lo sguardo alla Sicilia 5 8 ed all' Italia Meridionale, ha in s é il valore della pro paganda: accogliere la "madre degli Eneadi " e farla protettrice delle armi romane ; introdurre Mens e farla simbolo dell'ideale aristocratico della prudenza e della misura .

56 GAGÉ 1955, p. 259. 57 SCHEID 1985, pp. 101-102. 5" Sul culto di Venere Ericina in Sicilia e sulla sua introduzione a Roma si veda anche l'argomentazione di SFAMENI GASPARRO 1999b: tale introduzione è definita in "parallelo" con quella della Madre Idea, infra.

212

b. Dedica di una statua e di un tem pio a Venere Verticordia Nel 215 a.C., secondo il racconto di Valeri a Massimo 59, in seguito ad una condotta poco scru polosa delle matrone il Senato ordinò la consultazione dei Libri S ibillin i dai quali fu prescritta la consacrazione di una statua a Ven us Verticordia 60• Tale prescrizione avrebbe incluso l'elezione di una matrona (la più pudica, scelta a sorte tra cento donne) con l'incarico di dedicare la statua. Fu scelta Sul picia, figlia di Servio Patercolo e s posa di Quinto Fulvio Fiacco, per la sua com provata castità . Anche Plinio ricorda l'e pisodio e lo mette in relazione con quello dell'introduzione del culto di Cibele a Roma nel 204 (infra). Il Koves commenta l'evento e ritiene che la stretta analogia tra le due prescrizioni, ovvero la simbologia della "casta " matrona, sia da riconnettere ad una pro paganda politica della famiglia dei Claudii 61• Se, infatti, nel 204 è pro prio una Cla udia la protagonista del solenne rito, nel 215 la prescelta è la moglie di un fervente fautore di questa famiglia che si situa in netto antagonismo con Fabio Massimo ed i suoi seguaci. In tal senso, la dedica della statua a Venere Verticordia si inserirebbe in un contesto politico teso a rinforzare la posizione degli avver­ sari di Fabio anche in cam po religioso, in ris posta all'introdu­ zione del culto della Venere Ericina. Una cosa è certa afferma il Caerols: al di là dell'indubbio valore politico siamo di fronte alla testimonianza di un tema ricorrente nei Libri Sibillin i, la preoccu pazione per la castità delle matrone , «la atenci 6n a los cultos matronales en tanto en cuanto de ellos de pende la normalidad biol ogica de Roma . Con ello se trata de asegurar una correcta evoluci 6n de la raza romana en momentos tan cr iticos para la ciudad >> 62•

59 Val Max. 8. 15. 12; Plin., n.h. 7. 120 (in Antologia, § 6.c); cfr. Sol. l. 126. 60 L'epiteto ànocnpo> 64• Questo dettagliato racconto di Cassio Dione (dal quale apprendiamo lo svolgersi di un evento storico realmente acca­ duto nella metà del I sec. a.C., tra il 57 ed il 54 a.C.) mette in luce una molteplicità di spunti utili alla definizione della facies sibillina alla fine della Repubblica: - in un determinato momento difficile per Roma, si verifica un prodigio che richiede una spiegazione e per questo si consul­ tano i Libri S ibillini: siamo in presenza del solito schema

prodigium/ libri; - dalla consultazione dei Libri non si ricava l 'u suale prassi espiatoria, ma viene invece in essi trovato un oracolo che ben si inserisce nel contesto dei fatti accaduti: spinti dal tribuno della plebe i romani, seguendo le prescrizioni date dall 'o racolo, decretano di annullare tutte le decisioni prese riguardo al reiserimento del re d 'E gitto sul trono; - della profezia è riportato il testo integrale, in lingua greca:

"av ò 'tfìc Aiytm'tou BactÀ.fÙc Bo118fiac uvòc 8fo�fvoc rÀ.81], 'tÌjV �Èv lj>tÀ.iav o\. �lÌ cbtapvr1cac8at, �lÌ �Év'tot KaÌ. 7tÀ.rl8ft 'ttVÌ. f1tlKOUPrlC11'tf' ft ÙÈ �r1. K68. Non rimaneva che consultare la Sibilla. Già dodici anni prima, quando Pompeo aveva voluto suffra­ gare la causa del suo amico Tolomeo e reinsediarlo sul trono d'Egitto, gli avversari avevano ostentato un oracolo sibillino che impediva l'azione; nel febbraio del 44, essendo ormai palese l'intenzione di Cesare di attaccare i Parti e la sua volontà di non accettare l'autorità senatoriale, fu rintracciata nei Libri Sibillini una frase dal significato ambiguo: i Parti sarebbero stati sconfitti solo da un re ! Svetonio ci offre un breve resoconto dell'episodio 69, mentre Cicerone riporta una versione differente quando, dopo aver

67 C . Dio. 43.24 (in Antologia, § 12.e). 6' ADCOCK 1 975, pp. 666 SS .. 69 Svet., lui. 79 . 3 : L. Cottam, quindecemvirum, sententiam dicturum, ut,

quoniam fatalibus libris contineretur Parthos nisi a rege non posse vinci, Caesar rex appellaretur.

248

posto l'accento sulla tipologia tipica della rivelazione sibillina, osserva: Sibyllae versus observamus, quos illa furens fudisse dicitur.

Quorum interpres nuper falsa quadam hominum fama dicturus in senatu putabatur eum, quem re vera regem habebamus, appellandum quoque esse regem, si salvi esse vellemus. Hoc si est in libris, in quem hominem et in quod tempus est ? . . . Quam ab rem Sibyllam quidem sepositam et conditam habeamus, ut, id quod proditum est a maioribus, iniussu senatus ne legantur quidem libri valeantque ad deponendas potius quam ad suscipiendas religiones; cum antistitibus agamus, u t quidvis potius ex illis libris quam regem proferant, quem Romae posthac nec di nec homines esse patientur 7 0• Ci troviamo di fronte, secondo l'Arpinate, ad un nuovo oracolo attribuito falsamente alla Sibilla, il secondo nello scorrere di un decennio, privo di una contestualizzazione storica e quindi applicabile a qualsiasi evento e soprattutto mancante delle carat­ teristiche tipiche del genere oracolare sibillino, che è frutto di una mente invasata e non espressione di una mente colta e attenta. Il che - afferma l'autore - rende necessario che si tenga segregata la Sibilla e la si ponga sotto la custodia del Senato e dei sacerdoti, per evitare circostanze di questo tipo, ovvero che dai Libri possa essere "tirato fuori un re" ! Tra gli scrittori in lingua greca, anche Plutarco e Cassio Dione riferiscono del desiderio di nominare Cesare rex e sotto­ lineano la difficoltà di considerare l'oracolo autentico: coloro infatti che si impegnavano a far conseguire a Cesare un tale onore, asserisce il Cheronese, andavano divulgando tra il popolo un certo "discorso" forse tratto ÈK ypa,.q.uinov Ct�uÀÀfimv, nel quale si diceva che i Romani avrebbero soggiogato i Parti quando fossero andati a guerreggiare contro essi guidati da un re 71• Poiché secondo una voce di dubbia autenticità, come suole accadere in simili casi, i quindecemviri avevano riferito un responso della Sibilla secondo cui «l Parti non potranno esser vinti se non da un re >> e pertanto si era sul punto di decidere che fosse dato a Cesare tale titolo, allora - afferma Dione - i 7° Cic., div. 2. 1 1 0-1 1 2 . 71 Plut., Caes. 60. 1 -3 ( i n Antologia, § 1 2.e).

249

congiurati credendo a questa notizia si affrettarono a portare avanti la congiura 72• Nell'anno 44, Cesare si accinge ad intraprendere la campagna contro i Parti ma un oracolo presunto sibillino sembra porsi ad ostacolo. È impossibile supporre che Cesare volesse rinunciare alla campagna militare, ma non poteva trascurare l'interpreta­ zione dei Libri, poiché avrebbe suscitato la superstizione popo­ lare. Dieci anni prima, Crasso aveva già combattuto contro i Parti ma ne era uscito sconfitto. Ora all' inizio della nuova campagna, l'oracolo era stato reso pubblico (come nel caso di Tolomeo) e la soluzione fu presto trovata: Cesare sarebbe partito per la spedizione "come un re" , ma non avrebbe modificato il suo rifiuto espresso ai Lupercalia, sarebbe stato "re" solo fuori da Roma. Questa fu, presumibilmente, l'interpretazione proposta al Senato 73• Le fonti, probabilmente condizionate dai riflessi che la vicenda aveva avuto sulla vita politica di Roma, pongono dei dubbi circa l'autenticità dell'oracolo in oggetto. Tuttavia, esso potrebbe tranquillamente rientare nella tipologia di oracoli sibillini afferenti alla collezione ufficiale romana 74, come testi­ monia del resto la presenza, secondo le fonti, di un membro del collegio quale agente della trasmissione del testo al Senato. Infatti, al di là di ogni dubbio ed interpretazione, a nostro avviso l'oracolo costituisce una sorta di "oracolo di Tolomeo" alla rovescia : in quella occasione una coalizione di populares e 72 C. Dio. 44. 1 5 . Cfr. anche App., bel/. civ. 2 . 1 1 0 . 7 3 Cfr. ADCOCK 1 975, p p . 665-669 . ,. D'accordo il RADKE 1 953, col. 1 1 26 . Diverse sono le interpretazioni proposte dagli studiosi: si veda GONTHER 1 964, pp. 232 ss. (l'oracolo sarebbe frutto di una costruzione

ad hoc, voluta da una propaganda filocesariana);

WEINSTOCK 1 97 1 , pp. 340 ss. (l' oracolo potrebbe essere inserito in un contesto di circolanti profezie relative agli "imperii" ed al dominio del mondo); GAGÉ 1 955, p. 445 (la

basi/eia proposta dall'oracolo sarebbe l'espressione di un ori­ regnum secondo la Sibilla);

ginale tentativo di "realizzazione letteraria" di un

PARKE 1 988, p. 209 (l'oracolo non apparterrebbe alla raccolta romana, ma piuttosto la sua origine sarebbe da rintracciare in un'altra collezione, forse negli

Oracula Sibyllina giudaici, in cui è presente un riferimento alla conquista Partia).

romana della

250

optimates aveva utilizzato un supposto oracolo contenuto nei Libri Sibillini per bloccare i piani di Pompeo finalizzati a restau­ rare un re in Egitto. Ora, un nuovo oracolo attribuito alla Sibilla, letto secondo una insolita prassi dal quindecemvir Cotta al Senato prescindendo dalla consultazione del Collegio, propone e promuove l'istituzione di un re per vincere una guerra. Inqua­ drato in tal ottica, l'oracolo su "Cesare re" , uno dei pochi di cui ci rimane il testo della profezia, si ascriverebbe perfettamente, da un lato, nella tradizione sibillina romana che utilizza i Libri quali strumenti di manipolazione e propaganda politica mante­ nendone formalmente l'aspetto di garanti della salute dello stato; dall'altro, risentirebbe profondamente di una tradizione profe­ tica posta sotto il nome della Sibilla promanante da ambienti giudaici, in cui la dottrina degli "imperi" e dei re nel suo conte­ nuto apocalittico risulta spesso preminente 75•

6. Adriano riceve un oracolo sul suo futuro Nei precedenti capitoli, abbiamo messo più volte in evidenza quale fu il ruolo assunto dalla raccolta sibillina nell'età di Augusto e dei suoi successori: essa fu posta al servizio del princeps, divenendo garante della salute sua e della sua famiglia, pur mantenendo il Senato ed il Collegio, almeno nella forma, le loro prerogative ufficiali. In tal contesto si inserisce il racconto della Historia Augusta relativo ad Adriano (ca. 98 d.C.) che, preoccupato dell'opinione che il regnante Traiano potesse avere su di lui, decise di consul­ tare le Sortes Vergilianae sul suo futuro (ovvero i "versi della Sibilla") e di scegliere come oracolo alcuni versi del libro VI dell E neide (vv. 808 ss.) in cui si annunciava la promessa del potere supremo: qua quidem tempore cum sollicitus de imperatoris '

erga se iudicio Vergilianas sortes consuleret, «quis procul ille autem ramis insignis olivae sacra ferens ? nasco crines incanaque menta 75 Si confrontino a riguardo Kocs1s 1 962, AwNso NuNEZ 1 999, MoNACA 200 1 , pp. 435

ss..

251

regis Romani, primam qui legibus urbem fundabit, Curibus parvis et paupere terra missus in imperium magnum», cui deinde subibit, sors excidit, quam alii ex Sibyllinis versibus ei provenisse dixerunt 76• Quindi, ancora non soddisfatto e bramoso di conoscere il futuro, - prosegue l'autore dell'Historia - Adriano avrebbe deciso di recarsi al tempio di Zeus Nicéforo per ottenere un altro responso 77. Il testo, innanzitutto, suscita una riflessione: da quanto affer­ mato appare innegabile l'uso dell' Eneide come fonte profetica ed evidente la circostanza che le sortes virgiliane fossero rite­ nute affini ai versi sibillini o forse, meglio, ispirate dalla Sibilla. Nel libro VI dell'Eneide, infatti, si ritrova una intensa profezia sibillina relativa al glorioso destino di Roma e del suo princeps Augusto. Probabilmente, con il passare del tempo, i limiti realtà / finzione presenti nel poema dovettero divenire sempre più indefiniti, al punto da far ritenere il canto che Virgilio pone in bocca alla Sibilla come "autenticamente sibillino" : di conseguenza l'utilizzazione dell'opera virgiliana come testo oracolare 78• Frutto di questa evoluzione, potrebbe essere stato 76 S.H.A., Hadr. 2.8 (AGNES 1 960, pp. 25-26) . Si veda l'interpretazione di CAEROLS 1 998, in cui si sottolinea la stretta connessione tra la tradizione religiosa dei circoli aristocratici e la presenza dei

Libri Sibillini all' interno della Historia

Augusta. 77 Cfr. S.H.A., Hadr. 2.9: habuit autem praesumptionem imperii mox futuri ex fano quoque Niceforii lavis manante responso, quod Apollonius Syrus Platonicus libris suis indidit. denique statim suffragante Sura ad amicitiam Traiani pleniorem redit, nepte per sororem Traiani uxore accepta [avente P/atina, Traiano leviter, ut Marius Maximus dicit, volente. 78 Nel VI libro dell' Eneide, la Sibilla, vivente a Cuma in un antro in cui

convergono cento "bocche", invasata, sprona l' eroe a ffinché pronunci le preghiere di rito e chieda l'oracolo al dio Apollo:

Cessas in vota precesque, Tros' ait 'Aenea? Cessas? Neque enim ante dehiscent attonitae magna ora domus (vv. 5 1 ss.). Allora Enea, obbedendo al comando, innalza la s u a preghiera a Febo, promette sacrifici ed altari, l' istituzione dei

Ludi Apollinares, e la fondazione di

un oracolo "romano" della Sibilla, a patto che essa non offra alle foglie i suoi responsi, ma li esprima con la voce (vv. 56-76): Te quoque magna manent regnis penetralia nostris: hic ego namque tuas sortes arcanaque fata, dieta meae genti, ponam, lectosque sacrabo, alma, viros. Foliis tantum ne carmina manda, ne turbata volent rapidis /udibria ventis; ipsa canas oro. Seguono quindi le profezie sibilline per Enea: l'oracolo sulle mense (cfr. III. 251 ss.), l'arrivo nel Lazio, il sacrificio della scrofa, la visita agli Inferi. Ci troviamo in questa circostanza di fronte ad un

252

inoltre l'uso da parte degli autori della raccolta giudeo-cristiana degli Oracula S ibyllina di alcuni passaggi virgiliani 79, che avrebbe permesso il formarsi di un "insieme eterogeneo" di oracoli posti sotto il nome della Sibilla, inglobante testi prece­ denti di diversa fonte reinterpretati ad uso di una sibillistica di ambiente giudaico e cristiano. I citati versi virgiliani, infatti, trovano un parallelo nel V libro della raccolta in cui si incontra la medesima descrizione di un re 8 0• Sembra allora che la nostra fonte abbia ben conosciuto la colle­ zione giudeo-cristiana e la differenzi nettamente da quella romana: non cita infatti i Libri della Sibilla (che invece in altre Vitae dell'Historia troviamo menzionati) ma i "versi" della Sibilla e le sortes virgiliane.

7.

La devotio di Claudio il Gotico

Se si esclude la consultazione dei libri operata in particolari circostanze dagli imperatori nel I e II sec., per la quale si rimanda ai precedenti capitoli di questo volume, una particolare utiliz­ zazione a fini personali della raccolta fu attuata nel III sec. dall'imperatore Aurelio Valerio Claudio, noto sotto il nome di Claudio il Gotico, che la tradizione senatoria volle esaltare come imperatore ideale, vir sanctus ac iure venerabilis, in contrapposi­ zione all'imperatore Gallieno. Secondo una tradizione riportata da Aurelio Vittore 81, nel

unicum nella rivelazione sibillina: per la prima volta Sibilla risponde ad una richiesta specifica, trasformandosi da libera dispensatrice di oracoli in profe­ tessa parlante poiché interrogata, caratteristica peculiare della rivelazione romana. Questa tradizione che collega con un unico filo la Sibilla ed Enea diverrà simbolo dell' ideologia agustea, inquadrata nel contesto dei

fata Romae

(Origo Geni. Rom., 9.8-10.2). Cfr. cap. I, pp. 40 ss. 79 Cfr. ZoEPFFEL 1 978. Cfr. anche gli oracoli riferiti ad Adriano contenuti in

Or. Sib. V. 46-50; VIII. 50-59; XII. 1 63-1 75 (in Antologia, § 1 2.f). 80 Or. Sib. V. 46-51 (in Antologia, § 1 2.f). 81 Aur.Vict., liber caes. 34.1 -5. Cfr. ALLEVI 1 999, pp. 667-669. Sulla questione

della "veridicità" della fonte si notino le osservazioni proposte all' inizio del

253

270 d.C. Claudio, desideroso di "rinnovare il costume dei Deci", impegnato a difendere l' impero dai Goti che premono alle frontiere, decide di dare compimento ad un ordine rintracciato nei Libri Sibillini, che prescrivono la devotio del "primo" tra i senatori, ovvero il sacrificio della vita del princeps in cambio della vittoria sul nemico: Sed Claudii imperium milites, quos fere contra ingenium perditae res subigunt recta consulere, ubi afflicta omnia perspexere, avide approbant extolluntque, viri laborum patientis aequique ac prorsus dediti reipublicae, quippe ut longa intervallo Deciorum morem renovaverit. Nam cum pellere Gothos cuperet, quos diuturnitas nimis validos ac prope incolas effecerat, proditum ex libris Sibyllinis est primum ordinis amplissimi victoriae vovendum. Cumque is, qui esse videbatur, semet obtulisset, sibi potius id muneris competere ostendit, qui revera senatus atque omnium princeps erat. Ita nullo exercitus detrimento fusi barbari summotique, postquam imperator vita reipublicae dono dedit. Adeo bonis salus civium ac longa sui memoria cariora sunt; quae non gloriae modo, verum etiam ratione quadam posterorum felicitati proficiunt.

Anche l'Epitome de Caesaribus riporta lo stesso racconto ed aggiunge l'indicazione che il "principe del senato" del momento, Pomponio Basso, si sarebbe autosegnalato per dare compimento alla profezia sibillina; Claudio, tuttavia, avrebbe egualmente offerto la sua vita per la salvezza di Roma, appartenendo a lui il titolo di princeps tra i senatori. La storiografia si è dibattuta a lungo sulla veridicità di una tale notizia . Il Syme 82 ha proposto l'ipotesi della falsificazione dell'oracolo probabilmente in età costantiniana a scopi propa­ gandistici, tenuto conto che il tema della devotio connesso alla morte eroica è uno degli artifici letterari preferiti da Aurelio Vittore ed Eutropio, i quali deriverebbero le loro notizie da una fonte filo-senatoriale, una Kaisergeschichte 83• Cos ì, sebbene

capitolo in relazione a l problema dell'autenticità delle notizie riportate nell'Historia

Augusta.

82 SYME 1 973, pp. 66-67; SYME 1 973a, pp. 1 60-1 61 . 83 5YME 1 973, pp. 69-70 .

254

l'Historia Augusta racconti la morte dell'imperatore Claudio in seguito ad una pestilenza 84, Aurelio Vittore avrebbe preferito utilizzare il tema più glorioso della devotio. Questo perché afferma il Dufraigne 85 Aurelio Vittore mantiene vivi nella sue "Vite" i legami con la tradizione conservatrice romana, rispettoso dell'antica costituzione e della funzione del senato. In quanto al principe, il biografo è sostenitore della tesi che dalle sue virtù dipenda la prosperità e la salvezza dello Stato. Tra queste virtù, la capacità di sacrificare se stesso nel rispetto degli ora­ coli e delle tradizioni per ricevere in premio la gloria e il ricordo degli uomini 86• Diversa la posizione del Gagé 87 che non ritiene la consultazione dei Libri inventata: essa sarebbe da inserire nella corrente che ha visto una rinascita della rivelazione sibillina in connessione con le credenze millenariste a partire probabil­ mente dal la celebrazione del " millennio" voluta da Filippo l'Arabo nel 248 d.C.. Lo studioso, inoltre, rintraccia in questo episodio una linea di continuità con la tradizione del pericolo gallico. In questa circostanza i Galli sarebbero stati sostituiti dai Goti (come avverrà ancora con i Germani nel 271 sotto Aureliano, infra) ma sarebbe rimasta inalterata la paura del barbaro, dello straniero. Concludendo, possiamo affermare pur nell'incertezza della veridicità dell'oracolo che esso si situa in maniera chiara all'in­ terno dell'ideologia filosenatoriale: Claudio appare come il princeps senatus, pronto ad offrire la sua vita per la patria e la menzione ai Libri è funzionale alla convalida di questa prospet­ tiva e ripropone l'immagine repubblicana della raccolta. Esiste, infatti, una sorta di "filo rosso" tra i Libri e il rito della devotio. Per il 358 a.C. Cicerone e Dionigi ricordano che un oracolo -

'4 S.H.A., Claud. 1 2 . 1 . H 5 0UFRAIGNE 1 975, pp. 1 68-169. ••

DuFRAIGNE 1 975, pp. XIX ss. Il Dufraigne, inoltre, concorda con il Syme

nel sostenere che la storia della presunta devotio di Claudio sia da mettere in relazione con l'ideologia dei

Dcci entrata a far parte della tradizione storiogra­ Libri Sibillini altro non sarebbe che un espediente tipico del IV sec. riutilizzato dall'Historia Augusta con valore fica nel IV sec., e che pertanto il citato ricorso ai ��anticristiano" .

'7 GAGÉ 1 9 8 1 , pp. 596 ss. et 677 ss . .

255

de lla Sibi lla aveva spinto a ll'obbedienza, alla deuotio per la vittoria, Marco Curcio, uomo valoroso, unico in grado di dare compi­ mento alla profezia 88• È possibile allora pensare che l'autore del racconto della morte per devotio di Claudio il Gotico si sia ispirato ad una già esistente tradizione di età repubblicana risa­ lente ai Libri Sibillini e le abbia dato nuova vita.

8.

Aureliano

Nel 271 d.C. il successore Aureliano (la cui immagine fu idealizzata nella tarda tradizione pagano-senatoria anche in virtù del carattere spiccatamente "solare" e dunque pagano del suo impero) riusc ìsecondo l'H.A. a fermare l'invasione dei Germani celebrando i riti prescritti dai Libri Sibillini 89: qua re etiam libri

Sibyllini noti beneficiis publicis inspecti sunt inventumque, ut in certis locis sacrificia fierent, quae barbari transire non possent. facta denique sunt ea, quae praecepta fuerant in diverso caerimoniarum genere, atque ita barbari restiterunt, quos omnes Aurelianus carptim vagantes occidit. Sin dall'inizio del suo regno Aureliano dovette affrontare un problema che dai tempi di Filippo l'Arabo affliggeva gli imperatori: fermare le incursioni dei barbari federati che inva­ devano i territori confinanti ogni qual volta gli stipendi non venivano loro pagati. All'epoca di Aureliano il problema si fece più pressante in relazione alla popolazione allemannica degli Iutungi che invase l'Italia Settentrionale. Essi chiedevano uno stabile stipendio in cambio del foedus, ma l'imperatore rifiutò ponendo le basi di quella che sarebbe stata la sua politica: eliminare il pagamento degli stipendi come tributo, far appello 88 Cic., nat. deor. 2.10; Dion. Hal. 1 4. 1 1 (in Antologia, § 1 2.a). Livio 7. 6 . 1 -6 (in Antologia, § 1 2.a) riporta la leggenda ma non parla dei Libri Sibillini. Cfr. CAEROLS

1 9 9 1 , IV. 1 6 . 89

S.H.A,

libro degli

Aur. 1 8 . 4-21 .4 ( i n Antologia, § 1 2.g). Secondo l'autore d e l XIV Oracula Sibyllina (vv. 52-57) Aureliano regnerà sui "superbi romani"

come un violento Ares: egli sottometterà i popoli e porterà la morte con una guerra violenta e continua.

256

alla tradizione della civiltà romana ed alla divinitas che la protegge. In questo quadro della guerra contro gli Iutungi nell'inverno del 270-271, si inserisce la citata consultazione dei Libri Sibillini (gennaio 271 ) interpretata come un nuovo appello alla religio tradizionale 90• In effetti, tutto il racconto dell'autore dell' Historia (Flavio Vopisco) denota una fondata conoscenza ed un gusto per la ricostruzione archeologica dei rituali sibillini tipici dell' età repubblicana, se si considera che a riprova dell'autenticità dell'episodio l'autore stesso riporta per esteso lo svolgimento del senatoconsulto, in cui era stata approvata la consultazione della raccolta ( ) , il discorso avverso di Ulpio Silano al Senato ( ), la celebra­ zione dei riti (nelle linee iniziali si allude al favore dato dai Libri allo Stato romano ed alla necessità di offrire sacrifici per bloccare gli invasori; si prescrive la purificazione della città, il canto di inni, e la promessa delle Ambarvalia; in virtù di queste espiazioni, si ottiene che visioni divine provochino terrore tra le linee nemiche) e cita, poi, una lettera ( ) con la quale l'imperatore avrebbe sollecitato il Senato ad auto­ rizzare tale consultazione al fine di ottenere la vittoria 91• Tutto questo fa supporre che si tratti di una consultazione "da manuale", una di quelle "tipiche" dei momenti di crisi bellica, come ad esempio quella del 1 43 a.C., quando il pericolo gallico incombeva alla frontiera. Ed è proprio in questo senso 90 MAZZARINO 1 990, II, pp. 566-568. 91 S . H . A, Aur. 1 9-20, tra d . it. A G NES 1 960, pp. 482

1 2.g).

257

55.

(in

Antologia, §

che il racconto della H.A. (anche se non possiamo essere certi della sua autenticità 92) riveste a nostro avviso la sua importanza: esso è testimonianza del perpetuarsi nei secoli del tardoimpero di una tradizione sibillina perfettamente inserita nel contesto politico-bellico e religioso-culturale romano, tradizione che vuole ancora rintracciare nella raccolta oracolare pagana le garanzie di salvezza in un impero che si avvia ormai a divenire cristiano.

9. L'excellentia

di Probo

Nel suo elogio all'imperatore Probo (276-282), "uomo insigne in pace ed in guerra", l'autore della Historia Augusta 93 segnala che le sue virtù furono preannunciate dai Libri Sibillini: «molti dicono che i libri sibillini avevano preconizzato la venuta di quest'uomo che se fosse vissuto più a lungo avrebbe cancellato i barbari dalla terra» 94• Probo svolse durante gli anni del suo impero un'intensa attività bellica contro i barbari invasori che attaccavano le 92 Tra gli studiosi moderni, il BouCHÉ-LECLERQ ( 1 882, IV, pp. 3 1 3 ss.) ed il GAGÉ ( 1 955, pp. 553 ss.; 1 9 8 1 , p. 595 ) accettano l' oracolo come genuino, pur sostenendo quest'ultimo che il racconto della

Historia Augusta debba essere in

parte guardato con sospetto, soprattutto in relazione all'esistenza di alcuni personaggi ed alla consultazione finale dei Libri (in riferimento alle

Ambarvalia,

cerimonia mai prescritta dal collegio, dunque non tradizionale) . Il SYME (1 973b, pp. 1 54 ss.) al contrario afferma che siamo in presenza di una totale invenzione dell'autore della

Historia Augusta. CAEROLS ( 1 998, pp. 365-379) pone l'accento

sulla particolare prospettiva politica e religiosa dell' impero di Aureliano e sui suoi rapporti con il Senato.

È

evidente - dal racconto

dell'Historia Augusta ­

che tra l' imperatore e l'aristocrazia senatoriale non vi fossero rapporti estre­ mamente cordiali; questo - afferma lo studioso - costituisce un fattore impor­ tante per d iscoprire l'autenticità dell' oracolo, visto alla luce dell' ideologia dell'anonimo autore

dell'Historia (si vedano SYME 1 983, p. 1 26-1 29; GAGÉ 1 9 8 1 ,

p. 595). D a i d a t i offerti d a l racconto, infatti, si deduce c h e esso costituisce «una especie de adici6n pintoresca y anticuaria del autor de la

Historia Augusta

con la que pretendiera embellecer su relato, aun a costa de caer en tales contradicciones» .

9 3 S.H.A., Tac. 1 6 . 6, trad. i t . AGNES 1 960, p p . 5 1 5 s s . ( i n Antologia, § 1 2.h). 9' La datazione dell'oracolo si aggira intorno al 282 d.C..

258

frontiere dell'Impero, dall'Asia, dall'Egitto, dal Danubio, dalla Gallia. Tale circostanza giustifica l'immagine che ci viene offerta di un eroe, un dux salvatore della patria 95• Inoltre, egli cercò di incentrare la sua propaganda intorno al tema dell"'età dell'oro", nel suo aspetto soprattutto di "età di pace" 96: è logico che un tema di tal genere trovasse favore tra le popolazioni afflitte da continue guerre e nel contempo favorisse esso stesso il prolificare di profezie apocalittiche, soprattutto di matrice sibillina e di ambiente orientale. In questo contesto va inserito l'oracolo sulla excellentia di Probo attribuito ai Libri Sibillini: un oracolo formu­ lato con ogni probabilità ad hoc, forse dopo la morte dell'impe­ ratore, per mano delle truppe desiderose di reintegrare la figura dell'imperatore giusto, un oracolo originato all'interno di una rivelazione sibillina romana non ufficiale che ormai conosceva ampiamente la tradizione oracolare di provenienza giudeo­ cristiana.

1 0. Massenzio sconfitto da Costantino Nel 312, Costantino - ristabilito il prestigio romano sul Reno - si accingeva a conquistare la capitale occidentale dell'impero ed a dare cos ì inizio alla vittoriosa campagna che si sarebbe conclusa con la battaglia del Ponte Milvio. Dopo aver percorso e assoggettato l'Italia settentrionale ed aver velocemente prose­ guito la discesa verso Roma, Costantino temeva che Massenzio avesse il tempo di abbandonare la città; furono allora i custodi dei Libri Sibillini che "involontariamente" gli offrirono aiuto: Massenzio aveva deciso di lasciare ai suoi generali il comando delle forze e di dirigersi con l'esercito incontro alle truppe costantiniane, sulla via Flaminia fino a Saxa Rubra . Il primo scontro si era concluso a favore di Massenzio; Costantino allora, avvicinatosi "con tutte le sue forze alla città" ed essendosi accampato nella vicina regione di Ponte Milvio, dopo aver 95 Cfr. V I TU CCI 1 952. 96 S.H.A., Prob. 20.5, 23.

259

ricevuto in sogno, secondo il racconto di Lattanzio 97, all'alba del giorno di battaglia (28 ottobre del 3 1 2) l'ordine di fare apporre sugli scudi dei suo soldati il segno sublime di Dio, ovvero il monogramma cristiano, attaccò il nemico. Nello stesso giorno, a Roma furono consultati i Libri Sibillini e si trovò in essi la risposta che proprio in quel giorno sarebbe perito il "nemico" dei Romani 98• Nella violenta battaglia le linee di Massenzio si ruppero e Costantino rimase vincitore; Massenzio annegò nel Tevere. Il nemico profetizzato dall'oracolo della Sibilia era morto: non Costantino ma Massenzio. La vittoria di Costantino, annunciata in sogno dal Dio dei cristiani, aveva ricevuto la sua profezia anche nel mondo pagano dai Libri Sibillini, ovvero dalla parola di una Sibilla portavoce autorevole del dio per i pagani e per i cristiani: Omnes igitur hae Sibyllae unum Deum praedicant, maxime

tamen Erythraea, quae celebrior inter ceteras ac nobilior habetur 99 • 97 Lact., mort. pers. 44.3 (in Antologia, § 1 2.i). 98 Cfr. BAYNES 1 9 74a, pp. 742 SS.; MAZZARINO 1 990, Ii, pp. 651 SS. 99 Lact., div. inst. l. 6 . 1 4 . Secondo una particolare tradizione databile tra il IV ed il VI sec. d.C., la Sibilla Tiburtina (che

adnuntiata fuit per Spiritum Sanctum et per Gabrie/em angelum) avrebbe predetto l' ascesa dell' imperatore

Costantino. Tale Sibilla fu, infatti, considerata l'autrice di un lungo oracolo "cristiano" scritto in greco probabilmente intorno al IV sec., ma pervenutoci in tarde traduzioni latine databili a partire dal VI sec. d . C . (Cfr. ALEXANDER 1 967; PARKE 1 992, p. 26; trad. it. ERBEITA 1 969, pp. 530-535), relativo alla perso­

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